Il vampiro che brillava la pelle

di Ruffa
(/viewuser.php?uid=60404)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il vampiro perfetto dalla perfetta pelle glitter ***
Capitolo 2: *** Fenomeno! Sa tutto lui! ***
Capitolo 3: *** Madonna mia! ***
Capitolo 4: *** Cpitty Sash ***



Capitolo 1
*** Il vampiro perfetto dalla perfetta pelle glitter ***


Il temibile Edward “Odoardo” Cullen camminava svelto per le stradicciole -in tema di pulizia tutt’altro che svizzere- della metropoli, la quale ancora dormiva nel bel mezzo della notte. Il vampiro (così è definito nei libri Penombra, Nuova Luna, Eclisse, Rompendo l’Alba e prossimamente anche Sole di Mezzanotte) risplendeva del suo antico splendore, di immortale e letale grazia, dalla pelle una fulgore, grazie ad un lampione dalla lampadina da pochi Watt, attorno al quale girava, eternamente, una falena ubriaca. Indossava un dolcevita beige dal collo alto fatto di cachemire, un paio di pantaloni neri assai aderenti di velluto a coste, che risaltavano le forme di cui era privo, una giacca di pelle comprata al mercatino dell’usato della città chiamata Forchette (nella lingua originale del Paese d’origine di Odoardo, Forks) che mostrava tutti i segni del tempo nelle cuciture sfilacciate, ai piedi un paio di mocassini neri e tirati a lucido talmente tanto che brillavano peggio di due fari abbaglianti. Insomma, era evidente il suo pessimo gusto nel vestire, diciamocelo.
Edward Cullen, per gli amici Odoardo, si trovava a vagare come un’anima in pena, quale lui stesso era, per quella città a causa di un motivo ben preciso: aveva bisogno dello spaccasederi mezzodemoniaco di demoni e affini più in gamba che c’era sulla Terra intera.
La sua bella, la bellissima Bella, era stata rapita da uno di quei rognosi esseri spocchiosi, era stata rapita da un demone che l’aveva portata con sé nelle fauci dell’Inferno. Odoardo subito era stato preso dal panico più assoluto allorché decise di cercare aiuto, pur di salvare la sua bella, la bellissima Bella. Non si sarebbe mai perdonato di non riuscire a salvare la sua bella, la bellissima Bella!

Il temibile Dante "Dande" Sparda uscì dalla sua stanza da letto. I capelli argentei del mezzodemone erano non molto dissimili alla chioma ordinatissima di una cantautrice italiana nota come Nianna Giannini. Indossava un pigiama rosso, sbottonato dal troppo rigirarsi nel sonno, di flanella che faceva fuffa da tutte le parti; là dove non batte il sole era fasciato da un paio di mutandoni del nonn... err, aderentissimi calzoncini rossi, ai piedi calzettoni da calciatore in spugna rossi e pantofole rosse. Non indossava i guanti. Era quindi completamente nudo.
Dante Sparda, per gli amici Dande, aveva passato una notte davvero d’Inferno. Aveva avuto un piccolo disguido con un demone affetto da callo al tallone, il quale gli aveva inferto una violenta mazzata sulla testa albina, facendolo svenire. Il demone suddetto l’aveva trascinato e poi trasportato in spalla a guisa di un sacco di patate fino all’Inferno. È doveroso sapere, difatti, che il demone malato da callo al tallone era il solo a mantenere una famiglia di quindici demonietti giovani e affamati di carne umana (o mezzodemoniaca in questo caso), e quindi quando il malato demone portò con sé all’Inferno il nostro valoroso Dande, stava solo compiendo il suo dovere di padre; nel torto quindi era Dande, il quale non stava svolgendo il suo dovere di preda.
Ma lasciamo da parte la disavventura del mezzodemone, per il momento. Il nostro caro Dande s’era svegliato al seguito di uno scampanellare insistente al portone del suo negozio.
< Co’ ‘sti lampi e co’ ‘sti tòni, chi è che rompe li cojoni? > borbottò col suo vocione grosso, mentre scendeva scale, ancora assonnato.
Si stropicciò gli occhi. Si chiedeva chi accidenti venisse alle otto e mezza del mattino a suonare al portone del suo ufficio, quando lui stava ancora placidamente dormendo dopo una nottata veramente movimentata. Aveva tutto il diritto di riposare le stanche membra per essere pronto ad una nuova giornata di schizzi, sangue, ossa che si spezzano, urla, dolore, saliva e quant’altro.
Strascicando le ciabatte sul pavimento dell’ufficio, un po’ ingobbito, andò ad aprire di controvoglia il portone in stile cattedrale gotica vista la sua altezza immane. Ancora Dande si chiedeva cosa cavolo aveva bevuto il giorno in cui aveva deciso di comprare un ufficio dal portone alto quindici metri, venticinque centimetri, due millimetri e un micron.
Dande aprì il portone. Gli occhi cerulei del mezzodemone si spalancarono e quasi minacciarono di uscire fuori dalle orbite.

