Cuor di Grifondoro

di DirceMichelaRivetti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il fischio della locomotiva annunciava che l’Hogwarts Express sarebbe partito entro pochi minuti. I ragazzi che erano ancora sulla banchina a salutare i genitori si affrettarono a dare gli ultimi abbracci. Nell’aria risuonavano molte meno risate o allegri saluti rispetto agli anni precedenti. Gli sguardi tristi tra figli e genitori non erano solo causati dal pensiero della nostalgia che sarebbe nata in quei mesi e mesi di lontananza. No. C’era qualcosa di più.

Il ministro ucciso da pochi giorni, la consapevolezza che ciò segnava l’ascesa di Voldemort al potere. Questo era ciò che smorzava l’entusiasmo per la partenza per Hogwarts. Cosa sarebbe accaduto nei prossimi mesi? Cosa sarebbe cambiato durante quella lontananza?

Certo, c’era chi poteva rimanere tranquillo e non solo tra i Serpeverde, ma sicuramente erano turbati coloro che sapevano che i propri genitori non erano purosangue o che non avrebbero accettato il regime che andava istaurandosi e lo avrebbero osteggiato.

Come sapere se quello era un arrivederci o un addio?

Intanto, un occhio attento, aveva potuto notare che tra gli studenti in partenza ne mancava qualcuno, non solo alcuni ragazzi nati babbani a cui era stato proibito tornare a scuola, ma anche Harry Potter e i suoi amici Ron ed Hermione.

In molti avevano notato la loro assenza; alcuni si erano stupiti, altri ritenevano che il ragazzo sopravvissuto e i suoi amici si fossero nascosti, solo pochi temevano fossero morti.

Un altro fischio del treno non scosse Neville Paciock dai propri pensieri: era arrivato al binario 9 ¾ già da un quarto d’ora ma ancora non era salito sul treno; si era perso a scrutare la situazione, vedeva la malinconia e la paura celata dietro i sorrisi forzati di molti e se ne dispiaceva. Sarebbe stato un anno duro, quello, e di certo non per il fatto che avrebbe dovuto conseguire il diploma da MAGO. Gli esami erano l’ultimo dei suoi pensieri, sapeva che le difficoltà sarebbero state altre. Hogwarts sarebbe stato ancora un luogo sicuro? Chi era il nuovo preside? Quali insegnanti avrebbe trovato? La scuola sarebbe stata sotto il controllo del Ministero corrotto dal Signore Oscuro? Sarebbe ritornata la Umbridge?

La Umbridge forse no, gli risultava fosse troppo impegnata nel censimento dei nati babbani, o in qualsiasi altro modo avessero deciso di chiamare quello schedamento e le sue terribili conseguenze.

“Neville, insomma, il treno!” urlò un’anziana signora, scuotendo il giovane.

Augusta Paciock era una donna molto severa, non solo nel carattere, ma anche nell’aspetto, sebbene indossasse abiti poco arcigni e che facilmente avrebbero attirato le risate di molti, se non fossero stati terrorizzati dal suo sguardo.

“Sì, nonna …” mormorò il giovane, riprendendosi dai propri pensieri “Salgo.”

Il grifondoro prese con una mano il proprio rospo Oscar e se lo infilò nella tasca del lungo cappotto, poi afferrò il baule e lo sollevò.

“Adesso che sei maggiorenne puoi farlo levitare senza problemi.” gli ricordò la nonna.

“Lo so, ma non faccio fatica, non preoccuparti.”

“Mi raccomando, è il tuo ultimo anno, applicati nello studio. Sei migliorato negli ultimi due anni, ma so che puoi fare di meglio. Pensa ai tuoi genitori, cerca di renderli orgogliosi. Soprattutto i questi frangenti, dimostra il valore dei Paciock.”

“Nonna …” cercò di fermarla Neville, imbarazzato. Nessuno li stava ascoltando, ma lui si sentiva ugualmente a disagio.

“No; ascolta! I seguaci di Tu-sai-chi hanno distrutto la vita dei tuoi genitori, dimostra loro che non hanno rovinato la tua; ti hanno fatto del male, ma tu devi provare che questo non basta per impedirti di diventare un grande mago.”

“Va bene, nonna.” rispose il giovane, come volendo interrompere la conversazione.

Augusta, però, non accennava a tacere: “So quello che hai fatto l’anno scorso nell’Ufficio Misteri con Potter e gli altri vostri amici e so che anche nella notte in cui Silente è stato ucciso tu hai combattuto contro i Mangiamorte; neanche i tuoi genitori avevano affrontato simili scontri così giovani. Devi essere fiero di te e non arrenderti, continuare a migliorare ogni giorno di più.”

Neville era commosso, il labbro inferiore gli tremava per l’emozione: era così raro che sua nonna gli rivolgesse parole d’approvazione e non rimproveri e critiche. Non riuscì a rispondere a parole, ma abbracciò la nonna, stringendola forte per farle capire quanto bene le volesse.

Quando sciolse l’abbraccio, sollevò di nuovo il baule e, mentre si voltava per salire sul treno, fu urtato piuttosto violentemente da qualcuno che andava di corsa.

“Scusa!” esclamò una voce femminile, di cui ora si vedeva solo la chioma liscia e rossa.

“Fa più attenzione!” replicò il ragazzo, poi riconobbe quei capelli ed esclamò: “Ginny!”

La giovane si voltò e sorrise, sorpresa e felice: “Neville! Che bello vederti! Sono contenta che hai deciso di tornare ad Hogwarts anche quest’anno!”

“Eh, dove vuoi che vada altrimenti?” sospirò il ragazzo avvicinandosi.

“Dai, su, saliamo. Ho un sacco di cose da raccontarti.”

I due grifondoro salirono sul treno e si sistemarono in uno scompartimento ancora libero, poi si sporsero dal finestrino, come facevano tutti gli altri studenti, per salutare mentre il treno cominciava a muoversi.

La signora Weasley era da sola, in piedi accanto ad Augusta; entrambe salutavano, tenendo gli sguardi fissi sui ragazzi i cui volti si allontanavano e si facevano sempre più sfocati, fino a scomparire. I genitori iniziarono a lasciare il binario 9 ¾ per tornare alle loro consuete attività. Le due signore si allontanarono assieme.

“Come mai sei venuta sola, Molly?” domandò Augusta “È accaduto qualcosa? State tutti bene?”

“Beh, come saprai, la festa per il matrimonio di Bill e Fleur è stata interrotta da un attacco di Mangiamorte, non appena il ministero è caduto … anche se non ci sono state altre ripercussioni e Arthur non ha ricevuto particolari minacce o pressioni sul lavoro, preferiamo essere discreti, non mostrarci in pubblico più del necessario.”

“Avete avuto coraggio a lasciare andare vostra figlia a scuola anche quest’anno, se per il resto siete così prudenti.”

“Eh, speriamo che non sia stato un azzardo. Se la situazione ci sembrerà diventare rischiosa, la terremo a casa a Natale, o Pasqua.”

Intanto, sul treno, i due grifondoro si erano accomodati e avevano cominciato a parlare. Ginny stava raccontando dettagliatamente l’attacco che la Tana aveva subito. Concluse dicendo: “Da quel giorno non ho più visto Harry, né Ron od Hermione.”

“Non crederai che siano stati catturati?”

“Ne dubito. Se Harry fosse caduto nelle sue mani, Tu-sai-chi lo avrebbe fatto sapere, non credi?”

“Probabile, anche se è impossibile sapere che cosa ci sia davvero nella sua testa. Si danno alla latitanza, dunque? Perché nascondersi? Capisco che Harry non voglia mettere in pericolo la vita di qualcuno, facendosi ospitare, ma non può nemmeno rimanere celato per sempre. Sono sicuro che sta preparando qualcosa e presto troverà la maniera di farcelo sapere.”

“Lo credo anch’io.” annuì Ginny “Harry non è il tipo di persona da rimanere con le mani in mano. So che il professor Lupin lo ha cercato ed è riuscito a parlargli.”

“Davvero?!” Neville parve entusiasmarsi “E che cosa gli ha detto?”

“Non molto. In realtà non so se non gli abbia dato tante spiegazioni o se non le abbiano volute dire a me. Comunque, sembra che Silente abbia lasciato una missione da compiere ad Harry. Poco prima del matrimonio di Bill, il ministro in persona era venuto a la Tana per consegnare ad Harry, mio fratello ed Hermione un’eredità lasciata loro da Silente in persona.”

Neville deglutì e chiese di nuovo: “Davvero?”

“Sì! Ha lasciato il deluminatore a Rone, un libro di fiabe ad Hermione e ad Harry il primo boccino che ha preso in una partita.”

“Strano …”

“Già, spero che almeno loro abbiano capito il senso di questi doni. Comunque non è finita qui. Silente aveva lasciato ad Harry anche la spada di Godric Grifondoro!”

“Addirittura?!” il ragazzo era esterrefatto.

“Sì, sì! Il ministro, però, ha detto che la spada è di proprietà della scuola e non del preside, dunque Silente non aveva la facoltà di lasciarla in eredità, quindi Harry non l’ha avuta.”

“Dannazione! Se Silente gliela aveva voluta lasciare, un motivo ci sarà: probabilmente servirà nella battaglia finale.”

“Già …” sospirò Ginny, facendosi improvvisamente malinconica e tacendo.

Neville assecondò il silenzio, rimuginando su ciò che aveva appena scoperto e ripensando a quando, il giorno del proprio compleanno, aveva ricevuto anche lui qualcosa in eredità d parte di Silente. Il ministro, per fortuna, era arrivato quando era da solo in casa, così aveva ritirato il pacchetto e lo aveva nascosto. Era curioso di sapere che cosa ci fosse dentro ma, allo stesso tempo, non si attentava ad aprirlo, temendo che fosse stato indirizzato a lui per sbaglio, quasi aspettandosi che da un momento all’altro qualcuno sarebbe spuntato fuori a reclamare il contenuto di quel cartoccio. Era stato contento dell’assenza della nonna nel momento in cui lo aveva ricevuto: lei lo avrebbe costretto ad aprirlo subito, lui preferiva aspettare ancora, voleva sentirsi pronto.

Pronto per cosa, poi? Non aveva idea di cosa ci fosse e, sentendo che cosa era toccato agli altri, probabilmente non avrebbe dovuto preoccuparsi, tuttavia ancora non si sentiva preparato ad accogliere un’eredità da parte di Silente. Il vecchio preside nutriva aspettative su di lui, se gli aveva lasciato qualcosa, e Neville aveva troppa paura di non esserne all’altezza e di deluderlo.

In quel momento la porta dello scompartimento si aprì e fece capolino una giovane sottile, pallida, coi capelli bionda e gli occhi grigi.

“Ciao Luna!” esclamarono quasi all’unisono i due grifondoro.

“Ciao ragazzi” rispose lei, con la solita voce leggera “Possiamo sederci con voi?”

“Possiamo?” ripeté Ginny perplessa e divertita “Tu e i gorgosprizzi, intendi?”

“No, non dire sciocchezze, i gorgosprizzi è meglio evitarli. Intendevo dire, io e mia cugina, possiamo sederci?”

Luna fece un passo avanti e si scostò leggermente, lasciando così affacciare sulla porta un’altra ragazza che sembrava il suo opposto: mora, occhi scuri, carnagione olivastra, corporatura di certo non esile; i lineamenti del viso, però, erano molto simili.

“Certo, accomodatevi.” rispose Neville, slittando verso il finestrino.

Le due ragazze presero posto, una di fronte all’altra: Luna accanto a Ginny, l’altra affianco a Neville.

Ginny era un poco sorpresa e disse: “Credevo saresti stata ad Hogwarts solo lo scorso anno, Afdera, e che ti avremmo rivista il prossimo.”

“Sì, teoricamente quelle erano le intenzioni di mio padre ma, dopo la morte di Silente, ha deciso di non continuare a viaggiare, per il momento e di occuparsi a non so esattamente quali studi a casa nostra, quindi mi ha fatto continuare la scuola come tutti gli altri.”

Neville osservò: “Beh, c’è stata anche la questione del fatto che da quest’anno è obbligatorio frequentare Hogwarts e non è più permesso decidere di istruire i propri figli privatamente o all’estero.”

“Sì, forse in parte anche per quello.”

“Dai, in fondo è meglio così” commentò Ginny “Fare a scuola solo l’anno del GUFO e del MAGO non ha gran senso, così almeno hai tre anni per stare in compagnia, fare amicizie. Io sono contenta di averti conosciuta.”

“Sì, immagino tu abbia ragione …” replicò Afdera, poco convinta “Sono un po’ dispiaciuta perché con papà avevamo progettato un viaggio nella penisola dello Yucatan e in meso-america per studiare Aztechi e Maya, avevo già iniziato a studiare un poco la lingua.”

“Come fai?!” esclamò Neville “Come fai a imparare tutte quelle lingue? Hai detto che sai il latino, il greco antico, sanscrito, l’egiziano coi geroglifici, il cuneiforme e ora pure questo! Come fa ad entrarti tutto in testa?”

“Non dovresti stupirti” intervenne Luna “In fondo è una Corvonero.”

La cugina spiegò: “Te l’ho detto: mi ha insegnato mio padre: a seconda dei posti in cui stavamo mi insegnava le lingua, la storia, la cultura e la magia di quei luoghi.”

“Hai paura per lui?” domandò Ginny “Insomma, ha lavorato per anni e anni tra i babbani, non so se sia ben voluto dal nuovo governo.”

“Mah, certo non sarà ben visto, ma non credo sia considerato un soggetto pericoloso, per il momento.”

“Come ha fatto ad insegnarti la magia?” chiese Neville “Ai minorenni è vietato fare incantesimi fuori dalla scuola.”

“In Gran Bretagna, altrove ci sono altre regole, anche perché in molte nazioni non esistono scuole e i ragazzi sono istruiti dai genitori.”

Il padre di Afdera, Nanuk, terminati gli studi ad Hogwarts, aveva frequentato università babbane, diventando archeologo e storico delle civiltà antiche. Aveva iniziato a girovagare per il mondo seguendo scavi e ricerche e in India aveva conosciuto la propria futura moglie.

Quando gli nacque una figlia, Nanuk non pensò di fermarsi e trovare un lavoro normale nel mondo magico, continuò le sue spedizioni per il mondo, portandosi dietro la famiglia e continuando a farlo anche dopo la disavventura che costò la vita a sua moglie.

Era stato un grifondoro ai tempi della scuola e lo spirito avventuriero lo aveva ereditato dal nonno Raimondo, mago di origine ebraica che era stato un grande esploratore, il primo ad attraversare la Dancalia ed uscirne vivo. Lorian, uno dei figli di Raimondo, aveva sposato una strega purosangue inglese da cui aveva avuto due figli: Nanuk e Pandora.

Nanuk, quando frequentava Hogwarts, era diventato grande amico di Xenophilius Lovegood, il quale si era poi innamorato di Pandora e l’aveva sposata. In questo modo Luna e Afdera erano cugine.

Nanuk dunque aveva tenuto con sé la figlia in tutte le sue spedizioni archeologiche e si era occupato della sua formazione sotto ogni aspetto possibile. Quando Afdera aveva avuto l’età di frequentare il quinto anno di Hogwarts, il padre aveva deciso di iscriverla, per quel solo anno, affinché conseguisse il GUFO. Ciò era avvenuto l’anno prima, poiché la giovane aveva la stessa età della cugina.

Luna era stata ben felice di averla come compagna di studi: andavano molto d’accordo, anche se non si vedevano spesso; l’aveva subito presentata ai suoi amici Ginny e Neville, per questo anche i due grifondoro la conoscevano.

“Secondo voi chi sarà il nuovo preside?” domandò Neville, mentre il treno continuava a correre sul binario, in mezzo alla campagna sconfinata “Spero sia la McGrannit. In fondo era vicepreside e come anzianità non ha competitori. Voi che ne dite?”

Ginny scosse il capo negativamente e disse: “Con i seguaci di Tu-sai-chi al potere, dubito che permettano alla McGrannit, fedelissima di Silente, di avere il controllo della scuola.”

“Non avete letto Il Cavillo uscito ieri?” domandò Luna.

“Non ne abbiamo avuto il tempo” si giustificò Ginny “A casa mia eravamo molto concentrati sui preparativi per la partenza di oggi.”

“Idem. Che cosa dice?” chiese Neville, sporgendosi verso la bionda corvonero.

Luna estrasse dalla borsetta gialla che portava a tracolla una copia del giornale del padre, la sventolò sotto gli occhi degli amici e disse: “Fonti certe, interne al ministero, hanno dichiarato che il nuovo preside sarà il professor Piton.”

“Che cosa?!” esclamò Neville, sorpreso e irritato “Dovrebbe essere rinchiuso ad Azkaban quell’uomo, non diventare preside! Io mi illudevo che non fossimo già arrivati a questo punto, che il ministero avesse ancora un minimo di pudore … invece l’influenza di Vol…

“Non dirlo!” lo bloccò Ginny, appena in tempo.

