Portraits di Lumik Lovefood (/viewuser.php?uid=96127)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Family ***
Capitolo 2: *** Knowledge ***
Capitolo 3: *** First ***
Capitolo 4: *** Rain between... ***
Capitolo 1 *** Family ***
Portraits
Family
1977 - 1978
Blood, 180cm x 168cm x 187cm x 162cm
House
Rukawa, Kanagawa
Se
qualcuno gli avesse chiesto qual'era il primo ricordo che aveva di
Keiko, sapeva cosa rispondergli.
Ovviamente,
non l'avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura che con la sorella
gemella avesse un rapporto che andava bene oltre la normale
fratellanza e tolleranza.
Già, loro si tolleravano, e molto
anche.
Il
fatto che avessero, bene o male, lo stesso identico carattere, li
portava a discutere silenziosamente anche per le piccolezze, ed erano
seguiti da un giorno di musi lunghi e mugolii, per poi riparlarsi a
monosillabi come se nulla fosse successo.
La Signora Rukawa aveva
perso le speranze a cercare di far instaurare tra di loro un minimo
di dialogo costruttivo, ma si risolveva sempre con un “va'
a
cagare!” da parte di uno verso l'altro. Sapeva
benissimo che
tra i due, quello più taciturno e distaccato era il suo
figlio
maschio e che doveva puntare sul senso di colpa della figlia femmina.
Il
problema di entrambi era l'orgoglio. Arricchito con un pizzico
abbondante di testardaggine, diventava un cocktail perfetto per il
caratteraccio dei caratteracci, e la Signora Rukawa era riuscita a
partorire non uno, ma ben due individui muniti di ciò, e non
sapeva
se esserne fiera o più spaventata.
Di
tutto ciò, il Signor Rukawa non era di certo immune.
Adorava i
suoi gemelli, come li chiamava affettuosamente in loro assenza, ma
spesso subiva il loro caratteraccio taciturno e scontroso e si
ritrovava a guardare con uno sguardo allibito la moglie, che invece
si scioglieva in una risata cristallina, ormai conscia dei due
adorabili mostri che aveva partorito.
Spesso,
il povero Nobuo Rukawa cercava di interagire con i suoi figli, alle
volte fallendo miseramente, altre stupendosi lui stesso di aver fatto
con loro un discorso più lungo di cinque sillabe.
E
dire che quando erano piccoli, era il loro punto di riferimento,
specialmente per Keiko!
Il
primo ricordo che Kaede aveva di Keiko era collegato, molto
probabilmente, alla culla. Ricordava a tratti questo fagottino rosa
che veniva poggiato al suo fianco, con i pugnetti stretti e una
piccola chiazza di capelli scuri sulla testa, gli occhi chiusi e la
bocca leggermente aperta per catturare l'aria e trasferirla nei
polmoni. Era solo un flebile flash che la sua mente gli riportava di
tanto in tanto, specialmente quando con la gemella aveva un
collegamento più forte, ad esempio se uno dei due era sotto
pressione per qualcosa, anche se la maggior parte delle volte era lei
a far scattare la scarica elettrica, semplicemente guardandolo negli
occhi.
Il
primo vero ricordo che aveva di sua sorella
risaliva al primo
giorno di asilo.
Keiko
aveva un delizioso vestitino con una gonna scozzese di un rosso
accesso che faceva venire il mal di testa non appena lo si guardava,
con le maniche corte e lievemente gonfie sulle spalle, mentre lui
indossava una semplice T-shirt con lo scollo a V e dei pantaloncini
che arrivavano sotto al ginocchio. Keiko si teneva stretta alla lunga
gamba di Nobuo Rukawa, guardando coi suoi occhioni blu le figure
degli altri bambini che giocavano a rincorrersi sul prato verde
brillante. Kaede si limitava ad osservare quegli stessi bambini con
indifferenza e le mani affondate nelle tasche dei pantaloncini. Suo
padre cercava, con poca convinzione a dir la verità, di
staccare la
gemella dalla gamba, imbarazzato davanti alla figura della maestra
che guardava incuriosita quella bambina con dei lunghi capelli neri
legati in due codine alte, frutto di quindici minuti di tempo
persi.
“Avanti Keiko, non vuoi giocare con gli altri
bambini?”
Kaede
guardò la maestra, per poi rivolgere gli occhi verso la
sorella, che
scuoteva il capo freneticamente e rintanando maggiormente gli occhi
dietro il completo grigio del padre, che s'imbarazzò ancor
di
più.
“Keiko...” sospirò, passandole
delicatamente una mano
sotto un braccio, cercando di staccarsela.
Avrebbe
avuto al limite quattro anni, ma Kaede decise che ne aveva abbastanza
di quella sceneggiata e si avvicinò alla sorella,
prendendole una
mano e stringendogliela leggermente. Si guardarono negli occhi,
così
simili ma nello stesso momento così differenti: Keiko aveva
delle
sfumature azzurrognole vicino all'iride e gli occhi più
dolci del
fratello, che al contrario erano di una sfumatura blu elettrico e dal
taglio affilato e freddo.
Sentì
le dita della mano di sua sorella stringere lievemente le sue, il suo
corpo rilassarsi e far capolino da fuori la gamba del padre pian
piano, sempre con più sicurezza, finché non venne
completamente
allo scoperto e rivolse un timido sorriso ai due adulti, che le
ricambiarono in fretta, loro padre con una punta di sollievo. I due
bambini si allontanarono da loro, avvicinandosi ad un albero di
ciliegio, non in fiore, per sedersi all'ombra di esso e continuare a
guardare quei vivaci bambini rincorrersi a vicenda.
La
maestra gli sorrise lieve “E' tutto l'impatto iniziale,
Signor
Rukawa. Vedrà che se la caveranno bene.”
Il
padre sospirò “Meno male che c'è il
fratello...”
Era
stato risoluto quella volta, ma più che altro
perché si era
scocciato abbastanza di quella situazione e voleva togliersi di torno
quella maestra rompiscatole.
Le
giornate in casa Rukawa erano pressoché simili, ma quella
sera fu
diverso. Molto diverso, nonostante
la Signora Rukawa aveva iniziato a preparare la cena allo stesso
orario di sempre e con la stessa calma di sempre.
Suo
figlio era tornato a casa per primo, con un umore nero come il
carbone e sapeva benissimo che ogni minima azione o parola poteva
scatenare il suo fiume infinito di “va' a
cagare”.
Aveva
perso.
Lo
capiva dalle mani serrate a pugno all'interno delle tasche della sua
tuta, dagli occhi più freddi e distanti e dal viso duro ed
inespressivo, ovviamente più del solito. Lo vide varcare la
porta di
casa con la schiena ritta, con il benché minimo cenno di
orgoglio o
narcisismo e buttare il borsone con la divisa da basket sporca e
zuppa di sudore sul divano, salendo poi nella sua stanza in religioso
silenzio e meno colorito di grugniti ed altro.
Con
uno sospiro, la Signora Rukawa lasciò perdere il bollitore
del riso
ed afferrò la borsa del figlio, tirandoci fuori i panni
sporchi per
poi inserirli nella lavatrice dello stanzino lì vicino ed
avviare il
programma veloce, inserendo un misurino di detersivo, tornandosene
poi alle sue faccende.
Mezz'ora
dopo, anche sua figlia tornò a casa, chiudendo la porta con
meno
forza rispetto al fratello, ringraziando i Kami. La sentì
togliersi
le scarpe all'ingresso e camminare lentamente verso il salone,
buttando la cartella di scuola malamente sul divano, dirigendosi poi
in cucina.
“Ciao
cara.” esclamò la donna, rivolgendole un sorriso.
Keiko
la guardò, allungando gli occhi sulla pietanza che stava
cucinando e
dando una rapida occhiata alla tavola già imbandita per
quattro
“Pollo al curry?”
La
donna le diede le spalle, sospirando “Pollo al
curry.”
Lasciò
la madre alle sue faccende, salendo al piano superiore da suo
fratello. Sapeva che lo avrebbe trovato steso sul letto in ordine,
con la benché minima voglia di farsi un bagno. E
così fu. Non si
prese nemmeno la briga di bussare alla porta della stanza del
gemello, visto che non le avrebbe risposto, e si fermò alla
soglia,
aggiustandosi distrattamente il fiocco rosso della sua divisa
scolastica, che ancora toglieva.
“Non
mi conviene chiederti com'è andata, vero?” chiese.
Dal
letto, non provenne ne uno sguardo ne un'occhiataccia, che
solitamente erano il cavallo di battaglia di Kaede in ogni tipo di
situazione. Si appoggiò allo stipite della porta. Non era
poi
cambiato molto da quando era bambino... Guardando meglio il letto su
cui era steso, lo poteva vedere con lo sguardo d'acciaio fisso sul
soffitto e le braccia incrociate dietro la testa, le lunghe gambe
stese su un letto che nonostante fosse della sua misura, sembrava
sempre troppo corto per la sua continua crescita.
Sospirò
e si aggrappò lievemente alla maniglia della porta,
iniziando a
chiudersela alle spalle “Questa sera c'è il pollo
al curry”.
Sapeva che era il suo piatto preferito.
Alle
otto e tredici, puntuale come sempre, Nobuo rientrò a casa
dopo una
lunga giornata di lavoro come impiegato. Come sempre, posò
la sua
ventiquattrore su un bancone della cucina e si slacciò
lievemente la
cravatta che aveva addosso e che gli stringeva il collo dalle nove di
quella stessa mattinata. La cucina era satura di vapori ed odori
vari, in particolare del curry. Probabilmente, sua moglie aveva di
nuovo cucinato il pollo. Era il piatto delle partite: sia che suo
figlio vinceva o perdeva, la madre gli propinava sempre quel
dannatissimo pollo al curry, il suo piatto preferito, sia per
festeggiare sia per tirarlo su di morale.
Vide la donna di spalle,
indaffarata sui fornelli mentre la televisione era sintonizzata su un
canale che stava trasmettendo il telegiornale, anche se non lo stava
seguendo da un po'. Forse era quello ed il fatto di stare attenta a
non bruciare la cena, che non le fece sentire suo marito che
rientrava.
“Satsuki.”
la chiamò l'uomo, avvicinandosi al televisore e pigiando il
tasto di
spegnimento.
Come se fosse stata punta da un spillo, la donna
sussultò e si voltò alle sue spalle
“Nobu... Non ti avevo
sentito.”
“Pollo
al curry?” chiese l'uomo, sedendosi pesantemente a tavola,
già
apparecchiata per quattro.
“Pollo al curry.” affermò Satsuki,
spegnendo il fornello ed agguantando due pattine, per poter afferrare
la pentola senza scottarsi e metterla in tavola. Disse a suo marito
di iniziare a servirsi e si precipitò alla fine delle scale,
per
poter richiamare i suoi gemelli “E' pronto.”, per
poi sedersi a
tavola e riempirsi un bicchiere con dell'acqua.
Dopo circa cinque
minuti, il primo a scendere fu Kaede, che nel frattempo si era fatto
una doccia e si era cambiato, nonostante avesse ancora un po' i
capelli umidi. Si sedette anche lui e, aspettando che sua madre
finisse col mestolo, si servì una dose abbondante di pollo
al curry,
ignorando l'occhiata sottecchi che essa gli aveva rivolto. Vide suo
padre passarsi una mano stanca sui capelli neri, che iniziavano a
sbianchirsi un po' sulle tempie, ed afferrare un bicchierino di
saké
bianco e portarselo in bocca.
Poco
dopo scese anche Keiko, ancora in divisa scolastica, che prese posto
affianco al gemello, agguantando velocemente la brocca dell'acqua per
riempirsi il bicchiere anche lei. Salutò il padre con un
accenno di
sorriso e prese il mestolo del riso per mettersi la sua porzione di
cibo nella ciotola.
“Com'è
andata la partita, Kaede?” esclamò improvvisamente
il padre,
guardandosi complice con la moglie.