Odoardo aveva escogitato un buonissimo piano.
Sapeva che al signorino cacciatore di demoni bravo bravissimo non andavano affatto a genio delle creature così oscure, così dark come lui. Perciò doveva trovare un sistema per colpirlo e quindi convincerlo ad aiutarlo. La sua mente veramente oscura e vampiresca aveva escogitato un piano che più oscuro e vampiresco non si poteva. Dato che la sua vita immortale glielo permetteva, aveva deciso furbamente, vampirescamente, oscuramente, darkamente, di prendersi sette ore di tempo per pensare a cosa fare.
E visto che lui era anche perfetto, bellissimo, simile ad un dio greco, si era permesso di stanziare davanti alla porta dell’ufficio di Dande. Ma non di stanziare semplicemente: preso da un raptus della sua perfezione vampiresca ed oscura, si era tolto la giacca di pelle usurata e il maglione beige mostrando il suo perfetto fisico senza nemmeno un muscolo, e anche un po’ flaccido, all’intero mondo. Assunse una posizione da servizio fotografico da biancheria intima maschiofemminea e rimase lì, perfetto, perfettamente immobile e perfetto, così perfetto che la perfezione sbiancava davanti a tanta perfezione.
Le ore passarono e intanto la sua vampiresca e oscura mente contorta, fredda e glaciale ma perfetta escogitava perfettamente il piano perfetto. Era un perfetto corpo morto e quindi rimase perfettamente immobile, senza muovere nemmeno un mezzo perfetto muscolo; visto che era appunto un perfetto corpo morto e non emetteva imperfetti liquidi umani ed era esente da ogni imperfetta funzione fisiologica, ad un certo punto gli scappò persino un peto perfetto, ma era così perfetto e puzzava così perfettamente che nessuno se ne accorse.
Purtroppo, dopo sette ore la sua mente perfetta non aveva trovato neanche mezza perfetta soluzione, eppure lui continuava a pensare nonostante il sole mattutino, ora alto e splendente, desse alla sua pelle un effetto molto glitter, sbrilluccicoso e abbagliante. Decisamente fescion.
Una voce distrasse la sua perfetta meditazione sul piano perfetto.
< E che cazzo è ‘sta roba? >
Odoardo girò lentamente e perfettamente il volto perfetto ed incontrò una delle facce più imperfette che avesse mai visto in vita sua. Però, nonostante le imperfezioni, lo riconobbe all’istante.
< Sono un vampiro > disse perfettamente e scandendo in modo perfetto le parole, perfette per la situazione.

Dande si grattò in testa a quell’affermazione alquanto improbabile.
Si trovava davanti un tizio senza muscoli che sembrava preso per i capelli da una pubblicità di Dolce e Gabana e sbattuto di fronte alla porta del suo ufficio. Dande pensò che piuttosto che trovarsi quell’ammasso di brillantini, avrebbe preferito che il cane della vicina gli avesse fatto il suo migliore regalino.
Il mezzodemone dall’aria non molta sveglia seguitò a grattarsi la capa albina per almeno trenta secondi buoni prima di guardare dritto negli occhi Odoardo. Lo sguardo glaciale del mezzodemone diceva tutto.
Era un’ondata violenta, possente, grande, immensa, altissima, purissima, levissima, di puro stupore misto ad una freddezza da ghiacciare fin nelle viscere persino l’Etna. Cioè, quell’ammasso di brillantini glitterati voleva fargli credere di essere un vampiro?
Dande sollevò molto, molto, molto lentamente (giusto per dare enfasi al gesto) il sopracciglio sinistro. L’espressione particolarmente attenta faceva da quadro ottimo allo sguardo stupito ma anche freddo allo stesso tempo.
Finalmente, dopo un minuto di incertezze e ragionamenti per cercare di dire una frase ad effetto da Oscar, Dande riuscì a proferire verbo. Lo fece in maniera tanto fredda, tanto distaccata, tanto paurosamente intellettuale che gli uccelli smisero di cantare, le fogne di gorgogliare, i motori delle auto si spensero, i fiumi smisero di scorrere e il giorno divenne notte.
Dande come ultima cosa ridusse gli occhi a due fessure.
< Ne sei proprio sicuro? >

