Le Illeggibili

di Joy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libero! ***
Capitolo 2: *** Da dietro un vetro ***
Capitolo 3: *** Fare ciò che è giusto ***
Capitolo 4: *** La reazione pari... ***
Capitolo 5: *** ...e contraria. ***
Capitolo 6: *** Interrompere la caduta del Domino ***
Capitolo 7: *** Interludio di musica e carezze ***
Capitolo 8: *** La sera Grifoni e la mattina... ***
Capitolo 9: *** Irreversibile ultima conseguenza ***
Capitolo 10: *** Rivedere Remus ***
Capitolo 11: *** Il romanzo che appassisce ***
Capitolo 12: *** Un cuore di carta stropicciato ***
Capitolo 13: *** Precaria e provvisoria ***
Capitolo 14: *** L'unica giustizia ***
Capitolo 15: *** Una tempesta tra le mani ***
Capitolo 16: *** Sentirsi utili ***
Capitolo 17: *** Qualcuno condanna il traditore ***
Capitolo 18: *** Chiudere le tende ***
Capitolo 19: *** Gli dirai la verità ***
Capitolo 20: *** Il dodicesimo ***
Capitolo 21: *** Immaginario ***
Capitolo 22: *** Una risposta da cercare ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Libero! ***


1

1

 

 

GRIMMAULD PLACE

26  AGOSTO   1975:

 

LIBERO!

 

 

 

“FIGLIO DEGENERE!!!  VERGOGNA DEL NOSTRO SANGUE…”

 

Sirius percorse cinque piani di scale in dodici secondi.

 

Da quando i suoi familiari lo avevano riacciuffato durante il suo settimo tentativo di fuga nell’arco di venti giorni, la sua stanza era stata trasferita al piano più alto della dimora Black.

Questo provvedimento, non lo aveva affatto demoralizzato, anzi, si sentiva ispirato a trovare nuove vie di fuga che sperimentava con cadenza regolare: una volta a settimana.

Aveva trascorso così tutta l’estate e l’unico beneficio che ne aveva tratto, era stato quello d’imparare alla perfezione tutti gli incantesimi rigeneranti; la McGranit sarebbe stata fiera del suo talento, ma i suoi amici si sarebbero chiesti come mai la sua pelle avesse cominciato ad assomigliare ad una cartina geografica.

 

Sbatté la porta alle sue spalle troncando a metà l’amorevole richiamo di sua madre.

 

“Vecchia Megera!”

 

Sfilò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la puntò contro il chiavistello

 

Serro!”

 

Il rumore della serratura che scattava lo rassicurò solo in parte; suo padre poteva sciogliere l’incantesimo in meno di un nanosecondo, ma avrebbe impiegato almeno mezz’ora per salire tutte quelle scale!

Si portò una mano agli occhi, la rabbia gli aveva infuocato le guance e le tempie pulsavano dolorosamente; di lì a pochi secondi sarebbe esploso e l’entità del danno avrebbe eguagliato quello dell’ordigno atomico lanciato dai babbani trent’anni prima.

Consapevole che le conseguenze di quel gesto lo avrebbero condannato all’espulsione da Hogwarts (unico luogo che soleva chiamare casa), decise di convogliare tutte le sue energie nell’unica attività che riusciva a farlo sfogare: il violino.

In realtà anche tormentare i serpeverde sarebbe stata per lui un’ottima valvola di sfogo, ma non c’erano serpeverde nelle immediate vicinanze, se escludiamo suo fratello Regolus che però godeva della protezione di sua madre.

Ciò lo rendeva intoccabile e Sirius era stato costretto a riconoscerlo suo malgrado.

Afferrò, dunque, lo strumento e dopo esserselo portato al mento, chiuse gli occhi e cominciò a suonarlo con impeto.

 

Le note risuonarono per tutta la casa.

 

Lo avrebbero udito tutti, ma non gli interessava (non che la sua condizione potesse peggiorare).

Era talmente avvolto nelle spirali della musica che non udì il familiare  crac e continuò la sua melodia controversa muovendo freneticamente l’archetto; alla fine del primo movimento socchiuse gli occhi e … rimase congelato.

 

Suo padre era di fronte a lui, il chiavistello intatto: si era materializzato.

Si maledì sottovoce per la sua stupidità e rivolse al genitore un sorriso beffardo

 

“Padre! Come state oggi?”

 

“Male! La tua presenza e sufficiente per rovinare ogni mia buona intenzione”

 

< Maledetto vecchio! Quando mai ha avuto buone intenzioni  LUI?! >

 

Si costrinse a parlare con tono moderato.

 

“Sarei oltremodo felice di liberarvi della mia presenza; credevo fosse chiaro…”

 

“E PER ANDARE DOVE?! DA QUEGLI SCHIFOSI MEZZOSANGUE DEI TUOI AMICI?!” sbraitò il Signor Black.

 

Il sopracciglio di Sirius si alzò pericolosamente, gli occhi ridotti a due fessure, non poteva più trattenersi, non poteva ascoltare mentre suo padre sparava a zero sulle uniche persone che riponevano in lui fiducia e affetto incondizionato, che lo stimavano e lo capivano e gli erano compagni in tutto.

 

Non avrebbe ascoltato.

 

Voltò le spalle al padre e sebbene le mani gli tremassero dalla rabbia, riuscì a risollevare lo strumento e ricominciò con il secondo movimento della stessa sinfonia.

 

“SIRIUS BLACK! SE MI ABBASSO A SPRECARE VOCE E TEMPO PER PARLARE A UNA FECCIA COME TE, E’ PERCHE’ VOGLIO CHE MI ASCOLTI!!!”

 

< Non ascoltarlo, Sirius > disse tra sé < Non smettere di suonare e non ascoltarlo >

 

“NON DISONORERAI IL BUON NOME DELLA NOSTRA FAMIGLIA TRASCORRENDO TUTTO IL TUO TEMPO CON DEGLI ESSERI INFERIORI COME QUEL…POTTER! NON SI POSSONO NEMMENO DEFINIRE PERSONE!!! E POI FINISCILA DI SUONARE QUELLA VOLGARITA’ BABBANA!”

 

< Concentrati sulle note, Sirius, non cedere >

 

“LA NOBILE CASATA DEI BLACK NON VERRA’ INFANGATA DAL TUO DEPLOREVOLE OPERATO…VOLTATI E STAMMI A SENTIRE…TE NE PENTIRAI…”

 

Il tono dell’ultima frase fece scattare il meccanismo di autodifesa del ragazzo.

Sirius si voltò appena in tempo per scorgere la bacchetta sollevata, poi un dolore bruciante gli appannò la vista e gli tolse il respiro.

 

In un primo momento pensò che il padre avesse scagliato su di lui la maledizione cruciatus, sentiva la pelle del viso ronzare e una sostanza vischiosa scendergli lungo il collo; riconobbe il sangue non appena si toccò il volto e vide le corde del violino, solitamente tese, sparate in aria come tante molle.

 

Ondeggiavano ancora.

 

Allora comprese quello che era successo.

 

Suo padre aveva fatto in modo di spezzare le corde del violino mentre lui suonava e queste non più trattenute si erano stampate sulla sua faccia nel momento in cui si voltava verso l’amabile genitore.

 

“Vecchio bastardo…” sibilò tra i denti mentre il sangue gli infradiciava la camicia; gli occhi erano appannati, ma li fece roteare intorno alla stanza cercando la sua bacchetta e individuandola dopo pochi secondi abbandonata sul letto.

 

Si lanciò per prenderla, ma il Signor Black fu più veloce.

 

Petrificus manus!” grido puntando la bacchetta contro le mani tese del figlio che all’istante si trasformarono in pietra.

 

Sirius rovinò a terra e furono inutili i suoi sforzi di afferrare la bacchetta con le mani pietrificate.

Fremente di rabbia si appoggiò contro il muro tenendo la testa sollevata in modo che il sangue non gli colasse sugli occhi, rendendolo cieco oltre che monco.

 

Suo padre parve trovare divertente la scena e rise di gusto.

 

“Direi che hai avuto quel che ti meritavi!”

 

Detto questo scrollò le spalle e si smaterializzò.

 

Sirius vide che il chiavistello era ancora sigillato.

 

< Perfetto! > pensò < Sono rinchiuso, ho un’autostrada a quattro corsie che mi attraversa la faccia e la mani pietrificate in modo da non poter assolutamente impugnare la bacchetta! Che estate fantastica! >

 

 

***

 

 

Sirius alzò lo sguardo verso il soffitto; si era disteso sul letto, ma la situazione non era migliorata.

Il suo volto ricordava il trucco dei tifosi Grifondoro, con la sola differenza che lui non aveva avuto bisogno di disegnarsi le strisce e a giudicare dal bruciore, di lì a pochi secondi, sarebbe andato in fiamme e ridotto in cenere, proprio come accadeva a Fanny nel giorno del falò.

Chissà se anche lui sarebbe rinato.

Perso in questi vaneggiamenti fissava il vuoto, scuotendo di tanto in tanto le mani per accertarsi che fossero sempre al loro posto.

Dopo una mezz’ora passata in meditazione, decise che era il momento d’intervenire.

 

< C’è solo una cosa che posso fare adesso > pensò balzando giù al letto.

 

< Chiedere aiuto. >

 

Si avvicinò al baule che conteneva la sua attrezzatura scolastica e cominciò a frugare come meglio poté finché non riemerse con un curioso specchietto tra i denti.

Lo posò sul letto, pregando che James avesse con sé il suo.

Spesso i due amici avevano comunicato con lo specchio a scuola, ma durante l’estate Sirius era stato restio ad usarlo: sapeva che James sarebbe stato in compagnia della sua adorata Lily…

 

“Prongs!...Prongie, ho bisogno..” s’interruppe notando che sulla liscia superficie stavano prendendo forma i contorni di una camera.

 

Sirius si augurò che l’amico fosse solo, ma le sue speranze furono infrante quando udì quella che indubbiamente era la risata di una ragazza. Certo quella voce serafica non apparteneva al suo amico.

“James…oh no!”

 

Rimase chino sullo specchio indeciso sul da farsi, una goccia di sangue andò a finire sulla superficie liscia.

Quando intravide una ciocca di capelli rossi, comprese che le sue supposizioni erano esatte.

 

< Accidenti! Avrei dovuto dare a Remus lo specchio gemello! Di certo con lui questo non sarebbe avvenuto. Vedere Remus in compagnia di una ragazza era improbabile quanto vedere Hagrid giocare a Quidditch. >

 

Strofinò il viso nell’incavo del braccio per migliorare la situazione visiva e peggiorare la situazione camicia e si pentì di ciò che aveva pensato.

 

La solitudine per Remus era una croce che si trascinava sulle spalle dal giorno in cui era divenuto un licantropo; e James? Il suo migliore amico, un fratello che finalmente vedeva ricambiato il suo amore, doveva gioire per lui…non maledirlo perché non era disponibile ogni momento…

 

“Sirius?”

 

Sobbalzò come se si fosse rovesciato addosso un boccale di burrobirra bollente e guardando attentamente nello specchio vide il volto a metà strada tra l’incredulo e lo sconvolto di Lily Evans.

 

“Sirius…” la sentì dire debolmente “Oh mio Dio! James!”

 

Pochi secondi dopo apparve la testa scarmigliata di James.

 

“Santo Godric! Sirius…che diamine hai combinato!”

 

Il ragazzo cercò di mostrarsi serio, ma i realtà la vista dell’amico lo aveva liberato dal grosso macigno chiamato solitudine che lo opprimeva.

 

“Di che ti stupisci Prongs? Ho avuto solo qualche piccolo problemuccio familiare…”

 

“Solo un problemuccio familiare? Allora non è niente di grave…” sorrise James stando al gioco “Sai, all’inizio vedendo la tua faccia, ho pensato che Padfoot si fosse azzuffato con un gatto e …avesse avuto la peggio.”

 

“Oh!” esclamò Sirius “E non hai ancora visto la parte migliore!” disse sollevando la mani in maniera che fossero visibili dallo specchio.

 

Lily si portò una mano alla bocca e sulla fronte di James apparve una ruga.

“Come vedi…avrei bisogno…di un piccolissimo aiuto!”

 

James annuì.

 

“Prendo la scopa e volo da te…segnala la finestra dove ti trovi.”

 

“Grazie, amico”

 

“Non dirlo neanche”

 

“Scusa Lily”

 

“Niente, Sirius, niente”

 

Il collegamento via specchio s’interruppe.

 

Sirius sistemò alla meglio la sciarpa dei Grinfondoro in modo che si vedesse dalla finestra e rimase in attesa; James volava come un bolide e di certo non si sarebbe risparmiato per andare ad aiutarlo, vista la situazione in cui versava, in pochi minuti sarebbe arrivato.

Non aveva ancora finito di formulare queste ipotesi che udì il familiare sibilo della Nimbus 1100 di James.

Si voltò in un lampo il sorriso che gli arrivava alle orecchie deformava in maniera ridicola i graffi che gli solcavano il volto.

 

“Heilà, Sirius! Non dirai che ti ho fatto attendere!”

 

“Non lo dirò…”

 

Guardò l’amico scavalcare con agilità il davanzale della finestra e posare la scopa contro la parete alle sue spalle.

Si sentiva pieno d’entusiasmo e la malinconia devastante che lo aveva attanagliato per tutta l’estate diventava già un ricordo sepolto.

 

“Hai un pessimo aspetto, vecchio mio…” disse James mentre si avvicinava per dare all’amico qualche pacca fraterna.

 

“Sai, non tutti hanno potuto trascorrere l’estate spupazzando ragazze.”

 

Il tono era beffardo, ma il sorriso era grande e aperto, James intuì che era davvero felice di vederlo e comprese anche che le sue vacanze dovevano essere state terribili; tuttavia sapeva che l’amico era orgoglioso e decise di tenere per sé questi pensieri.

Rispose a tono.

 

“Una ragazza! La mia, l’unica, la più amabile…”

 

“Va bene…va bene! Ti prego non continuare con il solito soliloquio!”

 

James si portò le mani ai fianchi, l’espressione tremendamente buffa, poi estrasse la bacchetta puntandola sulle mani di Sirius.

 

Libero!”

 

Sirius le osservo mentre tornavano normali, le sentiva formicolare leggermente: era una sensazione piacevole.

 

“Almeno adesso hai un valido motivo per ringraziarmi!”

 

Grazie…” sibilò Sirius con occhi da cucciolo.

 

A James venne da ridere.

 

“Aspetta…” puntò la bacchetta questa volta sul volto dell’amico “Rigenero!”

 

Le ferite presero subito a rimarginarsi e con grande sollievo del ragazzo, a testimonianza delle sue disavventure, rimasero soltanto delle striature leggermente più rosee e il sangue sulla camicia.

 

“Finalmente! Adesso mi sembra di parlare ad un essere umano” sorrise James

 

“Spiritoso! Se vuoi posso trasformarmi in cane!”

 

I suoi occhi già brillavano malandrini.

 

“Per carità…dimmi piuttosto…a parte questi piccoli problemucci, come sono andate le vacanze?”

 

“Uno schifo! Non c’è stato niente oltre ai ‘problemucci’ ; è tutta l’estate che cerco di andarmene da questa casa” agitò il braccio in direzione della porta alzando leggermente la voce “E loro non hanno fatto altro che lanciarmi contro incantesimi e rinchiudermi quassù!”

 

Si sedette sull’orlo del letto, passandosi le mani tra i capelli e legandoli con un elastico.

 

“Mancano solo quattro giorni all’inizio della scuola, ma se non sapessi che sarebbe una fatica inutile, me ne andrei in quest’istante!”

 

James si sedette accanto a lui.

 

“Fatica inutile? Per te da solo forse…ma adesso che sono qui…possiamo andarcene con la mia scopa.”

 

Scrutò il volto serio dell’amico.

 

“Puoi trascorrere questi ultimi giorni da me!”

 

Sirius parve prendere in considerazione la proposta, ma poi scosse la testa.

 

“No…hai Lily, non c’è posto per me…”

 

“Lily non sta da me, i suoi genitori sono babbani, non le permettono…Oh, insomma! Non stiamo parlando di lei! Dai Sirius, prepara il baule!”

 

Il tono di James non ammetteva diniego.

 

Sirius sospirò forte, era il segnale che stava capitolando, si alzò e si diresse verso il suo baule.

 

“Sei il miglior amico che si possa desiderare” disse e James seppe quanto gli fossero costate quelle parole. Non rispose. Ma l’aiutò a preparare le sue cose.

 

Il bagaglio venne rimpicciolito e attaccato alla scopa.

Dopo essersi assicurati che il carico reggesse, in piedi sul davanzale, i due ragazzi si stavano preparando a decollare quando una voce stridula e assordante il raggiunse.

 

“DISGRAZIATO!...VERGOGNA DELLA FAMIGLIA…”

 

James sussultò e per poco non cadde dalla scopa.

 

“Ti presento la mia adorabile mammina!” esclamò Sirius trattenendo a stento il riso.

 

“Ah! Adesso capisco da chi hai ripreso!”

 

Sirius assestò un colpo alla schiena dell’amico, poi  saltò a cavallo della scopa.

 

“Parti campione!”disse “Prima che quella megera ci lanci uno schiantesimo!”

 

James non se lo fece ripetere due volte; impennò la scopa e sfrecciò come un fulmine.

 

“SIRIUS BLACK! SE TE NE VAI TI DISEREDO!” udirono in lontananza, ma ormai non sarebbero tornati sui loro passi.

Sfrecciavano veloci attraverso il vento, non si poteva rinunciare a quella sensazione di libertà.

 

“Sirius…”

 

“Sì?”

 

“Avresti dovuto chiamarmi prima…”

 

Il ragazzo non rispose, sorrise consapevole che James non si aspettava affatto una risposta, strinse i ginocchi contro la schiena dell’amico, allacciò meglio le braccia intorno al suo stomaco e proiettò la mente verso il futuro che l’attendeva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Da dietro un vetro ***


2

 

 

2

 

 

BINARIO  9 ¾   1  SETTEMBRE  1975

 

“DA DIETRO UN VETRO”

 

 

 

“DOVE CAVOLO SI E’ CACCIATO REMUS!”

 

Sirius si portò una mano agli occhi per proteggersi dal sole.

Stava scrutando il binario in tutta la sua lunghezza speranzoso di scorgere, tra la moltitudine schiamazzante, il volto del più tranquillo dei suoi amici.

 

“Sirius…”sibilò James con aria scocciata “Negli ultimi otto minuti hai ripetuto la frase ‘dov’è Remus’ almeno…” si contò le dita “…nove volte! Si direbbe che non t’interessa nessun’altr…Oh! Guarda!C’è Lily!”

 

Sirius osservò l’amico passarsi la mano tra i capelli e correre incontro alla ragazza.

 

“Nessun’altro!” ripeté tra sé il ragazzo infilandosi le mani nelle tasche dei calzoni con aria sarcastica.

 

Sospirò e prese a trascinare i suoi bagagli verso il treno. I giorni trascorsi da James erano volati, i genitori del ragazzo lo avevano accolto come un figlio e questo rendeva ancora più difficile il distacco che inevitabilmente sarebbe avvenuto alla fine di quell’anno.

Il settimo anno, l’ultimo ad Hogwarts! Poi ognuno…via…per la sua strada.

 

Sollevò il baule caricandolo sul treno e prima di salire diede un ultimo sguardo al binario.

 

Di Remus ancora nessuna traccia.

 

Non aveva avuto sue notizie per tutta l’estate, non che avesse ricevuto gufi dagli altri, nessun volatile si avvicinava a casa Black e se anche qualcuno avesse osato, sarebbe stato immediatamente intercettato e rispedito al mittente!

 

Si sistemò in uno scompartimento vuoto; James sarebbe rimasto con Lily per tutto il viaggio, guardò distrattamente fuori dal finestrino e finalmente lo intravide tra la folla.

 

Camminava di fianco a una donna di mezz’età dal volto stanco e sciupato, sua madre.

Era terribilmente pallida; non che il figlio fosse da meno, pensò Sirius, ma c’era qualcos’altro di stonato in lei, sembrava muoversi a fatica come se il terreno fosse appiccicoso, ad ogni passo respirava profondamente.

Remus la osservava impensierito, Sirius riusciva a scorgere la piccola ruga che gli attraversava la fronte; trascinava da una parte il baule e con l’altra mano stringeva la piccole dita di un  bambino di non più di cinque anni.

Suo fratello, senza dubbio, la somiglianza era impressionante: i capelli chiari, gli occhi dorati, la pelle bianca come la luce lunare…Sirius si ritrovò a supporre che anche il piccolo condividesse la maledizione del fratello.

 

Quando arrivarono in prossimità del treno, Remus si voltò a baciare la madre sussurrandogli parole che non giunsero mai all’orecchio di Sirius, ma vide la donna sorridere debolmente e accarezzare piano la guancia del figlio.

 

Sirius si scostò bruscamente dal finestrino.

 

< La carezza di una madre >

 

Non riusciva a impedire alla gelosia di tormentarlo maligna.

 

Tornò a guardare quello sprazzo di felicità familiare attraverso la gelida barriera del vetro.

 

Adesso Remus era accucciato a terra e stringeva il bambino, o meglio, era il bambino che stringeva Remus, gli aveva allacciato le braccia al collo e sembrava sul punto di piangere; infatti quando il ragazzo lo scostò da sé il suo visino era rigato da due lacrimoni. Vide il suo amico sussurrargli qualcosa in un orecchio mentre con i pollici gli asciugava le lacrime.

 

Il bambino annuì con fare coraggioso.

 

Il fischio del treno in partenza incise la parola ‘fine’ sulla lacrimosa pergamena dei saluti.

 

Remus trascinò il suo bagaglio sul treno e si voltò un’ ultima volta per salutare i familiari.

 

Le porte si chiusero e il treno si mosse.

 

Sirius spalancò la porta dello scompartimento e fece un cenno all’amico che si avvicinò sorridendo.

 

“Pensavo che non ti saresti presentato nell’anno dei diplomi” esclamò Sirius aiutandolo a sistemare il baule. “Non sarebbe stato degno di te Moony!”

 

“Non mi sarei perso l’ultimo anno con voi per nulla al mondo!”

 

Abbracciò l’amico fraternamente e al fiuto canino di Sirius  non sfuggì l’odore di medicine e di malattia di cui il ragazzo era impregnato.

Si svicolò dall’abbraccio e guardò Remus con circospezione.

 

“Come sono andate le ultime due lune?”

 

“Oh!...Non sono state particolarmente terribili…non più del solito…” notò l’aria poco convinta dell’amico e continuò “l’estate è stata movimentata …ma non per via della luna, anche se una parte di responsabilità ce l’ha…non si può sfuggire alla luna!”

 

Si sedettero sui sedili imbottiti e Sirius si perse un momento nel paesaggio che scorreva veloce oltre il finestrino. Poi si voltò di nuovo verso Remus.

 

“E’ per via di tua madre?”

 

Il ragazzo parve sorpreso.

 

“Come..? Come hai fatto…?”

 

“Vi ho osservati dal finestrino…Non sta bene vero?”

 

Remus si adagiò contro lo schienale e sospirò forte.

 

“No, per niente! La gente ti scansa e ti addita quando sa che hai un figlio licantropo e non è facile sbarcare il lunario” chiuse gli occhi, sembrava che parlare gli costasse una fatica enorme.

 

“Sempre…la stessa…vecchia…storia!”

 

Si passò una mano sulla fronte come se volesse allontanare i brutti pensieri.

 

“Ma basta parlare di me…Dov’è James?”

 

“Oh! Credo che in questo momento si stia dimenando eccitato tra le braccia della sua bella rossa!”

 

“Signor Padfoot! Sbaglio o mi è parso di sentire una vena di acida gelosia nella sua voce?!”

 

“Naa…Sono felice, se gli amici sono felici…”

 

Remus squadrò l’amico inarcando un sopracciglio poco convinto.

 

“Sono state così terribili le tue vacanze a casa?”

 

Sirius sorrise; come sempre Remus aveva colto nel segno; possedeva una sensibilità particolare per queste cose…

 

“Di più!” esclamò

 

“Quelli sono i souvenir?” chiese indicando i segni quasi del tutto scomparsi sul volto del ragazzo.

 

“Solo i più spettacolari…Per questi è dovuto intervenire anche James…ma in realtà ne ho ricevuti molti altri!”

 

Remus si avvicinò all’amico per scostargli dal volto le lunghe ciocche nere.

 

“Direi che sono un bel trofeo!”

 

Stava per dare un pacca amichevole sulla spalla del ragazzo, quando la porta dello scompartimento che si apriva di scatto lo fece bloccare con la mano a mezz’aria.

 

Apparve la faccia di Lucius Malfoy.

 

Sirius piegò la bocca in una smorfia di disgusto.

 

“Black! Non ti vergogni a presentarti a Hogwarts orrendamente sfigurato?” esclamò sfacciato.

 

Remus fu tentato di strozzarlo con la mano che era ancora sospesa.

 

“E tu Lucius, mi spieghi cosa ci fai sul treno per Hogwarts con quel cervello da vermicolo che ti ritrovi?”

 

Gli occhi del ragazzo si fecero glaciali.

 

“Adesso che sei stato diseredato ti senti più a tuo agio con gli straccioni come Lupin!”

 

“DISEREDATO!” urlò Remus

 

“Diseredato sì! Ma tu cosa cavolo ne sai, Malfoy?”

 

Osservò gli occhi di ghiaccio piegarsi maliziosi.

 

“Dimentichi chi è la mia compagna.”

 

“Narcissa…! Dovevo immaginarlo! E naturalmente la notizia si è già sparsa tra i membri della mia rispettabile famiglia!”

 

“Buona fortuna per il tuo futuro, Black! Ne avrai bisogno…”

 

La porta si richiuse alle sue spalle.

 

Sirius si sedette di nuovo stringendosi le tempie con le mani.

 

Remus che era rimasto allibito, pur avendo compreso solo la metà di ciò che i due si erano detti, si costrinse a chiudere la bocca e dopo aver riconnesso il cervello, tentò di formulare una domanda coerente con tutti gli standard grammaticali.

 

“Te ne sei andato di casa?”

 

“Sì”

 

“E i tuoi ti hanno diseredato?”

 

“Sì”

 

“Malfoy l’ha saputo da tua cugina Narcissa?”

 

“Sì”

 

“Bene!” sussurrò, poi armeggiò con la sua borsa.

 

“Tieni!” disse porgendogli un involucro argentato “Mangia un po’ di cioccolato” e detto questo ne addentò lui stesso un bel pezzo.

 

Sirius afferrò il cioccolato e guardò con aria complice l’amico.

 

Entrambi si ritrovarono a ridere.

 

La porta dello scompartimento si aprì nuovamente e un Peter rosso e affannato entrò a precipizio nello scompartimento.

 

“Finalmente vi ho trovati!” gridò, li scrutò per un attimo “Mi sono perso qualcosa?”

 

Remus e Sirius si guardarono scoppiando a ridere più forte.

 

“No!” riuscì a dire Remus,offrendo il cioccolato anche a lui “Non ti sei perso niente!”.

 

 

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Capitolo 3
*** Fare ciò che è giusto ***


3

 

 

3

 

 

 

DORMITORIO MASCHILE DEI GRIFONDORO          

 15  SETTEMBRE  1975

 

“FARE CIO’ CHE E’ GIUSTO”

 

 

 

“James! Sveglia!” Remus gli posò una mano sulla spalla scuotendolo leggermente “Andiamo! Ma come fai a dormire con questo casino…nella Sala Grande sta succedendo di tutto!”

 

Il ragazzo mugugnò infilando la testa sotto il cuscino e premendoci sopra i pugni per farlo aderire agli orecchi.

 

Remus incrociò le braccia al petto e sollevò gli occhi in un tacita preghiera.

 

“Mi sta facendo esasperare!”

 

“Esasperare te?! Ma fammi il piacere…” Il ragazzo che fino a quel momento era rimasto in disparte si fece avanti, scostandosi i lunghi capelli neri dagli occhi.

 

“Sarebbe più probabile vedere la McGranit al ballo del Ceppo con indosso la divisa femminile!”

 

Peter Minus dal suo angolo lasciò andare una risatina.

 

“Lascia fare a me.”

 

Sirius si gettò di peso sull’amico ancora addormentato e cominciò a scuoterlo con violenza.

 

“SVEGLIATI BRUTTO COGLIONE! LA TUA LILY STA AFFRONTANDO MALFOY NELLA SALA GRANDE!”

 

“Santo Godric! Sirius!” intervenne il licantropo “Abbassa la voce o ti sentirà anche Hagrid dalla sua capanna!”

 

“E’ l’unico metodo, Remus. Questo non si svegl…”

 

Non terminò la frase.

 

James aprì un occhio, la fronte attraversata dalla solita ruga di perplessità.

 

“Lily…? Sala Grande…? Malfoy…?” sussurrò

 

“Oh! Finalmente ti sei…”

 

“MALFOY CON LILY!”

 

James si alzò di scatto facendo rotolare Sirius sul pavimento.

 

“Che cacchio! Prongs!” urlò il ragazzo assicurandosi di avere tutti i denti integri.