Keiko,
per poco non si strozzò col riso e si voltò
immediatamente a
guardare il fratello. Aveva alzato uno sopracciglio e rivolto
un'occhiata di ghiaccio al suo vecchio, ma continuò a
mangiare,
senza rispondere alla domanda.
Suo
padre capì, e passò a sua figlia “E a
te, Keiko? Oggi non avevi
da fare un compito?”
La
ragazza abbozzò una smorfia con le labbra, mettendosi una
ciocca
corvina di capelli dietro l'orecchio e mescolando con le bacchette il
suo riso “E' andato bene. Tra una settimana dovrebbe uscire
la
graduatoria di metà trimestre.” rispose tranquilla.
Nobuo
lanciò prima un'occhiata alla moglie, poi guardò
i volti dei suoi
figli chini sulla loro cena e fece un sospiro stanco. Più
crescevano
e più si accorgeva che si somigliavano sempre di
più, ogni giorno.
Quando erano usciti entrambi dal grembo della madre, si era stupito
che per quanto potessero essere gemelli, non si assomigliavano
affatto, anche se erano nati l'una a distanza di sette minuti
dall'altro. Mentre il maschio era nato piangendo anche l'anima e con
le mani aperte in cerca di afferrare qualcosa, la femmina era nata
più tranquilla, coi pugnetti rosa chiusi stretti, tanto che
l'ostetrica le dovette darle uno schiaffo sul sedere per vedere se
fosse tutto apposto. Ogni volta che Nobuo ricacciava quella storia,
aveva sempre un po' esagerato col saké e Kaede si ritrovava
a
lanciare un'occhiata sprezzante alla sorella, che sbuffava. Alla
nascita, erano più o meno simili nelle proporzioni, soltanto
che
Kaede superava Satsuki di parecchi grammi. Entrambi erano nati con
una zazzera di capelli corvini sul capo e le pelle chiara. Quando
finalmente aprirono anche gli occhi, rivelarono quattro perle blu
elettrico, che fece felice loro padre come mai prima d'allora: era il
colore degli occhi di Satsuki.
Col
tempo e crescendo, iniziarono a differenziarsi per fisico. Kaede si
era alzato moltissimo ed aveva superato il metro e settanta
già dal
primo anno di medie, mentre Keiko era ferma al metro e cinquanta, per
poi superare il metro e sessantadue al suo ingresso alle superiori,
mentre il fratello arrivava bellamente al metro e ottantasette. Anche
i tratti del viso di diversificarono: Kaede si era ritrovato con un
viso e con degli occhi dal taglio affilato, mentre Keiko aveva dei
tratti morbidi e degli occhi dolci. L'unica cosa che gli accomunava
era il tono della pelle, il colore degli occhi e dei capelli ed il
naso.
Eh
si, il naso.
Avevano lo stesso naso.
E la gente glielo
facevano notare. Sempre.
Inoltre,
crescendo, avevano sviluppato diversi interessi. Alle medie, Kaede si
avvicinò al mondo del basket, praticandolo amatorialmente
già da un
paio di anni in un campetto vicino casa, coinvolgendo ogni tanto
anche Keiko, e rivelando man mano un vero talento naturale, sbocciato
definitivamente alle medie, diventando il giocatore di punta del
Tomigaoka, fama che poi si portò anche allo Shohoku.
Se
suo figlio era un genio nello sport, sua figlia lo era nello studio.
Keiko
era intelligente e frequentava sia il corso di letteratura che quello
di lingua giapponese, rientrando sempre nelle prime cinque posizioni
delle graduatorie che venivano effettuate ogni metà
trimestre a
scuola. In realtà, lei non era un genio per talento,
solamente le
piaceva leggere ed aveva un'ottima memoria, che l'aiutava non poco
nello studio e nella vita extrascolastica.
Nonostante
fossero gemelli, l'uno non si era mai sentito inferiore all'altra, ne
viceversa. Entrambi i genitori sapevano che i gemelli avevano degli
interessi diversi, ed ogni tanto cercavano di aiutarsi a vicenda,
anche se quello che alle volte doveva essere aiutato di più
era
Kaede, dato che la sua media era sempre in bilico tra le
insufficienze e le sufficienze e perciò, quando si
avvicinavano dei
test o altro, riluttante andava a bussare alla stanza della gemella
per chiedergli di spiegargli qualche algoritmo o qualche passo di
giapponese antico. Avevano sempre frequentato le stesse scuole, ma
classi diverse. Era Keiko a scegliere la scuola e Kaede la seguiva a
ruota, appurando però prima quanto distanziasse da casa. La
madre
era conscia della pigrizia del figlio, ma sapeva anche bene che lui
sceglieva la stessa scuola di Keiko per controllarla. Non avrebbe mai
ammesso che era geloso o che soffrisse del complesso della sorella
minore, tuttavia voleva avere la certezza di avere la gemella a
portata d'occhi, e più o meno era sempre stato
così da quando
frequentavano le scuole pubbliche.
Inspiegabilmente,
a Satsuki venne in mente che anche Nobuo Rukawa era simile ai figli,
specialmente a Kaede, sia per aspetto che per carattere,
inizialmente. Dall'alto dei suoi quarantadue anni, suo marito aveva
imparato un po' a relazionarsi con le persone e perciò aveva
abbandonato quella cortina di freddo che lo caratterizzava quando
frequentava il liceo, dove aveva conosciuto lei e dove si erano anche
innamorati. Satsuki sorrise a quel pensiero: quanti anni erano
passati?
Guardò
il volto dell'uomo che aveva sposato e, nonostante un po' di rughe e
qualche capello grigio che spuntava ribelle, poteva riconoscere
l'uomo di cui si era innamorata a sedici anni come se fosse passato
solo ieri. Scosse un po' la testa, sorridendo sotto i baffi e
continuò a mangiare.
Nobuo
finì la sua porzione di pollo al curry e mise le proprie
scodelle
sporche nel lavello, congedandosi dalla famiglia per finire del
lavoro arretrato e togliendosi completamente la cravatta dal collo.
A
tavola rimasero solo Satsuki, Kaede e Keiko intenti a finire la
propria cena, in religioso silenzio, spezzato ogni tanto dal rumore
delle bacchette che si scontravano con la ceramica. Il figlio fu il
primo ad alzarsi, lasciando la scodella sul tavolo ed avviandosi
verso le scale.
“La prossima volta li batterai.” esclamò
improvvisamente la madre, alle sue spalle. Si voltò a
guardarla e la
ritrovò con un lieve sorriso delineato sul viso,
così simile a
quelli che ogni tanto spuntavano sul volto della gemella quando
leggeva il suo nome alla cima della graduatoria scolastica di
metà
trimestre. Anche Keiko lo guardava, ma se sua madre sorrideva, lei
aveva un boccone di pollo al curry in bocca.
“Batterò
Sendoh.” grugnì duro, scomparendo poi al piano di
sopra.
Satsuki
sospirò rassegnata, per poi voltarsi verso la figlia, che
nel
frattempo aveva ingoiato il boccone.
Keiko sbuffò “Chi?”
Salve
a tutti
Sono "relativamente" nuova in questo fandom, anche se è uno
dei primi che seguo da quando mi sono iscritta la prima volta su EFP.
Dai meandri del mio computer, ho trovato una cartellina minuscola con
ben cinque diverse varianti di questa storia, alcuni scritti in maniera
massiccia, altri semplicemente abbozzati. Non so precisamente cosa mi
è preso, ma grazie a due storie di questo fandom, che ho
letto in pressapoco un giorno, mi è venuta voglia di
riprendere in mano questa storia e di farla diventare qualcosa di
concreto e non semplici bozze. Ci sto lavorando da un paio di
giorni, nel tempo libero e nei buchi che ho sul lavoro, anche
perché dovevo ricordare che cavolaccio volevo scrivere ed a
cosa volevo arrivare alla fine, anche perché era scritta
anche un pochino da cani, ma capitemi: il più vecchio
documento che ho trovato risale al 2009!
Detto ciò, spiego brevemente il titolo della "raccolta", il
perché e la fascia temporale a cui faccio riferimento.
"Portraits", "ritratti", perché ogni capitolo
avrà un titolo ben preciso, non ci sarà nessuno
collegamento temporale tra un capitolo e quello successivo, a meno che
non ve lo scriva, e verranno pubblicati così come mi sono
venuti in mente, anche se temporalmente saranno sconessi tra di loro. I
titoli dei capitoli saranno come le descrizioni che potrete trovare
sotto una fotografia di un dipinto in un libro di storia dell'arte.
Perché questa scelta? Non lo so sinceramente, ma mi
è sempre piaciuta come idea e volevo sfruttarla prima o poi.
Temporalmente parlando, la storia è ambientata nel 1993 ed i
ragazzi del primo anno di liceo avranno quindici anni e così
via... La data riportata in questo ritratto è quella in cui
i cogniugi Rukawa si sono sposati (non c'era da specificarlo, ma
vabbè...)
Non
credo che ci sia altro... Non so quando aggiornerò, ma spero
di poterlo fare il prima possibile...
Ringrazio anticipatamente chiunque si fermerà a leggere
questa raccolta e chiunque abbia voglia di recensire, anche solo per
evidenziare degli errori (che sicuramente ci saranno)...
Vostra, Lu.
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Capitolo 2 *** Knowledge ***
Portraits - Family
Portraits
Knowledge
1993
Paper and tea, 162cm x 184cm x 190cm
Shohoku
High School and Basketball Gym, Kanagawa
Quella
mattina c'era una strana agitazione nella “prima anno classe
terza”
che infastidiva le orecchie di Keiko, anche se la mattinata era
iniziata come al solito e con un tentato omicidio-suicidio da parte
Kaede e quella maledettissima bicicletta. Se lo ripeteva ogni mattina
che doveva evitare il gemello e quel trabiccolo a due ruote, ma ogni
volta di ritrovava in un ritardo madornale e doveva per forza di cose
farsi dare uno strappo a scuola.
Mentre
si dirigeva verso il suo banco, vide avvicinarsi il ragazzo che
occupava quello affianco al suo con un'espressione strana in volto.
Se non sbagliava, si chiama Kuwata ed era nel club di basket insieme
a Kaede.
“Rukawa.” - per lui era strano chiamare quella
ragazza con lo stesso cognome del suo compagno di squadra e non solo
perché avevano lo stesso sguardo spiritato - “Il
professor Oguro
mi ha detto di informarti che il tuo senpai è tornato a
scuola.” e
sparì velocemente, intimorito da quei due occhi di ghiaccio.
Che
seccatura. Posò la cartella sul banco e, armata di libretto
scolastico, si diresse verso la classe del suo senpai, la terza del
terzo anno, che fortunatamente non era troppo distante dalla sua.
Vide due ragazzi più grandi fuori la porta chiacchierare
tranquillamente e decise di chiedere a loro del suo senpai. Gli
indicarono un ragazzo dai capelli scuri svaccato su una sedia, con le
mani affondate nelle tasche dei pantaloni della divisa e gli occhi
chiusi, come per riposarli. Aveva diversi cerotti in faccia, come se
avesse fatto a botte con qualcuno da lì a poco. Le parve
strano:
anche Kaede era tornato a casa pieno di lividi e cerotti un paio di
giorni fa.
Sbuffò:
le era capitato anche un idiota a quanto vedeva.
Entrò in classe,
non curandosi degli sguardi che alcuni alunni le rivolgevano, e si
fermò in piedi di fronte a quel ragazzo, con un'espressione
tutt'altro che felice in volto.
Sentendosi
osservato, il ragazzo aprì gli occhi e si trovò
davanti lo sguardo
annoiato di una primina. Che diavolo voleva quella, ora?
“Hisashi
Mitsui.” disse semplicemente e non era una domanda, questo
lui lo
capì benissimo.
“Sono
io.” rispose con una punta di superbia nella voce,
osservandola
bene da capo a piedi. Non era niente male come ragazza “Carina.”
si sorprese a pensare.
La
primina non parve per nulla minata da quella espressione e gli
sbatté
sotto il naso un libretto scolastico, già compilato con
alcuni voti
“Sei il mio senpai.” - mentre lo diceva, sembrava
che si
sforzasse – “Devi controllare il mio
libretto.”
