Cinquanta Sfumature di Zonami

di Zomi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sfumatura 1: Cura personale ***
Capitolo 2: *** Sfumatura 2: Agrumeto ***
Capitolo 3: *** Sfumatura 3: Storia d'amore ***
Capitolo 4: *** Sfumatura 4: Succhiotti ***
Capitolo 5: *** Sfumatura 5: Marine ***
Capitolo 6: *** Sfumatura 6: Balli ***
Capitolo 7: *** Sfumatura 7: Bacio della Buonanotte ***
Capitolo 8: *** Sfumatura 8: Bikini ***
Capitolo 9: *** Sfumatura 9: Dichiarazione d'Amore ***
Capitolo 10: *** Sfumatura 10: Primavera ***
Capitolo 11: *** Sfumatura 11: Dormire ***
Capitolo 12: *** Sfumatura 12: Il Regno di Mr. Prince ***
Capitolo 13: *** Sfumatura 13: Riccioli d'Oro: depilati ***
Capitolo 14: *** Sfumatura 14: Primo ***
Capitolo 15: *** Sfumatura 15: Mio ***
Capitolo 16: *** Sfumatura 16: Il vestito rosso di Thriller Bark ***
Capitolo 17: *** Sfumatura 17: Volume ***
Capitolo 18: *** Sfumatura 18: Mani ***
Capitolo 19: *** Sfumatura 19: Non è gelosia ***
Capitolo 20: *** Sfumatura 20: Estate ***
Capitolo 21: *** Sfumatura 21: Vivi ***
Capitolo 22: *** Sfumatura 22: Kuina ***
Capitolo 23: *** Sfumatura 23: Accontentarsi ***
Capitolo 24: *** Sfumatura 24: Amore ***
Capitolo 25: *** Sfumatura 25: Doccia ***
Capitolo 26: *** Sfumatura 26: Strade di cicatrici ***
Capitolo 27: *** Sfumatura 27: Bambola ***
Capitolo 28: *** Sfumatura 28: Biscotti di fidanzate perfette ***
Capitolo 29: *** Sfumatura 29: AH! ***
Capitolo 30: *** Sfumatura 30: Autunno ***
Capitolo 31: *** Sfumatura 31: Oltre la porta ***
Capitolo 32: *** Sfumatura 32: Strega? ***
Capitolo 33: *** Sfumatura 33: Shopping ***
Capitolo 34: *** Sfumatura 34: Mocciosa Cattiva ***
Capitolo 35: *** Sfumatura 35: Mia ***
Capitolo 36: *** Sfumatura 36: Kiss me ***
Capitolo 37: *** Sfumatura 37: Adulti, Bambini, Amanti ***
Capitolo 38: *** Sfumatura 38: Anniversario ***
Capitolo 39: *** Sfumatura 39: Scemo ***
Capitolo 40: *** Sfumatura 40: Inverno ***
Capitolo 41: *** Sfumatura 41: La mattina in cui Zoro avrebbe dovuto restarsene a letto ***
Capitolo 42: *** Sfumatura 42: Raggi di Sole ***
Capitolo 43: *** Sfumatura 43: Porte & Dettagli indesiderati ***
Capitolo 44: *** Sfumatura 44: Dolce risveglio ***
Capitolo 45: *** Sfumatura 45: Un piccolo pel di carota ***
Capitolo 46: *** Sfumatura 46: Dio del Sesso ***
Capitolo 47: *** Sfumatura 47: Invecchiare insieme ***
Capitolo 48: *** Sfumatura 48: Coccole ***
Capitolo 49: *** Sfumatura 49: Onigiri ***
Capitolo 50: *** Sfumatura 50: Perché io? ***
Capitolo 51: *** Sfumatura 50+1 ***



Capitolo 1
*** Sfumatura 1: Cura personale ***


50 SFUMATURE DI ZONAMI
 
 


Sfumatura 1: Cura personale
 
Chopper posò il suo piccolo zoccolo sulla fronte rossa e calda di Nami.
-Mm…- mugugnò tastandola con attenzione -… hai la febbre alta- decretò, allontanandosi dal lettino dell’infermeria su cui la rossa sedeva.
Sospirando, Nami abbassò le spalle stanche, incapace di replicare come suo solito.
Sentiva tutte le congiunture del corpo scricchiolare dolorosamente, rabbrividendo di freddo, che tentava di contrastare stringendosi nelle spalle, che la facevano gemere di piccoli crepitii scricchiolanti.
-Hai preso l’influenza- si avvicinò alla sua scrivania il medico renna, scribacchiando su una cartellina.
-Non puoi darmi qualcosa?- borbottò mogia.
Era tutta la mattina che gironzolava per la nave, carica di microbi e con la testa pulsante di dolore.
-Devi riposare, stare al caldo. Miglior cura non c’è…- le sorrise la piccola renna, aiutandola a scendere dal lettino e accompagnandola alla porta dell’infermeria.
La cartografa storse le labbra, annuendo poco convinta.
Riposo?!? Lei?!?
E chi avrebbe governato la Sunny?
Chi avrebbe aggiustato la rotta durante la navigazione?
Chi avrebbe letto alla perfezione i cambiamenti del cielo e delle nuvole?
Chi avrebbe picchiato Rufy per le sue stupidate?!?
Scosse il capo, reggendosi la fronte con una mano, mentre avanzava nel corridoio diretta, invece che nella sua cabina come ordinato dal medico, sul ponte, a controllare quella benedetta rotta che tanto la preoccupava.
Passò davanti alla cucina, tremando infreddolita e storcendo le labbra mentre la testa le pulsava atrocemente.
Silenziosa e rannicchiata su se stessa, uscì dalla porta, affrontando il vento freddo di quella zona di mare.
-La mia adorata Nami swan non sta bene- si preoccupò Sanji, seguendola con gli occhi attraverso l’oblò della cucina.
-Ha la febbre…- trotterellò fin nella stanza Chopper, sedendosi accanto a Robin, intenta a leggere.
Zoro, sonnecchiante su una sedia attorno al tavolo, aprì appena un occhio, richiudendolo in fretta dopo averlo posato sul medico.
-… le ho detto di riposare, ma sapete come è fatta- scosse il capo sospirando la renna.
-Oh la mia Nami swannnn!!! Povera cara!!!- si straziò il petto Sanji –Le preparò subito un bordo caldo, un thè, una tisana…-
-Ma deve solo riposare…- borbottò Chopper, fissando sconcertato il cuoco inforcare mille pentole diverse, accendendo tutti i fuochi del piano cottura.
-… un passato di verdure, patate calde, un risottino in bianco…- continuò a prodigarsi, non ascoltando minimamente le parole della renna, e facendo sorridere divertita Robin.
Con calma, Zoro si alzò dalla sedia che occupava, andandosene, borbottando contro le moine mielose e stomachevoli del biondo casanova.
 
 
La nave ondeggiava.
O erano i suoi passi che traballavano?
Nami non lo sapeva proprio, sapeva solo che la testa le stava scoppiando, che le gambe facevano un male cane e che gli occhi bruciavano.
-Mm…- si lamentò avanzando nel corridoio.
La rotta era stabile, ma la sua scappatella fuori il castello di poppa le era costata cara: la febbre infatti era aumentata.
-Stupida influenza- borbottò stringendosi con le mani le spalle, cercando di scaldarsi.
Superò debolmente la sua cabina, decisa a richiudersi nel suo studio per lavorare alle cartine, ma una poderosa presa la strattonò dentro la stanza, richiudendo con forza la pesante porta.
-Ma… ehi!!!- si divincolò.
Con lo sguardo annebbiato dalla febbre, squadrò il suo sequestratore, gonfiando subito le guance adirata nel riconoscerlo ghignate e strafottente mentre le sbarrava la porta.
-Zoro!!!- sibilò –Che diamine vuoi? Ho da fare, io…-
-Spogliati-
Nami alzò gli occhi al cielo, sospirando.
-No buzzurro, ti prego- si portò una mano alla fronte –Niente sesso: ho male in ogni cellula del mio corpo e non saprei nemmeno eccitarmi…-
-Non voglio farlo mocciosa- sbottò rosso sul viso –Ho solo detto spogliati-
La cartografa l’osservò perplessa.
-Hai la febbre anche tu?- alzò una mano a posarla sulla fronte bronzea dello spadaccino -No, perchè stai dicendo un mucchio di scemenz…-
-Nami, spogliati- ordinò secco, afferrandole la mano sulla sua fronte e spostandola con delicatezza.
La rossa scosse il capo, iniziando a spogliarsi, gettando nella stanza i vestiti, fin quando non rimase con il solo intimo addosso.
-E ora?- borbottò infreddolita –Vuoi farmi morire di freddo?-
-Scema- ghignò Zoro, gettandole contro un pigiama –Su ora vestiti-
Nami obbedì, infilandosi il pesante e caldo pigiamone rosa, ornati di grossi mandarini rossi. Si osservò, aprendo le braccia, prima di rivolgere un’occhiataccia di fuoco al compagno davanti a lei.
-È da mocciosa- protestò.
-Tu sei una mocciosa- sghignazzò divertito, prendendola per mano e avvicinandola al letto.
Le alzò le coperte, obbligandola a stendersi sul materasso e a non obbiettare mentre la ricopriva con le pesanti trapunte.
-Chopper ha detto che hai la febbre e che devi riposare, ergo… - le baciò la fronte, accarezzandole i capelli ramati –…riposa-
Le diede le spalle, pronto a lasciare la stanza, ma la vocina infantile e dolce della rossa lo richiamò indietro.
-Tu non resti?-
Si volse a fissarla, tutta imbacuccata, con le gote rosse per la febbre, gli occhi stanchi ma il sorriso malandrino a illuminarle il viso. Ghignò compiaciuto.
Si, era decisamente una mocciosa.
-Perché dovrei? Il dottore ha detto che devi riposare, mica stare in compagnia…-
-Riposare e stare al caldo…- miagolò Nami, tendendo le braccia verso di lui –Non mi vuoi scaldare?-
Il verde scosse il capo sghignazzando, togliendosi gli stivali e infilandosi sotto le coperte con lei. La prese tra le braccia, stringendosela al petto e accarezzandole la schiena ricoperta di capelli, mentre la rossa faceva le fusa contro il suo caldo petto.
-Zoro?-
-Mm…?-
-Dopo facciamo l‘amore, vero?-
-Appena starai meglio…- le baciò la fronte.
Era già più fresca.
-Dormi- sbadigliò.
-E se entra qualcuno e ci vede?- si preoccupò, accoccolandosi meglio.
Nessuno sapeva di loro due, e vederli così, abbracciati l’un l’altro avrebbe messo dei sospetti.
-Dirò che sono la tua cura personale…- ghignò, accarezzandole il capo -… e ora riposa, al resto penseremo domani-

 




Fanfiction offerta dal Midori mikan: perchè a San Valentino non sono importanti i cioccolatini, è importante lo Zonami

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Capitolo 2
*** Sfumatura 2: Agrumeto ***


Sfumatura 2: Agrumeto
 


Staccò dal ramo verde e primaverile, un grosso e colorato mandarino, portandoselo alle labbra.
Sentì la ruvidezza della buccia profumarle le labbra, mentre il suo acidulo e fresco aroma le riempiva le narici, facendola sorridere.
Quella mattina l’agrumeto brillava di vita, riflettendo la luce del sole su ogni foglia verde e brillante, che pigramente nascondevano i frutti arancioni e succosi pronti per essere raccolti.
Nami lo osserva soddisfatta, rigirandosi tra le mani il mandarino.
Non era mai stato così bello il suo frutteto, anche se…
-Ricordi?- si rivolse al compagno steso a terra a poltrire.
-Cosa?- borbottò Zoro, non aprendo nemmeno mezzo occhio.
-È successo qui…- rise ancora Nami, abbassandosi a posare, in un equilibrio precario, il mandarino sull’ampia e bronzea fronte del verde.
-Tu ti stavi allenando e io cercavo di studiare le nuvole nel cielo…- si avvicinò ad un altro albero, raccogliendo qualche altro frutto -… e abbiamo iniziato a litigare-
-Una vera novità- sghignazzò, immobile a terra.
-Continuavi a contare le tue alzate, ad alta voce, irritandomi e facendomi perdere il conto delle nuvole- storse il nasino, squadrando da capo a piedi il verde, fulminandolo irritata al ricordo.
-Ti ho detto che se non la piantavi, ti avrei infilato un mandarino in gola-
Lo spadaccino ghignò, emettendo un leggero sbuffo.
-Ma tu non hai smesso e…-
-… e per poco non morivo asfissiato da un tuo stupido mandarino- ringhiò, raggrinzendo la fronte dove l’agrume dondolò leggermente.
-Si…- rise Nami, coprendosi la bocca con una mano -…eri così buffo, con il volto tutto bluastro e gli occhi fuori dalle orbite- rise più sguaiatamente, facendo irritare Zoro, che grugnì.
-Poi abbiamo iniziato a insultarci, strattonandoci…- si asciugò una lacrima che le pendeva da un bell’occhio nocciola -… mi hai tirato i capelli…-
-E tu mi hai dato un calcio sugli stinchi- ghignò di sghembo.
-Mi hai stretto un polso-
-E tu mi hai dato un pugno in testa-
-Mi hai bloccato contro un albero-
-E tu mi hai dato un calcio sulle palle…- si portò una mano al cavallo, coprendolo istintivamente -… o almeno ci hai provato-
-E tu mi hai baciato…- sospirò la rossa, addossandosi ad una pianta, facendola dondolare leggermente.
Arrossì, permettendo alla frangia di coprirle lo sguardo perso nei ricordi, mentre Zoro sorrideva steso a terra, rilassando il capo sulle braccia piegate.
-Era un bacio dolce…- sussurrò Nami, passandosi due polpastrelli sulle labbra, sorridendo -… caldo, morbido, gentile…-
Si morse il labbro inferiore, succhiandoselo appena cercandovi il sapore salato e duro dello spadaccino, leccandosi anche il labbro superiore e l’Arco di Cupido, affamata di lui.
-Eppure sei scappata…- borbottò Zoro, storcendo le labbra.
Se ne era andata sconvolta dall’agrumeto, correndo nel sotto coperta e rinchiudendosi nel suo studio, da dove neppure Robin era riuscita a farla uscire.
Grugnì rivivendo quei momenti.
Si era sentito rifiutato.
Non le era piaciuto, era ovvio, e lui si era sentito addosso il peso della loro amicizia frantumata, per colpa sua, per colpa di un bacio a cui non aveva più potuto metter catene, e il cui desiderio aveva segregato per troppo tempo.
Aveva rovinato tutto, e si ritrovava con un Nakama in meno, oltre che con il cuore spezzato.
Un calcio lo colpì sulle gambe piegate a terra.
-Ehi!!! Mi avevi colta di sorpresa…- la sentì protestare, e, seppur con gli occhi ancora chiusi, era certo che le sue guance si fossero gonfiate, colorandosi di porpora.
-E comunque sono venuta a cercarti la mattina dopo…- gli girò attorno, puntandosi le mani ai fianchi.
-E dove mi hai trovato?-
-Qui, ovvio- ridacchiò contro il suo ghigno –E ricordi che ho fatto?-
Si era inginocchiata accanto a lui, a lato del suo viso, soffiandogli a pochi centimetri dalle labbra.
-Mi hai baciato- ripose ghignate Zoro.
-E poi?-
Il verde storse le labbra, nascondendo un sorriso compiaciuto del ricordo.
-Mi hai chiesto se mi pentivo di ciò che avevo fatto… se mi sentivo in colpa-
-E tu hai risposto che lo avresti rifatto altre centinaia di volte, e che no, non ti sentivi in colpa…- concluse per lui, sospirando leggera -… e ti ho baciato di nuovo-
Gli accarezzò una mascella tesa con le punte delle dita, arrivando a disegnargli i contorni delle labbra, sfiorandole appena.
Lo vide sorridere, non muovendosi nemmeno sotto il suo tocco, riuscendo a far restare fermo anche il mandarino dondolante sulla sua fronte.
Piano, Nami si abbassò a baciarlo sulla bocca, succhiandogli appena il labbro superiore, mentre leccava l’intreccio delle loro labbra.
Si distanziò rapida, alzandosi dalla posizione inginocchiata e incamminandosi verso il ponte, raccogliendo da terra un cestello colmo dei suoi mandarini.
Stava scendendo le piccole scale del terrazzino, quando la voce di Zoro la chiamò indietro.
-Te ne penti?- ghignò, ancora steso a terra.
-Mai-
-Ti senti in colpa?-
Nami sorrise, fissandolo immobile tra i suoi alberi.
-E perché dovrei? Perché mi sono innamorata di te? Figuriamoci…-
Scese gli scalini, zampettando con il suo passo felino.
Zoro riaprì l’occhio buono, sentendola allontanarsi.
Ghignate si mise seduto, ritrovandosi in grembo, rotolato dalla sua fronte, un mandarino maturo e arancione.
Iniziò a sbucciarlo, ghignando sempre di più.
-Nemmeno io…- si mise il primo spicchio in bocca.
 
 

 

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Capitolo 3
*** Sfumatura 3: Storia d'amore ***


Sfumatura 3: Storia d’amore
 


Voltò la pagina lentamente, osservando attenta le parole in corsivo nero aprirsi davanti i suoi occhi.
Rannicchiata sotto una finestra della biblioteca, con la schiena sorretta da uno scaffale stracolmo di libri, Nami riprese a leggere silenziosamente, perdendosi nelle parole del racconto.
Era la storia d’amore di una principessa e del suo cavaliere, il quale, costretto ad andare in guerra, non faceva più ritorno.
Le pene d’amore della povera donzella erano da strappalacrime, e spesso la rossa si fermava a sospirare, asciugandosi una piccola lacrimcuccia.
-Ehi-
Alzò il capo sorpresa, fissando quello verde e scompigliato dello spadaccino fare capolino da dietro una libreria.
-Ehi- gli sorrise, asciugandosi un’altra lacrima di tenerezza.
-Ma che fai?- la squadrò da capo a piedi.
Di solito era Robin quella che se ne stava segregata in biblioteca, e non lei.
Si avvicinò, notando, sul margine degli occhi, le lacrime gonfie e tristi che dondolavano pronte a scivolare lungo l’ovale del viso della rossa.
Si fermò, fissandola.
 –Mocciosa- le fece alzare lo sguardo su di lui –Ma piangi?-
Le si sedette accanto, circondandole le spalle con un braccio e stringendosela al petto.
-Che succede?- le baciò le tempie, sussurrando lieve.
-Oh niente…- tirò su con il naso, sorridendo -… è solo questo libro…-
Glielo mostrò, sollevandolo dalle sue gambe unite a sorreggerlo.
Zoro storse il naso, scrutando il tomo.
-Fa così schifo da farti piangere?- ghignò, prima di ricevere uno scappellotto sulla nuca da parte della cartografa.
-Non fa schifo, idiota- lo sgridò, gonfiando le guance e fulminandolo con lo sguardo -È una bellissima storia d’amore, piena di pene e romanticismo-
Lo spadaccino sogghignò, divertito dal fare da ragazzina della sua donna.
-Ah- si tappò le orecchie storcendo le labbra –Non nominare certe cose che ne sono allergico-
-Cretino- chiuse il libro, iniziando ad usarlo come arma per picchiarlo sul capo e sulle spalle.
-Sei un buzzurro insensibile e stupido- lo ammoniva, mentre il verde sghignazzava compiaciuto, alzando appena le braccia per difendersi.
-Se è così bello…- ghignò, guardandola in viso -… perché piangi?-
Nami abbassò il tomo, portandoselo al petto e stringendoselo all’altezza del cuore, abbassando lo sguardo a terra.
-Lui alla fine non ritorna- sussurrò –Muore in guerra e lei rimane ad aspettarlo per sempre, finché non muore anche lei di crepacuore…-
Sospirò, addossandosi pesantemente alla spalla dello spadaccino, abbracciandola e aggrappandovisi con forza.
-E allora?- le posò il capo contro il suo –Provi empatia per la protagonista?-
Nami si morse un labbro, sospirando prima di parlare.
-Tu sei sicuro di tornare sempre da me?- chiese alzando gli occhi –Sei certo che tornerai sempre?-
Zoro ghignò, prendendole il viso e accostandolo al suo.
-Si- la baciò piano –Io tornerò sempre da te- la baciò ancora, sfilandole da sotto le mani il libro e avvicinandosela maggiormente, fino a sentire il suo petto respirargli contro.
La baciò con forza, mozzandole il fiato e abbracciandola con entrambe le braccia.
-Tornerò sempre…- si alzò da terra, prendendo con se il libro.
Sfruttando la sua altezza, lo ripose nel ripiano più alto dello scaffale, sul fondo, in modo che la rossa non riuscisse più a prenderlo e leggerlo.
-Promesso- ghignò, offrendole una mano per alzarsi.
Nami lo fissò sorridendo, e, prendendolo per mano, si avviò fuori dalla biblioteca con lui.
-Nel caso comunque non tornassi, ti vieto di metterti con Sanji, Trafalgar o chiunque altro… chiaro?-
Un pugno lo colpì in testa.
-Idiota- imprecò Nami, lasciando Zoro impiantato al suolo e marciando lungo il corridoio.
–Non ce bisogno che tu me lo dica-
 

 

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Capitolo 4
*** Sfumatura 4: Succhiotti ***


Sfumatura 4: Succhiotti
 

-Morso di zanzara?-
-Reazione allergica?-
-Puntura di tafano?-
-Pulci?!?-
La cucina brulicava di ipotesi scientifiche e meno, tutte riguardanti le strane macchie, circolari e viola, che erano apparse dal mattino alla sera, sul collo taurino di Zoro.
Il verde, ringhiante e irritato per le occhiate dei dottori che lo fissavano, digrignava i denti, stringendo le braccia al busto, seduto a tavola.
Certo, non solo le occhiate di quei professionisti lo irritavano, ma anche i medici stessi.
E che medici…
-Secondo me il fratello ha mangiato qualcosa di Super andato a male e questa è la reazione…- indicò un cerchietto livido Franky.
-Forse qualche bestiaccia nella notte l’ha morso- regolò i suoi occhiali da cecchino Usopp.
-E se fosse contagioso? Devo vaccinarmi?- s’infilò un dito nel naso Rufy.
-AHHHH!!! Serve un dottore, serve un dottore!!!- gridava nel panico Chopper, correndo intorno al tavolo.
–Qualcuno chiami un dottore, un dottore, un dottore… ma ehi!!!- frenò dietro le spalle di Robin e Nami –Io sono un dottore!!!-
Corse col suo stetoscopio al petto di Zoro, ascoltandone il battito ringhiante e rabbioso.
-Per me il Marimo può anche riempirsi di cerchietti viola, farsi spuntare le penne blu e covare uova cantando alla luna- fumò Sanji, portando in tavola la colazione -L’importante è che le mie Dee stiano bene!!!!-
Robin sorrise eterea, sollevando leggermente lo sguardo ceruleo dal quotidiano di quella mattina, invece Nami sorrise più debolmente, trattenendo a stento uno sbadiglio.
Prese, dal vassoio che Sanji le offriva, una tazza fumante di thè, portandosela alle labbra, inebriata dall’aroma al mandarino.
Ascoltando senza attenzione le assurde supposizioni di tutti sulle strane macchie sul collo di Zoro, chiuse gli occhi, cercando di riposare.
Non aveva chiuso occhio quella notte, e non tanto per la navigazione o per lavorare alle sue adorate cartine, quanto per quell’insaziabile e sensuale del suo compagno.
Per l’intera notte, approfittando dell’assenza di Robin, rinchiusa in biblioteca a studiare, Zoro si era piacevolmente servito della compagnia della rossa, consumandole tutte le energie fino all’alba in sfiancanti e irresistibili attività di coppia, proposte in differenti pose e ruoli, ma tutte accompagnate dall’acuto cigolare del letto della navigatrice.
Risultato?
Oltre a innumerevoli orgasmi senza precedenti, una sazietà sessuale più che appagata, qualche dolorino alle parti basse per il troppo moto e numerosi succhiotti in zone del suo corpo in cui non credeva possibile farli, Nami era sfinita e stanca oltre ogni limite.
Sbadigliò, strofinando il dorso di una mano sugli occhi, sussultando quando si trovò una mano, fiorita dal tavolo, a coprirle la bocca spalancata.
-Stanca?- le sorrise Robin, non alzando minimamente gli occhi dal giornale.
Nami mugugnò, non incline a rispondere, distolse lo sguardo dalla mora, guardando di sfuggita i compagni tormentare il suo buzzurro.
-Per me è il morso di un vampiro- incrociò le braccia al petto Usopp, sghignazzando.
-C-cosa?!?- tremò Chopper.
-Yohoho-ho, un vampiro Chopper san- rise Brook, ondeggiando come un fantasma -Un mostro che succhia sangue dal collo delle sue vittime, lasciandole confuse e senza ricordo del suo passaggio-
Il piccolo medico sbiancò, assumendo poi varie colorazioni bluastre di paura.
-E-e come è riuscito a fare questo a Zoro? Lui ha dei riflessi incredibili, lui…-
-Ma i vampiri sono super bravi a non farsi vedere- sghignazzò Franky, facendosi spuntare sulla chioma la forma di un pipistrello –Si tramutano in pipistrelli, per avvicinarsi e poi…-
-E poi…?- balbettò tremate Chopper.
-E poi ti mordono!!! BUUUUU- urlò Usopp, facendo sobbalzare la povera renna, che si schiantò sulla schiena di Rufy, intento a rubare una brioche dal tavolo.
-Nononono!!! Ho paura!!!- piagnucolò.
I tre, sghignazzanti, continuavano a fargli boccacce e ad imitare un vampiro, finché non arrivò Nami a sistemarli.
-Piantatela idioti!!!- li picchiò furiosamente sul cranio, abbellendoli di tanti piccoli bernoccoli.
-Chopper, tranquillo: i vampiri non esistono- accarezzò il capo tremante del medico, tornando al suo posto –Diglielo anche tu Robin-
-I vampiri non esistono, Chopper- sorrise la donna, rassicurandolo –Sono solo una leggenda…-
La renna annuì, asciugandosi i lacrimoni.
-Ma se non sono stati i vampiri a fare quei lividi a Zoro…- borbottò Rufy, fissando a occhi stretti il compagno e il suo collo -… chi è stato?-
Lo spadaccino ghignò appena, guardando di sfuggita la cartografa prima di massaggiandosi la pelle lesa, non proferendo parola, ma insinuando qualche dubbio in tutta la ciurma.
-Uff- sbuffò Nami, sentendo che la situazione iniziava ad essere pericolosa –Il buzzurro è l’unico che ce li ha, giusto?- squadrò i Nakama annuire –Ergo sono cose da buzzurro…-
Si alzò da tavola, diretta nella sua cabina, sollevando una mano nell’aria a dissolvere la discussione.
-Sarà una cosa passeggerà..- borbottò, allontanandosi.
-Navigatore…- la richiamò Robin, sornione e enigmatica.
Nami tremò, fermandosi davanti al corridoio che collegava la cucina alla zona notte.
-… hai detto che Bushido san è l’unico che ha quei lividi…- chiuse le braccia sul petto, sorridendo -… ma anche tu ne hai, non è così?-
La ciurma spostò la sua attenzione sulla rossa, squadrandola.
La cartografa, mani ai fianchi nella sua posa da gatta, fece dietro front, avvicinandosi all’archeologa.
Si aprì leggermente la zip dello scamiciato blu che indossava, mostrando maggiormente il collo, offrendolo alla compagna e al resto della ciurma.
-Visto?- sorrise –Niente cerchietti viola-
-Nessun cerchietto- confermò Chopper, annuendo convinto.
Nami sorrise, pronta a tornare nella sua stanza, ma alcune mani le fiorirono sul corpo, posandosi sui seni, sull’addome, sulle cosce coperte dalla gonna e tra di esse.
-E di questi che mi dici, navigatore?- la guardò sornione Robin.
La cartografa avvampò sul viso, alzando le braccia a dissolvere, in un turbinio di petali rosati, le mani della mora, sbuffando arrabbiata.
Possibile che sapesse?!?
Erano stati così attenti a non farsi scoprire, soprattutto da lei poi.
-Hai capito i fratelli- sghignazzò Franky –Altro che pizzichi di zanzare o punture di insetti…- sollevò le braccia verso il soffitto, in una sua Super posa -… quelli sono i morsi dell’ammmmore!!!!-
-Cosa?- domandò curioso Chopper.
-Succhiotti, yohoho-ho- rise Brook inchinandosi verso il medico –Baci molto passionali che gli amanti si danno… mi batte forte il cuore nell’immaginare Zoro san e la cara Nami a farseli, anche se il cuore non c’è l’ho più, yohoho-ho-
La rossa tremò, incapace di ribattere a tutte le battute dei compagni, arrossendo sempre più.
-Mi rifiuto di credere!!!- tuonò infuocato Sanji –Questa verza e la mia Dea?!? Mai!!!-
Prese per il colletto Zoro, alzandolo dalla sedia e fulminandolo con gli occhi.
-Parla Marimo di merda, parla: non avrai osato…-
-Ma taci, cuoco di serie C- lo scansò, urtandolo con una mano sul viso.
Si alzò dalla tavola, dirigendosi verso la porta, passando vicino a Nami.
-Non sono affari che vi riguardano…- sbottò.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo: per fortuna aveva preso la situazione in mano.
Di certo i Nakama avrebbero smesso di parlar…
-… quello che facciamo io e la mia donna-
Un enorme gocciolone di disperazione apparve sulla fronte della rossa.
-E poi non ci vedo nulla di male…- accarezzò il viso della donna, baciandola su una guancia.
Uscì dalla cucina, diretto nella sua palestra, lasciando i Nakama urlanti di gioia e risate a sommergere la cartografa di congratulazioni e promesse, da parte di Sanji, di ammazzare il suo compagno se non l’avesse resa felice.
Solo un dubbio restava ancora irrisolto, espresso ad alta voce dal capitano.
-Ma allora i vampiri lascino i succhiotti sulle loro vittime?-
 

 

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Capitolo 5
*** Sfumatura 5: Marine ***


Sfumatura 5: Marine
 
Si passò una mano tra i capelli bagnati, asciugandoli debolmente dall’acqua della doccia.
Con passo strascicato si avvicinò alla porta della sua stanza, ben contento di non dormire più con il resto dei ragazzi.
Franky, quando insieme al resto della ciurma, era venuto a conoscenza della relazione tra lui e Nami, aveva costruito una stanza apposta per loro due, dove entrambi si erano trasferiti, ben contenti di non dover più aspettare i turni di vedetta di Robin per passare la notte assieme.
Ghignò, mettendo di sghembo le sue labbra Zoro, al ricordo commosso del carpentiere nel affidargli le chiavi di quel “nido d’Amore”, come lo aveva battezzato lui.
Il divieto di ripete una simile sdolcinatezza era subito uscito dalle labbra ringhiati del verde, rivolte al sorrisino bastardo di Nami per quelle parole.
Ma a parte quello, era ben contento di poter finalmente dormire con la sua mocciosa.
Abbassò la maniglia della stanza, notando un chiarore provenire dallo spiraglio inferiore della porta, ghignando al pensiero che Nami lo stesse aspettando ancora sveglia a quell’ora.
Entrò nella cabina, sgusciando oltre la porta, puntando l’occhio sano al letto matrimoniale nel centro della stanza, gettando a terra la maglia che indossava.
-Mani in alto pirata!!!-
Sussultò a quelle parole di benvenuto, strozzandosi con la lingua non appena riuscì a posare lo sguardo sulla compagna, inginocchiata sul materasso.
-Zoro Roronoa…- scese dal letto facendolo dondolare Nami -… ex cacciatore di taglie…- ancheggiando si avvicinò allo spadaccino, arrivano a posargli contro il petto due dita, alzate a formare una pistola -…anche conosciuto come Beast Devil…- sbatté le lunghe ciglia, appiattendo il seno contro il torace dell’uomo -… nel nome della Marina, ti dichiaro in arresto-
Zoro deglutì, fissandola.
Non era certo del come la cartografa fosse entrata in possesso degli indumenti che indossava in quel preciso istante, ma aveva un vago ricordo di uno scontro con la Marina di qualche giorno prima, da cui proprio la rossa ne fosse uscita particolarmente soddisfatta.
Scosse il capo, fregandosene del come, ma focalizzando tutta la sua attenzione sul cosa la rossa indossava.
I capelli, mossi e focosi, erano liberi sulla schiena, ma la frangia e il capo erano ricoperti da un berretto a visiera tipico della guardia marina, con lo stemma blu sul tessuto bianco.
Sul petto, a coprire i seni floridi e diafani, il foulard  blu cobalto dei soldati, con il nodo stretto sopra lo sterno candido, innocentemente posato sui seni, a coprirli leggermente, ma non abbastanza da celarne il capezzolino color carne.
In fine, quasi a voler prendere in giro l’erezione crescente dentro i pantaloni del verde, un paio di strettissime e striminzite mutandine bianche coprivano il sedere e la femminilità di Nami, arricciandosi sulle natiche sode e rosee.
-Hai capito Roronoa?- soffiò Nami sulle labbra di Zoro –Sei in arresto…-
-Eh?- sbottò quello, non alzando gli occhi dal seno nudo della rossa.
La cartografa buttò il capo all’indietro, ridacchiando divertita.
-Sei in arresto…- gli alzò il mento con le due dita unite e il pollice alzato -… sei mio prigioniero, pirata-
Lo spadaccino la fissò muto, osservando gli occhi nocciola scintillanti della sua donna, reggendoli con lo sguardo nero e profondo.
-Ah si?- si leccò il profilo delle labbra, alzando le mani ad afferrale le natiche e a stringerle con forza, bloccandola contro il suo petto –Sicura che non sia il contrario?-
TLAK
-Sicurissima- sorrise furba la rossa, alzando, dal bracciale libero, il polso di Zoro stretto nelle manette che ora lo legavano.
-E queste?!?- si studiò il polso incatenato lo spadaccino.
Nami ridacchiò, strattonandolo verso il loro letto, ancheggiando sensualmente sotto lo sguardo ben attento del verde.
-Non sei nella posizione di fare domande Roronoa- lo zittì, girandogli attorno saltellando.
Di sicuro qualche marine si era ritrovato senza manette, cappello e foulard, ma in quel momento importava molto poco di tutto ciò al giovane spadaccino.
Zoro era ammaliato dalle curve libere della sua donna, e le seguiva senza volontà, alzando le mani verso il suo bel corpo, voglioso di toccarla.
-Sei mio prigioniero…- gli ricordò Nami, incantandolo con pochi ancheggi dei fianchi.
Lo squadrò, accanto al letto, le gambe sul punto di cedergli e le mani sollevate verso di lei, mentre l‘occhio sbiancava di lussuriose voglie che presto sarebbero venute a galla.
-… e come tale, ora devo interrogarti-
Lo spinse, con delicata forza, sui pettorali, facendolo cadere contro il materasso del letto, che ondeggiò per il peso improvviso dello spadaccino, che fece gonfiare d’aria le coperte, spiegazzandosi introno a lui.
Senza lasciargli tempo di reagire, o quanto meno di comprendere costa stava facendo, Nami si arrampicò su di lui, alzandogli le bracci alla tastiera del letto e, schiacciando il suo florido seno contro di lui e annebbiandogli il cervello, lo calcò supino tra le coperte, bloccandolo sotto di lui.
-Mocciosa ma che…-
Zoro provò a dimenarsi, contro i seni della rossa schiacciati su di lui, muovendo i fianchi tra le gambe inginocchiate attorno alla una vita, cercando di recuperare una posizione seduta, ma non appena provò a puntarsi con i palmi delle mani sul materasso per sollevarsi, si accorse di avere le braccia bloccate alla tastiera.
Riluttante ad accettare di essere stato fregato dalla cartografa, per l’ennesima talaltro, alzò lo sguardo ai polsi, deglutendo amaramente.
La mano già incatenata dalle manette, ora era accompagnata anche dalla sua opposta, legate entrambe alla tastiera del letto dai braccialetti di ferro.
-Dimmi che non l’hai fatto…- ringhiò riportando gli occhi alla rossa cavalcioni su di lui.
-Fatto cosa?- fece vaga lei, guardandosi le unghie di una mano.
-Nami- digrignò i denti, provando ancora a sollevare il busto ma ritrovandosi immobile tra le coperte.
-Zoro- gli fece il verso, graffiandogli leggermente gli addominali, arricciando le labbra.
-Liberami subito- ordinò, azzannando l’aria.
-Oh proprio no…- rise, calcandosi sugli occhi il berretto della Marina -… devo prima interrogarti-
-Nami!!!-
-Shh shh…- gli posò due dita sulle labbra.
Felina, striando la schiena dai fianchi fin sulle spalle, mettendo in mostra i seni nudi, si avvicinò col busto al viso di Zoro, passandogli i polpastrelli sul profilo irregolare del viso.
Lo baciò piano sul mento, risalendo sulla linea dura della mascella, arrivando a baciarlo sugli zigomi e sul naso, scendendo alle labbra, che succhiò dolcemente.
-Prometto che ti farò divertire…- gli sorrise sulle labbra, sostenendo il suo sguardo nero e duro.
Con una mano percorse i suoi pettorali scolpiti, scivolando sugli addominali e poi sul bordo dei pantaloni neri, che aprì leggermente, introducendo le dita nei boxer a sfiorargli il membro in erezione.
-… però tu prima fa divertire me- si alzò dal suo petto, sostenendosi sopra di lui con un braccio teso a lato del suo capo, continuando ad accarezzarlo sull’asta del fallo.
Zoro alzò gli occhi al cielo.
Ok, aveva una dannata voglia di averla, ok apprezzava particolarmente il suo abbigliamento, ok la sua mano a toccarlo sul pene che s’induriva attimo dopo attimo lo faceva impazzire… ma le manette erano davvero necessarie?
-Dimmi almeno che hai le chiavi…- soffiò sentendo i seni della rossa tornare a premersi contro di lui, sfilando la mano dai suoi pantaloni.
-Chiavi?- biascicò Nami, mordicchiandogli le labbra.
-Mocciosa- urlò, alzando le spalle e il capo a fulminarla con gli occhi -Non dirmi che…-
Ringhiò vedendola ridere, chinandosi a baciarlo sulle labbra.
-Come sei credulone- ridacchiò.
-E tu infantile…- sbottò, sottraendosi alle sue labbra, scese a baciarlo.
-Infantile io?- s’accigliò.
Si alzò dal petto dello spadaccino, ballonzolando con i fianchi, stretti sulla vita del verde, portandosi le mani tra i capelli, facendoli ricadere attorno al viso.
-Trovi che sia infantile?- sbatté le lunghe ciglia, fissandolo.
-Trovi che il mio seno…- gonfiò il petto sotto il foulard blu, facendolo dondolare verso di lui -… sia infantile?-
Si abbassò nuovamente, schiacciando il petto roseo sul viso dello spadaccino, sfregandolo con prepotenza e, con il bacino schiacciato al cavallo in ebollizione del verde, imitando l’atto sessuale.
-Mm, Roronoa?- lo richiamò, sentendolo mugugnare tra i suoi seni –Trovi che sia infantile?-
Si alzò dal torace di Zoro, giocherellando con il nodo del foulard, toccandosi lussuriosamente i capezzoli, pizzicandoseli e facendoli risaltare sulle coppe piene, sorridendo sornione allo sguardo allibito del suo uomo su di lei.
-Trovi infantile il mio corpo, prigioniero?- domandò, passando i polpastrelli di una mano sulla tartaruga atletica del verde.
Zoro ansimò, azlando i fianchi verso la mani della rossa, premendo la sua erezione ormai pronta sul bacino di lei, voglioso di farsi accarezzare più profondamente.
-N-nami…- mugugnò.
-Trovi che…- fece leva sulle ginocchia, sollevandosi leggermente dai pantaloni chiusi, portando le mani al bordo del suo intimo -… quello che ti sto facendo sia infantile?-
Si spogliò degli slip, calandoseli lungo le cosce e abbandonandoli sulle ginocchia piegate, schiacciando l’intimità bagnata sulla patta gonfia di Zoro, sfregandola con insistenza.
-Mocciosa- ringhiò voglioso il verde, dimenandosi contro la tastiera del letto, azzannando l’aria e sbattendo il bacino contro quella della compagna, scalciando con i piedi.
-Calmo prigioniero- sghignazzò Nami, gettando le mutandine sul pavimento.
Si abbassò alle labbra dello spadaccino, baciandole piano, prima di succhiarle e mordicchiarle, dando inizio a un bacio furioso e osannato.
I canini del verde le tagliavano il labbro inferiore, mentre cercava di accerchiarle i fianchi con le gambe, strusciandole l’erezione prominente sulle labbra vaginali bagnate, infradiciandosi la patta.
-Nami- ansimò, leccandogli la bocca e mordendogli la lingua.
-Shh shh- lo zittì, posandogli un dito sulla bocca, alzandosi da lui.
Si mise cavalcioni su di lui, strusciandosi violentemente sul gonfiore sempre più prominente, facendo ballonzolare i seni e le ciocche di rame sulle spalle.
-Devo interrogarti, ricordi?- gli tirò la lingua.
-Mocciosa ti prego- ansimò, bisognoso di liberarsi dei pantaloni –Sto per scoppiare, io…-
-Solo una domanda, Cacciatore di Taglie- addolcì il sorrisetto diabolico.
Si stese sopra al petto dello spadaccino, sistemandosi la visiera del cappellino sugli occhi, portando le mani ad accarezzarlo sulle spalle e sul viso, schiacciando i seni su di lui.
Lasciandogli leggeri baci sul mento e su tutto il viso, lo toccava sul torace, giocherellando con i suoi capezzoli scuri, seguendo le cicatrici che lo segnavano sul petto, dondolando dolcemente le gambe sul materasso.
-Solo una domanda…- ripeté, liberandogli la bocca dalle sue labbra, passando i polpastrelli di una mano sul suo occhio cieco.
Zoro annuì, rilassando le braccia ammanettate sui cuscini che aveva sotto il capo, fissandola sollevarsi col busto, mantenendo le mani sul suo pube, ad accarezzarlo.
Nami gli aprì la patta dei pantaloni, liberando il suo pene gonfio ed eretto, massaggiandolo con forza nel palmo della mano, che passava con vigore dal basso verso l’alto dell’asta del fallo, bagnandosi a volte le dita con il liquido lubrificante che sgorgava dall’orifizio del glande.
Zoro ansimava a bocca aperta, alzando il bacino seguendo le alzate della mano della cartografa, chiudendo l’occhio buono, perso nel piacere che si diramava dentro di lui.
-Mi ami?- sussurrò piano l’improvvisata marine, divaricando le gambe e portandosi sopra al membro eretto.
-Non sai quanto… ah…- ghignò Zoro, puntando l’occhio sulla rossa, che si chinò con il bacino su di lui, penetrandosi da sola.
Lo spadaccino inarcò la schiena, entrando totalmente in Nami, arrivando direttamente alla sua parete finale, su cui iniziò a pompare.
-Ah ah ah ah-
La rossa si puntò con le mani sopra il busto del verde, muovendosi avanti e indietro verso il pene, pompandolo dentro di se, mentre ballonzolava con i seni sopra il viso di Zoro, i cui occhi erano ipnotizzati dalla danza della navigatrice.
In poche spinte Nami raggiunse il limite, venendo in un acuto gemito, crollando sul petto dello spadaccino, abbracciandolo per le spalle, ansimante e bagnata nell’intimità dal seme del compagno, che si stava spargendo dentro di lei.
-Ti amo- le sussurrò piano sulle labbra Zoro, sfilandole con i denti il cappellino.
La vide sorridere con gli occhi colmi di piacere, mentre un polso veniva sciolto dalla presa ferrea delle manette, liberandolo dalla tastiera del letto.
Veloce, scivolando da sotto il morbido corpo di Nami, si portò sopra di lei, sfilandole dalle spalle il fulard blu, gettandolo via con il cappello e i pantaloni, appallottolati su di lui.
L’abbracciò da dietro, chiudendole un polso nella manetta libera, legandosi a lei nel loro letto.
-La prossima volta il marine lo faccio io- ghignò, baciandole i capelli.
-Vedremo- sbadigliò Nami, stringendosi tra i seni il suo, e quello del compagno, polsi ammanettati –Anche se la parte del prigioniero interrogato e violentato non ti sta poi tanto male, buzzurro mio…-