 

“LILY STA AFFRONTANDO MALFOY?! PERCHE’ CAVOLO NON ME L’AVETE DETTO SUBITO!”

 

Sirius strinse i pugni tentando di trattenersi dal trasformarsi in cane e strappare a morsi l’orecchio dell’amico.

 

< Stai calmo > si disse chiudendo gli occhi, ma quando li riaprì si accorse che qualcuno era stato meno magnanimo di lui.

 

Infatti Remus aveva assestato un pugno sonoro sulla testa scarmigliata di James.

 

“Ohi!....Moony!”

 

“Quando ci vuole, ci vuole!” dichiarò con voce autoritaria. “E ora se fossi in te mi sbrigherei a vest…Dove cavolo vai?” urlò al ragazzo che si era già lanciato per le scale del dormitorio, scendendo quattro gradini alla volta.

 

“Sirius?” chiese debolmente Moony “Non lo sta facendo sul serio…vero?”

 

“Oh sì! Sta scendendo nella Sala Grande con indosso solo i boxer.” Si accarezzò il mento con la mano “Lo sta facendo sul serio, bisognerà vedere se gli altri lo prenderanno sul serio!”

 

Remus parve risoluto.

 

“Signor Padfoot…E’ nostro dovere accertarcene!”

 

“Ben detto!”

 

E sparirono entrambi nella penombra delle scale.

 

“Era anche scalzo!” borbottò Peter, prima di seguire gli amici.

 

 

***

 

 

 

Nella sala grande regnava il caos più completo; gli studenti di tutte le case erano scesi per assistere a quella che, senza dubbio, sarebbe stata la litigata dell’anno.

 

Lily Evans era al centro, il volto rosso quasi quanto i suoi capelli, gli occhi ridotti a due fessure, le labbra dolci contorte dalla rabbia.

 

Era sconvolta dalla furia.

 

Malfoy era di fronte a lei, freddo e distaccato.

 

“Come puoi!” urlò furibonda la ragazza.

 

“Come puoi umiliare così la persone che ti vivono attorno!”

 

“Semplice, mia cara…i mezzosangue, per me, non sono degni di rispetto.”

 

“Ed e’ per questo che hai fregiato quella ragazza?! Non ti aveva fatto niente!”

 

“Oh sì, aveva incrociato la mia strada!”

 

Lily puntò la bacchetta contro il ragazzo.

 

“SEI UN BASTARDO, MALFOY!”

 

“Abbassa quella bacchetta, Evans, la bastarda sei tu, come quella sciocca ochetta che è venuta a spifferarti tutto!” la guardò con crudele disprezzo “Ma tu non farai altrettanto con i professori; sei intelligente…non ti conviene avermi contro!”

 

Si avvicinò di qualche passo.

 

“Ti conviene starle lontano, Malfoy!”

 

La voce risuonò limpida nel salone.

 

Lily si voltò in tempo per vedere il suo ragazzo avvicinarsi a passo spedito e i suoi occhi si abbassarono imbarazzati.

 

“Ti avverto, Lucius, me ne infischio dell’espulsione, se le farai del male ti massacrerò.”

 

L’espressione estremamente tesa lo faceva sembrare più adulto, si fermò a pochi passi da Malfoy, ponendosi tra lui e Lily.

 

“Potter! Il cagnolino da guardia…Hai dovuto vendere la divisa per comprarti una scopa decente? Oppure ti presenti così solo per non far sfigurare quegli straccioni dei tuoi amici!”.

 

Sirius Black fece per intervenire, ma fu trattenuto da Lupin.

 

“Non ti riguarda” sussurrò all’amico “Non t’immischiare.”

 

“No, Lucius, sono solo un esibizionista! Sai …io me lo posso permettere!”

 

Molte studentesse sghignazzarono.

 

Malfoy sorrise diabolico ai suoi amici Serpeverde.

 

“Porta via la tua cagna mezzosangue, Potter, non mi abbasso con gente del tuo livello.”

 

“Non te la caverai così!” gridò Lily scostandosi dallo scudo che James le faceva col suo corpo. “La ragazza che hai ferito…è terrorizzata! Devi chiederle scusa e raccontare tutto a Silente!”

 

“Raccontarmi cosa, Signorina Evans?”

 

Nella Sala Grande scese il silenzio. Il preside avanzava tra gli studenti ammutoliti.

 

Malfoy imprecò a mezza voce.

 

“Allora? E’ già finita la discussione?” riprese il preside tranquillo, rivolgendosi ai tre ragazzi che non avevano mosso un solo passo da quando era apparso nella sala.

 

“In questo caso non doveva essere una questione molto importante…”

 

Squadrò Lily attraverso i suoi occhiali a mezzaluna, come se volesse leggerle la mente.

 

La ragazza seppe che non avrebbe potuto mentire per nessuna ragione. Lanciò una sguardo carico di determinazione a James e fece un passo avanti, lasciando scendere lungo il fianco il braccio che reggeva la bacchetta.

 

“Si tratta di Armonia Cooper, primo anno, Grifondoro” iniziò con voce limpida e decisa “Malfoy l’ha insultata, poi l’ha ferita e infine l’ha minacciata perché non raccontasse a nessuno quello che LUI le aveva fatto!”

 

Il volto di Silente si fece cupo.

 

“La Signorina Cooper si è confidata con lei…?”

 

Lily scosse il capo.

 

“No, l’ho sorpresa in bagno per caso, credeva di non essere vista e stava cercando di fare un incantesimo rigenerante…”

 

“Questo è grave!” la interruppe il preside “Potrebbe causare danni peggiori!”

 

Si rivolse verso la professoressa McGranit che lo affiancava con volto imperscrutabile.

 

“Minerva, trova la Signorina Cooper e accompagnala immediatamente in infermeria.” Si rivolse di nuovo a Lily “E’ ferita in maniera grave?”

 

La ragazza trattenne il respiro, poi, decisa a togliersi dalle spalle quel fardello, parlò tutto d’un fiato.

 

“Nell’interno del braccio lui le ha inciso la parola ‘Mezzosangue’!”

 

Il brusio invase la Sala Grande, James si fece più vicino alla sua ragazza senza smettere di fissare il preside che però gli fece cenno di tacere. In quel momento sembrava profondamente afflitto.

 

“Questo rende la questione ancora più delicata” disse tra sé “Signorina Evans, come mai ha pensato che fosse stato il Signor Malfoy?”

 

Lily spalancò gli occhi temendo che il preside potesse non crederla. Doveva crederle! Stava dicendo la sacrosanta verità!

 

“Me lo ha detto Armonia, Signore, dopo che ho insistito perché mi raccontasse ciò che le era successo.” Abbassò gli occhi “Era terrorizzata, poi è scoppiata a piangere e mi ha raccontato tutto, allora sono scesa e…”

 

“E’ qui che hai sbagliato, Lily, saresti dovuta venire da me, o da un altro professore.”

 

“Mi dispiace.” Bisbigliò la ragazza mordicchiandosi il labbro inferiore.

 

“Tuttavia comprendo il suo stato d’animo” le appoggiò una mano sulla spalla “Armonia Cooper non è la prima ad essere perseguitata perché figlia di babbani, giusto?”

 

Silente si rivolse all’intera scolaresca

 

“Gli studenti si preparino per le rispettive lezioni! Tranne lei…Signor Malfoy.” Disse indicando il ragazzo che era già pronto a svignarsela. “Lei verrà con me nel mio ufficio, devo farle alcune domande.”

 

Lucius lanciò una sguardo d’odio a Lily.

 

“Signorina Evans?”

 

“Sì?”

 

“Lei, se lo desidera, può far visita alla Signorina Cooper in infermeria.”

 

Lily annuì soddisfatta.

 

“Signor Black, ora può scendere da quel tavolo, non c’è più niente da vedere.” Ordinò mentre si avviava, seguito da Malfoy, verso la torre.

 

Poi all’improvviso si voltò e rimase immobile un istante.

 

“Signor Potter?”

 

“Sì?”

 

“Vuole spiegarmi cosa ci fa in mutande nella Sala Grande?”.

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** La reazione pari... ***


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4

 

 

 

TORRE DEI GRIFONDORO, DORMITORIO MASCHILE  30  OTTOBRE  1975  (pomeriggio)

 

“LA  REAZIONE  PARI…”

 

 

 

Remus sospirò stancamente appoggiando la fronte contro il vetro umido della finestra.

 

“Basta…Sirius, non voglio parlarne più. Ti ho già dato la mia risposta.”

 

“Ma Moony! Non puoi boicottare la festa di Halloween, sono sicuro che ce la puoi fare!”

 

“Stasera c’è la luna piena…e non venirmi a dire” riprese il licantropo, interrompendo l’ennesima protesta dell’amico “che resterete con me per impedirmi di massacrarmi; quando mi trasformo le mie ossa scricchiolano come se ci passasse sopra uno schiacciasassi, non è solo per le ferite…Non chiedermi di trascorrere quest’ultimo pomeriggio di tranquillità, sgraffignando cibarie dalle cucine con il rischio di essere acciuffati da quel pazzo di Gaza.”

 

“Ma…”

 

“Non parteciperò al vostro banchetto clandestino…sarò in infermeria.”

 

“Ci sposteremo tutti in inferm…”

 

“Sì…Ce la vedo Madama Chips che vi mette a disposizione i suoi cuscini per simulare uno scontro tra Goblin ed Elfi domestici.

 

“C’è dell’altro.”

 

“No! Non c’è nient’altro!”

 

Sirius incrociò le braccia e mise su il broncio osservando l’amico che posava innumerevoli libri sul suo letto a baldacchino. Evidentemente considerava chiusa la discussione.

 

“Moony?”

 

Remus scattò esasperato lasciando cadere le pergamene che aveva tra le mani.

 

“Basta!”

 

“Ti volevo solo chiedere…se hai visto James…Ho bisogno di una copertura per intrufolarmi nelle cucine.”

 

Il volto di Remus si distese all’istante, ma a Sirius non sfuggì l’impercettibile movimento del sopracciglio: qualcosa lo preoccupava.

 

“Credo che sia in biblioteca.” Notò l’espressione interrogativa dell’amico e si affrettò a spiegare “Aspetta che Lily finisca i compiti per accompagnarla fino al dormitorio delle ragazze.”

 

Fissò Moony per un’istante come se stesse soppesando le sue parole, poi si lasciò cadere sul letto ed esclamò:

 

“Giuro sulla spada di Godric che quel ragazzo sta davvero esagerando! Va bene essere premurosi, ma cosa potrebbe accaderle nel tragitto tra la biblioteca e il dormitorio!”

 

Si sfilò le scarpe e si distese sul letto.

 

“E poi…sinceramente, non mi sembra che la Evans abbia bisogno di un protettore, giurerei di aver visto quella canaglia di Malfoy impallidire di fronte a lei!”

 

“Impallidiva di fronte a Silente…Sirius!”

 

Remus sospirò posando la penna d’oca.

 

“Comunque è proprio questo il punto, James teme…Da quando è rientrato dalla sospensione, Lucius non fa altro che confabulare con la sua cricca di leccapiedi.”

 

Sirius si tiro su, a sedere con le gambe incrociate e Remus notò che per la prima volta da quando avevano cominciato a discutere, la sua espressione si era fatta davvero seria.

 

“Nessuno può contrastare la famiglia Malfoy, senza poi pagarne le conseguenze; i Malfoy non perdonano…”

 

“Come i Black!” concluse Sirius

 

“Sì, come concetto di base…direi che ci siamo”

 

“E’ più di un concetto, è uno stile di vita, è nel DNA!”

 

“Non nel tuo.”

 

“Come fai a dirlo?”

 

“Come licantropo ho un sesto senso finissimo, per non parlare dell’olfatto…lo sento” disse annusando l’aria “Tu hai un puzzo diverso da quello dei tuoi familiari!”

 

“No! Sono i miei calzini!”

 

Una cuscinata sfiorò la testa di Sirius.

 

“Allora vuoi la guerra?” rispose scagliando il suo su Remus che già rideva piegato in due sul letto.

 

Il cuscino atterrò sulla sua schiena, il lupacchiotto lo afferrò sogghignando pronto per rispedirlo al mittente.

 

“E guerra sia!”

 

 

***

 

 

James entrò nella stanza che condivideva con gli altri malandrini quando la situazione era ormai al di sopra da ogni controllo.

Scansò per un pelo una cuscinata e cercò di collegare il cervello a quello che gli occhi stavano vedendo.

 

“Ho sbagliato” disse serio “Questo è il pollaio della scuola, non la camera in cui dormo.”

 

Il cuscino, questa volta, gli arrivò in piena faccia.

 

“Ops!...Scusa Prongie…Non era diretto a te!” affermò un Remus rosso e affannato, semisdraiato sul pavimento ricoperto da piume d’oca.

 

“Ehilà James! Ti credevamo in biblioteca con Lily!”

 

La voce proveniva da dietro il baule di Peter. James si avvicinò di qualche passo solo per scoprire la bestia rara che vi si nascondeva dietro.

 

“Signor Black! Questo look le dona!” disse pescando casualmente una piuma dai capelli dell’amico. “Direi che è a metà strada tra un ippogrifo e una gallina babbana!”

 

Sirius ridacchiò afferrandogli i piedi e facendolo cadere rovinosamente sul pavimento di pietra.

 

“Fermati…Sirius!” urlò James cercando di divincolarsi dal ragazzo che adesso gli stava seduto sopra, sottoponendolo alla tortura del solletico.

 

“Non…posso giocare con…voi! Basta Sirius! Remus…aiutami! Devo…cercare Lily!”

 

“Ma non sei stato con lei fino ad ora?” chiese Moony mentre cercava di tenere fermo Sirius.

 

“Ci sono stato fino… a quando la McGranit…Ho detto smettila! Mi ha convocato per parlarmi degli allenamenti di Quidditch e quando sono tornato in biblioteca lei non c’era più.” Cercò di mettersi a sedere “Oh…a proposito…Moony, la McGranit mi ha detto che Silente vuole parlarti, devi andare nel suo ufficio.”

 

Sentendo quelle parole, Sirius comprese che il divertimento, suo malgrado, doveva terminare, così si scossò le piume di dosso e cercò di mostrare un’espressione seria.

 

“Corri dalla tua rossa, James, non vorrai che Malfoy approfitti della tua assenza per mettere in pratica gli sporchi propositi che, di sicuro, sta pianificando!”

 

“Certo che no!”

 

“Bravo! Allora corri!” disse dando una pacca amichevole sulla spalla dell’amico e guardandolo mentre spariva di corsa.

 

“Paddy?”

 

“Mh?”

 

“Vado anch’io…Non vorrei far aspettare Silente.” Esclamò Remus, sparendo a sua volta.

 

Sirius rimase solo ad osservare la porta che si richiudeva dietro i suoi amici. Si portò le mani incrociate dietro la testa e guardandosi allo specchio, parlò al suo riflesso.

 

“E tu resti per sistemare questo casino!”

 

 

***

 

 

Silente gli fece cenno di accomodarsi.

Gli occhi azzurri lo scrutavano benevoli mentre prendeva posto sulla sedia davanti alla grande scrivania.

 

“No. Non lì, Signor Lupin” lo fermò il preside “sediamoci qua” disse indicando un divano accogliente “è più adatto ad una chiacchierata.”

 

Il ragazzo fu sorpreso e cominciò a temere ciò di cui il preside voleva parlare, ma annuì e si sedette composto ad un’estremità del divano.

 

“Del tè?”

 

“No…Grazie…” ma Silente gli aveva già messo tra le mani una tazza di liquido fumante.

 

“Le preoccupazioni non pagano…vero Signor Lupin?”

 

Remus lo guardò interrogativo e quasi si ustionò sorseggiando il tè bollente.

 

“E quasi mai troviamo la soluzione ai nostri problemi, quando la mente è paralizzata da ciò che potrebbe avvenire in un futuro lontano…o prossimo.”

 

“Non…credo di capire…”

 

“E’ la trasformazione di stasera che ti preoccupa, Remus, o c’è dell’altro?”

 

Il ragazzo rimase un attimo interdetto, la mano che Silente gli aveva appoggiato sulla spalla trasmetteva sicurezza…e serenità, la sua mente si rilassò e per un attimo pensò di parlare al preside della malattia di sua madre, di confessargli che non aveva nessuno che si prendesse cura di suo fratello, ma i sentimenti non riuscirono a trovare il modo di tradursi in parole; bevve un lungo sorso di tè per prendere tempo e rispose con quanta più calma potesse.

 

“E’ la luna che mi spaventa…” abbassò gli occhi, pensando che in fondo non stava mentendo “come sempre…”

 

Silente non si scompose, si alzò, raggiunse la sua scrivania e dopo aver afferrato una bottiglietta, ritornò a sedersi al fianco di Remus.

 

“Questa ti allevierà un po’ di sofferenze.”

 

Fissò il ragazzo che adesso aveva un’espressione assolutamente stupita e proseguì.

 

“E’ una pozione Antilupo, me la sono fatta spedire da un mio vecchio amico alchimista; è un ritrovato recente e non ancora approvato dal ministero, ma ho ragione di credere…che possa funzionare. Signor Lupin…il suo tè sta per rovesciarsi sulla sua divisa.”

 

Remus raddrizzò immediatamente la tazzina e si ricordò di chiudere la bocca.

 

“V…vuol dire che con questa non mi trasformerò?” chiese incredulo.

 

“No, purtroppo non c’è pozione che impedisca alle tue ossa di mutare, ma questa di permetterà di mantenere la tua coscienza; ti trasformerai, ma sarai in grado di controllarti. Devi prenderla subito.”

 

Non se lo fece ripetere due volte, afferrò la boccetta e bevve tutto il suo contenuto.

 

“Stanotte andrai alla stamberga come al solito, ma se Flamel ha visto giusto e io ho fiducia in lui, domattina non avrai bisogno dei servigi di Madama Chips”.

 

Lo sguardo di Remus, quando si posò sul vecchio preside era stracolmo di ogni sorta di sentimento: ammirazione, gratitudine, sollievo…non disse una parola, ma si sporse e lo abbracciò con trasporto.

 

“Su…su. Signor Lupin, deve tornare nel suo dormitorio… Credo che il Signor Black abbia bisogno del suo aiuto per quanto riguarda gli incantesimi di rassetto!”

 

Il ragazzo si ritrasse e prima di uscire bisbigliò un debole ‘grazie’.

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** ...e contraria. ***


5

 

 

5

 

 

 

CORRIDOIO DEL TERZO PIANO  STESSO GIORNO  (sera)

 

“…E  CONTRARIA

 

 

 

“Non posso crederci!”

 

Bisbigliava Remus tra sé mentre percorreva spedito i corridoi che lo portavano verso la torre dei Grifondoro.

 

“Niente ferite…niente cicatrici…”

 

La mente persa in questi pensieri, gli occhi brillanti ed emozionati…

All’inizio non notò la presenza di un’altra persona, fino a che qualcosa di rosso non catturò il suo sguardo.

Si voltò verso l’arazzo alla sua destra in tempo per scorgere una figura femminile che vi si nascondeva dietro.

 

“Lily! Ma che…”

 

La ragazza gli tappò la bocca con una mano e lo trascinò dietro quel riparo improvvisato.

 

Remus si liberò dalla presa e spalancò gli occhi.

 

“Cosa…ci fai qui dietro?”

 

“Shh! Abbassa la voce! Mi sto nascondendo!”

 

L’espressione del ragazzo si fece da stupita a preoccupata.

 

“Non ti chiederò da chi ti nascondi…credo di saperlo!”

 

“Sicuramente pensi bene…ecco, li senti? Mi seguono tutti i giorni, aspettando di trovarmi da sola.”

 

“Beh…ora non lo sei.”

 

“Oggi è diverso, non andranno per il sottile…Sono in sei.”

 

“Cosa!?”

 

“Shh!”

 

I due ragazzi si appiattirono dietro l’arazzo, rimanendo in religioso silenzio fino a quando gli odiati Serpeverde non li ebbero oltrepassati.

 

Ora, giunti a questo punto, è doveroso precisare che Remus era un ragazzo tranquillo e pacato, ma non pauroso.

 

Soleva dire, che dopo aver affrontato per anni il lupo che si risvegliava in lui una volta al mese, non poteva temere niente e il cappello parlante doveva aver trovato del vero in queste parole, perché lo aveva smistato, senza indugio, tra i Grifondoro.

 

Si ritrovò quindi a chiedersi come mai se ne stesse nascosto dietro un arazzo, visto che non aveva fatto niente di male, invece di procedere indisturbato per la sua strada.

 

Probabilmente fu per questo motivo che non aspettò di vedere gli inseguitori di Lily sparire dietro l’angolo; uscì dal nascondiglio e riprese il suo cammino, deciso a ristabilire il suo orgoglio.

 

“Remus…aspet..”

 

Lily cercò di trattenerlo per una mano, ma l’unico intento in cui riuscì fu quello di farsi scoprire.

 

Lucius si voltò riconoscendo la sua preda e un sorriso diabolico gli increspò le labbra.

 

“La piccola Lily Evans! Cuore impavido dei Grifondoro, nonché salvatrice di anime afflitte si stava nascondendo!” la schernì mentre si avvicinava seguito dai suoi infidi compagni. “Non è degno di te. Oh! Ma vedo che sei in compagnia…Non ti basta più il cagnolino Potter?” la fissò con occhi di ghiaccio “Adesso ti fai anche quegli straccioni dei suoi amici?”

 

Lily ricambiò lo sguardo sprezzante.

 

“E’ una fortuna che sia capitato al momento giusto” indicò con la mano i ragazzi che gli stavano alle spalle “Siamo in molti a poterti mostrare come agisce un vero uomo…,ma prima devo sbarazzarmi di lui!” concluse puntando la bacchetta contro Lupin.

 

Evitando lo skiantesimo, Lily afferrò il ragazzo per una mano e lo trascinò dentro la prima aula libera, chiudendo dietro di sé la porta con un incantesimo.

 

Lucius fece qualche passo avanti, deciso a scagliare un controincantesimo di apertura, ma Severus Piton, il più fedele tra i suoi compagni lo trattenne.

 

“Conosco un metodo migliore per fargliela pagare” sibilò.

 

Malfoy lo guardò aggrottando le sopracciglia con l’aria di chi non è disposto a tollerare alcuna interferenza, ma Piton non parve spaventato e continuò.

 

“Credimi…sarà molto più terribile così!” e detto questo sigillò la porta dall’esterno con un potente incantesimo di magia nera.

 

“Perché?” chiese una voce da gorilla proveniente da uno dei Serpeverde che erano rimasti indietro.

 

Piton sogghignò perverso.

 

“Perché stanotte ci sarà la luna piena.”

 

Lucius sorrise compiaciuto e aggiunse un incantesimo d’insonorizzazione, poi si avviò verso i sotterranei seguito da tutti gli altri.

 

 

***

 

 

“La porta è sigillata” affermò grave Remus, vedendo respingere il suo incantesimo di apertura per la dodicesima volta.

 

Appoggiò la schiena alla porta, cercando un’altra eventuale via di fuga con scarsi risultati.

 

Sospirò.

 

“Dovevi lasciare che li affrontassi.”

 

“Sei contro uno?” chiese la ragazza, seduta con aria afflitta su un banco. Scosse la testa “A quest’ora saresti rinchiuso al San Mungo…E io…beh…anche peggio.”

 

“Non possiamo chiedere aiuto…” riprese Remus come se parlasse da sé “Ho sentito Malfoy lanciare un incantesimo d’insonorizzazione.”

 

“James verrà a cercarci, non è mai tranquillo fino a che non sono rientrata al dormitorio.”

 

Lily sembrava speranzosa.

 

“Spero che lo faccia prima del sorgere della luna” rispose vago il ragazzo.

 

Lily lo guardò perplessa.

 

 

***

 

 

Quando James Potter spalancò in modalità ciclone la porta del dormitorio, il suo miglior amico, Sirius Black, reggeva con due dita le precarie corde del suo violino, disponendole tese sullo strumento per controllarne la lunghezza.

 

Aveva tentato quest’operazione più volte da quando era ricominciata la scuola, con scarsi risultati e probabilmente le coincidenze astrali non erano favorevoli neanche quel giorno, perché l’irrompere di James nella stanza innescò una serie di conseguenze elencate in bell’ordine.

 

1)      Sirius sobbalzò.

2)      Le sue dita lasciarono scivolare le corde.

3)      Le corde si stamparono sulla sua faccia.

 

Sensazione di  de jà vu.

 

James si portò una mano alla bocca tentando di non ridere.

 

Sirius, invece, non aveva nessuna voglia di ridere; guardava l’amico accigliato senza curarsi del sangue che aveva cominciato a colargli lungo il collo.

 

Le corde vibravano ancora producendo un rumore metallico.

 

“James, vorresti dirmi, gentilmente, cosa ti ho fatto di male?”

 

“Ma, Sirius, non è colpa mia! Quel violino è un’arma impropria!” disse puntando il dito contro lo strumento incriminato che il ragazzo teneva ancora sulle ginocchia.

 

“No! E’ il tuo cervello un’arma impropria! Perché cavolo sei entrato così all’improvviso?!”

 

“Da quando in qua devo bussare?!”

 

“DA QUANDO TENTO DI RIAGGIUSTARE QUESTE STRAMALEDETTE CORDE!!!” urlò il ragazzo alzandosi e gettando lo strumento sul letto più vicino.

 

Cercò di togliersi il sangue dal viso fallendo miseramente.

 

James realizzò che se l’amico si trovava in quelle condizioni, la responsabilità era per gran parte sua.

 

“Scusa…” disse avvicinandosi, poi sollevò la bacchetta.

 

Rigenero!”

 

Il volto di Sirius tornò normale.

 

“Riconosco di essere un po’ agitato, stasera…” bisbigliò dopo qualche minuto di silenzio.

 

“Ma và!?”

 

“E’ per via di Lily!” continuò leggermente offeso dalla mancanza d’interesse dell’amico “E’ tutto il pomeriggio che la cerco e non sono ancora riuscito a trovarla!”

 

Sirius si sedette sul bordo del letto appoggiando le braccia sui ginocchi; era chiaro che l’amico voleva sfogarsi.

 

“Non è normale…” continuò James, adesso più rilassato “Voglio dire…Ogni sera l’accompagno al dormitorio cercando di evitare i problemi…”

 

Sirius annuì, consapevole che i ‘problemi’ avevano il nome di Lucius Malfoy.

 

“…e lei è sempre così prudente quando è sola!”

 

“Forse è con Remus! Non lo vedo dal primo pomeriggio, staranno studiando insieme, sai come sono quei due.”

 

James si accarezzò il mento.

 

“Certo…non ci pensavo! Se è con Remus posso stare tranquillo, si terranno fuori dai guai, non c’è niente da temere quando c’è lui…” s’interruppe impensierito.

 

“Almeno che non ci sia la luna piena” continuò Sirius.

 

“Già. Sirius?”

 

“Sì?”

 

“Quando ci sarà la luna piena?”

 

“Stasera.”

 

“Oh, cavolo!”

 

I due scesero dal dormitorio e attraversarono di corsa la sala comune per lanciarsi nei corridoi bui della scuola.

 

Mancava solo un ora al sorgere della luna.

 

 

***

 

 

“Sai Lily, c’è una cosa che vorrei dirti” incominciò Remus, dopo aver guardato per l’ennesima volta l’orologio che portava nella tasca dei pantaloni “Sei una ragazza fantastica… e sono sicuro che potrai capir…”

 

“Remus J. Lupin!” esclamò la ragazza, prima che potesse continuare “Non mi starai facendo una dichiarazione d’amore, vero? Guarda che non siamo in pericolo di vita!”

 

“No. In effetti, io non lo sono, o almeno, non fisicamente…”

 

Lily sentì la sua voglia di scherzare, smaterializzarsi all’istante.

 

Conosceva bene Remus e sapeva che si sarebbe fatto divorare dai ‘cuccioli’ che Hagrid allevava clandestinamente, piuttosto che spaventare qualcuno senza motivo.

 

Lo guardò interrogativa.

 

Osservò attentamente il dito che il ragazzo faceva scivolare sulla superficie del banco, da destra a sinistra fino al bordo per poi tornare indietro e ripercorrere lo stesso tragitto.

 

Lily seppe che era serio.

 

“Remus…?”

 

Non ricevendo alcuna risposta, si avvicinò e si sedette accanto a lui.

 

“Mi stai spaventando” disse in un soffio rivolta più a se stessa che non al suo interlocutore.

 

“Fai bene ad aver paura di me…Non è una dichiarazione quella che volevo farti, ma la confessione del più terribile dei segreti.”

 

Lily lo guardò basita.

 

“Non indovini di cosa sto parlando?”

 

La ragazza non si mosse.

 

“Guarda” disse indicando la finestra “tra poco sorgerà la luna…e sarà piena.”

 

Non reagiva e Remus se ne accorse, si alzò di scatto lasciando che la sedia si rovesciasse dietro di lui e l’afferrò per le spalle scuotendola con decisione.

 

“Lily! Per il sangue di Godric! Devi rimanere lucida! Ci sarò già io fuori di testa!”

 

“Non…non può essere…Remus…”

 

“Sì. Purtroppo è così.” Adesso il suo tono era più moderato.

