Infetta

di Paloma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mira ***
Capitolo 2: *** Malattia ***
Capitolo 3: *** Archivio ***
Capitolo 4: *** Caffè ***
Capitolo 5: *** Il ballo ***
Capitolo 6: *** Chiarimenti ***
Capitolo 7: *** Nuova coppia ***
Capitolo 8: *** Villa Lovett ***
Capitolo 9: *** Funerale ***
Capitolo 10: *** Johan ***
Capitolo 11: *** Grifondoro ***
Capitolo 12: *** Teatro ***
Capitolo 13: *** Cupido impiccato ***
Capitolo 14: *** Nuvole? ***
Capitolo 15: *** A mai più arrivederci ***
Capitolo 16: *** Game Over ***
Capitolo 17: *** Malfoy Manor ***
Capitolo 18: *** Sacrificio ***
Capitolo 19: *** Nessun inchiostro ***
Capitolo 20: *** Avanti e indietro ***
Capitolo 21: *** Rapina a mente armata ***
Capitolo 22: *** Quel bagno infinito ***
Capitolo 23: *** A te la scelta ***
Capitolo 24: *** Non potrà più trovarci ***
Capitolo 25: *** Per me, per sempre ***
Capitolo 26: *** Amara consapevolezza ***
Capitolo 27: *** Di nuovo ***
Capitolo 28: *** Oblivion ***
Capitolo 29: *** Mali estremi ***
Capitolo 30: *** Estremi rimedi ***
Capitolo 31: *** Copia conforme ***
Capitolo 32: *** Negazione ***
Capitolo 33: *** Lavanda ***



Capitolo 1
*** Mira ***


Capitolo 1
Mira
 
 
“E’ in ritardo, signorina Lovett” sentenziò acido ma non troppo, Severus Piton.
“Strano credevo di essere in anticipo” ribattei sorridendo.
Piton mi guardò per qualche minuto, riflettendo, sicuramente, se togliermi o meno dei punti per la mia insolenza. Alla fine decise di tollerare per il bene della sua casa e per avere la soddisfazione di sorridere compiaciuto alla professoressa McGranitt durante la coppa di fine anno. Stesso motivo per il quale non era stato troppo duro nel farmi notare la mia leggera mancanza d’orario.
“Prenda posto.”
Come se davvero stessi aspettando che me lo ordinasse. Odiavo arrivare in ritardo. Era una delle cose che più mi irritavano in una persona e se ero io a farlo mi irritava ancora di più.
Mi sedetti al primo banco, vuoto come di consueto e voltai la testa verso Piton che sbraitava contro Neville perché non aveva ancora acceso il fuoco del suo calderone. Sorrisi divertita nel vedere che il ragazzo era diventato paonazzo dalla vergogna e dalla paura nel ritrovarsi il naso adunco di Piton a pochi centimetri dal viso. Deglutì cercando di riprendere ossigeno e tornare di un colore normale, solo quando ormai l’insegnate era distanza di sicurezza.
Nessuno, a parte me e  la Granger, vedeva in quelle scenette divertenti l’espediente per accaparrarsi gli ingredienti migliori dalla dispensa. Purtroppo quella mattina cause di forza maggiore mi avevano impedito di arrivare in orario e quindi nella dispensa trovai poco e niente.
Ad un tratto la porta del sotterraneo si aprì nuovamente: Theodore Nott cercò di entrare, tenendo con entrambe le mani la pesante borsa dei libri e spingendo la porta con un piede.
“Buongiorno, signor Nott. Vedo che stamattina arrivare in orario è un optional per voi Serpeverde “ disse con sarcasmo Piton.
“Chiedo scusa” rispose quello a fatica ancora indaffarato con la borsa.
“Vuole un invito scritto? Avanti si sieda” sospirò esasperato il professore.
Nott cercò il mio sguardo ma io ero ben decisa a non dargli nessun pretesto per avere qualche minimo contatto con me dopo l’episodio di quella stessa mattina.
Andavamo a letto insieme, e grazie tante, ma soffocarmi non era una clausola del contratto. Dovevo ammetterlo: sarei arrivata in ritardo tutte le mattine se questo mi avesse consentito di sfogare la mia rabbia su di lui come poco prima, ma purtroppo Piton non sarebbe stato sempre così clemente, e poi l’ho già detto odio le persone che non rispettano gli orari.
Mentre riducevo in poltiglia una radice dall’aspetto tutt’altro che invitante, la Granger, facendo finta di prendere qualche altro ingrediente, mi passò davanti sbirciando il mio calderone, convinta che non me ne accorgessi.
La pozione avrebbe dovuto essere di tonalità verde e così era, infatti. Sorpresa nel constatare che nonostante il ritardo ero comunque al passo con gli altri e soprattutto con lei, la ragazza ritornò in fretta nel suo banco in fondo all’aula con un’espressione talmente indignata che non mi sarei stupita affatto, se all’improvviso avesse preso un bel colorito violaceo.
Sorrisi divertita, e questo bastò agli occhi indagatori di Nott per cercare nuovamente di attirare la mia attenzione.
Continuai come se nulla fosse a mescolare la pozione, ignorandolo.
Avevo caldo, e quel buco di classe non mi aiutava di certo. Cercai di prendere un lungo respiro ma così non ottenni altro che un’ulteriore vampata di calore, che mi fece sudare maggiormente. Sentì la camicetta della divisa bagnata e attaccata alla schiena come una seconda pelle.
Che cazzo era già Ottobre! Come era possibile che facesse così caldo?
Non dovetti aspettare molto di trovare la risposta. Neville aveva alzato troppo il livello del fuoco e la stanza si era trasformata in un’autentica sauna.
Mi sventolai con le pergamene degli appunti, cercando con lo sguardo Piton che sicuramente fra poco si sarebbe accorto che qualcosa non andava.
“Paciock!” strillò appunto quello, correndo verso il suo banco. “Sei un emerito idiota! Abbassa quel fuoco! Vuoi forse ammazzarci tutti?!”
“No… pro-professor Pi-Piton…mi scusi” mormorò rosso in viso.
L’intera classe, me compresa, scoppiò a ridere.
“Silenzio!” intimò Piton rivolgendoci uno sguardo inceneritore.
 
La mattinata terminò dopo un’ora di Storia della magia e Trasfigurazione, e sfinita mi accasciai finalmente al tavolo per il pranzo. La mia faccia sciupata rispecchiava quella di molti altri seduti alle tavolate. Pranzammo tutti in silenzio; tutti tranne quell’idiota di Malfoy, ma che nonostante cercasse di divertirsi lanciando palline di carta al tavolo dei Corvonero, aveva comunque anch’egli un’aria stanca. Notai anche con una certa soddisfazione che Nott aveva smesso di starmi attorno e che adesso se ne stava acquattato in un angolo della panca, giocherellando con il cibo e sussultando irritato ogni volta che Malfoy, che era seduto vicino a lui, si alzava di scatto per prendere meglio la mira con le sue maledette palline di carta.
Quando una finì accidentalmente nel mio piatto, il silenzio che aleggiava nell’aria si addensò maggiormente e alcune teste Serpeverde si voltarono nella mia direzione, postando poi gli occhi da me a Malfoy, come se stessero seguendo una Pluffa andare e venire da un Cacciatore all’altro.
Posai con calma la forchetta vicino al piatto e alzai lo sguardo verso Draco, che si era fermato ancora con la mano a mezz’aria, un ghigno stampato sulle labbra, e se ne stava immobile aspettando contento un putiferio.
Sorrisi, piegando appena la testa di lato. Poi mi alzai in ginocchio sulla panca, misi un piede sul tavolo e ci salì sopra, percorrendolo sino a ritrovarmi di fronte a Nott e a pochi centimetri dal biondino. Scesi delicatamente con un saltello, aiutata da Theo, che con espressione neutra mi prese per mano a mi portò via. Non mi accorsi del silenzio che si era espanso in tutta la Sala Grande e non sentì il rimprovero di qualche insegnante, che si era reso conto di quello che avevo fatto solo quando ormai ero già oltre il grande portone.
Camminammo sempre tenendoci mano per mano sino a quando arrivammo al bagno dei maschi. Lì Nott si fermò e dopo aver sigillato la porta con un incantesimo mi strinse forte, mentre io iniziai a tremare tra le sue braccia e a sembrare in preda alle convulsioni. Dovette scivolare sul muro alle sue spalle e sedersi per terra per tenermi in grembo. Teneva la testa alzata guardando altrove, ma intanto le sue braccia non avevano messo di stringermi.
Io non piangevo, non lo facevo mai in quei casi, semplicemente mi limitavo a dibattermi addosso a lui e ha stringere i denti così forte da procurami mal di testa.
Quando finalmente la crisi passò e Nott si accorse che stavo rannicchiata contro il suo petto senza muovermi, mi baciò la fronte e si alzò, trascinandomi con sé.
“Tutto bene?” mi chiese dopo qualche istante.
Puntualmente mi chiedeva sempre come stessi dopo quegli episodi e io puntualmente non rispondevo.
“Mi dispiace per stamattina” mi scusai.
“Non importa” rispose sorridendomi. “Vuoi saltare le lezioni del pomeriggio?” mi domandò poi.
“No.”
 
“Si rende conto di ciò che ha fatto, signorina Lovett?”
“Sì, professor Piton. “
“E le sembra un comportamento adeguato?”
“No di certo.”
La mia calma lo infastidiva. Mentre la sua ira mi divertiva parecchio. Infondo avevo solo fatto una passeggiatina sul tavolo. Che male c’era?
“Mi spiegherebbe allora il motivo di questa sua… come possiamo chiamarla, avventura?”
“Credo che definirla avventura sia un pò troppo megalomane, signore. Diciamo pure che si è trattato semplicemente di un gesto, ecco… un tantino eccentrico. “
“Salire in piedi sulla la tavolata della sua casa durante il pranzo, le è sembrato un tantino eccentrico?” mi domandò Piton sarcastico, trattenendo a stento la collera.
Sospirai. Quell’uomo non aveva il benché minimo senso dell’umorismo.
“D’accordo, mi dispiace, non lo farò più” snocciolai senza convinzione.
“Non sarà questo a scagionarla.”
“Non voglio essere scagionata. Mi dia la punizione che merito: sono in ritardo per la cena.”
“Verrà informata al più presto. Può andare, signorina” ribattè rosso in viso.
 
“Che voleva Piton?” mi chiese Nott quando mi sedetti di fronte a lui sulla panca.
Feci spallucce e presi la sua coppa di gelato.
“Era mia” protestò.
Era tua” gli risposi noncurante mentre succhiavo il cucchiaino.
“Ho bisogno di dolcezza” spiegai poi.
Nott si fermò con la forchetta davanti alla bocca, mi lanciò una breve occhiata e ciò bastò a capirci.
Scesi dalla panca girando su me stessa, e camminammo parallelamente verso l’uscita, sino a trovarci vicini al grande portone; lo oltrepassammo e ci rifugiammo nel nostro luogo segreto, un po’ come la casetta sull’albero, solo che in quel caso si trattava della torre di Astronomia.
“Un giorno di questi ci beccheranno…” sussurrai sulle sulla labbra, mentre mi spingeva contro il muro.
 
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I personaggi (a parte la famiglia Lovett) non mi appartengono. Sono legati alla creazione di J. K. Rowling.  

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Capitolo 2
*** Malattia ***


Capitolo 2
Malattia 

 

Mi sentivo bene in cima a quella torre. La notte successiva ci ero tornata da sola, e adesso mi sporgevo dal cornicione, guardando il panorama dipinto di nero che si stendeva attorno al castello.
I miei capelli fluttuavano in ciocche disordinate, mosse dal vento che mi soffiava sul viso, seccandomi le labbra e arrossandomi le guance.
Stretta nel mio cappottino grigio, stavo bene lassù. Sembrava che il mondo circostante prendesse un’angolazione diversa ai miei occhi. La realtà e tutto ciò che prima mi era apparso noioso o riluttante, diventava improvvisamente necessario, rilassante e forse persino divertente.
Avevo freddo, ma non mi importava. Adoravo sentire le ossa ghiacciarsi nonostante strati e strati di vestiti. Mi sentivo al sicuro e ogni soffio di vento portava via ciò che mi tormentava.
Poco dopo scesi canticchiando le scale, per sottostare alla punizione di Piton: riordinare gli archivi. Entrai nei sotterranei e quando trovai l’aula giusta, presi la prima scatola impolverata che trovai gettata su un banco sgangherato e iniziai a riordinare.
"Lovett?" domandò una voce, sorpresa.
Sobbalzai.
"Malfoy, mi hai spaventato..."
Il biondino rise e mi raggiunse anche lui con una scatola in mano.
"Che ci fai qui?" chiese.
"Quello che ci fai tu a quanto vedo."
"Io non sono in punizione."
"Allora perché sei qui?" gli domandai.
"Cercavo qualche malefatta di Potter" ghignò.
Non gli risposi. Non meritava risposta.
Restammo un po’ in silenzio, poi mi provocò.
"Non sembri una Serpeverde Lovett, lo sai?"
Grosso errore il suo.
La magia che solitamente viene fuori nei momenti di forti emozioni quando si è piccoli, ma che col passare degli anni si controlla, mi riempì le viscere cercando di uscire.
Cazzo. Non adesso, non adesso.
"Malfoy, stringimi" lo pregai, cercando di stare calma.
"Cosa?..."
Non gli diedi il tempo di dire altro. Mi avvicinai a lui avvolgendogli le braccia attorno al petto, e posai una guancia sulla sua spalla. Lui rimase per un momento interdetto, poi mi circondò in un abbraccio.
"Più forte. Non avere paura di farmi male" lo implorai.
Mi strinse maggiormente, ma dovette aver capito che volessi provarci con lui, perché iniziò ad accarezzarmi i capelli. "Non pensarci neanche" lo fermai. Sbuffò. Rimanemmo così sino a quando il mio respiro tornò regolare e potei staccarmi da lui senza tremare. Mi voltai tranquilla e ricominciai a catalogare i fogli di pergamena.
"Smettila di fissarmi" gli dissi.
"Ma che ti è preso?"
"Non sono affari tuoi, perciò continua a cercare qualcosa per mettere nei guai Blaise."
"Sei strana, Lovett."
Chissà perché lo percepii come un insulto.
"E tu mi sta seccando, Malfoy" dissi gelida.
"Tremo di paura" mi prese in giro falsamente intimorito.
"Per quale motivo?"
"Per quello che potresti farmi."
"Ma io non voglio farti niente" gli sorrisi.
Il biondino rimase sorpreso per un momento, ma da bravo Malfoy qual era, si ricompose in fretta e pescò dal sacco una delle sue solite battute volgari.
"Non diresti così se ti scopassi, cara."
"Infatti non lo direi affatto, perché se mi scopassi io non muoverei un dito né per protestare, né per soddisfarti."
"Stai giocando col fuoco, Isobel."
"E tu stai continuando a seccarmi, e comunque non ti ho dato il permesso di chiamarmi per nome. Non siamo amici."
"Mi ero sbagliato su tuo conto, sai. Quando vuoi sai essere una perfetta Serpeverde."
E con questa magnifica perla di saggezza, girò sui tacchi e uscì.

Era ormai l’una di notte quando finì una parte del lavoro e potei andare a dormire. Piton era stato chiaro: più velocemente scontavo la mia punizione, senza naturalmente alcun tipo di aiuto, meno sarebbero state le notti che avrei passato nel sotterraneo. Mi aveva concesso al massimo tre giorni, e tenendo conto che appartenevo alla sua casa, mi aveva permesso di sbrigare la faccenda a qualsiasi ora del giorno, o della notte in questo caso.
Entrai in camera, facendo attenzione a non svegliare Pansy, perché non avevo nessuna voglia di sentirla starnazzare a quell’ora. Eravamo in stanza insieme sin dal primo anno, ma per quanto avesse cercato di farsi cambiare, perché io la consideravo meno di Malfoy e di conseguenza la ignoravo, non ci era mai riuscita, in quanto per Silente non era in possesso di un vero motivo per voler essere spostata.
Presi un asciugamano e mi chiusi in bagno a fare la doccia.
Ero talmente stanca che mi buttai sul letto senza neanche infilarmi il pigiama e mi addormentai stretta nel mio accappatoio blu.
La mattina dopo mi svegliai abbracciata al petto nudo di Nott. Confusa, aprì gli occhi appannati e biascicai "Che…che ci fai qui?"
Ricevetti un lungo bacio in risposta. Mi accorsi di non avere più l’accappatoio addosso. Al suo posto indossavo il mio pigiama verde.
"Mi hai vestito" dissi divertita.
Sorrise. "E’ arrivato questo per te. L’ho trovato sotto la porta" disse mentre si allungava a prendere una busta poggiata sul comodino.
La aprii.

Mi pregherai, Serpeverde.

"Che vorrà dire?"
"Non ne ho idea" mentii.
"Chi lo manda?"
"Non c’è scritto."
"Un ammiratore segreto?"
"Non essere sciocco" risposi alzandomi. Feci per dirigermi verso il bagno ma la voce supplicante di Nott mi fermò.
"Resta."
A malincuore dovetti rifiutare. "Nott, lo sai che abbiamo lezione."
"Manca ancora un’ora, Izzie."
Sospirai e mi arresi, rientrando nel letto.
All’ora di Incantesimi entrambi avevamo un bel sorriso stampato sulle labbra. Fare l’amore poco prima di iniziare una giornata pesante, lo consideravamo un po’ come un rito fisso. Ma non sempre. A volte avevo bisogno di stare da sola e all’alba fumavo la prima sigaretta del giorno sulla torre.
Non ripensai più all’incontro con Malfoy, né al suo stupido biglietto intimidatorio sino a pranzo, quando si sedette vicino a me sulla panca.
Lo ignorai, continuando a mangiare.
"Lovett" mi disse con tono quasi rispettoso.
"Malfoy" gli risposi formale.
"Che ti è preso ieri notte nei sotterranei?"
Respirai a fondo. Perché non riuscivo mai a mangiare in pace quando c’era lui nei paraggi?
"Malfoy, quanto è lungo questo tavolo?"
Lui assunse un’espressione confusa, poi ipotizzò sbrigativo "Non so, dieci metri?"
"E allora perché in dieci fottutissimi metri, tu sei seduto proprio qui accanto a me?" gli domandai gelida.
Nessuno a parte i Grifondoro litigava con Draco Malfoy. Tutti – Serpeverde compresi – lo temevano e di conseguenza lo adoravano, troppo fifoni per rispondergli a tono quando si impicciava nei loro affari, o quando, come in questo caso, rompeva letteralmente le palle. Beh, io non ero quel tutti.
Poco mi importava se il principino azzurro mi avrebbe reso la vita un inferno, come minacciava di fare a tutti coloro che non gli lucidavano le scarpe. Tanto non ci sarebbe riuscito.
"Lovett stai diventando parecchio irritante, lo sai?"
"Allora perché sei ancora qui?"
"Io mi siedo dove voglio, cara. Non sarai tu a dirmi dove poggiare il culo."
"Che eleganza Malfoy, se ti sentisse tuo padre sarebbe fiero di te."
"Stai attenta , Lovett. Non ti conviene sfidarmi."
"Perché parli ancora con me se sono irritante? Sei forse un masochista?"
Visibilmente infuriato si alzò e ritornò dall’altra parte del tavolo, vicino a Blaise. Non mi rivolse neanche un’ultima occhiata. Peccato, speravo tanto che mi lanciasse qualche saetta dagli occhi.
Nott, seduto di fronte a me, mi guardava insistentemente.
"Piantala, Theo."
"Piantala anche tu, Izzie."
"Di fare cosa?" gli chiesi, continuando a mangiare.
"Di battibeccare con Draco."
Feci spallucce. "Mi diverte."
"Se solo lo volesse, potrebbe rovinarti, lo sai?"
"Ne sono al corrente, si. Sono convinta che ancora qualche giorno e mi stuprerà" scherzai.
"Isobel Lovett! Sei senza ritegno."
"O forse avresti voluto dire senza paura."
"Sei impossibile."
"Ne vado fiera."
Fece finta di non aver sentito e cambiò discorso "Dobbiamo andare ad allenarci."
"Quando?"
"Dopo gli il Quidditch."
"Ci sarò" gli sorrisi.

"Avanti pappamolle! Corri!" mi gridò Nott.
"Fottiti!" gli risposi con fiatone.
Si, gli allenamenti consistevano in questo: correre.
Eravamo ormai un’ora piena che ci giravamo attorno al castello “facendo a chi arriva prima”. Io purtroppo non ero mai riuscita ad arrivare prima di lui.
Era per questo che stavo con Nott. Si inventava sempre qualcosa per farmi felice e rendermi spensierata.
Mi fermai stanca morta e appoggiando le mani sulle ginocchia e chinando il busto in avanti, respirai a fondo. Nott mi raggiunse e prendendomi da sotto le ascelle mi caricò su una spalla come un peso morto, per trasportarmi poco più avanti in uno spiano verde. Mi mise giù, e io caddi all’indietro finendo con il sedere per terra. Ero troppo stanca per protestare, perciò mi limitai a distendermi sulla schiena.
"Sei una schiappa, Lovett" mi prese in giro il mio ragazzo. Si, suonava bene il mio ragazzo. Di solito non lo consideravo mai così, neanche quando facevamo l’amore. Lui era semplicemente Nott, come io ero semplicemente Izzie, e stavamo insieme.
"Izzie?"
"Mmh?"
"Mi ami?"
Ecco perché non consideravo mai Nott il mio ragazzo. Perché pretendeva, o si illudeva di esserlo.
Mi sollevai sui gomiti e lo stetti a guardare senza rispondere. Giocammo un pò “ a chi abbassa per ultimo lo sguardo vince”, ma alla fine si arrese e si distese nuovamente.
"Come non detto" puntualizzò.
Stemmo un po’ in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri (immaginai già i suoi), ciascuno fissando il cielo che si intravedeva fra gli squarci degli alberi. Poi riprese a parlare: la guerra era appena cominciata.
"Perché stai con me, Izzie?"
"Non so."
"E' solo abitudine?"
"Abitudine di cosa, Nott? Semplicemente non riesco a ricordami com’era prima di incontrarti."
Lasciò perdere questa parte del discorso. Uno a zero per me.
"Ho parlato con Draco."
Non risposi. Non era mica una domanda.
"Mi ha detto del vostro incontro nell’aula degli archivi" continuò.
"Non sa nulla delle mie crisi, Nott, sta tranquillo. Ma è stato un bene che fosse lì."
"Pensa che tu sia attratta da lui."
"Pensa giusto."
"Cosa?" esclamò sorpreso.
"Non posso negare che sia molto bello."
"E di me cosa pensi?"
Odiavo quelle sfottute domande. “E di me cosa pensi? Sono carina?” Domande da froci e ochette. Ma volevo bene a Nott, più di quanto credesse; più della maschera che mettevo su con lui...
Mi alzai e lo raggiunsi carponi, per poi salirgli sopra a cavalcioni. Mi abbassai quel tanto che bastava per sfiorargli l’orecchio con le labbra.
"Vengo a letto con te, Nott, non con Malfoy… perciò falla finita" gli soffiai.
Lo sentì scosso da un leggero brivido.

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Capitolo 3
*** Archivio ***


ko

Capitolo 3

Finito. Avevo catalogato, riordinato e pulito le scatole degli archivi. Mi erano infatti bastate solo due notti per terminare. Piton non poteva certo sapere che amavo mettere in ordine, perciò aveva creduto che quella fosse una punizione piuttosto noiosa.
Stavo per andarmene, quando Malfoy comparve in fondo all’aula. Era stato lì tutto il tempo senza che me ne accorgessi, o meglio, senza che gli facessi notare che, in realtà, l’avevo visto da un pezzo.
“Lovett, sempre in mezzo alle scartoffie eh?”
“E tu sempre in mezzo alle palle.”
“Sempre così acida?”
“Solo con te.”
“Molto onorato.”
“Ne sono lieta.”
“Non mi dirai mai cosa ti è successo l’altra notte, vero?”
Feci finta di rifletterci su un momento.
“No” gli risposi poi.
“E se ti costringessi?” mi domandò con un ghigno.
“Accomodati.”
Sapevo l’avrebbe fatto.
Si avvicinò velocemente, sorprendendomi, dato che mi sarei aspettata più una camminata elegante. Fu questo fatto a distrarmi e a farmi abbassare la guardia, e infatti prima che potessi spostarmi mi spinse con le spalle al muro posandomi semplicemente una mano sull’addome. Non voleva farmi male, altrimenti mi avrebbe scaraventato alla parete, più che accompagnato.
Strusciò il suo corpo contro il mio più volte, lentamente. Non cercai di ribellarmi. Mi voleva far eccitare, e dannazione ci stava riuscendo benissimo. Persi la pazienza e afferrandolo per le spalle, lo fermai.
“Allora, Lovett, ti arrendi?” mi sussurrò a pochi centimetri dalle labbra.
Ecco uno dei miei difetti: cedevo alle tentazioni ancor prima che il dubbio si insinuasse nella mia coscienza e mi facesse chiedere se fosse opportuno opporvisi o meno.
Abbassai lo sguardo e sventolai bandiera bianca, ma nonostante dentro mi fossi arresa, riuscì comunque a fingere di tentennare.
“Perché ti interessa tanto saperlo, Malfoy?” gli chiesi piano.
“Perché quella notte ho sentito come una scarica elettrica scendermi giù lungo la schiena” rivelò.
Come biasimarlo. Nott il più delle volte doveva sedersi. Era stato bravo Malfoy a non cedere.
“Perché dovrei fidarmi di te?” gli domandai.
“Perché non dovresti?”
“Sei Draco Malfoy. Non fai mai nulla per nulla.”
“E se ciò che voglio da te... fosse direttamente collegato alla tua risposta?”
Riflettei un attimo. Ero con le spalle al muro. Sia fisicamente che mentalmente.
“Sono malata. La magia che c’è dentro di me non riesce a placarsi. Non riesco a controllarla interamente attraverso la bacchetta. Fuoriesce nei momenti nei quali sono soggetta a forti emozioni, e potrei fare del male a qualcuno se non mi concentrassi per trattenerla. Nott mi aiuta; mi stringe come hai fatto tu l’altra notte, in modo che io mi calmi” confessai alla fine con un sospiro.
“Non c’è rimedio?” mi domandò stranamente interessato.
“Al San Mungo dicono che è una malattia psicologica. Devo curarla con il tempo... e da sola. Non esiste nessun farmaco, perchè sarebbe come impedire ad un bambino di non far capitare cose strane prima di entrare a Hogwarts."
Draco mi guardò per quale minuto, poi mi baciò innocentemente. Un unico bacio stampato. Sorrisi aspettandomi quella reazione e lo fermai prima di essere usata.
“Non funziona col sesso, Malfoy.”
“Povera, piccola, illusa” mi sussurrò suadente.
Bastarono questi tre aggettivi per farmi incazzare e di conseguenza far fluire la magia fuori dal mio corpo.
Malfoy aveva ottenuto ciò che voleva. Mi intrappolò le braccia sopra la testa con una mano e con l’altra mi spinse verso di lui, sino a che i nostri corpi non furono incollati permanentemente.
Si godette la sensazione dell’elettricità che gli scorreva sul corpo facendogli accapponare la pelle. I suoi occhi erano due pozze ghiacciate di adrenalina.
Non osai proferir parola troppo spaventata dalla sua reazione.
Nott si limitava ad abbracciarmi. Malfoy invece sembrava invece sul punto di schiacciarmi col suo peso. Non riuscivo a calmarmi e non dovevo superare quel limite.
“Malfoy… “
“Si?” biascicò.
“Se la magia nel mio corpo… “
Una nuova scarica ci fece sussultare entrambi. Strinsi e i denti e continuai: “ …si accumula, io muoio… e anche tu” mentii.
Il biondino si stacco riluttante e barcollò all’indietro tanto che dovette appoggiarsi al banco vicino per non cadere.
“Dovremo farlo più spesso, Lovett. E' quasi meglio del sesso” disse ansimante e soddisfatto.
Io intanto ero scivolata per terra e tenevo le ginocchia al petto e la testa appoggiata al muro.
Riportai lo sguardo alla sua altezza.
“Mi fai schifo.”
“Non dicevi così prima” sogghignò.
“Prima non ho detto nulla.”
“E’ un modo di dire, Lovett! Perché devi sempre essere così puntigliosa?”
“Perché mi stai sulle palle, Malfoy. Ecco perché.”
“Però ti piaccio.”
“Quello è relativo.”
Sorrise trionfante; si riassettò la camicia e i capelli e uscì senza un’altra parola.

<< Vieni con me al ballo? >> mi chiese Nott una settimana prima di Halloween.
<< Può darsi. >>
<< Izzie, falla finita, ti prego >> disse stizzito.
<< Non capisco >> gli dissi alzando lo sguardo dal libro che stavo leggendo.
<< Sei sfuggevole, cinica, indifferente del mondo che ti circonda. >> << Hai ripetuto lo stesso concetto in parole diverse. >>
<< Sei impossibile. >>
<< Se non ti piace come sono allora non stare con me. >>
<< Non ho detto questo. >>
<< Io si. >>
<< Sei sempre stata così... sprezzante? >>
<< Si, e mi stai seccando, Nott, piantala. >>
<< Vaffanculo >> mi disse infuriato.
Continuai a leggere il mio libro, incurante che se ne fosse andato, mentre pescavo distrattamente dalla tazza i cereali della colazione.
Non passò molto tempo che qualcun altro si sedesse di fronte a me.
<< Hai litigato con il tuo ragazzo, Lovett? >> chiese maligna una voce.
<< Ciao Malfoy >> lo salutai alzando gli occhi e mettendo un dito in mezzo alle pagine del libro per tenere il segno. Quando la guerra era imminente meglio essere preparati.
<< Non hai risposto alla mia domanda. >>
<< Si, ho litigato con Nott >> dissi noncurante.
<< Per quale motivo? >>
<< Dice che sono cinica e sprezzante >> risi sarcastica.
<< Ha ragione >> ammise per punzecchiarmi.
<< Nessuno ha chiesto il tuo parere. >>
<< Nessuno ti ha costretta a parlare. >>
<< Io rispondo sempre alle domande che mi vengono poste. >>
<< Davvero? Allora rispondi alla mia: verresti al ballo con me? >>
Se solo non avessi avuto, legata al viso con un elastico, la mia maschera di indifferenza allora avrei spalancato gli occhi e lo avrei guardato sbalordita. Ma per fortuna era ancora ben salda, perciò mi limitai a fissarlo qualche minuto in più del necessario.
<< D’accordo>> gli risposi poi, temendo un pò che mi stesse prendendo in giro.
<< Perfetto >> sorrise invece compiaciuto.
<< Perché ti abbassi a tanto, Malfoy? >>
<< Prego? >>
<< Non occorre che mi porti al ballo per inebriarti della mia malattia >> gli spiegai nel mio tono più sprezzante.
<< Sei una povera, piccola, illusa, Lovett, se credi che lo faccia per quello >> mi rispose scuotendo la testa.
<< Perché allora? >>
<< Voglio portarti a letto. Credevo fosse sottinteso. >>
<< Ci vediamo alle otto, Malfoy. >>
Mi alzai lentamente e uscii dalla Sala Grande sotto il suo sguardo indagatore.

<< Mi dispiace. Non devi cambiare per me. >>
<< Non mi hai chiesto di farlo, Nott. >>
<< Si invece, almeno non direttamente. >>
<< Non importa. È passato. >>
<< Allora >> disse abbozzando un sorriso << vieni al ballo con me o no? >>
<< Ho già dato la parola a Malfoy >> gli risposi calma. Il suo volto fu attraversato da una serie di espressioni che mutarono dallo sbalordimento, al vittimismo, alla rabbia pura e incontrollata. Mi tirò uno schiaffo.
Mi aveva toccata senza il mio consenso.
Mi aveva fatto del male senza il mio consenso.
Dopo essersi messo con me, forse era stato lo sbaglio più grande della sua vita.
Non mi curai di toccarmi la guancia schiaffeggiata, né mi importò di sentirlo supplicante chiedere perdono. Non mi interessava che stesse avendo un attacco di panico sotto i miei occhi, o che si sentisse un mostro per quello che aveva fatto. Aveva sbagliato e questo bastava ad assicurargli un posto nella mia lista nera.
Mi voltai come se nulla fosse e uscii dalla sua stanza. Un optional direi, dato che non avevo mai voluto metterci piede.
Povero Nott. Povero, povero, Nott.
<< Avrai bisogno di me, Izzie >> lo sentì dire in un ultimo gesto disperato. << Senza di me, non puoi controllarti >> continuò, sperando di ricattarmi.
Qualcuno stava parlando? Io non avevo sentito nulla.

Fanculo. Nott, aveva maledettamente ragione.
Rannicchiata in un angolo della Sala Comune cercavo di stringermi addosso le braccia per calmarmi. Ma la pressione non era abbastanza forte. Era come cercare di placare un attacco di panico. All’inizio avevo l’impressione di soffocare, il battito del cuore aumentava, sentivo pulsare il sangue nelle vene, ma poi pian piano tutto diventava rassicurante. Mi arrendevo all’impossibilità di fuggire dalle eventuali braccia che mi stringevano e tutto passava.
Il respiro tornava regolare e la magia si ritirava dentro il mio corpo nascondendosi da qualche parte.
Ora mi occorreva aiuto. Non potevo muovermi dal mio cantuccio nella poltrona e se non avessi trovato subito qualcuno, be allora avrei detto addio al quel giorno e a quelli che sarebbero venuti.
Il mio problema era la forza di volontà. Non mi occorreva realmente qualcuno che mi stringesse sino allo sfinimento. Al San Mungo erano stati chiari: potevo farcela anche da sola. Ero stata io a trovare un metodo alternativo allo strizza cervelli autonomo.
<< Lovett, tutto bene? >>
Fu la prima volta in cui fui contenta di vedere Draco Malfoy.
Lo guardai tremante, poi come una bambina, facendo un enorme sforzo, aprì un poco le braccia nella sua direzione. Da perfetto approfittatore qual era, mi prese fra le sue di braccia tenendomi in grembo, mentre si sedeva sulla poltrona.
<< Dov’è Nott? >> cercò di distrarmi, beandosi della sensazione di benessere che lo avvolgeva.
<< L’ho… mo-mollato >> balbettai.
Mi concentrai e cercai qualcosa a cui pensare.
Aveva un buon profumo. Non pino, muschio o acqua di colonia, tutte schifezze che potevano essere adatte a un ricco figlio di papà. Sapeva di buono; sapeva di se stesso. Non era una fragranza artificiale, era l’autentico profumo della sua pelle.
Immersi il viso nel suo collo e lo respirai a pieno, godendomi il contrasto fra la punta ghiacciata del mio naso e il calore del suo corpo.
<< Hai i capelli che sanno di pesca, Lovett >> mi sussurrò all’orecchio.
Risi. Non mi ero resa conto di essermi calmata.
Quando fui in grado di ritornare nel mondo reale e uscire dalla dimensione Malfoy, tentai di sciogliermi dal suo abbraccio, ma lui me lo impedì.
Lo fissai strana. L’effetto della magia era finito, perché continuava ad abbracciarmi?
Il suo sguardo era privo di espressione e delicatamente riportò il mio viso nell’incavo del suo collo.
Sfiorai la sua pelle con le labbra, e lì deposi piccoli baci sino a giungere al mento. Malfoy reclinò la testa, salì su di lui a cavalcioni e gli appoggiai le mani sulle spalle. I miei lunghi capelli castani ci coprirono entrambi quando mi baciò e quando mi passò una mano dietro la schiena spingendomi verso di sé. .. poi bastò soltanto che mi spostassi leggermente le mutandine e che lui si slacciasse i pantaloni, per farlo lì, su quella poltrona di velluto nero.
Respirai più volte le variazioni del suo profumo, misto a quello del sesso, che da troppo tempo non sentivo così rassicurante e bello. Stretta fra le sue braccia, incastrati su quella poltrona, non avemmo bisogno di dire nulla riguardo a ciò che stava accadendo, né cercare di capire cosa desiderasse l’altro. Non gridammo nessun nome quando raggiungemmo il limite e restammo così, immobili, beandoci di quel momento. Solo quando la necessità ci l’obbligò, ci ricomponemmo.
<< Non occorre più che mi porti al ballo, Malfoy >> gli dissi riordinandomi i capelli con le dita. Lui, che si stava riabbottonando i pantaloni, scosse la testa divertito.
<< Ci vediamo alle otto, Isobel. >>
Non lo corressi per avermi chiamato per nome... adesso andava bene così.


Grazie a chi ha messo la ff tra le seguite, e grazie a KissyKikka che mi fa davvero felice con le sue recensioni *.* come vedi qui è spiegata la "malattia" di Izzie :) nulla di preoccupante, almeno per il momento XD al prossimo capitolo:*

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Capitolo 4
*** Caffè ***


Capitolo 4

"E’ bellissimo, signorina" esclamò la commessa, mielosa.
"Non è bellissimo: è perfetto" ribattei, sorridendo.
No, non stavamo ammirando un ragazzo, ma un vestito.
E che vestito!, pensai, facendo un giro su me stessa, mentre mi specchiavo.
Sbirciai furtivamente il paravento accanto al mio e notai una ragazza con uno svolazzante abito rosso fiammante, adornato di copri spalle in pelliccia nera, lunghi guanti in seta e décolleté a punta in tinta.
Feci una smorfia di disgusto. La commessa lo notò.
"Qualcosa non va nel vestito, signorina?" mi domandò apprensiva.
"Dovreste vietare la vendita di quelle scarpe" dissi sprezzante, indicando con un breve e secco cenno della capo la ragazza dall’altra parte.
Lei abbassò il capo imbarazzata e borbottò qualcosa riguardo la moda.
Non la stetti ad ascoltare, e dopo avere dato un'ultima occhiata al mio tubino blu notte, iniziai a cambiarmi.
Pagai e soddisfatta, con un’ enorme scatola in braccio, mi incamminai verso i Tre Manici di Scopa. Il locale dei giusti, così lo chiamavano adesso.
Erano tutti lì: che splendore!, pensai con sarcasmo.
Corvonero, Grifondoro, Tassorosso e Serpeverde occupavano i tavolini al centro del locale addobbato per Halloween.
Evitai una grande zucca che levitava per aria, alcuni pipistrelli finti che svolazzavano, e mi andai a sedere in fondo in modo da avere una perfetta visuale della sala.
Ordinai due tazze di caffè con panna e aspettai paziente sulla panca a gambe incrociate e con il viso rivolto alla finestra, completamente appannata dal freddo. Ingannai un po’ il tempo disegnando sul vetro con la punta del dito.
"Che scenetta romantica. Hai un' aria malinconica e sognante, Lovett. Aspetti forse il principe azzurro?" domandò qualcuno sarcastico.
"Ciao, Malfoy" lo salutai senza girarmi.
"Non hai risposto alla mia domanda."
"No, niente principe azzurro, sto solo aspettando il caffè."
"Posso sedermi?"
Solo a quel punto mi voltai e lo guardai. Impeccabile come sempre: giacca aderente, camicia e pantaloni perfettamente stirati. Il tutto rigorosamente nero.
"Sei forse in lutto?" non riuscì a trattenermi.
"Sino a prova contraria il cadavere ambulante fra i Serpeverde sei tu, cara" ribatté a tono.
"Questa battuta non è neanche lontanamente offensiva, Malfoy: puoi fare di meglio."
"Questa cos’è?" mi domandò facendo un cenno alla scatola e ignorando la mia provocazione.
"Ho fatto a pezzi Nott e ho messo i resti lì dentro."
"E’ il vestito per il ballo?" insistette.
Proprio in quel momento arrivarono le tazze di caffè.
Ringraziai il cameriere e ne spinsi una verso Malfoy.
"Sapevi che sarei venuto?" mi domandò sorpreso.
"No."
Non poteva sapere che amavo il cafè quasi quanto battibeccare con lui.
Sorseggiammo in silenzio per qualche istante. Dal bordo della mia tazza potevo vedere il tavolo dei Serpeverde al completo, da cui era venuto Malfoy, fissarci insistentemente.
"I tuoi amici si stanno chiedendo che cosa ci fai qui" gli dissi.
Lui fece spallucce.
"Si fottano"rispose poi.
Strano, ma risi. Risi di gusto come non facevo da tempo. Gli strappai un sorriso spontaneo.
Malfoy finì il suo caffè, si pulì la bocca con un tovagliolino arancione in tema per Halloween e si congedò.
"Ci vediamo dopodomani, Izzie… e grazie del caffè."
"Prego."
Stava per alzarsi, quando ci ripensò. Mi fissò per qualche momento poi mi chiese nuovamente: "Sei proprio sicura di non aspettare qualcuno?"
"Sicurissima."
Poco convinto se ne andò, rivolgendomi un’occhiata circospetta.

Restai ai Tre Manici di Scopa sin quando non rimasero che poche persone all’interno del locale, e nessuna di queste erano studenti. Dedussi perciò che era ora di tornare ad Hogwarts. Prima di uscire però, presi velocemente il fazzolettino con cui Malfoy si era pulito, e lo nascosi furtivamente nella borsa.
Il pacco mi impediva di camminare normalmente, perciò fui costretta, per non arrivare in ritardo al punto di ritrovo, a gettare via la scatola e a tenere il vestito, protetto dalla busta trasparente, ripiegato sul braccio. Giunsi all’entrata del villaggio appena in tempo. Stranamente il fatto di non avere il fiatone, mi fece pensare per un breve momento a Nott e ai nostri allenamenti. Un piccolo dolore al petto, segno di un’insolita tristezza, suonò come un campanello d’allarme nel mio cervello. In fretta riportai Nott e ciò che lo riguardava al suo posto, nella lista nera, e richiusi il tutto in un cassetto.
In lontananza vidi Malfoy fumare insieme a Blaise Zabini, al che il piccolo dolore si rimarginò immediatamente. Che cosa infantile. Un comportamento da perfetta romantica, ammaliata dai fiori e dai cioccolatini, e che passa il suo tempo a spiare il ragazzo che le ha rubato il cuore. Peccato, ma nessuno è mai riuscito a rubarmi il cuore per il semplice fatto che io ci tengo a vivere e non intendo certo regalarlo a qualcuno, tanto meno farmelo rubare. Non sapevo perché avevo preso quel fazzoletto e per il momento non mi premeva trovare una spiegazione, perciò mi voltai dalla parte opposta e feci finta di ammirare il paesaggio, lottando contro la tentazione di sbirciare al di là delle mie spalle.

