Halloween in famiglia

di Bei e Feng
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mela Caramellata ***
Capitolo 2: *** La notte della rana vivente ***
Capitolo 3: *** Shi shi shiing ***



Capitolo 1
*** Mela Caramellata ***


Essendo ormai diventata italiana anche la festa di Halloween, abbiamo deciso di aprire questa raccolta di scempiaggini (forse un po'in ritardo) che, per motivi logistici e di calendario, verrà aggiornata una volta all'anno (preferibilmente il 31 ottobre, ci auguriamo di essere puntuali).
Ovviamente speriamo di poter mettere qualche altra fic di tutt'altro genere e di più rapido aggiornamento nei prossimi due mesi.
Grazie ad un fraintendimento con una delle nostre lettrici, abbiamo ideato la storia che verrà raccontata in questa prima one-shot, ambientata in una catapecchia, e i cui protagonisti sono il terribile duo di 'Mela Caramellata' e le sue due vittime.
Ammettendo che le storie dell'orrore non sono il nostro forte e sperando che questa fic possa essere di vostro gradimento, vi auguriamo una buona lettura. :)
 


 31 ottobre, ore 10:00 del mattino. Come ogni domenica, Gokudera Hayato camminava lungo la strada verso casa Sawada per svolgere il suo compito di dare il buongiorno al Decimo, che, se avesse seguito correttamente il suo orologio biologico, si sarebbe svegliato almeno cinque ore dopo.
Quando raggiunse la porta di Tsuna, si accorse che questa era aperta, ma non sentiva alcuna voce provenire dall'interno della casa. Dopo aver chiamato a lungo senza ottenere risposta, Gokudera si decise ad entrare.
- Decimo? E' permesso? - chiese, levandosi prima di tutto le scarpe e avanzando poi nell'ingresso con cautela e con lo stesso contegno di un fedele che entra in chiesa. - Decimo, sono io, il vostro braccio destro, Gokudera Hayato. Siete in casa? -
Ma nessuno si fece sentire. Mentre Hayato si avvicinava con cautela alla cucina, udì finalmente delle voci.
- No, Haru, non se ne parla. -
Quella era la voce del Decimo, Gokudera l'avrebbe riconosciuta ovunque.
- E perché? -
E quella era Miura, la rompiscatole onnipresente. Un'altra voce inconfondibile, per il bombarolo.
- Perché io ho altro da fare, ecco perché. -
- Potresti mandare qualcun altro al posto tuo. -
Tsuna sospirò, e Gokudera iniziò ad origliare.
- Haru, questo non è un compito che si può affidare a chiunque: ci vuole responsabilità, serietà,... e anche un certo carisma. -
- Potresti mandare Sasagawa-san. -
- Cosa? Ryohei non è proprio il tipo migliore per un lavoro del genere. -
"State pensando a me, Decimo?" si chiese tra sé e sé il bombarolo, speranzoso.
- Credo che la persona migliore - concluse Sawada. - sia Yamamoto. -
- LO SCEMO DEL BASEBALL??? - sbraitò Gokudera, uscendo dal suo nascondiglio e facendo il suo brusco ingresso in cucina, sconvolto. - DECIMO! NON LO FATE, VI PREGO! - e si gettò ai piedi di Tsuna. - Scegliete me! Sono l'unico che soddisfa tutte quelle qualità, non trovate? -
- Gokudera, non penso che questo lavoro sia adatto a te... -
- Non dite così, Decimo! Io sono pronto a fare qualsiasi cosa per Voi! -
Tsuna esitò e lanciò un'occhiata ad Haru, come per chiederle che fare, ma la ragazza non sembrava affatto dell'idea di dare un incarico al bombarolo, indistintamente che si trattasse di consegnare dei documenti segretissimi o di andare a fare la spesa nel negozio della strada parallela.
- Sei pronto a fare qualsiasi cosa? - chiese Tsuna al suo compagno, ignorando la disapprovazione di Miura.
- Potete starne certo. - rispose Hayato, con gli stessi occhi di un cagnolino sottomesso e desideroso di andare a recuperare il bastoncino che il padrone sta per lanciare.
Sawada sospirò, porgendo un biglietto al suo braccio destro. Gokudera lo ricevette come un dono prezioso, poi lo lesse.
Grande Festa di Halloween  per tutti i bambini di Namimori!
31 Ottobre alle ore 20:00
presso la vicina città di Miranomi**
Balli in maschera, cena e... sorpresa di mezzanotte!
Il costume più spaventoso vincerà un invidiabile premio!
Vi aspettiamo numerosi!

** (Anagramma di Namimori)

- Cosa dovrei fare con questo biglietto? - chiese Hayato, perplesso.
- Devi accompagnare Lambo a quella festa. - spiegò Haru.
Gokudera sbiancò: si era praticamente dato la zappa sui piedi. Avrebbe voluto tanto scusarsi con il Decimo e inventarsi qualche scusa assurda per proporre a Takeshi quel lavoro, ma aveva dato la sua parola, e lui dava un'importanza immensa alle promesse.
"E poi," pensò il ragazzo. "Se io mi prendessi questo incarico e lo portassi a termine correttamente, il Decimo sarebbe orgoglioso di me, e avrei fatto un altro passo verso la carica di braccio destro!"
- Sei sicuro, Gokudera? - chiese Tsuna al suo Guardiano Della Tempesta.
- Certo. - affermò l'altro, con lo stesso tono di un soldato che parte per la guerra. - Avete qualche obiezione se lo accompagno con la mia moto? -

- GOOOKUUUSCEEEMOOO!!! RAAALLEEENTAAA!!! - urlava Lambo, nel suo costume da lupo mannaro, la bocca distorta dall'aria che gli schiaffeggiava la faccia, mentre tentava di tenersi stretto alla camicia del conducente della moto per non volare via, con il risultato di assumere l'aspetto di una banderuola agitata dal mistral.
- Il vento è troppo forte, non ti sento! - gli rispose Hayato, premendo ancora di più l'acceleratore, fischiettando e facendo finta di niente. - Dimmelo quando siamo arrivati a destinazione! -

- Maestro, voglio andare a comprare le figurine. -
Una voce atona raggiunse le orecchie di Mukuro, appisolato fino ad un momento prima sul divano scassato della palestra della scuola di Kokuyo. Rokudo borbottò qualcosa di incomprensibile, senza degnarlo di uno sguardo, girandosi su un fianco.
- Non c'è nessuno che mi accompagni. - si giustificò il bambino.
In effetti era vero: Ken, Chikusa, Chrome ed MM erano tutti usciti, lasciando il bamboccio a casa e l'illusionista a fargli compagnia.
- Vacci da solo. - mugugnò il maestro.
- E se mi accadesse qualcosa? -
Mukuro rise sguaiatamente.
- Non era una battuta. Mi accompagni? -
- Ti ho detto di no. - concluse Rokudo, sbrigativo. - E ora smamma. -
Per un attimo, Mukuro credette di aver zittito il suo allievo sul serio, e di averlo convinto ad andare da solo a fare quello che gli pareva, ma presto arrivò la controprova dallo stesso Fran:
- Non ne ho voglia. - disse.
Mukuro aprì gli occhi e si mise rapidamente a sedere, voltandosi verso il suo allievo e fissandolo con aria di sfida. Il bambino rispondeva con il suo sguardo apatico.
- Te la faccio venire io la voglia! - esclamò il maestro, afferrando il tridente appoggiato a terra accanto al divano e scagliandolo contro il suo allievo con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo.
Senza batter ciglio, Fran si chinò a terra, il forcone lo sorvolò e andò a conficcarsi nel clarinetto di MM, appoggiato su un comodino alle spalle del ragazzo apatico, creando altri tre buchi nello strumento musicale.
Fran e Mukuro guardarono la scena, poi si voltarono l'uno verso l'altro.
- MM non sarà affatto contenta. - commentò l'allievo.
- Ma lei non lo saprà, - affermò il maestro, minaccioso. Poi aggiunse, con tono preoccupato. - Vero? -
Fran annuì lentamente. C'era una certa vena di bastardaggine in quel gesto e nello sguardo divertito del ragazzino; l'illusionista se ne accorse subito, e digrignò i denti, irritato per quel ricatto.
- Brutto, sudicio,... - ringhiò, facendo per afferrare il suo tridente, e ricordandosi solo allora di averlo scagliato pochi attimi prima verso il mobile.
- Però se andiamo a comprare le figurine... - disse Fran, con un sogghigno compiaciuto, raccogliendo il tridente e iniziando a giocherellarci.

Due ore dopo...
- Fran, non potremmo andare in una qualsiasi edicola di Namimori? Bisogna proprio andare a Raimnomi? - chiese Mukuro, scocciato, continuando a seguire le indicazioni del ragazzino seduto accanto a lui in quel catorcio che era la sua minicar. - E perché ti sei vestito completamente di arancione e hai un cappello a forma di zucca in testa? -
- Si chiama Miranomi, e comunque non tutte le edicole hanno le carte da gioco di Hoig Uy, e dei Nomekop. - spiegò Fran, atono, al suo maestro. - Scommetto che tu non li hai neanche mai sentiti nominare. -
- Infatti. -
- E poi mi sono travestito da zucca perché è Halloween. -
- Credi forse di poter comprare quelle carte con i tuoi quattrini? - sbuffò l'illusionista, lasciando perdere la storia del costume. - Non hai mica tutti i verdoni di quella tirchia di MM che non mi permette neanche di rottamare questa ferraglia arrugginita!... -
Allora Fran mostrò al maestro un bel mucchietto di banconote.
- Dove li hai presi? - chiese Mukuro, sorpreso.
Fran, con un'occhiata maliziosa, estrasse una chiave dalla tasca del costume da zucca. Era la chiave della camera di MM.
Rokudo ricambiò quello sguardo con un sorriso e un'espressione complice, ridacchiando, compiaciuto. In quel momento il suo pensiero andò improvvisamente ai Nomekop che Fran aveva nominato. Per un qualche astruso motivo li aveva già sentiti. Mentre cercava di ricordare cosa fossero, il suo sguardo cadde sul riflesso di un numero di Noia*** di MM, abbandonato sul cruscotto, che si rispecchiava sul finestrino frontale dell'auto. Senza un preciso motivo, il ragazzo lesse il titolo della rivista al contrario.
E allora realizzò l'origine dei Nomekop.
- I Nomekop, vero? - chiese, con aria minacciosa al suo allievo.
- Sì, maestro. -
- E le carte di Hoig Uy, eh? -
- Sì. - rispose il ragazzino, dopo un breve periodo di pausa.
- Te li do io i Pokémon e le carte di Yu-Gi-Oh!!! -
- Oh, oh!... -
Nell'abitacolo del catorcio si scatenò l'inferno: il guidatore, dimentico del volante, tentava invano di strangolare il suo allievo, che cercava, allo stesso tempo e con pochi risultati, di guidare e di respirare.
In poche parole, l'auto era fuori controllo.

*** (Parodia di 'Gioia')

- QUUUAAANDOOO LAAA FIIINIIISCIII??? - urlava Lambo a Gokudera, sentendo che ormai non riusciva più a tenersi aggrappato alla camicia del ragazzo, che ancora si ostentava a non rallentare la velocità della moto.
- Scusa, ma non ti sento! - ripeté per la centesima volta Hayato, ridacchiando.
- NOOON CIII CREEEDOOO!!! TUUU MIII SEEENTIII CHIIIAAARAAAMEEENTEEE!!! -
- Bla bla bla!... - gli fece il verso Gokudera, voltandosi.
- FREEENAAA!!! -
- Non ti sento! -
- GUUUAAARDAAA AAAVAAANTIII, IIIDIIIOOOTAAA!!! -
Hayato si voltò appena in tempo per vedere la minicar che gli stava venendo incontro. Con una mossa azzardata e rapida, il ragazzo sterzò a destra per levarsi dalla traiettoria della vettura, e frenò. Mentre lui riuscì a restare in sella alla moto, Lambo volò tre o quattro metri più in là, restando impigliato con i capelli nei rami di un albero. Intanto la macchina aveva bruscamente sterzato a sinistra per evitare la moto che veniva in senso opposto e aveva proseguito senza neanche fermarsi. Inutile dire che Gokudera la tempestò di improperi fino a quando non la perse di vista dietro un folto di alberi, poi, dopo aver combattuto a lungo la tentazione di lasciare Lambo a fare compagnia agli scoiattoli, lo aiutò, suo malgrado, a scendere, e lo fece nuovamente salire sulla moto.
- Ok, dove devo andare per raggiungere questa Miranomi? - sospirò Hayato, pronto a partire.
- Sempre dritto! - esclamò Lambo, indicando davanti a sé.
Mentre il bombarolo accendeva il motore della moto, aveva la bruttissima sensazione che ci fosse qualcosa che non andava.