 

La guardò negli occhi finché non si accorse che si era calmata e cosa più importante, che aveva riconnesso il cervello.

 

“Resta calma. Ti dirò cosa fare. Oggi sarò più tranquillo del solito…”

 

“Io non so come sei di solito!” era tutto fuorché calma.

 

“Oh! Già…” sembrò imbarazzato.

 

“Beh, in genere sono più violento di come mi vedrai oggi…”

 

“Non mi stai aiutando!”

 

“O insomma! Quello che sto cercando di dirti è che stasera dovrei riuscire a controllarmi…”

 

“Come fai ad esserne sicuro!?”

 

“Se mi lasci finire…” l’espressione inquieta della ragazza e i deboli bagliori della luna cha già incominciavano a filtrare dalla finestra lo costrinsero a rimandare ogni spiegazione. “Hopresounapozionemanonsosefunzionerà”

 

“Fantastico!” esclamò con sarcasmo, ma poi si ritrasse.

 

Remus era già a terra: la trasformazione era iniziata.

 

“INCATENAMI!” urlò il ragazzo “E SE MI FERISCO…NON TENTARE DI… FERMARMI!”

 

Lily era una ragazza estremamente coraggiosa, la sua mente non aveva vacillato neanche quando sua sorella Petunia era entrata nella loro camera da letto con il volto completamente ricoperto di crema al cetriolo e con una montagna di bigodini di varie dimensioni issati sulla testa; ma la trasformazione di un licantropo ha la capacità di suscitare delle sensazioni  piuttosto contrastanti, soprattutto se chi vi assiste  è un amico o conoscente del lupo mannaro in questione.

 

La mente umana non consente di cambiare l’opinione che si ha di una persona con la stessa velocità con cui mutano le ossa di un licantropo.

 

Di conseguenza, Lily si ritrovò a fissare Remus che non era più Remus.

 

Forte degli studi in cui eccelleva, lanciò l’incantesimo che incatenò la bestia al muro per poi rifugiarsi nell’angolo più distante, aspettando, con le braccia allacciate intorno alle ginocchia, che quell’incubo finisse.

 

 

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Capitolo 6
*** Interrompere la caduta del Domino ***


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6

 

 

 

CORRIDOI  DEL  SEMINTERRATO  STESSO GIORNO  (notte)

 

“INTERROMPERE LA CADUTA DEL DOMINO”

 

 

 

“Vorresti ricordarmi per quale motivo stiamo vagando da due ore per i sotterranei dei Serpeverde?” chiese Sirius Black all’amico, mentre scansava con innata eleganza l’ennesimo dardo che un vecchio orologio a pendolo continuava a scagliargli contro.

 

“Non mi sembra che tu te la stia cavando male” rispose James ammirandone l’agilità.

 

“I miei ne hanno messo uno uguale a casa” rispose evasivo scrollando le spalle “Naturalmente, lancia dardi solo a me!”

 

“Forse riconosce che sei un Black traditore.”

 

“Può essere…Attento a quella scure, James! A tutta l’aria di voler cadere proprio sulla tua testa!”

 

Osservò il ragazzo scansarsi lateralmente e l’arma malefica conficcarsi nel punto esatto del pavimento dove prima si trovava l’amico.

 

James non pareva turbato.

 

“Cosa mi stavi dicendo?” chiese.

 

“Ah! Sì…sono quasi sicuro che l’incantesimo sull’orologio di casa mia sia opera di mia madre; spera di liberarsi definitivamente di me, un giorno. Ehi! Ma non stavamo parlando del perché ci troviamo qui?!”

 

Sul volto di James si disegnò il sorriso incerto e abbozzato dei bambini che hanno appena combinato una marachella e sono stati scoperti.

 

“Siamo qui perché stiamo cercando Lily, amico!”

 

“E’ improbabile che sia nei sotterranei” rispose Sirius grattandosi la punta del naso.

 

“Sì, ma è mooolto probabile incontrare qualche Serpeverde che c’entra con la sua sparizione” scavalcò uno sgabello che stava tentando di morderlo “Spero tanto che Remus sia alla Stamberga…” sospirò “ la trasformazione dovrebbe essere già avvenuta.”

 

Sirius annuì.

 

“E’ strano che non si sia fatto rivedere da questo pomeriggio, ma forse ha a che vedere con il motivo per cui Silente l’ha convocato…Se solo Peter si muovesse…A quest’ora dovrebbe già essere arrivato alla Stamberga, anzi…Dovrebbe già essere qui! A farci sapere se Remus si trova là oppure no!”

 

Camminava soprappensiero.

 

“E’ più lento di una lumaca, quello!” disse tra se, infilando inavvertitamente il piede in un punto del pavimento che era stato trasfigurato in palude.

 

Affondò fino alla vita.

 

“Porc…”

 

James sghignazzò, divertito dalla sbadataggine dell’amico.

 

“MERD…! CHE CAVOLO HAI DA RIDERE!”

 

Per tutta risposta, il ragazzo esplose in una risata sonora, finché non s’interruppe distratto da un’altra voce.

 

“Ti senti a tuo agio, immerso nel fango, Black?!”

 

La voce proveniva dal fondo del corridoio.

 

Socchiudendo gli occhi, dietro le lenti, James intravide Severus Piton.

 

<  Niente di meglio di quel viscido per avere delle informazioni.  > pensò.

 

“Tu non hai bisogno d’immergerti nel fango, Severus!” esclamò Sirius, cercando di tirarsi fuori dalla palude “Sei già putrido di tua natura!”

 

“Spavaldo come sempre, eh, Black? Ma cosa faresti se ti dicessi che il tuo amico Peter Minus è stato scoperto da Silente mentre tentava d’intrufolarsi sotto il Platano Picchiatore!”

 

Piton poté godersi lo stupore stampato sul volto dei suoi due peggior nemici.

 

“Un vero incapace!” continuò “Non potrà andare alla Stamberga Strillante, stanotte, a far compagnia al vostro amico licantropo” s’interruppe un attimo per assaporare la sua vendetta “Non dispiacerti, Black! Sarebbe stato un viaggio inutile…Lupin non si trova là…”

 

“Tu menti!” esclamò James deciso

 

“E per quale motivo dovrei…” finse un’aria ingenua “Ah…Potter, sta bene la Evans?”

 

James si gettò su di lui.

 

 

***

 

 

La sua mente barcollava appena, sballottata dentro un corpo che non riconosceva come suo. Non sentiva dolore, solo una vaga inquietudine derivata dalla consapevolezza che non doveva muoversi.

 

Perché non dovesse farlo non lo sapeva, oppure non lo ricordava…

 

Non importava…

 

Non doveva muoversi!

 

Non doveva muoversi.

 

Non doveva muoversi.

 

Era contro la natura del lupo stare fermo, per questo continuava a dimenarsi anche se debolmente.

 

Non doveva muoversi.

 

Percepiva un’ altra presenza nella stanza, umana, ma sapeva che non doveva raggiungerla.

 

Non doveva spezzare le catene che lo tenevano inchiodato al muro.

 

Non doveva avvicinarsi a questa persona.

 

Non doveva muoversi.

 

Non sapeva quanto tempo fosse passato.

 

Vedeva con gli occhi del lupo:

 

Una stanza troppo stretta per lui.

 

Sfocata.

 

Niente colori.

 

Una presenza in fondo, rannicchiata.

 

Poteva vedere la sua aurea colma di vita irradiare lo spazio intorno a lei.

 

Desiderava quella vita, ma non doveva muoversi.

 

Non doveva muoversi.

 

 

***

 

 

“DIMMI DOVE SONO!” urlò James, stringendo più forte la mano intorno alla cravatta di Piton.

 

“Chi?” rispose sprezzante il Serpeverde

 

“LO SAI BENE CHI! I MIEI AMICI!”

 

James era furente, ma Piton lo batteva in testardaggine.

 

“Te l’ho detto Potter! Peter Minus è con Silente nel suo ufficio, Lupin e quella sporca mezzosangue della Evans…” la stretta alla sua gola si fece più serrata “…sono in un aula…del terzo piano e Black…guardalo! Il grande Black che striscia nel fango…”

 

James gli sferrò un pugno in pieno volto e lo avrebbe colpito ancora, se non fosse stato fermato dall’arrivo del preside.

 

“Si fermi, signor Potter!” ordinò autoritario, poi si rivolse a Severus, ancora disteso a terra, un rivolo di sangue scorreva lungo il naso adunco.

 

“E’ proprio sicuro di quello che ha appena affermato, Signor Piton?”

 

Il ragazzo lo guardò perplesso.

 

“Ne ha azzeccate due su tre. Infatti il Signor Lupin e la Signorina Evans…Signorina Evans, Severus, non sporca mezzosangue, si trovano insieme al terzo piano e Peter Minus è con me” disse spostandosi in modo che la figura del ragazzo s’intravedesse dietro di sé “ ma come può vedere, io non sono nel mio ufficio, anche se preferirei esserci…” sospirò “ ma ho una faccenda da sbrigare al terzo piano e voi mi accompagnerete”.

 

Si voltò verso Sirius e recitò:

 

Gratta e netta!”

 

“Deve fare più attenzione a dove mette i piedi, Signor Black!”

 

 

 

***

 

 

Quanto tempo Lily fosse rimasta rincantucciata nel suo angolo, non lo sapeva.

 

Quantificare il tempo…

 

Era molto più facile per lei quantificare il livello della paura: alto…stratosferico.

 

Era gelida.

 

Alzò gli occhi.

 

Il mostro che Remus era diventato, davanti a lei, si agitava, ma sembrava intenzionato a non voler rompere gli anelli incantati.

 

Immaginava la mente del ragazzo, mentre lottava incessantemente per ottenere lo scettro della consapevolezza.

 

Combatteva da solo, contro la natura sovrumana e selvaggia di una creatura della notte.

 

Di tanto intanto lo sguardo del lupo si posava su di lei, quegli occhi gialli, bramosi dell’unica cosa che avrebbe alleviato le sue sofferenze: rubargli la vita.

 

Poi uggiolò forte.

 

Era Remus.

 

Lo fissò e percepì la sua lotta silenziosa, estenuante, interiore e dilaniante.

 

Combattere se stessi.

 

Si sentì tremendamente inutile e debole e sciocca per non aver mai capito.

 

“Resisti.” Bisbigliò consapevole che si rivolgeva più a se stessa che non al suo amico.

 

“Ci stanno cercando.”

 

La realtà che venne dopo, paradossalmente, le sembrò un sogno.

 

Udì le parole strascicate del controincantesimo che rompeva i sigilli.

 

 

***

 

 

“E’ stata fortunata, Signorina Evans, che abbia proposto al Signor Lupin di provare la pozione antilupo proprio questa sera” esclamò il preside richiudendo la porta dell’aula dopo aver fatto uscire Lily.

 

La ragazza si lasciò abbracciare da James e accennò un breve sorriso a Sirius.

 

“Non ci sarebbe stato bisogno della fortuna se i Serpeverde fossero stati leali!” disse rivolta a Piton di cui aveva intravisto la sagoma nell’ombra.

 

“Se i Grifondoro non ficcassero sempre il naso in tutte le questioni…”prese a ribattere il ragazzo.

 

“Fate silenzio entrambi!” lo interruppe il preside “Signor Minus, non è necessario che si nasconda…non sono in collera”

 

Peter rinunciò a mimetizzarsi con le colonne.

 

“Quest’interminabile sequenza di rappresaglie e vendette deve finire! Sto parlando anche per lei, Signor Black!”

 

Sirius si rimise la bacchetta in tasca senza concludere l’incantesimo che avrebbe trasfigurato una bella coda da asino sul didietro di Piton e fissò Silente con uno sguardo candido.

 

“Conoscete il gioco del Domino?” chiese squadrando tutti i presenti attraverso gli occhiali “Una sola azione fa cadere tutti i pezzi…Questa notte io sarò il tassello che ne interrompe la caduta.”

 

Il tono era risoluto.

 

“Ora…Poiché mi sembra che la Signorina Evans stia bene, nonostante tutto, direi che sarebbe cosa buona e giusta se il Signor Potter volesse accompagnarla al dormitorio e soprattutto…” continuò appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo “…se riducesse il tempo delle effusioni serali a soli  45 minuti, invece dei soliti 120. Signorina Evans, le è tornato il colore…?! Prima era pallida come un lenzuolo…”

 

Osservò divertito i due studenti che si allontanavano.

 

“Invece, voi due” riprese indicando Sirius e Peter “potete entrare nell’aula per accertarvi delle condizioni del vostro amico, se non glielo concedessi, il Signor Black starebbe appostato qui tutta la notte cercando di entrare di nascosto. Dico bene?”

 

Sirius si accarezzò la testa imbarazzato.

 

“Ma non avvicinatevi troppo e restate solo per un minuto” riuscì a dire prima che i due sparissero nell’aula “Quel ragazzo avrà pur evitato le ferite, ma domani avrà un mal di testa con i fiocchi!”

 

Sospirò mentre si accingeva ad affrontare la parte più difficile.

 

“Lei, Signor Piton, andrà a chiamare gli altri studenti che hanno preso parte a questo scherzo e li condurrà qui. Questa notte, insieme a me, entrerete nell’aula dove si trova il Signor Lupin.”

 

Per la prima volta gli occhi si Silente si fecero di ghiaccio.

 

“Basteranno pochi minuti, voglio che vediate con i vostri occhi la disperazione di cui vi siete fatti beffe!”

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Interludio di musica e carezze ***


7

7

 

 

TORRE DEI GRIFONDORO SALA COMUNE

31 OTTOBRE  1975

 

 

“INTERLUDIO DI MUSICA E CAREZZE”

 

 

 

Quando, la mattina dopo, James Potter si presentò nella Sala Comune dei Grifondoro, con gli occhi ancora semichiusi, i capelli sparati (in questo non c’era alcuna differenza rispetto agli altri giorni) e gambule sinistro del pigiama arrotolato sopra il ginocchio, l’orologio alla parete segnava le 11:15.

 

Fu una fortuna che quel giorno la Sala Comune non fosse particolarmente affollata, infatti, a parte qualche gruppetto sporadico, la maggior parte degli studenti era riunita nella Sala Grande per contribuire, ognuno con le sue mansioni, ai festeggiamenti di Halloween.

 

Il preside aveva concesso un giorno di vacanza e sebbene la mattinata fosse gelida e piovosa, dal cortile provenivano le voci concitate di chi aveva preferito trascorrere il tempo libero all’aperto.

 

I suoi amici e Lily, invece, erano tutti nella Sala Comune.

 

Peter leggeva svogliatamente la Gazzetta del Profeta, lanciando di tanto in tanto qualche sguardo fugace ad un gruppetto di ragazze del terzo anno.

 

Sirius era di nuovo alle prese con le corde del suo violino; si era legato i capelli perché non gli fossero d’impiccio, ma sbuffava in continuazione portandosi dietro l’orecchio una ciocca particolarmente ribelle che continuava a scendergli sugli occhi.

 

Ripeteva quel gesto con la mano ritmicamente.

 

Poi, all’improvviso, proprio quando i suoi diti erano sospesi sopra l’orecchio, s’immobilizzò.

 

Sollevò gli occhi e sgranandoli riconobbe la sagoma dell’amico.

 

Pericolo.

 

Immediatamente posò lo strumento riponendolo nella sua custodia.

 

James intravide un ombra di panico attraversare repentina il suo volto e si risparmiò la fatica di trattenere una risata.

 

“Potevi continuare!” disse

 

“No! Grazie…credo che farò una pausa! Del resto… ho finito…”

 

Si appoggiò allo schienale della poltrona e allungò le gambe, controllando dubbioso che lo strumento fosse a debita distanza dall’amico.

 

Vicino al caminetto, per metà reclinato sui cuscini, c’era Remus: aveva gli occhi chiusi e un grosso sacchetto pieno di ghiaccio posato sulla testa.

 

Lily se ne stava rannicchiata di fianco a lui, le braccia allacciate intorno alle gambe e il mento appoggiato sulle ginocchia.

 

James si avvicinò ai due.

 

“Come va?” chiese posando una mano sulla spalla del ragazzo.

 

Remus aprì un occhio sbirciandolo

 

“Si può morire di emicrania?”

 

“No…non credo, ma se fossi in te starei attento a Lily; lei sì che è letale!”

 

“Ehi!” rispose indignata la ragazza che per tutta risposta si fece più vicino a Remus appoggiandogli la testa sulla spalla.

 

I capelli rossi lo inondavano.

 

“Remus non ha nulla da temere da me!” disse imbronciando le labbra come una bambina “e stargli accanto è il minimo che possa fare, dopo tutti i guai in cui è finito per causa mia!”

 

Sottolineò le ultime parole abbracciando più forte il ragazzo.

 

“E tu…” riprese rivolta al suo ragazzo “Brutto insensibile…Avresti dovuto dirmelo! Non ci posso credere…”nascose la faccia nella maglia di Remus “Per sei anni! E non mi sono mai accorta di nulla! Come ho potuto essere così sciocca…”

 

“Non è stata colpa mia! Remus ci aveva fatto giurare di non rivelare a nessuno il suo segreto!” esclamò con l’impeto di un bambino che teme di non essere creduto “Vero?” chiese poi, cercando la conferma del ragazzo che annuì debolmente.

 

Aveva gli occhi ancora chiusi.

 

“Io facevo eccezione!” si rivolse al malato “Potrai mai perdonarmi? Sono stata così stupida!”

 

Remus scosse la testa come per dire che non gli importava e sospirò profondamente, ma a Sirius non sfuggì che la mano del ragazzo prima adagiata con noncuranza sul divanetto, si era serrata a pugno.

 

“Beh…in effetti avresti anche potuto capirlo, in fondo io e Sirius lo abbiamo scoperto da soli” riprese James leggermente offeso dalle coccole che la sua Lily stava riservando ad un altro.

 

“E’ diverso! Voi siete nella stessa camera!”

 

“Cosa c’entra?”

 

“C’entra!”

 

“No!”

 

“Sì!”

 

“Remus…! Diglielo che non conta se dormiamo nella stessa stanza…”

 

Il ragazzo non rispose, si sollevò appena, scostandosi il ghiaccio dalla fronte; il mal di testa lo stava massacrando e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era un bel litigio.

 

“Sirius…?” chiamò con un filo di voce.

 

“Sì?”

 

“Fa qualcosa…ti prego…”

 

Sirius fece l’unica cosa che era in grado di fare in quella situazione.

 

Si portò il violino al mento ed incominciò a suonare.

 

Era raro che Sirius suonasse per se stesso, lo faceva quando era malinconico, ma capitava di rado; se però intravedeva un buon fine nel quale erano coinvolti anche i suoi amici, allora non esitava, impugnava la sua arma e lasciava che ogni sensazione lo attraversasse.

 

Era così.

 

Lui faceva da tramite.

 

Il ponte che collega lo strumento al cuore dei suoi ascoltatori.

 

Tra le sue mani il violino produceva incantesimi non meno della sua bacchetta.

 

E lui era la forza che li generava.

 

Creatore e servo umilissimo.

 

E mentre le parole si sarebbero perse a lottare con la mente, le note da lui generate  ed attraverso di lui trasmesse, giungevano dirette al luogo che non necessitava di alcun contorto ragionamento: il cuore.

 

Fluivano dolci, appena accennate, né rabbia né incertezza o gelosia…solo un lieve desiderio di placida serenità; semplice benessere ritrovato nella quotidianità.

 

Rimasero in ascolto, i volti rapiti e le menti distanti, lasciando che quella musica riportasse a galla sentimenti troppo a lungo trascurati e troppo spesso dimenticati.

 

Mossi soltanto da gesti istintivi, sembravano protendersi verso le note, assorti seppur partecipi.

 

La torre si fece silenziosa come un luogo di culto, la pioggia attutiva i rumori esterni; i chiacchiericci, i brusii erano stati messi a tacere e in questa atmosfera ovattata la mano di Remus tornò a distendersi.

 

James guardò l’amico: suonava, disperdeva quei suoni dolci con facilità, la stessa con cui lui disperdeva parole, ma l’effetto risultato non era minimamente paragonabile.

 

Le sue parole innescavano solo interminabile discussioni.

 

La musica di Sirius le metteva a tacere prima che degenerassero.

 

Sapeva che se avesse continuato, avrebbe pronunciato frasi di cui poi si sarebbe pentito…grave  errore l’impulsività!

 

Ma adesso la sua mente era una ‘tabula rasa’.

 

L’unica cosa che gli sembrava veramente importante era sedersi sul bracciolo del divano e accarezzare i capelli setosi della sua Lily.

 

Con gesti ritmici faceva scorrere i diti nella massa ramata come se quel contatto fosse la massima aspirazione della sua vita.

 

La ragazza mostrò la sua piena condivisione appoggiando lievemente la testa sulle gambe di lui.

 

Remus sorrise, stava tornando tutto al posto giusto; finalmente rilassato si lasciò cullare dal movimento conclusivo della melodia.

 

Poi il silenzio.

 

Lily si sollevò lentamente, gli occhi un poco arrossati, posò la mano sul braccio di Remus.

 

“Sono inutile…” bisbigliò

 

“Non è vero.”

 

La ragazza si riscosse e fissò quegli occhi che la guardavano comprensivi, accennò un sorriso incerto.

 

“Allora dimmi che posso fare…”

 

Remus si passò una mano sulla bocca e sul mento come se stesse ponderando la risposta; poi si chinò verso di lei e le sussurrò:

 

“Per esempio...potresti accompagnare James in dormitorio e obbligarlo a vestirsi come si deve!”

 

Lily si sciolse in una risata contagiosa e baciato Moony sulla guancia, trascinò il suo ragazzo dall’aria confusa, fino al piano di sopra.

 

“Wormy, cosa ci fai in quell’angolo?” chiese dopo che i due ragazzi furono spariti nell’antro delle scale “Lo sai che quando sto male, mi piace avere i miei amici vicini” indicò il posto vicino a sé e Peter ci si adagiò ancora serio.

 

Sì, perché nonostante la gentilezza di Remus, si sentiva perennemente escluso, non erano amici con lui come lo erano tra di loro.

 

Sirius si sistemò sul bracciolo come aveva fatto pochi istanti prima James, ma dalla parte di Remus e gli scostò dalla fronte una ciocca di capelli che il ghiaccio vi aveva fatto aderire.

 

“Va meglio?”

 

Il ragazzo annuì.

 

“Sirius…?”

 

“Sì?”

 

“Visto che oggi sono così egoista e voi così pronti a coccolarmi…Posso chiederti un altro favore?”

 

“Certo!”

 

“Suoneresti ancora per me?”

 

Il ragazzo non rispose; appoggiò la sua mano su quella dell’amico stringendola appena, poi recuperò il suo strumento e naturalmente lo accontentò.

 

 

 

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Capitolo 8
*** La sera Grifoni e la mattina... ***


8

8

 

 

DORMITORIO MASCHILE DEI GRIFONDORO

1 GENNAIO 1976

 

 

“LA SERA GRIFONI E LA MATTINA…”

(cronache di un risveglio forzato)

 

 

 

La vita proseguiva normale, se di normalità si può parlare quando ci riferiamo agli studenti della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

 

Fatto sta che fino a Natale non ci furono intoppi, almeno questo lo possiamo affermare con sicurezza.

 

Silente, anche se con metodi non molto ortodossi, era riuscito a chiudere il cerchio delle vendette, almeno per il momento e dopo il suo ultimo ‘provvedimento’ erano conseguiti due mesi di totale tranquillità.

 

Ora, i Malandrini avevano un cuore d’oro, ma dopo due mesi di completa astinenza dalle loro marachelle, cominciavano a sentirsi come un gruppo di ragazze di Tassorosso al primo anno.

 

Probabilmente fu per questo motivo che decisero di organizzare, per la serata di San Silvestro, il più grandioso banchetto clandestino che Hogwarts avesse mai visto dai tempi in cui Silente frequentava la scuola come studente.

 

Fu un evento a livello intergalattico e lo sarebbe stato ancor di più se la banda fosse stata al completo, ma purtroppo uno di loro mancava all’appello. Remus Lupin, per la prima volta in sei anni, aveva preferito tornare a casa per le vacanze di Natale.

 

Non aveva dato molte spiegazioni agli amici, anzi, non ne aveva data nessuna se si esclude la penosa scusa che sentiva nostalgia.

 

Sirius si era chiuso in un caparbio silenzio e non aveva rivelato che sospettava il motivo di una tale repentina fuga. Chiunque avesse osservato la Signora Lupin, al binario 9 e ¾ , avrebbe capito che la sua malattia non era cosa di poco conto.

 

Remus aveva abilmente dribblato tutte le domande e solo la promessa che sarebbe ritornato in tempo per il Capodanno, aveva fatto desistere i suoi amici dal porgliene altre.

 

Ma la giovinezza, si sa, richiede il suo tributo d’incoscienza e spensieratezza e dei quattro amici solo Remus era immune da tale sconsiderata abitudine, avendo abbandonato questa condizione il giorno della sua prima trasformazione; così, mentre lui si dirigeva, con coraggio e rassegnazione, incontro ai problemi di una vita che non gli concedeva tregua, i suoi amici inventavano nuovi metodi per rubare burrobirre dalle cucine della scuola.

 

Remus, com’era prevedibile, mantenne la sua promessa e rientrò ad Hogwarts la mattina del 1 Gennaio, giusto in tempo per assistere ad uno spettacolo che sarebbe passato agli annali della scuola.

 

Non appena ebbe varcato la soglia del dormitorio, con tutta la dignità di un licantropo adulto e poté vedere la scena che gli si parava davanti, rimase…pietrificato!

 

Si stropicciò gli occhi: li aveva aperti, ne era certo.

 

Si pizzicò una guancia: era sveglio, non sognava.

 

Provò anche a fare un passo indietro, chiudere la porta e poi riaprirla di nuovo per essere certo di non aver sbagliato stanza.

 

Ma niente. Era tutto vero.

 

CAOS!!!

 

I suoi tre amici dormivano ancora, come poté constatare dal sonoro russare, alternato in tre modalità ben distinte.

 

Peter emetteva un suono asimmetrico, intervallato dal fischio regolare della sua narice sinistra; si trovava sul pavimento, come gli altri due, le gambe divaricate e un braccio possessivamente ripiegato intorno a quello che senza dubbio era stato il trofeo della serata: il cappello della McGranit.

Con l’altra mano impugnava la bacchetta, la cui estremità era conficcata casualmente nella sua narice destra.

 

Come, Peter, avesse bevuto così tanto da ficcarsi da solo la bacchetta nel naso, per Remus rimase un mistero, anche se sospettava che fosse stato ‘aiutato’ dagli  altri  due Malandrini.

 

Sirius era ripiegato sul fianco sinistro ed emetteva un brontolio che al licantropo ricordò un bollitore da tè.

Indossava solo i pantaloni della divisa e dormiva con la testa appoggiata ad un vecchio paio di scarpe; forse era l’odore nauseante che emettevano a farlo brontolare così.

La sua mano destra era posata con noncuranza sul ventre di James, su di una parte non propriamente opportuna…

 

Remus sogghignò.

 

“Se Lily vi vedesse, avreste un bel da fare a spiegarle la situazione!” disse a voce alta.

 

“Forza Grifoni! E’ ora di svegliarsi!”

 

Fece un passo avanti scavalcando cinque bottiglie vuote di burrobirra, tre di whisky incendiario (ma dove cavolo lo avevano trovato!) e un mucchietto di stracci arrotolati che identificò come i vestiti di Peter.

Per poco non scivolò su una scatola di gelatine tutti-i-gusti-più-uno rovesciata e fu per puro caso che evitò di sbattere i denti contro una scacchiera incantata che continuava a volteggiare in aria.

 

Oltrepassando l’ultimo ostacolo, che consisteva nel corpo di James, arrivò alla sua meta, ovvero la finestra, ma quando fece per aprirla si sentì afferrare una caviglia.

 

“Lily…” farfugliò James “Mhm…come sei audace…” continuò dimenandosi appena.

 

Remus si liberò dalla presa.

 

“Ehi James! Sveglia! Quella è la mano di Sirius!” urlò divertito.

 

Il ragazzo semiaddormentato parve prendere in considerazione l’infausta eventualità, poiché corrugando la fronte allungò la propria mano per controllare.

 

Troppo ruvida.

 

Troppo grossa.

 

Si svegliò di soprassalto.

 

“AHHAHHAAHHAAAHHH!!!”

 

Il licantropo si aggrappò alle tende per non cadere a terra dal gran ridere mentre James, completamente sveglio, scansava la mano dell’amico alla maniera dei Marines babbani: rotolando di fianco.

 

“SIRIUS BLACK! MALEDETTO PERVERTITO! COSA CAVOLO CREDEVI DI FARE?! RISPONDI DISGRAZIATO!”

 

Sirius grugnì qualcosa che Remus interpretò come:

 

<  Dai…mammina…lasciami dormire…  >

 

“Mammina?” ripeté stupito e divertito il licantropo “Ma come può scambiarti per sua madre?”

 

James parve calmarsi un attimo; guardò Remus negli occhi e disse:

 

“Hai mai conosciuto la Signora Black?”

 

“No.”