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Fenomeno! Sa tutto lui! ***


Odoardo rimase sconvolto più dalla frase pronunciata dalle sottili ed imperfette labbra di Dande più che dagli sconvolgimenti che accadevano attorno a lui.
In centinaia di migliaia di milioni di minuti della sua perfetta non-vita, nessuno, nessuno mai aveva rivolto a lui una domanda così scandalosa.
Odoardo fu sull'orlo di una crisi di nervi. Provava il profondo desiderio di sbattere al muro quell'albino e spappolargli le cervella... ma non succhiargli il sangue. Oh, no! Nononononono! Lui non avrebbe mai potuto toccare il sangue di un essere umano... oh, no, che cosa deplorevolmente orrida e poco vampiresca!
Il vampiro si mise in piedi, s'erse in un tutto il suo metro e sessanta centimetri. Al confronto del mezzodemone possente e alto un metro e novanta, egli appariva gigantesco.
Tutto merito della pelle perfettamente glitterata.

(N.D.T.: intanto la notte tornò giorno, gli uccellini ripresero a cantare, le fogne a gorgogliare, i motori funzionarono ancora e i fiumi scorrevano.)

D'altro canto, il mezzodemone sentiva di stare perdendo il suo tempo. Il minaccioso (?) alzarsi in piedi del vampiro (così aveva detto di essere...) e quel glitterare ancora più insistentemente gli fece temere di dovere richiedere un cane per ciechi molto presto.
< Ritira quel che hai detto, lurida feccia imperfettamente imperfetta! > il vampiro lo minacciò scoprendo una dentatura assolutamente umana. Il sopracciglio di Dande s'alzò talmente tanto che scomparve sotto i capelli.
Odoardò notò che Dande non aveva alcuna intenzione di ritirare quanto detto, ma lui non si dava per vinto nemmeno davanti a tanta freddezza. Quindi pestò i piedi e strillò: < Ritiralo ho detto! Rimangiatelo! >
La reazione subitanea di Dande fu portarsi le mani alle orecchie. Reazione giustificata, visto che aveva a cuore il suo udito.
Non appena Odoardo smise di strillare (ma non di pestare i piedi come un marmocchio), il mezzodemone che tutto poteva estrasse da dietro la schiena una coppia di pistole. Una era bianca e l'altra nera.
Visto che la pistola bianca andava nella mano sinistra e la nera nella destra, e lui le aveva prese invertite, incrociò le braccia a formare una 'X' e gliele puntò contro. Così faceva molto più tamarro e più figo. Gli dava anche un'aura di rispettabilità, terrore, tamarraggine, proprio quel senso di morte che grava attorno ad ogni cacciatore di demoni che si rispetti.
< Gli anemici magnano ferro > disse buzzurramente. Si riferiva, come è facile comprendere, alla pelle più che lattea del nostro amico Odoardo ed alla sua probabile anemia, visto che non beveva sangue ma mangiava le cosiddette "pastiglie ematiche", sponsorizzate da un altro pseudovampiro di un manga molto famoso, Cavaliere Vampiro. Dande pensò che lo pseudovampiro del Cavaliere Vampiro gli assomigliava molto. Però almeno lui non si nutriva di pasticche ematiche e non aveva gli occhi così grandi e così viola.
Odoardo sgranò gli occhi alla vista di quelle due pistole così magistralmente tenuta con le braccia ad 'X', posizione che avrebbe compromesso per sempre l'osteoporosi di qualunque vecchietto, o umarell.
< Fenomeno! Sa tutto lui! > urlò sulla difensiva e alzò le braccia al cielo. Il glitter brillò e Dande strizzò gli occhi.
Un'altra glitterata fu seguita da uno sparo che squarciò il silenzio della via.

Odoardo strillò come una donnetta e si portò una mano sul braccio.
Vi era un foro profondo dato lo sparo ravvicinato. La pistola bianca di Dande fumava ancora e negli occhi del mezzodemone si leggeva l'odio infernalmente più oscuro, profondo, potente che si potesse leggere negli occhi di un essere umano per metà demone figlio d'un demone dai grandissimi poteri che aveva chiuso l'Inferno sigillandolo con due ciondoli uno dei quali apparteneva a Dande e l'altro al fratello gemello il quale apparententemente avrebbe delle manie omosessuali nei confronti del gemello come si legge erroneamente in molte fan-fiction yaoi ecc ecc...
Comunque, dal foro, con grande stupore dello sveglissimo cacciatore di demoni, non colava sangue.
Colava anziché un liquido denso, argenteo con sfumature d'oro e un leggerissimo effetto glitter, molto elegante. Molto più fescion e figo del comunissimo sangue rosso che sgorga a fiotti dalle gole penetrate dai denti acuminati di un comunissimo ma noiosissimo vampiro, come Lestat ad esempio (il quale al momento, con nostro grande dispiacere, si starà rivoltando nella sua bara da sonno diurno).
Dande buttò a terra entrambe le pistole. Allungò il dito indice per toccare quella strana sostanza ma Odoardo glielo impedì. Con la sua velocità talmente veloce e vampirescamente assurdamente perfettamente perfetta, egli saltò nello spazio lasciato dal mezzodemone sull'entrata. Precipitò nel suo ufficio, lasciando Dande in pigiama di flanella rossa e il dito allungato a toccare l'aere.
Dall'esterno s'udì un qualcosa di non ben identificabile (molto probabilmente qualcosa come un cristone, o un grandissimo torpiliquio) e poi Odoardo ebbe il piacere di vedere il mezzodemone entrare nell'ufficio.