- Idiodera, - chiese Lambo, sbadigliando. - Dove siamo? -
Era quasi notte. Non appena Gokudera udì quella voce, inchiodò, ma stavolta il bambino non venne catapultato via.
- COME 'DOVE SIAMO'??? - urlò, furioso, trapanando le orecchie del marmocchio. - TU mi hai detto dove andare! - e afferrò il collo del bambino, agitandolo come una coppia di maracas. - Scommetto che non avevi la minima idea di dove mi stessi mandando, VERO? -
Mentre Lambo gemeva e Gokudera era sull'orlo di ammazzarlo, cominciò a piovere, prima quasi impercettibilmente e poi, dopo neanche due secondi, in modo più consistente. Anzi, forse facciamo prima a dire che iniziò a diluviare. Esasperato, Hayato lasciò cadere a terra il Bovino, che si nascose dietro un cespuglio scoppiando in lacrime, mentre lui sedette a cavallo della sua moto, cercando inutilmente, per un paio di volte, di accendere una sigaretta, ignorando completamente il pianto isterico dell'altro.
- Cretidera! - lo chiamò Lambo, tirando su con il naso, la voce ancora interrotta dal pianto.
- Che vuoi? - chiese il ragazzo, scocciato.
- Il Grande Lambo deve andare in bagno. -
- Sei nascosto dietro un cespuglio, idiota. Fa'quello che devi fare lì! -
- Ma il piccolo Lambo non ci riesce!... -
Gokudera non rispose, tamburellando sul manubrio con ira a stento contenuta, contando lentamente e sottovoce fino a dieci, nel vano tentativo di trattenere la sua pazienza ormai andata. Stava per arrivare al numero dieci, quando la voce di Lambo fece andare a farsi benedire la sua bella conta.
- Gokuscemo, là c'è una casa. - disse il bambino, allegro. - Lambo-san chiederà ai proprietari di usare il bagno. -
Hayato si voltò verso la direzione che Lambo gli stava indicando, e vide, in fondo ad una discesa di terra e ghiaia alla loro destra, una casetta di campagna semidiroccata.
Per la terza volta, Gokudera fece salire il bambino sulla moto, e fece per accenderla, senza riuscirci. Ci provò una seconda e una terza volta prima di rendersi conto che era a corto di benzina.
- Bravo idiota! Le tue indicazioni farlocche ci hanno pure fatto finire la benzina! Vediamo se ne hanno un po'. - esclamò Hayato, facendo scendere Lambo dal mezzo di trasporto e avviandosi a piedi verso la catapecchia, portando la moto con sé, seguito dal Bovino, che salterellava allegramente dietro di lui.
Sfortunatamente per Gokudera, la casa era disabitata, e non c'era neanche la minima traccia di taniche di qualsiasi genere. L'edificio e il suo interno però, pur essendo spogli e cadenti, conservavano tutti gli aspetti di una casa di tale nome. Così Lambo poté avere un bagno tutto per sé.
Dopo aver messo la sua moto sotto la veranda per ripararla dalla pioggia battente, Gokudera si era messo sotto l'arco della porta di ingresso, cercando di trovare un modo per andarsene di lì il prima possibile ed evitare che il Decimo venisse a sapere dell'accaduto. Secondo il bombarolo, infatti, se Tsuna avesse scoperto ciò che era successo, lo avrebbe considerato un sottoposto incapace di compiere qualsiasi genere di compito affidatogli.
Ma Hayato non trovò soluzioni. Inoltre lì non c'era campo, e il ragazzo non poteva contattare nessuno per chiedere aiuto.
- Mi sa che dovremo passare la notte qui. - disse Gokudera, accendendosi una sigaretta, mentre Lambo faceva il suo ingresso nella veranda.
- Cosa vuol dire che dovremo passare la notte qui? - strillò il bambino. - Ma dobbiamo arrivare a Miranomi!!! Io voglio le mie caramelle per il miglior costume!!! -
- Per prima cosa, il premio non è in caramelle; secondo, il premio non è il tuo; e terzo, se vuoi andare dove ti pare, sarei ben contento di levarmiti dai piedi. - rispose Hayato, contando le tre precisazioni con le dita. - E ora, con permesso, io vado a vedere se c'è qualcosa di commestibile in questa casa. - e così detto si alzò e andò in quella che doveva essere stata la cucina e che ora era semplicemente una stanza grande, piena di ragnatele.
Non trovò altro che un barattolo di latta contenente dei biscotti integrali, incredibilmente sigillato, in ottimo stato e con data di scadenza nel mese successivo a quello. Cosa strana, in una casa disabitata e malridotta, ma che non interessò affatto i due, i quali non ci pensarono due volte a divorare il contenuto del barattolo con la voracità di un lupo. Poi si avviarono verso il piano superiore, dove, a detta di Lambo, c'era una camera con due letti. Trovate un paio di coperte bucate dai tarli, i due si misero nei letti.
- Gokudiota. -
- Che vuoi? - mugolò Gokudera, che stava sull'orlo del mondo dei sogni.
- Racconti una favola a Lambo-san? -
- Dormi e zitto. -
- Ma il piccolo Lambo non può dormire se qualcuno non gli racconta la favola! -
Hayato imprecò e si mise a sedere sul letto scricchiolante e cigolante, gli occhi semisocchiusi per la stanchezza, accendendo il cellulare per illuminare la stanza priva di una lampada o di un lampadario. Lambo lo fissava, gli occhi sbarrati come quelli di un lemure spiritato, il pollice della mano sinistra in bocca e l'altra mano serrata attorno alla coperta del letto. Sembrava una parodia animalesca di Linus.
"Se questo è l'effetto che ti causa l'astinenza da favole sarà bene trovarne una subito..." disse il bombarolo tra sé e sé, pensando ad una delle favole che aveva sentito durante la sua infanzia.
- Allora, - iniziò a raccontare, dopo un lungo sbadiglio, appoggiando il mento su una mano. - C'era una volta, tanto tempo fa, una... -
Un improvviso russare dal letto del bambino lo interruppe. E lo fece imbestialire.
- Stupida mucca deforme...! - bofonchiò, rimettendosi lungo nel letto e addormentandosi poco dopo.

Un paio di ore più tardi un rumore proveniente dal piano inferiore svegliò Lambo di soprassalto.
- Sei stato tu, non è vero? - chiese, con voce tremante, al suo compagno di stanza.
Ma Hayato dormiva troppo profondamente per sentirlo, e l'unica risposta che Lambo ottenne fu quella della pioggia che batteva di fuori. In fondo quella era la notte di Halloween, e lui non si sentiva affatto sicuro a dormire in una casa come quella e con una compagnia del genere.
Nuovamente udì quel rumore. Il suono sordo di qualcosa di metallico che cade a terra... la lama di un coltello?
Il bambino sbiancò e sbarrò gli occhi, spaventato da quell'ipotesi agghiacciante. Con un balzo saltò fuori dal letto e corse in corridoio. Ma era completamente buio... e se fosse spuntato fuori un fantasma? Uno di quelli con il volto scarno, in una perenne espressione di sadismo o di terrore?
Mentre un brivido lo attraversava da capo a piedi, Lambo si precipitò al piano inferiore e si nascose sotto le scale di legno dalle quali era appena sceso.
- Per favore, fantasma! Il Piccolo Lambo non ha fatto niente! - piagnucolò, disperato e terrorizzato. - Porta via Gokuscemo: lui è cattivo! Il Piccolo Lambo è sempre stato buono, educato e rispettoso... -
(Insomma, se Gokudera lo avesse sentito, Lambo avrebbe avuto più paura di Hayato che non del fantasma)
Un improvviso rumore di passi proveniente dalla cucina fece tacere Lambo. Si stava avvicinando.
- E va bene! Va bene! Il Piccolo Lambo ha detto una bugia! Non gli far male! Non gli far male! - mugolò, bianco cadaverico.
I passi continuavano a farsi sempre più vicini. Passi rapidi incessanti.
- Lambo-san ti promette che non farà più i dispetti a Testa a Salsiccia! -
Niente da fare.
- E neanche a Gokuscemo! -
Sembrava non bastare per chetare il fantasma.
- Scusa!!! -
In quel momento un topo passò davanti a lui, seguito da quei passi. Si fermò per un attimo, poi se ne andò. Era più che ovvio che quei passetti fossero i suoi.
Lambo, un po'più tranquillizzato e quasi indispettito, si rimise in piedi.
- Se è così, il Grande Lambo ritira tutto quello che ha detto e torna a fare la nanna! - annunciò, facendo per ritornare al piano superiore.
Un altro rumore di passi, più forte e più lento, proveniente dalla cucina, attirò l'attenzione del bambino, poi comparve la sagoma di un demone mostruoso, con la testa gigantesca e il corpo scheletrico. Questi si avvicinò lentamente a Lambo, che si affrettò a nascondersi di nuovo sotto le scale, tremando come una foglia.
- Il Piccolo Lambo ritira tutto quello che ha detto di ritirare! - ritrattò, la voce agitata, coprendosi la testa con le braccia.
Non accadde nulla. I passi continuarono ad avvicinarsi. Ormai Lambo non sapeva più cosa fare per evitare quel mostruoso demone sproporzionato. La creatura si fermò di fronte al bambino che, spiritato, alzò gli occhi verso l'essere, gemendo. Il grande testone del mostro lo sovrastava, immobile. Poi, lentamente, si chinò su Lambo, porgendogli qualcosa che aveva tutta l'aria di essere un barattolo.
- Li hai mangiati tu, folletto dei biscotti integrali? - chiese una spettrale voce atona.
- No! Li ha finiti tutti Idiodera! Per favore, non mangiare il Piccolo Lambo!!! - implorò il bambino piagnucolone. - Se vuoi Lambo-san ti dà una caramella! - ed estrasse un dolcetto da una tasca del costume.
Il demone prese la caramella e la mangiò. E solo allora Lambo realizzò di essere un idiota e capì chi aveva davanti.
- Ehi! Tu sei quello con la mela in testa! - esclamò Lambo, additandolo.
- Senti chi parla! L'idiota con le corna! - rispose Fran, atono.
- Che scemo! Mi avevi scambiato per un folletto!!! Ahahah!!! -
- Be', almeno io non mi sono messo ad implorare 'Per favore, non mangiare il Piccolo Lambo!!!'. - ribatté il ragazzino, facendo l'imitazione del bambino.
- Smettila!!! - strepitò Lambo, spingendo Fran e facendolo cadere a terra.
Il rumore del barattolo che sfuggiva dalla mano del ragazzino, rotolando sul pavimento, svegliò Gokudera.
- Piantala di fare confusione, stupido cornuto! - borbottò il Guardiano Della Tempesta.
Ma Lambo non rispose. C'era qualcosa che non andava, e il bombarolo se ne accorse subito. Accesa nuovamente la luce del cellulare, la puntò sul letto del bambino. Il Guardiano Del Fulmine era sparito.
La prima emozione che Hayato provò, nel vedere quel letto vuoto, fu un'immensa sensazione di gioia e liberazione, alla quale però subentrò rapidamente una paura fortissima per ciò che il Decimo avrebbe potuto pensare di lui una volta tornato a casa senza il Bovino. Sempre se ci sarebbe tornato mai a casa, senza benzina, con una peste scomparsa e...
Un ululato lo fece rabbrividire da capo a piedi. Ora c'era anche un mostro in quella casa. E non a caso era la notte di Halloween, la notte degli spiriti.
E se il mostro si fosse mangiato Lambo?
"Avrà una bella indigestione!" ridacchiò tra sé e sé Gokudera, prima che un nuovo ululato cancellasse ogni sua battuta scherzosa.
Basta! Doveva trovare quel bamboccio ad ogni costo! Ne valeva della sua reputazione di braccio destro del Decimo!
Con questo obiettivo in testa, Gokudera saltò fuori dal letto e, armato della luce del cellulare in una mano e della dinamite nell'altra, uscì lentamente e con cautela dalla stanza.

- Quindi siete stati tu e quello là ad investirci. - concluse Lambo. - E a portare quei biscotti. -
Fran annuì. - Non funzionando i freni abbiamo preferito restare in questa casa. Abbiamo trovato quei biscotti in macchina e li abbiamo messi qui nel caso avessimo fame. -
- Ma perché stavate andando a Miranomi? - chiese il bambino pezzato, guardandolo, perplesso.
- Come 'perché'? Anche io volevo andare alla festa! -
- Ah, è vero. Ma il premio l'avrei vinto io! -
- Comunque non possiamo più partecipare. -
Per un attimo tacquero entrambi, ripensando alla festa di Halloween che ormai avevano perso. Poi Fran ebbe un'idea.
- Perché non ricreiamo una nostra festa di Halloween qui, in questa casa? L'atmosfera è perfetta, e abbiamo anche due polli da spaventare. - propose.
Lambo sgranò gli occhi, sorpreso, e guardò il ragazzino con uno sguardo complice, mentre un lampo attraversava il cielo alle sue spalle e illuminava la sua espressione quasi sadica di un'inquietante luce azzurro-biancastra.

