The edge of Revenge

di Tera_Saki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scelta OC ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La Master tende la mano, e lui fissa lo sguardo sull'oggetto della sua attenzione. È un uomo sulla quarantina, gli occhi di vetro scuro leggermente aggrottati e le labbra sottili tese in una smorfia impaziente. Ai suoi piedi c'è un ragazzo, un piccolo, fragile, pallido ragazzino rannicchiato su sé stesso.
-Fallo-
Le pareti umide di nuda pietra sussurrano, cattive, scabre e taglienti come la voce autoritaria della Master.
-Xanher-
C'è qualcosa di tremendamente sbagliato nel luccichio sinistro delle gocce d'acqua sul vetro delle finestre, una scintilla di ribellione che brilla anche nelle iridi terrorizzate del ragazzino.
Esita ancora, fissando le ricche decorazioni dei marmi pregiati che costituiscono la stanza, e la reazione della Master è tanto infastidita quanto immediata.
-Devo forse ripeterlo?- domanda seccata strattonando con violenza il collare di ferro.
Un basso ringhio vibra nella sua gola, ma viene improgionato dalle labbra prima che possa diventare un sibilo insofferente. Esegue gli ordini, come la Master si aspetta che faccia per un contratto di schiavitù mai stipulato, ed entra piano nella mente della cratura ai piedi dell'uomo. Rovista fra i suoi pensieri, cercando una leva a cui potersi appigliare, e quando finalmente la trova, un antico ricordo dall'essenza quasi felice, preme su di esso con tutta la forza che possiede.
Il volto del ragazzino si deforma in un urlo muto di disperazione, grida di rabbia e dolore, poi i suoi giovani lineamenti si stendono in un'espressione apatica. Si alza in piedi e lascia che il suo nuovo padrone lo leghi.
-Grazie, Harada Kree- gracchia l'uomo all'indirizzo della Master mentre lo conduce verso l'uscita.
E quando il ragazzino gli lancia un ultimo sguardo vuoto e scompare dietro il portone, la Master lo trascina al suo seguito, in una stanza con tappeti appesi ai muri e un grosso letto accostato alla parete di fondo.
-Spogliati-
Si sbottona la candida camicia con gesti meccanici, estraniandosi completamente da un corpo che ormai non gli appartiene più. Harada Kree, la sua Master, fa scivolare a terra l'aderente veste di raso che le fascia le membra, e quando inizia a toccarlo, Xanher lascia che i suoi occhi zaffiro si perdano nel proprio riflesso sullo specchio dorato.
Avrebbe visto un ragazzo, una volta, un diciannovenne felice con una famiglia e un cassetto pieno di sogni, ma ora c'è solo il corpo alabastro di un Escluso, un inutile, sporco Mezzosangue.


ANGOLO AUTRICE

Le interattive sono una droga, sul serio, e io non posso fare a meno né di partecipare né di scriverle. Allora, premetto che accetterò un massimo di cinque OC, perchè voglio riuscire a concentrarmi su ogniuno di loro e intrecciare bene i fili di questa storia assurda.
Dovete chiedere prima la conferma per l'invio della scheda (con oggetto: Storia interattiva- nome dell'autore) in una recensione, indicando il sesso del vostro personaggio, il suo genitore divino e la sua inclinazione sessuale. Sottolineo che lo faccio per un motivo di organizzazione, non per ricevere più recensioni. Le schede, inoltre, devono essere inviate entro il 24 marzo, poiché il 25 pubblicherò la selezione degli OC.
La scheda che dovete compilare è questa, non accetto parenti dei personaggi delle saghe di Riordan, e mi piacerebbe che i Genitori divini fossero divinità minori o comunque non così conosciute. L'ultima cosa che vi chiedo è di sbizzarrirvi il più possibile, di usare la fantasia e creare personaggi insoliti e originali.

Nome:
Cognome:
Soprannome*:
Genitore divino:
Aspetto fisico: dettagliato
Carattere: dettagliato
Breve storia personale:
Paure e fobie:
Abilità:
Interessi particolari o strane abitudini:
Condizione di Escluso: il vostro personaggio può essere
- Proprietà di ricchi aristocratici appartenenti alle classi sociali più agiate
- Proprietà dei gestori delle Arene, sedi di combattimenti clandestini fra Mezzosangue
- Escluso in fuga, braccati dalla Polizia Speciale e temuti dal resto della popolazione
- Cavia da laboratorio per esperimenti illegali sui Semidei
Se vi vengono in mente altre cose non esitate a proporle.
Orientamento sessuale: scrivetemi solo etero, gay... perchè le relazioni e le amicizie verranno stabilite una volta scelti i personaggi
Animale domestico*:

Non vi chiedo un prestavolto per il semplice motivo che a me piace immaginarli, i personaggi, e non vedermi presentata di fronte un'immagine in cui posso anche non identificare il personaggio per come viene descritto.

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Capitolo 2
*** Scelta OC ***


Io non so davvero cosa dire se non ringraziarvi tantissimo per la valanga di recensioni che mi avete lasciato e quindi per aver deciso di partecipare così in tanti. Non me l'aspettavo, sinceramente, e mi avete davvero commossa.
Detto questo, voglio che voi sappiate che tutti i personaggi che mi avete inviato erano fantastici, ma come avevo detto ho potuto sceglierne solo otto, quelli che ho ritenuto migliori per il tipo di storia e la trama che ho costruito.


Wiktor Bronislawa “Wik” (19 anni) di Saroyan

Figlio della dea greca della bellezza, Wiktor ha una corporatura piuttosto femminea, tanto da essere spesso scambiato per una donna. All'apparenza allegro e amichevole, è in realtà un abile attore, che nasconde una personalità egoista e vanitosa; vendicativo e impiccione con gli estranei, è però un amico leale e altruista. Proprietà di aristocratici.
Bisessuale


Francesco Elia Grimaldi “Frank” (17 anni) di Abby Grace

È un tipo solare e altruista, che cerca sempre di cogliere il lato migliore in ogni situazione. Ha ereditato i poteri curativi che possiede dal suo genitore divino, Asclepio, e al momento è rinchiuso in un laboratorio di ricerca sui Semidei.
Bisessuale


Aletha Pavency “Etha” (15 anni) di Pathetic

Esclusa in fuga, ha ereditato sia l'aspetto che il pessimismo cronico dalla madre Achlys, Dea della Miseria. Non ha fiducia in sé stessa, e non sopporta le persone allegre poiché non ha mai avuto l'occasione di provare a sua volta la vera felicità.
Etero


Leavy Stumpter (14 anni) di DarkDemon

Figlia di Hypno, è sovente persa nel suo mondo, e anche nei pochi momenti di lucidità e di facile distrazione. Solare e positiva, ha tuttavia giornate  in cui passa da stati di totale agitazione ad altri di depressione e apatia. È proprietà di un ricco signore che conduce su di lei esperimenti di ogni tipo.
Etero


Aris Ji (16 anni) di Lunaix

Riflessivo e paziente, ha sicuramente ereditato dal padre Pluto il suo lato più avaro, come la sua tendenza ad agire solo se ricambito o ricompensato, anche se con gli amici è molto protettivo ed estroverso. Dopo essere scappato dal laboratorio in cui era stato rinchiuso, è diventato un Escluso in fuga.
Etero


Zachary Renn “Zach” (19 anni) di cinquedimattina

Affetto dal disturbo di personalità bipolare, Zachary alterna momenti di rabbia ad altri di felicità e altruismo. Avvenente, auto-ironico e indipendente, è molto spesso freddo e scostante, anche se tiene moltissimo alle persone a lui care. È figlio di Naponos, dea della stessa intelligenza che lo contraddistingue. Proprietà del gestore di una delle Arene di New Jork.
Etero