Dande si sbatté la porta dietro di sé. La furia nei suoi occhi e sul suo viso era ben visibile; era però una furia fredda, glaciale, controllata, distaccata, ben centellinata, decisa, divisa, rosa, blu, anche un po' verde, se vogliamo.
< FUORI! DISTURBATORE DELLA QUIETE PUBBLICA! > l'urlo fu tanto potente, molto simile ad un ruggito, che i vetri delle finestre tremarono. Odoardo però rimaneva assolutamente indifferente a quanto accadeva (a differenza di prima ma noi sappiamo che lui cambia umore ogni cinque secondi fratto due) e si guardava attorno curioso, leggeremente schifato da tutte le imperfezioni presenti nel luogo. Molto probabilmente, non ricordava cosa volesse dire essere uomo e per lui era disgustoso trovare, qui e là, qualche bustina di Durex o Settebello, un calzino, un paio di scarpe lanciate in un angolo e nessun pettine, neanche l'ombra d'una cremina per il viso, nemmeno l'ombra di una pinzetta per le sopracciglia.
Dande ancora si chiedeva che cavolo avesse fatto di male per meritarsi quell'essere brilluccicoso in casa sua.
Aveva provato a sparargli, c'era riuscito, ma lui era entrato odiosamente ed ora curiosava aprendo i cassetti, annusando attorno, saltando sui muri ed ora persino s'era appeso alla lampada con le ventole girevoli. Dande lo guardava apparentemente inebetito ma la sua mente macchinava i più atroci modi per farlo fuori.
Ma fu quando lo vide saltare giù dalla lampada, guizzando verso la spada appesa al muro che il mezzodemone non ci vide più. Al diavolo tutti i piani su come ammazzarlo! Perse le sue sembianze umane e divenne mostruoso. Nella sua mostruosità era comunque molto più temibile, sexy, affascinante e pericoloso di un vampiro che glitterava al sole.
Si gettò contro di lui compiendo un balzo che nemmeno Micheal Jordan sarebbe riuscito a fare.
Odoardo, coi suoi super sensi sviluppati, se ne accorse. Saltò a sua volta verso di lui, e nel salto estrasse dai pantaloni un pettine. Se lo passò tra i capelli mentre era in aria, così quando sarebbe atterrato non sarebbe stato spettinato.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Madonna mia! ***


Bene bene.
Vi sono mancata? Spero di sì!
Ho avuto un blocco di ispirazione e tante cose da fare in questo periodo, che mi hanno tenuta lontana dalla continuazione della fan fiction. Finalmente, la voglia di scrivere mi è tornata: spero sia di vostro gradimento! Come al solito, chi si sente chiamato in causa non si offenda perché tutto quello che scrivo è frutto di ironia. Un‘altra cosa, vogliate scusarmi se faccio dei capitoli non molto lunghi, ma voglio sottolineare di volta in volta l‘assurdo della vicenda anche nel fare puntate di breve lunghezza.
Ringrazio per i commenti passati e per quelli che verranno! Grazie anche a chi ha aggiunto la mia fan fiction ai preferiti!



