Unspoken.

di Riveraythn
(/viewuser.php?uid=400777)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Doom/Condanna-Destino. ***
Capitolo 2: *** Becoming a memory. ***
Capitolo 3: *** Eludes me. ***



Capitolo 1
*** Doom/Condanna-Destino. ***


Paring: #Drarry #BlaisexNP (Stephen James) #HermioneRon
Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Blaise Zabini, Stephen James (Aleksej Nikolaj Ryurik), Pansy Parkinson, Hermione Grenger, Ronald Wesley.
Tag: Agnst, violenza, tematiche delicate, introspettivo, malinconico, guerra, sentimentale.
Parole: 10.090 – primo capitolo.
Prologo: Una scelta, una condanna, un sacrificio.
Per sopravvivere alla guerra, alla sorte, sarà necessario ciò che ormai è perduto.
La verità non è mai stata più nascosta, la realtà spietata e le decisioni difficili. La perdizione è facile, la giustizia piena di sfaccettature, la pace delicata e solo un cuore appesantito è capace di resistere a tutto questo. Ma la solitudine è ricca di sofferenza, la magia un nemico interiore e i ricordi, quelli sono l'unica giusta via che può tener ancorato a un futuro migliore. Il Principe delle Serpi, tuttavia, avrà bisogno di crescere per affrontare la vita, per affrontare il fato e per lui il nuovo anno ad Hogwarts sarà completamente rivoluzionato dal passato. La sua furbizia è l'unica compagna di viaggio, l'unica che può aiutarlo e le sue capacità dovranno affinarsi per diventare migliori, come la sua persona.
Il rischio è sempre pronto a soffocarlo, la lucidità vacilla quando gli occhi si appannano, l'arrendersi però non è contemplato.
Note: Avevo scritto questa storia già due anni fa, circa, ma adesso ho voluto riprenderla in maniera diversa, forse più matura. I capitoli non sono ancora scritti tutti, ma ho intenzione di finirla e devo solo trovare il tempo tra il lavoro e tutti gli altri impegni, quindi credo che aggiornerò una volta al mese, come minimo, magari farò delle sorprese. Ogni capitolo raggiungerà le 20 pagine. Non sono sicura di niente al momento ed è per questo che ho deciso di pubblicarla, in modo che possiate consigliarmi se è giusto scriverla o meno. Sarà messo molto in risalto Draco, un personaggio che trovo molto interessante, quindi se non vi piace vi consiglio di non perdere tempo a leggere. Sarà una Drarry perché mi piace la complicità che li caratterizza in maniera violenta, eppure trovo che sia Malfoy che Potter siano due giovani molto simili, con due destini opposti. Quindi ringrazio chiunque leggerà e mi accompagnerà in questo viaggio, a breve verrà rimossa Obliviate in quanto l’ho rivoluzionata facendola diventare Unspoken. Spero che vi piacerà e che sia in grado di trasmettere.
Buona lettura.

Image and video hosting by TinyPic
 
 “Ogni scelta della vita,
è un viaggio.
Sii sempre pronto,
determinato,
valuta la meta ed i suoi rischi,
perché fermarsi a metà
è la peggior condanna.”

Monica Castellani_

 
°°°°1997 - presente°°°°
Draco pov.
Oscurità ovunque, paura e frustrazione erano i principali odori presenti in ogni angolo del Manor, per quanto stessi provando a scacciarli e ricordare profumi deliziosi, il marcio e la muffa riuscivano a coprire i miei stessi pensieri prendendo il posto di ogni spiraglio luminoso nella mente. Ancora una volta mi dissi che era normale, che era questa la giusta punizione per le mie scelte o quelle prese dalla mia famiglia, eppure, per quanto mi stessi cercando di convincere, sapevo perfettamente che non era così. Questa era solo un’altra delle decisioni prese quest’estate e ormai non ne riconoscevo più la veridicità o la motivazione, sapevo solo che andava fatto e nonostante stessi provando a schivare o reprimere gli istinti, sentivo che semplicemente non potevo. Però, nonostante il continuo dolore al petto che diveniva ogni giorno più acuto e perforante, stavo continuando a lottare e non perché ne fossi felice, ma per quella fottutissima promessa che mi stava divorando man mano, sempre in maggior profondità. Non avevo motivi per esistere in questa vita, ma avevo una valida ragione per sopravvivere ancora per un po’.  Dovevo andare avanti, tra sofferenza e passato, tra presente immobile e futuro incerto. Tra Voldemort e Harry.  Tra condanna e mancanza.
Sapevo che l’anno prima il moro aveva solo fatto la cosa giusta per il mondo magico, ma era un continuo fastidioso tormento esserne consapevole, dato che si trattava della libertà -non meritata- del mio stesso padre, che per anni mi aveva protetto e istruito per questo giorno. Non che lo giustificassi per tutto ciò che aveva permesso passassi dopo della sua carcerazione, ma prendere possesso delle mie abilità in modo tanto tortuoso non era stata una mia previsione all’inizio dell’estate, dopo la fine del quinto anno. Quest’ultimo era stato decisamente troppo ricco di sorprese e per quanto lo trovassi tutt’ora rivoltante, il solo pensiero di aver dovuto mettere in discussione tutto quello in cui credevo per un semplice ragazzo non mi aveva di certo aiutato. Anzi, per colpa di questa mia rivalutazione avevo subito le peggiori torture, mentali e fisiche, non sempre per mano dell’Oscuro signore, a volte per mia stessa opera. Non che me ne vantassi, avrei fatto decisamente a meno di tutto questo, ma almeno ora ero divenuto cosciente della mia persona e in un mare mosso di situazioni accavallate ero riuscito a trovare un punto focale in cui raccogliere informazioni e crearmi un pensiero autonomo.
Eppure la puzza persistente non mi stava affatto aiutando a trovare conforto in queste credenze. L’odore acre del maledetto sadismo puro diffuso in ogni camera di casa mia la rendeva tenebrosa e inquietante, nulla a che vedere con la splendida dimora di cui un tempo non troppo lontano potevamo vantarci. Essere un Malfoy era sempre stato un pregio, motivo di altezzosità e superbia, di stima di molti e timore di altrettanti, ma ora, vedere la mia famiglia rinchiusa e sottomessa era solo una ragione stomachevole, nonostante ne comprendessi i motivi di autoprotezione, conservazione per i Purosangue e per un futuro senza più interferenze babbane o dei mezzosangue. Rischiare se stessi per una convivenza che non  sempre era possibile, o sicura, di certo non era buon senso, ma sterminare persone ignoranti e senza cattive intenzioni verso i maghi lo biasimavo, fin troppo dopo questi ultimi mesi. Essere diviso tra ciò che per anni mi era stato detto essere il pensiero giusto e una giustizia così diversa, ma al contempo così delicata e certa, sicuramente non dava pace alla mia mente ormai stremata dopo tutti questi giorni di prigionia in quello che doveva essere il mio posto sicuro, ma che ormai non lo era più per ovvie ragioni.
I Mangiamorte oramai residenti del Manor erano una spregevole vista ai miei occhi abituati ad eleganza, prestigio e nobiltà, pensare che persone aristocratiche fossero ridotte a manichi senza dignità era un colpo difficile da incassare, specialmente per me. Ero ancora qui solamente per la sua sicurezza, nonostante nessuno mi avrebbe creduto se lo avessi confessato, ma tenerlo nascosto nei recessi del conscio l’avevo trovata un’ottima idea vista la furia di Voldemort con la quale la sua curiosità si era spesso e volentieri infranta contro il mio muro mentale, non volevo di certo che scoprisse la mia anima. Ma era stato dannatamente difficile reprimere tutto, dimenticare senza farlo davvero, fingere sentimenti contrapposti e ingannare il gusto della sofferenza altrui con un finto sorriso soddisfatto ogni qualvolta che dalla mia bacchetta lampi verdi si infrangevano su innocenti, con la sola colpevolezza di essere finiti sotto mani di pazzi sadici bramosi di potere. Un potere che infondo avevamo già, ma che per desideri sbagliati del cuore e un’incontenibile, malato, orgoglio stava perdendo la sua nobiltà lasciando spazio solo a sporcizia di sentimenti così stolti, così umani.
Al solo pensiero mi formicolarono le dita e dovetti serrare la mascella, chiudendo le palpebre per concentrarmi nel fermare la mia magia tanto selvaggia, ora come ora, indomabile. Ero cosciente della sua pericolosità, ma non ero sicuro di poterla contenere visto il modo in cui spesso esplodeva con tutto il mio permesso. Non era Magia Incontrollata, eppure era così simile ad essa da lasciarmi boccheggiante e privo di forze ogni qualvolta mi sfuggiva qualcosa. Il modo in cui si era mostrata ai miei occhi non era stato dei migliori e per quanto non rimpiangessi la morte di quell’aguzzino che per giorni e giorni mi aveva reso minuti infiniti puro inferno lacerante. La sua Cruciatus era cessata quando aveva osato lanciarla una volta di troppo, anche se vedendomi sfinito, senza bacchetta e pieno di ferite –interiori ed esteriori- doveva averlo reso appagato al solo pensiero di vedermi ancora una volta agonizzante ai suoi piedi, nel pieno di tremori sempre più gravi. Però dovevo ammettere che tutte quelle maledizioni mi avevano reso sempre più tenace, nonostante ne avrei volentieri fatto a meno. Pensare che subito dopo che la mia magia era nata -sfuggendo dai miei polpastrelli in energia color argento, schiantandosi contro il suo corpo tramortito senza aver il tempo neanche di urlare- e che ero svenuto senza possibilità di sapere se mi sarei mai risvegliato, mi aveva terrorizzato. Il volto di mia madre davvero preoccupata al sorgere di una settimana più tardi mi aveva scosso maggiormente. Lei e lo stesso Oscuro signore si erano spiegati l’avvenimento come un’incidente dovuto alla bacchetta dell’uomo trovata completamente ridotta in polvere. Mi avevano raccontato che l’incantesimo doveva essere stato troppo potente per essa frantumandola una volta sfuggita al suo controllo e l’onda d’urto aveva causato la mia perdita di sensi e la sua morte. Ovviamente non ricordavo ciò che mi dissero e anche Voldemort doveva aver pensato lo stesso dato che un momento dopo cercò di scavarmi a fondo nella mente senza troppa riuscita data la mia troppa confusione, questo però aveva procurato una serie di punizioni dirette dalla sua stessa mano. Il fatto che qualcosa dentro di me fosse cambiato, proteggendomi, mi aveva scombussolato ancora una volta, ma le mie grida dovevano avergli fatto credere stessi davvero subendo tutto quel male ingiusto. Beh, questo non aveva alleviato per niente il peso di quell’estate e il solo ricordarla mi causava brividi ghiacciati lungo la schiena scorticata in più punti, sfregiata in altri per via della brutalità carnale alla quale ero stato sottoposto e l’umiliazione verbale che davvero non avevo per nulla digerito. Se non altro il pensiero che tra pochi giorni sarebbe tutto cessato, almeno quotidianamente, mi rallegrava, però, sapere che a momenti la mia pelle lattea sarebbe stata irrimediabilmente marchiata mi schifava in modo vomitevole. Purtroppo non essere d’accordo con la sopravvivenza sottomessa della mia famiglia aveva i suoi svantaggi, soprattutto per ora. Questo non voleva dire che non pensassi ancora all’inferiorità di chi non era un Purosangue o di chi invece aveva questo privilegio e lo rendeva vano con idee bonarie, ricche di dolcezza che a questo mondo tortuoso non poteva resistere. Non ero tanto stupido da buttare al vento il mio nome, ma non ero neanche tanto ignorante dal non riconoscere il rispetto per l’individuo, non potevo permettermelo dopo essermi irrimediabilmente innamorato di quel ragazzo. Avrei dovuto prevenirlo, ma non me ne facevo una colpa dato che non potevo bloccare il flusso della magia inconscia.
 
Sbuffai, chiudendo il pugno e una volta che l’aria gelata sferzò sul mio volto contratto in una smorfia di incontenibile frustrazione ringhiai infastidito catturando l’attenzione di mia madre, avvolta dalle sue vesti prestigiose. Probabilmente quel gesto passò come intolleranza al freddo, quando invece non era per nulla così dato che non volevo assolutamente prendermi la responsabilità del Marchio Nero e se questo mi avesse perlomeno garantito il benessere di Blaise, immischiato in tutto questo come il sottoscritto, sarei stato meno riluttante. Però, effettivamente, il mio primo obbiettivo non era sapere quella serpe al sicuro, quanto essere consapevole che tutte le cose passate fossero state davvero scordate da chiunque.
Deglutii al pensiero e mi sforzai di non pensare realmente all’anno scorso, sbattendo le ciglia in modo da allontanare lacrime di suggellata silenziosa promessa. Mi concentrai invece sulla luce emanata dalle diverse lampade appese in Diagon Alley, sulle tende di diverso colore stese per le vie, in modo da creare spazi esterni ai negozi di diversi assortimenti. I tavoli in legno posti difronte alle vetrine davano un’impressione di familiarità a quell’atmosfera tenue, calda nonostante il rigido clima di fine agosto. Le abitazioni in pietra erano confortevoli alla vista anche se fredde, grigie, in contrasto con i colori caldi dei tendoni. Il mio viso rimase una maschera di studiata indifferenza per quel posto che mi rimembrava diversi episodi e che ora era solo un passaggio per giungere a uno dei più aspettati e ricercati momenti della mia vita, mio padre forse sarebbe stato orgoglioso vedendomi avanzare con passo elegante e altezzoso in mezzo alle vie abitate, piene di persone calme e neutre. Riconobbi immediatamente la traversa che portava al Magie Sinister, così scura e piccola, posta in un posto non troppo visibile. Per anni con superficialità avevo avanzato per quella stretta stradina, dove diversi scalini scendevano verso l’oscurità della cittadina ed ora non mi sentivo più tanto superiore, sapendo cosa mi aspettava in quel negozio di arte oscura. Nonostante ciò le mie labbra rimasero chiuse con estrema attenzione e il mio sguardo non perse un attimo di vista la destinazione resa buia per via del motivo per il quale ora ci trovavamo qui.
Brividi colsero il mio corpo quando fui davanti alla soglia e un’insana voglia di scappare per mio personale guadagno che avrebbe portato a farne le spese la mia stessa madre, mi annebbiò per qualche secondo la mente, ma velocemente lo scacciai mantenendomi distaccato da qualsiasi sentimento. Non era la prima volta in cui incontravo l’Oscuro signore e per mia sfortuna non sarebbe stata l’ultima, nonostante la flebile speranza di questa estate. Risentito mi diressi, impettito, oltre la porta che mi divideva dalle varie esposizioni di materie altamente pericolose. Sentii distrattamente la serratura scattare quando riconobbi il viso ombroso di Greyback e la follia presente negli occhi di Bellatrix, raggelai immediatamente prendendo consapevolezza che nuovamente non avevo scappatoie e che se anche le avessi avute il Manor non sarebbe stato sicuro per via della presenza dei Mangiamorte. L’unico posto sicuro era il mio stesso corpo e la bravura con la quale stavo ingannando tutti quanti, dovevo solo resistere e sapere che alla fine tutto questo avrebbe condotto alla sua sicurezza mi scaldò il cuore, riportando i battiti accelerati alla normalità.
Ciò funzionò finché non sentii il suo sguardo perforarmi la pelle e mi ci volle tutta la mia disciplina per non voltarmi, guardare oltre la finestra sopra le nostre teste -che rendeva la luna unica testimone di questo deplorevole atto- intimandogli di non restare a guardare la mia rovina, quel tradimento effimero. Di non rimanere tanto vicino alla crudeltà con la quale la mia minima libertà sarebbe stata estirpata come le ali di un’aquila strappate per renderla priva del volo. Non volevo che vedesse, avrei sopportato tutto, tranne il peso di quelle giade spalancate dal mio voltargli le spalle tanto meschinamente. La rigidità del mio corpo divertì i presenti che si sbeffeggiarono di me, senza ricevere risposta nonostante la mia conosciuta ironia tagliente che spesso degustavano data la mia lingua affilata come una spada. Mi consideravano un figlio viziato e lo ero, ma non c’era nulla di male visto che già solo per questo valevo più di tutti loro messi assieme. Un bimbo capriccioso mi avevano chiamato, ma ciò non aveva fatto che dilettarmi dato che non lo avevo recepito come un insulto, ma come la semplice verità. Un complimento, in effetti, dato che ciò significava che conoscevo esattamente cosa sapeva soddisfarmi e cosa volevo dal mio futuro, nei minimi dettagli, dalle minime alle più grandi esigenze. Loro erano solo automi che sapevo seguire un pazzo senza avere una propria idea con la quale intavolare un discorso o confutare tesi altrui.
Ghignai ricordando le loro espressioni quando, dopo una punizione carnale, ero stato ancora in grado di rispondere con sarcasmo alle loro prese in giro, alle loro frasi di scherno. Tra loro sicuramente ero quello con più astuzia e intelligenza, non mi limitavo solo a tirar fuori il carattere, ma sapevo perfettamente come farmi valere anche con la dialettica. Loro dovevano averlo dimenticato data le sciocchezze che spesso esibivano aprendo la bocca.
 
La voce dell’Oscuro signore mi arrivò chiara come il sibilare di Nagini al suo seguito, insieme a quello stoccafisso di Codalisca. Sorrise non appena mi studiò e mi venne fin troppo vicino, posando le sue ossute dita sulle mie spalle per coinvolgermi in un abbraccio indelicato, che di rassicurante non aveva nulla e ciò mi agitò sentendo il pizzicare del suo sguardo addosso, che scomparve dopo qualche attimo facendomi trovare sollievo. Non lo diedi comunque a vedere mantenendo la mia aria nobile e sottomessa al primeggiare del pazzo, potente mago. Era davvero una persona egocentrica, ma ciò preferii ancora una volta tenerlo per me.
“Finalmente il gran giorno è arrivato, mio giovane Draco” sillabò con fare colloquiale, lasciandomi il tempo d’inginocchiarmi quando il suo alito sporco mi sfiorò l’orecchio come una freccia scoccatami accanto. Sollevai un ginocchio sul quale posai il gomito e abbassai con riverenza il mento lasciando che il mio volto scomparisse sotto i lisci, fini, capelli biondo platino che spesso in passato aveva accarezzato, solo per allontanarmi e lanciarmi una maledizione poco dopo. Mi morsicai l’interno guancia, esponendo i miei cordali omaggi e non persi tempo ad elogiarlo, dato che non ce n’era molto. Non sembrò apprezzare dato che me lo fece notare con accurata drammaticità e non rimasi stupito quanto la Cruciatus giunse come un turbine a ciel sereno. Ciò nonostante rimasi immobile, sorbendola nel totale silenzio di quegli aghi conficcati nelle tempie, nei nervi saldamente tesi nonostante i muscoli contratti in una ribellione a tale fastidio. Dovetti reprimere lo scudo magico che sentii avvicinarsi all’epidermide e lo sforzo con lo quale lo nascosi mi costò un maggior strazio, gli aghi divennero ardenti nella mia carne diffondendosi con famigerata lentezza vorticante. Il sangue zampillò sulla lingua quando mi resi conto che mi stavo stringendo con forza il labbro inferiore tra gli incisivi affilati, fortunatamente meno di quelli di Grayback. Il calore contro il mio corpo divenne insostenibile, ma cercai di rimanere immobile conscio che se mi fossi steso il dolore sarebbe raddoppiato diventando sempre più pesante, fino a schiacciarmi e lasciarmi privo d’ossigeno. Tremai serrando il pugno e mantenni lo sguardo fermo sulle vesti neri di Voldemort davanti al mio piede, cercai i di disegnarne i contorni, ma presto la bollente maledizione divampò causando la maggior profondità di quegli aghi ormai totalmente conficcati in ogni parte di me e proprio quando pensai di lasciar fuoriuscire il mio scudo, la tortura finì.
“Sorprendente, piccolo Malfoy, le tue doti menzognere stanno fruttando e ciò sarà sicuramente una cosa a mio vantaggio quando inizierai quest’anno scolastico, nonostante la tua assenza causerà molta tristezza in ognuno di noi” mi schernii e se solo avessi potuto dar voce all’onestà della frase che suonò perfetta dentro di me l’avrei fatto. Forse in un’altra vita dove non sarei stato ammazzato solo per aver osato pronunciare tanto.
“Direi proprio che tutti stiamo speriamo tu non deluda le aspettative, dopo questa onoranza che ti offro in onore del tuo povero padre rinchiuso, per il momento. Se mi servai come lui sempre ha fatto, avremo molte informazioni da condividere altrimenti credo che io stesso, insieme ai miei seguaci, gioiremo nel vedere la giusta punizione riversarsi su di te. Comprendi la giustizia delle mie parole, Draco?” Annuii appena senza davvero capire come tutta quella gente potesse credere in frasi dette senza una misera logica e potei recepire lo sguardo ansioso di mia madre sul mio fisico ancora inginocchiato. Beh, ero qui solo per lei quindi come minimo avrebbe dovuto darmi il suo sostegno in tutta questa follia priva di luce. Trattenni l’ennesimo sbuffo e mi provai davvero a concentrare solo sulle parole del Lord, ma ora come ora potei solo sentire come ero cresciuto e maturato dopo mesi in cui ero rimasto nella totale confusione, in balia di me stesso e del mio amore, per la mia famiglia e per lui. Ma quest’ultimo ora non c’era -nonostante la sua comparsa inaspettata poco prima, fuori e la sua scomparsa furtiva, che davvero avevo sperato- erano rimasti solo i suoi incoscienti e smielati ideali al mio fianco, per quanto fossi disgustato dalla cosa, potevo accettarli e capire il loro ragionamento. Nonostante una prima difficoltà nel farlo, ora comprendevo il motivo per cui da sempre lottava, che era decisamente più scrupoloso di quello di questo sadico mago oscuro, però, una parte di me che non sapevo quanto fosse importante, sentiva ancora tanta solidarietà per la causa portata avanti dai Purosangue. Potevo accettarne le spiegazioni, ma non potevo accettare il futile desiderio celato dietro. E sicuramente dopo tutto quello vissuto con …
Trattenni un grido di pura sofferenza, piegando in avanti il busto per sentire lo stomaco chiudersi, i polmoni svuotarsi d’aria pulita e il cuore battere freneticamente. Caddi rovinosamente sul pavimento e mi contorsi, finendo a inarcare la schiena sul freddo legno, la sbattei ripetutamente a terra strisciandoci contro e serrai il pugno abbattendolo contro di essa. Cercai di abbassare lo sguardo sul mio avambraccio ed ebbi la nausea quando vidi la carne lacerarsi, la pelle pallida tingersi di rosso mentre il Marchio prendeva forma e le vene dissanguavano il mio corpo mescolando il mio sangue aristocratico a quel segno scuro, le nocche sbiancarono e le unghie scarnificarono il mio stesso palmo mentre le pupille saettarono in ogni parte della camera. Colpii più volte il gelido legno con il capo quando cercai di scacciare lo sgorgante dolore e non riuscii a distinguere le risate, le parole farneticate da quel folle mago temuto e sbattei le ciglia, iniziando a vedere puntini neri, luci che si spegnevano e accendevano nei miei occhi quando sbattei le palpebre e il suono sottile dell’epidermide aperta -scavata in due da una forza invisibile- mi fece avere i conati finché tutte le sensazioni vomitevoli divennero troppo potenti per essere trattenute, come la mia Magia che nonostante tutto rimase immutata al mio interno subendo quella deturpazione e la gola secca divenne troppo arida per urlare in modo straziante, agghiacciante. E poi non ci fu alcun suono, tutto divenne tacito quando l’oscurità mi avvolse lasciando emergere solo il buio.
 