 

“Ah…Ecco!”

 

James si passò una mano tra i capelli scompigliati sbadigliando sonoramente; poi squadrò l’amico ancora addormentato e la sua fronte si accigliò.

 

“Voglio proprio svegliare questo deficiente!” disse “Ah, Remus…sono contento che tu sia tornato…”

 

“Anch’io! Non conosco la noia quando sono insieme a voi!”

 

Rideva ancora mentre pronunciava queste parole, ma era sincero e James se ne accorse anche se stette al gioco.

 

“Sì sì! Ridi pure! E’ tutta colpa di questo stupido! SVEGLIA BLACK!” urlò scuotendo il ragazzo per le spalle “MI DEVI DELLE SPIEGAZIONI!”

 

Sirius spalancò gli occhi e riconoscendo l’amico sopra di lui, si alzò di scatto e l’abbracciò con foga.

 

“Oh James! Per fortuna che sei te!” esclamò stringendo il ragazzo in una morsa da piovra “Stavo facendo un sogno orribile!”

 

James realizzò che la situazione era davvero grave, non per Sirius, ma per lui…rischiava di soffocare. Così sperando che l’amico allentasse la presa chiese:

 

“C…cosa  stav..i  sogna…ndo?”

 

“Sognavo mia madre che urlava! E’ stato terribile!!! Cos’hai da ridere Remus…? E’ una cosa seria!”

 

Ma in quel momento stava ridendo anche James.

 

“Begli amici che siete!”

 

Sirius lasciò la presa e si alzò  per sparire, dopo pochi secondi, dietro la porta del bagno.

 

Quando riapparve, Remus notò che si stava sfregando energicamente i denti con il pennello da barba di James.

 

“Sirius…Cosa stai facendo?” chiese calmo.

 

“Mi lavo i denti; come ogni mattina. Ragazzi siete strani oggi.”

 

“Quello è il pennello da barba di James” continuò Remus senza scomporsi.

 

“Barba? James?” il ragazzo lo guardò interrogativo “James non ha la barba!”

 

“Certo che ce l’ho!” urlò indignato il diretto interessato.

 

“Anch’io ce l’ho!” disse Peter che si era appena svegliato “Mi è cresciuta stanotte” si accarezzò il mento “deve essere stata una ‘strana’ notte!”

 

Scrutò Remus con gli occhi ancora assonnati.

 

“Oh, ciao Remus. Ragazzi? Qualcuno di voi mi può spiegare perché avevo la bacchetta conficcata in una narice?”

 

Sirius si richiuse in bagno e James fece finta di cercare le scarpe sotto al letto.

 

Remus sospirò.

 

“Sai, Peter…Non lo so. Non so perché tu avevi la bacchetta nel naso, come non so perché Sirius, stamattina, aveva una mano sulle parti basse di James. Sì, Sirius…” disse rivolto al ragazzo che si era affacciato alla porta del bagno “…tu palpavi James, stamani, ti ho visto! E non vi chiederò neanche come mai questa scacchiera continua a volteggiare sulle nostre teste. Ma vi prego, vi prego, vestitevi e scendiamo a fare colazione! Sto morendo di fame!”

 

“Colazione?!” urlò James “Per la barba di Merlino! Mi sento male solo a pensarci!” disse annodandosi un calzino attorno al collo della camicia al posto del cravattino.

 

“Quello è un calzino di Peter” chiarì il licantropo.

 

“Oh, Davvero? Scusa tanto, Peter” disse lanciandogli l’indumento incriminato, poi si sdraiò a terra e cominciò a rovistare sotto al letto.

 

“Ma dove cavolo si sarà cacciato il mio cravattino!”

 

“Qui in bagno!” urlò una voce da dietro la porta chiusa “L’ho usato per legarmi i capelli. Spero che non ti dispiaccia!”

 

“C…COSA! MALEDETTO BLACK! APRI SUBITO QUESTA PORTA!”

 

E mentre James lanciava improperi contro il suo migliore amico, Peter radunava i suoi indumenti calpestati e stropicciati.

 

Remus lasciò che lo sguardo vagasse dall’uno all’altro, poi si sedette con la testa tra le mani e sorrise, pensando che neanche tutto l’oro della Gringot valeva l’amicizia di quei tre ragazzi.

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Irreversibile ultima conseguenza ***


9

9

 

 

AULA DI TRASFIGURAZIONE 

17 FEBBRAIO 1976

 

“IRREVERSIBILE ULTIMA CONSEGUENZA”

 

 

 

La notizia vene data quella mattina.

 

Improvvisa, agghiacciante e sconvolgente.

 

La madre di Remus era morta.

 

Quella notte la neve aveva ricoperto Hogwarts e i suoi dintorni, ma dopo il tramonto dell’ultima stella, il sole aveva fatto capolino stracciando il denso strato di nuvole che oscurava il cielo.

Il giorno si era risvegliato in un’ atmosfera di pace ovattata e quiete.

 

Era piacevole.

 

Etereo.

 

Era quasi disarmante.

 

Quell’orda schiamazzante, che erano gli studenti, quella mattina non si era risvegliata e aveva ceduto il posto ad un fiume silenzioso, riflessivo e sognante.

 

Nell’aula della McGranit non si sentiva alcun suono di disappunto; prima che qualcuno bussasse alla porta.

 

Madama Chips entrò con studiata calma, scambiò due parole con l’insegnante e annunciò che il preside voleva parlare urgentemente con il Signor Remus Lupin.

 

Sirius osservò l’amico che gli sedeva accanto: non sembrava preoccupato, era già capitato che Silente lo mandasse a chiamare. Indugiò un momento, prima di alzarsi.

 

“Mi raccomando, prendi appunti al posto mio!” disse strizzandogli l’occhio.

 

Poi si avviò tranquillo verso la porta.

 

“Ehi, Sirius!” bisbigliò James tirandogli una ciocca di capelli; era seduto nel banco dietro di lui “Va da Silente per la pozione?”

 

“Non lo so, ma è probabile!”

 

Un’ occhiataccia della McGranit fu sufficiente a troncare qualsiasi discussione, per cui i due amici riportarono la mente alla lezione e le mani agli appunti.

 

La verità giunse come una doccia fredda solo due ore dopo, durante il pranzo.

 

Né Remus né Silente erano presenti al banchetto.

 

I piedi di Sirius scalpitavano impazienti sotto al tavolo.

 

“Ma perché non tornano?! Dove saranno?!” continuava a chiedere ad un James spazientito.

 

“Stai calmo…” sospirò.

 

Ma del loro amico e del preside non videro neanche l’ombra per tutta la durata del pranzo.

 

Sirius se ne stava con il gomito appoggiato al tavolo e la guancia posata sulla mano; le dita tamburellavano insistentemente sulla superficie di legno.

 

Di tanto in tanto sbuffava.

 

James che stava tentando di ripassare l’ultima lezione di ‘Storia della Magia’, gettò la penna sul tavolo esasperato.

 

“Sirius…Mi hai veramente rotto!”

 

“Ehi! Calmati amico!”

 

“Io calmarmi? Senti chi parla…Tu sembri un padre in dolce attesa!”

 

“Che cosa!” rispose indignato Sirius “Mi stavo solo preocc…”

 

“POTTER E BLACK!” la voce della McGranit risuonò dall’alta pedana dei professori “SMETTETELA IMMEDIATAMENTE!” scese i tre scalini e si avvicinò ai due ragazzi, aveva le labbra serrate: era tesa.

 

“Non aiuterete il Signor Lupin, litigando tra di voi!”

 

“Aiutare?” chiese Sirius abbandonando all’istante il tono stizzito “Perché dovrebbe aver bisogno d’aiuto? Cosa gli è successo?”

 

“Calma Signor Black, una cosa alla volta” fece cenno a James di tacere “No. Non può incontrarlo Signor Potter, il vostro compagno non è più ad Hogwarts.”

 

Le labbra di Sirius formularono la parola “dove” , ma la voce non uscì e la loro insegnante fu rapida a continuare.

 

“Venite nel mio ufficio” sospirò “Tutti e due…e anche lei Signor Minus…” li guardò con aria grave “Vi spiegherò tutto!”

 

 

***

 

 

Giunti a questo punto, nessuno dei tre Malandrini si aspettava buone notizie.

 

Il silenzio era calato tra loro mentre percorrevano i gelidi corridoi della scuola.

 

Si aspettavano rimproveri per la loro condotta, lamentele e guai inerenti alle trasformazioni di Remus, ma la calma distaccata della loro insegnante li lasciò completamente interdetti.

 

Li fece accomodare su delle sedie e prese posto lei stessa dietro la scrivania.

 

“Il Signor Lupin è tornato a casa e vi resterà per un po’…Il vostro preside lo ha accompagnato” s’interruppe per scrutare i volti interrogativi che la fissavano, poi si decise a concludere.

 

“Sua madre è morta.”

 

Stupore.

 

Gelo.

 

Panico.

 

In ordine ciò che apparve sul volto dei ragazzi.

 

Non si mette mai in conto di dover affrontare la morte quando si ha solo diciassette anni, la pensiamo lontana, come la vetta di una montagna, consapevoli di doverla affrontare solo in futuro; più o meno prossimo, ma pur sempre futuro. Quando invece ce la ritroviamo in mezzo alla quotidianità di una giornata qualunque e ci guarda dritta negli occhi con quel suo volto di vuota verità, allora, da quella montagna, sembra quasi di precipitare.

 

La calma e la serietà di cui faceva sfoggio la professoressa McGranit, lasciava presagire che si aspettava da loro un comportamento analogo.

 

Non avrebbe tollerato alcun cedimento o piagnisteo né tantomeno una reazione folle e insensata.

Ma non c’era niente di tutto ciò sul volto dei ragazzi e la loro insegnante trasse un sospiro di sollievo.

 

Erano già adulti.

 

James aprì e richiuse la bocca: era il più stupito dei tre.

Continuava a tormentarsi le mani come se non riuscisse a decidere se porre qualche domanda oppure tacere.

 

Peter lo fece al posto suo.

 

“Q…quando?” chiese con voce tremante.

 

“Questa notte, probabilmente” si tolse gli occhiali appoggiandoli sulla cattedra e si passò una mano sugli occhi “L’ha trovata la vicina di casa questa mattina e ha subito mandato un gufo a Silente” s’ interruppe per respirare forte e per accertarsi delle reazioni dei suoi alunni “Remus ha un fratellino molto più piccolo, quando ha saputo, non ha voluto lasciarlo solo un minuto di più; il vostro preside l’ha accompagnato all’istante con una passaporta”

 

“E così adesso sono là…” sospirò James “faccia a faccia con la morte”

 

“E con la vita, Signor Potter.”

 

Il ragazzo guardò la sua insegnante e provò una grande ammirazione per lei.

Non aveva detto una sola parola di consolazione, eppure si sentiva sollevato, nonostante la sua severità, la logica era ferrea e la comprensione si faceva strada:

 

Nessuna paura.

 

La vita è la forza motrice di tutto.

 

La morte né è solo l’ultima conseguenza.

 

All’improvviso, James si sentì più forte.

 

“Possiamo andare anche noi?” chiese

 

“Solo quando Remus vi manderà a chiamare” il suo viso si addolcì “Non preoccupatevi, c’è Silente con lui… lasciate che stia solo con la sua famiglia”

 

Sirius non si trattenne più.

 

“TANTO VARREBBE LASCIARLO SOLO DEL TUTTO!” urlò alzandosi in piedi visibilmente sconvolto.

 

Era rimasto stranamente silenzioso per tutto il tempo, covando il suo demone solitario.

 

James rimase impietrito.

 

“Sirius…” riuscì solo a bisbigliare.

 

La McGranit aveva gli occhi sgranati e Sirius non dubitava che gli avrebbe risposto a tono con una bella romanzina sulla sua immaturità, ma dopo qualche istante di silenzio si accorse che l’insegnante stava fissando un punto indefinito alle sue spalle.

 

Si voltò in tempo per vedere apparire il preside.

 

Era comparso dal nulla e sebbene la sua figura sprigionasse in tutto e per tutto un’aria solenne e distinta, c’era in lui un particolare che stonava.

Sirius immaginò che fosse la scatola di cioccolatini che aveva tra le mani e solo dopo qualche secondo si rese conto che quella doveva essere una passaporta.

Si sentì uno stupido per aver notato un dettaglio tanto insignificante in un momento come quello.

 

“Sono arrivato giusto in tempo, a quanto pare” disse

 

Peter si spostò di lato, sulla sedia, per controllare se ci fosse anche Remus.

 

“Sono solo, Signor Minus…” lo precedette Silente “Il luogo dove deve stare il vostro amico, oggi, è un altro.”

 

Si avvicinò lentamente a Sirius e guardandolo con i suoi occhi azzurri e comprensivi, gli parlò come ad un figlio.

 

“Sirius, il fatto che tu immaginassi quello che effettivamente è successo alla madre di Remus, non ha cambiato di una virgola il suo destino.”

 

“Tu sapevi…?” disse James in un soffio.

 

Ma il ragazzo scosse la testa deciso.

 

“Non sapevo niente, James, ho solo visto la Signora Lupin al binario, il primo giorno e non stava bene…” il tono era calmo, ma lo sguardo tremendamente afflitto “Quando, poi, ho saputo che Remus sarebbe tornato a casa per Natale, ho immaginato che le sue condizioni fossero peggiorate.”

 

Si lasciò cadere sulla sedia, non aveva più voglia di parlare.

 

James non sembrava molto convinto, o forse era solo mortificato per non essersi accorto o per non aver voluto vedere le vere ragioni della tristezza apatica del loro amico.

 

“E’ così, Signor Potter” intervenne Silente “Il Signor Black ha usato il metodo deduttivo e ha tirato le somme” si pose in mezzo ai due ragazzi “Adesso calmatevi entrambi, avrete bisogno di autocontrollo se vorrete davvero essere utili al Signor Lupin. Sarete i suoi punti fermi; le sue ancore.”

 

“Allora possiamo andare?” chiese speranzoso Peter.

 

“Sì, Remus ha bisogno di voi, sebbene non voglia ammetterlo, siete la sua famiglia ora, per cui vi accompagnerò tutti e tre da lui” li guardò dritti negli occhi “Vi voglio qui tra un’ora” disse un attimo prima di congedarli.

 

 

 

***

 

 

Silente aspettò che i ragazzi se ne fossero andati e si sedette su una comoda poltrona.

 

“Se solo Remus Lupin si fosse confidato con me qualche mese fa…” sospirò “avremmo potuto almeno sistemare qualche documento che gli garantisse un futuro…”

 

Minerva lo guardò preoccupata.

 

“Cosa ne sarà dei ragazzi Lupin?”

 

“Remus raggiungerà la maggiore età tra un mese” rispose grave Silente “il ministero non s’intrometterà per quanto riguarda lui, ma il piccolo…lo affideranno ad una famiglia di maghi. I Lupin non hanno parenti.”

 

La donna rimase in silenzio per qualche istante.

 

“C’è la possibilità di ottenere l’affidamento al fratello maggiore?” chiese

 

“Ne dubito. Le domande di affidamento passano tutte attraverso Dolores Umbridge, è una donna giovane, ma terribilmente caparbia; non affiderà mai il bambino ad un licantropo…” si alzò per guardare distrattamente fuori dalla finestra “neanche se fosse l’unico parente rimastogli.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Rivedere Remus ***


10

10

 

 

 

SALA COMUNE DEI GRIFONDORO STESSO GIORNO

 (pochi minuti dopo)

 

“RIVEDERE REMUS”

 

 

 

“Vorrei venire con voi…”farfugliò Lily Evans, lasciando che due lacrimoni le rigassero il volto.

 

Se ne stava sdraiata sul divano della Sala Comune, davanti al fuoco, una mano sotto la guancia e l’altra abbandonata oltre il bordo.

La cascata ramata dei suoi capelli inondava i cuscini e cadeva disordinata oltre il bracciolo a cui era appoggiata la sua testa.

 

James le stava inginocchiato davanti, passandole delicatamente le dita tra i capelli, ma non la guardava negli occhi, né lo faceva lei. Avevano entrambi lo sguardo perso: le fiamme del caminetto per Lily e i capelli ramati per James, dovevano essere dei soggetti più adatti a quel momento, che non i loro reciproci occhi.

 

“Parlerò a Silente…” le rispose il ragazzo ancora assorto “potresti venire domani…immagino ci sarà la sepoltura…”

 

“E’ terribile” fissò la fiamma ancora più intensamente “…e anche ingiusto”

 

“Non ci può essere giustizia nella morte di un genitore, quando il figlio che resta rimane solo al mondo”

 

Lily rabbrividì e si rannicchiò ancora di più contro i cuscini del divano.

 

James le accarezzò i piedi nudi.

 

“Sei gelata…” disse fregandoli con le mani per riscaldarli “…torna nel dormitorio e fai un bagno caldo…Io non ho molto tempo, devo andare”

 

Lily si alzò ancora leggermente scossa dai brividi, gettò le braccia al collo del suo ragazzo e dopo averlo abbracciato brevemente se ne andò senza dire una parola.

 

James la osservò mentre spariva nell’oscurità delle scale e per la prima volta nella sua vita si rese conto di quanto doveva essere terribile perdere la persona amata.

 

Pregò con tutte le sue forze affinché il destino gli concedesse di andarsene per primo, perché non avrebbe sopportato di veder morire la sua Lily.

 

 

 

***

 

 

Impotenza.

 

Ecco cosa provarono quando entrarono nella casa della famiglia Lupin, o meglio, in quel che rimaneva della casa poiché le stanze erano state decisamente trascurate.

La malattia aveva impedito alla madre di sbrigare anche i più semplici lavori domestici e adesso la casa giaceva nell’abbandono…e lei nella bara.

 

Sirius si guardò intorno, sentiva una mano invisibile serrargli le viscere nella sua morsa d’acciaio; una donna piuttosto anziana gli venne incontro mentre si trovava ancora nell’ingresso accanto ai suoi amici e a Silente.

 

Era agitata, si asciugava nervosamente le mani bagnate nel grembiule che portava in vita.

 

“Sia ringraziato Merlino!” esclamò “Ha fatto bene a portare i ragazzi” continuò rivolta al preside “questa casa è terribilmente vuota…e silenziosa”

 

Sirius cominciò a sudare freddo e suo malgrado si sentì invadere dal panico al pensiero di rivedere Remus in quella situazione.

Vide Silente lanciargli una breve occhiata e cercò di apparire calmo.

 

L’anziana donna, che Sirius identificò come la vicina di casa, osservò il preside annuire e riprese a parlare:

 

“Stavo preparando qualcosa da mangiare, ma nessuno ha toccato cibo e in cucina con me ho il piccolo che non fa altro che chiedere del fratello, vuole andare da lui…ma non credo…”

 

“No” rispose deciso il preside “ tienilo ancora con te. Signor Black…” disse scrutando il ragazzo “vorrebbe tenere impegnato il bambino, mentre mi accerto delle condizioni del Signor Lupin? E’ molto simpatico, sa? E’ sveglio, per la sua età.”

 

Era una scusa.

 

A Silente non sfuggiva nulla, aveva capito quale incessante e brutale battaglia lo stesse dilaniando e aveva preferito dargli altro tempo e aspettare che fosse più calmo prima di fargli incontrare Remus.

 

Tutto sommato, gliene fu grato.

 

Non disse nulla.

 

Osservò il preside appoggiare una mano sulla spalla di James e l’altra su quella di Peter e sospingerli leggermente avanti, verso la stanza in cui la Signora Lupin riposava nel suo sonno eterno.

 

Sparirono all’interno della stanza adiacente, la casa non era grande.

 

Sirius vi si affacciò brevemente e comprese come mai, Silente avesse mandato avanti James invece di lui.

Il suo migliore amico non aveva conflitti interiori con cui fare i conti, era schietto e impulsivo, a volte si dimenticava di utilizzare la testa, ma mai si sarebbe scordato di usare il cuore.

 

Lo vide andare incontro a Remus senza esitazione e abbracciarlo come un fratello,  vide i capelli chiari del ragazzo sfiorare la spalla di James mentre Peter restava leggermente indietro aspettando il suo turno.

 

Si lasciò la stanza alle spalle.

 

Adesso capiva.

 

Dove lui si sarebbe bloccato, indeciso su cosa sarebbe stato meglio dire o fare, James, forte della sua impulsività, aveva trovato la strada più breve e sincera per arrivare dritto al cuore dell’amico.

 

Desiderò ardentemente di essere come lui.

 

Entrò nella cucina decisamente più sollevato e vi trovò, come si aspettava, il bambino che aveva visto al binario 9 e ¾ .

 

Era seduto al tavolo, imbronciato, dondolava i piedini impazienti, quando lo sentì entrare alzò su di lui due grandi occhi ambrati e Sirius si ritrovò a pensare nuovamente all’ incredibile somiglianza che c’era tra i due fratelli.

 

“Ciao” gli disse abbozzando un vago sorriso.

 

Il bambino sembrò stupito e rispose a sua volta con un sospettoso ‘ciao’ .

 

Sirius scostò una sedia dal tavolo e si sedette accanto a lui.

 

“Sai chi sono?” gli chiese tenendo basso il tono della voce per non spaventarlo.

 

Ma il piccolo non era spaventato, al contrario, cominciava a guardarlo piuttosto incuriosito; il suo musetto assorto era talmente buffo che Sirius fu tentato di mettersi a ridere nonostante la situazione.

 

Il bambino abbassò gli occhi sul tavolo e disse.

 

“Sei uno degli amici fantastici di mio fratello?”

 

Sirius rimase senza parole.

 

“Amici fantastici?” ripeté senza pensare.

 

A quel commento, fu il bambino a rimanere stupito.

 

“Sì, fantastici! Mio fratello lo dice sempre… che ha scuola ha degli amici meravigliosi, ‘I migliori del mondo…babbano o magico che sia.’ Lui dice così. Sei uno di loro?”

 

“Sì…” rispose debolmente cedendo alla tentazione di accarezzargli la testa “sono uno di loro.”

 

Abbassò gli occhi, dire che si sentiva turbato sarebbe stato limitativo, sentir dire quelle parole da un bambino…Remus aveva parlato di loro alla sua famiglia, ma mai viceversa.

 

Non aveva mai raccontato nulla dei suoi familiari, non aveva nemmeno menzionato la malattia di sua madre…

 

Perché si era sottoposto a una simile volontaria solitudine?

 

Si riscosse dai suoi pensieri quando si accorse che una manina gli stava tirando la manica della camicia; guardò il bambino che pronto gli chiese:

 

“Posso andare da mio fratello, ora?”

 

Sirius scosse la testa.

 

“Tra un po’. Non mi hai detto il tuo nome” disse sperando di distrarlo.

 

“Iuno, mi chiamo Iuno.”

 

“Io sono Sirius.”

 

Il bambino spalancò nuovamente gli occhi e rimase a fissarlo a bocca aperta inebetito.

 

Sirius sorrise pensando a chissà quale assurda storia, Remus gli avesse raccontato sul suo conto. (Probabilmente la verità).

 

 

 

***

 

 

E’ difficile dire quanto tempo Sirius passò a giocherellare con Iuno, mentre la vicina di casa, che scoprì chiamarsi McKenny, tentava di farlo mangiare imboccandolo a tradimento quando meno se l’aspettava.

 

Quando Remus entrò nella stanza seguito dagli altri due amici, trovò il fratellino che ridacchiava appollaiato su di un alto panchetto, mentre Sirius faceva ruotare i piatti sul tavolo con un incantesimo.

 

“Mi sembrava di sentire la risatina di un topolino” disse mentre si chinava allargando le braccia per prendere in collo il bambino che gli correva incontro.

 

Sirius interruppe la corsa frenetica dei piatti e incontrò gli occhi dell’amico: erano colmi di gratitudine.

 

Era sicuramente scosso, lo si capiva dalla calma studiata con cui si muoveva, ma davanti al fratellino non mostrò alcun cedimento.

 

“Vedo che hai conosciuto il ‘temibile’ Signor Black!?” continuò

 

“E’ simpatico!” rispose Iuno indignato da quella piccola burla.

 

“Grazie tante!” cantilenò Sirius inchinandosi appena.

 

Remus sorrise più convinto, con grande sollievo di tutti i presenti, poi mise a terra il bambino.

 

“Adesso ti resta da conoscere James e Peter” disse sospingendolo davanti agli altri due e lasciando a loro il compito di presentarsi.

 

Si lasciò cadere sul divano sospirando e Sirius gli fu subito accanto passandogli un braccio sulle spalle, in silenzio.

 

La casa era fredda e sferzata dai venti gelidi di Febbraio, ma la cucina era calda, il braccio di Sirius era caldo…in quel momento non gli serviva altro.

 

Remus chiuse gli occhi.

 

Era già sera.

 

 

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Capitolo 11
*** Il romanzo che appassisce ***


11

11

 

 

 

CASA  LUPIN  STESSO GIORNO

(notte)

 

“IL ROMANZO CHE APPASSISCE”

 

 

 

Non è possibile dormire la notte prima del funerale di una persona cara.

 

Non è possibile dormire, consapevole che il giorno seguente ti risveglierai nella luce del sole, mentre qualcuno che hai amato, che ami tuttora, giacerà per sempre nel buio

 

Non è possibile dormire quando sai che entro poche ore dirai addio per sempre a quell’affetto incondizionato che ti ha creato, amato e consolato…e non ti resterà nient’altro che la terra fredda da abbracciare e una schiera interminabile di ricordi da rievocare.

 

Non puoi proprio dormire.

 

E infatti non dormiva nessuno.

 

Non dormivano James e Peter, nella stanza che era stata sistemata per loro.

 

Non dormiva il piccolo Iuno tra le braccia della Signora McKenny.

 

Non dormiva neanche Lily, ad Hogwarts, nel suo dolore solitario.

 

Non dormiva Silente, nel suo ufficio, mentre studiava le carte del Ministero che riportavano le leggi sull’affidamento dei minori.

 

Di certo non dormiva Remus, seduto di fianco al corpo di sua madre, con gli occhi, crudelmente asciutti, persi nel vuoto.

 

E non dormiva neppure Sirius, in piedi sulla soglia della porta, fissando l’amico, indeciso come lo era da tutto il giorno, su cosa fosse giusto fare.

 

Sedeva su una sedia; la schiena appoggiata e le braccia lasciate penzolare lungo i fianchi.

La maglia slargata che indossava si era spostata su un lato lasciando scoperto il collo e gran parte della spalla in segno evidente di trascuratezza.

 

La stanza era gelida.

 

“Remus…?” lo chiamò piano, poi vedendo che non rispondeva si avvicinò.

 

“Non è possibile che tu non senta freddo…” gli appoggiò una mano sulla spalla e trasalì accorgendosi che la pelle era gelata.

 

“Per tutti i maghi!” esclamò afferrando un coperta e avvolgendola attorno alle spalle dell’amico.

 

“Ma vuoi congelare?” sibilò accucciandosi davanti a lui e toccandogli il volto anch’esso freddo.

 

“Remus…?”

 

Nessuna reazione solo un battito di ciglia improvviso.

 

“Merd…” farfugliò tra sé, sparì per un attimo e ritornò subito dopo con mezzo bicchiere di Whisky Incendiario.

 

“Bevi” gli disse avvicinandoglielo alle labbra.

 

Niente.

 

“Forza. Solo un po’.”

 

Ancora niente.

 

Sirius avvicinò una sedia e si sistemò accanto all’amico, lo circondò con un braccio, traendolo a sé in modo che fosse sostenuto e gli avvicinò di nuovo il bicchiere alle labbra.

 

Questa volta il ragazzo ne bevve un sorso e tossicchiò; Sirius lo strinse più forte.

 

“Ancora” disse scostandogli i capelli dal viso con la mano libera.

 

Remus obbedì.

 

Dopo che ne ebbe bevuto un altro sorso, Sirius posò il bicchiere su un basso tavolino e abbracciò l’amico strofinandogli con le mani la schiena e le braccia per riscaldarlo.

 

“Ma perché ti tieni sempre tutto dentro!” sussurrò.

 

Non si aspettava una risposta e infatti non l’ottenne.

 

Ma il viso di Remus, contro il suo collo era già tiepido.

 

“Dov’è Iuno?” chiese ad un certo punto il ragazzo.

 

“Dorme” mentì Sirius “Cosa che dovresti fare anche te.”

 

“No. Io non posso” si sciolse dall’abbraccio e posò lo sguardo sulla madre.

 

“Sì che puoi.”

 

“No. Lasciami, Sirius! Non sai cosa significhi perdere una madre!”

 

Era una cosa terribile da dire, se ne rese conto subito; aveva parlato spinto da un furore cieco e adesso se ne stava impalato di fronte all’amico che fino a pochi secondi prima si era preso cura di lui, senza sapere da dove fosse arrivata tutta quella rabbia.

 

Non riuscì neanche a sentirsi in colpa.

 

Sirius si sedette sconsolato.

 

“E’ vero” disse “non so cosa significa perdere una madre” abbassò la voce e fissò il vuoto “non so cosa significa avere una madre”

 

Alzò lo sguardo e per la prima volta vide due lacrime spuntare dagli occhi di Remus.

 

Piangeva.