I nostri eroi rimasero sospesi nel vuoto per un lunghissimo istante. La visuale roteò attorno a loro messi così, assolutamente immobili.
Il volto di Odoardo era strabordante di un’ira così perfettamente profonda, una rabbia così perfetta, che era difficile scorgerla sul suo viso perfettamente levigato e piallato dalle mani di un ottimo chirurgo plastico dello Stato di Wahsington, U.S.A..
Il volto di Dande era una maschera di cera intagliata molto rozzamente, vagamente giallognola, che disegnava molteplici e profonde rughe sul suo viso che sembrava così attraente quando manteneva un’espressione a scelta tra queste: pirla, buffone, tranquilla, rilassata, allupata, mediamente incavolata o estatica. Quando veniva preso dalla rabbia, la sua faccia mostrava al mondo l’animo demoniaco che il nostro amico albino celava nell’abisso del cuore.
Infine, vuoi per la forza di gravità, vuoi per ragioni di sceneggiatura, i nostri eroi si scontrarono l’uno contro l’altro producendo un boato cinematografico che scosse i vetri, tanto che le vetrate della porta si misero ad ondeggiare in maniera sensuale.
Fu una fortissima craniata, non si sa per quale motivo i due sopravvissero. Ma sopravvissero, per cui andiamo avanti con la storia e non perdiamoci in ciance come siamo soliti fare.
Dande finì rovinosamente a terra, in un tripudio di pezzi di pigiama di flanella rossa svolazzanti. Odoardo, invece, sgusciò in un angolo tetro, buio, umido e muffito dell’ufficio -ovvero dietro al divano-. Per primo atterrò lui, a ruota tutta l’adipe del busto.
Seguirono lunghi attimi di rumoroso silenzio.
Dande mosse i muscoli delle gambe, puntò i piedi ciabattati sul pavimento, fece forza e si mise in posizione eretta. Era profondamente arrabbiato: non c’erano parole per descrivere la sua ira nell’avere in casa un odioso moscerino vampiro che gli aveva dato una fortissima craniata, quasi compromettendo la sua salute mentale. Ne aveva viste di cose strane durante la sua lunga carriera di cacciatore di demoni: un cane pompato di steroidi con un piccolo difetto genetico di tre teste, una demone ninfomane, un ragno gigante, un uccello un po’ troppo cresciuto… e la lista non finiva lì. Ne avrebbe avute da raccontare per tutta la vita! Ma il vampiro le batteva veramente tutte. Non aveva mai visto un vampiro girare di giorno e sanguinare argento. Più lo guardava, forse anche per effetto della craniata, e più pensava che quello poteva essere un sogno.
Il mezzodemone si avvicinò con molta circospezione al retro del divano il quale, aveva notato con stupore, si alzava e si abbassa leggermente come se piangesse. Con un solo braccio spostò il divano di centoventi chili come se pesasse quanto una sedia di legno, e scorse qualcosa di davvero brutto dietro di esso. Qualcosa che non aveva niente a che vedere con i bacarozzi che scapparono via una volta alla luce…
C’era… una cosa tutta rannicchiata, una schiena bianca dalla pelle sottile e bianchissima sotto alla quale si intravedevano venuzze violacee, spiccavano le ossa della spina dorsale e si indovinava facilmente la forma delle costole. La cosetta color mozzarella era scossa da singhiozzi di tristezza.
Dande, con l’uso della sua demoniaca intelligenza, comprese immediatamente che si trattava di Odoardo -e non di Gollum come aveva pensato-.
Il suo cuore così freddo e glaciale che non gli aveva mai fatto provare una stilla d’amore per qualche donna si riscaldò improvvisamente al vedere Odoardo così triste. Non aveva mai visto una cosa così orripilante. Lo prese per un braccio e lo mise in piedi con la stessa grazia che usava con gli stracci per i pavimenti.
Odoardo aveva il volto rigato di lacrime di pura tristezza ed incomprensione. Tristezza ed incomprensione che aumentarono vedendo il volto schifato di Dande: Odoardo si abbandonò a singhiozzi più insistenti.
Sulla faccia del vampiro erano presenti strisce rosse dalla consistenza simile a bava di lumaca: Dande ne rimase così schifato, ancor più che dallo spettacolo della schiena nuda di Odoardo, tanto che contrasse il volto in un’espressione che esprimeva tutto il suo immenso disgusto. Ad essa unì anche un sonoro e spaventato: < Madonna mia! > e si coprì la faccia con le mani.
