Il fratello di Lex Luthor di kamy (/viewuser.php?uid=60751)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 Hello Tony ***
Capitolo 2: *** Cap.2 Tony e la testa di Lex ***
Capitolo 3: *** Cap.3 Il numero 6 ***
Capitolo 4: *** Cap.4 Spiegazioni ***
Capitolo 5: *** Cap.5 Il diario di Lilian Luthor ***
Capitolo 6: *** Cap.6 Il viaggiatore è giunto ***
Capitolo 7: *** Cap.7 Messaggio dall’altra parte ***
Capitolo 8: *** Cap.8 In memoria di Tony ***
Capitolo 1 *** Cap.1 Hello Tony ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.1
Hello Tony
Il ragazzino si passò la mano sul capo calvo e
socchiuse gli occhi. Si appoggiò contro la parete e
abbassò lo sguardo. Sentì ridere nella stanza
accanto e si morse l'interno della guancia. La porta si aprì
e il giovinetto alzò la testa, guardando suo padre uscire.
I suoi occhi divennero color argento, vedendo il genitore osservarlo.
Lionel strinse le labbra, annuì seccamente e raggiunse il
figlio.
"Un maschio" disse duro.
Lex si tolse un cappellino da baseball dalla tasca della giacchetta a
quadri del college che indossava e se lo mise sul capo privo di capelli.
"E' nato?" chiese.
Lionel gli poggiò la mano sulla spalla.
"Vivo e in salute" rispose, atono.
Il figlio tolse la mano del padre dalla propria spalla e gli
passò di fianco.
"Eri contento prima" sussurrò. Raggiunse la porta e
abbassò la maniglia, entrando.
Lionel sospirò a labbra strette, si mise alle spalle del
figlio e guardò nella stanza. Howard camminava avanti e
indietro, il volto arrossato e un bicchiere vuoto in mano che dimenata.
"Questo è tutto sbagliato!" urlò.
Scagliò il bicchiere in terra, il neonato nella culla
scoppiò a piangere dimenando le manine.
Lex rabbrividì, si allontanò dai cocci dal
bicchiere e raggiunse la culla. Si chinò in avanti, prese il
piccolo tra le braccia e lo cullò. Si voltò verso
la donna nel letto, osservando i suoi boccoli scuri e si
inumidì le
labbra con la lingua.
"A lei non piace, signorina?" chiese.
Maria ringhiò tirandosi seduta tra i cuscini, si
coprì con le coperte.
"Hai voluto tu quel mostriciattolo, Howard!" urlò.
Howard afferrò una bottiglia, la bevve fino in fondo e la
gettò in terra.
"Non volevo quello!" gridò.
Lionel avanzò, allungò le braccia verso il
neonato. Il neonato gridò più forte, nascose il
volto arrossato e rigato di lacrime contro Lex.
Lex indietreggiò, allontanando il bambino dal padre.
"Se non la smettete di urlare, lo spaventate" li rimproverò.
Lionel assottigliò lo sguardo accennando un sorriso.
"Non è il caso che tu tenga un neonato".
Howard rise roco, afferrò un'altra bottiglia.
"Magari strangola anche lui!" esclamò.
Maria incrociò le braccia sotto i seni.
"Così forse la smette di urlare senza motivo!".
Le labbra di Lex divennero candide e i suoi occhi vitrei.
Uscì dalla stanza stringendo il bambino al petto ed
iniziò a cantargli una canzone con voce dolce, cullandolo.
Il neonato agitò i pugnetti, deglutì e riprese ad
urlare, piangendo. Scalciò, muovendo il capo a destra e
sinistra. La porta si chiuse e Lionel andò verso il figlio.
"Dove vuoi andare con quel bambino?".
Lex alzò e abbassò il bambino un paio di volte,
facendolo smettere di piangere. Se lo strinse nuovamente al petto e
guardò il padre. "Perché le mamme non vogliono i
fratellini?" chiese.
Lionel si passò la mano tra i folti capelli,
sospirò.
"Credo fossero solo stanchi, è stato un lungo travaglio"
giustificò.
Si sporse per prendere il bambino, vide il figlio indietreggiare e
grugnì.
"Avanti, Lex! Deve essere allattato!".
Lex si mise a correre tenendo il bambino in braccio, superò
lateralmente Lionel e si diresse verso la cucina.
Lionel allungò la mano per afferrarlo, il ragazzino gli
sfuggì e l'uomo si voltò seguendolo.
Alzò il capo vedendo il maggiordomo degli Stark davanti la
porta della cucina.
"Non potrei permettere ad un ospite di entrare in cucina" disse Edwin.
Lionel sospirò, rizzandosi.
"Mio figlio è dentro".
Edwin intrecciò le mani dietro la schiena.
"Se permette, controllerò io".
Edwin si voltò, entrò in cucina.
"Signorino Luthor? Dove si è nascosto?" chiamò.
Lex uscì dalla fessura creata tra cucina e frigorifero,
continuando a tenere Tony contro il proprio petto. Si era sporcato la
parte di dietro della maglia strofinando contro la parete bianca della
cucina.
