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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Atto I - L'Incantesimo *** Capitolo 2: *** Atto II - Gli allievi di Avalon *** Capitolo 3: *** Atto III - La Dama del Lago *** Capitolo 4: *** Atto IV - Raperonzolo *** Capitolo 5: *** Atto V - Draco dormiens *** Capitolo 6: *** Atto VI - Il Re Eterno *** Capitolo 7: *** Epilogo - I Cavalieri della Tavola Rotonda ***
Il rumore
della sveglia le arrivò attutito dalla porta del bagno, ancora una volta si era
svegliata ben prima ed era riuscita a sistemarsi con tutta la calma possibile.
Rise, quando sentì il grugnito di Draco – il
suo futuro marito2– dalla camera da letto. Lui non si era mai
abituato a quell’aggeggio infernale,
ma, fortunatamente, si era sempre degnato di ricostruirgliela dopo averla
distrutta.
Uscì dal
bagno perfettamente truccata e vestita, lanciando un’occhiata divertita all’ammasso
di lenzuola raggomitolato proprio al centro del letto. Tendeva sempre a
spostarsi, non appena lei sfuggiva al suo abbraccio. Secondo Hermione era il
suo lato da principino ad insorgere: doveva occupare tutto lo spazio possibile
prima che qualcun altro potesse occuparlo.
Mittens3
era raggomitolato sulla vecchia poltrona che Draco aveva portato dal Manor, a parere di entrambi la creatura – ormai diventato
un bestione grosso quanto suo padre – l’aveva ritenuto l’unico pezzo d’arredamento
degno del suo regale fondoschiena, quindi se n’era impossessato immediatamente.
«Non ho
intenzione di portarti la colazione a letto, Malfoy, quindi alza il
fondoschiena e vestiti, altrimenti farai tardi in ufficio» gli disse,
avvicinandosi alla finestra per aprire le tende e far entrare un raro raggio di
luce. Era una bella giornata di fine estate4, Hermione avrebbe
potuto uscire senza la giacca pesante.
«Sono io che vorrei portare la colazione a
letto a te, ma tu ti alzi sempre con
il sole, mentre io sono una creatura prettamente
notturna» le fece notare lui, con un grugnito vagamente incomprensibile. «Sono
le sette e mezza, dobbiamo essere al Ministero alle nove, Hermione» aggiunse, in tono lamentoso.
«Devo
passare in ospedale, il mio figlioccio deve vedermi almeno una volta al giorno,
non vorrei mai che si dimenticasse della mia voce5» gli rispose,
allegra come non mai e di certo come lui non era mai stato a quell’ora del
giorno.
«Se sei
tanto entusiasta per il nuovo piccolo Potter, potremmo sempre metterci a lavoro
per produrre una nuova schiera di piccoli e piccole Malfoy. Di certo loro
saranno più importanti» gli disse
lui, tirandosi a sedere e lanciandole un’occhiata seducente, indicando il letto
con aria invitante.
«Draco, stai
parlando del tuo figlioccio».
«È il tuo figlioccio, Hermione» rettificò lui,
con le sopracciglia inarcate. «Io sono padrino per estensione, Potter avrebbe
volentieri evitato di mettermi in mezzo se noi due non fossimo stati un
pacchetto due per uno» aggiunse, stringendosi nelle spalle.
«Ho visto
la tua espressione quando Ginny te l’ha messo in
braccio, Draco» Hermione scoppiò a ridere, arrampicandosi sul letto per sedersi
al suo fianco. Gli spostò una ciocca di capelli dal viso, per poi pizzicargli
il naso. «Lord Malfoy ha un cuore, anche se a dimostrarlo è l’ultimo nato nella
stirpe dei Potter».
Lui le
rispose con un grugnito, baciandola un attimo prima che lei potesse scappare
via.
«Ha
chiamato tua madre, questa sera ci vuole a cena» le comunicò, messosi in piedi
lentamente, tuttavia senza perdere la grazia da vero principino. «Dovremmo
portarle dei dolcetti di quel nuovo negozio a Diagon
Alley, immagino che dovrebbero piacerle, sono molto… particolari».
Hermione
si fermò, voltandosi per osservarlo con un cipiglio a metà fra la curiosità e
lo sconcerto. «Mia madre ha… chiamato?».
«Non si
dice così? Ha chiamato sul tuo cellulare, se vogliamo essere precisi» rettificò
Draco, stiracchiandosi e grugnendo. Si voltò verso di lei, sorprendendola a
fissarlo. «Ti senti bene, Mon Ange?».
«Come fai
a sapere che mia madre ha chiamato sul mio cellulare?» gli domandò, gli occhi
ridotti ad una fessura. Era sinceramente sconcertata
e lui dovette notarlo.
Draco si
accigliò. «Squillava, Hermione. Ha squillato per un’ora, ieri sera».
«Ma come
fai a spere che voleva invitarci a cena?»
continuò a chiedergli, piegando la testa di lato.
«Perché ho
risposto, magari». Draco scoppiò a ridere, notando gli occhi di lei allargarsi
per lo stupore. Rise così forte da farsi quasi venire le lacrime e, quando girò
intorno al letto per abbracciarla, fu sempre ridendo che si piegò per baciarla.
«Sei incredibile! Viviamo insieme da mesi, potrei mai non sapere come
rispondere ad un cellulare? È una delle invenzioni babbane
più brillanti6».
Hermione
si sentì un po’ un’idiota per aver pensato che lui non fosse capace di
rispondere al cellulare. Forse era a causa della totale incapacità che Ronald e
gli altri maghi con cui era entrata in contatto avevano dimostrato nei
confronti di tutto ciò che era babbano.
«Sarà
meglio che io vada, Jimmy potrebbe dimenticarsi di me» gli disse infine,
sorridendo e dandogli un altro piccolo bacio. «Ricorda che alle nove e mezza il
Ministro ci aspetta per una riunione d’urgenza».
«Vorrà
chiederci di nuovo scusa» si lagnò lui, lasciandola allontanarsi solo perché
perfettamente consapevole di non potersi opporre alla sua volontà. «Andiamo a
pranzo insieme?».
«Al nuovo
ristorante di Diagon Alley, prenoto io» fu tutto ciò
che gli disse, allontanandosi per uscire dalla camera da letto.
***
Il
ministro Shacklebolt li osservava entrambi con aria particolarmente
imbarazzata, alternando il tamburellare nervoso delle dita sul tavolo a degli
sbuffi spazientiti. Il caos sulla sua scrivania aveva raggiunto livelli
catastrofici da quando Daisy era partita per l’Australia e Percy,
il suo nuovo assistente, non era ancora riuscito a trovare un sistema capace di
contrastare il disordine compulsivo del loro Capo del Governo.
«Dobbiamo
aspettare qualcuno? Io ho del lavoro da fare» sbottò Draco, all’improvviso,
lasciandosi andare contro lo schienale della poltrona. Ignorò completamente
l’occhiata di rimprovero che gli lanciò la sua fidanzata, schivando per un pelo
un suo calcio nello stinco. «Lei mi ha chiesto di unirmi alla Squadra di
Ricerca, Ministro, mi piacerebbe fare il mio lavoro piuttosto che restare qui a
guardarla disperarsi».
«Draco,
non mi sembra il caso-».
«Lui ha
ragione, signorina Granger» la interruppe il
Ministro, con un sorriso gentile. Lei si ritrovò a sorridere, lieta di riavere
indietro il vecchio Kingsley, imponente ma gentile com’era sempre stato con
lei. «Vi ho fatti convocare a causa di una questione piuttosto delicata, ma mi
rendo conto che entrambi vi siate appena ripresi da una missione estremamente difficile
e che vi è costata tantissimo».
«Può ben
dirlo» ringhiò Malfoy, con una terribile smorfia, mentre la sua mano si
stringeva in un pugno sul tavolo di mogano. «Non sono passati più di sei mesi,
lei non dovrebbe neppure poter tornare a prestare servizio» sibilò,
sinceramente arrabbiato. Non era la prima volta che quella questione veniva
sollevata, sia in pubblico sia nella privacy della camera da letto. Lui non era
riuscito a rassegnarsi al fatto che lei avesse già avuto la possibilità di
tornare a lavorare a pieno regime. Doveva riposare, secondo lui, perché il suo
trauma era stato troppo grande.
«Ho
scelto io di tornare» gli rispose
proprio lei, con uno sguardo di fuoco. «Non avevo e non ho intenzione di restare a casa e fare la maglia! Non ho fatto
altro che sistemare documenti, sono sinceramente stufa di stare con le mani in
mano» aggiunse, con uno sbuffo, voltandosi verso il Ministro come se avesse
voluto rimproverare anche lui. «Allora? Questa missione?».
L’uomo li
osservò entrambi, con un cipiglio divertito. Negli ultimi quattro mesi – da
quando lei era stata ufficialmente reintegrata – i loro battibecchi erano
diventati quasi una leggenda. Una volta, infatti, Hermione gli aveva lanciato
contro una Fattura Gambemolli che l’aveva fatto
finire nella fontana, cui lui aveva risposto con una serie di epiteti
irripetibili ed un incantesimo che le aveva fatto diventare i capelli blu per una settimana.
Quello
che i dipendenti ministeriali non sapevano, tuttavia, era la quantità
incredibile di riappacificazione che
quelle liti portavano, nella riservatezza dell’appartamento che i due avevano
iniziato a condividere circa otto mesi prima. Non lo sapevano e non avrebbero
dovuto mai saperlo.
Voltandosi
verso di lui, Hermione vide Draco sorridere con aria da marpione, probabilmente
ricordando le stesse attività che lei aveva appena riportato alla mente.
Arrossì senza riuscire a farne a meno: una volta tornati a casa avrebbe dovuto
fargli una bella lavata di capo riguardo i comportamenti che era lecito tenere
davanti al Ministro della Magia. E
poi l’avrebbe baciato.
Merlino,
se l’avrebbe baciato.
«È una
questione alquanto delicata» mormorò Kingsley, imbarazzato, spostando dei
documenti per recuperare un plico di fogli da sotto la sua scrivania. «Così
delicata da dover restare strettamente confidenziale per evitare possibili
reazioni esagerate nella popolazione»
continuò, lanciando occhiate nervose alla porta d’ingresso del suo ufficio,
oltre la quale si sentiva chiaramente un esagitato Percy
dare indicazioni ai suoi sottoposti. Weasley aveva preso bene il suo nuovo
ruolo, quando si trattava di non avere a che fare con l’ordine maniacale del
Ministro.
Draco,
colpito, si accigliò. «Tutte le mie missioni sono confidenziali, così come
quelle della mia fidanzata». Il modo
in cui rafforzò l’aggettivo possessivo fece stringere i denti ad Hermione,
odiava sentirsi definire in quel modo: lei non era di proprietà di nessuno,
neppure di Malfoy. Soprattutto non di
Malfoy. «Non è mai successo che qualcuno di noi fosse convocato qui. Perché?».
Il
Ministro si mosse sulla sedia, terribilmente a disagio. «Questa volta è
importante che nessuno sappia,
neppure i vostri colleghi».
«C’è il
rischio che si presenti isteria di massa?» si informò Hermione, sinceramente
preoccupata. «Ministro, sono certa che il signor Hicklebottom non farebbe alcun
problema, potrebbe esserci di grande aiuto».
«Sono
certo che il buon Hicklebottom sarebbe molto utile, ma è preferibile che
neppure lui sappia i dettagli. Vedete, l’isteria cui faccio riferimento non è…
isteria negativa. C’è il rischio di
una migrazione di massa verso il problema che noi dobbiamo risolvere» spiegò il Ministro, imbarazzato, aprendo il
fascicolo e tirando fuori un paio di fogli e fotografie. «Conoscete il modo di
dire “Andiamo a Camelot”?
Sapete cosa significa?».
Hermione,
confusa, scosse la testa. Aveva sentito qualcuno pronunciare quelle parole, ma
non si era mai preoccupata, dopotutto i maghi erano soliti dire cose un po’
assurde e lei aveva rinunciato a capirli praticamente un mese dopo essere
arrivata a scuola, quando aveva sentito per la prima volta “per le consunte mutande di Merlino”.
Draco, al
contrario, annuì. «Naturalmente»
disse, tranquillo, voltandosi un momento verso Hermione. «Significa andare
verso luoghi migliori, lasciarsi alle spalle la confusione per trovare la pace.
I miei parenti erano soliti dirlo quando passavano troppo tempo in mezzo ai
babbani, era un po’ come un torniamo nel
mondo della Magia».
«Parlare
di Camelot per rappresentare gli ideali di una
società corrotta come quella dei purosangue… Artù si starà rivoltando nella
tomba» commentò Hermione, lanciandogli un’occhiata di fuoco ma venendo
interrotta dal tossicchiare nervoso di Shacklebolt, che sembrava voler guardare
ovunque ma non verso di loro. «Kingsley?».
«Diciamo
che Re Artù non si stia propriamente rivoltando nella tomba» borbottò, grattandosi la testa pelata prima di voltare
verso di loro un paio di foto. Queste, come Hermione notò allungando un momento
il collo, mostravano un uomo sulla trentina, biondo e meraviglioso, con una
corona d’oro fra i capelli ed un sorriso capace di mandare al tappeto chiunque
fosse minimamente sensibile al fascino maschile. «Queste sono state scattate una
settimana fa nella periferia di Chester. Sembra… sembra che quell’uomo sia il
sovrano perduto di Camelot».
Un
silenzio imbarazzato cadde sui presenti, mentre Draco inarcava il suo elegante
sopracciglio ed Hermione, accigliata, afferrava le foto per poterle osservare
con maggiore attenzione. In effetti quell’uomo aveva l’aspetto che lei avrebbe
associato al grandioso Re Eterno d’Inghilterra7, bello e prestante,
oltre che incredibilmente forte. La corona sembrava fatta proprio per lui dai
folletti e lei, senza comprendere perché, si convinse che fosse davvero così.
«Si rende
conto che sia una cosa assurda, vero?» domandò Draco, con un tono diviso fra lo
sdegno ed il divertimento. «Cos’è, qualche psicopatico è scappato dal San Mungo
e voi avete deciso di farne un problema di Stato?» aggiunse, alzando gli occhi
al cielo. «Credevo si fosse ripreso dall’Imperius, Ministro».
«Draco»
lo ammonì Hermione, con un sibilo, indicando la foto che aveva in mano. «Guarda
la popolazione, guarda i dintorni. A te sembra uno scenario adatto a
quest’anno? Guarda le case, guarda gli abiti della popolazione. Sembrano foto
dal set di un film storico» gli fece notare, senza guardarlo perché troppo
impegnata ad esaminare il resto dei documenti. «La signora Bridget
Miller ha segnalato la scomparsa della cognata Tess,
andando a trovarla si è improvvisamente ritrovata nel pieno di un festival
medievale. A quanto pare, dopo aver trovato la vecchia Tessie lei non l’ha
riconosciuta e si è comportata in modo davvero strano. Bridget
è una Magonò, ha capito che qualcosa fosse sbagliato
quando ha tirato fuori la sua macchina fotografica e per poco non l’hanno messa
al rogo per magia nera».
«Cosa
stai cercando di dire, Mezzosangue?».
«Bridget è stata salvata da un uomo che affermava d’essere
il grande Merlino, anche se in realtà altri non era che suo fratello Bertie. Lui non l’ha riconosciuta, quando ha capito che era
una Magonò le ha raccontato del trattamento che quelli come lei avevano ai tempi della
sua prima nascita» spiegò, velocemente, rialzando finalmente gli occhi su di
lui. «Draco, tu conosci la leggenda su Excalibur?».
Lui si
accigliò, lanciando un’occhiata curiosa al Ministro, che non aveva mai smesso
di annuire. «Excalibur potrà essere estratta dalla roccia soltanto dal
legittimo Re d’Inghilterra? Non mi pare che questo buffone ce l’abbia al fianco»
le fece notare, stringendosi nelle spalle.
«Non quella leggenda, idiota» gli rispose
lei, con un’occhiata cupa. «Sto parlando della leggenda sul ritorno di Camelot»
sbottò, quasi la sua fosse stata una domanda assolutamente inopportuna. Quando
lui la guardò spaesato alzò gli occhi al cielo e sollevò la sua borsetta, aprendola con un colpo secco
ed evocando un libro, l’HistoriaRegumBritanniae di Goffredo di Monmouth.
Con un gesto secco lo aprì ad una pagina specifica, iniziando a leggere in
latino a bassa voce.
«Mezzosangue,
io conosco l’Historia, non fa riferimento ad alcun ritorno di
Camelot» le fece notare Draco, scuotendo il capo.
«Possibile tu debba andare in giro con una biblioteca? Scommetto che è lì
dentro che sono finiti tutti i libri spariti dal Manor,
per questo mia madre non ha iniziato ad urlare al furto».
«Shh» lo zittì Hermione, con un gesto secco. «Tu conosci la
versione modificata dell’Historia, non quella
completa, stilata solo per i maghi. L’unica copia disponibile è quella che ho
io fra le mani, l’ho presa direttamente dalla biblioteca di Grimmauld Place»
spiegò brevemente, scorrendo il dito sulla pagina, completamente inconsapevole
dello sguardo di divertita esasperazione che si scambiarono gli altri due
uomini presenti. «Eccolo! Il potere di
Excalibur, essendo uno dei dieci simboli della magia antica, tornerà un giorno
a dare i suoi effetti e con lei Camelot, la città
senza tempo, ritornerà ai suoi albori, portando con sé il Re Eterno e la sua
Magia» lesse, con soddisfazione. «La leggenda dice che un giorno Excalibur
riapparirà e con lei tornerà anche Camelot… ho sempre
pensato fosse una leggenda o che comunque dovesse essere preso tutto con le
pinze, esattamente come la leggenda sul ritorno di Artù…» indicò le fotografie,
dubbiosa. «Forse mi sbagliavo».
Shacklebolt
fece una risatina divertita e vagamente imbarazzata. «Se avessi saputo che tu
ci avresti messo pochi minuti, Hermione, sarei venuto direttamente da te e non
avrei perso settimane per coinvolgere i maggiori esperti. Tu avevi l’originale, noi
abbiamo dovuto cercare fonti secondarie!» sbottò, incredulo. «Comunque hai
ragione, noi crediamo che Excalibur sia riapparsa e che quel disgraziato
paesino sia stato trasformato in una nuova Camelot.
Dovete trovarla e recuperarla prima che i suoi effetti inizino ad ampliarsi.
Più persone vengono coinvolte e più forte diventa l’incantesimo… non so voi, ma
non vorrei tornare al periodo in cui si moriva per un raffreddore ed i servizi
igienici erano…» non concluse la sua frase, tuttavia rabbrividì e quella, probabilmente,
fu una risposta sufficiente. «La missione è della massima urgenza, se dovesse
spargersi la voce…».
«Sarebbe
la fine» convenne Draco, annuendo leggermente e voltandosi automaticamente
verso Hermione. «Camelot è nota per la sua tolleranza
verso la Magia, seppur buona. Nella
società purosangue quella città è essenzialmente un’Utopia, se si dovesse
spargere la voce dell’esistenza di quest’incantesimo e della possibilità che
questo possa espandersi a tutto il mondo… tutti si precipiterebbero lì in massa
ed anticiperebbero la fine della società evoluta».
Hermione
si accigliò. «Perché mai dovrebbero scambiare l’evoluzione scientifica con… con
cosa? La possibilità di usare la magia per la strada? L’assenza di regole?».
Draco
sorrise, imbarazzato ma anche divertito dalla sua innocenza. «Per molti di noi,
Mezzosangue, la libertà di essere se stessi vale più di qualunque altra cosa.
Qualcuno di noi è stato abbastanza fortunato da conquistare la propria libertà»
le spiegò, accarezzandole con dolcezza la mano. «Altri, invece, sono rimasti
bloccati in una vita di rimpianti e rancore». Si voltò verso il Ministro, il
volto serio. «Quando dobbiamo partire?».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Ahah, l’avevo detto che sarei tornata.
Sono come l’herpes, non vi potete liberare di me.
Si tratta di un breve spin off della mia long “Lo Specchio delle Anime”,
conclusa poco tempo fa, ambientata sei mesi dopo il penultimo capitolo. Sarà
una breve fic, al massimo quattro capitoli, giusto
una breve avventura per scoprire come si comporteranno Draco ed Hermione dopo
la conclusione della loro grande avventura iniziale.
E poi… io adoro il ciclo arturiano.
Punti importanti:
» 1 – "Lo so
che suona un po' strano, ma in Camelot, Camelot, è così che sono le condizioni climatiche! La
pioggia non cadrà mai dopo il tramonto. Per le otto, la nebbia del mattino
dovrà sparire. In breve, semplicemente non c'è un angolo più congeniale di qui
per i per-sempre-felici-e-contenti". La canzone è tratta da un musical,
come ho detto nella citazione stessa!
» 2 – Per chi non lo sapesse: Draco ed Hermione, alla fine della Long,
si sono fidanzati. Si sposeranno entro sei mesi, ma per adesso convivono
allegramente in un appartamento tutto nuovo.
» 3 – Sempre per chi non lo sapesse:
si tratta del gatto di Hermione, l’unico figlio vivente del compianto Grattastinchi.
» 4 – Siamo ai primi di giugno, ufficialmente l’estate non è ancora
cominciata e, trovandoci a Londra, è normale che non possano andare in giro con
le camicette!
» 5- Il figlio di Harry e Ginny è nato due giorni
prima, Hermione, naturalmente, è la madrina del piccolino. Ginny
è ancora al San Mungo, sarà dimessa quella sera stessa!
» 6 – Draco è un uomo intelligente, non ha paura delle invenzioni babbane. Non mi importa se secondo la Rowling i maghi non
possono entrare in contatto con la tecnologia, Hermione è cresciuta in mezzo
alla tecnologia babbana! E comunque siamo nel 2005, i
cellulari c’erano già!
» 7 – Leggenda su Re Artù: definito Re Eterno perché, secondo la leggenda,
pur essendo morto un giorno – nel momento di maggior bisogno dell’Inghilterra –
tornerà e riporterà alla luce la meravigliosa civiltà di Albione. Ve l’ho detto
che io sono innamorata di Re Artù? Ma intendo proprio innamorata.
»Per chi non sapesse: Draco ed Hermione hanno sgominato un tentativo di sovversione
totale del mondo conosciuto, nel corso della missione hanno affrontato prove
incredibili, conoscendo molti personaggi storici (es: Patroclo, Achille,
Antigone, Creonte, Ercole, Ulisse) e combattendo i loro peggiori demoni. No,
ovviamente niente Ronald fra i piedi. Consiglio la lettura della long,
ovviamente, ma credo si possa leggere anche da sola.
» Percy lavora come segretario del Ministro,
Daisy – la ex segretaria – è andata via dall’Inghilterra dopo aver quasi
causato – involontariamente – una strage.
» Per quanto il libro citato da Hermione esista davvero, la storia su
Excalibur è personale, l’ho tirata in mezzo io. La Spada è nascosta da qualche
parte nella città, loro devono trovarla e portarla via prima che il mondo venga
riportato ai tempi delle leggende arturiane.
Dio, non vedo l’ora di mettere in mezzo Re Artù ed Excalibur.
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare lunedì prossimo!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Capitolo 2 *** Atto II - Gli allievi di Avalon ***
La leggenda diCamelot.
Atto
II – Gli allievi di Avalon.
I confini
del villaggio erano ben definiti, con grande sorpresa di Draco.
Si erano
smaterializzati quella mattina all’alba, la signora Waterford – la loro vicina
di casa babbana – si era presentata già la sera prima
per poter prendere in custodia la bestiola selvatica di Hermione, Mittens, quindi
loro erano rimasti soli nell’appartamento ed avevano avuto modo di prepararsi
al meglio per quel viaggio improvviso e necessario.
Draco
avrebbe voluto impegnare parte del tempo in modo più divertente, ma non era stato possibile.
«Incredibile»
sbottò Hermione, indicando le altissime mura che impedivano la vista del
villaggio colpito dall’incantesimo. «Sembrano una
fedele riproduzione delle mura del Vallo di Adriano1, solo… più alte» convenne lei, strabiliata. «È
meraviglioso, sembrano antiche, anche se sappiamo bene che non lo sono. Guarda
il muschio, guarda l’erba… non è assolutamente possibile» continuò, accigliata,
indicando il verde sulle mura di pietra.
Anche
Draco era arrivato alla stessa conclusione. «Immagino sia colpa
dell’incantesimo. Abbiamo esaminato ogni parola della leggenda, a questo punto
credo di aver capito come potrebbe funzionare» mormorò, facendo
qualche passo avanti con la sua fidanzata al fianco. Tirò fuori dalla giacca il
suo fedele taccuino e gli occhiali, che indossò con uno sbuffo: odiava avere la vista debole. Trovare i
suoi appunti fu facile, aveva trascorso tutto il pomeriggio precedente e parte
della notte ad organizzarli. Doveva
imparare a scrivere un po’ più grande. «Sappiamo che Excalibur è uno dei
dieci oggetti della Magia Antica2: la Spada, lo Specchio, l’Arazzo…»
fece una smorfia involontaria, ricordando ciò che era successo poco più di sei
mesi prima. Ancora la notte si svegliava madido di sudore, convinto di aver
perso il suo futuro sulle rive del Tamigi. Per fortuna, tuttavia, il russare
non esattamente lieve di Hermione lo
aiutava sempre a ritornare in se stesso. Naturalmente, lei avrebbe negato di
“fare quei rumori infernali” fino alla morte. «Si pensa che altri possano
essere il Santo Graal, il martello di Thor, la Falce di Crono, la Folgore di
Zeus… ognuno di questi è composto di magia purissima
e noi sappiamo bene che sono capaci di sviluppare una coscienza propria3»
lanciò uno sguardo storto ad Hermione, che sbuffò.
«Era a
rischio l’intera sopravvivenza del popolo magico, Draco, non essere sciocco».
«Non mi
importa un fico secco del mondo magico, Mezzosangue. So solo che ho rischiato
di perdere te e allora tutto il resto non avrebbe avuto senso» le rispose, con
un sibilo risentito, tornando a concentrarsi sui suoi appunti. «Stando alla
leggenda, sembra che la Spada sia solita riapparire dopo periodi di grandi
crisi, anche se in ritardo. Potrebbe esser stata richiamata da Tu-Sai-Chi,
oppure dal nostro spettacolo pirotecnico di sei mesi fa. Immagino che
l’estensione attuale potrebbe essere stata raggiunta in sei mesi».
Hermione
annuì, avvicinandosi per sbirciare a sua volta gli appunti. «Probabilmente
Excalibur ha ricostruito la civiltà sana
dei suoi tempi, riportando indietro le grandi personalità dell’intero ciclo
arturiano… avremo un Artù, un Merlino… ma è tutta un’illusione?».
«Suppongo
di sì, ma finché non conosceremo l’ipotetico Artù non potremo saperlo» rispose
Draco, scuotendo il capo. «La leggenda del Re Eterno è nota anche ai babbani,
potrebbe essere scollegata da quella
di Excalibur… probabilmente si tratterà del sindaco della cittadina preso
dall’Incantesimo. Tutto sarà una finzione, anche se ben congegnata».
Hermione
annuì, apparentemente tranquilla. «Stando alle foto non aveva la spada con sé,
quindi dovrebbe essere nascosta da qualche parte all’interno delle mura stesse.
Magari in una roccia nel mezzo della foresta…» divertita, gli fece
l’occhiolino. «Pensi di essere degno di estrarla? Un vero cavaliere?».
Draco
sbuffò, passandole un braccio intorno alle spalle e spingendola verso il ponte
levatoio, l’unico ingresso al villaggio. Il fossato apparso sembrava piuttosto
profondo ed usare la magia era altamente sconsigliabile. Cosa avrebbero fatto
se li avessero presi per maghi oscuri? «Io sarò un cavaliere quando tu
diventerai l’apprendista di Merlino, il quale, te lo ricordo, era un
Serpeverde».
