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Sirius percorse cinque piani di scale in dodici secondi.
Da quando i suoi familiari lo avevano riacciuffato durante
il suo settimo tentativo di fuga nell’arco di venti giorni, la sua stanza era
stata trasferita al piano più alto della dimora Black.
Questo provvedimento, non lo aveva affatto demoralizzato,
anzi, si sentiva ispirato a trovare nuove vie di fuga che sperimentava con
cadenza regolare: una volta a settimana.
Aveva trascorso così tutta l’estate e l’unico beneficio che
ne aveva tratto, era stato quello d’imparare alla perfezione tutti gli
incantesimi rigeneranti; la McGranit sarebbe stata fiera del suo talento, ma i
suoi amici si sarebbero chiesti come mai la sua pelle avesse cominciato ad
assomigliare ad una cartina geografica.
Sbatté la porta alle sue spalle troncando a metà l’amorevole
richiamo di sua madre.
“Vecchia Megera!”
Sfilò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la puntò contro
il chiavistello
“Serro!”
Il rumore della serratura che scattava lo rassicurò solo in
parte; suo padre poteva sciogliere l’incantesimo in meno di un nanosecondo, ma
avrebbe impiegato almeno mezz’ora per salire tutte quelle scale!
Si portò una mano agli occhi, la rabbia gli aveva infuocato
le guance e le tempie pulsavano dolorosamente; di lì a pochi secondi sarebbe
esploso e l’entità del danno avrebbe eguagliato quello dell’ordigno atomico
lanciato dai babbani trent’anni prima.
Consapevole che le conseguenze di quel gesto lo avrebbero
condannato all’espulsione da Hogwarts (unico luogo che soleva chiamare casa),
decise di convogliare tutte le sue energie nell’unica attività che riusciva a
farlo sfogare: il violino.
In realtà anche tormentare i serpeverde sarebbe stata per
lui un’ottima valvola di sfogo, ma non c’erano serpeverde nelle immediate
vicinanze, se escludiamo suo fratello Regolus che però godeva della protezione
di sua madre.
Ciò lo rendeva intoccabile e Sirius era stato costretto a
riconoscerlo suo malgrado.
Afferrò, dunque, lo strumento e dopo esserselo portato al
mento, chiuse gli occhi e cominciò a suonarlo con impeto.
Le note risuonarono per tutta la casa.
Lo avrebbero udito tutti, ma non gli interessava (non che la
sua condizione potesse peggiorare).
Era talmente avvolto nelle spirali della musica che non udì
il familiare crac e continuò la sua melodia controversa muovendo
freneticamente l’archetto; alla fine del primo movimento socchiuse gli occhi e
… rimase congelato.
Suo padre era di fronte a lui, il chiavistello intatto: si
era materializzato.
Si maledì sottovoce per la sua stupidità e rivolse al
genitore un sorriso beffardo
“Padre! Come state oggi?”
“Male! La tua presenza e sufficiente per rovinare ogni mia
buona intenzione”
< Maledetto vecchio! Quando mai ha avuto buone
intenzioniLUI?! >
Si costrinse a parlare con tono moderato.
“Sarei oltremodo felice di liberarvi della mia presenza;
credevo fosse chiaro…”
“E PER ANDARE DOVE?! DA QUEGLI SCHIFOSI MEZZOSANGUE DEI TUOI
AMICI?!” sbraitò il Signor Black.
Il sopracciglio di Sirius si alzò pericolosamente, gli occhi
ridotti a due fessure, non poteva più trattenersi, non poteva ascoltare mentre
suo padre sparava a zero sulle uniche persone che riponevano in lui fiducia e
affetto incondizionato, che lo stimavano e lo capivano e gli erano compagni in
tutto.
Non avrebbe ascoltato.
Voltò le spalle al padre e sebbene le mani gli tremassero
dalla rabbia, riuscì a risollevare lo strumento e ricominciò con il secondo
movimento della stessa sinfonia.
“SIRIUS BLACK! SE MI ABBASSO A SPRECARE VOCE E TEMPO PER
PARLARE A UNA FECCIA COME TE, E’ PERCHE’ VOGLIO CHE MI ASCOLTI!!!”
< Non ascoltarlo, Sirius > disse tra sé < Non
smettere di suonare e non ascoltarlo >
“NON DISONORERAI IL BUON NOME DELLA NOSTRA FAMIGLIA
TRASCORRENDO TUTTO IL TUO TEMPO CON DEGLI ESSERI INFERIORI COME QUEL…POTTER!
NON SI POSSONO NEMMENO DEFINIRE PERSONE!!! E POI FINISCILA DI SUONARE QUELLA
VOLGARITA’ BABBANA!”
< Concentrati sulle note, Sirius, non cedere >
“LA NOBILE CASATA DEI BLACK NON VERRA’ INFANGATA DAL TUO
DEPLOREVOLE OPERATO…VOLTATI E STAMMI A SENTIRE…TE NE PENTIRAI…”
Il tono dell’ultima frase fece scattare il meccanismo di
autodifesa del ragazzo.
Sirius si voltò appena in tempo per scorgere la bacchetta
sollevata, poi un dolore bruciante gli appannò la vista e gli tolse il respiro.
In un primo momento pensò che il padre avesse scagliato su
di lui la maledizione cruciatus,
sentiva la pelle del viso ronzare e una sostanza vischiosa scendergli lungo il
collo; riconobbe il sangue non appena si toccò il volto e vide le corde del
violino, solitamente tese, sparate in aria come tante molle.
Ondeggiavano ancora.
Allora comprese quello che era successo.
Suo padre aveva fatto in modo di spezzare le corde del
violino mentre lui suonava e queste non più trattenute si erano stampate sulla
sua faccia nel momento in cui si voltava verso l’amabile genitore.
“Vecchio bastardo…” sibilò tra i denti mentre il sangue gli
infradiciava la camicia; gli occhi erano appannati, ma li fece roteare intorno
alla stanza cercando la sua bacchetta e individuandola dopo pochi secondi
abbandonata sul letto.
Si lanciò per prenderla, ma il Signor Black fu più veloce.
“Petrificus manus!”
grido puntando la bacchetta contro le mani tese del figlio che all’istante si
trasformarono in pietra.
Sirius rovinò a terra e furono inutili i suoi sforzi di
afferrare la bacchetta con le mani pietrificate.
Fremente di rabbia si appoggiò contro il muro tenendo la
testa sollevata in modo che il sangue non gli colasse sugli occhi, rendendolo
cieco oltre che monco.
Suo padre parve trovare divertente la scena e rise di gusto.
“Direi che hai avuto quel che ti meritavi!”
Detto questo scrollò le spalle e si smaterializzò.
Sirius vide che il chiavistello era ancora sigillato.
< Perfetto! > pensò < Sono rinchiuso, ho
un’autostrada a quattro corsie che mi attraversa la faccia e la mani
pietrificate in modo da non poter assolutamente impugnare la bacchetta! Che
estate fantastica! >
***
Sirius alzò lo sguardo verso il soffitto; si era disteso sul
letto, ma la situazione non era migliorata.
Il suo volto ricordava il trucco dei tifosi Grifondoro, con
la sola differenza che lui non aveva avuto bisogno di disegnarsi le strisce e a
giudicare dal bruciore, di lì a pochi secondi, sarebbe andato in fiamme e
ridotto in cenere, proprio come accadeva a Fanny nel giorno del falò.
Chissà se anche lui sarebbe rinato.
Perso in questi vaneggiamenti fissava il vuoto, scuotendo di
tanto in tanto le mani per accertarsi che fossero sempre al loro posto.
Dopo una mezz’ora passata in meditazione, decise che era il
momento d’intervenire.
< C’è solo una cosa che posso fare adesso > pensò
balzando giù al letto.
< Chiedere aiuto. >
Si avvicinò al baule che conteneva la sua attrezzatura
scolastica e cominciò a frugare come meglio poté finché non riemerse con un
curioso specchietto tra i denti.
Lo posò sul letto, pregando che James avesse con sé il suo.
Spesso i due amici avevano comunicato con lo specchio a
scuola, ma durante l’estate Sirius era stato restio ad usarlo: sapeva che James
sarebbe stato in compagnia della sua adorata Lily…
“Prongs!...Prongie, ho bisogno..” s’interruppe notando che
sulla liscia superficie stavano prendendo forma i contorni di una camera.
Sirius si augurò che l’amico fosse solo, ma le sue speranze
furono infrante quando udì quella che indubbiamente era la risata di una
ragazza. Certo quella voce serafica non apparteneva al suo amico.
“James…oh no!”
Rimase chino sullo specchio indeciso sul da farsi, una
goccia di sangue andò a finire sulla superficie liscia.
Quando intravide una ciocca di capelli rossi, comprese che
le sue supposizioni erano esatte.
< Accidenti! Avrei dovuto dare a Remus lo specchio
gemello! Di certo con lui questo non sarebbe avvenuto. Vedere Remus in compagnia
di una ragazza era improbabile quanto vedere Hagrid giocare a Quidditch. >
Strofinò il viso nell’incavo del braccio per migliorare la
situazione visiva e peggiorare la situazione camicia e si pentì di ciò che
aveva pensato.
La solitudine per Remus era una croce che si trascinava
sulle spalle dal giorno in cui era divenuto un licantropo; e James? Il suo
migliore amico, un fratello che finalmente vedeva ricambiato il suo amore,
doveva gioire per lui…non maledirlo perché non era disponibile ogni momento…
“Sirius?”
Sobbalzò come se si fosse rovesciato addosso un boccale di
burrobirra bollente e guardando attentamente nello specchio vide il volto a
metà strada tra l’incredulo e lo sconvolto di Lily Evans.
“Sirius…” la sentì dire debolmente “Oh mio Dio! James!”
Pochi secondi dopo apparve la testa scarmigliata di James.
“Santo Godric! Sirius…che diamine hai combinato!”
Il ragazzo cercò di mostrarsi serio, ma i realtà la vista
dell’amico lo aveva liberato dal grosso macigno chiamato solitudine che lo opprimeva.
“Di che ti stupisci Prongs? Ho avuto solo qualche piccolo
problemuccio familiare…”
“Solo un problemuccio familiare? Allora non è niente di
grave…” sorrise James stando al gioco “Sai, all’inizio vedendo la tua faccia,
ho pensato che Padfoot si fosse azzuffato con un gatto e …avesse avuto la
peggio.”
“Oh!” esclamò Sirius “E non hai ancora visto la parte
migliore!” disse sollevando la mani in maniera che fossero visibili dallo
specchio.
Lily si portò una mano alla bocca e sulla fronte di James apparve
una ruga.
“Come vedi…avrei bisogno…di un piccolissimo aiuto!”
James annuì.
“Prendo la scopa e volo da te…segnala la finestra dove ti
trovi.”
“Grazie, amico”
“Non dirlo neanche”
“Scusa Lily”
“Niente, Sirius, niente”
Il collegamento via specchio s’interruppe.
Sirius sistemò alla meglio la sciarpa dei Grinfondoro in
modo che si vedesse dalla finestra e rimase in attesa; James volava come un
bolide e di certo non si sarebbe risparmiato per andare ad aiutarlo, vista la
situazione in cui versava, in pochi minuti sarebbe arrivato.
Non aveva ancora finito di formulare queste ipotesi che udì
il familiare sibilo della Nimbus 1100 di James.
Si voltò in un lampo il sorriso che gli arrivava alle
orecchie deformava in maniera ridicola i graffi che gli solcavano il volto.
“Heilà, Sirius! Non dirai che ti ho fatto attendere!”
“Non lo dirò…”
Guardò l’amico scavalcare con agilità il davanzale della
finestra e posare la scopa contro la parete alle sue spalle.
Si sentiva pieno d’entusiasmo e la malinconia devastante che
lo aveva attanagliato per tutta l’estate diventava già un ricordo sepolto.
“Hai un pessimo aspetto, vecchio mio…” disse James mentre si
avvicinava per dare all’amico qualche pacca fraterna.
“Sai, non tutti hanno potuto trascorrere l’estate spupazzando
ragazze.”
Il tono era beffardo, ma il sorriso era grande e aperto,
James intuì che era davvero felice di vederlo e comprese anche che le sue
vacanze dovevano essere state terribili; tuttavia sapeva che l’amico era
orgoglioso e decise di tenere per sé questi pensieri.
Rispose a tono.
“Una ragazza! La mia, l’unica, la più amabile…”
“Va bene…va bene! Ti prego non continuare con il solito
soliloquio!”
James si portò le mani ai fianchi, l’espressione
tremendamente buffa, poi estrasse la bacchetta puntandola sulle mani di Sirius.
“Libero!”
Sirius le osservo mentre tornavano normali, le sentiva
formicolare leggermente: era una sensazione piacevole.
“Almeno adesso hai un valido motivo per ringraziarmi!”
“Grazie…” sibilò
Sirius con occhi da cucciolo.
A James venne da ridere.
“Aspetta…” puntò la bacchetta questa volta sul volto
dell’amico “Rigenero!”
Le ferite presero subito a rimarginarsi e con grande
sollievo del ragazzo, a testimonianza delle sue disavventure, rimasero soltanto
delle striature leggermente più rosee e il sangue sulla camicia.
“Finalmente! Adesso mi sembra di parlare ad un essere umano”
sorrise James
“Spiritoso! Se vuoi posso trasformarmi in cane!”
I suoi occhi già brillavano malandrini.
“Per carità…dimmi piuttosto…a parte questi piccoli
problemucci, come sono andate le vacanze?”
“Uno schifo! Non c’è stato niente oltre ai ‘problemucci’ ; è
tutta l’estate che cerco di andarmene da questa casa” agitò il braccio in
direzione della porta alzando leggermente la voce “E loro non hanno fatto altro
che lanciarmi contro incantesimi e rinchiudermi quassù!”
Si sedette sull’orlo del letto, passandosi le mani tra i
capelli e legandoli con un elastico.
“Mancano solo quattro giorni all’inizio della scuola, ma se
non sapessi che sarebbe una fatica inutile, me ne andrei in quest’istante!”
James si sedette accanto a lui.
“Fatica inutile? Per te da solo forse…ma adesso che sono
qui…possiamo andarcene con la mia scopa.”
Scrutò il volto serio dell’amico.
“Puoi trascorrere questi ultimi giorni da me!”
Sirius parve prendere in considerazione la proposta, ma poi
scosse la testa.
“No…hai Lily, non c’è posto per me…”
“Lily non sta da me, i suoi genitori sono babbani, non le
permettono…Oh, insomma! Non stiamo parlando di lei! Dai Sirius, prepara il baule!”
Il tono di James non ammetteva diniego.
Sirius sospirò forte, era il segnale che stava capitolando,
si alzò e si diresse verso il suo baule.
“Sei il miglior amico che si possa desiderare” disse e James
seppe quanto gli fossero costate quelle parole. Non rispose. Ma l’aiutò a
preparare le sue cose.
Il bagaglio venne rimpicciolito e attaccato alla scopa.
Dopo essersi assicurati che il carico reggesse, in piedi sul
davanzale, i due ragazzi si stavano preparando a decollare quando una voce
stridula e assordante il raggiunse.
“DISGRAZIATO!...VERGOGNA DELLA FAMIGLIA…”
James sussultò e per poco non cadde dalla scopa.
“Ti presento la mia adorabile mammina!” esclamò Sirius
trattenendo a stento il riso.
“Ah! Adesso capisco da chi hai ripreso!”
Sirius assestò un colpo alla schiena dell’amico, poisaltò a cavallo della scopa.
“Parti campione!”disse “Prima che quella megera ci lanci uno
schiantesimo!”
James non se lo fece ripetere due volte; impennò la scopa e
sfrecciò come un fulmine.
“SIRIUS BLACK! SE TE NE VAI TI DISEREDO!” udirono in
lontananza, ma ormai non sarebbero tornati sui loro passi.
Sfrecciavano veloci attraverso il vento, non si poteva
rinunciare a quella sensazione di libertà.
“Sirius…”
“Sì?”
“Avresti dovuto chiamarmi prima…”
Il ragazzo non rispose, sorrise consapevole che James non si
aspettava affatto una risposta, strinse i ginocchi contro la schiena
dell’amico, allacciò meglio le braccia intorno al suo stomaco e proiettò la
mente verso il futuro che l’attendeva.
Sirius si portò una mano agli occhi per proteggersi dal
sole.
Stava scrutando il binario in tutta la sua lunghezza
speranzoso di scorgere, tra la moltitudine schiamazzante, il volto del più
tranquillo dei suoi amici.
“Sirius…”sibilò James con aria scocciata “Negli ultimi otto
minuti hai ripetuto la frase ‘dov’è Remus’ almeno…” si contò le dita “…nove
volte! Si direbbe che non t’interessa nessun’altr…Oh! Guarda!C’è Lily!”
Sirius osservò l’amico passarsi la mano tra i capelli e
correre incontro alla ragazza.
“Nessun’altro!” ripeté tra sé il ragazzo infilandosi le mani
nelle tasche dei calzoni con aria sarcastica.
Sospirò e prese a trascinare i suoi bagagli verso il treno.
I giorni trascorsi da James erano volati, i genitori del ragazzo lo avevano
accolto come un figlio e questo rendeva ancora più difficile il distacco che
inevitabilmente sarebbe avvenuto alla fine di quell’anno.
Il settimo anno, l’ultimo ad Hogwarts! Poi ognuno…via…per la
sua strada.
Sollevò il baule caricandolo sul treno e prima di salire
diede un ultimo sguardo al binario.
Di Remus ancora nessuna traccia.
Non aveva avuto sue notizie per tutta l’estate, non che
avesse ricevuto gufi dagli altri, nessun volatile si avvicinava a casa Black e
se anche qualcuno avesse osato, sarebbe stato immediatamente intercettato e
rispedito al mittente!
Si sistemò in uno scompartimento vuoto; James sarebbe
rimasto con Lily per tutto il viaggio, guardò distrattamente fuori dal
finestrino e finalmente lo intravide tra la folla.
Camminava di fianco a una donna di mezz’età dal volto stanco
e sciupato, sua madre.
Era terribilmente pallida; non che il figlio fosse da meno,
pensò Sirius, ma c’era qualcos’altro di stonato in lei, sembrava muoversi a
fatica come se il terreno fosse appiccicoso, ad ogni passo respirava
profondamente.
Remus la osservava impensierito, Sirius riusciva a scorgere
la piccola ruga che gli attraversava la fronte; trascinava da una parte il
baule e con l’altra mano stringeva la piccole dita di unbambino di non più di cinque anni.
Suo fratello, senza dubbio, la somiglianza era
impressionante: i capelli chiari, gli occhi dorati, la pelle bianca come la
luce lunare…Sirius si ritrovò a supporre che anche il piccolo condividesse la
maledizione del fratello.
Quando arrivarono in prossimità del treno, Remus si voltò a
baciare la madre sussurrandogli parole che non giunsero mai all’orecchio di
Sirius, ma vide la donna sorridere debolmente e accarezzare piano la guancia
del figlio.
Sirius si scostò bruscamente dal finestrino.
< La carezza di una madre >
Non riusciva a impedire alla gelosia di tormentarlo maligna.
Tornò a guardare quello sprazzo di felicità familiare
attraverso la gelida barriera del vetro.
Adesso Remus era accucciato a terra e stringeva il bambino,
o meglio, era il bambino che stringeva Remus, gli aveva allacciato le braccia
al collo e sembrava sul punto di piangere; infatti quando il ragazzo lo scostò
da sé il suo visino era rigato da due lacrimoni. Vide il suo amico sussurrargli
qualcosa in un orecchio mentre con i pollici gli asciugava le lacrime.
Il bambino annuì con fare coraggioso.
Il fischio del treno in partenza incise la parola ‘fine’
sulla lacrimosa pergamena dei saluti.
Remus trascinò il suo bagaglio sul treno e si voltò un’
ultima volta per salutare i familiari.
Le porte si chiusero e il treno si mosse.
Sirius spalancò la porta dello scompartimento e fece un
cenno all’amico che si avvicinò sorridendo.
“Pensavo che non ti saresti presentato nell’anno dei
diplomi” esclamò Sirius aiutandolo a sistemare il baule. “Non sarebbe stato
degno di te Moony!”
“Non mi sarei perso l’ultimo anno con voi per nulla al
mondo!”
Abbracciò l’amico fraternamente e al fiuto canino di Siriusnon sfuggì l’odore di medicine e di malattia
di cui il ragazzo era impregnato.
Si svicolò dall’abbraccio e guardò Remus con circospezione.
“Come sono andate le ultime due lune?”
“Oh!...Non sono state particolarmente terribili…non più del
solito…” notò l’aria poco convinta dell’amico e continuò “l’estate è stata
movimentata …ma non per via della luna, anche se una parte di responsabilità ce
l’ha…non si può sfuggire alla luna!”
Si sedettero sui sedili imbottiti e Sirius si perse un
momento nel paesaggio che scorreva veloce oltre il finestrino. Poi si voltò di
nuovo verso Remus.
“E’ per via di tua madre?”
Il ragazzo parve sorpreso.
“Come..? Come hai fatto…?”
“Vi ho osservati dal finestrino…Non sta bene vero?”
Remus si adagiò contro lo schienale e sospirò forte.
“No, per niente! La gente ti scansa e ti addita quando sa
che hai un figlio licantropo e non è facile sbarcare il lunario” chiuse gli
occhi, sembrava che parlare gli costasse una fatica enorme.
“Sempre…la stessa…vecchia…storia!”
Si passò una mano sulla fronte come se volesse allontanare i
brutti pensieri.
“Ma basta parlare di me…Dov’è James?”
“Oh! Credo che in questo momento si stia dimenando eccitato
tra le braccia della sua bella rossa!”
“Signor Padfoot! Sbaglio o mi è parso di sentire una vena di
acida gelosia nella sua voce?!”
“Naa…Sono felice, se gli amici sono felici…”
Remus squadrò l’amico inarcando un sopracciglio poco
convinto.
“Sono state così terribili le tue vacanze a casa?”
Sirius sorrise; come sempre Remus aveva colto nel segno;
possedeva una sensibilità particolare per queste cose…
“Di più!” esclamò
“Quelli sono i souvenir?” chiese indicando i segni quasi del
tutto scomparsi sul volto del ragazzo.
“Solo i più spettacolari…Per questi è dovuto intervenire
anche James…ma in realtà ne ho ricevuti molti altri!”
Remus si avvicinò all’amico per scostargli dal volto le
lunghe ciocche nere.
“Direi che sono un bel trofeo!”
Stava per dare un pacca amichevole sulla spalla del ragazzo,
quando la porta dello scompartimento che si apriva di scatto lo fece bloccare
con la mano a mezz’aria.
Apparve la faccia di Lucius Malfoy.
Sirius piegò la bocca in una smorfia di disgusto.
“Black! Non ti vergogni a presentarti a Hogwarts
orrendamente sfigurato?” esclamò sfacciato.
Remus fu tentato di strozzarlo con la mano che era ancora
sospesa.
“E tu Lucius, mi spieghi cosa ci fai sul treno per Hogwarts
con quel cervello da vermicolo che ti ritrovi?”
Gli occhi del ragazzo si fecero glaciali.
“Adesso che sei stato diseredato ti senti più a tuo agio con
gli straccioni come Lupin!”
“DISEREDATO!” urlò Remus
“Diseredato sì! Ma tu cosa cavolo ne sai, Malfoy?”
Osservò gli occhi di ghiaccio piegarsi maliziosi.
“Dimentichi chi è la mia compagna.”
“Narcissa…! Dovevo immaginarlo! E naturalmente la notizia si
è già sparsa tra i membri della mia rispettabile famiglia!”
“Buona fortuna per il tuo futuro, Black! Ne avrai bisogno…”
La porta si richiuse alle sue spalle.
Sirius si sedette di nuovo stringendosi le tempie con le
mani.
Remus che era rimasto allibito, pur avendo compreso solo la
metà di ciò che i due si erano detti, si costrinse a chiudere la bocca e dopo
aver riconnesso il cervello, tentò di formulare una domanda coerente con tutti
gli standard grammaticali.
“Te ne sei andato di casa?”
“Sì”
“E i tuoi ti hanno diseredato?”
“Sì”
“Malfoy l’ha saputo da tua cugina Narcissa?”
“Sì”
“Bene!” sussurrò, poi armeggiò con la sua borsa.
“Tieni!” disse porgendogli un involucro argentato “Mangia un
po’ di cioccolato” e detto questo ne addentò lui stesso un bel pezzo.
Sirius afferrò il cioccolato e guardò con aria complice
l’amico.
Entrambi si ritrovarono a ridere.
La porta dello scompartimento si aprì nuovamente e un Peter
rosso e affannato entrò a precipizio nello scompartimento.
“Finalmente vi ho trovati!” gridò, li scrutò per un attimo
“Mi sono perso qualcosa?”
Remus e Sirius si guardarono scoppiando a ridere più forte.
“No!” riuscì a dire Remus,offrendo il cioccolato anche a lui
“Non ti sei perso niente!”.
“James! Sveglia!” Remus gli posò una mano sulla spalla
scuotendolo leggermente “Andiamo! Ma come fai a dormire con questo casino…nella
Sala Grande sta succedendo di tutto!”
Il ragazzo mugugnò infilando la testa sotto il cuscino e
premendoci sopra i pugni per farlo aderire agli orecchi.
Remus incrociò le braccia al petto e sollevò gli occhi in un
tacita preghiera.
“Mi sta facendo esasperare!”
“Esasperare te?! Ma fammi il piacere…” Il ragazzo che fino a
quel momento era rimasto in disparte si fece avanti, scostandosi i lunghi
capelli neri dagli occhi.
“Sarebbe più probabile vedere la McGranit al ballo del Ceppo
con indosso la divisa femminile!”
Peter Minus dal suo angolo lasciò andare una risatina.
“Lascia fare a me.”
Sirius si gettò di peso sull’amico ancora addormentato e
cominciò a scuoterlo con violenza.
“SVEGLIATI BRUTTO COGLIONE! LA TUA LILY STA AFFRONTANDO
MALFOY NELLA SALA GRANDE!”
“Santo Godric! Sirius!” intervenne il licantropo “Abbassa la
voce o ti sentirà anche Hagrid dalla sua capanna!”
“E’ l’unico metodo, Remus. Questo non si svegl…”
Non terminò la frase.
James aprì un occhio, la fronte attraversata dalla solita
ruga di perplessità.
“Lily…? Sala Grande…? Malfoy…?” sussurrò
“Oh! Finalmente ti sei…”
“MALFOY CON LILY!”
James si alzò di scatto facendo rotolare Sirius sul
pavimento.
“Che cacchio! Prongs!” urlò il ragazzo assicurandosi di
avere tutti i denti integri.
“LILY STA AFFRONTANDO MALFOY?! PERCHE’ CAVOLO NON ME L’AVETE
DETTO SUBITO!”
Sirius strinse i pugni tentando di trattenersi dal
trasformarsi in cane e strappare a morsi l’orecchio dell’amico.
< Stai calmo > si disse chiudendo gli occhi, ma quando
li riaprì si accorse che qualcuno era stato meno magnanimo di lui.
Infatti Remus aveva assestato un pugno sonoro sulla testa
scarmigliata di James.
“Ohi!....Moony!”
“Quando ci vuole, ci vuole!” dichiarò con voce autoritaria.
“E ora se fossi in te mi sbrigherei a vest…Dove cavolo vai?” urlò al ragazzo
che si era già lanciato per le scale del dormitorio, scendendo quattro gradini
alla volta.