****
 
Sbattei ripetutamente le palpebre, guardando da sotto le ciglia fini il luogo in cui mi ritrovai, la luce mi stava offuscando la vista e dovetti premermi la mano contro la fronte, ma quel gesto procurò scosse d’agonia, facendomi immediatamente desistere dal farlo. Cercai di accumulare la voce, ma quando essa grattò le corde vocali secche ottenni solo il graffio vocale che mi costrinse a richiudere la bocca. Strinsi quindi il soffice tessuto sotto il quale ero posto e alzai il mento verso la sagoma al mio fianco, che dopo qualche secondo focalizzai come Severus Piton, affiancato da mia madre. Lo guardai sospettoso, ma non diedi voce ai miei quesiti finché non sentii la stretta della donna, che sollevata dalla preoccupazione mi accarezzò una gote pulsante di un leggero dolore. Feci una piccola smorfia e l’occhiata penetrante di Piton divenne più intensa, sbuffò esasperato in modo quasi impercettibile e appoggiò i polpastrelli sulla mia carne fasciata da una sottile garza macchiata di rosso. Spostai le pupille accorgendomi di essere nella mia camera e voltai lo sguardo verso il professore, nonché mio padrino e attesi.
“Hai riposato per due giorni, oggi è il 1 Settembre” mi avvisò, alzandomi per indicarmi il mio baule perfettamente preparato per Hogwarts, feci un piccolo cenno col capo e la sua irritazione divenne velocemente visibile a terzi.
“È mattina, tra poche ore devi prendere l’Espresso. Ti consiglio di preparati e prenderti il giusto tempo per i saluti, non dimenticare i ringraziamenti, non credo tu voglia ricevere l’ennesima punizione” disse saccente, con tono profondo e pericoloso. Scrollai semplicemente le spalle a quel suo consiglio, come se davvero volessi subire un’altra Cruciatus per finire l’estate in bellezza. Alzò gli occhi al cielo e le vesti svolazzanti segnarono la sua uscita di scena.
 
“Sei stato davvero bravo l’altra sera” si congratulò mia mamma, senza ricevere risposta dato che non le sarebbe piaciuta particolarmente. Mi venne accanto per potermi avvolgere tra le sue braccia magre, restò per minuti immobili ponendomi forse le sue scuse per quell’ultima tortura subita e, orgoglioso, rimasi impassibile ai suoi gesti non riuscendo a camuffare la delusione incassata. Non pronunciò altro, accarezzandomi la guancia con grazia e ponendo le sue labbra sulla mia fronte scoperta grazie alle dita che scostarono la frangia bionda. Dopodiché ci furono solo gesti meccanici tra noi: mi aiutò ad alzarmi e mi accompagnò nel bagno dove prima mi sarei tranquillamente rilassato, ma che per troppo tempo era stato usato da quegli stolti. Mi spogliai senza degnarla di uno sguardo e poco dopo mi immersi nella vasca, lavandomi lentamente, in modo estenuante. Sospirai più volte e quando fu passata un’ora dovetti uscire da quel torpore, infilandomi nuovamente la maschera altezzosa che mi contraddistingueva tra la moltitudine di ragazzi.
I Mangiamorte mi schernirono per tutto il tragitto fino al portone di casa e prima di pronunciare quell’arrivederci -che ci avrebbe separato per i prossimi mesi- lanciai uno sguardo di arroganza pura che li fece tacere all’istante. Poterono cogliere la fierezza nella mia postura che non tradiva affatto le aspettative dei miei tutori, nonostante l’estenuante tormento all’avambraccio dove tutt’ora il sangue continuava a colare, sotto quella fasciatura soffice. Voldemort aveva avuto la brillante idea di farmi guarire senza aiuto della magia e a quanto pareva neanche la mia, segreta, aveva deciso di aiutarmi nonostante lo volessi. Era un lamento silenzioso, quel Marchio destinato a restare per tutta la mia esistenza, una vita costretta in un disegno. Era dannatamente squallido e non era la più rosea tra le aspettative. Avevo bisogno di una svolta, una fottutissima cosa imprevista che cambiasse tutte le carte in tavola, ma da quel che stavo comprendendo ero io stesso essa. Nessuno mi prendeva in considerazione come asso, ma lo sarei stato, senza rivelarlo a nessuno. Dovevo solo riuscire a trovare il modo per salvarlo senza che soffrisse ulteriori perdite che lo avrebbero devastato ancora, nei suoi sedici anni ne aveva subite troppe e ora che stava affrontando l’età dei diciassette non doveva ripercorrere le stesse cose, lo avrei di certo impedito dati gli eventi. E davvero, non volevo ricordare com’ero giunto a prendere codeste decisioni che prima del quinto anno scolastico non avrei neanche lontanamente immaginato, ma se fossi riuscito in tutti i miei piani, sarei riuscito a creare un perfetto scacco matto al re. Mi bastava solo muovere le giuste pedine e per farlo necessitavo capacità di astuzia e manipolazione, queste non mi mancavano, specialmente ora che le avevo perfezionate durante questi lunghi momenti di monologhi interiori e solitudine acquistata dopo diversi tormenti.
 
*****
 
“Draco” mi richiamò mia madre, prima di farmi un piccolo sorriso quando giungemmo alla rumorosa stazione di King’s Cross. Davvero troppe persone carismatiche, secondo il mio buon gusto, deglutii disgustato da quella massa in continuo movimento e schivai agilmente dei passanti, evitandoli. Velocemente varcai la soglia del binario 9¾, sentendo subito la leggerezza riempirmi l’olfatto. Respirai aria pulita, priva di sporcizia, accennando un ghigno soddisfatto e quando notai l’Espresso rapidamente lo raggiunsi, inchinandomi con un leggero gesto davanti alla donna che mi aveva messo al mondo, le baciai la mano come se le stessi chiedendo perdono per il tradimento che avrei compiuto alla nostra stessa casa e lei, senza capire, rimase deliziata dall’educazione che le mostrai aver appreso con rispetto. Salii quindi nel vagone dove i Serpeverde si riunivano, presi il posto che di diritto era mio e potei percepire senza troppa attenzione lo sguardo dei ragazzi più adulti e di quelli più piccoli, che tra loro bisbigliavano il mio nome, come se potessero realmente importarmi le loro sentenze.
Sospirai stancamente finché il suo inconfondibile profumo di fresco non richiamò la mia attenzione, voltai il capo e studiai i capelli mori sollevati in modo naturale sul capo, le sopracciglia altrettanto scure in un connubio perfetto con quelle iridi nere petrolio, gli zigomi duri che insieme alle labbra sottili, ma abbastanza carnose e rosee, gli davano un’aria furba e superiore. La carnagione lattea, seppur non chiara quanto la mia, risaltò quando Pansy lo affiancò. Quest’ultima era abbronzata e il nuovo taglio aveva reso più corte le sue ciocche scure, corvine, come le sopracciglia e la bocca carnosa, dove un rossetto scuro padroneggiava il suo volto, le diede un’aria quasi regale.  Era maturata diventando fisicamente una donna, aveva abbondato le vesti da ragazzina ed era pronta per portare avanti con nobiltà il nome della sua famiglia. Blaise, d’altro canto, era rimasto fin troppo simile all’estate prima, era solo cresciuto in altezza rimanendo esile, ma tonico di fisico asciutto, ma muscoloso. Mi guardò divertito mentre prese posto accanto a me, investendomi con quello stesso profumo, la ragazza invece si sedette davanti a noi lanciando immediatamente un incantesimo silenziate in modo che i farfugliamenti non ci dessero fastidio. Chiuse poi le tende isolando il nostro scompartimento e pronunciò qualche altro incanto di sicurezza.
 
“Scommetto che ti sono mancato” sussurrò Zabini, prima di scoccarmi un leggero bacio a stampo che ricambiai con sollievo, sorridendogli di rimando, in modo gelido. Nonostante ciò la sua espressione rimase dilettata e ignorò totalmente la mia occhiataccia, poggiando invece un braccio intorno alle mie spalle con fare apparentemente distratto, ma possessivo.
 
“Immagino che sia successo solo nel caso che abbia passato delle noiose vacanze estive” biascicò la nostra compagna, con sgarbo calcolato. Mi leccai fugacemente le labbra innervosito mentre il moretto al mio fianco premette con stanchezza una tempia sulla mia spalla, sbuffando senza realmente essere offeso.
 
“Sappiamo tutti che non è così” le rispose, guardandomi l’avambraccio con una smorfia infastidita dipinta sul volto. “Non ho ancora capito il motivo, lo sai, ma non credo di volerlo sapere per il momento. Aspetto di essere nella nostra camera” mi avvertì, senza spostarsi e rimasi impassibile finché, con lentezza, appoggiai una mano tra i suoi morbidi capelli lisci, accarezzandogli la nuca con calma.
 
“Dobbiamo discutere molte cose, ma fino ad allora non alludete a Potter –o tutto quello che è successo l’anno scorso- in sua presenza o a quella di altri” suggerii, rendendo le mie parole un ordine senza troppo fervore. Mi lanciarono occhiate confuse, ma annuirono entrambi e Parkinson si allungò sul tavolino in legno tra noi per fissare le sue iridi azzurre nelle mie, grigie e ghiacciate.
 
“Hai fatto una cazzata delle tue” sibilò con evidente rammarico, lasciandoselo sfuggire probabilmente e annuii soltanto, indifferente alle sue emozioni pericolosamente arrabbiate. “Prima che ti faccia un sermone ti darò il tempo di spiegarti, ma non sperare che sia più di miseri secondi” bisbigliò, furiosa per via dei sentimenti tanto forti che provava per me, in amicizia e quasi fratellanza. Così come quelli di Blaise, improvvisamente disinteressato al tutto. Ricercai le sue nere pupille finché, trovandole, non ci lessi un’enorme fastidio all’interno e così premetti brevemente le labbra sulle sue, scostandomi quasi subito. In quel gesto ci impressi tutte le mie possibili scuse che mai avrei ammesso, ma che sapevo perfettamente di dovergli e per quanto non mi abbassassi davanti a nessuno, lui lo consideravo un mio pari e per questo aveva concesso qualche privilegio. Come quei piccoli atti fisici.
 
“Allora, hai già in mente delle nuove conquiste?” chiesi, per spostare l’argomento pesante a uno migliore data la pesantezza che ci aveva avvolto. La serpe rise appena, sollevando un angolo della bocca in un sorriso sghembo e quando quelle pietre oscure come il fondo dell’oceano tornarono a fondersi con le mie ci lessi dentro puro diletto.
 
“Neville Paciock.” Rimasi senza parole, sgranando gli occhi e mi sentii seriamente preso in giro, ma Pansy fu abbastanza eloquente quando incrociò le braccia al petto allibita quanto me. “Non fissarmi così” mi riprese lui sogghignando ancora. “Tu sei stato il primo a star insieme a un Grifondoro e non uno qualsiasi, quindi non hai alcun diritto di fare quella faccia” finì diplomatico, in modo sicuro e tranquillo. Questo mi rammentò cose che avrei preferito decisamente seppellire in una camera del cervello barricata con quadrupla serratura, rotta e senza una possibile chiave.
 
°°°°1996 – un anno prima°°°°
 
Un nuovo anno scolastico stava per giungere nella vita di Harry, colui che da sempre veniva considerato il Sopravvissuto. Il peso del mondo già dalla sua tenera età gli gravava addosso e per quanto cercasse di vivere una normalità non raggiunta, esso si faceva sempre più pesante e ciò il ragazzo non sempre era in grado di sostenerlo.
Seduto sull’altalena non faceva altro che pensare al suo quarto anno, a tutte le vicissitudini affrontante fino alla morte di un suo compagno di scuola, fino al ritorno di Voldemort, mago così oscuro da essere una continua spina nel fianco per il sedicenne che non riusciva più a reggere tutte quelle perdite. Il moretto, dall’aria ferma, non si rese neanche conto delle azioni del cugino, perso nei ricordi della fredda e spietata maledizione lanciata sull’adolescente poco più grande di lui. Come poteva realmente essere accaduto tutto quello? Come poteva un piccolo istante portare via tutto? Il taglio profondo nella carne del braccio faceva ancora male e poteva ancora recepire la lama gelata solcare la sua pelle per creare un bivio rosso intenso. Non riusciva ad accettar alcun fatto accaduto durante l’evento, la Coppa Tremaghi era divenuto un incubo per la famiglia Diggory e per gli stessi alunni delle diverse scuole. La confusione e il terrore dopo che aveva realizzato di aver avuto uno scontro diretto con la nemesi lo aveva lasciato nel panico più totale, il corpo gelido di Cedric insieme a quegli occhi vitrei privi di spirito lo avevano scosso, il turbine di paura lo aveva accolto per ore dopo quel breve duello e dopo tutte quelle chiacchere inopportune. Aveva facilmente evitato ogni sguardo dei compagni e aveva, con molta pazienza, sostenuto lo sforzo di rimanere incrollabile anche davanti a quello spietato ritorno, non poteva mostrarsi debole nonostante fosse solo un’adolescente nel pieno della sua giovinezza. No, lui non poteva permettersi una normalità, lui doveva crescere velocemente e tirare fuori le unghie per assicurarsi la sicurezza di tutto il mondo magico. Era difficile, ma non impossibile e ne era cosciente, doveva solo trovare la giusta forza e raccogliere tutta la sua determinazione per riuscire nell’impresa. La cosa più dolorosa era, forse, che Ron ed Hermione durante le vacanze non si fossero ancora fatti sentire nonostante fossero a conoscenza dell’importanza che aveva per lui quell’interessamento sincero. Si sentiva abbondato, da solo in tutto quello che, ancora una volta, si presentava come una tortura. Non era sicuro di come si sarebbe concluso ciò e stava cercando di lottare con tutte le sue forze affinché la sua maturità diventasse abbastanza adulta per affrontare la cattiveria che libera si muoveva in modo strascicante tra le vie magiche e babbane.
 
Sbatté le palpebre mettendo a fuoco l’immagine del cugino che insieme ai suoi amici derideva un bambino che aveva compiuto i dodici anni, probabilmente e strinse il pugno sentendo il fastidio giornaliero farsi vivo in lui finché con durezza non interruppe quelle risate stolte.
“Ora te la prendi anche con i più piccoli?” chiese, gustandosi senza troppa convinzione il silenzio dopo le sue parole e quando il più grande –circondato gli amici- si avvicinò le nocche gli divennero gravemente bianche e storse il naso irritato.
 
“Mi aveva irritato, se lo meritava dopo tutti quei suoi piagnucoli” affermò con arroganza superficiale, mettendo in mostra la sua ignoranza, il cugino. Harry dovette mordersi le labbra mentre continuò quello sproloquio di insulti fino ad arrivare a deridere lo stesso Potter, ora punto sul vivo e concentrato unicamente sulle frasi di scherno che Dudley gli riservò. “Come i tuoi, d’altronde, quando la notte piangi gridando il nome di un maschio, vederti e sentirti tanto spaventato all’alba per dei semplici incubi è deprimente. Per te dev’esserlo ancor di più dato che nonostante invochi tua madre lei non c’è, la morte te l’ha portata via come ha fatto con tuo padre. Non avere i genitori è schifoso quando i brutti sogni si ripetono, eh?” Il moro sentii il sapore metallico del sangue lungo la gola e, davvero, provò a trattenersi avvertendolo, ma il cugino continuò indenne a quei consigli intelligenti finché la rabbia non divampò nel giovane mago facendolo scattare in piedi. Coprì rapidamente la distanza tra i loro corpi e puntò la bacchetta su quel mento carnoso in cui la punta sprofondò appena. Gridò di smetterla direttamente sul viso del più grande che finalmente tacque nonostante le risate dei compari e finalmente il rumore di quella voce stridula si attenuò fino a far vacillare le intenzioni del Sopravvissuto che alla fine desistette dal vendicarsi di quelle stupide esclamazioni. Ma il cielo non sembrò pensarla allo stesso modo.
Nuvole grigie si mossero velocemente fino a rabbuiare il piccolo parco e presto tutti scapparono davanti all’irrealtà dell’atmosfera supina, misteriosa e ricca di magia. Harry si incupì irrigidendosi sul posto e incitò il famigliare a correre, per andare il più possibile lontano da quell’improvviso mutamento atmosferico, non diede retta alle lamentele di questo e furtivamente lo seguì lungo la strada percorsa a grandi falcate stanche, fin troppo infinite. Non aveva idea di cosa fare, di cosa stava accadendo esattamente e sapeva che doveva prima pensare al babbano, anche non lo meritava secondo il suo parere, ma per la milionesima volta era solo una cosa che andava fatta nonostante i suoi disideri diversi. Fremette quando il gelo lo sfiorò sotto il tunnel che si ghiacciò alle due estremità e così si fermò in mezzo ad esso, stringendo con forza il polso di Dudley che continuò però, imperterrito a fuggire verso quell’apparente via di fuga che presto Harry capì essere una trappola. Ma non poté urlare niente che il primo Dissennatore si mostrò bloccando il maggiore, il secondo invece spinse con furia il moro contro il muro, dove una luce scoppiò lasciandolo al buio.
 
Presto la sensazione di vuoto prese il posto di ogni singola emozione e sentì la piccola quantità di felicità venir risucchiata da quella creatura tenebrosa, provò a resistergli, ma la malinconia e la tristezza degli stessi pensieri che da un po’ lo perseguitavano prese il sopravvento lasciandolo inebetito sotto quella presa rude. Chiuse le palpebre, tentato di cedere a quel richiamo di eterno riposo, ma alla fine il suo stesso corpo scattò e il Patronus sfociò dalla sua bacchetta tramortendo l’aggressore con violenza, quel cervo avvolto da una bianca luce si scagliò contro il secondo cogliendolo alla sprovvista e il tempo sembrò fermarsi per qualche secondo. Avvolto dalla solitudine, Harry si avvicinò al cugino steso e reso privo di intelletto più di quanto non fosse. Non aveva idea di cosa fare, non riusciva neanche a chiedergli qualcosa o ad aiutarlo più di quanto già non avesse fatto e quando la figura magra della vicina di casa si apprestò al suo fianco si riscosse, confuso da quella presenza non calcolata.
“Silente mi aveva detto di tenerti d’occhio” spiegò velocemente la donna minuta e bassa, sorridendogli appena, amorevolmente, ma spaventata per via dell’intera situazione. “Presto, dobbiamo andare via di qui” disse con aria concentrata, aiutando il giovane sedicenne a mettersi in spalla il più grande che al momento era ancora più inefficiente del solito. Non ci furono tante parole dato il pericolo in cui si trovavano e di questo Potter fu grato, di certo non aveva tanta voglia di creare discorsi inutili o richiedere spiegazioni che tanto sarebbero rimaste prive di risposte soddisfacenti. Tenne quindi a bada la sua dannata curiosità e quando la vicina lo salutò, una volta arrivati davanti al vialetto di casa lui ricambiò senza troppa enfasi, stravolto dagli avvenimenti subiti quasi con passività, nonostante l’audacia con la quale ancora una volta ne era uscito. Non era altrettanto convinto di passarla liscia con la famiglia materna. Deglutì sonoramente quando rincasò, superando la soglia e presto i suoi zii furono esterrefatti notando le condizioni del figlio reso privo di logica. Si immobilizzò vicino a un angolo del salotto, in silenzio, pensando e riflettendo sugli ultimi episodi appena vissuti e ignorò per quanto possibile le urla dei due adulti infuriati. Harry non aveva tempo da perdere, nonostante la forte irritazione e quindi si rinchiuse in se stesso, nei suoi pensieri, finché una strillalettera non interruppe il suo monologo interiore. Il Ministero non aveva gradito la sua presa di posizione con la magia e lo aveva sospeso da Hogwarts, a quanto pareva, la rabbia in risposta a tale punizione che rafforzò la presa al suo cuore si fece maggiore quando lo zio sussurrò con cattiveria che giustizia era stata compiuta. Lui, solo grazie a lui quel coglione di Dusdley era ancora vivo e doveva ancora sorbirsi le lamentele di tutti? No, non poteva sopportarlo, specialmente considerato che si trattava di un’ingiustizia ingiustificata dato che era stato costretto a usare quell’incantesimo. Non si divertiva a creare Patronus per hobby. Sbuffò risentito all’indirizzo di Vernon che con crudeltà lo superò per poter pensare a suo cugino, quanto lo detestava non sapeva dirlo con certezza, ma era certo che il sentimento fosse davvero grossolano e potente.
Forse era per questo che in quel periodo si sentiva tanto instabile, forse il pensiero e la voglia di lanciargli una Cruciatus o almeno uno Stupeficium lo rendeva più simile a Voldemort di quanto non volesse ammettere. Trasalì, inorridito a tale pensiero e cerco di scacciare tale opzione in un antro abbondato del suo cervello che a quanto pareva non collaborava troppo quella sera. Rimuginare non lo stava affatto aiutando nonostante le sue buone intenzioni. Il nervoso lo stava invece rendendo iperattivo e la difficoltà sempre maggiore nel restare tranquillo davanti a un richiamo disciplinare stava sovrastando la sua calma apparente, forzata.
 