Sempre armato di dinamite e luce del cellulare, Gokudera era sceso dal piano superiore, passo passo a velocità lumaca, e aveva attraversato l'ingresso, per poi svoltare a destra finendo nel soggiorno. Era uno stanzone squallido e inquietante, completamente immerso nell'oscurità, nell'umidità e nelle ragnatele. Dalla parte opposta della stanza c'era un camino, dal quale, ad intervalli regolari, cadeva della cenere.
- Sono sicuro che sia il marmocchio. - sussurrò Gokudera, avvicinandosi con passo sicuro al grande camino e dando un'occhiata nella canna fumaria per qualche secondo, prima che un grosso mattone lo colpisse in testa, facendogli lanciare un'imprecazione e facendolo cadere lungo per terra.
Si rialzò pochi attimi dopo, scuotendosi la cenere di dosso e massaggiandosi la nuca dolorante, sulla quale stava lentamente nascendo un bernoccolo.
- Questa la Mucca me la paga! - borbottò, uscendo lentamente dal salotto e ritrovandosi nuovamente nell'ingresso. - Mi crede così stupido da essere convinto dell'esistenza dei fantasmi? -
Accorgendosi di una parte della casa che non aveva esplorato, Gokudera decise di andarvi a dare un'occhiata e svoltò a destra.
Udì improvvisamente una strana melodia, inquietante, simile a quella di un carillon, ma più lugubre e solenne, accompagnata da una strana voce che sembrava chiamarlo per nome.
'Hayato! Hayato!'
Gokudera rabbrividì. Veniva dalla sua sinistra.
'Hayato! Haya...'
- AAAHHH!!! - urlò, scagliando un candelotto di dinamite contro la fonte di quell'orrenda voce.
Un botto e una folta nube di polvere, poi, quando questa si dissolse, Hayato poté vedere una povera finestra cigolante completamente disintegrata dalla sua dinamite.
Qulla voce e quella melodia erano stati solamente frutto della sua immaginazione. Ma questo non cancellava la paura che stava lentamente entrando in Gokudera.
Ora camminava lentamente. Ogni passo che faceva era un continuo dispendio di attenzione e un tuffo al cuore.
Ma non era ancora successo niente, e questo era il fattore più inquietante di tutti...
Improvvisamente udì un rumore. Lo stesso rumore che fanno le travi di legno quando sono spezzate da un peso notevole e cedono. Dinamite alla mano, il bombarolo si affrettò a raggiungere le scale, da cui proveniva il rumore. Non appena entrò nell'ingresso, fu investito da una nube di polvere che aveva lo stesso odore di una stanza chiusa da secoli. Udì degli zampettii frenetici di topi, e poi si decise ad accendere la luce del cellulare.
E trasalì.
In fondo alle scale, oltre lo spesso velo di polvere che si era alzato, qualcosa stava venendo fuori dal pavimento, aiutandosi con le braccia, esili e innaturali. Sgraziato, contorto e deforme, un inquietante essere stava apparendo, emettendo inquietanti lamenti, di fronte agli occhi stravolti di un Gokudera terrorizzato, che quasi per miracolo riuscì a lanciare un grido:
- UNO ZOMBIE!!! -
Hayato si affrettò a fare una croce con le dita, nella speranza che l'essere ne fosse intimorito, ma non sembrava funzionare. Anzi, lo zombie si voltò verso di lui, uscì lentamente dal pavimento e si avvicinò, zoppicando e ciondolando a destra e a sinistra, verso di lui.
- Non sono uno zombie... - disse la creatura con voce aspra e in un sussurro.
Gokudera tacque per un attimo, confuso.
- AAAHHH!!! - urlò nuovamente, indietreggiando con un balzo. - UN MORTO VIVENTE!!! -
L'altro si schiarì la voce, che risultò più umana e meno demoniaca. - E' la stessa cosa, idiota! -
Ora che la polvere iniziava a depositarsi nuovamente a terra, il bombarolo vide più distintamente la sagoma che gli veniva incontro. Ripensando alle sue parole, si accorse che quella voce aveva qualcosa di familiare. E anche il ciuffo da ananas che la creatura aveva in testa.
- COOOSA??? - disse allora, un po'deluso e un po'sollevato. - Rokudo Mukuro??? Che ci facevi nel pavimento? -
- Ho sentito un rumore e sono sceso, peccato che queste scale di legno marcio non abbiano retto! - rispose l'illusionista, levandosi la polvere dai vestiti.
- Ma come mai sei qui? -
- Perché un deficiente in moto guidava contromano e per evitarlo ho provato a frenare, ma i freni erano rotti! Per fortuna quell'idiota è stato abbastanza sveglio da sterzare appena in tempo! Ma la mia macchina non ha fatto una bella fine! -
- Tu quel catorcio lo chiami 'macchina'? -
- Allora eri tu il motociclista scemo! Voglio proprio sapere chi ti ha dato la patente! -
- Ehi, guarda che quello che andava contromano eri tu! -
Un ululato più forte dei precedenti troncò la loro sempre più accesa conversazione, e fece tornare in mente a Gokudera tutte le sue paure sui demoni della casa.
- Hai visto quel marmocchio con le corna che risponde al nome di Lambo? - chiese a Mukuro.
L'illusionista scosse il capo, diniego. - Tu hai visto Fran? Lo sto cercando da almeno mezz'ora. -
- Non ho visto nessuno tranne te. Che ne dici di cercare quei bambocci insieme? L'unione fa la forza, no? -
- Che c'è? Hai paura dei fantasmi? Kufufufufu... -
- Non sottovalutare gli spiriti che infestano le case! - lo ammonì Hayato, con voce lenta e solenne, alzando l'indice con l'aria di chi parla alla luce di un'esperienza valida e cerca di dissuadere altri dal fare la sua stessa fine.
Per la terza volta, l'ululato spettrale li raggiunse. Veniva dal piano superiore della baracca.
- Probabilmente sono i bambini: amano fare i deficienti. - osservò Gokudera.
- Viene da di sopra. - aggiunse Mukuro. - Non è sicuro usare le scale: vediamo se c'è un altro modo per salire... -
Rokudo si bloccò, fissando con occhi confusi una luce giallognola che proveniva dalla finestra di fronte a lui e a Gokudera.
- Che hai, Testa ad Ananas? - chiese Hayato, perplesso.
- Che cosa sta facendo la tua moto? - rispose l'illusionista, senza neanche degnare di uno sguardo l'altro.
Gokudera si voltò di scatto. Mukuro non aveva tutti i torti ad essere perplesso, dato che la moto del bombarolo stava tranquillamente passeggiando in cerchio davanti alla catapecchia.
- EHI!!! FERMA! FERMA! - sbraitò Hayato, precipitandosi fuori sotto la pioggia battente nell'inutile tentativo di fermare la sua moto che, dopo essersi liberata di lui, sparì nella campagna.
Gokudera rientrò in casa con passo pesante, borbottando e imprecando come un bambino al quale è stato rubata una macchinina giocattolo. Sì, una macchinina giocattolo di 400.000 yen.
- Su, andiamo a prendere i marmocchi. Se vuoi ti darò un passaggio fino a casa. - sghignazzò Mukuro, cercando di nascondere la crisi di risa che l'inseguimento della moto di Gokudera gli aveva causato. - Ventimila yen dovrebbero bastare... -
- Idiota!... - borbottò l'altro, guardandolo, torvo. - Andiamo a cercare queste dannatissime scale! -
Ma altre scale (oltre a quelle dalle quali era passato Rokudo) non c'erano. Però loro non lo sapevano, ed erano così finiti, girando in quella casetta che ora stava assumendo lentamente l'aspetto di un labirinto, in una sorta di corridoio stretto, buio e apparentemente infinito. Precedendo Mukuro e illuminando la strada con la luce del cellulare, Gokudera avanzò lentamente e con cautela. Rokudo subito dietro di lui.
Per un inspiegabile motivo, in quello spazio strettissimo c'era uno specchio consumato dai segni del tempo e della totale assenza di cure. Hayato ci passò davanti e non accadde nulla, ma come Mukuro vi passò di fronte, il suo riflesso fece una smorfia. Esterrefatto, il ragazzo si fermò e si voltò a guardarsi nello specchio, lasciando che Gokudera andasse avanti senza di lui.
Il riflesso ridacchiò. Mukuro trasalì nel sentire che quello non faceva "kufufu".
- Cosa... ? - esclamò l'illusionista.
Il riflesso chinò lentamente il capo sulla spalla destra.
- Sei proprio divertente quando ti spaventi... - disse, mentre la testa continuava a piegarsi fino a fare un giro completo del collo e a ritornare al punto di partenza con un sorrisetto maligno. - Perché non imiti il tuo riflesso e non ruoti la testa? Vuoi una mano? -
- AAAHHH!!! -
Gokudera aveva appena svoltato, seguendo il corso del corridoio, quando, scosso da quell'urlo, sussultò, voltandosi di soprassalto, accorgendosi dell'assenza dell'illusionista e tornando indietro di corsa. Arrivato di fronte allo specchio, trovò Mukuro seduto a terra con la schiena appogiata alla parete. Aveva l'aria stravolta, il suo ciuffo d'ananas era diventato la costa di un sedano e il colore di questi era passato dal blu al verdognolo. In più aveva gli occhi sbarrati e batteva i denti come se fosse stato seppellito nella neve fino al collo.
- Cos'è successo? - gli chiese Gokudera, cercando di non mettersi a ridere per la scena che si era trovato di fronte.
Lentamente Mukuro alzò una mano tremante, additando lo specchio di fronte a sé.
- Non mi sarei mai aspettato che avessi paura del tuo riflesso. - disse scherzosamente Gokudera.
Ma Mukuro, lo sguardo fisso, continuava ad indicare di fronte a sé, ignorando l'ironia di Hayato.
- Si può sapere che ha di male questo specchio? - esclamò il bombarolo, mettendosi di fronte al suo riflesso ed esaminandolo attentamente.
Piano piano la bocca del riflesso s'increspò in un sorriso divertito, e cominciò a sghignazzare sotto lo sguardo di un Gokudera pallidissimo.
- Comincia pure a recitare litanie da esorcista. - disse il riflesso, con un ghigno. - Non servirà a nulla! -

- AAAHHH!!! -
In una stanza al piano di sopra, Lambo e Fran trasalirono, scambiandosi sguardi perplessi.
- Non mi aspettavo che i nostri trucchetti potessero essere così spaventosi. - commentò Lambo, sorpreso.
- Se è così vuol dire che quei due polli sono anche degli scemi creduloni. - rispose Fran, porgendo a Lambo un lenzuolo. - Ora mettiti questo in testa e vai a spaventarli. Viste le loro reazioni agli altri scherzi, questo li stenderà. -

I due polli in questione stavano ancora tremando, abbracciati l'uno all'altro, quando, dall'altro capo del corridoio, cominciò lentamente ad avvicinarsi un chiarore giallognolo, che aveva tutta l'aria di essere quello di una candela o di una lampada ad olio. Sempre più spiritati, i due ragazzi continuarono ad osservare il chiarore che si stava avvicinando loro dondolando come un pendolo ad intervalli lenti e cadenzati, proiettando sul muro dello stretto corridoio un'inquietante sagoma piccola e deforme. Quando finalmente essa apparve, Gokudera e Mukuro lanciarono un urlo senza precedenti:
- UN FANTASMAAA!!! -
Dopo un lunghissimo attimo di esitazione, dove i loro muscoli facevano opposizione alla loro paura, implorandoli di andarsene a gambe levate, l'illusionista e il bombarolo indietreggiarono rapidamente verso la parte opposta a quella da dove veniva, a passo di marcia funebre, il fantasma. Ma un improvviso ululato fece gelare il sangue nelle loro vene già messe a dura prova da tutto ciò che avevano visto fino a quel momento.
Si voltarono per lo spavento, incontrando due occhi verde fluorescente che li fissavano, avvicinandosi con lo stesso passo del fantasma. L'ululato veniva da quell'essere con gli occhi verdi.
- AAAHHH!!! - strillarono i due ragazzi, afferrando l'uno il suo forcone e l'altro la sua dinamite, pronti a difendersi con ciò che potevano contro quelle orrende forze del male.
- Uuuhhh... - riprese ad ululare la creatura misteriosa, prima di essere colpita da un forte attacco di tosse.
- AAAHHH!!! STA TOSSENDO!!! - urlarono i due ragazzi, spiritati, prima di rendersi conto della loro stessa gaffe e di scambiarsi uno sguardo sorpreso. - Un mostro che tossisce? -
- MA SEI STUPIDO???!!! - strillò il fantasma, cominciando a saltellare con aria isterica.
Gokudera sgranò gli occhi, additando il lenzuolo bianco.
- Brutto diavolo! Se ti prendo ti ammazzo e ti faccio diventare un fantasma sul serio! - urlò, avventandosi sul bambino.
- Scusa, Sbambo, mi è entrato un moscerino in bocca. - disse una voce atona, che Mukuro riconobbe all'istante.
- FRAAAN!!! SEI MORTO! - urlò Rokudo, agguantando il collo del mostro dagli occhi verdi, il suo allievo.
L'ennesimo ululato attirò la loro attenzione. Si accorsero tutti che non era possibile che si trattasse di Fran, che stava venendo soffocato da Mukuro.
- Fran, c'è qualcun altro qui? - chiese l'illusionista al suo allievo.
Il ragazzino scosse il capo, gli occhi stravolti. - Noi abbiamo solo fatto cadere il mattone e ci siamo travestiti da fantasma e da mostro... e basta... -
Mukuro e Gokudera si scambiarono degli sguardi spiritati.
- E allora chi è stato? -
- La domanda migliore è: cosa è stato. - disse una voce metallica e d'oltretomba, proveniente da sopra lo specchio.
Nello stesso momento in cui i quattro alzarono gli occhi, una sagoma azzurrina apparve dalla parete. Aveva lo sguardo vitreo e le labbra increspate in un sogghigno diabolico.
- CORRETEEE!!! UN FANTASMA VEROOO!!! - strillarono i quattro, in coro, precipitandosi lungo il corridoio mentre, alle loro spalle, il fantasma li seguiva ululando.
Uscirono di corsa dalla catapecchia e si fiondarono nella macchina di Mukuro.
- Ma sei pazzo??? I freni non funzionano! - esclamò Hayato, cercando di fermare Rokudo.
- Fidati: non avremo bisogno dei freni! - rispose Mukuro, schiacciando l'acceleratore con quanta forza aveva in corpo.
Con una sgommata, l'auto partì a tutta velocità verso Namimori.
Inseguita dalla moto indemoniata di Gokudera.

Inutile dire che non avrebbero dimenticato quella notte di Halloween.

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Capitolo 2
*** La notte della rana vivente ***


Scusateci per il CLAMOROSO ritardo, ma ci sono stati una marea di contrattempi scolastici di ogni genere. Speriamo che, con questa storia, possiamo farci perdonare!

Sembrerebbe un gioco da ragazzi fare fuori uno come Fran, no? Chiedetelo a Bel, l'unico che è riuscito nell'impresa.
Ma lui non vi dirà MAI cosa successe dopo...
Buona lettura :)



23 ottobre. Ore 16:30.
Bel se ne stava disteso sul letto della sua camera, preso dall'occupazione principale di tutti i monarchi del suo rango: l'ozio. Di recente aveva però trascurato quest'occupazione per pensare; il che richiedeva un notevole sforzo da parte del suo cervellino geniale. Ma quel che sorprende, più dell'azione in sé, è l'oggetto di quei profondi pensieri: un modo per uccidere Fran.
Perché mai?, direte voi. Be', ve lo spieghiamo subito: negli ultimi mesi il novellino dei Varia (si fa per dire, dato che il francese era ormai nella Squadra Assassina da più di tre anni) non stava più al gioco del Sempai, ovvero schivava i suoi coltelli e smontava completamente ogni affermazione di Bel con commenti più affilati di una lama.
Il principe aveva tentato di porre rimedio alla situazione, senza successo. E dato che, se non si può aggiustare un giocattolo, lo si butta via, Bel stava riflettendo, ormai da diverse settimane, su come liberarsi di quell'odioso giocattolo rotto che Fran era diventato. Però quella, a differenza di ciò che si potrebbe pensare, non era una scelta semplice, in quanto al principe non bastava liberarsi di lui, ma voleva farlo nel modo che meglio si addiceva ad un genio del suo rango. Aveva perciò bisogno di tempo e organizzazione per pianificare un omicidio ad arte. Del resto uno come lui non poteva cadere nella banalità di uccidere qualcuno con una semplice pugnalata...
Improvvisamente la porta si aprì, e la faccia annoiata di Fran fece capolino nella stanza.
- Lussuria dice che è pronto il pranzo, Sua Pigrizia. - annunciò, atono, schivando un coltello e poi una pallina antistress, scagliate, ovviamente, dal principe. - Mettici quanto più tempo puoi, per scendere, così non vedrò la tua brutta faccia mentre mangio. -
E detto così, l'illusionista se ne andò.
- Ingrato popolano! - borbottò Bel, facendo una smorfia verso la porta, prima di tornare a fissare il soffitto e a pensare con maggiore intensità.
Improvvisamente giunsero alle sue orecchie una serie di tonfi, che sembravano correre giù per le scale, seguiti da un un urlo femminile.
"Bene, Levi è caduto giù per le scale e Lussuria si è spaventato. Come al solito, del resto... Ma perché quell'inutile leccapiedi non sbatte la testa?" si disse tra sé e sé il principe. "Forse questa è la volta buona..."
- Bel-chan!!! Corri, presto!!! - strillò Lussuria dal piano inferiore.
"No, questa volta no. E per giunta lo devo pure aiutare a rimettersi in piedi!" imprecò mentalmente. Poi il suo volto si illuminò. "Ma prima lo calpesto per bene!"
 E presa questa decisione si alzò dal letto e uscì dalla sua stanza, scendendo con fare deciso giù per la grande scalinata di marmo che conduceva al piano inferiore.
Poi, all'improvviso, si fermò. Lì, sul gradino davanti a lui, stava il cappello da rana di Fran.
Un orribile sospetto s'insinuò nella sua mente, e il principe si precipitò giù per le scale per averne una conferma o una smentita. Pochi gradini dopo trovò una grande macchia di sangue. Ancora più preoccupato, Bel accelerò la sua corsa, e quando fu alla fine delle scale riscontrò, con amarezza e con un certo sconcerto, che i suoi sospetti erano veri.
Lussuria, il volto pietrificato dal terrore, fissava, pallido, il corpo di Fran, riverso sul pavimento.
Dopo un breve attimo di incredulità, Bel lo scavalcò e s'inginocchiò, sollevando il capo dell'illusionista per verificare se fosse ancora vivo. Dubitava, però, che lo potesse essere, dato il grande spacco che aveva sulla fronte.
Ma si sbagliava. Il francese, infatti, rivolse lentamente i suoi occhi verdi verso il principe.
- Lussuria, - disse Belphegor, grave e preoccupato. - Chiama un'ambulanza, sbrigati! -
- Subito, Bel-chan! - rispose Luss, inorridito, correndo verso il telefono ma senza riuscire, allo stesso tempo, a togliere gli occhi da Fran.
 In quel momento, con uno sforzo notevole per la situazione disperata in cui si trovava, Fran afferrò la manica della maglia di Bel, riportando la sua attenzione verso di lui.
- Mi vendicherò! - mormorò con un filo di voce, prima che il verde dei suoi occhi sparisse sotto le palpebre, che non si aprirono più.
- Ma... com'è possibile? - domandò Bel, attonito per l'accaduto, cercando di capire la dinamica dei fatti e la sua responsabilità nell'accaduto.
Gli fu tutto chiaro non appena si voltò verso l'ingresso della magione per dire a Lussuria che ormai era inutile chiamare un'ambulanza, e che avrebbe fatto meglio a chiamare le pompe funebri. Là stava la pallina antistress che Bel aveva tirato a Fran poco prima. L'illusionista doveva esserci inciampato scendendo le scale... No! Non era vero! Questo era solamente ciò che Fran voleva fargli credere!... Era tutta un'illusione! Un'illusione per prendersi gioco di Bel!
Il principe lasciò Fran e corse al piano di sopra, setacciando ogni camera alla disperata ricerca dell'illusionista. Poi passò al piano inferiore. Ma non c'era alcuna traccia del giovane.
- Non ci posso credere!... - mormorò Bel, sedendosi in un angolo dell'ingresso con la testa tra le mani, gli occhi verso il corpo esanime di Fran e la mente altrove. - Dovevo essere io ad ucciderlo! Non una pallina!!! -