< Ecco! > singhiozzò Odoardo. I vetri tremarono di nuovo; dovete sapere che Odoardo aveva una voce melodiosa quanto un gesso strisciato con forza sulla lavagna nel bel mezzo del silenzio di un compito in classe. < Vedi! Vedi! Hai paura di me! Ti faccio paura! Non so cosa fare! Ho bisogno d’aiuto e tu ti fai impressionare dal mio aspetto così perfetto e anche dalle mie lacrime, l’unica parte di me che è imperfetta eppur perfetta perché imitano perfettamente la bava di lumaca come nessun’altra lacrima umana sarebbe in grado di fare! >
Dante si azzardò a scoprirsi gli occhi con una mano, solo quel che bastava per fare entrare un po’ di luce. Odoardo aveva una maschera di bava sanguinolenta sul viso. Il mezzodemone aveva ascoltato metà delle cose che aveva detto.
Dande non era affatto un tipo che si arrendeva facilmente, ma si era reso conto che a meno che non disponesse di ingenti quantità di napalm, non sarebbe riuscito a mandarlo via -e forse il napalm nemmeno sarebbe stato sufficiente-. Sospirò sonoramente e con sommo rammarico acconsentì a se stesso di aiutare quell’ammasso informe di carne sorretta da un mucchietto d’ossa. < D’accordo, d’accordo, ti darò una mano, ma vatti a lavare quel luridume che c’hai in faccia se non vuoi che ti rigurgiti addosso la pizza con la caponata dell’anno scorso! > il suo tono di voce era piuttosto seccato. Ma ben lontano dall’essere supplichevole: un mezzodemone non si abbassava mai ad atti infami quali la supplica, il perdono, la magnanimità! Mai! Mai! Avete capito? E’ chiaro? MAI! MAI E POI MAI! Sarebbe assolutamente vergognoso per una creatura così solitaria, fredda e scostante! Quindi Dande non supplicherà MAI, non perdonerà MAI, non sarà MAI magnanimo!
Ora che avete capito, possiamo procedere.
Odoardo rivolse un sorriso che andava -letteralmente, e non scherzo- da un orecchio all’altro e schizzò verso il bagno. Dande non gliel’aveva indicato, ma per motivi di sceneggiatura già sapeva dov’era.
Il mezzodemone abbassò le mani e mentre lo aspettava, si sedette dietro la sua scrivania e si dedicò alla sua attività preferita quando non aveva nulla da fare. No, pervertite incallite, non giocava con le proprie intimità; no, inguaribili romantiche, non faceva una confessione d’amore telefonica a Lady, Trish, Lucia, Kyrie, Eva, la nonnina che si vede in Devil May Cry 2 o qualsiasi altra femmina comparsa nella serie; e no, yaoiste incallite, non si faceva pensieri sconci su cosa stesse facendo Odoardo in bagno -e preferiva evitarlo, poiché Odoardo stava pulendosi la faccia da quella bava sanguinolenta-.
Niente di tutto questo.
Dande prese una matita, mise le labbra in avanti nella classica posizione a ciuccio e giocò a tenere in equilibrio l’oggetto sopra il labbro inferiore. Gli si incrociarono gli occhi, ma lui si divertiva un mondo.
Odoardo -vi risparmio i dettagli della pulitura che farebbero rabbrividire persone del calibro di Anthony Burgess o Dario Argento- uscì dal bagno col viso nuovamente perfettamente pulito, non una goccia di bava rossa nemmeno in un micron di poro, il sorriso di nuovo sulle labbra perfettamente seriche che coprivano una dentatura -senza canini sporgenti, molto vampiresco- così bianca da fare rabbrividire un ricercatore Oral-B. Era così contento che Dande avesse deciso di dargli una mano!
A passo svelto il nostro vampiro andò verso Dande, ancora intento a compromettere la propria vista con la matita. < Bene caro amico, il mio nome è Edward Cullen. Ma tu, solo perché sei così divertente, e simpatico, e travolgente, e scoppiettante, e ciarliero, e chiacchierone, ti meriti di chiamarmi con il mio nickname >
A quel punto Dande sollevò lo sguardo dalla matita, che cadde sulla scrivania, osservando Odoardo. Aveva sentito bene? Nickname? decise di non fare commenti, si limitò ad alzare molto eloquentemente un sopracciglio -ancora una volta scomparve sotto i capelli- e gli fece un gesto con la mano che, tutto compreso, lo invitava a sedersi, ad andare avanti, a fumarsi una sigaretta e chiederne un’altra, se voleva.
Odoardo si sedette di fronte a Dande e continuò il suo discorso. < Odoardo. Chiamami Odoardo. Ho una missione molto importante per te >.
La parola ‘missione’ risvegliò in Dante antichi desideri che teneva ben stretti: mangiare. Missione = soldi; soldi = cibo; cibo = mangiare. Si sporse in avanti sulla scrivania, vi ci si arrampicò sopra come un geco infoiato e sgranò gli occhi. Il suo modo di fare ricordava molto quello di un tastierista di una band, il VertiGoBlu, ovvero Fandrea Umagalli.
Odoardo sorrise. Di nuovo.
< Vedo che ci capiamo. La missione che sto per offrirti è… >