Un rumore lo fece bloccare col fiato spezzato, la bacchetta stretta nel pugno lo rese teso come una corda di violino, l’attenzione raccolta sulla porta della camera era tale da farlo sudare lievemente mentre passi risuonarono nella casa deserta ed Harry poté recepire i suoi battiti sempre più veloci, ritmati da un’incessante malessere che man mano si diffondeva con ferocia nelle sue carni tanto sensibili al minimo cambiamento. Non era per nulla lucido e quando l’anta si aprì rischiò di lanciare una magia per schiantare i nuovi arrivati, ma si accorse che essi erano membri dell’Ordine e così sul suo volto apparve un gentile sorriso di sorpresa. Moody mosse velocemente gli occhi su di lui per studiarlo e così si strinse nelle spalle indifeso, avvicinandosi per essere accarezzato cordialmente da Tonks, allegra e altri due componenti di quell’organizzazione dove lo zio ne era a capo. Sirius gli mancava terribilmente, doveva ammetterlo, ma in qualche modo la nomina del padrino lo stava aiutando a tenere gli zii lontano, spaventati dalla fama del ex prigioniero scappato da Azkaban. Il Sopravvissuto sorrise ricordando la furba espressione di Black e velocemente raccolse le sue cose per seguire gli altri, che già stavano andando via dalla dimora babbana nella quale viveva con sommo dispiacere.
Una volta fuori ebbe appena il tempo di sentire le parole di Malocchio che dovette salire sulla scopa, per volare via da quel posto che finalmente si poté lasciare alle spalle con gratitudine sincera. O almeno per il resto dell’estate.
 
****
 
Hermione e Ron furono davvero sollevati nel vedere che Harry stava bene, nonostante le voci diffuse sull’attacco dei dissennatori. Potter non era esattamente tranquillo, sentiva i due amici distanti e questo lo innervosiva al punto da renderlo distaccato. Al suo arrivo infatti aveva salutato freddamente Molly, nonostante avesse concesso un sorriso sincero e caloroso a Sirius quando lo aveva intravisto in un’altra camera. A quanto pareva l’Ordine stava portando avanti una riunione e sentirsi escluso lo faceva impazzire dato che era lui quello destinato a scontrarsi con Tom Riddle, nessun altro. Avrebbe volentieri fatto a meno di codesto compito, ma la vita avrebbe volentieri fatto a meno di codesto compito, ma aveva perso il sorteggio con cui la vita lo aveva selezionato per questo coraggioso e difficile atto. Quindi era sicuramente lui quello al centro delle chiacchere degli adulti, tenute segrete e sempre lui era il fulcro di speranza in quel mondo che non sopportava più. Avrebbe solo voluto cambiare per un po’ destino, magari per qualche giorno o magari per sempre. Sbuffò e scacciò dal volto l’espressione nervosa. La Grenger tuttavia quando lo abbracciò captò le sue emozioni, come Wesley, rimasto in piedi a fissarlo. Cosa avrebbe dovuto dire? Avrebbe forse dovuto ridere e scherzare? Loro non gli avevano scritto durante l’estate e sapevano benissimo che lui non poteva neanche immaginare di spedirgli una lettera. Quindi non potevano essere arrabbiati, lui non aveva fatto proprio nulla.
“Vedo con piacere che state bene, le dita le avete integre quindi mi chiedo come mai non vi siate fatti sentire neanche mezza volta. Cos’è, vi siete dimenticati che esisto?” Non voleva fare la vittima, odiava sentirsi tale e in quel momento si sarebbe volentieri tirato un ceffone, ma era da troppo tempo che si teneva tutto dentro fingendo di star bene. Non ce la faceva più a dover essere all’altezza delle aspettative altrui e se neanche i suoi migliori amici sembravano interessarsi a lui, con chi si sarebbe dovuto sfogare? Lupin? Certo, perché non aveva impegni e aveva tutto il tempo per andare a prendere thé e biscotti con lui. Magari il giorno prima che si trasformasse. Stava diventando nevrotico, non andava affatto bene.
 
“Ci dispiace, ci hanno proibito di farlo da quando siamo a Grimmauld Place” spiegò Hermione con evidente dispiacere nel tono usato, si avvicinò con lentezza e gli posò una mano sulla guancia, facendolo scattare indietro come se avesse toccato fuoco. Ciò la ragazza non mancò di annotarlo mentalmente. Harry sembrava stanco, esausto.
 
“Dovrebbe farmi sentire meglio o protetto saperlo? Perché non è così, anzi pensare di essere isolato e privo di importanza per voi è stato un ottimo argomento da discutere con me stesso mentre mi sorbivo Dusdley, Petugna e Vernom. Soprattutto quest’ultimo con il suo senso della giustizia che potrebbe eguagliare quello di Voldermort” disse tutto di un fiato il Sopravvissuto, mordendosi un labbro quando notò i due Grifondoro trattenere per pochi secondi il respiro. Ma davvero? Lui lo aveva fronteggiato, lui lo aveva visto tornare e sempre lui lo aveva visto privare Cedric della sua giovane vita. Scrollò le spalle per togliersi di dosso il doloroso ricordo.
 
“Non era nostra intenzione farti sentire così” si giustificò ancora la sedicenne, cercando di calmarlo senza troppa riuscita. Ron d’altra parte stava cercando di capire i suoi sentimenti, non aveva dubbi sarebbe accaduto.
 
“Lasciamo perdere” sibilò frustrato, strizzando le palpebre con stizza. Dovette metterci tutto il suo impegno per non ridere istericamente dopo quelle parole, però.
“So dell’Ordine perché l’anno scorso Silente ha pensato di mettermene al corrente, non sapevo che il quartiere fosse questo e devo ammettere che sono stati in grado di tenerlo nascosto in maniera impeccabile, ma non capisco perché privarmi di conoscenza visto che si parla di un futuro che riguarda me in prima persona” continuò, esponendo i suoi dubbi agli altri due che annuirono, pensierosi ora che il moro sembrava essersi calmato. Vedere che nemmeno loro aveva risposte lo acquietò in parte, almeno non era l’unico ignorante, ma nonostante ciò continuò a non essere d’accordo con tutta la situazione.
 
“Dovresti pensare all’udienza disciplinare ora, il resto può aspettare che passi questa giornata” consigliò la riccia castana, sedendosi sul letto ed indicandogli di raggiungerla, lo fece con leggerezza e passò il resto della serata a parlare dei fatti accaduti, creando ipotesi e facendo commenti inopportuni, ritrovando un minimo di serenità e allegria perduta.
 
****
 
“Quindi Voi-sapete-chi ha allargato il suo campo d’azione e si sta iniziando a mostrare, il Ministero non dev’essere più un reale problema per lui” constatò Sirius quando l’ebbe finito di ascoltare, dopo vari abbracci e saluti pieni di felicità. La sua assenza era stata un buco nel petto, ora se ne rendeva davvero conto e dovette trattenere l’impulso di riabbracciare lo zio per l’ennesima volta.
 
“Lo è mai stato?” chiese sarcastico, ricevendo occhiate divertite e inorridite da gran parte dei presenti: Tonks, i gemelli, Lupin, Ron ed Hermione, Ginny, Arthur e Molly. Malocchio sbuffò, così si posizionò più comodamente sulla sedia, contemplando il piatto vuoto.
 
“La tua udienza è stata spostata a domani mattina, fai molta attenzione a come rigireranno le cose” lo avvertì Black, ricevendo un cenno in risposta mentre gli altri discussero di quanto nessuno potesse privarlo del suo anno scolastico ad Hogwarts, non che rientrasse nelle sue principali questioni realmente importanti visto il concreto spaventoso ritorno di Voldemort, ma ci teneva e non poteva permettere che questo influisse sulla quotidianità costruita con tanta forza e motivazione. Quindi si, avrebbe fatto di tutto pur di poter rimettere piede a scuola.
“Ora vai a dormire, domani sarà alquanto stancante” finì suo zio, salutandolo con affetto paterno che comportò un battito mancante nel cuore di Harry, fin troppo contento in quegli istanti in cui sentiva di appartenere ad una famiglia. Remus lo salutò con altrettanta attenzione e gliene fu realmente grato, dopodiché salì nella sua camera dando la buonanotte alle ragazze, finalmente avrebbe avuto un posto privato e sicuro dove stare, dove dormire.
 
“Buonanotte Ron” rispose quando l’altro disse la stessa cosa, un attimo prima. Si intrufolò sotto le coperte pesanti e se le portò sopra il capo ricercando calore protettivo. Sentì distrattamente la magia scorrere sul suo corpo, ma non se ne preoccupò più di tanto quando serrò le palpebre, addormentandosi istantaneamente.
 
****
Harry pov.
Sbattei le palpebre quando mi guardai intorno, cercando di capire dove mi trovavo e quando riconobbi il Lago Nero un sorriso fece capolinea sul mio volto colpito da una brezza leggera, il vento frusciò con calma tra gli alberi imponenti e la riva risuonò nel suo silenzio naturale. Mi sentii avvolto da un abbraccio confortante e quando voltai il capo riconobbi la figura slanciata di un ragazzo snello, alto quanto me e con lineamenti marcati nella sua grazia angelica. La pelle diafana riluceva sotto i caldi raggi solari e i capelli color platino sembrarono trasparenti a contatto con essa, quando poi le ciglia lunghe vibrarono spalancandosi potei notare due iridi argentee, grigie come il cielo nostalgico di Novembre. Dentro quegli occhi potevo scorgere un inverno infinito di neutralità e staticità, neve acquosa sporcata a contatto col terreno.
Inclinai il volto curioso e quando le sue rosee, carnose, labbra si schiusero per salutarmi placidamente mi avvicinai circospetto, studiando le braccia magre e toniche sotto la tunica nera che portava lo stemma della casata Slytherin, quella in cui anch’io avrei dovuto essere smistato, ma a cui fortunatamente non appartenevo vista la peccaminosità.
 
“Ciao Sfregiato” mi apostrofò con tono strascicato, gustandosi nei minimi dettagli il mio corpo che mi accorsi essere scoperto sul petto. Mi coprii velocemente con le mani, causando un mezzo sorriso malizioso da parte di Draco, che si mostrò sinceramente divertito da quel mio gesto.
“Non sei il primo maschio che vedo nudo, Potter” continuò tranquillamente, muovendo le sopracciglia sotto quella frangia che spesso era portata indietro col gel, ma che oggi era stata lasciata morbida.
 
“Come mai tanto cordiale?” chiesi con educazione, sedendomi con lentezza spasmodica al suo fianco asciutto sotto la camicia aperta sul colletto. Mi lanciò un’occhiata calcolata e sembrò indeciso, ma alla fine fece crollare quella maschera altezzosa mostrando un’espressione pensierosa e onestamente giovanile, non fintamente adulta come suo solito.
 
“Non lo so, sembra tutto diverso qui, anche te” rispose infine, scrollando le spalle confuso e solo allora mi resi conto che effettivamente eravamo da soli in quel posto. Mi guardai intorno cercando di scorgere altro studenti.
“Non c’è nessun’altro, nemmeno dentro il castello. Solo noi due e Hogwarts” mi anticipò, cauto nel parlare anche se un poco preoccupato da quell’inaspettato evento.
 
“Dove siamo?” domandai incapace di trattenermi e mi accorsi dopo quanto potesse apparire stupida come quesito, visto che eravamo a scuola senza alcun dubbio, anche se completamente isolati dal resto del mondo. Cercai quindi di rimangiarmi le parole, aprendo la bocca.
 
“Non saprei, sembra addirittura un’altra realtà. Insomma, se fosse tutto vero ora non staremmo colloquiando, ma litigando selvaggiamente scaricando così la tacita tensione sessuale tra noi” sussurrò serio, fissandomi. Sbiancai, incredulo e sgranai gli occhi ripetendo quella frase. Rise, non riuscendo a trattenersi oltre e risultò strano, ma non mi sentii affatto deriso. Anzi, ammutolii ascoltando quel delizioso suono e rimasi stupito accorgendomi di quanto fosse cristallino, un suono puro e non nascosto sotto veli di stronzaggine, così bello e fonicamente perfetto da non sembrare neanche suo. Una nuova musica per le mie orecchie abituate a note d’amarezza. Draco sembrò tornare serio, quando si asciugò le lunghe ciglia su cui passò una falange liscia. Potei scorgere la mancanza di quella musica appagante propagarsi supina.
“Non saprei davvero, mi sembra solo tutto diverso, una possibilità che ci siamo entrambi lasciati scappare” sibilò abbassando lo sguardo sul terreno fresco che poco dopo grattò con le dita. Malfoy che si sporcava le unghie per scrivere per terra? Non era il principino schizzinoso che ricordavo? Sicuramente si, visto che velocemente si pulì disgustato la pelle sporca sulla mia cravatta, sorridendo malevolo.
“Tanto è schifosamente rosso-oro” ghignò, provocandomi e tornando il solito istigatore, ma il suo polpastrello ancora premuto contro la spalla catturò tutta la mia attenzione e mi ci appoggiai, come se potesse sorreggere i pesi del mio cuore insieme a me, forse addirittura ci sperai.
Il biondo lo capì, dato che lo mosse con cautela, accarezzandomi il bicipite muscoloso che discese fino alla mano aperta sull’erba e infine chiuse il pugno premendoselo al petto, lontano dal mio corpo.
 
“Ovunque siamo, riesco decisamente a sopportarti” sbiascicai non trovando altre parole con cui esprimermi e la sua mano si aprì davanti alla mia. Il cuore velocizzò il ritmo e deglutii vistosamente, spiazzato da quel gesto quando vidi che sul terreno aveva scritto la data di quel giorno, con accanto la parola libertà.
 
“Amici, Harry?”  
****
 
Il Sopravvissutto si svegliò di scatto, cadendo scompostamente dal letto ormai senza coperte, dato che quest’ultime erano state scacciate maldestramente al fondo del materasso. Si guardò intorno e infine poté vedere il suo riflesso nello specchio posto vicino all’armadio, scorgendo un sorriso felice dipinto sul suo viso. Era completamente allibito.
Ron gli tirò un cuscino quando imprecò, ancora dormiente e il moro ridacchiò colpevole, rimettendosi velocemente sotto le lenzuola, troppo stanco per farsi domande.
 
°°°°1997 – presente°°°°
Draco pov.
Mi voltai colto alla sprovvista, guardando Blaise tornare nella nostra cabina e quando cercai Pansy notai la sua assenza, in una muta domanda tornai a studiare il mio amico che scrollò le spalle con disinteresse onesto. Trattenni una risata sfacciata e incrociai le braccia al petto dilettato dal suo atteggiamento simile al mio, per certi versi.
“Hai almeno mangiato decentemente, durante l’estate?” mi chiese, camuffando la preoccupazione con l’esasperazione e annuii incerto, la sua occhiataccia mi fece intuire non mi credesse e non mi importò, passavo ogni singolo istante a fingere quindi per una volta non sarebbe stato un problema essere scoperto. Non me ne occupai, ignorando il suo lamento infastidito e quando mi lanciò addosso qualcosa di commestibile lo guardai scettico.
“Mangia, ora non devi chiedere il permesso” bisbigliò con aria saputa, appoggiandosi pigramente allo schienale e accomodandosi per sonnecchiare come avevo fatto io poco prima.
 
“Sono un Malfoy, non devo chiedere il permesso mai” ribattei stizzito, senza troppo fervore data la sottomissione codarda della mia famiglia e prima che potesse rispondere con sarcasmo mi sollevai per poter uscire dallo scompartimento, ma Zabini mi bloccò il passaggio stringendomi il polso per farmi fermare e una volta bloccato lanciò gli stessi incantesimi che prima la Parkinson aveva pronunciato. Mi abbracciò, sconvolgendomi dato che non era il tipo di persona da mostrare il suo affetto con gesti melensi o parole dolci, restò immobile contro il mio petto e premette la fronte sulla mia spalla, sospirando con pesantezza.
 
“Sarei voluto essere al tuo fianco per sopportarti in tutto questo, ti chiedo perdono per non esserci stato” sibilò contro se stesso, spaventosamente irritato dai suoi stessi pensieri e capendo il perché della sua assenza mi limitai a poggiare le mani sui suoi fianchi con sicurezza. Sua madre era una maga eccezionale e pericolosa, tra le prime schiere dell’Oscuro signore, sicuramente non lo avrebbe lasciato avvicinare ad esso ancora per un po’, evitandosi di fare una brutta figura secondo il suo parere. La signora Zabini non aveva una bella considerazione del figlio e lo usava solamente come testimone durante i suoi, troppi, matrimoni con maghi potenti e con ricchezze alle spalle, che una volta rimasti senza nulla venivano insensibilmente lasciati. Sapevo bene che durante le vacanze era dovuto essere presente agli ultimi due della lista, se suo padre fosse stato ancora vivo come minimo avrebbe maledetto entrambi.
 
“Non avresti comunque potuto fare nulla e sarebbe stato solo tutto molto più complicato per me” rivelai, atono e apatico ai ricordi, scacciai la malinconia e la tristezza, sottolineando le mie parole con una sincerità disarmante che captò, allontanandosi per porre fine agli incanti.
 
“Questo non mi giustifica” mi rimbeccò, uscendo per accompagnarmi nella passeggiata che avevo intenzione di fare e quando due del secondo anni ci intravidero abbassarono con rispetto il mento. Quello stesso gesto avevo dovuto compierlo svariate volte durante l’ultimo periodo e Blaise notò il mio cambiamento, scacciò con un gesto rapido i due giovanotti e borbottò contro di essi, che intralciavano il passaggio. Sorrisi mesto incoraggiandolo e rincarando la dose con frasi ironiche, che fecero arrossire i due piccoli adolescenti che capii essere in territorio Serpeverde solo per recuperare dei dolcetti al carretto che stava passando in quel momento al mio fianco. Molto stupido da parte loro, specialmente perché i colori rosso-oro erano esibiti con orgoglio scoraggiante alla vista. Desolato inorridii, restituendo l’occhiata drammaticamente schifata con la serpe vicino a me, che si appoggiò al muro per non farli scappare come all’inizio aveva pensato di fare.
“Come mai siete giunti fino a qui? Sapevo che i Grifondoro fossero stupidi, ma non immaginavo fino a questo punto” disse, leccandosi languidamente le labbra aperte per gustarsi il timore dei due più piccoli e gli si avvicinò con prudenza, stringendosi tra l’indice e il pollice la bocca umida.
“Fatemi indovinare, dei vostri amici volevano mettere alla prova il vostro coraggio e voi siete stati così ingenui da cascarci” continuò a schernirli finché non si ritrassero una volta che fu troppo vicino.
 
“Avevano fame” parlò uno dei due e mi lasciai sfuggire un sorriso crudele prima di sollevare un sopracciglio, come se stessi decidendo cosa farne di loro e quando finalmente mi decisi ad agire spalleggiato dalla strafottenza di Zabini quella voce mi fece completamente tremare.
 
“Noi Grifondoro non amiamo metterci in difficoltà o venderci al nemico solo per puro egoismo come voi Serpeverde” affermò Potter, dietro i due alunni del secondo anno che scapparono appena ci colsero distratti da lui e mi regalò un cenno arrabbiato con la mano. Mi sentii del tutto impotente e se un tempo a quest’ora avrei già risposto con altrettanta furia, ora non avevo alcuna intenzione di rischiare di ferirlo. Anche se dubitavo fortemente di esserne in grado, specialmente alla vista del Golden Trio al completo.
 
“E questo dovrebbe essere un insulto?” domandò compiaciuto e beffardo Blaise, stringendosi nella camicia in jeans che stava indossando. Si posizionò appena più avanti di me e solo io mi accorsi della sua confusione davanti alla sfrontatezza instabile, alla rabbia di Harry. Fui grato che in qualche modo mi stesse proteggendo.
 
“Solo pura verità, quella che voi non conoscete” gli rispose ancora una volta quest’ultimo e il mio amico sembrò pensarci interessato, finché con divertimento non mi lanciò uno sguardo di traverso.
 
“Si diceva che la verità fosse difficile da accettare, eppure a me sembra facile come qualsiasi altro complimento che mi fanno e sai bene quanti me ne fanno” mi disse, come se gli altri tre non fossero presenti nel corridoio e dovetti controllare la risata spontanea che mi sfociò in gola, in un suono appena accennato, graffiato.
 
“Meno di quanti ne fanno a me, comunque” strascicai altezzoso, concentrandomi su di lui e solo quando la riccia sbuffò inviperita tornai a guardare gli altri.
 
“Distinguere realismo e falsa onestà non dev’essere facile per voi insensibili viziati” sbottò il ragazzo dalle iridi color smeraldo facendomi quasi cadere la facciata che stavo inscenando da fin troppo tempo per potermi permettere di farmela distruggere ora. Blaise, già sul punto di rispondere, venne bloccato dal veleno intriso in ciascuna delle lettere che esclamai con profonda cattiveria.
 
“Distinguere stupidi mezzosangue orfani, che ancora credono in stolte speranze prive di fondamento non lo è,  quando ne si ha solo uno davanti.” La Grenger e Weslery rimasero stupefatti e potei sentire il fremito del mio migliore amico, preso in contropiede dalla mia serietà e del mio essere tanto malefico per una stupida istigazione come quella fatta pochi secondi prima. Non avrei voluto farlo, mi sentii davvero distrutto quando scorsi zampilli di cristalli liquidi negli occhi del Grifone e se avessi avuto un giratempo sarei tornato all’anno prima pur di poter ribaciare quel sorriso. Scacciò le lacrime e trattenni l’impulso di picchiare un pugno contro la parete dalla nauseante sensazione che si propagò a quella vista.
“Ancora meno difficile è scorgere la causa in carne e ossa della morte che si aggira intorno ad essa, infrangendosi però sempre su innocenti al suo fianco” continuai riferendomi ai suoi genitori, Diggory e Sirius Black. Il desiderio di piegarmi in due e vomitare si fece persistente e indomabile, ora che ormai avevo superato il limite. Avrei voluto maledirmi da solo e subire tante Cruciatus insieme piuttosto che vedere quella ferita del suo cuore riprendere a sanguinare per mano mia e quando infatti le sue nocche bianche provarono a colpirmi, venendo anticipate da Zabini e inseguito Ronald, neanche provai a non incassare la bile che sentii contro il palato. Minacciosa di stravolgermi ancora di più.
 
“Sei solo uno stronzo, Malfoy, un vigliacco come tuo padre, ma almeno lui è dove deve stare ora” urlò Potter fuori di sé e se davvero credeva di farmi male con quelle sillabe, avrebbe dovuto ricredersi perché non c’era niente di peggio che vederlo stare così per colpa mia. Sorrisi trionfante nonostante tutto.
 
“Siamo pari, allora, dato che anche tu dovresti essere dove sono i tuoi genitori” risposi a bassa voce e Blaise rimase pietrificato, completamente senza parole, come Pansy sopraggiunta al suo fianco che mi guardò ricercando qualsiasi cosa che indicasse stessi mentendo, ma non trovandola nonostante ci fosse e stesse cercando di lottare pur di uscire.
 