Oh
merda, ci mancava solo questa.
Siccome
aveva l'aria di una che non cedeva terreno facilmente, decise di
darle retta, anche per non avere seccature quella mattinata. Si
piegò
sul libretto e per poco non si strozzò con la sua stessa
saliva:
quella dannata aveva tutti cento!
Richiuse
di scatto il libretto e lesse distrattamente il nome della ragazza,
“Keiko Rukawa”, e poi glielo restituì
con la stessa flemma con
cui aveva analizzato i suoi voti. Lei se lo riprese senza fiatare o
salutare ed uscì dalla classe.
“Keiko Rukawa” ripeté
fra se Mitsui. Dove lo aveva già sentito? Poi
ripensò alla figura
della ragazza... Capelli neri, la pelle pallida, occhi blu e con
un'espressione di ghiaccio... Keiko... Rukawa... Merda!
Si
alzò di scatto dal suo banco e la inseguì per il
corridoio,
richiamandola “Rukawa!”
Lei
si girò, alzando un sopracciglio. Kami, ora che la guardava
meglio
era uguale a quel dannato della sua squadra. Dannato lui,
dannata
lei!
“Rukawa come Kaede?” le chiese, con uno sguardo
stralunato sul volto.
“Siamo gemelli.” disse con ovvietà,
voltandosi per andarsene.
Doppia
merda.
Andò
agli allenamenti con meno voglia del solito. Merda, quel dannato lo
sapeva? Se si fosse comportato male con la sua dolce gemellina, quel
ghiacciolo della malora gli avrebbe scartavetrato le palle
all'infinito, se non spellato vivo.
Kogure,
accortosi del suo umore nero, gli si avvicinò “Ehi
Mitsui, tutto
bene?”
Il moro mugugnò cupo “Ho incontrato il kohai che
mi è
stato assegnato.”
L'occhialuto sorrise “E' un'ottima cosa!
Vuol dire che devi essere un mentore per questo ragazzo e dargli il
buon esempio. Ma dimmi, chi è? Lo conosco?”
Mitsui mugugnò
ancora più rumorosamente, mentre si avvicinava al cesto
delle palle
per prenderne una “E' una ragazza.”
“Oh...
Beh, poteva andarti peggio... Pensa se ti fosse capitato
Sakuragi...”
e scoppiò a ridere “O Rukawa!”
“Kogure
era un idiota” disse tra sé Mitsui,
pensando che fosse stata
una pessima idea parlarne con lui “In realtà,
è un Rukawa.”
ammise.
L'occhialuto
smise immediatamente di ridere, deglutendo a fatica “Oh
mamma...”
Eh già, oh mamma.
“Non sarà male dai...
Insomma, lei non è lui...” rise nervoso l'altro,
cercando di
tirarlo su di morale, fallendo miseramente “E poi,
è una dalla
media alta, potrà aiutarti...”
In
quell'istante, entrò in palestra l'altro Rukawa, il maschio,
vestito
in pantaloncini e canotta, pronto per allenarsi. Gettò
un'occhiata
di ghiaccio verso la sua direzione, per poi avvicinarsi al canestro e
provare un po' di tiri in sospensione.
Tripla
merda!
Ripetersi
le parole di Kogure ogni volta che incontrava Keiko era dura, anche
perché non era propriamente una persona amichevole, ma che
si
aspettava dalla gemella di quella volpaccia delle nevi? Non avevano
contatti, se non per quel dannatissimo libretto scolastico: lei lo
cercava solo per fargli vedere quei stramaledettissimi voti, di cui
il più basso era cento su una media di cento.
E
non lo chiamava nemmeno! Si presentava davanti la sua classe,
sventolando in una mano il libretto, come per richiamare un cane, e
questo lo mandava in bestia.
Anche
quella volta, aveva attirato la sua attenzione sventolando quel
blocchetto di carta, trovandolo da solo in classe a consumare il suo
bento. Rimase a fissarla con le bacchette a mezz'aria ed una vena che
pulsava rabbiosa sulla fronte. Era fissa alla porta, con i lunghi
capelli che le scendevano morbidi dalle spalle e gli occhi freddi che
lo guardavano con noncuranza, il libretto che molleggiava tra due
dita. Entrò nell'aula e si bloccò davanti al suo
banco, alzando un
sopracciglio. Vedendo che lui non si muoveva, si sedette stancamente
di fronte a lui, aprendo il suo blocchetto e mettendoglielo sotto gli
occhi. Mitsui li diede un'occhiata veloce. Un altro cento. Tipico.
Ingoiò
il suo boccone “Ma non ti annoi?”
Keiko alzò un sopracciglio
“Nel senso?”
Aveva
parlato, gran passo avanti “A prendere sempre cento. Tirare
il
freno a mano, ogni tanto?”
“Hm.” - tipico della razza della
volpaccia.
“Bah...
Mi sembra di parlare con tuo fratello.” sbuffò.
Un'ombra di
sorriso sembrò illuminarle gli occhi, ma forse era solo
un'impressione di Mitsui.
“Hm.”
“Dove
vuoi arrivare?”
Keiko
parve ostentare una muta incredulità nello sguardo ma che
sciolse
subito, facendo largo al tipico orgoglio Rukawa
“Prima.”
“Nella
classifica di metà trimestre?” - annuì,
mantenendo gli occhi
fissi su quelli del suo senpai.
Mitsui
guardò bene quelle pupille blu freddo e sapeva che non stava
mentendo “Guarda che se arrivi seconda, mica mi arrabbio,
sai?”
sbottò a ridere il ragazzo, non seguito però da
Keiko, non che se
lo aspettasse ovviamente.
Rimase
a guardarlo serio, per poi alzarsi dalla sua sedia e riprendersi il
suo libretto scolastico “I secondi sono i primi degli ultimi,
non
te l'hanno mai detto?” e se ne andò, raccattando
anche tutto il
suo orgoglio.
“Maledetta
volpaccia” pensò sorridente Mitsui.
Quella
settimana Keiko era più suscettibile del solito,
notò Mitsui.
Quando la incrociava per i corridoi scolastici, tutti i ragazzi che
passeggiavano si allargavano nemmeno stesse passando Noé nel
Mar
Rosso, guardandola con sguardi tutt'altro che calmi. Metteva
soggezione e tanta. Pensandoci su bene, anche Rukawa era diventato
più freddo del solito, probabilmente per riflesso della
gemella. Era
sempre dell'idea che quei due si influenzassero a vicenda, e non solo
perché condividevano lo stesso DNA. I gemelli lo avevano
sempre
affascinato, specialmente per lui che era figlio unico, ed era sempre
stato curioso di questo rapporto quasi unico, ma ritrovarsi i Rukawa
per gemelli era una maledizione bella e buona.
La vide passare
affianco a lui con in mano un carico di libri da far paura a
Kogure... Prendeva seriamente questa cosa della graduatoria, che da
lì a pochi giorni sarebbe uscita.
“Rukawa.” - essa si
voltò, non prendendosi nemmeno la briga di nascondere il
suo sguardo scocciato - “Non ti stai ammazzando troppo di
studio?”
- non era preoccupato ed anche se lo fosse stato, non lo avrebbe
ammesso nemmeno sotto tortura, ma erano un paio di giorni che non la
vedeva mangiare in cortile nelle pause pranzo e la vedeva un po' con
lo sguardo stanco.
Keiko
lo fissò con i suoi occhi freddi, scollando le spalle
“Hm.” e si
voltò per andarsene.
La
fermò acciuffandola per una spalla, ma il contatto non
doveva
esserle piaciuto dato che gli rifilò un'occhiataccia
più cupa di
quelle che solitamente rifilava il gemello alla Scimmia Rossa, ma non
si fece intimidire e la lasciò immediatamente.
“Sono serio.”
“Ne
riparliamo quando sarò arrivata prima.” e si
defilò in un
nanosecondo, facendo sbuffare stancamente Mitsui.
Era
soddisfatta.
Prima
su trecentoventitré studenti del primo anno.
E
questo significava crediti extra.
Per
quanto era alta la soddisfazione personale, aveva deciso anche di
saltare la scuola per vedere la prima partita ufficiale di suo
fratello... Poteva anche permetterselo un giorno di svago!
La
strada non era lunga e con il tram non ci avrebbe messo molto ma
l'unica cosa che sperava era che suo fratello vincesse e che non le
avesse fatto fare tutta quella strada per un pugno di mosche.
Si
arricciò distrattamente un ciocca ribelle di capelli scuri
attorno
all'indice, mentre continuava a leggere il suo libro di Giapponese
Antico, dato che aveva l'indomani un compito in classe, immersa nei
suoi pensieri. Quando l'altoparlante annunciò la sua
fermata, mise
come segnalibro il biglietto usato e ripose il tomo nella tracolla,
alzandosi dal suo posto per poter uscire.
Quando
mise finalmente piede a terra, iniziò a camminare
lentamente, non
curandosi di essere già in ritardo, guardandosi intorno con
disinvoltura. Era riuscita a tornare appena in tempo a casa, per
potersi togliere la divisa scolastica ed indossare le prime cose che
aveva raccattato dallo stendino, ovvero un paio di jeans lisi ed una
felpa di suo fratello, che le stava tre volte grande sulle spalle e
quattro volte più lunga, ma non le importava.
Dopo una decina di
minuti, arrivò all'edificio sportivo. Sentiva delle urla
provenire
da lontano, che sicuramente arrivavano dal palazzetto. Decise di
seguirle così da trovare la palestra in un attimo.
Salì le scale e
si ritrovò nel bel mezzo dei tifosi del Miuradai.
Ovviamente, lei
non era quel genere di tifoso che gridava ai quattro venti la sua
preferenza, ma decise che era meglio non rimanere in mezzo al nemico,
per cui si guardò un po' intorno per vedere se trovava
qualche
faccia conosciuta dello Shohoku, anche se dubitava dato che la
partita si svolgeva durante l'orario scolastico. Dopo aver visto il
gruppetto delle fan scatenate del suo gemello ed essersi debitamente
allontanata da loro, continuò a vagare con lo sguardo e
lì vicino
trovò il gruppetto di amici del Rosso che si stavano
sganasciando
dalle risate per un motivo sconosciuto. Si affacciò un po'
dagli
spalti e trovò il viso crucciato di suo fratello, seduto in
panchina
insieme al Rosso, al Pigmeo e all'ex Parruccone. Crucciò
anche lei i
sopraccigli.
“Ma
che fico, mi ci ficco! Ma che fico, mi ci ficco!”
“Che
scalmanate...” si ritrovò a pensare
Keiko, mentre quel tifo
imbarazzante riecheggiava per tutto il palazzetto. Proseguì
un po'
la ricerca di un posto, gettando ogni tanto un'occhiata verso il
gemello, per vedere anche se notava la sua presenza, con le dita che
tamburellavano lungo la ringhiera metallica degli spalti.
“E'
iniziata! Devo prendere nota!”
Si
voltò di scatto alle sue spalle, spaventata da quel grido
strampalato e con gli occhi sgranati. Chi diavolo era quel pazzo che
gridava alle spalle della gente?
“Ehi Hikoichi! Non puoi
startene tranquillo e guardare la partita?”
sbraitò un ragazzo,
con una vena che pulsava nervosamente sulla fronte.
“Ehm...
Scusami Koshino!” si affrettò a rispondere lo
scalmanato che
l'aveva spaventata.
Squadrò
velocemente con gli occhi i ragazzi che aveva di spalle, per vedere
se ne riconosceva qualcuno, ma nulla. Solo una scritta sulla coscia
di un ragazzo la colpì: Ryonan. Anche
lei però, colpì
qualcuno.
“Signorina Rukawaaaa!”
Quella
porchetta dell'amico del Rosso la stava chiamando a gran voce per
tutto il palazzetto ed infatti non pochi si erano voltati nella sua
direzione, contando anche il fatto che era vicino ai giocatori del
Ryonan. Gettò un'occhiata alla squadra e per poi andarsene a
sedere
affianco a quei mentecatti degli amici di Sakuragi, anche
perché
quei quattro avevano continuato a farle segnagli affinché si
sedesse
affianco a loro.