«Mai dire
mai» disse, sibillina, lei, pizzicandogli il fianco. «Non preoccuparti, credo
anche io sia opportuno mantenere un basso profilo finché saremo qui… sarebbe
meglio cambiare anche tipo di vestiario, non credo che il tuo completo Armani
sia adatto al periodo arturiano» gli fece notare, occhieggiando al completo
elegante che lui aveva acquistato durante l’ultima visita a Parigi.
Parigi,
che era stata soltanto l’ultima delle capitali europee che lui le aveva fatto visitare
durante i mesi precedenti. Aveva detto che le avrebbe mostrato il mondo e
sembrava intenzionato a mantenere la promessa. Per il viaggio di nozze avevano
pensato di visitare l’Egitto.
Draco
fece una smorfia, tuttavia annuì. «Faccio io, tu saresti capacissima di
trasfigurare questi pantaloni in una poco dignitosa calzamaglia».
In
risposta, Hermione rise.
***
«Dovevi necessariamente darmi un vestito così
scollato, vero? E questo mantello nero? È terrificante, credo sia stato
fuorimoda anche ai tempi del vero Re Artù» si lamentò, per l’ennesima volta,
fulminando con la coda dell’occhio l’aitante cavaliere che camminava al suo
fianco. Draco, naturalmente, aveva riservato a se stesso un completo degno di
una fiaba, completo di incantevole spada e con un mantello di un bel verde
scuro, intonato a tutto il resto. A lei, invece, aveva riservato un abito
incantevole, certo, ma che lasciava scoperta un bel po’ di pelle sul seno, era
di un tessuto che lei non riusciva ad identificare, di un blu molto intenso e
con ricami d’oro. «Avrei preferito un abito sul rosso. Dopotutto, tu ti sei
vestito con i colori di Salazar».
Draco
sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Rosso, certo, poi avrei potuto ricamarti
una bella “A” sul petto e mandarti alla ricerca di nuove fonti di reddito4»
le disse, annoiato. Hermione si accigliò, prima di annuire. Effettivamente era
un colore poco adatto a quel
determinato periodo storico, soprattutto non con una scollatura come quella.
«L’incantesimo ha fatto le cose per bene, senti un po’ che odore…» inspirò dal
naso, guardandosi intorno. Hermione lo imitò, arricciando il suo. «Puzza di
urina, escrementi e… credo sia peste,
non credi anche tu, Mon Ange?».
Hermione
annuì, disgustata, saltando oltre una pozza maleodorante dall’origine non chiara.
«Per fortuna mi sono premurata di farti fare i vaccini necessari, Draco, ti
potresti beccare delle malattie assurde in questo luogo. Credo di aver visto un
uomo con la varicella, abbandonato in
un angolo. Una volta si moriva di una sciocchezza simile» si lamentò, scuotendo
il capo.
Il
villaggio era esattamente come lei l’aveva immaginato: le case moderne erano
sparite, sostituite da quelle che non erano niente più che baracche di legno,
fango e pietra. Le condizioni igieniche erano essenzialmente nulle, la tanfa di
sporcizia era insopportabile, tuttavia l’insieme era incantevole a modo suo. Incantevole come sarebbe potuto essere un
cucciolo di squalo, certo, ma tuttavia per Hermione era impossibile non esserne
affascinata. Quante volte aveva letto di quel periodo storico nei libri? Quanti
film aveva visto?
«Dobbiamo
mantenere un profilo basso» si lamentò Draco, scuotendo il capo. «Se anche
dovessi vedere qualcosa di strano, cerca di tenertene alla larga. Le bacchette
sono proibite» si raccomandò poi, lanciandole un’occhiata storta. «Niente
insulsi atti di eroismo».
«Non sono
un’idiota, Draco» gli rispose lei, secca, osservando con curiosità un uomo
messo alla gogna venire colpito da ogni genere di frutta e verdura marcia. Era
una pratica che aveva sempre considerato barbara, tuttavia, in quel contesto,
non riuscì ad evitarsi di sorridere: era una brutta situazione, lui doveva
sentirsi umiliato, tuttavia un po’ di verdura era un ottimo diversivo dalla
terrificante condizione che li circondava. I bambini ridevano, guardandolo, ed
il loro pianto poteva finalmente interrompersi. Non c’era fame, non c’era
paura.
Il regno
di Artù era stato incredibile, ricco più di altri, ma era sempre un regno
dell’Alto Medioevo, la povertà era all’ordine del giorno, così come la morte e
la sporcizia.
Draco,
con un sorriso gentile, si avvicinò per sfiorarle la guancia con la punta delle
dita. «A cosa stai pensando? Fai quella faccia cupa soltanto quando Potter si
mette nei guai o non sai come spiegare al tuo capo di non poter sempre
rimettere al loro posto i suoi documenti importanti».
Lei
sospirò, indecisa, prima di puntare gli occhi nei suoi. «Davvero credi che
qualcuno potrebbe voler restare qui? Potrebbero scegliere questo piuttosto che il nostro tempo?» domandò, confusa, indicando
ciò che li circondava con un gesto. In quell’istante, un cane ed un mendicante
presero a contendersi dei resti della colazione lanciati dalla finestra da una
donna ben pasciuta. «È affascinante, lo capisco, ma…».
«Te l’ho
spiegato» le disse in un sospiro, scuotendo il capo. «Alcuni di noi risentono
molto della segretezza che circonda il mondo magico. La società purosangue
credeva di aver raggiunto il suo momento di gloria con Voldemort, e, con la sua
caduta, è rimasta per la buona parte delusa, piena di rancore. Se l’incantesimo
dovesse colpirci tutti, probabilmente loro diventerebbero una nuova nobiltà,
tutto questo orrore non li toccherebbe minimamente». Con un gesto tremendamente
elegante, le baciò il dorso della mano. «Non tutti sono stati abbastanza
fortunati da trovare la pace».
Hermione,
nonostante il rossore sulle guance, non era assolutamente convinta. «D’accordo,
ma…».
«Aiutatemi!».
Con uno
scatto veloce del capo, Draco ed Hermione si voltarono e si ritrovarono a
fronteggiare una creatura terribile - con il corpo di leone, la testa d’uomo e
la coda di scorpione – intenta ad inseguire una ragazzina di poco più di
quindici anni, già visibilmente stanca per la fuga che doveva essersi protratta
per un lungo tratto di bosco. La coda con pungiglione scattò nervosamente,
urtando dei carretti che si erano sfortunatamente presentati sulla sua via.
«Quella è
una manticora» la sorpresa di Draco
venne smorzata dalle urla terrorizzate della gente intorno a loro e dal rumore
delle spade che venivano velocemente estratte. I cavalieri – quelli della
Tavola Rotonda? – si erano precipitati intorno alla ragazza, ma nessuno di loro
poteva naturalmente intervenire. L’acciaio era nullo contro la manticora. Anche
i comuni incantesimi erano nulli con quella creatura. «Cosa ci fa una manticora
qui? Sono originarie della Grecia!».
Hermione
scosse il capo, pietrificata per il momentaneo terrore. Non aveva mai avuto un
faccia a faccia con quella bestia, ma aveva letto abbastanza da essere consapevole di quanto grave fosse la loro
situazione. «Se tu avessi seguito le lezioni congiunte di Hagrid
e Rüf, al sesto anno, sapresti che Merlino aveva portato alcuni esemplari in
Inghilterra, dovevano proteggere i confini di Camelot5» gli rispose,
senza evitare a se stessa di far la so-tutto-io. Gli lanciò un’occhiata storta,
tirando fuori la bacchetta. «Evidentemente sono tornate anche loro… Draco, lo
sai che-».
«Senza di
noi non hanno speranze, lo so» si lamentò lui, laconico, tirando fuori la
propria arma. I Cavalieri si erano fatti avanti, le loro lame cozzavano senza
risultati contro il pungiglione e la ragazzina continuava a piangere fra le
zampe della bestia. La testa umanoide stava muovendo le proprie labbra ed
Hermione sapeva che stesse canticchiando una melensa melodia6,
rituale d’obbligo prima del sacrificio di una vittima «Ed io che volevo
mantenere un profilo basso… AvadaoSectumsempra?»
le chiese poi, con una smorfia.
«Prova tu
con l’Avada, lo sai che io non sono a mio agio» gli
rispose Hermione, con una smorfia. Guardò con attenzione la manticora, sentendo
un nodo gelido all’altezza dello stomaco nel sentire i lamenti disperati della
povera sventurata fra le sue zampe. Sapeva di star per essere mangiata? Era
consapevole di quello che sarebbe stato il suo destino, se loro non fossero
intervenuti?
Con un
movimento perfettamente coordinato, entrambi sollevarono le bacchette e le
puntarono contro la bestia, che venne quasi immediatamente colpita da due raggi
di luce, uno dei quali di un inquietante verde smeraldo. Il colpo non la
uccise, dopotutto Hermione non ci aveva sperato un granché, tuttavia la stordì
e la spaventò. La terribile melodia che sembrava voler diventare la colonna
sonora di un omicidio si interruppe, il silenzio agghiacciato del paese venne
rotto solo dai lamenti della povera ragazzina. La manticora gemette,
addolorata, poi girò sulle proprie zampe e si diresse di gran carriera verso il
bosco, sparendo nel verde come se gli alberi l’avessero inglobata.
«Gattaccio
cattivo» sibilò Draco, con una smorfia, annuendo soddisfatto nel constatare la
sua fuga.
«Tornerà»
disse invece Hermione, preoccupata, senza riporre la bacchetta. «Pensi che
dovremmo lanciare qualche incantesimo protettivo, per tenerla fuori? È ciò che
ha fatto Merlino, secondo il professore. Non voglio paragonare le mie capacità
a quelle del più grande mago mai esistito, ma penso di poter fare qualcosa di
decente» valutò, grattandosi nervosamente il naso.
«Abbiamo
un altro problema adesso, Hermione» le fece notare Draco, con una smorfia. Lui si
era girato ad indicare qualcosa alle
loro spalle, ma Hermione sapeva già cosa avrebbe trovato, voltandosi: le
pizzicava la nuca a causa di tutti gli sguardi puntati sulla sua schiena. Si
erano esposti, avevano dimostrato di non essere comuni cittadini. La vecchietta
che aveva fatto la segnalazione era stata quasi bruciata viva a causa di una
macchina fotografica, cosa avrebbero fatto a loro?
Con la
coda dell’occhio, Hermione notò un cavaliere avvicinarsi alla ragazzina,
aiutandola a rimettersi in piedi. Era un uomo alto, ben piazzato, con folti
capelli scuri ed occhi chiarissimi, la sua espressione pacata e gentile le era
estremamente familiare, nonostante non riuscisse a comprendere perché.
«Hermione»
la richiamò Draco, posandole la mano sul braccio e spingendola a voltarsi. Un
altro cavaliere, meno giovane del primo e con un’espressione indecifrabile in
viso, si fece avanti lentamente, cauto, osservandoli entrambi come se avesse
voluto soppesare le loro capacità. Il mago dovette pensare che fosse preferibile
fare il primo passo, quindi abbassò la bacchetta. «La creatura avrebbe ucciso
la ragazza, se noi non fossimo intervenuti» fece notare, con voce ferma ed
incolore, raddrizzando le spalle ed assumendo il cipiglio che lei era solita
definire “sguardo da Lord”.
Il
cavaliere li osservò in silenzio, poi chinò il capo con rispetto. «Non sono un
esperto di Magia, ma ho degli occhi funzionanti, messere» gli rispose,
vagamente ironico. «Avete salvato la nostra piccola Marie, è la figlia del
medico di corte, uno dei consiglieri del Re» spiegò, mentre l’uomo dai folti
capelli scuri prendeva fra le braccia la poverina, consegnandola ad altri
cavalieri e raggiungendo colui che doveva essere il suo capitano. «Voi… voi
provenite dall’Isola Sacra?» chiese poi l’uomo, a labbra strette.
Hermione
e Draco si lanciarono un’occhiata confusa, non sapendo bene cosa rispondere. Isola Sacra? La memoria di Hermione
sembrava girare a vuoto nel suo cervello, alla ricerca di informazioni utili. Isola, isola…
«Sì,
siamo arrivati da Avalon6. La Gran Sacerdotessa ci ha inviati
affinché potessimo incontrare il Maestro Merlino» si fece avanti lei,
improvvisamente illuminata. Ovviamente
era Avalon. L’isola, che stando ai recenti studi
attualmente doveva trovarsi vicino Glouchester, era considerata
la principale rivale di Hogwarts nell’educazione dei giovani maghi e streghe.
Merlino e Morgana erano stati i fondatori dell’accademia, però questa era
andata perduta con la fine di Camelot, divenendo la
tomba eterna del Sovrano che sarebbe ritornato. Che Merlino stesse aspettando
qualcuno dall’isola che in realtà non c’era più?
Il
Cavaliere si inchinò di più, con rispetto. «Immaginavo fosse così, Vostra
Grazia» le disse, rispettoso. I maghi e
le streghe di Avalon erano considerati alla stregua dei
principi del sangue. «Vi siamo infinitamente grati per esser intervenuti.
Se alle Vostre Eccellenze fa piacere, Sir Gawaine vi accompagnerà al Castello,
così che possiate rinfrescarvi ed incontrare il Maestro ed il Re».
Draco
sorrise, soddisfatto. Con buone probabilità aveva iniziato a ripetersi quel
titolo onorifico come un mantra, gonfiando in modo smisuratamente il suo già
immenso ego. «Sir Gawaine?» chiese tuttavia, vagamente ammirato, guardandosi
intorno. L’unico in procinto di avvicinarsi era il moro dall’aria familiare,
che si inchinò davanti a loro. «Lo stesso che ha sconfitto il Cavaliere verde7?»
chiese poi, curioso, osservando con un cipiglio strano il giovane.
Gawain
sorrise, gentile e privo di qualunque traccia di egocentrismo. «Sono io, sì»
confermò, facendo accigliare ancora di più Hermione. Lei conosceva quella voce,
ne era assolutamente certa. «Vi ringrazio di aver aiutato Marie, suo padre è un
mio caro amico, so quanto sia legato alla più giovane della sua prole» disse,
con un sorriso meraviglioso. «Devo complimentarmi per la vostra magia, siete
stati molto eleganti nei movimenti».
Hai
una mano fermissima, un movimento davvero elegante!
Hermione
si rese conto di aver spalancato la bocca per la sorpresa solo un attimo dopo
averlo fatto. In quel momento risultò chiarissimo chi fosse quel cavaliere e
perché le risultasse tanto familiare. Erano trascorsi solo poco più di sei anni
da quando avevano combattuto fianco a fianco, il suo sguardo era rimasto sempre
lo stesso, per quanto più maturo. «Anthony Goldstein?»
lo chiamò, senza potersi trattenere, afferrando Draco per il mantello. Anche
lui sgranò gli occhi, in quell’istante, rendendosi improvvisamente conto di chi
avessero davanti.
Il loro
vecchio compagno di scuola si accigliò, naturalmente non riconoscendoli. «È il
nome del Cavaliere Verde? Vi ringrazio della cortesia, Vostre Grazie, ritengo
sia onorevole conoscere l’identità di chi sto per affrontare nuovamente»
comunicò loro, inchinandosi con grazia. «Se volete seguirmi, vi accompagnerò al
Castello».
Osservandolo
voltarsi ed iniziare a fare strada, Draco ed Hermione non riuscirono a non
scambiarsi un’occhiata complice. Anthony era stato Presidente del Club dei
Duellanti e non c’era una persona in tutta la scuola che avesse dei modi incantevoli
come i suoi, neppure Draco o BlaiseZabini. Perfetto gentiluomo d’altri tempi, si era
guadagnato un posto d’onore nelle competizioni internazionali ed era diventato
insegnante del Royal Cambridge Duelling
Club8, la migliore scuola di Duello dell’intero Nord Europa.
Stando alle ultime notizie, aveva recentemente sposato l’unica figlia del
Rettore, oltre che campionessa europea in carica, Lady Druella Fitzroy, e con lei era partito per un viaggio di nozze
intorno al mondo.
Com’era
divenuto la reincarnazione di Sir Gawain?
Prima che
il cavaliere potesse sparire nel nulla, Draco si inchinò, cerimonioso, e porse
il braccio alla sua accompagnatrice. «Vostra Grazia, dopo di lei».
Ci
sarebbe stato tempo per capire, in
quel momento era fondamentale che riuscissero a raggiungere Artù e che
conquistassero al sua fiducia e quella di Merlino.
Dopotutto,
erano appena diventati gli allievi di Avalon.
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Sono assolutamente entusiasta del seguito ottenuto da questa storia!
Davvero, non credevo che avreste risposto subito e così bene! Vi ringrazio
tantissimo e spero sinceramente di non deludervi!
Avevo promesso una mini-fic, adesso, tuttavia,
non ne sono poi così certa. Non aspettatevi il malloppone
di trenta capitoli, eh, ma probabilmente saranno più di quattro.
Punti importanti:
» 1 – Il Vallo di Adriano è una fortificazione in pietra – essenzialmente
un lungo muro – costruito per volontà dell’Imperatore Adriano con lo scopo di
dividere l’Impero Romano da quello dei “barbari”. Il Vallo fa parte del
cosiddetto limes romano, che, appunto, indicava i limiti
estremi dell’Impero stesso. Scusatemi, sono ossessionata, abbiate pietà.
» 2 – Questa cosa degli oggetti viene ripresa dalla mia Long. Ne ho
indicati sei soprattutto perché non sapevo più che pesci prendere! Devo
informarmi di più! ;)
» 3 – Sono manifestazione della Magia nella
sua essenza più pura, non sono stati costruiti
da nessuno e spesso sono leggendari. Hanno una propria coscienza che, per manifestarsi, deve passare
attraverso altre persone (come una possessione demoniaca, avete presente?),
proprio com’è successo nella mia long.
» 4 – Riferimento a “La lettera scarlatta” di N. Hawthorne.
Ovviamente il contesto storico è diverso (il periodo arturiano dovrebbe
risalire al V o VI secolo d.C.) poiché il romanzo è ambientato nel XVII secolo,
tuttavia il rosso è sempre stato un colore pericoloso, soprattutto se indossato
da una donna, e Draco ha preferito evitare che qualcuno potesse farsi idee
strane su Hermione. Nel romanzo, infatti, le donne accusate di adulterio o, in
generale, di vita dissoluta, erano costrette a farsi cucire una A scarlatta
sugli abiti, per poter essere riconosciute.
» 5 - Ovviamente è una cosa inventata da me. All’inizio avevo pensato di
inserire un Drago, poi un Grifone… ma la Manticora ha fatto più impressione! Ci
saranno anche altre creature, comunque, non preoccupatevi!
» 6 – La manticora – testa umana, corpo di leone e coda di scorpione – è
solita canticchiare una melodia dolce prima di mangiare le sue vittime. Ditemi
se per voi non è inquietante, perché a me sono venuti i brividi.
» 7 – Qui dobbiamo fare un discorso preparatorio. Io sono un’appassionata
di Merlin – la serie tv – ed ho sempre amato alla follia i Cavalieri della
Tavola Rotonda, fra i quali spiccavano sia Gawain che Percival. Nel mito,
Gawaine era il nipote (nel senso che il Re è suo zio) di Artù e qui ha quel
ruolo, oltretutto ho fatto riferimento al romanzo cavalleresco “Sir Gawaine e
il Cavaliere Verde”. Gawaine in realtà è Anthony Goldstein,
che io ho sempre immaginato essere un giovanotto meraviglioso. Probabilmente è anche colpa di Savannah e del suo
modo di descriverlo!
»8 – Sempre riferimento a Savannah, l’idea del Club dei Duellanti mi ha
sempre affascinata da impazzire. Non
ce la faccio a non sentirmi di nuovo un’adolescente ormonata
(detta così sembrerebbe quasi che io abbia trent’anni e non ventidue) al
pensiero del mio meraviglioso Anthony (perché io sono innamorata del mio Anthony) che si cimenta in combattimenti
eleganti quanto un incontro di scherma. Il Club in questione non esiste, ma
immaginate una scuola di duello fondata alla fine del Milletrecento dalla
famiglia Fitzroy (la famiglia della moglie di
Anthony, che spunterà a sua volta nel prossimo capitolo) e che ha guadagnato
una fama mondiale mai pareggiata. I membri del Club hanno vinto competizioni
per secoli ed Anthony non è altro che
la punta dell’iceberg.
» Dal prossimo capitolo incontreremo i veri protagonisti della storia,
quali Merlino, Artù, Ginevra, Lancillotto e tutti gli altri. Vi avverto, io odio Ginevra con ogni fibra del mio
corpo ed odio Lancillotto quasi quanto lei.
Draco vestito da cavaliere, non smetterò mai di ripeterlo.
Il prossimo capitolo probabilmente tarderà di un paio di giorni, martedì
avrò un esame che mi ha tenuta sui libri dai primi di agosto e che è stato
continuamente rimandato. Sto morendo di
paura. Tenetemi nei vostri pensieri, ne avrò bisogno!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Si era resa conto di quanto Draco sarebbe stato
contrariato dal loro soggiorno al castello solo quando avevano attraversato il grande
portone di legno intarsiato ed una lunga schiera di servi in livrea scarlatta
si era inchinata davanti a loro.
Gli allievi di Avalon erano sacerdoti e
sacerdotesse, non avevano diritto al matrimonio.
«No» stava ripetendo lui, per l’ennesima volta,
dopo essersi infiltrato come un ladro nella camera che la serva le aveva
riservato ed aver iniziato a borbottare come una teiera sul fuoco. «Non mi
importa, non ho la minima intenzione di fingere di essere un tuo amico, Mezzosangue! Ero il tuo futuro
marito anche prima che potessimo anche solo sopportarci1,
non inizierò una commedia diversa proprio adesso» continuò, facendo i capricci
come un ragazzino ed imbronciando le labbra in una fedele imitazione di Teddy
Lupin davanti ai broccoli.
«Non essere sciocco, Draco, per favore» sbottò
allora lei, per l’ennesima volta,
sedendosi alla toletta all’angolo della stanza per potersi dare una
rinfrescata. Fortunatamente nessuno si era offerto di aiutarla, contando,
probabilmente, che la sua magia fosse più che sufficiente. «Dovremo restare qui
solo pochi giorni e tu hai già dimostrato di essere parecchio abile a sgusciare
in giro senza farti notare, non capisco quale sia il problema, davvero». Doveva davvero sistemarsi quei capelli,
sembrava avesse un nido d’aquila in testa. «Faresti bene a cambiare i tuoi
abiti, ti ho già dato il disegno delle divise usate ad Avalon nel periodo
arturiano, dobbiamo calarci nel ruolo».
Il grugnito con cui lui rispose valse più di mille
parole, ma, non pago, ricominciò a lamentarsi. «Vedrai, tutti i cavalieri non
ti toglieranno gli occhi di dosso ed io non potrò neppure schiantarli!» sbottò,
incrociando le braccia e lasciandosi cadere sul letto. «E quella tunica
disgustosa che mi hai fatto vedere di certo non la indosserò mai. Se Merlino
chiederà spiegazioni, gli racconterò che mi è stato concesso di vestire in modo
diverso per poter usare la spada».
«Un Mago non ha bisogno di una spada, Draco» gli
fece notare lei, accigliata. «Hai visto anche tu cos’è successo con la Manticora».
«Vallo a chiedere a Godric Grifondoro2,
se proprio non mi credi» sbottò lui, con un sorrisino divertito. «Mi sorprende
che proprio tu non lo sappia! Un tempo era normale
che i maghi indossassero armi comuni, nel caso in cui fossero stati costretti a
scontrarsi con dei babbani inconsapevoli della magia. Sì, so che a Camelot non
è mai successo, qui la magia era libera, ma noi abbiamo affrontato un lungo
viaggio, ergo…».
«D’accordo, puoi portare la spada per viaggiare,
ma questo non ti concede certo il diritto di-».
«Mezzosangue, io quella tunica non me la metto, mi
farebbe sentire come il vecchio preside della malora3». E con questo pose fine alla conversazione
sul vestiario. «Piuttosto, Goldstein.
L’hai chiamato per nome e non si è reso conto di nulla, esattamente com’è
successo fra la vecchia testimone ed il fratello che si crede Merlino. Mi
sembra piuttosto assurdo che sia sparito da mesi e nessuno l’abbia fatto
notare, soprattutto sua moglie».
Hermione annuì, finendo di intrecciarsi i capelli
con un colpo di bacchetta. «Ho incontrato Lord Fitzroy qualche settimana fa,
durante una delle mie visite di controllo al San Mungo4» mormorò,
accigliata. «Mi è sembrato piuttosto tranquillo, si era presentato in ospedale
per poter accompagnare uno dei suoi allievi che era rimasto ferito durante una
sessione d’allenamento. Quando mi ha riconosciuta ha voluto sapere per filo e
per segno dei dettagli sulla nostra ricerca».
Draco annuì, giocherellando con un filo scucito
del copriletto fatto a mano. «Io l’ho incontrato un mesetto fa, dopo il
matrimonio di sua figlia. Ci conosciamo da anni, i miei genitori sono stati
invitati alle nozze… mi ha detto che gli avrebbe fatto piacere avere anche noi
due, ma io ero in missione e-».
«E tu gli
hai detto che io non stavo ancora bene» gli sibilò contro Hermione,
balzando in piedi e puntandogli contro il dito. «Ecco perché tua madre è venuta
a trovarmi, prima di andare al matrimonio! Quando mi ha vista in perfetta
salute ha sbuffato e ha detto che sei un idiota… sapevo che c’era una ragione, sotto!» continuò ad invenire,
poggiandosi le mani sui fianchi in una fedelissima imitazione di Andromeda
Tonks con il nipotino. «Non puoi permetterti-».
«Hermione». Il fatto che lui avesse utilizzato il
suo nome, piuttosto che qualche altro appellativo, le impedì di continuare. Era
raro che succedesse e, generalmente, accadeva quando lei era pesantemente in
torto o lui riteneva di essere
totalmente nella ragione, spesso sbagliando a sua volta. «Saresti davvero
andata ad un matrimonio pieno di purosangue, molti dei quali spocchiosi o con
parenti spediti ad Azkaban per causa tua?
Oltretutto saresti stata costretta a passare il tuo tempo con i miei genitori,
venendo presentata come la loro futura
nuora. Davvero ci saresti andata? Davvero?»
le chiese, con il sopracciglio inarcato e l’aria da sarcastico principino
stampata in viso, così compiaciuta da far nascere nella strega l’irrefrenabile
impulso di spaccargli la faccia con un altro pugno.
Tuttavia, Draco aveva ragione.
«Per quale motivo avrebbe voluto invitare anche
noi? Capisco i tuoi genitori, dopotutto anche noi dovremo invitare tutta quella
gente spocchiosa5, ma…» corrugò le sopracciglia, tornando verso la
toletta. Ancora aveva il viso dello stesso colore del gesso, avrebbe fatto bene
a darsi una lieve sistemata, così da non sembrare un cadavere. Ed avrebbe dato
qualunque cosa pur di non dover fronteggiare lo sguardo vittorioso che lui le
avrebbe sicuramente lanciato.
Draco, che naturalmente
non sembrava disposto a negarle la sua occhiata compiaciuta, la raggiunse,
fermandosi alle sue spalle e prendendo ad accarezzarle la linea del collo con
la punta delle dita, sorridendo nel sentire la pelle d’oca di lei. «Io ed Ella
siamo amici da anni, abbiamo frequentato la stessa scuola privata, prima di
Hogwarts» spiegò, chinandosi per lasciarle un bacio sulla guancia,
improvvisamente rallegrato dal rossore che immediatamente la colorò. «Lei poi
ha studiato da privatista, ma siamo rimasti sempre in contatto. Sai, io c’ero
il giorno in cui lei ed Anthony ebbero il primo scontro… fu memorabile».