“Non credevo che la sua influenza fosse così sfacciata. Siamo proprio nelle sue mani, apertamente, senza il minimo sforzo per nasconderlo …” la voce del ragazzo tremava ed era roca per la rabbia “Piton come preside? È come dire che la guerra è finita, i Mangiamorte hanno vinto e noi non siamo altro che ribelli.”

“Neville …” Ginny cercò di richiamarlo alla calma.

Il giovane borbottò ancora il nome del professore, scosse il capo e diede un pugno al finestrino, facendolo tremare.

“Non è tutto.” continuò Luna.

“Che altro?” domandò Neville, totalmente di malumore.

“I fratelli Carrow insegneranno Babbanologia e Difesa delle Arti Oscure.”

“Due Mangiamorte?!” si indignò ancor di più Paciock “Questo è il colmo! Sarebbe come chiedere a Pixie di insegnare buone maniere.”

“Hai notizie di Hagrid?” domandò Ginny, preoccupata per il guardiacaccia e insegnatne di cura delle creature magiche.

Non era un mistero la devozione che Hagrid aveva per Silente; sicuramente era sospettato far parte dell’Ordine della Fenice. Forse non era considerato una minaccia, dal momento che non poteva avere una bacchetta. D’altra parte gli avevano incendiato la casa un paio di mesi prima, quindi di certo non poteva sentirsi al sicuro.

“Non so niente di preciso su di lui” rispose Luna “Tuttavia le fonti di mio padre non riferiscono altri mutamenti nell’organico di Hogwarts.”

“Tengono anche Gazza che è un magonò?” domandò Neville, sarcastico “Credevo che li odiassero tanto quanto i nati babbani.”

“Che cosa ti prende?” chiese Ginny, perplessa “Non ti ho mai visto così adirato.”

“Non era mai successo nulla del genere. Avrò bene il diritto di essere furente, o no?”

“Sì, quel che accade è tremendo, ma perdere la calma in questa maniera … non so se sia utile.”

Neville guardò l’amica per qualche momento, poi fece un respiro profondo ed annuì, dicendo: “Hai ragione, credo. Bisogna rimanere calmi e analizzare le cose in maniera lucida. Il vedere l’ascesa di Tu-sai-chi e dei suoi seguaci, sentire la loro morsa farsi sempre più stretta, sapere quasi vanificati tutti gli sforzi dei miei genitori, di Silente, di Malocchio e di tutti gli altri che hanno combattuto e continuano a combattere … mi fa star male. Non so per quanto potrò fingere che le cose vadano bene e starmene tranquillo. Non posso aspettare non so nemmeno cosa e non far niente.”

“Neville” disse pazientemente Ginny “Devi portare pazienza. Io non so che cosa ti stia passando per la testa ma, credimi, anche a me non piace andare a Hogwarts come se tutto fosse normale, quando di normale non c’è nulla. Agire d’istinto e avventatamente, però, non ha senso.”

“Lo so.” annuì nuovamente il ragazzo “Rischierei di farmi mettere inutilmente fuorigioco e non poter essere utile quando ci sarà davvero bisogno di combattere. Lo so. Lo so … devo solo abituarmi, far sbollire un poco la rabbia. Sarò paziente, non temere.”

Ginny sorrise, rassicurata: non voleva che l’amico commettesse qualche leggerezza; ancora non sapevano che cosa aspettarsi dalla presidenza di Piton e dai Carrow, era opportuno partire con prudenza e osservare la situazione.

“Voi non dite nulla al riguardo?” domandò Neville alle due corvonero “Sono cose che vi lasciano indifferenti?”

“Decisamente no” rispose Afdera “Ho un po’ di sangue ebraico nelle vene, anche se la mia famiglia è stata piuttosto fortunata, so che cosa significhi essere perseguitati unicamente per le proprie origini e so fino a quali estremi può spingersi la crudeltà del fanatismo. Sinceramente, la situazione mi fa rabbrividire e mi paralizza.”

“Come ti paralizza?” domandò il ragazzo, aggrottando la fronte.

“Eh, il terrore di quel che sta per accadere è tale che ancora non riesco ad accettare il fatto che stia succedendo. Mi rendo contro perfettamente, ma dentro di me qualcosa nega i fatti perché il solo pensiero che siano veri mi suscita un’ansia che non posso sopportare. Sto male, fisicamente. Devo ancora metabolizzare la faccenda, affrontarla con padronanza di me.”

“Capisco. Tu, invece, Luna, che cosa mi dici?” chiese ancora Neville.

Luna lo guardò con occhi sgranati, sorrise e con la massima naturalezza rispose: “Sono un membro dell’ES. Sarò pronta a combattere, quando sarà il momento.”

Il grifondoro parve soddisfatto da quella risposta e non aggiunse altro.

Passò la signora col carrello dei dolci e chiese loro se gradissero qualcosa. Presero molte cioccorane: Ginny si era ricordata di come Lupin ripetesse spesso che il cioccolato era estremamente utile per riprendersi dalla tristezza e dal dolore, per questo lo consigliava sempre dopo un incontro con un dissennatore. Data la mestizia che aveva riempito lo scompartimento, la giovane grifondoro aveva pensato che un po’ di cioccolata avrebbe fatto bene a tutti.

Non ebbe torto. Quando una cioccorana balzò fuori dalla sua scatola, prima che Afdera potesse afferrarla, e si mise a saltare sui sedili e sulle pareti, Oscar la vide e iniziò a saltellare a propria volta, cercando di inseguirla. I tentativi di riacciuffare la rana e il rospo provocarono la fuga di altre cioccorane e tutti e quattro i giovani erano in piedi a cercare di porre fine a quella confusione. Finirono col ridere e si divertirono parecchio, tanto che nessuno pensò di usare l’incantesimo Accio, ma continuavano a provare ad afferrare le rane con le mani. Alla fine riuscirono a recuperarle e a mangiarsele, tutte tranne Oscar, ovviamente, che si accoccolò sulle ginocchia di Neville.

Trascorsero il resto del viaggio a leggere le biografie dei maghi famosi riportate sulle carte dentro le confezioni. Ne trovarono un paio dedicate a due maghi generalmente considerati oscuri e che, nel libro Storia della Magia, non erano certo riportati come buoni esempi. Trovarono anche la figurina di un mago francese di poco più di un secolo prima, Eliphas Levi, ricordato per aver fatto approfonditi studi sulla natura della magia e sui vari aspetti delle Arti Luminose e quelle Oscure.

 

L’Hogwarts Express filava sulle rotaie, sbuffando scie di vapore. Correva come ogni anno, con lo stesso tragitto, gli stessi studenti, ma non era affatto lo stesso.

La scuola, che un tempo era la casa degli studenti, rischiava di diventare una prigione. Un campo di battaglia in cui il nuovo governo avrebbe fatto crescere nuove leve e avrebbe individuato ed estirpato sul nascere spine nel fianco.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


L’arrivo ad Hogwarts fu tradizionale. Hagrid radunò gli studenti del primo anno e li accompagnò alle barche su lago nero, mentre gli altri alunni salirono sulle carrozze trainate dai thestral visibili solo a pochi. Arrivati al castello entrarono nella Sala Grande, decorata con le bandiere delle quattro case che coi loro colori sventolavano sopra ai rispettivi tavoli, attorno cui i ragazzi si sedettero.

Attorno al tavolo degli insegnanti erano già tutti seduti. Neville e Ginny lanciarono subito una rapida occhiata per controllare se mancasse qualcuno, l’unica assente era la vecchia professoressa di babbanologia che, però, avevano già saputo sarebbe mancata: speravano non le fosse successo nulla di male.

Seduto al centro della tavola, sul seggio del preside, dallo schienale particolarmente alto e decorato, stava Piton. Il suo volto era tetro e spento come al solito, non mostrava alcun compiacimento per la posizione raggiunta, come se quel ruolo non gli interessasse, come se continuasse a provare disprezzo per tutti quegli studenti che, per la maggior parte, riteneva inutili e incompetenti.

Vi era anche un altro uomo che non riuscirono ad identificare.

Non si vedeva neppure la professoressa McGrannit, ma per lei erano tranquilli poiché sapevano che era ad accogliere i primini. Infatti, poco dopo, la videro entrare nella Sala Grande, seguita dai ragazzini del primo anno; erano meno numerosi del solito, poiché erano stati completamente esclusi i nati babbani.

La professoressa teneva in mano il vecchio cappello parlante ma non diede inizio subito alla cerimonia dello smistamento.

Quando tutti furono presenti, l’uomo sconosciuto si avvicinò al leggio e prese parola. Si presentò come un uomo del ministero della magia, del dipartimento istruzione, era stato incaricato di informare gli studenti dei cambiamenti nel personale della scuola.

“Dopo la morte di Albus Silente, è stato necessario scegliere un nuovo preside. Qualcuno che sia già insegnante in questa scuola e da tempo, affinché ne conosca già i regolamenti e i meccanismi; qualcuno che non trascuri la disciplina e l’ordine, anzi che sia ferreo nel farli rispettare. Qualcuno che sia abbastanza giovane, perché serve qualcuno di energico nell’amministrazione, nel gestire le questioni con gli studenti e gli insegnanti. Visti i dissidi sorti negli ultimi anni tra il precedente preside e il ministero, si è ritenuto necessario, per il bene degli studenti, scegliere qualcuno che non sia ostile al ministro e che, anzi, sia allineato con la politica ministeriale. Per questo si è decretato che l’uomo ideale per ricoprire il ruolo di preside di Hogwarts è il professor Severus Piton.”

Uno scrosciante applauso si levò dal tavolo di Serpeverde, si misero anche a cantare l’inno della loro casa per celebrare il loro direttore che era diventato preside.

Dalle altre case si sentì qualche applauso, generalmente poco convinto; solo qualche corvonero o tasso rosso aveva apprezzato Piton come professore. Inoltre, dopo che si era saputo che era stato lui ad uccidere Silente, la stima per lui era svanita in quasi tutti quelli che ne nutrivano almeno un briciolo.

“Prima di lasciare la parola al preside Piton, vi annuncio anche che il corpo docente ha due nuovi acquisti:  i fratelli Amycus e Alecto Carrow.”

Ci fu un lungo momento di gelo, seguito da un fitto brusio: i Carrow? Non erano apertamente Mangiamorte? Non erano stati presenti un paio di mesi prima, quando Silente era stato assassinato?

Beh, ripensando a chi era il nuovo preside, non c’era da stupirsi se loro erano diventati insegnanti.

“Silenzio!” richiamò l’uomo del ministero “Insegneranno Babbanologia e Difesa Contro le Arti Oscure. Come vedrete, i programmi di queste discipline sono stati revisionati e adeguati a tempi più moderni, come quelli in cui viviamo ora. Precedentemente, queste materie erano trattate in maniera retrograda o limitata; sono certo che apprezzerete e beneficerete dell’ammodernamento e dell’ampliamento degli orizzonti in questi ambiti. Un’ultima modifica che è mia competenza segnalare è che saranno periodicamente riferiti al ministero il vostro rendimento scolastico, per aiutarvi a inserirvi meglio nel mondo del lavoro dopo gli studi, e soprattutto il vostro comportamento, poiché siamo fermamente convinti che una buona società abbia le proprie fondamenta nell’ordine e nella disciplina dei suoi membri. Bene, ho finito. Vi porgo gli auguri del ministro O’Tusoe per un buon anno scolastico e vi auguro buona serata.”

L’applauso che seguì fu ancora una volta poco convinto da parte dei più.

Piton si alzò in piedi, ringraziò l’ospite del ministero e annunciò che era giunto il momento dello smistamento, dopo il quale avrebbe tenuto il proprio discorso di inizio anno.

La professoressa McGrannit collocò il cappello sullo sgabello e iniziò a leggere il primo nome dell’elenco.

Andrews EmilyTassorosso

Calestyn Samael Serpeverde

E così via, alunno dopo alunno, fino ad arrivare ad Zyboards Alan, destinato a Corvonero.

Tutti i tavoli avevano accolto allegramente i nuovi arrivati: la tensione di quei giorni non aveva cancellato le buone maniere degli studenti, né aveva fatto perdere loro il senso di amicizia e fratellanza che accumunava i membri di una stessa Casa.

Quando tutti furono seduti, il preside ordinò che si procedesse col canto dell’inno della scuola e fece apparire nell’aria lettere di fuoco per rammentare il testo agli studenti. Come erano abituati a fare con Silente, i ragazzi lo cantarono ognuno con un tono e un ritmo differente: chi lo fece molto rapido per la fame che aveva e dovette aspettare gli altri, chi cercò di essere solenne, altri vivaci; molti Grifondoro, ricordando la tradizione dei gemelli Weasley, lo cantarono a ritmo di marcia funebre e furono gli ultimi a concludere.

Piton lo considerò come un affronto alla sua autorità e si irritò nel non poter togliere punti a Grifondoro: non ne erano ancora stati assegnati e il regolamento non prevedeva che si potesse andare sotto zero; si ripromise di modificare quella parte del regolamento.

Il preside prese nuovamente parola: “Questo gracidare scomposto non si addice ad un inno. A partire già da domani, finite le lezioni, vi riunirete tutti in Sala Grande e canterete per un’ora, sotto la direzione del professor Vitious, ogni giorno, finché non saprete cantare l’inno a memoria ed armonicamente.”

Questo provvedimento non fu ben accolto tra i ragazzi.

“Detto questo, passiamo alle novità di quest’anno. Sarò intransigente sul vostro rendimento scolastico. Ogni mese verrò aggiornato sulle vostre medie e, chi non risulterà sufficiente, ossia chi non avrà almeno il voto di Accettabile, dovrà seguire corsi di recupero. Tutti gli studenti dovranno partecipare ad un’attività extrascolastica, non sarà tollerato il bighellonare e la nullafacenza. Potrete scegliere fra il quidditch, altre attività sportive, il coro, il club degli scacchi, laboratorio di cucina, corsi di approfondimento e altre attività che vi verranno comunicate domani, assieme agli orari.”

Questa novità fu accolta abbastanza bene: a molti studenti piaceva il fatto che la scuola proponesse finalmente più attività ricreative, altri erano contrari al fatto che fosse obbligatorio aderire ad almeno una.

Lo scopo del preside era, con questa iniziativa, tenere occupati il più possibile gli studenti ed impedire che il tempo libero facesse loro venire in mente idee dannose.

Continuò con l’annunciare che i sette passaggi segreti per uscire dalla scuola erano stati chiusi, dunque era inutile tentare di sgattaiolare fuori. Elencò le principali regole della scuola e i divieti e concluse dicendo: “So che negli scorsi anni si è spesso chiuso un occhio sulle piccole infrazioni, da questo momento non sarà più così. I professori Carrow sovrintenderanno alla disciplina e al rispetto delle regole in questa scuola; hanno parlato con Dolores Umbridge dei vari problemi riscontrati precedentemente e dei metodi più idonei da applicare. Questo è quanto. Buon appetito e buon anno scolastico.”

Buon anno scolastico …” borbottò Seamus, iniziando a riempirsi il piatto “Non credo che per me lo sarà … il primo che mi chiama mezzosangue giuro che lo picchio.”

“Non credo sia una buona idea attirare l’attenzione dei Carrow.” lo rimproverò Ginny, lanciandogli un’occhiataccia.

“Beh, allora potrei accidentalmente sbagliare un incantesimo … lo sanno tutti che ogni tanto, senza volere, se non sono preciso, faccio esplodere le cose …”

“Dai, non ti hanno proibito di frequentare Hogwarts, sei comunque fortunato.” gli ricordò Lavanda, strappandogli di mano il vassoio delle patate al forno “Dà qua, non puoi mica mangiarle tutte tu!”

“I Canon sono stati costretti a rimanere a casa” commentò Ginny “Mi dispiace per loro, non credo sia ballo andare in una scuola babbana, dopo essere stati qui.”

“Colin mi era pure diventato abbastanza simpatico, da quando aveva smesso di fotografare ogni cosa.” commentò Calì Patil.

“Qualcuno sa dove sia Dean?” chiese Neville, dopo aver scrutato l’intero tavolo tre volte.

Seamus abbassò la voce e rispose: “Si sta nascondendo.”

“Perché?” si meravigliò Paciock “Suo padre non era un mago? Non è nelle tue stesse condizioni?”

“Beh, la situazione è complicata. Suo padre è morto quando lui aveva pochi mesi, è cresciuto con la madre e poi un patrigno. La madre non aveva idea che il primo marito fosse un mago ed è stata stupita, quando a Thomas è arrivata la lettera per Hogwarts. Lui, poi, dovrebbe aver trovato la bacchetta del padre e qualche vecchio libro in un baule, ma non è il genere di prove che sono sufficienti per la Commissione Magica per i Nati Babbani. Ha preferito scomparire, prima di essere catturato e portato ad Azkaban.”