“Sirius?” chiese debolmente Moony “Non lo sta facendo sul
serio…vero?”
“Oh sì! Sta scendendo nella Sala Grande con indosso solo i
boxer.” Si accarezzò il mento con la mano “Lo sta facendo sul serio, bisognerà
vedere se gli altri lo prenderanno sul serio!”
Remus parve risoluto.
“Signor Padfoot…E’ nostro dovere accertarcene!”
“Ben detto!”
E sparirono entrambi nella penombra delle scale.
“Era anche scalzo!” borbottò Peter, prima di seguire gli
amici.
***
Nella sala grande regnava il caos più completo; gli studenti
di tutte le case erano scesi per assistere a quella che, senza dubbio, sarebbe
stata la litigata dell’anno.
Lily Evans era al centro, il volto rosso quasi quanto i suoi
capelli, gli occhi ridotti a due fessure, le labbra dolci contorte dalla
rabbia.
Era sconvolta dalla furia.
Malfoy era di fronte a lei, freddo e distaccato.
“Come puoi!” urlò furibonda la ragazza.
“Come puoi umiliare così la persone che ti vivono attorno!”
“Semplice, mia cara…i mezzosangue, per me, non sono degni di
rispetto.”
“Ed e’ per questo che hai fregiato quella ragazza?! Non ti
aveva fatto niente!”
“Oh sì, aveva incrociato la mia strada!”
Lily puntò la bacchetta contro il ragazzo.
“SEI UN BASTARDO, MALFOY!”
“Abbassa quella bacchetta, Evans, la bastarda sei tu, come
quella sciocca ochetta che è venuta a spifferarti tutto!” la guardò con crudele
disprezzo “Ma tu non farai altrettanto con i professori; sei intelligente…non
ti conviene avermi contro!”
Si avvicinò di qualche passo.
“Ti conviene starle lontano, Malfoy!”
La voce risuonò limpida nel salone.
Lily si voltò in tempo per vedere il suo ragazzo avvicinarsi
a passo spedito e i suoi occhi si abbassarono imbarazzati.
“Ti avverto, Lucius, me ne infischio dell’espulsione, se le
farai del male ti massacrerò.”
L’espressione estremamente tesa lo faceva sembrare più
adulto, si fermò a pochi passi da Malfoy, ponendosi tra lui e Lily.
“Potter! Il cagnolino da guardia…Hai dovuto vendere la
divisa per comprarti una scopa decente? Oppure ti presenti così solo per non
far sfigurare quegli straccioni dei tuoi amici!”.
Sirius Black fece per intervenire, ma fu trattenuto da
Lupin.
“Non ti riguarda” sussurrò all’amico “Non t’immischiare.”
“No, Lucius, sono solo un esibizionista! Sai …io me lo posso
permettere!”
Molte studentesse sghignazzarono.
Malfoy sorrise diabolico ai suoi amici Serpeverde.
“Porta via la tua cagna mezzosangue, Potter, non mi abbasso
con gente del tuo livello.”
“Non te la caverai così!” gridò Lily scostandosi dallo scudo
che James le faceva col suo corpo. “La ragazza che hai ferito…è terrorizzata!
Devi chiederle scusa e raccontare tutto a Silente!”
“Raccontarmi cosa, Signorina Evans?”
Nella Sala Grande scese il silenzio. Il preside avanzava tra
gli studenti ammutoliti.
Malfoy imprecò a mezza voce.
“Allora? E’ già finita la discussione?” riprese il preside
tranquillo, rivolgendosi ai tre ragazzi che non avevano mosso un solo passo da
quando era apparso nella sala.
“In questo caso non doveva essere una questione molto
importante…”
Squadrò Lily attraverso i suoi occhiali a mezzaluna, come se
volesse leggerle la mente.
La ragazza seppe che non avrebbe potuto mentire per nessuna
ragione. Lanciò una sguardo carico di determinazione a James e fece un passo
avanti, lasciando scendere lungo il fianco il braccio che reggeva la bacchetta.
“Si tratta di Armonia Cooper, primo anno, Grifondoro” iniziò
con voce limpida e decisa “Malfoy l’ha insultata, poi l’ha ferita e infine l’ha
minacciata perché non raccontasse a nessuno quello che LUI le aveva fatto!”
Il volto di Silente si fece cupo.
“La Signorina Cooper si è confidata con lei…?”
Lily scosse il capo.
“No, l’ho sorpresa in bagno per caso, credeva di non essere
vista e stava cercando di fare un incantesimo rigenerante…”
“Questo è grave!” la interruppe il preside “Potrebbe causare
danni peggiori!”
Si rivolse verso la professoressa McGranit che lo affiancava
con volto imperscrutabile.
“Minerva, trova la Signorina Cooper e accompagnala
immediatamente in infermeria.” Si rivolse di nuovo a Lily “E’ ferita in maniera
grave?”
La ragazza trattenne il respiro, poi, decisa a togliersi
dalle spalle quel fardello, parlò tutto d’un fiato.
“Nell’interno del braccio lui le ha inciso la parola
‘Mezzosangue’!”
Il brusio invase la Sala Grande, James si fece più vicino
alla sua ragazza senza smettere di fissare il preside che però gli fece cenno
di tacere. In quel momento sembrava profondamente afflitto.
“Questo rende la questione ancora più delicata” disse tra sé
“Signorina Evans, come mai ha pensato che fosse stato il Signor Malfoy?”
Lily spalancò gli occhi temendo che il preside potesse non
crederla. Doveva crederle! Stava dicendo la sacrosanta verità!
“Me lo ha detto Armonia, Signore, dopo che ho insistito
perché mi raccontasse ciò che le era successo.” Abbassò gli occhi “Era
terrorizzata, poi è scoppiata a piangere e mi ha raccontato tutto, allora sono
scesa e…”
“E’ qui che hai sbagliato, Lily, saresti dovuta venire da
me, o da un altro professore.”
“Mi dispiace.” Bisbigliò la ragazza mordicchiandosi il
labbro inferiore.
“Tuttavia comprendo il suo stato d’animo” le appoggiò una
mano sulla spalla “Armonia Cooper non è la prima ad essere perseguitata perché
figlia di babbani, giusto?”
Silente si rivolse all’intera scolaresca
“Gli studenti si preparino per le rispettive lezioni! Tranne
lei…Signor Malfoy.” Disse indicando il ragazzo che era già pronto a
svignarsela. “Lei verrà con me nel mio ufficio, devo farle alcune domande.”
Lucius lanciò una sguardo d’odio a Lily.
“Signorina Evans?”
“Sì?”
“Lei, se lo desidera, può far visita alla Signorina Cooper
in infermeria.”
Lily annuì soddisfatta.
“Signor Black, ora può scendere da quel tavolo, non c’è più
niente da vedere.” Ordinò mentre si avviava, seguito da Malfoy, verso la torre.
Poi all’improvviso si voltò e rimase immobile un istante.
“Signor Potter?”
“Sì?”
“Vuole spiegarmi cosa ci fa in mutande nella Sala Grande?”.
TORRE DEI GRIFONDORO, DORMITORIO
MASCHILE30OTTOBRE1975(pomeriggio)
“LAREAZIONEPARI…”
Remus sospirò stancamente appoggiando la fronte contro il
vetro umido della finestra.
“Basta…Sirius, non voglio parlarne più. Ti ho già dato la
mia risposta.”
“Ma Moony! Non puoi boicottare la festa di Halloween, sono
sicuro che ce la puoi fare!”
“Stasera c’è la luna piena…e non venirmi a dire” riprese il
licantropo, interrompendo l’ennesima protesta dell’amico “che resterete con me
per impedirmi di massacrarmi; quando mi trasformo le mie ossa scricchiolano
come se ci passasse sopra uno schiacciasassi, non è solo per le ferite…Non
chiedermi di trascorrere quest’ultimo pomeriggio di tranquillità, sgraffignando
cibarie dalle cucine con il rischio di essere acciuffati da quel pazzo di
Gaza.”
“Ma…”
“Non parteciperò al vostro banchetto clandestino…sarò in
infermeria.”
“Ci sposteremo tutti in inferm…”
“Sì…Ce la vedo Madama Chips che vi mette a disposizione i
suoi cuscini per simulare uno scontro tra Goblin ed Elfi domestici.
“C’è dell’altro.”
“No! Non c’è nient’altro!”
Sirius incrociò le braccia e mise su il broncio osservando
l’amico che posava innumerevoli libri sul suo letto a baldacchino.
Evidentemente considerava chiusa la discussione.
“Moony?”
Remus scattò esasperato lasciando cadere le pergamene che
aveva tra le mani.
“Basta!”
“Ti volevo solo chiedere…se hai visto James…Ho bisogno di
una copertura per intrufolarmi nelle cucine.”
Il volto di Remus si distese all’istante, ma a Sirius non
sfuggì l’impercettibile movimento del sopracciglio: qualcosa lo preoccupava.
“Credo che sia in biblioteca.” Notò l’espressione
interrogativa dell’amico e si affrettò a spiegare “Aspetta che Lily finisca i
compiti per accompagnarla fino al dormitorio delle ragazze.”
Fissò Moony per un’istante come se stesse soppesando le sue
parole, poi si lasciò cadere sul letto ed esclamò:
“Giuro sulla spada di Godric che quel ragazzo sta davvero
esagerando! Va bene essere premurosi, ma cosa potrebbe accaderle nel tragitto tra
la biblioteca e il dormitorio!”
Si sfilò le scarpe e si distese sul letto.
“E poi…sinceramente, non mi sembra che la Evans abbia
bisogno di un protettore, giurerei di aver visto quella canaglia di Malfoy
impallidire di fronte a lei!”
“Impallidiva di fronte a Silente…Sirius!”
Remus sospirò posando la penna d’oca.
“Comunque è proprio questo il punto, James teme…Da quando è
rientrato dalla sospensione, Lucius non fa altro che confabulare con la sua
cricca di leccapiedi.”
Sirius si tiro su, a sedere con le gambe incrociate e Remus
notò che per la prima volta da quando avevano cominciato a discutere, la sua
espressione si era fatta davvero seria.
“Nessuno può contrastare la famiglia Malfoy, senza poi
pagarne le conseguenze; i Malfoy non perdonano…”
“Come i Black!” concluse Sirius
“Sì, come concetto di base…direi che ci siamo”
“E’ più di un concetto, è uno stile di vita, è nel DNA!”
“Non nel tuo.”
“Come fai a dirlo?”
“Come licantropo ho un sesto senso finissimo, per non
parlare dell’olfatto…lo sento” disse annusando l’aria “Tu hai un puzzo diverso
da quello dei tuoi familiari!”
“No! Sono i miei calzini!”
Una cuscinata sfiorò la testa di Sirius.
“Allora vuoi la guerra?” rispose scagliando il suo su Remus
che già rideva piegato in due sul letto.
Il cuscino atterrò sulla sua schiena, il lupacchiotto lo
afferrò sogghignando pronto per rispedirlo al mittente.
“E guerra sia!”
***
James entrò nella stanza che condivideva con gli altri
malandrini quando la situazione era ormai al di sopra da ogni controllo.
Scansò per un pelo una cuscinata e cercò di collegare il
cervello a quello che gli occhi stavano vedendo.
“Ho sbagliato” disse serio “Questo è il pollaio della scuola,
non la camera in cui dormo.”
Il cuscino, questa volta, gli arrivò in piena faccia.
“Ops!...Scusa Prongie…Non era diretto a te!” affermò un
Remus rosso e affannato, semisdraiato sul pavimento ricoperto da piume d’oca.
“Ehilà James! Ti credevamo in biblioteca con Lily!”
La voce proveniva da dietro il baule di Peter. James si
avvicinò di qualche passo solo per scoprire la bestia rara che vi si nascondeva
dietro.
“Signor Black! Questo look le dona!” disse pescando
casualmente una piuma dai capelli dell’amico. “Direi che è a metà strada tra un
ippogrifo e una gallina babbana!”
Sirius ridacchiò afferrandogli i piedi e facendolo cadere
rovinosamente sul pavimento di pietra.
“Fermati…Sirius!” urlò James cercando di divincolarsi dal
ragazzo che adesso gli stava seduto sopra, sottoponendolo alla tortura del
solletico.
“Ma non sei stato con lei fino ad ora?” chiese Moony mentre
cercava di tenere fermo Sirius.
“Ci sono stato fino… a quando la McGranit…Ho detto smettila!
Mi ha convocato per parlarmi degli allenamenti di Quidditch e quando sono
tornato in biblioteca lei non c’era più.” Cercò di mettersi a sedere “Oh…a
proposito…Moony, la McGranit mi ha detto che Silente vuole parlarti, devi
andare nel suo ufficio.”
Sentendo quelle parole, Sirius comprese che il divertimento,
suo malgrado, doveva terminare, così si scossò le piume di dosso e cercò di
mostrare un’espressione seria.
“Corri dalla tua rossa, James, non vorrai che Malfoy
approfitti della tua assenza per mettere in pratica gli sporchi propositi che,
di sicuro, sta pianificando!”
“Certo che no!”
“Bravo! Allora corri!” disse dando una pacca amichevole
sulla spalla dell’amico e guardandolo mentre spariva di corsa.
“Paddy?”
“Mh?”
“Vado anch’io…Non vorrei far aspettare Silente.” Esclamò
Remus, sparendo a sua volta.
Sirius rimase solo ad osservare la porta che si richiudeva
dietro i suoi amici. Si portò le mani incrociate dietro la testa e guardandosi
allo specchio, parlò al suo riflesso.
“E tu resti per sistemare questo casino!”
***
Silente gli fece cenno di accomodarsi.
Gli occhi azzurri lo scrutavano benevoli mentre prendeva
posto sulla sedia davanti alla grande scrivania.
“No. Non lì, Signor Lupin” lo fermò il preside “sediamoci
qua” disse indicando un divano accogliente “è più adatto ad una chiacchierata.”
Il ragazzo fu sorpreso e cominciò a temere ciò di cui il
preside voleva parlare, ma annuì e si sedette composto ad un’estremità del
divano.
“Del tè?”
“No…Grazie…” ma Silente gli aveva già messo tra le mani una
tazza di liquido fumante.
“Le preoccupazioni non pagano…vero Signor Lupin?”
Remus lo guardò interrogativo e quasi si ustionò
sorseggiando il tè bollente.
“E quasi mai troviamo la soluzione ai nostri problemi,
quando la mente è paralizzata da ciò che potrebbe avvenire in un futuro lontano…o
prossimo.”
“Non…credo di capire…”
“E’ la trasformazione di stasera che ti preoccupa, Remus, o
c’è dell’altro?”
Il ragazzo rimase un attimo interdetto, la mano che Silente
gli aveva appoggiato sulla spalla trasmetteva sicurezza…e serenità, la sua mente
si rilassò e per un attimo pensò di parlare al preside della malattia di sua
madre, di confessargli che non aveva nessuno che si prendesse cura di suo
fratello, ma i sentimenti non riuscirono a trovare il modo di tradursi in
parole; bevve un lungo sorso di tè per prendere tempo e rispose con quanta più
calma potesse.
“E’ la luna che mi spaventa…” abbassò gli occhi, pensando
che in fondo non stava mentendo “come sempre…”
Silente non si scompose, si alzò, raggiunse la sua scrivania
e dopo aver afferrato una bottiglietta, ritornò a sedersi al fianco di Remus.
“Questa ti allevierà un po’ di sofferenze.”
Fissò il ragazzo che adesso aveva un’espressione
assolutamente stupita e proseguì.
“E’ una pozione Antilupo, me la sono fatta spedire da un mio
vecchio amico alchimista; è un ritrovato recente e non ancora approvato dal
ministero, ma ho ragione di credere…che possa funzionare. Signor Lupin…il suo
tè sta per rovesciarsi sulla sua divisa.”
Remus raddrizzò immediatamente la tazzina e si ricordò di
chiudere la bocca.
“V…vuol dire che con questa non mi trasformerò?” chiese
incredulo.
“No, purtroppo non c’è pozione che impedisca alle tue ossa
di mutare, ma questa di permetterà di mantenere la tua coscienza; ti
trasformerai, ma sarai in grado di controllarti. Devi prenderla subito.”
Non se lo fece ripetere due volte, afferrò la boccetta e
bevve tutto il suo contenuto.
“Stanotte andrai alla stamberga come al solito, ma se Flamel
ha visto giusto e io ho fiducia in lui, domattina non avrai bisogno dei servigi
di Madama Chips”.
Lo sguardo di Remus, quando si posò sul vecchio preside era
stracolmo di ogni sorta di sentimento: ammirazione, gratitudine, sollievo…non
disse una parola, ma si sporse e lo abbracciò con trasporto.
“Su…su. Signor Lupin, deve tornare nel suo dormitorio… Credo
che il Signor Black abbia bisogno del suo aiuto per quanto riguarda gli
incantesimi di rassetto!”
Il ragazzo si ritrasse e prima di uscire bisbigliò un debole
‘grazie’.
Bisbigliava Remus tra sé mentre percorreva spedito i
corridoi che lo portavano verso la torre dei Grifondoro.
“Niente ferite…niente cicatrici…”
La mente persa in questi pensieri, gli occhi brillanti ed
emozionati…
All’inizio non notò la presenza di un’altra persona, fino a
che qualcosa di rosso non catturò il suo sguardo.
Si voltò verso l’arazzo alla sua destra in tempo per
scorgere una figura femminile che vi si nascondeva dietro.
“Lily! Ma che…”
La ragazza gli tappò la bocca con una mano e lo trascinò
dietro quel riparo improvvisato.
Remus si liberò dalla presa e spalancò gli occhi.
“Cosa…ci fai qui dietro?”
“Shh! Abbassa la voce! Mi sto nascondendo!”
L’espressione del ragazzo si fece da stupita a preoccupata.
“Non ti chiederò da chi ti nascondi…credo di saperlo!”
“Sicuramente pensi bene…ecco, li senti? Mi seguono tutti i
giorni, aspettando di trovarmi da sola.”
“Beh…ora non lo sei.”
“Oggi è diverso, non andranno per il sottile…Sono in sei.”
“Cosa!?”
“Shh!”
I due ragazzi si appiattirono dietro l’arazzo, rimanendo in
religioso silenzio fino a quando gli odiati Serpeverde non li ebbero
oltrepassati.
Ora, giunti a questo punto, è doveroso precisare che Remus
era un ragazzo tranquillo e pacato, ma non pauroso.
Soleva dire, che dopo aver affrontato per anni il lupo che
si risvegliava in lui una volta al mese, non poteva temere niente e il cappello
parlante doveva aver trovato del vero in queste parole, perché lo aveva
smistato, senza indugio, tra i Grifondoro.
Si ritrovò quindi a chiedersi come mai se ne stesse nascosto
dietro un arazzo, visto che non aveva fatto niente di male, invece di procedere
indisturbato per la sua strada.
Probabilmente fu per questo motivo che non aspettò di vedere
gli inseguitori di Lily sparire dietro l’angolo; uscì dal nascondiglio e
riprese il suo cammino, deciso a ristabilire il suo orgoglio.
“Remus…aspet..”
Lily cercò di trattenerlo per una mano, ma l’unico intento
in cui riuscì fu quello di farsi scoprire.
Lucius si voltò riconoscendo la sua preda e un sorriso
diabolico gli increspò le labbra.
“La piccola Lily Evans! Cuore impavido dei Grifondoro,
nonché salvatrice di anime afflitte si stava nascondendo!” la schernì mentre si
avvicinava seguito dai suoi infidi compagni. “Non è degno di te. Oh! Ma vedo
che sei in compagnia…Non ti basta più il cagnolino Potter?” la fissò con occhi
di ghiaccio “Adesso ti fai anche quegli straccioni dei suoi amici?”
Lily ricambiò lo sguardo sprezzante.
“E’ una fortuna che sia capitato al momento giusto” indicò
con la mano i ragazzi che gli stavano alle spalle “Siamo in molti a poterti
mostrare come agisce un vero uomo…,ma prima devo sbarazzarmi di lui!” concluse
puntando la bacchetta contro Lupin.
Evitando lo skiantesimo, Lily afferrò il ragazzo per una mano
e lo trascinò dentro la prima aula libera, chiudendo dietro di sé la porta con
un incantesimo.
Lucius fece qualche passo avanti, deciso a scagliare un
controincantesimo di apertura, ma Severus Piton, il più fedele tra i suoi
compagni lo trattenne.
“Conosco un metodo migliore per fargliela pagare” sibilò.
Malfoy lo guardò aggrottando le sopracciglia con l’aria di
chi non è disposto a tollerare alcuna interferenza, ma Piton non parve
spaventato e continuò.
“Credimi…sarà molto più terribile così!” e detto questo
sigillò la porta dall’esterno con un potente incantesimo di magia nera.
“Perché?” chiese una voce da gorilla proveniente da uno dei
Serpeverde che erano rimasti indietro.
Piton sogghignò perverso.
“Perché stanotte ci sarà la luna piena.”
Lucius sorrise compiaciuto e aggiunse un incantesimo
d’insonorizzazione, poi si avviò verso i sotterranei seguito da tutti gli
altri.
***
“La porta è sigillata” affermò grave Remus, vedendo
respingere il suo incantesimo di apertura per la dodicesima volta.
Appoggiò la schiena alla porta, cercando un’altra eventuale
via di fuga con scarsi risultati.
Sospirò.
“Dovevi lasciare che li affrontassi.”
“Sei contro uno?” chiese la ragazza, seduta con aria
afflitta su un banco. Scosse la testa “A quest’ora saresti rinchiuso al San
Mungo…E io…beh…anche peggio.”
“Non possiamo chiedere aiuto…” riprese Remus come se
parlasse da sé “Ho sentito Malfoy lanciare un incantesimo d’insonorizzazione.”
“James verrà a cercarci, non è mai tranquillo fino a che non
sono rientrata al dormitorio.”
Lily sembrava speranzosa.
“Spero che lo faccia prima del sorgere della luna” rispose
vago il ragazzo.
Lily lo guardò perplessa.
***
Quando James Potter spalancò in modalità ciclone la porta
del dormitorio, il suo miglior amico, Sirius Black, reggeva con due dita le
precarie corde del suo violino, disponendole tese sullo strumento per
controllarne la lunghezza.
Aveva tentato quest’operazione più volte da quando era
ricominciata la scuola, con scarsi risultati e probabilmente le coincidenze
astrali non erano favorevoli neanche quel giorno, perché l’irrompere di James
nella stanza innescò una serie di conseguenze elencate in bell’ordine.
1)Sirius sobbalzò.
2)Le sue dita lasciarono scivolare le corde.
3)Le corde si stamparono sulla sua faccia.
Sensazione dide jà
vu.
James si portò una mano alla bocca tentando di non ridere.
Sirius, invece, non aveva nessuna voglia di ridere; guardava
l’amico accigliato senza curarsi del sangue che aveva cominciato a colargli
lungo il collo.
Le corde vibravano ancora producendo un rumore metallico.
“James, vorresti dirmi, gentilmente, cosa ti ho fatto di
male?”
“Ma, Sirius, non è colpa mia! Quel violino è un’arma
impropria!” disse puntando il dito contro lo strumento incriminato che il
ragazzo teneva ancora sulle ginocchia.
“No! E’ il tuo cervello un’arma impropria! Perché cavolo sei
entrato così all’improvviso?!”
“Da quando in qua devo bussare?!”
“DA QUANDO TENTO DI RIAGGIUSTARE QUESTE STRAMALEDETTE CORDE!!!”
urlò il ragazzo alzandosi e gettando lo strumento sul letto più vicino.
Cercò di togliersi il sangue dal viso fallendo miseramente.
James realizzò che se l’amico si trovava in quelle
condizioni, la responsabilità era per gran parte sua.
“Scusa…” disse avvicinandosi, poi sollevò la bacchetta.
“Rigenero!”
Il volto di Sirius tornò normale.
“Riconosco di essere un po’ agitato, stasera…” bisbigliò
dopo qualche minuto di silenzio.
“Ma và!?”
“E’ per via di Lily!” continuò leggermente offeso dalla
mancanza d’interesse dell’amico “E’ tutto il pomeriggio che la cerco e non sono
ancora riuscito a trovarla!”
Sirius si sedette sul bordo del letto appoggiando le braccia
sui ginocchi; era chiaro che l’amico voleva sfogarsi.
“Non è normale…” continuò James, adesso più rilassato
“Voglio dire…Ogni sera l’accompagno al dormitorio cercando di evitare i
problemi…”
Sirius annuì, consapevole che i ‘problemi’ avevano il nome
di Lucius Malfoy.
“…e lei è sempre così prudente quando è sola!”
“Forse è con Remus! Non lo vedo dal primo pomeriggio,
staranno studiando insieme, sai come sono quei due.”
James si accarezzò il mento.
“Certo…non ci pensavo! Se è con Remus posso stare
tranquillo, si terranno fuori dai guai, non c’è niente da temere quando c’è
lui…” s’interruppe impensierito.
“Almeno che non ci sia la luna piena” continuò Sirius.
“Già. Sirius?”
“Sì?”
“Quando ci sarà la luna piena?”
“Stasera.”
“Oh, cavolo!”
I due scesero dal dormitorio e attraversarono di corsa la
sala comune per lanciarsi nei corridoi bui della scuola.
Mancava solo un ora al sorgere della luna.
***
“Sai Lily, c’è una cosa che vorrei dirti” incominciò Remus,
dopo aver guardato per l’ennesima volta l’orologio che portava nella tasca dei
pantaloni “Sei una ragazza fantastica… e sono sicuro che potrai capir…”
“Remus J. Lupin!” esclamò la ragazza, prima che potesse
continuare “Non mi starai facendo una dichiarazione d’amore, vero? Guarda che
non siamo in pericolo di vita!”
“No. In effetti, io non lo sono, o almeno, non fisicamente…”
Lily sentì la sua voglia di scherzare, smaterializzarsi
all’istante.
Conosceva bene Remus e sapeva che si sarebbe fatto divorare
dai ‘cuccioli’ che Hagrid allevava clandestinamente, piuttosto che spaventare
qualcuno senza motivo.
Lo guardò interrogativa.
Osservò attentamente il dito che il ragazzo faceva scivolare
sulla superficie del banco, da destra a sinistra fino al bordo per poi tornare
indietro e ripercorrere lo stesso tragitto.
Lily seppe che era serio.
“Remus…?”
Non ricevendo alcuna risposta, si avvicinò e si sedette
accanto a lui.
“Mi stai spaventando” disse in un soffio rivolta più a se
stessa che non al suo interlocutore.
“Fai bene ad aver paura di me…Non è una dichiarazione quella
che volevo farti, ma la confessione del più terribile dei segreti.”
Lily lo guardò basita.
“Non indovini di cosa sto parlando?”
La ragazza non si mosse.
“Guarda” disse indicando la finestra “tra poco sorgerà la
luna…e sarà piena.”
Non reagiva e Remus se ne accorse, si alzò di scatto lasciando
che la sedia si rovesciasse dietro di lui e l’afferrò per le spalle scuotendola
con decisione.
“Lily! Per il sangue di Godric! Devi rimanere lucida! Ci
sarò già io fuori di testa!”
“Non…non può essere…Remus…”
“Sì. Purtroppo è così.” Adesso il suo tono era più moderato.
La guardò negli occhi finché non si accorse che si era
calmata e cosa più importante, che aveva riconnesso il cervello.