Hermione gli dedicò un’occhiata curiosa tramite il
riflesso nello specchio. «Memorabile nel senso colpo di fulmine? Dove si sono conosciuti, ad una qualche festa per
spocchiosi purosangue in cui parlate male di quelli come me e fate piani per la
conquista del mondo?» gli chiese, senza nascondere una punta di ironia. Le sue
frequenti battutine riguardo tutta la società da cui lui proveniva erano
all’ordine del giorno ed ormai avevano perso buona parte della iniziale cattiveria6.
Draco, senza quasi battere ciglio, trasfigurò una
rosa in un meraviglioso pendente a medaglione, che poi le passò intorno al
collo. «Qui potrai nascondere l’anello di fidanzamento, così potrai sempre
portartelo dietro» le comunicò, per poi scuotere il capo, con un sorrisino
divertito. «Quanto a quei due, mi dispiace deluderti ma il loro primo incontro
è stato ad una competizione nazionale, il Torneo
dei Tre Gigli7, cheviene
organizzato in memoria del fondatore del Club dei Fitzroy. Anthony è arrivato
in finale, contro Ella… lei non ha preso bene il fatto di non averlo battuto
alla prima stoccata» il suo divertimento era evidente nel luccichio del suo
sguardo. «Lo ha sfidato nuovamente, allora, e questa volta è stato lui a vincere».
Hermione, cominciando a comprendere come dovevano
essersi evolute le cose, sorrise. «Allora lo ha sfidato di nuovo, perché non poteva accettare la sconfitta,
vero?» azzardò, ridacchiando quando lui annuì.
«Continuò a sfidarlo per mesi ed arrivarono al punto da non riuscire più a decretare un
vincitore. Poco più di quattro mesi fa, alla fine, Anthony ha scommesso che se
fosse riuscito a colpirla con una sola maledizione lei avrebbe accettato di
sposarlo».
«Riuscì a colpirla?».
Draco scosse il capo, esasperato. «Neppure per
sogno. A quel punto, però, è stata lei a dirgli che, se fosse riuscita a
colpirlo, lui si sarebbe dovuto
inginocchiare e farle una proposta come si deve» spiegò, ridacchiando
probabilmente al ricordo dell’evento in questione. «Secondo il racconto del mio
uccellino di fiducia, Anthony ha praticamente accolto lo Stupeficium a braccia aperte».
Hermione si accigliò. «Il tuo uccellino?».
«Blaise, ovviamente».
Il sorriso che si scambiarono avrebbe potuto far
saltare la loro copertura senza alcuna spiegazione aggiuntiva.
***
«Vostre Eccellenze, stavo venendo a chiamarvi».
La giovane cameriera li aveva raggiunti proprio
quando si erano decisi a lasciare le loro stanze per fare un giro esplorativo
per tutto il castello, ma Draco temeva che quell’eccentrica ragazzina fosse
sempre stata dietro l’angolo, troppo spaventata per pensare di avvicinarsi
immediatamente. Aveva dei piccoli occhietti scuri ed era leggermente
sovrappeso, ma il particolare più importante erano di certo i capelli, con un
taglio a spazzola e le punte azzurre. Con buone probabilità, era stata una
delle ultime persone colpite dal sortilegio. Il suo naso portava ancora i segni
evidentissimi di un disgustoso numero di piercing.
«Potevamo tranquillamente raggiungervi nella Sala
del Trono» si fece avanti Hermione, intenta a guardare i propri piedi per non
inciampare lungo le tortuose scale di pietra. Nonostante i sette anni trascorsi
ad Hogwarts indossando la divisa ed i mantelli, non riteneva d’essere capace di
muoversi indossando il vestito. Le sue vesti erano meravigliose,
incredibilmente simili a quelle che tante volte lui aveva visto indosso a
Morgana, nelle centinaia e centinaia di ritratti che affollavano le sale di
Hogwarts e di tantissime altre case. Il velluto blu sembrava morbidissimo, le
cadeva sui fianchi in un modo assolutamente delizioso. Se fossero stati soli,
avrebbe trovato il modo di farle sapere quanto
avesse apprezzato quella scelta di vestiario.
Ma gli
allievi di Avalon erano sacerdoti.
«Oh, no, Vostra Eccellenza, il Re temeva che
poteste perdervi» rispose ancora la cameriera, lanciando uno sguardo veloce
fuori da una piccola finestra. C’era una certa nostalgia, nel suo tono, e Draco
si chiese se forse una parte di lei
riuscisse a ricordare la vita di prima, quella che era stata costretta ad
abbandonare. Forse era una babbana che si era ritrovata improvvisamente non
soltanto immersa nel passato, ma addirittura in un passato popolato di creature
magiche, streghe e stregoni. «Il Castello è enorme, anche noi servi spesso ci
perdiamo. Se poi aveste imboccato le scale che vanno ai sotterranei,
probabilmente non sareste più tornati. I corridoi sembrano spostarsi, anche il
grande Merlino evita quel postaccio».
«Anche il Maestro li evita?» con il tono più cortese
di cui fosse in possesso, Draco chiese spiegazioni riguardo l’ultima
affermazione della loro accompagnatrice. Anche Hermione sembrava interessata,
tuttavia rimase in silenzio. Sapevano entrambi che sarebbe stato meglio
lasciare le sue competenze inquisitorie per i momenti di forte necessità8.
«Interessante, non trovi anche tu? Un maestro come Merlino, così competente…
per quale motivo potrebbe aver paura dei sotterranei?».
La cameriera si strinse nelle spalle, scendendo
gli ultimi gradini della piccola scalinata a chiocciola. Si trovarono quindi
nello stesso immenso salone in cui si erano ritrovati non appena arrivati al
Castello. Per l’ennesima volta, Draco si ritrovò abbagliato dalla meraviglia di
quelle altissime vetrate e dai meravigliosi stendardi rossi e argentati che
rappresentavano il leone della famiglia Pendragon9, la dinastia di
Re Artù. Le armature erano pulite, lucide, dei cavalieri si aggiravano per
l’altissima sala con una nonchalance che nessun attore avrebbe potuto mai
ottenere.
«Merlino sarà con il Re?» interrogò Hermione, non
più rapita dall’ambiente come invece era lui. «Vorremmo davvero incontrarlo,
siamo stati inviati qui per bearci della sua conoscenza» aggiunse, chinando il
capo in direzione di un cavaliere che, passando, si era profuso in una
elegantissima riverenza, accompagnata da uno sguardo interessato.
Draco sibilò in direzione dell’uomo, che tuttavia
non gli prestò grande attenzione, ormai vicino alla porta.
Che
stronzo.
«Naturalmente, Merlino non lascia mai il fianco del
Re, se non in poche circostanze» spiegò la cameriera, tranquilla,
accompagnandoli verso le grandi porte che si trovavano alla fine del corridoio
d’ingresso. La sala del Trono?
«Temiamo un attacco dalla Fata,
sapete. È preferibile che i Cavalieri ed il Maestro non lascino mai il fianco
di Sua Maestà, non vorremmo mai che la storia si ripetesse».
La storia.
Artù, che aveva inconsapevolmente giaciuto con la
sorella e dato i natali a Mordred, portatore della sua morte.
«Posso capire la vostra premura, naturalmente»
concordò Draco, annuendo leggermente. «Ma adesso possiamo continuare da soli,
non vogliamo certo occupare il tuo tempo» le disse dopo, con un tono che non
ammetteva alcun tipo di opposizione, aggiungendo anche un gesto elegante della
mano, obbligandola a congedarsi. Il suo atteggiamento da Lord si era dimostrato
nuovamente utile.
La cameriera, vagamente stizzita, si inchinò
velocemente e, dopo aver lanciato un’occhiata carica d’invidia ad Hermione,
sparì oltre una porta nascosta dietro un’armatura, probabilmente diretta alle
cucine.
«Non ha fatto altro che mangiarti con gli occhi»
fu la prima cosa che disse la sua futura moglie, afferrandolo per il braccio e
trascinandolo verso la Sala del Trono. «Tu credevi di dover difendere il mio onore, invece sono io a doverti
proteggere!» gli sibilò, fulminando una dama che, spaventata, si affrettò a
cambiare strada. «Avresti dovuto indossare la tunica, come ti avevo detto».
Draco si accigliò, senza riuscire a nascondere un
sorriso. «Sei forse gelosa, Mon Ange?»
le domandò, facendole l’occhiolino, per poi tornare a guardare davanti a sé. Se
si fosse lasciato prendere, avrebbe mandato al diavolo la loro copertura. «Hai
sentito? Merlino evita i sotterranei».
Lei annuì, tornando seria. «E non lascia il fianco
di Artù. Pensi potrebbe saperne qualcosa? Dopotutto, sappiamo che è un Mago. Se
avesse trovato Excalibur e ne avesse sfruttato il potere? Tu stesso hai
ripetuto più volte che nella società Purosangue il sogno di Camelot è radicato
nella vostra cultura».
«Probabile» concordò lui, preoccupato. «Se davvero
c’è un mago, dietro l’improvvisa presa di potere della spada, di sicuro avrebbe
scelto di essere Merlino, in questa nuova versione. Le foto fornite dalla
testimone antecedenti alla maledizione hanno mostrato che suo fratello fosse un
po’… scialbo» disse l’ultima parola
come se fosse stata il peggiore degli insulti, guadagnandosi un’occhiataccia
dalla Mezzosangue. «Voglio solo dire, mia cara, che avrebbe avuto tutte le ragioni
del mondo per lanciare la Maledizione e sfruttarla, diventando il mago più
potente della storia».
Anche se ancora accigliata, lei annuì. Ormai erano
arrivati sulle soglie della Sala del Trono e due valletti attendevano proprio
lì, sulla porta, con in mano una pergamena ed un lungo bastone con pomello. Li avrebbero annunciati? Lui aveva sempre
voluto essere annunciato.
«Occhi aperti e poche confidenze con Merlino, se
dovesse capire chi siamo, cosa probabile, dovremo fingere di non avere idea di cosa stia accadendo. Dovremo
comportarci come Anthony» si raccomandò lui, facendo un cenno ai due valletti,
che si inchinarono. «Lord Abraxas Morgerstern e Lady Margot Sinclair» disse
poi, osservando il valletto con il bastone precederli nella stanza.
«Stai vivendo il momento migliore della tua vita,
non è vero?» gli domandò Hermione, ridendo, mentre facevano il loro ingresso
trionfale, accolti da inchini ed applausi. «Devo ammettere che è piuttosto
interessante. Mi ricorda quando siamo arrivati al Ministero, quando sono stata
dimessa».
Era stato, in effetti, un ingresso a dir poco
meraviglioso, fra grandi onori, ma non poteva essere paragonato a quello. Qualcuno stava suonando delle
trombe, nella balconata sopra le loro teste, e la gente distoglieva lo sguardo
con timore riverenziale.
Si
sarebbe potuto abituare.
Davanti a loro, su di un trono che avrebbe fatto
invidia alla Regina Elisabetta, un uomo sulla trentina osservava quella scena
con un meraviglioso sorriso gentile. Quando Hermione si irrigidì, sorpresa, lui
non riuscì neppure a darle torto: era semplicemente magnifico. I suoi capelli splendevano come l’oro, incuteva rispetto
pur essendo comodamente seduto. Quando si rialzò dal Trono, le ginocchia di
Draco tremarono.
No, non poteva essere un comune cittadino
trasformato.
Era lui,
l’Eterno.
Inginocchiarsi fu quasi una reazione involontaria,
anche per lui. «Vostra Maestà» mormorò, osservando la Granger con la coda
dell’occhio e ritrovandola tutta persa nella contemplazione. Ovviamente. «Il mio nome è Abraxas
Morgerstern e questa è la mia sorella,
lady Margot Sinclair. Siamo umili sudditi di Vostra Maestà, giunti da lontano
per conoscere lo splendore e la magnificenza di Camelot e del Maestro Merlino».
Il Re sorrise, scendendo dal suo podio e facendo
loro cenno di alzarsi, porgendo la mano ad Hermione. «Benvenuti, cari ospiti,
alla Corte di Camelot» li salutò, con una voce ferma e tonante, adatta ad un
sovrano. «Sono certo che il Maestro Merlino sarà lieto di assistervi nelle
vostre ricerche e di aprirvi le porte della sua conoscenza» aggiunse,
occhieggiando alle sue spalle, dove un vecchietto con barba e capelli lunghi e
bianchi li osservava divertito ed apparentemente gentile. Indossava una veste
rossa, molto simile a quella che la strega aveva tentato di far indossare a
Draco, simbolo degli Stregoni di Avalon, ed aveva in mano un lungo bastone
bitorzoluto, probabilmente contenente la sua bacchetta.
Non somigliava affatto alla foto dell’uomo che la
testimone aveva lasciato al Ministro, sembrava avesse vissuto altri
sessant’anni condensati in una settimana. Anche il suo sguardo era antico,
tuttavia non riusciva a sembrare convincente come Artù.
Nessuno sarebbe potuto sembrare più convincente di
Artù.
«Mio Signore, vi siamo immensamente grati dell’ospitalità»
mormorò Hermione, arrossendo come una scolaretta. «Il nostro è stato un lungo
viaggio e siamo onorati di poter fare
la vostra conoscenza» continuò, occhieggiando finalmente al sedicente Merlino,
che aveva fatto dei passi nella loro direzione.
«L’onore è tutto nostro, non è vero, Merlino?».
«Naturalmente, Vostra Maestà» il vecchio si
inchinò davanti al suo Re, sorridendo ai due giovani allievi. «Aspettavo notizie da Avalon con grande impazienza, ho
mandato tantissimi gufi ma non ho ricevuto alcuna risposta da parte della
vostra direttrice».
Perché
Avalon non esiste, stronzo, e tu lo sai benissimo.
«Oh, la Magia che circonda l’Isola ci protegge da
qualunque contatto esterno» inventò, con nonchalance, la Mezzosangue,
sorridendo pacifica verso il vecchio. «Siamo totalmente isolati, poiché tanti
mali si aggirano per questo nuovo mondo e noi non possiamo permettere che i
giovani iniziati vengano distratti».
Merlino, colpito, annuì. «Naturalmente. Io ho
fatto un incantesimo simile sulla cittadella, per evitare invasioni esterne. Il
nostro nemico non è lontano, purtroppo, e noi non siamo abbastanza forti da
difenderci» si lamentò poi, scuotendo il capo sconsolato, indicando quindi le
grandi finestre sulla loro sinistra. «Ho sperato fino alla fine che Morgause9
mandasse qualcuno per aiutare me e Madame
nella difesa e, per fortuna, gli Dei mi hanno ascoltato».
Accigliato, Draco fissò il vecchio senza capire.
«Madame?».
«Naturalmente. Nimue, la Dama del Lago. Sono sicurissimo che lei sarà lieta di vedervi, ha
studiato a sua volta ad Avalon, condividere dei vecchi ricordi con voi non
potrà che farla felice».
Merlino sembrava aver atteso solo una scusa sufficientemente
credibile per correre nella torre più alta del castello, dove viveva reclusa la
Dama del Lago. Nel momento in cui Artù li aveva congedati, lui aveva aperto la
strada verso la zona Nord, quasi saltellando su per gli scalini in piena eccitazione.
Insieme a loro, come scorta, c’era anche Anthony Goldstein che, contrariamente
al mago, sembrava sul punto di fronteggiare la peggiore fra le disgrazie del
mondo. Il suo viso era tirato, gli occhi gelidi nella loro agonia.
Hermione, nel momento stesso in cui aveva avuto
modo di restare relativamente da sola con lui, non aveva perso tempo per
informarsi su cosa gli passasse per la testa. Non era un atteggiamento da
Anthony, quello.
«Sta bene, Sir Gawaine?» gli chiese, cercando di
darsi un contegno e senza sembrare troppo impicciona. Dopotutto, lui non aveva
idea di chi lei fosse, avrebbe potuto liquidarla velocemente, ritenendo che
volesse soltanto farsi gli affari suoi o sfruttare le sue debolezze. «Avete
un’espressione davvero molto cupa».
Il Cavaliere, sorpreso forse dalla tranquillità
nel suo tono, la osservò con curiosità, prima di sospirare. «Mi dispiace di
avervi indisposta, Vostra grazia» la tranquillizzò, cercando, con poco
successo, di dedicarle un sorriso gentile. «Sono sempre felice di poter fare da
scorta al Maestro Merlino, ma… non mi sento a mio agio nella torre» confessò,
con un sorriso imbarazzato. «La prego, non me ne chieda il motivo, dovrei venir
meno ai miei giuramenti ed il mio onore non mi permetterebbe di sopravvivere»
la supplicò poi, fulminandola con i suoi meravigliosi occhi blu.
Quegli stessi occhi che Hermione aveva sempre
ammirato con un sospiro lontano, negli anni in cui Ronald era solo un amico e
Draco non era altro che un presuntuoso con i capelli ricoperti di unto in una
splendida imitazione bionda di Severus Piton10. Anthony,
diversamente da loro, era sempre stato oltre
la realtà, la personificazione del principe azzurro delle fiabe. Essere
guardata in quel modo da lui riuscì a zittire qualunque sua domanda sconveniente.
«Perché la Dama è chiusa nella Torre? Non vuole
uscire?» gli domandò invece, cominciando a sentire la fatica di arrampicarsi su
quelle scale ripide con delle scarpe scomode e con un vestito a dir poco
ingombrante. Il cavaliere le offrì il braccio e lei accettò solo per cortesia,
consapevole che non avrebbe rappresentato un vero supporto. Probabilmente l’avrebbe rallentata ancora di più.
Dietro di lei, Draco mugugnò qualcosa di incomprensibile.
Anthony strinse le labbra, rendendo chiaro che
fosse proprio la strega rinchiusa la ragione del suo tormento e del suo essere
restio a recarsi in quel luogo. Osservò Merlino in modo tutt’altro che
amichevole, scuotendo leggermente il capo. «La Dama è posta sotto la custodia
del Maestro» spiegò, cupo. «Lui ritiene che lei debba essere preservata dai
mali, motivo per cui ha deciso che lei dovesse trascorrere la sua esistenza nel
luogo più protetto del castello».
«E scommetto» intervenne Draco, facendosi
leggermente avanti ed attirando la loro attenzione. «Che la Dama non ha voce in
capitolo, al riguardo» si voltò verso Hermione, a labbra strette. «La Dama del
Lago rappresenta più di una persona, ma una sua identità è quella di Nimue, la
donna amata follemente da Merlino ed artefice della sua morte. Stando al modo in
cui il vecchio è scappato via non appena ha avuto la possibilità di vederla,
immagino che questa volta voglia approfittare della sua nuova posizione per
costringerla».
«Costringerla a far cosa?» chiese Hermione,
accigliata, mentre, davanti a loro, una piccola porta di legno scuro veniva
spalancata da un fin troppo felice Merlino.
«Costringerla ad amarlo, Milady» fu la risposta
cadaverica che le riservò Anthony, facendole cenno di precederlo.
La stanza in cui entrarono aveva soffitti molto
alti e decorati con delle raffigurazioni mitologiche e volte stellate. Le
pareti erano ricoperte di libri, un enorme letto a baldacchino spiccava proprio
al centro dell’ambiente e, nel silenzio, il rumore di un vaso sbattuto a pochi
centimetri dalle loro teste fece trasalire un po’ tutti, ma non Merlino.
«Mia cara, cerca d’esser ragionevole, lo sai che
lo faccio solo per la tua sicurezza» stava dicendo il mago, pacifico, schivando
un libro ed un cuscino lanciati uno dopo l’altro con incredibile violenza.
«Nimue cara, ti sembra il modo di accogliere i nostri ospiti? Sono arrivati
direttamente da Avalon per parlare con noi!».
A quel punto, i lanci selvaggi d’oggetti si
interruppero ed un silenzio curioso li avvolse. Nascosta dietro il Mago ed il
Cavaliere, Hermione riuscì soltanto a scorgere l’espressione disperata di
quest’ultimo, simile a quella di un uomo perduto in mezzo al deserto costretto
ad osservare da lontano una fonte d’acqua zampillante. Draco, più alto di lei,
riuscì a dare un’occhiata all’occupante della stanza e, un attimo prima che i
due ostacoli si facessero da parte, lanciò un’imprecazione a dir poco
impressionante.
Davanti a loro, con addosso delle vesti dello
stesso colore del cielo, Druella Fitzroy-Goldstein li fissava con ancora in
mano un bicchiere di cristallo, parecchio sconvolta ed anche parecchio
cosciente.
«Ah, eccellente, eccellente, finalmente qualcosa
ha placato il tuo animo battagliero!» si rallegrò Merlino, facendosi avanti con
l’atteggiamento di un vecchio maniaco ed allargando le braccia come se avesse
avuto l’intenzione di stringere a sé la
Dama. Dietro di lui, Anthony strinse i denti ma non disse nulla,
meritandosi, tuttavia, un’occhiata triste da parte della donna.
«Lei forse si ricorda di noi,» mormorò Draco ad
Hermione, tenendola per il braccio, «ma lui non sta fingendo. Anthony è un uomo
estremamente orgoglioso, se qualcuno si fosse avvicinato a sua moglie in quel
modo, non sarebbe sopravvissuto abbastanza per raccontarlo, lo avrebbe sfidato
a duello prima ancora che avesse potuto formulare
un pensiero sconcio su di lei».
«Avvicinati di un altro passo, vecchio maniaco, e
giuro che ti darò in pasto ai cani» sibilò Druella, arretrando di un passo e
schiaffeggiando via la mano del Mago, dedicandogli uno sguardo a dir poco
crudele. «Vattene, ti ho già detto mille
volte che non ho intenzione di condividere neppure l’ossigeno con te! Se
non mi avessi tolto la bacchetta te l’avrei già dimostrato fin troppo bene».
Hermione sorrise, vagamente divertita, lanciando
un’occhiata storta al suo fidanzato. «Non credo che lei abbia bisogno d’aiuto»
gli fece notare, prima di schiarirsi rumorosamente la voce e farsi avanti, con
l’espressione più amabile di cui fosse in possesso. «Forse, Maestro, sarebbe
bene che noi restassimo soli con la sorella»
fece notare a Merlino, sorridendo. «Sua Grazia probabilmente è solo stanca,
l’esser rimasta chiusa qui, per il suo
bene, deve averla sfiancata. Sono certa che noi sapremo calmarla,
raccontandole qualche meraviglioso aneddoto sulla nostra scuola».
Le due donne si guardarono e ad Hermione sembrò
quasi di sentire la sua voce ringraziarla nella propria testa. Curioso.
«La sorella ha
ragione» insistette allora proprio lei, accennando un sorrisino stanco in
direzione di Merlino. «Sono stanca, vorrei rilassarmi parlando liberamente con
loro. Forse vorrò parlarti, dopo» lo rassicurò, assumendo una posizione
decisamente meno intimidatoria, per quanto una ragazza come lei – bionda,
pallida, magra, praticamente una fatina delle fiabe – potesse essere
minacciosa. Probabilmente essere l’ultima erede diretta di una stirpe di
duellanti professionisti l’aveva aiutata a sviluppare un’aura di timore
riverenziale capace di seguirla un po’ ovunque.
Messo con le spalle al muro, Merlino annuì,
voltandosi verso Draco con aria vagamente ansiosa. «Mi raccomando, non potrei
sopportare che qualcuno faccia male al mio tesoro. Te l’affido» si raccomandò,
torturandosi nervosamente le mani.
«Sono certo che Madame sappia benissimo difendersi
da sola» gli rispose lui, accigliato, alludendo platealmente al modo in cui
l’aveva rimesso al suo posto, non più di pochi istanti prima. Nel frattempo, il
mago aveva raggiunto la porta ed era rimasto a fissarlo, con un sorriso bonario
in viso.
«Oh, certo, perché le streghe sono capaci proprio quanto
i maghi» ribatté Merlino, con una risatina divertita ed ironica, alzando gli
occhi al cielo. «Andiamo, Gawaine, lasciamoli soli» aggiunse poi, civettuolo,
facendo un cenno imperioso al Cavaliere, che fino a quel momento era rimasto a
fissarlo come se gli avesse appena schiaffeggiato il cagnolino preferito. Lo
sdegno nei suoi occhi era evidente a chiunque, ma, evidentemente, non al
Maestro, ormai uscito dalla camera.
Sempre con quell’espressione, si voltò a guardare
prima la Dama e poi Hermione,
scuotendo il capo. «Per quello che vale, io vi ritengo forti quanto qualunque
uomo, forse anche di più» specificò, soffermandosi per un momento sulla bionda,
quasi lei gli avesse strappato via il cuore. Per un attimo sembrò anche sul
punto di dirle qualcosa, però si riprese e, scuotendo il capo, si inchinò ed
uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Con un sospiro plateale, Ella fissò tristemente il
pannello di legno, scuotendo il capo. «Quando tutto questo finirà, dovrai
andare in terapia, amore mio». Poi, cupa, si voltò verso i due ospiti, le
braccia incrociate al petto. «Era ora
che il Ministero mandasse qualcuno! Cosa aspettavate, per venire a salvarci?
Che la nuova Morgana portasse Excalibur al Ministero e ci trasformasse
tutti?».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Grazie davvero per tutto il supporto che mi avete dato per questa storiella,
sono assolutamente entusiasta! Grazie per aver portato pazienza, ma ho dovuto
dare un esame che ha torturato tutta la mia povera estate quindi vi lascio
intendere quanto stressata io sia stata! Spero che questo piccolo capitolo di
“presentazione personaggi” sia stato di vostro gradimento.
Punti importanti:
» 1 – Riferimento alla mia long. Durante delle missioni sotto copertura,
Draco ed Hermione si sono spacciati per futuri sposi, motivo per cui lui fa questa
affermazione. Draco voleva essere il futuro signor Granger anche prima di
rendersene conto!
» 2 – Riferimento alla Spada di Grifondoro. Come fa Draco a sapere
della sua esistenza? È uno storico dell’arte magica, un Indiana Jones dei
maghi, se non lo sa lui allora chi?
» 3 – Hermione voleva farlo vestire
come Silente nei momenti d’oro. Una disgrazia, non trovate?
» 4 – Nella Long, Hermione è stata ricoverata in ospedale per più di un
mese, motivo per cui è stata costretta a tornare, dopo, per delle visite di
controllo. In una di queste ha incontrato Lord Fitzroy, che moriva dalla voglia
di scoprire qualcosa in più sulla loro missione. Milord non aveva mai
incontrato Hermione, ma, essendo un vecchio nobile, si è preso subito di
confidenza.
» 5 – Per chi non l’avesse capito, Draco ed Hermione dovranno sposarsi
entro qualche mese.
» 6 – Questa è una cosa che, secondo me, non viene sottolineata abbastanza
nelle Dramione. Draco è razzista, sì, ma neppure Hermione scherza. È un
razzismo inverso, un po’ quello che in generale tutti hanno verso i Serpeverde.
Draco è cambiato e si è aperto ai Babbani, ma anche Hermione si è aperta
all’alta società da cui lui proviene.
» 7 – Ho inventato io il torneo, naturalmente. Si tratta di una
competizione che esiste da secoli, qui si scontrano i migliori duellanti di
tutto il mondo e, da quando si ha memoria, un Fitzroy è arrivato quasi sempre
in finale. Quasi perché ci sono stati un paio di antenati di Druella che davvero non erano portati.
»8 – Per chi non lo sapesse, Hermione qui è una Inquisitrice, una
sottospecie di PM babbano con competenze da detective. Una cosa troppo figa,
lei è la migliore con gli interrogatori.
» 9 – Pendragon si presume sia la famiglia di Re Artù, che potrebbe avere dei discendenti ancora
oggi, nella nobiltà inglese. Morgause si ritiene fosse sorella sia del re che
di Morgana, tuttavia entrambe non sono Pendragon.
»10 – Sì, insomma, Hermione aveva una cotta per Anthony. Un po’ tutte
avevano una cotta per Anthony.