"Mi serve del latte in polvere" spiegò.
Edwin batté le palpebre, annuì e aprì
degli stipetti.
"Vuole allattarlo?" chiese dolcemente.
Tony mugolò, dimenò i pugnetti ed emise dei
gorgoglii.
"Ha fame" spiegò Lex. Un rivolo di sudore gli scese lungo la
fronte pelata, mentre il cappellino gli ricadeva piegato di lato.
Edwin prese del latte in polvere e un pentolino, lo riempì
d'acqua e lo mise sul fuoco accendendo il fornello.
"Vuole darlo a me?" domandò.
"Lei cucini il latte, la prego" ribatté Lex indurendo il
tono. Abbassò lo sguardo e sorrise al neonato, che si mise
in bocca l'indice del ragazzino.
Edwin annuì, mise a bollire l'acqua e aprì dei
cassetti frugando all'interno.
"Suo padre la rimprovererà" disse.
Il neonato succhiò l'indice di Lex, gorgogliando e dimenando
le gambine.
Lex sorrise e le sue gote divennero rosate.
"Accetterò il rischio" rispose. Abbassò lo
sguardo e le sue iridi assunsero riflessi azzurri.
"Benvenuto al mondo, piccolo Tony" sussurrò.
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Capitolo 2 *** Cap.2 Tony e la testa di Lex ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.2
Tony e la testa di Lex
Jarvis fissò il neonato intento ad appoggiare le labbra
sulla testa calva del ragazzino più grande, la saliva gli
colava dalla boccuccia aperta sporcando Lex.
Luthor ridacchiava, stringendo il bambino con entrambe le mani.
"La sporcherà, così, signorino Luthor" disse
Edwin.
Il neonato succhiò con forza, aggrappandosi alla testa di
Lex.
Lex alzò il capo e guardò le gambe del
maggiordomo, socchiudendo gli occhi.
"Ho con me un cambio, ovviamente. Non si preoccupi" rispose gentilmente.
Edwin sospirò, ripose alcune stoviglie e scosse il capo.
"Dovrebbe lasciare a me queste mansioni. Non può tenerlo
sulla testa per sempre".
"Sono in vacanza al momento, mi posso occupare di lui se al contempo
non verrò meno ai miei compiti per il college" rispose Lex.
Ridacchiò sentendo gorgogliare il bambino che
succhiò più forte.
Edwin tossicchiò, sorrise e strinse le labbra.
"Credo che il signor Luthor non approverà la sua scelta"
fece notare.
Il neonato gorgogliò, sputacchiò bollicine di
saliva sulla testa di Lex e succhiò.
Lex socchiuse gli occhi facendo vibrare le ciglia e ghignò.
"Non dubito di questo" sibilò.
Edwin intrecciò le mani dietro la schiena dondolando sui
talloni.
"Posso dirgli di non avervi visto se chiede di voi, ma non
durerà a lungo".
Guardò il ghigno del ragazzino, sudando freddo.
"Inoltre non si può mentire al signor Stark".
Lex si alzò e abbassò sulle punte, facendo
scricchiolare le scarpe da ginnastica.
"Se volete me ne posso andare. Non si preoccupi, un Luthor sa come
scomparire" rispose secco.
Edwin scosse il capo, fece due passi avanti.
"Sarei costretto a chiederle di lasciare il padroncino"
ribattè.
Tony aprì e chiuse i pugnetti, gorgogliò e
tentò di chiudere la bocca attorno al capo di Lex.
Lex gli sorrise, si voltò e si diresse verso la porta.
"Allora resterò, ma lei faccia il suo lavoro. Al mio ci
penso io" disse, uscendo.
Edwin lo osservò uscire, aprì e chiuse la bocca e
deglutì.
< Forse è meglio avvisare il signor Stark >
pensò.
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Capitolo 3 *** Cap.3 Il numero 6 ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Partecipa al Drawlloween 2015. Prompt: 22 Candy
Cap.3 Il numero 6
"Prima mi costringi ad avere un figlio, mi fai sformare e imbruttire. E
poi, nemmeno lo vuoi" si lamentò Maria. Si sedette in
poltrona, accavallò le gambe e appoggiò le mani
sui braccioli. Schioccò la lingua sul palato e
piegò di lato il capo, facendo ondeggiare i capelli biondi
cotonati.
"Eppure lo sapevi che il nostro rapporto si doveva basare solo sugli
affari, nonostante il matrimonio" brontolò.
Giocherellò con l'orecchino di pasticcio di diamanti.
Lionel porse a Howard un bicchiere di whisky, sorseggiandone un altro.
"Howard te lo ha già spiegato. Non è che non
voleva il bambino, è che gli sembra troppo fragile per
gestire le redini della sua azienda" spiegò.
Lex sbatté un paio di volte gli occhi, osservando i tre
adulti attraverso la porta socchiusa.
Howard mise la mano su quella di Lionel, ne carezzò il palmo
e prese il bicchiere; bevve accavallando le gambe.