Derek Perk (17 anni) di theTORNgirl

Figlio di Icelo, dio degli Incubi, ci tiene sempre a far sapere la sua opinione, e anche se può sembrare arrogante, è solo sicuro di sé e delle sue capacità. Scontroso con chi lo fa arrabbiare, diventa gentile e altruista con gli amici, anche se tenta continuamente di nascondere loro il suo lato più debole. Proprietà di aristocratici.
Bisessuale


Ljudmila Alekseevna Doestoevskaja (15 anni) di _candyeater03

Figlia di Melinoe, è insensibile, calcolatrie e vendicativa, intrappolata in una rete di ideali sbagliati, terribilmente orgogliosa e avvelenata dal suo stesso rancore. Spinta da impossibili aspirazioni, farebbe di tutto per ottenere ciò che vuole, a discapito dei sentimenti degli altri. Cavia da laboratorio.
Bisessuale

 


E ora vi presento i personaggi che ho creato io insieme alla mia cara sorella gemella, che ovviamente, avendo l'account in comune con me, non ha potuto presentarmi il suo personaggio, Dalish.


Xanher Levish (19 anni)

Possiede una personalità enigmatica, attenta e osservatrice, e pur essendo figlio di Bacco, è un ragazzo calmo e silenzioso. Nutre un sentimento di insofferenza unita a rassegnazione verso la sua condizione di Escluso, e ha ormai perso le speranze di poter un giorno riconquistare la dignità di uomo che gli è stata strappata.
Omosessuale


Dalish Crew “Denny” (18 anni)

Schivo e diffidente, non riesce quasi a ricordare com'era vivere fuori dal Laboratorio. Gli anni di prigionia lo hanno reso chiuso, solitario e del tutto incapace di approcciarsi ad altre persone, ma emana suo malgrado un senso di tranquillità e sicurezza derivante dal suo padre divino, Etere.
Omosessuale


Khalender Ljesa (17 anni)

È una ragazza giocosa, estroversa e completamente pazza. Non si sa se sia effettivamente nata così o se sia diventata in questo modo, fattostà che parla continuamente da sola, o con quelle che lei definisce “voci”. Combatte nelle Arene, ed è figlia di Cupido.
Lesbica

 

E adesso passiamo alle relazioni e alle amicizie. Se non è un problema vi chiederei di mandarmi entro un paio di giorni questa sheda compilata come messaggio privato.

Relazione: sì/no, con chi, come vorreste che si sviluppasse (a grandi linee)
Amicizie:
Inimicizie:

Io avrei già pensato ad alcune coppie, poi ditemi voi se vi piaciono o meno. Proponete pure coppie diverse dalle mie, magari non ci avevo pensato e poi mi prendono tantissimo. Ovviamente le coppie possono anche non essere fisse per tutta la storia.

Xanher/Wiktor
Dalish/Frank
Khalender/Ljudmila
Aletha/Aris

Bene, questo è tutto. Se desiderate modificare qualcosa a proposito del vostro personaggio, anche l'inclinazione sessuale, per me va benissimo, scrivetemelo solo nelle recensioni o in un messaggio privato.
Alla prossima.

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 ***


"Things aren't the way they were before
You wouldn't even recognise me anymore"
(Linkin Park - In the End)

 

Fa freddo, un gelo che gli penetra nelle ossa, che gli spezza il respiro e gli impedisce perfino di muovere le mani.
Le guarda. Sono violacee, e le dita stanno iniziando a gonfiarsi; ma non tremano, non ancora.
Nel momento in cui realizza di non sentire più niente dal polso in giù, un movimento improvviso oltre il vetro attira la sua attenzione. Socchiude gli occhi, annebbiati da un velo sottile di stanchezza, e vede la porta della cella accanto spalancarsi.
Due inservienti, protetti da pesanti tute azzurre, entrano nella stanza, trascinando con sé il corpo semisvenuto di un ragazzo. Lo abbandonano malamente sul pavimento freddo, e mentre escono di nuovo lui si trascina  verso la parete di fondo, il più lontano possibile dalla porta.
Frank, nel silenzio ovattato in cui ha assistito a tutta la scena, osserva il ragazzo accasciarsi sfinito contro il muro, i capelli chiarissimi a coprire i profondi tagli sul viso e gli occhi ossidiana appena socchiusi.
Senza motivo l'odore asettico del disinfettante, un'aspra essenza che ha imparato a temere già dal primo giorno, gli riempie le narici. Cercando di sfregare fra loro le mani congelate, si stupisce dell'incredibile nitidezza con cui riesce a distinguere le nuvolette di vapore che soffiano flebili dalle labbra dischiuse del ragazzo in mezzo a tutto il bianco che colora le pareti.
Un rumore improvviso, il primo che sente dopo settimane, provoca nelle sue membra intorpidite un sussulto sorpreso. I suoi occhi castani scattano verso la maniglia della porta, e poco prima che questa si spalnchi abbassa lo sguardo sulle proprie mani. Stanno tremando, adesso.

* * *

La costellazione del Cancro è particolarmente luminosa quella sera, come se anche le stelle gli stiano augurando buona fortuna.
Zachary inspira lentamente, l'aria frizzante di marzo che gli riempie i polmoni in un rilassante abbraccio. Si porta una mano dietro il capo, e sente sulla pelle la rugiada umida che ricopre l'erba su cui è sdraiato. Lascia scivolare lo sguardo sulla volta celeste, socchiudendo piano gli occhi blu. C'è qualcosa di profondamente disturbante nel buio che permea il cielo, un vuoto siderale che minaccia di inghiottire tutto ciò che l'umanità ha faticosamente costruito in migliaia di anni.
Riflette alcuni istanti su quella prospettiva, e realizza che non gli dispiacerebbe poi molto, infondo.
-Renn, preparati-
Si concede ancora qualche minuto per assorbire quella piacevole sensazione di pace, e per un fuggevole attimo riesce quasi a sentire le sottili dita di Naponos fra i capelli. Poi si alza in piedi e rientra nella cabina.
Si siede sulla scomoda panca di legno in un angolo della stanza, e dopo aver fatto ruotare attorno a sé gli attenti occhi zaffiro per controllare la posizione di Dawson, abbassa piano la fascia di cuoio a protezione del gomito e dell'avambraccio, fino a scoprire i bordi arrossati di un profondo taglio nella parte interna del gomito.
-Non va bene...- sfiora con le dita la pelle gonfia adiacente alla ferita, e sobbalza in un sussulto di dolore -...non va bene per niente- contrae la mascella, e il suo sguardo scivola sullo scaffale accanto alla parete fronte, fino a bloccarsi sulle bende nel ripiano più in alto.
Strappa alcune strisce dello spesso tessuto e imbastisce un rudimentale bendaggio, stringendo i denti ogni volta che la stoffa grezza sfiora la ferita. Ha appena terminato di legare le bende quando la voce di Dawson riecheggia alle sue spalle -Le regole sono le stesse. Ultimo sangue, chi resta a terra, perde-
Finge noncuranza mentre si dirige verso l'armeria.
-Mh, chiaro. L'avversario?- chiede, sistemandosi le placche della leggera armatura e afferrando la sua spada.
-Oh, è un tipetto davvero interessante- risponde Dawson con un sorrisetto che non gli piace per niente -figlia di Cupido, credo, una classe 54-
Zachary assottiglia lo sguardo -Mi prendi in giro?-
L'uomo indurisce il sorriso -È uno degli Esclusi di Renan- rivela a bassa voce -sarà meglio che tu vinca, sia per me che per te. Quelli non perdonano-
Un moto di stizza invade il Semidio. Renan. Renan il mostro.
Irrigidisce le spalle, teso, e quando Dawson gli rivolge un secco cenno col capo, risponde con un grugnito affermativo.
Tenendo stretto tra le dita il ciondolo d'argento della sua collana, chiude gli occhi e rivolge a fior di labbra una breve preghiera alla madre, consapevole come ad ogni incontro che Naponos non lo aiuterà, non più.
Con un amaro sapore in bocca, Zachary si dirige verso l'ingresso dei combattenti, e mentre aspetta che la mastodontica grata d'acciaio si sollevi, fa scorrere le dita sul cuoio sottile che copre la ferita.
-Ed ora, illustri spettatori, un esemplare di raro pregio, classe 73, figlio della Dea dell'Intelligeza. Signore e signori, ecco a voi Renn Zachary!-
Stringe forte la presa, serra i denti in un'ultima, breve preghiera, e poi c'è solo la luce.

