Paura d'Amore

di Dragonfly92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Andava tutto bene ***
Capitolo 2: *** La scuola dei bambini cattivi ***
Capitolo 3: *** Per la nostra vita ***
Capitolo 4: *** Non devo dire bugie ***
Capitolo 5: *** Odio puro ***
Capitolo 6: *** Una famiglia da distruggere ***
Capitolo 7: *** Confessioni e Promesse ***
Capitolo 8: *** Ci vuole tempo ***
Capitolo 9: *** Grazie Signor Tutore ***
Capitolo 10: *** Fin qui, tutto bene ***
Capitolo 11: *** Mostri e Bambini ***
Capitolo 12: *** Tenebre e patti ***
Capitolo 13: *** 'M' come... ***
Capitolo 14: *** La coccinella dei desideri ***
Capitolo 15: *** Giù ***
Capitolo 16: *** Fortunato e Felice ***
Capitolo 17: *** Un piccolo miracolo ***
Capitolo 18: *** Solo per questa volta ***
Capitolo 19: *** Incredibili Capacità ***
Capitolo 20: *** Lo specchio ***
Capitolo 21: *** Famiglia Legittima ***
Capitolo 22: *** Speranza ***
Capitolo 23: *** Panico ***
Capitolo 24: *** Sempre ***
Capitolo 25: *** The End ***
Capitolo 26: *** E a te... ***



Capitolo 1
*** Andava tutto bene ***


Andava tutto bene 


Giugno era iniziato da qualche giorno e con esso anche i corsi estivi per i piccoli maghi cresciuti nelle famiglie babbane .
Albus aveva insistito affinché anche tu ne prendessi parte.
Per farlo però, avresti avuto bisogno di un tutore, data la reticenza della tua famiglia verso questo mondo.
Reticenza, probabilmente non era la parola giusta, ma io, non lo sapevo.

Così, negai la mia disponibilità e ignorando lo sguardo smeraldo carico di rimprovero che ogni notte sognavo, e quello azzurro che invece mi tormentava quando ero desto, proseguii le mie giornate piacevolmente non degne di nota.

Già, mi beavo nella mia solitudine, compiaciuto del mio aspetto austero che faceva desistere chiunque dall'avvicinarmi.
Mi beavo degli occhi intimoriti e rispettosi dei piccoli quasi studenti, che eseguivano ogni compito assegnato senza emettere suono.
E mi beavo anche degli sguardi di rimprovero che Minerva mi lanciava, ogni qualvolta mi vedeva interagire con loro.

Ma d'altronde, avevano insistito loro affinché accettassi l'incarico.

Non che avessi molta scelta; Dalla caduta del Signore Oscuro, in effetti, l'insegnamento era diventato parte integrante della mia vita.
E non lo avrei ammesso nemmeno sotto Cruciatus, ma Silente e la sua cattedra mi avevano salvato.
Gliene ero, (e lo sono tutt'ora), grato, ma ritengo opportuno tenere per me queste osservazioni, onde evitare i suoi patetici, insulsi, sguardi affettuosi.

Fu per questo motivo che, seppur non risparmiandolo della mia ira, accettai anche quello. 
Ammetto, che insegnare a mocciosi totalmente ignoranti dal punto di vista magico, si rivelò essere un compito accettabile.

Posso quindi dichiarare che Oltre Ogni Previsione... Andava tutto bene.

Finché un giorno quel vecchio pazzo mi ha convocato nel suo studio.
E dal momento in cui ha iniziato a blaterare senza offrirmi quelle disgustose gelatina alla frutta, ho capito che qualcosa non andava.

Si stava perdendo in giri di parole da far invidia a Merlino, quando l' ho gentilmente interrotto per chiedergli di andare al punto.

E lui cosa ha fatto?!

Ha aperto la porta.

E sei entrato tu.

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Capitolo 2
*** La scuola dei bambini cattivi ***


La scuola dei bambini cattivi

-Cosa significa questo Albus?!-  domandò il pozionista irato, ben attento a distogliere lo sguardo dal moccioso.
-Scoppio di magia involontaria- Si affrettò a spiegare Silente
-Ha fatto esplode
-Non mi interessa!- ringhió , ma la protesta fu ignorata dal preside.

Albus approfittò del momento di stizza del collega per scartare uno dei suoi tanto amati pallini acidi, per poi gustarlo socchiudendo gli occhi e godendo delle note aspre della caramella come fosse un sapore mai provato prima.
Probabilmente, pensò il Professore, lo conosceva abbastanza da concedergli quei secondi necessari per riacquisire la sua compostezza .

Lo sguardo sottile che gli rivolse infatti, convinse il vecchio a riprendere con i suoi sproloqui. 

-Come dicevo, mio caro ragazzo, Harry ha involontariamente causato un’esplosione – seguì una brave pausa. 
-Sono più che certo che non ameresti trascorrere il tuo tempo ascoltando inutili dettagli.. 
Ma ritengo opportuno farti sapere che il tutto è avvenuto in un quartiere babbano. 
Oh, fortunatamente nessuno è rimasto ferito – aggiunse, come a voler rincuorare se stesso
-Ma ci siamo visti costretti ad oblivare i tre soggetti coinvolti e, come avrai dedotto, a togliere il bambino dalla custodia dei Durlsley. 
Per la loro incolumità. –

Severus seguì il discorso celando magistralmente il suo stupore; La magia involontaria era comune, ma un’esplosione …
Doveva proprio essersi impegnato quel piccolo farabutto!
Ed il racconto non faceva che rafforzare la sua tesi: Quello era un piccolo James Potter in miniatura!

-Non lo farò Albus!- ripeté a labbra strette, lanciando un’occhiata truce alla sua destra.
Il bambino era rimasto immobile per tutta la durata della conversazione; i suoi occhi seminascosti dalla frangia erano incollati al pavimento.
Le spalle ricurve, la maglia esageratamente vissuta circondava le braccia che si intrecciavano fra loro, avvolgendo una busta in plastica contenete chissà quale diavoleria. 

Era basso, constató il professore, osservandolo mentre le dita piccole si muovevano frenetiche sul sacchetto, provocando un fruscio decisamente insopportabile.

-Non dovrebbe avere sette anni?!- chiese sbuffando
-Ha quasi sette anni Severus, e lo sai bene..-
Fu probabilmente quell’insinuazione velata ad aumentare il suo nervosismo, che stava ormai raggiungendo livelli storici.
Ma Albus fu lesto ad intervenire prima che desse in escandescenza per sfogare la sua frustrazione .
Maledetto vecchio!
-Allora Harry, questo è il Professor Piton ed è il tuo nuovo tutore..-
Il piccolo sobbalzó nell’udire il proprio nome, ma tutto ciò che udirono da lui fu un incerto ‘Si Signore’.

-TU! – l’indice del pozionista scattò nella sua direzione 
-Non ti hanno insegnato le buone maniere?! Non sai che è buona educazione guardare chi ci sta parlando? !-
Il tono furioso ebbe l’effetto sperato.
La testa del bambino scattò in alto e poteva giurare di vederlo tremare fin da quella distanza.
Piton sogghignó; Se il ragazzino aveva intenzione di provocarlo, avrebbe trovato pane per i suoi denti.
 Non ci sarebbero più stati aspiranti Malandrini a tormentare i suoi giorni.
-Mm… mi s-scusi pr-professor Pp-Pitonn  – mormorò spostando il peso del corpo da un piede all’altro.

Ma il pozionista non lo udì. 
Gli sembrava di esser stato colpito da un Pietrificus Totalus nel momento esatto in cui il bambino aveva alzato il volto.
Quegli occhi. Gli occhi della mia Lily nel volto di quel cane di Potter; Un oltraggio! 

Fu nuovamente la voce di Silente ad interrompere le sue elucubrazioni mentali.
-Allora Harry…- iniziò con tono inappropiatamente dolce
-Sai perché sei qui?-
-Si Signore- rispose tempestivamente per poi deglutire a fatica. Probabilmente quel Signore anziano si aspettava una spiegazione. 
-Pp-Perché que-questa è è… 

Un Potter. Che balbetta per di più. 
Porco Godric!


Avrebbe voluto ricordare al moccioso impertinente che non aveva tutto il giorno, ma evitó di infierire intercettando l’occhiata ammonitrice di Albus.

-Pp-Perché que-questa è la.. la s-scuola de-dei bammbini cc-cattivi Signore-  concluse riprendendo fiato attento a non riabbassare lo sguardo; Non voleva far arrabbiare di nuovo l’uomo vestito di nero.

-Ti credi divertente Potter?!- sbottó Severus ormai incapace di controllare le proprie reazioni.
Avanzò verso di lui, che per tutta risposta lasciò cadere la busta che teneva fra le mani, portandole a coprirsi il volto.
-Severus! !-
Il tono non pacato con il quale il Preside aveva pronunciato il suo nome sembrò riconnetterlo alla realtà.
Anni di Malandrini lo avevano portato a perdere il controllo in quel modo. 

Contro un bambino…
No, non contro un bambino. Quello era il figlio di Potter, maledizione!


E si sarebbe aspettato una risposta arrogante dall’erede dei Malandrini, non quello… 
Tutto ciò lo destabilizzava ma si costrinse a tenere a bada i nervi.
-Harry… Chi ti ha detto quelle cose?- chiese pacato, mentre il bambino allentata cautamente la sua posizione di difesa.
Sevrus incaricò un sopracciglio; ovunque volesse andare a parare con quella domanda, lui non si sarebbe lasciato abbindolare. Mai.
-I-il Signor Ve-Vernon Signore- 

Lo sguardo amaramente soddisfatto di Albus pose fine a quell’insulsa conversazione.
-Bene Harry. Lascia che ti dica solamente che questa è una scuola certamente, ma per bambini speciali. Con insegnati speciali. 
Sono certo che il Professor Piton sarà lieto di spiegartene i dettagli al momento opportuno. 
Per il momento starai insieme a lui il tempo necessario di recuperare le lezioni che hai perso-
Il bambino rabbrividì visibilmente ma non mancò di annuire.
-Bene Potter, seguimi!- ordinò Piton seccato, per poi voltarsi verso il vecchio.
-Non finisce qui Albus..- soffió.

Ma il Preside sorrise. 
Aveva scorto una scintilla attraversare quegli occhi onice nel momento in cui avevano incrociato quelli smeraldo del piccolo.
-Oh, ne sono sicuro ragazzo mio… -

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Capitolo 3
*** Per la nostra vita ***


Per la nostra vita

Sai qual è stata la prima cosa che ho pensato quando ho capito che il vecchio non mi lasciava scelta, Potter?
Che te l’avrei fatta pagare. Alla prima occasione. 
Perché avevi sei anni ed avresti sicuramente combinato qualche guaio.
Ed ero già pronto con la mia lista di esercizi da svolgere, calderoni da pulire, frasi da riscrivere all’infinito.

Ma le ore passavano ed ancora, quell’occasione, non si era presentata.

Quando Senny, la mia elfa domestica, è sbucata dal niente annunciando la cena,  ti sei portato le mani alla bocca ed hai allargato gli occhi di stupore e timore.
Sei rimasto immobile in quell’assurda posizione finché non ti ho fatto cenno di seguirmi ed a quel punto, e con mio grande rammarico, hai prontamente obbedito senza fiatare.

Pensavo fosse finalmente arrivato il momento quando mi sono seduto a tavola e tu invece sei rimasto lì,  imbambolato in piedi,  intento a fissarti le scarpe e torturarti con le mani  l’orlo della maglia.
Ed ero troppo accecato di rabbia per capire…
Ti ho quindi poco garbatamente ordinato di sederti ed ancora una volta, hai eseguito.
Seduto con le mani sotto le cosce, come a voler bloccare ogni movimento, non hai toccato cibo.

Probabilmente avrei potuto approfittarne per sfogare un po’ di rabbia repressa.
Devo ammettere di aver soppesato l’idea, ma ho poi optato per un’altra decisone: ti ho ignorato. 
Se non volevi mangiare, non era un problema mio.

L’ho fatto quella sera come la mattina seguente, quando ho mandato Senny a svegliarti e ti sei presentato dopo pochi minuti.
Con gli stessi vestiti consunti del giorno prima.
Ma, lo ripeto, non era un problema mio.

La colazione è stata il déjà-vu del pasto precedente; hai atteso l’ordine per prendere posto, le mani sotto le cosce, la presa di posizione nel non mangiare.
Volevi provocarmi Potter, e ci stavi riuscendo bene.

Nel pomeriggio hai svolto tutti gli esercizi di scrittura che ti avevo assegnato.
Continuavi a muoverti su  quella sedia; Piccoli, quasi impercettibili movimenti di disagio, che tentavi inutilmente di celare.

Orgoglioso come tuo padre.

Ho pensato che non fossi abituato a  lavorare così a lungo.
La mia tesi è stata confermata da un’occhiata veloce a  quelle pagine: frasi quasi illeggibili ,una scrittura pessima.
Ovviamente, te l’ho detto.
Ti ho detto di non aver mai visto niente di più vergognoso del tuo compito. 
Ho preso quelle pagine e le ho accartocciate davanti a te.
Ero talmente pronto ad una tua reazione furibonda che il tuo -Mi dispiace, Signore- mi ha colpito come un bolide.
In pieno.

Ho sentito la necessità di voltarmi per riuscire ad ignorare il tuo sguardo liquido. 

 Continuavo a ripetermi che eri solo il figlio di Potter. 
Ed ho provato ad ignorare i tuoi occhi che gridavano il contrario. 
Maledizione, ci ho provato davvero! 
Ma poi, ti ho guardato .
Non so per quale dannatissimo, assurdo motivo,  ma l’ho fatto.

Ricordo bene quel momento, eravamo a tavola.
Tu continuavi col tuo mutismo, la tua accondiscendenza quasi militare, il tuo essere così remissivo che un tempo avrei apprezzato, ma che iniziava a darmi sui nervi.
C’era qualcosa di tremendamente sbagliato in tutto ciò e dovevo capire cosa.

Ancora oggi, in momenti come questi, mi ritrovo a chiedermi come una scelta possa essere così sbagliata e giusta allo stesso tempo.
Albus probabilmente avrebbe una risposta saggia per questo.
E patetica, sicuramente.

I babbani direbbero invece che “il fine giustifica i mezzi”, anche se io giuro solennemente di non aver avuto buone intenzioni quando ho fatto quello che ho fatto.

Grazie a Salazar però, non sono né Silente né un babbano.
Lascio quindi a loro domande esistenziali e risposte mielose, e mi concentro sull’unica cosa della quale sono certo : giusto o sbagliato, ciò che ho fatto è stato di fondamentale importanza per la nostra vita.
E quindi no, non me ne pento.

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Capitolo 4
*** Non devo dire bugie ***


Non devo dire bugie 

-Hai intenzione di continuare così per molto, Potter?- 
Un pugno assestato con forza sul tavolo fece sobbalzare il bambino che scivolò dalla sedia al pavimento con sguardo terrorizzato.
Il pozionista balzò in piedi; era passato poco più di un giorno, cosa avrebbe detto Albus se il moccioso si fosse fatto male?
Aggirò il tavolo a grandi falcate, pronto ad inveire contro quell’insolente, ma ogni parola morì nella sua bocca quando si trovò di fronte al corpicino rannicchiato per terra.
Il bambino era chiaramente spaventato; col braccio destro si copriva il volto, mentre con l’altro sembrava volersi ancorare al pavimento nell’estremo tentativo di vincere la voglia di scappare da quella furia.
-Per p-per … fa-favore Signore… -
Severus tentò di non farsi abbindolare dal quel tono supplichevole, anche se qualcosa, all’altezza del suo stomaco, si strinse quel tanto che bastò a lasciar passare una fastidiosa sensazione.
Oh no, sicuramente non senso di colpa, quello non gli apparteneva di certo, ma un piccolo, insignificante, feroce dubbio…
Che si fosse… Come dire…
Sbagliato?
Che Potter non stesse fingendo? 
Che davvero quello che avvertiva fosse reale timore e non una squallida messa in scena?

Impossibile, si disse con convinzione, stava diventando un rammollito esattamente come il Vecchio.

Scosse la testa come a voler rimproverare se stesso, scacciando così ogni incertezza.
O almeno era certo di averlo fatto, anche se non si seppe mai spiegare come l’ordine che uscì dalle sue labbra, avesse potuto assumere un tono così poco autoritario.
-Alzati Potter, forza…-  

Harry eseguì, tirandosi in piedi immediatamente.
Severus notò lo sforzo di trattenere le lacrime e ve ne fu immensamente grato.
Non era assolutamente pronto ad affrontare isterismi infantili, né lo sarebbe mai stato.

-Spiegami perché non hai intenzione di mangiare ragazzino, vuoi forse morire di fame?-

Involontariamente, Harry prese a strofinarsi le mani sulle braccia.
Quell’uomo gli faceva paura.
Era alto, molto più alto di suo zio e sicuramente più magro, ma anche le sue mani erano così  grandi...
Nonostante questo però, non sarebbe scappato. 

Era proprio un bambino forte il piccolo Harry, anche se ancora non lo sapeva.

Così, si armó di tutto il coraggio che riuscì a racimolare.
-No Signore-

Due lunghissimi, estenuanti minuti per sentirsi dare quella stupida risposta.
Adesso sì che era furioso.

-E allora, di grazia, perché diavolo non mangi? !
E alza quella dannata testa QUANDO PARLI CON ME!-

Come ormai si aspettava, il comando venne subito eseguito, ma quando i suoi occhi furenti incrociarono quello sguardo perso, si maledì per essersi imposto tale tortura.

-Io.. i-io Signore… No-Non s-sapevo che.. che…-

Dèi del cielo, ascoltarlo era un tale supplizio!
Si impose però di lasciarlo parlare, d’altronde sapeva per esperienza quanto potesse essere difficile...
Non che la cosa lo toccasse in alcun modo. Assolutamente. 

Il bambino inspirò profondamente prima di riuscire a continuare. Sapeva che i grandi odiavano quando ci metteva così tanto a finire una frase.
Ma almeno il Signor Piton non stava ridendo di lui…
 
-Io no-non sa-sapevo che.. che era pe-permesso Signore- concluse sotto lo sguardo perplesso dell’uomo.

Lo stava sicuramente prendendo in giro. 
Eppure quello sguardo…
Dannazione! 
-Spiegati Potter! Ti serviva forse il permesso per mangiare da quei babb.. Dai parenti da cui stavi?! –
-Si Signore-
Stavolta la risposta fu sicura ed immediata, così come la reazione di Piton.
Non c’era alcuna spiegazione logica a quelle parole, se non una : il bambino era un bugiardo!

-Lo sai che non si dicono le bugie Potter?! – 
Si avvicinò, puntando l’indice contro il piccolo che ora tremava visibilmente .
-Signore..  pe-per favore..-
Ma Severus non Lo udì neppure; ricordi feroci rimbombavano nelle sue orecchie, immagini ingombranti offuscavano la sua vista.

-Lo sai cosa succede a chi dice le bugie, POTTER?!-

Quel cognome, quell'odio...

-Signore.. N-no n-non è un-una bugia… pe-per favore…-

Quegli occhi, quell'amore...

-Signore pe-per favo..-
Un singhiozzo sfuggì al suo controllo; Portò subito le mani alla bocca investito dalla consapevolezza di ciò che aveva fatto.
Aveva contraddetto un adulto. E stava piangendo.
Non riuscì ad impedire alle sue gambe di indietreggiare, mentre il panico si diffondeva nel suo corpo scuotendolo sempre più forte.
-La pre-prego… S-Signore mi-mi dispiace-

L’ennesima preghiera, l’ennesimo ‘Signore’.
Ora basta.
Ne aveva abbastanza.
Se quel bambino era un bugiardo, lo avrebbe scoperto subito.
Puntò la bacchetta verso quegli occhi sgranati e fu un attimo.


-LEGILIMENS! -

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Capitolo 5
*** Odio puro ***



Odio puro

Oh, si che l’ho fatto.
L’ho fatto perché mi rifiutavo di credere a ciò che stavo vedendo.
Perché il tuo terrore non poteva essere reale.
Non doveva esserlo, capisci?
Non volevo più sentire le tue preghiere, quelle suppliche che anche io ho conosciuto nella mia infanzia.
Non ti credevo. Non volevo, non potevo farlo.
Sarebbe stato difficile.
E ho sperato, in quei secondi, che frugando nella tua testa avrei finalmente cancellato ogni dubbio, trovando conferma al fatto che eri solo un bambino capriccioso, viziato, tale e quale al padre.
Ma poi ho pronunciato quella parola.
E sono entrato nel tuo mondo…

Ho visto il buio dello stanzino in cui vivevi.
Ti ho sentito urlare così forte da rompermi il cuore, che nemmeno pensavo più d’avere.
Mi sono portato una mano al petto e l’ho sentito sgretolarsi in pezzi sempre più piccoli ad ogni botta che raggiungeva il tuo corpo.

Ho guardato quell’uomo, che continuava a picchiare la tua schiena già livida, urlandoti contro il suo disprezzo.
Ho guardato te, mentre chiedevi scusa, gli imploravi di smetterla, giuravi che non lo avresti fatto mai più.

Ma cosa avevi fatto, bambino, per meritarti tutto quell’odio?

È stato lui a rispondermi, quella bestia che ti ha trascinato per i capelli e buttato in quel lurido sottoscala.
Ha detto che non saresti dovuto nascere. 
Ha chiuso la porta con un tonfo, promettendo di non riaprirla più.
Perché nonostante i suoi sforzi tu non imparavi. 
Perché eri un mostro, come i tuoi genitori.

E ho continuato a guardare anche se volevo, per la prima volta nella mia vita, scappare.
Ti ho visto appallottolare la maglia, soffocarci dentro il tuo pianto, il tuo dolore.

Allora ho scavato più a fondo, perché forse si era trattato di un solo, terribile, irripetibile episodio.
Ti ho trovato, un po’ più piccolo, inginocchiato per terra a strofinare il pavimento.
La testa bassa, china sul parquet, si è sollevata appena per vedere un altro bambino, evidentemente più grande, che scuoteva la terra dalle sue scarpe nuove davanti ai tuoi occhi.
Occhi che sono riempiti di desolazione quando il pendolo a battuto sei rintocchi.
Angoscia, quando una macchina si è arrestata davanti a casa.
Paura, quando la porta si è spalancata.
Colpevolezza, quel pavimento ancora sporco di fronte a te.
E ad ogni passo che si avvicinava, trattenere le lacrime diventava più difficile.
Quanto male può fare il rumore di una fibbia che viene sganciata?
Quanto può diventare assordante lo strusciare di una cinghia che viene sfilata dai jeans?

I colpi veloci, la carne che si lacera.
Quelli che all’inizio sono gemiti trattenuti, si trasformano in urla angoscianti, finché anche urlare diventa dolore.
La voce, adesso, non sembra nemmeno più la tua.
È straziata.
È straziante.

Ed è di nuovo buio.
Quel buio che conosci bene.
Ma non ci si abitua mai alla sofferenza, vero?

Ti ho visto, bambino.
Ti ho visto essere arrabbiato con te stesso, graffiarti le braccia conficcandoci dentro le unghie, fino a farle sanguinare.
Ti ho sentito ripeterti che eri cattivo, cattivo, cattivo.
Fino a che la rabbia non è svanita.
E forse, dopo è stato anche peggio.
Perché ha iniziato  a far male, dentro.
E le lacrime scendevano veloci, infinite, insieme tutti quei ‘perché’ che non trovavano risposta.

Ma anche piangere, diventa un problema quando stai in uno spazio tanto piccolo. 
L’aria manca, inizia la tosse che scuote il corpo già massacrato.
E fa ancora più male.
Tanto male da vomitare.

Mi sono ritrovato a pregare, in quei minuti.
Che succedesse qualcosa, che tu perdessi i sensi.
Qualsiasi cosa, purché finisse.
Ma non è successo.
Mai.

Non so con quale forza, sono rimasto a guardare.
A sfogliare quelle pagine, dove il nero predominava.
Ad osservare il tuo corpo sfumato di viola, giallo, blu.
Colori che non dovrebbero mai sporcare un corpo così piccolo.

Non so con quale forza, riuscivi a non piegarti quando il cibo ti veniva buttato in terra.
Perché è lì che mangiano i cani.
Ma tu cercavi di resistere, piccolo, grande bambino.

Ti ho visto inzuppare la manica della maglia sotto il getto del lavello quando nessuno vedeva, e succhiarne il liquido quando il caldo, lì dentro, diventava insopportabile.
Ti ho visto farti minuscolo, dentro quella maglia, abbracciarti, quando invece era il freddo ad avere la meglio.

Provare e riprovare ad essere migliore.
A finire quella lista di compiti prima che il pendolo suonasse.
Trattenere i lamenti, cercare di comprendere qualcosa da quelle lezioni, come le chiamava lui.

Lezioni date per cambiare lo sbaglio che sei.
Lezioni, perché non dovevi piangere, ridere, mangiare, andare in bagno senza permesso.
Lezioni, perché non capivi.

E lo sai perché non capivi, Harry?
Perché non c’era niente da capire in quello.
Nessuna spiegazione plausibile, nessuna giustificazione, nessun insegnamento.
Niente.
Quello era odio.
Odio puro.

Ed era troppo, anche per uno come me.


----- Spazio Autrice ----
Non è mia abitudine scrivere qualcosa a fine capitolo .
Questo però,  è stato quello più difficile per me, e ti sarei immensamente grata se mi facessi sapere cosa ne pensi. 
È un capitolo al quale tengo particolarmente e spero di esser riuscita a trasmettere qualcosa, con le parole.
In ogni caso, se sei arrivato a leggere queste righe, non posso che dirti :
GRAZIE.

A presto,
Dragonfly92


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Capitolo 6
*** Una famiglia da distruggere ***


Una famiglia da distruggere

Severus schizzò via da quella mente come se si fosse scottato.
Un ringhio di frustrazione fuggì dalle sue labbra; uscì dalla stanza quasi correndo, sperando forse di allontanarsi da quell’orrenda realtà che gli era caduta addosso come un secchio d’acqua gelata.
Si costrinse a mantenere la lucidità giusto il tempo che bastò per convocare Poppy, l’infermiera di Hogwarts, nei suoi appartamenti.

Poi, sigillò la porta con un incantesimo e dette sfogo alla sua ira.

Uno ad uno, i bicchieri di cristallo sullo scaffale in mogano si frantumarono, esplodendo in mille pezzi.
Come hanno potuto… come hanno potuto…
Bottiglie di FireWhisky si sgretolarono una dopo l’altra , impestando l’aria di Alcool.
Bestie…. Come avete potuto fare questo ….
La bacchetta puntata contro il tavolo, schegge di legno come proiettili.
Tutto quell’odio… Le botte… Le umiliazioni….
Quadri che urlavano shockati prima di essere ridotti in polvere.
Crudeli… Bastardi…
Libri scaraventati in aria, bruciati. Solo cenere.
Ad un bambino… .
Odore di Whisky, odore di fumo, odore di vendetta.
 È solo un bambino

Fu con quel pensiero che si bloccò.  
Le mani sulle ginocchia, la bacchetta stretta fra le dita, il respiro affannato.
È solo un bambino…

Severus si chiese, in quel momento, quando Potter avesse smesso di essere il figlio di Lei, o peggio, di Lui.
Quando avesse iniziato ad essere, ai suoi occhi, solo un bambino.

Lui lo aveva giudicato, condannato, aveva strappato i  suoi compiti solo per stimolare una sua reazione sbagliata e punirlo e…
Certo, non sarebbe mai arrivato a tanto.
Ma come aveva potuto non accorgersi di ciò che aveva di fronte...

Scosse la testa, passandosi la mano sugli occhi stanchi.
Non aveva senso; Doveva smettere di autocommiserarsi.
Doveva rimediare.

Un bussare insistente alla porta ormai scheggiata, lo trascinò al presente.
Spolverò la veste con un gesto veloce, per poi sussurrare un reparo diretto alla stanza.
Non era da lui perdere il controllo in quella maniera ed era sicuro che  non sarebbe riuscito a  sopportare l’espressione contrariata di Poppy o di Senny.
Non senza affatturarle, almeno.

Indossò la sua impeccabile maschera d’indifferenza,  ed aprì.

La cuffietta bianca dell’infermiera lasciava intravedere la capigliatura quasi perlacea raccolta in uno chignon, dal quale fuggiva qualche ciocca più scura.
Il viso era contratto in una smorfia quasi dolorosa, sicuramente provata.
I due si accomodarono in salotto, dove Senny che si era materializzata, servì un Thè per Poppy, e del liquido ambrato con ghiaccio per il pozionista.
Il silenzio regnò sovrano per diversi istanti, interrotto solo dal leggero tintinnio del cucchiaino a contatto con la ceramica.

-In tutti questi anni di carriera, Severus…-
-Lo so..- la interruppe l’uomo, precedendo i suoi pensieri.
Portò il bicchiere alle labbra, assaporando lentamente il gusto amaro del whisky, beandosi del calore che sembrava infiammare la gola.
-Questo è il suo quadro clinico..- 
Porse all’uomo una cartellina celeste pastello. 
La mano del pozionista tremò quasi impercettibilmente mentre le dita sfioravano i documenti.

I suoi occhi vagarono fra quelle parole.
Ecchimosi… Contusioni… Abrasioni…
Si mossero veloci fra quelle righe di dolore.
Malnutrizione, conseguente infezione del tratto gastrointestinale.
Il fruscio della carta, violenza messa nero su bianco.
Difficoltà respiratorie… Contratture nervose involontarie dell’arto superiore sinistro.
Un bambino distrutto. 
Ansia… Disturbo del linguaggio… 
Un bambino mai stato bambino.
Sospetto disturbo del sonno. 
Non riscontrato deficit cognitivo.

Severus chiuse la cartellina e solo allora si rese conto di aver trattenuto il fiato.
Quelle bestie avevano rischiato di far impazzire quella creatura.
Dovevano essere maledette.

Si alzò in piedi, sentiva la rabbia ripresentarsi più prepotente di prima.

-Dove credi di andare?- anche la donna si era alzata e le braccia conserte sotto il seno erano un chiaro segnale di disapprovazione.
-Ho una famiglia da distruggere! – sentenziò, fissandola negli occhi.
-Severus Piton! Siediti immediatamente!-
- Non sono più un tuo studente, Poppy!-
-Ma non ti permetto ugualmente di parlarmi in questa maniera, Professore!
E cerca di dare la precedenza alle cose importanti, per una volta!
Avrai tutto il tempo di pensare a come distruggere quella famiglia… 
Ma qui, ORA,  hai un bambino da ricostruire, hai capito?
La vendetta può attendere, Harry no! 
Ha già aspettato anche troppo…-
L’uomo sembrò colpito dal tono dell’infermiera.
Per la seconda volta in un giorno, si ritrovò a dover tenere a bada i suoi istinti.
Glielo doveva…

-Bene Severus..-
Ma prima che potesse aggiungere altro fu lui a parlare.
-Devi trovargli una sistemazione..-

La tazza che Poppy teneva fra le mani si crepò quasi immediatamente, ed il viso della donna assunse un innaturale colore rossastro .
-Per il nostro bene, Professore,  farò finta di non aver sentito quest’assurdità…-
Con una calma che non le apparteneva, riparò la tazza, per poi sorseggiare l’ultimo sorso ormai freddo.
Severus sospirò pesantemente.
Con il pollice e l’indice si strusciò gli occhi, per poi ricomporsi sulla poltrona.

- Poppy… Io non so nemmeno da dove cominciare…-
Una frase sussurrata, quasi una confessione.
Il labbro della donna si piegò leggermente all’in su, in un sottile sorriso.

-Comincerai dall’inizio Severus…-
-Oh, illuminante, dico davvero- la schernì, alzando gli occhi al cielo.
Ma Poppy lo ignorò,  più che abituata ai suoi modi scorbutici.
Poi sospirò e porse all’uomo un sottile e argentato oggetto metallico: Una moneta babbana.
-Questa me l’ha data lui…
Per gli occhiali nuovi.
Ha una vista pessima e dovremo tenerla sotto controllo….
Ma non ha voluto indossare le lenti prima di darmi questa…-
Fece una pausa. 
Alzò gli occhi verso Piton , che annuì pensieroso, spronandola silenziosamente a continuare.
-Gli ho somministrato un antidolorifico ed un calmante… 
Ha una ferita aperta, dietro la coscia. 
Volevo disinfettarla, ma a giudicare dal suo stato d’ansia, toccandolo avrei solo rischiato di scatenare un attacco di panico.
Ed era già troppo provato , per oggi… -
Gli occhi d’onice del pozionista brillarono di una strana luce.
-Non chiederò scusa per quello che ho fatto Poppy. Anche se moralmente discutibile…-
-Inaccettabile direi – Lo corresse
-Ma no, non mi aspetto che ti scusi, anche perché se non fosse stato per quello che hai fatto, forse…
Ma ciò non toglie che lasciarlo a piangere sul pavimento sia stata una scelta deplorevole, Severus...-
Il tono della donna non era irato, solamente deluso.
E fu questo, forse, a spingerlo sulla difensiva.
-Cosa avrei dovuto fare ? Sono venuto a chiamarti!-
-Sai benissimo cosa avresti dovuto fare... – Si sporse sul limite della poltrona, avvicinandosi a lui.
-Lo hai detto anche tu che non si fa toccare…-
-Era spaventato, e lo hai lasciato solo. Quindi, questa non è una scusa Professore. Devi guadagnarti la sua fiducia!-
L’uomo sbuffò e quasi rise di quell’assurdità.
-Non ti permetto di giustificarti. Non lo hai mai fatto, non iniziare adesso!-
La maschera cui teneva così tanto, si stava allentando.
Se ne accorse Poppy, che posò una mano su quella pallida dell’altro.
-Non so da dove iniziare, te l’ho detto…- ripeté;  un’altra confessione, un altro sorriso materno.
-Dovrà imparare a sentirsi un bambino… 
Parlagli… Non pensare che sia una cosa da poco, nessuno lo ha mai fatto con lui…
E non dare niente per scontato.
Sai , si sorprende quando lo chiami per nome… -
Lasciò al pozionista il tempo per assimilare quelle informazioni, poi continuò. 
-Domani ti farò avere le indicazioni per il regime alimentare che dovrà tenere, e le pozioni da abbinare..
Nelle condizioni in cui è adesso, anche un’influenza potrebbe essere..
Molto pericolosa.-

Severus rimase ad ascoltare con attenzione, tentando di far sue più informazioni possibili.
Per un momento gli sembrò d’esser tornato studente.
Si chiese se fosse davvero possibile, imparare a ricostruire un’anima.

Poteva seguire le indicazioni della donna alla lettera, preparare lui stesso le pozioni..
Ma sarebbe stato in grado di dare a quel bambino delle certezze?
No, ne era sicuro.
Ma ci avrebbe provato.

Lo doveva a Lily, lo doveva al bambino.
Sentiva la necessità di espiare quella colpa.
 
Poppy gli aveva detto che la vendetta doveva attendere, che doveva agire per priorità.
E lui l’avrebbe fatto.
Severus decise, in quell’istante, che quella sarebbe stata la sua punizione:  L’attesa.

Fu quella scelta, il primo importante passo verso il loro cammino insieme.

Accompagnò la donna al camino, subendo in silenzio le ultime raccomandazioni.
Poi schioccò le dita ed attese la comparsa dell’elfa.
-Va’ a chiamare Pott…
Harry, per favore –

Ed anche il secondo passo, fu mosso.


--- SPAZIO AUTRICE ---

GRAZIE.
Grazie a chi ha speso un po’ del suo tempo per lasciare un commento, a chi segue la storia, a chi l’apprezza in silenzio.

Vorrei aprire una piccola parentesi sul tema ‘Dursley’.
Sono sicura che qualcuno si aspettava una tempestiva visita di Severus a Privet Drive.
E, credetemi, anche io non vedo l’ora che arrivi quel momento ;)
Vorrei chiedervi però,  cosa ne pensate…
Alda Merini ha detto : -La miglior vendetta? La felicità. Non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice.-
Henry Becque, invece ha scritto : - Con l’avanzate dell’età, ci rendiamo conto che la vendetta è ancora la forma più sicura di giustizia.-

Personalmente, cercherei di fondere i due aforismi; Il male, non deve restare impunito.
E voi? Cosa mi dite?  Quale destino scrivereste per quella famiglia?
Un Abbraccio ed un Grazie,
Dragonfly92






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Capitolo 7
*** Confessioni e Promesse ***


Confessioni e Promesse


Senny lo studiò con lo sguardo e contemplando l’ordine portò le mani sui fianchi.
Prese poi a tamburellare il piede per terra, scuotendo la testa.
-Signor Severus Signore, Senny chiamerà il signorino solo questa volta. 
È compito del Signor Severus Signore, andare a chiamare il bambino!-
E con un sonoro ‘POP’, sparì.
Piton alzò gli occhi al cielo, senza però proferire parola.
Era abituato ai rimproveri di Senny, sapeva benissimo a cosa andava incontro portandosi a casa un’elfa libera.
Già, un’elfa libera, efficiente e clamorosamente rompi palle.
Una specie di Poppy formato mignon, insomma.

Sbuffando, si sedette sull’amato divano.
Senza accorgersene, la sua gamba aveva iniziato a muoversi con scatti continui e nervosi.
Si ricompose frenando quello sgradito movimento ed alzò gli occhi.

I leggeri passi ovattati dalla moquette annunciarono il suo arrivo.
Posò lo sguardo su quell’esserino che ora se ne stava immobile a pochi passi di distanza.
 Guardandolo, pensò che Poppy avesse davvero una leggera vena sadica, o un senso dell’umorismo sicuramente opinabile; Con quelle lenti rotonde infatti, non si poteva non notare quanto il bambino fosse la fotocopia del padre.
Si appuntò mentalmente un paio di incantesimi da provare sulla donna e tornò a concentrarsi sul presente.

Harry era ancora in piedi, fermo come un perfetto soldatino.
Severus lo osservò alzare leggermente lo sguardo, probabilmente in cerca della cosa giusta da fare.
Sentì la pressione pulsare nelle tempie, che massaggiò tentando di catalogare i pensieri in maniera più o meno coerente.
Tentativo futile, pensò, mentre raccomandazioni, consigli ed immagini si accavallavano nella sua testa aggrovigliandosi sempre di più.

Laddove la strategia non arriva, occorre l’azione.

 -Harry…-

Si sorprese della nota indecentemente morbida che aveva assunto la sua voce.

-Vieni, siediti…-
Gli indicò Con un cenno della testa la poltrona di fronte a sé.
Vide l’incertezza passare attraverso i suoi occhi.
-Puoi sederti sulla poltrona…-  specificò.

Harry si mosse a disagio.
Non era sicuro di aver capito bene, ma non voleva fare la figura dello stupido.
Però quel Signore gli aveva proprio detto ‘poltrona’!
Forse era come quando Dudley gli diceva che poteva toccare i suoi giocattoli e..

-Potter!-

Gli smeraldi scattarono subito verso l’uomo.
Gli aveva detto di fare una cosa facile, perché doveva sempre far arrabbiare i grandi?
Si mosse a passi più veloci, sedendosi con cautela su quella stoffa così bella.

Severus si pentì all’istante d’averlo chiamato per cognome.
Tra l’altro, usare il suo nome, era un ottimo aiuto a dissociarlo con quell’immagine poco gradita..

Dannata Poppy e i suoi consigli criptati!

-Cos’è quella?- domandò il pozionista osservando l’oggetto sferico nella sua mano.
In realtà, la donna gli aveva spiegato d’aver dato al bambino una pallina blu, una specie di antistress per aiutarlo a rilassare i muscoli della mano e per evitare che si graffiasse le braccia. 
Ma aveva anche sottolineato l’importanza di farlo esprimere e quella domanda gli sembrava una buona mossa.
-Mm-mi dispiace S-Signore.. Io… la-la restit.. res-restituisco e… -
Ma Severus frenò quel fiume di scuse prima che la situazione degenerasse.
-No, Harry…
Quella è tua, volevo solo sapere che cosa fosse…-

Osservò il pugno del bambino aprirsi e chiudersi involontariamente attorno all’oggetto.
Lo vide deglutire faticosamente, abbassare ed alzare lo sguardo incerto più volte.
-Si Signore.
La… La Signora…
 M-me l’ha d-data la Signora In-Infermiera, Signore…-

-Bene… E ti ha detto a cosa serve?-
-Si Signore-

Dėi, sarebbe stata una conversazione estenuante.
Sembrava che una semplice risposta gli costasse una fatica immensa.
Probabilmente era così, ma col tempo sarebbe stato più facile…
Forse.

-Puoi spiegarmelo, Harry?-

Il bambino ispirò a fondo; Quel Signore era così gentile con lui…
Doveva impegnarsi e rispondere per bene!

-La Signora.. Ha-ha d-detto che ser-serve per la… per la m-mano Signore… 
C-così poi fu-funziona d-di nuovo… P-per s-scrivere e… e p-per…-

Era mancino!
Ma aveva usato la destra per svolgere gli esercizi che il pozionista gli aveva assegnato, probabilmente per evitare che le contratture muscolari gli facessero rovinare il foglio.

Severus sospirò colpevole, portandosi due dita sotto il mento, come a contemplare la situazione.

-M-mi dispiace Signore…-
Il pozionista inarcò un sopracciglio.
-Per cosa ti stai  scusando, bambino?-
-P-perché so-sono lento e… E n-non spie-spiego bene… M-mi dispiace Signore-
Gli occhi tornarono a fissare le scarpe consunte.
Perché non poteva parlare con tutti gli altri bambini?

-Harry… Guardami per favore..-

Lo stupore, quel per favore inaspettato, mai avuto.

-Non devi scusarti per cose che non dipendono da te…
Vedrai che col tempo riuscirai a parlare più… Più velocemente se è quello che desideri.
Ma non scusarti, non ce n’è bisogno..-

Il bambino sembrò soppesare quelle parole.
Davvero un giorno ci sarebbe riuscito?
O forse era uno scherzo?

-Senti Harry…-
Di nuovo il suo nome.
Era bello sentirsi chiamare così.
Quell’uomo sembrava davvero bravo.
Gli aveva permesso di tenere la pallina e lo aveva addirittura fatto sedere su quella bellissima poltrona!

Le piccole dita presero a sfiorare la stoffa ruvida, percorrendone il ricamo in rilievo.
Era proprio una bella sensazione.

-Harry,  tu sai che io sono il tuo nuovo tutore…-
-Si Signore…-
-Bene… Quindi, adesso che starai qui, in questa casa con me, ci saranno delle nuove regole..-
Parlò lentamente, soppesando ogni parola, cercando di farlo in maniera semplice e allo stesso tempo di risultare convincente.
-La prima regola Harry, è che qui nessuno alzerà MAI le mani su di te…-
Fece una pausa osservando gli occhi concentrati del piccolo; Le palpebre socchiuse come a cercar di mettere bene a fuoco quelle parole.
-Faremo i compiti, degli esercizi, studieremo e migliorerai la scrittura e la lettura… 
Ma anche se sbaglierai Harry, non verrai mai punito con… 
In quella maniera..
Capisci cosa ti voglio dire?-

Potter lo fissò incerto su cosa dire.
Aprì e chiuse la bocca più volte .

-Puoi parlare se vuoi.
Vorrei sapere quello che pensi…- lo incitò, senza apparente risultato.
 Attese qualche attimo.
-Harry… I tuoi zii ti punivano?-
-Si Signore!-
La risposta fu tempestiva, istantanea, quasi soddisfatta.
Lo era in realtà, era felice di saper come rispondere.

Ma il Signore non sembrava contento; Non sembrava come la Zia Marge che voleva essere sempre sicura che ricevesse abbastanza lezioni.

-Ti facevano male?-
-Si Signore!-

Ancora quel tono quasi orgoglioso; Gli si strinse lo stomaco.

-Questo non è bello Harry…-
Si sporse leggermente dal divano, catturando lo sguardo perplesso del piccolo.
-Quello che i tuoi parenti hanno fatto.. Farti male… Non è bello.-
Osservò quegli occhioni allargarsi di stupore.
-È una cosa sbagliata…
Sono stati… Cattivi.-
Il bambino si portò entrambe le manine alla bocca, tappandola come se lui stesso avesse detto un qualcosa di impronunciabile.