 

“Scusa…” farfugliò il ragazzo, senza neanche tentare di asciugare quelle lacrime silenziose.

 

Sirius si rialzò e dopo avergli asciugato il viso, lo sospinse verso la porta.

 

“Adesso andiamo a dormire” disse e il tono della sua voce non ammetteva repliche.

 

Attraversarono il corridoio buio e salirono le scale.

 

“Ma che fai, Sirius?” esclamò il ragazzo quando si trovarono davanti alla stanza dove dormivano James e Peter “Questa camera è per voi, io dormo di sotto.”

 

“No. Tu dormi con noi” lo guardò negli occhi “quando stai male vuoi i tuoi amici vicino…beh…adesso di certo non stai bene, quindi dormirai con noi.”

 

Detto questo aprì la porta e trovò gli altri due Malandrini ancora svegli che li accolsero con sollievo evidente.

 

In men che non si dica, si ritrovò a letto in mezzo a Peter e James e con Sirius che dall’alto del letto a castello vegliava, come uno spirito taciturno ma benevolo, sul sonno dei suoi amici.

 

 

 

***

 

 

La mattina successiva faceva ancora più freddo.

 

Il vento gelido non dava tregua e in combutta con il destino, rendeva la giornata ancor più triste di quanto già non fosse.

 

Remus si alzò presto: non aveva dormito, ma trovarsi vicino ai suoi amici lo aveva reso più tranquillo e aveva scacciato quel maledetto demone che è la solitudine, con il quale faceva i conti da sempre.

 

I ragazzi si erano affrettati per scendere con lui, ma Remus preferì dileguarsi dalle loro attenzioni.

 

“Vado a parlare a mio fratello” disse con semplicità.

 

Lily arrivò poco dopo, accompagnata da Silente; nessun altro professore era venuto per via delle lezioni: fuori da casa Lupin la vita continuava con i suoi ritmi regolari.

 

La ragazza trovò Remus seduto in cucina, sul solito divano, mentre spiegava al fratellino, a cavalcioni sulle sue ginocchia, che la madre era con gli angeli e che l’avrebbero rivista solo tra molto, molto tempo, quando anche per loro fosse giunto il momento di salire in cielo.

 

Il bambino sembrava stupito, ma non spaventato.

 

<  Troppo piccolo per capire  >  pensò Lily  <  ma domani sentirà la mancanza della madre.  >

 

Il ragazzo posò gli occhi su di lei e accennò un breve sorriso.

 

“Sono contento che tu sia venuta.”

 

Lily scosse la testa impercettibilmente e si avvicinò per baciarlo su una guancia.

Accarezzò la testa del bambino con espressione materna

 

“Come ti chiami?” gli chiese

 

Iuno” rispose un po’ vergognoso, nascondendo il viso contro la spalla del fratello.

 

La ragazza sorrise dolcemente.

 

“Iuno…assomigli davvero molto a tuo fratello.”

 

Me l’hanno già detto” sussurrò una vocetta smorzata dalla stoffa della maglia di Remus.

 

Il ragazzo si affrettò a spiegare.

 

“Sei la quarta” disse, poi contò sulle dita “ Silente, Sirius, James e Peter insieme e…adesso tu.”

 

“Oh…scusami…” parlò con voce dolce sempre rivolta al bambino “Non vuoi sapere come mi chiamo io?”

 

Il piccolo si scostò dal fratello e annuì curioso.

 

“Lily. Mi chiamo Lily.”

 

 

 

***

 

 

Il resto della mattinata trascorse come ci si aspettava.

 

Remus fu sballottato a destra e a sinistra per concludere i preparativi del funerale.

 

Tutte le decisioni spettavano a lui e sebbene Silente cercasse di alleggerire questo fardello, presto si rese conto che tenersi impegnato faceva bene al ragazzo.

 

Si occupò di tutto senza mai mostrare cedimento.

 

Fu solo al momento di chiudere la bara che Sirius lo vide barcollare.

 

“Vieni via” gli disse.

 

Ma il ragazzo lo respinse dolcemente e rimase a guardare.

 

Aveva gli occhi pieni di lacrime.

 

Al cimitero il vento era così forte che non permetteva neanche di respirare; vi rimasero appena il tempo indispensabile per la sepoltura.

 

La bara era appena stata calata nella terra, quando Remus prese in braccio il fratello e socchiudendo gli occhi per proteggersi dal vento, voltò la schiena agli avvenimenti di quegli ultimi terribili giorni.

 

Fu il primo ad avviarsi verso casa senza dire una parola.

 

Era tutto finito.

 

Il punto che pone fine al capitolo e al romanzo della vita.

 

Il futuro di chi resta: una pagina bianca.

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Un cuore di carta stropicciato ***


12

12

 

 

 

CASA LUPIN  18 FEBBRAIO 1976

 

“UN CUORE DI CARTA STROPICCIATO”

 

 

 

Quando tre ore più tardi, Remus Lupin aprì la porta di casa, tutto si sarebbe aspettato tranne che di vedere Dolores Umbridge in persona, sulla soglia.

 

Rimase di stucco.

 

Quella donna insopportabile aveva reso la sua vita e quella di sua madre un inferno con tutti i suoi provvedimenti sugli ibridi e adesso aveva il coraggio di presentarsi a casa sua.

 

“Povero caro!” esclamò con voce forzata

 

Le sue dita strinsero forte la bacchetta che teneva in tasca.

 

“Cosa desidera?” si costrinse a chiedere respirando profondamente.

 

“Sono qui per tua madre, caro.”

 

Remus si sentì invadere da una rabbia bruciante, simile a quella che aveva provato la sera prima con Sirius, ma molto, molto più intensa. Tuttavia, cercò di trattenersi. Non era di fronte ad uno dei suoi migliori amici che capivano, comprendevano e perdonavano.

 

“Mia madre, adesso, giace tre metri sottoterra, è un po’ tardi per l’ultimo addio”

 

La donna lo guardò come se fosse l’essere più disgustoso della terra, poi atteggiò nuovamente le labbra in un sorriso nauseante.

 

“Mi sembri un poco sconvolto” disse “Certo è comprensibile…Tuttavia…devi pensare a quali grandi responsabilità adesso poggiano sulle tue spalle…” si avvicinò per toccargli un braccio e Remus lottò per non scansarsi “Devi pensare al futuro dei tuoi familiari”

 

“Quali familiari? Non ho più nessuno.”

 

La Umbridge lo fissò sgranando gli occhi stupita.

 

“Hai un fratello…se non sbaglio! Un bambino adorabile…e perfettamente normale”

 

Il ragazzo cominciava a sentirsi spazientito e cosa ancora più grave, cominciava a comprendere quale fosse il motivo reale della visita.

 

Invocò tutti i maghi che conosceva perché gli concedessero la facoltà di rimanere lucido e cosciente di sé.

 

La donna continuò la sua recita volgarmente falsa.

 

“…un vero peccato che non sia rimasto nessuno al mondo a prendersi cura di lui…il padre sparito, poi la madre deceduta…” diede un colpetto che intendeva essere rassicurante alla guancia di Remus e il ragazzo fu sul punto di mandarla a gambe all’aria “….ma sono molte le famiglie di maghi che sarebbero felici di occuparsi di un ragazzino così carino.”

 

“COSA!!!”

 

“DOLORES UMBRIDGE!” la voce di Silente sovrastò quella del ragazzo “Quale immenso piacere rivederla!” il preside si avvicinò di qualche passo, posando una mano sulla spalla di Remus “E’ cresciuta dall’ultima volta che l’ho vista…se non sbaglio…sei anni fa, alla consegna dei diplomi.”

 

La donna sembrò imbarazzata.

 

“S…sì…Silente, tuttavia adesso sono qui per un’altra questione” si schiarì la voce tossicchiando.

 

Remus avrebbe voluto urlarle di andarsene, ma la stretta di Silente era ferrea e lo induceva a stare in silenzio.

 

Così rimase in attesa.

 

“Ma certo! Venga… ne parleremo insieme” continuò il preside facendole cenno d’entrare, poi si rivolse al suo studente.

 

“Remus, credo che in cucina ci sia bisogno di te…ho sentito un gran fracasso…”

 

Era un chiaro invito a lasciarlo gestire da solo la situazione.

 

Ne fu risentito, ma obbedì annuendo.

 

Osservò il preside condurre quell’orribile donna nel salottino, dove poche ore prima giaceva il corpo senza vita di sua madre e di nuovo la furia prese il sopravvento sulla mente.

 

Gli parve di sentire il lupo dentro di sé ululare di dolore e rabbia e per la prima volta desiderò essere una bestia.

 

Non voleva provare più niente.

 

Nessun sentimento.

 

Cercò una qualsiasi via di fuga.

 

Non aveva senso rimanere lì nell’ingresso, ma non se la sentiva di entrare nella cucina affollata e sopportare gli sguardi di tutti, così prese la via delle scale, diretto verso la solitudine della camera da letto.

 

 

 

***

 

 

Furia incoerente.

 

La mente annebbiata non percepiva nient’altro.

 

Seduto sul letto con la testa fra le mani, costretto ad ascoltare passivo il vortice turbinante delle sue sensazioni; non quelle umane, non c’era nulla di umano in lui in quel momento, solo l’istinto incontrollabile del lupo.

 

Una nuova battaglia interiore che questa volta non voleva combattere.

 

Sirius lo trovò così, mezz’ora più tardi, quando aprì la porta della camera.

 

Inizialmente pensò che stesse piangendo e si avvicinò a lui comprensivo, ma quando gli sedette accanto si accorse che qualcosa non andava: le mani premute sugli orecchi tremavano anche se impercettibilmente,come se riuscisse a malapena a controllarsi, il respiro era corto e affannoso e gli occhi sbarrati, ma ancora asciutti…

 

Di nuovo asciutti.

 

La sua condanna…

 

“Remus…” gli disse piano, posandogli una mano sulla spalla “Urla, se vuoi, fino a sgolarti…oppure colpiscimi…se può farti star meglio…ma ti prego…ti prego, non tenerti tutto dentro”

 

Lo guardò cercando invano i segni di una possibile risposta.

 

“Sfogati…non importa come, parlami!”

 

“Cosa vuoi sapere?” gli chiese Remus dopo qualche secondo di silenzio.

 

<  Dannazione! Sempre controllato!  >

 

“Come ti senti.”

 

“Bene.”

 

“La verità non l’apparenza.”

 

“LA VERITA’?!” urlò il ragazzo alzandosi in piedi “VUOI SAPERE LA VERITA’?! CREDI DI POTERMI AIUTARE?!”

 

“Ci proverei.”

 

“NO! NON PUOI FARE NIENTE! COME MI SENTO?! VUOI SAPERE DAVVERO COME MI SENTO?!” non aspettò neanche un cenno d’assenso da parte di Sirius, ma si avvicinò alla scrivania e afferrò un pergamena qualunque.

 

“GUARDA COME MI SENTO!” detto questo appallottolò la carta tra le mani, con furia, fino a che non divenne compatta e tondeggiante, poi gliela lanciò tra le mani.

 

“QUELLO E’ IL MIO CUORE.”

 

Silenzio.

 

Sirius spiazzato si rigirò tra le mani quel pezzetto di carta martoriato e raggrinzito.

 

“Lo vedi?” chiese Remus tristemente “Guarda quante grinze e spigoli dolorosi, così accartocciato impedisce a chiunque di entrare, non c’è spazio per gli affetti, solo angoli acuti, cicatrici crudeli…” abbassò gli occhi sul pavimento, incapace di sostenere lo sguardo dell’ amico “…e dolore.”

 

“Il tuo cuore…”bisbigliò Sirius e una singola lacrima rotolò giù per la sua guancia.

 

Remus sgranò gli occhi: era la prima lacrima che vedeva sul volto dell’amico in sei anni.

 

Poi con suo sommo stupore, lo vide riaprire la carta stropicciata; dapprima delicatamente, facendo attenzione a non romperla e dopo, con più vigore, appoggiandola sulla superficie della scrivania e passandoci sopra il pugno chiuso, finché non fu completamente distesa.

 

“E’ piena di cicatrici…è vero…e non è più bella e levigata come prima, ma è sempre carta, come quando è nata…” guardò Remus negli occhi “…Moony…non è diventata pietra.”

 

Sollievo.

 

“E’ sempre carta…” ripeté il licantropo assorto.

 

“Sì! Carta! E lo sarà ancora… anche se la stropiccerai  di nuovo…resterà sempre carta!”

 

Si avvicinò all’amico e lo prese per le spalle.

 

“E adesso stai a vedere!”

 

Detto questo andò alla porta e la spalancò.

 

“JAMES! PETER!” urlò

 

“Sirius…ma che fai?”

 

 Ma il ragazzo gli fece cenno di tacere e urlò di nuovo.

 

“PETER!  JAMES!  HO BISOGNO DI VOI!”

 

Remus era sempre più perplesso.

 

I due ragazzi apparvero quasi subito, trafelati e rossi per la corsa.

 

“Santo Godric! Che succede?” chiese un James dalla bocca spalancata e dagli occhi sgranati.

 

Sirius, senza dire una parola, afferrò una penna d’oca e dell’inchiostro rosso e dopo aver scritto qualcosa sulla pergamena stropicciata la passò a James.

 

“Firma” gli disse.

 

James lesse stupito e firmò e lo stesso fece Peter.

 

Il ragazzo riprese il foglio e dopo aver apportato anche la sua firma lo restituì a Remus.

 

“Ecco il tuo cuore” disse semplicemente.

Il ragazzo guardò per un istante i volti perplessi degli altri due Malandrini, poi, finalmente posò gli occhi sulla pergamena e lesse:

 

SAREMO SEMPRE QUI’

James, Peter e Sirius

 

Adesso avrebbe pianto, lo sapeva…

 

“Vedi” disse Sirius “nonostante le cicatrici, ho potuto scriverci…significa che la carta ha mantenuto le sue proprietà…” si sedette sul letto, un po’ imbarazzato da quello che stava dicendo “…come il tuo cuore, che nonostante tutto, ha ancora la capacità di provare sentimenti.”

 

Sorrise appena.

 

“E poi basta tormentarsi in solitudine!” esclamò deciso “I nostri nomi sono scritti sul quel pezzo di carta, l’inchiostro non sparirà…neanche se si accartoccerà di nuovo!”

 

Remus sospirò trattenendo le lacrime.

 

“Non voglio che si accartocci di nuovo…”

 

“Non succederà!” urlò James che aveva compreso solo a metà “Non succederà più! Almeno fino a quando sarò in vita , ti promet…”

 

“Ehi!” intervenne Sirius “Sei arrivato ora e ti prendi il gran finale? Non è giusto!”

 

“Stai zitto! Sei stato tu a chiamarmi” disse abbracciando Moony.

 

“Siamo stati talmente in pensiero per te!”

 

Stretto nell’abbraccio di James al ragazzo sembrò, paradossalmente, di tornare a respirare; ricacciò indietro le lacrime che ormai non avevano più scopo di esistere.

 

“Grazie…” sussurrò.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Precaria e provvisoria ***


13

13

 

 

 

CORTILE POSTERIORE DI HOGWARTS

SOTTO IL FAGGIO  20 MARZO 1976

 

“PRECARIA  E  PROVVISORIA”

 

 

 

Una condizione provvisoria.

 

Silente aveva usato queste parole per strappare al Ministero della Magia il consenso di tenere il piccolo Iuno Lupin ad Hogwarts fino alla fine dell’anno scolastico.

 

Aveva affrontato Dolores Umbridge, facendo leva sulle possibili conseguenze che si sarebbero potute presentare se si fosse insistito nel voler separare il bambino dal fratello in un momento così delicato.

 

L’aveva spuntata.

 

Ma solo per quattro mesi.

 

Finita la scuola ci sarebbe stato l’affidamento legale, il Ministero non aveva lasciato dubbi in proposito.

 

Un sospiro uscì dalle labbra di Remus.

 

Non ci voleva pensare ora.

 

Dalla morte di sua madre era passato un mese, la neve si era sciolta insieme al suo dolore.

 

Ora le giornate erano tiepide.

 

Doveva ringraziare i suoi amici per quello e Silente…e il destino, che con il suo susseguirsi di stagioni, gli aveva concesso, così presto, una avvisaglia di primavera che prometteva nuovi momenti di felicità.

 

Quella era la prima domenica che trascorrevano all’aperto.

 

La risata del fratello, poco distante da lui, giunse a coronare quei pensieri speranzosi che non poteva fare a meno di nutrire.

 

“Ma…Con cosa stanno giocando?” chiese rivolto a James, mentre si spostava un po’ da una parte per guardare meglio.

 

“Ehi…Prongs?” ripeté.

 

Il ragazzo se ne stava seduto con la schiena appoggiata al tronco dell’albero e la testa reclinata su un lato, entrambe le mani posate sul grembo di Lily che semisdraiata in una comoda posizione, aveva appoggiato la schiena e la testa contro il petto del suo ragazzo.

 

Stavano bene insieme.

 

Remus rivolse un’occhiata interrogativa alla ragazza che sorridendo si portò un dito alle labbra e bisbigliò:

 

“Ssh…sta dormendo.”

 

Era proprio tipico di James addormentarsi nei posti più impensati e nelle posizioni più scomode.

 

Sorrise e con lo sguardo tornò a cercare la figura del fratello.

 

Si voltò appena in tempo per vedere Sirius che trasfigurava in scoiattolo un pezzetto di legno a beneficio degli occhietti curiosi che lo osservavano ammirati.

 

“Anche questo!” disse il bambino indicandogli un sassolino e il ragazzo subito lo trasfigurò.

 

“E questo!” continuò insaziabile.

 

Sirius rideva e ad ogni colpo di bacchetta un altro animaletto cominciava a saltellare intorno a loro.

 

Remus riuscì a contare almeno sette scoiattolini, prima che uno di loro, sentendosi particolarmente audace, decise di arrampicarsi sul ginocchio di Sirius mordendogli la mano che reggeva la bacchetta.

 

“Ahio!” urlò il ragazzo agitando la mano per scrollare l’ardita bestiola

 

I fratelli Lupin a sei metri di distanza l’uno dall’altro, scoppiarono a ridere contemporaneamente e probabilmente anche il ‘ferito’ trovò divertente la situazione perché in pochi secondi, sul suo volto, si riaffacciò un sorriso aperto e si rituffò nel gioco.

 

Remus posò definitivamente il libro che teneva in grembo, per una volta avrebbe preferito la realtà!

 

Nel fare quel movimento notò che anche Lily era assorta a guardare i due.

 

Sembrava che la sua mente fosse molto distante.

 

Fu in quel momento che Lily Evans concepì in cuor suo, la prima grande decisione che riguardava il suo futuro.

 

Il primo passo libera dalla nebbia dell’adolescenza.

 

Lo disse così, all’improvviso, con semplicità…forse non si rendeva neanche conto di parlare a voce alta.

 

“Se mai, io e James avremo un figlio, vorrei che Sirius fosse il suo padrino.”

 

Remus la guardò piuttosto stupito, ma dentro di sé comprendeva.

 

“DAVVERO?!” urlò James nell’orecchio della ragazza facendola sobbalzare di paura.

 

“E quando lo faremo un bambino?”

 

“Per tutti i draghi…Ma non stavi dormendo?” rispose Lily che per lo spavento si teneva ancora una mano sul cuore.

 

Il ragazzo finse un’aria stupita.

 

“Cara! Ma come avrei potuto dormire mentre illustravi così bene il nostro futuro di coppia sposata!”

 

“Io non illustravo proprio niente! Stavo solo facendo un discorso generico di buon senso!”

 

“Proponendo Sirius come padrino di un nostro eventuale figlio?” le prese il mento tra il pollice e l’indice “No, amore mio, questo non è un discorso generico! Questa è una vera e propria proposta…Vuoi che andiamo subito in camera da letto?”

 

“JAMES POTTER!!! SEI UN INSOPPORTABILE ROMPISCATOLE!” urlò lei dandogli un colpetto benevolo sul petto con il dorso della mano

 

Il ragazzo scoppiò a ridere e urlò di rimando:

 

“EHI, SIRIUS! L’HAI SENTITA? SEMBRA QUASI TUA MADRE!”

 

Sirius si tolse uno scoiattolino dalla pancia e rispose divertito:

 

“MI HA FATTO VENIRE I BRIVIDI, AMICO!”

 

“BRUTTI  ANTIPA…” incominciò Lily, ma venne interrotta dalle grida di Iuno, che volendo emulare lo scoiattolo, si era gettato a peso morto sul torace del suo compagno di giochi.

 

Adesso i due rotolavano tra l’erba e l’unico risultato fu quello di ritrovarsi completamente fradici.

 

Il pomeriggio tiepido si avviava lentamente verso una serata freddina e col calare del sole, l’aria, pregna di umidità, si faceva, a poco a poco, gelida.

 

Remus si alzò per andare incontro al fratello e mettere fine a quei giochi che presto non sarebbero stati più praticabili.

 

“Direi che hai tormentato Sirius abbastanza per stasera” disse tirandolo su in piedi.

 

“No!” urlò il bambino divincolandosi per tornare al gioco “Ci stavamo divertendo!”

 

“E’ vero” intervenne Sirius “ ci stavamo divertendo, non fare il guastafeste, vecchio mio!”

 

Strizzo l’occhio ad un Remus che aveva già corrugato la fronte e poi si rivolse di nuovo al piccolo.

 

“Vieni” gli disse facendo cenno di avvicinarsi “Adesso arriva la parte migliore!” Detto questo lo tirò su di peso e se lo mise sulle spalle “Il rientro al castello sul dorso del cavallo!” gridò e parti in volata tra risate e strilli di gioia.

 

Remus restò a guardarli leggermente soprappensiero e non poté fare a meno di chiedersi quanto ancora sarebbe durata quella spensieratezza.

 

Qualche mese ancora, Silente aveva fatto il possibile, chiedendo la custodia momentanea di entrambi, ma non poteva fare miracoli.

 

Lui ora aveva diciotto anni e sarebbe stato responsabile della sua vita, ma non di quella del fratello.

 

Respirò forte, mentre l’ombra di un nuovo dispiacere calava sui suoi occhi.

 

Fu Lily ad interrompere il fiume dei suoi pensieri.

 

“Vedi che avevo ragione?!” disse rivolta al suo ragazzo “Ci sa fare con i bambini, forse più che con gli adulti” sorrise e lo baciò velocemente sulle labbra “Rimango della mia opinione, Signor Potter!”

 

“Anch’io rimango della mia” rispose James sorridendo malizioso “Tu mi ami e vuoi passare la notte con me!”

 

“SEI  INSOPPORTABILE!” urlò avviandosi da sola e offesa verso il castello.

 

James si portò al fianco di Remus osservando le schiene dei ragazzi che si allontanavano.

 

“Ci sai fare con le donne!” esclamò sarcastico il licantropo.

 

“Non ho mai avuto a che fare con le donne prima di conoscere lei” si mise le mani in tasca e fissò il castello come se guardasse l’orizzonte “E’ stata la prima e non ci sarà mai un’altra.”

 

Remus sorrise della sua franchezza e fu felice di constatare che l’amico  non si vergognava nella ammettere il suo amore.

 

“E’ una ragazza dolcissima” disse “e anche intelligente.”

 

Fece una pausa e socchiuse gli occhi cercando d’inquadrare con lo sguardo lo stesso orizzonte di James, ma senza riuscirci.

 

“Anzi…” continuò “…più che intelligente direi…che perspicace è il termine esatto. A visto giusto con Sirius…”

 

“Sì…” sussurrò James ancora pensieroso “Sarà come dice lei…Sirius farà da padrino al nostro primogenito” vide il sopracciglio di Remus arcuarsi e si affrettò a spiegare “dico così perché vorrei molti bambini, compresa una bimba che somigli alla mamma…e tu devi controllare che il nostro Padfoot non si metta nei guai…conto molto su di te!”

 

“James! Per la barba di Merlino! Sembra che tu stia scrivendo un testamento!”

 

James sorrise e sbirciò l’amico.

 

“Ma no! E’ solo che il futuro mi spaventa un po’…come tutti…”

 

“Il coraggio è la virtù dei Grifondoro! Avrai la tua felicità e io avrò la mia…”

 

James si rese improvvisamente conto di aver affrontato un argomento delicato: la felicità di Remus era così precaria…

 

“Scusami, non avrei dovuto parlare di questo con te”

 

“E con chi volevi parlarne? Con Sirius forse?”

 

James fece per rispondere, ma Remus si era già incamminato verso Hogwarts.

 

<  Avrei dovuto mostrare più riguardo verso di te, amico mio  >  pensò <  Io dalla vita ho avuto tutto, se mi capitasse di morire domani non avrei niente da rimpiangere…Tu puoi affermare la stessa cosa, Remus?  >

 

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Capitolo 14
*** L'unica giustizia ***


14

14

 

 

 

SALA GRANDE 15  APRILE  1976

(pomeriggio)

 

“L’ UNICA GIUSTIZIA”

 

 

 

<  Aprile!  > pensò Sirius <  Ma certo! Ci sono voluti circa sei mesi per notificare l’atto!  >

 

Lasciò che la pergamena gli scivolasse tra le mani per posarsi sul tavolo di legno della Sala Grande dove se ne stava seduto.

 

Da solo.

 

Si stiracchiò allungando la gambe sotto il tavolo e le braccia sopra la testa lanciando di sbieco un’altra occhiata a quel foglio di carta.

 

Quel misero e fragile foglio di carta che con i suoi caratteri signorili e le sue frasi accurate, lo metteva a conoscenza del fatto che per volere dei suoi genitori e sulla base degli articoli indicati, lui non faceva più parte della famiglia Black, pertanto, il  Ministero lo invitava a provvedere da quel momento in poi al proprio mantenimento e gli faceva i suoi migliori auguri per il futuro.

 

La sua bocca si atteggiò in una smorfia.

 

Gran parte delle motivazioni s’incentravano sul desiderio dei Signori Black di concedere al figlio, ormai maggiorenne, la possibilità d’intraprendere qualsiasi strada egli decidesse, senza che la famiglia fosse per lui un ostacolo.

 

Menzogne.

 

Erano tutte menzogne.

 

Sbuffò.

 

Lo facevano per il suo bene!

 

Ma certo! Come no!

 

Ogni volta che gli avevano reso la vita un inferno, lo avevano fatto per il suo bene!

 

Appoggiò i bracci incrociati sul tavolo e la testa su di essi.

 

<  Maledetti bastardi!  >

 

E non poté trattenere una lacrima di rabbia.

 

Di per sé non gli interessava di abbandonare la sua famiglia, anzi ne era quasi sollevato, ma veder spiccare nero su bianco falsità e ipocrisie sottoscritte, in grande, dalla firma del Ministro della Magia, nel suo orgoglioso stemma, lo rendeva penosamente consapevole che non esisteva una giustizia immune dall’influenza del denaro e del potere.

 

Si asciugò gli occhi con una manica, velocemente.

 

Erano limpidi di dolore.

 

Si alzò, deciso a scacciare per sempre quella sofferenza, giurando su tutto quello che aveva di più caro, che mai più, MAI PIU’, si sarebbe affidato ad una giustizia così corrotta.

 

Se si fosse reso necessario, in futuro, avrebbe agito di persona, secondo la SUA legge.

 

Quella sarebbe stata l’ultima volta che affogava in un dolore così ingiusto.

 

Non aveva percorso neanche due passi quando si ricordò di aver lasciato la pergamena sul tavolo.

 

Si voltò per recuperarla.

 

“Black! Sono felice di sapere che non ti acquisirò come parente!” sogghignò Lucius Malfoy.

 

Aveva tra le mani la lettera.

 

“Non penserai che dispiaccia a me!?” ribatté il ragazzo

 

“No, certo che no” passò la pergamena ad un suo compagno senza neanche voltarsi e questo incominciò a sghignazzare.

 

Sirius sentì la furia invaderlo e strinse i pugni.

 

Malfoy non sembrò farci caso.

 

Continuò a beffeggiarlo, appoggiato dai suoi tirapiedi.

 

“Poverino!” simulò una voce melliflua “Non ti sei mai sentito a tuo agio nella tua famiglia?”

 

Qualcuno rise alle sue spalle.

 

Qualcuno che indubbiamente era un Serpeverde.

 

Sirius gli avrebbe volentieri spaccato la faccia.

 

“Non preoccuparti” continuò Malfoy “D’ora in poi vivrai allo stesso livello dei tuoi amici straccioni!”

 

Il Grifondoro respirò profondamente e chiuse gli occhi.

 

<  Sirius  > si disse <  se non rispondi, vincerai.  >

 

“La nobiltà e la ricchezza non fanno per te, ti senti più a tuo agio con la feccia?”

 

“Serpe!” rispose a denti serrati.

 

“Fiero di esserlo, Black!”

 

Sussurrò qualcosa nell’orecchio di Piton che ridacchiò.

 

<  Sto per cedere  >  pensò puntellando i piedi a terra, ben saldi, per avere la sensazione di poter controllare il suo corpo.

 

“Dimmi, Signor Ho-l’animo-compassionevole, cosa ci trovi nel degradarti a fare da balia al Mostriciattolo Lupin?”

