SAINT - Hades Chapter

di DarkSide_of_Gemini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


SAINT – Hades Chapter

 

1

A Vienna

 

*

-Sono della polizia, vi dico! Io devo entrare!-

 

-Mi dispiace, signore, ma finché lei non avrà un ordine che la autorizza ad essere qui in veste ufficiale io la tratterò come una persona normale, e le persone normali non possono essere informate sulle condizioni dei pazienti a meno che non siano imparentati con loro. Torni domani all’orario di visita-

 

Il Commissario Moser imprecò a mezza voce. Non ce l’aveva con la dottoressa al banco dell’accettazione, lo sapeva che le regole degli ospedali erano quelle, ma aveva sperato che per una volta si potesse fare un’eccezione.

Erano le dieci di sera ed il prossimo orario di visita sarebbe stato alle dodici del giorno seguente: non poteva aspettare tanto per vedere Markus Neuman.

 

-Quell’uomo è stato accoltellato ed è un mio amico, e io devo scoprire cosa gli è successo-

 

-Si faccia affidare il caso allora, e poi la aiuterò io stessa a raccogliere tutte le informazioni che le serviranno. Fino a quel momento mi dispiace ma non posso fare niente-

 

A quel punto Moser smise di insistere. La cosa migliore che poteva fare era avvertire il procuratore, tirarlo giù dal letto se fosse stato necessario, ma fare tutto il possibile perché il giornalista Markus Neuman venisse messo sotto scorta.

Moser sospirò.

Appena uscito dall’ospedale il fiato gli si condensò in nuvolette davanti al viso. Si voltò verso l’edificio e tentò di indovinare dietro quale delle finestre illuminate avrebbero portato Markus. In quale camera sarebbe andato a trovarlo per fargli visita. Non voleva neanche pensare alla possibilità che Markus non uscisse vivo dalla sala operatoria.

Appena rientrò in macchina fu accolto dal saluto del suo amico e coinquilino: il pastore tedesco Reginald Von Stauffen.

 

-Mi dispiace, Rex, stavolta non ho niente su cui farti lavorare. Domani tornerò a trovare Markus e vedrò se può darmi qualche indicazione su come trovare chi lo ha aggredito-

 

“Se sarà ancora vivo”.

Rabbrividì al pensiero e il pastore tedesco, che conosceva benissimo gli stati d’animo del suo collega, gli strofinò la testa sotto il mento per consolarlo.

 

-Grazie Rex. Almeno posso contare su di te-

 

***

 

Quattro ore dopo, alle due di notte, il caso di rapina a mano armata ai danni di Markus Neuman era diventato un caso di omicidio perché il giornalista era morto a causa delle lesioni e dell’emorragia.

Il caso era stato affidato a Richard Moser, che già a mezzogiorno era nell’ufficio del procuratore a fare una cosa che non aveva mai fatto nella sua carriera: urlare e mancare di rispetto ad un superiore.

 

-Richard, non posso farti avere un mandato. Questo è un caso di rapina a mano armata finito male, niente di più. Non puoi seguire una pista così dispersiva per un caso minore-

 

-Nessun omicidio può essere considerato minore, Herr Bahuman! Sono sicuro che l’omicidio di Markus…-

 

-È stata una rapina-

 

-È stato un omicidio premeditato! Un’esecuzione!-

 

-Richard!-

 

Moser cercò di calmarsi. Non era sbraitando che avrebbe fatto valere le sue ragioni e reso giustizia a Markus.

 

-Mi ascolti, per favore: ci sono troppi elementi che non quadrano. Intanto il fatto che Markus… che la vittima sia stata colpita in metropolitana in uno dei pochi punti ciechi delle telecamere. Non è strano? Decine di telecamere, pochissimi punti ciechi… ed una rapina fatta da uno sbandato qualunque avviene proprio in uno di questi? No, quello non era un rapinatore, era un professionista. Anche la ferita era stranamente precisa. Poco sotto le costole in una zona in cui è facile ledere organi vitali. Io sono convinto che la morte di Neuman sia stata causata da qualcosa che aveva scoperto durante la sua inchiesta-

 

Il procuratore lo guardò e sospirò pesantemente -Richard, so che Neuman era tuo amico e che per te è difficile accettare la sua morte. Tu stai cercando di trovare un colpevole che…-

 

-Esatto! Voglio trovare il colpevole vero, il mandante-

 

-No, Richard. Tu sei troppo coinvolto personalmente. È stato un errore affidarti questo caso-

 

-Herr Bahuman…-

 

-Pertanto sono costretto a sollevarti dall’incarico. Mi dispiace-

 

Richard uscì in fretta senza salutare il procuratore e sbattendo la porta.

 

***

Un mese dopo le indagini sulla morte di Markus Neuman erano arrivate ad un punto morto e il caso era stato archiviato tra quelli irrisolti a causa dell’insufficienza di elementi.

Quando Moser aveva saputo dell’archiviazione aveva tentato di nuovo di far riaprire il caso per seguire la prima pista, quella legata all’inchiesta del giornalista, ma di nuovo il procuratore si era rifiutato.

All’ennesimo, seccato rifiuto, Moser aveva smesso di insistere perché dietro le giustificazioni aveva cominciato a vedere l’ombra di qualcosa di peggio del semplice disinteresse.

Markus gli aveva detto che stava indagando su una nuova organizzazione criminale strutturata come una società segreta o una setta esoterica.

-Roba grossa- aveva detto -forse più importante delle logge massoniche in Italia. Hai presente la loggia P2, no?-

Se secondo Markus questa nuova organizzazione era così potente, chi poteva dire che il procuratore Bahuman non gli stesse impedendo di indagare perché lui stesso ne faceva parte?

Un commissario di polizia non avrebbe potuto spuntarla da solo.

Gli serviva un aiuto, visto che non sapeva di chi poteva veramente fidarsi all’interno della polizia, qualcuno di cui potesse fidarsi ciecamente.

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Angolo di Makoto: Oh, che bello, la serie dei SAINT ricomincia! *Saltella in giro gasatissima* quindi ricominciano sparatorie, indagini, inseguimenti gnocchi da paura in divisa .

Ovviamente spero che questa seconda serie piaccia come era piaciuta la prima, anche se dalla saga di Poseidone è passata più o meno una vita e mezza.

 

Alcune segnalazioni importanti prima di lasciare spazio alla so(r)cia (Oh, quanto mi piace riscriverlo *-*!)

 

1-      La presenza di Moser e di Rex è un cameo, una guest star, insomma, avete capito. Non è propriamente un Cross over, ma l’avvertimento ce lo mettiamo lo stesso.

 

Angolino di Rory: Esatto, siamo tornate! E con noi la nostra AU ampliata *-*

Bè, chissà se qualcuno si ricorda ancora di noi e del primo capitolo della serie, incentrato su Julian facciadibroccol-… hem, Kevines. Comunque sia accogliamo i vecchi lettori e i nuovi, se mai vorranno seguire quest’impresa a caccia di Hades ;)

Coraggio, indagate con noi! *Rory versione Sherlock mode-on*

 

Adesso non ci resta che salutare e ringraziare chi ci seguirà in questa seconda parte *-*

Al prossimo capitolo!

 

Mako e Rory

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


SAINT

The Hades Chapter

 

2

Ad Atene

 

*

-Perché non posso entrare con voi? Ormai sono un SAINT anche io!-

 

Protestava Kanon.

Saga non si degnava neanche di guardarlo mentre si allacciava il giubbotto antiproiettile e sistemava la Sig Sauer nella fondina sulla coscia.

 

-Qual è il problema?-

 

Si intromise Sion.

 

-Io la chiamerei insubordinazione. Kanon si rifiuta di restare al posto che tu gli hai assegnato in questa operazione-

 

Il capo della SAINT, Sion Liang, scrutò a lungo Kanon con una smorfia di disappunto.

 

-Forse è il caso di rifare quel discorso sulla disciplina che ti ho fatto il mese scorso. Ed il mese ancora prima. E non so quante altre volte in questi due anni. Kanon, voglio che tu resti qui con Shaina ed Aioria. Controllate la situazione quando usciremo e state pronti a prendere in consegna Stephanos Galekos-

 

Neanche Kanon, con tutta la sua fama di essere insubordinato e polemico, poteva discutere un ordine diretto del capo della SAINT nel bel mezzo di un’operazione, quindi non gli restò altro da fare che raggiungere Aioria, Shaina e Marin all’interno del blindato.

 

-Dai, Kanon, non te la prendere. Ci saranno altre occasioni per partecipare direttamente-

 

Gli disse Aioria.

 

-Mi da fastidio essere trattato come un novellino-

 

-A te da fastidio essere qui mentre Saga è là dentro ad acchiappare i cattivi. Dai, muoviti, verrai con me a prendere Galekos non appena usciranno gli altri-

 

La strada sul retro era male illuminata e la squadra sul furgone lavorava con la luce artificiale dei computer di Shaina.

Erano a due isolati dal palazzo dove c’era il loro obbiettivo: si erano dovuti fermare prima perché tutta la zone era transennata ed il rumore del motore rischiava di mettere Galekos sulla difensiva, o peggio di convincerlo a far saltare tutto.

Erano arrivati con il motore acceso al minimo e a luci spente per cogliere di sorpresa l’uomo che si era barricato da due giorni all’interno della sede delle industrie Keleon ed aveva piazzato cariche di esplosivo in ogni pilastro del palazzo.

Non c’erano state minacce né rivendicazioni: Galekos aveva completato il suo lavoro con l’esplosivo durante i due mesi di preavviso prima del licenziamento.

Tutti i colleghi erano convinti che facesse tanti straordinari per ingraziarsi il capo e fargli cambiare idea, nessuno aveva immaginato che fare lo straordinario quando gli uffici erano deserti gli servisse per portare cariche di esplosivo dentro il palazzo e nasconderle nei sotterranei.

La sua richiesta era essere riassunto, ed aveva minacciato di far saltare tutto se fosse intervenuta la polizia per portarlo fuori.

Per questo la squadra dei SAINT si era fermata nel vicolo due isolati prima ed aveva fermato il mezzo: da lì avrebbero proseguito attraverso i sotterranei per entrare nel palazzo delle Keleon senza essere visti dall’uomo all’interno dell’edificio.

 

-Sai, Aioria, secondo me però questo Galekos  non ha tutti i torti. Ha lavorato tanti anni per loro, e adesso lo vogliono licenziare perché il proprietario deve fare un favore ad un amico e vuole assumere suo figlio al posto di quel poveretto-

 

-Lo so, Kanon. Ma fare esplodere i palazzi non è un buon modo per far valere le proprie ragioni-

 

-Bè, quando nessuno ti ascolta immagino che diventi disposto a tutto-

 

-Zitti un po’, voi due!- li interruppe Shaina -Sono dentro-

 

Kanon ed Aioria si avvicinarono al monitor con la mappa in 3D dell’edificio.

Shaina aveva fatto un lavoro eccezionale con quel programma che permetteva loro di muoversi virtualmente all’interno del palazzo e seguire gli spostamenti del resto della squadra.

Ognuno dei membri era un puntino verde chiaro contrassegnato da una sigla su uno sfondo nero su cui la piantina dell’edificio era disegnata in linee azzurre.

 

-Perché non hai messo i loro nomi?-

 

-Questioni elementari di segretezza. Se per caso questo programma dovesse cadere nelle mani sbagliate non voglio che possano usarlo contro di noi-

 

-E le scritte cosa sono?-

 

-Ho dovuto usare un altro codice. Ho inserito le abbreviazioni dei loro segni zodiacali come identificativo-

 

-Gem è Saga, Ar è Sion, Sag è Aioros, Cap è Shura…-

 

-Grazie, Aioria, abbiamo capito-

 

***

 

Nel garage sotterraneo le luci erano spente ad eccezione delle piccole lampadine rosse lungo il perimetro e delle targhe verdi delle uscite di emergenza; non si vedeva quasi niente, e la squadra si muoveva usando i visori notturni.

Sion fece loro cenno di avanzare, dopo aver controllato che il garage in cui erano sbucati fosse quello giusto.

Per prima cosa Saga ed Aioros si occuparono di disattivare le telecamere di sorveglianza perché non era improbabile che Galekos stesse controllando l’edificio dalla sala dei monitor.

Se era riuscito a produrre esplosivo in casa non era escluso che sapesse anche gestire una sala di controllo.

Camus, Shura ed Aphrodite avevano il compito di trovare l’esplosivo e di disattivarlo.

I due chimici, rilevatori alla mano, controllavano i livelli di nitrati e di materia organica nell’aria per individuare l’esplosivo.

Sion, Saga Death Mask ed Aioros invece dovevano entrare nell’edificio, trovare l’uomo e catturarlo prima che lui sparasse o facesse saltare il palazzo.

 

-Saga, secondo te dove possiamo trovarlo?-

 

-Se è intelligente e non è un sentimentale sarà nella sala di controllo, se invece è intelligente ma è anche un sentimentale probabilmente lo troveremo nella sede degli uffici, alla sua scrivania-

 

Sion annuì. Era esattamente per quello che si era portato Saga: perché pensasse come l’uomo che cercavano e desse loro un certo vantaggio su di lui prevedendo le sue mosse.

 

-Prima la sala controllo. È al primo piano, più vicino a noi, e se non è lì saliremo fino al terzo agli uffici-

 

Si mossero rapidi e silenziosi con Sion in testa.

La sala dei monitor era fuori dall’area frequentata dal pubblico ed era anche meno sorvegliata.

Quando si trovarono davanti alla porta chiusa Sion fece cenno che si preparassero ad entrare.

La porta era con il maniglione antipanico, cosa che dava loro un certo vantaggio.

Aioros si buttò contro la sbarra, e la porta cedette di colpo.

Non era sbarrata dall’interno. E dentro non c’era nessuno.

 

-Saliamo agli uffici- disse Saga –Presto. E speriamo che non si sia accorto del rumore che abbiamo fatto ora-

 

Per raggiungere il terzo piano Saga consigliò di separarsi e ad Aioros di uscire sulla scala antincendio e di salire da lì, per poter cogliere Galekos di sorpresa. Se avesse sentito il rumore forse sarebbe stato di guardia, ma non poteva controllare contemporaneamente i due lati opposti del piano.

 

***

Aioros sapeva che Saga aveva ragione, e sapeva che dividersi era stata l’idea migliore.

Ne ebbe conferma appena entrò dalla scala antincendio nell’edificio.

Le luci erano accese, e questo poteva voler dire che Galekos si era accorto di qualcosa e che aveva acceso le luci per controllare meglio l’ambiente.

Si alzò gli occhiali sulla fronte visto che per il momento non gli servivano e si mosse svelto lungo il corridoio; dietro l’angolo sentì delle voci ed allora ringraziò l’intuito di Saga, sempre un passo avanti agli altri.

Prima di svoltare l’angolo si sporse per dare una sbirciata veloce.

Stephanos Galekos era di spalle. Era un uomo alto, sui quarant’anni, con i capelli castano scuro. Da come si parlava e si muoveva a scatti si capiva che era spaventato. Aveva minacciato di far saltare tutto e di non avere nessuna paura di restare coinvolto nell’esplosione lui stesso, ma evidentemente dirlo era una cosa e farlo era un’altra.

Aioros corse svelto fino alla porta a vetri e si abbassò per nascondersi nella metà inferiore dove il vetro era colorato.

Saga e Sion stavano mantenendo l’uomo con le spalle verso il corridoio da cui sapevano che sarebbe arrivato lui.

Aioros non cercò di stabilire un contatto visivo con nessuno dei due per non scoprire il loro gioco. Rimase fuori dalla porta a vetri, sperando che la parte inferiore di vetro smerigliato nascondesse la sua presenza.

Era pronto a sparare a Galekos se ce ne fosse stato bisogno, ma sperava di no, perché se avesse sparato avrebbe dovuto ucciderlo per impedirgli di fare saltare il palazzo.

Saga stava parlando, poi fece un passo verso Galekos e lui gridò qualcosa, probabilmente di stare lontano.

Sion e Saga gettarono le pistole a terra, probabilmente per un ordine dell’uomo

Saga fece per muoversi di nuovo in avanti e Galekos lo minacciò, solo che in mano non aveva una pistola e non la puntava direttamente su Saga.

“Il detonatore!” pensò subito Aioros.

Saga doveva essersi accorto della sua presenza ed aveva manipolato Galekos in modo che esponesse il detonatore e che fosse alla portata della sua mira.

Aioros non perse altro tempo: si alzò in piedi, aprì la porta con uno scatto e prima ancora che Galekos potesse sentire il rumore, lui aveva sparato con la Sig Sauer centrando in pieno il detonatore e strappandoglielo di mano.

Per pochi secondi l’azione si svolse al rallentatore: Saga e Sion si gettarono in avanti per bloccare il prigioniero dalle braccia.

Non fu un’operazione facile perché lui era forte e forse aveva seguito qualche corso paramilitare o di arti marziali, perché sembrava capace di metterli in difficoltà.

Aioros gli puntò contro la pistola e solo allora Galekos smise di fare resistenza.

Sior riuscì a bloccarlo a terra e ad ammanettarlo.

 

-Aioros, voglio che tu lo porti fuori. Vai direttamente dagli altri sul blindato ed aspetta lì me ed il resto della squadra-

 

-Non usciamo tutti insieme?-

 

-Io e Saga aiuteremo gli altri a disinnescare le cariche. Ora che il detonatore è distrutto non possono esplodere al suo comando, ma essendo un esplosivo fatto artigianalmente è molto instabile, quindi prima lo disinneschiamo tutto e meglio è. Tu sei in grado di portarlo al sicuro da solo-

 

Aioros esitava.

Non gli era piaciuto per niente il tono con cui Sion aveva detto che l’esplosivo era molto instabile ed avrebbe preferito restare con i suoi compagni.

Guardò Saga in cerca di un indizio su come comportarsi.