 

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Capitolo 6
*** Sfumatura 6: Balli ***


Sfumatura 6: Balli
 

La taverna vibrava per la musica.
I tavolini, disposti attorno alle pareti, facevano spazio alla pista da ballo, che si affollava attimo dopo attimo di persone e coppie, contagiate dai ritmi irresistibili e vibranti della band.
In un tavolo lungo la parete più vicina alla pista, una ciurma di pirati ondeggiava contagiata dalla musica, ridendo e sfamandosi.
-Sono davvero bravi- ondeggiò Chopper, ancheggiando in piedi sulla sua sedia, seguendo attento le note strette e acute di una chitarra.
-Yohohoho-ho vorrei unirmi a loro- si alzò in piedi armato di violino Brook, immergendosi nella mischia suonando il suo fidato strumento.
-Mmfg, ghghgssslap…-
-Rufy smettila di parlare con la bocca piena- sgridò il capitano Usopp, dandogli uno scappellotto sulla nuca.
Il moro, ingoiando la porzione di carne che masticava indegnamente tra le ganasce, sghignazzò, indicando con braccio teso la pista da ballo.
-Guardate come ballano bene Sanji e Nami- sorrise a trentadue denti, rubando dal piatto del pinocchio una bistecca, approfittando della sua disattenzione.
Nella calca danzante, in fatti, cuoco e navigatrice ballavano esperti, ancheggiando e seguendo il ritmo sfrenato della musica suonata.
La rossa, mantenendo una buona distanza dalle mani lunghe del bionda, piroettava leggera, ridendo e ancheggiando tra la folla.
A volte, qualche ballerino, le si avvicinava troppo, cerando di sfiorarla, ma Sanji interveniva prontamente, allontanando Nami da quei malintenzionati, prendendola per un braccio e facendola volteggiare un paio di volte, frapponendosi tra lei e il cretino di turno.
Che al sorriso di ringraziamento della rossa, il povero Casanova esplodesse emozionato, emanando cuori e perdendo sangue dal naso, erano solo dettagli.
Ma oltre al controllo fisico del biondo, sulla bella cartografa vigilava anche lo spadaccino, seduto pacificamente al tavolo con i compagni.
Il suo buio e tenebroso occhio non la perdeva mai di vista, nemmeno per un secondo, seguendola sui suoi vertiginosi e colorati tacchi, scivolando con la sua figura tra la folla danzante.
Zoro avrebbe voluto ballare volentieri con la sua mocciosa, ma la sua incapacità a coordinare i piedi con il ritmo sfrenato della musica, lo rendevano ridicolo sulla pista da ballo, costringendolo alla ritirata e a permettere, seppur con ringhi profondi e rochi di gelosia, il lusso di ballare con Nami al cuoco, con la solenne promessa di non sfiorarla minimamente.
-… o dovrai dire per sempre addio alle donne- era la minaccia solenne, del verde, sfilando la lama di una sua katana tra le gambe del damerino.
Ma la navigatrice sapeva abbindolare perfettamente Sanji, evitando qualsiasi forma di contatto, se non per ballare.
La musica iniziò a scemare, segno che stava per cambiare melodia, e subito gli sguardi del verde e della rossa si cercarono, uno al lato opposto della sala, intrecciandosi anche a distanza di metri, cercando la rispettiva presenza.
-Dovresti andare a ballare con lei, Bushido san- sorseggiò una tazza di caffé Robin.
Lo spadaccino soffiò dal naso, fissando attento la figura longilinea e snella della sua donna, dondolare sulle ultime note della canzone.
La rossa lo fissava con sguardo amorevole, muovendo lentamente le gambe sotto la gonnellina a pieghe del vestito che indossava, ondeggiando il capo e i suoi crini ramati.
Era un movimento ipnotico, quasi stregato, che rapiva totalmente il verde, annebbiandogli il senno.
Gli occhi color cioccolato di Nami l’osservavano dolci, pregandolo sottilmente e senza insistenze, a raggiungerla nella pista, danzando con lei solo una canzone.
Ma Zoro non sapeva ballare nemmeno la Macarena, e seppur la voglia di stingere la sua
mocciosa al petto gli stesse bruciando dentro, l’orgoglio gli impediva di rendersi ridicolo davanti ai Nakama.
Delle lente e dolci note iniziarono a suonare lievi nella taverna, mentre le luci si abbassavano, creando una certa intimità.
Parecchie copie si strinsero tra loro, abbracciandosi nella penombra della pista, mentre i ballerini solitari li lasciavano spazio, eclissandosi nel buio dei tavoli.
Il lento iniziò a risuonare più sicuro, accompagnato dal vibrante e dolce suono di un violino, suonato da uno scheletro dall’animo romantico, che guidava le note di tutta l’orchestra.
Lo sguardo di Zoro si puntò su Nami, sola e ferma nel centro pista, mentre il cuoco si allontanava da lei, scivolando silenzioso nell’ombra.
Stava lasciando il posto, al legittimo proprietario di quella meravigliosa donna, il lusso di ballare il lento con lei.
-Muoviti fratello- spintonò Zoro Franky, costringendolo ad alzarsi in piedi –Non vorrai farla aspettare…-
Titubante, lo spadaccino avanzò verso la pista, facendosi largo tra le coppiette ondeggianti, raggiungendo Nami.
La rossa sorrise raggiante, prendendolo per mano e aggrappandosi alle sue spalle, schiacciandosi contro di lui.
-Solo uno…- sussurrò lieve, alzandosi sulle punte per abbracciarlo meglio, pregandolo dolcemente.
-Lo sia che non so ballare- sbuffò imbarazzato Zoro, immobile.
Non aveva la minima idea da che parte iniziare, se doveva stringerla prima e poi iniziare a ondeggiare, o viceversa.
Sentì Nami ridacchiare, baciandolo piano su una guancia.
-Lo so- gli accarezzò la nuca –Ti insegno io…-
Fece scivolare una mano dalle spalle dello spadaccino, fin su una mano, posandola sui suoi scoscesi fianchi, prendendo poi l’altra e adagiandola sulla sua vita.
Senza fretta, tornò ad abbracciare per le spalle Zoro, posando la fronte su quella ampia e calda di lui.
-Chiudi gli occhi…- sussurrò piano, iniziando a ballare lentamente sulle gambe, alternando il peso dei loro corpi da una gamba all’altra.
Zoro obbedì, lasciandosi guidare dalla cartografa, ascoltando il suo respiro vicinissimo alle sue labbra, e stringendosela al petto, riuscendo così a percepire le sue forme premersi su di lui.
Non era poi così male ballare con Nami, anzi gli veniva naturale se era lei a guidarlo.
Piano, sentì le labbra della rossa posarsi sulle sue, baciandolo dolcemente, coinvolgendolo in una danza che meglio gli riusciva.
Subito le loro lingue s’intrecciarono, ballando voraci tra loro, baciandosi con foga fino a togliersi il fiato.
Le mani di Zoro si spostarono dai fianchi di Nami al suo corpo, posandosi una sulla schiena e l’altra sul sedere, massaggiandolo delicatamente.
Nami si strinse più a lui, scivolando con una mano tra i suoi capelli, mentre con l’altra lo accarezzava sul collo, dondolando con lui sulle ultime note del lento.
Quando la canzone finì, una nuova melodia più veloce e scatenata si fece spazio sulla pista, spezzando le coppiette che ripresero a ballare più velocemente, spintonandosi e movimentando la pista.
Zoro riaprì piano gli occhi, puntandoli su quelli ancora chiusi di Nami.
-Il lento è finito- sospirò dispiaciuta la rossa, baciandolo a fior di labbra.
-E allora?- se la strinse al petto, ghignando –Ora so ballare-
La rossa ridacchiò, alzandosi nuovamente sulle punte dei tacchi, tornando a baciarlo con foga, infischiandosene delle spinte degli altri ballerini.
Il loro ballo, di gambe e di labbra, era più movimentato e bello del loro.

 

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Capitolo 7
*** Sfumatura 7: Bacio della Buonanotte ***


Sfumatura 7: Bacio della Buonanotte
 

La sera sulla Sunny ha una cronologia ben definita.
Alle sei tutti a fare un bel bagno, caldo e profumato.
 
-Nami vieni a fare un bagno con me?-
-Certo sorellona-
-Oh mie Dee: vi serve una mano a lavarvi la schiena?-
-… o ha scegliere le mutandine pulite? Yohoho-ho!!!-
-Pervertiti!!! Lo volete un bel pugno?-
-Ehi fratelli, la nuova vasca è SUPER: chi è il primo a farsi un bel bagno?-
-Io mi sono lavato ieri Franky, con Nami e Robin-
-Tu cosa Chopper?!?!?!? Con le mie Dee?!?-
-Saranno tue, ma a farci il bagno ci vanno tutti tranne te…-
-Taci nasone!!!-
 
Alle sette si cena, con dovuta calma e educazione.
 
-Molla il cosciotto Usopp-
-Ma ne hai già mangiati tre, Rufy?!?-
-Yohoho-ho, Nami san di che colore sono le tue mutandine dopo che hai fatto il bagno?!?-
-Razza di depravato, che hai domandato alla mia crostatina?!?-
-La tua cosa, sopracciglio a ricciolo?!? Nami è mia!!! Te lo vuoi ficcare in testa o te lo devo incidere con la katana sul sedere?!?-
-Provaci Marimo di merda, vediamo se riesci solo ad alzarti da quella sedia-
-Io ti…
-BASTA!!!! RAZZA DI DEFICIENTI-
 
A fine pasto, tutti aiutano a spreparare la tavola e a lavare i piatti.
 
-Piatto…-
-Piatto…-
-SLAP… piatto-
-Rufy non devi leccarli tutti!!!-
-Perché no? Sono ancora buoni Zoro…-
-Ma fai schifo, idiota!!!-
-Come vuoi Sanji…-
-*smok*, in che razza di ciurma di baka mi sono imbarcato?... pentola…-
-Pentola… stupido cuoco di serie C…-
-Pentola… SLAP!!!-
 
Dopo cena, una bella favola per rilassarsi.
 
-… nel castello gli scricchiolii del vento e della tempesta erano amplificati dalle alte mura, nere e segnate dalle ragnatele…-
-Oddio Robin: ho paura!!!-
-N-no, no-non a-aver pa-paura, pi-piccolo Cho-chopper, c’è, c’è q-qui il pro-prode ca-ca-capitan U-usopp-
-… d’un tratto, un lampo squarciò il cielo, illuminando il corridoio buio percorso dai nostri eroi, mettendo in mostra una porta chiusa sul finire dell’androne-
-Oh cielo-
-Mocciosa, non avrai paura?-
-Taci cavernicolo-
-… il ragazzo a capo del gruppo allungò un braccio verso la maniglia, l’afferrò saldamente, con forza, l’aprì in un lungo e acuto cigolio, mostrando il contenuto della stanza: un enorme pila di…-
-Corpi umani tagliati a pezzi?!?!?!?-
-Barili di Cola?-
-Mutandine?-
-Donne?-
-Spade?
-Berry?-
-CARNE!!!-
 
E alla fine, prima di andare a letto, una calda tazza di thè, mentre ognuno si dedica a una propria attività.
In particolare, questo momento era quello preferito da Nami.
Accoccolata sul divano, gambe piegate al petto e un bel libro posato sulle ginocchia, girava le pagine osservando con tranquillità le parole nere e inclinate, fingendo di esserne attratta.
In realtà i suoi occhietti, furbi e felini, non si fermavano un attimo, seguendo attenti lo spadaccino di bordo, russante ai piedi del suo divano.
D’un tratto, lo vide alzarsi senza preavviso, prendere in mano le sue katane e dirigersi sicuro verso la porta del sottocoperta, diretto sicuramente alla sua palestra.
-Vai ad allenarti?- gettò il capo all’indietro, posandolo sul bracciolo del divano.
Zoro la guardò, fissando i suoi lunghi ricci rossi cadere a cascata fin sul pavimento, mentre gli sbatteva le lunghe ciglia, sorridente e dolce.
Annuì piano, ghignando.
Era la prassi.
-E non dimentichi niente?- miagolò stiracchiandosi la rossa, allungando le gambe sul sofà.
Sghignazzante, lo spadaccino indietreggiò dalla porta di pochi passi, tornando verso il centro della sala comune, fermandosi accanto al divano su cui era sdraiata la navigatrice. Le accarezzò il capo rovesciato all’indietro, abbassandosi col busto sul suo viso, fino a posare le labbra sulle sue, baciandola passionale e travolgente.
-Buonanotte mocciosa- si staccò con riluttanza da lei, schioccando le labbra.
-Buonanotte buzzurro- socchiuse gli occhi Nami, seguendolo uscire dalla sala.
Il bacio della buonanotte della navigatrice, non andava mai dimenticato.
 
 

 

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Capitolo 8
*** Sfumatura 8: Bikini ***


Sfumatura 8: Bikini
 
Schiacciò il viso contro la serratura della porta.
Imprimendosi il disegno della maniglia su gran parte del viso, si puntellò contro il legno dorato della porta, cercando di sbirciare al suo interno.
Non che si vedesse molto però.
Una grande finestra aperta, proprio davanti l’uscio, illuminava la stanza chiusa a chiave, lasciandovi entrate una brezza leggera e al sapor di salsedine, che rinfrescava l’aria pesante della mattinata afosa.
A tratti, le tende della finestra, spezzavano la luce che filtrava dagli specchi delle imposte, ondeggiando a ritmo con il vento, muovendosi proprio davanti alla serratura, oscurando la visione di ogni altra cosa, e persona, presente nella stanza.
Con un ringhio profondo, Zoro inarcò un angolo della bocca, digrignando i denti.
Maledizione.
Non riusciva a vedere niente di ciò che stava accadendo, e la sua rabbia e nervosismo iniziavano a montargli dentro, facendolo scalpitare e ringhiare.
-Dannazione- sbottò, premendo l’occhio buono sulla serratura, impegnandosi a capire qualcosa di ciò che a sprazzi riusciva a vedere.
-Dannazione, dannazione, dannazione- imprecò cercando di non farsi sentire –Stupide manie, per stupidi vestiti, di stupide moc…-
-Marimo che diamine stai facendo?!?-
Un poderoso e violento piede si scaraventò sul cranio verde dello spadaccino, incurvandolo verso il legno della porta chiusa, pestandolo ben bene.
-Sai bene che la mia crostatina non vuole che tu veda niente di…-
-Sta zitto, sopracciglio a rotolo di carta igienica- ringhiò Zoro, afferrandogli la caviglia, il cui piede ancora si premeva sul suo cranio, e alzandola in aria, facendo traballare Sanji.
Il cuoco, sbuffando una nuvola di fumo grigia e densa, socchiuse l’occhio libero dalla frangia, sospirando e liberandosi senza troppa fatica dalla presa del verde, tornando a premere il piede contro lo spadaccino.
Sul suo viso però.
-Come mi hai chiamato, razza di alga marina amara?!?- azzannò con denti squalini il filtro della sigaretta –Sappi che la dolce Nami swan ha dato a me il compito di impedirti di sbirciare dentro la vostra stanza, dandomi il permesso di picchiarti senza pietà se necessario-
Zoro ringhiò rabbioso, alzandosi dal pavimento, su cui era stato costretto a inginocchiarsi per poter spiare la navigatrice, chiusa da ore nella loro cabina assieme a Robin, sua complice.
-Senti un po’, razza di damerino impomatato…- digrignò i denti, posando il palmo della mano sull’elsa delle katane -… quella rinchiusa nella mia stanza, è la mia donna, e io ho il sacro santo diritto di sapere cosa stia facendo-
Si voltò con il volto verso la porta, ringhiando.
-E dato che so cosa sta facendo quella mocciosa capricciosa…- iniziò ad urlare, certo che Nami lo sentisse senza problemi dall’interno della stanza -… non capisco perchè diamine, io non possa anche vederlo!!!-
-Perché l’ha detto Nami- lo picchiò sul capo con un calcio Sanji.
-E se la mocciosa ti dicesse di buttarti a mare lo faresti?!? - sbottò.
-Disse il Marimo che scatta sull’attenti quando la sua donna lo chiama per farsi spalmare la crema solare sulla schiena-
-È un’altra storia quella- storse il naso, dando le spalle al biondo e marciando convinto verso la porta della sua cabina.
Prese con forza la maniglia della porta, iniziando a strattonarla, puntandosi su di essa anche con un piede.
-Voglio vederlo, voglio vederlo, voglio vederlo!!!!- ringhiò, ignorando le urla isteriche di Sanji, e tutti i suoi calci contro di lui.
-Dannazione: NAMI APRI QUESTA PORTA, SUBITO!!!!- sferrò un pugno sull’uscio, facendolo tremare pericolosamente.
-Stupida alga di mare, Franky: vieni ad aiutarmi- urlò il cuoco, afferrando da sotto le braccia lo spadaccino, strattonandolo lungo il corridoio.
-Voglio vederlo, voglio vederlo, voglio vederlooooo!!!!- si dibatteva inutilmente Zoro, venendo trascinato via a forza dal carpentiere dal ciuffo ondulato.
 
 
 
-… dovresti mostrarglielo- sorseggiò il suo thè Robin, ascoltando, da dentro la cabina, le urla e le imprecazioni dello spadaccino.
-Nah- alzò le spalle Nami, rigirandosi davanti lo specchio della cabina.
Con disinvoltura, piroettò sulle punte dei piedi nudi, ammirandosi con soddisfazione.
Sorrise, vedendo la sua immagine riflettersi nello specchio, mostrandosi nella sua più estasiante bellezza.
-Bushido san avrà un infarto quando ti vedrà- sorrise complice l’archeologa, ammirandola.
-Già- annuì la rossa, fissando l’immagine riflessa sullo specchio.
Il colorato e aderente bikini che indossa  sembrava essere stato cucito apposta per le sue curve perfette, enfatizzandole non eccessivamente, e rendendole maggiormente morbide e invitanti.
Nami sorrise raggiante, ripensando al pomeriggio precedente, quando, assieme a Robin, aveva visto quel meraviglioso completo in un negozietto nell’isola a cui erano attraccati.
Non aveva saputo resistere, e l’aveva acquistato d’impulso, provandoselo solamente la mattina dopo, quando ormai il suo burbero, e stranamente curioso compagno, aveva scoperto il suo folle acquisto.
-Potresti mostrarglielo…- propose Robin, posando la tazzina sul tavolino sotto la finestra.
-È solo un costume da bagno …- ancheggiò la cartografa.
-Bushido san ti apprezza particolarmente in costume da bagno- le fece notare con saggezza -Vederlo anche solo una volta, in anteprima, lo farebbe felice…-cercò di rabbonirla.
Nami alzò nuovamente le spalle, rivolgendo l’occhiolino alla mora.
-Vederlo anche solo una volta, in anteprima, lo farebbe si felice …- sghignazzò -… ma causerebbe la fine di questo bel completo-
Nella mente della rossa apparì, senza troppa fatica, il ricordo del suo ultimo bikini, ridotto a brandelli dal verde per la foga con cui glielo aveva tolto di dosso, eccitato dalla visione della bella cartografa in costume da bagno, indossato in anteprima solo per lui.
Un sospiro socchiuse le labbra sorridenti di Nami al ricordo dei brandelli del costume, volanti nell’aria della stanza, mentre le mani avide e vogliose del verde la spogliavano e accarezzavano, prima di gettarla nel letto.
-Altro che cacciatore di taglie e incubo di ogni pirata…- ammirò nuovamente il suo bel completo -… Roronoa Zoro lo squartatore di bikini, eccome come dovrebbero chiamarlo-
 


 
ANGOLO DELL’AUTORE:
Altamente OOC Roronoa in questo capitolo, lo so: mi è uscito allupato senza sapere il perché -.-“, scusate.
Zomi
 
 

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Capitolo 9
*** Sfumatura 9: Dichiarazione d'Amore ***


Sfumatura 9: Dichiarazione d’amore

 
Rotolò su un fianco, aggrovigliando le sinuose e lisce gambe tra le lenzuola, mentre tentava di soffocare una risatina acuta e cristallina contro le labbra del compagno, cercando di fare meno rumore possibile nella notte.
-Zoro… Zoro…- ridacchiò, lasciandosi baciare a stampo dal verde sulle labbra, puntandosi con le mani contro il suo petto nudo, distanziandolo.
-Buzzurro, basta… ah ah ah… basta- scivolò sul materasso cigolante, sdraiandosi supina, allungando la mano verso di lui.-
-… ci sentiranno…- ansimò lieve, stringendosi il lenzuolo ai seni.
Zoro grugnì, avventandosi su Nami, sghignazzando mentre tornava a immergersi sotto le coperte, tentando nuovamente di introfularsi con il viso tra le gambe della rossa.
-Oh no, no buzzurro mio… ah ah ah… no-
Con le lacrime agli occhi per il piacere, e il solletico che lo spadaccino le infliggeva sui fianchi, Nami gli afferrò le mani, costringendolo ad emergere dal grumo scomposto e disfatto delle lenzuola, bloccandolo con il volto tra i suoi seni mentre gli stringeva i polsi a lato del suo capo ramato.
-Mocciosa- sbuffò quello, la cui voce era soffocata dalle coppe morbide e invitanti della cartografa –Così mi soffochi!!!-
Scosse il capo tra i seni, scompigliandosi la zazzera verde contro la diafana pelle di Nami, impossibilitato a usare le mani per la sua presa, finché non riuscì a sollevare il capo, schiacciando il mento sullo sterno della rossa.
-Oh povero Roronoa- sghignazzò la navigatrice, fissando il compagno con i capelli sconvolti e i contorni duri del viso, oscurati dalla notte, mischiarsi alle curve morbide del suo petto.
Gli liberò i polsi, portando le mani ad accarezzarlo sul capo, massaggiandogli il collo e le spalle, mentre il verde restava fermo su di lei, non muovendo le braccia attorno ai suoi crini rossi.
-Povero, povero Roronoa…- sospirò Nami, accarezzandogli la zazzera -… morto soffocato tra le curve sinuose e floride di una ragazza, mentre era tra le sue gambe…-
Strusciò il cavallo umido dei suoi umori e di quelli del compagno, contro il bacino di Zoro, imitando la loro unione.
-Proprio un’ingiusta e ingloriosa fine per il miglior spadaccino al mondo…- schioccò le labbra, leccandosele con la lingua.
Zoro ghignò, eccitato dalla voce sensuale e canzonatoria della rossa, e puntatosi sui palmi delle mani, si alzò su di lei, arrivando a baciarla sulla bocca.
-È per questo che ti amo…- le morse un labbro -… perché sapresti farmi morire mentre sto avendo un orgasmo-
-Che bella dichiarazione- sbuffò alzando gli occhi al cielo la rossa.
-È la verità- sghignazzò Zoro, scivolando da lei e sdraiandosi alla sua sinistra, incrociando le braccia dietro il capo.
-Se sai fare di meglio…- sbadigliò, grattandosi la pancia -… parla pure-
Lo sguardo di Nami si addolcì, socchiudendo leggermente gli occhi, ancora fissi sullo spadaccino, mentre allargava le labbra in un morbido sorriso.
Si mise in fianco, posando una mano sul petto del compagno e l’altra a reggerle il capo, iniziando ad accarezzarlo sui pettorali, sfiorandoli a fior di dita e stuzzicando la pelle dura e cotta dal sole del samurai.
Zoro ghignò nel buio della loro stanza, non ancora abituato al tatto dolce e delicato della compagna su di lui, che gli faceva accapponare la pelle di piacevoli scosse di piacere.
Le dita morbide e sinuose di Nami correvano sui pettorali ben definiti del verde, giocherellando con i suoi capezzoli scuri o disegnando ghirigori e lettere su di lui, scorrendo poi con lentezza sulle cicatrici e sui punti di sutura della ferita che gli attraversava lo sterno, ricucendole con amore.
Zoro abbandonò il capo contro quello della rossa, chiudendo piano l’occhio sano.
-Io ti amo perché…- la sentì parlare tenue e dolce, a un soffio dal suo orecchio -… sai farmi sentire protetta con una carezza-
Gli passò la mano sul petto, fermandola all’altezza del suo cuore.
-Ti amo perché non ho paura se ci sei tu, accanto a me-
Senza far cigolare il materasso, scivolò accanto a lui, schiacciando il petto contro il suo costato, premendo i seni contro i suoi muscoli.
-Ti amo perché mi fai battere forte il cuore, senza dover dire una sola parola-
Scalciando la coperta, allungò una sua sinuosa e seducente gamba sopra una dello spadaccino, premendo la coscia contro il suo bacino, strusciando delicatamente il ginocchio sul suo fallo tremante.
-Ti amo perchè mi fai sentire meravigliosa nuda, senza nessun vestito indosso-
Con slancio, Nami si aggrappò a lui, abbracciandolo per le spalle e premendosi contro il suo fianco, posando le labbra sul suo padiglione auricolare destro, soffiandoci all’interno vogliosa.
-Ti amo perchè mi ecciti con un ghigno-
Spinse il bacino contro la pelle calda e dura del suo fianco, facendogli notare la sua intimità bagnata e bramosa di lui.
-Ti amo…- lo baciò lungo il profilo del viso mordicchiandogli la pelle -… perché fare l’amore con te è il più bel tesoro di tutta la Rotta Maggiore-
Allungò la mano dal suo petto muscolo, al suo linguine, accarezzandogli passionalmente il pene eretto, masturbandolo a mano piena.
Giocherellò con il suo glande morbido e bagnato, facendolo roteare sui polpastrelli sensibili, mentre gi mordicchiava il lobo dell’orecchio, leccandolo e mordicchiandolo lascivamente, prima di succhiarlo tra le labbra.
-Ti amo…- soffiò lieve -… perché… MM-
Non riuscì a finire la frase.
La bocca di Zoro la zittì senza pietà, baciandola con foga mentre la sovrastava con la sua figura, schiacciandosi su di lei e scalpitando per penetrala.
Quando riuscirono a divincolarsi dall’impaccio delle lenzuola, Nami divaricò le gambe più che poté, permettendogli di possederla, violandola con il membro eretto e tremante, penetrandola con forza, macchiando il materasso dei suoi umori, gocciolati dalle sue labbra vaginali per l’intrusione del suo pene.
Iniziò a spingere con forza, a tratti violenta e inarrestabile, stringendo le mani sui fianchi scoscesi e morbidi della rossa, muovendole il bacino a ritmo con le alzate, accentuando lo sfregamento dei loro sessi.
-Oh Zoro… ah, ah, ah… si…- si aggrappò alle sue spalle Nami, ansimandogli sulla gola, sentendolo gemere e grugnire contro la sua spalla, voglioso di farla esplodere di piacere.
Stantuffò in lei con forza, strusciando violento la sua erezione dentro la sua intimità, facendola gemere e urlare di piacere contro la sua gola, mentre lo graffiava sulla schiena, gridando il suo nome e implorandolo di non smettere.
Facendo leva sulle ginocchia, Zoro si spinse con la cappella contro la parete finale della femminilità di Nami, facendola gemere di godimento nel raggiungere l’orgasmo, mentre si svuotava in lei, traboccando con il suo seme dalle labbra vaginali.
Ansimante e soddisfatto, lo spadaccino si alzò dal petto ansante della rossa, accarezzandola sul viso e baciandola sulle tempie, portandosela al petto quando fu disteso accanto a lei.
-Ti amo…- sospirò Nami, parlando a fatica -… perchè ti amo-
Zoro annuì contro il suo viso, baciandola dolcemente, ghignando, sentendo le sue labbra sorridere, accoccolandosi sui suoi addominali.
-Questa è una dichiarazione d’amore…- lo baciò dolcemente la cartografa -… se sai fare di meglio, parla pure-
 

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Capitolo 10
*** Sfumatura 10: Primavera ***


Sfumatura 10: Primavera
 


Il leggero vento primaverile soffiò con falsa forza sul ponte della nave.
I fili d’erba verdi, risvegliati dal tepore del venticello, si drizzarono nelle loro pigre e ondulate figure, ondeggiando con quell’ultima traccia dell’isola invernale da cui si stavano allontanando.
La Sunny era ormai lontana dalle coste innevate dell’isolotto bianco e gelido di cui si intravedevano solamente le cime candide e invernali dei suoi monti, e sopra di lei i primi cirri minuti e colorati della vicina isola primaverile, già correvano ad accoglierla nella loro terra.
Le nuvole, piccole e gonfie, si muovevano al ritmo del calmo vento primaverile, tingendosi di mille sfumature rosate e lilla,  seguendo il crepuscolo rosato a tinte scarlatte della sera.
-Spring, l’isola primaverile del Nuovo Mondo- sorrise Robin, sistemandosi una ciocca corvina dietro un orecchio, adagiando la sua sinuosa e morbida figura alla balaustra del castello di poppa, osservando la nuova isola stagliarsi dinanzi alla polena leonina.
Zoro, a braccia conserve sul petto e addossato silenzioso al parapetto del ponte, fissò con il suo buio e nero occhio l’isola prendere forma.
Le spiagge dorate brillavano sotto gli ultimi raggi del sole che scappava dalla notte, le strutture della baia diventavano di diamante, riflettendo la salsedine che li aveva bagnati per tutto il girono.
Il mare da blu e azzurro diventava rosa e amaranto, abbinandosi alle cime rosate e morbide delle foreste, in fiore per il clima perennemente pronto alla vita, pronto a rifiorire senza tregua e stanchezza.
Un leggero ghigno, quasi un sorriso trattenuto dai canini affilati, sporse con imbarazzo sulle sottili labbra del samurai.
Primavera.
Quell’isola era l’incarnazione di terra e sabbia della stagione della rinascita e della vita.
Alberi pronti a dar frutto, acque rosate e calme, sabbie calde e accoglienti.
Vita, pace, calma.
C’era qualcosa che meglio rappresentava la primavera, se non quell’isola?
-Ehi buzzurro, la cena-
Il richiamo strillato a gran voce dal parapetto, lo costrinse a voltarvi verso il castello di poppa, dove la formosa e sghignazzante navigatrice lo stava chiamando, dondolandosi oltre la ringhiera.
La fissò, con quei suoi codini rossi imporporati di rosa per il tramonto, il sorriso splendente con le labbra strette a trattenere la sua lingua lunga, che sporgeva malandrina verso di lui a deriderlo, mentre i suoi occhi di cioccolato al peperoncino brillavano divertiti.
Ghignando, lo spadaccino permise al suo sguardo di scivolare sulla figura della navigatrice, slacciando la presa delle braccia sul torace, e abbandonandole sul parapetto.
Posò i gomiti sul legno dorato, gettando il capo all’indietro.
I fianchi scoscesi e invitanti di Nami, il suo seno morbido e da cui risuonava il ritmato canto del suo cuore, la pelle chiara e liscia come una pesca.
Vita, pace, calma.
-Ehi, buzzurro- lo richiamò ancora Nami, guardandolo dolcemente –Forza dai, la cena è pronta-
Zoro annuì, ghignando, alzandosi dal parapetto, mentre un altro soffio di vento colpiva la Sunny, scompigliandogli la zazzera verdastra.
Un bon profumo di fiori investì il samurai, inebriandogli i sensi e riempiendogli le narici di n misto di profumi di fiori e frutta, da cui ne spiccava particolarmente uno, dolce ma con una punta acidula sulla fine.
Zoro ghignò, puntando nuovamente lo sguardo su Nami, intenta a ridacchiare per il vento che le scompigliava i ricci ramati.
-Primavera- sghignazzava divertita.
Zoro scosse il capo, salendo le scale del castello.
Forse quell’isola era la stagione della rinascita nella sua forma di terra e sabbia.
I suoi colori e le sue forme morbide erano primavera pura.
Ma ognuno ha la propria primavera personale, e quella dello spadaccino lo stava aspettando sulla cima della rampa del castello di poppa, con i lunghi capelli rossi raccolti in due codine, gli occhi fissi su di lui con affetto, una mano tesa ad aspettarlo.
Primavera, era un sinonimo perfetto per la sua Nami.
Ma questo, Zoro di certo non glielo avrebbe mai detto.
 





 
ANGOLO DELL’AUTORE:
Prima decade.
Zomi

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Capitolo 11
*** Sfumatura 11: Dormire ***




... perchè solo il Midori Mikan può offrirti tanto


 
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Sfumatura 11: Dormire
 

Si girò su un fianco.
Strinse le coperte al prosperoso petto, serrando gli occhi con forza, imponendosi il divieto di muoversi.
Pochi secondi, e tornò nella posizione precedente.
Corrugando la fronte, incapace di trovare una buona posizione per riposare, Nami tornò in fianco, per poi girarsi, rigirarsi, girarsi ancora e finire nel centro del letto matrimoniale, aggrovigliata come un baco da seta tra le lenzuola.
Sbuffò, alzando nel buio della notte una ciocca di capelli che le era scivolata sugli occhi, mugugnando a denti stretti.
Grugnì poco finemente, scalciando le coperte e stravaccandosi sul letto, sbattendo ripetutamente le gambe tra loro e contro il materasso molle e cigolante.
Aprì gambe e braccia ad occupare tutto il letto, aprendo anche le dita delle mani ad arpionare le lenzuola stropicciate attorno a lei.
Puntò lo sguardo nocciola al soffitto, contando le assi di legno che lo componevano, sperando di prendere sonno.
Ma niente, di dormire quella notte non c’era proprio speranza.
Come sempre, quando lui tardava.
Scosse il capo, gettandosi supina sul lato del letto del compagno, strangolando il suo cuscino e stringendoselo forte al petto. Non era uguale che schiacciarsi tra i seni la testa quadrata del suo uomo, certo, ma almeno aveva il suo profumo.
Socchiuse gli occhi, sospirando piano, tentando di dormire.
Rilassò le gambe, intrecciate tra loro, piegò un braccio sotto il capo, attorcigliando tra le dita qualche ciuffo ramato, strusciò il capo contro il cuscino profumato di Rhum e sale, baciandolo dolcemente, inalando il suo denso e amato odore mentre, con il braccio libero, lo abbracciava con forza al petto, strusciandovi contro dolcemente la guancia.
Ferma e immobile, aspettò di addormentarsi.
Con gli occhi chiusi,tentò di dormire, facendosi cullare dai rumori della notte, sospirando nel cercare un po’ di relax e il tanto atteso arrivo di Morfeo.
Annullò quasi la respirazione, ascoltando il silenzio del mare, che fluiva nella cabina dalla finestra semi aperta.
SHHHHH…
Il suono costante e ritmato delle onde contro la chiglia della Sunny.
SWOSH SWOSH…
Le vele che si tendevano per il leggero vento, strusciando il legno delle paratie.
GNIIII… GNIIIIII…
Qualche grillo clandestino, che cantava sul prato del ponte.
CRI CRI… CRI CRI…
E infine…
-BASTA!!!!- strillò Nami, alzandosi di scatto col busto dal materasso, picchiando i pugni sul cuscino di Zoro.
Sbuffò, incapace di addormentarsi, con tutti quei rumori insopportabili,  il letto troppo grande, le coperte che non scivolavano via dal suo corpo, nessuna mano a scaldarla e palparla ovunque.
Ma come si poteva dormire così?!?!?
Stava per alzarsi e armarsi di fuoco e benzina, per incendiare il letto, quando la porta della stanza si socchiuse, facendolo entrare.
Bagnato dall’acqua della doccia post allenamenti, Zoro fece capolino nella cabina immersa nel buio.
La fissò seduta sul materasso, circondata da un groviglio disordinato di coperte e lenzuola, mentre cercava di strozzare il suo cuscino.
Ghignò, riponendo le katana al loro posto e, gettati i vestiti in un angolo, si stese sul letto, spintonando con i fianchi Nami, affinché gli lasciasse libero il suo lato del letto.
-Buona notte… mocciosa- sogghignò, chiudendo l’occhio buono contro l’espressione collerica e irritata della rossa.
Saperla sveglia, a quell’ora, lo faceva ghignare di piacere, ma sapere il perchè della sua insonnia, lo faceva ghignare dal divertimento e dalla tenerezza.
Fermo, steso accanto a lei, la sentì sbuffare un “Finalmente” e con calma, stirando con le mani le pieghe delle maltrattate lenzuola, stendersi accanto a lui.
Rilassò le gambe, spezzando la tensione dei loro muscoli, intrecciandone una al polpaccio, caldo e sodo, dello spadaccino, strusciando leggermente la coscia contro i boxer scuri del compagno.
Il materasso cigolò leggermente quando Nami si strinse al verde, accostando il capo sulla sua spalla, sfregandola leggermente. Zoro la sentì appiattirsi, con il suo florido petto, al suo braccio e poi, agile e ladruncola, afferrargli con forza una mano e stringerla tra entrambe le sue. Le dita affusolate e minute, s’incrociarono alle quelle calde e callose, unendo le pelli, così diverse ma complementari.
Un sospiro si aprì sulle labbra della ramata, e le palpebre gonfie di stanchezza si abbassarono, cedendo al sonno.
Piano, anche il respiro si calmò, diventando più regolare e lento.
Zoro ghignò, baciando piano la fronte della sua mocciosa, ascoltandone il respiro ritmato e lento, stringendo la presa delle loro mani, strette a non lasciarsi, allacciate come ogni notte.
Finalmente, Nami si era addormentata.