"È grande ormai, eppure sembra molto fragile. E non dico
fisicamente, ma mentalmente. Non voglio affidare l'America ad un folle".
Lex chiuse la porta e scosse il capo, massaggiandosi il collo.
"Grande? Ha solo quattro anni" si lamentò. Si
allontanò correndo, salì le scale saltando due a
due i gradini, tenendosi per il corrimano in legno.
Passò accanto a una cameriera che stava passando
silenziosamente una pezza su una finestra.
- In questa casa la servitù sembra sempre non far rumore -
pensò. Raggiunse una porta con disegnate delle formule
matematiche, la aprì ed entrò. Richiuse la porta,
su di essa era appeso un poster di Capitan America.
"Fratellino?" chiese.
Tony uscì da sotto il letto, alzò la testa e
sorrise.
"Ciao. Ti sei annoiato dei grandi?".
Lex mise la mano in tasca e ne tirò fuori una caramella.
"Ti va?" chiese. Raggiunse il letto, vi si sedette e porse la caramella
a Stark.
Tony saltò, l'afferrò e la scartò. La
mise in bocca, succhiò rumorosamente.
"Il circuito elettrico funziona, ma il reattore usato non va" disse.
Si mise seduto in terra a gambe incrociate, dondolando sul posto.
Lex si sdraiò sul letto e guardò il soffitto.
"Fratellino, quante lettere ha il mio cognome, lo sai?" chiese.
Tony mugugnò, mise le dita davanti agli occhi, le
abbassò tutte e alzò il pollice.
"Sei" disse.
Lex alzò i piedi sul letto e si deterse le labbra con la
lingua.
- Devo farlo concentrare sulle cose semplici, da bambino normale,
altrimenti impazzirà con il suo genio - rifletté.
"Sai, ho scoperto un sacco di significati legati al sei. Ti piacerebbe
saperli?" domandò.
Tony saltò in piedi, annuì ripetutamente
saltellando.
"Dimmelo, dimmelo!".
Lex si voltò verso di lui, le sue iridi grigie divennero
liquide. Allungò la mano e prese quella del più
piccolo nella sua.
"Il sei è legato alla curiosità e ama riconoscere
i collegamenti" spiegò.
- Alla dipendenza e alla sessualità - pensò.
Lasciò andare la mano del più piccolo, che era
calda, mentre la propria era gelida.
Tony gli riprese le mani, le strinse alzando il capo con gli occhi
dilatati e liquidi.
“Collegamenti con cosa?” chiese.
Piegò il capo, storse le labbra e mugugnò.
“Cose da grandi?”.
Lex si mise la mano davanti al viso e guardò le proprie dita
affusolate.
"Collegamenti tra le persone. Sentimenti, psicologia, cose
così" spiegò. Osservò la luce del sole
che entrava dalla finestra far brillare di bianco le proprie unghie.
"Però oltre che agli altri, c'è un'attenzione a
sé stessi. Amore verso di sé, conoscenza di
sé, la percezione di sé". Enumerò,
socchiudendo le labbra rosee.
Tony sporse le labbra, salì sul letto e prese tutte e due le
mani fredde di Lex tra le proprie piccole e calde.
"È strano. Come fai ad amare te stesso e gli altri nello
stesso modo?" chiese.
"Vuoi che gli altri ti vogliano bene come te ne vuoi da solo e
perciò gli dai a tua volta tanto affetto" spiegò
Lex. Fletté il bacino, si mise seduto sul letto e
baciò la fronte di Tony, sotto i capelli arruffati.
- E questo porta ingenuità e conflitti - si disse.
Tony si sporse tenendogli le mani, ne carezzò le dita
affusolate.
"Quindi ... vuoi che gli altri ti vogliano bene solo con il
sei nel nome? Non è normale volerlo?".
Lex gli sorrise e piegò di lato il capo.
"La numerologia è come l'astrologia, non è una
scienza. Sono solo dicerie, ma sono belle" mormorò.
Tony gli passò le dita sulle unghie.
"Posso saperne altre?".
"Sempre sul sei?" chiese Lex. Si piegò in avanti e
strofinò il naso su quello del più piccolo.
- Vorrei avesse conosciuto Julien, sarebbero coetanei adesso -.
Tony ridacchiò socchiudendo gli occhi.
"Su tutto!" esclamò.
Lex gli sorrise e gli passò la mano tra i capelli,
sfiorandogli un ciuffetto castano che saliva verso l'alto.
"Finendo di parlare del sei, posso dirti che sono creativi. Vogliono
sempre provare nuove cose e possono essere d'ispirazione per gli altri"
spiegò.
Tony strofinò la testa contro la sua mano, sorrise.
"Sai un sacco di cose belle, fratellone!" esclamò.
Lex lo prese in braccio, se lo appoggiò al petto e lo
cullò.
"Ti è piaciuta la caramella?" chiese.
Tony annuì, alzò la testa e sbatté le
ciglia.
"Sai anche qualcosa sul mio, di nome o cognome?" chiese, con tono dolce.
Lex annuì e gli accarezzò la guancia.