“Resta calma. Ti dirò cosa fare. Oggi sarò più tranquillo
del solito…”
“Io non so come sei di solito!” era tutto fuorché calma.
“Oh! Già…” sembrò imbarazzato.
“Beh, in genere sono più violento di come mi vedrai oggi…”
“Non mi stai aiutando!”
“O insomma! Quello che sto cercando di dirti è che stasera
dovrei riuscire a controllarmi…”
“Come fai ad esserne sicuro!?”
“Se mi lasci finire…” l’espressione inquieta della ragazza e
i deboli bagliori della luna cha già incominciavano a filtrare dalla finestra
lo costrinsero a rimandare ogni spiegazione.
“Hopresounapozionemanonsosefunzionerà”
“Fantastico!” esclamò con sarcasmo, ma poi si ritrasse.
Remus era già a terra: la trasformazione era iniziata.
“INCATENAMI!” urlò il ragazzo “E SE MI FERISCO…NON TENTARE
DI… FERMARMI!”
Lily era una ragazza estremamente coraggiosa, la sua mente
non aveva vacillato neanche quando sua sorella Petunia era entrata nella loro
camera da letto con il volto completamente ricoperto di crema al cetriolo e con
una montagna di bigodini di varie dimensioni issati sulla testa; ma la
trasformazione di un licantropo ha la capacità di suscitare delle
sensazionipiuttosto contrastanti,
soprattutto se chi vi assisteè un
amico o conoscente del lupo mannaro in questione.
La mente umana non consente di cambiare l’opinione che si ha
di una persona con la stessa velocità con cui mutano le ossa di un licantropo.
Di conseguenza, Lily si ritrovò a fissare Remus che non era
più Remus.
Forte degli studi in cui eccelleva, lanciò l’incantesimo che
incatenò la bestia al muro per poi rifugiarsi nell’angolo più distante,
aspettando, con le braccia allacciate intorno alle ginocchia, che quell’incubo
finisse.
Capitolo 6 *** Interrompere la caduta del Domino ***
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CORRIDOIDELSEMINTERRATOSTESSO GIORNO(notte)
“INTERROMPERE LA CADUTA DEL DOMINO”
“Vorresti ricordarmi per quale motivo stiamo vagando da due
ore per i sotterranei dei Serpeverde?” chiese Sirius Black all’amico, mentre
scansava con innata eleganza l’ennesimo dardo che un vecchio orologio a pendolo
continuava a scagliargli contro.
“Non mi sembra che tu te la stia cavando male” rispose James
ammirandone l’agilità.
“I miei ne hanno messo uno uguale a casa” rispose evasivo
scrollando le spalle “Naturalmente, lancia dardi solo a me!”
“Forse riconosce che sei un Black traditore.”
“Può essere…Attento a quella scure, James! A tutta l’aria di
voler cadere proprio sulla tua testa!”
Osservò il ragazzo scansarsi lateralmente e l’arma malefica
conficcarsi nel punto esatto del pavimento dove prima si trovava l’amico.
James non pareva turbato.
“Cosa mi stavi dicendo?” chiese.
“Ah! Sì…sono quasi sicuro che l’incantesimo sull’orologio di
casa mia sia opera di mia madre; spera di liberarsi definitivamente di me, un
giorno. Ehi! Ma non stavamo parlando del perché ci troviamo qui?!”
Sul volto di James si disegnò il sorriso incerto e abbozzato
dei bambini che hanno appena combinato una marachella e sono stati scoperti.
“Siamo qui perché stiamo cercando Lily, amico!”
“E’ improbabile che sia nei sotterranei” rispose Sirius
grattandosi la punta del naso.
“Sì, ma è mooolto probabile incontrare qualche Serpeverde
che c’entra con la sua sparizione” scavalcò uno sgabello che stava tentando di
morderlo “Spero tanto che Remus sia alla Stamberga…” sospirò “ la
trasformazione dovrebbe essere già avvenuta.”
Sirius annuì.
“E’ strano che non si sia fatto rivedere da questo
pomeriggio, ma forse ha a che vedere con il motivo per cui Silente l’ha
convocato…Se solo Peter si muovesse…A quest’ora dovrebbe già essere arrivato
alla Stamberga, anzi…Dovrebbe già essere qui! A farci sapere se Remus si trova
là oppure no!”
Camminava soprappensiero.
“E’ più lento di una lumaca, quello!” disse tra se,
infilando inavvertitamente il piede in un punto del pavimento che era stato
trasfigurato in palude.
Affondò fino alla vita.
“Porc…”
James sghignazzò, divertito dalla sbadataggine dell’amico.
“MERD…! CHE CAVOLO HAI DA RIDERE!”
Per tutta risposta, il ragazzo esplose in una risata sonora,
finché non s’interruppe distratto da un’altra voce.
“Ti senti a tuo agio, immerso nel fango, Black?!”
La voce proveniva dal fondo del corridoio.
Socchiudendo gli occhi, dietro le lenti, James intravide
Severus Piton.
<Niente di
meglio di quel viscido per avere delle informazioni.> pensò.
“Tu non hai bisogno d’immergerti nel fango, Severus!”
esclamò Sirius, cercando di tirarsi fuori dalla palude “Sei già putrido di tua
natura!”
“Spavaldo come sempre, eh, Black? Ma cosa faresti se ti
dicessi che il tuo amico Peter Minus è stato scoperto da Silente mentre tentava
d’intrufolarsi sotto il Platano Picchiatore!”
Piton poté godersi lo stupore stampato sul volto dei suoi
due peggior nemici.
“Un vero incapace!” continuò “Non potrà andare alla Stamberga
Strillante, stanotte, a far compagnia al vostro amico licantropo” s’interruppe
un attimo per assaporare la sua vendetta “Non dispiacerti, Black! Sarebbe stato
un viaggio inutile…Lupin non si trova là…”
“Tu menti!” esclamò James deciso
“E per quale motivo dovrei…” finse un’aria ingenua
“Ah…Potter, sta bene la Evans?”
James si gettò su di lui.
***
La sua mente barcollava appena, sballottata dentro un corpo
che non riconosceva come suo. Non sentiva dolore, solo una vaga inquietudine
derivata dalla consapevolezza che non doveva muoversi.
Perché non dovesse farlo non lo sapeva, oppure non lo
ricordava…
Non importava…
Non doveva muoversi!
Non doveva muoversi.
Non doveva muoversi.
Era contro la natura del lupo stare fermo, per questo
continuava a dimenarsi anche se debolmente.
Non doveva muoversi.
Percepiva un’ altra presenza nella stanza, umana, ma sapeva
che non doveva raggiungerla.
Non doveva spezzare le catene che lo tenevano inchiodato al
muro.
Non doveva avvicinarsi a questa persona.
Non doveva muoversi.
Non sapeva quanto tempo fosse passato.
Vedeva con gli occhi del lupo:
Una stanza troppo stretta per lui.
Sfocata.
Niente colori.
Una presenza in fondo, rannicchiata.
Poteva vedere la sua aurea colma di vita irradiare lo spazio
intorno a lei.
Desiderava quella vita, ma non doveva muoversi.
Non doveva muoversi.
***
“DIMMI DOVE SONO!” urlò James, stringendo più forte la mano
intorno alla cravatta di Piton.
“Chi?” rispose sprezzante il Serpeverde
“LO SAI BENE CHI! I MIEI AMICI!”
James era furente, ma Piton lo batteva in testardaggine.
“Te l’ho detto Potter! Peter Minus è con Silente nel suo
ufficio, Lupin e quella sporca mezzosangue della Evans…” la stretta alla sua
gola si fece più serrata “…sono in un aula…del terzo piano e Black…guardalo! Il
grande Black che striscia nel fango…”
James gli sferrò un pugno in pieno volto e lo avrebbe
colpito ancora, se non fosse stato fermato dall’arrivo del preside.
“Si fermi, signor Potter!” ordinò autoritario, poi si
rivolse a Severus, ancora disteso a terra, un rivolo di sangue scorreva lungo
il naso adunco.
“E’ proprio sicuro di quello che ha appena affermato, Signor
Piton?”
Il ragazzo lo guardò perplesso.
“Ne ha azzeccate due su tre. Infatti il Signor Lupin e la
Signorina Evans…Signorina Evans, Severus, non sporca mezzosangue, si trovano
insieme al terzo piano e Peter Minus è con me” disse spostandosi in modo che la
figura del ragazzo s’intravedesse dietro di sé “ ma come può vedere, io non
sono nel mio ufficio, anche se preferirei esserci…” sospirò “ ma ho una
faccenda da sbrigare al terzo piano e voi mi accompagnerete”.
Si voltò verso Sirius e recitò:
“Gratta e netta!”
“Deve fare più attenzione a dove mette i piedi, Signor
Black!”
***
Quanto tempo Lily fosse rimasta rincantucciata nel suo
angolo, non lo sapeva.
Quantificare il tempo…
Era molto più facile per lei quantificare il livello della
paura: alto…stratosferico.
Era gelida.
Alzò gli occhi.
Il mostro che Remus era diventato, davanti a lei, si
agitava, ma sembrava intenzionato a non voler rompere gli anelli incantati.
Immaginava la mente del ragazzo, mentre lottava
incessantemente per ottenere lo scettro della consapevolezza.
Combatteva da solo, contro la natura sovrumana e selvaggia
di una creatura della notte.
Di tanto intanto lo sguardo del lupo si posava su di lei,
quegli occhi gialli, bramosi dell’unica cosa che avrebbe alleviato le sue
sofferenze: rubargli la vita.
Poi uggiolò forte.
Era Remus.
Lo fissò e percepì la sua lotta silenziosa, estenuante,
interiore e dilaniante.
Combattere se stessi.
Si sentì tremendamente inutile e debole e sciocca per non
aver mai capito.
“Resisti.” Bisbigliò consapevole che si rivolgeva più a se
stessa che non al suo amico.
“Ci stanno cercando.”
La realtà che venne dopo, paradossalmente, le sembrò un
sogno.
Udì le parole strascicate del controincantesimo che rompeva
i sigilli.
***
“E’ stata fortunata, Signorina Evans, che abbia proposto al
Signor Lupin di provare la pozione antilupo proprio questa sera” esclamò il
preside richiudendo la porta dell’aula dopo aver fatto uscire Lily.
La ragazza si lasciò abbracciare da James e accennò un breve
sorriso a Sirius.
“Non ci sarebbe stato bisogno della fortuna se i Serpeverde
fossero stati leali!” disse rivolta a Piton di cui aveva intravisto la sagoma
nell’ombra.
“Se i Grifondoro non ficcassero sempre il naso in tutte le
questioni…”prese a ribattere il ragazzo.
“Fate silenzio entrambi!” lo interruppe il preside “Signor
Minus, non è necessario che si nasconda…non sono in collera”
Peter rinunciò a mimetizzarsi con le colonne.
“Quest’interminabile sequenza di rappresaglie e vendette
deve finire! Sto parlando anche per lei, Signor Black!”
Sirius si rimise la bacchetta in tasca senza concludere
l’incantesimo che avrebbe trasfigurato una bella coda da asino sul didietro di
Piton e fissò Silente con uno sguardo candido.
“Conoscete il gioco del Domino?” chiese squadrando tutti i
presenti attraverso gli occhiali “Una sola azione fa cadere tutti i
pezzi…Questa notte io sarò il tassello che ne interrompe la caduta.”
Il tono era risoluto.
“Ora…Poiché mi sembra che la Signorina Evans stia bene,
nonostante tutto, direi che sarebbe cosa buona e giusta se il Signor Potter
volesse accompagnarla al dormitorio e soprattutto…” continuò appoggiando una
mano sulla spalla del ragazzo “…se riducesse il tempo delle effusioni serali a
soli45 minuti, invece dei soliti 120.
Signorina Evans, le è tornato il colore…?! Prima era pallida come un lenzuolo…”
Osservò divertito i due studenti che si allontanavano.
“Invece, voi due” riprese indicando Sirius e Peter “potete
entrare nell’aula per accertarvi delle condizioni del vostro amico, se non
glielo concedessi, il Signor Black starebbe appostato qui tutta la notte
cercando di entrare di nascosto. Dico bene?”
Sirius si accarezzò la testa imbarazzato.
“Ma non avvicinatevi troppo e restate solo per un minuto”
riuscì a dire prima che i due sparissero nell’aula “Quel ragazzo avrà pur
evitato le ferite, ma domani avrà un mal di testa con i fiocchi!”
Sospirò mentre si accingeva ad affrontare la parte più
difficile.
“Lei, Signor Piton, andrà a chiamare gli altri studenti che
hanno preso parte a questo scherzo e li condurrà qui. Questa notte, insieme a
me, entrerete nell’aula dove si trova il Signor Lupin.”
Per la prima volta gli occhi si Silente si fecero di
ghiaccio.
“Basteranno pochi minuti, voglio che vediate con i vostri
occhi la disperazione di cui vi siete fatti beffe!”
Quando, la mattina dopo, James Potter si presentò nella Sala
Comune dei Grifondoro, con gli occhi ancora semichiusi, i capelli sparati (in
questo non c’era alcuna differenza rispetto agli altri giorni) e gambule
sinistro del pigiama arrotolato sopra il ginocchio, l’orologio alla parete
segnava le 11:15.
Fu una fortuna che quel giorno la Sala Comune non fosse
particolarmente affollata, infatti, a parte qualche gruppetto sporadico, la
maggior parte degli studenti era riunita nella Sala Grande per contribuire,
ognuno con le sue mansioni, ai festeggiamenti di Halloween.
Il preside aveva concesso un giorno di vacanza e sebbene la
mattinata fosse gelida e piovosa, dal cortile provenivano le voci concitate di
chi aveva preferito trascorrere il tempo libero all’aperto.
I suoi amici e Lily, invece, erano tutti nella Sala Comune.
Peter leggeva svogliatamente la Gazzetta del Profeta,
lanciando di tanto in tanto qualche sguardo fugace ad un gruppetto di ragazze
del terzo anno.
Sirius era di nuovo alle prese con le corde del suo violino;
si era legato i capelli perché non gli fossero d’impiccio, ma sbuffava in
continuazione portandosi dietro l’orecchio una ciocca particolarmente ribelle
che continuava a scendergli sugli occhi.
Ripeteva quel gesto con la mano ritmicamente.
Poi, all’improvviso, proprio quando i suoi diti erano
sospesi sopra l’orecchio, s’immobilizzò.
Sollevò gli occhi e sgranandoli riconobbe la sagoma
dell’amico.
Pericolo.
Immediatamente posò lo strumento riponendolo nella sua
custodia.
James intravide un ombra di panico attraversare repentina il
suo volto e si risparmiò la fatica di trattenere una risata.
“Potevi continuare!” disse
“No! Grazie…credo che farò una pausa! Del resto… ho finito…”
Si appoggiò allo schienale della poltrona e allungò le
gambe, controllando dubbioso che lo strumento fosse a debita distanza
dall’amico.
Vicino al caminetto, per metà reclinato sui cuscini, c’era
Remus: aveva gli occhi chiusi e un grosso sacchetto pieno di ghiaccio posato
sulla testa.
Lily se ne stava rannicchiata di fianco a lui, le braccia
allacciate intorno alle gambe e il mento appoggiato sulle ginocchia.
James si avvicinò ai due.
“Come va?” chiese posando una mano sulla spalla del ragazzo.
Remus aprì un occhio sbirciandolo
“Si può morire di emicrania?”
“No…non credo, ma se fossi in te starei attento a Lily; lei
sì che è letale!”
“Ehi!” rispose indignata la ragazza che per tutta risposta
si fece più vicino a Remus appoggiandogli la testa sulla spalla.
I capelli rossi lo inondavano.
“Remus non ha nulla da temere da me!” disse imbronciando le
labbra come una bambina “e stargli accanto è il minimo che possa fare, dopo
tutti i guai in cui è finito per causa mia!”
Sottolineò le ultime parole abbracciando più forte il
ragazzo.
“E tu…” riprese rivolta al suo ragazzo “Brutto
insensibile…Avresti dovuto dirmelo! Non ci posso credere…”nascose la faccia
nella maglia di Remus “Per sei anni! E non mi sono mai accorta di nulla! Come
ho potuto essere così sciocca…”
“Non è stata colpa mia! Remus ci aveva fatto giurare di non
rivelare a nessuno il suo segreto!” esclamò con l’impeto di un bambino che teme
di non essere creduto “Vero?” chiese poi, cercando la conferma del ragazzo che
annuì debolmente.
Aveva gli occhi ancora chiusi.
“Io facevo eccezione!” si rivolse al malato “Potrai mai
perdonarmi? Sono stata così stupida!”
Remus scosse la testa come per dire che non gli importava e
sospirò profondamente, ma a Sirius non sfuggì che la mano del ragazzo prima
adagiata con noncuranza sul divanetto, si era serrata a pugno.
“Beh…in effetti avresti anche potuto capirlo, in fondo io e
Sirius lo abbiamo scoperto da soli” riprese James leggermente offeso dalle
coccole che la sua Lily stava riservando ad un altro.
“E’ diverso! Voi siete nella stessa camera!”
“Cosa c’entra?”
“C’entra!”
“No!”
“Sì!”
“Remus…! Diglielo che non conta se dormiamo nella stessa
stanza…”
Il ragazzo non rispose, si sollevò appena, scostandosi il
ghiaccio dalla fronte; il mal di testa lo stava massacrando e l’ultima cosa di
cui aveva bisogno era un bel litigio.
“Sirius…?” chiamò con un filo di voce.
“Sì?”
“Fa qualcosa…ti prego…”
Sirius fece l’unica cosa che era in grado di fare in quella
situazione.
Si portò il violino al mento ed incominciò a suonare.
Era raro che Sirius suonasse per se stesso, lo faceva quando
era malinconico, ma capitava di rado; se però intravedeva un buon fine nel
quale erano coinvolti anche i suoi amici, allora non esitava, impugnava la sua
arma e lasciava che ogni sensazione lo attraversasse.
Era così.
Lui faceva da tramite.
Il ponte che collega lo strumento al cuore dei suoi
ascoltatori.
Tra le sue mani il violino produceva incantesimi non meno
della sua bacchetta.
E lui era la forza che li generava.
Creatore e servo umilissimo.
E mentre le parole si sarebbero perse a lottare con la
mente, le note da lui generateed
attraverso di lui trasmesse, giungevano dirette al luogo che non necessitava di
alcun contorto ragionamento: il cuore.
Fluivano dolci, appena accennate, né rabbia né incertezza o
gelosia…solo un lieve desiderio di placida serenità; semplice benessere
ritrovato nella quotidianità.
Rimasero in ascolto, i volti rapiti e le menti distanti,
lasciando che quella musica riportasse a galla sentimenti troppo a lungo
trascurati e troppo spesso dimenticati.
Mossi soltanto da gesti istintivi, sembravano protendersi
verso le note, assorti seppur partecipi.
La torre si fece silenziosa come un luogo di culto, la
pioggia attutiva i rumori esterni; i chiacchiericci, i brusii erano stati messi
a tacere e in questa atmosfera ovattata la mano di Remus tornò a distendersi.
James guardò l’amico: suonava, disperdeva quei suoni dolci
con facilità, la stessa con cui lui disperdeva parole, ma l’effetto risultato
non era minimamente paragonabile.
Le sue parole innescavano solo interminabile discussioni.
La musica di Sirius le metteva a tacere prima che
degenerassero.
Sapeva che se avesse continuato, avrebbe pronunciato frasi
di cui poi si sarebbe pentito…graveerrore l’impulsività!
Ma adesso la sua mente era una ‘tabula rasa’.
L’unica cosa che gli sembrava veramente importante era
sedersi sul bracciolo del divano e accarezzare i capelli setosi della sua Lily.
Con gesti ritmici faceva scorrere i diti nella massa ramata
come se quel contatto fosse la massima aspirazione della sua vita.
La ragazza mostrò la sua piena condivisione appoggiando
lievemente la testa sulle gambe di lui.
Remus sorrise, stava tornando tutto al posto giusto;
finalmente rilassato si lasciò cullare dal movimento conclusivo della melodia.
Poi il silenzio.
Lily si sollevò lentamente, gli occhi un poco arrossati,
posò la mano sul braccio di Remus.
“Sono inutile…” bisbigliò
“Non è vero.”
La ragazza si riscosse e fissò quegli occhi che la
guardavano comprensivi, accennò un sorriso incerto.
“Allora dimmi che posso fare…”
Remus si passò una mano sulla bocca e sul mento come se
stesse ponderando la risposta; poi si chinò verso di lei e le sussurrò:
“Per esempio...potresti accompagnare James in dormitorio e
obbligarlo a vestirsi come si deve!”
Lily si sciolse in una risata contagiosa e baciato Moony
sulla guancia, trascinò il suo ragazzo dall’aria confusa, fino al piano di
sopra.
“Wormy, cosa ci fai in quell’angolo?” chiese dopo che i due
ragazzi furono spariti nell’antro delle scale “Lo sai che quando sto male, mi
piace avere i miei amici vicini” indicò il posto vicino a sé e Peter ci si
adagiò ancora serio.
Sì, perché nonostante la gentilezza di Remus, si sentiva
perennemente escluso, non erano amici con lui come lo erano tra di loro.
Sirius si sistemò sul bracciolo come aveva fatto pochi
istanti prima James, ma dalla parte di Remus e gli scostò dalla fronte una
ciocca di capelli che il ghiaccio vi aveva fatto aderire.
“Va meglio?”
Il ragazzo annuì.
“Sirius…?”
“Sì?”
“Visto che oggi sono così egoista e voi così pronti a
coccolarmi…Posso chiederti un altro favore?”
“Certo!”
“Suoneresti ancora per me?”
Il ragazzo non rispose; appoggiò la sua mano su quella
dell’amico stringendola appena, poi recuperò il suo strumento e naturalmente lo
accontentò.
Capitolo 8 *** La sera Grifoni e la mattina... ***
8
8
DORMITORIO MASCHILE DEI GRIFONDORO
1 GENNAIO 1976
“LA SERA GRIFONI E LA MATTINA…”
(cronache di un risveglio forzato)
La vita proseguiva normale, se di normalità si può parlare
quando ci riferiamo agli studenti della scuola di magia e stregoneria di
Hogwarts.
Fatto sta che fino a Natale non ci furono intoppi, almeno
questo lo possiamo affermare con sicurezza.
Silente, anche se con metodi non molto ortodossi, era
riuscito a chiudere il cerchio delle vendette, almeno per il momento e dopo il
suo ultimo ‘provvedimento’ erano conseguiti due mesi di totale tranquillità.
Ora, i Malandrini avevano un cuore d’oro, ma dopo due mesi
di completa astinenza dalle loro marachelle, cominciavano a sentirsi come un
gruppo di ragazze di Tassorosso al primo anno.
Probabilmente fu per questo motivo che decisero di
organizzare, per la serata di San Silvestro, il più grandioso banchetto
clandestino che Hogwarts avesse mai visto dai tempi in cui Silente frequentava
la scuola come studente.
Fu un evento a livello intergalattico e lo sarebbe stato
ancor di più se la banda fosse stata al completo, ma purtroppo uno di loro
mancava all’appello. Remus Lupin, per la prima volta in sei anni, aveva
preferito tornare a casa per le vacanze di Natale.
Non aveva dato molte spiegazioni agli amici, anzi, non ne
aveva data nessuna se si esclude la penosa scusa che sentiva nostalgia.
Sirius si era chiuso in un caparbio silenzio e non aveva
rivelato che sospettava il motivo di una tale repentina fuga. Chiunque avesse
osservato la Signora Lupin, al binario 9 e ¾ , avrebbe capito che la sua
malattia non era cosa di poco conto.
Remus aveva abilmente dribblato tutte le domande e solo la
promessa che sarebbe ritornato in tempo per il Capodanno, aveva fatto desistere
i suoi amici dal porgliene altre.
Ma la giovinezza, si sa, richiede il suo tributo
d’incoscienza e spensieratezza e dei quattro amici solo Remus era immune da
tale sconsiderata abitudine, avendo abbandonato questa condizione il giorno
della sua prima trasformazione; così, mentre lui si dirigeva, con coraggio e
rassegnazione, incontro ai problemi di una vita che non gli concedeva tregua, i
suoi amici inventavano nuovi metodi per rubare burrobirre dalle cucine della
scuola.
Remus, com’era prevedibile, mantenne la sua promessa e rientrò
ad Hogwarts la mattina del 1 Gennaio, giusto in tempo per assistere ad uno
spettacolo che sarebbe passato agli annali della scuola.
Non appena ebbe varcato la soglia del dormitorio, con tutta
la dignità di un licantropo adulto e poté vedere la scena che gli si parava
davanti, rimase…pietrificato!
Si stropicciò gli occhi: li aveva aperti, ne era certo.
Si pizzicò una guancia: era sveglio, non sognava.
Provò anche a fare un passo indietro, chiudere la porta e
poi riaprirla di nuovo per essere certo di non aver sbagliato stanza.
Ma niente. Era tutto vero.
CAOS!!!
I suoi tre amici dormivano ancora, come poté constatare dal
sonoro russare, alternato in tre modalità ben distinte.
Peter emetteva un suono asimmetrico, intervallato dal
fischio regolare della sua narice sinistra; si trovava sul pavimento, come gli
altri due, le gambe divaricate e un braccio possessivamente ripiegato intorno a
quello che senza dubbio era stato il trofeo della serata: il cappello della
McGranit.
Con l’altra mano impugnava la bacchetta, la cui estremità
era conficcata casualmente nella sua narice destra.
Come, Peter, avesse bevuto così tanto da ficcarsi da solo la
bacchetta nel naso, per Remus rimase un mistero, anche se sospettava che fosse
stato ‘aiutato’ daglialtridue Malandrini.
Sirius era ripiegato sul fianco sinistro ed emetteva un
brontolio che al licantropo ricordò un bollitore da tè.
Indossava solo i pantaloni della divisa e dormiva con la
testa appoggiata ad un vecchio paio di scarpe; forse era l’odore nauseante che emettevano
a farlo brontolare così.
La sua mano destra era posata con noncuranza sul ventre di
James, su di una parte non propriamente opportuna…
Remus sogghignò.
“Se Lily vi vedesse, avreste un bel da fare a spiegarle la
situazione!” disse a voce alta.
“Forza Grifoni! E’ ora di svegliarsi!”
Fece un passo avanti scavalcando cinque bottiglie vuote di
burrobirra, tre di whisky incendiario (ma dove cavolo lo avevano trovato!) e un
mucchietto di stracci arrotolati che identificò come i vestiti di Peter.
Per poco non scivolò su una scatola di gelatine
tutti-i-gusti-più-uno rovesciata e fu per puro caso che evitò di sbattere i
denti contro una scacchiera incantata che continuava a volteggiare in aria.
Oltrepassando l’ultimo ostacolo, che consisteva nel corpo di
James, arrivò alla sua meta, ovvero la finestra, ma quando fece per aprirla si
sentì afferrare una caviglia.
“Lily…” farfugliò James “Mhm…come sei audace…” continuò
dimenandosi appena.
Remus si liberò dalla presa.
“Ehi James! Sveglia! Quella è la mano di Sirius!” urlò
divertito.
Il ragazzo semiaddormentato parve prendere in considerazione
l’infausta eventualità, poiché corrugando la fronte allungò la propria mano per
controllare.
Troppo ruvida.
Troppo grossa.
Si svegliò di soprassalto.
“AHHAHHAAHHAAAHHH!!!”