“Anche
tu hai saltato scuola per vedere la partita, Rukawa?”
gridò Mito,
sorridendole.
Scrollò
le spalle “Stiamo sotto?”
“Sì.”
le rispose il ragazzo “Tuo fratello e gli altri sono rimasti
in
panchina.”
Scrollò
di nuovo le spalle e si sedette affianco a Mito, guardando la
panchina, in direzione del fratello.
“Rukawa?”
Sendoh
si voltò di scatto, non appena sentì pronunciare
quel cognome. Non
aveva dato molto peso a quella ragazza che si era fermata di fronte
la loro squadra, ma quel cognome gli aveva dato una scarica
elettrica.
“Hikoichi.” lo chiamò Sendoh
“Sai dirmi chi è
lei? Ho sentito un certo Rukawa....”
Lo
scribacchino sgranò gli occhi, imporporandosi leggermente
sulle
guance “Sì!” iniziò a
svogliare velocemente il suo quaderno per
gli appunti “Keiko Rukawa. Sorella gemella di
Kaede. Primo
gennaio. Quindici anni. Prima classe, sezione tre. Centosessantadue
centimetri. Scuole Medie Tomigaoka.”
“Come siamo
informati.” fischiò Koshino.
Hikoichi diventò ancora più
rosso “Ecco, io... Veramente...”
Sendoh
non sentì le risate dei suoi compagni e si voltò
a guardare il
profilo della ragazza. Ovviamente, la somiglianza col fratello era
lampante, ma c'era qualcosa che la differenziava da lui, ne era
sicuro. Vedeva quei quattro agitarsi al suo fianco mentre lei restava
ferma ad osservare la partita. Poi la vide voltarsi verso i ragazzi e
mormorare qualcosa, mentre i lunghi capelli le ricaddero in avanti
dalle spalle.
“Io voglio un the!”
“Anche io!”
“E
dell'acqua.”
Forse andava al distributore...
La vide alzarsi
dal posto e camminare verso l'uscita degli spalti, non prima di aver
gettato un'occhiata al campo.
La
ritrovò davanti al distributore automatico, mentre sceglieva
con
cura le bevande di cui aveva bisogno. Le si mise dietro, aspettando
che finisse il suo turno. Lei si accorse della sua presenza,
gettandogli un'occhiata fugace con la coda dell'occhio, ma non gli
diede tanta importanza. Premette un po' di tasti ed aspettò
che
calassero le lattine, poi si chinò e le raccolse ad una ad
una.
“Come va, Sendoh? Anche tu qui, a goderti lo
spettacolo?”
Il
ragazzo si voltò seguito anche da Rukawa, che rimase con una
lattina
a mezz'aria nella mano. Essa alzò un sopracciglio, rimanendo
comunque chinata sulle ginocchia ma ignorando completamente il resto
delle altre lattine. La voce proveniva da un ragazzo, se non giovane
uomo, con un completo piuttosto elegante di uno strano blu. Il
ragazzo che era alle sue spalle, che da quanto avesse capito si
chiamava Sendoh, si voltò lentamente, assottigliando lo
sguardo e
diventando serio in volto.
“Se
non sbaglio, sei del Kainan.”
Il
Kainan, se Keiko non ricordava male, era un altro liceo della
prefettura. Possibile che quel vecchio era ancora uno studente?
“Ciao
Maki.” continuò il ragazzo alle sue spalle.
Rimasero
a fissarsi per un po' e lei si sentì quasi fuori posto, e
non solo
perché erano altissimi in confronto a lei, nonostante fosse
ancora
piegata sulle ginocchia. Decise di voltarsi e di continuare a
raccoglie le lattine, ma lentamente.
“Vedo
che ti ricordi...” esclamò calmo Maki, tenendo
ancora le mani
nelle tasche dei suoi pantaloni.
“Sei il capitano del Kainan, la
squadra migliore dell'anno scorso.” Sendoh piegò
leggermente di
lato il capo “Chi credi che vincerà oggi? Il
Miuradai o lo
Shohoku?”
“Non ha nessuna importanza chi andrà alle finali.
Qualunque squadra sarà, dovrà vedersela con
noi.” rispose
l'altro, con una punta di superbia, per poi voltarsi e fare un cenno
di saluto con una mano.
“Sei troppo ottimista.” esclamò
l'altro, con l'ombra di un sorriso “Quest'anno, ci sono molte
squadre agguerrite, ed una di queste è il Ryonan.”
Si
lanciarono uno sguardo di sfida ed il ragazzo del Kainan
ghignò,
poco prima di andarsene.
Keiko
sbuffò sonoramente, e finì di prendere le bevande
che le servivano,
riempiendosi entrambe le braccia con le lattine. Si rialzò
in piedi
e si voltò verso Sendoh, con un sopracciglio alzato. Ora che
il
ragazzo la guardava meglio, notava delle differenze col gemello,
lasciando ovviamente da parte il fatto che lei era femmina e Kaede
maschio. Innanzitutto, aveva i capelli lunghi fin sotto al seno,
lisci e neri come il fratello, lo sguardo non era affilato ma dolce e
gli occhi con una leggera punta di azzurro intorno alle iridi blu, le
ciglia lunghe e scure; i lineamenti del viso erano netti, ma non duri
ed il mento aveva una bella linea. Non era altissima ma non era
nemmeno bassa, il fisico era asciutto, anche se con quel felpone che
aveva addosso non poteva sbilanciarsi troppo, ma le gambe erano
fasciate bene nei jeans chiari che aveva addosso, anche se con uno
strappo sul ginocchio sinistro. Continuò a guardarla ed
evidentemente lei era stufa di ciò, dato che
imprecò lievemente e
fece un passo per andarsene, peccato però che una lattina le
scivolò
dalla presa e cadde, finendo proprio ai piedi dell'asso del Ryonan.
La sentì imprecare di nuovo, questa volta però
non fece nemmeno
finta di trattenersi. Fece un passo verso la lattina, ma lui la
precedette.
“Aspetta.
Ti aiuto.”
La
vide bloccarsi di scatto, stringendo una mano attorno ad una bibita
di thé, che non aveva perso per strada. Raccolse quella che
era a
terra e gliela porse, sorridendo nemmeno fosse il protagonista di uno
spot pubblicitario di dentifricio.
La
Rukawa crucciò le sopracciglia scure “Non brilli
di acume, eh?”
e mosse un poco le braccia per fargli notare che erano colme di
bibite.
Si
grattò la testa, continuando a sorridere
“Scusa.” e cercò di
infilare la lattina in mezzo alle altre, cercando di non farla cadere
nuovamente. Keiko rilassò i sopraccigli ma non lo
ringraziò,
facendo letteralmente scoppiare a ridere Sendoh.
“Cielo!
Uguale a tuo fratello!” esclamò il ragazzo,
continuando a ridere.
Keiko
sbuffò “Siamo gemelli.”
“Lo
so. Hikoichi mi ha detto tutto.”
Chi?
“E
poi avete le stesso naso.”
Eccolo
la. “Hm.” e lo fece scoppiare di nuovo a
ridere.
“Sono
Akira Sendoh.” esclamò improvvisamente il moro,
porgendole la
mano. E forse per la prima volta Keiko lo guardava seriamente. I
capelli neri a punta, il sorriso affabili e gli occhi blu
intenso...
“Keiko Rukawa.” si presentò la ragazza,
dandogli
poi le spalle per andarsene “E ripeto: non brilli di
acume.”
Sendoh
scoppiò di nuovo a ridere, osservandola poi allontanarsi coi
capelli
che le ondeggiavano sulla schiena.
Salve
a tutti
Sono tornata più in fretta di quanto sperassi, ma sono
riuscita a ritagliare del tempo per potermi portare avanti coi capitoli
e delineare una trama ben precisa. Entrano in scena altri personaggi e
spero vivamente di non fare un casino madornale perché non
vorrei creare confusione o altro. Spero che questo altro ritratto vi
sia piaciuto.
Come sempre, rinnovo i ringraziamenti per chiunque abbia letto il
capitolo precedente, in particolare nebbiolina e Celest93, che hanno
inserito la storia tra le seguite. Spero che anche questo capitolo vi
sia piaciuto!
Ringrazio anche che leggerà questo capitolo e,
perché no, vorrà farmi sapere una sua opinione.
Alla prossima...
Vostra, Lu.
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Capitolo 3 *** First ***
Portraits
First
1993
Paper and apple, 162cm x 187cm x 184cm x 190cm
Shohoku
High School, Rukawa’s House and Ryonan High School, Kanagawa
Se
il suo gemello era riuscito a rientrare nelle finali a quattro dopo
una faticosissima partita contro lo Shoyo, per lei quel giorno era la
resa dei conti: ci sarebbero stati gli esami e, di conseguenza, la
graduatoria della media scolastica degli studenti del primo anno
della prefettura di Kanagawa.
Per
una settimana Keiko era stata più intrattabile del solito e
se ne
era accorto anche Mitsui, tanto che l'aveva deliberatamente evitata,
anche se un giorno dovette per forza averci a che fare, dato che
doveva controllarle il libretto scolastico, con suo enorme
dispiacere. Il richiamo era sempre lo stesso: lei davanti la porta
della sua classe ed in mano quel blocchetto della malora che
molleggiava tranquillamente.
“Più
cerco di evitarti, più questo libretto del cazzo mi
perseguita!”
esclamò nervoso Mitsui, con una vena pulsante sulla fronte.
“Hm.”
scollò le spalle la Rukawa, sedendosi stancamente su una
sedia, di
fronte al banco di quell'ex capellone teppista, e passandosi una mano
sui capelli.
“Domani
hai l'esame?” - annuì - “Kogure mi ha
detto che è da tre anni
che il liceo Shohoku non ci partecipa... E' una grande
responsabilità.”
“Hm.” si riprese il suo libretto,
scoccandogli un'occhiata che Mitsui non riuscì a definire
bene. Non
era superba ma aveva un'ombra che non piacque per nulla al ragazzo:
aveva forse paura di non farcela? Dopotutto, era solo una matricola,
ed era forse la prima volta che partecipava ad esami del genere con
studenti provenienti da tutte le scuole della prefettura. Oltretutto,
era l'unica rappresentante del liceo Shohoku, una grande
responsabilità, oltre che scocciatura.
“Ehi
Rukawa.” la richiamò alla porta e lei si
voltò verso di lui, con
un sopracciglio alzato e notò che il suo senpai stava
ghignando -
“Spacca i culi.”
Gli
esami si tenevano nel liceo Ryonan, con grande disappunto del
gemello.
La
famiglia Rukawa era di nuovo a tavola, ma la tensione che c'era
poteva tagliarsi con un coltello. I gemelli avevano litigato. Satsuki
se ne era accorta dalle occhiatacce in tralice che si rivolgevano i
due ed il mutismo forzato in cui erano piombati solo per non dover
mugugnare tra di loro. Il problema era che la donna non riusciva a
capire il perché, insieme a quel povero Nobuo che decise,
per
salvarsi la pellaccia, di far finta di niente. Cosa del tutto
ignorata dalla donna, che voleva sapere. A differenza delle normali
persone, che gridavano e si sputavano in faccia le cattiverie
più
assurde, quei due assestavano monosillabi e frasi striminsite dette
con grugniti tanto sommessi che si sentivano a malapena tra di loro,
quindi figurasi se qualcuno si accorgeva di qualcosa!
“Allora
Kaede...” esclamò improvvisamente la Signora
Rukawa “Quando ci
sarà la prossima partita?”
“Settimana
prossima.” mormorò tra un boccone ed un altro il
gemello maschio,
scoccando un'occhiata di fuoco alla gemella femmina che gli aveva
rifilato una botta al gomito, facendogli cadere dalle bacchette la
sua porzione di frittata.
Erano passati ai dispetti da bambini.
Tipico.
Satsuki vide sua figlia impassibile a quella occhiata e
quindi si buttò su di lei “E tu Keiko? Gli esami
quando li
avrai?”