"Sì, ma te lo racconterò dopo pranzo" disse
gentilmente.
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Capitolo 4 *** Cap.4 Spiegazioni ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.4
Spiegazioni
"Quindi
Tony è il tuo fratellino?" domandò la maestra.
Lex strinse la mano del bambino e si umettò le labbra con la
lingua.
"No,
il mio fratellino è morto in culla anni fa" rispose Lex. La
signora si massaggiò il collo e sospirò.
"E'
per questo che ti sei tanto affezionata al piccolo Tony?"
domandò. Il bambino più piccolo roteò
gli occhi.
"Continuo
a pensare che era più utile prendere le ciambelle" si
lamentò.
"Tony
è il figlio del migliore amico di mio padre. Come sa, i
nobili nascono ancora in casa, e quando lui è venuto al
mondo, io e mio padre eravamo in visita a Villa Stark"
spiegò Lex.
La
donna cercò di accarezzare la testa del piccolo Tony, che si
nascose dietro la gamba del più grande.
"Lo
difendi davvero troppo. L'hai solo visto e ti sei affezionato? Sicuro
non sia per il trauma della perdita del tuo fratellino? E'
perfettamente naturale" disse.
Congiunse
le mani al seno.
"In
ogni caso, anche se sei maggiorenne, non posso lasciarti portare via il
piccolo Tony senza la firma di un genitore" disse con voce cinguettante.
"Non
si preoccupi. Il signor Jarvis è venuto a prenderlo come
tutti i giorni. Mi sono solo unito, visto che in questo momento ci sono
le vacanze natalizie" la rassicurò Lex, indicando il
maggiordomo vicino a una lussuosa macchina nera con la testa.
Tony
lanciò uno sguardo ad Edwin, strinse le labbra e
tirò la manica a Lex.
"Hai
finito di umiliarla? Il negozio di ciambelle chiude, poi" disse.
Edwin
si avvicinò, prese la mano dell'insegnante e la
agitò su e giù.
"Le
siamo grati per il duro lavoro che fa. Il signor Stark sarà
lieto di ricompensarla per il tempo speso con il signorino.
Arrivederci".
Fece
voltare i due più giovani e li spinse verso l'esterno.
Lex
si abbassò e prese il bambino tra le braccia, stringendolo a
sé, gli diede un bacio sulla fronte.
"Fratellino,
l'affetto non è qualcosa che si può controllare.
Non cercare sempre un motivo per tutto, alcune cose è belle
sentirle, non capirle" gli disse gentilmente.
Tony
gli si accoccolò in braccio, sporse le labbra mugugnando.
"Ma
Lex, discutere con quell'oca non aveva senso!".
Edwin
aprì la macchina, entrò al posto di guida.
"Non
parlate così degli insegnanti, pagarle ogni volta
è abbastanza seccante".
Lex
e Tony si accomodarono nei sedili posteriori, allacciò la
cintura a Tony e gli prese la mano nella sua.
"Non
possiamo essere entrambi ragazzi a modo, è giusto che almeno
lui si diverti" lo giustificò.
Tony
dondolò i piedi stringendo la mano di Lex nella propria,
sentiva le dita fredde dell'altro morbide sotto le proprie calde.
"Tu
non sei a modo, fai solo finta" si lamentò.
Edwin
sospirò mettendo in modo e fece partire la limousine,
guidava tenendo il capo rivolto verso lo specchietto in modo da
guardare i due passeggeri.
"Signorino
Stark, moderi i suoi modi. Anche solo fingere educazione è
utile, perfino suo padre lo sa".
"Motivo
in più per non farlo" borbottò sottovoce.
Lex ridacchiò scuotendo il capo.
"Non cambierai mai" sussurrò.
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Capitolo 5 *** Cap.5 Il diario di Lilian Luthor ***
★
Iniziativa: Questa storia
partecipa a “Keep
the secret!” a cura
di Fanwriter.it!
★
Numero Parole: 985.
★
Prompt/Traccia: 8. A trova il
diario segreto di B e la tentazione di leggerlo è troppa.
Cap.5 Il diario di Lilian Luthor
Tony era sdraiato sotto una pesante
scrivania, il sudore gli
scivolava lungo la fronte, mentre si mordicchiava il labbro con aria
concentrata.
Spostò un pannello di
legno, trovando una grande A d’oro e
ridacchiò.
“Alessandro Magno, il
signor Luthor è davvero prevedibile.
Mi chiedo se farà mai capire a fratellone che ci
tiene” sussurrò. Forzò il
simbolo con un cacciavite, trovando un pulsante, posò lo
strumento sul
pavimento. “… Incavo segreto… incavo
segreto… incavo…”. Iniziò a
sperare,
ripetendoselo tra sé e sé, con gli occhi
luccicanti. Si aprì un cassetto.
“Sì!”
esultò il giovane uomo, scivolando fuori da sotto la
scrivania. Si alzò in piedi,
aveva il viso sporco di polvere, cercò di pulirselo col
dorso della mano, ma si
sporcò anche la manica del completo nero che indossava. Si
guardò intorno, la
luce filtrava dalle grandi vetrate colorate, riflettendosi sulle
superfici di
vetro, illuminando i libri della libreria sul soppalco, e rilucendo su
un’armatura
lucidata.
