Shall we skate? di R e d_V a m p i r e (/viewuser.php?uid=99685)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First meeting. ***
Capitolo 2: *** Second meeting. ***
Capitolo 3: *** Third meeting - more or less. ***
Capitolo 4: *** Fourth meeting. ***
Capitolo 5: *** Fifth meeting - the last? ***
Capitolo 6: *** +1 ***
Capitolo 1 *** First meeting. ***
« Shall we skate?
-
Agape Rhapsody.
First meeting.
Yuri non ha la più
pallida idea di chi sia Phichit Chulanont. Per la verità non
riuscirebbe neppure a pronunciare correttamente il suo nome, figurarsi
ricordare la sua faccia.
E' vero, lo ha visto in
televisione durante le qualificazioni per la Coppa Cina, ma era troppo
occupato a seguire maniacalmente l'altro
Yuri e i suoi programmi per far caso al thailandese. O chiunque degli
altri inetti sfidanti
in generale, a dirla tutta.
Così quando
in aereoporto se lo ritrova davanti tutto occhi scuri brillanti ed un
grosso sorrisone, che agita il suo cellulare con un'assurda cover a
tema di piccoli criceti cartoonizzati chiedendo di fare una foto
insieme, si limita a scoccargli una delle sue celebri occhiatacce e
smorfiare.
«Non ho tempo
per le foto o gli autografi»
Il ragazzo
più grande sembra inizialmente interdetto. Le labbra fremono
appena e gli occhi si fanno ancora più grandi dietro le
scarmigliate ciocche castane; abbassa persino il braccio della mano con
cui regge il telefonino già aperto sulla fotocamera - e
finisce per immortalare un bel primo piano delle sue scarpe da
ginnastica senza nemmeno accorgersene.
«Eh? Ah...
AH! Credevi che fossi un fan? Sei davvero divertente Fairy!»
Il suo accento inglese
è davvero irritante, quasi ridicolo, e la risata argentina
che lo fa tremare tutto e sembra venirgli dal cuore, se è
possibile, ancora di più.
Il russo stringe in
pugni le mani all'interno delle tasche della felpona leopardata, le
sopracciglia bionde che hanno uno spasmo e gli occhi chiari che si
assottigliano fino a diventare due lame di verdi e azzurri. Proprio non
lo sopporta quell'assurdo soprannome.
«Mudak, levati dai
piedi prima che ti faccia smettere di ridere a calci in
culo!»
Il maggiore prende un
grosso respiro, cercando di tranquillizzarsi, mentre asciuga con
l'indice della mano libera una lacrimuccia rimasta intrappolata
all'angolo dell'occhio fra le ciglia scure. Quando torna a guardarlo
non trema né ride più ma il sorriso, dal suo
volto brunito, non è scomparso.
«Scusami,
sono stato inopportuno. Non ci hanno mai presentati, vero? Il mio nome
è Phichit Chulanont» tende persino una mano verso
il più piccolo, fiducioso, finendo per sospirare ed
abbassarla quando si rende conto che l'altro non la prenderà
mai e che, anzi, la fissa come se fosse qualcosa di tremendamente
disgustoso - tipo un ragno. Non gli sono mai piaciuti i ragni.
«Il
pattinatore thailandese, bronzo al Campionato di Pattinaggio della
Quattro Continenti» prova ancora, perplesso dall'espressione
assente dell'altro. Ha proprio l'aria di chi non ha idea di cosa si
stia parlando o stia sentendo un discorso in una lingua incomprensibile
- non russo, ovviamente.
«Il mio nome
lo sai già» si congeda Yuri, dopo alcuni istanti
di teso silenzio, voltandogli le spalle come se nulla fosse ed
allontanandosi per raggiungere il suo coach.
Phichit rimane
lì, con il suo cellulare dalla cover infantile in mano, il
sorriso che scivola via dalle labbra nel guardare la schiena della
giovane promessa della Russia.
Ma dura soltanto un
istante perché poi torna a sorridere, facendo spallucce e
sospirando rassegnato. Gli è anche parso di sentire le voci
di Leo e Guang-Hong chiamarlo in coro.
«Sarà
per la prossima volta»
N.d.a - quando
tutti non fanno che inneggiare alla Victuri e sospirare per un bacio in
diretta nazionale, ecco che nasce la voglia di regalare almeno una
gioia a quel povero cinnamon roll russo che è Yuri. E
così fra deliri vari fra skype e what's app, prende piano
piano vita quel delirio che è la Phitchuri(o) - bel nome,
vero? Non so se esiste già o se io e sorella siamo le
uniche folli al mondo a shippare crack fortissimo (perché
sì, lo sappiamo che manco si conoscono nell'anime. O,
perlomeno, magari soltanto di fama e visti in televisione durante le
qualificazioni) ma una ''what if?'' lo è per un motivo. E
poi starebbero davvero bene insieme... uno musone e incazzato col mondo
e l'altro perennemente allegro e fotomaniaco. Sono perfetti, no? Coff. Ad ogni modo
questa piccola raccolta nasce un po' per scherzo, anche se man mano che
ne scrivevo i capitoli mi son sempre più fatta prendere da
questa stravagante coppia. Saranno in totale sei (cinque + uno) e si
svolgeranno in lassi temporali ora più lunghi ora meno tra
un incontro e l'altro. Che altro? "Mudak", il termine russo che usa
Yuri, significa letteralmente ''coglione''. Mentre il ''Fairy'' usato
da Phichit è un chiaro rimando ad uno dei soprannomi del
biondo (Russian Fairy, appunto).
Ho i capitoli già pronti fino al quarto, quindi ne
posterò uno ogni uno/due giorni dipende dal tempo.
Alla prossima e grazie per aver speso dieci minuti a leggere questo
delirio <3
|
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Capitolo 2 *** Second meeting. ***
N.d.a
- Ringrazio
velocemente Generale
Capo di Urano per la recensione (Minami è un
patato shippabilissimo con lo Yuri giapponese, don't worry. Ti
ringrazio per i complimenti, ci tengo sempre a cercare di mantenere i
personaggi più IC possibile ed esserci riuscita mi
dà davvero soddisfazione! Spero che anche questo incontro ti
piaccia e che ti faccia apprezzare un po' di più la
Phitchuri(o) <3) chi ha messo la storia fra i preferiti e chi ha
letto soltanto, e vi lascio col secondo incontro!
Buona
lettura ~
« Shall we skate? - Agape
Rhapsody.
Second Meeting.
La
'prossima volta' succede all'indomani della vittoria del thailandese
alla Coppa Cina. Phichit non ha ancora smesso di girare con la sua
bella medaglia d'oro appesa al collo, nonostante sia ormai passata
quasi una settimana dalla sera che l'ha visto al centro del podio per
la prima volta da che gareggia a livello agonistico, ed a dire il vero
la porta con sé pure quando va a dormire per rimmirarsela
finché non è troppo stanco ed i bagliori dorati
non lo costringono a chiudere gli occhi e cedere al sonno.
Ad essere sinceri il loro non è un vero e proprio incontro,
perché sono a qualche continente di distanza, ma il
pattinatore più grande non saprebbe realmente dire come sia
finito a chattare
con la giovane promessa russa; sa soltanto che, ad un certo punto, ha
iniziato a ricevere commenti in una lingua indefinita farciti di
faccine arrabbiate alle sue foto su Instagram e che gli si è
illuminata l'iconcina dei messaggi privati.
yuri-plisetsky
Fa meno lo sbruffone,
mudak. Quella è la prima e l'ultima medaglia d'oro che
vedrai in vita tua è.è
yuri-plisetsky
Credi di essere figo a
farti tutte quelle foto? E poi, andiamo, hai davvero le lenzuola con i
CRICETI? X°DD
Phichit rimane a fissare a lungo lo schermo del suo cellulare, una
cuffia che ormai è scivolata via dall'orecchio e pende
dimentica sulla spalla con la musica per il nuovo programma libero su
cui si sta già esercitando che è passata in
secondo piano, e quasi non sente più, in sottofondo.
E' sinceramente perplesso. Un po' divertito ed anche leggermente
preoccupato, perché Fairy
sembra davvero pericoloso nonostante gli stia parlando da
un'applicazione per cellulari.
Poi ha l'illuminazione, gli occhi che si spalancano e diventano grandi
come fari.
Yuri Plisetsky gli sta
parlando, dettagli che lo faccia solo per insultarlo, e
sembra anche ricordarsi di lui a giudicare da quella strana parola che
suppone essere russo e che, se prova a pronunciarla a bassa voce
impappinandosi, gli sembra avere lo stesso suono del modo in cui l'ha
chiamato quella volta.
Che in effetti potrebbe chiamare chiunque così e non voglia
dire proprio niente di speciale, beh, questo non gli passa neanche per
l'anticamera del cervello ovviamente.
pichit+chu
Ti sei ricordato di me! Anche la tua medaglia d'argento è
bellissima e sono sicuro che la prossima volta arriverai senza dubbio
primo <3
pichit+chu
Sì, non sono
adorabili? E ho visto a te piace il tigrato. E', uhm, un po'
discutibile come gusto ma non sono nessuno per commentarlo! :D
Yuri, sdraiato fra i cuscini del divano - che hanno la forma di
simpatici gattini -, sobbalza sentendo il cellulare vibrare per
l'arrivo di un primo, e poi un secondo nuovo messaggio. Socchiude
infastidito gli occhi, perché si era appisolato, e quando
sblocca la schermata principale (un leopardo delle nevi) e si ritrova a
contemplare il nome di chi gli ha scritto agrotta perplesso le
sopracciglia.
Completamente dimentico dei messaggi che lui stesso gli ha mandato
nemmeno mezz'ora prima, nonostante si trovino nella stessa
conversazione che scruta in silenzio.
Un lieve tic nervoso fa fremere un sopracciglio chiaro ed il naso si
arriccia un po'.
«Che vuol dire che è un gusto
discutibile?!» borbotta - o per meglio dire urla, richiamando
l'attenzione di Mila che passava di lì per prendere una
bottiglietta d'acqua fresca.
La curiosità della Babicheva e la sua naturale inclinazione
ad infastidire il piccolo punk e mettere il naso nei suoi affari, oltre
che ovviamente farlo imbarazzare, la porta a sporgersi senza il minimo
riguardo per la privacy altrui oltre lo schienale del divano e leggere
i messaggi.
«Vuol dire che ti considera un piccolo maniaco pervertito con
uno strano fetish!» trilla, allegra, facendogli quasi
prendere un colpo e sfuggire il cellulare di mano - oltre che arrossire
in maniera incredibile, fino alle orecchie.
Il pattinatore più giovane del team di Yakov seppellisce il
viso oltre la coltre bionda dei capelli, sentendo anche le orecchie
fumare. E' ingenuo, ok, ma non così tanto e a certe cose ci
arriva - se gliele spiegano - e di certo non vuole sentirsele dire da
quella tizia. O dal thailandese, se è per questo.