“Dopodomani.” grugnì, mentre incassava
ed ignorava
una gomitata alla sua ciotola di riso dal gemello.
“E
dove si svolgeranno?”
“Al
Ryonan.” - Kaede le rifilò un'altra gomitata, con
tanto di
grugnito questa volta. Se si potesse ammazzare con lo sguardo, lo
avrebbero fatto quei due testoni.
“L'accompagni
tu, caro?” chiese la donna al marito, più per
avere una mano con
quei due che per altro.
“Hm?” - perché i suoi gemelli
dovevano per forza assomigliare a Nobuo Rukawa?
La donna tornò a
guardare i due, maggiormente perché aveva sentito un rumore
di
bicchieri rovesciati: Keiko aveva fatto cadere il bicchiere di
saké
del padre sulla frittata di Kaede.
Sarebbe
stata un lunga cena.
Dopo
essersi fatto una doccia, Kaede trovò la gemella seduta sul
letto,
mentre era circondata da diversi libri e ne sfogliava uno, vagando
velocemente sulle pagine con gli occhi. Avevano passato l'intera
serata a grugnirsi contro ed a farsi dispettucci stupidi solo per
innervosirsi e disturbarsi l'un l'altro. Ora la osservava in piena
crisi scolastica. Non lo dava a vedere, ma lui la capiva più
di
tutti: le dita che tamburellavano su un ginocchio, i piedi
impossessati da tic nervosi e lo sguardo stanco. Doveva darsi una
regolata con lo studio, togliendo da parte ovviamente il fatto che
l'esame l'avrebbe fatto nella scuola del suo rivale Porcospino.
Sapeva che si conoscevano, ma quanta più distanza ci fosse
tra di
loro, più lui era tranquillo.
Entrò
nella stanza della gemella, facendola finalmente alzare gli occhi dai
suoi libri, anche se non ne sembrava molto entusiasta, data
l'occhiataccia in tralice che gli aveva rifilato. Kaede non ci fece
caso e, con una semplice manata, le gettò a terra tutti i
tomi che
aveva sul letto, compreso quello che stava sfogliando.
“Sei
impazzito?” gli grugnì contro, vedendosi puntare i
suoi stessi
occhi addosso.
Non
proferì parola e si stese sul letto della sorella, posandole
una
mano sui capelli, come ad invitarla affianco a lui. La sentì
sbuffare, ma si stese accanto al fratello, poggiando la testa sul suo
braccio e finalmente si concesse di chiudere gli occhi. Kaede
sentì
attraverso la pelle del braccio il battito di Keiko che rallentava a
mano a mano, calmandosi sempre più. Era da tempo che non si
concedevano di rilassarsi insieme e chiuse anche lui gli occhi. La
sentì muoversi affianco a lui e posargli una mano
all'altezza del
cuore e prendere fiato. La mano sul cuore era il loro collegamento:
nonostante a quei due non piacesse il contatto fisico, tra di loro se
lo concedevano sporadicamente.
“Se farò schifo?”
Aprì
di scatto gli occhi “Keiko Rukawa che non prendeva cento ad
un
compito?” - “Invece no.”
Parve
pensarci su “Hm.” disse semplicemente.
“E
sta lontana dal Porcospino.” aggiunse poi Kaede con un
grugnito.
La
sorella imprecò “Kami!”
Nel
Ryonan c'era fermento.
Quel
giorno si sarebbero svolti gli esami scolastici della prefettura di
Kanagawa e tutti gli studenti del primo anno si erano recati
lì.
Sendoh, nonostante fosse arrivato in ritardo, trovò mezza
scuola
fuori ad aspettare che arrivassero le matricole degli altri licei,
più per curiosità che per un reale interesse a
chi sarebbe arrivato
primo. Sendoh non era tra questi, ma perché entrare prima in
classe
e perdersi lo spettacolo?
Le
maggiori scuole di Kanagawa presentavano un nutrito gruppetto di
matricole la cui media scolastica superava il novanta su cento. Altre
scuole, non tanto prestigiose o famose, presentava i suoi
quattro-cinque studenti migliori, ma sicuramente non meno affamati di
punti rispetto ad altri. Gli occhi di Sendoh però furono
colpiti
dalla sola e unica studentessa dello Shohoku, accompagnata da un solo
professore, un uomo poco più altro di lei e con la testa
pelata come
una palla da bowling. Era lei.
Il
professore le stava parlando ma lei non batteva ciglio o rispondeva,
mettendosi una ciocca di capelli corvini dietro un orecchio e
guardandosi intorno curiosa. Arrivarono di fronte ad un professore
del Ryonan che si presentò ai due dello Shohoku e gli fece
strada
per la stanza adibita all'esame. La ragazza si sistemò
distrattamente il fiocco rosso della sua divisa e seguì il
professore.
Sendoh vagò con lo sguardo, alla ricerca di quel
pettegolo di Aida, che sicuramente sapeva tutto quello che sarebbe
accaduto quel giorno.
Lo
trovò davanti agli armadietti delle scarpe, intento a
togliersi le
sue per sostituirle con quelle dell'istituto.
“Hikoichi!”
La
matricola gli sorrise a trentadue denti “Sendoh! Buongiorno!
Come
stai?”
L'asso del Ryonan ricambiò il sorriso “Bene,
grazie. E
tu?” ma non aspettò la sua risposta “Sai
che sta
succedendo?”
Annuì con fervore “Ci sono gli esami scolastici
della prefettura per quelli del primo anno. Ci partecipa anche un
ragazzo della mia classe. Si chiama Yoshikawa! Ci sono ottime
probabilità che il Liceo Ryonan si posizioni nelle prime
cinque
posizioni!”
“I
risultati per quanto si avranno, che tu sappia?”
“Dopo la
pausa pranzo. E' un test, quindi la correzione sarà veloce,
dato che
arriva direttamente dal Ministero dell'Istruzione.”
“Grazie
Hikoichi.” e Sendoh si dileguò.
L'avrebbe
fermata a pranzo, decise.
Quell'idiota
del professore di Fisica lo aveva trattenuto fin troppo in quella
classe, solo perché doveva finire la sua interrogazione, che
fortunatamente raggiunse la sufficienza striminzita. Corse fuori
verso il cortile scolastico e si guardò un po' in giro: era
stracolmo di studenti, del Ryonan e non. Con un cenno salutò
Koshino, che si stava intrattenendo in una chiacchierata fitta fitta
con una matricola dello Shoyo, e cercò un posto tranquillo
ed
isolato, lontano da tutti. Sapeva che l'avrebbe trovata lì:
se era
riuscito ad inquadrare ben il gemello, lei non era tanto diversa da
lui.
Ed
infatti, fu così.
La
trovò all'ombra di un albero, la testa china su un libro
posato
sulle gambe stese ed un torsolo di mela che si stava già
annerendo
all'aria, più una scatola di bento vuota. Il sole faceva
capolino
tra le fronde dell'albero, illuminandole lievemente i capelli con
degli specchietti di luce dorata e donandole una strana
tranquillità
da farla sembrare meno fredda del solito. Decise di avvicinarsi e di
sfoggiare il miglior dei sorrisi che avesse nel suo repertorio,
sperando che non fosse in tutto e per tutto uguale al
gemello.
“Ciao.”
Keiko era rimasta con una pagina a
mezz'aria ed alzò il viso, assumendo un'espressione contrita
in
volto. Merda, Kaede era un uccellaccio del
malaugurio!
Sendoh
continuò a sorriderle “Com'é andato il
test?”
“Bene.”
rispose breve lei, riprendendo a sfogliare il libro.
Le si sedette
affianco, incrociando le gambe e sbirciando un po' tra le pagine
“Fisica?” - essa annuì, non distogliendo
gli occhi - “Ikegami
è un mostro in fisica! Conosce tutti i libri del triennio...
A
differenza mia!” e scoppiò a ridere di nuovo.
La ragazza lo
osservò sottecchi, mentre la sua risata cristallina le
riempiva le
orecchie e la distraeva un po' dal casino che aveva fatto
“Sono
sicura di aver confuso alcuni principi della Termodinamica.”
ammise
mesta e guardando gli occhi blu del ragazzo allargarsi dallo
stupore.
Gli aveva risposto veramente?
In realtà, Keiko non si
spiegava perché glielo avesse confessato. Forse la sua
risata
l'aveva messa a suo agio oppure l'annebbiamento del suo cervello si
era ripresentato, dopo che le aveva fatto sbagliare quasi sicuramente
la risposta sulla Termodinamica. Kami, e meno male che aveva detto al
suo senpai che sarebbe arrivata prima... Si era giocata il
primato!
Sendoh continuava a guardarla con stupore, ma poi le
rivolse un sorriso che parve rassicurante “Sei l'unica
studentessa
dello Shohoku del primo anno, vorrà pur dire
qualcosa...”
“Hm.”
Il
DNA della volpe era comparso di nuovo “Quando escono i
risultati?”
“Alle tre.”
Si
guardò il polso, dove aveva un orologio che guardava
praticamente
mai “Tra un'ora.”
Keiko annuì e decise di chiudere il libro
con un tonfo e si appoggiò con la schiena sul tronco
dell'albero. Un
po' di minuti di riposo non avevano mai fatto male a nessuno,
soprattutto a lei.
Akira le rimase affianco, non pronunciando più
parole e sorridendo tra se nel vederla per la prima volta rilassata
ed in pace con se stessa, forse.
Sembrava
così diversa da quella volta che la vide alla partita dello
Shohoku
contro lo Shoyo.
Il
palazzetto era colmo di gente, ma solo i cori dello Shoyo
riecheggiavano distinti, sovrastando quelli miseri dello Shohoku.
Gli
amici di Sakuragi avevano preso posto comodamente nella prima fila
degli spalti, affiancati da Haruko Akagi e le sue amiche di classe, e
si stavano guardando in giro curiosi.
“Non manca qualcuno?”
chiese Yohei, lanciando un'occhiata sugli altri spalti.
Takamiya
aveva una mano infilata in un pacchetto di patatine al curry
“Manca
la signorina Rukawa.”
“E'
vero!” notò Okuso “All'ultima partita
era dei nostri...”
“Starà
arrivando...” disse Noma, voltandosi poi alla sue spalle
“Ooh...
Guardate, c'è il Ryonan!”
I
quattro si voltarono, seguendo il dito del ragazzo, sgranando gli
occhi.
Notando
la figura di Uozumi, la porchetta esclamò “Il
capobranco!”
In
cima agli spalti, l'intera squadra del Ryonan si era ritrovata di
fronte la squadra del Kainan, la più forte della prefettura
di
Kanagawa, ed alla sua guida il loro capitano Shin'ichi Maki nella sua
tuta blu e d'oro. Sorrise di circostanza ai giocatori del Ryonan,
lanciando una lunga occhiata al loro asso.
Sendoh, non per nulla
intimorito, ricambiò il sorriso, rivolgendosi direttamente a
lui “Al
Kainan chi pensate che vincerà? Eh, Maki?”
“Lo
Shoyo con dieci punti di scarto...” rispose deciso, non
distogliendo gli occhi dal ragazzo.
Alla sue spalle, Soichiro Jin
prese parola “E secondo il Ryonan, Uozumi?”
“Io punto sulla
squadra favorita!”
“Dal
capobranco c'era d'aspettarselo!” esclamò Mito,
sorpreso.
Okuso
affilò lo sguardo “Oh! Guardate chi c'è
lì!” esclamò
indicando le due squadre sugli spalti. Gli altri tre seguirono il suo
dito, scontrandosi con la figura di Keiko Rukawa, con la divisa
scolastica addosso intenta a sistemarsi alla meno peggio il fiocco
rosso che aveva sul petto, facendosi spazio tra i ragazzi del Kainan.
“Permesso.”
disse, spostando il più gentilmente possibile un ragazzo che
le
sembrava più una scimmia per come non riusciva a stare
fermo. Sendoh
rizzò i peli sul collo, sgranando gli occhi nel vedere la
ragazza.