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cpitty Sash ***


Ed eccomi di ritorno! Grazie a tutti per i commenti ed il supporto!


Dande era decisamente tutt'orecchi. Si rese conto di essersi arrampicato sulla scrivania a guisa di un piccolo rettile, perciò si rimise seduto composto e molto garbatamente tolse la matita dall'incastro tra bocca e naso.
Il nostro amico mezzodemone dentro di sé avvertiva un tale tumulto che non era esplicabile in poche parole. Egli non lavorava da così tanto tempo -si era evidentemente dimenticato della disavventura con il demone affetto da callo al tallone, risalente solamente alla sera prima-, il fruscio del danaro era un suono a lui ormai estraneo.
Ah, moriva dalla voglia di potersi di nuovo librare in aria con la grazia di un giovine fringuello uscito dal nido genitoriale poc’anzi, in barba al cotal peso ch’egli dietro con sé portava ed esso rispecchiavesi nella sua lunga, forte spada che in tante tenzoni l’aveva sostenuto e nella sua armatura in cuoio sanguigno in grado di sostenere duri, inimmaginabili tremendi colpi!
Quand’ecco che Odoardo sembrò essere seriamente in procinto di raccontare al mezzodemone la missione che l’attendeva… il cellulare del vampiro squillò. Note di un’inusuale suoneria si sparsero nell’aria.
Quando ti guardo intorno, vedi i bambini puovri e non solo; quando ti guardi intorno, vedi i bambini puovri… e non solo. Lo so che non è facile per loro, ma neanche per me. E ditemi cosa vedete quando li guardate neli uochi eh…
La reazione di Dande che tante ne aveva viste non era difficile da intuire. Sul suo volto, si dipinse il puro disgusto mentre il vampiro portava elegantemente una mano alla tasca con un gesto perfetto, estraeva il cellulare con inaudita grazia e se lo portava all’orecchio, premendo il tasto della risposta sapendo in anticipo chi era a telefonare senza osservare il nome del chiamante.
Si sa che i vampiri sono in grado di leggere i pensieri altrui; ciò che stupì Dande fu la faccenda del leggere nella mente del cellulare. D’altra parte, la suoneria stessa era tutta un programma. Gli sembrava cantata da una capra asmatica, ma lui non sapeva che il rapper era un certo Cpitty Sash.
< Oh, Alice, sorellina mia adorata zuccherino amore pasticcino al miele! > disse Odoardo, con la voce che sembrava un dolce angelico canto.
La voce di Odoardo al telefono fu tanto gradevole che persino Dande stesso la trovò piacevole.
Rendendosene conto, prese la matita e finse di piantarsela nelle viscere in un gesto che ricordava molto l’harakiri dei samurai.
Il vampiro rivolse al mezzodemone uno sguardo carico d’odio per quel gesto suicida incomprensibile. Lui era la perfezione in terra: cosa poteva saperne quell’orrendo essere cos’era la bellezza? Con quell’orrendo pigiama di flanella rossa, voleva competere coi suoi flaccidi pettorali e la pancetta alcoolica in mostra, le gambe smilze strette in un paio di eleganti pantaloni di nero velluto a coste?
Il mezzodemone ascoltò la conversazione tra Odoardo e quella che evidentemente si chiamava Alice. La ragazza dall’altro capo della comunicazione parlava in maniera tanto bassa, oppure Odoardo aveva un bell’impianto Amplifon nelle orecchie e tenere il volume basso era una sua abitudine, che Dande non sentiva una mazza.
< Oh… Sì. Bene bene. Bene bene bene. A che ora? Oh, bene. Porto con me il mio nuovo amico > Odoardo guardò intensamente il mezzodemone. Dande restò disgustato da quello sguardo da provola, era completamente disgustato da tutto.
Da Odoardo, dalla situazione, dallo sguardo di Odoardo, dal suo fisico flaccido e da vecchio. Quanti anni aveva, lui? Aveva un corpo che apparentemente non aveva niente di strano…
Ma a ben guardarlo alla luce del mattino che cominciava ad illuminare meglio l’ufficio, Dande notò con ribrezzo che il corpo di Odoardo era magro, con la pelle cascante, il petto rugoso, la pancia tutt’altro che piatta, le braccia sottilissime, rugose, tutta la pelle bianca quanto i suoi capelli era segnata da schifose venuzze violacee.
< Certo certo. Penso che arriveremo per mezzogiorno se ci sbrighiamo. Sì sìsì. Sono proprio contento. Sì sì > Odoardo non salutò la sorella e chiuse la comunicazione poi rimise via il cellulare con quel modo fluido che lo faceva sembrare senza ossa.
Restò lusingato dal fatto che gli occhi del bell’albino lo stavano studiando… oh, quanto avrebbe voluto che la sua bella, la bellissima Bella avesse potuto guardarlo nuovamente in tal modo intenso!
Ma probabilmente Odoardo era cieco, perché lo sguardo di Dande denotava solo un profondo schifo. Il mezzodemone in pigiama rosso cominciò a rigirarsi i pollici. Lo fissò freddamente negli occhi… ora neri. Neri? E dove le aveva pigliate le lenti a contatto?