 

Le narici di Sirius si dilatarono pericolosamente.

 

“Attento, Malfoy, sei su un terreno scivoloso.”

 

“Cosa ti ha promesso Lupin Senior in cambio del tuo aiuto con il poppante? Una parte di eredità?”

 

In molti scoppiarono a ridere.

 

Quasi tutti Serpeverde.

 

Sirius avvampò.

 

Si era trattenuto fin troppo.

 

Intravide James che correva verso di lui, ma l’ignorò, lanciandosi su Malfoy e sferrandogli un pugno ben assestato in piena faccia.

 

James fu subito su di lui e lo afferrò per le braccia.

 

“Fermo Sirius! Sei impazzito!” urlò cercando di trattenerlo.

 

“SEI UN MALEDETTO BASTARDO, MALFOY! MERITERESTI DI PEGGIO!”

 

“Calmati…non è il momento più…”

 

“ME NE INFISCHIO! VOGLIO SPACCARGLI LA FACCIA!”

 

James impiegò tutte le sue forze per tenerlo fermo e incassò diverse gomitate che avrebbero atterrato chiunque.

 

Ma non lui.

 

Non mentre tratteneva il suo migliore amico.

 

Non mentre lo faceva per il suo bene.

 

Dopo qualche secondo il ragazzo incominciò a calmarsi e si appoggiò ansante contro l’amico che ancora lo teneva per le braccia.

 

Il naso di Lucius era gonfio e sanguinante e tuttavia il ragazzo sorrise, creando un effetto grottesco.

 

Mosse qualche passo verso di loro.

 

“Calma” gli sussurrò James in un orecchio “non reagire”

 

“Ma guardati, Black! Sembri una bestia!” e sputò per terra.

 

Il ragazzo si divincolò dalla presa, ma James lo trattenne.

 

“Non ora, Sirius…lui ti sta guardando.”

 

“Lui chi?!” chiese sprezzante mentre ancora fissava la serpe.

 

“Iuno.”

 

Si sentì come se stesse precipitando dalla torre di Astronomia.

 

“Era qui da prima…Ho provato a fermarti…Sirius?”

 

Non rispose.

 

Si voltò per guardare il bambino.

 

Lo fissava con gli occhi sbarrati e Lily accucciata dietro di lui cercava invano di distrarlo.

 

Dove fosse Remus non volle nemmeno saperlo.

 

Fece un passo verso il piccolo e com’era prevedibile, questi si ritrasse spaventato; affondò la manine nei capelli ramati della ragazza che prendendolo in braccio lo portò via dalla Sala Grande.

 

Il peso della responsabilità che non era stato in grado di sostenere, lo soffocò.

 

“Sirius?” lo chiamò James

 

“Cos’ho fatto…”

 

Aveva lo sguardo perso nel vuoto, sul volto si leggeva quanto fosse avvilito, non l’aveva mai visto in quelle condizioni, neanche nei suoi momenti peggiori.

 

Notò un pezzo di carta calpestato sul terreno e lo raccolse scorrendone il contenuto.

 

“Santo Godric!” urlò “E’ per via di questa, vero?”

 

L’amico non rispose, abbassò gli occhi e scosse la testa.

 

“Non m’inganni, Sirius, ti conosco bene” disse prendendolo per un braccio “Non perderesti così la testa, senza una valida ragione.”

 

Il macigno rotolò via e Sirius riprese a respirare.

 

“Andremo insieme da Silente, gli spiegheremo cosa è successo…” trascinò il suo miglior amico su per le scale “…vedrai che capirà! E’ un uomo giusto!”

 

“Sì…” bisbigliò il ragazzo “ l’unica vera giustizia rimasta…”

 

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Capitolo 15
*** Una tempesta tra le mani ***


15

15

 

 

 

DORMITORIO MASCHILE DEI GRIFONDORO

15       APRILE  1976 (sera)

 

“UNA TEMPESTA TRA LE MANI”

 

 

 

Penombra e musica.

 

Quella sera, nessun altro elemento poteva riferirsi a Sirius.

 

Impugnava il suo violino, ma questa volta il suono che strappava alle corde era tutt’altro che fluido e piacevole.

 

Assomigliava piuttosto ad un pianto, ad un grido strozzato, malcelato e represso.

 

Un gemito che nascondeva una preghiera implorante e una disperata richiesta d’aiuto, di una comprensione che bramava e che non sarebbe mai riuscito a chiedere a parole.

 

Di nuovo.

 

Nella musica risuonava l’eco del suo cuore silenzioso.

 

Muoveva l’archetto con febbrile trasporto, come se volesse scacciare il dolore, come se l’affannarsi a torturare le corde potesse lenire il tormento della sua anima.

 

Non sapeva se stava straziando di più il violino o se stesso.

 

Un insieme beffardo e bellissimo:

 

Dannato lo strumento che da voce ad un cuore dannato.

 

Dannato e vergognoso un cuore a cui manca il coraggio di esprimersi a parole.

 

Sirius rise di sé amaramente, continuando a suonare, con gli occhi chiusi, in una stanza buia.

 

“Romperai le corde se continui così.”

 

Sirius sussultò e la melodia si spense in un ultimo stridulo, incoerente suono.

 

“Remus…” disse voltandosi e riconoscendo l’amico.

 

“E ti ferirai. Come è già successo…altre due volte, se non erro.”

 

Aveva il volto sereno e pareva estremamente calmo.

 

 Sirius ne fu leggermente rincuorato, ma sapeva di aver sbagliato, di essersi dimostrato un debole; sapeva di aver risposto alle provocazioni in balia di una furia cieca e devastante e non ne andava fiero.

 

Principalmente perché era consapevole di aver deluso i suoi amici.

 

La sua vera famiglia.

 

Posò lo strumento e si prese la testa tra le mani sedendosi sul letto.

 

“E’ quello che mi merito.”

 

Remus si avvicinò fino a che non si ritrovò davanti all’amico.

 

“No, Sirius. Non lo meriti. E non meriti neanche questo” disse mostrando al ragazzo la lettera del Ministero della Magia.

 

“James ti ha raccontato, vedo.”

 

Non era molto sorpreso, ma lo divenne quando Remus gli rispose.

 

“No. E’ stato Silente.”

 

Si sedette sul letto di fianco all’amico.

 

“Ho saputo tutto dal Preside, mi ha fatto chiamare” lo fissò notando che teneva ancora la testa tra le mani e gli toccò il braccio “Sirius…ha preso le tue parti.”

 

Non rispondeva.

 

“Paddy....? Silente ti ha difeso. Ha detto al consiglio degli insegnanti che eri sconvolto per questo…” disse agitando il foglio di carta “…e che era comprensibile vista la situazione” gli scostò i capelli che gli ricadevano sul viso “Ha detto che ti sei trattenuto fino all’ultimo, mentre gli altri ti deridevano e che hai reagito solo quando è stato gettato fango su di un’altra persona, Silente aveva dei testimoni…”

 

Sirius alzò lo sguardo come un cucciolo abbattuto che intravede la mano che lo accarezzerà.

 

“A me non aveva detto niente…” sussurrò

 

Remus lo guardò comprensivo e aspettò che continuasse.

 

“Non ti ho deluso? Non mi reputi un idiota immaturo?”

 

“No, non mi hai deluso” accennò un sorriso e poi ritornò serio “ma…sì, ti reputo un idiota!” rise apertamente della faccia sbigottita di Sirius “Hai picchiato Malfoy perché ha insultato me e la mia famiglia. Sirius…quante volte ti dovrò ripetere di non fare queste sciocchezze?”

 

Si alzò in piedi dando le spalle all’amico.

 

“A me non importa quello che dicono.”

 

Sirius sentì un nodo stringergli la gola.

 

Le ingiustizie subite bruciavano terribilmente.

 

 La fiducia nella giustizia, se mai ne avesse avuta, ora era completamente scomparsa.

 

“Quanto ancora vuoi sopportare, Remus…? E’ così ingiusto.”

 

Il licantropo si voltò, sembrava adirato, ma parlò con voce moderata.

 

“Cosa è ingiusto?” chiese “E’ ingiusta la mia maledizione che mi rende un mostro? E’ ingiusta la povertà della mia famiglia? O è ingiusta la morte di mia madre?” la sua bocca si contrasse in una smorfia d’angoscia “O forse…è ingiusto il Ministero…che mi porterà via l’unico affetto che mi resta? Dimmi qual’ è  la più ingiusta tra queste perché io non so scegliere!”

 

Si sedette su una sedia, vicino alla finestra e guardò fuori, opponendosi con tutte le sue forze alle lacrime che inclementi premevano contro le palpebre.

 

Cercò di calmare l’uragano che lo straziava.

 

“Cosa vuoi che m’interessi quello che dice Malfoy…in confronto a ciò che ho già passato, le sue malignità mi sembrano quasi piacevoli!”

 

Sirius lasciò che il senso di colpa avesse la meglio su di lui e ciò non gli costò alcuno sforzo. Si sentiva già un’immonda creatura.

 

Parlò a voce bassa.

 

“La cosa più ingiusta…è che gli amici che dovrebbero sostenerti, riescono soltanto a  peggiorare la situazione…e non sto parlando di James e Peter…lo specialista nel deludere le persone che mi stanno a cuore sono io…”

 

Remus si voltò per guardarlo in faccia.

 

C’era qualcosa di diverso in lui, era cambiato molto negli ultimi mesi; l’anno prima avrebbe riso dei problemi, si sarebbe lasciato tutto alle spalle e avrebbe guardato dritto verso la sua strada e il suo futuro.

 

Adesso delle catene invisibili lo tenevano inchiodato a terra, dove non poteva sfuggire alla sofferenza.

 

Remus ebbe la sensazione che due di quelle catene si chiamassero ‘Maturità’ e ‘Consapevolezza’.

 

“Non essere sciocco. Non ce l’avrei mai fatta quest’anno senza di voi…e con il ‘voi’, comprendo anche te, Sirius, anzi…soprattutto te!” si sentì un po’ in imbarazzo sotto lo sguardo limpido del ragazzo, ma continuò “Sei stato un sostegno per me e sei fantastico con Iuno…”

 

“Ma se l’ho spaventato a morte!”

 

“Ma no! Avete urlato, si è spaventato al momento, ma ha già dimenticato…è nella Sala Comune con Lily, James e Peter.”

 

“E’ forte come il fratello.”

 

“E’ più forte di me…” si voltò di nuovo verso la finestra, lo sguardo perso nell’orizzonte “Non voglio rimanere senza di lui…”

 

Respirò piano cercando di non dare a vedere, per l’ennesima volta, quello che provava, ma ormai il muro era infranto.

 

La maschera sgretolata.

 

Il cuore, una pergamena che chiunque poteva leggere…

 

Non voleva più ingannare le persone che gli stavano vicine con un’apparenza falsa. Non per loro, ma per se stesso.

 

Si sentì improvvisamente goffo e fuori luogo e seppe di non poter più fingere.

 

Le sue braccia non gli erano mai sembrate così lunghe, ne le sue mani così vuote e indecise.

 

Non sapeva che farne.

 

Se le portò davanti al viso e bisbigliò senza neanche rendersene conto.

 

“…vuote…indecise…”

 

Sussultò tornado alla realtà quando si accorse che Sirius era dietro di lui, vicinissimo; il torace del ragazzo gli sfiorava la schiena, i capelli lunghi gli solleticavano il collo.

 

Rimase immobile cercando di formulare una frase coerente per chiedergli quali intenzioni avesse, ma non fu necessario.

 

Sirius gli aveva messo nella mano sinistra il violino e nella destra l’archetto.

 

“Sir…ma che fai? Io…non sono capace…non ho mai…”

 

“Shh” gli sibilò il ragazzo nell’orecchio “Vedi? Adesso non sono vuote le tue mani e …indecise…non lo saranno, se ti guiderò io”

 

Detto questo sollevò le braccia, mantenendole esattamente sotto a quelle di Remus e fece in modo che tenesse lo strumento nella posizione corretta.

 

“Rilassa la spalla…mi sarà più semplice guidarti.”

 

“Sirus…io non credo che…”

 

“Fa silenzio” sussurrò “inizia il concerto.”

 

Ogni volta che Remus aveva visto o sentito Sirius suonare, aveva pensato che lo strumento fosse parte integrante di lui; che ci fosse un legame supremo, qualcosa che andava al di sopra della comprensione degli altri.

 

Adesso che si trovava a far da tramite, ne aveva la certezza.

 

Il cuore batteva frenetico contro la sua schiena.

 

Le mani si muovevano decise guidando le sue.

 

Il respiro corto tra i suoi capelli.

 

Non poteva vederlo, ma sapeva che aveva gli occhi chiusi.

 

Adesso poteva percepirla chiaramente.

 

La tempesta che era la forza scatenante della sua musica.

 

La sentiva anche dentro di sé.

 

Incoerente e caparbia.

 

La sentiva sulla sua pelle, dove le mani dell’amico entravano in contatto con le sue.

 

Gli sembrò di non poter sostenere quell’uragano.

 

In realtà furono solo pochi movimenti di una melodia appena accennata.

 

Sirius lasciò le sue mani e si discostò di qualche passo.

 

“Non è difficile….vero?” disse guardandolo sereno e per niente turbato “T’insegnerò…se vuoi…così non dovrai preoccuparti di cosa far fare alle tue braccia quando sei in imbarazzo.”

 

“Insegnerai anche a me?” chiese una vocetta infantile.

 

Sirius si voltò di scattò e intravide la testolina bionda fare capolino dalla porta.

 

Il volto si aprì in uno splendido sorriso, mentre il bambino gli andava incontro.

 

“Ma certo!” disse facendolo sedere sulle sue ginocchia “T’insegnerò da subito!”

 

Remus guardò l’amico che baciava furtivo la testa del fratellino e poi abbassò lo sguardo sullo strumento ancora nelle sue mani.

 

<  Sì, Sirius…è meglio che tu insegni a lui…io non credo che potrò…scatena troppe sensazioni contrastanti in me.  >

 

 

 

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Capitolo 16
*** Sentirsi utili ***


16

16

 

 

 

CORRIDOIO DEL QUARTO PIANO

20       MAGGIO  1976

 

“SENTIRSI UTILI”

             

 

 

“Comincio a temere i colloqui con Silente” affermò James Potter mentre percorreva spedito i corridoi che portavano all’ufficio del preside “nove volte su dieci sono brutte notizie!”

 

“Se ti può consolare…inquietano anche me” rispose il suo migliore amico che procedeva alla sua destra, con lo sguardo deciso di un soldato che affronta in prima linea il nemico e non lo teme.

 

“Non ditelo a me!” la voce di Remus giunse da dietro “Ogni volta che sento la frase ‘Signor Lupin convocato’ il mio stomaco finisce in gola, il cuore prende il posto dei polmoni e i polmoni…finiscono giù, fino ai ginocchi…” si allentò il cravattino “…e così…addio respirazione regolare!”

 

“Una bella rivoluzione!” commentò Sirius sbirciando l’amico.

 

“Sono uno specialista in rivoluzioni, io!” accelerò un po’ il passo per stare al pari con gli amici “Ne metto in pratica una ogni mese!”

 

James ridacchiò.

 

Gli dava un enorme sollievo, vedere che Remus incominciava a reagire positivamente, in effetti nell’ultimo mese era tornato quasi alla normalità.

 

Naturalmente era cambiato:

 

Cercava la compagnia dei suoi amici più spesso del solito, studiava di meno ed era titubante a restare solo, ma gli occhi erano sereni; non aveva più quel riflesso di nascosto dolore che si era portato dietro per tutta la prima parte dell’anno.

 

Aveva gettato la maschera.

 

Quando sorrideva, adesso, il suo volto era aperto e sincero.

 

Quando invece si faceva cogliere dall’ansia e dalla malinconia, si vedeva.

 

Allora, James, Sirius, Peter e Lily inventavano mille nuovi metodi per fargli tornare il sorriso.

 

Peter era arrivato, addirittura, al punto di trasformarsi in topo per terrorizzare

all’inverosimile un gruppo di ragazze di Tassorosso, passeggiando tranquillamente sul tavolo, mentre queste facevano colazione.

 

Remus aveva riso fino alle lacrime quando  una ragazza del quinto anno aveva preso in mano la situazione intrappolando lo ‘sfortunato topo’  sotto una ciotola di marmellata di zucca ribaltata e Sirius era dovuto intervenire per portare in salvo l’amico.

 

Sfoderando il suo sorriso più accattivante, si era avvicinato al tavolo e afferrando topo e ciotola aveva dichiarato:

 

“Ci penso io a liberarvi da questa sgradevole bestiaccia, Signorine…”

 

Tre di loro si erano innamorate di lui all’istante e dal quel giorno lo seguivano sognanti, offrendogli ogni tipo di servigio:

 

“Sirius…posso prestarti i miei appunti, se vuoi ?”

 

“No. Grazie, ma sono al settimo anno e tu…al secondo”

 

“Sirius…vuoi che ti accompagni fino all’aula di Pozioni?”

 

“No. Grazie al cielo possiedo una bussola.”

 

“Sirius…vuoi che ti gratti la schiena?”

 

“No. Grazie, oggi credo che userò un albero.”

 

E così via.

 

Non le respingeva bruscamente, perché sapeva che i loro interventi portavano il sorriso sulle labbra di Remus.

 

Moony era cambiato davvero.

 

Aveva abbandonato l’aria da secchione moralista, stanco del dolore l’aveva relegato e nascosto nella parte più profonda di sé e sembrava volersi godere fino in fondo quegli ultimi giorni di felicità.

 

C’era solo un momento in cui non si poteva far niente per lui: quando pensava al fratello.

 

Il bambino trascorreva le sue giornate diviso tra la serra della professoressa Sprite, che lo lasciava giocherellare con le sue piante e l’infermeria, dove Madama Chips passava interi pomeriggi a raccontargli storie e aneddoti mentre si affaccendava nei suoi lavori quotidiani.

 

Silente aveva fatto aggiungere, per lui , un letto in più nel dormitorio dei ragazzi.

 

Non ci aveva mai dormito.

 

Arrivava la sera e lui, silenzioso come un topolino, s’infilava nel letto del fratello.

 

Sirius lo sentiva.

 

E sentiva i sospiri angosciati dell’amico, susseguirsi durante le notti insonni, temendo ogni giorno di più, l’inevitabile separazione.

 

Quando smise di pensare, era di fronte all’ufficio del preside.

 

 

 

***

 

 

 

Silente guardò i tre ragazzi seduti davanti a lui.

 

“Immagino che sappiate il perché della convocazione.”

 

Il labbro di Remus tremò e in mancanza di voce, annuì con la testa.

 

“No. Non credo di sap…” incominciò Sirius, ma James gli tirò una gomitata “è vero! Io non ho fatto niente, stavolta!”

 

“Sei un testone!” sibilò James tra i denti “sta un po’ zitto!”

 

“Signor Black, non l’ho convocata per rimproverarla…anche se devo ammettere che è la prima volta…” James ridacchiò “…ma per un motivo molto più serio…che vi coinvolge tutti  e tre; un motivo, che a quanto vedo, il Signor Lupin ha già compreso…”

 

Sirius abbandonò gli scherzi, ultimamente non lo divertivano neanche più di tanto.

 

I tre ragazzi rimasero in silenzio.

 

“Signor Black, ha portato, come le avevo chiesto, la lettera che ha ricevuto dal ministero?”

 

Il ragazzo estrasse dalla tasca un foglio stropicciato e le sopracciglia di Silente si alzarono pericolosamente.

 

Sirius si strinse nelle spalle.

 

“Ero un po’ nervoso…”

 

Il preside sospirò.

 

“Se sapesse quanto, questo foglio, può essere importante per il futuro di tutti voi, lo avrebbe trattato con la massima cura” affermò risoluto.

 

Sei occhi si puntarono stupiti su di lui.

(Otto, se contiamo le lenti di James.)

 

“Suvvia, ragazzi…mi deludete…pensavo che ci sareste arrivati da soli” riprese il preside leggermente divertito dal fatto di averli messi sulle spine.

 

“Per favore…” sibilò Remus, che all’apparenza era il più scosso “…potrebbe  spiegarsi più chiaramente…?”

 

Silente s’intenerì.

 

“Vi spiegherò tutto ciò che ho in mente…seguitemi con attenzione”  esclamò afferrando il plico di scartoffie sulla sua scrivania.

 

“Qui dentro” disse posando la mano sui fogli “ ci sono descritte le vostre situazioni familiari….”

 

“Perché sono lì?” chiese James interrompendolo.

 

“Perché io le ho raccolte e archiviate, Signor Potter; ora se mi vuol lasciare continuare…”

 

Questa volta fu il gomito di Sirius ad affondare nell’addome dell’amico.

 

“La situazione è questa: il Signor Lupin, come erede, è entrato in possesso di metà dell’abitazione dei genitori, l’altra metà, invece, spetterà a suo fratello nel momento in cui compirà 18 anni, tra molto tempo quindi. Per cui metà della tua casa, Remus, andrà al tutore del bambino” guardò il ragazzo che pareva tremendamente afflitto “Ora, tu non puoi essere il tutore di tuo fratello” continuò il preside “è assolutamente inutile compilare la domanda; secondo la legge dei maghi, un minore può essere affidato solo ad una persona che è stata riconosciuta come autonoma e indipendente, dal Ministero della Magia e noi sappiamo bene che il Signor Lupin, una volta al mese, è tutto fuorché autonomo e naturalmente lo sa anche il Ministero.”

 

Remus sembrò ancor più distrutto.

 

“Tuttavia, ho studiato affondo le leggi” continuò il preside alzandosi e facendo il giro della scrivania “ed ho scoperto che in alcuni casi, simili al tuo, Remus, alcuni anni fa, sono state fatte delle eccezioni.”

 

“Davvero?!” urlò speranzoso.

 

“Sì, nel caso in cui una persona, dichiarata autonoma e indipendente ecc…ti faccia da garante. In pratica questa persona si assume la responsabilità legale delle tue trasformazioni e può, in questa maniera, garantire un futuro normale al bambino.”

 

“Ma non c’è nessuno che non abbia paur…” s’interruppe mentre la comprensione si faceva strada in lui.

 

Silente gli si avvicinò e gli posò le mani sulle spalle.

 

Tremava violentemente.

 

“Signor Black?”

 

“Sì?”

 

“Vorrebbe leggere quello che c’è scritto nel terzo paragrafo della lettera che ha ricevuto dal Ministero?”

 

Sirius aggrottò la fronte e prese la pergamena.

 

“…con il suddetto atto, i coniugi Black, sulla base degli articoli: 25 parte b e c, e 26 parte a , chiedono che il loro figlio primogenito, Sirius Black, venga cancellato dallo stato di famiglia, omesso come erede del patrimonio e dichiarato autonomo e indipendente dalla responsabilità dei coniugi.”

 

Sirius guardò Silente.

 

“Autonomo e indipendente…” disse l’anziano preside “e ora vuol leggere l’ultima riga?”

 

Sirius obbedì.

 

“Il Ministero della Magia accorda la richiesta dei coniugi Black, prende atto delle prove presentate dai suddetti e dichiara il Signor Sirius Black autonomo e indipendente per la legge.”

 

Finì di leggere e alzò gli occhi ancora un po’ stupito.

 

“Ha capito, Signor Black? Sembra proprio che lei possa dare una mano al suo amico. Ne ha il coraggio?”

 

Sirius annuì senza dire una parola.

 

Gli sembrava incredibile…dopo una vita di inutilità, poter essere veramente d’aiuto a qualcuno.

 

“Bene!” esclamò Silente raggiante “Adesso può smetterla di tremare, Signor Lupin, come vede, c’ è una possibilità!” diede una pacca sulla schiena del ragazzo e ritornò dietro la sua scrivania.

 

“Ma io cosa c’entro?” chiese James interrompendo quell’istante di silenzio.

 

“Adesso ti spiegherò, James.”

 

“Ma lei crede davvero che il Ministero mi affiderà la tutela di un minore?” chiese Sirius “Non sono mai stato un modello di comportamento, chiunque potrebbe mostrare le prove che non sono adatto…”

 

“Signor Black! Quest’esitazione non gli si addice! Quello che il Ministero dichiara, non può poi rimangiarselo: la legge è legge” squadrò i suoi ragazzi.

 

“Ma è per questo che ho preso un’ulteriore precauzione…”

 

Di nuovo i tre lo guardarono stupiti.

 

“Faremo così: compileremo il modulo che richiede l’affidamento del bambino al Signor Lupin e iscriveremo il Signor Black come garante (allegando la lettera che attesta che hai le carte in regola per prenderti questa responsabilità, Sirius). Nel caso in cui sorgano altri problemi, (mi dispiace dirlo, ma non mi fido di Dolores Umbridge) i coniugi Potter, mi hanno fatto sapere, giusto questa mattina” disse sventolando una pergamena “cha saranno felici di fare loro stessi da garanti a Remus.”

 

James rimase di stucco e provò un incontrollabile amore verso quei genitori che si schieravano sempre dalla parte della giustizia.

 

“Naturalmente questa sarà solo una soluzione di ripiego” riprese Silente “I tuoi genitori sono Auror, James, per loro è già difficile proteggere te…E poi il Signor Black non ha un luogo dove andare, giusto?” chiese rivolto al ragazzo che annuì.

 

“Per cui questa soluzione mette d’accordo tutti! Forza…avvicinatevi per apporre le vostre firme su questa schiera di scartoffie…” disse osservando benevolo Remus e Sirius che si alzavano ancora un po’ confusi e che ponendo le loro firme, tremolanti per l’emozione, su quei documenti, salutavano definitivamente la loro vita da adolescenti per affacciarsi sul mondo incoerente degli adulti.

 

“Non credo che potrò mai ringraziarvi abbastanza” disse Remus dopo aver firmato tutti i fogli.

 

“Non credo che dovresti farlo” gli rispose Sirius prendendo la penna “ neanche una volta!”

 

 

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Capitolo 17
*** Qualcuno condanna il traditore ***


17

17

 

 

 

CORTILE INTERNO DI HOGWARTS

STESSO GIORNO (pochi minuti dopo)

 

“QUALCUNO CONDANNA IL TRADITORE”

 

 

 

Amici?

 

Dov’ erano i suoi amici?

 

Chi erano i suoi amici?

 

Peter si sedette su uno scalino di pietra e osservò il bambino che gli giocava vicino, unico diversivo di un ennesimo pomeriggio di monotonia.

 

Neanche lui lo considerava.

 

Preferiva giocare da solo o tutt’al più, richiedere la attenzioni materne e premurose della ragazza che vegliava su di lui.

 

Lily.

 

Bella e inebriante come un fiore.

 

Il suo nome.

 

Incantevole, sì, ma non provava niente per lei.

 

Come un quadro accurato che non suscita alcun sentimento.

 

Eppure una cosa doveva riconoscerla:

 

Era sincera.

 

Tutti i suoi amici lo erano.

 

<  La loro più grande virtù!  > pensò beffardo.

 

Non fingevano di considerarlo.

 

Non si preoccupavano neanche di mentire per decenza.

 

Se non avevano interesse per la sua opinione, loro non la chiedevano.

 

“Wormy!” urlò la ragazza dai capelli rossi “Lanciaci quella palla!”

 

Si allungò per afferrare il giocattolo e glielo lanciò.

 

Lily sorrise.

 

Forse si sbagliava sul suo conto.

 

Sì, in fin dei conti condividevano lo stesso destino.

 

Rimanevano spesso sulle loro.

 

Lily perché era l’unica ragazza.

 

E lui, perché era Peter.

 

No. Non era la stessa situazione, ma le conseguenze erano simili.

 

Iuno rise forte e corse a nascondersi dietro la schiena del ragazzo.

 

Il gioco era diventato improvvisamente movimentato.

 

<  Strano  > pensò <  Lily è sempre così calma.  >

 

Alzò gli occhi su di lei e capì di vederla per la prima volta:

 

Aveva i capelli sciolti…disordinati…il colletto della camicia aperto, non portava il cravattino.

 

Le guance erano rosse e accaldate, il sorriso contagioso, lo sguardo misterioso e dolce di una madre che guarda il suo bambino e vede l’universo d’amore che l’ha  concepito.

 

Le scarpette aperte la facevano sembrare una bambola, ma era umana.

 

Umana come non l’aveva mai vista.

 

<  Non è la Lily di sempre  > pensò rapito  <  E’ la Lily di cui James si è innamorato e che solo lui conosce.  >

 

La guardò più attentamente.

 

A dispetto di prima, le sembrò coinvolgente quanto la peccatrice di un dipinto religioso, stregata dal suo stesso fascino, ma inconsapevole di possederlo.

 

<  A noi non mostra mai questo lato.  >  rifletté  <  James possiede allo stesso momento, il conforto della mano più dolce e il fascino del mistero più recondito…Io cosa possiedo?....  >

 

Arrivò la risposta.

 

<  Niente.  >

 

Il bambino si teneva ancora aggrappato alla sua schiena.

 

Si voltò per guardarlo.

 

Era carino con quegli occhi sfuggenti.

 

Allargò le braccia per prenderlo in collo e tenerlo sulle ginocchia, ma i giochi lo avevano completamente coinvolto e dopo un attimo fu chiaro che non gradiva quella collocazione così statica.