< Nessuno in vista >
rifletté. Guardò dentro il
cassetto e vi trovò un diario, se lo nascose sotto la
giacca, insieme al
cacciavite e rimise tutto come prima. Sgattaiolò fuori dalla
camera e si
nascose in uno sgabuzzino per le scope, non accese la luce, ma si mise
una torcia
grande un indice in bocca; si accucciò sotto uno scopettone
piegato, appoggiato
contro la parete, davanti ad un secchio blu.
Accarezzò la superfice del
diario, in pelle, su cui risaltava
uno stemma in argento, forzò il piccolo lucchetto a forma di
cuore e lo aprì,
leggendo la firma dalla bella calligrafia in alto a sinistra:
“Diario di Lilian
Luthor”.
Tony sgranò gli occhi, le
sue iridi castane brillarono.
< Non dovrei leggerlo,
è della mamma di Lex, ma… Diamine,
solo una sbirciatina > s’incoraggiò.
Iniziò a sfogliare le pagine con dita
tremanti, man mano la calligrafia diventava sempre più
confusa, le parole
incoerenti e cancellate, storte, fino ad essere degli scarabocchi.
Stark tornò alla prima
pagina, si sfilò la torcia dalla
bocca, ormai umida di saliva, se la pulì sulla camicia e
l’appoggiò sulle
gambe, nella direzione del diario segreto ora posato sulle sue
ginocchia,
iniziando a leggere.
***
“Lo so cosa stanno facendo
alle mie spalle, quale sporco
esperimento.
Dopo la caduta dei meteoriti sono
rimasta sterile, non
potevo avere altri figli. Ed ora stanno dicendo a tutti che sono
incinta.
Hanno utilizzato quella dannata
robaccia aliena per
irradiare me e Maria. Prima lo hanno fatto con me e poi con lei, ma so
che
quella dannata sgualdrina era d’accordo. A me lo hanno fatto
da drogata, ero semincosciente!”.
Tony socchiuse il libro con mani
tremanti, il battito
cardiaco accelerato.
< Io e Julian non eravamo
‘veri’? > pensò.
Ricominciò
a leggere, con gli occhi arrossati.
***
“… Quel dannato
demonietto dormiva nella culla che era di
mio figlio. Quell’essere immondo era
lì…”.
Tony ebbe difficoltà a
decifrare cosa c’era scritto, la
parola viaggiatore era scritta in grande ripetutamente sulle altre
parole, c’erano
scarabocchi fatti con la penna e le parole erano scritte in obliquo,
quasi
schizzate. Non v’era traccia della calligrafia posata delle
prime pagine.
“… Ora
è puro, riposa tra gli angeli. Il piccolo Alexander,
il mio adorato bambino, mi guardava, ed io l’ho rassicurato.
Ora quel suo
fratello non è più un alieno, ma un cherubino.
Ho protetto il mio piccolo Alexander
dalla sua influenza…”.
Stark tirò su con il naso,
una lacrima grande l’unghia di un
pollice gli scivolò lungo la guancia.
< Il signor Luthor ha scoperto
che non era stato Lex, ma
lo ha stesso mandato in manicomio. Non ha ucciso lui Julien!
Devo far scappare fratellone!
Non m’importa se non sono
vero, se mamma e papà non mi
vogliono, se tutti dicono che sono gracilino e dalla mente fragile. Mio
fratello mi ha sempre voluto, lui è stato l’unico
che si è occupati di me
quando era bambino >.
Nelle pagine successive non
c’era nessuna parola di senso
compiuto, a parte ‘il viaggiatore è
arrivato’ scritto sempre più in grande.
Richiuse il diario e vi rimise il
lucchetto, attese che da
fuori non provenissero più dei passi e scivolò
fuori dallo sgabuzzino. Tornò
nello studio e si nascose dietro l’armatura,
controllò che non vi fosse
nessuno, la luce del sole si era fatta più tenue e aranciata
fuori dalle grandi
vetrate.
Rimise il diario al suo posto,
riutilizzando il cacciavite e
nascose le prove dello scasso, rimettendo tutto come
all’inizio. Corse fuori e
raggiunse la camera degli ospiti, chiuse silenziosamente la porta e
recuperò
alcuni libri da uno scaffale e dal suo zaino. Li aprì in
giro per la stanza a
pagine diverse, mettendone alcuni sul letto e altri sul pavimento, due
storti
sulla scrivania. Si accucciò sul cuscino e si
forzò a sbadigliare diverse
volte, fino ad ottenere un’aria stanca, i suoi occhi
continuava a bruciargli,
arrossati. Si ripulì dalle lacrime e rimase immobile.
< Ora attendiamo >
pensò, mentre le lancette dell’orologio
appeso alla parete si muovevano.
La porta si aprì e Jarvis
si affacciò, lo vide intento a
leggere un tomo di chimica appoggiato sul letto.