-Non si picchiano i bambini, Harry.
Qui NESSUNO ti farà del male… 
Niente schiaffi,niente calci, niente cinghia. 
Ora capisci? –
Il piccolo rabbrividì mentre il suo sguardo si faceva più liquido.

Perché quel Signore Gli diceva quelle cose?
Forse perché non sapeva.
Ma Harry voleva essere un bravo bambino e avrebbe detto la verità.
Perché quell’uomo era gentile e lui doveva essere coraggioso.

-Signore..-
Lo guardò attendendo un cenno per poter proseguire.
-È che… È che  f-forse il… il Signore non lo sa…-
Lo sforzo per trattenere il pianto.
-Ma… il-il bambino no-non è n-normale… E … E –
La voce si incrina sotto il peso di una verità così dolorosa.
-E è… Il bambino è-è diverso..-
La terza persona per un ‘io’ che non si vuole.
-E noi d-dobbiamo per f-forza dare.. Dare le-le… Lezioni..-
Una parola che fa male.
-Si-Siamo co-costretti…-
Stille di dolore che scivolano da sotto le lenti.
-Sennò… No-non capisce.. –
Una manina che le scaccia arrabbiata.
-Non .. Non capisce, non capisce..
È catt.. Cattivo!-

Severus pensò, in quegli attimi, che una sessione di cruciatus sarebbe stata niente, in confronto a quella visione.
Un bambino disperato, disanimato , distrutto.
Che rimaneva composto mentre sputava quella confessione così grande, quella certezza d’essere sbagliato, quella convinzione d’aver meritato tutto il dolore.

-Tu non sei cattivo, Harry.-
Di nuovo la piccola mano sulla bocca, stavolta a celarne lo stupore.
-Non sei cattivo. 
E NESSUNO ti darà più quelle Lezioni.-

Adesso le lacrime rigano le guance, segnandole, solcandole con mille emozioni.
Non sei cattivo..
Gli occhi che si appannano.
NESSUNO ti darà più quelle lezioni..
La gola che si stringe.
Non sei cattivo…
Il cuore che rimbomba, il bisogno, la voglia di credere a quelle parole.

-Non piango .. No-non piango n-non piango –
Ma è impossibile fermarle, corrono veloci insieme ai suoi pensieri combattuti. 
Forse quell’uomo non lo sta prendendo in giro.
Forse davvero lui… Può diventare bravo…
Forse può…
-N-non piango… N..-
-Non fa niente.. –

Un sussurro, il rispetto per quel pianto contenuto, per la dignità mostrata in quella sofferenza.
Può quasi vederli i dubbi che divorano quella piccola mente.
Li sente, li guarda, impotente.

-Harry…-
Una pausa, un silenzio quasi sacro.
Poi, una mano tesa, un gesto di rispetto, un modo per suggellare un patto o presentarsi come fosse la prima volta.
Un tentativo per ricominciare.

Ma Harry, che era solo un bambino e che di gesti di rispetto non ne aveva mai ricevuti, porse all’uomo tutto ciò che pensava di poter offrire: la sua pallina blu.

Severus scosse leggermente la testa, incurvando la bocca in un amaro sorriso.
Non prese la piccola sfera e senza mai interrompere il contatto visivo, avvicinò cautamente la mano al piccolo volto.

Perché  si avvicinava così tanto?
Paura, voglia di scappare. 
Aveva detto che nessuno avrebbe più alzato le mani su di lui e…
Occhi serrati, mascella contratta.
Preparazione al colpo.
Perché era stato così stupido?


Posò leggero due dita sotto il mento cercando di ignorare il tremolio che percepiva.

Cosa stava succedendo?
Perché non faceva male?


Poi, col pollice, sfiorò la guancia umida, catturando una goccia salata.
-Nessuno ti farà più del male…-


Le palpebre tremano, schiudendosi.
Non è possibile.


Una carezza accennata, un’emozione profonda.

Una carezza.

-Te lo prometto…-

E una promessa.


----SPAZIO AUTRICE----

Con questo capitolo, siamo entrati nel travagliato mondo del nostro bambino.
Un mondo di paura e dolore che per la prima volta vede entrare una piccola luce di speranza.
Spero di esser riuscita a rendere vivi anche per voi i suoi sentimenti e le sue emozioni.

Ancora un GRAZIE a chi sta leggendo, a chi segue, a chi commenta donandomi i suoi preziosi consigli.
GRAZIE,
Dragonfly92

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Capitolo 8
*** Ci vuole tempo ***


Ci vuole tempo

Da quel giorno, Harry, ho iniziato ad osservarti.
Osservarti , per poterti comprendere.
Poppy Mi aveva detto di non dare niente per scontato con te, ma non avevo compreso appieno le sue parole.

Il loro significato mi è piombato addosso, quando per caso sono passato dalla tua camera.
Uno sguardo al letto.
Perfetto, immacolato.
E mi sono ricordato.
Mi sono ricordato di quando ti ho mostrato la stanza, appena arrivato, e mi hai chiesto dove avresti dovuto dormire.
Ma in quel momento, quella frase che sicuramente ti era costata uno sforzo enorme, per me non era altro che una sottile provocazione.
Così, sarcasticamente, ti ho risposto..
-Nell’armadio Potter, mi sembra ovvio!-

Se c’era una cosa che fino ad allora avevo sempre apprezzato di me stesso, era la nota sarcastica che le mie risposte assumevano in modo totalmente naturale.
Da quel momento, ho iniziato ad odiare anche quella parte di me.

Non ti ho mai chiesto dove avessi dormito, mi sono  solamente assicurato che da quel giorno tu, usassi il letto.
Non avevo più tempo da sprecare nell’autocommiserazione, volevo agire.

Ma era difficile per te, vero bambino?
Era difficile credere a delle parole, per quanto belle, profonde o sincere.

Chissà quante volte ti hanno detto “vieni qui che non ti faccio niente”.
Chissà quante volte avrai sperato, magari dopo ore o una giornata di calma apparente, che le cose potessero essere diverse.
Chissà quante volte, la realtà, ti ha fatto male.

E ti ha scavato dentro, infierendoti ferite troppo profonde.

Mi ricordo di quando ti ho chiesto quale colore fosse il tuo preferito.
E tu mi hai guardato, con quegli occhi densi di preoccupazione, e dopo qualche secondo mi hai detto: il nero.

Mi hai dato la risposta che pensavi volessi.
Quella giusta.

Ma non c’era niente, di giusto.
Quelli erano pensieri distorti dalla violenza, piegati dalla crudeltà.

Pensieri che ti hanno impedito di usare l’acqua calda della doccia.
Perché “Il bambino se la deve guadagnare. Non è sua, è del Signor Tutore”.

Maledetti, schifosi, bastardi babbani.

Ho cercato di rassicurarti e sembrava davvero che tu avessi capito.
Probabilmente mi credevi, ma quando la sera ti ho accompagnato a letto ed ho allungato la mano per sfilarti gli occhiali, tu hai portato le braccia sopra la testa, per proteggerti.

Mi ha ferito, quel gesto.
Perché te l’avevo spiegato, perché ti avevo detto che non avrei mai fatto niente, per farti del male.

Ma poi, mi sono tornate a mente le parole di un poeta babbano :

Gli hanno piantato dentro così tanti coltelli che quando gli regalano un fiore, all’inizio, non capisce neanche cos’è. 
Ci vuole tempo.


Ci vuole tempo, aveva detto Bukowski.
Ma io avrei voluto guarirti subito.

E non dimenticherò mai tutti i Grazie Signore, che seguivano un pasto o il momento in cui ti accorgevi che non ti avrei colpito , anche se avevi sbagliato.
E, sono ancor più certo, che mai scorderò la prima volta che ti ho visto sorridere... 



---AVVISO!---

A causa di un problema tecnico del sito, non sono riuscita a leggere le recensioni dell’ultimo capitolo.
Non riesco a visualizzarle ed ho contattato l’amministrazione che spero mi aiuterà a risolvere il problema.
Riesco però ancora a vedere quelle dei capitoli precedenti e credo quindi che non avrò problemi su quelle nuove.
Volevo quindi chiedervi SCUSA se non vi ho risposto.
Provo però a farmi perdonare…
Ho pubblicato questo piccolo capitolo oggi, ma questa settimana ne pubblicherò un altro (domani, se ci riesco) sperando di fare un qualcosa di gradito. 
Questo per dirvi GRAZIE e per scusarmi ancora una volta.
Un abbraccio,
Dragonfly92




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Capitolo 9
*** Grazie Signor Tutore ***


Grazie Signor Tutore


Harry, con il busto chino verso la scrivania e lo sguardo concentrato, era intento a concludere gli esercizi che Severus gli aveva dato.
Stringeva la penna fra le dita quasi compulsivamente, le nocche bianche per lo sforzo di imporle i suoi movimenti.

Il Professore gli aveva detto che doveva ricominciare ad usare la sinistra e lui lo stava facendo anche se quella mano proprio non voleva sapere di collaborare.

Lo faceva sbagliare, tracciare linee e scarabocchi che andavano a sporcare le pagine del suo bellissimo quaderno nuovo.
E questo lo faceva arrabbiare, sentire terribilmente incapace.
Perché non riusciva a controllarla?
Il Signor Tutore gli aveva detto che non importava, che col tempo sarebbe tornata a posto, se continuava ad esercitarsi e ad usare la pallina blu.
Ma lui avrebbe tanto voluto essere bravo da subito, per poterlo ringraziare.
Quell’uomo, il suo nuovo tutore, era stato così gentile…
Gli aveva dato da mangiare tante cose buone e calde, e adesso non doveva nemmeno più dormire nell’armadio!
Inoltre, non lo aveva mai colpito, mai, nemmeno una volta.
Ed era già passata una settimana!
Ovviamente, Harry sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma non gli importava, lui voleva soltanto impegnarsi e magari sarebbe potuto rimanere in quella casa, non per sempre, certo, ma almeno un altro po’…

 Raddrizzò la schiena , sistemandosi meglio sul morbido cuscino che il Piton gli aveva messo sulla sedia e Riprese a scrivere.


Severus, appena rientrato, stava decisamente correndo verso il salotto per assicurarsi che tutto fosse a posto.
Fortunatamente, Senny gli si era parata davanti appena in tempo, e tamburellando il piede per terra , gli aveva impedito di precipitarsi dal bambino in quella maniera.
-Il Signor Severus Signore spaventerebbe il Signorino!- gli aveva detto come se fosse la cosa più ovvia del pianeta.

Piton, avrebbe tanto voluto inveire contro quel suo fare da elfa vissuta, ma non ne ebbe il tempo, dato che con un POP, Senny sparì.
Si avviò con passi più ponderati verso la stanza, non che stesse seguendo il suo consiglio ovviamente.

Affacciandosi al salotto, Poggiò una spalla sull’arco della porta ed attese qualche attimo.
-Ciao Harry…-
Il bambino Si voltò nella sua direzione.
Era curiosa l’espressione di stupore che gli dipingeva il volto, ogni volta.

Girò il busto quel tanto che bastava per guardare l’uomo, e mollando la presa dalla penna, afferrò la sua pallina.
-B-Ben… Bentornato Signore..- disse con un filo di voce.
Era abituato a doversi rendere invisibile agli occhi di chi entrava in casa, ma il Signor Tutore gli aveva detto che è buona educazione salutare e così, lo aveva fatto.
-Grazie Harry, hai fatto i tuoi esercizi?-
Il bambino deglutì prima di rispondere con un incerto Si Signore. 
-Posso vedere?-
Il pozionista si avvicinò, portando il foglio all’altezza dei suoi occhi.
Più che un compito, sembrava un campo di battaglia.
Notò il tratto deciso che caratterizzava le letterine ripetute nelle prime righe.
Alla quarta, i contorni diventavano indecisi, ed erano alternati da freghi dettati probabilmente dagli scatti muscolari.
In una situazione normale, avrebbe dato di matto di fronte a tale obbrobrio .
Ma non riuscì a non apprezzare il fatto che il bambino fosse andato avanti, nello scrivere, nonostante la difficoltà.
-È… Accettabile.- Sentenziò.
Era sicuro che Senny fosse stata presente, non avrebbe esitato ad incenerirlo con un’occhiata.
Ma lui era pur sempre il temibile Professor Piton e non dispensava complimenti così facilmente.
-C-ci so-sono tan… tante ma-macchie Signore…-
Confessò il bambino, aprendo e serrando i pugni.
-Si, è vero, ma ce ne saranno meno col tempo, vedrai.-
-Però… Signore… P-però no-non ho ancora fi-finito-
-Non importa Harry… Ti sei impegnato e per adesso va bene così..-
La comparsa dell’elfa li fece quasi sobbalzare entrambi e Piton notò l’espressione divertita di Senny a lui rivolta.
-Senny si scusa con il Signorino Harry, non voleva spaventare- esordì, piegandosi in un brave inchino.
-Il pranzo è pronto Signor Severus Signore!- 
Ancora un POP, ancora sarcastici commenti trattenuti a fatica.
Oh, ma l’avrebbe sentito quell’elfa spocchiosa!

-Senti Harry, dopo pranzo usciamo…-
Il bambino lo Guardò con un’espressione che non seppe decifrare.
-Si Signore!
S-se v-vuole io… Io po-posso pre.. preparare la t-tavola pe-per quando t-tornate…- 
Severus inarcò un sopracciglio, guardandolo stordito.
Gli ci volle qualche secondo a realizzare cosa in realtà il bambino avesse capito, ma si trattenne dal ridere.
-Oh, sono sicuro che uscire con Senny sarebbe davvero un’esperienza… illuminante…
Ma no Harry, io e te, usciamo io e te…-

Gli occhi di Potter si spalancarono.
La bocca semiaperta, la manina che si apprestava a coprirla.
Poi, la testa che si abbassa, le mani che si cercano fra loro, intrecciandosi.

E un qualcosa di straordinario.
L’angolo della bocca che si solleva verso l’alto.
Un sorriso.

Gli occhi cercano di tornare a guardare verso l’uomo, ma non ci riescono.
Vorrebbe abbandonare quell’espressione da stupido che sa di avere in quel momento.
Ma almeno, vuol far felice il Signore e quindi lo guarda, perché sa che lui vuole così.

-Grazie Signor Tutore…-


Ed il  cuore di Piton accelera in quel momento o forse perde un battito, non lo sa.
Ma sa che darà qualsiasi cosa per vedere quell’espressione accarezzare di nuovo il suo volto.


--SPAZIO AUTRICE—
Come promesso, ecco qui l’altro capitolo.
Fortunatamente, il problema tecnico è stato risolto dall’amministratore  (che ringrazio di tutto cuore) e sono finalmente riuscita a rispondere alle recensioni.

Tornerò ad aggiornare la settimana prossima (mercoledì o domenica, a seconda degli impegni lavorativi) e vedremo i nostri due protagonisti alle prese con la loro prima uscita…

GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!
Un abbraccio,
Dragonfly92
 






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Capitolo 10
*** Fin qui, tutto bene ***


Fin qui, tutto bene.


Harry camminava a testa bassa, le gambe che si muovevano veloci.
Tenere il passo del suo tutore non era semplice, ma ce la metteva tutta.
Un arcobaleno di emozioni dipingeva i suoi pensieri; era tutto così… Diverso.
Il Signor Tutore gli aveva detto che doveva necessariamente rimanere vicino a lui, quando erano fuori.
Ed era strano, per quel bambino, non doversi nascondere.
Le rare volte in cui il Signor Vernon era stato costretto a portarselo dietro, si era assicurato che il mostriciattolo rimanesse a dovuta distanza di sicurezza.
Nessuno avrebbe dovuto collegarlo alla famiglia Dursley, nessuno.

Ed invece quel suo nuovo tutore gli aveva detto di rimanergli vicino.
Vicino, capite?

E così, adesso si ritrovava quasi a correre pur di mantenere il ritmo.
Ma lo faceva volentieri.
Era così felice che il Signor Tutore lo avesse portato con sé!
Avrebbe fatto di tutto per non farlo pentire.
Anche se, in realtà, aveva già commesso un errore.
Si era messo la sua solita felpa ed il Professore aveva inarcato un sopracciglio, come quando aveva guardato, la prima volta, i suoi compiti.
Ed Harry aveva capito subito di aver sbagliato.
Fortunatamente, il Signore non si era arrabbiato tanto, ed i suoi occhi erano tornati a distendersi quando Senny gli aveva fatto indossare una camicia a maniche Corte.
Era azzurra, con i bottoncini che si chiudevano praticamente da soli, avvicinandoli. 
Come tante piccole calamite blu.

E gli piaceva tanto anche se…
Anche se così, si sarebbe visto quante volte il bambino era stato cattivo.
Tutte quelle macchie, testimoni delle lezioni che i suoi parenti avevano dovuto infliggergli.
Ed Harry sapeva che sarebbe stato motivo di vergogna per il Signor Tutore, così glielo aveva detto.
Ma lui non aveva risposto niente, aveva semplicemente alzato la sua bacchetta ed i lividi erano spariti.
Come la sua cicatrice.
-È un incantesimo a breve termine..- aveva spiegato.
E lui aveva annuito, anche se, in realtà,  non aveva compreso.
Ma non era importante finché tutto andava così bene…


Seguiva quelle grandi scarpe scure quasi con devozione.
Non vi staccava mai gli occhi, affrettando o rallentando il passo in perfetta sincronia con esse.



Il cemento grigio che sembrava percorrere tutto il paese era interrotto qua e là da aiuole di fiori colorati talmente brillanti da risultare innaturali.
Harry posò il suo sguardo su dei tulipani poco distanti: anche a Privet Drive ne avevano piantati alcuni, ma di certo non erano belli come quelli!
Si chiese distrattamente se fosse merito della Magia della quale il Tutore gli aveva parlato, ma decise di non disturbare con le sue domande sciocche.

Un giorno, però, glielo chiederà.
Quando sarà bravo e coraggioso, lo farà.
Se lo promette, perché così, quando sarà grande, potrà piantare tanti bei fiorellini, brillanti come quelli.
In un giardino enorme, che guarderà dalle grandi finestre della sua casa.
Ed avrà anche tanti, tantissimi animali.
Gatti, conigli, papere e…
Una tigre.
Si può avere una tigre?
Forse si, in quel mondo strano come lui.
E sarà bianca, come quella disegnata sul suo album, quello che nasconde gelosamente, nel suo sacchettino di plastica.
È il suo tesoro segreto.
E sì, è suo, glielo ha detto la maestra.
Non lo ha rubato, non lo avrebbe mai fatto.
Ed un giorno, lo colorerà.
E sarà ancora più bello di adesso.

Un giorno, forse.
Se riuscirà, no, quando riuscirà ad essere bravo.
Quando riuscirà ad essere normale.
Un giorno…
Sarà un bellissimo giorno.
 

-Tutto bene?-

Ecco.
Il Signore ha incontrato qualcuno.
E lui, adesso, cosa  dovrebbe fare?
Forse nascondersi, come faceva coi Dursley.
Ma gli è stato detto di rimanere vicino, quindi no.
Forse allontanarsi, giusto un po’...
Forse, forse…
Ecco!
Il Signore gli aveva spiegato qualche regola della… Buona Educazione, l’aveva chiamata.
Ed una delle prime regole era Salutare Sempre.
Quindi sì, avrebbe alzato la testa e salutato.
O forse solo alzato la testa.
O forse…

Il tempo passa e lui ancora non ha fatto niente.
Deve darsi una mossa.
I suoi occhi saettano in alto, schiudendosi soltanto dopo un lunghissimo respiro.
Ed è pronto, davvero, lo è.
Ma le sue iridi verdi non inquadrano nessuno.
Non… Non c’è nessuno.

Oh.



Severus aveva osservato il comportamento del bambino per tutto il tragitto.
Sembrava sereno, mentre camminava al suo fianco.
Poi, qualcosa era cambiato.
Aveva visto i suoi pensieri riflettersi in quel volto scavato, modellandolo in una smorfia di disapprovazione, con i suoi dubbi, le sue distorte convinzioni.
Lo aveva visto pietrificarsi al suono di quella domanda.
E non poteva far a meno di scrutarlo, mentre mille dubbi si infrangevano su di esso, levigandolo in incertezza, incapacità.




Nessun interlocutore sconosciuto.
Nessuno.
Tutto ciò che riuscì ad inquadrare, fu una via percorsa da negozi perlopiù deserti, dai quali qualche negoziante annoiato si affacciava inspirando afa e nicotina.
La sua testa scattò a quel punto verso sinistra , dove un tutore dall’espressione perplessa lo osservava sgomento.

-Tutto bene, Harry?

Oh.
Perché così stupido?
Avrebbe dovuto capire ma no, si era perso nei suoi pensieri.
Stupido,  Stupido, stupido.
 
-Si… No…
C-cioè io….
N-non ave-avevo c-capito e… 
Mi…mi…-

Severus ignorò il fiume di scuse che sicuramente sarebbe sfociato, interrompendolo.
-Va tutto bene?-
-Si Signore-

Abbassò la testa, colpevole.
-Bene, adesso entriamo qui e dopo ci fermiamo un po’ , se vuoi…-
Riprese a camminare, certo del ‘Si Signore’ che avrebbe seguito la sua retorica domanda.

Avevano già fatto tappa in diversi negozi; Tutto questo girovagare e spendere iniziavano ad innervosirlo.
E dover tener d’occhio ogni passo del bambino non era un’impresa così semplice.
Più volte aveva dovuto spronarlo ad entrare vista la sua reticenza, ma dover mantenere un tono pacato gli costava una gran fatica.
Doveva solamente entrate, dannazione!


La porta si aprì, provocando un tintinnio decisamente fastidioso.

Una volta dentro, la bocca di Harry si schiuse, creando una perfetta ‘O’ di fronte a tanta bellezza.
Decine di piccoli libri volavano di fronte a lui, sbattendo le pagine come fossero ali.
Volteggiavano fieri, fino ad andare a posarsi sul loro scaffale, ordinati ed eleganti.
Magici.

Odore di libri nuovi vibrava bell’aria.
Ed Harry lo amava, adorava quel profumo,  quell’essenza di parole e conoscenza.
Gli piaceva leggere.
Le storie lo intrigavano più di ogni altro gioco ed era forse quella la cosa che aveva invidiato di più, ai suoi compagni di scuola.

Seguì un piccolo libro verde e argento, che dispettoso, gli si era posato sul naso, strappando un sorriso alla scarpa proiettata dalle fiabe di Beda il bardo.
E mentre il libro planava nel suo ripiano, Harry non poté far a meno di ammirare l’incredibile scena che fluttuò davanti ai suoi occhi.

Un mago dalla barba lunghissima si ergeva sguainando la sua spada dorata.
Di fronte a lui, un drago enorme dalla lingua biforcuta e le zanne affilate, spuntava fuoco; La fiamma arancione e gialla, era così splendente da sembrare vera.

E mentre i due, proiettati da quelle righe magiche, combattevano senza sosta, il bambino avvicinò l’indice, come a tastare la realtà di fronte a sé.
Ed avrebbe voluto accarezzare quelle fiamme, quel mago e perché no, anche il drago che combatteva così fiero.
Ma
Non si tocca!!!
L’indice che si ritrae, raggiungendo le altre dita, serrandosi in un pugno.
Cosa
Un colpo
Credevi-
Una altro colpo
Di fare?-
Il rumore del legno che colpisce le ossa
Piccolo stupido mostro!

Ed il pugno si ritrae, raggiungendo il petto, mentre l’altra mano soccorre, coprendolo.
Non si tocca ciò che non è tuo, piccolo incapace!

Quasi l’aveva dimenticato…
Ed i suoi occhi si dilatano di terrore.
Il volto che scatta verso l’alto.

Ma non c’è nessuno pronto a colpirlo.
Nessuno che lo guarda con disprezzo.
Nessuno, se non quell’uomo che urla, nella sua testa.

-Andiamo…-
Il Signor Tutore è lì, in piedi, con una mano sul pomello della porta.
Ha concluso i suoi acquisti ed è arrivato il momento di uscire.
Ed Harry lo guarda, lo studia, ma il corpo che vede non si avvicina furioso.
È semplicemente lì che lo aspetta.
E lui lo segue,  affrettando i suoi piccoli, indecisi passi, perché non è bene far attendere i grandi.
E lui ha già commesso troppi errori.
Lo raggiunge e si stupisce quando con un gesto, il Professore semplicemente lo invita ad uscire, per poi seguirlo.

Ed ora, Harry può respirare.

Fin qui tutto bene.

Fin qui, tutto bene.



--Spazio Autrice –

Penso che questo si possa definire un capitolo di passaggio.
Ma era necessario a mostrare come i due protagonisti stiano cercando di abituarsi a quella nuova realtà.
E nonostante sembra che lo facciano quasi in modo naturale, i ricordi di Harry sono sempre lì, vivi e prepotenti.
E Severus inizia, invece, a dare i primi segni di stanchezza.

Sono giunti all’ultima tappa del loro tour e fin qui, è andato tutto bene … 
Vediamo cosa accadrà nel prossimo capitolo (mercoledì o domenica).

Grazie per i vostri commenti, parole e pensieri che scaldano il cuore.
Un abbraccio,
Dragonfly92

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Capitolo 11
*** Mostri e Bambini ***


Mostri e bambini

-Thomas…- 
Severus accompagnò il saluto con un breve cenno della testa, tentando di non alzare gli occhi al cielo mentre sprecava il suo tempo con quei patetici convenevoli.
-Professor Piton, è un piacere rivederla..-  disse il sarto di rimando, padroneggiando al meglio l’entusiasmo scaturito alla vista di quel proficuo ed esigente cliente.
Si spostò appena dalla soglia permettendo all’uomo di avanzare nella bottega e fu in quel momento che il suo sguardo si spostò verso il basso.

Il bambino, a fianco del pozionista, era talmente immobile che sembrava trattenere il respiro.
Severus si ripromise di indagare sul perché di tanta agitazione.
Più tardi, magari.
Adesso voleva soltanto concludere gli acquisti e tornare al Manor.

-Sono certo, Thomas…- iniziò, destando l’uomo dai suoi pensieri
-…che il nostro prezioso tempo non sarà sminuito con domande superflue.
E che rimarrebbero, ovviamente, prive di risposta..- concluse, non staccandogli mai gli occhi di dosso.
-Ovviamente…- gli fece eco, ignorando l’ormai ben conosciuta irritabilità del cliente.
-Di cosa ha bisogno?-
-Guardaroba completo.- rispose secco.
-Per lui..- aggiunse in seguito, invitando il bambino a farsi avanti.


Harry spostava il peso del corpo da una gamba all’altra, mentre il suo pugno stringeva la pallina.
Quel negozio, lo metteva a disagio.
Era pieno di quei vestiti lunghissimi che la Signora Petunia e le sue amiche guardavano sulle riviste, soltanto che questi si muovevano, volteggiando su se stessi, come dotati di vita propria.
Davanti ad essi, completi maschili lucidi ed eleganti, accennavano saluti alzando la tuba o piegandosi in un breve inchino, per poi riprendere la loro statica posa e tornare a ripetere la coreografia pochi attimi dopo.

Harry ridusse i movimenti al minimo per paura di sfiorare, anche per sbaglio, una di quelle preziose stoffe.
Non era mai stato in una sartoria, ma decise che da grande, non ci sarebbe più tornato.

-Ciao, io sono Thomas…-
Il sarto allungò la mano, facendo irruzione nel campo visivo del bambino che per tutta risposta indietreggiò fin quasi a sbattere nella gamba del Tutore.
Ma non ebbe nemmeno il tempo di portarsi le mani alla bocca che Severus si frappose fra i due, folgorando l’uomo con lo sguardo.
-Pensavo di esser stato piuttosto chiaro riguardo al VALORE del nostro tempo, Signor Thomas… 
Ma evidentemente…-
Non terminò la frase, interrotto da un breve accenno di scuse, seguito dall’allungarsi di un braccio, un invito a proseguire e a dimenticare l’accaduto.
-Bene..-

Severus seguì l’uomo attraverso i capi, fino ad arrivare ad una massiccia porta in legno.
Una volta dentro, si diresse con sicurezza verso la conosciuta poltrona Bordeaux adagiata nell’angolo della stanza e posta davanti ad un piccolo tavolo in vetro, dove era stato posato un calice di vino rosso.
Era il minimo, pensò il pozionista, mentre lasciava che il liquido scivolasse nella gola, schiarendo la sua mente.

Per un attimo si era dimenticato del bambino, che era in evidente attesa di istruzioni.
-Harry, il Signor Thomas ti prenderà le misure per i tuoi nuovi vestiti…- spiegò brevemente, assaporando un altro sorso.
-S-Signore ma… Ma i-il.. Io n-non ho s-sold…-
-Evitiamo commenti inappropriati Potter…- lo freddò.
Non era il momento.
Più tardi gli avrebbe spiegato tutto.
Più tardi, adesso aveva solo bisogno di un attimo di pace.

Il pavimento era ricoperto da un enorme tappeto dai disegni geometrici.
Al centro di esso, era appena apparso uno sgabello, molto simile a quello che usava quando doveva lavare i piatti.
Ma non v’erano piatti lì, c’era solo quell’oggetto e anche un enorme specchio che percorreva tutta la parete di fronte, riflettendo l’intera stanza.

-Puoi salire lì…- gli disse il Signore con la giacca a scacchi, che con un colpo di bacchetta sistemò il panchetto più vicino allo specchio.
Harry Guardò Severus, che però era talmente immerso in un una lettura sicuramente importante da non accorgersi di quegli occhi verdi e dell’ombra che li stava attraversando.
Al secondo richiamo del sarto, il bambino obbedì, mentre le sue manine si perlavano di sudore.
-Vado a prendere il metro, tu togliti la camicia intanto…- disse, allontanandosi per poi sparire.

Togliti la camicia…. 
Via la maglia!
Togliti la camicia…
Via la maglia ho detto!

Mentre le voci rimbombavano nella sua testa, le mani tremanti raggiungevano i bottoni.
Ed era difficile aprirli, ed ancora più difficile era riuscire a vincere la voglia di scendere da quello sgabello e scappare.
Ma il Signor Tutore gli aveva detto che nessuno gli avrebbe fatto male.

Il penultimo bottone.

Uno sguardo verso la poltrona, una altro sguardo negato.

L’ultimo.

Si sfilò la camicia, serrandola in una morsa con entrambe le mani.
La canottiera bianca che indossava non era abbastanza.
Si sentiva nudo, esposto, solo.


E Se fino a poco prima aveva pensato che rimanere fermo fosse difficile, il ritorno di Thomas rese l’impresa terribilmente ardua.
Appena entrato, l’uomo aveva puntato la bacchetta verso l’alto e bisbigliato un qualcosa che lui non aveva compreso.
Capì ciò che il sarto aveva fatto, soltanto quando una musica lenta e profonda iniziò a propagarsi nella stanza.

La musica no, la musica no per favore, per favore..

Lo sapeva.
Sapeva cosa significava la musica, sapeva a cosa serviva.

 Petunia! Alza il volume o questo piccolo mostro attirerà tutto il vicinato!
Smettila di urlare piccolo insolente!


Parole che si mischiano alla sinfonia.
Quell’uomo che ora si volta verso di lui, gli sorride.
Ma Harry non lo vede davvero.
Perché quelle note si irradiano nelle vene, raggiungendo la sua mente, risvegliando ricordi che la offuscano, stravolgendo la realtà.
E trema quel bambino, mentre lotta contro di sé.
Da solo.
Si, da solo perché il suo tutore è talmente concentrato su quello scritto da non accorgersi di ciò che sta succedendo.
Non si accorge di come Harry spalanchi gli occhi appena il sarto muove un passo verso di lui, chiedendogli di stare fermo.

Sta’ fermo ho detto!

Ma quando Thomas lascia che il metro nella sua mano si srotoli, lui non ce la fa più.
Perché nella sua testa il sorriso di quell’uomo non è niente di buono e quella striscia di pelle che tiene fra le mani farà male.
Tanto male.

-S-Signore…-
È appena un sussurro, la voce che trema, le parole che si bloccano nella gola.
La pelle d’oca, gli occhi che bruciano.

-Pe-per f-favore…-

Ma Thomas non capisce, non può e si avvicina di più, afferrando il metro con entrambe le mani.

Prima era difficile.
Poi è diventata un’impresa ardua.
Adesso, adesso è impossibile rimanere fermo.

Harry si sbilancia, rischiando di cadere e scende senza staccare lo sguardo da quelle mani così grandi.
-Che stai facendo?-
Non capisce lo sguardo di quell’uomo, non lo conosce, ma quando lo raggiunge, la sua mente si scatena.

Indietreggia fino a sbattere contro lo specchio, ci si appiattisce contro  pregando di diventare invisibile.
Ma poi quell’uomo lo tocca per farlo alzare, e basta quel gesto sfiorato a fargli perdere il controllo.
-No no no no no- 
Inizia a ripetere, ma qull’uomo non si ferma, gli afferra un braccio e lo tira su.

Thomas non ha idea di cosa stia succedendo.
Che razza di problemi ha quel bambino?
Spera soltanto che il Professore sia abbastanza distratto e la musica abbastanza alta.
Ma quando lo rimette in piedi, capisce che non sarà abbastanza.

Perché il bambino ha iniziato ad urlare.
-Signore no no No TI PREGO!-

Ed è quella preghiera a risvegliare Severus.
Scatta in piedi e rimane impietrito dalla scena.
Cosa diavolo sta succedendo?

Gli bastano pochi secondi, gli basta uno sguardo a quella mano stretta sul polso del bambino, al metro abbandonato per terra, a quegli occhi verdi che guardano l’oggetto.

-Lascialo subito!- ringhia, scostandolo con forza.
-Vattene fuori!- e l’uomo seppur confuso, esce, sbattendo la porta.

-Harry…- 
Si inginocchia, avvicina la mano verso di lui.
Ma il bambino si allontana, una mano sempre tesa di fronte a lui, come a chiedere di aspettare di ripensarci, di smettere.
Lo ha fatto arrabbiare, arrabbiare tanto e sembra che la musica lo capisca perché diventa più veloce, più forte, più dolorosa.
E le lacrime scendono, scappano e questo lo farà ancora più arrabbiare.

Ed infatti il tutore lo raggiunge.
-S-Signore..- un singhiozzo sfugge dalla sua bocca, ora è nell’angolo e non può più scappare.

Ma Severus non commenterà lo stesso errore.
Non lo lascerà in balia dei suoi demoni.
Non di nuovo.

Gli posa una mano sulla spalla, ma sembra non essere la scelta giusta.
-NO NO NO NO NO-
Le urla diventano disperate, acute.
Ed il corpo inizia a dimenarsi, ad allontanare quella mano.

-Harry…-

Lo chiama, ma il bambino non lo sente e continua ad agitarsi a strusciare i piedi per terra come a voler entrare in quello specchio.

Lo afferra per entrambe le spalle, ponderando la sua forza, ma si lascia prendere alla sprovvista.
Il bambino inizia una lotta furiosa, e quasi gli scivola dalle mani.
-Harry smettila…-
Ma le sue parole non funzionano, non servono, non può sentirle.
E quindi lo afferra di nuovo, e stavolta lo stringe a sé.
La  piccola schiena ora posa sul suo petto, sbattendovi sopra.
-NOOOOO!
TI PREGO! PER… PER FAVORE!
MI DISPIACE!-
Quelle urla lo trafiggono, sente quel corpo tremare sempre più forte, i singhiozzi scuoterlo come in preda alle convulsioni.
Gli blocca le braccia con le sue, ma il bambino non si ferma, continua a dimenarsi feroce, disperato come un animale in gabbia.
Prova a parlargli ma le sue parole sono sovrastate da quelle grida agonizzanti. 
-T..t-ti pre… prego!-
Lo implora mentre inghiotte lacrime e dolore, mentre il cuore batte così forte da fargli male.
-Si…..Signore ! T-TI PREG..-

Piangi piccolo mostro?

La gola brucia, il volto bagnato, quelle mani che non lo lasciano.

Devi stare fermo o sarà peggio per te!

-TI… prego… No.. Non piango!
Signore…
Signore…. Signore… ti prego...
Signore! Per favore!-

E Severus si chiede per un attimo se è a lui che si sta rivolgendo o a quel dio che i babbani pregano guidati da quella che definiscono fede.
Sicuri che qualcuno li ascolti, quel qualcuno che adesso sta ascoltando le sue stesse urla.
Quel qualcuno che forse il bambino stesso avrà pregato ogni volta che quell’essere distruggeva il suo corpo.

Ma abbandona quei pensieri, perché non c’è nessuno che li aiuterà, adesso.
Ci sono soltanto lui e quel bambino distrutto, che non ha più la forza nemmeno di gridare.
Ma che continua a chiedere perdono, continua a chiedergli di fermarsi.

E Severus sente la sua forza scemare, quella lotta divenire piu debole, abbassarsi insieme al tono della sua voce.
E approfitta del momento per voltarlo verso di sé.
Ora sono petto a petto, lui ancora inginocchiato per terra.
Sente il bambino smettere di lottare e dopo poco ricominciare, per poi smettere di nuovo.
Non ce la fa più, lo percepisce e allora lo scosta leggermente per permettergli di guardarlo, di ritornare al presente.
Ma mentre tiene quel corpo leggero fra le braccia, vede che la sua mente non è lì .
Lo vede da quegli occhi ora appannati, fissi in un punto dove lui non può arrivare.
Vede le lacrime continuare a scendere, accompagnate da scuse e preghiere che si ripetono come un mantra.

-Harry…-
Anche la sua voce, adesso, è provata.
Sente il petto dolere, schiacciato dalla colpa.
Avrebbe dovuto evitarlo.

Gli Scosta la frangia dalla fronte madida di sudore.
La cicatrice è tornata visibile.
Osserva le braccia scoperte macchiarsi nuovamente di blu e si chiede come abbia potuto essere tanto superficiale.

Su quel pensiero le sue braccia sembrano muoversi da sole, ed issano il bambino, sistemandolo meglio, fino a fargli posare la testa sul suo torace.
Ed è come avere fra le mani una bambola rotta, una bambola che qualcuno a tentato di spezzare, svuotare, annientare.
E non sa come, né perché, ma inizia a cullarlo, una mano che si muove lentamente sulla schiena, l’altra che sorregge la testa, accarezzandola piano.
Ancora un leggero singhiozzo, ma sta passando, lo sente.
-Shhh… Va tutto bene…- Sussurra e continua a farlo perché sembra funzionare, anche se è un qualcosa di cui non si riteneva capace.
Qualcosa non da lui.
Qualcosa di cui, qualche tempo fa, si sarebbe vergognato.
Ma poi guarda quel bambino spezzato.


Si è arreso Harry, si è arreso e adesso non riesce a sentire niente.
Nemmeno la musica.
Ha freddo, ma posa su un qualcosa che emana tanto calore.
Vorrebbe guardare, ma non riesce a voltare la testa.
È così stanco…
Forse sta sognando.
Sì, sta sognando.
Ne è sicuro adesso, perché sente due mani su di sé.
Ma non fanno male.
Anche se sono grandi, non fanno male e non lo spingono.
Gli piace sognare.
Sembra vero.
Si sente sollevare e per un attimo ha paura, ma passa subito perché quelle mani sono ancora lì.
E… Fanno bene.
Poi sente qualcos’altro.
Un rumore, no, un suono.
Un suono dolce, bello e anche se non lo ha mai sentito prima, capisce cosa è.
È Un cuore.
Ed è bello.
Ma anche strano.
Sente una stoffa posarsi sulle sue spalle.
Di nuovo quelle  mani.
Oh, ora capisce.
Non ci può credere.
Se avesse un po’ di forza sorriderebbe, ma non ce la fa.
Quello è il sogno più bello che abbia mai fatto.
Qualcuno lo abbraccia.
Non ha mai sognato un abbraccio.
Non immaginava che fosse così.
E adesso che ha capito gli sembra quasi sbagliato.
È come dire una bugia.
Allora inspira forte e racimola tutta la sua energia.
Perché, almeno nei sogni, lui è coraggioso. E forte.


Severus lo sente sospirare, scostare leggermente il volto dal suo petto.
Vede dal riflesso che ha gli occhi socchiusi, le mani completamente abbandonate lungo i fianchi.

Lo sente parlare, ma non capisce.
Arresta i suoi passi, continuando però a cullarlo.
-N.. N-on.. N-non si.. a-abbracc…-
Una piccola, singola lacrima, scivola da sotto le lenti.
-N-non si a-abbracciano i… i mostri…-
Un soffio, una confessione.
Un’altra strilla di dolore.
L’ultima.

Lo stomaco di Severus si serra, torcendosi.

-Non si abbracciano i mostri…
Ma i bambini si, Harry.
E quando hanno paura, si abbracciano un po’di più…-





---Spazio Autrice---

È crollato, il nostro bambino.
Paura, disperazione.
Spero di esser riuscita a farvi arrivare almeno un po’ delle emozioni che prova.
Vi lascio con queste due citazioni e sarò felice se mi farete sapere cosa ne pensate.
Ogni vostro commento è un bellissimo incentivo ad andare avanti.

“Non è la sofferenza del bambino che è ripugnante di per se stessa, ma il fatto che questa sofferenza non è giustificata” – A. Camus

“I bambini esposti a violenza domestica, mostrano gli stessi cambiamenti a livello cerebrale dei veterani di guerra.” – Univesity College di Londra 

A domenica,
Un abbraccio.
Ed un immenso GRAZIE a tutti voi!

Dragonfly92 


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Capitolo 12
*** Tenebre e patti ***



Tenebre e Patti


-Davvero un bizzarro fenomeno ragazzo mio…-
Il Preside si massaggia la folta, pallida barba mentre gli occhiali a mezza luna incorniciano uno sguardo furbo.
-Non so di cosa tu stia parlando Albus…-
-Oh, no, certo che no.
La notizia mi è pervenuta soltanto qualche minuto fa, quindi non potresti mai esserne a conoscenza…-
Silente sorseggia lentamente il suo Thè ai mirtilli.
Severus, vorrebbe affatturarlo.
Ma poi ci ripensa; Non è opportuno, si dice.

-Sembra, ragazzo mio, che una famiglia babbana sia vittima di un fenomeno davvero… strano.
Pare, a detta loro, che la villetta in cui abitano sia costantemente circondata da… tenebre.
A qualsiasi ora del giorno, il buio vige in quella casa.
Avevano pensato ad un guasto tecnico di origine babbano, ma la cosa sorprendente è che nessun altro, a parte loro, pare accorgersi di queste ‘tenebre’.
Per questo, è stato richiesto il nostro intervento.
È stata la Signora Figg in persona a contattarmi e sembra proprio che si tratti di un incantesimo.
Un incantesimo ai danni del numero 4 di Privet Drive…-

Il pozionista inarca con magistrale efficacia un sopracciglio ed Evita, con altrettanta maestria, che il suo labbro si incurvi in  un sorriso.

-Fortuna che il piccolo Potter non viva più lì, non trovi?-
Severus mormora un qualcosa di incomprensibile, fissando quegli occhi azzurri.
-Inoltre ci sarà impossibile risalire al colpevole, dato che ha cancellato completamente la sua firma magica. Davvero un lavoro ben svolto…-
Il pozionista non preferisce parola.
Non che Albus si aspetti qualcosa di diverso, d’altronde.
-Bene.. se non c’è altro, Albus…-
-Oh, no, no.
Solo… Penso ci vorrà un po’ prima di poter sciogliere l’incantesimo…
Sai, è una magia molto potente…-
Dice con convinzione, mentre si avvia alla porta, spronato dallo sguardo del collega.
-È stato un piacere, Albus…-
-Ne sono sicuro…- risponde, un sorriso soddisfatto che gli incornicia il viso.



Quella giornata, non finirà più.
Ne è pienamente convinto Severus mentre cerca di godere di un po’ di silenzio.
Già, perché prima della piacevole visita del Preside, aveva avuto la brillante idea di confrontarsi con Poppy.

Non lo aveva detto ad alta voce, ma era rimasto scosso dalla crisi del bambino in sartoria.
Ed il fatto che Harry fosse tornato al ‘il bambino può andare in bagno, Signore?’ non era  un buon segno.
Così, aveva convocato la donna.