» Merlino “vecchio porco” non è il vero Merlino. E di certo non era uno
capace di sottovalutare delle streghe come Hermione e Druella. Quel Merlino è soltanto la rivisitazione
del signor Miller. È la persona vera ad
essere un disgustoso viscido, di certo non Merlino. Sì, il vero Merlino era
innamorato di Nimue e da lei è stato ucciso, ma questa volontà di intrappolarla
non l’ha mai avuta.
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare in orario!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Dopo
un’ora di imbarazzato ed inquietante silenzio, Hermione sollevò lo sguardo dal
libro che aveva scelto dall’ampia selezione a disposizione della Dama del Lago.
Non aveva davvero prestato attenzione alle parole scritte a mano – era comunque
incantevole che certi volumi si
fossero presentati in quella nuova Camelot – perché troppo interessata a non
morire di imbarazzo sotto lo sguardo smeraldino della donna rinchiusa con lei
in quella prigione.
Druella
Fitzroy-Goldstein aveva la sua età eppure sembrava più giovane, probabilmente a
causa del fisico particolarmente minuto e dei capelli dorati, molto più
delicati di quanto non fossero quelli di Draco. L’apparenza angelica, come
aveva avuto modo di verificare, era solamente un’illusione: il modo in cui
aveva ridotto buona parte della stanza, quando Merlino era tornato ed aveva
cercato nuovamente di baciarla era un testimone di quanto fiera e forte fosse
realmente la sua indole. In quel momento, dopo averla osservata a lungo, doveva
aver deciso che lei fosse degna di una conversazione, interrompendo
quell’imbarazzante silenzio.
«Se
proprio vogliamo essere pignoli, è lui ad essere il mio fidanzato» le rispose Hermione, accennando un lieve sorriso
soddisfatto. Era una precisazione che ormai ripeteva a chiunque da mesi. Non le andava giù quel modo paternalistico con
cui, soprattutto gli anziani, le rivolgevano quell’affermazione, quasi il fatto
che lei fosse la fidanzata di Draco gli desse un qualche diritto
sulla sua persona capace di elevare la sua posizione. Nessuno aveva diritti su
di lei.
Druella
dovette apprezzare, poiché sorrise e si rilassò sulla sua poltrona, seduta
talmente storta da far sentire ad Hermione l’eco della vecchia prozia di Draco,
la compianta signora Black, mentre si lamentava della sciatteria moderna. «Sì,
lui è il tuo fidanzato. Dopotutto, mi
sembra abbastanza evidente chi porti
i pantaloni, nella coppia» si complimentò, con una risatina, mettendo da parte
il libro che anche lei aveva finto di leggere.
«Preferisco
pensare che il nostro sia un rapporto paritario» le rispose Hermione,
stringendosi nelle spalle e rialzandosi in piedi per poter dare uno sguardo
oltre la piccola finestra che si affacciava sul cortile interno del Castello.
Sotto di loro, tantissimi servi correvano avanti ed indietro per organizzare la
cena in loro onore che Artù aveva deciso di organizzare. Draco era stato
convocato dal Re stesso, così che potesse fare un giro per il piccolo regno
insieme a lui ed a Merlino. Naturalmente, Hermione non era stata invitata: non
era un lavoro da donne, quello.
Druella
rise più forte – un suono roco, ma per alcuni versi infantile – a quella sua
risposta, scuotendo il capo. «Concettualmente, non ho nulla da ridire. Tuttavia
entrambe conosciamo Draco Malfoy1 ed entrambe sappiamo che lui abbia
un grande bisogno di una guida e di supporto» le disse, stringendosi nelle
spalle. «Tu sei il suo faro, è evidente come lui ti guardi per trovare la
risposta ai suoi dubbi esistenziali. Ha passato troppo tempo sballottato fra
persone senza il minimo senso della giustizia e della moralità, tu gli ricordi chi vuole essere. Quindi, mia cara, sei tu ad avere i pantaloni».
Hermione
avrebbe voluto ribattere con il lungo elenco di tutte le volte in cui lui aveva
mandato al diavolo il suo consiglio, facendole perdere la pazienza e prendendo
decisioni moralmente molto più che discutibili, tuttavia si trattenne. Non
voleva mettersi a discutere con una sconosciuta di affari privati come ciò che
succedeva a casa sua, non era nulla che la riguardava. «Tu ed Anthony, invece?
Lui di certo non ha bisogno di una guida morale».
Con un
sorriso da volpe, Druella si strinse nelle spalle. «Lui non ne ha bisogno, ma
io, ogni tanto, sì» disse, tranquilla, allungando la mano per prendere un
biscottino, portati da una giovane cameriera non più di venti minuti prima. «Ma
io ed Anthony siamo completamente diversi da voi, non abbiamo avuto la stessa
storia tormentata, alle spalle.
L’unico ostacolo al nostro matrimonio è stato quello di unire il rito magico
con quello ebreo2 e solo perché il rabbino Jones è stato ubriacato
da mio cugino più o meno un’ora prima delle nozze».
Per un
istante, Hermione immaginò cosa avrebbe fatto lei se il celebrante si fosse
presentato completamene ubriaco al matrimonio e, senza quasi rendersene conto,
impallidì. «Era davvero ubriaco?».
«Ha
cercato di celebrare il matrimonio di Tonia e David, era decisamente ubriaco» si lagnò la bionda, con una risatina nervosa.
«Fortunatamente Blaise aveva una pozione per far
passare la sbronza ed il rabbino si è potuto riprendere velocemente».
Blaise, certo,
anche lui era al matrimonio.
«Conosci Zabini, quindi. E Draco, naturalmente» iniziò lei, incerta,
senza sapere bene dove sarebbe andata a parare. Non era la prima volta che le
succedeva di iniziare un discorso senza sapere come concluderlo, aveva scoperto
di poter ottenere risultati insperati, in quel modo. Un salto ad occhi chiusi
verso le informazioni che i suoi interlocutori avrebbero potuto darle.
«Ah, ma
grazie all’Istituto St. Claire!3 La migliore scuola primaria di
tutta l’Inghilterra, è stata frequentata da tutti i rampolli delle famiglie purosangue
e mezzosangue» le spiegò Druella, alzandosi in piedi e stiracchiandosi con aria
annoiata. «La scuola è antica quasi quanto Hogwarts, siamo andati quasi tutti
lì, sai… io, Anthony, Draco, Blaise, Daphne ed
Astoria, un po’ tutti. Loro, però, sono andati ad Hogwarts, io invece no».
«Perché
no?». Esitante, Hermione allungò la mano per prendere un biscottino. Era
semplice, senza cioccolato o altra crema, in perfetto stile medievale4.
«Draco si è rifiutato di dirmelo, quindi immagino sia una questione delicata.
Se non vuoi-».
Senza
alcun preavviso, Druella scoppiò a ridere. «Non è nulla di scabroso, Granger! Draco sapeva che ti saresti intestardita al
riguardo» le spiegò, scuotendo il capo. «Mio nonno ha sempre avuto da ridire
con il preside Silente, il mio vecchio aveva proposto la riapertura del Club
dei Duellanti ma lui si è sempre rifiutato, ritenendolo inutilmente pericoloso.
Quando poi il club è stato rifondato da Allock,
immaginerai quanto sia stato… entusiasta».
Hermione
arrossì, ricordando il modo disdicevole in cui era solita sciogliersi per
quell’uomo. «Il Club non ha funzionato davvero finché il professor Vitious non se n’è preso la responsabilità» spiegò,
stringendosi nelle spalle e ricordando la corte
che il professore le aveva fatto per anni affinché si unisse al suo fantasioso
gruppetto. Naturalmente, Hermione era sempre stata troppo impegnata per un
passatempo tanto banale. Non che
avesse intenzione di dirlo all’erede della più grande scuola di duello di tutta
l’Europa Occidentale.
«Il
professore è stato allievo di mio nonno» si vantò Druella, soddisfatta. «Non
aveva dubbi che fosse più che in grado di prendersi cura del Club. Naturalmente
a quel punto la Guerra stava per scoppiare, andare a scuola in quel periodo
sarebbe stato distruttivo per me».
Un
uccellino entrò dalla finestra, svolazzando allegramente fino a posarsi accanto
alla bionda. In quell’istante, Hermione lo notò con una certa stizza, sembrava
appena uscita da un quadro del pieno periodo romantico, una principessa con un
pettirosso sul dito e capace di soavi sinfonie dalla propria finestra. Quando
lei, però, scacciò l’animaletto al sibilo di «Sparisci bestiaccia», si sentì molto, molto meglio.
«La
Guerra è stata dura per tutti» si lamentò quindi Hermione, con un sospiro,
tornando ad osservare i titoli contenuti nella libreria. «Hai fatto bene a
restarne fuori, considerando l’importanza della tua famiglia avresti rischiato
di essere presa di mira». Il pensiero andò subito alla giovane Rosemary5
ed alla fine che aveva fatto. Una volta conclusa quella crisi, avrebbe fatto
bene a far visita al dottor Crave e tentare,
nuovamente, di trascinarlo allo studio. «E forse non avresti conosciuto
Anthony, non vi sareste innamorati».
Il
sorriso con cui l’altra la gratificò la intenerì. «Andare ad Hogwarts non vale
il rischio di non innamorarmi di lui» le rispose, il tono dolce come mai era
stato fino a quel momento. «Il mio povero Anthony avrà bisogno dello psicologo,
alla fine di quest’avventura, quando saprà cosa ci è successo! E pensare che
siamo passati da questo paesino sperduto solo per andare a trovare la mia
bisnonna» allargò le braccia con aria esasperata. «Ed ora lei sta mandando tutta la nostra vita al diavolo. Mio marito
ucciderà mio nonno e poi io sarò costretta a fare subito un bambino per
garantire la discendenza».
La
bisnonna, Margaret Dawson-Fitzroy, era una arzilla vecchina di centotré anni, che, stando alle descrizioni, aveva graziosi
capelli grigi cotonati, amava il bricolage ed il giardinaggio. Apparentemente,
tre mesi prima aveva trovato, passeggiando per il bosco, una roccia con dentro
incastonata una spada. A quel punto
il vecchio retaggio culturale purosangue era esploso e lei aveva colto la palla
al balzo, riportando indietro Camelot e, già che c’era, riprendendosi un buon
gruppo di decadi di giovinezza, impersonando la strega più famosa mai passata
per il Mondo Magico: Morgana la fata.
«Sei
certa che si trovi ancora nel bosco? Draco darà uno sguardo, ma-».
«La Spada
non può essere spostata, non da lei» confermò Druella, avvicinandosi per
estrarre un libro dal mobile. «Excalibur può essere estratta solamente da Artù,
lei si è limitata a sfruttarne il potere e… beh, a far realizzare la famosa
leggenda che credo tu conosca già. Il nostro tempo stringe, se la magia dovesse
raggiungere il prossimo centro abitato…».
«La forza
dell’Incantesimo sarebbe tale da non poter essere più fermato» confermò
Hermione, con un sospiro sconfitto. Si voltò verso la finestra, chiedendosi
dove fosse andato a finire il suo
futuro marito. «Dobbiamo anche cercare il modo di farti uscire da qui, sei
l’unica a capire cosa stia succedendo, il tuo aiuto ci serve».
«Tutto
grazie a mio padre ed alla sua ossessione per l’Occlumanzia,
noi Fitzroy siamo sempre stati Occlumanti
eccezionali, per questo siamo forti nei duelli» concordò la bionda, passandosi
stancamente la mano sugli occhi. «Se non fossi abituata a proteggermi, anche io
sarei sotto l’influenza di Excalibur e probabilmente avrei ceduto a Merlino ed
alle sue disgustose avance». Rabbrividì ed Hermione non riuscì a darle torto.
Era assolutamente terrificante. «Scappare dalla porta è impossibile e voi
sarete troppo impegnati e troppo controllati per potermi aiutare. Resta solo
mio marito».
«Anthony?
Vuoi forse sedurlo e convincerlo a farti evadere?».
«Hai
colpito nel segno, Granger» si complimentò Druella,
dandole delle amichevoli pacche sulle spalle.
«Dalla
porta sarà impossibile, ma la finestra è abbastanza grande da consentirti di
passare. Se riuscissi a trovare un modo per calarti, lui dovrebbe solo
aspettarti nel cortile e darti una mano a darvela a gambe».
«Allora hai sentito parlare di Raperonzolo,
eh? Ho proprio in mente qualcosa di molto simile» spiegò, con un sorrisino
mascalzone. «Oh, Granger, chiamami Ella. Sono certa
che noi due diventeremo grandi amiche».
***
«Una
radura vicino ad una cascata» ripeté, per l’ennesima volta, la Mezzosangue,
mentre danzavano in mezzo alla folla in festa. La celebrazione in loro onore
era iniziata da poco più di un’ora e non avevano ancora ricevuto alcuna notizia
dei coniugi Goldstein, non da quando lui era stato convocato nella stanza della dama per aiutarla a risolvere un
increscioso problema. Merlino era apparso leggermente preoccupato, poco prima,
ma doveva essersi convinto che il nobile cavaliere avrebbe protetto al meglio
la sua adorata.
«Esatto.
Durante il nostro viaggetto abbiamo avuto modo di passare giusto lì vicino, i
cavalli si sono imbizzarriti ed è mancato davvero poco che io finissi giù dalla
cascata» insistette, facendola volteggiare elegantemente fra le altre coppie.
«Ho dato un’occhiata, gli alberi intorno ad una chiazza vuota avevano i colori
più accesi rispetto agli altri, quasi fossero più vivi. E potrei giurare di aver intravisto dei neoliti, poco
lontano».
Poco
lontano da loro, il giullare di corte rovinò al suolo, portando nel suo viaggio
un paio di dame con la pelle simile alla cartapecora. Hermione le osservò
distrattamente, senza riuscire neppure a sorridere. Più passava il tempo e più
lei appariva nervosa fra le sue braccia. Draco non amava quando lei era troppo
nervosa per prestargli attenzione.
«Quando
credi che dovremo svicolare? Non possiamo farci vedere da Artù e sicuramente
non possiamo farci vedere da Merlino» le sentì dire, con un tono stanco.
«Abbiamo lasciato Ella a se stessa, non sappiamo se Anthony la aiuterà… ci sono
mille cose che potrebbero andare storte e noi stiamo ballando».
Draco si
accigliò, con una risatina. «Lo dici come se ti dispiacesse, Mon Ange» le fece notare, volteggiando con
leggerezza ed attirando su di loro un bel po’ di sguardi ammirati. Che fossero
ispirati dalla loro leggiadria o dal fatto che, almeno formalmente, fossero dei
grandissimi esperti dell’arte magica, era irrilevante. «Comunque, ho già
avvisato Merlino che avremmo dovuto ringraziare la Dea per averci fatti arrivare a Camelot sani e salvi. Gli ho
parlato di qualche rituale che ho trovato in dei manuali in camera mia ed ho
specificato che avremmo dovuto stare soli».
Hermione
si accigliò, lanciando uno sguardo ad un particolarmente allegro Merlino. «Ti ha creduto?».
«Mi ha
fatto i complimenti e ha detto che avrebbe provveduto a farci trovare due
cavalli davanti al ponte, così da poter raggiungere la radura con maggiore
facilità» gongolò lui, tranquillo. «La miglior bugia è una verità mutilata».
La sua
futura moglie sembrò non saper bene come reagire a quella informazione, così si
limitò a scuotere il capo. Era evidente che fosse sul punto di aggiungere
qualcosa, ma l’arrivo improvviso di Artù le impedì di parlare. Il Re, quella
sera, indossava un meraviglioso abito rosso e con rifiniture dorate come la
corona fra i suoi capelli, il suo sorriso buono era un balsamo per il cuore.
«Permettetemi
di rubarvi la dama, messere» gli disse, inchinandosi in direzione di Hermione,
che ricambiò, arrossendo senza la minima dignità. Il modo in cui la guardò,
senza malizia ma con incredibile gentilezza, non gli consentì neppure di
provare astio verso di lui, cosa che generalmente non succedeva mai se un uomo
parlava con la sua futura moglie. «Sono certo che la Regina sarà lieta di
danzare con voi».
Proprio
al suo fianco, nascosta da quell’aura di grandezza che Artù sembrava emanare in
modo involontario, stava la giovane sovrana del Regno, bella ma non troppo, graziosa ma non abbastanza, decisamente non
innamorata. Aveva i capelli lunghi e di un biondo scialbo, acconciati in modo
particolarmente complicato sulla nuca, così da consentire alla delicata corona
di restare al suo posto nonostante i vari balli. I piccoli occhietti annacquati
erano puntati al suolo, ma, ogni tanto, guizzavano verso uno specifico
Cavaliere della Tavola Rotonda.
Lancillotto,
ovviamente.
«Vostra
Maestà». Draco si inchinò verso di lei, garbato, proprio mentre Hermione si
allontanava con due passi di danza insieme al sovrano. Quando la Regina lo
guardò, annuendo leggermente e prendendo la sua mano, la sua presa era delicata
e umidiccia a causa del sudore. Per i primi istanti non parlarono, limitandosi
a volteggiare a fatica fra le coppie: la sua fidanzata aveva sempre creduto che
lui fosse un bravo ballerino, in
realtà era necessario che anche l’altra parte fosse quantomeno portata.
«Dovete
conoscere molte magie, avendo studiato ad Avalon»
disse la sovrana, con una voce pigolante e particolarmente lagnosa, guardando
ovunque ma non negli occhi di Draco. «Personalmente non ritengo che la magia
sia una pratica civile, la associo ai barbari» commentò, svogliata, incurante
di averlo praticamente insultato.
«Non
possiamo essere tutti dei sovrani» le rispose allora lui, vagamente inacidito.
«E, naturalmente, non possiamo essere tutti così fortunati da essere sposati al
più grande sovrano mai esistito, avendo anche la fortuna di essere amati da quest’ultimo»6
aggiunse, forse con una punta di cattiveria. «Chiunque abbia una tale fortuna
sarebbe uno sconsiderato a gettarla via, il peggiore dei traditori, davvero».
Non gli
sfuggì il modo in cui lei rabbrividì, fra le sue braccia, e non gli sfuggì
neppure lo sguardo allarmato che sembrò lanciare verso Lancillotto, il quale,
particolarmente attento alle esigenze della sua adorata, accorse immediatamente, con la sua migliore espressione
gentile che fece venire il bruciore di stomaco a Draco.
«Sir Morgerstern, le dispiace concedermi la nostra Regina?
Questa è una delle poche danze che i miei goffi piedi da cavaliere mi
consentono di realizzare» gli disse, inchinandosi con fare fin troppo pomposo
per poter risultare anche solo lontanamente credibile. Non aspettò la sua
risposta, prima di strappargli la donna dalle braccia e trascinarla via, sotto
gli sguardi sconvolti degli altri partecipanti.
Non
sarebbe passato molto prima che la storia si ripetesse ed il Re fosse
nuovamente gettato nella disperazione più totale.
Rimasto
solo, Draco non se la sentì di interrompere la sua fidanzata ed Artù, presi
nella loro amabile conversazione e dalla loro danza, era un’occasione che la
futura signora Malfoy non avrebbe più avuto, non lo avrebbe mai perdonato se si
fosse messo in mezzo. Poco lontano da loro, circondato da dame particolarmente dotate, stava un ubriaco Merlino,
intendo ad accarezzarsi la lunga barba con un sorrisino malandrino ed a
lasciarsi toccare dalle sue ammiratrici. Draco fece una smorfia, senza potersi
trattenere: di certo quello non era
un comportamento da bravo Serpeverde come il grande Stregone era stato.
Spostando
ancora lo sguardo, tuttavia, Malfoy si trovò davanti ad uno spettacolo alquanto
singolare: nel corridoio giusto fuori dalla grande Sala, un Cavaliere della
Tavola Rotonda si aggirava furtivo, il viso totalmente sconvolto ed a chiazze
rosse, senza mantello e con la divisa allacciata tutta storta.
Ella
aveva colpito.
Con un
sorrisino che andava da un orecchio all’altro, Draco Malfoy si allontanò
lentamente dal centro dell’attenzione e si avvicinò al povero cavaliere in
ansia, cogliendolo in fallo un attimo prima che uscisse nel cortile interno.
«Gawain»
lo chiamò, raggiungendolo con una breve corsa e sorridendo di più quando lo
vide irrigidirsi. «Immagino ci sia una spiegazione razionale per questo suo
aspetto irragionevole, non è vero?» domandò, con gentilezza, indicando con un
cenno divertito il suo abbigliamento tutto scarmigliato.
Il
cavaliere annaspò, guardandosi intorno in cerca d’aiuto. «Io sono caduto dalle scale» inventò alla fine,
agitato, occhieggiando al grande portone che conduceva al cortile interno.
«Nonostante io sia un cavaliere da anni, ho ancora tantissima difficoltà nello
scendere quelle scale strette. Non sono calibrate per la mia stazza,
evidentemente. Forse dovrei dire al Re di farle costruire meglio, la prossima
volta che rimodernerà il castello» vomitò Anthony, tutto rosso e nervoso,
guardando ovunque tranne che in direzione del suo interlocutore. Non era un
comportamento da lui, sempre così pacato, così controllato. Ma, in fondo, Draco
poteva dargli torto? Conosceva bene Ella e poteva ben immaginare come lo avesse
intrattenuto, fino a quel momento.
«Sir, se
proprio vuole mentirmi» iniziò Malfoy, con una risatina maliziosa, «meno dettagli. Più parla, più fa capire
che la sua sia una bugia elaborata sul momento» gli fece notare, dandogli una
pacca sulla spalla. Si avvicinò, guardandosi intorno per controllare che
nessuno li stesse osservando. «Avete già deciso come agire? Come liberarla?
Merlino è distratto, ma se agirà come buona parte degli uomini ubriachi, una
volta annoiato delle sue ammiratrici andrà da lei».
Le
emozioni che attraversarono il viso del cavaliere lo avrebbero fatto ridere, in
un altro momento. Dal primo shock della realizzazione, in cui gli sembrò quasi
di veder apparire il pensiero “lui l’ha
capito”, passò quasi immediatamente alla furia possessiva nel realizzare
che quel maledetto vecchio avrebbe potuto raggiungerla e metterle le mani
addosso.
«Mi ha
detto di andare nel cortile interno senza farmi vedere» spiegò allora, avendo
realizzato che il mago non avesse intenzione di tradirlo. «Non ho idea di come
voglia scappare, però, anche se mi ha giurato di aver già ideato un piano
infallibile». Restò in silenzio per un istante, guardandosi intorno e salutando
con un cenno un altro cavaliere. «Non so per quale motivo, ma non mi fido molto
del modo in cui ha detto infallibile».
Draco
avrebbe voluto confermare i suoi timori, memore degli infallibili piani con cui quella ragazza era sempre riuscita a
mettere chiunque nei guai,
soprattutto se stessa. C’erano ottime probabilità che non avesse la minima idea
di come sfuggire a quella prigione, soprattutto considerando l’incapacità
magica momentanea di suo marito ed il fatto che, fino a quel momento, non fosse
ancora riuscita a darsela a gambe.
«Ti
accompagno» gli disse invece, con un sospiro. «Hermione sta ballando con Artù,
dubito fortemente che si accorgerà della mia assenza» aggiunse, con un lamento
non troppo convincente.
Nonostante
avesse già iniziato ad avviarsi fuori, Gawain lo guardò con aria curiosa. «Chi
è Hermione?».
Il
cortile interno era completamente vuoto, se si faceva eccezione per le tre
guardie sulle mura esterne, intente ad osservare l’unica strada che conduceva
al villaggio. I due uomini riuscirono a raggiungere la base della torre in cui
era rinchiusa la Dama con una certa facilità, senza essere visti e senza esser
fermati. Non avevano parlato molto, nel breve tragitto, soprattutto perché
Draco non aveva intenzione di mandare al diavolo la sua copertura più di quanto
non avesse già fatto.
Come
entrambi dovevano aver sperato, Ella era affacciata alla sua finestra,
indossava un elegantissimo mantello blu scuro ed aveva i capelli sciolti sulle
spalle: più che sul punto di essere salvata, sembrava pacificamente annoiata,
intenta ad osservare il cielo stellato come se quello avesse potuto
intrattenerla meglio di qualunque altra cosa. Stando alle sue conoscenze della
vita mondana, in realtà, Draco sapeva
che lei avrebbe dato qualunque cosa pur di poter partecipare alla festa che si
stava svolgendo al piano di sotto, insieme a Re Artù ed a tutta la sua corte.
«È
bellissima» esalò Anthony – perché era lui,
non il suo alter ego, quello era lo sguardo innamorato di un uomo che fosse
felicemente sposato – senza quasi rendersi conto di aver parlato ad alta voce.
Quando lo realizzò, tuttavia, lanciò un’occhiata imbarazzata al suo
accompagnatore, che si strinse tranquillamente nelle spalle.
«Non si
vergogni, tutti abbiamo diritto ad innamorarci» gli rispose, con un sorriso
gentile. «Soprattutto un Cavaliere della Tavola Rotonda, non crede?».
Lui
arrossì, distogliendo per un momento lo sguardo dalla Dama. «Ma lei è la
protetta di Mago Merlino. Una Sacerdotessa, io… io non dovrei neppure pensare a lei».
Draco non
riuscì ad impedirsi di ridacchiare malignamente, a quel punto. «Credimi, in
tutta questa storia non sei tu quello
che dovrebbe vergognarsi del suo amore». L’immagine di Ginevra e Lancillotto e
dei loro sguardi proibiti era bene impressa nella sua mente. «Comunque, cosa
credi che dovremmo fare?».
Seppur
confuso, il Cavaliere si strinse nelle spalle e si avvicinò alla base della
torre. Da quella prospettiva non sembrava poi così alta – nulla a che vedere con le torri di Hogwarts, quella non
poteva andare oltre i cinque piani – ma era comunque sufficientemente lontana
da impedire una immediato salvataggio. Non sapendo cosa fare, Draco osservò il
suo accompagnatore attirare l’attenzione di colei che era, in effetti, sua
moglie. Lei, una volta notati entrambi, fece un enorme sorriso e fece un gesto
vago con la mano in direzione di Draco stesso.
Presta
attenzione, Malfoy, il mio piano potrebbe non funzionare.
Naturalmente,
lui non si sorprese sentendo la voce della strega direttamente nella testa. Occlumanzia e Legilimanzia erano capacità innate in molte
stirpi purosangue, fra cui i Fitzroy. Certo, lui credeva servisse una
bacchetta, per fare una cosa del genere, ma non si preoccupò più di tanto, di
certo non era il momento.
Sembrava
Raperonzolo, affacciata al suo balcone. Per esser pignoli, aveva i capelli
biondi come la fiaba comandava ed era rinchiusa in una torre senza alcuna via
di fuga. Diversamente dalla fiaba, però, Anthony non si mise a recitare alcun
richiamo poetico e lei non sciolse la sua lunga treccia, limitandosi,
semplicemente, a lasciarsi cadere giù.
Se
qualcuno avesse raccontato quella scena al povero Draco, lui non ci avrebbe
creduto. Druella Fitzroy-Goldstein era stata tante cose, nel corso della sua
giovane vita: una bambina educata, una bambina presuntuosa, un’abile duellante
ed una ragazza profondamente innamorata. Non era mai stata, però, una pazza psicopatica capace di saltare
da una torre senza prima assicurarsi che ci fosse qualcosa pronta a salvarla,
di sotto.
Il gemito
spaventato del Cavaliere arrivò mentre Draco estraeva la bacchetta, tuttavia –
contrariamente a qualunque legge della fisica e della magia – il corpo della
donna non si schiantò a velocità aumentata al suolo, limitandosi a rallentare
fino a farla finire morbidamente fra le braccia del suo terrorizzato marito.
Un
momento di silenzio angosciato aleggiò fra i tre nel cortile, interrotto solo
dalla risatina felice della donna.