* * *

Si estrae l'ennesimo pezzo di metallo dalla carne, soffocando un gemito alla vista del sangue.
-Dannnazione!- soffia tra i denti.
Un improvviso rumore, però, la fa sussultare. Si schiaccia contro il muro di pietra dell'edificio, premendo forte le dita sulla ferita al braccio.
Trattiene il fiato, mentre il sangue inizia a colare sulla pelle, viscido.
Un tonfo sordo spezza il silenzio, e una lattina vuota rotola sul selciato lurido fino ai suoi piedi. Il cuore di Aletha batte così forte che teme il rumore possa tradirla.
Ti prego...non adesso...
Ma poi intravede un ciuffo bruno di peli spuntare da dietro la parete, e rilascia finalmente l'aria nei polmoni, rilassando le membra in tensione.
Un gatto. Solo un gatto randagio.
Decide comunque di allontanarsi ancora e trovare, se possibile, un posto per nascondersi e medicare le ferite.
Si stacca dal muro, e barcolla silenziosa per le strade sporche di quel quartiere di periferia, pallida come un giglio alla luce del giorno nascente. Quando finalmente i primi colori dell'alba rischiarano il cielo grigio, i suoi occhi blu si soffermano sulle pareti crollate di un vecchio edificio.
Si avvicina, sempre più malferma sulle gambe, e riconosce un cantiere abbandonato, forse anche da parecchi anni. Nonostante quel caldo barlume di speranza, tuttavia, non permette ancora al sollievo di invadere il suo corpo stanco. Assottiglia lo sguardo, anzi, e cauta e leggera come una gatta scivola dietro un'impalcatura crollata, controllando con attenzione che non ci sia nemmeno la minima traccia di una presenza mortale.
Dopo alcuni minuti di tensione, il peso sul petto si scioglie e, finalmente tranquilla, si lascia scivolare contro un muretto spezzato all'interno dell'edificio.
Un sospiro esausto le sfugge dalle labbra bluastre. Ruota stancamente il capo verso il braccio destro, che continua a mandarle fitte di dolore sempre più intense. Trattenendo un conato fa scivolare lo sguardo sulla ragnatela di sangue che ricopre il braccio destro, e a una prima occhiata individua quattro tagli più profondi, senza contare gli innumerevoli graffi e abrasioni.
Strappa alcune strisce di tessuto dalla logora camicia, e le stringe strette attorno alla spalla e all'avambraccio, notando sconcertata che accentuano ancora di più la sconcertante magrezza dei suoi arti. Poi, colta da un violento e improvviso capogiro, abbandona la schiena contro il muro e chiude gli occhi.

* * *

-Cosa vogliamo fare adesso, eh?-
Per tutta risposta, il figlio di Marte gli tira un violento pugno all'addome. Derek barcolla all'indietro, e annaspa, preso alla sprovvista, -Come non detto...- poi parte al contrattacco. Mentre con un veloce montante colpisce il mento dell'avversario, sguaina la cupa spada nera, che va subito a scontrarsi con l'ascia del ragazzo.
-Andiamo sul pesante amico-
-Non perderò contro di te, moscerino-
Derek ridacchia, e fingendo un affondo laterale riesce a mandare a segno un paio di rapide stoccate -Questo è da vedere-
Il suo avversario, un corpulento ragazzo dai capelli più biondi di una pannocchia di grano, si porta una mano all'incavo del collo, e accecato dal rosso cupo del proprio sangue gli si scaglia contro con un ringhio. Preso alla sprovvista da quell'impeto furioso, il semidio indietreggia appena in tempo per parare un micidiale colpo al collo, ma inciampa nel marciapiede, e per un attimo si ritrova completamente sbilanciato.
-Sbrigati, Derek- gli urla il suo Master -rischio di fare tardi alla cerimonia-
Con un incantesimo riesce a deviare il fendente diretto al suo volto, ma quando ritrova finalmente l'equilibrio sente un intenso bruciore allo zigomo, accompagnato dalla sensazione di un liquido denso e caldo sul viso.
Con la manica della maglia si pulisce dal sangue -Va bene, fratello. Adesso basta-
Lo travolge con l'intero peso del colpo in una serie di rapidi affondi, che il figlio di Marte, a causa della sua imponente mole, fatica a parare. Lo spinge contro il muro fino a farlo inciampare, sovrastandolo con la spada puntata al suo petto.
-Ma che diavolo stai facendo, Hedes?- strilla una giovane donna alle sue spalle -Distruggilo!-
Come rianimato da quelle parole, il semidio afferra di nuovo la sua ascia, abbandonata ai piedi dell'avversario, e prima che lui possa anche solo fare qualcosa la affonda nel suo polpaccio sinistro. Il figlio di Icelo urla di petto nel sentire la lama penetrare nella carne fin quasi a raggiungere l'osso, indietreggia stordito, e un secondo taglio si apre sul suo avambraccio. Fissa incredulo il ragazzo di fronte a lui, e per un secondo al suo posto compare l'ombra scura di un'enorme lupo. I suoi occhi rossastri scintillano, famelici, e quando la bestia svanisce per lasciare il posto al luccichio di una lama, Derek reclina il busto all'indietro, in una mossa istintiva per schivare il colpo. Poi, approfittando della temporanea scarica di adrenalina che intorpidisce la gamba ferita, lancia in aria la spada, evita l'ennesimo fendente e la afferra come un pugnale, conficcandola nella spalla di Hedes.
-No!- urla la sua Master mentre il ragazzo crolla pesantemente a terra con un gemito -Tu! Dovevi vincere! Come hai osato farti battere?-
Derek ruota il capo, ansimante, verso il suo padrone, che con un cenno indifferente gli fa segno di lasciar perdere. Zoppica nella sua direzione, mentre le urla della donna continuano a rimbombare dietro di lui -Cosa credi che ti tenga in vita a fare, Hedes? Hai perso, perso!-
Il suo Master fissa infastidito il sangue che ricopre la sua gamba sinistra, poi lo invita seccamente a muoversi.
-Hai già sprecato abastanza tempo- gli dice gelido -cerca di sbrigarti; non sono mai stato in ridardo, e non inizierò certo ad esserlo per colpa di un Escluso-