E poi lui non è un maniaco pervertito, non ha neanche mai
ancora dato il primo bacio!
«Levati dai piedi, vecchia idiota spiona!» sbraita,
lanciandole contro uno dei suoi amati cuscini, e minacciandola di
continuare a bersagliarla finché la rossa non si arrende e
va via ridendo di cuore pronta a divulgare la notizia con chiunque
voglia starla a sentire.
Yuri deve prendere un grosso respiro, mentre torna a scivolare
sdraiato, rivolgendo un'occhiataccia al cellullare e alla stanghetta
del messaggio che non ha ancora digitato.
Ma quel tizio è ancora più idiota, in ogni caso.
yuri-plisetsky
I miei gusti non hanno
nulla di discutibile. Almeno io non sono un ventenne fissato con
Hamntaro. Dimmi, hai anche le mutande così?
yuri-plisetsky
Ed è sicuro
che la prossima volta arriverò primo. E tu mangerai la mia
polvere e frignerai guardandomi dagli spalti o, sei fortunato, dalla
mia destra o sinistra.
Phichit stappa la bottiglietta, bevendo un sorso d'acqua, in bilico sui
pattini quando il cellulare sul muretto si illumina di nuovo.
Sorride nel vedere la foto profilo del russo, prima ancora delle sue
parole, mentre si appoggia di spalle per riprendere un po' di fiato.
pichit+chu
*Hamtaro. E no, le mie
mutande sono normalissime. Perché ti interessano tanto? ;)
pichit+chu
Sarei onorato di
condividere il podio con te, Yuri. E di vederti risplendere dell'oro
perché te lo meriti davvero. Sono contento che tu pensi che
sia abbastanza bravo da meritarmi il secondo o il terzo posto!
Il russo non sa davvero come siano finiti a questo punto. Insomma, quel
tipo è per caso dislessico? Legge una cosa per un'altra,
è evidente!
Ovviamente non è arrossito di nuovo, proprio no. E' che
lì dentro c'è fottutamente caldo.
Ignorando volutamente come oltre la finestra abbia preso a nevicare.
yuri-plisetsky
Non mi interessano
affatto vecchio maniaco! Dovrei denunciarti!
yuri-plisetsky
Non ho mai detto niente
del genere. Ma, uhm, non sei troppo male. Forse potresti avere una
buona possibilità per il terzo. In ogni caso dovresti prima
qualificarti! +w+
Il thailandese pensa che il russo sia proprio carino, mentre digita la
sua ultima risposta.
E' proprio un peccato che debba salutarlo, ma deve seriamente
riprendere ad allenarsi e non può più distrarsi
così.
In ogni caso clicca sul profilo dell'altro e lo mette fra i seguiti,
prima di lasciare il cellulare e ritornare a mettere le cuffie.
pichit+chu
Farò del mio
meglio per essere all'altezza di sfidare Yuri Plisetsky, allora.
Chissà, magari se arriverò all'argento riuscirai
a ricordare persino il mio nome?
Yuri fissa e rifissa l'ultimo messaggio, sentendosi in qualche modo
strano. Non saprebbe spiegarsi neanche perché o cosa provi
di preciso.
Sa solo che non vede l'ora che sia la settimana della finale.
E, riappoggiando il cellulare e chiudendo gli occhi, sbuffa nascondendo
un mezzo sorriso.
«...vedi di fare del tuo meglio, coglione»
|
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Capitolo 3 *** Third meeting - more or less. ***
« Shall we skate? -
Agape Rhapsody.
Third
Meeting - more or less.
Come siano finiti a passare
dall'insultarsi su Instagram a, beh,
insultarsi su Skype è una dinamica ancora poco chiara ad
entrambi.
Fatto sta che dopo aver
iniziato una sorta di strana battaglia fatta di commenti e like sotto
le foto l'uno dell'altro (Mila ha commentato con un «Guardali
come flirtano, che carini!» ottenendo di vedersi lanciato in
piena fronte il cellulare) è stato il thailandese a chiedere
se avesse quell'applicazione, di certo molto più comoda per
poter comunicare di quanto non lo sia un social.
E Yuri ha detto di
sì senza neanche pensarci, nonostante quasi non sapesse
neppure di che stesse parlando l'altro, facendo una breve ricerca -
chiedere aiuto a qualcuno sarebbe stato impensabile - e finendo poi per
scaricarsi il programma e crearsi un account in tutta fretta.
Fingendosi scocciato nel dare il proprio nick all'altro, quasi gli
stesse facendo un enorme favore; nessuno, del resto, saprà
mai niente di quella storia.
E il russo non
ammetterebbe neanche sotto tortura che aspetta la sera, quando finisce
gli allenamenti e cena di malavoglia insieme agli altri membri del
team, per vedere l'iconcina blu illuminarsi di arancione e sapere che
il maggiore ha appena inziato la sua pausa pranzo ed avranno un paio di
ore prima che lui crolli addormentato e Phichit riprenda con le sue
sessioni di allenamento.
Come ogni sera,
però, aspetta una decina di minuti buoni prima di aprire la
conversazione e rispondergli. Sia mai che dia l'idea di ritenerla una
cosa importante
o, Dio non voglia, che attenda quel momento con ansia.
Non è
assolutamente vero, ecco. Semplicemente è un modo per
passare il tempo, tutto qui.
Però, quella
sera, passano i minuti e non arriva alcun messaggio.
Yuri fissa lo schermo
del pc, sdraiato su un fianco sul suo letto, guardando pigramente
l'immagine di una mamma tigre circondata dai suoi cuccioli che ha messo
come sfondo qualche giorno fa - gliel'ha mandata il thailandese, con un
commento tutto cuoricini sul fatto che lui fosse carino proprio come
quei tigrotti. L'ha mandato a quel paese e ha chiuso la conversazione,
ovviamente, eppure si è ritrovato poi a cambiare la vecchia
immagine dopo aver decretato che, suo malgrado, fosse davvero molto
tenera.
Non tiene mai aperta la
pagina di Skype. Aspetta distraendosi con giochini stupidi o guardando
video su youtube finché l'occhio non cade sul lampeggiare in
basso ed un sorrisetto spunta senza che lo voglia nel constatare la
puntualità dell'altro ragazzo.
Chulanont lo contatta
sempre alle ventuno e dieci spaccate - non un minuto prima,
né uno dopo - da circa un mese a quella parte. L'ha trovato
strano, irritante, ridicolo. L'ha accusato persino di avere una sorta
di disturbo ossessivo compulsivo, o qualcosa del genere;
eppure con il passare dei giorni ha finito per trovare quell'abitudine
stranamente confortante. Un punto fermo, una stravagante sicurezza.
Sicurezza che adesso
è venuta meno visto che sono le ventuno e trentadue e di lui
non c'è ancora la minima traccia.
Il giovane pattinatore
nasconde il viso contro il cuscino, che tiene stretto contro il corpo e
stritola quasi fosse stato lui a fargli grave torto, sentendo montare
dentro la rabbia.
Si sente tradito, in un
modo che non riesce e non vuole neppure concepire, e sotto sotto
deluso. Che sciocco è stato a credere in quella piccola
illusione, a poter pensare che il coglione
thailandese fosse diverso dagli altri e non avrebbe mai mancato a quel
patto fra di loro che in realtà non è mai stato
pronunciato.
Serra gli occhi con
forza e affonda i denti nella fodera, maledicendosi per star provando
queste cose.
Sono sentimenti familiari ed al contempo del tutto estranei e non vuole
che gli appartengano in alcun modo. Quel tizio non è niente,
se non un divertente passatempo ed un modo per sfogarsi, e non
sarà mai null'altro. Cosa importa se si è
dimenticato di lui? Se ha preferito far altro piuttosto che sprecare
preziose ore del suo tempo che potrebbe usare per riposarsi invece di
star dietro ad un ragazzino che vive dall'altra parte del mondo e non
vede praticamente mai.
In un moto di
nervosismo allunga la mano verso il computer e abbassa con forza lo
schermo per chiuderlo, così da non essere più
preso in giro da quella stupida icona che rimane immobile nel suo
fastidioso azzurro e bianco.
«Stupido,
stupido coglione idiota» borbotta fra sé e
sé, rotolando sulla schiena e fissando il soffitto
«Tanto chi ha bisogno di stare a sentire le sue cazzate?
Perlomeno passerò finalmente una serata in santa pace,
ah!»
Sorride vittorioso ed
annuisce, convinto, spalancando le braccia e chiudendo gli occhi nel
tentativo di rilassarsi. Ma passano i minuti ed il fastidioso
ticchettio della sveglia sul comodino, unito alle gocce di pioggia che
battono contro il vetro della finestra, non fanno altro che far
crescere la vocina che gli sussurra che potrebbe essere successo
qualcosa. Cerca di zittirla ed ignorarla ma è piuttosto
insistente e non aiuta a diminuire l'ansia che pian piano monta nel
petto e gli ruba il respiro, tanto da credere che anche il semplice
cuscino che abbraccia lo stia soffocando.
«Merda...»
non si cura di dove va a finire il suddetto cuscino quando lo lancia
via, gettandosi su di un fianco ed afferrando il computer per riaprirlo
di tutta fretta.
Non è
preoccupato, no. Niente affatto. E' solo questione di principio.
E nonostante il
simbolino accanto al nome dell'asiatico sia bianco, una volta che ha
avviato di nuovo Skype - non c'è neanche bisogno di cercarlo
nell'elenco, è praticamente il suo unico contatto, non si fa
troppi problemi ad aprire la conversazione e digitare con dita tremanti
(per la rabbia, ovviamente) ignorando il saluto della sera prima che si
fa beffe di lui proprio in cima alla pagina.
»p
i c h i t chu:
Buonanotte
anche a te. Fai bei sogni, mi raccomando. Ci sentiamo domani, ok? E'
una promessa!
_______________________Oggi_________________
yuri_plisetski:
Promessa un paio di palle. Sei
inciampato sui tuoi stupidi criceti e finito a Narnia, mudak?!
Vaffanculo.
Si morde un labbro, in
febbrile attesa. Ma il contatto continua a rimanere non online e il
bianco non passa mai a verde.
yuri_plisetski:
Sai una cosa? Abbiamo chiuso.
Tutta questa grandissima stronzata del chiaccherare come se
fossimo amici. Non contattarmi più. E vai
affanculo.
Annuisce fra
sé e sé, soddisfatto, lasciandosi di nuovo cadere
sulla schiena e osservando distrattamente i poster di felini che
riempiono il suo armadio. Lo sguardo scivola poi alla bacheca dove ha
appeso tutte le medaglie vinte fino a quel momento ma non prova alcuna
gioia nel riflettersi negli ori e negli argenti che ammiccano dalla
penombra.