Il licantropo si aggrappò alle tende per non cadere a terra
dal gran ridere mentre James, completamente sveglio, scansava la mano
dell’amico alla maniera dei Marines babbani: rotolando di fianco.
“SIRIUS BLACK! MALEDETTO PERVERTITO! COSA CAVOLO CREDEVI DI
FARE?! RISPONDI DISGRAZIATO!”
Sirius grugnì qualcosa che Remus interpretò come:
<Dai…mammina…lasciami dormire…>
“Mammina?” ripeté stupito e divertito il licantropo “Ma come
può scambiarti per sua madre?”
James parve calmarsi un attimo; guardò Remus negli occhi e
disse:
“Hai mai conosciuto la Signora Black?”
“No.”
“Ah…Ecco!”
James si passò una mano tra i capelli scompigliati
sbadigliando sonoramente; poi squadrò l’amico ancora addormentato e la sua
fronte si accigliò.
“Voglio proprio svegliare questo deficiente!” disse “Ah,
Remus…sono contento che tu sia tornato…”
“Anch’io! Non conosco la noia quando sono insieme a voi!”
Rideva ancora mentre pronunciava queste parole, ma era
sincero e James se ne accorse anche se stette al gioco.
“Sì sì! Ridi pure! E’ tutta colpa di questo stupido! SVEGLIA
BLACK!” urlò scuotendo il ragazzo per le spalle “MI DEVI DELLE SPIEGAZIONI!”
Sirius spalancò gli occhi e riconoscendo l’amico sopra di
lui, si alzò di scatto e l’abbracciò con foga.
“Oh James! Per fortuna che sei te!” esclamò stringendo il
ragazzo in una morsa da piovra “Stavo facendo un sogno orribile!”
James realizzò che la situazione era davvero grave, non per
Sirius, ma per lui…rischiava di soffocare. Così sperando che l’amico allentasse
la presa chiese:
“C…cosa stav..i sogna…ndo?”
“Sognavo mia madre che urlava! E’ stato terribile!!! Cos’hai
da ridere Remus…? E’ una cosa seria!”
Ma in quel momento stava ridendo anche James.
“Begli amici che siete!”
Sirius lasciò la presa e si alzòper sparire, dopo pochi secondi, dietro la porta del bagno.
Quando riapparve, Remus notò che si stava sfregando
energicamente i denti con il pennello da barba di James.
“Sirius…Cosa stai facendo?” chiese calmo.
“Mi lavo i denti; come ogni mattina. Ragazzi siete strani
oggi.”
“Quello è il pennello da barba di James” continuò Remus
senza scomporsi.
“Barba? James?” il ragazzo lo guardò interrogativo “James
non ha la barba!”
“Certo che ce l’ho!” urlò indignato il diretto interessato.
“Anch’io ce l’ho!” disse Peter che si era appena svegliato
“Mi è cresciuta stanotte” si accarezzò il mento “deve essere stata una ‘strana’
notte!”
Scrutò Remus con gli occhi ancora assonnati.
“Oh, ciao Remus. Ragazzi? Qualcuno di voi mi può spiegare
perché avevo la bacchetta conficcata in una narice?”
Sirius si richiuse in bagno e James fece finta di cercare le
scarpe sotto al letto.
Remus sospirò.
“Sai, Peter…Non lo so. Non so perché tu avevi la bacchetta
nel naso, come non so perché Sirius, stamattina, aveva una mano sulle parti
basse di James. Sì, Sirius…” disse rivolto al ragazzo che si era affacciato
alla porta del bagno “…tu palpavi James, stamani, ti ho visto! E non vi
chiederò neanche come mai questa scacchiera continua a volteggiare sulle nostre
teste. Ma vi prego, vi prego, vestitevi e scendiamo a fare colazione! Sto
morendo di fame!”
“Colazione?!” urlò James “Per la barba di Merlino! Mi sento
male solo a pensarci!” disse annodandosi un calzino attorno al collo della
camicia al posto del cravattino.
“Quello è un calzino di Peter” chiarì il licantropo.
“Oh, Davvero? Scusa tanto, Peter” disse lanciandogli
l’indumento incriminato, poi si sdraiò a terra e cominciò a rovistare sotto al
letto.
“Ma dove cavolo si sarà cacciato il mio cravattino!”
“Qui in bagno!” urlò una voce da dietro la porta chiusa
“L’ho usato per legarmi i capelli. Spero che non ti dispiaccia!”
“C…COSA! MALEDETTO BLACK! APRI SUBITO QUESTA PORTA!”
E mentre James lanciava improperi contro il suo migliore
amico, Peter radunava i suoi indumenti calpestati e stropicciati.
Remus lasciò che lo sguardo vagasse dall’uno all’altro, poi
si sedette con la testa tra le mani e sorrise, pensando che neanche tutto l’oro
della Gringot valeva l’amicizia di quei tre ragazzi.
Capitolo 9 *** Irreversibile ultima conseguenza ***
9
9
AULA DI TRASFIGURAZIONE
17 FEBBRAIO 1976
“IRREVERSIBILE ULTIMA CONSEGUENZA”
La notizia vene data quella mattina.
Improvvisa, agghiacciante e sconvolgente.
La madre di Remus era morta.
Quella notte la neve aveva ricoperto Hogwarts e i suoi dintorni,
ma dopo il tramonto dell’ultima stella, il sole aveva fatto capolino
stracciando il denso strato di nuvole che oscurava il cielo.
Il giorno si era risvegliato in un’ atmosfera di pace
ovattata e quiete.
Era piacevole.
Etereo.
Era quasi disarmante.
Quell’orda schiamazzante, che erano gli studenti, quella
mattina non si era risvegliata e aveva ceduto il posto ad un fiume silenzioso,
riflessivo e sognante.
Nell’aula della McGranit non si sentiva alcun suono di
disappunto; prima che qualcuno bussasse alla porta.
Madama Chips entrò con studiata calma, scambiò due parole
con l’insegnante e annunciò che il preside voleva parlare urgentemente con il
Signor Remus Lupin.
Sirius osservò l’amico che gli sedeva accanto: non sembrava
preoccupato, era già capitato che Silente lo mandasse a chiamare. Indugiò un
momento, prima di alzarsi.
“Mi raccomando, prendi appunti al posto mio!” disse
strizzandogli l’occhio.
Poi si avviò tranquillo verso la porta.
“Ehi, Sirius!” bisbigliò James tirandogli una ciocca di capelli;
era seduto nel banco dietro di lui “Va da Silente per la pozione?”
“Non lo so, ma è probabile!”
Un’ occhiataccia della McGranit fu sufficiente a troncare
qualsiasi discussione, per cui i due amici riportarono la mente alla lezione e
le mani agli appunti.
La verità giunse come una doccia fredda solo due ore dopo,
durante il pranzo.
Né Remus né Silente erano presenti al banchetto.
I piedi di Sirius scalpitavano impazienti sotto al tavolo.
“Ma perché non tornano?! Dove saranno?!” continuava a chiedere
ad un James spazientito.
“Stai calmo…” sospirò.
Ma del loro amico e del preside non videro neanche l’ombra
per tutta la durata del pranzo.
Sirius se ne stava con il gomito appoggiato al tavolo e la
guancia posata sulla mano; le dita tamburellavano insistentemente sulla
superficie di legno.
Di tanto in tanto sbuffava.
James che stava tentando di ripassare l’ultima lezione di
‘Storia della Magia’, gettò la penna sul tavolo esasperato.
“Sirius…Mi hai veramente rotto!”
“Ehi! Calmati amico!”
“Io calmarmi? Senti chi parla…Tu sembri un padre in dolce
attesa!”
“Che cosa!” rispose indignato Sirius “Mi stavo solo preocc…”
“POTTER E BLACK!” la voce della McGranit risuonò dall’alta
pedana dei professori “SMETTETELA IMMEDIATAMENTE!” scese i tre scalini e si
avvicinò ai due ragazzi, aveva le labbra serrate: era tesa.
“Non aiuterete il Signor Lupin, litigando tra di voi!”
“Aiutare?” chiese Sirius abbandonando all’istante il tono
stizzito “Perché dovrebbe aver bisogno d’aiuto? Cosa gli è successo?”
“Calma Signor Black, una cosa alla volta” fece cenno a James
di tacere “No. Non può incontrarlo Signor Potter, il vostro compagno non è più
ad Hogwarts.”
Le labbra di Sirius formularono la parola “dove” , ma la
voce non uscì e la loro insegnante fu rapida a continuare.
“Venite nel mio ufficio” sospirò “Tutti e due…e anche lei
Signor Minus…” li guardò con aria grave “Vi spiegherò tutto!”
***
Giunti a questo punto, nessuno dei tre Malandrini si
aspettava buone notizie.
Il silenzio era calato tra loro mentre percorrevano i gelidi
corridoi della scuola.
Si aspettavano rimproveri per la loro condotta, lamentele e
guai inerenti alle trasformazioni di Remus, ma la calma distaccata della loro
insegnante li lasciò completamente interdetti.
Li fece accomodare su delle sedie e prese posto lei stessa
dietro la scrivania.
“Il Signor Lupin è tornato a casa e vi resterà per un po’…Il
vostro preside lo ha accompagnato” s’interruppe per scrutare i volti
interrogativi che la fissavano, poi si decise a concludere.
“Sua madre è morta.”
Stupore.
Gelo.
Panico.
In ordine ciò che apparve sul volto dei ragazzi.
Non si mette mai in conto di dover affrontare la morte
quando si ha solo diciassette anni, la pensiamo lontana, come la vetta di una
montagna, consapevoli di doverla affrontare solo in futuro; più o meno
prossimo, ma pur sempre futuro. Quando invece ce la ritroviamo in mezzo alla
quotidianità di una giornata qualunque e ci guarda dritta negli occhi con quel
suo volto di vuota verità, allora, da quella montagna, sembra quasi di
precipitare.
La calma e la serietà di cui faceva sfoggio la professoressa
McGranit, lasciava presagire che si aspettava da loro un comportamento analogo.
Non avrebbe tollerato alcun cedimento o piagnisteo né
tantomeno una reazione folle e insensata.
Ma non c’era niente di tutto ciò sul volto dei ragazzi e la
loro insegnante trasse un sospiro di sollievo.
Erano già adulti.
James aprì e richiuse la bocca: era il più stupito dei tre.
Continuava a tormentarsi le mani come se non riuscisse a
decidere se porre qualche domanda oppure tacere.
Peter lo fece al posto suo.
“Q…quando?” chiese con voce tremante.
“Questa notte, probabilmente” si tolse gli occhiali
appoggiandoli sulla cattedra e si passò una mano sugli occhi “L’ha trovata la
vicina di casa questa mattina e ha subito mandato un gufo a Silente” s’
interruppe per respirare forte e per accertarsi delle reazioni dei suoi alunni “Remus
ha un fratellino molto più piccolo, quando ha saputo, non ha voluto lasciarlo
solo un minuto di più; il vostro preside l’ha accompagnato all’istante con una
passaporta”
“E così adesso sono là…” sospirò James “faccia a faccia con
la morte”
“E con la vita, Signor Potter.”
Il ragazzo guardò la sua insegnante e provò una grande
ammirazione per lei.
Non aveva detto una sola parola di consolazione, eppure si
sentiva sollevato, nonostante la sua severità, la logica era ferrea e la
comprensione si faceva strada:
Nessuna paura.
La vita è la forza motrice di tutto.
La morte né è solo l’ultima conseguenza.
All’improvviso, James si sentì più forte.
“Possiamo andare anche noi?” chiese
“Solo quando Remus vi manderà a chiamare” il suo viso si
addolcì “Non preoccupatevi, c’è Silente con lui… lasciate che stia solo con la
sua famiglia”
Sirius non si trattenne più.
“TANTO VARREBBE LASCIARLO SOLO DEL TUTTO!” urlò alzandosi in
piedi visibilmente sconvolto.
Era rimasto stranamente silenzioso per tutto il tempo,
covando il suo demone solitario.
James rimase impietrito.
“Sirius…” riuscì solo a bisbigliare.
La McGranit aveva gli occhi sgranati e Sirius non dubitava
che gli avrebbe risposto a tono con una bella romanzina sulla sua immaturità,
ma dopo qualche istante di silenzio si accorse che l’insegnante stava fissando
un punto indefinito alle sue spalle.
Si voltò in tempo per vedere apparire il preside.
Era comparso dal nulla e sebbene la sua figura sprigionasse
in tutto e per tutto un’aria solenne e distinta, c’era in lui un particolare
che stonava.
Sirius immaginò che fosse la scatola di cioccolatini che
aveva tra le mani e solo dopo qualche secondo si rese conto che quella doveva
essere una passaporta.
Si sentì uno stupido per aver notato un dettaglio tanto
insignificante in un momento come quello.
“Sono arrivato giusto in tempo, a quanto pare” disse
Peter si spostò di lato, sulla sedia, per controllare se ci
fosse anche Remus.
“Sono solo, Signor Minus…” lo precedette Silente “Il luogo
dove deve stare il vostro amico, oggi, è un altro.”
Si avvicinò lentamente a Sirius e guardandolo con i suoi
occhi azzurri e comprensivi, gli parlò come ad un figlio.
“Sirius, il fatto che tu immaginassi quello che
effettivamente è successo alla madre di Remus, non ha cambiato di una virgola
il suo destino.”
“Tu sapevi…?” disse James in un soffio.
Ma il ragazzo scosse la testa deciso.
“Non sapevo niente, James, ho solo visto la Signora Lupin al
binario, il primo giorno e non stava bene…” il tono era calmo, ma lo sguardo
tremendamente afflitto “Quando, poi, ho saputo che Remus sarebbe tornato a casa
per Natale, ho immaginato che le sue condizioni fossero peggiorate.”
Si lasciò cadere sulla sedia, non aveva più voglia di
parlare.
James non sembrava molto convinto, o forse era solo
mortificato per non essersi accorto o per non aver voluto vedere le vere
ragioni della tristezza apatica del loro amico.
“E’ così, Signor Potter” intervenne Silente “Il Signor Black
ha usato il metodo deduttivo e ha tirato le somme” si pose in mezzo ai due
ragazzi “Adesso calmatevi entrambi, avrete bisogno di autocontrollo se vorrete
davvero essere utili al Signor Lupin. Sarete i suoi punti fermi; le sue
ancore.”
“Sì, Remus ha bisogno di voi, sebbene non voglia ammetterlo,
siete la sua famiglia ora, per cui vi accompagnerò tutti e tre da lui” li
guardò dritti negli occhi “Vi voglio qui tra un’ora” disse un attimo prima di
congedarli.
***
Silente aspettò che i ragazzi se ne fossero andati e si
sedette su una comoda poltrona.
“Se solo Remus Lupin si fosse confidato con me qualche mese
fa…” sospirò “avremmo potuto almeno sistemare qualche documento che gli
garantisse un futuro…”
Minerva lo guardò preoccupata.
“Cosa ne sarà dei ragazzi Lupin?”
“Remus raggiungerà la maggiore età tra un mese” rispose
grave Silente “il ministero non s’intrometterà per quanto riguarda lui, ma il
piccolo…lo affideranno ad una famiglia di maghi. I Lupin non hanno parenti.”
La donna rimase in silenzio per qualche istante.
“C’è la possibilità di ottenere l’affidamento al fratello
maggiore?” chiese
“Ne dubito. Le domande di affidamento passano tutte
attraverso Dolores Umbridge, è una donna giovane, ma terribilmente caparbia;
non affiderà mai il bambino ad un licantropo…” si alzò per guardare
distrattamente fuori dalla finestra “neanche se fosse l’unico parente
rimastogli.”
“Vorrei venire con voi…”farfugliò Lily Evans, lasciando che
due lacrimoni le rigassero il volto.
Se ne stava sdraiata sul divano della Sala Comune, davanti
al fuoco, una mano sotto la guancia e l’altra abbandonata oltre il bordo.
La cascata ramata dei suoi capelli inondava i cuscini e
cadeva disordinata oltre il bracciolo a cui era appoggiata la sua testa.
James le stava inginocchiato davanti, passandole
delicatamente le dita tra i capelli, ma non la guardava negli occhi, né lo
faceva lei. Avevano entrambi lo sguardo perso: le fiamme del caminetto per Lily
e i capelli ramati per James, dovevano essere dei soggetti più adatti a quel
momento, che non i loro reciproci occhi.
“Parlerò a Silente…” le rispose il ragazzo ancora assorto
“potresti venire domani…immagino ci sarà la sepoltura…”
“E’ terribile” fissò la fiamma ancora più intensamente “…e
anche ingiusto”
“Non ci può essere giustizia nella morte di un genitore, quando
il figlio che resta rimane solo al mondo”
Lily rabbrividì e si rannicchiò ancora di più contro i
cuscini del divano.
James le accarezzò i piedi nudi.
“Sei gelata…” disse fregandoli con le mani per riscaldarli
“…torna nel dormitorio e fai un bagno caldo…Io non ho molto tempo, devo andare”
Lily si alzò ancora leggermente scossa dai brividi, gettò le
braccia al collo del suo ragazzo e dopo averlo abbracciato brevemente se ne
andò senza dire una parola.
James la osservò mentre spariva nell’oscurità delle scale e
per la prima volta nella sua vita si rese conto di quanto doveva essere
terribile perdere la persona amata.
Pregò con tutte le sue forze affinché il destino gli
concedesse di andarsene per primo, perché non avrebbe sopportato di veder
morire la sua Lily.
***
Impotenza.
Ecco cosa provarono quando entrarono nella casa della
famiglia Lupin, o meglio, in quel che rimaneva della casa poiché le stanze
erano state decisamente trascurate.
La malattia aveva impedito alla madre di sbrigare anche i più
semplici lavori domestici e adesso la casa giaceva nell’abbandono…e lei nella
bara.
Sirius si guardò intorno, sentiva una mano invisibile
serrargli le viscere nella sua morsa d’acciaio; una donna piuttosto anziana gli
venne incontro mentre si trovava ancora nell’ingresso accanto ai suoi amici e a
Silente.
Era agitata, si asciugava nervosamente le mani bagnate nel
grembiule che portava in vita.
“Sia ringraziato Merlino!” esclamò “Ha fatto bene a portare
i ragazzi” continuò rivolta al preside “questa casa è terribilmente vuota…e
silenziosa”
Sirius cominciò a sudare freddo e suo malgrado si sentì
invadere dal panico al pensiero di rivedere Remus in quella situazione.
Vide Silente lanciargli una breve occhiata e cercò di
apparire calmo.
L’anziana donna, che Sirius identificò come la vicina di
casa, osservò il preside annuire e riprese a parlare:
“Stavo preparando qualcosa da mangiare, ma nessuno ha
toccato cibo e in cucina con me ho il piccolo che non fa altro che chiedere del
fratello, vuole andare da lui…ma non credo…”
“No” rispose deciso il preside “ tienilo ancora con te.
Signor Black…” disse scrutando il ragazzo “vorrebbe tenere impegnato il
bambino, mentre mi accerto delle condizioni del Signor Lupin? E’ molto
simpatico, sa? E’ sveglio, per la sua età.”
Era una scusa.
A Silente non sfuggiva nulla, aveva capito quale incessante
e brutale battaglia lo stesse dilaniando e aveva preferito dargli altro tempo e
aspettare che fosse più calmo prima di fargli incontrare Remus.
Tutto sommato, gliene fu grato.
Non disse nulla.
Osservò il preside appoggiare una mano sulla spalla di James
e l’altra su quella di Peter e sospingerli leggermente avanti, verso la stanza
in cui la Signora Lupin riposava nel suo sonno eterno.
Sparirono all’interno della stanza adiacente, la casa non
era grande.
Sirius vi si affacciò brevemente e comprese come mai,
Silente avesse mandato avanti James invece di lui.
Il suo migliore amico non aveva conflitti interiori con cui
fare i conti, era schietto e impulsivo, a volte si dimenticava di utilizzare la
testa, ma mai si sarebbe scordato di usare il cuore.
Lo vide andare incontro a Remus senza esitazione e
abbracciarlo come un fratello, vide i
capelli chiari del ragazzo sfiorare la spalla di James mentre Peter restava
leggermente indietro aspettando il suo turno.
Si lasciò la stanza alle spalle.
Adesso capiva.
Dove lui si sarebbe bloccato, indeciso su cosa sarebbe stato
meglio dire o fare, James, forte della sua impulsività, aveva trovato la strada
più breve e sincera per arrivare dritto al cuore dell’amico.
Desiderò ardentemente di essere come lui.
Entrò nella cucina decisamente più sollevato e vi trovò,
come si aspettava, il bambino che aveva visto al binario 9 e ¾ .
Era seduto al tavolo, imbronciato, dondolava i piedini impazienti,
quando lo sentì entrare alzò su di lui due grandi occhi ambrati e Sirius si
ritrovò a pensare nuovamente all’ incredibile somiglianza che c’era tra i due
fratelli.
“Ciao” gli disse abbozzando un vago sorriso.
Il bambino sembrò stupito e rispose a sua volta con un
sospettoso ‘ciao’ .
Sirius scostò una sedia dal tavolo e si sedette accanto a
lui.
“Sai chi sono?” gli chiese tenendo basso il tono della voce
per non spaventarlo.
Ma il piccolo non era spaventato, al contrario, cominciava a
guardarlo piuttosto incuriosito; il suo musetto assorto era talmente buffo che
Sirius fu tentato di mettersi a ridere nonostante la situazione.
Il bambino abbassò gli occhi sul tavolo e disse.
“Sei uno degli amici fantastici di mio fratello?”
Sirius rimase senza parole.
“Amici fantastici?” ripeté senza pensare.
A quel commento, fu il bambino a rimanere stupito.
“Sì, fantastici! Mio fratello lo dice sempre… che ha scuola
ha degli amici meravigliosi, ‘I migliori del mondo…babbano o magico che sia.’
Lui dice così. Sei uno di loro?”
“Sì…” rispose debolmente cedendo alla tentazione di
accarezzargli la testa “sono uno di loro.”
Abbassò gli occhi, dire che si sentiva turbato sarebbe stato
limitativo, sentir dire quelle parole da un bambino…Remus aveva parlato di loro
alla sua famiglia, ma mai viceversa.
Non aveva mai raccontato nulla dei suoi familiari, non aveva
nemmeno menzionato la malattia di sua madre…
Perché si era sottoposto a una simile volontaria solitudine?
Si riscosse dai suoi pensieri quando si accorse che una
manina gli stava tirando la manica della camicia; guardò il bambino che pronto
gli chiese:
“Posso andare da mio fratello, ora?”
Sirius scosse la testa.
“Tra un po’. Non mi hai detto il tuo nome” disse sperando di
distrarlo.
“Iuno, mi chiamo Iuno.”
“Io sono Sirius.”
Il bambino spalancò nuovamente gli occhi e rimase a fissarlo
a bocca aperta inebetito.
Sirius sorrise pensando a chissà quale assurda storia, Remus
gli avesse raccontato sul suo conto. (Probabilmente la verità).
***
E’ difficile dire quanto tempo Sirius passò a giocherellare
con Iuno, mentre la vicina di casa, che scoprì chiamarsi McKenny, tentava di
farlo mangiare imboccandolo a tradimento quando meno se l’aspettava.
Quando Remus entrò nella stanza seguito dagli altri due amici,
trovò il fratellino che ridacchiava appollaiato su di un alto panchetto, mentre
Sirius faceva ruotare i piatti sul tavolo con un incantesimo.
“Mi sembrava di sentire la risatina di un topolino” disse
mentre si chinava allargando le braccia per prendere in collo il bambino che
gli correva incontro.
Sirius interruppe la corsa frenetica dei piatti e incontrò
gli occhi dell’amico: erano colmi di gratitudine.
Era sicuramente scosso, lo si capiva dalla calma studiata
con cui si muoveva, ma davanti al fratellino non mostrò alcun cedimento.
“Vedo che hai conosciuto il ‘temibile’ Signor Black!?”
continuò
“E’ simpatico!” rispose Iuno indignato da quella piccola
burla.
Remus sorrise più convinto, con grande sollievo di tutti i
presenti, poi mise a terra il bambino.
“Adesso ti resta da conoscere James e Peter” disse
sospingendolo davanti agli altri due e lasciando a loro il compito di
presentarsi.
Si lasciò cadere sul divano sospirando e Sirius gli fu subito
accanto passandogli un braccio sulle spalle, in silenzio.
La casa era fredda e sferzata dai venti gelidi di Febbraio,
ma la cucina era calda, il braccio di Sirius era caldo…in quel momento non gli
serviva altro.
Non è possibile dormire la notte prima del funerale di una
persona cara.
Non è possibile dormire, consapevole che il giorno seguente
ti risveglierai nella luce del sole, mentre qualcuno che hai amato, che ami
tuttora, giacerà per sempre nel buio
Non è possibile dormire quando sai che entro poche ore dirai
addio per sempre a quell’affetto incondizionato che ti ha creato, amato e
consolato…e non ti resterà nient’altro che la terra fredda da abbracciare e una
schiera interminabile di ricordi da rievocare.
Non puoi proprio dormire.
E infatti non dormiva nessuno.
Non dormivano James e Peter, nella stanza che era stata
sistemata per loro.
Non dormiva il piccolo Iuno tra le braccia della Signora
McKenny.
Non dormiva neanche Lily, ad Hogwarts, nel suo dolore
solitario.
Non dormiva Silente, nel suo ufficio, mentre studiava le
carte del Ministero che riportavano le leggi sull’affidamento dei minori.
Di certo non dormiva Remus, seduto di fianco al corpo di sua
madre, con gli occhi, crudelmente asciutti, persi nel vuoto.
E non dormiva neppure Sirius, in piedi sulla soglia della
porta, fissando l’amico, indeciso come lo era da tutto il giorno, su cosa fosse
giusto fare.
Sedeva su una sedia; la schiena appoggiata e le braccia
lasciate penzolare lungo i fianchi.
La maglia slargata che indossava si era spostata su un lato
lasciando scoperto il collo e gran parte della spalla in segno evidente di
trascuratezza.
La stanza era gelida.
“Remus…?” lo chiamò piano, poi vedendo che non rispondeva si
avvicinò.
“Non è possibile che tu non senta freddo…” gli appoggiò una
mano sulla spalla e trasalì accorgendosi che la pelle era gelata.
“Per tutti i maghi!” esclamò afferrando un coperta e
avvolgendola attorno alle spalle dell’amico.
“Ma vuoi congelare?” sibilò accucciandosi davanti a lui e
toccandogli il volto anch’esso freddo.
“Remus…?”
Nessuna reazione solo un battito di ciglia improvviso.
“Merd…” farfugliò tra sé, sparì per un attimo e ritornò subito
dopo con mezzo bicchiere di Whisky Incendiario.
“Bevi” gli disse avvicinandoglielo alle labbra.
Niente.
“Forza. Solo un po’.”
Ancora niente.
Sirius avvicinò una sedia e si sistemò accanto all’amico, lo
circondò con un braccio, traendolo a sé in modo che fosse sostenuto e gli
avvicinò di nuovo il bicchiere alle labbra.
Questa volta il ragazzo ne bevve un sorso e tossicchiò;
Sirius lo strinse più forte.
“Ancora” disse scostandogli i capelli dal viso con la mano
libera.
Remus obbedì.
Dopo che ne ebbe bevuto un altro sorso, Sirius posò il
bicchiere su un basso tavolino e abbracciò l’amico strofinandogli con le mani
la schiena e le braccia per riscaldarlo.