* * *

La piccola lametta incide la pelle del polso con millimetrica precisione, ricalcando la sottile cicatrice non ancora rimarginata. La stella è l'ultima ad essere disegnata, perfettamente simmetrica, imponente e simbolica in tutto ciò che rappresenta.
Ljudmila osserva il sangue che cola sulla mano e non può trattenersi dal piegare il collo verso destra, strizzando l'occhio e stirando le labbra in una macabro smorfia di dolore. All'improvviso, nasconde il braccio sotto la manica lacera della veste, e punta di scatto gli occhi grigi alla porta.
-Ciao, splendore. È arrivato il momento dei tuoi test-
L'unica risposta che la donna riceve è uno sguardo penetrante, che tuttavia non la scoraggia. Anzi, si inginocchia alla sua altezza e scuote piano la testa con un sorriso a fior di labbra, come se la stesse affettuosamente rimproverando -Non ti smentisci mai, eh, Ljli? Che cos'è quello?- chiede indicando un disegno nella polvere a terra.
-Niente- la voce della piccola semidea è tintinnante, fragile come quella di una bambola, ma nei suoi occhi c'è solo un'inumana serietà.
-Va bene. Dai, vieni- le dice alzandosi e afferrando la catena che le imprigiona il polso sinistro. Ljudmila si alza e, nascondendo la lametta in una crepa del pavimento, segue la donna attraverso la porta cigolante di quella cella buia.  Percorrono pochi metri in uno spoglio corridoio senza finstre, e quando la donna spalanca la porta del laboratorio la luce aggredisce con prepotenza le sue iridi scure.
-Oh, la piccola Doestoevskaja- il suono divertito di quella voce provoca nel petto della semidea un fremito d'odio, che tuttavia non intacca i suoi freddi lineamenti di bambina.
L'uomo si rivolge poi alla sua assistente -Grazie, Marya, puoi andare-
-A più tardi, dottore- si congeda la donna uscendo dalla stanza, e Ljudmila rimane immobile al suo posto, lo sguardo di vetro puntato su Riley.
-Oggi, mia cara, servirai la nostra nobile causa- il dottore sorride, una smorfia priva di calore, ma disumanamente eccitata quanto i suoi occhi chiari -La domanda del giorno è questa “Qual è la soglia del dolore di un Mezzosangue?”-
Lo sguardo di Ljudmila si sposta alle spalle del dottore, dove su un lucido vassoio scorge il luccichio di un bisturi e una macchia opaca di sangue rappreso, e digrigna i denti.

* * *

-Ti sei fatto desiderare, eh, mostro?- gli sibila addosso il comandante, sputando a terra un grumo di sangue -Beh, adesso sarò io a ridere-
Lo afferra malamente, spingendolo conto il muro, e Aris ringhia un insulto in greco nella sua direzione quando gli stringe con troppa forza le manette attorno ai polsi.
-Volevi assaggiare la libertà, non è così?- continua a deriderlo mentre i suoi uomini lo fanno salire nel furgone -Solo gli umani posseggono diritti, moccioso, te lo eri dimenticato?-
Il semidio continua a tenere lo sguardo fisso a terra, muovendosi di tanto in tanto per trovare una posizione più comoda; e alla fine anche il comandante, non ottenendo risposte agli insulti che continua a sputagli contro con disprezzo, tace.
Un'ora più tardi la circolazione sanguigna delle mani è compromessa, non riesce più a muovere le dita e inizia ad avvertire un fastidioso bruciore ai muscoli delle braccia. Scostando dal volto un ciuffo dei ricci capelli d'ebano con un soffio, Aris si decide a domandare -Dove stiamo andando?-
Un'improvviso dolore esplode alla sua tempia sinistra, e si ritrova sbattuto con violenza contro la parete del furgone di Polizia. Stordito, cerca di mettere a fuoco la figura massiccia del tenente di fronte a lui, che tiene ancora in mano il manico del manganello con cui lo ha colpito.
-Ti è forse stato dato il permesso di parlare?-
Lo guarda confuso, incapace di elaborare il senso di quell'ennesima, umiliante e irrazionale privazione.
-Suvvia, Jared- interviene l'uomo al suo fianco con una sfumatura ilare nello sguardo -ci penseranno già quelli dell'istituto a dargli una calmata-
Aris si metterebbe a ridere in faccia ad entrambi se il dolore alla testa non fosse così forte. Una calmata. A lui.
Lievemente barcollante si rimette a sedere, deciso a rimanere in silenzio fino alla fine del viaggio ed evitarsi così altri episodi di quel genere, ma non appena riesce a catturare fuori dal finestrino una prima occhiata di quella che sarà la loro destinazione, la sua impassibile facciata si incrina.
-No...- ansima senza fiato quando la portiera del furgone viene aperta e di fronte a lui campeggia la scritta “Istituto di ricerca Redson” -non potete lasciarmi qui!-
Il dolore delle percosse non è nulla in confonto al vuoto disperato che sente nel petto, e che si espande sempre di più ad ogni dettaglio dell'edificio che riesce a scorgere fra un colpo e l'altro.
-Lascialo andare, Jared, è un ordine!-
Finalmente i poliziotti riescono a dividerli, impedendo al tenente di continuare ad accanirsi sul suo corpo dolorante. E mentre quell'uomo continua ad abbaiare insulti nella sua direzione, due paia di braccia lo sollevano da terra, iniziando a condurlo a forza verso l'entrata della struttura.
-Non voglio tornarci!- urla mentre il sapore dolciastro del sangue gli invade la bocca -Vi prego!-
Gli sembra di scorgere una scintilla di compassione nelle iridi scure del comandante mano a mano che la sua voce si fa più disperata -Lasciatemi andare!-
L'ultima cosa che sente è un dolore sordo dietro la nuca, poi il buio.

* * *

Guarda la piccola creatura rannicchiata contro il muro, il viso pallido coperto di efelidi corrucciato in un'espressione triste. Sembra stia per piangere.
-Non sono pazza- asserisce all'improvviso, quasi per convincere sé stessa.
-Sì, certo- replica.
-Io non sono pazza- ripete con più convinzione.
-Sai cosa mi importa...- ribatte infastidito. Non sa neanche il nome di quella ragazzina, ma è appena arrivato, e già non ne può più di trovarsela sbucare alle spalle con quell'aria disperata. Si gira su un fianco in cerca di una posizione comoda, se così si può dire, per dormire almeno un paio d'ore. Ma la sua coinquilina è di tutt'altro avviso.
-Voglio la mia mamma...- inizia a piagnucolare -Serafina!-
Dopo altri vani richiami dello stesso genere, non potendo più sopportare quello strazio, Caden si volta di scatto verso di lei, stizzito -Ma che problemi hai?- sbotta al limite della sopportazione -La pianti di gridare cose a caso?-
Lo sguardo vacuo che riceve gli provoca un moto di sincera perplessità -Sembri scappata da un manicomio, te l'ha mai detto nessuno?-
Ma Leavy ha già rivolto altrove la sua angelica attenzione, e adesso si sta dondolando piano accanto al muro, intenta in un'illuminante conversazone con una spazzola per capelli.
Il ragazzo le scocca un'occhiata a metà fra l'icredulo e lo scocciato, poi decide di ignorare quella strana ragazza per tornare al suo obiettivo originario; così, con un'indifferente alzata di spalle, si butta addosso la ruvida coperta di lana e si corica sullo scomodo letto, chiudendo stancamente gli occhi.
La vocetta di Leavy lo raggiunge nello stato di dormiveglia che precede di poco l'inizio di un sogno -Come ti chiami?-
-Caden Redson-

