1987

di adorvlou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** AVVISO ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


New York, 18 settembre 1987

Per le strade della Grande Mela si aggiravano silenziosamente una moltitudine di passanti. Chi correva verso casa nel tentativo di ripararsi dal freddo, chi stava seduto in qualche tavola calda a sorseggiare del caffè bollente, e poi c'era lei, la giovane Samantha Miller. 
Dopo aver frequentato la solita lezione di anatomia, si dirigeva verso il piccolo appartamento che condivideva con Julie Hill, la sua amica e compagna di corso.

Erano le sette di sera, quando Samantha rientrò in casa. Qualcosa attirò subito la sua attenzione, così tanto da farle credere in uno dei soliti scherzi della sua amica.
-Julie, sei tu?- Chiese accendendo la luce della cucina. Nessuna risposta. -Julie, se mi stai facendo uno scherzo, sappi che è davvero di cattivo gusto.- Ricevendo nuovamente il silenzio come risposta, si convinse di essere semplicemente stanca e decise di andare a fare una doccia.

Mezz'ora dopo, Julie rincasò. 
Notando tutte le luci accese e la borsa di Samantha sopra il bancone della cucina, cominciò a chiamarla. -Sam, sono tornata.- La informò la ragazza. -Ehi, mi hai sentita? Dove sei?- Non ricevendo alcuna risposta dalla sua amica, decise di cercarla. -Dai, smettila di nasconderti ed esci, lo sai che non mi fai paura.- Continuò a parlare invano. 
-Samantha..?- Questa volta nel suo timbro di voce c'era preoccupazione.

Julie non poteva saperlo, non poteva immaginare che, aperta quella porta, avrebbe trovato davanti a se una delle scene più brutte e raccapriccianti di tutta la sua vita. 
La sua amica era distesa sul gelido pavimento del bagno, immersa in una pozza di sangue, con una pallottola conficcata in testa e la pistola a pochi centimetri dalla sua mano.

Il 18 settembre del 1987, la giovane studentessa di anatomia, Samantha Miller, perse la vita. Nessuno seppe mai cosa accadde realmente. Se morì per mano sua o di un brutale assassino, ma questo poco importava, quella ragazza era morta e non c'era più modo di poter tornare indietro.

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Oggi pomeriggio ero in camera ad annoiarmi quando mi è passata per la mente una strana idea....ed ecco la millesima storia ahah. Dato che ho quasi finito Just a Moment dovrò trovare altri modi per trascorrere il mio tempo, perciò lo farò scrivendo ancora. Devo ammettere che come genere è del tutto distante dalle mie solite storie, soprattutto perché non è una ff ed è un giallo. Spero vi sia piaciuto l'inizio e vi abbia intrigato la trama. Al prossimo capitolo.
-Vals💕

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


New York, sede dell'FBI
3 settembre 2016

-Assolutamente no. Glielo proibisco, signor Gray.- Il capo del dipartimento di New York parlò con voce dura e ferma. -Questo caso è stato chiuso tanti anni fa. Non hanno mai trovato il colpevole. La ragazza si è suicidata.
-Io sarei più propenso a dire che non lo hanno nemmeno cercato. Come può, una ragazza di quell'età e con un percorso di studi ottimi, decidere di togliersi la vita da un giorno all'altro?Avanti signor Parker, sappiamo tutti che si tratta di omicidio, solo che nessuno, a parte me, vuole ammetterlo.- Contestò l'agente Gray.
-Sono passati ventinove anni. Ormai tutti se ne sono fatti una ragione. La ragazza è morta, cosa cambia sapere come? Probabilmente anche il suo assassino lo è.- Quelle parole fecero andare su di giri l'agente.
-Come può dire una cosa del genere? Era una ragazza con tutta la vita davanti. Era brillante in ciò che faceva, aveva un futuro pieno di soddisfazioni ad attenderla e qualche mostro l'ha uccisa ancor prima che finisse gli studi.- Rispose Gray in tono alterato. -E poi, mi permetta, ma lei non può sapere se l'assassino è morto o meno. Chissà che età aveva allora, magri era un ragazzo. Si rende conto che potrebbe essere ancora un pericolo? La prego, mi permetta di riaprire il caso. 
Il capo del dipartimento sospirò. -Perchè ci tiene così tanto? Non la conosceva nemmeno, non aveva alcun rapporto di parentela. Perchè fare tutti questi sforzi per qualcuno che non ha mai incontrato?- Chiese incuriosito il signor Parker.
-Perchè era pur sempre un essere umano, una donna. Merita giustizia, merita che qualcuno si preoccupi di ciò che le è successo senza darle della depressa suicida, non crede? Non dobbiamo aiutare solo chi conosciamo. Siamo qui per coloro che hanno bisogno di essere tutelati e protetti, chiunque essi siano. Tutti hanno bisogno di sentirsi al sicuro, di sapere che anche dopo la morte, ci sarà chi si prenderà cura di loro , chi non mollerà.- Disse il signor Gray con assoluta determinazione. -Samantha merita tutto questo, ed io non mi tirerò indietro finchè la verità non verrà a galla.
-D'accordo, d'accordo. Ma le do tempo fino a novembre. Se al termine di questi due mesi non avrà trovato una pista solida e concreta, il caso sarà archiviato e mai più riaperto, intesi?
-Va bene. Grazie signor Parker, grazie davvero.- rispose Gray prendendo i fascicoli ed uscendo dall'ufficio del capo.

-Amore, sono a casa.- Disse l'uomo chiudendosi la porta alle spalle.
-Anche stasera pieno di lavoro?- Chiese lei uscendo dalla cucina e avvicinandosi per dargli un bacio.
-Sono riuscito a convincere il capo e a far riaprire il caso di Samantha Miller.- Rispose lui in preda alla gioia. -Questa povera donna merita che qualcuno si preoccupi per lei.
-Non ti capirò mai.- Ammise sua moglie sorridendo. -Non la conosci e hai combattuto con unghie e denti affinchè riaprissero il caso e lo assegnassero a te. Sei così buono Mark ed io sono così orgogliosa di avere al mio fianco una persona come te.- L'uomo posò il cappotto e mise le braccia intorno alla vita della moglie per poi avvicinarla a se e darle un bacio. 
-Ti amo, Michelle.- Le sussurrò dolcemente all'orecchio. 

Dopo cena Mark e sua moglie si misero entrambi in salotto per esaminare il fascicolo. Lui era uno psicocriminologo, lei una profiler e anche se lavoravano in distretti diversi, spesso si aiutavano a vicenda.
-Allora, cosa sappiamo di questa ragazza?- Chiese la moglie così da poter cominciare ad analizzarne il profilo.
-Da quello che avevano detto amici e parenti, era una ragazza solare, intelligente, premurosa e con ottimi voti al college. Di origini americane, si era trasferita a Londra per seguire gli studi di anatomia in uno dei college più prestigiosi della città. 
Viveva in un piccolo appartamento con una ragazza conosciuta al corso, Julie Hill. E' stata lei a trovare il corpo di Samantha. In un primo momento avevano creduto fosse stata proprio la compagna ad ucciderla, ma alla fine capirono di essere del tutto fuori strada, la ragazza aveva un alibi solidissimo.- Spiegò Gray alla moglie.
-Ovvero?- Chiese Michelle.
-Era rimasta al college a parlare con il professore di anatomia. Aveva qualche difficoltà nello svolgere un compito assegnatole.- Rispose l'uomo 
-Beh, questo non prova nulla. Potevano anche mettersi d'accordo.- Obiettò Michelle.
-Julie aveva anche uno scontrino del ristorante cinese. Spesso tornavano tardi dalle lezioni, perciò si mettevano d'accordo e compravano qualcosa da mangiare. Quella sera era compito di Julie. In più, la morte di Samantha è stata collocata fra le sette e un quarto e le sette e venti. La sua amica era ancora al ristorante a prendere la cena. Mi sembra evidente che non sia stata lei. 
-Ma qui c'è scritto che non è stato rinvenuto alcun segno di effrazione, il che vuol dire che l'assassino aveva le chiavi, oppure qualcuno lo ha fatto entrare.- La tesi della moglie, lasciò Gray interdetto. In effetti era possibile.
-A quanto pare Julie Hill vive ancora qui. Domani andrò a farle una visita.- Disse l'uomo appuntandosi l'indirizzo.
-C'è una cosa che mi lascia perplessa. La scientifica ha confermato che le uniche impronte sulla pistola erano quelle di Samantha, ma i suoi genitori e anche la sua amica, hanno confermato che la ragazza era mancina, allora come poteva la pistola trovarsi alla sua destra?- Era un'osservazione intelligente ma scontata, constatò il Gray. Come era stato possibile che i poliziotti, all'epoca, non se ne fossero accorti? 
-Un errore alquanto grossolano per un omicida così ben organizzato.- Rispose il marito crucciandosi e sospirando. -Michelle, c'è qualcosa che non torna.
-Cosa vuoi dire?- Chiese lei alzando gli occhi dai fogli per guardarlo.
-L'osservazione che hai appena fatto è giusta ma scontata, non credi? Insomma, chiunque faccia questo lavoro, anzi, persino un bambino ci arriverebbe, eppure, la polizia, quella sera e durante il resto delle indagini non ci ha fatto totalmente caso.- Commentò Gray.
-Credi che abbiano voluto insabbiare la cosa?
-Non lo credo, ne sono più che certo. E adesso voglio scoprirne il perchè.- Ammise l'uomo.

Mark e Michelle passarono quasi tre ore ad analizzare il caso, pagina per pagina, stando attenti ad ogni minimo dettaglio, e più andavano avanti, più emergevano errori e piccoli segreti che anni prima erano stati presi troppo alla leggera.

-È davvero tardi. Forse è meglio andare a dormire, domani sarà una giornata impegnativa.- Disse Mark carezzando la spalla della moglie. 
-Si, andiamo.- La donna chiuse il fascicolo e lo portò al piano di sopra, riponendolo nello scaffale del loro studio. 
-Riuscirai a trovare il colpevole, a scoprire la verità. Io credo in te.- Michelle rassicurò suo marito. 
-Senza il tuo aiuto non riuscirei a fare la metà delle cose che faccio. Questo caso lo risolveremo insieme. Nessun profiler del mio distretto è bravo la metà di quanto sei brava tu.- Le prese la mano baciandole dolcemente il dorso. -Buonanotte amore mio.
-Buonanotte, tesoro.- Rispose Michelle. Spense le luci ed entrambi si addormentarono.

Il mattino seguente, Mark si era subito diretto in ufficio per comunicare al capo le sue intenzioni. 
-Va bene, ma non essere duro o brutale. Ricorda che quella ragazza ha rinvenuto il cadavere di quella che probabilmente era la sua amica più stretta.- Gli aveva detto il signor Parker.
Dopo averlo rassicurato, prese l'auto e si diresse all'indirizzo appuntatosi la sera prima.

Julie Hill abitava nei pressi di Brooklyn, più precisamente a Brooklyn Heights.

Arrivato davanti la casa della donna, fermò l'auto e vi rimase dentro qualche minuto per farsi un'idea su ciò che doveva chiederle cercando di essere il più delicato possibile. 
Fattosi una mappa mentale sul percorso di domande da seguire, scese dal veicolo e si diresse verso l'abitazione.
Suonò il campanello e aspettò pazientemente che qualcuno gli aprisse.

-Buongiorno.- Una donna sulla cinquantina aprì la porta. 
-Salve signorina Hill, sono l'agente Gray.- Si presentò l'uomo mostrando il distintivo. -Faccio parte della BAU, ovvero, unità di analisi comportamentale. Ieri è stato riaperto il caso di Samantha Miller. Sono qui perché volevo chiederle se ha qualche minuto da dedicarmi. 
La donna sembrava interdetta. -Dice davvero? È passato così tanto tempo.- Rispose Julie. A guardarla bene si vedeva come gli anni avevano preso il sopravvento. I suoi capelli erano più spenti, così come gli occhi, prima di un verde sgargiante. I lineamenti erano gli stessi, ma leggermente modellati dall'avanzare dell'età. 
Julie era davvero una bella donna, chissà per quale motivo era ancora nubile. -Comunque si, prego.- La donna si scostò per far entrare il detective.
-Grazie mille.- Sorrise lui accomodandosi in casa.

-Desidera qualcosa, signor Gray?- Chiese Julie facendo sedere Mark in salotto.
-No, grazie. Ho fatto colazione prima di uscire da casa.
-Si figuri. Allora, cosa voleva sapere?- Julie andò dritta al punto. 
-Ecco, prima di tutto ci tenevo a dirle che il caso di Samantha mi è sempre stato a cuore. Non ho mai creduto in un suicidio. Adesso che le indagini sono state nuovamente aperte, voglio fare tutto ciò che è in mio potere per rendere giustizia alla sua amica, ma ho bisogno dell'aiuto di tutti, e soprattutto del suo.- Ammise il signor Gray. -Perciò, potrebbe cominciare a parlarmi di quella sera?
Julie lo fissò intensamente e fece un lungo sospiro. -Nonostante siano passati quasi trent'anni, parlare di quella sera mi riesce ancora difficoltoso. È come riaprire una ferita, uno squarcio doloroso, ma per Sam lo farò, sopporterò il dolore. Vede agente, la mia amica era una ragazza così semplice, dolce, premurosa. Non avrebbe mai fatto del male nemmeno ad una mosca, quindi perché ucciderla? Perché rovinarle la vita? In questi anni mi sono chiesta più di una volta cosa può aver indotto quell'uomo o quella donna, o chiunque sia stato, a farle del male. Cosa aveva fatto per meritare una morte del genere?- Prese un sorso d'acqua e ricominciò a parlare. -Quella sera Sam era andata via subito dopo la lezione. Era molto stanca, non dormiva da giorni. Io avevo bisogno di parlare con il professore a causa di alcune difficoltà che avevo riscontrato. Lei voleva aspettarmi, ma l'ho praticamente spinta a tornare a casa, assicurandole che avrei preso io qualcosa da mangiare e che lei doveva solo rilassarsi e dormire un po'. È stata colpa mia. Se solo non fossi stata così cocciuta, se le avessi detto di farmi compagnia, lei sarebbe ancora qui.- Julie cominciò a singhiozzare, così il detective cercò di calmarla.