“Ma perché ti tieni sempre tutto dentro!” sussurrò.
Non si aspettava una risposta e infatti non l’ottenne.
Ma il viso di Remus, contro il suo collo era già tiepido.
“Dov’è Iuno?” chiese ad un certo punto il ragazzo.
“Dorme” mentì Sirius “Cosa che dovresti fare anche te.”
“No. Io non posso” si sciolse dall’abbraccio e posò lo
sguardo sulla madre.
“Sì che puoi.”
“No. Lasciami, Sirius! Non sai cosa significhi perdere una
madre!”
Era una cosa terribile da dire, se ne rese conto subito;
aveva parlato spinto da un furore cieco e adesso se ne stava impalato di fronte
all’amico che fino a pochi secondi prima si era preso cura di lui, senza sapere
da dove fosse arrivata tutta quella rabbia.
Non riuscì neanche a sentirsi in colpa.
Sirius si sedette sconsolato.
“E’ vero” disse “non so cosa significa perdere una madre”
abbassò la voce e fissò il vuoto “non so cosa significa avere una madre”
Alzò lo sguardo e per la prima volta vide due lacrime
spuntare dagli occhi di Remus.
Piangeva.
“Scusa…” farfugliò il ragazzo, senza neanche tentare di
asciugare quelle lacrime silenziose.
Sirius si rialzò e dopo avergli asciugato il viso, lo
sospinse verso la porta.
“Adesso andiamo a dormire” disse e il tono della sua voce non
ammetteva repliche.
Attraversarono il corridoio buio e salirono le scale.
“Ma che fai, Sirius?” esclamò il ragazzo quando si trovarono
davanti alla stanza dove dormivano James e Peter “Questa camera è per voi, io
dormo di sotto.”
“No. Tu dormi con noi” lo guardò negli occhi “quando stai
male vuoi i tuoi amici vicino…beh…adesso di certo non stai bene, quindi
dormirai con noi.”
Detto questo aprì la porta e trovò gli altri due Malandrini
ancora svegli che li accolsero con sollievo evidente.
In men che non si dica, si ritrovò a letto in mezzo a Peter
e James e con Sirius che dall’alto del letto a castello vegliava, come uno
spirito taciturno ma benevolo, sul sonno dei suoi amici.
***
La mattina successiva faceva ancora più freddo.
Il vento gelido non dava tregua e in combutta con il
destino, rendeva la giornata ancor più triste di quanto già non fosse.
Remus si alzò presto: non aveva dormito, ma trovarsi vicino
ai suoi amici lo aveva reso più tranquillo e aveva scacciato quel maledetto
demone che è la solitudine, con il quale faceva i conti da sempre.
I ragazzi si erano affrettati per scendere con lui, ma Remus
preferì dileguarsi dalle loro attenzioni.
“Vado a parlare a mio fratello” disse con semplicità.
Lily arrivò poco dopo, accompagnata da Silente; nessun altro
professore era venuto per via delle lezioni: fuori da casa Lupin la vita
continuava con i suoi ritmi regolari.
La ragazza trovò Remus seduto in cucina, sul solito divano,
mentre spiegava al fratellino, a cavalcioni sulle sue ginocchia, che la madre
era con gli angeli e che l’avrebbero rivista solo tra molto, molto tempo,
quando anche per loro fosse giunto il momento di salire in cielo.
Il bambino sembrava stupito, ma non spaventato.
<Troppo piccolo
per capire>pensò Lily<ma domani sentirà la
mancanza della madre.>
Il ragazzo posò gli occhi su di lei e accennò un breve
sorriso.
“Sono contento che tu sia venuta.”
Lily scosse la testa impercettibilmente e si avvicinò per
baciarlo su una guancia.
Accarezzò la testa del bambino con espressione materna
“Come ti chiami?” gli chiese
“Iuno” rispose un po’
vergognoso, nascondendo il viso contro la spalla del fratello.
La ragazza sorrise dolcemente.
“Iuno…assomigli davvero molto a tuo fratello.”
“Me l’hanno già detto”
sussurrò una vocetta smorzata dalla stoffa della maglia di Remus.
Il ragazzo si affrettò a spiegare.
“Sei la quarta” disse, poi contò sulle dita “ Silente,
Sirius, James e Peter insieme e…adesso tu.”
“Oh…scusami…” parlò con voce dolce sempre rivolta al bambino
“Non vuoi sapere come mi chiamo io?”
Il piccolo si scostò dal fratello e annuì curioso.
“Lily. Mi chiamo Lily.”
***
Il resto della mattinata trascorse come ci si aspettava.
Remus fu sballottato a destra e a sinistra per concludere i
preparativi del funerale.
Tutte le decisioni spettavano a lui e sebbene Silente
cercasse di alleggerire questo fardello, presto si rese conto che tenersi impegnato
faceva bene al ragazzo.
Si occupò di tutto senza mai mostrare cedimento.
Fu solo al momento di chiudere la bara che Sirius lo vide
barcollare.
“Vieni via” gli disse.
Ma il ragazzo lo respinse dolcemente e rimase a guardare.
Aveva gli occhi pieni di lacrime.
Al cimitero il vento era così forte che non permetteva
neanche di respirare; vi rimasero appena il tempo indispensabile per la
sepoltura.
La bara era appena stata calata nella terra, quando Remus
prese in braccio il fratello e socchiudendo gli occhi per proteggersi dal
vento, voltò la schiena agli avvenimenti di quegli ultimi terribili giorni.
Fu il primo ad avviarsi verso casa senza dire una parola.
Era tutto finito.
Il punto che pone fine al capitolo e al romanzo della vita.
Capitolo 12 *** Un cuore di carta stropicciato ***
12
12
CASA LUPIN18 FEBBRAIO 1976
“UN CUORE DI CARTA STROPICCIATO”
Quando tre ore più tardi, Remus Lupin aprì la porta di casa,
tutto si sarebbe aspettato tranne che di vedere Dolores Umbridge in persona,
sulla soglia.
Rimase di stucco.
Quella donna insopportabile aveva reso la sua vita e quella
di sua madre un inferno con tutti i suoi provvedimenti sugli ibridi e adesso
aveva il coraggio di presentarsi a casa sua.
“Povero caro!” esclamò con voce forzata
Le sue dita strinsero forte la bacchetta che teneva in
tasca.
“Cosa desidera?” si costrinse a chiedere respirando
profondamente.
“Sono qui per tua madre, caro.”
Remus si sentì invadere da una rabbia bruciante, simile a
quella che aveva provato la sera prima con Sirius, ma molto, molto più intensa.
Tuttavia, cercò di trattenersi. Non era di fronte ad uno dei suoi migliori
amici che capivano, comprendevano e perdonavano.
“Mia madre, adesso, giace tre metri sottoterra, è un po’
tardi per l’ultimo addio”
La donna lo guardò come se fosse l’essere più disgustoso
della terra, poi atteggiò nuovamente le labbra in un sorriso nauseante.
“Mi sembri un poco sconvolto” disse “Certo è
comprensibile…Tuttavia…devi pensare a quali grandi responsabilità adesso
poggiano sulle tue spalle…” si avvicinò per toccargli un braccio e Remus lottò
per non scansarsi “Devi pensare al futuro dei tuoi familiari”
“Quali familiari? Non ho più nessuno.”
La Umbridge lo fissò sgranando gli occhi stupita.
“Hai un fratello…se non sbaglio! Un bambino adorabile…e
perfettamente normale”
Il ragazzo cominciava a sentirsi spazientito e cosa ancora
più grave, cominciava a comprendere quale fosse il motivo reale della visita.
Invocò tutti i maghi che conosceva perché gli concedessero
la facoltà di rimanere lucido e cosciente di sé.
La donna continuò la sua recita volgarmente falsa.
“…un vero peccato che non sia rimasto nessuno al mondo a
prendersi cura di lui…il padre sparito, poi la madre deceduta…” diede un
colpetto che intendeva essere rassicurante alla guancia di Remus e il ragazzo fu
sul punto di mandarla a gambe all’aria “….ma sono molte le famiglie di maghi
che sarebbero felici di occuparsi di un ragazzino così carino.”
“COSA!!!”
“DOLORES UMBRIDGE!” la voce di Silente sovrastò quella del
ragazzo “Quale immenso piacere rivederla!” il preside si avvicinò di qualche
passo, posando una mano sulla spalla di Remus “E’ cresciuta dall’ultima volta
che l’ho vista…se non sbaglio…sei anni fa, alla consegna dei diplomi.”
La donna sembrò imbarazzata.
“S…sì…Silente, tuttavia adesso sono qui per un’altra
questione” si schiarì la voce tossicchiando.
Remus avrebbe voluto urlarle di andarsene, ma la stretta di
Silente era ferrea e lo induceva a stare in silenzio.
Così rimase in attesa.
“Ma certo! Venga… ne parleremo insieme” continuò il preside
facendole cenno d’entrare, poi si rivolse al suo studente.
“Remus, credo che in cucina ci sia bisogno di te…ho sentito
un gran fracasso…”
Era un chiaro invito a lasciarlo gestire da solo la
situazione.
Ne fu risentito, ma obbedì annuendo.
Osservò il preside condurre quell’orribile donna nel
salottino, dove poche ore prima giaceva il corpo senza vita di sua madre e di
nuovo la furia prese il sopravvento sulla mente.
Gli parve di sentire il lupo dentro di sé ululare di dolore
e rabbia e per la prima volta desiderò essere una bestia.
Non voleva provare più niente.
Nessun sentimento.
Cercò una qualsiasi via di fuga.
Non aveva senso rimanere lì nell’ingresso, ma non se la
sentiva di entrare nella cucina affollata e sopportare gli sguardi di tutti,
così prese la via delle scale, diretto verso la solitudine della camera da
letto.
***
Furia incoerente.
La mente annebbiata non percepiva nient’altro.
Seduto sul letto con la testa fra le mani, costretto ad
ascoltare passivo il vortice turbinante delle sue sensazioni; non quelle umane,
non c’era nulla di umano in lui in quel momento, solo l’istinto incontrollabile
del lupo.
Una nuova battaglia interiore che questa volta non voleva
combattere.
Sirius lo trovò così, mezz’ora più tardi, quando aprì la porta
della camera.
Inizialmente pensò che stesse piangendo e si avvicinò a lui
comprensivo, ma quando gli sedette accanto si accorse che qualcosa non andava:
le mani premute sugli orecchi tremavano anche se impercettibilmente,come se
riuscisse a malapena a controllarsi, il respiro era corto e affannoso e gli
occhi sbarrati, ma ancora asciutti…
Di nuovo asciutti.
La sua condanna…
“Remus…” gli disse piano, posandogli una mano sulla spalla “Urla,
se vuoi, fino a sgolarti…oppure colpiscimi…se può farti star meglio…ma ti prego…ti
prego, non tenerti tutto dentro”
Lo guardò cercando invano i segni di una possibile risposta.
“Sfogati…non importa come, parlami!”
“Cosa vuoi sapere?” gli chiese Remus dopo qualche secondo di
silenzio.
<Dannazione!
Sempre controllato!>
“Come ti senti.”
“Bene.”
“La verità non l’apparenza.”
“LA VERITA’?!” urlò il ragazzo alzandosi in piedi “VUOI
SAPERE LA VERITA’?! CREDI DI POTERMI AIUTARE?!”
“Ci proverei.”
“NO! NON PUOI FARE NIENTE! COME MI SENTO?! VUOI SAPERE
DAVVERO COME MI SENTO?!” non aspettò neanche un cenno d’assenso da parte di
Sirius, ma si avvicinò alla scrivania e afferrò un pergamena qualunque.
“GUARDA COME MI SENTO!” detto questo appallottolò la carta
tra le mani, con furia, fino a che non divenne compatta e tondeggiante, poi
gliela lanciò tra le mani.
“QUELLO E’ IL MIO CUORE.”
Silenzio.
Sirius spiazzato si rigirò tra le mani quel pezzetto di
carta martoriato e raggrinzito.
“Lo vedi?” chiese Remus tristemente “Guarda quante grinze e
spigoli dolorosi, così accartocciato impedisce a chiunque di entrare, non c’è
spazio per gli affetti, solo angoli acuti, cicatrici crudeli…” abbassò gli
occhi sul pavimento, incapace di sostenere lo sguardo dell’ amico “…e dolore.”
“Il tuo cuore…”bisbigliò Sirius e una singola lacrima rotolò
giù per la sua guancia.
Remus sgranò gli occhi: era la prima lacrima che vedeva sul
volto dell’amico in sei anni.
Poi con suo sommo stupore, lo vide riaprire la carta
stropicciata; dapprima delicatamente, facendo attenzione a non romperla e dopo,
con più vigore, appoggiandola sulla superficie della scrivania e passandoci
sopra il pugno chiuso, finché non fu completamente distesa.
“E’ piena di cicatrici…è vero…e non è più bella e levigata
come prima, ma è sempre carta, come quando è nata…” guardò Remus negli occhi
“…Moony…non è diventata pietra.”
Sollievo.
“E’ sempre carta…” ripeté il licantropo assorto.
“Sì! Carta! E lo sarà ancora… anche se la stropicceraidi nuovo…resterà sempre carta!”
Si avvicinò all’amico e lo prese per le spalle.
“E adesso stai a vedere!”
Detto questo andò alla porta e la spalancò.
“JAMES! PETER!” urlò
“Sirius…ma che fai?”
Ma il ragazzo gli
fece cenno di tacere e urlò di nuovo.
“PETER!JAMES!HO BISOGNO DI VOI!”
Remus era sempre più perplesso.
I due ragazzi apparvero quasi subito, trafelati e rossi per
la corsa.
“Santo Godric! Che succede?” chiese un James dalla bocca
spalancata e dagli occhi sgranati.
Sirius, senza dire una parola, afferrò una penna d’oca e
dell’inchiostro rosso e dopo aver scritto qualcosa sulla pergamena stropicciata
la passò a James.
“Firma” gli disse.
James lesse stupito e firmò e lo stesso fece Peter.
Il ragazzo riprese il foglio e dopo aver apportato anche la
sua firma lo restituì a Remus.
“Ecco il tuo cuore” disse
semplicemente.
Il ragazzo guardò per un istante i volti perplessi degli
altri due Malandrini, poi, finalmente posò gli occhi sulla pergamena e lesse:
SAREMO SEMPRE QUI’
James, Peter e Sirius
Adesso avrebbe pianto, lo sapeva…
“Vedi” disse Sirius “nonostante le cicatrici, ho potuto
scriverci…significa che la carta ha mantenuto le sue proprietà…” si sedette sul
letto, un po’ imbarazzato da quello che stava dicendo “…come il tuo cuore, che
nonostante tutto, ha ancora la capacità di provare sentimenti.”
Sorrise appena.
“E poi basta tormentarsi in solitudine!” esclamò deciso “I
nostri nomi sono scritti sul quel pezzo di carta, l’inchiostro non
sparirà…neanche se si accartoccerà di nuovo!”
Remus sospirò trattenendo le lacrime.
“Non voglio che si accartocci di nuovo…”
“Non succederà!” urlò James che aveva compreso solo a metà
“Non succederà più! Almeno fino a quando sarò in vita , ti promet…”
“Ehi!” intervenne Sirius “Sei arrivato ora e ti prendi il
gran finale? Non è giusto!”
“Stai zitto! Sei stato tu a chiamarmi” disse abbracciando
Moony.
“Siamo stati talmente in pensiero per te!”
Stretto nell’abbraccio di James al ragazzo sembrò,
paradossalmente, di tornare a respirare; ricacciò indietro le lacrime che ormai
non avevano più scopo di esistere.
Silente aveva usato queste parole per strappare al Ministero
della Magia il consenso di tenere il piccolo Iuno Lupin ad Hogwarts fino alla
fine dell’anno scolastico.
Aveva affrontato Dolores Umbridge, facendo leva sulle
possibili conseguenze che si sarebbero potute presentare se si fosse insistito
nel voler separare il bambino dal fratello in un momento così delicato.
L’aveva spuntata.
Ma solo per quattro mesi.
Finita la scuola ci sarebbe stato l’affidamento legale, il
Ministero non aveva lasciato dubbi in proposito.
Un sospiro uscì dalle labbra di Remus.
Non ci voleva pensare ora.
Dalla morte di sua madre era passato un mese, la neve si era
sciolta insieme al suo dolore.
Ora le giornate erano tiepide.
Doveva ringraziare i suoi amici per quello e Silente…e il
destino, che con il suo susseguirsi di stagioni, gli aveva concesso, così
presto, una avvisaglia di primavera che prometteva nuovi momenti di felicità.
Quella era la prima domenica che trascorrevano all’aperto.
La risata del fratello, poco distante da lui, giunse a
coronare quei pensieri speranzosi che non poteva fare a meno di nutrire.
“Ma…Con cosa stanno giocando?” chiese rivolto a James,
mentre si spostava un po’ da una parte per guardare meglio.
“Ehi…Prongs?” ripeté.
Il ragazzo se ne stava seduto con la schiena appoggiata al
tronco dell’albero e la testa reclinata su un lato, entrambe le mani posate sul
grembo di Lily che semisdraiata in una comoda posizione, aveva appoggiato la
schiena e la testa contro il petto del suo ragazzo.
Stavano bene insieme.
Remus rivolse un’occhiata interrogativa alla ragazza che
sorridendo si portò un dito alle labbra e bisbigliò:
“Ssh…sta dormendo.”
Era proprio tipico di James addormentarsi nei posti più
impensati e nelle posizioni più scomode.
Sorrise e con lo sguardo tornò a cercare la figura del
fratello.
Si voltò appena in tempo per vedere Sirius che trasfigurava
in scoiattolo un pezzetto di legno a beneficio degli occhietti curiosi che lo
osservavano ammirati.
“Anche questo!” disse il bambino indicandogli un sassolino e
il ragazzo subito lo trasfigurò.
“E questo!” continuò insaziabile.
Sirius rideva e ad ogni colpo di bacchetta un altro
animaletto cominciava a saltellare intorno a loro.
Remus riuscì a contare almeno sette scoiattolini, prima che
uno di loro, sentendosi particolarmente audace, decise di arrampicarsi sul
ginocchio di Sirius mordendogli la mano che reggeva la bacchetta.
“Ahio!” urlò il ragazzo agitando la mano per scrollare
l’ardita bestiola
I fratelli Lupin a sei metri di distanza l’uno dall’altro,
scoppiarono a ridere contemporaneamente e probabilmente anche il ‘ferito’ trovò
divertente la situazione perché in pochi secondi, sul suo volto, si riaffacciò
un sorriso aperto e si rituffò nel gioco.
Remus posò definitivamente il libro che teneva in grembo,
per una volta avrebbe preferito la realtà!
Nel fare quel movimento notò che anche Lily era assorta a
guardare i due.
Sembrava che la sua mente fosse molto distante.
Fu in quel momento che Lily Evans concepì in cuor suo, la
prima grande decisione che riguardava il suo futuro.
Il primo passo libera dalla nebbia dell’adolescenza.
Lo disse così, all’improvviso, con semplicità…forse non si
rendeva neanche conto di parlare a voce alta.
“Se mai, io e James avremo un figlio, vorrei che Sirius
fosse il suo padrino.”
Remus la guardò piuttosto stupito, ma dentro di sé
comprendeva.
“DAVVERO?!” urlò James nell’orecchio della ragazza facendola
sobbalzare di paura.
“E quando lo faremo un bambino?”
“Per tutti i draghi…Ma non stavi dormendo?” rispose Lily che
per lo spavento si teneva ancora una mano sul cuore.
Il ragazzo finse un’aria stupita.
“Cara! Ma come avrei potuto dormire mentre illustravi così
bene il nostro futuro di coppia sposata!”
“Io non illustravo proprio niente! Stavo solo facendo un
discorso generico di buon senso!”
“Proponendo Sirius come padrino di un nostro eventuale
figlio?” le prese il mento tra il pollice e l’indice “No, amore mio, questo non
è un discorso generico! Questa è una vera e propria proposta…Vuoi che andiamo
subito in camera da letto?”
“JAMES POTTER!!! SEI UN INSOPPORTABILE ROMPISCATOLE!” urlò
lei dandogli un colpetto benevolo sul petto con il dorso della mano
Il ragazzo scoppiò a ridere e urlò di rimando:
“EHI, SIRIUS! L’HAI SENTITA? SEMBRA QUASI TUA MADRE!”
Sirius si tolse uno scoiattolino dalla pancia e rispose
divertito:
“MI HA FATTO VENIRE I BRIVIDI, AMICO!”
“BRUTTIANTIPA…”
incominciò Lily, ma venne interrotta dalle grida di Iuno, che volendo emulare
lo scoiattolo, si era gettato a peso morto sul torace del suo compagno di
giochi.
Adesso i due rotolavano tra l’erba e l’unico risultato fu
quello di ritrovarsi completamente fradici.
Il pomeriggio tiepido si avviava lentamente verso una serata
freddina e col calare del sole, l’aria, pregna di umidità, si faceva, a poco a
poco, gelida.
Remus si alzò per andare incontro al fratello e mettere fine
a quei giochi che presto non sarebbero stati più praticabili.
“Direi che hai tormentato Sirius abbastanza per stasera”
disse tirandolo su in piedi.
“No!” urlò il bambino divincolandosi per tornare al gioco
“Ci stavamo divertendo!”
“E’ vero” intervenne Sirius “ ci stavamo divertendo, non
fare il guastafeste, vecchio mio!”
Strizzo l’occhio ad un Remus che aveva già corrugato la
fronte e poi si rivolse di nuovo al piccolo.
“Vieni” gli disse facendo cenno di avvicinarsi “Adesso
arriva la parte migliore!” Detto questo lo tirò su di peso e se lo mise sulle
spalle “Il rientro al castello sul dorso del cavallo!” gridò e parti in volata
tra risate e strilli di gioia.
Remus restò a guardarli leggermente soprappensiero e non
poté fare a meno di chiedersi quanto ancora sarebbe durata quella spensieratezza.
Qualche mese ancora, Silente aveva fatto il possibile,
chiedendo la custodia momentanea di entrambi, ma non poteva fare miracoli.
Lui ora aveva diciotto anni e sarebbe stato responsabile
della sua vita, ma non di quella del fratello.
Respirò forte, mentre l’ombra di un nuovo dispiacere calava
sui suoi occhi.
Fu Lily ad interrompere il fiume dei suoi pensieri.
“Vedi che avevo ragione?!” disse rivolta al suo ragazzo “Ci
sa fare con i bambini, forse più che con gli adulti” sorrise e lo baciò
velocemente sulle labbra “Rimango della mia opinione, Signor Potter!”
“Anch’io rimango della mia” rispose James sorridendo
malizioso “Tu mi ami e vuoi passare la notte con me!”
“SEIINSOPPORTABILE!” urlò avviandosi da sola e offesa verso il castello.
James si portò al fianco di Remus osservando le schiene dei
ragazzi che si allontanavano.
“Ci sai fare con le donne!” esclamò sarcastico il
licantropo.
“Non ho mai avuto a che fare con le donne prima di conoscere
lei” si mise le mani in tasca e fissò il castello come se guardasse l’orizzonte
“E’ stata la prima e non ci sarà mai un’altra.”
Remus sorrise della sua franchezza e fu felice di constatare
che l’amiconon si vergognava nella
ammettere il suo amore.
“E’ una ragazza dolcissima” disse “e anche intelligente.”
Fece una pausa e socchiuse gli occhi cercando d’inquadrare
con lo sguardo lo stesso orizzonte di James, ma senza riuscirci.
“Anzi…” continuò “…più che intelligente direi…che perspicace
è il termine esatto. A visto giusto con Sirius…”
“Sì…” sussurrò James ancora pensieroso “Sarà come dice
lei…Sirius farà da padrino al nostro primogenito” vide il sopracciglio di Remus
arcuarsi e si affrettò a spiegare “dico così perché vorrei molti bambini,
compresa una bimba che somigli alla mamma…e tu devi controllare che il nostro
Padfoot non si metta nei guai…conto molto su di te!”
“James! Per la barba di Merlino! Sembra che tu stia
scrivendo un testamento!”
James sorrise e sbirciò l’amico.
“Ma no! E’ solo che il futuro mi spaventa un po’…come
tutti…”
“Il coraggio è la virtù dei Grifondoro! Avrai la tua
felicità e io avrò la mia…”
James si rese improvvisamente conto di aver affrontato un
argomento delicato: la felicità di Remus era così precaria…
“Scusami, non avrei dovuto parlare di questo con te”
“E con chi volevi parlarne? Con Sirius forse?”
James fece per rispondere, ma Remus si era già incamminato
verso Hogwarts.
<Avrei dovuto
mostrare più riguardo verso di te, amico mio>pensò <Io dalla vita ho avuto tutto, se mi
capitasse di morire domani non avrei niente da rimpiangere…Tu puoi affermare la
stessa cosa, Remus?>
<Aprile!> pensò Sirius <Ma certo! Ci sono voluti circa sei mesi per
notificare l’atto!>
Lasciò che la pergamena gli scivolasse tra le mani per
posarsi sul tavolo di legno della Sala Grande dove se ne stava seduto.
Da solo.
Si stiracchiò allungando la gambe sotto il tavolo e le
braccia sopra la testa lanciando di sbieco un’altra occhiata a quel foglio di
carta.
Quel misero e fragile foglio di carta che con i suoi
caratteri signorili e le sue frasi accurate, lo metteva a conoscenza del fatto
che per volere dei suoi genitori e sulla base degli articoli indicati, lui non
faceva più parte della famiglia Black, pertanto, ilMinistero lo invitava a provvedere da quel momento in poi al
proprio mantenimento e gli faceva i suoi migliori auguri per il futuro.
La sua bocca si atteggiò in una smorfia.
Gran parte delle motivazioni s’incentravano sul desiderio
dei Signori Black di concedere al figlio, ormai maggiorenne, la possibilità d’intraprendere
qualsiasi strada egli decidesse, senza che la famiglia fosse per lui un
ostacolo.
Menzogne.
Erano tutte menzogne.
Sbuffò.
Lo facevano per il suo bene!
Ma certo! Come no!
Ogni volta che gli avevano reso la vita un inferno, lo
avevano fatto per il suo bene!
Appoggiò i bracci incrociati sul tavolo e la testa su di essi.
<Maledetti
bastardi!>
E non poté trattenere una lacrima di rabbia.
Di per sé non gli interessava di abbandonare la sua
famiglia, anzi ne era quasi sollevato, ma veder spiccare nero su bianco falsità
e ipocrisie sottoscritte, in grande, dalla firma del Ministro della Magia, nel
suo orgoglioso stemma, lo rendeva penosamente consapevole che non esisteva una
giustizia immune dall’influenza del denaro e del potere.
Si asciugò gli occhi con una manica, velocemente.
Erano limpidi di dolore.
Si alzò, deciso a scacciare per sempre quella sofferenza,
giurando su tutto quello che aveva di più caro, che mai più, MAI PIU’, si
sarebbe affidato ad una giustizia così corrotta.
Se si fosse reso necessario, in futuro, avrebbe agito di
persona, secondo la SUA legge.
Quella sarebbe stata l’ultima volta che affogava in un
dolore così ingiusto.
Non aveva percorso neanche due passi quando si ricordò di
aver lasciato la pergamena sul tavolo.
Si voltò per recuperarla.
“Black! Sono felice di sapere che non ti acquisirò come
parente!” sogghignò Lucius Malfoy.