< Embé? >
< Dande, la ricompensa che sto per offrirti dovrebbe compensare la pericolosità della missione e soprattutto di un piccolo inconveniente. Dobbiamo recarci nella mia città, Forchette > Odoardo annuì graziosamente.
Ma ancora Dande non capiva qual era la missione, aprì la bocca ed allungò un braccio con il dito indice sollevato per chiedere delucidazioni ma improvvisamente si sentì stretto sotto le braccia e all’altezza della vita da quelle schifose, flaccide braccia.
Il suo schifo fomentò un’improvvisa rabbia: spalancò gli occhi, trovandosi in braccio a quello scarafaggio troppo cresciuto.
< Non mi toccare! Giù le zampe! > ruggì.
< Dimmi, Dande, dov’è il tuo armadio? > chiese affabilmente Odoardo che lo teneva in braccio.
< Al piano di sopra, nella seconda stanza a destra. Mettimi giù prima che ti faccia quel muso a Emmenthal > ringhiò, cominciando a tastarsi la schiena per cercare le pistole… che non trovò. Maledizione! Aveva portato la sua imbracatura da notte a riparare e le pistole erano in camera da letto!
Odoardo ovviamente non lo mise giù. Alla velocità della luce, correndo senza neanche toccare il pavimento, corse nella stanza da letto, aprì l’armadio mostrando tutta una serie di quattro abiti identici, ne prese uno a caso, afferrò anche un’imbracatura e due pistole lì nell’angolo, tornò al piano di sotto, afferrò la spada di Dande, lo spogliò del pigiama in un colpo solo, gli infilò perfettamente in un colpo solo l’abito che Dande indossa nell’ultimo capitolo della saga di Devil May Cry, con stivali e tutto, poi gli fece indossare l’imbracatura e la spada. Gli diede una sistemata ai capelli, gli pulì la faccia con un asciugamano bagnato trovato in bagno -non si sa come mai ce l’avesse in mano, ma le esigenze di sceneggiatura ci hanno costretti a cascare così tanto in basso- ed infine si baciò la punta delle dita raccolte a becco per complimentarsi da sé.
D’altro canto, il mezzodemone non si era assolutamente accorto di niente. Si ritrovò nell’ingresso del suo ufficio già vestito da uscita, bardato ed armato. Si accorse di avere i capelli in ordine, e vide Odoardo baciarsi la punta delle dita con uno schiocco che per poco non gli fece partire i timpani.
< Che è successo? > non usò parolacce, ma il tono di voce del mezzodemone suonava come un’imprecazione. Odoardo gli sorrise.
< Ti ho vestito, sistemato e reso bello bello. Oh, vero! Vuoi uomini siete così lenti che non capite i veloci movimenti di noi perfetti vampiri… ah! > Odoardo si sistemò i capelli con aria molto chic e poi prese Dande per la mano guantata.
< Vieni amico mio, ti devo condurre alla fermata della prima navetta che ci porterà nella mia bella città dove potremo discutere in maniera decente di affari >
< Via le mani da me! > disse Dande scuotendo il braccio per liberarsi dalla presa della mano gelida ed incredibilmente sudaticcia del vampiro.
Il mezzodemone aveva una forza inviadatagli da Hulk, ma non riuscì a smuovere la presa salda e nemmeno il braccio di Odoardo. Ciò lo fece evidentemente innervosire e per un attimo perse la ragione.
La mano libera corse alla pistola nera, Ebony, la puntò al polso di Odoardo e sparò a distanza molto ravvicinata -praticamente ce l’aveva premuta sopra, diciamocelo-.
Uno schizzo argenteo gli esplose in faccia.
Qualcosa di bianco e viscido gli sporcò l’intera faccia, la mano, il braccio, il petto, il collo. Era quasi completamente scoperto dello schifoso sangue di Odoardo; esso profumava, ma per Dande era puzza visto il nascituro odio che provava nei confronti del vampiro… sebbene lo conoscesse neanche da un’ora.
Ma si sa, è una fan fiction questa, perciò è finzione e quindi posso inventare quel cavolo che mi pare. Tò mo’ -espressione dialettale delle parti di chi scrive e sta a significare ’ecco’ in senso lievemente dispregiativo per chi ascolta).
Dalla bocca di Odoardo comunque non era uscito nulla, non un gemito o un versetto acuto di dolore. Era impressionante come solo Dande, ora rigido ed immobile, si fosse sporcato del sangue del vampiro mentre invece Odoardo non si fosse ritrovato macchiato nemmeno da una goccia.
Gli sorrise misteriosamente e lo trascinò -letteralmente- fuori dall’ufficio.
< Andiamo. Non facciamo in tempo a lavarti! La navetta passerà tra dieci minuti e non possiamo certo andarci correndo! Ti pulirai lungo la strada! >
Fu così che i nostri eroi uscirono dal loco, andando finalmente incontro alla loro avventura.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=317740