 

-Vai, Ros. Ci ritroviamo tra mezz’ora massimo con tutti gli altri. Abbiamo una missione da portare a termine, te lo ricordi?-

 

Certo, loro erano SAINT, non potevano permettersi di lasciarsi distrarre da sciocchezze come i presentimenti.

 

-Va bene. Saga…-

 

-Sì?-

 

-No, niente… ci rivediamo dopo-

 

Aioros spinse Galekos avanti e lo fece scendere più in fretta che poteva dalle scale.

Si sforzò di non guardarsi indietro altrimenti non avrebbe più avuto il coraggio di allontanarsi, soprattutto da Saga.

Durante ogni missione la paura più grande di Aioros era sempre quella: che a lui o a Saga succedesse qualcosa, e che non avrebbe potuto dirgli “ti amo” un’ultima volta.

Guardò l’uomo che camminava davanti a lui.

Aveva avuto delle ragioni forse comprensibili per comportarsi come aveva fatto, ma ciò non toglieva che se a Saga fosse successo qualcosa, se fosse rimasto ferito o peggio, Aioros avrebbe per sempre considerato Stepahanos Galekos come unico responsabile.

 

****

 

Mezz’ora dopo sul blindato l’atmosfera era tesissima.

Galekos era stato preso in consegna dalla polizia statale, mentre Aioros aveva raggiunto Aioria, Kanon e Shaina davanti allo schermo del computer.

 

-Che fanno, Shaina?-

 

-Sono nei piani inferiori. Si muovono. Stanno ancora disinnescando l’esplosivo secondo me-

 

-Tutto questo tempo? E quanto ce n’era?- Si intromise Kanon -Shura è veloce con gli esplosivi ed aveva gli altri ad aiutarlo. Aioros ha ragione, ci stanno mettendo troppo tempo-

 

-Adesso basta. Sono tutte persone che sanno il fatto loro, non hanno bisogno che noi stiamo qui a rosicare come vecchie zie iperansiose-

 

Aioria la faceva facile, ma ugualmente suo fratello non si sentiva tranquillo.

Le parole di Sion circa l’esplosivo particolarmente instabile gli erano rimaste incastrate in testa e lui non riusciva in nessun modo a scrollarsi di dosso quella brutta sensazione di una catastrofe incombente.

 

-Ora sono tutti fermi. Perché si sono fermati tutti? Perché non vengono fuori da lì?-

 

-Calmati Aioros. Il sistema non rileva movimenti nel raggio inferiore a un metro, quindi magari loro si muovono ma noi non li vediamo. Certo, si sono fermati tutti nello stesso momento…-

 

Non poté finire la frase perché un boato fece tremare il terreno.

Aioros si precipitò fuori dal blindato, subito seguito da Kanon.

Vennero immediatamente investiti da una valanga di polvere e di aria calda.

L’esplosivo essendo fatto artigianalmente è particolarmente instabile.

Aioros non si rendeva conto che stava urlando il nome di Saga quando Aioria lo tirò di peso di nuovo dentro.

Era troppo sotto shock per fare altro che gridare.

“Non sarei dovuto andare via! Dovevo restare con lui. L’ho lasciato solo!”.

Sul monitor azzurro tutto quello che restava di metà della migliore squadra di polizia d’Europa erano sei puntini che da verdi erano diventati rossi, ed i nomi in codice dei loro proprietari erano stati sostituiti dalla scritta “undetected”. Non rilevato.

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Angolo di Makoto: eh-ehm… dite che cominciamo male? Eh, ma è Hades, mica tarallucci e vino! E poi ancora non tutto è perduto. Ancora…

Ora lascio la parola alla sorcia, che ci illuminerà con qualche arguto commento *ironia mode on*

 

Angolo di Rory: Arguto? Pfwahaha, cosa essere codesta strana parola? Comunque sì: avete letto bene! Metà della squadra ha fatto kaboom! Bè, dai… considerate che nella serie originale schioppano dopo sì e no tre puntate, dovevamo pur trovare un modo per farli sparire dalla circolazione >: ) e poi ci sono ancora gli altri, Mur, Aioria, Saori… Saori?! Ohimadonna, allora siamo messi male!

Passando alle cose serie: ringraziamo chi ha voluto riprendere la lettura della storia, in particolare sasuchan7 per averla inserita tra le Preferite, shuuemma7 per averla inserita tra le Seguite e mery83 per averla inserita in tutte e tre le categorie :D

E ancora grazie a isabeldithule e Ai91 per le recensioni *-*

 

Abbiamo finito? Abbiamo finito, per adesso.

Continuate a indagare con noi ;) al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** 3 ***


SAINT

The Hades Chapter

 

3

 

*

Non è possibile!

Era quello che avevano scritto in faccia tutti i SAINT nella sala riunioni.

La squadra non era completa ed ognuno di loro aveva l’impressione che da un momento all’altro la porta si sarebbe aperta e sarebbero entrati Saga, Aphrodie, Shura, Sion, Death Mask e Camus.

Il pensiero irrazionale che si addensava nell’aria era “Perché tardano tanto?” per ricordarsi subito dopo che i loro amici erano finiti sulla lista degli agenti dispersi in missione.

Le ruspe erano ancora al lavoro per rimuovere le macerie del palazzo delle industrie Keleon, ma ogni ora che passava la speranza di trovare qualcuno vivo diminuiva.

I più distrutti erano Aioros e Kanon.

Entrambi avevano la bocca sigillata ed espressioni da statue di pietra, ma il resto dei presenti erano ben consapevoli di cosa dovessero pensare.

Chi aveva assistito al battibecco tra Kanon e Saga prima che quest’ultimo partisse per la missione poteva immaginare che Kanon si sentisse in colpa perché l’ultima volta che aveva parlato a suo fratello era stato per litigarci, mentre tutti sapevano da tempo della relazione tra Saga ed Aioros e non osavano avvicinarsi neanche per confortarlo.

Aioros aveva perso l’amore della sua vita oltre che un partner di lavoro perfetto.

Con nessun altro nella squadra l’esperto di balistica aveva avuto una sintonia così perfetta, neanche con suo fratello Aioria.

Milo era rimasto a casa con Criseo.

Nessuno aveva avuto bisogno di fargli domande a telefono per capire che aveva appena pianto.

Anche lui aveva paura di perdere Camus, e per lui era ancora più difficile perché loro avevano messo su famiglia da poco più di un anno, quando avevano preso in affidamento Criseo.

Il bambino si era affezionato tantissimo a loro, e soprattutto Camus era quello che lo aveva voluto.

Con che coraggio gli avrebbero detto che uno dei suoi due babas non sarebbe più tornato?

Dalle due di notte quando era avvenuta l’esplosione nessuno era andato a casa a dormire perché ad ognuno sembrava che dire “me ne vado” volesse dire “Non c’è più niente da fare, io rinuncio a rivederli vivi”.

Aioros era costantemente in contatto con la squadra dei Vigili del fuoco che era sul posto.

L’unico motivo per cui aveva accettato di tornare alla sede della SAINT piuttosto che restare vicino a dove le ruspe scavavano era che l’ufficio aveva una linea diretta verso tutti i principali enti della città.

Vigili del fuoco, unità cinofile, pronto soccorso, il ministero dell’interno, reparti specializzati nel fronteggiare attacchi terroristici, il procuratore distrettuale Aldebaran, non c’era nessuno che Aioros non avesse immediatamente chiamato e fatto intervenire.

Aldebaran era quello che si stava dando da fare più di tutti. Era lui che sbrigava le questioni burocratiche come le richieste di intervento ed i permessi speciali.

Ed era lui che era rimasto sul posto ad aspettare un ritrovamento di qualunque tipo.

Passarono così delle ore, fino a che il cielo cominciò a schiarire nelle prime luci dell’alba, e non appena il telefono squillò Aioria si precipitò a rispondere.

Gli altri lo videro restare in silenzio, poi dire “sì” un paio di volte e subito dopo “arrivo subito”.

 

-Devo andare al policlinico Attikon. Hanno… hanno trovato qualcosa-

 

Immediatamente Aioros e Kanon si alzarono con la stessa proposta.

 

-Guido io-

 

-No, Kanon, tu no. Guido io-

 

Insistette Aioria.

Lui non fece nessuna obiezione ed entro un quarto d’ora erano sulla macchina di servizio a sirene spiegate.

 

***

 

-COME DIAVOLO VI SIETE PERMESSI DI FAR CREMARE MIO FRATELLO SENZA CHIEDERMI IL PERMESSO?!-

 

Kanon Kenuryos sembrava essersi trasformato nella bestia mitologica di cui per anni aveva portato il nome.

Aioros ed Aioria facevano fatica a trattenerlo per impedire che picchiasse Aldebaran.

 

-È stato necessario, Kanon. È stato meglio per voi ed anche per loro. È stato più dignitoso-

 

-Dignitoso un paio di palle! Dovevate chiedermelo! Avevo il diritto di vederlo l’ultima volta, no?-

 

Aioros strattonò Kanon per costringerlo a smettere di dimenarsi.

 

-Adesso smettila! Avresti davvero voluto vederlo a pezzi?!-

 

E Kanon gli tirò una gomitata micidiale tra le costole.

Una volta libero dalla presa di Aioros si sarebbe scagliato su Aldebaran, ma fortunatamente Aioria fu più veloce e lo immobilizzò torcendogli l’altro braccio dietro la schiena.

 

-Basta Kanon! Andiamo via!-

 

Aioria lo trascinò fuori dalla stanza prima che facesse altri danni.

Rimasero solo Aldebaran ed Aioros.

 

-Mi dispiace tanto. So quanto avete perso-

 

Aioros si limitò ad annuire.

 

-Abbiamo identificato i corpi grazie al sangue sulle divise e l’equipaggiamento. La vostra banca dati del DNA ci ha permesso di fare un confronto completo. Ho già fatto preparare le cartelle cliniche. Quando vorrete…-

 

Aioros lo fermò con un gesto della mano.

 

-Aldebaran, ti ringrazio per quanto hai fatto fino ad ora. Io non sarei mai stato capace di…- ma non riuscì a finire la frase.

 

-Adesso voglio chiederti un altro grande favore. Ci sarà una cerimonia funebre. Io non sarei capace di organizzare nulla. Potresti occupartene tu? Io… io non ce la faccio-

 

Ammise alla fine Aioros.

Aldebaran gli posò una mano sulla spalla e gli disse che avrebbe pensato a tutto lui.

Avrebbe anche telefonato alla sede della SAINT per dare agli altri tutte le spiegazioni.

Aioros gli era infinitamente grato per tutto quello.

Si sentiva un codardo, si disprezzava profondamente per non saper affrontare quella situazione, eppure non riusciva a capire cosa fare.

Fuori trovò Aioria che cercava di calmare Kanon, ancora furioso per la decisione di Aldebaran.

 

-Andiamo via-

 

Riuscì solo a dire.

 

***

 

Non avrebbero voluto lasciare Kanon da solo, specialmente dopo la scenata che aveva appena fatto in ospedale, ma lui era stato irremovibile: voleva stare solo.

Alla fine non insistettero e lo riaccompagnarono a casa.

 

-RosRos, tu come stai?-

 

Gli chiese Aioria.

Lui non se la sentiva di rispondere “bene” perché sarebbe stata una bugia, ma non avrebbe saputo cosa dire per esprimere come stava realmente. Rimase muto a fissare la strada davanti a lui.

Ormai era giorno fatto.

 

-Ros. Vuoi venire a stare da me per un paio di giorni?-

 

Immediatamente Aioros pensò di rispondere di no, che andava bene tornare a casa, ma poi si ricordò che a casa sarebbe stato solo con centinaia di cose che gli avrebbero ricordato Saga in ogni momento, dovunque avesse girato lo sguardo.

La sola idea bastava a terrorizzarlo.

 

-Va bene, vengo a casa tua. Grazie…-

 

Quando Aioria gli prestò un pigiama e gli diede le asciugamani per farsi una doccia, per la prima volta Aioria si fermò a considerare quanto fosse diverso quel giorno da come aveva vissuto il giorno prima.

A quella stessa ora solo il giorno prima stava facendo colazione a casa sua, mentre Saga lo guardava con l’espressione di disappunto del “vuoi farmi arrivare tardi?”.

Tra poco sarebbe crollato su un divano, sfinito dalle troppe ore di veglia forzata, mentre il giorno prima c’era Saga che lo accompagnava alla sua scrivania per salutarlo con un bacio prima di uscire per raggiungere il suo ufficio.

La sua mente si trovò bloccata in quella spirale: viveva in contemporanea il giorno prima e come avrebbe potuto essere quel giorno, e tutti quelli a seguire.

Solo ora cominciava a rendersi conto che aveva perso Saga per sempre.

Il dolore esplose in una volta, lacerante come piombo fuso nelle vene, e lo fece crollare in ginocchio a piangere come non aveva mai pianto in vita sua.

 

****

Aldebaran fu di parola e si occupò di ogni cosa per i funerali.

Funerali civili per rispettare il fatto che i membri della SAINT avessero religioni diverse o nessuna religione.

Aioros non aveva preparato nessun discorso né aveva intenzione di farne uno.

Qualunque cosa da dire gli sarebbe sembrata scontata e assolutamente inutile.

Le uniche cose che aveva detto erano state due parole, e cioè “niente fotografi”.

Non tollerava che quei funerali diventassero uno spettacolo, ed aveva già fatto un grande sforzo a leggere i giornali ogni mattina per assicurarsi che nessun giornalista scrivesse idiozie retoriche sull’incidente e cercasse di costruirsi una reputazione scrivendo sulle lapidi dei suoi compagni.

Era una cosa che non avrebbe tollerato.

Mentre si vestiva aveva avuto un momento di panico ed aveva quasi rinunciato ad andarci a quei funerali, poi però si era costretto perché gli sarebbe sembrata una cosa troppo vigliacca.

Se non avesse avuto la forza di assistere ai funerali si sarebbe sentito indegno della fiducia di che Sion, Saga e tutti i suoi compagni gli avevano accordato fino a quel momento, per cui si era fatto forza e ci era andato, solo che per tutta la durata della cerimonia fu distaccato e con la mente altrove.

Chi non avesse conosciuto lui ed il legame che aveva con loro avrebbe detto che non gliene importava niente del cimitero, delle bare, delle corone di fiori, delle fosse e della terra che le ricopriva.

Si augurava una sola cosa: che, durante il tempo in cui erano stati insieme, avesse reso Saga felice.

Per lui il legno della bara non era niente. Non gli interessava che dentro ci fosse un giubbotto antiproiettile fatto a brandelli e macchiato di sangue ed un’urna con le ceneri.

Saga era molto più di quello.

Saga, Sion, gli altri SAINT, erano ancora presenti.

Erano l’organizzazione che avevano costruito insieme, e la cosa migliore che lui poteva fare adesso che loro non c’erano più era portarla avanti.

 

__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

 

Angolo di Makoto: ok, lo ammetto: mi sono sforzata di finire questo capitolo entro Capodanno perché non mi pareva giusto lasciare in sospeso la gente per troppo tempo. Scusate la lunga attesa. E scusate anche se vi ho fatto deprimere… ma insomma, è Hades! Dovevano morire per esigenze di trama, giusto? *cerca patetiche scuse per non essere linciata*

A mia discolpa posso dire che mi è dispiaciuto tantissimo accoppare tutti quanti un una volta sola.

Ora scusate, devo andare via, che ci sono i loro fantasmi arrabbiati che mi inseguono.

 

 

*Rory arriva avvolta in un mantello nero con una scure in mano, stile Spirito del Natale Futuro di “A Christmas Carol”* Ebbene sì, smoccolate pure su tutte le lenzuola che avete, ve ne regaleremo di nuove per il nuovo anno. A proposito di nuovo anno! Concludiamo questo 2015 in bellezza (e in depressione) con l’aggiornamento e la promessa di postare il nuovo capitolo al più presto ;)

 

Ringraziamo come al solito chi ha inserito la storia tra Preferite, Seguite o Ricordate e chi ha recensito *O*

 

E bè, che dire di più? Buone feste e all’anno prossimo!

Kisses,

Mako e Rory

 

 

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Capitolo 4
*** 4 ***


SAINT

The Hades Chapter

 

4

 

*

 

Dopo due mesi dall’incidente, la SAINT non era ancora minimamente tornata alla normalità.

Aioros cercava di far fronte alla pressione del lavoro ma aveva perso ogni motivazione, Per questo aveva preso la decisione di designare subito i due nuovi capi della SAINT: aveva scelto Mur e Saori, la nipote di Mitsumasa Kido.

La ragazza si era allenata nell’uso delle armi aiutata da Marin ed aveva fatto progressi anche nelle arti marziali. Con Mur aveva già studiato la parte di teoria giuridica, ed Aioros credeva che si sarebbe trovata a suo agio a lavorare con lui in vista di un incarico più importante.

Dopotutto Mitsumasa Kido avrebbe voluto che la nipote fosse esperta in ogni genere di disciplina per poter diventare lei stessa la guida della SAINT un giorno, una nuova Athena che custodisse un’ideale di giustizia assoluta, lontana dai codici di legge e dai tribunali.

Il vero motivo per cui Aioros li aveva scelti però era un altro e se ne vergognava parecchio: il motivo era che imparavano in fretta e che non dipendevano direttamente da lui per imparare: due qualità che erano preziosissime, visto che lui voleva che fossero pronti prima possibile a prendere il suo posto, in modo che lui avesse potuto ritirarsi definitivamente da qualsiasi carriera che avesse a che fare con i corpi di polizia. Perizie balistiche, moventi per i delitti, cercare indizi, tutte le cose che lo avevano appassionato per tanti anni adesso lo disgustavano. Non vedeva l’ora di allontanarsene.

Aioria lo aveva sostituito in quasi tutto, e senza mai lamentarsi, cosa di cui Aioros era profondamente grato.