“Fai schifo, mi fai solo tanto schifo” gridò ancora Harry, nel pieno di un pianto nervoso mentre i suoi amici lo allontanarono dal sottoscritto per portarlo in territorio sicuro, lanciandomi sguardi omicidi. Avrei tanto preferito potessero realmente uccidermi. Senza guardare nessun in viso tornai nel mio scompartimento e lanciai un incantesimo silenziante appena dopo che mi raggiunsero i due Serpeverde di cui mi fidavo. E in quel momento non ressi più, scoppiando in un pianto disperato quando fui nascosto dalla visuale di tutti.
 
“L’ho Obliviato” singhiozzai senza fiato, respirando senza riuscire a farlo completamente. Potei recepire i polmoni collassare e continuai sommessamente a tremare, sotto la vista impotente dei miei fidati amici, silenziosi e sotto shock dopo quella confessione non prevista.


Note finali:
Image and video hosting by TinyPic
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Becoming a memory. ***


Image and video hosting by TinyPic
 
“Guardi il tuo cielo,
ed ogni pensiero
si colora, si fà posto
diventando ricordo.”
Monica Castellani_

 
°°°° 1997 – presente °°°°
Draco pov.
Poggiai il gomito sullo spesso tavolo in legno, scuro e sentii contro il mento la pelle liscia del mio palmo, aperto. Trascinai le dita sul mio zigomo, nervoso mentre mi guardai intorno con indifferenza, seppur in realtà stessi facendo attenzione a ogni singola persona nella sala. Sbattei le ciglia quando i ciuffi della frangia, morbidi e fini, mi coprirono gli occhi e lentamente aspirai una bocca d’aria, sentendo lungo la gola i vari profumi dei dolci e del cibo diffuso per l’intera sala. Mi morsicchiai l’interno della guancia facendo attenzione a non scalfire troppo la carne sensibile e mi passai la lingua sulle labbra, in un guizzo veloce, quando Silente richiamò tutti gli studenti che tacquero dopo qualche secondo di troppo. Non mi interessava molto il suo discorso d’inizio anno, come non mi sarebbe importato quello del Cappello Parlante tra pochi minuti. I piccoli bambini desiderare d’iniziare questi anni a Hogwarts potevano solo aspettarsi il peggio, forse neanche sarebbe stata più come prima questa scuola dopo i piani pazzi di Voldemort. Nonostante non mi piacesse particolarmente la moralità e l’attitudine verso i Mezzosangue, o gli stessi babbani, non avrei nemmeno voluto cambiarla dato che da troppo tempo ormai questa era l’abitudine. Non era male, a pensarci bene. Noi Serpeverde in qualche modo ce la cavavamo sempre, nonostante il Preside stesso fosse fin troppo cordiale con i Grifondoro. Salazar non gli doveva andare troppo a genio, constatai con amarezza.  Sbuffai contro i miei stessi pensieri mentre potei distintamente sentire le parole che spronavano a l’unione, cosa che non era nei miei progetti attuare, specialmente ora.
Il marchio pizzicò sotto le bende e trattenni l’impulso di grattarlo ferocemente, come a volerlo sradicare dalla mia stessa epidermide. Piegai quindi i polpastrelli graffiandomi senza forza la guancia e quando il primo ragazzo venne smistato nella mia casata nemmeno applaudii, troppo preso da me stesso e i miei fastidi. Che erano tanti. In primo luogo la Wesley vicino a Harry, era davvero una sanguisuga e me ne ero reso conto sul treno, quando mi ero ritrovato a dover affrontare una seconda volta il moretto che però, ancora scosso, mi aveva semplicemente guardato trucemente per voltarsi subito dopo verso la ragazza che lo aveva stretto a sé in un abbraccio caldo di conforto e davvero, la mia Magia mi aveva suggerito di attaccarla, o forse non era stata lei, ma i miei stessi sentimenti. Fatto stava che non lo aveva mollato un secondo, neanche dopo la provocazione leggera di Pansy al suo indirizzo, neanche troppo velata come istigazione effettivamente. La Granger comunque aveva evitato un’altra inutile discussione dove nuovamente sarei stato dovuto essere crudele, rimpiangendolo subito dopo. Il pensiero di doverla ringraziare mi aveva disgustato parecchio, in quel momento e avevo dovuto sopprimere la voglia di insultarla per un bene superiore: il mio. E quello del Grifone, soprattutto il suo dato che ormai sapevo perfettamente i punti deboli del suo cuore fin troppo ferito per la sua giovane età. Se in passato avevo deciso di essere la sua cura, ora avevo deciso di diventare una tossina velenosa per esse. Non che lo volessi davvero, comunque. La sola idea di fargli ancora male era vomitevole e se prima mi aveva fatto crollare tanto facilmente, ora neppure potevo immaginare come sarebbe stato dover rivedere quella scena più volte al giorno. Non volevo, affatto, volevo solo essere io a consolarlo quando tutto il resto era troppo da sopportare, per un ragazzo alle prese con una vita già ricca di pesi. Aveva perso tutto e stava mettendo tutti davanti a lui, io ero stato fin troppo meschino portandogli via l’unica cosa per cui aveva lottato per personale guadagno: me stesso. Obliviarlo però era stato necessario per la sua salvezza, se avessi dovuto pensare solo a me stesso probabilmente ora mia madre sarebbe deceduta, mio padre sarebbe stato punito in maniera esemplare e Severus -il cui compito di proteggermi era diventata una promessa basilare dopo l’anno scorso, un vero legame- sarebbe stato devastato interiormente dallo stesso Signore oscuro. Quindi, per quanto avessi voluto seguire Harry nella sua folle idea, non avevo potuto farlo. Dovevo pensare a tutto il resto, prima che alla nostra situazione. In realtà stavo pensando prima ad essa, mettendole tutto davanti. A volte essere un manipolatore tanto saccente non aiutava neanche il mio ego. Dannato Godric.
Irritato da quella scenetta affettuosa dove la piattola si appiattì contro il braccio del Sopravvissuto –ancora per poco se non se la fosse tolta di torno- mi alzai, non accorgendomi nemmeno che l’ultimo bimbo fu smistato nella mia casata e così, quando Blaise me lo fece notare, finsi di andargli incontro per togliermi dalla mente quella squallida sensazione che avrei conosciuto sicuramente meglio, viste le palesi intenzioni della rossa. Superai le ultime sedie e porsi la mano al piccolo castano davanti a me, di cui neanche chiesi il nome mentre strinsi le falangi intorno alla sua piccola mano sudata, schifosamente sudata. Trattenni un sibilo e circondai le sue spalle con il mio braccio sinistro, che al gesto spruzzò spasmi bollenti lungo tutto l’avambraccio, sempre in maggior profondità nella carne. Soffocai un singulto quando la sua veste strofinò contro il Marchio in via di guarigione e probabilmente impallidii per quel continuo sfregamento. Deglutii spostandolo, allontanandolo così dal Cappello Parlante che in quel momento saettò come un furia, risvegliandosi. Mi bloccai mentre la sua voce riecheggiò nella Sala Grande.
 
“Principe dei Serpeverde, grande astuzia ti contraddistingue in mezzo ai tuoi simili, un grande potenziale sta nascendo e posso scorgere nubi, ma un chiaro sentiero sei disposto a compiere. La tua furbizia tuttavia non è però  la sola cosa che dovrai usare, non solo quella è una tua caratteristica, ricorda ciò che hai imparato e non lasciarlo scorrere via dalle tue mani.”
Schiusi la bocca per replicare, ma quando notai i vari sguardi degli alunni puntati su di me congelai, attendendo mentre il Capello tornò supino al suo posto, continuando a sussurrare la parola Slytherin, in chiaro segno che indicasse a chi si stesse riferendo e dopo il silenzio attenuò il suo profondo tono. Prima d’ora mai aveva osato parlare tanto pubblicamente, a una sola persona. Tossicchiai un paio di volte cercando di camuffare l’imbarazzo appena accennato, ma soprattutto l’irritazione dato che non mi stava aiutando a passare inosservato, riguardo i miei piani mentali. Indignato, mi sentivo tradito da quell’orribile coso che in questo momento avrei solo voluto buttare a terra e torturare, se fosse stato possibile, ma ovviamente non lo era come non potevo neanche far scordare a tutti quelle sue parole piuttosto intime. Non riuscivo proprio a capire come mai avesse creato tanto scompiglio e mi sarei volentieri risparmiato quella scenetta ridicola, sicuramente non adatta ad un Malofy che già solo per la presenza acquistava tutte quelle occhiate curiose e dubbiose. Sentii la mia Magia crescere e come un bisbiglio mi accarezzò l’orecchio in soffi di leggeri consigli, come se mi chiedesse il permesso di agire e per quanto volessi lasciarla divampare fino a far prendere fuoco a quel Cappello, non potevo permettere evitando così di venire scoperto.
Nonostante ciò quest’ultimo balzò nuovamente in aria come se fosse stato colpito e scombussolato iniziò a farneticare cose senza senso, volando oltre il suo posto fino al tavolo degli insegnanti, per poi tornare verso i tavoli dove gli adolescenti abbassarono le teste per evitare di venir colpiti al suo passaggio che sembrò più uno scappare impaurito. Approfittando del momento di distrazione tornai velocemente al mio posto sfuggendo così ai quesiti dei presenti e quando, per mia sfortuna, quel coso volò dalla mia parte mi venne letteralmente addosso come una freccia scoccata da lontano, veloce e potente. Caddi rovinosamente a terra prima che potessi sedermi sulla panca e sbattei la nuca contro il muro strizzando tra loro le labbra, prima di inveire contro quell’affare completamente impazzito dal nulla. Lo cercai di afferrare, ma quando sfiorai la sua punta prese letteralmente fuoco e senza ragione, sotto i miei occhi sgranati, fuggì come una fiamma senza controllo finché nel mezzo della Sala non trovò riposo quando Silente scagliò un incantesimo per ammutolirlo e spegnerlo. Tutti si zittirono.
Aprii e chiusi velocemente le palpebre per guardarmi intorno circospetto e mi resi conto che tutti mi stavano fissando, o studiando, stupefatti da quegli ultimi minuti di totale sconvolgimento. Non che io avessi capito cosa diavolo era successo, ne sapevo quanto loro, ma ero quasi sicuro di non aver completamente negato alla mia Magia di uscire. Era comunque strano, visto che non erano questi i modi in cui si creava solitamente. Rimasi pietrificato con la schiena al muro. Il Preside mi venne incontro rapidamente e dovetti ricorrere a tutta la mia infanzia per mascherare la confusione con stizza, irritazione che feci divenire palpabile.
 
“Signor Malfoy, la prego di seguirmi in infermeria” disse dubbioso, continuando a elaborare nuove supposizione nella sua mente e con assoluta risolutezza mi alzai, spazzandomi le vesti in azioni di drammatico fastidio per tutto.
 
“Se non le dispiace, dopo questo sconvenevole evento, preferirei andare a riposare nelle mie stanze senza interrompere questo discutibile banchetto” risposi utilizzando il mio miglior tono sfrontato ed educato, glaciale come mio padre mi aveva insegnato e potei cogliere il ghigno di Zabini crearsi sul suo volto, oltre le spalle di Silente.
 
“Posso comprenderla, ha il permesso di andare, allora” affermò, lasciandomi intuire che la discussione non sarebbe sicuramente terminata qui. Come se avessi veramente voglia di spiegargli cosa era appena accaduto. Annuii senza riguardo e con passi eleganti, formati da grazia e compostezza, mi diressi oltre la soglia della Sala, senza riuscire a evitare di vedere gli occhioni smeraldo di Harry, destabilizzato dagli eventi e confuso, visibilmente instabile in quel momento dove recepii la sua riluttanza a rimanere imprigionato tra queste mura. Era frustrato, lo sentii chiaramente nel mio flusso magico.
 
“Andiamo?” Mi voltai verso la serpe corvina, in piedi al mio fianco e lo seguii in un silenzio tollerante finché le porte non si chiusero dopo che Pansy ci raggiunse. Insieme scendemmo i bui sotterranei dove fioche luci ci fecero strada finché, grazie al fatto che ero un prefetto, esclamai la parola d’ordine che fece aprire il ritratto con pigrizia.
Dopodiché entrammo, mi tolsi la tunica rimanendo in camicia bianca e mi strinsi maldestramente il braccio ancora pulsante finché non raggiunsi la mia camera privata dove mi stesi sul divanetto in velluto verde e legno di quercia scuro. La seta delle tende dove ricami argentei adornavano il letto a baldacchino creavano un’atmosfera di pace e il camino scoppiettante era un bel suono di sottofondo. Blaise studiò i tre armadi dalle forme antiche e i mobiletti dove le mie cose erano state disposte ordinatamente, sulla destra di essi c’era uno specchio lungo fino alla moquette color petrolio sul pavimento. Sulla sinistra della stanza, accanto al fuoco, la trifora in vetrata mostrava la profondità del Lago Nero oltre di essa. Il lampadario, anch’esso argenteo, scendeva al centro della stanza separandosi in sette lingue dove sull’estremità alcune fiammelle si erano automaticamente accese. Il piccolo tavolino sovrapposto tra il divanetto e due poltrone dello stesso motivo, era accompagnato da una vetrinetta posta sotto la finestra, accanto al materasso. Era piuttosto enorme come camera e avevo già lanciato diversi incantesimi di sicurezza, in modo da poter rimanere tranquillo.
La Parkinson si accomodò sulla poltrona mentre Zabini mi si sedette accanto.
“Ti trattano bene” constatò lei, con un sorriso di sincera adorazione verso tutta quella raffinatezza.
 
“Ho chiesto espressamente queste cose, prima di venir via l’anno scorso” rivelai tranquillo, mentre il dolore si attenuava sempre di più e il respiro finalmente tornò regolare. Non mi ero accorto di star affannando lungo la strada. Al contrario il Serpeverde al mio fianco se ne accorse, nonostante non disse nulla a riguardo concedendomi appena il lusso di uno sbuffo. Lo ringraziai mentalmente sentendomi davvero grato per quella benevolenza da parte sua.
 
“Hai decisamente attirato l’attenzione, non potevi aspettare almeno l’inizio delle lezioni?” mi schernì mentre le sue dita passarono capricciose oltre il tessuto che mi copriva la pancia, accarezzandomi con lentezza e gentilezza in contrasto con quella voce scocciata.
 
“Ne avrei fatto volentieri a meno, non ho bisogno di queste scenette per avere i miei momenti di protagonismo, lo sai” strascicai con stanchezza ricordando le iridi vispe del Preside che sicuramente avrebbe mandato Severus nella mia camera, per farmi chiamare. L’importante comunque era non avere Potter tra i piedi, era particolarmente difficile restare vigile in sua presenza dato che non ero stato io quello colpito dall’obliviate.
 
“Non ne avevamo dubbi, tesoro” mi rimbeccò Pansy, dilettata al ricordo degli ultimi avvenimenti e ricordando a me quanto ancora dovessi delle spiegazioni ad entrambi i miei cari amici, che si dimostrarono veri e propri bastardi quando risero della mia ennesima sventura a Hogwarts.
 
“Inizio a pensare che questa scuola ce l’abbia con me” incalzai, lamentoso, cercando di sviare al più lungo possibile il discorso, ma sapendo che presto la foce di esso sarebbe stata posta come la miglior domanda del secolo. Nonostante ciò rimasi con quella maschera di esasperazione che fece brillare d’allegria le pupille dei miei compagni di casa.
 
“O forse ti sta solo punendo per la tua infinita arroganza” sbiascicò il moretto che scrollò le spalle con disappunto finché non fissò gli occhi nei miei per cercare risposte tacite di cui aveva un bisogno disperato. Sospirai, riconoscendo lo stesso sguardo negli occhi della ragazza e mi misi composto, ignorando i loro visi dove espressioni interessate erano presenti.
 
“Non potrei davvero biasimarla” dissi atono, catturando totalmente la loro attenzione e presi un profondo respiro mentre rivissi nella testa tutto quel che avevo vissuto negli ultimi mesi e con calma, strana naturalezza e un tono paziente incominciai a snocciolare tutti i preziosi dettagli di quel funesto racconto freddo, passato.
 
****
 
Lo scrociare del vento si sentì oltre le mura e l’acqua si abbatté sul vetro della mia stanza, quando molto tempo dopo terminai di spiegare le mie ragioni e fui immensamente soddisfatto di notare le loro labbra serrate. Stavano elaborando le nuove conoscenze e le varie possibilità che ora potevano prendere, avvantaggiandosi rispetto a tutti gli altri. Li potevo comprendere, tutto questo metteva a me a rischio più di quanto non volessi accettare e non gli avrei mai chiesto supporto se non ne avessi sentito disperatamente bisogno, anche se ovviamente tra le righe avevo lasciato loro detto che ora potevano, o meno, decidere di unirsi insieme a me in questo percorso insidioso.
 
“Che casino” irruppe Blaise, liberando la tensione accumulata e non potei che confermare tale parole con un sicuro cenno del capo, Pansy si limitò a sospirare con estrema gravosità.
 
“Ci stai mettendo in una posizione scomoda, soprattutto per noi e per ciò che siamo. Non tutti siamo disposti a fare ciò che tu hai intenzione e se lo verranno a scoprirei sarai come minimo diseredato da tuo padre, Cruciato da tua zia e ucciso da Tu-sai-chi. Senza mettere in conto tua madre e Greyback” esordì la piccola donna, tutto d’un fiato e restando priva d’ossigeno cercò di immagazzinare al meglio tutti quei contrastanti sentimenti che riconobbi nelle sue iridi oceano.
“Come se questo non bastasse hai anche fatto dimenticare tutto alla sola persona che ci avrebbe aiutato a uscirne una volta finito tutto, ma non ti bastava questo, no, a quanto pare tutti hanno scordato tutto ciò che è successo e non capisco ancora come tu abbia fatto nonostante questa tua nuova magia sorta all’improvviso” finì paonazza in volto e affranta, abbattuta sulla poltrona. Ringraziai mentalmente che fosse comoda.
 
“Non lo so nemmeno io questo, lo ammetto. Ora voi ne sapete quanto me” affermai con riluttanza, stringendo il pugno quando confessai questa mancanza piuttosto importante e che mi sarebbe servita sapere per poter controllarmi meglio.
 
“Sono comunque con te, Draco.” Alzai lo sguardo, senza parole, inchiodando la serpe corvina e quando notai l’onestà più pura nelle sue pozze nere mi fiondai sulla sua bocca per baciarlo con celata felicità dopo la paura di essere abbandonato una volta svelato tutto. Sorrise e ricambiò finché non mi privò del calore di quelle labbra da cui mi staccai più allegro di prima.
“Ti ho già lasciato da solo ad affrontare troppe cose e guarda che hai combinato” mi schernii senza troppo entusiasmo, mascherando il senso di colpa che gli attanagliava la gola in una morsa di sofferenza letale.
 
“Di certo anche con te non sarebbe stato meglio” ironizzò l’adolescente che con aria impettita mi fissò dolcemente.
“Puoi contare anche su di me, già immagino i danni se vi lasciassi da soli” continuò e mi allungai per stringerle le mani in segno di contentezza per questa sua decisione che mi portò pace nel cuore.
 
“Il Cappello ti ha puntato un faro addosso, dovrai fare più attenzione di prima adesso” mi avvisò il ragazzo. “Specialmente a Harry che ti tiene già d’occhio, inoltre è convinto tu abbia il Marchio” si fermò occhieggiando il mio avambraccio. “E non mancherà di provocarti ancora, vorrei evitare che ci rimanessi male ogni volta che avrete un confronto e quindi opterei per ignorarlo, ma non sarebbe da te. La crudeltà è l’unica arma a tuo vantaggio ora, cerca di conviverci al meglio” finì colloquiale, bevendo dal bicchiere dinnanzi a lui.
“Dannato Godric, già l’anno scorso ti avrei preso a parole per come quel ragazzo ti ha influenzato persino sui babbani.” Ridacchiai, insieme alla ragazza, nonostante un brivido freddo mi trapassò la schiena quando ricordai perché ora come ora pensavo ancora certe cose su di loro. Ma scossi la nuca e cercai di sembrare indifferente alla cosa inscenando invece una recita melodrammatica.
 
“Silente vorrà sapere la causa scatenante e insieme a lui ci sarà anche Potter già lo so. Dovremo tutti usare l’occulmanzia per evitare spiacevoli sorprese e dovremmo recitare in maniera impeccabile la parte dei giovani confusi” avvertii cosciente che già lo sapessero e non potei che inveire contro il vecchio al pensiero di quanto tenesse al suo Golden Boy. Gli altri due immaginarono la stessa cosa perché inorridirono contrariati.
“Neanche un giorno e già mi ritrovo al centro della scena” sibilai irritato, quando le parole del Cappello si fecero spazio in me e incrociai le braccia al petto risentito.
 
“Sei un Malfoy, cosa ti aspettavi?” mi prese in giro Blaise guadagnandosi uno schiaffo sulla coscia che lo divertì innocentemente, mentre invece Pansy sembrò preoccupata e immaginai il perché.
 
“Ho già una scappatoia in mente, non dovremo mentire, solo mezze verità” la rassicurai e intercettai entrambi gli sguardi furbi che si crearono come ghigni sulle loro facce mentre mi alzai, per inginocchiarmi davanti al camino e chiamare l’unico che avrebbe saputo come aiutarmi in questo mare di situazioni l’una sovrapposta all’altra. Il solo che per ora poteva realmente aiutarmi date le mie ricerche, dovevo solo riuscire a convincerlo prima che il Preside, o il professor Piton, piombassero nella mia camera.
 
°°°° 1996 – un anno prima °°°°
 
Il risveglio successivo non fu come quello avvenuto quella mattina, per il giovane Sopravvissuto.
Poteva ancora sentire lo strisciare del serpente sul pavimento gelido, in contrasto alle squame. La porta che celava qualcosa di estremamente importante e quella voce profonda, ripiena di cattiveria e pazzia. La cicatrice pulsava continuamente sulla fronte e poteva sentire chiaramente quanto stesse diventando sempre più calda, ci poggiò i polpastrelli sopra e li premette con forza contro di essi finché tutto quel calore concentrato in quel punto non smise di lanciare tuoni nella sua testa che sentiva spaccata in due. Lo stomaco chiuso e il cuore sempre più veloce nel petto non lo aiutarono a tranquillizzarsi finché molti minuti dopo riuscì a calmarsi col tenue bagliore del sorgere del sole.
Quando Ron si svegliò poté subito notare Harry seduto, immobile, contro il materasso e non chiese semplicemente perché quelle giade sembravano ancora stordite. Il Goldey boy lo ringraziò con un piccolo sorriso rassicurante, mettendosi poi in piedi con sicurezza instabile. Si vestì adeguatamente per quell’udienza, occhieggiò la foto di sua madre e suo padre dandogli un bacio veloce, ma sentito nel profondo, scendendo poi lungo le scale e incontrando così Hermione. Insieme il trio andò a fare colazione, venendo investito dagli abbracci e baci che augurarono una buona giornata. Nessuno parlò del Ministero dato che era palese che avrebbe cercato di camuffare il ritorno di Voldemort, inscenando scuse pietose che il Grifondoro avrebbe dovuto smascherare con audacia.
 