Aveva tra le mani la lettera.
“Non penserai che dispiaccia a me!?” ribatté il ragazzo
“No, certo che no” passò la pergamena ad un suo compagno
senza neanche voltarsi e questo incominciò a sghignazzare.
Sirius sentì la furia invaderlo e strinse i pugni.
Malfoy non sembrò farci caso.
Continuò a beffeggiarlo, appoggiato dai suoi tirapiedi.
“Poverino!” simulò una voce melliflua “Non ti sei mai
sentito a tuo agio nella tua famiglia?”
Qualcuno rise alle sue spalle.
Qualcuno che indubbiamente era un Serpeverde.
Sirius gli avrebbe volentieri spaccato la faccia.
“Non preoccuparti” continuò Malfoy “D’ora in poi vivrai allo
stesso livello dei tuoi amici straccioni!”
Il Grifondoro respirò profondamente e chiuse gli occhi.
<Sirius> si disse <se non rispondi, vincerai.>
“La nobiltà e la ricchezza non fanno per te, ti senti più a
tuo agio con la feccia?”
“Serpe!” rispose a denti serrati.
“Fiero di esserlo, Black!”
Sussurrò qualcosa nell’orecchio di Piton che ridacchiò.
<Sto per
cedere> pensò puntellando i piedi a terra, ben saldi, per avere la
sensazione di poter controllare il suo corpo.
“Dimmi, Signor Ho-l’animo-compassionevole, cosa ci trovi nel
degradarti a fare da balia al Mostriciattolo Lupin?”
Le narici di Sirius si dilatarono pericolosamente.
“Attento, Malfoy, sei su un terreno scivoloso.”
“Cosa ti ha promesso Lupin Senior in cambio del tuo aiuto
con il poppante? Una parte di eredità?”
In molti scoppiarono a ridere.
Quasi tutti Serpeverde.
Sirius avvampò.
Si era trattenuto fin troppo.
Intravide James che correva verso di lui, ma l’ignorò,
lanciandosi su Malfoy e sferrandogli un pugno ben assestato in piena faccia.
James fu subito su di lui e lo afferrò per le braccia.
“Fermo Sirius! Sei impazzito!” urlò cercando di trattenerlo.
“SEI UN MALEDETTO BASTARDO, MALFOY! MERITERESTI DI PEGGIO!”
“Calmati…non è il momento più…”
“ME NE INFISCHIO! VOGLIO SPACCARGLI LA FACCIA!”
James impiegò tutte le sue forze per tenerlo fermo e incassò
diverse gomitate che avrebbero atterrato chiunque.
Ma non lui.
Non mentre tratteneva il suo migliore amico.
Non mentre lo faceva per il suo bene.
Dopo qualche secondo il ragazzo incominciò a calmarsi e si
appoggiò ansante contro l’amico che ancora lo teneva per le braccia.
Il naso di Lucius era gonfio e sanguinante e tuttavia il
ragazzo sorrise, creando un effetto grottesco.
Mosse qualche passo verso di loro.
“Calma” gli sussurrò James in un orecchio “non reagire”
“Ma guardati, Black! Sembri una bestia!” e sputò per terra.
Il ragazzo si divincolò dalla presa, ma James lo trattenne.
“Non ora, Sirius…lui ti sta guardando.”
“Lui chi?!” chiese sprezzante mentre ancora fissava la
serpe.
“Iuno.”
Si sentì come se stesse precipitando dalla torre di
Astronomia.
“Era qui da prima…Ho provato a fermarti…Sirius?”
Non rispose.
Si voltò per guardare il bambino.
Lo fissava con gli occhi sbarrati e Lily accucciata dietro
di lui cercava invano di distrarlo.
Dove fosse Remus non volle nemmeno saperlo.
Fece un passo verso il piccolo e com’era prevedibile, questi
si ritrasse spaventato; affondò la manine nei capelli ramati della ragazza che
prendendolo in braccio lo portò via dalla Sala Grande.
Il peso della responsabilità che non era stato in grado di sostenere,
lo soffocò.
“Sirius?” lo chiamò James
“Cos’ho fatto…”
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, sul volto si leggeva
quanto fosse avvilito, non l’aveva mai visto in quelle condizioni, neanche nei
suoi momenti peggiori.
Notò un pezzo di carta calpestato sul terreno e lo raccolse
scorrendone il contenuto.
“Santo Godric!” urlò “E’ per via di questa, vero?”
L’amico non rispose, abbassò gli occhi e scosse la testa.
“Non m’inganni, Sirius, ti conosco bene” disse prendendolo
per un braccio “Non perderesti così la testa, senza una valida ragione.”
Il macigno rotolò via e Sirius riprese a respirare.
“Andremo insieme da Silente, gli spiegheremo cosa è
successo…” trascinò il suo miglior amico su per le scale “…vedrai che capirà!
E’ un uomo giusto!”
“Sì…” bisbigliò il ragazzo “ l’unica vera giustizia
rimasta…”
Quella sera, nessun altro
elemento poteva riferirsi a Sirius.
Impugnava il suo violino, ma
questa volta il suono che strappava alle corde era tutt’altro che fluido e
piacevole.
Assomigliava piuttosto ad un
pianto, ad un grido strozzato, malcelato e represso.
Un gemito che nascondeva una
preghiera implorante e una disperata richiesta d’aiuto, di una comprensione che
bramava e che non sarebbe mai riuscito a chiedere a parole.
Di nuovo.
Nella musica risuonava l’eco del
suo cuore silenzioso.
Muoveva l’archetto con febbrile
trasporto, come se volesse scacciare il dolore, come se l’affannarsi a
torturare le corde potesse lenire il tormento della sua anima.
Non sapeva se stava straziando di
più il violino o se stesso.
Un insieme beffardo e bellissimo:
Dannato lo strumento che da voce
ad un cuore dannato.
Dannato e vergognoso un cuore a
cui manca il coraggio di esprimersi a parole.
Sirius rise di sé amaramente,
continuando a suonare, con gli occhi chiusi, in una stanza buia.
“Romperai le corde se continui
così.”
Sirius sussultò e la melodia si
spense in un ultimo stridulo, incoerente suono.
“Remus…” disse voltandosi e
riconoscendo l’amico.
“E ti ferirai. Come è già
successo…altre due volte, se non erro.”
Aveva il volto sereno e pareva
estremamente calmo.
Sirius ne fu leggermente rincuorato, ma sapeva di aver sbagliato,
di essersi dimostrato un debole; sapeva di aver risposto alle provocazioni in
balia di una furia cieca e devastante e non ne andava fiero.
Principalmente perché era
consapevole di aver deluso i suoi amici.
La sua vera famiglia.
Posò lo strumento e si prese la
testa tra le mani sedendosi sul letto.
“E’ quello che mi merito.”
Remus si avvicinò fino a che non
si ritrovò davanti all’amico.
“No, Sirius. Non lo meriti. E non
meriti neanche questo” disse mostrando al ragazzo la lettera del Ministero
della Magia.
“James ti ha raccontato, vedo.”
Non era molto sorpreso, ma lo
divenne quando Remus gli rispose.
“No. E’ stato Silente.”
Si sedette sul letto di fianco
all’amico.
“Ho saputo tutto dal Preside, mi
ha fatto chiamare” lo fissò notando che teneva ancora la testa tra le mani e
gli toccò il braccio “Sirius…ha preso le tue parti.”
Non rispondeva.
“Paddy....? Silente ti ha difeso.
Ha detto al consiglio degli insegnanti che eri sconvolto per questo…” disse
agitando il foglio di carta “…e che era comprensibile vista la situazione” gli
scostò i capelli che gli ricadevano sul viso “Ha detto che ti sei trattenuto
fino all’ultimo, mentre gli altri ti deridevano e che hai reagito solo quando è
stato gettato fango su di un’altra persona, Silente aveva dei testimoni…”
Sirius alzò lo sguardo come un
cucciolo abbattuto che intravede la mano che lo accarezzerà.
“A me non aveva detto niente…”
sussurrò
Remus lo guardò comprensivo e
aspettò che continuasse.
“Non ti ho deluso? Non mi reputi
un idiota immaturo?”
“No, non mi hai deluso” accennò
un sorriso e poi ritornò serio “ma…sì, ti reputo un idiota!” rise apertamente
della faccia sbigottita di Sirius “Hai picchiato Malfoy perché ha insultato me
e la mia famiglia. Sirius…quante volte ti dovrò ripetere di non fare queste
sciocchezze?”
Si alzò in piedi dando le spalle
all’amico.
“A me non importa quello che
dicono.”
Sirius sentì un nodo stringergli
la gola.
Le ingiustizie subite bruciavano
terribilmente.
La fiducia nella giustizia, se mai ne avesse avuta, ora era
completamente scomparsa.
“Quanto ancora vuoi sopportare,
Remus…? E’ così ingiusto.”
Il licantropo si voltò, sembrava
adirato, ma parlò con voce moderata.
“Cosa è ingiusto?” chiese “E’
ingiusta la mia maledizione che mi rende un mostro? E’ ingiusta la povertà
della mia famiglia? O è ingiusta la morte di mia madre?” la sua bocca si
contrasse in una smorfia d’angoscia “O forse…è ingiusto il Ministero…che mi
porterà via l’unico affetto che mi resta? Dimmi qual’ èla più ingiusta tra queste perché io non so
scegliere!”
Si sedette su una sedia, vicino
alla finestra e guardò fuori, opponendosi con tutte le sue forze alle lacrime
che inclementi premevano contro le palpebre.
Cercò di calmare l’uragano che lo
straziava.
“Cosa vuoi che m’interessi quello
che dice Malfoy…in confronto a ciò che ho già passato, le sue malignità mi
sembrano quasi piacevoli!”
Sirius lasciò che il senso di
colpa avesse la meglio su di lui e ciò non gli costò alcuno sforzo. Si sentiva
già un’immonda creatura.
Parlò a voce bassa.
“La cosa più ingiusta…è che gli
amici che dovrebbero sostenerti, riescono soltanto a peggiorare la situazione…e non sto parlando di James e Peter…lo
specialista nel deludere le persone che mi stanno a cuore sono io…”
Remus si voltò per guardarlo in
faccia.
C’era qualcosa di diverso in lui,
era cambiato molto negli ultimi mesi; l’anno prima avrebbe riso dei problemi,
si sarebbe lasciato tutto alle spalle e avrebbe guardato dritto verso la sua
strada e il suo futuro.
Adesso delle catene invisibili lo
tenevano inchiodato a terra, dove non poteva sfuggire alla sofferenza.
Remus ebbe la sensazione che due
di quelle catene si chiamassero ‘Maturità’ e ‘Consapevolezza’.
“Non essere sciocco. Non ce
l’avrei mai fatta quest’anno senza di voi…e con il ‘voi’, comprendo anche te,
Sirius, anzi…soprattutto te!” si sentì un po’ in imbarazzo sotto lo sguardo
limpido del ragazzo, ma continuò “Sei stato un sostegno per me e sei fantastico
con Iuno…”
“Ma se l’ho spaventato a morte!”
“Ma no! Avete urlato, si è
spaventato al momento, ma ha già dimenticato…è nella Sala Comune con Lily,
James e Peter.”
“E’ forte come il fratello.”
“E’ più forte di me…” si voltò di
nuovo verso la finestra, lo sguardo perso nell’orizzonte “Non voglio rimanere
senza di lui…”
Respirò piano cercando di non
dare a vedere, per l’ennesima volta, quello che provava, ma ormai il muro era
infranto.
La maschera sgretolata.
Il cuore, una pergamena che
chiunque poteva leggere…
Non voleva più ingannare le
persone che gli stavano vicine con un’apparenza falsa. Non per loro, ma per se
stesso.
Si sentì improvvisamente goffo e
fuori luogo e seppe di non poter più fingere.
Le sue braccia non gli erano mai
sembrate così lunghe, ne le sue mani così vuote e indecise.
Non sapeva che farne.
Se le portò davanti al viso e
bisbigliò senza neanche rendersene conto.
“…vuote…indecise…”
Sussultò tornado alla realtà
quando si accorse che Sirius era dietro di lui, vicinissimo; il torace del
ragazzo gli sfiorava la schiena, i capelli lunghi gli solleticavano il collo.
Rimase immobile cercando di
formulare una frase coerente per chiedergli quali intenzioni avesse, ma non fu
necessario.
Sirius gli aveva messo nella mano
sinistra il violino e nella destra l’archetto.
“Sir…ma che fai? Io…non sono
capace…non ho mai…”
“Shh” gli sibilò il ragazzo
nell’orecchio “Vedi? Adesso non sono vuote le tue mani e …indecise…non lo
saranno, se ti guiderò io”
Detto questo sollevò le braccia,
mantenendole esattamente sotto a quelle di Remus e fece in modo che tenesse lo
strumento nella posizione corretta.
“Rilassa la spalla…mi sarà più
semplice guidarti.”
“Sirus…io non credo che…”
“Fa silenzio” sussurrò “inizia il
concerto.”
Ogni volta che Remus aveva visto
o sentito Sirius suonare, aveva pensato che lo strumento fosse parte integrante
di lui; che ci fosse un legame supremo, qualcosa che andava al di sopra della
comprensione degli altri.
Adesso che si trovava a far da
tramite, ne aveva la certezza.
Il cuore batteva frenetico contro
la sua schiena.
Le mani si muovevano decise
guidando le sue.
Il respiro corto tra i suoi
capelli.
Non poteva vederlo, ma sapeva che
aveva gli occhi chiusi.
Adesso poteva percepirla
chiaramente.
La tempesta che era la forza
scatenante della sua musica.
La sentiva anche dentro di sé.
Incoerente e caparbia.
La sentiva sulla sua pelle, dove
le mani dell’amico entravano in contatto con le sue.
Gli sembrò di non poter sostenere
quell’uragano.
In realtà furono solo pochi
movimenti di una melodia appena accennata.
Sirius lasciò le sue mani e si
discostò di qualche passo.
“Non è difficile….vero?” disse
guardandolo sereno e per niente turbato “T’insegnerò…se vuoi…così non dovrai
preoccuparti di cosa far fare alle tue braccia quando sei in imbarazzo.”
“Insegnerai anche a me?” chiese
una vocetta infantile.
Sirius si voltò di scattò e
intravide la testolina bionda fare capolino dalla porta.
Il volto si aprì in uno splendido
sorriso, mentre il bambino gli andava incontro.
“Ma certo!” disse facendolo
sedere sulle sue ginocchia “T’insegnerò da subito!”
Remus guardò l’amico che baciava
furtivo la testa del fratellino e poi abbassò lo sguardo sullo strumento ancora
nelle sue mani.
<Sì, Sirius…è meglio che tu insegni a lui…io non credo che
potrò…scatena troppe sensazioni contrastanti in me.>
“Comincio a temere i colloqui con
Silente” affermò James Potter mentre percorreva spedito i corridoi che
portavano all’ufficio del preside “nove volte su dieci sono brutte notizie!”
“Se ti può consolare…inquietano
anche me” rispose il suo migliore amico che procedeva alla sua destra, con lo
sguardo deciso di un soldato che affronta in prima linea il nemico e non lo
teme.
“Non ditelo a me!” la voce di
Remus giunse da dietro “Ogni volta che sento la frase ‘Signor Lupin convocato’
il mio stomaco finisce in gola, il cuore prende il posto dei polmoni e i
polmoni…finiscono giù, fino ai ginocchi…” si allentò il cravattino “…e
così…addio respirazione regolare!”
“Sono uno specialista in
rivoluzioni, io!” accelerò un po’ il passo per stare al pari con gli amici “Ne
metto in pratica una ogni mese!”
James ridacchiò.
Gli dava un enorme sollievo,
vedere che Remus incominciava a reagire positivamente, in effetti nell’ultimo
mese era tornato quasi alla normalità.
Naturalmente era cambiato:
Cercava la compagnia dei suoi
amici più spesso del solito, studiava di meno ed era titubante a restare solo,
ma gli occhi erano sereni; non aveva più quel riflesso di nascosto dolore che
si era portato dietro per tutta la prima parte dell’anno.
Aveva gettato la maschera.
Quando sorrideva, adesso, il suo
volto era aperto e sincero.
Quando invece si faceva cogliere
dall’ansia e dalla malinconia, si vedeva.
Allora, James, Sirius, Peter e
Lily inventavano mille nuovi metodi per fargli tornare il sorriso.
Peter era arrivato, addirittura,
al punto di trasformarsi in topo per terrorizzare
all’inverosimile un gruppo di
ragazze di Tassorosso, passeggiando tranquillamente sul tavolo, mentre queste
facevano colazione.
Remus aveva riso fino alle
lacrime quandouna ragazza del quinto
anno aveva preso in mano la situazione intrappolando lo ‘sfortunato topo’sotto una ciotola di marmellata di zucca
ribaltata e Sirius era dovuto intervenire per portare in salvo l’amico.
Sfoderando il suo sorriso più
accattivante, si era avvicinato al tavolo e afferrando topo e ciotola aveva
dichiarato:
“Ci penso io a liberarvi da
questa sgradevole bestiaccia, Signorine…”
Tre di loro si erano innamorate di
lui all’istante e dal quel giorno lo seguivano sognanti, offrendogli ogni tipo
di servigio:
“Sirius…posso prestarti i miei
appunti, se vuoi ?”
“No. Grazie, ma sono al settimo
anno e tu…al secondo”
“Sirius…vuoi che ti accompagni fino
all’aula di Pozioni?”
“No. Grazie al cielo possiedo una
bussola.”
“Sirius…vuoi che ti gratti la
schiena?”
“No. Grazie, oggi credo che userò
un albero.”
E così via.
Non le respingeva bruscamente,
perché sapeva che i loro interventi portavano il sorriso sulle labbra di Remus.
Moony era cambiato davvero.
Aveva abbandonato l’aria da
secchione moralista, stanco del dolore l’aveva relegato e nascosto nella parte
più profonda di sé e sembrava volersi godere fino in fondo quegli ultimi giorni
di felicità.
C’era solo un momento in cui non
si poteva far niente per lui: quando pensava al fratello.
Il bambino trascorreva le sue
giornate diviso tra la serra della professoressa Sprite, che lo lasciava
giocherellare con le sue piante e l’infermeria, dove Madama Chips passava
interi pomeriggi a raccontargli storie e aneddoti mentre si affaccendava nei
suoi lavori quotidiani.
Silente aveva fatto aggiungere,
per lui , un letto in più nel dormitorio dei ragazzi.
Non ci aveva mai dormito.
Arrivava la sera e lui,
silenzioso come un topolino, s’infilava nel letto del fratello.
Sirius lo sentiva.
E sentiva i sospiri angosciati
dell’amico, susseguirsi durante le notti insonni, temendo ogni giorno di più,
l’inevitabile separazione.
Quando smise di pensare, era di fronte
all’ufficio del preside.
***
Silente guardò i tre ragazzi
seduti davanti a lui.
“Immagino che sappiate il perché
della convocazione.”
Il labbro di Remus tremò e in
mancanza di voce, annuì con la testa.
“No. Non credo di sap…”
incominciò Sirius, ma James gli tirò una gomitata “è vero! Io non ho fatto
niente, stavolta!”
“Sei un testone!” sibilò James
tra i denti “sta un po’ zitto!”
“Signor Black, non l’ho convocata
per rimproverarla…anche se devo ammettere che è la prima volta…” James ridacchiò
“…ma per un motivo molto più serio…che vi coinvolge tuttie tre; un motivo, che a quanto vedo, il
Signor Lupin ha già compreso…”
Sirius abbandonò gli scherzi,
ultimamente non lo divertivano neanche più di tanto.
I tre ragazzi rimasero in
silenzio.
“Signor Black, ha portato, come
le avevo chiesto, la lettera che ha ricevuto dal ministero?”
Il ragazzo estrasse dalla tasca
un foglio stropicciato e le sopracciglia di Silente si alzarono
pericolosamente.
Sirius si strinse nelle spalle.
“Ero un po’ nervoso…”
Il preside sospirò.
“Se sapesse quanto, questo foglio,
può essere importante per il futuro di tutti voi, lo avrebbe trattato con la
massima cura” affermò risoluto.
Sei occhi si puntarono stupiti su
di lui.
(Otto, se contiamo le lenti di
James.)
“Suvvia, ragazzi…mi
deludete…pensavo che ci sareste arrivati da soli” riprese il preside
leggermente divertito dal fatto di averli messi sulle spine.
“Per favore…” sibilò Remus, che
all’apparenza era il più scosso “…potrebbespiegarsi più chiaramente…?”
Silente s’intenerì.
“Vi spiegherò tutto ciò che ho in
mente…seguitemi con attenzione”esclamò
afferrando il plico di scartoffie sulla sua scrivania.
“Qui dentro” disse posando la
mano sui fogli “ ci sono descritte le vostre situazioni familiari….”
“Perché sono lì?” chiese James
interrompendolo.
“Perché io le ho raccolte e
archiviate, Signor Potter; ora se mi vuol lasciare continuare…”
Questa volta fu il gomito di
Sirius ad affondare nell’addome dell’amico.
“La situazione è questa: il
Signor Lupin, come erede, è entrato in possesso di metà dell’abitazione dei
genitori, l’altra metà, invece, spetterà a suo fratello nel momento in cui
compirà 18 anni, tra molto tempo quindi. Per cui metà della tua casa, Remus,
andrà al tutore del bambino” guardò il ragazzo che pareva tremendamente
afflitto “Ora, tu non puoi essere il tutore di tuo fratello” continuò il
preside “è assolutamente inutile compilare la domanda; secondo la legge dei
maghi, un minore può essere affidato solo ad una persona che è stata riconosciuta
come autonoma e indipendente, dal Ministero della Magia e noi sappiamo bene che
il Signor Lupin, una volta al mese, è tutto fuorché autonomo e naturalmente lo
sa anche il Ministero.”
Remus sembrò ancor più distrutto.
“Tuttavia, ho studiato affondo le
leggi” continuò il preside alzandosi e facendo il giro della scrivania “ed ho
scoperto che in alcuni casi, simili al tuo, Remus, alcuni anni fa, sono state
fatte delle eccezioni.”
“Davvero?!” urlò speranzoso.
“Sì, nel caso in cui una persona,
dichiarata autonoma e indipendente ecc…ti faccia da garante. In pratica questa
persona si assume la responsabilità legale delle tue trasformazioni e può, in
questa maniera, garantire un futuro normale al bambino.”
“Ma non c’è nessuno che non abbia
paur…” s’interruppe mentre la comprensione si faceva strada in lui.
Silente gli si avvicinò e gli
posò le mani sulle spalle.
Tremava violentemente.
“Signor Black?”
“Sì?”
“Vorrebbe leggere quello che c’è
scritto nel terzo paragrafo della lettera che ha ricevuto dal Ministero?”
Sirius aggrottò la fronte e prese
la pergamena.
“…con il suddetto atto, i coniugi
Black, sulla base degli articoli: 25 parte b e c, e 26 parte a , chiedono che
il loro figlio primogenito, Sirius Black, venga cancellato dallo stato di
famiglia, omesso come erede del patrimonio e dichiarato autonomo e indipendente
dalla responsabilità dei coniugi.”
Sirius guardò Silente.
“Autonomo e indipendente…” disse
l’anziano preside “e ora vuol leggere l’ultima riga?”
Sirius obbedì.
“Il Ministero della Magia accorda
la richiesta dei coniugi Black, prende atto delle prove presentate dai suddetti
e dichiara il Signor Sirius Black autonomo e indipendente per la legge.”
Finì di leggere e alzò gli occhi
ancora un po’ stupito.
“Ha capito, Signor Black? Sembra
proprio che lei possa dare una mano al suo amico. Ne ha il coraggio?”
Sirius annuì senza dire una
parola.
Gli sembrava incredibile…dopo una
vita di inutilità, poter essere veramente d’aiuto a qualcuno.
“Bene!” esclamò Silente raggiante
“Adesso può smetterla di tremare, Signor Lupin, come vede, c’ è una
possibilità!” diede una pacca sulla schiena del ragazzo e ritornò dietro la sua
scrivania.
“Ma io cosa c’entro?” chiese
James interrompendo quell’istante di silenzio.
“Adesso ti spiegherò, James.”
“Ma lei crede davvero che il
Ministero mi affiderà la tutela di un minore?” chiese Sirius “Non sono mai
stato un modello di comportamento, chiunque potrebbe mostrare le prove che non
sono adatto…”
“Signor Black! Quest’esitazione
non gli si addice! Quello che il Ministero dichiara, non può poi rimangiarselo:
la legge è legge” squadrò i suoi ragazzi.
“Ma è per questo che ho preso
un’ulteriore precauzione…”
Di nuovo i tre lo guardarono
stupiti.
“Faremo così: compileremo il
modulo che richiede l’affidamento del bambino al Signor Lupin e iscriveremo il
Signor Black come garante (allegando la lettera che attesta che hai le carte in
regola per prenderti questa responsabilità, Sirius). Nel caso in cui sorgano
altri problemi, (mi dispiace dirlo, ma non mi fido di Dolores Umbridge) i
coniugi Potter, mi hanno fatto sapere, giusto questa mattina” disse sventolando
una pergamena “cha saranno felici di fare loro stessi da garanti a Remus.”
James rimase di stucco e provò un
incontrollabile amore verso quei genitori che si schieravano sempre dalla parte
della giustizia.
“Naturalmente questa sarà solo
una soluzione di ripiego” riprese Silente “I tuoi genitori sono Auror, James,
per loro è già difficile proteggere te…E poi il Signor Black non ha un luogo
dove andare, giusto?” chiese rivolto al ragazzo che annuì.
“Per cui questa soluzione mette
d’accordo tutti! Forza…avvicinatevi per apporre le vostre firme su questa
schiera di scartoffie…” disse osservando benevolo Remus e Sirius che si alzavano
ancora un po’ confusi e che ponendo le loro firme, tremolanti per l’emozione,
su quei documenti, salutavano definitivamente la loro vita da adolescenti per
affacciarsi sul mondo incoerente degli adulti.
“Non credo che potrò mai
ringraziarvi abbastanza” disse Remus dopo aver firmato tutti i fogli.
“Non credo che dovresti farlo”
gli rispose Sirius prendendo la penna “ neanche una volta!”
Capitolo 17 *** Qualcuno condanna il traditore ***
17
17
CORTILE INTERNO DI HOGWARTS
STESSO GIORNO (pochi minuti dopo)
“QUALCUNO CONDANNA IL TRADITORE”
Amici?
Dov’ erano i suoi amici?
Chi erano i suoi amici?
Peter si sedette su uno scalino di pietra e osservò il
bambino che gli giocava vicino, unico diversivo di un ennesimo pomeriggio di
monotonia.
Neanche lui lo considerava.
Preferiva giocare da solo o tutt’al più, richiedere la
attenzioni materne e premurose della ragazza che vegliava su di lui.
Lily.
Bella e inebriante come un fiore.
Il suo nome.
Incantevole, sì, ma non provava niente per lei.
Come un quadro accurato che non suscita alcun sentimento.
Eppure una cosa doveva riconoscerla:
Era sincera.
Tutti i suoi amici lo erano.
<La loro più
grande virtù!> pensò beffardo.
Non fingevano di considerarlo.
Non si preoccupavano neanche di mentire per decenza.
Se non avevano interesse per la sua opinione, loro non la
chiedevano.
“Wormy!” urlò la ragazza dai capelli rossi “Lanciaci quella
palla!”