- Era un bravo ragazzo! - commentò Ken, soffiandosi il naso per l'ennesima volta. - Non si lamentava mai quando il capo lo infilzava con il forcone... -
Chrome, seduta tra lui e Chikusa sul divano di casa Varia, gli porse il ventesimo fazzoletto di carta di quella giornata.
Prendendolo, Ken rispose con un 'grazie' strozzato, prima di continuare il suo necrologio con un guaito pieno di tristezza:
- Era un ragazzo solare!... Sempre con il sorriso in volto! -
Seduti tutti in cerchio intorno alla bara aperta contenente il corpo di Fran, tutti i membri delle famiglie legate in qualche modo ai Varia, ovvero Vongola, Kokuyo, Arcobaleno, Millefiore e Simon, vestiti di nero in segno di lutto, ascoltavano in silenzio le parole di Ken, con aria contrita.
- Un fulmine a ciel sereno! - commentò Lussuria, piangendo come una fontanella. - Era il più bravo dei miei bambini! -
- Sono sempre i migliori che se ne vanno. - commentò Yamamoto, sorridendo ma scuotendo il capo, dispiaciuto.
- Hai ragione, - assentì Ryohei. - Sarebbe stato un degno candidato del club di boxe. -
Il povero Gokudera, seduto tra i due sopracitati, per poco non tentò di accopparli entrambi.
- Tsuna, dovresti recitare un discorso in sua memoria. - propose Reborn al suo allievo.
- Eh? - rispose Tsuna, gli occhi strabuzzati, voltandosi verso il suo tutor. - Ma io non ho preparato nessun discorso. -
- Vallo a fare subito, allora! - sorrise l'Arcobaleno, puntandogli contro la pistola e guidandolo nella stanza accanto.
Bel assisteva alla scena da un angolo, fissando la bara a braccia conserte, senza riuscire a pronunciare una singola parola, o a scollare gli occhi dalla salma del giovane. Nel più profondo della sua anima sognava che il suo fastidioso popolano aprisse gli occhi e si risvegliasse, lo guardasse con i suoi fastidiosi occhi verdi, dicesse qualcosa di oltraggioso nei confronti del principe, e poi, dopo aver ricevuto un coltello nel cappello, fuggisse.
Ma ciò non accadde, e non sarebbe mai accaduto. Il principe sapeva di doversi rassegnare, ma non ci riusciva. Non riusciva a mandare giù il fatto di aver ucciso quell'odiosa ranocchia in un modo tanto stupido.
- Di' la verità, sei stato tu. Vero? -
Bel si voltò verso destra, incontrando lo sguardo serio di Rokudo Mukuro che, in abito nero come gli altri, lo stava osservando già da un po'di tempo.
- A fare cosa? - domandò il principe, confuso.
- A farlo fuori. - spiegò l'illusionista.
- No, purtroppo. - rispose Bel a denti stretti, sospirando.
- Peccato! - borbottò Mukuro, deluso.
- Bel! Ananas! - li chiamò improvvisamente Mammon, avvicinandosi svolazzando. - Devo parlarvi in privato. -
- Non chiamarmi Ananas, sgorbio! - ringhiò sommessamente Rokudo, irritato.
- Di che si tratta, Mammon? - domandò Belphegor, senza prendere in considerazione Mukuro.
- Delle ultime volontà di Fran. - spiegò lei. - Mentre smistavo la roba della sua stanza per vedere se c'era qualcosa su cui poter guadagnare, ho trovato il suo testamento: vuole essere sepolto in un cimitero in Francia. -
- E con ciò? - domandò il principe. - Che c'entriamo noi con il luogo della sua sepoltura? -
- Ha espresso il desiderio che siate Rokudo e tu a portare la sua salma là. - rispose Mammon.
Belphegor e Mukuro si guardarono, perplessi e confusi.
- Sei sicura? - le chiesero, all'unisono.
- Leggete qua. - disse l'illusionista, porgendo loro un plico di fogli di carta.
I due si misero a leggere, e dopo aver constatato che la scrittura era, senza dubbio, quella di Fran, si misero a leggere il testamento, trovandovi conferma delle parole di Mammon.
- No, non ci andrò! - obiettò Bel. - Non ho la minima intenzione di portare quella rana in Francia, e per di più con questo qua! -
- A chi lo dici! - ribatté Mukuro. - Non è mica un piacere farsi vedere in compagnia di qualcuno che va in giro con dei capelli come i tuoi! -
- Dovete imparare in fretta ad andare d'accordo, ragazzi... - li rimproverò Mammon. - ...dato che la partenza è fissata per domani. -
- DOMANIII??? - esclamarono Mukuro e Bel, all'unisono, fissandosi poi in cagnesco.

Il giorno seguente, in mattinata, si svolse il funerale di Fran.
Dato che la generosissima Mammon non voleva che i due viaggiatori spendessero più del necessario, fornì all'illusionista e al principe un mezzo di trasporto e un posto dove dormire. Su questi punti, però, non si era sbottonata più di tanto, e i due capirono che avrebbero dovuto scoprire da soli quello che la spilorcia Arcobaleno dei Varia aveva preparato loro.
Scoprirono così che il mezzo di trasporto promesso altro non era che una vecchia carriola di dubbia provenienza che andava ancora a manovella e che li abbandonò più o meno al confine francese, costringendoli a proseguire con mezzi di fortuna. Una cosa tipicamente da Mammon, insomma.
Per quanto riguardava il secondo punto, invece, Mukuro e Bel ebbero una spiacevole sorpresa...
- Finalmente eccoci arrivati! - sospirò Rokudo, sfinito dal lungo e travagliato viaggio, una volta arrivati a destinazione. - Mettiamolo da qualche parte e poi andiamocene. -
- Che c'è, Rokudo? - sghignazzò Bel. - Hai paura dei cimiteri? -
- Sta per tramontare il sole, scemo! I cimiteri chiudono al tramonto - rispose Mukuro, irritato. - E la tua cara illusionista non ha neanche voluto assoldare qualcuno che lo inumasse al posto nostro. - Poi imitò Mammon. - Pagare qualcuno specializzato per seppellire quello là è soltanto una perdita di denaro! Potete fare benissimo voi il lavoro! Risparmieremo un sacco! -
- Penseremo a lei quando ritorneremo in Italia. - disse il principe, facendo una breve pausa. - Per quanto riguarda il posto dove metterlo, invece, lo chiederemo al becchino. -
- Buona idea. -
E così andarono nella casa del custode che, cosa inusuale e quasi d'altri tempi, abitava in un piccolo angolo del cimitero stesso.
La sua casa era semplice, bassa, piccola e sobria. Il suo proprietario, quasi intonato alla casa, era un distinto uomo di mezz'età, alto e asciutto, con i capelli brizzolati. Quando i due gli chiesero indicazioni, lui si rivelò molto gentile e disponibile, e si offrì di aiutarli nel seppellire il giovane, al quale fu riservato un posto in piena terra, con solo una semplice croce ad identificare il luogo della sepoltura e chi vi era sepolto.
Terminata la cerimonia, il custode invitò Bel e Mukuro ad entrare in casa e offrì loro qualcosa da bere.
- Grazie dell'aiuto, signore. - sorrise Mukuro. - Non avremmo saputo come fare senza di lei. -
- Figuratevi, ragazzi! - rispose l'uomo, ricambiando il sorriso. - Sono io a dovervi ringraziare: avevo proprio bisogno di una vacanza! -
- Vacanza? - ripeterono i due ragazzi, sentendo puzza di bruciato.
- Sì, sulla Costa Azzurra. - sorrise il custode. - Era il mio sogno nel cassetto!... -
- Siamo felici per lei, ma cosa c'entriamo noi con la sua vacanza? - domandò l'illusionista, perplesso, mentre avvertiva, allo stesso tempo, una pessima sensazione.
- Ma come? Non ricordate? - chiese l'uomo, sorpreso. - Prima di partire mi avete telefonato, dicendomi che, se vi avessi pagato la benzina per il viaggio, voi in cambio avreste preso il mio posto per la prossima settimana. Così io mi sono organizzato per fare una bella vacanza. -
Mukuro e Belphegor appoggiarono violentemente i loro bicchieri sul tavolo, guardandosi, torvi e furiosi.
- Mammon! - esclamarono, quasi all'unisono, indovinando l'autrice di tutta quella messa in scena.
- No, guarda che... - cercò di obiettare Bel, rivolto al custode, prima che Mukuro gli tappasse la bocca, scuotendo il capo.
Non valeva la pena rovinare la vacanza del povero custode: meglio prendere il suo posto per qualche giorno e fare a pezzi Mammon una volta rientrati in Italia.
- Credo sia venuta l'ora di riposarci. - disse quindi Belphegor, cambiando argomento. - Potresti mostrarci le nostre camere? -
L'uomo rispose prontamente di sì, e li condusse attraverso un breve e stretto corridoio, arrivando infine davanti a una porticina.
I due ospiti entrarono così in una piccola stanza con un letto matrimoniale.
- Bene, questa stanza sarà del principe: ho il diritto ad avere il letto più largo. - disse Bel, entrando nella stanza e passeggiando, guardandosi attorno. - Anche se, certamente, non è quella che propriamente si definisce la stanza adatta ad uno del mio rango. -
- A dire il vero, ragazzo, - sorrise il custode. - Ho solamente due stanze: una è questa, e l'altra è generalmente per gli ospiti, e questa è l'unica ad avere abbastanza spazio per due persone. Pensavo infatti di lasciare questa a voi e di prendere per me quella degli ospiti, che ha un letto soltanto. -
- Sinceramente, buon uomo, io non vedo dove possano entrare due persone, in questa stanza. - ribatté Bel, scettico.
- Il letto è un matrimoniale, principe cieco. - rispose Mukuro, indicando il letto. - Dovremmo dormirci insieme. -
- COOOSA??? - urlò il principe, facendo un balzo indietro, inorridito. - Questo mai! Mai! Mai! Mai! -

E invece, alla fine, i due dovettero dormire insieme.
Il giorno seguente, dopo aver illustrato a Bel e Mukuro i loro compiti per quella settimana, il custode prese le proprie valigie, salì in macchina e partì alla volta della Costa Azzurra, con il sorriso più grande del mondo sul volto.
Quel giorno i nostri due novelli custodi cominciarono a prendere la mano con i vari compiti che l'uomo aveva menzionato loro, ed entrambi si trovarono a concordare sul fatto di poter prendere in considerazione l'idea di restare lì a vita, lontano da ex scuole fatiscenti e illusionisti tirchi. Del resto, il lavoro era poco e anche leggero, e proprio per questo Mukuro non si era lamentato quando Bel aveva rifilato tutti i lavori a lui, passando le giornate intere stravaccato sul letto o a girare di tomba in tomba per cercare spunti al fine di rendere il proprio loculo migliore di quello degli uomini più ricchi del luogo.
Ma dietro questa parvenza di rose e fiori, a dire il vero, nei cuori dell'illusionista e del principe c'era un profondo sconcerto: capitava spesso loro di avvertire delle presenze poco rassicuranti, specialmente quando si trovavano a pulire delle tombe nei pressi di quella di Fran, o a passarci accanto. Non sapevano spiegarsi neanche loro di cosa si trattasse; ma nonostante ciò, Mukuro e Belphegor le cacciavano rapidamente via dalle loro menti, identificandole semplicemente come suggestioni dovute al fatto di trovarsi in un cimitero da soli, e continuavano a svolgere le loro mansioni come se niente fosse.
Il sesto giorno della loro permanenza in Francia, però, quelle vaghe presenze si fecero sempre più forti...
Fin da quando si svegliarono, intorno alle quattro di notte.
- Ehi, Ananas, - borbottò Bel, il volto schiacciato contro il cuscino. - Che cos'è questo rumore? -
Mukuro si svegliò lentamente, e si guardò attorno, spaesato.
- Cosa? - domandò, stropicciandosi gli occhi.
- Cos'è questo gnaaa bum! gnaaa bum!? -
- Gna che? -
- Somiglia ad una porta che sbatte e si riapre. -
- Ah, gnaaa bum! gnaaa bum!, insomma. -
- E che cosa ho detto io? - borbottò il principe, sarcastico.
- Ma ieri l'ho chiusa la porta. -
- Sembra di no, invece. -
Sospirando, Mukuro si alzò e, indossate le pantofole, si trascinò con passi lenti verso l'ingresso, dove constatò, con un certo smarrimento, che la porta d'ingresso era effettivamente aperta.
- Avevi ragione, - disse, una volta rientrato in camera e messosi a sedere su letto. - Era proprio aperta. -
- L'hai chiusa? - domandò Bel, la voce ancora impastata dal sonno.
- Ma che domande! Certo che l'ho chiusa, non sono mica un cretino!... -
Gnaaa... bum!
Gnaaa... bum!
Gnaaa... bum!
Gnaaa... bum!
- E questo tu lo chiami 'chiudere le porte'? - chiese il principe, scettico.
- Ma... ma... ma... - cercò di spiegare Mukuro, certo di aver fatto ciò che doveva.
- Ho capito, hai bisogno dell'ingegno del principe. - concluse Belphegor, con una certa aria di superiorità, mettendosi a sedere e alzandosi. - Andiamo! -
E così si diressero verso l'ingresso, dove chiusero per la seconda volta la porta, e per sicurezza la fermarono con un vaso di terracotta vuoto trovato nel ripostiglio della casa.
Rendendosi poi conto che non sarebbero più riusciti a prendere sonno per quel giorno, l'illusionista e il principe decisero di fare colazione.
- Mi passi i biscotti? - domandò Mukuro a Bel, seduto davanti a lui.
- Eccoli. - bofonchiò il principe, spingendoli verso l'illusionista. - Versami un po'di latte. - e gli porse il proprio bicchiere.
- Ok. - rispose l'altro, mentre il Varia osservava attentamente uno dei suoi coltelli, sul quale c'era una strana macchia della quale non sapeva spiegarsi l'origine. Pochi attimi dopo sentì il suono del latte che veniva versato nel bicchiere.
- Basta così! - ordinò, facendo per levare il bicchiere.
- Basta così? - ripeté l'altro, perplesso.
Bel si voltò, scoprendo che il suo bicchiere era vuoto, e che Mukuro non aveva ancora aperto la bottiglia del latte.
- E il mio latte? - domandò il principe, confuso.
- Non te l'ho ancora versato! - rispose Rokudo, ovvio.
- Ma io credevo di aver... - cercò di spiegare Bel. - No, niente. Il principe scherzava. -
- Sì, come no! - rise Mukuro. - Che ne dici di aiutarmi con i lavori nel cimitero? -
Il principe gli lanciò uno sguardo scettico, che fece subito intendere all'altro la gioia con cui lo avrebbe aiutato. L'illusionista gli sorrise, rendendosi conto di aver appena formulato una richiesta dalla risposta ovvia, e uscì congedandosi dall'altro con un rapido cenno della mano. Bel, invece, se ne tornò in camera a schiacciare un pisolino.
Non si rividero fino all'ora di pranzo, quando si ritrovarono nuovamente al tavolo della cucina. Discussero a lungo sulle strane vicende che erano accadute quella mattina, e ascoltandosi reciprocamente, si accorsero che, dopo l'episodio del latte, non era più successo nulla di inspiegabile, il che li rassicurò notevolmente, anche se nessuno dei due, per orgoglio personale, lo dette chiaramente a vedere all'altro.   
- Va bene. - disse l'illusionista, al termine del pasto, alzandosi. - Sbrigati a finire, così posso lavare i piatti. -
Così Bel terminò con tutta tranquillità e portò piatti e posate nell'acquaio, dove Mukuro, da brava massaia quale si era dovuto improvvisare data la scarsa attitudine del principe a fare qualsiasi genere di lavoro, aveva già preparato il flacone del detersivo per i piatti. Infine Belphegor fece per uscire a fare una passeggiata, quando la voce preoccupata dell'illusionista lo raggiunse:
- Ehi! Il lavello si comporta in modo strano... -
- Perché? - domandò il principe, annoiato, voltandosi.
- Ho girato le manopole, ma l'acqua non esce. -
- Che quel popolano di custode non abbia pagato l'ultima bolletta? -
- Se così fosse non vale la pena continuare ad insistere. - concluse Mukuro, allontanandosi dal lavello e tirandosi giù le maniche. - Certo che però poteva anche dirlo, quel...! -
Ed ecco che, come per magia, un violento getto d'acqua schizzò fuori dal rubinetto, investendo in pieno il volto dell'illusionista, che cercò invano di chiudere le manopole per fermare l'acqua. Solo l'intervento di Bel riuscì ad arrestare il getto improvviso.
- Molto strano... - commentò Mukuro, asciugandosi il volto e i capelli con un asciugamano. - Mai visto un rubinetto così lunatico. -
- Saranno i rubinetti dei popolani... - ipotizzò Bel, stringendosi nelle spalle.
- Temo di no. - ammise l'altro, pensieroso.
- Rubinetti pazzi o no, il principe va a fare una passeggiata. - concluse Belphegor, uscendo fischiettando.
Mukuro, pur non essendo del tutto convinto né rassicurato dalle parole del Varia, decise comunque di continuare come se nulla fosse.