Dannato Godric e le sue idee malsane.

L’infermiera non aveva mancato certo di lodare la sua reazione, questo no.
Ma quella parte era giunta soltanto dopo una lunghissima serie di interminabili ed improbabili consigli.
-Devi parlare con lui costantemente…- aveva detto
-Chiedergli come sta, stare attento al modo in cui tiene le mani quando parla con te o con gli altri.
Solo così potrai prevenire altri spiacevoli episodi.
Che ci saranno comunque, se si considerano le statistiche…-

Incoraggiante, continua pure

-A causa del suo stato di perenne ansia,  Non è da escludere che possa avere un crollo nervoso e…-
-Poppy! Non mi occorre una lista di tutto ciò che potrebbe andare storto!-
L’infermiera era pronta a ribattere, ma poi sembrò ripensarci.
Piton era un uomo intelligente, e capiva forse meglio di lei quanto fosse delicata la situazione.
Così aveva iniziato ad elencare una serie di pratici consigli .
Parla con lui, ascoltarlo, conoscilo…
Ed altre cose che con un po’ di impegno, forse, sarebbe riuscito a fare.
Ma poi, il sopracciglio di Severus si era inarcato in maniera vertiginosa e lui non era sicuro di aver capito bene.
-Ti spiace ripetere?-
-Ho detto che devi fare altro, oltre ai compiti, insieme a lui.
Fallo giocare, leggigli una storia…-
-Il Signor Severus Signore Ed il Signorino potrebbero andare in piscina!-

Severus spalancò gli occhi senza celare il suo sgomento.
Ci mancava anche l’elfa consulente…

-Voi delirate... –
-Quella di Senny è un’ottima idea! Hai una piscina Severus, Usala!-
Piton lanciò la sua peggior occhiata verso quell’essere spocchioso che adesso si lisciva la gonnella con fare soddisfatto.

Dannate femmine.

-Non gli leggerò una storia!-
-Allora fallo fare a lui! L’importante è la condivisione Severus!
Ed inoltre lo aiuterà a rilassarsi prima di dormire!
Tra l’altro, gli fai bere la tisana?-
-Senny la prepara ogni sera Signora!- 
Rispose direttamente l’elfa, ignorando deliberatamente lo sguardo ombroso.
-Ma Senny dice che è meglio se il Signorino la beve nella sua camera, Signora! Ma il Signor Severus non è d’accordo con Senny, Signora Poppy!-
La sfumatura della sua voce aveva assunto una nota quasi drammatica e Piton soppesò seriamente l’idea di proporle una carriera di attrice.
-Senny ha ragione Severus… -
-Ma non mi dire…- la schernì, squadrandola.
-Severus… Devi creare una routine. E la sera è un momento fondamentale.
Hai detto di aver monitorato il suo sonno, e di esserti accorto che non riesce ad addormentarsi facilmente. O che si sveglia più volte.
Tutti questi elementi potrebbero aiutare.-
-Non gli leggerò una storia.- ribattè, sicuro.
-Lo vedremo…-
Chips  si alzò, camminando lentamente verso il camino.
Salazar, se avrebbe affatturato volentieri anche lei!
Ma finalmente, si stava congedando.
Anche se quel passo cadenzato, flemmatico, non erano segni di nulla di buono.
Quel ‘vedremo’ così convinto.
Ma se pensava davvero che lui, Severus Piton, famigerato e temuto docente di pozioni, nonché ex mangiamorte/spia avrebbe davvero letto una favola ad un moccioso, bè, si sbagliava di grosso.
E  lui le avrebbe fatto perdere quel sorrisetto da saccente!
 
-Ah, Severus…
Quella è un’ottima scelta!-
Bisbigliò la donna, indicando con la testa un punto alle spalle del pozionista.
Sul tavolo, la pila dei libri che aveva comprato durante l’uscita a Diagon Alley.
‘La avventure del maghetto Fury’ , recitava la copertina.

Oh Dannazione!














Passò qualche giorno, prima che mi decidessi a mettere in pratica qualche sconsiderato consiglio della donna.
Fosti tu, a darmi la spinta giusta.
Eri in camera tua, quando sono entrato (sotto insistenza di quella malefica elfa) per dirti che il pranzo era pronto.
Eri chino sulle ginocchia, stavi evidentemente cercando qualcosa sotto al letto.
E lo facevi con tale impegno che non mi hai sentito entrare.
Per questo, probabilmente, al mio -Cosa stai facendo Potter?- sei scattato come una molla.

Lo so, lo so, avrei dovuto usare più tatto, ma le abitudini sono dure a morire.

Dopo qualche secondo, eri in piedi, di fronte a me, rigido come un soldatino.
Avevi la tua pallina in mano, quella non la lasciavi mai, ed hai iniziato a strusciartela sul braccio destro.

Tralasciando la parte dei mi dispiace e dei non lo faccio più , il fatto che tu fossi spaventato da me , muoveva un qualcosa di terribilmente fastidioso all’altezza del mio stomaco.

Così, ti ho fatto sedere sul letto.
Ed abbiamo parlato.
Mentre mentalmente mi appuntavo ‘bussa, prima di entrare’ , siamo arrivati ad un patto.
Ogni volta che qualcosa ti spaventava, dovevi dirmelo.
Ed io, mi sarei impegnato a scacciare quella paura.

-Fa-farà la ma-magia c-con le ma-mani, Signore ? 
C-come l’altra vo-volta?-

Mi sono occorsi tre minuti buoni per comprendere a cosa ti riferissi.
La magia con le mani.

Come si può sentire un bambino così vuoto d’affetto a tal punto da definire magico un abbraccio?

-Posso provarci…- ti ho detto soltanto.

E tu hai sorriso.

Il nostro patto era suggellato.





---Spazio Autrice ---
Solo, un immenso GRAZIE ad ognuno di voi.
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Dragonfly92

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Capitolo 13
*** 'M' come... ***


‘M’  come…


-Che lettera hai preso? –
-È è la l-lettera A, Signor Se-Severus!-
Squittì allegro Harry, mostrando la letterina che teneva nel palmo della mano.

Piton fu lieto di constatare che il tremore che accompagnava sempre la voce del bambino mentre pronunciava il suo nome, si stava affievolendo.
Gli aveva dato il permesso di chiamarlo così, dietro insistenza di quell’adorabile animaletto dalle orecchie lunghe e dai vestiti a fiori.
-Il Signore deve mettere a suo agio il Signorino!- aveva sentenziato.
E Severus si era visto costretto ad accettare l’invito, se non altro per metterla a tacere.

La stessa scena, si era svolta la settimana prima, quando l’elfa aveva fatto il suo trionfale ingresso nel suo studio sorreggendo una scatola talmente grande da coprirle la visuale della stanza.
A causa di questo, probabilmente, Senny era rovinata al suolo, rotolando fino ai piedi del professore.
Le sincere risa di Severus si erano però bloccate nella sua gola, non appena il suo cervello gli aveva permesso di riconoscere il contenuto dello scatolone.

-Non pensarci nemmeno!- 
Ma quell’essere malefico aveva già pianificato tutto:  Harry era infatti entrato nella stanza pochi secondi dopo, affrettandosi a spiegare il perché della sua comparsa.
-S-Senny ha d-detto ch-che vo-voleva mostr… mostrami una co-cosa per i c-compiti Signore…-

Severus, a quel punto, aveva indossato il suo sguardo più tagliente e si era voltato.
Ma, come da copione, l’elfa si era già dileguata.

A quel punto, non gli era rimasta altra scelta; Aveva tirato fuori dalla scatola l’oggetto e lo aveva mostrato al bambino.

La manina di Harry era corsa a coprirsi la bocca, non appena una miriade di letterine avevano iniziato a volare davanti ai suoi occhi.
-Devi… Afferrarle..- gli aveva spiegato 
-E quella che riesci a prendere, sarà quella che useremo per formare delle frasi…
Vuoi provare?-

Gli occhi del bambino si erano quindi spalancati di piacevole stupore ed un lieve sorriso aveva incurvato la sua bocca.

Osservandolo mentre tentava di acciuffarle, Severus ammise a se stesso (E solo a se stesso), che quella non era affatto una cattiva idea.
Avrebbe aiutato il bambino a coordinare i suoi movimenti ed inoltre sembrava che quel gioc.. No, quell’esercizio, lo divertisse.

Può andare, si disse, accantonando momentaneamente l’idea di pietrificare l’elfa.


-Bene, cosa ti viene in mente? Lo sai, devi pensare a qualcosa che ti piace o che non ti piace e da lì, formare la frase…-
Severus lo osservò portarsi l’indice sotto il mento e socchiudere leggermente le palpebre.
Sorrise appena, ricordando con amarezza di quanto quel semplice esercizio si fosse dimostrato arduo per il bambino.

Quando avevano iniziato infatti, Harry si sforzava con tutto se stesso di trovare parole… Giuste.
Giuste per il suo tutore.

Non mi piacciono molto i dolci.
Mi piace molto il Nero.
Mi piacciono tanto le Pozioni.


Con quell’ultima frase, Piton decise di interrompere l’esercizio.
In quella maniera, non sarebbero arrivati da nessuna parte.
Doveva interrompere quell’errato processo mentale.

Con pazienza, gli aveva quindi rispiegato che non esisteva una parola giusta o una sbagliata, ma che l’importante era che fosse un qualcosa che piaceva a lui.
Non era sicuro che avrebbe funzionato, ma sembrava che ripetere quelle cose, aiutasse Harry a sentirsi più tranquillo.
E si sorprese, nel ritrovarsi ad incoraggiarlo senza doversi sforzare nel farlo.

Successivamente, era anche riuscito a fargli abbandonare quel buffo modo di impostare le frasi:
“Mi piacciono i Colori, grazie Signore”

Quella volta, era stato più difficile non cedere alla tentazione di prendere a testate la scrivania.
Ma ce l’aveva fatta ed il suo impegno era stato ripagato.

Adesso, a due settimane di distanza, percepiva una nota d’orgoglio muoversi in lui mentre lo guardava fare piccoli, grandi progressi.

-Animali!-
Quasi esultò, alzando l’indice verso l’alto ed incrociando lo sguardo soddisfatto del pozionista.
 Quest’ultimo annuì, ed il bambino afferrò la penna soddisfatto.
Un'altra cosa da aggiungere alla lista delle cose che Aveva imparato su di lui.
Libri, Colori, Fiori e Animali.

In realtà, aveva anche scritto che gli piaceva Sognare.
E quando aveva indagato su quel pensiero, il bambino aveva semplicemente detto: 
-P-perché qua-quando sogno, p-parlo bene. 
E, e l-le per-persone a-allora mi gua-guardano ma… Ma n-non sono a-arrabbiate.-

A quel punto la mano del pozionista si era mossa autonomamente verso quella chioma disordinata e l’aveva accarezzata piano.  
Aveva percepito l’iniziale rigidità di quel corpicino, ma sei era imposto di non bloccare il movimento ed Harry… 
Si era fidato di lui.

-N-non va b-bene Signore?-
Severus fu strappato dai suoi ricordi.
-Oh, fammi vedere…-

Mi piacciono tanto gli animali.

-Si invece. La frase va bene  Harry.
E dimmi un po’, quali animali ti piacciono?-

Il bambino si sistemò meglio sulla sedia, voltandosi appena per guardare il Tutore seduto alla sua destra.
Le sue manine iniziarono ad intrecciarsi quasi freneticamente fra di loro, ma non afferrò la pallina.
Era nervoso sì, ma Severus stava imparando ad interpretare il suo nervosismo: Quell’argomento, gli piaceva.

-Mi… Mi p-piacciono t-tanto i i gatti.
Ma a-anche i pesci e… E le tar-tartarughe! D-di più qu-quelle ch-che nuotano p-però…-
-Le hai mai viste?- domandò il pozionista, consapevole dell’importanza di quel momento.
-No Signore, p-però …- attese qualche istante.
Forse stava parlando troppo. Forse stava rubando il tempo al suo Tutore. Però…
-Continua Harry..-
-Si Signore!- rispose prontamente, felice di quella richiesta.
Era strano parlare con un adulto.
Ma gli piaceva.
E forse, dato che il suo Tutore faceva l’insegnante, avrebbe potuto insegnargli qualcosa sugli animali!
Oh, sarebbe davvero bello.
-L’animale c-che però mi… mi piace di più…
È è l-la tigre!-
-Immagino che tu non abbia mai visto nemmeno quella…- commentò ironicamente Piton, strappando un’inaspettata risatina al piccolo.
-No, no.. Ma su-sul mio Album c-ce n’è una da c-colorare e.. Ed è q-quella c-che mi piac….-
Il bambino si interruppe all’improvviso.
Perche l’aveva detto? Perché era stato così stupido?
Nessuno doveva sapere del suo tesoro, nessuno.
Ma si era fatto scoprire, un’altra volta!
Sarebbe successo, sarebbe successo di nuovo come a Privet Drive!

Severus vide quelle iridi smeraldine caricarsi di terrore.
Le piccole dita che si ancoravano ai bordi della sedia, il corpo che si muoveva a scatti.
-Harry guardami…-
Dovette attendere qualche istante, ma poi, ebbe la sua attenzione.
-Che succede bambino?-
Le piccole nocche quasi sbiancate.
Le palpebre tremano, le mani scorrono ora sulle braccia scoperte.
-Harry io e te abbiamo un patto… Ricordi?-
Un annuire accennato, un accordo che va assimilato.
Lo sfregarsi delle braccia, due mani grandi che si posano sulle sue.
Un sussulto.
Terrore.
Uno sguardo.
Rassicurazione.
Niente dolore.
Fiducia.

-P-Paura…- soffia piano.
E Severus esulta, dentro di sé.
Ci sta riuscendo, ce la sta facendo.

-È per quello che hai detto Harry? Per questo ‘Album’ degli animali?-
-Il b-bambino…-
-Harry…- lo rimprovera docilmente.
Ed il piccolo inspira ed esprima profondamente prima di riuscire a continuare.
-I-Io n-non l’ho rubato Signor Severus!
P-può g-guardare qui dentro!- afferma con coraggio, indicandosi la testa.

-Harry, non ho bisogno e non voglio di leggerti nella mente.
Se tu mi dici qualcosa, io ti credo…-
Il bambino lo guarda, lo scruta, lo studia.
Le spalle si rilassano poco a poco.
-Davvero Signore ?-
-Davvero Harry…- conferma deciso.
Il piccolo sembra riflettere sulla loro conversazione.
Forse può fidarsi di questo Signore.
E poi, hanno fatto un patto.
Uno di quelli da ‘grandi’, si sono stretti la mano!

-Me… M-me lo ha d-dato la m-maestra, Signor S-Severus… P-Però s-se il Signor S-Severus l-lo vuole..-
-No, Harry.- lo interrompe.
-È tuo. Lo ha regalato a te, ed è giusto che sia tu a tenerlo..-

Harry quasi si commuove a sentire quelle parole.
Quel Tutore è davvero l’uomo più buono che lui conosca!
Annuisce in risposta e si volta, pronto ad afferrare quelle lettere birbanti .

Il suo pugno si stringe e subito si allenta piano.
M, ha acciuffato la M.

Subito, nella sua testa, la parola si forma a chiare lettere.
E pensa che forse non è quella giusta, forse dovrebbe pensare ad un’altra.
Forse il suo Tutore si potrebbe arrabbiare, se scrivesse una cosa del genere.
Ma forse no.

Allora raduna tutto il suo coraggio ed impugna la penna.
Ha tanta voglia di scrivere quella parola ed in quel momento si sente abbastanza audace da farlo.

Severus scruta l’inchiostro imprimersi fra quelle righe, creare onde imperfette, agitate dall’emozione.
E sono addirittura più sprecise delle precedenti, ma non importa.
Non quando legge quella frase ed il suo cuore si crepa.
Ancora e ancora.
E vorrebbe dire tante cose, ma non ci riesce.
Si sente codardo, si sente spiazzato.
Riesce ad imporsi un cenno d’assenso, segno della corretta formulazione della frase.
Ed il bambino sembra sereno.
Si convince, Severus, che vada bene così.

E passano le ore, il mattino, il pomeriggio, la sera.
 Le lancette corrono, spronando quel primo di Luglio a raggiungere il suo termine.

Ed il suo cervello non si dà pace.

Ancora ore, l’orologio annuncia la mezzanotte.
È il due Luglio.

Ma Harry non dorme, lui lo sa, ha istituito un incantesimo sulla sua stanza.
Così bussa, ignora il tono sorpreso di quell’ ‘avanti’ ed entra.

Guarda il bambino, quegli occhi verdi curiosi e stanchi.
Ma non si avvicina, stringe il pomello forte fra le dita.

-Lily…-
Dice soltanto.

Ma Harry capisce, si percepisce da come i suoi occhi iniziano a brillare.
-C-come il F-Fiore, Signore?-
-Si, Harry.
La tua mamma si chiamava Lily… Come il fiore.-

È lui il primo ad abbassare lo sguardo.
Non ce la fa, la stanchezza gli è piombata addosso nello stesso istante in cui ha pronunciato quel nome.
Si volta ed ha quasi chiuso la porta quando Harry richiama la sua attenzione.
Ha gli occhi lucidi, e di una sfumatura che non gli ha mai visto.
Percepisce la sua magia vibrare.
-Gra-grazie tantissimo S-Signor Severus!-
È felice Harry, così felice che gli viene da piangere.
Adesso sa come si chiama la sua mamma.
Ed è il regalo più bello che abbia mai ricevuto.

--SPAZIO AUTRICE-

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Grazie.
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Dragonfly92 

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Capitolo 14
*** La coccinella dei desideri ***


La coccinella dei desideri

Severus osserva il bambino che, chino sulla scrivania, stringe la penna nella mano talmente forte da farla quasi tremare.
Sa che si sta impegnando, sa che sta cercando di vincere una lotta contro il suo stesso corpo.
Lo vede agitarsi ogni volta che quegli spasmi involontari lo fanno sbagliare, lo vede arrabbiarsi e serrare di più il pugno per rimediare a quei brutti freghi che sporcano il suo lavoro.
E riprende a scrivere Harry, ogni volta con più determinazione.
Diventerà un bravo bambino, dice a se stesso, completando il suo esercizio.

Piton si avvicina, esaminando il compito, poi la sua attenzione si concentra su quelle braccia magre, la pelle così pallida.
Le macchie che la deturpavano stanno svanendo e lui vorrebbe cancellarle definitivamente.
Ma non è stato possibile, perché come Poppy gli ha spiegato, sottoporre il corpo allo stress di quella magia lo avrebbe soltanto indebolito.
E così Severus si ritrova a dover aspettare, ancora una volta e mentre continua a guardare l’allievo pensa che probabilmente dovrebbe fare qualcosa in più.

Perché le macchie sulla pelle spariranno, è vero, ma per i graffi che Harry ha dentro di sé ci vorrà tempo.
E pazienza.
Ed impegno.
Ed anche se probabilmente non ne è capace, lui ha tutta l’intenzione di aggiustare quel bambino.

-Harry ti va di uscire oggi?-
Scostando appena le tende, Severus scruta il cielo dalla finestra.
Il sole è alto ma gli alberi sono mossi da quello che sembra un piacevole vento.

Il Professore non ha bisogno di guardare il bambino; Immagina la sua bocca formare una perfetta O , le sue dita giocherellare nervose.
Può quasi sentire le mille domande nascere nella sua testa, aggrovigliarsi e sconvolgere le sue emozioni.
Lascia passare qualche minuto prima di voltarsi e vedere quelle piccole labbra formate una linea sottile, quasi come fossero tenute chiuse a forza.

-C’è qualcosa che vuoi forse chiedermi Harry?-
-Si Signore…-
Il bambino attende il flebile annuire del Tutore, quasi impercettibile, ma lui lo recepisce forte e chiaro.
Soltanto che è sempre così difficile fare domande.
Lui si fida del suo Tutore, certo che si fida.
Però è anche consapevole di essere estremamente capace a far arrabbiare i grandi. 
Come quando, una volta, si era avvicinato alla Signora Petunia e gli aveva chiesto se poteva andare in bagno.
Non si era accorto che fosse al telefono, per questo quando la donna si era voltata, furiosa, con la cornetta fra la spalla e l’orecchio si era sentito mortificato.
E paralizzato al punto da non accorgersi in tempo di quella mano magra che si schiantava con forza contro la sua bocca.
La fede d’oro che cozza col labbro,  che si spacca, che sanguina.
Aveva fatto male, cavolo se aveva fatto male.
E lui si era scusato, davvero non se ne era accorto.
E adesso, anche adesso aveva il terrore di non accorgersi in tempo di qualcosa.
Se il Signore era nervoso o aveva fretta o magari aveva annuito per sbaglio o aveva cambiato idea.
Oppure…

-Harry…-
Severus cercò lo sguardo del piccolo.
-Lo sai che puoi fare tutte le domande che vuoi… Non Lo hai dimenticato, vero?-
-No Signore è… È c-che…-
-È una regola che sarà valida sempre, Harry. Non cambierò idea. 
E quando si presenteranno delle occasioni in cui sarà necessario rimandare il momento delle domande… Te lo dirò. D’accordo?-

Aveva parlato lentamente, in modo di lasciare tutto il tempo necessario al bambino.
Ed il modo in cui aveva rilassato le spalle lo convinse d’aver fatto la scelta giusta.

-D’accordo Signore!
G-Grazie Signor Severus!-
Un minuscolo, sincero sorriso incantò quel piccolo viso.

-I-il Signore d-deve…-
-Harry, io sono qui. Non parlare come se non ci fossi…-
-Si Signore, m-mi dispiace…
Ecco.. V-volevo ch-chiedere.. Se… Se d-deve… Cioè s-se devi fa-fare l-le com-compere…-
Harry riprese fiato.
Perché era sempre così faticoso parlare?
-No Harry…- rispose tranquillo, intuendo che probabilmente, la preoccupazione del bambino derivasse dal ricordo della loro prima uscita.
-Potremmo andare in giardino e se non fa troppo caldo, mangiare lì fuori…-
-C-come un p-pic n-nic Signor Severus? Come quelli che f-fanno nei… Cartoni animati?-
La nota entusiasta nella sua voce quasi spiazzò il Pozionista che si ritrovò, suo malgrado, a sorridere.
Non mancò inoltre di notare il flebile affievolimento delle balbuzie che aveva caratterizzato la domanda.

Dieci punti a Serpeverde!

-Si, come quelli Harry…-
-Oh, Wow!-
Lo bisbigliò appena ma lo stupore era dipinto sul suo viso.
Era davvero bello vederlo sorridere.
Severus decise di non cruciarsi per quello stucchevole pensiero.
Avrebbe rimandato le flagellazioni mentali ad un altro momento.
Adesso aveva un pic-nic da organizzare!


La ghiaia scricchiolava sotto le sue scarpine nuove.
Harry si sorprese nel constatare che, nonostante ci fossero tantissimi sassolini, non sentisse dolore.
Le scarpe che aveva indossato durante la sua vita, oltre ad essere esageratamente grandi, avevano la suola talmente consunta che spesso era costretto ad indossare due paia di calzini.
Non che d’estate fosse proprio l’ideale ma almeno, così non si faceva male.

Ma adesso, non ne aveva bisogno.
E quasi non gli sembrava vero.
Aveva delle scarpe bellissime e nuove, una maglietta a mezza manica con un draghetto nel taschino e dei pantaloni che non gli cadevano ogni due passi.
E stava camminando vicino al suo Tutore, attraversando un vialetto che li avrebbe portati in un giardino.
Per fare un Pic-Nic!
Era incredibile, davvero, ancora meglio di quando sognava!
Perché era reale e poteva sentire il vento sulla pelle ed il calore del sole che scalda ma non brucia.
E poteva anche sentire i profumi.
E c’è un odore, uno in particolare che si irradia nei suoi sensi.
È dolce ma anche fresco, delicato.
Gli piace, lo conosce, non può sbagliarsi…

Alza lo sguardo, studiando con attenzione la bassa siepe che si prolunga per tutta la lunghezza del vialetto.
Eppure era sicuro che fosse quella, quel profumo, quelle foglie…
-Signore?-
Si pente immediatamente d’aver chiamato il suo Tutore.
Probabilmente ha altro a cui pensare, probabilmente è una domanda molto stupida.
Sta per rovinare tutto.
-Dimmi Harry…-
Severus lo guarda piacevolmente sorpreso.
Aveva notato lo sguardo del bambino assottigliarsi, come quando pensa a qualcosa molto intensamente.
Ma aveva preferito attendere che fosse lui a dar voce ai suoi pensieri anche se non ci aveva sperato più di tanto.
-Il Signor Severus ha… 
C-cioè…-
Fa una piccola pausa.
Deve solo concentrarsi.
-Ha-hai d-detto che… P-Posso chiedere… F-forse…-
-Si Harry, puoi fare tutte le domande che vuoi… Non hai bisogno del permesso…- 
Annuisce con vigore, cercando di risultare più convincente.

-G-Grazie Signor Severus…-
Piton vorrebbe dirgli che nemmeno quello occorre, ma si trattiene.
Non vuole correre il rischio di mortificarlo con i suoi rimproveri, seppur docili.

-Signore questi…-
Indica con il dito i cespugli alla sua destra.
-Ha-hanno lo ste-stesso profumo di… D-della Bella di Notte… Gli s-somiglia tanto…-

Severus schiude appena la bocca.
Era conscio del fatto che gli piacessero i Fiori… Ma non si aspettava tale conoscenza.

-Si, esatto Harry. È quella infatti…-
Il bambino si porta due dita sotto il mento.
C’è qualcosa che non lo convince.

-Signore però i-io p-pensavo… C-cioè… 
P-pensavo c-che i Fiori… S-sbocciavano so-solo di sera…-

Harry inizia a torturarsi le manine.
E scatta come una molla quando il pozionista fa un passo verso di lui.

-Non spaventarti Harry… Guarda, vieni qui…-

Severus si piega sulle ginocchia, la siepe fiorita davanti a lui.
Stende un braccio , invitandolo ad avvicinarsi.

-Toccalo….-
Gli indica un fiore quasi completamente bianco, una rarità fra quelle sfumature viola.
-I-il bambino n-non…- deglutisce faticosamente.
-N-non si t-toccano i f-fiori Signore…-
-Pensi che ti direi di fare un qualcosa di vietato, Harry?-
-No Signor Severus!-
-Bene, allora coraggio toccalo…-
La piccola mano trema mentre si posa leggera sul fiore.
-Cosa senti?-
Harry percepisce un qualcosa di strano, una vibrazione forse, che sfiora i suoi polpastrelli.
E poi si spande, accarezzando le sue dita, il palmo della mano, fin quasi ad arrivare al polso.
-Magia!-
Severus sorride a quel tono trionfale ed Harry ne è contagiato.
-Sono incantate…- spiega
-Sarebbe un vero peccato non poter vedere questi fiori anche di giorno, non trovi?-
-E e a-anche d’inverno Signor Severus?-
-Si, anche d’inverno… La magia li protegge, è come se ci fosse il sole per tutto l’anno…-
-E-e n-non app-appassiscono? N-non si s-sciupano?-
-No, mai…-
-Oh, S-Sarebbe s-stato p-più fa-facile così…-
-Che cosa Harry?-
-A… P-Privet Drive…- mormora piano.

Il bambino toglie d’istinto la mano dal fiore e la infila nella tasca dei pantaloni.
Non si stupisce, Severus, quando afferra la sua pallina blu.

-Ti occupavi dei fiori? A Privet Drive, intendo…-
-Si Signore…-
 Tiene gli occhi bassi, mentre riprendono a camminare.
-Vuoi parlarne? Vuoi parlarmi di Privet Drive, Harry?-
Il bambino spalanca gli occhi e sbatte le palpebre.
No, non vuole. Non vuole, non vuole.
-I-io n-non…-
Non sa come dirlo, non sa se può dirlo.
E Severus lo capisce così posa una mano sulla sua spalla, ignorando il sussulto che segue.
-Va bene Harry… Va bene se non ti va adesso…
Rimandiamo ad un altro giorno, che dici?-
Il piccolo mago annuisce, gli occhi pieni di gratitudine.
-Ora andiamo, o Senny arriverà prima di noi!-
Il bambino sgambetta, il cuore un può più leggero.
Come è gentile il suo Super Tutore!


Quando Severus gli fa cenno di fermarsi, Harry si guarda intorno.
È la cosa più bella che abbia mai visto.
C’è un enorme quercia accanto a loro, ed il giardino è così grande che non riesce a vederne la fine.
L’erba è curata, incantata forse, e ci sono i papaveri e le margherite.
Oh, e ci sono due uccellini lì vicino!

-Vieni, mettiamoci qui…-
Il professore appella un telo e lo distende alla base dell’albero.
E non importa se Non è scacchi bianchi e Rossi come Harry se l’era immaginato, va benissimo anche nero.
Sta per fare il primo pic-nic della sua vita e sente il solletico dentro al pancino.

Si siede stando attento a non sporcare il telo con le scarpe e rimane davvero interdetto quando il tutore gli dice che può togliersele.
È bello, è bello, è tutto così bello.

Mangiamo per terra il pranzo che Senny ha portato loro ed Harry non riesce a celare il suo entusiasmo quando la piccola elfa gli serve un pezzetto di torta alle mele.
-Sei Bra… bravissima a c-cucinare, Senny…-
L’elfa si commuove visibilmente e dopo aver ringraziato il signorino per la sua gentilezza, decide di lasciare soli i due uomini.
-Che ti ha portato?-
-U-un l-libro Signor Severus…-
Harry gli avvicina l’oggetto.
La copertina è consumata, ma il titolo si legge ancora : ‘Animali del grande blu’.
Piccola Spiona di un’elfa. Ha sicuramente origliato!

-Ti piacerà… Ci sono anche le tartarughe di mare…-
-Davvero Signore?-
-Davvero… Ma se preferisci possiamo leggerlo stasera se adesso vuoi… Non so, andare a giocare…-
Il bambino sembra soppesare l’idea.
Giocare? A che cosa poi? 
Non è sicuro di saperlo fare e quindi opta per il libro. Ora ha la possibilità d’imparare e non se la lascerà scappare.
-V-Vorrei… L-Leggere…-
-Va bene…- conferma Piton, poggiando la schiena al tronco dell’albero.
Guarda il bambino incrociare le gambe e posarsi il libro sopra.
È pronto a gustarsi l’espressione estasiata del bambino, la stessa che ha ogni sera, quando leggono una fiaba prima di andare a letto.
Sa che i suoi occhi brilleranno e si muoveranno frenetici fra quelle magiche proiezioni, alla ricerca di ogni più piccolo dettaglio.

-È... Bellissimo Signore!-
Harry non si accorge di aver appena scosso il suo Tutore con le sue piccole dita,  per attirare la sua attenzione.
Non se n’è reso conto perché deve fargli vedere, il suo Tutore deve vedere quella meraviglia!
-Si Harry, è molto bello. È il nostro mare questo…-
-E… È  d-davvero così Signore?-
-Oh no, è molto, molto più grande!-
Il bambino lo guarda affascinato.
E lo ascolta incantato mentre ne descrive le caratteristiche, indicandogli le parti più scure, più profonde e quelle invece più calde.
Mentre gli spiega la differenza fra molluschi e crostacei, fra granchi e paguri.
Quante cose sa il suo tutore!

Mezz’ora dopo, Severus si sta dedicando alla sua lettura, mentre Harry continua ad essere concentrato sullo stesso libro.
Ad un certo punto però, gli occhi del bambino notano un movimento, una macchiolina arancione.
Volta piano lo sguardo e scopre di non essersi sbagliato: È la coccinella dei desideri!

Un’ulteriore emozione da aggiungere a quell’incredibile giornata.
Ed in quel momento, Harry è un concentrato di emozioni, talmente aggrovigliate da non lasciar spazio a dubbi e paranoie. 
Forse per questo posa il libro e si mette in ginocchio, forse per questo non si accorge su cosa, esattamente, quell’insetto stia camminando.
O meglio, su chi.
E si avvicina piano, non vuole farla scappare.
Sposta appena il libro che il Tutore tiene fra le mani, gli copre la visuale, ed avvicina le sue dita a quelle dell’altro.
Le blocca, deve stare fermo, altrimenti volerà via.
E ce l’ha quasi fatta.
La mano sinistra è su quella dell’uomo, l’indice della destra invita il piccolo insetto a salire.
Ed è in quel momento che si accorge di due occhi scuri che lo fissano.

Il bambino indietreggia di scatto.
Ma Severus è veloce a riprenderlo, e lo afferra deciso per i polsi prima che la situazione degeneri.
-Signore Signore m-mi dispiace!-
Si agita, si dimena.
-Non n-non v-volevo toccare il S-Signore! Ha S-sbagliato Signore!-
-Harry guardami!-
Trema il bambino, ma il tono di voce lo immobilizza.
-Non è successo niente. Niente. Non hai fatto niente che tu  Non possa fare…-
-M-mi dispiace…-
Una lacrima scivola giù, dispettosa.
-Non piangere bambino…-
Libera una mano, per poter distruggere quella strilla salata.
-Non hai fatto niente Harry… Anche io ora ti sto toccando, vedi?
Ma non succede niente…-
Il maghetto annuisce, ma c’è un’altra lacrima che scivola sulle sue guance.
-Guarda qui…-
Severus indica con la testa l’ignaro animaletto, che passeggia ancora beato sul suo pollice.
-Volevi prendere la coccinella?-
-Si Signore…-
Il labbro inferiore trema ancora, nello sforzo di trattenere il pianto.
Con la mano libera, afferra di nuovo quella piccola del bambino, voltando il palmo verso l’alto.
Poi avvicina la sinistra e piega il pollice in modo da far scivolare il piccolo insetto.
Che però non ne vuole sapere di scendere.
-Prendila tu, io non ne sono capace…-
Harry lo guarda, ha ancora gli occhi lucidi.
Avvicina l’indice tramante e sfiora appena il puntino arancione.
Ed è felice quando lo vede scalare il suo dito.
-È… L-La coccinella… D-dei desideri Signor Severus…-
Il momento di sconforto sembra passato ma guardandolo Piton si rende conto di quanta fragilità si celi dentro quel corpo che ora è inginocchiato e fiero d’aver spiegato al suo tutore il segreto di quell’insetto.
-Davvero?-
-Si Signore! Si deve chi-chiudere gli occhi e … E soffiare. P-prima p-però devi pensare f-forte a q-qualcosa… Se… Se q-quando l-li riapri è volata… F-forse si avvera!-
-Mi fai vedere?-
-Si Signore!-
Ed Harry chiude i suoi occhi e Piton è tentato di sbirciare in quella testolina, per sapere cosa è che desidera di più.
Ma non lo fa.
Ma quando Harry soffia e l’animale non spicca il volo, la bacchetta di Severus si muove da sola, spingendola a decollare.
Ed è impagabile la soddisfazione di quelle iridi verdi ora colme di gioia.
Non ha idea di cosa Harry abbia desiderato.
Non ha idea di quanti desideri abbia espresso durante la sua vita.
Sa solo, che quando stanno tornando a casa ed il bambino inciampa, lui gli porge la sua mano.
Ed Harry l’afferra.

Severus non sapeva nemmeno di avere qualche desiderio.
Lo capisce nel momento esatto in cui si avvera.
Ed accade quando arrivano alla meta.
Il bambino non ha mai lasciato la sua mano; Quelle piccole dita sono ancora lì, ancorate alle sua.


Harry si chiede se le mani di tutti gli adulti siano così calde.
Ma probabilmente no, quelle del suo tutore sono le più calde di tutti.
E le più gentili.
Non è sicuro che il suo desiderio si avveri.
Ma per adesso sta funzionando.
Il suo tutore, non lo ha mandato via nemmeno oggi.


---SPAZIO AUTRICE---

Il capitolo è un po’ più lungo del previsto.
Ma penso sia importante dare peso ai piccoli grandi passi del nostro bambino.
Ed anche alle sue ricadute, come vedremo.
Purtroppo una mente violentata come la sua, ha bisogno di tempo.
Chiedo quindi scusa se sto risultando noiosa, ma ritengo ogni passaggio necessario.
I vostri consigli, comunque, sono ben accetti.
Ed un GRAZIE è più che doveroso.

Dragonfly92 


 

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Capitolo 15
*** Giù ***



Giù 


Luglio era giunto ormai alla sua metà.
Ed avevamo fatto tante cose in quel periodo.
La tua scrittura era migliorata e dal ricopiare semplici parole eri arrivato a scrivere frasi che davano voce ai tuoi pensieri.
Il tuo corpo si irrigidiva, ma non sobbalzava più ogni volta che entrava in contatto col mio.
La nostra uscita in giardino  si era poi trasformata in una non spiacevole abitudine.
Le cose sembravano andare meglio.
Ti ho addirittura portato nel mio laboratorio; Mi ero quasi dimenticato di te tanto eri silenzioso, ma poi, forse per la troppa polvere o per il freddo, hai starnutito e mi sono voltato inquadrando il tuo sguardo dispiaciuto.
Non era il luogo adatto per un bambino, non lo era di sicuro, ma quella donna aveva detto di condividere!
Cosa avrei dovuto fare?
Sono un Pozionista dannazione!

Ho subito pensato di chiamare Senny.
Magari lei poteva giocare con te o potevi andartene a leggere un libro.
Ma quando te l’ho detto il tuo ‘Si Signore’ bisbigliato a capo chino, non mi è piaciuto.
Non era quello che volevi.
Così, dopo qualche minuto ed una felpa appellata, eri in piedi accanto a me, dritto e fiero sul tuo sgabellino mentre separavi i semi buoni da quelli rovinati.
Ed eri buffo mente ti impegnavi cercando di comprendere quali potevano essere quelli ‘da salvare’.
Fatto sta che a fine lavoro, il barattolo dei semini scelti era stracolmo mentre nell’altro ve n’erano solamente due.
Ed ecco che avevo imparato un’alta cosa: Niente era abbastanza usurato per te, al punto di essere buttato.
-Forse funzioni ancora…-
Bisbigliavi fra un semino e l’altro.
Come eri Bambino mentre facevi un qualcosa di tanto infantile, come parlare con quelle gocce inanimate.
E chi ero io per dirti che bastava umana semplice crepa per renderli inutilizzabili?
Pazienza, mi sono detto.
Tu sorridevi e quello valeva quanto una pozione ben riuscita.

La mattina dopo, quando mi apprestano ad uscire per andare a lezione, tu ancora non ti eri alzato.
Ed era strano perché da quando ti avevo con me, non era mai successo che ti svegliassi più tardi delle sei.
Abitudine assunta a casa di quelle bestie, presumo.
Ma ho creduto che fosse un qualcosa di positivo; Forse avevi capito che non sarebbe successo niente se avessi dormito un po’ di più.
Forse il tumulto delle emozioni che stavi vivendo stava stancando il tuo fisico che iniziava a pretendere le sue giuste ore di sonno.
Ho scoperto più tardi che, in parte, avevo ragione.
Ma in parte no.

La lezione era quasi terminata.
Osservavo i mocciosi intenti a ricopiare gli esercizi assegnati, mentre pensavo a quando sarebbe finalmente giunto il momento di farti unire a loro.
Non sapevo darmi una risposta.
Sapevo soltanto che ancora non eri pronto.
Ma ci saremmo riusciti.
Un giorno, saresti stato abbastanza bene da unirti agli altri bambini ed affrontare il mondo della scuola e quello della magia.
Un giorno, saresti stato abbastanza bene da sentirti un bambino come loro.
Un giorno…

-Signor Severus Signore!-
L’elfa irruppe nella classe facendo sobbalzare il pozionista.
Risolini divertiti provennero dalla classe, sinceramente divertita dallo sconcerto di quel professore austero.

-SILENZIO!-
Ululò il professore irritato, mentre si appresta ad inveire contro Senny.
-Cosa diavo…-
-Il Signorino Signor Severus Signore! Il Signorino sta… Deve venire a casa! 
Il Signorino ha detto a Senny di non chiamare il Signor Severus però il Signorino piange e sta...-

Severus non seppe mai come riuscì ad avvisare il Preside della sua anticipata uscita, in modo da non lasciare scoperta la classe.
Seppe solo che alle parole allarmate dell’elfa, il suo autocontrollo aveva vacillato pericolosamente.
Ma non se ne curò.
Doveva andare dal bambino.

 Capitolò fuori dal camino in modo talmente scoordinato che dovette trattenersi dal togliere punti alla sua stessa casata.
Si alzò e correndo si diresse verso la Camera del piccolo, poi si bloccò.
Spaventerà il Signorino!
Quell’elfa aveva ragione: Doveva assolutamente darsi un contegno!

La porta della cameretta era aperta e Severus poteva sentire gemiti strozzati provenire dalla stanza.
Entrando, vide il bambino a carponi che strusciava con  forza della carta sul pavimento.
-Harry, cos’è successo?-
La sua testa  scattò in alto, gli occhi spalancati pieni di terrore.
Ma dato il silenzio che seguì la domanda, Senny si decise a spiegare.
-Il Signorino ha vomitato Signor Severus e…-
-No Senny no!
Signo… Signore il b-bambino p-pulisce!-
Piangeva e tremava mentre le sua mani continuavano a sfregare con forza il pavimento che aveva sporcato, staccandosi soltanto per far sparire quelle lacrime disobbedienti.

Severus si avvicinò cautamente.
-Harry…-
Una mano scatta in alto, come a chiedergli di fermarsi.
Le guance rosse di pianto, il volto pallido.
-NO p-per favore! Pulisce pu…pulisce!-

Piton sapeva cosa sarebbe successo se non avesse fermato quel momento.
Sarebbe accaduto di nuovo, il déjà-vu della sartoria.
Ma cosa poteva fare?
Parlagli
Ancora consigli utili, così difficili e sempre apparentemente inadatti al momento.
Ma non aveva scelta.

-Harry ascolta… Non è successo niente… 
Ti senti poco bene?-
Tentò un altro passo ma la voce del bambino si fece più alta.
Aveva paura.
Troppa paura.
-No no Signore no! Sta b… bene i-il ba.. bambino s-sta ben… bene!-
Lacrime che continuano a scendere.
Tremori che lo scuotono.
Mani che si muovono frenetiche.

Severus non pensa quando alza la bacchetta ed il pavimento torna a splendere.
Non pensa che possa essere una mossa sbagliata.
Non può saperlo.

-NO NO NO NO!-
-Harry è tutto a posto adesso… Guarda è pulito…-
Ma il bambino si alza e barcolla all’indietro e Severus lo afferra.
Ed è con in un domino, una mossa sbagliata dopo l’altra, una paura dopo l’altra.
-NO! I-IL SIGNORE NO!
Il il bambino d-deve pulire!-
Si districa dalla sua presa, cade, indietreggia.
E Severus avanza di nuovo.
Lo ha toccato, è caldo, le sue braccia sembrano prendere fuoco.
-Harry hai solo la febbre non…-
Ma è troppo.
-N-ON CE L’HA L-LA FEBBRE NO!-
E gli scaffali iniziano a tremare, magia involontaria che fa vibrare la stanza.
-NO NO NO NO !-
Iridi verdi che si guardano intorno sconvolte.
In ginocchio, le dita intrecciate in una preghiera.
-NO P-PER FAVORE!-
Lo stomaco si stringe.
Braccia che lo afferrano.
Non lo lasceranno.
-NO SIGNORE! M-MI DIS… DISPIACE!
N-NON MI F-FARE M-MALE!-
Singhiozzi, movimenti convulsi.
Un abbraccio che non è abbastanza.
-Harry è solo…-
Ma il bambino lo sovrasta con quelle che diventano urla non appena Severus lo prende in braccio ed inizia camminare.
-T-TI PREGO! NO!
SIG.. SIGNORE!
NON CE L’HA LA FE… FEBBRE!-
Severus non capisce, ma deve farlo.
Perché quel corpo continua a lottare fra le sue braccia.
E sente il calore di quella fronte, la gola graffiata da grida disperate.

