Once Upon A Time

di ginny1063
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Tutta colpa di un caffè ***
Capitolo 3: *** Raccontami una storia ***
Capitolo 4: *** Una sera d'ottobre, un temporale... ***
Capitolo 5: *** Le parole giuste ***
Capitolo 6: *** La mia miglior nemica ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


      Finite le superiori è iniziato un nuovo periodo che mi ha portato addirittura negli Stati Uniti d’America. Una nuova parte della mia vita. Visto che sono un tipo sentimentale, non me la sentivo di abbandonare totalmente la scrittura, mio secondo amore ( bocca cucita sul primo!), ed ho deciso quindi di ripescare dal computer tutte quelle vecchie storie che scrissi nella mia cameretta, dopo aver studiato per ore! Credo siano principalmente one-shot che per evitare di “spargere” nella sezione di JAG, metterò tutte insieme, sotto un unico titolo… ONCE UPON A TIME.

      Il “ C’era una volta…” è sempre stato un punto interrogativo per me. Ogni volta che mi veniva letta una storia io non ascoltavo mai; vagavo con la fantasia in cerca di un finale diverso, in cerca della MIA storia. È un po’ quello che ho fatto con Harm e Mac.
      Ho appuntato per mesi su scontrini, foglietti volanti, quaderni di scuola e non aggiungo altro, qualsiasi titolo mi venisse in mente. Così sono nati questi racconti. Parlano dei miei eroi preferiti, di quelli che sin da piccola mi hanno fatta impazzire e sognare con le loro avventure.
      Questa raccolta è un po’ il mio diario di vita. Ciascun racconto è collegato ad un avvenimento o ad un personaggio che mi ha aiutata a crescere, portandomi ad essere la donna di oggi. Non so se in ciascuna storia abbia rispettato a pieno il carattere dei personaggi, se così non fosse chiedo scusa. Sentitevi davvero liberi di dirmi ciò che pensate.

      Con la speranza che queste mie esperienze vi possano piacere,

      un abbraccio,

      Ginny.

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Capitolo 2
*** Tutta colpa di un caffè ***


PREMESSA:  
Avevo 18 anni ed era la fine di febbraio. Come ogni anno andavo in settimana bianca e quel giorno ero in un bar, aspettando una mia amica, mentre leggevo un bellissimo libro e bevevo il mio caffè, quando un cameriere, forse stanco, mi rovesciò addosso del tè bollente. I fatti che sono seguiti dopo li ricordo ancora vagamente. Mi sono rimaste impresse solo due cose, il tè bollente e quella persona che mi ha aiutata, che solo dopo sarebbe diventata davvero importante per me. Questa storia, che ripercorre MOLTO fedelmente quella giornata, è parecchio strana, lo so, ma cosa ci posso fare se puntualmente i guai riescono a trovarmi!
 
 
GINNY

 

TUTTA COLPA DI UN CAFFE’

 
 
Caffè. Doveva prendere del caffè. Nero, bollente per il colonnello. Decaffeinato per la Singer, oggi aveva mal di testa, Brumby voleva un caffè macchiato e Rabb, beh Rabb naturalmente desiderava del tè. Non riposava mai, viaggiava tutto il giorno da una parte all'altra dell'ufficio. Era lui ad aver bisogno di quel liquido nero che risvegliava i neuroni.
Giunse in cucina in tempo record, non poteva tardare, c'erano ben cinque avvocati chiusi in sala riunioni da quattro ore che aspettavano ansiosi la loro bevanda.
Dopo aver preparato tutto, da bravo equilibrista tornò nella tana del lupo.
- Ammiraglio, mi sono permesso di preparare una tazza anche per lei...-
- Grazie Tiner, vieni pure...-
Iniziò a distribuire...
- Comandante Rabb, ecco a lei-
- Grazie, c'è già lo zucchero?-
- Sì, una zolletta, come aveva chiesto...-
- Tenente, il suo decaffeinato...-
- È freddo-
- Scusi, signora, se desidera gliene preparo un altro-
- No, lascia stare Tiner...-
- Ammiraglio, comandante Brumby...colonnello, arrivo subito con il suo...-
- Lo sai che non si può privare a lungo un marine del suo caffè...-
- Spiritoso Harm-
- La ragazza è irritabile...presto ce ne vogliono due!-
- Smettila...ahhh...-
- Scusi, colonnello. Non...lasci faccio io...-
Mac si era ritrovata tutta la tazza completamente rovesciata sulla sua divisa, per non parlare del salto che aveva fatto quando quella bevanda bollente le era caduta sulla camicia.
- Colonnello, mi dispiace, ero sicuro di aver la strada libera, non avevo visto quella sedia...-
- Sì, Tiner, tranquillo, non è successo nulla...-
- Ne preparo subito un altro...-
- Grazie-
 
Harm aiutò Mac a togliersi la giacca, ma ben presto entrambi si accorsero che sarebbe rimasta solo con la camicia e la situazione si sarebbe potuta anche fare imbarazzante.
 - Dovrei averne una io di scorta-
- Sei sicuro che non ti scocci?-
- Figurati! Solo ti starà un po' grande...-
- Beh almeno sarà asciutta-
- Signore, posso allungare al colonnello una camicia pulita?-
- Cinque minuti di pausa, farà bene a tutti...
 
 
Uscirono dalla sala riunioni sotto lo sguardo omicida di Brumby.
“ Davvero non riesco a capire cosa ci trovi di tanto interessante Mac in lui.” Pensò Harm. Girarono l’angolo ed entrarono nel suo ufficio. Per fortuna quella mattina si ero ricordato di portare il cambio.
- Ecco a te, ragazza trasparente…-
- Non sono…- si guardò distrattamente il petto e con un movimento del braccio portò la giacca più in alto.
- Va bene, forse un pochino, ora vado a cambiarmi…-
- A me piaci anche così!-
- Spiritoso…-
Corse veloce ai bagni, proprio nel momento in cui Mic si affacciava alla porta dell’ufficio
- Comandante…-
- Brumby…Aveva bisogno di qualcosa?-
- No, per ora…-
Sparì dietro le tendine e si diresse in sala riunioni. Dopo qualche secondo, dopo numerosi respiri, dopo essersi fatto violenza psicologica per non saltare addosso a quell’essere e riempirgli la faccia di pugni, Rabb lo seguì per terminare l’incontro.


 
- Bene come stavamo dicendo prima dell’incidente…- Riprese Chegwidden dopo aver lanciato un’occhiata molto eloquente al povero Tiner che in silenzio stava asciugando la sedia del colonnello - Il SecNav…prego colonnello, prenda posto…-
Mac entrò piuttosto imbarazzata e considerando l’enorme camicia che indossava e individuata l’unica sedia libera vicino al comandante Brumby, vi si sedette piuttosto velocemente lasciando così il permesso all’ammiraglio di cominciare.
Né Mic né Harm seguirono molto di quello che il capo disse, infatti, erano entrambi impegnati ad osservare quel bellissimo marine seduto accanto a loro.
“ La sto perdendo…” si disse sconsolato Harm. Vederla lì, con la sua camicia addosso gli sembrò la cosa più naturale al mondo e per un momento sparì tutto, l’ufficio, i libri, il tavolo. Al suo posto comparve una casa, due persone che si abbracciavano e una piccola peste che correva in salotto. Mic Brumby s’irrigidì, avvicinò la sedia alla sua collega e finse di seguire la riunione.
 
Sistemati gli ultimi documenti, gli avvocati del Jag uscirono da quella stanza più stanchi che mai. Mac si precipitò nel suo ufficio, voleva arrivare a casa piuttosto velocemente. Prese valigetta, sciarpa e cappotto e aspettò Mic.
- Puoi tenerla…-
- La camicia, intendo, non devi per forza ridarmela…- Le sorrise il bel comandante.
- Sarà pulita e lavata entro domani, non si preoccupi Rabb-
- La ringrazio, Brumby…- E con un ultimo sguardo carico d’astio i due si separarono. Harm prese le scale per risparmiarsi la vista della coppia felice. Sarah stufa dei loro continui battibecchi chiamò l’ascensore.
- Sono in grado di rispondere da sola…-
- Sarah, stava flirtando con te, lo avevi capito, no?-
- Mic, parliamo di Harm, smettila di avere il terrore che io vada a letto con lui!-
- Io…-
- Mi stai sempre addosso, non riesco neanche a prendere un caffè con lui perché compari sulla porta. Mettitelo in testa, lui è il mio migliore amico, non puoi pretendere che me ne liberi per stare con te…-
- Sarah, dovrei essere io il tuo migliore amico! Sei stravolta, non sai quello che stai dicendo, la riunione deve averti stancata-
- So perfettamente quello che sto dicendo…Smettila di trattarmi come una donnina debole e indifesa, ora se vuoi scusarmi, vado a casa mia…-


 
Era ancora nel parcheggio, perché le chiavi come sempre non si facevano trovare, quando sentì Brumby alzare la voce. Si girò e lo vide discutere con Mac. Avrebbe voluto andar e lì e dirgliene quattro, ma immaginò fosse meglio starne fuori, aveva già combinato un bel guaio con quella frase. Recuperato le chiavi salì in macchina e guidò fino a casa. Aprì la porta e gettate giacca e valigetta sul divano si avvicinò al frigorifero, stava morendo di fame.
 
 
Era uscita dalla doccia, ne aveva bisogno dopo una giornata del genere. Ennesima litigata con Mic e per di più il motivo era sempre lo stesso: Harm. Non sapeva se avrebbe resistito ancora per molto. Il suo fidanzato stava diventando davvero soffocante, ma anche il comandante Rabb non scherzava. A volte pensava che quei due lo facessero apposta. Non era un oggetto da contendersi, non era questo. Lei era Sarah, una donna che aveva il disperato bisogno di sentirsi amata, ma non per ripicca nei confronti di un altro. Si mise un pigiama e senza cenare si abbandonò tra le pieghe del suo piumone, per quella giornata erano successe già troppe cose.
 
 
 
 
Per il comandante Rabb la mattina arrivò troppo presto. Sgusciò fuori dal letto gettando le coperte a terra e si fiondò nella doccia, anche quel giorno sarebbe arrivato in ritardo. Pensò che forse avrebbe dovuto dire a Mac che gli dispiaceva, che non voleva creare una discussione, lui stava solo…scherzando? Stava davvero scherzando? No, lui era serio. Voleva che Sarah tenesse quella camicia.
 
 
- Harriet, scusami, hai trovato le cartelle dell’84 che ti avevo richiesto?-
- Sì, signora, sono già sulla sua scrivania…Ah il comandante Brumby l’avvisa che starà fuori tutta la mattinata per un caso, mi ha detto di dirle che vi vedrete nel pomeriggio per l’udienza…-
- Grazie, sono nel mio ufficio, se qualcuno mi cerca…-
- Sì, colonnello…-
- Harriet…-
- Comandante, ha corso?-
- Sono in maledetto ritardo, se l’ammiraglio se ne accorge sono morto…-
- Non si preoccupi, oggi è a Washington, aveva un incontro con il Segretario della Marina, rientrerà per pranzo.-
- Grazie al cielo, ascolta, mi servirebbero dei fascicoli sul caso Madison-
- Anno 1984?-
- Si, mi pare, perché?-
- Ah signore, questa volta non la spunterà facilmente…-
- Harriet, smettila di ridere…-
- Sì, signore, scusi…-
- Quindi…-
- Il colonnello Mackenzie e il comandante Brumby hanno l’accusa-
- …vuoi scusarmi...un secondo solo…-
Si allontanò a passo spedito, con la mente che cercava di collegare pezzi del puzzle spaiati. Gettò la cartelletta sulla prima sedia libera del suo ufficio e si fiondò dalla sua migliore amica.
- Mac!-
- Harm, non si usa più bussare…Tutto bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma!-
- Quando pensavi di dirmelo che tu e Mr.Gelosone avete l’accusa del caso Madison?-
- Io… mi è stato detto ieri, e dopo la riunione non ci ho neanche più pensato, ma perché, sai qualcosa sui fatti?-
- Mac, io sono la difesa!-
- Oh…-
Sarah Mackenzie sprofondò sulla sua poltrona e si mise le mani nei capelli, non solo le toccava gestire quei due fuori dal Jag, ma questa volta anche in aula, questa volta si sarebbero scontrati direttamente sul ring.
 
 
 
L’udienza preliminare si tenne quel pomeriggio stesso, solo un incontro formale per presentare i documenti al giudice e decidere sul da farsi. Non ci sarebbe stata una corte marziale, per il momento, perché il comandante aveva comunque buone basi per impostare la sua difesa. Brumby cercò in ogni modo di ostacolare le richieste di Harm tanto che ad un certo punto fu la stessa Mac ad alzarsi e obiettare. Questo non fu certo un bel colpo per Mic, il quale dopo aver fulminato Rabb che se la rideva sotto i baffi, si sedette fino alla fine dell’udienza. Usciti i tre dall’aula furono convocati da Chegwidden, per informarlo della decisone del giudice.
- Bene, procedete con un processo a porte chiuse…-
- Signore, sinceramente preferirei chiedere una perizia approfondita, la corte si è basata su prove indiziarie e …-
- Brumby, non so come siate abituati voi in Australia, ma qui, se un giudice stabilisce che l’imputato non verrà giudicato sotto corte marziale allora il ricorso, qualora fosse necessario, verrà presentato solo dopo la fine del processo…-
- Sì, signore-
- Bene, ora fuori, al lavoro…ah colonnello, può fermarsi un secondo?-
- Sì, certamente…-
- Mi dica, quei due arriveranno alle mani?-
- Signore?-
- Mi ha capito, colonnello! Si ripeterà quello che successe a Sidney?-
- Spero di no, ammiraglio…-
- Può andare-
- Agli ordini!-
 
Arrabbiata, o meglio delusa, dal comportamento di quei due bambini, stava per mettere piede nel suo ufficio quando le voci di Rabb e Brumby la raggiunsero dalla cucina. “Non ci posso credere, di nuovo!” Pensò, scuotendo la testa. A passo deciso li raggiunse e con braccia incrociate e sguardo severo li fissò, fino a che entrambi si accorsero della sua presenza.
- Sarah…-
- Mac…-
- Tieni Rabb, la tua zolletta di zucchero…-
- La ringrazio, comandante-
Mic uscì dalla cucina e Mac, dopo aver lanciato un’occhiataccia ad Harm che le rispose con una smorfia tipo “Perché te la prendi solo con me, è lui che ha iniziato”, seguì il suo fidanzato negli uffici.
 