Tutti continuavano a fare il proprio lavoro, ma le cose non funzionavano più come prima. I SAINT erano stanchi, disorganizzati. Ognuno di loro portava un peso troppo grande, e si vedeva.

Spesso Aioros aveva pensato addirittura di smantellare l’agenzia, ma sapeva che Sion e Saga non avrebbero voluto. A volte Aioros si chiedeva se fosse peggio continuare il loro lavoro male o non continuarlo affatto. A volte si chiedeva chi sarebbe stato il primo della squadra a mollare.

Una delle reclute? Shiryu, Seiya, Ikki, Hyoga o Shun? Oppure Shaka, che avrebbe potuto tornare al suo dipartimento universitario delle civiltà orientali piuttosto che lavorare per nessuno? O Shaina, la ribelle testa calda? Oppure ancora Kanon, che era entrato alla SAINT per dimostrare qualcosa a Sion e a suo fratello Saga e che adesso non avrebbe più avuto motivi per stare lontano dal crimine? O forse Milo, che aveva perso Camus e che non passava neanche più vicino al laboratorio di analisi biologiche che era stato del dottor Lavoie?

Era diventata una specie di scommessa con sé stesso. E sì, si sentiva un essere ignobile.

Credette che la scommessa l’avesse vinta Shaina quando la porta del suo ufficio si spalancò all’improvviso senza che nessuno avesse bussato, e la hacker entrò di corsa buttandosi praticamente sopra la sua scrivania per lo slancio che aveva preso.

Aioros credette che la ragazza avesse avuto un crollo nervoso perché era pallida, scarmigliata, tremava e parlava così in fretta che le parole si accavallavano una sull’altra.

Aioros non riuscì a capire nulla al primo impatto.

 

-Shaina, per favore… adesso respira e spiegami lentamente che ti è successo-

 

-Non trattarmi come se fossi una pazza! Ok, no, forse sono pazza… io li ho visti!-

 

-Tu hai visto chi, esattamente?-

 

Una speranza folle si era accesa in lui, una cosa che non avrebbe neanche dovuto pensare, se non voleva soffrire più di quanto stesse già facendo.

Era inutile illudersi. Eppure…

 

-Aioros, io ho visto Saga ed Aphrodite-

 

-COSA?!-

 

-Mi hai sentito bene: ho visto proprio loro due!-

 

Aioros, che si era alzato in piedi di scatto, dovette sedersi perché gli girava la testa.

Saga e Aphrodite. Shaina aveva visto Saga ed Aphrodite, che erano stati dichiarati morti e seppelliti formalmente due mesi prima!

 

-Dove?-

 

Riuscì ad articolare.

 

-Al computer, con un programma di street view… no, non guardarmi in quel modo, non è una somiglianza casuale! Vieni con me così ti spiego-

 

Aioros non aveva bisogno altro: una prova, un indizio, la traccia più labile a lui sarebbe bastata!

Seguì Shaina alla postazione informatica.

 

-Guarda qui. Stavo facendo un esperimento di localizzazione incrociando le foto segnaletiche con il sistema di Google Street View. Stavo usando le nostre foto dello schedario per essere sicura del risultato e… bè… non abbiamo mai tolto dallo schedario le foto di… c’erano tutte intendo, di tutti noi SAINT. E la prima corrispondenza che il computer mi ha segnalato è stata questa-

 

Shaina mandò in stampa un foglio, che strappò velocemente e porse ad Aioros con la mano che le tremava.

La foto era un po’ sgranata.

Ma erano loro! Non potevano esserci dubbi: erano Saga ed Aphrodite!

Aioros scorse velocemente il foglio per trovare ora, data e luogo della foto.

Vienna, ore 09: 07 del 23 ottobre 2015. Era stata scattata quella stessa mattina, solo due ore prima.

Aioros dovette sedersi perché le gambe non lo reggevano.

 

-Potrebbe essere…-

 

-Aioros Kriseo non venire adirmi che è una fottuta coincidenza! Due persone che somigliano come gocce d’acqua a Saga ed Aphrodite tutte e due insieme casualmente? Quante possibilità ci sono?-

 

Shaina aveva ragione. Che coincidenza era? Non poteva essere!

 

-Shaina, voglio che tu rifaccia quella cosa dell’identificazione. Puoi isolare solo le foto di Saga, Aphrodite, Shura, Camus, Sion e Death Mask? Così la ricerca dovrebbe essere più veloce-

 

-Vuoi che cerchi solo loro?-

 

-Sì, voglio proprio questo. Fallo e vieni a fare rapporto ogni due ore. Se sono a Vienna, ad Hong Kong, a Vittoria, in Amazzonia, io devo saperlo-

 

-Puoi contare su di me! Sai, Aioros, oggi è la prima volta che ti sento parlare come un vero capo-

 

Aioros tornò subito nel suo ufficio, si chiuse a chiave e per le successive due ore non fece altro che andare su e giù a passo di marcia.

Se la notizia della morte dei suoi colleghi lo aveva  sconvolto, una loro inaspettata  resurrezione lo stava mandando ancora più in confusione.

In mezz’ora aveva preso tre volte il cercapersone per mandare una convocazione urgente per una riunione a tutti i suoi colleghi, e per tre volte lo aveva posato senza inviare niente perché non voleva accendere false speranze negli altri.

Lui stesso sapeva che molto probabilmente si stava illudendo e che avrebbe sofferto enormemente quando Shaina sarebbe entrata nel suo studio a spiegargli che problema c’era stato. Una falsa somiglianza, un errore nella data o nel luogo, qualunque cosa sarebbe stata più probabile della versione “due membri della squadra hanno finto di morire e si sono rifatti una vita altrove lasciando noi a disperarci”.

E se invece fosse stato vero?

Aioros non riusciva a capacitarsene: perché mai Saga gli avrebbe fatto una cosa del genere?

Sperava tanto che Saga fosse vivo… per poter essere lui ad ammazzarlo!

Dopo due ore esatte Shaina bussò alla porta ed Aioros dovette alzarsi per andare ad aprire.

Dalla prima occhiata capì subito che non c’erano buone notizie, perché Shaina aveva un’aria così delusa che non ebbe neanche bisogno di farle la domanda.

 

-Nessuna corrispondenza Aioros. Stavolta niente-

 

Certo. Ovvio. Saga non era a Vienna. E neanche Aphrodite, Shura, Sion, Camus e Death Mask…

Aioros si era illuso inutilmente.

Stava cercando le parole per dire a Shaina di lasciar perdere tutto quando lo sguardo gli cadde sullo stampato. Quelle persone in foto non potevano non essere Saga ed Aphrodite!

 

-Cerca di nuovo. Solo un’altra volta, riprova a cercarli con il tuo programma. Lascialo acceso ventiquattro ore intere, e se non troviamo niente entro domani… non parleremo mai più di questa storia-

***

Il pomeriggio trascorse lento per Aioros.

Si fece vedere in giro il minimo indispensabile per non contagiare gli altri con la sua agitazione, e così anche il pomeriggio.

Man mano che le ore passavano, la speranza si assottigliava. Era un vero incubo: era come rivivere le ore in cui aspettavano che le squadre di soccorso trovassero qualcuno vivo sotto le macerie del palazzo delle assicurazioni.

Verso le sette di sera qualcuno bussò così forte da far tremare la porta.

Stavolta Shaina aveva gli occhi lucidi e non riusciva a parlare. Gli porse in fretta un altro foglio stampato.

Stavolta la foto mostrava Camus, si vedeva bene in faccia, e stava parlando con un uomo alto, dai capelli corti e biondi tagliati sfrangiati.

Aioros non trovava niente da dire. Quello era Camus, senza ombra di dubbio, a parte il colore dei capelli che sembrava più chiaro, come slavato.

 

-Adesso che facciamo?-

 

-Non lo so, Shaina. Ti giuro che non lo so. Intanto parlerò con Milo perché credo che abbia il diritto di sapere questa cosa prima di tutti, e poi vedremo se sarà il caso di convocare una riunione speciale per decidere tutti insieme. Tu, per favore, continua a fare questa ricerca. Voglio vedere se c’è qualcun altro-

 

***

Quando Milo ricevette un messaggio urgente di Aioros sul cercapersone ne fu molto sorpreso.

Aioros non si occupava di altro che firmare carte da un paio di settimane, e Milo non riusciva a capire come mai all’improvviso volesse parlare urgentemente con lui.

Quando entrò nel suo studio non sapeva esattamente come comportarsi perché Aioros sembrava ancora più nervoso di lui.

 

-Mi hai chiamato?-

 

-Sì. C’è una cosa importante che devo dirti… io… ecco…-

 

Aioros lo guardava in un modo strano, aprendo e chiudendo la bocca senza riuscire a dire più nulla oppure evitando in tutti i modi il suo sguardo.

 

-Ros, dimmi che succede una buona volta!-

 

Si spazientì Milo.

Aioros, che ancora non aveva trovato le parole adatte, decise che era meglio agire e gli porse due fogli.

 

-Guarda la data in cima alla pagina-

 

“23 Ottobre 2015… e allora? E questi che cosa…?”.

 

-AH!!! DA DOVE VENGONO QUESTE?!-

 

Milo non aveva potuto fare a meno di gridare.

Era una foto di Camus! Scattata a Vienna quello stesso giorno!

 

-Aioros… Aioros, se è uno scherzo ti avverto che è di pessimo gusto-

 

-Non è uno scherzo, Milo. E neanche questo lo è-

 

E gli fece osservare l’altro stampato, dove si vedevano Saga ed Aphrodite in procinto di attraversare una strada. Anche quella foto era stata scatta a Vienna.

 

-Cioè, mi stai dicendo che sono vivi? Ma perché?-

 

-Aspetta, Milo, non dobbiamo essere precipitosi. Prima di avere la certezza che sono proprio loro ho chiesto a Shaina di fare controlli ripetuti con il suo programma. È un nuovo metodo che ha inventato lei: inserisce le foto segnaletiche in un programma che scannerizza i parametri facciali, e poi usa quelle informazioni per cercare eventuali corrispondenze nelle foto satellitari scattate da Google Street View. Lo aveva ideato per rintracciare i sospettati latitanti, ma a quanto pare ha rintracciato altro-

 

Tacque perché aveva capito che Milo non stava ascoltando una parola. Era troppo concentrato a fissare la foto stampata. Sembrava indeciso tra un sorriso lunatico ed un grido di rabbia, e sul suo viso le due emozioni si contorcevano a formare uno strano misto.

Aioros sapeva che anche lui doveva aver fatto quella faccia, quindi decise di lasciare in pace Milo tempo che metabolizzasse la notizia, e per fare quello gli ci volle un bel po’.

Quando alla fine alzò gli occhi dal foglio aveva il viso rigato di lacrime ma sorrideva.

 

-E adesso che facciamo?-

 

-Adesso aspettiamo Shaina. Le ho chiesto di trovare altri riscontri, e se li troverà, allora convocherò tutti e decideremo insieme cosa fare. Fino ad allora, Milo, per favore, non dire niente a nessuno. Non voglio scatenare il panico e voglio evitare che la notizia si diffonda. Non dovrai dire niente neanche a Criseo, capito?-

 

Porse a Milo un fazzoletto dalla scatola dei Kleenex che teneva sulla scrivania.

Non bisognava essere detective particolarmente brillanti per capire che lui stesso aveva fatto ricorso spesso a quella scatola, quando si sentiva così solo e devastato dalla perdita di Saga che avrebbe voluto solo rannicchiarsi in un angolo e piangere per il resto della sua vita.

 

-Va bene, terrò la bocca chiusissima, promesso. E Aioros… grazie per avermelo detto-

 

-Non mi sembrava giusto tenerti all’oscuro. Ora vai a sciacquarti la faccia. Tra qualche giorno ci sarà del lavoro per noi, se va tutto bene-

***

Nei tre giorni seguenti Shaina non spense il computer.

A tutte le ore il suo programma scannerizzava milioni di foto di volti in giro per il pianeta, alla ricerca di ogni possibile corrispondenza superiore al 30%.

Due corrispondenze, a Milano ed Edimburgo, erano risultate falsi allarmi ed avevano quasi convinto Aioros a spegnere tutto, ma la terza era stata Death Mask con una somiglianza del 98%.

Death Mask che fumava una sigaretta all’una di notte fuori da un locale di Vienna.

E la terza erano stati Sion e Shura in compagnia dell’uomo biondo che avevano visto con Camus e di un altro uomo, un albino dai capelli lunghi con una frangia che gli nascondeva gli occhi.

La quarta corrispondenza era stato di nuovo Aphrodite in compagnia dei due uomini di Vienna.

A quel punto Aioros non aveva più dubbi su cosa fare: si armò di tutte le pagine stampate, di un pacco di piccole calamite, ed andò a fissare le foto alla lavagna magnetica della sala riunioni.

Gli orari ed i giorni in cui le foto erano state scattare erano evidenziati, in modo da essere ben visibili.

Non era sua intenzione sconvolgere i suoi colleghi, ma quello era senza dubbio il modo più efficace per far comprendere loro la situazione.

Ripensandoci col senno di poi, forse avrebbe dovuto mettere una telecamera nascosta per riprendere le reazioni degli altri SAINT non appena si rendevano conto di cosa avevano davanti: chi restava ad occhi sgranati, chi lanciava grida di sorpresa, chi si copriva la bocca con le mani e poi si sedeva in un angolo a tentare di farsene una ragione… e poi tutti che guardavano lui sconvolti.

Alla riunione erano presenti anche Saori Kido e Nike, la moglie di Mur.

Le due donne si stavano addestrando all’uso delle armi aiutate da Marin, ma quel giorno avevano abbandonato volentieri gli allenamenti, considerando l’importanza della riunione.

Aioros spiegò di nuovo cosa era successo con il programma di rintracciamento ideato da Shaina, e poi indicò le foto sulla lavagna.

 

-Tutte queste immagini provengono dallo stesso posto: Vienna. Io credo che, per un motivo che noi non sappiamo neanche immaginare, i compagni che credevamo morti in missione in questo momento siano vivi e siano a Vienna-

 

La prima reazione fu un silenzio pesante e freddissimo.

Aioros pensò che mettere le foto in bella vista fosse stata un’ottima idea, altrimenti i suoi colleghi lo avrebbero fatto rinchiudere in manicomio all’istante.

 

-Quindi è sicuro che quel deficiente è a Vienna mentre io sono rimasto qui con la responsabilità di consolare Criseo che piange tutte le notti?!-

 

Esclamò Milo. Fu l’inizio della fine: Milo aveva creato la prima falla nella diga, e subito il malcontento degli altri Saint venne fuori come un fiume in piena.

Perché lo hanno fatto?

Ci hanno fatto preoccupare inutilmente.

Sono stati crudeli.

 

-Se arrivo a mettergli le mani addosso, lo ammazzo io!-

 

Sentenziò Kanon per tutti, ed un mormorio di approvazione percorse la sala.

 

Aioros guardava i colleghi cercando qualcosa da dire, qualcosa che potesse salvare la situazione “Forse non ho fatto tanto bene a chiamare tutti. Questi vogliono linciarli!”.

 

-Apettate un momento- Cercò di calmarli Shaka -Secondo me per prima cosa dobbiamo chiederci perché lo hanno fatto. Sapevano di certo che avremmo sofferto credendoli morti, e per aver fatto una cosa del genere devono aver avuto un motivo molto serio-

 

-Appunto perché era serio dovevano dircelo!-

 

Troncò Kanon ancora arrabbiatissimo.

 

-No, Kanon, Shaka ha ragione. Hanno deciso di sparire completamente. Hanno persino cambiato colore di capelli. Secondo me sono lì con delle false identità, e l’hanno fatto per troncare qualunque legame con questa agenzia. Quello che vorrei tanto sapere, e credo che vorreste saperlo anche voi, è il motivo che li ha spinti a fare questo-

 

-Forse volevano tenerci fuori dal pericolo. Forse stanno affrontando da soli qualcosa di troppo grande e… basta, dobbiamo andare da loro!-

 

Intervenne Milo con la voce resa acuta dall’emozione.

 

-Sì, andiamo a prenderli!-

 

Si unì subito Kanon, solo che lui sembrava pronto per una spedizione punitiva più che per una missione di salvataggio.

Intanto un pensiero aveva cominciato a formarsi nella mente di Aioros.

Quella notte al palazzo delle assicurazioni, Sion aveva fatto in modo da farlo uscire assieme a Galekos. Sion voleva che lui fosse fuori e tornasse dal resto della squadra perché già sapeva che la SAINT avrebbe avuto bisogno di una guida quando anche Saga non ci fosse stato più.

Sion aveva già programmato tutto, ed anche Saga.

All’improvviso l’atmosfera da spedizione punitiva introdotta da Kanon non gli dispiaceva affatto.

Si riscosse quando il mormorio nella stanza si fece troppo altro.

 

-Basta, basta, un attimo! Per favore, cerchiamo di capire come comportarci adesso che abbiamo scoperto questa cosa-

 

Tutti gli sguardi si posarono su di lui, in attesa di un ordine di parte sua, e per la prima volta Aioros si sentì sicuro di sé e del suo ruolo di capo.

 

-Io non credo che dobbiamo andare a Vienna da loro. Se non ci hanno detto nulla sono sicuro che abbiano avuto ottime ragioni, ed io non voglio intralciarli nel loro lavoro. Sion voleva che restassimo qui, e così faremo-

 

-No, Aioros! No, no, no… io devo andare a Vienna a prendere a calci quel deficiente di mio fratello!-

 

-Kanon, non rendermi le cose più difficili! Se lavorano sotto stretta copertura e noi andiamo lì, rischiamo di smascherarli e di metterli in pericolo. Non sappiamo con cosa abbiamo a che fare, per cui non interferiremo. Resteremo qui a controllarli con il sistema di Shaina, e solo se ci sembrerà che abbiano bisogno di aiuto li raggiungeremo. E non li prenderemo a calci, sia chiaro. La riunione è conclusa-

***

Per un altro mese gli stampati si susseguirono con regolarità.