 





 
 
La leggenda narra di un luogo incantato.
Lo yaoi era rinchiuso in un anfratto remoto, e veniva aperto raramente e mai per porre la sacra Quarta Spada dentro, o sotto, altri portatori di sciabole.
I mandarini non venivano trafugati da Super Nove ambigue o da cuochi pervertiti, men che meno da capitani senza cervello.
Un luogo in cui, archeologhe, goth circondate da fantasmini, pozzi senza fondo in gonnella, manici di scopa quattrocchi o altre non esistevano.
Il rosso maialo brulicava, allegri canti sulla Sacra Quarta Spada allietavano le notti e navigatrici urlanti di piacere erano possedute da spadaccini diabolicamente passionali.
Un regno incantato in cui solo una legge regnava: la legge dello Zonami.
Una landa lontana e indescrivibile per le gioie e le meraviglie che racchiudeva questo e ben altro.
Tutto ciò era, ed è tutt'ora, il... MIDORI MIKAN!!!!!
 

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Capitolo 12
*** Sfumatura 12: Il Regno di Mr. Prince ***


Sfumatura 12: Il regno di Mr Prince

 
dedicata a  Erre_Bizzarre
 

La spinse con forza contro il ripiano in marmo, mordendole le labbra gonfie e bagnate.
Bloccandole i polsi contro il bordo freddo e duro del piano cottura, Zoro continuò a baciare con passione la rossa, premendole contro con il corpo.
La costrinse ad inarcare la schiena sopra i fornelli, riuscendo a farle divaricare la gambe e, ringhiando eccitato, spingerle l’erezione prominente sotto la gonna a pieghe, schiacciandola sul cavallo delle sue mutandine umide.
-Ah… Zoro!!!- urlacchiò la rossa, staccandosi dalle sue labbra –Che diamine ti prende?!?-
Lo spadaccino ghignò, mordendole il labbro inferiore, liberandole i polsi e, presa per i fianchi, la depositò sopra il piano cottura della cucina.
-Niente- sghignazzò, accarezzandole le invitanti cosce e alzandole la gonnellina.
Nami lo squadrò da capo a piedi, lasciandosi accarezzare e baciare sul collo.
Quel buzzurro era sospetto.
Non era la prima volta che la baciava e pretendeva in quel modo passionale e in frenabile, ma mai in pieno pomeriggio e mai con la presenza di tutti i Nakama sulla nave.
Ruotò leggermente il capo ramato, permettendo al verde di mordicchiarle una spalla e risalire fino all’orecchio, guardando la porta della cucina chiusa dietro le loro spalle.
Sperava che nessuno della famiglia entrasse, scoprendoli in quella posizione ambigua.
Non che vi fosse nulla di male in quel che stavano facendo –per ora la meno-, ma non voleva essere responsabile di un blocco della crescita di Chopper o delle domande assurde e imbarazzanti dell’ingenuo capitano.
-Andiamo nella nostra stanza…- accarezzò il capo a Zoro, baciandolo sul collo proteso verso di lei.
Lo spadaccino negò con il capo, abbassandole la bretellina della canottiera.
-Siamo già qui- grugnì, succhiandole la pelle del seno, scivolando con la lingua sul capezzolino rosso sotto la stoffa.
Nami gemette leggermente, cercando di non fare troppo rumore, inclinando la schiena e sollevando con entrambe le mani il volto del compagno.
-Buzzurro, non qui- s’impuntò con tono dolce e morbido.
Non era solo per la presenza dei Nakama al di là della porta, così fine e debole che non avrebbe di certo assopito le sue urla di piacere, a mettere a disagio la cartografa.
Era il luogo stesso.
La cucina.
Era il regno di Sanji, la zona off limits per tutti, Rufy oltre ogni modo, in cui nessuno era ammesso se non per esplicito e sottofirmato invito del cuoco, e ciò accadeva raramente, anche per le sue Dee adorate.
Se fosse entrato improvvisamente, trovandoli lì, sudati e mugugnanti a… a…
Scosse il capo, agitando i ricci fiammeggianti.
No, non voleva nemmeno immaginare il putiferio che sarebbe scoppiato.
-Andiamo nella nostra stanza- ripeté con fare più lascivo, schiacciando i seni contro il petto muscoloso del compagno.
Con un polpastrello fine e delicato, iniziò a disegnare ghirigori e cerchi sulla maglia nera di Zoro, sbattendo ripetutamente le lunghe ciglia, emettendo delle leggeri fusa.
-Potremmo giocare al povero spadaccino ferito, e all’infermiera sexy senza mutandine…- miagolò, baciandolo lussuriosamente sulle labbra, mordendogli quello inferiore.
Lo vide sogghignare, fissandola con una strana luce diabolica nell’iride.
La mano calda e ruvida di Zoro, si posò sulla coscia destra della rossa, massaggiandola con desiderio, risalendo le curve generose della coscia e arrivando a infilare le punte delle dita sotto l’elastico degli slip di Nami, accarezzandole le labbra vaginali.
-Perché invece…- le soffiò sulla bocca, iniziando a masturbarla -… non giochiamo allo spadaccino conquistatore?-
-Al che… AH-
Nami chiuse di scattò gli occhi, sentendo le dita del verde penetrarla con forza, massaggiandole le pareti sensibili della sua intimità, stantuffando velocemente dentro di lei, dilatando le labbra vaginali già umide e sensibili al tocco, caldo e stimolante, dello spadaccino.
-Ah ah ah… Zoro…-
Si aggrappò alle sue spalle, baciandolo per auto zittirsi, cercando a tentoni la cinta, dimenticandosi dei suoi freni.
Era eccitata e lo voleva, come sempre se non di più, invogliata da quel suo fare diabolico e strafottente che le faceva accapponare la pelle di lussuria.
Non c’era nulla di male in quello che stavano facendo e poi… quante probabilità c’erano che Sanji entrasse proprio in quel momento in cucina?
Non li avrebbe mai beccati, e lei avrebbe potuto godersi il suo buzzurro, eccitato e diabolico.
-Zoro- sospirò lieve, baciandolo sulla bocca sottile, arricciata in un ghigno demoniaco e sfrontato.
Le lingue si incrociarono velocemente, mischiando i loro sapori ed eccitandoli.
La cartografa divaricò maggiormente le gambe, portando una mano tra esse a spostare il cavallo del suo intimo, facendo spazio al compagno.
Lo sentì muoversi con controllata forza, aprendosi la patta e facendo scivolare il suo pene eretto tra le sue gambe, spingendolo contro la sua intimità bagnata.
La penetrò con forza controllata, iniziando subito a spingere contro di lei, facendola sobbalzare sul ripiano in ferro, sbattendo contro il bordo con le katane, che risuonavano ferrose e metalliche assieme ai loro respiri strozzati.
-Ah ah ah ah… Zoro… ah ah ah… si…-
Le spinte erano così forti che la stavano facendo venire subito, stimolandole la parete finale del suo sesso, sensibile ed eccitato per la passione del compagno e per la posizione anomala.
-Nami… ah ah ah…-
Zoro le ansimava tra i seni, agitandosi in lei, spingendo la sua erezione tra le pareti umide e sensibili, godendo delle sue urla strozzate di piacere, zittite a tratti dalla stessa cartografa, che si tappava la bocca per attenuare le urla.
Ghignò, sentendosi al limite, e librandosi in lei, facendola urlare di piacere per l’amplesso che li stava facendo tremare, mentre le succhiava un capezzolo turgido e rosso, che faceva capolino dalla canotta spiegazzata e scomposta che la vestiva.
-Ah… Zoro- ansimò un’ultima volta la rossa, sdraiandosi sui fornelli per riprendere fiato.
Zoro ghignò nel guardarla, e non appena Nami ebbe recuperato una respirazione normale, la prese in braccio, portandola con se.
Il Regno di Mr. Prince era stato conquistato.
Un ghigno vittorioso si aprì sulle labbra di Zoro, mentre si allontanava dalla cucina, con in braccio la sua mocciosa, godendosi la vendetta.
Di certo il cuoco si sarebbe accorto dello strano odore di sesso che aleggiava nel suo regno di tegami e pentolacchie varie, notando gli aloni di sudore di due corpi uniti sul piano cottura.
Già sentiva gli ululati disperati del cuocastro riecheggiare per la Sunny, rimbombando da pura a poppa, invocando vendetta e pietà per i suoi nervi e sogni infranti.
Zoro ghignò soddisfatto al solo immaginari tutto ciò.
Finalmente, quell’idiota biondo dal sopracciglio a attorcigliato, avrebbe capito di dover smettere di chiamare la navigatrice “sua Dea” o “sua principessa adorata” se sperava che il suo Regno non si trovasse in quelle condizioni ogni santo giorno.

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Capitolo 13
*** Sfumatura 13: Riccioli d'Oro: depilati ***


Sfumatura 13: Riccioli d’Oro: depilati
 

Aveva tardato, di nuovo.
Camminando nel buio notturno, sospirò, guardandosi attorno.
Era notte fonda, e sull’intera nave pirata regnava il silenzio più assoluto.
La quiete notturna era rotta solamente da qualche roco suono di qualcuno che russava, provenienti dal dormitorio maschile, e da parole sconnesse, probabilmente pronunciate del capitano, la cui bava, un giorno o l’altro, avrebbe allagato il corridoio interno della Sunny.
Zoro si sfilò i pesanti stivali di cuoio, cercando di non fare troppo rumore e svegliare qualcuno, oltrepassando la porta socchiusa del dormitorio dei compagni.
Scivolò lungo la zona notte, frenando il tintinnare delle sue spade, legate sul fianco, con la mano  libera dal reggere le calzature, avvicinandosi alla sua stanza.
Si era allenato fino a tardi, troppo tardi, e di certo Nami lo stava ancora spettando sveglia e irritata, incapace di addormentarsi senza potergli stringere almeno una mano.
Ghignò all’infantile tenerezza della sua mocciosa, dura piratessa in grado di stendere con un sol pugno anche il futuro Re dei Pirati, ma incapace di addormentarsi senza stringere tra le sue esili dita, la callosa e rude mano del suo uomo, la cui sola presenza allontanava ogni incubo, anche nel più oscuro buio della loro stanza.
Camminando nella penombra del corridoio, Zoro si avvicinò alla porta della loro stanza, socchiudendola il minimo indispensabile, per potervi entrare senza fare rumore.
La cabina era immersa nel buio, e nel letto posto al centro della stanza, un ammasso scomposto di lenzuola ricopriva una figura addormentata.
Lo spadaccino posò le katane sul loro ripiano, fissando la rossa dormire beatamente.
Forse aveva lavorato alle sue cartine fina a tardi, aspettandolo, e solo la stanchezza estrema era stata in grado di farla addormentare senza di lui.
Ghignando, il verde si spogliò, infilandosi sotto le coperte del letto nudo.
Scivolò sul materasso cigolante, arrivando ad addossare il petto caldo e muscoloso contro la schiena, avvolta tra le lenzuola, della compagna.
Voleva averla vicina, stare con lei, sentirla sulla pelle, e magari farsi un po’ di coccole, giusto per addormentarsi meglio, con le labbra della rossa a baciarlo sul viso.
-Ehi mocciosa…- le sussurrò tra i capelli in disordine sul cuscino.
Infilò una mano sotto le lenzuola, cercando le gambe della cartografa, accarezzandola dolcemente quando ne trovò una, risalendola dal ginocchio fin sulla coscia.
Ghignò lo spadaccino, stringendosi a Nami, strusciando il capo sui capelli lisci e morbidi.
-Mocciosa…- mugugnò, baciandola piano sulla nuca, ripercorrendo la sua muscolosa gamba.
Non si era mai reso conto di quanto fosse soda e dura quella sua dolce coscia sinistra, ma forse la posizione supina la costringeva a tenere in tensione l’arto, rendendolo più duro.
-Ehi piccola… che ne dici?- mugugnò piano, baciandola sul collo e spingendo il fallo, quasi eccitato, contro il suo dolce sederino ricoperto dalle lenzuola.
La sentì scrollare le spalle, disturbata dalle sue carezza ma non ancora sveglia.
La baciò ancora sulla pelle chiara, strusciando il profilo del naso sulla sua gola, arrivando a soffiarle in un orecchio.
-Ti va di giocare al Cacciatore di Taglie e la Gatta Ladra, mocciosa mia?- ghignò, accarezzandole nuovamente la gamba.
Ma, al nuovo passaggio del palmo sulla coscia, notò un particolare al quanto inusuale sulla sua compagna.
Un qualcosa che di solito, non vi era mai su quella pelle liscia e perfetta, morbida come un’albicocca.
Un particolare che, seppur tutto il lavoro di navigatrice e cartografa di bordo rubasse molto tempo alla rossa, non era mai stato trascurato, e ogni settimana veniva adempiuto, con estrema accuratezza e minuziosità.
Eppure, lì, quella notte, su quella coscia così muscolosa e tesa, era presente, e in gran quantità per di più, disturbando l’eccitazione del verde, così abituato alla morbidezza e levigatezza della compagna, che quasi si ritrovò offeso per la sua trascuratezza.
Corrugò la fronte, unendo le ciglia scure.
-Nami…- la chiamò, svegliandola del tutto e facendola sussultare sotto le coperte -… devi depilarti: hai dei peli più folti della foresta di Skypea, sulle gambe-
La vide, nella penombra della stanza, rigirarsi verso di lui, smettendo di dargli le spalle, emergendo leggermente dalle lenzuola.
Zoro sospirò, aspettandosi un’occhiataccia dalla rossa, un suo ringhio sovrumano accompagnato dal romantico nomignolo, solo per lui, di “Deficiente rozzo e privo di tatto”.
Si, questo si aspettava lo spadaccino, non di certo di vedere il capo arruffato e spettinato del moro capitano, fare capolino da sotto le coperte, sbadigliandogli in faccia mentre lo fissava assonnato, mentre accendeva la lieve luce del comodino.
-Zoro…- sbuffò Rufy, stropicciandosi un occhio con il dorso della mano –Che stai facendo? Perché ti strusci su di me?-
Zoro sbiancò, sopraffatto dal disgusto per ciò che aveva fatto, e aveva intenzione di fare credendo il Nakama la sua donna, urlò, indietreggiando sul letto fino a cadere dal materasso, ruzzolando a terra.
-Zoro?!? Ma che ti prende?!?- sgranò gli occhi il moro, affacciandosi a verificare se il Nakama fosse ancora vivo.
-Zoro, ma che combini?!?- domandò innocentemente, squadrando il compare ancora a gambe all’aria sul pavimento.
-DANNATO IDOITA!!!- ringhiò Zoro, saltando in piedi oltre il letto, stringendo i pungi contro Rufy –CHE CAVOLO CI FAI NEL MIO LETTO?!?-
-Zoro non urlare!!!- mosse una mano contro di lui, portandosi un dito, della mano opposta, davanti alle labbra per zittirlo –Sveglierai tutti!!!-
-STA ZITTO TU, RAZZA DI BAKA!!! DOV’È? DOV’È NAMI?!?- latrò idrofobo portandosi facci a faccia con il moro, anche lui in piedi dinanzi al compare, ma con i boxer in dosso.
Rufy osservò stupito il verde, infilandosi il suo fidato indice sul naso, intento a pensare.
Possibile che non si ricordasse?
Sospirò, scuotendo il capo, retrocedendo di un passo e, incrociate le bracci al petto, si sedette nuovamente sul letto della coppia, molleggiando sul materasso cigolante.
-Non te lo ricordi…- scosse il capo.
-Non mi ricordo cosa?!?- digrignò i denti rissoso il verde.
Non era in vena di indovinelli e cretinate varie.
Aveva appena scoperto di essersi strusciato voglioso addosso al suo capitano, il che lo fece rabbrividire e appuntare, in un angolo della mente, di lavarsi con la candeggina.
Non sapeva dov’era la sua mocciosa, e per di più, a notte fonda, si ritrovava a litigare con quel babbeo di gomma, che sembrava aver scelto la notte sbagliata per fare il saccente, risvegliando qualche neurone fossilizzato nel suo cranio gommoso.
-Ascoltami Rufy- si passò una mano sul viso, cercando di trattenere la rabbia e usando, con molta calma, la sua dose più fornita di pazienza –Voglio dimenticare alla svelta ciò che è successo…-
-Perché?- inclinò il capo il moro, non capendo a cosa si riferisse il compagno.
Zoro tremò, tentando di allontanare da sé il ricordo delle sue labbra sul collo del ragazzo di gomma, o della sua mano a lisciargli la gamba, ricavandone perfino un malcerto piacere, credendola di Nami.
-Dimmi dove cavolo è Nami- sbottò rabbioso –E perché diamine tu eri nel nostro letto-
Rufy rilassò le spalle, addossandosi alla tastiera del letto, afferrando agile il suo fidato cappello di paglia, posto su un pomolo del giaciglio, iniziando a rigirarselo tra le mani, giocherellandoci.
-Serata tra donne- affermò serio, facendo volteggiare la pagliuzza su un palmo.
-Libri rosa, pasticcini, cuscini morbidi e pigiami…- ripeté le parole replicate, migliaia e migliaia di volte, dal cuoco di bordo, in estasi al sol pensare alla sue Dee riunite in una stanza a parlare senza sosta e senza ragione, in chissà che baby doll striminziti e pizzati.
Scrollò le spalle, incapace di capire Sanji, tornando a infilarsi un dito in una narice, fissando il verde, che invece, braccia incrociate al petto, lo fissava con sguardo perso nel vuoto.
-Nami e Robin- cercò di spiegarsi meglio il capitano, aprendo le mani verso di lui –La serata tra donne che hanno organizzato da un mese, solo per loro-
Un vago eco di frasi sparse e mezze scordate, vagò blando nel cranio dello spadaccino, rimembrandogli un qualche messaggio della sua compagna, in cui, si, gli ricordava di quella notte in cui avrebbe dormito con Robin nella loro ex cabina comune.
Scosse comunque il capo, ringhiando.
-E con ciò? Tu che fai qui?!?- azzannò l’aria.
Rufy sorrise sornione, saltellando a piè pari sul materasso cigolante del letto, sul lato della cartografa.
-Shi shi shi- schioccò le lebbra divertito –Gli altri hanno detto che avresti sofferto d’insonnia nel dormire da solo, e mi hanno detto di venir a farti compagnia!!!-
Sghignazzò, guardando attento Zoro, fissandolo grugnire e fumare di rabbia.
-Contento?- chiese innocentemente.
Lo spadaccino ringhiò, oscurandosi in volto.
Quei maledetti.
Pur di non aver il capitano in cabina, a russare e invocare carne a ogni ora della notte, l’avevano convinto a dormire nel suo letto, raggirandolo come se stesse operando del bene, e non che fosse stato appena espulso dal suo stesso letto per la sua voracità notturna.
-Maledetti- ringhiò, rabbioso.
Senza proferir altra parola, Rufy vide lo spadaccino infilarsi i boxer e avviarsi, deciso, lungo il corridoio della zona notte.
-Ehi- lo richiamò, affacciandosi sullo stipite della porta –Ma dove vai ora? Non dormi con me?-
Zoro tremò da capo a piedi, ruotando il volto verso il moro, squadrandolo.
Tornò indietro e, afferrato per la collottola, lo portò con se.
-Dove andiamo?- domandò ingenuamente, osservando il verde marciare lungo il corridoio, trasportandolo come un micio formato gigante.
-Nel dormitorio maschile- sghignazzò –Sono certo che anche il resto dei ragazzi non vuole che io dorma da solo e poi…- il suo occhio sano brillò diabolicamente, come solo Nami gli aveva insegnato.
-… sono certo che li manca tantissimo il mio russare spacca timpani, e il tuo parler nel sonno-
Rufy lo fissò sghignazzare, incapace di capire che ci fosse di così divertente nel parlare o russare nel sonno.
Già, lui non lo capiva, ma di certo, il resto della ciurma avrebbe capito: mai cercare di infilare nel letto dello spadaccino qualcuno che non fosse Nami, la pena da scontare era troppo alta.

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Capitolo 14
*** Sfumatura 14: Primo ***


Sfumatura 14: Primo
 

La prima occhiata felina e lussuriosa, la scoccò a un Marine, facendolo imbarazzare e dimenticare, giusto il tempo necessario per scappare, che gli aveva appena rubato la busta, gonfia della sua paga di un mese, che reggeva tra le mani.
La prima carezza lasciva la posò sul dolce viso di un mercante di gioielli: una mano scivolava sulla guancia arrossita dell’uomo, l’altra sulla sua tracolla piena di gemme e rubini rossi come peperoni, sfilandogliela con grazie a maestria.
Il suo primo bacio lo diede a un facoltoso uomo, ricco e pancione.
Con le labbra lo baciava sulla bocca, con una mano gli sfilava il portafogli dai panatoli.
La prima volta che si era lasciata toccare, sul seno, sotto la gonna, per sua spontanea volontà, aveva trattenuto il fiato, fissando le grosse e orribili mani di quell’uomo, di cui non voleva ricordare né il volto né l’odore.
Ricordava solo il peso di tutti i suoi averi dentro il sacco che traballava sulla sua spalla, mentre scappava da lui, nel buio della notte.
La prima volta che invece fu toccata da un uomo sul corpo, contro la sua volontà, mentre urlava e piangeva, dimenandosi e invocando Bellmere, non sarebbe mai riuscita a dimenticarla: gli occhi di Aarlong le sarebbero sempre rimasti incisi nell’anima mentre la violentava.
La prima volta che disse “Ti amo” era una bugia, per derubare un povero stolto.
La prima volta che volle bene a una persona, le fu uccida davanti agli occhi quando aveva solo dieci anni.
Ma…
Ma quando donò il suo cuore a lui, non né fu ferita.
Quando lo baciò la prima volta, non lo derubò, ma fu lui a toglierle il fiato.
La prima carezza che posò sul suo volto squadrato e duro, fu morbida come una nuvola.
La prima notte trascorsa insieme, nudi, pelle su pelle, a scoprirsi a fior di dita, ad amarsi con solo le mani, non si ritrasse, né dimenticò nessun dettaglio: ogni singolo secondo era scolpito, come legge sul marmo, nel suo cuore.
Sorrise Nami, socchiudendo gli occhi, e posandoli, come la prima volta, su Zoro, che dormiva pacificamente dietro di lei, addossato a un suo albero di mandarino, lasciandola raggomitolata, come una piccola micia ladruncola, sul suo petto.
Lui era il primo.
Il primo a cui aveva detto sinceramente, e con tutto il suo amore, un vero “Ti amo”.
Lui era il primo, e lo sarebbe stato per sempre.

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Capitolo 15
*** Sfumatura 15: Mio ***


Sfumatura 15: Mio

 
La leggera nebbia che la circondava, andava a dissolversi man a mano che si avvicinava a quel brusio di mugugni e risatine acute.
Sbuffando per la calura insopportabile, Nami si asciugò la fronte con un polso, imperlandolo del suo sudore, mentre continuava ad orientarsi in mezzo a quelle basse nuvole di condensa.
-Uff…- sbuffò, avvicinandosi ancor di più a quel brusio sempre più intenso -… dove diamine sono?-
S’immerse in una calda nuvola, bagnandosi al contatto con il vapore acqueo bollente, emergendo in un piccolo spazio libero, immerso nel caldo e nel bianco più totale.
Lì, seduto comodamente su un morbido baldacchino, tra cuscini colorati e imbottiture abbondanti, Zoro ghignava verso di lei, ammiccando nel fissarla da capo a piedi, leccandosi le sottili e vogliose labbra.
-Mocciosa… sei arrivata finalmente-
Poche semplici parole, pronunciate con voce vibrante e bassa, da far impazzire per la passione che trasmetteva.
Poche parole, che avrebbero dovuto avere l’effetto di un richiamo irresistibile per la rossa cartografa.
Una melodia ipnotica per lei e le sue bramosie verso lo spadaccino.
Una trappola perfetta, in grado di rendere la Gatta Ladra da cacciatrice a cacciata, e preda, in pochi attimi.
Non questa volta però.
Perché, attorno al bel spadaccino, oltre che alle lunghe e trasbordanti lenzuola e ai cuscini invitanti e morbidi, c’erano anche altre presente morbide e sensuali.
Nami sgranò gli occhi, puntandoli sulle belle, prosperose, invitanti, lussuriose, ma soprattutto nude, donne che circondavano il suo buzzurro, digrignando leggermente i denti.
-Oh Zoro…- ansimava Bibi, abbracciando spasmodicamente un polpaccio del verde, strusciandoci contro le prosperose collinette rosee del seno, nudo e messo in bella mostra al samurai.
-… Roronoa…- miagolava una Tashiji per nulla imbarazzata nel ritrovarsi nuda alle spalle del Cacciatore di Taglie, strusciandosi come una gatta morta su di lui, leccandogli a volte il padiglione auricolare, su cui tintinnavano accondiscendenti i tre pendagli d’oro.
-… Zoro… horo, horo, horo…- rideva acutamente la ragazza fantasma di Thirller Bark, svolazzando, fin troppo allegra per i gusti di Nami, attorno al capo di Zoro, sbatacchiando qua e là la sua mercanzia, cercando di far ombra con il suo striminzito ombrello, il muscoloso e atletico corpo del ragazzo.
-Zoro… *smok*…- ansimava senza fiato, tra i piedi ben impaniati a terra del verde, giocherellando con i suoi ricci neri e ondulati, Baby5, emanando nell’aria carica di calore delle piccole nuvolette di fumo, a forma di cuore trapassato da una pallottola.
-Bushido-san-
Mille mani apparvero sul petto dello spadaccino, accarezzandolo lussuriosamente e vezzeggiandolo sul bacino, nudo e in evidente azione, mentre un turbinio di petali rosati di ciliegio roteava tra i cuscini alla sua destra, facendo apparire la serafica, quanto nuda, figura dell’archeologa della Sunny.
La cartografa deglutì, fissano atona la scena che le si apriva davanti agli occhi, facendoglieli lacrimare dalla rabbia.
Stava per avanzare di un passo verso il suo compagno, per strozzarlo violentemente e punirlo per ciò che lo circondava, quando un piccolo e goffo movimento tra due coperte, catturò l’attenzione della rossa, costringendola a seguire l’emersione, dalla scomposta montagna di sete morbide e fluenti, la piccola e nanetta figura di Wicca, che saltellò tra i drappi, fino a gettarsi, quasi fosse senza peso, sul bacino di Zoro, abbracciandolo per la vita, per quanto le sue piccole e corte braccine potessero permetterle.
-Zoroland!!!!- urlacchiò, arrossendo e strusciando l’appuntito nasino sugli addominali dello spadaccino, ghignante nel posare, sulla piccola rivoluzionaria, il proprio sguardo.
Un ringhio idrofobo si alzò dalle secche labbra di Nami, strozzandola con la rabbia che le scorreva nelle vene.
Anche lei?!?
Anche quella piccola gnometta era lì?!?!?
Fissò, una ad una, le donne che circondavano il suo uomo, fissandosi nella mente il doloroso e preciso modo in cui le avrebbe fatte fuori una alla volta, digrignando a ogni respiro sempre più i denti.
Maledette!!!
Come osavano strusciarsi, avvinghiarsi, accarezzare a sospirare a quel modo, smanioso e libidinoso, addosso al suo buzzurro?!?
E quel demente poi?
Come osava starsene tranquillo e beato in mezzo a loro?
Continuando poi a spogliarla con gli occhi, quasi non si accontentasse di tutto il suo Harem, ma che volesse aggiungerla alla sua collezione?
Sgranò gi occhi, colmi di rabbia e gelosia, fulminando il compagno.
Se ne stava beatamente calmo, indifferente al calore dell’ambiente, rilassato tra i cuscini e lascivamente toccato, in ogni angolo del suo corpo, da tutte le donne che lo circondavano, non degnandole di molta attenzione, ma di lievi e fuggevoli ghigni, che rendeva sospiranti e smaniose le giovani concubine.
Nami ringhiò, tremando con la gola arsa di gelosia e collera pura, storcendo il naso mentre soffiava idrofoba di rabbia.
-Roronoa- latrò, stringendo, i candidi e delicati, pugni lungo i fianchi nudi del suo corpo, digrignando i denti e  sbarrando le iridi, rendendole rosse di rabbia, a tratti attraversate da piccole e fulminanti scariche elettriche.
-Nami…- sghignazzò Zoro, sollevando un braccio verso di lei, invitandola ad unirsi a lui e alle sue compagne.
-… manchi solo tu, mocciosa mia…- il suo occhio nero si abbassò sul corpo sudato della rossa, osservandolo con piacevole attenzione -… manca solo la mia mocciosa- ripeté, leccandosi le labbra.
Il suo sguardo nero e provocatoria fece fremere il diafano corpo di Nami, facendola rabbrividire e, con un sobbalzo di sorpresa, rendersi conto che anche lei era nuda.
Deglutì, a disagio e incapace di capire che stesse realmente succedendo, mntre i suoi occhi sbancavano nel studiare le sue natiche perfette e le cosce morbide bellamente senza veli, mentre i suoi due enormi seni ballonzolavano tra il vapore caldo.
Scosse il capo, dondolando i ricci ramati, cercando di rimanere ben concentrata nel suo obiettivo.
Chiuse dolcemente le palpebre, sollevando una mano a sfiorarsi il ventre e poi i seni, sospirando con desiderio e ardente libido.
-Buzzurro…- sussurrò, con voce calda e invitante.
Zoro ghignò, piegando il busto verso di lei, distanziando le altre donne che lo circondavano, pendendo letteralmente dalle labbra della sua compagna.
-Zoro…- ansimò ancora Nami, portandosi una mano tra i capelli, riavviandoli, mentre l’altra scendeva tra le gambe, scosse dal desiderio.
Il verde ghignò maggiormente, tendendo il braccio verso di lei, invitandola a raggiungerlo.
-Oh Zoro…- chiuse gli occhi Nami, mordendosi un labbro, nel trattenere un gemito di piacere -.. io…-
-Si?- sorrise di sghembo lo spadaccino.
-Io…- riaprì piano gli occhi nocciola, puntandoli su di lui -… io ti ammazzo!!!!-
 
 
 
Lanciò così forte il pugno nell’aria della stanza, che si rivoltò tra le coperte del letto per l’energia che vi aveva impresso.
Sbattè ripetutamente le palpebre, abituando la vista alla notte, mentre cercava di capire come mai le sue nocche non si erano scontrate contro il brutto muso da pervertito-capo Harem, del suo buzzurro.
Si rigirò tra le lenzuola, voltandosi a squadrare il compagno, beatamente addormentato e non circondato da donne, alla sua sinistra.
Dormiva con calma, un braccio piegato sotto il capo, l’altro stretto attorno alla vita di lei, mugugnando a volte il nome della sua mocciosa.
Nami sbuffò, acciambellandosi al fianco del suo uomo, abbracciandolo con forza estrema e strusciando con vigore il viso sul suo petto, grande e caldo.
-Mmm… che hai?- borbottò Zoro, svegliato dalla stretta della rossa.
-Sei mio!!!- affermò secca lei, strusciandosi su di lui –Ricordatelo se ci tieni alla pelle!!!-
Lo spadaccino la scrutò per un lungo attimo, prima di richiudere l’occhio buono e tornare a dormire, lasciandosi stritolare dalla dolce e morbida presa della compagna, scuotendo il capo.
Certe cose da mocciose, non voleva nemmeno provare a capirle.
 

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Capitolo 16
*** Sfumatura 16: Il vestito rosso di Thriller Bark ***


Sfumatura 16: Il vestito rosso di Thriller Bark

 
Si chiedeva quando l’armadio sarebbe esploso.
Nami continuava a riempirlo, isola dopo isola, di abiti e cianfrusaglie varie, che acquistava a ogni nuovo approdo, nelle sue sfrenate e insaziabili battute di caccia, che lei ostinava ancora a chiamare semplicemente “Shopping”.
-Ti rendi conto vero…- sbottò steso sul letto, Zoro, fissando la compagna, piegare e riporre accuratamente, le sue nuove prede nel loro armadio -… che prima o poi esploderà e ci ammazzerà nel sonno-
Nami lo squadrò sbuffando, arricciando il suo bel nasino e riprendendo a riordinare i nuovi vestiti.
-Idiota- l’ammonì, piegandosi sulle gambe per sistemare in fila indiana due nuove paia di fiammanti e altissimi tacchi –Non sei spiritoso, buzzurro-
-Spiritoso?- sghignazzò –Ma io non voglio affatto esserlo: sono serissimo-
La cartografa si alzò dall’armadio, voltandosi verso il letto dove il compagno ghignava strafottente, portando i pugni ben saldi ai fianchi, fulminandolo con lo sguardo.
-Pretendi forse che vada in giro nuda?- sibilò acida.
-Mocciosa, hai tanti di quei vestiti che puoi cambiarti tre volte ogni mezz’ora- sghignazzò a labbra sghembe.
Nami ringhiò, lanciandogli contro una ciabatta a forma di coniglietto, prima di tornare accovacciata con il busto dentro l’armadio, sbottando e inveendo contro lo spadaccino.
-Idiota- gli ricordò il suo livello d’intelligenza.
-Sai benissimo che i vestiti che non uso più li mando tutti a Nojiko- emerse dal buio soffice e colorato dei suoi indumenti, tenendo ben saldi, tra le braccia, alcuni pantaloni ben piegati –E poi non mi pare ti spiaccia così tanto il mio continuo cambio di vestiario…-
-Come no? Ti devo fare da portantino per le tue borse stracolme di vestiti superflui, scarpe assassine e…-
-… completino intimi e baby doll semi trasparenti- sogghignò la rossa, riponendo altri abiti in un grande scatolone, con su indicato di già l’indizio per coconat Village.
-Dello shopping per quelli, non ti lamenti mai…- gli tirò una linguaccia, facendolo ghignare voglioso.
-Perché con quelli ci divertiamo entrambi- allungò una mano ad accarezzarle una coscia, sfuggente in movimento tra l’armadio e la scatola regalo.
Nami sorrise, ridacchiando piano, mentre piegava altri vestiti pronti per raggiungere il mare orientale.
Sotto lo sguardo attento e rilassato di Zoro, raccoglieva e riponeva gonne e camicie nello scatolone, creando maggior spazio nel suo armadio, che ben presto avrebbe riempito con altri abiti.
Prese tra le mani un abito rosso, con la gonna a balze e il petto ornato di merletti scarlatti, piegandolo con attenzione, vietandosi di pensare quando l’aveva indossato l’ultima volta, spostandosi a posarlo con gli altri vestiti nello scatolone.
Ma l’occhio di Zoro continuava a seguirla.
-Ehi- la bloccò, sfiorandole con le dita un polso, fermandola con il vestito tra le mani –Questo non te l’ho mai visto addosso-
Nami storse le labbra, distogliendo lo sguardo dal compagno.
-Si invece- mosse un passo, per riporre l’abito nella scatola –Solo che non te ne ricordi-
-No invece- si mise a sedere sul bordo del letto il verde, prendendoglielo dalle mani –Me ne ricorderei… è carino-
Si rigirò tra le mani l’abito, studiandone le spalline fini e rosse, le balze sul petto che scendevano ad onde fin sulla gonne, e questa che terminava con una fila di pizzo sul bordo.
Il tutto, in una tonalità dolce e tenue di rosso, quasi una Magenta rosato.
L’osservò sotto la luce chiara della loro cabina, certo di non averlo mai visto indosso alla sua mocciosa.
-Quando l’hai indossato?- le chiese, alzando lo sguardo su di lei.
Nami storse le labbra, stringendosi nelle spalle, ferma davanti al verde, torturandosi le mani tra loro.
-Non mi va di ricordare- sussurrò pano.
Zoro aggrottò la fronte, studiandola serio e muto.
Allungò piano un braccio, prendendo tra le dita una sua mano, strattonandola fin sul letto, dove la fece sedere al suo fianco. Le passò il braccio sinistro dietro le spalle, posandole in grembo il vestito rosso, mentre le accarezzava le cosce nude.
Non la spinse a raccontare, ne a ricordare.
Le sfiorò dolcemente le gambe spoglie, lasciandole il tempo necessario per riuscire a prendere tra le sue mani da cartografa quell’abito, insieme a tutti i ricordi che portava con se.
Nami si strinse a lui, posando il capo ramato su una sua spalla, premendo la canotta chiara sul petto muscoloso e caldo del compagno, fissando il tessuto che reggeva tra le dita.
Prese un respiro profondo, prima d i iniziare.
-L’ultima volta che ho indossato questo vestito- sussurrò piano –Eravamo a Thriller Bark-
Zoro annuì, accarezzandole la spalla tatuata.
-Non te lo ricordi perché l’ho indossato mentre eri privo di conoscenza- tremò al ricordo, deglutendo piano.
-L’avevo scelto perché speravo ti piacesse: volevo essere bella per te- si strinse a lui, mantenendo gli occhi fissi sull’abito.
-Volevo legare a questo vestito un bel ricordo, un tuo complimento o un ghigno soddisfatto, magari anche uno sguardo voglioso- si sforzò di ridere, seppur con non molta convinzione.
-E invece… invece a questo vestito è legato uno dei più brutti ricordi che ho, da quanto ti conosco- chiuse piano gli occhi, abbandonando il capo nell’incavo della gola di Zoro.
-Non lo voglio vedere mai più. Non voglio avere un ricordo di quei terribili tre giorni in cui ho temuto il peggio per te-
Strinse tra le dita l’abito, premendolo con forza tra i palmi chiusi a pugno, impedendosi di aprire i ricordi, e di annegare in essi.
Per fortuna, le labbra di Zoro arrivarono a salvarla, baciandola piano sulla bocca.
-Mocciosa- le succhiò piano le labbra, accarezzandole il viso –Infilati quel vestito-
Nami strabuzzò gli occhi, fissando stupita il compagno.
Ma l’aveva minimamente ascoltata?!?
Aveva capito che per lei, quell’abito, era solo un intreccio di ricordi dolorosi e orribili?
-No, buzzurro: non indosserò mai più questo vestito- s’impuntò, fissandolo astiosa –Io non…-
-Indossalo- la baciò piano, ghignando sicuro di se –Indossalo, e ti aiuterò a legare altri nuovi e bei ricordi ad esso-
Nami sorrise piano, trattenendo il rossore sulle guance.
Che baka di un uomo.
Dolce come un bambino, sotto la corazza dura da guerriero imbattibile.
-Non so nemmeno se mi va più bene- borbottò con fare da mocciosa.
-Non ti preoccupare- sghignazzò Zoro, facendola stendere sul letto, portandosi sopra di lei.
Si abbassò a baciarla sul viso, succhiandole le labbra e la pelle delle guance, fino ad arrivare a mordicchiarle il lobo dell’orecchio.
-Non lo terrai addosso a lungo- le soffiò, accarezzandole le cosce lunghe e morbide, costringendola a divaricarle.
Nami ridacchiò, gettando la testa all’indietro sul materasso, lasciandosi baciare dal compagno sulla gola e sui seni, che facevano capolino dalla scollatura della canotta.
Tutt’oggi, il vestito rosso di Thriller Bark è ancora nell’armadio della navigatrice.