 
- Mic, dobbiamo parlare…-
- Mi dispiace, chiederò scusa ad Harm, mi sono comportato male-
- Mmm, ok, mi fa stare male questo vostro continuo litigare. Siete entrambi molto importanti per me e vorrei vedervi andare d’accordo…-
- Se ti fa stare bene, ti prometto che mi impegnerò-
- Grazie-
- Stasera verresti a cena…da me…-
- Sì, credo proprio di sì, mi mancano le serate con te, in quest’ultimo periodo siamo tutti un po’ tesi…-
- Vedrai, stasera ti rilasserai…-
 
 
Possibile che Mac lo credesse sempre il responsabile di tutto. Brumby lo aveva praticamente assalito, accusandolo di fare gli occhi dolci alla sua donna e Sarah sgridava lui! Eccoli, a ridere e scherzare. “ Chissà che bei progetti per questa sera!”. Scosse la testa per non pensarci. Quella zucca vuota dell’australiano non gli piaceva, e mai gli sarebbe piaciuto, almeno fino a quando sarebbe stato a trenta centimetri dal colonnello.
 
 
Capitolo II
 
Si era svegliata nel letto del suo fidanzato, ma si era sentita strana. La notte prima non poteva dire di non essersi divertita. Mic le aveva preparato una cena fantastica e anche quello che era successo dopo l’aveva sorpresa. Solo che quella mattina, nel ripensare a tutto quello che era accaduto si sentì…strana. Si guardò intorno, gettando distrattamente un’occhiata alla sveglia. Le 06.38.
“ sei e quaranta…” pensò con una punta di delusione per quegli apparecchi elettronici. Si stiracchiò leggermente e decise di alzarsi.
- Ben svegliata, amore…-
- Ehi…già in piedi?-
- Sì, devo andare a Leavenworth per un altro caso, oggi dovrai occuparti tu dell’udienza Madison…-
- Tranquillo, so tenere a bada Harm-
- Lo so, mi fido di te…-
- Da quando così tanta libertà?-
- Mi sono comportato da stupido, in fondo tu non stai con lui, ma con me, quindi perché dovrei essere geloso!-
- …-
- Sarah?-
- Già, perché dovresti…buona giornata, Mic…-
Baciandola in fronte uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
 
 
 
Raggiunse il Jag in poco meno di un’ora. Si fece consegnare da Harriet i vari messaggi lasciati per lei e si chiuse in ufficio. Che cosa le stava succedendo? Si sentiva svuotata, non riusciva a pensare, ma cosa peggiore di tutte stava fingendo con Mic. Non che non lo amasse, ma…c’era un ma e non riusciva a capire perché. Improvvisamente si ricordò dell’udienza e volò in aula, giusto in tempo per l’ingresso del giudice.
- Gli avvocati sono presenti?-
- Sì, vostro onore…-
- Bene, cominciamo, colonnello Mackenzie, può chiamare il suo primo teste-
Senza Mic le cose andarono meglio, dovette ammetterlo, non c’era tensione, ed il processo ne giovò molto. Lei e Harm si affrontarono senza esclusione di colpi, ma con quel sorrisetto che la diceva lunga. Insomma si era divertita, si era dannatamente divertita a prenderlo in giro interrogando i suoi testimoni. Il giudice emise un rinvio di giudizio in attesa che si stabilisse una pena equa.
- Colonnello!-
- Harm…-
- Lo sai che sei stata tremenda, vero?-
- No, non mi pare, perché, credi di perdere, comandante?-
- Tu, piuttosto, dovresti avere paura, la mia arringa è stata fa-vo-lo-sa!-
- Quanta modestia, vieni Mr. arringa-favolosa, beviamo qualcosa…-
- Caffè o tè?-
- Caffè, che domande…-
- Scusa, credevo che con il tempo ti fossi addolcita, evidentemente dovrò rinunciare…-
- Guarda che io sono una persona dolce…-
- Mac, i tuoi occhi da cucciolo non mi convinceranno, tieni, attenta, scotta-
- Grazie…Allora, programmi per il weekend?-
- Casa, lavoro, casa e…lavoro…-
- Sembra interessante…-
- Mic dove ti porterà?-
- Pensavamo di stare da lui, un fine settimana casalingo, con tutto questo lavoro al Jag non abbiamo avuto un momento per noi…-
- Sembra bello…-
- Lo spero…-
Sono queste le cose che non riusciva a spiegarsi, quei brividi lungo la schiena che gli venivano ogni volta che la guardava, come in quel momento, quando semplicemente bevendo un caffè i loro occhi s’incrociavano. Loro comunicavano così, con un semplice sguardo e si dicevano tutto. Avrebbero potuto stare fermi delle ore e niente li avrebbe distratti, questi silenziosi discorsi erano il loro modo di sostenersi a vicenda, di litigare, di volersi bene.
- Mac…-
La donna si risvegliò improvvisamente e alzandosi dal bancone a cui era appoggiata si mosse verso la porta.
- Mac…-
- Scusami Harm, devo scappare…-
- Aspetta…-
La prese per un braccio, facendola voltare di scatto e fu un grande errore. La tazza di Mac, o meglio il suo caffè, volò a pochi centimetri dalla camicia di Harm, lasciata scoperta dalla giacca aperta, evitandola per un soffio.
- Oddio, scusami, scusami…-
- Ti piacciono proprio le mie camicie…-
- Non scherzare, io non te ne avrei potuto imprestare una!-
- No, mi starebbe un po’ piccola!-
- Scusami, davvero…-
- Ah, adesso ti devi far perdonare…in qualche modo…-
- Harm?-
- Beh, un abbraccio è d’obbligo…-
- Certo, accusa di fraternizzazione e sospensione dal caso…va bene… non guardarmi così…-
- Grazie, sono carente d’affetto…-
Con un sorriso la strinse tra le braccia e per pochi secondi si sentì felice. Quando si appoggiò a lui capì che tutto quello che desiderava era tenerla con sé per sempre.
- Grazie, marine…-
- Di nulla…-
- Vedi, un gesto carino migliora la giornata…-
- Chissà perché non riesco a crederti…Ascolta, posso fare qualcosa per sdebitarmi, un abbraccio non basta…-
- Ti sei già sdebitata…-
- Dico davvero…-
- Non c’è bisogno…-
- Ok, grazie…ora vado, Mic starà rientrando e poi tra poco gli uffici chiudono…-
- A domani?-
- A domani…-
 
 
 
Respira, respira, respira. “ Mic sta per rientrare…”. Scosse la testa allibita, non avrebbe potuto inventarsi una scusa peggiore. Mic non stava affatto per rientrare, si sarebbero visti direttamente a casa sua. Doveva solo uscire da quella stanza, la cucina stava diventando troppo stretta. Ma doveva proprio quasi rovesciare su quel fisico pazzesco la sua tazza di caffè? Non ne avrebbe preso più uno in tutta la sua vita. In due giorni le avevano macchiato la divisa e aveva contribuito a far  quasi secca quella di Harm.
Consegnò ad un sottufficiale alcuni fascicoli da archiviare, recuperò il suo paltò e il cappello e schiacciando il tasto di chiamata dell’ascensore rientrò a casa.
 
 
 
- Sarah guarda cosa ho trovato…-
- Ah, deve essere quella di Harm, dammi pure, domani gliela ridarò, l’avrò messa tra le tue per sbaglio…-
- In realtà era piegata sopra la tua pila di camicie-
- Era già pronta per essere riconsegnata!-
- Sarah, vuoi dirmi qualcosa?-
- No, davvero, mi sono solo confusa, in fondo di camicie bianche ne ho parecchie…-
- Non parlavo della camicia…-
- Sto bene, tutto a posto, davvero, oggi al processo Harm ha ottenuto un rinvio, la giuria deve ancora deliberare-
- Patteggiamento?-
- Harm non patteggia mai, lui ottiene sempre quello che vuole…-
Mac andò in bagno a prepararsi per la notte, dopo aver spento la lampada principale del salotto, lasciando come unica fonte di luce alcune candele posate ancora sul tavolo.
- Lo so, lui ottiene sempre quello che vuole…-
Mic si avvicinò e soffiando le spense. Non avrebbe lasciato andare Sarah così facilmente, non dopo tutto quello che aveva fatto per conquistarla. Da un lato odiava quell’uomo, in quanto non gli permetteva di essere pienamente felice, ma dall’altro lo invidiava, perché ,seppur inconsciamente, Harm aveva tutto l’amore di Mac, tutto l’incondizionato amore di Mac, senza che avesse fatto nulla per meritarselo. Vedeva come lo guardava, come le brillavano gli occhi tutte le volte che al mattino il comandante entrava in ufficio. Gettò un ultimo sguardo fuori dalla finestra. I palazzi vicini si spegnevano a poco a poco. Tirò le tende e raggiunse la donna in camera da letto.
 
 
 
Stava cercando di nascondere a se stesso la verità. Lui amava Sarah Mackenzie. Al diavolo le scuse sulla carenza d’affetto. Lui voleva stare con lei, stringerla tra le braccia tutti i giorni, senza doversi per forza giustificare. Ancora una volta, aveva detto no. Due anni fa gli si era presentata la possibilità di essere felice, di stare con l’unica donne che forse lo avesse mai capito e lui aveva detto no. Sidney, l’Australia, Brumby, tutto troppo grosso per essere affrontato in un solo momento. O forse era solo paura la sua? Paura di ammettere davanti a tutti quanto fosse innamorato di Mac, quanto quel colonnello dei marines lo avesse colpito dritto al cuore. Si alzò dal divano. Iniziava a sentire freddo, strano per uno che dormiva in qualsiasi stagione in boxer. Arrivò in camera da letto, dopo aver saltellato sui gradini, a causa di uno spigolo non visto. Si coprì fin sopra il mento e tentò di addormentarsi. Era stata una giornata pesante e aveva bisogno di riposare.
 
 
 
Ancora cinque minuti e Mic sarebbe venuto a chiamarla. Non avrebbe potuto rimanere chiusa in bagno per sempre. Cosa credeva Harm? Che non se ne fosse accorta? Era molto più di un abbraccio quello che si erano scambiati. Non poteva avere dei dubbi, non poteva sempre rovinare una relazione per colpa sua. Adesso, con Mic, stava bene, o almeno, le sembrava, e lei…lei voleva solo essere abbracciata di nuovo, ma non dall’uomo che l’aspettava in camera da letto, non da lui, ma dal suo migliore amico. Si lavò la faccia per assumere un’aria più felice. Aprì la porta e si accorse che il suo fidanzato si era già addormentato, distrutto dalla giornata di lavoro. Lo coprì meglio con il piumone e sdraiatasi accanto a lui lo abbracciò. - Buonanotte…- Gli sussurrò, prima di crollare addormentata al suo fianco.
 
 
 
Capitolo III
 
- Harm!-
- Buongiorno, Mac…-
- La tua camicia…-
- Potevi tenerla, non stavo scherzando!-
- Dai, ho anche fatto il grande sforzo di stirarla…-
- Beh in questo caso…Grazie marine-
Aveva una voglia matta di sfiorarla, giusto un’ultima volta. Forse il vedere Brumby uscire dall’ascensore lo portò ad un atto di pura pazzia, ma senza indugio si abbassò alla guancia di Mac e velocemente la baciò. Allo sguardo allibito della donna si giustificò con un semplice  -Per la camicia…-  E dandole le spalle si avviò verso il suo ufficio, sorridendo.
 
- Sarah?-
- Mi stava…ehm…mi stava ringraziando…per la camicia…- si girò di scatto e piuttosto imbarazzata si chiuse anche lei in ufficio.
Mic rimase solo, abbandonato in mezzo ai dipendenti del Jag. Due avvocati nascosti dietro a delle veneziane e lui lì, come un salame. Sconsolato, sistemò meglio il cappotto sottobraccio e si fece ricevere da Chegwidden.
 
 
Cosa gli era saltato in mente. Oltre a rovinarle la carriera con accuse di fraternizzazione, avrebbe rovinato il suo matrimonio. Quasi matrimonio. Il suo fidanzamento. Insomma qualsiasi cosa ci fosse tra lei e Mic. In una settimana, meglio, in due giorni era riuscito a farla impazzire. Quando finalmente era sicura di quello che sentiva per Brumby, Harm aveva cambiato le carte in tavola. La camicia, il caffè, il bacio. Avrebbe voluto bere caffeina a iosa, ma l’ultima volta che ci aveva provato i fatti avevano preso una brutta piega. Non che non le facesse piacere che Harm si sbloccasse e superasse tutte le sue paure, il problema è che aveva sbagliato tempistiche. Mai una volta in tutta la sua vita che qualcosa andasse bene.
- Mic…- intravide il comandante che appena uscito da una riunione con l’ammiraglio stava prendendo le scale.
- Mic…- urlò un po’ più forte, uscendo dall’ufficio e l’uomo si fermò, quasi controvoglia.
- Colonello, ha bisogno?-
- Si, vorrei parlarti. Mic, riguardo a quello che hai visto prima, ti assicuro era solo un gesto d’affetto, non aveva secondi fini e…-
- La prima volta che sono entrato da quella porta ho pensato “ non ho mai visto niente di più bello..” mi avevi colpita, eri così…speciale. La seconda cosa che ho pensato?
“ E’ già fidanzata…” poi ho scoperto che Rabb era solo il tuo migliore amico. Non ci ho mai creduto e quella di stamattina ne è l’ennesima conferma. Siete inseparabili. Non importa quanto qualcuno cerchi di avvicinarsi ad uno di voi due. Non penetrerà mai quella barriera invisibile che vi circonda…-
- Mic, che cosa stai dicendo. Mi fai preoccupare. Io…-
- Devo incontrare un cliente. Ci vediamo questa sera a casa…-
- Mic…-
Brumby scese veloce le scale per non dover guardare il volto di Sarah. Era stato duro, doveva ammetterlo, ma aveva bisogno di mettere le cose in chiaro. Se Mac voleva stare con lui avrebbe dovuto prendere le distanze da Harm. Quei due erano come nitroglicerina: finche non sarebbe stata scossa, non sarebbe esplosa. Non poteva rischiare di trovarsi una bomba in mano. Non voleva passare il resto delle serate ad aspettare il ritorno di sua moglie da una cena a casa di Rabb, con la paura che fosse successo più del dovuto. Non voleva vivere nell’insicurezza perenne. O lui o Harm. Entrambi Sarah non li avrebbe avuti.  
 
 
 
Appena Mic sparì dal suo campo visivo, il colonnello si voltò arrabbiata e a paso di marcia tornò a rifugiarsi in ufficio, sbattendo la porta.
Harm la raggiunse quasi subito, purtroppo.
- Mac…-
- Non è il momento adatto-
- Senti se vuoi parlare…-
- Parlare…e di cosa? Ho appena ricevuto una sorta di ultimatum dal mio ragazzo, Mic è convinto che io sia innamorata di te, tu non fai altro che comportarti da ragazzino, ti svegli sempre troppo tardi, quando sono un passo fuori dalla tua vita…Dimmi comandante, di cosa vuoi parlare…-
- Io…-
- Non ci avevi pensato? Io non so più cosa fare, non so chi tra voi due sia più immaturo. Forse sono io che ho troppa fiducia, non potrò mai avere un rapporto felice e tranquillo. Ora scusami, ma devo lavorare…-
Sbattuto fuori uscì dalla porta della sua migliore amica distrutto. Non si era accorto di tutto quello che le stava causando. Entrò nel suo ufficio, bisognava mettere in chiaro un paio di punti.