Le foto di Sion, Saga, Camus, Death Mask, Aphrodite e Shura passavano dal computer di Shaina alla scrivania di Aioros e poi alla lavagna magnetica.

C’era almeno una corrispondenza ogni due giorni, quasi sempre dopo le otto di sera e più o meno sempre nella stessa zona, vicino ad un locale notturno.

Era un modo per averli vicini a loro, soprattutto per Milo, Aioros e Kanon.

Tuttavia ad un certo punto Aioros dovette rivedere la sua decisione di non interferire: per una settimana intera infatti Aphrodite e Death Mask sembrarono sparire, mentre gli altri nelle foto sembravano avere espressioni tesissime mentre parlavano con gli sconosciuti, l’uomo dai capelli biondi e l’albino.

Aioros convocò una nuova riunione per decidere secondo democrazia: per alzata di mano.

Tutti eccetto Shaka furono d’accordo con la proposta di staccare una parte della squadra per cercare di raggiungere i compagni a Vienna e controllare di persona che stessero bene.

Milo e Kanon si candidarono immediatamente per partire, ed Aioros non se la sentì di negargli il permesso, poi valutò che avrebbero avuto bisogno di un tecnico informatico particolarmente abile e quindi di far partire anche Shaina. Ed infine era in dubbio se partire lui stesso oppure no.

Si diceva che era per il loro bene, che era suo dovere accompagnarli in quello che potevano considerare territorio nemico, che era giusto che ci fosse lui in prima linea a prendersi la responsabilità di quella decisione e delle eventuali conseguenze che avrebbe comportato.

Tutte balle: lui voleva andare da Saga!

Certo, la SAINT avrebbe avuto bisogno di un capo in sua assenza, e allora quale migliore occasione di testare le capacità delle due persone che stava istruendo come suoi vice? Più ci pensava e più gli pareva una buona idea che mentre lui era assente il comando della SAINT fosse affidato a Mur e a Saori Kido.

Aioros li convocò nel suo ufficio per discutere i dettagli in privato.

 

-Mur, signorina Saori, ho deciso di andare anche io a Vienna con Milo, Kanon e Shaina-

 

Gli sembrò di cogliere un accenno di sorriso da parte di Mur, come se gli stesse dicendo “Me lo aspettavo” e si sentì molto a disagio. Un bambino beccato a rubare gli antipasti del pranzo di Natale.

 

-Hem… dicevo… sì, io andrò a Vienna. E mentre io sono via ho deciso di lasciare a voi il comando a tutti gli effetti della sede qui ad Atene-

 

Né Mur né Saori si aspettavano una cosa del genere.

 

-Aioros… io non credo che siamo pronti-

 

-Nessuno di noi è mai pronto a fare niente, signorina, l’importante è fare sempre del nostro meglio. Qui rimarranno anche Aioria e Marin, e per qualsiasi problema più grave potete rivolgervi al procuratore Aldebaran. È una persona assolutamente responsabile e degna di fiducia, e ci sarà anche il nostro rappresentante legale Doko. Era compagno di università di Sion ed è sempre stato molto legato a lui ed a Mitsumasa. Potete contare sul suo aiuto in qualsiasi momento-

 

-Non mi sento per niente sicura. Ho paura di fare ancora troppi errori-

 

-Non c’è modo migliore di imparare a fare le cose che sbagliare più volte possibile. Mitsumasa Kido lo diceva sempre. E poi noi non siamo qui per giudicarla, siamo qui per insegnarle a non sbagliare-

 

Alla fine Saori si convinse ed accettò l’incarico prestigioso ma allo stesso tempo pesante di dirigere temporaneamente la SAINT.

Aioros disse loro di prenderla come un’esercitazione.  In fondo aveva piena fiducia nelle loro capacità, soprattutto per quanto riguardava Mur. La ragazza imparava bene ed in fretta, ma non era ancora la nuova Athena che Mitsumasa Kido aveva sognato.

Ai ragazzi nuovi, Shiryu, Ikki, Hyoga, Shun e Seiya, raccomandò la massima serietà in sua assenza.  Li invitò a provare a svolgere i compiti dei loro maestri, e disse loro che quella era una prova decisiva per la loro formazione. Anche loro sapevano che i compagni più anziani erano vivi, e soprattutto Seiya avrebbe voluto accompagnarli a Vienna.

 

-Hanno fatto prendere un colpo anche a noi, cosa credi? Abbiamo diritto di rimproverarli di persona quanto ne avete voi!-

 

-Sì, Seiya, sul piano morale il tuo ragionamento non fa una piega, ma temo di non potervelo permettere. Se lavorano sotto copertura il minimo sbaglio può tradirli e metterli in pericolo. Mi dispiace, ma voi siete ancora troppo inesperti per questo tipo di missione. Restate qui, vi daremo notizie appena potremo-

 

Non voleva certo offenderli perché sapeva che i ragazzi si stavano impegnando al massimo, ma non poteva rischiare di mettere in pericolo gli altri. Quando li lasciò erano imbronciati e probabilmente offesi con lui. Aioros poteva solo sperare che un giorno avrebbero capito, quando sarebbero stati più maturi.

Qualunque remora o ripensamento sulla sua partenza venne definitivamente spazzato via quando quella sera si trovò a fare le valige.

Stava accadendo davvero! Tra lui e Saga c’erano solo poche ore di volo!

L’indomani mattina c’era un volo prenotato per lui e Milo, destinazione Vienna.

Avevano deciso di viaggiare separati e di alloggiare in alberghi diversi per non far notare la loro presenza nella città di Beethoven, che Aioros considerava una vera e propria zona nemica a dispetto del passato artistico.

Non aveva ancora studiato un piano con cui avvicinare i loro colleghi, e comunque non la riteneva neanche una cosa fondamentale perché a lui interessava vedere Saga, assicurarsi che stesse bene, ed essere pronto ad intervenire in caso qualcosa lo avesse minacciato.

Forse sarebbe stato meglio mandare avanti Shaina, che di loro quattro era la meno coinvolta sentimentalmente, in maniera da non compromettere la posizione dei loro compagni.

Aioros si sforzava di pensare da stratega, tuttavia nella sua mente continuava a balenare il pensiero “Saga è vivo” e allora riusciva solo a sorridere come una ragazzina da romanzo rosa.

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Macciao e bentornati! Avete visto? non siamo poi così cattive come sembriamo… lo siamo molto di più! In fondo decimare per davvero la squadra sarebbe stato troppo sadico persino per noi.

Inoltre, stiamo cercando il più possibile di incastrare gli avvenimenti di questa storia con la serie di Hades, non vogliamo che alla fine venga fuori una AU che si discosti troppo dall’opera dello zio Kuru altrimenti tanto valeva scrivere una storia originale. Speriamo che finora tutto stia andando bene ;)

Ecco che intanto iniziano a fare la loro comparsa anche i personaggi “infernali” eeee…. *attenzione attenzione* Saori può rendersi davvero utile! Certo, ha sempre Mur dietro come cagnolino da guardia, ma è già un inizio. Vorrei davvero vederla con una pistola in mano xD

Mi pare che non ci sia altro da aggiungere. Grazie come sempre per le recensioni e per inserire questo nuovo capitolo tra Preferite/Seguite/Ricordate *inchino*.

Su: adesso fate le valigie, si va a Vienna ;)

 

 

 

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Capitolo 5
*** 5 ***


SAINT

The Hades Chapter

 

5

 

*

 

Vienna è una bella capitale europea dove il passato si mescola con la modernità senza mai stonare o creare contrasti di cattivo gusto.

Il centro storico è tutto in stile neoclassico, ancora erede dell’epoca del dispotismo illuminato dell’imperatrice Maria Teresa. La ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale ha lasciato più intatta possibile la pianta originale della città e lo stile architettonico.

Sion ammirava il bianco dei palazzi che si tingeva di rosa alla luce del tramonto. Da due mesi era quella la loro vita: raramente uscivano di giorno, e quando lasciavano le stanze che avevano affittato non era certo per andarsene in giro a fare i turisti.

Durante il giorno non andavano mai in giro per timore di essere riconosciuti da qualcuno che poteva averli visti in un telegiornale internazionale, e quando uscivano dalle loro stanze al tramonto era per essere subito inghiottiti dal sottosuolo di Vienna. Era un sottosuolo di gran classe, fatto di specchi, tappezzeria di lusso, liquori pregiati, luci colorate soffuse e persone di alta società. Una facciata abbagliate per mascherare cosa si nascondesse in realtà dietro l’esclusivo night club noto come Hades.

Hades non era solo il nome di un locale alla moda di Vienna improntato al gusto dark e gotico, era qualcosa di molto più oscuro, e loro SAINT avevano appena iniziato a grattare la superficie brillante per scoprirne il vero significato.

Hades era un’organizzazione, un’organizzazione criminale di stampo neofascista.

Sion cercava di scoprire quanto fosse estesa e quello che stava scoprendo non gli piaceva per niente.

Hades era troppo potente e loro erano solo in sei.

Si chiese se non fosse stata una follia trascinare i suoi compagni in quella missione, e non passava giorno in cui il suo problema principale non fosse non più scoprire più cose possibile, ma piuttosto come uscirne il prima possibile.  Vivi, ovviamente, non come Markus Newman.

Sospirò e schiacciò la sigaretta nel bacile di terracotta pieno di sabbia alla sua destra. Era il momento di lasciare gli ultimi raggi di sole per addentrarsi nell’oscurità dell’Ade.

***

Il nome della via era quello giusto. L’angolo di strada era quello che compariva spesso nelle inquadrature catturate dal programma di Shaina.

Il locale era quello, indubbiamente: nessun altro posto aveva un’insegna ed un nome simili: il nome dell’oltretomba greco che prende il nome dal suo signore, Hades, scritto in lettere gotiche color porpora.

La luce che proiettava sul marciapiede era rosso cupo e si rifletteva negli occhi di Aioros e Shaina.

Erano fermi poco lontani dall’ingresso e parlavano tra loro in greco, nascosti dietro una cartina della città che nascondeva il vero argomento della loro conversazione.

-Allora, noi entriamo e diamo solo un’occhiata intorno- stava dicendo Aioros -se ci parlano in tedesco facciamogli capire che non conosciamo la lingua, e se ci parlano in inglese stentiamo lo stesso. Non diciamo di venire da Atene, diciamo meglio dalla Macedonia, o potrebbero cominciare a sospettare di chi parla greco come noi-

Shaina annuì. Lei non si trovava molto a suo agio nelle azioni dirette e preferiva decisamente stare davanti ai suoi computer dove poteva sbagliare, resettare tutto e ricominciare daccapo senza rischi. Tuttavia le circostanze richiedevano la sua presenza e lei non si tirava certo indietro.

Entrarono sottobraccio come fidanzati o come sposini in luna di miele.

All’ingresso c’erano due lampade con finte fiamme che danzavano sopra un getto d’aria, e l’arredamento era in tema con i colori all’esterno.

Tinte cupe di viola, nero e cremisi la facevano da padrone sia nella tappezzeria, foderata di velluto rosso e bronzo, sia nelle luci, che erano coperte da applique rosse e rosso-arancione.

Essendo Hades un night club esclusivo c’era un banco di accettazione all’ingresso, dove i clienti venivano invitati a consegnare i cappotti e le borse perché fossero messi in guardaroba, e dove veniva deciso se potevano entrare nel locale o no.

Aioros firmò il registro degli ospiti con un elegante quanto incomprensibile scarabocchio in caratteri latini, e lo stesso fece Shaina ma con una mano un po’ più rigida per la tensione.

Il ragazzo dietro il bancone doveva essere un seguace della corrente emo tanto in voga tra i giovani, perché aveva capelli lunghi nerissimi ed occhi pesantemente bistrati di matita kajal.

L’abbigliamento era in stile metal pelle-e-borchie.

Quando gli restituirono il libro lui controllò le firme e nel vederle indecifrabili aggrottò le sopracciglia.

Per Aioros quello era un segnale sospetto. Se controllavano le firme voleva dire che volevano sapere esattamente chi entrava nel loro locale, magari per accertarsi che non fosse nessuno della polizia.

Fortuna che Aioros ci aveva pensato per tempo e che Antonis Aghiopoulos era un nome inventato.

Il ragazzo li guardò e sorrise come se non fosse successo nulla, dopo accennò loro alle scale che si aprivano in fondo alla sala.

In effetti Aioros si chiedeva dove fosse il vero locale: quella stanza era troppo piccola ma non c’erano porte che immettessero in un locale più ampio.

Solo quando il ragazzo gli ebbe indicato le scale Aioros capì ciò che avrebbe dovuto essere ovvio dal primo momento: Hades, proprio come il regno mitologico di cui portava il nome, si sviluppava tutto sotto terra.

Strinse il braccio di Shaina ed insieme scesero le scale.

La rampa era di appena dodici scalini, e terminava bruscamente su un minuscolo pianerottolo circondato da muri di pietra.

“Che posto lugubre! Davvero c’è gente a cui piace ficcarsi qua dentro?”.

Di fronte a loro un arco anch’esso in pietra immetteva in un corridoio rischiarato dal bagliore delle finte fiamme di stoffa.

Prima di inoltrarsi nel passaggio Shaina trattenne Aioros e gli indicò l’incisione sull’architrave.

-Guarda, Aioros, la divina commedia. C’è scritto “lasciate ogni speranza o voi che entrate” come sulla porta dell’inferno di Dante-

Aioros sospirò -Cominciamo bene, eh? Dai, andiamo-

Il corridoio era leggermente curvo, così i due non avevano la minima idea di cosa li attendesse alla fine del passaggio, e furono molto sorpresi quando il corridoio si aprì all’improvviso sul vuoto.

-Ma che…?!-

Aioros si era aggrappato alla ringhiera.

Per chi sbucava dal corridoio per la prima volta l’impressione era davvero quella di trovarsi sull’orlo di un girone infernale, perché la strada terminava bruscamente su una piccola piattaforma protetta da una ringhiera in ferro battuto con complicati intrecci di metallo.

Giù, tutto sotto di loro, una pista da ballo rotonda era gremita di gente che ballava scatenata al ritmo di uno swing dal testo piuttosto insolito.

-Shaina, qui secondo me ci vengono i pazzi-

Sentenziò Aioros.

-Scendiamo: non mi va di stare quassù: tra poco ci guarderanno tutti-

Per arrivare alla pista da ballo c’era un camminamento che scendeva fino al livello inferiore con una spirale molto ampia che correva lungo le pareti.

I muri erano fatti ad imitazione di una pietra naturale nera e ruvida come la lava basaltica solidificata, ed erano intervallati dalle fiaccole che indicavano il cammino.

Aioros sapeva che c’era la ringhiera, ma il fatto di non vederla bene nella penombra gli dava l’impressione che non ci fosse e che avrebbe potuto cadere da un momento all’altro. Se l’arredatore aveva avuto in mente di rendere quel posto inquietante ci era pienamente riuscito: era come un’enorme scala a chiocciola ma con un solo giro, senza gradini e per niente ripida. E che si affacciava sul girone infernale della musica da discoteca.

Scendendo Aioros e Shaina notarono delle porte in legno con finestre di vetri colorati ed in cima i nomi dei peccati capitali in latino: Avarizia, Lussuria, Ira, Gola, Invidia, Accidia, Superbia.

Aioros non poté fare a meno di domandarsi quale arredatore fosse così matto da mettersi ad abbinare i colori ai peccati capitali.

Appena arrivarono giù anche i loro volti si tinsero di luce color porpora: Shaina, con il suo tubino grigio scuro di lamè e paillettes, sembrava vestita di fiamme ed attirava un gran numero di sguardi ammirati; Aioros, che non aveva prestato particolare attenzione all’abbigliamento preferendo un classico giacca e cravatta, attirava invece sguardi che dicevano “Tzè! Turista!”.

Poco gli importava di piacere a quella gente, piuttosto gli importava di scoprire qualcosa.

Rimasero ai bordi della pista a guardarsi intorno con l’aria spaesata di chi non sa esattamente cosa fare.

C’erano anche divanetti e sedie con i relativi tavoli, ma erano quasi tutti occupati, e Aioros e Shaina non avevano idea di come trovarne uno libero in mezzo a tutta quella gente ed in penombra.

Per loro fortuna si avvicinò a loro un ragazzo.

Sulle prime Aioros lo scambiò per l’albino con i capelli lunghi che aveva visto nelle foto scattate da Shaina, ma quando fu abbastanza vicino si rese conto che non era così.

Quello era più giovane, e poi con quella strana luce era impossibile dire se fosse albino anche lui o solo biondo molto chiaro.

Chiese loro qualcosa in tedesco che ricevette in risposta sguardi perplessi, allora sorrise e chiese gentilmente –English?-

Loro annuirono convinti.

Si presentò come Rune e fece loro cenno di seguirli: li scortò lontano dalle scale sempre più in fondo a quel girone infernale.

Aioros e Shaina si tenevano per mano per non perdersi.

Gli sembrava di essere capitati davvero in un posto fuori dalle realtà: dovunque si girassero c’era gente vestita di borchie e metallo, ragazze pallidissime ma con rossetti scuri e vestiti gothic lolita con un mucchio di trine e merletti e crocifissi. I ragazzi sfoggiavano pantaloni di pelle o jeans strappati e camicie ampie di un modello quasi settecentesco. Uno di loro, con un ciuffo biondo e le labbra truccate di rosso, ricordò a Shaina il Lestat di Intervista col Vampiro.

Rune li accompagnò ad un tavolino in disparte, forse perché aveva capito che non erano abituati a quell’atmosfera e si sarebbero sentiti a disagio in uno dei tavoli centrali.

Il tavolo era rotondo e nero lucido con dei cristalli brillanti su tutta la superficie.

Intorno non c’erano sedie, ma un unico divanetto a forma di semicerchio.

Era il pezzo di arredamento più normale che Aioros avesse visto da quando erano entrati là dentro, e lui ci si sedette con uno strano senso di gratitudine.