-Harry guardami…-
-SIGNORE TI PREGO NO!  GIÙ NO! 
STA BE… BENE! -
-Harry devi guardarmi!-
Ma il bambino non lo sente e non lo guarda e Severus inizia a credere che non si renda conto di dove si trovi davvero.
Così si siede sul bordo del letto e lo fa voltare con non poca fatica, mente con un braccio sostiene la sua schiena e le sue gambe scalciano, poggiate sulle sue ginocchia.
Cerca di bloccargli le braccia sotto il peso del suo gomito e non è facile senza fargli male.
Ma Harry è troppo lontano, rinchiuso fra le mura dei suoi incubi e lui deve farsi guardare per riporta lo lì.
Posa la mano destra su quel visino umido che si agita a destra e sinistra ed aspetta.
Aspetta che quelle grida che lo stanno lacerando diminuiscano, aspetta che quegli occhi appannati buttino fuori quell’angoscia.
Ed è terribile.

Lo avete mai sentito il pianto di un bambino disperato?
Di un bambino che ti prega in ginocchio di non fargli del male, che trema talmente forte che i denti battono fra loro.
Di un bambino dalla pelle marchiata, di un bambino violentato da la vita.

È un’agonia.
Una tortura.
E tu non puoi fare niente, perché quello è un tarlo che lo sta mangiando da dentro.
Puoi solo stare a guardare.
Finché il respiro non sembra lentamente tornare alla normalità.
Ed il corpo è scosso da singhiozzi reduci da un pianto troppo doloroso.
E quegli occhi non iniziano a tornare verso di te.

-Harry… Guardami..-
-SIGN..SIGNORE…-
-Sei al sicuro Harry… -
Una mano gentile che sposta i capelli dalla fronte sudata.
-Pa… Paura…-
Il pollice che si muove piano sulla guancia rossa.
-Di cosa Harry? Di cosa hai paura?-
Ma il labbro trema e parlare è difficile.
-Me lo dici Harry?-
Occhi neri stanchi, sconfitti dalla sofferenza che non può fermare.
-Non… Non ce l’ha! No…-
I movimenti riprendono, ma una carezza più decisa, un braccio che stringe dolcemente la schiena.
-La febbre Harry? Hai paura perché hai la febbre?-
-Non ce l’ha!-
Ripete con vigore ma trema, non si contraddicono gli adulti.
-Che succede se hai la febbre?-
Severus non vorrebbe ma deve.
Deve capire.
-Giù no Signore… T-Ti prego…-
Non ci sono più urla, solo preghiere.
Severus lo issa e lo stringe, adesso quel piccolo petto posa sul suo.
Si alza e lo sente tremare più forte, arpionare le braccia al suo collo, le gambe al suo corpo.
-Sshhh… Non succede niente Harry…-
Le carezze sulla schiena non si arrestano, ma sente che il pianto è tornato.
- Giù no! Non chiudi! Signore non…-
Dice nascondendo la testa nell’incavo del suo collo.
-Che significa Harry? Giù dove? Cosa non devo chiudere?-
-Giù No! Paura!-
Passi dondolati, nella speranza che il movimento continuo lo aiuti.
-Dove… dove ti portavano Harry?
Quando avevi la febbre, dove ti portavano?-
La sua voce trema, non è sicuro di volerlo sapere.
Ed un singhiozzo porta la sua mano ad accarezzare quella chioma mora.

-Giù… Sennò… In… I Signori… si am..ammalano…
Ma Signore! Il bambino sta… b-bene!
-Harry…-
-Paura Signore…-
Si stringe su quell’uomo così caldo.
-Cosa c’è giù? Perché fa paura?-
La stoffa serrata nei piccoli pugni.
Immagini ancora così vive.

-Buio… Giù è… 
F-Freddo… No.. Non si vede niente… il bambino… non.., non ci vuole andare e..
A-Allora Fa m-male…-
-Ti fanno male perché non ci vuoi andare?-
-Signore p-per favore…-
Dagli occhi serrati sfuggono ancora lacrime amare.
Mugolii, la bocca chiusa che cerca di trattenere il dolore.
-Harry…
Lo so che ti avevo detto che me ne avresti parlato quando avresti voluto tu…
Ma io… Devo capire.
Sennò, sennò non posso aiutarti Harry…-
-M-Magia… M-Mani…-
Sussurra in un singhiozzo sperando che il suo Tutore capisca.
-A volte non basta solo la magia bambino…-
Dice sconfitto.
Ma è la verità.
Non può fare altrimenti.
-Ho bisogno che tu mi risponda…-
Sa che è ingiusto.
Sa che parlerà solo perché glielo sta ordinando.
Ma è necessario.

Immagini, mani, capelli tirati.
Urla di voci cattive.
E sono troppo veloci perché le possa raccontare.
Sono troppo perché riesca a parlare.
Ma il suo tutore vuole questo.
E lui ci prova, apre e chiude la bocca, la gola che brucia così tanto.
E lo fa piangere.
Come quelle mani che battono il suo corpo.
Poi Lo afferrano.
Lo trascinano.

-C-ci d-deve andare!-
Le parole escono di getto, all’unisono con quelle che rimbombano nella sua mente.
-Non..  pia-piangere cattivo!
Sei cattivo!
Sei cattivo catt…-
Di nuovo passato e presente che si fondono.
-No-non esci! 
Non piangere!
MOSTRO!-

Urla quella parola serrando i pugni più forte che può.
E li porta vicino alle orecchie.
E stringe forte perché forse così farà meno male.
Apre la bocca ma le parole non escono più e deve respirare forte ed ingoiare l’ossigeno che sembra sempre così poco.

-Shhh… Va bene così Harry…-

Lo ha spinto lui fino a quel punto.
E sta a lui fermarlo.
Basta così.
Basta.

Perché non riesce ad aiutarlo?

Severus si era bloccato ascoltandolo.
Riprende a camminare ed il bambino sussulta.
-Giù No!
Non chiudere!-
Urla aggrappandosi al suo Tutore.
E il cuore del pozionista si stringe.
-Harry non ti chiuderò da nessuna parte…
Non esiste nessun ‘Giù’ in questa casa, mi capisci?-
Ma il bambino riprende a piangere e il professore non ha idea di cos’altro possa dire.
-Hai di nuovo paura bambino?-
Annuisce nella sua spalla che ormai è zuppa del suo dolore.
-Perché? Me lo dici per favore?-
E quel ‘per favore’ che nessuno gli ha mai detto, gli dà la forza.
Il coraggio di dire che ha capito.
E per questo Ha paura, adesso.
Perché Ha capito che deve tornare a Privet Drive.
Perché se il suo tutore non ha nessun posto dove chiudere i bambini come lui che si ammalano allora è lì che lo porterà.
E Severus si rende  conto che non ha mai fatto una cosa importante.
Fondamentale.
Così si siede di nuovo e lo allontana appena, per poterlo guardare.
-Harry ora ascoltami perché ti dirò una cosa e voglio che tu la capisca…-
Lacrime che ormai solcano il viso.
Manine che sono abbandonate lungo i fianchi, senza forza.
Braccia che lo sorreggono per le spalle curve.
-Io non ti riporterò MAI in quella casa.
Tu, non dovrai mai più tornarci.
E non importa se hai la febbre o se sbagli o sporchi qualcosa.
Tu non ci tornerai mai più, hai capito?-
E le lacrime che ora scendono sono stille di libertà.
Sono ossigeno, adesso che sente di poter tornare a respirare.

Mai più.
Mai più.


E non ce la fa Harry a rispondere, perché sente l’ansia svanire, scivolare via insieme alle forze che gli erano rimaste.
E gli oggetti nella stanza non tremano più.
Ed appoggia la testa sul petto di quell’uomo buono.

Gli vuole tanto bene a quel Signore.
Chissà se un giorno avrà il permesso di dirglielo…



Non ho mai voluto sapere cosa fosse quel ‘Giù ‘.
Ma quel giorno promisi a me stesso che sarebbe stato il luogo dove quegli animali avrebbero scontato la loro pena.



--SPAZIO AUTRICE---
I vostri commenti sono stati fondamentali.
Ho sofferto un po’ scrivendo questo capitolo ma il mio scopo è quello di rendere la storia più realistica possibile.
Nonostante sia una fanfiction.
I momenti di ricaduta quindi, sono obbligatori.
Ma non abbattiamoci.
In questo capitolo e anche nel prossimo affronteremo alcune delle paure più profonde del nostro bambino.
Sarà doloroso, ma necessario.
Ma in quello successivo prometto che Harry ci regalerà un sorriso…
D’altronde, siamo quasi a fine Luglio ;)

Grazie ancora di cuore.
Siete Speciali.

Dragonfly92 

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Capitolo 16
*** Fortunato e Felice ***



Fortunato e Felice


-Ce la fai ad alzarti un po’?-
Il bambino scatta a sedere tempestivo come un soldatino e sul suo viso si dipinge una smorfia di dolore a quel movimento repentino.
Sente la testa girare o forse è la stanza che si muove attorno a lui, non lo sa, vuole solo che si fermi.
Stringe la stoffa delle coperte fra le dita, vi si aggrappa per vincere quella sensazione di cadere.
E porta una manina alla bocca quando la tosse inizia a scuotere di nuovo il suo corpo e lo fa piegare.
E adesso la stanza non gira più, ma il petto gli fa così male e la gola brucia così tanto che gli occhi si riempiono di lacrime.

-Fa’ piano Harry…- lo ammonisce Severus, posando una mano su quella piccola schiena.
Gli porge poi la sua tazza, sì la sua, quella azzurra con i pesciolini che Poppy gli ha gentilmente intimato di fargli adoperare.
-È succo d’arancia, ti farà bene…-
Sa che probabilmente non c’è bisogno di spiegargli cosa stai per bere perché il bambino lo accetterebbe comunque, ma vuole che si abitui a sapere cosa sta per fare, ai sapori che sta per assaggiare.
Vuole che col tempo, impari a quali sono quelli che gli piacciono e che si senta libero di rifiutare un qualcosa che invece non è in sintonia con i suoi gusti.
Severus sa che passeranno mesi o forse anni prima che Harry si senta davvero libero di fare un qualcosa del genere.
Ma sa anche che è suo il compito di accompagnarlo verso quell’obiettivo.
E che ogni passo, seppur piccolo, è di fondamentale importanza.

Il bambino allunga le mani verso la tazza e lascia che il Tutore la posi fra le sue dita.
Ma è pesante, è così pesante e sente di non potercela fare.
Ma quel Signore buono non si arrabbia e lo aiuta a portare la tazza alla bocca.

Harry lo guarda da dietro quel coccio azzurro ed anche se i suoi occhi sono stanchi e lucidi di febbre, sorridono.
Si stacca dopo pochi sorsi e la tazza fluttua magicamente verso il suo comodino.

Il bambino tenta di mantenersi seduto, ma sente il corpo dolere praticamente ovunque.

Severus lo guarda strusciarsi gli occhi con il dorso della mano, osserva il suo visino pallido.
Gli ha somministrato un antipiretico soltanto poche ore prima e adesso non può che aspettare.
Sistema meglio il cuscino dietro la schiena del bambino e si meraviglia quando Harry non sussulta in risposta a quel movimento.
Non che accenni a rilassarsi senza il suo diretto consenso. 
Ma è già una grande passo avanti.

-Appoggiati Soldatino, starai più comodo…-

E quel corpicino accetta l’invito, sorridendo appena mentre si posa su quel cuscino così morbido e grande.

-Io adesso vado di là… Se hai bisogno puoi chiamare Senny, d’accordo?-
Severus fa per alzarsi ma non ha nemmeno il tempo di accorgersi dello sguardo triste del bambino che una determinata elfa si materializza di fronte ai suoi piedi.
-Ecco il libro che ha chiesto per il Signorino, Signor Severus Signore! –
L’oggetto gli viene praticamente lanciato fra le mani ed il suo ‘Non ho assolutamente chiesto nessun libro’ riesce a formarsi soltanto nei suoi pensieri.
Percepisce uno sguardo perforargli la nuca e sospira pesantemente prima di voltarsi con la sua miglior maschera di serenità.

Non preferisce parola, è una situazione già piuttosto imbarazzante senza che lui infierisca ulteriormente con stupide frasi retoriche.
Non chiederà ad Harry se vuole che lui gli legga qualcosa.
Non lo farà solamente perché la risposta è scritta a chiare lettere in quelle iridi verdi.
È scritta sul volto di quel bambino che mai si sognerebbe di fare una richiesta del genere.

Severus maledice la sua elfa ed il giorno in cui le ha permesso di entrare nella sua dimora, mentre in silenzio si siede accanto ad Harry.
Ed il bambino non emette un suono, si appresta soltanto a fare più spazio possibile per il suo tutore.

È incredibile, qualcuno si sta sedendo vicino a lui.
Ed è un adulto, un Signore rispettabile, come direbbero i suoi zii.
Ed Harry non ha idea di quanto spazio serva ad un Signore rispettabile che si siede sul suo stesso letto.
Così si sposta ancora un po’, ma non è proprio sicuro che sia abbastanza.
È arrivato quasi al bordo del letto e si accorge della spiacevole sensazione fredda che emana quella parte di stoffa inutilizzata.

-Ti sembro così grosso, Harry?
Hai fatto abbastanza spazio da permettere ad un Troll di accomodarsi fra di noi…- 
Dice il suo Tutore ed Harry capisce che lo sta prendendo in giro dal modo buffo con il quale inarca il sopracciglio.
Scuote la testa sorridendo e si riavvicina un pochino, realizzando d’un tratto quanto tutti quei movimenti lo abbiano spossato.

E sente il cuore battere forte per l’emozione quando la voce calda del suo tutore inizia a narrare quella storia per lui.
Si incanta guardandolo, cercando di realizzare quello che sta realmente accadendo.
Sente il leggero vento alzato dallo sfogliare delle pagine e sospira quando finalmente decide che no, non sta sognando.
Qualcuno sta veramente leggendo qualcosa per lui.
Ed è bellissimo.

Le note dolci di quella voce lo fanno rilassare, sente le palpebre diventare così pesanti.
Ma non vuole cedere, vuole sentire ancora quella voce, vuole continuare a guardare quelle belle immagini che si muovono. 
Si avvicina un po’, è diventato difficile vedere qualcosa senza i suoi occhiali.
Sorride appena quando un piccolo drago appena uscito dal suo ovetto inciampa sulle sue stesse zampine, capitolando fino ai piedi di quello che dev’essere il papà drago.
Ed Harry si issa giusto un po’ per poter allungare il suo indice ed andare a sfiorare la piccola creatura.
Vuole aiutarlo ad alzarsi adesso, ma papà drago lo precede tirando su il cucciolo con la sua grossa coda.
Un po’ come ha fatto il suo tutore con lui, quando è caduto in giardino.
Sì, è proprio un bambino fortunato.
Quella è l’ultima cosa che pensa,  prima di lasciare che il sonno lo avvolga completamente.

Piton rimane immobile quando vede il bambino farsi più vicino.
Continua a leggere, anche quando un dito si avvicina a quel drago scoordinato.
È certo che Harry non si renda conto del fatto che ora la sua testa posi sul suo braccio.
Né del fatto che quella piccola mano si stia facendo una lieve pressione sulla sua, invitandola ad abbassarsi per permettergli di vedere meglio.
Lo sente sospirare, la febbre lo sta spossando, ed un fisico martoriato come il suo avrebbe bisogno di assoluto riposo. 
E percepisce che si è addormentato di nuovo, ma quelle piccole dita sono ancora lì, sopra la mano che tiene il libro.
Piton sorprende se stesso nel ritrovarsi ad attendere qualche minuto prima di muoversi, per non rischiare di svegliarlo.
Con la bacchetta, abbassa l’illuminazione della stanza, in modo da renderla più tenue ma non troppo buia.

Attende ancora un po’ ed i suoi sensi entrano in allerta quando la tosse scuote quel corpo che ora posa su un fianco e si muove per incanalare ossigeno.
È piccino, pensa, quando si accorge che gli basta un suo solo tocco a farlo smettere di agitarsi.

Ripensa a quando l’incantesimo che ha posto sulla cameretta lo ha svegliato suonando nel cuore della notte e lui si è alzato chiedendosi cosa potesse mai potesse essere successo.
Ed ha quasi dubitato delle sue capacità di mago quando, entrando nella stanza, si è accorto che il bambino dormiva.
Ma qualcosa doveva pur esserci per aver fatto scattare quell’allarme, allora si è avvicinato.
Harry era rannicchiato su di un fianco, proprio come adesso, ma dai suoi occhi chiusi scendevano lacrime silenziose.
Piangeva nel sonno e Severus ha sentito un moto di tristezza stringergli il cuore.
Perché i suoi pensieri lo torturavano così?
Perché non lo lanciavano in pace?

Era ingiusto, come d’altronde lo era stata tutta la sua vita fino ad ora.
Avrebbe voluto regalargli bei sogni, quelli che ha detto che gli piacciono tanto.

A volte vorrebbe poterlo oblivare , cancellare quegli anni dalla sua testa.
Ma è solo un bambino e non può applicare un incantesimo del genere senza creare danni permanenti.
L’unica cosa che può fare è esserci, dimostragli che non è più solo.

-Shhh… Va tutto bene…- gli sussurra allora, sfiorandolo appena.
E funziona, funziona davvero.
Harry la chiama la magia delle mani.
E Severus non può che essere d’accordo con lui.




Dopo due giorni la febbre, che non se n’è mai andata del tutto, si ripresenta più forte di prima.
Il bambino è debilitato ed anche farlo bere è diventato difficile.
Questo però non gli impedisce dal provare ad alzarsi, biascicare un  ‘sto bene’ e tentare di arrivare alla scrivania per fare i suoi compiti.
Per Piton non è facile riaccompagnarlo a letto senza sbraitargli contro, soprattutto quando riesce ad afferrarlo appena in tempo prima che cada, troppo debole per reggersi in piedi.
Ed è decisamente estenuante dovergli spiegare ogni volta che i bambini con l’influenza devono stare a letto e che no, non devono fare i compiti e no, nemmeno le pulizie.
Quando starà meglio glielo farà scrivere almeno venti volte, affinché lo imprima in quella testa dura.
Quando starà meglio.
E succederà presto.
Vero?




-Cosa succede Severus? Spiegami il perché di tanta urgenza o ti giuro che…-
-Si è alzata ancora Poppy, le fiale che gli ho dato non stanno funzionando!-
L’infermiera si sporge verso il letto ed impugna la bacchetta.
La temperatura del bambino ha quasi raggiunto i quaranta gradi.
Scosta appena il lenzuolo per poterlo esaminare meglio ma il bambino non pare accorgersi di quei movimenti.

-Quando è iniziata?-
-Questo è il quarto giorno… Da ieri sopra i trentotto…-
Poppy armeggia nella sua borsa e Severus la sente blaterare fra sé e sé.
-Mettilo seduto…-
Severus lo tira su, mettendo una mano dietro la schiena bollente e l’altra a sorreggergli la fronte.
Il bambino si muove infastidito, le sue palpebre tremano ma non si aprono.

Madama Chips appella una fiala assicurandosi con lo sguardo che il pozionista abbia compreso il suo compito.
-Apri la bocca Harry…- gli dice, ma non è certo che possa sentirlo.
Lo schiaffeggia delicatamente e piano piano lo vede rispondere ai suoi comandi.
-Bravo, bevi questa…- lo incita mentre gli massaggia la gola spronandolo a bere tutto.
Ma il bambino inizia a tossire e quel poco liquido che era riuscito ad ingurgitare viene ributtato fuori inzuppando le coperte.
-Sig.. Signore…- prova a scusarsi mentre lacrime di colpa e frustrazione iniziano a scendere dai suoi occhi.
Piton cerca di calmarlo, Poppy asciuga le lenzuola con un colpo di bacchetta mentre guarda stupefatta l’ex allievo placare quell’imminente crisi.
Lo vede riuscire in un qualcosa di straordinario, vede per la prima volta un uomo guidato dalle sue emozioni.
Dopo pochissimo la stanchezza chiude di nuovo gli occhi di Harry.
Poppy non osa commentare ma custodirà gelosamente quella soddisfazione e quel ricordo dentro di sé.

-Dobbiamo far abbassare la febbre Severus. A questi livelli dobbiamo prevenire le convulsioni.-
-E come dovrei fare secondo te?-
-Un bagno…- risponde sintetica.
-O le pezze se preferisci.
Non ci rimangono che metodi babbani e non far finta di non conoscerli!-
Lo intima dosando comunque il tono della sua voce.
-Poi riprova con la fiala. Ti lascio anche queste nel caso non funzionasse…-
Posa sul comò un paio di siringhe e si appresta ad aprire la porta.
-Chiamami se hai bisogno…-
-Non puoi farlo tu? Sei un’infermiera!-
-Ma non la persona della quale si fida Severus… Tu saprai fare un lavoro migliore.
Sei riuscito a dargli qualcosa per la tosse? Il suo apparato respiratorio è molto…-
-Provato, lo so.
E si, gliel’ho data questa mattina ma non sembra funzionare…-
-È solo aggravata dalla febbre. E lo stato di stress che lo affligge non è sicuramente d’aiuto.
Ma Vedrai che poi starà meglio…-

La donna chiude la porta, lasciando il professore solo con il suo compito ingrato.
Ordina a Senny di preparare due bacinelle d’acqua tiepida e di portagli delle pezze.
Non infilerà il bambino in una doccia. Seppur tiepida, non lo farà.

A materiale riunito si siede sul letto, il viso rivolto verso quello di Harry.
Lo scopre e con la magia rende le lenzuola impermeabili, poi fa sparire il suo pigiama.
-Harry mi senti?-
Lo scuote un pochino, senza ricevere risposta.
Afferra la stoffa e nel mentre gli spiega tutto ciò che sta per fare.
Posa la prima pezza umida sulla fronte e vede il bambino spalancare gli occhi.

È fredda in confronto alla sua pelle bollente.
Sbatte più volte le palpebre tentando di mettere a fuoco l’uomo davanti a lui.

Altre due pezze vengono posate sui polsi ed Harry sussulta.
Ha freddo, i brividi percorrono tutta la sua pelle chiara.
Ma sente troppo male per potersi muovere. 
Le suo ossa sembrano diventate ipersensibili, il suo petto pare schiacciato da un peso invisibile.
Che gli sta succedendo?
Perché fa tutto così male?

Altre due pezze sulle caviglie, un nuovo sussulto.
Una lacrima scivola dall’angolo dei suoi occhi, perché gli stanno facendo questo?
Perché il dolore non se ne va via?

-Harry hai capito quello che ti ho detto?-
Il bambino lo guarda ed una nuova lacrima solca il suo viso scivolando fino al mento quando si volta per guardare.
È il suo tutore che sta parlando, è lui che mette quelle cose fredde sul suo corpo.
-Hai capito perché sto facendo questo bambino?-
Harry si guarda il corpicino esposto ed i suoi occhi si soffermano su alcune linee bianche, cicatrici di lezioni che non ha mai imparato.
-C-Cattivo?- Chiede conscio che probabilmente è per quello che adesso deve stare al freddo.
-No Harry… Non Sei stato cattivo.
Ma dobbiamo far scendere questa febbre, capito?-
Gli passa un panno sul visino che annuisce piano.
Poi però la pezza struscia sulle sue spalle, sulle braccia e vorrebbe sottrarsi ma lo sa che non può.
Ancora una lacrima silenziosa che Severus cerca di ignorare.
Un pianto privo di suono, contenuto, un arrendersi e costringersi a un qualcosa che non si vuole.
Ma quando poi il freddo arriva anche sulle sue gambe e sulle cosce, Harry non ce la fa e in un singhiozzo lo prega.
-B-basta p-per f-favo…-
E Severus si arrende, gli dice che è stato bravo e posa quelle stoffe quasi con rabbia.
Era necessario, gli ripete mentre lo riveste ed il bambino si abbandona a quei tocchi.

Vorrebbe essere abbracciato, vorrebbe tanto riassaporare quella  magia.
Ma nuovi colpi di tosse, e respirare è difficile.
Harry Si spaventa, lo sa quello che sta per succedere ed è tutta colpa sua.
E non riesce a frenare i singhiozzi nemmeno ora che è fra quelle braccia calde, nemmeno ora che non è più così freddo.
-Signore!-
Piange, si aggrappa a quella stoffa, alla sua ancora di salvezza.
-M-muoio!-
E Severus sorride a quell’affermazione così infantile.
-Ma che dici Harry, no che non muori, è soltanto influenza…-
Lo rassicura e continua a sorridere per quella paura così bambina.
Ma quando Harry riprende a singhiozzare più forte, quando la sua presa si fa ancora più stretta sente che qualcosa non va.
-I-il b-bambino m-muore-
-Harry smettila, non dire sciocchezze!- ripete con più fermezza ma sono ancora singhiozzi e sempre più disperati.
-Ha ha sba-sbagliato..- confessa nascondendo il viso nella stoffa scura.
-Harry guardami…- 
-No Signore i-il bambino ha sbagliato! N-non voleva d-davvero…-
Severus lo sistema sulle sue gambe e lo sente tremare forte quando cerca di poterlo guardare.
Sente un peso schiacciagli lo stomaco e non sa spiegarsi il perché.
-Harry cosa vuol dire?- gli chiede asciugandogli le lacrime che continuano a scendere sfrenate.
-Ha sbagliato!- grida rifugiandosi di nuovo su suo petto.
La tosse ha ripreso a scuoterlo e Severus si alza per calmarlo, riprendendo quei gesti conosciuti.
Cammina avanti ed indietro, lo accarezza ma ogni volta sembra che il dolore sia troppo più potente di quel piccolo corpo.
-Harry calmati… Se fai così la febbre non passa più…- sussurra, mentre lo dondola.
-Shhh Shhh.. Tieni, bevi un pochino…- 
Appella un bicchier d’acqua e lo avvicina direttamente alla bocca tremante del bambino.
Ha le guance tutte rosse e la frangia appiccicata alla fronte perlata di sudore.
Gli scosta un po’ i capelli e quando sente che i singhiozzi si stanno placando si riappoggia sul letto.
Tenendo Harry ancora fra le sue braccia.
Quella di lasciarlo, è un’opzione che non ha neppure preso in considerazione.

-Harry…-
-N-non vuole Signore… Il b-bambino non v-vuole m-mori…-
-Harry smettila di dire così… È soltanto influenza, te l’ho detto…-
Passa una mano su quelle gote bagnate.
-M-ma i-il bambino… Gliel-gliel’ha c-chiesto allora a-adesso… N-non guarisce più…-
-Cosa hai chiesto? Di cosa stai parlando bambino?-
Harry lo guarda.
La bocca serrata a tentare di frenare il pianto.
A cercare di non far uscire quelle parole.
Ma il suo tutore gli ha fatto una domanda e lui deve rispondere.
Le mani grattano le braccia in movimento nervosi, ma due mani più grandi si posano sulle sue, frenandolo.
Respira forte e trema.
Ma parlerà.
Deve rispondere.
Deve.

-A-alla coccinella d-dei desideri Signore!- confessa e fermare il pianto è impossibile.

Severus si sente incapace di parlare.
Sente come se avesse ricevuto uno schiaffo del tutto inaspettato.
Come se il pavimento si stesse sgretolando sotto i suoi piedi.
Si schiarisce la voce per inghiottire il nodo che sente stringergli la gola.

-Hai chiesto alla coccinella di…
morire ?-

Fa male pronunciare quella parola, quel verbo.
Soprattutto quando il bambino annuisce e gli dice che l’ha fatto quando era a Privet Drive.
E le lacrime fanno brillare di nuovo I suoi smeraldi quando il tutore gli chiede perché e lui si affretta a spiegare.
-Signore..  È che… F-faceva… F-faceva male e… 
E a-allora i-il b-bambino piangeva e… Faceva tanto m-male Signore.
A-allora l’ha v-vista… E ha ch-chiuso gli occhi e…
L-la maestra a-aveva d-detto che… Che t-tutti i b-bambini v-vanno in cielo…
E la m-mia mamma… E i-il m-mio papà sono lì p-perché loro erano buoni!-
Afferma con decisione mentre si il dolore continua a scendere e sembra essersi irradiato nelle vene del pozionista, nei suoi occhi pericolosamente lucidi.
-A-allora p-pensava… 
F-forse può andare anche i-il bambino. 
Perché così… I-il b-bambino no-non ce la fa-faceva Signore… 
N-non riusciva m-mai a… Essere b-bravo e..
E...
E q-quando ha ap-aperto gli occhi l-la coccinella n-non c’era più e… 
Era c-contento perché...
F-forse co-così  non f-fa più male Signore!
B-basta male Signore…
Basta.- 
La sua voce si spezza e Severus lo stringe forte.
È sconvolto.
Annientato da quella confessione.
Quel bambino è arrivato a desiderare di… 
Di morire pur di far cessare quel dolore.
Voleva smettere di soffrire.
E andare insieme alla sua mamma e al suo papà.
Due parole che gli sente pronunciare per la prima volta.
E può percepirne tutto l’amore mentre escono nella sua bocca e nonostante il pianto vengono scandite con orgoglio.

-M-ma ora… I-il Signor Severus ha Ha detto che i-il b-bambino può rimanere…
E v-vorrebbe s-stare qui… N-non vuole più..
Signore ti p-prego!-

Di nuovo quel corpicino si getta su di lui, di nuovo continuare a parlare è difficile.
E le braccia di Severus lo circondano completamente.
Ed è troppo, troppo anche per lui.
Una stilla scivola da due occhi neri.
Dai suoi occhi che credeva incapaci di mostrare ancora emozioni.

-Non…-
Severus prova a parlare ma la sua voce si inclina.
Una mano posa sulla testa del piccolo, appoggiata all’altezza del suo cuore.

-Non permetterò che ti accada niente di male Harry…-
Ispira schiudendo appena la bocca.
-Tu lo sai che io non dico bugie, quindi puoi credermi…-
Il bambino annuisce appena, il suo pianto così contenuto.
Così orgoglioso, fragile, forte.
-La coccinella sa che non desideri più quello che le avevi chiesto…-
-N-no, più!- annuisce con forza.
-E quindi non ti succederà niente.
Non morirai bambino…-
Severus lo accarezza, sono tocchi amari, incapaci di trasmettere quello che vorrebbe dire.
Ma Harry non è dello stesso parere e con la testa si fa più vicino a quella mano.
Ora è semisdraiato sul suo tutore ed anche se non lo vede bene, si sente al sicuro.
È così buono quel Signore.

Severus gli scosta i capelli, gli occhi che si posano su quella saetta.
-Loro… I tuoi genitori…-
Deglutisce.
Asciuga quelle lacrime.
 -Ti hanno voluto e ti vogliono tanto bene Harry… -
Palpebre che tremano.
Lacrime nuove.
 -Loro sono molto orgogliosi di te…
Perché sei un bravo bambino Harry…-
C’è dolcezza e amarezza nella sua voce.
E angoscia e comprensione quando quegli occhi verdi brillano e una manina corre a coprire un singhiozzo, a celare lo stupore, lo sgomento che quella frase ha suscitato.

Il bambino sembra pietrificato, sembra che le sue palpebre non osino chiudersi,   che i suoi polmoni non abbiano più bisogno d’ossigeno.
C’è speranza nel suo sguardo, c’è incredulità, c’è necessità.

Harry Ha bisogno di rimanere in silenzio, ammortizzare quelle parole, capire se adesso il suo tutore gli dirà che era solo uno scherzo, che lo sta prendendo in giro.
Ma quell’uomo non lo fa, lo fissa soltanto.

E ora c’è sollievo.
Perché Harry gli crede, ha bisogno di farlo.

Così continua a guardare il suo tutore.
Che ha gli occhi belli e sinceri, pensa il piccino, ed è un Signore rispettabile ed un Signore rispettabile non direbbe mai bugie.
Ha i capelli lunghi che coprono un po’ il viso e allora Harry allunga una mano e li sposta perché vuole poterlo vedere.
E poi la piccola mano calda si posa sulla guancia liscia del suo tutore e sa che non dovrebbe farlo, ma lo fa comunque perché ora quell’uomo sembra un po’ triste e quello lo farà sentire bene.
E forse è la febbre che lo sta facendo delirare o il fatto che i suoi pensieri sono così confusi adesso.
Ma non lo sa, non gli importa.

-S-sei bello Signor Severus…- dice contemplandolo, tenendo la sua manina ancora lì.
E in quella frase bambina ci sono tante parole non dette.
Perché la bellezza, per un bambino, non è determinata soltanto dai canoni fisici.
Quel ‘sei bello’ è un grazie, un ti voglio bene.
È un sei buono e gentile e forte.

E Piton, che di bambini ed emozioni non ha mai capito niente, lo sente.
Sente tutto questo è prende quella manina nella sua.
La volta.
Ed un lieve bacio viene posato in quel palmo.

Ed anche in quel gesto ci sono milioni di frasi che mai pronuncerà.
Ma Harry è un Bambino intelligente.
E lo capisce.
Per questo ringrazia il suo tutore adesso.
Per questo chiude gli occhi beandosi del battito del suo cuore.

Tum.

La sua mamma e il suo papà gli vogliono bene.

Tum.

Il suo tutore profuma di cose buone.

Tum.

Lui è un bambino bravo.

Tum.

E fortunato.

Tum.

E felice.



---SPAZIO AUTRICE---

I vostri commenti mi hanno commossa.
Non sapete quanto sia importante sapere che spendete il vostro tempo le potermi lasciare un vostro parere.
Quindi grazie.

Questa capitolo è stato più duro da scrivere di quello precedente.
Ma volevo affrontare anche questa paura.
Spero che siate riusciti a provare qualcosa leggendo queste righe.

Nel prossimo però il nostro bambino vi regalerà un sorriso.
Se lo merita proprio ed anche voi : )

Grazie ancora di cuore.

Dragonfly92 

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Capitolo 17
*** Un piccolo miracolo ***


Un piccolo miracolo


Le ante spalancate dell’armadio rendevano impossibile decifrare la persona che, guidata dalla foga, estraeva e lanciava sul letto praticamente ogni capo che lei aveva accuratamente ripiegato.
Non che avesse un qualche minimo dubbio su chi fosse, ma l’urgenza con la quale i panni venivano  catapultati fuori dalla mobilia non era solita guidare i gesti del Professore.
-Il Signor Severus Signore sta forse cercando qualcosa?-
Severus indietreggiò d’un passo, solo per poter squadrare quell’elfa saccente che si stava evidentemente facendo gioco di lui.

-Perché, Senny, ho come l’impressione che non solo tu sappia cosa io stia cercando ma anche che tu sappia perfettamente dove sia finito?-
-Perché Senny sa sempre tutto Signor Severus Signore?-
Domandò ironicamente mentre si apprestava a ripiegare con cura quelli che ora erano una montagna informe di stoffa.
-Piantala elfa!
Dov’è?- chiese irritato.
Quell’essere dalle orecchie oblunghe aveva la straordinaria capacità di dargli sui nervi.
Non solo era spocchiosa, ma col tempo aveva imparato a impostare le frasi colorandole con un’odiosa vena sarcastica.
Ed ogni qualvolta il pozionista glielo faceva notare, quell’essere diabolico se ne esordiva con un -Gli elfi domestici tendono ad assomigliare ai loro padroni Signor Severus Signore, dovrebbe saperlo!-
E lui era allora costretto ad incassare il colpo.
Porco Godric.

-Allora, dov’è?-
Senny arrestò i suoi movimenti, incrociando le braccia e guardandosi svogliatamente le unghie smaltate.
Che poi, dove avesse imparato a dipingersi le unghie rimaneva ancora un mistero…

-Alla MagiLocanda Signor Severus Signore… Verrà consegnato al momento opportuno, come piace al Signor Severus Signore! -
La mascella del pozionista si spalancò per un attimo.
-Stai scherzando Senny…-
-Assolutamente no Signor Severus Signore!-
Sventolò la manina curata per far spostare il pozionista che intralciava il suo operato.
L’ultimo pantalone era stato riposto e un sospiro compiaciuto accompagnò la chiusura delle ante.

Voltandosi, si scontrò con le gambe affusolate del Professore che la stava fissando con uno sguardo poco rincuorante.
Ma ormai lo conosceva fi  troppo bene per rimanerne intimorita.
Così rispose, contraccambiando con una mera alzata di sopracciglio.
-Tu non hai osato…-
-Sì Signor Severus Signore!
Senny è una brava elfa ed ha inviato un gufo per il Signor Severus Signore!
Oh, Senny stava per dimenticare… La Signorina della MagiLocanda ha detto di non tardare Signor Severus Signore!  Non c’erano posti per questa sera ma Senny è una brava elfa ed è riuscita a trovare un tavolo Sign…-
POP!
L’elfa si smaterializzò giusto in tempo, evitando di esser trasfigurata in un soprammobile.
Non che temesse che potesse realmente accadere. Ma il fascio lucente che proveniva dalla bacchetta di Piton l’aveva convinta a non volerlo scoprire.
Non si sa mai…


Il Professore si lasciò cadere sul letto.
Quella dannata elfa!
Non le sembrava abbastanza il fatto che stava portando fuori il bambino, no, quell’essere aveva le manie di grandezza.
Una cena alla MagiLocanda.
Una sottospecie di ristorante dove il numero dei marmocchi presenti raggiungeva vette nauseanti.
E tutto questo perché era il trentun Luglio.
Ed era stato già abbastanza arduo assicurare ad Harry che non gli sarebbe successo niente se fosse uscito dalla sua camera.
Aveva sudato sette camicie per convincerlo che no, non doveva rendersi invisibile nemmeno se quello era il giorno del suo compleanno.
La situazione era abbastanza complessa senza che ci si mettesse lei con quelle abominevoli idee.
Ma lui ci sarebbe andato in quella locanda.
Oh, si che l’avrebbe fatto.
Si sarebbe scusato, si sarebbe ripreso il suo pacco e dopo aver pagato per la tardiva disdetta sarebbe tornato a casa.
Con il bambino.
Lo stesso bambino che si accorse lo stava fissando silenzioso ed immobile , ben attento a non varcare quella soglia.

-Harry…-
-Signore… Se il Signore è st-stanco possiamo u-uscire un altro g-giorno…-

Il bambino prese a giocherellare con l’orlo della sua camicetta pulita mentre ripensava a tutto quello che era successo durante la mattina.
 
Il suo tutore gli aveva detto che non doveva far finta di non esistere anche se quello era giorno del suo compleanno.
Ed era stata una scoperta davvero incredibile.

Ogni giorno si rendeva conto di quanto fosse gentile quel Signore dai capelli neri.
Ogni giorno scopriva di poter fare cose nuove, cose belle, cose che fino ad allora aveva fatto soltanto nei suoi sogni.
E se già quella di poter uscire dalla sua camera era stata una notizia stupefacente, quando il suo tutore gli aveva chiesto cosa gli sarebbe piaciuto fare, era rimasto senza parole.
Un conto era sapere che poteva fare domande o che non doveva chiedere il permesso di andare in bagno, per esempio. 
Ma quello era un qualcosa del tutto inaspettato.
Avrebbe potuto decidere di fare qualcosa.
Qualcosa di diverso dai compiti e dal leggere libri, aveva ribadito il tutore.
Ed Harry aveva sentito di nuovo il solletico dentro al pancino quando timidamente aveva azzardato  un ‘Forse possiamo uscire in giardino’ ed il Signor Severus aveva risposto annuendo con vigore.

Ma se adesso il suo tutore aveva bisogno di riposarsi, andava bene comunque.
Il Signor Severus era gentile, buono, e non gli aveva mai dato una lezione.
Nemmeno quando, quella mattina, il suo braccio cattivo gli aveva fatto rovesciare l’acqua sul tavolo.

E quindi, anche se non fossero usciti, Harry era convinto di una cosa: 
Quello era il più bel compleanno della sua vita.

-Non sono stanco, ti ringrazio.
Tu sei pronto bambino?-
-Si Signore!-
Esordì prontamente, le braccia dritte e stese lungo i fianchi, la testa alzata come sapeva volere il Signor Severus.
-Bravo soldatino, allora andiamo…-




-Wow-
Harry si guardava attorno, con gli occhi e la bocca spalancati.
Pensava che sarebbero andati nel solito giardino ed invece era in un parco!
In un parco vero, quello dove ci sono i signori anziani sulle panchine che guardano i bambini arrampicarsi sullo scivolo.
E anche due altalene, che però qui si spingono da sole mentre delle Signore parlano e ridono sguaiatamente, interrompendosi soltanto in modo sporadico, per chiamare a gran voce il nome del figlio, probabilmente per assicurarsi che non si sia allontanato troppo.

Oh, e ci sono anche i ragazzi stesi sull’erba, circondati da libri e da cose da mangiare.
Ed alcune ragazze sono in costume, la Signora Petunia non approverebbe di sicuro!
Ma loro sembrano contente E ora rincorrono i ragazzi per tirargli l’acqua.
E anche i ragazzi sembrano contenti e uno di loro sta…
Oh che vergogna, si stanno baciano!
Harry arrossisce E distoglie subito lo sguardo da quella scena.

Camminano un pochino E i suoi occhi verdi continuano a guardare con avidità tutto ciò che li circonda.

Tutte le cose, tutti gli alberi così alti E le persone che ridono.
E c’è un Bambino che ha le mani sugli occhi e conta a voce alta, per poi iniziare a cercare qualcosa o qualcuno e mettersi a correre più veloce che può quando ha individuato ciò che cercava.
Ora capisce.
Quello che conta dev’essere il bambino poliziotto.
Probabilmente stanno giocando alla caccia al mostro.

Ed anche se sembra un po’diverso da quello che Dudley e i suoi amici facevano con lui, non gli piace.
Non vuole sapere che succede ai mostri che vengono catturati.
O al poliziotto se non li prende tutti.
Non gli piace, proprio per niente.


Inconsciamente la sua manina si allunga verso l’alto, cercando quella del suo tutore.
Non sa perché ha paura adesso, ma Severus sembra capirlo perché accoglie quelle piccole dita fra le sue.

-Andiamo un po’ più in là, d’accordo?-
Il bambino Annuisce ma non risponde.
Ogni tanto sbircia indietro.
Il bambino poliziotto che contava grida qualcosa, ma lui non  la capisce.

Ti abbiamo trovato!

La manina si stringe di più.
Un altro sguardo indietro.
Sono cinque o sei, tutti vicini all’albero.
E al bambino poliziotto.

Abbiamo preso il mostro!

Un altro sguardo.
La stretta diventa umida d’agitazione.

-Harry?-
Il bambino si è voltato, si è bloccato.
Severus lo guarda perplesso.
Cosa sta succedendo?

Ma poi, ancora qualcosa di inaspettato.
-Ora tocca a te!-
Grida il bimbo poliziotto ridendo mentre corre a nascondersi insieme agli altri.

Non è successo niente.
Niente spinte, niente botte.
Nessuno che offende nessuno.
Nessuno che lega nessuno.

Severus lo vede riprendere a respirare e si accorge in quel momento che anche lui stava trattenendo il fiato.
Possibile che solo vedere quei ragazzini fare un gioco tanto stupido ed innocuo abbia risvegliato in lui qualcosa di brutto?
Vorrebbe chiederglielo.
Ma non lo fa.
Quello è il giorno del suo compleanno.
E non sono previste lacrime.



-Guarda Signor Severus, guarda come è bello!-
Harry lascia che il suo entusiasmo gli permetta di afferrare la manica del suo tutore.
E Severus è troppo stupito da quella frase fluida, per dirgli che non è carino trascinare gli adulti.

Il bambino quasi saltella di gioia a quella visione.
C’è uno scoiattolo che si sta arrampicando sull’albero!
Ha una coda buffissima, il pelo è lucido e lungo, e lui cerca di imprimere nella sua testa tutti i colori che dipingono la sua pelliccia.
C’è il marrone e il grigio e anche un po’ di nero.
Li ripete e li studia, così un giorno saprà come colorare quello che è nel suo album.
Ma sarebbe molto più semplice se quell’animaletto se ne stesse fermo un attimo!

-È scappato!-
Dice un po’ sconsolato, guardando il suo tutore.
-Guarda, lì ce n’è un altro Harry…-
Il piccolo segue con lo sguardo l’indice del suo tutore e sorride mordendosi un labbro.
Gli piacerebbe avvicinarsi ancora un pochino.
E piano piano, per non farlo fuggire.