“Allora è vero che li portano lì?” chiese Lavanda, balbettando, sbiancata per la paura, come se fino a quel momento avesse creduto che fosse solo una diceria.

“Di certo non si limitano a ritirarti la bacchetta e a mandarti a casa con una pacca sulle spalle.” commentò sarcasticamente Romilda.

“Dobbiamo fare qualcosa per Dean.” dichiarò Neville, stringendo i denti.

“E cosa?” chiese Ginny, come a voler sottolineare che non avevano possibilità.

“Se si potesse, lo farei volentieri.” aggiunse Seamus.

“Beh, se suo padre era un mago e ha frequentato Hogwarts, dovrebbe essercene traccia negli archivi, tra i risultati degli esami o qualcosa del genere.”

“Non so se basterà a convincere la Commissione” replicò Finnigam “Ma è sempre meglio di niente. Hai idea di dove si possa controllare?”

“Iniziamo dalla biblioteca: se non tengono i registri, almeno dovrebbero saperci dire dove siano conservati. Non dovrebbe essere ancora proibito fare ricerca.”

“Bella pensata, Neville.” si congratulò Ginny.

“Lo spero … Controlliamo subito nella bacheca del quidditch. Se era in squadra, forse troviamo qualcosa già lì.”

Quella piccola idea, quella debole possibilità di aiutare un amico, era stata sufficiente per restituire entusiasmo ai Grifondoro. Potevano fare qualcosa, non molto, ma forse sarebbero riusciti a salvare una vita e questo li rendeva felici, determinati, dava loro un motivo per non scoraggiarsi di fronte agli eventi e andare avanti, perché loro avevano qualcosa da fare, loro avevano un obbiettivo.

 

Dopo il banchetto di benvenuto, i ragazzi furono inviati nelle rispettive case. Durante quello spostamento, Neville, Seamus e Ginny provarono ad avvicinarsi alla bacheca del quidditch per controllarla, ma non era sulla strada per la torre di Grifondoro e non era prudente gironzolare fuori orario già dalla prima sera.

Entrarono nella Sala Comune, la McGrannit era lì. La professoressa era seduta su una poltrona vicina al camino spento. Si limitava a sorridere stancamente e a dare il benvenuto agli studenti. Sembrava essere lì unicamente per accogliere ma, quando i ragazzi si erano sparpagliati, alcuni soli, altri in piccoli gruppi, alcuni chiassosi, altri tranquilli, la McGrannit si alzò e andò da coloro che le sembravano più abbattuti. Parlò con loro, cercò di confortarli e rassicurarli. Era strano vederla preoccupata in quel modo dolce per i suoi alunni. Solitamente era molto severa e forse lo era ancor di più con i grifondoro, dai quali si aspettava moltissimo. Si preoccupava anche prima, sì, ma senza perdere la sua freddezza e il distacco. In quel momento, invece, cercava il contatto diretto con gli studenti, si mostrava comprensiva, li invitava a parlarle. Voleva che sapessero che, in quel momento, potevano fidarsi di lei, potevano rivolgersi a lei per ogni difficoltà. Chi si fosse confidato con Minerva in quel periodo, non avrebbe trovato un’insegnante, ma un’amica, una zia che si prende cura dei nipoti.

Era consapevole dell’asprezza di quei tempi e lei non voleva risultare come un ulteriore problema, ma come un aiuto. Silente era sempre stato bravo a guadagnare la fiducia degli studenti, farli sentire a proprio agio e a rassicurarli. Minerva non era così. Non era mai stata una sadica insegnante che si divertiva a tormentare gli studenti, ma neppure l’amica che chiudeva un occhio e anche due e con cui scherzare, da trattare da pari. Era semplicemente ligia al proprio ruolo e si era sempre limitata ad insegnare, senza preoccuparsi di creare un rapporto con gli studenti.

Ora Silente non c’era più e quei ragazzi avevano bisogno di una figura amica. Qualcuno che fosse disposto ad ascoltarli e consigliarli. Minerva non sapeva se sarebbe stata in grado di fare ciò, ma avrebbe fatto ogni sforzo possibile, si sarebbe adattata. Non poteva più essere solo un’insegnante, doveva essere anche una madre, perché no, per quei ragazzi.

La McGrannit, dunque, volle fin dalla prima sera mostrarsi disponibile e presente. In altre circostanze, tutti sarebbero rimasti basiti e si sarebbero chiesti se la professoressa fosse impazzita, ma in quei frangenti non ci pensavano, anzi le erano semplicemente grati. Più di uno le confidò le brutte giornate vissute da quando Silente era morto.

Ginny notò questo cambiamento, questo sforzo, e le sembrò di vedere la propria madre, in una versione senza maglioni di lana e torte come forma di affetto.

Le ore della sera trascorsero, ormai era mezzanotte, quasi tutti si erano ritirati nelle camerate. Solo Ginny, Neville e Seamus erano ancora nella Sala Comune. Non avevano intenzione di tentare una sortita e non stavano facendo nulla, sedevano in silenzio, gli sguardi persi nel vuoto. Ognuno era assorto nei propri pensieri. Non avevano voglia di dormire, come se lo stare svegli li tenesse in una situazione di stasi, di cristallizzazione del tempo, come se si stessero prendendo una pausa dall’esistenza.

La ragazza fu la prima a raggiungere il dormitorio. Gli altri due rimasero ancora, sempre in silenzio. Dopo una mezzora Seamus mormorò: “Andiamo …?”

Neville annuì col capo. Si alzarono e salirono la scalinata per arrivare alla camera. Guardarono i cinque letti. Tre sarebbero rimasti vuoti: niente Harry, niente Ron, niente Thomas.

Fu solo allora che si resero conto di essere gli unici grifondoro maschi del loro anno. Pensarono che anche le ragazze erano rimaste in due. Erano rimasti la metà rispetto a quando erano arrivati ad Hogwarts per la prima volta, sette anni prima. Purtroppo non erano state le bocciature a ridurre il loro numero.

I loro bauli erano già sistemati ai piedi dei loro letti. Presero le bacchette e le usarono per sistemare alcune cose e indossare il pigiama. Si augurarono la buonanotte e si coricarono.

Neville era sdraiato su un lato, guardava fuori dalla finestra. Sapeva di dover dormire per essere pronto ad affrontare il primo giorno di scuola, ma non riusciva a chiudere occhio. Pensava a quello che gli aveva detto sua nonna sul mantenere alto il nome dei Paciock. Per la prima volta non lo sentiva come un peso troppo grande da portare sulle spalle, non se ne sentiva spaventato od oppresso. Pensava anche al fatto di essere uno dei pochi grifondoro del settimo anno. Sentiva la responsabilità di portare onore alla sua Casa. Sì, sentiva che poteva farcela. Non era più il ragazzino impacciato dei primi anni, era molto migliorato. Sì, la goffaggine non era sparita del tutto e, a volte, ancora tentennava nel parlare con gli altri, ma si sentiva capace. Non vedeva più gli altri eccellere negli incantesimi e se stesso inabile.

Sapeva di potersi mostrare come un bravo studente, un mago dotato … beh, forse adesso stava esagerando, aveva fatto progressi, sì, ma era partito da risultati pessimi … No, accidenti! Almeno lui doveva avere fiducia in sé e l’avrebbe avuta. Era migliorato e poteva continuare a migliorare ed era quello che aveva intenzione di fare.

Aveva avuto buoni voti agli esami del sesto anno, i professori si erano detti stupiti. Basta vergognarsi! Aveva il diritto di andare in giro a testa alta. Aveva il dovere di essere un esempio.

Accarezzato da questi pensieri, Neville scivolò nel mondo dei sogni.

Il mattino successivo, a colazione, il clima era più tranquillo e svagato rispetto alla sera precedente. C’era un gran chiacchiericcio e tutti erano concentrati sull’osservare gli orari delle lezioni e a controllare con chi le avrebbero seguite. Solo gli studenti del settimo anno sapevano con chi sarebbero stati compagni di classe, poiché erano gli stessi dell’anno precedente: dopo il conseguimento del G.U.F.O. e aver deciso in quali materie proseguire gli studi, le lezioni accoglievano gli studenti di tutte le Case contemporaneamente e non più affiancate a due a due.

Neville guardò il foglietto con i propri orari, aveva materie da seguire: Difesa Contro le Arti Oscure (chissà come sarà un corso del genere tenuto da un Mangiamorte), Incantesimi (non ho mai detto alla nonna che so che lei non aveva passato questo GUFO), Erbologia (ovviamente, non può mancare), Cura delle Creature Magiche (Hagrid è stato buono, l’anno scorso, ad accettarmi nel corso anche se avevo preso solo Soddisfacente), Storia della Magia (devo solo studiare, senza il rischio di combinare disastri con la pratica, non posso certo rinunciare a questa materia … e poi può sempre tornare utile, dovessi lavorare al Ministero, quando sarà tornato legittimo, ovvio), Rune Antiche (eh, la nonna si è stupita, quando ha saputo che avevo lasciato divinazione e avevo recuperato Rune Antiche, ho preso anche un buon GUFO e l’anno scorso sono riuscito ad ottenere Eccezionale … beh, è stato anche merito di Hermione che mi ha aiutato nello studio) e infine Babbanologia (Babbanologia? Ma io non l’ho scelta, l’ho seguita dopo il terzo anno ma poi ho lasciato perdere l’anno scorso. Dev’esserci un errore …)

“Ehi, Seamus!” esclamò Neville “Hanno aggiunto anche a te Babbanologia?”

“Fammi controllare …” Finnigam preso il suo foglietto che aveva lasciato sotto al piatto col bacon, lo guardò e disse: “Sì, strano, io ho vissuto spesso coi babbani e non ho mai avuto intenzione di studiarla Babbanologia.” alzò la voce per farsi sentire dagli altri compagni di Casa: “Ehi, avete tutti Babbanologia nel programma?”

Mentre si levava un sommesso brusio di , Seamus udì la voce della professoressa Alecto Carrow alle proprie spalle: “10 punti in meno a Grifondoro: non si urla signor Finnigam.”

Seamus sbuffò e stava per ribattere qualcosa, ma Ginny gli diede un calcio da sotto al tavolo per farlo tacere.

La Carrow continuò: “Da quest’anno Babbanologia è una disciplina obbligatoria: è giusto che siate consapevoli delle crudeltà di cui sono capaci gli sporchi umani.”

“Gli umani?” ripeté Neville, non riuscendo a trattenersi “Beh sono d’accordo che la storia dell’umanità sia piena di cose tremenda, ma non credevo che lei fosse un’aliena.”

“Cosa stai dicendo, Paciock?!” replicò Alecto, confusa e irritata.

“Ha detto sporchi umani come se fossero una razza a parte rispetto a quella a cui apparteniamo lei o io. Personalmente mi sono sempre reputato un umano, un umano dotato di poteri magici, ma pur sempre umano. Lei no?”

Un lampo d’odio saettò nelle pupille della Mangiamorte, poi la sua espressione si rilassò e chiese: “Tu, Paciock, segui Arti Oscure, vero?”

“Sarebbe Difesa contro le Arti Oscure, per l’esattezza.”

La donna abbozzò un mezzo sorriso che non prometteva nulla di buono e disse: “Riferirò a mio fratello e si occuperà lui, durante la lezione, a insegnarti che ci vuole rispetto per i professori e i superiori in generali.”

Detto ciò la Carrow voltò le spalle e raggiunse il tavolo degli insegnanti con la stessa spensieratezza di una bambina in un campo di margherite.

“Suonava come una minaccia, vero?” domandò Neville agli amici.

“Decisamente.” annuì Ginny, ancora basita da ciò che aveva sentito dire dal ragazzo.

“Comunque sei stato fantastico!” esclamò Seamus “Chiederle se si ritenesse aliena è stato geniale. Bravissimo.”

“Già, complimenti!” aggiunse Calì e anche altri grifondoro che avevano ascoltato si  congratularono.

Ginny depose le posate, si alzò in piedi e disse: “Scusate, ma devo andare: tra un quarto d’ora inizia la lezione di pozioni di Lumacorno. Ci vediamo a pranzo.”

Neville gettò un occhio al suo programma delle lezioni e vide che aveva le prime due ore libere, per cui le disse: “Aspettami, vengo con te. Voglio chiedere una cosa al professore.”

I due amici si alzarono dal tavolo di Grifondoro per andare alla torre a recuperare il materiale prima di recarsi nei sotterranei per la lezione.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ginny e Neville arrivarono nella classe di pozioni pochi minuti prima dell’inizio della lezione. Molti studenti erano già in piedi vicino ai calderoni, c’erano anche Luna e Afdera. La Weasley raggiunse le due amiche, mentre Neville rimase fuori dalla porta, in attesa dell’arrivo del professore.

“Signor Paciock, che cosa ci fa qui?” chiese Lumacorno, stupito, mentre sopraggiungeva un paio di minuti più tardi.

“Professore …” esordì Neville, sentendosi improvvisamente in imbarazzo, poi si ripeté che doveva essere tranquillo e continuò: “So che non sono di questo anno e che non ho mai avuto voti buoni in pozioni, tuttavia volevo chiederle il permesso di seguire questo corso … anche solamente per ascoltare.”

“Come mai?” Lumacorno era sorpreso ma non contrariato.

“Ecco, penso che  questa sia una materia importante e penso che in parte la colpa dei miei scarsi risultati sia attribuibile al fatto che fossi terrorizzato dal professor Piton … mi chiedo se con un altro insegnante potrei imparare qualcosa. Quando mi esercito a casa con mia nonna, qualche risultato discreto lo ottengo. Non pretendo di iscrivermi al corso, ma vorrei semplicemente migliorare.”

Lumacorno rimase un poco pensoso, poi sorrise e sbottò in un allegro: “Beh, come si può dire di no a qualcuno che vuole migliorare? Va bene, puoi seguire le mie lezioni, a patto che non crei confusione o combini qualche pasticcio eccessivo” aggiunse sottovoce: “Tranquillo, degli errori li commetteranno anche loro” poi tornò ad un tono normale: “Comunque, per sicurezza, tanto per iniziare, lavora in coppia con qualcuno, così ti aiuterà a seguire tutti i passaggi.”

“Grazie, professore” rispose Neville, sorridente, incredulo di aver ottenuto ciò che aveva chiesto “Mi impegnerò, non la deluderò.”

“Il problema non è deludere me, bensì deludere te stesso. Suvvia, entriamo.”

Paciock entrò dietro al professore e andò a sedersi accanto alle amiche che furono stupite di vederlo aggregarsi a loro. Spiegò rapidamente l’idea che aveva avuto e loro furono ben contente di aiutarlo a seguire le lezioni.

Lumacorno iniziò la lezione che proseguì per un paio d’ore. Arrivato alla fine, Neville era meravigliato: era la prima volta che a pozioni non combinava qualche disastro; buona parte del merito era stato anche delle ragazze che lo avevano tenuto d’occhio e gli avevano impedito di distrarsi o che la paura di sbagliare lo mettesse in agitazione, confondendolo. Il ragazzo le ringraziò tantissimo, poi afferrò la cartella con le pergamene e i libri per raggiungere la lezione di Hagrid che sarebbe cominciata a breve. Lì trovò Seamus che seguiva a propria volta quel corso.

L’anno prima, i due ragazzi non avevano deciso di seguire quella disciplina anche per i M.A.G.O. ma quando avevano saputo che nessun altro Grifondoro l’avrebbe seguita e che perfino Harry e Ron l’avevano abbandonata, deludendo molto Hagrid, si erano impietosisti verso il guardiacaccia e allora avevano deciso di iscriversi per fargli un piacere; inoltre per loro non era una materia impegnativa e quindi non era un sacrificio seguire qualche ora in più.

Fu una lezione abbastanza tranquilla: Hagrid voleva verificare che cosa i ragazzi si ricordassero quindi aveva fornito loro un elenco di cinque creature che avrebbero dovuto trovare nel parco della scuola, o vicino al Lago Nero o sul limitare della Foresta Proibita; gli alunni dovevano catturare gli animali, portarli alla capanna del guardiacaccia e nutrirli correttamente.

Si poteva svolgere il compito anche in squadra e così Neville e Seamus si misero alla ricerca assieme. Ricordavano abbastanza bene gli habitat delle creature e i sistemi che Hagrid aveva loro insegnato per attirarle.

A fine lezione, Hagrid si disse soddisfatto e annunciò che chi avesse gradito approfondire la conoscenza degli animali fantastici, avrebbe potuto iscriversi all’attività extra scolastica di approfondimento sulla materia, organizzata da un giovane mago: Rolf Scamander.

Intanto era arrivata l’ora del pranzo e gli studenti si ritrovarono nella Sala Grande. Mentre mangiavano, Neville chiese: “Ginny, tu hai lezione tutto il pomeriggio?”