Shaina accanto a lui si sedette con eleganza.

-E adesso?-

Gli chiese.

-Adesso stiamo qui e ci guardiamo intorno. Cerchiamo di non avere un’aria troppo inquisitoria. Ma comunque stiamo attenti se vediamo uno dei nostri-

Passarono due ore, fecero le ordinazioni di un paio di drink e si guardarono intorno.

Cercavano di parlare tra loro per dare l’impressione di essere una coppia, ma in realtà scrutavano le facce attorno a loro.

La musica era martellante almeno per gli standard di Aioros.

Il dee-jay a volte annunciava quale sarebbe stato il prossimo brano, così lui sapeva esattamente chi gli stava spaccando i timpani: Aurelio Voltaire, i Serenity, i Blind Buardians, i Disturbed… Aioros si stava facendo una cultura sulla musica metal.

-Ho una richiesta- esordì il Dee-Jay -È la stessa di ieri sera e della sera prima. Pare che questa canzone piaccia a tutti, e siccome ormai dovreste averla imparata vi voglio tutti in piedi a cantare con Georg Neuhauser. Avanti, voglio in piedi tutti quelli che vogliono vedere nuovi orizzonti!-

Aioros non credeva a quello che vedeva: a quel richiamo delle persone che avevano più l’aria di essere pronti a fare a pugni con qualcuno che a ballare si riunirono in un cerchio più stretto al centro della pista.

Neanche se fossero stati addestrati come i militari ad eseguire quella manovra.

-Siete pronti? Tre… due… uno…-

“Aiuto…” pensò sconsolato Aioros.

E infatti…

 

Nova Albion, your haven we must leave
Find our way on a silent sea
Brave men did before

with unshakable belief
Sailed around the world and so shall we

 

Comunque quello spettacolo cominciava a fargli un po’ di impressione: l’atmosfera che si era creata era quella di una tribù di guerrieri celti che si preparava alla battaglia.

 

New horizons lie beyond the sun’s golden doors
Riding high on waves of fortune without fear
New horizons for this son of English shores
And the fire of the cannons light the way

 

-Shaina. È una mia impressione o qui sono tutti vagamente fuori di testa?-

Chiese Aioros, e dovette praticamente urlare nell’orecchio di Shaina per farsi sentire.

-Io invece trovo che tutto questo in fondo ha un suo fascino-

Una volta che l’inno bellico si fu calmato il dee-jay fece una nuova proposta.

-Va bene, va bene, gente, adesso calmate i bollenti spiriti e lasciate un po’ di spazio al romanticismo. Adesso un lento dedicato a tutte le coppie-

Shaina lo scosse per un braccio.

-Aioros, mi sa che adesso dobbiamo ballare. Dobbiamo sembrare una coppia, no? E allora non possiamo perderci l’unico lento della serata-

Ad Aioros non piaceva per niente quell’idea.

Non che avesse niente di personale contro Shaina, ma non gli andava di ballare un lento con una persona che non fosse Saga. Era una specie di forma di scaramanzia: finché non avesse visto Saga vivo con i suoi occhi non voleva ballare con un’altra persona, neanche se era un’amica come Shaina.

Tuttavia lei aveva ragione: dovevano sembrare una coppia.

Si alzò con un sorriso complice e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi. La accompagnò al centro della pista e altre coppie si raccolsero attorno a loro, e quando ci fu abbastanza gente il dee-jay fece finalmente partire la musica.

Era un lento, era meno martellante delle canzoni ascoltate fino ad allora, ma era ugualmente così lugubre!

Il ritornello seven devils all around me” era ripetuto con una cadenza monotona ed ossessiva, ma ormai che erano in ballo dovevano ballare.

Shaina ed Aioros rimasero ad ondeggiare allacciati per tutta la durata della canzone.

-Allora, hai notato niente?-

Mormorò Aioros all’orecchio di Shaina, approfittando del fatto che le sue potessero essere scambiate per frasi romantiche in quella situazione.

-No, per ora niente. Detesto dirlo, ma sembra che la nostra serata sia stata un buco nell’acqua-

Alla fine del ballo stavano tornando al loro posto, quando qualcuno urtò la spalla di Aioros con un bicchiere, rovesciandogli un po’ di liquore sulla giacca.

-Razza di idiota!-

Imprecò lui, ma l’idiota in questione si era già dileguato tra la folla e la penombra violacea.

-Vai in bagno e cerca di buttarci su un po’ d’acqua, così forse non resta la macchia. E non farai odore di whiskey come una distilleria ambulante-

Borbottando controvoglia Aioros seguì il suo consiglio ed andò alla ricerca del bagno.

Anche lì dentro l’ambiente era in tema con il resto del locale: luce arancione, pareti scure, addirittura i lavandini ricavati nel granito scuro e luccicanti di mica nera.

“Santo cielo, questi qui sono proprio fissati!”.

Usando una salvietta imbevuta cercò di strofinare via il liquore dopo essersi tolto la giacca.

Si sentiva un completo idiota a fare un lavoro di lavanderia quando avrebbe dovuto fare l’infiltrato in stile James Bond.

-Bel posto, non trovi?-

Quella voce lo fece sobbalzare.

Mollò la giacca a terra per la sorpresa e rimase a fissare il suo interlocutore a bocca aperta come se avesse appena visto un fantasma; ed in effetti era come se fosse un fantasma, perché davanti a lui c’era Camus Lavoie, che era stato dichiarato deceduto due mesi prima.

-C-…Ca-…-

-No, zitto, non dire niente: fai parlare me. Noi, quelli che eravamo “morti” alle industrie Keleon siamo vivi come puoi vedere. Porta le nostre scuse a tutto il resto della squadra. Non volevamo farvi preoccupare ma era l’unico modo. Qui io e gli altri lavoriamo sotto copertura, quindi tu e Shaina dovrete fingere di non conoscerci se ci vedete, chiaro? Da ora in poi non tornate più qui, non cercateci ed anzi se possibile andate via da Vienna, hai capito? Non è sicuro né per voi né per noi-

-Ma Ca-…-

-No! Neanche i nostri nomi! Aioros, per favore, vuoi che moriamo davvero?-

-No, certo che no!-

-Bene, e allora fai come ti dico. Andate via da qui-

Camus lo scansò con una spallata ed uscì rapido dalla porta.

Aioros rimase fermo dov’era dopo che Camus se ne fu andato perché non sarebbe stata una mossa intelligente uscire subito dopo di lui, come se si fossero dati appuntamento per parlare di nascosto.

Rimase ancora un po’ con la giacca tra le mani a strofinare meccanicamente il tessuto.

Era assolutamente certo che l’idiota di prima che aveva fatto in modo che lui si sporcasse e dovesse andare a cercare il bagno fosse stato proprio Camus o un altro dei SAINT, proprio per metterlo in guardia e chiedergli di andarsene immediatamente.

Camus gli era sembrato spaventato, e quella paura aveva cancellato in Aioros il sollievo di averli trovati e di sapere che erano vivi. Non era facile spaventare Camus o chiunque altro dei SAINT, quindi, se loro avevano paura, voleva dire che la situazione era grave.

Aioros decise di tornare da Shaina e di portarla via per discutere in privato quello che aveva scoperto.

Quando uscì dalla relativa calma del bagno la voce del deejay lo assalì di nuovo.

-Bene, e adesso dopo la parentesi romantica lasciamo un po’ di spazio al girl power. Voglio tutte le ragazze in pista per questo brano dalla Finlandia. Ragazze, per voi… le Indica!-

Non c’era dubbio: la musica scelta da quel deejay era assolutamente in tema con il locale, perché anche il brano della girl band finlandese era ossessivo e martellante.

Sul contenuto Aioros non aveva modo di esprimersi poiché non capiva una sola parola di finlandese.

Raggiunse Shaina e, approfittando del frastuono della batteria che copriva la sua voce, le disse all’orecchio che dovevano andarsene e che le avrebbe spiegato meglio fuori.

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Angolo di Makoto: Allora, vi è piaciuta la discesa nell’Ade? A me sì, tantissimo! Ci abbiamo messo particolare impegno a trovare una colonna sonora degna del posto, e qui in basso vi propongo i link delle canzoni in caso voleste sentirle.

Sono tutti brani poco conosciuti di gente poco conosciuta, quindi se per caso riconoscete una canzone o un artista fatecelo sapere: ci farete sentire meno sole!

                            

Vampire club (Voltaire)  https://www.youtube.com/watch?v=wbR65f3Q1kE

New Horizon (Serenity) https://www.youtube.com/watch?v=7JsdtV7O3dI

Seven devils (Florence and the machine) https://www.youtube.com/watch?v=OJNnZy9yTJ0

Pahinta tänään (Indica)  https://www.youtube.com/watch?v=4kfkHqFqAUY

 

Comunque sono tutte canzoni che a me piacciono tantissimo, ma che non credo sarebbero tanto apprezzate da Aioros. Lui è troppo bravo ragazzo.

Invece Shaina che fa l’infiltrata mi ricorda tanto Vedova Nera di “Avengers” e la cosa non mi dispiace affatto.

Angolo di Rory: L’idea del secolo è creare davvero Hades! Chi è con noi? Daidaidai un locale gothic/fascista non si è mai visto! … chissà come mai, eh?

Comunque, cosa ne dite, il pub è all’altezza del regno di Hades? Abbiamo cercato di ricalcare un po’ la struttura dell’Inferno dantesco e adesso inizieranno a fare la comparsa i personaggi della serie *^*/ - … povero Rune, lui che ama tanto il silenzio non sarà tanto felice di trovarsi al centro di quella baraonda metal xD

 

Passiamo ai riingraziamenti: a La Vargas, mery83, mughetto nella neve, PokeMariZEXAL e sasuchan7 per aver inserito la storia tra le Preferite, grazie a abusiva, mery83, shuuemma7 e simocarre83 per averla inserita tra le Seguite <3

E naturalmente grazie anche a chi trova un po’ di tempo per recensire e condividere le proprie impressioni ;)

Bon, anche per stavolta è tutto!

Alla prossima,

Mako e Rory

 

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Capitolo 6
*** 6 ***


SAINT

The Hades Chapter

 

6

 

Il Bed&Breakfast dove alloggiavano Aioros e Shaina era molto lontano dalla Malzgasse dove era situato Hades, l’oggetto delle loro indagini.

Aioros aveva scelto apposta un posto economico dove per registrarsi non ci fosse bisogno di documenti particolari o di carte di credito che potessero essere rintracciate.

Avevano esibito patenti false abilmente contraffatte proprio da Shaina e lo stesso avevano fatto Kanon e Milo. Non si erano azzardati a contraffare le carte di identità per non dare troppo nell’occhio: sarebbe stato più facile essere scoperti e sarebbe stato molto più difficile dare una spiegazione plausibile alla polizia di Vienna.

Aioros e Shaina alloggiavano in un Bed&Breakfast, Milo in un altro e Kanon aveva affittato una stanza in un quartiere per studenti. Era la cosa migliore restare separati e nascondere qualsiasi collegamento tra loro, ma nonostante tutto dovevano pur vedersi per scambiarsi informazioni.

Kanon era l’unico che aveva preso una stanza in affitto e quindi era lì che si riunivano.

-E quindi tu hai visto proprio Camus?-

Milo non si stancava di fargli quella domanda, e poiché Aioros sapeva perfettamente come doveva sentirsi non si stancava di rispondergli.

-Bene, sono vivi. Adesso che lo sappiamo cosa facciamo in concreto?-

-Bella domanda, Kanon. Io sinceramente non lo so. Camus mi ha fatto capire chiaramente che non vogliono essere contattati altrimenti sarebbero in pericolo, ma a questo punto mi chiedo che senso abbia che noi restiamo qui. Forse dovremmo tornare alla SAINT. Abbiamo appurato che sono vivi, io penso che dovrebbe bastarci-

-E se invece fossero lo stesso in pericolo? Potrebbero avere bisogno di noi qui-

Shaina non era convinta.

-Sono d’accordo. Se Camus era spaventato di essere scoperto vuol dire che hanno a che fare con gente pericolosa. Non andremo più da loro in quel locale, ma io voto per restare e sorvegliarli da lontano-

Davanti al ragionamento di Milo ed alla sua espressione preoccupata Aioros non poté insistere con l’idea di tornare in Grecia.

-Allora è deciso. Restiamo-

***

-Tu non ti fidi di loro, Radamanthys?-

-Non mi sono mai fidato, e tu lo sai bene, Aiacos-

Gli uomini che erano stati ripresi dalle telecamere di Shaina erano in quel momento in uno dei privè del Night club Hades.

L’albino ascoltava il confronto tra gli altri due: Aiacos e Radamanthys.

Radamanthys andava su e giù per la stanza chiaramente agitato, invece Aiacos seguiva i suoi movimenti con aria irritata.

Il fumo di una sigaretta si alzava pigro nella luce verdastra. Quel privè rappresentava il peccato dell’invidia ed i colori dominanti erano il verde acido per la tappezzeria ed il giallo ocra per le luci delle appliques.

-Non capisco perché ti agiti tanto. Domani scopriremo da che parte stanno realmente-

-Per la prova? Andiamo, non essere stupido, Aiacos! Loro sanno di essere controllati e non faranno il minimo passo falso. Se proprio vuoi saperlo questa storia della prova mi sembra solo una colossale idiozia-

Aiacos stava per rispondergli per troncare le sue proteste una volta per tutte, ma si bloccò a bocca aperta fissando un punto alle spalle del collega.

Anche Radamanthys colse il cambiamento e la direzione del suo sguardo, si girò a sua volta e dovette trattenere un’esclamazione di sorpresa.

Dietro di lui, apparsa come dal nulla senza fare rumore e senza essere notata da nessuno dei tre, c’era una donna con lunghi capelli neri ed un vestito da sera viola scuro.

Era pallida e gli occhi truccati di nero ed il rossetto scuro facevano ancora più contrasto con la pelle chiara.

Il vestito aveva le maniche trasparenti ricamate a disegni di rose, che creavano l’illusione di intricati tatuaggi sulle braccia sottili.

-Lady Pandora-

-Stai attento a come parli, Viverna. Dimostra la tua fedeltà ad Hades anche eseguendo i suoi ordini senza tentare di prendere iniziative. Non vorrei mai doverti accusare di tradimento e perdere un seguace prezioso come te-

Radamanthys abbassò lo sguardo. Dentro di sé stava combattendo una battaglia furiosa tra a vergogna per aver deluso Lady Pandora e l’emozione per il complimento che lei gli aveva fatto.

-Sì, signora-

-Bene, confido di non dover mai più riprendere nessuno di voi per il suo comportamento. Voi siete i tre esponenti più importanti della nostra organizzazione, sottoposti solo al Sommo Hades stesso; il fatto che voi siete i primi a rispettare l’ordine e la disciplina che dovranno regnare nella nuova società che creeremo è essenziale. Per quanto riguarda i nuovi arrivati, il Sommo Hades ha deciso che domani siano sottoposti alla prova e così sarà. Viverna, se ti farà sentire più tranquillo hai il mio permesso di sorvegliare a distanza le loro mosse. Sta a te decidere se farlo o meno, l’importante è che tu non ti faccia scoprire da loro. E adesso ritiratevi: domani sarà una giornata impegnativa-

Pandora li lasciò a raccogliere le loro cose per lasciare il locale.

Nel momento in cui lei si girava per chiudere la porta incrociò lo sguardo di Radamanthys che la fissava intensamente. Non ne fu sorpresa né intimorita, e del resto lui distolse subito gli occhi da lei.

-Non farti illusioni, amico: non hai speranze con Pandora-

Ghignò beffardo Aiacos alle sue spalle.

-Bada agli affari tuoi, Garuda-

-Aiacos ha ragione- Rincarò Minos -Non solo non hai speranze, ma ficcati bene in testa che lei non esiterebbe ad eliminarti se dovessi intralciarla. Lei fa così. Con tutti. E non sarà il tuo atteggiamento da cavalier cortese devoto alla sua dama che le farà cambiare idea-

Radamanthys preferì non rispondere perché se lo avesse fatto avrebbe scatenato una lite, ed una delle regole fondamentali di Hades era che non ci fossero questioni tra membri dello stesso livello gerarchico.

Loro erano in minoranza, e la loro missione aveva bisogno prima di tutto che restassero uniti: “un solo ordine, un solo potere” era ciò di cui uno stato aveva bisogno per essere perfetto, e se loro volevano creare quello stato dovevano mettere da parte i sentimenti personali e dedicarsi solo alla missione.

Scansò i due che gli erano a fianco ed uscì velocemente dal privè.

***

Sion si era svegliato all’alba, molto prima dell’orario concordato con gli altri.

Aveva dormito malissimo al pensiero della prova che li aspettava quel giorno, perché se addentrarsi sempre di più nell’organizzazione di Hades era ormai l’unico modo per restare vivi, uscirne poi sarebbe stato molto più complicato.

Era stata tutta colpa sua: aveva sottovalutato il nemico, aveva sopravvalutato le sue forze ed aveva contagiato i suoi compagni.  Lui era caduto nel peccato della superbia che gli aveva fatto credere che tanti successi fossero una garanzia di successo sempre e comunque, e loro si erano fidati di lui.

Quanto aveva sbagliato!

Come ogni giorno pensò ai compagni che aveva lasciato ad Atene. Si chiese se Aioros aveva trovato la forza di andare avanti senza di loro.

Ogni tanto provava a dare una sbirciata ai giornali per avere qualche notizia della SAINT, ma purtroppo i giornali erano scritti in tedesco e lui, oltre a non capire la lingua, non voleva destare sospetti.

Si lavò e si vestì in fretta per poi scendere al bar dell’hotel.

Era tutto perfetto: un Hotel a cinque stelle nel centro di una delle capitali europee più belle.