Quella sera il colonnello e il comandante non si salutarono. Harm rimase in ufficio a lungo, non se la sentiva di tornare a casa, perchè una volta lì, da solo, sarebbe stato costretto a pensare alla giornata trascorsa. Mac, invece, lasciò molto velocemente il Jag, non aveva voglia di vedere nessuno, primo fra tutti il suo migliore amico.
- Mic…Sei già a casa…-
- Ti stavo aspettando, Sarah… Dobbiamo parlare-
- Sono d’accordo…-
- Mi dispiace essere stato duro con te, in ufficio…-
- Mi hai messo davanti ad un aut-aut…-
- Lo so… Mac io ti amo, sei davvero una donna eccezionale, ma così non va bene…-
- Che cosa intendi dire?-
- Harm ti ama…-
- Harm?-
- Sarà anche un bambino egocentrico e testardo, ma quello che prova per te è sincero…-
- Mic…-
- Non provare a nascondere a te stessa la verità, lo so, non mi hai tradito, ma il tuo cuore non mi appartiene, me ne rendo conto tutte le mattine, quando Rabb entra in ufficio, o tutte le volte in aula. Mac, lui è parte di te…-
- Non so che cosa fare…- Il colonnello Mackenzie era scoppiata in lacrime. Mic le si avvicinò e l’abbracciò stretta.
- Mic, mi dispiace…-
- Sarah, tu lo ami?-
- Credo di sì…-
- Allora dovreste parlare voi due, non ho mai visto nessuno di più imbranato…-
Mic rise quasi un po’ in imbarazzo.
- Ormai dovresti conoscerci…-



 
                     Capitolo IV
 
- Comandante è sicuro della sua decisione?-
- Sì, Signore…-
- Molto bene, le auguro un buon rientro-
- La ringrazio, Ammiraglio-
- Brumby, mi dispiace per il corso degli eventi…-
- A volte decide il destino, ma è giusto così…-
- Buona fortuna, comandante…- Il comandante Brumby uscì dall’ufficio del suo ex-capo. La sera prima aveva rotto il fidanzamento di comune accordo con Mac. Adesso era tempo di tornare in Australia. Prima però volle assicurarsi che Rabb non ne combinasse un’altra delle sue.
- E’ permesso?-
- Mic, speravo non fossi ancora partito, volevo…-
- Non c’è nessun problema Rabb, è giusto così, lo sapevo sin dall’inizio, tu e Sarah siete troppo legati…-
- Mi dispiace…-
- Smettila di scusarti, o mi riprendo la donna che ami!-
- La donna?-
- Ho visto il modo in cui la guardi e gli sguardi dicono sempre la verità…Se ti stai chiedendo dove trovarla, io farei un salto in cucina…- E così, come arrivato, il comandante Brumby uscì dalla vita di tutte quelle persone che lavoravano al Jag. Chiamò l’ascensore. Prima che le porte si chiudessero intravide Rabb: stava andando in cucina.
 
- Cavolo…-
- Lascia ti aiuto io…- Harm raccolse il caffè caduto in terra e ne preparò uno nuovo per entrambi osservando Mac, che nel frattempo si era appoggiata al bancone.
- Stai bene?-
- Ho rotto il fidanzamento con Mic…-
- Sì, lo so. L’ho incontrato poco fa…-
- Noi non cambieremo mai vero?- gli disse mentre lo fissava alle prese con la macchinetta del caffè.
- No, ma ci possiamo provare- le rispose, voltandosi verso di lei.
- Vorrei solo…- continuò il marine, prima di fermarsi e scuotere la testa.
- Cosa vorresti, Sarah?-
- Voglio solo essere felice, dici che me lo merito?- riprese, quasi con una punta di cattiveria.
- Io credo di sì- Le rispose guardandola negli occhi, senza più paura di scoprirsi e rivelarle i suoi sentimenti.
- E tu, che cosa vuoi, Harm?-
- Io voglio soltanto bere con te il primo caffè del mattino, mi basta questo…- lei lo guardò quasi per prenderlo in giro davanti ad una frase come quella, ma lui continuò.
- Ma dev’essere ogni mattina per il resto della nostra vita. Ti va?-
- Vuoi anche un po’ di latte?- gli chiese, trattenendo a stento un sorriso, mentre passandogli accanto lasciava un bacio dolce sulla sua guancia.

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Capitolo 3
*** Raccontami una storia ***


Ho scritto questo racconto a sedici anni, quando c'erano troppi perché e pochissime risposte. Non avevo ancora capito che il mio viaggio prevedeva certe fermate, per così dire obbligatorie.

 

RACCONTAMI UNA STORIA
 

Era una notte buia e tempestosa, doveva ammetterlo, non ne ricordava molte come quella. Era seduto in salotto, con una coperta tirata fino al petto e fissava la finestra, dove impetuosa la pioggia ci sbatteva contro. Non voleva alzarsi a chiudere le persiane, era troppo stanco. Sentì il pavimento scricchiolare dietro di sé e quasi subito si voltò.

- Tommy, cosa fai ancora alzato?-

- Non riesco a dormire, il temporale...-

- Vieni, c'è freddo, stai con me sotto le coperte e vedrai che ti addormenterai subito...-

- Papà...-

- Dimmi Thomas...-

- Mi racconti una storia?-

- Lo sai che non sono bravo...-

- Non è vero, solo che non vuoi più raccontarle...-

- Non dire così...-

- Papà, raccontami una storia...-

- Va bene...-
 
 
 
           Ci sarebbero stati tutti. Harriet aveva pensato ad ogni particolare: dal tavolo imbandito con le più buone pietanze, alle sedie, al barbecue e agli ospiti. Sarebbe stato un pomeriggio di fine giugno bellissimo. Un pomeriggio con i suoi colleghi, ma soprattutto con tutte quelle persone che facevano parte della sua famiglia. Si guardò distrattamente allo specchio, pensando che avrebbe avuto ancora un'oretta per prepararsi. Si sarebbero trovati per l'una. Non sapeva cosa indossare. Sicuramente ci sarebbe stato caldo, e mangiando in giardino non voleva optare per nulla di sofisticato. Ripescò dall'armadio una canottiera di lino, molto semplice, ma che sapeva mettere in risalto i punti giusti, un pantalone abbinato lungo e leggero e un paio di sandali. Si raccolse i capelli in uno chignon disordinato e passatasi un filo di rossetto e un filo di matita, recuperò la borsa e uscì di casa.
 
 
        Erano arrivati quasi tutti, tranne Harm. Lui era perennemente in ritardo. Stava chiacchierando con Harriet in cucina, mentre affettava dei pomodori.
- Harriet, spegni quella telecamera...-

- Quando sarò vecchia voglio ricordarmi di queste giornate!- disse l'amica.

- Harriet sai se...-

- Si, Mac, verrà!-

- Io non...-

- Te lo si legge in faccia e poi se ne sono accorti anche quei poveri pomodori...- abbassò lo sguardo, notando che non ce n'era uno tagliato regolarmente, tanto era presa dal fissare ansiosamente il cancello dei Roberts.

- Arriverà, sarà solo in ritardo...-

- Eccomi, è permesso...-

- Harm! Sei in ritardo!-

- Scusami Harriet, mi farò perdonare, ho portato da mangiare...-

- Ma non dovevi, dai qua! Per punizione vai in cucina a pulire le verdure -

- Aiuto, la mamma ti ha messo in castigo-

- Sturgis...- i due si salutarono con una pacca amichevole sulle spalle e poi ognuno tornò alle proprie mansioni. Turner seguiva il barbecue con Bud, mentre Harm era stato designato alla pulizia delle verdure.

- Ciao...-

- Ehi, sei arrivato...-

- Preoccupata?-

- Tieni lava l'insalata-

- Agli ordini, signora!-
 
       
         Circa mezz'ora dopo la carne era stata cotta e anche le verdure grigliate.
Tutti presero posto. I piccoli erano stati affidati alle cure della babysitter per un pomeriggio, per permettere al tenente Sims di godersi un po' di pace e compagnia. Harm e Mac si trovarono di fronte, forse per caso, forse per scelta. Il capitano non toccò carne, ma optò per una sorta di primo piatto che Harriet aveva preparato per lui. Tra tintinnii di bicchieri e rumore di postate, gli avvocati del JAG si stavano davvero rilassando. 

- Tenente, devo farle i miei complimenti, è sempre ottimo il pranzo da lei-

- La ringrazio signore, lavoro di squadra!-

- Parlando di squadra, Bud ha già informato gli ospiti del gioco di oggi pomeriggio?-

- Gioco?-

- Sì, vede colonnello, io e Galindez avevamo proposto, scherzando, di giocare a bandierina e l'Ammiraglio ci ha presi in parola...-

- Signore, non credo di essere pronto...-

- Su Rabb, se non è pronto lei, figuriamoci il sottoscritto. Sarà divertente!- Mac fulminò con lo sguardo il giovane Victor e Roberts che con un sorrisetto imbarazzato si concentrò sulla salsiccia che aveva nel piatto.

- Coraggio marine, ti farò vincere...-

- Non ce n'è bisogno pilota, arriverai comunque secondo!-

- Sento aria di sfida, ammiraglio prepariamoci ad una bella battaglia!-

- Sturgis, lei si prepari a correre, se non vuole rimanere a pulire tutto solo-
Tra le risate generali si finì di mangiare. Sarah e Jennifer aiutarono Harriet a riordinare la tavola, sparecchiando e lavando qualche piatto, anche se l'amica tentò più volte di dissuaderle. Gli uomini seduti all'ombra di due grandi alberi chiacchieravano, commentando le ultime cause disputate. Quando le tre donne li raggiunsero con il vassoio del caffè, ognuno si sporse a prendere la sua tazzina.

- Vieni Mac!- Harm la fece sedere accanto a sè, prendendo un piattino.

- Grazie...-

- Di cosa stavate parlando?-

- Lavoro...-

- Uomini!- Harriet guardò ridendo le sue amiche mentre gli avvocati le osservavano scuotendo la testa. Finito anche quel momento di pausa si decise di iniziare il grande gioco. Insomma, un pomeriggio per tornare bambini, come lo aveva soprannominato Chegwidden.

- Allora, dividiamoci in due squadre... Harriet terrà la bandiera e Bud segnerà i punteggi- Roberts si avviò alla sua postazione, sedendosi poco dietro a sua moglie. L'Ammiraglio era stato davvero gentile. Era consapevole che a causa della sua gamba non avrebbe potuto correre. I suoi amici si schierarono su due file. Al comando della prima squadra l'ammiraglio che avrebbe affrontato il comandante Turner. In seconda posizione i giovani del gruppo, Galinedz e Jennifer. Infine, come da copione, Harm e Mac, che non avevano smesso di punzecchiarsi dalla conclusione del pranzo.

- Regola numero uno: la bandierina dovrà essere portata dietro la riga. Solo allora verrà assegnato punto-

- Si può rubare la bandierina all'avversario in qualsiasi modo...-

- Ma Harriet!-

- Mac, dai per cambiare un po'...-

- Mmm, sarà...-

- Paura di perdere?-

- Ah, sta zitto!- con un sorriso sulla faccia il capitano Rabb si concentrò, in attesa che la padrona di casa chiamasse il proprio nome. I primi a partire furono Jennifer e Galindez. Coates provò a correre più forte che poté, ma il giovane sottufficiale era davvero un velocista. Il primo punto andò quindi alla squadra di soli uomini. Fu poi il turno dell'ammiraglio e di Sturgis, il quale riuscì a rubare la bandierina, portano la situazione ad un pareggio.

- Se non ti conoscessi direi che l'hai fatto apposta Harriet!-

- Beh mancate solo voi...tre, due uno...-

Entrambi partirono correndo veloci. I membri delle loro squadre che li incitavano. Mac più veloce riuscì a prendere il fazzoletto dalle mani di Harriet. Non aveva fatto i conti con Harm, il quale la raggiunse, la prese in braccio e la portò nel suo campo.

- Harm, Mettimi giù...-

- Ai suoi ordini signora...-

- Il punto va alla squadra dell'ammiraglio, mi dispiace Mac!-

- Ha barato...lo sai... Harm...- il capitano Rabb si stava facendo due grosse risate e non si accorse dell'uragano Mac che si abbatté su di lui. Presa la pompa del giardino Mac lo lavò da capo a piedi. Vi fu una risata generale. Il bel pilota si voltò completamente zuppo. Mai visto Harm lasciarsi sconfiggere impassibile? Prese a sua volta la canna e rincorrendo Sarah per il giardino cercò in tutti i modi di bagnarla. Sturgis volle andare ad aiutare il suo amico e intrappolata Mac la lavarono per bene. L'ammiraglio osservava stupito. Più che avvocati sembravano bambini di terza elementare. Scosse la testa pensando che tutto sommato era stato lui a proporre questo ritorno al passato. Si accomodò vicino a Bud e si godette lo spettacolo.

- Glielo prometto Roberts, l'aiuterò di persona a sistemare il giardino...-

- Ah, non si preoccupi, ci penseranno il colonnello e il capitano...-

- Come fa a saperlo...-

- Non lo so, lo spero!-
Intanto i tre continuavano quella buffa lotta. Galindez si rimboccò le maniche della camicia e insieme a Jennifer andarono in aiuto di Mac. Anche se in tre, non riuscirono a difendersi dai due compagni di accademia. Alla fine si ritrovarono tutti a terra, completamente bagnati.

- Bambini, chi vuole la merenda?-

- Harriet, scusaci...-

- State scherzando vero? Io con questo vi ricatto per l'eternità!-

- No...- Jennifer e Mac si alzarono e cercarono di rubare la videocamera dalle mani dell'amica.
 
Harm ancora seduto sull'erba osservava con quanta grazia Mac riuscisse a muoversi, pur essendo in uno stato pietoso. Non poteva fare a meno di fissarla. Le goccioline che scendevano piano sul suo volto, la pelle lasciata scoperta dalla canotta, colorata dal sole delle quattro, e i suoi vestiti che in quel momento si adattavano perfettamente al corpo, tracciandone la forma.

- Harm, perché non glielo dici?-

- Eh?-

- Hai capito, amico!-

- Dirle cosa?-

- Che sei innamorato di lei...-

- Io...-

- Innamorato di chi?- Sarah era comparsa all'improvviso, sorridente, e aveva allungato la mano verso gli eroi ancora a terra, dopo la stancante battaglia d'acqua.

- Innamorato di chi?- Domandò una seconda volta.