-Prova con questa…-
Il bambino si volta ed i suoi occhi brillano guardando la piccola ghianda sul palmo di quella mano.
Apre e chiude forte i pugni, non è sicuro che il suo tutore l’abbia davvero raccolta per lui.

-Dai, avanti…-
Lo sprona Severus, avvicinandogliela.
Ed Harry allora freme e la afferra e la guarda come fosse un tesoro.
E si volta di nuovo però…
Però non sa come fare.
Forse deve lanciargliela, forse deve scavare un buchina e mettercela dentro.

Severus non si sofferma a pensare a quanto sia contro ogni suo principio, fare ciò che sta per fare.
Ormai, ha smesso di ponderare le sue azioni già da un po’…
Forse sta perdendo la ragione.
Sicuramente è così.
Perché altrimenti le sue ginocchia non si starebbero piegando, per permettergli di accucciarsi.
E le sue braccia non si allungherebbero, distendendosi accanto a quelle del bambino.
E la sua mano non starebbe certamente circondando Il suo piccolo busto, invitandolo a ripetere la sua posizione.

Se non avesse perso la ragione, il suo cuore non batterebbe così forte soltanto perché la schiena del bambino adesso si posa al suo petto con totale fiducia.
Se non avesse perso la ragione, non prenderebbe la mano di Harry nella sua, facendola schiudere e permettendo alle sue nocche di posare sul terreno.

Se non avesse perso la ragione, non starebbe sorridendo perché quell’animale spelacchiato si sta avvicinando.
E certamente non gioirebbe quando quelle zampette ruvide afferrando la loro ghianda.
Né quando Harry si volta e lui per la prima volta sente la melodia della sua risata.

Ma lui ha perso la ragione, sicuramente.
E quindi non si preoccupa più di tanto, quando pensa che farà qualsiasi cosa, per sentirlo ridere ancora.


-Vieni, entriamo un attimo qui e poi torniamo a casa, d’accordo?-
-Si Signore!-

Harry sgambetta allegro stando bene attento a rimanere vicino al suo tutore.
Sa che lui vuole così, e pensare a questo lo rende tanto felice…

Hanno appena varcato la soglia di quella che sembra la riproduzione di una gigantesca nave magica, quando una folata di vento spinge Harry ad alzare la testa.
E… -Wow!-

Ci sono ragazze e ragazzi vestiti da marinai che sfrecciano fra i tavoli volando su una scopa!
Seduti come fossero su un’altalena, prendono ordinazioni e portano piatti salutando tutti con un larghissimo sorriso.
Le pareti in legno sono interrotte qua e là da grandissimi oblò incantati che mostrano il mare in tutta la sua bellezza.

-Buonasera marinai e benvenuti a bordo!-
Esordisce una ragazza dai capelli turchini che Severus squadra con occhio critico.
Harry invece ne è affascinato, sembra gentile con lui anche se è grande e non lo ha preso in giro quando ha balbettato per rispondere al saluto.

-Devo disdire un tavolo…- ghigna frettoloso il pozionista inarcando un sopracciglio quando la cameriera sfocia in una fragorosa  risata.
-Allora deve essere il Signor Piton…-
Commenta ancora ridendo, mentre gli fa cenno di seguirla.

Il fracasso regna sovrano nel locale e Piton deve far appello a tutto il suo autocontrollo per non lanciare un silencio su tutti.
Fortunatamente, i bambini sono rinchiusi tutti in una specie di gabbia dai colori psichedelici e sembra non abbiano la minima intenzione di evadere da lì.
Continuano a lanciarsi in una vasca di palline colorate e Piton non può far a meno di guardarli con indignazione.
Ma almeno così non scorrazzano ovunque.
Non che gli interessi poi molto, lui sta per andarsene…

-Ecco qua!- cinguetta la cameriera indicandogli un tavolo.
-Forse non mi sono spiegato bene Signo…-
-Oh, non si preoccupi!
La sua domestica è stata più che esaustiva! E per assicurarsi che il tavolo fosse abbastanza appartato, ha prenotato anche tutti quelli adiacenti!-
Severus si accorge infatti in quel momento, che il rumore sembra essere scemato e che i commensali sono tutti concentrati nell’altra metà della sala.

-Accomodatevi pure, io sarò di ritorno tra poco miei impavidi marinai!-
Dice salutandoli con tono giocoso.

-Oh dannazione, questa me la paghi elfa!-
Sbotta il pozionista irritato.
Ma quando muove un passo per prendere posto, si accorge che il bambino è come pietrificato ed i suoi  occhi pieni di lacrime.

-N-non fa m-male a Senny S-Signore… P-per favore…-

Severus sospira pesantemente.
Come può esser stato tanto avventato?
Come ha potuto non immaginare che lo avrebbe spaventato?

-No Harry… Non le farò del male…
Era solo un…-
Modo di dire? 
Frena quelle parole perché Harry non capirebbe.

-Ho parlato senza pensare Harry…
Mi dispiace...-
Accarezza quella testolina che ora annuisce e porge la sua mano.
Ed Harry la afferra ma non lo segue.

-I-il Signore n-non v-vuole stare qui…-
Si giustifica, rimanendo ancora fermo.
E Severus sorride appena, quando sia abbassa alla sua altezza, per poterlo guardare.
-E il bambino, Harry?
Vorrebbe stare qui a mangiare?-
Il piccolo lo scruta, le sue labbra sono ora una linea sottile.
Vorrebbe dire di no, ma non si dicono le bugie.
Allora proprio non sa che dire.

-Sai Harry, io inizio ad avere un po’ di fame…-
Dice il suo tutore.
-E pare proprio che qui facciano dei panini buonissimi…- sussurra direttamente nel suo orecchio.
-Allora, ci sediamo?-
-Si Signore!- esulta allegro.

Sì, è decisamente il compleanno più bello della sua vita.




È piccino.
Questo pensa Severus mentre lo guarda torturarsi le manine perché non ha idea di cosa possa scegliere .
Mentre lo vede attendere il suo silenzioso consenso, prima di poter afferrare il panino con le mani.
Mentre lo ascolta ringraziare la cameriera che porta via i piatti.
Mentre lo guarda arrossire quando la ragazza gli dice che ha degli occhi molti belli.

Ma niente è paragonabile alla luce che sembra emanare quando si ritrova a fissare la candelina accesa su quel colorato cupcake.
Alla magia che vibra involontaria quando gli dice che sì, è proprio per lui.
Per il suo compleanno.
Per il suo giorno speciale.
E le sue iridi verdi splendono, riflettendo quella fiamma.
Che vorrebbe spegnere, ma non ci riesce.
Perché non ci può credere.
È troppo, è troppo.
E una piccola, singola lacrima scivola dai suoi occhi verdi.
E il labbro inferiore trema.
Allora allunga un pochino le braccia verso il suo tutore, perché quell’emozione che sente, è così grande e così nuova che gli fa un po’ paura.


-Vuoi venire qui?-

Il bambino annuisce e Severus, ancora una volta si ritrova a fare un qualcosa che mai si sarebbe aspettato da se stesso.
Lo issa e lo lascia fare quando gli si aggrappa addosso, circondandolo con le braccia.
Lascia che affondi il suo visino nell’incavo del suo collo e che lo bagni con quelle lacrime nuove.
E si ritrova ad accarezzare la sua schiena mentre pensa a quanto tutto questo, sia ingiusto.
Si, è ingiusto, perché un Bambino non dovrebbe commuoversi davanti alla torta per il suo compleanno.
Dovrebbe aspettarselo, viverlo come una certezza, una cosa normale.
Non dovrebbe piangere.
Nemmeno di felicità, no.

Il Professore ispira profondamente prima di spostarlo un po’.
-Devi esprimere un desiderio Harry…-
Gli dice asciugando con il pollice quelle stille salate.

-E… e p-poi s-soffio?-
Chiede tirando in su col naso.
-Si, poi soffi…- Conferma, aiutandolo a sistemarsi meglio sulle sue gambe.

-Signore?-
-Si?-
-Ma… M-ma io n-non so… Cosa chiedere…
N-non penso che… Ho a-altri desideri…-

Ammette con un filo di voce.
E Severus ancora una volta rimane interdetto da quel bambino.

-Puoi chiedere… Tutto quello che vuoi Harry…-
Riesce solamente a dire, ancora scosso dalle parole appena udite.

Non sa cosa chiedere.
Non ha nulla da chiedere.

Harry è un Bambino speciale.

Che sta imparando a sorridere.
Perché ha capito che nel mondo ci sono mani cattive e mani che invece fanno le magie.
Perché nonostante sia stato mortificato e disumanizzato, lui non è arrabbiato col mondo.

Harry è un piccolo miracolo.

‘Ti hanno sepolto…
Ma non sapevano che tu eri un seme…’
Ha scritto qualcuno.

E deve averlo scritto pensando a quel bambino.
Che ora scarta il suo regalo con lentezza e cura, ripiegando la carta colorata.
Che osserva quella valigetta in legno e tutti i colori che contiene e dice
-Adesso… N-non ce l’ho d-davvero più… Altri desideri Signor Severus!-

Quel bambino che si è addormentato fra le sue braccia mentre tornavano a casa.

E che vede finalmente sorridere nel sonno, quando lo posa delicatamente sul letto.

-Adesso non ne ho più nemmeno io, Harry…-




---SPAZIO AUTRICE ---

Ancora un grazie di cuore…
Amo i vostri commenti e l’interesse che mostrate mi riempie il cuore di gioia.
Siete essenziali.
Lo sapete, ogni vostro consiglio è ben accetto.
Se volete farmi sapere cosa pensate del capitolo, non esitate : )

Un abbraccio,
Dragonfly92




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Capitolo 18
*** Solo per questa volta ***


Solo per questa volta 



Sai bambino, prima che il vecchio pazzo aprisse quella porta , ero fermamente convinto di averne avuto abbastanza, di questa vita.
Dopo il marchio, dopo la morte di Lily, dopo il mio pentimento e dopo gli anni passati a fare il doppio gioco…
Dopo la sconfitta del signore oscuro, dopo i processi, dopo che il mio nome era stato riabilitato…
Volevo solo godermi la mia pace.
Preparare pozioni, insegnarle a quelle teste di legno, assaporare il mio firewhiskey lasciando che bruciasse i sensi di colpa che talvolta prendevano il sopravvento.
Ma no.
Quel vecchio ha aperto la porta.
E me li ha sbattuti in faccia.

Mi sono però accorto, col passare dei mesi, che il tempo trascorso con te era molto più efficace del mio whisky incendiario.
Varcando quella soglia, Harry, hai portato nella mia vita uno scopo che non pensavo di volere.
Anzi, che sicuramente non volevo.
Hai dato il via alla missione più complessa alla quale io abbia mai preso parte.
E sono stato un mangiamorte/spia, non so se mi spiego…

Tu dici sempre che ti ho insegnato tante cose.
Ma non hai idea, bambino, di cosa tu sia stato in grado di insegnare a me, con i tuoi occhi verdi e la tua anima fragile.

Mi sono reso conto di aver rallentato la mia vita, per poterti aspettare.
Mi sono reso conto che ogni tua caduta, faceva male anche a me.
Mi sono reso conto che le nostre necessità erano divenute, d’un tratto, così simili.


Tu avevi bisogno di fidarti di me.
Ed io avevo bisogno che ti fidassi di me.

Oh, ma non è stato facile. 
Perché sì, c’era Poppy che monitorava la tua crescita, il tuo fisico e dispensava consigli su come affrontare la vita.
E c’era Senny che mi catapultava in situazioni che ancora mi fanno pentire di averla accolta in casa.
Ma che alla fine si rivelavano… Opportune.
E c’era Silente con le sue frasi fatte.
Con il suo insistere sul denunciare il tuo passato e poter così pensare al tuo futuro.

Ma quando incontrarvi le tue paure, bambino, c’eravamo solo io e te.

Ed era difficile ed irritante.
E destabilizzante.
Perché si nascondevano dietro oggetti futili, dietro azioni sciocche o banali…
Normali.
E non potevo prevenirle.
Potevamo soltanto affrontarle insieme…



La prima volta che ho esternato all’elfa la mia intenzione di andare a rilassarmi con un paio di nuotate, ti ho visto arrivare dopo pochi minuti con addosso un opinabile costume dalle sgargianti paperelle gialle.
E quella piccola peste dalle orecchie pelose non ha nemmeno tentato di giustificarsi per aver disobbedito al mio insindacabile -Occupati del bambino mentre sono fuori… -
No, nemmeno un lieve cenno di pentimento.
La mia mezz’ora di agognata solitudine era andata a farsi benedire…

Dopo poco però, mi son dovuto ricredere.
Il silenzio continuava a regnare sovrano e sembrava che tu non avessi la minima intenzione di unirti a me.
Non senza un palese invito almeno.
Ma quando ho allungato la mano verso di te, l’irritazione derivata dall’aver interrotto sul nascere il mio relax è svanita, lasciando posto allo sgomento.
Hai scosso la testa e ti sei allontanato.
E lo sgomento è stato sostituito dalla delusione.


La seconda volta, non ho nemmeno provato a recarmi in piscina da solo.
Quando siamo arrivati, ti sei seduto per terra, piuttosto distante dalla vasca che continuavi però ad osservare curioso.
Uno sguardo all’acqua, uno a me.

-Vorresti fare il bagno?-
-Si Signore…-
-Vieni allora…-
-No Signore, Grazie Signore…-


 La terza volta, ho ponderato i miei movimenti.
Mi ero accorto che i tuoi sensi erano particolarmente in allerta e che reagivano ad ogni gesto un po’ più brusco.
Sono rimasto qualche secondo seduto con le gambe ammollo, posate su uno degli scalini che portano nella vasca.
E poi mi sono allontanato.

Quel giorno, sei riuscito ad avvicinarti.
E a toccare l’acqua con un dito.
Forse, potevamo farcela.


La quarta volta continuavi ad osservarti i piedini immersi nell’acqua che ti arrivava alle caviglie.
I polpastrelli delle tue mani rimanevano però ancorati al bordo.
-Vuoi entrare?-
-Si Signore…-
-Vieni allora…-
-Non… Non so come fare…-
Hai detto.
Ed ho iniziato a comprendere…


La quinta volta hai portato la tua pallina blu.
E sei rimasto in piedi su quello scalino per tutto il tempo.
Ma non ti sei allontanato quando mi sono avvicinato a te.
-Paura…-
 Hai detto soltanto.

Sì, potevamo farcela…



La sesta volta hai lasciato la pallina ed allungato le mani verso di me.
Avevi la pelle d’oca, e le tue gambe si muovevano nervose.
Hai ancorato le tue mani alle mie braccia come a voler constatare la loro capacità di sorreggerti a dovere.

-Quando sei pronto ti prendo, d’accordo?-
-Paura!-
Hai quasi gridato dandoti un piccolo slancio.
Per poi avvinghiarti con le braccia al mio collo e con le gambe al mio busto.
E ti sentivo tremare così forte…

-N-non mi Affoghi!-
Dicevi fra un singhiozzo e l’altro.
-N-non ti a-arrabbi… P-per favore…-
Supplicavi avvinghiandoti con più forza.

E quando mi hai guardato Harry, i tuoi pensieri si sono involontariamente catapultati  nella mia mente.

E ti ho visto più piccolo e con i pantaloni bagnati.
Ti ho visto renderti quasi invisibile mentre raggiungevi il bagno.
Ho visto il terrore quando ti sei accorto che c’era un altro bambino, lì.
Ed è stato forse quello che ti ha spinto ad afferrarlo per impedirgli di svelare quel vergognoso segreto.
Ma lui era più forte e ti ha spinto verso la vasca mentre urlava.
E hai infilato le mani nell’acqua, cercando di versartela addosso E coprire quell’umiliazione.
Che forse lo avrebbe fatto arrabbiare di più.
Ma quando quella bestia vi ha raggiunti, non sono servite a niente le suppliche.
Perché non avresti dovuto permetterti di toccare l’acqua di suo figlio.
Non avresti dovuto.
-Piccolo-
Due mani che sollevano
-Stupido-
Due mani che ti bloccano
-Sudicio-
L’acqua che non fa respirare
-Mostro-
Non c’è ossigeno.
Solo panico.
Solo panico.



La sesta volta, il tuo pianto è divenuto silenzioso.
Piangevi perché volevi uscire.
Piangevi perché non volevi uscire.
Piangevi perché non volevi farmi arrabbiare.
Piangevi perché piangevi.

Ma con le tue lacrime continuavi a combattere.
Quanto eri forte, piccolo grande soldatino?


La settima volta, hai tenuto gli occhi aperti.

L’ottava, hai permesso ai tuoi talloni di sfiorare l’acqua.

La nona, sei riuscito a staccare un braccio dal mio povero collo martoriato dalla tua presa, per indicarmi una farfalla.

La decima volta, i tuoi occhietti si sono soffermati su una fila interminabile di formiche che passeggiavano spensierate sul bordo della vasca.
Ed eri talmente assorto nella loro contemplazione che il tuo corpo non ha protestato quando mi sono mosso per farci avvicinare.

-Vuoi vedere una magia Harry?-
 
Ti giuro, per un attimo sono rimasto spiazzato dalla mia stessa domanda.
Dal quel pensiero che era nato in modo così  spontaneo da farmi quasi spavento.
Da quella soddisfazione, conseguente al tuo annuire.

E quando quegli insetti hanno cambiato la loro forma, trasfigurandosi davanti ai nostri occhi, il tuo 
-Oh Santo Cielo!- squittito con cosi tanto entusiasmo, ha messo a tacere ogni mio singola remora mentale.

Ed hai staccato entrambe le mani dal mio collo.
Ed hai applaudito felice in direzione di quelle che adesso erano piccole tartarughe acquatiche e che si tuffavano per potersi immergere.
Ti voltavi a destra e sinistra per ammirarle.
Il tuo corpo si spingeva appena in una tacita richiesta di poterle seguire.
E mentre ti tenevo stretto, assecondavo quel tuo desiderio che ti faceva brillare gli occhi e trasformava la tua voce flebile in una inconfondibile risata sincera.

-Q-quella è la p-più veloce!-
Commentavi mentre continuavamo a seguirle.
-S-sono p-più belle d-di come pensavo Signore!-

Ed il tuo entusiasmo Harry, era un qualcosa di così straordinario.
Il tuo sorriso bambino, era un qualcosa di contagioso.
Perché sapevo quanta fatica c’era, dietro quel momento di serenità.

Ma ce l’avevamo fatta.
E questo era tutto ciò che contava.

Quando siamo usciti dall’acqua, il sole stava tramontando.
Ti ho avvolto in un telo dall’improponibile fantasia floreale e ti ho chiesto di aspettare un attimo mentre lanciavo qualche incantesimo per pulire l’acqua e coprirla a dovere.
Quando mi sono voltato però, tu già dormivi, avvolto come in bozzolo e probabilmente rilassato dal tepore dell’incantesimo col quale avevo riscaldato il telo.
Ed ho pensato di svegliarti, dovevamo ancora cenare e fare qualche esercizio…
Ma quando ti ho scosso un pochino, tu ti sei districato da quell’asciugamano ed hai allungato le manine.
E dannazione, mi hai fregato.
-Solo per questa volta…- Ho detto più a me che a te.


Il tuo respiro regolare, il tuo corpo completamente abbandonato sul mio.
Aiutandomi con la magia ti ho infilato il pigiama e tu hai mugolato un qualcosa di incomprensibile, disturbato dal distacco.
Ed hai aperto i tuoi occhi stanchi ed il tuo sguardo era perplesso mentre mi avviavo verso la porta.
Non ero sicuro tu fossi proprio sveglio, sbattevi le palpebre per mettermi a fuoco.
-Signore… S-Storia?-
Hai detto celando con la mano un poco garbato sbadiglio.
Ed ho alzato gli occhi al cielo, se eri stanco perché non dormivi e basta?
Ma tu eri un Bambino abitudinario.
E Poppy aveva detto che la routine era fondamentale per te.
E la parte serale soprattutto.
Per questo e solo per questo  mi sono seduto sul tuo lettino.
Ed il fatto che tu non ti sia catapultato dall’altra parte era un chiaro segnale del tuo stato di semi coscienza.
Meglio così, ho pensato, cinque minuti e ti saresti addormentato.
Ma non avevo fatto i conti con la tua determinazione.
E nonostante la tua testa avesse rischiato più volte di finire sul libro, non avevi intenzione di perdere quella battaglia contro il sonno.
Ed era un’impresa riuscire a leggere qualcosa con la tua massa di capelli che ciondolava avanti e indietro!
Non potevi resistere ancora molto…

Ma ovviamente è arrivata Senny con la sua maledettissima tisana rilassante.
E ho cercato di frenarla prima che la sua squillante voce ti risvegliasse dal sonno nel quale eri sprofondato da ben trentanove secondi, ma ovviamente non mi ha ascoltato.
E tu, ovviamente, dovevi bere la tua tisana.
Perché faceva parte della routine.
Dannazione!

Così ti sei messo seduto con la schiena appoggiata ai cuscini , ma il mio braccio disturbava la tua visuale.
Perché ovviamente dovevamo finire si leggere la nostra storia.
E allora ti sei raddrizzato, ma in quella posizione non ti saresti potuto rilassare.
E ti saresti svegliato definitivamente.
E Salazar solo sapeva quanto quella fosse l’ultima cosa che volevo.

Per questo e solo per questo, sia ben chiaro, ti ho tolto la tazza dalle mani e ti ho fatto sedere su di me.
Le tue gambe erano sdraiate sulle mie, la tua schiena che posava sul mio petto.
E la mia povera schiena che cercava conforto adagiandosi un po’ meglio sui cuscini.
E se fossi riuscito ad appellare la mia bacchetta senza disturbarti troppo, avrei sicuramente affatturato quell’Elfa sghignazzante quando le tua braccia Si sono sollevate e piegate un po’ all’indietro per permettere alle tue dita di attorcigliarsi ai miei capelli.

No, questo ero fuori discussione, mi dissi mentre sorreggendo il libro tentavo di far ancorare le tue dita alla tazza.

Ma tu hai scosso la testa.
E al diavolo la routine.

-Mi sa che non c’è più bisogno della tisana, Signor Severus Signore!-

Evidentemente no.
Evidentemente, avevi trovato un degno sostituto a quel liquido rilassante.
Ma i miei capelli non sarebbero diventati i sostituti della tua pallina.
Né il mio corpo il sostituto del tuo materasso.
No, mai.
No.
Assolutamente no.

-Solo per questa volta…- 

Porco Godric.


Quando la mattina dopo mi sono svegliato, uno strano peso mi schiacciava il braccio, ormai privo di sensibilità.
Ed un qualcosa di caldo stava toccando la mia guancia.

-B-buongiorno Signor Severus…-
Hai bisbigliato cauto dopo aver sfiorato la mia gota con un lieve bacio appena accennato.

E mi hai spiazzato.
Ero ancora il professor Piton, il temibile Piton per Salazar!
Non un rammollito che si lascia andare a tali impensabili cenni d’affetto!
E te l’avrei detto!
Si che lo avrei fatto!

Ma tu mi hai guardato in quel modo…
Eri dispiaciuto e mortificato.
E avrei voluto spiegarti che non avevi fatto niente di male, solo che io non ero proprio il tipo, ecco.

-M-mi dispiace Signore io…-

Ma come facevo a fartelo capire?
‘Non è sbagliato ma non lo puoi fare…
Va bene, ma non con me.
I bacini dalli a Senny…’
No, così non avresti compreso...

E poi i tuoi occhi si sono riempiti di colpa.
E paura.
E ti stavi allontanando da me.
Così ti ho afferrato.

-Buongiorno bambino…-
Ti ho detto.
E l’elfa deve proprio avermi lanciato un imperius. 
Perché le mie labbra hanno sfiorato la tua fronte.

-S-solo per q-questa volta Signore…-
Hai detto nascondendo un risolino divertito nella tua mano.
Ti stavi forse facendo gioco di me marmocchio?

-Solo per questa volta Bambino…-
Ho confermato quel giorno.

E quello dopo.
E quello dopo ancora.





La settimana successiva un gufo lasciò planare un  giornale sulla scrivania del professore.
L’articolo in prima pagina narrava della sventurosa vicenda di una famiglia babbana, costretta ad abbandonare la propria dimora a causa di un’inspiegabile allagamento al quale erano sopravvissuti per pura fortuna.

-Oh, la fortuna non c’entra miei cari babbani…-
Commentò Severus incendiando il giornale.
-Siamo solo all’inizio…-








--- SPAZIO AUTRICE ---

Sappiate che il vostro supporto è fondamentale.
Grazie a chi mi ha suggerito ottimi consigli e a chi continuerà a farmi sapere cosa pensa della storia.

I nostri protagonisti hanno fatto il pieno di dolcezza, con questo capitolo.
E il povero Severus ha rischiato l’esaurimento :)

Vi mando un abbraccio fortissimo e ancora GRAZIE!

Dragonfly92








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Capitolo 19
*** Incredibili Capacità ***


Incredibili Capacità 



Il primo Settembre arrivò in fretta.
E con altrettanta urgenza Severus comunicò al Preside la decisione di tenere le sue lezioni esclusivamente nell’arco della mattinata.
Alla tacita accondiscendenza del vecchio, la sua magnanimità lo spinse a spiegare che data la sua scelta di non inserire ancora il bambino in una scuola, nel pomeriggio sarebbe stato impegnato nel suo autoproclamato ruolo di insegnante privato.
Non che avesse bisogno del consenso del vecchio ovviamente.
Ma era conscio della trafila di scartoffie necessarie al fine di rendere ufficiale l’istruzione privata che avrebbe impartito al bambino.
Ed occuparsi di quella parte era il minimo che Albus potesse fare per lui.

Come previsto, il vecchio fu tempestivo nell’adempiere il suo compito.
E non mancò nemmeno di rinnovare la sua proposta di far trasferire entrambi ad Hogwarts.
Proposta che Severus gentilmente declinò con una mera alzata di sopracciglio.
Non avrebbe destabilizzato il marmocchio per la sua comodità.
Assolutamente no.

Settembre si rivelò un mese piuttosto complesso, per entrambi.
L’elfa aveva riferito che il bambino trascorreva la maggior parte del suo tempo a fissare l’orologio, in attesa del rientro del suo tutore.
E Severus si ritrovò, per la prima volta in vita sua, a dover fare i conti con un nuovo stato emotivo.
Era, insindacabilmente, in apprensione.
E c’era voluto un po’ affinché riuscisse ad ammetterlo a se stesso.

Ma quando era rientrato in casa ed aveva trovato il bambino con lo sguardo pieno d’angoscia, fisso su quelle lancette, si era deciso a prendere in mano la situazione.

Insieme ad Harry, aveva creato un piccolo programma che il bambino avrebbe dovuto rispettare in sua assenza.
E gli occhi del marmocchio si erano illuminati alla voce “Attività libera”.
Soprattutto quando leggendo i vari esempi si era scontrato con quella meravigliosa parola: Disegnare.
-Da-davvero posso d-disegnare Signore?-
-Mi pare sia quello che abbiamo appena letto Harry…-
-E c-colorare?-
-Vuoi provare a risponderti da solo bambino?-
-Q-qui c’è s-scritto Signore…-
-Quindi?-
-F-forse si…-
-Eliminiamo il forse…-
-Oh, G-grazie Signor Severus!-

Il marmocchio gli aveva allora stretto le braccia al collo e Piton si era sforzato di dargli qualche piccola pacca incoraggiante sulla schiena.
Un po’ di contegno, insomma!

Piton si era comunque concesso un breve applauso mentale quando aveva scorto i primi risultati di quel breve programma.
Il bambino sembrava più sereno e l’elfa aveva smesso di rimbeccarlo ogni volta che si vedeva costretto a rientrare con cinque minuti di ritardo.
Non che il suo stato apprensivo accennasse a diminuire, ma col tempo si sarebbe abituato.
Aveva vissuto da solo per anni, perché allora sentiva quel fastidio ogni volta che doveva allontanarsi?
Stava diventando patetico, ecco perché.

E la conferma di ciò, arrivò in una grigia giornata di metà ottobre…

Era appena arrivato in classe.
Lo sventolare del suo mantello aveva messo a tacere tutte le fastidiose vocine infantili di quelli che un giorno sarebbe dovuti diventare maghi capaci.
Nonostante il tempestivo silenzio però, in quei tre minuti scarsi, riuscì a folgorare ognuno di loro col solo sguardo, ad annunciare un compito a sorpresa e a togliere qualche centinaia di punti dalla casata Grifondoro.
Così, giusto per dimostrare a se stesso di Non essersi rammollito del tutto.
E quella leggera sensazione di compiacimento seguita alla sua azione, lo rincuorò almeno un po’.
Togliere punti era un toccasana per il suo umore.
Decisamente.

Quando però tutte quelle teste di legno si abbassarono all’unisono intente a svolgere un sicuramente pietoso compito, la sua mente tornò a soffermarsi sul bambino.
Quel marmocchio che lo aspettava a casa e che nonostante non rimanesse più a contare ogni minuto che lo separava da lui, lo accoglieva sempre con un timido sorriso.
E con un -B-bentornato Signor Severus!-
Quel bambino che nonostante il suo essere burbero, continuava a mostrarsi gentile e riconoscente nei suoi confronti.
Quel bambino che al suo rientro, chiedeva sempre se poteva sistemare il suo mantello, se volesse qualcosa da mangiare o se avesse bisogno di riposarsi.

Severus rischiò di sorridere al ricordo di quelle accortezze.

Irritato, decise così di concentrarsi sui compiti che aveva da correggere.
Con un gesto brusco, aprì il suo registro ed aveva già impugnato la piuma carica di inchiostro rosso quando si accorse di quel che aveva di fronte.

Posò la piuma quasi a rallentatore mentre sollevava il foglio, portandolo vicino al volto.

C’era una tigre colorata, su quella pagina un po’ stropicciata.
Severus passò l’indice su quei colori.
Si notava l’enorme sforzo di non uscire dai contorni di quell’animale stilizzato.
E anche la determinazione nel riprendere a colorare nonostante vari freghi involontari deturpassero il disegno.
Guardandolo , Piton poteva ben immaginare tutte le espressioni del bambino.
I suoi occhi assottigliarsi durante la scelta dei colori, il suo mordersi la lingua e corrugare la fronte quando la matita passava vicino al confine.
Poteva anche percepire la sua frustrazione ad ogni scatto della sua ‘mano cattiva’, come la chiamava lui.
E Severus quasi si commosse nel vedere come il bambino avesse tentato di rimediare a quegli errori.
Su ogni tratto non previsto infatti, Harry aveva disegnato dei fiori.
Dei gigli.

Ed il cuore del pozionista, perse qualche battito.





-Dov’è?-
L’elfa lo squadrò scocciata, mentre soppesava l’idea di non rispondere alla sua domanda.
-Anche per Senny è un piacere rivederla, Signor Severus Signore!-
Disse con sdegno, per poi ammorbidire lo sguardo quando il professore posò sul tavolo tutti i prodotti che gli aveva chiesto di comprare.
-In camera… Senny crede che il Signorino stia nascondendo il  suo tesoro…-
Soffiò con falsa indifferenza.
-E non hai intenzione di dirmi nient'altro, vero elfa?-
-Al Signor Severus non piace che si sottolinei l’ovvio.
Quindi Senny non pensa di dover rispondere a questa domanda, giusto Signor Severus Signore?-

Il pozionista non le dette la soddisfazione di maledirla.
Anche se fu quasi certo di averla sentita sghignazzare mentre si avviava verso la cameretta.

La sua mano rimase immobile per qualche secondo, stretta al pomello della porta.
Se fosse entrato subito, probabilmente avrebbe scoperto l’entità di quel tesoro di cui l’elfa aveva blaterato.
Ed era quasi certo di sapere che si riferisse a quell’usurato sacchettino di plastica che Harry nascondeva sempre sotto il letto.
Quel che non sapeva, era cosa ci fosse, lì dentro, di tanto importante.
Sicuramente era lì che custodiva il suo album.
Quello da cui era pervenuta anche la tigre che si era ritrovato tra i fogli qualche settimana prima.
Ma c’era qualcos’altro?
Che cosa?
E la curiosità aveva quasi spinto la sua mano ad agire d’istinto.
In fondo era il Tutore di quel bambino, aveva tutto il diritto di sapere con quali strani marchingegni potesse avere a che a fare.

Oh, al diavolo, pensò poco prima di staccare la mano e bussare.



Harry era seduto sul grande tappeto della sua cameretta.
Aveva tirato fuori i suoi tesori per potersi assicurare che fossero ancora tutti lì.
Li aveva presi ad uno ad uno, li aveva rigirati fra le sue piccole mani e dopo aver soffiato via due piccoli ciuffi di polvere che vi si erano depositati sopra, li aveva adagiati sul tappeto, per poterli guardare un pochino.

Erano tutto quello che aveva.
Tutto ciò che negli anni, era diventato suo.
Ed era un segreto.
Il Signor Vernon si sarebbe sicuramente arrabbiato molto se lo avesse scoperto.
E allora lui li aveva custoditi gelosamente.
Li aveva protetti per tanto tempo, anche quel giorno.
Se lo ricordava bene.
Perché per quel motivo, era poi stato portato via da Privet Drive.

Lui era convinto di aver controllato bene.
E davvero, sembrava che non ci fosse nessuno in casa!
Ma si era sbagliato.
E quando aveva tirato fuori dal sacchettino il suo libro, la voce sprezzante di suo cugino lo aveva colto totalmente di sorpresa.
-Lo sapevo che eri un ladro!-
Gli aveva detto.
-Ragazzi venite qua!-
Aveva poi gridato.
E dopo era stato tutto così veloce che…

Toc toc!

Gli smeraldi scattano verso la porta.
Oh, il suo tutore è tornato!

Harry si alza in piedi, il cuoricino che batte forte, pieno di entusiasmo.
-Avant…-
Ma poi la voce si blocca.
Uno sguardo ai suoi oggetti preziosi, ancora lì in bella mostra sul tappeto.
Un passo indietro, incertezza che confonde i pensieri.
Perché vorrebbe poter condividere con qualcuno.
Ma non è sicuro di essere pronto.
E se il suo tutore pensasse che li ha rubati?
O che sono brutti?
No, non sono brutti.
Questo Harry lo sa per certo e anche se qualcuno affermasse il contrario, lui non cambierebbe idea.
Come quando a volte la Signora Petunia gli diceva che i suoi genitori erano cattivi.
Ecco, lui lo sapeva che quella era una bugia.

E se il suo tutore pensa che li ha rubati, può guardargli  dentro la testa.
Anche se ha detto che non lo farà più.
E ha detto anche che lui gli crede, a quello che gli dice.
Quindi forse…

Forse si.
Può fidarsi.
Può fidarsi?
Può fidarsi.

Si siede di nuovo ed i nspira forte forte.

-Avanti!-

Severus entra, consapevole che la tardiva risposta del bambino al suo bussare, sia la conferma che non condividerà con lui quel suo tesoro.
Non che gli importi molto.
È suo, può far quel che vuole.
E lui di certo non si rammaricherà per quella mancanza di fiducia.
Non ha di certo passato le ultime settimane a sperare che Harry gli mostrasse quelle diavolerie.
No di certo.
E non ha nemmeno mai tentato di sbirciare.
Quell’elfa è paranoica.
È lei la spiona di famiglia, non lui.
Lui stava soltanto controllando che sotto il letto del bambino non ci fosse troppa polvere.
Tutto qua.

Severus si sorprende nel vedere che il bambino non è in piedi, impettito nella sua solita posizione.
Gli occorre qualche secondo per inquadrarlo.
 
Quel bambino ha l’incredibile capacità di influenzare i battiti del suo cuore.

Anche ora che è lì, seduto per terra e con le gambe incrociate, con la bocca semiaperta come a voler dire un qualcosa di tanto difficile.
Ed è circondato da cose che ora Severus non riesce a guardare senza che sia lui a chiederglielo.
Perché le emozioni che adesso Harry prova, sono talmente intense che fanno vibrare la sua magia.

-Ciao Harry…-

Con un grande sforzo, il bambino risponde.
E vorrebbe chiedere al suo tutore se vuole sedersi vicino a lui.
Ma i grandi non si siedono per terra.
Allora forse potrebbe sedersi sul suo letto così lui potrebbe mostrargli tutte quelle cose.
Che forse però il suo tutore non ha voglia di guardare.
Perché dovrebbe?
Forse ha sbagliato tutto.
Doveva semplicemente mettere a posto.
Doveva…

-Posso sedermi lì?-

Harry segue con lo sguardo l’indice di quell’uomo buono.
Oh.

-Qui Signore?-
-Se per te va bene…-
-Oh Si Signore!-

Il bambino si sposta un po’ sulla destra, spolverando con la mano lo spazio vicino.
È incredibile quel tutore.
Sta davvero per sedersi sul tappeto!

-O-ora è pulito penso…-

Severus annuisce mentre si ritrova a concentrarsi per non calpestare niente, ma quante cose c’erano dentro quel dannato sacchettino?
Per un attimo teme di perdere l’equilibrio e ringrazia Salazar perché Senny non sia presente.

-Mi sa che non ci stiamo…-
Borbotta mentre guarda verso il basso, constatando che no, non c’è abbastanza spazio per entrambi.
Come diavolo gli è venuto in mente?
Quel tappeto è davvero minuscolo.
Senza riflettere troppo, sfila la bacchetta dalla manica e la punta verso il basso.

-N-no Signore aspetta!-

Grida il bambino di riflesso, protendendosi in avanti per proteggere le sue cose.

-L-li toglie!-

Continua fissando il suo tutore che adesso ha un sopracciglio inarcato.

-Harry volevo soltanto allargare il tappeto…
Non rovinerei mai le tue cose bambino…-

Harry sembra riprendere a respirare, ma non accenna a scansarsi.

-P-Pensavo… 
Che n-non ti p-piacevano e al-allora…-

-Harry, anche se non mi piacessero…
Sono cose che appartengono a te.
Quindi non le butterei o eliminerei o qualsiasi altra cosa tu possa aver pensato…
Hai capito?-
-Si Signore!-
Afferma con evidente sollievo, continuando a fissare il suo tutore.
È buffo visto da così.

-Ora, di grazia, puoi spostarti appena in modo che io possa allargare il tappeto senza rischiare di farti diventare più grosso di me?-
-Più g-grosso del Signor Severus?-
-Vuoi una dimostrazione pratica marmocchio?-
-Oh no no!-
Afferma sicuro coprendo una risatina con la mano mentre si spinge all’indietro per lasciare campo libero al suo tutore.

-Ecco fatto!-
Sospira il pozionista, prendendo finalmente posto.
La sua povera schiena può ora posare sul lato del letto e le sue gambe provate da quello slalom riescono a stendersi senza toccare niente.

-Allora, cosa stavi facendo di interessante?-
Il bambino raddrizza la schiena, incrociando di nuovo le gambe.
E il pozionista si chiede distrattamente come faccia a rimanere in quella posizione senza sforzo.
Ma probabilmente è lui che è troppo vecchio per tutto questo.
Tsè.

-C’era s-scritto att… Attività l-libera Signore e… e allora i-il bamb…-
-Harry…-
-Si Signore?-
-Respira bambino…-

E Harry lo fa, cercando di incamerare tutto l’ossigeno che può.
Ed è qualcosa che dovrebbe essere estremamente semplice.
Allora perché è sempre tutto così difficile?

-Signore…-
Il pozionista lo osserva grattarsi le braccia.
E sembra che l’occhiata funzioni perché subito Harry arresta il suo movimento.
-Accio pallina di Harry Potter…-

Gliela porge E subito quella sfera viene ben accolta in quelle piccole dita nervose.

-Che succede bambino?-
-È è che…-
Harry stringe il pugno cercando di incanalare in quella sfera tutta la sua agitazione.

-I-il bambino…-
-Harry stai parlando di t…-
-N-non ci r-riesco!-
Il bambino si tappa immediatamente la bocca.
Cosa gli è saltato in mente?
Gridare in quel modo!

-M-mi dispiace Signore… Mi disp…-
-Harry…-

Il pozionista attende che il piccolo lo guardi, sperando non si accorga del tintinnio degli oggetti intorno a loro.
-Va tutto bene… 
Non agitarti così…-
Accompagna quelle parole con un lieve sorriso.

-Se non vuoi mostrar…-
-No Signore il b-bambino vuole m-ma…-
Si blocca, consapevole d’aver sbagliato di nuovo.
Scuote la testa, gli occhi pericolosamente lucidi.

-Va bene Harry, dillo come ti riesce meglio…-
Il piccolo annuisce, inghiottendo il nodo che gli stringe la gola.

-È che… Ha ha p-paura che il Signore…
Che tu… Ridi e…-
-Pensi che ti prenderò in giro?-

Il bimbo lo guarda, incapace di rispondere.
Non è che pensi questo del suo tutore.
È che forse potrebbe succedere.
E lui…
Lui allora sentirebbe male al pancino.
Come quella volta che si è bagnato i pantaloni e i suoi compagni hanno riso di lui.
E farebbe male.
Dentro.
E lui non ne può più di sentire male dentro di sé.
Ma come fa a spiegarglielo?
Come fa a dire al suo tutore di non ridere di lui?
Come fa?

Severus attende un po’, poi decide di prendere in mano la situazione.
Non vuole rovinare tutto.
Deve bloccare tutti quei pensieri.


-Quello è il tuo album Harry?-
Gli smeraldi saettano verso l’uomo.
Che però è rimasto fermo, non ha toccato il suo tesoro.

-È quello della tigre?-
-Si Signore…-
Conferma e le sue guance si tingono di rosso mentre pensa al disegno che ha dato al suo tutore.
E che lui tiene sul comodino, glielo ha detto Senny!

-È quello dove ci sono anche le tartarughe?-
-Si Signore! Vuoi vedere?-
Chiede entusiasta, sorridendo all’annuire del Professore.
E non le ha finite di colorare, gli spiega, ma lo farà domani!
Però ha colorato tutto il mare, di celeste e blu scuro per farlo somigliare a quello del libro che hanno guardato durante il picnic!
Oh, ma anche lui ha un libro tutto suo!

-Q-questo è il m-mio libro!-
Trilla, posandolo fra le mani del tutore.
-Metà del tuo libro suppongo…-
Commenta Piton rigirandoselo fra le dita.
È uno scritto di quelli tascabili.
E data l’inesistenza di più della metà delle pagine probabilmente entrerebbe anche nelle tasche mignon dell’elfa.
-S-si è un p-pochino sciupato…
P-però è bello!-
-Sicuramente…-
Si sforza di dire il professore, evitando accuratamente di indagare sul perché di quelle pagine strappate.
-È la s-storia di P-Pinocchio Signore!-
Ma allo sguardo perplesso del pozionista, si affretta a spiegare.
-È u-un bu-burattino che… Che v-vuole diventare un b-bambino…
E c-che q-quando dice l-le b-bugie gli si a-allunga il naso…-

POP!
-Senny crede che il Signor Severus Signore allora abbia detto qualche bugia!-

Il bambino ride nascondendosi dietro le sue mani all’uscita dell’elfa, mentre Severus la squadra indignato.
-E il Signor Severus, cara Senny, crede che saresti molto piacevole con un paio di orecchie da coniglio!-
Ghigna divertito mente l’elfa spalanca la bocca, tastando quelle cose estremamente pelose e lunghe che sono spuntate sulla sua testa.

-Ma Signor Severus!-
Replica stizzita sbattendo un piede per terra, mentre le risate di Harry invadono la stanza.

-S-sei comunque c-carina Senny!-
Commenta il bambino con le lacrime agli occhi ed sul volto del pozionista compare un ghigno vittorioso.

-C’era qualcosa che volevi dirmi elfa?-
-Senny pensa che glielo dirà soltanto quando non avrà più queste orecchie Signor Severus Signore!-
-Bene, allora ci vediamo più tardi…-
 Risponde ignorando la sua espressione shockata ed il POP che segue è segno che tramerà la sua vendetta.
Ma non si farà cogliere impreparato.

-Allora, vogliamo proseguire?-
-Si Signore!-
Il bambino si china piegandosi fin quasi a distendersi sopra il tappeto.
-Ecco, c’è q-questo…-
Piton osserva quell’opinabile topo dal vestito rosa.
A cosa diavolo dovrebbe servire quell’aggeggio?