* * *

-Un'ora-
-Mi sta bene, Getër-
Il salotto di quell'appartamento è completamente bianco, le pareti, l'enorme tappeto, il tavolino proprio in centro alla stanza, perfino i quadri. L'unico colore che spicca in quel candido oceano è il rosso ciliegia dei i due divani ad angolo.
L'arredamento, in effetti, è quanto di più moderno Xanher abbia mai visto.
-Lui è Teer. Lo terrò qui durante lo scambio, sai, in caso...-
La figura  accanto all'amico  della Master lo sta guardando incerta. C'è qualcosa di surreale nei suoi occhi smeraldini socchiusi, nel modo in cui saettano da lui alla sua Master, nell'eleganza con cui protende il corpo verso il suo padrone. Un'eleganza che il ragazzo nell'angolo della stanza, abbigliato con nudi bracciali di ferro e una sobria veste di cuoio, non possiede.
-Bene, direi che possiamo iniziare- dice Harada Kree indirizzando nella sua direzione un cenno leggero. Lui, come da programma, inizia ad avazare verso l'uomo, seguito pochi istanti più tardi dal ragazzo al fianco di quest'ultimo.
-Wiktor ha molta esperienza, non ti deluderà, vedrai-
Continua a camminare, piano, impossibilitato a distogliere lo sguardo dal corpo longilineo del semidio che continua a fissarlo.
-Oh, neanche il mio Xanher-
Quando gli passa accanto, può sentire la loro pelle, le loro braccia che si sfiorano, lasciandogli addosso un fresco aroma di menta selvatica. Continua a camminare fino a raggiungere il padrone del ragazzo, che lo osserva famelico mentre si posiziona al suo fianco.
-Tu e Wiktor potete accomdarvi nella stanza alla tua destra, Harada Kree. Io sarò qui con Xanher-
Punta lo sguardo sulla sua Master e può vedere la lussuria vibrare nei suoi occhi, il desiderio intenso di quel corpo che adesso sta assaporando con una carezza appena sussurrata -Ma certo, Getër, a più tardi-
Cattura un'ultima volta la scintilla misteriosa negli occhi del ragazzo, prima che scompaia insieme alla Master dietro una tenda di mobido velluto rosso.
All'improvviso sente la mano dell'uomo al suo fianco appoggiarsi sulla schiena, e non può fare a meno di inarcarla lievemente per sfuggire a quel contatto lascivo.
-Non devi avere paura- soffia lui avvicinando le labbra al suo volto -sarà piacevole anche per te-
Poi lo conduce nella stanza alla loro sinistra, e nella penombra del tramonto inizia a lasciare una scia di baci sul suo collo, spingendolo sul letto.

 

ANGOLO AUTRICE

Lo so. Praticamente sei settimane di attesa per 'sta schifezza.
Purtroppo il tempo è quello che è, e questo periodo è stato massacrante. Comunque state tranquilli, non ho intenzione di abbandonare la storia, nel caso, ve lo farei almeno sapere con un avviso, so quanto sia stressante l'attesa di un aggiornamento che non arriva mai.
D'ora in avanti, soprattutto da giugno, cercherò di essere più veloce con i capitoli, giurin giurello.
Allora, passando alla storia, i vostri personaggi sono tutti veramente fantastici, vi ringrazio di nuovo per avermeli affidati, e spero di averli resi almeno in modo vagamente decente. Se ho sbagliato qualcosa, qualsiasi cosa, anche la più piccola, nella caratterizzazione non esitate a farmelo notare, ci tengo veramente tanto a renderli bene.
Come avrete notato, in questo capitolo non è ancora emersa molto la psicoologia dei vari personaggi in quanto ho preferito soffermarmi maggiormente sulle loro azioni, ma state tranquilli, nei prossimi capitoli verranno tutti approfonditi di più.
Ah, ultima cosa, non ho scelto un altro personaggio fra le schede che mi sono state mandate, è solo che mentre scrivevo, Caden si è praticamente creato da solo. Il problema è che a questo punto non so cosa farne. Boh, ditemi voi se vi piace e vorreste che fosse inserito nella storia o no e ,in caso, come i vostri OC si rapporterebbero con lui.

Basta, sono stata anche troppo noiosa, ci vediamo al prossimo capitolo:)

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Sweet dreams are made of this

who am I to disagree?

I travel the world and the seven seas

everybody's looking for someting

(Sweet Dreams, Eurythmics)

 

La polvere sulle labbra è fastidiosa, sa di ferro e calce pura, un sentore di morte che satura i polmoni ad ogni veloce respiro. Khalender scatta all'indietro prima che il colpo dell'avversario possa andare a segno- c'è sangue sul suo braccio- ed estrae una freccia dalla faretra sulle spalle.
Il pubblico ulula come una bestia quando la punta di metallo si conficca nei lembi di una ferita non rimarginata, ma l'urlo del ragazzo brucia più del suo sangue sulla pelle. Khalender affonda l'asta nella sua carne finchè non sente l'osso stridere.
-Abbassati- gli dice prima che l'arco si abbatta dove avrebbe dovuto esserci il suo collo. Il figlio di Naponos, evitato il colpo solo grazie all'avvertimento della ragazza, appoggia il peso sul braccio sano e rotola di lato, fra la polvere tinta di sangue dell'Arena. Non fa in tempo, Zachary, a domandarsi il perchè di quell'avviso, una freccia gli trapassa il polpaccio sinistro da parte a parte. Il semidio, rilasciato un urlo di sorpresa, scatta di lato con un sibilo animale.
-Posso darti una morte veloce, basta solo che tu lo chieda- Khalender si rivolge a lui ansimando leggermente, e c'è sincerità e pena nella sua voce.
Per un attimo quella proposta sembra la soluzione migliore. Il dolore gli esplode in bocca mentre si alza in piedi, e tutto il suo corpo protesta di fronte alla prospettiva di protrarre ancora il combattimento. Si è spinto al limite delle sue possibilità sia fisiche che mentali, la tensione sempre costante, la paura in agguato nel petto, e ora è sfinito. Arranca verso l'arma caduta a terra con poca convinzione.

Sopravvivi per me, Zach.

Il lampo di un ricordo lo immobilizza per un istante.

È una promessa, madre.

Una promessa da cui Zachary trae la forza per brandire nuovamente la spada e con un movimento veloce del polso conficcarla nella carne della ragazza. Non sa cosa ha colpito, sa solo che fa male, anche se è una lenta agonia anche per lui udire l'urlo a denti stretti della semidea.
Zachary sa che dovrebbero essere tutti fratelli, ma quando l'Arena apre i cancelli lo dimentica. Quando i mortali urlano è difficile ricordarsi di non essere davvero le loro bestie da svago.
Barcollante, si alza. Il fischio nelle orecchie non riesce a coprire i ruggiti del pubblico, e mentre fa qualche passo indietro, preparandosi ad affrontare un nuovo attacco, i suoi occhi cadono sulla figlia di Cupido. Non si è rialzata.
Le grida intorno a lui si fanno assordanti. Finiscila, prima che lo faccia lei.
Non ha, però, quasi il coraggio di guardarla giacere lì, a terra, in un lago di sangue; non vuole soffermare lo sguardo là dove una profondissima ferita squarcia il seno destro -Dei, glil'ha quasi staccato.
Sente le gambe cedere, la stanchezza che si accumula al disgusto, ma sa di non avere scelta. Indurisce improvvisamente lo sguardo, e solleva la spada con il braccio ancora sano.
Il pubblico impazzisce, e anche a Zachary, mentre si specchia nelle iridi chiarissime di Khalender, prive totalmente di paura o rabbia -non si merita l'ondata di dolce comprensione che lei silenziosamente gli rivolge-, sembra di perdere un po' della propria umanità.
Prima che la spada cali, un boato scuote l'intera Arena, e un grido riecheggia attraverso gli spalti -La Polizia!-

 

* * *

 