-Julie, mi ascolti, non è assolutamente colpa sua. Lei non poteva sapere che c'era qualcuno dentro casa. Come poteva immaginarlo?
La donna si ricompose. -Molti pensano sia colpa mia, persino i suoi genitori. Credono che io abbia aperto la porta all'assassino, che sia stata io a volere la sua morte, ma non è così. Samantha era la mia migliore amica, le volevo così bene.- Scosse la testa e prese un altro sorso d'acqua. 
-Ricordo che quando sono entrata in casa ho percepito che qualcosa non andava. Sam non era il tipo di persona che lasciava la borsa in disordine sul bancone o tutte le luci di casa accese come fosse un grande albero di Natale. 
La chiamai più volte credendo che volesse farmi uno scherzo, poi cominciai a preoccuparmi non ricevendo risposte. Presi un coltello e cominciai a cercarla per casa. Poi entrai in bagno e la trovai lì, distesa in una pozza di sangue. Ho urlato tanto che i vicini sono subito corsi per capire cosa stesse succedendo. Abbiamo chiamato la polizia e poi, beh, poi sa com'è andata.
-Si, lo so bene.- Ammise il Gray annuendo con il capo. -Julie, non c'è altro che ricorda che non sia già scritto nei diversi rapporti?
-Qualcosa c'è. Ricordo che in tutta quella confusione, quando erano arrivate la polizia e l'ambulanza, guardai fuori dalla porta e notai un uomo che fissava la scena e non appena mi vide, scomparve nel nulla.- Raccontò la donna.
-E perché non lo ha detto quando l'hanno interrogata?- Chiese Gray perplesso.
-L'ho fatto, ma tutti mi hanno detto che ero pazza, che probabilmente era qualche vicino.
-Non ricorda il suo volto?
-No, è passato troppo tempo ed in più, l'uomo era in penombra, probabilmente non lo avrei saputo descrivere nemmeno allora.- Disse Julie. 
-D'accordo. Credo che per ora sia tutto. È sicura di non ricordare nient'altro? Anche delle piccolezze. Cose che potrebbero sembrarle insignificanti, potrebbero essere la chiave di volta di questa indagine.- La incitò Gray.
La donna si limitò a scuotere la testa. Il detective, allora, si alzò, la ringraziò e uscì di casa. 
-Signor Gray!- Urlò la donna dall'uscio di casa. -Una cosa forse c'è.- L'uomo si avvicinò alla porta. -Qualche giorno prima dell'omicidio, Samantha aveva avuto un battibecco con una nostra compagna di corso, Cassandra Hook. Lei accusava Sam di avere qualche tipo di rapporto con il professore, di essere una poco di buono, insomma. Era gelosa dei suoi voti e dei suoi successi. Cassandra era la seconda della classe, subito dopo Sam.
-Lei non può immaginare quanto sia importante quello che mi ha appena detto. Sa se abita qui?- Chiese di fretta Mark.
-No, ormai non ho più rapporti con i miei vecchi compagni. Lì non c'erano amicizie, eravamo tutti contro tutti.
-Va bene, chiamerò alla centrale. La ringrazio per il suo aiuto.
-Si figuri, spero di poterla aiutare ogni qualvolta ne avrà bisogno. Questo e altro per Samantha.- Disse Julie Hill prima di salutare il detective e rientrare in casa.

-Pronto, signor Parker? Sono io, Mark Gray. Forse ho trovato una pista. Mi serve l'indirizzo di una donna: il suo nome è Cassandra Hook. 

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Ecco il primo capitolo della storia. Per eventuali errori correggerò il prima possibile 😘😘

-Vals💕

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Non appena era uscito dalla casa della signorina Hill, il detective aveva subito chiamato il capo affinchè trovasse il numero di una possibile sospettata.

-Grazie mille signor Parker. Spero di trovare qualcosa di interessante.- Disse Gray guidando verso l'indirizzo appena ricevuto. 
-Mark?- Il detective fu sconvolto non tanto dal tono di voce usato dal signor Parker, ma più che altro dal modo in cui lo aveva chiamato. Dopo diversi anni insieme, il suo capo non lo aveva mai chiamato per nome, era sempre stato distante e professionale, ma in quel momento qualcosa era cambiato e lo si percepiva dal tono della sua voce.
-Mi dica, capo.- Rispose Mark cercando di non far notare la confusione mista alla sorpresa.
-Stai attento, d'accordo? Forse sto cominciando a credere che tu abbia ragione. Dopo la nostra discussione, ho guardato nuovamente le carte e mi sono accorto che alcune cose non quadravano. . Non sto dicendo che sono del tutto convinto che sia stato un omicidio, ma sto cominciando a capire che le cose si complicheranno e devi stare attento, qui sei il migliore, non posso rischiare di perderti. Oh, un'ultima cosa, la donna che stai andando a trovare non era di certo una santa da ragazza. E' stata portata più volte in carcere per qualche furto con scasso o rapina a mano armata. Ha passato un anno in galera per aver quasi ucciso un agente federale e una volta ha accoltellato una ragazza per averle detto che era troppo grassa. Perciò, mi raccomando, occhi sempre aperti.

Dopo aver chiuso la chiamata, Mark si diresse ad Harlem.

Quando il detective Parker gli aveva fornito l'indirizzo non potè trattenere una leggera risata. Da quando ne aveva memoria, quello era uno dei quartieri più malfamati di New York, pieno di spacciatori e malavita. Nel corso degli anni era andato sempre a peggiorare. Non mancavano le sparatorie fra le diverse bande o delle semplici rapine a mano armata. Nonostante la signora Hook avesse deciso di intraprendere uno stile di vita diverso da quello precedente, i sospetti non potevano che ingigantirsi.
La donna aveva ereditato la casa di famiglia quando entrambi i genitori erano morti in un tragico incidente e non si era più mossa di lì.

Arrivato nel quartiere, scese dall'auto e si diresse a casa di Cassandra. 
Suonò più volte al campanello, ma sembrava non esserci nessuno all'interno dell'abitazione. Decise di richiamare il capo per chiedere altre informazioni.
Dopo tre squilli rispose. -Pronto? E' successo qualcosa?- Chiese Parker.
-No, è tutto apposto. L'ho chiamata per chiederle se può mandarmi l'indirizzo del posto in cui lavora, in casa sembra non esserci nessuno, nemmeno il marito. 
-Sì, un momento solo. Avevo appuntato anche quell'informazione.- Gray rimase in linea, finchè il capo non riprese a parlare. -Eccolo qui. Lavora al Malcolm Shabazz Harlem Market, un mercato lì vicino. L'indirizzo è 52 W 116th St.
-Perfetto, vado subito.- Disse Gray prima di chiudere la chiamata.

Il quartiere di Harlem non era un posto molto visitato dall'agente Gray, anzi, non ci era andato più di due volte. Preferiva quartieri più sobri e tranquilli, com'era solito dire.

Arrivato al Malcolm Shabazz Harlem Market, posteggiò l'auto e si fece strada in mezzo alla folla. era un modesto mercato di prodotti africani nel cuore di Harlem. Venivano venduti vestiti e monili vari ma i prezzi erano eccessivamente alti dato il tenore di vita. Ciò che colpiva i visitatori e gli abitanti stessi era la varietà di prodotti fatti a mano esposti nelle diverse bancarelle. Trovare la signora Hook sarebbe stato un pò difficile; tra bancarelle e viuzze, anche conoscendo un volto nei minimi particolari, sarebbe stato ugualmente impossibile scovare chiunque si stesse cercando. Per sua fortuna, il signor Gray, conosceva il nome della bancarella in cui lavorava la donna, e anche se la ricerca non fu del tutto semplice, la trovò in pochi minuti.

-Salve.- Gray si avvicinò alla bancarella dove una giovane ragazza dai capelli rosso fuoco stava servendo un cliente. -Stavo cercando la signora Cassandra Hook, è qui?- Chiese cercando di non sembrare sospetto.
-Chi la cerca?- Un'altra donna, più alta e robusta, ma con lo stesso colore di capelli, raggiunse quella che l'agente pensava essere la figlia.
-Sono l'agente Mark Gray, faccio parte dell'unità analisi comportamentale dell'FBI e ho bisogno di parlare con la signora Hook. Sa dirmi dove si trova? Poco fa sono andato a casa sua ma non c'era nessuno, così sono venuto qui.- Con un gesto sottile fece notare il distintivo e rimase a fissare entrambe le donne.
-Cos'ha combinato questa volta?- Chiese la donna.
-Per ora nulla, ma ho bisogno di chiacchierare con lei. Devo chiederle nuovamente se sa dove si trova o una di voi due sarebbe così gentile da dirmelo?
-Io sono Lauren e lei è mia figlia Rosie. Cassandra lavora qui con noi, ma oggi non si è presentata. Di solito arriva in ritardo, ma al massimo di dieci minuti.- Rispose la donna.
-E quanto sta tardando?- Domandò il Gray.
-Due ore.- La risposta di Lauren fu secca e questo innestò nel detective una moltitudine di dubbi. 
-Perfetto, grazie.- Mark stava per allontanarsi quando la donna gli corse incontro.
-C'è una cosa che non le ho detto. Ultimamente, Cassandra, veniva a lavoro con diversi lividi su viso e corpo, ma non mi ha mai detto chi l'avesse picchiata e perchè. Io e lei eravamo molto in confidenza, ma negli ultimi tempi si era allontanata.
-Le ha mai detto niente sul marito? Sa se è un uomo violento?- Chiese il Gray sempre più sospettoso e incuriosito.
-Non ho mai conosciuto Michael, ma lei non mi ha mai detto niente riguardo questo. Comunque non stanno più insieme da tre anni. Pensavo lo sapesse.-Raccontò Lauren.
-Strano, nei registri risultano ancora sposati.- Ammise Gray.
-E' probabile. Non sono mai andati in tribunale, nè hanno mai voluto divorziare veramente. Il loro è sempre stato un tira e molla, probabilmente è per questo motivo che hanno deciso di non proseguire per vie legali. Anche se non andavano del tutto d'accordo, nel profondo si sono sempre amati. 
-Lauren, la ringrazio davvero, è stata davvero utile. Le auguro buona giornata e mi scuso se le ho fatto perdere del tempo prezioso.
-Non si preoccupi, sono felice di aver dato una mano. Oh agente, se dovesse trovarla, la prego, mi informi.- Disse la donna con aria preoccupata.
-Stia tranquilla, farò del mio meglio.-La rassicurò Gray. -Adesso devo andare, per qualsiasi cosa spero di poter contare su di lei.
-Sempre a sua disposizione.-Lauren fece un sorriso e girò i tacchi per tornare alla sua bancarella.

Gray decise di tornare all'abitazione della Hook per vedere se qualcosa gli era sfuggito o se la donna era rincasata.

Per non farsi notare, nel caso Cassandra si trovasse in casa ma stesse cercando di evitarlo, parcheggiò la macchina qualche metro prima dell'abitazione e si diresse lì a piedi, cercando di non farsi notare.

Arrivato davanti la porta di casa non bussò e non suonò il campanello, ma si preoccupò di guardare dalle finestre, cosa che precedentemente si era dimenticato di fare.

Guardò attraverso quella della cucina e della camera da letto, per poi passare a quella del salone. Qualcosa, in quest'ultima stanza lo insospettì. Sul pavimento notò delle impronte ormai asciutte di quello che, a primo impatto, gli era sembrato essere sangue. Si allarmò a tal punto che chiamò il capo. 
-Signor Parker, ho bisogno di rinforzi a casa di Cassandra Hook, qualcuno potrebbe trovarsi lì dentro con lei, o forse potrebbe già essere andato via, ma nel salone ci sono impronte di sangue e la cosa non promette bene. Io sto per entrare, voi fate il prima possibile.- Mark era molto agitato e ci volle un attimo affinchè Parker lo capisse.
-Non fare l'incosciente. Sei da solo e non sai quante persone potrebbero esserci dentro quella maledetta casa. Aspettaci, saremo lì fra pochi minuti.- Lo fermò Parker.
-Mi dispiace capo, devo entrare, potrebbe esserci in ballo la vita di una donna.- Senza dire altro, staccò la chiamata, consapevole di ciò che stava per fare e delle scomode conseguenze, ma lui era uno degli agenti e profiler più in gamba e ben addestrati di tutta New York e quando c'era qualcuno in pericolo, non si tirava indietro per alcun motivo.

Uscì la pistola dal fodero, indossò il giubbotto antiproiettile e dopo aver fatto un profondo respiro, con un calcio aprì la fragile porta d'ingresso, mandando i vetri in frantumi.
-FBI!- Urlò puntando la pistola in diverse direzioni, così da controllare la visuale. -Chiunque sia in casa, si faccia vedere e deponga qualsiasi arma in suo possesso.- Nessuno rispose, nella casa vi era un silenzio tombale. 
Gray perlustrò l'abitazione da cima a fondo e si assicurò che le impronte trovate poco prima fossero proprio sangue. Non trovò nessuno. Infine, passò dalle ultime due stanze in fondo al corridoio: uno sgabuzzino ed il bagno di servizio. 
Lo sgabuzzino era pulito, ma quando aprì la porta dell'ultima stanza, rimase impietrito. Proprio come ventinove anni fa, sul pavimento del bagno, giaceva il corpo senza vita di Cassandra Hook. Anche lei si trovava in una pozzanghera di sangue, con una pallottola conficcata nella testa e la pistola accanto a lei.