- Nulla...-

- Vieni, asciugati un po', sei totalmente zuppo...-

- Ha parlato la Sirenetta!-

- Capitano, sempre a ribattere-

- Marine, ti ho battuto-

- Mi hai sollevata da terra, se questo lo chiami vincere!-

- Ho sfruttato le armi in mio possesso- le disse sfoggiando il suo solito sorriso

- Ah beh!-

- Voi due, basta discutere, andate a farvi una doccia. Potete usare il bagno al primo piano...-

- Grazie Harriet, sei un tesoro-

- Harm mi lavo prima io-

- No, non ci provare...-

- A chi arriva primo!-
 


 
- Harm!-

- Va bene, prima le signore, ti aspetto sul balcone o allago tutto quanto-
Si assicurò che il capitano fosse uscito prima di chiudere la porta ed entrare in doccia. I vestiti bagnati giacevano stropicciati nel lavandino, mentre il getto di acqua calda le scivolava sul corpo. Prima aveva captato qualcosa da una conversazione con Sturgis, qualcosa che Harm non aveva voluto dirle. Probabilmente un'altra delle sue conquiste, una di quelle bionde di cui spesso si circondava. Leggermente irritata finì di insaponarsi per poi far scorrere via il bagnoschiuma. Afferrò l'asciugamano che la sua migliore amica le aveva preparato e raccolti i suoi indumenti tornò da Rabb.

- Ce ne hai messo di tempo!-

- Di cosa ti lamenti ci ho impiegato sette minuti...-

- Posso andare io?-

- Si, certo...-

- Grazie...-

- Aspetta un attimo, di cosa parlavi prima con Stu?-

- Di nulla...-

- No, Harm, non era nulla. Ti sei innamorato?-

- Mac, non capisco perché dovrei...-

- Già, perché parlarne con me! Giusto, io sono solo la collega di lavoro, per il resto ci sono gli amici, lascia stare, ho sbagliato!-

- Sarah...-
Scosse la testa, in questo periodo non passava giorno in cui non litigassero. Era convinto che dopo l'incidente di Bud si fossero avvicinati, eppure litigavano continuamente, per delle sciocchezze. Cosa avrebbe dovuto dirle? "Sarah mi sono innamorato di te?”. Si chiuse in bagno e cercò di non pensare al marine deluso e arrabbiato che aveva appena lasciato la stanza.
 
 
- Mac...-

- Vieni pure, Harriet, sono quasi pronta-

- Allora, cosa c'è?-

- Nulla...-

- Vi ho sentiti discutere, prima-

- Io e Harm discutiamo sempre in questo periodo, sembra che non possa passare giorno senza che ci scappi una litigata!- continuò il colonnello, mentre si metteva una maglietta pulita, imprestatale dalla sua migliore amica.

- È ancora in doccia?-

- Sì, almeno credo...-

- Vi aspettiamo di sotto, gli altri hanno quasi tutti finito, voglio farvi vedere il filmato di oggi-

- Stai scherzando?-

- Coraggio, sopravviverai!-
 
 
 
Erano già tutti presenti, quando Harm scese in soggiorno. Cercò Mac con lo sguardo e la vide seduta sulla poltrona, con Sturgis che appoggiato allo schienale parlava con lei. Sorrise un po' in imbarazzo all'ammiraglio e si accomodò vicino a Galindez che stava chiacchierando con Jennifer.

- Bene, ci siamo tutti...-

- Harriet, tu sei tremenda!-

- Shh! Guardate...-
Partì il filmato, tra le risate generali. Si vide Bud mentre si destreggiava tra salsicce e bistecche, Gunny e Jen che si davano al design, apparecchiando la tavola, tra scelte di tovaglioli e piatti. La scena si spostò poi in cucina, dove un'agitatissima Mac stava tentando di tagliare dei pomodori.

- Harriet, spegni la telecamera...-

- Uff...-

- Hai spento?-

- Si...-

- Harriet, pensi che...-

- Sì, Mac, arriverà, tranquilla...-

- È solo che ...-

- Non ce la fai proprio a resistere senza di lui, vero?-

- Si nota così tanto?-
Tutti in sala ammutolirono. Il colonnello si voltò verso il tenente Sims con un'aria tra l'omicida e l'allibito.

- Credevo avessi spento-

- Lo credevo anche io...- cercò di giustificarsi la padrona di casa.
Mac spostò lo sguardo da Harriet ad Harm. Per un secondo scese il gelo. Il filmato fortunatamente riprese, spostando la scena al gioco-bandierina. Ci furono commenti ironici e divertenti, soprattutto nel rivedere l'ammiraglio correre. Harriet aveva anche ripreso la battaglia d'acqua successiva. Harm e Mac si ritrovarono a fissare lo schermo, osservandosi mentre si rincorrevano, come bambini, felici.

- Harriet, spegni la videocamera...- nel televisore si videro le due donne avvicinarsi all'obiettivo, mentre sullo sfondo due amici parlavano.

- Harm, perché non glielo dici?-

- Eh?-

- Hai capito, amico!-

- Dirle cosa?-

- Che sei innamorato di lei-

- Io...-

- Innamorato di chi?- Harm prese un respiro profondo, poi con una scusa uscì in giardino. Harriet decise di aver spinto abbastanza i due a parlarsi e volle fare una pausa.

- Caffè?-

- Sì, credo ce ne vorrà uno bello forte!- La comitiva si spostò in cucina, lasciando Mac immobile sulla poltrona. "Non posso essere io..." Si disse scuotendo la testa. Osservò ancora una volta la tv, sul cui schermo era bloccata l'immagine del suo migliore amico, mentre seduto sull'erba fissava la donna davanti a sé
Prese coraggio e si ritrovò in veranda.

- Ciao...-

- Scusa, non so perché sono uscita...-

- Quindi non mi volevi parlare?-
- No, cioè sì, ma...-
- Non ti preoccupare, se non vuoi non ne parleremo mai-
- Harm...-

- Dimmi quello che vuoi, Mac-

- Vorrei sapere chi è quella donna di cui parli-

- Ah, domanda difficile!- le disse guardandola con un mezzo sorriso.

- Ti piace tanto?- provò a chiedere, terrorizzata dalla possibile risposta.

- Oh si...-

- Perché non me ne hai parlato?-

- Ci ho provato, anche prima, appena finito la doccia, ma te ne sei andata arrabbiata- continuò il comandante facendo scorrere le mani sul corrimano di legno.

- Scusa-

- Mai scusarsi, è segno di debolezza, me lo ripeti sempre tu...-

- Già!- con un sorriso imbarazzato Sarah si sedette sul divanetto di vimini dietro ad Harm, che era appoggiato al muretto della veranda.

- Allora, parlami di lei...- disse incrociando le gambe e poggiano le mani sulle sue ginocchia.

- È un tipo strano, vuole avere sempre ragione...-

- Deve essere una donna difficile...-

- Non sai quanto, è testarda, molte volte...-

- Cosa ti piace di lei...-

- Beh lei è la donna più intelligente, competitiva, esasperante, stimolante, impegnativa e bellissima che io abbia mai conosciuto -

- Devi essere proprio innamorato di lei-

- Sì...- Quasi non si accorse di aver pronunciato quell'unica sillaba, tanto la sussurrò. Percepì un movimento d'aria dietro di sé. Qualche secondo dopo una mano sfiorò la sua. Abbassò lo sguardo e incrociò gli occhi di Mac.

- Cosa mi dici del tuo principe azzurro? Ci sarà qualcuno che ti avrà rubato il cuore...- sapeva perfettamente quanto sarebbe stato rischioso, ma voleva tentare.

- Gli sto dando la mano in questo momento...- rimasero entrambi in silenzio, sorridenti. Mac si spostò davanti ad Harm, sedendosi sul muretto.

- Ci possiamo provare, marine?-
Sarah annuì con la testa. Troppa emozione per parlare e magari rovinare tutto. Sorrise mentre distrattamente accarezzava un filo di barba all'angolo della bocca di Harm. Lui le prese la mano e abbracciandola forte si avvicinò alle sue labbra.

- A bandierina ho vinto io!-

- Che cosa! Tu hai bar...- le ultime parole furono soffocate da un bacio. Mac dopo essersi ripresa legò le braccia al collo del suo collega. Ci avrebbero provato e questa era già una grande promessa. Chissà, magari avrebbe anche potuto funzionare...
 
 
 
 
 
Smise di parlare, non si era accorto che suo figlio nel frattempo si era addormentato. Si alzò dalla sedia e riportò il bimbo in camera, lo mise sotto le coperte e dopo avergli dato un bacio in fronte uscì, socchiudendo piano la porta.
Ritornò in salotto, un fulmine illuminò la poltrona dove fino a qualche minuto prima era seduto con il piccolo Tommy. Il fuoco nel camino si stava spegnendo, quasi in automatico si abbassò per cercare qualche debole fiamma nel legno ormai bruciato.
Sopra il camino sorrise nel ripercorrere con lo sguardo le fotografie della sua famiglia, lui, Tommy e Sarah. Erano due anni che non c'era più, e non passava giorno in cui non sentisse la sua mancanza. Era sparita in una notte come quella, in missione. Era partita per il Paraguay, viaggio diplomatico aveva detto il Segretario, peccato che da quella missione lei non fosse più tornata. Un raid notturno al campo, erano morti molti Marines, tra cui Mac. Una lacrima solitaria scese sulla guancia nel ricordare il soprannome di sua moglie, Mac... Quante volte l'aveva chiamata così, per scherzo, per ripicca, quando litigavano, quando semplicemente aveva bisogno di incrociare il suo sguardo. Non amava parlare di lei con gli altri perché semplicemente non avrebbero capito, per lui Sarah era stata il suo tutto, solo il suo cuore sapeva quanto fosse stato vero e meraviglioso, lei lo aveva amato e lo aveva completato, lui lo sapeva e questo bastava. Spesso riportava in vita gli anni passati con lei e sentiva uno strano peso sul petto, avrebbe voluto tornare indietro per cancellare tutta la tristezza e il dolore, ma si convinceva del fatto che inevitabilmente avrebbe finito per cancellare anche tutti i momenti di gioia e amore.  Quindi ricordava così, imparando a gestire le lacrime. Un tuono lo riscosse dai suoi pensieri, prese una foto dalla mensola e si sedette in poltrona. Con il pollice fece girare la fede che aveva al dito. Erano passati due anni, ma non aveva tolto l'anello. Forse non l'avrebbe mai fatto. Sorrise alla donna dietro il vetro. Passò distrattamente la mano sul suo volto. Sarah era stata la sua storia più bella.

 

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Capitolo 4
*** Una sera d'ottobre, un temporale... ***


DEDICATE TO:
 
Al nostro temporale: a chi ci crede speciali, senza un perché. A chi ha trovato la sua goccia di pioggia in una sera d'ottobre...

 

 
 
 
 
        Pioveva. Pioveva forte quella sera d'ottobre. Il tenente colonnello Mackenzie era in piedi davanti alla finestra del suo appartamento a Georgetown e passandosi le mani sulle spalle ad intervalli irregolari cercava di non rabbrividire, mentre aspettava che il fuoco incominciasse a bruciare con vigore la legna. Era un sabato sera come tanti altri: cena veloce e un bel film per rilassarsi. Quella settimana al JAG era stata piuttosto difficile. Impegnata tutti i giorni in un processo non si era resa conto di non aver passato un momento con i suoi amici. Un po' la sua seconda famiglia. Gettò un'ultima occhiata fuori dalla finestra, pensando che non le sarebbe piaciuto guidare in quel momento. Si era anche alzato il vento e le chiome degli alberi oscillavano vistosamente, cercando riparo, forse, dagli scrosci d'acqua. Saltellò per scaldarsi e si andò a sedere vicino al camino. Sapeva perfettamente che appena si sarebbe alzata da lì avrebbe avuto ancora più freddo, ma non le interessava. Prese la coperta dal divano dietro di sé e avvoltasi in essa si lasciò cullare dalle fiamme. Non aveva voglia di fare granché. Dopo qualche minuto, senza che se ne fosse accorta, alcuni ricordi le avevano popolato il pensiero. Si abbandonò ad essi, così, semplicemente chiudendo gli occhi.
 
 
 
 
 
- Harm, dovresti cercare di mettere in ordine!-

- È in ordine, fin troppo direi...-
 
Quella sera avevano deciso di cenare insieme, così dall'ufficio erano partiti per North of Union Station, ma a metà strada erano stati sorpresi da un improvviso temporale. Adesso, bagnati, stavano cercando di asciugarsi per evitare di allagare l'appartamento.

- Sarebbe meglio che mi cambiassi, o domani sono a casa con 38 di febbre...-

- Dubito...-

- Ehi! Anche i Marines si ammalano...-

- Certo, Mac! E tu staresti a casa proprio il giorno in cui il SecNav viene al JAG per incontrare l'ammiraglio e il suo staff...-

- È già domani?-

- Mac!-

- Non...è già passato un mese? Cosa ho fatto in tutto questo tempo?-

- Sei sparita...- le parole gli erano uscite così. Si rese conto dopo di quello che aveva detto. Sarah smise di strofinarsi i capelli e poggiato l'asciugamano sul tavolo in cucina, chiese se avesse potuto usare il bagno, per poi sparire nell'altra stanza. Harm si tolse il cappotto, lui si era decisamente bagnato meno. Si passò una mano sugli occhi stanchi e tolta la divisa, approfittando dell'assenza dell'amica si mise in tuta. Cercò in qualche modo una frase per rimediare, ma in fondo aveva ragione: Sarah Mackenzie era sparita. Per un mese non aveva fatto altro che lavorare. Rifiutava gli inviti a cena di Harriet e Bud, non mangiava in pausa pranzo con loro, insomma era come se non esistesse. Tutto per una stupidissima promozione. Il SecNav, quell'odioso e pomposo individuo, aveva comunicato a Mac che probabilmente sarebbe salita di grado, ma che per ottenere ciò avrebbe dovuto lavorare meglio, più seriamente. Questo, pensò Harm, aveva a tal punto ferito la sua migliore amica da farla vivere solo per il lavoro. Immerso nei suoi pensieri non si era reso conto che Mac era tornata.

- Eccomi, allora, prepariamo qualcosa da mangiare?- si voltò a guardarla e le sorrise dolcemente. Presero chi una padella, chi le verdure dal frigorifero e si misero a cucinare. Ognuno svolgeva il proprio compito, in silenzio.

- Sarah...-

- Non mi hai mai chiamata così...-

- Tenente colonnello Mackenzie...-

- Sei cattivo, lo sai!-

- Mac, ascoltami...- le aveva preso un braccio, per obbligarla a guardarlo.