“Sì, ho incantesimi e poi trasfigurazione, perché?”

“Io e Seamus abbiamo subito Difesa contro le Arti Oscure, poi abbiamo finito per oggi; pensavamo di andare in biblioteca e iniziare la ricerca per aiutare Dean. Se fossi stata libera, ti avrei chiesto di venire con noi, ma pazienza, ce la caveremo.”

“D’accordo, poi mi aggiornerete. Io, intanto, ho controllato la bacheca del quidditch, ma non ho trovato nulla.” rispose Ginny.

“Allora ci ritroviamo stasera a cena.” disse Seamus.

“No” replicò la ragazza “Hai dimenticato che dobbiamo fare le prove del coro per l’inno della scuola?”

Seamus sgranò gli occhi e stupito domandò: “Perché? Diceva sul serio?”

Piton ti sembra una persona capace di fare scherzi?”

“In effetti … uffa, che noia, non mi va di stare un’ora a cantare: non ne sono capace! Sono stonatissimo e se mi costringeranno a cantare verrà un temporale!”

“Perché dovrebbe esserci un temporale?” chiese Ginny perplessa.

“È naturale: quando uno è stonato e canta fa venire a piovere.” vedendo che gli amici continuavano a non capire, aggiunse: “Non avete mai detto a uno stonato: Smetti di cantare che altrimenti viene a piovere! ?”

Gli altri due scossero il capo.

Seamus scosse il capo, alzò gli occhi a cielo e poi sbuffò: “È un detto molto comune … almeno tra i babbani.”

“Scommetto che la Carrow ce lo insegnerà domani a Babbanologia.” commentò Neville, ironico, e tutti si misero a ridere.

“Comunque, dopo il coro, ci sarà da iscriversi all’attività extrascolastica.” si raccomandò Ginny, alzandosi da tavola “Io sono già nella squadra di quidditch, quindi sono già a posto, voi, piuttosto, ricordatevi di scegliere alla svelta. I gruppi hanno numeri limitati di membri che possono accogliere, quindi se non siete rapidi, vi toccherà accontentarvi delle attività più noiose.”

“Va bene, non ce ne scorderemo.” risposero i due ragazzi all’unisono.

“Ehi, stiamo imparando ad andare a tempo!” esclamò Seamus, scherzoso “Forse le lezioni di coro dureranno pochi giorni.”

“Lo spero, nemmeno io mi sento portato per la musica.”

“Quindi niente club di canto o per suonare uno strumento per noi due nelle attività extrascolastiche. Hai già dato un’occhiata alle proposte?”

“Non ancora, non ne ho avuto il tempo. Ci penserò più tardi.”

“Già, anch’io. Adesso è meglio che ci sbrighiamo: ho la sensazione che ai Carrow non piaccia che si tardi a lezione.”

“Sai, ho la stessa sensazione anch’io, amico mio.”

“Eh, avremmo fatto meglio a dedicarci entrambi a Divinazione, allora.”

Si erano alzati e si erano incamminati verso l’aula che era al terzo piano.

“Ah, di certo la Cooman non avrebbe sollevato problemi di disciplina. Sai, però, che noia la vita, senza un po’ di avventura? Suvvia, siamo Grifondoro, ci piace sfidare il pericolo.”

“Veh! Ma da quando parli così?” Seamus era un po’ stupito e un po’ ironico “Se fino a due anni fa ti lamentavi perché avresti preferito essere smistato a Tassorosso.”

“Sono cresciuto; sai dovresti provare anche tu, non fa male!” anche lui era scherzoso.

“Ma se lo faccio una volta all’anno!” replicò l’altro.

Arrivarono nell’aula e presero posto in un banco di seconda fila. Diedero un’occhiata e si sentirono sollevati nel constatare che non erano gli ultimi ad arrivare: oltre al professore mancavano ancora alcuni Tassorosso e i Serpeverde. Erano già arrivate anche Lavanda e Calì, che era vicino alla sorella: forse nessuna di loro, qualche anno prima, aveva immaginato di conseguire il M.A.G.O. in Difesa contro le Arti Oscure, o almeno provarci, ma dopo l’esperienza con l’Esercito di Silente e la dimostrazione che Voldemort era tornato, non se l’erano sentita di abbandonare quegli studi dopo il G.U.F.O., per cui eccole ancora lì, nonostante nessuno era tranquillo circa ciò che sarebbe successo quell’anno in quel corso.

Presto ci furono tutti e la lezione cominciò. Il professor Amycus era un uomo piuttosto giovane, era difficile riuscire ad intuire dall’età se fosse uno dei più giovani Mangiamorte della prima guerra, oppure se si fosse unito a Voldemort dopo il suo ritorno. Aveva un aspetto piuttosto imponente, dovuto a una buona muscolatura. I capelli erano scuri e molto corti; sul suo viso risaltavano molto le sue sopracciglia e il pizzetto molto folti e nerissimi; gli occhi erano certamente la parte più inquietanti, parevano brillare costantemente di una strana eccitazione; la sua voce però rimaneva calma e molto profonda.

Iniziò la lezione con una rapida introduzione al suo approccio: “Conosco bene la tradizione di Hogwarts che si limita a insegnare a difendersi da qualche creatura e a ripararsi dalle maledizioni pur tuttavia senza compiere il minimo sforzo per comprenderle. Non basta un incantesimo di scudo o di disarmo per salvarsi. È fondamentale conoscere a fondo le Arti Oscure, comprenderle, per non avere una visione limitata della magia, per capire fino a che punto si possa spingere il vostro potere e, certamente, imparare a difendersi al meglio. La difesa, però, non dev’essere l’unico scopo di queste lezioni. Voi siete già all’ultimo anno, quindi dovremo recuperare molte cose che non avete appreso precedentemente. Lasceremo da parte le creature e ci limiteremo all’ambito delle maledizioni. Iniziamo con quelle che fino a poco tempo fa erano chiamate, dal vecchio Ministero retrogrado, le Maledizioni senza perdono. Una novità per molti di voi, immagino, almeno a lezione.”

Neville non si trattenne e replicò: “A dire il vero le abbiamo già studiate al quarto anno. Ce le ha approfonditamente fatte conoscere un vero esperto, forse lo ha già sentito nominare: Barty Crouch Jr.”

Il grifondoro guardò con aria di sfida il professore: sapeva perfettamente che di certo non gli era ignoto quel Mangiamorte. Poi aggiunse: “Anche se all’epoca si fingeva Malocchio Moody, è stato piuttosto esaustivo.”

“Ah, Barty, certo.” Amycus annuì, quasi sorridente, senza scomporsi “Tu sei Paciock, vero? Sono sicuro che hai avuto modo di apprezzare le sue abilità. Ad ogni modo, non è compito tuo criticare il programma scolastico; inoltre è già la seconda volta che parli a sproposito, oggi. Alecto mi ha riferito che cosa vi siete detti a colazione, devo dedurne che ti sei offerto come volontario per essere la cavia di oggi.”

Cavia … quella parola dipinse lo stupore sui volti di quasi tutti i presenti.

Carrow continuò imperturbato: “Oggi vi introdurrò alla maledizione cruciatus, è un argomento che riprenderemo altre volte nel corso dell’anno, ma voglio che impariate a conoscerla fin da subito poiché sarà un provvedimento disciplinare a cui faremo ricorso, qualora lo ritenessimo necessario. Ad esempio, l’insolenza mostrata oggi da Paciock gli ha guadagnato l’essere la cavia dei vostri esercizi di oggi. Non ti dispiace, vero, Paciock? Mi hanno raccontato che l’anno scorso hai sopportato bene diverse maledizioni nello scontro al Ministero e anche un paio di mesi fa, quando abbiamo fatto la nostra visitina serale ad Hogwarts, hai incassato non male i nostri incantesimi; sembra proprio tu abbia la stessa resistenza dei tuoi genitori, per cui non sarà un problema sopportare i primi esercizi dei tuoi compagni.”

Amycus aveva gli occhi puntati in quelli di Neville che sostenne lo sguardo per tutto il tempo di quel discorso e anche durante gli attimi di silenzio che ne seguirono.

Seamus, tuttavia, notò che l’amico era diventato rosso e aveva stretto i pugni, quando aveva sentito nominare i suoi genitori. Gli parve strano e solo in quel momento si rese conto di non sapere praticamente nulla del padre e della madre del suo compagno di scuola; gli sentiva sempre e solo nominare la nonna e lui non si era mai insospettito.

“Vero, Paciock, che non sarà un problema?” insisté Carrow che voleva vederlo intimorito “Rispondi.”

Neville era deciso nel non dargli quella soddisfazione e, pur nascondendo la preoccupazione, ribatté: “Come ha giustamente ricordato, non è la prima volta per me quindi, prego, quando vuole.”

“Oh, queste buone maniere mi piacciono, dovresti usarle più spesso.” lo canzonò il professore “Prima della pratica, però, si sa, ci vuole la teoria per cui sii tu così gentile da portare pazienza, mentre provo a spiegare ai tuoi compagni il metodo più efficace per cruciare qualcuno.”

Carrow parlò per circa una mezzora riguardo a quale fosse la natura della maledizione, a come il suo potere scaturiva non tanto da gesti precisi o pronuncia corretta bensì dalle emozioni del mago e dalla sua volontà.

Concluse dicendo: “Avrete dunque capito che è un incantesimo che nasce in voi e dunque mostrarne l’esecuzione non vi aiuta a comprendere il come scagliarlo. Passiamo dunque direttamente alla parte della lezione in cui tentate, ma sono sicuro che alcuni di voi riusciranno perfettamente già al primo tentativo. Paciock, vieni qui, che tutti possano vedere.”

Neville non disse nulla e lasciò il banco per raggiungere la cattedra. Gli altri tre grifondoro gli augurarono sottovoce buona fortuna ed erano piuttosto preoccupati per lui.

Il professore guardò rapidamente i volti in aula, dicendo: “Vediamo chi sarà il primo a provare … Malfoy, vieni tu!”

Draco sobbalzò sommessamente, sperò che non si fosse notato. Poco prima fingeva di essere distratto, di guardare fuori dalla finestra per evitare di essere chiamato e invece aveva ottenuto l’effetto contrario. Si alzò di scatto e raggiunse il professore.

“Molto bene, Malfoy, l’ultima volta che ti ho visto in procinto di scagliare una maledizione non ci sei riuscito, continuavi ad esitare inutilmente, poi si è intromesso Severus e così non ho potuto sapere se alla fine avresti trovato il coraggio di farlo oppure no. Vediamo se la Cruciatus ti crea meno problemi.”

Draco si sentì umiliato da quelle parole, pronunciate davanti a tutta la classe: ora tutti sapevano che era stato debole, sapevano che non era spavaldo come sembrava. Forse, un tempo,  a quelle frasi avrebbe reagito con grinta, dimostrando quanto il professore si sbagliasse, provando che era in grado di lanciare qualsiasi incantesimo con determinazione … ma quello era un altro Draco, più ingenuo, che non conosceva la differenza tra il dire e l’agire, che si illudeva che mettere in pratica le cose fosse semplice quanto riempirsene la bocca.

Per anni aveva immaginato che servire il Signore Oscuro fosse un grande onore che portasse privilegi e basta: essere temuti, rispettati, poter dare ordini. Non aveva però considerato che si era innanzitutto servi di Voldemort, che non si poteva agire in maniera indipendente, che era necessario obbedire sempre, comunque e guai a fallire!

Lo aveva imparato amaramente: quando suo padre aveva fallito la missione all’Ufficio Misteri e aveva permesso che la profezia andasse distrutta, il Signore Oscuro aveva deciso di vendicarsi su di lui. Aveva fatto sentire al ragazzo il peso del fallimento paterno e il fardello della responsabilità del riscatto della sua famiglia.

Gli era stato detto (ordinato) di diventare Mangiamorte per compensare l’assenza del padre nella schiera e gli era stata affidata una missione importantissima: uccidere Silente. Inizialmente si era illuso che ciò significasse che si era guadagnato stima e rispetto, si era sentito orgoglioso di quello che riteneva essere un incarico d’onore, aveva scioccamente creduto che Piton fosse invidioso e volesse privarlo della gloria … invece, probabilmente, lo aveva salvato. Quella notte, sulla torre di astronomia, tutto era andato secondo i piani, tranne la parte più importante. Quando si era trovato davanti all’inerte Silente, puntandogli la bacchetta contro, non aveva avuto il cuore d’ucciderlo. Il preside lo aveva capito, glielo aveva ripetuto. Lui, invece, ancora non se n’era reso conto in quei momenti. Aveva esitato, si era perso in chiacchiere, come se volesse essere fermato, come se stesse aspettando che qualcuno dell’Ordine della Fenice intervenisse e, invece, erano arrivati i Mangiamorti. Pur sotto i loro occhi, non aveva saputo pronunciare quelle due semplici parole di morte.

Perché? –si era chiesto tante volte. Non riusciva a sopportare l’idea di uccidere una persona? oppure, consapevole che la morte di Silente avrebbe segnato l’ascesa di Voldemort, aveva cercato di impedirla? Forse entrambe le cose.

Sua madre lo aveva avvertito fin da subito: il Signore Oscuro non aveva fiducia in lui, voleva solo metterlo alla prova; a Voldemort non sarebbe importato nulla se lui fosse morto nel tentativo, o imprigionato ad Azkaban, non gli importava più dei Malfoy … forse non gliene era mai importato, forse non teneva in nessun conto nessuno dei suoi seguaci.

Rendere quel grande servizio al Signore Oscuro era tutto ciò che Draco aveva potuto fare per tentare di riguadagnarne il favore e aveva fallito. Nel momento in cui avrebbe potuto riuscire, qualcosa in lui gli fece preferire altro all’onore della propria famiglia.

Pietà? Morale? Avversione per il suo Signore e volontà di danneggiarlo? Non lo sapeva, non lo capiva.

Aveva capito troppo tardi il disprezzo che Voldemort nutriva per lui. Eppure si era impegnato tantissimo per portare a termine la missione!

Sua madre Narcissa, invece, aveva compreso subito che Draco era stato incastrato in un gioco mortale, dove aveva una sola e impossibile speranza di sopravvivere. Eppure era sopravvissuto.

 

“Allora, Malfoy, vuoi iniziare oppure no? Devono avere anche gli altri il tempo di esercitarsi.”

La voce aspra e profonda di Carrow scosse Draco che tentennava.

“Sì … sì …” rispose il ragazzo, quasi scusandosi “Stavo cercando l’emozione …”

“Su, sbrigati, fammi vedere.”

Il serpeverde sollevò la bacchetta contro di Neville e disse a voce alta e nitida: “Crucio!”

Non accadde nulla.

“Quale emozione stavi cercando, esattamente?” domandò Amycus, innervosito e sarcastico “La mansuetudine? Devi volerlo! Devi desiderare farlo soffrire, immagina ci sia un fuoco dentro di te e di scagliarlo contro di lui. Su! Impegnati! Devi volerlo!”

Ma io non voglio –pensò Draco. Paciock non gli era mai stato simpatico, anzi, lo considerava qualcosa di imbarazzante per una famiglia di purosangue, quasi al pari di un magonò, si era sempre divertito a prenderlo in giro e fargli qualche scherzo per evidenziare la sua inadeguatezza, però … lanciargli una maledizione Cruciatus era troppo. I suoi scherzi volevano solo metterlo in imbarazzo, umiliarlo un po’ ma non aveva mai voluto fargli del male. A nessuno aveva mai voluto fare realmente del male … tranne quella volta in cui aveva rotto il naso a Potter, un anno prima, per punirlo di aver fatto finire in galera suo padre.

Aveva sempre desiderato il potere, essere rispettato e poter trattare con superbia gli altri, ma non aveva mai voluto far soffrire qualcuno. In fondo, negli anni della scuola, che cosa erano state le sue, se non delle azioni da ragazzino e adolescente che si confrontava col mondo e cercava di trovarsi un posto in esso?

Ora che ci ripensava, che vedeva le cose in un’ottica un po’ differente, capiva di avere tal volta esagerato, ma come esagerano i ragazzi nelle loro competizioni; non gli pareva di aver mai commesso degli eccessi.

Non sarebbe riuscito a scagliare quella maledizione, avrebbe potuto ripetere all’infinito Crucio, Crucio! e niente sarebbe cambiato, poiché lui non voleva fare del male.

“Riprova! Cosa aspetti?” lo incalzò Carrow.

Draco si limitò a pronunciare l’incantesimo, senza mettere il minimo impegno.

Amycus lo scansò con disprezzo e tuonò: “Torna al posto, sei una vergogna per la tua famiglia. Quando tua zia verrà informata non sarà affatto contenta. Vediamo se trai serpeverde c’è qualcuno più intraprendente. Goyle, prova tu.”