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Buon pomeriggio :) perdonatemi se il capitolo è più corto del precedente, ma avevo necessità di aggiornare e poco tempo a disposizione. Spero ugualmente vi sia piaciuto e nel caso ci fossero errori di scrittura, correggerò il prima possibile xx

-Vals💕

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Capitolo 4
*** AVVISO ***


Buonasera :) l'altro giorno, mentre scrivevo il nuovo capitolo, mi sono accorta che ci sono alcuni particolari della storia che non si addicono al luogo in cui si svolge, motivo per cui ho deciso di cambiare "location". Il tutto si svolgerà a New York, dove si trovano diverse sedi dell'FBI. Spero che per voi non sia un problema e mi dispiace averci pensato solo adesso. Ho cambiato qualche particolare, perciò, se vi va, potete rileggere qualche pezzo. Se non vi va di tornare a rileggere, basta sapere che ho solo cambiato alcuni luoghi e indirizzi.

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


-Allora, cosa sappiamo della vittima?- Chiese il capo a Mark. 
-Prima di tornare a casa della Hook, ho parlato con una sua collega, nonchè unica vera amica di Cassandra. Mi ha detto che era da un pò di tempo che la vedeva strana e che aveva diversi lividi su corpo e viso. In più, la vittima non abitava con il marito da tempo: si erano lasciati da due anni. Non avendo mai deciso di divorziare sui nostri registri risultano ancora sposati.- Rispose Gray.
-Per quanto riguarda l'assassino hai già formulato qualche ipotesi?
-Non saprei.- Ammise l'agente -Il modus operandi è esattamente lo stresso: vittima uccisa in un bagno, con stessa arma da fuoco e colpo inflitto nello stesso punto della Miller. Come la prima volta non sono presenti segni d'effrazione, il che vuol dire che la vittima conosceva il suo assassino. 
-Oppure quel mostro possedeva le chiavi dell'appartamento.- Intervenne Parker.
-Sì, è probabile, ma nulla di certo. 
Oh, quasi dimenticavo uno dei dettagli più importanti: l'assassino ha lasciato la pistola a destra, la nostra vittima era mancina. Anche questa volta ha sbagliato il lato della mano. Comincio a credere che nessuno abbia mai voluto coprire l'omicidio della Miller. Questa volta sono stato io il primo ad arrivare sulla scena del crimine, nessuno avrebbe potuto interferire.
-Cosa vuol dire? Non capisco- Chiese Parker evidentemente confuso.
-Se entrambe le vittime conoscevano così bene l'assassino da lasciarlo entrare in casa, come può quest'ultimo aver sbagliato mano?- Fece notare Gray.
-Ottima osservazione. L'SI* doveva conoscerle bene, ma come ha potuto non accorgersi di un così semplice dettaglio? E' un grande controsenso, qualcosa puzza.- Ammise Parker.
-Quindi si fida di me? Comincia a credere che Samantha non si è uccisa? Che sotto ci sia qualcosa di premeditato?- Il capo non disse una sola parola, ma gli lanciò un'occhiata piena d'assenso.
-Adesso sarà meglio fare in fretta. I giornalisti si sono triplicati e spesso possono mettere a rischio le indagini.

Dopo aver controllato nuovamente la scena del crimine, Gray tornò in centrale con Parker.

-Capo, l'ex marito della signora Hook sarà qui a breve. Io devo tornare al mercato di Harlem, c'è una cosa che devo fare.- Mark informò Parker, il quale non sembrava del tutto d'accordo.
-Mark!- Il tono di voce del suo vice fu decisa tanto da farlo voltare di scatto. -Vieni con me un momento.- L'agente lo seguì senza dire una parola.

Entrarono nell'ufficio del signor Parker e Mark si accorse subito che non erano da soli.
Seduto su una poltrona, c'era un uomo alto, possente e leggermente più anziano di Gray.

Quando si trovarono all'interno della stanza, l'uomo scattò in piedi. 
-Signor Parker, buongiorno.- Lo salutò stringendogli la mano.
-Buongiorno a lei signor Benson. Le presento l'agente Mark Gray, unità analisi comportamentale. Mark, le presento l'agente Tristan Benson.- I due si strinsero la mano ma Gray cercava ancora di capire cosa stesse succedendo. 
-Signor Parker, non capisco.- Ammise Mark.
-Vede, da quando l'agente McKinney è stato congedato con disonore, lei è rimasto senza un partner e non posso permettere che uno dei migliori agenti che ho, venga ucciso sul campo perchè da solo. Lei è un uomo temerario quanto testardo e oggi poteva rischiare di rimanere ferito o addirittura morire. Perciò, da questo momento in poi, l'agente Benson diventerà il suo fedele compagno d'avventura.- Conoscendo il caratteraccio di Gray, cercò di scherzarci su. -La prossima volta, invece di fare di testa sua, mi dia retta.
-Posso parlarle un attimo in privato?- Benson capì al volo e uscì dalla stanza. -Signor Parker, con tutto il rispetto, la prego, mi dica che è uno scherzo. Lei più di chiunque altro sa quanto io non sia capace di lavorare con qualcuno che mi sta attaccato alle costole e non conosce il mio modo di operare sul campo.- Si lamentò Gary.
-Mark, da quando è stato privato del suo partner, ho cercato in lungo e in largo il sostituto adatto. So benissimo che lei non è una persona con cui è semplice avere a che fare, ma qui è il migliore e non posso permettermi di lasciarla da solo. Si fidi di me. Benson è ben addestrato ed è un ottimo profiler, scoprirà di avere molte cose in comune con lui.- Rispose Parker.
-Non c'è niente che io possa dire per farle cambiare idea, dico bene?
-Esattamente!- Esclamò l'uomo. -Adesso vada. Non doveva tornare ad Harlem?- Sbuffando, Gray uscì dalla stanza e raggiunse il suo nuovo partener.

-Dobbiamo andare al mercato di Harlem, ho un lavoro da finire.- Senza dire altro, i due si diressero al parcheggio per prendere l'auto e tornare al mercato. 

Mark aveva risolto diversi crimini nel corso della sua carriera. Era abituato a trovarsi sommerso da giornalisti e conoscenti delle vittime, New York pullulava di assassini e le notizie si diffondevano velocemente, ma quel giorno, quando uscì dalla sede dell'FBI, lì davanti, una folla immensa accerchiava urlante l'edificio. 
Da ogni lato della strada arrivavano giornalisti con enormi telecamere, seguiti da gruppi di donne furiose. 
-Agente, può dirci qualcosa riguardo le indagini?- Chiese una giornalista allungando il microfono verso Gray.
-Mi dispiace, ma non sono autorizzato a parare del caso.- Rispose l'uomo mantenendo un'aria seria, di pietra.
-Chi renderà giustizia a quella povera donna?- Un uomo alto e con i capelli brizzolati si fece largo tra la folla, seguito dal cameramen.
-Abbiamo rinvenuto il corpo solo poche ore fa, siamo solo all'inizio, ma prometto a tutti quanti che quella donna avrà giustizia.
-È vero che l'assassino del 1987 è tornato sulla piazza? È stato lui ad uccidere Cassandra Hook?- Un'audace donna, con dei capelli lunghi e neri, si fece avanti con voce furiosa e gli occhi stretti a fessura. 
Mark non rispose, si limitò a spintonare la folla nel tentativo di raggiungere l'auto. 
-Anche questa volta l'FBI lascerà marcire il caso negli archivi?- La presa sul microfono, salda e quasi feroce, fece notare a Gray quanto la giornalista fosse contrariata.
-Mi dispiace, non posso rispondere ad alcuna domanda. Fra qualche ora manderemo un comunicato stampa. Fino ad allora, nessuno riceverà alcuna notizia.- intervenne l'agente Benson lasciando Gray di stucco. 
Pochi istanti dopo, entrambi erano in macchina, pronti a dirigersi ad Harlem.

-Ottimo lavoro con quella giornalista. Non sono un tipo che sa gestire la folla, anzi, non sono un tipo che sa gestire le persone. So essere abbastanza scorbutico.- ammise Mark. 
-Detesto quelle persone. Insomma, so che è il loro lavoro e che hanno bisogno di nuove notizie e tutto il resto, ma ogni volta mi chiedo quante persone siano lì perché davvero gli importa delle vittime.- rispose Benson.
-Probabilmente nemmeno la metà.- sussurrò Gray. 
-Posso sapere cosa stiamo andando a fare?
-L'amica della vittima lavora al mercato di Harlem e le avevo promesso che non appena avessi trovato qualcosa, l'avrei avvertita. Sicuramente la notizia della morte di Cassandra sarà già arrivata alle sue orecchie, ma sono un uomo d'onore e mantengo sempre le mie promesse, sciocche o importanti che siano.- rispose Mark pensando a quale sarebbe stata la reazione della donna.
-Questa è la ragione principale per cui è riuscito ad ottenere la riapertura del caso?- Chiese Benson.
-Esattamente. Ma credo che da un lato non sia stata una grande idea.- Gray era leggermente sconfortato.
-Perché?- Chiese l'uomo alla sua destra.
-Cassandra è morta proprio come Samantha ed entrambe erano conoscenti, o meglio, nemiche amiche. Non appena il caso è stato riaperto volevo andare a parlare con la Hook ma non sono arrivato in tempo: era già stata uccisa. 
-Crede sia una coincidenza?
-No. Sono più che convinto che ci sia qualcosa sotto.- rispose Gray. -Oh, e ora che siamo partner, possiamo anche darci del tu.

Arrivati al mercato di Harlem, Gray fece un lungo respiro prima di recarsi alla bancarella di Lauren. 
Non appena la scorse con lo sguardo, il suo cuore palpitò e cominciò a sentire l'agitazione aumentare in lui. 
-È quella.- disse indicando la bancarella al suo partner.
-Beh, la donna non sembra poi così sconvolta, perciò, o non lo sa, oppure non erano poi cosi amiche.- concluse Tristan.
-Adesso lo scopriremo.

-Salve, posso esserle d'aiuto?- la donna, ancora china a sistemare alcuni oggetti sul bancone, non ti rese conto di chi si trovasse davanti a lei. 
-Salve Lauren.
Non appena sentì quella voce, Lauren alzò lo sguardo. -Agente Gray!- esclamò. -Perdonatemi, sono appena arrivati dei nuovi pacchi e mia figlia è andata a sbrigare delle faccende, così mi ritrovo da sola a sistemare tutto quanto.- dal tono di voce sembrava ignara di tutto quello che era accaduto. 
-Nessun problema.- le sorrise Gray. -Le presento il mio partner: l'agente Tristan Benson.- l'uomo allungò una mano per salutarla.
-È un piacere, agente.- disse Lauren. - Mi scusi se sono così diretta ma volevo sapere se ha qualche novità.- nel porre la domanda il tono di voce della donna cambiò, diventando più preoccupato. 
-A dire la verità, sì. Sono venuto qui proprio per parlarle, ma ho bisogno di farlo in privato. 
-Agente, non posso lasciare la mia bancarella, ma mia figlia sarà di ritorno fra qualche minuto, può aspettare?- chiese Lauren.
-Certamente. Io e il mio collega faremo un giro. Torneremo fra poco.- così dicendo, entrambi si allontanarono.

-Allora, cosa ne pensi?- chiese Benson a Gray.
-Qualcosa qui puzza e devo capire cosa. Insomma, com'è possibile che qui siano tutti così tranquilli? La stampa ha già divulgato la notizia, ma al mercato, nessuno sembra saperlo. 
-Forse, essendo Harlem un posto poco sicuro, nessuno si scandalizza più di tanto. Però, ho notato che la voce della donna è cambiata in modo repentino non appena ti ha chiesto della vittima.- ammise Tristan.
-Si, l'ho notato anche io.- rispose Mark.
-Credi che lei sappia?- chiese fissandolo negli occhi. 
-Credo che quella donna sia intelligente, abbastanza intelligente da sfuggirci da sotto il naso.
-Cosa vuoi dire?- chiese confuso Benson.
-Voglio dire che sua figlia non è ancora tornata, ma alla bancarella non c'è più nessuno. 

*SI: Soggetto ignoto

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Era davvero tanto che non scrivevo e devo ammettere che mi era mancato! 
Buon pomeriggio a tutti :) state passando bene le vostre vacanze? Spero di sì. Purtroppo sembra che questi tre mesi siano volati e sto cominciando a disperarmi ahah 
Mi scuso se il capitolo non è abbastanza lungo, ma era da tempo che dovevo aggiornare e non trovavo mai il momento per farlo. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto ugualmente, un bacio e al prossimo xx

                              -Vals💕

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


-Ha visto questa donna?- Probabilmente era la ventesima persona a cui Gray mostrava la foto di Lauren. Quella donna era scomparsa nel nulla, come se non fosse mai stata lì, nemmeno per un attimo.
-Trovato niente?- Tristan si avvicinò a Mark e a guardare bene la sua faccia, anche a lui le cose non erano andate esattamente bene.
-E' scomparsa. Sembra impossibile, ma è così.- rispose Gray.
-Tutto ciò mi fa infuriare. Non siamo degli sciocchi in giacca e cravatta, siamo agenti dell'FBI e come tali, meriteremmo rispetto e sincerità. Qui mentono, mentono tutti.- l'agente Benson era amareggiato, quasi disgustato dal comportamento delle persone che aveva intorno. -Se urlassi a squarciagola che quella donna potrebbe essere una possibile sospettata di omicidio credo che si farebbe avanti qualcuno, ma tu non vuoi dare nell'occhio.
-Ascolta, forse ho avuto un'idea.- disse Gray sottovoce.
-E sarebbe?
-Guardati intorno, è normale che nessuno voglia parlare con noi. Chi vorrebbe trovarsi coinvolto in un'indagine dell'FBI? Questa gente non vuole rogne e noi siamo solo un problema in questo momento.
-Ok, fin qui ti seguo, ma non riesco a capire quale sia la tua idea.- ammise Benson grattandosi la testa.
-Se tu fossi al loro posto, parleresti con qualcuno in giacca e cravatta? Con qualcuno che ti mostra un distintivo e sotto la giacca nasconde una pistola?
-Credo di no.- rispose l'uomo.
-Ecco, come pensavo!- esclamò Gray dirigendosi verso l'auto.
-Mark, aspetta! Non ho ancora capito, sii più chiaro.- Tristan lo prese per un braccio.
-E' semplice; dobbiamo vestirci come se fossimo qui da compratori e non in veste di agenti. Le persone parlano molto, ma non con noi.
-Ora ho capito. Idea geniale!- si congratulò Benson 
-Sono contento che tu ci sia arrivato. Ora potresti mollare il mio braccio?- l'agente Benson sembrava non averci quasi fatto caso, così scuotendo la testa mollò il braccio di Gray.