“Fai molta attenzione, mi raccomando” sussurrò Sirius al suo orecchio mentre lo strinse a sé e accarezzò con tocco delicato i suoi capelli. “Tu-sai-chi non è interessato a loro per il momento, è alla ricerca di una cosa che prima non aveva ed è per questo che ti ha fatto attaccare senza preoccupazione, quindi non prendere niente sotto gamba. Tutti potrebbero essere suoi seguaci, traditori” lo avvisò, creando altri mille dubbi in lui. Guardò lo zio per chiedere maggiori informazioni, ma Arthur lo spronò ad andare per giungere in orario e non creare altri motivi di lamentele. Di certo non volevano dare altre ragioni per dargli contro.
Si fecero quindi strada tra le vie grigie di Londra dove il cielo sarebbe potuto scoppiare in lacrime da un momento all’altro, la pioggia avrebbe rinfrescato tutto, ma lui si sentiva già abbastanza freddo dentro. Così spero che non accadesse mentre seguì il padre dei Wesley con frenesia, camminando rapido e incerto tra i passati frettolosi.
 
****
 
La cabina rossa, un passaggio per il Ministero, sembrò totalmente normale quando la vide per la prima volta, ma quando entrarono e li condusse dove Harry avrebbe fatto volentieri a meno capì che era solo l’ennesimo accesso strategico, per i visitatori aveva detto Arthur. Non rimase stupito quando riconobbe Kingsley e un altro uomo appartenenti all'Ordine, camminarono dietro di loro, tra le varie dimore l’una uguale all’altra e sembrò una piazza quella in cui sopraggiunsero prima di prendere un ascensore che li divise mano a mano uno per volta. Non si sentiva pronto a spiegare un’altra volta tutti quei fatti accaduti fin troppo velocemente, ma sapeva che presto gli avrebbero fatto domande studiate, trabocchetti stupidi con cui metterlo con le spalle al muro e cercò di rimanere disinteressato alla questione nonostante il Signor Wesley lo incoraggiò ancora, lasciandolo davanti all’ingresso del tribunale dove si sarebbe svolto il tutto.
Entrò, per nulla certo e si accomodò sulla sedia difronte ai vari spettatori.
 
****
 
Non fu mai più grato quando Silente irruppe nella stanza con la sua aria potente, infastidita e composta nonostante la fatica che accompagnò quei movimenti veloci. Le lievi accuse velate e la colpevolezza celata del Ministero furono un amaro pugno da digerire per il Sopravvissuto che dovette rimangiarsi un insulto che sarebbe stato chiaro a tutti.
“Non c’è motivo per cui i Dissennatori si trovassero in quel quartiere, il ragazzo sta mentendo” osservò Caramell e Albus lo guardò con finto stupore, raccogliendo quell’educazione.
 
“Infatti crediamo che qualcuno gli abbia ordinato di allontanarsi da Azkaban” rispose senza osare troppo e il Grifondoro dovette trattenere l’ennesima imprecazione fiorita naturalmente dentro di lui. Ovviamente quel pazzo gli aveva mandato quei mostri oscuri, lo voleva più di quanto volesse mettere fine alla pace del mondo. Un risata stridula interruppe le due voci dei signori.
 
“Mi scusi, mi è parso per un secondo che stesse incolpando il ministero per questo” protestò una signora dai capelli scuri e la tenuta rosa confetto, sicuramente pregiata e già da quel viso adulto, il rossetto e la pettinatura eccentrica Harry capì non sarebbe stata d’aiuto. Umbrige, intuì che si chiamasse.
 
“ Non mi permetterei mai, non voi li avete mandati” incalzò il Preside facendo impallidire i presenti quando capirono a chi si stesse riferendo e Caramell divenne paonazzo al solo pensiero che quel nome echeggiasse nella sua sala.
 
“Non ci sono nemmeno testimoni” lo fermò con irritazione e uno sguardo spaventato. Potter ringhiò in risposta, sommessamente.
 
“In realtà ci sarebbe una persona, la prego di venire qui Arabella Figg” chiamò, il Preside, la sua vicina di casa e gli fece strabuzzare gli occhi quando la piccola donna venne in suo aiuto. Capì che era una Maganò solo in quel momento e deglutì esasperato annotandosi di quante cose non sapesse con riluttanza. Altro che per il suo bene, Salazar maledetto.
 
****
 
“Mi può dire cosa ha visto?” La piccola donnina si strinse nelle spalle, seduta dove prima c’era lui e si guardò intorno intimorita, ricevendo tutto l’appoggio morale di Harry che poté comprendere quanto fosse scombussolata da quella serie di eventi.
 
“Uno era grassoccio, l’altro piuttosto magro” incominciò creando nel Grifone un contrasto tra risate divertite e isteriche per quella mancanza di sagacia, che le costò però un richiamo e dopo qualche secondo finalmente descrisse i Dissennatori, l’attacco e la destrezza con cui aveva salvato la vita a se stesso e al cugino. Venne così scagionato, guadagnandosi occhiatacce da chi non lo giustificò e altre confuse da chi invece optò per la sua liberazione da tutte le accuse. Espirò grato che tutto fosse finito e intercettò Albus uscire a grandi falcate dalla sala.
Gli corse immediatamente incontro per chiedergli di più, alcune spiegazioni, ma non lo degnò di un’occhiata scomparendo con velocità inusuale tra la folla di persone. Arthur invece si congratulò, trovandolo nella piazza e circondandogli le spalle lo portò via da lì. Non sapeva davvero perché lo stesse evitando in quel modo, aiutandolo al contempo e questo causava una leggera rabbia che gli annebbiava la vista, in qualche modo si sentiva tremendamente solo rispetto a chi lo circondava.
 
****
 
Al suo ritorno ci fu una festa accompagnata per tutto il tempo da risate e felicità, dopo il timore che non potesse tornare a scuola e ciò allievò la sua inquietudine verso il resto della compagnia. La sua curiosità però lo portò nella stanza dell’albero genealogico della famiglia Black e quando suo zio lo intercettò lo avvolse tra le braccia per rassicurarlo con un senso di devozione che lasciò il moretto sorpreso, nonostante tutto. Sentiva davvero di appartenere a una vera famiglia ora, non era importante fossero solo in due o come si sentisse, Sirius c’era ed era vivo al suo fianco, questo lo rendeva contento più di tante parole superflue.
 
****
 
Tutte le raccomandazioni di Felpato, che lo aveva accompagnato fino alla stazione di King’s Cross, non erano state dimenticate da Harry che ora si apprestava a salire sull’Espresso diretto ad Hogwarts. Gli sguardi degli alunni tuttavia non erano rassicuranti, ma li ignorò facilmente dopo tutta la repressa furia dovuta tenere nascosta a chiunque, persino a Ron e Hermione che andarono a prendere i posti nel loro vagone di sempre. Il moretto si guardò indietro prima di salire i piccoli scalini, scorgendo la figura snella, ma muscolosa, di Malfoy circondato da Blaise –ragazzo popolare sia tra femmine che tra maschi, dalla reputazione famigerata per via della madre sicuramente complice di quel folle- e la Parkinson –passata compagna dello stesso furetto se non ricordava male, con una potente e ricca famiglia alle spalle.- Gli lanciò un’occhiata ricordando il sogno della notte prima e si chiese perché lo avesse fatto, nel suo inconscio forse si sentiva in colpa per quell’atto sfrontato del primo anno? Beh, non era colpa sua visto che proprio il biondo lo aveva spinto ad allontanarsi creando antipatia, i suoi ideali non avevano nessuna dignità ed era sicuro che presto li avrebbe mostrati in tutta la loro vomitevole ripugnanza. Ricevette uno sguardo scettico in risposta, quando la Serpe riconobbe i suoi occhi e poté leggere una leggera confusione in quelle iridi grigie, prima che tornassero gelide e distaccate, con quella sua aria altezzosa entrò nel treno, seguito dagli altri due.
Digrignò i denti, sbuffando quando lo imitò raggiungendo i Grifondoro già seduti comodamente. Si mise nel suo angolino, già stanco per la giornata appena iniziata e con lentezza chiuse le palpebre, per prendersi alcuni minuti di totale riposo da tutto e tutti. La Magia vagò libera nel suo corpo già dormiente.
 
****
Harry pov.
La Sala Grande immersa nel silenzio era uno spettacolo che mai avrei creduto possibile, il tramonto oltre l’orizzonte che con i suoi raggi ormai lontani illuminava il tavolo dei professori era sempre più distante e potevo sentire l’ombra scura della solitudine avvolgermi in un abbraccio gelato, che non volevo. I pavimenti non erano caldi, la pietra fresca e i tavoli immobili erano così vuoti privati degli studenti delle diverse case, di cui gli stendardi ancora scendevano dal soffitto alto. Sbuffai sentendomi fuori luogo, nonostante fossi a casa e mi sentii un bambino lamentoso, ero ad Hogwarts, ma non mi andava ancora bene.
 
“Hai intenzione di restare lì impalato ancora per molto?” Mi voltai di scatto quando Malfoy entrò nel mio capo visivo, stretto in una canottiera nera di buon tessuto e dei pantaloni stretti, che gli fasciavano le gambe in maniera sublime. Le braccia lasciate libere mostrarono tutta la carnagione lattea, del petto scoperto e delle spalle che erano rigide. Sollevò un sopracciglio confuso mentre gli si avvicinò con attenzione.
“Li ho trovati in camera mia, erano l’unica cosa presente e non volevo metterti in imbarazzo presentandomi nudo qui, nonostante trovo davvero squallidi questi completi babbani” spiegò mentre contrariato si scosse la canotta che creò languide onde sul suo corpo magro e pallido. Sgranai gli occhi guardando verso il basso e liberai un sospiro di sollievo quando riconobbi dei jeans, strappati sulle ginocchia e una maglia bianca, pulita.
“Ieri eri maggiormente presentabile, senza quella t-shirt orrenda” disse il biondo, facendomi alzare meccanicamente il mento e lo fissai senza parole ancora una volta. Che diavolo stava accadendo? Niente simboli delle fazioni diverse addosso, niente rumori o persone nei paraggi, solo noi due e dei vestiti che mai avrei immaginato di vedergli addosso.
“Sfregiato, smettila di essere così idiota” mi riprese alzando gli occhi al cielo scocciato e non fece in tempo a ritirarsi che mi allungai per catturargli il polso in una stretta morsa. Mi diede uno sguardo appena irritato e lo lasciai istantaneamente, scioccato dal mio stesso gesto. Nascosi quindi la mia espressione spaventata sotto i capelli mori e attesi l’ennesimo insulto da parte sua, che però non arrivò mai.
“Non vuoi restare da solo?” chiese, con tono basso e appena accennato, calcolando probabilmente cosa e come dirlo. Osai quindi sollevare la nuca per studiarlo da sotto le ciglia che sbattei più volte.
“Neanche io” sussurrò con voce quasi sofferente, lasciando cadere la maschera quando guardò a terra con aria affranta e capii che non volesse ammettere quanto avesse paura di rimanere solo lui. Forse non era minimamente paragonabile al mio terrore, però.
 
“Credo, penso sia una delle mie fobie” affermai insicuro, incerto se fidarmi o meno di quel ragazzo che per la prima volta si stava mostrando il sedicenne che era, senza quella ferrea educazione a sorvegliare le sue mosse o le sue decisioni.
 
“Tu hai la Mezzosangue e il Traditore del sangue con te, è semplicemente impossibile che tu rimanga da solo” rispose lui, cogliendo il tono superficiale che usai pensando di poterlo superare e ciò provocò uno scrollamento di braccia da parte mia.
 
“Tu hai la tua famiglia e tutti quei leccapiedi” sospirai preparandomi all’ennesimo litigio col giovanotto, che probabilmente nemmeno avrei dovuto ascoltare visti i suoi precedenti, anche se infondo era lo stesso che per una seconda volta mi aveva offerto la mano in segno di pace o di amicizia, forse lo stavo valutando male in questo luogo dove era libero da tutte quelle assurde costrizioni.
 
“Tu credi sia così, non vuol dire che lo sia veramente” iniziò saccente, piegando le braccia che incrociò sul petto e mentre assunse un’espressione oltraggiata, captai la sua riluttanza e il dolore celato dietro quelle iridi argentee, sciolte da ricordi ancora soffocati sotto quelle nere pupille sapute.
 
“Non lo è?” domandai quindi, per scuoterlo e riportarlo alla realtà, quasi sfidandolo a mostrarsi ancora un po’, solo un pochino di più di quanto già non stesse facendo e lo comprese, sfoderando un mezzo sorriso finto in cui riversò tutta la sua tristezza. Si andò quindi a sedere al suo tavolo e quando presi posto al suo fianco si morse il labbro inferiore combattuto come me del resto.
 
“Non lo è quando torno al Manor” bisbigliò infine, ignorando deliberatamente i miei occhi curiosi, ora spalancati dall’incredulità.
“Il fatto che ci siano elfi domestici o i miei genitori nella villa non include anche il fatto che stiano con me, anzi, sono sempre chiuso in camera o in giardino senza alcuna presenza vicino. Solo io e i miei libri di studio, la mia bacchetta e quando mio padre viene a passare del tempo con me è solo per addestrarmi, quando sarà il momento di-“ si bloccò, mordendo quella frase che però il mio essere captò ancora sulla punta della sua lingua. Per quando avrebbe dovuto incontrare Voldemort diventando un mangiamorte.
“-di crescere e affrontare il futuro.” Quindi me. Lo stava dicendo apertamente tra le righe e potevo apprenderlo con ogni parte di me, non avevo pensato però che potesse farmi male in quel momento e così rimasi qualche secondo in silenzio, non sapendo come riprendermi da quella rivelazione che mai avrei pensato prima.
 
“Si aspettano tutti qualcosa da te, le persone al tuo fianco, vero?” constatai, senza energie per poter esprimermi meglio, sentendo solo fitte continuo nello stomaco ormai chiuso da tutte quelle confessioni.
 
“Si, immagino che conosci la sensazione. Solo che c’è una grande differenza tra noi” finì, non dicendola a voce alta, nonostante la potei ascoltare tramite quelle pause. Io ero dalla parte buona, tutti sapevano che avrei fatto qualcosa di buono per loro e non avevo troppi problemi ad accettarlo, ma lui, lui forse stava facendo qualcosa che non voleva e che non avrebbe portato a niente se non malvagità assoluta. Magari se ne rendeva conto a dispetto di quello che credevo.
 
“Potresti decidere te cosa fare col tuo futuro” azzardai, ricevendo lingue di rabbia direttamente nel petto quando mi fissò rammaricato.
 
“No e comunque so che ciò che devo fare è giusto, va fatto” esordì, in questo momento capii quanto non potessi affatto compatirlo, anzi, lo biasimavo alquanto per quanto stava dicendo con tanta facilità, ammettendo fosse giusto causare tanta morte.
 
“Neanche sai di cosa parli” sputai irato, stringendo i pugni che probabilmente a breve avrebbero colpito il suo volto tanto superiore quando mi inchiodò.
 
“Lo so meglio di te, dato che l’ho vissuto in prima persona, ma per te è impossibile anche solo pensare a tale possibilità. Le persone non sempre possono scegliere come arrivare a conclusioni e se potessi evitare di fare certi pensieri sui quei dannatissimi babbani lo farei, ma li trovo altamente ripugnati e noi Sangue Puro meritiamo di meglio che condividere il nostro spazio con certa feccia” commentò disgustato e scattai, afferrandolo per il collo e sbattendolo sopra la pieta, bloccandolo tra essa e il mio stesso corpo ormai stracolmo di furia.
 
“Loro sarebbero feccia? Non sono loro che si divertono a uccidere e torturare innocenti, Draco” sibilai quasi trasformando l’inglese in serpentese, del tutto incontenibile davanti a quella ripugnanza che potevo ancora incassare tramite quelle iridi socchiuse con collera.
 
“Non dire il mio nome come se fosse un insulto e non osare difenderli proprio con me, tu stupido Sopravvissuto che non sei altro” mormorò celando la sua rabbia dietro sfrontatezza completamente inadeguata al momento e la Magia zampillò sulle mie mani, incontrollata, cercai di sopprimerla, ma notai il suo volto impallidire nonostante rimase immobile per sorbirsi quel colpo che presto sarebbe sopraggiunto invisibile.
“Lasciami andare, tu non sai niente.”
 
“So che in questo momento mi fa schifo il solo pensiero di star parlando con te, che disprezzi persone che nella vita sono condannate senza nessuna colpa se non quella di nascere senza magia” soffiai contro il suo volto quando mi avvicinai per sfidarlo ancora una volta a ripetere quelle maledette e stole parole piene di pregiudizi stomachevoli, che mi fecero venire presto la nausea.
 
“Nessuna colpa se non quella di aver agito nella stessa maniera di Tu-sai-chi in passato e con me per primo” bisbigliò nascondendo la faccia sotto la frangia platino. Boccheggiai incredulo e lasciai andare subito la sua canottiera, issandomi sulle ginocchia per allontanarmi da lui, scottato da quella frase.
“Hai ragione, Harry, possiamo decidere cosa fare col tempo che ci rimane e io ho deciso di perseguire la giustizia, per me e per chi ha subito certe cose come me.” Si appoggiò sui gomiti e potei vedere chiaramente le lacrime trattenuta  in quelle pupille scure, che scomparvero quando chiuse le palpebre evitando quindi di lasciarle cadere. Non seppi perché e non cercai nemmeno la risposta, ma presto chiusi la mano intorno alla sua e la poggiai sul mio petto, catturando il suo sguardo sorpreso, offuscato da quel pianto interiore.
 
“La vendetta ti perseguiterà più di quanto farai te con loro” esclamai con rinnovata certezza, senza fermare quel contatto visivo che divenne quasi dolce, tra noi.
 
****
 
Scattò seduto, guardandosi intorno con affanno e subito i suoi amici si preoccuparono di chiedergli cosa esattamente non andasse, ma il moro rimase in silenzio cercando di evitare di farli incuriosire ulteriormente. In qualche modo quei sogni erano più privati delle visioni che aveva su Tom, non voleva condividerli con terzi per quanto ancora non credeva possibile che Malfoy fosse così, che senza quella sua arroganza e altezzosità potesse perseguire una ragione plausibile nel suo cuore. Non ci aveva mai pensato, a dire il vero, aveva solo deciso che quelle Serpi erano schifosamente sottomesse a un folle, credendo davvero a quest’ultimo. Il Principe dei Serpeverde poi non gli aveva mai dato prova di grande intelligenza, nonostante dovesse ammettere che vederlo andare bene in Pozioni fosse stata per lui una sorpresa, dato che lui per prima non aveva idea di dove iniziare. Effettivamente il biondino aveva ottimi voti a scuola, forse per evitare di essere punito dal padre.
Inorridì pensandoci e si alzò per recuperare una cioccorana dalla bancherella girovagante, chiacchierando con Ron a proposito del Quidditch, aveva tutta la voglia del mondo di tornare su quella scopa per abbattere i suoi avversari e conquistare la coppa, nonostante preferisse pensare all’adrenalina della ricerca del boccino. Sorrise mentre si risedette al suo posto, ridendo con gli altri due.
 
°°°° 1997 – presente °°°°
 
Draco pov.
Sobbalzai fintamente sorpreso quando Piton entrò velocemente e bruscamente in camera mia, con sguardo scettico, infastidito. Brividi mi passarono lungo la schiena e li repressi mentre mi misi composto, imitato dai miei amici che rimasero immobili davanti al Capo della nostra casata.
“Scena pietose e mancante di grazia per un Malfoy, tuo padre non sarà felice” iniziò, facendomi soffocare la voglia di sbuffare irritato dalla frase. Mio papà avrebbe solo dovuto ringraziarmi una volta terminato tutto e non era colpa mia se quel dannato Cappello aveva deciso di svegliarsi.
“Un suggerimento interessante, comunque” continuò mentre esplorò il mio volto per cercare risposte che evitai accuratamente di lasciare che gli arrivassero, mentre mi voltai verso Blaise che, sfacciato, poggiò la testa sulle mani dietro la nuca, comodo al suo posto.
“Sempre elegante, noto, Zabini.” Quest’ultimo sorrise all’indirizzo del professore e si mostrò in tutta la sua superficialità, scrollando le spalle con un gesto aggraziato del corpo snello. Un leggero ghigno si impadronì della sua espressione e sospirò stancamente. Ci voleva davvero una grande sicurezza per sfidare Severus in quel modo e alla serpe non mancava, dato il suo vissuto con la madre. Aveva imparato tempo prima a sopravvivere distinguendo i momenti dove poteva mostrarsi forte e quelli dove era meglio usare la furbizia per cavarsela.
“Ragazzini” sussurrò Piton quasi con disgusto, mentre mi fece cenno di seguirlo quando alzò semplicemente un dito, rifiutandosi di sprecare ulteriore fiato.
 
“Ufficio di Silente?” chiesi saputo, costringendomi a non apparire troppo privo di stupore. Cosa che annotò quando mi studiò in pochi secondi, prima di darmi le spalle e camminare oltre la sala della casa e i sotterranei cupi.
 
“Ovviamente” strascicò in risposta, mentre le vesti svolazzarono a seguito di quel passo felpato.
 
“Potter?” continuai, abbattuto quando annuì riluttante e dovetti mordermi la lingua per non imprecare a voce alta mentre salimmo le scale attirando alcuni sguardi dei quadri. Pansy agitò nervosamente la mano, allontanando da noi quei bisbigli al nostro passaggio e le feci un piccolo cenno di approvazione.
 
“Fa attenzione a quello che dirai, Draco” mi avvisò Severus dicendo immediatamente la parola d’ordine che ci permise di entrare. Raccolsi quel consiglio con maestrale impassibilità e mi accomodai sul divano quando notai la Nata Babbana insieme al Traditore e il Sopravvissuto già in piedi davanti alla scrivania del Preside palesemente curioso e dubbioso per via dei fatti recentemente accaduti.
 
****
 
Sbuffai l’ennesima volta risentito quando Wesley inclinò incredulo il capo e Harry mi attaccò con furia malcelata.
“Mente” decise facendomi chiudere il pugno con indignazione.
 