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Capitolo 17
*** Sfumatura 17: Volume ***


Sfumatura 17: Volume

 
La Sunny era vuota.
Nessun componete della ciurma era presente sulla nave, dispersi chissà dove sull’isola su cui erano appena approdati, godendosi le meraviglie della cittadina e del bel sole tropicale.
Il ponte era deserto, la cucina silenziosa e nessun schiamazzo riecheggiava da prua a pappa.
Non c’era nessuno.
Solo il silenzio abitava la nave pirata.
Il silenzio e nulla più.
Perfetto.
Con un ringhio eccitato, Zoro aprì la porta della sua stanza con un calcio, scaraventando il diafano e accaldato corpo di Nami sul letto, facendolo rimbalzare sulle molle consumate del materasso.
Si sarebbe aspettato un insulto, un richiamo dalla bella cartografa, ma Nami, invece che inveire e picchiarlo per l’ennesima conferma della sua maleducazione, lo afferrò per il colletto della camicia, costringendolo a caderle addosso, tornando a baciarlo con passione.
Gli morse le labbra, leccandogli il palato e succhiando quella sua lingua affilata e tagliente come le lame delle sue katane, iniziando a spogliarlo, gettando a terra gli indumenti.
Zoro fece leva con i palmi delle mani sul materasso, sollevandosi col busto dal corpo morbido e invitante della rossa, sfilandole dal capo il bikini, legato troppo stretto per scioglierlo seguendo le regole, scalciando poi i pantaloni e i boxer con furia, ringhiano voglioso.
Non era sesso.
Non era la furia di una passione scoppiata senza un perché.
Era solamente la sana e incontrollata voglia di fare l’amore con la sua mocciosa sotto i raggi del sole, e non al buio della notte, attenuando ogni gemito e roco ansimo di piacere, tendendo le orecchie per sentire se qualche Nakama si era svegliato per il loro trambusto, rubando qualche loro intimo rumore.
Era la dannata voglia di amare a tutto volume, di urlare nel baciarla, di farla gridare di piacere e di sbattere il letto conto la parete fino a disintegrare la tastiera del giaciglio, facendo tremare le pareti della loro cabina senza pietà e controllo.
Con una mossa di bacino, lo spadaccino spinse la rossa contro i cuscini del letto, facendole inarcare la schiena sulla tastiera rialzata, bloccandola contro il legno freddo del letto, baciandole la gola e i seni nudi.
La bocca di Nami annaspava, boccheggiando tra i capelli di Zoro, baciandolo sulla nuca, dietro le orecchie e dove meglio riusciva a raggiungere la sua pelle, mentre si aggrappava a lui, abbracciandolo per le spalle.
Le mutandine, fradice e appallottolate sulle cosce, a tratti facevano da barriera all’erezione già pronta del verde, impedendogli di avanzare velocemente verso di lei, facendola sua.
Ringhiando a denti digrignati, Zoro le strappò di dosso la biancheria, afferrandole poi con forza i fianchi e penetrandola con desiderio.
Il grido di piacere e goduria che spalancò le labbra di Nami echeggiò per tutta la Sunny, rimbombando sulle pareti della loro cabina e amplificandosi in volume su ogni mobile della povera stanza.
-… Zoro…- ansimò piano, aggrappandosi a lui per le spalle, posando il capo ramato sulla sua scapola sinistra, infossando il visino, rosso e sudato, nell’incavo del collo taurino dello spadaccino.
Baciò a stampo la pelle tesa della gola del verde, mordicchiandola e leccandola lussuriosamente, aspettando che le pareti del suo sesso accogliessero al meglio il compagno, fermo e paziente nel rispettare i suoi tempi, nell’abituarsi a lui.
Non appena percepì il clitoride tornare sensibile e ben gonfio, Nami sollevò le gambe dal materasso del loro letto, portandole a circondare la vita del suo uomo, aggrappandosi a lui e, data una piccola spinta con il bacino verso il suo membro, dargli conferma di iniziare a farla sua.
Zoro mugugnò baritonale, sollevandosi con il busto dalla rossa, tendendo un braccio alla tastiera del letto e l’altro, piegato sotto il braccio destro della cartografa, stretto sulle costole morbide della donna, si preparò ad amarla.
Sollevò Nami dal materasso, premendosela al petto, e addossandosi con forza alla tastiera del letto, iniziò a pompare nel ventre della rossa, ansimando e gemendo con lei per le spinte e le contrazioni dei loro sessi.
Le pareti strette e umide dell’intimità della rossa, si dilatavano e contraevano seguendo le spinte e le contro azioni del membro di Zoro, bagnandolo e asciugandolo con le labbra vaginali quando usciva e rientrava in lei.
-Oh si, si… Zoro… ah ah ah ah ah… Zoro si…-
Respirava a tratti, gemendo e sospirando contro il padiglione auricolare dello spadaccino, leccandogli il lobo con i tre pendagli, implorandolo di farla sua, di continuare a spingere con forza in lei, di marchiarla con il suo seme e di amarla fino allo stremo delle forze.
Voleva sentirlo, Nami, voleva sentire la forza del suo uomo, il suo amore, la sua passione bruciante mista a quella dolcezza, rude e impacciata, che riservava solamente  a lei.
Deglutendo un gemito, la rossa strinse maggiormente la presa delle sue cosce sul bacino del compagno, accentuando la presa dei loro sessi e, portata una mano dalle spalle di Zoro al materasso, si addossò al letto, iniziando a rispondere alle spinte del verde con alzate del bacino, risucchiando in sè il fallo eretto che la penetrava.
-Na-nami… mmm-
Lo spadaccino ghignò, deglutendo pesantemente il respiro, rotto e spezzato, che gli graffiava la gola, gemendo di piacere nel sentire il bacino della sua mocciosa cozzargli contro, aumentando la sua penetrazione e regalandogli ondate calde di piacere.
Strinse con forza la presa sulla tastiera del letto, aumentando le spinte con cui faceva tremare Nami sotto di lui, premendosi con i pettorali duri e definiti nel marmo, sui seni morbidi e burrosi della rossa, fondendosi con lei.
Il materasso iniziò a cigolare acutamente, con crepitii sempre più striduli e veloci, mentre la tastiera del letto sbatteva con irruenza il suo legno, sulla parete dorata della stanza.
I gemiti, i respiri strozzati, gli ansimi, i soffi, i mugugni, i gorgoglii di due corpi fusi insieme, di membra umide e stanche che ancora continuavano ad unirsi, cercandosi e trovandosi in sue figure che nulla avevano in comune.
-Zoro…-
Due mani si strinsero con forza, le gambe strette a non lasciare spazio al compagno, le labbra a baciare e mordere ogni centimetro di pelle cotta dal sole e aromatizzata al Rhum.
-Nami…-
I capelli rossi stretti tra le dita callose, i seni martoriati da morsi e tocchi di una lingua, che non sarebbe mai stata capace di parlare d’amore, senza baciare ogni frammento di morbida e profumata pelle al mandarino.
I cigolii del materasso stridevano contro le grida e le urla di piacere dei due amanti.
Lo sbattere rude e legnoso della tastiera del letto, spezzava a fatica il ritmo incalzante e continuo dell’amarsi dei due pirati, che si agitavano tra le lenzuola, strappandole e scalciandole senza mai dividersi.
I corpi erano sudati e fusi tra loro, stretti in un abbraccio senza fine, in un bacio senza respiro.
Le spinte si susseguivano instancabili, i contraccolpi di bacino attutivano sola la voglia, non la foga.
Ancora, ancora, ancora…
Più forte, più forte, più forte…
Più veloce, più veloce, più veloce…
Non si sarebbero mai fermati, non si sarebbero mai divisi.
Avrebbero continuato ad amarsi senza sosta ne contengo fino a quando qualcuno non li avesse divisi con la forza, riportandoli alla calma, e costringendoli a incatenare nuovamente la loro passione incandescente.
Ma per il momento, fino tanto che il materasso continuava a cigolare e la tastiera del letto a sbattere con forza sulla parete, sgretolandosi scheggi dopo scheggia, loro avrebbero continuato ad amarsi instancabilmente.
Senza mai attenuare il volume.

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Capitolo 18
*** Sfumatura 18: Mani ***


Sfumatura 18: Mani
 

Il buio circondava l’ambiente.
Aveva il fiatone, correva da troppo nell’oscurità, allontanandosi da quelle mani orride e sporche di sangue.
Deglutì a vuoto, sforzandosi di avanzare, ma sentiva i passi leggeri dei morti avanzare e velocizzarsi, pronti per la loro vendetta.
Ringhiò, e riprese a correre, avanzando, inciampando, cercando di trovare l’uscita da quel buio.
Ma le mani erano vicine, e ben presto si allungarono, aggrappandosi agli abiti che indossava.
Vendetta.
Volevano vendetta.
Spade affilate e sciabole armarono le dita cadaveriche degli inseguitori, avventandosi per ferire e uccidere, per dissetarsi di una vendetta che troppo a lungo avevano aspettato.
Tentare di difendersi era inutile, erano in troppi, e presto avrebbe perso la vita a sua volta.
Non riusciva a contrastarli, a scappare, e riuscì solamente a intravedere la lama che, dal cielo nero, si abbatteva sulla sua giugulare, colorando il buio tetro con un vivido e scarlatto zampillo di sang…
 
 
-AHHHHH-
Si svegliò madido di sudore nel suo letto.
Il petto atletico e nudo si abbassava e alzava forsennato, in cerca d’aria, riempiendo e svuotando i polmoni in apnea.
Le mani strette alle lenzuola, a reggere il peso teso e fremente delle braccia del verde, semi seduto sul cigolante materasso.
-Zoro?-
Sobbalzò, ancora scossa dall’incubo, percependo la mano di Nami accarezzargli la schiena.
-Buzzurro che succede?-
Tornò a stendersi sul letto, passandosi una mano sugli occhi.
Un incubo.
Sempre lo stesso.
Orribile e buio.
Le mani di tutti i suoi nemici, morti per mano sua, per mano delle sue spade, e che mai avrebbero avuto vendetta se non in sogno.
-Niente- deglutì, sentendo la rossa scivolare al suo fianco, prendendogli il capo tra le mani, portandoselo al petto –Niente-
Nami iniziò ad accarezzarli il capo, baciandolo tra i capelli.
-Va tutto bene- gli sussurrò, spostando le braccia a prendergli le mani, portandosele sul grembo piatto.
-Le tue mani non hanno ucciso nessuno di innocente- continuò a baciargli il capo, posato sui seni, esperta nel rincuorarlo e calmarlo –Lo hai fatto per sopravvivere… per arrivare da me-
Zoro si aggrappò alla fine canotta della cartografa, sentendo le palpebre pesanti e i nervi più rilassati.
-Le tue mani non hanno ucciso, hanno salvato- lo baciò ancora, mentre la sua voce arrivava sempre più ovattata alle orecchie dello spadaccino –Hanno salvato Rufy, Usopp, Robin, Brook, Chopper… me-
Chiuse l’occhio sano, regolarizzando il respiro.
-Le tue mani mi hanno salvato…-
Si abbandonò del tutto al petto della sua mocciosa, sospirando.
-… le tue mani mi hanno dato vita, e mi proteggono-
Morfeo tornò a cullarlo, mentre Nami sorrideva stringendolo a sé.
-Le tue mani sono la mia vita, Zoro-
Finalmente il verde poteva tornare a sognare.

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Capitolo 19
*** Sfumatura 19: Non è gelosia ***


Sfumatura 19: Non è gelosia

 
Zoro non era un tipo geloso.
Non a suo dire, almeno.
Era protettivo e non gli piaceva che si toccassero le sue cose, sia che si trattasse delle sue katane, o della sua panciera verde o di Nami.
Soprattutto di Nami.
Per quello, ogni volta che la giovane e prosperosa navigatrice si apprestava ad usare lo spazioso ed invitante bagno del piano superiore della Thousend Sunny, il protettivo spadaccino di bordo si posizionava, stoico e minaccioso, dinanzi la porta della toilette, ringhiante e agguerrito, pronto ad affettare chiunque avesse avuto la malaugurata idea di transitare per il luminoso corridoio, che correva dinanzi al bagno.
Non che i componenti della ciurma fossero così pazzi da osare anche solo pensare di irritare il già collerico spadaccino, ma si sa, in ogni famiglia vi è un potenziale suicida.
E tra i Mugiwara ve ne erano ben due.
Un leggero soffio di vento scivolò sulla cima delle scale che conducevano al bagno superiore, facendo scattare sull’attenti Zoro che posò deciso una mano sull’elsa di una katana.
Studiò con sguardo fulmineo la penombra che si stagliava sulla cima della rampa di scale, soffiando cavernoso dal naso.
Un movimento impercettibile spezzò un lieve raggio di sole che si stagliava sul pavimento del corridoio da una finestrella, facendo aumentare il ringhio sommesso del verde.
-Brook!!!- ringhiò, facendo scattare la lama della spada a pochi millimetri dal fodero.
Nessun movimento si ripeté, provando a spezzare il silenzio del corridoio, e alcuna ombra scivolò rapida in fuga.
Lo spadaccino corrugò la fronte, digrignando i denti con rabbia.
-Vuoi morire di nuovo, scheletro?- abbaiò, estraendo del tutto la lama della katana.
Una risata acuta e nervosa esplose nel corridoio, e una nuvoletta verdastra scappò velocemente giù per la tromba delle scale.
-Sanji san!!!- urlava l’anima del canterino –Zoro san mi ha scoperto e vuole rompermi le ossa… anche perché altro non ho!!! Aiuto!!!-
Un vociare rabbioso e una nuvoletta di fumo investirono il violoncellista sulla fine della rampa, incolpandolo di poca furbizia e di essersi fatto scoprire senza problemi dall’Alga Marimo di guardia davanti al bagno.
Sbuffando, Zoro tornò ad incrociare le braccia al petto, addossandosi alla porta del bagno con le spalle, ignorando le grida di sofferenza di cuoco e musicista per l’ennesima mancata occasione di godere delle grazie della navigatrice.
Il verde chiuse gli occhi, scuotendo il capo per la perversione dei Nakama, cercando di rilassarsi fino alla fine del bagno della sua mocciosa.
Con i sensi sempre all’erta, rilassò le spalle contro lo stipite della porta, oscurandola con la sua enorme mole, concentrandosi su ogni minimo rumore che lo circondasse.
Poteva sentire lo spadellare veloce e attento del cuocastro in cucina, segno che si stava accingendo a preparare la cena, il correre sfrenato e rombante di Chopper e Rufy sul ponte interrotto a tratti da alcune note lievi dei un violino.
Stava cercando il ferroso passo di Franky, quando l’acuto cigolio della porta alle sue spalle, lo deconcentrò, facendolo scattare dritto con la schiena.
Stava per voltarsi, accogliendo Nami con un ghigno, ma si immobilizzò percependo delle rotondità bagnate e sode premersi contro il suo dorso.
-Buzzurro…- canticchiò la cartografa, circondandogli la vita con un braccio e portando la mano opposta a scompigliargli la zazzera, bagnandola con piccole gocce calde.
Zoro deglutì, irrigidendosi nel sentire il corpo nudo della compagna strusciarsi su di lui.
-Buzzurro, mi serve una mano…- si sollevò sulle punte la rossa, mordicchiando il lobo con i tre pendagli del samurai.
-… mi serve aiuto per lavarmi la schiena…- ridacchiò, accarezzandolo sulla patta dei pantaloni, giocherellando con il bottone che li manteneva chiusi.
-Ti va di aiutami?- gli soffiò nel padiglione auricolare, ridacchiando malandrina.
Zoro ghignò, voltandosi verso di lei e premendo le mani sul suo dolce costato morbido.
In poche falcate entrò nel bagno, richiudendosi la porta dietro le spalle con un pesante tonfo.
Perché Zoro non era geloso, non lo era affatto.
Proteggeva con cura le sue proprietà, occupandosene con estrema attenzione e assicurandosi che nessuno le sfiorasse con un dito.
E nessuno poteva sfiorare Nami, se non lui.
 

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Capitolo 20
*** Sfumatura 20: Estate ***


Sfumatura 20: Estate
 

Nami amava l’estate.
Era la stagione del sole, del caldo.
Delle giornate passate in riva alla piscina della Sunny, a mollo tra le onde del mare, ad abbronzarsi sulla  sdraio.
L’estate era la stagione del gelato, dei ghiaccioli e della frutta.
L’estate era la stagione dei mandarini.
Nami amava prendersi cura dei mandarini di Bellemere.
Potarli sotto i raggi del sole, abbeverarli nei pomeriggi assolati, raccogliere i loro succosi e colorati frutti, assaggiandone ogni tanto qualche spicchio, gustandone il sapore acidulo e dolce, dissetandosi e perdendosi nei ricordi che quel piccolo frutto del sole racchiudeva in sé.
Nami amava l’estate.
L’amava in ogni usa sfaccettatura.
In ogni giornata di sole, in quelle di tempesta e di grandine.
Amava i pomeriggio afosi e quelli umidi, la brezza serale più fresca e l’afa che si alzava all’alba.
Nami amava l’estate.
Ma l’amava ancor di più da quando conosceva Zoro.
Non perché lui, con il caldo, diventasse più dolce e gentile.
Non perché le spalmava la crema solare sulla schiena con le sue grandi e callose mani.
Non perché, con il caldo opprimente, vederlo allenarsi sul ponte della nave grondante di sudore la rendesse orgogliosa di lui e dei suoi sforzi.
No.
Nami amava ancor più l’estate da quando conosceva Zoro, perchè lui, con la sua calda e pigra presenza, dormicchiava ogni pomeriggio nel suo agrumeto, proprio quando lei vi lavorava. E lì in quel piccolo terrazzino rialzato, dove il mare era confinato ai margini del mondo dalle chiome verdi degli alberi da frutto, lì dove il ricordo di Bellmere era vivo e tangibile, dove i mandarini crescevano e si coloravano della stessa sfumatura dei capelli della cartografa, dormiva e riposava anche l’uomo che la rossa amava.
Sorrise Nami, posando il cesto pieno di mandarini a terra, intoccata dalla calura pomeridiana, fissando lo spadaccino dormire sotto la chioma di un mandarino.
Nami amava l’estate.
L’amava perché riuniva in sé tutto ciò che lei amava: Bellmere, i mandarini, e Zoro, tutto in quel piccolo giardino segreto estivo.
 
 

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Capitolo 21
*** Sfumatura 21: Vivi ***



Sfumatura 21: Vivi



Si stringevano tra le lenzuola sgualcite e strappate.
I cuscini gettati in ogni dove, i vestiti sporchi appallottolati contro la porta, le armi gettate lontane, le bende imbevute di sangue sgualcite e allentate sulle loro ferite.
Il capo di Nami era posato sul materasso, i capelli sconvolti sperasi sotto di lei e stretti nella micidiale presa di Zoro, ancora ansimante, con la bocca spalancata contro la spalla tatuata della compagna, a baciarla con il respiro e le labbra screpolate attaccate alla sua pelle colorata.
Con il braccio libero e bendato dal gomito alla spalla, Zoro la strinse al suo petto con forza incontrollata, sgualcendo l’enorme fasciatura che avvolgeva la cartografa sull’addome, strappandole un leggero gemito.
Grugnì, baciandola con foga sulla gola, stringendo tra le dita i riccioli sporchi di sangue e sudore, infossando il volto contorto in una smorfia di dolore nell’incavo tra spalla e collo della rossa.
Tremante e trattenendo i singhiozzi, Nami si voltò, premendo il prosperoso petto sugli addominali del verde, baciandolo e annientando ogni distanza tra di loro, immergendo il viso, ferito su un lato, sul petto del compagno, mentre con le mani ricuciva ogni, nuova e vecchia, cicatrice che solcava il corpo dello spadaccino.
Quando raggiunse le bende che avvolgevano il braccio dell’uomo, tremò nuovamente, premendo con furia le labbra su quelle del compagno, baciandolo con disperazione e graffiando le bende imbevute di porpora, strappandole e aggiungendole alle proprie, sgualcite e allentate sul materasso del loro letto.
-… Zoro…- pianse piano, aggrappandosi a lui, stringendolo al suo petto per le spalle, e cercando di diventare un tutt’uno con lui, premendosi a sciogliersi su di lui.
Le mani di Zoro la strinsero al suo petto, intrecciando le gambe graffiate e nude, riunendo i loro bacini bisognosi di completarsi, di sentirsi uniti e vivi.
Vivi.
La baciò con passione, trasporto, lussuria.
La baciò come se potesse essere l’ultima volta e che stesse combattendo contro quella possibilità.
La baciò come se realmente non fosse più lì, come se quel bacio potesse essere l’ultimo ricordo della loro storia.
Di loro due.
La voleva sentire viva, viva tra le sue braccia.
Nami si piegò su un lato, permettendo al verde di entrare ancora n lei, di baciarla, di amarla, di viverla.
Lo voleva vivo.
In lei, per lei.
Lo abbracciò per le spalle, accerchiandolo per la vita con le gambe e spingendosi ad accoglierlo nel suo grembo, a sentirlo vivo dentro di lei, ansimante sulla sua spalle, le labbra bagnate a baciarla, la pelle sudate a sfregarsi ancora sulla sua.
Vivi.
Vivi, erano vivi.
Nonostante l’imboscata della Marina, nonostante le ferite, nonostante la paura di vedere lui senza un braccio e lei trapassata da un proiettile.
Vivi, vivi, erano vivi.
Gettò il capo sul materasso, spargendo i capelli sulle cuciture del tessuto, stringendosi a lui, amandolo, lasciandosi scuotere dalle sue spiante, levigata dalle carezze, dai baci, dagli ansimi.
Si strinsero ancora, di nuovo, mai abbastanza.
-… Zoro… Zoro…-
Le bloccò una mano con la propria, tra i loro corpi uniti, sul letto del cuore di entrambi.
-Sono qui…- ansimò, schiarendosi la voce -… sono qui Nami… siamo vivi…-
La baciò, liberandosi in lei, cercando la vita nel suo grembo.
Erano vivi, ancora, di nuovo, mai abbastanza.
Vivi.

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Capitolo 22
*** Sfumatura 22: Kuina ***


Sfumatura 22: Kuina

 
Passò il panno di cotone sulla lama della Wado, fissando il riflesso del sole brillare sul filo tagliente della spada.
Ghignò, soddisfatto del suo lavoro e, bagnata la pezzuola di grasso di balena, riprese a lucidare l’amata katana, rendendola perfetta e luminosa.
Un angolo del suo ghigno si ampliò, quando la percepì dietro le sue spalle, ancheggiante e sensuale come una gatta, formosa e profumata di mandarino.
Non interruppe la pulizia delle spade, ma si preparò a un suo tiro mancino.
Avrebbe potuto gettargli un secchio d’acqua addosso, infilargli una qualsiasi schifezza giù per il colletto della maglia, urlargli nei timpani solo per il gusto di vederlo scattare furioso in piedi.
Ma Nami, non fece nulla di tutto ciò.
Anzi, diede voce semplicemente a una domanda che da sempre le tormentava l’animo.
-L’amavi?-
Si voltò a fissarla, studiandola con l’unico occhio rimastogli.
Era bella Nami, bella come il sole, e come la stella mattutina, anche lei lo accecava con i suoi sorrisi, imbarazzandolo con dolci carezze che gli coloravano il viso, e che lui chiamava in rochi borbottii “abbronzatura”.
Ed era bella anche in quel momento, con il busto leggermente incurvato verso di lui, le ani dietro la schiena e gli cocchi fissi a scrutarlo mentre una ciocca di rame gli dondolava a lato del viso.
Con lentezza, Zoro si posò sulle gambe piegate la katana bianca, sollevando la mano destra a sfiorare a fior di dita la guancia della navigatrice, accarezzandola con dolcezza.
Incrociò il suo sguardo a quello della rossa, pensando a fondo alla sua domanda, ancora in attesa di risposta.
L’aveva mai amata?
Kuina, con il suo sorriso malinconico e turbato, i suoi grandi occhi pieni di sogni e il baschetto nero.
L’aveva amata?
Un amore infantile, innocente e fanciullesco, un amore che non aveva niente a che vedere con l’attrazione fisica e ormonale, ma semplicemente un’amicizia cresciuta in fretta, divenuta presto in un affetto dolce e lieve.
Aveva mai amato Kuina?
Ripensò alle loro sfide, alle duemila sconfitte, al rapporto di scontro e incontro che li legava.
Alla loro promessa.
Alla sua morte.
Eppure Zoro era certo che la sua amica d’infanzia, gli fosse ancora accanto.
Kuina era ancora viva in lui, non giaceva fredda e inerme nel cimitero di Shimotsuki, ma viaggiava lungo la Rotta Maggiore in sua compagnia, vibrando con l’anima nella spada che proprio in quel momento riposava sulle gambe di Zoro.
Abbassò lo sguardo sulla lama lucida e indistruttibile che brillava sotto di sé, e non riuscì a trattenere un ghigno.
Con forza controllata, spostò la mano ancora sollevata a sfiorare il viso della rossa, al suo braccio, strattonandola a terra con lui. L’abbracciò per la vita, baciandole una guancia e strusciando il profilo del naso contro la linea, morbida e chiara, della mascella di Nami.
-Forse- sussurrò, facendola rabbrividire –Ma mai quanto amo te…-
Le baciò la pelle calda sotto l’orecchio, risalendo a mordicchiarle il lobo e posando poi le labbra a ghignarle contro il padiglione auricolare.
-Tranquilla- pressò maggiormente la presa sulla sua vita, portando anche l’altra mano a voltarle il viso, costringendola a fissarlo negli occhi.
-Non amerò mai nessuna, come amo te-
La vide arrossire, diventare scarlatta in pochi istanti, assumendo un colore simile a quello dei suoi adorati mandarini, mentre boccheggiava, impacciata.
-Io… io… io lo so!!!- si alzò di scatto, stringendo i pugni lungo i fianchi  tentando, inutilmente, di celare il sorriso smagliante che le si allargava sul viso.
-Insomma…- si allontanò in fretta, dandogli le spalle -… dove la torvi una come me?!? Che sia così pazza, poi, stare con te?-
Zoro sghignazzò, fissandola camminare sul ponte erboso della Sunny, ancheggiante e felice come non mai.
Abbassò gli occhi alla katana, scintillante e lucida sulle sue cosce, accarezzandone l’impugnatura, prima di riporla nel suo fodero.
Perché aveva realmente amato Kuina, come un’amica, la migliore, una sorella, ma non avrebbe ami amato nessuno come amava Nami.
Lo sapeva, sia lui che Kuina.
 
 

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Capitolo 23
*** Sfumatura 23: Accontentarsi ***


Sfumatura 23: Accontentarsi
 

Non era bravo con le parole, non era romantico, non rubava le divise ai marine che sconfiggevano, per poi usarle in un gioco di ruoli con Nami.
Quella era Nami.
Era lei che metteva più fantasia di Zoro nel sesso, e lui lo doveva ammettere.
Posizioni, ruoli e piccanti sorprese, erano sempre state idee della cartografa, che senza problemi riusciva ad esprimere la passione che provava per lui, amandolo con parole e attenzioni, e non solo con carezze grossolane e grugniti sorrisi ottenuti con grande sforzo.
La sua mocciosa lo accarezzava, baciava, gli sussurrava accattivante che lo voleva e amava, ricuciva ogni sua cicatrice con grazie e dolcezza di baci e carezze, lo amava con gentilezza e accurata attenzione ai dettagli, affinché anche il luogo in cui si amavano rispecchiasse il sentimento che li univa, e non del mero e scontato sesso.
E Zoro, questo lo sapeva.
Ciò che non sapeva, era come poter ricambiare tanto delicato e fantasioso amore, e vi cercava risposta anche in quel momento, mentre Nami gemeva contro le sue lebbra, sotto le ultime fioche luci della sera.
La navigatrice zittì un acuto gemito, premendo le labbra su quelle del compagno, aggrappandosi con una mano al suo collo taurino, mentre con l’altra immergeva le dita tra i suoi capelli smeraldini, striando la schiena e seguendo il capo inclinato del samurai, abbandonato con disinvoltura contro la parete in legno del castello.
La lingua di Zoro le lambiva le labbra, scivolando tra di loro e leccando affamato il palato della cartografa, mentre questa si strusciava su di lui, premendo i seni sul suo torace.
-… ah, Zoro…- ansimò piano, conficcando le unghie nella pelle bronzea del ragazzo, baciandolo con passione e furia, accaldata e vogliosa.
Si schiacciò contro Zoro, facendo cozzare tra loro i bacini, e costringendo il verde a premerle le mani sui fianchi, stringendola con controllata forza e premendola contro il petto.
-… mocciosa…- le leccò le labbra, spostandosi con la bocca a baciarle l’ovale del viso, fino a giungerle all’orecchio, che succhiò con vigore mentre infilava le mani sotto la corta gonnellina della rossa, cercandovi l’intimo.
Le sfiorò a fior di dita l’intimità, trovandola umida e sensibile, e ghignò, abbassandole ancor di più gli slip con una mano, mentre con l’altra le massaggiava il Ponte di Venere, eccitandosi.
Nami tremò, sgranando gli occhi e puntandoli su Zoro.
Voleva farlo lì?
Sulla panchina all’ombra del giardino rialzato?
Lì, dietro il ponte di poppa, proprio quando i loro Nakama stavano giocando sul ponte a poche decine di metri, e che avrebbero potuto sentirli e scoprirli in ogni istante?
-… Zoro… Zoro aspetta…- ansimò paino, tendendo le braccia tra i loro corpi schiacciati, respirando velocemente e trattenendo a stento l’eros in aumento.
-… buzzurro… qui?- domandò flebile, incapace di formulare domande più articolate, a causa delle mani bollenti e lussuriose del verde, che continuavano a sfiorarla sotto la gonna.
-Perché no?- ghignò lo spadaccino, baciandola sotto l’orecchio, facendola fremere –Non mi dire che non ne hai voglia…-
-N-no non è quello…- piegò il capo sul suo, mordendosi il labbro, in bilico tra il piacere dei baci del compagno, e le scariche di puro godimento che le elettrizzavano al pelle delle gambe -… ma Rufy e li altri potrebbero…-
-Mocciosa…- le baciò le labbra, stringendosela al petto.
La sua voce calda, strafottente e sicura di sé.
Le sue mani roventi sulle cosce, che salivano ad accerchiarle le natiche, costringendola ad allargare le gambe e a scivolare su di lui.
Le sue labbra ghignanti, che la baciavano e leccavano sul viso, sulla gola, sulle spalle vestite solo dalle bretelle del vestito… come poteva opporsi?
-… a-ahh…- ansimò stridula, aggrappandosi alle sue spalle, sentendolo entrare in lei, caldo e pronto.
Si morse il labbro inferiore, reclinando il capo all’indietro e abbandonando tutti i sensi all’estasi che provava nell’unirsi con Zoro, lasciandolo sprofondare in lei, accarezzandola e baciandola, mentre il copro della rossa si muoveva da solo, seguendo le spinte del bacino di Zoro.
Ansimava piano, attenuando ogni gemito e ansimo di piacere con le labbra, chiuse con forza, premute sul capo del verde, baciandolo e lasciandosi andare con lui.
Nonostante il pericolo di essere scoperti, le braccia che circondavano il corpo di Nami, amandola e cullandola, riuscivano a infondere la sicurezza necessaria a lasciarsi andare, mando totalmente Zoro, ricambiando le sue spinte e permettendo a suoni più acuti e lascivi di farle tremare le labbra, riecheggiando nel piccolo spazio in cui si trovavano.
-… ah… a-aahhh… Zo-zooro… mmm…- sussurrò acutamente, conficcando le unghie nella carne dello spadaccino.
Zoro strinse la presa delle mani sui fianchi della cartografa, ansimando profondamente, ghignate per l’eccitazione che gli scorreva nelle vene.
-Ti piace? - le baciò una guancia, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
Nami gemette, inarcando al schiena all’indietro e sussultando sulle gambe piegate, flettendosi e abbassandosi su di lui, unendo totalmente i loro bacini.
-Sii… a-ahhh…- si aggrappò alla sua maglia, ansimando profondamente -… oh si…- si leccò le labbra, tremando con gli occhi chiusi, increspando un sorriso con un lieve ansimo.
Socchiuse un occhio, approfittando delle spinte lente di Zoro, attenuate per quel piccolo attimo, ridacchiando piano.
-Ti faccio ridere?- inarcò un sopracciglio lo spadaccino –Credevo ti farti un effetto un po’ più… da mozzare il fiato- ghignò dandole una profonda spinta, arrivando a sfiorarla sulla parete finale del suo grembo.
Nami si strinse a lui, zittendo l’uro di piacere contro la sua gola, graffiandolo sul petto vestito per punirlo.
-S-scemo…- ansimò, con la gola secca -… ridevo p-perché vuoi sempre fa-arlo dove ci po-possono scoprire… mmm- fremette, sentendo le pareti del suo sesso tendersi, pronte a raggiungere l’orgasmo.
Richiuse gli occhi, abbandonando il capo contro quello di Zoro, il cui ghigno la solleticò sulla gola, baciandola e marchiandola con dei lievi morsi.
-Se ti riferisci a quella volta in cucina…- prese con forza nei palmi le natiche della rossa, sollevandola e riabbassandola velocemente sul suo bacino -… ti sbagli: non è vendetta… ah…-
La penetrò a fondo, unendosi a lei e gemendo con le labbra immerse tra i suoi ricci rossi e profumati, inglobando il corpo della navigatrice al suo, perdendosi in lei e nel piacere che provava.
-… è desiderio…- ansimò, affondando con il glande tra le pareti fradice della rossa, facendola ansimare -... è la scintilla che scatta ogni volta che mi sfiori…-
Aumentò le spinte, velocizzando i loro movimenti.
-… baci…-
Il sesso di Nami lo stringeva con forza, contraendosi, ormai prossimo all’orgasmo, accompagnandolo con gli ansimi e i gemiti che le vibravano in bocca.
-… chiami…-
Percepì chiaramente lo spasmo del fallo, che si tese tra i tessuti della sua mocciosa, liberandosi del suo seme e grondando di piacere, riversandosi in lei, facendola fremere, mentre ansimava a bocca spalancata, gettando il capo all’indietro.
-… ami-
Deglutì, bagnandosi la gola e recuperando un po’ di fiato per i polmoni roventi, ansimanti ancora per il piacere che li aveva colti.
Circondò il viso di Nami con le mani, baciandola e ghignando, estasiato dal piacere che poteva sorgere nel sorriso della rossa.
-… Zoro…- gemette, posando il capo contro la sua gola, rilassando le gambe e abbandonandosi su di lui.
-Non sono bravo con le parole, né con le emozioni…lo sai- le circondò la schiena con le mani, stringendosela al petto, scaldandola con rozze e grossolane carezze.
-Ti devi accontentare del mio amore, rozzo e privo di fantasia…- ghignò, allungandosi a leccarle la gola, risalendola per sussurrarle all’orecchio -… ma passionale e sempre pronto per te-
Nami sorrise, stringendosi a lui, ignorando bellamente le risate di rufy che stava salendo le scale del terrazzino in fretta.
-Mi accontenterò…- sussurrò piano, lasciando allo spadaccino il compito di spiegare al capitano perchè le sue mutandine fossero arrotolate sulle sue gambe, e perché lui avesse la patta aperta.

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Capitolo 24
*** Sfumatura 24: Amore ***


Sfumatura 24: Amore
 

Si accorse subito che qualcosa non andava.
Era rientrato dalla palestra reggendosi la base della schiena con una mano, gettandosi subito sul letto a faccia in giù, quasi l’avessero colpito a morte dietro le spalle.
Lo fissò basita, osservandolo mugugnare e bagnare le lenzuola con l’acqua della doccia che ancora gli gocciolava dalla pelle, muovendosi come un serpente sulla pancia.
-Buzzurro, tutto bene?- posò il libro sul comodino, inginocchiandosi al fianco dello spadaccino e studiandolo nel suo strisciare.
-T-tutto bene- sbuffò quello, affondando il viso nel cuscino, attutendo un lamento.
-Non direi…- si sostò una ciocca di capelli dal viso Nami, incrociando le braccia sotto i seni.
Zoro emise un altro lamento, premendosi con i pettorali sul materasso, cercando in vano di infilare tutto il corpo sotto le coperte con il solo movimento del bacino, riuscendo solamente ad appallottolare le lenzuola attorno a sé.
-Zoro davvero… che hai?- si curvò sopra di lui la cartografa, continuando a studiarlo con occhio preoccupato.
-N-niente ti ho d-detto, mocciosa…- sbuffò ancora, portandosi un braccio alla schiena.
-Oh si certo, lo vedo che sei il ritratto della salute!!!- sbottò ironica, saltando giù dal letto e avviandosi, in mutande e canottiera, alla porta.
-Dove vai?!?- mugugnò il verde.
-Chiamo Chopper- si infilò le ciabatte a forma di coniglietto –Dimmi te se ci si può ridurre in queste condizioni con un medico a bordo, ma io non so che razza di…-
-No mocciosa!!! Non osare uscire da quella porta!!!- sbottò rabbioso, sollevando il capo dal cuscino, fulminandola.
Nami assottigliò lo sguardo sul compagno, voltandosi a fissarlo dal fondo del letto, stringendo le braccia sotto i seni.
Stava male, e aveva ancora il coraggio di darle degli ordini?!?
-Devo forse vederti soffrire per tutta la notte?!?- sibilò.
-Sto bene…- mugugnò il verde, affondando di nuovo con il viso nel guanciale -… è… è solo stanchezza…-
-Stanchezza?- sollevò un sopracciglio ironia.
A chi voleva darla a bere?
A lei?
A una bugiarda nata come lei?
Ridacchiò, tornando a letto e sfilandosi la canotta.
-Oh quindi sei troppo stanco per fare l’amore?- sbatté le lunghe ciglia, con fare dispiaciuto, tendano la sua trappola.
Zoro alzò appena il capo, liberando la visuale di un occhio, posandolo sulle forme in biancheria intima della rossa, deglutendo amaramente.
I fianchi scoscesi, le gambe accavallate sensualmente tra loro, i seni che ballonzolavano stando fermi, le labbra carnose da baciare e quegli occhi di cioccolato che lo guardavano con malizia… come poteva non desiderarla?
-… no…- mugugnò, allungando una mano a sfiorarle un seno, racchiuso in una morbida coppa di cotone -… ce la faccio…-
-E allora su, dai…- si spostò apposta, distendendosi a pochi centimetri da lui, mettendo in bella mostra la sua mercanzia -… saltami addosso, Beast Devil!!!!-
Nuovamente Zoro deglutì, puntandosi poi con le mani aperte sul materasso, alzandosi con il busto, tentando di sollevarsi con tutto il copro e gettarsi sulla sua mocciosa, ma non appena mosse flebilmente la schiena, un agghiacciante scricchiolio risuonò nella cabina, provocando la ricaduta di Roronoa sul letto.
-Ouch…- riuscì solamente a soffiare Zoro, prima di affondare con il viso tra le coperte.
-A-ah!!!- lo additò fulminea Nami, saltando ginocchioni sul materasso –Vedi? Stai male!!!- ghignò vittoriosa, puntando i pugni ai fianchi - E tu vuoi anche scopare?!? Non riesci nemmeno a stare seduto, figuriamoci metterti sopra di me e usare la tua quarta spada!!!-
-Nami…- sbuffò un lamento, richiamandola.
Aveva bisogno della sua mocciosa tenera e dolce, non di quella rinfacciatrice e severa: voleva l’infermiera, non la maestria!!!
La mano delicata e leggera della cartografa si posò sui suoi capelli, accarezzandoli lievemente, posando un bacio sulla tempia che faceva capolino dal cuscino.
-Buzzurro…- lo chiamò piano, con dolcezza -… vado a chiamare Chopper…-
Non poteva vederlo in quello stato, strisciante sull’addome mentre emetteva continui grugniti di fastidio misto dolore.
-No…- mugugnò quello, allungando una mano e riuscendo a sfiorarle una gamba, piegata contro il suo costato -… lo sa già: è la schiena…-
Nami aggrottò la fronte, fissando il verde steso a pancia in giù sotto di lei, accarezzandolo ancora.
-E non ti ha dato nulla?- borbottò perplessa.
-Una pomata- sbuffò strafottente –Ma non ne ho bisogno, io…-
-Tu sei bloccato a faccia in giù per colpa della tua schiena!!!- lo zittì severa –Ne hai bisogno eccome, e ora dimmi dov’è questa benedetta pomata!!!-
Ringhiante, lo spadaccino allungò il braccio libero al comodino, aprendone un cassetto ed estraendone un tubicino chiaro di pomata, che subito Nami aprì, spalmandone un po’ sul dorso del verde.
Cosparse le spalle, la schiena e i reni del suo buzzurro, massaggiando poi con delicatezza e attenzione, affinché l’unguento si assorbisse in fretta e che il suo compagno ne avesse subito beneficio.
Studiava attenta con lo sguardo i muscoli tesi per il dolore del dorso rilassarsi, allentando la presa granitica che bloccava lo spadaccino, facendolo mugugnare di sollievo e ritrovato benessere.
-Umpf…- soffiò Nami, ungendosi ancora un palmo di pomata, portandolo poi sulle spalle del verde, massaggiandole energicamente.
-… perché non me l’hai detto?- sbottò, offesa più che arrabbiata, per l’omertà dello spadaccino –Avevi paura che ti prendessi in giro? Sai che non lo farei mia: se stai male, ti curo… e poi ti prendo per i fondelli!!!-
-Non è per quello- ghignò Zoro, rilassandosi sotto le mani esperte della rossa, che lo massaggiavano con delicati e leggeri movimenti sulle spalle –Non volevo farti preoccupare…- sussurrò piano, con gli occhi chiusi e il volto immerso nel cuscino -…e  non volevo rinunciare a fare l’amore con te…-
-E cosa stiamo facendo ora, secondo te?- gli soffiò nell’orecchio la rossa, ridacchiando, facendo tintinnare tra loro i pendagli.
Zoro corrugò la fronte, allungando le mani ad accarezzare le cosce piegate su di lui della navigatrice, ascoltandola con attenzione.
-Mi sto prendendo cure di te, non è amore questo?- lo baciò sulla nuca, facendola rabbrividire di piacere.
-Ti sto accarezzando…- passò i palmi aperti sulla colonna vertebrale -… ti sto massaggiando, ti sto facendo stare bene…- si abbassò a baciarlo sulla tempia che sporgeva dal cuscino, lasciando il capo posato contro la zazzera verde, macchiandola con alcuni ricci ramati -… non è fare l’amore questo?-
Zoro ghignò, ruotando piano il volto, posando le labbra su quelle della rossa, baciandola e assaporandola lentamente.
-Ti amo, mocciosa…- sussurrò, circondandole con un braccio i fianchi, portandosela vicino al corpo.
Nami si rannicchiò accanto a lui e, allungato un braccio al suo comodino, spense la luce della stanza.
-Ti amo anch’io buzzurro…- lo ricoprì con una coperta, ben attenta a non svegliarlo dal sonno profondo in cui era caduto -… e amo fare l’amore con te…-
 

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Capitolo 25
*** Sfumatura 25: Doccia ***


Sfumatura 25: Doccia

 
-Fatti più in là, mocciosa!!!-
-E dove? Sono schiacciata tra te e le piastrelle del muro!!!!- sibilò, puntando le mani contro i pettorali di Zoro, socchiudendo un occhio per lo scrosciare della doccia –Fatti tu più in là!!!-
-Se faccio un passo indietro, esco dalla doccia!!!- ringhiò, puntando le braccia alla parete piastrellata, frapponendosi tra la navigatrice e lo scroscio della doccia aperta.
Nami sbuffò, schiacciata tra il corpo del compagno e la parete fredda e liscia della doccia del bagno comune, costretta ad allargare le braccia contro il muro pur di non venir schiacciata dallo spadaccino.
-Oh dannazione!!!- strillò, scivolando da sotto la presa di Zoro, svicolando dalla sua mole e portandosi contro la tendina con le paperelle.
-Non possiamo andare avanti così!!!- pestò i piedi nel piatto della doccia, schizzando qualche goccia sul corpo bagnato del verde.
-Vallo a dire a Franky- sbottò quello, approfittando dello spazio acquistato per insaponarsi i capelli e sciacquarsi sotto la doccia.
Nami mugugnò con labbra storte, lasciando navigare lo sguardo sul corpo nudo del compagno mentre si lavava il capo, osservando i muscoli delle braccia, sollevate a sciacquare la schiuma dello shampoo, fossero ben definiti e lucidi, sotto l’acqua che correva dal microfono.
Si morse un labbro, tentata di premersi ancora su di lui, annullando quei miseri millimetri di distanza che li speravano, infischiandosene del peso dello spadaccino su di lei, o dell’ostruzione del box doccia, angusto e troppo piccolo per entrambi.
Sospirò, allargando le braccia ad allacciare la vita di Zoro, premendosi su di lui, facendolo ghignare.
Perché?
Perché il bagno padronale si era rotto?
Sospirò ancor, ben conscia di sapere esattamente il "perché" il bagno non fosse utilizzabile.
Di fatti, non era il perché materiale ad innervosirla tanto, per quello era facile trovare i colpevoli assassini, o come li chiamavano sulla Sunny, Usopp Chopper e Rufy.
Già, i tre piccoli geni del male si erano inventati di usare l’immensa vasca del bagno padronale come barca, staccandola dalle fondamenta in chissà che modo, per poi allagare il su detto bagno e usare le scale, che conducevano al piano inferiore  della nave, come cascate da cui discendere in groppa alla vasca-barca.
Risultato?
Un Franky che dal superinteressato all’ingegnosità dei compagni, al superdisperato per i disastri che avevano combinato, una Robin alquanto sornione per la stupidità del trio, e Nami, idrofoba di rabbi e isteria per la devastazione del suo adorato bagno.
Si schiacciò contro Zoro, mugugnando contrariata, immergendo il nasino nell’incavo tra gola e spalla del verde, lasciandosi bagnare dalla doccia e accarezzare, sulla schiena, da una callosa e calda mano dello spadaccino.
Non era tanto la distruzione del bagno a irritarla, ma quanto la distruzione del piccolo covo d’intimità suo e di Zoro.
Lì potevano stare insieme, farsi la doccia, parlare e rilassarsi, lasciando tutto furori dalla porta.
Era diverso dalla loro stanza, in cui ogni sera Chopper veniva a darle la buona notte, o in cui chiacchierava con Robin, mentre aspettava Zoro di ritorno dai suoi allenamenti.
Nel bagno padronale non erano più la navigatrice e il vice capitano di Rufy: erano semplicemente loro, una coppia.
-Credi che Franky ci impiegherà molto a sistemare il bagno?- domandò con voce tenue, premendosi su di lui.
-Con Usopp come aiuto no… ma con Rufy…- sghignazzò, attutendo il mugugnare contrariato della cartografa, stretta a lui.
Abbassò il capo a sfiorarle una tempie con le labbra, ghignati e divertite, stringendosela al petto.
-Però non è così male qui…- passò le mani sulla schiena della rossa, posandole i palmi aperti sulle anche.
-Perché?- borbottò Nami, con il viso ancora infossato contro la gola calda del verde.
Zoro sghignazzò, spingendo con attenuata forza la compagna contro la parete della doccia, bloccandola su di essa.
-Perché così non ti devo rincorrere nella vasca…- la baciò con passione, zittendola e, a suo modo, convincendola che tutto sommato, anche quella doccia andava bene per stare insieme.