-Adesso che siamo vestiti con gli abiti di tutti i giorni credi davvero che ci diranno qualcosa?- chiese Benson interdetto.
-Segui me, ok?- Benson annuì e corse dietro Gray.

-E' come ti dico io, fidati. Quel pazzo è tornato ed è proprio per questo che ho fatto installare un programma di videosorveglianza. Ho una moglie e non ero tranquillo a saperla così vulnerabile anche dentro casa nostra.- Gray si era avvicinato ad una bancarella fingendo di voler comprare qualcosa e Benson gli stava al suo fianco, cercando di capire il suo gioco.
-Hai fatto la cosa giusta. Dopo aver sentito ciò che è successo a quella donna anche io ho voluto installare delle videocamere. Nella vita non si è mai troppo prudenti.
-Il solo pensiero di ciò che potrebbe fare quell'assassino a mia moglie, mi mette i brividi. La povera signora Hook è stata la prima di una lunga lista.
-Non farmici pensare. Detesto il fatto di sentirmi così impotente davanti a tutto ciò.- Continuò Tristan reggendo il gioco al collega.
-Prendo questo.- disse infine Gray al negoziante. 
-Lo vuole incartato?- chiese l'uomo che si trovava dietro al bancone.
-Si, grazie.
-Comunque, pochi minuti fa, un agente dell'FBI mi ha mostrato la foto di una donna chiedendomi se l'avessi vista. Chissà perchè la cercavano...- continuò Benson.
-Probabilmente conosceva la vittima o roba del genere. Di solito è così che agiscono.- disse Gray facendo spallucce.
-Ecco a lei il suo regalo.- L'uomo allungò una busta porgendola a Mark.
-Grazie mille e buona giornata.- Lo pagò e fece per allontanarsi quando si sentì chiamare.
-Mi scusi, involontariamente ho ascoltato il vostro discorso e sono rimasto leggermente turbato. 
-Da cosa?- chiese Benson avvicinandosi di più.
-Chi è questo pazzo che è tornato?- chiese l'uomo.
-A quanto si vocifera, l'uomo che ha assassinato Cassandra Hook, è lo stesso che trent'anni fa, ha ucciso Samantha Miller. Non so se conosce la storia.
-Ne ho sentito parlare. E purtroppo ho anche saputo dell'omicidio di Cassandra, era una così cara donna, peccato che nessuno l'abbia mai trattata come meritava.- disse l'uomo quasi si fosse dimenticato che davanti a lui ci fossero Benson e Gray.
-In che senso? Come veniva trattata?- chiese Benson.
-Il marito l'ha sempre trattata male, o perché tornava ubriaco a casa o perché ne aveva semplicemente voglia.
-E nessun altro se la prendeva con lei?- chiese Gray cercando di sembrare il meno interessato possibile. Non doveva far capire che era un agente in borghese.
-Qualcuno c'era...- l'uomo fissò lo sguardo altrove.
-Povera donna.- commentò Benson per far sembrare la discussione un semplice scambio di informazioni tra compratore e venditore.
-Prima avete detto che l'FBI vi ha mostrato la foto di una donna, sapreste descriverla?
-No, non ricordo molto del suo volto, l'ho vista di sfuggita, perché?- intervenne Gray.
-Niente, è solo che...- cominciò l'uomo.
-Cosa?- chiese Gray ancora più curioso.
-...ho sentito che la figlia di Lauren, una signora che lavora qualche bancarella più in la, la stava cercando. Forse è la stessa persona che l'FBI cerca di rintracciare.- disse infine il venditore.
-Potrebbe avere qualcosa a che fare con l'omicidio?- chiese Benson fingendosi sconvolto. 
-Potrebbe...- ammise l'uomo.
-E lo dice così?Con tono del tutto calmo?- Gray si alterò.
-Come dovrei dirlo?
-Una donna è stata uccisa nel suo appartamento, l'FBI ne cerca un'altra con grande urgenza e lei sa qualcosa e rimane qui in silenzio a far finta di niente?- Gray era esploso. Non ci vedeva più dalla rabbia, avrebbe voluto avere le manette per stringerle forte contro i polsi di quel venditore menefreghista.
-E cosa dovrei fare? Quella donna ormai è morta, non voglio problemi. Qui se si parla troppo, si fa una brutta fine. E poi perché mi aggredisce così, c'è qualcosa che non va?
-No, il mio amico è solo agitato, lo scusi. Crede che questa donna possa essere pericolosa? Sa, siamo un po' spaventati da tutto quello che sta accadendo.- disse Benson cercando di sviare i sospetti.
-So solo che lei e Cassandra non era così tanto amiche come va dicendo in giro. Battibeccavano spesso su cose sciocche, arrivando anche alle mani se necessario. Una volta Lauren la stava per colpire con uno di quegli oggetti che ha nella bancarella, per fortuna la figlia è arrivata in tempo o probabilmente Cassandra si sarebbe fatta davvero male. Purtroppo, poco tempo dopo è successo quello che tutti sappiamo.- rispose l'uomo a bassa voce.
-Già... Beh, la ringraziamo per questa chiacchierata. Da oggi starò più attento alle amicizie di mia moglie e alle donne che si aggirano nel quartiere.- Benson fece un sorriso al venditore e con forza tirò via Gray che continuava a lanciare occhiate piene di disprezzo verso quell'uomo.
 

-Stavi per mandare a monte l'operazione da te stesso ideata, te ne rendi conto, vero Mark?- i due agenti erano ormai saliti in macchina e si erano finalmente allontanati da quel mercato degli orrori.
-Hai sentito anche tu le parole di quel tizio. Se avessi avuto le mie manette...
-Non avresti fatto nulla. Tieni troppo a questo caso per rovinarlo così.- fini Benson.
-Grazie Tristan.- disse Mark cambiando tono. -Hai ragione tu.
-Figurati. So bene cosa può far fare la rabbia, per questo ti ho portato via.- disse l'agente. -Posso farti una domanda?- chiese Benson guardando Mark.
-Chiedimi tutto quello che vuoi.- acconsentì lui.
-Quando la Miller è morta tu non avevi più di cinque, sei anni. Perché hai preso così a cuore il suo caso se non lo hai nemmeno vissuto da vicino?
Mark fissò a lungo la strada prima di rispondere. -Si, è vero, a quell'epoca ero solo un bambino. Andando avanti negli anni e con gli studi sono venuto a conoscenza di questo storia e quando sono entrato nell'FBI ho subito voluto leggere il caso. La fine che aveva fatto Samantha, le ingiustizie che aveva subito e la leggerezza con cui era stato trattato e poi chiuso il caso, mi hanno spinto a volere di più, a saperne di più, ed eccoci qui.- rispose Gray con un sospiro finale.
-Sei una brava persona, Mark. All'inizio sembri un po' stronzo, ma le apparenze ingannano, dico bene?- concluse Tristan con una leggera risata.
-Mi fa piacere sapere che pensi questo di me dopo nemmeno una giornata passata insieme.- rispose Mark ridendo a sua volta.
-Ehi!- urlò Tristan. -Mark, ferma la macchina. Quella è Lauren, la donna che cercavamo. 
-E' vero, è proprio lei.- Gray fermò di colpo l'auto, entrambi presero pistola e manette e scesero senza farsi notare.
-Io faccio il giro nel caso dovesse scappare.- Gray annuì con un cenno.
-Lauren, si fermi, sono l'agente Gray e lei deve venire con noi. Metta lentamente le mani dietro la testa e non provi a fuggire.- La donna si fermò di colpo e fece ciò che le era stato ordinato, ma non appena Mark si avvicinò, Lauren cominciò a correre.
Tristan, che aveva previsto la sua reazione, l'aspettava nascosto dietro un angolo e non appena la donna vi passò accanto, la prese con sforza sbattendola contro il muro. -Proprio come pensavo. Adesso non si muova, lei dovrà seguirci in centrale e rispondere a molte domande.- così dicendo, le mise le manette e la scortò fino all'auto.
 

-E' quasi un'ora che siamo qui e ancora non ha aperto bocca. Ho i nervi a fior di pelle e quella donna farebbe meglio a parlare.- disse Tristan uscendo dalla sala dell'interrogatorio per raggiungere Parker nella saletta accanto.
-Mark sa come fare per farla parlare. Ci vuole solo pazienza.- disse il capo fissando Lauren attraverso il vetro.

-Allora, Lauren, possiamo stare qui tutto il giorno a guardarci in faccia, oppure, potresti renderti utile e partecipe e raccontarci ciò che sai e soprattutto per quale motivo sei fuggita dal mercato.- Gray aveva parlato con un tono talmente pacato che Benson ne rimase quasi sconvolto. -Non credo tu voglia passare la notte qui, i topi mordono.- riprese Gray con un sorriso divertito.
-Non mi fanno paura.- rispose Lauren scrollando le spalle.
-Loro no, ma qualcun altro sicuramente.- disse Mark togliendosi la giacca.
-Cosa vuole insinuare?
-Oh, niente, riflessioni tra me e me.- l'agente si girò verso il vetro a specchio per poi tornare a fissare la donna.
Pochi secondi dopo, il telefono che si trovava all'interno della stanza degli interrogatori, squillò e Gray rispose. -D'accordo, tutto chiaro.- rispose poco dopo. riattaccò la cornetta e guardò Lauren. -E' libera di andare.- disse con lo stesso tono pacato di prima.
-Siete a corto di roditori?- chiese Lauren con aria spavalda. 
-Oh no, di quelli ne abbiamo in abbondanza.- rispose Gray con un sorrisetto di sfida. -E' solo che abbiamo trovato il colpevole, o meglio, lui ha trovato noi. Finalmente abbiamo preso l'assassino.
-Oh, meno male. Ora mi sento meglio.- disse lei alzandosi. 
-Bene, ci dispiace per averla trattenuta.- Gray si avvicinò al muro accanto alla porta dove si trovava un piccolo citofono con il microfono e premette il bottone. -Sto facendo uscire la signora Keller, potete portare la figlia, è tempo che ci racconti la verità.- A quelle parole Lauren rimase impietrita.
-Cosa volete da mia figlia? Lei non ha colpe!- sbraitò la donna.
-Noi non vogliamo niente, è lei che è venuta a costituirsi.- rispose tranquillo l'agente.
-Lei non c'entra niente. E' tutta colpa di quel maledetto!- urlò ancora più forte Lauren.
-Di chi sta parlando? Chi è questo maledetto?
-Logan Martin, parlo di Logan Martin.
-E chi sarebbe questo Logan?- chiese Gray sempre più curioso.
-Ha una bancarella a pochi passi dalla mia. Una barba nera come il catrame e degli occhi scuri e profondi come un buco nero. E' un maledetto!- ripeté Lauren. In un solo istate, Gray capì tutto.
-Bene, grazie Lauren.- disse guardandola.
-Adesso possiamo andare? Potete lasciare mia figlia? Sicuramente è venuta qui con l'intento di proteggermi, ma lei non ha fatto nulla a Cassandra Hook.- chiese lei supplicante.
Gray si limitò a fare una smorfia di soddisfazione. -Lauren, si sieda.
-Mia figlia non è qui, vero? Era una bugia, una sporca bugia detta solo al fine di farmi parlare. Beh, complimenti, ma sappia che da questo momento in poi non aprirò bocca nemmeno per prendere aria.- rispose la donna infuriata.
-Non fa nulla, per ora l'interrogatorio è terminato. E' arrivato il momento di tornare al mercato. Non so cosa quest'uomo le abbia fatto per terrorizzarla a questo punto, ma spero che raccolga tutto il suo coraggio e che al nostro ritorno possa finalmente dirci la verità.- Gray uscì dalla stanza lasciando la signora Keller da sola a combattere con i suoi demoni.

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Finalmente ho un computer tutto mio e posso scrivere quanto e quando voglio. Scusate il ritardo nell'aggiornare ma a causa della scuola non ho avuto molto tempo. 
Se la storia vi sta integrando sono davvero curiosa di ricevere qualche vostro commento. 
Da oggi in poi cercherò di aggiornare il più possibile perché, non appena finirò la storia, la invierò ad una casa editrice che mi ha davvero dato grande disponibilità. Incrociamo le dita.

Baci e al prossimo capitolo xx

Ps: per eventuali errori correggerò nel pomeriggio

-Vals💕

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


-Samantha non aveva molti ragazzi. Era una di quelle persone che aspettano il vero amore, lo stesso che quando meno te lo aspetti, ti distrugge.- la signora Hill sembrava sempre più disposta a collaborare con l'FBI.
-Cosa vuole dire, Julie? Chi ha fatto del male a Samantha?- chiese Gray prendendo appunti sul taccuino. 
-Oh no, deve aver capito male ciò che volevo dire. Nessun ragazzo ha mai fatto del male fisicamente a Sam, ma ce n'era uno che le ha spezzato il cuore più di una volta.
-E ricorda il suo nome?- chiese Benson.
-Come dimenticarlo...- disse Julie sospirando -...si chiama Brandon Griffith. 
-Può parlarci di lui? Di loro?- Gray sembrò quasi sentirsi in colpa nel dover chiedere tutte quelle cose alla donna. -Sarebbe davvero importante per l'indagine, lo sa questo, vero?
-Si, lo so bene, è solo che fa male ripensare a lei.
-Posso capirla e mi dispiace, ma c'è un assassino a piede libero e dobbiamo capire se il caso è collegato a quello di Samantha. Julie, lei è l'unica che può aiutarci in questo momento.
La Hill sospirò, passò le mani sul viso e poi fra i capelli. -Da dove volete che cominci?