Fece per dire il suo nome, ma venne preceduto da
qualcun'altro.
“Signorina Rukawaaaaa!”
L'intero
gruppo si voltò in direzione della voce, trovandosi di
fronte i
quattro amici di Sakuragi agitare le mani in direzione della ragazza,
che assunse un'espressione tutt'altro che piacevole.
La
scimmia prese parola “Ru-Rukawa.... Come quel
Rukawa?”
Keiko
non si prese nemmeno la briga di rispondergli e gli rivolse
un'occhiataccia di puro ghiaccio, ma evidentemente non bastava per
far freddare il carattere del giocatore del Kainan, nonostante si
fosse allontanata da lui.
“Ehi!
Tu!” esclamò il ragazzo, puntandole un dito
“Dì a tuo fratello
che il rookie numero uno sono io, Nobunaga Kiyota dell'imbattibile
Kainan King!”
Si
fermò sul primo gradino, lanciando un'occhiata agli amici
del Rosso,
intenti a reprimere le risate. Si voltò per la prima volta a
guardare il ragazzo, non facendo caso a come fosse vestito o che
faccia avesse “Emerito idiota.” sillabò
cupa, assottigliando gli
occhi, come a reprimere gli starnazzi di quei quattro scalmanati, e
riprese a scendere verso il posto a sedere che Mito le indicava
affianco a se, ma evidentemente qualcuno quel giorno ce l'aveva con
lei.
“Ciao
Rukawa.”
Si
voltò nuovamente, questa volta in direzione dei giocatori
del
Ryonan, dato che la voce proveniva da loro. Si ritrovò la
figura
tutta sorridente di Akira Sendoh intendo a sventolarle una mano per
salutarla.
Alzò
gli occhi al cielo e raggiunse i suoi compagni di scuola, mentre le
risate del Porcospino le riempirono le orecchie.
Alle
tre in punto, vennero esposti i risultati del test. Keiko stava
ancora riposando e perciò Sendoh le sfiorò
brevemente il braccio
con una mano, togliendola immediatamente quando la vide scattare come
una molla. Gli rifilò un'occhiata strana, non era rabbiosa o
altro,
solo stupita.
“Sono
usciti i quadri.” le disse il ragazzo, indicando una piccola
folla
che si era ammassata nell'atrio. Raccattò velocemente le sue
cose e
scattò in piedi, fermandosi poi di botto e lanciando uno
sguardo
verso Sendoh. Si alzò anche lui e l'accompagnò,
sorridendole e
beccandosi uno sbuffo dalla Rukawa.
Keiko
si fece largo a forza, mentre il ragazzo era rimasto un po' fuori
quella folla, aspettando che gli facesse sapere qualcosa, con le mani
affondate nelle tasche dei pantaloni. Tornò quasi subito,
con uno
sguardo che non preannunciava nulla di buono. Gli occhi le
fiammeggiavano. Gli passò affianco, senza degnarlo di uno
sguardo,
mentre si mordicchiava un'unghia nervosamente, guardando fissa
davanti a se.
“Rukawa.”
la richiamò Sendoh, seguendola verso l'uscita della sua
scuola, ma
sembrava essere diventata sorda “Keiko!” -
finalmente si voltò,
assestandogli uno sguardo tutt'altro che amichevole.
“Che vuoi?”
- il tono di voce era freddo e rabbioso.
“Com'è
andata?”
La
ragazza parve rifletterci su, ma alla fine parlò
“Seconda.”
Sendoh
sospirò “E' un buon risultato...”
Keiko si scurì in volto “I
secondi sono i primi degli ultimi.”
L'Asso
del Ryonan scoppiò a ridere. “Imbecille”
pensò la
ragazza, facendo per andarsene, ma fu agguantata al polso da una mano
di Sendoh. Lo guardò con occhi gelidi.
“Scusa.”
si affrettò a dire il ragazzo, grattandosi la testa.
“Lascia
perdere.”
“Kami!
Identica a tuo fratello.”
“Gemelli.”
“La
prossima volta arriverai prima.”
Keiko
sgranò leggermente gli occhi per poi sbuffare e guardare
Sendoh
orgogliosa “Ovviamente.”
Si
voltò ed andò via, non prima di aver rivolto
un'occhiata al
ragazzo, che scoppiò a ridere e sventolò una mano
in segno di
saluto.
Salve
a tutti
Quando si dice "Chi non muore si rivede"
In questo ritratto, si delinea un po' di più il carattere di
Keiko, molto simile a quello del gemello eppure totalmente diverso.
Sappiamo tutti che Kaede è un ghiacciolo fatto e finito, ma
volevo comunque instaurare una connessione con sua sorella, fatta
ovviamente di silenzi. Inoltre, mi sono divertita a scrivere la parte
in cui si punzecchiano a vicenda solo perché a lui non va
giù il fatto che lei vada nella scuola del suo acerrimo
nemico.
Il rapporto con Sendoh è criptico. Nel senso, Keiko sa chi
è lui per il gemello, ma non riesce ad inquadrarlo ancora
per se stessa. Lampante il fatto che fa un cenno verso di lui
affinché la segui a vedere i risultati e che riesca a
scucirsi con qualche parola in più.
Mitsui, caro Mitsui. Come ogni senpai che si rispetti, vuole che la sua
kohai non lo faccia sfigurare, anche se pare si stia facendo largo
dell'istinto fraterno? Boh.
Scusate la lunga attesa, questo capitolo era già pronto ma
non ero mai sicura del risultato ed è cambiato parecchie
volte nel frattempo.
Per concludere, spero che vi piaccia e che mi facciate sapere cosa ne
pensate...
Alla prossima...
Vostra, Lu.
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Capitolo 4 *** Rain between... ***
Portraits
Rain between...
1993
Water and fabric, 162cm x 190cm
Streets
of
Kanagawa prefecture and Sendoh's House, Kanagawa
Odiava
dover studiare in
biblioteca. Riusciva a concentrarsi al meglio nella
tranquillità
della sua camera, seduta a gambe incrociate sul letto, la porta della
stanza chiusa e la finestra leggermente aperta, per godersi appieno
quella lieve arietta che penetrava da essa. Era il suo paradiso, ma
ovviamente non avendo a disposizione i libri che le occorrevano,
doveva per forze di cose andare in biblioteca. Quella dello Shohoku e
quella vicino casa non avevano il tomo con gli approfondimenti sulla
Termodinamica e dovette andare ad una più distante. Odiando
le
biciclette, grazie alla guida estrema di suo fratello, ci
andò con i
mezzi pubblici, visto che l’unica biblioteca che aveva quel
maledetto libro, era dall’altro lato della prefettura di
Kanagawa.
Avendo finito anche abbastanza in fretta, decise di farsi una
passeggiata e prendere l’autobus ad una fermata
più distante, per
godersi appieno quel venticello che precedeva solitamente la pioggia,
e che lei adorava. Sul palmo della mano, aveva un fascicolo su Carnot
e se lo stava divorando come una matta, tanto che non si accorse di
dover svoltare l’angolo. Andò a sbattere
violentemente contro
qualcuno, tanto da perdere l’equilibrio, visto che stava per
andare
col sedere a terra, ma per fortuna che il tipo di fronte a lei la
prese miracolosamente per un polso, salvandola da una rovinosa
caduta, e riuscì a farla rimanere in piedi.
“Mi scusi, grazie.”
balbettò Keiko, chiudendo il fascicolo ed alzando lo sguardo
verso
colui che l’aveva salvata.
“Rukawa.” esclamò Sendoh,
sorridendole a trentadue denti e non mollando la presa sul polso di
lei, cosa che invece poi fece dopo aver ricevuto
un’occhiataccia in
tralice “Che ci fai qui?”
La mora si guardò attorno,
osservando poi distrattamente l’asso del Ryonan di fronte a
sé con
in spalla il borsone della sua squadra “Sono stata in
biblioteca.”
“Io sono stato agli allenamenti. Ora sto tornando
a casa.” e sospirò “Il coach ci sta
massacrando in vista della
partita di domani.”
Keiko ripose il libro nella cartella, cosa
che il ragazzo notò e sottilmente apprezzò
“Giocate contro il
Kainan.”
“Sì. Ed io mi scontrerò contro
Maki.”
“Come
fai a dirlo?”
“Beh, ti ricordi la nostra dichiarazione di
guerra davanti ai distributori automatici?”
Alzò gli occhi al
cielo “Non ti ha sfidato direttamente.”
Rise “A volte trovo
davvero difficile parlare con te… Riesci a smontarmi in un
attimo!”
e continuò a ridere.
“Non è che sia difficile...”
Akira
incassò quel commento sarcastico con un sorriso, conscio del
carattere della ragazza “Comunque, sono sicuro che ne
uscirà una
bella sfida.”
“Probabile...”
“Tu che fai domani?”
Alzò
un sopracciglio, sospettosa “Scuola e la partita di mio
fratello.”
“Rimarrai a vedere anche il Ryonan?” - Sendoh
pensò che fosse meglio coralizzare, piuttosto che chiederle
se
sarebbe venuta a vederlo.
Scrollò le spalle “Se non ho niente
da fare...” - Keiko preferì non rispondergli che
forse aveva
meglio da fare che vedere una partita di basket di due scuole di cui
le importava poco e nulla, specialmente del Kainan, ma non voleva...
Ferirlo? Scosse anche il capo, per liberarsi di quel pensiero che non
sapeva nemmeno lei da dove le fosse uscito, sentendo da lontano i
rumori dei tuoni che si avvicinavano.
“Verrà a piovere.”
disse il ragazzo, guardando le nubi scure che incombevano sulle loro
teste “Hai l'ombrello?”
“No.”
“Dov'è la tua
fermata?”
“Lontana.” si maledisse per aver scelto il
percorso più lungo, non poteva farsi gli affaracci suoi e
tornare a
casa prima, invece che girare come una perfetta turista per la
prefettura?
“Ti accompagno.”
“Non ce n'è bisogno.”
“Ma
potresti bagnarti.”
“Non credo che tu abbia un'ombrello nella
tua sacca da basket.”
“Ma...”
“Davvero, non ce n'è
bisogno... Posso...” - ma non finì la frase
perché il cielo si
aprì in un'acquazzone assurdo, con gocce grandi quanto occhi
e che
facevano anche male sulla pelle. Sendoh la prese per un polso,
trascinandosela dietro, nonostante lei continuasse a borbottare, e
non riuscendo a sovrastare lo scrosciare della pioggia. Si
rintanarono sotto un balcone, con Sendoh che poggiò
pesantemente a
terra il borsone e si scuoteva per togliere un po' di pioggia in
eccesso, coi capelli che per una volta avevano perso contro le legge
di gravità.
Keiko lo osservava con gli occhi sgranati: i capelli
scuri erano appiccicati sulla fronte e sulla nuca, gocciolanti e
più
scuri del solito; gli occhi blu elettrico, avevano assunto una
sfumatura d'acciaio col riflesso delle nubi grigie e dell'asfalto
bagnato; la T-shirt bianca gli si era attaccata al petto,
abbracciando tutti i muscoli. Distolse immediatamente lo sguardo da
lui, sentendo improvvisamente caldo sul viso ed scegliendo di
scuotersi anche lei dalla pioggia.
Sendoh vide Keiko agitare le
mani per asciugarsi alla meno peggio coi capelli completamente
bagnati da farla sembrare ancora più piccola e la gonna
bagnata che
fasciava tutte le sue forme. Con gli occhi risalì verso il
petto
della giovane, notanto che la sua divisa fosse bianca ed era
diventata pressoché trasparente con la pioggia.
Arrossì, aprendo di
scatto il borsone e ficcandoci la testa dentro per nascondere il
rossore, tirandoci fuori la felpa del Ryonan, fortunatamente
asciutta.
La porse alla ragazza, con il migliore dei sorrisi
“Tieni.”
Lei allungò una mano, esitante, ma l'accettò e se
la mise addosso, sospirando poi per il sollievo di qualcosa di
asciutto “Grazie.”
“Accidenti! Ci ha proprio colto alla
sprovvista.”