La pioggia continua a
cadere e la sveglia ticchettare, facendogli venir voglia di buttarla a
terra e romperla, e così torna a guardare lo schermo del
portatile.
«Le dodici
meno un quarto» mormora socchiudendo gli occhi,
perché li sente bruciare e pizzicare fastidiosamente. E di
Phichit nessuna traccia.
Fa mente locale,
riflettendo sul fatto che a Detroit saranno le cinque meno un quarto o
giù di lì. Dovrebbe aver ripreso con i suoi
allenamenti, in ogni caso, quindi non c'è alcuna speranza
che si faccia vivo da lì a poco. E si sente così
stanco...
Sbadiglia allungando
per l'ultima volta la mano sulla tastiera. Inizia già a non
mettere più a fuoco le lettere.
yuri_plisetski:
Stai bene, vero?
Mila è
fastidiosamente di buon umore, quella mattina. Sta davanti alla tv
sorseggiando il suo schifosissimo beverone energetico e giocherella con
il telecomando tamburellando con la pianta del piede sinistro per terra.
Yuri che non ha dormito
bene e ha l'aria un po' sconvolta, con i capelli ancora arruffati per
il cuscino e delle leggere occhiaie, la trova così irritante
che vorrebbe tornarsene nella sua stanza - o, in alternativa, sperare
che si strozzi con quello che sta bevendo.
«Cos'hai da
essere così contenta all'alba?» borbotta,
trascinando la sedia per terra e facendo volutamente rumore prima di
mollare la propria tazza sul tavolo e sedersi scompostamente. E' ancora
nervoso per la sera prima (e perché non ha trovato risposta,
quando si è svegliato... non che la cosa lo interessasse
così tanto)e la mano trema un po' mentre versa il latte e
poi lo seppellisce sotto una cascata di cereali al miele.
La Babicheva gli scocca
un'occhiataccia, arricciando il naso.
«Non
è l'alba. Sono le otto» precisa, per poi tornare a
guardare la tv «Non hai sentito?»
«No»
borbotta a denti stretti il più piccolo, masticando
ferocemente «Cosa avrei dovuto sentire?»
La rossa alza il volume
del servizio, indicandogli lo schermo con il telecomando
«Quel pattinatore thailandese con cui ti senti. Il tuo
fidanzatino virtuale. Ha avuto un incidente ieri durante le prove del
suo programma libero»
Yuri rimane bloccato
col cucchiaio a mezz'aria e la guarda scocciato, rispondendo
meccanicamente «Non è il mio fidanzatino, stupida
vecchiaccia».
Ci vuole qualche
secondo perché si renda conto delle parole della compagna e
metta a fuoco la televisione, dove è stato mandato in onda
un video preso da youtube sulle recenti competizioni del Grand Prix.
Rimane a fissare il primo piano di un Chulanont sorridente che mostra
la sua medaglia d'oro e fa segno di vittoria e il cucchiaio gli cade
con un tonfo nella tazza, schizzando il tavolo di latte e cereali.
«Cosa si
è fatto? Sta bene? Perché diavolo non lo dicono
invece di far vedere stupidi video inutili?!»
Mila ridacchia dietro
il bicchiere, deliziata dall'aria smarrita e preoccupata sul viso del
più piccolo. Anche infervorata, è arrossito sulle
guance a chiazze sebbene per il resto sia sbiancato pur essendosi
alzato di scatto e aver battuto le mani sul tavolo provocando un
ulteriore disastro con la sua colazione.
«E poi dici
che non è il tuo ragazzo... sta bene, comunque. Beh,
più o meno. Ha preso una storta alla caviglia sinistra e
dovrà stare a riposo per un po'. Pare l'abbiano portato
subito al pronto soccorso, quando hanno capito che era una cosa
seria»
Plisetsky sgrana gli
occhi, ancora fissi sull'immagine del pattinatore più grande
sullo schermo del televisore, e si sente sollevato ed agitato allo
stesso momento. Quel coglione non ha dimenticato il loro
appuntamento... ma aveva ragione a pensare che gli fosse successo
qualcosa.
«Forse
salterà la prossima gara! Non è un colpo di
fortuna, eh Yuri?» la pattinatrice ridacchia, abbassando il
volume «Yuri?»
Non avendo ottenuto
risposta si volta, ritrovandosi a contemplare un posto vuoto. Del
biondino non c'è più traccia.
«Dove diavolo
si sarà cacciato adesso...?»
«Cosa vuol
dire che è a Detroit?!»
Yakov è
talmente rosso in faccia che potrebbe seriamente prendergli un colpo.
Mila non si stupirebbe
di vederlo collassare ma si limita a fare spallucce e mostrargli il
proprio cellulare, aperto su Instagram, dove fa bella mostra di
sé una foto del ragazzino biondo che fa la linguaccia
davanti ad un cartello che recita chiaramente ''Detroit Metropolitan
Airport'' - ha una nuova maglietta con la stampa di un ghepardo,
suppone, o qualcosa del genere.
«Credo sia
andato a trovare il suo fidanzato»
trilla, contenta.
Ma suppone che il coach
sia ormai andato e non abbia sentito quell'ultima parte. Poco male.
«Y-yuri? Che
ci fai tu qui?»
Phichit sgrana gli
occhi, incredulo. Era appoggiato al muretto che delimita alla pista per
assistere alle prove dei suoi compagni, dato che non può
posare il piede per terra ma stare seduto iniziava ad annoiarlo e poi
non vedeva niente. E, all'improvviso, è sbucata quella
piccola furia russa che neppure gli altri ragazzi sono riusciti a
trattenere per impedirgli di raggiungerlo - o quantomeno chiedergli che
volesse e chi fosse.
Il ragazzino ha il
cappuccio della felpa tirato su e un'aria omicida che il thailandese
può percepire tranquillamente come se fosse una cosa viva e
visibile; una sorta di nefasta aura nera come quella degli anime, ecco.
«Sei un
grandissimo coglione. Infortunarsi prima di una gara in modo
così stupido, poi... il toe-loop
è da lattanti»
Se possibile Chulanont
è ancora più sorpreso. Boccheggia senza sapere
che dire, incerto se indietreggiare zoppiccando per allontanarsi da lui
(sembra proprio voglia saltargli alla gola e azzannarlo) o correre
(sempre zoppicando) ad abbracciarlo. Opta per una via di mezzo e gli
regala uno dei suoi sorrisi brillanti.
«Eri
preoccupato per me»
«Tch. Non hai
rispettato la promessa, chi se ne fotte del motivo. Dovrei
pestarti»
Il thailandese sospira,
l'espressione che si addolcisce mentre recupera la stampella per farsi
vicino al più piccolo. Yuri sembra confuso ma non si
allontana, tiene i pugni stretti nella giacca e lo fissa con la sua
solita aria truce da cucciolo selvatico pronto a morderti.
«Mi dispiace.
Avrei dovuto avvisarti. Puoi perdonarmi?» ed allunga persino
una mano, passandola con un coraggio invidiabile - o incoscienza -
sotto il cappuccio fino a farglielo cadere e scompigliargli i capelli.
Gli occhi del russo
sono grandi e azzurri, le gote rosse per l'imbarazzo, le labbra rosee
socchiuse ed una delicata aria di meraviglia rende più
fragile e dolce la sua espressione. Trattiene persino il respiro e
Phichit avverte l'assurdo desiderio di baciarlo.
Ma non lo fa. Getta la
stampella e gli passa il braccio libero attorno alle spalle,
stringendolo ed appoggiandosi contemporaneamente a lui, nascondendo il
viso fra i suoi capelli mentre chiude gli occhi. Sorride ancora, non ha
smesso di farlo per un attimo.
«Sono
contento che tu sia venuto, Fairy.
Prometto che non ti farò preoccupare più... e
questa volta non tradirò la promessa»
Plisetsky rimane
immobile per qualche istante e poi ricambia timidamente l'abbraccio,
stringendo i pugni sulla sua felpa ed abbassando il viso contro la sua
spalla - solo per evitare che cadano entrambi, ovviamente. Non
perché vuole farlo o è preoccupato che la
caviglia gli faccia male.
«Sarà
meglio per te, mudak»
A conti fatti
è solo la seconda volta che sono faccia a faccia, nello
stesso continente. Ma è come se non avessero fatto altro per
mesi e, dopotutto, va
bene così.
|
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Capitolo 4 *** Fourth meeting. ***
« Shall we skate? -
Agape Rhapsody
Fourth meeting.
New
York sotto Natale è bellissima.
Phichit
c'è già stato altre volte, a dire il vero, ma non
smette mai di esserne stupito ed affascinato ogni volta. Tutti quei
colori, quelle luci, quella vita.
E la neve!
Ah,
adora la neve. In Thailandia non è che ci sia propriamente
il clima adatto e l'unico modo per vedere la neve a Bangkok
è andare a Snow
Town - e, anche lì, si tratta di neve
artificiale e non è certo la stessa cosa.
E'
stato proprio un colpo di fortuna che per la finale del Grand Prix di
quell'anno sia stata scelta la Grande Mela. Anche se deve dire che la
cosa non è condivisa proprio da tutti.
Non
dal secondo in classifica, perlomeno, che gli cammina di fianco di
malavoglia e con un broncio che non fa fatica a notare nonostante abbia
deciso di seppellirsi sotto una sciarpona rossa che gli arriva fino al
naso - cosa che l'ha lasciato perplesso. Insomma, è l'unico
russo che soffre il freddo? Sarebbe strano come vedere un husky
attaccato ad una stufetta. O qualcosa del genere, perlomeno.
E'
carino però, con quel bomberino candido da cui sbuca il
cappuccio maculato di una delle sue inseparabili felpe feline, ed un
paio di buffi ed enormi copriorecchie di pelo tigrati, bianchi e neri.
Il
pattinatore più grande trova piacevole e strano al contempo
passeggiare con lui fra le strade innevate, considerato che questa
è la prima volta che si rivedono di persona da quando il
biondino ha fatto la follia di prendere un aereo per Detroit e venirlo
a trovare per sincerarsi delle sue condizioni dopo il piccolo incidente
durante le prove - hanno preso l'abitudine di sostituire, quando
possibile, la chat con una videochiamata ed è stato
esilarante vedere lottare il russo con le cuffie ed insultare un po' la
telecamera che non collaborava ed un po' lui perché lo aveva
convinto a quella stronzata.
«Ehi
che ne dici di fare una foto?»
Lo
chiede con una tranquillità sconvolgente, un grosso sorriso
fra le labbra e il cellulare con la sua assurda cover a tema di criceti
cartoonati già stretto nella mano.
Yuri
che aveva continuato a camminare e lo ha superato di qualche passo si
ferma, voltandosi di tre quarti verso di lui ed osservandolo con un
sopracciglio scetticamente inarcato.