“Signorino, la cena
è pronta. Suo padre si aspetta che lei
si prepari, visto che siamo ospiti” disse.
Anthony annuì e si
alzò in piedi, sorridendogli.
“Sì,
J” disse.
Jarvis gli sorrise e chiuse la porta.
< Forse la mamma non mi vuole
perché sono alieno. Ormai
sono grande per farmi accettare come tenero frugoletto, non ho mai
fatto niente
per non sembrare strano.
Da oggi, però, ho
intenzione di riconquistarla e colpire
positivamente mio padre. Devo sembrare il figlio perfetto e diventare
il nipote
prediletto di zio Lionel.
Solo così
scoprirò qualcosa di più su questo viaggiatore e,
soprattutto, utilizzare tutto questo per salvare mio fratello dal
manicomio.
Me lo hanno portato via troppo
presto, per una colpa che non
ha commesso. È
arrivato il momento di vendicare questi torti! >
pensò. Serrò un pugno e si diresse verso
l’armadio.
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Capitolo 6 *** Cap.6 Il viaggiatore è giunto ***
“Questa
storia partecipa alla Parole Intraducibili
Challenge indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp”.
Prompt:
31) Fernweh. Dal tedesco: nostalgia per posti
in cui non si è mai stati.
Scritta
sentendo: https://www.youtube.com/watch?v=wChgG0fQ6fI; Dark
Mozart Turkish March | Rainy Detuned Piano.
Cap.6
Il viaggiatore è giunto
Clark
chiuse ‘Così parlò Zarathustra
‘ poggiandoselo
sulle ginocchia e sospirò, alzando il capo al cielo. Era
accomodato sugli
spalti vuoti, dalle panchine in legno aranciate, davanti al campo da
football
deserto.
<
Dovrei essere in giro a caccia di notizie per il
giornale, o a controllare che non ci siano strani mutanti modificati
dalla
kryptonite.
Però,
mi sento così spossato adesso >. Sospirò
pesantemente, guardando il cielo.
<
Il mio migliore amico è in manicomio. L’ho visto
lì, intento ad urlare, incapace di riconoscermi >.
“Chi
voglio prendere in giro, non è solo il mio
migliore amico” sussurrò roco.
<
Mi chiedeva se gli uomini potessero volare,
perché credeva in loro. Mi sorrideva rassicurante dopo ogni
cosa.
Non
riesco ad associare l’immagine che ho del mio
migliore amico a quella che ho visto in quel manicomio. Sembrava un
fanciullo
smarrito, bruciato da delle fiamme interiori.
Mi
ha aggredito e mi sono sentito un mostro >.
Si
nascose il viso tra le mani, i suoi occhi blu
intenso divennero liquidi.
Immensi
cristalli bianchi si alzavano dal terreno, la luce del sole si
rifletteva
candida su di essi. Uomini vestiti di bianco, con decorazioni in oro,
passeggiavano in immense strade lastricate di cristalli di tanti colori.
Sulle
loro teste volavano dei giganteschi insetti alati, le cui ali
riflettevano dei
raggi color arcobaleno.
Clark
avvertì una fitta al petto e se lo massaggiò,
stropicciandosi la camicia a quadri.
<
Continuo a sognare posti come quello > pensò.
Navicelle
argentee sfrecciavano, decorate da ottagoni, con incisioni simili a
rune che
brillavano di blu. Dando vita a delle strisce nel cielo.
<
Paesaggi e luoghi che non ho visto mai.
Non
potrei mai parlarne con Cloe, capirebbe fin
troppo. Gli altri miei amici, invece, capirebbero così poco
da essere ancor
meno d’aiuto.
Attraverso
i miei studi trovo solo una parola che vi
si adatti: Fernweh. Dal tedesco: nostalgia per posti in cui non si
è mai stati.
So
che tutto questo è dovuto al fatto che sento il
richiamo del mio mondo.
Sono
un alieno, tutto dentro di me urla questo. Vorrei
tornare ad una casa tra le stelle che non esiste più da
tanto tempo.
E
forse non mi sarebbe poi piaciuta così tanto. Più
scopro del mio vero padre, meno mi piace. Sempre che io realmente stia
scoprendo qualcosa di lui.
In
fondo tutto ciò con cui vengo in contatto è stato
deformato. La stessa kryptonite su questo pianeta è verde e
non bianca! > rifletté.
“Così
tu sei il viaggiatore” si sentì apostrofare alle
spalle.
Kent
batté le palpebre corrugando la fronte e si
voltò, trovandosi davanti un ragazzino.
“Cosa?”
domandò.
“Oh,
deduco tu ancora non l’abbia capito” disse Tony,
infilandosi degli occhiali da sole.
Clark
si strinse il libro al petto. “Ti conosco… Sei
quel ragazzino che girava intorno a Lex, il suo fratellino
acquisito”.
“Spero
almeno tu sappia le tue vere origini, o sarà un
bel guaio dovertelo spiegare, ragazzone” borbottò
Tony. Si mise una masticante
in bocca, osservando il più grande con aria di sufficienza.