«Sei diventata matta?» sbottò poi il
Cavaliere, rimettendola a terra ma afferrandola per le spalle, così da
scuoterla con violenza sufficiente da farle cadere il cappuccio –
miracolosamente rimasto al suo posto durante la caduta – dal capo. «Saresti
potuta morire! Neppure il più folle dei
folli avrebbe fatto una cosa del genere!». Il suo tono era isterico, tanto era
spaventato, e Draco non se la sentì di prenderlo in giro: lui non riusciva
neppure ad aprire la bocca. Fortunatamente, però, aveva mantenuto abbastanza
forza d’animo per abbassare lo sguardo quando Anthony – o Gawain – si abbassò
per poterla baciare con particolare trasporto.
«Sei
sempre stato portato per la magia accidentale, amore mio» disse Ella, dopo
qualche minuto, accarezzando la
guancia dell’uomo che la teneva fra le braccia. «Naturalmente, mi ero
assicurata che Draco fosse pronto all’azione» aggiunse, indicando proprio il
biondo, ancora sotto shock.
Anthony,
perché era tornato in se stesso, per fortuna, si voltò a guardarlo, pallido
come un morto ma incredibilmente sollevato. Si avvicinò con la mano tesa,
stringendo la sua con particolare energia, nonostante stesse tremando come una
foglia. «Malfoy! Grazie per esser stato pronto ad aiutare questa folle, praticamente hai avuto la mia vita fra le mani». Il
suo tono di voce era diverso da com’era stato mentre ancora era sotto
l’incantesimo, era più decisa, più controllata. La vera voce del Goldstein che
lui aveva conosciuto a scuola.
«Fortunatamente
non c’è stato bisogno del mio intervento» gli rispose lui, cercando di riprendersi
e riponendo la sua arma nella tasca interna del mantello. Si voltò in direzione
di Ella, rimasta qualche passo indietro per risistemarsi i vestiti. «Come diavolo hai fatto ad usare la
Legilimanzia senza una bacchetta? Neppure un naturale7 come te potrebbe farcela».
Con un
enorme sorriso, la donna mise la mano in tasca e ne tirò fuori una bacchetta
che no, non era la sua, ma che comunque Draco conosceva fin troppo bene.
«Naturalmente,
Hermione mi ha aiutata» si rallegrò, avvicinandosi fino a poter riabbracciare
il suo sconvolto marito. «Una cara ragazza, Draco, mi auguro tu non te la
faccia scappare via» continuò, accarezzando la spalla del povero Anthony,
sempre più pallido e confuso man mano che il momento di panico passava e il
vuoto degli ultimi tempi si faceva più chiaro. «Adesso, se per voi non è un
problema, suggerirei di recarsi nelle mura ad est, dove la signorina Granger ci sta aspettando per poter porre fine a questo
enorme guaio che la mia adorata bisnonna
ha combinato».
«Hermione sapeva?».
«Cara,
credo che ucciderò tuo nonno quando torneremo».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Dopo lo stop di una settimana a causa dello speciale di Halloween (se avete
letto Lo Specchio e ancora non avete dato un’occhiata, andate a trovarla nel
mio profilo ;) ), sono ritornata con il nuovo aggiornamento! Ci stiamo avviando
alla fine, vi avverto, non credo ci saranno più di due o tre capitoli! Grazie
per tutto il supporto che mi avete dimostrato!
Punti importanti:
» 1 – Ella e Draco sono cari amici da quando erano piccini e, naturalmente,
sono entrambi dei purosangue, le loro famiglie si conoscono. Nonostante lei non
abbia frequentato Hogwarts, comunque il rapporto di amicizia si è mantenuto.
» 2 – Anthony Goldstein è ebreo, stando alle dichiarazioni di JK
Rowling! Fra tutte le informazioni rivelate dopo la fine della Saga (perché la
saga è finita con il settimo libro, dopo non c’è NIENTE), questa è stata fra
quelle che ho apprezzato di più! Quindi sì, al loro matrimonio c’era un povero
rabbino ubriaco!
» 3 – L’Istituto St. Claire è la
scuola preparatoria in cui tutti i bravi purosangue (ma anche Mezzosangue)
hanno passato i primi anni scolastici. Per chiunque abbia letto la One-Shot di Halloween: è la scuola cui è iscritta Vivian
Malfoy e che è stata frequentata dagli altri figli di Draco ed Hermione, dai
figli di Anthony e Druella, dalla figlia di Blaise e
Laurie e, naturalmente, dai figli di Merrick e
Seamus.
» 4 – Io non lo so se nel Medioevo avessero o meno i biscotti. Chiamiamola
una licenza storica, coraggio. E poi, dai, probabilmente i cuochi avranno ricordato
delle ricette del “vero” mondo!
» 5 – Rosemary Crave, la figlia del Dottor Crave. Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla mia long.
» 6 – Io e Draco, su questo punto, andiamo particolarmente d’accordo. Entrambi
abbiamo in antipatia Ginevra e Lancillotto a causa del terribile tradimento
ordito contro Artù. Voglio dire, come si può tradire Artù.
» 7 – Licenza artistica (?) che mi sono concessa. Non possiamo negare che
esistano i talenti naturali che si ereditano in famiglia, conosco stirpi di
musicisti e artisti vari. Perché, quindi, l’abilità riguardo Legilimanzia ed Occlumanzia non potrebbe essere ereditaria? Druella si è
salvata perché è abituata a coprire sempre
la propria mente, motivo per cui quando l’Incantesimo li ha colpiti Anthony è
stato stregato e lei no.
» Anthony si è ripreso nel momento stesso in cui ha visto sua moglie sul
punto di schiantarsi al suolo. Lei aveva previsto tutto? Probabilmente sì,
dopotutto lo conosce meglio di chiunque altro.
A lunedì prossimo, spero!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Druella Fitzroy in Goldstein era sempre stata una
donna pacata, estremamente riflessiva ed amante del silenzio e della calma che solamente
le ore di allenamento nella Sala Blu dell’Accademia potevano garantirle. In
quel momento, tuttavia, facendo la sua entrata trionfale accompagnata da un
altrettanto furioso Anthony, tutta quella calma che suo nonno aveva impiegato
anni a garantire sembrò perdersi nel nulla.
Erano stati smaterializzati a casa da degli Auror appostati giusto fuori dai confini dell’incantesimo,
sistemati lì con il compito di aspettare ed avvisare autorità maggiormente
competenti nel caso in cui ci fossero state novità sia positive che negative.
Fra questi c’era anche Merrick Rosier1,
che il vecchio Fitzroy aveva corteggiato
per anni nella speranza che si unisse all’Accademia per portare avanti la
vecchia tradizione di famiglia e rendere onore al suo vecchio zio Evan. Per una qualche ragione, però, lei si era sempre
rifiutata ed anche in quel momento aveva preferito delegare ad altri il compito
di accompagnarli.
«Nonno!» sbottò
la giovane, buttando via lo stupido e pesantissimo mantello che aveva trovato nell’armadio
della torre. «Per tutte le cavallette, nonno
vieni immediatamente fuori o butto giù tutta la scuola!».
Attirati da quelle urla belluine, gli studenti
dell’Accademia sbucarono da dietro le porte chiuse, osservando la loro futura
direttrice ed uno degli insegnanti attraversare quel corridoio ricoperto da
marmo italiano come se fossero stati sul punto di realizzare davvero quella
minaccia che lei aveva appena urlato ai quattro venti.
Lord Gerarld Fitzroy era
un uomo anziano che manteneva comunque la sua aria di algida e rispettosa
superiorità, soprattutto quando si veniva a dei duelli: nonostante si fosse
ritirato dalla scena da almeno cinquant’anni – da quando, naturalmente, suo
figlio William aveva preso il suo posto, seguito a ruota dall’unica nipote –
nessuno metteva in dubbio che fosse ancora il migliore. Le sue lezioni erano
rare e preziose, quindi, quando l’ultima della sua stirpe iniziò a sbraitare
come una banshee imbizzarrita, fu con non poco
stupore che i suoi alunni spostarono l’attenzione da lui e la portarono sulla
porta, oltre la quale le urla continuavano a susseguirsi.
«Cosa sta succedendo?» mugugnò il vecchio,
rialzandosi dalla sua poltrona ed avviandosi all’uscita, venendo tuttavia
interrotto dallo spalancarsi dei battenti e da un caos a dir poco inconcepibile
in quei luoghi che lui aveva sempre considerato come sacri. «Druella, per
Merlino! Ti sembra questo il modo di-».
«Tua madre!»
sbraitò lei, impedendogli di continuare e puntandogli contro il dito. «Tua
madre ha rovinato il mio viaggio di nozze! Ho rischiato di essere violentata da un vecchio maniaco!». Dietro di lei,
Anthony annuiva con aria grave, senza neppure accennare a calmare la sua sposa
– cosa che era ormai solito fare dal giorno stesso in cui si erano conosciuti –
o ad intervenire per rimettere al loro posto tutti i gli studenti che li
circondavano come una mandria di cornacchie impiccione. Avevano per la maggior
parte più di diciassette anni, se fossero stati più giovani nessuno sapeva cosa
avrebbero potuto fare. Forse si sarebbero messi ad incitare alla rissa.
Incerto, dopo quell’affermazione, Lord Fitzroy
guardò i nipoti con aria sconcertata, per poi lanciare un’occhiata preoccupata
a tutti i suoi allievi. Quello non era il luogo adatto ad una crisi isterica di
coppia. «Ella cara, di cosa… di cosa stai parlando? Mia madre come avrebbe mai
potuto rovinare il tuo viaggio di nozze?» le domandò, con gentilezza, facendosi
avanti come se lei fosse stata pazza e lui avesse temuto che potesse reagire
con violenza.
«È ringiovanita»
sbottò Anthony, poggiando con delicatezza la mano sulla spalla della moglie,
che sembrava sul punto di balzare alla gola del nonno. «Ed oltre a rovinare il
nostro viaggio di nozze sta per rovinare la vita di tutto il mondo».
***
«Dovevamo per forza lasciarli andare via?» si
lamentò Draco, per l’ennesima volta, voltandosi ad osservare la sua fidanzata
con il suo miglior cipiglio da principino esasperato, quasi gli avessero tolto
il trono e lo avessero fatto finire con le regali chiappe al suolo. «Goldstein
era meraviglioso in Difesa ed è abile con gli incantesimi! Quanto ad Ella…»
fece uno sbuffo spazientito. «Ella è soprannominatamanolesta, nell’ambiente. Sono certo che
Manolesta
ci sarebbe stata incredibilmente utile».
Hermione non lo degnò di uno sguardo, limitandosi
a sbuffare. «Probabilmente affronteremo la sua bisnonna, Draco, a te potrebbe
sembrare perfettamente lecito chiederle di mettersi contro la sua stessa
famiglia, ma per le persone dotate di un cuore non è una cosa tanto carina da chiedere».
Il modo in cui lui si accigliò l’avrebbe fatta
certamente sorridere, se si fosse abbassata a guardarlo. «Per quale motivo mi
trattate tutti come se fossi un mostro insensibile?» domandò, sconfortato e ferito.
«Proprio tu, Hermione, che hai esplorato le parti più oscure della mia anima!».
«Proprio perché ho esplorato le parti più oscure della mia anima sono certa che tu sia un mostro
insensibile e senza coscienza».
I due si scambiarono un’occhiata apatica, poi,
lentamente, si sorrisero. Draco si avvicinò a lei, passandole un braccio
intorno alla vita per lasciarle un piccolo bacio sulla guancia. «Non mi serve
una coscienza, finché ho la mia dolce e pedante Mezzosangue accanto. Sei tutta
la coscienza che mi serve per non raggiungere i livelli di grande psicosi che
corrono nel ramo materno della mia famiglia».
Lei gli diede un pizzicotto al fianco, scuotendo
il capo. La nuvola che scurì i suoi occhi gli fece capire quanto incosciente
fosse stato nel rivangare la pessima esperienza che lei aveva avuto con
Bellatrix2. Ma Hermione, naturalmente, era una donna ben più forte
di quanto chiunque potesse immaginare, i ricordi non erano che immagini remote
e lei non si sarebbe mai fatta condizionare da questi. Dopotutto, stava per
sposarlo! «Mi hai dato del Grillo Parlante, Malfoy? Non so se dirmene onorata o
disgustata» gli disse, alzando gli occhi al cielo. «Questo farebbe di te il mio
Pinocchio?».
«Pidocchio?». Draco
inarcò le elegantissime sopracciglia bionde, scostando un ramo basso dalla via
sua e della sua fidanzata. «Capisco che l’esser ricco di famiglia mi abbia
aiutato a vivere di rendita per un po’ di tempo, ma addirittura darmi del
parassita, Mezzosangue…».
Lo schiaffo che lei gli assestò sul braccio rese
chiaro che si fosse sbagliato. «Pinocchio era un burattino fatto da un
falegname senza figli, Geppetto. La Fata Turchina gli ha dato vita e gli ha
promesso che sarebbe diventato un bambino vero se avesse imparato a comportarsi
bene» gli spiegò, con un sorrisino allegro. «Il Grillo Parlante gli faceva da
coscienza, perché ovviamente lui non ne aveva una… quando disubbidiva e diceva
bugie gli cresceva il naso e poi dovevano essere dei picchi a farlo tornare
della giusta misura!».
Il povero Draco accolse quella notizia con una
certa sorpresa. «I picchi? Nel senso… nel senso gli uccelli?» domandò, sconcertato, toccandosi la punta del naso
con fare preoccupato.
«Il naso è di legno, lui è un burattino» specificò lei, alzando gli occhi al cielo. «Quando non
obbedisce al grillo e dice bugie il suo naso si allunga e i picchi devono
accorciarlo».
«Se io non obbedisco al mio grillo finisco sempre col litigare e sì, alla fine qualcosa si
allunga, ma di certo non è il naso».
«Malfoy!».
Il suo rimprovero si perse fra gli alberi, ma,
stranamente, non scatenò alcun tipo di reazione. Strano, quella parte dell’Inghilterra pullulava di ogni tipo di
bestiole e creature, comprese tante creature Fantastiche di cui Draco non
conosceva e non voleva conoscere il nome. Tuttavia, avendo passato anni in zone
sperdute del mondo, circondato da terribili maledizioni e bestie sconosciute,
lui sapeva fin troppo bene di non potersi fidare della tranquillità che li
stava circondando.
Non
potevano proprio fidarsi.
«La radura non è molto lontana» disse alla donna,
facendole cenno di seguirlo lungo una zona più appartata. «Ti ricordi quella
volta in cui ti ho raccontato della mia avventura in Perù?» le domandò poi,
accigliato, stringendole la mano per assicurarsi che non si perdesse per strada.
Ed anche, seppur in modo fortemente limitato, per sentirsi più tranquillo e
rilassato. Non le avrebbe dato la soddisfazione di farle sapere quanto, in
realtà, si sentisse in ansia.
«Intendi quando il lama ha provato a mangiarti i
capelli scambiandoti per un cespo di lattuga?» chiese lei di rimando,
ricambiando la sua stretta con un leggero sorriso. «Se non sbaglio me l’hai
raccontato quando ho trovato la foto scattata da Ranya3 e non hai
potuto negare. Non che tu non ci abbia provato, naturalmente, nonostante fosse evidente che il lama non fosse attratto
da te per una questione di chimica animale».
Draco ebbe la forza di accigliarsi, nonostante
quel silenzio intorno a loro si fosse fatto sempre più strano, sempre più
innaturale. Come la maledizione in Perù. «Stai
per sposarmi, mia cara, dovresti conoscere il vero motto della famiglia Black».
«Negare l’evidenza?».
«Negare soprattutto
l’evidenza» le rispose, secco, stringendosi nelle spalle ma mantenendo gli
occhi puntati nell’oscurità tutta intorno a loro. «Hai conosciuto il cugino
Sirius, mia cara, credevo avessi imparato già con lui». Le sorrise, poi,
vagamente intenerito. «Hai visto Teddy? Aveva le mani
sporche di cioccolata ma ha inventato una credibilissima storia su di un
ippogrifo entrato dalla finestra che lui ha combattuto con gran coraggio».
«Andromeda l’ha messo in punizione per una
settimana» specificò Hermione, con una risatina divertita. «Quanto a Sirius…»
il suo tono si affievolì notevolmente, finché non fu costretta a schiarirsi la
voce. «Una volta l’abbiamo beccato in una stanza così piena di fumo da sembrare
Londra in una mattina di novembre, ma ha avuto la faccia tosta di negare di
aver toccato una sigaretta. La signora Weasley lo ha picchiato con il manico di
scopa di Ron».
Senza poterselo impedire, Draco strinse i denti.
«Non parlarmi di quella donna e di quel… quel mostro4. Mai più» sibilò, stringendo la presa
sulla mano di lei con fare possessivo. Hermione poteva aver iniziato a superare
il trauma, lui, invece, era ben lontano dal digerire tutta la rabbia che si
portava in corpo da mesi. «Attenta a
quella radice, Mon Ange, è parecchio grossa e potresti
inciampare».
«Sai bene che loro non fanno più parte della mia
vita e non li rivedremo più» provò a rassicurarlo, con quella solita gentilezza
che a lui faceva venire l’orticaria. Sembrava sempre che non lo ritenesse
abbastanza intelligente o forte da sopportare il carico di emozioni. «Radice?
Intendi que-oh!».
Naturalmente, lei inciampò proprio in quella radice, rovinando al suolo e
trascinando anche lui con sé. Si ritrovarono entrambi contro la terra umida,
lei fortunatamente per metà sul mantello di lui e quindi relativamente salva
dal fango.
«Mezzosangue, per le mutande consunte di Merlino, te l’avevo pure detto! Lo sai che il
fango è difficilissimo da eliminare da questo tessuto! E la spada si è pure
sporcata» si lagnò Draco, tirandosi a sedere ed assicurandosi che anche lei
facesse altrettanto, controllando che non si fosse ferita. «Stai bene?».
Lo sbuffo spazientito con lui lei gli rispose lo
fece sorridere. «La spada, ti preoccupi della spada! Prima di quella e poi della tua futura moglie, è davvero
poco cavalleresco da parte tua» sbottò, voltandosi a fissare malevolmente la
radice in questione. «Io avevo alzato la gamba, la stavo superando ma si è sollevata! Non posso proprio capire come
accidenti sia successo» mugugnò, rialzandosi quando lui, avendolo già fatto, le
allungò la mano. Muoversi con quei vestiti doveva essere tutto fuorché
semplice. Hermione, presa dalla stizza, si voltò a fissare la radice in
questione con espressione bellicosa – proprio come era solita fare con Draco
quando erano dei ragazzini – e poi, presa da un istinto che di nobile non aveva
nulla, le diede un calcio.
Un secondo prima che lo colpisse, tuttavia, Draco
notò qualcosa che avrebbe preferito davvero tanto
non vedere. O, meglio ancora, che avrebbe preferito vedere ma solo come
allucinazione, come una svista dettata dalla caduta. Le impedì di continuare
con i suoi intenti, chiedendole, con un cenno, di guardare con maggiore
attenzione.
C’erano delle scaglie.
Quella non era una radice.
Era una
coda.
***
Il Nero
delle Ebridi ha scaglie ruvide, occhi viola brillante e una fila di creste affilate
lungo la schiena. La sua coda termina con una punta a forma di freccia e
possiede ali simili a quelle di un pipistrello.5
Draco sentiva le gambe tremare, ma non era
abbastanza spaventato da buttarsi alle spalle ogni dignità e mettersi a correre
via come un bambino davanti all’uomo nero. Certo, a dargli coraggio era anche
la presa di ferro che Hermione aveva arpionato al suo braccio, infilzandogli le
unghie nella carne fin quasi a farlo sanguinare.
Ci voleva una bella faccia tosta ad essere spaventata!
Lei non era quella che aveva aiutato un drago a fuggire da Hogwarts e che era
evasa dalla Gringott a cavallo di una bestia
cresciuta in cattività? Era Draco a
non aver mai visto una creatura simile da così vicino. Quantomeno, non senza
una squadra di Dragonologipronti ad intervenire.
Il rettile era enorme, pacificamente addormentato
fra gli alberi e solo vagamente infastidito dopo la loro rovinosa caduta sulla
sua coda. Era più grosso di quello che aveva visto durante il Torneo Tremaghi, segno che dovesse essere un maschio. I maschi
erano meno aggressivi, stando a quelle breve conversazioni che aveva avuto con
l’unica, vera esperta con cui avesse
mai avuto il piacere di parlare6. E fu proprio a lei che pensò,
cercando di capire cosa accidenti fare per uscire da quella situazione molto
più che incresciosa.
“Il Nero
è estremamente aggressivo, soprattutto quando si invade il suo territorio”.
Naturalmente, lui ed Hermione avevano appena
invaso la tana del drago, cogliendolo proprio nel momento del pisolino serale.
Il brutto muso dentato era rivolto verso la cascata alla loro destra e, proprio
al centro della spirale di scaglie, stava la spada, incastonata nella roccia.
Excalibur era eccezionale: identica alle
descrizioni delle leggende, simile a tutte le altre spade che lui aveva visto
nelle esposizioni a casa dei suoi amici. Al tempo stesso, tuttavia, c’era
qualcosa di incredibilmente speciale in quella lama, forse nel modo in cui
riluceva alla pallida luce emanata dalle loro bacchette, forse a causa dei rampicanti
che la circondavano come a volerla proteggere.
La Spada
che consegnerà il Trono al Vero Re d’Inghilterra.
«Cosa facciamo?» sibilò Hermione, guardandosi
intorno con aria ansiosa. L’oscurità li circondava e, una volta resosi conto di
dov’erano andati a finire e di chi fosse il loro vicino, il rumore sinistro del
respiro della bestia impediva che il silenzio li avvolgesse come prima. «C’è un
incantesimo muffliato qui intorno»
aggiunse lei, quasi avesse voluto rispondere alla domanda che lui non aveva
davvero posto. «Per questo motivo non abbiamo sentito nulla, mentre ci
avvicinavamo. Immagino ci sia anche un qualche incanto che impedisce alla gente
di avvicinarsi, Ella mi ha detto che sua nonna è sempre stata un’esperta in
questo tipo di incantesimi».
“Il Nero
odia essere disturbato. Se fossi mai riuscita a diventare una magizoologa mi sarebbe piaciuto poterli studiare da vicino”.
Ah, se solo avesse potuto dire a Rosemary di quel
suo incontro! Lei lo avrebbe odiato per sempre, oppure si sarebbe fatta una
grossa risata e gli avrebbe chiesto quante paia di mutande aveva già sporcato.
Se fosse stato abbastanza sfortunato, probabilmente entro la fine della notte
avrebbe avuto modo di rivederla e raccontarle tutto di persona.
Si sarebbe arrabbiata infinitamente, ne era certo:
le aveva promesso una Rosemary Malfoy e stava per morire prima di portare a
termine quel semplicissimo compito che lei gli aveva affibbiato. Quello e,
naturalmente, far uscire suo padre dal vortice di depressione in cui era caduto
dal momento stesso della sua morte.
«E come mai noi ci siamo avvicinati?» porre quella
domanda, per Draco, fu proprio una violenza contro se stesso. «Questa mattina
siamo passati giusto a qualche metro di distanza e non siamo stati attirati
qui, mentre adesso sì. Perché?»
insistette, tirando Hermione indietro di un passo. Quando lei calpestò un
rametto lui sentì distintamente una delle sue ossa fare la stessa fine fra i
denti del bestione.
«Perché, naturalmente, io vi voglio qui» gli rispose una voce cristallina ed
incredibilmente familiare, proveniente direttamente dalle loro spalle.
Voltandosi, entrambi si trovarono davanti ad una donna con meravigliosi capelli
biondi ed occhi di smeraldo, straordinariamente
simile a Druella ma decisamente più spaventosa.
«Margaret Fitzroy, è un piacere rivederla» Con una
certa ironia, Draco si inchinò in direzione della donna, non sapendo bene se
fosse più saggio mantenere Hermione al suo fianco oppure spingerla indietro,
verso il drago ancora placidamente e miracolosamente addormentato. «L’ultima
volta che l’ho incontrata era una simpatica vecchina che faceva la maglia,
adesso, invece, usa la magia della più importante spada mai esistita. E tutto
per che cosa? Per delle rughe in meno? Per un sedere senza cellulite?».
«Draco» gli sibilò Hermione, dandogli un pugno
sulla spalla e lanciandogli uno sguardo esasperato. Non stuzzicare la pazza maniaca, idiota.
«Ti prego, chiamami Morgana, adesso» gli rispose la donna, con una risatina agghiacciante, dondolando
leggermente i piedi da sopra il ramo su cui si era accomodata. «E sì, ho fatto
tutto per qualche anno di meno» aggiunse, con un sorrisino. «Una nuova
possibilità di splendere, di impormi senza un marito asfissiante… adesso sono io la protagonista».
«Ma perché farci trovare la spada?» domandò
Hermione, accigliata. «Perché portarci all’unica arma che potrebbe fermare
questo suo piano assurdo?».
In cuor suo, Draco conosceva benissimo la
risposta.
La conosceva e la temeva.
«Ma io non vi ho portati alla spada… vi ho portati
al Drago» specificò Margaret, con un
sorriso dolce, da nonna. «Vedete, io
ho letto delle vostre avventure per il mondo e sapevo che vi avrebbero mandati qui a rovinare tutto. Così…» si
strinse nelle spalle, allegra, sistemandosi la generosa scollatura. «Mi
dispiace soprattutto per te, Draco caro, ma vedi… non posso rinunciare a queste» nel dirlo, accennò al seno
prosperoso. «Quindi… beh, spero vi
divertiate nell’aldilà» continuò, tirando fuori la bacchetta.
“Quando
il Nero punta una preda, nulla potrà impedirgli di porre fine alla sua caccia”.
«Margaret-».
Un boato infernale anticipò di un istante il pop della smaterializzazione della
strega, svanita nel nulla. Un momento dopo, un ringhio feroce si sprigionò
dalle loro spalle, facendo tremare la terra sotto i loro piedi.
Draco dormiensnunquam titillandus7.
Il drago si era svegliato.
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Anche questa settimana, fortunatamente, sono riuscita ad aggiornare in
tempo! La storia si avvicina alla conclusione – un altro capitolo e poi, forse,
soltanto l’Epilogo – e credo che, con questa, si concluderà, per un po’, la
parentesi del “MirrorUniverse”
(l’universo cui appartengono tutte le storie legate a Lo Specchio delle Anime).
Forse mi prenderò un po’ di “ferie”, forse elaborerò qualcosa di diverso. Chi
lo sa? Io di certo no!
Nonna Margaret è una simpatica vecchina, nevvero?
Punti importanti:
» 1 – MerrickRosier è
un OC presente nella Long, come molti altri apparsi qui e lì nella fanfiction. Per chi non lo sapesse, è una cugina di Draco
che, per ragioni particolari spiegate nella long stessa, ha deciso di diventare
Auror.
» 2 – Venitemi a dire che Bellatrix non è
psicopatica, se ne avete il coraggio! Ovviamente il riferimento è all’incontro
che c’è stato fra Hermione e la Mangiamorte a Malfoy Manor,
quando quest’ultima l’ha torturata per avere informazioni.
» 3 – Ranya è
un’esperta di arte antica proprio come Draco. Ha aiutato lui ed Hermione nel
passato (più suo zio che lei, in realtà) e si è tenuta in contatto, soprattutto
perché ha una bella cotta per la nostra Mezzosangue ;)
» 4 – Nel caso non abbiate letto Lo Specchio, non ho intenzione di fare
spoiler. Vi basti sapere che, in Lo Specchio, Ron e Molly si sono comportati
davvero molto male con Hermione.
Tranquilli, tutto ha una sua ragione logica.
» 5 – Cit. da “Animali Fantastici e dove trovarli, di N. Scamander”. Il 17 uscirà il film, non vedo l’ora. C’è una legilimensin quel
film. Io adoro i legilimens.
Nella mia prossima storia voglio usare una legilimens.