- A me non interessa niente della tua promozione, e a nessuno dei tuoi amici, noi ti vorremo sempre bene, sia che tu diventi colonnello o rimanga tenente...-

- Ah, grazie... E magari pensare che possa interessare a me!-

- Non volevo dire che non sia importante, ma...-

- Ma... Cosa?- si era girata di nuovo verso le zucchine che cuocevano sul fuoco. Cercando di ricacciare indietro le lacrime. Erano più di tre anni che aspettava quella promozione e sperava che dopo l'avventura del Paraguay potessero concedergliela. Invece no, anzi, le era anche stato detto che non lavorava abbastanza bene. Sbattè il cucchiaio sul piano cucina e si affacciò ad una finestra del salotto. Harm , rimasto immobile vicino ai fornelli, la osservò. Rimasero in silenzio cinque minuti buoni. Il comandante Rabb finì di cuocere la cena e la servì in tavola.

- È pronto...-

- Arrivo. Dammi un minuto...- sì asciugò una lacrima solitaria che purtroppo non era riuscita a trattenere. Cercò di respirare piano, perché il suo migliore amico non si accorgesse di quanto accaduto. Si strinse nella tuta che le era stata imprestata e si voltò.
 
- Harm!- Sorpresa fece un passo indietro, non essendosi accorta dell'uomo che, con molta probabilità, l'aveva sentita piangere.
 
- Che cosa succede, Sarah...-
 
- Voglio solo che qualcuno mi dica che sto facendo un buon lavoro, che mi dica che non sono solo un avvocato, ma qualcosa di più...-

- Sarah...-
 
- Lascia stare, scusami, andiamo, o non mangeremo nulla...- la donna accennò un sorriso e accarezzando il braccio di Harm si diresse al tavolo.
 
 




Le immagini della cena piano piano si dissolsero. Mac sollevò la testa, appoggiata sul divano, e si rese conto di essersi addormentata. Realizzò di non essere più dal suo migliore amico, ma a casa sua, da sola. Gettò uno sguardo all'orologio e vide che erano passati solo dieci minuti. Mancavano dieci minuti alle nove. Stese le gambe lungo il tappeto. Sistemò meglio la coperta e di nuovo fissò le fiamme, perdendosi negli avvenimenti dell'ultima settimana.
 



- Bene, grazie per esservi riuniti tutti, come il SecNav aveva annunciato un mese fa, oggi è il giorno della promozione di un membro dello staff...- La tensione nell'ufficio era alle stelle, specialmente per tutte quelle persone a cui era stato annunciato un possibile avanzamento di carriera. Harm e Mac, come sempre vicini, erano in piedi davanti alla porta dell'ufficio del comandante. Sarah era piuttosto nervosa  ma da bravo Marine riusciva a controllarsi. Il suo migliore amico le prese una mano, così che la donna si voltasse, guardandolo.
 
- Andrà tutto bene, vedrai...-
La sera prima si erano lasciati dopo una cena piuttosto tesa e Harm, in cuor suo, sperava che quella promozione andasse alla sua migliore amica, perché si potesse sentire un po' gratificata del meraviglioso lavoro, che a detta di tutti, stava svolgendo. L'ammiraglio nel frattempo aveva ripreso a parlare, finendo con l'annunciare all'ufficiale di seconda classe, Jennifer Coates, di essere diventata Capo Coates. La mano di Sarah si irrigidì improvvisamente. Il sorriso ancora gelato sulle labbra. Applaudì e si andò a complimentare con la giovane donna che aveva appena ricevuto la promozione per poi correre a chiudersi in ufficio. Harm rimase immobile, ad osservare la scena. Si mosse in automatico, strinse la mano alla sua sottoposta e cercò con lo sguardo il suo capo. AJ gli fece segno di seguirlo in ufficio.
 
- Signore, credevo che la promozione sarebbe andata al colonnello Mackenzie, beh tenente colonnello...-
 
- Ordini del SecNav. Ha ritenuto opportuno promuovere Coates-
 
- Perchè? Signore, sa perfettamente cosa significasse per Mac ricevere quella promozione... Non posso credere che abbia permesso a...-
 
- Comandante Rabb!-
 
- Mi scusi, signore...-
 
- Sia che io concordi con lei oppure no, non ho avuto molta libertà decisionale in questo. Mi è stato chiesto di nominare dei possibili candidati ed io l'ho fatto...-
 
- Signore...-
 
- Io non posso fare più nulla, ma...-
 
- Ma...?-
 
- Rabb, per caso aveva in mente una gita a Washington?- Il comandante sorrise, si mise sull'attenti e uscì dall'ufficio di Chegwidden. Probabilmente non avrebbe portato a nulla, ma valeva la pena tentare, era o non era il migliore avvocato del JAG?
 
 
        Guardò fuori dalla finestra e si rese conto che il temporale non sembrava intenzionato a smettere. Si alzò, aggiunse un altro ceppo di legna nel camino e si diresse in cucina, per prepararsi un tè caldo. Quella giornata era stata a dir poco schifosa. Non che non fosse contenta per Jennfier, ma contava troppo su quella promozione. Si era impegnata, aveva lavorato al meglio, aveva rinunciato ai suoi amici, ad Harm. Si rese conto di aver sbagliato. Ancora una volta aveva permesso a qualcuno di dire cosa fosse in grado di fare e cosa invece no. Avevano provato in tutti i modi a farla ragionare, ma come sempre, testarda, lei aveva dato retta alla persona sbagliata. Stava mescolando un po' di zucchero quando suonarono alla porta. Posò il cucchiaino sul tavolo e andò ad aprire.
 
- Harm!-
 
- Tieni, è per te...- le allungò una rosa. Lei la prese e cercando di mettere insieme i pezzi di quel discorso aprì la piccola busta che era allegata, confusa. Harm la guardava tranquillo, quasi sorridendo. Quando il biglietto fu tirato fuori, la donna lo lesse a voce alta.
 
- Al mio fantastico, meraviglioso, forte e bellissimo colonnello...-
 
- Hai dimenticato 'tenente'...-
 
- No, non l'ho dimenticato...- furono le sole parole che Sarah sentì, prima che le labbra di Harm si posassero sulle sue. Il comandante avrebbe avuto tempo per spiegarle come si era giocato tutti i suoi giorni di ferie, come mai si sarebbe ritrovato a lavorare in archivio fino a sera tardi, o come aveva accidentalmente mandato a quel paese il SecNav. Avrebbe avuto tempo, in fondo il temporale non sembrava intenzionato a cessare.
 

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Capitolo 5
*** Le parole giuste ***


BISOGNA SOLO TROVARE LE PAROLE GIUSTE
 
È stato il primo racconto scritto appena toccato il suolo americano.
A tutti i miei amici, vicini o lontani che siano.
Ginny
 
Era in ritardo. Capitava a tutti una volta nella vita. Sì, insomma, una di quelle giornate in cui tutto va storto: non ti suona la sveglia, l’acqua della doccia è fredda, la divisa è stata stirata male, il pettine ti si impiglia nei capelli, l’eyeliner sembra essere vecchio di trent’anni e ti fai male pur di stenderlo sulle palpebre, il rossetto sembra svanito nel nulla e soprattutto il tuo capo ti chiama ininterrottamente al cellulare e tu continui a rassicurarlo dicendo che c’è solo un po’ di traffico ma stai arrivando. Sì, capitava a tutti una giornata del genere e quella tranquilla mattina di dicembre era toccato a Sarah, che correndo come una disperata si era precipitata dall’ammiraglio.

- Chiedo scusa, signore…-

- Colonnello, non credevo sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrei salutato prima il comandante- le disse il suo capo indicandole la sedia e invitandola a prendere posto. Solo in quel momento si rese conto che Harm era già seduto e la stava fissando con un’espressione tra l’allibito e il divertito, sorridendole beffardo. Gli lanciò un’occhiataccia e si sedette.

- Come sapete è tradizione che alla cena di fine trimestre all’Accademia, un personaggio importante o comunque conosciuto tenga un discorso di auguri e d’incoraggiamento agli studenti. D’accordo con il preside, l’Ammiraglio Wellins e il SecNav volevamo chiedervi di tenere voi il discorso quest’anno­-

- Signore?- Chegwidden alzò una mano per bloccare le obiezioni dei suoi sottoposti prima di proseguire nel discorso introduttivo.

- I ragazzi hanno trattato molti casi quest’anno e la maggior parte erano stati archiviati da voi due, alcuni insieme altri come parti opposte. Credo sia una bella esperienza per loro ricevere da voi parole di conforto e incoraggiamento… E’ tutto, potete andare…-.

- Quando si terrà la cena?-

- Oh, giusto, riuscite a preparare qualcosa per le 08:00 della sera del 20 dicembre?-

- Ma certo, buona giornata ammiraglio-
Uscirono entrambi salutando Jennifer, che augurò loro una splendida mattinata, sperando di non doverli sentir discutere come nelle ultime settimane. Mentre si incamminavano verso l’ufficio del colonnello, il tenente Sims li bloccò affidando a entrambi un caso. Gettarono uno sguardo alla copertina del fascicolo, si guardarono capendosi al volo: casi diversi, lavoro separato.

- Dunque cosa si dice a dei marinai pronti a festeggiare il Natale?-

- Sinceramente si è sempre troppo concentrati sulla tua dama e a divertirti per seguire il discorso, ma in generale nulla di particolare!-

- Certo! Che spiritoso… Entra pure… Dunque a te chi aveva fatto il discorso, di cui non sapevo neanche l’esistenza!-.

- Ehm…-

- Harm?-

- L’ammiraglio- disse il comandante Rabb appoggiandosi allo stipite della porta.

- Chegwidden? E tu vuoi farmi credere che non si dica nulla di particolare. Cerca di farti venire in mente qualche idea, pilota. Ora, se vuoi scusarmi, ho del lavoro da fare!- gli disse sorridendo mentre spingendolo sulla schiena, lo faceva uscire dal proprio ufficio. Si sedette alla scrivania e per il resto della giornata pensò solo ad organizzare le carte del nuovo processo.

Il comandante invece era rimasto molto colpito dalla scelta del suo superiore. Non che non si ritenesse onorato, ma per lui l’accademia aveva significato molto e parlare a tutti quei giovani che in un certo senso ricordavano il giovane Hammer spericolato e con la voglia di vivere nelle vene, lo rendeva nervoso. Cosa si diceva a dei ragazzi che avrebbero dovuto iniziare a costruire la loro vita dopo gli esami? Che cosa avrebbe potuto dire lui, avvocato imprevedibile e irriverente di costruttivo? Lui che per primo non rispettava le regole e faceva sempre di testa sua. Prese posto in ufficio. Doveva iniziare a lavorare, altrimenti il sergente Finn si sarebbe difeso da solo. Recuperò una matita dal portapenne e si rimboccò le maniche. Era il tredici di dicembre. Una settimana per preparare un discorso sarebbe stata più che sufficiente. O forse no!

Davanti al caminetto, intanto, il capo del JAG aveva ripreso in mano un foglio un po’ ingiallito sul bordo superiore. Stropicciato e scritto velocemente, quasi scarabocchiato. Era da tanto tempo che non lo rileggeva e più andava avanti più si ricordava di quante cose erano successe da quel momento. La cosa che lo sorprendeva ogni giorno era il comandante. Lo aveva visto subito quella notte, mentre pronunciava il suo discorso: un ragazzo in divisa che lo fissava. Forse uno tra i pochi, e dire che ne aveva di distrazioni possibili. Richiuse il foglio e lo ripose nel cassetto. Non poteva passare la giornata rivivendo ricordi, aveva del lavoro da sbrigare e il SecNav era nella cartella “compiti urgenti”!

Sia il comandante che la sua storica alleata rimasero in ufficio fino a sera tardi, quasi da copione. Era metà dicembre e le giornate si erano notevolmente ridotte; già alle quattro e mezzo di pomeriggio i lampioni a sensibilità luminosa nelle strade iniziavano ad accendersi e la neve sottilissima che scendeva perenne, unita alla foschia invernale dava alle serate un timbro malinconico. Alle otto precise le luci nella stanza di Mac si spensero. La donna prese giacca e sciarpa e salutato il suo collega, si diresse a casa. Mezz’ora più tardi anche AJ chiuse a chiave il suo studio e si sorprese nel vedere ancora Rabb e non il colonnello. Era abituato a vederli andare via insieme, qualche volta aveva addirittura sperato che si fossero chiariti e con chiariti s’intendevano tante e tante sfaccettature di quella parola. Decise che per una sera avrebbe potuto anche ficcare il naso nella vita dei suoi sottoposti e bussò nell’ufficio di Harm.

– Mac, che cosa ti sei dimenticata oggi?-

- Le assicuro che non sono il colonnello- il pilota scattò sull’attenti, prima di accomodarsi a segno del suo capo. AJ prese posto di fronte a lui e si fece passare il fascicolo su cui stava lavorando e iniziò a sfogliarlo silenziosamente. Dopo qualche minuto Harm iniziava a sentirsi in imbarazzo e si schiarì la voce.

- Lo so che cosa si sta chiedendo, Rabb…- disse l’ammiraglio senza alzare lo sguardo dal fascicolo – si sta chiedendo come mai il suo capo alle otto e mezza di sera è nel suo ufficio e si sta domandando cosa mai potrà dire a quei ragazzi venerdì prossimo…-

- Sinceramente signore sono più preoccupato per la prima adesso!- disse con uno sguardo serio il TopGun.

- Mi ero sorpreso di vederla ancora in ufficio la sera prima del weekend e mi domandavo il perché e ora ho la risposta…-

- Signore?- AJ lasciò cadere il fascicolo davanti al comandante e si alzò avviandosi alla porta.

- Sei un bravo avvocato Harm, ho capito subito quella sera chi avevo davanti, ora però va a casa…- rimase senza parole mentre il suo superiore si avviava all’ascensore. Ripose i fogli nella cartelletta e si vestì. Era venerdì sera e aveva voglia di un volto familiare: prima però sarebbe passato dal Take-Away all’angolo. Che cena sarebbe stata senza cinese?
 
Si era sistemata per bene. Doccia, pigiamone di lana, quattro calze per evitare di congelarsi i piedi. Rimaneva solo la cena, era rientrata alle otto e tempo di organizzarsi erano arrivate le nove. Pensò di ordinare qualcosa, in fondo non aveva molta voglia di cucinare. Suonò il campanello. Proprio adesso, era in uno stato quasi ridicolo.

– Mac, apri, sono io e non mi scandalizzo del tuo pigiama!- sorrise nel riconoscere la voce di Harm. Aprì la porta e notò il sacchetto del cinese.

– Io ti bacerei in questo momento, ho una fame!- senza lasciargli il tempo di metabolizzare la situazione gli fregò dalle mani il cibo e si diresse in cucina. Prese due piatti, tovaglioli, posate, acqua e bicchieri e apparecchiò in pochi minuti. Giusto il tempo necessario affinché Harm entrasse, si togliesse giaccone, giacca e cravatta e si sedesse di fronte a lei.

– Dimmi come hai fatto a sapere che io desideravo assolutamente mangiare cinese?-.