-Si, capisco. D'accordo signor Parker, le faremo sapere al più presto tutto quello che ci dirà la signora Hill. A dopo.- Benson staccò la chiamata e si diresse nuovamente nel salotto di Julie per ascoltare cosa stesse raccontando a Gray.
-E così il caro signor Griffith era un vero e proprio don Giovanni.- constatò Gray.
-Già... E purtroppo Samantha ne era follemente innamorata, avrebbe dato tutto per lui, persino...- Julie si bloccò.
-Persino cosa? Perché si è fermata? Cosa stava per dire, Julie?- si affrettò a chiedere Mark.
-La vita.- disse Benson senza pensarci.
-Cosa?- Julie si girò verso l'agente quasi sconvolta. -No, assolutamente no. Sam era innamorata di Brandon, questo sì, ma non era mica stupida. Non si sarebbe mai uccisa per lui.
-E allora cosa voleva dire prima?- chiese nuovamente Gray.
-Vede agente, anche se non sembra, Samantha è stata davvero importante nella mia vita. Quando parlo di lei in quel modo non lo dico perché vorrei sembrare una di quelle amiche disperate o perché cerco di sviare ogni sospetto che voi avete verso me. Sam è stata come un'ancora di salvezza nella mia vita. Quando sono arrivata a New York non avevo nemmeno il coraggio di presentarmi a lezione per paura che la gente potesse guardarmi e giudicarmi diversa. Non mi sono mai sentita a mio agio nei miei primi anni di vita, finché non ho incontrato lei, finchè Sam non è entrata a far parte dei miei giorni. Lei ha subito capito che io non ero come tutti gli altri, che avevo qualcosa che mi differenziava da tutto il resto, e mi ha accettata così com'ero, senza giudicarmi, senza farmi sentire continuamente fuori posto.- Julie fece una lunga pausa e fissò i due agenti che sembravano aver capito di cosa stesse parlando. -Io l'amavo, l'amavo davvero e vederla soffrire per lui mi faceva stare male, ma allo stesso capivo cosa provasse, perché anche io mi sentivo così nei suoi confronti. Era la prima ed ultima persona che ho davvero amato nella mia vita, dopo lei non c'è stata nessun'altra ragazza e da quando è andata via, nulla ha più avuto senso. Tutto mi sembrava diverso; le luci, i colori, le canzoni, persino le persone che una volta conoscevo non mi sembravano più quelle di prima. Mi sono rinchiusa nuovamente in me stessa. Ho smesso di uscire con gli amici che non sentivo più così vicini, anzi, a dirla tutta non ero nemmeno benvoluta, era per via di Samantha se facevo parte del gruppo, e quando è morta mi hanno esclusa pian piano. Lei era tutto per me.- Julie non ce la fece più e scoppiò in lacrime. -Scusatemi, scusatemi tantissimo. E' solo che ripensare a lei è così doloroso. Ho passato così tanto tempo a cercare di attenuare il dolore che mi pulsava dentro il petto quando pensavo a lei e anche se non ci sono mai riuscita del tutto, in qualche modo il peso era più leggero e adesso è come se un macigno mi fosse piombato nuovamente addosso e il mio respiro si accorcia, ogni giorno di più. E ogni mattina mi alzo con a consapevolezza che è tutta colpa mia, che avrei potuto salvare Samantha se fossi stata più cocciuta e meno accondiscendete, se le sue parole non avessero avuto lo stesso peso che avevano quando i suoi occhi mi fissavano imploranti. La sua famiglia ha ragione a darmi la colpa di tutto. Se fossi stata più forte, se le avessi detto quanto l'amassi, quanto avessi bisogno di averla al mio fianco forse le cose sarebbero andate diversamente, forse lei sarebbe ancora qui a vivere la vita che ha sempre meritato.- Julie non riusciva più a contenere le lacrime. Continuava a prendersela con se stessa e Gray si sentiva sempre più in colpa singhiozzo dopo singhiozzo.
Così, si avvicinò di più verso la signora Hill e le prese delicatamente le mano. -Julie, stia tranquilla e mi ascolti. Lo so che le ho già detto che mi dispiace farle parlare di questo, ma ci tengo a ribadirglielo. Amare qualcuno è sempre una condanna, che sia un amore sano o meno. Lei non ha colpa per ciò che è successo a Samantha e non deve vivere con questo peso sulla coscienza, non se lo merita. Deve riuscire ad andare avanti e vivere la vita che anche lei merita. Deve uscire e conoscere la persona che sono sicuro la sta aspettando da tempo, anche se ancora non lo sa. Alla sua età non è ancora finita, ha tutto il tempo davanti a se. Samantha vorrebbe questo per lei, vorrebbe vederla felice dopo così tanto tempo e la felicità non dovrebbe mai essere considerata un errore. Il mondo ha tanti colori e lei deve riscoprirli uno dopo l'altro.- Gray le sorrise e lei fece lo stesso, poi prese il fazzoletto che teneva nel taschino della giacca e glielo porse. Julie si asciugò le lacrime e guardò nuovamente Gray.
-Lei ha un grande cuore agente Gray e merita il meglio. Sam sarebbe felice di sapere che c'è una persona come lei a prendersi cura di ciò che le è successo, non ho alcun dubbio.
-Mi fa piacere sapere che pensa questo di me. Le prometto che Samantha avrà giustizia.

Dopo essere usciti di casa di Julie, Benson e Gray si diressero verso l'indirizzo che Parker aveva fornito loro. 
-E così Brandon Griffith abita nell'Upper West Side. Credi abbia una famiglia numerosa?- Gray si rivolse al suo partner.
-Perchè lo credi?- chiese Benson.
-Beh, è risaputo che l'Upper West Side è uno dei quartieri più adatto alle famiglie. Insomma, ottime scuole, un punto culturale molto vasto, vicino a Central Park e al Riverside Park, tutto ciò che cercano delle famiglie con bambini, non credi?
-Vorrei ricordarti che non sono newyorkese, né tantomeno americano.- replicò Benson.
-Il tuo cognome dice tutt'altro.- fece notare Mark.
-Sono australiano ma i miei genitori adottivi sono americani, ed ecco svelato un segreto su di me caro agente Gray.- disse Tristan con un sorriso.
-Oh, non lo sapevo. Ho avuto così tanto da fare che non ho nemmeno controllato la tua cartella, mi sono fidato di Parker e del suo giudizio. 
-Non importa, posso capirlo. Questo caso sta davvero diventando complicato e nessuno di noi ha abbastanza tempo.- rispose Benson dando una pacca sulla spalla al suo partner. -Ascolta, ma tu cosa ne pensi di quello che ci ha raccontato la Hill?
-Penso che sia una donna distrutta e che dopo tutto questo tempo sembra non voler accettare la morte della sua amica.- rispose Gray.
-Ma tu lo avevi capito che era innamorata della Miller?- chiese Benson curioso.
-Si, l'ho sempre saputo. C'era qualcosa nei suoi occhi, nel modo in cui pronunciava il suo nome, nelle parole che usava che portava a capire che quella fra loro non era una semplice amicizia, o meglio, ciò che provava Julie per Samantha non era solo affetto.
-Sono un profiler e non sono riuscito a capirlo da subito. Come ho fatto a non accorgermene?- Tristan sembrava deluso da se stesso.
-E' solo questione di abitudine, di occhio. Quando fai questo lavoro devi imparare a guardare le cose con un'altra lente.- rispose Gray. -Come ad esempio il fatto che la Hill non ci ha raccontato tutto.
-Eh? Di cosa parli?- Benson sembrava più confuso del solito.
-Hai notato che quando abbiamo chiesto chiarimenti su quella frase lasciata a metà lei ha subito raccontato di loro due? Ha cercato di spostare l'attenzione su una storia che potesse farci dimenticare quello che aveva detto prima, ma non ci è riuscita, non con me.
-Quindi non le credi?
-Oh sì che le credo, solo che ho capito che c'è altro sotto, ma non potevo più farle domande con lei in quello stato. Era tropo turbata per poter continuare a parlare. Aspetteremo qualche giorno.- rispose Gray fermando l'auto. -Comunque siamo arrivati.
-Anche questa volta non ho capito.- si lamentò Tristan scendendo dalla macchina.
-Perchè?- chiese Gray.
-Mi ero quasi dimenticato di quello che stava per dirci poco prima. Sono un idiota.
-Tristan, smettila. Non sei un idiota, ok? E' solo che questo è il tuo primo vero caso e non sei abituato. Devi stare tranquillo, vedrai che anche tu otterrai grandi risultati.- disse dando una pacca sulla spalla al partner. -Adesso entriamo, il signor Griffith ci deve delle spiegazioni.

-Credi sia in casa? Magari è a lavoro.- osservò Benson.
-Hai ragione, potrebbe non essere in casa, ma c'è la possibilità che ci sia la moglie. I figli saranno sicuramente a scuola o all'università, chi può saperlo.- rispose Gray.
-Speriamo. Mi seccherebbe aver fatto un viaggio a vuoto.- replicò Benson.
-Non sarebbe un viaggio a vuoto. Questo è un palazzo e i vicini parlano e sanno più di quanto tu possa credere.
Le porte dell'ascensore si aprirono su un grande corridoio illuminato da grandi e costosi lampadari che si riflettevano sul lucido pavimento di marmo bianco. Le pareti erano decorate da quadri raffiguranti la New York degli anni sessanta e sulla destra, fra una cornice e l'altra, si aprivano grandi finestre che si affacciavano su Central Park e sul grande traffico newyorkese. 
-Wow!- esclamò Benson. -Un appartamento qui lo sogno da quando avevo dodici anni. 
-Se metti qualcosa da parte riuscirai a coronare il tuo sogno.- scherzò Gray.
-Un giorno ti saluterò dal piano più alto del grattacielo più importante di New York mentre bevo Champagne nella mia jacuzzi.
-Già, ora capisco perché era solo un sogno.- entrambi scoppiarono a ridere e poi tornarono seri nel giro di pochi secondi.
-Quello è il suo appartamento.- Benson indicò la terza porta a sinistra. -Andiamo.

Gray si avvicinò e prima di bussare poggiò l'orecchio sulla porta. All'interno non udì alcun rumore ma non sembrava del tutto convinto che l'abitazione fosse vuota, così picchiettò tre volte. -Chi è?- chiese una voce.
-Siamo gli agenti Gray e Benson dell'FBI, il signor Griffith è in casa?- nessuno rispose ma la porta si aprì.
Sull'uscio comparve una donna dall'aspetto stanco e trascurato. -Salve, lei dev'essere la donna delle pulizie. Io sono l'agente Mark Gray e questo è il mio partner, l'agente Tristan Benson.
-Buonasera agenti.- rispose la donna. -Mi dispiace informarvi che il signor Griffith al momento non è in casa.
-E sa dirci quando torna o dov'è andato?- chiese Benson.
-No, purtroppo quando sono arrivata c'era solo la signora Griffith.
-Quindi in casa non c'è nessuno al momento?- Gray la fissò per studiarla nei minimi dettagli.
-Nessuno a parte me.- la risposta della donna fu secca.
-D'accordo, allora faremo un giro e torneremo fra qualche ora. Ci scusi per il disturbo, buona serata.
Altrettanto.- disse la signora prima di chiudere la porta.

-Qualcosa non va?- Benson scrutò il viso del suo partner.
-Ho guardato bene quella donna e ascoltato attentamente le sue parole e il tono della voce e non mi è sembrata del tutto sincera. Probabilmente non c'era nessuno in casa, ma non sono del tutto certo che non sapesse dove si trovassero i Griffith.- ammise Gray grattandosi il mento.
-Hai qualche idea o andiamo via?
-Io direi di bussare a qualche vicino.- suggerì Mark. 
-D'accordo, tentar non nuoce.- rispose il suo partner. 
Entrambi bussarono a tutte le porte presenti sul piano, ma nessuno sembrava essere in casa a quell'ora.

-Credo che siano tutti a lavoro, ma torneranno fra pochi minuti, d'altronde il sole sta quasi per tramontare.- osservò Tristan.
-Si, è vero, ma ormai è rimasto l'ultimo appartamento, magari siamo fortunati.- disse Gray bussando all'ultima porta rimasta di quel piano. Ad aprirla fu una donna anziana che li guardò attentamente prima di chiedere chi fossero. I due agenti mostrarono i distintivi e si presentarono giungendo subito al dunque: Brandon Griffith.
-Accomodatevi.- disse la donna scostandosi dall'uscio.

-I signori Griffith sono una famiglia numerosa direi. Hanno ben quattro figli, di cui uno già sposato. Sono molto uniti, non c'è che dire, però il signor Brandon è molto temuto in quella casa. Quando dice una cosa, non c'è anima che possa replicare, nemmeno la moglie.- la signora era raggomitolata in una coperta di lana nonostante i riscaldamenti fossero accesi in casa.- So cosa vi state chiedendo e la mia risposta è sì. I Griffith stanno insieme da molto tempo e hanno avuto un figlio quando il signor Brandon era ancora al primo anno di università. Non so dirle molto sul suo passato, ma so quanto basta del suo presente per stargli alla larga.
-Cosa intende dire? Ha fatto qualcosa che potrebbe non essere del tutto legale?- chiese Benson.
-Oh agente, e lo chiede a me? Se siete qui una ragione c'è sicuramente.- a prima vista poteva sembrare una vecchia donna ormai andata di cervello, ma in realtà era più furba di quanto non volesse dimostrare.
-Non posso dirvi molto, anche perché il signor Griffith sarà di ritorno fra pochi minuti, e da quanto ho capito avete urgente bisogno di parlare con lui. Non stupitevi se ormai conosco tutti i suoi orari. Una donna della mia età non ha molto da fare in un appartamento così grande. Mia figlia sta via tutto il giorno e ho finalmente trovato un modo alternativo per far passare più in fretta queste ore di solitudine.- ammise la signora avviandosi verso l'entrata insieme a due agenti. -Ma c'è una cosa che forse può tornarvi utile: quell'uomo nasconde un segreto, non so di che tipo, ma so che ne ha uno. Il vostro compito è scoprirlo. Vi auguro buona fortuna, non è semplice ricevere informazione dal signor Brandon, è quel tipo di persona che sa come raggirare gli altri.
-Grazie per la sua dritta signora Shelton, ci è stata d'aiuto. Le auguro una buona serata.- disse Gray uscendo dall'appartamento.
-Non c'è di che. Buona serata anche a voi, agenti. Siate prudenti.- furono queste le ultime parole della donna prima che chiudesse la porta.