(Merrick è una legilimens,
se vogliamo esser pignoli).
» 6 – Riferimento a Rosemary Crave, figlia del dottor
Newton Crave. Storia lunga, la ragazzina ha avuto una
brutta vita. Draco e lei sono stati
molto amici, anche se solo per un breve periodo.
» 7 – Non stuzzicare il drago che
dorme. Ovviamente, è il motto di Hogwarts.
Ho una domanda: io
avevo pensato di scrivere qualcosina sui Malandrini, ma potrei avere in mente
un’altra fanfiction ambientata nel periodo di Harry
(possibile Dramione, in questo caso). Voi cosa
pensate sia meglio sviluppare, per prima?
A lunedì prossimo, spero!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
NewtScamander era un
uomo anziano, tuttavia la meraviglia nei suoi occhi, quando lo avevano messo di
fronte a quell’esemplare di cucciolo di drago, apparteneva certamente ad un
ragazzo. Lo splendore che, dopo tutti quegli anni, non lasciava il suo animo ogni
qualvolta si trovasse ad una qualsiasi creatura fantastica era assolutamente
ammirevole. Hermione avrebbe dato qualunque cosa pur di provare quella stessa
estasi, seppur per un singolo istante.
Lei gli
sorrise, con gentilezza, tirando fuori dalla sua borsa la cartellina con le
informazioni sul caso che aveva appena risolto. Avevano chiesto a lei di
incontrare lo studioso perché ritenuta “interessante”. Tutti gli altri
colleghi, a quanto ne sapeva lei, erano stati immediatamente giudicati come
“noiosi” nelle rare occasioni in cui il consulto dello studioso era stato
richiesto. «Lo abbiamo trovato in un sotterraneo nel Derbyshire,
sappiamo che è un Nero delle Ebridi, però-».
«Cresciuto
in luogo buio e umido, sì…» la interruppe Scamander,
facendole cenno di avvicinarsi ed indicandole dapprima le ali raccolte dietro
la schiena e poi gli occhi aperti a fatica. «Vede, mia cara? Non aveva
abbastanza spazio per sgranchirsi le ossa… e gli occhi, è evidente che non sia abituato alla luce». Con un
colpo di bacchetta abbassò la fiamma delle torce accese dai Dragonologi
responsabili del piccolo. Un momento dopo, il vecchio sembrò accorgersi
nuovamente di lei. «Ma… non prende appunti?» le chiese, confuso.
Hermione
lo osservò con una certa curiosità. «Dovrei prendere appunti?».
«Lei è
una studiosa, ragazza mia, si vede dallo sguardo!» ribatté il vecchio,
scuotendo il capo ed avvicinandosi di qualche passo, puntandole l’indice contro
il viso. «Importa qualcosa che lei non sia una magizoologa?
Non bisogna mai perdere
l’occasione per imparare qualcosa! Anche se di un argomento totalmente estraneo
ai suoi interessi». Si avvicinò ancora, con uno sguardo da vecchio gufo curioso
che riuscì a non metterla a disagio. Nessuno riusciva a non metterla a disagio,
ormai. «Chi le assicura che un giorno non le verrà comodo sapere qualcosa in
più sui Neri delle Ebridi? Lei lo sa che soffrono incredibilmente il solletico
sotto le ali?1».
Col senno di poi, Hermione decise che avrebbe
mandato un bel mazzo di fiori ed un sacco pieno di cioccorane
a quel vecchio studioso tutto matto. Un sacco a lui ed un altro paio di sacchi
alla Riserva nelle Ebridi2, perché dopotutto era soprattutto grazie
a loro se aveva avuto la possibilità di tornare a far visita a quel minuscolo –
a quel punto non lo era più – esemplare di rettile.
«Non posso crederci… non posso crederci» sbottò ancora Draco, tenendosi stretto al ramo
su cui era riuscito a smaterializzarli mentre lei, con un sangue freddo che non
tirava fuori dall’ultima volta in cui aveva rischiato la vita, operava un Rictusempra sulla
cara bestiola, lasciandola boccheggiante a contorcersi su se stessa, giusto
pochi metri sotto di loro. L’incanto riusciva ancora a controllarlo, ma, era
piuttosto evidente dal progressivo ridursi dei suoi spasmi, non sarebbe durato
per sempre.
Naturalmente, una volta salvi avevano provato a
smaterializzarsi via, senza alcun successo. La maledetta bagascia – perché era così che Draco l’aveva chiamata, aggiungendo
anche un paio di epiteti che lei non avrebbe ripetuto per una questione di pura
decenza – aveva lanciato una maledizione su tutta la radura, impedendo le
smaterializzazioni o le materializzazioni.
Li aveva
intrappolati.
«Se riuscissimo a prendere Excalibur potremmo
porre fine all’incantesimo» rifletté Hermione ad alta voce, scacciando un ramo
a pochi millimetri dal suo naso. Aveva intravisto un ragno ad un pelo dai suoi
capelli, ma non aveva neppure intenzione di preoccuparsi della possibilità di
ritrovarsi una ragnatela in testa. Aveva delle priorità. «Basterebbe un Finite,
ma dovremmo quantomeno toccarla».
«Non so se l’hai notato, Mon Ange» la interruppe Draco, accigliato, indicando l’animale, «ma
prima di arrivare alla spada dobbiamo superare quel coso lì. E gli incantesimi non
funzionano! Sono sorpreso che il Rictusempra abbia avuto un minimo effetto! Come diavolo
facevi a saperlo? Non c’è scritto nei libri!» aggiunse, portandosi una mano al
cuore per riprendere fiato. Aveva i capelli tutti scompigliati e che gli
ricadevano sul viso, non era così disordinato
– fuori dalla camera da letto, naturalmente – da mesi.
«Me l’ha raccontato NewtScamander più di un anno fa» gli spiegò, passandosi
una mano sul viso per asciugare un po’ i sudori freddi che la paura e
l’adrenalina le stavano procurando. «Ha detto che soffrono il solletico e che
sono appassionati di Black Angus3».
Lui sbuffò, lanciando uno sguardo preoccupato al
drago sempre meno impegnato dai suoi contorcimenti. «Ah, bene a saperlo, magari
potremo fare una telefonata e farci portare un paio di bistecche» sbuffò,
sinceramente esasperato, guardandosi intorno con l’aria di qualcuno cui
avessero appena morso il fondoschiena.
Perché le
venivano in mente quei paragoni, in quel momento? L’ansia le faceva un pessimo
effetto.
«Scappare sarebbe inutile» continuò lui, con un
sospiro. «Il Nero è un abile cacciatore, quando sceglie una preda non la lascia
andare finché non gli ha fatto fare una bruttissima fine».
Hermione si allungò leggermente per dargli un
pugno sul braccio, fulminandolo. «Grazie, dottor
Alan Grant4, questa opinione da Dragonologo
specializzato era proprio ciò che ci serviva adesso, non so proprio come
ringraziarti» sbottò, dandogli le spalle per cercare un’altra via di fuga, naturalmente senza successo. «Se anche
riuscissimo ad arrivare ad Excalibur, non avremmo come scappare da quel coso».
«L’unica possibilità è provare a scappare»
convenne Draco, con un sospiro. «Potremmo andare nel piccolo lago e tentare la
fuga da lì» aggiunse, grattandosi distrattamente la guancia. Si era graffiato
durante la prima fuga, una goccia di sangue gli era colata dai capelli lungo
tutto il viso. «Se non sbaglio, dietro quella cascata dovrebbe esserci un
sentiero fra le rocce… lì potremmo nasconderci facilmente».
«Nasconderci...». Hermione fece una smorfia,
spostando leggermente il peso in avanti a causa della scomodità dello stupido
ramo su cui era seduta. Gli spasmi del drago stavano diminuendo in modo
piuttosto inquietante, ma lei non poteva più riavvicinarsi per colpirlo
nell’unica zona debole della sua scorza. Erano in trappola. «Non mi piace
l’idea di nascondermi dietro una pietra e pregare per il meglio, Draco».
«Non è che abbiamo molte possibilità, sai» le
rispose lui, acido. «Coraggio, non ho la minima intenzione di diventare un
antipastino per quel lucertolone, non credo che mio padre ne sarebbe
particolarmente felice e dubito che al piccolo Potter farebbe bene crescere
senza una figura responsabile vicino» aggiunse, con un sospiro, avvicinandosi
per poterle poggiare la mano sulla spalla. «Ci smaterializzeremo a pochi passi
dalla spada, spezzeremo l’incantesimo e ce la daremo a gambe levate, sono stato
chiaro, Mezzosangue?».
Parecchio stizzita, Hermione gli dedicò uno
sguardo contrariato. «Da quant’è che tu sei diventato il capo? Questa è una
relazione paritaria, Malfoy, non pensare di potermi dare ordini» mugugnò,
parecchio risentita, annuendo ed avvicinandosi, nonostante la sua ribellione.
«E da quant’è che ti sei eletto a figura
responsabile per James? Ti ho dovuto trascinare a vederlo, quando è nato!».
Draco inarcò le sopracciglia, sollevando la
bacchetta. «Tu sei la figura
responsabile, naturalmente. Io sarò il padrino consapevole che cercherà di
salvarlo da quel mare di sciocchezze e follia che è la sua famiglia.
Ovviamente, si tratta comunque di un Potter e la genetica non può essere
facilmente aggirata. Immagino che dovrò salvare il salvabile» spiegò, con una
smorfia. Rialzò lo sguardo in quello di lei, rafforzando la presa. «Al mio tre.
Uno, due, tre!».
Il pop
della smaterializzazione fu l’unico suono che Hermione riuscì a sentire un
momento prima di sparire nel nulla. La realizzazione di cosa significasse quel
silenzio arrivò un attimo prima che riapparissero, incespicando fra le erbacce
e cadendo a pochi passi da quello che era il loro obiettivo finale. La spada,
da vicino, sembrava brillare di luce propria.
Oppure
quella luce proveniva dalla fiammata appena sputata dal drago, evidentemente
libero dall’incantesimo del solletico e pronto a mangiarli in un sol boccone.
«Corri!» l’urlo di Draco le arrivò alle orecchie
come se fosse stato poco più di un sussurro, a causa del ruggito della bestia
che si contorceva follemente per potersi muovere nello spazio che aveva a
disposizione e poter arrivare ad essere muso a muso con loro. Lei, dal canto
suo, era talmente sconvolta da non riuscire quasi a muoversi: fu solo quando
lui la prese per il braccio e la tirò via con violenza che ricominciò a percepire ciò che la circondava.
«Hermione, corri!».
Si era fatta male alla gamba, se ne rese conto
solo una volta tornata in piedi. Era un dolore sordo, così forte da farle girare
la testa ed impedirle di stare in piedi. Era così forte che lei quasi non vi prestò attenzione, tanta era la
fretta. Confusa e spaventata dal ruggito proveniente dalle sue spalle, abbassò
lo sguardo per poter controllare cosa le stesse impedendo di alzarsi e ciò che
vide le fece venire un’ondata di nausea terrificante: quella piega assunta
dalla sua gamba era tutto fuorché normale.
«Oh, porca
puttana!» l’orrore nelle parole di Draco non fece che confermare il suo
atroce dubbio. Sentì distintamente le sue braccia stringersi intorno a lei e
spingendola a terra, un attimo prima che una fiamma terrificante si scagliasse
nel punto in cui, fino a pochi istanti prima, c’era stata la sua testa. «Non
muoverti, non muoverti» aggiunse poi lui, ansioso, con un tono di voce così
vicino all’isteria da farle quasi fermare il cuore per il terrore. Lei non
poteva muoversi, lui non poteva smaterializzarla. Il drago voleva mangiarli
entrambi.
«Draco»,
il modo in cui uscì la sua voce la spaventò. Era un pigolio, un sibilo
dolorante e spaventato che non le era mai appartenuto. Non era la prima volta
in cui si faceva del male, non era la prima volta in cui soffriva così tanto.
Era la prima volta, tuttavia, in cui era abbastanza matura da comprendere quanto avesse da perdere. «La spada…
prendi la spada» continuò, sentendo un’altra ondata di nausea colpirla allo
stomaco con inaudita violenza nel momento in cui tentò di strisciare via. Senza
poterne fare a meno, si vide costretta a piegarsi di lato e vomitare.
«Dobbiamo andare via da qui!» le urlò invece
Draco, schermandola con il suo corpo dalla polvere e dalle pietre che il drago
aveva smosso nel disperato tentativo di voltarsi e mangiarli. Le sue urla
selvagge sembravano riecheggiare come se fossero stati tutti chiusi in un’enorme
bolla di vetro. «Dammi la mano, dammi la
mano, posso creare una passaporta, quella forse
potrebbe farci uscire di qui… funziona ad Hogwarts, perché in questa stupida
radura no?». Il suo tono era così nevrotico, così sconvolto, che per un momento
lei temette fosse lui il vero ferito, in quella situazione.
«Prendi la
spada, Draco!» insistette Hermione, cominciando a sentire la testa girare
vorticosamente. Sarebbe svenuta, se non fosse stata già sdraiata. Il grosso
rettile era ormai riuscito a farsi abbastanza strada da fronteggiarli: a
separarli dai suoi denti erano solo pochi spuntoni di pietra ed alberi. Gli
spruzzi d’acqua di ciò che restava della cascata – distrutta con qualche colpo
di coda – cadevano su di loro come pioggia sporca, Hermione avrebbe voluto
pulirsi il viso ma temeva che muovendo anche solo un muscolo avrebbe
definitivamente perso i sensi. «Prendi la spada».
Il modo in cui lui la guardò, disperato, le fece
venire il magone. I suoi occhi di cristallo erano spalancati, il respiro corto:
non era mai stato così pallido. «Non ti lascio qui» esalò, spalancando gli
occhi quando un ramo delle dimensioni di un piccolo faggio passò sopra le loro
teste. «Protego!» urlò ancora lui, ansimando, cercando
di schermarli come meglio poteva. Lo scudo era una leggera aura azzurra su di
loro, così pallido da risultare quasi invisibile. Il drago non avrebbe
impiegato molto tempo a superarlo, con una delle sue fiammate inarrestabili.
Era così
che si sentivano le anime imprigionate all’Inferno? Con il calore della morte
tutt’intorno e nessuna speranza di salvezza?
La mente di Hermione, arrivata a quel punto,
guardava ben oltre la sua semplice esistenza: non c’era via per sopravvivere,
perché non morire facendo la cosa giusta? Aveva già sfidato l’Antica Magia5,
sei mesi prima, rischiando la sua vita come se non le fosse importato nulla.
Cosa le impediva di farlo ancora?
Poteva chiedere a Draco di sacrificarsi come avrebbe fatto lei, se avesse
potuto?
«La spada. Impediscile di rovinare tutto!».
Sì,
poteva.
Voleva che lui rinunciasse ad ogni speranza e
ponesse la parola fine alla loro vita insieme, nonostante non fosse ancora
davvero iniziata?
«Maledizione, Hermione! Non posso permettere che
tu muoia!».
No, non
voleva. Ma doveva farlo.
«Non abbiamo comunque alcuna speranza» provò a
dirgli, accennando un lieve sorriso. Si rese conto, in quel momento, di avere
il viso bagnato di lacrime. La sua bacchetta giaceva spezzata poco lontano da
dove erano caduti, una perfetta immagine del suo cuore in quel momento.
«Posso aggiustarti la gamba» annaspò lui, la sua
voce così lieve da essere quasi totalmente coperta dal rumore agghiacciante del
drago che scavava e scavava, intenzionato a ricavare abbastanza spazio da
potersi avvicinare e mangiarli. «Una volta sistemata, potremo scappare dietro
la roccia, quel bestione non potrà… non potrà girarsi di nuovo!» continuò,
allungando la mano per asciugarle le lacrime.
«Non puoi aggiustarmi la gamba senza togliere lo
scudo, Draco, lo sai. Ed abbiamo una sola bacchetta a disposizione» gli
rispose, sentendo un peso calarle sul cuore e poi sul resto del petto, come una
macchia d’inchiostro su una pergamena. «Va’ dalla spada. Ti ci vorranno pochi
secondi per-».
«Vuoi
smetterla di pensare a quella dannata spada?» il suo urlo isterico la fece
trasalire e la zittì. In un altro momento, gli avrebbe risposto per le rime,
ricordandogli chi fosse a capo della
missione, ma in quell’istante non ci riuscì. La macchia d’inchiostro aveva
risucchiato le sue corde vocali, il suo stomaco, tutto. «Lo so che
moriremo, ma non ho intenzione di morire lontano da te, senza aver neppure
provato a salvarti. Non me ne importa un
accidenti del resto del mondo, vuoi capirlo? Sei tu il mio mondo ed è te
che devo salvare, anche a costo di smaterializzarti via nei pochi secondi che
avremo a disposizione».
Si guardarono per due lunghissimi secondi, dopo
quelle parole. Paura e determinazione, speranza e rassegnazione, ancora una
volta la loro vita vedeva il contrapporsi di emozioni, tutte facce dello stesso
amore che, nuovamente, li stava accompagnando sull’orlo del precipizio.
Alla fine, fu lei a cedere, sorridendogli fra le
lacrime. «Tu non le sai riparare le ossa, Draco».
«E tu hai già provato a morire e lasciarmi
indietro, sappiamo entrambi che non permetterò che una eventualità simile si
ripeta6» gli rispose lui, pulendole il viso. «E sappiamo anche che
non potrei comunque interrompere l’incantesimo della spada, il drago ci
ucciderà entrambi prima».
«E una passaporta è
ancora più improbabile della smaterializzazione, con un incanto di protezione
su tutta la radura».
Una nuova emozione si affacciò ai loro occhi,
identica in ogni sfaccettatura: tristezza.
«Non reggerò ancora per molto» le disse poi Draco,
con un sospiro, avvicinandosi fino a potersi sedere al suo fianco. Che non
volesse più fronteggiarla era indicativo che la lite fosse bella che sepolta.
Avevano altro a cui pensare. «Almeno questa volta saremo insieme, non mi
lascerai da solo» continuò, passandole il braccio intorno alle spalle, per
attirarla di più contro il suo petto. Il buon profumo di cuoio e dopobarba era
sparito, sostituito dalla puzza di fumo e della terra umida su cui si erano
rotolati. «Sei pronta?».
La macchia d’inchiostro sul cuore di Hermione
aveva raggiunto le dimensioni della sua intera anima: l’assenza di un angolo
pulito, l’assenza di speranza nel futuro, l’avevano portata ad uno stato di
pacata rassegnazione, facendole accettare l’inevitabilità di quanto sarebbe
venuto. Era semplicemente felice che, in un modo o nell’altro, sarebbero stati
insieme. Il dolore alla gamba, la puzza di vomito ed il frastuono del drago
infuriato erano nulla, in quell’istante. Nulla davanti a loro.
«Ti amo, Draco».
Il modo in cui lui le sorrise avrebbe rischiarato
qualunque nube, scacciando anche il più tenace dei dissennatori. Quando le
sollevò leggermente il viso e si avvicinò, Hermione non riuscì a chiudere gli
occhi: non avrebbe perso neppure un istante di
lui.
«Ti amo, Hermione».
Quando si baciarono, l’incantesimo di protezione
crollò intorno a loro come una pioggia delicata e, con un boato, l’enorme
rettile spalancò le sue fauci infernali.
***
L’immenso calore che si era aspettato non era mai
giunto.
Aveva continuato a baciare la sua Hermione,
profondamente e con incredibile dolcezza, pronto a trascorrere i suoi ultimi
istanti fra le sue braccia, l’unico luogo in cui fosse mai stato davvero
felice. I pochi istanti, tuttavia, erano diventati i secondi ed i secondi erano
diventati un minuto. Il frastuono continuava, ma delle fiamme non c’era neppure
l’ombra.
«Sono immensamente spiacente di disturbarvi,»
esclamò una voce a pochi passi da loro, affaticata ma nonostante tutto
divertita, «tuttavia credo che dovreste affrettarvi, il mio è uno scudo
incantato, ma non è certo indistruttibile».
Davanti a loro, meraviglioso nella sua armatura
d’oro, Re Artù impugnava uno scudo magnificamente decorato, grande almeno il
doppio di quelli generalmente associati al suo periodo storico, ricoperto
interamente da antichissime rune celtiche che Draco era certo di aver già visto
in un antico manuale sugli incantesimi difensivi. Lo scudo, naturalmente
stregato, li aveva protetti tutti dalle spaventose fiamme della bestia,
respingendole verso il legittimo destinatario in un incredibile gioco di spruzzi infuocati.
Il mago sentì il proprio cuore esplodere a causa
di tutte le improvvise emozioni provate, Hermione, al suo fianco, esalò
un’imprecazione così colorita da meritare di essere incisa nel libro nero che Narcissa Malfoy conservava ancora al Manor.
A quel punto, la domanda da porre fu semplicemente
una.
«Lei cosa
cazzo ci fa qui?» sbottò lui, tentato di allargare le braccia per
dimostrare pienamente il suo sconvolgimento. «Come diavolo ha fatto a trovarci?
E quello che razza di scudo è? Non esiste un metallo capace di respingere il
fuoco del drago!».
Una risatina divertita scosse il re, nonostante
Draco l’avesse notata solo a causa del lieve tremore delle sue spalle. «Credevo
che voi maghi di Avalon conosceste le proprietà delle
armi forgiate dal fiato di drago» gli rispose, con tono stranamente leggero.
Naturalmente, Draco conosceva la leggenda
secondo cui l’acciaio forgiato dal fuoco di un drago fosse immune alle fiamme
del drago stesso, ma non aveva mai pensato che… «Quanto alla mia presenza qui,
credo lei debba ringraziare la sua fidanzata, sir Morgerstern.
O forse dovrei dire Malfoy?».
Lo shock nel suo sguardo avrebbe fatto sorridere
la sua fidanzata, lui ne era certo, ma in quel momento non ci fu modo di
lasciarsi andare a simili leggerezze. «Cosa gli hai rivelato, Mezzosangue?
Qualcosa delle parole “sotto copertura”
non ti era chiaro?» sbottò quindi, tentato di prenderla per le spalle ed
iniziare a scuoterla con violenza. Se non lo fece fu soprattutto a causa del
colorito verdastro assunto dal viso di lei, evidentemente prossima a perdere
definitivamente i sensi e quel poco sangue che le era rimasto. «Ah, accidenti, Vulnera Sanentur!».
Non era mai stato particolarmente bravo con gli
incantesimi di guarigione – c’era sempre stato Blaise
a rimetterlo in piedi, maledizione! – ma, fortunatamente, riuscì quantomeno a
fermare l’emorragia alla gamba. Il sollievo negli occhi di Hermione lo
ricompensò per lo spavento.
Il sollievo, però, venne presto sostituito da un
mix fra l’esasperazione ed il dolore per l’osso rotto. «Gli ho detto tutto
mentre ballavamo! Come avrei fatto a sgattaiolare via senza attirare
l’attenzione, altrimenti? Lui è Re Artù, non puoi nascondergli cose!» sbottò quindi, indicando con un cenno il
sovrano intento a respingere gli attacchi del drago ancora incastrato ma
parecchio furioso e, probabilmente, affamato.
Sembrava fin troppo magro rispetto la stazza dei suoi simili. «Come puoi notare
anche tu, ho fatto benissimo a dirgli
la verità!».
Draco avrebbe voluto porle milioni di domande, a
cominciare dal perché lui le avesse creduto fino al come avesse ritenuto saggio
rivelare la loro missione all’unica persona che, in effetti, avrebbe potuto
risentire tantissimo della fine dell’incantesimo. Dopotutto se davvero fosse stato il Sovrano redivivo,
avrebbe smesso di esistere nel momento in cui loro avessero completato la
missione7.
Aveva tante
domande per la testa, tuttavia preferì tenerle per se. Non era il momento di
distrarre il loro salvatore.
«Credete di impiegare ancora molto tempo nelle
vostre discussioni? Credo che la bestiola potrebbe liberarsi da un momento
all’altro ed io sono sprovvisto di armi per combatterlo» li interruppe proprio
Artù, senza perdere la sua leggerezza ma con un pizzico di preoccupazione in
più. A quel punto sembrava che si stesse sinceramente divertendo ad
intercettare le fiamme e bloccarle, guardando in faccia alla morte e ridendo
come un matto.
Oltre ad essere magnifico c’erano buone probabilità che fosse folle.
In quel momento, un costone di roccia si liberò
dalla Montagna ed il drago, con un ringhio feroce, riuscì finalmente a
liberarsi dalla trappola in cui era finito. Osservandolo da vicino, Draco notò
che fosse incatenato al suolo: Morgana gli aveva impedito di volare via,
tenendolo in quella fossa dimenticata dal mondo dal momento stesso in cui
dovesse esser riuscita ad intrappolarlo con la magia. Quell’animale non era più
libero di quanto non fossero loro.
«Non abbiamo il tempo di spezzare l’incantesimo
sulla spada» gemette Hermione, stringendogli la mano sul braccio per richiamare
la sua attenzione. «Se tu potessi evocare un nuovo scudo, il Re potrebbe
estrarre Excalibur e tenere a bada il bestione, così tu potresti cercare un
modo per intrappolarlo!» propose, guardandosi intorno con aria frenetica.
Individuato qualcosa fra gli alberi, glielo indicò: era l’origine della catena
che teneva la bestia incatenata al suolo. «Allunga quella e passagliela intorno
al corpo! Non voglio che muoia, ma dobbiamo assicurarci che non sia un
problema».
«Mi sembra un ottimo
piano, signorina Granger» si complimentò il Re,
facendo un balzo di lato giusto un attimo prima che, con una zampata, il
lucertolone lo togliesse di mezzo come se fosse stato una mosca fastidiosa.
«Signor Malfoy, se non le dispiace io avrei giusto un po’ di fretta».
Tutt’altro che convinto, Draco si voltò verso la
donna, guardandola interrogativo. «Sei sicura?».
«Quasi quanto sono certa che i miei figli non si
avvicineranno mai così tanto ad un
drago!8 Vai!».
Forse fu l’implicito riferimento al loro futuro,
forse fu la spinta con cui l’allontanò, ma meno di un paio di secondi dopo,
Draco era al fianco del re, la bacchetta alta e l’incantesimo già sulla punta
della lingua. Una nuova barriera azzurrognola si posizionò fra loro ed il drago
che, certamente non contento, ruggì tutto il suo disappunto e partì
all’attacco. Ogni colpo allo scudo era un colpo che il mago poteva percepire
direttamente nello stomaco, ma non si arrese, non finché una brezza leggera non
gli solleticò il viso, attirando inevitabilmente la sua attenzione.
A pochi passi di distanza, avvolta in un magico
alone d’oro e diamanti, Excalibur veniva estratta dalla roccia ed impugnata dal
suo unico e solo proprietario. Un silenzio innaturale e l’aria profumata
d’incenso accolsero la nuova ascesa di colui che era e che sarebbe tornato
ad essere il Re di ieri e di domani. Con la sicurezza e la forza che
nessuno avrebbe mai dimostrato, Re Artù si erse oltre la prigione della più
grande arma mai esistita, tornando ad attraversare le terre che un tempo gli
erano appartenute e che, prima o poi, sarebbero ancora tornate sotto il suo
dominio.
Draco, per la prima volta in tutta la sua vita,
provò l’inarrestabile istinto di inginocchiarsi. Hermione, poco lontano da lui,
aveva chiaramente gli occhi lucidi per l’emozione.
Il Re
Eterno.
«Adesso penserò io a lui» gli disse Artù, senza
più alcuna traccia di leggerezza nel tono di voce, una volta sceso dalla roccia
e raggiunto il posto che aveva inizialmente occupato. Con un cenno gli indicò
la roccia cui era incatenato il drago. «Va’, la prospettiva di uccidere una
creatura innocente e così antica non mi alletta minimamente».