“Già.”
Rimasero per un po' in silenzio,
non sapendo entrambi cosa dire, l'unico rumore che si sentiva tra di
loro era quello della pioggia scrosciante, che non accennava ad
attenuarsi. Sendoh sospirò, voltandosi verso Keiko che era
rimasta
fissa a guardare i cerchi d'acqua che le gocce di pioggia creavano
sulle pozzanghere.
“Se aspettiamo che spiova, potremmo rimanere
qui in eterno...” - la ragazza annuì, non capendo
però dove
volesse andare a parare - “Ce la fai a correre?”
“Sì,
ma...”
“Ci bagneremmo, è vero...” - Akira si
grattò la
testa, cercando di pensare a qualcosa, ma non ne cavò nulla
e si
fermò a fissare la giovane, che aveva addosso la sua felpa -
“Forse
potremmo...”
“Ho capito.” lo interruppe lei, sflilandosela e
porgendogliela, imbarazzata. Lui si issò meglio sulle spalle
il
borsone, prendendo la felpa e coprendosi la testa e le spalle con
essa, invitando con gli occhi a ripararsi anche lei sotto
quell'ombrello improvvisato. Lei obbedì, circondandosi il
corpo con
le braccia e facendo segno col capo a Sendoh di essere pronta.
Iniziarono a correre, sotto la pioggia che non accennava a diminuire
nemmeno per un secondo, e che batteva violentemente sulla felpa,
ormai praticamente zuppa. Keiko riusciva a stento a tenere il passo
di Akira, troppo alto e con una falcata molto più ampia
della sua.
Si morse il labbro, maledicendo tutti i Kami possibili e con un
braccio si aggrappò alla schiena di lui, stringendo
lievemente il
tessuto umido della T-shirt che le dita, strizzando gli occhi,
incredula di sé stessa.
Sendoh si stupìdi quel gesto e sentì il
cuore perdere un battito: Keiko Rukawa era praticamente appiccicata a
lui. Voleva coprirla il più possibile ma se le avesse
circondato le
spalle con un braccio, avrebbe avuto l'effetto contrario e quindi
decise che fosse meglio che fosse lei a decidere il contatto tra di
loro... Almeno, si sarebbe risparmiato un “imbecille”
gratuitamente.
Corsero per un bel po', arrivando poi davanti ad
una casa ed imbaccando il vialetto, riparandosi poi sotto la tettoia
che copriva la porta d'ingresso. Keiko lo vide trafficare un po' con
le tasche della tuta, tirandoci poi fuori un mazzo di chiavi.
“Dove
siamo?”
“A casa mia.” trillò serafico Sendoh,
sfoggiando il
suo solito sorriso da spot pubblicitario. Che diavolo gli era
venuto in mente a quel porcospino del cavolo?
La fece entrare
in casa, anche perché continuava a piovere a dirotto e lei
era senza
ombrello e distante dalla fermata dell’autobus che le
occorreva,
mormorando un “permesso” poco
convinto e guardandosi
intorno sospettosa, pronta a veder comparire alla soglia i due
genitori Sendoh, con lo stesso sorriso smagliante della loro
progenie, cosa che però non accadde.
“Non c’è nessuno.”
esclamò Akira, passandosi una mano sui capelli, che si erano
un po’
ammosciati per via della pioggia “I miei sono entrambi a
lavoro.”
Annuì, continuando a guardarsi intorno, cercando di
nascondere la sua curiosità. Appena varcata la porta di
casa, c'era
un piccolo corridoio con le pareti ed il pavimento chiari, sui toni
del beige e del bianco, oltre c'era il salotto ed una rampa di scale
che portava sicuramente alla zona notte. Il salone era sempre chiaro,
con un ampio divano grigio posto di fronte ad una televisione con un
grande schermo, e con al suo fianco un tavolo rotondo e quattro
sedie. Sulle pareti e sui mobili, oltre a vari oggetti prendi
polvere, c'erano molte foto, quasi tutte di famiglia. Considerando le
quantità, erano state scattate tutte a cicli di un anno,
visto che
man mano Sendoh cresceva in quelle foto. Una la colpì
particolarmente: era stata scattata nel parco Maruyama di Kyoto nel
periodo in cui si festeggiava l'hanami, e
raffigurava l'intera
famiglia Sendoh sotto un shidarezakura, un
cigliegio
piangente,con tutti i splendidi fiori rosa aperti e che ricadevano
eleganti dai rami. Tutti e tre indossavano il tipico yukata. I
genitori di Sendoh avevao deciso di abbinarlo tra di loro, con la
signora che indossava uno yukata beige con l'obi azzurro, mentre il
padre aveva l'abito azzurro stretto da un'obi beige; Akira invece lo
aveva blu notte con un obi rosso. Keiko cercò guardare megli
i volti
dei signori Sendoh, ma dovette distogliere lo sguardo perché
venne
richiamata dal figlio di quest'ultimi.
“Tieni.” le disse
improvvisamente Sendoh, porgendole una maglietta bianca e il
pantalone di una tuta “Cambiati, così metto la tua
divisa
nell’asciugatrice. Un’oretta e sarà
asciutta.”
“Non c’è
bisogno.”
“Ti prenderai un raffreddore.” insisté
lui.
“Si
asciugherà da sola.”
“Se rientra mia madre e ti vede in
queste condizioni, me la sentirò da qui a Natale. Ti
prego.”
Osservò
gli indumenti che aveva in mano e poi gli occhi blu di lui, che non
cedevano di un passo. Annuì con uno sbuffo, prendendo di
scatto il
suo cambio e chiudendosi in bagno. Ne uscì poco dopo, con la
maglietta bianca di lui che le arrivava a metà cosce e il
pantalone
della tuta largo, con la scritta Ryonan a caratteri cubitali su un
lato. Gli scoccò un’occhiata torva, conscia che
lui l’avesse
fatto di proposito a darle proprio quei pantaloni.
Sendoh
scoppiò in una risata “Perdonami. Non ho
resistito.”
Alzò
gli occhi al cielo, porgendogli la sua divisa
“Grazie.” mormorò
poco convinta.
“Puoi aspettarmi in camera, mentre si asciuga ed
io mi faccio una doccia. Ci sono libri o riviste...”
Soppesò le
sue parole, annuendo poi e dirigendosi verso la camera di lui.
Sendoh
era
una persona molto
caotica si sorprese a pensare Keiko, notando la scrivania colma di
riviste di basket, T-shirt buttate alla rinfusa e una scatola aperta
di esca finte. Non sapeva che fosse appassionato anche di pesca...
Si
voltò a guardare il letto, diligentemente in ordine grazie
alla
signora Sendoh sicuramente, con delle inamidate lenzuola a pois
azzurri su sfondo blu scuro, notando quanto fosse largo e lungo,
rispetto a quello che lei aveva nella sua camera. Le pareti bianche
erano tappezzate con poster di varie squadre e giocatori di basket:
c'era Michael Jordan con la tipica maglia rossa dove capeggiava la
scritta dei Bulls; c'era anche O'Neal con la divisa numero
trentaquattro dei Lakers e qualcuno altro, che però non era
tanto
importante quanto i primi, visto che i poster erano molto
più
piccoli e che probabilmente facevano da tappa buchi. Aveva inoltre
una libreria che, non solo contenava i libri di testo scolastici ed
altre riviste di basket, ma anche vari trofei di vari campionati di
pallacanestro delle scuole elementari e medie, dalle più
svariate
forme e misure.
Siccome di basket ne aveva abbastanza grazie al
fratello, decide di leggere i titoli dei libri di testo del secondo
anno di liceo, afferrandone uno di matematica e sedendosi sul letto
per poterlo leggere.
Mentre si passava ancora
l’asciugamano sui capelli umidi, trovò Keiko stesa
sul suo letto,
che dormiva e che aveva ancora in una mano il libro di matematica del
secondo anno che stava sfogliando, forse per curiosità. Le
si
avvicinò con cautela, osservandone i tratti del volto
rilassati e
meno freddi del solito, gli occhi chiusi e le labbra rosee
leggermente socchiuse. Quando non era scorbutica come il gemello, era
più bella del solito, notò Sendoh sentendosi in
imbarazzo ad averla
nel suo letto.
Le poggiò delicatamente una mano sul braccio,
scuotendola un po’ “Keiko.”
Mugugnò qualcosa, passandosi
una mano sugli occhi e aprendoli lentamente. Si ritrovò il
viso di
lui a pochi centimetri dal suo, mentre continuava a scuoterla per
farla svegliare. Si mise a sedere di scatto, sgranando gli occhi e
guardandosi intorno, spaesata.
“Ti sei addormentata...”
Si
morse un labbro, imbarazzata “Non
volevo…”
Sorrise a
trentadue denti “Figurati. Ti stai ancora ammazzando di
studio?”
Le
sue labbra s’incresparono in una smorfia “Il
giusto.”
“E’
tornata mia madre.” esclamò improvvisamente il
ragazzo,
continuando a sorriderle.
“Sarà meglio che vada. La
divisa?”
“Ehm, ecco...”
“La divisa.” gli ripeté
Keiko, affilando lo sguardo.
“L’avevo messa nell’asciugatrice,
davvero, ma non ho premuto il tasto di accensione.”
“Imbecille.”
grugnì a denti stretti “Dammela, così
me ne vado.”
“Ma è
ancora bagnata...”
Si voltò a guardarlo negli occhi
“Chissà
per colpa di chi.”
Sentirono bussare allo stipite della porta
della stanza di Akira, e Keiko si trovò di fronte la Signora
Sendoh
in persona. Cercò di non avvampare, per
l’imbarazzo e si morse il
labbro. Akira aveva palesemente ripreso dalla madre: lo stesso
sorriso gentile, la stessa luce negli occhi blu e gli zigomi alti.
Era poco più alta di lei, i capelli scuri raccolti in una
coda bassa
ed un grembiule a fasciarle la vita, segno che si era già
messa ai
fornelli per la cena. Che diavolo di ore erano?
La signora Sendoh
sorrise alla giovane, per poi rivolgersi al figlio “Akira, ho
messo
ad asciugare la divisa della tua amica”
“Grazie mamma.” ed
indicò la ragazza “Lei è Keiko
Rukawa.”
La ragazza s’inchinò
“Molto piacere. Scusi il disturbo, signora Sendoh.”
“Chiamami
Atsuko. Non frequenti la stessa scuola di Akira...”
notò la donna
e forse riferendosi alla sua divisa scolastica, diversa da quella del
Ryonan, e continuando a sorridere nello stesso modo dal figlio, cosa
che imbarazzava ancora di più Keiko.
Scosse il capo “Frequento
lo Shohoku.”
“Fermati a cena, Keiko. E’
tardi per tornare da sola a casa… Ti farò poi
accompagnare da mio
marito con l’auto.”
“La ringrazio signora, ma non è
necessario. Ho già disturbato abbastanza.”
Akira s’intromise
“Puoi usare il telefono per avvisare a casa...”
“Insisto
anche io.” rincarò la dose Atsuko, sempre
sorridendole. Il sorriso
della donna, per quanto bello e genuino era, rendeva impossibile
dirle di no, e Keiko si ritrovò ad annuire mesta, beccandosi
dei
sorrisi dai due Sendoh.
“Hai preferenze di cibo, Keiko?”
“No,
signora, mangio di tutto.”
Annuì, lanciando un’occhiata
indecifrabile al figlio, che si ritrovò a guardare il
soffitto con
un’aria tra l’innocua e l’imbarazzata. La
donna si congedò,
lasciando soli di due ragazzi, che rimasero in silenzio, non sapendo
cosa dire. Nessuno dei due osava guardarsi in faccia o spiccicare
parola, cosa che stranamente ad Akira riusciva anche abbastanza
bene.
Keiko era in imbarazzo, oltre al fatto che se suo fratello
avesse saputo che aveva passato il pomeriggio a dormire a casa del
suo rivale, l’avrebbe fatta volare per tutta Kanagawa.
Perché
diavolo aveva dato retta a quell’imbecille di Sendoh ed alle
sue
idee del cavolo? Come ne usciva pulita con Kaede, ora?