Un ottimo posto da dove essere prelevati da sicari o in cui avere spiacevoli incidenti come un apparecchio elettrico che cade nella vasca da bagno o una dose di sonnifero eccessiva presa per sbaglio o un arresto cardiaco improvviso causato da qualche sostanza difficilmente rintracciabile versata nel caffè.

 

La hall ed il bar erano decorate in legno ed ottone con un gusto che somigliava molto al tardo barocco dei palazzi nobiliari dell’ultimo periodo imperiale.

Era uno degli hotel migliori in cui fosse mai stato.

Pensò che gli sarebbe piaciuto tornarci in vacanza, un giorno, quando tutto fosse finito e quando fosse stato di nuovo con Aioros.

Sempre se Aioros lo avrebbe mai perdonato, ovviamente.

-Sei mattiniero, Saga- lo richiamò la voce di Sion alle sue spalle.

-Vero-

-E sei pensieroso-

-Vero anche questo. Ti vuoi sedere?-

-Perché no?-

Saga aveva già una tazza di cappuccino davanti, ma Sion era pronto a giurare che non l’aveva toccata da chissà quanto tempo e che ormai fosse fredda ed imbevibile.

-Hai un brutto aspetto. Notte difficile anche tu?-

Gli chiese Saga senza alzare gli occhi dal giornale.

-Mi dispiace- rispose invece Sion.

Saga lo scrutò perplesso.

-Intendo dire che mi dispiace avervi trascinati in questa missione. Potrebbe diventare la nostra tomba-

Saga sospirò e mise da parte il Times che stava sfogliando senza troppa convinzione -Avevamo capito appena arrivati che sarebbe stato più difficile del previsto, Sion. Lo so che è pericoloso, ma non dimenticarti qual è a regola fondamentale-

-Tu e le tue lezioni di psicologia spicciola…-

-Di cui tu a quanto pare hai bisogno. Non devi creare scenari. Aspetta di vedere cosa accade realmente prima di reagire, perché se reagisci ad uno scenario negativo che è stato creato dalla tua mente sarai sempre più nervoso e creerai scenari sempre peggiori. Affronta quello che succede, non quello che credi che succederà-

Sion cercò di concentrarsi su quelle parole.

Loro erano ancora tutti vivi e la squadra era unita. Lui avrebbe effettuato la sua prima consegna da criminale per entrare a tutti gli effetti nell’organizzazione e così il sospetto che li circondava si sarebbe allentato.

Prima o poi Hades avrebbe allentato il controllo su di loro e allora avrebbero potuto scappare. Avrebbero potuto tornare a casa.

Gli dispiaceva per Moser che aveva riposto in lui una fiducia assoluta, ma quella non era una situazione che potevano gestire da soli.

Avrebbero comunque potuto testimoniare ed abbattere Hades, ma per il momento l’imperativo era solo uno: restare vivi.

***

Nei film polizieschi i traffici loschi avvengono sempre in posti isolati, fatiscenti e soprattutto dopo il tramonto, come se fosse un orario sindacale di lavoro per i malviventi.

Nella realtà questo era vero solo in una piccola percentuale dei casi, come poteva testimoniare Sion che passeggiava attraverso lo Stadpark nella fredda mattina di novembre poco prima delle 11.00.

Nonostante il freddo pungente c’erano molte persone che passeggiavano lungo i viali alberati dello Stadpark.

Era questa la chiave: molte persone voleva dire attirare meno attenzione e poter sparire facilmente tra la folla.

Studi scientifici hanno dimostrato che le persone non si accorgono che il loro interlocutore è stato sostituito durante una conversazione se vengono distratte, quindi niente di strano se nessuno si accorge che tra centinaia di persone quella che è entrata in un parco pubblico portando una ventiquattrore non è la stessa che ne esce.

Lo scambio doveva avvenire vicino alla statua del pittore Hans Makart.

Non era stato un artista particolarmente brillante, anzi le sue opere piacevano solo ad una persona, però Makart aveva avuto la fortuna che quella persona fosse l’imperatore Francesco Giuseppe.

Il monumento a lui dedicato non era meta di pellegrinaggi come quello a Beethoven, e questo lo rendeva un punto di incontro perfetto per non dare troppo nell’occhio.

Sion scelse la panchina più vicina al monumento per sedersi, secondo gli ordini che aveva ricevuto, e rimase ad aspettare l’uomo a cui avrebbe dovuto consegnare il suo carico; era un carico che pesava appena pochi grammi, tre per l’esattezza, per un totale di quindici carati.

I diamanti erano nascosti nella cucitura della maniglia della ventiquattrore, maniglia che aveva il difetto/pregio di potersi staccare facilmente dal resto della borsa.

Sion doveva ammettere che erano furbi: i diamanti sono un’ottima merce di scambio perché hanno un enorme valore in dimensioni minuscole, anche più della droga.

Ottenerli a costo zero, vale a dir facendoli rubare, e rivenderli, era un ottimo metodo per ottenere in poco tempo contanti che poi potevano essere riciclati facilmente investendoli nel locale che faceva da copertura e quartier generale all’organizzazione.

Sion sospirò. Se avesse saputo che Hades era così ben organizzato ci avrebbe pensato bene prima di gettarcisi dentro con soli sei uomini e nessun contatto con l’esterno.

Era colpa sua, comunque la rigirasse.

Cercò di scacciare quei pensieri perché non era consigliabile attirare l’attenzione facendo l’espressione di un condannato nel braccio della morte.

Cercò di concentrarsi su qualcos’altro, per esempio la statua dall’altro lato del viale, ma niente da fare: lo irritava pure quella.

Gli sembrava un’inutile sfoggio di accademica e retorica del tutto privo di personalità, né più né meno che l’arte del pittore che rappresentava.

Non esisteva un orario preciso per la consegna, Sion sapeva solo che doveva trovarsi su quella panchina alle undici in punto del mattino e che qualcuno si sarebbe presentato a ritirare la merce.

Passati dieci minuti Sion non aveva ancora visto nessuno che potesse essere interessato a lui e al suo carico illegale. Forse il luogo era sorvegliato dalla polizia, per questo non era ancora arrivato nessuno.

Si sentiva sempre più teso ed all’erta. E se quello fosse stato un modo per liberarsi di lui? Avvertire la polizia viennese che lui aveva un carico di diamanti rubati per faro arrestare… e lui non avrebbe avuto modo di difendersi! Come spiegare che era un infiltrato? Avrebbe fatto uccidere i suoi compagni!

Doveva assolutamente arginare il flusso dei pensieri. Come gli ripeteva Saga, “non creare scenari, affronta solo quello che ti capita realmente”.

Un rumore di tacchi lo distrasse

-Darf ich mich setzen?-

Dopo un po' di tempo che era in Austria aveva capito che la donna gli aveva chiesto se poteva sedersi, tuttavia non ricordava come dovesse rispondere quindi si limitò ad annuire ed a farle cenno sulla panchina.

Poteva essere lei che doveva prendere in consegna i diamanti. Poteva essere chiunque. Doveva solo aspettare che facesse il segnale concordato.

La donna era giovane, bionda con i capelli raccolti in uno chignon ed occhiali dalla montatura quadrata neri.

Indossava un tailleur marrone sotto un cappotto beige e la borsa professionale era di tinte che si intonavano al resto dei vestiti.

Sembrava una stagista in uno studio di avvocato, ma ovviamente Sion non doveva lasciarsi ingannare dall’apparenza.

La donna estrasse un blocco ed una penna e sembrava intenta a rivedere degli appunti. Niente di strano, finché non cominciò a ticchettare con la penna sul bordo del blocco.

Quattro colpi veloci e poi silenzio. Tic tic tic tic.

Nell’alfabeto morse quella sequenza era la lettera H.

Sion aspettò che la ripetesse per quattro volte prima di essere certo e rispondere allo stesso modo, tamburellando lo stesso ritmo sul lato del cellulare.

Lei doveva averlo sentito perché si irrigidì e stava per gettargli un’occhiata di lato quando si trattenne all’ultimo momento. Prima regola per gli scambi criminali: limitare al minimo il contatto visivo.

Comunque fosse ormai Sion era certo che era lei il suo contatto.

Si alzò, chiese permesso educatamente e si allontanò dalla signoria e da Makart.

La ventiquattrore con il suo prezioso carico nascosto nel manico era rimasta sotto la panchina.

***

-Allora? Ha superato la prova?-

-Sì, Radamanthys-

La notizia non sembrò fargli piacere per niente.

-Ne siete sicuri? Niente tentativi di contattare la polizia? Niente messaggi in codice o indizi che avrebbe potuto lasciare?-

Minos sbuffò, scocciato dal suo insistere.

-Assolutamente niente. Il suo comportamento è stato assolutamente irreprensibile, come del resto quello delle persone che sono arrivate insieme a lui. Dovrai rassegnarti, Radamanthys: non sono delle spie, dovrai fartene una ragione-

Lui non rispose. Rimase accigliato a fissare le immagini della telecamera nascosta che aveva ripreso l’uomo e la donna sulla panchina dello Stadpark.

Sembrava non esserci niente di anomalo, eppure Radamanthys non riusciva a togliersi dalla testa che quel gruppo di persone non fossero affatto chi dicevano di essere.

***

Il night club Hades nascondeva molte cose.

Sion non credeva che ci potessero essere tanti corridoi sotterranei. Non sapeva a che profondità fossero sotto il manto stradale.

Immaginava che fossero pochi metri, forse una ventina, però per arrivarci aveva percorso tanti corridoi stretti e scale buie che la suggestione stava prendendo il sopravvento facendogli credere di essere arrivato davvero in un mondo sotterraneo separato dalla realtà.

Forse era colpa di quello che gli avevano fatto bere. Gli era sembrato che il wiskey offertogli da Minos avesse un retrogusto strano oltre il bruciore dell’alcol, e Sion era praticamente certo che gli avessero somministrato una leggera dose di qualche droga.

Doveva essere un oppiaceo o un cannabinoide, considerato lo stato di confusione ma di generale rilassatezza in cui si trovava.

Seguì Pandora senza fare obbiezioni, con Minos, Radamanthys ed Aiacos dietro di lui.

Pandora era vestita con uno dei suoi abiti lunghi di una tinta di indaco molto scura, invece i tre uomini indossavano divise apparentemente identiche; erano completi neri con i bordi violacei, una camicia viola uguale per tutti e la cravatta nera.

Appuntata sul petto c’era l’unica cosa che li distingueva: avevano tre spille diverse.

In acciaio brunito, Radamanthys aveva una Viverna che contorceva il suo corpo di drago, Minos un grifone ad ali spiegate ed Aiacos un demone dalla vaga forma di un uccello.

Una fascia viola sul braccio sinistro portava ricamato il simbolo di Hades in filo nero metallizzato.

Era una H in cui il tratto orizzontale era sostituito da due tratti diagonali.

Sion aveva imparato a conoscerla: era la runa Hagall, la grandine.

Hades doveva essere l’esercito che si abbatteva rapido e devastante come una tempesta di grandine per spazzare via tutte le corruzioni e le troppe tolleranze che avevano portato il mondo al caos, per lasciare spazio al nuovo ordine.

Aveva una logica perfetta, peccato che fosse una logica da manicomio.

Pandora aprì una porta che immetteva in una piccola stanza circolare ed entrò per prima.

Aiacos chiuse la porta a chiave.

La stanza aveva pareti rivestite di pietra nera in cui luccicavano piccoli cristalli verdi. Sembrava una pietra lavica.

L’unica fonte di illuminazione erano quattro candelabri posti lungo i bordi. Al centro del cerchio si univano i bracci di una croce greca, ed al centro spiccava un mosaico banco su nero con il simbolo del pianeta Plutone.

Tutti i suoi compagni erano già passati da quella prova, ed in un certo senso era ironico che lui, che ad Atene era il capo, lì fosse stato l’ultimo ad essere scelto.

Gli altri avevano avuto ordine di non parlare del rito di iniziazione se non con altri che già lo avevano superato, per cui Sion non aveva idea di cosa lo attendesse una volta chiusa la porta.

I tre uomini si disposero in semicerchio mentre lei era di fronte a lui più vicina che mai.

Aveva l’odore di una rosa. Era troppo dolce ed intenso, e Sion si sentiva soffocare.

-Come ti chiami?-

Gli chiese Pandora.

-Sion-

-Sei giunto fino a qui, Sion, e adesso non puoi più tornare indietro. Vuoi entrare a fare parte dell’esercito di Hades, l’esercito che riporterà l’ordine nel mondo e che metterà fine alle guerre, alla disuguaglianza e all’ingiustizia?-

-Sì, signora-

-Giuri di obbedire ai tuoi comandanti?-

-Lo giuro-

-Giuri di essere leale verso i tuoi compagni?-

-Lo giuro-

-Giuri di essere spietato verso i nemici?-

-Lo giuro-

-Quale sarà il tuo credo?-

-“Un solo ordine, un solo potere”-

Rispose Sion. In quelle settimane aveva imparato bene qual era la regola fondamentale di Hades.

-Molto bene, Sion. Con quale nome vuoi essere conosciuto dai tuoi compagni?-

Nome? Quale nome? Non gli era mai venuto in mente che avrebbe potuto avere bisogno di un nuovo nome…

Ripensò all’ultima volta che qualcuno aveva trovato un sostituto del suo nome per proteggere la sua identità. Shaina. I suoi programmi informatici. Ar01. La droga gli stava annebbiando il cervello tanto che non riusciva a tenere gli occhi aperti.

-A-.. Aries… mi chiamo Aries-

Mormorò a fatica.

-Allora muori, Sion, per rinascere come Aries nell’esercito del sommo Hades-

___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

 

Angolo di Makoto: ecco qui… adesso si entra nella vera atmosfera di Hades, con traffici illeciti, riti di iniziazione e tante atmosfere cupe.

Volevo segnalare che per quanto riguarda la runa hagall, la grandine, esistono due poemi runici in cui ha questo significato, ma io la conosco grazie alla raccolta di LuciaDeetzRunàsaga” (Fandom: Thor). Se vi interessa saperne di più http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3061875&i=1

Detto questo posso restituire la tastiera alla sorcia.

 

Angolo di Rory: Sciò! *spinge via Mako giù dalla sedia* Mwahaha, diamo il via alle danze! Bè, da adesso in poi le cose si complicano grazie al monociglio con le zampe da gallina, heem, a Radamanthys. Fortuna che non lo ascolta nessuno, sfigato! :’) E anche Pandora ha fatto la sua entrata in scena, non potevamo astenerci dall’inserirla nella storia anche se io non ce l’ho in grande simpatia… ma vedremo di farne buon uso. Oh, sì! *sfrega le mani*

 

Rinnoviamo i ringraziamenti a chi ci segue e a chi inserisce la storia tra Preferite/Seguite/Ricordate, state connessi perché da adesso in poi si inizia ad indagare sul serio ;)

Alla prossima, bella gente!

 

Kisses,

Mako&Rory

 

P.S: Oh, a propooositocavoleggiando con un’app sono anche riuscita a creare una locandina per la serie! *^* magari non è molto professionale, ma per me è un grande traguardo xD

 

 

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Capitolo 7
*** 7 ***


SAINT

 Hades Chapter

 

7

 

Nonostante Aioros avesse deciso di non tornare più da Hades, lo stesso era preoccupato per tutti i compagni. Oltretutto Milo stava diventando irrequieto ed Aioros credeva che fosse irrazionalmente geloso del fatto che lui avesse incontrato Camus.

Seguiva l’andamento delle vicende attraverso il computer di Shaina, che ormai aveva impostato Vienna come unico luogo in cui effettuare i controlli e che dava loro immagini continue di cosa stava accadendo davanti al night club.

Avevano visto Sion davanti all’entrata che si rigirava un oggetto tra le mani con aria pensosa. Sembrava un piccolo coltello con una pietra nera incastonata nell’elsa.

Aioros decise che quella foto l’avrebbe fatta stampare in un numero indefinito di copie e l’avrebbe usata per sfottere Sion a vita a proposito di quell’atteggiamento esistenzialista che aveva.

Sì, lo avrebbe fatto. Perché loro sarebbero tornati tutti sani e salvi ad Atene, non doveva permettersi di pensare nemmeno per un momento che qualcuno di loro avrebbe fatto una brutta fine come aveva detto Camus.

Circa una settimana dopo però le immagini che videro li fecero preoccupare: Death Mask sembrava discutere animatamente con uno degli uomini di Hades, e l’inquadratura successiva mostrava Death Mask a terra con le braccia serrate sull’addome come se avesse appena ricevuto un colpo forte.

Dopo quella scena Aioros decise che dovevano tornare in quel locale.

 

***

-SEI IMPAZZITO?!-

Sbraitò Sion, forte come mai aveva urlato in tutta la sua carriera.

-Certo che no, capo-

-Valerio, adesso ascoltami e fai quello che ti dico io anche se non sei più uno studente di medicina di vent’anni. Prima di tutto è da quando ci conosciamo che ti proibisco di chiamarmi capo… e comunque adesso ti proibisco anche di attaccare briga con questa gente. Ma che ti è saltato in testa? Non lo sai che sono pericolosi?-

Death Mask alzò le mani per discolparsi -Ehi, eh, piano! Com’è che deve essere sempre colpa mia? È stato quel cretino con le sopracciglia a cespuglio a cominciare! Mi ha detto che sono un suo sottoposto-

-Ma qui non è una lite a scuola, lo vuoi capire? Quello ti ammazza!-

-Lo ammazzo io prima!-

-BASTA!-

Per fare gridare Sion a quel modo bisognava davvero portarlo all’esasperazione, cosa che persino a Death Mask riusciva difficile.

Sion fece un paio di respiri profondi per calmarsi, poi riprese.

-Valerio, questo è un ordine: non dare a questa gente motivo di ammazzarti-

 

Intanto l’oggetto della discussione tra Sion e Death Mask era impegnato in uno dei privè di Hades in un colloquio con Orpheé.