“Se stessi mentendo tu non lo sapresti, Sfregiato” lo apostrofai, mordendomi la lingua al nomignolo stupido. Adoravo baciare quella cicatrice, nonostante fosse prova del suo dolore.
 
“Il fatto che hai un’alta opinione di te stesso non include che il resto di noi pensi lo stesso, Furetto” rispose furente, mentre socchiuse pericolosamente le palpebre e il soprannome mi fece agitare il piede, poggiato sul ginocchio, posai il braccio lungo il bracciolo del divano e alzai gli occhi al cielo assumendo un tono gelido, crudele.
 
“Non che mi interessi cosa ignobili pensino di me, ma tu stesso hai dato prova di non saper neanche captare una menzogna l’anno scorso. Non costringermi a rammentarti le conseguenze di questa tua grande mancanza, però puoi star tranquillo che le ricordiamo tutti.” Mi sentii tremendamente sporco fin nelle viscere rimembrano ancora una volta la morte di Sirius e quando il Golden boy nascose il viso per celare le lacrime che accompagnarono il ricordo dovetti sostenere il peso di due cuori frantumati all’unisono, che questa guerra aveva destinato al peggio.
 
“Sei solo un vigliacco pezzo di m-“
 
“Ron!” Il rosso si voltò verso la Grenger, quando lo bloccò mandandomi un’occhiata truce, piena di disprezzo che condivisi come una maschera di scherno davanti alle pupille.
“Non merita neanche una risposta, dopo questa ennesima prova di insensibilità senza dignità.” Strinsi tra loro le labbra fingendo indifferenza e ruotai gli occhi fino a incontrare quelli di Blaise, che divertito continuò a studiare la ragazza dinnanzi a lui, quasi sdraiato sul divano.
 
“Pensavo che avessero trovato insulti più efficaci, ma a quanto pare gli piacciono i cliché discutibili” mi disse, concedendomi un drammatico gesto di portare la mano sul cuore, quasi veramente ferito mentre il suo diletto si riversò nel sorrisetto sghembo che delineò la sua bocca sottile e carnosa, chiara. Velocemente tornai a guardare il Grifone che mi interessava e recepii quello sguardo di fuoco lungo tutto il torace quando ci lessi dentro puro odio profondo.
 
“Quindi non ne sapete davvero nulla?” domandò proprio lui, elaborando l’esasperazione di Pansy che si alzò dalla poltrona per posare le mani sui fianchi, in chiaro segno di stanchezza per quella situazione.
 
“Così si che sei sexy” la derise Zabini, realmente interessato a quella recita e dovette trattenere una risata fresca, posando elegantemente le dita sulle labbra serrate. Le iridi oscure erano un chiaro avvertimento di finirla qui data la pigrizia con cui si opponevano alla nostra sincerità.
 
“No, non sappiamo perché quel Cappello abbia messo in scena una pietosa figura come quella e no, non ci interessa scoprirlo dato che neanche ci interessano le sue parole prive di significato. Certi misteri preferiamo lasciarli ai Corvonero, noi abbiamo di meglio da fare che dare retta a quello, inoltre le cose dette erano piuttosto ovvie e non avevo realmente bisogno di sentirle. Oltretutto private, quindi non vedo perché dovete interessarmi a fatti che riguardano solo il sottoscritto senza prestare invece attenzione a una cosa di cui avete perso il controllo” affermai con fermezza, alzando in mento con altezzosità e dovetti congratularmi con me stesso per l’onestà trasparita da ogni lettera pronunciata. Comunque a quanto pareva non bastò dato che Silente si sovrappose tra me e il suo amato Grifone. Serrai la mascella teso e attesi che parlasse.
 
“Dubito che non vorrai saperne di più, elevare te stesso ti riesce sempre” sussurrò Harry, prima di darmi le spalle e mi morsi con fastidio l’interno guancia.
 
“Disse quello che vive della sua fama” sibilai infine, prima di venir afferrato saldamente da Piton su una spalla. Il Preside mi stava fissando con evidente rammarico.
 
“Quello che è accaduto oggi è molto pericoloso, Signorino Malfoy. Non si tratta di cosa ha detto il Cappello, ma di come è successo che abbia preso fuoco e questo, caro ragazzo, è accaduto solo dopo il tuo tocco” spiegò, con tono strettamente glaciale e professionale. Maledettissimo Godric e la sua dannatissima casata. Proprio a questo punto dovevamo arrivare? Cercai di muovermi a disagio, nonostante fosse difficile ora che tutti mi stavano inchiodando al divano. Abbassai il capo prendendomi le mani tra loro e sospirai con modesta bravura.
 
“Non so cosa sia successo, ma ho già informato chi di dovere di tale cosa e mi è stato inviato un Auror con cui potrò trovare risposte per la mia incolumità” snocciolai con timbro rigido, mentre incrociai le gambe e pensai che fosse una mezza menzogna, dato che di certo non avevo assolutamente detto nulla ai miei genitori. E come avrei potuto? Mia madre era circondata da Mangiamorte e mio padre carcerato per il momento. Rabbrividii al pensiero.
 
“Nonostante questo preferisco essere informato prima che certe notizie escano dalla mia scuola, Malfoy” mi riprese Albus, guadagnandosi un silenzio assordante come risposta a tale sciocchezza. Evitai comunque di mostrare il mio dissenso per quella stupida esclamazione. Il suo amorevole trio sembrò riflettere sulla cosa e la Mezzosangue si fece avanti cauta.
 
“Siamo in un periodo delicato, siamo davvero sicuri sia saggio permettere l’accesso a qualcuno che neanche conosciamo? Potrebbe essere più dannoso e inoltre abbiamo gli insegnanti che possono occuparsi del problema del viziato, si può benissimo arrangiare per una volta” osservò con intelligenza, facendomi scattare in piedi e rapidamente la fronteggiai.
 
“Ti assicuro che il Preside lo conosce bene e credo sia più dannoso il tuo continuo essere così  saccente che la mia sicurezza, Piattola” sibilai frustrato da quelle accuse. Stavo rischiando tutto per loro, un minimo di protezione la desideravo visto che non avevo risposte e si trattava della mia Magia nonostante ne sapessi più di loro, che ancora ignoravano quanto fosse importante questa questione.
Potter mi spinse non appena si avvicinò e Ron tirò fuori la bacchetta, spaventato dopo aver sentito la gelata, eppure intrigante, voce che avevo usato senza rendermene conto. Quegli smeraldi erano fusi alle mie iridi e lo ignorai, rimanendo inebetito quando il profumo del Grifone mi attraversò l’interno corpo dopo tanto tempo, concentrando il suo calore su un punto parecchio intimo. Mi mancava troppo ed era straziante averlo vicino e non poterlo toccare, non poterci conversare come sempre. La sua assenza aveva preso la forma della mia intera figura, impedendomi di riconoscere il mio stesso cuore ormai troppo appesantito. Avevo bisogno di lui e della sua essenza per tornare ad amarmi, dopo tutta quella sporcizia che stava uscendo dalla mia bocca. Dopo tutta la sofferenza che stavo causando in lui. Necessitavo lui.
 
Salvami da ciò e chi sono Harry, ti prego.
 
“Allontanati da lei” mi suggerì, arrabbiato e subito feci qualche passo indietro non volendo star a contatto con nessuno dei due, finché la presa calda di Blaise sul polso non mi diede un minimo di conforto in tutta quella agonia che mi fece tacere.
 
“Che scena davvero deludente.”
 
Mi voltai immediatamente riconoscendo quel timbro graffiato, dall’accento russo. I capelli rasati sui lati, che sul capo ricadevano a ciuffo sulla sinistra, lunghi abbastanza da potergli coprire l’occhio sinistro ghiacciato, viola e trasparente quanto esso. L’altro, sulla destra, era invece azzurro quanto la stessa acqua invisibile alla vista. Così chiari da apparire spietati. Le sopracciglia corvine in sintonia con le ciocche e le pelle chiara, meno della mia, era scavata sulle guance mettendo in mostra la durezza dei suoi zigomi e delle labbra sottili. Il corpo massiccio e muscoloso era perfettamente delineato dalla canottiera bianca, dove il cappuccio era tirato su per coprirgli la nuca. I tatuaggi sulle dita, sulle mani, sulle braccia, sulle spalle e sul collo erano lasciati scoperti perché probabilmente sentiva caldo, dato che era abituato al clima freddo della Russia.
 
“Aleksej Nikolaj Ryurik” lo salutai quando si scostò pigramente dalla soglia d’ingresso per venirmi accanto, poggiando quei ruvidi polpastrelli sulla mia fronte.
 
“Draco Malfoy” ricambiò incontrando lo sguardo sorpreso del Preside.
“Albus, Severus” salutò ancora prima di presentarsi ai rimanenti quattro nella stanza, finché giungendo a Zabini non divenne irritato, ignorandolo.
“Sono qui per aiutarti, spero che non stavate discutendo della mia lealtà” sogghignò, mentre Silente gli poggiò con orgoglio una mano sulla spalla, fiero di quel giovane uomo.
 
“Venticinque anni e già Auror, immagino che andare via da Hogwarts ti abbia aiutato nella tua crescita, ragazzo” si congratulò ricevendo solo un gesto di alzata di sopracciglia, annoiato, in risposta.
 
“Grazie per essere qui” mi intromisi, lasciando tutti senza parole e fu davvero divertente, dato che nessuno ancora aveva intuito quanto fosse potente la famiglia Ryurik, la più importante famiglia di maghi Purosangue della Russia. Non mi sarei mai permesso di essere sfrontato o ineducato con lui, anche perché era una delle poche persone che davvero stimavo in questo mondo.
 
“Ringraziami quando ti salverò il culo.” Scoppiai a ridere, liberando un suono delicato.
 
“Finesse.” Non era molto loquace e non aveva peli sulla lingua, abbastanza rude come persona effettivamente. L’opposto di me, eppure andavamo davvero d’accordo.
 
“Non sarà quella a salvarti quando dovrai affrontare qualcun altro” mise fine alla piccola discussione, stravolgendo davvero tutti quanti per la sua stranezza affascinante, misteriosa in qualche modo. Mi piaceva un sacco tutto questo.






Note finali:
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Eludes me. ***



Image and video hosting by TinyPic
 
"L'uomo può sopportare le disgrazie,
esse sono accidentali e vengono dal di fuori:
ma soffrire per le proprie colpe,
ecco l'aculeo della vita."
Oscar Wilde_
 
**** 1997 – presente ****
Harry pov.
Assottigliai pericolosamente le palpebre mentre studiai il nuovo giovane entrato nella stanza, che ovviamente non mi convinceva per nulla. A partire dagli occhi di diverso colore, così chiari e spietati, per finire alla sua aria piena d’orgoglio. Non capivo innanzitutto perché Albus si mostrasse tanto felice per quel ragazzo e ancora di più non comprendevo affatto la felicità palpabile di Malfoy. Decisi quindi di cercare di ignorare quel senso di fastidio che si allargò nella pancia quando captai la complicità tra i due, probabilmente tra famiglie ricche si comprendevano bene, anche se l’Auror non sembrava il solito viziato egocentrico. Nonostante avesse una postura fiera e motivata, affascinante nel mistero della sua pericolosità sottile. Non mi piaceva, in realtà, non mi convinceva per niente. Sembrava un Mangiamorte in incognito e sicuramente lo avrei tenuto d’occhio, dato che non avevo voglia di ritrovarmi in un’altra trappola di Riddle, come l’anno scorso e sapere che il biondo riuscisse sempre a lasciar sorgere quel senso di colpa profondo era devastante. Non riuscivo a tollerarlo, a sopportarlo, specialmente perché era così dannatamente calmo mentre esprimeva le sue parole con gravosità. Non capivo come potesse essere cresciuto tanto in questi ultimi mesi, era come se mancasse un passaggio per completare quel puzzle di incertezze, di dubbi che mi stavano martoriando la mente. Per quanto avessi questioni più importanti a cui pensare, sapere che il Principe dei Serpeverde stava diventando una reale minaccia mi lasciava parecchio perplesso e inebetito. Negli anni era stato una continua spina nel fianco, ma mai lo avevo preso in considerazione come realmente pericoloso e ora invece sembrava essere tanto perfido quanto suo padre, forse anche peggio. Sapeva grattare le ferite mai rimarginate, che il tempo stava cicatrizzando, ma che tornavano a sanguinare non appena apriva bocca. Non riuscivo proprio a trovare una spiegazione. Anche se ero certo che quella serpe ora avesse il Marchio nero, non mi capacitavo di come potesse apparire così tranquillo e ombroso, specialmente dopo la scenetta del Cappello che gli aveva parlato in quel modo spaventato. Inoltre il fatto che aveva preso fuoco per un semplice tocco aveva sconvolto tutti quanti, specialmente me. Non riuscivo a trovare risposte ed era fin troppo frustrante. Hermione forse lo era più di me, lei che aiutata dal suo genio le risposte le creava dal nulla. Quindi eravamo parecchio sorpresi da quel cambio di ruoli. Sicuramente stavano tramando qualcosa, il problema era scoprire cosa e quel Aleksej di certo non aiutava, dato che sembrava essere a conoscenza di alcune cose a noi nascoste. Mi stava agitando tutto questo, specialmente pensare che i miei nemici fossero passi davanti a me non stava aiutando la mia calma precaria, già arrivata al minimo il primo giorno e già persa non appena messo piede qui dentro. Era tutto troppo strano, era tutto un maledetto quesito continuo di cui loro già avevano trovato la giusta strada verso la fine del problema, lasciando me indietro insieme a Ron e ‘Mione.
Li guardai mentre Malfoy scherzò con Ryurik, allentando la pressione venutasi a creare nell’ufficio di Silente e soffocai un sibilo infastidito di cui rimasi stupito qualche secondo prima di concentrarmi invece sulle parole pronunciate dal Preside poco prima. Il Purosangue aveva usato Magia Involontaria probabilmente e questo non poteva che essere altamente rischioso per l’incolumità di tutte le persone qui dentro. Soprattutto considerata la potenza celata dietro, che era riuscita a colpire persino il Cappello Parlante. Qualcosa non quadrava, visto che quella serpe non era mai stata tanto forte, nonostante fosse molto intelligente in certe situazioni. Era cambiato e potevo constatarlo da tutto. Inoltre potevo sentire quanto i suoi insulti stessero assumendo un altro livello di crudeltà, gli anni passati lo faceva per puro diletto personale, adesso pareva che parlava solo per il gusto di ferirmi e sapeva perfettamente dove colpirmi per farmi rimanere in silenzio, accolto dal pianto che tutt’oggi non cessava a ricordo di tutta quella morte che avevo causato. Come poteva conoscere i miei punti deboli? Sapevo che tutti avevano notato la fragilità del mio cuore quando ero tornato con Diggory o quando ero rimasto devastato dopo la perdita di Sirius, ma non avrei immaginato che il Principino l’avesse colta tanto bene, magistralmente. Non era assolutamente da lui capire le persone e le loro emozioni, il loro cuore, nonostante da sempre sapeva vedere le debolezze altrui e prendersene gioco, usarle a suo piacimento. Era impossibile fosse cambiato tanto in sole poche settimane dalla fine della scuola a Giugno. Suo padre non gli copriva più le spalle perché era in prigione, ma comunque il suo nome contava moltissimo e lo sapeva, se ne vantava continuamente. Oltretutto aveva Tom al suo fianco, sicuramente, quindi era per questo che aveva iniziato a mostrarsi nel suo vero spessore? Era davvero così forte da averci ingannato tutti per mostrarsi solo alla fine nella sua totale pericolosità? No, qualcosa era assente nella mia testa e non aveva idea di cosa fosse.
 
“Potter, riesco a sentire le rotelle del tuo cervello –di cui ora concepisco l’esistenza- fino a qui. Potresti di grazia smetterla così da evitare di perdere fumo in tutti quei tuoi complessi ragionamenti inutili?” Sollevai lo sguardo puntandolo su Zabini e potei scorgere quel ghigno malevolo. Era un perfetto stronzo, a volte più del suo amico dato che lui usava l’ironia per colpire le persone e renderle inefficienti, mentre l’altro solo per cattiveria sentita con tutto se stesso.
 
“Pensavo vi piacesse essere al centro dei pensieri altrui, vedrò di cambiare opinione allora” risposi con altrettanto sarcasmo, conscio che con quell’adolescente potessi fare solo questo per zittirlo.
 
“Pensavo che non fossimo tanto importanti da essere tra i tuoi pensieri, saperlo ha fatto arrivare il mio ego al suo massimo picco” disse, lasciando comparire il suo solito sorrisetto sghembo annoiato e si accarezzò le labbra strette tra loro, mentre sembrò pensarci su.
“No, in effetti non mi è mai importato il tuo parere, il mio ego ne è rimasto indenne. Dev’essere davvero scocciante per te sapere che solo io posso scalfirlo, immagino, non che mi interessi davvero” finì come se fosse una cosa urgente da sapere e questo in qualche modo mi inviperì e divertì al tempo stesso. Indeciso sbuffai sonoramente, non sapendo davvero come poter incassare quelle parole puntate semplicemente a colpirmi. E ci era riuscito, dannato Salazar.
 
“Sei mostruosamente narcisista, lo sai?” domandò la Parkinson, mentre studiò il ventitreenne  apertamente irritato dalla serpe corvina, che voltandosi verso l’amico subì la sua occhiataccia penetrante e ciò mi diede un pizzico di sollievo. Aleksej sembrava non apprezzare molto Zabini, anzi, a quanto parlavano i suoi occhi lo disprezzava e non poco, per mia somma gioia nonostante le due piccole donne sembrassero completamente rapite dalla fisionomia del russo, ancora sulle sue.
 
“Tutte cose che sapevamo già. Possiamo andare e smetterla di perdere tempo? Preferirei subito mettermi al lavoro con Nikolaj” affermò Malfoy, stancamente e lo fissai con dispetto, sorto in pochi secondi dalla sua intromissione. Non lo riuscivo davvero a sopportare per quanto potessi provarci, era davvero troppo viziato e protagonista eccentrico per farlo. Lo odiavo terribilmente e nemmeno credevo di poter provare un simile sentimento, eppure sembrava non fosse tanto difficile da sentire con la sua presenza al mio fianco che tornò a studiarmi distaccato.
 
“Ci stiamo solo assicurando sia tutto apposto, sai vorremmo evitare i tuoi stupidi complotti quest’anno dove sembra che l’unico rimasto ancorato alla sua immaturità sia tu” sputai, riconoscendo l’ingiustizia della mia sentenza che captò in tutto il suo attacco e le sue iridi grigie saettarono nelle mie tornando a essere crudeli, fin troppo per un diciasettenne.
 
“Tutti ci portiamo dietro qualcosa, tu per esempio ancora oggi lasci che gli altri vengano feriti al tuo posto senza far nulla.” Il dolore al petto divenne presto nauseante e la voglia di picchiarlo irrefrenabile, il senso di colpa crebbe inesorabilmente e le lacrime pizzicarono velocemente le mie pupille. Il pianto lo mantenni incatenato alla mia anima mentre essa si spezzava. La sofferenza tuttavia mi tolse il respiro quando ricordai il corpo privo di vita di mio zio varcare il velo.
 
“Basta così, sei libero di andare Signorino Malfoy” tuonò Albus, dopo quell’ennesima frase strascicata per ferirmi come sapeva sarebbe accaduto, ma ero già stanco di piegarmi davanti a lui e alle sue provocazioni tanto insensibili. Non gli avrei permesso di vedermi ancora una volta sul punto di disperazione più duro da sopportare.
 
“Con permesso” sibilò passandomi oltre, senza più guardarmi in faccia e rapidamente rimanemmo solo io, Hermione e Ron con Silente preoccupato per la mia sanità mentale. Ne aveva tutto il diritto, dato che stavo sentendo di cadere a pezzi ogni giorno di più, avvolto da quel senso di solitudine che dall’estate appena passata continuava ad abbracciarmi.
 
****
 
“Io davvero non capisco” proferii infine, sedendomi scomposto sul divano davanti al focolare, nella sala comunque dei Grifondoro. Il rosso mi avvolse col suo calore e il dorato creò una luce soffusa sopra le nostre teste. Mi slacciai la cravatta per respirare meglio e mi sbottai i primi bottoni della camicia chiusa per bene, quella mattina. Mi passai le dita sulla nuca grattandomi nervoso la gola e mi tolsi gli occhiali per riposare, stanco dalla giornata appena vissuta e da quel susseguirsi di strani eventi.
“Come ha fatto a dare fuoco al Cappello Parlante?” chiesi sconfitto, senza trovare risposta una nonostante da ore la stessi ricercando con tutto me stesso. Insieme ai miei due amici potevo considerarmi frustrato e stressato al pensiero che il biondo se ne stesse tranquillo qui a scuola mentre era complice di Voldemort, un assassino spietato.
 
“Non lo so, sembra che qualcosa sia evoluto in lui, ma non riesco a intercettare cosa” sussurrò sovrappensiero Hermione, prima di guardare nuovamente il grosso tomo sulle sue cosce, aperto sulla storia della magia. Sbuffai d’accordo, scuotendo il capo e Ron sembrò arrabbiato al mio fianco, quando strisciò un piede sul tappetto pesante.
 
“È sempre lo stesso stronzo, solo che è si è incattivito ora che suo padre non gli da favoritismi” affermò, incrociando le braccia al petto mentre morse un panino afferrato dalla Sala Grande mentre venivamo in camera. Avevo intravisto Aleksej presentarsi ai professori con Malfoy alle spalle, spiegando che lo avrebbe aiutato e quindi di non preoccuparsi, che era lì in vesti ufficiali per non far preoccupare nessuno, per la sicurezza di tutti. Non ci credevo minimamente, ma come sempre non era importante il mio pensiero una volta che Silente decideva come agire e cosa fare al momento stesso. Spesso era lui a dirigere le mie azioni, lui era quello che decideva del mio futuro anche se ero io a viverlo ogni giorno, in bene e in male. Come ero io a doverne portare il peso, a lui non interessavano le vittime in cui sarei incorso, per quanto gli dispiaceva. Ero io l’importante e oltre me la sconfitta di Tom Riddle, una volta per tutte. Senza più ritorni impensabili. Avrei decisamente preferito che non tornasse, che nessuna brutta cosa accedesse ancora, ma era chiaro che il mio destino aveva deciso di affrontarmi e non mi rimaneva che prepararmi adeguatamente. Dovevo imparare a controllare la Magia che spesso prendeva il sopravvento e dovevo riuscire a incanalarla solo in qualche pensiero specifico, senza preoccuparmi del resto. Dovevo padroneggiare le mie emozioni e non lasciarmi comandare da esse come sempre era accaduto, potevo farcela sicuramente, infondo l’anno prima avevo estirpato Voldemort dalla mia mente quando aveva tentato di prendere il controllo. Avrei potuto rifarlo ancora, non sarebbe stato difficile se solo avessi imparato la disciplina verso me per primo. Eppure non pensare al pericolo intorno a me era molto difficile, specialmente quando quella serpe mi si avvicinava o entrava nel mio campo visivo, non sapevo come, ma riuscivo a sentirlo dentro, non me lo spiegavo comunque. Ne restavo solo enormemente confuso, sobbalzato dalla sorpresa.
 