Provano
entrambi una sorta di deja-vù.
Il posto non è certamente lo stesso e nemmeno la situazione,
ma le parole sono le stesse di quella volta.
Si
guardano negli occhi per qualche istante, azzurro e verde nel caldo
nocciola, ed è il biondo a distogliere per primo lo sguardo.
Stanno entrambi ricordando il loro primo incontro.
Ma
da quel giorno è passato più di un anno, un Grand
Prix dove lui è arrivato secondo e il thailandese soltanto
quinto, e soprattutto la loro relazione si è evoluta in un
modo che non poteva neppure immaginare. E che un po' gli fa ancora
paura e non riesce a definire. Come fai quando stai con una persona
soltanto una manciata di volte e il vostro rapporto si basa per il
resto del tempo (che è molto) su una chat e lo schermo di un
computer?
Yuri
sposta il peso da un piede all'altro, nervoso, scoccando un'occhiata
alle vetrine illuminate ed addobbate di rosso, bianco e verde. Le
persone passeggiano senza far particolarmente caso a loro, cariche di
pacchi e pacchetti, e sembrano tutti così felici e
spensierati. Sarà l'aria delle feste. Non li sopporta.
Chulanont
sospira, ormai sicuro che riceverà di nuovo una risposta
negativa. L'ostinato silenzio del russo e quell'aria corrucciata sono
segnali ben chiari, così abbassa il capo e si appresta a
riporre il cellulare «Va bene, fa null-»
«Ok.
Facciamo questa benedetta foto. Ma decido io dove»
Il
ventunenne solleva il viso e sgrana gli occhi, che luccicano di
sorpresa e gioia, mentre un grosso sorriso si allarga ed è
tutto un abbagliare di denti candidi che fa arrossire il più
giovane sotto la sciarpa e guardarlo male anche quando lo afferra per
il colletto del giubbotto e se lo trascina dietro, incurante della
gente che li fissa sconvolta e si sposta per farli passare.
Qualcosa è decisamente cambiato da quel giorno in aeroporto. Ed
è cambiato sorprendentemente in meglio.
Yuri
lo trascina davanti alle vetrine del Disney Store ed è
esilarante il modo in cui rabbrividisce alla vista dell'uomo vestito da
Babbo Natale, che si avvicina per regalargli delle caramelle, e poi si
nasconde dietro di lui abbaiando insulti in russo verso il poveretto.
Phichit
è costretto a scusarsi per entrambi e chiedere gentilmente
al fasullo Santa Claus di allontanarsi ed intanto deve evitare di
scoppiare a ridere per questa inaspettata piccola scoperta. Chi
l'avrebbe mai detto che Plisetsky avesse paura del bonario grasso
nonnetto?
Alla
fine fanno una foto ai lati di una tigre di peluche gigante che
è più alta di entrambi e il thailandese gli
regala anche la sua versione formato cucciolo (sarebbe difficile
mettere in valigia l'originale altrimenti) a patto che vada a scusarsi
di persona con Babbo Natale e faccia una foto con lui. Il russo
è combattuto ma, alla fine, il suo amore per i felini batte
persino la sua paura e il suo orgoglio e marcia verso l'uomo in rosso
con l'aria di chi vorrebbe compiere un omicidio, probabilmente
terrorizzandolo a morte dato come quello sembra voler indietreggiare
per fuggire.
Phichit
che tiene il cellulare pronto per scattare la foto sorride dell'aria
imbarazzata e ancora un po' spaventata che ha il ragazzo nel mettersi
vicino al figurante e fare segno di vittoria.
Quando
torna da lui e gli strappa l'iphone dalle mani per vedere la foto ha
ancora una volta voglia di baciarlo.
Ed,
ancora una volta, non lo fa ma lo prende per mano incurante della sua
aria sorpresa ed è lui questa volta a trascinarlo fino al
grande albero di Natale al centro della piazza.
E'
il suo turno di scegliere il posto per la foto.
Ai
piedi del colossale abete si stringono vicini, passandosi un braccio
attorno alle spalle e sorridendo alla fotocamera - perlomeno, Phichit
sorride. Yuri si limita ad una buffa smorfia scocciata anche se ha gli
occhi brillanti e il naso rosso.
«Abbiamo
ricevuto un sacco di like»
Il
russo impegnato a mangiare una caldarrosta calda dal suo cono di carta
gli scocca un'occhiata perplessa, abbassando lo sguardo sul cellulare
che quello tiene in mano e poi tornando alla strada. Dovrà
assolutamente comprargli una nuova cover perché quella
è davvero ridicola.
«Hm?
E quale sarebbe la novità?» borbotta, con tono
ovvio, impegnato ad aprire l'ennesima castagna cercando di non
scottarsi.
Phichit
lo guarda di sottecchi con un lieve sorriso, scattandogli una foto a
tradimento. Questa, però, non la posterà da
nessuna parte. E' personale.
«Oh
nessuna. Ma senti qua, c'hanno dato un nome.»
«Eh?»
fa eco quello, distrattamente.
Il
thailandese gli ruba la castagna faticosamente conquistata dalle mani e
ne morde un pezzo sotto il suo sguardo assassino. Poi, siccome
è magnanimo, gli avvicina l'altra metà alla bocca.
«Phitchuri-o»
recita, divertito, passandogli il pollice sul labbro inferiore per
ripulirlo e vedendolo arrossire di nuovo - è il freddo,
ovviamente, nient'altro che il freddo. In ogni caso Plisetsky fa presto
ad allontanarsi dal suo tocco e guardarlo torvo.
«Eh?!»
ripete, questa volta con un'intonazione che non lascia dubbi sul fatto
che abbia sentito bene.
Il
più grande fa spallucce, mostrandogli lo schermo aperto su
Instagram. Ci sono un sacco di commenti da parte dei fan (delle fan,
principalmente) pieni di cuoricini e stelline e quel nome spunta un po'
ovunque. Devono credere che stiano insieme o una cosa del genere - beh,
effettivamente le foto sono un po' equivoche in quel senso.
«E'
carino» mormora, riponendo il telefono all'interno del
giubbotto. Siccome non ottiene alcuna risposta, neppure un insulto,
alza preoccupato lo sguardo sul suo accompagnatore.
Yuri
tiene lo sguardo basso, sul cono ancora pieno che regge fra le mani. Ha
un'espressione indecifrabile e Phichit teme che si sia incupito e non
abbia preso bene la faccenda. E si maledice per averglielo detto.
Gli
sfiora una spalla, poi, sorridendogli gentilmente. Ha un'idea.
«Vieni,
ti voglio portare in un posto»
Il
Rockefeller Center Ice
Skating Rink è come sempre gremito di gente.
Persone di ogni età ed ogni tipo pattinano allegramente con
in sottofondo canzoni spiccatamente natalizie. Ci sono famiglie con
bambini piccoli, gruppi di amici, coppie e solitari che scivolano sulla
pista scontrandosi di tanto in tanto con gli altri. Esperti e novellini.
Il
bigliettaio li riconosce immediatamente, nonostante il modo in cui sono
bardati, e devono chiedere di non farne parola con nessuno e poter
pattinare per un po' in pace. In cambio firmano qualche autografo, ma,
alla fine, riescono ad ottenere un paio di pattini a testa.
«La
finale è tra tre giorni e tu hai ancora voglia di
pattinare?» lo schernisce il russo, aspettando che lo
raggiunga a bordo pista. Non ammetterà mai che trova
bellissimo il posto, nonostante ci siano troppe persone per i suoi
gusti, e che sia davvero sorpreso che il thailandese l'abbia portato
lì. Un terribile cliché per dei pattinatori
professionisti, forse, eppure gli fa piacere.
Il
quarto in classifica fa spallucce, tastando il ghiaccio con il tacco
della lama di uno stivaletto «Non lo facciamo mai veramente
senza pensare ai punteggi e le competizioni, no? Voglio dire,
semplicemente per divertirci.»
Yuri
lo fissa per qualche istante, in silenzio, poi si volta guardando il
fondo della pista e si schiarisce la voce con le mani strette ai
fianchi. Ha un perfetto equilibrio nonostante tutti quei vestiti
indosso che gli potrebbero fare da impaccio.
«Chi
arriva ultimo paga la cena all'altro»
«Oh...
ci st- ehi, così non vale!»
Danzando
fra le persone, facendo piroette per evitarle, Yuri ride come non ha
mai riso in vita sua inseguito da Phichit che ha lasciato indietro
partendo prima di dare un vero via. E non importa che ci sia casino o
che qualcuno possa vederlo. C'è solo il ghiaccio sotto i
pattini, il vento fra i capelli e la sensazione di libertà e
felicità.
Forse
è questo che deve provare la gente, sotto Natale.
E'
difficile fare evoluzioni in mezzo alla folla, così si
limitano a rincorrersi come bambini o pattinare fianco a fianco,
coordinandosi. Rimangono comunque bellissimi da guardare, eleganti come
nessun altro sulla pista. La gente alla fine si ferma, individuandoli,
e piano piano inizia a farsi vicina ai bordi per lasciare loro
più spazio.
I
due pattinatori seguono naturalmente la musica, si muovono come se
fosse propria e avessero provato già innumerevoli volte a
ballare sul ghiaccio seguendo le sue note.
Si
esibiscono in una serie di quadrupli
perfetti che fanno trattenere il respiro e battere le mani, qualcuno li
riconosce alla fine ed urla persino i loro nomi, ma loro ignorano tutto
e tutti e continuano a cercarsi e rincorrersi senza mai smettere di
guardarsi negli occhi.
C'è
sfida. C'è divertimento. C'è una sentimento che
rende i loro movimenti sincronizzati e che li fa sfiorare, avvicinarsi
e poi allontanarsi. Phichit gli passa un braccio attorno ai fianchi e
pattinano così, vicini, finché Yuri non si libera
con un'aggraziata piroetta e si prepara ad un Salchow nell'esatto
momento in cui dal lato opposto il thailandese si esibisce in un triplo
toe-loop -
questa volta, fortunatamente, senza cadere e farsi alcun danno.
Scivola
sul ghiaccio per avvicinarsi all'altro, quando si rende conto che vuole
provare un Loop
(figurarsi se non dà spettacolo e non cerca di dimostrare di
essere il migliore) e lo afferra per i fianchi prima che tocchi di
nuovo terra, accompagnandolo gentilmente e stringendoselo contro il
petto. La musica si ferma in quello stesso istante e, dopo attimi di
silenzio, parte un'ovazione unita a fischi ed applausi.
Ma
è soltanto un sottofondo, perché i due
interessati non smettono di guardarsi. Hanno entrambi il fiatone, ma
Phichit tiene ancora stretto Yuri che non dà segno di
volersi liberare ed ha semplicemente voltato il viso sopra la spalla
per guardarlo.