-È u-un peluche Signore…-
Spiega il bambino.
-M-ma quello lo d-devo re-restituire…
È caduto a a una b-bambina e s-si è sporcato, vedi?-

E Severus vorrebbe tanto dirgli che persino un cieco avrebbe notato quell’enorme chiazza nera.
E che è per questo che sta reggendo quell’animale per la coda.
Quanti batteri ci saranno su quel coso?
Oh Salazar.

-E io ho p-provato ha r-ridarglielo.
P-però l-la sua m-mamma n-non l’ ha v-voluta e ha fatto u-una faccia s-strana tipo…
T-tipo così…-
Spiega mimando un espressione di inconfondibile disgusto.
-E p-poi mi ha dato una m-moneta…-
Dice perplesso, un ditino sotto il mento e gli occhi socchiusi in concentrazione.

-Ma f-forse v-voleva che lo p-portavo a lavare, ecco!
P-per questo mi ha l-lanciato la m-monetina!
Per portarlo a-alla la-lavanderia! -
Conclude annuendo al suo stesso discorso, mentre il viso del pozionista è divenuto il ritratto dello sgomento.

Con un po’ di fatica e grazie alla sua mezza ed odiata radice babbana, è riuscito a ricostruire il ragionamento del bambino.
Che deve aver rincorso questa Signora per restituire il pupazzo caduto alla figlia.
E la Signora a quel punto deve aver rivolto il suo sguardo ad Harry.
E Severus non ha bisogno di sforzarsi troppo per comprendere che deve averlo scambiato per uno… Straccione.
Ricorda bene le immagini che ha visto nella sua mente.
Ed i vestiti che era costretto ad indossare.
E vorrebbe poter conoscere quelle donna e sbattergli quel dannato roditore spelacchiato in testa.
Ha giudicato un bambino soltanto dai suoi abiti!

E tu, dalle azioni di suo padre…

Dice una fastidiosa vocina nella sua testa.
Touchè…

-P-però n-non ce l’ho più la moneta Signore.
L’ho d-data alla Signora Poppy.
M-ma quando s-sarò grande gliene d-do un’altra…-

-Mi sembra un’ottima idea…-
Sospira, porgendogli il pupazzo .

Il bambino lo afferra e Severus avrebbe voglia di disinfettarlo da capo a piedi quando lo vede dare un bacio veloce su quel naso a punta.
Ma si trattiene.
Anticorpi, si dice, anticorpi.

-E p-poi ci sono q-questi…-

Harry è inginocchiato di fronte a lui, su palmi aperti due cilindri di cartone.
Ad entrambi sono state incollate quelle che dovrebbero essere delle… nuvole?
No, delle ali.
Nella mano sinistra che ora trema un pochino, c’è la ricostruzione di un piccolo Angelo al quale Sono stati disegnati capelli scuri e mossi ed un completo maschile con tanto di papillon.
Nella destra invece, l’Angelo dai capelli lunghi, è stato rifinito con un vestito a fiori. 
Su entrambi, una curva rossa disegna un grande sorriso.
In basso, su ognuno, una minuscola scritta.
Per papà James.
Per mamma Lily.
E quel nome spicca, il colore acceso in contrasto con quelli più sbiaditi, segno dell’aggiunta avvenuta in un secondo momento.

-S-sono molto belli Harry…-
Severus si chiarisce la voce tentando di darsi un contegno.

-Davvero Signore?-
Gli occhi che brillano di speranza e insicurezza.
-Davvero...-
Conferma scompigliandogli i capelli.
-L-li ho fatti a scuola!
Q-questo per la f-festa del p-papà…-
Dice alzando un po’ il cilindro.
-E q-questo p-per la festa d-della mamma!-

E Severus sente sempre una strana sensazione, quando lo sente pronunciare quelle parole.
Perché la sua voce assume una sfumatura diversa, dolce ed orgogliosa.
E la magia trema in modo quasi impercettibile ogni volta.
Quanto amore c’è dentro quell’esserino dagli occhi verdi?

-E D-Dudley ha d-detto che io n-non potevo farli p-perché non serviva a niente!
M-ma io li ho f-fatti perché la mamma e il papà li p-possono vedere, vero Signore?-
-Ne sono sicuro Harry!-
Conferma in automatico, senza esitazione.
E la curva di un sorriso illumina quel volto insicuro.

-Anzi, perché non li mettiamo lì?
Così li vedono meglio…-
Chiede indicando il davanzale della finestra.

-D-davvero si può?-
-Certo, vieni…-
Severus si alza ed Harry gli trotterella a fianco, stando ben attento a non far cadere le sue creazioni.
Poi allunga le mani verso il Tutore, porgendogli il suo tesoro più grande.

E Piton sta quasi per prenderli, ma poi si ferma.

-Vuoi farlo tu?-
La risposta è scritta a grandi lettere in quel sorriso talmente spontaneo ed imminente, che lo fa emozionare.

Il pozionista si abbassa e senza sforzo, lo prende in braccio.

E sorride quando il bambino si sporge per poter sistemare quei due piccoli angeli con lo sguardo rivolto verso fuori.
Quando, soddisfatto, lo vede congiungere le manine ed annuire convinto del buon lavoro svolto.
Quando, per un breve momento, Harry lo stringe, per poi allontanarsi e dire semplicemente:
-Grazie Signor Severus.
Sei il Tutore più meglio del mondo!-

E Severus quasi non fa caso a quell’orrido strafalcione linguistico.
Perché è appena accaduto un qualcosa di straordinario.

Harry non ha balbettato.

E Severus smette per un momento di pensare a quanto siano patetiche quelle emozioni che adesso sta provando.
Si sarà anche rammollito…
Ma non ha importanza, non in quel momento.

Perché Harry ha l’incredibile capacità di renderlo…
Felice.







Ottobre se ne va senza che loro nemmeno se ne accorgano.
Ed una sera, una di quelle banali, Harry guarda i suoi angeli, sistemandosi meglio sotto le coperte.

E quando leggeri fiocchi bianchi iniziano a cadere dal cielo, il suo cuoricino inizia a battere veloce e a lui viene quasi da piangere.

Perché quella è la prima neve.
E quando nevica vuol dire che gli angeli sono contenti.
Lo sa per certo.

Glielo ha detto il suo tutore.

Proprio quella mattina.

Ed è strano, perché il cielo non è bianco e il vento soffia forte, lo sente ululare fino a lì.
Allora non c’è altra soluzione.

È proprio magico il suo tutore

Ed è il più megl…
No, il migliore di tutti.

Ha detto il Signor Severus che si dice così!






“Il Signore e la Signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante.”

Almeno fino a quando non si resero conto degli sguardi divertiti e delle risatine a loro indirizzati.

-Ma insomma, cosa avete tutti da guardare?-

Gridò il Signor Dursley, suscitando lo sdegno della moglie, sconvolta da tanta irritazione.
Sdegno che venne prepotentemente surclassato da un’espressione di vero shock quando si accorse di ciò che stava accadendo.
I loro abiti, stavano cadendo a pezzi.
E mano a mano che si sgretolavano, la folla di curiosi aumentava, accerchiandoli ed accecandoli con flash e commenti poco velati.

E Scappare, servì a ben poco.

Perché le risate continuavano a rimbombare nelle loro orecchie, anche nel silenzio di Privet Drive.
Quartiere che da quel giorno li ribattezzò come “La strana famiglia”. 

Il loro peggior incubo, stava diventando realtà.




Un ghigno soddisfatto accompagnò la chiusura del piccolo scrigno dove Severus riponeva ogni articolo babbano riguardante la strana famiglia.
E fu forse per colpa di quell’appagante sensazione che Severus non si accorse di quella piccola, minuscola e fastidiosa macchia nera che si ripeteva costante, su ogni immagine.
Una macchia alata.
Un insetto curioso.

Uno scarabeo...  





---SPAZIO AUTRICE---

Allora, allora…
Harry ha deciso di fidarsi del suo tutore.
Ma cosa succederà adesso?
I mesi passano veloci, siamo quasi al periodo natalizio…
Abbiamo un’elfa rancorosa e un Preside amante delle feste.
Mischiamo bene e il tutto e…
Vedremo!

Momenti un po’ angst, sono dietro l’angolo…
E uno scarabeo è appena entrato in scena…

Non aggiungo altro se non un immenso GRAZIE!
I vostri commenti sono preziosi e davvero fondamentali.
Grazie, grazie, grazie.

Dragonfly92




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Capitolo 20
*** Lo specchio ***


Lo Specchio 




Dicembre, Dicembre…
Il vento freddo dell’inverno, l’accecante chiarore della neve…

Illuminazioni babbane e magiche che conferiscono alle strade quel non so che di così…

Nauseante.

Oh, ma c’è un lato positivo: Le vacanze.
Studenti saltellanti che tempestivi preparano i loro bagagli con notevole efficienza.

Se solo impiegassero un quarto di quell’impegno nello svolgimento dei loro compiti…
Lo so, lo so.
“Non serve a niente rifugiarsi nei sogni…”


Dicembre, Dicembre…

Potrei addirittura dare un titolo a questo periodo.

Dicembre e l’inquietante spirito natalizio.
Dicembre: Giuda pratica all’autocontrollo dopo l’ennesimo invito alla cena della Vigilia di Natale.
Dicembre e l’elfa vendicativa. 
E permalosa.

Era stato uno scherzetto innocente, il mio.
Ma Senny, non era dello stesso avviso.
E l’ho capito quel fatidico giorno…


Nel momento esatto in cui rientrò in casa, i sensi del pozionista scattarono in allerta; C’era troppo silenzio.
L’irritazione derivante dall’aver scoperto che quella dannata elfa aveva scritto al Preside per confermare la loro presenza alla cena della Vigilia, stava svanendo, soppiantata da una leggere vena di preoccupazione.

Solitamente, sentiva la squillante voce dell’elfa blaterare consigli o fare domande, seguita dal rumore di padelle o teglie sbattute qua e là.
Inoltre, il piacevole aroma di cannella e biscotti appena sfornati che impestava la casa a quell’ora, era stato soppiantato da un altro, nuovo odore.

Un odore fresco, conosciuto ma inusuale…

Voci quasi bisbigliate, qualche passo nella loro direzione.

Un odore pungente, quasi umido… 

La porta semiaperta del salotto.

Un odore di bosco, di alberi, di…

Il cigolio del legno, un bambino dallo sguardo colpevole.
Un’elfa indifferente.
Palline colorate.

Oh no.
No, assolutamente no!


-Senny!-
Tuonò il pozionista, facendo sobbalzare il bambino.
-Buonasera Signor Severus Signore!- squittì lei di rimando, continuando imperterrita col suo operato.
-Cosa diavolo dovrebbe essere quello?-
Chiese ancor più irritato, mentre Harry continuava a tenersi a debita distanza.
-Un albero, Signor Severus Signore…-
 -ASSOLUTAMENTE NO!-
Tuonò nuovamente, sotto lo sguardo interrogativo dell’elfa.
-Si, Signor Severus Signore.
Senny è sicura che sia un albero Sign..-
-Non ci provare elfa! Quello è un maledettissimo albero di Natale!-

Sputò quel termine come il peggiore degli insulti, accompagnandolo con un ghigno disgustato.
L’elfa allora fermò i suoi movimenti, soltanto per potersi voltare e squadrare il professore con uno sguardo pieno di rimprovero.
-È quello che Senny stava per dire, Signor Severus Signore.
Prima che il Signor Severus Signore la interrompesse!-
-Senti elfa, ne ho abbastanza delle tue stralunate idee! Ora tu farai sparire questo affare o ti giuro che io…-
-S-Signore…-
-CHE C’È?-
Urlò in direzione di quella voce fuori campo che lo aveva interrotto nel bel mezzo del suo sfogo.

Il pozionista rimase pietrificato quando, voltandosi furente, si scontrò con lo sguardo terrorizzato del bambino.
Per un attimo, si era dimenticato di lui.
E quell’elfa malefica, aveva ben pensato di non dirgli niente!
Brutta strega calcolatrice!



Piton resta immobile per alcuni secondi, incerto su come muoversi.
Harry non lo guarda, gli occhi fissi sul pavimento, il corpicino che inizia a tremare.

Uno sguardo all’elfa che, a braccia conserte, scuote la testa in un silenzioso rimprovero.
Uno sguardo a quell’Abete, malamente decorato con palline colorate presenti soltanto sulla sua parte più bassa.
Fatto prevedibile, dato che anche sommati, quei due a malapena sfiorano il metro e dieci.

-N-non è c-colpa di S-Senny Signore… N-non arrabbiarti c-con l-lei per favo…-
Una parola interrotta, un nodo che stringe la gola.

-Non sono arrabbiato…-
Digrigna il pozionista.
Sono furioso!
Ma questo, lo pensa soltanto..

Ed è difficile trattenersi dal dare sfogo alla sua ira.
Quella femmina mignon sta mettendo a dura prova la sua pazienza.

Un sospiro prolungato, nella vana speranza di calmare lo spirito.


Il bambino lo osserva, sa che quella è una bugia.
Ma si limita ad annuire piano, la testa ancora bassa.

Un altro sospiro.
Lui ODIA il Natale.
E lei ne è pienamente consapevole, dannazione!
Non le è bastato accettare quello stupido invito al posto suo!
Invito che avrà sicuramente riferito al bambino, tanto per esser sicura dell’impossibilità del suo rifiuto.
Non le è bastato tutto questo! 

Dannazione!

-Tenetevi il vostro albero…-
Sentenzia, prima di uscire dalla stanza sbattendo la porta.

Harry rimane in quella posizione, fra le mani un gancetto verde.

-Signorino, Senny pensa sia il momento di continuare…-
Dice l’elfa, porgendogli una pallina argentata.

-L-lo s-sapevo c-che si arrabbiava e n-non…-
Il bambino scuote la testa, incapace di continuare.
-M-mi d-dispiace…-
Un singhiozzo celato appena in tempo.
-Signorino…-
-P-può andare i-in c-camera?-
Chiede strusciando una mano sulla guancia, per poi rifugiarsi nella sua stanza, al dubbioso annuire di Senny.

L’elfa si guarda intorno, mortificata.
Non doveva andare così.
È  vero, con quel gesto voleva probabilmente vendicarsi delle orecchie da coniglio, della coda da porcellino, dei capelli blu elettrico…
Ma questo non era tutto.
Lei credeva che…
Oh accidenti!
Deve assolutamente parlare col Signor Severus!
POP!




Un liquido ambrato, il tintinnare del ghiaccio.
Il bicchiere raffreddato al punto giusto, poi liberato da quei cubetti.
Una poltrona in pelle, lo scoppiettare del camino.
Silenzio.

Severus chiude gli occhi, massaggiandosi le tempie.
La cena trascorsa senza proferire parola.
E lo sa, lo sa che avrebbe dovuto scrollarsi di dosso quel malumore.
Per il bambino, almeno.

Ma mesi di lavoro, a scuola e a casa, richieste, compiti, scartoffie da firmare…
Parole con i colleghi, parolacce trattenute con gli studenti…
Calderoli esplosi, pozioni e lezioni…
Quella discussione…

Tutto questo, ha aumentato il suo bisogno di silenzio.
E di Whiskey.

Dieci minuti, dieci minuti di pace e poi si alzerà da quella poltrona.
Nove minuti e poi costringerà le sue gambe a muoversi in direzione del bambino.
Otto minuti e la sua mente sarà abbastanza rilassata per poter affrontare quegli occhi e quei dilemmi.
Sette minuti, e le parole confuse diverranno frasi efficaci.
Sei minuti, per concretizzare i pensieri.
Cinque minuti di silenzio, ancora cinque minuti.
Un sorso di calore.
E uno di ossigeno.

TOC TOC!

Ma. Porco. Godric.

Severus prova ad ignorare quel flebile bussare.
Ha ancora quattro minuti.
Probabilmente, quel rumore è solo nella sua testa.

TOC TOC!

No, è reale.
E tenta comunque di mettere a tacere quel suono.
Il silenzio è una risposta dopotutto, no?

TOC TOC! 

Evidentemente no.

Guarda quella porta con la coda dell’occhio.
Potrebbe incendiarla…
O forse no, non sarebbe opportuno.
Allora forse potrebbe…

TOC TOC!

-AVANTI DANNAZIONE!-

Sbotta, posando malamente il bicchiere sul tavolo.
E addio ai suoi tre meritatissimi minuti di pace!

-Signor Severus Signore…-

L’elfa chiude la porta alle sue spalle.
Ha le orecchie basse e Piton non può che compiacersene.
La guarda senza fiatare, mentre lei gli si piazza di fronte sfoderando il suo miglior sguardo di dispiacere.

-Che vuoi?-

Senny si trattiene dall’insultarlo.
Questo vanificherebbe tutto.
Quindi sospira, abbandonando comunque quell’aria da elfa bastonata.
Non le si addice proprio.

-Senny vuole… Parlare…-
Impresa non semplice, quando il confronto deve avvenire fra di teste così orgogliose.
Ma Senny parlerà.
Per il bambino.
E Severus ascolterà.
Per il bambino.

-Il Signorino… Non vuole fare l’albero di Natale…-
Bisbiglia grattandosi la testa.
-E questo dovrebbe interessarmi perché?-
Chiede il pozionista inarcando un sopracciglio.
E l’elfa apre la bocca per rispondere a tono, ma poi si ferma.
Per il Signorino, per il Signorino…

-Senny non voleva provocare Il Signor Severus Signore…-
-No?-
Chiede lui sarcastico.
-Soltanto un pochino…-
Ammette allora lei.
-Signor Severus Signore… Senny sa che al Signor Severus Signore non piace il Natale… E l’albero…-
-Quindi hai pensato bene di prenderne uno…-
-No! Cioè si Signor Severus Signore! Ma…-
L’elfa si zittisce.
Ed inspira profondamente.

-Il Signorino non ha mai fatto l’albero Signore…
E non lo voleva fare perché diceva che non gli piaceva…
Proprio come il Signor Severus Signore!-
Afferma con vigore.

-E Senny credeva che forse il Signorino non lo voleva fare perché… 
Per i ricordi della sua vecchia famiglia …
Proprio come il Signor Severus Signore!-

Ancora quel vigore e quell’annuire convinto.
Ancora un’espressione indecifrabile su quell’uomo dai capelli corvini.

-E la Signora Poppy aveva detto che non si può cancellare quei ricordi…
Ma lei…
Lei ha detto che si possono creare… Nuovi ricordi e così…
Sostituire.
E Senny credeva che fosse così per il Signorino ma anche per il Signor Severus Signore!-

Il pozionista la scruta senza ancora emettere parola.
E Senny si sprona mentalmente a continuare.

-Senny sa che… Il padre del Signor…
Cioè, il Signor Tobias Signore…-
Si corregge frettolosa.

-Sa che lui si arrabbiava.
Proprio come il Signor Vernon Signore!
E allora Senny aveva pensato che poteva sostituire i ricordi del Signorino e anche quelli del Signor Severus Signore… 
Ma Senny ha…-

Seguono minuti di interminabile silenzio.
Minuti durante il quale il pozionista cerca di elaborare quelle parole, senza far trasparire emozione.
Non che ne stia provando, ovviamente.
È che a volte si stupisce di quanto possa essere riflessiva quell’elfa.

-Ha sbagliato …-
Ammette in un sibilo.

-Come prego?-
Chiede Severus, sporgendosi  Un po’ per poter sentire meglio.
-Non credo di aver capito bene…-

L’elfa abbandona il suo cipiglio addolorato per sostituirlo con un’espressione infastidita.

-Senny crede che il Signore abbia capito benissimo…-
-No Senny, non ho sentito.
Ti spiace ripetere?-
Domanda di nuovo, ostentando una sincerità che non gli appartiene.

-Sennyhasbagliato!-
Soffia allora lei tutto d’un fiato, strappando un ghigno soddisfatto all’insegnante.
Ghigno che lentamente si ammorbidisce.

-Parlerò col bambino…-
Severus abbassa lo sguardo per un momento, ripensando all’espressione triste che Harry ha tenuto per tutta la cena.

-Ma non aspettarti che prenda parte alle vostre decorazioni…-
-Grazie Signor Severus Signore!-

Squittisce, prima di saltellare verso la porta.

-Senny?-
-Si Signore?-
-Hai per caso anticipato ad Harry qualcosa riguardo all’invito di Albus?-
Chiede scrutandola da capo a piedi.
-Mmm… Forse Senny si è lasciata sfuggire qualcosa, si…-
-Ad esempio?-
La sprona, la bacchetta già in pugno.
-Senny potrebbe aver detto che ci saranno tanti bravi bambini… Un castello magico… Neve incantata e…-
POP!

Dannata elfa!
Dannata elfa con le orecchie da somaro…











-Harry, sei pronto?-
-Si Signore!-

Grida il bambino dalla sua cameretta, non accennando però ad uscire.

Severus dà un’occhiata a quell’Abete.
È davvero orribile, pensa osservando quelle decorazioni praticamente ammucchiate l’una sull’altra.

In realtà, alla fine si è quasi divertito mentre occhieggiava i due cimentarsi nell’impresa.
E mentre stava ben attento a non farsi scorgere mentre li osservava, riparandosi dietro al suo libro, aveva dovuto soffocare una risata quando il bambino aveva issato l’elfa tentando di farla arrivare alla cima, per farle apporre quella stella disgustosamente dorata.

All’ennesimo capitombolo però, si era mosso a pietà.
E aveva smosso la sua bacchetta, facendo lievitare quell’insulsa decorazione fino alla cima dell’Abete.
Non prima di averla resa argentata ovviamente.

Ed i due si erano ben riguardati dal fare un qualsiasi commento.
Anche se il sorriso che Harry aveva nascosto nella sua mano, era una frase piuttosto esaustiva…


-Harry, faremo tardi…-
-A-Arrivo Signore!-

Di nuovo rumore di passi frettolosi, ma nessun bambino all’orizzonte.

Severus passa le dita sulla camicia scura, nel tentativo di lasciare una piega insolente.
Infila poi le mani in tasca, passeggiando su e giù per la stanza nel tentativo di vincere la voglia di vociare l’ennesimo richiamo.
Poi, da quelle tasche, sfila un foglio.
Una lettera.

Uno sguardo frettoloso per controllare che il marmocchio non sia arrivato.

Spiega la carta con cura, sorridendo a quella calligrafia sprecisa.
E sorride appena al ricordo della voce dell’elfa che spronava il bambino a scrivere quella lettera.
Quella richiesta…

Gentile Signor Babbo Natale, mi chiamo Harry.
Io non ti o mai scritto Signore, ma Senny dice che lo posso fare perché sto diventando bravo.
E lo a detto anche il mio Tutore.
Signor Babbo Natale, Senny a detto che ti posso scrivere quello che mi piacerebbe come regalo.
 Ecco Signore non lo so se puoi, ma però mi piacerebbe sapere come finisce la storia di Pinocchio.
Ti metto un foglio qui dentro la busta così me lo puoi scrivere se lo sai.  

Grazie mille Signor Babbo Natale!
Harry James Potter.


-E-eccomi Signore a-arrivo!-

All’ennesimo ‘arrivo’ non pervenuto, Severus decide di andare a vedere cosa sta succedendo.
Non ci ha mai messo così tanto a prepararsi!

-Harry, sto entrando…-
Lo avverte, spingendo un po’ la porta.

-S-sono p-pronto Signore…-

Il bambino gli va incontro, fermandosi a pochi passi di distanza.

-Stai… Molto bene bambino…-
Commenta il pozionista, scrutandolo.

La camicia verde scuro mette in risalto il suoi occhi.
 I pantaloni gli calzano alla perfezione e con quegli scarponcini sembra anche un po’ più alto.
Il gilet smanicato, sopra il quale spicca quel papillon lucido poi, lo fa sembrare un piccolo Lord in miniatura.

-Si, Senny pensa che sia proprio carino!- Squittisce l’elfa aggiustandogli i capelli, mentre le gote del bambino si colorano di rosso. 

-Vieni qua…-
Severus si piega sulle ginocchia .
Un incantesimo non verbale e subito un qualcosa plana fra le sue mani.

Harry scruta l’indumento,  realizzando cosa effettivamente sia, soltanto quando il pozionista lo fa voltare verso lo specchio.

-Un mantello!-
Esclama osservandolo nel riflesso.
-Come q-quello d-del Signor Severus!-

Il Professore annuisce, chiudendolo con una spilla argentata.

Le spire di un serpente vanno a formare un’armoniosa H.
E gli occhi di Harry brillano emozionati.

-È… È b-bellissima…-
Dice fissandola con ammirazione e sfiorandola come fosse il più prezioso dei tesori.

-Sei pronto ad andare adesso?-
Una mano che si allunga verso di lui.
Qualche attimo di esitazione.

-Signore?-
Il pozionista lo fissa, un po’ spiazzato  da quel tentennamento.

-V-vado bene?-
Chiede con esitazione, mordendosi l’interno della guancia.

-Harry, stai molto bene.
Guarda qui…-

Il pozionista lo fa voltare di nuovo verso lo specchio.
Ed Harry si osserva timidamente, guarda i suoi vestiti nuovi.
Quelli si, sono proprio belli.
E della sua misura.
E caldi.

Ma se riuscisse a rovinare tutto?

-Signore…-
-Che c’è bambino?-
Chiede Severus sistemandogli un ciuffo dietro l’orecchio.

-E s-se n-non so c-cosa fare?
E s-se p-poi d-dico q-qualcosa e…
F-faccio a-arrabbiare q-qualcuno?-

Il suo cuoricino batte prepotente, schiacciato da tutti quei dubbi.
È la prima volta che qualcuno lo porta a cena con altre persone rispettabili.
Come deve comportarsi?
Cosa deve dire o fare?
Come…

-Harry…
Andrà tutto bene…
Ci sono io con te.-

Una  carezza su quella chioma indomabile.
Un piccolo sorriso, seppur incerto.
E l’afferrare quella mano.

Andrà tutto bene, finche c’è il suo tutore.
Andrà tutto bene.







-Oh Wow!-
Esclama il bambino dilatando le pupille di fronte allo splendore di Hogwarts.

Severus stesso si perde un attimo nella contemplazione del castello.
È magnifico, non ci sono dubbi in merito.

Strati di neve soffice, mettono in risalto ogni contorno, rendendolo ancor più…
Magico.

Piton attende che il mucchio di teste rosse che li ha preceduti di qualche istante, entri per primo.
Fortunatamente, non li hanno notati.

Cosa che però non si può dire di quel fastidioso insetto nero che gli sta svolazzando intorno.
-Vattene bestiaccia!-
Biascica il pozionista sventolando una mano.

Per poi decidersi ad entrare.


-Signore g-guarda!-
Harry indica entusiasta un gatto che lesto si avvicina alle sue gambe.
La piccola mano abbandona quella del tutore, che scruta l’animale con cipiglio di rimprovero.

-È b-bellino…-
-Bellina, semmai…- Lo corregge, sopprimendo un conato di vomito dopo aver realizzato d’aver realmente ripetuto quell’aggettivo.

-Oh! E c-come s-si chiama Signore?-
Chiede il bambino accarezzando quel manto morbido.
-Minerva…
Ma penso che adesso se ne stia andando…
Qualcuno deve avvertire Albus del nostro arrivo.
Ed assicurarsi che abbia bene compreso il concetto di frenare l’entusiasmo, così come quello dei suoi ospiti.
D’accordo Professoressa?-
La gatta miagola infastidita e struscia la testa un’ultima volta sotto la mano del bambino, prima di dirigersi verso la sala.

Il bambino lo fissa stralunato; Il suo tutore parla coi gatti?
I gatti sono professori?
Ah, forse sono sacri.
Come per gli egizi.
Si, non c’è altra spiegazione…

I due arrestano il passo di fronte ad un enorme portone dalle rifiniture dorate.
Le gambe del bambino scattano nervose, nel tentativo di rimanere fermo.
E quando il pozionista spinge la porta…
Quando il brusio della sala tace all’istante…
Quando tutti quegli occhi si spalancano, puntati nella loro direzione…

Harry sussulta, allungando la mano alla ricerca di quella del suo tutore.
Per poi spostarla immediatamente.
Poteva farlo quando erano soli.
Solo quando erano soli, il suo tutore era stato chiaro.

-Avanti su…-

Una mano che pressa lievemente la sua schiena, spingendolo ad avanzare.
E quelle persone che lo guardano.
Sono tante.
Sono troppe.

Harry si blocca, il respiro si sta facendo veloce.
E Severus prega, prega affinché non abbia una crisi lì , davanti a tutti.

-P-Paura…-
Riesce a dire con un grandissimo sforzo.
E Piton guarda quegli occhi farsi lucidi, evitare quegli adulti e quei bambini che lo osservano come fosse un alieno…
O un mostro.

Un passo indietro.

E Severus non può permetterlo.
Allora lo fa.
Facendosi violenza, ma lo fa.
E allunga la sua mano.
Davanti a tutti quelli che adesso lo guardano sgranando gli occhi.
Di fronte a Silente, al suo sorrisetto compiaciuto.
Di fronte a Poppy, a Minerva, al loro affetto incondizionato.
Di fronte a Molly Weasley che se inizia a piangere, verrà affatturata.
Di fronte ad Arthur che è più imbarazzato di lui.
Di fronte ai gemelli Weasley che si tappano la bocca a vicenda.
Di fronte a Neville che usa sua nonna come scudo.

-Benvenuti ragazzi miei!-
La voce entusiasta del Preside coincide con la ripresa del brusio nella sala.
Tutti hanno ricominciato a respirare.
Qualcuno poteva farne anche a meno, pensa Severus, ma pazienza.

-Ciao Harry!-
Anche il bambino sembra sciogliersi appena e dedica un breve sorriso a quella faccia conosciuta.
-B-buonasera S-Signora Infermiera!-
Sventola la manina nella sua direzione e la donna si avvicina.

-B-buona V-vigilia di Natale…-
Dice contento, non vedeva l’ora di dirlo a qualcuno!

-Grazie Harry, anche a te!
Sono felice che siate venuti…
È stata la scelta giusta..-

Aggiunge guardando in direzione dell’ex allievo.
Una mano che batte sulla sua spalla, per complimentarsi.

-Tse, chiamala scelta…-
Ringhia l’uomo, facendola sorridere.
-Bè, in ogni caso, buona Vigilia di Natale Severus!-
-Oh Salazar, piantatela con questi auguri!-

Ringhia di nuovo avvinandosi a prendere posto.
Impresa che si rivela, ben presto, più ardua del previsto.

-Ciao Harry! È un piacere conoscerti!
Io sono Arthur!-

Il pozionista non si rende subito conto di quanto quell’uomo sia effettivamente vicino, finché non sente il bambino fuggire alla sua presa e nascondersi dietro le sue gambe.

-Harry ma che…-

Severus vede quella mano rossa allungarsi nel tentativo di raggiungerlo ed il flash della sartoria scorre davanti ai suoi occhi.

-Signor Weasley!-
Il tono è improbabilmente pacato.
Ma non è il caso di fare una scenata.
-Harry non ama questo tipo di convenevoli… Quindi tolga quella…-
-Ciao!-
-Harry!-
-Noi siamo Fred…-
-E George! E questo è…-
-Ron!- 
Concludono in coro.

Il pozionista si volta, inquadrando quelle teste rosse saltellare attorno al bambino che sembra voler diventare un tutt’uno con le sue gambe.

-Ragazzi! Ma non vedete che lo state spaventando!-
La Signora Weasley si avvicina furente  e Severus gliene è immensamente grato, almeno fino al momento in cui la mano della donna si solleva in una chiaro tentativo di mollare uno scapaccione al malcapitato della prole.

-Signora Weasley si fermi!-

Piton sente il sudore freddo imperlare la sua fronte, quando guarda verso il bambino.
Non vuole nemmeno immaginare cosa possa scaturire in lui una scena del genere.

Fortunatamente, il bambino non sta guardando.
Le piccole mani si stringono attorno ai suoi pantaloni, gli occhi chiusi e la testa quasi affondata nella sua gamba.

-Harry…
Vieni qui, per favore…-

I piccoli Weasley si guardano perplessi l’un l’altro mentre osservano l’atteggiamento di quel bambino.
-Certo che è un po’ strano…- bisbiglia Fred all’orecchio del fratello.
-Lo saresti anche tu se vivessi con Piton…- asserisce George, con aria empatica.
-Secondo voi ce l’ha davvero la cicatrice?-
-Certo che ce l’ha! È il bambino sopravvissuto!- dicono all’unisono, mentre Ron li guarda stupefatto.
-E ne avrà un’altra come premio per esser sopravvissuto alle grinfie del pipistrello!-
Ridacchiano, beccandosi un’occhiataccia poco promettente da Molly…


Il suono di alcuni campanellini incantati con sonetti natalizi, annuncia l’inizio della cena.
E di quella che sarà una lunga, lunghissima serata…



-Harry…-
-M-mi d-dispiace Signore …-

Severus prende il piccolo in disparte.
Gli smeraldi sono già carichi di lacrime.

-Ascoltami Harry…
Quei bambini… Volevano soltanto conoscerti.
Non ti avrebbero fatto del male, capisci?-
-E-erano t-tanti Signore…-
Il labbro inferiore trema e Severus si abbassa per scacciare una lacrima dispettosa.

-M-mi d-dispiace…-
-Non fa niente… Ma adesso, ci siederemo vicino a loro.-
E credimi questo fa meno piacere a me, che a te.
Aggiunge, ma solo nei suoi pensieri.

-Pensi di poterlo fare?-
-Si Signore…-
-Bravo bambino, andiamo…-

Quel ‘bravo bambino’ sembra ottenere un effetto benefico.
A saperlo, glielo avrebbe detto prima.

Harry sembra leggermente più rilassato adesso.
Il Professore comunque, è stato accurato nella scelta dei posti.
Ha fatto in modo che Harry stesse al suo fianco e che gli altri ospiti si posizionassero soltanto di fronte a lui, per non dargli l’idea di essere circondato.
E sembra funzionare.

-Ti tiro su le maniche…-
Bisbiglia Severus al suo orecchio, prima che la camicia ai arrotoli fin sopra il suo gomito.
La bocca di Harry crea una perfetta O. 
Sa che il suo Tutore è un mago, solo che a volte se ne dimentica.
E non può far a meno di rimanerne affascinato, ogni volta.
Ed essergli grato.
È così gentile, il suo Signor Severus…

-Salve Nick!-
Il più grande di casa Weasley saluta cordiale l’uomo che svolazza fra i commensali.
E ad Harry quasi cade la mascella.
Le palpebre che sbattono veloci, incredule.

-È è  un…-
-Fantasma?- Conclude George per lui, catturando l’attenzione del piccolo.
-E è…-
-Morto? Ovviamente!- Interviene Fred, immischiandosi nella conversazione.

Harry li guarda per poi tornare a fissare il fantasma.
-E p-parla…-
-Certo che lo fa, ha quasi perso la testa…-
-Mica la lingua!-
Esordiscono in coro, lo sguardo del bambino sempre più concentrato.

-A-allora f-forse…-
I gemelli allungano le orecchie curiosi.
-F-forse c-conosce…-
Le manine che sfregano le braccia.
-I -i miei…-
Anche Ron adesso lo guarda incuriosito.
-MA CERTO!-
Di nuovo un gridare contemporaneo ed Harry quasi sobbalza. 
E quel vociare cattura l’attenzione del professore distogliendolo dalla sua conversazione.
 
-Cosa avete capito? Io non ho capito niente!-
-OH, STA ZITTO RON!-
-Harry…-
-Ci pensiamo noi!-

-E a fare cosa esattamente?-
La voce glaciale del professore riporta il silenzio su quell’ala del tavolo.

-Niente…-
-Professor Piton!-
Un sorriso poco rassicurante che dipinge le loro facce identiche.

Ma un picchiettare sul suo gomito lo distrae dall’ imminente interrogatorio.

-Dimmi…-
-N-non lo so se p-posso…-
Severus lo scruta invitandolo a proseguire.

-D-dovrei… Cioè...
Bagno Signore…- dice con un filo di voce.

-TI ACCOMPAGNAMO NOI!-
Echeggiano i gemelli e addio alla privacy.

Il bambino arrossisce.
Hanno sentito quello che ha detto, che vergogna.

-No, Grazie…-
-Orsù Professore!-
-Così possiamo fargli vedere anche la sala comune!-
-Ad Harry piacerà!-

Quel tono cantilenante gli fa venire il mal di testa.
E sta meditando un modo carino e disinvolto per silenciarli quando Harry picchietta nuovamente sul suo gomito.
Deve ricordarsi di proibirgli quel fastidioso modo di toccarlo.

-P-posso a-andare c-con l-loro Signore…
C-così il Signor Sev…
Cioè il Signor Piton può p-parlare c-con i g-grandi…-

 Il pozionista lo guarda esterrefatto.
E una leggera sensazione di fastidio accompagna quella frase.
Con può Harry fidarsi già di quei ragazzini?
Non è che lo hanno costretto?

-Sei sicuro?-
-Si Signore…-
-Bene, ma poi tornate subito qua.
Tra poco verrà servito il dolce…- 
Il tono non è troppo convinto, ma lo sguardo penetrante che Poppy gli sta lanciando lo sprona a dare il suo consenso.

-Harry…-
-Si Signore?-
-Di cosa stavi parlando con i gemelli?-
-I-io Signore… D-del fant…-
-Fantastico castello di Hogwarts Professore, di che altro?-

Piton ringhia in direzione di quel ragazzino.
Ma Fred continua imperterrito a mostrare uno dei suoi più splendidi sorrisi.
Saranno lui e George a trovare i fantasmi che Harry vuole vedere!
E così quello strano bambino, nonché bambino che è sopravvissuto e figlioccio del temuto pipistrello… Diverrà loro amico!
E questa non può che essere una splendida notizia!

-P-posso a-andare Signore?-
Il pozionista annuisce, seguendoli con lo sguardo.
Quella situazione non lo convince.
Per niente.





-Di qua Harry!-
George prova a trascinarlo per una mano, ma il bambino indietreggia spaventato.
-George! Ha detto mamma che non lo devi toccare!-
-Già Fred, e ha detto anche di non dirlo a voce alta!-

-Non farci caso, sono stupidi…
Io sono Ron, molto piacere... E lui è Neville…-
Harry li guarda e non gli sembrano pericolosi.
Forse ha fatto bene a fidarsi.

Dopo una breve fermata in bagno, Harry li segue tenendosi sempre a debita distanza.
Quello è il terzo fantasma che incontrano, ma per ora nessuno sembra aver visto i suoi genitori.
Oh, ce n’è un altro lì!

-HEY FERMATI!-
I gemelli gridano e qualche secondo dopo tutti e cinque stanno correndo dietro quel fantasma.
Caspita come vola veloce!
Ed Harry si ritrova a sperare.
Forse quella è la volta buona.
Forse lui li conosce.
Forse potrà vedere i suoi genitori per la prima volta nella sua vita.

Non ha idea di quanti angoli abbiano svoltato, quante scale abbiano fatto.
Sa soltanto che se c’è una speranza, anche una soltanto, lui non si fermerà.
Nemmeno adesso che Neville grida.
Nemmeno ora che quel Signore li sta inseguendo.
Nemmeno in questo momento, mentre sono tutti piegati sulle proprie  ginocchia intenti a riprendere fiato.

-Forse lo abbiamo seminato…-
Fred e George si battono il cinque.
Neville è più pallido di prima.
E Ron…

Dov’è Ron?

-HEY RAGAZZI GUARDATE COSA HO TROVATO!-
Harry è il primo ad avvicinarsi a quella cornice dorata.
È il primo a guardare dritto in quel riflesso.

-Sta’ zitto idiota!-
Passi in lontananza, un uomo che grida.

Il bambino si avvicina cauto, immagini che prendono forma dentro quello specchio magico.

-Ma cos’è?-
-Lo specchio delle emarb, idiota!-
-Ci hai fatto quasi scoprire da Gazza per questo coso!-
Uno scappellotto di rimprovero colpisce quella testa rossa che reagisce con uno spintone.
Ma Harry è troppo concentrato per accorgersene.

Perché vede qualcosa, in quel riflesso.
E allora si avvicina ancora un po’.

Una donna dai capelli rossi.
Un uomo con gli occhiali tondi.

Si tengono per mano.
Lo guardano.

Ed Harry capisce.
Capisce anche se non li ha mai visti prima, capisce anche se nessuno glielo ha detto.
Perché ci sono cose che si sanno e basta.
E lui è sicuro.
Quelli sono loro.
Sono la sua mamma e il suo papà.
Ce l’ha fatta.
Li ha trovati.

E vede il sorriso dolce di lei.
Quegli occhi così simili ai suoi.
E la faccia di lui.
Gli stessi capelli scuri e disordinati.

E la bocca si apre ma lui non riesce a dire niente.
E trema mentre avanza.
Mentre le emozioni, tutte quelle emozioni si mischiano.
Diventano così forti, così incontrollabili.

Una porta che si spalanca.
-Vi ho trovati delinquenti!-

Un  gridare confuso, passi veloci in ogni direzione.
E sembra tutto così lontano.

Ma poi qualcuno cerca di afferrarlo, di portarlo via.
E la magia esplode.

Uno scudo trasparente crea un semicerchio, attorno al bambino e allo specchio.
L’onda magica sbalza il custode a diversi metri di distanza.
L’uomo si rialza e corre continuando a gridare nei corridoi, mentre i bambini scappano a perdifiato.

-Piton ci ammazza!-
Grida Ron, la voce provata dalla corsa.

-Questo è poco…-
-Ma sicuro!- annuisce uno dei gemelli e Neville quasi sviene a quella consapevolezza.

E succede davvero quando, ad un certo punto, la sua faccia va a sbattere contro qualcuno.
Di nero vestito.
E molto, molto arrabbiato.
-DOV’È? –







Il Professore stava magistralmente ostentando tranquillità, mentre parlava con Albus.
Fin quando i suoi occhi non hanno inquadrato quel fantasma.

-ALBUS!
Mandalo via immediatamente!-
-Che succede ragazzo mio? Nick stava per deliziarci con il raccont…-
-Ti rendi conto che è un fantasma, vero?
Hai idea di cosa possa pensare Harry se accidentalmente si scontr…-

Severus si blocca a metà.
Un fulmine, un pensiero che dev’essere immediatamente smentito.

-Nicholas, hai incontrato Potter?-
Chiede mentre sente le mani vibrare nervose.
-Oh si, un ragazzino delizioso… Devo dire che…-

Ma il pozionista non sentirà il resto.
Deve trovare Harry. 
Ora.
E lo sguardo preoccupato della Signora Weasley non gli piace per niente.



Passi veloci, furenti.
È stato stupido.
Sapeva che quei due tramavano qualcosa.

Una corsa.
Speranza che pensieri giovani non abbiano illuso quella mente già fragile.
Uno scontro.
Un racconto confuso e farfugliato.
Le domande ai fantasmi.
Lo specchio dei desideri.
Ed è di nuovo correre.
Con un peso sul petto.




Quando entra nella stanza semioscura, Severus fatica a mettere a fuoco il bambino.
I passi sono pesanti.

-Harry…-

Ma il bambino non si volta.
Seduto dentro quel cerchio che lui stesso ha creato.
Per proteggere se stesso.
E quello specchio.

Severus si avvicina.
E lentamente annulla quello scudo magico.
Ed il peso che sentiva sul petto diventa insostenibile quando Harry si volta.

Le sue guance sono rigate.
Ha uno sguardo che non gli ha mai visto.

È arrabbiato.

-Harry…-

Il piccolo mago deglutisce più volte nel tentativo di frenare i singhiozzi.
Un indice che si alza a mostrare quel riflesso.
Che Severus non può vedere, perché lì ci sono solo i desideri di chi lo guarda.

Ma può bene immaginare quali siano quelli del bambino.

-Harry ascoltami…-
-N-no…-

Il labbro trema, lo sguardo è duro.
Il pozionista rimane fermo.

-Harry quello che vedi non è reale…-
-No!-
Un piedino sbattuto per terra, una mano aperta verso di lui, una richiesta di stare lontano.