Si allungò per afferrare il giocattolo e glielo lanciò.
Lily sorrise.
Forse si sbagliava sul suo conto.
Sì, in fin dei conti condividevano lo stesso destino.
Rimanevano spesso sulle loro.
Lily perché era l’unica ragazza.
E lui, perché era Peter.
No. Non era la stessa situazione, ma le conseguenze erano
simili.
Iuno rise forte e corse a nascondersi dietro la schiena del
ragazzo.
Il gioco era diventato improvvisamente movimentato.
<Strano> pensò <Lily è sempre così calma.>
Alzò gli occhi su di lei e capì di vederla per la prima volta:
Aveva i capelli sciolti…disordinati…il colletto della
camicia aperto, non portava il cravattino.
Le guance erano rosse e accaldate, il sorriso contagioso, lo
sguardo misterioso e dolce di una madre che guarda il suo bambino e vede
l’universo d’amore che l’haconcepito.
Le scarpette aperte la facevano sembrare una bambola, ma era
umana.
Umana come non l’aveva mai vista.
<Non è la Lily
di sempre> pensò rapito<E’ la Lily di cui James si è innamorato e che solo lui conosce.>
La guardò più attentamente.
A dispetto di prima, le sembrò coinvolgente quanto la
peccatrice di un dipinto religioso, stregata dal suo stesso fascino, ma
inconsapevole di possederlo.
<A noi non
mostra mai questo lato.>rifletté<James possiede allo stesso
momento, il conforto della mano più dolce e il fascino del mistero più
recondito…Io cosa possiedo?....>
Arrivò la risposta.
<Niente.>
Il bambino si teneva ancora aggrappato alla sua schiena.
Si voltò per guardarlo.
Era carino con quegli occhi sfuggenti.
Allargò le braccia per prenderlo in collo e tenerlo sulle
ginocchia, ma i giochi lo avevano completamente coinvolto e dopo un attimo fu
chiaro che non gradiva quella collocazione così statica.
Peter lo lasciò andare.
“Ci stanno mettendo molto tempo!” disse rivolto a Lily.
“E’ vero…” rispose la ragazza, spingendo di nuovo la palla
verso il piccolo, poi scrutò i portici della scuola “Stanno arrivando!”
Peter si voltò.
Era vero.
Si avvicinavano raggianti, camminando tutti e tre accanto.
Sullo stesso piano.
Non c’era nessuno che zampettava dietro di loro.
Iuno corse incontro al fratello, ma Lily era rimasta ferma,
in piedi, aspettando che gli amici si avvicinassero e la rendessero partecipe
di ciò che era successo.
<Almeno questa
volta non sono l’unico> pensò.
Poi James agì in maniera inaspettata: si distaccò dagli
amici e corse verso la ragazza.
Sul volto di Lily comparve un grandioso sorriso.
Peter rimase a guardare la coppia per un po’, senza muoversi
dal suo angolo.
“Ti sei sentita sola?”
Sentì la voce dell’amico pronunciare queste parole, mentre
abbracciava la sua ragazza sollevandola da terra.
Lily rise scuotendo la testa e allacciò le braccia intorno
al collo di James, sfiorandogli le labbra con un bacio furtivo.
Peter distolse gli occhi.
Ok! James non gli avrebbe spiegato ciò che era successo, ma
c’era sempre Sirius.
Certamente Sirius sarebbe andato da lui e gli avrebbe
raccontato tutto.
Lo cercò con lo sguardo.
Non c’era.
Lo vide dopo pochi istanti.
Scorrazzava per il giardino con Iuno sulle spalle.
Sorrise appena.
Era il gioco preferito di entrambi.
Niente.
<Ognuno ha le
sue priorità> pensò sarcastico.
Ma Remus?
Sì, Remus stava venendo verso di lui.
Remus non lo avrebbe lasciato in disparte.
Lui non rifiutava mai il sostegno dei suoi amici.
Remus non lo avrebbe fatto sentire inutile.
Remus gli avrebbe raccontato tutto, poi lo avrebbe scrutato
con quei suoi occhi adulti e malinconici e avrebbe chiesto il suo aiuto.
No. Forse non lo avrebbe chiesto, ma solo perché era troppo
riservato per farlo.
“Remus…” gli disse “Cosa voleva Silente? Posso aiutarti in
qualche modo?”
Il ragazzo lo guardò limpido e all’improvviso le sue labbra
si allargarono in un sorriso radioso.
<Ah,
Remus…Sapevo che almeno te mi avresti considerato!>
Moony si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
“Grazie Peter, ma James e Sirius hanno già fatto per me, più
di quello che potevo desiderare!”
Gelo.
<Quando
mai….>
Peter alzò gli occhi e guardò in alto, su, fino alla torre
di Astronomia e oltre e rivolse al cielo, o a qualunque cosa ci fosse in alto,
una muta preghiera che aveva un disperato bisogno di diventare un giuramento:
<Il sarcasmo è
il mio unico amico.
Il potere è l’unica forza che potrà sollevarmi da questo
terreno dove sto strisciando.
Se devo strisciare, allora che sia per la causa più potente.
Mi schiererò con il più forte.
A chi mi chiederà aiuto, io lo negherò.
Abbandonerò ogni sentimento.
Non proverò niente.
Se esiste un pozzo nei dintorni, è quello della mia anima.
“Io non entro” dichiarò deciso Remus, tastando con l’alluce
la superficie dell’acqua “E’ troppo fredda!”
“Andiamo…” lo sollecitò Sirius già nell’acqua fino alle
ginocchia “…non fare il bambino! Guarda tuo fratello! E’ felice di fare il
bagno e non si preoccupa minimamente dell’acqua fredda!”
Il licantropo lo guardò torvo.
“Solo perché è sulle tue spalle! Prima che l’acqua arrivi a
bagnarlo, tu dovresti essere immerso fino al collo!”
“Ma è chiaro che m’immergerò fino al collo…” alzò gli occhi
per parlare al bambino abbarbicato sulle sue spalle “Iuno, tuo fratello pensa
che non facciamo sul serio! Gli facciamo vedere che Grifondoro siamo?”
“Lui non è un Grifondoro!”
“Oh…ma lo sarà….Allora? C’immergiamo?”
“Sì! Dai!” urlò il piccolo che nell’impeto della risposta
aveva strattonato i capelli di Sirius, facendo apparire sul volto del ragazzo
un’espressione da martire.
Remus sghignazzò.
“Scoppia di entusiasmo, questo bambino…” commentò Sirius,
poi si rivolse di nuovo al piccolo Lupin “Forse è meglio se ti reggi al mio
collo, invece che ai miei capelli!”
“Sirius…Io non lo farei…”fece appena in tempo a dire Remus.
Istantaneamente, il ragazzo si ritrovò quasi soffocato dalla
stretta decisa che il bambino aveva dato alla sua gola allacciandovi attorno le
braccia.
“Ecco…Appunto!”
Remus si avvicinò per soccorrere l’amico, ma non riuscì a
dare alla sua bocca una piega che non fosse un sorriso.
“Forse è meglio se scendi” disse, tirando giù il bambino
dalle spalle del ragazzo che riprendeva fiato tossicchiando.
L’acqua gli arrivò solo ai ginocchi, ma quando entrò in
contatto con la pelle nuda, Iuno cacciò un urlo e si aggrappò forte alle gambe
di Sirius.
Remus giurò di aver sentito il suo amico ululare.
Posò lo sguardo sul fratellino.
Aveva gli occhi lucidi e gli angoli della bocca rivolti
verso il basso, guardandolo meglio, si accorse che una manina era aggrappata al
costume di Sirius, su di una parte piuttosto intima e delicata, quella più a
tiro, vista la statura del bambino.
Rise di gusto mentre prendeva in collo il fratello.
Poi alzò lo sguardo sull’amico e vide una statua di sale.
“Sirius….?”
Nessuna risposta.
“Stai bene?” ritentò.
“No.”
“Andiamo…non può averti fatto così male…”disse.
“…to”
“Come?”
“Staizitto.”
Remus rise di nuovo.
“Potresti fare il bagno…sono sicuro che l’acqua fredda ti
farà bene…”
“No. E’ unacongiura.”
“Sirius…parla perbene !”
“Ehm….Ehm… è una
congiura, dicevo” si massaggiò la parte lesa “Voi fratelli Lupin siete
pericolosi…Vado a farmi una doccia in camera….”
“Io non lo farei…”
“Perché?”
“C’èLily, nella
nostra stanza.”
“E cosa ci fa, Lily, nella nostra stanza?”
“La doccia.”
“La doccia? Nella nostra stanza?”
“Smettila di ripetere ‘la nostra stanza’ , Sirius! Sì, sta
facendo la doccia…prima James l’ha spinta nel lago e lei ha detto che si
vergognava a tornare in camera sua conciata a quel modo.”
“Il mio naso da segugio fiuta qualcosa di losco….”
“Anche il mio da licantropo, se è per questo…”
“Allora dovrò accontentarmi di fare la doccia qui…”detto
questo si avvicinò furtivo verso l’amico.
“Non ci provare, Sirius.”
“Ti ho mai dato retta, Remus?”
“A dire il vero….No.”
“Allora cosa ti fa pensare che lo farò ora?” domandò facendo
ancora qualche passo nella sua direzione.
Remus si ritrasse sorridendo.
“Forse il fatto che da domani saremo una pseudo-famiglia?”
Sirius si bloccò un attimo.
“Pensi che dovrei mettere la testa apposto?” chiese serio il
ragazzo.
“Sarebbe un utopia, Signor Black!”
***
James Potter chiuse la porta del dormitorio dietro di sé e
si avvicinò alla sua ragazza.
Sedeva davanti alla piccola scrivania, con la testa
leggermente inclinata da un lato, si passava ripetutamente un pettine di legno
tra i capelli, erano ancora un po’ umidi.
Indossava solamente la camicia bianca di James che le
arrivava a metà coscia, si era arrotolata le maniche perché non la rendessero
impacciata mentre si pettinava.
Il ragazzo fece qualche passo avanti, in silenzio e notò che
i capelli umidi avevano bagnato il tessuto della camicia sulle spalle e sulla
schiena.
Osservò come la stoffa aderiva alla pelle.
La ragazza si gettò la massa ramata sulla schiena e sbirciò
nella sua direzione; quando lo vide abbassò un po’ gli occhi e sorrise.
Le labbra…rosse e umide come i capelli.
James trattenne il fiato.
“Ti ho mai detto che sei la donna più bella che abbia mai
visto?”
Lily spalancò gli occhi un istante, si rigirò il pettine tra
la mani e alla fine si costrinse a guardare il suo ragazzo.
Le labbra adorabili rimasero per un attimo socchiuse,indecise su quali parole pronunciare.
“Mi hai detto che ero la ragazza più carina di Hogwarts…la
prima volta che siamo usciti insieme…”
Era imbarazzata.
James sorrise e si portò alle sue spalle.
“Adesso sei una donna…” le sussurrò nell’orecchio.
La voce uscì stranamente roca e le guance di lei divennero
di fiamma.
James si chinò fino a baciarle il collo, dove la pelle era
bianca, sotto l’orecchio e la senti fremere impercettibilmente.
“Lily…” la mano scivolò fino alla gola, per poi ritornare su
a sfiorare la tempia “nessuna potrà mai essere neanche lontanamente paragonata
a te…”
I suoi capelli emanavano un profumo inebriante.
Li spostò tutti sul davanti.
Le ricaddero sul seno.
E incominciò a baciarle la schiena e la base del collo.
Lei gli catturò le mani allacciandosele alla vita,
intrecciate alle sue.
“Abbracciami…” sussurrò posando la testa contro il suo petto
“…ti desidero così tanto…”
James le baciò la tempia.
“Davvero…?”
La ragazza annuì, aveva gli occhi chiusi.
“Per tutto quest’anno…” continuò James “…ho vissuto del
calore che tu emanavi, non ho mai osato chiederti se per te valeva la stessa
cosa.”
Lei aprì gli occhi e si voltò per guardare in viso il
ragazzo.
“Non ho mai avuto freddo accanto a te, James, neanche quando
il tempo e il destino ci hanno scagliato contro le loro bufere taglienti e
gelate…” gli appoggiò una mano sul collo e con il pollice gli sfiorò la guancia
“…non verrà mai il giorno in cui il mio cuore sarà freddo di fronte a te, dovrò
morire prima.”
Gli ravviò i capelli scompigliati, spostandoglieli indietro
e gli baciò la fronte.
“Ti amo” sibilò
“Anch’io ti amo”
Lily puntò gli occhi verdi su di lui e si avvicinò di più al
suo volto.
“Allora…amore …dimostramelo…” sussurrò a fior di labbra.
Quando l’intimità di due persone viene unificata dai
desideri dei loro sensi e dalla complicità delle loro menti, l’unione
assomiglia ad un rito che racchiude nel suo susseguirsi di gesti, in tutto e
per tutto umani, una sacralità che potrebbe sfuggire a chi osserva soltanto.
Non è, dunque, dignitoso spiare, spingendoci oltre il velo
dell’ultimo vestito…
Ma alcune storie, sono talmente dolci che meritano
un’eccezione.
Nessuna sacralità sarà turbata.
“Oscura quella finestra…” bisbigliò Lily, voltando le spalle
al ragazzo e perdendosi per un istante nei raggi accecanti che filtravano dai
vetri “…questa luce ti mostra troppo di me…”
James le abbracciò le spalle e affondò il viso nei suoi capelli.
“No…lascia che il sole ti accarezzi…insieme a me, sei la
figlia della luce…”appoggiò entrambe le mani sul suo ventre “…accoglierai una
nuova vita…e anch’essa sarà splendida e consacrata al sole…Non relegarci
nell’oscurità a causa di quel pudore che non ha ragione di esistere.”
Lily si appoggiò con la schiena al suo torace, inspirando il
sentore di fresco e pulito che riconosceva e associava al ragazzo.
Le sue mani erano grandi.
Non le erano mai sembrate così grandi come in quel momento.
Le punte delle dita la sfioravano leggere…sulla pancia…sul
seno…
Le stavano sbottonando la camicia.
Lo lasciò fare, rimanendo immobile, non si mosse neanche
quando l’indumento le scivolò dalle spalle e finì ai suoi piedi in un
mucchietto.
Rimase così per lunghi attimi, prima di voltarsi e guardare
negli occhi il suo amore.
James era serio come non l’aveva mai visto…
Coinvolto…
Inebriato…
Sorrise, vedendo che anche le guance di lui erano divenute
rosse di fronte alla sua nudità.
Condividevano quella fiamma divampante che è l’emozione.
Si sfilò la maglietta da solo, senza aspettare e la lasciò
cadere a terra.
Non riusciva a staccarsi dalle iridi verdi.
Le mani della ragazza gli sfioravano il torace…
Seguirono il contorno dei suoi addominali…
Si posarono sui pantaloni…
E incominciarono ad aprire il primo bottone.
James trattenne il respiro e solo un mugolio strozzato uscì
dalle sue labbra.
Le mani di Lily proseguirono delicate.
Aveva gli occhi bassi, ma ridenti e sembrava concentrata, la
sua bocca s’increspava leggermente ogni volta che un bottone bizzoso la
ostacolava.
Quando riuscì ad aprire anche l’ultimo, parve soddisfatta.
James sorrise e la guardò con amore.
“Sei adorabile…”
Si sedette sul bordo del letto per sfilarsi i calzoni e
protese una mano verso la ragazza, come a pregarla di raggiungerlo.
Lily si distese accanto a lui, reclinata su un fianco, una
mano sotto la guancia e i capelli sciolti che inondavano la pelle bianca.
James non resistette alla tentazione di far scorrere una
mano su tutto il suo corpo, fino al piedino, che imprigionò nel suo palmo.
“Ti ho catturata”
Lily rise e la
tensione si sciolse.
“Sì…ma non oggi…Signor Potter!”
James le baciò la bocca.
Quando lasciò le sue labbra, il cuore gli batteva a ritmo
serrato, il calore che sentiva sulle proprie guance lo inebriava e lo stordiva
allo stesso tempo, le sue mani, che tremavano leggermente per l’emozione,
richiedevano come unico compenso, di poter condividere quel fremito con altre
due mani.
Non più, soltanto due, ma quattro.
Unite.
La consapevolezza di quanto si accingevano a condividere non
lo abbandonò mai…
Sospirò, regalando un’altra carezza al viso di lei…
Per il breve lasso di tempo che aveva trascorso da quando la
scuola era finita, aveva davvero creduto nella felicità.
Quel giorno la speranza era morta.
Nella vita di Remus Lupin non esisteva un vocabolario che
contenesse quella parola.
Felicità.
Un fuoco fatuo.
Ecco cosa restava del calore che aveva provato.
Si sedette su una sedia, nell’atrio umido e maleodorante,
aspettando il suo turno.
James e Lily erano morti…
Morti? Come era possibile…
Li aveva visti solo qualche sera prima.
Gli aveva parlato pochi istanti prima che succedesse,
attraverso lo specchio magico.
“Domani venite a trovarci…” aveva detto James giocoso “A
Harry piace stare con voi…Lily! Lasciami finire!”
La giovane donna dai capelli rossi era apparsa sulla
superficie liscia, e Sirius aveva riso.
“Povero Prongie!”
“Ehi! Che razza di amici!” aveva detto lei, poi aveva
disteso il volto in un sorriso imbarazzato “Ci sentiamo soli così relegati…E’
la verità, James!”
Borbottio di sottofondo: Harry reclamava la sua mamma…
“Verremo tra due giorni” aveva risposto Remus “Domani c’è la
luna piena!”
“Ok! Allora è deciso! Adesso scusatemi…ma mio figlio si fa
sentire…è tutto suo padre!”
“Ma sentitela!” aveva commentato suo marito.
Avevano riso tutti e quattro.
Si erano salutati…
Poi James era riapparso sulla superficie, come se si fosse
dimenticato qualcosa:
“Ah…Remus..? Coraggio per questa luna!”
“Non preoccuparti! Ho la pozione…E poi la trasformazione non
mi ha mai ucciso…non lo farà neanche stavolta!”
“Voglio ben sperarlo…” disse ridendo “Non ti perdonerei mai
se tu te ne andassi senza prima trascorrere con noi una bella serata come ai
vecchi tempi!”
“Ma che spiritosone!”
“Buonanotte Moony”
“’Notte James”
Due giorni dopo erano già sottoterra entrambi.
***
“Il Signor Lupin?”
“Sono io.”
“Bene. Se vuole può vederlo. Ne è sicuro?”
“Sicuro di cosa?”
“Di volerlo vedere.”
“Sì. Sono sicuro di volerlo vedere.”
Remus si alzò un po’ stizzito e seguì l’uomo in un corridoio
laterale.
“Devo avvisarla però…” riprese il mago “…è molto
pericoloso.”
“So badare a me stesso.”
“Lei non conosce quell’assassino…” disse scuotendo la testa
con aria rassegnata “Ha ucciso tredici babbani!”
Remus si bloccò squadrando l’uomo con occhi imperscrutabili.
“Da quanto tempo lo conosce?” gli chiese dopo qualche
secondo.
Il mago parve perplesso.
“Non l’ho mai visto prima di due giorni fa, quando è stato
portato qui!”
“Davvero?”
“Certo!” rispose l’uomo sull’attenti.
“Bene. Io non conosco l’assassino di cui lei sta parlando,
ma conosco Sirius Black da 12 anni, per cui adesso la smetterà di predicare e
mi porterà da lui.”
Era calmo, ma estremamente autoritario: il risultato degli
innumerevoli ostacoli che aveva dovuto affrontare.
Con suo sommo stupore, non venne condotto in una cella, ma
in una stanzetta quadrata e bianca.
Remus guardò stupito il mago davanti a lui che si affrettò a
spiegare:
“L’interrogatorio è finito pochi minuti fa…” disse aprendo
la porta “…le concederanno…non più di 15 minuti.”
Il licantropo fece un cenno d’assenso con la testa ed entrò
nella stanza.
“Remus!”
La voce risuonò improvvisa nello stesso istante in cui
oltrepassò la soglia con il piede.
Lo cercò con lo sguardo e finalmente lo vide.
Era seduto ad un lato del tavolino, al centro della stanza,
aveva un aspetto terribile: i lunghi capelli arruffati che ricadevano scomposti
sul suo viso, gli occhi spalancati e irrequieti…
Remus riuscì a leggervi la disperazione e la paura…
Poteva, quello, essere lo sguardo di un assassino?
Non riuscì a darsi una risposta.
Le mani erano incatenate in due anelli magici saldati al
tavolo, non poteva alzarsi, sebbene ci avesse provato nell’istante in cui
l’amico era entrato.
Remus intuì quello che voleva e si avvicinò.
Era ricoperto di lividi, l’interrogatorio doveva essere
stato molto movimentato e poiché Sirius non poteva muoversi, poté immaginare
che il divertimento fosse stato unicamente per le guardie del Ministero.
Sirius, bloccato dalle manette, protese la testa come
avrebbe fatto Padfoot in cerca di una carezza.
Remus l’abbracciò lentamente senza dire una parola.
Non riusciva a capire dove fosse finita la sua voce.
La guancia contusa si era posata sulla sua spalla.
Lo circondò, appoggiando una mano sulla sua testa e l’altra
sulla schiena.
L’abbandono era disarmante.
Insolito.
Poi senti un sussulto…e poi un altro e un altro ancora…
All’improvviso scoprì di poter ancora parlare.
“Piangi, Sirius?” chiese con voce incolore “Io non ho più
lacrime.”
I singhiozzi cessarono.
“Ti...prego…credimi!”
“A cosa devo credere?” chiese il licantropo “Al fatto che
hai tradito James e Lily? O che hai ucciso Peter e tredici babbani?”
Gli stava rivolgendo parole dure, ma non riusciva a smettere
di abbracciarlo.
<Se almeno il
mio cervello si mettesse d’accordo con il cuore!> pensò senza neanche tentare di allentare la presa.
Fu Sirius ad allontanarsi da lui, lo sguardo vuoto di chi ha
perso anche l’ultima speranza.
Non piangeva più.
“Non sono stato io” disse, ma sapeva che era inutile “Non ho
fatto nessuna di queste cose” si fregò il viso sul braccio per asciugarsi le
lacrime “…cercavo solo la giustizia.”
“Chi è stato allora?”
“Peter.”
“Peter è morto.”
“Non credo.”
Remus sospirò cercando di scacciare la nebbia dalla sua
testa, ma senza convinzione.
<E’ meglio non
sapere> ripeteva la sua anima.
“Dillo al processo…cercheranno le prove…”
“Non ci sarà alcun processo.”
Il licantropo sgranò gli occhi.
“Non è possibile…” disse sinceramente stupito.
Sirius sorrise amaramente.
“Remus…amico mio…Pensavi davvero che sarebbero stati giusti?
Hanno troppa fretta di riprendere il controllo della situazione, adesso che
Voldemort è scomparso, chiunque sia sospettato di parteggiare per il Signore
Oscuro viene incarcerato o giustiziato, a seconda dei casi…e quasi sempre senza
processo.”
Sospirò e il ghigno scomparve.
“Stasera verrò portato ad Azkaban.”
Silenzio.
La porta si aprì e il mago di prima entrò nella stanza per
sollecitare Remus ad andarsene.
Il licantropo lanciò un ultimo sguardo all’amico e si voltò
per andarsene.
“Dirai la verità a Iuno?” chiese la voce alle sue spalle.
“E qual è la verità?”
Sirius lo guardò con occhi spenti.
“Quella che gli dirai.”
***
Quella notte per Sirius fu la prima in balia dei
Dissennatori.
Era arrivato ad Azkaban solo da poche ore e gli oscuri
demoni si erano accaniti su di lui.
Non gli importava.
Che gli portassero via tutto.
Che non rimanessero altro che parole incoerenti e follia.
Era preferibile.
Venne la notte di quel primo giorno,
e grato di aver tanto sopportato,
all’anima chiesi di cantare.
Ma lei rispose che le corde erano saltate
L’archetto, polvere di atomi.
Così a ripararle mi ci volle
Fino alla mattina del giorno seguente.
E poi, un giorno immenso come due ieri,
riversò il suo orrore sul mio volto
fino a bloccarmi lo sguardo.
La mente prese a ridere
Parlavoa vanvera come un folle
E sono anni ormai, ma da quel giorno
La mia mente ridacchia, come una piccola sciocca.
Qualcosa di strano dentro
Quello che ero
E quello che sono adesso, due cose divise.
Potrebbe questa essere Pazzia?
***
Distante da quel luogo.
In un altro dove.
Sotto la luce di una sola candela ormai quasi del tutto
consumata.
Un uomo si rigirava tra le mani un pezzetto di carta.
Era un quadratino di pergamena stropicciato e ingiallito.
Al centro spiccavano, in un irriverente inchiostro rosso,
queste parole:
SAREMO SEMPRE QUI’
James, Peter e Sirius
La parola ‘SEMPRE’
non si leggeva più bene, le lettere si erano confuse, la dove una lacrima
caduta, aveva sciolto l’inchiostro.
Nella stanza risuonò l’eco di alcune parole pronunciate
tanto tempo prima.
“ Non si accartoccerà più! Almeno fino a quando sarò in
vita, ti prom…”
L’uomo si passò una mano sugli occhi e parlò al ricordo.
“James…Adesso che non ci sei più, questo cuore è libero di
accartocciarsi di nuovo? Adesso che Sirius non è qui per ridistenderlo… Adesso
che Peter e Lily sono con te…Non ti sentirai solo…Io sì…Mi sento solo.”
Sì, l’undicesimo anno è per sognare…e per ascoltare,
risonante tra le mura, la cantilena del folle…
Il folle…
Il folle assomiglia ad un’ ombra.
Parla alla sua mente muovendo le labbra…sono frenetiche, ma
non c’è voce.
Parla ai mattoni con voce strascicata…dice la verità, ma
senza logica.
La verità è una cantilena folle.
La sua verità è follia, per chi l’ascolta.
Nessuno ascolta…
Buio.
<E’ meglio non
vedere queste strette mura…sono umide, scure e piene d’insetti.
Se non le vedo posso
immaginare le colline, come si vedevano dalle finestre di Hogwarts.
Se non vedo niente
posso immaginare di non essere solo; posso focalizzare lo sguardo sul quel
punto indefinito e immaginare che lì ci sia Remus…E James non è morto, è seduto
di fianco a Lily e come al solito gioca con le sue ciocche ramate; anche lei è
viva, sta raccontando una storia a Iuno…Iuno…
Non viene verso di me perché è arrabbiato…
No. Non è arrabbiato, è spaventato.
Io l’ho spaventato…
Ma so che alla fine mi perdonerà…
Ecco…
Lo vedo già venire verso di me…
Adesso scalerà le mie ginocchia, i suoi capelli sfioreranno
la mia guancia e la sua voce nel mio orecchio dirà:
“Fammi vedere una nuova magia, Sirius!”
Sirius…
Da quanto tempo non sento pronunciare il mio nome?
Un anno è passato
Il secondo è andato
Il terzo…
Troppi anni.
Non bastano più le mani per contarli e devo aggiungere i
piedi…>
Freddo.
<Sì, è naturale
che faccia freddo…
Ora non sono più nel dormitorio caldo e accogliente…
Questa è la Stamberga Strillante e lì in quell’ angolo c’è
Remus che aspetta sconsolato la trasformazione.