“Penso che dobbiamo fare più attenzione, qualcosa ci sfugge” lo avvertii, perdendomi nelle mie riflessi mentre mi graffiai leggermente il mento con le unghie. Non capivo, non riuscivo a comprendere a cosa dovessi prestare maggior attenzione. Era deprimente, mi sentivo deriso da me stesso in qualche modo ed era decisamente morbosamente triste.
 
“Si, la sua Magia a quanto pare è aumentata e anche la sua astuzia, oggi non ho davvero intuito se stesse mentendo o dicendo onestamente la realtà dei fatti” dichiarò la Grenger, leggendo il libro su cui il suo sguardo era puntato e il solo sentire quelle parole mi indispettì dato che nemmeno io avevo captato menzogne o verità, come solitamente riuscivo a fare nei suoi riguardi. Sembrava fosse diventato dannatamente esperto a mascherarsi.
 
“Teniamo d’occhio anche quel Russo, magari come il viziato ha il Marchio Nero sotto quei tatuaggi” sussurrai, rimettendomi gli occhiali per distinguere i bimbi che entrarono nella casata correndo ovunque per ispezionare l’intera area e scoprire nuove cose.
 
“Non siamo neanche sicuri che lo abbia Malfoy, Harry” mi fermò la ragazza guardandomi indispettita dalla mia frase, dal mio continuo accusare il biondo di qualcosa di cui non eravamo veramente certi nonostante lo avessimo visto al Magie Sinister insieme ad altri Mangiamorte. Questo per me valeva più della prova tangibile che sicuramente avremmo trovato sul suo avambraccio sinistro.
“Non saltiamo a conclusioni affrettate, rischiamo di combinare guai se lo facciamo.” Annuii, senza farle notare il mio dissenso e mi scrollai i capelli mori disordinati.
 
“Non vedo l’ora di spedirlo in prigione come suo padre.” Sollevai un sopracciglio sentendo il tono infastidito di Ron e la sua espressione concentrata, furiosa e al tempo stesso timorosa, con quel ragazzo nei paraggi e la sua potenza notevolmente aumentata era normale. Eppure in qualche modo doveva essere cresciuto per divenire tanto forte, anche sera stato solo uno scatto, nessuno poteva rimanere tranquillo con quella serpe a piede libero per il castello. Era decisamente discutibile la sua presenza non sorvegliata da qualcuno. L’Auror non contava dato che era suo amico e probabilmente era influenzato dalla ricchezza del Principino. Digrignai i denti, sospirando esausto e sperando di poter andare presto a dormire per risvegliarmi in un modo senza questi infiniti problemi ininterrotti.
 
“Piuttosto dovremmo pensare anche al discorso del Cappello, ha ragione quando parla di unione e lo sapete bene” iniziò Hermione, poggiando il tomo al suo fianco per farci capire fosse arrivato il momento di parlare di cose ancora più serie, secondo il suo punto di vista. La guerra che sicuramente avrebbe coinvolto tutti gli studenti, quindi e che davvero era più rilevante di un solo giovanotto che aveva sempre avuto tutto dalla vita, che non si doveva preoccupare della sua incolumità o di quella delle persone al suo fianco, dato che già si erano arrese alle idee omicide e piene di superficialità di quel pazzo senza freni. Lui sarebbe stato uno tra i primi al fianco di Voldemort, quindi era meglio pensare a come poter aiutare il resto della scuola.
“Qualche idea?”
 
****
 
Mi sgranchii le spalle una volta rimesso in piedi e scoppiai a ridere vendendo l’espressione corrucciata di Ron, esausto dopo le ore di studio avvenute dopo aver buttato giù diversi piani che potessero aiutarci a difenderci da Riddle, che non avrebbe risparmiato nessuno. Noi invece quest’estate avevamo preferito risparmiarci qualche compito e questo era il risultato.
 
“Scommetto che tra qualche anno diventerai una professoressa di Hogwarts” sbiasciò il rosso alla nostra amica che con aria saputella si pavoneggiò, pensando sul serio che fosse un complimento e per l’ennesima volta mi chiesi quale problema avesse, ma non volevo davvero saperlo. Decisamente no, era una bellissima persona anche per quelle sue stranezze. Come Luna, in un certo senso. Corrugai le sopracciglia e decisi di non dirle di averla paragonata alla Corvonero, non ero sicuro che l’avrebbe presa bene anche se ci era affezionata. 
 
“Mentre tu ripeterei l’ennesima volta questi esami” protestò con ironia divertita, liberando un sorriso bonario che fece intenerire Ron, che comunque le fece la linguaccia senza trovare un modo degno di risponderle. Non riuscii a trattenermi, continuando a sogghignare e mi beccai un piccolo schiaffo dalla ragazza, che si sciolse la coda liberando i ricci castani.
 
“A proposito, ‘Mione tu sai che voleva dire Silente su Aleksej? Intendo quando ha parlato del fatto che gli ha fatto bene andare via dal castello” le chiesi, ricordandomi di quell’affermazione e diventandone curioso. Più informazioni avevo riguardo quell’Auror, meglio era per noi e per l’intero corpo studentesco.
 
“No, ma anch’io ci ho fatto caso e mi sono messa apposta a cercare qualcosa prima, ma non ho trovato niente. Potrei comunque provare a chiedere a Lumacorno quando avremo la nostra prima lezione, Malfoy sarà presente e magari si vanterà di saperlo rivelandoci qualche piccolo dettaglio” disse, speranzosa che commettesse quel piccolo errore e che dubitavo fortemente avrebbe fatto, dato che stranamente stava diventando più calcolatore di prima. Non ne ero sicuro, ma non mi sembrava più agisse dall’istinto di dimostrare qualcosa a me o agli altri, lo faceva per un altro obbiettivo e anche questo mi preoccupava dato che non poteva essere nulla di buono, per mia sfortuna.
 
“Non credo accadrà, ma possiamo tentare e inoltre Lumacorno mi sembra un professore tranquillo, vedremo cosa nasconde anche lui” sbadigliai, stanco da quella giornata interminabile e sorrisi quando notai gli altri due fare lo stesso. Silente mi aveva informato che il maestro di pozioni nascondeva un segreto che ci avrebbe aiutato a capire meglio Tom, quindi stavo cercando un modo per farlo parlare senza insinuare domande nella sua mente e non era facile.
 
“Possiamo rimandare tutto a domani però? Non vedo l’ora di riunire la squadra di Quidditch” irruppe Ron, seguendomi lungo le scale diretti nella nostra camera, con la Grifondoro al seguito e notai l’occhiata di Ginny mentre mi ritirai per dormire, salutando la sala comune con una buonanotte generale.
“Harry, anche quest’anno sarai sicuramente il nostro cercatore, devi assolutamente farci sognare.” Annui distrattamente, sentendo un impeto d’adrenalina al pensiero di ricorrere il boccino mentre l’aria mi sferzava sul volto e potei riconoscere l’impellente desiderio di volare farsi strada lungo il mio corpo mentre mi cambiai, quando la Grenger chiuse le palpebre per non essere in imbarazzo e con cautela mi misi sotto le coperte, invitandola a sedersi ancora un pochino con noi.
 
“Non sto più nella pelle, finalmente torneremo a giocare. Lo aspettavo da tutta l’estate” dichiarai ricordando quanto avessi desiderato la mia scopa costretto tra le mura dei miei zii, prigioniero della mia stessa casa. Se avessi potuto sarei scappato e non mi avrebbero più rivisto.
 
“Sai che adesso hai una tua dimora? Prima o poi dovrai andarci, non puoi evitarlo, Sirius te l’ha lasciata apposta.” Mi morsi un labbro alle parole della castana, sapendo quanto fossero vere, ma non volendo ammetterlo a me stesso per via del dolore che avrebbe comportato mettere piede dove un anno prima avevo festeggiato il natale col mio zio, quando ancora era vivo e passato oltre il velo. Era tremendamente tormentoso come ricordo e non volevo averci nulla a che fare, per quanto potessi evitarlo, stava divenendo sempre più difficile.
 
“Ci andrò, te lo prometto, solo non ora.” Mi distesi, dando le spalle ad entrambi per perdermi tra le foto incastrate tra i pensieri di Sirius e i miei genitori, sentendo le lacrime zampillare sugli angoli degli occhi. Dopo tanto tempo ancora mi faceva male sapere che persone che m’amavano, erano morte per proteggermi da quel omicida senza cervello. Era indubbiamente ingiusto ed era sbagliato, sarebbero dovuti restare con me e donarmi la famiglia che tanto desideravo, non sparire ancora prima che potessi conoscerli o abituarmi alla loro presenza. Chiusi gli occhi per abbandonarmi alle carezze immaginare che sentii lungo le guance e cercai con tutto me stesso di concentrarmi sull’affetto che sentivo al solo ricercare i loro volti nella mia mente troppo annebbiata dai fatti accaduti per darmi pace. Finché, dopo molto tempo e silenzio, non caddi nell’oblio dimenticando ogni cosa.
 
**** 1996 – un anno prima ****
 
Draco si congratulò con se stesso quando lesse sul giornale l’ennesimo buon articolo sulla sua famiglia ricca, ben voluta da tutti e mal vista da altrettanti, seppur temuta da tutti e la foto dove sia lui che i suoi genitori sorridevano in modo maligno era una prova schiacciante della loro nobiltà. Nessuno aveva l’eleganza dei Malfoy.  Non potevano proprio dire il contrario, anche se avrebbero potuto contraddirlo su tante altre cose, almeno prima di venir cruciati per quell’osare troppo. Il biondo comunque era entusiasta di quel nuovo anno, non perché fosse felice che l’Oscuro signore fosse tornato, ma perché sentiva qualcosa di diverso vibrare nel suo stesso corpo sempre teso per qualche strano motivo. Voleva assolutamente sapere cosa gli stava succedendo e probabilmente quei sogni c’entravano qualcosa, seppur non li capisse e non si capacitasse delle sue stesse azioni. Infondo lui non aveva sbagliato quando aveva porto la sua mano a Potter, vendendo rudemente rifiutato, quindi perché avrebbe dovuto rifarlo? Sarebbe stato un gesto stolto da parte sua e questa era la prima prova che dimostrava la ridicolezza di quei sogni che ultimamente stava facendo regolarmente, già la seconda volta non era stata più una sciocchezza e stava ancora cercando di comprendere cosa realmente volesse dire tutto quello. Era strano, considerato che il Grifone non lo sopportava almeno quanto lui non sopportava quel Sopravvissuto per pura fortuna. Scrollò le spalle, infastidito quando pensò alle parole di quel moretto, di quello creato sicuramente dal suo inconscio mentre riposava tranquillo, indifeso. Che probabilmente non era molto diverso da quello reale visto i discorsi e l’istintività presente in ogni gesto. Non che lui fosse esattamente diverso, ma almeno sapeva di non dover essere costretto a indossare le vesti nobiliari, per quanto trovasse meraviglioso nascondersi dietro di esse il più del tempo che passava in compagnia, o con conoscenze politiche. Era da sempre stato addestrato per essere un signore, non si sarebbe mai scomodato a privarsi dei suoi valori per qualcuno, era una garanzia il suo nome nel mondo Magico e lo sapeva bene. Inoltre dopo il ritorno di Voldemort era ancora più cosciente del pericolo, per quanto lo mascherasse con finta idiozia, ma sapere suo padre nelle grazie del potente mago in parte lo tranquillizzava, anche se non era sicuro vista l’instabilità del suddetto. Oltretutto non era totalmente sicuro che avrebbe vinto quella guerra, dato che già in passato era stato sconfitto dal Golden Boy. Doveva tener conto di tutte le probabilità e doveva cercare una scappatoia a ognuna di esse. Non era facile, ma lui era un grandioso calcolatore.
 
“Potter è stato assolto da ogni accusa, per questo è qui” lo avvertì la serpe corvina, seduta al suo fianco e questo gli fece sollevare incredulo un sopracciglio mentre strappava il giornale dalle mani di Blaise, che sbuffò per la mancata grazia.
 
“Dimmi che è uno scherzo, non può davvero averla passata liscia dopo aver usato la magia” disse in risposta, sconcertato dalle parole che stava leggendo e dalla consapevolezza che davvero era stato giustificato per aver usato la magia fuori da Hogwarts. Grazie a Silente, ovviamente. Si aspettava che il vecchiaccio ci avesse messo lo zampino dato che quel trio la passava sempre liscia per merito proprio suo.
“Non ci posso credere” sibilò infine, frustrato quando posò pesantemente l’articolo sul tavolo tra di lui e la Parkinson che pigramente si portò le unghie davanti alla bocca per mordicchiarle.
 
“Anche tu saresti stati scagionato, non dovresti sorprenderti. Tu hai tuo padre, Potter ha il preside” snocciolò come se fosse una cosa ovvia a chiunque, tranne che a lui. Si sentiva ancora oltraggiato dalla cosa e l’amica stava girando solo il coltello nella piaga.
 
“Questo non c’entra, io ho sempre subito ogni dannatissima punizione. Mio padre non impedisce la mia crescita” ribatté con scarso entusiasmo, infiammato però dal fastidio dell’intera situazione venutasi a creare per via del Grifondoro rilasciato.
“Questo è favoritismo portato all’estremo” dichiarò, in modo drammatico, come se ne andasse del suo orgoglio e gli importasse davvero.
 
“Tuo padre ti salva da qualsiasi cosa, lo sai meglio tu di me e non giustificarlo in qualche modo, dato che anche lui è un’estremista. Ricordo ancora le sue punizioni sulla tua pelle” proferì Zabini di rimando, assottigliando pericolosamente le palpebre per sfidarlo a controbattere, irritato dal biondo che per via dell’orgoglio non accettava di vedere le colpe di suo papà.
 
“Non è la stessa cosa” proferì infine, sulla difensiva mentre si strinse nelle spalle a disagio, mordendosi un labbro per guardare oltre la finestra del treno in movimento.
 
“No, certo, Silente non ha mai punito il suo amato Sfregiato facendolo sentire una nullità inutile e senza dignità” sibilò ancora il corvino, con tono rischioso, continuando ad apparire arrogante e certo nelle sue convinzioni per nulla traballanti quando Draco lo fronteggiò con indugio, cercando una risposta che lo facesse tacere e non la trovò. Non avrebbe comunque ammesso la ragione del moretto di fianco.
 
“Smettiamola di deprimerci per favore, siamo già abbastanza tristi a concentrare i nostri discorsi su quegli stupidi” affermò la ragazza, quando posò la sua tazza fumante nuovamente sulla superficie in legno spesso.  Inclinò il capo per farsi una coda, quando i capelli neri le caddero davanti alla spalla in quelle onde ben curate. Se li sistemò e tornò a studiare i due amici, che continuarono a rimanere immutabili e silenziosi, persi nel loro orgoglio di sempre.
“La finite? Non siete voi a dover litigare” sbiascicò esasperata da quell’atteggiamento considerato ancora infantile nella sua mente.
 
“Non stiamo litigando, lui difende quel Golden Boy” accusò Draco, realmente ferito al pensiero che il suo migliore amico non fosse dalla sua parte in quella piccola cosa, ma anzi, la usasse per sollevare ricordi dolorosi, che voleva lasciarsi alle spalle anche se senza troppo successo.
 
“Non difendo nessuno, dico solo di evitare di dire menzogne in nostra presenza, dato che conosciamo la tua famiglia meglio di chiunque altro” protestò quindi Blaise, scrollando le spalle con indifferenza e le diede poi alla serpe pallida, che rimase interdetta quando vide quel modo di fare distaccato. Il Principe dei Serpeverde non riusciva a comprendere perché quel ragazzo fosse tanto arrabbiato in quel momento.
 
“Quindi?” domandò, dopo aver ponderato bene se fosse il caso visto l’aria scocciata che ora dominava il volto di Zabini, che si inviperì dopo quell’ennesima mancata sagacia.
 
“Hai bisogno che i tuoi elfi domestici capiscano per te le mie parole in modo da spiegartele con un disegnino?” lo attaccò, ormai palesemente sul piede di guerra e cogliendo impreparato il minore dei Malofoy lo lasciò senza parole, sconvolto per qualche secondo in cui incassò quel colpo acido. Scosse il capo, non riuscendo a recepire come mai il sedicenne fosse tanto scettico e decise quindi di restare a bocca chiusa per i rimanenti minuti in cui lo studiò attentamente. Captò il suo respiro regolare e la fronte imperlata dal calore della cabina, scorgendo anche il lieve rossore sugli zigomi che dimostrava la stanchezza del viaggio. I vestiti tuttavia leggeri fasciavano il fisico asciutto dandogli un’immagine affascinante. Alla fine colse cosa realmente Blaise odiasse di tutto quello.
 
“Pensavo ne avessimo già discusso, dovevo imparare certe cose e l’ho potuto fare solo tramite certe esperienze” bisbigliò in tono cauto, attento alla reazione che avrebbe scatenato la sua frase. Non si aspettava sicuramente che il corvino si alzasse per uscire immediatamente, dandogli dell’idiota. Sentì anche qualche riferimento al fatto che compresse come mai non fosse stato smistato in Corvonero, ma raccolse quelle sommosse come pregi da aggiungere alla infinita lista egocentrica.
 
“Sai che non gli piace ricordare come le hai imparate, perché ti ostini a difendere l’indifendibile?” proruppe infine Pansy, avendo visto quella scena ripetersi già in passato e sapendo benissimo a cosa fosse dovuta, visto che Blaise nonostante non lo dimostrasse sempre, teneva veramente al biondo ancora non sicuro di cosa dire a tal proposito.
 
“Lasciamo perdere” decise, alla fine, uscendo per andare a cercare il moro con il quale avrebbe voluto immediatamente far pace.
 
****
 
Quasi due ore erano passate dalla scomparsa di scena di Zabini, in cui Draco aveva dormito per una buona mezz’ora e del sopracitato ancora nessuna traccia. Stava realmente iniziando a preoccuparsi, Tyger e Goyle poi non stavano aiutando essendo due amebe capaci solo di seguirlo, appicciati come sanguisughe non erano capaci di organizzarci per cercarlo in più posti contemporaneamente. Sarebbe stato chiedere troppo.  Però aveva trovato Potter, insieme alla piattola e quel rosso, che davvero detestava con tutto se stesso. Non voleva farla tanto lunga per via di quei sogni che vedeva protagonisti lui e Harry, quindi decise di evitare di perderci troppo tempo non essendo in grado di prevedere l’intensità di quelle giade che lo avevano già fissato una volta, prima che l’Espresso partisse quella mattina. Non sarebbe stato da lui non dire nulla, ma neanche si sentiva all’altezza di usare il suo solito sarcasmo e quindi optò per una semplice frecciatina sulla sua liberazione.
 
“Avevo letto che eri stato dissolto, ma non credevo addirittura così velocemente, Silente deve influire più di quanto immaginassi” dichiarò passando vicino al trio in cui Harry, che sembrava scosso e infuriato per qualcosa di personale, rispose alla provocazione estraendo la bacchetta per puntarla contro di lui, basito dalla mossa.
 
“Harry, è solo Malfoy” sentì dire Wesley che tenne il Grifone immobile per le spalle, quando però realizzò fosse a un soffio di distanza dal suo viso rimase perplesso, ma ne approfittò elaborare meglio il volto dalla carnagione rosata, seppur chiara, le labbra piene e vermiglie, seguite dal naso dritto e quegli smeraldi enormi nascosti dalla frangia scura, disordinata. Non era per niente brutto, riconobbe, ma non sapeva curarsi. Una grande pecca, secondo il suo modesto parere. Però, nonostante ciò, lo continuava a studiare con moderato disprezzo.
 
“È completamente impazzito, che bella notizia” si rivolse ai due scagnozzi alle sue spalle, mentre lo Sfregiato abbassò l’arma con stizza nata non appena aveva continuato a provocarlo. Si distanziò, per precauzione, ricordando il motivo per cui ora si trovava lì in corridoio e nonostante una parte di lui volesse restare finché Potter non sarebbe esploso in quella rabbia che sembrava stesse cercando contenere, girò le spalle per andarsene con passo sostenuto.
 
****
 
“Mh?” bisbigliò quando Blaise prese posto accanto a lui, sulla carrozza diretta al castello. Vedeva chiaramente quanto fosse ancora allibito dal suo modo di fare, ma era lì e questo per lui era più importante di qualche dissapore.
 
“Non mi andava di rimanere da solo e so quanto nessuno ti sopporta quando diventi isterico al pensiero di dover nuovamente ordinare le tue cose in quelle camere non abbastanza pregiate per ricchi giovani come noi, che meritano il meglio” lo schernì senza troppa allegria, regalandogli un mezzo sorriso intrigante capace di tranquillizzarlo dato che era tutto passato per la felicità delle Parkinson, che ora si mostrava più calma dinnanzi a entrambe le serpi. Ne ebbe la prova quando udì il suo sospiro di sollievo.
 
“Mi agito quando discutete e non vi parlate, conoscendo l’orgoglio maschile. Mi dimentico che in qualche modo tornate sempre l’uno dall’altro” confessò, arrossendo appena per quell’ammissione smielata, per nulla da loro che li fece leggermente sobbalzare. Non si aspettavano certe parole.
 
“Draco non può stare senza di me, lo sai” lo derise ancora il corvino, anche se era visibilmente colpito da quella consapevolezza che li aveva colti impreparati, ma che avevano imparato a conoscere fin nella sua profondità col tempo vissuto insieme.
 
“E si sa che ogni di cui ho bisogno ce l’ho, in quanto Malfoy” proferì con fierezza, ridendo divertito insieme agli altri due Serpeverde, che alzarono gli occhi al cielo dilettati dalla quella risposta. Quel passaggio sulla carrozza creò una solenne sinfonia nella sua mente, che con calma lo accolse in un mondo di tranquillità quando chiuse le palpebre, tra le braccia del moretto.
 