"Lovett, è vero che tu e Nott non state più assieme?" mi chiese quella sera Pansy, mentre riponevo il vestito nell’armadio della nostra stanza.
Potevo ignorarla e andare a cena ma rispondevo sempre alle domande che mi venivano poste, solo per non far si che il disprezzo che provavo per la maggior parte delle persone mi rendesse un’asociale. E poi il fatto che la mia compagna di stanza tentasse di dialogare era davvero strano, dato che facevo finta che non esistesse da circa sette anni.
“Si” buttai lì.
“Come mai?” cercò di domandarmi indifferente, ma il tono bramoso di pettegolezzi la tradì.
Mi correggo: rispondo alle domande, ma non sono tenuta a rispondere a Pansy Parkinson.
“Perché ti interessa?” le chiesi, voltandomi verso di lei a braccia conserte e appoggiandomi con la spalla alla colonna del letto.
Lessi la sorpresa nei suoi occhi. Accortasi che quella conversazione poteva protrarsi per lungo tempo, ne approfittò e colse al volo l’occasione per parlare civilmente con me.
Si, a volte so essere anche loquace… se voglio, e il semplice fatto che le avessi rivolto io una domanda, stava significare che non l’avrei ignorata come facevo di solito. “Volevo sapere come stavi” mentì lei spudoratamente.
Errore. Cercare di ingraziarsi la sottoscritta con quesiti mielosi e falsamente preoccupati, non faceva che aumentare la mia voglia di concludere lì la conversazione. Ma quella sera qualche santo volle bene a Pansy Parkinson e decisi di vedere sino a che punto la mia pazienza poteva tollerarla. “Cazzate. Dimmi la verità” le intimai calma.
“A scuola non si parla d’altro” si giustificò.
“E perché mai dovrebbero parlare di me e Nott?”
“Si tratta del ballo…” ma si fermò morsicandosi la lingua.
“Non farti tanti scrupoli a parlare, Pansy. Quando voglio so essere molto comprensiva” la incoraggiai falsamente incuriosita, dato che sapevo già da tempo cosa si vociferasse per i corridoi e quindi cosa volesse chiedermi.
Mi guardò un attimo, indecisa se fidarsi o meno.
“Vai al ballo con Draco?” si arrese alla fine.
“Si dice così in giro?” domandai.
Lei annuì impercettibilmente.
“E tu vuoi sapere la verità, giusto?” continuai camminando su e giù per la stanza, con le braccia incrociate al petto e una mano intenta a far finta di lisciarmi una finta barbetta sul mento, stile grande saggio.
Mi stavo divertendo. Oh, se mi stavo divertendo!
Non le diedi il tempo di rispondere.
“Vuoi sapere la verità, così puoi andare dai tuoi amichetti a spettegolare ancora per un altro giorno, e puoi avere i tuoi soliti quindici minuti di popolarità.”
“Non è vero” protestò, ma a bassa voce.
“Non era una domanda” le sorrisi secca.
Chinò il capo imbarazzata.
“Perché non lo hai chiesto direttamente a Draco?” le chiesi questa volta veramente incuriosita.
“L’ho fatto… e mi ha mandato a fanculo” abbozzò un sorriso, cercando di smorzare la tensione.
Strano, ma ci riuscì, ed entrambe ci ritrovammo a cercare di nascondere un sorriso.
“Non temere comunque, io e Draco non andremo al ballo insieme” mentii.
“Ah, d’accordo… allora con chi ci vai?” mi domandò sollevata, illudendosi di aver superato le divergenze createsi tra di noi in sette anni con un semplice botta e risposta.
Povera Pansy, così tanto, troppo socievole per i miei gusti. La fulminai con lo sguardo, ritornando seria.
“Scusa” bofonchiò, voltandosi dall’altra parte e facendo finta di cercare qualcosa nella borsa. Quando decise di uscire dalla stanza, tentennò sulla porta riflettendo se salutarmi o meno. Alla fine optò per un “ciao” veloce e scappò via.
Non vedevo l’ora fosse il trentuno Ottobre.




KissyKikka, non smetterò mai di ringraziarti per le tue bellissime recensioni, dettagliate e piene di giudizi che apprezzo molto e migliorano la storia. Si, in effetti ho sempre detestato la personalità di Draco esclusivamente egoista, superiore e "malvagia". Calcherò molto sulla particolarità della sua maschera che, infatti, porta perennemente. Tanti auguri anche se un pò in ritardo!Un bacio :*

Meredith91, devo confessarti anche io una cosa: purtroppo tendo sempre a raccontare lo stesso tipo di personaggio, perchè rispecchia molto una mia ideologia di carattere. Ma man mano che la storia va avanti le cose cambieranno perchè mi rendo conto io stessa, che altrimenti il tono, rimanendo sempre uguale, potrebbe diventare parecchio monotono e noioso. Ti ringrazio per la recensione, mi ha fatto pensare molto su aspetti di Isobel, che vorrei emergessero. Tanti auguri anche attè (in ritardo :D)! al prossimo capitolo! Un bacio :*

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Capitolo 5
*** Il ballo ***


ko

Capitolo 5

“Ti sta molto bene il vestito.”
“Grazie, ma adesso non prenderti troppa confidenza, Pansy.”
La ragazza sbuffò scocciata e armata di un coraggio che non aveva mai avuto, ma che non le sarebbe durato che per pochi minuti, azzardò “Cos’è che non va in me, Lovett?”
La guardai dallo specchio, mentre tenevo dei ferma ciuffi tra le labbra e mi toglievo i bigodini dai capelli.
“Non fare domande delle quali non vuoi sapere la risposta” mugugnai.
“Lovett, che motivo avrei avuto di porti una domanda così delicata, se tanto so che mi avresti ignorato?”
I soliti giochetti psicologici. Avrei potuto elencarle anche questo fra ciò che non andava in lei, ma non avevo proprio intenzione di farle una lunga lista, anche perché ci sarebbe voluta tutta la notte.
“Potresti avermelo chiesto per riprovare a conversare, oppure semplicemente potresti essere stata tanto illusa da credere che io cambiassi parere sul tuo conto e diventassi tua amica.”
“Non voglio la tua amicizia, Lovett” rispose gelida.
“Allora perché quel complimento sul vestito e quella domanda così personale che aveva un non so che di vittima? Che cosa c’è che non va in me, Izzie? Io sono amica di tutti, sono una ragazza socievole, simpatica e carina. Perché ti sto antipatica?” la presi in giro imitando il suo piagnucolio.
Deglutì trattenendo a stento la rabbia in gola. Era sull’orlo delle lacrime.
“Era solo un modo per socializzare, Lovett. Ti è così strano? Solo perché nessuno è degno della tua amicizia, non vuole dire che non puoi scambiarci qualche parola!”
“Perché ti importa così tanto di parlare con me, Parkinson?”
“Perché è l’ultimo anno.”
“Proprio perché siamo l’ultimo anno non è di certo il momento di stringere amicizie o di socializzare con una persona che ho ignorato per tutto questo tempo.”
Mi stava facendo incazzare e se fossi scoppiata sarebbe stato peggio per lei.
“Ma tutti hanno bisogno di qualcuno con cui ridere o divertirsi, Lovett. Qualcuno con cui confidarsi e nel quale riporre la propria fiducia.”
Pansy Parkinson mi sorprese. Dopo sette anni la mia compagna di stanza che non esiste, mi sorprese. Non avrei mai pensato che avesse un tale concetto dell’amicizia… ma non bastava sorprendermi per farmi cambiare idea.
“Ascoltami bene, Pansy: io tra poco scenderò nella Sala Grande e andrò al ballo con Malfoy.”
I suoi occhi si spalancarono e tentò di dire qualcosa, ma la fermai.
“Adesso domandati se, fra i tuoi buoni propositi, c’è rimasto anche solo uno straccio di motivo per il quale vorresti ancora essere mia amica.”
Presi la borsa e lasciai lì la mia compagna di stanza - che continuerà a non esistere - ancora sconcertata.

Uno sguardo disse più di mille parole quella sera. Non ci fu alcun bisogno di complimenti. Entrambi esprimemmo il totale compiacimento per l’altro semplicemente con un’ occhiata.
Immaginai di essere qualcun altro. Quel qualcuno che avrebbe spalancato dignitosamente la bocca davanti alla nostra entrata in Sala Grande, oppure che avrebbe nascosto le labbra dietro una mano perfettamente curata per l’occasione, bisbigliando al suo vicino il proprio sbalordimento.
I miei boccoli perfetti castano chiaro, che cadevano lunghi sulla schiena, gareggiavano contro i capelli biondi di Malfoy.
Il mio abito blu notte stonava, facendo comunque la sua bella figura, se messo a confronto con il suo completo bianco. Era strano vedere Draco vestire quel colore. Era sempre stato tipo da nero, grigio e verde. Tonalità che - e lo sapeva bene - mettevano in risalto il pallore perlaceo del suo viso.
Non ci prendemmo per mano, mentre percorremmo la sala. Tenevo le dita poggiate delicatamente sul suo avambraccio, ripiegato vero l’interno. Per entrambi ci accompagnava lo stesso sguardo freddo di sempre. Potevamo anche aver cambiato l’abito, ma la maschera no. Quella rimaneva permanentemente incollata come una seconda pelle. A volte mi domandavo se davvero ne portassimo una, o se fossimo realmente così…
"Non hai detto a Pansy che andavamo al ballo insieme, vero?" mi domandò Draco, accennando alle mie spalle.
"Ho voluto farle una sorpresa" risposi, voltandomi verso la ragazza in questione che era entrata subito dopo noi, e che ora se ne stava aggrappata alla mano di Blaise Zabini come se fosse la sua ultima ancora di salvezza.
Il vestito di seta verde smeraldo che portava, la fasciava esageratamente sino a metà coscia e le scarpe troppo alte la costringevano a camminare solo dopo aver calcolato attentamente i passi da fare. Mi fissava insistentemente quasi volesse vedermi bruciare su un rogo. Le sorrisi e poi mi volsi verso Malfoy, che la guardava altrettanto soddisfatto della sua reazione.
"Come mai ci siamo incontrati solo dopo sette anni, Izzie?" mi sussurrò a un orecchio, mentre gli circondavo il collo con le braccia sulla pista da ballo.
"Eri troppo impegnato" gli risposi.
"Vuoi dire che hai aspettato che mi liberassi?"
"Povero illuso" risi.
"Posso farti una domanda?"
Annuì.
Lo sentì sorridere mentre tenevo il mento appoggiato sulla sua spalla.
"Perché hai lasciato Nott?"
"Mi ha messo le mani addosso."
"Il motivo?" mi chiese sbalordito.
"Gli ho detto che venivo al ballo con te."
"Una perfetta stronza insomma" rise compiaciuto.
"Solo se consideri che poco prima al suo ivito avevo risposto può darsi."
"Allora è vero che mi aspettavi... come anche quel pomeriggio ai Tre Manici di Scopa. Lo sapevo."
"Continua a ripetertelo, caro."
Volteggiammo per un po’ intorno alla pista, poi andammo a prenderci a da bere.
"Posso farti io una domanda?" gli chiesi mentre sorseggiavo un cocktail.
Annuì.
"Perché io e non una delle tue ammiratrici."
"Non lo so in verità" rispose, poggiando il suo bicchiere ormai vuoto sul tavolo.
Sentivo che mentiva.
"L’abbiamo già fatto, perché portarmi ugualmente al ballo? E non venirmi a dire che non saresti stato capace di trovare un’altra ragazza in così poco tempo. La Parkinson lascerebbe Zabini sull’altare se solo glielo chiedessi."
Ghignò divertito, immaginando la scena.
"Se non avessi qualche certezza sul tuo conto, potrei pensare che vuoi soltanto sentirti elogiata" disse poi.
"Non ho bisogno di complimenti, lo sai bene."
Non rispose e si voltò a rimirare le coppiette sulla pista che cercavano di mostrare quanto attente erano state alle lezioni di ballo. Pansy e Blaise invece si dondolavano sul posto. Lei ci guardava irritata e si innervosì troppo solo perché il suo accompagnatore le aveva spostato un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Non valeva la pena di vedere altro.
"Vado a fumare. Torno tra poco" dissi a Draco.
"Ti faccio compagnia, se sto ancora un momento qua dentro, mi verrà in diabete."
Uscimmo dalla sala e dato che l’idea era stata mia lo portai sulla torre di astronomia.
Ma non eravamo soli: Nott era seduto con le spalle al muro e fumava con il volto spensierato rivolto vero il cielo nero. Non appena si accorse di noi, schiacciò la sigaretta per terra e si alzò con uno scatto agile.
In effetti non lo avevo notato alla festa, forse perché non avevo voluto cercarlo.
Ci scostammo per lasciarlo passare, ma prima di scendere le scale mi lanciò un’occhiata carica di ribrezzo. Né io, né Draco dicemmo nulla. Mi lasciai scivolare per terra e da vizio alzai anche io gli occhi al cielo.
Fumammo in silenzio e solo quando spensi la quinta sigaretta gettandola oltre il cornicione, Malfoy si riprese il pacchetto, infilandoselo in tasca.
"Ne vuoi parlare?"
"No."
"Non lo dico molto spesso, Lovett, perciò ti conviene accettare."
"Non c’è nulla da dire... L’ho mollato perché volevo farlo da tempo. Quello dello schiaffo è stato solo un capro espiatorio o un pretesto… è uguale... Lui crede che io non possa farcela senza di lui, ma si sbaglia. Me la sono sempre cavata da sola prima di incontrarlo e posso farlo anche ora."
Rise. "Non c’era nulla da dire, eh?"
Risi anche io e appoggiai la testa al muro lasciandomi andare a un respiro liberatorio.
"Possiamo essere molto utili uno all’altro, Izzie."
"Davvero?" gli domandai, girandomi a guardarlo.
"Più di quanto credi."
"Ma tu hai già ottenuto quello che volevi e anche di più." "Quello è stato solo il primo passo. Mi servirai anche in futuro, e per te varrà lo stesso."
"Quindi possiamo definire ciò che ci lega un semplice rapporto opportunistico?"
"Più o meno."
Riflettei un attimo, poi acconsentii.
"Torniamo dentro?" mi chiese.
"Si, voglio vedere la faccia di Pansy quando penserà che siamo scomparsi per andare a scopare" risposi alzandomi. "Beh, perché deluderla?" disse, prendendomi per un polso e tirandomi a sé.
"Malfoy, ho impiegato molto tempo per infilarmi questo vestito e far sì che fosse perfetto. Non intendo sgualcirlo per soddisfare il signorino la sotto" sibilai.
"Non c’è bisogno di spogliarti, Lovett" mi sussurrò, mentre una mano andava a scomparire sotto la mia gonna.
La spostai con un gesto secco.
"Non fare lo squallido. Non ti si addice" ringhiai a denti stretti.
"L’altra notte non hai fatto tante storie, e sono sicurissimo che nella tua camicetta non c’era una sola piega, quando avevamo finito."
Sospirai irritata.
"Se per esserti utile devo aprire le gambe ogni volta che me lo ordini, Malfoy, possiamo anche smetterla di far finta che ci importi davvero qualcosa uno dell’altra. E se devo essere una puttana, allora posso esserlo di chiunque, ma di certo non sarò la tua."
Scrollai bruscamente il braccio per fargli mollare la presa, girai sui tacchi e scesi di corsa le scale. Ma proprio sugli ultimi gradini il mio... problema mi costrinse ad aver bisogno di lui, di nuovo.
Ritornai sulla torre e gli crollai addosso, abbracciandolo alla vita. Malfoy sorrise e mi strinse, poggiando il mento sui miei capelli.
"Cambiato idea?" mi chiese.
"Oh, sta zitto!"
"Come stai?"
Perché avevo una voglia irrefrenabile di parlare con lui e rispondere alle sue domande retoriche, inutili e stupide che solo poco tempo prima avrei ignorato?
Non lo sapevo, ma per il momento meglio non indagare troppo a fondo. C’era anche la questione fazzoletto-di-Halloween da chiarire. Una cosa per volta, al momento opportuno… e quello non lo era di certo.
"Meglio e tu come stai?" gli domandai sarcastica, alzando appena la testa per guardarlo negli occhi.
"A meraviglia!" sorrise strafottente.
"Approfittatore" borbottai.
"Oggi i tuoi capelli profumano di vaniglia."
"Cambio spesso shampoo."
"Stai rovinando un momento romantico."
"Romantico? Non farmi ridere."
"A volte ho quasi la certezza che tu sia più chiusa del sottoscritto, Lovett."
"Può darsi."
"E’ per questo che ti ho scelta."
Rimasi in silenzio.
"Ero curioso" continuò "volevo sapere come eri fatta."
"Oh!, se quella poltrona potesse parlare…" risi.
"Per una volta non intendevo quello" spiegò stizzito.
Continuai a ridere tanto che dovetti sciogliermi dal suo abbraccio e appoggiare una mano alla parete per non cadere. E lui se ne stava lì imbarazzato, evidentemente a disagio. Dopo qualche minuto, spazientito, mi spinse con le spalle al muro e piantò i suoi occhi di ghiaccio nei miei. La risata mi morì in gola. Potevo sentire il suo respiro sul naso. Sapeva di fumo e vagamente dell’idromele che aveva bevuto prima nella Sala Grande.
"Non sono abituato a sentirmi dire di no, Lovett" mi soffiò nell’orecchio, spostando poi le labbra sul mio collo.
"E io non sono abituata a farmi comandare, Malfoy" gli risposi respirando a fatica e tentando di sembrare convincente ad entrambi.
"Ne sei sicura?" insistette, prendendomi una mano e portandosela alla bocca per baciarla.
"Si…" sussurrai, ma meno decisa.
"Getta la tua maschera, Izzie… almeno con me" mi disse con una sfumatura quasi implorante nella voce.
"Solo se getti la tua" gli risposi sicura questa volta.
"Perché? A te non interessa scoprire chi sono" sibilò amaramente. Con un gesto frustato si allontanò e andò ad affacciarsi al cornicione.
Mi avvicinai cauta e gli posai una mano sulla spalla, facendolo voltare. Per la prima volta vidi solo una gran tristezza nei suoi occhi: aveva gettato la maschera. Ora toccava era il mio turno. Lo tirai verso di me mettendogli le mani tra i capelli e lasciandomi andare ad un bacio che di semplice aveva ben poco. L'intensità di quel tocco travolse entrambi, e poco mi importava se distesa per terra il vestito si sarebbe sporcato, macchiato o strappato. Ci fu un fugace momento in cui ci guardammo negli occhi e sentimmo i nostri cuori, petto contro petto, battere all’unisono.
Non eravamo innamorati uno dell’altro, ma qualcosa era scattato e fare sesso sulla torre di astronomia non divenne più una costrizione per me e un’ossessione per lui.
Fummo entrambi consenzienti sino all’ultimo ansimo.
Rimanemmo così, abbracciati sul pavimento, con il naso per aria a contare le stelle, incuranti del pericolo che avremmo corso se ci avessero scoperti. Quando il freddo ci avvolse, raffreddando i nostri corpi ancora bollenti, ci rivestimmo, e per ultimo Draco fece finte di infilarsi una maschera invisibile sul volto. Lo guardai complice e sorridendo feci lo stesso. Adesso potevamo ritornare ad essere quelli di sempre.



KissyKikka, adoro le tue recensioni! Non sono mai troppo analitiche, e anche se lo fossero non mi dispiacerebbe! Mi piace quando qualcuno legge attentamente e mi da la sua opinione anche per la più picola virgola! Sono contenta che la storia ti stia piacendo *-* Al prossimo capitolo e grazie per i tutti i complimenti che mi fai! :)

Meredith91, sono sollevata dal capire che hai cambiato idea su Isobel. Come vedi a tutte e due piace il caffè (a me non piace tanto)! Grazie mille per i tuoi commenti :D

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Capitolo 6
*** Chiarimenti ***


ko

Capitolo 6

Rientrammo al ballo quando ormai erano rimasti ben pochi studenti ancora sobri.
Nessuno volteggiava più sulla pista, tutti erano stipati nelle poltroncine appoggiate ai muri. Non vidi né Pansy, né tanto meno Nott. Ne approfittammo per ballare semplicemente stretti uno all’altra con l’eleganza disinteressata che ci caratterizzava e che per niente al mondo sarebbe sembrata costruita a tavolino. Come si sbagliavano… Quanti mesi di prova per riuscire a essere indifferente alle emozioni. Quanti anni c’erano voluti per trasformarci in perfette statue di ghiaccio. Non si nasce così… lo si diventa.
Qualcosa era scattato nella mia mente al primo anno, alla mia prima camminata per giungere al Cappello Parlante. Solo pochi giorni prima saltellavo per casa da felice undicenne e solo qualche giorno dopo ero già stata etichettata come quella poco socievole. Cosa era successo? Mi era bastato salire quella gradinata e ascoltare le voci dei miei nuovi compagni di scuola.
“Ciao, come ti chiami?”
“Isobel e tu?”
“Blaise. Sei purosangue?”

A undici anni, in teoria, non si potrebbero ancora conoscere le parolacce, o almeno dovrebbe essere così. Bé, io mandai letteralmente a quel paese il Blaise Zabini che adesso si stava strusciando contro una ragazza su un divanetto più in là.
Certo che ero purosangue, ma quella domanda mi aveva irritato come non mai e pensare che un’amicizia si dovesse basare esclusivamente sul fatto che fossi purosangue o meno, mi sembrava una stronzata assurda.
Molte domande simili mi furono rivolte quella sera. Ne contai più di cinque e spero che anche loro abbiano contato i miei altrettanti silenzi.
Che adorabile bambina ero.
Poi col passare degli anni avevo avuto l’occasione di scoprire quanto davvero fossero stupidi i miei compagni di casa. Quasi tutti ossessionati dal loro sangue puro. Non capivo se mi disgustassero di più i nati babbani o i mezzosangue, che pretendevano di essere nostri simili, o i purosangue, con la loro mania di ripetere in ogni momento che lo erano, quasi avessero paura di perderlo questo privilegio.

“Possiamo parlare?” mi chiese qualcuno, ticchettando sulla mia spalla.
Mi voltai e distesi le labbra in un sorriso tirato. “Certo.”
Feci cenno a Draco di non aspettarmi e seguii Nott per i corridoi.
Si fermò in un’aula vuota e da perfetto gentiluomo aprì la porta per farmi passare. Mentre andai a sedere su un banco in fondo alla stanza, lui chiuse l’uscio, attento a non fare rumore, e mi raggiunse.
“Cosa vuoi?” gli domandai fredda, quando appoggiò le mani sul tavolo e mi bloccò tra le sue braccia.
“Una spiegazione.”
“Non ti occorre una spiegazione, Nott.”
Sorrise amaramente, scuotendo la testa.
“Non mi importa sapere perché mi hai mollato, Izzie.” “Allora cosa vuoi?” ringhiai.
“Voglio sapere perché sei... così” mi chiese improvvisamente frustato.
La stessa domanda, nella stessa sera, fatta da due persone diverse.
Perché la gente non si fa mai una buona dose di fatti propri?
“Dammi un motivo per il quale io dovrei scambiarti per la mia spalla su cui piangere” sibilai.
“Perché non usciremo di qui finché io non avrò una spiegazione.”
Sorvolai sul fatto che mi avesse preso in ostaggio, che mi stesse minacciando, e che quella non era certo la risposta alla mia domanda: era la sua sera fortunata.
“Mi stai chiedendo di spiegare a te il mio carattere?” risi, questa volta con un accenno di incredulità nella voce.
“Esatto” rispose, allontanandosi e andando a sedersi nel banco davanti al mio.
Mi voltai e appoggiai i piedi sulla sedia imitandolo. Deglutii e con un sospiro gettai via in un angolo, ancora una volta, la mia maschera. Tanto valeva fare trentuno.
“Qui, ad Hogwarts le amicizie si fondano sugli antichi legami che legano le rispettive famiglie. Guarda Malfoy e Blaise: i loro padri, Lucius e Arthur, erano amici per la pelle. Pansy e Daphne; oppure Tiger e Goyle…”
“Loro sono amici per la testa vuota che hanno in comune.”
Mi scappò un sorriso e alzai appena il capo per guardarlo negli occhi.
“Continua pure, scusa.”
“Pensare che gli amici si scelgano in base a questo mi disgusta, e nonostante io sia purosangue non riesco a pensare di socializzare con qualcuno a cui interessa solo che io provenga da una famiglia nobile e ancora meglio se famosa. Però il problema sta a monte, Nott, nella mia famiglia. La prima moglie di mio padre era una babbana, e quando mia nonna lo venne a scoprire, minacciando di diseredarlo, lui la abbandonò, e pochi mesi dopo si risposò con mia madre, nobile fanciulla di una vera famiglia purosangue, come dicevano tutti in quei giorni.”
“E poi nascesti tu.”
“I più ritenevano che la brama di avere un ulteriore erede completamente purosangue abbia scatenato in me questo problema. Sin da quando fui bambina tutti ebbero il terrore e la paranoia, che io non avessi poteri magici. Cosa assurda e relativamente impossibile dato che entrambi i miei genitori erano maghi. Loro si aspettavano tanto... troppo da me: che muovessi le cose ad appena un anno, che sapessi già cavalcare una scopa a cinque… e io mi sentivo oppressa e soffocata. Tutti volevano, ma nessuno chiedeva mai. Isobel fai scomparire quello; Isobel fai levitare questo bicchiere; Isobel prendi il boccino prima di tuo fratello… e così via. È stato questo a far crescere in me il terrore di poter essere una Maganò, ed è stata proprio questa paura a far sì che io non smettessi mai di produrre magia dal mio corpo. Ogni qualvolta mi trovi in una situazione in cui debba dimostrare qualcosa a qualcuno; ogni volta che mi sento osservata o al centro dell’attenzione, o quando so che tutti si aspettano da me il meglio.
“Ora, il grado di stupidità e di superficialità delle persone smistate a Serpeverde raggiunge vette altissime, perciò non oso nemmeno immaginare cosa succederebbe, se scoprissero che l’asociale è in realtà anche una povera malata, quindi non vedo perché debba essere amica di persone che mettono tuo padre e tuo nonno prima di te, e che sicuramente non esiterebbero nell'etichettarmi come pericolo pubblico.”
“Ti disgustiamo perché, come i tuoi parenti, noi ci interessiamo soltanto al sangue puro.”
Annuii. Rimanemmo un momento in silenzio, ascoltando solo il vento far tremare i vetri delle finestre e i nostri respiri, poi scesi dal banco con un saltello e mi diressi verso la porta.
“Io non mi aspetto nulla da te, Izzie. A me va bene così come sei” dichiarò quando ormai fui sulla soglia.
"E’ troppo tardi, Nott" ribattei gelida.


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Grazie a chi ha messo la ff tra i preferiti e le seguite.
KissyKikka, non so come tu abbia fatto ma hai indovinato: il rapporto opportunistico verrà ripreso più avanti. Sono contentissima che ti sia piaciuta la scena della maschera! Spero che anche questo capitolo ti abbia soddisfatto! Un bacio:*
Meredith91, grazie grazie grazie per la recensione! Al prossimo capitolo:*

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Capitolo 7
*** Nuova coppia ***


ko

Capitolo 7

Il giorno seguente mi diedi per malata e ne approfittai per gironzolare in Sala Comune fumando in santa pace, senza gli sguardi di disapprovazione dei soliti secchioni e le facce ammirate dei primini.
“Me ne offri una?”
Avevo detto in santa pace? Mi sbagliavo.
Ormai era un vizio non salutarci mai con un normalissimo ciao. Le richieste prima di tutto.
Alzai il braccio, che sbucò da sopra la poltrona, con il pacchetto di sigarette posto in bella mostra sul palmo della mano. Draco lo afferrò e poi se lo fece sparire in tasca.
“Dammelo, Draco” gli chiesi con un sospiro.
Si sedette nel divanetto di fronte e appoggiandosi allo schienale, aspirò dalla sigaretta, poi sbuffò il fumo verso l’alto, e riportò l’attenzione su di me.
“Cosa voleva Nott, ieri sera?” mi domandò.
Non volevo rispondere. Non volevo trovare qualcosa da ribattere, mentendo, nascondendo il tormento che provavo nel dovere sempre riflettere prima di dare una risposta soddisfacente alla mia dura coerenza.
Ero stanca. Stanca di dover mantenere su la solita freddezza. Stanca di non poter ridere quando mi andava. Stanca di essere com’ero diventata. Stanca di dovermene stare lì, seduta su quella poltrona, quando invece avrei voluto essere fra le sue braccia, al sicuro da me stessa. Volevo illudermi. Quelle semplici parole, dette Draco Malfoy, significavano per entrambi un marginale interessamento nei miei confronti… oppure no, ma volevo illudermi.
Mi alzai lentamente e con solo un passo giunsi davanti alle sue gambe. Lui sollevò il capo per guardarmi. Bastò solo che posasse, delicatamente, la sua mano bianca sulla mia e crollai ai suoi piedi. Crollai ai suoi piedi nel senso letterale. In ginocchio mi aggrappai ai suoi pantaloni e nascosi il viso fra il tessuto morbido. Piansi. Come quella notte del mio primo giorno di scuola, quando tutti erano a cena, ed io ai piedi del letto ridussi a brandelli le lenzuola, vomitando l’anima e le ultime lacrime della delusione che avevo provato nel trovarmi gomito a gomito con l’omologazione dei Serpeverde.
“Che ti prende?” mi domandò Draco vagamente allarmato, cercando sollevarmi.
Non ebbi la forza in petto di rispondere. I singhiozzi mi straziavano il respiro ed ogni tentativo di produrre una minima sillaba era solo un ulteriore sforzo vano. Riuscì a sollevare di poco la testa, quel tanto che bastava per guardarlo… avrei voluto non averlo mai fatto. La sua espressione mutò improvvisamente, e ciò che vidi nei suoi occhi, fu il riflesso di quello che lui aveva intravisto palesemente sul mio volto.
Nonostante fossi mia amica da diciassette anni, non conoscevo ancora il mio aspetto quando piangevo.
Dedussi però che non fosse dei migliori, data la sua reazione, che ora era visibilmente spaventata. Si inginocchiò a sua volta e afferrandomi per le spalle cercò di scuotermi, ma fu come muovere una bambola senza scheletro. Mi poggiò delicatamente la schiena contro il divanetto di velluto nero e mi spostò i capelli dagli occhi; poi si sfilò dalla tasca un fazzolettino di seta, facendo cadere il mio pacchetto di sigarette, e mi soffiò delicatamente il naso. Potevo di nuovo respirare e lo ringraziai mentalmente.
“Stai bene?”
Annuii, temendo che se avessi parlato, avrei di nuovo pianto.
“Ti porto da Madama Chips” disse con sospiro, alzandosi.
Lo fermai afferrandogli il braccio e rivolgendogli un occhiata inespressiva.
“D’accordo niente infermeria.”
Sempre sorreggendomi a lui, riuscii amettermi in piedi.
“Ci vediamo a cena” dissi alla fine debole e piatta.
“Sei sicura?”
Mi voltai e, badando a non cadere nuovamente, oltrepassai la porta del dormitorio femminile.

Camminavo non curante delle quattro intere tavolate che mi fissavano, e quando raggiunsi con calma il tavolo dei Serpeverde ormai nessuno faceva più caso a me... e al mio vestito palesemente inadatto a quella monotona cena.
“Sei forse impazzita?” mi sussurrò stranito Draco quando mi sedetti a fianco a lui, ma senza una nota di compiacimento nel guardare le mie gambe scoperte.
“E' solo una prova personale, Malfoy. Non ti immischiare.”
“Sei ridicola” commentò.
“Riserva pure i commenti gratuiti per te. Sino a prova contraria sono io quella svestita, non tu” ribattei gelida.
“Come vuoi, ma poi non venirti a lamentare se qualcuno ti da noia” rispose scocciato.
“Non temere, so il fatto mio.”
Sorrise appena.
Guardai con orrore il piatto di Goyle, seduto di fronte a me, riempirsi e trasbordare di cibo ad ogni nuova portata. Decisi che per quella volta avrei fatto a meno di mangiare.
Lanciai un occhiata a Draco, il tanto perché mi prestasse attenzione, e con un cenno del capo gli indicai il portone: Nott camminava mano per la mano con Pansy, ed entrambi ostentavano uno sprizzante sorrisino di compiacimento nell'accorgersi che tutti, compresi, me e Draco, li stavano fissando. Sedettero all'estremità del tavolo, rivolgendo di tanto in tanto occhiatine fugaci alle loro spalle.
Trattenni l'irrefrenabile voglia di lanciare loro il pasticcio di carne che Goyle stava avidamente ingurgitando.
Alla mia destra Draco ridacchiava. Cattivo segno: non ci trovava nulla di divertente.
“Andiamo” disse toccandomi appena il braccio.
Il suo sguardo non ammetteva repliche, e per quanto mi costasse ammetterlo, dopo l'episodio di quello stesso pomeriggio, mi seccava farlo infuriare rifiutando di alzarmi, perciò lo seguì fuori dalla Sala Grande.

“Sono disgustosi” sentenziò, dopo essersi seduto sul divano della nostra Sala Comune.
Credo si aspettasse che io ribattessi, ma preferì tacere.
“Il loro è solo uno stupido piano per far sì che noi due ci lasciamo” continuò allora incalzante.
“Perché noi stiamo insieme?” gli domandai sorpresa, e lievemente sarcastica.
“Non porto mai nel mio letto le stessa ragazza due volte. Dovresti saperlo, Lovett.”
“Non sono mai entrata nel tuo letto, Malfoy.”
“Leggi fra le righe, per una volta, e piantala di essere così...”
Si fermò. Lo guardai inespressiva.
“… così come sei” terminò poi, fissandomi.
“Dì solo un'altra parola, Draco, e Pansy e Nott avranno raggiunto il loro scopo.”
“E' una minaccia?”
“No, è solo un dato di fatto.”
Per un breve momento sembrò che avessi vinto io, poi però lui ripartì alla carica.
“Voglio sapere cosa è successo questa mattina.”
“Perché?”
“Perché, dopo esserti elegantemente sfogata sui miei pantaloni, per tua colpa ho dovuto gettarli.”
Era ormai definitivo: la mia maschera poteva andare in vacanza anche per quel giorno.
“Ti piace essere Draco Malfoy?”
“Assolutamente.”
“Mai hai provato il desiderio di essere... diverso?”
“Sarebbe una blasfemia.”
“Allora non possiamo discuterne. Tu non puoi capirmi.” Mi alzai.
“Puoi far finta di stare ancora insieme a me, se questo farà irritare la nuova coppietta, ma tienimi fuori.”
Avevo sperato che quelle fossero le mie ultime parole, ma non fu affatto così.
“Non andartene.”
Dovetti voltarmi e guardarlo di nuovo per essere sicura che avesse parlato, tanto era stato basso il tono della sua voce.
Respirai a fondo. Era giunto in momento di mettere in chiaro alcune cose.
Mi sedetti nuovamente, questa volta al suo fianco.
“Non mi importa di essere usata, dato che lo faccio anche io, e come vedi, infatti, non mi sono mai curata del fatto che tu vuoi soltanto scoparmi e sentirti scorrere l'adrenalina nel sangue quando mi tocchi... ma detesto essere presa in giro. Non mentirmi, Draco. Dimmi chiaramente se ciò che ci lega continuerà ad essere un semplice rapporto opportunistico, o se si evolverà in qualcos'altro. Ho bisogno di certezze, e per certezze non intendo la tua piena fiducia, o addirittura la tua fedeltà. Spiegami chiaramente, senza indugi, bugie o eleganti arricchimenti dialettici, che tu usi di solito per sviare domande inopportune, cosa hai intenzione di fare.”
Draco continuò a fissarmi, mantenendo l'espressione dura che assunta non appena avevo iniziato a parlare. Espressione che, di certo, non mi aveva impedito di esprimere tutto il mio disappunto di vivere una relazione, se così potevo definirla, nell'incertezza.
Sapevo bene cosa provavo per il ragazzo che avevo di fronte; sapevo bene cosa sarei e non sarei stata disposta a fare per lui, ma non conoscevo il suo pensiero.
Draco Malfoy era per me una persona a parte, in un universo alternativo, con una me diversa.
Il nostro mondo freddo, distaccato, cinico non ci apparteneva. Sapevo che mai l'avrebbe ammesso, ma quando stavamo insieme entrambi gettavamo la maschera che da sempre celava la nostra parte umana. Non che al di sotto fossimo completamente distinti dal solito modo, semplicemente che motivo avevamo di aborrire le persone, quando nessuno dei due voleva disprezzare l'altro? Quanti giri di parole. In verità era tutto molto più facile: io avevo trovato qualcuno a cui valesse la pena sorridere e con cui condividere la mia personalità. Il giudizio sulla società di Hogwarts non cambiava. Non che all'improvviso vedessi i miei coetanei sotto una luce diversa, continuavano a disgustarmi e il fatto di partecipare con Malfoy a questo più totale disprezzo, non faceva altro che alimentarlo maggiormente.
“Malfoy, non ti ho chiesto di sposarmi. Devi solo darmi una semplice spiegazione” gli dissi spazientita dal suo ostinato silenzio.
“Io non ti amo, Lovett... ma forse questo già lo sai. Non ti odio, né provo disgusto nei tuoi confronti … e scommetto che sai anche questo.”
Accennò un sorriso. Ricambiai.
“Se ti dicessi che non so cosa ci lega, ti mentirei, dato che entrambi sappiamo quanto ognuno di noi abbia sempre, per ogni cosa, un pensiero ben definito, ma che a volte faccia finta che non esista, mascherandolo dietro a un dubbio o a qualche finta ingenuità, per non doverlo affrontare. Perciò ti confesso che so cosa provo per te, ma definirlo semplicemente affetto sarebbe un eufemismo. Credo non abbiamo ancora inventato un vocabolo adatto per ciò che non mi permette di lasciarti andare.”
Era la frase più lunga che Draco Malfoy avesse mai pronunciato in tutta la sua vita.
“Perchè quel vestito?” mi domandò poi, per rompere il mio silenzio.
“Per un momento ho creduto che mi importasse il parere della gente.”
“E ti importa?”
Ripensai alla sensazione di assoluta indifferenza che provai verso la meraviglia di coloro che fissavano increduli me e il mio abito corto.
“No” risposi con un sorriso.
Mi rivolse uno sguardo strano, che mai gli avevo visto assumere. Era... divertito, giocoso, ma che nei suoi occhi ghiacciati non poté che diventare pericoloso. Mi sovrastò, lasciando che mi proteggessi sotto il suo corpo. Le sue labbra andarono a posarsi sul mio collo, e la sua lingua ne percorse il contorno.
“E il mio?... Ti interessa il mio parere, Isobel?” mi sussurrò con voce roba.
Rabbrividii. “Si...”
“Bene, allora sappi che questo...” una mano andò a sollevare il vestito sino al petto “... ti sta d'incanto.”

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KissyKikka, quando hai parlato del rapporto opportunistico, ero molto sorpresa, perchè poco prima avevo finito di scrivere la parte dove Izzie chiede una spiegazione! Ecco perchè ti ho detto che avevi indovinato ù.ù Al prossimo capitolo (che devo ancora scrivere, i precedenti 6 li avevo tutti già pronti!!) un bacio:*

Miss_Slyterin, ti ringrazio per la recensione (a cui sono sopravvissuta XD). Sono contenta che hai cambiato idea, e che tu abbia avuto la voglia di continuare a leggere la ff :) Comunque si sono fan di Grey's Anatomy e tutto ciò che hai scritto è vero, sia il nome della protagonista, sia la soluzione contro il suo problema sono ricavati da lì!E' un pozzo di idee quel film e lo amo, non solo per questo! *.* Al prossimo capitolo e (spero) alla tua prossima recensione lunghisssssssima!! un bacio:*

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Capitolo 8
*** Villa Lovett ***


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Capitolo 8

Natale. Avevo come l'impressione che avrei dovuto odiarlo, eppure no. A dispetto del mio carattere, io adoravo il Natale, e nulla, neanche la cattiveria che dimostravo ogni giorno, poteva togliermi il diritto di gioire di fronte alla vista di alberi luccicanti, neve, o dei bastoncini caramellati nel caffè.
Mi trovavo nella mia stanza quella mattina. Il cielo uggioso, che intravedevo dal rettangolo della finestra, faceva da sfondo al giorno prima della vigilia, ma non guastava affatto l'atmosfera che si percepiva per i corridoi della scuola e nelle persone.
Credevo di aver visto tutto nella mia misera vita, ma a Pansy Parkinson vestita da Babbo Natale non avevo mai assistito. Ora sarebbe errato immaginarla con un paffuto abito rosso, munito di morbida pelliccia, stivali e lunga barba (effetto Dumbledore), perchè il travestimento della mia compagna di stanza consisteva nel mini abitino che avevo incontrato da Madame Clan ad Ottobre, e la ragazza a cui, per sua sfortuna, era stato rivolto un pensiero e una parola repellente era proprio Pansy. Si era fatta, perciò, confezionare il vestito due mesi prima. Era stata disgustosamente prevedibile.
“Dimmi, Lovett: come sto?” mi chiese, cinguettando davanti allo specchio.
“Bene, Parkinson.”
Credo si aspettasse che aggiungessi qualcos'altro. Speravo nel profondo del cuore, per il suo bene, che non lo facesse. Si dice che a Natale siamo tutti più buoni, non è forse così? Ecco, io ne ero la prova vivente. Quindi non le dissi, subito, che sembrava la puttana di Babbo Natale piuttosto che lui stesso, ma solo quando mi chiese: “Tutto qui quello che sai dire sul mio fantastico abito?”
Ero, o non ero stata buona, infondo? Le avevo anche permesso di conversare con me. Avrei dovuto essere stata fatta santa quella mattina.
La lasciai al suo ombretto rosa e ai pendenti di diamanti, per scendere canticchiando (mentalmente s'intende) un motivetto natalizio. Superai un tetro Nott che, sapevo, stava raggiungendo Pansy, un fin troppo irritante Pix in versione elfo e un adorabile Severus Piton che, a quanto si diceva in giro, adorava il Natale quasi quanto Potter.
Mi presentai in perfetto orario dalla McGranitt per informarla che avrei passato il Natale a casa, quell'anno.
Lo zio Alfred era morto qualche giorno prima, e l' aristocratica stirpe Lovett aveva indetto una riunione straordinaria di famiglia per commemorare l'evento.
“Signorina Lovett, come mai quest'anno ha deciso non di non rimanere qui ad Hogwarts? Secondo i miei calcoli lei è tutt'ora la studentessa che mantiene in record per i minor natali passati a casa” chiosò la professoressa, in una patetica imitazione di una battuta.
D'accordo a Natale tutti più buoni... ma non certo più stupidi.
Assunsi la mia espressione più... dolce e risposi che c'era una cadavere che mi aspettava a Villa Lovett.