«Sei
bravo» mormora il più grande, sorridendo.
«Hn.
Anche tu non sei male, mudak»
borbotta lui di rimando, socchiudendo gli occhi.
Questa
volta non è il thailandese a trattenersi. Perché
è proprio il russo a sporgersi e premere le labbra contro le
sue, con forza, tenendo sollevata la sciarpa perché quel
tocco rimanga nel segreto - non
si chiama Victor Nikiforov, lui. E non vuole che la gente
assista a quello che è un momento privato, solo per loro
due. Al suo primo bacio.
Si
baciano per pochi istanti che sembrano una vita intera, si baciano come
se non dovessero farlo mai più. Ogni secondo è
desiderato, a suo modo dolce. Scalda il cuore e fa desiderare di non
lasciarsi più. Ma poi tornano alla realtà e Yuri
ammicca, leccandosi le labbra, rosso in viso «Questo non
significa che ti lascerò vincere
venerdì»
Phichit
ride, allontanandosi da lui e liberandosi perché colpito al
petto da una gomitata «Non lo vorrei mai. Fai del tuo meglio
e io farò altrettanto, Yuri»
Il
biondo annuisce, risistemandosi la sciarpa nonostante senta caldo, le
labbra che bruciano ancora ed il cuore che batte frenetico nel petto.
Fa un cenno a quanti lo acclamano, mentre Chulanont saluta allegramente
e ringrazia con inchini e sorrisi.
«Ci conto, Phichit»
N.d.a
- ed
eccoci al sospirato (?) quarto capitolo, ed anche l'ultimo
già pronto. Per gli altri due dovrete aspettare qualche
giorno, ma ho già tutto in mente quindi don't worry, keep calm and ship
Phitchuri(o). Ringrazio Matitam e Virgola4869 che
hanno recensito gli scorsi capitoli (davvero grazie ragazze, fa piacere
sapere che ciò che si scrive è apprezzato e
riesca a far provare qualcosa per una coppia - anche se improbabile -
pure a chi legge! In ogni caso l'idea per la ship non è
stata mia, ma di una personcina ancor più delirante di me da
cui finisco sempre per farmi coinvolgere in 'ste robe... quindi
ringraziate - o riempite di insulti e pomodori - lei ~)
Siamo
a metà, genta.
Finalmente i nostri fanciulli si sono baciati... vuol dire che stanno
insieme? Che non stanno insieme? Che forse sì forse no?
Riusciranno ad ignorare la distanza? Eee... lo scopriremo solo vivendo
(?)
Alla prossima e grazie anche a quei lettori fantasmini che si limitano
a leggere senza farsi sentire (voglio bene anche a voi, sì
-?-) !
|
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Capitolo 5 *** Fifth meeting - the last? ***
«
Shall we skate? - Agape
Rhapsody
Fifth
meeting - the last?
Yuri
e Phichit stanno
ufficiosamente insieme da quasi un anno ormai.
Non hanno mai veramente parlato di tutta questa storia, ma che abbiano
una relazione è più che chiaro ad entrambi
sebbene non sia stata chiamata in questo modo da nessuno dei due. Hanno
però di comune accordo deciso di mantenerla segreta, per il
bene delle carriere d'entrambi e perché c'è il
serio rischio che il più giovane possa subire delle
ripercussioni se si sapesse in giro del suo orientamento sessuale, dato
il posto da cui proviene - del resto lo stesso Nikiforov non ha
più rimesso piede in Russia, stabilendosi definitivamente ad
Hasetsu con il proprio compagno.
C'è sempre la distanza a tenerli separati, il fuso orario
(nove ore son tante, per quanto cerchino sempre di far coincidere i
tempi) ed impegni che li accomunano eppure li dividono
irrimediabilmente per quanto facciano di tutto per incrociarsi anche
solo per pochi istanti.
Dall'ultimo Grand Prix, in effetti, non si sono più davvero
visti se non rare volte in aeroporto e sempre di sfuggita; mai una
parola se non cenni bruschi di saluto, per evitare che chi con loro si
accorgesse di qualcosa, fingendo di scontrarsi unicamente per sfiorarsi
e stringersi di nascosto le mani per brevi secondi. Quelle volte in cui
sono stati davvero fortunati, con l'inaspettata ma silenziosa
complicità della Babicheva, sono riusciti persino a passare
da soli qualche momento chiusi in un bagno a stringersi e baciarsi come
se quelli fossero i loro ultimi cinque minuti al mondo. Ed ogni volta
è stato difficile doversi poi separare e salutare, tornando
ognuno al proprio team per imbarcarsi come se non fosse successo
assolutamente nulla.
A voler essere sinceri Chulanont una volta ha persino provato ad andare
a trovarlo a Mosca, per il suo compleanno, ma Plisetsky gliel'ha
impedito con una certa frenesia ed una lieve nota di panico nella voce
che ha cancellato qualsiasi altra cosa il thailandese potesse aver
provato in quel momento per sostituirla con una struggente tenerezza ed
il desiderio di averlo vicino solo per stringerlo fra le braccia e
rassicurarlo; averlo lì avrebbe voluto dire non poter
nascondere ciò che c'è fra di loro ed esporsi
agli occhi della gente - dei coach, dei suoi compagni, dei fan, dei
giornalisti... ma, ancor più, di suo nonno.
Yuri si è sentito fare gli auguri in una lingua musicale e
sconosciuta, a mezzanotte spaccata, le cuffie ben premute contro le
orecchie per sentirlo meglio ed il viso stanco ma sorridente del suo
ragazzo a ricambiare il suo sguardo assonnato dallo schermo troppo
vicino del portatile. Ha borbottato qualche insulto sconnesso,
mescolato ad un ringraziamento, allungando una mano per sfiorare il
profilo pixellato di una guancia brunita con la punta delle dita prima
che le palpebre cedessero e si perdesse il modo in cui le labbra del
thailandese si sono spostate come a baciare quel tocco che non avrebbe
mai potuto sentire davvero su di sé. Si è
addormentato sorridendo, però, perché quell'idiota non ha
smesso di mormorare al suo orecchio e gli è quasi sembrato
di averlo lì, sdraiato con lui nel letto. Si è
sentito bene.
E,
l'indomani mattina, gli
è mancato più che mai.
Che lo Skate America,
quell'anno, si tenga proprio a Detroit deve essere un segno delle
stelle.
O, almeno, questo è quello che continua a ripetere con un
grosso sorriso il ventiduenne mentre il diciassettenne al suo fianco si
limita a succhiare rumorosamente dalla cannuccia verde acido il
mocaccino che riempie ancora per metà il grosso bicchierone
di carta con il ghirigoro ''Yurio'' su un lato - a sottolineare quanto
siano simpatici
i dipendenti di Starbucks, soprattutto se sono anche fan.
«E il fatto che siamo capitati nello stesso
girone?» borbotta, accigliato, contro il pezzo di plastica
che ha ancora stretto fra i denti «Colpa delle stelle anche
quello?»
Phichit mette su un piccolo broncio, arricciando appena il naso,
trattenendosi dal prendergli una mano e optando per ficcare entrambe le
sue nelle tasche dei jeans e fare poi spallucce «Uhm, no.
Quella è solo fortuna, suppongo»
Yuri sghignazza sotto i baffi, lieto di aver avuto ovviamente ragione e
di aver fatto smettere l'altro dal continuare a ciarlare di destino ed
altre cazzate del genere. Non ci vede proprio alcuna cospirazione
divina dietro. E' stata solo una botta di culo e, con tutto il
rispetto, se la meritavano anche.
Per questo, forse, gli si fa più vicino con noncuranza
appoggiandosi contro il suo fianco come se volesse usarlo come palo e
facendo discretamente scivolare una mano a sfiorargli un palmo,
appoggiandogli il mento su una spalla con un lieve ghigno sornione;
deve un po' incurvarsi, ma negli ultimi anni è cresciuto
parecchio ed ormai lo supera di una decina di centimetri buoni. Lo
trova divertente ed appagante insieme, anche se questo vuol dire che il
suo aspetto sta perdendo la delicatezza e l'androginia dell'adolescenza
per mutare in quello d'un uomo. Ma sapeva già che non
avrebbe potuto farci affidamento per troppo tempo ed, in ogni caso, la
cosa non gli dispiace più di tanto.
«Cosa stai facendo...?» mormora, sorpreso, il
thailandese nel ricambiare la sua occhiata. Sia chiaro, è
più che felice di un contatto del genere e di averlo tanto
vicino, tanto dal togliere la mano dalla tasca per stringere la sua fra
le dita e nascondere il gesto dietro i cappotti. Ma trova strano da
parte sua un azzardo del genere, soprattutto perché sono in
mezzo alla strada e ci sono altre persone che passano - anche se, va
detto, tendono tutti ad ignorarli come se non ci fosse nulla di strano
perché non
c'è nulla di strano. In America le cose sono
decisamente diverse.
Il sorriso sul viso del russo si allarga e gli occhi brillano dietro le
ciglia chiare.
«Constato soltanto quanto tu sia basso. Ti sei
accorciato ultimamente?»
Il broncio che gonfia le guance dell'altro ragazzo, rendendolo simile
ad uno di quei roditori che tanto gli piacciono, gli strappa una risata
e lo fa allontanare anche se un po' a malincuore.
Soprattutto quando si irrigidisce, sentendo alle proprie spalle una
voce sfortunatamente conosciuta, liberandosi anche dalla presa della
mano del suo ragazzo ed affrettandosi ad infilare la propria nella
tasca del giubbotto - Phichit questo lo nota, ed un lampo confuso e
ferito attraversa gli occhi nocciola prima che si volti per cercare con
lo sguardo chi è che l'ha fatto reagire così.
«Ma tu guarda, la signorina
sta proprio crescendo!»
E' uno sguardo vagamente disgustato, quanto non infastidito, che il
pattinatore biondo scocca da sopra la spalla al ventunenne che si
è avvicinato a loro. Non si cura di apparire maleducato
nello squadrarlo dalla testa ai piedi, soffermandosi sugli occhi blu e
su quel fastidioso e scintillante sorriso sicuro di sé che
sembra essere suo marchio di fabbrica.
«Tu invece non sei cambiato per nulla» smorfia alla
fine, riprendendo a bere dalla cannuccia che penzola dimentica ed
agguanta fra i denti quasi fosse un animale e non un ragazzo.
Chulanont che si sente onestamente un po' spaesato, oltre che
decisamente ignorato, prova ad intromettersi schiarendosi la voce e
rivolgendo all'altro un bel sorriso allegro e cordiale.
«Ehi J.J. Come va?»