“Vieni,
parliamone in un posto appartato” disse secco
Clark, incassando il capo tra le spalle.
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Capitolo 7 *** Cap.7 Messaggio dall’altra parte ***
“Questa
storia
partecipa alla Parole Intraducibili Challenge indetta sul gruppo
facebook Il
Giardino di Efp”.
Prompt:
22)
Desbundar. Dal portoghese: mostrarsi senza
inibizioni quando ci si diverte.
Cap.7
Messaggio dall’altra parte
Peter
si guardò intorno con aria confusa, il viso
pallido, i capelli arruffati e gli occhi arrossati.
“Siamo
in un sogno, vero?” domandò con voce tremante.
<
Ultimamente non so più distinguere la realtà
dalla finzione, non con quello che ho vissuto. Però non sono
in pericolo, il
mio ‘prurito’ non c’è >
rifletté.
“La
Maximoff al massimo fa avere degl’incubi. Parlo
per esperienza” disse Tony. Accarezzò gli occhi
poggiati su un tavolinetto e
mosse le mani con scatti agitati. “Fury deve sempre calcare
la mano. Se non
avesse messo quel biglietto, per niente nel mio stile, non ti saresti
confuso.
Io non voglio che tu sia il nuovo Ironman… Anche se ormai
è troppo tardi.
Alla
fine ce l’hanno fatta. Non si sono accontentati
di darmi la colpa perfino dopo morto, adesso hanno voluto affibbiarla
pure a te”
rifletté.
“Se
lei è morto…”. Iniziò Peter.
Tony
si voltò lentamente verso di lui, rispondendo:
“Oh,
andiamo ragazzo. Mi conosci, un po’ di fantasia”.
“Lei
è… un A.I.?” domandò Peter
con voce tremante.
“Bingo.
O pensi davvero che una volta cambiato
proprietario gli occhiali ti avrebbero riconosciuto nuovamente?
Gestivo
tutto io. Purtroppo, essendo morto, non ho
potuto indossare l’armatura e rimediare ai tuoi
guai”. Tony sbuffò, scuotendo
la testa.
Peter
balzò giù dal letto e cercò di
abbracciarlo,
attraversando l’ologramma azzurrino.
“Tu
e la ragazzina avete il mondo alle calcagna e…
Peter, lo sai che non mi piacciono gli abbracci. Non toccarmi senza
preavviso”
lo richiamò Stark.
Peter
tirò su col naso, mentre le lacrime gli rigavano
il viso.
“Ho
già fatto andare i tuoi tre amichetti in un luogo
sicuro con Happy. Ho un amico che è sempre organizzato per
quando il mondo ti dà
la caccia.
Non
proprio un amico. Sai, lui era come un fratello
per me, sapeva… sapeva la mia natura”
spiegò Tony. Sospirò stancamente, e si
passò una mano sul viso. “Da quando è
scappato da un manicomio, il mondo lo ha
accusato dei peggiori crimini. Voleva tenermi lontano da tutto questo,
ma non c’è
riuscito. Io e un suo amico lo abbiamo aiutato a nascondersi, lui
è bravo a
fare covi segreti sotto terra, è una specie di
talpa”.
<
Abbiamo fermato Luthor, abbiamo salvato il
viaggiatore, ma non è servito a niente. Il mondo voleva solo
la morte degli
eroi.
Prima
è morto Clark, ma lui… insomma è lui.
Gli è bastato
resuscitare. E poi io… ed io non sono così bravo
a tornare in vita, o a
rigenerarmi con il sole.
Povero
Lex, non ha salvato me, come non ha potuto
salvare Julien. Fargli proteggere Peter, dargli una nuova missione,
affidargli
quello che considero un figlio ed erede, mi è sembrata
l’idea migliore >
rifletté.
“Signor
Stark, non ci sto capendo moltissimo. Potrebbe
spiegarsi meglio?
Ha
parlato di tre amici. A parte M.J. e Ned, chi
altri…”
iniziò a rispondere Parker.
“Mi
riferisco a Flash Thompson. O pensavi davvero che
uno stalker di spiderman come quello non facesse solo finta di non
sapere chi
sei. Tu gli piaci” spiegò l’A.I. di Tony.
<
Chiamata inviata, vediamo Alex quanto ci mette ad
arrivare > pensò.
“Zia
May dove… Aspetta, cos’hai detto? Non è
possibile, io sto già con M.J.”
piagnucolò Peter.
Tony
giocherellò con una sfera di energia azzurra che
si era fatto comparire tra le mani. “Di May si
occuperà Happy, non avrei mai
pensato di dirlo. Credevo che quella donna avesse più
gusto”.
<
Ricordo il giorno ancora in cui ho presentato mia
figlia a mio fratello. La mia bambina ha preso tutto da me, voleva
succhiargli
la pelata come un uovo. Insomma, è una cosa che va fatta
> rifletté.
Si
piegò in avanti e guardò Peter negli occhi:
“Vuoi
sapere cosa fare io?”.
“Sì,
Mr. Stark, la prego” sussurrò Parker.