La tavola quella sera non era mai stata più bella. Gli elfi domestici avevo dato il loro meglio con le pietanze e le decorazioni, e persino vedere Goyle sputacchiare pezzi di patate al forno e rosbif, mentre tentava di parlare con Blaise, non mi privò dell'appetito.
“Stai ostentando quel sorriso da ormai una settimana, Izzie. Che ti succede?” mi domandò Draco, seduto di fronte a me.
“E' Natale, Draco. Voglio divertirmi” gli risposi, passando senza guardare un tovagliolo a Goyle.
“E' per questo che torni a casa?”
Notai la durezza del suo tono.
“No, in effetti, tornare a casa ha rovinato tutti miei piani per le vacanze. Ma che vi cuoi fare, quando il paparino chiama...”
“... noi rampolli obbediamo” concluse Draco, gettando il tovagliolo sul tavolo con gesto frustrato.
Capì subito che, da lì a poco, non sarebbe stato Natale ancora per molto, se Draco Malfoy avesse iniziato a sbraitare contro la sua famiglia, perciò guardai con nostalgia e compassione il mio sfornato di patate, sapendo sarebbe finito conteso fra Tiger e Goyle, mi alzai e trascinai letteralmente Draco fuori dalla Sala Grande.
“Io odio il Natale!” si lamentò quando raggiungemmo il limite della Foresta Proibita.
“No, tu odi tuo padre” lo corressi, distendendomi sulla schiena.
“Com'è la tua famiglia?” mi chiese, imitandomi.
Ci pensai un po' su.
“Hai presente la tua? Ecco, cento volte meglio.”
Non rise, contrariamente a me.
“Stai giocando con fuoco, Lovett.”
Mi sollevai sui gomiti e lo fissai.
“Ti sbagli, Malfoy, sto giocando con te.”
Non avrei potuto desiderare di meglio per concludere quella giornata. Quante potevano vantare di baciare Draco Malfoy sotto le stelle? Non era da me interessarmi dell'invidia altrui, ma ogni suo gesto, ogni suo gemito e sguardo quella sera non fece che aumentare la mia considerazione per un ragazzo, che avrei potuto anche non aver mai conosciuto. Era chiuso, affascinante, freddo, misterioso, distaccato, lussurioso, cinico, passionale, sfruttatore, bellissimo, opportunista. Cresciuto fra i duri dogmi familiari, nessuno avrebbe mai osato immaginare che il frutto del comportamento altero di Malfoy non fosse tanto suo padre, quanto sé stesso. Draco amava essere temuto, così come essere venerato. Disprezzava il parere altrui, così come gli importava di venirne a conoscenza. Io non cercavo la popolarità, lui l'aveva solo grazie alla sua presenza in una stanza. Non eravamo uguali, non eravamo opposti. Mi piaceva per com'era, e nulla mi avrebbe impedito di portare a compimento i miei piani per le vacanze...
“Vieni con me” gli sussurrai, accoccolata sul suo petto.
“Dove?”
“A casa mia, per Natale.”
“Io non vado a casa di nessuno, Lovett, tanto meno delle mie spasimanti. Lo sai benissimo.”
Sorvolai sullo spasimanti e continuai: “Non mi interessa entrare dalla mia famiglia mano nella mano con te, Malfoy; né farò mai sapere ad alcuno di noi. Ti sto offrendo l'occasione di mettere da parte la tua famiglia, venendo a stare da me, almeno per il funerale.”
Non rispose subito. Sapevo che stava valutando la possibilità di fuggire, almeno per un anno, alla lunga tavolata buia, rischiarata da soli due candelabri; alla posizione fin troppo rigida ed eretta di Lucius, che lo avrebbe elogiato per i voti poco sudati dal figlio, perchè il risultato di compiti troppo semplici per lui; agli occhi lucidi di pianto di sua madre che lo avrebbero fissato con aria apprensiva per tutta la costosa cena, servita da uno strapagato, secolare maggiordomo.
“Non me lo permetterà mai” sputò alla fine amarezza.
“Zio Alfred conosceva bene tuo padre, Draco e sono sicura che, se guardassimo quel fottuto albero genealogico, saremo sicuramente imparentati. Tu dovresti essere un mio cugino di centesimo grado, e quindi sono assolutamente certa che Lucius Malfoy non ti negherà di porgere le condoglianze a qualcuno di famiglia.”
“Hai pensato proprio a tutto.”
“Conosco bene i nobili.”
“D'accordo scriverò una lettera stasera” acconsentì, cercando di celare un mezzo sorriso.
“Perfetto.”

“Posso farti una domanda?” mi chiese sulla soglia di Villa Lovett.
“Certo.”
“Ti comporterai come tuo solito, anche qui?”
“Oh, no... qui sarà molto peggio” gli risposi con un ghigno, entrando in casa.

“Nipotina adorata, qual buon ve-vento ti po-porta qui?” balbetta zia Sofia non appena infilai la porta.
Feci levitare la mia valigia e quella di Draco sul per le scale, poi l'abbracciai in una stretta calorosa. “E' morto tuo marito, zia. Io e il mio amico siamo qui per il suo funerale.”
L'espressione felice e sempre sulle nuvole di zia Sofia si tramutò in una smorfia di dolore e offesa; portò le mani al petto per soffrire con contegno e sparì dietro la prima porta sulla sinistra.
Proseguii come se nulla fosse, facendo cenno a un Draco palesemente divertito di venirmi dietro.
“Quella era zia Sofia. Non smette mai di farmi intendere quanto in realtà non tolleri la mia presenza, perciò fa sempre finta di non sapere per quale occasione siamo costrette a incontrarci.”
Quando entrammo in salotto, la scena che ci si presentò davanti non poté far altro che farmi scoppiare in un'allegra risata di scherno.
“Vi prego! Non volete farmi veramente credere che siete davvero tutti in lutto?”
I miei genitori, i rispettabilissimi signor e signora Lovett sedevano composti, rigorosamente in nero, su un divano di pelle che aveva visto cose peggiori dei loro fondo schiena. Ripensai con un ghigno alle mie scappatelle su quello stesso, che loro ignoravano. Non lo avrebbero più sfiorato se solo avessero saputo...
“Vedo che sei arrivata, cara” disse cerimoniosa mia madre.
“Vedi bene, madre” risposi altrettanto convenevole.
Mio padre fece un cenno secco nella mia direzione: era il suo comune “ciao”.
“Dimmi, nipote, chi è questo bel giovanotto che ti accompagna?” domandò la mia vecchia nonna Beth, più rughe che anni, aggiustandosi meglio il monocolo sull'occhio.
Mi voltai più volte alle mie spalle, poi a destra e a sinistra espressione spaesata e confusa.
“Nonna, non c'è nessun giovanotto qui con me.”
La nonna andò nel panico più totale e prima che qualcuno potesse mettere fine alla mia farsa, continuai: “Eppure i dottori avevano detto che con la Cruciatus le visione sarebbero sparite! Che incompetenti... ma non temete, nonnina adorata, la schizofrenia non è impossibile da curare.”
“Mary... oh, Mary... io... mi dispiace... ho preso tutte le mie pillole... scusami...” singhiozzò la vecchia Beth con il viso tra le mani, rivolgendosi alla nuora.
Mia madre le andò incontro abbracciandola come una bambina, e lanciandomi un occhiata inceneritrice.
“Mamma, mamma, non è nulla... shh... Isobel scherzava. Lo vedo anche io quel giovane. Lo vediamo tutti, non è così?”
Mio padre emesse un grugnito, che stava a significare “si”.
Mio fratello annuì, continuando a fissarmi con il disgusto che aveva deciso di dedicarmi non appena ebbi varcato la soglia della stanza.
Risi. Draco dal canto suo guardava la scena con espressione altrettanto divertita. Sapevo che tutto ciò che aveva visto avrebbe voluto succedesse con la sua famiglia, ma a in quella casa Isobel Lovett era oramai una leggenda, e tutto, o quasi, mi era permesso.
“Nonna, mi dispiace “ mentii teatralmente “Lui è Draco Malfoy, il figlio di Lucius e Narcissa. Ve li ricordate, oppure il vostro cervello è già stato fritto dal Whisky Incendiario?”
“Sudicia purosangue che non sei altra! Quale rispetto offri alla tua progenie con questo tuo ignobile comportamento! Persino il giorno del funerale del povero zio Alfred non sai contenere la tua irrefrenabile voglia di voler disonorare questa famiglia!” urlò la mite vecchietta, riacquistata la forza di un tempo.
“Non vi affaticate in questo modo, altrimenti ci sarà il rischio di celebrare anche il vostro di funerale, oggi” risposi pacata.
“Sparisci dalla mia vista, degenerata! Io ti diseredo! Non vedrai neanche un misero zellino alla mia morte!”
Si alzò in piedi brandendo un dito nella mia direzione come a volermi scagliare una maledizione. “Lascia che ti dica una cosa: ti sotterrerò, cara Isobel Lovett! Vi sotterrerò tutti!”
Mi voltai verso Draco. “Le fa sempre bene scaldarsi un po'. Se non fosse per me sarebbe tutto il tempo seduta sul quel divano a ordinare ai ferri di sferruzzare per lei. Io lo so, urlami contro la fa sentire ancora giovane” gli sussurrai a un orecchio.
Draco fece ricorso a tutta la sua forza di volontà ala suo contegno per non ridere.
“Io e Draco ci ritiriamo nelle nostre stanze. Con permesso” proclamai, per poi uscire dalla stanza soddisfatta.

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Miss_Slyterin, spero che il nuovo capitolo ti piaccia. E' cambiato il palcoscenico, e per un pò rimarrà quello. Io e la mia ff ti ringraziamo per i complimenti: sei troppo buona :D A presto, cara e auguri in anticipo per il nuovo anno!! un bacio grande:*

Un grazie anche a tutti quelli che hanno inserito la ff tra le preferite/seguite :)

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Capitolo 9
*** Funerale ***


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Capitolo 9

Era il giorno di Natale, il funerale si sarebbe tenuto nella mattina, così da rattristarci sin dall'alba e poter allo stesso tempo spettegolare sulla cerimonia per tutto il santo giorno.
Le regole di casa Lovett erano precise: il nero era d'ordine ai funerali. Niente colpi di testa.
Avevo ubbidito sino all'età di undici anni, ma non appena entrata ad Hogwarts, scoperto il mondo di serpi che mi circondava e vedendolo rispecchiato nella mia famiglia, decisi che da quell'anno avrei fatto a meno di essere una perfetta aristocratica.
Scesi al piano inferiore. Erano tutti radunati nella sala da pranzo per la consueta colazione. Tutto era nero quella mattina: gli abiti, i fermagli per capelli, le scarpe, i tovaglioli, i pizzi. Non c'era nulla che non fosse diventato una macchia di inchiostro.
“Isobel Lovett, copriti immediatamente!” esclamò mia madre non appena misi piede sul pregiato tappeto della stanza. Ignorai il suo sdegno e mi sedetti tranquillamente all'estremità del tavolo.
“Linus, dille qualcosa. Io non riesco neanche a guardarla!” venne implorato mio padre.
Lui alzò il capo dai suoi waffle, mi lasciò una breve occhiata e poi tornò a masticare come se nulla fosse. “Signorinella, se non vuoi che...”
L'imminente ramanzina di mia nonna fu interrotta dall'arrivo di un Draco Malfoy vestito di tutto in punto.
“Perdonate il ritardo, signori.”
I volti dei presenti, ammirati e compiaciuti nel constatare l'eleganza di un giovane così ben educato e quasi regale, mutarono nell'imbarazzo più profondo quando Draco si accorse che indossavo soltanto degli slip e una canotta blu. Lo seguii con lo sguardo mentre prendeva posto e mi rivolgeva un sorrisetto famelico che solo io potei riconoscere su quelle labbra così furbescamente innocenti.
Mia madre alzò gli occhi al cielo e, amareggiata dalla mia mancanza di pudore, terminò la sua colazione più in fretta possibile. Tempo qualche minuto e quasi tutti si ritirarono nelle proprie stanze per gli ultimi preparativi.
Nel prendere un'altra fetta di torta, sfiorai inavvertitamente la mano di mio fratello Johan, al che lui soffiò come un gatto stizzito e la ritrasse; respirò a fondo e non riuscendo a reprimere la voglia di urlare, si sforzò per conversare con Draco.
“Non ho avuto occasione di salutarti, Draco. Perdonami, ma ero troppo impegnato a tenere a bada mia sorella” dichiarò lanciandomi uno sguardo furente.
“Non le occorre un rettore, Lovett” rispose Draco piatto.
“E neanche un avvocato, Malfoy” ribatté quello irritato.
“Evitate di parlare di me in terza persona, se non vi dispiace. Io sono qui” intervenni fredda.
“Taci, Izzie. Non ti permetterò di parlarmi fin quando non ti sarai vestita. Sei una vergogna per tutti noi” sputò Johan con astio.
Draco mi guardò, indeciso se intervenire o meno. Gli bastò veder spuntare sulle mie labbra un ghigno per farsi da parte.
“Eppure, se non ricordo male, non ti turbava affatto guardarmi, quando entravi di soppiatto nella mia stanza quest'estate” gli dissi apparentemente calma.
“Sei una puttana...” sibilò lui in risposta, stringendo forte la forchetta, tanto che le nocche gli diventarono bianche.
“Non insultare te stesso, Johan. Hai sempre voluto che fossi la tua.”
La sua mano mi afferrò il braccio, stringendolo con forza. “Non mi provocare..sorellina.”
“Ti concedo un secondo per lasciarla, Johan” disse Draco con il tono di chi chiede ancora un po' di marmellata per il suo toast. Un brivido mi scivolò lungo la spina dorsale. Riusciva ad essere pericoloso nonostante il temperamento impassibile. Non volli immaginare cosa sarebbe potuto accadere. Per fortuna mio fratello percepì la minaccia e uscì dalla sala, furente. Sbirciai Draco dal bordo della mia tazza di caffè. Sembrava una statua di ghiaccio. Non riuscivo a intravedere alcuna emozione nel suo viso.
Gli andai vicino. Chiuse con un colpo di bacchetta la porta e le persiane alle finestre, poi mi circondò un fianco con il braccio e mi spedì dritta sulle sue gambe.
“Te la sei andata a cercare...” mi sussurrò.
Risi sul suo collo, mentre le sue mani andavano a infilarsi sotto la canotta.
No...
“Draco, non posso...” tentai di fermarlo.
“Scommetto che non è la prima volta che lo fai qui, non è vero?”
Aveva maledettamente ragione. Mi staccai riluttante quando cercò di sfilarmi gli slip.
Non un'altra volta. Non in questo luogo...
Mi divincolai e, senza voltarmi a guardarlo, corsi via.

Repressi tutto ciò che era venuto a galla a colazione e scesi per il funerale in perfetto orario. Nonna Beth guardò con il disgusto che caratterizzava le donne della mia famiglia, il mio abbigliamento babbano: converse, jeans stretti e felpa. Draco dal canto suo aveva mantenuto il suo completo funereo della mattina. La cerimonia si svolse senza intoppi, ovvero senza che la figlia minore si comportasse in modo indegno, soltanto perchè troppo impegnata a fissare il viso falsamente addolorato di zia Sofia e gli abbracci ipocriti di sua madre.
“Ora c'è qualcuno fra i presenti che vuole spendere qualche parola per il povero Alfred Cornelius Lovett?” domandò il celebrante, in parte già consapevole dell'inutile richiesta.
Nessuno osò muovere un muscolo, perchè a nessuno era mai veramente importato del defunto, quindi a mali estremi... “Sarei onorata di poter declamare io il nostro amato zio” intervenni con un sorriso.
Nel giardino calò il silenzio. Cinque paia di occhi mi guardarono inorriditi; qualcuno azzardò un gesto scaramantico. Mi avvicinai alla bara nera, posta al centro del semicerchio, e iniziai a leggere la lettera che avevo scritto. Qualcuno disse qualcosa, sicuramente mia madre. Non prestai attenzione.

Ciao, zio Alfred,
hai visto? Ti hanno ricoperto di rose rosse, oggi. Quelle che tu odiavi tanto perchè ti ricordavano le prostitute. Finalmente sei morto, per la gioia di zia Sofia che potrà ereditare il tuo immenso patrimonio, che non sa essere composto solo di libri e qualche terra. Mi raccomandavi sempre di camminare con una mano davanti e una dietro, zio. L'ho fatto, sai, e mi è stato davvero utile. In questa famiglia, sia io che te veniamo ancora considerati dei tarli, ma a noi non è mai importato ciò che loro avevano da dire e, certo, non ce ne cureremo adesso. Come vedi mi sono vestita da babbana oggi, solo per fare un dispetto alla nonna, che ti saluta con quanta letizia ha in petto, nel vederti due metri sotto terra.
Mi mancherai, zio Alfred. Mi mancheranno i nostri scherzi ai noiosi party organizzati da tua moglie; le nostre chiacchierate sui tuoi guai e i pettegolezzi malevoli sulla gioventù di mamma.
Tu mi hai aperto gli occhi riguardo a Hogwarts. Tu mi hai insegnato cos'è il disprezzo che vale la pena donare, ma anche quanto sia bello volere bene alle persone. Sei stato l'unico a difendermi... non occorre che rivanghi l'episodio, tu sai a cosa mi riferisco. Speravo tornassi sotto forma di fantasma per perseguitare papà, come avevi promesso, e per raccontarmi com'è stare dall'altra parte, però non l'hai fatto e non ti biasimo. Questo mondo fa schifo e tu non hai motivo di volerci tornare. So anche hai voluto morire proprio l'altro giorno per rovinare le vacanze a tutti e ti ammirerò sempre per questo.
Non scordarmi mai... tua Morte.


Conclusi la mia arringa in solitudine: tutti, eccetto Draco, erano andati via alle prime parole.


“Sei stata fantastica, oggi” mi disse Draco quella sera, mentre camminavamo tra frutteti dietro la villa.
“Grazie” risi divertita. “Allora, ti stai divertendo?” gli domandai poi.
“E' sempre meglio che stare a casa mia” rispose noncurante.
“Lo sapevo. Ero sicura che avrei gradito l' ospitalità.”
“Come riesci a trattarli così?” mi chiese lievemente frustrato.
Mi fermai ad un particolare albero e, agitando la bacchetta, feci apparire una scala a chiocciola.
Nessuno aveva mai scoperto la mia casa sull'albero. Era tutto come l'avevo lasciato l'estate prima.
Mi affacciai sul balconcino di legno improvvisato e aspettai che Draco mi affiancasse.
“D'ora in poi le cose saranno diverse. Fin tanto che zio Alfred era vivo, potevo comportami come più mi piaceva. Avevo sempre il suo appoggio, e poi diciamolo: lui era peggio di me.
"Mi piaceva per questo, sai, era uno spirito libero. Se ne fregava di essere nobile, non gli importavano queste cose... ma adesso, adesso cambierà ogni cosa. Sarà una tortura tornare qui per l'estate.”
“Quindi non regni sovrana in quella casa?”
“Ahaha no di certo. Al massimo posso comandare qui dentro” indicai con le braccia il mio rifugio segreto.
“E'... carino, qui.”
“Non dire stronzate, Malfoy. Tu disprezzi tutto ciò che non è oro e argento, figuriamoci il legno. Non ti ho portato qui per convertirti alla povertà, o convincerti che nella vita bastano due cuori e una capanna per sentirsi felici, volevo solo parlare lontano da orecchie indiscrete. Apprezzo comunque il tuo tentativo di essere gentile.”
“A volte ho come l'impressione che tu ti sia creata un'immagine di me alquanto contorta, Lovett... però hai ragione: questo posto fa schifo.”
Scoppiammo a ridere.
Dedussi dalle prime stelle che puntellarono il cielo che era quasi ora di cena e che, di lì a poco, avrei sentito un irritante scampanellare avvertire che entro un minuto tutti dovevano prendere posto a tavola.
“Andiamo. Per oggi basta con i battibecchi, sono stanca” dissi con un sospiro, scendendo le scale.

“Vedo che ostenti un abbigliamento inadeguato, Isobel” mi rimproverò stizzita mia madre.
Ingoiai la rispostaccia che stavo per darle e mi sedetti a tavola.
“Perdonatela, signora Lovett, la colpa è mia. Ho chiesto io a Isobel di voler visitare il vostro magnifico frutteto e abbiamo tardato. Come vedete neanche io ho un abito adatto per una cena così importante, mi scuso ulteriormente” snocciolò Draco nella sua migliore adulazione.
Anni e anni, passati a celare l'astio in parole cariche di benevolenza, avevano dato i loro frutti. Mia madre sorrise amabilmente a Draco e con gesto accondiscendente lo invitò a prendere posto.
Sillabai un muto grazie, a cui rispose con un occhiata galante.
Potevo considerarlo il suo regalo di Natale per me.

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Grazie a chi ha messo la ff tra le seguite:
ale04_94
Dully
FuckingBlondieGirl
kiaa
KissyKikka
LaPazza7
Meredith91
MsEllie
Raffuz

e tra i preferiti:
gajta
Miss_Slytherin
Stormer
_Fiamma_

e chi ha recensito *-*
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 10
*** Johan ***


ko

Capitolo 10

Era ormai mezzanotte. Natale era passato e Draco sarebbe andato via il giorno stesso. Con una stretta al cuore sgattaiolai fuori dalla mia stanza. Il pianerottolo era buio e silenzioso, ma non mi occorreva la luce per sapermi orientare. Salì le scale attenta a non fare rumore, quando giunsi di fronte alla prima stanza degli ospiti qualcosa nell'oscurità mi afferrò per un braccio, scaraventandomi violentemente al muro che separava le due camere. Cercai di urlare, ma una mano mi tappò la bocca con forza.
Era Johan, lo sapevo.
“Dove stavi andando?” mi sussurrò furente e allo stesso tempo gaio di avermi colto in fallo.
Era inutile cercare di divincolarsi. Mio fratello era più grande di me non solo in fatto di anni, ma anche di stazza. Le sue spalle possenti mi schiacciavano contro la parete, impedendomi qualsiasi movimento.
“Stavi andando da lui, non così?” continuò.
Ebbi un lampo di razionalità e mi ritrovai a pensare che non volesse davvero una risposta, altrimenti mi avrebbe liberato la bocca per poter parlare. Desiderava soltanto dar sfogo alla sua rabbia e alla sua gelosia, e qualunque cosa avessi detto o fatto per lui sarebbe stato lo stesso.
Per un momento credetti che stesse per lasciarmi andare, ma mi sbagliavo. Sola, senza bacchetta non potei oppormi all'incantesimo di silenzio che impose alla mia gola.
L'urlo muto risuonò nel pianerottolo, non raggiungendo mai la stanza di Draco a pochi passi. Approfittai del fatto che per sfoderare la bacchetta avesse dovuto distrarsi, e cercai di precipitarmi verso la porta, ma Johan mi fu addosso in un momento, sbalzandomi sul pavimento di legno.
Mi sovrastò, voltandomi sulla schiena e sedendosi su di me. Non parlai, né tentai di emettere qualche suono che potesse attirare l'attenzione di Draco dall'altra parte: non avevo intenzione di umiliarmi ancora, gridando a vuoto. Che Johan facesse pure ciò che aveva in mente. Avrei sopportato anche quello... un'altra volta. Chiusi gli occhi, non sarebbe servito a molto, in compenso avrei evitato di dover guardare quelle iridi così simili alle mie, fameliche, sulle quali non avevo mai fatto affidamento. Ma non mi venne concesso neanche quel diritto...
“Guardami, Izzie! Voglio che mi guardi!”
Voltai la testa di lato, serrando le palpebre. Uno schiaffo mi colpì in pieno viso. Rimasi impassibile. Ricacciai le lacrime con uno ringhio carico di rabbia e dolore, e gli sputai in faccia.
Oltraggiato Johan si pulì con la manica del pigiama e mi puntò la bacchetta alla gola.
“Cosa credevi di fare, eh? Volevi andare a farti scopare da quello? Sei una sporca puttana, Izzie. Non meriti di far parte di questa famiglia. Potresti anche crepare per me, se solo non avessi questo bel corpicino...”
Una mano andò a posarsi sul mio seno. Spalancai gli occhi inorridita... la magia per una volta soltanto mi venne in aiuto e attraversò il mio corpo come un scarica elettrica, facendomi tremare. Johan si allontanò da me spaventato. Mi guardò stranito, incapace di aiutarmi, perchè non sapeva. L'incantesimo si sciolse e io potei parlare di nuovo. Urlai con quanto fiato ebbi in gola. Non dovetti attendere oltre. Mio fratello venne schiantato contro il muro e cadde per terra inerme, floscio come un burattino.
Draco mi strinse a sé, dondolandosi avanti e indietro mentre mi accarezzava i capelli e mi baciava le tempie. Riuscì a calmarmi concentrandomi sui battiti del suo cuore. Pochi istanti dopo il frastuono creato dal corpo Johan contro la parete, svegliò gli abitanti di casa Lovett. Un crepitio di passi frettolosi sugli scalini lì portò tutti sul pianerottolo dell'ultimo piano, sul quale io ero ancora scossa dal tremolio tra le braccia di Draco.
“Cosa è accaduto?” tuonò per la prima volta mio padre. Sentì Draco respirare a fondo. Non rispose.
Il capannello di donne si raccolse intorno a Johan che giaceva svenuto.
“E' solo schiantato, Linus” dichiarò mia madre con un sospiro di sollievo.
E' naturale, prima il figlio diletto, poi la secondogenita difettosa con la sua malattia.
Inutili furono i tentativi di far sì che Draco mi lasciasse andare. Ignorò le domande della mia famiglia; infilò la porta della sua camera portandomi in braccio; la chiuse con un calcio e mi depose sul grande letto, degno della stanza degli ospiti.
“Come stai?” mi chiese, voltandosi dall'altra parte per nascondere la preoccupazione sul suo volto.
“Meglio.”
“Ti ha fatto del male?” continuò.
Che senso aveva dire di si? Avrei dovuto raccontargli tutto. Di che utilità poteva essere rispondere che mio fratello aveva cercato di violentarmi?
“Ascoltami, Lovett, ti concedo il diritto di non parlare, se questo ti fa stare meglio. Ma sappi che, se per puro caso Johan incapperà sotto i miei occhi, io lo torturerò sino a rendere la tua famiglia scevra di un erede maschio. Sta a te scegliere di spiegarmi cosa succede, in modo che io possa ucciderlo sapendone il motivo, oppure lasciare che faccia scorrere il suo sangue per puro compiacimento.”
Immaginavo saremmo giunti a un simile punto.
“Rischieresti Azkaban solo per questo?”
“Rischierei Azkaban, se ciò comportasse che tuo fratello non ti metta ancora le mani addosso.”
“Sono maggiorenne, Draco. Questo è il mio ultimo anno ad Hogwarts e non ho intenzione di tornare qui per l'estate. Perciò questa è l'ultima volta che mi vedranno. Non correrei più alcun pericolo.”
“Ti troveranno, Izzie. Loro ti trovano, sempre.” Sorrisi.
“Vedi, Draco, la differenza tra la mia famiglia e la tua è proprio questa: a loro non importa di me. Sono stata diseredata dal loro cuore molto tempo fa. Non muoverebbero un granello di polvere per cercarmi, se io non dovessi tornare. Hanno già il loro erede maschio, colui che porterà avanti la dinastia... non hanno bisogno di me.”
“Dove andrai?”
“Diagon Alley, ho già preso accordi con Madame Clan per diventare sua assistente, poi me ne andrò e aprirò un negozio tutto mio.”
“Non sapevo volessi diventare una Maga del Vestito.”
“Ci sono tante cose che non sai di me, Draco.”
Si voltò per la prima volta da quando eravamo entrati e si incamminò verso di me. Accese con un colpo di bacchetta una lanterna e mi portò sotto la luce.
“So, per certo, che quando ti ho lasciata stasera questo non c'era...” sibilò, passando un dito sopra il taglio sulla mia fronte, formatosi per la caduta sul pianerottolo. “... e neanche questi” continuò scrutando i lividi sulla spalla e sul braccio.
“Non è nulla. Sto bene.”
Sospirò. “Non è la prima volta.”
Annuì abbassando gli occhi.
“Perchè?”
Ingoiai la voglia di piangere.
“Preservare la stirpe purosangue” risposi piano.
Per un momento sentì la presa sulla mia mano farsi più pressante.
“Loro sanno?”
“Sanno, ma fanno finta di nulla.”
Potei quasi vedere gli insulti e le maledizioni prendere forma sulla sua testa. Appoggiai una mano sulla sua guancia e per la prima volta bollente. Lo sentii rilassarsi.
“Non importa, Draco, davvero. D'ora in poi le cose saranno diverse.”
Sfoderò uno dei suoi migliori ghigni.
“Oh, non immagini neanche quanto...” mi soffiò sulle labbra, baciandomi.
“Ti stai rammollendo, Malfoy?” gli chiesi con un sorrisino.
“Non provocarmi, Lovett.”
“Ehm... comunque grazie” gli dissi poi, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
Mi accarezzò i capelli e lo sentì sorridere.
“Mi devi un favore.”
“Serpe sino al midollo.”

La mattina successiva, nonostante le esigue ore di riposo, mi sentì uno straccio. I dolori della caduta iniziarono a farsi sentire. Cercai di nascondere la sofferenza a Draco. Non volevo farlo infuriare maggiormente. Ma un altra pena, questa volta invisibile a lui, anche troppo evidente e pesante per me, troneggiava nel mio piccolo petto: sarebbe partito quello stesso giorno.
Avevo avuto paura poche volte nella mia vita, però l'idea di passare un minuto soltanto in quella casa senza di lui, mi attanagliava le viscere in una morsa.
Dov'era andata a finire tutta la mia indipendenza; la mia sicurezza; la mia superiore e capacità di schiacciare il mondo con un dito? Era andata persa; nei suoi occhi freddi, nella labbra sanguigne dopo i nostri baci, nelle sue mani e nel senso di protezione continua che mi dava averlo accanto...
“Izzie, torna con noi” mi disse Draco, sfiorandomi appena la mano.
Sobbalzai.
“Cosa?... cosa c'è?” risposi spaesata.
“Stai fissando la tua tazza di caffè da più di cinque minuti, senza berla.”
“Ah, si... stavo pensando.”
“A cosa?”
Non dirglielo, Izzie. Tieni a bada quella linguaccia almeno per questa volta.
“Io...”
Smettila! Cosa credi di ottenere? Lui è Draco Malfoy: non scordarlo.
“Nulla di importante” mentii alla fine con un sospiro. Lui annuì per nulla convinto.
“Andiamo in giardino, devo parlarti” mi disse, alzandosi.
Lanciai un'occhiata veloce alla mia famiglia radunata in fondo al lungo tavolo; dedussi che dopo l'accaduto di ieri avrei anche potuto mangiare nuda, e loro non avrebbero sprecato un respiro per rimproverarmi. Ringraziai mentalmente il cielo che Johan non fosse presente.
Seguii Draco fuori, sino alla mia casetta sull'albero.
Mi sedetti, a gambe incrociate, con la schiena appoggiata alla parete di legno e aspettai con una certa trepidazione che Draco parlasse.
“Quello che è accaduto ieri, non deve più succedere, Izzie.” Lo lasciai continuare.
“Spero vivamente, una volta che me sarò andato, che tu abbia il buonsenso di smetterla di provocare la tua famiglia, soprattutto lui. Non potrò correre in tuo aiuto, se dovesse ripetersi l'episodio di questa notte, quindi se un po' tieni a te stessa evita di dare nell'occhio.”
Aveva ragione, dovetti riconoscerglielo.
Draco si voltò, fissandomi. I suoi occhi aveva una strana espressione. Un non so che di combattuto, che andava a ricoprire il suo sguardo impassibile di sempre. C'era qualcosa che non andava...
Si avvicinò, unendo i nostri corpi con un solo gesto. Baciò con lentezza estenuante la mia ferita sulla fronte, per poi scendere lungo gli occhi, il naso, le guance, arginando le labbra, e fermandosi sul collo. Provai un senso di insoddisfazione, che non seppi spiegare.
Alzai lo sguardo, e ciò che vidi questa volta fu chiaro come se avesse parlato.
Mi stava lasciando... anzi, mi aveva già lasciata.
Indietreggiai inorridita. Sapevo l'espressione che si andava espandendo sul mio viso. Un dissennatore, incappando sulla mia strada, sarebbe passato oltre: più alcuna traccia di felicità risiedeva sul mio viso; nessun brandello di speranza avvolgeva il mio pensiero.
Per la prima e unica volta nella la mia vita, il mio cuore era stato spezzato, senza essere stato rubato.
Lui è Draco Malfoy: non scordarlo... mai.

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Grazie a Dully e Miss_Slyterin che hanno recensito! *-*
E grazie anche a tutti gli altri che seguono la ff :)
Al prossimo capitolo. Buon anno a tutti*

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Capitolo 11
*** Grifondoro ***


ko

Capitolo 11

“Signorina Lovett, potrebbe essere così gentile da prestare attenzione?” tuonò la McGranitt.
Alzai gli occhi dal libro che stavo leggendo e la fissai vacua; lo richiusi, senza lo scatto secco che avrei potuto, e fissai persa la lavagna piena di scritte, nella calligrafia severa della professoressa.
“Si sente bene?” mi chiese interdetta dal mio comportamento.
Continuai a perdermi nei meandri dei suoi ghirigori e annuì. Lei mi scrutò non troppo convinta, poi lasciò perdere e riprese a spiegare da dove si era interrotta.
Lasciai l'aula più lentamente possibile, aspettando di essere l'ultima ad uscire.
Camminavo tenendo il naso incollato al libro che non avevo potuto leggere durante la lezione. Fu inevitabile scontarmi con qualcuno. Una mano mi aiutò ad alzarmi.
“Come stai?”
Mi domandai mentalmente di quale colpa mi fossi macchiata, per aver avuto la sfortuna di incappare proprio in lui.
“Sto bene, Nott.”
Non era cambiato per niente. Sempre troppo premuroso, avido di conversare e studiare le persone.
Mi divincolai dalla sua presenza e continuai a camminare e leggere. Giunta nella Sala Grande, non feci caso alle disposizioni delle tavolate, e quando alzai di fuggita gli occhi dal libro, notai impassibile che Hermione Granger mi fissava stranita. Anzi a dir la verità l'intera casa dei Grifondoro mi guardava sorpresa. Come se nulla fosse iniziai a mangiare, ignorando soprattutto le maledizioni lanciate sul mio collo dai Serpeverde dietro di me.
Immaginai Weasley e Potter , scambiarsi veloci occhiate e comunicare a gesti, mentre la Granger li ammoniva di non essere maleducati.
“Ehm... scusa, tu sei Isobel, giusto?” tentennò la ragazza.
Gli prestai attenzione.
“Si dice così in giro?” le chiesi atona.
“No, certo che no... cioè, per la verità, non credo si parli del tuo nome... ecco, vedi, io volevo soltanto...” balbettò, andando nel panico e rivolgendo sguardi carichi di apprensione ai suoi amici.
“Si, sono Isobel” le risposi con un sospiro, stanca.
Sembrò riprendere colore e sollevata disse, eccessivamente espansiva: “ Che libro stai leggendo?”
Voltai la copertina verso di lei.
“Ma è un libro Babbano!” esclamò quasi indignata.
“Tu fai distinzione tra libri Babbani e magici?”
“Bé, no assolutamente.”
“Allora perchè dovrei farlo io?”
“Perchè... perchè tu sei una Serpeverde!”
“E quindi, Granger? Non ci ritieni forse degni di leggere anche i tuoi libri?”
“Veramente, Lovett, siete voi a disprezzare tutto ciò che non appartiene al mondo dei maghi” si intromise Potter.
Notai subito che, al contrario degli altri due, conosceva il mio cognome.
Lo guardai come si guarda qualcuno che ti ha appena chiesto l'ora.
“Quanti di noi Serpeverde conosci, Potter?”
“Tutti, Lovett. Non passate certo inosservati” rispose, ridacchiando.
“Sbagliato: tu conosci solo Malfoy, e neanche tanto.”
“Pff, Malfoy. Lo conoscono tutti.”
“Cosa sai di lui?”
“Il necessario per odiarlo. Non si rende certo sopportabile” ride ancora, questa volta lanciando un'occhiata agli amici, per contro se la sua battuta avesse sortito l'effetto sperato.
“Quante parole vuote. Non fare il paraculo, Potter. Ti si addice, certo, ma non approfittarne.”
“Dì un po', signorina mi-siedo-ai-tavoli-altrui, cosa vuoi da noi?” abbaiò Weasley.
“Sino a prova contraria siete stati voi a rivolgermi la parola per primi. Io non volevo e non voglio niente dai Grifondoro. Chiedete pure alla Granger, lei vi dirà che nel regolamento non è vietato pranzare ai tavoli di altre case, perciò ho tutto il diritto di stare seduta qui.”
“Hermione?” chiese Ron.
“Ha ragione” ammise lei con un sospiro.
Il rosso si eclissò di scena, affondando lo sguardo nella sua zuppa, rosso in volto, mentre le Granger mi guardava imbarazzata e Potter si era voltato a scrutare Malfoy dall'altro lato della sala.
“Ora perdonatemi, ma devo proprio andare, signori. Mi ha fatto piacere... ecco, si, conversare con voi” dissi falsamente cerimoniosa, alzandomi.
“Scusa la nostra invasione, Isobel. Non avevamo nessun diritto di farci gli affari tuoi” cercò di rimediare la Granger.
“Hermione Jane Granger, stai chiedendo scusa a un Serpeverde!” le sussurrò, non tanto piano Ron, stizzito.
Prima che la ragazza potesse rispondergli, intervenni a tono: “Weasley, evita di far sì che la tua ragazza diventi come te. Ha più cervello di entrambi voi maschi messi insieme, perciò non impedirle di dire ciò che preferisce, nonostante vada contro le vostre regole di avversione nei nostri confronti. Comunque ti ringrazio per le scuse, Granger. Spero tu sia altrettanto perspicace da capire che i Serpeverde non sono tutti uguali.”
Girai sui tacchi e uscì dalla Sala Grande.

Non avevo mai capito perchè la casata dei Grifondoro venisse definita “culla dei coraggiosi di cuore”, dato che di ciò i suoi componenti avevano ben poco. Nessuno aveva avuto questo famoso coraggio di dirmi esplicitamente che lì, al loro tavolo, non ero affatto gradita. Li definirei più “culla dei codardi di cuore”. Non che noi Serpeverde eccellessimo in virtù, ma almeno avevamo sempre la premura di dire ciò che pensavamo, in modo diretto.
Tenere la mente occupata in simili pensieri non fece altro che incrementare le fugaci immagini di quella mattina nella casa sull'albero.
Parlare in modo diretto, ormai non era che un particolare di poca rilevanza in me.
Malfoy aveva avuto la forza di dirmi che mi stava mollando, così, su due piedi, quando sino alla notte prima aveva speso valorose parole che dicevano di virtù e coraggio, di protezione e futuro.
Era partito quella mattina stessa, ed io ero rimasta raggomitolata con le ginocchia al petto nel mio rifugio invisibile. Quella volta c'era voluto un po' per incidere, tra la materia grigia astratta del mio cervello, il cassetto destinato a Draco Lucius Malfoy. Era difettoso: a volte si apriva senza che me rendessi conto, perchè troppo oliato. Avrei dovuto chiuderlo con la forza e far arrugginire abbastanza la serratura in modo che sarebbe stato difficoltoso anche volerlo forzare con la chiave.
Dal canto suo, Draco sembrava condurre l'esistenza perfetta di pochi mesi prima, almeno solo apparentemente. Lo conoscevo abbastanza da sapere che la mia scappatella al tavolo dei Grifondoro non lo aveva reso più allegro del solito, e me ne compiacevo.
Mai gli avrei rivolto la parola per prima; mai avrei ammesso a lui, che stavo facendo tutto questo in modo che, in maniera casuale, lui mi riparlasse di nuovo.
Non era una questione d'orgoglio, quello era stato messo via da molto tempo ormai, ma sapevo che Draco ancora non conosceva tutto di me, e perciò avrei scommesso che non aspettasse altro che un solo passo falso per potermi dire che ero stata solo un'illusa a credere che, di tutte le ragazze, io avrei potuto ottenere qualcosa di più che un letto.
Parliamoci chiaro, Draco Malfoy non era un mostro senza cuore. Mi aveva difeso nel vedermi in difficoltà, ma aveva sbagliato a pensare di farlo solo perchè geloso che qualcosa di suo venisse danneggiato. Io non appartenevo a nessuno, e se solo non fossi stata così ingenua da pensare (sperare) che mi avesse salvata perchè teneva a me, allora non sarei stata costretta ad essermi seduta a quel tavolo; a fumare due pacchetti di sigarette al giorno; ad aver passato la notte sulla casa dell'albero, ricucendo, con ago e fil di ferro, quel muscolo sanguinante che avevo in mezzo al petto.

Un pomeriggio trovai Pansy in lacrime, piegata in due sul pavimento del bagno. I rubinetti del bagno dei Prefetti avrebbero espulso meno acqua dei suoi occhi.
Quando si accorse di me, che la guardavo dallo stipite della porta, non tentò neanche di ricomporsi, ma, anzi, aumentò l'intensità del pianto.
“Cosa è successo?” le chiesi, cercando di assumere un tono normale. Non mi piaceva vedere le persone piangere.
“Che ti importa?” sbottò lei, mostrandomi due guance rigate di mascara e due pupille rosse.
“Nulla, in effetti; era solo una domanda di circostanza” risposi, mentre le voltavo le spalle e mi incamminavo verso il letto.
“No... aspetta...” la sentì dire fioca.
Ritornai al mio posto.
“Malfoy... mi ha mollata!” singhiozzò senza ritegno.
A quella frase nella mia testa esplosero così tante reazioni, che non seppi contenerle tutte e dovetti scappare via.
Corsi si quando non ebbi più fiato nel polmoni; mi lasciai scivolare per terra, tenendomi il petto con una mano. Respirai a fondo.
Ciò a cui avevo assistito era, e non v'era alcun dubbio in proposito, la mia reazione allo sguardo d'abbandono che Draco mi aveva rivolto poche settimane prima.
Pansy Parkinson straziata dal dolore era il mio alter-ego, se solo io fossi stata così disgustosamente espansiva e sensibile, e non un carcere per emozioni.
Si, ero un carcere di emozioni; un campo di concentramento per i sentimenti diversi, sbagliati, catalogati sotto “allegria, felicità, amore”, ma reietti dalla mia gabbia toracica che li conteneva tutti, li segregava e pian piano li uccideva, lasciando solo uno spazio vuoto e freddo, che era il mio carattere.
Intanto il cassetto “Draco Lucius Malfoy” si dimenava come impazzito, e ciò che conteneva scalpitava in preda alla furia. Fu la nicotina a salvarmi. Alla decima sigaretta tutto si placò, e potei pensare razionalmente; sorridere compiaciuta che lui fosse visibilmente irritato. Colpa mia o meno, non importava. L'importante era che si sentisse nervoso e parecchio irritabile, perchè al primo segno di cedimento, raro ma possibile, io gli avrei sferzato il colpo di grazia e lì avrebbe necessariamente dovuto scagliarsi contro di me.