Gregory si alzò goffamente dal proprio banco, stupito per il fallimento dell’amico che era solito veder eccellere. Raggiunse la cattedra e provò con dedizione la maledizione. Dopo alcuni tentativi, finalmente riuscì a scagliare un anatema che provocasse dolore in Neville. Carrow fu soddisfatto e lo rimandò al posto, poi chiamò gli altri membri della Casa: Tiger, Zabini, Nott, Parkinson, Blustrode; tutti riuscirono più o meno bene dopo qualche prova, solo Blaise riuscì subito. La maledizione di quest’ultimo era stata quella che maggiormente aveva fatto soffrire Neville, tanto da farlo cadere a terra, cosa che con gli altri non era successa.

Amycus decise, poi, di fare una piccola provocazione e chiedere se ci fosse un volontario per essere il successivo ad esercitarsi. Il silenzio era stata l’unica risposta ottenuta.

“Molto bene, allora chiamerò io ma, vi avviso, se qualcuno di voi si rifiuterà di eseguire l’esercizio, allora prenderà il posto di Paciock come cavia. Macmillan prova tu.”

Ernie strabuzzò gli occhi e si fece avanti incerto: non credeva proprio che avrebbe avuto il coraggio di far male a un amico, ma non voleva neppure finire al suo posto. Molto imbarazzato, si mise di fronte a Neville e lo guardò come per chiedere: E adesso che facciamo?

Si erano conosciuti piuttosto bene durante le riunioni dell’Esercito di Silente, prima non si parlavano granché; anche se amici era una parola grossa, di certo erano più che compagni di scuola.

Lo sguardo di Neville parve dirgli: Ormai oggi è andata così, maledizione più, maledizione meno, non mi fa differenza.

Ernie si disse che avrebbe solo finto di tentare e così fu. Dopo la decima volta che ripeteva la maledizione, senza successo, il professore lo rimandò al posto.

“Ormai la lezione è finita” annunciò Carrow “Riprenderemo la prossima volta e, statene certi, troverò il modo di motivare i più riluttanti tra voi. Andate.”

Uscirono lentamente dall’aula. Tutti i grifondoro, più Macmillan, Abbot, Bones, l’altra gemella Patil, Goldstein e Boot si strinsero attorno a Neville per sapere come stesse. Il ragazzo non voleva turbarli, per cui li rassicurò, dicendo che le maledizioni erano state comunque piuttosto deboli, ad eccezione di quella di Zabini, per cui potevano stare tranquilli e li invitò a raggiungere le loro classi successive per evitare che avessero problemi.

Quando gli altri si furono dispersi, Seamus, che gli era rimasto accanto, disse: “A me non menti. Si vede che non stai bene. Ti porto in infermeria?”

“No. Ho qualche acciacco, ma nulla che un po’ di riposo non possa guarire. Andiamo in biblioteca, abbiamo la nostra ricerca da fare.”

Seamus annuì, sapendo che non avrebbe fatto cambiare idea all’amico, per cui si diresse con lui alla biblioteca.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Seamus aveva aiutato Neville a non cadere durante il tragitto fino alla biblioteca; lo vedeva parecchio affaticato e sapeva che la maledizione Cruciatus lasciava i suoi segni all’interno, non visibili sul corpo. Finnigam rimaneva convinto che l’amico avrebbe fatto bene a recarsi da Madama Chips, ma lo conosceva abbastanza da sapere che, se Paciock aveva deciso di non andarci, sarebbe stato molto difficile fargli cambiare idea. Neville poteva essere molto goffo e imbranato, distratto, ma la sua ostinazione gli permetteva di andare avanti, nonostante questi difetti, era grazie ad essa se negli ultimi anni era riuscito a migliorare.

“Ehi, ti ricordi il primo anno” disse Seamus, mentre camminavano nel corridoio che portava alla biblioteca “Quando Malfoy ti aveva fatto l’incantesimo della pastoia sulle gambe, immobilizzandotele?”

“Sì, me lo ricordo, perché?”

“Anche quella volta non sei voluto andare in infermeria e dalla Sala Grande sei arrivato fino alla torre di Grifondoro saltellando. Per fortuna che Hermione si ricordava il contro incantesimo.”

“Già. Avevo fatto una fatica tremenda e mi ero stupito di esserci riuscito. Allora?”

“Niente, mi ricorda questa situazione qua.”

Neville pensò qualche istante, poi disse: “No … sono ancora troppo annebbiato per capire cosa intendi.”

“Ma non volevo dire nulla di che, semplicemente mi è tornato in mente. Piuttosto, sei sicuro di non voler rimandare la ricerca? Io posso fare anche da solo.”

“Ti ripeto che sto bene.”

“L’importante e crederci.” ironizzò Seamus che sperava che, sdrammatizzando, l’amico potesse sentirsi un po’ meglio.

Entrarono nella biblioteca e si avvicinarono al bancone dietro cui sedeva Madama Pince, intenta a sfogliare un libro e, con colpi di bacchetta, cancellare le sottolineature fatte dagli studenti.

Seamus si schiarì la voce per richiamare l’attenzione ed esordì: “Buon pomeriggio. Possiamo disturbarla e chiederle aiuto?”

La donna sollevò lo sguardo, li osservò per qualche attimo e poi chiese: “Non siete qui da abbastanza tempo per conoscere già la catalogazione dei volumi e trovarli da soli?”

“Beh, sì, però stavamo cercando una cosa particolare. Ci chiedevamo se fosse possibile consultare i registri, gli schedari dei vecchi studenti.”

La bibliotecaria non li interrogò circa il perché di quell’interesse, forse lo aveva già intuito da sola; fece un cenno d’assenso col capo e domandò: “Quali anni vi interessano?”

I due giovani si scambiarono un’occhiata confusa e poi Neville rispose: “A dire il vero non lo sappiamo con esattezza.” si rivolse all’amico: “Dean ha la nostra età, supponendo che suo padre abbia avuto almeno venti anni quando lui è nato, avrà finito la scuola due anni prima, quindi direi di iniziare coi registri di diciannove anni fa.”

“Sì, esaminiamo i risultati dei M.A.G.O. a partire da diciannove anni fa e poi procediamo a ritroso, quando troviamo qualche Thomas ci segniamo il nome e i dettagli che riusciamo a ricavare e poi continueremo le ricerche con quei dati.”

“Giusto. Tu sei sicuro che Thomas sia il cognome del suo vero padre e non quello del patrigno?”

“Sì. Mi aveva raccontato che avevano proposto il cambio di cognome, ma lui aveva rifiutato. Sappiamo anche che era di colore anche lui, perché ho visto la madre di Dean ed è bianca.”

“Va bene, almeno abbiamo qualcosa con cui iniziare.”

La bibliotecaria intervenne: “Vado quindi a prendervi i registri di diciannove anni fa?”

“Sì, grazie.” risposero in coro i due ragazzi.

Madama Pince sparì dietro a una porta e poco dopo ne uscì spingendo un carrello con sopra nove faldoni che raccoglievano fascicoli più piccoli. Spiegò: “Dovete consultarli nel tavolo qui davanti, affinché io possa tenervi d’occhio e, ovviamente, non potete portare il materiale nei dormitori. Questi sono i  diplomi di M.A.G.O. rilasciati tra il 1970 e il 1979, sono divisi ovviamente per anno, disciplina e ordine alfabetico; quando avrete finito dovrà essere tutto risistemato nello stesso preciso  ordine, mi raccomando. Potete iniziare.”

I due grifondoro presero il carrello e lo fecero scorrere fino al tavolo che era stato loro indicato; presero un faldone a testa; si  sedettero e iniziarono il lavoro. Per fortuna dovevano solamente guardare i cognomi: se non vedevano scritto Thomas, potevano mettere via il fascicolo e passare al successivo. Il meccanismo era rapido, ma il materiale da controllare era veramente tanto. Non potevano neppure usare un incantesimo di ricerca di una parola, poiché i documenti ufficiali di qualsiasi tipo erano protetti da quel tipo di magia, per meglio proteggere le informazioni ed evitare contraffazioni.

“Ehi, Neville! Tutto bene?” chiese Seamus dopo un’ora.

L’altro non rispose subito, ma dopo qualche istante chiese sorpreso: “Cosa?”

“Ti ho chiesto se va tutto bene. Ti sei imbambolato su quel fascicolo, sarà almeno un quarto d’ora che lo fissi e non dici nulla. Hai trovato qualcosa?”

“Sì … no. Cioè, ho trovato qualcosa, ma non c’entra con Dean.”

“Cos’è?”

“Il M.A.G.O. in Difesa contro le Arti Oscure di mio padre. Aveva preso Eccezionale. C’è scritto che nel corso dell’esame ha anche evocato un patronus, un patronus corporeo!” Neville sorrideva e la contentezza brillava nelle sue pupille “C’è scritto che era un falco. Non lo sapevo, la nonna non me lo aveva mai detto.”

Seamus comprendeva l’emozione dell’amico, per cui lo esortò: “Dai, cerca gli altri esami di tuo padre.”

“Ma Dean …”

“Non sarà la mezzora che dedichi a tuo padre che cambierà la vita di Dean, temo.”

Neville lo guardò come a ringraziarlo, poi si mise a frugare nei fascicoli per trovare il nome di Frank Paciock, era certo che lo avrebbe trovato almeno altre quattro volte: se era diventato un Auror, allora doveva aver superato anche Trasfigurazione, Pozioni, Incantesimi ed Erbologia, poi chissà, forse lo avrebbe trovato anche in altre discipline.

Quando, scorrendo i fascicoli, si era ritrovato davanti il nome del padre, gli si era bloccato il fiato in gola: non aveva pensato al fatto che tra quei documenti c’erano anche quelli sui suoi genitori.

Non poté fare a meno di ripensare a loro, a quello che avevano subito, a come il mondo che si erano tanto impegnati a proteggere, ora si stava trasformando nell’incubo che avevano combattuto … ripensò a quello che gli era capitato durante la lezione precedente. Sentiva ancora distintamente i dolori dentro di sé: la maledizione Cruciatus non si limitava a far male nel momento in cui veniva scagliata, ma lasciava anche dei postumi, come tante ferite interne.

Ripensò alla prima volta che l’aveva subita, poco più di un anno prima, nello scontro al Ministero della Magia: era stata proprio Bellatrix ad infliggergliela. Tentò di rammentare se fosse stata peggiore di quelle subite quel giorno oppure no. Era convinto di sì. La Lestrange gli aveva causato un dolore tremendo tale che non gli era sembrato semplicemente male fisico, ma anche uno strazio per l’anima. Le maledizioni lanciate dai suoi compagni di classe, invece, gli avevano provocato solo sofferenze fisiche. Tuttavia, l’aver subito tante Cruciatus, seppur deboli, una di seguito all’altra lo aveva parecchio debilitato; più di quanto aveva fatto sembrare agli amici, più di quanto aveva inizialmente creduto egli stesso. Aveva ritenuto che i postumi sarebbero svaniti presto, invece si sentiva ancora dolente, certo era tutto sopportabile ma non gli permetteva di concentrarsi e di rendere il massimo.

Poi si ricordò, improvvisamente, di Draco Malfoy che non aveva voluto attaccarlo. Neville ne era sicuro: Malfoy non aveva fallito l’esercizio, bensì si era rifiutato di eseguirlo; il grifondoro aveva visto negli occhi del serpeverde l’assenza di desiderio di scagliare la maledizione. Se ne era stupito parecchio, non avrebbe mai pensato che proprio Draco potesse ritenere sbagliato usare la Cruciatus in quel modo, proprio quel Draco che fin dal primo anno di scuola si era divertito a tormentare gli altri con i suoi incantesimi fastidiosi … Beh, a ben ripensarci, per quanto fosse stato tedioso e sgradevole Malfoy, le sue non erano mai state vere e proprie cattiverie, ma più che altro dispetti … beh, certo, più antipatici degli scherzi dei gemelli Weasley, però … ecco, si poteva tranquillamente dire che Draco era uno stronzo, ma non malvagio, nonostante tutta la spazzatura sulla purezza del sangue che aveva in testa.

Neville si ricordò che stava controllando i registri per aiutare Dean e, dunque, non doveva lasciarsi distrarre da tutti quei pensieri; tornò a concentrarsi sulla sua ricerca.

“Ehi, sono quasi le diciotto” osservò Seamus dopo aver chiuso il quarto faldone che aveva esaminato “Forse dovremmo avviarci verso la Sala Grande.”

“Ah, già, il coro … me ne stavo dimenticando. Hai ragione, sistemiamo e andiamo. Comunque qualche nome lo abbiamo trovato, per cui potremmo poi già lavorare su quelli.”

“Sì, dunque, ricapitolando, di Thomas abbiamo trovato: Henry, David, James, Steephen, Malcom. Purtroppo non ci sono foto, quindi non possiamo escludere nessuno, per il momento. Io, comunque, punto su David.”

“Perché?”

“Per assonanza: Dean, David, David, Dean … Ci può stare, non credi?”

“Dovremo trovare qualche prova più convincente.”

“Già, comunque, coi nomi e gli anni possiamo estendere le indagini, la prossima volta.”

Paciock annuì. I due grifondoro usarono un incantesimo per rimettere in ordine fascicoli e faldoni e li riconsegnarono alla bibliotecaria, poi presero la pergamena su cui si erano segnati ciò che avevano scoperto e se ne andarono.

Raggiunsero la Sala Grande appena in tempo: si erano avviati con anticipo, ma Neville camminava lentamente, ancora provato dalla “lezione” di Difesa contro le Arti Oscure.

Il professor Vitious si stava agitando per sistemare i ragazzi, dividendoli per tonalità di voce, facendoli sedere in parti precise di un cerchio. Gli alunni si presentavano davanti a lui, dovevano intonare un la, o almeno provarci, e poi collocarsi nel posto assegnato. Quando il professore si trovò di fronte Neville, pallidissimo, con gli occhi spenti e giallognoli là dove dovevano essere bianchi, non del tutto stabile sui piedi, scosse il capo e gli disse: “Signor Paciock, è evidente che lei abbia bisogno delle cure di Madama Chips, vada in infermeria e non si preoccupi. Se i Carrow o qualcun altro ha qualcosa in contrario, gli dica di venire a parlarne con me.”

“Sì, professore; grazie, professore.” rispose Neville, sollevato: in fondo voleva riposarsi.

Il ragazzo si voltò verso l’amico e gli disse piano: “Dopo, quando c’è da scegliere l’attività extrascolastica, iscrivimi alla stessa tua.”

“Sei sicuro? Non hai preferenze?”

“Non ho nemmeno avuto il tempo di guardare l’elenco. Mi fido del tuo giudizio.”

Neville uscì dalla Sala Grande e prese il corridoio che portava all’infermeria. Mentre camminava, però, ebbe un pensiero: Se continuo sempre ad andare da Madama Chips per guarire qualsiasi cosa, non imparerò mai a cavarmela da solo. Voldemort sta prendendo il potere; se quando avrò finito la scuola Harry non sarà tornato, io non voglio certo starmene in disparte a non fare nulla. Chi non reagisce e non lo combatte è colpevole quanto chi lo sostiene. Quando uscirò da qui, se la guerra sarà ancora in corso o se ci sarà una resistenza, io vi prenderò parte. Mi unirò all’Ordine della Fenice, se esisterà ancora, o comunque troverò la maniera per combattere. Dovrò dunque agire clandestinamente, se sarò ferito non potrò andare al San Mugo; sì, probabilmente avrò degli alleati, degli amici, ma se per qualche motivo, in una qualche circostanza dovessi trovarmi solo e ferito, che cosa farei? Devo iniziare ad esercitarmi a curarmi da solo, almeno per queste piccole cose. Ho studiato molte piante che hanno proprietà curative e anche le rune possono aiutare. Devo sperimentare, almeno finché lo faccio qui so che, se qualcosa va male, qualcuno potrà rimediare e io potrò capire dove ho sbagliato. Bene, quindi, direzione serra, so già cosa cercare.

Neville, determinato e allegro per quella decisione, uscì dal castello e andò nella serra di Erbologia. Chiamò la professoressa Sprite ad alta voce alcune volte, per chiederle di prendere alcune foglie e radici che gli servivano; non ottenne risposte, evidentemente la professoressa non era nei paraggi, per cui prese ciò che gli serviva e se ne andò. Pensando al fatto che non poteva mangiare quelle piante crude, il giovane decise di andare nell’aula di pozioni per usare un piccolo calderone, un coltellino e un pestello. Arrivato, mise a bollire dell’acqua, sminuzzò foglie e radici, le pestò nel mortaio, poi le mise in infusione nell’acqua e aspettò.

Mentre era in attesa che il tutto fosse pronto, sentì la porta aprirsi alle proprie spalle. Per qualche momento temette si trattasse di Piton, poi si ricordò che non era più lui il docente di pozioni, si voltò e …

“Signor Paciock!” esclamò Lumacorno, riconoscendo il ragazzo “Che cosa ci fa qui? Se vuole fare esercizio extra, deve chiedermi il permesso.”