Be'... più o meno.
Per tutto il promeriggio, infatti, i due si guardarono spesso alle spalle ed evitarono  accuratamente di passare nei pressi della tomba di Fran. Avevano infatti la terribile impressione che lo spirito del defunto si stesse vendicando di tutti i soprusi subiti facendo accadere cose inspiegabili, che non sarebbero finite presto. Quando giunse l'ora del tramonto, infine, Mukuro e Belphegor si affrettarono a rientrare rapidamente nella casa del custode, mentre tra le lapidi e le siepi ombre sinistre si muovevano furtive, occhi attenti seguivano ogni loro movimento, e strane voci sembravano chiamare i due giovani per nome.
Insomma, non si trovarono a loro agio se non quando rientrarono in casa, accesero tutte le luci e cominciarono a mangiare.
- Oggi è Halloween. - annunciò Bel, semisdraiato sulla sedia, sogghignando.
- E con ciò? - rispose Mukuro, continuando a mangiare tranquillamente.
Belphegor sospirò, chiudendo gli occhi e restando un attimo in silenzio.
- Sai, Rokudo, - disse allora, irritato. - Certe volte, con la tua stupidità, mi fai proprio cadere le braccia...! -
La voce di Bel che si spense rapidamente e un tonfo attirarono l'attenzione di Mukuro, che alzò gli occhi dal piatto per sporgersi verso il posto occupato fino ad un momento prima da Belphegor, e sorrise.
- Smettila di ridere, bicromo, e vieni a rimettere in piedi il principe! - ringhiò il Varia, caduto inspiegabilmente a terra.
- Vi siete sporcato il colletto della camicia con il sugo, mio principe. - rise Mukuro, con tono di presa in giro.
Bel lanciò un'occhiata al colletto della sua camicia, constatando la verità delle parole dell'altro. Poi si alzò in piedi.
- Vado in bagno a lavare via questa macchia. - annunciò.
Senza rispondere, Mukuro annuì, mentre Bel era già in corridoio. Un corridoio che non ricordava fosse così lungo e buio. Sembrava anche più largo del solito, e i passi del principe riecheggiavano al suo interno con la cadenza di una marcia funebre.
Non era ancora arrivato a metà strada quando sentì qualcuno ridacchiare, e si fermò di scatto, in cerca della fonte di quella risata, senza successo. Convincendosi che fosse solo frutto delle sue suggestioni, riprese a camminare.

Mukuro, intento a lavare i piatti, avvertì dei passi provenienti dal corridoio alle sue spalle, ma non si voltò, credendo si trattasse sicuramente di Belphegor. Infatti, di lì a poco, udì la sedia del principe spostarsi e qualcuno sedercisi sopra.
- Passami il tuo piatto e le posate, - disse l'illusionista, alzandosi e rivolgendo lo sguardo verso Bel. - Così li lavo... -
Ma la sedia era vuota.
- Cosa...? - balbettò Mukuro, dicendosi che forse aveva solamente immaginato quei rumori.
E invece sembrava proprio di no, dato che la sedia si spostò nuovamente, e il piatto di Bel, insieme alle sue posate, si alzò a mezz'aria come se qualcuno li avesse sollevati improvvisamente.

In quel momento la voce di Rokudo raggiunse un Belphegor con i nervi a fior di pelle per l'ansia:
- Ehi, va tutto bene? -
- Sì, certo. - rispose l'altro. - E tu? -
- A meraviglia. - rispose l'illusionista, la schiena contro una parete della cucina, mentre cercava di schivare le posate, i piatti e i bicchieri che gli venivano scagliati addosso da quell'essere invisibile.
Ottenuta quella rincuorante e falsa risposta da parte dell'illusionista, Bel proseguì a camminare con una certa tranquillità, ma...
- Cosa c'è? Non mi vedi? -
Il principe gelò da capo a piedi. Stavolta quella voce l'aveva sentita sul serio, ed era quella di Fran.
- AHAHAHAHAHAH!!! - rise ancor più forte il fantasma, mentre Bel si fiondava in bagno.
Il Varia chiuse la porta e ci si appoggiò contro, come se avesse paura che quella voce potesse raggiungerlo fin lì.
In effetti, si disse il giovane, quella era solo una voce, e lui non aveva ancora visto nessuno... Ma ecco che la luce si spense d'un tratto, facendo sprofondare il bagno nella più assoluta oscurità per i due minuti più lunghi di tutta la vita del Varia. Immobile come un pezzo di legno per la paura, il principe pregava senza proferir parola affinché la luce tornasse. Quando però questa tornò, Bel avrebbe preferito di gran lunga che non fosse mai più tornata.
Davanti a lui, sullo specchio del bagno, campeggiava una frase in caratteri rossi: 'SEMPAI, SONO VENUTO A PRENDERTI'

- AAAAAAAAHHHHHHHH!!! - le urla di Bel scossero l'intera casa da capo a piedi, arrivando anche alle orecchie di Mukuro, ancora impegnato a fronteggiare il fantasma invisibile.
Preferendo raggiungere l'altro, piuttosto che restare lì in cucina da solo, l'illusionista scattò verso il corridoio, rincorso da un paio di coltelli e una forchetta, che si conficcarono nella porta del bagno, non appena Rokudo entrò e se la chiuse dietro. Lì trovò Belphegor seduto in un angolo della stanza, con un cappotto di sudore addosso e gli occhi sbarrati. L'indice della mano destra, tremante, indicava lo specchio sopra il lavandino.
- Cos'è successo qui? - domandò Mukuro, dopo aver dato una rapida occhiata alla scritta, che non lo turbò più di tanto, dato che era ancora stravolto da ciò che aveva visto in cucina.
- Fa'sparire quell'affare, illusionista dei miei stivali! - ordinò Belphegor, furioso, non appena si accorse dell'altro.
- Le mie illusioni non c'entrano niente! - rispose Mukuro, seccato.
Bel tacque, mentre il suo sguardo si spostava verso le spalle di Rokudo, di nuovo in direzione dello specchio.
- Ok, ora ti credo. - ammise, dopo una breve pausa, continuando a fissare lo specchio.
Preoccupato, l'illusionista si voltò, scoprendo che la scritta era cambiata, ed ora recitava: 'DOV'È IL TUO FORCONE, MAESTRO? SENTO UN GRAN BISOGNO DI INFILZARTI'.
Tremante, Mukuro tornò a guardare Bel.
- Ed ora che si fa? - domandò, gli occhi sbarrati.
- Propongo una sana dormita. - rispose il principe.
- Non possiamo dormire entrambi. - obiettò Mukuro. - Uno di noi due deve fare la guardia, e proseguire poi a turno. -
- Bene, - concluse Bel. - Allora armati di forcone e fai il giro della casa, mentre il principe va a fare una dormita. -
- Perfetto, ci vediamo tra due ore, quando mi darai il cambio. -

Mukuro, con il suo fedele forcone in mano e la luce rigorosamente accesa, dopo aver ispezionato la casa da capo a piedi, si posizionò al centro della cucina, su una sedia, in attesa che accadesse qualcosa, pur sperando che, in realtà, non succedesse niente.
Fuori era così tranquillo che tutto quello avvenuto fino a quel momento sembrava non essere mai accaduto. Nella stanza stessa regnava il silenzio totale, fatta eccezione per il rumore cadenzato delle gocce che cadevano dal rubinetto del lavello chiuso male, che faceva compagnia alla sentinella.
Dopo tutto quello che avevano passato, sia lui che Bel avevano l'impressione che dovesse succedere qualcosa di ancor più spiacevole e di inevitabile, ma contrariamente a ciò, la stanza era tranquilla, e Mukuro non avvertiva strane presenze moleste.
Ma per Belpehgor non fu così.
Chiuso nella camera da letto, con le finestre sbarrate e il cuscino stretto tra le braccia, il principe si guardava intorno con aria di preda braccata, teorrorizzato che lo spettro di Fran potesse presentarsi nuovamente. Come potete ben immaginare, non aveva chiuso occhio.
E non si sbagliava affatto ad essere preoccupato: di lì a poco, sotto gli occhi attoniti del principe, il cuscino di Mukuro si sollevò.
- Tieni! - disse una voce apatica, dando una cuscinata al regale volto di Belphegor.
- Che cosa...? - ringhiò il principe, a metà tra il terrorizzato e l'indignato.
- Non hai sentito bene? - domandò la voce, mentre il cuscino di Rokudo si alzò nuovamente per colpire ancora.
Stavolta, però, il principe fu abbastanza svelto da saltare giù dal letto appena in tempo. E con il cuscino ancora in mano si precipitò verso la porta. Ma proprio mentre stava per abbassare la maniglia, fu raggiunto da un'altra cuscinata. Al che il principe cominciò a rispondere ai colpi con il suo cuscino, intimando al fantasma di andarsene.
Quegli schiamazzi attirarono l'attenzione di Mukuro, che si precipitò in camera, spalancò la porta con un calcio ed entrò dentro con il forcone davanti a sé. Peccato non sapesse che il principe si era fermato proprio dietro la porta, e quindi ora stava riverso a terra con un cuscino in mano, mentre il suoi coltelli erano sparpagliati in tutta la stanza.
- Ma... - cercò di chiedere l'illusionista, prima di essere investito da una cuscinata inferta da un fantomatico spettro.
- Ehi! - ruggì, dopo essersi ripreso da quel colpo a sorpresa. - Quello è il mio cuscino!!! -
E si lanciò sul cuscino volante, riuscendo a strapparlo di mano al suo fantomatico proprietario. Ma nello stesso momento tutti i coltelli che erano caduti si alzarono da soli, e puntarono all'unisono verso i due malcapitati, che si precipitarono fuori dalla camera e chiusero la porta appena in tempo per sentire il rumore e la forza con cui i coltelli si conficcarono nel legno della porta.
Mukuro e Belphegor, paralizzati dal terrore, sospirarono, pensando a ciò a cui erano appena scampati.
- Questa faccenda si sta facendo troppo grande: dobbiamo affrontarla con delle armi più utili. - osservò l'illusionista.