 

Peter lo lasciò andare.

 

“Ci stanno mettendo molto tempo!” disse rivolto a Lily.

 

“E’ vero…” rispose la ragazza, spingendo di nuovo la palla verso il piccolo, poi scrutò i portici della scuola “Stanno arrivando!”

 

Peter si voltò.

 

Era vero.

 

Si avvicinavano raggianti, camminando tutti e tre accanto.

 

Sullo stesso piano.

 

Non c’era nessuno che zampettava dietro di loro.

 

Iuno corse incontro al fratello, ma Lily era rimasta ferma, in piedi, aspettando che gli amici si avvicinassero e la rendessero partecipe di ciò che era successo.

 

<  Almeno questa volta non sono l’unico  > pensò.

 

Poi James agì in maniera inaspettata: si distaccò dagli amici e corse verso la ragazza.

 

Sul volto di Lily comparve un grandioso sorriso.

 

Peter rimase a guardare la coppia per un po’, senza muoversi dal suo angolo.

 

“Ti sei sentita sola?”

 

Sentì la voce dell’amico pronunciare queste parole, mentre abbracciava la sua ragazza sollevandola da terra.

 

Lily rise scuotendo la testa e allacciò le braccia intorno al collo di James, sfiorandogli le labbra con un bacio furtivo.

 

Peter distolse gli occhi.

 

Ok! James non gli avrebbe spiegato ciò che era successo, ma c’era sempre Sirius.

 

Certamente Sirius sarebbe andato da lui e gli avrebbe raccontato tutto.

 

Lo cercò con lo sguardo.

 

Non c’era.

 

Lo vide dopo pochi istanti.

 

Scorrazzava per il giardino con Iuno sulle spalle.

 

Sorrise appena.

 

Era il gioco preferito di entrambi.

 

Niente.

 

<  Ognuno ha le sue priorità  > pensò sarcastico.

 

Ma Remus?

 

Sì, Remus stava venendo verso di lui.

 

Remus non lo avrebbe lasciato in disparte.

 

Lui non rifiutava mai il sostegno dei suoi amici.

 

Remus non lo avrebbe fatto sentire inutile.

 

Remus gli avrebbe raccontato tutto, poi lo avrebbe scrutato con quei suoi occhi adulti e malinconici e avrebbe chiesto il suo aiuto.

 

No. Forse non lo avrebbe chiesto, ma solo perché era troppo riservato per farlo.

 

“Remus…” gli disse “Cosa voleva Silente? Posso aiutarti in qualche modo?”

 

Il ragazzo lo guardò limpido e all’improvviso le sue labbra si allargarono in un sorriso radioso.

 

<  Ah, Remus…Sapevo che almeno te mi avresti considerato!  >

 

Moony si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.

 

“Grazie Peter, ma James e Sirius hanno già fatto per me, più di quello che potevo desiderare!”

 

Gelo.

 

<  Quando mai….  >

 

Peter alzò gli occhi e guardò in alto, su, fino alla torre di Astronomia e oltre e rivolse al cielo, o a qualunque cosa ci fosse in alto, una muta preghiera che aveva un disperato bisogno di diventare un giuramento:

 

<  Il sarcasmo è il mio unico amico.

 

Il potere è l’unica forza che potrà sollevarmi da questo terreno dove sto strisciando.

 

Se devo strisciare, allora che sia per la causa più potente.

 

Mi schiererò con il più forte.

 

A chi mi chiederà aiuto, io lo negherò.

 

Abbandonerò ogni sentimento.

 

Non proverò niente.

 

Se esiste un pozzo nei dintorni, è quello della mia anima.

 

Condannatemi perché sarò un traditore.  >

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Chiudere le tende ***


18

18

 

 

 

HOGWARTS SULLE RIVE DEL LAGO

21 GIUGNO 1976

(ultimo giorno ad Hogwarts)

 

“CHIUDERE LE TENDE”

 

 

 

“Io non entro” dichiarò deciso Remus, tastando con l’alluce la superficie dell’acqua “E’ troppo fredda!”

 

“Andiamo…” lo sollecitò Sirius già nell’acqua fino alle ginocchia “…non fare il bambino! Guarda tuo fratello! E’ felice di fare il bagno e non si preoccupa minimamente dell’acqua fredda!”

 

Il licantropo lo guardò torvo.

 

“Solo perché è sulle tue spalle! Prima che l’acqua arrivi a bagnarlo, tu dovresti essere immerso fino al collo!”

 

“Ma è chiaro che m’immergerò fino al collo…” alzò gli occhi per parlare al bambino abbarbicato sulle sue spalle “Iuno, tuo fratello pensa che non facciamo sul serio! Gli facciamo vedere che Grifondoro siamo?”

 

“Lui non è un Grifondoro!”

 

“Oh…ma lo sarà….Allora? C’immergiamo?”

 

“Sì! Dai!” urlò il piccolo che nell’impeto della risposta aveva strattonato i capelli di Sirius, facendo apparire sul volto del ragazzo un’espressione da martire.

 

Remus sghignazzò.

 

“Scoppia di entusiasmo, questo bambino…” commentò Sirius, poi si rivolse di nuovo al piccolo Lupin “Forse è meglio se ti reggi al mio collo, invece che ai miei capelli!”

 

“Sirius…Io non lo farei…”fece appena in tempo a dire Remus.

 

Istantaneamente, il ragazzo si ritrovò quasi soffocato dalla stretta decisa che il bambino aveva dato alla sua gola allacciandovi attorno le braccia.

 

“Ecco…Appunto!”

 

Remus si avvicinò per soccorrere l’amico, ma non riuscì a dare alla sua bocca una piega che non fosse un sorriso.

 

“Forse è meglio se scendi” disse, tirando giù il bambino dalle spalle del ragazzo che riprendeva fiato tossicchiando.

 

L’acqua gli arrivò solo ai ginocchi, ma quando entrò in contatto con la pelle nuda, Iuno cacciò un urlo e si aggrappò forte alle gambe di Sirius.

 

Remus giurò di aver sentito il suo amico ululare.

 

Posò lo sguardo sul fratellino.

 

Aveva gli occhi lucidi e gli angoli della bocca rivolti verso il basso, guardandolo meglio, si accorse che una manina era aggrappata al costume di Sirius, su di una parte piuttosto intima e delicata, quella più a tiro, vista la statura del bambino.

 

Rise di gusto mentre prendeva in collo il fratello.

 

Poi alzò lo sguardo sull’amico e vide una statua di sale.

 

“Sirius….?”

 

Nessuna risposta.

 

“Stai bene?” ritentò.

 

No.

 

“Andiamo…non può averti fatto così male…”disse.

 

“…to

 

“Come?”

 

Stai  zitto.”

 

Remus rise di nuovo.

 

“Potresti fare il bagno…sono sicuro che l’acqua fredda ti farà bene…”

 

No. E’ una  congiura.”

 

“Sirius…parla perbene !”

 

Ehm….Ehm… è una congiura, dicevo” si massaggiò la parte lesa “Voi fratelli Lupin siete pericolosi…Vado a farmi una doccia in camera….”

 

“Io non lo farei…”

 

“Perché?”

 

“C’è  Lily, nella nostra stanza.”

 

“E cosa ci fa, Lily, nella nostra stanza?”

 

“La doccia.”

 

“La doccia? Nella nostra stanza?”

 

“Smettila di ripetere ‘la nostra stanza’ , Sirius! Sì, sta facendo la doccia…prima James l’ha spinta nel lago e lei ha detto che si vergognava a tornare in camera sua conciata a quel modo.”

 

“Il mio naso da segugio fiuta qualcosa di losco….”

 

“Anche il mio da licantropo, se è per questo…”

 

“Allora dovrò accontentarmi di fare la doccia qui…”detto questo si avvicinò furtivo verso l’amico.

 

“Non ci provare, Sirius.”

 

“Ti ho mai dato retta, Remus?”

 

“A dire il vero….No.”

 

“Allora cosa ti fa pensare che lo farò ora?” domandò facendo ancora qualche passo nella sua direzione.

 

Remus si ritrasse sorridendo.

 

“Forse il fatto che da domani saremo una pseudo-famiglia?”

 

Sirius si bloccò un attimo.

 

“Pensi che dovrei mettere la testa apposto?” chiese serio il ragazzo.

 

“Sarebbe un utopia, Signor Black!”

 

 

 

***

 

 

James Potter chiuse la porta del dormitorio dietro di sé e si avvicinò alla sua ragazza.

 

Sedeva davanti alla piccola scrivania, con la testa leggermente inclinata da un lato, si passava ripetutamente un pettine di legno tra i capelli, erano ancora un po’ umidi.

 

Indossava solamente la camicia bianca di James che le arrivava a metà coscia, si era arrotolata le maniche perché non la rendessero impacciata mentre si pettinava.

 

Il ragazzo fece qualche passo avanti, in silenzio e notò che i capelli umidi avevano bagnato il tessuto della camicia sulle spalle e sulla schiena.

 

Osservò come la stoffa aderiva alla pelle.

 

La ragazza si gettò la massa ramata sulla schiena e sbirciò nella sua direzione; quando lo vide abbassò un po’ gli occhi e sorrise.

 

Le labbra…rosse e umide come i capelli.

 

James trattenne il fiato.

 

“Ti ho mai detto che sei la donna più bella che abbia mai visto?”

 

Lily spalancò gli occhi un istante, si rigirò il pettine tra la mani e alla fine si costrinse a guardare il suo ragazzo.

 

Le labbra adorabili rimasero per un attimo socchiuse,  indecise su quali parole pronunciare.

 

“Mi hai detto che ero la ragazza più carina di Hogwarts…la prima volta che siamo usciti insieme…”

 

Era imbarazzata.

 

James sorrise e si portò alle sue spalle.

 

“Adesso sei una donna…” le sussurrò nell’orecchio.

 

La voce uscì stranamente roca e le guance di lei divennero di fiamma.

 

James si chinò fino a baciarle il collo, dove la pelle era bianca, sotto l’orecchio e la senti fremere impercettibilmente.

 

“Lily…” la mano scivolò fino alla gola, per poi ritornare su a sfiorare la tempia “nessuna potrà mai essere neanche lontanamente paragonata a te…”

 

I suoi capelli emanavano un profumo inebriante.

 

Li spostò tutti sul davanti.

 

Le ricaddero sul seno.

 

E incominciò a baciarle la schiena e la base del collo.

 

Lei gli catturò le mani allacciandosele alla vita, intrecciate alle sue.

 

“Abbracciami…” sussurrò posando la testa contro il suo petto “…ti desidero così tanto…”

 

James le baciò la tempia.

 

“Davvero…?”

 

La ragazza annuì, aveva gli occhi chiusi.

 

“Per tutto quest’anno…” continuò James “…ho vissuto del calore che tu emanavi, non ho mai osato chiederti se per te valeva la stessa cosa.”

 

Lei aprì gli occhi e si voltò per guardare in viso il ragazzo.

 

“Non ho mai avuto freddo accanto a te, James, neanche quando il tempo e il destino ci hanno scagliato contro le loro bufere taglienti e gelate…” gli appoggiò una mano sul collo e con il pollice gli sfiorò la guancia “…non verrà mai il giorno in cui il mio cuore sarà freddo di fronte a te, dovrò morire prima.”

 

Gli ravviò i capelli scompigliati, spostandoglieli indietro e gli baciò la fronte.

 

“Ti amo” sibilò

 

“Anch’io ti amo”

 

Lily puntò gli occhi verdi su di lui e si avvicinò di più al suo volto.

 

“Allora…amore …dimostramelo…” sussurrò a fior di labbra.

 

 

 

 

Quando l’intimità di due persone viene unificata dai desideri dei loro sensi e dalla complicità delle loro menti, l’unione assomiglia ad un rito che racchiude nel suo susseguirsi di gesti, in tutto e per tutto umani, una sacralità che potrebbe sfuggire a chi osserva soltanto.

 

Non è, dunque, dignitoso spiare, spingendoci oltre il velo dell’ultimo vestito…

 

Ma alcune storie, sono talmente dolci che meritano un’eccezione.

 

Nessuna sacralità sarà turbata.

 

 

 

 

“Oscura quella finestra…” bisbigliò Lily, voltando le spalle al ragazzo e perdendosi per un istante nei raggi accecanti che filtravano dai vetri “…questa luce ti mostra troppo di me…”

 

James le abbracciò le spalle e affondò il viso nei suoi capelli.

 

“No…lascia che il sole ti accarezzi…insieme a me, sei la figlia della luce…”appoggiò entrambe le mani sul suo ventre “…accoglierai una nuova vita…e anch’essa sarà splendida e consacrata al sole…Non relegarci nell’oscurità a causa di quel pudore che non ha ragione di esistere.”

 

Lily si appoggiò con la schiena al suo torace, inspirando il sentore di fresco e pulito che riconosceva e associava al ragazzo.

 

Le sue mani erano grandi.

 

Non le erano mai sembrate così grandi come in quel momento.

 

Le punte delle dita la sfioravano leggere…sulla pancia…sul seno…

 

Le stavano sbottonando la camicia.

 

Lo lasciò fare, rimanendo immobile, non si mosse neanche quando l’indumento le scivolò dalle spalle e finì ai suoi piedi in un mucchietto.

 

Rimase così per lunghi attimi, prima di voltarsi e guardare negli occhi il suo amore.

 

James era serio come non l’aveva mai visto…

 

Coinvolto…

 

Inebriato…

 

Sorrise, vedendo che anche le guance di lui erano divenute rosse di fronte alla sua nudità.

 

Condividevano quella fiamma divampante che è l’emozione.

 

Si sfilò la maglietta da solo, senza aspettare e la lasciò cadere a terra.

 

Non riusciva a staccarsi dalle iridi verdi.

 

Le mani della ragazza gli sfioravano il torace…

 

Seguirono il contorno dei suoi addominali…

 

Si posarono sui pantaloni…

 

E incominciarono ad aprire il primo bottone.

 

James trattenne il respiro e solo un mugolio strozzato uscì dalle sue labbra.

 

Le mani di Lily proseguirono delicate.

 

Aveva gli occhi bassi, ma ridenti e sembrava concentrata, la sua bocca s’increspava leggermente ogni volta che un bottone bizzoso la ostacolava.

 

Quando riuscì ad aprire anche l’ultimo, parve soddisfatta.

 

James sorrise e la guardò con amore.

 

“Sei adorabile…”

 

Si sedette sul bordo del letto per sfilarsi i calzoni e protese una mano verso la ragazza, come a pregarla di raggiungerlo.

 

Lily si distese accanto a lui, reclinata su un fianco, una mano sotto la guancia e i capelli sciolti che inondavano la pelle bianca.

 

James non resistette alla tentazione di far scorrere una mano su tutto il suo corpo, fino al piedino, che imprigionò nel suo palmo.

 

“Ti ho catturata”

 

 Lily rise e la tensione si sciolse.

 

“Sì…ma non oggi…Signor Potter!”

 

James le baciò la bocca.

 

Quando lasciò le sue labbra, il cuore gli batteva a ritmo serrato, il calore che sentiva sulle proprie guance lo inebriava e lo stordiva allo stesso tempo, le sue mani, che tremavano leggermente per l’emozione, richiedevano come unico compenso, di poter condividere quel fremito con altre due mani.

 

Non più, soltanto due, ma quattro.

 

Unite.

 

La consapevolezza di quanto si accingevano a condividere non lo abbandonò mai…

 

Sospirò, regalando un’altra carezza al viso di lei…

 

Si sporse oltre il bordo del letto a baldacchino…

 

Afferrò la bacchetta e con un incantesimo…

 

Chiuse le tende.

 

Non c’era più niente da dire.

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Gli dirai la verità ***


19

19

 

 

 

MINISTERO DELLA MAGIA

4 NOVEMBRE 1981

 

“ GLI  DIRAI  LA VERITA’ ”

 

 

Volubile mente umana!

 

Per il breve lasso di tempo che aveva trascorso da quando la scuola era finita, aveva davvero creduto nella felicità.

 

Quel giorno la speranza era morta.

 

Nella vita di Remus Lupin non esisteva un vocabolario che contenesse quella parola.

 

Felicità.

 

Un fuoco fatuo.

 

Ecco cosa restava del calore che aveva provato.

 

Si sedette su una sedia, nell’atrio umido e maleodorante, aspettando il suo turno.

 

James e Lily erano morti…

 

Morti? Come era possibile…

 

Li aveva visti solo qualche sera prima.

 

Gli aveva parlato pochi istanti prima che succedesse, attraverso lo specchio magico.

 

“Domani venite a trovarci…” aveva detto James giocoso “A Harry piace stare con voi…Lily! Lasciami finire!”

 

La giovane donna dai capelli rossi era apparsa sulla superficie liscia, e Sirius aveva riso.

 

“Povero Prongie!”

 

“Ehi! Che razza di amici!” aveva detto lei, poi aveva disteso il volto in un sorriso imbarazzato “Ci sentiamo soli così relegati…E’ la verità, James!”

 

Borbottio di sottofondo: Harry reclamava la sua mamma…

 

“Verremo tra due giorni” aveva risposto Remus “Domani c’è la luna piena!”

 

“Ok! Allora è deciso! Adesso scusatemi…ma mio figlio si fa sentire…è tutto suo padre!”

 

“Ma sentitela!” aveva commentato suo marito.

 

Avevano riso tutti e quattro.

 

Si erano salutati…

 

Poi James era riapparso sulla superficie, come se si fosse dimenticato qualcosa:

 

“Ah…Remus..? Coraggio per questa luna!”

 

“Non preoccuparti! Ho la pozione…E poi la trasformazione non mi ha mai ucciso…non lo farà neanche stavolta!”

 

“Voglio ben sperarlo…” disse ridendo “Non ti perdonerei mai se tu te ne andassi senza prima trascorrere con noi una bella serata come ai vecchi tempi!”

 

“Ma che spiritosone!”

 

“Buonanotte Moony”

 

“’Notte James”

 

Due giorni dopo erano già sottoterra entrambi.

 

 

***

 

 

“Il Signor Lupin?”

 

“Sono io.”

 

“Bene. Se vuole può vederlo. Ne è sicuro?”

 

“Sicuro di cosa?”

 

“Di volerlo vedere.”

 

“Sì. Sono sicuro di volerlo vedere.”

 

Remus si alzò un po’ stizzito e seguì l’uomo in un corridoio laterale.

 

“Devo avvisarla però…” riprese il mago “…è molto pericoloso.”

 

“So badare a me stesso.”

 

“Lei non conosce quell’assassino…” disse scuotendo la testa con aria rassegnata “Ha ucciso tredici babbani!”

 

Remus si bloccò squadrando l’uomo con occhi imperscrutabili.

 

“Da quanto tempo lo conosce?” gli chiese dopo qualche secondo.

 

Il mago parve perplesso.

 

“Non l’ho mai visto prima di due giorni fa, quando è stato portato qui!”

 

“Davvero?”

 

“Certo!” rispose l’uomo sull’attenti.

 

“Bene. Io non conosco l’assassino di cui lei sta parlando, ma conosco Sirius Black da 12 anni, per cui adesso la smetterà di predicare e mi porterà da lui.”

 

Era calmo, ma estremamente autoritario: il risultato degli innumerevoli ostacoli che aveva dovuto affrontare.

 

Con suo sommo stupore, non venne condotto in una cella, ma in una stanzetta quadrata e bianca.

 

Remus guardò stupito il mago davanti a lui che si affrettò a spiegare:

 

“L’interrogatorio è finito pochi minuti fa…” disse aprendo la porta “…le concederanno…non più di 15 minuti.”

 

Il licantropo fece un cenno d’assenso con la testa ed entrò nella stanza.

 

“Remus!”

 

La voce risuonò improvvisa nello stesso istante in cui oltrepassò la soglia con il piede.

 

Lo cercò con lo sguardo e finalmente lo vide.

 

Era seduto ad un lato del tavolino, al centro della stanza, aveva un aspetto terribile: i lunghi capelli arruffati che ricadevano scomposti sul suo viso, gli occhi spalancati e irrequieti…

 

Remus riuscì a leggervi la disperazione e la paura…

 

Poteva, quello, essere lo sguardo di un assassino?

 

Non riuscì a darsi una risposta.

 

Le mani erano incatenate in due anelli magici saldati al tavolo, non poteva alzarsi, sebbene ci avesse provato nell’istante in cui l’amico era entrato.

 

Remus intuì quello che voleva e si avvicinò.

 

Era ricoperto di lividi, l’interrogatorio doveva essere stato molto movimentato e poiché Sirius non poteva muoversi, poté immaginare che il divertimento fosse stato unicamente per le guardie del Ministero.

 

Sirius, bloccato dalle manette, protese la testa come avrebbe fatto Padfoot in cerca di una carezza.

 

Remus l’abbracciò lentamente senza dire una parola.

 

Non riusciva a capire dove fosse finita la sua voce.

 

La guancia contusa si era posata sulla sua spalla.

 

Lo circondò, appoggiando una mano sulla sua testa e l’altra sulla schiena.

 

L’abbandono era disarmante.

 

Insolito.

 

Poi senti un sussulto…e poi un altro e un altro ancora…

 

All’improvviso scoprì di poter ancora parlare.

 

“Piangi, Sirius?” chiese con voce incolore “Io non ho più lacrime.”

 

I singhiozzi cessarono.

 

“Ti...prego…credimi!”

 

“A cosa devo credere?” chiese il licantropo “Al fatto che hai tradito James e Lily? O che hai ucciso Peter e tredici babbani?”

 

Gli stava rivolgendo parole dure, ma non riusciva a smettere di abbracciarlo.

 

<  Se almeno il mio cervello si mettesse d’accordo con il cuore!  > pensò senza neanche tentare di allentare la presa.

 

Fu Sirius ad allontanarsi da lui, lo sguardo vuoto di chi ha perso anche l’ultima speranza.

 

Non piangeva più.

 

“Non sono stato io” disse, ma sapeva che era inutile “Non ho fatto nessuna di queste cose” si fregò il viso sul braccio per asciugarsi le lacrime “…cercavo solo la giustizia.”

 

“Chi è stato allora?”

 

“Peter.”

 

“Peter è morto.”

 

“Non credo.”

 

Remus sospirò cercando di scacciare la nebbia dalla sua testa, ma senza convinzione.

 

<  E’ meglio non sapere  > ripeteva la sua anima.

 

“Dillo al processo…cercheranno le prove…”

 

“Non ci sarà alcun processo.”

 

Il licantropo sgranò gli occhi.

 

“Non è possibile…” disse sinceramente stupito.

 

Sirius sorrise amaramente.

 

“Remus…amico mio…Pensavi davvero che sarebbero stati giusti? Hanno troppa fretta di riprendere il controllo della situazione, adesso che Voldemort è scomparso, chiunque sia sospettato di parteggiare per il Signore Oscuro viene incarcerato o giustiziato, a seconda dei casi…e quasi sempre senza processo.”

 

Sospirò e il ghigno scomparve.

 

“Stasera verrò portato ad Azkaban.”

 

Silenzio.

 

La porta si aprì e il mago di prima entrò nella stanza per sollecitare Remus ad andarsene.

 

Il licantropo lanciò un ultimo sguardo all’amico e si voltò per andarsene.

 

“Dirai la verità a Iuno?” chiese la voce alle sue spalle.

 

“E qual è la verità?”

 

Sirius lo guardò con occhi spenti.

 

“Quella che gli dirai.”

 

 

***

 

 

Quella notte per Sirius fu la prima in balia dei Dissennatori.

 

Era arrivato ad Azkaban solo da poche ore e gli oscuri demoni si erano accaniti su di lui.

 

Non gli importava.

 

Che gli portassero via tutto.

 

Che non rimanessero altro che parole incoerenti e follia.

 

Era preferibile.

 

 

Venne la notte di quel primo giorno,

e grato di aver tanto sopportato,

all’anima chiesi di cantare.

 

Ma lei rispose che le corde erano saltate

L’archetto, polvere di atomi.

Così a ripararle mi ci volle

Fino alla mattina del giorno seguente.

 

E poi, un giorno immenso come due ieri,

riversò il suo orrore sul mio volto

fino a bloccarmi lo sguardo.

 

La mente prese a ridere

Parlavo  a vanvera come un folle

E sono anni ormai, ma da quel giorno

La mia mente ridacchia, come una piccola sciocca.

 

Qualcosa di strano dentro

Quello che ero

E quello che sono adesso, due cose divise.

Potrebbe questa essere Pazzia?

 

 

 

***

 

 

Distante da quel luogo.

 

In un altro dove.

 

Sotto la luce di una sola candela ormai quasi del tutto consumata.

 

Un uomo si rigirava tra le mani un pezzetto di carta.

 

Era un quadratino di pergamena stropicciato e ingiallito.

 

Al centro spiccavano, in un irriverente inchiostro rosso, queste parole:

 

SAREMO SEMPRE QUI’

James, Peter e Sirius

 

 

La parola ‘SEMPRE’ non si leggeva più bene, le lettere si erano confuse, la dove una lacrima caduta, aveva sciolto l’inchiostro.

 

Nella stanza risuonò l’eco di alcune parole pronunciate tanto tempo prima.

 

“ Non si accartoccerà più! Almeno fino a quando sarò in vita, ti prom…”

 

L’uomo si passò una mano sugli occhi e parlò al ricordo.

 

“James…Adesso che non ci sei più, questo cuore è libero di accartocciarsi di nuovo? Adesso che Sirius non è qui per ridistenderlo… Adesso che Peter e Lily sono con te…Non ti sentirai solo…Io sì…Mi sento solo.”

 

Appoggiò la fronte nell’incavo del braccio.

 

“Voi non siete più qui!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Il dodicesimo ***


20

20

 

 

 

AZKABAN  28 DICEMBRE  1992

(notte)

 

“IL DODICESIMO”

 

 

 

Un anno è passato

Il secondo è andato

Il terzo  trascorso

Il quarto tramontato

Il quinto ho tollerato

Il sesto sopportato

Il settimo ho odiato

L’ottavo detestato

Il nono supplicato

Il decimo ho dormito

L’undicesimo sognato…

 

Sognare…

 

<  Se potessi dormire…allora sognerei…  >

 

Sì, l’undicesimo anno è per sognare…e per ascoltare, risonante tra le mura, la cantilena del folle…

 

Il folle…

 

Il folle assomiglia ad un’ ombra.

 

Parla alla sua mente muovendo le labbra…sono frenetiche, ma non c’è voce.

 

Parla ai mattoni con voce strascicata…dice la verità, ma senza logica.

 

La verità è una cantilena folle.

 

La sua verità è follia, per chi l’ascolta.

 

Nessuno ascolta…

 

 

Buio.

 

<  E’ meglio non vedere queste strette mura…sono umide, scure e piene d’insetti.

 

 Se non le vedo posso immaginare le colline, come si vedevano dalle finestre di Hogwarts.

 

 Se non vedo niente posso immaginare di non essere solo; posso focalizzare lo sguardo sul quel punto indefinito e immaginare che lì ci sia Remus…E James non è morto, è seduto di fianco a Lily e come al solito gioca con le sue ciocche ramate; anche lei è viva, sta raccontando una storia a Iuno…Iuno…

 

Non viene verso di me perché è arrabbiato…

 

No. Non è arrabbiato, è spaventato.

 

Io l’ho spaventato…

 

Ma so che alla fine mi perdonerà…

 

Ecco…

 

Lo vedo già venire verso di me…

 

Adesso scalerà le mie ginocchia, i suoi capelli sfioreranno la mia guancia e la sua voce nel mio orecchio dirà:

 

“Fammi vedere una nuova magia, Sirius!”

 

Sirius…

 

Da quanto tempo non sento pronunciare il mio nome?

 

Un anno è passato

Il secondo è andato

Il terzo…

 

Troppi anni.

 

Non bastano più le mani per contarli e devo aggiungere i piedi…  >

 

 

Freddo.

 

<  Sì, è naturale che faccia freddo…

 

Ora non sono più nel dormitorio caldo e accogliente…

 

Questa è la Stamberga Strillante e lì in quell’ angolo c’è Remus che aspetta sconsolato la trasformazione.

 

Fa freddo qui dentro…ma restiamo lo stesso io, James e Peter…

 

Restiamo per Remus…

 

Lui teme il lupo…  >

 

L’ombra si alza è guarda attraverso le sbarre della finestrella.

 

<  La luna…sì…vedi? Ecco la luna, ma non temere, noi siamo con te…  >

 

 

Paura.

 

<  Non è paura questa…solo un po’ di trepidazione…se ci scoprisse la McGranit ci ritroveremmo in punizione per tre mesi!

 

Non temere…

 

Non temete…

 

I Malandrini non hanno paura…

 

Questo è lo scherzo più grandioso dell’anno.

 

La faremo pagare a quei Serpeverde, vero Peter?

 

Peter…

 

Peter è il traditore?

 

No. Peter non è un traditore…

 

Voldemort non esiste…

 

E’ solo un nome nella mente dei folli.

 

Folli?  >

 

L’ombra si volta di scatto allorché percepisce un rumore.

 

“Sei tu James?”

 

“No.”

 

“Non sei James?”

 

“No.”