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Capitolo 26
*** Sfumatura 26: Strade di cicatrici ***


Sfumatura 26: Strade di cicatrici
 
 

Scese a fior di labbra la schiena, saggiando le piccole cicatrici che la segnavano.
Baciò con casta cura il bacino, percependo sulla bocca la pelle elettrizzarsi per il suo passaggio, facendo fremere il corpo del partner.
Seguiva una rotta ben precisa, una strada che aveva imparato a percorrere notte dopo notte sulla sua pelle, scaldandola e sfamando i desideri affamati di entrambi.
Seguiva le coordinate con lussuria, libido carnale e voglia di sentirsi reciprocamente.
Percorreva la linea chiara della schiena fin sulla gola, saggiandola con bramosia, rincorrendo la passione sul corpo del partner.
Ma non era la passione la guida, quella notte, nella loro stanza buia e chiusa.
No, non quella notte.
Le cicatrici guidavano la bocca affamata di pelle, di sudore, di amore.
Pelle, pelle, aveva bisogno di più pelle su cui posare le labbra, la bocca, i suoi baci.
Scese a leccare una coscia, tesa per il suo passaggio, delineando una piccola e lunga cicatrice che la segnava dall’attaccatura sull’anca fin quasi a metà, poco sopra il ginocchio.
Molte di quelle strade di pelle ricucita non si vedevano di giorno, sotto i raggi del sole, ma a pelle, sotto le dita, sotto i polpastrelli che non riuscivano ad essere ciechi, erano nitide e violente come appena inferte.
Cicatrici chiare, scure, violente e indimenticabili.
Quando posava la bocca su una di esse, le poteva sentir raccontare la loro storia, l’esatto momento in cui erano state inferte sul corpo del suo amante.
Le sentiva parlare sulle sue labbra, le sentiva gridare e stridere di sofferenza, memorie di pelle di eventi sbagliati.
Scese ancora la gamba, prendendo tra le mani una caviglia, baciandola sul ponte del tendine, baciando la linea ricurva che la tagliava, discendendo la curvatura del piede, leccandone via l’ombra di una ferita, piccola ma profonda, sulla sua pianta.
Alabastra.
Sapeva come, quando, chi aveva inferto quella strada di dolore.
Lo sapeva.
Risalì piano la caviglia, posando la bocca su un piccolo cerchietto di pelle ricucita malamente, dove centimetri di dolore si stagliavano con amara fierezza sull'arto.
Un’altra strada, un’altra storia.
Chi gliel'aveva inferta?
Un bastardo, di certo, un bastardo che meritava solo la morte.
Baciò ancora la cicatrice, facendo schioccare le labbra contro il taglio ricucito, prima di ascendere con la lingua sulle gambe, arrivando al petto, dove cercò con attenzione quella cicatrice profonda e indimenticabile.
La si poteva vedere con lo sguardo, ma la si poteva intuire solo baciandola, toccandola, assaporandola e ricucendola con le labbra.
Solo assaggiandola la si poteva sentire veramente quella cicatrice.
Solo seguendola, percorrendola a fior di dita e con labbra umide, la si poteva sentire vibrare e piangere stille di sangue, ma nemmeno marchiandola con le labbra, baciandola in tutti i modi, si potevano cancellare quei punti di sutura di ferro, che sembravano aver incancrenito il ricordo con la pelle, invece che guarirlo.
Una cicatrice profonda, che non aveva visto nascere, per fortuna forse, o per un gioco perverso del destino.
La risalì, la lecco, baciandola ricucendola e zittendola, riempiendosi le orecchie dei gemiti del sul suo partner, piuttosto che delle grida che doveva aver urlato al cielo a causa della ferita.
Era una cicatrice profonda, troppo per eliminarla fin nelle radici, ma purtroppo non era la peggiore.
Perché ve n’era un’altra, più dolorosa, più mortale, una cicatrice che raccontava un’altra storia di dolore e lacrime.
Quella cicatrice, che stava baciando, dolcemente, a fior di labbra facendola gemere, ricucendola dal trapezio laterale fino alla clavicola.
Ne baciava ogni ombra, ogni colore, ogni singola traccia, la seguiva come strada maestra, la copriva ricucendola e premendo le mani sui suoi fianchi.
Perché era lì che si nascondeva la sua vera sofferenza, quella era le destinazione di quelle mille strade di cicatrici.
La spalla.
Quella spalla.
Chiara da bambina, macchiata di sangue in tenera età, e ora di un dolce blu cobalto, segno di libertà e felicità.
Quella era la sua destinazione, la spalla tatuata di Nami.
La sua felicità, la sua libertà.
Perché non importava quante cicatrici avesse sul corpo, quanta strada avesse percorso la sua mocciosa per arrivare fin lì, quanto dolore misto lacrime e sangue avesse versato.
Ora lui c'era, era lì al suo fianco, e più nessuno l'avrebbe sfiorata con un sol dito.
Nessun'altra strada, l'avrebbe segnata sul corpo.
E una cicatrice valeva più di una sua parola, valeva più di una promessa.
Era un giuramento.
 
 

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Capitolo 27
*** Sfumatura 27: Bambola ***


Sfumatura 27: Bambola

 
Si rigirò tra le mani la bambolina di pezza, sorridendo dolcemente accarezzandone i codini di lana.
Con gesto delicato, quasi fosse viva, la ripose insieme alle altre messe in bella vista sulla bancarella, spostandosi una ciocca di rame dal viso nell’esaminarne le compagne.
Zoro sbuffò, stringendo le braccia incrociate al petto.
-Non sei un po’ troppo cresciuta, per le bambole?- inarcò un sopracciglio, fissando Nami accarezzare una bambolina dai riccioli biondi.
-Non sei un po’ troppo cresciuto, per aver bisogno di qualcuno nell’accompagnarti per le città, evitando così che tu ti perda?- gli fece il verso, ruotando le iridi al passaggio colorato delle persone lungo le bancarelle.
Lo spadaccino grugnì dal naso, sbuffando spazientito.
Senza un perché la sua compagna, durante una tranquilla, si fa per dire, uscita di shopping, si era fermata dinanzi a quella bancarella, dichiarando di voler acquistare una delle bambole esposte.
Non gli aveva dato un motivo valido, né una spiegazione logica.
Gli aveva solo detto che ne avrebbe comprata una.
-Dimmi almeno il perché…- sbuffò ancora, studiandola sollevare una bambola dal vestitino rosa, ignorando la parlantina veloce e nauseante del venditore, disposto a tutto pur di vendere la sua merce.
-Perché no?- piegò il capo verso di lui Nami, rivolgendogli una linguaccia interrotta dal sorriso.
Il verde scosse nuovamente il capo, rassegnandosi all’attesa.
Nami continuava a sollevare, esaminare, e riporre le varie bambole, non decidendosi mai.
Di tanto in tanto, con una bambolina tra le mani, piegava con naturalezza il capo alla sua sinistra, gettando lo sguardo alle loro spalle, riponendo poi il giocattolo tra gli atri.
Stava giusto posando una olandesina dalle treccine bionde, quando sfiorò con le dita una piccola e graziosa bambolina di pezza.
Non aveva nulla di speciale, anzi, era la più povera tra quelle esposte.
I grandi occhi marroni erano due bottoni, i capelli lunghi fili di lana nera, un vestito a quadrettoni e le mani a manopola che mai avrebbero potuto piegarsi a stringere qualche accessorio.
-Questa- dichiarò decisa Nami, porgendola al venditore.
-Sicura signorina?- aggrottò la fonte quello, battendosi le mani sul pancione –Ve ne sono di più belle: questa ha anche un cestello insieme, o questa, di grande manifattura, con i ricami…-
-Ho detto questa- la strinse al petto la rossa, porgendo al commerciante i pochi spiccioli segnati nel cartellino che l’accompagnava.
L’uomo afferrò lesto le monete, intascandole e dimenticandosi presto di Nami e Zoro, tornanti nella calca del mercato.
Con sguardo asciutto, il verde fissò la compagna accarezzare la bambola, sorridente e orgogliosa del suo acquisto.
La voglia di chiederle nuovamente spiegazioni, si era attenuata, imbrigliandosi in un malinconico dubbio.
Quante bambole aveva posseduto la sua mocciosa, nella sua infanzia?
Una? Nessuna? Mezza?
Forse era quella la ragione che l’aveva spinta a una tale spesa, il desiderio mai soddisfatto di un giocattolo, solo uno, anche brutto e di poco valore, per riempire il vuoto di giochi degli anni che le erano stati rubati.
Allungò un braccio, accarezzandole un fianco, attirando la sua attenzione e facendola sorridere.
Gli si avvicinò lentamente, alzandosi sui tacchi e posando la fronte contro il suo viso.
Una bambola, piccola, povera, senza tanti fronzoli… le bastava questo?
-Nami…-
-Aspettami qui, ok?- lo baciò su una guancia, zittendolo –Farò presto…-
Zoro la fissò confuso, mentre la vedeva attraversare la strada e affacciarsi, piegata sulle gambe, in un piccolo vicolo che divideva due case a schiera.
La vide tendere la bambola nel buio della stradina, sorridendo  dolce a qualcuno che, allungata un’innocente e delicata manina, afferrò il giocattolo, bissandolo nel buio.
-È questa vero?- sussurrò Nami, alla piccola bambina che la studiava con enormi occhi sgranati -È questa la bambola che fissavi, nascosta qui?-
La bambina arrossì, stringendosi la bambola al petto, nascondendola nella maglia ricoperta di toppe.
-Come lo sai?- sussurrò timida, con voce tremante.
La cartografa sorrise malandrina, portandosi un dito alle labbra.
-Segreto- le tirò la lingua.
La bambina rise, strusciando il capo sui riccioli neri del suo nuovo tesoro, rabbuiandosi subito.
-Non posso accettare…- affermò dispiaciuta -… mamma dice che non devo accettare le cose dagli sconosciuti, ne rubare…- tese il braccio con la bambola a Nami, trattenendo le lacrime.
-Ma tu non hai rubato niente…- respinse la bambola -… e questo è un regalo, e un regalo non si può rifiutare-
Si sollevò in piedi, sorridente, ravviandosi i capelli.
-Davvero me la regali? E non vuoi nulla in cambio?- domandò ancora diffidente la bambina.
-Nulla, al massimo…- infilò la mano in una tasca, estraendone un piccolo sacchettino, tintinnante di monete.
-Non divido mai i miei tesori, con nessuno!!!- affermò decisa -Ma con te farò un eccezione…- prese una mano della piccola, riempiendola del sacchettino -… ma tu non dire a nessuno che sono stata io, o la mia fama da avara ne risentirà… ok?-
Fissò la bambina spalancare la bocca al colmo della felicità, incredula per il dono.
Quante bambole aveva ricevuto in vita sua Nami?
Nessuna, e mai ne aveva desiderata una.
Tesori, monete, pietre preziose e mappe del tesoro, quello aveva desiderato fin da bambina, perchè di quello aveva bisogno.
Ma quando aveva scorto quella bambina fissare con occhi luccicanti la bancarella di bambole, vi aveva letto nel so guardo il disperato bisogno di  normalità, di una bambola, un giocattolo semplice e privo di tanti ricami, con cui giocare e sentirsi più ricca di quanto la sua vita le avesse concesso di essere.
Quante bambole aveva ricevuto Nami nella sua vita?
Nessuna, ma non per questo, quella bambina doveva subire il suo steso destino.
-Promesso allora?- le sorrise, accarezzandole i capo e dandole le spalle.
La bambina annuì, seguendo con gli occhi colmi di gioia Nami tornare nella via, affiancando nuovamente Zoro.
-Fatto- esultò felice, prendendo per mano e guidandolo al porto –Ora dobbiamo solo tornare sulla Sunny: Sanji sarà in pens… ma che fai?!?-
Con un forte strattone alla mano, si ritrovò contro il petto dello spadaccino, e in un soffio tra le sue braccia, sollevata da terra.
-Zoro!!!- protestò, dibattendosi –Ma che ti prende?!?-
-Niente- ghignò il verde, avanzando tra il mercato –Ho solo voglia di tenere in braccio la mia bambola…-
-Odio quel soprannome!!!- gli tirò il naso, scalciando.
-Sai a cosa mi riferisco…- si sottrasse dalla sua presa, premendo poi la bocca sulla sua.
Nami si zittì, abbozzando un lieve rossore sulle guance.
Come aveva fatto a vederla?
Stupido Haki, ora non le era permesso nemmeno fare un’opera buona in anonimato…
Posò il capo sulla spalla dello spadaccino, accoccolandosi come una micia, al sicuro tra le sue braccia.
-Grazie…- sussurrò, facendolo arrossire.
-Torniamo a casa, ho fame…- ghignò sicuro, svoltando a destra in un piccolo vicolo.
Fece appena due passi, prima di riceve uno scappellotto dalla bambola che reggeva in braccio, per aver preso la direzione sbagliata.
 
 

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Capitolo 28
*** Sfumatura 28: Biscotti di fidanzate perfette ***


 
 
Sfumatura 28: Biscotti di fidanzate perfette


 
Fissò rabbiosa il contenuto della pirofila.
Qualche bollicina scoppiettava ancora sugli ammassi circolari di pasta frolla, emettendo leggeri gemiti di malessere nonostante fossero appena usciti dal forno, alla temperatura vulcanica di duecento gradi.
Ringhiò, stringendo le braccia sotto i prosperosi seni.
Cosa? Cosa aveva sbagliato quella volta?
-Sanji kun: ricominciamo da capo- ordinò, stringendo i lacci del grembiule sui fianchi, pronta ad inforcare di nuovo uova e zucchero.
Il biondo chef tremò, correndo a frapporsi tra Nami e il tavolo mutilato da matterello e chiazze sanguinolente di farina.
-No Nami swan adorata, no ti prego!!!- piagnucolò.
Nami fulminò il cuoco, schioccando le labbra furiosa.
-Perché?- sibilò.
Sanji annaspò, incapace di reggere lo sguardo dardeggiante della rossa, e non seppe dove trovò il coraggio, e la forza, per sussurrare piano le sue parole.
-È la sesta infornata di biscotti che esce dal forno im… im… im…-
-Immangiabili?- sibilò a occhi socchiusi.
-Imperfetti?- abbozzò.
Nami soffiò dal naso, oscurandosi dietro la frangetta, oscillando la coda raccolta per non impiastricciare i ricci di rame con l’impasto.
Voleva fare solo dei semplici e stupidi biscotti per Zoro.
Le fidanzate di tutto il mondo li preparavano per i loro innamorati. Non doveva essere difficili, e allora perché a lei non riuscivano?
Dove sbagliava?
La mano di Sanji si posò consolatrice sulla sua palla mogia, accarezzandola dolcemente.
-Potrei prepararli io e poi tu potresti farli passare per tuo…-
-No Sanji kun!!!- s’impose, pestando un piede a terra –Voglio cucinare dei biscotti per Zoro: io!!! Per lui!!!-
Sanji deglutì spaventato dagli occhi dardeggianti della cartografa, in bilico tra l’ardente desiderio di salvare la sua amata cucina dalla vena culinaria assassina della navigatrice, o soddisfare il desiderio della sua Dea.
-Nami swan…- piagnucolò, inumidendo le enormi iridi celeste -… il mio Regno: ti prego…-
-Ohhhhh!!!- ruotò al cielo gli occhi Nami, sbuffando e sfilandosi di dosso il grembiule.
No, gli occhi da cucciolo no!!!
Se era arrivato a tanto, allora era davvero la fine, sia per i biscotti che per la sua pazienza nel improvvisarsi fidanzata perfetta.
-Mr Prince un corno!!!- sbottò, aprendo la porta della cucina, ignorando il fuggi fuggi generale dei Nakama da dietro l’angolo del corridoio.
-Blateri tanto di voler esaudire ogni mio desiderio, e quando ti chiedo di aiutarmi a cucinare dei biscotti, piagnucoli!!!- criticò severa il biondo, lanciandogli un’occhiata torva.
-Avessi poi fatto chissà che danno: la cucina non è nemmeno esplosa…-sbuffò, uscendo dalla cucina pestando i piedi lungo il corridoio.
Zoro non avrebbe ricevuto alcun biscotto da lei, e se osava chiederglielo avrebbe ricevuto un pugno sul suo cranio verde.
Niente biscotti per Zoro.
E forse, per una volta, avrebbe dovuto ringraziare Sanji per avergli salvato la vita.

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Capitolo 29
*** Sfumatura 29: AH! ***


Sfumatura 29: AH!

 
Certe notti Zoro dava il meglio di sé.
O meglio, tutte le notti lo dava, ma in alcune particolari era letteralmente divino.
Passionale, romantico, travolgente, instancabile.
Nami si sorprendeva di come, dopo ore di allenamenti, avesse ancora la forza di baciarla, accarezzarla, volerla in quel modo così spasmodico e in frenabile.
La baciava da capo a piedi, l’eccitava con le sue mani, che scivolavano sui suoi seni turgidi e sensibili, scaldandole la pelle e lubrificandola con le labbra laddove era fradicia per lui.
La prendeva poi, con tenue forza, aumentando la velocità del coito spinta dopo spinta, regalandole un piacere travolgente e inimmaginabile, che la faceva esplodere di godimento nel suo apice.
Apice orami vicino, mentre Zoro le imponeva una nuova posizione.
Con le gambe piegate sopra le spalle dello spadaccino, il suo capo verde infossato tra i suoi seni burrosi e caldi, e le sue mani callose a tenerle sollevate le natiche dal materasso, Nami ansimava indegnamente, prossima all’orgasmo.
Sentiva i tessuti interni della sua intimità tendersi, consumando gli umori che la bagnavano per attutire le spinte del fallo del samurai che la penetrava, sempre più forti e violente.
Il respiro andava e veniva, singhiozzante nel suo petto, sotto quei seni turgidi di eccitazione e rossi di baci, dove la pelle luccicava per il sudore e i rivoli di saliva del suo uomo.
Chiuse di scatto gli occhi Nami, aggrappandosi alle spalle di Zoro nel percepire la cappella dura e tesa del suo membro sfregarsi con irruenza contro la sua parete finale, sfregando l’asta sulla cervice e premendo il clitoride contro un non ben definito organo del verde, rendendola pazza di piacere.
Stava per venire.
Lo sentiva.
Sentiva l’intimità stringersi, premendosi sull’asta del pene, contraendosi e lubrificando i tessuti per elettrizzarli al massimo per il culmine del piacere.
Annaspò, percependo chiaramente l’esatto momento in cui il glande di Zoro si schiacciò sulla sua parete più sensibile, mandando in tilt tutti i suoi sensi, elettrizzando il suo organo del piacere e facendola urlare con tutto il fiato che i suoi prosperosi polmoni potevano contenere.
-Oh Si si si… ah ah ah AH AH AH AH AH AH!!!!!-
Gettò il capo all’indietro sui cuscini del letto, annaspando e boccheggiando per l’amplesso che ancora vibrava in lei, mentre il cuore batteva a mille, facendola iper ventilare.
-… oh Dei…- soffiò, passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore, dove i ricci rossi erano impiastricciati contro la pelle lucida.
Zoro aveva smesso di pompare in lei, le mani ferme sui suoi fianchi scoscesi, il capo sollevato dai seni e lo sguardo fisso su di lei, sul suo petto che annaspava in cerca d’aria, sulla mano che dalla fronte scivolava fin sul letto del cuore, tremando ancora di piacere.
-… oh mamma…- schioccò la lingua sul palato la cartografa, ansimante e abbandonandosi al piacere latente che scorreva nelle sue vene.
Era stato così passionale, travolgente, forte, caldo… bello.
Si, bello.
L’aggettivo racchiudeva in sé tutto ciò che l’aveva fatta fremere e urlare di piacere, l’ardente passione che le aveva bruciato le vene, incendiandole ogni muscolo e facendola grondare di puro piacere.
-… oh Zoro…- boccheggiò, sollevando una mano tremate ad accarezzare la mascella, contratta nel sfoggiare un ghigno strafottente, del suo uomo.
Lo sfiorò appena, prima di far ricadere la mano sul ventre lucido, inarcando le dita a posarle sul pettorale caldo e sudato dello spadaccino.
Socchiuse gli occhi, ancora abbandonata al soffuso piacere che le scivolava dentro, miagolando pian nel sentire Zoro strusciarsi su di lei, portandosi maggiormente al suo interno e posando le labbra sulla sua guancia.
-Ho come l’impressione che ti sia piaciuto…- le sussurrò ghignate, accarezzandole i fianchi e scivolando con i palmi sulle sue natiche.
-… m-mmm…- annuì, sfregando le ciocche rossicce sulla fronte ampia e calda di lui.
Inarcò la schiena sotto i baci del verde, che risalivano il profilo del suo volto, baciandola sulla guancia, sullo zigomo per poi ridiscendere verso l’orecchio, il cui lobo bloccò tra le sue sottili labbra, succhiandolo appena.
-… peccato che io non abbia ancora finito…- le soffiò nel padiglione, dandole una spinta vigorosa, premendole la cappella ancora tesa contro la parete finale della sua intimità.
Nami sorrise, gemendo a labbra socchiuse in una leggera O, schiacciando i seni contro i pettorali del suo spadaccino.
Con sguardo malizioso e lucido di piacere, circondò le spalle di Zoro con le braccia, premendolo su di sé, allacciando le gambe all’altezza dei suoi reni e bloccandolo tra le sue cosce.
-E chi ti ha detto di smettere?- soffiò, unendo le loro labbra e baciandolo con trasporto, muovendosi con il bacino contro di lui, invitandolo  riprendere la danza dei loro corpi.
Si, certe notti Zoro dava il meglio di sé, e Nami sapeva che ne doveva sempre approfittare, anche a costo di dover poi accogliere nel suo letto Chopper nelle notti seguenti, impaurito dalla strana bestia che urlava per la Sunny invocando il nome del verde, pregandolo di non smettere mai di donarle piacere.






 
Ehi tu!!!
Si proprio tu, che leggi e fangirli sulle FanFiciton scritte con sudore della fronte e sangue dal naso di decine di autori di EFP.
Si, tu!!!
Sei un lettore fantasma, uno di quei lettori che piange, ride, urla di gioia per una storia, ma non recensisce mai?
Bene, allora sappi che è anche colpa tua se gli autori muoiono in una valle di lacrime alla vista delle poche recensioni alle loro storie, non sapendo se la trama piace o no, se i personaggi sono IC oppure OOC, se il pairing piace o è odiato
A ogni recensione non lasciata, più di tre autori per due vanno in analisi da Chopper.
Che intendi fare?
Forza dai!!!
Dona il tuo 8%o alle storie che ti hanno regalato un'emozione, e lascia una recensione (rima *w*)

*copia incolla e partecipa al Life for Writers"

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Capitolo 30
*** Sfumatura 30: Autunno ***


 
Sfumatura 30: Autunno


 
L’isola era un turbinio di chiome gialle, arancioni, rosse e marroni.
Il crepitio delle foglie secche che ricoprivano i viali delle città, risuonavano sotto i tacchi di Nami, facendola ridacchiare divertita dai colori autunnali e caldi dell’atollo.
Era strano trovare un’isola che si vestiva dei colori autunnali, calda e solare nelle mille sfumature di rosso, dai più caldi ai più tenui, arancione, come i suoi capelli, giallo, da quelli splendenti delle acacie a quelli più miti dei gocce d’oro, e dei marroni più svariati.
Per fino nella piccola radura in cui la ciurma si era fermata a pranzare, i colori caldi degli alberi che si spogliavano dipingevano di tepore e gioia le già allegre risate di Rufy, che correva e si gettava nei cumuli di foglie assieme a Chopper e Usopp.
Ridacchiò, stringendosi le gambe al petto, guardando i compagni saltare nei crepitanti ammassi di foglie secche.
Si portò una ciocca di rame dietro l’orecchio, per poi sollevare gli occhi di cioccolato al cielo rosato, ora abbellito da qualche mulinello di foglie pagliericcie, mosse da un leggero venticello.
Il soffio d’aria s’insinuò tra le fronde, spogliando le più deboli delle loro ultime foglie, facendole cadere come in una pioggia nella radura, riempiendola dei loro mille colori.
Solo in quel momento, posò gli occhi su Zoro, serenamente addormentato contro un tronco di un albero e quasi del tutto ricoperto di rosse foglie di rododendro.
Ridacchiante, saltellò fino a raggiungerlo, incurvandosi poi con il busto, mani dietro la schiena, sopra di lui, osservandolo.
Indossava uno yukata scuro, tendente a un marrone nocciola, l’unica katana che sporgeva dalla coperta di foglie che lo ricompieva era la rossa Sandai kitetsu, la pelle bronzea, quasi d’oro, che si mischiava ai colori autunnali e poi la sua zazzera.
Verde.
Verde smeraldina, di un verde sfavillante, quasi fuori posto in mezzo a tutti i colori caldi e secchi della radura.
Verde, verde, verde.
Il suo verde: verde Zoro.
L’ultimo verde della stagione, l’ultimo prima del gelido e lungo inverno.
Verde speranza, speranza del ritorno della primavera.
Verde promessa che dopo l’autunno, con i suoi gialli, rossi, arancioni e marroni, sarebbero tornati i verdi brillanti della primavera e dell’estate, con le tenere sfumature dei rosa e dei colori pastello.
Un verde di speranza, un verde eterno di ritorno.
Con sorriso tenero e mano morbida, Nami accarezzò il profilo del viso di Zoro, facendogli aprire l’occhio buono, fissandola interrogativo.
-Sei l’ultima foglia verde dell’autunno- sussurrò criptica.
Lo spadaccino inarcò le sopracciglia perplesso, fissandola ridacchiare nel sedersi sulle sue gambe e accoccolarsi contro il suo petto, respirando profondamente.
-L’ultima foglia verde dell’autunno…- ripeté, alzando poi il viso a baciarlo sulle labbra -… è sei solo mio-
Zoro l’abbracciò, stringendola a sé, non chiedendo spiegazioni ma abbracciandola con forza, scaldandola e baciandole il capo vermiglio, in una muta promessa che, sì, lui sarebbe stato per lei la promessa di un’eterna primavera.
Nonostante l’autunno incombente.
 
 

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Capitolo 31
*** Sfumatura 31: Oltre la porta ***


Sfumatura 31: Oltre la porta

 
Non poteva crederci.
La sigaretta ardeva ai suoi piedi, caduta dal suo labbro ora tremante e incapace di esprime lo sgomento che faceva fremere il corpo del cuoco di bordo.
Quelli erano… e lì… dietro quella porta… loro…
-A-aahh!!!-
Deglutì, incapace di credere a ciò che sentiva, tremano sul posto, incapace di staccare l’orecchio dalla porta ed andarsene, mettendo in salvo un minimo della sua salute mentale.
-… più giù Zoro… mmm!!!-
La soave voce di Nami swan inclinata dal piacere, mugugni difficilmente fraintendibili che echeggiavano dalla stanza fin nel corridoio, facendo tremare di rabbia e disperazione il povero Sanji.
Non poteva, non poteva: quel maledetto Marimo non poteva approfittarsi così della dolce navigatrice ramata.
Non gli importava che la dolce navigatrice avesse scelto lui, spadaccino rozzo e privo di cervello, come compagno della sua vita, Mr Prince non avrebbe mai accettato che una così soave, delicata, tenera Dea potesse essere sfiorata da mani callose e inette come quelle della verza marina.
-… a-ah, si…-
Ruvide mani.
-… più giùùù…-
Troppo calde.
-… si, si lììì…-
Pesanti sulla soffice pelle della sua adorata crostatin…
-… più a destra, Zoro… più a destra… mmm!!!... più a destra ho detto, idiota!!!-
Quell’inetto!!!
Lo sapeva, lo sapeva Sanji che per fino in quel frangente, nelle morbide curve di Nami, tra i suoi seni, tra le sue gambe, quel Marimo idiota riusciva a perdersi!!!
Strinse le mascelle, incapace di sopportare l’idea che Zoro, non solo stesse con la sua Nami swan, ma che non riuscisse nemmeno a donarle il totale appagamento di cui era degna.
No, non poteva permettere che accadesse.
Passi che la sua adorata sirena lo avesse scelto, ma che lui non si impegnasse a essere degno di tale privilegio… non poteva lasciarlo impunito!!!
Caricò la gamba sinistra, di gelosia più che di cavalleresca forza, e scagliò un suo calcio contro la porta della stanza, spalancandola con un secco crepitio dei cardini, infiammandosi di pura rabbia cupidigia, incenerendo con lo sguardo lo spadaccino seduto sul letto matrimoniale.
-MARIMO!!!- abbaiò, pestando il piede infiammato sul pavimento, ardendo di rabbia –ALLONTANA LE TUE MANI DALLA MIA DOLCE NA… N-nami swan?!?-
Spalancò l’occhio libero dalla frangia, fissando pallido in viso, la cartografa stesa sul letto, le braccia tese lungo i fianchi e con le mani strette a pungo sulle lenzuola, mentre i suoi delicati piedini colori pesca erano massaggiati dalle callose mani del verde.
-…mmm… Zoro… più giù ho detto!!!- mugugnò, articolando le dita dei piedi, in un chiaro moto di fastidio, mentre il ghigno del Marimo si allagava divertito nel muovere le dita sulla sua morbida pianta del piede.
-Na-nami swan adorata che…?-
-La ragazzina ha i crampi ai piedi- sghignazzò Zoro, passando il pollice, ruvido e caldo, sull’intero piede destro della rossa, facendola mugugnare di sollievo.
-…mmm…!!! Siii… lììì!!!-  inarcò le spalle contro il letto, ignorando la presenza del cuoco.
Sanji boccheggiò, incapace di credere che la sua dorata crostatina mugugnasse, ansimasse in un modo così paradisiaco per… per un massaggio ai piedi?
Forse era un punto erogeno, forse un trucco del Marimo, forse semplicemente non doveva origliare dietro una porta viaggiando di fantasia…
-Ohi, sopracciglio a torciglio!!- lo chiamò Zoro, distraendolo dai suoi pensieri –Che vuoi? Perché sei entrato così?-
Il biondo balbettò appena, boccheggiando e sbattendo ripetutamente le palpebre.
Le possibilità di dire la verità, che aveva origliato da dietro la porta della loro stanza e aveva creduto che lui fosse in intimità con la bella Nami e che non le donasse il piacere sufficiente, ricevendo giustamente un pugno sul naso, erano elevatissime.
-Io…- si schiarì la gola -… io… nulla-
Mosse la mano a cancellare i suoi pensieri, uscendo dalla stanza mentre Nami sbuffava e scalciava i piedini contro il viso del Marimo, orinandogli di continuare a massaggiarglieli.
Estraendo una sigaretta dalla giacca nera Sanji sbuffò, scuotendo il capo.
Stupido Marimo: se lui fosse stato l’uomo scelto da Nami swan, non si sarebbe limitato a un massaggio ai piedi… MELLORIEEEE!!!

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Capitolo 32
*** Sfumatura 32: Strega? ***


Sfumatura 32: Strega?

 
Sapeva che non doveva farlo.
Era sbagliato
Da uomo fragile e dolciastro, da damerino impomatato.
Un gesto adatto a quel cuoco donnaiolo di Sanji, e non a lui, futuro miglior spadaccino al Mondo.
Lui, Zoro, quella cosa non avrebbe mai e poi mai dovuto farla.
Insomma era troppo, troppo… romantica?
Già, romantica.
Smielata, dolce, tenera e diabetica, una cosa stomachevole per lui che ben sapeva che certi gesti erano da mammolette innamorate e prive di cervello, e non da veri uomini fieri e indistruttibili.
Eppure…
Eppure lui era innamorato, innamorato perso, e nuovamente, come ogni mattina, era lì, posato su un fianco, il sinistro, il capo sollevato dalla mano mancina che gli permetteva di bearsi della figura ancora dormiente della navigatrice con cui divideva il letto.
Ghignava mentre la sua pupilla nera scendeva ad osservare i ricci rossi della compagna spargersi sul cuscino, riversarsi come onde di rame tra le lenzuola, mischiandosi al candore della sua pelle bianca leggermente illuminata dai primi raggi mattutini che entravano dalla finestra socchiusa.
Scosse il capo, sghignazzando piano.
Che cavolo di incantesimo le aveva fatto quella strega?
Lui, lui prode guerriero che mai si sarebbe fermato a guardare una donna, ora si ritrovava ogni santa mattina a fissare la sua bella, tranquilla, serenamente addormentata accanto a lui mocciosa.
-… strega…- borbottò, sollevando la mano destra a spostare un ricciolo dalla guancia di Nami, facendola storcere il nasino.
La vide aggrottare le labbra in una piccola smorfia, allungando una mano, fino a quel momento ferma sotto il cuscino, verso il suo petto, a posarla all’altezza del suo cuore e lì, posata con dolcezza e amore, addolcire l’espressione, spostando il capo sorridente.
Sfiorò con le labbra il petto di Zoro, facendolo rabbrividire piacevolmente, mugugnando piano e riprendendo a dormire.
-… strega…- sussurrò nuovamente il verde, accerchiandole le spalle con il braccio libero dal reggergli il capo.
Strega, lei.
Forse non aveva ancora capito che era stato lui a incantare lei, e non viceversa.

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Capitolo 33
*** Sfumatura 33: Shopping ***


Sfumatura 33: Shopping
 
a Gibutistan
 
 
-… ancora un ultimo negozio e poi torniamo sulla Sunny…- cantilenò felice, saltellando sugli stivaletti nuovi, specchiandosi in una vetrina colorata di vestiti.
Zoro sbuffò, sfinito per il peso delle borse che ballonzolavano sulle sue braccia, mentre la visuale del marciapiede gli era del tutto ostruita da pacchi e pacchettini di vario formato, tutti acquisti della sua donna malata di shopping.
-Pooemmo feeaci?- mugugnò da dietro i pacchetti, cercando di mantenere salda la presa delle mascelle su una busta che reggeva in bocca.
-Come?- si voltò verso di lui Nami, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Lo spadaccino soffiò dal naso, mettendosi di lato verso la rossa, sputando a terra la borsa che sbatacchiò sul marciapiede.
-Fermiamoci!!!- ringhiò –Non ce la faccio più dannazione: hai presente quanto pesino queste cavolo di borse?!?-
Nami piegò le gambe a terra, raccogliendo con mano elegante la borsa che giaceva maltrattata ai suoi piedi, ponendola con un po’ troppa di forza sul mucchio che reggeva il verde.
-E tu…- sorrise serafica,  prima di sguainare i suoi denti squalini e lo sguardo infuocato di rabbia -… hai presente che hai appena gettato a terra un completino di Victoria’s Secret?!?!?!?- prese il ragazzo per il colletto incurvandolo alla sua altezza e facendogli traballare sulle braccia tutte le borse.
-Ho sborsato un sacco di soldi per averlo!!!-
-Non te l’ha mica ordinato Chopper!!!- sbraitò l’altro, saltellando su un piede per mantenere l’equilibrio.
-Ma li vale tutti: è divino!!!!- pestò i piedi a terra, stupendosi della faccia scocciata di Roronoa.
-Oh senti non so nemmeno cos’è un completo di Victoria Cassetto: voglio solo sedermi e mollare a terra tutta questa roba- sbottò avvicinandosi a una panchina e gettando, senza riguardo, le compere della rossa sul marciapiede.
-Victoria’s Secret!!!- lo seguì quella urlando, portandosi le mani ai fianchi scoscesi –Ed è un completino intimo per tua informazione-
-Un che?- sbadigliò Zoro, piegando le braccia dietro il capo e socchiudendo gli occhi.
-Uno di quei completino che indosso la sera solo per te…- parlò a voce bassa Nami, accentuandola con fare sensuale.
Picchietto i suoi passi fino alla panchina, sedendosi poi sulle gambe di Zoro, catturando la sua attenzione.
-… tipo questo…- si aprì la camicia, mostrandogli il reggiseno che indossava, nero e con molto, troppo pericoloso raso rosso ad ornare le coppe -… o quello verde che mi hai strappato di dosso ieri sera…- soffiò malandrina all’orecchio dello spadaccino, facendolo deglutire pesantemente.
-Umpf… ok ok, ha il suo valore…- sbottò, ruotando il capo dal lato opposto in cui Nami faceva le fusa sul suo collo, celando il rossore che gli colorava il viso -… ma voglio comunque riposarmi… e voglio anche una birra!!!-
-Oh dai…- miagolò la rossa, allacciando le braccia alla nuca del verde, strusciandosi su di lui -… questo è davvero l’ultimo negozio: poi andiamo in un bar a bere insieme-
-Tsk- storse le labbra –Chi ti dice che ti creda?-
-Lo fai sempre- lo baciò su una guancia, accarezzandogli il viso con la punta del naso –E poi, in quest’ultimo negozio non devo comprare qualcosa per me…- scese con mano ladruncola sulla maglia di Zoro, arricciando i polpastrelli sulla cinta dei pantaloni, giocherellandoci -… ma per te-
-Per me?!?- tornò a fissarla in viso, sollevando un sopracciglio poco convinto –Che diamine devi comprarmi?-
-Oh bhè…- sorrise malandrina e lussuriosa, avvicinandosi con il busto al compagno -… come a te piace vedermi con dei differenti completini intimi, anche a me piace vederti con boxer diversi…-
Accostò la bocca all’orecchio del verde, mordicchiandola prima di soffiarci dentro.
-… e mi piace tanto vederti solo in boxer…-
Un lungo brivido di piacere scese lungo la colonna vertebrale dello spadaccino, scuotendolo e facendogli inarcare le labbra in un ghigno compiaciuto.
-Ah si?- passò le mani attorno alla vita della rossa, attirandosela vicino.
-M-mm- miagolò quella, baciandolo sulle labbra, premendo i seni semi nudi contro la sua maglia fine.
Zoro le succhiò il labbro inferiore, premendole le mani sui fianchi fino a farla scivolare su di lui, mettendola a cavalcioni sul suo bacino.
-Quindi, ultima tappa boxer?- mordicchiò la mandibola della navigatrice, scendendo a baciargli le spalle.
-Si…- ansimò piano lei, abbracciandolo per le spalle -… o di Fudoshi: non sei male nemmeno con quelli-
Si alzò di scatto ridacchiante, scappando dal verde, pietrificato sulla panchina.
-E CHE VORRESTI DIRE CON QUESTO?!?- ringhiò alzandosi di scatto dalla panchina e muovendosi per correrle dietro.
-Ehi!!!- si voltò di scatto Nami –Non dimenticarti i miei pacchi!!!-
-Non ti basta il mio?- ghignò strafottente.
-BUZZURRO!!!!- strillò rossa in viso.
-Ok ok…- sghignazzò, afferrando con facilità tutte le compere della rossa –Ma stasera mi spiegherai questa storia del Fudoshi!!-
-Ne indosserai uno? Sarebbe una spiegazione più efficace…- ridacchiò afferrandolo per mano e aiutandolo, stranamente, prendendosi carico di qualche borsa.
-Chissà…- rise, camminando con lei, mano nella mano.