****
Draco pov.
Sbuffai sentendo addosso quel tessuto morbido che comunque non ero abituato a indossare. La canottiera rossa, che risaltava l’argento delle mie iridi, appariva sanguigna contro la mia pelle pallida. Era un contrasto in confronto ai capelli platino e le sopracciglia del medesimo colore, mi piaceva anche se mai lo avrei ammesso a voce alta. Scesi quindi le scale che mi avrebbero portato nel giardino, mentre mi guardai intorno. Lo spettacolo delle mura bianche, in pietra, avvolte nelle nuvole grigie e quel cielo comunque sereno, con gli alberi rigogliosi come sfondo e un’atmosfera di pace a incorniciare tutto. Era in qualche modo bellissimo, mai prima d’ora mi ero soffermato a pensarci, a dire il vero. Il venticello era una libidine fresca, capace di raffreddare il corpo sotto quei raggi fin troppo caldi. La Magia aleggiava solenne intorno a me e potevo sentirla vibrare in ogni fibra, insieme a quella calma apparente che il silenzio maestoso trasmetteva attraverso il fogliamo in leggero movimento, accarezzato dalla brezza. Nessun pericolo all’orizzonte, niente che avrebbe potuto farmi male.
 
“È fantastico” sussurrai respirando a pieni polmoni l’aria pulita. Ma improvvisamente il senso di solitudine si allargò nel mio cuore, come al Manor non c’era nessuno con cui potessi condividere la gioia del paesaggio, niente che potesse completare quella mia contentezza effimera.
 
“Sono d’accordo.” Mi voltai per riconoscere un momento dopo la figura allegra del Grifone, avvolto in una maglietta bianca a mezze maniche. I jeans strappati e i capelli ordinati in un’acconciatura pettinata crearono ai miei occhi eleganza e compostezza. Quelle iridi di smeraldo pulito, così grande sul quel viso dalla carnagione abbronzata, quella bocca vermiglia chiusa in un sorriso dolce e quelle gote così piene da essere color pesco, dove piccole gocce di sudore colarono oltre il mento. Niente occhiali, solo quelle giade a scrutarmi con gioia e quando si sedette al mio fianco, sul gradino, sentii qualcosa di famigliare scaldarmi dandomi la consapevolezza che non fossi solo io a poter scorgere la bellezza diffusa in tutto questo splendido luogo. La felicità palpabile di Potter era così tenera da poter addolcire chiunque, persino me.
Sorrisi, accorgendomi della delicatezza del suo passo quando si posizionò in ginocchio, per accarezzare alcuni fiori cresciuti tra le pietre e li odorò, udendone il suono gioioso che emisero in un tacito movimento supino.
“Come stai?” mi chiese serenamente, quando riportò lo sguardo nel mio.
 
“Ora bene” sussurrai prima di sporgere automaticamente la mano per stringere la sua spalla con attenzione, risvoltando il tessuto per liberargli i bicipiti muscolosi dopo tutti gli allenamenti di Quidditch. Annuì con enfasi e captò il vero sollievo trovato a riscontrare la sua presenza.
 
“Raccontami del Manor, Draco” bisbigliò come se non volesse condividere con altri quella chiacchierata e ne rimasi intrigato, dato che da sempre vivevo in sibili nascosti agli altri per trovare vantaggi politici o parlar male di chi considerato inferiore o traditore. Chiusi le palpebre, ricordando le pareti fresche durante l’estate e calde durante l’inverno.
 
“È splendido. Quando entri dal cancello nero posto difronte al viale d’ingresso, che conduce al portone interamente creato con pomelli d’oro, in legno scuro –se non erro di quercia puoi cogliere gli alberi che durante l’estate fioriscono con petali bianchi, donando al giardino immenso un’atmosfera di gioia pura. Le siepi attentamente tagliate ogni giorno con cura e l’erba rifinita sono un terreno morbido dove stendersi quando si vuole fare un picnic, per godersi il vento che sbattendo contro le vetrate crea un sottofondo leggero, puoi udire persino le piante cantare delle loro giornate ricche di allegria. Le fontane emettono uno scrosciare cadenzato e l’acqua limpida cattura la sete di molti volatili che per trovare conforto si issano sul marmo per abbeverarsi. La suddivisione studiata nei minimi dettagli crea due spazi diversi in cui si possono compiere diverse mansioni. Solitamente sulla parte destra mi piace godermi i momenti soleggiati in totale silenzio, per ammirare il panorama intorno a me. Dall’esterno non si può vedere perché le mura ricoprono il perimetro, con aria dominante. La parte sinistra invece la uso per allenarmi, è adibita appositamente per aiutarmi il più possibile a destreggiarmi con qualsiasi incantesimo. Mi piace creare scontri, mi piace come le piante intorno a me gridano e stridono il mio nome in modo da cercare di farmi capire come agire, di pensare al totale luogo in cui sono in modo da sfruttarlo nella sua interezza. Conoscendolo in modo impeccabile posso destreggiarmi al meglio delle mie capacità e non mancano mai di ricordarmelo.
D’inverno invece non posso passarci troppo tempo, ma amo sedermi sulle panchine in marmo bianco per guardare come la neve gelata crea cumoli vicino agli alberi, che lodano la sua compostezza come se fosse una liturgia, come se fosse una svolta che disperatamente attendevano sotto il cocente sole estivo tempo prima. L’aria diventa pungente e ti perfora le ossa, facendoti sentire ghiacciato e ipotermia, ma il fascino della rugiada mattutina che sboccia sui germogli che appaiono morti, ma di cui il lieve russare può essere udito se ci si avvicina abbastanza. Un letargo in cui raccolgo forze per la primavera che giungerà. Ogni cosa diventa bianca, ogni sporco scivola via donando un’eterea immagine a ogni cosa e l’acqua nelle fontane si ghiaccia formando specchi invisibili, nei quali si può rimirare il proprio riflesso. D’altra parte invece si può attuare un allenamento più rigido, che insegna a nascondere il dolore degli arti, per raggiungere gli obbiettivi prefissati. La bassa temperatura è molto dura e gli incantesimi riscaldanti rischiano di non essere abbastanza, perciò devi spingerti al massimo del tuo potere trovando tutto ciò che ti serve solo in te stesso.
 
Quando poi le foglie iniziano a cadere formano disegni lungo il terreno che sembrano essere fatti apposta, si può sentire la secchezza se si fa attenzione al tocco, piccole e raggrinzite. I fiori cantano dei petali perduti con malinconia e li richiamano a sé con disperazione, nonostante sappiano che prima o poi saranno destinati a rincontrare ciò che gli mancano altrove. Il cielo luminoso si scurisce lasciando il sipario alle nuvole enormi, che piangono insieme a loro la caduta di ciò che amano e la pioggia spesso investe in tutto il suo dolore, con quella pioggia, nonostante sia d’aiuto per dar da bere in modo da sollevare ciò era rinsecchito.
 
Ma quando i germogli iniziano a fiorire lasciando spazio a nuova vita penso sia la parte più bella -l’arcobaleno spesso ne condivide la felicità e insieme ad esso anch’io- raccogliendo quella bellezza nella lotta estenuante per crescere al meglio. Si fanno conoscere come bimbi appena nati, i fiori, creando nuove melodie in grado di delinearli nella loro fierezza e l’acqua rompe quella patina superiore per tornare a sgorgare limpidamente, scivolando lungo la fontana per giungere sull’erba verde che torna ad allungarsi in modo da creare un morbido cuscino.”
 
“Hai passato molto tempo nel tuo giardino, da solo, vero?” mi interruppe facendomi spalancare gli occhi, mi ero completamente dimenticato della sua presenza e arrossii appena.
 
“I miei genitori preferiscono rimanere nelle mura della villa, a sbrigare affari che per ora non mi competono fortunatamente” risposi atono, al ricordo delle mille volte in cui chiesi a mio padre di camminare con me e delle altrettante innumerevoli volte in cui me lo aveva vietato severamente. Mia madre invece declinava sempre le offerte per stare in compagnia o uscire a far compere, nonostante non mancasse mai di assicurarsi di darmi un bacio o una carezza.
 
“Continua, com’è il resto del Manor?” domandò interessato e quando incontrai quelle iridi curiose, luminose, dovetti distogliere lo sguardo per non sentirmi sopraffatto da quella pace interiore che mi donarono i suoi occhi. Prima d’ora mai mi era capitato, con lui. Forse perché mi concentravo sempre sull’inutilità delle sue opere in favore del prossimo.
 
“La villa è imponente, quando posi i piedi sulle scale –anch’esse in marmo bianco che contro le vetrate blu creano una facciata elegante- puoi vederla in tutta la sua altezza e ti senti piccolo a confronto. Spesso, durante i balli, il soppalco è ricco di persone che trovano confronto nelle colonne dove capitelli corinzi hanno bellissimi intagli, si possono cogliere anche lungo la stessa colonna. Le portefinestre, sempre suddivisi in riquadri di vetro, hanno serrature argentee per continuare a dare un’immagine sofisticata e aggraziata, le quattro nel mezzo portano tutti alla sala principale, la più grande del Manor. Le due laterali all’ufficio e alla sala adibita per disegnare. Quando si cammina lungo il pavimento si può sentire quanto sia maestoso, si capta la sua forza ed è come se fosse vivo, nella sua imponenza.
Entrando subito ti accorgi dei divani posti al centro della stanza, un grande lampadario cala dal soffitto, fatto di diamanti e si intona perfettamente al tessuto argenteo dei divani, piccole rifiniture più chiare creano un intreccio floreale di rose, intrigante e ammaliante. Come il tappeto posto sotto di essi, in cui da piccolo mi piaceva giocare per sentirne la morbidezza contro il corpo. I candelabri posti in punti strategici della sala danno un’aria misteriosa, insieme al focolare sulla destra. I quadri di famiglia creano bisbigli melodici, anche se spesso confabulano con disprezzo. La musica che echeggia in ogni angolo durante le feste gli dà un’aria regale, le gradinate che scendono dal secondo piano giungono composte sul pavimento.
Due porte laterali, dietro le scale, portano a un’altra stanza dove si pranza. Un lungo tavolo è collocato nel mezzo, un cestino di frutta è posto al centro –così come il lampadario identico a quello della sala primaria- e  molte sedie eleganti girano intorno ad esso. Tutte fatte in oro bianco, con intagli di serpenti e draghi lungo i manichi e sulla parte superiore dello schienale. Velluto verde accoglie quando ci si siede. Sono molto grandi e quando ero piccolo facevo fatica a restare composto, ma col tempo ho trovato la mia educazione. Il camino scoppietta sempre sulla sinistra e piccole cornici presentano foto dei miei genitori o quadri dipinti da artisti importanti.
Le cucine sono immense, ma ci stanno solo gli elfi domestici e mi è stato sempre proibito entrarci, non potevo guardare la servitù svolgere lavori di basso rango, secondo il pensiero dei Malfoy e qualsiasi altro nobile. Una volta ci provai, ma venni rapidamente catturato da mia madre che mi avvertì di non rifarlo mai più, perché sarebbe subentrato mio padre e per me non sarebbe stato piacevole. Così non lo feci mai più, pensando alla mia sicurezza. Eppure tentai sempre di guardare oltre le porte, senza scovare nient’altro che elfi stanchi.”
 
“Cosa sarebbe successo se tuo padre ti avesse beccato?” Il tono di voce del moro mi parve rigido, profondamente irritato e lo fissai, per studiarne i tratti seri con cui mi stava studiando attentamente.
 
“Mi avrebbe punito per impartirmi quell’insegnamento” sibilai, ricordando perfettamente le dure ore in cui dovevo subire maledizioni precarie, tutte per non ripetere mai più ciò che avevo fatto.
 
“Per esempio?” continuò, interessato sinceramente a capire cosa avevo subito nella vita e scrollai le spalle, indispettito dalle mie memorie tanto tormentose.
 
“Quando a cinque anni riprodussi sulla tela un quadro babbano mi fece scrivere su un foglio, per circa tre ore, che non potevo fare tale torto alla famiglia, non dovevo diventare una delusione e la penna con cui lo scrissi riprodusse quelle parole come tagli nella mia pelle, lungo tutto il mio corpo. La prima cosa che sentii quando scrissi la prima lettere fu un lancinante dolore al fianco e quando mio papà sollevò un sopracciglio sfidandomi a lamentarmi tacqui, continuando ciò che dovevo e da quel momento imparai a non eseguire più certi scandali” spiegai, cercando di districarmi dalla sofferenza soffocante che mi appesantì i polmoni e non ricambiai il suo sguardo furente.
 
“Eri così piccolo” sussurrò, disgustato dalla mia risposta e scacciai velocemente la smorfia identica alla sua, per assumere un atteggiamento indifferente.
 
“Ho imparato, va bene così” conclusi la piccola discussione, mentre scivolai in un limbo di silenzio dove il Grifondoro cercò di ritornare in possesso della sua volubile pazienza che spesso e volentieri non aveva, purtroppo.
 
“E lo studio di disegno? È tuo?” domandò dopo molto tempo, cambiando argomento facilmente e sorrisi entusiasta.
 
“Si, le tele volano sempre ovunque in danze armoniche e quando ne ho bisogno con lentezza si bloccano davanti a me, per venire macchiate di colore poco dopo ed esserne in qualche modo lusingate. Una piccola lampada lampeggia sempre in mia presenza e la piccola scrivania su cui pongo le pergamene dove ho creato qualche schizzo prima. I quadri di paesaggi dello stesso Manor, intorno a me, mi calmano e mi donano abbastanza fiducia da creare nuove opere immaginarie, per cui i miei genitori vanno molto fieri rendendomi felice. Le finestre mi donano la vista spettacolare dei giardini che seguono le mura della casa e le tende bianche permettono alla luce di entrare abbastanza, senza farmi male agli occhi. Inoltre posseggo varie matite, carbone nero magico, di cui non spreco neanche una parte quando lo sfumo contro la carta con la punta calda del pennello umido, che ogni due minuti scarica ciò che contiene per tornare pulito. Inoltre le tempere che macchiano si trasformano in facce divertenti quando le pulisco nei tovaglioli.
La mia camera è direttamente sopra allo studio, sul secondo piano ed è grande quanto esso. Il letto a baldacchino è color petrolio, i divanetti e le poltrone invece sono in pelle nera intorno al piccolo tavolo dove solitamente ci appoggio il materiale per fare i compiti o per scrivere lettere ai miei amici. La scrivani è sotto la specchiera è fin troppo espansiva per me, ma mi piace perché posso appoggiarci molte cose. Utile in qualsiasi momento. Nonostante i tre armadi e le due cassettiere è vuota. Mia madre mi compra sempre vestiti nuovi, che non uso il più delle volte, ma di cui la ringrazio comunque mentre li metto via, al sicuro. Inoltre ho un bagno personale dove c’è una vasca bianca, capace di farmi massaggi rilassanti e una doccia davvero sofisticata che mi lascia trovare pace quando rilascia sinfonie di storie dei miei antenati. Racconti molto belli, anche se spesso tragici, segreti al resto del mondo.”
 
“Esci mai da casa tua?” Alzai un sopracciglio preso alla sprovvista, ma annuii con cautela nonostante arricciai il naso.
 
“Si, per andare a fare compere o vedermi insieme ad altri nobili, per cene politiche quasi sempre.” Sbuffò sconsolato e si mise comodo sulle mani appoggiate sulle pietre. Ora ero perplesso, sembrava dilettato e incerto nonostante su di lui aleggiasse ancora un senso di rabbia ben visibile, ma lasciato alle spalle per evitare l’ennesimo litigio.
 
“E per te stesso? Per vedere i tuoi amici?” domandò dopo aver ponderato bene le parole, come feci io in quel momento.
 
“I miei amici dipendono dalle mie alleanze, dalle voci che ci sono in giro e sull’immagine che avrei stando con loro, tutto si ripercuote sulla mia famiglia se commetto una decisione sbagliata o dico una parola di troppo a chi non devo. Alcune persone nell’ambito aristocratico sono viste male e non posso permettermi di trascorrere tempo con loro, privandone chi lo merita, anche se trovassi più piacevole la compagnia dei primi.” Fortunatamente gli Zabini e i Parkinson erano sempre visti bene nella società, quindi potevo permettermi di stare con loro. La preferivo a quella della maggior parte dei ragazzi imbecilli che conoscevo. In realtà la mamma di Blaise era più temuta che rispettata, ma riusciva comunque ad avere grande influenza sulla moltitudine di persone intorno a lei. Il figlio non era dello stesso avviso e spesso compiva atti di piccola ribellione che sua madre ignorava deliberatamente per convivenza pacifica tra i due, visto che si servivano a vicenda, lui per avere un posto ricco in cui alloggiare e vivere, lei per trovare il testimone perfetto per ogni suo matrimonio.
 
“Fai mai qualcosa che non includa manipolare le cose intorno a te per trovarne vantaggio?” ritentò, affranto alla sola immaginazione di una vita del genere e negai col capo, grattandomi la nuca.
 
“Sono abituato così, per me questa è la normalità che vivo anche in Serpeverde, per mantenere alto il mio nome e la mia fama di Principe, o leader, non posso permettermi di pensare a cose banali quali l’amicizia o l’avventura. Tutto è prefissato, con uno schema ben preciso da seguire e sfruttare per profitto proprio. Lo puoi usare contro altri, puoi aspettare il momento per far affondare altri ed ergerti, ma ci vuole sempre grande astuzia per non rimanere sopraffatto da questi giochi di potere. Non è semplice, ma quando vivi nella maschera di dominanza impari a essere un capo intolleranti verso il resto.” Finsi di non cogliere lo sguardo compassionevole che lessi sulla sua faccia quando rimasi privo di altre parole  e cercai di capire perché ne fosse tanto schifato, ma per era impensabile visto che era la mia quotidianità.
 
“Ti andrebbe di essere libero con me, qui?” Le sue giade luminose mi mozzarono ogni insulto che sarebbe potuto scappare al pensiero che non gli piacesse il mio mondo e, seppur insicuro, esibii un sorriso certo.
“Nessun guadagno se non noi stessi” finì, compiaciuto e ne rimasi inebetito, sentendo però qualcosa sciogliersi nel mio cuore che mi portò ad accettare, contento di essere in quel luogo strano.
 
****
 
La serpe bionda si svegliò, sbattendo le palpebre con lentezza quando sentì la presa famigliare delle mani dell’amico sulle spalle, che lo fecero tornare immediatamente attento alle circostanze intorno a lui e notando l’entrata di Hogwarts ringraziò sommessamente prima di poggiare il piede a terra, raccogliendo la sua valigetta e proseguì verso il castello con aria aristocratica. La folla intorno a lui urlò serena contro il nuovo anno scolastico, nonostante un senso di paura accompagnasse ogni persona e Draco si sentì a disagio, quando si rese conto di chi stesse cercando in mezzo a tutta quella gente di volti conosciuti. Finché riconobbe quegli occhiali tondi che erano puntati verso di lui, quelle iridi verdi che lo scrutarono per qualche minuto confuse e frastornate. Si chiese se Potter avesse fatto qualche sogno come il suo, ma capì immediatamente che era impossibile visto che altrimenti entrambi erano vittime di Magia Incontrollata e lui di certo non aveva problemi con il suo potere ben disciplinato. In qualsiasi caso preferì ignorare quella sensazione di sollievo al pensiero che non fosse da solo, realmente, in quel mondo tanto simile quanto lontano dal vero in cui viveva. In cui lui e il Grifone Non sarebbero mai andati d’accordo nemmeno sotto tortura, dove non riuscivano ad avere neanche uno scambio di battute innocuo.
 
“Ehi, sei pronto?” chiese Pansy, preoccupata quando vide l’amico scombussolato da qualcosa a lei ignoto e subito venne rincuorata. La maschera aristocratica dei Malfoy era nuovamente presente nella fisionomia del Principe al suo fianco.
 
“Immagino sia solo stanco dato le vacanze avute” schernì Blaise, quando Draco alzò lo sguardo dilettato al ricordo delle città visitate, della Russia e della Cina. Bei ricordi che avrebbe custodito per tanto tempo nel suo futuro.
 
“Si, la prossima volta potreste venire anche voi se solo non foste impegnati” rispose, quando un braccio lo avvolse intorno alle spalle per spingerlo oltre i cancelli della scuola e il ragazzo si scostò dalla porta quando il Golden Trio varcò la stessa soglia, ignorando spudoratamente i Serpeverde che cercarono di evitare qualche battuta sconveniente, data la stanchezza impressa in qualsiasi movimento facessero.
“Sicuramente certa gente non sarebbe nemmeno fatta entrare, ma voi fortunatamente vi distinguete da questi discutibili elementi” lanciò comunque una frecciatina, Malfoy, all’indirizzo dei Grifondoro che gli lanciarono subito sguardi furenti e si sistemò la cravatta verde prima di superarli con padronanza di una raffinata eleganza.
 
“Nemmeno noi vorremmo entrare in un posto condiviso dal vostro enorme ego” rispose la Grenger facendo ridere i due rosso-oro dietro di lei e il Principe delle serpi non perse l’opportunità di deriderli.
 
“Lo hai appena fatto, Sanguesporco, come ogni giorno degli ultimi quattro anni” sputò, insultandola con gusto e quando i verde-argento risero sommessamente, Potter e Wesley serrarono il pugno andando via con Hermione, abbattuta quando si rese conto di aver totalmente sbagliato l’uso delle parole. Ma, una cosa in comunque, fu che tutti le persero completamente quando entrò con passo stridente una signora dalle vesti rosate e i capelli di una pettinatura eccentrica sul capo, il biondo ne rimase orripilato. Il Preside le diede un benvenuto educato e la condusse in Sala Grande, dove in pochi minuti tutti si sarebbero riuniti per il primo banchetto. Non era certo di voler sapere chi fosse e Potter sembrò del suo stesso avviso quando scappò letteralmente verso le scale, verso la torre dove sarebbe stato al rifugio.
 
“Andiamo?” Annuì, incamminandosi verso i sotterranei mentre si rese conto che quei sogni erano davvero impossibili, visti la grande differenza di direzioni presa tra lui e l’altro giovanotto. Non capì comunque se ciò lo rendesse triste o arrabbiato.
 








Note finali:
Mi scuso per l'immenso ritardo, sto lavorando molto ed essendo Londra molto grande ci metto ore per fare qualsiasi cosa.
Comunque se avete voglia passate nella pagina dedicata ai protagonisti di questa storia, dove scriverò qualche racconto passato di due di loro: Blaise e Draco.
Sto scrivendo il prossimo capitolo, mi piacerebbe ricevere un vostro parere per come sto impostando la storia e magari per quache dubbio che nutrite.
Alla prossima, grazie a chiunque mi legga!
Ren xxx

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3408283