Il ragazzo
aveva una strana euforia che gli scorreva nel corpo. Quando la Rukawa
aveva accettato l’invito di sua madre, a stento trattenne un
sorriso e si appuntò mentalmente di ringraziarla poi per il
colpo di
genio che le era venuto. Non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto
tortura, ma Keiko Rukawa gli piaceva e non poco. Non sapeva se era
dovuto al fatto che fosse la gemella del suo rivale, o per il
semplice fatto che non era una delle tante ragazze che
l’apprezzavano, ma averla intorno non gli dispiaceva affatto,
anzi
ne era felice. Il fatto che poi lui cercasse in ogni modo di avere un
approccio con lei, era anche abbastanza lampante, e forse qualcuno
della sua squadra l’aveva notato, oltre a Koshino, che aveva
delle
certezze. Una volta era uscito un discorso del genere con lui ed era
riuscito, subdolamente, a farglielo ammettere.
“Allora?”
Sendoh
lasciò perdere il Pocari che stava sorseggiando e lo
fissò per un
istante, non capendo a cosa si riferisse “Allora,
cosa?”
Koshino
alzò gli occhi al cielo, esasperato “Con la Rukawa
femmina.”
Si
strozzò con la bevanda “Non so a cosa tu ti stia
riferendo...”
“Si, come no.” fu il commento lapidario del
Playmaker “Le sei stato tutto il tempo appiccicato, prima che
uscissero i risultati. Non ti voleva staccare a morsi la
testa?” e
scoppiò a ridere nell’immaginare la scena.
“Non è come il
fratello.”
“Ah no?”
Sospirò, tanto era inutile negare a
Koshino, glielo avrebbe fatto sputare fuori comunque in un modo o
nell’altro “Per alcuni versi, sembra di parlare con
Rukawa in
persona, ma per altri Keiko è totalmente diversa.”
L’altro
fischiò “Addirittura per nome la
chiami...”
“Se la chiamo
Rukawa, mi viene in mente la faccia del gemello.”
“Beh,
effettivamente, lei è più bella.”
ghignò Koshino, punzecchiando
l’amico, che si limitò a guardare altrove,
imbarazzato. Rimasero
un po’ in silenzio, mentre Sendoh si rigirava un pallone da
basket
tra le mani, nervoso. Perché Koshino aveva sempre tutte le
risposte?
Era quello che conosceva da più tempo, erano stati in classe
insieme
quando erano matricole e si erano iscritti insieme al club di
basket…
Praticamente, Koshino sapeva tutto di lui, da quello che pensava a
quello che avrebbe fatto.
“Mi sa che mi piace, Hiroaki.”
confessò alla fine Sendoh, evitando accuratamente lo sguardo
dell’amico.
“Ma dai?” si alzò in piedi, porgendo con
un
ghigno la mano all’asso del Ryonan “Devo iniziare a
scavarti la
fossa, immagino.”
“Non potrà prenderla così male,
Rukawa...”
“Il male minore è che ti uccida; il male peggiore
che lo faccia veramente.”
Sendoh sentì un brivido percorrergli
la schiena “Dai, non credo che...” ma si
bloccò quando incontrò
gli occhi sprezzanti di Koshino.
“Da quella volpaccia, mi
aspetterei questo ed altro.”
Decise
che
fosse meglio
rompere il ghiaccio che si era creato “Che
leggevi?” chiese
Akira, nemmeno lui troppo convinto di quello che stava facendo.
La
ragazza gettò un'occhiata al libro abbandonato sul letto
“Matematica
del secondo anno.”
“Keiko, ma sei ancora al primo.”
“E
quindi?” - era tornata ad essere un po' scontrosa -
“Dov'è il
telefono?”
“Nel corridoio.” e l'accompagnò lui
stesso
all'apparecchio, dicendole poi di fare con tutta calma e di
raggiungerlo in salone quando avesse fatto. Lei annuì,
facendo una
smorfia con le labbra, simile ad un sorriso di circostanza.
Rimasta
sola col telefono, a Keiko balenò l'idea di farsi venire a
riprendere dal padre, ma poi avrebbe offeso la signora Sendoh, e non
se la sentiva proprio di dover dare un dispiacere del genere alla
donna, sopratutto vista la gentilezza con cui l'ha accolta. Stava
perdendo tempo e la sua altra preoccupazione era anche le parole che
si stavano scambiando madre e figlio nell'altra stanza. Compose
velocemente il numero di casa Rukawa, sperando con tutta se stessa
che Kaede non fosse già a casa.
Ovviamente, lei non era mai
fortunata.
“Pronto, casa Rukawa.” - era il
gemello, con
il suo solito tono tagliente e la voglia perenne di non fare niente,
oltre a dormire e praticare basket.
“Sono io.” le rispose,
incerta.
“Dove sei?”
“C'è mamma? Me la passi?”
- rispondere ad una domanda con un'altra domanda, tipico di chi
voleva evitarne delle altre.
“Sì, ma dove sei?”
Kami!
- “Sto studiando a casa di un compagno di classe, ma ho
notato che
ha iniziato a piovere...” - si stupì anche lei di
quella frase
così lunga, completamente inventata ovvio -
“Siccome ancora
finiamo, e per domani vorrei che fosse tutto finito, suo padre mi ha
proposto di accompagnarmi con la macchina dopo cena...” ed
incrociò
le dita, sperando che il suo gemello si fosse rincitrullito dopo
tutte quelle parole, l'una dopo l'altra.
Lo sentì borbottare
qualcosa e trafficare col telefono, dato i vari rumori che ne
seguirono in seguito, e finalmente passò il capo a sua
madre, che
trillò un “pronto”
che probabilmente fu sentito anche dai
due Sendoh all'altra stanza. Keiko ripeté per filo e per
segno la
bugia che aveva rifilato a Kaede, cercando di ripetere parola per
parola il tutto, così che ci fossero tre versioni, tutte e
tre
uguali.
“Va benissimo tesoro, ma cerca di non disturbare
troppo. Mi raccomando.”
“Va bene, a dopo. Grazie.” e
riagganciò, chiedendosi perché l'avesse
ringraziata, quando voleva
solo tornare a casa sua e sprofondare nel letto.
Raggiunse Sendoh
nel salone, intento a fare zapping col telecomando, alla ricerca di
non si sa quale stupido programma televisivo. Poco dopo,
entrò la
signora Sendoh con in mano alcuni piatti, che si avvicinava al
tavolo, già imbandito con la tovaglia. Keiko decise che
fosse meglio
aiutare la donna, piuttosto che sedersi affianco al ragazzo ed
aumentare la sua dose di imbarazzo.
“L'aiuto.” disse incerta a
Atsuko, che le sorrise bonaria.
“Sicura?”
Annuì,
sfilandole la pila di piatti dalle mani e sorridendole appena,
sforzandosi di sembrara naturale. Dispose i piatti perfettamente
equidistanti l'uno dall'altro, cercando di metterci più
tempo
possibile, mettendo anche i tovaglioli e le posate in modo preciso.
Entrò poi in cucina, chiedendo dei bicchieri e
s'inebriò degli
odori che saturavano la stanza. C'era odore di soba e verdure, con
punte anche di tempura di gamberi e verdure. La signora Sendoh era
impegnata ai fornelli, trafficando con varie pentole e tegami, ma
sempre col sorriso sulle labbra e gli occhi rilassati. Quando la
sentì entrare, le rivolse un dolce sorriso, indicandole una
credenza
lì vicino.
“Sono lì, Keiko.”
“Grazie.” rispose
questa, allungandosi per prendere quattro bicchieri.
“Come mai
ti trovavi da queste parti?”
La ragazza la fissò, pronta che
l'interrogatorio fosse iniziato proprio in quel momento
“Avevo
bisogno di un libro, ma nelle biblioteche vicino casa non era
disponibile.” - si stupì della chiacchiera che
aveva quella
serata.
“Sei molto diligente con lo studio...”
Scrollò le
spalle “Il giusto.”
“Come hai conosciuto Akira?” - ecco la
domanda ostica.
“Tramite mio fratello. Gioca anche lui a
basket.”
“Davvero? Hanno la stessa età?”
Scosse il capo
“No. Un anno di differenza.”
La signora crucciò i sopraccigli
“Tu non sembri avere l'età di Akira
però...”
Si grattò una
guancia, imbarazzata “Io e mio fratello siamo
gemelli.”
“Veramente?! Ma è una cosa bellissima.”
squittì
Atsuko, con un largo sorriso “E dimmi, siete uguali
uguali?”
“No
mamma, non tantissimo.” - Akira era entrato nella cucina,
notanto
che per quattro bicchieri Keiko ci stava mettendo relativamente
troppo, infatti sua madre l'aveva trattenuta con una serie di domande
a raffica - “Lui è più spigoloso ed ha
gli occhi blu; mentre
Keiko li ha quasi azzurri. Il naso però è
identico.”
La
signora Atsuko lanciò una lunga occhiata al figlio, che
sembrò
molto elequente tra i due ma che la ragazza non capì,
decidendo che
fosse meglio togliere le tende e posizionare quei maledettissimi
bicchieri sul tavolo.
“Perdona mia madre.” - Sendoh le fu
subito dietro le spalle, afferrando uno dei bicchieri che aveva in
mano e mettendolo affianco ad uno dei posti che aveva preparato in
precedenza “E' la prima volta che porto qualcuno che non sia
un
giocatore di basket a casa.” e sorrise.
Keiko alzò un
sopracciglio, decidendo di non rimuginare troppo sulla sua frase e
specialmente a che cosa escludesse la parola “giocatore di
basket”
- “Sembra un tipo molto cordiale. E' simpatica.”
“Davvero?”
e fece un lungo sospiro “Meno male, pensavo che t'avesse
asfissiato
di domande.”
“No, forse le sono sembrata maleducata
io.”
“Perché?” - Keiko rintanò la
testa nelle spalle,
distogliendo lo sguardo da quello di Akira - “Ma no! Sei
così tu,
perché dovresti fingere?” e decise di cambiare
argomento “Hai
avvisato a casa?”
“Sì.”
“Problemi?”
“No.”
“Rukawa
era a casa?”
“Ha risposto lui.”
Annuì, non proseguendo
oltre, sentendo la porta di casa aprirsi e palesando la figura alta
di suo padre, Takumi Sendoh.
-
Angolo
d'autore che ha cambiato nickname (finalmente, dopo aver fatto
richiesta mesi e mesi fa) -
Io
lo so
che probabilmente qualcuno appena vedrà questo capitolo, mi
tirerà qualcosa dietro... Non solo per la
quantità di tempo che è passato dall'ultimo
aggiornamento, ma anche per vcome l'ho fatto finire... Stava diventando
un pochino lungo e la parte della cena mi serve per completare l'altro
capitolo, quindi per forza di cose ho dovuto dividerlo.
Come se non bastasse poi, mi si è rotto il pc un paio di
mesetti fa. Ed ho perso tutto... T U T T O !
Fanfic e storie originali, immagini presta volto, scanner di miei
disegni, un capitolo di questa storia... Praticamente, ho perso una
parte di me che non ritornerà mai più e sto
ancora eleborando il lutto. Sono riuscita a salvare solo quattro fic
che avevo scritto sul computer del negozio nei momenti di noia e
metà di questo capitolo, per il resto nulla...
Passando
a
cose serie... Che ve ne pare questo capitolo? Non so se sono stata in
grado di far capire il gran passo avanti che Keiko sta facendo nei
confronti di Sendoh, anche se è minuscolo in effetti, ma
spero di si, anche se continua a volte ad essere una Rukawa fatta e
finita! xD
Tranquilli, torneranno anche Kaede e Mitsui nei prossimi capitoli...
Anche perché qui il gemello ha un ruolo molto marginale,
mentre il secondo non è proprio niminato!
Spero che questo capitolo vi piaccia e, perché no,
segnalatemi i vari errorri e anche che cosa ne pensiate...
Noi ci vediamo alla prossima.
Vostra,
Lumik Lovefood.
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