-Ha ha d-detto una b-bugia!-
Riesce a dire ed un singhiozzo sfugge al suo controllo.
-Che stai dicendo bambino?-
Severus lo osserva e lo vede tremare.
Vorrebbe portarlo via di lì.

-Ha d-detto…
Ha d-detto che l-la mamma…-
Una pausa che segue quel nome difficile.

-Che l-la m-mamma e il p-papà n-non erano a-arrabbiati c-con… Il bambino!
C-che gli v-volevano ben…-
Ancora lacrime di rancore ed il tentativo di non fargli prendere il sopravvento.

-Ed è così infatti…
Harry loro…-
-BUGIA!-
Urla, le dita che adesso strusciano nella carne.

-Smettila di graffiarti Harry…-
-NO!-
Un vetro esplode nella stanza.

-Harry ascoltami per favore…-
Il bambino lo guarda, il petto che si muove a scatti veloci.

-Loro non sono arrabb…-
-SI I-INVECE!-
-No Harry, non lo sono.
Perché dici cos…-
-N-NON M-MI R-RISPON… RISPONDONO!-

Urla ferito, arrabbiato, angosciato.

E Severus capisce.
Capisce quella rabbia, capisce quel non capire.

-Loro non possono parlarti Harry…
Quello che vedi, è uno specchio magico e…-
-Si INVECE!-
 
E sono di nuovo singhiozzi, occhi verdi e neri incastonati gli uni negli altri.

-Il Signor Nick p-parla!-
-Harry, Nicholas è un fantasma.
Quello che vedi tu, è un desiderio… Capisci?-
-NO!-
Harry si volta verso il riflesso e Severus avanza.

-No!-
Il bambino lo spinge.
Ancora .
E ancora.

-Dobbiamo andare via di qui Harry…-
-NO!-
E sono di nuovo spinte che si fanno sempre più urgenti.

Il suo Tutore vuole portarlo via.
Ma lui non vuole.
Non vuole, non vuole.


Severus lo afferra e lo solleva ed il piccolo si scatena.

Ed è la prima volta che quella rabbia è indirizzata a lui.
E Piton sente qualcosa spezzarsi dentro.
Perché sa che gli farà del male, perché Harry non capirà.
Ma lui deve portarlo via.

-NO! LASCIAMI L-LASCIAMI!-
I piccoli pugni che battono sul petto.
I piedi che scalciano furiosi.

-Harry calmati…-
-MAMMA!
MAMMA, MAMMA!-
E adesso sono grida.
Un protendersi verso un qualcosa di non reale.

E Severus lo stringe ogni volta che grida quel nome.
Con quell’angoscia.
Con quella richiesta d’aiuto.

-Harry non può sentirti…
Non così… Lo capisci?-

-LASCIAMI!-
Grida ancora, dimenandosi.
Spingendo con tutta la forza verso di lei.

-Basta bambino…-
-NO! MAM…MA…-
Singhiozzi che spezzano le parole.
Graffiare per liberarsi.
E la bocca del bambino che si apre e si chiude sul polso del pozionista.
E lo vuole mordere.
Vuole che lo lasci stare.

Ma non riesce a farlo.
E la sua bocca rimane così, aperta ed appoggiata contro quel braccio che lo circonda.
Ed è lì che Harry soffoca le sue urla, la sua disperazione.
Quando permette alle parole di raggiungerlo.

Ma quando Severus si muove, avanzando verso l’uscita, la disperazione torna.
E allora sono suppliche.
Preghiere.

-A-aspetta p… Per fa… favore…-
Dolore.
Lo sguardo volto ancora allo specchio.
Alla sua mamma.
Al suo papà.

Ed il pozionista si ferma, per lui.
E sopporta quei singhiozzi.
E  lo volta, prendendolo in braccio,ma permettendo al suo viso di guardare ancora un po’.

Mentre lui dà le spalle allo specchio.

-Ma…Mamma…
P-perché n-no… non m-mi risp… rispondi?-
E adesso il tono è basso e straziato.

-Non può farlo Harry…
È uno specchio che ti fa vedere i tuoi desideri… Ma lei non è qui…-

-E allora…-
Ancora interruzioni per quel pianto che non riesce a frenare.

-E a-allora per… Perché il Signor Severus p-può parlare!-
Domande che sembrano esclamazioni.
Perché anche il Signor Severus è nel suo specchio.
Ma lui gli parla.
Allora non capisce.

E Piton sente qualcosa incrinarsi all’altezza del petto.
E non può che stringere quel bambino.

Che ora gli si aggrappa con tutta la forza che rimane.
Che ha consumato la rabbia e adesso si dispera.

Perché è stato cattivo.
Davanti alla sua mamma e al suo papà.
Davanti al suo tutore buono.
Al quale chiede scusa, con tutto il cuore, con tutta la voce che gli rimane.

Non voleva, non voleva spingerlo.
E morderlo.

E il suo tutore non gli risponde, ma lo abbraccia.
Ma quella Magia non riesce a frenare il suo pianto.
Non sarà mai un bravo bambino.

-Shhh… Calmati Harry, sta’ calmo…-

E allontanarsi da lì è l’unica cosa che Severus possa fare.
Ed aggrapparsi a quell’uomo è l’unica cosa che Harry possa fare.

-Non è successo niente…-
-Sign..ore… 
Signore…-
E una presa che si fa più forte.

-Signor… Signore…-
-Sono qui Harry, sono qui…-

Fuori dalla stanza, una schiera di persone.
Le loro facce sgomente, alcune mortificate.

Osservano quelle mani accarezzare la schiena che trema.
Ascoltano quei singhiozzi, senza sapere cosa dire.

E Severus scorre lo sguardo su ognuno di loro.
La faccia è una maschera impassibile.

Quel piccolo corpo abbandonato sul suo.
L’unico rumore che si sente, è quello degli strascichi lasciati da un pianto disperato.

Severus posa un mantello su quelle piccole spalle ancora tremanti.
E senza proferire parola, cammina verso l’uscita.

-Signore…-
-Dimmi bambino…-

La testa ancora nascosta nella curva del suo collo.
La voce impastata di lacrime e stanchezza.
Mugolii, gocce salate, dispiacere.

-Signore…-
-Sono qui bambino,  sono qui…-

Le dita che si attorcigliano fra quei capelli lunghi e morbidi.





Quella notte la stanchezza è talmente prepotente che Harry non riesce ad addormentarsi.
E anche se le lacrime non escono più, il corpicino continua ad essere scosso da singhiozzi.

Allora Severus si stende sul letto, il Bambino rannicchiato sul suo petto.
E parla il professore, parla e la sua voce sembra musica.

Parla di tante cose e anche di quello specchio.
E il piccino lo ascolta attentamente mentre il professore  gli spiega che lì dentro si vedono le persone alle quali vogliamo bene e che ce ne vogliono.
E un pochino, gli viene ancora da piangere.
Ma il suo tutore ha tanta pazienza.
E gli dice che non deve piangere e non perché non vada bene. 
Ma perché deve rilassarsi e dormire.
Così Babbo Natale può venire a portargli i regali e lui viene soltanto se i bambini dormono.
E verrà anche se lui è stato cattivo oggi.
Anche se ha pianto davanti alla sua mamma e al suo papà.
Che anche se non gli hanno parlato, continuavano a sorridere.
E lui non dimenticherà mai quel sorriso.
Chissà se anche il suo tutore è riuscito a vederlo…

-Signore…
Il S-Signore.. C-cosa ha v-visto n-nello s-specchio?-

E Severus non si sofferma a pensare alla risposta giusta da dire.
La dice e basta.

-Ho visto te Harry…-

Ed il bambino, che ha gli occhi chiusi e la mente confusa, pensa per un attimo di essere entrato in un  sogno.
Uno di quelli belli.

Ma poi guarda il suo tutore, lo tocca, lo sente.
E allora non sta sognando.

E spera che quel signore non si arrabbi.
Perché lui deve dire una cosa importante.

Ma a Natale, nessuno si arrabbia, nemmeno il Signor Vernon si arrabbiava.
E allora può dirglielo.

-T-TI voglio b-bene Signor Severus…-

Occhi chiusi.
Attesa.
Brutte parole che non arrivano.

Una carezza.
Il battito di un cuore.

Ancora musica.

Dodici rintocchi.

Natale.


 


---SPAZIO AUTRICE---
---AVVISO---

Ciao a tutti 
Intanto grazie per i commenti che, ogni volta, mi scaldano il cuore.
Siete speciali, davvero!


La prossima settimana non riuscirò ad aggiornare.
Il mio maritino mi porta agli Harry Potter Studios di Londra come regalo per il nostro secondo anniversario di matrimonio!
Sono emozionata!

Per scusarmi, ho quindi creato questo capitolo, decisamente molto più lungo rispetto agli altri.
Un doppio capitolo insomma.
Spero apprezziate il pensiero, ho fatto davvero le corse, questa settimana, per scriverlo tutto :)

Comunque, prepariamoci a soffrire un pochino.
C’è una giornalista impicciona all’orizzonte...

Ah, e non manca poi così tanto alla fine della storia!
Quindi, non abbandonatemi :) 
Il piccolo Harry ha bisogno anche di voi!

Un abbraccio e grazie ancora di cuore!
Dragonfly92



 

 


 

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Capitolo 21
*** Famiglia Legittima ***


Famiglia Legittima  





Severus porta la tazza alle labbra con calcolata lentezza.
Ama inspirarne l’aroma.
Lasciare che irretisca tutti i suoi sensi.

Processo che richiede tempo ed assoluto silenzio.
Processo che da qualche tempo viene prontamente interrotto da un balbettato buongiorno.

Ma non quella mattina.
La notte era trascorsa faticosamente, per entrambi.
Non si sorprese, quindi, di non scorgere ancora quella chioma arruffata e quegli occhi stropicciati per scacciar via il sonno.

Meglio così, si convinse, tornando a concentrarsi sul suo rituale.

L’udito.
Quello era il primo dei sensi ad esser solleticato.
Il gorgoglio dell’acqua che lentamente raggiungeva la giusta temperatura, bollendo.

Il tatto.
La carezzevole sensazione delle dita gelide tenute a contatto col calore della ceramica.
Sublime.

L’olfatto.
Cannella e zenzero.
L’intensità delle loro note quasi piccanti che solleticano il naso.

Il gusto.
Amaro, pungente.
Necessario per il risveglio della mente.

Severus posa la tazza, allungando poi le mani verso il basso.
I pugni chiusi, i muscoli che si stirano.
Il collo piegato a destra e a sinistra nel vano tentativo di scacciare i postumi di una notte scomoda.
Poi, rumori quasi afoni ma captati nell’immediato da una mente allenata come la sua.
Può percepire l’incertezza dal modo in cui quei passi si muovono.
Piccoli movimenti che si arrestano e riprendono.
Per poi fermarsi definitivamente a poca distanza.

Uno sguardo a quell’esserino che si mordicchia il labbro inferiore.
Un senso di completezza.
Da quando, la presenza di quel Bambino è diventata parte del suo rituale?
Non ne ha idea Severus.
Ma a quella Vista, il processo è concluso.



-Buongiorno Harry…-
-B-buongiorno S-Signor S-Severus…-

C’è qualcosa che lo turba, ne è pienamente convinto il pozionista.
Harry raramente balbetta pronunciando il suo nome.
O quell’appellativo.

-Fai colazione?-
-Si S-Signore…-

Ma non si muove.

-C’è qualcosa che non va bambino?-

Harry lo guarda, per poi distogliere i suoi occhi di giada.
Le mani che giocano nervose.

-S-Signore…
Il bambin…-
Un arrestarsi per radunare le idee, chiarire i pensieri.

-I-io v-volevo d-dire…
Scusa…-

Un inspirare profondo.

-P-per ieri e…
S-se il Signore v-vuole d-dare…-

Deglutire diventa difficile.
Gli occhi si appannano.

-U-una l-lezione…-
-Harry…-

Un piccolo sguardo timoroso.
La volontà ad accettare tutto quello che il suo tutore vorrà fare.
Ha detto cose brutte.
È stato davvero cattivo.
E se il Signor Severus vorrà punirlo, allora lui lo capirà.
E non piangerà nemmeno.
Sarà forte e si toglierà la maglietta.
E farà silenzio.
E…

-Harry, non hai fatto niente per meritarti una lezione.
Né mai lo farai.
Niente di ciò che potrai fare o dire, necessiterà di quelle lezioni, mi capisci?-
-M-Ma i-il b-bambino v-vuole c-chiedere scusa e…-
-Lo hai fatto, no?-
Harry lo scruta.
Si, lo ha fatto.
Ma non è abbastanza.

-Si Signore ma…
I-il b-bambino n-non v-vuole che il Signore…
È a-arrabbiato o che…-

Non vinceranno, quelle lacrime.
Ne è più che certo Harry, quando prende un bel respiro per ricacciarle indietro.

-I-il b-bambino f-forse può e-essere ancora…
P-può diventare b… B-bravo c-con il Signor Severus e…-
-Harry…-

Una mano allungata, occhi che si Serrano.
Ma non si scansa quel bambino.
E gli occhi si schiudono piano per constatare quella realtà.
Il suo tutore non vuole colpirlo.
Sta facendo la magia.
Sta muovendo piano, la sua mano, sulla sua testa.
Come ha fatto a capire che aveva paura?
Eppure lui non ha detto.

-Io penso che se tu non fossi un bravo bambino…
Sotto l’ albero non troveresti alcun regalo, non trovi?-
-Si Signore…-
Commenta un po’ sconfitto, lo sguardo che torna verso il pavimento.
-Allora credo proprio che dovresti guardare lì…-

Due dita che fanno una leggera pressione per far voltare il suo mento.
E lo sconforto che scivola via, soppiantato dall’incredulità.
Due manine che corrono a coprire la bocca spalancata di stupore.
Ci sono dei pacchetti, sotto l’albero.
Dei pacchetti con il suo nome!

-P-per m-me Signore?-
Una domanda retorica che retorica non è.
Un annuire, una conferma, ancora stupore ed emozione.

-B-babbo N-Natale è v-venuto per m-me?-
-Si Harry…-

Occhi che si allargano ancora, brillando.
Un sorriso malcelato di uomo inspiegabilmente appagato.

-Avanti, va’…-
Una leggera spinta su quella schiena ancora un po’ curva.
Manine tremanti che afferrano il pacchetto argenteo quasi con devozione.

-P-per me?-
-Per te, Harry.-

È bellissimo, quell’incarto.
È bellissimo, quel biglietto.

Perché sopra c’è il suo nome.
E le dita tremano un pochino accarezzando la scritta.
Harry.
Sì, è proprio il suo nome quello.

-D-devo aprirlo Signore?-
-No, certo che no…-

Il bambino lo guarda perplesso per poi notare il sopracciglio inarcato del suo tutore.
In quel modo buffo.
Azzarda un sorrisino verso il tutore che a sua volta scuote la testa, ridendo.

-Dai, aprilo…-
Lo sprona, osservandolo trillare d’entusiasmo.

-D-dobbiamo c-chiamare Senny, Signor Severus!
I r-regali si s-scartando tutti insieme a N-Natale!-
-Ah si?-
-Si Signore! I-io l’ho v-visto a P-Privet Drive!
Ho g-guardato solo u-un pochino però!-
Aggiunge alzando una mano sulla difensiva.
-E i S-signori D-Dursley l-li scartavano tutti i-insieme!
S-sul tappeto d-davanti all’albero!
T-tutta la f-famiglia Signore!-
Conclude entusiasta, ignaro del senso d’irritazione che ha attanagliato lo stomaco del pozionista.
Irritazione che ha lasciato spazio allo sconcerto, nel sentire quella parola: Famiglia.

Era quello che lui e Senny erano per il bambino?
Una famiglia?

-P-però se il Signore n-non ha t-tempo il…-
-Vai pure a chiamare Senny.
Non ci perdonerebbe mai altrimenti, non credi?-
-Oh, Si Signore!-

L’emozione che adesso Harry prova, si riversa nel suo sorriso così difficile da contenere e da quei passi che scattano veloci in direzione dell’elfa.
Ma non sa, il Signor Severus, che quell’emozione deriva anche da qualcos'altro…

Perché il bambino, in quelle settimane, si è davvero impegnato.
Ed ha impiegato tempo e concentrazione per realizzare quel che aveva in mente.
E ne ha parlato con Senny, ed è stata lei a convincerlo che fosse un qualcosa che poteva fare.
Lei ha giurato che il Signor Severus non si sarebbe arrabbiato e allora Harry si è convinto.
Ma non può far a meno di sentirsi un po’ agitato, quando rientra nella stanza.
Ed anche se Senny ora lo sta spronando, non è più tanto sicuro.

-Signorino Harry, Senny crede che sia il momento…-
Bisbiglia l’elfa alle spalle del pozionista.
-Senny i-io non…-
-Il Signorino non deve preoccuparsi. Senny sa che andrà tutto bene e che…-

-Cosa state confabulando voi due?-
La voce del pozionista blocca il bambino, ma Senny approfitta di quel momento.

-Signor Severus Signore! Il Signorino deve darle una cosa, Signor Severus Signore!-

Harry la guarda agitato, ma ormai non può tirarsi indietro.
L’elfa gli sorride incoraggiante, mentre lo accompagna vicino al suo tutore.

-Signore… Io… C-cioè… io v-volevo…-
Gli occhietti non accennano ad alzarsi ed il suo tutore non proferisce parola.
Sente il suo sguardo dritto sulla sua testa però, e deve dire qualcosa.

-Q-questo è p-per il...
PerteSignore!-
Conclude tutto d’un fiato, allungandogli una scatolina.
La testa incassata fra le spalle, le braccia allungate al massimo e gli occhietti quasi chiusi.
È nervoso, non ha mai fatto un regalo prima d’ora.
Cioè, in realtà ne aveva fatto uno, a scuola, per la Signora Petunia.
E lei si era arrabbiata davvero molto.
-E cosa dovrei farmene di questo?- gli aveva gridato spingendolo via.
E lui si era accorto di esser stato stupido perché, in effetti, cosa doveva farsene la Signora Petunia di una sasso malamente decorato?
Non serviva a niente, ecco.
Per questo si era concentrato tantissimo, per quel dono.
Il suo tutore meritava qualcosa.
Che doveva essere utile.
E magari non brutto come quel sasso.
Così aveva optato per quella scatolina.
Senny gliel’aveva procurata e lui aveva fatto di tutto per renderla bella.
L’aveva dipinta con tantissimi colori.
E ci aveva anche attaccato una Margherita che però poi era appassita.
E c’era rimasto davvero male.
Ma Senny gli aveva poi spiegato come far essiccare i fiorellini.
Per poterli attaccare ai lati della scatola.
E ne aveva rotti un sacco. O faceva troppa pressione oppure rimanevano tutti appiccicati alle sue dita invece che al contenitore.
La colla non era proprio adatta a quel tipo di lavoro!
Aveva quindi chiesto a Senny se poteva usare dello scotch.
E l’elfa era rimasta sconvolta.
Alcool, quel bambino voleva dell’alcool?

Superato il fraintendimento, Senny era riuscita a procurarglielo.
E lui l’aveva ripagata con il suo sorriso più sincero quando le aveva mostrato l’opera conclusa.
-È molto bello, Signorino!-
Aveva dichiarato visibilmente commossa.

Ma se al suo tutore non fosse piaciuto?
Se non ne avesse avuto bisogno?
Eppure quello gli era sembrato così adatto.
Era un contenitore.
Per i semini.
Come quelli che gli aveva fatto separare quella volta, nel suo laboratorio.
Oh, e lui ce lo aveva anche scritto, sulla scatola!
Forse aveva sbagliato a scrivere!

Un’occhiata a quell’oggetto.
Oh.

Non era più fra le sue mani.




Severus teneva quell’involucro fra le dita.
Lo aveva sfilato da quelle piccole dita con delicatezza.
Quasi con la stesso rispetto col quale Harry aveva raccolto il suo pacco.

Era imbarazzato, ovviamente.
Non era abituato a certe cose.
Non era abituato a certe attenzioni.

Quel bambino aveva creato un regalo per lui.
Pensando a lui.

E contrariamente a quel che poteva pensare, non aveva bisogno di fingere che quella scatola gli piacesse.
Non che fosse bella, sia chiaro, con tutto quel nastro adesivo e quei fiori che avevano visto giorni migliori.
Ma era…
Suo.
C’era persino il suo nome sopra.
Ed era anche specificato cosa dovesse infilare, in quella scatolina.
“Semi”, recitava una scritta.

Un po’ vaga, certo.

Ma non aveva importanza.
Perché fra le sue dita, c’era qualcosa di più, di una scatola.
C’era un’emozione.



-Grazie Harry…-

Quello fu tutto ciò che riuscì a dire.
Ma il bambino se lo fece bastare.
Perché il suo tutore stava sorridendo.
E questo lo rendeva tanto felice.






-Signore! Signore guarda!-

Harry schizzò in piedi non appena riuscì ad intravedere il contenuto del suo pacchetto.

-Guarda guarda!-
Continuava a gridare, trillando  Ed agitando quel libro a destra e sinistra.
-Se stai fermo, forse posso dare un’occhiata…-
Lo riprese bonariamente il pozionista, fingendo sorpresa a quella visione.

-È quello che avevi chiesto bambino?-
-Oh no Signore!-
Rispose prontamente continuando a sorridere.
-No?-
-No Signore!
Io a-avevo c-chiesto se il Signor Babbo Natale s-sapeva come f-finiva Pinocchio!
E l-lui mi ha p-portato tutto il l-libro!-
La sua voce era carica di sorpresa.
Gioia, stupore.
Non riusciva a smettere di muoversi sotto il flusso di quelle sensazioni così intense.

E rideva Harry, rideva mostrando tutti i denti e lasciando alla sua voce di esprimersi libera.
E continuava a guardare quella copertina colorata, a mostrarla al suo tutore, a Senny e di nuovo al suo tutore.
E l’ accarezzava, percorrendo con l’indice le scritte in rilievo.
Ed annusava quella pagine che profumavano di carta e di cose belle.

Ora poteva sapere se Pinocchio ce l’aveva fatta.
Poteva scoprire se era diventato un bambino vero.
Oh, ma prima doveva fare una cosa importante!

-Signore d-devo scrivere al Signor Babbo Natale!-
-E per quale motivo bambino?-
-D-devo ringraziarlo Signor Severus!-
La sua risposta aveva assunto un tono davvero serio ed al contempo quasi perplesso.
Era ovvio che dov’esse ringraziarlo, no?

Severus celò una risata dietro alla mano.
Quel bambino era un concentrato gentilezza ed ingenuità.

Carezzandogli i capelli e dandogli il suo silenzioso consenso, il pozionista si chiese come avessero fatto, quelle bestie, a trovare la forza di schiacciarlo in quel modo.
Con avevano potuto anche solo pensare di dirgli quelle cose.
Di Fargli, quelle cose.   

E mentre lo guardava impugnare quella piuma e muovere i piedini che avevano lasciato scivolare le pantofole a terra, non poté che rammaricarsi.
Sembrava un bambino come tutti gli altri.
Un po’ più piccolo forse, dato il suo essere così gracilino.
Nessuno, guardandolo in quel momento, avrebbe potuto immaginare quegli anni di dolore.
Nessuno, avrebbe potuto comprendere quegli sguardi sporadici che lanciava alle sue spalle, come ad assicurarsi di non esser colto di sorpresa.
Nessuno, poteva capire perché strizzasse gli occhi in quel modo, ogni volta che gli si avvicinava.

Nessuno, tranne lui.
Tranne quel pozionista così austero.
Che sembrava intento a controllare ogni suo movimento.

Ma che in realtà si assicurava che niente, potesse interferire con quell’apparente serenità.
Perché bastava così poco, per rendere felice quel bambino.
E così poco, per far crollare le sue certezze.

Ma Severus non avrebbe permesso a nessuno di interferire.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere quel bambino.

Ma, si sa, a volte la buona volontà non basta…









La mattina del ventisei Dicembre, un gufo Lasciò planare un articolo sul tavolo da pranzo.
“Il bambino che è sopravvissuto affidato ad un ex spia mangiamorte: Il popolo magico pretende chiarezza”.

Severus non riuscì quasi a realizzare ciò che stava leggendo.
Perché qualcuno era appena uscito dal suo camino.
E non riuscì nemmeno a ringhiare la sua disapprovazione o ad accorgersi dello sguardo disorientato del bambino.
Perché quella donna vestita di rosa, aveva già preso parola.
-Signor Piton, Siamo qui in veste ufficiale per riprendere in custodia Harry James Potter.
Prendi le tue cose ragazzo, ti riportiamo dalla tua legittima famiglia.-













---SPAZIO AUTRICE---

Ahia.
Non cruciatemi, vi prego.

Grazie a chi sta, con pazienza, continuando a seguire la storia!
Non manca troppo alla fine, resistete un altro pochino!

Grazie le parole che spendete per me…
È solo grazie a voi se la storia è giunta fin qui.

Un abbraccio,
Dragonfly92








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Capitolo 22
*** Speranza ***


Speranza




Nello stesso, preciso istante in cui la Umbridge pronunciò quelle parole avvicinandosi di qualche passo al bambino, nella casa esplose il finimondo.
Harry si era praticamente lanciato giù dalla sedia e l’essere afferrato dalla donna non aveva che peggiorato la situazione.
E anche se il repentino intervento del suo tutore aveva interrotto quel contatto,  Sentiva ancora le dita della donna attorno al suo braccio mentre nella stanza echeggiavano urla ed insulti che penetravano nei suoi timpani nonostante le manine premute con forza sulle orecchie.

Bacchette sguainate, voci arrabbiate.
Le gambe del suo tutore , il suo viso che si abbassa sotto il tavolo per poterlo vedere.
Anche Senny urla, mentre si appresta ad eseguire gli ordini del tutore, chiamando il Preside attraverso il camino.

-Il Ministero è stato finora anche troppo indulgente con lei, Signor Piton.
Abbassi la bacchetta e non mi costringa ad usare la mia!-

È arrabbiata, quella donna e quella minaccia arriva prepotente nella testa del bambino.

Un NO gridato, il suo stavolta, paura e necessità di proteggere quell’uomo buono che si fondono e lo fanno uscire da sotto quel tavolo.
E correre, pararsi davanti al suo tutore.
Lo vuole proteggere, lo deve proteggere, nessuno deve fargli del male.
Ma quella donna non abbassa la bacchetta, è furiosa e Harry lo sa, lo sente.
Sa cosa possono fare gli adulti quando sono arrabbiati.

E allora è paura, terrore, quel “ti riportiamo dalla tua famiglia” che sovrasta ogni pensiero.
E Severus rimane immobile quando uno scudo si forma attorno a loro, avvolgendoli e spingendo indietro la donna che a malapena riesce a tenersi in piedi. 

La stessa donna che con un semplice movimento della bacchetta annulla quello scudo, annulla quella protezione.

E la consapevolezza di quel che ha fatto crolla sul bambino come un macigno, schiacciandolo, paralizzandolo.

E sente i pantaloni bagnarsi  mentre i “Mi dispiace” sono soffocati dai singhiozzi, da quel pianto che non riesce ad impedire, dal respiro corto, dal cuore che batte troppo veloce.
Che aumenta il ritmo quando su quel volto si dipinge un’espressione di disgusto, quando quella donna ripete le stesse identiche parole che hanno accompagnato il suo arrivo.

E c’è un’altra voce o forse due o tre che si mischiano, ma Harry non le sente, non ci riesce mentre è inginocchiato su quel pavimento, piegato dalla realizzazione di ciò che ha fatto, di tutti gli errori che ha commesso.
E lo stomaco fa male, di un dolore opprimente che tenta di attenuare involontariamente, grattandosi le braccia in movimenti sempre più veloci.
Non ci vuole tornare dalla sua famiglia.
Non può tornare a Privet Drive.
Non può, non può.

Per favore Signora.
Per favore.





-La smetta o non risponderò più di me!-
Il pozionista si abbassa, lo sguardo che cerca il piccolo rannicchiato sotto il tavolo.
 Ma di nuovo quella bacchetta puntata contro.
-Si allontani da Potter, Signor Piton, non è più compito suo occuparsi di lui!-
-Lo sta spaventando!-
Ringhia il pozionista, la testa appena sollevata, lo sguardo carico di rabbia.
E la sua mano avvinghiata alla bacchetta.

-Il Ministero è stato finora anche troppo indulgente con lei, Signor Piton.
Abbassi la bacchetta e non mi costringa ad usare la mia!-
E poi è tutto troppo veloce.
Il bambino di fronte a lui.
Uno scudo, lo stesso che gli ha visto creare di fronte allo specchio.
La Umbridge che avanza di nuovo.
Harry che crolla.
La sua disperazione.


-Dolores!-
La voce di Shacklebolt arresta ogni movimento.
-Abbassi la bacchetta!-
Intima, sotto lo sguardo di disappunto della donna.
-C’è un bambino in questa stanza!-
-Sono stata costretta, il Signor Piton ha…-
-SILENZIO!-

Il capoauror avanza, mettendo a tacere le parole della donna.
Uno sguardo a quel corpicino scosso da pianto.
A quel pozionista, ex collega, a quell’uomo che da anni conosce.
Hanno collaborato per conto dell’Ordine.
Ha avuto modo di conoscerlo nonostante il suo carattere sfuggente ed è stato proprio per questo che ha deciso di prendere in mano l’indagine.
Il Piton che conosceva lui non avrebbe mai preso in custodia un bambino.
Il figlio di Potter, per giunta.

-Signori…-
L’arrivo di Silente era previsto.
Immaginava ci fosse lui, dietro quella situazione.
Il fatto che però sia accompagnato dall’infermiera di Hogwarts lo lascia perplesso.

-Professor Silente! Nessuno l’ha invitata!-
Squittisce stizzita la donna, zittendosi all’occhiata truce dell’auror.
-Severus, porta il bambino di là…
Sono sicuro che Albus potrà rispondere alle nostre domande…-
Il pozionista non risponde, chinandosi nell’immediato per poter sollevare il bambino.

-Non potete farlo! Potrebbe fuggire o…-
-Non lo farà.-
Risponde Kingsley tentando di ignorare la voce rotta di quel bambino che si dimena fra le braccia dell’ex collega.



Il silenzio regna sovrano durante tutto il minuzioso racconto di Albus.
Dall’esplosione, alla conseguente presa in custodia del bambino, necessaria alla tutela della famiglia Babbana a cui era affidato.
Dal suo arrivo, alla sconcertante scoperta del suo vissuto.

-Nessuno ci assicura che non sia stato proprio il Professor Piton a ridurre  il ragazzino in quello stato!
D’altronde il suo odio nei confronti del padre di Potter non era certo un mistero!-
-Come osa?-
Poppy si alza, puntando il dito contro quella donna.
-Severus ha lavorato sodo, un questi mesi, per aiutare quel bambino!
Lei non ha il diritto di dire certe cose!-
-Allora mi spieghi, Signora, come mai non ha sporto denuncia contro quella famiglia!
O perché non abbia fatto richiesta di affidamento!-
 
Kingsley sfoglia le pagine di quella cartella clinica tentando di rimanere più oggettivo possibile.
Sa per certo che non è stato Severus ha fare quelle mostruosità.
E comprende anche il perché, di quella denuncia non fatta.
Ma se solo avesse messo da parte la sete di vendetta, adesso sarebbe tutto più semplice…

-Il Ministero aveva il diritto di sapere e voi….-
-Dolores…-
La voce calma del Preside attira la sua attenzione.

-Sono certo che il Ministero avesse il diritto di sapere…
Come sono certo che fosse dovere di esso intervenire a di fronte alle varie segnalazioni di magia involontaria che si sono susseguite, negli anni, a Privet Drive…-
-La magia involontaria non viene segnalata al…-
-Ministero, lo sappiamo…-
La interrompe docilmente Albus.
-A meno che la Potenza dell’incantesimo scagliato non sia eguagliata a quella di un mago adulto…-
-Lei come fa a sapere…-
L’agitazione della donna è palpabile.
Le mani che nervose passano sopra la gonna.
-È stata la signora Figg ad avvertirci dell’increscioso episodio.
Quando mi sono recato a Privet Drive, ho potuto avvertire l’aurea magica del bambino.
Stento quindi a credere che in passato non si siano verificati simili episodi o comunque di egual potenza…-
Una pausa per riordinare le idee.
Un silenzio che si prolunga.
-Quando Severus si è accorto delle condizioni del giovane Potter, la priorità è stata prendersi cura del suo stato fisico…
Ed ogni richiesta legale è passata in secondo piano.
Credo quindi , che si possa chiudere un’occhio di fronte a tale ritardo…
Soprattutto se si considera che la negligenza mostrata dal Ministero non sarebbe una gran bella pubblicità, non crede?-

Le guance della donna si gonfiano di rabbia repressa.

-Va’ a prendere i documenti, Dolores…-
La donna si alza nervosa, il ticchettio dei suoi tacchi che si allontana.

-Albus…-
Occhi chiari che studiano quel volto.
-Tu sai che questo servirà solo in parte…
Dovremo verificare quanto detto…
Tu sai che io vi credo…
Ma quel che ha detto Dolores, potrebbe diventare il dubbio di molti…-
-Lo so, ragazzo mio, lo so…-
L’auror annuisce di rimando, abbassando lo sguardo.
Prende i fogli dalle mani della Umbridge, che poi congeda senza troppe cerimonie.
-Dovrà venire con noi Albus… 
Io stesso mi occuperò di lui ma…
Dovremo fare degli accertamenti.
Per Provare l’innocenza di Severus, la colpevolezza di quella famiglia…-
Anche il Preside annuisce, consapevole e colpevole.
-È necessario…-
Ancora una parola, come per scusarsi.
Ma deve, deve portare via il bambino.
Firmare quei fogli servirà per impedire che venga rimandato da quella famiglia.
Ma a quella denuncia seguirà un processo.
È inevitabile.

E lui dovrà poter dimostrare l’innocenza dell’uomo, la fondamentale importanza che ha avuto il suo intervento.
Tutto ciò che ha fatto, per quel ragazzino.


Per quel bambino che ha avuto così tanta paura, da bagnarsi i pantaloni.
Ed è una cosa vergognosa, davvero vergognosa.
Lo sa Harry, per questo piange.
E non riesce nemmeno a scusarsi, quei singhiozzi sono troppo forti.

-Basta Harry, basta…-

E si chiede come faccia a toccarlo ancora il suo tutore.
Anche ora che è così sporco.

-M-mi… Dis…-
-Shhh… Calmati bambino…-

Ed è dura, per Severus, mantenere quel tono.
Quella calma, quel passo lento.
Perché vorrebbe cruciare quella donna.
È stata lei a fare questo.
Lei e quella dannata giornalista da quattro soldi.
Non hanno idea, loro, di quel che hanno fatto.
Non ne hanno idea…

-N-non lo f-fa più…
Mm… Disp… D-dispiace Signore!-

E ancora singhiozzi e disperazione.
Quella disperazione che Severus non può fermare.

E cammina il pozionista, con quel bambino fra le braccia.
Mentre gli dice che è stato coraggioso e che non ha importanza, se si è bagnato i pantaloni.
E ora è asciutto e pulito e non ha niente di cui vergognarsi o di cui scusarsi.

E vorrebbe rassicurarlo ancora, assorbire e far svanire quella paura.
Ma Albus è entrato nella stanza.
Con Kingsley.
E Poppy che ha gli Occhi lucidi e lo sguardo ferito.

Harry si stringe di più al suo tutore, quando gli vien spiegato che adesso un incantesimo non gli permetterà di sentire cosa si diranno.
E rafforza la presa, seppellendo il viso nel collo del pozionista quando questi si irrigidisce.

-Devi firmare queste carte, Severus…-
Una piuma incantata, il pugno che si Serra con forza.
-Non se lo meritavano, un processo…-
Ringhia sottovoce, digrignando i denti.

Denunciare quella famiglia è necessario, gli ha spiegato.
Necessario a dimostrare il perché, Harry sia stato prelevato da Privet Drive.
Necessario a dimostrare che non è stato lui, ha compiere quelle violenze.  
Necessario per far comprendere l’importanza del ruolo che ha svolto.
Necessario perché la sua richiesta d’affidamento venga accolta.

Necessario per Harry.
Solo per Harry.

-Condurremo accertamenti medici…
Dopodiché, inoltreremo la denuncia… E la richiesta…-

Gli occhi d’onice si sollevano verso quel volto.
E Kingsley si costringe a non abbassare lo sguardo.
C’è dolore, in quelle iridi nere.
Che tentano di mostrarsi arrabbiate, mentre le braccia circondano quel corpicino.

-Lui… Non vuole essere toccato.
Non…-
-Mi assicurerò che non accada Severus…-

Un annuire sconfitto.
Una carezza fra quei capelli neri.

-Datemi qualche minuto…-

I tre lasciano la stanza, il rumore dei passi che spezza un silenzio quasi sacro.
Un abbraccio che si fa più profondo, più intenso.
-Harry…-

Parlare è diventato così difficile.
E se ne accorge quel bambino.
Che alza la testa.
E trattiene le lacrime.

-N-non m-mi mandi v-via Sign…-
Le manine che coprono la bocca.
Una rassicurazione che non arriva.

-Ti preg…-
Ed affonda quella testa nel petto del suo tutore.
Sul corpo di quell’uomo che però non risponde.

-I-il bambino…
N-non lo f-fa più…
N-non  lo dice p-più  Signore ti prego!-

E Severus chiude gli occhi, inspira a fondo.
Prende quel visino fra le mani.

-Harry ascoltami…-
Occhi spalancati, lucidi di speranza.

Non mandarmi via.
Ti prego Signore.
Ti prego.


-Tu non andrai a Privet Drive, questo te lo avevo promesso, ricordi?-

Si, se lo ricorda.
E annuisce piano, perché sa che c’è qualcos'altro.
Perché il suo tutore non ha mai quella voce.

-Ma adesso tu devi andare con questi Signori perché…-
Ma non fa in tempo a continuare che gli occhi del bambino si Serrano, la testa si abbassa, il corpo si piega come avesse appena ricevuto un colpo in pieno stomaco.
Ed un lamento prolungato, straziato, straziante.

-Harry, ti prego guardami…-

Le mani che di nuovo catturano quel viso rigato di lacrime, che si lascia guidare, stremato.

-N-no… facc.. faccio p-più…-
-Harry…-
-D…  Divent… B-bravo…-
Occhi che implorano.
Scongiurano.
-Tu sei bravo Harry…-
Mani che asciugano le guance rosse.
Piccole dita che si aggrappano alle sue.
-N-no… L-lo sa il b-bambino lo s-sa Signore ma…
D-diventa bravo!-
Di nuovo occhi che si Serrano.
Lacrime che fuggono.
-N-Non si b-bagna più.
N-no  di.. dice c-cose s-sbagliate…
Signore…-
-Harry guardami.-
Iridi verdi.
Iridi nere.
Dolore.

-Io ti vengo a riprendere.
Questa è una promessa Harry.
Ti vengo a riprendere.
Puoi fidarti di me, bambino?-
-Signore!-
Uno slancio, un abbraccio disperato.

Occhi lucidi.
Cuori crepati.

-Te lo prometto Harry, te lo prometto…-
Un cullare e uno stringersi.

Un dolore che pulsa radunando i suoi oggetti.

Un libro raccolto, un gesto che frena.

-Non lo vuoi portare questo?-
Uno scuotere la testa.
-I-Insieme…-

Un messaggio.

Lo leggeranno insieme, quel libro.
Perché il suo tutore gli ha detto che verrà a prenderlo.
E allora potranno scoprire se Pinocchio è diventato un bambino.
Insieme.
Perché il suo tutore glielo ha promesso.
E lui non direbbe mai una bugia.
Vero?

Un dolore sordo che accompagna la luce emessa dal camino.
Poco prima che Harry si avvicini.
Poco prima che lo tiri per una manica, costringendolo ad abbassarsi.
E a farsi abbracciare.

-V-viene a p-prendere i-il b-bambino Signore…-
-Ti vengo a prendere Harry…-
-V-viene a p-prendere i-il b-bambino Signore…-
-Si Harry, ti vengo a prendere.-

Fiducia.
Solo quella permette al bambino di non perdersi, in quel dolore.
È a quella, che deve rimanere aggrappato.
Con tutte le sue forze.

E Severus sorride incoraggiante mentre lo vede prendere la polvere.
E solleva un po’ il libro ancora stretto fra le sue dita.

-Insieme Harry…-

Il labbro inferiore che trema.
-In… i-Insieme Sign-Signore…-

Un fumo denso.



-Ti voglio bene bambino…-
Ma Harry è già sparito.







---SPAZIO AUTRICE---

Il nostro bambino dovrà essere forte.
Il nostro Tutore, anche.

Kingsley è un personaggio che emerge poco dall’originale, ma l’ho sempre visto come un qualcuno di rassicurante.

Ci stiamo preparando all’ ultima “battaglia”.

Grazie per il sostegno che date a questi due personaggi.
Ne hanno proprio bisogno.

Un abbraccio forte e…
Buona Pasqua!

Dragonfly92














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Capitolo 23
*** Panico ***


Panico




Quella, bambino, fu la settimana più lunga della mia vita.
Settimana sì, perché nonostante i buoni propositi di Kingsley, avviare il processo richiese più tempo del previsto.

Veritasierum.
Sarebbe bastato quello.

Ma non era possibile.
Non subito, non prima di aver escluso qualsiasi altra possibilità.
Avrebbe “violato i codici imposti per la salvaguardia dei diritti dei babbani”, mi aveva detto Silente.
E non era servito a niente riversare la mia ira sul suo ufficio.
Distruggere la sua mobilia, sputargli addosso il rancore che avevo serbato per mesi.

Non era servito ad un bel niente.

Si erano rivolti ad un avvocato, ovviamente.
Ad un Magonò .

Che con nauseante disinvoltura aveva raccontato della fatica e dell’impegno che la famiglia Dursley aveva impiegato per prendersi cura di te.
Nonostante il tuo carattere difficile, nonostante tu, più volte, avessi messo a repentaglio la loro incolumità con i tuoi “scoppi d’ira”.

C’era voluto ben poco, per rendere quella dichiarazione irrilevante.
Non c’erano prove.
Non una foto, non un vicino che avesse dimostrato l’intenzione di testimoniare a favore dell’idilliaco quadretto famigliare che cercavate di dipingere.

E così, la data del processo era stata decisa.

Il tempo di esaminare la cartella clinica.
Il tempo di raccogliere la testimonianza di Poppy, quella di Albus.
Il tempo di farvi venire l’idea di accusare me.

Oh, e la faccia che avete fatto quando avete letto delle sue condizioni…
Ammirevole, davvero.

Peccato io fossi disposto a testimoniare sotto veritasierum.
Il vostro piano, stava facendo acqua da tutte le parti.

Ma poi un’idea, un appiglio.

-Non è possibile ricorrere a pozioni magiche su nati babbani, se non prima d’aver escluso qualsiasi altro mezzo fine al dimostrare la veridicità delle loro dichiarazioni…-

Aveva ghignato, quell’essere che aveva preso le vostre difese.

-Chiediamo che Harry James Potter venga chiamato a testimoniare!-

Il fiato, a quel punto, mi si era congelato nei polmoni.
Sentivo il sangue bollire.
Le tempie pulsare.

E tutto questo mentre li guardavo con la testa infilata in quel dannato pensatoio.

Oh no, non li avevo ancora incontrati.
Perché niente mi avrebbe impedito di porre fine alla loro esistenza, di fronte a quella richiesta.

Ti stavano facendo male, bambino.
Nonostante fossero fisicamente lontani da te, nonostante non potessero toccarti, stavano cercando di farti del male.

Non avresti avuto il coraggio, una volta trovatoti davanti a loro.
Coraggio di guardarli, di parlare o anche solo di respirare.
E questo loro lo sapevano.
Lo sapevano molto bene.

È stato Kingsley, ad intervenire, a quel punto.
È solo grazie all’intervento di quell’uomo se siamo riusciti a risparmiarti quell’umiliazione.
Un soggetto esterno, politicamente influente.
Per merito suo, il giudice ha deciso di accettare la loro richiesta sì, ma non gli ha permesso di vederti.
Una magra consolazione che ci ha portati all’insindacabile decisione finale... 