Disobbedire era assolutamente fuori discussione,
Draco non era minimamente intenzionato a ribattere. Semplicemente, una volta
che lui gli fece un cenno di poter far cadere lo scudo, si limitò a correre a
perdifiato verso l’origine della catena, lanciando tuttavia uno sguardo
preoccupato ad Hermione, ancora nascosta all’ombra della roccia.
Non guardò il Re combattere, non ne ebbe il
coraggio. Oppure ebbe subito la
consapevolezza di non essere abbastanzada potersi permettere di
osservare l’Eterno combattere per il suo popolo.
Era una visione riservata a pochi eletti, lo
sapeva. E lui non era fra quelli.
Allungò la catena più velocemente che poté, poi,
racimolando tutto il suo coraggio ed un semplice WingardiumLeviosa, diresse il frutto dei suoi
incantesimi verso la bestia.
Il tonfo che fece, quando gli venne sottratto
dapprima l’uso delle zampe e poi la possibilità di spalancare le fauci, fu lo
stesso che fece il cuore del mago nel notare il Re ancora perfettamente
integro, giusto leggermente sporco di polvere, a pochi metri da dove l’aveva
lasciato.
Nessun
mortale sarebbe potuto sopravvivere tanto.
Ma, dopotutto, lui non era un semplice mortale.
«Hermione!» ricordandosi improvvisamente di lei,
Draco si precipitò nella sua direzione, trovandola accasciata in un angolo,
probabilmente per ripararsi dai possibili colpi di coda dell’animale. Il Re,
per fortuna, aveva evitato che le fiamme potessero toccarla. «Stai bene? Sei
così pallida…» esalò, spostandole i capelli dal viso per poterla guardare. Era
così fragile.
«Sto bene, considerando la gamba rotta e i vari
litri di sangue persi per strada» gli rispose lei, cercando di mantenere un
tono quanto più pacato possibile. Il tremore era inevitabile, ma il suo sorriso
riusciva a stemperare un po’ l’angoscia. «Vostra Maestà, grazie per essere
venuto in nostro soccorso, nonostante io abbia tentato di dissuaderla in ogni
modo» disse poi, voltando gli occhi verso Artù, rimasto pochi passi indietro.
Il Re accennò una risata stanca, stringendosi
nelle spalle. «Non avevo intenzione di intervenire, in realtà. Ho imparato a
mie spese che interferire con la magia è qualcosa che io non posso permettermi
di fare» spiegò, intento a pulire Excalibur con un lembo del mantello. «Ho
dovuto rivedere le mie intenzioni quando ho visto Morgana al castello, però».
Attraversato da un brivido, Draco si voltò a
fissarlo. «Morgana era al castello? Perché?
Cos’ha fatto?» chiese, agitato, stringendo la presa della mano sulla spalla
della sua fidanzata, che fece un lamento indolenzito, spingendolo a mollare.
«Scusami, cara. Perché quella maledetta Banshee è al castello?».
Il Re fece una smorfia disgustata, rabbrividendo.
«Quando voi siete andati via, io ho fatto il possibile per impedire a Merlino
di raggiungere la torre, così che non scoprisse la fuga della Dama» spiegò,
arricciando il naso. «Sfortunatamente, però, dopo un po’ l’ho perso di vista,
così sono andato a cercarlo… quando l’ho trovato, era in dolce compagnia».
A fare una smorfia, a quel punto, fu Hermione.
«Immagino che voglia usarlo per ristabilire il suo controllo sul Regno»
convenne, disgustata. «Questo non spiega la sua presenza, tuttavia».
«Morgana ha detto qualcosa riguardo la spada e
l’eliminazione dei loro nemici… ho immaginato doveste essere voi. Miss Granger mi ha anche raccontato qualcosa della radura…»
allargò le braccia, indicando tutto ciò che avevano intorno. «Ho pensato fosse
saggio venire a controllare. Un buon Re non manda i suoi sudditi a fronteggiare
la morte, se egli stesso non è in prima linea».
Quello
era un ragionamento che Draco avrebbe voluto ripetere al buon, vecchio Caramell.
«Non possiamo che ringraziarla, allora» disse
proprio lui, infine, risollevandosi. «Adesso, tuttavia…» sentendosi in
difficoltà, Draco lanciò un’occhiata ad Hermione. Quanto era riuscita a
raccontargli?
«Vi serve la spada per spezzare la maledizione,
immagino» lo interruppe proprio Artù, con un sorriso gentile, facendosi avanti
con Excalibur in mano. «Naturalmente, naturalmente. Preferite che la
reinserisca nella Roccia oppure posso tenerla in mano?».
La tranquillità nel suo tono fece accigliare il
mago e la strega, che si lanciarono un’occhiata storta.
«Lei è consapevole delle conseguenze che ci
saranno, una volta che spezzato l’incantesimo?».
Il Re raddrizzò le spalle e sorrise, gentile.
«Sono consapevole di non essere ritornato in questo mondo per necessità ma per
mano di una egoista incantatrice. Questo non è ancora il mio tempo, signor
Malfoy. Non avete ancora bisogno di me» spiegò, tranquillo. «Non mi piace
l’idea di morire, ma mi piace ancora meno la prospettiva di restare e far in
modo che il mondo precipiti nel caos dei miei tempi. La signorina Granger mi ha illustrato i vantaggi di questo secolo ed io
non potrei mai togliere questi privilegi al mio popolo, neppure se questa
scelta mi costringesse a tornare nell’oblio per altri mille anni».
La sorpresa per la quantità di informazioni che
Hermione era riuscita a condensare nel suo necessariamente breve colloquio con
il re dovette soccombere all’inarrestabile istinto di inchinarsi davanti a
quell’uomo. In quel momento, proprio come quando aveva estratto la spada, la
sua gloria splendeva come se egli stesso fosse stato un meraviglioso astro
nascente.
«Vostra Maestà» disse allora Draco, il capo chino
in segno di rispetto, indicando con un cenno la roccia. «Credo che sarà
necessario riportarla nella sua condizione di sicurezza, così che io possa
procedere più speditamente» spiegò, facendo un passo indietro proprio mentre il
Re, con una tranquillità inumana, avanzava.
Un passo, un altro ed un altro ancora, il Re si
ritrovò nella stessa posizione di poco più di dieci minuti fa, immobile davanti
alla prigione della più grande arma mai esistita al mondo, il cui destino era
riportare pace e sicurezza nella società arrivata al suo collasso. Draco
osservò il Sovrano sollevare Excalibur con entrambe le mani, le braccia
contratte in vista dello sforzo di intrappolarla nuovamente nella roccia che
per tanto tempo l’aveva conservata.
Finché
Excalibur non venne violentemente strappata dalla sua presa, volando fra le
grinfie della strega.
«Scenetta commovente, davvero, ma credete sinceramente
che io vi lascerò mandare in aria il mio piano?» domandò la – non più – vecchia
Fitzroy, le eleganti sopracciglia bionde inarcate ed un sorriso perfetto sulle
labbra. Dietro di lei, Merlino ubriaco ridacchiava fra sé e sé, lanciando occhiatine
spaventate e divertite al povero drago incatenato.
Essendo l’unico armato, Draco si fece avanti.
«Lascia andare la spada, vecchia megera, non
ti appartiene» sibilò, pronto a combattere se si fosse rivelato necessario.
«E questo sei tu
a deciderlo, giovane Malfoy?» gli fece il verso lei, scoppiando a ridergli
in faccia. «Oppure è lui a deciderlo? Lui, un semplice effetto collaterale?»
aggiunse, indicando Artù con la punta della spada. «Se avessi saputo che
sarebbe ritornato dal Regno dei Morti, avrei provveduto immediatamente ad
ucciderlo ancora… usando proprio questo stuzzicadenti magico che tanto gli
piace».
«Sei mostruosa»
sibilò il sovrano, con un tono talmente sdegnato da far quasi commuovere
Malfoy. «Non sei mia sorella, tu non sei Morgana».
«No, non sono tua sorella» civettò ancora la nonna
Fitzroy, con la solita risatina inquietante. «Ma se vuoi possiamo comunque
passare una notte di sesso bollente… dimmi, l’incesto è davvero così
entusiasmante come si dice in giro? Non ho mai avuto queste pulsioni, ma immagino
che adesso dovrei accontentarmi…»8.
Artù impallidì, forse vergognandosi ancora del suo
passato, forse ricordando a chi aveva
condotto quell’unione maledetta.
Mordred. La sua morte.
«Posa la spada, ho detto! Posala e vattene, forse
eviteremo di condannarti a passare il resto della tua esistenza ad Azkaban»
propose allora Draco, cercando di mostrarsi più sicuro di quanto realmente non
fosse. Hermione, al suo fianco, fece un verso stizzito, come a sottolineare
che, se fosse dipeso da lei, avrebbero dovuto reintrodurre la pena capitale,
per quel mostro. «Posa la spada, Margaret».
«Non
chiamarmi in quel modo!» strillò la megera, in risposta, puntando contro di
loro la bacchetta magica. La bacchetta appartenuta a Druella, Draco ne era
assolutamente certo: era l’unica ad avere degli intarsi d’oro lungo tutto il
corpo, simbolo della vittoria consecutiva di tre campionati mondiali di duello
magico. Prima di lei, l’unico a ricevere un tale onore era stato il suo
bisnonno, il marito di Margaret. «Non puoi costringermi a fare un bel niente,
nessuno può!» aggiunse, con un sibilo furioso. «Ed ora voi morirete, niente potrà frapporsi a me ed al mio nuovo mondo!».
Il rumore di qualcosa – o meglio, qualcuno – che veniva schiantato
violentemente contro un tronco d’albero attirò l’attenzione di tutti i
presenti, che si voltarono verso il fitto degli alberi.
«Madre»,
disgustato, Lord Fitzroy emerse dal folto del bosco con ancora la bacchetta
alzata, superando con un certo disgusto il corpo incosciente di quella pessima
copia di Merlino. A qualche metro sulla destra da lui sbucò anche Anthony che,
tuttavia, ignorò completamente Morgana e concentrò il suo sguardo prima su
Draco e poi, immediatamente, su Hermione, verso la quale si precipitò.
Draco fece un sospiro di sollievo: nessuno meglio
di un Goldstein poteva riparare delle ossa rotte, la sua era una antica
famiglia di guaritori, non dubitava che, nonostante la carriera scelta fosse
diversa, lui sapesse bene come aiutare la sua fidanzata.
«Gerry caro»
sbottò Margaret, guardando il figlio con un cipiglio diviso fra il disgusto ed
il divertimento. «Sono felice che tu sia venuto ad assistere al mio trionfo.
Finalmente non dovrò stare un passo dietro a te o tuo padre, non è
fantastico?».
Lo sguardo che il vecchio Lord le dedicò chiarì
quanto trovasse fantastico quel suo
piano. «Posa quella spada e consegnati, non peggiorare la tua situazione» le
sibilò allora, facendo un altro passo avanti, la bacchetta ancora alta in
posizione difensiva. «Fa’ come ti è stato detto e, magari, provvederemo
affinché tu venga rinchiusa in una struttura adeguata alla tua veneranda età9, piuttosto che
ad Azkaban».
Margaret scoppiò a ridere, allargando le braccia.
«Guardami, Gerry! Io sono giovane,
non c’è nulla che possa fermarmi, adesso! Nulla e nessuno!» si rallegrò,
indicando con un cenno i due maghi rimasti indietro. Artù, a quel punto, era
troppo sconvolto per poter dire qualcosa. «Chi dovrebbe fermarmi, eh? Malfoy?
Guardalo, sta tremando come una fogliolina. Oppure quel guaritore mancato di
tuo nipote?» continuò, ridendo a più non posso. «Oppure tu, Gerry? Guardati, sei così vecchio che se
dovessi estrarre la bacchetta troppo velocemente rischieresti di spezzarti
qualcosa!».
Lord Fitzroy accolse quelle parole con un lieve
sorriso. «Hai ragione, Madre» le rispose, abbassando la bacchetta. «Infatti non
sarò io a fermarti» continuò, facendosi da parte per lasciar spazio a qualcun
altro. Qualcuno che Draco accolse con una gioia assolutamente indescrivibile.
Druella, con indosso gli abiti da competizione
della famiglia Fitzroy – un completo color granata con rifiniture d’argento –,
si fece avanti con una calma assolutamente innaturale, la bacchetta – a chi
apparteneva? Di certo non era la sua – ben alta e pronta all’attacco.
«Ah, la piccina»
si rallegrò Margaret, lasciando cadere Excalibur al proprio fianco. «Vuoi davvero umiliare la famiglia, non è
vero, Gerry? Sei pronto a lasciarmi uccidere anche la piccola Ella…» continuò,
con voce cantilenante, quasi stesse parlando con dei bambini.
La giovane non fece una piega, anzi, le dedicò un
lieve sorriso. «Sei molto sicura di te, nonna»
le fece notare soltanto, fronteggiandola alla distanza di sicurezza che,
Draco avrebbe scommesso qualunque cosa, era la stessa richiesta per le
competizioni internazionali. «Fatti avanti, allora. Sconfiggimi e vincerai,
cos’hai da perdere?».
Qualcosa, nel modo in cui lei si presentò a quello
scontro – forse la sua posizione? Forse il suo atteggiamento? –, fece
accigliare Draco. Era sbagliato.
Margaret ridacchiò, allegra. «Sei una così cara
ragazza… mi dispiace ucciderti10» disse, tranquilla, proferendosi in
un inchino che era tutta apparenza. Anche lei aveva gareggiato, prima di
sposarsi. Alcuni ritenevano che fosse anche più brava del leggendario marito.
Ella ricambiò il gesto, tranquilla. «A me dispiace
morire10… En garde!».
Lampi di luce si sprigionarono in successione
velocissima, impedendo a chiunque di tenere conto degli incantesimi sferrati e
respinti. Per la prima volta, Draco ebbe la reale percezione di quanto minima fosse la sua capacità nel duello
e di quanto banali fossero le sue tecniche: aveva assistito a mille e mille
scontri, ma nessuno aveva raggiunto quei livelli. Le due sfidanti si
fronteggiavano con agilità, nessuna delle due capace di sovrastare l’altra,
quantomeno non del tutto. Ella sembrava vagamente in difficoltà, mentre
Margaret stava dando il massimo della sua capacità. Lentamente sarebbe riuscita
a prevalere, soprattutto considerando la velocità terrificante con cui attacchi
e contrattacchi venivano sferrati.
«Maledizione, Ella, piantala!» sbottò Anthony,
ringhiando quelle parole mentre si occupava della gamba di Hermione. In
risposta, giunse la risatina di sua moglie, che fece interrompere
momentaneamente lo scontro.
Margaret, con il fiatone, lanciò un’occhiata
divertita alla nipote. «Sei già stanca, mia cara? Posso capirlo, davvero,
dopotutto hai dimostrato una bravura degna della tua stirpe» le fece notare,
vagamente ammirata. «Arrenditi, unisciti a me e ti insegnerò, ti renderò
migliore».
L’occhiata che Ella le dedicò fece aumentare il
suo sorriso e spaventare Draco, tuttavia la risatina di Anthony impedì che
l’ansia lo assalisse. Lui non avrebbe riso, se lei fosse stata sul punto di
arrendersi, no?
«Ti ringrazio per la proposta, davvero, e devo
ammettere che anche tu sei parecchio brava, abbastanza da superarmi, in questo
momento» le disse infatti la nipote, raddrizzando le spalle. «Ma c’è una cosa
che tu non sai» aggiunse, facendole l’occhiolino e giocherellando con la
bacchetta sconosciuta.
Margaret si accigliò, respirando ancora a fatica.
«Che cosa?».
Nell’istante stesso in cui Ella passò la bacchetta
dalla mano sinistra alla destra, Draco capì
perché fino a quel momento il suo comportamento gli fosse sembrato innaturale,
sbagliato.
Maledetta
bastarda.
«Io non sono mancina9, nonnina cara».
Quando lo scontro riprese non ci fu assolutamente
alcun metro di paragone fra le due sfidanti: due colpi, un passo avanti e
Morgana perse la presa sulla sua bacchetta, crollando in ginocchio sotto
l’effetto di un buon, vecchio incanto delle pastoie.
Il verso di apprezzamento che Hermione fece,
sconvolta da ciò cui aveva appena assistito, venne coperto dall’urlo feroce
della vecchia megera nel vedere la nipote tornare in possesso della sua
bacchetta riccamente decorata.
«Questa,
nonnina cara, è la mia» le disse,
avvicinandosi di qualche passo per sventolarle la bacchetta usata fino a quel
momento sotto al naso. «Mentre questa
apparteneva a tuo marito. Ancora una volta, sei stata sconfitta da un Fitzroy,
ma non potrai più dire che a decretare la tua sconfitta sia stato il
favoritismo di una società maschilista11».
Un applauso particolarmente convinto nacque da
Artù, estendendosi poi ad Anthony ed a Hermione, tornata miracolosamente in
piedi ed a pochi centimetri di distanza da Draco. Lord Fitzroy si fece avanti,
recuperando la bacchetta appartenuta a suo padre ed utilizzandola per
imbavagliare ed incatenare la madre. Poi, proprio lui si avvicinò ad Excalibur,
prendendola fra le mani ed allungandola, facendo qualche passo esitante, al
legittimo proprietario.
«Vostra Maestà, vogliate accettare le scuse della
mia famiglia. Siamo mortificati per il comportamento di mia madre e speriamo di
poter trovare un modo per togliere questa terribile onta dal nostro onore»
disse il vecchio, inchinandosi una volta giunto a destinazione, porgendo la
spada al Sovrano.
Artù non sorrise, nonostante i suoi occhi fossero
ancora buoni e gentili. «Avete già ripulito il vostro onore, Sir, grazie alle
prodezze della Dama- voglio dire, di vostra nipote» disse, accennando un
sorriso a Druella, che chinò il capo in segno di riconoscenza e rispetto. Presa
la spada, il Re si voltò verso Draco. «Immagino che adesso possiamo procedere,
signor Malfoy. Riportiamo questo mondo alle sue condizioni legittime».
Anthony fece una leggera smorfia, pulendosi le
mani sporche di sangue sui pantaloni. «Un po’ di giustizia in più non farebbe
male, in fondo. Magari possiamo trovare il modo di spezzare la Maledizione
della Spada senza rimandarla indietro, Maestà».
Artù arricciò il naso, facendo qualche passo
avanti fino a fronteggiare la roccia. Sollevò Excalibur tenendola per l’elsa e,
con un colpo deciso, la incastonò nella sua roccia. Dov’era giusto che fosse. Il bagliore che fino a quel momento
l’aveva circondato sembrò affievolirsi, senza tuttavia lasciarlo del tutto. Con o senza Excalibur, lui restava sempre il
Re Eterno. «Ancora il mio momento non è giunto, Sir» gli rispose allora,
voltandosi nella sua direzione con un sorriso gentile. «Quando toccherà a me,
allora farò il mio ritorno, ma non un attimo prima».
Comprendendo che fosse giunto il suo momento,
Draco si fece avanti.
«Il Re ha parlato. Spezziamo la Maledizione».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Mettere nello stesso capitolo Draco ed un
drago è stato snervante, ho dovuto ricontrollare dieci volte e temo di aver
perso qualche pezzo qui e lì, abbiate pietà.
Eccoci ancora con l’ultimo capitolo! Come ho già detto più volte, il
prossimo capitolo sarà l’epilogo, quindi, tecnicamente, la storia si è conclusa
adesso. È stata una parentesi
piacevole, nulla di esagerato o di impegnativo, ma spero abbia parzialmente
soddisfatto la vostra curiosità!
Siete andati a vedere Animali Fantastici? Se no, vi chiedo di farlo, è meraviglioso, assolutamente
meraviglioso. NewtScamander
ha ridato dignità ai Tassorosso (ed essendo io per metà Tassa è una gran
soddisfazione) ed ha fatto vedere una parte del mondo magico che nei primi
sette libri/film non era stata mai analizzata. La magia adulta, finalmente.
Punti importanti:
» 1 – Ovviamente è una sciocchezza inventata dalla sottoscritta, nulla
di scientifico.
» 2 – La famiglia MacFusty gestisce la riserva
dedicata a questi draghi, nelle Ebridi. Hermione si è recata più volta a far
visita a quel piccolo esemplare esaminato con NewtScamander. Naturalmente, non l’ha più visto da quando si
sono svolte le vicende raccontate ne “Lo Specchio delle Anime”.
» 3 – Black Angus è una razza di
mucche tipiche della Scozia. Carne eccellente, considerata particolarmente
gustosa e prelibata.
» 4 – Alan Grant è il protagonista di Jurassic Park. Hermione ha adorato
quel film!
» 5 – Nel prequel, Hermione ha affrontato uno Specchio che, essenzialmente,
è una manifestazione dell’Antica Magia esattamente come Excalibur.
» 6 – Sempre riferimento al prequel, Hermione essenzialmente si è
sacrificata, senza dire nulla a Draco e facendo in modo che lui la guardasse “morire”
senza poter dire nulla.
» 7 –La leggenda
ufficiale racconta che Re Artù tornerà dalla sua tomba su Avalon
quando il mondo ne avrà più bisogno. Il fatto che Margaret abbia
utilizzato Excalibur per creare la sua nuova Camelot – gettando il mondo nel
più assoluto terrore, di fatto – ha contribuito a svegliarlo prima del tempo.
Finita la crisi, lui scomparirà così come il castello e tutto il resto.
» 8 – Piccola nota divertente: il maggiore
fra i figli di Hermione svilupperà un amore viscerale per tutte le creature
magiche – draghi in particolare – e la sua ultimogenita passerà tutta l’infanzia
correndo per la riserva di Nonno Newt. La seconda, Rosemary, non avrà un amore viscerale
per le creature ma, comunque, passerà molto del suo tempo giocando con bestiole
di diversa natura.
» 9 – Facendo due calcoli, Margaret
dovrebbe avere circa 103 anni, nonostante ne dimostri meno di trenta.
» 10 – Citazioni prese direttamente da “La
storia fantastica”, che io adoro alla follia. Se non l’avete visto, fatelo. L’idea di Druella come Westley, apparentemente innocua ma in realtà una macchina
da guerra… non lo so, mi ha attirata subito. Anthony come Bottondoro,
però, è decisamente più divertente.
» 11 – Aneddoto sul passato di Margaret:
anche lei era un’abile duellante e, per evitare di sposare un uomo considerato “non
alla sua altezza”, aveva imposto a suo padre di farle sfidare tutti i
pretendenti e di sposare solo chi l’avesse sconfitta. Arrivato il turno del
bisnonno Fitzroy, lui riuscì a sconfiggerla in poche mosse, ma lei non l’accettò
mai. Lo sposò semplicemente perché aveva contratto un Voto Infrangibile e non
poteva più tirarsi indietro. Non perdonò mai al marito ed alla loro discendenza
di averla umiliata e messa da parte.
Siamo arrivati alla fine, signori. Vi aspetto la settimana prossima con l’Epilogo!
Potrebbe fare la sua comparsa un personaggio che io potrei aver ideato per qualcosina nel futuro.
A lunedì prossimo!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Capitolo 7 *** Epilogo - I Cavalieri della Tavola Rotonda ***
La leggenda diCamelot.
Rebirthing now
I wanna live forever Wanna live for You and me
(Breathe for the first time now
I came alive somehow)
Rebirithing now
I wanna live my life Wanna give You everything
(Breathe for the first time now
I came alive somehow) 1
[Rebirthing – Skillet]
Epilogo
– I Cavalieri della Tavola Rotonda.
«Fortunatamente è finita bene».
Il Ministro Shacklebolt sospirò, sinceramente
sollevato, guardando con soddisfazione la spada contenuta nella grande teca di
vetro. Spostarla dal folto del bosco non era stato semplice, soprattutto perché
avevano dovuto necessariamente portarsi dietro l’intera roccia, ma c’erano
riusciti ed il risultato era stato una splendida esposizione nell’Ufficio
Misteri.
«Bene è
un po’ un eufemismo» si lagnò Draco, con una smorfia, guardando l’Arma con un
cipiglio annoiato. «Abbiamo una centenaria ad Azkaban, che tuttavia non può
restare ad Azkaban perché è troppo
vecchia, Hermione si è completamente distrutta una gamba ed ha zoppicato per
tre giorni, infine abbiamo dovuto obliviare almeno trecento babbani, oltre che una decina
di maghi e streghe. E lei sa quanto
sono difficili da obliviare, soprattutto quando non vogliono dimenticare qualcosa»
elencò, lanciando un’occhiata di traverso al Ministro, che si strinse nelle
spalle.
«Adesso sono tutti a casa loro, nel ventunesimo
secolo, come dovrebbe essere» lo
liquidò, con un gesto vago della mano. Picchiettò con l’indice sul vetro,
osservando i minuscoli Purvincoli2 accorrere per staccargli la mano
se avesse provato a far sparire quella barriera. Era un ottimo sistema di
sicurezza, il Magizoologo che l’aveva suggerito – un certo
Bartholomeow Maine3 - meritava sicuramente un plauso ufficiale. Se
poi si considerava il modo in cui aveva tenuto a bada il povero drago
maltrattato, il plauso doveva necessariamente diventare un Ordine di Merlino di
Seconda Classe. «Si sa nulla di Artù? Che cos’è successo quando avete spezzato
l’Incantesimo?».
Draco accennò un sorriso, evitando lo sguardo del
Ministro. «Questa è un’informazione che non possiamo rivelarle, mi dispiace»
spiegò, tranquillo. «La storia sulla morte di Re Artù è sempre stata avvolta
nel mistero ed è così che deve restare. Abbiamo già provveduto ad obliviare tutti i Fitzroy e, questa sera, sia io che
Hermione praticheremo lo stesso incantesimo l’uno sull’altra».
Era stata una decisione straordinariamente
semplice da prendere: dopo aver assistito all’apertura delle Nebbie di Avalon4, nessuno di
loro aveva avuto dubbi riguardo la necessità di celare quella magia al mondo, anche a costo di dimenticare ore ed ore
delle loro vite. Artù non aveva imposto il silenzio, sapeva che non ce ne fosse
bisogno. Il Re li conosceva meglio di quanto loro conoscessero se stessi.
Il Ministro annuì, con una risatina. «Cercate di
non esagerare, eh? Ho saputo che avete consegnato i documenti per il
matrimonio, fra sei mesi avete un appuntamento importantissimo» convenne,
dandogli una pacca sulla spalla. «Mi sembra ieri che Hermione era solo una
ragazzina molto intraprendente che si appostava dietro le porte per scoprire i
segreti dell’Ordine, invece adesso…».
«Sta per sposare un Mangiamorte pentito» lo
interruppe Draco, senza riuscire ad impedirsi di stringere i denti. Non era la
prima volta che quel pensiero lo fulminava e, nonostante tutto, non riusciva
proprio a digerire quell’inferiorità con cui tutti lo consideravano nel loro
rapporto. Alla fine, lui sarebbe sempre rimasto il pentito e lei l’eroe,
non importavano le già due occasioni
in cui aveva rischiato la morte per salvare tutto il mondo magico. Non sarebbe
mai importato, a causa della cicatrice che ancora svettava sul suo stupido
braccio destro. «Mi scusi, Ministro, ma credo di doverla lasciare. Ho un
impegno importante».
«Malfoy, lo sai che io non intendevo offenderti»
lo fermò Shacklebolt, mettendogli una mano sulla spalla, per impedirgli di
andarsene. «Siamo tutti perfettamente consapevoli del sacrificio che tu ed
Hermione avete fatto insieme, nessuno
si azzarderebbe mai di metterlo in dubbio. Non con la proposta di riconoscervi
un Ordine di Merlino».
Draco, naturalmente, era consapevole di quel
titolo che in tanti, al Winzegamot, avevano deciso di
concedere a lui ed alla sua fidanzata. Tuttavia sapeva anche che, fra questi,
ce n’erano stati molti che avevano messo in dubbio il suo ruolo.
Malfoy,
sempre bravi ad approfittare delle situazioni di vantaggio.