Osserva con enigmatica curiosità la figura distesa sull'asettica brandina nell'angolo della cella opposta alla sua. Trema da un po', ormai. Ha gli occhi chiusi, e quasi gli dispiace, a Dalish, di non poter scorgere in essi lo scintillio dorato che per tanti giorni è stato il suo unico contatto con la realtà.
Forse, se fosse sveglio, gli sorriderebbe. Uno di quei sorrisi appena accennati che, a volte, di nascosto riesce a cogliere sulle sue labbra. Forse gli parlerebbe, sapendo benissimo che non può sentirlo; forse poggerebbe semplicemente la mano sul vetro, fino a spingerlo a fare altrettanto con la sua.
Forse Dalish, se non avesse un occhio completamente fasciato, riuscirebbe a vederlo meglio. O se non gli facesse così male tenere aperto l'altro.
La porta della sua cella si apre con un cigolio ovattato, lo stesso suono che continua a tormentare gli incubi di Frank. Lo legano con corde che sembrano catene, e lo spingono malamente nel corridoio bianco che porta alla Sala Rossa. Lo fanno stendere su un tavolo d'acciaio, e lo immobilizzano con bracciali e stringhe di cuoio.
Una donna vestita di bianco si aggiusta gli occhiali in viso, sopra di lui, e scandisce atona agli inservienti che la circondano -Mi serve tessuto epiteliale e muscolare. Vediamo di sbrigarci-
Due uomini si avvicinano al suo fianco sinistro con bisturi e pinze. Non lo guardano negli occhi, hanno imparato fin dall'inizio che fare finta di operare su un cadavere è più semplice ed emotivamente meno impegnativo. Dalish sa che lo fanno per lui, per aiutarlo.
-Iniziamo con un'anestesia locale-
L'ordine viene eseguito da un'assistente fra le più anziane, dal volto segnato e percorso da profonde rughe, l'anestesista ufficiale. Nemmeno lei lo guarda mentre gli infila la siringa nel braccio.
Il senso di intorpidimento arriva quasi subito, accompagnato da una lieve ondata di nausea. Un cenno della dottoressa, e i due uomini iniziano con chirurgica precisione ad incidere la pelle della mano. Il sangue cola sul pavimento bianco, ma nessuno sembra farci caso.
Una regione di pelle viene rimossa con le pinze dal dorso della sua mano sinistra, lasciando scoperto l'intrico di ossa, nervi e vasi sanguigni al di sotto, ed è a quel punto che il bisturi inizia a rovistare nel sangue e a recidere i muscoli. Dalish dilata gli occhi, e sente le lacrime lambire le palpebre. Si morde a sangue il labbro, incapace di distogliere lo sguardo velato dalla carne viva che viene strappata con quelle che sembrano forbici, e il dolore si fa tanto forte da strappargli un gemito di gola. L'inserviente più alto si volta, incrociando il suo sguardo per la prima volta, e gli infila fra i denti un piccolo oggetto rivestito di cuoio in cui Dalish soffoca le proprie grida, unico suono umano nell'ora che segue.
Quando finiscono, gli bendano allla bell'e meglio la mano, e tolgono dalla sua bocca il pezzo di cuoio, marchiato dai segni dei denti, ormai coperto di saliva e sangue. La testa di Dalish ciondola in avanti mentre il tavolo meccanico si inclina quasi verticalmente.
-Vedo che abbiamo finito-
I suoi occhi velati dalla stanchezza si illuminano di gioia.
L'uomo che ha parlato si avvicina, e lo guarda con occhio gentile -Come andiamo, Denny?-
La voce del semidio è debole, ma colma di un affetto infinito -Meglio, papà-
Jason concede al figlio una lieve carezza -Molto bene-
Si intrattiene per alcuni minuti con la dottoressa in una fitta conversazione, poi, date le spalle al figlio, indurisce gli occhi, e ai suoi collaboratori sussurra -Riportatelo in cella-

 

* * *

 

Un ticchettio ritmico e quasi insistente sulla pelle costringe Aletha ad abbandonare il calore di un dei pochi sogni in cui le è concesso ricordare il volto del padre. Apre gli occhi, e ci vogliono parecchi secondi per dissolvere il torpore del sonno nella fredda brezza del mattino.
Le sue dita vanno, in un gesto ormai meccanico, a sfiorare la stoffa ruvida del proprio cappello, quel cappello che, scolorito e logorato dagli anni, rappresenta l'unico legame concreto rimastole del padre.
Si volta, le membra rigide e intorpidide dopo la notte all'aperto, il cuore colmo di malinconia e rammarico, e il suo sguardo si scioglie alla vista di un piccolo uccello intento a beccarle la mano.
-Hanka...- mormora, cercando di mettersi in piedi -che mi hai portato?-
La gazza ladra apre piano il becco, rivelando una piccola sfera in vetro soffiato dai colori sgargianti. Aletha rivolge all'indirizzo dell'amica un sorriso che a stento si può definire tale, e con una smorfia solleva il bendaggio ormai lercio che avvolge spalla e avambraccio. La ferita non ha fatto infezione, fortunatamente, ma il dolore è ancora molto intenso, e di sicuro le bende devono essere cambiate.
Malferma sulle gambe, la figlia di Achlys si trascina in mezzo a edifici in disuso e baracche ormai disabitate in quella che una volta era stata la zona di periferia più popolosa di New York. Dopo i combattimenti feroci e la caccia all'uomo che era seguita alle rivolte, però, quel luogo era stato lo storico teatro di interi massacri di massa di Mezzosangue; ora nemmeno la Polizia Speciale osava varcare la soglia delle prime rovine.
Riesce a raggiungere, dopo una decina di minuti, una vecchia fontana, adorna ancora di statue rovinate dal tempo e dalla miseria circostante. Lava come può i lembi di stoffa che ha usato come bende, rinfrescando la ferita e rimuovendo i grumi di sangue secco. Poi, imbastita nuovamente una fasciatura, sistema il cappello grigio, decisamente troppo grande, in modo da nascondere i suoi cupi occhi blu, e stringendo le magre braccia al petto si rimette in cammino in direzione est, verso gli squallidi quartieri in cui è nata.
Tiene la testa bassa, Aletha, e le spalle lievemente incurvate, schivando le occhiate diffidenti della gente che le perforano il petto e la schiena. Ignora con una morsa allo stomaco i sibili disgustati delle persone che la sfiorano per sbaglio, perfino i bambini più piccoli la fissano astiosi, i più coraggiosi tirandole contro pietre o pezzi di legno.
Sfinita dalla lunga marcia e dal dolore ancora pulsante, si accascia contro un muro scrostato in faccia al mercato, e stringe le gambe al petto quando un brivido gelido le attraversa le vertebre. Osserva una donna tirare un calcio ad Hanka, che stridendo vola via, e le sue unghie si stringono sull'asfalto spezzato fin quasi a rompersi mentre la guarda scomparire.
Ora dopo ora, tuttavia, i morsi della fame si fanno più insistenti. Esaurite le ultime riserve di energia nell'inseguimento del giorno precedente, Aletha realizza con una fitta di amarezza non può fare altro che sperare nella misericordia di qualche passante.
Il suo sguardo si sofferma alcuni secondi di troppo su un banco colmo di cibo, e l'occhiata astiosa del commerciante le perfora il petto.
Scusa, Aris. Non l'ho fatto apposta.
Stringe con forza le gambe magre al petto. Una solitaria lacrima solca la sua guancia.
Non volevo.