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Capitolo 34
*** Sfumatura 34: Mocciosa Cattiva ***


Sfumatura 34: Mocciosa Cattiva

 
Le teneva i polsi bloccati contro il materasso, premendoli con forza con una sola mano e pesandole sulla schiena con tutto il peso del suo corpo.
Gli occhi gli brillarono di lussuria nel vederla agitarsi sotto di lui, ruotando il capo e mostrandogli gli occhi sgranati di preoccupazione e incorniciati da quella massa selvaggia di capelli rossi.
Sentì il membro scalpitante e con la mano libera riaprì la patta, abbassandosi pantaloni e intimo, estraendone il fallo eretto e già pronto.
Gli occhi di Nami, seppur in quella posizione scomoda e dolorante per le gambe costrette in ginocchio sotto il peso dell’uomo, si allargarono ancor di più alla vista del membro, mozzando il fiato alla cartografa.
Accidenti!!!
Gran butta situazione.
Tentò di divincolarsi dalla presa dell’uomo, ma era troppo forte per lei che non poteva nemmeno scalciare con le gambe per allontanarlo e svicolare da quella pessima situazione.
Dannazione: e ora?
Ansimando, ruotò il capo verso il suo aguzzino, tremando quando vide la sua mano libera, scura e decisa, abbassarle gli short, spostandole il cavallo teso degli slip e rivelando la sua intimità.
Si strozzò con un urlo quando due possenti dita di lui la penetrarono, iniziando a ruotare tra le labbra, aprendole e preparandole, stimolando con il pollice la perla di piacere della rossa, incapace di invocare aiuto con la gola chiusa da gemiti e ansimi mal trattenuti.
Lo vide ghignare con la coda dell’occhio e la rabbia che provava per se stessa, per essere finita in quella pessima situazione, crebbe maggiormente, pungendole l’orgoglio che le impedì di emettere un solo altro suono dalla bocca, mordendosela a sangue piuttosto.
L’uomo sfilò le dita dalla sua intimità sghignazzando, accostando con fare minaccioso il suo fallo all’entrata della rossa che tremò fissandolo.
Con pollice e indice si sfregò il glande, stimolandolo e indurendolo prima di accostarlo alle labbra di lei, bagnandosi con i primi umori che vi colavano. Passò il membro sul clitoride, sfregandolo con forza, ritraendolo all’indietro e premendolo sulle labbra, non entrandovi ma solleticandole lascivamente.
Nami ingoiò la saliva che le riempiva il palato, impedendosi di continuare ad assistere a ciò che lui le stava facendo, ruotando il capo contro la tastiera del letto e conficcando le unghie nel tessuto del cuscino, mordendosi le labbra.
Dannazione, dannazione, dannazione!!!
È tutto per uno stupido scherzo.
Dannazione, dannazione, dannaz…
-Dillo-
Sgranò gli occhi, sentendolo parlare.
-Dillo o non lo farò-
La bocca della cartografa si aprì immediatamente, ma il suo orgoglio la bloccò aperta, impedendole di parlare.
No, non si sarebbe piegata così facilmente.
Testarda negò con il capo, facendolo ghignare divertito: che ragazzina cocciuta.
Riprese a passare la cappella del suo sesso sull’entrata della ragazza, massaggiandola ed eccitandola, facendola grondare di umori ma non soddisfacendola, premendo con maggior forza sui polsi di Nami, bloccati sui cuscini, quando la rossa tentava di dimenarsi e liberarsi.
-Su dillo…- ghignò, sfregando la cappella fradicia dei suoi umori sul sua intimità -… dillo e lo farò-
Nami ringhiò, negando ancora con il capo.
-Mai!!!-
Le si spezzò il respiro in bocca sentendo il glande premersi sulla sua fessura posteriore, spingendo per violarla.
Eh no, questo non valeva!!!-
-Zoro!!!- strillò, agitando le mani nel suo palmo –Co-così non val… ah!-
Irrigidì le natiche ansimando nel sentire il membro del compagno sfregarsi con forza sulla sua femminilità, facendola esplodere di piacere senza nemmeno penetrarla.
-Ma-maledett-ohhh!!!- premette la fronte sui cuscini, cercando di attutire i suoi gemiti di piacere, trattenendosi dal dimenarsi contro di lui e piegarsi al suo ricatto.
Dannazione, dannazione, dannazione: lo stava facendo solo per farla cedere!!!
La stava eccitando, ricattandola allo stesso tempo con lo sciopero del sesso solo… solo perché l’aveva mollato nel bel mezzo del paese dell’isola a cui erano appena approdati!!!
Stupido Marimo!!!
Non poteva, non poteva piegarla così!!
Lei…
-Dillo mocciosa, su- continuava a sfregarsi su di lei, trattenendosi con grande fatica dal farla sua –Dillo e lo facciamo…-
La massa rossa di ricci di Nami fremette, per poi agitarsi convulsamente in segno negativo, dimostrando la cocciutaggine della cartografa.
Un ringhio scontroso si sollevò dalle labbra dello spadaccino che, ormai anche lui al limite, sculacciò la compagna arrabbiandosi.
-Nami e andiamo: è colpa tua se siano a questo punto!!!-
-No- mugugnò la rossa, premendo il capo tra i cuscini –Sei tu quello che se la prende per uno stupido scherzo!!!-
-Scherzo?- ringhiò il verde –Scherzo lo chiami?-
Portò entrambe le mani ai fianchi della rossa, premendo il bacino di lei sul suo, facendola gemere e tremare di piacere.
-E se qualcuno ti avesse fatto del male?- si strusciò su di lei, facendola gemere -È un isola pericolosa, piena di cacciatori di taglie-
Una spinta, un’altra, le mani strette sui suoi fianchi e i gemiti della rossa sempre più acuti.
-Se ti fosse successo qualcosa…- si abbassò con il busto sulla sua schiena, accostando il volto dai ricci e scivolando con le mani dai fianchi ai seni, denudandoli del bikini e pizzicandone le cime -… sarei impazzito- di rabbia e avrei fatto una strage-
Si spinse con il sesso contro le sue natiche, continuando a stuzzicarla e sfregandosi apposta su quei punti che ben conosceva della sua donna.
L’urlo di Nami gli sembrò un segno di resa e le permise di inarcare la schiena e spingere il bacino contro di lui, aiutandola e reggendole i fianchi.
Ne aveva bisogno anche lui, voleva sentirla vicino e viva tra le sue mani.
-Zoro…- ansimò piano, strusciando le mutandine spiegazzate sul suo membro -.. ti prego: facciamo l’amore-
La baciò tra i capelli, sfilandole gli slip del tutto e massaggiandole il ventre.
Una piccola manina di Nami si intrecciò alla sua, portandosela alla bocca e baciandone le dita con dolcezza.
-Sono una mocciosa cattiva…- sussurrò piano, soddisfacendo la sua richiesta e pronunciando le sue scuse -… prometto di non allontanarmi più da te se ci troviamo su un’isola pericolosa…- lo sentì posare le labbra ghignati su una sua tempia, baciandola piano.
Con delicatezza, si spinse in lei, facendola gemere soffusamente e unendosi a lei, baciandole la spalla tatuata.
-Ma…- ansimò piano Nami, miagolando per le spinte del compagno -… sai bene che so difendermi-
-Mmm… si…- ansimò premendo il bacino sulle sue natiche -… ma…-
-… se qualcuno avesse –mmm- osato toccarmi, sarebbe morto fulminato… mmm, più forte Zoro… ah!-
Affondò in lei, spingendosi nel cuore del suo corpo, ansimandole tra i ricci e baciandole le tempie sudate.
-Se qualcuno avesse osato sfiorarti… ah- aderì completamente a lei, tendendosi con un braccio sopra il suo esile corpo per non schiacciarla -… sarebbe morto affettato… mmm!!!-
La sentì mugugnare di piacere, ricambiando le sue spinte e amandolo con la stessa intensità con cui la stava amando lui.
La strinse sotto di sé, accompagnandola verso l’apice e abbracciandola protettivo quando la sentì tremare per l’orgasmo.
Se la strinse al petto, baciandole i capelli e lasciandosi abbracciare con forza da quelle piccole manine da ladra.
-Promettimi che non ti allontanerai da me se ci sono pericoli- le soffiò tra i capelli.
-Prometto- ansimò lei, premendo il viso sul suo petto –Ma sappi che…- sollevò gli occhi a incrociare i suoi, sorridendo maliziosa -… potrei sempre mentire, d’altra parte sono una mocciosa cattiva… ricordi?-

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Capitolo 35
*** Sfumatura 35: Mia ***


Sfumatura 35: Mia

 
Zoro capiva benissimo che era un’isola estiva e che i tenta gradi all’ombra non erano facili per tutti da sopportare.
Capiva benissimo che Nami, con la sua pelle chiara e insofferente al caldo, necessitasse di indossare solamente un bikini e un paio di short ginecologici per combattere la calura.
Lo capiva e lo apprezzava, sfoggiando un ghigno lussurioso nel studiarla mentre passeggiavano lungo le vie del centro.
Capiva anche che, la visione della sua compagna in quei succinti e assai poco casti indumenti, dovesse avere un effetto per nulla calmante sugli individui maschili che popolavano l’isola in quelle giornate di sole, e che la sua chioma rossa e ribelle, le forme floride e il sorriso smagliante non fossero d’aiuto nel trattenere a cuccia gli ormoni.
Zoro capiva, capiva tutto.
Capiva il caldo, capiva che Nami era bella, capiva che era difficile resistergli.
Ciò che non capiva era perché, nonostante lui le stringesse la mano mentre camminavano, nonostante ringhiasse contro ogni individuo che provava a sorriderle con fare mellifluo, nonostante fosse lampante quanto Nami fosse sua e che nessuno poteva rivendicare anche solo un suo ricciolo ramato, lo spadaccino non riusciva a capire perché quei dannati marinai e pescatori di porto da quattro Berry continuassero a fissarla sbavanti e a provare un approccio con lei.
Ringhiò per l’ennesima volta, incenerendo con lo sguardo un damerino degli alti borghi dell’isola invitare la cartografa nei suoi alloggi per un “rinfrescante” pomeriggio in sua compagnia.
Rinfrescante un corno: se voleva una doccia fredda che se la facesse lui gettandosi nel porto!!!
Nami era sua, e i pomeriggi li passava solo con lui. Punto.
Strattonò la compagna, ridacchiante nel rifiutare la proposta del bamboccio, avanzando a lunghe falcate lungo le vie dell’isola, latrando e grugnendo contro ogni ombra maschile che si avvicinava a loro adontando la calura estiva.
Dannati!!!
Nami era su, sua, sua, sua!!!
Che ci voleva a capirlo?
-Scusi bella signorina…-
Si immobilizzò nel centro della piazza, ruotando a scatti il capo verde verso la fonte di quella pigolante richiesta di attenzioni, fulminando con l’iride nera il mollusco che aveva osato ancora una volta rivolgersi alla sua donna.
-Sparisci- piegò le labbra lapidario, aumentando la forza con cui stringeva la mano della rossa.
L’esserino tremò, scalpitando con le gambe tremolanti nel fuggire dall’ira di quel demone dalla zazzera verdastra.
-Idiota- storse le labbra, assottigliando l’occhio sulla sua fuga, accertandosi che si stesse allontanando con tutta la forza che possedevano le sue gambe.
Idiota, l’ennesimo.
Proprio non lo capivano che Nami era sua? Doveva tatuarle sul sedere “Proprietà di Roronoa Zoro”? Doveva farla andare in giro con una maglia con su scritto “Chi desidera, muore”?
Fu la risatina cristallina e divertita di Nami a distoglierlo dai suoi pensieri, facendogli ruotare il capo su di lei, ridacchiante e con gli occhi scintillanti di ironia a fissarlo.
-Oggi sei al quanto… possessivo- sghignazzò, tamburellando le dita della mano libera sul petto nudo del verde per via della camicia aperta.
Zoro grugnì, storcendo le labbra.
-È il caldo- ringhiò –Da alla testa alla gente… e non riesco a sopportarlo- piegò il capo a fulminare un gruppo di uomini che sorridevano nel studiare Nami.
-Oh già il caldo- rise quella, portando entrambe le mani attorno al collo di Zoro e, sollevandosi sulle punte dei sandali, baciarlo facendo schioccare sonoramente le loro lingue tra loro.
Le mani dello spadaccino si mossero con agilità, posandosi sui fianchi scoscesi della cartografa, stringendosela al petto e mordendole le labbra con trasporto, dimenticandosi per un lungo attimo dei numerosi passanti che li osservavano, alcuni con sdegno per quel scambio di effusioni eccessivamente passionali, altri con invidia.
-Tu sai che nonostante il caldo…- sospirò Nami, staccandosi lievemente da lui e interrompendo il bacio -… io resto comunque tua?-
Zoro ghignò, accarezzandole la schiena nuda e abbassandosi a risponderle con un bacio sulle labbra.
-Si…- ghignò soddisfatto, premendo con maggior forza le mani sui fianchi di lei -… ma è ora di farlo capire bene anche al resto dell’arcipelago-
Si caricò la rossa in spalla con slancio, ignorando le sue urla di protesta, avanzando con il suo nuovo carico per la piazza, sfoggiandolo come il più ricco dei trofei, ghignando e sculacciando la rossa con strafottenza quando questa lo calciava sullo stomaco imprecandogli contro per quel gesto da buzzurro.
Nami era sua, caldo o non caldo: era chiaro ora a tutti?
 
 

 

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Capitolo 36
*** Sfumatura 36: Kiss me ***


Sfumatura 36: Kiss me

 
-… e fa piano!!!- strillò ancora, fissando in cagnesco Zoro, stringendo le mani sulle lenzuola del loro letto e serrando le gambe tra loro –Non sono una tua spada, ricordatelo!! Devi essere delicato, fare con calma, con attenzione… e guai a te se osi irritarmi la pelle perché io…-
-Mocciosa la vuoi piantare di strillare?- sbuffò lo spadaccino, aggrottando la fronte e squadrando la rossa stesa sotto di lui.
Nami storse le labbra imbronciandosi, per nulla a suo agio, mordendosi il labbro inferiore e sfregando tra loro le cosce, incerta sul da farsi.
Era tutta colpa di quei dannati marines!!!
Non aveva ancora capito come era successo, fatto stava che durante l’ultimo scontro con la Marina tenutesi in mare aperto, uno stupido marine era risuscito a ferirla con la lama della sua sciabola nell’interno della coscia destra, ferendola.
Era un taglietto da niente, appena un graffio, ma Chopper si era raccomandato di disinfettarlo in fretta prima che s’irritasse maggiormente, assicurandosi che il filo della lama del soldato non avesse lasciato altre abrasioni o che peggio avesse sporcato il taglio con chissà che residui di altre battaglie.
Nami aveva acconsentito, trovandosi d’accordo con il piccolo medico.
D’accordo sulla medicazione, ma perché doveva fargliela Zoro e non lui?
-Preferisci che chiami Sanji?- sghignazzò lo spadaccino, bagnando un batuffolo di cotone con un po’ d’alcol.
La rossa grugnì, stringendosi le gambe al busto, rannicchiandosi sul letto.
-Perché non può farlo Chopper?- mugugnò con fare infantile, fissando le grosse e callose mani del compagno rigirarsi tra le dita la bottiglietta del disinfettante.
Zoro la scrutò serio, avanzando fino ai piedi del letto.
-Non ti fidi?- sbottò.
-Certo che mi fido- rispose rapida la rossa –Solo non capisco perché non possa farlo Chopper… - si morse l’angolo della bocca -È un punto delicato: non dovrebbe farlo qualcuno di esperto?-
-Io sono esperto: mi sono sempre medicato da solo prima di incontrare Rufy- inarcò un sopracciglio ghignando.
-Si e guarda che risultato- sbuffò –Sei ricoperto di cicatrici-
-Hai paura che ti lasci una cicatrice?- si addossò al materasso con un ginocchio, sormontando appena la compagna con il busto.
-No è che…-
Si zittì, tornando a stringere tra le dita le coperte e premere tra loro le gambe.
Oh ma perché non poteva farlo Chopper?
Lui la conosceva, sapeva bene che aveva una soglia del dolore bassa, e che odiava soprattutto il contatto di una ferita aperta con dell’alcol: le sembrava di bruciare viva, e l’odore che l’antisettico le lasciava sulla pelle le ricordava brutalmente i giorni all’Aarlong Park, dove le ferite abbondavano sul suo corpo e il disinfettante era dei più dolorosi al mondo.
Chopper sapeva, e sapeva come fare per non farle puzzare la pelle di ricordi lontani o per non farla urlare di dolore.
Zoro no, lui non sapeva: non sapeva della sua soglia di dolore da mocciosa, non sapeva dell’effetto che l’alcol aveva su di lei, non sapeva quanto odiava puzzare di disinfettante misto a sangue.
Lui non sapeva, e non avrebbe mai dovuto sapere.
La mano calda e grande del verde le accarezzò il viso, sollevandolo a incrociare i loro occhi.
-Se vuoi lo chiamo…- le accarezzò la guancia con il pollice -… dico a Chopper di lasciare per un attimo Rufy alle cure di Robin, e lo faccio venire qui-
Nami scosse il capo, negando decisa.
No, Rufy aveva più bisogno di lei delle abilità di Chopper: il suo capitano era ferito in modo abbastanza grave, lei invece aveva solo un taglietto.
Sospirò, allentando la pressione tra le gambe.
-Fa piano- raccomandò ancora –E se urlo (e lo farò, stanne certo!) ti fermi subito… ok?-
Zoro annuì secco, piegandosi con il busto tra le gambe appena aperte della cartografa, accarezzandole dal ginocchio verso l’intero coscia con le mani, prima di posare il più delicatamente possibile il cotone bagnato sul taglio sporco.
La sentì fremere al leggero contatto del batuffolo sulla pelle arrossata, trattenendo un gemito strozzato.
-Tranquilla- le accarezzò la coscia sana –Faccio piano-
Premette il cotone sul taglio, lavandolo con gesti veloci e delicati, sfiorando appena le labbra aperte della ferita e ripulendole dal sangue secco e stando ben attento a fermarsi quando la sentiva tremare con maggior forza, trattenendo il respiro a pieni polmoni.
Si assicurò di aver fatto un buon lavoro, prima di risollevare gli occhi, posandoli sul volto contatto a trattenersi dall’urlare di Nami: teneva gli occhi chiusi con forza, le labbra strette tra loro e le dita erano ormai avvinghiate alle coperte del letto.
Un leggero ghigno sfuggì al samurai nell’osservarla, associandola senza cattiveria all’immagine di una bambina intenta a trattenere le lacrime dopo essere caduta dalla bicicletta, in attesa del bacio della madre a guarirla da ogni dolore.
Il risolino gli scomparve dalle labbra a quel pensiero.
Lei, la sua mocciosa, una madre a baciarla dopo ogni caduta l’aveva avuta per poco, e mai nei momenti in cui le ferite peggior si erano aperte su di lei.
Fissò serio il leggero e irrisorio taglio sulla coscia della rossa, pulito e sano ora, diverso e uguale ad altre ferite che avevano sfiorato il corpo della sua compagna, lasciando ben altri tagli.
Accarezzò le gambe di Nami, cercando di fermare il suo tremore, abbassando piano il capo sulla ferita, baciandola con uno schiocco.
La gamba della cartografa tremò appena, arrestandosi poi e rilassando i muscoli tesi fino quel momento.
-… che fai?- sussurrò piano Nami, sollevandosi col busto ad osservare Zoro.
Il verde scrollò le spalle, baciando ancora il taglio e ricucendolo nella sua breve lunghezza.
Accarezzava la gamba e la baciava con calma, guarendola più di quanto potesse immaginare.
Sollevò il capo quando la mano di Nami lo accarezzò con gentilezza, ruotando gli occhi sul viso sorridente e dolce della rossa che lo fissava con le lacrime agli occhi.
-Grazie- sussurrò appena, abbassandosi a baciarlo e portandoselo al petto, tornando a stendersi tra le coperte.
Quel giorno, ben più di una ferita era stata rimarginata.
 
 

 

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Capitolo 37
*** Sfumatura 37: Adulti, Bambini, Amanti ***


Sfumatura 37: Adulti, Bambini, Amanti

 
Capitava ancora.
Meno di prima, ma capitava ancora e il risultato era sempre lo stesso.
Per una stupidaggine, o per un motivo più serio, quando Nami e Zoro litigavano e non riuscivano ad avere la meglio uno sull’altro, urlavano fino a sgolarsi per poi tacere e dividere le loro strade, voltandosi le spalle e ignorandosi, limitandosi a saettanti lanci di sguardi di fuoco e a mugugnii scontrosi.
Proprio come quel pomeriggio.
Era inutile per lo spadaccino concentrarsi dopo l’ennesima sciocca litigata avuta con ala sua compagna.
Per quante volte sollevasse  riabbassasse i pesi con le braccia lucide di sudore, concentrando lo sguardo sui muscoli tesi delle mani e riempiendosi la testa della costante cantilena del conteggio delle alzate, il suo occhio nero ruotava e zigzagava sul ponte della Sunny fino  posarsi sulla figura di Nami, furente e incarognita che studiava la rotta dal castello di prua.
La vedeva controllare la stabilità del timone, la velocità del vento, se la rotta seguiva alla perfezione il suo log pose, tendendo il braccio a lato del timore e aggiustandone l’angolazione quando serviva.
La vedeva attenta, concentrata, distaccata da lui e dalla loro precedente litigata, quasi non gliele importasse alcunché.
La vedeva lontana, e non riusciva a notare gli occhi di lei cercarlo e trovarlo distaccato in ugual modo, adombrandole e increspandole le labbra in un sorriso rovesciato come quello che si stagliava sul viso di Zoro.
Entrambi si guardavano, ed entrambi non si vedevano.
Per cosa poi, si chiese Zoro riprendendo ad alzare a abbassare i sui pesi riportando gli occhi all’allenamento e la mente alla litigata, per una scaramuccia nata per… per… per… per una stupidaggine di certo, visto che nemmeno se la ricordava!!!
Strinse i denti, serrando la mascella e infossando lo sguardo sul movimento lento e cadenzale del manubrio che alzava e abbassava, stringendolo nel palmo, chiedendosi come potevano due persone che si amavano litigare in quel modo così assurdo.
Stupidi!
Ecco ciò che erano, due stupidi, orgogliosi per di più, che non riuscivano a guardarsi e fare pace perché troppo testardi e concentrati nei loro movimenti abituali invece che nel trovare un modo per riappacificarsi.
Stupidi, orgogliosi, testardi e pure infantili!
Sbuffò, ignorando la fatica e il ticchettio dei sandali di Nami che scendevano il castello di prua, attraversando il ponte su cui si trovava, risalendo veloci il castello di poppa.
Due stupidi, due enormi stupidi.
Chissà quanto si sarebbero tenuti il muso per una cosa che nemmeno si ricordavano, chissà per quanto non si sarebbero parlai né guardati in faccia.
Si amavano come due adulti, ma litigavano ancora come due bambini.
Erano due…
Tumpf!
Il capo di Zoro si inclinò involontariamente in avanti, spinta da un oggetto che gli era stato lanciato contro la nuca con precisione e, voluto, dispetto.
-Ma che…?- sbottò il verde, massaggiandosi il collo appena contuso con una mano, reggendo ancora il peso nel palmo.
Si voltò di tre quarti, incrociando gli occhi marroni di Nami fissi a squadrarlo dall’alto del balconcino del castello posteriore, sfoggiando un sorriso quasi dolce.
Un ringhio naturale uscì dalle labbra dello spadaccino, che non ebbe il tempo di sbottarle addosso un qualche insulto che la rossa gli diede le spalle, incamminandosi verso la cucina.
-La cena è pronta- lo informò, con una nota fin tropo felice nella voce, quasi che non fosse più arrabbiata con lui.
Zoro la studiò attento, continuando a massaggiarsi la nuca, più nella speranza di capirci qualcosa che per vero dolore.
Avevano fatto pace?
Come?
Non si erano rivolti parola per tutto il pomeriggio e ora lei, quella mocciosa dai capelli rossi, gli lanciava addosso qualcosa e gli parlava con naturalezza, sorridendogli per fino e dandogli conferma che l’aveva perdonato.
Le labbra di Zoro schioccarono in cerca di risposta, che giunse non appena i suoi occhi si abbassarono ad identificare l’oggetto che la cartografa gli aveva lanciato contro.
Un mandarino.
Tondo, rosso, succoso e perfetto.
Un mandarino.
Il ghigno si allargò divertito sulla faccia del samurai, che mollò a terra i pesi infischiandosene del loro tonfo e recuperando il frutto dall’erba del ponte, accarezzandolo tra le dita.
Che due stupidi!
Litigavano come bambini per una sciocchezza, e come due bambini facevano la pace, con un semplice e dolce gesto.
Stupidi, ecco cos’erano, sghignazzò Zoro salendo le scale del castello due a due, voglioso di stampare le labbra su quelle di Nami, riappacificandosi con lei totalmente.
Si amavano da adulti, litigavano da bambini, a facevano la pace come gli amanti.

 

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Capitolo 38
*** Sfumatura 38: Anniversario ***


Sfumatura 38: Anniversario
 
Le mani risalirono i fianchi scoscesi, immergendosi sotto la stoffa morbida e dai colori attenuati per la lieve penombra che li abbracciava.
La pelle chiara si elettrizzò al contatto delle dita calde e dai polpastrelli duri, che salivano lenti e delicati sul profilo dei fianchi.
La schiena si incurvò senza volerlo, permettendo ai palmi di modellarsi su di essa e spingerla con dolcezza verso il petto caldo e ansante che la sovrastava, facendo aderire tra di loro i due busti.
Le mani continuavano a salire, arrampicandosi sul costato, sulla pelle liscia e lievemente umida di sudore, solcando le scapole e fermandosi a palmi aperti sulle spalle chiare e ancora vestite, assaporandone la delicata setosità.
Si fermarono lì le dita calde e dai polpastrelli duri, immobili sulle braccia coperte da due spalline fini, restarono ferme ad ascoltare la pelle scaldarsi ed elettrizzarsi per il loro tocco, prima di rilassarsi nuovamente e fondersi pelle con pelle, amalgamandosi senza difficoltà.
Il respiro di Nami dopo la prima impennata emotiva, ora imitava il ritmo cadente e tranquillo di quello di Zoro, il cui petto si scontrava  e ritraeva contro il suo, cercandosi a vicenda con il respiro.
Con il capo incastrato contro la gola calda del verde, le gambe intrecciate con le sue e il corpo abbandonato su un fianco sopra le coperte spiegazzate del letto, la cartografa si lasciava cullare dalle mani dello spadaccino, permettendosi a tratti di emettere un leggero rumor di fusa, aprendo e chiudendo le labbra contro la pelle cotta del sole del suo uomo.
Sentiva le mani di Zoro ferme sulle sue spalle, accarezzandole a fior di dita senza però spostarsi dalla linea ricurva delle braccia, rimanendo solide e stabili laddove avevano trovato casa.
Gli occhi di Nami erano appena socchiusi, e il capo leggero e abbandonato contro il collo dello spadaccino era libero di qualsiasi pensiero. Si lasciava cullare senza proteste né capricci, lasciandosi levigare dai polpastrelli callosi e duri del compagno, che sembravano tracciare linee a caso sulle sue scapole.
Sorrise appena a quel pensiero, l’unico che era lampeggiato nella sua mente in quei momenti, reimmergendosi poi nelle nebbie che attutivano i sensi della cartografa.
Non erano linee a caso quelle che Zoro tracciava.
Non era a caso se le sue mani, caldi e forti, non lasciavano le sue spalle.
Non era a caso se non si scambiavano alcuna parola, ma se ne stavano in silenzio nella penombra della sera nel loro letto, fermi ad ascoltare il rumore dei tocchi dell’ex cacciatore di taglie.
Le palpebre di Nami si chiusero totalmente, lasciando che la pelle le sussurrasse cosa Zoro disegnava, trovava, ricordava sulla sua pelle.
Una curva.
Una curva sormontata da linee discontinue.
Salivano e scendevano, salivano e scendevano come una cresta sulla sua spalla sinistra.
La curva continuava fin sotto la scapola, per poi piegarsi su se stessa e formare una spirale.
Una spirale che non sembrava avere fine.
Girava, girava, girava come il capo della cartografa, che tremava contro la gola del verde, cercandosi un appiglio sicuro su cui trovare pace.
Le dita di Zoro continuavano a disegnare, a tracciare linee e curve, denti aguzzi e creste acuminate, a ricordare cosa c’era e ad ascoltare parole soffiate con paura da una bocca di bambina che non si accorgeva di pronunciarle.
Suppliche.
Invocazioni.
Ricordi buii.
Preghiere di chi non crede ma lo farebbe se servisse.
Il disegno stava per essere completato, mancavano appena gli ultimi dettagli, quelli più importanti, quelli che fecero tremare e sospirare Nami, costringendola a posare le labbra sulla gola del verde, baciandola.
I polpastrelli caldi scesero e risalirono in tre linee rette.
Non perfette, non disegnate, non precise ma decise.
Tre linee rette profonde che scendevano nella carne e la risalivano, portando delle modifiche sulla pelle già segnata.
Tre linee decise.
Tre colpi di pugnale.
Nami tremò quando le dita di Zoro percorsero le sue cicatrici, emettendo un lieve sospiro di piacere nel sentire le labbra dello spadaccino ricucirle con attenzione, non mancando nessun punto.
Le ricucì, e mise a tacere per un altro anno quel disegno fantasma che ogni tanto sussurrava sotto le nuove linee blu della girandola al mandarino della cartografa.
La bocca del verde si posò sulla gola e tra i capelli della rossa, baciandola sul viso e sugli occhi, ancora chiusi ma umidi, concedendole il lusso di tornare a far fusa.
-Buon anniversario- sussurrò, baciandola piano sulle labbra, sfiorando nuovamente le cicatrici sulla spalla, simboli di libertà più che di dolore.
-Ben tornata ad essere libera mocciosa- la cullò stringendola al petto, baciandole le tempie.
Il tatuaggio di Aarlong non c’era più da anni ormai, solo tre linee rette di pelle chiara lo ricordavano, come un sussurro che non vuole stare zitto.
La pelle è ricucita, ma una sola volta l’anno necessita di essere curata nuovamente da mani calde e forti, come quelle di Zoro, e da una bocca che sa amare senza dir tante parole.
Come quella di Zoro.
Come in un anniversario di libertà.

 

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Capitolo 39
*** Sfumatura 39: Scemo ***


Sfumatura 39: Scemo
 

Sospirò, piegando il capo di lato.
Sospirò e portò il capo dondolante sul palmo aperto, sollevando la mano opposta a picchiettare un polpastrello candido sulla fronte rilassata di Zoro.
-Sempre il solito- sospirò per l’ennesima volta, pungolandolo ben bene con quel fare capriccioso che la caratterizzava.
Premette il polpastrello dell’indice con lieve forza, picchiettandolo a ritmo di alcune note di violino lontane che galleggiavano tra le pareti in legno della Sunny, provenienti di certo dal ponte dove i suoi Nakama facevano baldoria.
-… scemi…- sorrise piano pensando a loro, rabbuiandosi e riportando gli occhi –e il cuore- allo spadaccino steso sulla branda.
-… scemo…- bisbigliò appena, paurosa di poterlo svegliare dal suo riposo con quel piccolo rimprovero.
Gli occhi di Nami si appannarono appena nel ricordo dello scontro del pomeriggio, dove il suo compagno si era battuto come una furia contro i nemici, riportando le ferite ora bendate e che lo costringevano a letto in un meritato, e profondo, riposo.
Il polpastrello della rossa scivolò lento lungo il profilo del naso di Zoro, tracciandolo in una delicata e leggera carezza.
Discese l’Arco di Cupido del labbro superiore, sfregando appena la bocca sottile e socchiusa dell’uomo, saggiandola con l’indice e arrivando a posarlo al mento, dove lo fermò.
-Sempre il solito…- scosse il capo, puntandosi con il braccio libero sul materasso del lettino dell’infermeria.
-Il solito scemo…-
Si puntellò con la mano che le aveva retto il capo sulle coperte, sovrastando con il corpo il compagno e portando il viso sopra il suo.
-Il solito scemo che mi fa preoccupare…-
Abbassò le labbra su quelle di Zoro, baciandolo piano e mantenendo fermo e deciso l’indice sul suo mento, ad ammonirlo e accarezzarlo nello stesso gesto, inutile e banale, di sfiorarlo.
-Il solito scemo che mi fa preoccupare e che finge di dormire…- schioccò le labbra in un sorriso canzonatorio, ignorando il ghigno del verde affiorato con strafottenza sulla bocca su cui discese nuovamente per baciarlo.
-… il mio scemo- sussurrò ancora, ancora, ancora, raggiungendolo sotto le coperte e sdraiandosi accanto a lui.

 

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Capitolo 40
*** Sfumatura 40: Inverno ***


Sfumatura 40: Inverno
 
Storse la bocca in un sbadiglio mal trattenuto uscendo dal bagno, grattandosi la nuca fradicia di goccioline d’acqua mentre una piccola nuvoletta di vapore lo rincorreva lungo il corridoio interno della nave.
Con occhio pigro e nero, gettò un’occhiata fuori da un oblò che ornava la parete, sbuffando nell’osservare il lento e candido scendere di piccoli fiocchi di ghiaccio.
Nevicava.
Nevicava, nevicava, nevicava.
Su quell’isola sembrava che dal cielo non ci si potesse aspettare altro se non quel continuo scendere ovattato e freddo di neve.
Erano arrivati al porto da tre giorni, e da tre giorni nevicava senza sosta.
Neve al mattino, neve al pomeriggio, neve alla sera, neve alla notte.
Non che a lui, spadaccino abituato a certi climi freddi e rigidi, importasse tanto, ma la neve che si accumulava centimetro dopo centimetro sulla Sunny sembrava rendere più euforici e incontrollati i suoi Nakama.
E non si riferiva solo a Rufy o Chopper…
Ignorando il fatto di avere solo un asciugamano intorno ai fianchi a vestirlo, Zoro si avvicinò maggiormente all’oblò, spannandolo passandoci sopra il palmo aperto, riuscendo a distinguere sul ponte candido le figure guizzanti e in un continuo salto del suo capitano e del carpentiere.
Il primo, secondo una sua strana logica, cercava di saltare il più in alto possibile, spalancando braccia, gambe e bocca, da cui la lingua penzolava in tutta la sua lunghezza nel tentativo di acciuffare più fiocchi di neve possibile, assaggiandoli e cercandone uno dal sapore di verso dalla comune “acqua ghiacciata”.
Il secondo, non molto più intelligente del precedente, aveva costruito una specie di cannone spara palle di neve con cui mitragliava Usopp e Chopper, trincerati dietro un altro muro di neve sopra il castello di poppa, da cui sbucavano tremanti, lanciando palle di neve o usando Brook come esca, agitandolo a mo di osso contro la mira del cyborg.
E poi c’era lei.
Lei che in preda a una risata continua e con le gote rosse come i suoi capelli, si dondolava sull’altalena fradicia, sotto la chioma innevata di quell’esile albero che ornava il ponte.
Strusciava i piedini, ben avvolti in doposci di lana, sulla coltre bianca, scavando lievi solchi, oppure appallottolava enormi sfere di neve e aiutava Chopper a costruire un pupazzo di neve la cui faccia assomigliava a quella del stupido cuoco, o ancora imitava il capitano, aprendo la bocca e leccando l’aria, assaggiando quell’inverno che li circondava prima di scoppiare a ridere e lasciarsi cadere a terra di schiena, agitando braccia e gambe nel disegnare angioletti dalla chioma rubino tra le mille impronte dei compagni.
Ghignò, non riuscendo a trattenersi, fissando Nami felice come una bambina, nel godersi la neve fredda e candida che ricopriva la Sunny e l’isola.
La vedeva ridere, ballare tra i fiocchi di neve, costruire pupazzi o trincee, giocare con Usopp e Chopper quasi avessero tutti poco meno di dieci anni.
La vedeva felice, e non riusciva a prenderla in giro o canzonarla per il suo fare da vera mocciosa.
Posò l’avambraccio destro sopra la cornice dell’oblò, posando a sua volta la fronte sulla pelle ormai asciutta del braccio, perso nel fissare la compagna giocare e riprendersi, almeno una volta nella vita, un po’ di infanzia rubata.
La fissò piegarsi in due dal ridere nel fissare Rufy, penzoloni dall’albero maestro da cui pendeva con la lingua, di certo attaccata per colpa del ghiaccio a un pennone.
Gli sembrava quasi di sentire la sua risata, e quando il capo carminio della cartografa si piegò verso di lui, a incontrare per caso, o per desiderio, il suo sguardo, il sorriso non scomparve dalle labbra della ragazza.
Si addolcì teneramente e si ampliò, se possibile, ricambiando il ghigno di Zoro.
Alcuni fiocchi di neve scesero a nascondersi tra le ciocche di rame di Nami, altri contro il vetro dell’oblò, ma allo spadaccino non importava.
Con gli occhi fissi sulla sua compagna, sorridente e felice, sperò che la neve e l’inverno continuassero a scendere su di loro ancora un po’, se poteva continuare a godere del sorriso d’inverno di Nami.