-Mark, guarda, Griffith è appena sceso dall'ascensore, andiamo.- i due agenti si diressero velocemente verso l'uomo in giacca e cravatta, bloccandolo proprio davanti la porta di casa.
-Buonasera, come posso esservi utile?- chiese l'uomo senza scomporsi.
-Salve, io sono l'agente Gray.- disse Mark mostrando il distintivo.
-Ed io sono l'agente Benson.- riprese l'altro imitando il partner.
-Siamo qui per farle alcune domande riguardanti il suo passato, può concederci qualche minuto?- chiese Gray.
Di che si tratta?- l'uomo posò la borsa sul pavimento e tornò a guardare Mark e Tristan.
-Il nome Samantha Miller le dice qualcosa?
Brandon diventò subito paonazzo ma non si scompose più di tanto. -Sapevo sareste venuti da me prima o poi. Prego, entrate.

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Buonasera a tutti :) devo ammettere che mi è piaciuto particolarmente scrivere questo capitolo perché più entriamo nel clou della storia, più mi emoziono. So che ancora è presto per dirlo, ma non vedo davvero l'ora di arrivare al capitolo finale. Spero davvero che possa piacere sia a voi sia alla casa editrice che, come avevo detto la scorsa volta, si è mostrata disponibile nel leggere ed eventualmente pubblicare il libro. 

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, se fino a qui la storia vi sta intrigando o se risulta noiosa e scontata. Ogni vostra critica e giudizio per me è solo un modo per migliorare sempre di più e poter portare avanti questa mia passione. 

Detto questo vi aspetto al prossimo capitolo, baci xx

 

-Vals💕

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Mark e Tristan non avevano mai visto nulla di simile. L'appartamento della famiglia Griffith era a dir poco strabiliante. Trasudava ricchezza da tutti i pori, tanto da lasciar stupefatti i due agenti. 
-Per favore, potreste togliere le scarpe?- chiese gentilmente Griffith. -La domestica ha appena finito di pulire e non vorrei che mia moglie si infuriasse al suo ritorno trovando il pavimento sporco. E' una donna che tiene molto alla pulizia.
Gray e Benson si guardarono negli occhi e trattennero una risata. -Certamente.- dissero in coro e si sfilarono le scarpe. 
-Prego, venite nel mio ufficio.- Griffith fece strada ai due agenti che intanto si guardavano in giro.
-Hai visto quel lampadario? Sarà costato una fortuna!- disse sottovoce Benson.
-Beh, allora non hai dato un'occhiata alla televisione. E' grande quasi quanto lo schermo del cinema.
-Chissà come sarà il suo ufficio.- si chiese Tristan.
-Esagerato. Sarà senz'altro esagerato.-commentò Gray.
-Eccoci qui.- l'uomo si fermò davanti ad un'enorme doppia porta di mogano e poggiò il palmo della mano su un sensore che si trovava sul muro. -I miei figli erano molto curiosi da piccoli e gli piaceva venire a giocare qui dentro. Un giorno hanno rovinato alcuni documenti importanti e così ho capito che le serrature non bastavano.- spiegò Griffith ai due agenti. Alle sue parole seguì una voce meccanica che confermava l'identità dell'uomo facendo sì che le porte si aprissero su un enorme stanza luminosa. -Entriamo.

Gray rimase fermo ad ammirare lo spettacolo davanti ai suoi occhi; da quella stanza poteva vedere tutta New York, proprio come nel corridoio del palazzo. La scrivania di Griffith dava le spalle alla grande vetrata e sui muri vi erano appesi diversi riconoscimenti, articoli e certificati ottenuti da Brandon durante la sua carriera. -Torno subito, voi fate come se foste a casa vostra.
-Ora capisco perché ai figli piaceva venire qui. Guarda che visuale e guarda che lusso.- ammise Gray indicando il frigobar che si trovava dall'altro lato della stanza. -Ha un'altra televisione al plasma e un computer che sarà costato una fortuna.- continuò meravigliato. -E' impossibile che tutto ciò sia reale.
-Beh, non hai tutti i torti. Noi facciamo un lavoro che ci da un ottimo stipendio, ma non potrei mai permettermi tutto questo sfarzo. Qui c'è qualcosa che non va.- commentò Tristan. -Come ad esempio quel quadro.- Benson si stava avvicinando alla parete dove si trovava appeso un quadro con dei bellissimi girasoli, quando Griffith tornò nella stanza.
-Perdonatemi, ma dovevo accertarmi che nessuno ascoltasse. Non mi va che ci sia gente che origli le mie conversazioni.- ammise Brandon accomodandosi sulla sua poltrona in pelle. Tra sé e sé Gray pensò a quanto fosse bello potervici sprofondare dopo una stressante giornata di lavoro. 
-Si figuri, però adesso dobbiamo fare veloce, si sta facendo tardi.- intervenne Benson.
-Chiedetemi tutto ciò che volete, ve l'ho detto, sono a vostra completa disposizione.
-Bene, tanto per cominciare, per caso ricorda dove si trovava la notte in cui Samantha venne uccisa?- Gray fu diretto, preferì non girarci intorno.
L'uomo fece una breve risata. -Cosa c'è, questa domanda la fa ridere?- chiese Benson.
-No, assolutamente no. E' solo che sono molto stanco e pensavo che le vostre domande sarebbero state...diverse.- disse strofinandosi gli occhi con le mani.
-Beh, si sbagliava. Mi dispiace che lei sia così stanco, ma qualsiasi domanda le faremo la porterà a riflettere bene perché dovrà tornare indietro di trent'anni.- rispose Gray.
-Trent'anni...ne è passato di tempo.- l'uomo si guardò attorno. -Avrei così tante cose da raccontarvi.
-Cominci, allora.- lo incitò nuovamente Gray.
-Qui a New York, nel mio campo lavorativo, sono famoso per avere una grande memoria. Non dimentico niente di niente, lo sapevate questo?- chiese agli agenti.
-Ne abbiamo sentito parlare.- rispose Tristan.
-Ho così tanti ricordi, e quella notte è uno dei più nitidi, quasi fosse successo solo ieri.- Brandon continuava a girare attorno all'argomento senza mai volerne parlare realmente. -Samantha ed io eravamo più che amici, credo che questo lo sappiate già, sennò non sareste venuti qui.
-Si, sappiamo anche che lei non ne era poi così innamorato. Le ha spezzato il cuore più volte di quanto possa farlo qualsiasi essere umano, eppure Samantha tornava sempre. Come la fa sentire tutto questo?- a Gray non andava per nulla a genio questo signor Griffith e voleva scoprire ogni cavillo, ogni segreto che nascondeva nella sua mente e nella sua casa super lussuosa. 
-Un verme, Samantha non meritava tutto quel dolore, ma a quell'epoca ero uno studente sciocco che ambiva solo al successo.- rispose Brandon.
-Ma come può aver successo un ragazzo che ha già una famiglia in così tenera età?- le parole che uscirono dalla bocca di Mark furono quasi come un tornado. Dall'espressione che Griffith aveva sul volto era facile intuire che Gray aveva colpito nel segno. -Ho detto qualcosa di sbagliato?
-Come fa a saperlo?- furono le uniche parole che Brandon riuscì a pronunciare.
-Non so se prima ha guardato bene il distintivo che le ho mostrato. Sono un agente dell'FBI, so tutto quello che c'è da sapere, o quasi.
-Signor Griffith, suppongo che sua moglie non sappia di Samantha, o meglio, non credo sia a conoscenza del fatto che lei e la povera vittima eravate molto intimi mentre la sua consorte portava in grembo quello che ora è il suo primogenito.- Brandon strabuzzò nuovamente gli occhi ascoltando le forti parole dell'altro agente. -Come pensavo. Quindi credo le convenga cominciare a parlare a meno che non voglia che sua moglie ascolti tutto quanto, non so quanto le gioverebbe. 
-D'accordo, da dove posso cominciare... Conobbi Samantha il primo giorno di università, frequentavamo lo stesso corso di anatomia. Era una ragazza brillante, spigliata, simpatica e genuina. Con lei era impossibile non ridere. sapeva sempre come prendere la vita dal verso giusto e trasformare anche le giornate peggiori in qualcosa di bello da ricordare. Avevamo un certo feeling, ci capivamo al volo e la sua compagnia mi faceva sentire un uomo diverso. Il problema è che avevo due vite: quella con Amanda e quella con Samantha. In un certo senso ero fortunato che la mia ragazza non frequentasse la mia stessa università, sarebbe stato difficile. 
Non avevo mai detto a Sam di essere fidanzato, né tantomeno che la mia ragazza aspettasse un figlio e che quel bambino era anche mio. Passarono tre mesi e io e lei eravamo sempre più intimi. Samantha mi aveva detto di essersi innamorata di me e non le nascosi che anche io lo ero. Ovviamente c'erano delle complicazioni riguardo i nostri appuntamenti. Non la portai mai a casa mia dato che Amanda abitava da me e dovevo sempre trovare delle scuse plausibili. Cercavo sempre di portarla fuori città o in posti in cui non potessero riconoscerci. Raramente andavo nel suo appartamento. Amanda era al settimo mese di gravidanza e non aveva la forza di frequentare l'università. Passava molto più tempo a casa ed io, avendo la scusa delle lezioni, rincasavo sempre tardi senza destare sospetti. Un giorno però, la pacchia finì. Amanda mi aveva quasi scoperto, stava per capire che c'era un'altra donna nella mia vita, e questo mi terrorizzò a tal punto da troncare la relazione con Samantha. Evito di raccontare le esatte parole che disse, ma posso dirvi che lei si infuriò e pianse e mi pregò di non lasciarla, ma la paura prese il sopravvento. Un mese dopo, la storia fra me e lei era ricominciata, ma avevo ugualmente paura e non la trattavo più nello stesso modo. Era sempre un prendi e molla, finché Sam non scoprì tutto. Eravamo andati fuori città in un locale che aveva aperto da poco; lei era andata in bagno ed io avevo ordinato da mangiare, quando sentii una voce familiare chiamarmi. Mi girai e a pochi metri da me c'era Craig, un amico mio e di Amanda. Lui non era a conoscenza della tresca che avevo con Sam e si sedette al tavolo con me cominciando a farmi domande. Mi chiese come mai ero lì tutto solo, perché non ero con la mia ragazza e poi mi chiese come stava il bambino e fra quanto avrebbe partorito Amanda. Quando fece quella domanda sbiancai in volto perché notai che Sam aveva sentito, era dietro Craig. Mollai il mio amico e le corsi dietro. Ricordo che mi urlò contro, disse di odiarmi, che voleva solo cancellare tutto quello che c'era stato fra noi, che ero un verme e che avrebbe detto tutto ad Amanda. Io ero terrorizzato, non sapevo cosa fare.
-E così decise di ucciderla. Pensò che quella era l'unica soluzione.- lo aggredì Benson.
-No!- si affrettò a dire Brandon. -Non è andata così. Quando assimilò la notizia e superò lo shock, venne a cercarmi. Mi disse che era innamorata di me e non poteva starmi lontano, non riusciva a cancellarmi, c'ero solo e soltanto io. Disse che avrebbe fatto di tutto, che avrebbe finto di non conoscermi, che era disposta a tutto pur di stare con me. 
-A tal punto da accettare il bambino...- disse sottovoce Gray. 
-Cosa?- chiese Griffith non avendo sentito le sue parole.
-Niente, pensavo fra me e me.- rispose l'agente scusandosi. -La prego, continui.
-Fu difficile parlarle ma le dissi che il bambino era nato ed io e Amanda dovevamo occuparci di lui e non potevo più stare per così tanto tempo fuori casa. Che finalmente ero felice e volevo che mio figlio crescesse in un ambiente tranquillo e pieno d'amore. Lei non riusciva a capacitarsene e mi pregò, si mise persino a piangere, ma io dovetti dirle che era finita, che per il bene del bambino e della mia famiglia, tutto quello che c'era stato fra noi sarebbe dovuto rimanere solo un lontano ricordo. Dopo quella notte, non la vidi più. Avevo smesso di andare a lezione, con il bambino da accudire e una famiglia da mandare avanti dovetti cercare un lavoro. La sera in cui Samantha venne uccisa mi trovavo a Boston, a casa dei genitori di Amanda. Per loro era stato difficile da accettare, ma erano felici di avere un nipotino e ci accolsero a braccia aperte, a differenza dei miei, che non mi rivolsero la parola per sei lunghi mesi. Quando ricevetti la notizia della sua morte rimasi sconvolto e piansi. Chiesi scusa ai genitori di Amanda e senza pensarci due volte, presi l'auto e corsi a New York. Ci misi quasi quattro ore ad arrivare, ma la polizia non era ancora andata via. Non entrai in casa, c'era troppa gente e anche la coinquilina di Sam, Julie Hill e lei mi odiava davvero. Rimasi sul pianerottolo in penombra a guardare dentro l'appartamento e pochi minuti dopo, andai via. Camminai per circa un'ora a piedi e mi sedetti su una panchina, su quella che era stata la nostra panchina e ricominciai a piangere come un bambino e mi pentii amaramente di averla abbandonata così, di non averle più scritto anche solo per chiederle come stesse procedendo la sua vita e me ne pento tuttora. 
Non dissi mai a mia moglie cosa c'era stato tra me e Samantha, le raccontai solo che era una mia grande amica e mi aveva aiutato molto nel corso dei miei studi. 
Quando finalmente mi stabilii economicamente, tornai all'università per finire gli studi, quelli che Samantha non aveva nemmeno potuto assaporare realmente, mi laureai e ottenni diversi riconoscimenti e credo che lo feci soprattutto per lei. Sono stato uno stronzo con quella ragazza, avrebbe potuto rovinarmi raccontando la verità ad Amanda ma ha preferito che fossi felice, che mio figlio fosse felice. Ed io per lei cosa ho realmente fatto? Sapete, c'è una cosa che non vi ho detto, qualche giorno prima mi aveva mandato dei messaggi dicendo che si sentiva sempre osservata e seguita da qualcuno ma io non le risposi mai. Se l'avessi fatto lei sarebbe ancora viva, avrebbe una bellissima famiglia, un lavoro che le avrebbe portato tante gioie e un marito che l'avrebbe amata più di chiunque altro al mondo. Samantha meritava tutto questo ed in parte sono stato io a portarglielo via. Non mi perdonerò mai per quello che le ho fatto, mai.- l'uomo fece un lungo sospiro. -So che può sembrarvi strano, ma Samantha era importante per me. Non l'avrei mai uccisa.
-Bene, tutto quello che ha raccontato è molto importante al fine delle indagini. Non c'è nient'altro che ricorda? 
-No, credo di avervi raccontato tutto quello che volevate sapere.- rispose l'uomo. -Agenti, fra poco mia moglie sarà di ritorno, non ho molto tempo.- ammise Griffith. 
-Signor Griffith, ci sono tante cose che vorrei dirle e chiederle, ma anche per noi si è fatto tardi, quindi le chiederò solo un'ultima cosa.- disse l'agente Gray. -Ha idea di chi fosse questa persona che aveva spaventato Samantha?
-No agente Gray, non ne ho idea. Ho cercato di capirlo ma lei era una persona così buona, non ho idea di chi potesse odiarla a tal punto.- rispose l'uomo.
-D'accordo. La ringraziamo per essere stato disponibile ma sappia che è ancora sulla lista dei sospettati. Non lasci la città per alcun motivo, avremo ancora bisogno di lei.- i due agenti si alzarono e Griffith li accompagnò alla porta. 
-Farei di tutto per scoprire l'assassino di Samantha. Contate su di me.
-Senza alcun dubbio. Buona serata signor Griffith.- Gray e Benson salutarono l'uomo e si diressero verso l'ascensore.