 

* * *

 

Caden mugugna piano contro la stoffa ruvida del letto mentre il sogno si dissolve in una nuvola scura. Ancora intorpidito dal sonno, solleva le palpebre su un paio di enormi occhi verdi, incorniciati da una folta chioma di boccoli carota, spalancati a pochi centimetri dal proprio viso, e scatta all'indietro con un urletto poco virile -Ma che cavolo!-
Leavy distende le labbra in un sorriso trasognato, lo sguardo perso in un imprecisato punto alle spalle del ragazzino -Una casa di carta!-
Caden si volta con le sopracciglia aggrottate, cercando malamente di scacciare i residui di sonno che ancora intorpidiscono le membra, per poi indirizzare uno sguardo colmo di infastidita irritazione alla figlia di Ipno -È solo un dannato capannone-
-Eh?- trilla la semidea, inclinando la testa in una tale, sincera ingenuità da far dubitare a Caden che abbia davvero capito qualcosa delle loro conversazioni nei quattro giorni di permanenza insieme. Non che reputi l'dea del tutto assurda, d'altronde. Quella ragazzina è andata, lo ha capito il primo giorno, quando ha iniziato a parlare con una sbarra della finestra, si è voltata e si è messa a ridere, e lo ha fissato con uno sguardo così intenso da risultare totalmente privo di lucidità.
A Caden non interessa cosa ne sarà di lei, sa solo che uscirà da quel posto, perchè lui non è né uno psicopatico, né tantomeno un Escluso.
-Hey!- si dirige con veloci falcate verso la porta, -Hey!- urla, colpendo con un pugno il metallo duro accanto all'apertura sbarrata -Fammi uscire, Dowson! Fammi uscire da qui!-
Gli fa male la gola, dopo altre urla a vuoto, e resce quasi a sentire l'ingiustizia bruciare nel petto. Soffia un grugnito stizzito, e senza neanche aspettare il suono di un'eventuale risposta volta le spalle alle sbarre. Non ho fatto niente, non possono tenermi chiuso qui dentro per sempre. Ma, mentre lo pensa, Caden sa che non è vero.
Si siede contro il muro. Un topo. Non lo sorprende, nella misera cella in cui si trova si aspetta anche di peggio. Quelle analisi erano sbagliate, lo sanno anche loro.

Quando la porta si apre, Leavy smette di parlare. Osserva l'uomo che entra nella stanza con occhi vuoti, come fosse un alieno, fasciato in quella stretta divisa troppo elegante. Poi si scosta i capelli ricci dal viso con uno sciolto movimento del polso, e torna a canticchiare parole sconnesse dondolando allegramente le braccia sottili -Un uccello canterino... nel camino bruciò... grande becco, occhi gialli... nel camino...-
-Alzati-
Caden scosta bruscamente la mano dell'uomo sulla schiena e, prima di uscire, si volta indietro un'ultima volta.

-Vieni, Leavy, ti portiamo in un bel posto. Dove era andata anche la mamma, ricordi?-
-Ma che vuoi che capisca, questa... e poi ci è praticamente cresciuta, nei manicomi. Vero, bambina, sono i matti che ti hanno resa matta, no?-

 

* * *

 

Affila lo sguardo -Chi è quello?-
Jass si stringe nelle spalle -Non lo so, amico-
-Non mi piace-
-Neanche a me-
Derek fa scorrere lo sguardo sull'ampia sala da ballo in cui si trovano insieme a molti, molti altri Esclusi. Lo Spettacolo quella volta era stato organizzato da uno dei
signori più potenti della zona, e i Semidei di sua proprietà si distinguevano, nella massa, soprattutto per l'enorme tatuaggio che copriva loro il collo. Era uno stemma, lo stemma della famiglia; Derek ne era disgustato.
I Padroni, invece, gradivano molto mostrare i propri Esclusi, come giocattoli di pregio, ed era per quel motivo che organizzavano incontri di quel genere. Si divertivano, niente di più.
Jass si stringe nelle braccia, visibilmente nervoso -Prima finisce questa cosa meglio è-
Jass era un figlio di Hipno, un ragazzo dalle fattezze di elfo che era stato comprato dalla famiglia del suo stesso Master pochi mesi prima. Avevano poche cose in comune, ma l'essere Semidei bastava ad entrambi, soprattutto durante gli Spettacoli, soprattutto dove Jass era più vulnerabile.
-A proposito, come va la gamba?-
Derek scrolla il capo -Sta guarendo-
È una bugia, almeno parzialmente. Quello che sentiva era un dolore costante, ed era stanco, Derek, di una pesantezza che durava da giorni, ma Jass non avrebbe mai dovuto saperlo.
-Guarda quella- mormora con un sorrisetto -è carina-
Jass si volta verso di lui inarcando un sopracciglio -Davvero? Quello...- e indica un ragazzo dai tratti nord-europei ai margini della sala -è carino-
Derek schiocca la lingua con superiorità e lieve arroganza nel tono -Ah... non hai occhi, fratello. Non hai occhi-
Jass ridacchia, allunga una mano al suo fianco per prendere un cocktail, con l'obiettivo di alleviare in qualche modo lo squallore della serata, ma si sente afferrare il braccio da una stretta gentile ma salda. Si volta confuso, e il ragazzo lo accompagna sulla pista da ballo prima che possa dire qualcosa.
Derek vorrebbe intervenire, ma sa che il suo Master lo sta guardando. Si limita a fissare il Semidio di prima con sguardo minaccioso.
Fagli qualcosa e sei morto.
Non si fida, a pelle quel ragazzo trasmette la pericolosità di un predatore, con una belezza nivea che sa solo di inganni e vuote promesse. I due Semidei ballano, e, nel mezzo di una canzone, quello si china e sussurra a Jass qualcosa a fior di labbra. Derek può vedere il brivido che percorre il corpo dell'amico, che, prima spaventato poi deciso, spinge il ragazzo lontano da sé con entrambe le mani.
Fa in tempo a pensare che avrebbe voluto avere la sua spada con sé, il figlio di Chione pianta nel petto di Jess un coltello da portata, e il tempo sembra fermarsi. Poi la sala esplode.

 

* * *


-Allora...- Riley solleva il bisturi -Melinoe, eh?-
Ljudmila inclina il capo, una cortina di spettinati capelli biondissimi a coprire le iridi grigie, e un sorriso sadico disegnato sul viso affilato. Fa scorrere la lingua sul palato, e sente in bocca il sapore di ferro e sangue. C'è la freddezza di un autocontrollo inumano nel suo sguardo, ma sotto, sotto è celato solo rancore puro.
-Cosa hai imparato dalla tua mammina?- cantilena Mitchell, lo psichiatra -Fammi vedere, dai-
Ljudmila non si muove, anche se pensieri violenti di vendetta nella sua mente si incrinano in silenzio.
Il Dottore mostra un osceno ghigno, e brucia nel suo petto di impazienza, quasi grida nell'esaltazione mostruosa di un pazzo -Forza! Voglio vederle!-
Cede solo quando i nomi di fobie, che si ripete nella mente come un gelido mantra, non sono finite e la rabbia offusca anche il dolore. A quel punto la soddisfazione
malata di Riley si confonde nei ricordi con il terrore ripugnato dei ragazzi in orfanotrofio, e la Semidea si odia per l'ondata di una paura di cui conosce perfettamente il nome. Perchè lei non è imperfetta, non è debole, solo cattiva.