Il canadese, lo scorso anno, è arrivato soltanto quarto
nella classifica generale. E proprio perché è
stato lui a soffiargli il terzo posto, sebbene soltanto per una
manciata di sofferti punti. Non si stupisce più di tanto se
quello si limita a guardarlo male per lunghi istanti, per poi tornare
ad ignorarlo e riprendere a rivolgersi soltanto al russo.
In realtà a Phichit sembra un po' troppo interessato a Yuri,
lo ha notato anche durante lo scorso Grand Prix. Non faceva che
gironzolargli attorno, punzecchiarlo e disturbarlo. A quanto ne sa gli
ha anche chiesto di uscire, una volta, ricevendo in risposta un pattino
lanciato contro che è riuscito a schivare per puro miracolo.
Non gli piace.
«Oh ti ringrazio. E' una fatica mantenersi così
perfetti ma, ehi, qualcuno deve pur farlo!»
Il più giovane dello strambo trio fermo su quel marciapiede
alza gli occhi al cielo, decidendosi a voltarsi anche lui per
fronteggiare Jean Jacques. E' ancora più basso di lui,
sfortunatamente, ma questo non gli impedisce di guardarlo con la stessa
aria minacciosa di chi ti fissa dall'alto.
«Sì sì, già... senti, ci dici cosa
diamine vuoi e poi ti levi dalle palle? Mi stai rovinando la
giornata.»
Malgrado ci tenga a marcare il fatto che lì, ad ascoltare i
suoi vaneggiamenti, siano in due pare proprio che il canadese non
capisca l'antifona. Nemmeno guarda verso il più grande,
quasi Plisetsky fosse totalmente da solo. E, soprattutto, non si cura
di avvicinarsi decisamente oltre il limite del lecito per poi curvarsi
in avanti ed avvicinare il viso a quello del biondo, facendogli
l'occhiolino.
«Ho un modo per risollevartela, se vuoi. Vieni a fare un giro
con me, conosco dei posticini niente male in questa città.
Sarà divertente.»
Phichit è un uomo paziente. Può sopportare di
tutto con il sorriso ma vedere il proprio ragazzo arrossire per le
parole e la vicinanza di un pallone gonfiato qualsiasi che si crede il
re del mondo... questo- questo no, è troppo anche per lui.
Così non ci pensa due volte a mettersi in mezzo,
letteralmente, appoggiando una mano sul petto del pattinatore
più alto e spingendolo con un grosso sorriso e gli occhi
socchiusi per allontanarlo da Yuri che, sorpreso, rimane dietro di lui
con gli occhi sgranati dietro la frangia troppo lunga.
«Yuri ha già un cicerone e mi pare abbia detto che
non voglia essere importunato oltre da te. Quindi, se non vuoi che il fantastico J.J.
esibisca un fantastico
naso rotto durante il suo programma libero di domani ti consiglio di
andare a farti un giro in uno di quei posticini. Da solo.»
Sembra così sicuro di sé, il thailandese. Il suo
ragazzo non crede di averlo mai visto così da che lo
conosce. E' sempre stato un tipo gentile, un po' svampito, decisamente
troppo allegro e soprattutto non lo avrebbe mai pensato a poter
minacciare con un sorriso qualcuno che è il doppio di lui -
ed anche più famoso, più ricco e potenzialmente
più pericoloso di quanto possa essere il ventiduenne.
Eppure, incredibilmente, J.J. par finalmente capire l'antifona.
Improvvisamente sembra accorgersi della presenza dell'altro ed alza le
mani al petto, in un segno di resa, sorridendo nervosamente ed
indietreggiando.
Yuri sbuffa. Codardo.
«Ehi amico, scusa. Volevo semplicemente fare due chiacchere,
nulla di che. Mamma mia come siete permalosi voi stranieri.
Beh» fa spallucce, passandosi una mano fra i capelli scuri.
Li porta ancora rasati ai lati, così le dita allontanano
soltanto il ciuffo dal viso «Allora ci si vede domani. Bye
bye»
Rimangono a guardarlo allontanarsi, in silenzio, spalle larghe e
schiena dritta. Non ha perduto la sua baldanza ed il rifiuto e la
minaccia paiono non averlo scalfito minimamente dato come, solo dopo
qualche metro, si ferma a fare foto e firmare autografi come la star
che in fin dei conti è. Di certo venire respinto non
sarà un grosso trauma per chi ha un ego così
grande.
«Allora...» mormora Yuri, voltandosi di nuovo per
riprendere a camminare, attendendo che Phichit lo segua
«...cos'era quello?»
Chulanont sembra un pochino sconvolto, in realtà, quasi non
credesse di aver reagito davvero in quel modo. Si sistema il giubbotto
e torna ad affiancarlo, giocherellando nervosamente con il cellulare
che tiene in una tasca.
«Quello cosa?»
Il biondo soffoca un sorriso dietro il bicchiere che ha deciso di
privare del coperchio di plastica, per poter bere direttamente i
residui che non riesce più a tirar su con la cannuccia.
Quando torna a voltarsi verso il compagno, dopo aver gettato tutto in
un cestino, ha uno sbaffo di panna sopra il labbro inferiore e l'aria
di un bambino pasticcione.
Phichit lo trova assolutamente adorabile e non riesce a trattenersi
dall'allungare una mano sul suo viso per ripulirlo col pollice,
guardandolo arrossire di nuovo mentre poi se lo porta alla bocca e
lecca via la panna che lo sporca. Ecco,
sono questi i motivi per cui vuole vederlo in imbarazzo.
«Non mi piace J.J.»
Alzare gli occhi al cielo sembra essere lo sport preferito del biondo,
dopo il pattinaggio. Ma non riesce a prendersela troppo, soprattutto
quando viene attirato fra le braccia dell'altro - nessuno fa caso a
loro e comunque si sono fermati in un angolino appartato.
«A nessuno piace davvero J.J.» fa notare, facendo
spallucce «Cioè, è bravo.
E' un cantante, ha una sua linea di moda, fa anche beneficenza e tutte
quelle cazzate lì. Però, siamo seri, chi lo
sopporterebbe per più di dieci minuti?»
Inarca un sopracciglio, quasi ad invitarlo a rispondere. Il
thailandese, però, si limita a circondargli una guancia con
un palmo caldo e premere le labbra sulle sue. Lo bacia piano,
lentamente, assapora il mix di cioccolato, caffé e panna di
cui sa ora la sua bocca mentre cerca la sua lingua con la propria. E'
incredibilmente buono, sebbene preferisca il suo sapore senza che ci
sia altro a nasconderlo.
Yuri si rilassa, dopo un po', come sempre. Passa le mani fra i suoi
capelli ed intreccia le dita dietro la sua nuca, chinando il volto e
mettendo così in ombra i loro visi con le lunghe ciocche
chiare; un'ennesima protezione, incosciamente, agli occhi del mondo. A
voler tenere segreto qualcosa che è solo loro.
E, in fin dei conti, quella gelosia neppure gli dispiace
così tanto. Gli scalda il cuore, gli fa dimenticare per un
attimo che quella non è la normalità per loro -
che, durante il resto dell'anno, non si affrettano a raggiungere
l'appartamento del più grande per poter stare da soli e
tornare a confermare, in tutti i modi possibili, come si appartengano.
Attendendo l'indomani e stemperando l'ansia per una gara l'uno fra le
braccia dell'altro.
Non è la normalità. Però possono
fingere che lo sia, almeno per un po'.
Plisetsky si morde nervosamente il labbro inferiore, lo sguardo fisso
sulla scintillante pista di ghiaccio. Ha fatto un ottimo punteggio e,
per il momento, è al primo posto - non ha sbagliato neppure
un salto, i passi sono stati perfetti e la giuria ed il pubblico sono
entrati in visibilio per la musica e la sua esibizione. In pratica
è andata esattamente come voleva che andasse.
Quindi non è in ansia per se stesso, ci mancherebbe. E'
sicuro di avere la vittoria in tasca. Ma il secondo posto è
occupato da J.J., com'era prevedibile, ed il terzo da quel De la
Inglesia che è amico di Phichit.
Phichit.
Che sta dando il massimo e si sta sforzando per scalzare il canadese,
per dimostrare di essere migliore di lui.
«Geloso» mormora, con un sorriso nascosto,
appoggiato al muretto mentre lo sguarda esibirsi in un triplo Salchow
seguito da un pulitissimo toe loop. Si sta muovendo sulla stessa
canzone della sera in cui si sono baciati per la prima volta, quella
dove hanno pattinato insieme a New York.
Deve dire che un po', giusto un filo e non lo ammetterebbe mai, la cosa
lo emoziona.
«Ce la sta mettendo proprio tutta, eh» Mila
sorride, affiancandoglisi nella stessa posizione e prendendosi il viso
fra le mani.
E' l'unica che sa,
perché non c'è stato bisogno di dirle niente. Lo
ha capito forse prima di loro ed, in ogni caso, fa di tutto per
sostenerli anche se il marmocchio del suo team non vuole sentire
parlare di quella storia.
Yuri risponde con un grugnito, seppellendo il viso fra le braccia, per
poi sobbalzare visibilmente quando il pattinatore in pista cade seguito
da un coro di ''ohhhh'' dispiaciuti dal pubblico.
Strizza gli occhi e appiattisce le labbra, celando la preoccupazione,
per poi liberare un sospiro di sollievo quando lo vede rialzarsi e
riprendere il suo programma libero come se nulla fosse. Non importa che
abbia perso punteggio, così. La sua rimane comunque
un'esibizione meravigliosa.
«Yuri!» tra i fischi di apprezzamento e gli
applausi del pubblico, la voce di Phichit infrange i rumori e fa
sgranare gli occhi all'interpellato.
Il thailandese ce l'ha senza dubbio con lui e, ora che ha finito, sta
pattinando per raggiungere il bordopista senza togliergli lo sguardo di
dosso, ripetendo ancora una volta il suo nome
«Yuri!»
«Vai...» mormora la rossa, dandogli un colpetto
sulla spalla, per invogliarlo a raggiungere la kiss and cry.
Plisetsky si sente un po' stordito e non capisce cosa sta succedendo,
soprattutto perché qualcun altro pare essersi accorto della
stranezza.
Non sa come, ma alla fine raggiunge quell'angolo della pista dopo aver
superato con una spallata il canadese che prova a rivolgergli la parola
e fermarlo, bloccandosi dove dovrebbe esserci il coach di Chulanont.
Ma Celestino si è fatto di lato, interessato anche lui agli
sviluppi, cedendogli volentieri il suo posto solo per vedere il proprio
allievo letteralmente crollare in ginocchio, sul ghiaccio, e prendere
fra le proprie le mani del russo.
Adesso è ben più di qualche persona ad avere lo
sguardo puntato su di loro.