-Credi stia mentendo?- chiese Benson a Gray.
-No, era sincero e anche molto pentito e spaventato, ma non è stato lui a fare del male a Samantha.- rispose Mark.
-Però nasconde anche lui qualcosa e so che è dietro quel quadro con i girasoli.- disse Tristan con sguardo crucciato. -Hai notato che è l'unica parete con un dipinto? Non c'è nient'altro, solo un quadro. Sulle altre pareti invece ci sono riconoscimenti e articoli vari.
-Mh, ottima osservazione. E cosa credi che ci sia lì dietro?- chiese Gray.
-Una casa così grande, così piena di oggetti preziosi dovrà pur avere un sistema di sorveglianza molto costoso e super tecnologico. 
-E tu sei convinto si trovi dietro quel quadro?- Mark cominciava a credere che Tristan non avesse poi così torto.
-Ci sarà sicuramente una telecamera anche lì, o una cassaforte o qualcosa di più. Magari una porta che si apre su un'altra stanza segreta o cose del genere.
-Ehi, vacci piano James Bond. Non è detto che nasconda qualcosa lì dietro, sarebbe troppo evidente e poco prudente, non credi? Potrebbe essere una trappola, un diversivo. Ciò che pensi tu potrebbe nascondersi dietro uno di quegli articoli appesi sul muro di fronte. Oppure potrebbe avere una stanza a parte che tutto è tranne che segreta.- disse Gray frenando l'euforia di Tristan.
-E' possibile...- ammise lui. -Dovremmo procurarci un mandato.
-Si, ma ormai è tardi. Domani mattina parleremo con Parker. Spero solo di risolvere questo caso il prima possibile. Se entro due mesi non troveremo prove sufficienti il capo lo chiuderà definitivamente.
-Sta tranquillo Mark, ce la faremo.
 

Quando Mark rincasò, sua moglie si era addormentata sul divano con un libro in mano. Si avvicinò per darle un bacio e lei si svegliò di soprassalto. -Mark! Mi hai fatta spaventare. Non ti ho sentito rientrare.
-Questo perché sono un ninja.- disse lui ridendo.
-Si certo, un po' impacciato però. Come mai sei tornato così tardi?- sua moglie si sedette e lui si mise accanto. 
-Io e Tristan siamo andati ad interrogare un amico di Samantha.
-E avete scoperto qualcosa di interessante?- chiese lei.
-Più o meno. Tu invece che hai fatto?
-Lavorato, lavorato e lavorato. Il mio capo per ora sembra avercela con me, mi fa fare di tutto, dalle fotocopie al caffè. Non ne posso più, non sono arrivata da due giorni.- si lamentò la donna.
-Amore, mi dispiace così tanto. Posso fare qualcosa per sciogliere tutti questi nervi?
-Direi proprio di si.- rispose lei avvicinandosi e stendendosi sulle sue gambe.
Mark cominciò a carezzarle i capelli, poi si chinò e le diede un bacio. -Ti amo. 
-Ti amo anche io.- la moglie si alzò e ricambiò il bacio. -Oh, quasi dimenticavo, oggi è arrivata posta per te.- Grace si mise in piedi e andò in cucina a prendere una busta con il nome di Mark. -Eccola.
-Mh, strano, non conosco questo indirizzo.- disse Mark rigirando la busta fra le mani. La aprii e leggendola sbiancò in volto.
-Amore, che succede. Cosa c'è scritto?- chiese la moglie preoccupata dall'espressione del marito. Notando che non riusciva ad aprire bocca gli sfilò la lettera dalle mani e la lesse.
"Chi cerca, trova...la morte. Non continuare a scavare se tieni alla tua cara mogliettina, potrebbe essere la prossima."

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Ecco a voi il nuovo capitolo :) fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere xx

-Vals💕

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


-Agente Gray, va tutto bene?- Il mattino seguente, per Mark, era stato difficile alzarsi dal letto e dirigersi a lavoro. 
-Si, sono solo un po' stanco.- rispose ripensando alla nottata passata in bianco a causa di quella maledetta lettera. Non aveva smesso di pensarci nemmeno per un attimo.
-Ne è sicuro? Mi sembra leggermente sconvolto e distratto allo stesso tempo.- Commentò Parker.
-Sarà perché sto guardando tutto questo, non crede?- Gray alzò una delle tante foto che si trovavano sparse sul grande tavolo circolare della sala riunioni. -Di prima mattina non è un bello spettacolo. 
-Mi dispiace averle chiesto di aiutarmi, ma è l'unico di cui mi fido ciecamente.- rispose Parker. 
Mark non aveva tutti i torti, quelle fotografie erano davvero raccapriccianti, ma d'altronde era stato lui a pregare il suo capo affinché il caso di Samantha Miller venisse riaperto e non poteva sottrarsi nel guardare tutto quell'orrore. 
-No, mi scusi per averle risposto così, è solo che più scavo a fondo, più trovo dettagli raccapriccianti.- ammise Gray. 
Era già stato sulla scena del crimine, ma non aveva mai fatto davvero caso a tutti quei particolari minuziosi. Si sentì quasi in colpa per essere stato così superficiale; gli importava così tanto trovare dei dettagli che potessero collegare il caso della Hook a quello della Miller, che non si era reso conto della brutalità con cui era stata uccisa quella donna. 
-A cosa pensa?- chiese Parker continuando ad analizzare le foto.
-Che sono stato un idiota.- rispose secco Gray. -Guardi la signora Hook- disse -la guardi e mi dica cosa vede.
-Beh, vedo una donna distesa su un pavimento immersa in una pozza di sangue.
-E poi, non vede nient'altro?- continuò Mark.
-Vedo una pistola insanguinata, dei capelli biondi intrisi di sangue e due occhi di un verde profondo spalancati e terrorizzati. Si, forse aveva ragione, queste foto non sono l'ideale a quest'ora del mattino.
-Vuole sapere cosa vedo io?- chiese Gray. 
-Mi illumini.- rispose il capo con un cenno della testa.
-Vedo una donna con una vita intera da dover ancora vivere. Una donna che avrebbe voluto una vera famiglia, con dei figli da accudire. Una persona che, seppur non avendo nulla, ha perso tutto. Il suo ex marito si comporta come se non fosse successo niente di tutto ciò. Non ha nessuno che la possa compiangere, nessuno che le porti i fiori sulla tomba o che le dedichi un pensiero poco prima di andare a dormire. Lei, signor Parker, senza offesa, vede solo quello che le serve per le indagini, io cerco di andare oltre. Ed è proprio andando oltre che si possono scoprire dettagli quasi impercettibili. 
-Continui, la seguo.- lo incitò Parker anche se non sembrava del tutto convinto. 
-Ha visto i suoi occhi spalancati perché era qualcosa di ovvio, era impossibili non notarlo, ma ha provato a pensare il perché del suo sguardo?- chiese Gray. -Sa, io l'ho fatto. Ho provato ad immedesimarmi nella signora Hook, ho provato a capire perché stesse guardando il suo assassino in quel modo. Era qualcuno che conosceva? Qualcuno di cui si fidava? O forse era una persona a lei molto cara che le è sempre stata accanto? Ci sono una moltitudine di opzioni riguardanti quello sguardo, ma almeno so che l'assassino di questa donna, era qualcuno che faceva parte della sua vita e se non completamente, almeno un po'. 
Parker rimase a bocca aperta. Non si aspettava di certo un ragionamento del genere, anche se avrebbe dovuto. Ogni profiler che si rispetti dovrebbe saper studiare la vittima, o chiunque esso sia, nel migliore dei modi, e Gray lo aveva appena fatto.
-Questa sua deduzione è ottima, ma continuiamo a brancolare nel buio, non abbiamo una pista certa, non camminiamo su un terreno solido.- fece notare l'uomo guardando Mark negli occhi. 
-Non c'è sangue.- disse l'agente mantenendo lo sguardo su una foto. -Sui mobili e sulle pareti non c'è sangue, perché?
-Ha ragione, non l'avevo notato.
-Non l'aveva notato o non l'aveva voluto notare? Con tutto il rispetto, signor Parker, credo che lei non voglia davvero risolvere il caso di Samantha e voglia essere approssimativo anche con questo, perché?- Gray cercava di mantenere la calma.
-Ho paura, agente Gray.- rispose l'uomo a bassa voce.
-Paura di cosa?
-Non di cosa, ma di chi. E' qualcuno che non conosco, o almeno credo, ma questo qualcuno sa chi sono e lo sa fin troppo bene. Ho ricevuto delle minacce. Non dovrei parlarne con nessuno, ma so che di lei mi posso fidare.- Mark rimase sconvolto dalla rivelazione appena fattagli, ma decise di non dire niente riguardo la sua lettera. Amava davvero sua moglie e non voleva combinare altri danni. Per quanto stretto fosse il rapporto con Parker, aveva ugualmente paura.
-Una lettera? E cosa diceva?- chiese subito Gray facendo finta di essere sconvolto. 
-Minacce verso me, verso mia moglie, addirittura verso i miei figli. Non so cosa fare per proteggerli, quel pazzo potrebbe essere ovunque e da nessuna parte.
-Da quello che mi ha fatto intendere, questa persona non vuole che lei risolva questo caso, giusto?
-Si, a quanto pare si.- Parker era del tutto sconsolato e terrorizzato. -Agente Gray, lei mi deve aiutare.- lo pregò l'uomo. -Devo proteggere la mia famiglia, ma non posso compromettere le indagini né camuffare le prove, rischierei molto e lei lo sa.
-Si, lo so... Cosa posso fare per lei?
-Deve inventarsi qualcosa di abbastanza credibile. So che il caso di Samantha le sta a cuore, ma deve essere chiuso o quantomeno, deve fare in modo che non si scopra che il killer che ha ucciso la Miller è collegato all'omicidio di Cassandra Hook.- gli intimò Parker.
-Chi le ha mandato la lettera gliel'ha fatto capire?- Gray era abbastanza confuso.
-Di cosa parla?- gli occhi dell'uomo erano stanchi, probabilmente non aveva dormito molto neanche lui e dei profondi solchi sulla fronte, causati dal passare degli anni, erano ben marcati.
-Ha appena detto che la Hook è stata assassinata dalla stessa persona che trent'anni fa ha tolto la vita a Samantha.- i solchi sulla fronte di Parker si fecero ancora più profondi, la sua espressione era sempre più crucciata, come se qualcosa nelle parole di Mark lo stesse facendo preoccupare.
-Forse mi sono espresso male.- disse l'uomo.
-Beh, cerchi di spiegarsi meglio, sono abbastanza confuso e se non mi aiuta a capire non potrò aiutarla.- gli occhi color nocciola dell'uomo erano fissi in quelli di Mark, quasi stesse cercando di scorgervi qualcosa, una via d'uscita dalla situazione che si era creata. -Il killer le ha fatto capire qualcosa?
-Credo di si.- rispose Parker.
-Credere ed esserne sicuri sono due cose totalmente differenti.- disse Gray. -Capo, lei crede sia lo stesso assassino o lo sa?- la domanda di Mark creò una strana suspance nell'aria. Il capo era sbiancato in volto e l'agente non smetteva di fissarlo, non batteva ciglio.
-No, non ne sono sicuro.- fu la risposta definitiva di Parker. -Mark- l'agente sentì cambiare il tono di voce del suo capo proprio come la prima volta che si dirigeva dalla Hook per interrogarla, poco prima di trovarla morta. -chiudi questo caso, ti prego. Chiudilo e non pensarci più, fallo per il bene di tutti.
Mark guardò il suo capo negli occhi con aria seria e poi si alzò dalla sedia.
-Vorrei poterlo fare, ma c'è qualcosa che mi nasconde e finché non mi dirà la verità, io continuerò a scavare a fondo.- disse prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta alle sue spalle.