Chiusi nella camera dove il custode aveva dormito la notte che Belphegor e Mukuro erano arrivati là, i due disseminarono la stanza di 'armi' che potessero tenere lontano lo spettro di Fran: cosparsero l'ingresso di sale, appesero agli su tutto il soffitto e croci su tutte e quattro le pareti, poi, a luce rigorosamente accesa, si sedettero a terra per decidere chi avrebbe fatto la guardia. Alla fine decisero che stavolta Bel avrebbe preso il posto di Mukuro, così da permettere all'illusionista di riposarsi un po'.
Ma probabilmente non era destino che Rokudo avesse qualche attimo di pace, perché di lì a poco Belphegor udì un urlo proveniente dal letto dove Mukuro stava dormendo, e subito si precipitò da lui.
- M-ma... ma che diavolo ti è successo? - esclamò il principe, notando che nella stanza non c'era niente di anormale.
Mukuro non rispose, pallido come un lenzuolo, lo sguardo fisso verso l'armadio.
- Si può sapere che c'è? - insistette Bel.
- Io... le manopole... mi fissavano! - balbettò Rokudo, pietrificato.
- Non posso credere che uno come te sia così suggestionabile. -
- Non è stato il panico, credimi! - disse Mukuro, mentre riacquistava il suo colore naturale.
In quel momento uno strano rumore proveniente da fuori attirò la loro attenzione. Quasi immediatamente, i due si precipitarono verso la finestra, le armi in pugno e gli occhi incollati al vetro, nel tentativo di guardare il più lontano possibile nell'oscurità della notte. E così restarono per due minuti, che parvero loro più di due secoli. Poi accadde quello che non avrebbero mai voluto vedere, neanche nei loro incubi peggiori.
Lentamente, da ogni parte del cimitero, le zolle di terra cominciarono a smuoversi sotto i loro occhi, e uno dopo l'altro, braccia scheletriche uscirono dalle loro tombe.
Pallidi e terrorizzati, mentre lentamente le loro gambe sembravano sciogliersi dalla paura, i due boccheggiavano parole mute, increduli di fronte ai loro occhi, fissi a guardare quel terribile spettacolo.
- Le finestre sono chiuse? - domandò Mukuro, preoccupato., riprendendosi dallo spavento.
Belphegor non rispose. Si limitò a rivolgere il capo verso l'illusionista, con la bocca socchiusa, senza proferir parola. Rokudo capì immediatamente che la risposta del principe era negativa, e si precipitò all'ingresso per assicurarsi che le finestre fossero sbarrate. E arrivò appena in tempo, dato che gli zombie si erano già affollati davanti alla casa, e premevano contro la porta, le finestre e le pareti per entrare. Fatto sì che gli zombie avessero qualche difficoltà ad entrare grazie a qualche piccolo ostacolo come il tavolo, le sedie, un mobile e la credenza, Mukuro corse in camera e si chiuse lì con Bel.
- Sono arrivati. - annunciò l'illusionista, cupo.
- Li ho visti. -  rispose il principe, facendo una pausa. - Ma non ci sto capendo più niente. -
Mukuro scosse il capo, ancora stravolto:
- Sembra tutto così irreale. Stento a credere che sia vero... -
D'un tratto si bloccò, attratto da qualcosa di inaspettato:
- Che cos'è? -
Improvvisamente un rumore cadenzato, simile a quello di una pallina che rimbalza, cominciò ad avvicinarsi alla loro stanza. I ricordi della morte di Fran e di tutti quei fenomeni paranormali avvenuti fino ad allora riaffiorarono nella mente di Belphegor, nitidi come parte di un presente in corso di svolgimento. Digrignando i denti dalla rabbia per quell'omicidio malriuscito, il principe estrasse quanti più coltelli poté dalle tasche.
Mukuro si precipitò vicino alla porta, il forcone in pugno, pronto a colpire chiunque fosse riuscito ad entrare.
E infatti, pochi attimi dopo, mentre il rimbalzare di quella fantomatica palla si faceva sempre più vicino, la porta si aprì come se fosse stata appena socchiusa, e una sagoma entrò.
Il tridente si abbatté sull'intruso e una folla di coltelli volò dalla mano di Bel nella stessa direzione Lo sconosciuto se ne accorse appena in tempo per evitare entrambi gli attacchi. E Mukuro, riconoscendolo, trasalì.
- Ma è il custode! - esclamò.
- Come ti è saltato in mente di lasciare il principe alla mercé dei morti viventi, dannato popolano? - urlò Bel, scattando verso il collo del custode, che lo evitò con un'agilità inaspettata.
- Ma come ha fatto ad evitare gli zombie? - domandò Rokudo, sorpreso.
L'uomo li guardò, perplesso.
- 'Zombie'? - rispose, sorridendo con aria malinconica.  - Certo che io non vi capisco più, ragazzi di oggi: usate tutti termini che io non capisco... -
- Ci dica solo com'è riuscito ad entrare. - tagliò corto Mukuro.
- Sono passato dalla cantina: la finestra era aperta. - rispose l'uomo, ovvio.
Mukuro e Belphegor si guardarono, terrorizzati: non avevano la minima idea che vi fosse una cantina in quella casa, e tantomeno che la finestra fosse aperta. E se la finestra era aperta questo voleva dire che...
Improvvisamente i tre udirono dei versi gutturali e dei passi cadenzati provenire dall'ingresso.  Proprio come temevano: erano riusciti ad entrare.
- Sono qui. - mormorò Bel, estraendo una manciata di coltelli e preparandosi all'attacco.
- Mi dica, - disse Mukuro, sarcastico, rivolto al custode. - È normale che qui i morti riprendano vita? -
- Oh, no, no, - rispose il custode, ridendo. - Quelle sono cose che succedono solamente nelle storie di paura per bambini! -
Ma le voci e i passi si facevano sempre più vicini, e ora sembravano quasi venire dall'interno della stanza stessa.
- Ci deve pur essere un modo per farli fuori... - borbottò Bel, agitato.
- Che io sappia non c'è. - rispose Mukuro, serio, avvicinandosi alla finestra per vedere se vi era la possibilità di scappare da lì, ma gli zombie erano anche lì dietro. - Sono dappertutto!... -
- Io avrei un suggerimento - fischiettò il custode, tranquillo come una vecchietta a casa di un'amica all'ora del tè.
- E sarebbe? - domandarono i due, sentendo gli zombie avvicinarsi.
 Così l'uomo si avvicinò al letto, lo spostò e scoprì una botola sul pavimento.
- Venite con me. - sorrise l'uomo, aprendo la pesante porta di legno e sparendo sottoterra, seguito subito dai due giovani.
Entrarono così in una stanza piccola, angusta e buia, dal pavimento di legno scricchiolante.
- Mi raccomando: chiudete la botola. - li avvertì il custode. - Non devono trovarla per alcun motivo. -
Dopo aver chiuso la botola, Mukuro e Bel cercarono di guardarsi attorno a dispetto dell'oscurità, senza successo.
- Non c'è un interruttore? - domandò il principe.
- No, non c'è. - rispose l'uomo. - Però ho dei fiammiferi. -
E così detto accese un fiammifero, che illuminò il suo volto di un piccolo caldo chiarore giallo-arancio. Belphegor non si era mai accorto del particolare colore smeraldino degli occhi del custode. Anzi, a dirla tutta, ricordava che l'uomo li avesse castani.
- Mi scusi - domandò Mukuro, sospettoso, dopo aver esaminato attentamente la stanza alla fievole luce del fiammifero. - Ma non è, per un certo verso, un suicidio chiudersi in una stanza senza vie d'uscita? -
Il custode sorrise. Ma il suo non era un sorriso di divertimento o di rassicurazione, bensì un sorriso di soddisfazione.
- Affatto. - rispose il custode, con una certa nota nella voce atona che non sfuggì a nessuno dei due giovani.
- Cosa intendi dire? - ringhiò Bel, minaccioso.
Sopra le loro teste potevano distintamente udire il rumore dei passi cadenzati e disordinati degli zombie, ormai riusciti ad entrare anche in camera.
- Allora? - incalzò Mukuro, agitato.
- Se non c'è bisogno di un'uscita, dicci almeno quando potremmo uscire. - insistette Belphegor.
L'uomo ridacchiò, abbassando il capo.
- Sappiate, miei cari, che voi non uscirete più da qui. Né vivi né morti. - disse, rialzando il capo repentinamente.
Alla vista di quel volto che aveva inspiegabilmente perso ogni caratteristica umana vi fosse stata fino ad un minuto prima, i due giovani non poterono fare a meno di lasciarsi sfuggire un breve urlo di sorpresa. E allo stesso modo non poterono fare a meno di distogliere gli occhi da quell'orrida figura: la testa, piccola e scheletrica, aveva perso ogni lembo di pelle, e i tendini stessi e i muscoli facciali si stavano lentamente staccando dal cranio, lasciando solo un ammasso di ossa simile a quello di un cadavere. In tutto questo orripilante spettacolo spiccavano il ghigno della bocca, gli occhi smeraldini dell'uomo e i capelli, divenuti improvvisamente del medesimo colore.
Improvvisamente, Mukuro e Bel realizzarono, con un terrore incontenibile, che quello era lo scheletro di Fran.
Strillarono con tutta la voce che avevano in corpo, avvinghiandosi l'uno all'altro, terrorizzati, prima di riprendersi da quell'orrenda vista e mettersi in posizione di difesa per un ultimo e disperato tentativo di salvezza.
Ma ecco che il mostro lasciò cadere il fiammifero sul pavimento, che prese rapidamente fuoco. Non potendo uscire da dove erano entrati a causa degli zombie, Mukuro e Belphegor si guardarono attorno in cerca di qualcosa per spegnere le fiamme, ma la stanza era completamente vuota.
Il fuoco aveva già invaso un quarto della stanza, e anche lo stesso custode, che rideva come un pazzo, incurante, o forse insensibile, alle fiamme che lo divoravano. In più, i due giovani si accorsero che gli zombie avevano individuato il loro nascondiglio, e stavano colpendo e graffiando la botola nel tentativo di aprirla.
Erano in trappola. Ormai restava loro solo da decidere se morire per mano dei morti viventi o del fuoco, che aveva già incenerito il mostro.
Poi, nel tempo di un lampo, il pavimento sopra le loro teste scricchiolò, annunciando il suo immanente cedimento, e infatti, di lì a pochi attimi, precipitò sopra di loro e li seppellì completamente, senza che Mukuro e Bel potessero far altro per scongiurare il peggio, se non urlare.

- Ehi, Sempai, - disse una calma voce apatica, che risuonò odiosa e allo stesso tempo rassicurante alle orecchie di Belphegor. - Hai dormito bene? -
Lentamente il principe ricominciò a prendere coscienza del mondo attorno a lui: sentiva un lenzuolo soffice attorno al suo corpo, un cuscino comodo sotto la testa, la pallina antistress ancora in mano e un piacevole odore di casa. Solo allora aprì faticosamente gli occhi, e tra le nebbie del sonno e l'ombra della frangetta riconobbe una sagoma che non avrebbe mai più pensato di vedere.
- Che c'è? Non mi riconosci? - rise Fran, seduto sul bordo del letto di Bel, notando l'espressione sbalordita dell'altro.
- Dove... dove...? -
- Questa è la tua stanza. -
- Ma... io... tu... come... - balbettò il principe, mettendosi a sedere.
- Andiamo, Sempai, la faccia spaventata non ti si addice per niente! - esclamò l'illusionista.
- Le rane non commentano! - e tre coltelli si infilarono nel cappello di Fran. - Come hai fatto a tornare dal mondo dei morti, si può sapere? -
- Gradirei non ricevere altri coltelli, se non ti spiace. -
- Cosa ci...? -
- Che cosa ci faccio qui? - domandò Fran, sorridendo alla vista ancor più esterrefatta del sempai, mentre si alzava in piedi e si metteva a passeggiare per la stanza. - Lasciami spiegare com'è andata... -

Mukuro aprì gli occhi, ritrovandosi sul divano della palestra della ex scuola di Kokuyo, con impresse nella memoria delle macchie rosse e nella testa dei versi strani accompagnati da una voce atona.
- Che cosa... ? - borbottò, la vista offuscata, sentendo improvvisamente qualcuno che si stava sedendo accanto a lui.
- Ti sei fatto una bella dormita, eh... ? - disse una voce familiare. L'illusionista scattò a sedere, il tridente in pugno.
- Non stai impazzendo - si fece sentire ancora la voce.
A Mukuro sembrò di vedere accanto a sé un essere dagli occhi verdi. Era da lui che proveniva la voce.
Ancora terrorizzato dagli eventi surreali appena trascorsi, scagliò il forcone in direzione del mostro. Non appena riacquistò totalmente la vista, Rokudo vide che l'arma era andata a conficcarsi esattamente sopra gli occhi del misterioso essere, in un cappello a forma di rana, per esattezza.
- Ciao, maestro - disse la voce atona di Fran, seduto là dove sarebbe dovuto esserci il mostro.
- Ma tu... -
- Fammi spiegare tutto... -

Due mesi prima, casa Varia...
- Ehi, ameba, - chiamò Mammon, entrando nella camera di Fran.
- Mh? - rispose Fran, sdraiato sul letto con le mani incrociate dietro il capo.
- Ho una proposta da farti. - continuò l'illusionista, saltando sull'addome del nuovo membro del gruppo.
- Di che si tratta? -
- Sei l'unico illusionista di questa banda di deficienti, senza contare me, ovviamente. E ho bisogno che tu ti finga morto per il tempo che basta a riscuotere i soldi dell'assicurazione sulla vita che ti ho fatto qualche mese fa. Allora, accetti? -
- Mi sembra molto interessante. - disse, facendo una breve pausa. - E dimmi, hai qualche particolare richiesta per la modalità della morte? -
- Nessuna. Hai carta bianca su tutto. -
- E avrò qualche ricompensa? -
Mammon lo fissò a lungo, pensierosa.
- Il venti per cento? - propose.
- Ci sto. - sorrise l'illusionista.
- Bene, buon lavoro. - si congendò Mammon, stringendogli la mano destra per suggellare il loro accordo. - E mi raccomando: deve sembrare una morte a tutti, nessuno escluso! -
- Non ti preoccupare: ti stupirai tu stessa di quello che sono in grado di fare. - rise l'altro, mentre l'illusionista usciva dalla camera.

- Sai, non è stato poi così male fare il mostro. - commentò Fran, atono.
- E quindi tutto quello che abbiamo vissuto sono state solo delle illusioni? - domandò Bel, irritato per nascondere il proprio stupore, sfoderando il suo famigerato ghigno e quattordici coltelli.

- Molto carino da parte tua questo scherzetto, mio caro. - disse Mukuro, riprendendosi il forcone e puntandolo verso il suo allievo con aria minacciosa.
- Mi dispiace di non poter giocare con te, maestro, ma ho un appuntamento all'areoporto per le cinque, e manca appena un'ora. - disse Fran, indifferente. - Ma non ti preoccupare: ti invierò una cartolina. -
E così detto incominciò a svanire lentamente.

- Non avere tanta fretta! Fermati, dannata rana! - sbraitò il principe, afferrando l'altro per un braccio. - Prima voglio strangolare te e quel rospo di nano da giardino della tua socia! -
- Non mi interessa. - rispose la voce annoiata di Fran, incominciando a svanire. - Ci vediamo! -

Qualche chilometro più a est (nei Caraibi, per l'esattezza), qualche ora più tardi...
- Le tue illusioni sono davvero migliorate, complimenti! - commentò Mammon, appoggiando il suo cocktail sul tavolino accanto alla sdraia su cui era seduta.
- Già. - rispose Fran, seduto accanto a lei in costume da bagno, mangiando un gelato. - L'avevo detto che ti avrei stupito. -
- E quando pensi di tornare? -
Il ragazzo ci pensò su per un breve attimo, prima di rispondere con una risata:
- Facciamo tra sei mesi? -
- Ci sto! - concordò Mammon, porgendo al suo vicino il bicchiere che poco prima aveva appoggiato sul tavolo, come per proporre un brindisi, al quale il ragazzo rispose con l'unica cosa che aveva a portata di mano: la coppa del gelato.

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Capitolo 3
*** Shi shi shiing ***


Eccoci di nuovo qua! Purtroppo l'ispirazione è venuta il 31 ottobre stesso, e non siamo riuscite a pubblicarla prima. Speriamo che vi piaccia: fateci sapere!
Halloween è la festa delle streghe e dei fantasmi, ma anche del principe dei Varia, ovviamente. Il nostro monarca, infatti, all'alba (o alla mezzanotte, vedete voi) del suo diciottesimo compleanno, comincia a comportarsi in modo strano, e sembra non riuscire a trattenere l'istinto di voler uccidere tutti i suoi compagni.
Come andrà a finire? Leggete e vedrete! ^^

''Sono il principe azzurro!...''*
* (parodia della celebre ''Sono il lupo cattivo!...'' del film 'Shining' dell'ormai pluriperseguitato S. Kubrick)




In una fredda notte d'inverno, Belphegor rientrava alla base dopo aver portato a compimento l'ennesima missione che era stata affidata a lui e ai suoi compagni. Ma rientrava solo. Era infatti la prima volta che gli altri Varia gli rifilavano un compito senza fargliene sapere nulla fino al giorno previsto. Sì, insomma, questi di solito erano scherzi che si facevano generalmente a Levi... Ma mai al principe del gruppo. E Bel non riusciva a capacitarsi di ciò.
L'aria era gelida, e il vento forte. Il principe si strinse nella sua divisa invernale, tentando di ripararsi.
- Aspettate solo che arrivi a casa!... - sibilò, minaccioso, pregustando già l'ora in cui avrebbe aperto la porta di casa e messo a soqquadro un po'in giro.
Prima di tutto, avrebbe fatto a pezzi i lavori a maglia di Lussuria, poi si sarebbe accanito sui parafulmini di Levi, dopo ancora avrebbe tagliuzzato le amate banconote di Mammon (ovviamente dopo averne messa da parte la metà per uso personale), poi si sarebbe divertito a trasformare la collezione di spade di Squalo in una collezione di kriss artistici. E infine, al Boss... Be', forse lui era meglio lasciarlo in pace, se voleva tenersi stretta la pelle.
Improvvisamente Bel cominciò ad avere fame. Villa Varia era ancora lontana, purtroppo, e se voleva un posto caldo e del cibo pronto doveva macinare almeno una decina di chilometri. Come se non bastasse, inoltre, il sentiero che conduceva a casa era piccolo, appena accennato sul terreno, e ricoperto di foglie secche, il che rendeva ancora più difficile seguirlo senza sbagliare strada.
Era ormai ad un quarto d'ora dalla base quando cominciò a nevicare. Accelerò il passo, sperando di non essere colto da una bufera, mentre i fiocchi di neve sbattevano contro la sua fratina e ci si appiccicavano, rendendo ancora più scarsa la visuale del principe, che stava ormai muovendosi più secondo il suo istinto che non secondo la direzione del sentiero.
Poi, d'un tratto, una voce sibilante pronunciò il suo nome.
Il principe si fermò di scatto e si voltò. Nulla.
Forse era stato solo uno scherzo che gli avevano giocato le sue orecchie, del resto c'era molto vento, e poi era notte, e si sa, di notte... Scosse violentemente il capo per cacciare via dalla mente quel ridicolo pensiero: lui era il principe, e non poteva avere pensieri del genere! Così proseguì a camminare nella notte, accelerando leggermente il passo.