-Ho un incarico per te, posso fidarmi?-

Il ragazzo si chiese perché mai Radamanthys si ostinasse a fargli quella domanda ogni volta che aveva un incarico per lui piuttosto che dargli direttamente l’ordine.

Forse era per scrutare la sua reazione.

-Sì, signore-

-Bene, allora ascoltami, ed ascolta solo me perché ho bisogno che questo rimanga un segreto per tutti inclusi gli altri Generali. Ti ricordi quelle persone nuove? Quelle che dicono di venire dalla Macedonia? Ecco, io ho ancora sospetti nei loro confronti nonostante abbiano superato le prove. Tu hai un talento particolare per riconoscere i suoni, per cui ti chiedo di riconoscere le loro voci. Registrali se vuoi o fai quello che credi, ma voglio capire chi sono veramente-

***

Dopo aver discusso con i suoi compagni, Aioros aveva deciso di tornare da Hades con Shaina come la prima volta.

Non avrebbe potuto presentarsi da solo e nemmeno con un uomo dopo che aveva recitato la commedia del fidanzato la prima volta, per cui optarono per fingersi ancora una coppia affascinata dall’atmosfera dark del locale.

Era un sabato, e siccome c’era molta più gente che negli altri giorni era necessaria la presenza di un ragazzone all’ingresso che regolasse le entrate; fuori c’era già la fila per immergersi nelle atmosfere cupe di Hades, fila che però era stata bloccata da un buffo personaggio.

Era un vecchietto di età più vicina agli “ento” che agli “anta”, magro, curvo, con un bastoncino antiquato a cui appoggiarsi ed un buffo cappello piatto.

I suoi vestiti erano a dir poco antiquati e la giacca a scacchi beige e verde faceva a pugni con i pantaloni color ruggine.

Il vegliardo era proprio davanti a lui e Shaina, e dietro di loro le persone cominciavano a stancarsi di quella scenata che li costringeva in piedi al freddo austriaco per più tempo del necessario.

Anche Aioros cominciava a maledire la testardaggine del vecchietto.

Ammesso e non concesso che lo avessero fatto entrare, un tipo come lui sarebbe stato decisamente fuori luogo in un locale del genere!

Solo che ancora Aioros non sapeva quanto sarebbe stata deleterio ed imbarazzante per lui essere capitato proprio dietro il quasi centenario ostinato.

-E invece io posso entrare perché… perché sono con mio nipote, ecco!-

E detto questo si attaccò con prepotenza al braccio di Aioros.

-Come?- gli chiese Aioros in tedesco.

-Ni-po-te! E lo dicono a me che sono sordo!-

-C’è stato uno sbaglio, signore-

-Ah-ah! Eccolo lì mio nipote!-

E lasciò andare Aioros per buttarsi addosso ad un uomo che usciva in quel momento dal night.

L’uomo era Death Mask, un altro degli agenti dichiarati deceduti.

L’ex anatomopatologo adesso infiltrato imprecò a voce alta con cose incomprensibili e cercava di staccarsi di dosso il nonno appena acquisito, ma quello gli si era avvinghiato al braccio e non lo avrebbe lasciato andare per niente al mondo.

-Adesso basta, nonnetto!- Intervenne il buttafuori del locale -Nemmeno Mubarak ha tanti nipoti!-

-Stavolta non sto mentendo: lui è proprio mio nipote Valerio!-

-Cosa? N-… no... non è vero! Signore, lei si deve essere sbagliato-

Esclamò Death Mask imbarazzatissimo.

Il vecchietto lo guardò malissimo da sotto le sopracciglia cispose.

-Non fare il finto tonto! Dovresti vergognarti a rinnegare il tuo vecchio nonno-

-Ma io non la conosco!-

-Ah, sei dunque demente oltre che fedifrago!-  e lo picchiò in testa con il bastoncino.

In tutto questo Aioros e Shaina cercavano di seguire la scena ma senza guardarsi negli occhi né tantomeno guardando Death Mask: uno scambio di sguardi fuori luogo e avrebbero potuto far venire il sospetto che in realtà fossero in confidenza con lui. E non si guardavano tra di loro per evitare di scoppiare a ridere istericamente perché… il nonno di Death Mask?! Quel medico legale cinico misantropo e mentalmente instabile aveva una cosa normale come un nonno?

Sempre che quel vecchietto fosse davvero imparentato con lui e non stesse fingendo come aveva già fatto con Aioros.

Alla fine il buttafuori decise di chiamare rinforzi. Altri due colleghi arrivarono a prendere da parte il vecchietto, ancora saldamente ancorato al braccio del loro collega, per spiegargli che quel night club non era proprio posto per lui.

Si guadagnarono parecchi insulti in una lingua stranissima, ma a quel punto Aioros e Shaina erano già dentro e non volevano farsi notare più del necessario, e soprattutto non volevano farsi scoprire troppo interessati a Death Mask.

Il ragazzo all’ingresso chiese loro di firmare come la prima volta.

Aioros notò che aveva addosso più pelle e borchie, e si chiese se si fosse agghindato apposta perché era sabato.

Pagarono l’ingresso e si immersero per la seconda volta nel cunicolo che li avrebbe portati nel girone infernale tanto temuto da Aioros. Stavolta la musica che li accolse era lenta e lugubre, come un canto gregoriano ma con toni ancora più lenti e bassi e con tocchi di campana, probabilmente a morto. Aioros si chiese che gusto ci provasse la gente a entrare in un posto tanto deprimente.

Alla fine della scala li attendeva Rune, che li accolse con un sorriso e li accompagnò allo stesso tavolo dell’altra volta. Prima che se ne andasse Aioros cercò di chiedergli cosa fossero le porte lungo la scala a chiocciola.

La parola priveè la capì benissimo e gli diede anche da pensare. Rune credeva che fossero interessati ed insisteva con lo sguardo, ma Aioros scosse la testa.

Si appellò all’unica cosa che gli sembrava non destare sospetti e cercò di fargli capire che preferivano restare lì perché gli piaceva la musica. Fortunatamente il suo pessimo accento bastò a mascherare la menzogna.

-E adesso come facciamo a…?-

Aioros dovette zittire Shaina in un modo per niente garbato, perché aveva appena intravisto l’uomo biondo che compariva spesso nelle foto entrare in una delle porte.

-Era lui, ne sono sicuro!-

-Lui chi?-

-Quello che ha picchiato Death Mask-

Shaina stava per girarsi istintivamente a guardare ma Aioros la bloccò prendendole il viso tra le mani.

La sua paranoia aveva raggiunto livelli tali che sospettava ci fossero telecamere di sorveglianza che avrebbero potuto tradire il loro comportamento.

-Guarda me-

Lei capì subito: dalla posizione in cui era Aioros la porta sospetta era di fronte e ben visibile, Shaina invece doveva girarsi apposta e avrebbe così rischiato di attirare l’attenzione.

-Sta entrando anche Death Mask. È accompagnato da quello con i capelli lunghi-

-Hanno una faccia truce, non è vero?-

-Sì. È la prima volta che vedo Death così teso. Spero che vada tutto bene-

Mentre parlava guardava il menù dei cocktail anche se non gli interessavano minimamente, e nomi come Black Death o Devil’s Tear o Blood Thirsty certo non lo incoraggiavano.

Per distrarsi dal pensiero di Death Mask convocato ufficialmente decise di concentrarsi su qualcos’altro.

Lasciando vagare lo sguardo per la sala si soffermò sul dee jay.

La prima volta non aveva fatto troppo caso a lui, stavolta invece lo esaminò in dettaglio per aver qualcos’altro a cui prestare attenzione: era un ragazzo sui vent’anni ed Aioros non aveva difficoltà ad immaginare che facesse il dee jay dopo aver finito di studiare per l’università. Magari doveva pagarsi gli studi oppure semplicemente voleva fare qualche soldo per conto suo. Oppure era anche lui parte del giro.

Se un night club era la copertura per un’associazione criminale allora chi era più sospettabile del dee jay?

Aioros aveva imparato con il suo lavoro che le apparenze ingannano, però aveva molte difficoltà ad immaginarsi quel ragazzo dai lineamenti fini e gli occhi bassi nonostante la sua voce suonasse allegra a fare qualcosa di illegale.

Cominciava a provare una strana simpatia per lui, almeno fino a quando non ricordò che era lui che sceglieva la musica e quindi indirettamente era lui il responsabile del suo supplizio.

E infatti…

Il primo vero brano della serata era iniziato non troppo male, con una melodia semplice e nessuna campana funebre, solo che poco dopo lo stesso tema era stato sostituito da una chitarra elettrica scatenata in duetto con una batteria ancora più scatenata.

 

Never thought I could kill a man
Raging for respect – new king – noble hearted
Still there's more I am longing for
Eastern world at war – conquest – invasion

So shall it be
Prepare for fight at break of dawn
I seek for blood
Power of an union

Fade away
Close teary eyes
End of my life
So we rise and fall
The Empire's vast
It will not last – The Great Age Of Glory

 

Aioros gemette sconfortato.

-Sono usciti- lo informò Shaina.

Lui alzò di scatto la testa verso l’alto in tempo per vedere l’ex collega e l’uomo che lo aveva accompagnato che risalivano verso la superficie.

Non poteva vedere l’espressione di Death Mask ma se non altro era uscito sulle sue gambe, e questo era un buon segno.

-Come hai fatto a vedere che…?-

Non finì la domanda perché Shaina gli mostrò chiaramente la risposta sotto forma del suo specchietto da borsa. Non si stava controllando il trucco né una lente a contatto: lo aveva usato per guardare dietro di sé.

-Sei una grande, collega!-

Attorno a loro la musica rimbombava alta e martellante e la pista da ballo era poco lontana. Il lento aveva una funzione strategica, un ballo scatenato no, per cui rimasero seduti.

-Prima o poi mi farò dare dal Dee jay le playlist che usa. Alcune canzoni che ho sentito mi piacciono tanto, ad esempio questa-

Aioros sollevò un sopracciglio scettico.

In effetti forse quella era men peggio di altre canzoni che aveva ascoltato.

 

What about us,
Isn't it enough?
No we're not in Paradise
This is who we are
This is what we've got
No, it's not our paradise
But it's all we want
And it's all that we're fighting for
Though it's not Paradise

 

Rimase a guardarsi intorno alla ricerca di qualche faccia conosciuta, poi con la scusa di andare a prendere da bere fece un altro giro di ricognizione. Dovette fare il giro al bordo della pista e già così fu urtato un bel paio di volte da un sacco di ragazzi che non avevano la minima intenzione di chiedere scusa.

Il bancone del bar era accanto alla postazione del dee jay e ancora una volta Aioros si soffermò ad osservare il ragazzo. Sembrava concentratissimo con le cuffie enormi sulle orecchie e chino sul computer, ed Aioros pensò che probabilmente stava scegliendo i prossimi brani.

No, lui aveva decisamente la faccia di un bravo ragazzo, non poteva essere… ok, sbagliato!

Apparso come dal nulla, accanto al dee jay c’era l’uomo con i capelli biondi.

Battè pesantemente con la mano sulla sua spalla per distrarlo dal suo lavoro e lui sussultò come se lo avesse spaventato a morte.

Aioros, che gettava occhiate di lato ai due nascondendosi dietro il menù dei cocktail, vide un pezzetto di carta passare dalle mani dell’uomo a quelle del dee jay, poi ordini secchi che lui non sentì e che in ogni caso non avrebbe capito, ed infine il ragazzo che annuiva.

Quando l’uomo se ne fu andato vide il ragazzo fissare per un l’appunto tra le mani, poi sospirare e metterselo in tasca.

Aioros ordinò due cocktail con nomi meno macabri possibile e con meno alcool possibile e tornò al suo tavolo.

-Allora, scoperto qualcosa?- chiese subito Shaina.

-Il dee jay è uno di loro ma potrebbe essere un anello debole. E questo cocktail è… argh! È piccante!-

-Si chiama Dragon Spirit ed è rossodovevi aspettartelo-

-Restituirò il distintivo appena torniamo ad Atene allora. Piuttosto, tu hai notato qualcuno che usciva dal priveè di prima?-

-Mi sono spostata per tenere d’occhio la porta subito dopo che te ne sei andato tu e no, non ho visto nessuno. Perchè?-

-Ho visto il biondo parlare con il dee jay mentre ero al bancone. Credo che gli abbia dato un incarico di qualche tipo. Ma se non è uscito dalla porta, come è arrivato qui sotto? Avrebbe dovuto passare davanti al bancone del bar prima ed io sono sicuro di non averlo visto, anzi veniva dall’altra direzione-

-Forse qui dentro ci sono dei passaggi segreti o delle stanze chiuse al pubblico-

Aioria rimase a rigirare  cubetti di ghiacci nella sua bevanda  a riflettere sulle parole di Shaina.

Non gli piaceva per niente l’idea che il nemico avesse a disposizione un covo con tanto di passaggi segreti, ma doveva comunque essere pronto al peggio.

-Restiamo fino a mezzanotte, poi andiamo via, d’accordo?-

-D’accordo. Magari ci mettono un bel lento come quello dell’ultima volta-

Tentò di scherzare Shaina.

****

In quello stesso momento, da dietro una delle stanze segrete ipotizzate da Shaina, Saga guardava Aioros.

Sei un pazzo incosciente” lo rimproverò mentalmentePerchè sei venuto qui? Tuu dovevi restare a tenere in vita la SAINT”.

Premette un pugno sopra il vetro polarizzato.

Da vedeva tutta l’attività della pista da ballo ma non poteva essere visto sentito. Era uno spettro, inghiottito dalle profondità dell’Ade da cui ormai disperava di uscire.

Sapeva di dover rimproverare Aioros ma in fondo al cuore era contento che fosse a Vienna. Gli dava una ragione in più per non cedere alla disperazione.

Saga sapeva che Aioros sapeva che erano vivi, e in realtà sperava che fosse per lui. Magari per picchiarlo, ma voleva disperatamente che Aioros lo avesse raggiunto intenzionalmente.

La nostalgia ed il bisogno di lui lo serrarono in  una morsa di malessere fisico, tanto che dovette allontanarsi dalla vetrata per ricomporsi prima che gli si riempissero gli occhi di lacrime.

*****

-Capo, stavolta non è stata colpa mia!-

-Valerio, piantala di chiamarmo capo! E comunque lo so che non è stata colpa tua se quel vecchietto si è attaccato a te in quel modo. Tu hai tanti difetti ma ancora un nonno fuori di testa come quello…-

-Hem…-

-Cosa?- visto che Death Mask non parlava Sion cominciò ad insospettirsi -Valerio, te lo chiedo gentilmente… mi devi dire qualcosa?-

-Ecco… non è colpa mia, ripeto, ma quello è davvero mio nonno-

Aphrodite accanto a loro strabuzzò gli occhi e rischiò di morire per davvero, affogato da un bicchiere di soda.

-Tuononno?!-

-, , stupido svedese maniaco delle piante e della manicure: mio nonno! Ne vogliamo fare la prima notizia del prossimo TG?-

Aphrodite normalmente si sarebbe offeso per quegli epiteti ma era troppo impegnato a sghignazzare senza ritegno.

Sion invece si battè una mano sulla fronte in preda allo sconforto più totale.

Non solo lui che è fuori di testa, adesso ci si mette pure il suo degno antenato!”.

____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ 

 

Angolo di Mako: ordunque…. Tutto bene? Io mi sono divertita ancora una volta con una discesa nell’Ade. Mi piacciono le scene all’interno del locale, anche perchè così posso inserire le canzoni che mi piacciono.

E in questo capitolo compare il nonno di Death Mask, ragazzi, non vi siete emozionati?

Questo personaggio è nato per gioco, ma poi io e la sorcia ci siamo affezionate tanto da decidere di inserirlo nella storia.

Qui sotto ci sono come sempre i link dele canzoni che abbiamo usato come colonna sonora per chi avesse voglia di sentirle.

Al prossimo capitolo!

 

Age of glory, Serenity: (con testo) https://www.youtube.com/watch?v=L_8XUhfnv2g

Paradise, Within Temptation: (con testo) https://www.youtube.com/watch?v=TKTg3Wg1keg

(official video) https://www.youtube.com/watch?v=Dy6MpsDPKts

 

Angolo di Rory: Mazzalve gente! Ok, siamo in orribile ritardo ma speriamo di essere perdonate… quantomeno per la comparsa dell’antenato del nostro Death! Era un personaggio troppo carino per non renderlo pubblico e può contribuire a smorzare un po’ l’atmosfera macabra della vicenda, quindi… viva il nonnetto!

Bon, grazie per essere arrivati fin qui :) continuate a indagare con noi ;)

Alla prossima!

 

Mako e Rory

 

 

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Capitolo 8
*** 8 ***


SAINT

 Hades Chapter

8

 

Quella sera Radhamantys aveva assistito ad una delle scene più strane che gli fosse mai capitato di vedere da quando frequentava Hades. Una scena che quasi lo aveva fatto sorridere.

Lui era appena arrivato in taxi al night club e, mentre si stava dirigendo ad uno degli ingressi laterali riservati al personale, aveva assistito ad una zuffa che bloccava la fila.

Di per sé quelle liti lo annoiavano ed era ben felice di lasciare che se ne occupassero i buttafuori, quella volta però era diverso perché era rimasto preso in mezzo uno degli uomini nuovi, quelli su cui lui nutriva tanti dubbi.

Era rimasto a guardare nell’ombra e quando un anziano si era attaccato al braccio gridando “Questo è mio nipote Valerio!” lui aveva capito di averci visto giusto.

L’istinto che lo metteva in guardia contro quella gente era più forte che mai, ed a portata di mano aveva un’occasione d’oro che le norne gli servivano per ottenere le informazioni che gli mancavano per dare certezza ai suoi dubbi.

Non appena vide che i ragazzi della sicurezza allontanavano l’anziano signore sollevandolo praticamente di peso, lui svoltò l’angolo per trovarsi davanti a loro come se fosse arrivato proprio in quel momento.