- Ti conosco, forse troppo bene, marine!-

- Ma soprattutto, che cosa ci fai qui?- in effetti, quella era una domanda più che lecita: non era stato invitato, quindi non poteva rispondere così, non l’aveva nemmeno avvisata, non dovevano discutere di nessun caso e non si erano dati alcun appuntamento. Quindi, perché era li?

- Non lo so, Mac. Avevo voglia di …- lei si fermò un attimo, guardandolo negli occhi. Subito però lui li abbassò continuando

- Se ti disturbo, o avevi altri progetti…-

- No, tranquillo, mangiamo prima che si freddi!- E così aveva evitato un’altra volta. Forse andava bene a entrambi. In quell’ultimo periodo cercavano di non complicarsi troppo la vita e si accontentavano di parole senza senso. Finirono di cenare, Harm aiutò a sparecchiare e poi si rilassarono sul divano.

- Sai che Chegwidden mi è venuto a trovare in ufficio…- buttò lì Harm, con indifferenza a una più che addormentata Mac.

- Mm, e che cosa ti ha detto?- gli chiese ormai sdraiata sul divano. Lui la guardò sorridendo. Era buffo il modo in cui apriva la bocca o arricciava il naso quando dormiva.

- Di andare a casa…- le disse, prima di avvicinarsi, darle un bacio in fronte e coprirla con un piumone trovato piegato sulla poltrona.

- E tu sei venuto da me…- le sorrise. Aveva ragione. Doveva andare a casa e lui non aveva potuto fare a meno di passare da lei. Si imise giacca e cappotto e prese la sua copia di chiavi. La guardò prima di chiudersi dietro la porta. Quel marine lo sorprendeva sempre! E lui se ne stava innamorando troppo velocemente.
 
 

Si svegliò piuttosto indolenzita. Più che altro sentiva freddo. Il caminetto doveva essere spento da diverse ore e la temperatura fuori era piuttosto bassa. Si alzò, stiracchiandosi e massaggiandosi il collo. L’orologio segnava le nove e un sorriso le si dipinse sul volto: era sabato. Si avvicinò alla finestra e notò che il termometro segnava -1°. Decise che per oggi sarebbe anche potuta stare in casa. Magari avrebbe potuto anche guardarsi un bel film, mangiare cioccolato e bere del caffè bollente. Aveva in fondo tutta la mattinata per decidere. Preparò la legna e riscaldò la stanza. Pensò al discorso che venerdì sera avrebbe dovuto tenere davanti all’assemblea dell’accademia e decise di buttare giù qualche idea.
 
Sarete gli avvocati del domani, dovrete difendere, accusare, indagare, dovrete essere incorruttibili, giusti, non sarà cosa facile e purtroppo molte volte non sarà cosa possibile. Ricordatevi soltanto di essere sempre fedeli a voi stessi, combattete per le cause in cui credete, lottate per queste, fallirete, oh si! Succederà molte volte, ma non fermatevi, ricominciate da capo, ogni volta, ogni giorno…”. 

Harm spense la televisione mentre la voce dell’allora neo Ammiraglio Chegwidden risuonavano nella sua testa. Se lo ricordava tutto il discorso, non ne aveva perso neanche un secondo. Lui ragazzo all’ultimo anno dell’Accademia, rubacuori di professione era stato incantato da quell’uomo in divisa bianca. Pensò e ripensò a quelle parole. Lui aveva smesso di lottare, o meglio, aveva mollato per una di quelle cause e l’ammiraglio lo sapeva, lo sapeva perfettamente. Forse proprio per questo gli aveva affidato il discorso, forse voleva dirgli di ricordarsi quelle parole. Decise di prendere un po’ d’aria, magari gli sarebbero venute in mente delle idee per la stesura del suo personale discorso. Era sabato e tutto sommato aveva molto tempo per pensarci.
 

Prese dalla mensola la sua bottiglia di Barbon, non beveva spesso, ma quel giorno ne aveva voglia. Nevicava un po’ troppo per i suoi gusti. Non che non amasse la neve, ma giusto un giorno o due. Si versò due dita di liquido nel bicchiere e si accomodò in poltrona. Sorseggiò piano vagando con la mente.

“Ognuno di voi ha una storia, un passato e ognuno di voi è qui per costruire la propria vita. Non posso sapere che cosa sarete diventati tra dieci o vent’anni, nessuno di voi lo sa. Oggi, questa sera, davanti a voi, posso solo dirvi: abbiate coraggio, rischiate, fate scelte originali, stupite e stupitevi, amate i vostri amici e un domani il vostro lavoro…”.

Sorrise nel ripensare a tutte quelle persone che avrebbe volentieri strozzato. Stava cercando di non impappinarsi e degli spiritosi giovanotti si divertivano. Era appena stato nominato ammiraglio. Erano già passati dieci anni, sembrava ieri che il comandante Rabb aveva venticinque anni e adesso si ritrovava ad averlo come sottoposto. Ne aveva percorsa di strada quel ragazzo. Certo! A modo suo, ma ne aveva fatta, eccome! Finì il bicchiere, appoggiandolo con un rumore sordo sul tavolino lì a fianco. Prese il libro che aveva iniziato a leggere e s’immerse nelle pagine che si accorse scorrevano troppo lente. Era sempre fermo alla seconda pagina. “Troppo lavoro AJ!” si disse, mentre alzandosi si avviò alla scrivania.
 
 

Per tutti gli avvocati dello Jag, il weekend passava sempre troppo velocemente. Si ritornava troppo in fretta in aula e anche se per molti di loro quello era un divertimento, starsene a letto lo era di più. Specialmente con quel freddo. Jennifer e Harriet erano in ufficio dalle sette e si erano trovate in cucina per un buon tè caldo quando sentirono il campanello dell’ascensore e le porte aprirsi.

 – Se pensi che sia tanto ridicolo perché non hai scritto qualcosa tu!-.

- L’ho fatto e mi hai detto che anche un bambino delle elementari avrebbe scritto di meglio!-

- Ovvio, cosa pretendi dobbiamo parlare a dei futuri avvocati, pilota!-

- Lo so, io ne sono consapevole, ma tu, perfettina?-

- Perfettina, senti chi parla. “ Attenta, usa un sinonimo, non vorrei fare troppe ripetizioni” “ non mi piace molto aiutare, preferisco collaborare”…-.

- Erano consigli Mac!-

- Sta zitto…- le due donne in cucina sentirono una porta sbattere e poco dopo la porta del comandante fece la stessa fine.

- Sarà una lunga giornata Jennifer!-

- L’ammiraglio arriva alle nove aveva un incontro al Pentagono!-

- Vado da Mac, a dopo!- il tenente Sims si avviò decisa verso la porta dell’amica e bussò prima delicatamente e poi visto che non le rispondeva decise di entrare lo stesso. Massimo avrebbe gridato anche contro di lei.

- Mac? Posso?-

- Certo. I fascicoli sono già pronti da archiviare sul lato della scrivania. Manca solo la firma dell’ammiraglio sul primo in alto…-.

- Tutto bene?-

- A meraviglia, grazie…- capì che sarebbe stato meglio non indagare oltre e prese le cartelle uscì dall’ufficio.
Per tutta la giornata nessuno dei due rivolse la parola all’altro, anzi collaborarono a rendere il lunedì mattina ancor più gradevole a tutto lo staff. Iniziò il comandante Rabb che chiamato il guardiamarina Ty nel suo ufficio lo spedì fuori urlando perché si era dimenticato di portargli una pinzatrice per sistemare i fogli del processo. Seguì poi Mac che innervosita e spazientita dalla reticenza del suo cliente gli urlò contro per una buona mezzora prima che lo stesso Harm le bussasse chiedendo di abbassare il tono della voce. Lì a quel punto gli ufficiali presenti si zittirono: sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale. I due si erano chiusi in cucina e si erano scontrati verbalmente per un’oretta scarsa prima che l’ammiraglio li convocasse, arrabbiato nero, nel suo ufficio. Lo seguirono senza aprire bocca, mentre gli altri impiegati cercavano qualcosa da fare prima che l’ira di Chegwidden si riversasse anche su di loro. AJ aprì la porta e i due entrarono fermandosi in piedi sull’attenti.

 – Colonnello, comandante, vi starete chiedendo come mai vi ho convocati- si mise davanti alla sedia, appoggiò i pugni sulla scrivania e li fissò negli occhi, senza battere ciglio.

 – Mi è giunta voce di un vostro debole, insignificante, quasi ridicolo battibecco- fece un grande respiro e poi continuò con un sorriso piuttosto forzato in volto. – essendo questo il quattordicesimo richiamo che vi viene fatto nelle ultime tre settimane, ritengo sia il caso di dover prendere dei provvedimenti…- li guardò per qualche secondo aspettandosi forse smentite da parte dei suoi due ufficiali. Mac cercò con la coda dell’occhio Harm ed entrambi si accorsero di stare trattenendo il respiro.

- Voi siete…- disse prima di fermarsi un’altra volta per stringersi il naso a livello degli occhi e con la mano massaggiarsi la tempia destra.

- Voi siete gli avvocati del JAG più instabili, irritabili, indomabili, insensati, imbronciati, imprevedibili, intolleranti, incoerenti, introversi, isterici, irriverenti, irrispettosi e indisponenti che io abbia mai conosciuto. Non solo in ufficio ma anche in aula. Io a volte non so che cosa fare con voi. Mi verrebbe quasi voglia di sospendervi con effetto immediato!-.

- Signore, noi … cioè io…-

- Mi risparmi le sue stupidaggini Rabb. Avete una settimana per preparare un discorso decente. Vediamo quanto sarete convincenti, parlare a ragazzi di rispetto, di obbedienza, ci vediamo venerdì sera! E ricordatevi l’abito da cerimonia. E ora fuori!- entrambi uscirono veloci. Non si scambiarono neanche una parola e si chiusero nei rispettivi uffici fino a sera tardi.

- E’ permesso?-

- Certo, Harriet, entra…-

- Ero solo venuta a salutarla, signora-

- Che cosa c’è?- per evitare altre discussioni la bionda disse

- Niente, assolutamente nulla Mac!-

- Non avresti usato un rafforzativo se non ci fosse altro, so che qualcosa ti tormenta ma non vuoi chiedermelo…-

- Mi stavo solo chiedendo perché dovete litigare tanto quando in realtà la pensate allo stesso modo…-

- Noi non la pensiamo mai allo stesso modo: se io dico nero per Harm è bianco, se io voglio patteggiare lui chiede la corte marziale, se io voglio parlare
di collaborazione lui vuole parlare di amicizia se io…-

- Se lui ti invita a cena è perché vuole discutere di un caso e non per passare del tempo con te, se ti porta il caffè è per convincerti a scendere a compromessi…-

- Sì!- Sarah alzò lo sguardo dalle carte che stava firmando.

- No…- Harriet la fissò, prima di avvicinarsi alla porta.

- Mac, credo che non centri il lavoro. Non è mai centrato nulla. Buona notte- detto questo la bionda uscì lasciando il colonnello senza parole. Sarah impilò i fogli. Prese la valigetta e uscì.

- Dannazione!- Harm, che stava uscendo in quel momento si voltò verso la voce e vide Mac incollata alla maniglia tentando di aprire la porta.

- Apriti, dannata porta, apriti!-

- Se la prendi a pugni non si sbloccherà da sola-

- Non sono cose che ti riguardano, comandante-

- Come vuoi, a domani, colonnello- la lasciò da sola davanti all’ufficio e si avviò all’ascensore. Primo piano, secondo, terzo ancora qualche secondo e si
sarebbero aperte le porte, preannunciando il ritorno a casa.

- Harm…- era appena entrato quando la voce di Sarah lo raggiunse. Con le mani coprì il sensore dell’ascensore e uscì, sorridendo.

- Dimmi…-

- Ho bloccato la porta!-

- L’avevo notato-

- E ci sono dentro le mie chiavi di casa-

- Sei fortunata, perché due settimane fa mi è successa la stessa cosa e ho ancora il passe-partout delle signore delle pulizie-

- Potresti imprestarmelo?-

- Dipende-

- Va al diavolo, ti odio…- stava già per iniziare una di quelle discussioni epiche quando Harm le aprì la porta.

- Quando esci spegni le luci- se ne andarono chi a North of Union Station, chi a Georgetown. La notte non passò bene, così come i giorni a seguire. Non si parlavano se non lo stretto necessario, evitavano di incontrarsi in ufficio e fortunatamente per tutti non si scontrarono in aula. Mancavano ormai pochi giorni alla cena in Accademia. Mancavano pochi giorni e nessuno dei due aveva più parlato con l’altro riguardo il discorso. Non ne avevano molta voglia ma si sarebbero dovuti incontrare, se non altro per decidere che cosa fare. I patti con l’ammiraglio erano chiari: scrivere uno stramaledetto discorso o essere sospesi. Tra le due opzioni entrambi optarono per la scrittura creativa. Mercoledì sera verso le sei Harm decise di fare il primo passo e bussò alla porta del colonnello.

- Avanti…-

- Sono io, Mac. Ascoltami me ne vado tra cinque secondi, solo parliamo di venerdì sera…-

- Ci ho pensato molto e credo che sia meglio che solo uno di noi parli, poi ovvio, dobbiamo lavorarci insieme al discorso…-

- Concordo pienamente! Se vuoi essere tu a…-

- No, preferisco che lo faccia tu. Chegwidden sarà lì ad ascoltarti e …-

- Tu leggi la prima metà e io la seconda?- buttò lì il comandante ben sapendo di andare contro la prima decisione di Mac. Si guardarono un attimo.
Trattenevano il fiato chi in attesa di una risposta chi cercando di darne una.

- Va bene… ci vediamo in Accademia verso le sette e mezzo…-

- Ciao- uscì chiudendo la porta alle sue spalle e in un certo senso tirò un sospiro di sollievo. Erano riusciti a non gridarsi addosso e questo era un enorme passo avanti. Salutò un’incredula Jennifer che ricambiò con un sorriso sorpreso. Prese la sua documentazione e si spostò in biblioteca, avrebbe ultimato le carte processuali e poi si sarebbe avviato verso casa. Nel suo ufficio il colonnello Mackenzie congedò freddamente Bud che le aveva portato le ultime prove di un caso, prima di abbassare le veneziane e concentrarsi. Doveva parlare a dei giovani marinai, lei donna, marine e avvocato. Una passeggiata.
 