Socchiude piano gli occhi, nell'oscurità familiare e confortante di una misera cella.
Osserva impenetrabile un'inservente sistemare sulla branda al lato opposto della stanza una coperta di lana, un cambio pulito di vestiti e del cibo. Molto più di quello che lì dentro Ljudmila si può aspettare, ma nella sua mente quel gesto è solo un inganno più stupido e crudele degli altri.
-Non sei gentile- scandisce con voce dura di cristallo. La donna sobbalza, -nessuno è mai stato gentile con me-
Marya ha ormai capito l'orgoglio furioso che quella bambina possiede, prova una sorta di compassione nei suoi confronti, ma si limita ad uscire dalla stanza con un amaro sospiro.
Ljudmila si rannicchia sulla branda a ridosso del muro, tira fuori la lametta. E sorride, inarcando le sopracciglia in un'inquietante simulazione di gioia.
Il dominio che aspira a raggiungere, quello dei dittatori comunisti, quello che ha inciso sulle braccia l'avrebbe ripagata di tutto il dolore che da sempre aveva sofferto, fin da quando Alekesej tornava a casa ubriaco e i mocciosi dell'orfanotrofio la additavano mostro. A quel punto li avrebbe uccisi, i due dottori, li avrebbe uccisi entrambi.
 

* * *
 

Si mette sulla difesiva quando un acuto rumore sferraglia alla sua destra. Si ricompone subito, comunque. La paura non avrebbe dato risultati, l'impulsività nemmeno.
Sbuffa, spostando un ciuffo bruno di capelli a coprire l'occhio cieco.
Ha ripreso i sensi, ormai da quasi un'ora, in quello che sembra un seminterrato, con tubature e cavi scoperti. Ha scoperto quasi subito di essere ammanettato con le mani dietro la schiena ad una sbarra verticale d'acciaio. Aris suppone, non senza amarezza, che abbiano finito le celle.
I Redson, quei disgustosi mortali a capo del centro, trattano i Semidei alla stregua di bestie. Non è stata più riconosciuta loro un minimo di dignità da quando sono diventati Esclusi.
Ha l'impulso frenetico e familiare di toccarsi la collana. È solo una piccola cornucopia vuota, ma gli ricorda la nonna, gli ricorda il padre. Non sa cosa ne sia stato degli Dei, ma non ha più avuto contatti con Pluto da anni. Si ripete spesso che se fosse scomparso l'avrebbe sentito.
Almeno, la “benedizione della ricchezza” l'ha ancora, e questo per ora gli basta.

Le ore passano lentissime, le mani di Aris sono sempre più fredde. Il siero gli impedisce di muoverle bene, e nella posizione in cui si trova il figlio di Pluto teme che la circolazine si possa compromettere seriamente.
Non è entrato nessuno da quando si è svegliato, ma ormai sono passate troppe ore. La sua gola è riarsa dalla sete, e il dolore alla schiena si somma al formicolio alle mani, alla mancanza di sonno, rendendolo un fascio di nervi. È irritato, Aris, ma soffia un sospiro spezzato. Calma.
Deve essere una specie di punizione per la fuga, come se bastasse questo a farlo demordere.
Poi arriva l'improvvisa intuizione. Oh, il suo principio, lo “scambio equivalente”. Una volta lo aveva spiegato, ad un dottore. Devono esserselo appuntato.
Le sue labbra si arricciano in un amaro sorriso mentre scivola a terra, appoggiando stancamente la testa al palo. Il suo ultimo pensiero, prima di cadere nel sonno, è per Aletha.

Traditrice.

 

* * *
 

Wiktor si guarda allo specchio, forse per la quinta volta, e, dopo un lunghissimo istante di attenta analisi, esprime il proprio assenso con un sorrisetto.
Insomma, è un figlio di Afrodite, è praticamente un suo dovere tenere alto il nome di famiglia. Poi, nell'abbinamento dei vestiti è piuttosto allenato, sarebbe irritante non riuscire ad apparire come vuole.
Si sistema un fermaglio d'argento fra i capelli, poi si allontana, per ammirare il risultato. Non è assolutamente vanità, la sua, Wiktor lo ha specificato tante volte, solo, crede di essere in diritto di vendersi al meglio che può. Un'amara rivincita, vista la situazione.
È estremamente soddisfatto di ciò che vede, e quel fermaglio gli piace proprio. Lo ha preso in prestito dal compagno che c'era prima, un antipaticissimo figlio di Eolo. Era così arrogante, così presuntuoso, era bastata una volta, una sola volta, perchè finisse sulla lista nera.
Non parli bene l'inglese.” Certo, lo sapeva benissimo da solo, ciò che invece il semidio non conosceva, era la sua indole subdola.
Aveva sicuramente pensato di non avere più niente da perdere.
Wiktor, davanti allo specchio, sorride, maligno. Oh, di cose da perdere ne aveva, ne aveva eccome.

Sesso. Era solo questo. E dire che almeno gli era capitata una bella donna. Anche se forse avrebbe preferito farlo con il suo Escluso.
L'aristocratica, nel sonno, allunga una mano a sfiorarlo. Wiktor non si ritrae, non gli dà più fastidio da un po'. Oh, l'hanno addestrato bene. Praticamente ha scritto sulla faccia “Prostituta”. Nemmeno quello gli dà più fastidio, almeno è vivo.
Si alza dal letto, dove aveva lasciato i pantaloni, e li ripone, insime al resto del precedente abbigliamento, su di una poltrona di pelle.
Si sta già immaginando il cliente dell'ora successiva quando una serie di rumori spezza il silenzio oltre la porta. Lancia una veloce occhiata alla donna nel letto, e dato che non si è ancora svegliata decide di andare a controllare.
Si sporge esitante verso l'ingresso, e soffia involontariamente un -Oh...- di comprensione, perchè, davvero, può facilmente immaginare cosa sia successo.
-Impara qual è il tuo posto, Escluso-
Il tono del suo Master è graffiato di stizza e dura crudeltà. Il figlio di Bacco sputa saliva e sangue sul pavimento ad ogni pugno del figlio di Efesto.
-Cosa diavolo...- la Master deve essersi svegliata -Fallo subito togliere!- urla, appena vede il proprio Escluso a terra.
-Ha osato respingermi!- replica il suo Master, e lo dice con un tono così offeso, che Wiktor fatica a trattenersi dal ridacchiare, e forse lui lo nota, perchè gli scocca un'occhiata durissima.
-Sarebbe questo il tuo animale ubbidiente?- Repilca gelido.
-Non era nei patti- sibila la donna.
La gola del suo Master vibra in una roca risata -Non era specificato niente, nei patti-
Lo sguardo di Harada Kree dardeggia al suo Escluso, arrancante sul pavimento mentre vomita sangue, e i suoi occhi si fanno infuocati -Me lo hai rovinato- sentenzia, accusatrice, con malcelato fastidio nella voce.
-Suvvia...- replica lui -credi che, mentre sarai impeganata a spogliarlo, nel buio della tua stanza, ti importerà delle cicatrici sul suo viso? Neanche le vedrai, tanto sarai occupata...-
-Stai esagerando, ti avverto-
-E comunque non rimarrà giovane per sempre. Un giorno ti sveglierai e scoprirai che non ti serve più-
Le ultime parole, Getër, le pronuncia con disumana crudeltà, ed è nella sua direzione che guarda.

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

 

Non so neanche con che coraggio mi presento adesso, dopo tutti questi mesi, con un capitolo. Non sapevo neanche più se pubblicarlo, poi mi sono detta che, dalla parte di una lettrice, avrei preferito un capitolo un ritardo piuttosto che il nulla più assoluto.

Il fatto è che verso giugno ho avuto un blocco totale riguardo la trama della storia, ed è durato tutta l'estate. Poi, questo capitolo è stato un vero parto.

Quindi, vorrei dedicarlo a tutti voi, che siete ancora vivi dopo tutto questo tempo, e ancora disposti a leggere i miei scleri. Grazie.

 

Kyem

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