-Che sta succedendo?-

Chiese con la sua voce più autoritaria.

Gli fu spiegato che quel signore voleva entrare per forza nel locale e che loro non potevano permetterglielo.

Lui capiva perfettamente il tedesco, per cui ricominciò subito a protestare che non era giusto che un galantuomo che aveva lavorato onestamente tutta la vita non fosse libero di spendere la sua pensione dove gli pareva.

Radhamantys capì subito come poteva farselo amico.

-Lasciatelo andare, sono d’accordo con le sue lamentele-

Loro erano abbastanza sorpresi dall’ordine, ma non potevano obbiettare in nessun modo.

Quando se ne furono andati Radhamantys fu più gentile che poteva.

-Mi dispiace per questo increscioso equivoco, signore, mi permetta di spiegarle. La nostra clientela è giovane ed indisciplinata…-

-E irrispettosa-

-Sì, esatto. Non era il caso che entrasse insieme a loro, specialmente da solo…-

-Non ero solo! Quel fedifrago di mio nipote mi sentirà appena mi capita di nuovo a portata di bastone!-

-No, no, per carità… vuole accettare un ingresso gratis a titolo di scusa? Venga, le farò vedere aspetti del nostro locale che normalmente teniamo chiusi alla maggior parte del pubblico perché non sarebbero apprezzati-

Il vecchietto lo scrutò a lungo da sotto le sopracciglia cispose e la coppola piatta, e lo guardava talmente male che Radhamantys per un attimo temette che volesse picchiarlo con il bastone come aveva fatto poco prima con Cancer.

Fortunatamente non successe niente del genere: il vecchietto gli fece un sorriso tutto dentiera e rughe e poi lo afferrò sotto braccio come se fossero amici da sempre.

-Affare fatto, ragazzo mio! Meno male che c’è ancora qualche giovane con un po' di creanza a questo porco mondo!-

Radhamantys era orribilmente imbarazzato, ma per compiere fino in fondo il suo dovere era disposto anche a fare quella pantomima.

Condusse il suo ospite dentro il più velocemente possibile per impedire che troppa gente lo vedesse in quella situazione, solo che una volta nei corridoi non sapeva bene dove portarlo.

Cercò di guadagnare tempo offrendogli un primo bicchiere di scotch nel priveé al secondo piano, quello che normalmente era usato come salottino per incontrare clienti molto particolari.

Era una stanza arredata con un gusto semplice ed elegante.

Il mobile bar era un autentico pezzo di antiquariato degli anni trenta, con le parti in legno di mogano scuro lucidato aa perfezione ed il piano di granito.

I bicchieri avevano un disegno di linee geometriche che finivano in archi acuti lungo il bordo e ricordavano molto un cigno stilizzato, e lo stesso disegno era replicato sulla bottiglia da liquore.

Il tappo della bottiglia era modellato a forma di cigno con le ali spiegate.

Per chi conosceva la simbologia della mitologia del nord alptr era il cigno bianco, una delle forme che assumevano le valchirie per manifestarsi sulla terra.

Radhamantys fece accomodare il suo insolito ospite e gli offrì il primo bicchiere.

-Lei parla un ottimo tedesco, ma mi perdoni, non ho potuto fare a meno di notare il suo accento. Da dove viene di preciso?-

-Dalla terra più bella del mondo, la Sicilia-

-Capisco… quindi è italiano?-

-Sì, dopo quella sciagura di Garibaldi purtroppo si dice così -

Italiano. Poteva essere quello il lieve accento che notava nell’inglese di Cancer? Altro che macedone!

-Dove ha imparato la nostra lingua?-

-Ho lavorato tanti anni in Svizzera, Germania e Litchestein. E poi ho cominciato presto con un insegnante d’eccezione-

-Un amico?-

-Un mio prigioniero-

A Radhamantys quasi andò il wiskey di traverso.

-Oh, è inutile che fai quella faccia! Ora non sono più giovane come allora, ma durante la guerra io ho catturato un soldato tedesco e l’ho tenuto prigioniero per due anni-

E scolò tutto soddisfatto una generosa dose di whiskey.

-Lo so, tu non mi credi. Ti sembro solo un vecchio pazzo che si inventa fandonie che dopo ottant’anni nessuno può più contestare. Ebbene, io ho la prova di quello che dico!-

Si contorse un po' per arrivare a prendere il portafoglio, e quando ebbe finito di armeggiare per disincastrare dalla fodera quello che cercava, Radhamantys si trovò sotto gli occhi un distintivo da fanteria d’assalto dell’esercito nazista.

L’argento era annerito ma il disegno era inconfondibile: una corona ovale di foglie di quercia, una svastica tra le zampe di un’aquila ad ali spiegate ed un fucile che tagliava in diagonale la corona.

Sembrava assolutamente autentico.

Cominciava a sospettare che quel vecchietto fosse molto più di quello che sembrava, e la sua intenzione di avere informazioni su Cancer era passata in secondo piano rispetto alla curiosità.

-Le chiedo scusa. È vero: non le avevo creduto, ma ora… mi racconterebbe la storia di come ha avuto questo?-

-Ah-a! Ci credi adesso? Bene, bene… allora ascolta. Era il 1943. Gli americani arrivavano ed i tedeschi cercavano di scappare. Uno di quei crucchi era rimasto indietro mentre il suo battaglione scappava in fretta dopo una sparatoria. Lui si era nascosto nelle campagne ed è rimasto tre giorni acquattato in un fosso ad aspettare che gli americani se ne andassero.

Peccato per lui che in quella parte di campagna io dovevo portare le mie capre a pascolare. Una volta ne cercavo una che mi era scappata e mentre la cercavo sono inciampato in questo qui che dormiva dietro un cespuglio-

Si interruppe ed indicò con un gesto molto eloquente il bicchiere vuoto.

Radhamantys aveva il dubbio se riempirlo o no, perché era sicuro che un ultraottantenne in coma etilico avrebbe fatto una pessima pubblicità al locale.

Però ormai voleva vedere come finiva quella storia, per cui riprese la bottiglia di scotch e gli servì un altro giro.

-Bene, vedo che comprendi alla svelta. Stavo dicendo?-

-Che ha trovato quel soldato addormentato-

-Ah, sì! Ecco, gli sono caduto addosso ma lui era troppo intontito ed io mi sono ripreso prima. Gli ho preso il fucile e l’ho minacciato ma lui si è messo a ridere. Non capivo che aveva da ridere e così ho tirato il grilletto. Lui ha riso ancora più forte perché quell’arma era scarica. Imbecille, dico io! Che tieni a fare un fucile scarico? Comunque mi aveva fatto arrabbiare e allora l’ho minacciato che chiamavo gli inglesi-

-E come, se non vi capivate?-

-Mi è bastato dire “America” e indicare dall’altra parte della collina. A quel punto se l’è fatta sotto, eheheh!-

-E poi?-

-Avevamo ordine di consegnare i tedeschi che si nascondevano nelle campagne, e gli americani ci davano una ricompensa. Dieci lire. Ah! Dieci lire! Al diavolo loro e l’elemosina delle dieci lire! Io avevo il fucile, ma se consegnavo il tedesco dovevo consegnare anche quello. E allora no, grazie tante, preferivo un fucile tedesco alle dieci lire che poi si trovavano dappertutto. Gli ho fatto capire di stare zitto e che se mi lasciava il fucile io stavo zitto pure e lui poteva restare nella mia campagna. Insomma, abbiamo fatto questo accordo qui. Poi io gli ho portato vestiti vecchi di mio padre, gli ho fatto i capelli neri con la polvere di carbone e l’ho fatto stare al sole per farlo abbronzare. Dopo un poco di tempo non si capiva più che era tedesco, e poi mi aiutava con gli animali perché se voleva stare doveva guadagnarsi il pane-

-Ma poteva consegnarlo lo stesso e tenersi il fucile-

-Ragazzo, non ragionare come quel tonto di mio nipote. Se lui diceva che mi ero tenuto il suo fucile, gli americani avrebbero fatto tutto per trovarlo. Non è che gli americani che arrivavano erano meglio dei tedeschi che andavano via, sai?-

-Capisco-

Ecco un punto a favore della sua teoria secondo cui l’immagine buonista dell’America liberatrice dall’oppressore nazista era tutta propaganda.

Sono sempre i vincitori a scrivere la storia come vogliono loro. O a disegnarla, visto che gli States avevano creato Capitan America nel 1941, in pieno conflitto.

-Come si chiamava? Il soldato, il suo… prigioniero. Se lo ricorda ancora?-

-Certo che me lo ricordo! Non ho ancora tutte le rotelle fuori posto, sai? Si chiamava Bauer. Hans Bauer-

Stavolta il wiskey gli andò davvero di traverso incendiandogli la gola.

-B-... Bauer? Sicuro che fosse propri Hans Bauer?-

Chiese quando potè parlare di nuovo.

-Sì, sì, zucca vuota! Te l’ho detto che io le cose me le ricordo!-

-No, mi scusi, è che… so che è impossibile crederci, ma Hans Bauer era il colonnello a capo del reparto in cui era di stanza mio nonno-

-Ohoh! Questa allora è una rimpatriata! Un altro giro per festeggiare!-

E prima che Radhamantys potesse sottrargli la bottiglia il nonnetto si era servito una generosa dose di superalcolico.

-Aspetti! No, cioè… che fine ha fatto Bauer? Mio nonno non se l’è mai perdonato. Si sono persi di vista durante la sparatoria a causa di una granata e se fossero rimasti lì sarebbero morti tutti, ma lui non se l’è mai perdonato di aver abbandonato il colonnello. Per favore, mi dica che ne è stato di lui!-

-Eh, eh, calma, ragazzo! Stai tranquillo: gli è andata bene che più bene non poteva. Ha conosciuto una ragazza, una che veniva a prendere il latte da me. Era una bella mora, me la ricordo. Appena è finita la guerra e se ne sono andati anche gli americani ha trovato due biglietti per l’America e se ne sono andati insieme-

Radhamantys si sentì sollevato. Aveva sentito parlare tante volte di quel colonnello che gli sembrava di averlo conosciuto di persona.

-Oltre al distintivo e al fucile mi ha lasciato tutto: la sua divisa, la pistola e il portasigarette d’argento. Tutta roba che i miei parenti venderebbero subito, per questo la tengo ben nascosta in un caveaux in Svizzera-

-Quindi alla fine lo ha lasciato libero-

-Libero? Quale libero? L’ho cacciato via perché Rosa piaceva anche a me e me la volevo sposare appena compivo quindici anni. Ma lui ne aveva già ventisette, è arrivato prima. Mannaggia a lui!-

Radhamantys si trattenne dallo scoppiare a ridere.

-Venga, le voglio mostrare una cosa-

In realtà sperava di distogliere l’attenzione del vegliardo dalla bottiglia di alcool, per questo lo guidò nel suo ufficio personale.

Nessuno entrava mai senza il suo esplicito permesso, e lui quel permesso lo dava a pochissime persone.

Non sapeva bene perché ma gli aveva fatto simpatia, ed il suo racconto lo aveva portato indietro ad un tempo che avrebbe voluto vivere di persona.

Lo fece accomodare e poi andò alla cassaforte a muro.

-Anche io come lei sono dell’idea che certi oggetti abbiano un valore che va molto al di là del denaro. Credo che lei sappia apprezzare una cosa come questa-

Gli mise davanti un cofanetto in mogano, e quando l’anziano vide cosa c’era dentro sgranò gli occhi e gli scappò un’esclamazione di sorpresa.

-Che mi prendano tutti gli infarti che i miei parenti mi augurano! Questa è..?-

Radhamanthys sorrise.

-Una Sauer 38H. Era di mio nonno-

La pistola era tenuta in condizioni perfette e lui la faceva controllare periodicamente per assicurarsi che il meccanismo non si inceppasse. Sparava esattamente un caricatore una volta l’anno.

Ovviamente Radhamantys sapeva sparare con tipi di armi diverse, ma quella aveva per lui un significato speciale.

I suoi bisnonni erano emigrati dalle isole Fǽr Øer alla Danimarca e poi alla Germania all’inizio del novecento, ed il loro figlio aveva fatto carriera nella gioventù hitleriana e poi nell’esercito nonostante fosse straniero. Si era conquistato anche lui distintivo e pistola dimostrando il suo valore giorno per giorno.

-È esattamente identica a quella che Hans ha lasciato a me in Sicilia. Sai quanto vale questa pistola?-

-Lo so-

-E non la venderesti?-

-Mai-

-E quella che ho io… non è che vai in giro a denunciarmi? Perché ti avverto che se lo fai ti pelo la zucca a legnate-

Nonostante la minaccia non gli fosse piaciuta per niente Radhamantys poteva capire perfettamente la determinazione nel difendere certi oggetti speciali.

-Lei si è ampiamente guadagnato il permesso di tenere quell’arma. Non credo che molti ragazzini di tredici anni avrebbero avuto il coraggio di minacciare un militare tedesco e di tenerlo prigioniero-

Il vecchietto lo guardava ancora torvo e sospettoso. Era la prima volta che Radhamantys si sentiva a disagio e alla fine fu lui ad abbassare lo sguardo.

Non lo avrebbe mai raccontato a Minos o Aiacos.

-Tu sei leggermente meglio della marmaglia di gente della tua età, te lo concedo. E adesso andiamo agli affari-

-Affari?-

-Certo, ragazzo, affari. Non sono stupido, sai? Mi hai offerto da bere tutta la serata, questo è il tuo ufficio e questa è una pistola d’epoca che dovrebbe stare in un museo. Cosa vuoi in cambio?-

Radhamantys lo guardò da sopra la custodia in legno. Era evidente che non doveva scherzare, per cui decise di giocare a carte scoperte.

-Quello che vorrei è un’altra storia. Mi scusi, ma non ho potuto fare a meno di notare la somiglianza tra lei ed una persona che conosco. È un italiano come lei e diciamo che frequenta questo posto da un po' di tempo. Posso chiederle se la mia supposizione è corretta?-

***

Now I see the light
My darkest views have disappeared
there's a sense that lays beyond this fate
I'll leave it all behind

 

Aveva ragione! Aveva ragione, aveva sempre avuto ragione lui! Adesso era il momento di correre a riparare al danno prima possibile.

Doveva fare un enorme sforzo di autocontrollo per non travolgere le persone che si accalcavano al bordo della pista da ballo e gli impedivano di arrivare subito alla consolle del dee jay.

Orpheé era assorbito dal suo mondo di musica, già in cerca del prossimo brano da mandare, quando lui gli piombò praticamente addosso.

Quello era più importante di qualsiasi canzone.

Gli consegnò un foglio su cui aveva annotato tutti i dettagli più importanti, tutto quello che il suo ospite gli aveva raccontato a proposito dello “sciagurato nipote” come lo definiva lui.

-Lavora su questo. Non farti scoprire da nessuno e poi vieni a riferire solo a me, intesi?-

Per un attimo gli sembrò che il ragazzo volesse aprire bocca per protestare, allora per riportarlo all’ordine gli strinse la spalla e fece un cenno eloquente verso una delle ballerine.

Orpheé capì all’istante ed abbassò la testa con un “sissignore” subito inghiottito dal rimbombo della musica.


Now I feel my life
I'll build a new tomorrow
Caged for all this time
finally free again
free again

***

Orpheé era arrivato al punto di odiare tutto di quel posto. Dall’arredamento, alla clientela e soprattutto ai suoi superiori.

L’unica cosa che riusciva a salvarlo era la musica.

Le richieste dei titolari sui generi musicali rasentavano l’assurdo, e nonostante tutte le limitazioni che gli venivano imposte lui riusciva sempre a scovare quel qualcosa di poco conosciuto ma bello.

Era la sua salvezza e la sua garanzia di poter rimanere lì. Il motivo per restare a tutti i costi in un ambiente che disprezzava era Andrea.

Chi la vedeva ballare la trovava bella, e la sua aria trasognata la faceva apparire ancora più eterea ed affascinante.

Nessuno immaginava le corse in ospedale, gli sguardi di disapprovazione dei medici ed il fatto che i guanti lunghi di lamé nascondessero i segni degli aghi.

Forse lui era più sballato di lei. Non poteva farci niente: la amava e voleva portarla via da Hades come il suo omonimo della mitologia greca aveva portato va dall’Ade la sua Euridice.

Aveva accettato il lavoro da dee jay come un’occasione d’oro per poter guadagnare e mettere da parte dei soldi per portarla via da lì e allo stesso tempo poterla controllare.

Toglierle qualche milligrammo ogni tanto e sperare di disintossicarla in quel modo.

Era disposto a partecipare anche lui a quel gioco folle pur di stare con lei, per questo non si era mai tirato indietro nemmeno quando erano cominciati gli “incarichi”.

Oltre a fare il dee jay doveva fare piccole consegne, passare ordini a gente che si fermava alla sua consolle con l’apparente intenzione di richiedergli un brano musicale o trasmettere messaggi.

Gli incarichi che gli davano erano sempre peggiori, e in ultimo quello: Radhamantys si era permesso di coinvolgerlo in quella specie di operazione di spionaggio per cercare informazioni su un certo Valerio Ferrara nato a Gela, in Sicilia e che aveva studiato medicina legale a Palermo prima di trasferirsi in Grecia ad Atene.

Scoprire tutto ciò che quel Valerio aveva fatto da allora in poi era compito suo.

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Eh, che bello, siamo tornate! Ci scusiamo con coloro che hanno fatto gli esami di Stato e ne avranno fin sopra i capelli della seconda guerra mondiale ancora adesso. Tutta la storia di nonno Peppe ci ha preso la mano mentre la progettavamo, e poi volevamo dargli un po' di carattere e non renderlo solo il giullare di corte. E sì: ha appena messo in grossissimi guai il suo nipotino!

E naturalmente ci scusiamo anche per l’attesa biblica, sperando che almeno il capitolo vi risollevi un po’ l’umore.

Alla prossima, popolo!

 

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