Yuri si sente a disagio. Non riesce a tirar via le mani da quelle
dell'altro, ipnotizzato dai grandi occhi nocciola che lo fissano con
aria adorante e decisa. E' bello Phichit, con i capelli tirati indietro
e il suo costume nero e oro, alcune goccioline di sudore a scendere
lungo le tempie ed il fiatone.
«Cosa cavolo stai combinando, mudak?» riesce a
sussurrare, alla fine, cercando di ignorare il fatto che tutti li
stiano guardando.
«Sto facendo una cosa che avrei dovuto fare già da
qualche tempo. Non mi interessa cosa pensa la gente, capisci? Io mi sono innamorato di te.
Sarebbe un tremendo cliché dire che lo abbia fatto da quel
primo messaggio, vero? Infatti non è successo subito. E'
accaduto piano piano. E si è rafforzato nel tempo, nella
distanza, nel non poterti avere vicino e desiderare quei pochi momenti
in cui potevo vederti e sentirti davvero. Questi ultimi due anni e
mezzo... sono stati i più belli e al contempo i
più brutti della mia vita.»
Il russo lo guarda nervosamente, il cuore in tumulto. Cerca di sfilare
le mani dalle sue, non sa cosa pensare, non riesce più a
pensare. Sente solo la sua voce, il battito frenetico nelle orecchie, i
suoi occhi che lo guardano e lo pregano di dire qualcosa. Qualsiasi
cosa.
«Se... se sono stati così brutti,
perché diavolo questa sceneggiata?» sbotta
soltanto, alla fine, con più rancore di quanto non meriti
una dichiarazione in diretta internazionale. Non che adesso faccia caso
alle telecamere.
Il thailandese scuote il capo e gli stringe un po' di più le
mani, portandole al viso e baciandone le punte delle dita
«Perché voglio che quelli successivi siano belli e
basta. Ti voglio con me,
Yuri. Ogni giorno, finché mi vorrai anche tu. E se in Russia
questo non è possibile... beh. Rimani qui. Rimani qui con
me.»
Sull'intero palazzo di ghiaccio cade il silenzio.
Yuri sente la testa girare, il respiro che manca. Fissa Phichit e
Phichit fissa lui, con il suo solito sorriso fiducioso e quello sguardo
dolce che gli dice che accetterà qualsiasi risposta.
Qualsiasi.
E, allora, il russo libera le mani dalle sue e scappa.
N.d.a
- Non
linciatemi. Davvero, lo so che volete farlo. Lo sento. Ma abbiate
un po' di fiducia o forse no ed aspettate il sesto
ed ultimo capitolo per decidere se il pollice sia in su o
giù.
Un po' di precisazioni:
- J.J. non è affatto il mio personaggio preferito,
nonostante si sia visto solo in una puntata ancora, e mi sa che si
è notato. Mi scuso per i suoi fan, ma io lo vedo
così eccheccipossiamofare.
- in Russia com'è noto ci sono leggi omofobe e quindi non
è proprio consigliabile far coming out, soprattutto se si
è un personaggio pubblico. E' per questo che Yuri non voleva
si sapesse della loro relazione e Victor ha preferito non tornarci
più, stando stabilmente con Yuuri (per la ggggioia dei fan
della Victuri).
- nonostante possa sembrare diversamente, e molto più
plateale di ciò che non è, la dichiarazione di
Phichit viene ascoltata soltanto da Celestino e chi si trovava
lì vicino visto che il thailandese non urla di certo ma
tiene un tono di voce basso. Quello che gli interessava era che a
vedersi, com'è stato, fosse il gesto per andare
contro il taboo di cui tanta paura ha Yuri e dimostrargli che lui, di
quella paura, non ne ha. Per chi se lo chiedesse volevo riprendere un
po' quello che è stato il bacio Victuri, sì, o
perlomeno il suo significato.
Detto ciò, ringrazio Brain
Damage, LorasWeasley
e Generale
Capo di Urano per le belle parole lasciate al capitolo
precedente (al solito, sempre felicissima che vi piaccia! E spero in
fondo di non avervi deluso, nonostante ciò che è
successo, perché vi ricordo che c'è sempre il
sesto capitolo. Il famoso +1 ù.u. E tutto può
ancora succedere -?-) e chi ha semplicemente letto e leggerà.
Ci vediamo alla fine, sweeties!
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Capitolo 6 *** +1 ***
« Shall we skate? -
Agape Rhapsody
«Ancora
una volta!»
La voce rimbomba secca per il palazzetto che, se non fosse per l'uomo e
il bambino, sarebbe altrimenti vuoto.
Gli occhi di un brillante azzurro, che stridono con il taglio
tipicamente allungato degli orientali ma al contempo lo rendono
affascinante da guardare, del piccolo piegato in avanti sulla pista
ammiccano privi della fatica che il suo corpo minuto invece dimostra
con il fiatone e le gote arrossate; è perfettamente in
bilico sulle lame dei pattini bianchi nonostante non paia avere che
sette/otto anni scarsi e con quegli arruffati capelli neri sembri
più un pulcino spelacchiato che un pattinatore.
Ad ogni modo la cosa non sembra suscitare alcuna tenerezza nel bel viso
altero di chi è, invece, fermo dietro il muretto che
delimita la pista con le braccia severamente incrociate al torace ampio
fasciato da un'aderente polo nera a collo alto che stringe bene sui
fianchi sottili e termina poco sopra la cinta chiara che regge i jeans
di denim scuro. Ha gambe lunghe e forti, di chi le ha usate nello sport
per tutta la vita, ma la sua figura mantiene un che di delicato nei
lineamenti gentili del viso nascosto in parte dalle lunghe ciocche
bionde che sfuggono dalla coda bassa in cui ha costretto dei capelli
che arrivano poco sopra i fianchi. E' più che chiaro che si
sforzi notevolmente di cancellare anche quella traccia di dolcezza
dietro un'espressione accigliata, le labbra premute fra di loro mentre
segue con lo sguardo il bimbo riprendere a pattinare in circolo e
prepararsi a provare nuovamente il triplo toe-loop che prima
aveva mancato per un soffio.
«Rimani concentrato. Se lo sbagli un'altra volta non avrai i piroshky che ti ho
portato»
«Ma-»
«Concentrato!» abbaia di nuovo quello, piegandosi
leggermente in avanti, gli occhi verde azzurri che luccicano per un
istante di irritazione nel continuare a guardare il piccolo pattinatore.
Il bimbo gonfia le guance e poi quando si sente sicuro spicca il salto,
concentrandosi sulla rotazione come gli è stato detto -
ordinato - di fare.
Quando torna a toccare terra coi pattini un grosso sorriso brillante si
apre sul visetto e solleva le braccia sopra la testa facendo segno di
vittoria con entrambe le mani, esultante «Visto? Visto?! Ci sono
riuscito!»
Il giovane uomo sospira, scuotendo leggermente il capo, le labbra che
fremono appena e l'espressione che si fa ancor più arcigna.
«Hai aspettato troppo per saltare. Devi stare più
- oh, ouch. Ok, ok» barcolla, spalancando le braccia, quando
si ritrova ingabbiato dalla morsa del nanerottolo che ha ben pensato di
fiondarsi su di lui a tutta velocità per abbracciargli i
fianchi con una risata. E'
tutto suo padre, quel moccioso. «Sei stato
bravo.»
Il bambino sorride, strofinando il viso contro lo stomaco dell'adulto,
sicuro che anche lui si sia tolto quella faccia da antipatico e stia
sorridendo. Lo fa raramente ma sa che è capacissimo di
riuscirci. Semplicemente... com'è che dice otets? Qualcosa
come ''ha una parte da portare avanti, ne risentirebbe la sua
dignità''. Non che comprenda cosa voglia dire, ma suppone
che lo faccia soltanto perché altrimenti gli altri lo
prenderebbero in giro.
«Quindi ora me li dai i piroshky, dyadya?»
chiede, con la sua migliore combo 'voce e occhioni da cucciolo' stile
Gatto con gli Stivali.
Il biondo finge di pensarci su, cogliendo con la coda dell'occhio le
guanciotte del nipotino gonfiarsi per l'ennesima volta, ma alla fine
gli scocca un lieve sorriso e gli scompiglia i capelli facendogli un
cenno con il capo ad indicare gli spogliatoi «Vai a
cambiarti. Sono nel mio borsone... ma-» lo richiama,
vedendolo precipitarsi quasi senza neanche togliersi i pattini
«-non più di due. Mi raccomando»
«Stai cercando di rubarmi l'allievo?»
Le spalle del russo si irrigidiscono instantaneamente, mero riflesso
residuo di irritazione che negli anni non è andato via, per
poi rilassarsi quando voltandosi si ritrova a ricambiare lo sguardo di
chi gli ha rivolto la parola.
Nota sempre con piacere come sia rimasto più basso di lui,
che con lo sviluppo ha raggiunto il tanto sospirato metro e ottanta
nonostante le infauste previsioni, cosa che gli permette di rivolgergli
un sorrisetto arrogante mentre infila le mani nelle tasche e fa
spallucce.
«E' lui che me lo chiede. Si vede che il suo coach non
è poi così bravo»
Il più grande alza gli occhi castani al cielo - non porta
più gli occhiali da tempo, optando per le lentine - per poi
scuotere il capo e sorridere rassegnato. Non cambierà mai,
quel tipo, per quanto tempo possa passare.
«Semplicemente perché sei il suo idolo Yurio. E ti
vede, se tutto va bene, tre volte l'anno»
Il russo non sa se incazzarsi per il soprannome che continuano tutti ad
usare - anche se, deve ammettere, ormai è da tempo che non
gli dà più veramente fastidio - o per l'accusa
neanche troppo velata che il trentaquattrenne gli rivolge. Oppure
sentirsi lusingato per il fatto che quel pidocchietto lo consideri il
suo idolo.
Alla fine opta un po' per tutte e tre.
«Scusami se vivo dall'altra parte del mondo e ho ancora una
carriera, io»
Il moro sbuffa, inarcando un sopracciglio e piazzandosi le mani ai
fianchi «Vivi in America,
non al Polo Sud. E anch'io ho una carriera. Alleno ragazzi
perché seguano i loro sogni, proprio come abbiamo fatto
noi.»
Un cenno infastidito con la mano da parte del biondo dichiara chiusa,
almeno per quanto lo riguarda, la discussione. Nonostante tutto,
però, si avvicina all'altro fino ad affiancarglisi ed
arricciare leggermente il naso.
«Non è che sia veramente suo zio,
Katsuki»
Il giapponese sorride, dandogli una lieve pacca su una spalla incurante
dell'espressione cupa che provoca nel vecchio nemico il gesto
«Nao ti considera suo zio e perciò lo sei. Questo
basta... e non fare il musone, su. Tanto lo so che gli vuoi bene anche
tu»
«Papà!»