“Oh, mi scusi, non volevo, ma …” iniziò a balbettare confusamente.

Il professore si era avvicinato e aveva dato una rapida occhiata all’intruglio e lo aveva annusato; poi si voltò di nuovo verso lo studente, che ancora cercava di giustificarsi, lo osservò e gli disse: “Oh, dato l’aspetto che ha adesso, assai diverso da quello di stamattina, capisco perché abbia voluto prepararsi una pozione rinvigorente.”

“Non è una pozione, è semplicemente un infuso.”

“Un infuso con piante magiche, io lo chiamo pozione; lei no, Paciock?”

“Boh … pensavo che una pozione non potesse essere solo a base di erbe.”

“Comunque, la prossima volta, non metta gli ingredienti tutti assieme contemporaneamente. Le foglie di posidonio devono rimanere in acqua bollente almeno venti minuti, mentre la radice di foscaricchio deve essere appena scottata per mantenere inalterate tutte le sue proprietà. Comunque, penso che anche così ti darà dei benefici. Su, bevila e aspettami qua un momento.”

Neville prese un mestolo e si riempì una grossa tazza e iniziò a sorseggiare per non scottarsi la lingua. Poco dopo Lumacorno tornò con un libro e lo porse allo studente.

Pozioni da coltivare” Paciock lesse il titolo “Che cosa significa?”

“È un manuale di erbologia applicata alle pozioni. Tutte ricette che prevedono il solo utilizzo di piante. Lo prenda e lo studi; mi pare di capire che tu sia portato per l’erbologia quindi penso che, se si eserciterà con quelle ricette, potrà comprendere meglio i meccanismi dell’arte di preparare pozioni e quindi migliorare in generale nella disciplina.”

“Davvero?!” Neville era entusiasta “Ci proverò, sicuramente. Grazie mille!”

“Potrei sapere, piuttosto, come mai ha deciso di curarsi da solo, anziché rivolgersi all’infermeria?”

“Volevo vedere se ero capace.”

Lumacorno parve indeciso circa che cosa pensare di quella risposta.

Neville, intanto, vuotò la tazza e dopo un quarto d’ora si sentiva decisamente meglio, non ancora al massimo, ma di cero molto meno affaticato e dolorante. Pulì tutti gli strumenti che aveva usato, ringraziò il professore e se ne andò col libro sottobraccio.

Si diresse verso la Sala Grande, senza sapere se fosse già ora di cena o se fossero ancora in corso le scelte delle attività extrascolastiche. Quando entrò vide che i tavoli erano ancora occupati dai responsabili delle varie attività che le illustravano agli studenti che passavano dall’una all’altra per capire che cosa avrebbero preferito fare.

Il grifondoro si guardò attorno, un po’ spaesato in verità, non aveva mai visto un viavai di così tante persone nella Sala Grande, di solito erano tutti radunati attorno ai tavoli e difficilmente si muovevano contemporaneamente per la stanza. Ecco, forse l’unica volta in cui aveva visto più confusione in quel luogo era stato per il Ballo del Ceppo.

Si domandò chissà quali erano le proposte per le attività; si frugò in tasca per cercare il foglietto con l’elenco, ma prima di riuscire a trovarlo si sentì chiamare.

“Neville! Neville!”

Era Seamus che si sbracciava da cinque o sei metri di distanza. Paciock lo raggiunse; Finnigam, tutto contento, annunciò: “Amico mio, non ti preoccupare! Ci ho iscritti entrambi al corso più bello di tutti!”

“Un corso?”

“Sì, una specie, ma nulla a che vedere con quel che facciamo a scuola normalmente. È la cosa più fantastica e meravigliosa di tutte!”

“Non ti vedevo così entusiasta da quando Fred e Geroge hanno creato la palude al quinto piano per infastidire la Umbridge. Di cosa si tratta.”

“Tieniti forte …” fece volutamente una pausa per accrescere la tensione, infine si decise a rispondere: “Scherma medievale!”

Neville aggrottò la fronte, aprì la bocca per replicare ma per quasi un minuto non riuscì a dire nulla, tanto era esterrefatto e confuso; riuscì finalmente a chiedere solo: “Scherma medievale?”

“Scherma medievale!” annuì Seamus con un sorriso a quarantadue denti.

“Scherma medievale …” ripeté ancora Neville, come per constatare che no, non aveva sentita male la prima volta.

“Sì! Non è fantastico?! Ci insegneranno ad usare le spade. Ti rendi conto? Spade lunghe, pugnali, scudi torre, oppure quelli piccoli piccoli usati anche per attaccare. Sarà l’esperienza più bella delle nostre vite!”

“Non so …” replicò Neville, parecchio dubbioso ma non volendo smorzare l’entusiasmo dell’amico “Siamo maghi, non ho mai pensato a combattere con qualcosa che non fosse la bacchetta.”

“A parte che non è che se impari ad usare la spada sia per forza per combattere, cioè un combattimento tipo guerra; tra i babbani tirare di scherma è uno sport molto apprezzato, ho sempre desiderato imparare! Inoltre, pensaci, quale dei seguaci di Tu-sai-chi si aspetterebbe mai di essere attaccato con una spada?”

“Nessuno, suppongo … visto che potrebbero schiantarti in un attimo, non appena ti vedono sfoderarla.”

“Disfattista. Comunque, dimentichi una cosa importantissima.”

“Ossia?”

“Godric Grifondoro aveva una spada ed è stato uno dei maghi più importanti della nostra storia, ergo magia e lama non sono in disaccordo. Inoltre” e qui sfoderò tutto il suo lato nerd babbano “Lo stregone-guerriero è uno dei multi classe più forte in Dangeouns and Dragons!”

“In cosa?”

“Un gioco da tavolo babbano, ci gioco d’estate con mio cugino … te lo spiegherò un’altra volta. Comunque scherma medievale è un buon modo per mantenersi in forma fisica, diventare più forti, più agili, migliorare i riflessi, tutte cose che possono tornare utili anche in un duello di magia. Ti aiuta ad entrare nell’ottica del combattimento, a pensare come un guerriero, essere pronto ad affrontare nemici e pericoli con lucidità. Forse la spada non la useremo contro i Mangiamorte, ma almeno avremo una forma mentis che ci aiuterà a restare vivi.”

Neville sospirò e si arrese: “D’accordo, anche se l’attività fisica non è il mio forte, mi hai convinto. In fondo ho deciso che quest’anno devo migliorare sotto ogni aspetto, quindi anche in questo. Allora, chi è l’insegnante?”

“Sir Cadogan.”

“Sir Cadogan? Il quadro? Prenderemo lezioni di spada da un tizio dipinto in un quadro?”

“Sei razzista nei confronti degli uomini a sole due dimensioni?” Seamus non era certo serio nel dire ciò.

“No, ovviamente, ma … ecco, penso sarà più difficile capire l’esatta esecuzione degli esercizi.”

“Dai, non ti preoccupare, ci divertiremo.”

Neville sorrise e annuì, poi domandò ancora: “Chi altro si è iscritto?”

“Non lo so … noi siamo stati i primi.”

E probabilmente gli unici … pensò Paciock.

Non era certo di voler passare ore a combattere con la spada solo con Seamus: doveva trovare la maniera di coinvolgere qualcun altro. In quel momento vide passare Afdera, senza pensarci, allungò il braccio e le mise una mano sulla spalla, salutandola.

“Oh, ciao, Neville.” rispose lei, colta di sorpresa.

“Hai già scelto in quale gruppo iscriverti?”

“Non ancora, ero indecisa. Perché?”

“Vuoi partecipare a quello dove siamo io e Seamus?”

“D’accordo.” acconsentì Afdera, dopo aver scrollato le spalle.

Neville fu perplesso e le fece osservare: “Non ti ho nemmeno detto di cosa si tratta.”

“Beh, se ci siete voi, penso sarà comunque divertente. Girando spesso per il mondo non ho mai avuto amici, per cui sono contenta che qualcuno mi inviti a fare qualcosa assieme.”

Neville si ricordò di quando Luna gli aveva confidato che l’Esercito di Silente era la cosa più simile a degli amici che aveva mai avuto; pensò che le due cugine avevano molte cose in comune.

“Si tratta di scherma medievale, può piacerti?”

Seamus intervenne: “Come può non piacere? Avere in mano uno spadone di un metro e mezzo e vorticare fendenti! Chi può trovarlo brutto?”

Afdera ondeggiò la testa in una maniera che agli occidentali poteva sembrare significare così-così, ma che per gli indiani, come lei era per metà, indicava un assenso appena dato. Disse anche: “Da piccola giocavo con dei bastoni, fingendo fossero spade. Non sarà la stessa cosa, ma penso possa essere divertente.”

“Brava!” esclamò Finnigam, felice di trovare qualcuno d’accordo con lui.

Neville aggiunse: “Pensi che a Luna farebbe piacere se la invitassimo?”

“Sì, ne sarebbe felice, ma non accetterebbe, lei si è già iscritta a un gruppo.”

“Ah sì? Quale?”

“Quello di approfondimento sugli animali fantastici, credo lo abbia fatto soprattutto per conoscere Rolf Scamander.”

“Scamander …” ripeté Seamus “Perché questo cognome mi dice qualcosa?”

“Forse perché Newt Scamander è l’autore di Animali fantastici: dove trovarli. Testo obbligatorio al primo anno.” gli ricordò Neville.

“Ah, già, è vero. Sono parenti?”

“Sì, Luna mi ha detto che Rolf è il nipote di Newt” spiegò Afdera “Anche lui è un magizoologo, so che ultimamente sta indagando delle creature marine.”

“Dai, andiamo da Sir Cadogan ad aggiungere la tua iscrizione.” disse poi Seamus, che non pareva più essere interessato alla famiglia Scamander.

Andarono tutti e tre in fondo alla Sala Grande dove era stato appeso il quadro in cui risiedeva Sir Cadogan e molto gentilmente gli domandarono se ci fosse ancora posto nel corso. L’uomo dipinto rispose di sì e invitò la ragazza a segnare il proprio nome nell’elenco che, con grande sorpresa di Neville, contava quasi una decina di persone.

Sir Cadogan li trattenne, parlando loro della nobile arte della spada, della cavalleria, del senso d’onore e degli altri valori con cui era cresciuto. I ragazzi non riuscirono ad allontanarsi da lui finché non fu l’ora di cena e, allora, pensarono gli insegnanti a far spostare il quadro e ad ordinare che tutti i tavoli fossero risistemati per mangiare.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Erano trascorse un paio di settimane da quando era iniziato il nuovo anno scolastico ad Hogwarts e le giornate procedevano abbastanza tranquillamente. Gli studenti erano principalmente preoccupati di non infrangere regole per evitare punizioni, il dover stare attenti ad orari, abbigliamento, compostezza e postura li stressava un poco, ma per il resto le loro giornate trascorrevano abbastanza tranquillamente. Nelle aule e nei corridoi si respirava lo stesso clima che permeava ogni angolo del mondo magico: si credeva davvero che Scrimgeour avesse rassegnato le dimissioni per poi sparire nel nulla come le fonti del Ministero asserivano? Probabilmente no. Si notava la mano di Voldemort dietro al repentino cambio di rotta della politica del Ministero e del suo atteggiamento verso i nati babbani? Sicuramente sì.

Non era difficile capire che cosa stava realmente accadendo: il colpo di stato era stato sottile, rapido, apparentemente indolore, ma nessuno che avesse un briciolo di cervello avrebbe ignorato la realtà dei fatti. Quelle macchinazioni segrete erano in realtà  un segreto di Pulcinella: noto a tutti.

Avere il coraggio di dirlo, però, era una faccenda assai meno semplice. Avere il coraggio di reagire era ancor più faticoso. Se Voldemort non si palesava, ogni rivolta non era diretta verso di lui ma verso al Ministero, un organo perfettamente legittimo. Ribellarsi era considerato una sedizione contro il governo e non un contrasto contro il mago oscuro più temuto degli ultimi decenni.

La Gazzetta del Profeta era di fatto l’organo di propaganda ufficioso dei Mangiamorte; Il Cavillo, invece, era diventato una fonte affidabile e i complotti di cui parlava non erano più le strambe supposizioni di pazzi, bensì la cruda realtà che nessuno aveva il coraggio di ammettere, per paura di doverla affrontare. Il mondo era proprio capovolto.

Tutti, o quasi, si comportavano dunque come se tutto fosse normale, come se non ci fossero problemi e ignoravano le innumerevoli  deportazioni ad Azkaban che avevano sotto gli occhi.

Questo accadeva nelle città, nei villaggi così come ad Hogwarts.

Gli studenti seguivano le lezioni, prestavano assai attenzione ai propri comportamenti e cercavano di avere a che fare il meno possibile coi Carrow, fuori dalle aule. Si poteva però notare che per molti ragazzi quella era una normalità per nulla spontanea, si sforzavano di aderire alle regole, di trattenere la lingua ogni volta che avrebbero voluto reagire alle parole dei Carrow o ai modi dei serpeverve. Già, i serpeverde, che erano spesso stati schivi, mal visti dai membri delle altre case, ora si aggiravano per i corridoi con triplicata arroganza, sentendosi i padroni della scuola, consapevoli che se qualcuno avesse reagito alle loro provocazioni, loro sarebbero stati impuniti, al contrario degli altri.

Normalità, dunque, ma ostentata e falsa che celava risentimento, rabbia, la voglia di porre fine a tutto ciò. Per quanto gli studenti e parte dei professori avrebbero potuto continuare la finzione, prima giungere al limite della sopportazione? Quanto era grande il loro vaso e quando sarebbe arrivata la goccia che lo avrebbe fatto traboccare?

Ovviamente quelli che facevano maggior fatica a controllarsi, generalmente, erano i mezzosangue che si sentivano colpiti sul personale, ma c’erano anche altri che dovevano mordersi la lingua per evitare di cacciarsi nei guai.

Neville, per esempio, si  era già guadagnato altre due punizioni da quando la scuola era cominciata, eppure faceva del suo meglio per controllarsi: non voleva permettere che i castighi rallentassero le ricerche che lui e i suoi amici stavano svolgendo per rintracciare il padre di Dean. Erano finalmente riusciti ridurre al rosa di nomi a soli due: David e Steephen, a quanto pareva erano fratelli. Chissà, forse quello che era ancora vivo (sperando che l’altro fosse davvero il padre di Dean) avrebbe potuto testimoniare per salvare il ragazzo.

Il ricordarsi che doveva dare il massimo di energie e tempo per quella ricerca faceva sì che Neville non si cacciasse eccessivamente nei guai.

Quel giorno, però, non aveva resistito. Quando aveva visto Zabini e altri serpeverde, in mezzo all’atrio centrale, sventolare una copia de La Gazzetta del Profeta dove per l’ennesima volta si vedeva la foto di Harry Potter, accompagnata da uno dei soliti stupidi e falsi articoli che lo accusavano di essere coinvolto nella morte di Silente e chissà quali altre sciocchezze, quando aveva sentito Zabini parlare di tutto questo e fare battute e ridere di Harry, beh Neville non era riuscito a stare zitto.

Il grifondoro s’era avvicinato a grandi passi e aveva esclamato: “Smettila di ripetere a pappagallo quelle bugie! Tutti sappiamo cos’è accaduto quella notte, voi sapete chi c’era! Basta tentare di ingannare le persone, nessuno crede a queste assurdità!”

La Gazzetta del Profeta mentirebbe?” aveva replicato Blaise, volendolo innervosire “Paciock, non sei mai stato sveglio, ma credevo che la tua cara nonnina ti avesse spiegato che la Gazzetta del Profeta è il quotidiano serio, mentre le buffonate sono sul fogliaccio del padre di quella stramba della tua amica Lunatica Lovegood.”

Neville in quel momento aveva ancora mantenuto la calma e aveva risposto: “Oh, non è una novità che la gazzetta sia pronta a infangare chiunque, se glielo ordina il Ministero. È bastata la paranoia di Caramell per vedere titoli e articoli contro Silente ed Harry, solo perché non si voleva ammettere che Voldemort fosse tornato …”

“Non osare pronunciare il suo nome!” Zabini aveva provato ad interromperlo, inutilmente.

“Adesso che lui controlla il Ministero, ecco che quel branco di giornalisti pavidi scrive qualsiasi cosa pur di non attirarsi addosso l’ira dei Mangiamorte.”

“Bada a come parli Paciock! Dovresti preoccuparti anche tu delle conseguenze delle tue azioni.”

“È una minaccia? Non mi fanno paura quelli come te.”

Zabini e i serpeverde erano scoppiati in una fragorosa risata e, nel frattempo, altri studenti si erano avvicinati per capire che cosa stesse accadendo.