«Abbiamo avuto una pessima esperienza con Merlino,
Ministro, ma saremo lieti di accettare tutto ciò che vorrete conferirci» si
limitò a dire, allora, sfuggendo a quella presa d’acciaio – quell’uomo era
stato un Auror, dopotutto – e facendo un paio di
passi indietro. «Adesso, se vuole scusarmi, io ho cose urgenti da sbrigare».
Prima di uscire dalla stanza in cui erano
conservati tutti i grandi manufatti magici ritrovati, si voltò a lanciare
un’occhiata alla spada che riluceva, perfetta, grazie alle fiamme perenni che
la circondavano.
Quando l’avevano trasportata, aveva provato a
rimuoverla dalla sua prigione, naturalmente senza successo. Lui non era degno.
Con un verso sprezzante – non sapeva neppure a chi
fosse rivolto – diede le spalle al suo Capo ed al simbolo di tutti i suoi
problemi, deciso più che mai ad uccidere il Mangiamorte pentito.
***
«Per l’amor di Circe, non umili se stesso e si
alzi da quel coso».
Aveva usato il tono più disgustato di cui fosse in
possesso, sfiorando livelli d’impertinenza che ai tempi della scuola gli
sarebbero costati almeno sei mesi di punizione con Gazza per ripulire la
lettiera della sua stupidissima gatta. Tuttavia, l’uomo palesemente ubriaco e
stravaccato sul divano non diede cenno di averlo sentito, girandosi dall’altra
parte e continuando a russare.
Da sei mesi, la vita di Newton Crave5
aveva completamente perso il proprio significato, riducendosi ad un costante e
disperato susseguirsi di giorni e notti.
Giorni,
nottie whisky.
«Ah, maledizione» sibilò allora Draco, palesemente
irritato, tirando fuori la bacchetta. «Aguamenti» disse,
godendosi un attimo dopo le imprecazioni dell’uomo ed i suoi colpi di tosse da
soffocamento. C’era un vago piacere perverso nel sentirlo quasi morire, forse
come reazione a tutte le volte in cui quello stesso uomo aveva provato ad
avvelenarlo5. Tuttavia non indugiò in futile divertimento e, dopo
avergli allungato un fazzolettino, ricominciò subito a parlare. «Sei mesi sono
un tempo sufficiente per il suo lutto, Dottore. Adesso lei viene con me».
Un paio d’occhi scuri ed arrossati lo guardarono
come se fosse stato il male incarnato e se avesse appena strangolato un
cucciolo d’unicorno senza la minima pietà. Il dottor Crave
aveva ripreso conoscenza ma sembrava comunque più ubriaco che cosciente,
soprattutto perché, diversamente da quanto avrebbe fatto un po’ di tempo prima,
non tirò fuori la bacchetta per fulminarlo sul posto. Il suo gatto, rimasto
svenuto in un angolo da quando Draco era entrato, si svegliò all’improvviso ed
iniziò a miagolare insistentemente, avvicinandosi al suo padrone ed iniziando a
leccargli la mano che aveva abbandonato oltre il bracciolo del divano.
Probabilmente fu il suo devastante e fastidioso
miagolio a convincere lo psicologo a riemergere dal suo terrificante stato
comatoso, tirandosi lentamente a sedere e prendendo la bestiola in braccio,
accarezzandogli il pelo bluastro. «Sei l’uomo più fastidioso della terra,
Malfoy, ed io ne ho conosciuti parecchi»
gli disse, con voce roca ed evidentemente appesantita dagli alcolici. C’era una
puzza asfissiante, in quello stanzino, e l’aria doveva essere così satura di
alcol da rischiare di farli saltare in aria se uno di loro avesse deciso di
accendersi una sigaretta. «Cosa diavolo vuoi da me?».
Senza farsi intimidire dal suo tono scontroso,
Draco mosse la bacchetta in direzione delle finestre, tirando le tende e
spalancandole per far entrare un po’ di vento e luce, che il Dottore non
apprezzò. Ancora, la vaga soddisfazione nel vederlo arrancare lo fece sorridere
con malignità. Quante volte lo aveva
quasi avvelenato? «Sono venuto qui perché ho bisogno del suo aiuto e perché
sono più che certo che, aiutando me, lei possa anche aiutare se stesso».
Il sopracciglio di Newton Crave
raggiunse altezze mai viste prima, complici, probabilmente, i capelli
totalmente incolti e spettinati. Il
bastardo era affascinante anche se ridotto peggio di un barbone. «E questa
perla di saggezza arriverebbe da quale ricerca, di grazia?» gli domandò,
sarcastico, tirandosi in piedi per potersi versare un bicchiere di un liquido
ambrato che sicuramente non era succo di mela. «Senti, Malfoy, che diavolo ti
serve? Non cominciare a raccontarmi i tuoi problemi, lo sai che non lavoro più
come psicologo».
Draco sbuffò, annoiato, avvicinandosi per
prendergli il bicchiere dalle mani ed annusarne il contenuto. Fece una smorfia,
dedicando poi uno sguardo esasperato al medico. «Rum? Davvero? Merlino, dottore, è davvero caduto in basso per bere
questa porcheria spacciata per alcolico. La bottiglia di cristallo mi aveva
quasi illuso».
L’uomo si strinse nelle spalle, riprendendo possesso
del suo drink ed avviandosi, barcollante, verso la sua poltrona preferita,
seguito dal gattino apparentemente drogato o ubriaco quanto lui. «Ma come, mi
rimproveri per la poca eleganza di ciò che sto bevendo e non per l’ora in cui
ho deciso di farlo? Dopotutto, sono solo le nove del mattino» gli chiese,
ironico, facendo roteare il liquido ambrato nel bicchiere e fissandolo come se
quello avesse potuto dargli una qualche risposta.
Malfoy si limitò a ghignare, tirando fuori una
fiaschetta dalla tasca interna della giacca. «Un goccino ogni tanto non fa
male, soprattutto se qualcuno non ha dormito. Immagino che i suoi bioritmi
siano totalmente fottuti, non è vero?» gli chiese, divertito, sedendosi sull’altra
poltrona – quella su cui si era stravaccato centinaia e centinaia di volte,
negli anni – ed accavallando le gambe con la grazia di un lord consumato. «E
comunque, io non sono mia moglie, non sono mai stato un bacchettone».
«Moglie?»
chiese Crave, inarcando ancora le sopracciglia. «C’è
qualcosa che devo sapere? Non mi sembrava di aver letto degli annunci sul
giornale».
Draco, annoiato, fece un vago gesto della mano.
«Fidanzata, moglie… la differenza è minima, per quanto mi riguarda. Non è un
anello a fare il rapporto. Le esteriorità sono solo per chi è troppo
superficiale da andare oltre» spiegò, rilassato. «Lei dovrebbe saperlo,
Dottore. Non è sbandierando amore ai quattro venti che si forma il legame…
fidanzati, fratelli, padri e figlie…»
fece volutamente una pausa, lanciandogli un’occhiata da sotto le ciglia e
trovandolo, come prevedibile, con la stessa rilassatezza di una statua di
marmo. «Non si comanda al cuore».
Crave, senza
rispondergli, si scolò l’intero contenuto del bicchiere, continuando tuttavia
ad osservarlo come se avesse avuto tutte le risposte del mondo. Quando parlò,
Draco sentì il tremore delle lacrime scuotere il suo tono altrimenti sempre
fermo. Come il giorno del funerale. «Cosa
vuoi, Malfoy? Non farmelo chiedere unaltra volta».
Con lentezza, il giovane si tolse la giacca e
slacciò il polsino del braccio martoriato dal marchio, mostrandolo all’uomo che
aveva già provato una volta a curarlo, senza successo. «Io devo sposare
Hermione, Crave, ma non posso farlo, non finché
questo orrore non sarà sparito dalla mia pelle» gli spiegò, improvvisamente con
le spalle rigide. «Ogni volta che la guardo, ogni volta che le parlo… ogni
volta che faccio l’amore con lei non riesco a non pensare a cosa questo marchio le ha fatto, a quanto
l’abbia fatta soffrire».
Improvvisamente più concentrato, il medico osservò
il segno scuro con aria confusa. «Abbiamo già provato a guarirlo, senza
ottenere risultati apprezzabili. Credevo avessi accettato di portarlo sempre
con te, dopotutto non sei mai stato un vero
Mangiamorte. Non hai mai fatto del male a nessuno».
Il verso sprezzante con cui Draco accolse
quell’affermazione impedì all’uomo di continuare. «Credevo di poter convivere senza il dolore, quello Hermione è
riuscita ad eliminarlo. Ma la macchia… quella ero rassegnato a sopportarla, era
una mia colpa» spiegò, incrociando le braccia al petto. «Non ho colpito nessuno
direttamente, ma il fatto stesso che
io abbia fatto parte dell’associazione mi rende ugualmente complice. È il marchio ad aver torturato Hermione al
Manor. È il
marchio ad aver ucciso il padre del piccolo Ted.
Io non posso più sopportarlo».
«Perché adesso?» chiese ancora Crave,
senza riuscire a frenare se stesso. Era evidente che stesse facendo di tutto
per frenare la curiosità, senza tuttavia riuscirci. Per darsi un controllo,
allungò la mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una sigaretta dall’aria
sospetta ed un accendino babbano. Da quando Draco era arrivato, lui non aveva
ancora usato la bacchetta. «Perché hai aspettato questo momento? Hai avuto
sei mesi per pensarci e ne avrai altri sei davanti, eppure mi sembri parecchio
frettoloso».
Un verso divertito lasciò le labbra del giovane,
che risollevò lo sguardo in quello del suo vecchio psicologo. «Diciamo che adesso
non posso più permettere che ci siano macchie sul mio onore. Ne risentirebbe
un’intera categoria» spiegò, raddrizzandosi sulla poltrona. «E questa volta
sono certo che, con il giusto impegno da parte sua, potremo tranquillamente
riuscire nel nostro intento e togliere questa robaccia dalla mia pelle».
«Una categoria?».
Dopo aver
reinserito la spada nella roccia, Artù si fermò, dando le spalle a tutti i
presenti. Draco aveva già sollevato la bacchetta, pronto a spezzare
quell’incantesimo che aveva causato così tanti guai, tuttavia si bloccò quando
il sovrano gli fece cenno di aspettare.
«Prima di
andare, io devo assolutamente fare una cosa» si scusò proprio il Re, lanciando
uno sguardo imperioso ma gentile a tutti i presenti. «Non voglio che pensiate
che io stia approfittando della situazione, voglio solo… devo solo assicurarmi che questo mondo sia al
sicuro, almeno per un altro po’».
In
difficoltà, Hermione e Draco si guardarono, passandosi la patata bollente di
negare al più grande sovrano mai esistito la possibilità di restare per un
altro po’ in quel mondo che ancora non gli apparteneva.
«Mi
dispiace, ma se lei resta vivo, allora anche mia nonna resterà giovane» li
tolse dai guai Druella, facendo una smorfia. «Per quanto io sia più che certa
che in tanti sarebbero felicissimi di vederla girare per il mondo, non credo
che sia ancora giunto il momento di rinunciare ai vaccini ed a tutte le
innovazioni moderne».
Artù
scosse il capo, con un leggero sorriso. «Non intendo restare qui, non temete.
Ma credo che, comunque, per voi ci sarà un peso da portare» spiegò, allungò
nuovamente la mano verso l’impugnatura della spada, estraendola con una
facilità strabiliante. Il bagliore dorato non apparve, quella volta, forse
perché il Re non aveva mai perso la sua magnificenza.
«Cosa
intende dire?» chiese Anthony, facendosi avanti con aria vagamente preoccupata.
I suoi occhi saettarono alla moglie, che sbuffò. «Spero non sia niente di
pericoloso, perché, altrimenti-».
«Oh,
Anthony, piantala! Sono incinta, non sono malata» lo fermò lei, dandogli un
colpo sul braccio, incurante delle reazioni sorprese del nonno, di Draco e,
seppur con minore enfasi, di Hermione. «Beh? Dovevo mettere i manifesti?
Scusate, ma fino a poche ore fa ero prigioniera in una stupida torre».
Senza riuscire
a frenare la lingua, Draco iniziò a parlare. «Hai sfidato Morgana, brutta psicopatica! E prima ti sei buttata
dalla finestra! Cosa avevi per la mente? Da quanto sai di essere incinta?
Anthony, come hai potuto permetterglielo? E lei, Lord Fitzroy! Credevo aveste
un minimo di sale in zucca».
Il
vecchio Lord era in evidente difficoltà, si limitò a boccheggiare ed a fissare
la nipote come se le fosse spuntata una nuova testa dal collo.
Anthony,
invece, fece una smorfia. «Credi forse che io abbia avuto modo di parlare? Me
l’ha detto un attimo prima di smaterializzarci qui, non ho avuto modo di
reagire… e comunque, siamo tutti piuttosto consapevoli che lei fosse l’unica
capace di tenere quella megera a bada».
La megera
in questione, incatenata a pochi metri di distanza, si contorse, lamentandosi
come un animale in pena.
«Congratulazioni»
si fece avanti il Re, con un sorriso gentile. «Rassicurati, Gawain, non è nulla
di pericoloso. È un impegno che tu, senza rendertene conto, hai già assunto e
che ora vorrei assumessero gli altri» continuò, tornando a guardare Hermione e
Draco. «Questo mondo ha bisogno di voi, per troppo tempo nessuno ha
salvaguardato sulla mia pace e ne ho visti i risultati».
Il modo
in cui Hermione trattenne il respiro fece spaventare Draco, ma le sue parole
gli riempirono il cuore di emozioni mai provate.
«Vuole
nominarci Cavalieri della Tavola Rotonda6».
«Non cambi discorso. Vuole aiutarmi oppure no?»
insistette Draco, le sopracciglia inarcate. «Non le ho chiesto di tornare a
riesercitare la professione, anche se sono convinto che sarebbe la scelta
migliore da fare, a questo punto. Però lei continua ad evitare il mio sguardo»
gli fece notare, piegando la testa di lato. «Per quale motivo? Curarmi non può
essere quel gran problema, soprattutto perché lei sa che Rose avrebbe voluto che lo facesse5» indagò con
lo stesso tono di voce che aveva sentito usare ad Hermione un numero infinito
di volte e che lui sapeva funzionasse
con chiunque.
«Non mi occupo più di guarire le persone, Malfoy,
quindi puoi benissimo andare al San Mungo e chiedere a qualunque macellaio di
darti la mia pozione. Ho ceduto il brevetto da anni, ormai» gli rispose l’uomo,
burbero, voltandosi per fissare con una certa insistenza il camino vuoto.
Naturalmente, Newton Crave non era una persona
qualunque quindi i metodi classici non avevano alcun effetto sulla sua ignobile
persona. «Se sei tanto deciso a guarire, stavolta, sono certo che funzionerà e
potrai sposarti e fare un sacco di rumorosi bambini».
La sofferenza nella sua voce, pronunciando le
ultime due parole, fece stringere il cuore di Draco.
«Rosemary era molto rumorosa, da piccola, non è
vero?» gli chiese, impietoso verso il brivido che lo colse quando iniziò a
parlare. Era naturale che ancora non gli piacesse parlare di lei, ma quella sua
repulsione non poteva andare avanti. Alla fine, quella ragazza era diventata il
centro della sua esistenza: negare lei era negare la vita.
E Rosie non gli avrebbe mai perdonato una cosa
simile.
«Non dire il suo nome, Malfoy» gli sibilò il
Dottore, guardandolo come se fosse stato un cobra sul punto di morderlo. «Non
pronunciare il suo nome, mai».
«Altrimenti cosa fa?» lo sfidò lui, le
sopracciglia inarcate e l’espressione da sbruffone. «No, me lo dica! Mi lancerà
contro il bicchiere? Oppure ordinerà al suo gatto drogato di uccidermi? Crede
che io non abbia capito che non riesce ad usare la magia? O vuole farmi credere
che non se ne sia mai accorto?» chiese, ironico, tornando ad accavallare le
gambe come se fosse stato il padrone del mondo. «Non offenda il suo cervello, Crave. E non offenda il mio. Lei ha bisogno di aiuto, se ne
rende conto?».
La smorfia di disappunto del Dottore gli confermò
di aver colpito nel segno. «Credi che qualcuno potrebbe aiutarmi? Io sono il migliore e non sono riuscito a
guarire me stesso. Nessuno può farlo» spiegò, esasperato. «E poi, io non voglio
guarire. Ho realizzato tutto ciò che mi ero prefissato nella vita! Sono ricco
sfondato, ho pubblicato sufficienti libri e riviste da riempire una biblioteca
e non c’è studioso di Medimagia che non conosca il
mio nome. Tutto ciò che volevo era diventare un buon padre e, un giorno
lontano, anche un nonno… evidentemente non era una missione possibile, per me».
Il momento di silenzio che seguì
quell’affermazione fu bruscamente interrotto dall’improvviso rumore del gatto
che faceva le fusa, seduto in mezzo alla stanza e lo sguardo puntato sul nulla
davanti a lui.
Era
davvero strafatto.
«Certo che lei è davvero una brutta testa di cazzo,
quando vuole» sbottò Draco, scuotendo il capo con aria sconfitta. Alzandosi in
piedi per versarsi un bicchiere di Rum, che era l’ultimo alcolico rimasto in
quello che era stato l’ufficio del Dottore. «Lei si sta praticamente lasciando
morire perché ritiene di non avere più nulla da fare, su questa terra. Eppure
io le ho appena chiesto, se non vado errato, di aiutarmi a guarire» gli fece
notare, annusando la bottiglia contenente il liquido ambrato prima di versarlo.
Disgustoso, così da povero. «Lei è un
medico, il suo scopo dovrebbe essere quello di guarire la gente».
Crave emise un
grugnito non identificabile con una qualunque emozione. «Ho smesso di essere un
medico il giorno stesso in cui non sono riuscito a salvare mia figlia, Malfoy.
Ed ho smesso di essere un mago quando lei è morta, portandosi via ogni
scintilla di magia dal mio corpo», la sua voce ebbe un sinistro crollo alla
fine della frase e, voltandosi, Draco lo trovò con la testa fra le mani. «Io
non ho più nulla, se non degli anni
da vivere che non voglio. Tu non sei
ancora padre, Malfoy, e ti auguro di non sapere mai cosa significa vivere dopo
la perdita di un figlio».
Draco avrebbe voluto ribattere, dirgli che no, non
capiva, ma se voleva poteva provare a spiegarsi, ad elaborare quel terribile lutto
che, seppur in modi diversi, li aveva colpiti entrambi. Tuttavia, quando alzò
ancora lo sguardo su di lui, non riuscì a spiccicare una sola parola, tanto fu
la sorpresa – o l’orrore? – nel ritrovarsi davanti uno spettacolo inaspettato.
Ritta dietro la poltrona di suo padre, la figura
traslucida di Rosemary Crave lo osservava con un
cipiglio disperato, i grandi occhi chiari spalancati come se fosse stata sul
punto di mettersi a piangere. Gli fece segno di restare in silenzio, per poi
spostare gli occhi sul Dottore, facendogli intendere che lui non dovesse
sapere, che non dovesse vederla.
Per un istante, Draco fu tentato di non fare come
gli aveva detto e mettersi ad urlare ed indicarla. Tuttavia, si chiese cosa
sarebbe successo, qualora lui avesse fronteggiato il fantasma della sua bambina
scomparsa. In un primo istante, forse, sarebbe stato felice, avrebbe avuto la
possibilità di dirle tutto quello che non aveva avuto il coraggio di rivelarle
quand’era ancora in vita. Ma dopo la gioia? Rose era lì, aveva faccende in
sospeso ed era piuttosto evidente chi
fosse la sua faccenda.
Un’altra
colpa su di lui.
Allora, con un magone in gola, si limitò a fare un
leggero cenno con il capo, sentendosi sul punto di crollare in ginocchio quando
lei, sollevata, gli sorrise.
Solo
vent’anni, troppo giovane per morire.
Con lentezza, Rosemary sollevò la mano, indicando
dapprima Draco e poi suo padre, per poi fermare le dita sul proprio cuore,
ormai muto da mesi.
La
promessa, era il momento di infrangerla.
«Dottore». Consapevole della propria voce
tremolante, il giovane tossì leggermente, attirando l’attenzione dell’uomo. Lui
non aveva notato la figura alle sue spalle e, se fossero stati fortunati, non
l’avrebbe notata. «Lei ha ancora delle cose da fare e deve farle nel pieno
delle sue facoltà».
Il modo in cui lui grugnì non gli rese chiaro se
l’avesse fatto per spingerlo a continuare o per fargli sapere quanto poco
credesse a quelle sue parole. «Non iniziare con le stronzate sul non sprecare il mio talento, Malfoy, perché
prima di te è arrivata Hermione e lei, se permetti, è molto più convincente»
gli fece notare, con uno sbuffo. «Senti, lasciami in pace, voglio vivere quanto
mi resta nel modo più veloce possibile».
Lo sguardo severo di Rosemary impedì a Draco di
rispondergli come avrebbe voluto, cioè chiedendogli se volesse, per caso, che
lui gli desse una mano a morire più in fretta.
Concentrati,
Draco.
«Non me ne fotte un cazzo del suo talento, stupido
vecchio» gli disse allora, ingoiando altri insulti che sembravano voler
sfuggire al suo controllo. «Ho detto che lei ha qualcosa da fare e con qualcosa intendo che lei ha un debito da
pagare. Un debito con mio padre, per essere precisi. Credo che il principio un figlio per un figlio possa valere, in
questo caso5».
Quando, come fulminato, il dottore alzò lo sguardo
su di lui, Hermione vide la ragazza alle sue spalle sorridere e, dopo avergli
fatto un occhiolino complice, sparire nel nulla. Dov’era andata? Forse era passata oltre. Forse era ancora lì,
pronta a sostenere suo padre dopo ciò che lui gli avrebbe rivelato.
«Malfoy, parla»5.
***
«Sei sicuro sia stata una buona idea?».
La voce di Hermione era ovattata contro il suo
petto, le sue dita ancora sfioravano delicatamente la pelle ormai immacolata
del suo braccio. La pozione aveva fatto effetto, proprio come lui aveva
sperato, ed il tatuaggio era sparito lasciandosi dietro solo una sorda
sensazione di fastidio, decisamente meno spaventosa rispetto ciò che aveva
provato quando Voldemort in persona l’aveva segnato.
Divertito, Draco si stinse nelle spalle,
pizzicando il fianco della sua fidanzata. Era tornato a casa quando lei era già
andata a dormire, quindi si era limitato a strisciare al suo fianco ed
abbracciarla, conscio che si sarebbe subito svegliata. Stava indossando
l’imbarazzante pigiama che lui le aveva regalato e che adorava vederle indosso.
«Mi ha guarito, no? E credo che gli sia anche
piaciuto tornare a rendersi utile» le rispose, allegro come non era mai stato
nell’ultimo periodo. «E poi… quando potrà ricapitargli di fare del bene ad un
Cavaliere della Tavola Rotonda?» aggiunse, tutto allegro, sfiorando con la
punta delle dita il tatuaggio a forma di drago stilizzato che era apparso sulla
sua spalla destra quando Artù gli aveva concesso quella carica.
Hermione sorrise, mettendo poi un leggero broncio.
«Anch’io avrei voluto diventare un Cavaliere, come te, Anthony e Druella… ma
immagino che l’Ordine di Morgana dovrà bastarmi» mugugnò, girandosi lentamente
al suo fianco, fino a poterlo fronteggiare. Il suo tatuaggio era a forma di
corvo, sulla spalla sinistra, e riluceva tetro alla luce della abat-jour. «Draco…
credi che il Dottore si riprenderà? Intendo davvero,
non… non una ripresa come quella che c’è stata fino a questo momento».
Lui non riuscì ad impedirsi di sorridere. Il formicolio
alla guancia, prima di lasciare lo studio di Crave,
gli aveva confermato che, con buone probabilità, quell’uomo non sarebbe più
rimasto solo. Non davvero.
«Ah, credo proprio che ce lo ritroveremo presto
fra i piedi, più bisbetico e più egocentrico che mai».
«Sinceramente, non vedo l’ora».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Non supererò mai la morte di Rosemary Crave ed il
dolore di suo padre.
Mai.
Alla fine siamo arrivati alla conclusione. È stato breve ma intenso ed
io mi sono divertita molto! Spero che anche voi abbiate apprezzato! Questa
volta non mi dilungherò in ringraziamenti e simili – sto scrivendo all’una di
notte di domenica, abbiate pietà – ma sappiate che ho apprezzato ogni singolo
commento, ogni singola parola. Grazie
a tutti, perché mi state aiutando a portare avanti tutti i miei progetti e mi
state accompagnando durante le varie crisi da pagina bianca. Grazie davvero, a tutti.
Punti importanti:
» 1 – "Rinascendo adesso/ voglio vivere
per sempre / voglio vivere per te/ (Respiro adesso per la prima volta, sono
tornato in vita in qualche modo)/ Rinascendo adesso/ voglio vivere la mia vita/
voglio darti tutto/ /Respiro adesso per la prima volta, sono tornato in vita in
qualche modo)”
» 2 – Creatura magica: è simile ad un topo, ma sulla schiena ha un'appendice simile ad un
anemone di mare. Una bella bestiola velenosa che, in
questo caso, è anche feroce come poche.
» 3 – Spoiler, Barry Maine tornerà –
con buone probabilità – nella mia prossima long!Si tratta di un Magizoologo americano, adesso
dovrebbe avere più o meno quarant’anni, è arrivato in Inghilterra una decina di
anni prima di questa storia ed ora lavora in una riserva di Animali nel Nord
della Scozia.
» 4 – Le Nebbie di Avalon sono delle nebbie, più
metaforiche che reali, che separano il mondo dei babbani da quello dei maghi e
delle streghe di Avalon. Queste circondano l’isola e
ne nascondono i misteri. Per poter approdare è necessario che ci sia una
sacerdotessa per aprirle. Secondo la leggenda, il corpo di Re Artù è stato
messo su una barca e spedito verso l’isola, venendo inghiottito dalle nebbie
stesse.
» 5 – Riferimenti alla storyline del dottor Crave e di Rosemary, sua figlia, che viene esaminata nella
long “Lo Specchio delle Anime”. Rose, come credo di aver accennato, è stata rapita
e torturata per mesi dai Mangiamorte, dopo che suo padre si era rifiutato di
aiutarli. Rose è rimasta sei anni chiusa al San Mungo, è diventata una buona
amica di Draco e, quando è morta, è stato per tutti un duro colpo. Il debito di
cui parla Draco riguarda il fatto che Lucius abbia
aiutato Rosemary ad essere salvata dagli Auror,
facendo la spia per riuscire a farla scappare. Naturalmente Lucius
lo fece per senso di colpa verso suo figlio, che era stato condannato perché
lui era stato troppo vigliacco da opporsi.
» 6 – La nomina a Cavaliere, per quanto mi riguarda, è sempre stata molto
più che una semplice e piatta investitura. I Cavalieri mantenevano la pace,
erano protettori di Camelot e della sua magia, quindi è naturale che ci siano
state conseguenze anche fisiche (i tatuaggi magici). Non dovranno far nulla,
semplicemente dovranno vegliare sulla spada e, nel corso della loro vita, fare
in modo che nessuno ne scopra più i segreti. Perché Druella è diventata un
Cavaliere ed Hermione no? Druella ha combattuto attivamente, così come Draco
(Anthony ha prestato il giuramento mentre credeva d’essere Gawain), mentre
Hermione ha dimostrato un grande intelletto e conoscenza magica teorica, motivo
per cui lei è diventata una Dama dell’Ordine di Morgana.
È finita, ufficialmente.
Grazie a tutti per avermi seguita in questa piccola avventura, spero
davvero che continuerete a seguirmi, quando mi deciderò a pubblicare la
prossima long (spero non troppo tardi!). Magari fate un salto a dare un’occhiata a
qualcos’altro di mio ;)
Grazie davvero, a tutti.
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!