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Ringrazio di cuore Miss_Slyterin, Dully e la nuova lettrice AlisMitchell per le loro recensioni! Non immaginate neanche quanto mi abbiano fatto piacere. Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto *-*
(Perdonatemi se non vi rispondo singolarmente, ma sono di frettissima!)
Alla prossima! Un bacio:*

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Capitolo 12
*** Teatro ***


ko

Capitolo 12

Terminato il secondo pacchetto di sigarette e riflessioni, semi sdraiata contro un muro dell'ultimo piano, era per me il momento di tornare.
Pansy stava ancora lì, raggomitolata vicino alla vasca, il viso nascosto fra le ginocchia portate al petto. Non si accorse della mia presenza. Mi inginocchiai di fronte e le toccai delicatamente il braccio. Lei sobbalzò e borbottò un'imprecazione.
“Hai pianto abbastanza?” le chiesi.
Scosse la testa, china sui ginocchi ossuti.
“Illusa, se credi che straziarti in un bagno possa riportarlo da te.”
Invece che riflettere su ciò che le avevo detto, si aggrappò a una mia ormai vecchia abitudine.
“Perchè tu lo chiami per nome?” biascicò un tantino troppo irritata.
Non risposi. Pansy era ancora nel primo stadio del dolore, il vittimismo, e sarebbe stato impossibile farla ragionare. Mi sollevai e guardai la mia immagine riflessa nello specchio fissato alla parete. Evitai di scorgere il figurino dietro le mie spalle, che aveva ricominciato a singhiozzare.
“Chissà quante risate ti starai facendo, Lovett. Vedere Pansy Parkinson in queste condizioni non dev'essere qualcosa di tutti i giorni. Piango che per una sciocchezza; per qualcosa che sapevo sarebbe successo, prima o poi. Non ne vale la pena, lo so” mi disse con il viso tra le mani.
Sorvolai l'eccessiva consapevolezza del parere altrui sulla sua persona, che possedeva.
“Oh no, Pansy... per Draco ne vale sempre la pena” risposi appena udibile.
Mi rivolse un'occhiata perplessa. Le feci cenno di lasciar stare. Avremmo affrontato l'argomento un altro momento, durante il secondo stadio del dolore: la rabbia.
“Posso chiederti una cosa?” mi domandò.
“Solo se da oggi la smetti di fare domande retoriche.”
Sbuffò, ritornando per un momento la vecchia Pansy.
“Come hai fatto? Come hai saputo uscire dalla storia con Malfoy in perfette condizioni? Non riesco a spiegarmelo.”
“Ritieni che io sia in “perfette condizioni”; supponi che stia bene, che abbia superato la cosa. Magari pensi addirittura che mi si importato qualcosa di Draco e che quindi avrei dovuto soffrire, non è così?”
“E' un modo per dirmi che stai ancora male per lui?”
“Io sto male solo per me stessa, Pansy.”
“Perchè.”
“Motivi personali che non riguardano affatto Draco.”
“Quindi non hai sofferto.”
Potevo davvero dirle la verità?
“No, Pansy.”
Rimase un momento in silenzio, poi sfoderò un sorrisetto maligno.
“Eppure non riesco a capire perchè prima sei scappata via, Izzie... al solo nome di Malfoy.”
“Torna a piangere e curati dei tuoi mali, Parkinson.”
Lei si alzò e mi guardò complice, come se fossimo amiche da sempre.
“Non temere, Lovett, non lo dirò a nessuno: sarà il nostro piccolo segreto...” mi dice cospiratrice.
“Non c'è alcun segreto” rispondo ferma.
“Oh, invece si... tu lo ami.”
“Mi ricorderò di segnalarlo come evento dell'anno” dissi con sarcasmo. “Io e l'amore non siamo compatibili, Parkinson, perchè io e Draco lo siamo di più. È tutto molto semplice. Ora cancella dalla memoria questo episodio e corri pure ad allargare le gambe a Nott, che sono sicura sarà felicissimo di consolarti.”
Girai sui tacchi e feci per uscire dal bagno, ma mi bastò scorgere un sorrisetto trionfante spuntare sulle labbra, per capire ogni cosa. Mi fermai sulla soglia della porta per istante e le snocciolai come se nulla fosse.
“Ah, si, quasi dimenticavo: dì pure a Malfoy che poteva risparmiarsi questa scenetta.”
Sentire la sorpresa e la delusione dei suoi occhi, che mi colpivano le spalle, fu per me la migliore soddisfazione della giornata.

“Credi davvero che abbia incaricato Pansy di recitare la parte della ragazza lasciata, Lovett?” mi domandò Draco, raggiungendomi quella sera stessa, mentre passeggiavo intorno al lago.
“No, in effetti credo che si sia proposta lei stessa” risposi continuando a camminare.
“Guardami, Izzie” mi ordinò con voce irata.
Mi voltai e fissai un punto a caso della sua fronte.
“Negli occhi.”
Piantai il mio castano nel suo grigio. Un accostamento così male assortito...
“Il mondo non ruota intorno a te, Izzie.”
“Allora stammi alla larga.”
“Sempre criptica e sarcastica: non cambi mai” ghignò quasi divertito.
“Finché ti ostinerai ad essere cieco e sordo, Draco, non potrai mai comprendere ciò che dico.”
“In tal caso potrei, solo per oggi, contare sulla tua clemenza? Mi sveleresti le secrete vie* del tuo cuore?”
“Non illuderti di poter parlare ancora con me dopo ciò che ti dirò.”
“D'accordo.”
“Non sottovalutare le mie parole, Draco.”
“Correrò questo rischio.”
Trassi un profondo respiro, e con un enorme sforzo riuscì a sintetizzare tutto ciò che mi divorava dentro in poche parole.
“Tu non sei il mio mondo, Draco... ma ne fai parte, e mi riesce piuttosto difficile accettare le tue dimissioni.”
“E' un modo come un altro per dirmi che ti manco.”
“Un modo come un altro...” assentì distratta, voltandomi di nuovo.
Sentivo l'aria fredda della sera schiaffeggiarmi le guance, gelarmi la punta delle dita, strette in quei guantini troppo sottili, e poi non sentì più nulla. Stavo appoggiata a qualcosa di morbido, asciutto e spesso; stavo beatamente adagiata sul bavero di un cappotto grigio.
L'estremità dei nostri capelli si sfioravano, perchè il suo capo troneggiava sul mio senza pesantezza. Le mani congiunte in una stretta morsa. Non riuscivo a respirare. La ferita del mio cuore, che credevo ciecamente si sarebbe rimarginata a contatto con quel corpo, ora si era riaperta, e sanguinava, e gridava pietà, e implorava di venir ricucita.
Per la prima volta nella mia vita cuore e cervello non si parlarono neanche*: le mie gambe non ricevettero nessun impulso di movimento, e rimasi lì, incollata, stretta nella tortura privata che mi stavo procurando, non allontanandomi dal baratro sotto e davanti a me.
“Desideravo solo conoscere i tuoi pensieri... niente di più.”
Deglutì, lottando contro la voglia di implodere.
“Avresti potuto... chiedere” risposi senza più la voglia di sembrare forte.
“Non avresti parlato” ribatté con un filo di amarezza.
“Non hai capito di me abbastanza per supporre che forse, invece, avrei risposto?”
“Può darsi, ma ugualmente sarebbe stato vano anche solo pensare di riuscire a tirarti fuori qualcosa: sei chiusa nel tuo mantello di spine. Sei come un riccio, Lovett. Nessuno può avvicinarsi a te senza soffrire.”
“Sai più di quanto dai a vedere.”
Si allontanò bruscamente e mi diede le spalle.
“Credevo che tra noi non dovesse esserci nessuna copertura, eppure tu mi hai nascosto molte cose, Isobel: tuo fratello; la tua famiglia; il dolore che hai provato e che ancora provi a causa mia; e cosa più importante, tu mi hai nascosto l'affetto, tanto celato quanto palese, che senti per me. Ti ho lasciata per spiare la tua reazione, ma tu sei rimasta di ghiaccio come sempre. Non hai urlato, non ti sei disperata, né hai sgorgato lacrime. Ti sei unita alla plebaglia Grifondoro per provare nuove emozioni o per noia. Mai sei venuta da me, mai mi hai parlato. Siamo pari, Isobel: io non ho chiesto, e tu hai fatto altrettanto. Non hai il diritto di biasimarmi.”
Credetti alle sue parole, eppure avrei voluto che fosse tutto uno stupido scherzo.
“Tu mi hai lasciata per scoprire quanto tenessi a te, e io non ho neanche il diritto di detestarti?” urlai, sorprendendo anche me stessa per la voce che era fuoriuscita senza alcun controllo.
“Anche per questo, si.”
“E l'altro motivo qual è, o grande Draco Lucius Malfoy, che si permette di giocare con me?” continuai a gridare.
“Egoismo, Izzie. Mi stavi facendo male. Non riuscivo a capire. Volevo sapere a tutti i costi se sarei stato capace di starti accanto senza sanguinare. Sei nociva...lo sai anche tu.”
“Stai farneticando, Malfoy! Io mi sono concessa a te! Io ti ho regalato me stessa senza porte da aprire, senza finte maschere. Mi dispiace per la tua delusione, ma io più di così non posso essere. Sei stato tu a ferirmi! Io sanguino quando ti passo a fianco, quando ogni granello di polvere mi ricorda te! Sei l'unico cassetto della mia memoria a non essersi mai chiuso, Draco... e hai il coraggio di dire che io sono quella nociva?”
Ma si, diamoci pure alle frasi sconnesse, senza alcun rispetto per la dignità che tanto mi era appartenuta.
“Non scaldarti, non ti fa bene.”
“Hai ragione. Dovrei evitare di farmi del male, perciò ci vediamo.”
A questo punto per amore di litigata Draco avrebbe dovuto impedirmi di andare via, invece non lo fece. Lasciò che mi allontanassi da lui... quel tanto per farmi illudere che davvero non gli importasse di me e per rincorrermi.
“Credevi davvero che ti avrei fatta scappare?”
“Dimmi, Draco: che farai quando ti sarai stancato di me?” gli domandai frustrata.
“Mi farò cancellare la memoria e ti incontrerò di nuovo.”
Sembrava serio, eppure quel giorno non diedi il peso che avrei dovuto a quelle parole...

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Premetto che questo capito lo regalerei al primo che passa. Non mi piace. Sono andata in crisi e questo è il risultato. Spero possiate perdonarmi.

KissyKikka, il tuo capito di recensioni è stampato e messo in bella mostra in camera! ahahahaha se tutte le recensioni fossero come le tue potrei anche illudermi di diventare una famosa scrittrice un giorno :D Aspettavo il tuo commento da tanto *-*
Come hai potuto notare, qui vediamo un altro Draco, che ha paura del dolore come chiunque. E' pur sempre un essere umano, si affeziona alle persone, ma non dimentichiamo che rimane sempre un Malfoy.
Izzie invece qui cade un pò nella banalità, ma ho voluto mettere in evidenza il fatto che alla fine in una situazione come tante altre, in cui una ragazza viene lasciata, lei si comporta di conseguenza. E' amareggiata e scoprire che tutto ciò per cui ha lavorato nei suoi diciassette anni (il suo carattere, la sua personalità) l'hanno danneggiata, è stato un duro colpo per lei. Spero non sarai troppo delusa dall'ammasso di parole che hai letto sopra. Dimmi cosa ne pensi. Aspetto i tuoi consigli con ansia, e anche i giudizi XD Al prossimo capitolo* (se la mia fantasia mi concederà l'onore di partorire qualcosa!)

Dully, sono contentissima che ti sia piaciuto il capitolo! Siamo tutte in apprensione come mamma Weasley! Credo che una bella rissa con Malfoy, ci farebbe bene XD
Grazie per i complimenti! Alla prossima!*

Miss_Slyterin, come hai letto vogliamo tutte picchiare Draco... prima o poi lo faremo! ahahaahhaa
Al prossimo capitolo*

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Capitolo 13
*** Cupido impiccato ***


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Capitolo 13

Domani ci sarà una festino nella Stanza delle Necessità, hai intenzione di andarci?, chiesi a Draco durante l'ora di Pozioni, spedendogli un biglietto.

Certo. Tu piuttosto eviterai il terzo piano come la peste, non è così?

Ti sbagli, questa volta ci sarò.

Irrefrenabile voglia di divertimento?

Non seppe mai il motivo per cui desideravo partecipare a quel festino, in quanto Piton, insospettito per l'insolito rumore di penne d'oca su pergamena durante la sua lezione, alzò il naso adunco dal suo grosso tomo e squadrò la classe con occhi da sicario.
Piegai il foglietto e lo infilai in tasca, ignorando lo sguardo curioso di Draco. Al suono della campanella lo affiancai mentre saliva le scale con la sua schiera di scagnozzi.
“Qual è il tema della festa?” gli chiesi.
“Il ballo delle debuttanti.”
“Che schifo. A chi devo questa scelta così... umiliante?”
“A me, Lovett” rispose una voce alle mie spalle.
“Nott... come ho potuto non pensarci prima” sorrisi con una smorfia.
“Non ti piace?”
“Dire che non mi piace è di gran lunga un complimento alla tua trovata.”
“Non sei costretta a venire” ribatté con astio.
“Hai ragione, però non sono neanche costretta a infilarmi un vestito corto pochi centimetri per la gioia dei tuoi ormoni.”
“Quanta autostima, Lovett!” intervenne Blaise, impedendo a Theo di rispondermi a tono, e tentando di farmi sentire in imbarazzo.
Mi voltai, e lo fissai insistentemente con espressione sicura e vivamente maligna. Ormai eravamo giunti all'entrata della Sala Comune dei Serpeverde. Nessuno osava fiatare. Nott guardava la scena con curiosità mal celata; Draco con il solito e irrisolvibile atteggiamento di apatia che metteva su verso tutto ciò lo interessava; Tiger e Goyle, senza alcun ombra di dubbio, stavano già pregustandosi con il solo neurone rimastogli, la scorta di Cioccorane nascoste nei dormitori.
Io e Blaise dal canto nostro continuavamo a guardarci senza esclusione di tensione.
Se ne stava appoggiato contro muro con i libri ancora stretti fra le braccia leggermente muscolose: vagamente attraente il ragazzo, lo avrebbe ammesso chiunque. Mi mossi nella sua direzione e quando mi trovai a pochi centimetri dal suo petto, egli gettò Pozioni Avanzate e Alta Trasfigurazione in terra per prepararsi allo scontro. Avrei tanto voluto ricordargli che non avevo intenzione di fare a pugni con lui, tuttavia mi limitai a incollarmi al suo corpo e a mordicchiargli leggermente il labbro inferiore, consapevole di tutto ciò che sarebbe accaduto pochi istanti dopo... Tutto avvenne in un battito di ciglia: non appena le sue mani violarono i miei fianchi, che mai in sette lunghi anni avevano nemmeno sfiorato, quelle di Draco si mossero all'unisono per allontanarmi da un Blaise Zabini alquanto impegnato a farmi capire quanto in realtà approvasse la mia autostima.
Come risvegliato da un lungo sonno il Serpeverde spostò lo sguardo da me, che ostentavo un evidente sorriso di trionfo, a Draco, che mi stringeva con forza e che gli rivolgeva uno sguardo più che assassino. Pochi attimi di nuova tensione che avrebbero potuto mutarsi in un vero e proprio duello, e fui trascinata via dal luogo del delitto con forza.

Draco mi scaraventò contro il muro della Sala Comune senza riguardi. Era furente di rabbia.
“Adesso-spiegami-che-diavolo-ti-è-saltato-in-mente!” urlò, sincronizzando le parole con i colpi che sferrava alla parete dietro di me per sfogarsi.
Sentivo il suo respiro a pochi spazi dalle mie labbra, e per la prima volta ebbi paura di lui. Mi ritrassi maggiormente addosso alla pietra, quasi a volerci scomparire dentro. Non lo avevo mai visto così.
Avrei dovuto esserne contenta: avevo ottenuto una reazione da parte sua; avevo finalmente svelato la sua gelosia... eppure non riuscivo a gioire. Sentivo soltanto il forte desiderio di vederlo calmarsi.
Iniziai a tremare, e questa volta alla magia che fluiva via dal mio corpo si aggiunse anche il terrore di quello che poteva farmi. Scivolai giù, sigillandomi nella posizione migliore per nascondere il viso tra le ginocchia, strette tra le braccia. Draco si inginocchiò davanti ai miei piedi e senza una parola azzardò a sollevarmi, ma al solo tocco delle sue dita fredde, alzai la testa con uno sussulto e lo fissai con occhi allagati di spavento.
Era la seconda volta che le mie iridi gli venivano celate da un fiume in piena, e forse fu proprio riflettersi in uno specchio di lacrime a farlo acquietare un poco.
Notando l'inaspettata arrendevolezza del suo sguardo, rubai la sua mano scheletrica tra le mie e ne baciai le dita, una per una, con lentezza estenuante, dedicandomi poi al suo polso bianco, sfregiato da vene bluastre; lo morsi piano, ottenendo così che Draco si sporgesse verso di me per mettere fine all'agognata lussuria che stava iniziando a provare. Gli feci posto tra le mie gambe e lui ci si infilò, ferrandomi il bacino con le sue.

Il bacio che seguì credetti di non scordarlo mai. Riempimmo i reciproci vuoti d'aria nel petto con ogni più grande e leggera sfumatura di sentimento che riuscimmo a riesumare dai nostri cuori avvizziti nel tempo.
Scambiai la mia voglia inarrestabile di vederlo star bene e ricevetti la sua gelosia.
Mi concesse la lussuria più casta che mai avrei potuto pensare di ospitare.
Barattammo quella sorta di etera, impalpabile, impercettibile, trapassabile sostanza che ci teneva in vita e che volgarmente alcuni si arrogavano il diritto di chiamare Anima.
Il mio seno si comprimeva dolorosamente fra di noi, ed ebbi la fugace sensazione che le nostre gabbie toraciche si fossero incastrate una con l'altra, tanto mi sembrava di non appartenermi più.
Una forza incontrastabile ci teneva uniti, non eravamo in grado di staccare nulla di noi stessi dall'altro, e per un momento credetti che Cupido dall'alto stesse per scoccare una delle sua maledette saette uccidendo ciò che si era venuto a creare, ma non era amore... come poteva esserlo? Un sentimento così banale, comune, preesistente ad ogni cosa, ma fallibile, in che modo poteva appartenere e influenzare due persone come noi?
L'avevo detto a Pansy: io e l'amore non siamo compatibili, perchè io e Draco lo siamo di più.
Che gli altri vedessero e chiamassero pure Amore ciò che ci impediva di allontanarci dal muro, che importava?
La conclusione era bel altra rispetto all'apparenza di un bacio passionale.
Non ero innamorata di Draco... ne ero infetta.
Entrambi eravamo il virus dell'altro; un virus incurabile, inarrestabile che ci scorreva nelle vene. Allo stesso tempo eravamo vittime e artefici, pazienti e assassini. Non v'era antidoto a porre rimedio, nulla poteva contro la rete di germi che ci appestava il cuore e il cervello.
Non era amore, no. Non quel legame così sano, genuino, che incorniciava unioni destinate a dissolversi nel tempo. Era un altro tipo di legame, creato nella Notte dei Tempi, divenuto una delle due forze regolatrici del mondo.
Come avevo fatto a non comprendere prima?
Ciò che ci univa non era l'Amore... era il Male.
Eravamo imbevuti di Male sino al midollo, e finalmente una tale certezza si affacciava nella finestra rotta che era la mia vita.

Quella notte andammo al festino, drogati di Male e consapevoli che rare cose avrebbero potuto scindere il patto di sangue che avevamo stretto torturandoci le labbra. Stretti addosso a quel muro, il mondo aveva intrapreso una nuova trasformazione ai nostri occhi, e niente sarebbe stato più come prima.

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Spero che questo capitolo vi abbia soddisfatto più dell'altro e spero di esseremi fatta perdonare!

Recensioni:

* KissyKikka, non smetterò mai di ringraziarti per le tue recensioni sempre precise e dettagliate: hai raggiunto uno dei tuoi intenti! Sono stracontenta che tu sia rimasta colpita dal termine "nociva". Come hai potuto leggere, tutto ruota intorno ai campi semantici del male e del dolore, che però si ripercuotono in Izzie e Draco in una sorta di simbiosi, non affatto negativa e disastrosa.
Ci sarebbero mille cose da dire su questo capitolo, che ho scritto in poco tempo, grazie all'illuminazione che cercavo da tempo per spiegare ciò che tenesse uniti e attraesse i protagonisti. Ero stanca del solito amore perpetuo: tra loro vige qualcosa di diverso. Un sentimento altrettando grande e perchè no?, "rispettabile".
Attendo le tue impressioni. Sono davvero curiosa di scoprire cosa ne pensi!
Per quanto riguarda le tue intuizioni, mi dispiace niente granchio! Ci hai preso anche questa volta. Izzie ha mostrato a Draco ciò che non ha avuto il coraggio di dirgli.
(Ti svelo una cosa: non c'è nessuna trama precisa dietro. Solo vaghi episodi. Faccio come Verga con i suoi Malavoglia: i personaggi, la loro vita agiscono e si creano da soli, e a volte anche io sono curiosa di come andrà a finire!) Al prossimo capitolo, cara. Grazie del sostegno e grazie per esserti interessata sulla mia "crisi", che pian piano credo passerà. Un bacio:*

* Dully, a dirtela tutta ce la vedo Izzie come eroina e sono onorata che sia la tua preferita! Ti ho mandato anche io un e-mail :) Grazie per i complimenti. Al prossimo capitolo:*

* Meredith91, tranquilla mi sto riprendendo! :D Sono contentissima che ti sia piaciuto il capitolo. Alla prossima :*

* Miss_Slyterin, vedo che hai capito perfettamente la personalità di Izzie! Questo mi rende felicissima, davvero! Se dovessi vendere il capitolo saresti la prima a cui penserei ahauahuahaua
Grazie mille per tutti i complimenti. Alla prossima*

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Capitolo 14
*** Nuvole? ***


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Capitolo 14

Le lezioni erano finite la settimana precedente, gli esami erano alle porte, ma quasi nessuno volle rinunciare alla gita ad Hogsmeade, quella mattina. La comitiva di studenti partì da Hogwarts quando ormai il sole era ben alto e l'aria di inizio giugno più mite. Di fronte al castello, il solito appello e le solite raccomandazioni della McGranitt, che quest'anno si era moltiplicate come i pani e i pesci per vietare alle coppie di ritirarsi in luoghi appartati, onde fare tardi.
Certo!, pensai. Sorrisi guardando la professoressa divenire viola quando una ragazzina del terzo anno domandò cosa intendesse esattamente per luoghi appartati.
Draco non era ancora arrivato. Non che di solito fosse maledettamente puntuale.
“Bene è tutto. Ora avanti, circolare, ragazzi. Potter metti via quel mantello per l'amore del cielo! Parkinson sicura di non aver dimenticato i vestiti nel dormitorio stamattina? Canon smettila di fotografare ogni cosa che si muove!” La McGranitt sbraitava come al solito, nulla di nuovo.
Ero l'ultima della fila e me ne stavo ferma al mio posto cercando di scorgere qualcosa di biondo dalle finestre del castello, ma niente. Di Draco nessuna traccia.
“Professoressa” chiesi “mi saprebbe dire dove si trova Draco Malfoy?”
Lei strinse le labbra nella chiara espressione che la domanda la irritava alquanto.
“Il signorino Malfoy è stato prelevato stamattina dal suo dormitorio” mi informò nel suo accento più severo.
“Chi è venuto a prenderlo? Dov'è andato?”
“Un imprevisto ha costretto la sua famiglia a riportarlo a casa, signorina Lovett. Non posso dirle altro. Ora, per piacere, raggiunga... PACIOCK! RIALZATI SUBITO!”
Corse via prima che potessi metabolizzare la sua risposta. Aspettai che mi desse le spalle per aiutare Neville, e fuggì dentro il castello alla volta della Sala Comune dei Serpeverde.
Non se ne sarebbe mai andato senza avvertirmi: doveva essere successo qualcosa.
Spalancai la porta del dormitorio maschile e in preda a una strana sensazione di ansia, mi lasciai trasportare dall'aria vuota e fredda vigente tra quelle mura. I quattro letti perfettamente rifatti - gli elfi domestici dovevano essere già passati di lì – scrivanie in ordine - troppo in ordine - libri e pergamene accuratamente impilati, tre bauli chiusi... tre. Solo tre fottutissimi bauli. Ne mancava uno all'appello e non ebbi bisogno di controllare per sapere. Draco se n'era andato veramente.
Mi sedetti su suo letto con peso morto. Respiravo profondamente, sudavo freddo e non riuscivo a capacitarmi del perchè. Era forse un attacco di panico? O solo una stupida degenerazione di megalomania?
Sii ottimista", mi dissi, mentre con la testa fra le mani cercavo di non farmi sopraffare dal senso di vuoto che sentivo alla bocca dello stomaco.
“E' tutto okay”, mi ripetevo sentendomi ad ogni parola sempre più stupida, meno convinta e persa come mai lo ero stata. Per la prima volta brancolavo nel buio più assoluto senza riuscire a scovare una via d'uscita, in assenza di un appiglio alla mia caduta lenta e inesorabile verso il baratro della preoccupazione.
Ebbi la fugace idea di raggiungerlo a Malfoy Manor, ma lasciai correre e tentai di usare il cervello non soltanto per pettinare i capelli. Mi alzai in fretta e misi a soqquadro la stanza: poteva aver lasciato un messaggio, un biglietto, un segno, qualsiasi cosa, magari un gufo. Spalancai la finestra nell'evenienza. Ribaltai i letti, guardai sotto gli armadi, in bagno, nella stufetta, ma non trovai che mucchietti di polvere e quale penna d'oca ormai rotta. Arresa, rimisi tutto a posto con un colpo di bacchetta e mi chiusi la porta alle spalle non certo meno agguerrita.
Oramai la gita ad Hogsmeade era saltata. Ciò che mi premeva maggiormente, in quel momento, era fumare e trovare una soluzione alla scomparsa di Draco. Sapevo dov'era, chi ce l'aveva portato, ma non conoscevo il perchè. Quale poteva essere l'imprevisto accennato dalla McGranitt? Non mi era permesso contattarlo. Me lo aveva vietato.
“Non spedire mai un gufo a Malfoy Manor, Izzie: controllano la posta” aveva detto.

Raggiunsi la torre di Astronomia in pochi minuti grazie a qualche scorciatoia. Come era solita fare la nicotina mi donò il dono della calma e del raziocinio. Ciò che mi sorprendeva del mio precedente comportamento non era tanto la preoccupazione per Draco - oramai mi era impossibile non temere per la sua felicità - tanto quanto il senso di abbandono che avevo provato in quella camera.
Ero una persona che parlava chiaro sia con gli altri, che con me stessa, perciò non ci fu bisogno di inutili sotterfugi per rendermi conto che mi ero affezionata a Draco più di quanto avrei dovuto, se non avessi voluto soffrire. Avevo infranto la promessa fatta a me stessa: non soffrire, ma far soffrire.
Ripensai ai bei momenti dei tempi che non sarebbero più tornati. A quando mettevo il mondo ai miei piedi semplicemente ignorandolo; a quando ero ancora in grado di stare giorni interi senza proferir parola, oppure a relegarmi in biblioteca senza mosche ronzanti intorno. Potevo addirittura sorvolare il sesso.
Stavo bene con me stessa; amavo me stessa, l'unica persona sulla terra per cui valesse la pena provare quel sentimento che mi era tanto difficoltoso donare al di fuori del mio sangue e della mia carne.
Ma ora... ora che cosa era accaduto? I silenzi erano silenzi pesanti, mi opprimevano, schiacciavano, spolpavano il desiderio di unire respiro a suono.
Volevo parlare, parlare, parlare.
Vivere, vivere e ancora vivere.
La solitudine aveva iniziato a starmi stretta.
Avevo sempre ottenuto ciò che volevo, rispettando il patto non avevo quasi mai sofferto.
Non pensavo prima di agire, semplicemente perchè altrimenti avrei dovuto prendere in considerazione di rinunciare a ciò che per cui stavo riflettendo. Nel mio mondo non esisteva il dubbio, l'incertezza: ciò che sentivo, che desideravo, che volevo doveva essere mio senza ripensamenti inutili.
Ma in quel frangente mi ero ridotta a soffrire per quella solitudine che tanto avevo praticavo e bramato.
Certo avrei anche potuto resuscitare il male che mai si era assopito dentro di me, e usarlo contro l'abbandono, ma con Draco tutto era differente dalla realtà effettuale.
Avevo bisogno di vivere con lui, per lui, di lui.
Scivolai per terra e alzai gli occhi al cielo, come quella notte al ballo. Non sembrava passato poi così tanto tempo. Quella mattina nessuna stella brillava nella volta azzurra, solo soffici nuvole.
Guarda le nuvole, Draco. Guarda queste fottute nuvole, Draco, e degnati di pensarmi. Trova un modo per contattarmi. Cerca una soluzione al dolore che sai sto provando.
Stavo soffrendo. Non era buon segno, affatto.

Scesi in Sala Grande e a testa alta, impenetrabile, mi sedetti al tavolo Serpeverde insieme agli studenti più piccoli che non avevano ancora il permesso di visitare Hogsmeade. Non prestai attenzione al cibo che mi passava sotto naso, né a quello sul mio piatto. Tutto andava bene in quel momento, ma nulla aveva sapore.
Raggiunsi il culmine della pateticità quando un Tassorosso biondino prese posto con i suoi compagni, ed io saltai in piedi pronta a corrergli incontro.
Povera, piccola, illusa, mi aveva definito una volta Draco. Non potei dargli torto.
Appoggiai i gomiti sul tavolo e nascosi il viso con la cascata di capelli castani; la testa fra le mani.
Una goccia di lacrima andò a scivolarmi lungo guancia, e cadde nel mio calice colmo d'acqua, creando perfetti cerchi simmetrici sulla superficie. Lo bevvi tutto d'un fiato, capendo cosa significasse “bere lacrime amare”. Scappai dalla Sala non appena qualcuno notò il mio strano comportamento, e mi fiondai in camera, chiudendomi in bagno come la perfetta Pansy Parkinson di poche settimane prima. Ma qualcosa non andava... specchiandomi non intravedei nessuna figura piangente alle mie spalle, ma solo una grande scritta, calcata con la mia matita per gli occhi: NON OPPORE RESISTENZA. D.

Draco aveva lasciato un messaggio, per quanto incomprensibile, però l'aveva lasciato.
Sullo specchio in un posto dove sapeva l'avrei trovato; con una matita da trucco, perchè sicuramente era di fretta; per me, perchè aveva guardato quelle fottute nuvole e mi aveva pensato.

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Sto veramente avendo una serie crisi, ragazze. Siate pure cattive, ho davvero bisogno di sapere cosa va bene e cosa no. I consigli, giudizi, critiche sono ben accetti!
Grazie di cuore per le bellissime recensioni che lasciate <3
Recensioni:

*KissyKikka, volevo darti alcune spiegazioni sul contorto ragionamento che Draco e Izzie portano avanti.
Il male che li lega è quello che entrambi provano nei confronti del mondo e che li unisce. Persiste anche nel loro rapporto: egoisti, cinici, ma comunque aventi in diritto/privilegio di sentirsi in dovere uno nei confronti dell'altro.
Izzie pur nel suo ego così spropositato tiene a Draco, vuole la sua felicità, con qualsiasi mezzo egli possa raggiungerlo, anche se si tratta di fare del male a qualcuno. E' in qualche modo legata a lui come un fratello, amico, amante, e tutto il poco bene che risiede in lei lo mette a disposizione di Draco.
Lui dal canto suo ha bisogno di lei per dare libero sfogo alla sua parte "buona", che è insita nel suo cuore come chiunque, ma che fuoriesce solo attraverso Isobel. Entrambi vivono in un mondo parallelo a quello reale, dove dominano con il disprezzo e la cattiveria, che mai si sognerebbero di portare nel loro piccolo cantuccio di benessere, felicità e passione.
Spero che questa spiegazione ti sia stata d'aiuto per comprendere meglio questa storia (ormai in declino ma che risorgerà presto, promesso :D)!!
Come ti ho scritto nell'email grazie di tutto quello che scrivi per me in quelle recensioni così meravigliose!
Comunque ciò che hanno fatto a te (e a Izzie) è abominevole. Spero tu stia meglio :(*
Un bacio alla prossima*

*Meredith_91, grazie grazie grazie per tutti questi complimenti (che a volte non merito proprio)! Per rispondere alla tua osservazione ti dico che il ballo delle debuttanti era soltanto un pretesto di Nott per poter vedere qualche ragazza in vestito corto, come poi gli fa notare Izzie; quindi penso che sia perfetta come scelta per un maschio :D
Al prossimo capitolo. Grazie ancora di tutto*

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Capitolo 15
*** A mai più arrivederci ***


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Capitolo 15

DRACO PVO
FLASHBACK

Non riuscivo a dormire quella mattina.
Non ero in grado di chiudere gli occhi nuovamente, voltarmi dalla parte opposta dando le spalle al risveglio e continuare a sognare. Tutto questo se solo avessi mai preso sonno quella stessa notte.
Me ne stavo lì, disteso su un letto così uguale ad altri. Occhi aperti, vigili, spalancati il tanto necessario per tentare di stancarli e poterli così richiudere... se solo avessi mai abbassato le palpebre quella stessa notte.
Fanculo, Draco, ormai sei sveglio.
Saltai giù dal letto con nessun salto, ma ostentando una snervante calma. Erano soltanto le ore cinque di un giugno mattiniero e ancora buio.
Consumai un po' del tempo rubato al sonno, per perdermi a vista d'occhio fra la visuale del paesaggio fuori dalla finestra. Lo squarcio luminoso del mantello nero preannunciava all'orizzonte l'alba imminente, il nuovo sole, e la visita a Hogsmeade, che tanto avevo agognato.
L'unica via di fuga dalle soffocanti ore di lezione.
Ringraziai chicchessia per avermi lasciato in vita anche per quel nuovo giorno, l'ennesimo compiaciuto giorno lontano da Malfoy Manor e da Lucius, che tra me e me non mi riusciva chiamare padre.
Non appena lo strappo del cielo rischiarò in lontananza la Foresta Proibita, la natura, non più buia, perse interesse, e dunque ne approfittai per usufruire del bagno senza irritanti doveri di tempo.
Scelsi senza esitazione lo shampoo di Izzie, quello che cambiava la profumazione dei capelli in base all'umore. Sorrisi, ripensando alla fragranza di pesca che aveva la sua testa il giorno in cui l'avevo baciata, di vaniglia la notte del ballo; di ciliegia durante i momenti di pura lussuria, come l'altro pomeriggio dopo la lezione di Pozioni. Ricordavo ogni sfaccettatura di quegli episodi.
Detestavo legarmi a qualcuno che non fosse me stesso. Il mio ego spropositato al di sopra di ogni affetto o relazione con alcuno all'infuori di Draco Lucius Malfoy; ma con Isobel Victoria Lovett mi era impossibile interpretare Narciso e morire per lo stupido amor proprio che non potevo e non volevo donarle.
Non era mia, non era di nessuno altro oltre che di se stessa. La desideravo perchè mai avrei potuto possederla o illudermi di farlo.
Il nostro era un continuo, ininterrotto processo di ricerca, che mai sarebbe giunto al suo fine ultimo; che mai avrebbe intravisto la propria meta.
In nessun caso Izzie si sarebbe regalata a me per Amore.
Lei prova affetto; lei vuole bene ai pochi rari prescelti della sua lista, ma lei non ama.
È imbevuta di disprezzo e male verso chiunque sia lontano o vicino il nostro mondo.
Venera se stessa, e si considera caritatevole e buona per non aver ancora ucciso metà della popolazione di Hogwarts.
Una perfetta... la porta del bagno si spalancò senza dignità e l'aria gelida del dormitorio si scaglio contro il mio corpo nudo, oltrepassando la fine tenda della doccia.
“Vestiti, ti aspetto di sotto” imperò una voce cadenzata e dura.
Caro il mio vecchio Lucius.
Respirai a fondo e non potei fare a meno di ghignare pensando alla vittoria personale che mi ero tolto, quando pochi giorni prima avevo sentito un brutto presentimento sull'andamento della mia vita.
Questa volta con evidente fretta mi preparai e scesi in Sala Comune, dove lui stava in piedi davanti al camino. Non mi guardò, indicò soltanto con un gesto della mano la nostra poltrona di velluto nero.
“Il Signore Oscuro ha bisogno di nuovi seguaci, Draco.
Lascerai Hogwarts questa mattina stessa; studierai a casa e concluderai l'anno con un precettore privato... se ve ne sarà il tempo. Cammina a testa alta, figlio mio, grande è l'onore che il nostro Signore ti sta concedendo. Ora va.”
La sua carrellata di proposizioni imperative non permetteva e non richiedeva risposte o affermazioni contrarie, figuriamoci le domande.
Prima Regola di casa Malfoy: Ubbidisci.
Seconda Regola di casa Malfoy: Ubbidisci.
Risparmio le altre otto.
Senza proferir parola feci per tornare nel dormitorio, ma Lucius parlò di nuovo, vulnerabile in un momento di falsa paternità: “Puoi salutare i tuoi amici se vuoi... sempre che tu ne abbia. Dì pure loro che torni a casa per le vacanze di primavera, non una parola di più, né una di meno, Draco.”
“Si, padre” risposi ossequioso.
Una volta giunto a casa non mi sarebbe stato permesso comunicare, perciò come se nulla fosse salì le scale del dormitorio femminile; mio padre troppo se stesso per accorgersi della mia direzione.
Soppressi la tentazione di avvicinarmi al suo letto, e vederla dormire ancora una volta, ma passai oltre e giunto nel piccolo bagno, le lasciai un messaggio con l'assoluta consapevolezza che ci saremo rivisti dì li a poco: il turno della sua famiglia era il prossimo, ne ero certo. Doveva sapere che presto sarebbero venuti a prendere anche lei. Trovai un brandello di pergamena sulla scrivania e ci scarabocchiai sopra poche indicazioni, che speravo le avrebbero fatto comprendere ciò che sarebbe successo e l'atteggiamento che doveva portare avanti una volta strappata via dal castello; lo infilai all'interno della borsa che sapevo avrebbe portato con se a Hogsmeade.

“Sono pronto, padre” annunciai.
“Bene. Dimentica queste mura, figlio mio. Hogwarts non è più degna di averti come suo studente. Tu sei un mago, Draco, un mago Purosangue e non posso tollerare che tu venga ancora a contatto con Babbanofili e Nati Babbani.”
Camminava tutto d'un pezzo, da bravo Malfoy qual'era. Testa alta, petto in fuori, portamento regale e sguardo assente o disgustato per tutto ciò che gli si parava davanti.
Io gli camminavo dietro come una perfetta statua di cera: mancanza di rispetto se lo avessi affiancato. Ma dentro... dentro le budella si attorcigliavano in una stretta morsa; nessun segno di salivazione, sentivo raschiare dolorosamente il respiro in gola e poi giù per la trachea sino alla bocca dello stomaco, del quale era ostruito il passaggio. Credetti di vomitare da un momento all'altro, ma anni e anni di esercizio mi permisero di implodere, senza danni all'inaccessibile espressione di durezza del mio viso. Non mi voltai, non sarei stato capace di farlo e poi tornare a camminare in avanti.
Hogwarts apparteneva alla mia vita; io appartenevo a Hogwarts.
Lasciarla e non tornare mai più avrebbe significato unirmi alla schiera di Mangiamorte... e uccidere.
Tuttavia la questione era un altro paio di maniche: non avevo ancora il tempo, né il coraggio di riflettere attentamente su quella che sarebbe stata la mia vita futura.
L'unica cosa di cui ero assolutamente certo era che Isobel avrebbe scatenato fulmini e saette pur di non lasciare la scuola, ma che avrebbe gioito, scoprendo che finalmente avrebbe potuto riversare il Male che aveva in corpo uccidendo sotto il comando del Signore Oscuro.

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Ringrazio tanto la mia fedele KissyKikka che, nonostante i miei problemi, riesce sempre a trovare del buono in tutto ciò che scrivo! Non vedo l'ora di leggere la recensione-capitolo (come fai di solito *-*) di questo capitolo e della ff su Sirius e Sophie :D
Ho voluto fare uno strappo alla regola con questo aggiornamento. Finalmente il punto di vista di Draco, che mi sembrava un tantino migliore per spiegare bene ciò che sta accandendo. In questo modo io "scrittrice" e tu lettrice siamo divenute onniscenti e conosciamo molte più cose rispetto alla protagonista!
Spero che il capitolo ti piaccia :) Ormai non occorre più che ti dica quanto apprezzo le tue recensioni. Ammiro il tuo entusiasmo che trasmetti anche a me, e la tua analisi critica!
Al prossimo capitolo! Un abbraccio grande:*

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Capitolo 16
*** Game Over ***


ko

Capitolo 16: Game Over

Notai subito che il mondo osservato dall'alto si manifestava decisamente meglio. Dopo aver cancellato con cura il messaggio - forse in codice o forse no - di Malfoy, mi ero allontanata da occhi indiscreti, rifugiandomi sulla ormai noiosamente presente torre di Astronomia. Gli studenti dovevano essere già tornati da Hogsmeade. Potevo vedere gli ultimi ritardatari arrancare in fondo all'orizzonte, piccoli punti neri in movimento.

Lentamente stavo iniziando a rendermi conto di quanto fossi così dolorosamente scontata e futile persino a me stessa.

La scomparsa di Draco mi aveva spiazzata e colta di sorpresa. Niente era mai riuscito a cogliermi di sorpresa... a parte un certa persona in un certo archivio di una certa notte.
Troppi “certo e certa”, quando in realtà di certo non v'era assolutamente nulla, se non il fatto che Malfoy non era ad Hogwarts e che finalmente anche Isobel Lovett poteva affermare che le mancasse qualcosa... o qualcuno.
Mentre mi commiseravo, qualcuno prese posto accanto a me.
Non lo avevo sentito arrivare, tanto era stato bravo a camuffare la sua presenza.