Blaise aveva continuato, beffardo: “Da quando in qua tutto questo coraggio? Ti sei forse scordato che sei il mago meno dotato che si sia mai visto? Che a momenti persino quel rognoso magonò di Gazza ha più potere di te?”

Neville aveva cominciato ad innervosirsi e stringere i pugni: si era ricordato di quando, in famiglia, tutti avevano paura che fosse un magonò e di come si erano stupiti che gli fosse arrivata la lettera per Hogwarts, però si era rammentato anche di come le cose erano cambiate, di come Harry lo avesse aiutato a trovare la fiducia in sé.

Si era imposto la calma e aveva replicato: “Non vi temo. Voi, piuttosto, fareste meglio a temere Harry Potter, anziché schernirlo. Harry Potter tornerà e quando accadrà porrà fine a questo regime. Harry Potter …”

Uno schiantesimo aveva sbalzato Neville all’indietro, facendolo sbattere contro la parete di pietra. Non era stato Zabini a scagliarlo e nemmeno un altro serpeverde, bensì era stata Alecto Carrow che, passando per il corridoio, aveva notato lo strano assembramento di studenti ed era andata a controllare che cosa stesse accadendo.

La professoressa aveva avanzato in mezzo agli studenti e aveva esclamato: “50 punti in meno a Grifondoro. Noi non gradiamo che si parli dell’Indesiderabile Numero Uno, tanto più che lo si esalti e si auspichi un suo ritorno. Paciock, seguimi per la punizione che ti spetta. Voi altri, disperdetevi: non avete lezioni da seguire?! Andate, andate!”

Gli studenti si affrettarono ad allontanarsi, mentre la Carrow aveva afferrato per un polso Neville, stringendolo talmente forte da fargli male, e lo aveva strattonato fino all’aula dove Amycus stava per tenere lezione. Aveva raccontato al fratello l’accaduto e aveva lasciato il ragazzo lì.

Carrow aveva deciso che la punizione fosse usare nuovamente Paciock come cavia per gli esercizi degli studenti. Fortunatamente, in quel momento c’era una classe del secondo anno che si stava semplicemente esercitando con il rictusempra.

Neville ritenne che la punizione fosse stata leggera perché si era limitato a parlare e non aveva neppure sfiorato la bacchetta.

In quel momento, era seduto su una poltroncina nella Sala Comune di Grifondoro, dopo aver cenato, e parlava coi suoi amici Seamus e Ginny.

“Come ti è saltato in mente di metterti a discutere in quel modo?!” lo stava rimproverando FinnigamZabini non stava insultando nessuno, non stava ferendo nessuno, questo è già tanto, quindi perché sei andato ad attaccare briga?”

“Io non ho attaccato briga. Stava dicendo tutte quelle stupidaggini su Harry, non potevo permettere che continuasse a riempire di baggianate la testa di quelli che ascoltavano.”

“Tanto erano tutti serpeverde.”

“Non mi interessa. Gli altri devono sapere che Harry non è un criminale, che Harry sta cercando il modo di risolvere la soluzione. La gente ha bisogno di sperare.”

“Sperare in cosa?” replicò Seamus, un po’ seccato “Non so cosa stia facendo Potter, se stia lottando in un qualche modo, come dici tu, oppure se si sia nascosto, magari all’estero e non si farà più vedere. Io dico che farsi punire per aiutare qualcuno va benissimo, ma non per difendere l’onore di qualcuno di cui non sappiamo più niente da mesi.”

“Ovvio che non ne sappiamo nulla” replicò Neville  “Sta agendo in segreto, mica può venirlo a raccontare a te.”

“Può essere, ma se lui non ritiene di dirci che cosa stia facendo, non può di certo pretendere che noi lo si difenda a spada tratta.”

“Infatti non lo pretende, non lo sa neanche che cosa stia capitando qui. Io l’ho fatto perché lo ritengo giusto.”

“E io ti ripeto che sei stato uno stupido ad esporti in quel modo, sarebbe stato meglio che lo avessi fatto per qualcosa di più concreto. Ora, scusate, ma vado a finire i cinquanta centimetri di pergamena per il compito di Storia della Magia.”

Seamus si allontanò, evidentemente contrariato: quella dei compiti era ovviamente una scusa.

Gli altri due rimasero in silenzio per un poco, finché Neville non domandò: “Ginny, che cosa starà facendo Harry?”

“Non lo so. Non vedo lui, Ron ed Hermione dal matrimonio di Bill. Il professor Lupin ha detto di averli visti, di aver avuto la conferma che stanno portando avanti una missione, ma non ha detto quale. Non so se semplicemente non hanno voluto dirla a me o se neppure lui la conoscesse. Mi pare di aver capito che abbiano litigato.”

“Come mai?”

“Non so, pare che Lupin volesse aiutare Harry che, però, si è arrabbiato e non ha voluto.”

“Perché non ha voluto aiuto? Non ha senso.”

“Conoscendo Harry, credo che non abbia voluto che Lupin corresse dei pericoli, ora che sta per diventare padre.”

“Cosa?!” sbalordì Neville “Il professor Lupin avrà un figlio? Da chi?! Non ne sapevo nulla.”

“Si è sposato segretamente con Ninfadora Tonks, non so se hai presente chi sia, è una Auror abbastanza giovane, di pochi anni più grande di noi.”

“Non ne sapevo nulla … Non capisco, però, ancora il rifiuto di Harry per l’aiuto.”

“Beh, lui è cresciuto senza genitori … si sentirebbe colpevole se Lupin morisse in una missione, lasciando orfano suo figlio.”

Neville scosse il capo e disse: “Anch’io sono cresciuto senza genitori, ma non sono dello stesso parere di Harry. Lupin dovrebbe forse preferire crescere suo figlio in un mondo dominato dai Mangiamorte, piuttosto che correre il rischio e lottare per ciò che ritiene giusto, per un mondo migliore?”

“Non lo so. Sinceramente non saprei che cosa sarebbe meglio … Beh, il meglio sarebbe non essere in questa situazione, non dover scegliere … qualsiasi decisione d’ora in poi sarà difficile e avrà i suoi pro e i suoi contro.”

“Sì, hai ragione. Io, però, ho le idee chiare: combattere ad oltranza. Se sapessi dove si trova Harry, lo raggiungerei, senza esitazione, e lo aiuterei … e al diavolo l’obbligo di frequentare Hogwarts.”

“Non pensi che metteresti in pericolo i tuoi parenti, se ti dessi alla fuga? Non hai idea di quanto abbiamo tribolato per convincere gli ispettori del Ministero che Ron era gravemente malato e non poteva frequentare quest’anno.”

“I miei parenti sarebbero contenti. Mio zio Algie non se ne sta certo con le mani in mano. Vorrei davvero non essere qui e poter fare qualcosa di concreto, l’unica consolazione è che almeno sto imparando nuove magie che mi torneranno utili, quando sarò fuori.”

“Neville, ascoltami, ci sono tante cose che si possono fare. Ci sono moltissimi modi in cui possiamo aiutare Harry e combattere Tu-Sai-Chi.”

Il ragazzo increspò la fronte e chiese: “Sai qualcosa? Possiamo fare qualcosa, stando qui? Se hai idee, dimmelo.”

Ginny non rispose subito, rifletté qualche momento: era saggio rivelare quel che aveva in mente a Neville che in quegli ultimi giorni era così diverso dal solito, animato da un fuoco che forse era coraggio, forse follia.

Si disse che probabilmente il comportamento dell’amico era giustificato, in fondo se non avessero reagito in frangente, quando avrebbero dovuto farlo? Che cosa doveva accadere per reagire? Il regime andava ostacolato fin dal principio e non aspettare che si rafforzasse ancora di più.

Sì, era giunto il momento di parlare.

“Neville, è da quando sono arrivata a scuola che ci penso. È una cosa rischiosa, ma ritengo debba essere fatta. Come ti ho detto, Silente voleva che Harry avesse la spada di Grifondoro, ma il Ministero non ha voluto. Ho saputo che è stata riportata ad Hogwarts, molto probabilmente sarà stata collocata nell’ufficio del preside così che Piton possa sorvegliarla.”

“Ho capito. Dobbiamo prenderla e fare in modo di darla ad Harry. Giusto?”

“Precisamente. Credo che sia un buon modo per aiutarlo.”

“Sì, è sicuramente importante. Il problema, oltre a sottrarla, sarà capire anche come nasconderla e farla uscire da qui: dubito che potremo spedirla via gufo.”

“Sì, non ho ancora capito come fare a risolvere questo dettaglio.”

“Non indifferente … potremmo nasconderla nella Stanza delle Necessità.”

“Ci avevo pensato, ma non so come possiamo tenerla al sicuro, insomma non possiamo avere la certezza che nessuno possa trovarla.”

“Hai ragione. Comunque, non perdiamoci d’animo, ora che siamo in due a pensarci, forse troveremo una soluzione.”

“Visto che stiamo studiando veramente il come agire, potremmo informare anche Seamus, in fondo un cervello in più va sempre bene.”

“Verissimo, però preferirei tenere Seamus fuori da questa faccenda. Hai visto che non sembra molto entusiasta della latitanza di Harry e, comunque, penso che per lui potrebbe essere pericoloso.”

“Lo sarà anche per noi.”

“Sì, ma forse un po’ meno. Intendo dire che ho notato che i Carrow sono più severi con lui che con me.”

“Ti hanno fatto cruciare alla prima lezione, a Seamus non è successo, come puoi dire che siano più aspri con lui?”

“Non gli perdonano proprio nulla e anche le punizioni sono più esagerate. Credo che si comportino così perché lui è Mezzosangue. Se ci scoprono, saranno molto crudeli, ma noi siamo Purosangue, quindi non credo eccederanno, mentre con Seamus …”

“Pensi davvero che infliggerebbero due punizioni diverse a noi e a lui solo per il cosiddetto stato di sangue?”

“Stiamo parlando di Mangiamorte.”

Il silenzio che ne seguì era un chiaro segno di assenso da parte della Weasley.

Dopo non molto, Neville aggiunse: “C’è però un’altra persona a cui possiamo chiedere aiuto: Luna. Era con noi nella battaglia del Ministero e la notte in cui Silente è stato ucciso. Possiamo fidarci di lei e sono sicuro che sarà contenta di aiutarci.”

“Sì, è vero. Parliamone domani, durante pozioni. Verrai, vero?”

“Sì, certo; ma non sarebbe meglio parlarne in un altro momento? Non in mezzo a tutti quanti?”

“Non ti preoccupare, Hermione mi ha insegnato un incantesimo che permette di circoscrivere un’area, senza bisogno di confini fissati da pareti e porte, che esclude chiunque sia fuori dall’udire ciò che vi viene detto all’interno.”

“Va bene ma a pozioni ci sarà anche sua cugina. Dovremmo informarla? La conosciamo da un anno appena, Luna non l’ha portata con sé quando abbiamo combattuto i Mangiamorte nella scuola, quindi non sappiamo se possiamo fidarci di lei.”

“Chiederò a Luna, mi fido del suo giudizio, se lei dice che ci si può fidare, ci fideremo.”

“Lo spero … siamo già stati traditi, in passato, da una corvonero, non vorrei si ripetesse.”

“Nemmeno io lo voglio.”

Rimasero a parlare ancora alcuni minuti, poi si diedero la buonanotte e si separarono.

La giornata successiva era molto impegnativa per Neville: aveva occupate sia le quattro ore del mattino, sia quelle del pomeriggio, dal momento che aveva deciso di frequentare anche pozioni con quelli del sesto anno. Non se ne lamentava, in fondo era normale, fino al quinto anno di scuola, avere le giornate così piene.

A pranzo, Ginny lo aveva informato che aveva accennato a Luna il fatto che volessero parlarle di una faccenda della massima segretezza e le aveva domandato se ci si potesse fidare di Afdera. Luna aveva garantito. Quando più tardi furono alla lezione di pozioni, la grifondoro lanciò l’incantesimo per rendere la conversazione completamente privata e poi rapidamente espose la propria idea.

“Entrare nell’ufficio del preside non sarà facile” commentò Luna “Dovremo scoprire la parola d’ordine, ma ci si può riuscire. Per il nascondiglio, sarà più complicato.”

“Ci sarebbe un posto” disse Ginny “Ma per accedervi ci sarebbe bisogno di conoscere il serpentese, per cui lo escluderei.”

Afdera parla il serpentese.” la informò Luna, con la sua tipica flemma.

I due grifondoro sgranarono gli occhi per la sorpresa.

“Come ci riesce?” chiese Ginny, preoccupata “È una capacità molto rara.”

“L’ho ereditata da mia madre” spiegò Afdera dopo qualche momento di imbarazzo, per poi aggiungere più tranquillamente: “Tutta la famiglia di mia madre parla il serventese … Ve l’ho detto, lei era indiana; lì i serpenti non sono considerati il simbolo del male come qua, anzi sono molto apprezzati e venerati … non è raro che i maghi e le streghe dell’India abbiano sviluppato la capacità di parlare con loro.”

La spiegazione parve convincere gli altri.

“Quindi di che posto si tratta?” chiese Luna.

“La Camera dei Segreti. Nessuno sa dove si trovi e come ci si arrivi, ad eccezione di me, Harry, Ron, penso Hermione e credo basta. Nemmeno i fantasmi ci sono mai andati perché è ben protetta da incantesimi. Solo il serpentese la apre. Sono sicura che potremo nascondere la spada lì, finché non avremo capito come farla avere a Harry.”

“Non avrebbe più senso lasciare la spada dov’è e prenderla solo quando sapremo come portarla ad Harry?” chiese Neville.

“Potrebbero spostarla nel frattempo oppure, se Harry tornasse a scuola per un qualche motivo, l’avremmo già pronta.” gli spiegò Ginny.

“Bene, dovremo allora solamente capire come entrare nell’ufficio del preside e poi agire.” disse Luna “Penso che la cosa migliore da fare sia un appostamento. Piantonare l’ingresso dell’ufficio e aspettare che qualcuno vada e pronunci la parola d’ordine.”

“Come facciamo senza dare nell’occhio? Qualcuno si accorgerà che stiamo spiando qualcosa!” esclamò Neville.

“A meno che tu non voglia farti convocare dal preside e scoprire in questo modo la parola d’ordine … non vedo altra scelta.” disse Ginny.

“Il professor Vitious non sembra molto contento di quel che sta accadendo a scuola” intervenne Afdera “Forse possiamo convincerlo a dirci la parola d’ordine.”

“Vuoi coinvolgere un professore?!” esclamò Ginny a rimprovero.

“Non dobbiamo mica rivelargli le nostre intenzioni. Io e Luna possiamo parlargli una delle prossime sere e cercare di ottenere l’informazione tra una chiacchiera e l’altra.”

“Voi chiacchierate col professor Vitious?” domandò Neville stupito.

“Sì” rispose Luna con naturalezza “La McGrannit non passa mai qualche serata nella sala comune di Grifondoro a chiacchierare con gli studenti?”

“A dire il vero no.”

Vitious lo fa spesso.” continuò Luna “Per anni è stato praticamente l’unico che mi rivolgesse la parola, possiamo dire che è come un amico o quasi per me. Sono sicura che riusciremo ad ottenere l’informazione.”

Ginny non pareva molto convinta, ma alla fine disse: “Va bene, fate un tentativo ma, mi raccomando, non si deve assolutamente sapere quel che abbiamo intenzione da fare, altrimenti ci bruciamo anche le poche possibilità che abbiamo.”

“Non ti preoccupare.” la rassicurò Luna, tuttavia la grifondoro continuava a non sembrare troppo certa.

Decisero di tornare a parlare della faccenda durante la successiva lezione di pozioni, onde evitare che qualcuno notasse il loro frequentarsi e sospettasse qualcosa. Ginny e Neville avrebbero pensato ad organizzare l’incursione nell’ufficio, mentre le due cugine avrebbero cercato di ottenere la parola d’ordine.

 

 

 

Nota d’Autrice

 

Un caro saluto a tutti i miei  lettori. Vi ringrazio tanto di stare seguendo questa fanfic, spero continui a piacervi e aspetto i vostri commenti e le vostre osservazioni per capire come procedere.

Finora ho postato un capitolo al giorno. Nei prossimi giorni non mi sarà possibile aggiornare, per cui vi do appuntamento a lunedì.

 

Se vi va, fatemi sapere come vi sembra finora la storia.

 

Grazie ancora e a presto!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Trascorsero alcuni giorni e la situazione era sempre pressoché la stessa; una delle piccole differenze che si potevano notare era quella che Paciock avesse smesso di rispondere in maniera insolente. I Carrow pensavano che finalmente le loro punizioni avessero fatto effetto e che il ragazzo avesse imparato che non conveniva mettersi contro a chi aveva il potere. La verità era  un’altra: Neville aveva deciso di stare tranquillo per non attirare attenzione su di sé, almeno fino al momento in cui avrebbe tentato il furto della spada, assieme alle sue amiche: non voleva essere sorvegliato per via del proprio atteggiamento oppure finire in punizione e così rallentare e intralciare la missione che si erano dati.