Yuri si volta, guardando divertito il figlio corrergli incontro con la
bocca sporca di briciole ed uno di quei panini russi che tanto gli
piacciono stretti in un pugno. Fortunatamente in quanto a costituzione
sembra essere più affine al suo padre adottivo che non a
lui, altrimenti con tutto quello che mangia a quell'ora sarebbe stato
una palla - adorabile, ma pur sempre una palla.
«Sai che sono riuscito a fare il triplo toe-loop?»
gli chiede, con la bocca piena, una volta fra le sue braccia.
«Ah sì?» il genitore scocca un'occhiata
saputa al russo che, per tutta risposta, distoglie lo sguardo e finge
di essere assolutamente interessato al proprio cellulare.
Perlomeno fino a quando a quello - che ha sempre la solita cover
leopardata da dieci anni a quella parte - non si illumina lo schermo
ed, in contemporanea, anche lo sguardo e l'intera espressione del
venticinquenne sembrano farlo nel notare il destinatario del messaggio
prima ancora che leggerlo.
Katsuki si sposta il figlio sul braccio opposto, guardandolo con aria
curiosa salvo poi capire e sorridere dolcemente «E'
arrivato?»
«Uhm uhm»
«Allora vi aspettiamo a casa!» si ritrova ad urlare
alla schiena di Plisetsky, la mano vicina alla bocca per farsi sentire.
Ma, ovviamente, quello è già corso fuori come una
saetta.
L'aeroporto di Hasetsu è sempre un caos, durante le vacanze.
Solitamente la cittadina è tranquilla ma nelle
festività sembra che tutti si ricordino improvvisamente di
dover tornare all'ovile anche solo per un paio di giorni.
Yuri c'è abituato, sarebbe strano il contrario dato il
lavoro che fa, ma questo non significa che ami la confusione ed il
dover farsi largo a spallate per poter raggiungere gli arrivi.
Fortunatamente è abbastanza alto da non dover uccidere
nessuno per poter guardare oltre il cordone umano, cercando con lo
sguardo finché una familiare chioma castana non appare in
cima alle scale mobili insieme alla pelle brunita del suo proprietario
ed un paio di stanchi occhi nocciola impegnati a leggere qualcosa sul
suo cellulare - che, come il suo, ha ancora la cover a tema di criceti
di quando si sono conosciuti; probabilmente starà postando
su instagram qualche foto, quella è un'abitudine che non
è riuscito a togliersi neppure ora che di anni ne ha trenta
e non è certo più un ragazzino.
Ma il ventenne d'allora torna, quando alzando lo sguardo incontra
quello del russo. In quel preciso istante sembra che la stachezza
scivoli via dal viso, lavata con un colpo di spugna, e gli occhi
prendono a brillare di pura gioia tanto da non trovare neppure strano
come non aspetti che le scale facciano il loro dovere ma si precipiti a
scendere da sé trascinandosi dietro il trolley e suscitando
l'ilarità e lo sconcerto fra quanti aspettano e gli altri
passeggeri del suo stesso volo.
«Devi sempre dare spettacolo?» sbotta Yuri, una
volta che finalmente sono faccia a faccia - beh, più o meno.
Il thailandese è sempre più basso di lui di una
decina di centimetri. Ma sono dettagli, in realtà. Tutto
è sempre stato solo un dettaglio trascurabile in fin dei
conti; ci sono arrivati, c'è arrivato, tardi ma per fortuna
lo ha capito.
Il più grande fa spallucce, con aria apparentemente
angelica, mollando la valigia unicamente per gettargli le braccia al
collo e coinvolgerlo in un bacio che spezza il respiro ad entrambi.
Sono stati lontani per quasi due settimane, con Phichit a Ginevra con
il suo team, ma sono sembrati due mesi.
Plisetsky non esita più, ormai, nel ricambiare l'abbraccio
avvolgendogli le spalle e rispondere al bacio ad occhi chiusi.
Appoggiando ancora una, due volte, la bocca sulla sua compagna anche
quando il fiatone impedisce loro di continuare a salutarsi in un modo
tanto piacevole.
«Mi hai sposato per questo» ridacchia Chulanont,
accarezzandogli il viso con la mano su cui brilla la fede d'oro bianco
da ormai due anni e mezzo prima che venga coperta dalla gemella del
marito che fa mostra dell'identico cerchietto all'anulare. Riscalda
sempre il cuore guardare quei piccoli pezzi di metallo e pensare
cos'hanno costruito. Dove, nonostante tutto, siano arrivati. Insieme.
«E io che pensavo di averlo fatto per evitarmi un'altra
dichiarazione in diretta internazionale...»
Si guardano in silenzio per qualche istante, poi scoppiano a ridere.
Ormai parlare di quel disastro che è stato lo Skate America
di otto anni prima non è più brutto per nessuno
dei due. Anche perché, dopotutto, così male poi
non è andata; alla fine non lo ha pur sempre aspettato,
fuori nei corridoi del palaghiaccio, sicuro di essere raggiunto
soltanto per stampare una bella cinquina sul viso di quell'idiota
thailandese e poi baciarlo per fargli capire quale fosse la sua
risposta?
«Lo hai fatto perché mi ami» lo ribecca
quello, spintonandolo leggermente, divertito dalla sua aria non proprio
convinta.
«Hm...»
«E perché io amo te» aggiunge poi, con
semplicità, intrecciando le dita della mano libera con le
sue. Discretamente, senza prenderla davvero, come di loro consuetudine.
«Smettila di dar fiato alla bocca e muoviamoci. I Nikiforov
ci aspettano e non so quanto riuscirei a sopportare le battutine di
quel deficiente di Victor senza aver bevuto nulla prima... poi mi
spieghi perché ci siamo fatti incastrare anche questo
Natale.»
«Ehi»
«Uhm?»
Phichit volta appena il viso, senza distoglierlo dalla strada, mentre
scala la marcia e mette la freccia per svoltare; a Yuri non
è mai piaciuto più di tanto guidare,
così di solito è lui a prendersi l'onere
soprattutto se il marito è stato costretto a farlo per forza
di cose prima.
Ma il giovane uomo biondo non ha aperto neppure gli occhi, continua a
tenere il capo riverso contro il finestrino e apparentemente
sonnecchiare con le braccia incrociate al petto. Solo lui lo sa come fa
ad essere comodo in quella posizione.
«Ho visto le foto dell'allenamento di Naoki...»
«Ahhn?» finalmente il russo apre un occhio,
guardandolo accigliato. Com'è possibile se erano solo...
...Yuri.
Quel dannato maiale giapponese. Allora era lì da tutto
l'inizio.
Un sospiro è l'unica cosa che risponde il thailandese,
mordicchiandosi poi il labbro inferiore con un accenno di nervosismo.
«Ecco... pensavo...»
«Sai farlo?»
Un'occhiataccia e Yuri alza entrambe le mani al petto, in segno di
resa, invitandolo ad andare avanti.
Peccato che quello esiti.
«Andiamo, mudak. Non abbiamo tutto il giorno e stiamo
arrivando» gli fa notare, con un tono un po' più
dolce. Evidentemente è una cosa che vuole che gli altri non
sappiano se non ha aspettato di arrivare a casa di quei due per
parlargliene. O provare a farlo, visto che sembra davvero combattuto.
Alla fine Phichit prende un bel respiro, rallentando e poi fermando la
macchina. Le terme della famiglia Katsuki sono a qualche metro da loro
e già si possono sentire gli schiamazzi allegri, nonostante
abbiano i finestrini aperti; non mancherà molto prima che
qualcuno si accorga di loro.
«Mi... mi piacerebbe se la nostra famiglia si allargasse.
Cioè, ne sarei davvero davvero felice»
Il biondo rimane in silenzio a guardare la strada, intrecciando le dita
fra le gambe. Non dice nulla per svariati istanti e neppure la sua
espressione suggerisce cosa gli passi al momento per la testa.
«Parli di un bambino?» si informa soltanto, alla
fine.
Chulanont annuisce, lentamente, ma è già pronto a
ritrattare tutto. Solo che si trova a sgranare gli occhi, sorpreso,
perché suo marito ha appoggiato la testa sulla sua spalla e
chiuso gli occhi - ed è... è strano. In ogni caso
non la reazione che si aspettava.
«Voglio ricorrere all'adozione, però. Non come
quei due*» non è mai stato troppo d'accordo sulla
scelta che hanno preso gli altri due coniugi, ma suppone che a casa sua
ognuno possa fare come meglio crede.
L'ex pattinatore thailandese però neanche ci pensa a certe
cose. Non può credere alle sue orecchie e la gioia
è tanta da rivolgere un timido sguardo stordito al suo
compagno.
«E' un sì?»
Yuri riapre gli occhi, guardandolo con l'amore e la dolcezza che di
solito non dimostra. Non agli occhi degli altri, perché per
loro non è mai stato necessario essere come tutte le altre
coppie per dimostrarsi qualcosa. Per sapere quanto l'uno tenga
all'altro e sia importante, e prezioso, ciò che hanno
coltivato in quegli anni.
«E' un
sì»
Ogni loro incontro è sempre stato, del resto, qualcosa per
cui valerne la pena.
N.d.a
- Otets
= papà ; Dyadya= zio ; * = si riferisce al fatto che Victor
e Yuri abbiano ricorso
all'utero in affitto. Naoki ha sette anni ed è figlio
biologico di Yuri e di un'anonima madre surrogata (con gli occhi
azzurri, così che potesse assomigliare pure a Victor)
Ok, fatte le dovute precisazioni sul capitolo... eccoci arrivati alla
fine. Spero di non aver deluso nessuno e di essermi fatta perdonare per
quello precedente - ammetto di aver pensato ad un finale alternativo,
ma l'happy ending era d'obbligo o qualcuno mi avrebbe
ucciso.
Sono felice di aver portato a termine questo piccolo progetto ed ancor
di più di aver fatto conoscere quest'improbabile ma
adorabile coppia ed averla fatta amare da qualcun altro ("Phitchuri(o)
is love. Phitchuri(o) is life"). Ringrazio di cuore chiunque mi abbia
seguito e supportato, e un ringraziamento speciale va a Elena_17 e martinasorrentino
per i dolcissimi commenti al precedente capitolo (Grazie ragazze, siete
troppo buone. Io non sono chissà che, anche se mi impegno e
fa piacere che venga apprezzato. Così come sono felicissima
che vi sia piaciuto e che abbiate amato come me la coppia! Spero che
questo +1 sia stato una bella - degna - conclusione). E niente, al
solito ringrazio in anticipo chi leggerà e chi
vorrà lasciarmi due parole.
Qualcuno mi ha chiesto
una lemon su questi due... e chissà.
Quindi, alla prossima? Massì. See ya!
Piccolo edit:
il bannerino su, creato appositamente per questo capitolo e per la fine
della raccolta, è opera mia. Così, giusto per
dirlo (?)
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