Fa freddo qui dentro…ma restiamo lo stesso io, James e
Peter…
Restiamo per Remus…
Lui teme il lupo…>
L’ombra si alza è guarda attraverso le sbarre della
finestrella.
<La
luna…sì…vedi? Ecco la luna, ma non temere, noi siamo con te…>
Paura.
<Non è paura
questa…solo un po’ di trepidazione…se ci scoprisse la McGranit ci ritroveremmo
in punizione per tre mesi!
Non temere…
Non temete…
I Malandrini non hanno paura…
Questo è lo scherzo più grandioso dell’anno.
La faremo pagare a quei Serpeverde, vero Peter?
Peter…
Peter è il traditore?
No. Peter non è un traditore…
Voldemort non esiste…
E’ solo un nome nella mente dei folli.
Folli?>
L’ombra si volta di scatto allorché percepisce un rumore.
“Sei tu James?”
“No.”
“Non sei James?”
“No.”
I capelli sono chiari s’intravedono dalle sbarre.
“L’undicesimo anno è per sognare…allora posso sognare…posso
sognare che tu sia Remus. Lo posso fare.”
“Sirius…?”
L’ombra acquista un nome.
Silenzio.
“Sirius, non ho tempo…”
L’ombra acquista un nome e la cognizione del tempo.
Ancora silenzio.
“In questi anni ho desiderato solo di rivederti”
L’ombra acquista un nome, la cognizione del tempo e la
coscienza dei sentimenti.
Sempre silenzio.
“Sirius!”
L’ombra sente dei passi che si avvicinano, il suo
interlocutore diventa impaziente e inquieto.
Si agita come se avesse qualcosa di vitale importanza da
dire e non vuole andarsene senza averlo comunicato.
“Sirius…io ti credo, non ho mai dubitato” si volta furtivo
verso il corridoio, poi punta di nuovo gli occhi ambrati su di lui.
“Remus…sei tu davvero…qui, per me?”
“Avvicinati.”
L’ombra adesso ha un nome, la cognizione del tempo, la
coscienza dei sentimenti e la visione della realtà.
Fa qualche passo avanti.
“Tieni” L’uomo dal corridoio gli porge una bacchetta “e
ricordati…” allunga una mano tra le sbarre e gli afferra la testa da dietro,
traendolo a sé in modo che la sua bocca sfiori l’orecchio del prigioniero “…il
dodicesimo è per fuggire.”
Scompare.
C’è trambusto ad Azkaban quella notte.
C’è stato un intruso ad Azkaban quella notte.
Il prigioniero si volta verso la finestra leggermente
illuminata dalla luna.
E’ piena.
Non poteva essere Remus.
Osserva la bacchetta ancora stretta nella sua mano e la
nasconde nei suoi vestiti laceri.
Il tempo scandito dal battere trepidante del cuore.
Aveva l’intensità assordante di un tuono.
“Una musica…”
Remus Lupin lasciò cadere a terra la corrispondenza che
aveva tra le mani e percorse il corridoio buio.
Sul suo volto un’innocente, disarmante incertezza.
L’oscurità lo accolse, mentre si protendeva verso le note,
incapace di dare al suo corpo un comando diverso.
Provenivano dal piano di sopra.
Osservò incredulo lo spazio circostante e i miliardi di
molecole che parvero,improvvisamente, incominciare a turbinare.
La melodia creava intorno a lui immagini….visioni brillanti,
nitide e dinamiche, non erano note triste, solo nostalgiche.
Le sentiva…
Bussavano alla sua mente chiedendo di essere riconosciute.
Tentò di respingerle con poca convinzione.
Faceva male ricordare, ma la forza per seppellire i ricordi,
ormai, in lui era esaurita.
Tornarono insistenti, implacabili e caparbie.
“Queste note nascondono un uragano” sussurrò “ io lo
conosco…conosco questa tempesta….appartiene al passato…”
Si voltò nel bagliore improvviso e vide un ragazzo
grassottello camminare con passo svelto verso di lui.
Questi lo oltrepassò senza dar segno di averlo notato e
spalancò con decisione una porta alla sua sinistra.
Non c’erano porte alla sua sinistra.
“Non è reale” pensò, ma la musica non sembrava disposta a
concedergli altro tempo.
Reclamava la sua presenza e così proseguì, avvicinandosi al
primo gradino della scala di pietra.
Quando incominciò a salire, venne nuovamente sopraffatto da
luci e rumori di un’altra epoca….di un altro luogo…
Questa volta provenivano dalle sue spalle.
Si voltò accostandosi alla balaustra appena in tempo.
Una ragazza salì le scale, ma non erano quelle di casa sua.
Correva, le guance arrossate e il fiato corto per l’affanno.
Gli occhi ridenti.
Occhi verdi ridenti.
Quando gli passò accanto, i capelli di lei gli sfiorarono la
spalla, emanando un profumo che lo riporto indietro…
Chiuse, per un istante, gli occhi cercando di ritrovare nel
passato quella felicità che adesso sembrava irraggiungibile.
Una mano sbucò dall’ombra e afferrò la giovane per il polso
sottile.
Lei si sciolse in una risata argentina che risuonò,
rimbalzando sui muri....come un eco che non trova pace…
Un giovane piuttosto alto, dai capelli arruffati la trasse a
sé e l’abbracciò affondando il viso nei capelli ramati.
I due si dissolsero nell’ombra.
Intorno a lui di nuovo la solitudine, ma non il silenzio.
Quel demone imbarazzante e crudele…che quando vanta al suo
fianco la sorella morte, crede di poter avere in mano il mondo…il silenzio…
Quel demone era stato cacciato.
La musica aveva riempito l’aria, creato una nuova luce e non
accennava a smettere.
Remus non esitò.
Percorse la scala fino al piano superiore, prima di
procedere si affacciò alla balaustra, ma dal piano sottostante non giungeva
alcun suono, solo le note appassionate, vicino a lui.
Una porta alle sue spalle era socchiusae la luce filtrava dall’interno.
Furtivo si avvicinò per sbirciare.
La musica non proveniva da lì, ma sporgendosi oltre la
soglia vide un ragazzo chino sul tavolo: stava disegnando qualcosa sopra una
pergamena.
Appoggiato allo schienale della sedia, stava un altro
giovane.
I suoi capelli neri erano così lunghi che sfioravano il
collo al ragazzo seduto.
Remus si portò una mano alla testa, sfiorando quello stesso
punto con un brivido.
Lo sguardo perso.
In quei volti che conosceva.
Il se stesso di quindici anni prima e….
Incapace di trattenersi, sfiorò disperato i capelli setosi
dell’amico pregando che si voltasse.
Questi sollevò la mano, deciso, scostandosi le ciocche dagli
occhi e lo fissò come se potesse vederlo.
Le immagini cominciarono a sgretolarsi.
Il passato si frantumava.
“Ti prego…fa che non svanisca” pregò, ma le figure già si
facevano velate.
Presto sarebbero ritornate ad essere soltanto ricordi.
Si coprì il volto con le mani e lasciò che fosse la musica a
consolarlo.
Adesso lo sentiva distintamente.
Il violino suonava.
Le corde tese vibravano.
“Vale la pena vivere per questa musica.”
E nel momento in cui lo disse, capì di crederci davvero.
Tutto sembrava mutare intorno a lui, tentò di mettere a
fuoco la stanza, ma era senza forma.
Disgregazione.
Focalizzò l’origine di quello sconvolgimento….e lo vide.
Sirius era lì.
Il violino tra le mani….come tanti anni prima.
Lo stava fissando.
Interruppe il fluire incoerente delle note.
“Adesso…dimmi che mi credi” disse in un sussurro.
Il suo sguardo era spento.
Come quello di una bestia troppo a lungo maltrattata.
E tuttavia non c’era timore in lui, non si aspettava niente
e non temeva niente…
Restava immobile….
“Sì…” rispose Remus e lo guardò incredulo.
Non rimaneva altro di lui che l’immagine sbiadita e logorata
di ciò che era stato un tempo.
La sua vitalità, il suo spirito implacabile erano morti,
soffocati da uno strato di sporcizia, dolore e follia.
“Sirius…” riuscì a dire “non ho mai veramente creduto che
tu…”
L’amico lo zittì con un cenno della mano.
“E’ già sufficiente” disse.
Poi con lentezza si portò il violino al mento e ricominciò a
suonare.
Le note uscirono vitali, generose…a sprazzi energiche e
solenni.
E come sempre…lo strumento parlò per lui.
Remus comprese quale profonda mutazione fosse avvenuta in
lui.
Ogni impulsività era andata perduta.
Ora agiva solo spinto dai sentimenti e dalla coscienza
incrollabile.
Con la musica dichiarava con coraggio:
“Ti concedo tutto! Non posso più perdere niente!”
Non aspettò che finisse di suonare.
Si avvicinò e sfiorò con la mano il braccio che reggeva il
violino.
La sinfonia s’interruppe.
Sirius abbassò lo strumento e rimase in attesa, per metà
sopraffatto e per metà timoroso, di non meritare ancora, una simile comprensione.
Chiuse gli occhi e pregò con tutto se stesso, implorò e
supplicò, senza osare chiedere, che quel gesto si ripetesse e mentre
allontanava dalla mente ogni altra emozione…quel calore ritornò.
Sotto forma di carezza, partì dalla tempia e scese lungo la
guancia, fino al collo dove si fermò un istante.
“Non è cambiato nulla…è come se il tempo non fosse
trascorso….” disse Sirius assorto.
Remus guardò l’uomo seduto di fianco a lui sul divano e
rivide il suo amico di tanti anni prima.
A guardarlo in quel momento sembrava davvero che il tempo
non fosse passato, indossava degli abiti puliti e si era rasato, i capelli
lunghi erano tirati indietro e ancora umidi…
…rivide la torre, il dormitorio, i suoi amici che
scherzavano, Sirius che usciva dal bagno:
“Avanti il prossimo!”
E James si lanciava verso la porta lasciata aperta.
Si scrollò scacciando quella visione e ritornò a fissare
quel solito punto sul soffitto che lo aveva tenuto impegnato negli ultimi
quindici minuti.
“Ma di tempo ne è passato….invece. Anche troppo” rispose
Sedevano vicini.
Le gambe allungate.
La testa appoggiata allo schienale e lo sguardo perso nel
vuoto.
Incapaci di fare una qualsiasi altra cosa.
Ogni tanto si scambiavano qualche parola.
“Vorrei chiederti molte cose…” prese a dire Sirius,
rimanendo immobile “…ma da dove cominciare…questa è la vera difficoltà.”
“Comincia dalla prima”
“Sei diventato sarcastico…il Remus che conoscevo…”
“Il Remus che conoscevi è morto. Si è ucciso perché non
poteva sopportare oltre la solitudine.”
Silenzio.
Tornò a guardarlo.
Non lasciava trapelare alcun sentimento e tuttavia a Remus
non sembrò che si stesse trattenendo, pareva quasi che non potesse esprimere
nulla.
“Scusami…” disse il licantropo dispiaciuto “…ho esagerato.”
“Non preoccuparti. Non sento niente. I Dissennatori hanno
fatto un ottimo lavoro con me…”
“Non è vero” si sentiva tremendamente in colpa, ma era
deciso a rimediare “ Posso dimostrarti che non è così.”
“Non sarà facile”
“Sarà facilissimo”
“Prova…allora”
“Stavi per chiedermi dov’è Iuno…vero?”
Sirius sussultò e mancò un respiro.
Non poté fareameno
di voltarsi verso l’amico.
“Vedi? Avevo ragione…Non avresti reagito così se tu avessi
perso ogni sentimento” appoggiò una mano sul ginocchio dell’uomo che ancora lo
fissava “Iuno è in Egitto, con il maggiore degli Weasley, sono coetanei…Silente
ha deciso di mandarlo all’estero…dopo che l’anno scorso…”s’ interruppe un
attimo “…ha tentato di entrare ad Azkaban…” abbassò lo sguardo “Credo che
sappiamo entrambi…chi stava cercando…”
“Iuno ad Azkaban…”sospirò Sirius “Pensavo di aver sognato,
ma la bacchetta era reale, all’inizio pensai che si trattasse di te…”
“Vuoi dire che è riuscito a trovarti?” esclamò Remus
sinceramente sorpreso.
“Sì, sarei ancora là, se non fosse stato per lui, ha
dissipato la mia follia.”
“Adesso capisco perché Silente era così preoccupato…”
Sirius si adagiò di nuovo contro i cuscini e sospirando
forte, riprese a fissare il vuoto.
Di nuovo silenzio.
“Avanti, chiedimelo…” disse Remus ad un tratto
“Non ci riesco.”
“Provaci.”
“Remus!” esclamò “Non ce la faccio! Non posso chiederti di…”
si bloccò e il suo sguardo ritornò spento e scuro.
“Di Harry?”
“Sì”
Quel ‘sì’ era giunto come un sospiro e Remus si sentì in
dovere di rassicurarlo il prima possibile.
“Sirius…non c’è bisogno che tu ci pensi ora…Harry non sa
niente…c’è ancora tempo…”
“L’hai visto?”
“Sì. L’ho visto a Diagon Alley…non sapeva chi fossi,
naturalmente, è identico a James, ma solo d’aspetto…c’è molta della dolcezza di
Lily in lui.”
Mentre pronunciava quei nomi, controllava la reazione
dell’amico, ma questi rimase immobile.
“Vorrei vederlo” disse semplicemente.
“Lo vedrai. Quest’anno sarò il suo insegnante di Difesa
contro le Arti Oscure.”
Improvvisamente la sua bocca si atteggiò in un debole
sorriso, Remus lo guardò sollevato, per poi accorgersi che i suoi occhi non
ridevano affatto.
“Ho sempre immaginato che saresti diventato un’insegnante.”
“E’ l’unico lavoro che mi è stato offerto, senza dubbio
opera di Silente. Noi lupi mannari non siamo molto richiesti.”
“E fino ad ora cosa hai fatto?”
“Ho svolto indagini per il ministero, cose di poco conto che
erano principalmente miratea tenermi
lontano da qui, ma non mi lamento, girare per il mondo mi ha aiutato a non
pensare…”
Silenzio.
Sirius percepì nuovamente la gelida morsa della
responsabilità che ricadeva su di lui inclemente e rabbrividì.
“Ho freddo….” Disse dopo pochi istanti
Remus afferrò una coperta e l’avvolse intorno alle sue
spalle, strofinadogli la schiena con le mani.
“E’ tardi…” gli sussurrò in un orecchio mentre ancora lo
teneva abbracciato “ …non vuoi dormire?”
“No” rispose sottraendosi alle sue carezze per tornare a
fissare il vuoto “Non voglio dormire.”
“Perché?”
“Non voglio restare solo.”
“Non lo sei. Rimango con te.”
“Non voglio sognare.”
Remus sospirò.
“A volte i sogni sono più belli della realtà.”
“I miei sarebbero incubi.”
“E ti fanno paura?”
Silenzio.
“Sirius…?”
“Sì.”
L’ammissione di una malattia mette un uomo già a metà strada
sulla via della guarigione.
“Da ragazzo non temevi nulla devo forse pensare che sei
cambiato?”
Per un attimo gli occhi di Sirius sembrarono brillare, ma il
sorriso non ebbe la forza di spuntare sul suo volto.
“Da ragazzo non avevo conosciuto Azkaban…”
D’istinto,Remus gli accarezzò la testa, poi il suo sguardo
si fece risoluto.
“Possiedi la forza per risollevarti, non crederò mai che tu
ti sia arreso.”
Questa volta un sorriso si affacciò brevemente sul suo
volto.
Poi ad un tratto arrivò la domanda.
“Puoi perdonarmi?”
Remus rimase spiazzato.
“Perdonarti?”
“Sì, se tu puoi perdonare me, io posso perdonare Peter.”
Adesso era allibito.
“Sirius…” riuscì a dire “Ti metti sullo stesso piano di
Peter?”
“Ho pagato per la sua colpa.”
“Esatto…la ‘sua’ , non la ‘tua’.”
“Ma sono stato io a permettergli di commetterla.”
“Allora siamo colpevoli entrambi.”
“Tu non sapevi dello scambio.”
“Non ci ho creduto quando tu me lo hai detto.”
“E come potevi credermi…si tratta di me…non c’è perdono per
quelli come me…non c’è futuro, né felicità, né pace…non c’è redenzione per le
mie colpe…” si prese la testa tra le mani e cominciò a dondolarsi come un folle
“Nessun perdono…nessun perdono…ness…”
Era sull’orlo del tracollo e Remus se ne accorse.
Gli si avvicinò scostandogli le mani dal viso e lo
abbracciò.
“Basta….” gli sussurrò “basta…non importa che ti sforzi…ti
darò io la risposta…quando starai meglio troverai da solo le altre…”
Tremava.
Gli scostò i capelli dal viso e con lo sguardo catturò i
suoi occhi folli.
“Ascoltami bene…Sirius Black…”
La sua voce era dolce e Sirius pensò di potergli credere,
qualsiasi cosa avesse detto si sarebbe rimesso nelle sue mani, lasciando a lui
ogni decisione: condanna o perdono che fosse.
Trepidante aspettò la risposta.
“L’unica persona che deve perdonarti è il te stesso che
nascondi dentro” disse Remus
Ciò che di giorno crediamo di aver compreso, di notte
ritorna…e come il peggiore dei traditori, rade al suolo quei muri precari che
erano costati tanta fatica a chi li aveva progettati e costruiti.
Ma le fondamenta non sono visibili, si nascondono sotto il
livello della superficie.
Questo le salva.
Rimangono integre aspettando che mani capaci e volenterose
innalzino su di loro… una nuova dimora.
CASA LUPIN 28 AGOSTO 1993
“N..no…non …”
Sirius si agitò appena nel sonno.
Era sdraiato sul divano.
Si era addormentato lì e vi aveva passato la notte.
“…n..non posso…”
Remus si avvicinò all’amico e scostò le coperte che lo coprivano.
“Ssh…calma…” disse “…sono qui.”
Gli passò una mano sulla fronte, sperando di calmare quel
folle farneticare.
“…se non..e..esco…soffocherò..”
Remus lo guardò senza riuscire a trattenere la pena che
provava per lui.
<Sono stati
terribili, per te, questi anni ad Azkaban…Avrei dovuto crederti….aiutarti, fare
una qualsiasi cosa…Tu l’avresti fatto per me.>
“Sei a casa” bisbigliò massaggiandolgliil petto come si fa con i bambini che non
riescono a dormire.
“…la luna….c’è …la luna…”
Remus lo guardò sorpreso.
“Non c’è la luna, Sirius.”
“…la luna ….mi odia…mi…”
Una lacrima spuntò dalle sue palpebre chiuse.
<E’ un
delirio> pensò Remus riferendosi
più al suo stato d’animo che non a quello dell’amico.
“La luna non potrebbe mai odiarti…”
Con il pollici asciugò quell’unica lacrima.
“Non posso odiarti…”
Gli accarezzò i capelli scomposti e poiché sembrava che quel
gesto lo calmasse, continuò ripetutamente.
La mente assorta, ripensando a tutti quegli anni che aveva
trascorso in solitudine, dopo che suo fratello si era trasferito ad Hogwarts….e
non poté fare a meno di ammettere che il suo dubitare….era stato
ingiustificato.
“Remus…?”
Si riscosse e vide che l’amico aveva gli occhi aperti.
Ritrasse la mano.
“Sei sveglio gli chiese?”
“Io…lo spero…” rispose esitante, poi abbassò lo sguardo “ho
sperato tanto, in questi anni…ho sperato che l’incubo finisse, ma non c’era
nessuna mano calda a svegliarmi…e al mattino…tutto era rovina…”
Si tirò su, a sedere.
“Dimmi che è questa la realtà e non quella che ho vissuto
per dodici anni.”
Rabbrividì.
“Sirius, quello in cui ti sei svegliato oggi è il mondo
reale” lo guardò negli occhi “da ora in poi sarà cosi…se avrai un incubo…sarò
qui a svegliarti. Se vedrai il tuo mondo crollare, lo ricostruirò…lo farò ogni
volta che sarà necessario…lo farò all’infinito.”
La riconoscenza, negli occhi, lo rendeva meno folle.
Sirius si adagiò contro i cuscini e fissò, dritto davanti a
se, lo specchio appeso alla parete.
Rifletteva la sua immagine da rinnegato.
<Una sola
promessa>pensò< poi sarò di
nuovo libero >
Si rivolse all’amico.
“Prima mi hai creduto, poi mi hai perdonato, adesso…mi
consoli…Remus….da ora in poi sarò io a proteggere voi…tutti e tre…fino alla
morte…e anche dopo…se mi sarà possibile; lo prometto.”
Fissò il suo riflesso e sgranò gli occhi.
James e Lily nello specchio.
Un istante.
Poi di nuovo la sua immagine.
Quello fu il primo sorriso sincero dopo Azkaban.
<Se approvate la
mia scelta…significa chequesto sarà il
mio destino.>
EGITTOTENDA N° 3 SEZIONE A
DELL’ACCAMPAMENTO
UNA SETTIMANA DOPO
Iuno Lupin spostò lateralmente la tenda che fungeva da
divisorio e si avvicinò al giaciglio, dove dormiva, riverso su un fianco, il
suo miglior amico.
“Bill…” sussurrò appoggiandogli una mano sulla spalla e
scuotendolo leggermente.
Il ragazzo si rigirò mugugnando qualcosa e solo dopo qualche
istante si decise a socchiudere gli occhi.
“Mhm…”
“Come ti senti?”
“Mhm…bene…se non faccio movimenti bruschi” si passò una mano
sul torace dove spiccava una fasciatura immacolata “….in ogni caso…domani
ritorno a lavoro…non ne posso più del caldo asfissiante di questa tenda.”
Iuno sorrise, non era possibile tenere fermo Bill Weasley
per più di due giorni.
Era sempre stato così e di certo, un paio di costole rotte
non erano sufficienti a fargli cambiare le sue abitudini.
Si sedette su un panchetto, a lato dell’amico.
“E’ arrivato un gufo dall’Inghilterra…” disse mostrando un
plico di pergamene, tutte accuratamente sigillate “queste sono per te.”
“Chi mi scrive?” chiese il ragazzo trattenendo uno
sbadiglio.
“La tua famiglia….direi” Iuno scorse velocemente la corrispondenza,
conosceva tutti gli Weasley “Una è di tua madre….ha allegato un paio di
forbici…”
“Oh, no! Ancora con questa storia di tagliarmi i capelli….”
esclamò sbuffando l’interessato.
Iuno rise e continuò a controllare le lettere.
“Un biglietto di tuo padre…e poi…MERLINO! Percy te ne ha
mandate ben 4 questa volta!”
“Peggiora ogni anno quel ragazzo…Lui non mi ha mandato un
paio forbici?”
Questa volta risero entrambi.
“Questa è di Ronald….è tutta macchiata…e questa
bruciacchiata…” s’interruppe sollevando una pergamena annerita “…deve essere
dei gemelli, l’ultima è di Ginny. Vuoi che te ne legga qualcuna?”
Bill guardò l’amico ed evitò di chiedergli se anche lui
avesse ricevuto notizie da casa.
Iuno non riceveva quasi mai la corrispondenza, a volte arrivava
qualche lettera di suo fratello…molto raramente…era troppo rischioso mantenere
dei contatti epistolari dopo quello che aveva fatto l’anno precedente…Il
ministero lo teneva sott’occhio.
“Sì” disse dopo un attimo “leggimi quella di Ginny.”
Il ragazzo sorrise aprendo la lettera, sapeva che Bill adorava
la sorellina.
“ Caro Bill, come
potrei rinunciare a scrivere al mio fratellone pref…”
“Signor Lupin?” chiese una voce alle sue spalle
Si voltò e osservò il mago sulla quarantina che teneva in
mano un voluminoso pacco.
“Questo pacco è per lei” disse “E’ arrivato oggi….ma non ha
mittente…e il gufo che l’ha consegnato è sparito subito dopo averlo lasciato.”
Sorpreso, tolse il fardello dalle braccia dell’uomo che se
ne andò velocemente e rimase a fissarlo per un po’.
“Beh…?” intervenne Bill“Che aspetti….Aprilo!”
Iuno tagliò il nodo (usando le forbici di mamma Weasley) e
stracciò la carta.
Rimase immobile, lo sguardo fisso sul fondo del pacco.
L’espressione grave e stupita…
Le mani incerte che non si decidevano a trovare la via di
muoversi….
A Bill sembrò che si stesse allontanando pur senza muoversi…e
fu per questo motivo che con fatica si alzò per vedere lui stesso cosa
contenesse quel misterioso pacco.
Lo fece perché Iuno era il suo miglior amico.
E perché sapeva.
Sapeva quello che aveva fatto.
E cosa più importante, sapeva il perché…
Appoggiò una mano al tavolo, soffocando una smorfia di
dolore e si sporse sulla scatola.
Conteneva una grande pergamena aperta, al cui centro,
spiccavano queste parole:
La via di casa.
Sotto di essa, nascosto in parte dal foglio, s’intravedeva
un violino.
“Ancora quello strumento?” esclamò Bill cercando di
sdrammatizzare “Sono anni che ti conosco…ne tieni uno simile nel tuo baule, ma
mai…ti ho sentito suonarlo!”
“Non ho più suonato…” riuscì a rispondere il ragazzo “sono
dodici anni che non suono…”
“Chi ti ha scritto quel biglietto?” chiese dopo un attimo di
riflessione.
Dentro di sé conosceva la risposta, così come conosceva Iuno
Lupin.
Il ragazzo prese fiato e rispose.
“La mano di un uomo…con il cuore di un padre.”
Bill guardò l’amico e poi lo strumento…dopo un attimo
comprese e rilesse la pergamena:
La via di casa.
Gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla.
“Hai capito cosa significa…vero? La lettera e lo
strumento….”
“Sì….ho capito.”
Bill abbassò gli occhi e la mano.
“Mi mancherai…pensi di tornare?”
“Tornerò tra pochi giorni…”
“Muoviti… allora!” lo esortò sollevato e finalmente vide
spuntare sul suo volto un grandioso sorriso.
Luminoso come quando erano a scuola.
Forse anche di più.
Iuno abbracciò l’amico con tutta la delicatezza che
richiedeva la sua condizione.
Poi si avvicinò alla scatola, piegò il foglio di carta e se
lo mise in tasca.
“Ci vediamo….” bisbigliò
“….presto!” continuò Bill
Risero insieme.
“Ah…Iuno?”
“Sì”
“Ti coprirò io con il direttore degli scavi” disse
strizzandogli l’occhio.
“Coprimi anche con Silente…se mi cercherà…”
“Sarà difficile…ma credo che farò ugualmente un tentativo…”
“Grazie” disse e con entrambe le mani afferrò lo strumento e…scomparve.
Letteralmente.
Era la passaporta che lo riconduceva a casa.
***
Crac!
Sirius lo sentì nitidamente.
Lo sentì rimbombare senza tregua nella sua testa.
Non si mosse.
Rimase seduto sulla sedia, dandogli le spalle…senza il
coraggio di voltarsi.
La stanza era vuota, c’erano soltanto loro due….Remus aveva
avuto la delicatezza di lasciarli soli….per quel primo incontro.
Sentì i passi che si avvicinavano, ma ancora non riuscì a
trovare la forza per muoversi.
Una mano scivolò sulla sua spalla…e dopo in istante due
braccia erano intorno al suo collo…
Sentiva il suo calore, mischiato a quello di una terra
straniera….e il suo respiro…