“Ciao, Izzie” mi salutò, soffocando la voce fra i palmi delle mani, raccolti per accendersi una sigaretta.
“Ciao, Blaise” risposti un sospiro.
Per un momento sembrò che quelle sarebbero state le uniche parole.
“Vuoi?” mi domandò, porgendomi il pacchetto delle sue Chesterfield.
“No, sto fumando troppo” rifiutai.
“Come mai?” chiese con l'aria di chi si lecca i baffi avido di questioni altrui.
Lo guardai sorridendo, e per una frazione di secondo mi parve che si sentisse in leggero imbarazzo per la domanda palesemente non casuale.
Aspirò la sua sigaretta due o tre volte, e dopo aver preso la sicurezza mai persa, ignorò la precedente maleducazione e si scagliò con un ulteriore perfidia.
Non stavo esagerando, per il semplice fatto che le domande di Blaise Zabini non erano mai tali. Direi che v'era sempre un losco secondo fine per il suo tornaconto personale.
“Sei triste, Lovett? Qualcosa non va?”
Che amorevole preoccupazione!
“Si, Zabini. Draco è stato portato via da questa scuola, ed io sono così triste che credo andrò a ingozzarmi di marmellata nelle cucine, oppure canterò a squarciagola canzoni d'amore...” avanzai nella sua direzione, puntandogli il dito contro il petto e fissandolo dritto negli occhi chiari, finché non lo misi con le spalle al muro “...o ancora piangerò, disperandomi come una matricola del primo anno.”
Il suo sguardo tradiva una certa sorpresa, ma non abbastanza.
“Cosa, di ciò che hai detto, è vero?” domandò, recuperando spazio fisico e di conversazione.
“Sai benissimo cosa è vero e cosa non lo è, Blaise. E sai anche per quale assurdo motivo Malfoy non è qui, perciò non far prendere aria a parole scontate, giusto per godere della mia irritazione” risposi.
Blaise incrociò le braccia sul petto e, con un breve cenno del capo simile a un inchino, riconobbe la mia vittoria per il primo round di quella chiacchierata.

Deposi anch'io l'ascia di guerra e mi lasciai andare contro il muro. Blaise mi imitò, scivolando accanto a me.
Incrociai il suo sguardo e per un attimo la complicità di avere un'occulta preoccupazione in comune, fece si che ci intendessimo alla perfezione per la prima volta.
In un impeto di innocua follia, io brama di rassicurazioni e, per quanto possa suonare strano, di affetto, appoggiai la testa sulla sua spalla.
Forse avrei potuto fantasticare, avrei potuto fingere che le braccia che, ora, mi stavano stringendo, non fossero quelle di un Serpeverde qualsiasi, ma di quel Serpeverde; avrei potuto smettere di respirare per far sì che l'odore artificiale, firmato Zabini, non mi riportasse bruscamente alla realtà, e non mi facesse sentire così stupida e frivola.
Blaise nel frattempo non credevo stesse formulando alcun pensiero in proposito, data la sua evidente contentezza.
“Blaise...”
“Mmm?”
“Allontanati.”
“Perchè non lo fai tu?”
“Perchè in questo momento non voglio farlo.”
“Così costringi me, perchè non vuoi prenderti la responsabilità delle tue azioni e quindi avere la consapevolezza che in realtà starmi vicino non ti dispiace.”
“Parli troppo, Zabini.”
“E tu troppo poco.”
Alzai la testa e lo guardai. Stava sorridendo. E non con uno dei suoi soliti ghigni maligni e doppiogiochisti: era sinceramente contento.

No.

“Oh, no, Blaise... no” chiosai, questa volta allontanandomi davvero.
“Cosa, Izzie?”
“Sei un idiota.”
“Quale onore suscita in me il tuo insulto, ma permettimi una domanda, Lovett: di grazia per quale motivo lo sarei?”
“Perchè ti stai innamorato di me.”
“Ti disgusta così tanto?”
“Non hai idea di quanto” risposi, facendo leva su una mano per rimettermi in piedi.
“E tu, Izzie, hai idea di quanto tu sia sempre con me?” ribatté lui a denti stretti, come se quella confessione gli stesse costando un'enorme fatica.
Ghignai, continuando a dargli le spalle.
“Sei vagamente poetico, Blaise. Sicuro di stare bene?”
“Sto d'incanto, mia cara. Tu, piuttosto, come ti senti?”
La sua voce aveva un non so ché di arrendevole. Mi voltai a guardarlo.
“Sto male, Blaise” risposi altrettanto pronta a sventolare un fazzoletto bianco al vento fresco di quella calda torre.
Continuò a fissarsi le punte delle scarpe, con gli avambracci appoggiati sulle ginocchia magre.
“Cerca da qualche parte, Lovett” mi disse mentre mi accingevo ad uscire di scena. “Nel tuo dormitorio, tra i vestiti, nei libri... nella borsa. Deve, sicuramente, averti lasciato un altro messaggio.”
Annuì riconoscente e per il momento non feci caso al fatto che Zabini sembrava sapere che avessi già trovato la scritta nel bagno.


Verranno a prenderti: Lui ci aspetta.
Ci rivedremo prima di quanto tu creda
e quando quel momento arriverà,
per te non dovrò contare affatto.
Tu, invece, la mia estranea preferita.



Fine dei giochi. L'ultimo indizio era stato svelato.


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Perdonate l'immane ritardo e la brevità di questo capitolo che con atroci sofferenze sono riuscita a portarlo a termine. Ringrazio di cuore chi ancora segue la mia storia! :)

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Capitolo 17
*** Malfoy Manor ***


ko

Capitolo 17: Malfoy Manor

Avevo pronto il baule da qualche settimana ormai; sapevo che era solo questione di tempo prima che mi venissero a prendere a causa "un importante problema familiare", e fu così.
All'alba del primo Aprile il fratello di mio padre, Adolph, accompagnato da una fedelissima signora Lovett si presentò a Hogwarts, chiedendo di poter incontrare Dumbledore.
Non ebbi bisogno di essere mandata a chiamare, mi feci trovare davanti all'ingresso.
"Vedo che questa volta non ti sei fatta attendere, Isobel. Spero manterrai tale atteggiamento anche nei giorni a seguire" disse mia madre con quell'odioso sorrisetto che le si dipingeva sul volto quando ogni cosa andava secondo i suoi piani.
Mi limitai a girare sui tacchi e incamminarmi verso l'uscita.

Mi portarono a Malfoy Manor quella mattina stessa. Osservai con occhio critico la grande fontana che sovrastava il rumore dei nostri passi e due pavoni che dormivano vicini. Quell'immagine mi diede una stretta al cuore e non fu necessario spiegarmi il perchè.
Entrammo nel vasto atrio, calpestando lo splendido tappeto che ricopriva gran parte del pavimento di pietra. Nonostante l'ora il salotto era pieno di persone sedute in silenzio a un tavolo lungo e riccamente decorato.
"Benvenuti" esordì il padrone di casa non appena varcammo la soglia.
Adolph e mia madre accennarono un sorriso. Io fissai Lucius negli occhi.
"Isobel" continuò lui "è un grandissimo piacere ospitarti qui, in casa mia. Ricambio il favore che facesti a Draco nell'invitarlo a Villa Lovett per le vacanze."
"Il miglior Natale, che lui abbia mai passato, suppongo" risposi piatta.
Qualcuno intorno al tavolo sporse la testa nella nostra direzione.
Lucius sorrise con l'aria di chi la sa lunga, e invece non ha capito granchè.
"Temo di doverti deludere, signorina. Malfoy Manor è il miglior posto per chiunque. Come vedi, anche il Signore Oscuro l'ha scelto come suo quartier generale. Lui lo considera... un posto fidato. Spero che tu farai altrettanto."
"Non usate il Signore Oscuro per far pubblicità alla vostra baracca, Malfoy" chiosai fredda.
Un mormorio indistinto si levò nella sala.
Lucius non ebbe tempo di controbattere, perchè sua moglie e suo figlio ci raggiunsero; ebbi comunque il tempo di notare la tipica occhiata Malfoy, carica di rabbia e disprezzo, che mi rivolse, e me ne compiacei non poco.

"Mary, Adolph, siete arrivati! Vedo che tutto è andato per il meglio. Molto bene. Il nostro elfo domestico mostrerà a Isobel la sua camera" disse Narcissa, rivolgendomi una strana occhiata.
Notai come non avesse evitato di nascondere il suo fastidio nell'averci lì, in casa sua. Ospitare futuri Mangiamorte non doveva riempirla di gioia.
Draco dal canto suo sembrava far finta che non esistessi. Non mi rivolse la parola, nè si curò di comunicarmi qualcosa con lo sguardo. Restò impassibile, come se fossi uno dei tanti conoscenti di suo padre, che di tanto in tanto venivano a Malfoy Manor, implorando qualche favore. Non che mi aspettassi un caloroso benvenuto, o addirittura un abbraccio. Era stato chiaro: dovevamo fingere di essere poco più che compagni di scuola.
Mi comportai di conseguenza e seguì - senza porgere i miei saluti ad alcuno - l'elfo domestico su per una grande scala a chiocciola posta al centro esatto della villa. Sospettai che per l'occasione fosse stato applicato un incantesimo di Estensione Irriconoscibile alla casa, in quanto la mia stanza si trovava ben al quinto piano. Tutto al suo interno trasudava sfarzo e aveva lo stile inimitabilmente antico dei Malfoy. Un grande letto a baldacchino troneggiava al centro della camera, avvolto in leggere tende di raso verde. Sulla destra un immenso armadio bianco occupava gran parte della parete, mentre nel lato opposto una porta dava su un bagno.
L'elfo domestico aspettò che fossi entrata per sparire di corsa giù per le scale. Chiusi la porta a chiave e mi accoccolai sul letto, abbracciando uno dei morbidi cuscini posti con rigorosa meticolosità sulla spalliera.

Finalmente ebbi il tempo necessario per riflettere su cuò che mi stava accadendo. Di lì a poco – giorni o forse ore – sarei diventata una Mangiamorte, e nessuno si era curato di interpellarmi sulla questione. Non che fossi contraria, ma evidentemente la mia appartene mansuetudine aveva fatto pensare alla mia famiglia che avessi accettato in virtù dell'obbedienza e dell'onore concessomi. Non sospettava che, in realtà, il desiderio di uccidere sotto il comando di Voldemort mi avesse sempre affascinato.
Non ero stupida, immaginavo quanto difficile fosse farlo; quanto fosse frustrante sentirsi comandata e sottomessa a qualcuno. Io, che non appartenevo a nessuno se non a me stessa, avrei dovuto prendere ordini da un uomo, se così si poteva ancora chiamarlo, talmente potente da aver affogato il proprio nome nella paura. Ed ero consapevole del fatto che una volta che fossi entrata a far parte del suo esercito, niente, se non la morte, mi avrebbe permesso di tornare indietro. Ma la brama di fare del male, di vivere quel Male che tanto mi aveva tormentato in quegli anni aveva abbattutto tutte le mie barriere morali.
Odiavo le persone, odiavo l'amore. Quale modo migliore per sfogare la misoginia di cui mi macchiavo, se non quello di rappresentare l'Oscura parte che tutti si illudevano di poter nascondere, o addirittura di non possedere affatto?

Alcuni tocchi alla porta distrassero i miei pensieri. Andai ad aprire.
"Signorina Lovett, il pranzo sarà pronto alle dodici in punto" squittì un elfa domestica, fissandosi le punte dei grandi piedi.
"D'accordo" risposi.
L'elfo non dava alcun sengo di volersene andare.
"C'è altro?" domandai, allora.
Esitò prima di rispondere.
"Il padrone chiede se, gentilmente, potrebbe... ecco..." si fermò titubante.
"Continua."
"... se potrebbe adottare un abbigliamento più consono" concluse in un sussurro.
Sorrisi di gusto.
"Dì pure al tuo padrone che sarò puntuale."

Scesi nella sala da pranzo, che trovai seguendo l'ennesimo elfo domestico barricato davanti alla mia porta, in perfetto orario. Indossavo un abitino di lana nero; i capelli sciolti sulla schiena.
C'erano tutti: i Mangiamorte secolari, Dolohov, Yaxley, i Carrow, Rowle, Rosier, e noi matricole.
Notai subito un paio di facce Serpeverde, naturalmente non potevano mancare Tiger, Goyle e quell'idiota della Parkinson. Di Zabini e Nott ancora nessuna traccia.
"Finchè siamo tra folla nessuno sospetterà nulla, Lovett" mi sussurrò velocemente Draco, scivolandomi accanto.
Gli sorrisi in risposta.
"Mi è giunta voce del tuo diverbio con mio padre."
Non sembrava arrabbiato, quanto piuttosto divertito.
"E' estremamente irritante. Persino il suo respiro trasmette falsità" sibilai.
"Non adesso, non qui. Ne parleremo più tardi" disse sbrigativo.

"Benvenuti, giovani ragazzi" Lucius ci parlava dal centro della sala fra due lunghe tavolate. "Sapete il motivo per il quale siete qui. Per il momento non vi è concesso mangiare con noi" indicò i Mangiamorte seduti alla sua sinistra. "Ma, non temete, questa spiacevole divisione durerà ancora per poco. Il Signore Oscuro ha grandi progetti per ognuno di voi, ed una volta conclusa l'iniziazione potrete prendere posto accanto al vostro Mentore, che vi seguirà durante i primi tempi della vostra nuova vita."
"Come veranno scelti i Mentori?" chiese un ragazzo.
"Jamie Dolohov... perspicace come tuo padre: devo ammetterlo" ammiccò Lucius.
Dolohov ridacchiò compiaciuto, mentre suo figlio gonfiava il petto d'orgoglio.
"Ogni cosa a suo tempo, ragazzo. Ora godetevi il pranzo, spero sia di vostro gradimento."
Detto questo prese posto a capo tavola.
Una schiera di elfi domestici iniziò a portare le cibarie.
Mangiai quel che mi occorreva per non morire di fame, nel frattempo indagai sui miei nuovi compagni. Di sette ragazzi non avevo mai visto il volto. Evidentemente non avevano studiato a Hogwarts. Feci un rapido calcolo, quattordici nuovi Mangiamorte di sarebbero uniti all'esercito. Avrei scommesso saremmo stati divisi in due gruppi da sette, e, calcolando il tempo necessario perchè anche Theo e Blaise venissero prelevati dalla scuola, in due, tre settimane al massimo e avremmo avuto tutti un bel tatuaggio sul braccio sinistro.
Certo l'improvvisa mancanza di sette ragazzi Serpeverde doveva aver messo Dumbledore sull'attenti. Non era ingenuo il vecchio, sapeva quanto la cosa non fosse casuale, ma se il Signore Oscuro aveva deciso di rischiare così arditamente era probabile che le cose non stessero andando per il meglio, e che gli servissero nel più breve tempo possibile nuovi seguaci.

Notai il ragazzo seduto alla sinistra di Draco fissarmi insistentemente. Non aveva toccato cibo, il suo piatto era ancora vuoto. Teneva il mento appoggiato sulle dita incrociate, mentre i suoi occhi saettavano dai miei capelli sino alle mani, impegnate a giocherellare con il bicchiere. Quando si accorse che ricambiavo il suo sguardo, ammiccò un sorriso provocatore, a cui risposi con la mia occhiata più gelida. Draco sembrava non essersi accorto di nulla, ma in realtà sapevo quanto sforzo stesse facendo per parlare con Tiger alla sua destra ed evitare di interessarsi a me.

Mi trovavo in biblioteca, comodamente raggomitolata su una poltrona con un grosso tomo fra le mani, quando sentì entrare qualcuno e cercare di chiudere il portone senza fare troppo rumore.
Non poteva essere Draco, il padrone di casa non avrebbe avuto bisogno di tutta quella segretezza.
Alzai gli occhi dal libro e non fui affato sorpresa nel constatare che sulla soglia vi fosse il bamboccio che aveva miseramente tentato di provarci con me poche ore prima.
"Posso?" mi chiese con calcolata cortesia, indicando la poltrona davanti alla mia.
Lo fissai impassibile. Palesemente a disagio si sedette ugualmente senza attendere risposta.
Continuai a guardarlo.
"Tu sei Isobell Lovett, giusto?"
Annuii.
"Piacere, io sono Danièl, vengo dalla Francia." Mi porse la mano che ignorai.
Sembrava sinceramente dispiaciuto.
"Cosa leggi?"
Alzai il grosso volume perchè potesse leggerne il titolo.
"Ah... Magia Oscura."
Il suo sguardo era cambiato, aveva paura. Ed io capii tutto.
"Ormai sei dentro, Danièl. Se avevi qualche dubbio avresti dovuto esporlo prima di soggiornare qui. Non troverai appoggio da me, nè da nessun altro qua dentro" gli dissi dura.
"No, hai capito male... io non ho affatto alcun dubbio... il Signore Oscuro, lui è grande, sa cosa è meglio per noi... io..." balbettò, gesticolando eccessivamente.
"Farò finta questo non sia mai accaduto" lo fermai, alzandomi.
Riposi il libro nel suo scaffale e mi avviai verso l'uscita.
"Ed io farò finta di non aver visto il modo in cui hai guardato il figlio del signor Malfoy a pranzo."
Il suo tono di voce era cambiato. Era pur sempre un futuro Mangiamorte.


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Ringrazio chi ancora mi segue e vi chiedo perdono per questo grandissimo ritardo! Finalmente ho ritrovato l'ispirazione *-*

Perdonatemi anche eventuali orrori di battitura, ma non mi funziona più il controllo automatico.
Se siete arrivati fin qui, lasciatemi anche una recensione se proprio non potete farne a meno! ahahhaha

Le parti in consivo sono state ricopiate letteralmente da "Harry Potter e I Doni della Morte", per rimanere fedele alla descrizione di Malfoy Manor.

Al prossimo capitolo!:*

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Capitolo 18
*** Sacrificio ***


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CAPITOLO 19: SACRIFICIO


Quella sera Draco non sembrava intenzionato a smettere di percorrere con le dita il profilo della mia colonna vertebrale.
"Non hai paura che ci scoprano?" gli sussurrai.
Sorrise divertito e continuò a giocherellare con un ciuffo dei miei capelli.
"Renderebbe la cosa molto più interessante" disse poi, sollevandomi appena.
Me ne stavo comodamente rannicchiata sul suo petto, beandomi di quel piccolo momento di intimità. Di rado potevamo permetterci simili attenzioni. Immaginavo a stento la faccia di Lucius - e il putiferio che ne sarebbe derivato - se avesse accidentalmente trovato suo figlio in atteggiamenti poco rispettabili in compagnia della ragazza che aveva osato tenergli testa. Senza contare che, oltretutto, nessuno al di fuori di Blaise e Nott, che nel frattempo erano giunti a Malfoy Manor, doveva venire a sapere di noi.
In proposito, un forte tocco alla porta ci fece sobbalzare entrambi. Draco inspirò irritato, lanciando un'occhiata veloce all'elegante orologio da polso. Sibilò qualcosa a denti stretti, che non riuscii a capire.
“Avanti” disse poi.
Due figure entrarono nella stanza.
“Perché siete qui ora?” sillabò Draco rivolto ai suoi amici.
Tratteneva a stento l'ira nella voce.
I due si guardarono di sfuggita, fiutando l'imminente guerra. Fu Blaise a parlare per primo.
“Scusa, abbiamo ritenuto più saggio anticipare il nostro incontro date le circostanze.”
“Quali circostanze?”
“Non avete ancora saputo?” domandò sorpreso Nott.
Le nostre espressioni confuse e impazienti lo invitarono a continuare.
“La data dell'Iniziazione è stata spostata fra due notti” spiegò.
Sentii la presa delle dita di Draco sul mio fianco farsi per un attimo più forte.
Non ebbi bisogno di ascoltare altro. Scattai in piedi e mi diressi a grandi passi verso l'uscita.
Il tonfo della porta che mi chiusi alle spalle risuonò fra le mura.

Corsi al piano superiore e raccattai tutto ciò che mi capitò sotto mano, infilandolo alla rinfusa dentro una borsa di scorta alla quale avevo già precedentemente applicato l'incantesimo di Estensione Irriconoscibile Permanente. Nel frattempo la mia finezza mi osservava interessata dalla cima dell'armadio data la mia innata capacità di imprecare solo in casi estremi. Mentre rivoltato un mobiletto del bagno, intravidi Draco sulla soglia osservarmi con aria di disapprovazione.
“Non dovresti stare lì” gli dissi, lanciando qualche crema sul letto.
“E tu non dovresti agitarti e fare... questo” rispose, indicando a braccia aperte il disordine che avevo creato.
“Non abbiamo tempo” ribattei fredda e irritata dalla sua calma.
Non lo sentii avvicinarsi e il suo corpo dietro il mio mi fece sussultare.
“C'è ancora tanto tempo, Izzie” mormorò, percorrendo con il naso il profilo della mia guancia.
Mi voltai verso di lui.
“Ho paura” ammisi.
“Lo so... anche io. Ma non dobbiamo farci prendere dal panico: sarà solo controproducente.”
“Blaise e Theo?”
“Sanno il fatto loro.”
“Continuo a non capire perché tu abbia voluto coinvolgerli a tutti i costi, Draco.”
Fece un profondo respiro.
“Ci seguiranno” spiegò alla fine.
Mi allontanai da lui.
“Perché?” gli domandai dura.
“Abbiamo bisogno di loro, Izzie. Ci faranno comodo due bacchette in più in caso...”
“... in caso ci prenderanno” capii.
“Esatto.”
“Pare che di questi tempi nessuno abbia più voglia di uccidere” sentenziai amaramente.
“Non è un male.”
“E' una noia, infatti. Avanti scendiamo a cena” dissi, avviandomi.
“E' ancora presto...”
Mi travolse come da tanto oramai non faceva più, e l'ultimo pensiero razionale che avrei dovuto formulare, prima di cadere nell'oblio dei suoi baci, avrebbe dovuto essere 'chiudere la porta', ma dimenticai anche quello. L'unica cosa importante per quel breve lasso di tempo furono le sue mani che andavano a slacciare con lentezza estenuante i bottoni della mia camicetta, e le sue labbra che si impadronivano della mia pelle senza mai raggiungere la bocca, e il suo corpo che si frizionava maledettamente sul mio.
“Allora, Lovett... vuoi ancora andare a cena?”” mi sussurrò lascivo.
Scossi la testa lievemente e percorsi con la punta del dito il suo collo, poi mi sollevai sui gomiti e spinsi il bacino verso l'alto, strappandogli un gemito di sorpresa.
Potevo sentire la sua eccitazione premere con insistenza attraverso la sottile stoffa delle mie mutandine.
Tentai di liberarmi di quell'ultimo indumento, ma Draco mi afferrò entrambi i polsi, portandomeli sopra la testa. Una sua mano scivolò tra le mie gambe.
“E pensare che avremmo potuto fare questo molto, molto tempo fa, Lovett.”
Questa volta fui io a ghignare. Poi per una volta fui stanca del mio autocontrollo, della mia durezza nei confronti del mondo, e in quella situazione non desiderai altro che lasciarmi andare fra le sue braccia, totalmente scevra di freni inibitori.
“Draco...”
“Sì?”
“Per favore, fammi dimenticare tutto questo” gli chiesi con voce stanca.
Mi fissò sorpreso per un momento.
Mi baciò piano la fronte.
“Solo noi” disse poi.
“Solo noi.”

Totalmente padrone di sé, non ebbe alcuna premura su quel mio corpo consenziente.
E per un attimo riuscì a materializzarmi altrove, in luoghi dove l'importanza non era da ricercarsi altrove, se non dentro le sue labbra.

Fui svegliata da un fastidioso ticchettio. Qualcuno stava bussando allo stipite della porta. Un mostriciattolo che se ne stava esitante sulla soglia: l'ennesimo petulante elfo domestico.
“Signor Malfoy, Signorina Lovett, il padrone manda Lobot a cercarvi: siete in ritardo per la cena.”
Alzai gli occhi al cielo e svegliai Draco. Stavo avviandomi vero il bagno quando notai che l'elfo era ancora lì e ci fissava, mordicchiandosi nervosamente le nocche.
“Perché sei ancora lì?” abbaiai.
“Padron Malfoy a chiesto a Lobot di riferire che se i signorini non scendono entro cinque minuti, saranno esentati dalla cena.”
“Dì pure a padron Malfoy che la sua cena se la può ficcare...”
Draco non mi permise di continuare, tappandomi la bocca con una mano.
“Vattene, feccia” ringhiò in direzione di Lobot, che sparì veloce sgambettando giù per le scale.
“Izzie, che ti prende?”
Lo abbracciai, nascondendo il viso sul suo petto, perché non potevo mostrare al mondo i miei singhiozzi nervosi e infantili.
Draco si sedette nuovamente sul letto, cullandomi. “Non ce la faccio più” bisbigliai.
Lo sentì sospirare mentre mi accarezzava i capelli.
“Ce ne andremo presto. Devi... dobbiamo resistere ancora un giorno.”

Quando scendemmo al piano inferiore, trovammo il grande portone della sala da pranzo sbarrato. Draco mi afferrò una mano e se la portò alle labbra. Gli sorrisi tesa.
Spalancammo i pesanti battenti, irrompendo nel chiacchiericcio immenso.
Le due tavolate si voltarono nella nostra direzione. Innumerevoli paia di occhi ci fissavano sorpresi, ma quelli di Lucius Malfoy fiammeggiavano su tutti gli altri. Si alzò, scacciando in malo modo la mano di sua moglie che aveva tentato di trattenerlo.
“Figlio mio, forse il mio messaggio non ti è giunto?” domandò irato.
“Affatto, padre. L'ho ricevuto” rispose Draco con calma.
“Non capisco allora il motivo della tua presenza qui, con la signorina Lovett inoltre, alla quale, se non sbaglio, era stato rivolto lo stesso tipo di avvertimento.”
“Abito in questa casa, padre, e Isobel è mia ospite. Intendiamo perciò cenare all'ora che preferiamo.”
Le labbra di Lucius si assottigliarono minacciosamente.
“Come osi rivolgerti a me con questo tono?” urlò.
L'uomo avanzò velocemente, ma prima che potesse anche solo pensare di infilare una mano dentro il mantello, la mia bacchetta lo pungolò fastidiosamente alla gola.
All'unisono i Mangiamorte sfoderarono le loro e ci accerchiarono. Il padrone di casa gli fece segno di tornare al posto: i panni sporchi si erano sempre lavati in famiglia, pur potendo contribuire di un degno pubblico.
Si rivolse poi a me.
“Isobel...”
“Cognome, prego. Non siamo amici” lo interruppi tagliente.
Un ombra di odio represso gli passò sul volto poi, però, sorrise accondiscendente.
“Lovett, abbassa la bacchetta e non ci saranno ulteriori problemi.”
Per tutta risposta gli rivolsi un'occhiata divertita.
“Finché tu rimarrai in vita, questo sarà un enorme problema, soprattutto per me.”
“Come ti permetti di dare del tu a mio marito, sudicia strega?”
Narcissa si eresse in tutta la sua eleganza, sporgendosi dal tavolo.
Sapevo quanto Draco tenesse a sua madre, perciò mi rivolsi a lei nel mio tono più gentile.
“Vi chiedo perdono, signora Black.” Sussultò nel sentirsi chiamata con il suo cognome. “Ma vostro marito non merita il mio rispetto. Non è dunque degno di alcun appellativo.”
La vidi irrigidirsi e aprire la bocca per ribattere, ma fu interrotta da Lucius.
“Narcissa, taci. Sono nel pieno delle mie facoltà mentali, non occorre il tuo intervento.”
La donna celò con un certo sforzo la rabbia e si risedette. “Draco come puoi permettere a una donna di prendere le tue difese?” continuò Lucius, rivolgendosi a suo figlio, che invece di rispondere fissò me.
“Sei il disonore di questa famiglia. Per quanto mi riguarda potresti anche schiattare, Draco, ma ai Malfoy servirà un erede prima o poi, e purtroppo tu sei l'unico membro disponibile. Tuttavia mi duole informarti che la donna che sposerai non sarà certo questa puttana che mi sta minacciando...”
Non ebbi bisogno di sentire altro. Lucius si accasciò per terra , esplodendo in un urlo disumano, che fece distogliere lo sguardo a molti dei presenti. Un rivolo di bava gli scivolò giù dalle labbra.
Non capivo come nessuno non fosse ancora intervenuto...
“Oh, oh, ma guarda cosa abbiamo qui, una piccola ribelle e il mio adorato cognato Cruciato con destrezza.”
Bellatrix avanzava lentamente.
“Quale onore, Lestrange averti qui. Arrivi proprio per il gran finale” dissi io, continuando a godere dei gemiti ormai spenti di Lucius.
“Zia Bellatrix.”
Draco emerse dall'ombra. La donna si voltò di scatto colta alla sprovvista.
“Draco...”
Le bastò far finta di essere sorpresa e da perfetta serva veterana di Voldemort qual'era, riuscì a schiantarmi dall'altro lato della sala. Draco le si avventò contro, ma anche lui ricevette lo stesso trattamento...

Quando ripresi conoscenza, riconobbi Draco disteso sul pavimento e un paio di scarpe di vernice nera che avrei riconosciuto fra migliaia. Qualcuno mi caricò di peso sulle spalle, portandomi via dalla sala di pranzo.
Gli occhi di Draco si muovevano famelici pieni d'odio verso suo padre. Io dal canto mio avevo riconosciuto l'incantesimo della Pastoia e mi ero arresa molto prima.

Quando non sei più corpo, ma solo anima, combattere diventa inutile.

Venni scaricata con poca grazia davanti al grande camino di quella biblioteca che per giorni era stata il mio rifugio. Lucius chiuse la porta a chiave e stranamente sciolse l'incantesimo in un sussurro.
Povera illusa ero stata, non ebbi neanche il tempo di stiracchiare un misero ossicino, che il suo corpo mi sovrastò, bloccando ogni mio movimento.
“Dove credevi di andare?”
Non risposi, in compenso riuscì a sorridere per l'assurdità di quella situazione. Neanche pochi mesi prima Johan mi aveva fatto la stessa domanda...
“Dovrei ucciderti qui, seduta stante, ma al Signore Oscuro servono seguaci, e privarlo del tuo coraggio sarebbe controproducente.”
“Si fotta il tuo signore: io non sono la serva di nessuno” ringhiai contro il suo volto a pochi centimetri di distanza.
“Eppure sembravi assai favorevole ad entrare a far parte della sua schiera solo pochi giorni fa. Qualcosa, o qualcuno ti ha forse fatto cambiare idea? Mio figlio, per esempio?” mi domandò con astio.
Potevo sentire il suo fiato che ancora sapeva di sangue e vino.
Di nuovo, preferì tacere.
“Bene, se la metti così allora ti dovrò costringere a parlare.”

Perdemmo entrambi il conto di quante volte volte venni Cruciata e torturata quella sera. Ricordavo solo che dopo un po' mi pareva che il mio corpo galleggiasse tra la vita e la morte.

Lucius sedeva sul divano, rigirandosi con disinvoltura la bacchetta fra le mani.
“Buongiorno, principessa” disse con sarcasmo.
Sputai un grumo di sangue, compiacendomi della macchina che si andava allargando sul pregiato tappeto di velluto.
“Da quanto tempo tu e mio figlio state insieme?” mi chiese con curiosità mal celata.
Voltai la testa altrove.
“Lovett, non costringermi a Cruciarti di nuovo. Per quanto mi diverta farlo dopo un po' diventa noioso” sbuffò.
Al mio ormai esasperante mutismo, Lucius sospirò irritato, poi si alzò con calma e mi prese in braccio.
Assurdo, per quanto in quel momento se avessi avuto la bacchetta, l'avrei torturato sino allo stremo, ero troppo debole e dolorante per non apprezzare la morbidezza di quel corpo in alternativa al pavimento dove giacevo inerme fino a pochi istanti prima, perciò gli misi le braccia attorno al collo, lasciandomi cullare dal suo passo cadenzato mentre attraversavamo il corridoio. Riuscì a sbirciare oltre la sua spalla: la sala da pranzo era ormai deserta.

Mi lasciò cadere sul letto padronale e solo quando lo sentì sopra di me, capii cosa sarebbe successo.
Mi ritrovai nuovamente con le braccia bloccate.
Si strusciò su di me, baciandomi piano il collo e sbirciando di tanto in tanto la mia espressione.
Era il degno padre di Draco.
Ed io... io non potevo negare quanto la situazione mi eccitasse. Quanto odio e sesso andassero pari passo con la mia vita.
“Sei consenziente...” mi sussurrò sorpreso.

Una lacrima andò a bagnare le lenzuola di seta. Mi facevo schifo. Per la prima volta provavo vergogna per me stessa e per quel calore che si irradiava ovunque.

“Lo prendo per un sì” disse compiaciuto.
Si accingeva a intrufolare una mano sotto il vestito, quando ritrovai un poco di lucidità.
“Ad una sola condizione” dissi.
“Quale?”
“Lascialo scappare...”
Lucius si sollevo leggermente e mi fissò contrariato.
“Ti prego, lui soltanto. Lascialo andare ed io...” deglutì nervosamente “... ed io rimarrò qui.”
Un sorriso perverso gli si dipinse sulle labbra. Si chinò a baciarmi.
“Hai la mia parola.”

Chiusi gli occhi, consapevole della mia condanna a morte, ma altrettanto sollevata che forse Lucius avrebbe rispettato le mie volontà, ed io quelle di Draco.



Grazie a chi ancora segue questa storia e a chi eventualmente la commenterà. Scusate il ritardo :)

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Capitolo 19
*** Nessun inchiostro ***


ko


Ringrazio di cuore Ally Mayfair (ho postato prima del 18, come mi avevi chiesto!) e Lovy91 che hanno recensito e con cui ho avuto modo di parlare in separata sede.

Premetto che sono un pò perplessa dalla piega che sta prendendo questa storia. Ho seri dubbi sulla coerenza affettiva di Draco. Se doveste recensire, parlatemi pure delle vostre impressioni.
Se vi sono alcune parti non chiare, sarò lieta di chiarirle!
Ora vi lascio al capitolo.
Buona lettura.


Capitolo 18: Nessun inchiostro



“Mi perdoni, signorina Lovett... signorina Lovett, aspetti! Signora Lovett!”
Ma perchè sembrava che tutti gli elfi domestici di Malfoy Manor fossero stati incaricati di importunarmi?
Mi appoggiai al corrimano delle scale.
“Cosa c'è adesso?” gli chiesi stanca.
“Signorina Lovett, ho un biglietto per lei” disse ancora ansimante per avermi rincorso, porgendomi un foglietto di pergamena.
Non appena riconobbi la sua calligrafia, mi precipitai in camera.

Non chiudere la porta della tua camera stanotte.

Non potei fare a meno di sorridere e conservare quel pezzo di carta stropicciata tanto avevo riletto quella frase. Lo riposi nel cassetto, e quella sera feci come mi era stato chiesto.

Sognavo una grande fontana. Stavo a mollo nell'acqua; bevevo Whisky Incendiario, ma non riuscivo a respirare. Qualcosa mi grava sul petto, impedendomi di prendere aria... aprì gli occhi spaventata, sollevandomi di scatto.

“Ben svegliata.”
“Draco... lasciami dormire, ti prego. Ancora cinque minuti...” bofonchiai, voltandomi dall'altra parte.
“Lovett, hai un secondo per alzarti” mi sussurrò astioso.
“Altrimenti?” domandai, ficcando la testa sotto il cuscino.
“Altrimenti ti Crucio qui, su questo letto.”
Sbuffai e sollevai appena il capo per guardarlo.
“Ti hanno mai detto quanto tu sia esasperante...”
“...insistente e viziato? Si, un paio di volte” rise.
Riemersi controvoglia dal mio cantuccio e mi accoccolai sul suo petto.
“Non pensarci neanche, Izzie. Non dormirai su di me.”
“Perchè proprio nel cuore della notte?” mi lamentai, appoggiandomi con la schiena alla spalliera.
Non rispose. Si alzò dal letto, avvicinandosi alla finestra.
“Non dovrei essere qui. È rischioso” disse poi spostando con fare guardino un lembo di tenda.
“Allora perchè sei venuto?”
Respirò profondamente, incerto se rispondere.
Non ci fu bisogno di parole.
“Anche tu...”
Mi guardò sorpreso.
“Sei fastidiosamente perspicace, Lovett. Non mi piace questa cosa.”
Lo vidi sorridere alla luce della luna.
“No, Draco. Riesco solo ad arrivare dove altri non sono riusciti.”
“Mi chiedo se non ti abbia permesso fin troppo.”
“Può darsi, ma tanto non puoi tornare indietro.”
“Perchè odi mio padre?” mi domandò poi.
Rimasi spiazzata, non tanto per la domanda, quanto per la risposta che avrei dovuto tacere.
Abbassai la testa, sfuggendo al suo sguardo indagatore.
“Guardami, Isobel” mi ordinò per nulla adirato.
Non volevo dirgli la verità, perciò inventai una scusa.
“Mi irrita sentirlo parlare. È maledettamente...”
“Smettila” mi fermò gelido.
Mi allontanai da lui e camminai su e giù per la stanza. Sentivo il suo sguardo trapassarmi la schiena.
“Dimmelo.”
“No.”
“Perchè?”
“Fraintenderesti le mie parole, Draco.”
“Non ne hai la certezza.”
Mi sedetti sul bordo del letto con la testa fra le mani. Lo sentì avvicinarsi e sfiorarmi la spalla con una mano.
“Se non devi dirmi altro, sei pregato di andare” dissi impassibile.

Fui sbattuta sul materasso a pancia in su; il suo corpo sul mio, le sue mani mi imprigionavano i polsi sopra la testa.
“Spostati” ringhiai.
“Non costringermi a farti del male.”
“Ti prego, Draco, lasciami in pace...”
“Non lo capisci che non ci riesco?” mi domando frustrato.“Ho bisogno di sapere. Devi dirmi il motivo per cui odi tanto mio padre.”
“Perchè?”
“Non posso dare una risposta alle tue domande, se prima tu non lo fai con le mie.”
Giusto compromesso. Sospettavo stesse tramando qualcosa e la preoccupazione sovrastò la paura che avevo di dirgli la verità.
“Ti ha sempre e solo considerato un trofeo, un offerta di lealtà al suo Signore. Non posso sopportare la sua finta gentilezza, il modo in cui ha osato trattarti in questi anni. Nessuno deve osare anche solo guardarti così. Ed io avrei voluto fargli male, appena l'ho visto, avrei voluto torturarlo... non riesco a fare un fottuto passo senza di te, Draco, e saperti qui in questa casa contro la tua volontà, a contatto con questa feccia, mi fa ribollire il sangue nelle vene.”
“Era quello che volevo sentire” ghignò.

Si chinò per baciarmi. Infilai le mani fra i suoi capelli e lasciai che incastrasse il viso nell'incavo del mio collo. Era una strana situazione. Dovette averlo percepito anche lui, perchè si allontanò in fretta.
“Draco...” lo chiamai piano.
“Cosa c'è?” rispose brusco.
Ci rimasi male.
Dio, com'ero caduta in basso! Adesso era addirittura in grado di farmi provare dolore con una semplice parola.
“Perdonami” mi disse, allungando una mano per avvicinarmi a sé.
“Cosa ti prende?” gli chiesi.
Le sue dita andarono a percorrere il profilo delle mia labbra.
“Mi hai preso tu, Isobel... e non riesco più a gestire questa cosa” ammise dopo qualche istante.

Sapevo quanto parlare così apertamente gli stesse costando caro, ma non avevo alcuna intenzione di mollare e lasciar richiudere lo spiraglio della propria anima in cui, di tanto in tanto, anche Draco Malfoy ti permetteva di sbirciare.
“C'è altro?”
Sorrise con quello sguardo arrendevole che, di rado, gli si dipingeva sul volto.
“Sai, Izzie, ho sempre temuto arrivasse il giorno in cui le mie scelte non sarebbero state più condizionate dalla mia famiglia” riprese, ritornando serio. “Avevo paura di cadere nel vuoto, di ritrovarmi in un immenso buco nero di inesperienza, troppo grande per poter continuare a vivere autonomamente. D'altro canto, però, fremevo d'impazienza all'idea che avrei potuto finalmente essere padrone di me stesso. Nessuno avrebbe più deciso per me; niente mi avrebbe impedito di fare ciò che volevo. E poi, invece, quando quel maledetto giorno hai baciato Blaise, ho capito che non sarei mai stato libero. Senza che te ne sia resa conto mi hai legato a te col tuo distacco dal resto del mondo e la tua cinica freddezza. Non voglio uccidere, ma tu questo lo avevi già capito. Non sai però che avevo intenzione di andarmene, di scappare da tutto come un fottuto codardo. Eppure... eppure non ci sono riuscito, non ho opposto resistenza quando mio padre è venuto a prendermi...”
“No, Draco... assolutamente no!” sbottai, allontanandomi.
Una vaga aria da cane bastonato imprigionò il suo viso, cancellata poco dopo dalla stizza.
“Isobel, per... per favore” balbettò non tanto per insicurezza, quanto per la rabbia che gli scuoteva le ossa e lo faceva tremare.

“Non posso, Draco, non posso. Ti prego non farmi questo, non adesso... io non posso, non voglio. No, no... no!” Indietreggiai con lentezza, non perdendo mai di vista il suo sguardo. Caddi in ginocchio. Mi dondolavo avanti e indietro come un'ossessa con le braccia strette al petto e il busto chino. Non mi ero resa conto di stare piangendo. La tensione accumulata durante tutti quei giorni venne fuori come una grande ondata, e la mia malattia, che tanto si era acquietata, in quel momento si manifestò nuovamente, dandomi forti scossoni.
Draco mi strinse fra le sue braccia, come ai vecchi tempi, impedendo che fuggissi via per ovvi motivi.
“Stai bene?” mi chiese dopo un po'.
Annuì, alzando appena il viso.
“Vieni via con me” mi disse a fior di labbra.
“Perchè?” gli domandai implorante.
“Perchè non c'è un briciolo di amore in me.”
“Neanche in me, Draco, lo sai. Non ti capisco.”
“Voglio passare il resto della mia esistenza con te. Voglio scappare con te. Voglio imparare ad amare per te. So quanto questo possa sembrare irrazionale, addirittura metafisico, ma non riesco a spiegare in altre parole ciò che mi impedisce di staccarmi da te.”
“Allora è questo che si prova?” gli domandai allibita.
“Credo di si, e fidati non è per niente bello.”

Risi; lo baciai poi con quel trasporto che mi era mancato, e quella notte lasciai che Draco trovasse sfogo sul mio corpo mentre lasciava scivolare le mani sulle mie cosce e poi su sino al seno, e di nuovo giù a mordere le caviglie e graffiare l'avambraccio sinistro dove avevo deciso non ci sarebbe stato alcun tipo di tatuaggio.

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Capitolo 20
*** Avanti e indietro ***


ko


CAPITOLO 20: AVANTI E INDIETRO


Ore 2:00 a.m.