- Vuoi darti una calmata? - ringhiò Squalo, saltando sul divano e imprecando.
- Ma Squ-chan! - piagnucolò Lussuria, avvolto nella sua morbida vestaglia rosa e con ai piedi due assurde pantofole, camminando nervosamente avanti e indietro davanti al grande camino del salotto, soffiandosi in continuazione il naso. - Bel-chan non è ancora tornato! Potrebbe essergli successo qualcosa!... Potrebbero averlo rapito! -
- Poveri rapitori!... - osservò il capitano, scuotendo il capo. - Adesso smettila! Calmati e torna alla tua calza, femminuccia! -
- Non dovevamo farlo partire da solo! - scoppiò a piangere.
- Sono appena le nove. Arriverà a momenti... -
In quell'attimo qualcuno bussò alla porta. Lussuria smise di piangere e corse ad aprire. Squalo, al contrario, non si mosse, deciso a godersi quell'attimo di riposo che il boss sembrava aver stranamente deciso di concedergli. Il che non capitava spesso.
- AIUTOOO!!! SQU! CORRI SUBITOOO!!! - urlò improvvisamente Lussuria. Sembrava terrorizzato.
- E che sarà successo?! - rispose, irritato.
- UBBIDISCI! -
Sbuffando e imprecando, Squalo si alzò e entrò nell'ingresso ululando:
- VOOOI!!! Non ti azzardare a trattarmi come un bamb... -
La sfuriata gli morì in gola, non appena vide Lussuria che sorreggeva Belphegor, pallido e apparentemente privo di conoscenza. Dopo un iniziale momento di sconcerto e preoccupazione, però, ricordando di come lui e gli altri gli avevano rifilato la missione dalla quale era appena tornato, e di come il principe sapesse essere molto vendicativo, Squalo si disse che quella del suo compagno era tutta scena.
- Starà facendo la solita pagliacciata melodrammatica. - bofonchiò. - Portalo in camera. -
- Io non credo, capitano. - disse Lussuria, scuro in volto.
Il capitano dei Varia osservò il ragazzo, e in effetti dovette ammettere che quella volta, rispetto alle altre, Belphegor era molto più rigido, stranamente silenzioso e senza neanche una goccia di sangue addosso. Il principe non avrebbe mai simulato un incidente senza includere abbondanza di sanguinamenti. Anzi, sembrava che tutto quello contenuto nel suo corpo fosse defluito altrove, senza tuttavia causargli ferite. Stessa cosa valeva per le urla, i lamenti e i tremori, che stavolta erano del tutto assenti.
Tuttavia, Bel poteva anche aver affinato le sue tecniche di simulazione, osservò tra sé e sé il capitano, prima di rivolgersi nuovamente a Lussuria:
- UBBIDISCI!!! -
E senza proferir parola, conoscendo il temperamento del suo 'bambino', Luss portò Bel in camera.

Mezz'ora dopo, a tavola...
- Squ... - disse timidamente Lussuria, mescolando con aria preoccupata la minestra nel suo piatto.
- Che c'è? - rispose l'altro.
- Sono preoccupato per Bel-chan. - spiegò, appoggiando il cucchiaio nel piatto.
- Sta recitando, come al solito. - intervenne Levi-A-Than, porgendo il cucchiaio pieno di minestra al boss, seduto a capotavola accanto a lui.
- Non credo. Penso che gli sia successo qualcosa. -
- E cosa? - domandò Squalo, prima che una cucchiaiata piena di minestra bollente diretta verso il suo orecchio destro lo facesse strillare dal dolore e imprecare ferocemente contro l'autore del gesto, che per tutta risposta gli ordinò di portargli un cucchiaio pulito. Il decimo di quella serata, per l'esattezza.
- Squ! Non dire quelle parole a Xanxino! - esclamò Lussuria, indignato, sporgendosi sul tavolo per afferrare l'orecchio (sano) di Squalo e dargli una bella tirata.
- SMETTILA, BRUTTO...! -
- Lussuria, - intervenne Mammon, seduta al fianco del Guardiano del Sole. Era l'unica che stava mangiando come una persona normale. Del resto, non sia mai che si sprechi altro gas per riscaldare la minestra raffreddata! - Perché pensi che stavolta non stia fingendo? -
- Sono andato a spiarlo dalla serratura della sua stanza, e non si è mosso di un millimetro da quando l'ho appoggiato sul letto. - raccontò Luss, lasciando stare Superbi, che continuò ad imprecare a bassa voce non solo contro il Boss, ma anche contro la 'mammina'.
- Molto strano. - osservò Mammon. - Bel non può stare meno di due minuti senza guardare la sua immagine riflessa in uno specchio. -
- Tu cosa ne dici, Squ? - domandò Lussuria, preoccupato.
Il capitano attese qualche secondo prima di rispondere. Forse Belphegor stava solo fingendo, e lui di certo non voleva dargli la soddisfazione di prestargli troppe attenzioni. D'altro canto, però, il ragazzo poteva essere seriamente caduto in quello stato a causa di qualcosa che gli era capitato là fuori. Ma cosa poteva mai esserci là di così terribile? Guardò fuori dalla finestra alle spalle di Luss, pensieroso, prima di rispondere:
- Per questa notte lasciatelo stare. Domani vedremo. -
- Domani è il suo compleanno! - esclamò Lussuria, sorpreso e commosso. - Il mio bambino compie diciotto anni! -
- Ottima idea, capitano! Bel non potrà assolutamente essere in catalessi il giorno del suo compleanno, se sta fingendo! - esclamò Mammon.
- Esattamente. - disse Squalo, sempre pensieroso. - Sono stanco: vado a dormire. -

Appena due ore dopo il capitano si svegliò. Non era stato svegliato da niente in particolare, aveva aperto gli occhi e basta, come se qualcosa lo avesse spinto a svegliarsi, ma senza un vero e proprio motivo. Una specie di premonizione. Ma appena un attimo dopo udì una voce effeminata urlare, come se avesse subito delle sofferenze atroci. Con la mente ancora annebbiata dal sonno prematuramente interrotto, Squalo si alzò di corsa e si diresse barcollando verso la sorgente di quell'urlo, sparito appena pochi secondi dopo essere cominciato: la stanza di Belphegor. Alla luce calda e fievole delle lampade del corridoio, il capitano vide, accasciato accanto alla porta, un ammasso rosa immobile.
- Lussuria! - mormorò, tenendosi a debita distanza. - Cos'è successo? -
Da un grosso armadio dall'altro lato del corridoio provenne un lungo gemito basso. Squalo si avvicinò e lo spalancò, trovandovi rannicchiato Lussuria, pieno di tagli, graffi, il pigiama strappato e gli occhiali da sole crinati. Dopo averlo guardato rapidamente tornò alla porta di Bel, e la spalancò violentemente. La stanza era poco illuminata; ciononostante, il capitano si rese subito conto che non vi era alcuna traccia del suo inquilino. Fece per fare un passo nella stanza per esplorarla più attentamente, ma Lussuria scattò nella sua direzione, cogliendolo di sorpresa e afferrandolo per una caviglia. Nel voltarsi per urlargli contro, Superbi dovette desistere nell'incrociare la sua faccia piena di paura.
­­- NO! NO! NO! NON ENTRARE!!! - urlò Luss, terrorizzato, scuotendo la caviglia dell'altro.
- Ma che diavolo ti prende??? - esclamò il capitano, cercando di fargli lasciare la presa, senza successo.
- NON DEVI ENTRARE LÌ DENTRO!!! -
- E va bene! Non ci entro! Ma tu calmati, femminuccia! -
La promessa di non entrare nella stanza di Bel sembrò calmare il Varia, che tornò a raggomitolarsi nel suo nascondiglio, tremando e continuando a mormorare 'Non entrare... Non entrare... Non entrare... Non entrare...' in modo ossessivo.
- Dov'è Belphegor? - domandò Squalo, cercando di squadrare la stanza dall'esterno.
- Io non lo so. - piagnucolò Luss, strascicando le parole ed estraendo dalla tasca del pigiama un fazzoletto da naso bianco. - E tu? -
Squalo restò basito da una risposta simile:
- Se te l'ho chiesto, pezzo d'idiota... -
- Io non lo so... - aggiunse con voce bassa e profonda il Guardiano del Sole, scuotendo il fazzoletto come per simulare un discorso con il pezzo di stoffa.
- CHE DIAVOLO STAI FACENDO, CRETINO??? -
- Sto cercando di ricostruire quello che è accaduto! - rispose Lussuria, ovvio. - Me lo ha consigliato il mio analista. Dice che in casi simili è molto utile. A proposito, lui è Dunky. - porse il fazzoletto verso Squalo, come per presentarglielo.
- Ma non fare il...! -
- Lussuria non ricorda quello che è successo... ha troppa paura... - rispose il Guardiano del Sole, o forse dovremmo dire il suo fazzoletto. - Lussuria ha aperto la porta della camera di Belphegor perché voleva sapere come stava. Ma non doveva farlo... Ci sono delle scritte... Tante scritte... Perché Belphegor si annoiava, e ora che Lussuria ha aperto la porta andrà a divertirsi un po'con i suoi giocattoli... -
- Che stai dicendo? -
- Belphegor non è più lo stesso... Mi è saltato addosso con quei suoi coltellacci! - mormorò Luss, stavolta con la sua voce, senza muovere il fazzoletto, ma scoppiando poi in lacrime. - Il mio bambino! Non dovevamo farlo andare in missione da solo!!!... Quando tutto questo sarà finito gli confischerò quegli arnesi e gli darò tante belle sculacciate! -
Squalo stava cominciando a non capirci più niente, così decise di fare di testa propria, e cercò di entrare nella stanza. Tuttavia Luss lo fermò con ancor più terrore di prima. Così il capitano tornò rapidamente in camera sua per prendere una torcia, e tornato davanti alla porta della camera di Bel la accese, illuminandola. Alla luce fredda e argentea della torcia Squalo poté leggere le frasi di cui 'Dunky' aveva parlato, e, cosa rara per uno come lui, sobbalzò. Le scritte, create con il sangue, come da copione, per quanto riguarda Bel, ricoprivano tutta la stanza, in tutte le direzioni. Erano state scritte lentamente, ma con poca cura della calligrafia, come se il loro autore avesse cercato, attraverso questo inconsueto gesto, di ammazzare il tempo e la noia. Il capitano le lesse ripetutamente un paio di volte nella sua testa:
 

TANTO LAVORO E NIENTE SVAGO RENDONO IL PRINCIPE UN RAGAZZO NOIOSO

 
Squalo fu colto da un improvviso terrore, che però si costrinse a far sparire quasi subito, considerando lo stato in cui era finito Lussuria e temendo di poter fare la stessa fine.
- Gli altri? - domandò, grave.
- Non lo so, Squ. - piagnucolò Luss. - Spero siano nelle loro camere. -
- Sarà meglio trovarli subito: non sono al sicuro neppure nelle loro stanze. - disse Squalo, torvo. - Vieni con me. -
- Dove andiamo? -
- In camera tua a prendere una torcia e qualcosa di contundente nel caso incontrassimo quel dannato principe dei miei stivali. -
- Ma io non voglio fargli male! -
- Zitto e cammina! - ordinò, scocciato, afferrando il Guardiano del Sole per un braccio e facendolo scivolare verso l'altro lato del corridoio.
- Capitano, non devi fare del male a Lussuria. - disse Luss, muovendo il fazzoletto, dopo aver pattinato sulle natiche per metà del corridoio grazie alla spinta di Squalo.
-  VOOOI!!! SMETTILA DI FARE L'IDIOTA CON QUELLO STUPIDO FAZZOLETTO!!! -
Superbi sbuffò, appoggiando la lama della spada su una spalla, e lo superò:
- Non so se avere più paura di quel poppante con il ferraccio tra i capelli o di te! -
Recuperata la veste da camera di Luss e procuratasi un'altra torcia, i due scesero al piano di sotto, verso la cucina, dove Squalo consegnò al Guardiano del Sole una padella, che sarebbe stata la sua arma di difesa contro il principe. Non accesero alcuna luce e percorsero la strada in punta di piedi per timore di incontrare Bel, ma non ve n'era traccia.
Decisero allora di andare a cercare gli altri, e uscirono dalla cucina dirigendosi verso le scale. Nuovamente, tutto sembrava tranquillo. Belphegor non era da nessuna parte, tuttavia Squalo dubitava che fosse uscito dalla casa, se quello che aveva detto il... ehm... 'fazzoletto' era vero. Ripercorsero il corridoio in cui il capitano aveva ritrovato Lussuria, e proseguirono verso la camera di Mammon. Erano quasi arrivati quando udirono dei passi venire nella loro direzione. I due si bloccarono, gelati dalla paura: la stanza più vicina era quella di Belphegor, e Lussuria non ci sarebbe mai voluto rientrare in tutta la sua vita. I passi intanto si avvicinavano. Alla fine, trovata una rientranza nel muro, Squalo prese una decisione, e si nascose lì dentro, trascinando Luss con sé. E così restarono in attesa.
Dì lì a poco un'ombra si proiettò sul pavimento alla fioca luce delle lampade del corridoio. Luss strinse con entrambe le mani il manico della padella e Squalo alzò la lama della spada: erano entrambi pronti all'azione non appena ce ne fosse stato bisogno. Proprio in quel momento una sagoma passò loro davanti, accompagnata da un fischiettare inquietante. Riconobbero la sagoma di Belphegor. Luss e Superbi trattennero il fiato, mentre il principe passava lentamente davanti a loro.
In quel momento Squalo lo colpì alla nuca con il lato piatto della spada, facendolo cadere a terra, stordito. Poi, preso il ragazzo per un braccio, lo trascinò rapidamente nella sua stanza e lo chiuse dentro a chiave.
- Il mio povero bambino!... - piagnucolò Lussuria, una volta che lo spadaccino ebbe terminato il lavoro.
- C'è chiaramente qualcosa che non va in lui. - osservò il capitano. - Andiamo a cercare gli altri e parliamone con loro. -
Così ricominciarono a camminare rapidamente verso le camere degli altri, sperando di non essere arrivati troppo tardi per poterli soccorrere.
Svoltato l'angolo, si bloccarono nuovamente alla vista di due sagome.
- Mammon! - esclamò il capitano, riconoscendo la sagoma più piccola.
- Levi-chan! - esclamò Lussuria, riconoscendo l'altra. - Dov'è Xanxino? -
- Capitano, dobbiamo scappare il prima possibile! - disse Mammon, allarmata. - Bel è entrato nella mia stanza con i coltelli in mano. Non è una cosa strana, conoscendo il tipo, ma questa volta mi sembrava particolarmente folle. Mi sono nascosta con un'illusione, e dopo avermi cercato un po', se n'è andato. -
- Dov'è Xanxino? - ripeté Luss, ancora più preoccupato.
- Non importa, Lussuria: adesso abbiamo altro a cui pensare. - lo zittì Squalo. - Venite, andiamo in cucina. -