Allievi, professori e ospiti, è con vero piacere che questa sera sono qui per tenere il discorso di fine trimestre all’Accademia Navale” 
- Già che ci sei mettiti il vestitino da presentatrice meteo e sei a posto!- si disse ad alta voce Mac mentre il quattrocentesimo foglio di carta finiva appallottolato in un angolo indefinito della stanza. Guardò l’orologio e decise che per essere le nove di sera aveva lavorato abbastanza. Si alzò calciando con un piede una pallina di carta. Le donne delle pulizie l’avrebbero fulminata o con molta probabilità se n’erano già andate e avrebbe dovuto riordinare per conto proprio. Chiuse l’ufficio e si accorse che la luce in archivio fosse ancora accesa. Borbottò sottovoce prima di raggiungere la stanza per spegnere. Vi trovò Harm addormentato su un block notes scarabocchiato. Non poté non provare tenerezza. Pensando alla schiena dell’amico decise di svegliarlo. Si avvicinò piano e provò a chiamarlo

– Ehi, pilota!-

Ci provò una seconda volta ma invano. Si rese conto di avere il battito un po’ accelerato ma riuscì comunque ad allungare una mano e ad accarezzargli piano la testa.

- Si?- Harm aprì gli occhi incontrando quelli di Sarah. Si rese conto di essersi addormentato e scattando subito in piedi ringraziò l’amica, prese tutte le sue cose e scese veloce alla macchina. Il colonnello rimase un attimo ferma, pensando alla calma di qualche minuto prima. Decise fosse poi il momento della ritirata e in meno di mezz’ora si ritrovò ad aprire la porta del suo appartamento e a gettare giacca e valigetta sul divano.
 
 

Si era seduto tra gli invitati. Aveva salutato un paio di vecchie conoscenze, aveva tirato le orecchie a qualche studente nipote di amici e si era divertito a rivangare il passato con il preside Wellins, suo grande amico e collega. Mancavano pochi minuti al discorso dei suoi sottoposti e non vedeva l’ora di ascoltarli. Si era preparato a tutto, anche a vedere salire su quel palco Bud al posto del comandante e del colonnello. Ormai ne aveva passate di ogni. Sperava solo che quei ragazzi avrebbero potuto trovare ispirazione da quelle parole.
 
Nella saletta adiacente Harm aspettava che Mac lo raggiungesse. Non se lo era mai detto chiaramente ma la sua collega era davvero bella, e quella sera, sempre che la sua vista non lo avesse ingannato, con quel vestito nero era semplicemente stupenda. Passeggiava avanti e indietro, tenendo tra le mani il foglio con alcune parole scarabocchiate sopra. Non era nervoso, stava per avere una vera e propria crisi di panico. Il lato positivo era che non stava sudando. Sentiva la divisa addosso sempre più stretta e cercò di allentare un po’ il papillon.

- Lascia ti aiuto io…- delle mani più calme ed esperte delle sue gli sistemarono il cravattino e gli lisciarono la divisa.

- Sei nervoso?-

- No, sì, un po’ …-

- Romperò io il ghiaccio tu pensa ad incantarli con il tuo sorriso!-

- Signore, signora, se volete noi siamo pronti- accennarono al sergente che sarebbero arrivati a momenti.

- Coraggio, dobbiamo solo parlare a dei ragazzi. Io e te ne abbiamo passate di peggiori, marinaio…- non capiva che cosa avesse Harm, ma non poteva dirgli di essere agitata anche lei, sarebbe stata la fine.

- Fidati di me, Harm…-

- Lo faccio sempre, Sarah…-

Lei si era incamminata davanti con quel lungo abito nero che evitava accuratamente ogni centimetro di schiena, ricominciando delicatamente sotto i reni. Era bella, era Sarah.
Uscirono in sala e furono accolti da un lungo applauso. Il preside li presentò con un breve discorso, tratteggiando brevemente la loro carriera e ringraziandoli di aver accettato l’invito. “ chissà se mi ringrazieranno anche dopo aver ascoltato quello che ho da dire” pensò Rabb con un sorrisetto sulle labbra. Intravide Chegwidden seduto a fianco di alcuni professori, alcuni suoi vecchi professori. Poi scese il silenzio e sia lui che Mac salirono sul palco. Due piccoli amboni di legno erano stati posti al centro. Si guardarono un attimo prima di cominciare.

- Carissimi allievi, professori, membri del consiglio e gentilissimi ospiti è per noi oggi un grande onore poter tenere questo discorso davanti a voi tutti. Perdonate la nostra agitazione ma non siamo abituati a parlare a così tante persone, nonostante molte giurie abbiano sentito le nostre arringhe. Guardandovi in volto non posso fare a meno di pensare a quello che vi passi per la testa. Molti di voi probabilmente non vedranno l’ora che questo momento finisca per tornare a ballare e vi assicuro, lo capisco. Ci sarà poi qualcuno che invece ascolta, forse nella speranza di far passare più velocemente il tempo. Non vi conosco e voi non conoscete me, ma permettetemi questa serata di parlarvi a cuore aperto. Io ho già finito i miei esami, ho trovato un lavoro e ho realizzato molti dei miei sogni. Mi posso e devo ritenermi fortunata. Sopra ogni cosa, però, devo ringraziare per aver trovato un amico, un amico vero che in ogni momento, in ogni situazione è sempre pronto a sostenermi. Una persona che nonostante abbia deluso molte volte è sempre pronta a starmi accanto, qualcuno che per ringraziare non mi basterà la vita. Le amicizie che avete stretto in questi anni, le esperienze che avete vissuto con i vostri compagni di stanza sono ricordi che vi porterete nel cuore per sempre. Non importa quanto lontano vivrete o quanto spesso vi troverete a chiacchierare. Gli amici che avete incontrato a scuola vi accompagneranno ogni giorno, in ogni nuova avventura, bella o brutta che sia. Saranno quella forza che nei momenti più difficili vi farà trovare il coraggio di andare avanti. È triste perché per molti di voi tra pochi trimestri tutto questo diventerà un ricordo. Sarà un po’ un salto nel buio perché nonostante vi siate preparati la vita vi sorprenderà sempre. Sconvolge i vostri piani, vi manda fuori strada. Sarà un salto nel buio…-

La ascoltava parlare e si meravigliava di come fosse riuscita ad ottenere l’attenzione. Nessuno che si muoveva, nessuno che non la stesse fissando. Era riuscita a trovare il punto di contatto, era riuscita ad arrivare al cuore di quei ragazzi. Pensò che essendo una donna, una magnifica donna, solo lei ci sarebbe potuta riuscire, solo il genere femminile aveva dei poteri al mondo sconosciuti. Aveva aggiunto una frase, quella sull’amico, non l’avevano scritta insieme. Si accorse di fissarla sorridendo. Lei lo guardò. Era il suo turno.

- … E’ arrivato il momento di chiudere questo libro e iniziarne un altro e nonostante questo vi possa fare male, nonostante questo possa sembrare triste non preoccupatevi. Ci sono persone che resteranno con voi ogni giorno. Ho imparato a sorprendermi di quanto le persone possano entrarti dentro e stupirti, alcune volte nel bene, altre volte no. A mia esperienza ho scoperto che una persona, se è quella giusta, può cambiarti, può cambiare tutti noi…-

Si voltò verso Sarah e la guardò un solo istante. Fu sufficiente. Incrociarono lo sguardo, si sorrisero e lui riprese.

-… fuori c’è un mondo che vi aspetta, e vi auguro davvero di viverlo intensamente ogni giorno. Cadrete, fallirete, oh sì, capiterà molte volte, ma non arrendetevi, non fatelo mai! Vi capiterà di deludere le persone a voi più care…-

Gettò uno sguardo all’ammiraglio che tra la folla lo stava guardando. Chegwidden tossì leggermente, era emozionato, ma non l’avrebbe mai ammesso.

- Ognuno di noi reagisce alle sfide della vita in modo diverso, e voi non fate eccezione. Alcuni di voi accetteranno il proprio destino, altri faranno di tutto per cambiarlo. A volte andrete contro le aspettative degli altri e altre volte le asseconderete pienamente. L’elemento costante però deve essere quello di rimanere fedeli a voi stessi. Farete quello che dovrete fare, reagirete nel bene o nel male. Abbiate un sogno, un amore, qualcosa per cui valga la pena lottare e alzatevi tutte le mattine con il coraggio di dare il massimo. Vedrete che ogni sogno varrà la fatica, le cadute e ogni lacrima versata. Non vi lasciate abbattere, marinai. Scegliete la vostra rotta, e che abbiate vele gonfie e vento in poppa!-.

Smise di parlare e subito un applauso riempì la stanza. Prese la mano di Sarah, ringraziò e scese dal palco. Il preside Wellins gli si avvicinò e gli strinse la mano.

- Nonostante non ti abbia ancora perdonato lo scherzo dell’ultimo anno, Rabb, complimenti ragazzo…-

- Grazie, signore!- si mise sull’attenti salutandolo. Una volta che il preside se ne fu andato i due avvocati si guardarono intorno. Erano già riprese le danze, anche se ogni tanto qualche ragazzo si avvicinava per ringraziare o per parlare con la famosa coppia del JAG.

- Io rimango sorpreso ogni volta…- si voltarono entrambi, scattando sull’attenti.

- Ammiraglio!-

- Siete un mistero che credo non risolverò mai! Complimenti!- strinse la mano a Rabb e baciò quella di Sarah.

- Ora Rabb ha intenzione di chiedere alla sua dama di ballare o vuole lasciarsela portare via da uno di quei giovanotti laggiù…- detto questo Chegwidden se ne andò voltando le spalle ma con un gigantesco sorriso in volto. E bravi i suoi avvocati anche questa volta l’avevano scampata, quei due gli avrebbero fatto perdere tutti i capelli! 

Harm rimase un secondo a fissare il marine in abito da sera di fianco a sé, prima di allungare una mano, accennando un inchino. Sarah strinse la mano del suo collega e si fece accompagnare in pista. Sentì il tocco del pilota avvicinarsi alla sua schiena e non poté non chiudere gli occhi, rabbrividendo. Si avvicinò al suo volto e chiuse gli occhi lasciandosi guidare dalla musica.
Ballavano da qualche minuto in religioso silenzio quando la canzone cambiò decisamente ritmo, rallentando notevolmente.

- Sei davvero bella, Sarah…- sollevò lo sguardo e si scontrò con gli occhi di cui da troppo tempo era innamorata. Non sapeva che cosa dire, faticava anche a deglutire. Harm non le lasciò il tempo di pensare e continuò, quasi fosse assorto nei suoi pensieri.

- Oggi, stasera, su quel palco, ho capito una cosa molto importante: non si possono cancellare le persone. Non basta un addio per abbandonare qualcuno. Non basta strappare le fotografie o cancellare i messaggi per dimenticare tutto quello che avete vissuto insieme. Non basta urlare “ti odio” per nascondere il bene che provi. Ci sono dei legami che esistono e che continueranno ad esistere nonostante ci ostiniamo a cercare in essi una sorta di fine…- Sarah era incredula. Mai avrebbe immaginato di sentir parlare così il suo TopGun. Suo perché in fondo sperava ancora che potesse diventare tale.

- Io ti ho detto “ti odio” così tante volte che ho paura di averlo iniziato a credere davvero…- glielo disse. Doveva farlo. Aveva paura di ferire i suoi sentimenti ma preferiva essere sincera, doveva esserlo. Specialmente con lui. Lui la strinse a sé con più convinzione e le lasciò un bacio sui capelli. Doveva spiegargli, glielo doveva, soprattutto dopo quello che le aveva appena detto.
 
- Harm, io…- si fermò un attimo, alzando gli occhi per poterlo guardare in viso.

- Io ho paura…- lui la fissò prima di sorriderle.

- Anche io ho paura Sarah…-

- No, tu non capisci. Io ho paura, paura che tu possa trovare qualcuno meglio di me, perché siamo sinceri, io non sono un granché. Ho sempre da ridire su tutto, mi altero con molta facilità e tante altre cose che non ti dirò adesso. Ho paura che tu possa trovare un’altra donna, che tu possa stancarti di me e andartene. Andartene così, una mattina d’inverno, senza salutare. Mi lasceresti un vuoto troppo grande, troppo grande da sopportare…- Glielo aveva detto. Certo, non proprio chiaro e tondo ma si era aperta, gli aveva confessato quello che provava.

- Io e te litighiamo ogni momento della nostra giornata. Tu mi dici che sono arrogante e che mi odi e io ti rispondo che sei una rompiscatole, perfettina e sclerata marine. E lo sei il 90% del tempo…Come lo sono io…- Lei lo guardò ancora più sorpresa, che cosa stava dicendo?

- E allora?-

- Allora non sarà per nulla semplice; ma se non ci riusciamo noi due, se non rischiamo noi due allora tutto quello che abbiamo detto a quei ragazzi saranno solo bugie…-

- Io ti amo Harm, sempre e per sempre…- ce l’aveva fatta. Aveva detto quelle due parole così difficili anche solo da immaginare. Lui le accarezzò una guancia, le baciò piano le labbra, le baciò la fronte e l’abbracciò.

- I love you too, Sarah. Always and Forever…-

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Capitolo 6
*** La mia miglior nemica ***


LA MIA MIGLIOR NEMICA 

 
Erano le dieci. L'incontro con lo staff stava per iniziare. Come ogni lunedì mattina l'ammiraglio avrebbe convocato tutti gli avvocati in sala riunioni affidando a ciascuno un nuovo caso, o chiedendo notizie sugli sviluppi di indagini in corso. Bud ed Harriet erano già seduti e stavano aspettando che i loro amici e colleghi prendessero posto. 
 
- Buongiorno Harriet! Bud!- 
- Salve comandante, vuole del caffè?-
 
Annuendo Harm si sedette di fronte ai suoi sottoposti e prese la tazza che la mamma del suo nipotino gli stava porgendo. Si appoggiò bene allo schienale e cercò con lo sguardo Mac oltre la porta, rimasta aperta. 
 
Aveva un incontro con Chegwidden, signore...- si permise di parlare Harriet, consapevole di chi stesse cercando il pilota. 
 
Ma abbiamo una riunione...- disse voltandosi verso la bionda. 
 
- Sì, ma credo che fosse una faccenda un pochino più delicata, signore...-  
 
Harm preoccupato guardò i suoi amici. Bud come lui non aveva la più pallida idea di quello che stava accadendo. Harriet cercava in tutti i modi di non incrociare lo sguardo con quello del comandante. Entrarono poi Sturgis e Coates portando un plico di fascicoli e cartellette, probabilmente casi che sarebbero poi stati affidati loro.
 
- Ehi Stu, non sai di cosa dovesse parlare Mac con l'ammiraglio?-
 
Coates lanciò un'occhiata ad Harriet e il comandante Turner guardò l'amico sorpreso.
 
- Credevo lo avessi saputo!-
- NO! Ora qualcuno vuole dirmi che cosa sta succedendo?-
 
Tutti lo stavano fissando e lui iniziava sentirsi a disagio e anche piuttosto infastidito. Si alzò in piedi, appoggiando la tazza del caffè sul tavolo. 
 