Quella notte non chiusi occhio: Lucius e la sua stramaledetta capacità di distrarmi; l'agitazione perenne per il piano che avrei fatto mettere in atto di lì a poco.
Indussi Malfoy ad un sonno perenne con un incantesimo e che il suo respiro si facesse pesante, poi sgattaiolai veloce dalla camera, giù per le scale sino alla stanza di Blaise. Non mi curai di bussare ed entrai di soppiatto, avvicinandomi al letto. Saltai i convenevoli e lo svegliai. Fu sorpreso di vedermi. E non di vedermi proprio lì, ma di vedermi e basta.
“Izzie, credevo fossi morta” mi disse infatti.
“Sì, sarebbe piaciuto a molti... Ora muoviti e seguimi, non ho tutta la notte. Dobbiamo andare da Theo e mi devi dire qual è la sua stanza” gli risposi sbrigativa.
Mentre attraversavamo il più silenziosamente possibile il corridoio fiocamente illuminato, Blaise mi chiese “Mi spieghi cosa stiamo fa...”
“Taci, idiota, non qui” lo zittii.
Non meno sorpreso dell'amico, Theo ebbe almeno il buon senso di non pormi domande stupide che mi avrebbero fatto perdere solo minuti preziosi.
“Non ho molto tempo e non dovrei neanche essere qui. Statemi a sentire, ho fatto un accordo con Lucius: lascerà scappare Draco. Ma non mi fido di lui, perciò qui entrate in gioco voi. Andate da Narcissa e convincetela a liberare Draco. Non sarà difficile, ha sempre avuto un debole per suo figlio. Assicuratevi che Bellatrix non sia di vedetta nei sotterranei, in tal caso non uccidetela, la sua morte ci procurerebbe più grane che altro, quindi usate la fantasia. Una volta fuori mentite a Draco e ditegli che io sarò nel villaggio vicino ad aspettarvi. Se prova a leggervi la mente, chiudetela; se non ci riuscite, allora schiantatelo e portatelo via di peso. Avete a disposizione buona parte della notte, perciò entro domani mattina vi voglio fuori da questa casa. È tutto.”
I due si scambiarono un'occhiata perplessa, poi tornarono a fissarmi.
“Quando ci raggiungerai?” domandò Blaise.
“Non verrò con voi, Zabini. Rimarrò qui, il patto è questo” tagliai corto.
Feci per andarmene ma sfortunatamente Nott aveva una gran voglia di chiacchierare.
“Diventerai un Mangiamorte, non è così? La sua libertà in cambio della tua.”
Mi fermai, combattuta tra il desiderio di schiantarlo e quello di rispondergli civilmente. Fu fortunato che non avessi più la mia bacchetta.
“Sì, in parte è così” risposi piatta.
“Cosa vuol dire in parte? Isobel, c'è qualcos'altro?”
“Non ti riguarda, Nott. Non riguarda nessuno, ma soprattutto non riguarderà mai Draco, siamo intesi? E vi avverto: se qualcosa va storto, io vi vengo a cercare.”

Mi chiusi la porta alle spalle e presi un lungo respiro. La parte più facile era fatta.
“Izzie...”
Sbuffai, ma avevo previsto anche quello. Tuttavia Blaise non mi concesse il tempo di dire nulla.
“Questi te li ha fatti lui, non è così? E' questo che ti ha chiesto in cambio?” mi domandò, sfiorando i segni dei morsi che avevo sul collo.
Voltai la testa di lato, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi.
Sospirò pesantemente, trattenendo a stento la rabbia.
“Non andrà via senza di te, lo sai vero? Verrà a cercarti... a costo di ucciderci entrambi, Izzie, lui non lascerà che io e Theo gli impediamo di tornare a prenderti.” Questa volta lo fissai, riesumando il vecchio ghigno di un tempo.
“Non lo farà, Blaise.”
“Forse non hai capito: tu per lui sei come l'aria che respira, non vorrà mai lasciarti qui...” tentò di spiegarmi.
“No, non lo farà, Blaise. Non ne avrà motivo dopo che tu gli avrai aperto la mente e lui ti vedrà parlare con me ora, in questo momento.”
“Cosa...”
Mi avvicinai e gli svelai l'ultima parte del piano, la più difficile.
Non osai voltarmi a guardare il suo volto mentre me ne andavo.


Ore 3:30 a.m.

Lucius dormiva profondamente quando tornai in camera. Non avevo la benché minima voglia di pensare al motivo per cui quell'uomo mi ispirasse un così forte senso di protezione.

Perenni, petulanti paradossi della mia vita.

Bloccai la porta, insonorizzai la stanza e la protessi da eventuali irruzioni e incantesimi, poi rimasi appostata alla finestra fin alle prime luci dell'alba , in tempo per vedere tre figure che silenziose e scattanti oltrepassavano il grande cancello di ferro battuto.
L'ultima immagine che ebbi di lui, non fu altro che una chiazza chiara in mezzo a quel buio spesso. Aspettai di vederli scomparire oltre la barriera magica invisibile, in modo da poter scivolare per terra e vomitare lacrime e dolore con la poca forza che mi rimaneva.


Ore 7:00 a.m.

Lo svegliai con un bacio. Tanto valeva calarsi già da ora nella parte.
“Lucius...”
“Buon giorno, principessa” mi sorrise assonnato.
Dio, quanto parlava troppo.
“Fallo” gli intimai.
Mi guardò stranito.
“Adesso? Sei sicura?”
“Sono sicura. Avanti, sbrighiamoci, ho fame e voglio fare colazione, e poi l'iniziazione sarà domani sera, meglio essere pronti.”
“D'accordo, Lovett. Non che mi dispiaccia, mi stai togliendo l'impiccio di farlo di mia spontanea volontà, ma se questo è quello che vuoi, acconsentirò: un patto è sempre un patto.”
Prese la bacchetta da sotto il cuscino.
“Non potrai più tornare indietro...”
“Per me non c'è niente indietro.”


Ore 8:30 a.m.

“Mi passi la marmellata, per favore?” chiesi al bel ragazzo moro che mi sedeva a fianco, mentre imburravo il mio toast. “Perdona il mio comportamento inopportuno dell'altra volta, Isobel. Non avrei dovuto immischiarmi nelle tue questioni personali” si scusò, passandomi in barattolo.
Lo guardai confusa. “Non capisco di cosa tu stia parlando.” Sembrò sollevato dalla mia risposta. “Sono comunque agitato. È un grande passo, questo” mi confessò, cercando di non farsi sentire dagli altri commensali.
Gli sorrisi rassicurante. “Non saresti agitato se non fosse una cosa così importante. Rilassati e riserva la forza che metti nel tuo nervosismo sul campo di battaglia, Danièl.”
“Ragazzi, avete sentito? Pare che Draco, Blaise e Theo se la siano data a gambe. Nessuno sa come abbiano fatto, né perché Lucius sembra così tranquillo” bisbigliò qualcuno seduto al centro.
Danièl impallidì e mi lanciò un'occhiata penetrante. Quel ragazzo era strano.
“Evidentemente non erano degni dell'opportunità che era stata a loro riservata” commentai, sprezzante.
Si levarono parecchi mormorii di approvazione, qualcuno azzardò un applauso.
Incrociai per caso lo sguardo di Lucius dall'altra parte della stanza: sorrideva soddisfatto.

Ancora, dopo tanti anni di scopate clandestine, non capivo che cazzo gli fosse capitato di così bello per essere tanto felice.



Premetto che sotto sotto spero che non abbiate capito nulla della fine di questo capitolo, perchè in tal caso sarei riuscita a nascondere l'ultima parte del piano di Izzie. Se qualcuna di voi lo ha capito, non me lo scriva così mi posso sentire brava per qualche istante hahaha
scherzi a parte, anche se avete capito, va bene lo stesso (più o meno)!


Recensioni

- Lovy91: credo di averti spiegato abbastanza a voce, sentiti onorata inoltre di leggere i capitoli in anteprima e di vedermi sclerare mentre li scrivo al bar! hahahahaa:*

- Ally Mayfair: grazie per la recensione. come vedi ho postato in fretta, purtroppo mi succede così: ho un overdose di ipirazione a cui si alternano periodi di sterilità mentale creativa assurdi hahaha ti ringrazio nuovamente per la tua fedeltà nonostante posti ogni morte di papa :)*


- Ageno: spero che il nuovo capitolo di sia piaciut! sono onoratissima che tu mi adori e mi consento di montarmi un pò la testa :P hahaha al prossima capitolo:*


- DreamWanderer: AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHA la mia recensista preferita è tornata a commentare con le sue recensioni-capitolo! si può dire che anche io sia tornata però U.U
Passiamo all'analisi. Allora posso dire che Izzie sia stata sovraccaricata di pressione e che quindi giustifichiamole questa esplosione di sentimenti verso il mondo. Blaise e Theo, come hai letto sopra, hanno assunto un ruolo di vitale importanza per l'attuazione del piano, e nei capitolo successivi sarà "peggio." L'amore di Narcissa verso Draco mi ha permesso di renderla partecipe della fuga, perciò la ringrazio xD Quanto a Lucius non possiamo negare che Izzie sia legata e attratta da lui. Nonostante il rapporto con Draco, lei non cambia il suo essere e continua ad essere la solita un pò puttana di sempre. Padre snaturato o no, quell'uomo è decisamente una vera serpe.
Spero che questo capitolo ti sia piaciuto :) Aspetto un altro papiro lunghissimo di recensione hahaahhaa un bacio*

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Capitolo 21
*** Rapina a mente armata ***


Capitolo 21

 

Avevi promesso di mostrarmi la sala, prima dell'iniziazione” ricordai a Lucius quel pomeriggio.

Lo farò.”

Si chinò a baciarmi.

Non essere imprudente: qualcuno potrebbe vederci” lo ammonii.

Allora andiamo in un posto più... sicuro” ribatté con malizia celata.

Evitai di alzare gli occhi al cielo solo perché mi avrebbe visto. Detestavo quando interrompeva la mia lettura, ma riposi ugualmente via il libro che tenevo sulle gambe e lo seguii in fondo alla biblioteca. Ci fermammo davanti all'ultima immensa libreria nell'angolo destro. Sentì Lucius mormorare qualcosa: una porta apparve dal nulla. La infilammo e percorremmo un lungo corridoio di pietra, spoglio ma perfettamente pulito e illuminato. Sospettai però che gli elfi domestici di Malfoy Manor ignorassero l'esistenza di quella parte di casa.

Entrammo in quello che avrebbe potuto essere uno stanzino per le scope, e stavo già per protestare scocciata, quando la porta si chiuse alle mie spalle con un tonfo e il cubicolo si trasformò sotto i miei occhi in una lussuosa camera da notte. Come era solito fare, Lucius aveva deciso di occupare gran parte dello spazio grazie ad un enorme letto dai colori scuri e caldi. Non c'era altro mobilio.

 

È sicuramente una stramaledetta stanza del sesso, pensai sarcastica. Mi piace.

 

Avanzai lentamente e mi distesi sul morbido materasso, lasciandomi cullare dal quel soporifero dondolio. Mi sentivo strana, come se, al tempo stesso, quel luogo mi ispirasse familiarità ed estraneità.

Lucius mi fu subito addosso.

Sarai una perfetta Mangiamorte” sussurrò lascivo, mentre le sue mani andavano a sbottonarmi i pantaloni.

Non ebbi neanche il tempo di tirarmela un po', che un rumore lontano attirò la nostra attenzione. Lucius si sollevò sui gomiti, porgendo l'orecchio.

Di nuovo quel rumore.

Mi posò un dito sulle labbra, intimandomi di rimanere dov'ero, mentre lui si avvicinava alla porta, guardingo. Aprì di poco l'uscio, ed allora non avemmo più alcun dubbio: c'era qualcuno in biblioteca, e la stava letteralmente facendo a pezzi. Il rumore sentito altro non era che il frastuono emesso dalle pesanti librerie davanti all'entrata del passaggio segreto, che evidentemente l'ospite inatteso cercava di far esplodere.

Mi abbottonai i jeans in tutta fretta, afferrai la bacchetta e mi preparai al vicino scontro. Lucius mi copriva la visuale, proteggendomi dietro di sé.

Un ticchettio di passi veloci riecheggiò nel corridoio, la porta si spalancò e un ansimante Draco Malfoy apparve sulla soglia. Lucius abbassò di poco la guardia, sorpreso.

Lasciala andare” sibilò il ragazzo.

Potevo sentire nell'aria la rabbia che tentava senza sforzo di nascondere.

Sorrisi, ricordando scene simili a Villa Lovett.

Non ti aspettavo” dichiarò Lucius duro. “Sei comunque il benvenuto, figlio mio.”

Taci! Non ho bisogno di sentirmi il benvenuto in questa casa. Sono venuto qui per lei” rispose, accennando a me.

Rimasi per un momento interdetta.

Non ti pare più saggio, Draco, chiedere a Isobel se desidera venire con te, piuttosto che irrompere qui con maleducazione e pretendere una cosa che non ti appartiene?” domandò Lucius tanto gaio quanto mai lo avevo visto prima.

Draco inspirò infastidito, poi mi fissò insistentemente, ed io continuai a non capire.

Izzie...” mormorò.

Non chiamarmi per nome: non siamo amici” la vecchia risposta mi scivolò fuori automaticamente.

Draco prese un doloroso respiro, portandosi una mano tremante al petto, quasi avesse paura di non riuscire a contenere ciò che stava provando in quel momento.

E' stata lei a volerlo. Lo sai anche tu” si giustificò Lucius, infilando, evidentemente, ancora di più il dito nella piaga.

Draco fu fulmineo: un lampo di luce rossa partì dalla sua bacchetta e il corpo del padre venne schiantato fuori dalla camera, ricadendo pesantemente sul pavimento di pietra.

In preda alla furia, mi scagliai contro suo figlio, e iniziai ad odiarlo, ad odiarlo come mai avevo odiato.

Ma il ragazzo era furbo: anziché usare la magia, adoperò la forza e, venendomi incontro, sfruttò la mia avanzata per caricarmi di peso su una spalla e uscire di tutta fretta. Scavalcò il corpo di Lucius che giaceva ancora svenuto.

Tentai di liberarmi, ma più mi agitavo più lui sembrava aumentare la presa. Era perfettamente in grado di trasportare i miei cinquanta chili senza scalfire la sua elegante andatura.

Riemergemmo nella biblioteca e dato che continuavo a dimenarmi sopra di lui mi scaricò per un momento in un angolo, immobilizzandomi e ammutolendomi con un incantesimo.

Sapevo che non sarebbe stato facile portarti via da qui, ma avevo dimenticato quanto potessi essere difficile da gestire” si lamentò scuotendo la testa sconsolato.

Gli lanciai un'occhiata interrogativa.

Chi si credeva di essere questo fottuto figlio di papà per arrogarsi il diritto di rapirmi? Cosa voleva da me?

Persa com'ero nei miei pensieri, non lo sentì mormorare la maledizione senza perdono con la qualche da quel momento in poi sarei diventata un burattino nella sue mani... la mia testa sentì solo la sua voce, il suo comando: Seguimi.

Ci smaterializzammo in giardino, comparendo in mezzo ad un folto prato verde.

 

Cammina.

 

Una villa antica. Sicuramente un podere di famiglia.

Arredamento elegante, accogliente, niente a che vedere con Malfoy Manor.

 

Entra.

 

Una sontuosa camera da letto.

 

Siediti e aspettami qui.

 

Non appena la porta si chiuse a chiave ritornai in me e naturalmente non ricordai nulla del tragitto che mi aveva portato in quella stanza. Non ebbi molto tempo per rimuginare e tentare di cercare una spiegazione o una via di fuga: la porta si aprì di nuovo. Questa volta Draco non era solo, con lui c'erano gli altri due fuggitivi, Theodore Nott e Blaise Zabini, e un uomo corpulento che non conoscevo.

Fu proprio l'uomo a parlare per primo.

Non capisco il motivo della tua chiamata, nipote” esclamò rivolgendosi a Blaise.

Signore, penso che le basti ricordare di aver avuto in cura i Paciock. Il resto lo capirà da sé più avanti.” intervenne Draco.

Zio, Draco ha ragione. Per ora devi soltanto visitarla” concluse Blaise.

Il dottor Zabini si avvicinò a me con cautela; sembrava avere più paura di una trappola, o che da qualche parte comparisse qualcosa per spaventarlo. Riuscì comunque a mettere tra di noi pochi centimetri. Indietreggiai malfidente.

“Lovett, cazzo, sii ragionevole e fatti guardare dal dottore. Se avessimo voluto ucciderti l'avremmo già fatto” sbuffò Draco, uscendo dalla stanza.

Messa alle strette dal buon senso di quell'affermazione, acconsentii.

La visita si rivelò essere soltanto una raccolta di alcuni miei pensieri e di un po' di Legimens. Tutto qui.

 

Mi lasciarono in quella camera, sola e senza il benché minimo chiarimento. Sembrerà strano, ma ero maledettamente stanca e svuotata dalla voglia di scappare o urlare o protestare. Volevo solo distendermi su quel morbido materasso e sperare di ritrovarmi la mattina dopo nel letto di Lucius...

Isobel... Isobel!”

Aprì gli occhi di scatto spaventata per il brusco risveglio. Blaise era seduto accanto al mio giaciglio.

Cosa vuoi” riuscì ad abbaiare nonostante fossi ancora assonnata.

Devo parlarti.”

Sbuffai infastidita.

Spara.”

Meriti una spiegazione per quello che ti è successo.”

I miei occhi e le mie orecchie di fecero d'un tratto più attenti.

Avanti parla e cerca di fare in fretta, ho davvero bisogno di dormire. Sai sono un essere umano anche io e non un topo la laboratorio come ritenete.”

Rise di gusto. “Avevo dimenticato quanto potessi essere... te stessa.”

Che intendi dire?” domandai sinceramente curiosa.

Blaise prese un profondo respiro e iniziò a parlare...

 

Mi stai dicendo che ho sacrificato la mia libertà per Draco?” gli chiesi con voce flebile dopo che ebbe finito di raccontare.

Sì, hai venduto la tua memoria a Lucius Malfoy per lasciar fuggire l'amore.”

Impossibile...”

Eppure è così.”

Perché non è venuto Draco a dirmi questo? Perché tanti misteri? Ma soprattutto, se davvero mi è stata cancellata o modificata la memoria, come pensa di aggiustare le cose? Che io sappia non esistono modi per riacquistarla.”

Esiste...”

E quale sarebbe?”

Blaise mi fissò gli occhi con la paura e l'orrore che trapelava dalla durezza della sua espressione.

La tortura...” sussurrò abbassando la testa.

Annuii e iniziai a ricomporre il puzzle delle ultime ore. Lo zio di Blaise aveva curato per un periodo i genitori di Neville, impazziti a causa delle torture, quindi era esperto in materia e sicuramente avrebbe potuto fare una consulenza a Draco sul da farsi.

Chi mi dovrà torturare?” gli domandai diplomaticamente.

Un altro respiro di Zabini.

Vuole farlo lui stesso...”

La porta si spalancò all'improvviso, scoprendo la figura di Draco sulla soglia.

Non doveva sapere” chiosò furioso mentre il corpo dell'amico veniva schiantato fuori dalla camera.

Provai paura e quando lo vidi sigillare tutto e avvicinarsi a me tentai di scappare verso il bagno ma in momento lui fu su di me, bloccandomi col suo peso al pavimento freddo.

Sentì il timpano vibrare mentre mi urlava a distanza ravvicinata: “Sei convinta che mi piaccia farlo? Sei convinta che voglia farlo, eh, Lovett?!”

Lo fissai sempre più impaurita e ormai arresa al fatto che il ragazzo che avrei dovuto amare, si stava preparando per farmi passare il quarto d'ora più terrificante della mia vita.

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Non penso che implorare umilmente perdono per la mia assenza serva a qualcosa. Spero che in cuor vostro questa storia vi piaccia ancora e che abbiate ugualmente, nonostante il lungo tempo passato, la voglia di continuare a leggerla e seguirla. Al prossimo capitolo.

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Capitolo 22
*** Quel bagno infinito ***


Capitolo 22

Quel bagno infinito

 

“Ammettilo, Malfoy” bofonchiai contro il pavimento “un po' ti piace farmi questo.”

Vidi la sua schiena scossa da un tremito, poi si alzò e uscì dalla stanza senza voltarsi.

Risi e sputai il sangue che avevo in bocca. A fatica riuscii a mettermi in piedi e a raggiungere il bagno. Mi lasciai scivolare dentro la vasca ancora vestita e chiusi gli occhi.

Era ormai quasi un settimana che Draco Malfoy veniva a farmi visita e si impegnava così tanto nel mettere in pratica Maledizioni Senza Perdono e altrettanto curiosi incantesimi di tortura. Ma io non demordevo; il mio cervello non demordeva, e intanto qualcos'altro, o meglio qualcun altro, stava iniziando a entrare nella mia stanza sempre più spesso.

Non dovetti aspettare molto, anche quella sera, di nascosto, Blaise era venuto per me.

 

“Izzie, come stai?”

“Oggi sembrava più frustato del solito, Blaise. Quando dici che la smetterà e si arrenderà al fatto che non mi riavrà più indietro?” gli domandai con voce stanca.

“Spero non troppo presto...” sussurrò più a se stesso che a me.

“Cosa hai detto?”

“Nulla, nulla... avanti fatti aiutare” mi liquidò sbrigativo, avvicinandosi alla vasca.

Sbuffai e lo guardai contrariata.

“E tu, dimmi un po', quando la smetterai di venire qui ad aiutarmi e mi lascerai fare la povera vittima in pace?” lo apostrofai.

“Quando tutto questo sarà finito” con un tono che non ammetteva repliche.

Accettai di essere zittita e lasciai che iniziasse a togliermi i vestiti.

Via la camicetta, via i jeans, via anche il sangue che andava a sporcare le mani e si infilava sotto le unghie. Blaise prese una spugna, ci mise sopra un po' di bagno schiuma costoso e la posò sul bordo della vasca come faceva sempre. Fece per andarsene per lasciarmi un po' di privacy, anche questo lo faceva sempre, ma questa volta gli afferrai il polso.

“Ci sarai davvero sino alla fine?” gli domandai con un bisbiglio.

“Sì, Izzie, ci sarò... sempre.”

Implorai il suo aiuto, buttando nuovamente giù la maschera...

Un flash squarciò per un attimo il dedalo di pensieri. L'inquadratura di un cielo nero e quella sensazione di uno sporco pavimento di pietra sulla pelle. Dove l'avevo già sentita? Quando era successo, ma soprattutto era successo? Chiusi gli occhi per controllare se si ripresentava nuovamente, ma niente. Era stato solo un pensiero insulso dovuto sicuramente alla stanchezza della tortura...

“Izzie, tutto bene?”

“Sì, Blaise è tutto ok.”

“Vuoi davvero che, insomma... che ti lavi io?” mi chiese imbarazzato.

Gli bastò guardarmi meglio per capire che non era un gioco e che non stavo affatto scherzando.

Era bello fare finalmente, dopo ore di male, la bambolina fra le gentili braccia di qualcuno che non fosse la morsa del dolore e la frustrazione di Draco.

Mi arresi alla presa salda e delicata di Blaise, lasciando andare il mio corpo contro il suo, mentre mi spogliava degli ultimi indumenti. E non importava che fossi nuda su di lui, importava solo che due mani morbide mi strisciassero la pelle con la schiuma e che mi tenessero su con sicurezza.

Alzai le braccia e gliele misi al collo per facilitargli l'operazione, poggiando la testa bagnata sulla sua spalla. Lo sentii irrigidirsi e accennai un sorriso.

Soffrivo a stare in piedi, mi faceva male tutto e quel bagno sembrava stesse durando una vita.

Capì solo dopo il perché.

“Izzie...”

“Dimmi, Blaise.”

“Posso...” si fermò titubante.

“Puoi? Cosa?”

“Posso... devo... insomma, Lovett, se vuoi che ti aiuti a lavarti devi permettermi di mettere le mani dove in teoria non potrei!” sbottò infastidito.

Rimasi un momento in silenzio, poi risi di gusto come non facevo da tanto.

“Sì, Blaise, ho capito. Non c'è bisogno che ti alteri” gli risposi divertita “Finisci pure.”

Ero ormai allo stremo delle forze e sentii poco le sue dita che andavano a insaponarmi.

No, quel bagno non stava durando una vita, ma due.

Lo sentì fermarsi di nuovo.

“Che cosa c'è ora, Blaise?”

“Non ce la faccio, Isobel. Non ce la faccio ad averti qui e a non approfittarne di te. Stasera stai mettendo a dura prova la mia forza di volontà” riuscì ad ammettere.

“Mi dispiace... Non avrei dovuto spingerti a fare così tanto per me. Vai via, posso finire da sola.”

Non gli avrei mai confessato che se ne avessi avuto le forze sarei rimasta contro di lui per tutta la notte. Non gli avrei mai confessato che lui era stato l'unico a pensare che magari avessi bisogno di affetto oltre che di torture, e che quasi quasi non vedevo l'ora che Draco venisse a farmi del male per poi permettere a Blaise Zabini di coccolarmi.

Non gli dissi niente di tutto ciò, ma in cuor mio speravo che avesse capito.

Mi lasciò andare di nuovo contro la fredda porcellana della vasca.

“Rimango in camera. Quando hai finito chiamami così ti porto a dormire.”

La sua voce era un misto di sconforto e arrendevolezza.

Finalmente il mio bagno infinito terminò e aspettai che Blaise venisse ad avvolgermi in un asciugamano e a portarmi in braccio sul grande letto.

Sapevo che di lì a poco avrei visto la sua schiena allontanarsi e sparire dietro la porta, e decisi che quella notte non ce l'avrei fatta a vederlo andare via di nuovo. Non quella schiena, non quella notte.

Mentre Blaise rovistata nel cassetto in cerca di vestiti puliti, riuscì a mettermi seduta.

“Blaise, dormi con me stanotte?” gli domandai spegnendo il cervello.

Si voltò di scatto ed io allora mi alzai.

“Izzie, lo sai che non...”

“Blaise, dormi con me stanotte?”

“Non posso, tesoro... Non...”

Lasciai che l'asciugamano finisse ai miei piedi. Camminai nuda verso il ragazzo che da lì a una settimana era diventato lo scoglio a cui aggrapparsi con il panico negli occhi e la paura che mi rifiutasse.

Lo sentii respirare più in fretta del normale mentre passo sbilenco dopo passo mi avvicinavo a lui.

Quando gli fui vicina abbastanza, mi sollevo il mento con un dito e mi piantò i suoi occhi addosso.

“Ti piace proprio stare nuda davanti a me, eh?” disse ridendo per cercare smorzare la tensione che si era creata fra noi. Ma il tentativo non andò a buon fine.

Volevo che le sue labbra si perdessero nel labirinto del mio corpo umano e che i suoi occhi si intrufolassero fra le strade della mia mente. Lo volevo davvero, ma non mi fu permesso. La porta si aprì e un Draco Malfoy alquanto sorpreso si stagliò sulla soglia con in mano una pila di asciugamani e vestiti puliti.

Smisi di respirare.

La stanza non era ben illuminata ma non potei non scorgere l'espressione di puro dolore sul suo viso. Un dolore che non era paragonabile a quello che mi aveva inferto tutti quei giorni.

Non riuscì a sopportare a lungo e quando ritornai a prendere fiato qualcosa mi si spezzò dentro e crollai in ginocchio sul tappeto. Blaise non fece neppure in tempo a evitarlo, guardava ancora Draco con occhi terrorizzati. Poi si abbassò per sollevarmi di peso, al che Draco fece un passo in avanti e dopo un altro, fermando la mano di Blaise.

“Non la toccare.”

Riuscii a stento a credere che il freddo che sentissi fu per il tono della sua voce.

Blaise si gelò nella sua paura e lanciandomi un'ultima occhiata fugace per vedere se stavo bene, lasciò la stanza. Sfortuna volle che mentre Draco mi prendeva in braccio, vedessi la sua schiena sparire dietro quella porta.

 

Quando fui distesa sul letto gli diedi immediatamente le spalle. Non volevo vederlo, non volevo vedere Draco Malfoy guardarmi ancora con quell'espressione sul viso.

“Lo sto facendo per te, Izzie” mormorò accarezzandomi i capelli umidi.

“Vattene, Draco” lo pregai implorante.

“Non posso. Voglio che prima mi ascolti. Vorrei che capissi perché lo sto facendo.”

Mi girai sulla schiena, sistemandomi a fatica i cuscini dietro le spalle.

“Perché lo stai facendo?”

“Perché... perché è quello che volevi anche tu.”

“Non me lo ricordo e quindi potresti mentirmi facilmente.”

“Non ti sto mentendo, Izzie. Fidati di me.”

“Mi riesce difficile fidarmi di te dopo che ogni notte vieni qui per torturarmi. Draco.”

Un'ombra scura passò sul suo volto e strinse forte il lenzuolo fra le dita.

Rivolsi lo sguardo alla finestra, dal riflesso lo vidi alzarsi e dirigersi verso la porta.

“Chiediti perché prima, quando mi hai visto entrare, ti sei sentita in colpa” mi disse con la mano sulla maniglia.

Restai per un momento confusa poi impietrita. Avevo davvero sentito qualcosa simile ad un senso di colpa quando ero crollata per terra.

“Come diavolo fai a saperlo?” gli domandai a denti stretti, ma sperando in sua risposta.

“Perché conosco a memoria ogni sfumatura del tuo viso.”

 

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Vorrei ringraziare voi che ancora seguite questa storia, e soprattutto Anthea_Malfoy. Non appena ho letto il tuo messaggio, in meno di due ore avevo pronto il capitolo. Non so come hai fatto, ma grazie!

Al prossimo capitolo :)

 

 

 

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Capitolo 23
*** A te la scelta ***


Capitolo 23

 

Una mattina, mentre il sole non era ancora sorto, qualcuno bussò alla porta della mia camera.

“Isobel, sono Theo. Mi fai entrare?”

Sentii a stento la sua voce ovattata dal cuscino che mi ero schiacciata sulla testa al primo rumore di passi nel corridoio. Non mi andava di vedere nessuno, né di sentire nessuno, e questo non poteva non essere di comune accordo con l'atteggiamento che Blaise e Draco avevano tenuto nei giorni a seguire quell'episodio.

Mi evitavano, entrambi, completamente.

Oramai, chiusa in quella stanza, non vedevo che Nott, che mi portava da mangiare e le foglie fuori dalla finestra, che mi portavano un'angoscia insopportabile. Di sicuro di non mi annoiavo. Le contusioni e i danni provocatemi dalle torture non mi facevano dormire la notte, e i ricordi dei bagni infiniti con Blaise mi tenevano occupata fino all'ora di pranzo, fino all'ora di cena e durante il sonno fino alla colazione.

Potevo ufficialmente ridere di me stessa e ammettere di stare sperimentando quelle che volgarmente qualcuno ha chiamato “pene d'amore”.

Non che l'amore c'entrasse qualcosa nel rapporto tra me e Blaise: non ero ancora caduta così in basso.

Ritornando a Theo e al suo tempismo irritante, gridai qualcosa di affermativo da sotto il cuscino e lo lasciai entrare. Dato che non lo sentivo muoversi, sospettai stesse immobile davanti al letto aspettando la manna dal cielo, perciò fui costretta a sollevarmi sui gomiti e a prestargli attenzione.

E non avrei mai voluto farlo. La sua espressione era tutt'altro che gioiosamente mattiniera o calorosa, e immaginai che non dovesse riferirmi alcuna buona novella.

“Non hai una bella c'era, Theo” commentai.

Lui deglutì con lentezza, come se stesse mandando giù un'intera colonia di rospi, e si sedette sul bordo del letto per farsi coraggio e darsi un'aria meno angosciata.

“Izzie... Draco da oggi ti vorrebbe giù con noi” biascicò come se solo ora avesse davvero sentito il sapore di tutti quei rospi.

“Tutto qui?” domandai incredula.

Theo annuì a testa bassa, ricominciando a respirare normalmente ora che il suo compito stava per giungere al termine.

“Ma c'è dell'altro, altrimenti non continueresti ad avere quella faccia” sentenziai scendendo dal letto e infilandomi la vestaglia, pronta per un'eventuale guerra o cattiva notizia.

“La notte in cui Draco... sì, insomma hai capito... Ecco quella notte Draco e Blaise non hanno propriamente giocato a scacchi, Izzie” balbettò tradendo la paura nella voce.

La sua insicurezza iniziò a darmi sui nervi.

“Cosa è successo, Theo?” lo incalzai per evitare che ammutolisse.

“Hanno cercato di uccidersi a vicenda, Izzie” mormorò con tono piatto.

Aspettai un attimo prima di parlare.

“E' morto qualcuno?” chiesi con voce incrinata dall'emozione.

“No, non si può pretendere di uccidere un Malfoy o uno Zabini la mattina a colazione. Non è così facile.” Questa volta ridacchiò.

Avevo fatto male i miei calcoli: non avrei dovuto combattere una guerra, ci sarebbe stato qualcun altro che avrebbe fatto una guerra per me.

“Perché avevi così timore di dirmelo, Theo?” gli domandai con il sospetto che la questione non fosse ancora finita.

Sollevò la testa e mi guardò dritto negli occhi.

“Conosco Draco e Blaise da tanto tempo, Izzie, e tu non hai idea di cosa siano disposti a fare quando vogliono qualcosa.”

“Oh, Theo, invece lo so benissimo...”

Non ci fu bisogno di spiegargli ulteriormente a cosa mi riferissi, ma nonostante ciò non capì il motivo per il quale, prima di uscire dalla stanza, avessi lasciato la vestaglia sul letto.

 

Scesi le scale con il sorriso innocente che per anni avevo riservato alle bravate di Villa Lovett.

La casa non era poi così immensa, potei constatare, e non mi fu difficile trovare il salottino della colazione. La stanza era piccola, accogliente, arredata sicuramente dai vecchi proprietari prima che Theo la comprasse di nascosto dalla sua famiglia. L'unico tocco vagamente familiare erano tre soffici poltrone e un divano di velluto verde scuro accomodati davanti al caminetto.

Al centro troneggiava un piccolo tavolino imbandito di leccornie per la colazione. Il mio umore si sollevò decisamente quando lo vidi, adoravo quel momento della giornata, forse un po' meno della cena, ma il suo rito era altrettanto affascinante ai miei occhi.

Non ebbi bisogno di sbirciare oltre gli alti schienali delle poltrone per sapere che due di loro erano occupate dai Serpeverde più stronzi e maledettamente belli che la casa avesse mai potuto avere.

Sapevo che una volta entrata nella stanza l'aria si sarebbe saturata di testosterone e rabbia repressa, per questo avevo deciso di rinunciare al pigiama per quella mattina ed di indossare soltanto una canotta succinta e gli slip, come ero solita fare quando volevo tener testa a mio fratello e fare indignare la mia famiglia.

Mi schiarì la voce sulla soglia, ma nessuna testa interessata ad un colpo di tosse fece capolino dalla poltrona, così a passi lenti mi incamminai verso il piccolo divano posto sulla sinistra, proprio davanti al posto di Draco.

Non ebbi il tempo di sedermi, sentivo già l'alito pesante dei loro sguardi su di me e su quello che quel giorno volevo davvero mettere in mostra. Non le mie fattezze femminili, quelle ormai erano sorpassate ai loro occhi, quanto piuttosto i segni delle prolungate torture.

Benché entrambi mi avessero già vista nuda e benché lo stesso Blaise avesse avuto nei giorni precedenti la possibilità di notare i segni chela bacchetta di Draco mi aveva inferto, ambedue fermarono la tazza di caffè a mezz'aria e la loro espressione si indurì più velocemente di un incantesimo di Trasfigurazione.

Alla luce del giorno tutto era diverso. Alla luce del giorno Draco iniziò a rendersi conto della scelta che aveva fatto e di quanto fosse stata pericolosa.

Ma i miei occhi spiavano quelli di qualcun altro, che invece in quel momento iniziò a rendersi conto di quando avrebbe voluto vedere Lucius e Narcissa Malfoy privati del loro erede.

Mi lasciai cadere sul divano, afferrando una tazza di tè e portando le ginocchia al petto. Sorseggiai in silenzio, godendomi il profumo di quell'aria così sgradevolmente soffocante. Fu Draco a parlare per primo.

“Sul marmo del caminetto c'è la tua bacchetta, Izzie. Puoi riaverla.” Mi spiegò indicando alla sua destra.

“Non hai paura di quello che potrei fare, Malfoy?” gli chiesi con una certa cattiveria.

“No, Izzie. Sappiamo bene entrambi che non farai niente che possa mettere a repentaglio il nostro nascondiglio, noi e... la tua stessa vita” commentò annoiato come se fosse un discorso fatto e rifatto.

Mi rivolsi a Blaise.

“E tu?”

Distolse lo sguardo per rispondere, guardando dritto davanti a sé.

“Draco ha ragione, Izzie. Non farai niente” confermò dando l'aria di aver imparato a memoria la frase.

Nel frattempo anche Nott ci avevo raggiunto e aveva occupato l'ultima poltrona libera.

Mi avvicinai al caminetto, crogiolandomi per un istante nel calore del fuoco, e afferrai la mia bacchetta. Quando mi voltai però, notai come tutti si fossero fatti improvvisamente più attenti, e sorrisi compiaciuta di constatare erano davvero solo frasi imparate a memoria.

Memoria... un improvvisa idea mi balenò in mente e in men che non si dica avevo già puntato la bacchetta su una tempia. Fissai Draco dritto in quegli occhi che tante volte avevo ormai visto lucidi nel tentativo di soffocare il dolore ogni qual volta una Maledizione senza perdono usciva dalle sue labbra.

Eppure non ebbi pietà di lui.

Estrassi un pensiero a caso dalla mia testa, forse il ricordo di una spugna insaponata, e lo lasciai penzolare luccicante all'estremità della bacchetta.

“Dimmi, Draco e se avessi appena estratto un nostro vecchio ricordo? E se questo fosse il ricordo chiave da cui è partito tutto?” lo provocai.

“E' impossibile, Izzie. Tu non ricordi ancora niente” mi rispose freddo.

“Non puoi saperlo, mio caro Malfoy. Non puoi sapere se quel giorno, dopo che mi avete lasciata, non sia successo qualcosa alla mia memoria” continuai cantilendando.

“Ti conosco, Izzie... non è possibile.” Questa volta meno sicuro della precedente.

“E se davvero fosse così, Draco e io non lo volessi questo ricordo. Se da sola di nuovo mi facessi un incantesimo per dimenticare anche tutto quello che mi hai fatto passare in quella stanza, dimmi Draco cosa ne penseresti?”

“Non lo farai, Lovett.”

Il suo tono si era fatto autoritario più che sicuro, il che mi lasciava credere che in lui si stesse insinuando il dubbio che potessi dire la verità.

“Non dovevi ridarmi la bacchetta... te l'avevo detto” furono le mie ultime parole.

Non appena iniziai a pronunciare le prime sillabe della formula, Blaise – come avevo previsto - balzò in piedi e mi venne addosso, disarmandomi e schiacciandomi con il suo peso sul pavimento.

Potevo vedere Draco e Nott stagliarsi oltre la spalla di Blaise, entrambi arrivati troppo tardi.

Non era finita, potevo ancora fare del male a Draco; potevo ancora vincere.

Guardai Blaise, il suo naso a pochi centimetri dal mio.

“Non hai dormito con me l'altra notte” gli sussurrai abbastanza forte da poter essere udita anche dagli altri.

Blaise sospirò frustrato, avendo capito cosa stavo cercando di fare.

“Non fare mai più una cosa del genere, Izzie” mi rimproverò indicando con un cenno della testa la bacchetta che giaceva lontano da me.

“Mi hai ignorata, Blaise. Non sei più venuto a trovarmi” continuai.

“Smettila, Izzie. Non otterrai nulla comportandoti così” mi rispose con una punta di acidità.

“Allora baciami e sarà più facile... per tutti. So che vuoi farlo.”

Seguì un momento di silenzio assoluto, nel quale però il crepitio delle fiamme non riuscì a coprire il respiro pesante di Draco.

“Lasciala andare, Zabini” disse con la sua solita calma piatta.

Blaise non si mosse.

“Zabini, ti ho detto di lasciarla stare. Togliti da lì” continuò Draco questa volta con un accenno di ira.

Nott cercò di avvicinarsi a noi, ma Draco lo fermò.

“Blaise, te lo ripeterò un'ultima volta, alzati e non la toccare.” Questa volta anche Blaise notò che il tono della sua voce era sceso di qualche gradino e rasentava il sibilo.

Si alzò con calma e mi tese una mano per tirarmi su, poi successe tutto in un attimo, come già una volta era capitato.

Draco mi rapì dalle braccia di Blaise, trascinandomi via verso l'atrio e un'altra stanza, senza che neanche Theo che gli era più vicino ebbe il tempo di fermarlo.

Dovevamo essere sicuramente nella vecchia cucina, data la scarsità di luce e i banchi e le pentole polverose. Fui infatti appena in grado di registrare dov'ero che Draco mi scaraventò in un angolo, sedendosi poi sui talloni davanti a me.

Giocherellò un po' con la bacchetta fra le dita prima di parlare. Intanto fuori sentivo le urla di Blaise che tentava di entrare.

“Sei mia, Izzie. Appartieni a me, e non non puoi permetterti di fare la troia con Blaise” mi disse con voce calma.

Ebbi ancora più paura e una vecchia amica si ripresentò al mio cospetto. Tremai come tante volte avevo fatto durante la mia vita. Ma quella volta fu peggiore; quella volta la magia venne fuori più forte che mai, soppressa per tanto tempo, e mi mozzò il respiro.

Draco fu subito pronto a stringermi a sé, a incastrami fra le sue braccia per calmarmi e aspettare che tutto finisse.

Un rumore improvviso mi fece sobbalzare e nella fitta nebbia che avevo davanti agli occhi, riuscì ad intravedere che Blaise era riuscito ad entrare nella cucina.

Quel che venne dopo lo temetti come non mai. Draco fu colpito alle spalle e schiantato dalla parte opposta della stanza, ed io tentai di gridare di spiegargli che no, in quel momento non poteva portamelo via. Mi serviva.

Rimasi per un momento lì, stretta nel mio angolino a tremare e a chiedermi perché nessuno sembrava essere in grado di capire che avevo bisogno di aiuto, quando ecco che Nott, che non aveva dimenticato, mi venne incontro premendo il suo corpo contro il mio.