Speranza.
Era stato abbastanza semplice, per Harry, rimanerle aggrappato.
Finché poteva ancora vedere il suo tutore.
Finché poteva ancora sentire la sua voce.

-Insieme Harry…-

Era l’ultima cosa che gli aveva detto.
Poi era entrato in quel camino.
E si era ritrovato in un edificio dalle mura altissime, che brulicava di persone evidentemente rispettabili e sicuramente indaffarate.

E c’era quel Signore con lui, quel Signore dalla pelle scura, la voce calda e con una divisa decorata da tante medaglie.
Era amico del Signor Severus, questo lo aveva capito.
Ma le sue mani erano davvero grandi…

-Ti vengo a prendere…-

Harry teneva stretto fra le braccia lo zainetto che gli aveva dato il suo tutore.
C’erano le sue cose, lì dentro.
Quasi tutte.

Si guardava intorno, quella Camera tutta colorata.
Il Signor Kingsley l’aveva trasformata appena erano entrati.

-Ti piace?-
-S-Si Signore…-

E forse quell’uomo aveva capito che aveva detto una bugia perché aveva alzato una mano.
E lui si era coperto la testa e la faccia, come meglio poteva.

Non era proprio una bugia, quella Camera gli piaceva è che…
Non era la sua.

Ma come glielo poteva spiegare?
Doveva farlo?
O quell’uomo si sarebbe  arrabbiato di più?

L’auror aveva sentito lo stomaco stringersi a quella reazione.
Severus lo avrebbe cruciato, se lo avesse visto far un errore del genere.
Voleva soltanto essere rassicurante.
Aveva sottovalutato l’ammonimento dell’ex collega.

-Scusami, non volevo spaventarti…-
Aveva quindi detto, distanziandosi appena.

-Puoi disfare le tua cose, tornerò tra poco con qualcosa da mangiare, d’accordo?-

Ma il bambino non aveva disfatto il suo bagaglio.
E non lo fece quella sera, né quella successiva.
Ogni qual volta entrava per assicurarsi che stesse bene, lo trovava seduto di fronte alla scrivania.
Intento a fare esercizi il giorno, e con lo zaino stretto al petto la sera.

-Harry, perché non ti metti il pigiama? È tardi…-
Il bambino lo aveva allora guardato con lo sguardo lucido.
Ma aveva ubbidito e si era vestito come gli era stato detto.
Poi, era tornato a sedersi.

Il Signor Severus gli avrebbe dato il tempo di cambiarsi prima di portarlo via, no?



-Harry, è tardi…
Dovresti andare a letto…-
Quello, era il quarto giorno.

-Non hai mangiato?-
Chiese allora l’auror, guardando il vassoio ancora pieno.

Il bambino avrebbe voluto rispondere.
Ma sentiva un nodo bloccargli la gola e gli occhi bruciare.
E non poteva piangere.

Non si piange.
Non si piange.

-Sarai stanco…
Ho visto che hai fatto I compiti per tutto il giorno…
Non vuoi riposarti un po’?-

-I-il b-bambino…
A-aspetta…
Il S-Signor Severus, Signore…-

Kingsley notò l’enorme sforzo di trattenere il pianto.
Le ombre violacee sotto quegli occhi verdi, segno del poco sonno di quei giorni.

-Ha d-detto che l-lo viene a p-prendere…-
Ripeté per convincere più se stesso che quell’uomo.

-L-lo v-viene a prendere p-presto…-
Le mani premute sulla bocca non servirono a celare quel singhiozzo.
Stava succedendo.
Stava piangendo.
Stava…

-Severus ha detto che questa ti piace…
Bevila, te la manda lui…-

Forse quel Signore non se n’era accorto.
Velocemente scacciò quelle lacrime dal viso.
Il Signor Severus gli aveva mandato la sua tisana.
Allora forse non si era dimenticato di lui.
Della sua promessa.
Forse era solo un po’ impegnato.
Allora sì, aveva il tempo di bere.
E di chiudere un pochino gli occhi.
Solo un pochino però.

-Vuoi sdraiarti sul letto?-
-No Signore Grazie Signore…-
Riuscì a biascicare.
Prima di mettere le braccia sulla scrivania.
Appoggiarci la testa.
E lasciare che il sonno lo avvolgesse.
Ma solo un pochino…




-Harry questi Signori vorrebbero parlare un po’ con te…-
-Si Signore…-
Il bambino evitò accuratamente lo sguardo di ognuno di loro.
Non gli era mai capitato di trovarsi in una stanza con tutti quei grandi.
La pallina stretta nella mano, lo zainetto sulle spalle.
Lo aveva portato con sé e Kingsley non aveva avuto il cuore di dirgli che Severus non sarebbe venuto a prenderlo.
Non quella sera e forse nemmeno la successiva.

-Ciao Harry, io sono Eveline…-
La giovane andò a sedersi di fronte al bambino che rispose con un evidente timore.

Il tavolo basso era cosparso di fogli.
Con un colpo di bacchetta la donna fece apparire un arcobaleno di pastelli.
E sorrise soddisfatta quando il piccolo alzò leggermente lo sguardo.

-Vuoi fare un disegno?-
Il bambino si mosse a disagio.
Cosa doveva rispondere?
Certo che quei pastelli erano proprio belli…

-Ti piace disegnare Harry?-
-C-colorare…-
Rispose con un filo di voce.
Lui non sapeva disegnare.
Ma colorare sì, quello gli piaceva tanto.
-Oh bene!- squittì allegra la donna.
-Vuoi farlo?-

Kingsley osservò il bambino declinare gentilmente l’invito.
Doveva fare prima gli esercizi, le aveva spiegato.
E così lei lo aveva assecondato, lasciando che prendesse il suo materiale, mentre i due ragazzi alle sue spalle prendevano ininterrottamente appunti.
Cosa avessero da scrivere poi, lo sapevano soltanto loro…

-Senti Harry, avrei delle cose da chiederti.
E vorrei che tu fossi sincero, d’accordo?-
-Si Signora…-

Kingsley ammirò la pazienza di quella giovane.
Il suo partire da domande semplici, apparentemente innocue.
Il suo indagare velato e cambiare tattica ad ogni sintomo di disagio del bambino.

Ci vollero più di quaranta minuti per arrivare alla questione.
E nonostante il tatto della psicomaga, l’irrigidimento del bambino era chiaro anche ad un non esperto come lui.
-Tu abitavi a Privet Drive, vero?-
-S-si Signora…-
-E chi abitava con te?-
-I S-Signori D-Dursley Signora…-
-Bene, puoi descrivermeli Harry?-
Il bambino prese a stringere convulsamente la sua pallina.
E mano a mano che cercava di descrive i membri di quella casa, i movimenti si facevano più nervosi.
-E il S-Signor V-Vernon…-
-Lui invece come era Harry?-
-A-arrabbiato…-

Perché lo guardavano così?
Forse non doveva dirlo.

-Era arrabbiato con te?-

Deglutire è difficile.

-C-con i-il b-bambino…-
La psicomaga cercò lo sguardo del piccolo, senza risultato.

-Si arrabbiava spesso Harry?-
-S-Si Signora…-
-Perché si arrabbiava con il bambino?-
-Cattivo…-

Gli occhi diventano lucidi.
Perché tutte quelle domande?
La pallina non gli serve a niente.
Le mani strusciano sulle braccia.

-E il Signor Severus invece?
Lui com’è?-
Harry riprende a respirare.
Sa bene cosa rispondere, adesso.

-Il Signor Severus è a-alto e b-bello e…
F-fa le magie!-
Afferma con una nota d’orgoglio.
-Cosa facevate insieme?-
-I-il Signore mi i-insegna  le cose…
A l-leggere e s-scrivere…
A e-essere b-bravo…-

Eveline lo guarda con una nota di rammarico.
Ha notato come il bambino parli di sé in terza persona, descrivendo la sua vita a Privet Drive.
E come invece riesca ad identificarsi in se stesso parlando del tempo trascorso insieme a questo Signor Severus.
Non ha dubbi sul reale colpevole di quelle violenze, ma sa che non è abbastanza.
Più velocemente otterrà le sue risposte, prima quella vergognosa inchiesta sarà chiusa.

-E dimmi Harry, qualche volta capitava…
Che tu non fossi bravo?-
-Si Signora…-
Il bambino abbassa la testa, riprendendo a torturarsi le manine.
-E cosa succedeva?-
-M-magia…-
La donna lo scruta, celando la sua perplessità.
Anche Kingsley affila il suo sguardo.
-E che magia faceva?-
Il bambino tentenna, nervoso.
Come può spiegarglielo?

-Faceva male Harry?-
-No Signora!-
La donna continua a scrutarlo.
-Puoi farci vedere cosa faceva?-

Harry la fissa per un istante.
E trema appena mentre posa la sua pallina sul tavolo.
Ed incrocia le sua braccia intorno al suo stesso corpo nell’infantile tentativo di spiegare quell’incredibile magia.

La magia di un abbraccio.

Tutti, nella stanza, tirano un sospiro di sollievo.
La donna annuisce, guardando il bambino con occhi pieni di tenerezza.

Adesso però, manca l’ultimo tassello.
-Grazie Harry, sei stato davvero bravo.-
Il bambino arrossisce appena, riabbassando lo sguardo.

-Ancora poco domande e Poi abbiamo finito, d’accordo?-
-Si Signora…-
-Harry, quando invece ti capitava di non essere bravo, a Privet Drive…
Cosa succedeva?-

Il bambino apre e chiude la bocca.
Le palpebre sbattono veloci, il ritmo del cuore aumenta.

-L-lezioni…-
Riesce a dire.
E Kingsley deve combattere la voglia di lasciare la stanza.

-Che tipo di lezioni Harry?-

Occhi verdi che diventano lucidi.
Un sorriso che tenta di rassicurare.

-P-per c-capire…-
-Capire cosa Harry?-
-C-cattivo…-

La voce inizia a tremare.

-Il bambino era cattivo Harry?-
-S-Si Signora…-
-Allora gli davano le lezioni?-
-S-Si Signora…-
-Chi?-
-Il S-Signor Vernon…-
-E cosa faceva?-
-I-insegnava…-
-Come Harry? Come ti insegnava?-

Labbro che trema, un nodo alla gola.
Basta, per favore.

-Come Harry? Ti faceva male?-

Il bambino annuisce, gli occhi sempre più lucidi.
Il respiro corto.

-Harry, cosa faceva?-
-L-la m-maglia…
V-via l-la maglia…-

Via la maglia ho detto!

-Ti faceva togliere la maglia?-

Abbassati razza di piccolo mostro!

Lacrime che iniziano a scendere.
Lo sguardo che si fissa su un punto lontano.

-S-Si…-
-E poi che succedeva?-
-M-male…-
-Ti colpiva?-

Forse è la volta buona che capisci!

Carne che si lacera.
Dolore.


-C-cattivo…-

Lacrime e suppliche.
Un colpo.
Due.
Tre.
Quattro.


- Harry ascolta…-
-CATTIVO SEI CATTIVO!-

Sei cattivo.

Sei un bravo bambino Harry.


Confusione.
Speranze che si sgretolano.
Mobili che tremano.

-Harr…-

Le voci diventano ovattate.
Perché non riesce più a respirare?
Fa freddo.
Qualcuno si avvicina.
Troppi, sono troppi.
E faranno male.

-Respira Harry-

Paura.
Sudore freddo.
Immagini sfocate.

-Respira Harry-

Panico.
Guance bagnate.
Visi vicini.
Parole incomprensibili.

-Respira Harry-

Disperazione.
Realizzazione.
Il suo tutore non c’è.
Non è venuto a prenderlo.
Forse non verrà più.

-Respira Harry-

Perché dovrebbe tornare?
È stato cattivo.
L’ennesima volta.

Dolore.
Al petto.
Al cuore.

Paura.
Paura.
Paura.

Buio.












- Harry James Potter è stato ascoltato, come richiesto, in separata sede ed in presenza di psicomaghi professionisti.
La sua testimonianza  non è stata ritenuta valida.
In quanto minore e date le condizioni psicofisiche riscontrate.
L’udienza è fissata per domani ed è prevista la somministrazione di veritasierum per entrambe le parti coinvolte.-









---SPAZIO AUTRICE---
Hey!
Intanto grazie, se sei arrivato a leggere fino a qui!

Come dicevo, la storia ha quasi raggiunto il suo termine…
Mancano due o tre capitoli alla fine.

Spero con tutto il cuore che, anche se molti di voi hanno smesso di commentare, stiate continuando a leggere.
Se la storia non vi piacesse più me lo direste, vero?
Sapete che sono sempre pronta ad ascoltare i vostri consigli!
E se c’è qualcosa, anche magari nello stile o nella scrittura, che non vi piace, non esitate a dirmelo!

Detto ciò, vi abbraccio con tanto tanto affetto.
E grazie, grazie di cuore.
Ad ognuno di voi.

Dragonfly92  

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Capitolo 24
*** Sempre ***


Sempre


-Gli imputati si alzino in piedi…-
Nell’aula circolare, vigeva il silenzio più assoluto.
L’occhiata loquace che l’avvocato gli riservò, non fece demordere Severus dallo staccare il suo sguardo da quell’essere che se ne stava in piedi, la mano stretta a quella donna che aveva deliberatamente macchiato la vita al figlio di sua sorella.
Severus represse un moto di rabbia.
Era già stato allontanato dall’aula, dopo essersi verbalmente scagliato contro i due.
E senza che si fosse risparmiato di aggiunge qualche sequela di coloriti insulti volti a “quell’enorme essere rosa confetto.”
Oh, ma prima che venisse trascinato fuori, era riuscito anche a dedicare qualche parola a quella “giornalista da strapazzo che non avrebbe esitato un istante ad inginocchiarsi di fronte al primo paio di pantaloni, se solo questo le fosse servito a guadagnare un po’ di fama.
Quella vacca…”
Sì, probabilmente aveva esagerato.
Ma nessuna ripercussione legale era prevista dato il funzionamento del veritasierum che gli era stato somministrato.
Non che lui ne avesse approfittato per sfogarsi, sia ben chiaro…

-…Colpevole!-

La voce del giudice lo richiamò alla realtà.
Serrò i pugni affondandoli nelle tasche.

Non aveva seguito il discorso dell’uomo.
Ma a giudicare dal colorito che avevano assunto i due, non dovette sforzarsi troppo.

Ancora pochi minuti.
E tutto, sarebbe finito…

  
-Signor Dursley. 
Lei è condannato a nove anni di reclusione.
Come previsto dall’articolo volto alla tutela dei Vostri diritti, la pena sarà scontata presso un istituto detentivo gestito da babbani.

Signora Dursley.
Lei è condannata a due anni di reclusione per…-
L’urlo disperato della donna interruppe il discorso.
Petunia venne trasferita immediatamente fuori dall’aula, mentre lo shock e la realizzazione si dipingevano sul volto del marito.

Il ragazzo, Dudley Dursley, sarebbe stato affidato ad un istituto specializzato nella rieducazione di minori.

-Signor Piton…
Le accuse sporte contro la sua persona si sono rivelate prive di fondamento…-
Severus non ascoltò il resto del discorso.
Non ascoltò mentre l’uomo, anche molto poco professionalmente, decantava lodi alle sue gesta.
Non ascoltò mentre gli veniva offerto il pieno sostegno economico e professionale da parte del Ministero.
E nemmeno mentre il giudice sottolineava,  seppur velatamente, la necessità di insabbiare la terribile vicenda.
Per il bene del minore, ovviamente.
Non per il terrore che la negligenza degli organi ministeriali fosse sbandierata a tutta la comunità magica.
Giammai.

Ma, in ogni caso, Severus non ascoltò.
Non fin quando…
-…Il Ministero ha quindi accolto la sua richiesta, nominandola Tutore Legale di Harry James Potter.
Seguirà un periodo di sei mesi durante i quali riceverà il supporto di una psicomaga.
Al termine di essi…-
-Voglio vedere il bambino dannazione!-
Sbottò d’un tratto, provocando un piccolo sobbalzo a tutti i presenti.
-Veritasierum…-
Si giustificò il pozionista, scrollando le spalle.
-Temo, Signor Piton, che l’effetto di tale pozione si sia esaurito già da un bel po’…
E sono sicuro di non dirle niente di sorprendente, data la sua conoscenza in materia…-
Severus sbuffò irritato ma si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo.
-Credo che però, sia opportuno accogliere la sua richiesta.
L’udienza è conclusa.-





-Come sta?-
Severus quasi imprecò all’ovvietà della sua stessa domanda.
Si bloccò ad osservare il bambino attraverso quelle specchio unidirezionale, che probabilmente aveva permesso a Kingsley di tenerlo sotto controllo senza invadere gli spazi del piccolo.

Il bambino era seduto di fronte alla scrivania.
Le braccia stringevano lo zainetto al petto, un lieve dondolio muoveva il suo corpicino avanti e indietro.

-Ha avuto un attacco di panico ieri…-
Severus annuì, continuando a guardarlo sentendo lo stomaco ridursi ad un pugno.
-Gli abbiamo dovuto somministrare un calmante e…-
Kingsley Guardò il collega, il volto contratto in un’espressione quasi dolorosa.
-Non ha mai smesso di aspettarti Severus…
Va’ da lui…-
 
Severus ascoltò i passi dell’uomo farsi sempre più lontani.
Un sospiro profondo, una mano che abbassa la maniglia.
Il respiro che pare bloccarsi.

-Harry…-

Il bambino si volta, la bocca che si schiude.
Il respiro pesante.
Emozioni che scorrono nelle vene.

-S-Signore?-

Incredulità, forse sollievo.
Dubbi che deformano quel visino.
Che lo fanno parlare.
Frenetico, confuso, agitato.

-I-il b-bambino n-non è s-stato b-bravo.
Ha… Ha p-pianto e…
G-gridato e…
N-non ha u-ubbidito e…-

L’immobilità su quella sedia.
Lacrime.
Guance bagnate.

-Harry…-

Severus si avvicina, ma non troppo.
Non ha idea di cosa possa passare per quella testa, adesso.

-N-non ha a-ascoltato e…-
 
Confessioni.
Che fanno male ma…
Deve farle.

-Perché mi racconti queste cose bambino?-
Chiede pacatamente, inginocchiandosi di fronte a lui, dosando i suoi movimenti.
Vede quella fragilità e prega perché quei giorni non abbiano distrutto tutto ciò che hanno costruito.
Harry è spaventato, logorato da mille dubbi.
E questo lo vede Severus, per questo si ritrova a ponderare le sue azioni, per non agitarlo di più.
Mai avrebbe creduto di doversi trovare a reprimere la voglia di stringere qualcuno.

-P-perché c-così…
Il S-Signore l-Lo sa e…
S-se v-vuole a-andare v-via o…-

Harry si trova a combattere contro quei singhiozzi.
Contro quei singulti che Severus percepisce come pugni.

-P-però ha f-fatto i c-compiti S-Signore e…
T-tutti i co…-

-Harry…-

-Compiti S-Signore… E…
Signore…
S-Signor Severus…-

Il corpicino si piega un po’, su quello zaino.
Lo stomaco gli fa male, la gola brucia.

-S-Signore…-
-Harry vieni qui…-

Quando Severus allarga le braccia, il pianto di Harry sfocia.
Esplode, attutito dalla stoffa nella quale adesso può affondare il viso.
Dalla maglia del suo Tutore, da quelle mani che ora strusciano sulka sua schiena, e fanno bene.

-Andiamo a casa Harry…-
-S-Signore…-

Quello, è tutto ciò che riesce a dire.
A chiamare il suo tutore, a ripetere il suo nome ancora e ancora.
E non riesce ad impedire alle lacrime di scendere, come non riesce ad allentare la presa da quel corpo che ora lo ha sollevato.
E lo stringe Harry, per sentirlo, per assicurarsi che sia vero.
Ed inspira forte quell’odore di menta, perché quando sogna non sente gli odori e se adesso riesce a sentire quello, allora vuol dire che Severus è tornato davvero.
E ha detto “torniamo a casa”.

E lo sta facendo davvero.
Lo sta portando a casa.

E c’è Senny, quindi è davvero a casa.
E lui la vorrebbe salutare per bene, ma non riesce a parlare, allora allunga una mano e la abbraccia, senza però staccarsi dal suo tutore.
Che ora parla e gli sta spiegando delle cose.
Una parola lunga.
AffidamentoPreAdottivo o qualcosa  del genere.
Vuol dire che adesso nessuno potrà più portarlo via.
Che rimarrà lì per sempre.
Chissà se potrà continuare a rimanere così, per sempre.
Sul petto del suo tutore.
Con le manine fra i suoi capelli.
Col suo profumo che scalda il cuore.
Con la sua voce che lo culla.

Ma il suo tutore lo ha detto, ha detto per sempre.
E lo ha detto proprio adesso, ora che lui è lì, avvinghiato a lui.
Il suo tutore mantiene sempre le promesse.
Quindi sì, può farlo.
Ora…
Un altro pochino…

-S-sempre…-









---SPAZIO AUTRICE---

Ciao!
Lo so, lo so…
Il capitolo è piccino picciò, ma non temete.
Ce ne sarà un altro, l’ultimo.

Pena troppo leggera per i Dursley?
Oh, ma dovete fidarvi del nostro professore.
Come ho detto, la storia non è ancora finita : )

Grazie per il sostegno che mi avete dato!
È stato bello leggere i vostri pensieri e sentire il vostro supporto.
Siete splendidi.

Un abbraccio,
Dragonfly92



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Capitolo 25
*** The End ***


The End





Oh no, non fu facile.
Non lo fu affatto.
E se in un primo momento mi ero quasi illuso che avremmo ricominciato da dove c’eravamo lasciati, ben presto fui costretto a ricredermi. 

Quella settimana ti aveva segnato, bambino.
Ti aveva fatto male.
Ti aveva regalato nuove paure.

Paure che ti svegliarono quella notte, fra oggetti tremanti ed un pianto incontrollabile.
Paure troppo grandi, che ti facevano urlare e piangere, e poi piangere Perché avevi urlato.
Paure che ti facevano implorare di non punirti ma che poi diventavano “mi punisci ma non mi mandi via”.

Quella stessa notte, iniziarono gli incubi.
Le ore passate a cercare di tranquillizzarti.
A camminare, su e giù per quella stanza.
A raccontare storie che non volevi sentire. 
A farti promesse, alle quali non riuscivi più a credere.

Le giornate divennero il riflesso di quelle notti faticose.
Bastava una porta sbattuta, una forchetta che cade, una risposta pronunciata troppo lentamente per scatenare una crisi.
E passata la paura, la consapevolezza del tuo comportamento ti piombava addosso, schiacciandoti.

Perdevi peso e le tue braccia divennero di nuovo un qualcosa da ferire, un qualcosa da graffiare per punirti.  

Ci fu una notte, a qualche settimana di distanza, in cui parole e carezze non servirono a niente.

Avevi bagnato il letto.

Ebbi paura, quella notte.
I singhiozzi ti mozzavano il respiro, il corpo che tremava così forte.
E ti rannicchiavi fra il comodino ed il letto, nascondendoti alla mia vista, cercando di sfuggire al mio contatto.
E quando ti ho preso, ho dovuto farlo bambino, le tue urla son divenute un qualcosa di doloroso.
Perché non chiedevi scusa, non pregavi affinché ti tenessi con me.
Gridavi piangendo, quanto tu fossi cattivo.
Mostro, ripetevi.
Sbagliato, dicevi.
Le unghie che cercavano la tua stessa carne.

E poi, d’un tratto, hai smesso di parlare.
E dalla tua bocca uscivano ancora urla ma…
Non dicevi più niente.
E affondavi il viso contro il mio petto, per affogarle.
Ma le sentivo, quelle ferite.
Come fossero mie.
Sentivo il dolore che ti facevano provare, concretizzato in quei lamenti che prego Salazar, di non sentire mai più.

Son dovuto ricorrere ad un calmante, quella volta.
Temevo avresti avuto un collasso.
Non mi scorderò mai, di come mi hai guardato Harry.
Non mi dimenticherò mai dei tuoi occhi cerchiati di rosso, del tuo petto che si alzava ed abbassata troppo velocemente.
Non mi dimenticherò di quella che, in quel momento, non sembrava nemmeno più la tua voce.
Di quel tuo “Basta, basta Signore…”.

Eri stanco , bambino.
Stanco di tutto quel male.
Ed io non sapevo cosa fare.


Poppy disse che si trattava di un esaurimento nervoso.
Un bambino, che aveva un esaurimento nervoso.
E come si cura un qualcosa del genere?

Rassicurazioni, parole, nuove pozioni, contatto fisico.
Presenza, costanza, routine, dialogo.

Amore.

Io non l’ho mai detto a nessuno Harry…
Ma avevo una paura terribile di quella parola.

Non lo avevo ricevuto, non sapevo darlo.

Poi, un giorno, tu mi hai detto un cosa.

Eravamo in bagno, tu seduto ed immobile su quello sgabellino mentre cercavo di darti una sistemata a quella massa disordinata che avevi al posto dei capelli.
Ti ho sentito tremare alla vista di quelle forbici, così mi sono fermato ed inginocchiato di fronte a te.
E ti ho accarezzato.
Ma tu, hai pianto.
Silenziose lacrime, ti bagnavano il viso.
Così ho tolto di mezzo quell’oggetto metallico, ma non è servito a niente.
Tu, piangevi comunque.

-Paura…-
Mi ha detto.
Ed hai sfiorato la mia mano.
-Hai paura di questa?-
Ti ho chiesto un po’ perplesso e sicuramente sgomento, quando hai annuito.
-Pensi che voglia farti del male?-
-N-no Signore…
F-fa b-bene ma… P-paura…-

Ed ho compreso. 

Condividevamo la stessa, identica paura, bambino.
La paura d’amare. 

E di lasciarci amare.





Due mesi dopo, quando sono venuto in camera tua per la tisana e per la storia della notte, c’era già un libro, sul tuo comodino.
“La storia di Pinocchio ”.
Non lo avevi più voluto leggere, da quando eri tornato.
Ma adesso, eri pronto a sapere come andava a finire quella bizzarra storia.
E posso giurarti che non avrei esitato a cruciare quel Collodi se si fosse azzardato a far fallire l’impresa di quel burattino…

Un pomeriggio di Maggio, ho trovato un qualcosa che ha catturato la mia attenzione.
Fra gli obbrobri dei compiti che stavo correggendo, c’era un qualcosa di diverso…
Pur essendo capovolto, non avevo dubbi in merito al fatto che si trattasse di un qualcosa che volevi farmi trovare.
Non era la prima volta che mi facevi recapitare uno di quei disegni prestampati che coloravi con estrema precisione.
Ma quello…
Oh, quello era diverso.
Era un disegno.
Il tuo primo disegno, Harry

Potrei dirti che è stato commovente.
E che lo conservo ancora con minuziosa precisione.
Ma ho un reputazione.
Quindi no, non te lo dirò.



Arrivò luglio.

Quel giorno, compivi Otto anni.
-P-posso a-andare a s-scuola q-quest’anno Signore?-
Quello, era il tuo desiderio.
E chi ero io le impedire che si avverasse?

Grazie alla documentazione che Albus mi aveva fatto compilare,  (No, questo non è un ringraziamento, sono ancora arrabbiato con lui), l’istruzione privata che ti avevo impartito fu ritenuta valida, a livello istituzionale.
Adesso occorreva soltanto una scuola.
Prestigiosa, ovviamente.
Con insegnati più che competenti, direi.

E quale istituto era più adatto di quello frequentato dal piccolo erede dei Malfoy?

Sì, Draco Malfoy, nonché mio figlioccio.
Repellente quanto te al contatto fisico, abbastanza intelligente da comprendere quanto importante potesse essere l’ accaparrarsi la tua amicizia.

Temuto tanto quanto bastava a far desistere chiunque dal provocarlo o dal dar fastidio a chiunque si aggirasse con lui.

Perfetto.

Ad Agosto, vi ho fatti conoscere.

Sicuramente, l’interesse che Draco mostrava nei tuoi confronti era tutt’altro, che una disinteressata amicizia.

Almeno quanto il tuo interagire con lui, era pura e semplice obbedienza nei miei confronti.

Poi, avete iniziato a conoscervi.
E vi siete resi conto di quanto, in realtà, voi foste simili.
Con il vostro timore di deludere, il vostro non essere stati bambini.

Entrambi piuttosto silenziosi.
Uno per vergogna, l’altro per buona educazione.

Ed in quel silenzio, È nato il vostro legame.

Lui, è stato il primo bambino che non ha riso di te, anche se balbettavi, anche se il tuo braccio ogni tanto scattava, riflesso di quei tic nervosi che ancora ti trascini dietro.
Tu, sei stato il primo che ha compreso il suo turbamento quando si è macchiato i pantaloni, in giardino.
Sei stato il primo che non ha riso di quello che suo padre avrebbe ritenuto un fallimento.
Sei stato l’unico che ha cercato di rimediare a quello stupido errore.

Certo, smacchiare una stoffa bianca con un tovagliolo rosso, non è stata la tua idea più brillante Harry…
Ma per fortuna, esiste la magia…



Il primo giorno di scuola, i tuoi compagni hanno riso, durante la tua presentazione.
Ma tu non li hai sentiti.
Qualcuno, aveva lanciato un silencio…

La seconda settimana, la preside mi ha convocato d’urgenza.
Durante la pausa, i bambini avevano optato per un gioco che consisteva nel rincorrersi ed acchiapparsi.
Ma tu non avevi capito.
I tuoi ricordi avevano offuscato la tua logica non appena avevi udito quello “scappa o ti prendo!”


Fu faticoso, arrivare ad Ottobre.
Un’altalena di conquiste e passi indietro.

Ma quando sfogliando i miei testi trovai quello, mi dissi che sì, ne era valsa la pena.
Stavolta, in quel disegno, c’eri anche tu.



Capitavano periodi in cui il tuo animo tornava ad essere ansioso.
Senza apparente motivo, i progressi ottenuti grazie alla logopedia subivano un arresto ed i tic si ripresentano più insistenti.

Il periodo invernale, era uno di quelli.

Ma durante una di quelle sere fredde, accadde un qualcosa Harry.
Un qualcosa di bello e doloroso al tempo stesso…

Mi ricordo che eri sdraiato a pancia in giù, sul tuo letto, la schiena nuda per permettere alle mie mani di spandervi quella crema che ormai era diventata parte della routine.
Pensavo ti fossi addormentato, come spesso accadeva, e le mie dita presero a tracciare il percorso lasciato da una di quelle linee ormai bianche, che ti attraversavano la schiena.

-E-era stato cattivo…-
-Chi Harry?-
-Il bam…
Io, Signore…-
-Perché?-
-Non si a-abbracciano i m-mostri, Signore…-

Cadde un silenzio pesante, dopo quella tua frase.
Non sapevo cosa dire.
Me sei stato tu, a spezzarlo.

-Però e-era una b-bugia vero?-
-Si Harry, era una bugia.
Non sei quello che ti diceva lui…-

Poi, ti sei voltato.
Mi hai preso una mano.
E chiudendo il pugno attorno al mio indice, mi hai fatto percorrere un’altra delle tue cicatrici.
Appena sopra il ginocchio.
Fino a metà coscia.

-I-io non l’ho f-fatto apposta…
Cioè i-io…
Avevo f-fame Signore…-

Annuii, incapace di rispondere.
Faceva male.

-Qui n-non lo so Signore…-
Dicesti, facendo scivolare le mie dita lungo il tuo fianco.
-P-però e-era arrabbiato…
N-non lo so p-perché…
Però d-dopo ha d-detto “Sto meglio”…-

Non mi ero accorto, che avevi iniziato a piangere.
Che avevi iniziato a capire.

-F-faceva male la quella Signore…
La… L-la ci-cinghia…
F-faceva male d-di più la p-parte f-fredda però…
E c-con la m-maglia… C-con la m-maglia faceva male di p-più d-dopo…-

Ancora linee, ricordi, dolore.

-F-faceva male…
O-ora no p-però..
N-non fa più m-male.
Però…
Signore…-
-Dimmi bambino…-
-P-però mi viene da p-piangere…-
-Vieni qui Harry, vieni qui…-

Ti ho stretto forte, quella sera.
E quella dopo.
E quella dopo ancora...



Sembra passata una vita, bambino.
Da quella confessione, da quel racconto.
Dall’inizio di quella fiducia.

Sono rari i momenti in cui parli di loro.
Probabilmente, quello fu l’unica volta che lo facesti così esplicitamente.

E adesso Harry…
Adesso che ti guardo, non posso che vedere il bambino forte che sei diventato.
Lo so, cosa pensi.
Ma non devi.
Ci saranno sempre momenti in cui “ti verrà voglia di piangere” e non saprai il perché.
Ma non ha importanza, bambino.

Non lo vedi, quanto sei coraggioso?
Mentre percorri questo corridoio, sotto lo sguardo di tutte queste persone.

Qualche anno fa, non ci saresti riuscito.

Ti guardo bambino e sono costretto a nascondere le mani sotto il mantello, per nascondere la loro agitazione.
Mi ritrovo a trattenere il respiro mentre sali quegli scalini e ti avvicini.
Mi guardi, soltanto un attimo e non so se sono io che incoraggio te oppure il contrario.

Il cappello sulla tua testa quasi ti copre gli occhi.

Ed il tuo sussulto quasi rischia di contagiarmi, mentre nella sala si eleva un boato nell’esatto istante in cui viene pronunciata la tua casa:

-Serpeverde!-

Sorridi Harry, sorridi ed i tuoi occhi brillano in questo momento.

Per un attimo, ti volti e mi guardi.

E non c’è tuo padre, in quel volto.
Né tua madre, in quelle iridi smeraldo.

Ci sei solo tu, bambino mio.











Il Signore e la Signora Dursley, di Privet Drive numero 4, furono condannati rispettivamente a nove e due anni di reclusione.

Ma Ci sono cose, che nessuno seppe mai…

Vernon Dursley venne trasferito, dopo sette mesi di reclusione, in un ospedale detentivo psichiatrico.
Ogni notte, le pareti della stanza dove era detenuto Si stringevano, trasformando quella cella in un qualcosa che somigliava molto ad uno sgabuzzino.
Ma questa non era la cosa più terribile, a detta sua.
Perché ogni notte, due enormi mani lo costringevano contro il muro.
E sette colpi di cinghia, venivano inferti contro la sua carne.

Ovviamente, nessuno credette mai a questa storia.
Non v’erano prove tangibili, sul suo corpo.
E persino all’interno di quell’ospedale psichiatrico, il Signor Dursley venne da tutti additato come “quello strano”.
Quei sogni continuarono a tormentare le sue notti per sette, lunghissimi anni.


Petunia Dursley venne ricoverata per ben sei volte, durante il primo mese di detenzione.
Qualcuno diceva che era isterica.
Qualcun altro, consigliava di rinchiuderla insieme al marito.
Nessuno, le credeva.

Il secondo mese, Petunia smise di parlare dei suoi incubi.
Di quelle scene che ogni notte si susseguivano frenetiche nella sua testa.

Un bambino rinchiuso.
Picchiato.
Deriso.
Umiliato.
Affamato.

Il suo bambino.

Ci volle qualche tempo prima che comprendesse la reale origini di quelle scene.
La vita di suo nipote, interpretata dal suo bambino.
 
Petunia accettò la sua condanna.

Quando morì, venne rinvenuta una lettera.
A Lily.
Ma nessuno, lesse più di quella dedica.



Lo zoo di Londra vanta la presenza di 15.104 animali.
Harry, ne rimase a dir poco affascinato.
Gli piacquero tutti.
O meglio, quasi tutti.

Quei due scarabei rosa confetto, messi in bella mostra in una teca nel bel mezzo della sala, ecco quelli proprio no.
Ma al suo tutore sembravano piacere.
Era rimasto per ben cinque minuti ad osservarli!

-Sono r-rari Signore?-
-Fortunatamente sì, Harry…
Fra qualche mese verranno rimessi in libertà.
E credo proprio che non avremo più il dispiacere di vederli…-

Il bambino non aveva compreso molto, di quel discorso.

Ma si sentiva così felice che nient’altro aveva importanza.

Il suo tutore lo aveva preso in braccio, per fargli osservare quegli scarabei.
E anche se adesso erano arrivati al rettilario, non lo aveva ancora messo giù.

Era proprio un bambino fortunato. 
Come Pinocchio.
Si, proprio come lui.


E come quel burattino insieme al suo Geppetto…

Harry e Severus vissero per Sempre, Felici e Contenti.



-The End-









---SPAZIO AUTRICE---

Un pochino fa male, cliccare quel “completa”.
Questa, è stata la prima storia che ho avuto il coraggio di pubblicare.
Che, grazie al vostro sostegno, sono riuscita a portare avanti e terminare.

È stato un bel percorso.
A tratti un po’ difficile.
Ma ho cercato sempre, in ogni capitolo, di dare la giusta importanza a questa tematica.
Ed in tutti, ci ho messo il cuore.


Harry e Severus un po’ mi mancheranno.

A volte ho temuto di non riuscire ad andare avanti.
A sviluppare nel modo giusto il loro rapporto.

Ma siamo giunti fino a qui.
Ed è una bella, bellissima soddisfazione.

Mi piacerebbe sentirvi, un’ ultima volta.
Perché mi mancherete anche voi.
Alla fine, abbiamo condiviso un qualcosa.
E mi piace pensare a questa storia un po’ come ad un’esperienza.

Mi piacerebbe sentire anche chi, fino ad adesso, non si è mai espresso.
Sarebbe un bel modo di concludere questo viaggio.

In ogni caso, GRAZIE di avermi fatto compagnia fino a qui.
Siete stati speciali.
Anche voi, cari lettori silenziosi.

Seguirà un “capitolo” che in realtà un capitolo non è.
Questo era l’ultimo,
Il prossimo, conterrà i miei ringraziamenti.
Ad ognuno di voi.

Un abbraccio,
Dragonfly92 
 












 

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Capitolo 26
*** E a te... ***


E a te…
Che sei rimasto con Harry e Severus fin proprio alla fine…


Sappiate che se questa storia è giunta al termine, voi avete gran parte del merito.
Quindi, ancora una volta, GRAZIE.
A TE…

NightFury007, sei stata la prima a commentare.
Non puoi capire l’emozione che ho provato quando ho visto che una persona si era presa la briga di commentare la mia storia.
Grazie, per tutte le parole profonde che hai speso.
Per il sostegno.
Per aver cercato di commentare tutti i capitoli anche quando non avevi proprio tempo.
Sei stata una preziosa compagna di viaggio.
Grazie.

Fan of the Doors, hai scoperto questa storia quasi al suo termine.
E che nonostante questo, hai lasciato il tuo pensiero sotto ogni capitolo.
Pensieri sinceri e profondi.
E soprattutto, mi hai dato consigli fondamentali, che ho cercato di mettere in pratica.
Grazie.

Sylia, ti ho conosciuta grazie alla passione per Yuri on Ice.
E tu sei stata incredibilmente carina a leggere anche questa storia, nonostante Harry Potter non sia la tua passione.
E non solo l’hai letta.
Ma mi hai dato il tuo sostegno, commentandola e quindi incoraggiandomi.

Se amate i Vampiri, passate dal profilo di questa ragazza.
Se non li amate, passateci comunque e fidatevi, ve ne innamorerete.
“Filo di Lama” è una Storia che merita di essere letta.
“Luci d’Inverno” (sequel) è una storia che crea dipendenza.

Grazie Syila, anche per queste tue storie.
Che mi tengono compagnia e che fanno emergere tutto l’amore che metti nello scriverle. 


LadyVaderFrancy, compagna di casa e sorella in scrittura.
Hai letto questa storia ed hai trovato il tempo di commentarla nonostante i tuoi mille impegni.
E lo hai fatto anche se non ami iniziare a leggere storie ancora in corso.
Grazie per la fiducia.
Per il sostegno.
E anche per le minacce quando le cose sembravano prendere una brutta piega per i nostri protagonisti.

E voi che amate Harry e Severus quanto noi, non potete non fare tappa sul profilo di questa scrittrice.
A partire da “La maledizione” che conclude con ben due, incredibili sequel fino ad arrivare a “Point of view-La testa di leone”.
La mia preferita.
Grazie Lady.
Per il supporto e per le emozioni che trasmettono i tuoi racconti.

Az91, per i mille consigli e per l’incoraggiamento.
L’idea delle tartarughine in piscina è tua. Grazie per averla condivisa con me ed avermi permesso di usarla.

Severuslupin, hai scritto tante volte ed anche se è molto che non leggo un tuo parere, spero tu sia arrivata fino alla fine.
Grazie per il supporto che mi hai dato.

Valedd32, sei sempre la prima a commentare.
Ad incoraggiarmi, a condividere con me i tuoi pensieri.
Grazie.

ANCI03HARRY POTTER, sincronette18, lululove2  e Chocolat9 voi avete una cosa in comune.
La dolcezza.
Siete state davvero carine con i vostri commenti.
Sinceri e densi d’amore per questi protagonisti.
Grazie.

Artemis_moon,  moka_chan2003 e Aloysia Piton che non amate i capitoli corti ma avete comunque apprezzato la mia storia.
Donandomi i vostri messaggi.
Il vostro appoggio.
Grazie.

Layla Snape, Morgana_Altea, Lety2010, Sephira Nichols, Pola_Peace, ELENA20_20 e Siriusly che avete fatto domande per cercare di capire, avete condiviso le emozioni dei nostri protagonisti.
Avete sorriso con loro, ed è una frase che non scorderò.

Che avete rotto il vostri guscio di lettori silenziosi, per me.
Mi avete incoraggiata, vi ho sentiti vicini.
Grazie.

Sapphire Zephyr Cat che hai commentato una volta sola, ma dicendomi cose fondamentali.
Dandomi consigli sulla sintassi e anche sul cambiamento del rating.
Spero la vendetta dei Dursley non abbia deluso le tue aspettative.
E che tu sia arrivata a leggere fino a qui.
Grazie.

Ladygray tu mi hai ringraziato per questa storia.
Ed è sempre emozionante essere ringraziate per un qualcosa che si scrive.
Grazie.

ERiCA_13 che da poco hai scoperto questa storia ma l’hai definita un viaggio mano nella mano con Severus.
Per tutte le belle parole che mi hai dedicato,
Grazie.

riccardoIII, che l’hai letta nonostante non rispecchiasse i canoni delle tue preferenze.
Spero tu sia riuscita ad apprezzarla.
Grazie.

Lady Red Moon e sorella,  JustMeandMySoul,  24nuvola e ariel_27 che vi siete commosse.
Che avete pianto e paragonato le emozioni che avete provato a quelle che suscita un buon libro.
Grazie, per quello che avete detto.
Avete parlato di emozioni.
Anche voi, mi avete fatta commuovere.
Grazie di cuore.
  
sonia1977, Elena Uzumaki e Snowflakeswhite che avete odiato i Dursley, la Skeeter e quello scarabeo.
Vi siete arrabbiate e avete preso del tempi per farmelo sapere.
E questo è stato davvero importante.
C’è voluto del tempo per arrivare alla fine, ma ce l’abbiamo fatta, visto?
Anche a voi, Grazie.

Grazie a tutti voi.
Scusate se ho dimenticato qualcuno, ma spero di no, ho controllato un milione di volte.
Se è così, perdonatemi.

Chissà, magari un giorno riuscirò a scrivere qualche one shot per mostrarvi come continua la vita dei nostri due eroi.
Se avete consigli o idee, fatevi avanti.

Per ora sappiate che hanno superato la loro paura.
E che continueranno questo cammino insieme.
Sempre.

Harry sta sventolando una manina, per salutarvi.
-G-grazie Signori!-
E Severus beh, lui sbuffa.
Senny invece, vi fa l’occhiolino.
È stata una buona complice in quest’avventura.

Oh E c’è anche la cameriera del ristorante dove Harry ha festeggiato il compleanno!
Capelli azzurri e sorriso stampato in faccia.
Si chiama Giulia, ha 24 anni ed è della provincia di Firenze.
No, non vola su una scopa ma serve i piatti usando i pattini.
E vi ha appena ringraziati, uno ad uno.

Un abbraccio Cari.
Una abbraccio fortissimo.

Vostra,
Giulia.

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