 

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Capitolo 41
*** Sfumatura 41: La mattina in cui Zoro avrebbe dovuto restarsene a letto ***


Sfumatura 41: La mattina in cui Zoro avrebbe dovuto restarsene a letto

 
Si rimirò allo specchio del bagno con attenzione, cercando ogni più piccolo particolare del suo viso.
L’ovale tondo e sodo, la pelle lucida e bianca, le guance tonde ma non troppo.
Portò le mani a incorniciare le gote, sorridendo con fare sbarazzino mentre ammirava le labbra rosse e gonfie di una malizia naturale, la medesima malizia che si specchiava nei suoi occhi, di un nocciola così particolare da sembrare quasi rosato con la luce giusta.
Le ciglia lunghe e folte, lo sguardo seducente circondato da onde di capelli color rame misto caramello, che ondeggiavano e accarezzavano la pelle con delicata dolcezza.
Oh si, Nami era bella!
Bella e modesta, poteva aggiungere.
Sorrise ammaliatrice allo specchio, ancheggiando nella t-shirt bianca di Zoro, soddisfatta di ciò che vedeva.
Girò su se stessa, per tornare ad appoggiarsi al lavandino della specchiera, rimirandosi con strafottente narcisismo.
Sbatté le lunghe ciglia, prima di posare lo sguardo nuovamente sul suo riflesso e…
-AHHHHHHH!!!!-
L’urlò squarciò la tranquillità mattutina sulla Sunny, svegliando di sorpresa lo spadaccino ancora mezzo addormentato, che cadde dal letto col cuore che batteva a mille.
Ci mise pochi secondi a fiondarsi nel piccolo bagno della sua camera, armato di katana e boxer, inciampando solo due volte nelle lenzuola aggrovigliate a terra.
-Nami!- spalancò la porta della toilette, entrandovi e zigzagando con lo sguardo in cerca di pericoli.
Pericoli che non c’erano in nessun angolo del bagnetto a quanto poteva vedere.
-Mocciosa…- riprese fiato sospirando -… che hai da urlare tanto di prima mattina?-
La fissò sbuffando, lì ferma e immobile davanti allo specchio.
Le mani premute sul viso a coprirle gli occhi, i gomiti piegati al petto e la chioma rossa rivolta sul viso.
-Ohi- le si avvicinò, passandole una mano sulle spalle –Che succede?-
-… uga…- mugugnò la cartografa, tremando lievemente.
Zoro si grattò la nuca con la mano libera, osservando la compagna con attenzione.
Uga?
Tartar-uga?
Nah, impossibile.
Si guardò intorno, cercando le tracce di qualche animale –un ragno o un insetto- che avesse spaventato la rossa, ma non trovò traccia di intrusi a quattro o più gambe.
-Puoi ripetere?- le accarezzò la spalla destra, scivolando con le dita sulla schiena coperta dalla sua maglia.
-… uga…!!!- mugugnò nuovamente ma con maggior enfasi, pestando un piede a terra e trattenendo i singhiozzi.
-Ehm… lattuga? Hai le voglie? Oddio: sei incinta!?!?- la prese per le spalle scuotendola.
Il palmo di Nami si schiantò sulla sua fronte, punendolo con un misto di rabbia e stizza.
-Ma quale lattuga, verza di mare!- ringhiò –Ho detto ruga! Ru-ga! Erre-u-g-a!!!-
Lo spadaccino grugnì massaggiandosi la fronte arrossata dal colpo, sbuffando nel fissarla.
-Ruga? Di che cavolo stai parlano?- sbottò.
Iniziava a rimpiangere di non essersene rimasto a letto, ignorando le sue urla isteriche e i suoi strambi pensieri.
-Sto parlando di questa orribile, profonda, oscura ruga!- in indicò il centro della fronte con dito teso, coperta per di più dalla frangetta ramata e da vene ingrossate dalla rabbia per la stupidità di Roronoa.
Il verde la studiò con attenzione, incrociando le braccia al petto e smuovendo le labbra sghembe.
Prese un profondo respiro prima di parlare.
-Nami…- socchiuse gli occhi -… non c’è alcuna ruga sulla tua fronte-
-Si invece!- pestò i piedi a terra, tornando a voltarsi verso lo specchio –L’ho vista prima, mentre mi stavo guardando- si piegò sul lavandino, esaminando il suo riflesso –Era lì, in tutta la sua orgogliosa bruttezza, nel centro della fronte addirittura!-
-Sarà stata una goccia di condensa- sospirò Zoro, ruotando gli occhi al cielo –O il riverbero della lampada!-
-Ti dico che c’era!!!- s’impuntò –L’ho vista, io…-
-Sembra quasi ti dispiaccia non ci sia più- la canzonò, guadagnandosi un’occhiataccia assassino.
Con un passo marcato Nami gli andrò contro il petto, pungolandolo con l’indice teso.
-Io non voglio alcuna ruga!- ringhiò –Sono troppo giovane e bella per averne!-
-O bhè…- sghignazzò, allettato dall’idea di punzecchiarla -… le streghe sono ricoperte di rughe, anche tu prima o poi le avrai. In effetti mi domandavo come mai un’arpia come te non le avesse anc… ouch!-
Uno scappellotto lo zittì, ma prima che avesse il tempo per sbuffare o rispondere per le rime alla navigatrice, si ritrovò Nami contro il petto, aggrappata alle sue spalle, il volto infossato nell’incavo del collo.
-Sto invecchiando- piagnucolò, cercando conforto.
Un mezzo ghigno si aprì sulle labbra di Zoro, che abbracciò la rossa cullandola lievemente.
-Non è vero e lo sai- le accarezzò il capo –Ma se anche fosse, tu resteresti sempre e comunque la mia mocciosa-
Gli occhi lucidi di Nami si sollevarono dalla sua gola, cercando il suo sguardo nero in cerca di conferma.
-Davvero?- pigolò piano.
-Certo, anche quando avrai ottant’anni per gamba- le baciò la punta del naso –E poi le rughe non sono così male…-
Nami inarcò un sopracciglio, perplessa.
-Perché?- osò domandare.
-Bhè guarda la vecchia dottoressa Kureha: è piena di rughe e va ancora in giro con l’ombelico di fuori, se tanto mi da tanto quando sarai una ruga vivente andrai ancora in giro in bikini-
Un sonoro e iracondo pugno lo zittì, spedendo il capo smeraldino dello spadaccino contro la parete piastrellata del bagno.
Decisamente quella mattina Zoro avrebbe dovuto restarsene a letto.
 
 

 

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Capitolo 42
*** Sfumatura 42: Raggi di Sole ***


Sfumatura 42: Raggi di sole
 
Il riverbero del sole attraversava la fronda del mandarino con gentilezza, quasi chiedendo il permesso di passare ai frutti succosi e rossi.
Scivolava lento tra le foglie, fino a posarsi sul capo verde di Zoro, scaldandolo e illuminando il suo sorriso.
Già, perché Zoro sorrideva sotto l’ombra di un mandarino in una quieta di beato riposo.
Non osava muovere un solo muscolo, standosene fermo e impassibile con la schiena contro l’esile tronco dell’albero da frutto.
Le gambe piegate a mo di indiano, il busto ben dritto, le braccia piegate dietro il capo, più a riposarsi che a reggerne il peso.
Per una volta le spade erano state riposte, sempre con la massima cura, lontano dal fianco destro del samurai, lasciate a riposare sotto l’ombra di un altro mandarino, appena fuori dalla visuale del verde, ma a portata di braccio in caso di necessità.
Ma Zoro era certo di non aver bisogno di nulla se non di quello che già lo circondava.
La quiete dell’agrumeto.
La brezza del mare.
Il dondolio tranquillo della Sunny.
Gli schiamazzi attutiti dal vento dei suoi compagni.
E un dolce peso sulle gambe.
Un peso leggero e profumato, capriccioso a volte e con un carattere difficile come domare una tempesta di onde.
Mutò il sorriso in ghigno, ma solo per un breve attimo, nel quale abbassò anche una mano ad accarezzare il capo arancio posato sull’incrocio delle sue gambe, e profondamente addormentato.
Le gambe snelle e diafane piegate in una posa quasi angelica, che stonava fortemente con il prosperoso seno appena vestito da una camiciola bianca e abbottonata per soli due bottoni sullo sterno, mentre le braccia se ne stavano abbandonate lungo i fianchi, ad afferrare sogni e raggi di sole.
Le accarezzò i ricci mossi e scarlatti, arricciandone uno tra indice e medio, giocherellandoci prima di posarlo in un turbinio riccioluto sulla guancia di lei.
Le accarezzò l’ovale candido del volto, spezzando qualche gioco di luce che filtrava tra le foglie fin sulla sua pelle, posando in fine la mano sul suo petto, morbido e florido, proprio sopra il cuore che batteva calmo.
-Mmm… Zoro…- sospirò rigirandosi nel sonno Nami, portando una mano a coprire quella del compagno sul suo corpo.
-Shh- intrecciò le loro dita, abbassando le labbra a sussurrale nell’orecchio –Dormi-
Le baciò la bocca, piano, con lo stesso peso dei raggi di sole che la illuminavano e scaldavano, cullandola con una nuova carezza.
-Sei al sicuro-
I raggi di sole continuarono a giocare con loro.
 

 

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Capitolo 43
*** Sfumatura 43: Porte & Dettagli indesiderati ***


a Piper_Parker,
che mi fa ragionare quando proprio non lo faccio


Sfumatura 43: Porte & Dettagli indesiderati

 
Lo spinse contro il muro, premendo la bocca sulle sue labbra e infilando entrambe le mani nei pantaloni, aprendoli con un lungo ed estenuante crepitio della zip.
Zoro ghignò, strusciando le spalle contro la parete dell’infermeria, premendo le mani sulle natiche della sua mocciosa e spingendosela contro il petto mentre le abili mani da ladra giocherellavano con il suo basso ventre, che iniziava a stare stretto all’interno dei boxer.
Le morse un labbro, sgusciando con la lingua nella bocca di Nami, approfondendo il bacio e stringendo sempre più la presa dei suoi palmi sul sedere della rossa.
-Mmm… impaziente Roronoa?- ridacchiò maliziosa la cartografa, sbottonandogli totalmente i pantaloni scuri che indossava.
-Abbastanza- ansimò con voce roca e un leggero ringhio baritonale che gli fece vibrare la gola.
Le sue mani calde si infilarono senza freni sotto la gonnellina della navigatrice, oltrepassando l’intimo e tastando la dolce umidità della sua donna, ansante per il tocco divenuto più intimo.
Il bacio si fece più furioso, affamato di saziare la foga che lo stava bruciando mentre le mani ritrovavano la pelle già segnata da graffi.
La camicia di Zoro fu aperta con un forte strattone, facendo ghignare lo spadaccino che si limitò a piegare il capo di lato, permettendo alla compagna di seviziargli il collo e le spalle, beandosi della sua bocca che scendeva lussuriosa e umida sul suo corpo.
Fissò il capo ramato scivolare sui suoi pettorali, sull’addome, sulla pelle bronzea che faceva capolino dai pantaloni aperti e incitava a scoprire altre porzioni di cute oltre la cintura dondolante e aperte e sotto i boxer tesi.
Deglutì un ringhio di desiderio trovandosi Nami inginocchiata tra le sue gambe, gli occhi languidi ruotati su di lui e le labbra umide di baci mentre le mani candide gli abbassavano l’intimo liberando il suo organo ormai pronto.
La sua iride nera non riusciva a staccarsi da lei, dalle sue mani che lo accarezzavano laddove ne sentiva maggiormente il bisogno, i ricci rossi posati con cura su una sola spalla e la bocca, carnosa e morbida, che sorrideva maliziosa nel posarsi sul suo sesso, facendolo tremare di piacere nell’avvolgerlo con le labbra.
Si ritrovò a gettare il capo all’indietro, contro la parete della piccola infermeria, guidando il capo della cartografa con una mano e ansimando a labbra serrate quando Nami iniziò a lappargli la cima del suo organo.
Le labbra carnose che lo vezzeggiavano languidamente.
La lingua tagliente e svelta che si ammorbidiva, stringendo e massaggiando l’asta.
La bocca che si apriva e chiudeva su di lui, accompagnando ogni lappata con un bacio.
Zoro ghignò, annaspando e accarezzando il capo della rossa.
Ogni tanto spingeva il bacino contro la bocca della cartografa, cercando nuove carezze della sua lingua, facendo tintinnare la fibbia della cintura e aumentando gli ansimi con rochi gemiti.
-… Nami…- ringhiò, strattonandole qualche ciocca di capelli e tirandole il capo all’indietro, piegandosi su di lei a leccarle le labbra con la bocca, baciandola e sollevandola da terra.
-… ti voglio…- invertì le posizioni, premendola contro il muro e divaricandole le gambe -… ora, qui… subito!-
Nami ridacchiò, aiutandolo a scivolare in lei e gemendo con il capo gettato all’indietro quando lo spadaccino iniziò a spingersi nella sua femminilità.
-Ah! Mmm… si sente- rise, infossando il viso contro la sua gola calda.
La passione si fece strada nel corpo del verde, aiutandolo ad amare la rossa.
Una, due, tre spinte.
-Ah, si… Zoro!-
Adorava sentirla gemere il suo nome.
Quattro, cinque, sei…
-Mmmm!-
I suoi canini premuti con forza sulla sua gola a zittire inutilmente gli animi, ma che invece di ferirlo alimentavano il suo desiderio.
-… ah, ah… sto… sto per…-
Si spinse più a fondo, sollevandole le cosce più che poté con le mani sudate, scivolando sulla sua pelle accaldata e bianca.
Dio quanto l’amava!
Amava il suo profumo, la sua morbidezza.
-Oddio si! Si!-
La sua voce spezzata dal piacere, le mani artigliate alla sua schiena in cerca di un aggrappo.
-… ah… Zoro…-
Il corpo che si abbandonava con fiducia a lui dopo l’orgasmo, sovrastando il piacere del suo amplesso appena avvenuto con piccole carezze e baci sul viso.
-Zoro…- sembravano fusa le sue parole.
L’amava anche quel quello.
-… ti amo…-
Per come lo amava, fisicamente e con quella frase rara e preziosa.
Le sfregò la fronte su una tempia, baciandole una guancia sudaticcia, sentendola stringersi a lui e rafforzare la presa sulle sue spalle a cui era ancora aggrappata.
-Mmm…- protestò la rossa, col capo infossato contro la gola del compagno -… mi fanno male le gambe a forza di stare in questa posizione…-
-Solo per la posizione?- ghignò strafottente, facendola ballonzolare sul suo bacino e marcandole la presenza del suo organo ancora in lei.
Nami ridacchiò, sollevando il capo a mordicchiargli il lobo maliziosamente.
-Per la posizione e per altro…- soffiò suadente, stringendo le gambe sui fianchi dello spadaccino, baciandogli la mascella squadrata e giocherellando con la zazzera verdastra.
-Mmm…- miagolò, arrivando a solleticare con la lingua le labbra del verde -… mi concedi il bis?-
-impaziente mocciosa?- le fece il verso, sollevando un sopracciglio e sghignazzando nel ricambiare le effusioni.
La addossò con delicatezza al muro, accarezzandole le gambe ancora strette a lui, baciandola sul collo facendola ridere.
-Così mi fai il solletico…- ridacchiò.
-Prima ti piaceva-
-Prima era prima- un bacio sulle labbra –Ora fai il solletico-
-E se ti bacio qui?- posò le labbra su un seno semi scoperto –Fa ancora solletico?-
-No, anzi…- iniziò a strusciarsi su di lui -… ancora… ah!-
-Ti piace?- ansimò sulla cima rosata della coppa, prendendola in bocca e leccandola.
-Si…- socchiuse gli occhi, fremendo a ogni nuovo bacio del compagno riuscendo a stento a mantenere gli occhi aperti  –Si… si… io… oddio: Chopper!!!-
Zoro sobbalzò, sollevando di scatto il capo dai seni della rossa, ruotandolo verso la porta dell’infermeria da cui la piccola renna medico faceva capolino.
-O-ops- balbettò il giovane medico, rosso in viso –Sc-scusate, non volevo.. io…-
-NON HAI CHIUSO LA PORTA?!?-
L’urlo di Nami fece più male a Zoro del suo pugno ben piazzato sul suo cranio.
-Ouch! Che strilli donna: perché avrei dovuto chiuderla io?!?- ringhiò, massaggiandosi il bernoccolo appena spuntato.
-Perché magari io ero occupata a far dell’altro!- tuonò acida, afferrandolo per il bavero della camicia.
-Se eri occupata a far altro, era perché c’ero anch’io!- strinse con troppa forza le mani sulle cosce della rossa.
-Ragazzi…-
-Non mi sembrava ti dispiacesse!-
-Forse per questo non mi son curato di chiudere la porta, sai!-
-Avresti dovuto invece: per una volta ragiona con la testa e non con quello che ti torvi in mezzo alle…-
-Scusate tolgo il disturbo!!!- strillò Chopper, tappandosi le orecchie e fuggendo dal suo stesso studio, cercando di ignorare con tutte le forze le urla dei nakama.
Capiva benissimo l’enfasi di coppia dei due, e poteva anche chiudere un occhio sul fatto che ogni tanto “occupassero” qualche parete della sua infermeria per certe attività… ma ai dettagli rinunciava molto volentieri!

 

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Capitolo 44
*** Sfumatura 44: Dolce risveglio ***


Sfumatura 44: Dolce risveglio


 
-Sai…- sospirò, ruotando gli occhi nocciola al cielo azzurro e terso della mattina Nami -… quando mi sono svegliata oggi avevo una gran voglia di una fetta di torta-
-M-mmm- mugugnò un cenno di ascolto Zoro, stringendo le ganasce.
-Una bella tazza di caffè, con una goccia di latte e zucchero, qualche biscotto… pane tostato e marmellata di fragole!- strinse la presa delle braccia, facendo sbuffare il compagno.
-Insomma…- schioccò la lingua riportando gli occhi sul fondoschiena dello spadaccino -… abbiamo passato una notte tranquilla in questo motel, perché non avrebbe dovuto esserlo anche il risveglio?-
Sbatté le lunghe ciglia, rincorrendo la scia di freddo che solcò la schiena del verde, fulminandolo quando questi piegò appena il capo a lanciarle una timida e impaurita occhiata.
-Mi sarebbe bastata una piccola brioche. Eppure così non è stato… vero Roronoa?-
L’aveva chiamato per cognome.
Pessimo, pessimo segno.
-E vuoi sapere il perché?- sibilò, elettrizzando l’aria attorno a sé e aguzzando i denti -… perché quel deficiente del mio uomo non firma il registro degli ospiti con un nome falso come gli ho spiegato mille volte, ma con il suo vero nome!- caricò una gamba, penzoloni e abbandonata nel vuoto, piegandola all’indietro -Così la mattina dopo alla nostra camera bussa la Marina in cerca del famigerato Devil Beast, rovinandomi il risveglio!-
Lanciò il calcio contro le gambe di Zoro a cui era lei stessa appesa, facendolo ringhiare e imprecare mentre stringeva le dita attorno al cornicione a cui era aggrappato fuori dalla finestra della loro camera, ora gremita di marines sulle loro tracce.
-E così invece che calde brioche e coccole, mi ritrovo penzoloni fuori dalla nostra camera, aggrappata alle gambe di un buzzurro, in vana attesa che i marines non vi trovino!- strillò, strattonando lo spadaccino per gli arti a cui era appesa come una foglia che non vuole staccarsi dal suo ramo in autunno.
-Smettila di strillare mocciosa, o ci troveranno!- sbottò Zoro, abbassando il capo e incrociando gli occhi di fuoco della cartografa.
-Sia mai!- sputò acida –Non voglio avere testimoni quando ti picchierò!-
Il verde sospirò dal naso, stringendo la mascella nel trattenere la rabbia.
Non era tutta colpa sua in fin dei conti, aveva semplicemente avuto una svista, una piccola dimenticanza. Insomma, poteva capitare a tutti, perché a lui no?!?
-Mica l’ho fatto apposta!- sbottò, piegando le braccia a sollevare il suo e quello della compagna corpo, sporgendosi con gli occhi a guardare nella loro camera d’albergo, accertandosi che la Marina se ne fosse andata.
Fu così che si ritrovò faccia a faccia con un cadetto, che sbiancò nel ritrovarsi davanti agli occhi il temutissimo spadaccino di Cappello di Paglia.
Il suo richiamo ai compagni, urlato con voce tremante di panico, venne del tutto ignorato dalla coppia, che si scambiò un’occhiata rapida.
Nami raggelò nel riconoscere nello sguardo del compagno una strana luce di pura e insana follia.
Aveva qualcosa in mente, un piano per salvarsi da quella situazione… e non era affatto una bella notizia.
-Oh no!- balbettò tra sé –Non ci provare Zoro!- minacciò, ma il verde aveva già scelto e, piegate le gambe più che poté nell’avvicinarsi il corpo della rossa, mollò la presa sul balcone, abbandonandosi al vuoto sottostante.
Nami riuscì a chiudere gli occhi prima dell’impatto umido e puzzolente che l’avvolse non appena cadde, senza poter opporre resistenza, nel cassonetto dell’immondizia che abitava il vicolo sotto la loro camera, imprecando quando anche il dolce peso della sua altrettanto dolce metà le cadde addosso.
-Non osare dire che anche questo non l’hai fatto apposta!- soffiò, affondando con le mani in resti umidicci e scomposti di chissà che.
-Zitta!- ringhiò Zoro, sollevando un braccio ad abbassare sopra le loro teste il coperchio di metallo del cassonetto, nascondendoli dai marines accorsi nel vicolo in loro ricerca.
I passi dei soldati aumentarono di intensità e forza, prima di scemare lungo la via all’inseguimento di chissà quali ombre.
Solo quando fu certo che non ci fosse più nessuno, Zoro si sollevò dalla cartografa, aprendo di poco il cassonetto a controllare che la via fosse libera.
-Se ne sono andati- confermò, volgendo lo sguardo alla rossa.
Nami mugugnò schifata, scuotendo le mani attorno a sé nel vano tentativo di pulirsele da resti irriconoscibili di cibi e spazzatura varia.
Piegò le labbra in una smorfia di disgusto, alzando di poco il sedere dall’ammasso in putrefazione di immondizia su cui era seduta, scoprendo che l’abominevole sostanza che le macchiava le cosce, era un croissant.
Una dolce brioche come quella che tanto aveva desiderato lei quella mattina per il suo risveglio, peccato fosse ammuffita e spiaccicata al suo sedere.
Il suo viso si alzò con uno scatto repentino verso lo spadaccino, fulminandolo con gli occhi.
-Se provi a fare una qualsiasi battuta …- sibilò minacciosa -… te la faccio mangiare!-
Zoro ghignò, scuotendo il capo ed ergendosi nell’immondizia, offrendole una mano per alzarsi dal marciume che li circondava.
-Forza…- sghignazzò, stringendosela vicino mentre piagnucolava -… andiamo da Sopracciglio a ricciolo a fare una colazione decente!-

 

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Capitolo 45
*** Sfumatura 45: Un piccolo pel di carota ***


Sfumatura 45: Un piccolo pel di carota
 


Spostò il peso del corpo da un piede all’altro, piegandosi sul lato destro e affacciando lo sguardo all’interno della stanza, per quanto la fessura della porta appena aperta glielo permettesse.
La luce che filtrava dalla cabina era in netto contrasto con il buio che l’avvolgeva nel corridoio, ma non ci diede molto peso rapito com’era da ciò che riusciva a scorgere.
Si addossò con le mani allo stipite della porta, premendo l’unico occhio sano contro il chiarore della scena che aveva dinanzi per poterla assaporare completamente.
Zoro ghignò nel posare lo sguardo sul piccolo pel di carota che si sollevava sulle punte dei piedi, zigzagando con gli occhietti infantili dal ripiano che aveva dinanzi, e che lo spadaccino non riusciva a ben identificare, al genitore che lo affiancava.
Entrambi gli davano le spalle, troppo assorti da qualcosa che rapiva totalmente la loro attenzione e che incuriosiva anche il verde.
Il bambino –Aveva cinque? Sei anni al massimo?- sbuffò, impiantando a terra le suole delle scarpe, stanco di quel suo dondolare continuo.
-Uffa!- incrociò le braccia al petto, imbronciandosi –Dorme sempre!-
La madre ridacchiò, piegando il capo al figlio e regalandogli una dolce carezza su una guancia prima di spostarsi una ciocca di rame dagli occhi dietro un orecchio.
-È normale- rise Nami, allungando le braccia verso il bambino.
Quello sollevò il capo rosso come quello della navigatrice, fiondandosi tra le sue braccia  e accogliendo il suo invito.
Si fece alzare da terra, quasi non pesasse, aggrappandosi alle spalle di Nami e stringendosi a lei.
La cartografa lo baciò su una guancia, cullandolo piano e tornando a guardare con occhi teneri ciò che aveva davanti.
-Ha appena due giorni- spiegò con un filo di voce, cullando il bambino che reggeva quasi fosse un tesoro -È normale dorma così tanto…-
-Si, ma è noioso- sbuffò quello, sfregando la zazzera scarlatta su una guancia della mamma –Quand’è che giocheremo insieme se dorme sempre?-
Zoro ghignò divertito alle proteste della peste, sentendo il cuore leggero nel vedere Nami così felice con suo figlio.
Era bellissima.
Sembrava emanare luce propria, e l’idea che quel bambino non fosse frutto del loro amore, non lo appesantì nemmeno di un grammo: avrebbe rinunciato anche alla propria anima –dovunque essa fosse- per la felicità della sua mocciosa.
Respirò piano, affacciandosi maggiormente per catturare altri dettagli della scena che aveva dinanzi, ma si ritrasse rapido quando un leggero lamentio si sollevò nella stanza.
Entrambi i ramati si piegarono in avanti, e una candida mano della Gatta Ladra si spostò dalla schiena di suo figlio verso la fonte del leggero piagnucolio strozzato che ora risuonava in mezzo a tutta quella luce calda e avvolgente.
-Che succede?- chiese allarmato il piccolo, allungando una manina quanto più che poteva verso quel pianto, corrucciandosi nel non poter dar sollievo al lamento sempre più acuto.
-Non preoccuparti Shiro- lo baciò su una guancia Nami, posandolo a terra e accarezzandolo ancora sul capo, prima di piegarsi in avanti e tendere le braccia verso chi piangeva così disperatamente.
Drizzò la schiena Zoro, nel veder affiorare da una massa scomposta di coperte un piccolo fagottino, che si agitava scomposto, muovendo a scatti due esili pugnetti nell’aria a ritmo del suo pianto.
-Ha solo fame…- spiegò con un sorriso la donna, dondolando piano l’infante, il cui pianto si attenuò di un poco.
Shiro tirò un sospiro di sollievo, profondo tanto quanto quello dello spadaccino al di fuori della stanza, che piegò un braccio contro lo stipite a cui posare il capo.
Quel pianto era stato così straziante e doloroso, un disperato richiamo di aiuto che lo aveva allarmato da capo a piedi, tentandolo pericolosamente ad entrare nella cabina, sebbene non fosse invitato e magari nemmeno voluto.
Scosse il capo, riportando la sua attenzione a Nami e ai due bambini, fissando la sua compagna –o ex?- sedersi su una sedia a dondolo posta vicino alla culla da cui aveva raccolto il neonato, ora piagnucolante come un uccellino.
Nami cullò ancora il bebè, iniziando a dondolarsi sulla sedia e a sorridere al visino ancora infagottato di quella creatura così piccola e indifesa.
Era… bellissima.
Lo aveva già pensato? Forse, ma era vero!
Il suo sorriso, l’amore che ogni resto racchiudeva nell’accarezzare e prendersi cura dei suoi bambini, quegli occhi liquidi di tenerezza che si illuminavano quando si posavano sul capo ramato di Shiro, o sul viso ancora a Zoro sconosciuto del nuovo arrivato.
Era bellissima Nami, una stupenda madre.
-Mamma…- si posò sulle gambe piegate della rossa Shiro, puntandosi a sbirciare il viso del fratellino -… davvero anch’io ero così piccolo?-
Nami rise, annuendo.
-Piccolo e indifeso- sussurrò, sollevando gi occhi a fissarlo –Ma ora sei grande, vero?- ridacchiò –Un grande guerriero?-
-Certo che lo sono!- sbottò offeso quello –Cosa credi?-
-E dimmi, esiste un guerriero più grande di te?-
-Che domande!- sbuffò, ruotando gli occhi al cielo per quella sciocca domanda così ovvia –Papà!-
-Oh papà…- schioccò le labbra, continuando a cullare il neonato -… intendi forse quel tuo papà che se ne sta fermo a spiarci dalla fessura della porta?-
Zoro tremò, di nuovo, da capo a piedi, andata e ritorno, spalancando quanto più che poté l’occhio sano.
Si guardò attorno, nel buio del corridoio che lo avvolgeva, bramando di essere l’unico ad abitarlo in quel momento, e quando la porta si spalancò davanti a lui illuminandolo e dandogli la completa visione della stanza, si strozzò con un sorriso nel ritrovarsi davanti agli occhi il piccolo Shiro ghignante nel fissarlo.
-Mamma ti ha scoperto di nuovo!- sghignazzava, fissandolo strafottente con quegli occhi d’ossidiana neri come la pece.
I suoi occhi.
La sta strafottenza.
Sorrise senza un perché, facendosi strattonare vicino a Nami da quella piccola peste dal capo rosso, incespicando in qualche passo quando riuscì a posare, leggero come una carezza, lo sguardo sul neonato.
Poppava avido dal seno di Nami, stringendo i pugnetti e corrucciando gli occhi di cioccolata mentre Shiro le accarezzava con un solo dito quei piccoli ciuffetti verdi che le ornavano il capo.
-… Meré…- sussurrò, certo che fosse quello il nome della bambina, della sua bambina.
-Dorme sempre come te- lo canzonò Shiro, attirando la sua attenzione e le sue braccia, che si mossero da sole a sollevarlo da terra, portandoselo al petto e abbracciandolo con forza.
Shiro, il suo piccolo samurai.
-Qu-qualcosa da me dovrà pur aver preso!- parlò con gola arsa, non riuscendo a far altro con quelle labbra che sorridere.
Com’era successo?
Quando?
Come era riuscito a creare tutto ciò con Nami?
Non riusciva a ricordare, a spiegarselo, a dare un senso a tutto quello che lo circondava.
Nami che cullava la loro bambina, lui che reggeva in braccio con forza il loro primogenito, gli occhi mai sazi dei sorrisi dei suoi figli, degli occhi radiosi della cartografa, delle carezze, dei baci, che lei regalava con dolcezza a tutti e tre, soffermandosi sempre più su di lui, a ringraziarlo con sorrisi mai tanto felici come in quel momento.
Era tutto perfetto, tutto al posto giusto al momento giusto, tutto…
 
 
 
Un tonfo contro il suo petto.
Riaprì gli occhi di scatto, perlustrando il ponte della Sunny con attenzione, scorgendo Franky impegnato a martellare su chissà che aggeggio, prima di accorgersi del piccolo mandarino che dondolava tra le sue gambe stravaccate nell’erba.
Sollevò il capo di scattò, rincorrendo con l’udito una risata da mocciosa che si dissolveva chissà verso dove.
Ghignò, afferrando il frutto che Nami gli aveva lanciato addosso, per svegliarlo o magari solo in un dispettoso segno di affetto.
Lo fissò con attenzione, così piccolo e indifeso nella sua enorme mano callosa, e per un attimo il suo sogno gli parve vero, reale e non poi così lontano nel tempo.
Si sollevò da terra, con una strana idea in mente.
-Ohi Franky, la sai costruire una culla?-

 

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Capitolo 46
*** Sfumatura 46: Dio del Sesso ***


Sfumatura 46: Dio del Sesso


 
Lo vide uscire dal piccolo bagno annesso alla camera canticchiando, facendole scattare subito un segnale d’allarme.
Lo seguì con gli occhi sedersi sul materasso, sfilarsi l’asciugamano dalla vita mentre ancora gocciolava acqua in ogni dove, bagnando così il copriletto, stonando esili parole senza senso a ritmo di una musichetta irritante che solo lui poteva sentire.
Posò il libro sul comodino, non trattenendo un sospiro, lanciando una piccola occhiata alle sode chiappe di Zoro che venivano avvolte dai boxer mentre ancora l’uomo canticchiava.
Il segnale d’allarme raddoppiò, vietandole di ignorarlo ancora.
La situazione era grave: Zoro che canticchiava non prometteva mai nulla di buono.
Per lei soprattutto.
La fregatura era dietro l’angolo, se lo sentiva.
La rossa chiuse gli occhi, massaggiandoseli con due dita e concedendosi un breve attimo di pace, prima di raccogliere la sua immensa pazienza e preparandosi a quanto sarebbe accaduto.
Si mise seduta a gambe incrociate sul letto, emettendo un secondo sospiro, che non passò inosservato come il primo.
Ma nonostante l’avesse notato, lo spadaccino continuò a canticchiare e a darle le spalle, racchiuso nella sua bolla di irritante felicità.
-Ok ok- sollevò le mani arrendendosi Nami –Dimmi che succede-
Zoro piegò il capo a fissarla, smettendo per un attimo di sfregarsi l’asciugamano sul capo.
-Niente- abbassò l’asciugamano alle spalle, ma il suo sorriso sghembo e borioso non tranquillizzò affatto la cartografa.
-Zoro…- lo chiamò, incorniciando le braccia sotto i seni ricoperti da una canotta –Stai canticchiando-
-E allora?- sghignazzò.
Lo stava facendo apposta, Nami ne era certa.
Conosceva quella testa di muschio, e lo stava facendo apposta a fare il fesso.
-Tu non canticchi- parlò secca –Mai- aggiunse prima che lui potesse replicare con qualche sorrisetto da sberle.
Sorriso che non tardò ad arrivare quando il verde si stese, con molta malagrazia, sul letto, incrociando le braccia dietro il capo e sghignazzando.
-Uhm- scrollò le spalle –Magari inizierò a farlo… da oggi-
-A si?- inarcò un sopracciglio –E per quale motivo?-
Il suo riso sarcastico si allargò in modo preoccupante, generando una scia fredda sulla colonna vertebrale di Nami che attese col fiato sospeso la risposta dello spadaccino, gongolante e superbo come non mai in quella notte.
Lo fissò prendere un profondo respiro, roteare con lo sguardo dal soffitto della loro stanza a lei, incrociando i suoi occhi carichi di curiosità e preoccupazione, e inclinando maggiormente le sue labbra prima di proferir parola.
-Sono un Dio del Sesso-
La cartografa sbatté un paio di volte le palpebre, confusa.
-Come?- corrugò al fronte.
-Sono un Dio del Sesso- scandì bene le parole della sua frase, guardandola negli occhi.
-Tu… cosa?-
No era ridicolo.
Irrazionale e… infatile!
Il suo uomo canticchiava perché si credeva un “Dio del sesso”?
Cos’era?
Una di quelle tappe da macho-very-uomo che un qualsiasi portatore di cromosoma Y deve attraversare per poter essere accettato nella società fallocentrica?
-Tu quindi canticchi di felicità…- suppose, accavallando le gambe e posando la schiena sulla testata del letto -… perché ti credi un Dio del Sesso?-
-Io non credo di essere un Dio del Sesso- piegò il capo a guardarla in viso –Io lo sono!-
-Oh mi scusi- ridacchiò –E chi ti avrebbe dato tale nomina?-
Il secondo allarme di pericolo ululò nel corpo della rossa, alla vista del ghigno sempre più sicuro e strafottente del suo uomo, per di più rivolto a lei.
Deglutì, aspettando l’inevitabile.
-Tu- infatti parlò divertito Zoro, indicandola con dito teso, facendo bella mostra della sua boria.
Passarono alcuni secondi di silenzio prima che Nami si riprendesse, scivolando sotto le coperte e dando le spalle al verde.
-… io non lo ricordo proprio!- ammise con falso distacco, posando il capo sul cuscino pronta per addormentarsi.
-Oh me lo ricordo io!- sghignazzò Zoro, scivolando sul letto e premendosi contro di lei, abbracciandole la vita con un braccio e soffiandole in un orecchio.
-Era tra un “ahh-ahhh, di più!” e un “oh si, si: lì… continua!!!”-
Le guance di Nami si imporporarono, diventando un tutt’uno con i capelli sciolti attorno al viso.
-Te lo sarai immaginato!- sbottò dura, raggomitolandosi nel lenzuolo.
Bugia.
Un’enorme, immensa bugia, e lei lo sapeva bene.
Perché Nami sapeva quanto Zoro fosse bravo a letto, come riusciva a farla impazzire sotto le lenzuola, a baciarla laddove ne sentiva il bisogno o toccarla dove la pelle reclamava il suo tocco.
Lo sapeva, e cosa ben peggiore si ricordava anche quando, in preda all’orgasmo, aveva urlato la frase incriminate, e se ne vergognava a morte.
Era stata la notte precedente, quando avevano fatto l’amore e lui era stato così bravo, così dolce, passionale, forte, audace, travolgente e… un Dio del Sesso in tutti i sensi!
Ma sperava che il suo urlo non fosse stato recepito dal verde, perso anche lui nel piacere.
Insomma, doveva avere tutto il sangue concentrato in una ben precisa parte del corpo, molto in basso rispetto al suo cervello, che non poteva funzionare correttamente in quel momento!!!
Come aveva potuto capirla, e ricordarsene soprattutto?!?
-Non me lo sono immaginato- le baciò la gola, sfiorandole la pelle con la punta del naso –C’ero io e c’eri tu… meno vestiti, più ansimi…-
Lasciò che i ricordi scivolassero dalla mente al corpo, come le mani di Zoro che ora le accarezzavano le gambe, senza malizia, ma solamente in cerca del sentimento che li legava.
-Sarà…- sospirò Nami, voltandosi sull’altro fianco e premendosi sul petto del compagno, guardandolo in viso -… ma continuo a non ricordare-
-Sono disponibile a farti una replica se necessario- le accarezzò una guancia con due dita, riportando il braccio opposto dietro il capo.
La rossa si strinse al suo fianco, sorridendo.
-Se per te è così importante, mi sacrificherò- gli accarezzò un pettorale, fissando il suo sorriso sghembo tendersi per poi assumere una linea più morbida.
Più simile a un vero sorriso che a un ghigno dei suoi.
-No- posò le labbra tra i ricci ramati –Non ho mai creduto agli Dei… né al sesso tra noi-
La strinse forte, chiudendo gli occhi.
Una nuova nenia risuonò nella camera da letto, ma non era Zoro a canticchiarla.
La voce era femminile, ma comunque felice.