Quell'attacco durò più tempo del previsto e sentivo vagamente Nott e Blaise discutere. Non so quanto tempo passò, ma in quell'arco immagini fugaci si susseguirono con rapidità nella mia testa. Mi apparve mio fratello Johan, schiantato da un ragazzo biondo, e poi la stessa sensazione fredda di quel pavimento di pietra. Solo che questa volta tutto era più nitido. Scorsi persino una miriade di luci e candele nella Sala Grande di Hogwarts, e un vestito blu...

 

Quando mi svegliai, ci misi un po' a capire dov'ero. La testa mi faceva malissimo e dovetti mettere a fuoco più volte con gli occhi per riuscire a intravedere una tenda e un caminetto acceso nella penombra.

Ero di nuovo nel salottino e stavo sdraiata sul quel morbido divano. Qualcuno a fianco a me si mosse.

“Come stai, tesoro?”

“Blaise, la devi proprio piantare di chiamarmi tesoro, però: mi da sui nervi” riuscì a dire con la bocca ancora impastata.

Rise divertito.

“Devo dire che stai bene, allora.”

“Dov'è Draco?” chiesi.

Una voce rispose davanti a me. “Sono qui.”

Allungai una mano per toccare il suo viso e poi anche l'altra per sfiorare anche Blaise.

Entrambi si levarono in piedi per aiutarmi ad alzarmi.

“Vuoi andare di sopra a stenderti un po?” mi chiese Blaise.

Sì, ma prima lascia me e Draco soli per un momento.”

Blaise assunse un'espressione contrariata,ma uscì ugualmente dal salottino.

Draco rimase in piedi davanti al fuoco, dandomi le spalle.

“Come facevi a saperlo?” gli domandai tremante.

Lo vidi sollevare la testa e fissare il soffitto incasellato.

“Perché l'ho già fatto prima d'ora, Isobel. Non è la prima volta che ti aiuto a calmare i tuoi attacchi” mi spiegò con aria triste.

“Mi dispiace, non lo ricordo” ammisi.

“Non ha più importanza” disse voltandosi. “Sono quasi tentato dal lasciar perdere, Izzie. E non perché non voglia con tutto me stesso farti mia di nuovo, ma perché non conosco altri metodi meno... invasivi per farti tornare la memoria.”

“Ho visto qualcosa, Draco...” gli confessai mentre mi alzavo e lo raggiungevo davanti al camino. “Ho visto un pavimento di pietra, era buio, e poi la Sala Grande illuminata, un vestito blu. Ti dice qualcosa?”

Il suo sguardo si accese di un sorriso sincero e sbalordito.

“Eravamo al ballo di Halloween, Isobel. Io, te, il tuo meraviglioso abito” mi spiegò emozionato.

“E il pavimento di pietra? Mi sembra che dovrei ricordarlo, è così familiare...”

“E' la torre di Astronomia, Izzie. Ci andavamo quando...” i suoi occhi indugiarono a lungo sul mio corpo.

“Ho capito, ho capito” dissi imbarazzata, voltandomi.

Sentì le sue braccia cingermi la vita, le sue labbra a pochi centimetri dal mio orecchio.

“Dovrei arrendermi? Dovrei rinunciare a te? A te la scelta” mi sussurrò lascivo.

 

To be continued...

 

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Capitolo 24
*** Non potrà più trovarci ***


Perdonate l'ennesima assenza. Il blocco da pagina bianca sta diventando a dir poco incessante, e perdonate la brevità del capitolo, ma doveva necessariamente finire così.

Buona lettura.

Paloma 

 

Quando uscii dalla stanza trovai Blaise ad aspettarmi nell'atrio. Doveva aver ascoltato tutta la conversazione.

“Hai fame, Izzie? Vuoi mangiare qualcosa?”

Guardai il mio orologio da polso e vidi che era già ora di cena. Non credevo di essere rimasta incosciente per tutto quel tempo.

“Non ho fame” gli risposi iniziando a salire le scale che portavano al primo piano.

“Posso fare qualcosa per te?” mi chiese apprensivo.

“Sì, puoi chiedere a Draco se ha voglia di farmi compagnia” gli ordinai senza lasciar trapelare il terrore che avevo in corpo.

Avevo deciso di farmi torturare ancora, ancora e ancora. Perché non potevo permettere a me stessa di non essere tale, non potevo permettere che una mia scelta condizionasse la mia integrità morale e soprattutto la mia memoria.

Non mi fidavo ancora completamente di Draco, ma avevo deciso ugualmente di concedergli questa la possibilità di riportare indietro la persona che amava.

“Non farlo, Izzie. Ti prego...”

“Ci vediamo quando ho finito Blaise” gli risposi piatta prima di chiudere con un tonfo la porta della mia stanza.

Ma Draco non si presentò quella sera. Venni a sapere dal Theo che lui e Blaise si erano rinchiusi di nuovo nel salottino. Nessuno sapeva cosa stessero facendo, ed io e Theo non ci curammo di volerlo scoprire.

Uscirono solo a notte fonda. Quando li sentì sgattaiolare su per le scale, trascinando i piedi per la stanchezza, mi precipitai alla porta e la spalancai, cogliendoli di sorpresa.

“Mi dovete una spiegazione” sbottai un po' troppo apprensiva.

Le loro espressioni mutarono dall'esasperazione all'arrendevolezza.

Draco fece il primo passo in avanti e infilò la porta sfiorandomi un fianco. Blaise rimase invece fermo sulla soglia a fissami con un'espressione famelica. Mi afferrò per un braccio trascinandomi con lui giù per le scale e subito fuori dalla porta d'ingresso poco distante. Riuscii a notare Draco che si era affacciato dalla stanza per controllare cosa fosse quel trambusto e che subito si gettava al nostro inseguimento.

Io e Blaise correvamo mano nella mano nella buio, guardando alle nostre spalle di tanto in tanto per controllare se Draco fosse ancora sulle nostre tracce. E così era. Draco non sembrava essere stanco o affaticato di dover correre così veloce per raggiungerci, io invece cominciavo ad essere stanca e allentai l'andatura e la presa dalla mano di Blaise.

“Izzie, non arrenderti proprio adesso. Se arriviamo in fondo alla recinzione potremo smaterializzarci e Draco non potrà più trovarci” mi disse con il fiatone.

Non mi resi conto di quello che provai in quel momento...

 

Ho bisogno di dolcezza. Mi pregherai... Credevo fosse sottinteso. Quando voglio so essere molto comprensiva. Dov'eri? A te non interessa. Ciao! Come ti chiami? Non andartene... qui sarà molto peggio. Non un'altra volta. Fino al midollo e addosso a quel muro. Non avevo opposto resistenza. Non una parola di più, né una di meno per la fine dei giochi. E' questo che si prova? Non c'è niente... ed io rimarrò qui.

Io e l'amore non siamo compatibili, perché io e Draco lo siamo di più.

 

Mi fermai di colpo proprio quando Draco fu a pochi passi da noi. Lo vidi cadere in ginocchio sull'erba alta, la mani sulle cosce, la testa china e il respiro affannoso. Poi mi guardò e si alzò a fatica.

“Perché ti sei fermata, Izzie?” mi domandò.

Mi avvicinai a lui e bruscamente gli afferrai il braccio, sollevai la manica della sua camicia e guardai un punto vuoto della sua pelle.

Lo sentii scosso da un brivido.

Blaise guardava la scena curioso.

“Avremmo dovuto farci quel maledetto tatuaggio, Malfoy. Non credi?” gli sussurrai in modo che solo lui potesse sentire.

I suoi occhi si spalancarono e i miei incontrarono i suoi.

 

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Capitolo 25
*** Per me, per sempre ***


Capitolo 25
Per me, per sempre

Draco mi fissava come si fissa un galeone trovato per caso nella tasca di un vecchio mantello, mentre Blaise continuava a restare impalato dietro di noi, confuso e alquanto nervoso. 
“Ricordi tutto?” biascicò sottovoce Draco, il respiro ancora corto.
Gli sorrisi di sghembo e annuì impercettibilmente. Non volevo che Blaise si rendesse conto di quello che era appena successo.
“Izzie, che succede?” lo sentì infatti domandare.
“Stavo solo salutando Draco prima di andare” risposi continuando a dargli le spalle.
“Draco, lasciala andare” chiosò allora Blaise avvicinandosi a noi. “Fattene una ragione” sentenziò acidamente ormai a pochi passi di distanza. Poi una mano salda mi afferrò un polso, cercando di trascinarmi dalla parte opposta dalla qualche eravamo venuti. Blaise stava marcando il territorio e Draco, per il momento, non poteva fare alcunché. 
Non volevo che l'incresciosa situazione di evolvesse in un duello tra i due, in cui sicuramente Draco avrebbe avuto la meglio e Blaise avrebbe passato il resto della sua vita a volersi vendicare. Decisi perciò di seguirlo senza fare storie. Non c'era bisogno di comunicare nulla a Draco, sapeva che prima o poi l'avrei contattato io.

 
Due mesi dopo

Ci eravamo trasferiti da qualche parte in Scozia. Non mi era importato granché del luogo, il mio unico pensiero, varcata la soglia di una vecchia casa di famiglia di Blaise, era stato quello di organizzare un piano perfetto per vedere Draco, di nuovo e per sempre. 
Quella sera mi trovavo con Blaise e la sua nuova cerchia di amici purosangue nel pub poco distante da casa. Sorseggiavo distratta il mio Whisky Incendiario, tenendo d'occhio la vecchia porta d'ingresso. 
“Tutto bene, tesoro?” mi domandò Blaise, posandomi una mano sulla gamba per attirare la mia attenzione. 
Mi voltai e gli sorrisi melliflua, annuendo. Si sporse per darmi un bacio a fior di labbra, che ricambiai con il solito conato di vomito e di senso di colpa, che si era annodato nella bocca dello stomaco da quando avevo lasciato Draco solo sul quel prato. 
Blaise sembrava non aver sospettato mai nulla, continuava a volermi per sé allo stesso modo, e forse di più, in cui mi voleva quando sgattaiolava nella mia stanza per curarmi. Ed io avrei voluto Schiantarlo ogni maledetto secondo della mia vita insieme a lui, in quella maledetta Scozia, in quella maledetta casa, maledettamente lontana da Draco. 
All'improvviso dalla porta fece capolino una figura incappucciata e mi bastò osservare la sua andatura altezzosa per capire che sotto quel mantello si celava la persona che stavo aspettando. Mi defilai fuori dal locale con una scusa frettolosa, Blaise annuì distratto, continuando a chiacchierare animatamente. 
L'aria era gelida e mi colpì in pieno viso impietosa. Mi incamminai veloce lungo la strada, poi sterzai bruscamente a destra in un minuscolo vicolo cieco. Un'altra figura incappucciata mi stava aspettando. 
L'alone del mio respiro andava condensandosi in nuvole di fumo; il cuore mi batteva all'impazzata e il sangue stava affluendo troppo velocemente alla testa. Con coraggio mossi alcuni passi verso il fondo, per raggiungere il muro che occludeva quella strettoia asfissiante. La figura si era accorta della mia presenza fin dall'inizio; dal suo arrivo non aveva staccato un attimo gli occhi dall'imbocco del vicolo. Man mano che avanzavo lasciavo la luce alle mie spalle per inoltrarmi in un antro buio e invisibile dall'esterno e, a pochi passi di distanza, sentii che finalmente avrei smesso di soffrire. 
Draco si calò il cappuccio sulle spalle e mi guardò come se volesse mangiarmi. Il suo volto era decisamente più scavato dell'ultima volta che ci eravamo visti. Non aveva un'aria sana e se ne stava addossato al muro come se fosse l'unica cosa che riuscisse a tenerlo in piedi. Ciò nonostante riuscì a staccarsi a fatica, fece qualche passo in avanti e, con una velocità che non mi aspettavo data l'entità della sua salute, mi afferrò per le spalle sbattendomi alla parete, sovrastandomi e nascondendo totalmente il mio corpo alla vista di qualcuno. 
Sentii le sue labbra fredde sul mio orecchio. “Chi sono?” mi domandò con voce sicura.
All'inizio non capii, poi percepì il suo nervosismo trapelare dal leggero tremolio delle mani.
“Sei Draco Malfoy” gli risposi tranquilla. Ma non gli bastò e lo sentii rafforzare la presa sulle braccia per incitarmi a continuare. “Sei il mio Draco Malfoy” conclusi allora sorridendo nel buio. 
Tutta la tensione accumulata in quel lungo periodo di tempo sembrò sciogliersi per entrambi. Draco fece scendere le sue mani sui miei fianchi, intrappolandomi ancora di più tra il muro e il suo corpo.
“Vorrei ucciderti per quello che mi hai fatto” lo sentii sussurrarmi, mentre staccava le labbra dal mio orecchio e mi guardava fisso negli occhi. 
Mi scappò un sorriso divertito, ma tornai seria quando vidi che sul suo volto non c'era alcuna traccia di ironia. Estrassi una mano dalla tasca del cappotto e la infilai nei suoi capelli, scompigliandoli e stringendoli poi forte, tanto da fargli piegare la testa indietro. 
“Scommetto che invece hai voglia di farmi dell'altro, non è così, Malfoy?” gli domandai sarcastica.
In uno scatto fulmineo Draco si liberò dalla presa e afferrandomi sotto il ginocchio mi sollevò una gamba, facendo scontrare i nostri bacini.
“Potrei fare entrambi” mi propose con voce gelida. Nel tono della sua voce, al contrario dei suoi gesti, non c'era malizia.
Sospirai arrendevole. “Mi dispiace di averti fatto aspettare così tanto” ammisi alla fine con un nodo in gola. 
Attesi un momento che sembrò una vita. 
“Ti voglio, Izzie” disse alla fine “Ti voglio per me... per me, per sempre” concluse sollevandomi il mento con le dita per far sì che lo guardassi.
Il mio cuore ricominciò a battere forte nel petto e lasciai che le farfalle nel mio stomaco sciogliessero con pazienza quel maledetto nodo.
Mi baciò come aveva fatto tante altre volte, ma questa volta sembrava non volermi più lasciare andare. Mi fece allacciare entrambe le gambe alla sua vita, tenendomi sollevata contro di lui. Potevo sentire la sua erezione anche attraverso la stoffa dei pantaloni; potevo sentirlo trattenere i gemiti mentre affondava il viso nell'incavo del mio seno, inspirando il mio odore. 
Stavo letteralmente impazzendo per lui, intrappolata in quel vicolo cieco. Sollevai gli occhi al cielo, mentre Draco risalì con la bocca per baciare e  mordermi il collo con foga, e mi lasciai andare ad un sospiro tremolate di desiderio. Strinsi forte il labbro inferiore tra i denti fino a sentire il sapore del sangue, quando una sua mano andò a frugare sotto il mio vestito, accarezzandomi da sopra i collant. 
“Voglio un posto dove poterti sentire urlare, Izzie” mi disse con voce roca, mentre andava a leccare via le gocce di sangue che mi stavano colando lungo il collo. 
A quelle parole una scarica di adrenalina e torpore prese fuoco dall'interno e mi mozzò il respiro... una scia di scintille verdi illuminò per un attimo una porzione di cielo nero sopra di noi. 
“Cazzo!” imprecò Draco, lasciandomi andare. “Dobbiamo andarcene subito, Izzie. Blaise sa che siamo qui” spiegò più scocciato che spaventato.
Lo guardai confusa. “Sono stata riservatissima, Draco. Non ho fatto nessun passo falso in questi...”
“Non è stata colpa tua, ma di quel coglione di Theo” mi interruppe mentre con forza mi aveva afferrato per un braccio, portandomi via. “Gli avevo esplicitamente vietato di mostrarsi in volto in quel dannato pub” continuò arrabbiato.
All'imbocco del vicolo diede un'occhiata a destra e sinistra prima di trascinarmi correndo lungo la via, offuscata dalla nebbia e dal gelo. Non capivo perché non ci fossimo già Smaterializzati.
“Draco, perché...” provai a chiedergli.
“Se conosco bene Blaise, Izzie, ha messo una Traccia su di te fin dal primo giorno di convivenza” mi anticipò con amarezza.
Il suo discorso non faceva una piega, Blaise sarebbe stato capacissimo di farlo.
Continuammo a correre alla cieca, serpeggiando tra le stradine e le i palazzi, voltandoci di tanto in tanto ansiosi.
“Mi troverà comunque, Draco” gli dissi con il fiatone.
“Lo so, sto solo prendendo tempo” mi spiegò pratico, svoltando veloce a sinistra verso una piazza fin troppo allo scoperto. All'improvviso uno scalpitio frenetico di passi ruppe in silenzio dietro di noi e sapemmo, senza aver bisogno di voltarci, che Blaise ci aveva scovati e ci stava inseguendo con la sua banda.
Non avemmo il tempo di formulare un qualche incantesimo d'invisibilità, il capannello di ragazzi si stagliava minaccioso a un centinaio di metri da noi.
“Lasciale andare, Draco, e nessuno si farà male” sentimmo gridare Blaise. 
Non potei fare a meno di pensare, anche in una situazione simile, che Zabini riuscisse ad essere sempre banale, scontato e irrimediabilmente prevedibile. E fu proprio questa consapevolezza a farmi balenare in testa un'idea per uscire indenni. 
“Ti fidi di me?” chiesi a Draco. Lui mi guardò stranito, ma annuì.
Nei due mesi passati con Blaise avevo più volte fatto i conti con la sua gelosia e sapevo che l'unico modo che avevamo per distrarlo era scatenare la sua furia  contro di noi. 
Mi avvicinai a Draco e, bacchetta pronta alla mano, nascosi le braccia attorno alla sua vita dentro il mantello. 
“Mi devi volere adesso, Draco” gli dissi sicura. “Devi baciarmi adesso come se fosse l'ultimo giorno sulla terra in cui puoi farlo.”
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Torno dopo due anni. Chi scrive Fan Fiction sa quanto sia facile avere un'idea e quanto sia difficile portare a termine ciò che si scrive. Perché nelle nostre storie si riflettono i nostri sentimenti, le nostre emozioni e le persone che siamo. Capita di perdersi nella vita, così come nelle storie.
Spero possiate perdonarmi per l'assenza e soprattutto spero possiate comprendere.
Al prossimo capitolo.
Paloma 

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Capitolo 26
*** Amara consapevolezza ***


Draco mi baciò con la possessione che non aveva mai concesso nemmeno per se stesso. In quel breve lasso di tempo sapeva che avrebbe potuto essere l'ultima volta in cui potevamo stare così vicini. Tuttavia, mentre con i denti mi mordicchiava il labbro inferiore, riempiendo la mia bocca di amara consapevolezza, uno strano presentimento andava insinuandosi in lui.

Blaise intanto cercava di colmare la distanza che ci separava più in fretta che poteva e sembrava aver dimenticato di poter usare la magia. Corse a perdifiato e in preda al più primitivo degli istinti si preparò a sferrare un pugno in pieno viso a Draco, ma io, che non avevo smesso un momento di osservarlo con la coda dell'occhio, prima che potesse anche solo provare ad allungare quel braccio, lo schiantai dalla parte opposta della piazza. I tre sgherri al suo seguito, ritennero meno faticoso e più salutare fare dietro-front e tornare al pub.

“E' solo” constatai.

“Non per questo meno pericoloso” puntualizzò Draco, la bacchetta puntata verso il suo ex-amico.

Blaise si alzò più velocemente del previsto e avanzò minaccioso. Era stranamente calmo – notai – e aveva dipinto sulle labbra uno enigmatico sorrisetto. Blaise Zabini aveva capito che torturare Draco Malfoy non sarebbe servito a nulla finché io gli fossi rimasta fedele. Finché avrei amato Draco, non ci sarebbe stata punizione abbastanza crudele da soddisfare la sua sete di vendetta. Perciò fece l'unica cosa che avrebbe di nuovo messo a tacere i miei sentimenti.

“Sai che c'è?” incominciò rivolgendosi a Draco “In fondo non mi importa poi molto che tu tenga per te quella puttana. Prendila pure, troverò di meglio” lo provocò.

Draco strinse forte la bacchetta e iniziò a sentire uno strano formicolio alle mani.

“Ti avverto, Zabini...” provò a dire.

“Per lei, ormai, non vale più la pena neanche sputare per terra” continuò imperterrito.

Blaise stava cercando di demolire la calma e la compostezza di Draco nel modo che gli riusciva meglio: essere dannatamente volgare.

Stringevo la sua mano e speravo con tutta me stessa che Draco non reagisse. Ma il Draco di quel giorno non era lo stesso di sempre; il Draco di quel giorno non avrebbe permesso a nessuno di calpestare la sua felicità... Fu tutto in un attimo. Non appena Draco si mosse verso Blaise, i suoi scagnozzi, che avevano solo fatto finta di scappare, si Materializzarono alle sue spalle e lo immobilizzarono. Blaise mi puntò la bacchetta alla gola prima che potessi realizzare cosa fosse successo e l'ultimo ricordo che ebbi fu Draco che mi fissava come se gli avessero strappato gli occhi a mani nude.

Non avevo alcun ricordo di ciò che era successo dopo che mi fu scagliata la maledizione Imperio. Ricordo solo che, dopo aver guardato Draco, ero di nuovo a casa. Blaise infilava in una valigia cose alla rinfusa, imprecando ad alta voce qualcosa contro i Malfoy, ed io probabilmente avevo avuto l'ordine di stare seduta composta, aspettando il prossimo comando, perché mi ritrovai a fissare i motivi decorativi del divano, trovandoli molto interessanti.

Ci Materializzammo da qualche parte, non conoscevo il luogo neanche questa volta, ma per il momento a Blaise non importava che io ne fossi a conoscenza.

Blaise doveva aver avuto tanta forza di volontà per tenermi soggiogata fino al giorno dopo, quando intontita mi svegliai in un letto nuovo, esageratamente grande, esageratamente lussuoso ed troppo simile al mio.

Ero tornata a Villa Lovett.  

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Scusate per le poche righe che ho scritto, mi serviva un capitolo di passaggio.
Se siete arrivati fino qui e volete scrivere una recensione ve ne sarei enormemente grata.
Al prossimo capitolo.
Paloma

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Capitolo 27
*** Di nuovo ***


“Draco, mangia.”

Theo guardò l'amico, che fissava con occhi assenti il vuoto davanti a sé.

“Draco, mi stai a sentire?” riprovò, ma non ottenne altro che un'occhiataccia.

Il ragazzo sbuffò innervosito e si alzò frettolosamente dal tavolo, raggirandolo e fermandosi davanti al capo visivo di Draco.

“Io vado al pub, se hai voglia di distrarti, raggiungimi” gli propose per concludere quella conversazione a senso unico.

Naturalmente non ricevette risposta, se non un'altra espressione torva. Draco guardò il ragazzo varcare la soglia e penso che Nott gli aveva proprio rotto i coglioni. Doveva ringraziarlo per non averlo cruciato per la mancanza che gli era costata la perdita di Isobel, di nuovo. Doveva ritenersi fortunato ad essere ancora in piedi sulle sue stesse gambe. E doveva ringraziare Merlino che lui avesse semplicemente deciso di spegnere le emozioni per un po' e dedicarsi ad un gelido piano di vendetta.

Draco si trascinò a fatica al piano superiore e si distese sul grande letto a baldacchino della vecchia camera da letto di Isobel. Tutto era già stabilito, nella sua testa. Avrebbe trovato Isobel e questa volta per sempre. Rimaneva solo da stabilire se coinvolgere, anche questa volta – e nonostante i recenti trascorsi -, Theodore Nott.

La notte passò senza che Draco si accorgesse di essersi addormentato, stretto in una morsa di stanchezza e fame. Non mandava giù qualcosa da quando Blaise e Isobel erano scomparsi davanti ai suoi occhi. A svegliarlo fu l'odore del caffè. Una tazza fumante svettava sul comodino alla sua sinistra. Stropicciandosi gli occhi e sollevandosi sui gomiti, scosse la testa divertito, ringraziando mentalmente Theo.

“In fondo” rifletté Draco “coinvolgerlo nel piano non sarà una cattiva idea”.

 

*

 

Mi aggiravo famelica nella mia stanza, a Villa Lovett. Qualcuno doveva aver bloccato la porta con un incantesimo, impedendomi di uscire. Dalla finestra potevo vedere uno strano viavai nel vialetto antistante all'ingresso. Blaise Zabini stava iniziando a frequentare casa mia un po' troppo spesso.

Quella mattina mi ero svegliata più presto del solito a causa delle voci concitate che imperversavano al piano di sotto. Mi avvicinai veloce alla porta, appoggiando l'orecchio sul legno chiaro e sforzandomi di afferrare tutte le parole.

Qualcuno gridava, chiaramente. La voce grossa di un uomo, forse mio padre o Zabini... o Johan. Non potevo dirlo con esattezza. Ma d'un tratto, così come erano cominciate, le voci si spensero, facendo ripiombare la casa nel silenzio più assoluto. Sconsolata e parecchio nervosa, decisi che avrei fatto un bel bagno per ritrovare la calma, ma degli strani passi sulle scale mi misero in allarme: era troppo presto per la colazione. Sprovvista di bacchetta, mi nascosi velocemente in bagno e chiusi la porta, per quando una serratura meccanica potesse resistere ad un incantesimo. Sentì la porta della camera aprirsi, poi i passi percorsero la distanza che separava il letto dal cantuccio dove ero andata rifugiandomi. Come avevo previsto, un incantesimo non verbale aprì la porta sigillata e la figura di Blaise Zabini si stagliò controluce sulla soglia. Il ragazzo avanzò ed io, in piedi dentro la doccia, potei vedere chiaramente l'espressione famelica dipinta sul suo volto.

“Ti sei innamorata di me in un posto come questo, non è così, Izzie?” mi domandò continuando ad avvicinarsi.

Non ottenne risposta.

“Quando Draco ti torturava, io ti aiutavo a sciacquare via il sangue” proseguì, raggiungendomi dentro la doccia e costringendomi ad arretrare contro il muro di piastrelle dietro di me.

Deglutii, sforzandomi di non prestargli troppa attenzione, di non intercettare il suo sguardo. Tuttavia Blaise Zabini aveva dimostrato di essere alquanto ostinato, perciò non gli pesò sulla coscienza afferrarmi con forza per il mento, costringendomi a guardarlo negli occhi.

“Mi hai usato, Izzie. Finché ti faceva comodo... finché non hai riacquistato la memoria” sentenziò con astio.

Lo fissai con odio e tenni la bocca ben sigillata. Non mi avrebbe costretta anche a parlare.

Si avvicinò pericolosamente al mio viso, sfiorandomi la fronte con la sua.

“Senza la memoria ero io il tuo Draco, Izzie” ammise alla fine, la voce incrinata dal un accenno di tristezza. “Perché non può tornare ad essere tutto come prima?” concluse facendo forza sulla mano che ancora mi stringeva.

Blaise Zabini mi amava veramente e mi conosceva fin troppo bene per sapere che non avrei resistito ancora per molto al suo corpo premuto insistentemente contro il mio. Lo capii troppo tardi, quando ormai le sue mani erano scivolate in basso sui miei seni, stringendoli con delicatezza; quando le sue labbra stavano già percorrendo il profilo delle mie; quando con decisione posizionò un ginocchio tra le mie gambe, aprendole; quando, maledicendo me stessa per essere una puttana, allungai le mani verso la sua evidente erezione. E fu proprio in quel momento che Blaise ne approfittò, mettendo in atto il piano di cui aveva discusso per giorni con la mia famiglia.

Non ebbi tempo di impedirglielo: la sua bacchetta puntata contro la mia tempia, l'incantesimo sussurrato con rabbia e poi il buio.

Mi aveva privata della memoria, di nuovo.

Mi aveva privata del ricordo di Draco, di nuovo.

Non compresi perciò perché mi trovavo nella doccia del mio bagno privato, a fissare un Blaise Zabini alquanto soddisfatto e, dietro di lui, un ragazzo biondo con la morte negli occhi. 

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Grazie a chi sta ancora leggendo questa fan fiction e gli sta dedicando un po' del suo tempo. Non importano le recensioni, mi importa sapere che non è stata dimenticata. Al prossimo capitolo.
Paloma 

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Capitolo 28
*** Oblivion ***


Un anno dopo Blaise Zabini percorreva con un dito il profilo delle labbra di Isobel, da qualche mese sua moglie. Lei nel sonno portò una mano sul viso, spostando i capelli scuri della frangetta dagli occhi. Blaise sorrise e la baciò delicatamente. Isobel aprì gli occhi contrariata e confusa per essere stata svegliata. Quando mise a fuoco la figura che sedeva al suo fianco, saltò a sedere spaventata.

Che cazzo stai facendo? Chi sei'” domandò con astio ritraendosi più che poteva verso la testata del letto.

Blaise non si scompose. Il Medimago che la famiglia Lovett aveva pagato profumatamente per formulare una diagnosi – e soprattutto tacere – li aveva avvertiti: la sua memoria era stata cancellata in modo errato e in realtà non troppo profondamente. Né Lucius la prima volta, né Blaise quella successiva, erano stati abbastanza forti e capaci da lanciare un incantesimo di memoria permanente. La loro incapacità aveva creato delle falle nella memoria della ragazza. Falle che avevano trovato modo di compromettere tutto il resto.

La mente di Isobel era stata ripetutamente violata e quindi irrimediabilmente danneggiata. Oltre a non ricordare nulla degli ultimi avvenimenti, aveva iniziato a non riconoscere neanche le persone che la circondavano. Alternava momenti di lucidità a momenti di buio totale. La confusione regnava sovrana in lei, soprattutto alle prime luci dell'alba, quando puntualmente Blaise tentava di svegliarla.

L'aveva sposata convinto che quel momento magico avrebbe aggiustato le cose, ma fin dalla mattina successiva alle nozze, Isobel lo aveva guardato come un perfetto conosciuto. Aveva rovinato tutto. Cancellandole la memoria di nuovo e, pochi mesi dopo, ricorrendo disperato ad un incantesimo di impianto di nuovi ricordi, falsi come il sorriso che lei gli rivolgeva a metà giornata, quando iniziava a familiarizzare con il suo volto.

Izzie, sono io Blaise. Tuo marito” provò a dirle con fare paziente.

Io non sono sposata. Col cazzo che mi sposo!” esclamò lei contrariata.

Tuttavia puntualmente i sui occhi cadevano sull'anulare sinistro della mano, dove brillava un diamante. E puntualmente se lo sfilava schifata gettandolo in fondo alla stanza.

Quella mattina, dopo averla vista scomparire nuovamente in bagno, Blaise raccolse l'anello caduto sotto il comò e lo infilò in tasca con un sospiro. Era stanco e tremendamente in astinenza. Isobel non si concedeva a lui da troppo tempo, dalla notte di nozze a voler essere precisi. E lui l'aveva già violata abbastanza in quell'ultimo anno per costringerla anche ad andare a letto con lui.

Da un po' di tempo però, un'idea gli balenava in testa; un'idea troppo rischiosa, che avrebbe potuto rovinare definitivamente la mente di Izzie. Ma dopo l'ennesimo oblio di quella mattina, Blaise decise che sarebbe andato a fare visita a qualcuno di non troppo piacevole.

 

Sta arrivando un ospite sgradito. Ti pregherei di abbandonare questa stanza, ragazzo.”

Il ragazzo in questione attese qualche secondo prima di alzarsi con fatica dalla poltrona sfondata dove era solito giacere tutto il giorno e sparire oltre la porta.

Con tempismo perfetto Severus Piton sentì bussare con decisione. Andò ad aprire, evitando accuratamente di sembrare anche solo vagamente gentile.

Zabini” biascicò con disprezzo, facendosi da parte per farlo entrare.

Grazie per avermi ricevuto con così poco preavviso.”

Piton liquidò la cosa con un gesto della mano e gli fece cenno di sedersi.

Cosa vuoi?” gli chiese sbrigativo, rimanendo in piedi.

Blaise non sembrava essere a disagio per la freddezza. “Deve leggere nella sua mente” spiegò altrettanto pratico.

Severus alzò un sopracciglio con perplessità. “Dovrei sapere di chi stai parlando, Zabini?” domandò piccato.

Blaise strinse i pugni irritato. Aveva immaginato che non sarebbe stato facile.

Isobel...” sussurrò poi.

Piton esalò un sospiro stanco.

Facciamo finta che io non sappia cosa tu e quella feccia della sua famiglia avete fatto a quella ragazza. Anzi diciamo che farò finta di essermene dimenticato.”

Blaise iniziò ad agitarsi sulla sedia.

Detto ciò, ti verrà a costare molto caro” concluse, avvicinandosi alla porta e spalancandola con fare mellifluo.

 

L'uomo aspettò che il ragazzo fosse sparito oltre la porta per avvicinarsi alla credenza e prendere una grossa bottiglia dal liquido scuro e torbido. Si diresse lungo il lungo corridoio fino al piccolo bagno. Draco, come aveva previsto, stava vomitando. Aspettò che il ragazzo sollevasse la testa e si appoggiasse con le spalle alle piastrelle per porgergli il bicchiere colmo di pozione.

Hai sentito tutto?” gli domandò poi accovacciandosi al suo fianco.

Draco annuì, gli occhi chiusi, la testa contro il muro. Respirava piano e profondamente. Bevve un sorso nauseabondo, trattenendo un altro conato.

Un anno prima Severus Piton aveva accolto nel suo salotto un Draco Malfoy dallo sguardo spento e ormai clinicamente depresso. L'aveva guardato scomparire giorno dopo giorno sulla poltrona davanti al camino. La bacchetta abbandonata infondo al baule.

Farò tutto ciò che è in mio potere per salvarla, Draco” lo rassicurò azzardando una leggera carezza sul capo. Un moto di affetto che aveva riservato solo a Lily prima di lui.

Era la prima volta che Piton accennava ad Isobel ed una nuova ondata di nausea costrinse Draco a infilare nuovamente la testa dentro il water. Severus lo lasciò fare, ma quando lo vide piegarsi su se stesso, le dita strette fra i capelli sporchi, il corpo scheletrico scosso dai singhiozzi, lo afferrò per le spalle stringendolo a sé con decisione. Draco si abbandonò totalmente alla disperazione che non era riuscito ad esternare fino a quel momento. Rimasero così per qualche minuto, poi Piton chiosò: “Ciquanta punti in meno a Serpeverde, Signor Malfoy, per avermi sbavato sulla giacca”.

Strano ma vero, Draco non poté fare a meno di accennare un sorriso.

 

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Capitolo 29
*** Mali estremi ***


Capitolo 29: A mali estremi 



“Oggi verrà una persona a parlare con te.”
Isobel alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e guardò suo marito con espressione accigliata.
Blaise con un sospiro stanco si sedette accanto a lei sul divanetto, preparandosi alla discussione che di lì a poco sarebbe avvenuta.
“Si tratta di Severus Piton, il nostro vecchio professore di Pozioni. Ricordi?”
Lei alzò un sopracciglio e sorrise.
“Certo che me lo ricordo.”
“Bene. Vorrebbe solo vedere come stai” le spiegò cauto.
“Non opporrò resistenza, non ti preoccupare” gli disse lei tuttavia, tornando a leggere.
Blaise ammutolì sorpreso. A quanto pare quella discussione non ci sarebbe stata.
Sorrise sollevato, provando a sfiorarle una mano, ma lei la ritrasse infastidita.
 
“Zabini mi ha detto che non ti opporrai. È una sua decisione o è la tua?” domandò Severus Piton mentre le dava le spalle e frugava dentro una borsa.
“E’ mia. Voglio solo che la cosa finisca più in fretta possibile. Sono stanca” rispose Isobel andandosi a sedere sulla poltrona che era stata sistemata al centro della stanza.
“Posso solo assicurarti che la cosa non ti procurerà più dolore di quanto tu abbia già dovuto sopportare, ma non posso garantirti di uscire da questa stanza prima di stasera, né che questa sarà l’unica volta in cui ci vedremo” le spiegò l’uomo con sincerità.
Lo sguardo di Isobel si fece per un attimo più attento.
“Cosa deve farmi esattamente?” chiese tuttavia con il tono di chi ha già posto questa domanda innumerevoli volte.
“Inizierò con il controllare quali danni hanno procurato i maiali che ti hanno scagliato gli incantesimi di memoria” spiegò.
Isobel accennò un sorriso.
“Posso farle una domanda?”
“Certo.”
Isobel prese un profondo respiro. “Tutto quello che mi è successo è stato a causa di Draco, non è così?” chiese tutto d’un fiato, timorosa di potersi interrompere a metà frase se solo avesse parlato più lentamente.
Severus, che nel frattempo stava volutamente perdendo tempo pulendo la bacchetta con il bordo del mantello, la guardò incuriosito.
“Dipende da cosa ti hanno raccontato” le rispose, avvicinandosi.
“Nessuno mi ha raccontato nulla. Ho solo un caos di pensieri nella testa…” sussurrò Isobel, coprendosi il viso stanco con una mano.
“Signorina Lovett, l’unica cosa che posso dirti è che probabilmente tutti i ricordi e i pensieri prodotti dalla tua mente nell’ultimo anno non sono frutto del tuo vero io. Nulla e tutto di ciò che pensi o ricordi è affidabile.”
“Sì, lei però potrebbe…” provò a dire, ma l’uomo la interruppe.
“Potrei, ma non voglio contribuire a infilare lì dentro nulla di più dell’inferno che c’è già.”
 
*
 
Il ragazzo aggiunse un’ulteriore gradazione di grigio al proprio colorito nel notare lo sguardo esausto del professore.
“Com’è andata?”
“Non è ancora il momento, Draco. Non posso dirti nulla per ora.”
“Per favore, mi dica almeno se c’è una possibilità” riprovò con apprensione.
“Ne parleremo quando sarà tutto finito” rispose brusco Piton, guardandolo dritto negli occhi.
Non poteva dirgli la verità e non poteva dargli speranza. Non poteva fare niente per lui al momento.
Ciò che l’uomo temeva di scoprire, insinuandosi nella mente di Isobel, era che la personalità della ragazza fosse stata alterata e compromessa definitivamente. Eppure, ciò che era accaduto durante la prima seduta, gli aveva fatto credere che non fosse tutto perduto.
 
Se la mente non avesse risposto, lo avrebbero fatto gli altri sensi.
 
E ciò che Piton aveva scorso nella testa e sul viso di Isobel quando lui stesso le aveva messo in mano il cravattino Serpeverde di Draco, non aveva lasciato dubbi.
 
Tornando alla tenuta degli Zabini, due giorni dopo, la casa era scura e fredda, come se una Maledizione Senza Perdono l’avesse spenta nella sua interezza. Il vecchio legno di quercia scricchiolava sinistro sotto la suola delle sue scarpe mentre saliva le scale fino alla camera padronale. La porta era socchiusa e non ci fu bisogno di bussare. Sentiva che non avrebbe risposto nessuno. L’ambiente era vuoto. Piton si voltò verso l’elfo domestico che lo aveva preceduto, ma quello era già scomparso al piano inferiore. Si diresse allora verso il piccolo bagno in fondo alla stanza. La porta era chiusa con un incantesimo, come aveva previsto. Bussò leggermente.
“Signorina Lovett, sono il professor Piton. Stai bene?” provò a dire, ma non ottenne risposta.
“Signorina Lovett, apri la porta di tua spontanea volontà o mi vedrò costretto a farlo io” riprovò questa volta tentando di mascherare una leggera tensione nella voce.
Sapeva che qualcosa non andava.
“Isobel, per favore. Qualunque cosa sia successa, sono qui per te. Apri la porta.”
Sentì un lieve cigolio dall’altra parte.
“Qualunque cosa sia successa, sarò dalla tua parte.”
Dopo un attimo di silenzio, la porta si aprì e in un flebile spiraglio, l’uomo poté scorgere solo i lunghi capelli della ragazza che le oscuravano il volto. Infilò un piede in mezzo alla porta per tenerla aperta in caso lei avesse cambiato idea e poi lentamente ne varcò la soglia.
La scena che gli si parò davanti non lo scosse in alcun modo, aveva visto di peggio, eppure un leggero brivido freddo gli colò comunque giù per la schiena.
Blaise Zabini giaceva Pietrificato sul pavimento, la camicia aperta sul petto interamente coperto di sangue. Solo le sue pupille si agitavano fameliche e sofferenti in una disperata richiesta di aiuto.
Isobel era tornata a sedersi sul bordo della vasca, le gambe incrociate, i gomiti puntati sul ginocchio mentre si sorreggeva il viso con i palmi delle mani, un’espressione corrucciata sul volto e la bacchetta di suo marito fra le dita insanguinate.
Piton si concentrò su di lei, ignorando il ragazzo che sicuramente sperava in un suo tempestivo aiuto. Si accovacciò sui talloni davanti alla ragazza e le parlò con tono di voce tranquillo, come se stessero conversando del tempo.
“Isobel, cosa è successo?”
Lei non rispose, si limitò ad un profondo respiro e poi estrasse dalla tasca dei pantaloni un foglio tutto spiegazzato e sporco e glielo porse.
Piton lo aprì e ne lesse il contenuto con espressione piatta. Quando ebbe finito, lo ripiegò con cura e glielo restituì.
“Come l’hai avuto?” le domandò, sbilanciandosi indietro per sedersi meglio sul pavimento.
Lei si picchiettò con l’indice contro la tempia, senza dire nulla. Piton la guardò per qualche istante confuso, poi comprese: lo aveva trascritto lei stessa, estrapolandolo dalla mente di Blaise.
Con qualche forza fosse riuscita a farlo, l’uomo non se lo spiegò, considerando che non aveva utilizzato la sua bacchetta. Quanto ai profondi tagli che aveva scavato nella carne di suo marito invece non aveva dubbi, per quelli non aveva usato la magia.
“Sei un’idiota, Zabini. Se me l’avessi detto, questo si sarebbe potuto evitare” chiosò guardandolo in viso.
Quello, non potendo rispondere, si limitò a chiudere gli occhi in segno di scuse, ma ne frattempo l’uomo si era nuovamente voltato verso la ragazza.
“Se facessimo alla maniera tradizionale, io riuscirei a salvare quella parte, Isobel, ma tu ne usciresti morta e sarebbe tutto inutile” le disse con voce greve.
Lei annuì, coprendosi il volto con le mani.
“Tuttavia, credo che in extremis potremmo provare un’ultima cosa…”
La ragazza alzò la testa e lo guardò attenta.
“Mi servirà tempo, dovremo avere pazienza e naturalmente te ne dovrai andare immediatamente da qui.”