“Desbundar.
Dal portoghese: mostrarsi senza inibizioni quando ci si diverte.
Seducili fino
in fondo e scopri i piaceri di un bel triangolo. Fidati da uno che ha
provato
cose anche più articolate” rispose Tony,
facendogli l’occhiolino.
Peter
arrossì, rispondendo: “La sua A.I. è
programmata
fin troppo bene, Mr. Stark. Avrei dovuto aspettarmelo”.
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Capitolo 8 *** Cap.8 In memoria di Tony ***
“Questa
storia
partecipa alla Parole Intraducibili Challenge indetta sul gruppo
facebook Il
Giardino di Efp”.
Prompt:
28)
Waldeinsamkeit. Dal tedesco: sentirsi come soli in
un bosco.
Cap.8
In memoria di Tony
Peter
rabbrividì, mentre la luce delle vetrate creava
giochi di luce su di lui e sul pavimento, l’illuminazione
elettrica era
accecante, ma riusciva a scorgere Luthor suonare.
Le
dita pallide di Lex volavano sulla tastiera del
pianoforte, mentre l’uomo stava curvo,
l’espressione concentrata e le braccia
sottili che scattavano.
“Sai,
Tony aveva la tua età quando si presentò con
Superman per salvarmi. Sarà diventato Ironman da adulto, ma
è sempre stato
affascinato dai supereroi, e portato per sacrificarsi.
Non
si sarebbe mai detto da uno come lui, che vendeva
armi, ma quelli sono i peccati dei nostri padri. Lui doveva tenere
buoni i
nostri genitori, la follia aveva avvelenato i loro cuori. Mio padre era
il
supercattivo che tutti hanno visto in me e mai in lui, suo padre era il
debole
colpevole…”. Iniziò a spiegare Luthor.
“Mr.
Stark, allora, vedeva visto ingiustamente come
suo padre. Lui era il migliore di noi” gemette Parker. I suoi
occhi erano
arrossati e tirò su con il naso. “Ed io come uno
sciocco ho cercato di
rivederlo in quell’impostore” gemette.
“So
come ti senti, ragazzo. Il dolore ti annebbia la
mente.
Waldeinsamkeit.
Dal tedesco: sentirsi come soli in un bosco. Però fidati, io
da quel bosco non
sono mai uscito. Troverò le prove, non preoccuparti, ti
scagionerò, ma non
smettere di credere in questo mondo, per quanto corrotto possa
essere” ribatté
Luthor. Si alzò in piedi, indossava un accappatoio bianco.
“I-io
non ne dubito… lei è un uomo pieno di risorse. Ha
addirittura creato una piscina in una vecchia stazione della
metropolitana.
Insomma, questo posto è una villa per ricconi sotterranea e
nessuno è riuscito
a individuarla.
I
miei amici quasi credono di essere in un villaggio
vacanze” biascicò Peter. Serrò gli
occhi e si passò le mani sugli occhi.
<
Lui sembra capirmi. Non riesco a capire più cosa
è realtà o fantasia, quella nebbia verde popola i
miei incubi. Non ho ucciso
nessuno, non ho fatto niente di male, io volevo solo proteggere il mio
quartiere.
Io
volevo essere un eroe, ed invece mi sto perdendo
tra i demoni > pensò.
Lex
lo raggiunse e gli posò delicatamente la mano
sulla spalla.
“Sai,
tu lo ricordi molto. Nel modo di muoverti, alle
volte di parlare, la stessa passione per la scienza e la tecnologia,
anche se
hai ancora molto da imparare sulla musica”. Gli
posò un bacio sulla fronte. “Tony
si fidava di me e non avrebbe voluto vederti commettere i nostri stessi
sbagli.
Permettimi di farti ritrovare la via”.
Parker
gli prese le mani nelle proprie.
“Perché
non esce dal bosco insieme a me?” domandò.
“So
l’uscita, ma non sono mai riuscito a percorrerla. Anthony
ci ha provato a lungo…” sussurrò Luthor
con voce stanca.
<
Alla fine ciò che mi è rimasto è la
fortuna di
mio padre, il suo impero basato sulla compravendita di terreni; e
qualche
rimpianto.
Tu
almeno sei felice Clark? Con ciò che rimane della
Justice League, con Bruce, sei felice? Avrei bisogno del mio migliore
amico
adesso > pensò.
“La
prego, si fidi di me. Ho bisogno di qualcuno che
lo faccia” implorò Peter.
Luthor
piegò le labbra sottili, quasi bianche, in un
sorriso, rispondendo: “Proveremo, allora. Voglio
fidarmi”.
<
Questo mondo ha conosciuto demoni, dei, e quant’altro,
ma non ha mai compreso mio fratello. Nessuno ha mai saputo la sua
natura
aliena, ma nessuno ha mai saputo vedere oltre l’armatura. Lo
hanno demonizzato
o idealizzato, ma alla fine era solo un ‘ragazzo’
mai cresciuto che chiedeva
amore, il mio piccolo disastro > pensò, mentre una
lacrima gli rigava il
viso liscio.
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