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Capitolo 47
*** Sfumatura 47: Invecchiare insieme ***


Sfumatura 47: Invecchiare insieme
 
Si rigirò nel letto, muovendosi lentamente ancora mezza addormentata.
Spingendo le spalle all’indietro si mise in fianco, focalizzando tra le ultime nebbie di Morfeo la figura ancora dormiente di un uomo che occupava l’altra metà del letto matrimoniale.
La zazzera brizzolata si premeva sul cuscino spiegazzato, rincorrendo le onde di pepe e sale di una lieve barba ben curata che circondava il volto dell’uomo.
Qualche ruga, appena accennata, circondava l’occhio chiuso, che le era permesso scorgere, e le labbra semi aperte in un leggero russare.
Il petto nudo mostrava che nonostante l’età l’uomo manteneva un certo tenore fisico, con ampi pettorali e addominali atletici, e le braccia abbandonate lungo i fianchi sopra la trapunta facevano bella mostra di muscoli ornati di numerosi cicatrici chiare.
Nami studiò confusa quell’individuo a lei nuovo, sollevando il capo e reggendosi il busto con le mani ben impiantate contro il materasso.
Stranamente non ne aveva paura, benché fosse certa di non conoscerlo né di averlo mai visto in vita sua, e ne era anzi stranamente attratta.
Con mano lieve, mano di un’esperta ladra che non aveva ancora abbandonato il vizietto, stracciò una lieve linea su volto dell’uomo.
Ben attenta a non destarlo, gli sfiorò l’ampia fronte, scivolando sul profilo del naso e pizzicandone appena la punta, suscitando una smorfia all’ignara vittima del suo capriccio, che storse le labbra sbuffando ma mantenendo il viso di profilo.
Era strano.
Nami non ricordava perché dormisse con lui, se condividessero il medesimo letto per una qualche ragione o fosse un evento unico e raro.
Sapeva che non né aveva paura e che, lo stuzzicarlo in quel modo, a fior di dita che correvano e risalivano il profilo della mascella scivolando poi sul collo e sulle spalle ben delineate, faceva parte di quel legame che le impediva di aver paura di lui.
Ridacchiò piano quando lo vide mugugnare nel sonno contrario alla sua falange dispettosa che lo pizzicava sul mento barbuto di grigio.
Tornò col capo sul cuscino, zampettano con i polpastrelli sul torace dell’uomo, correndo lungo le cicatrici che lo segnavano e ridisegnandole a suo piacere.
Era divertente, ma anche nostalgico, come di un gioco da bambini di cui aveva perso memoria.
Percorse una spessa e lunga cicatrice che attraversava quel petto d’uomo ormai maturo, risalendola lentamente e arrestando la mano al centro dello sterno, dove un cuore batteva tranquillo e privo di preoccupazioni.
Stette ferma ad ascoltarlo tramite la pelle del palmo, riconoscendo lentamente le note di quella nenia che innumerevoli notti l’aveva accompagnata in un sonno profondo.
Strinse appena gli occhi sulla figura dell’uomo, confusa e non del tutto convinta dei suoi stessi pensieri, ma quando la mano dello sconosciuto si sollevò dal materasso ad intrecciarsi con la sua, ancora posata con delicatezza sul suo cuore, tutto le fu chiaro.
-… Zoro…-
L’uomo piegò il capo verso Nami, rivelando l’occhio cieco e le labbra aperte a sbadigliare modellando il volto stirato di lievi rughe e da quella barba grigia come il fumo.
-… sei la solita mocciosa…- storse le labbra riprendendola, ma accompagnando le parole di richiamo con delle leggere carezze alla mano che manteneva sul suo sterno.
-… mai una volta che mi lasci dormire in pace…-
Sorrise con il suo fare sghembo e strafottente, sostenendo lo sguardo indagatore e stupito della compagna, che non riusciva a capacitarsi di ciò che vedeva dinanzi a sé.
-Sei invecchiato- commentò lentamente.
Zoro rise, dividendo le loro mani e portando la propria tra i capelli della cartografa, giocherellando con una ciocca che, apposta, fece ricadere davanti agli occhi della rossa.
Ex rossa.
-Anche tu- sghignazzò mostrandole la ciocca d’argento che le dondolava davanti agli occhi, strappandole una leggera risata divertita.
-Oh mamma!- si scompigliò i capelli Nami, ridendo–Sono vecchia!-
Ridacchiò, avvicinandosi allo spadaccino nel letto, arrivando a posare il capo sul suo ampio petto, mantenendo il sorriso sulle labbra.
-Sono bella?- gli chiede in un attimo di dubbio.
-Come solo una mocciosa può essere- le accarezzò la schiena.
-E non è strano?- chiese ancora.
-Cosa?-
Nami ruotò gli occhi su di lui, fissandolo.
-Ieri sera mi ricordo che eravamo giovani quando siamo andati a letto- rimembrò sicura –Ma questa mattina siamo… vecchi-
Zoro scrollò le spalle, continuando soprapensiero ad accarezzarla tra le spalle.
-Forse è solo un sogno- borbottò.
-Sarebbe ingiusto- sospirò, ricambiando le carezze del compagno con mano lieve -È bello sapere che siamo riusciti ad invecchiare insieme, senza mai più perderci ne dividerci-
Mosse le gambe tra le lenzuola, sentendole pesanti e rigide, quasi anziane.
-Sapere che ce l’abbiamo fatta…- gracchiò con la voce improvvisamente meno squillante e giovanile -… che siamo riusciti a stare insieme fino alla fine…-
Riportò gli occhi sul volto pieno di rughe e stanchezza di Zoro, lasciandosi fuggire un sorriso.
-… che siamo invecchiati insieme- si sollevò appena, posando un bacio sulla bocca del compagno –Sarebbe un peccato sapere che è tutto un sogno, no?-
-Forse- le accarezzò la chioma d’argento, specchiandosi in quegli occhi di cacao che non erano mutati in una sola pagliuzza –Ma se così fosse, abbiamo tutta la vita ancora davanti da trascorrere insieme e riuscire ad arrivare qui, vecchi e stanchi, a lamentarci… assieme- sghignazzò, posando le labbra sulla fronte della donna -… vero mocciosa?-

 

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Capitolo 48
*** Sfumatura 48: Coccole ***


Sfumatura 48: Coccole


 
-… come?!?- sgranò gli occhi puntandoli su Nami, stesa su un fianco sul letto dietro le sue spalle.
La cartografa arricciò le labbra capricciosa, stringendo sotto il capo il cuscino e guardando torva il compagno.
-Coccole!- parlò secca –Voglie le coccole!-
A Zoro sfuggì di mano il suo peso, che cadde sul suo stesso piede prima di rotolare a terra.
Il verde grugnì una smorfia di dolore per il colpo, che ignorò bellamente mantenendo gli occhi fissi sulla compagna.
-Stai scherzando?- sollevò un sopracciglio –Intendi sesso non…-
-Zoro ti do tre secondi per mollare a terra anche il secondo peso e stenderti qui con me- lo minacciò, pestando un pugno sul materasso e assottigliando lo sguardo sullo spadaccino.
-Dopo di che, potrai dire addio a coccole e sesso per un intero mese… sono stata chiara?-
Il secondo peso cadde a terra senza proteste, e in me che non si dica la zazzera verde di uno sbuffante Roronoa si ritrovò tra i seni di Nami, ridacchiante e vittoriosa.
-Bravo buzzurro- gli tamburellò le dita sul cranio, ricevendo solo sbuffi in risposta, prima di iniziare ad accarezzarlo con delicatezza e attenzione.
Era strana la sua Nami, lo doveva ammettere Zoro.
Urlava, strillava, picchiava tutti nell’arco della giornata, esasperandolo e minacciandolo… per poi costringerlo alla dolce tortura delle sue delicate mani che lo accarezzavano e vezzeggiavano su capo e spalle.
Strana, si, Nami era strana.
Ma la amava anche per quello.
Sospirò, gettandosi sul fianco e portandosi con sé l’affusolato corpo della cartografa, che sorrise felina nel accoccolarsi contro il suo caldo petto.
A fior di dita iniziò a disegnare piccoli cerchi e ghirigori sulla pelle bronzea del verde, lasciandosi cullare dalle dita callose e ruvide di lui che solcavano in una discesa e risalita continua il suo fianco.
Qualche volta, apposta, Zoro le faceva il solletico, strappandole una lieve risata improvvisa prima di riprendere quelle dolci e soffici carezze che scaldavano la pelle di Nami.
-… Zoro…- borbottò languida portando una gamba sopra quelle del compagno.
-Shhh- la strinse con una mano, portando la gemella al suo volto per accerchiarlo –Coccole?-
Nami annuì lentamente, sfregando la frangia sulla fronte del compagno, abbassandosi a baciarlo.
-Coccole- biascicò lentamente.
Non c’era bisogno di parole.
Solo gesti.
Si accarezzavano senza malizia alcuna, respirando piano e lasciando che la luce della abajur si piegasse con ombre morbide sui loro corpi vicini.
Una mano dello spadaccino che scivolava sulla curva tra fianco e sedere della navigatrice, mentre le piccole e ladruncole dita di lei sfioravano l’ovale imperfetto del suo viso, baciandolo con labbra arricciate sui tratti più duri e resi imprecisi da cicatrici o dall’espressione beata del verde.
Un bacio sotto il labbro laddove un piccolo tagli era nato e la mano callosa di Zoro risaliva sulla schiena, tra maglia e pelle, rubando da ladro principiante sospiri leggeri alla rossa, miagolante contro il suo petto.
Era strano ritrovarsi quieti e rilassati tra le mani di un assassino.
Se ci pensava, Nami, avrebbe pensato che mani grandi e forti come quelle del suo Zoro non potessero donare tanta tranquillità e benessere, ma fossero semplicemente in grado di brandire spade sempre pronte a difendere ciò che amava.
Si, se Nami avesse pensato avrebbe di certo ragionato in quel modo.
Ma Nami era innamorata e soprattutto incapace di ragionare lucidamente con i caldi polpastrelli dell’ex cacciatore di taglie a vezzeggiarla sulla pelle ormai elettrica della sua schiena.
Socchiuse gli occhi, respirando piano e abbandonando contro il petto di lui le sue stesse mani, quasi fossero un tesoro da rinchiudere nel forziere che si formava con i loro corpi accostati.
-… Zoro…- provò a chiamarlo ancora, ricevendo in risposta un bacio tra i capelli.
-Mm?- mugugnò piano il verde, allungando un braccio ad afferrare il piumone del letto, ripiegandolo sopra i loro corpi.
-… coccole…- biascicò come una bambina, stringendosi a lui e venendo ricoperta dalla calda trapunta.
Ormai era quasi addormentata ma le mani di Zoro non cessavano di sfiorarla dolcemente, assicurandosi che si sentisse la sicuro.
Che fosse al sicuro.
Le lisciò alcuni ricci contro il profilo perfetto del viso, baciandola a fior di labbra e abbracciandola per la vita, lasciando che i loro capi pesanti si toccassero nel sonno.
-Coccole- sussurrò, mantenendo a stento gli occhi aperti –Solo coccole… ok?-
Non ricevette risposta, e non ne pretese.
Il sonno era calato e le mani di entrambi erano ancora intente a volteggiare leggere sulla pelle del compagno, in piccole e morbide carezze.

 

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Capitolo 49
*** Sfumatura 49: Onigiri ***


Sfumatura 49: Onigiri
 

Aprì la porta della cucina con naturalezza, senza aspettarsi nulla di nuovo se non il solito cuocastro intento a padellare con fare quasi professionale.
Ma non appena posò il primo passo oltre lo stipite, un gelido brivido lo attraversò da capo a piedi, costringendolo a indietreggiare e chiudersi di fronte la porta della stanza pregando in cuor suo che ciò che aveva appena visto fosse solo un’allucinazione.
-Ti prego- si massaggiò il ponte del naso, chiudendo gli occhi speranzoso.
Prese un profondo respiro e riaprì la porta appena socchiusa.
Sfortunatamente lo scenario che aveva tanto sperato fosse stato un’allucinazione da troppo sono, si ripeté davanti ai suoi occhi.
Nami, la sua Nami, stava cucinando.
-Buon Dio…- si passò una mano sull’intero viso, ruotando gli occhi al cielo facendosi coraggio ed avvicinandosi ai fornelli.
-Nami- la chiamò quando fu abbastanza vicino (o abbastanza lontano) da lei, facendola voltare.
La rossa gli sorrise dolcemente, piegando il capo e facendo dondolare sulla schiena la coda di cavallo che le legava i ricci ramati, mentre continuava imperterrita ad appallottolare le grossolane polpette di riso che aveva appena cotto.
Onigiri, constatò Zoro, e ne sarebbe stato anche felice se non avesse avuto una tremenda paura della cucina della sua compagna.
Nami in fondo era una cartografa, una navigatrice, una ladra soprattutto, ma cuoca, oh no, cuoca assolutamente no.
La nobile arte culinaria, era dura ammetterlo, era meglio che restasse nelle zuccherose mani d’avventore del cuoco di bordo, piuttosto che in quelle frettolose e poco pazienti della navigatrice.
Era sorprendente come quelle dita riuscissero a tracciare linee infinite e perfette di isola e città, ma maciullassero, tritassero, rendessero informi e irriconoscibili alcuni alimenti.
Pochi erano i piatti che le riuscivano, molti quelli che era meglio nemmeno assaggiare.
-Che..uhm… che fai?- si sforzò a parlare, notando i due onigiri già pronti e che riposavano su un piccolo piatto a lato della pentola a pressione dove pochi cicchi di riso giacevano soli.
-Avevo un po’ di fame- fece spallucce la rossa, appallottolando l’ultimo involtino nella sua alga nori, assicurandosi che il ripieno di verdura fosse completamente ricoperto dal riso.
-E quindi…- la incalzò lo spadaccino, arrivandole da dietro e sporgendosi, cautamente, sopra una sua spalla per osservare la piccola palla di riso prendere forma.
Non aveva la tradizionale forma a triangolo.
Sembrava più un ammasso scomposto di riso e verdure cotte, tenute assieme da una striminzita alga che aveva l’effetto di una cintura troppo stretta sul ventre obeso di una balena.
-E quindi niente- schiacciò per bene i lati della polpetta Nami, osservando soddisfatta il suo operato –Ho preparato un po’ di Onigiri!-
Erano così carini!
Bianchi con quel piccolo quadratino verde ad abbracciarli, e con il loro ripieno di verdurine bollite.
Caldi poi erano squisiti!
Nami aveva iniziato ad apprezzarli da poco, da quando aveva iniziato la sua relazione con Zoro, ghiotto di quei piccoli snack veloci, di cui aveva appreso la ricetta tempo addietro, quando ancora Bellemerè li cucinava per lei e Nojiko.
Era strano come una pietanza così semplice e che mai aveva apprezzato pienamente fosse stata presente nella sua infanzia, e si riproponesse con semplicità nel suo presente con Zoro.
Era una strana coincidenza.
Davvero…
-… e hai intenzione di mangiarli?-
Nami corrugò la fronte stupita, scuotendosi dai suoi pensieri e voltandosi finalmente ad osservare il verde.
-Che vorresti insinuare?- incrociò le braccia sotto i seni, lasciando penzoloni le mani unte dei resti di cibo.
Fissò Zoro negli occhi, osservando la sua espressione atona e indecifrabile.
Stava per dirne una grossa, lo sapeva.
Stava per dire una cavolata delle sue.
Una sua frecciatina diretta e stupida, detta con tutta la sua cretina onestà.
-Allora?- lo incalzò, sollevando un sopracciglio –Perché non dovrei mangiarmi gli onigiri che ho apposta preparato perché avevo fame?-
-Perché…- aprì bocca Zoro, ma Nami lo zittì sollevandogli una mano contro.
-Non stai per chiedermi un onigiri vero?- si sporse con il busto su di lui –Non stai osando tanto… vero tesoro?-
-Non voglio morire!- sbottò secco e rapido, fin troppo rapido.
Si accorse di ciò che aveva appena detto solo quando le sue labbra si chiusero sulla vocale finale, maledicendosi mentalmente.
Ecco, era morto!
Aveva appena detto che non voleva morire per mano degli onigiri della sua donna, e dallo sguardo di fuoco che la su detta fragile donzella proprietaria del suo cuore gli rivolgeva, anche lei doveva aver interpretato nel modo esatto le sue parole.
Il che poteva riassumersi in un unico semplice concetto: era morto!
Schioccò la lingua sul palato, cercando di rimediare a quanto detto, aprendo bocca e mantenendo lo sguardo su quello di brace della rossa.
Stava per parlare, quando la porta della cucina si aprì e un’ondata di cuori e moine varie li investì in pieno.
-Cosa vedono le mie pupille??!? La mia Nami adorata, nel mio regno!!!-
Fu l’unica volta in cui Zoro ringraziò i Kami dell’esistenza del cuoco di bordo.
L’osservò volteggiare a suon di smancerie fino alla cartografa, offrendole il baciamano e ricevendo un sorriso in cambio.
-Mia cara, come mai sei qui? Hai fame?- s’informò premuroso, ignorando totalmente il terzo incomodo Roronoa –Ti preparo qualcosa! Un dolce, un thè, un…-
-Lascia stare Sanji kun- lo zittì la rossa, agitandogli una mano contro –Mi sono già preparata qualcosa, peccato- ritornò a guardare malamente Zoro –Che qualcuno voglia mangiarselo!-
Lo spadaccino inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto e sostenendo lo sguardo ‘accusa della compagna.
Ora, non che il sentirsi chiamato in causa lo disturbasse, ma che la sua frase nascondesse una richiesta d’aiuto per il cuoco… ecco, quello era fastidioso.
-Chi osa tanto?!?!?- urlò il biondo, guardandosi attorno agguerrito.
-Secondo te Sanji kun?- sbuffò la rossa –Siamo io, te e Zoro in cucina!-
-La verza?- ruotò gli occhi sulla montagna di muscoli che aveva ignorato fino a quel momento.
Squadrò da capo a piedi il verde, storcendo le labbra.
-Tsk- commentò, lanciando occhiatacce al nakama.
-Tsk- rispose quello, laconico.
-Quindi…- si sporse a studiare con lo sguardo gli onigiri di Nami -… la verza vorrebbe lasciarti morire di fame e rubarti i tuoi preziosi ongiri, preparati con tanta cura e attenzione?-
-No- tentò inutilmente di difendersi Zoro.
-Così pare- sorrise vittoriosa la rossa, sentendo il cuoco dalla sua parte.
Sanji fissò intensamente le palline di riso posate sul piatto, ignaro dello scambio di sguardi di fuoco della coppia.
-Potrei assaggiarne uno, mia cara?- chiese cortesemente, curioso.
Nami s’imbronciò, infossando gli occhi.
-Ti ci metti anche tu Sanji kun? Vuoi farmi morire di fame?- pigolò, mirando all’animo gentiluomo del Vinsmoke.
-Ma assolutamente no mia adorata!- si affrettò a giustificarsi, agitando le mani preoccupato –Non sono come l’alga di mare!-
-Ehi!-
-È semplice curiosità professionale- non prese in considerazione le proteste dello spadaccino, rivolgendo totalmente le sue attenzioni a Nami –La ricetta degli onigiri è così diffusa che ha acquisiti nel tempo migliaia di varianti, e sarei immensamente onorato di poter conoscere anche quella che vige nel tuo bagaglio culinario-
Nami schioccò le labbra.
-Vuoi assaggiare i miei onigiri per curiosità professionale…- soppesò le parole del biondo con molta cura.
-Se li assaggia lui ne voglio uno anch’io- sbottò secco Zoro, allungando di già una mano sugli involtini.
-Tu ne volevi uno già da prima!- lo schiaffeggiò sul palmo teso –e comunque io non ho ancora dato il permesso a nessuno dei due: vi ricordo che ho fame!-
-Veramente non volevo assaggiarli per paura di morire avvelenato- confessò il verde, afferrando rapido una pallina di riso –Ma se lui ne mangia uno, ne ho diritto a come minimo due!-
-Cosa?!?-
-Taci verza!- parlò velenoso Sanji, prendendo in palmo di mano, con cura maniacale, un onigiri –Se la mia Dea ha deciso di permettere solo a me l’onore di assaggiare i suoi manicaretti, un perché ci sarà no!-
-Veramente io non ho dato il permesso a nessuno!- vociò la rossa, cercando di riprendersi il mal tolto, ma non venne ascoltata.
-Taci tu, cuoco da quattro soldi!- aprì le ganasce pronto ad addentare l cibaria.
-Cavernicolo!- schioccò le labbra, pregustandosi il manicaretto che fece roteare tra le dita quasi fosse una gemma.
-Non osate!- strillò Nami, agitandosi tra i due ladri –O io…No!-
Fu troppo tardi.
In un sol boccone entrambi i pirati ingurgitarono la merenda della rossa, che fissò esterrefatta il suo uomo che sganasciava le proprie mandibole, ingurgitando i chicchi di riso misti alle verdure, e il giovane cuoco, che invece assaporava ogni singolo elemento che correva nel suo palato, consumando il pasto rubato ad occhi chiusi.
Se doveva essere sincero, Sanji non apprezzava totalmente la ricetta della cartografa degli onigiri.
Il riso era troppo cotto, mancava di un pizzico di sale e le verdure erano troppo speziate.
Il pepe nero si amalgamava bene con il riso, ma non riusciva a coprire del tutto la mancanza di quell’unico grano di sale che avrebbe atomizzato il tutto.
In più, l’alga nori che aveva abbracciato l’involtino, era un po’ secca e aveva lasciato un vago sapore acre sul riso con cui era stata a contatto.
Per non parlare di come stato appallottolato il tutto: indegno della nobile arte culinaria!
In definitiva era una pietanza che Sanji non avrebbe più voluto assaggiare.
L’onigiri non era ottimo, lontanamente buono, e la ricetta necessitava di mirati accorgimenti.
Accorgimenti che lui era ben felice di poter dare alla sua dorata sirena!
-Uhm- si passò la lingua sul palato, osservando svagatamente Zoro pulirsi la bocca con il pollice –Mia adorata Nami swan, la tua ricetta è buona ma se posso permettermi ti consiglierei di…-
-Siete due deficienti!- tuonò la rossa, picchiando sul cranio entrambi i compagni.
-Chi vi ha dato il permesso di cibarvi del mio cibo?!?- li prese per il bavero delle maglie, scuotendoli con violenza –Erano per me, non per voi idioti!-
Lasciò la presa, fulminandoli con satanica cattiveria mentre afferrava avara l’ultimo onigiri rimasto.
-Non la passerete liscia…- assottigliò lo sguardo -… pagherete il cibo che mi avete rubato, e lo pagherete caro! Sono stata chiara?!-
-Oh Nami swan, che orribile affronto ti ho fatto!- piagnucolò il biondo –Pagherò con la mia cucina, con i miei manicaretti, il debito che ho nei tuoi confronti per avermi onorato nell’assaggiar…-
-E allora muoviti - lo zittì acida –Qui l’unica a stomaco vuoto sono ancora… cosa pensi di fare?!?-
Azzannò l’aria con la dentatura squalina, mancando di poco la mano protesa di Zoro verso l’ultimo onigiri preziosamente custodito tra le dita della cartografa.
-Al contrario del cuocastro a me son piaciuti- scrollò le spalle il verde –E ne voglio ancora, quindi…- allungò le dita verso la pallina di riso.
-Quindi un bel corno!- si strinse al petto il prezioso tesoro Nami, difendendosi dall’aggressione dando le spalle al verde –Questo è mio! È l’ultimo ed è mio!-
-Andiamo mocciosa- sbuffò, circondandole un fianco con una mano mentre allungava la gemella verso l’onigiri –Sopracciglia a ricciolo sta già padellando per te, da a me l’ultimo!-
-No!- lo calciò –Mio! È mio! Hai detto che avevi paura di morire avvelenato mangiandolo: perché diaovlo ora lo vuoi?!?-
-Sbagliavo, ok? Nami!- l’abbracciò goffamente, cercando di afferrare la pallina di riso ora protesa verso l’alto dalle braccia della rossa –A me piacciono, dammi l’ultimo!-
-Noooo!!!- si agitò tra le sue braccia –Sanji kun aiutami! Il buzzurro cerca di farmi morire di fam… smettila di palparmi ovunque! Non te lo do!-
Sanji sospirò, accendendosi una sigaretta e legandosi il grembiule in vita quando ebbe le mani libere.
Prese il riso, le verdure e le alghe nori, deciso a voler preparare per cena i suoi famosi onigiri, magari con qualche piccola variante proveniente dall’isola di Coconat.
Guardò per un ultimo lungo attimo la coppia bisticciare per l’ultimo insipido e ormai freddo involtino, ridacchiando nel sentire lo spadaccino ricordare alla cartografa che a lui gli onigiri piacevano, soprattutto i suoi.
-E poi il casanova sono io- sbuffò una nuvoletta di fumo a forma di cuore, mentre iniziava a tritare le verdure –Ah Roronoa… chi avrebbe mai detto che l’amore ti avrebbe reso cieco anche lo stomaco-

 

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Capitolo 50
*** Sfumatura 50: Perché io? ***


Sfumatura 50: Perché io?

 
Strizzò la camicia, sbattendola all’aria fresca prima di stenderla con cura sul filo teso, lanciando un’occhiata veloce a Zoro, intendo dietro di lei ad allenarsi, numerando sottovoce flessioni su flessioni.
Storse il piccolo nasino da Gatta Ladra, piegandosi sulla cesta e afferrando un paio di pantaloni del capitano, notando distrattamente il nuovo strappo che li ornava prima di stenderli ad asciugare.
I movimenti di Nami erano meccanici, precisi e attenti, ma totalmente svolti senza la presenza mentale della cartografa.
La sua furba e arguta mente era impegnata in ben differenti attività che stendere il bucato fresco di lavatrice, e a volte, quei pensieri così vorticosi e intensi, tentavano di venire a galla coinvolgendo lo spadaccino immerso nei suoi esercizi, ma venivano frenati ogni volta dalla stessa navigatrice, che si mordeva il labbro con insistenza.
Strizzò una blusa di Robin, lisciandone le pieghe per bene, spostando il peso del proprio corpo da un piede all’altro indecisa se parlare o meno.
Stava per ripensarci quando le parole le uscirono di bocca con vita propria.
-Perché io?-
Zoro si fermò con le braccia tese puntate al pavimento in legno del castello di poppa, non certo che la domanda fosse rivolta a lui.
Ruotò piano il capo, osservando la figura della sua compagna intenta a stendere gli ultimi panni che occupavano la cesta, schioccando la lingua sul palato.
-Parli con me?- sollevò un sopracciglio scettico.
-Vedi qualcun altro?- strizzò una maglia, fermandola sul filo con due mollette.
Lo spadaccino fletté le braccia, sollevandosi e mettendosi schiena a terra e gambe piegate, iniziando gli esercizi per gli addominali.
-Perché tu cosa?- portò le braccia dietro il capo, iniziando a piegare il busto verso le ginocchia.
-Perché io tra tante- unì due calzini sul filo –Avresti potuto scegliere qualcun’altra come compagna di vita. Robin, per esempio, o una donna del tuo paese Natale o appassionata di spade-
Lo sentì sbuffare per lo sforzo dei piegamenti, respirando piano dietro di lei.
-Nah- parlò roco –Robin non era interessate, glielo’ho chiesto e…-
La cesta gli finì in testa con i pochi indumenti che ancora conteneva, nascondendo alla vista furiosa della cartografa il ghigno divertito del verde.
-Glielo hai chiesto?!- aggiunse uno scappellotto alla nuca del ragazzo, riprendendosi i vestiti fradici.
Zoro sghignazzò rivolgendole il suo solito sorriso sghembo, facendola innervosire maggiormente e costringendola a tornare al suo lavoro se non voleva sfogare la sua rabbia su di lui gettandolo a mare.
-Ovvio- la canzonò –Non crederai di essere stata sempre la prima della lista?-
-E tu non crederai che te la lasci passare liscia per questo tuo stupido scherzo!- sbottò, frustando l’aria con una canotta di Usopp, gettandola collerica sul filo.
Stupido buzzurro!
Lei parlava seriamente!
Voleva sapere davvero perché aveva scelto lei e non un’altra donna, più paziente magari e meno incline alle punizioni corporali sul proprio uomo.
Perché, si chiese, perché non la prendeva sul serio e non le diceva per quale assurda ragione aveva scelto lei e non, così per fare un esempio, la calma e gentile Robin, sempre paziente con tutti e dai rari ma solari sorrisi?
-Stavamo attraversando una fascia di mare molto burrascosa- lo sentì parlare, zittendo i suoi borbotti lamentosi e obbligandola ad ascoltarlo attenta.
-Le tempeste erano all’ordine del giorno e le paratie non riuscivano a reggere le forti ondate che si alzavano dal mare o le sferzate del vento- continuava i suoi piegamenti, non accennando a nessun sforzo mentre raccontava, mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
-Quel giorno la tempesta era furiosa e il vento tagliava la pelle e le vele.  Tu eri al timone e strepitavi ordini cercando di farti sentire, ma il vento era così forte che sul ponte arrivavano solamente le tue imprecazioni- le strappò un piccolo sorriso, mentre le sue piccole mani tormentavano una salopette di Chopper, indecisa se appenderla o meno –Con Usopp stavamo tenendo tirata una corda dell’albero maestro, lottando contro le onde e cercando di non far spiegare le vele ormai a briglia sciolta. È stato un attimo: il vento si è alzato gonfiando un lembo di una vela che ha scagliato entrambi lontano dal ponte- prese un respiro profondo, congiungendo gomiti a ginocchia –Usopp è andato addosso al castello di poppa…-
-Si è inclinato qualche costola quella volta- mormorò Nami, ricordandosi l’evento.
-… e io sono caduto sui tuoi mandarini- si fermò nelle alzate per la prima volta, volgendo gli occhi sulla cartografa, studiandone la schiena dritta e le braccia molli a stropicciare un abito.
-I rami hanno attutito la caduta ma ne ho spezzati parecchi- inclinò il capo –Sei arrivata di corsa, annaspando tra le sferzate di pioggia e chiamandomi a gran voce: credevo mi avresti ucciso vedendo come avevo ridotto i tuoi adorati alberi-
-E invece…- Nami non accennava a parlare, ascoltava con attenzione non perdendosi una sola sillaba -… mi hai preso il capo tra le mani e mi hai chiesto se stavo bene-
Era certa che dietro le sue spalle lui stesse ghignando, con quel suo fare da sbruffone che cerca di nascondere le emozioni dietro a un sorriso storto, che da un po’ aveva perso inclinazione.
-Non ti importava che avessi distrutto l’unico ricordo di tua madre, della donna che ti aveva amato come se fossi sua. Non ti importava che la cosa più preziosa del mondo fosse stata danneggiata da me: ti importava che io stessi bene, che non fossi ferito, che fossi vivo-
Lo sentì alzarsi, e si affrettò a stendere la maglia che aveva tra le mani, cercando di riprendere la naturalezza dei suoi gesti mentre le mani calde di Zoro si posavano sui suoi fianchi e le sue labbra le sfioravano il collo.
-È lì che l’ho capito: venivo prima io per te, e poi tutto il resto- serrò le braccia attorno alla sua vita, facendola tremare e tentennare nei movimenti -È così che ho capito che eri quella giusta, è così che ti ho scelto, se mai ci fosse stato bisogno di scegliere-
Le baciò la guancia, allontanandosi con le mani nelle tasche e passi pesanti, lasciandola imbambolata a fissare la biancheria stesa ad asciugare.
-Stupido- sussurrò piano, imponendosi di ignorare il calore sulle guance arrossate e il sorriso che si apriva da sé sulle labbra,  mentre si carezzava a fior di dita la guancia dove le aveva posato un bacio –Tu verrai sempre prima di tutto per me-
 

 

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Capitolo 51
*** Sfumatura 50+1 ***


 
Sfumatura 50 +1

 
Si rigirò sulla sdraio, premendosi le mani sull’addome e piegando le gambe al petto, cercando un po’ di sollievo nel crogiolante calore del sole che illuminava la baia a cui era attraccati.
Sospirò piano, cercando di concentrarsi sulla respirazione e di non pensare alle fitte opprimenti che le laceravano l’addome, accarezzandoselo con dolcezza con le man delicate.
A ogni piccolo passaggio del palmo sul ventre, sentiva che le fitte attenuarsi.
Sorrise Nami, rilassando le gambe sulla sdraio e percependo un lieve sollievo che le sfuggì subito, sommerso da una nuova fitta dolorosa.
-Mmm- si lamentò, tornando ad abbracciarsi la pancia e storcendo le labbra.
No, non di nuovo!
Erano tre giorni ormai che i dolori la tormentavano, costringendola a letto e a una dieta leggerissima.
Guai a mangiare anche una sola foglia d’insalata di troppo: la nausea l’attendeva al varco crudele e senza pietà.
Le sembrava che una mini Merry le solcasse il ventre, navigando in un mare in tempesta e senza rotta, donandole invece che una piacevole sensazione marina di quell’oceano che tanto amava, fitte e dolori improvvisi ornati da un’allegra nausea mattutina.
Piegò le dita dei piedi nudi contro le cosce, raggomitolandosi e cercando di resistere.
Conto fino a dieci, a venti, a trenta, ma i dolori non passavano.
-Mmm.. Zoro…- mugugnò attirando l’attenzione non solo dello spadaccino.
Stiracchiandosi sul prato dove pisolava, Zoro si alzò e la raggiunse, accarezzandole la schiena mentre una dolce mano materna appariva dallo schienale della sdraio di Nami, accarezzandole il capo ramato.
-Ancora male?- le chiese Zoro, sedendosi sulla sdraio e permettendole di accoccolarsi su di lui, posando il capo sulle sue gambe.
-Si- piagnucolò, avvinghiandosi e abbandonandosi alle sue carezze e percependo un piacevole sollievo.
Sembrava che alla mini Merry piacessero le carezze rozze e calde del suo buzzurro.
-Chopper sarà presto di ritorno- le porse un bicchiere d’acqua Robin, osservandola con attenzione.
-Oggi è peggio di ieri- mugugnò Nami, scuotendo il capo e rifiutando l’offerta dell’archeologa.
Era una fortuna che Rufy e Sanji fossero scesi a terra con il medico di bordo: il primo, con il suo scorazzare infantile, avrebbe innervosito la cartografa rendendola isterica e violenta, il secondo vedendola dolorante l’avrebbe assalita di mille attenzioni rendendola… diciamo che il risultato sarebbe stato uguale in entrambi i casi.
-Non capisco che razza di influenza ti sei presa- sbottò il verde, accarezzandole i ricci mossi –Sono giorni che hai questi dolori-
-E che ne so!- mugugnò, strusciando il capo sulla pancera del  ragazzo –E non smettere di accarezzarmi!-
Zoro roterò gli occhi al cielo limpido e privo di nuvole.
-Yohohoho-ho! Nami san… no non voglio chiederti il colore delle tua mutandine!- agitò le mani all’occhiata assassina della rossa –Volevo solo sapere se posso esserti d’aiuto in qualche modo;  se poi tu volessi dirmi il…-
-Brook san perché non componi una canzone rilassante per alleviare i dolori della nostra navigatrice?- lo interruppe Robin, lanciando una lieve occhiata al ghigno divertito di Zoro, sghignazzante per lo sguardo furioso che la rossa lanciava al violinista.
Lo scheletro fece un leggero inchino, rise a sua volta e si armò di violino, portandosi alla ringhiera della nave, suonando le prime note di una ninna nanna.
Nami sembrò rilassarsi, trovando ulteriore pace tra le mani carezzevoli del suo compagno.
Robin osservava attenta la coppia.
Studiava come le mani del Bushido san si posassero con attenzione sulla cartografa, prima sul  capo, poi sulle spalle e in fine leggere sul ventre, e come lei sorridesse grata a ogni tocco, strusciano il capo contro di lui e, a sua volta, scaldandosi l’addome con piccole carezze.
Era strano, rifletté le mora, come le fitte al ventre della navigatrice scemassero sotto quei tocchi.
Corrugò la fronte, analizzando come anche le nausee, passata la mattina, non si ripresentassero negli altri pasti, o come i dolori ossei si presentassero nella settimana con maggior forza e come, ancora, la sonnolenza si stesse accentuando.
Una strana quanto interessante diagnosi la fece sorridere.
-Nami…- incrociò le dita delle mani tra loro, posando il capo sopra di esse -… perdona la domanda indiscreta…- la vite socchiudere gli occhi guardandola non smettendo di accarezzarsi la pancia -… ma quando hai auto il tuo ultimo ciclo?-
La cartografa sgranò gli occhi alzandosi di scatto dal corpo impietrito dello spadaccino, che tentò di soffocarsi con il respiro.
-Dannazione Robin!- sbottò Zoro, arrestandosi nel accarezzare la sua donna –Che razza di domande sono?-
Nami la guardò perplessa, non capendo il perché di quella strana domanda.
Perché le chiedeva del suo ciclo?
Fissò gli occhi cerulei della mora studiare con attenzione il suo ventre, dove ancora sostavano le sue mani, sorridendo sornione e enigmatica come suo solito.
Corrugò la fronte, non riuscendo a collegare la sua domanda ai dolori che la tormentavano.
Stava male, era ovvio,  ma non capiva cosa centrassero i suoi dolori con…
-Oh mamma!-
Il verde corrugò la fronte, scrutando il volto lievemente sbiancato di Nami, le cui labbra tremavano in un timido sorriso dietro alla mano che cercava di coprirla.
-Nami- la chiamò, posando una mano sulla sua spalle –Che…-
-Credi che Chopper in infermeria abbia un test?- si sporse verso la mora, dimentica di qualsiasi dolore che l’affliggeva, afferrando con forza le mani della sorella e guardandola con un luccichio felice negli occhi.
Robin sorrise e piegò il capo.
-Potresti controllare- suggerì, sorridendo sornione nel rincorrere con gli occhi cerulei la figura slanciata della rossa correre verso il castello di poppa, salendo la scala due scalini per volta.
Aveva attraversato il ponte con una rapidità fulminea, incredula che la possibilità che i suoi dolori fossero il segnale di una ben altra sorpresa, più piacevole e desiderata.
Correva sulla scalinata, non riuscendo a trattenersi dal sorridere senza un reale motivo, ma solamente desiderato.
-Robin!- chiamò l’archeologa quando fu sulla cima della rampa, bisognosa del suo appoggio.
La mora non accenno ad alzarsi dalla sdraio che aveva occupato fino a quel momento, piegando lo sguardo su Roronoa, accavallando le gambe.
-Forse dovresti andare tu- lo incoraggiò.
Zoro la guardò confuso.
Non ci stava capendo niente!
Prima Nami si contorceva dal dolore, facendo le fusa per le sue coccole che le donavano lieve beneficio, mai però quanto le parole pronunciate da Robin che le avevano ridonato energie e uno strano bagliore negli occhi.
Storse le labbra, corrucciato.
Non capiva davvero che diamine stesse succedendo.
Che diamine centravano le cose di Nami con i suoi dolori?
Non riusciva a trovarci un nesso, o meglio, lo percepiva ma provare a dar ragione a quel sottile pensiero che gli aveva attraversato la mente quando Robin aveva posto quella delicata domanda era folle, privo di senso.
-Sta chiamando te- le rispose, cercando di riemergere dai suoi pensieri.
-Solo perché non vuole vedere sul tuo volto la delusione se il test sarà negativo-
Sempre un passo avanti Nico Robin, anche su loro due.
Zoro sentì le labbra arricciarsi in un sorriso da sole nel sentir nominato per la seconda volta quel benedetto “Test”, e ignorare il flebile pensiero che lo aveva appena sfiorato –ma che ora prendeva forza e lo scuoteva con violenza- era impossibile.
Anzi, ascoltarlo era meraviglioso.
-È…- prese coraggio, scrutando il castello di poppa in cui Nami era scomparsa -… è incinta?-
Robin sorrise dolcemente, con un fare materno liquido negl’occhi.
-Va da lei- disse semplicemente.
Si mosse a grandi falcate, e riuscì a salire la scalinata solo grazie a una poderosa pacca su una spalla da un piangente Franky e un pollice alzato di Usopp, che gli fece l’occhiolino mentre consolava il autoproclamato “Super Zio”.
Zoro sorrise, un vero sorriso spontaneo, che si mantenne sul suo viso fino a quando non mise piede nella sua camera da letto, dove trovò Nami impostare un piccolo timer da cucina, furto dal Regno del cuocastro, e fissare ansiosa un piccolo bastoncino di plastica.
Voltò lo sguardo su di lui non appena lo sentì entrare nella camera, non riuscendo più a celare il suo sorriso.
-Dobbiamo aspettare cinque minuti- deglutì –Per l’esito-
Annuì, sedendosi sul letto non sentendo più le gambe reggerlo.
Nami lo seguì, liberando un profondo respiro.
-Se…- si inumidì le labbra non smettendo di sorridere -… se Robin non mi avesse chiesto…- si portò le mani alle labbra euforica –Non avrei mai collegato le due cose-
Zoro annuì di nuovo, abbandonando le mani tra le gambe e posando le braccia sulle cosce tese.
-Certo Chopper avrebbe tolto ogni dubbio ma lei… lei è sempre…-
-… un passo avanti a tutti- completò la frase, facendo scivolare dal petto un profondo sospiro liberatorio che non si era accorto di trattenere.
Nami si voltò a guardarlo in viso, emettendo un lieve uggiolio nel vederlo sorridere con serenità.
Gli prese una mano con le sue, accarezzandola piano.
-Che facciamo se è positivo?- chiese non accennando ad abbassare gli occhi.
-L’amore-
Ridacchiò alla sua risposta secca, incrociando le dita di una mano alla sua, continuando ad accarezzargli il dorso.
-Perché?- sbuffò.
-Si dovrà pur festeggiare, e dato che non puoi bere lo faremo in un altro modo- piegò il sorriso in un ghignò, stringendo la presa delle loro dita.
Nami ridacchiò, dondolando con il capo, prima di fermarlo sulla spalla dello spadaccino.
-E se è negativo? Che facciamo se è negativo?-
-L’amore-
Lo scappellotto lo colpì in pieno.
-Non puoi replicare con la stessa risposta a due domande opposte tra loro!- incrociò le braccia sotto i seni.
-Credevo che gli sbalzi di umore sarebbero arrivati dopo…- borbottò Zoro, grattandosi il capo leso.
-Zoro!- strillò –Non…-
-Voglio avere un bambino da te-
La zittì con la sua schiettezza, ammutolendola.
Continuava a guardarla dritta negli occhi, riprendendosi una sua mano e stringendola con forza.
-Non né abbiamo mai parlato, è vero, ma lo vogliamo entrambi- Nami incrociò le dita alle sue, avvicinandosi al suo petto mentre lui continuava a parlare, secco e diritto, senza tanti fronzoli ma sincero.
-Lo vedo quel tuo sorriso, lo vedo quanto vuoi che sia vero, e mentirei se dicessi che non lo voglio anch’io- le passò la mano libera sui fianchi, avvicinandosela mentre lasciava che la cartografa guidasse le loro mani unite sul suo ventre dolorante –Voglio un bambino da te Nami… almeno uno per iniziare-
La rossa ridacchiò, sollevando il capo.
-Quindi se il test sarà negativo…- sussurrò.
-… ci impegneremo affinché il prossimo sia positivo- alzò un angolo della bocca Zoro, celando un lieve brivido di piacere nel sentire la mano libera della gatta infilarsi sotto la sua canotta.
-Forse- storse il nasino con fare casuale –Dovremmo iniziare a impegnarci già prima. Tipo ora…-
-Già, dovremmo- l’accompagnò con la schiena sul materasso, baciandola con foga.
Il timer suonò.
 
 




















ANGOLO DELL’AUTORE:
Siamo giunti finalmente alla fine di questa tortuosa avventura.
Ventidue mesi.
Ecco quanto ci ho impegnato a finire questa raccolta nata dal caso, dedicata ad un evento, modificata mille volte, amata e odiata capitolo dopo capitolo, scritta cancellata riscritta maltrattata in ogni sua sfaccettatura.
Finirla lascia un che di strano sulle punte delle dita, ma forse è solo il formicolio dell’autore quando sculaccia i tasti della tastiera.
Per quanto voglia perdermi in troppi pensieri da dedicare a questa raccolta (davvero troppi, e davvero barbosi), mi permetto di rubarvi ancora cinque righe per ringraziare con l’anima che mi resta tutti coloro che hanno letto, recensito, seguito, ricordato, preferito e spulciato la storia.
Grazie!
Grazie davvero, perché senza di voi le sfumature si sarebbero perse, sbiadite, dimenticate in una cartella del pc.
Grazie.
Grazie per avermi accompagnato fin qui, e spero vivamente di non avervi deluso, ma anzi, di avervi almeno un po’ fatto compagnia, come voi l’avete fatta a me.
Grazie.
Zomi
 

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