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Capitolo 30
*** Estremi rimedi ***


Capitolo 30
Estremi rimedi
 
 
 
“Non posso farlo.”
“D’accordo, allora scegli se vuoi che lo faccia io e che lei muoia o se preferisci lasciare le cose come stanno e a morire sarete entrambi… suicidi.”
Draco lo guardò torvo.
“Non metterla su questo piano, Severus.”
“Quali altri scenari riesce a concepire la tua mente geniale, Draco? Vorresti tornare a stare con lei, sfidare l’ennesima volta il tuo amico Zabini che verrà a riprendersela, ucciderlo magari, e poi passare il resto della vita con una ragazza che non si ricorderà neanche più il suo stesso nome?”
Draco gli diede le spalle e guardò fuori dalla finestra.
“Lei cosa dice?” chiese poi.
L’uomo preferì sedersi prima di rispondere.
“Teneva quel pezzo di carta in mano come se non l’avesse mai visto ovviamente, eppure giurerei che se avessi tentato di portarglielo via, mi avrebbe ucciso a mani nude” spiegò cercando di essere più chiaro possibile senza dargli speranze vane.
“Si ricorderà di quando… sì, insomma di quando stava a Malfoy Manor?” domandò Draco, voltandosi.
“Di quando l’hai torturata per farle ritornare la memoria?” puntualizzò Piton, ottenendo un’occhiataccia.
“Sì.”
“Non possiamo esserne certi.”
“Ma lei aveva detto…”
“Io avevo detto che le avrei letto la mente, non che avrai scavato tanto a fondo da rischiare di danneggiarla ulteriormente. E in ogni caso, potrai chiederglielo tu stesso domani.”
Il ragazzo lo guardò con gli occhi spalancati.
“L’ho portata in un posto qui vicino, Draco. Non esserne sorpreso, dovevi immaginare che non l’avrei lasciata lì un minuto di più.”
“E perché non qui?” chiese il ragazzo, ma anche di quella domanda conosceva già la risposta.
“Non avresti resto. Era troppo presto. Ora invece sei pronto.”
“Non posso farlo, Severus.”
“Non può odiarti più di quanto non faccia già adesso.”
“E questo dovrebbe farmi sentire meglio e spronarmi a entrarle di nuovo nella testa?” domandò sarcastico.
“Dovrebbe farti capire che entrambi non avete più nulla da perdere.”
 
*
 
La notte successiva l’uomo si recò nel piccolo appartamento in cui si nascondeva Isobel. La trovò seduta al piccolo tavolo della cucina, guardava fuori dalla finestra oscurata dal buio.
“Ciao, Severus” lo salutò lei non appena lo vide Materializzarsi.
“Sei pronta?” le domandò lui con fare solenne.
Lei infatti sorrise divertita da tanta cerimoniosità, poi si alzò e inforcò sulle spalle l’unico bagaglio con cui era venuta via da casa di Blaise.
“Sei sicura?” le chiese un’ultima volta.
“Sono sicura” rispose lei con decisione.
Quando si Materializzarono nel salotto della casa, Draco aveva avuto l’accortezza di non farsi trovare. Isobel ne fu sollevata e in realtà anche lo stesso Piton.
“Vieni ti mostro la tua stanza” le disse mentre la precedeva lungo uno stretto corridoio.
Aspettò che Isobel avesse varcato la soglia per domandarle se sapesse come incantare una stanza.
“È arrivato il momento che tu abbia un luogo in cui sentirti al sicuro. Un posto dove nessuno potrà entrare, né io, né Draco.”
Isobel lo guardò riconoscente e senza troppe cerimonie approfittò della libertà appena riguadagnata e si chiuse la porta alle spalle.
L’arredamento della camera era semplice, ma di qualità, e soprattutto non era lugubre e sudicio come se lo era immaginato. In generale la casa di Severus Piton non era angusta come se l’aveva sempre immaginata quando lui era ancora il suo professore di Pozioni. Decise di fare una doccia per impiegare il tempo e poi si sedette sul piccolo letto vicino al muro. Le piaceva poter guardare fuori dalla finestra con comodità. Amava farlo. Aveva preso l’abitudine fin dalla prima volta in cui si era ritrovata a stare rinchiusa nelle varie magioni in cui ricordava di essere stata o in cui qualcuno le aveva voluto far credere di essere stata. Non le importava, sapeva solo che stare rannicchiata su se stessa a guardare fuori la faceva stare bene.
Si addormentò senza neanche rendersene conto e quando aprì gli occhi, sentì chiaramente qualcuno che bussava con insistenza alla porta. Si alzò strascicando i piedi e imprecando sottovoce. Severus si stagliava sulla soglia con la sua solita espressione neutra.
“E’ pronta la colazione” la informò.
“Va bene, arrivo” biascicò lei ancora intontita dal sonno.
“Isobel…” fece lui prima che la porta si chiudesse. “Ci sarà anche Draco.”
La ragazza annuì distratta, fingendo che la cosa non la terrorizzasse.
Si spazzolò i capelli, indossò un paio di pantaloni comodi, una maglietta e si diresse verso la cucina.
Severus non la sentì arrivare e lei dovette schiarirsi la voce per annunciarsi.
“Prendi pure quello che vuoi” le disse lui leggermente a disagio, indicandole con un gesto distratto il tavolo che aveva preparato alle belle meglio. Isobel sorrise nel constatare l’impegno e afferrò una tazza di tè caldo, senza sedersi. Preferì tornare a sbirciare fuori dalla finestra, questa volta quella posta sopra il lavello. I vetri erano leggermente opachi all’esterno e non riuscì a vedere bene, ma si accontentò di fissare un paesaggio diverso da quello a cui era abituata.
Di nuovo persa nei suoi pensieri, si dimenticò di stare sull’attenti e quando Draco varcò la soglia della stanza, lei quasi neanche se ne accorse. Si destò solo perché sentì calare improvvisamente un silenzio di tomba. Era terrorizzata all’idea di voltarsi, ma alla fine, prendendo un profondo respiro, lo fece… e desiderò non averlo mai fatto. Non appena i suoi occhi incontrarono quelli di Draco, qualcosa le si mosse dentro e un dolore lancinante al petto la costrinse a barcollare in avanti. Piton fu subito pronto a sorreggerla, ma lei lo cacciò via in malo modo.
“Lasciami” sussurrò ansimando, mentre si aggrappava alla schiena di una sedia a cui si era appoggiata per non cadere.
Draco dal canto suo non fece una piega, né mosse un dito. Era come Pietrificato.
“Non startene lì impalato, Malfoy” lo rimproverò Severus, non staccando comunque gli occhi da Isobel che era tornata a stare in piedi da sola, contro il bancone della cucina.
I due non si guardarono più per tutto il breve tempo che servì alla ragazza per finire la sua tazza di tè, sciacquarla e rimetterla al suo posto. Sparì oltre la porta, senza che nessuno dicesse una parola.
“Vai a parlarle, Draco.”
“No.”
Piton sospirò irritato. “Non fare il bambino. Bussa a quella dannata porta. Dovrete cominciare stasera, non mi sembra il caso di ripetere la scenetta di stamattina.”
“Non è stata una scenetta, Severus. L’hai visto anche tu che…”
“Sì, ho visto anche io l’effetto che le hai fatto e ho notato anche che stavi imitarla. È per questo che dovete riabituarvi uno alla presenza dell’altro nella stessa stanza.”
 
Isobel aprì la porta ancora prima che lui potesse bussare. L’aveva sentito arrivare e voleva farsi trovare pronta.
“Cosa vuoi?” sbottò senza neanche dargli il tempo di parlare.
Draco inghiottì la rispostaccia che stava per darle e respirò profondamente.
“Se vuoi, la casa ha un piccolo giardino interno, non è nulla di che, giusto una colata di cemento, ma almeno puoi prendere un po’ di aria” le disse imbarazzato.
Lei ci pensò su un attimo e poi decise di accettare l’offerta.
Si sedettero a debita distanza su due vecchie poltrone sistemate contro il muro. Draco estrasse dalla tasca un pacchetto di sigarette e ne porse una a Isobel che non fumava da tempo, ma che in quel momento avrebbe accettato anche del cianuro pur di fare qualcosa per distrarsi.
“Mi dispiace per l’episodio di prima” cominciò lui facendosi coraggio.
“E perché dovresti essere dispiaciuto? Non è stata colpa tua” lo freddò lei, aspirando una lunga boccata di fumo.
“Izzie, ti prego, non renderla più difficile di quanto già non lo sia” si lamentò lui stizzito.
“Non chiamarmi Izzie, non siamo amici” lo corresse lei piccata.
Ma Draco invece che irritarsi ancora di più a quelle parole, sorride divertito.
“Sai che questa frase me l’hai già detta?”
Lei si voltò per guardarlo. “Non me lo ricordo e quindi non mi interessa. Ho smesso di credere a tutto quello che le persone si aspettino che io ricordi. Non posso sapere la verità” gli rispose lei con voce stanca, schiacciando il mozzicone di sigaretta sul pavimento.
Draco ritornò scuro in volto e strinse forte i pugni per sfogare la rabbia. Sentì chiaramente le unghie conficcarglisi dolorosamente nei palmi delle mani.
“Ci vediamo stasera, Lovett” le disse torvo alzandosi e ignorando lo sguardo di scuse che lei gli stava rivolgendo in ritardo.
 
*
 
Isobel si ritrovò per l’ennesima volta seduta al centro della stanza, solo che questa volta qualcuno aveva avuto l’accortezza di farla accomodare su un divano nuovo di zecca arrivato da chissà dove.
Draco e Severus intanto confabulavano vicino alla finestra.
“Io rimarrò qui a fare da supervisore, Isobel” le si rivolse poi Piton. “Se in qualsiasi momento dovessi cambiare idea potrai farlo, così come potrai chiedere una pausa ogni volta che vorrai. Se non riuscirai a parlare, basterà che tu batta tre volte il palmo della mano su qualsiasi superficie e Draco si fermerà.”
Lei annuì.
“E Isobel, non preoccuparti di nulla, lui sa quello che fa” terminò l’uomo, mentre si andava a sedere su una poltrona posizionata lì a fianco.
Draco intanto cercava di nascondere il tremolio della mano che reggeva la bacchetta.
“Non devi mostrarmi di essere forte” gli disse lei con un sorriso. “Preferisco sapere di non essere la sola ad avere paura.”
Il ragazzo le sorrise di rimando e nella stanza la tensione calò visibilmente. Ma Isobel aveva ancora una cosa da fare prima di cominciare. Si alzò, avvicinandosi a Draco. Rimase a guardarlo dal basso, probabilmente troppo vicina al suo viso. Aveva bisogno di entrare in contatto fisico con lui, prima che le violasse la mente.
Non si ricordava nulla, sapeva solo che stargli così vicino le stringeva lo stomaco in una morsa e quasi le impediva di respirare. Eppure, aveva come la sensazione che lui agitasse una parte di lei profonda e recondita, e quella parte ipotizzava avere il sapore della pace.
Draco dal canto suo fremeva al solo pensiero di poterla sfiorare di nuovo e sapeva esattamente quello che lei gli stava chiedendo. Così alzò la mano libera dalla bacchetta e la posò delicatamente sul viso di lei che, dopo un primo istante di esitazione, si lasciò andare contro il suo palmo caldo.
Il ragazzo avrebbe voluto che il tempo si fermasse, ma incrociò lo sguardo di Severus e quando lui gli fece un cenno di assenso, punto la bacchetta contro la tempia di Isobel e sussurrò il primo incantesimo. La ragazza immediatamente spalancò gli occhi…
 
Era ormai notte fonda quando Draco si accasciò sulla poltrona sfinito. Isobel era distesa sul divano, completamente addormentata.
Severus tornò nel salotto con due tazze fumanti di caffè.
“Sei stato bravo” si complimentò, posandogli una mano sulla spalla, sorprendendo persino se stesso di come ormai si stesse abituando al comportarsi quasi come un padre nei confronti di quel ragazzo.
“Va a dormire ora. Hai bisogno di riposo, starò io qui con lei” gli disse poi.
Lui annuì stanco e alzandosi, si diresse verso il corridoio.
“Ne vale la pena?” gli chiese però prima che sparisse dietro l’angolo.
Draco non si voltò e gli rispose sulla scia dei suoi stessi passi “Sì, ma ci ucciderà comunque entrambi.”

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Capitolo 31
*** Copia conforme ***


Capitolo 31
Copia conforme


“Sto sbagliando qualcosa, Severus. Non sta funzionando” si lamentò Draco dopo l'ennesima seduta con Isobel.

L'uomo, che gli voltava le spalle, sospirò, poi si voltò a guardare quello che da un po' di tempo a quella parte gli piaceva definire il mio ragazzo.

“C'è una cosa che non ti ho detto” iniziò, sapendo già che la conversazione non avrebbe preso una bella piega, quando vide Draco accigliarsi. “E' possibile che Isobel abbia affidato a qualcuno una parte di sé che le avrebbe permesso di ricordare, di essere aggiustata. Ovviamente lei non può ricordarlo al momento, tuttavia, nel foglio che ha estrapolato dalla mente di Blaise, sa che si è privata della sua libertà per te e sa che questa parte del suo piano aveva deciso di farla sapere solo a Zabini.”

Draco si lasciò cadere stanco sulla poltrona dietro di lui.

“E' quindi molto probabile che se davvero ti amava al punto di salvarti, in qualche modo abbia voluto anche salvare se stessa e il vostro amore” continuò Severus.

“Quindi secondo te, Blaise ha sempre saputo come salvarla, ma non l'ha mai voluto fare perché lei avrebbe ricordato tutto... e a lui quel tutto non sarebbe convenuto” ipotizzò Draco.

Piton annuì serio.

“Quando Blaise quella notte mi aprì la sua mente e vidi ciò che Isobel aveva fatto, non tentai di scavare più a fondo. Ero troppo sconvolto. Ma questo Isobel e Blaise lo avevano già immaginato” cominciò allora a raccontare Draco. “Pensi che quel bastardo mi abbia volutamente nascosto per tutto questo tempo l'unica cosa che può davvero salvarla, Severus?”

“Posso portarlo qui se vuoi” propose l'uomo.

“No, andremo noi da lui. Digli di farsi trovare dove tutto è cominciato” decise Draco risoluto.

 

*

 

Blaise Zabini non sapeva cosa aspettarsi, ma conoscendo il suo vecchio professore di pozioni non poteva certo aspettarsi qualcosa di buono. Chiese a Theo di accompagnarlo nella vecchia villa appartenuta alla sua famiglia, quella in cui Draco aveva portato Isobel. In cuor suo sapeva che si trattava proprio di quello, sapeva che la resa dei conti sarebbe avvenuta la sera stessa. Non fu sorpreso, infatti, quando Draco Malfoy varcò la soglia e si tolse il mantello.

“Sembri un morto che cammina” lo accolse Blaise, deridendolo.

Theo si irrigidì a fianco a lui, ma Draco non diede segno di aver incassato. Alle sue spalle Severus Piton si stagliava in tutta la sua autorità.

“Vedo che anche tu hai portato rinforzi” gli fece notare Blaise.

“Sarà sempre e solo una cosa fra me e te, Zabini” rispose Draco gelido.

“E me.”

tutti i presenti si voltarono all'improvviso.

“Izzie?” fecero in coro i due ragazzi.

Draco guardò poi furente Piton, come se la colpa della presenza di Isobel fosse sua.

“Non azzardarti a prendertela con lui, Draco” lo anticipò lei. “Posso e voglio ancora poter decidere per me.”

Il ragazzo le si avvicinò il tanto che bastava per non farsi sentire dagli altri.

“Sai perché siamo qui?” le domandò preoccupato.

Isobel annuì. “Ma io sono qui per un altro motivo, Draco” aggiunse poi, allontanandosi da lui.

“Ciao, Theo” disse, andandogli incontro. Il ragazzo sorrise e la strinse in un abbraccio.

Draco si irrigidì impercettibilmente e lo fece ancora di più quando Isobel si avvicinò a Blaise, ma Severus gli strinse una spalla per trattenerlo dal fare alcunché. Sapeva cosa la ragazza aveva in mente, ma preferì non svelare nulla a Draco. Si limitò a girare sui tacchi e ad andare via. Lo avrebbe chiamato quando ce ne sarebbe stato bisogno.

Nel frattempo Blaise e Isobel erano in piedi uno di fronte all'altro. Lei lo guardava dal basso, lui era un misto di rabbia e imbarazzo. Ma tutto il disagio che stava provando, sparì quando lei gli posò le mani sul petto e iniziò a sbottonargli la camicia. Blaise, incredulo, tentò di trattenerla, ma sospirò quando le sue mani andarono a sfiorare le cicatrici delle ferite che lei stessa gli aveva inferto appena un mese prima. Isobel non aveva mai smesso di guardarlo mentre lo accarezzava.

Draco si resse a stento al muro per non crollare. Theo intanto lo spiava con la coda dell'occhio, per anticipare qualunque sua mossa.

“Izzie, cosa stai facendo?” riuscì alla fine a domandare Blaise.

Lei rafforzò la presa sui suoi fianchi e lo tirò a sé. “Andiamo di sopra” gli disse calma.

Draco non mosse un muscolo quando i due gli passarono davanti e lei non lo degnò di uno sguardo. Si sentiva morire e l'unica persona che poteva vederlo era Theo, che in fondo, un po' ne era impietosito.

 

Quando entrarono in una delle vecchie camere padronali, Blaise si tenne a debita distanza da lei.

“Hai paura di me, Blaise?” gli chiese lei ridacchiando appena.

Lui non rispose e rimase guardingo in fondo alla stanza. Isobel avanzò verso di lui, poi lo superò aprendo la porta del bagno.

Rimase per un attimo immobile, sulla soglia. Senza rendersene conto, due lacrime le bagnarono le guance e subito dopo due braccia forti la stavano stringendo.

“Ti ricordi?” le sussurrò Blaise all'orecchio. “I nostri bagni infiniti...”

Lei annuì e prendendo una mano fra le sue, ne baciò le dita. Blaise sospirò contro i suoi capelli e istintivamente si premette contro di lei.

“Ti ho amato tanto, Blaise, lo sai?” gli confessò Izzie, voltandosi.

Un lampo di sofferenza passò negli occhi di lui.

“Non era amore, Izzie. Ero solo il tuo salvatore” ribattè con tristezza.

“Era comunque amore” insistette lei, accarezzandogli il viso.

Blaise si lasciò andare contro quella carezza e le sue mani si strinsero forte attorno ai fianchi della ragazza.

“Dormi con me stanotte?” gli domandò Isobel, liberandosi dalla presa e indietreggiando verso il letto.

Blaise non si mosse, la guardò a lungo.

“Ti prego, Blaise. Dormi con me” continuò, sedendosi sul materasso.

“Tesoro, io non...” tentò di giustificarsi, ma quando la vide appoggiarsi sui gomiti e aprire le gambe davanti a lui, non resistette più, mandò all'aria qualsiasi proposito di dignità e di correttezza, e si avventò su di lei.

Non si era reso conto di essere tanto arrabbiato fin quando Isobel non fu nuda sotto di lui. La baciò con foga, infilandole malamente la lingua in bocca, mentre le strizzava con forza i seni. Lei mugolò contro le sue labbra e si aggrappò a lui con desiderio.

Rimasero in quel letto per ore, Blaise sfogò la sua rabbia scopandola più volte, sorpreso che ogni volta lei avesse più voglia di quella precedente. Non capiva cosa stesse succedendo, non capiva perché Draco non fosse ancora entrato nella stanza per ucciderlo. Non sapeva cosa ci fosse dentro la mente di quella ragazza. Si addormentò con la testa nell'incavo del suo collo e dormì come un bambino.

Isobel fu grata che lui non sapesse cosa le frullava in testa, perché se così fosse stato, non avrebbe potuto estrarre a tradimento dai suoi pensieri ciò che le serviva. Dovette fare attenzione, fu abile e scaltra, riscoprendo un'abilità che non sapeva più di avere. L'operazione complessa la stremò, ma quando trionfante riuscì nell'impresa, si fece forza e uscì dalla camera.

Sapeva dove trovare Draco anche senza magia, nella vecchia camera in cui l'aveva richiusa e torturata. Tuttavia non era lui che stava cercando. Bussò alla porta di Severus e come da accordi lui la stava aspettando sveglio, pronto ad aiutarla. Pronto a ridarle la memoria, senza che nessun uomo che lei avesse amato, la potesse rovinare o salvare ancora. Questa volta avrebbe fatto da sola, infondo, il suo piano originario – fin da Malfoy Manor - era stato sempre quello.

 

*

 

La mattina successiva all'alba, Draco uscì di fretta e furia dalla sua camera, impaziente di trovare Isobel. Era stato difficile per Severus convincerlo a lasciarla fare e a rispettare la sua libertà d'agire, almeno fino al giorno dopo.

Draco spalancò bruscamente la porta della camera di Blaise e ciò che vide non lo rassicurò per nulla. Il ragazzo dormiva su un letto troppo sfatto e una stanza troppo in disordine per aver passato la notte da solo.

“Dov'è lei?” tuonò rivoltò a Zabini, mentre Theo accorreva a causa del frastuono.

Blaise scese dal letto con calma e si infilò svogliatamente l'intimo e i pantaloni.

“Non lo so, Draco” gli rispose con astio, fissandolo dritto negli occhi.

“Te la sei scopata?” gridò quello, puntandogli la bacchetta contro.

Blaise rise, mentre incurante della minaccia, cercava sotto il letto la camicia. Nel frattempo era sopraggiunto anche Severus che – come Theo – si limitava a stare fermo sulla soglia. Entrambi li fissavano con lo sguardo senza speranza dei genitori nei confronti dei figli.

“Sì, abbiamo scopato, se è questo che ti preoccupa. Più volte” risposte alla fine Blaise con un mezzo sorriso compiaciuto. “E tutte le volte è stata lei a chiedermelo” aggiunse, per infliggergli il colpo di grazia.

Severus intervenne prima che la situazione degenerasse.

“Isobel è andata via” chiosò. Tutti si voltarono verso di lui. “Ha lasciato un biglietto” spiegò porgendo un foglietto a Draco, che lo aprì con foga.

“Che cosa significa non cercatemi?” sibilò, accartocciandolo nel pugno.

“Significa che l'avete uccisa lentamente, tutti quanti, nessuno escluso e ora non ne vuole più sapere” concluse Severus, girando sui tacchi per poi andarsene.

 

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Capitolo 32
*** Negazione ***


 
Capitolo 32
Negazione 


Blaise e Draco non appianarono la discordia, non fecero pace e non tornarono nuovamente amici, ma si limitarono a convivere pacificamente in quella che un tempo era stata la villa che li aveva resi nemici. Severus, soddisfatto, andò via e Theo rimase a fare da cane da guardia ai due.

Passarono parecchi mesi dalla scomparsa di Isobel, nessuno riuscì a rintracciarla. Non era dato sapersi chi l'avesse presa peggio. Blaise aveva capito fin troppo bene di essere stato raggirato, ma la consapevolezza di aver distrutto la vita di una persona per il proprio tornaconto personale lo aveva fatto precipitare in una spirale di introspezione psicologica e auto espiazione. Draco invece, dal canto suo, era ormai stanco di cadere nell'oblio della depressione, perciò aveva incanalato il suo dolore nella rabbia e non voleva neanche sentire nominare la ragazza di sfuggita. Per lui era morta.

Eppure una sera di dicembre, quando tutto fuori era luccicante e in festa, Theo si azzardò a tirare fuori l'argomento.

“Potrei aver trovato qualcosa” buttò lì, durante la cena.

Draco lo ignorò, come faceva sempre, Blaise alzò gli occhi dal piatto.

“Cioè?” gli chiese, continuando a masticare.

“Qualcuno potrebbe averla vista a Granada” spiegò con cautela.

Draco fermò la forchetta a mezz'aria, guardò Theo e poi la ripose lentamente sul tavolo. Si pulì la bocca e si alzò, senza dire una parola. Il tempo che intercorse tra quello e l'avventarsi alla gola di Theo con la bacchetta puntata, fu fulmineo.

“Come osi?” biascicò al suo orecchio, gli occhi iniettati di sangue. “Lo sai benissimo che a tavola non si parla dei morti. O vuoi che smettiamo di parlare anche di te?” lo minacciò, spingendo il legno appuntito contro la sua giugulare.

Blaise non intervenne, la notizia lo aveva scosso. Si limitò a continuare a mangiare, facendo finta di nulla. E poi scene come quella le aveva già viste più volte. Theo che cercava di ottenere una reazione da Draco, perché preoccupato che prima o poi potesse diventare il nuovo Signore Oscuro, tanta era la sua rabbia e la sua assenza di amore. Draco che gli dimostrava solo ogni giorno di più che aveva ragione e che prima o poi li avrebbe uccisi tutti.

Tuttavia, quella sera Theo non sembrava intenzionato a lasciar perdere, speranzoso che forse l'aria natalizia avrebbe alleviato l'istinto omicida di Draco.

“Non era sola, quindi forse...” azzardò, nonostante la bacchetta a pungolargli il cuore ora.

“Allora vuoi proprio morire” constatò Draco quasi sorpreso che l'amico stesse insistendo. Persino Blaise smise di cenare per osservare interessato l'andamento delle cose.

“Avanti, Draco. Anche tu... soprattutto tu, vuoi sapere dove si trova” farfugliò incerto. Parole che ferirono Blaise nel profondo: anche secondo l'umile e insulso parere di Theodore Nott, lui aveva meno diritto di Draco di tenere a lei. Amareggiato si alzò e lasciò la stanza, lasciando Theo nelle grinfie di un Malfoy furioso.

La mattina successiva Blaise trovò Theo Pietrificato, seduto esattamente dove l'aveva lasciato la sera precedente. Rise e rimase per un po' a fissarlo, poi impietosito lo disincantò e l'amico lo guardo prima in cagnesco e poi con gratitudine. Mentre si avviava verso la porta, si imbatté in Draco e facendo finta di non vederlo, passò oltre per evitare un'altra scenata.

“L'aria di Natale ti ha reso forse più buono?” lo prese in giro Blaise, mentre aspettava che l'elfo domestico gli servisse la colazione. “L'ultima volta lo hai ridotto peggio di così.”

Draco gli lanciò un'occhiata carica di disprezzo e si sedette anche lui a tavola.

Mangiarono in silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri.

Blaise aspettò che Draco avesse finito il suo caffè per parlare.

“Se le parlassi, riusciresti almeno a smettere di fare questa vita di merda” gli disse senza peli sulla lingua.

Draco non credette alle sue orecchie.

“Perché volete morire tutti oggi?” domandò in risposta con un sospiro.

“Smettila con questa finta minaccia dell'omicidio, Malfoy. Stai male....” ma Blaise non riuscì a terminare la frase. Draco era scattato dall'altra parte del tavolo e gli stava puntando la bacchetta alla tempia. Con lui giocava più sporco che con Nott.

“Hai qualcos'altro da aggiungere?” gli chiese mellifluo.

Blaise sospirò irritato. Non avrebbe mai ammesso che un brivido di terrore gli era corso giù per la schiena, tuttavia decise di farsi coraggio e di dire semplicemente la verità.

“Io ho bisogno di sapere, di andare avanti... e non voglio farlo da solo” confessò, distogliendo lo sguardo da quello di Draco.

Quello lo fissò per un istante, poi allentò leggermente la presa.

“Lei è morta” sibilò tanto piano che sembrò che nessun suono fosse uscito dalle sue labbra.

Blaise annuì e gli posò una mano sulla spalla. Era il contatto più amichevole che avessero mai avuto.

“Lei è viva. Io e...”

“No!” urlò Draco, indietreggiando all'improvviso. “No!” ripeté più forte per impedire qualsiasi altra parola di Blaise.

Nessuno dei due provò ancora a tirare fuori l'argomento. Isobel era morta, per Draco, ovviamente. Blaise in cuor suo non perdeva la speranza di rivederla e arrendendosi a goffi tentativi di Nott di parlare della cosa almeno con lui, si lasciò informare riguardo ai presunti avvistamenti.

Voleva vederla, voleva parlarle, voleva sapere. Ma era consapevole che nulla l'avrebbe attratta dal tornare in quella casa, a meno che uno dei due non fosse in procinto di morire. E forse era proprio quello che sarebbe dovuto accadere.

Blaise sapeva che per farsi ridurre in fin di vita da Draco non sarebbe servito molto. Bastava nominare Izzie un paio di volte.

Approfittò di un giorno in cui Draco sembrava particolarmente nervoso e gli servi su un piatto d'argento la possibilità di sfogarsi. Gli bastò vantarsi con Theo dell'ultima notte passata insieme a lei e in pochi minuti si ritrovò schiantato dall'altra parte della stanza. Draco non si era neanche sprecato ad alzarsi dalla poltrona però, probabilmente oltre che nervoso, quella sera doveva essere anche giù di morale.

Blaise rise e continuò, sfidandolo apertamente a combatterlo.

“Nonostante tutto, Malfoy, da quanto ha perso la memoria ha sicuramente fatto più sesso con tutti che con te” lo provocò.

Draco questa volta si alzò di scatto e una maledizione senza perdono fuoriuscì dalle sue labbra e dai suoi occhi di ghiaccio.

Torturò Blaise il tanto che bastò a lasciarlo senza sensi per qualche minuto e senza parole, che alla fine era il suo unico obiettivo. Tuttavia il suo avversario si rivelò un osso duro e, ripresosi, lo scambio verbale a senso unico si trasformò in un vero e proprio duello, in cui Blaise mostrò chiaramente di non volersi impegnare più del necessario, ma temendo per la propria vita e, sapendo che in ogni caso Draco lo avrebbe sconfitto, tentò in extremis di far sì che non venisse davvero ucciso.

Draco non capiva, nella confusione del duello, perché Nott non intervenisse, ma capì solo più tardi quando portò Blaise nella sua camera, ormai privo di sensi. Faceva tutto parte di un piano. Tuttavia, nonostante una vocina dentro di lui sapesse perfettamente cosa stava per accadere, un'altra zittì il tutto, negando l'inevitabile. Ciò gli impedì comunque di non chiudere occhio quella notte e quelle successive.

Venne chiamato persino Severus per controllare le condizioni di Blaise che non erano affatto buone. Draco aveva esagerato, aveva riutilizzato il Sectumsempra, più volte, in più parti. Il ragazzo non stava affatto bene, delirava, eppure dalle sue labbra non usciva suono o gemito che non fosse il nome di quella ragazza.

Severus sospirò sconsolato e deluso soprattutto.

“Lo ha fatto per attirare la sua attenzione non è così?” domandò a Theo. Quello annuì incerto, aveva paura che ci fosse Draco nei paraggi.

“Non temere, sta negando tutto, ma non è così stupido da non aver capito che cosa avete cercato di fare tu e il signor Zabini” lo rimproverò.

Theo abbassò gli occhi imbarazzato.

“Tuttavia, se Draco non è ancora andato via da questa casa, vuol dire che in cuor suo si sente pronto a rischiare di rivederla” lo rassicurò. “Sarà qui tra un giorno o due probabilmente” concluse lasciando la stanza.

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Capitolo 33
*** Lavanda ***


Capitolo 33

Lavanda


Isobel arrivò alla villa esattamente due giorni dopo la soffiata di Piton. Theo la accolse sulla soglia fingendosi sorpreso.

“Non prendiamoci in giro, Nott. So benissimo che mi aspettavate” chiosò fredda sulla soglia.

Dall'aspetto poteva sembrare diversa: i capelli erano più corti, gli abiti la coprivano di più, il suo sguardo era freddo, ma dentro - solo lei e Severus ne erano al corrente – era la stessa Isobel di sempre, con la memoria intatta.

La sua espressione scocciata palesava il suo scontento nel trovarsi di nuovo in quella casa.

Lasciò la valigia ai piedi delle scale e salì velocemente le scale, fino alla stanza di Blaise. Risoluta aprì la porta e ciò che vide le fece tremare le ginocchia per un attimo. Il ragazzo giaceva sul letto, il busto e le braccia completamente fasciate. Isobel si sedette vicino a lui e gli spostò i capelli dalla fronte. Blaise era cosciente, ma troppo stanco per avere la reazione che avrebbe voluto. Aprì gli occhi e sorrise, dopo giorni di agonia.

“Sei venuta...” sussurrò. Lei tentò di riservargli uno sguardo freddo, ma riuscì a fare tutto l'opposto. Appoggiò la fronte sulla sua e respirò piano, mentre una mano andava a stringere forte una delle sue, come a non volerlo più lasciarlo andare.

“Sei un idiota” gli sussurrò. “Avrebbe potuto ucciderti”.

Blaise ridacchiò. “Sapeva che non glielo avresti mai perdonato, se lo avesse fatto.”

Isobel sorrise triste e fece per alzarsi, ma lui la fermò.

“Dormi con me stanotte?” le domandò, con ancora la forza di essere furbo.

Lei ridacchiò e si accoccolò vicino a lui, nella parte opposta del letto.

 

Theo era terrorizzato, stava di guardia davanti alla porta di Blaise. Sapeva che l'arrivo di Isobel non era sfuggito a Draco, ma temeva comunque di vederselo comparire lì davanti all'improvviso. Tuttavia, passò qualche giorno prima che Isobel uscisse da quella camera, con un Blaise sottobraccio dal colorito migliore di quando ci era entrato.

Si accomodarono nel salottino, insieme sul divano. Gli venne servita la cena, nonostante il ragazzo lamentasse di non avere fame. Theo tornò a stare in allerta: Draco si era fatto vedere poco e niente in casa, ma non poteva sorprenderli così. Non mentre Isobel aiutava Blaise a mangiare. Ma purtroppo questa volta la sua paura si rivelò vera: dopo pochi minuti sulla soglia della porta si stagliò Draco, proprio mentre Isobel lasciava una carezza sul viso di Blaise.

La ragazza non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che lui era lì e che non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Blaise invece si girò per squadrarlo e ciò che vide non lo sorprese. Il viso di Draco era una maschera di indifferenza. Sembrava che la loro presenza non lo scalfisse.

Draco avanzò e si andò a sedere sulla poltrona davanti al divanetto, continuando a fissare Izzie. “Guardami” le ordinò poi, con voce perentoria.

Gli occhi di lei saettarono immediatamente nei suoi e Draco per un secondo si sentì mancare, ma riuscì a mantenere un comportamento di facciata.

“Occupati di Blaise, poi vi voglio entrambi fuori da questa casa” disse freddo.

Blaise provò a protestare che la casa era sua, ma sapeva benissimo che probabilmente il Malfoy l'aveva comprata dalla sua famiglia mentre lui era convalescente.

Isobel sostenne il suo sguardo con fierezza. “D'accordo” rispose. “Ma per il tempo che starò qui, ti pregherei di non farti vedere. Non voglio respirare la tua stessa aria” aggiunse poi sorridendo in modo inquietante.

Draco sorride di rimando e si alzò, lasciando la stanza. Solo quando le sue spalle sparirono dietro l'angolo, Isobel si concesse di lasciarsi andare. Tentando di non correre, si precipitò nella sua stanza, insonorizzò le pareti e si lasciò andare ad un urlo così straziante, che non poté essere ascoltato, ma poté essere percepito. E a percepirlo fu anche Draco nella camera accanto. I muri tremarono e così anche Isobel, che da quando aveva riacquistato la memoria, aveva anche ricominciato a soffrire dei suoi attacchi, a causa dello stress. E Draco si dovette letteralmente mordere a sangue le braccia per non accorrere in suo aiuto.

Anche i due ragazzi al piano inferiore, percepirono che qualcosa non andava e Theo corse su per le scale, tentando di arrivare in tempo. Quando spalancò la porta della camera, che Isobel non aveva sigillato, lei se ne stava rannicchiata per terra, la schiena appoggiata al letto e le braccia a stringersi forte le ginocchia. Si avvicinò per tenerla stretta, come aveva fatto tante volte quando erano ad Hogwarst, ma lei sollevò la testa e lo guardò furiosa.

“Vattene, Theo” gli disse, faticando per lo sforzo.

“Ma, Izzie...”

“Vai via!” gli urlò lei con le poche forze che le rimanevano.

Theo indietreggiò e alle sue spalle comparve Blaise che non si sa come era riuscito ad arrivare da solo fino a lì.

“Tesoro, vuoi che...” provò a dirle, ma lei gli tirò un'occhiataccia.

“Lasciatemi in pace” li supplicò prendendo la bacchetta e chiudendogli la porta in faccia, questa volta sigillata da un incantesimo.

Blaise e Theo si guardarono sconsolati, ma nessuno dei due riuscì a esternare a parole che forse l'unica persona in grado di aiutarla fosse Draco.

Isobel riuscì a calmarsi da sola e a notte fonda, stremata e affamata, scese nelle cucine per prepararsi qualcosa. Non voleva svegliare l'elfa domestica di casa. Si recò in sala da pranzo e sedette al lungo tavolo che occupava gran parte della stanza. Peccato che l'altra estremità fosse occupata da qualcuno. Draco l'aveva preceduta. Era solito sedersi lì, quando non riusciva a dormire.

Isobel lo ignorò, si aspettava che lui se ne sarebbe andato a breve, ma così non fu.

“Penso ci sia abbastanza aria per entrambi in questa stanza, non credi?” le domandò sarcastico, ma un po’ titubante.

La sua voce le arrivò lontana, come in un sogno. Non rispose e continuò a bere il suo tè, confermando ciò che lui aveva appena puntualizzato.

Quegli “incontri” notturni andarono avanti un paio di settimane, nessuno dei sue sembrava voler rinunciare a quel tavolo, a quei posti così distanti, al silenzio denso e scuro che li avvolgeva.

 

Blaise si era quasi totalmente ripreso e tornato in forze, iniziò a risentire la presenza di Isobel senza poterla toccare come avrebbe voluto. Più volte aveva tentato di baciarla, ma lei si era sempre ritratta. Così una sera aspettò che lei scendesse nel salotto e la attese, pronto a dichiararsi di nuovo, a farle capire che la voleva. Lei se ne stava in piedi davanti al camino e quando si senti avvolgere dalle sue braccia, istintivamente si lasciò andare con la testa indietro sulla sua spalla. Blaise ne approfittò per posare un piccolo bacio sul collo e scendere lentamente con le mani sul seno. Isobel mugolò compiaciuta, ma ad un tratto si irrigidì e lo spinse via. Draco era entrato nella stanza a passo felpato, ma lei lo aveva sentito arrivare lo stesso. Il ragazzo si limitò a fissarli con disgusto e a fare dietro front.

Ovviamente quella notte non si presentò al non-appuntamento nella sala da pranzo e così fece anche per le sere successive.

Isobel non demorse e puntuale si sedette al suo posto, aspettando che Draco si facesse vivo. Fu tentata di salire le scale e bussare alla sua porta, ma ogni volta che stava per farlo, qualcosa dentro di lei le diceva di lasciargli il suo spazio.

Non riportò in cucina le tazze utilizzate e aveva proibito all'elfa domestica di farlo, cosicché Draco potesse vedere che lei non aveva rinunciato a presentarsi a quel tavolo.

Così una notte, quasi una settimana dopo, Draco tornò fedele al suo posto e lei fu così felice di vederlo, che quasi fece fatica a nasconderglielo.

Rimasero in silenzio come al solito, poi Isobel iniziò a riflettere. Quando era entrata di nuovo in quella casa, non era intenzionata ad essere riconquistata da nessuno, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto confessare di aver riacquistato completamente la memoria. E dati i rapporti al limite del civile con Draco, non poteva semplicemente dirglielo. Così come non avrebbe potuto confessarlo prima a Blaise, che probabilmente ne sarebbe rimasto ferito di nuovo.

Sapeva che il ritorno di Draco a quel tavolo voleva dire qualcosa, ma temeva di fare un passo falso e farlo fuggire di nuovo. Tuttavia, pensò, non aveva patito tutto quel dolore per nulla. Si era fatta maciullare il cervello per lui e quello voleva pur dire qualcosa.

Decise così di svelare a Draco il suo segreto, senza dirglielo. Posò la tazza del tè e si alzò. Lo sguardo di Draco saettò immediatamente su di lei. Isobel, aiutandosi con la sedia, salì in piedi sul tavolo e lo percorse lentamente, fissando Draco dritto negli occhi.

Lui la guardava pietrificato – ricordando perfettamente una scena simile - finché fu costretto a sollevare la testa per vederla troneggiare. Isobel allora si accovacciò e si sedette, proprio davanti a lui, le gambe a penzoloni e aspettò.

Draco trattenne il respiro. Il cuore gli stava scoppiando nel petto. Si alzò in un lampo e altrettanto velocemente avvolse la vita di Isobel con le proprie braccia, tirandola a sé. Affondò il viso nei suoi capelli e le sussurrò: "Oggi i tuoi capelli profumano di lavanda.”

Lei sorrise come mai aveva sorriso e rispose “Cambio spesso shampoo.”

Draco si allontanò leggermente e le prese le guance fra le mani fredde. Si guardarono per quella che sembrò un'eternità e poi lui si chinò a baciarla. Non ci furono parole, nessuno dei due riusciva a dire nulla. Nessuno dei due si preoccupava di riprendere fiato. Il baciò diventò sempre più profondo, quando lei gli allacciò le gambe alla vita e si strusciò su di lui. Il bacino di Draco scattò automaticamente avanti a godere della frizione. Le sue mani vagarono frenetiche e alla cieca per spogliarla. Le strinse con forza il seno e inspirando il suo profumo le disse con voce roca e un tantino irata: “Sei solo mia, Izzie.”

Lei tentò di protestare, ma lui la fissò dritto negli occhi. “Ti prego…” le chiese supplichevole.

Isobel si senti sciogliere dentro e annuì, baciandolo di nuovo con trasporto. Draco sollevato, sentì di potersi lasciare andare. Fece scivolare una mano dentro le mutandine di lei e infilò due dita. Lei soffocò un gemito e si spinse forte pe volerne di più. Non l'aveva mai sentita gemere così e non voleva che nessuno li interrompesse, così le tappò la bocca con un palmo. Lei lo guardò con gli occhi iniettati di piacere e continuò a sospirare contro la sua pelle.

Draco non poteva sapere che si era fatta fare un incantesimo che impediva a chiunque, a parte lei stessa, di modificare o cancellare la sua memoria di nuovo.

Draco non poteva saperlo, ma lei sì. E non poteva neanche sapere che ricordava tutto, compresi i mesi passati ad essere contesa, ma che alla fine l'unico che aveva scelto di amare era lui.

Glielo disse mentre sentiva l'orgasmo arrivare ad ondate, mentre si aggrappava alla schiena di Draco e non voleva più lasciarlo andare.

“Ti amo” sussurrò contro il suo petto “E sei mio, per me e per sempre”.

Draco sorrise e guarì, continuando a inspirare il profumo dei capelli di Victoria.

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Non credo che esista qualcuno che ancora segua questa storia, ma dopo 14 anni ho deciso di completarla e chiudere questo capitolo. L'ho fatto per la me stessa diciottenne e per la me stessa di ora che ancora dopo tutto questo tempo continua a leggere (e scrivere) fan fictions da brava millennial. 

Grazie a chiunque l'abbia letta in questi anni.
Grazie, EFP. 



 

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