- Allora?-
- Mac ha tirato un pugno alla Singer!- 
 
 
DUE ORE PRIMA 
 
Stava cercando di far partire la fotocopiatrice. Di solito funzionava abbastanza bene ma quella mattina non c'era verso di riuscire ad avere copie delle testimonianze in tempo per la riunione delle dieci. Gettò uno sguardo alla scrivania di Harriet, non era lì. Cercò Coates ma pensò dovesse essere chiusa dall'ammiraglio cercando di programmare la settimana. Diede un altro colpo deciso al cassetto dell'inchiostro e provò a far ripartire la macchina. 
 
- Problemi, signora?- 
 
No! Anche lei no! Si girò con un sorriso tirato in volto. 
 
- No, tenente Singer, la ringrazio...-
- Tutto bene, signora? La trovo piuttosto stanca. Noto anche che ha le occhiaie-
 
Pensò mentalmente di metterla ko con qualche mossa imparata in addestramento ma si trattenne, sorridendole sarcasticamente. 
 
 - Ho avuto una nottata difficile, tenente...-
- Immagino...- 
- Mi scusi?- 
 
Poteva passare sopra il commento sulle occhiaie, ma frecciatine del genere non le erano mai piaciute, specialmente da una sua sottoposta. 
 
Nulla, colonnello- 
 
La fulminò con lo sguardo prima di concentrarsi di nuovo sulla fotocopiatrice. Niente, quel giorno non ci sarebbe stato verso di avere i documenti pronti. Si avviò verso l'ufficio di Harm ma a metà strada si accorse che non era ancora arrivato. Dannazione! Lui, la sveglia e il lavoro. Tornò indietro, dirigendosi questa volta verso la propria scrivania. 
 
- Non si chiede dove possa essere?-
- Il comandante sa badare a se stesso, tenente!- 
 
Non aveva voglia di discutere, non con lei e non quella mattina. 
 
- Non è nemmeno curiosa di sapere con chi abbia passato il weekend, signora? -
 
Cercava la guerra, perfetto, gliel'avrebbe servita su un piatto d'argento. 
 
- Tenete, quello che il comandante fa o non fa nel suo tempo libero non è affar mio!-
Però, colonnello, non può negare che le interessi...-
Che cosa vuole dire con questo...-
Dico solo che non le farebbe piacere sapere che il suo partner abbia trascorso due giorni con la giornalista di turno o qualche bionda del bar...-
 
Oggi per caso si era svegliata con un premente desiderio di morte? Le si avvicinò fino ad esserle ad un palmo dal naso. 
 
- Mi faccia essere più chiara possibile, tenente. Primo, la vita privata dei suoi superiori non le deve interessare. Secondo non si permetta mai più di mancare di rispetto al comandante Rabb. Terzo se solo la sento ancora parlare in questa giornata, la sbatto in archivio per un mese. Sono stata abbastanza chiara, tenente Singer?-
 
La donna non le rispose. Si allontanò leggermente, recuperò i suoi documenti e guardandola un'ultima volta, giusto per essere sicura che il messaggio fosse passato, le diede le spalle, ritornando al proprio ufficio. 
 
- Che cosa aveva detto una volta il comandante? Che tutti gli uomini che avevano a che fare con lei finivano per farsi male o essere uccisi? È per questo che fa finta che non le interessi?  Ha paura colonnello?- 
 
Sì, evidentemente aveva deciso di voler morire. Lasciò cadere la cartellette per terra e si voltò verso la collega. Non passarono molti secondi prima che alcuni ufficiali cercassero di separarle e dall'ufficio di Chegwidden uscissero Coates, Harriet e l'ammiraglio in persona che di peso la sollevò dalla tenente Singer. Sturgis arrivato in quel momento la recuperò dalle braccia del suo superiore e la portò nell'ufficio del capo. Mentre in sala si cercò di ristabilire l'ordine e Harriet scortava la strega in cucina per mettere del ghiaccio su quello che sarebbe diventato un occhio nero, AJ ordinò di tornare al lavoro e sistematosi la divisa si avviò dal colonnello. 
Mac era in piedi, incapace di muoversi, non riusciva a capire come avesse potuto perdere il controllo. Non era la prima volta che le mancava di rispetto, ma mai in quel modo, mai toccando un tasto così dolente per lei, mai parlando di Harm. 
 
Sull'attenti!-  Chegwidden entrò in ufficio, fumante di rabbia. Si mise davanti a lei fissandola negli occhi. 
Non parlava, quasi non respirava. Passarono così cinque minuti, o forse di più prima che il suo capo le chiedesse spiegazioni. 
 
- Le do trenta secondi per giustificarsi e che sia qualcosa di valido colonnello o giuro che la spedirò così lontano che non saprà come tornare indietro!-
- Non ci sono scuse, signore- 
 
Non che non credesse a Mac, ma di solito quello che perdeva le staffe era il comandante, non di certo il colonnello. E soprattutto fino a quel momento era stata la sola in grado di resistere al desiderio omicida verso la Singer. Le lasciò qualche secondo per aggiungere qualcosa. 
 
Sarah rimase in silenzio, aspettando quella che sarebbe stata la sua punizione. Non che fosse pronta a corti marziali e altro, però le avrebbe preferite ad un congedo per disonore. Che cosa avrebbe detto Harm? Che cosa avrebbero detto i suoi colleghi? Non poteva certo riferire al suo superiore perché aveva letteralmente sbattuto in terra la Singer, prendendola a pugni. Doveva prendere in considerazione l'idea di una vacanza. 
 
Molto bene, colonnello, prenda le sue cose e vada a casa- 
Glielo aveva detto molto tranquillamente. Ecco, era appena stata licenziata, se così si poteva definire un colonnello dei Marines che era stato mandato via dal posto di lavoro. Guardò Chegwidden. Niente urli? Niente scenate? Niente...
 
- Colonnello, mi ha sentito?- 
- Si, signore...-
- Vada a casa, domani mattina la voglio vedere nel mio ufficio...-
 
Si mise sull'attenti e uscì. Cercò di trattenere le lacrime fino al suo ufficio. Fortunatamente non c'era nessuno e poté dare libero sfogo al suo stato d'animo. Prese la giacca e la valigetta e mezz'ora dopo era già sdraiata a letto, sotto le coperte, a fissare il soffitto. Che cosa aveva fatto? Aveva davvero preso a pugni la più insopportabile delle colleghe davanti allo staff?  Decise di continuare a fissare il muro e smetterla di preoccuparsi. Domani avrebbe ricevuto i suoi nuovi incarichi. Chissà se le sarebbe stato permesso di andare a trovare ogni tanto Harm o i suoi amici. 
 
 
IN SALA RIUNIONI
 
- Sa...Mac ha fatto cosa?- 
- Lo so, ehm, Harm stai tranquillo, staranno discutendo...-
- Io non sto tranquillo, vado a ...- 
 
Fece per muoversi verso la porta ma l'ammiraglio entrò, seguito dalla Singer che teneva vicino all'occhio una busta di ghiaccio. Harm dovette fermarsi, bloccato nello slancio da supereroe dal suo capo che con uno sguardo lo fece sedere. Se non fosse stata quella una situazione alquanto delicata si sarebbe sicuramente messo a ridere. Lauren era conciata malissimo. Si potevano già vedere i contorni di un livido piuttosto esteso. Bravo il suo marine! 
 
- Tenente Sims, i fascicoli...-
 
 Dov'era Mac? Credeva che li avrebbe raggiunti insieme all'ammiraglio. E se l'avesse cacciata? Non poteva non vederla più? Se quella strega aveva fatto cacciare Sarah...
 
- Signore, il colonnello?-
- È stata impossibilitata a prendere parte alla riunione, procediamo...- 
 
Nessuno parlò più fino alle undici quando ognuno si alzò per continuare il proprio lavoro. Harm non si mosse. Era intento a giocare con la penna ed immerso a tal punto nei suoi pensieri da non accorgersi che Chegwidden aveva già lasciato la sala. 
 
- Signore... Harm...-
 
Si risvegliò richiamato dalla voce di Bud che appoggiatagli una mano sulla spalla lo aveva distratto dal suo pensiero fisso: Mac. 
Gli sorrise. Raccolse le sue cose e si avviò verso il suo ufficio. Era quasi arrivato quando decise di provare a chiedere all'ammiraglio spiegazioni. Si avviò fino alla porta del suo capo e bussò. 
 
- Entri, Rabb!-
- Come...-
- Beh mi sarei preoccupato se non fosse immediatamente venuto a chiedermi spiegazioni!-
- Signore?-
- Il colonnello è a casa. Ho preferito darle una giornata perché facesse chiarezza. Ho avuto un colloquio con il tenete Singer e credo di aver capito cosa possa essere successo-
- La sospenderà, Signore?-
- Voi due mi farete morire giovane! Devo ancora decidere Rabb...- 
- Non mi dirà per che cosa si sono... Ehm...scontrate, vero? 
- No, ma non credo ci sia una legge che vieti di chiedere, comandante! Buona giornata!-
 
 
 
Non era pienamente soddisfatto, ma quel ghigno sul volto dell'ammiraglio gli alleggerì quel peso che da un'ora aveva dentro. Uscì e decise di voler scoprire che cosa fosse successo. 
 
- Tenente Singer, nel mio ufficio, per favore...-
 
La donna lo seguì senza fiatare. Entrò e si chiuse la porta alle spalle. 
 
- Si sieda, tenente!-
- Sto in piedi, signore...- 
 
La guardò alzando un sopracciglio e prese posto alla sua sedia. 
 
- Mi dispiace per il suo occhio, tenente-
- Anche a me, signore!-
- Suppongo sia il risultato dello scontro con il colonnello Mackenzie-
- Sì, signore. Un gesto assolutamente scorretto da parte sua...-
 
Harm pensò che forse se lo fosse anche meritato ma evitò di dirlo ad alta voce. Chiese piuttosto di essere messo al corrente del loro diverbio, sperando di non tirare troppo la corda e far chiudere a riccio la Singer. 
 
- Non ci trovavamo d'accordo su un argomento, signore?-
- Mmm...-
- Una semplice discussione tra donne, signore...-
- Quindi mi vuol dire che il colonnello, dopo aver discusso amabilmente con lei le ha tirato un pugno nel bel mezzo dell'ufficio...-
- Sì...- 
 
All'occhiataccia di Harm quel sì le morì sulle labbra. Il pilota si alzò in piedi, fece il giro della scrivania e si mise a poca distanza dalla donna, senza battere ciglio. 
 
- Io... potrei aver... aver mancato di rispetto...-
Potrebbe, dice?- 
- Io... mi sono permessa di ... -
Vada avanti, tenente...-
Ho fatto commenti poco piacevoli su...-
Tenente, ambisce ancora ad una carriera in marina?-
- Ho detto che gli uomini della sua vita finiscono per farsi del male o...-
Rimanere uccisi...- 
 
Quelle due parole vennero quasi sussurrate da Harm che non poteva credere alla meschinità di quella donna. Ora almeno era chiaro per quale ragione Mac avesse reagito in quel modo. Esagerato certo. Probabilmente esasperata dal comportamento della Singer.
 
- L'ammiraglio ne è al corrente?-
- Sì, signore. Lavorerò all'archivio per le prossime due settimane, signore...-
- Credo che debba delle scuse...-
- Quella che si è presa un pugno sono io comandante, nonostante lei straveda per il colonnello...-
- Se fosse stato per me, in archivio ci sarebbe rimasta molto più tempo, prenda il cappotto-
 
 
 
GEORGETOWN 
 
Si era messa una tuta, non volendo passare tutto il giorno in pigiama. Il caffè era appena stato fatto e se ne stava versando una tazza. Mezzogiorno e mezza e non aveva fame. Stava davvero male. 
 
Si sistemò sul divano, prendendo il telecomando. Cercò una coperta lì vicino ma inutilmente. Appoggiò la tazza sul tavolino e si diresse in camera. Nel tornare sentì suonare alla porta. Appoggiò il panno sulla testiera del divano. 
 
- Harm! - 
 
Disse davvero sollevata nel vedere la faccia del suo migliore amico di fronte a lei. 
 
- Tenente...- 
 
Si compiacque dell'occhio nero che aveva fatto a quella strega ma il senso di colpa la tornò a pervadere e non poté fare a meno di starci male. Solo il fatto che quei due fossero lì insieme voleva dire che Harm sapeva e questo non era sicura fosse un aspetto positivo. 
 
- Entrate, prego...-
 
Si spostò permettendo ai due due di varcare l'ingresso di casa sua. 
Il tenente Singer era piuttosto silenziosa e Harm cercava di non sembrare in imbarazzo. 
 
- Posso offrirvi qualcosa?- 
- No. Il tenente è qui perché ...-
- Mi dispiace colonnello, non avrei dovuto mancarle di rispetto in quel modo-
 
Non ci poteva credere, il tenente Singer si stava scusando?
 
Dispiace anche a me averle fatto male...-
- Me lo sono meritato, signora... L'aspetto in macchina, signore...-
 
Uscì dalla porta, lasciando i due un attimo da soli. 
 
- L'hai davvero picchiata! Non ci posso credere, questa cosa andrà raccontata!- 
- Harm rischio la carriera...-
- Chegwidden sa che cosa ha detto la Singer...-
- Sì, ma io non avrei dovuto ...-
- Usarla come sacco da boxe?-
 
Scoppiarono a ridere contemporaneamente. Che spettacolo si era perso il comandante! Allargò le braccia e Sarah gli si avvicinò fino a farsi abbracciare. 
 
Grazie, marine!-
- Per cosa?-
- Per aver difeso le mie conquiste del sabato sera!-
- Ti ha raccontato anche questo?-
- Mmm...più o meno... Mentre venivamo qui-
- Beh, sappi che io odio le bionde!- 
- Hai ragione, forse dovrei iniziare a darti ascolto...-
- Portano solo guai!-
 
 
Sorrisero entrambi, staccandosi dall'abbraccio. Stavano per dire qualcosa ma il cellulare di Mac l'avvisò di aver ricevuto un messaggio. 
 
No! No! ...-
- Mac?-
- È Harriet. L'ammiraglio mi ha spedito tre mesi sulla Seahawks come avvocato a bordo... NO!-
- Beh meglio di una lettera ufficiale di rimprovero, no?-
- No... Cioè sì...- 
 
La guardò rispondere al messaggio e non poté fare a meno che sentirsi un po' in colpa. Sentì il cellulare vibrare nella sua tasca e lo recuperò prontamente. Sbarrò gli occhi nel leggere quello che vi era scritto. Corse alla porta. 
 
- Harm?-
- Nulla, ti spiego stasera, porto io la cena!- 
 
Sparì sulle scale lasciando Sarah allibita. Doveva tornare in ufficio e anche velocemente. Salì in macchina e sorrise. 
 
- Sta bene, comandante?-
- Certo, tenente...-
 
E sorrise di nuovo, ripensando al messaggio.
 
 
" L'ammiraglio le dà dieci minuti per tornare in ufficio, e si è raccomandato di ricordarle che le qualificazioni semestrali iniziano settimana prossima. B.R."

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