 

I capelli sono chiari s’intravedono dalle sbarre.

 

“L’undicesimo anno è per sognare…allora posso sognare…posso sognare che tu sia Remus. Lo posso fare.”

 

“Sirius…?”

 

L’ombra acquista un nome.

 

Silenzio.

 

“Sirius, non ho tempo…”

 

L’ombra acquista un nome e la cognizione del tempo.

 

Ancora silenzio.

 

“In questi anni ho desiderato solo di rivederti”

 

L’ombra acquista un nome, la cognizione del tempo e la coscienza dei sentimenti.

 

Sempre silenzio.

 

“Sirius!”

 

L’ombra sente dei passi che si avvicinano, il suo interlocutore diventa impaziente e inquieto.

 

Si agita come se avesse qualcosa di vitale importanza da dire e non vuole andarsene senza averlo comunicato.

 

“Sirius…io ti credo, non ho mai dubitato” si volta furtivo verso il corridoio, poi punta di nuovo gli occhi ambrati su di lui.

 

“Remus…sei tu davvero…qui, per me?”

 

“Avvicinati.”

 

L’ombra adesso ha un nome, la cognizione del tempo, la coscienza dei sentimenti e la visione della realtà.

 

Fa qualche passo avanti.

 

“Tieni” L’uomo dal corridoio gli porge una bacchetta “e ricordati…” allunga una mano tra le sbarre e gli afferra la testa da dietro, traendolo a sé in modo che la sua bocca sfiori l’orecchio del prigioniero “…il dodicesimo è per fuggire.”

 

Scompare.

 

C’è trambusto ad Azkaban quella notte.

 

C’è stato un intruso ad Azkaban quella notte.

 

Il prigioniero si volta verso la finestra leggermente illuminata dalla luna.

 

E’ piena.

 

Non poteva essere Remus.

 

Osserva la bacchetta ancora stretta nella sua mano e la nasconde nei suoi vestiti laceri.

 

L’ombra riacquista la speranza.

 

<  Il dodicesimo è per fuggire  >

 

“Iuno…”

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Immaginario ***


21

21

 

 

 

CASA  LUPIN  27 AGOSTO  1993

(tardo pomeriggio)

 

“IMMAGINARIO”

 

 

 

“Una musica….Sento una musica”

 

La mente vuota.

 

Il tempo scandito dal battere trepidante del cuore.

 

Aveva l’intensità assordante di un tuono.

 

“Una musica…”

 

Remus Lupin lasciò cadere a terra la corrispondenza che aveva tra le mani e percorse il corridoio buio.

 

Sul suo volto un’innocente, disarmante incertezza.

 

L’oscurità lo accolse, mentre si protendeva verso le note, incapace di dare al suo corpo un comando diverso.

 

Provenivano dal piano di sopra.

 

Osservò incredulo lo spazio circostante e i miliardi di molecole che parvero,improvvisamente, incominciare a turbinare.

 

La melodia creava intorno a lui immagini….visioni brillanti, nitide e dinamiche, non erano note triste, solo nostalgiche.

 

Le sentiva…

 

Bussavano alla sua mente chiedendo di essere riconosciute.

 

Tentò di respingerle con poca convinzione.

 

Faceva male ricordare, ma la forza per seppellire i ricordi, ormai, in lui era esaurita.

 

Tornarono insistenti, implacabili e caparbie.

 

“Queste note nascondono un uragano” sussurrò “ io lo conosco…conosco questa tempesta….appartiene al passato…”

 

Si voltò nel bagliore improvviso e vide un ragazzo grassottello camminare con passo svelto verso di lui.

 

Questi lo oltrepassò senza dar segno di averlo notato e spalancò con decisione una porta alla sua sinistra.

 

Non c’erano porte alla sua sinistra.

 

“Non è reale” pensò, ma la musica non sembrava disposta a concedergli altro tempo.

 

Reclamava la sua presenza e così proseguì, avvicinandosi al primo gradino della scala di pietra.

 

Quando incominciò a salire, venne nuovamente sopraffatto da luci e rumori di un’altra epoca….di un altro luogo…

 

Questa volta provenivano dalle sue spalle.

 

Si voltò accostandosi alla balaustra appena in tempo.

 

Una ragazza salì le scale, ma non erano quelle di casa sua.

 

Correva, le guance arrossate e il fiato corto per l’affanno.

 

Gli occhi ridenti.

 

Occhi verdi ridenti.

 

Quando gli passò accanto, i capelli di lei gli sfiorarono la spalla, emanando un profumo che lo riporto indietro…

 

Chiuse, per un istante, gli occhi cercando di ritrovare nel passato quella felicità che adesso sembrava irraggiungibile.

 

Una mano sbucò dall’ombra e afferrò la giovane per il polso sottile.

 

Lei si sciolse in una risata argentina che risuonò, rimbalzando sui muri....come un eco che non trova pace…

 

Un giovane piuttosto alto, dai capelli arruffati la trasse a sé e l’abbracciò affondando il viso nei capelli ramati.

 

I due si dissolsero nell’ombra.

 

Intorno a lui di nuovo la solitudine, ma non il silenzio.

 

Quel demone imbarazzante e crudele…che quando vanta al suo fianco la sorella morte, crede di poter avere in mano il mondo…il silenzio…

 

Quel demone era stato cacciato.

 

La musica aveva riempito l’aria, creato una nuova luce e non accennava a smettere.

 

Remus non esitò.

 

Percorse la scala fino al piano superiore, prima di procedere si affacciò alla balaustra, ma dal piano sottostante non giungeva alcun suono, solo le note appassionate, vicino a lui.

 

Una porta alle sue spalle era socchiusa  e la luce filtrava dall’interno.

 

Furtivo si avvicinò per sbirciare.

 

La musica non proveniva da lì, ma sporgendosi oltre la soglia vide un ragazzo chino sul tavolo: stava disegnando qualcosa sopra una pergamena.

 

Appoggiato allo schienale della sedia, stava un altro giovane.

 

I suoi capelli neri erano così lunghi che sfioravano il collo al ragazzo seduto.

 

Remus si portò una mano alla testa, sfiorando quello stesso punto con un brivido.

 

Lo sguardo perso.

 

In quei volti che conosceva.

 

Il se stesso di quindici anni prima e….

 

Incapace di trattenersi, sfiorò disperato i capelli setosi dell’amico pregando che si voltasse.

 

Questi sollevò la mano, deciso, scostandosi le ciocche dagli occhi e lo fissò come se potesse vederlo.

 

Le immagini cominciarono a sgretolarsi.

 

Il passato si frantumava.

 

“Ti prego…fa che non svanisca” pregò, ma le figure già si facevano velate.

 

Presto sarebbero ritornate ad essere soltanto ricordi.

 

Si coprì il volto con le mani e lasciò che fosse la musica a consolarlo.

 

Adesso lo sentiva distintamente.

 

Il violino suonava.

 

Le corde tese vibravano.

 

“Vale la pena vivere per questa musica.”

 

E nel momento in cui lo disse, capì di crederci davvero.

 

Tutto sembrava mutare intorno a lui, tentò di mettere a fuoco la stanza, ma era senza forma.

 

Disgregazione.

 

Focalizzò l’origine di quello sconvolgimento….e lo vide.

 

Sirius era lì.

 

Il violino tra le mani….come tanti anni prima.

 

Lo stava fissando.

 

Interruppe il fluire incoerente delle note.

 

“Adesso…dimmi che mi credi” disse in un sussurro.

 

Il suo sguardo era spento.

 

Come quello di una bestia troppo a lungo maltrattata.

 

E tuttavia non c’era timore in lui, non si aspettava niente e non temeva niente…

 

Restava immobile….

 

“Sì…” rispose Remus e lo guardò incredulo.

 

Non rimaneva altro di lui che l’immagine sbiadita e logorata di ciò che era stato un tempo.

 

La sua vitalità, il suo spirito implacabile erano morti, soffocati da uno strato di sporcizia, dolore e follia.

 

“Sirius…” riuscì a dire “non ho mai veramente creduto che tu…”

 

L’amico lo zittì con un cenno della mano.

 

“E’ già sufficiente” disse.

 

Poi con lentezza si portò il violino al mento e ricominciò a suonare.

 

Le note uscirono vitali, generose…a sprazzi energiche e solenni.

 

E come sempre…lo strumento parlò per lui.

 

Remus comprese quale profonda mutazione fosse avvenuta in lui.

 

Ogni impulsività era andata perduta.

 

Ora agiva solo spinto dai sentimenti e dalla coscienza incrollabile.

 

Con la musica dichiarava con coraggio:

 

“Ti concedo tutto! Non posso più perdere niente!”

 

Non aspettò che finisse di suonare.

 

Si avvicinò e sfiorò con la mano il braccio che reggeva il violino.

 

La sinfonia s’interruppe.

 

Sirius abbassò lo strumento e rimase in attesa, per metà sopraffatto e per metà timoroso, di non meritare ancora, una simile comprensione.

 

Chiuse gli occhi e pregò con tutto se stesso, implorò e supplicò, senza osare chiedere, che quel gesto si ripetesse e mentre allontanava dalla mente ogni altra emozione…quel calore ritornò.

 

Sotto forma di carezza, partì dalla tempia e scese lungo la guancia, fino al collo dove si fermò un istante.

 

Riaprì gli occhi.

 

Remus abbracciò il vecchio amico.

 

Il muro era infranto.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Una risposta da cercare ***


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CASA LUPIN  STESSO GIORNO

(sera)

 

“UNA RISPOSTA DA CERCARE”

 

 

 

“Non è cambiato nulla…è come se il tempo non fosse trascorso….” disse Sirius assorto.

 

Remus guardò l’uomo seduto di fianco a lui sul divano e rivide il suo amico di tanti anni prima.

 

A guardarlo in quel momento sembrava davvero che il tempo non fosse passato, indossava degli abiti puliti e si era rasato, i capelli lunghi erano tirati indietro e ancora umidi…

 

…rivide la torre, il dormitorio, i suoi amici che scherzavano, Sirius che usciva dal bagno:

 

“Avanti il prossimo!”

 

E James si lanciava verso la porta lasciata aperta.

 

Si scrollò scacciando quella visione e ritornò a fissare quel solito punto sul soffitto che lo aveva tenuto impegnato negli ultimi quindici minuti.

 

“Ma di tempo ne è passato….invece. Anche troppo” rispose

 

Sedevano vicini.

 

Le gambe allungate.

 

La testa appoggiata allo schienale e lo sguardo perso nel vuoto.

 

Incapaci di fare una qualsiasi altra cosa.

 

Ogni tanto si scambiavano qualche parola.

 

“Vorrei chiederti molte cose…” prese a dire Sirius, rimanendo immobile “…ma da dove cominciare…questa è la vera difficoltà.”

 

“Comincia dalla prima”

 

“Sei diventato sarcastico…il Remus che conoscevo…”

 

“Il Remus che conoscevi è morto. Si è ucciso perché non poteva sopportare oltre la solitudine.”

 

Silenzio.

 

Tornò a guardarlo.

 

Non lasciava trapelare alcun sentimento e tuttavia a Remus non sembrò che si stesse trattenendo, pareva quasi che non potesse esprimere nulla.

 

“Scusami…” disse il licantropo dispiaciuto “…ho esagerato.”

 

“Non preoccuparti. Non sento niente. I Dissennatori hanno fatto un ottimo lavoro con me…”

 

“Non è vero” si sentiva tremendamente in colpa, ma era deciso a rimediare “ Posso dimostrarti che non è così.”

 

“Non sarà facile”

 

“Sarà facilissimo”

 

“Prova…allora”

 

“Stavi per chiedermi dov’è Iuno…vero?”

 

Sirius sussultò e mancò un respiro.

 

Non poté fare  ameno di voltarsi verso l’amico.

 

“Vedi? Avevo ragione…Non avresti reagito così se tu avessi perso ogni sentimento” appoggiò una mano sul ginocchio dell’uomo che ancora lo fissava “Iuno è in Egitto, con il maggiore degli Weasley, sono coetanei…Silente ha deciso di mandarlo all’estero…dopo che l’anno scorso…”s’ interruppe un attimo “…ha tentato di entrare ad Azkaban…” abbassò lo sguardo “Credo che sappiamo entrambi…chi stava cercando…”

 

“Iuno ad Azkaban…”sospirò Sirius “Pensavo di aver sognato, ma la bacchetta era reale, all’inizio pensai che si trattasse di te…”

 

“Vuoi dire che è riuscito a trovarti?” esclamò Remus sinceramente sorpreso.

 

“Sì, sarei ancora là, se non fosse stato per lui, ha dissipato la mia follia.”

 

“Adesso capisco perché Silente era così preoccupato…”

 

Sirius si adagiò di nuovo contro i cuscini e sospirando forte, riprese a fissare il vuoto.

 

Di nuovo silenzio.

 

“Avanti, chiedimelo…” disse Remus ad un tratto

 

“Non ci riesco.”

 

“Provaci.”

 

“Remus!” esclamò “Non ce la faccio! Non posso chiederti di…” si bloccò e il suo sguardo ritornò spento e scuro.

 

“Di Harry?”

 

“Sì”

 

Quel ‘sì’ era giunto come un sospiro e Remus si sentì in dovere di rassicurarlo il prima possibile.

 

“Sirius…non c’è bisogno che tu ci pensi ora…Harry non sa niente…c’è ancora tempo…”

 

“L’hai visto?”

 

“Sì. L’ho visto a Diagon Alley…non sapeva chi fossi, naturalmente, è identico a James, ma solo d’aspetto…c’è molta della dolcezza di Lily in lui.”

 

Mentre pronunciava quei nomi, controllava la reazione dell’amico, ma questi rimase immobile.

 

“Vorrei vederlo” disse semplicemente.

 

“Lo vedrai. Quest’anno sarò il suo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.”

 

Improvvisamente la sua bocca si atteggiò in un debole sorriso, Remus lo guardò sollevato, per poi accorgersi che i suoi occhi non ridevano affatto.

 

“Ho sempre immaginato che saresti diventato un’insegnante.”

 

“E’ l’unico lavoro che mi è stato offerto, senza dubbio opera di Silente. Noi lupi mannari non siamo molto richiesti.”

 

“E fino ad ora cosa hai fatto?”

 

“Ho svolto indagini per il ministero, cose di poco conto che erano principalmente mirate  a tenermi lontano da qui, ma non mi lamento, girare per il mondo mi ha aiutato a non pensare…”

 

Silenzio.

 

Sirius percepì nuovamente la gelida morsa della responsabilità che ricadeva su di lui inclemente e rabbrividì.

 

“Ho freddo….” Disse dopo pochi istanti

 

Remus afferrò una coperta e l’avvolse intorno alle sue spalle, strofinadogli la schiena con le mani.

 

“E’ tardi…” gli sussurrò in un orecchio mentre ancora lo teneva abbracciato “ …non vuoi dormire?”

 

“No” rispose sottraendosi alle sue carezze per tornare a fissare il vuoto “Non voglio dormire.”

 

“Perché?”

 

“Non voglio restare solo.”

 

“Non lo sei. Rimango con te.”

 

“Non voglio sognare.”

 

Remus sospirò.

 

“A volte i sogni sono più belli della realtà.”

 

“I miei sarebbero incubi.”

 

“E ti fanno paura?”

 

Silenzio.

 

“Sirius…?”

 

“Sì.”

 

L’ammissione di una malattia mette un uomo già a metà strada sulla via della guarigione.

 

“Da ragazzo non temevi nulla devo forse pensare che sei cambiato?”

 

Per un attimo gli occhi di Sirius sembrarono brillare, ma il sorriso non ebbe la forza di spuntare sul suo volto.

 

“Da ragazzo non avevo conosciuto Azkaban…”

 

D’istinto,Remus gli accarezzò la testa, poi il suo sguardo si fece risoluto.

 

“Possiedi la forza per risollevarti, non crederò mai che tu ti sia arreso.”

 

Questa volta un sorriso si affacciò brevemente sul suo volto.

 

Poi ad un tratto arrivò la domanda.

 

“Puoi perdonarmi?”

 

Remus rimase spiazzato.

 

“Perdonarti?”

 

“Sì, se tu puoi perdonare me, io posso perdonare Peter.”

 

Adesso era allibito.

 

“Sirius…” riuscì a dire “Ti metti sullo stesso piano di Peter?”

 

“Ho pagato per la sua colpa.”

 

“Esatto…la ‘sua’ , non la ‘tua’.”

 

“Ma sono stato io a permettergli di commetterla.”

 

“Allora siamo colpevoli entrambi.”

 

“Tu non sapevi dello scambio.”

 

“Non ci ho creduto quando tu me lo hai detto.”

 

“E come potevi credermi…si tratta di me…non c’è perdono per quelli come me…non c’è futuro, né felicità, né pace…non c’è redenzione per le mie colpe…” si prese la testa tra le mani e cominciò a dondolarsi come un folle “Nessun perdono…nessun perdono…ness…”

 

Era sull’orlo del tracollo e Remus se ne accorse.

 

Gli si avvicinò scostandogli le mani dal viso e lo abbracciò.

 

“Basta….” gli sussurrò “basta…non importa che ti sforzi…ti darò io la risposta…quando starai meglio troverai da solo le altre…”

 

Tremava.

 

Gli scostò i capelli dal viso e con lo sguardo catturò i suoi occhi folli.

 

“Ascoltami bene…Sirius Black…”

 

La sua voce era dolce e Sirius pensò di potergli credere, qualsiasi cosa avesse detto si sarebbe rimesso nelle sue mani, lasciando a lui ogni decisione: condanna o perdono che fosse.

 

Trepidante aspettò la risposta.

 

“L’unica persona che deve perdonarti è il te stesso che nascondi dentro” disse Remus

 

Ecco la risposta.

 

….e il silenzio.

 

….e la quiete.

 

La tempesta si placa.

 

“Che pace silenziosa….”

 

Possa l’oblio del sonno renderla eterna.

 

“Questa notte forse dormirò…”

 

 

 

FINE. 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


EPILOGO

 

 

 

EPILOGO

 

 

Ciò che di giorno crediamo di aver compreso, di notte ritorna…e come il peggiore dei traditori, rade al suolo quei muri precari che erano costati tanta fatica a chi li aveva progettati e costruiti.

 

Ma le fondamenta non sono visibili, si nascondono sotto il livello della superficie.

 

Questo le salva.

 

Rimangono integre aspettando che mani capaci e volenterose innalzino su di loro… una nuova dimora.

 

 

CASA LUPIN 28 AGOSTO 1993

 

 

“N..no…non …”

 

Sirius si agitò appena nel sonno.

 

Era sdraiato sul divano.

 

Si era addormentato lì e vi aveva passato la notte.

 

“…n..non posso…”

 

Remus si avvicinò all’amico e scostò le coperte  che lo coprivano.

 

“Ssh…calma…” disse “…sono qui.”

 

Gli passò una mano sulla fronte, sperando di calmare quel folle farneticare.

 

“…se non..e..esco…soffocherò..”

 

Remus lo guardò senza riuscire a trattenere la pena che provava per lui.

 

<   Sono stati terribili, per te, questi anni ad Azkaban…Avrei dovuto crederti….aiutarti, fare una qualsiasi cosa…Tu l’avresti fatto per me.  >

 

“Sei a casa” bisbigliò massaggiandolgli  il petto come si fa con i bambini che non riescono a dormire.

 

“…la luna….c’è …la luna…”

 

Remus lo guardò sorpreso.

 

“Non c’è la luna, Sirius.”

 

“…la luna ….mi odia…mi…”

 

Una lacrima spuntò dalle sue palpebre chiuse.

 

<  E’ un delirio  > pensò Remus riferendosi più al suo stato d’animo che non a quello dell’amico.

 

“La luna non potrebbe mai odiarti…”

 

Con il pollici asciugò quell’unica lacrima.

 

“Non posso odiarti…”

 

Gli accarezzò i capelli scomposti e poiché sembrava che quel gesto lo calmasse, continuò ripetutamente.

 

La mente assorta, ripensando a tutti quegli anni che aveva trascorso in solitudine, dopo che suo fratello si era trasferito ad Hogwarts….e non poté fare a meno di ammettere che il suo dubitare….era stato ingiustificato.

 

“Remus…?”

 

Si riscosse e vide che l’amico aveva gli occhi aperti.

 

Ritrasse la mano.

 

“Sei sveglio gli chiese?”

 

“Io…lo spero…” rispose esitante, poi abbassò lo sguardo “ho sperato tanto, in questi anni…ho sperato che l’incubo finisse, ma non c’era nessuna mano calda a svegliarmi…e al mattino…tutto era rovina…”

 

Si tirò su, a sedere.

 

“Dimmi che è questa la realtà e non quella che ho vissuto per dodici anni.”

 

Rabbrividì.

 

“Sirius, quello in cui ti sei svegliato oggi è il mondo reale” lo guardò negli occhi “da ora in poi sarà cosi…se avrai un incubo…sarò qui a svegliarti. Se vedrai il tuo mondo crollare, lo ricostruirò…lo farò ogni volta che sarà necessario…lo farò all’infinito.”

 

La riconoscenza, negli occhi, lo rendeva meno folle.

 

Sirius si adagiò contro i cuscini e fissò, dritto davanti a se, lo specchio appeso alla parete.

 

Rifletteva la sua immagine da rinnegato.

 

<  Una sola promessa  >  pensò  < poi sarò di nuovo libero >

 

Si rivolse all’amico.

 

“Prima mi hai creduto, poi mi hai perdonato, adesso…mi consoli…Remus….da ora in poi sarò io a proteggere voi…tutti e tre…fino alla morte…e anche dopo…se mi sarà possibile; lo prometto.”

 

Fissò il suo riflesso e sgranò gli occhi.

 

James e Lily nello specchio.

 

Un istante.

 

Poi di nuovo la sua immagine.

 

Quello fu il primo sorriso sincero dopo Azkaban.

 

<  Se approvate la mia scelta…significa che questo sarà il mio destino.  >

 

 

EGITTO  TENDA N° 3 SEZIONE A DELL’ACCAMPAMENTO

UNA SETTIMANA DOPO

 

 

Iuno Lupin spostò lateralmente la tenda che fungeva da divisorio e si avvicinò al giaciglio, dove dormiva, riverso su un fianco, il suo miglior amico.

 

“Bill…” sussurrò appoggiandogli una mano sulla spalla e scuotendolo leggermente.

 

Il ragazzo si rigirò mugugnando qualcosa e solo dopo qualche istante si decise a socchiudere gli occhi.

 

“Mhm…”

 

“Come ti senti?”

 

“Mhm…bene…se non faccio movimenti bruschi” si passò una mano sul torace dove spiccava una fasciatura immacolata “….in ogni caso…domani ritorno a lavoro…non ne posso più del caldo asfissiante di questa tenda.”

 

Iuno sorrise, non era possibile tenere fermo Bill Weasley per più di due giorni.

 

Era sempre stato così e di certo, un paio di costole rotte non erano sufficienti a fargli cambiare le sue abitudini.

 

Si sedette su un panchetto, a lato dell’amico.

 

“E’ arrivato un gufo dall’Inghilterra…” disse mostrando un plico di pergamene, tutte accuratamente sigillate “queste sono per te.”

 

“Chi mi scrive?” chiese il ragazzo trattenendo uno sbadiglio.

 

“La tua famiglia….direi” Iuno scorse velocemente la corrispondenza, conosceva tutti gli Weasley “Una è di tua madre….ha allegato un paio di forbici…”

 

“Oh, no! Ancora con questa storia di tagliarmi i capelli….” esclamò sbuffando l’interessato.

 

Iuno rise e continuò a controllare le lettere.

 

“Un biglietto di tuo padre…e poi…MERLINO! Percy te ne ha mandate ben 4 questa volta!”

 

“Peggiora ogni anno quel ragazzo…Lui non mi ha mandato un paio forbici?”

 

Questa volta risero entrambi.

 

“Questa è di Ronald….è tutta macchiata…e questa bruciacchiata…” s’interruppe sollevando una pergamena annerita “…deve essere dei gemelli, l’ultima è di Ginny. Vuoi che te ne legga qualcuna?”

 

Bill guardò l’amico ed evitò di chiedergli se anche lui avesse ricevuto notizie da casa.

 

Iuno non riceveva quasi mai la corrispondenza, a volte arrivava qualche lettera di suo fratello…molto raramente…era troppo rischioso mantenere dei contatti epistolari dopo quello che aveva fatto l’anno precedente…Il ministero lo teneva sott’occhio.

 

“Sì” disse dopo un attimo “leggimi quella di Ginny.”

 

Il ragazzo sorrise aprendo la lettera, sapeva che Bill adorava la sorellina.

 

Caro Bill, come potrei rinunciare a scrivere al mio fratellone pref…”

 

“Signor Lupin?” chiese una voce alle sue spalle

 

Si voltò e osservò il mago sulla quarantina che teneva in mano un voluminoso pacco.

 

“Questo pacco è per lei” disse “E’ arrivato oggi….ma non ha mittente…e il gufo che l’ha consegnato è sparito subito dopo averlo lasciato.”

 

Sorpreso, tolse il fardello dalle braccia dell’uomo che se ne andò velocemente e rimase a fissarlo per un po’.

 

“Beh…?” intervenne Bill  “Che aspetti….Aprilo!”

 

Iuno tagliò il nodo (usando le forbici di mamma Weasley) e stracciò la carta.

 

Rimase immobile, lo sguardo fisso sul fondo del pacco.

 

L’espressione grave e stupita…

 

Le mani incerte che non si decidevano a trovare la via di muoversi….

 

A Bill sembrò che si stesse allontanando pur senza muoversi…e fu per questo motivo che con fatica si alzò per vedere lui stesso cosa contenesse quel misterioso pacco.

 

Lo fece perché Iuno era il suo miglior amico.

 

E perché sapeva.

 

Sapeva quello che aveva fatto.

 

E cosa più importante, sapeva il perché…

 

Appoggiò una mano al tavolo, soffocando una smorfia di dolore e si sporse sulla scatola.

 

Conteneva una grande pergamena aperta, al cui centro, spiccavano queste parole:

 

La via di casa.

 

Sotto di essa, nascosto in parte dal foglio, s’intravedeva un violino.

 

“Ancora quello strumento?” esclamò Bill cercando di sdrammatizzare “Sono anni che ti conosco…ne tieni uno simile nel tuo baule, ma mai…ti ho sentito suonarlo!”

 

“Non ho più suonato…” riuscì a rispondere il ragazzo “sono dodici anni che non suono…”

 

“Chi ti ha scritto quel biglietto?” chiese dopo un attimo di riflessione.

 

Dentro di sé conosceva la risposta, così come conosceva Iuno Lupin.

 

Il ragazzo prese fiato e rispose.

 

“La mano di un uomo…con il cuore di un padre.”

 

Bill guardò l’amico e poi lo strumento…dopo un attimo comprese e rilesse la pergamena:

 

La via di casa.

 

Gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla.

 

“Hai capito cosa significa…vero? La lettera e lo strumento….”

 

“Sì….ho capito.”

 

Bill abbassò gli occhi e la mano.

 

“Mi mancherai…pensi di tornare?”

 

“Tornerò tra pochi giorni…”

 

“Muoviti… allora!” lo esortò sollevato e finalmente vide spuntare sul suo volto un grandioso sorriso.

 

Luminoso come quando erano a scuola.

 

Forse anche di più.

 

Iuno abbracciò l’amico con tutta la delicatezza che richiedeva la sua condizione.

 

Poi si avvicinò alla scatola, piegò il foglio di carta e se lo mise in tasca.

 

“Ci vediamo….” bisbigliò

 

“….presto!” continuò Bill

 

Risero insieme.

 

“Ah…Iuno?”

 

“Sì”

 

“Ti coprirò io con il direttore degli scavi” disse strizzandogli l’occhio.

 

“Coprimi anche con Silente…se mi cercherà…”

 

“Sarà difficile…ma credo che farò ugualmente un tentativo…”

 

“Grazie” disse e con entrambe le mani afferrò lo strumento e…scomparve.

 

Letteralmente.

 

Era la passaporta che lo riconduceva a casa.

 

 

 

 

***

 

 

 

Crac!

 

Sirius lo sentì nitidamente.

 

Lo sentì rimbombare senza tregua nella sua testa.

 

Non si mosse.

 

Rimase seduto sulla sedia, dandogli le spalle…senza il coraggio di voltarsi.

 

La stanza era vuota, c’erano soltanto loro due….Remus aveva avuto la delicatezza di lasciarli soli….per quel primo incontro.

 

Sentì i passi che si avvicinavano, ma ancora non riuscì a trovare la forza per muoversi.

 

Una mano scivolò sulla sua spalla…e dopo in istante due braccia erano intorno al suo collo…

 

Sentiva il suo calore, mischiato a quello di una terra straniera….e il suo respiro…

 

Chiuse gli occhi lasciando scivolare una lacrima.

 

Poi… in un sussurro…arrivò al suo orecchio.

 

“Sirius….Fammi vedere una nuova magia…”

 

Ma non gli stava porgendo la bacchetta…

 

Tra le mani, Iuno, gli mise il violino.

 

 

 

ADESSO E’ DAVVERO FINITA.

 

 

 

 

 

 

 

 

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