-Mark, amico, sei folle? Cosa ti è passato per la testa? Il capo sarà furibondo, non puoi comportarti in quel modo con un tuo superiore!- Tristan era arrivato da pochi minuti alla sede dell'FBI e il suo partner gli aveva già raccontato della discussione avuta con il capo.
-Tristan, parla piano!- esclamò Mark. -Parker mi ha confidato della lettera perché si fida di me e se tu urli così, rovinerai tutto.
-A quello ci hai già pensato tu uscendo dalla stanza con quella battuta da serie televisiva.
-Ho sbagliato, lo so, ne sono più che consapevole, ma il capo nasconde qualcosa e finché non mi dirà cosa, non mi fermerò con le indagini, anche se dovessi portarle avanti di nascosto.- disse Gray a bassa voce. -Quando saprò la verità, potrò decidere cosa è meglio per tutti.
-Ascolta amico, ti conosco da poco ma mi stai simpatico e non voglio vederti in mezzo ad una strada solo perché ti ritrovi una testa dura come una zucca. Parker è il capo qui e quello che decide lui si deve fare. Tu sarai un tassello importante di questa unità, ma sei solo un pezzo di puzzle in mezzo a tanti altri.
-Ma senza una tessera il puzzle non sarà mai completo.- commentò Gray con un sorrisetto sul volto. 
-Mark, non fare  idiozie, ti prego.- Tristan sembrava davvero preoccupato per il suo partner. 
-Sta tranquillo, non accadrà nulla.- gli diede una pacca sulla spalla e si diresse verso l'ascensore. 
-E adesso dove pensi di andare?- gli urlò dietro Benson.
-Non posso dirtelo.- rispose mentre le porte si aprivano davanti a lui. -Sono sicuro che troverò qualcosa.- disse quasi fra sé e sé. A quel punto, prima che il suo partner potesse raggiungerlo, Mark premette il pulsante e le porte dell'ascensore si chiusero.

-Tesoro, sei in ufficio? Va tutto bene?- prima di scendere dall'auto, Mark aveva chiamato sua moglie per accertarsi che stesse bene.
-Si, sono ancora un po' agitata e stanca, ma per ora va tutto bene. Tu cosa stai facendo?
-Sono seduto dietro la mia scrivania a controllare scartoffie di alcuni casi irrisolti di qualche anno fa.- rispose lui con aria calma.
-Oh, meno male. Pensavo avessi deciso di continuare a indagare. La cosa migliore che tu possa fare è lasciare che si calmino le acque. Lascia fare a qualcun altro almeno per questa volta.- gli consigliò la moglie.
-Sta tranquilla, non mi muovo dal mio ufficio.- il rumore di un oggetto metallico che cadeva sul pavimento fece sobbalzare Mark che estrasse subito la pistola dal fodero.
-Che cosa è stato quel rumore, Mark?- chiese Grace preoccupata.
-Era solo il nuovo praticante. Ha fatto cadere il vassoio con le ciambelle.- rispose l'uomo di fretta. -Amore adesso ti devo lasciare, c'è Benson qui. A più tardi, ti amo.
-Ti amo anche io, sta attento.- furono le ultime parole della moglie prima che Mark staccasse la chiamata.
Cercando di non fare rumore, si diresse verso l'ingresso. Il cuore gli pulsava nel petto talmente forte che poteva quasi sentirlo uscire e scoppiargli davanti agli occhi. Non aveva mai pensato a come sarebbe stato incontrare il killer, quel brutale assassino, ma in quel momento una moltitudine di immagini gli balenarono in mente. Aveva paura, poteva sentirlo. La pistola tremava stretta fra i suoi palmi sudaticci e il respiro era sempre più affannato. Cosa diamine aveva fatto? Perché era andato in quella casa da solo? Cosa sarebbe successo a sua moglie? E a lui? Sarebbe morto in quella casa? Sarebbe stato anche lui vittima di quel mostro? 
Era appoggiato contro il muro nel tentativo di calmarsi e riprendere a respirare normalmente. Il suo cuore, però, non faceva altro che battere e battere e sentiva i passi dell'assassino avvicinarsi sempre di più, così, senza pensarci troppo a lungo, si staccò dalla parete e sparò. Non sentì alcun rumore, nessun gemito di dolore. Fece un respiro profondo e guardò da dietro il muro e sobbalzò quando davanti ai suoi occhi apparve Benson.
-Cazzo Tristan! Sei un tale idiota, stavo per morire di infarto in questa maledetta casa. Cosa diavolo ti è passato per la testa?- urlò l'uomo in preda al panico. Posò la pistola nel fodero e si sedette sulla poltrona nel corridoio. 
-Ehi, vacci piano agente. Credevi davvero che ti avrei lasciato da solo?
-Speravo di sì, ma dovevo immaginarlo che mi avresti seguito. Non puoi capire quanto siano stati lunghi questi minuti. Ho pensato il peggio, credevo fosse il killer. Ti avrei potuto uccidere, lo sai vero?- Gray sentiva la bocca asciutta e continuava a passare le mani sul viso con fare agitato.
-Ma non l'hai fatto.- disse Benson. -Cosa sei venuto a fare in questa casa?
-Avevo bisogno di risposte e sono certo che le troverò fra queste mura e se a te non va di restare va pure, ma non dire niente a nessuno.
-Sei folle? Non ti lascio solo qui dentro. Dimmi solo cosa devo cercare e mi darò subito da fare.

-Trovato niente?- Gray aveva messo sotto sopra tutta l'abitazione della vittima ma senza alcun risultato.
-Ancora niente. Sembra che qui non ci vivesse nessuno da molto tempo, ormai. 
-A questo punto non rimane che controllare il bagno. E' l'unico posto in cui non ho avuto il coraggio di entrare.- ammise Mark chinando la testa.
-Beh, esaminiamolo insieme, magari troveremo qualcosa di interessante.- propose Benson avviandosi verso la stanza.
-Credi ci sarà davvero qualcosa?- Gray aveva la mano poggiata sul pomello della porta ma con gli occhi fissava il suo partner. -C'è una cosa che non ti ho detto.- ammise sospirando. -Poco prima di fuggire dalla sede, stavo guardando delle foto con Parker e ho notato dei dettagli strani proprio in questa stanza. E' possibile che sparando un colpo di pistola il sangue non schizzi anche contro la parete? 
-No, non è una cosa possibile. Il muro dovrebbe essere macchiato ma a quanto ho capito da quello che hai appena detto, non lo è.- rispose Tristan.
-Esattamente. Il muro è bianco, pulito, come se l'omicidio non fosse mai avvenuto in questo bagno.- disse Gray indicando la stanza. 
-Cosa credi sia successo realmente?
-Secondo me, Cassandra Hook è morta in questo bagno.
-Ma hai appena detto...
-Aspetta.- lo interruppe Gray. -La Hook potrebbe essere morta qui, ma chiunque l'abbia uccisa, ci ha voluti confondere, in un certo senso.- Mark notò lo sguardo confuso di Benson. -Okay, mi spiego meglio. Da quanto ho potuto capire, questa persona è molto intelligente; la pistola, il sangue, gli indizi. Io credo che il killer ci abbia voluti mandare fuoristrada facendoci credere che, non essendoci sangue nel bagno, la vittima non sia stata uccisa qui, quando in realtà è andata così e mettendo la pistola dal lato della mano sbagliata, ci ha voluto far credere di non conoscere abbastanza la vittima, cosa che invece non è così. 
-Quindi, se ho capito bene, questa persona vuole farci perdere del tempo a risolvere il caso ma nello stesso momento vuole farsi scoprire? Ma che senso ha?
-Non lo so. Devo ancora cercare di capire e ho bisogno di interrogare persone vicine a Cassandra e Samantha e devo innescare la bomba che lo farà esplodere. Nel momento stesso in cui noi siamo qui a parlare di lui o lei, questa persona sta progettando il prossimo omicidio e credo di sapere chi sarà la prossima vittima, ma non ho il coraggio di pronunciarne il nome.- Gray era quasi sbiancato in viso. Stava pensando proprio a lei, a quella povera donna che aveva perso quasi tutto ciò a cui teneva.
-Julie, Julie Hill. Dico bene?
-Si Tristan, proprio lei.- rispose Gray passandosi una mano fra i capelli.
-Dobbiamo entrare in questa stanza.- disse Benson posando la mano sul pomello.
-Si, entriamo.

Ciò che i due agenti videro nel momento in cui entrarono nella stanza fu raccapricciante. Gray rimase a bocca aperta con il petto che saliva e scendeva velocemente e l'espressione sul viso di Benson avrebbe fatto spaventare chiunque. Sulle pareti bianche del piccolo bagno, scritta con il sangue, appariva davanti agli occhi de due uomini una frase raccapricciante.
-Le informazioni costano, e molto. C'è chi le paga in denaro, chi con la vita. Siete sicuri di voler continuare la mia ricerca?- quelle parole uscirono amare e piene di terrore dalla bocca dell'agente Gray. L'uomo era sconvolto. Non poteva immaginare di trovare davanti a sé una scena simile. Il sangue colava fino al pavimento, creando un contrasto con il color bianco latte delle pareti da dare il voltastomaco. 
-Mark, do...dobbiamo chiamare subito la centrale.- gli occhi neri di Tristan erano diventati due buchi oscuri dentro i quali si poteva solo leggere sgomento, terrore e confusione. A Mark era capitato di notare la confusione riflettersi negli occhi del suo partner, ma in quel momento, quell'uomo alto e possente gli sembrava un bambino impaurito dal buio.
-Vieni, usciamo.- prese il suo amico per il braccio e lo trascinò fuori di lì. Sapeva cosa si provava a vedere per la prima volta scene di questo genere e Benson ne era rimasto molto turbato. 
-Julie Hill è morta, vero? Era...era suo quel san...sangue.- la voce di Tristan tremava ad ogni sua parola e Mark non riusciva a capacitarsene. Aveva visto il suo partner com un uomo tutto d'un pezzo e anche se non lo conosceva da molto tempo, vederlo così lo faceva star male.
-No Tristan, non è una cosa certa. Potrebbe essere del sangue finto o di qualche animale, oppure...- Mark fece una breve pausa che mise ancora più in agitazione l'altro agente.
-Oppure cosa? Non riesco a pensare di aver fallito ancora.- ammise Tristan sfregandosi il viso.
-Ascolta, chiama la centrale. Digli che abbiamo bisogno di rinforzi e fa venire la scientifica, dovranno analizzare il sangue presente sulle pareti, da lì risaliremo alla vittima e ti prometto che riusciremo a prendere il bastardo che ha fatto tutto questo.
-Non voglio che tu mi parli come se fossi un bambino! E' solo che è la prima volta che assisto ad una scena del genere.
-Lo so Tristan, ed è proprio per questo che voglio aiutarti. Chiama Parker, non possiamo perdere altro tempo.

La scientifica stava operando all'interno dell'abitazione e i due agenti erano seduti sul portico in attesa di parlare con il capo. 
-Mark, devo dirti una cosa.- Benson sembrava preoccupato.
-Dimmi tutto, Tristan.
-L'altra...l'altra sera, quando sono tornato a casa, mia moglie mi ha dato una lettera che proveniva da un indirizzo che non conosco. Quando l'ho aperta sono rimasto senza fiato.
-Erano minacce, vero?- chiese Gray.
-Si, sono arrivate anche a te?- Mark non rispose, si limitò a fare un leggero cenno col capo e questo bastò a Tristan. -Ho paura per l'incolumità di mia moglie.
-Non sei l'unico, credimi. Questa persona è malata di mente ed è per questo che ho bisogno di stilarne un profilo il prima possibile. Più cose so, prima potrò mettere fine a questo inferno. 
-Sta tranquillo Mark, ce la faremo. Siamo un'ottima squadra.- Benson diede una pacca sulla spalla al suo amico. -E scusa per come ho reagito prima, ero terrorizzato. Tra la pressione delle minacce e la visione di tutto quel sangue, la mia testa è andata in confusione.
-Non devi scusarti, siamo esseri umani, e come tali abbiamo dei sentimenti, delle emozioni e in momenti come questi è difficile mantenere la calma.- Gray ricambiò la pacca del suo partner e tirò un sospiro. Anche se cercava di tranquillizzare Benson, dentro di sé sapeva solo che era spaventato a morte, che il cuore non aveva mai smesso di pulsare nel suo petto come se stesse scoppiare da un momento all'altro. Non aveva mai avuto così tanta paura in vita sua come in quel momento. Sapeva che se avesse perso il controllo, per lui sarebbe davvero stata la fine.
Mark si alzò e scese di corsa gli scalini per dirigersi verso l'auto. Non aveva voglia di parlare, sapeva che era rischioso farlo. Quell'assassino, probabilmente, li stava guardando proprio in quel momento. Sapeva che Parker aveva delle cose da dirgli, ma non gli interessò. Fece finta di non sentire le parole di Tristan mentre cercava di fermarlo dall'andare via, salì in macchina, mise in moto e partì.

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Buongiorno :) eccovi il settimo capitolo. Sto cercando di farli sempre più lunghi e spero che sia una cosa positiva per voi ahah Se il capitolo e la storia in sé vi stanno prendendo, fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe davvero piacere. Vi mando un grande bacio e vi auguro un buon fine settimana xx

 

-Vals💕

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