- Vi ho radunati tutti qui per un problema urgente. - disse il capitano, camminando lentamente intorno al tavolo della cucina, dove erano seduti Lussuria, Mammon e Levi. - Il nostro principe psicopatico è più psicopatico del solito, ha aggredito Lussuria e ha tentato di aggredire Mammon senza motivo. Ora è chiuso in camera sua, tuttavia dobbiamo trovare rapidamente una soluzione al problema, prima che possa fare del male a qualcuno. Non sappiamo, infatti, se il suo sia stato un raptus, magari dovuto all'assideramento, oppure un atto volontario; né sappiamo se un episodio simile potrà ripetersi. Sappiamo però che Belphegor è il più sadico di tutti noi, e perciò il più pericoloso. -
- Non avremmo dovuto lasciarlo andare in missione da solo! - piagnucolò Mamma Luss, soffiandosi il naso nel suo fazzolettino rosa, da lui nominato Berta.
- E se si volesse vendicare del fatto che l'abbiamo fatto andare da solo? - domandò Levi.
- Potrebbe essere, ma non si azzarderebbe mai ad aggredire Mammon, se non per gioco, - rispose Squalo. - E, a detta di Mammon, Bel sembrava completamente folle quando è entrato nella sua stanza... o quantomeno più folle del solito... -
- Bisogna trovare una soluzione. - disse Levi.
- Propongo di tenerlo chiuso da qualche parte e di chiamare un dottore. - affermò l'illusionista. - Non riesco a trovare altre soluzioni, oltre a quella di ucciderlo. -
- Che sarebbe comunque una soluzione praticabile. - osservò Squalo, prima di ricevere una sonora scoppola da parte di un Lussuria indispettito da una simile affermazione.
Improvvisamente i quattro udirono un forte tonfo, e si zittirono tutti.
- Viene dalla camera di Bel-chan! - esclamò Luss, a bassa voce, terrorizzato.
- Come ha fatto a... - cominciò Superbi, prima di essere interrotto da un altro tonfo, stavolta molto più vicino.
- Ma questa è la porta dell'ingresso! - urlò Levi, prima che Squalo lo colpisse sonoramente nello stomaco per farlo stare zitto.
- Ha sfondato la finestra ed è saltato giù dal tetto... - disse Mammon, sottovoce.
I passi del ragazzo cominciarono ad avvicinarsi, e i quattro si affrettarono a trovare dei nascondigli: Mammon in uno sportello, Levi sotto il tavolo, Squalo dietro una credenza e Lussuria nella lavastoviglie. I passi, tuttavia, cambiarono bruscamente direzione, come se il principe avesse improvvisamente deciso di cambiare idea, e si diressero su per le scale. I quattro attesero diversi minuti per uscire dai loro nascondigli, tirando un sospiro di sollievo.
- Per fortuna se n'è andato! - sospirò Mammon.
- Dov'è Xanxino? - domandò nuovamente Lussuria, ancor più preoccupato.
- Io l'ho lasciato in camera sua: voleva che gli andassi a prendere del ghiaccio per la tequila... - disse Levi, perplesso.
Squalo ebbe un brutto presentimento e, spinto Levi da parte, corse su per le scale verso la camera di Xanxus. La porta sembrava chiusa, e il capitano afferrò la maniglia per aprirla, ma si accorse che la porta era già aperta. Il suo cuore smise di battere per un lungo momento mentre spingeva la porta, che si aprì lentamente in un silenzio spettrale. Come al solito, la stanza era completamente buia, ma Squalo non aveva il coraggio di accendere la sua torcia, perché il brutto presentimento di prima lo inquietava. In quel momento sopraggiunsero Lussuria, Mammon e Levi-a-Than, e solo allora si decise ad illuminare la stanza.
Avrebbe preferito non averlo mai fatto.
La stanza era completamente sottosopra: le tende di velluto scuro erano squarciate da fendenti di coltello e riempite di fori di proiettile; la stessa sorte era capitata al ritratto già martoriato del Vongola IX appeso sulla parete di destra. La scrivania d'ebano, irrimediabilmente rovinata, era stata rovesciata nella furia dello scontro che doveva aver avuto luogo lì dentro, mentre il grande tappeto persiano al centro della stanza e le quattro pareti erano macchiati di sangue in moltissimi punti. Non da ultimo, a sinistra della scrivania stava, rovesciata, la fedele poltrona di Xanxus, e da sotto di essa...
Squalo sbiancò, e altrettanto fece Levi. Lussuria lanciò un urlo atroce e Mammon sembrava impassibile. Sopra la poltrona campeggiava una scritta rosso-sangue:
 
SE NON FOSSE PER VOI POPOLANI IL PRINCIPE SAREBBE UN RE
 
Passarono diversi secondi prima che il capitano riuscisse a riprendersi e a rendersi conto prima degli altri dei passi rapidi e leggeri che si stavano avvicinando. Chiuse velocemente la porta, spense la torcia e spinse gli altri dall'altra parte del corridoio.
I tre scapparono a gambe levate, mentre Squalo restò lì, immobile.
- SQU-CHAN! COSA STAI FACENDO??? - urlò Lussuria, terrorizzato. - VIENI SUBITO QUI!!! -
- Devo farla pagare a questo piccolo mostro per quel che ha fatto! - rispose lo spadaccino, mentre il principe compariva dall'altra parte del corridoio e correva nella sua direzione, i coltelli già in mano. Era tutto, fuorché se stesso.
- Addio, capitano, è stato bello conoscerti! - esclamò Levi, ridacchiando.
- VOOOOOOOOOIII!!! DOPO PENSERÒ A TE, STUPIDO LECCAPIEDI  IPOCRITA!!! - urlò Squalo, prima di rivolgersi a Belphegor, che ormai gli era abbastanza vicino. - DANNATO PRINCIPE DEI MIEI STIVALI, LA PAGHERAI PER QUELLO CHE HAI FATTO! -
Ci fu una breve e violenta colluttazione, a seguito della quale Belphegor ne uscì reggendosi il braccio destro per la profonda ferita di spada causata dal compagno, mentre Squalo si ritrovò con una pugnalata nella coscia. Lo scontro stava per giungere al secondo round, quando improvvisamente una nube nera avvolse il principe, sottraendolo alla vista dello spadaccino.
- CAPITANO, BASTA FARE L'EROE! - urlò Mammon, sbucando da dietro la porta di una stanza in fondo al corridoio, facendo cenno all'altro di raggiungerla.
Riluttante, Squalo zoppicò di corsa nella direzione dell'altra e, non appena entrò nella stanza, l'illusionista chiuse subito la porta dietro di lui.
- Tutto bene, Squ? - domandò Luss, preoccupato.
- No, - rispose lo spadaccino, appoggiandosi contro la parete. - Quel bastardo mi ha pugnalato alla gamba! -
- Allora dobbiamo chiedere aiuto! - esclamò la mammina, allarmato.
- L'unica via d'uscita è la finestra. - osservò Levi.
- Bene! Allora adesso so da dove posso scaraventarti con la certezza di farti mooolto male! - ringhiò Squalo.
- Capitano, cosa proponi di fare? - domandò Mammon.
- Tu, Lussuria e Levi uscite dalla finestra, - disse il capitano. - Io resterò qui a fermare quel diavolo quando la tua illusione terminerà. -
- No, Squ! Non te lo permetto! - protestò Luss, indignato.
- Lussuria, adesso che il Boss non c'è più sono io che comando! - ruggì Squalo. - Quindi fate come vi ho detto! -
- Ma quindi, se tu dovessi morire, sarei io il capo? - domandò Levi, speranzoso.
Superbi represse l'istinto di passarlo da parte a parte con la spada, limitandosi solamente a tagliargli parte dei capelli al grido di battaglia di 'VOOOI!!!' con un rapido gesto pieno di rabbia, prima di rispondere con voce calma:
- Nomino Mammon capitano, e Lussuria suo vice. Levi è ufficialmente escluso dalla linea di successione. -
- Boss, - disse Lussuria, con un po'di esitazione. - Vorrei avere il vostro permesso per restare con voi: in queste condizioni non siete in grado di combattere al massimo delle vostre capacità. -
- Se proprio insisti, permesso accordato. - rispose Squalo. - Ma non chiamarmi Boss! -
L'altro rispose con un sorriso raggiante. Dopodiché aiutarono Levi e Mammon ad uscire dalla finestra. Be', a dire il vero Levi fu letteralmente scagliato fuori. L'illusionista augurò buona fortuna ad entrambi prima di saltare fuori, e da allora Luss e Squalo rimasero soli.
Bel si sarebbe sicuramente diretto da loro una volta terminata l'illusione di Mammon, e così si prepararono per il combattimento: lo avrebbero aspettato ai lati della porta armati l'uno di spada e l'altro di padella. Di lì a poco cominciarono a sentire i passi leggeri e rapidi di Belphegor avvicinarsi al loro nascondiglio. Si avvicinarono sempre di più, fino a quando si fermarono.
- Cos'è, capitano? Giochiamo a nascondino? - domandò il principe, sghignazzando. - Toc Toc! C'è nessuno? -
Squalo e Luss non si mossero.
- Su, apri la porta! - insistette.
Di nuovo i due non dissero nulla.
- Allora devo aprirla io! - e subito cominciò a prendere a coltellate la porta. Nonostante si trattasse di semplici coltelli, sembravano fare lo stesso lavoro di un'accetta. In meno di un minuto il principe aveva ricavato un buco abbastanza grande da farci entrare la testa. E così fece.
- Capitano!... Shishishishi!... - disse, sghignazzando. - Sono il principe azzurro! -
Lussuria lanciò un grido di terrore prettamente femminile, sferrando una padellata ben assestata in piena faccia al principe, che, stordito, cadde indietro. Ma appena pochi secondi dopo Bel si rialzò e riprese ad abbattere la porta con maggior vigore. Di lì a pochi minuti sarebbe riuscito sicuramente ad entrare nella stanza. Poi, però, si fermò improvvisamente.
- E TU COME HAI...? - urlò il principe, indignato.
Seguirono i rumori di uno scontro violento.
- Cosa sarà successo? - domandò Luss, con un filo di voce.
 Superbi non rispose, perché ne sapeva quanto l'altro. Non restava che aspettare l'esito dello scontro e sperare che Belphegor ne uscisse sconfitto.
Pochi minuti dopo una fiamma avvolse completamente la porta, riducendola in cenere, insieme a qualche ciuffo di capelli di Squalo, che non tardò a riconoscere l'autore di quel gesto.
- VOOOOOOOOOIII!!!!!!!!! - urlò, balzando fuori dalla stanza. - DANNATO BOSS!!! -
- XANXINO! - esultò Lussuria, con le lacrime agli occhi per l'emozione, seguendo a ruota l'altro.
Xanxus li ignorò, sistemandosi meglio sulla sua poltrona. Belphegor giaceva riverso a terra qualche metro più in là nel corridoio.
- Xanxino! Come hai fatto a sopravvivere? - domandò il Guardiano del Sole, commosso. - Noi ti credevamo... -
In quel momento Mammon sbucò dall'altro capo del corridoio.
- Allora la morte del boss era solo un'illusione di Mammon! - esclamò Squalo. - Dannata avara! Perché non ce l'hai detto? -
- Doveva essere credibile perché Bel ci cascasse. Mi ero accorta fin da subito che qualcosa non andava, - rispose l'illusionista, avvicinandosi. - E sapendo che il Boss era rimasto da solo, non volevo che gli accadesse nulla di male. -
- E Levi-chan dov'è? - chiese la mammina, preoccupato.
- Oh, l'ho spedito a chiedere aiuto in Giappone: tornerà tra qualche giorno. - rispose Mammon.
- Ottimo lavoro, Mammon! - rise Squalo. - E adesso cosa ne facciamo di quello là? -
E così cominciarono a consultarsi su cosa fare di Belphegor. Nel frattempo il ragazzo riverso a terra riaprì lentamente gli occhi. Si guardò rapidamente attorno. Compresa la situazione, decise di approfittarne, scattò in piedi e si scagliò contro Xanxus, deciso a distruggerlo una volta per tutte, approfittando del suo pisolino. Gli altri se ne accorsero troppo tardi per poter reagire, ma Xanxus si svegliò appena in tempo per puntare la pistola alla fronte del principe e premere il grilletto.
In quel momento Belphegor si svegliò di soprassalto, un attimo prima di cadere dal suo morbido letto principesco. Si guardò intorno, perplesso: tutto sembrava normale, come se non fosse successo niente. Si alzò in piedi e si rimise nel letto: non poteva credere che tutto quello fosse stato solamente un sogno.
In quel momento la porta della sua stanza si aprì, e Squalo entrò zoppicando.
- Buon compleanno! - lo salutò.
- Grazie, capitano. - rispose il principe.
- Come stai? -
- Un po'confuso. Cos'è successo? -
- Ti abbiamo trovato svenuto appena fuori il giardino della villa: eri assiderato. - spiegò Superbi, sedendosi su una sedia ai piedi del letto.
Bel restò un attimo in silenzio, pensieroso, sistemandosi seduto e fissando il capitano da sotto la sua fratina.
- Come mai zoppichi? - domandò.
- Sono appena caduto: il Boss aveva lasciato un cubetto di ghiaccio sulle scale. - rispose lo spadaccino, massaggiandosi il ginocchio e imprecando.
- Ma ne sei sicuro? -
- Che cosa vorresti dire? - il capitano s'incupì.
- Nulla. - si strinse nelle spalle il ragazzo. - Gli altri stanno tutti bene? -
- Sì, dato che Levi non è nei paraggi. -
- E dov'è? -
- Mammon l'ha spedito a comprare qualcosa che non esiste, solo per il gusto non averlo tra i piedi. Tornerà tra qualche ora, al massimo domani in mattinata. Ma perché tutte queste domande? -
- Niente. -
- Mi sa che tutto quel freddo ti ha dato alla testa. -
- Può darsi. -
Non ancora del tutto convinto, Squalo si alzò e fece per uscire dalla stanza.
- Sbrigati a scendere: Lussuria ti ha fatto una torta di compleanno. - disse, prima di chiudere la porta alle sue spalle. - La cena sarà pronta tra venti minuti. -
Rimasto solo, Bel ritornò ai suoi pensieri. Evidentemente era stato solo un sogno, nonostante qualche coincidenza con la realtà. Si sdraiò nuovamente con le braccia incrociate dietro la testa, sorridendo.
Però, che bel sogno!...

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