Seamus si era stupito della calmata che si era dato l’amico, ma si era poi convinto che ciò fosse dovuto alla volontà di concentrarsi sulle ricerche per aiutare Dean che, attualmente, procedevano piuttosto lentamente. Nei documenti della scuola c’erano solo nomi e i voti, purtroppo niente foto. Forse avrebbero dovuto cercare in altre tipologie di documenti, ma avrebbero dovuto farsi venire in mente quali.

Le attività extrascolastiche non erano ancora cominciate poiché il preside aveva deciso che sarebbero iniziate solo dopo che il professor Vitious fosse riuscito a far cantare correttamente l’inno scolastico a tutti gli studenti.

Finalmente arrivò la nuova lezione di pozioni e i quattro giovani poterono ritrovarsi per confabulare, sicuri di non essere scoperti.

“Allora, novità?” domandò Ginny, dopo aver lanciato l’incantesimo per non essere sentiti e dopo che il professor Lumacorno aveva spiegato quale pozione avrebbero dovuto preparare e tutti si erano messi all’opera.

“Sì” annuì Luna “Sappiamo la parola d’ordine: Mosca Crisopa.”

“Sei sicura?” domandò ancora la Weasley “Come avete fatto a convincerlo?”

“È stato abbastanza semplice” replicò la bionda corvonero “Stavamo parlando col professor Vitious ed è saltato fuori che avrebbe dovuto consegnare un plico di moduli al preside, ma aveva poco tempo per via della giornata piena di lezioni; così ci siamo offerte di portare noi i moduli nell’ufficio. Il professore è stato molto contento e ci ha detto come entrare. Poi è andata solamente Afdera perché ho pensato questo: Piton sa che io sono vostra amica, sa che ho combattuto anch’io con voi, quindi potrebbe non gradire ch’io sappia la parola d’ordine per accedere al suo ufficio; se avesse saputo che io ne sono a conoscenza, probabilmente l’avrebbe cambiata, quindi è andata Afdera da sola. Non sono sicura che Piton si ricordi che lei è mia cugina e, in ogni caso, spero che non gli abbia generato sospetti.”

“Sei stata molto prudente, brava.” disse Neville, compiaciuto.

“Voi avete pensato ad organizzare l’incursione?” chiese Luna.

“Sì, anche se non è molto complesso.” rispose Ginny “Pensavamo che si potrebbe creare un diversivo che attiri i professori e anche Piton il più possibile lontano dal suo ufficio. Fred e George mi hanno riempita di prodotti del loro negozio, prima ch’io partissi per Hogwarts, sono certa che con quelli troveremo la maniera di creare il giusto caos, dubito che riusciremo ad eguagliare la loro palude, ma basterà. Pensavo a qualcosa che potesse creare agitazione tra gli studenti, farli scontrare tra di loro, in modo che la situazione degeneri e non possa essere ricollegata a noi.”

“Su questo io non sono d’accordo” intervenne Neville “Non possiamo mettere nei guai altri alunni per il nostro piano. Se non ci fossero i Carrow, si potrebbe anche fare, ma con i loro metodi in vigore non penso sia giusto.”

“Dispiace anche a me” ribatté Ginny “Ma dev’essere qualcosa che faccia muovere Piton. Non è facile.”

“Definiremo” li interruppe Luna “Intanto continuate a spiegare.”

“Giusto” riprese la Weasley “Allora, noi saremo appostati vicino all’ingresso dell’ufficio del preside, appena lo vedremo allontanarsi entreremo e cercheremo la spada. Una volta trovata, raggiungeremo il bagno tramite cui si accede alla camera dei segreti e scenderemo a nascondere la spada. Ci porteremo dietro anche delle caccabombe così, se saremo scoperti, faremo credere che il nostro obbiettivo era vandalizzare l’ufficio e il nostro vero intento rimarrà nascosto.        

“Saggio.” convenne Luna “Ma come trasportiamo la spada per la scuola, senza essere notati?”

Ginny sospirò e rispose: “Sinceramente, spero che non sia particolarmente ingombrante. I Cappelli Decapitanti di Fred e George non rendono invisibili solo le teste, ma qualsiasi cos su cui vengono posti per una lunghezza di venti centimetri. Mettendo un cappello sull’elsa e uno sulla punta, dovremmo far scomparire quasi un metro di spada, mi auguro basti.”

“Credo che la parte centrale della lama rimarrà scoperta, ma riusciremo a camuffarla.” replicò Luna “Comunque direi che è tutto fattibile, resta da pianificare il diversivo.”

“Ginny, i tuoi fratelli non vendevano anche un gas che dà la sensazione di soffocare? Se ne abbiamo abbastanza, possiamo creare uno scompiglio notevole.”

“Ne ho poco, Neville, dovrei farmelo inviare.”

Dopo qualche momento di riflessione, Luna esclamò: “I Sognisvegli! Fanno cadere in uno stato di trance in cui si fanno sogni ad occhi aperti, senza accorgersi di ciò che accade attorno. Potremmo frugare l’ufficio per trenta minuti, persino con lui presente e non si accorgerebbe di nulla.”

“Sarebbe una soluzione perfetta … se solo avessimo idea di come somministrarglielo. Mi hanno dato il formato caramella: tu la mangi, l’incantesimo entra in azione e il sogno parte. Non vedo proprio come potremmo riuscire a far mangiare una caramella a Piton.”

“Forse usando la maledizione Imperius.” scherzò Neville.

“Torniamo all’idea del gas soffocante, allora?” domandò Luna.

“Sì” rispose Ginny “L’alternativa sarebbe un buffet a base di Tartine Canarine.”

“Di cosa?” domandò Afdera che, pur rimanendo in silenzio, non si perdeva una parola del discorso.

“I dolcetti che trasformano in canarini chi le mangia” spiegò Luna “Ti ricordi che è successo a Justin di Tassorosso, lo scorso anno?”

“Ah, già, è vero. Beh, sarebbe divertente vedere Hogwarts invasa da canarini.”

“Ci sono due problemi con queste tartine” le avvisò Ginny “Innanzitutto dopo il primo studente trasformato, smetteranno di mangiarle e con un rapido contro incantesimo si ripristinerebbe la normalità, senza nemmeno doversi rivolgere ad un insegnante; secondo è che sono uno scherzo ormai noto ad Hogwarts e tutti saprebbero già di cosa si tratta. Il gas soffocante, invece, è una novità e quindi si farà più fatica a capire cosa sia e come fermarlo; inoltre può colpire molte persone contemporaneamente, quindi si scatenerà il panico.”

Neville ragionò: “Serve qualcuno che diffonda il gas dopo che noi ci saremo posizionati.”

“Può farlo uno di noi” propose Luna “Useremo i finti galeoni che usavamo per comunicare al tempo dell’E.S.: quando tre saranno in postazione, daranno il segnale al quarto di diffondere il gas; poi quello che non entrerà nell’ufficio, terrà d’occhio i movimenti di Piton e avvertirà gli altri nel caso ci fossero problemi o pericoli.”

“Sì, non avevo pensato al fatto che un palo ci farebbe comodo” annuì Ginny “Chi può farlo?”

“Dunque, il palo dovrebbe essere la persona più al sicuro” Neville stava riflettendo “Difficilmente può essere individuato, credo. Dovrebbe quindi essere una persona che vogliamo tenere lontana dal pericolo. Io posso andare nell’ufficio, non ho difficoltà ad affrontare le conseguenze, se verremo scoperti.”

“Io dico che dev’essere Afdera” affermò Ginny “Se può aprire la Camera dei Segreti, allora è meglio che stia al sicuro. Se noi tre dovessimo avere dei problemi, magari almeno uno di noi potrebbe essere in grado di fuggire con la spada, raggiungere lei e completare il piano, anche se gli altri dovessero rimanere bloccati prima. Cosa ne pensate?”

Tutti concordarono. Finalmente avevano un piano.

Avrebbero agito due giorni dopo, appena terminate le prove del coro.

Tutti e quattro si riunirono in un piccolo corridoietto secondario, per non essere osservati, ripassarono il piano rapidamente, poi Ginny consegnò ad Afdera tre fiale che avrebbero rilasciato il gas soffocante e il finto galeone e le spiegò come fare ad utilizzarli. I finti galeoni non potevano essere utilizzati per comunicare verbalmente, purtroppo, ma sarebbe bastato il surriscaldarsi della moneta come segnale, dato che avevano già concordato quali messaggi sarebbero stati trasmessi in quell’occasione: Siamo in postazione, procedi col gas, il primo, e Pericolo, il secondo.

Non erano tranquillissimi e continuavano a ripetersi i passaggi del piano, a controllare di avere tutto il necessario e a farsi raccomandazioni, senza decidersi ad entrare in azione. Neville si rese conto di quel tergiversare, per cui si fece coraggio e poi disse anche agli altri: “Basta tentennamenti: è ora. Dobbiamo prendere quella spada, dobbiamo farlo per Harry e dobbiamo farlo per poter sconfiggere Voi-Sapete-Chi. Abbiamo affrontato di peggio, quindi adesso ci rimbocchiamo le maniche e andiamo. Se non agiamo subito, allora tanto vale darla vinta ai Mangiamorte, ma io non ho intenzione di arrendermi.”

Gli altri parvero rinfrancati da quelle parole e annuirono con determinazione.

“Sì” ribatté Ginny “Harry è la fuori, ricercato, che rischia la vita per trovare una soluzione e noi dobbiamo aiutarlo, senza timore. Andiamo.”

Finalmente si separarono. I due grifondoro e Luna andarono verso l’ufficio del preside, mentre Afdera prese un’altra direzione: andò al terzo piano, nell’area est, dove c’era una grande stanza in cui spesso gli studenti si ritrovavano per studiare o fare due chiacchiere. Afdera si sistemò vicino a una delle finestrelle arcuate che si aprivano nel muro di pietre e che dal corridoio si affacciava sullo stanzone; non voleva farsi vedere e non doveva neppure rischiare di rimanere lei stessa vittima del gas. Attese qualche minuto, poi avvertì una sensazione di calore nella tasca; infilò la mano per essere certa che fosse veramente il galeone che si scaldava. Era così. Era il segnale, doveva agire.

Senza doverlo pronunciare, usò il wingardium leviosa sulle tre fialette e con la bacchetta, facendole passare dalla finestrella, le diresse in tre angoli differenti della sala.

STAK. Sbatterono contro il muro e si ruppero, rilasciando la grande e improbabile quantità di gas soffocante che avevano al loro interno. Non era fumo, non era vapore, era assolutamente impercettibile alla vista e all’olfatto, assai difficile dunque da individuare e dissolvere, per questo era uno scherzo che ai gemelli Weasley era sembrato perfetto o quasi.

Afdera si coprì il naso con una manica per essere certa di non respirare il gas e avvicinò la testa alla finestrella per controllare che stesse facendo effetto. Sì, molti studenti avevano iniziato ad avvertire una sensazione di soffocamento e si agitavano e tentavano di chiedere aiuto.

La ragazza vide altri studenti, non colpiti dal gas, uscire dalla stanza e correre a cercare soccorso, lei si aggregò a loro, fingendo di essere anche lei scappata e di non capire che cosa stesse succedendo.

Il gruppetto incontrò la McGranitt e i ragazzi, parlando tutti assieme, cercarono di spiegare la situazione. La professoressa dovette usare il suo sguardo più arcigno per ammutolirli e farsi raccontare da uno solo di loro quale fosse il problema; ordinò poi a Gazza di avvertire il preside e Madama Chips.

A quel punto, Afdera rimase assieme agli studenti che facevano strada alla McGranitt, così da poter tenere d’occhio chi si avvicinasse alla stanza, senza destare sospetti.

Nel frattempo, Neville, Ginny e Luna erano in attesa, poco distanti dall’ufficio del preside, erano in una stanzetta con la porta socchiusa, era aperto soltanto il piccolo spiraglio che permetteva loro di sbirciare il corridoio. Dopo una decina di minuti da quando avevano inviato il segnale, videro Gazza passare, con la sua andatura zoppicante. Poco dopo lo videro tornare indietro, seguendo Piton che si stava spostando di gran fretta, con la tonaca nera svolazzante.

Ginny stava guardando dalla sottilissima fessura e per un attimo vide gli occhi di Piton che la fissavano.

Ecco, siamo scoperti! –temette la Weasley.

Invece non accadde nulla. Quell’incrocio di sguardi, se c’era stato, era durato appena una frazione di secondo, ma abbastanza per spaventare la ragazza; poi il preside aveva continuato per la sua strada, senza accennare a fermarsi.

Il trio lasciò trascorrere qualche momento, poi Neville mise fuori la testa, guardò a destra e a sinistra per accertarsi che il corridoio fosse sgombro, infine fece cenno agli altri che la strada era libera e potevano procedere. Arrivarono davanti al gargoyle di pietra che nascondeva la scala d’accesso all’ufficio e il giovane disse: “Mosca Crisopa.”

La statua si scostò e lasciò libero il passaggio alla scala a chiocciola. I tre diedero un’altra occhiata attorno per assicurarsi di essere soli, poi si affrettarono ad imboccare l’archetto e a salire i gradini.

Salirono di corsa e si trovarono nella prima sala, la più grande, che su un lato si stringeva e si innalzavano alcuni gradini che portava a un piccolo soppalco su cui si trovava la grande scrivania. Era quasi impossibile scorgere le pareti, tanto erano ricoperte da quadri e da scaffali traboccanti di libri e oggetti strani, assieme ad ampolle, grandi clessidre, animali sottospirito chiusi un barattoli di vetro e molte altre cose.

Luna si guardò attorno e mormorò preoccupata: “Abbiamo commesso un errore.”

“Quale?” chiese Ginny.

“I quadri … faranno la spia.”

“Un incantesimo di sonno?” propose Neville.

“Ormai ci hanno visti.” sospirò la Weasley “Pazienza. L’importante è nascondere la spada e che nessun altro a parte noi sappia dove si trovi.”

“Non parlerò mai” disse Paciock, determinato “Nessuno di noi parlerà.”

“Cerchiamo!” li sollecitò Luna “Non sappiamo quanto tempo abbiamo a disposizione.”

Iniziarono ad ispezionare l’ufficio: era difficile riuscire a individuare qualcosa in mezzo a tutta quella confusione, sembrava quasi che gli oggetti fossero stati appoggiati a caso, alla rinfusa e frettolosamente sulle decine e decine di mensole.

Mentre frugava tra un oggetto e l’altro, Neville si ritrovò tra le mani il Cappello Parlante; stava per spostarlo di un poco per vedere se dietro ci fosse qualcosa, quando quello si mise a dire: “Oh, signor Paciock!, non abbiamo mai avuto modo di riparlare, dopo lo smistamento, vero?”

Il ragazzo rimase sorpreso e strabuzzò gli occhi, poi borbottò: “No … proprio no.”

“Che cosa state cercando tu e i tuoi amici? Non mi risulta sia permesso agli studenti frugare nell’ufficio del preside.”

“Stiamo cercando la spada di Godric Grifondoro” spiegò Neville, sottovoce, quasi si fosse dimenticato che nella stanza c’erano solo le sue amiche “Dobbiamo farla avere ad Harry Potter; Silente voleva così ma il Ministero non ha voluto, quindi ce ne occupiamo noi.”

“Capisco … È vero, Silente voleva che quella spada andasse a Potter, perché gli servirà, ma essa è ben nascosta e, vedi, solo un vero grifondoro può prenderla.”

“Un vero grifondoro?” ripeté Neville, confuso “Che cosa vuol dire?”

“Alla cerimonia dello smistamento, indico le case a seconda delle inclinazioni di ciascuno, ma negli undicenni si può solo vedere cosa potrebbero diventare e non cosa saranno realmente. Appartenere alla casa di Grifondoro non significa essere un vero grifondoro. Il coraggio, la sete di giustizia, la lealtà, la nobiltà d’animo sono tutti semi presenti nei ragazzi che assegno a questa casa, ma sta a loro saperli coltivare e farli germogliare e divenire rigogliosi. Tu che ami tanto l’erbologia, dovresti capire bene la metafora.”

“Sì, sì, la comprendo … Ti ringrazio di avermi messo a Grifondoro, ho vissuto emozioni e avventure che sono contento di aver sperimentato e che dubito avrei provato se fossi finito in un’altra casa. Ti ringrazio della fiducia che hai avuto in me, ma temo di averla deluso. Forse sarei stato più adatto come tassorosso.”

“Sì, sì, ricordo che mi chiedesti di andare a Tassorosso, avevi paura di tutte le aspettative che tua nonna già aveva su di te, speravi che non finendo a Grifondoro lei sarebbe stata meno pretenziosa nei tuoi riguardi. Figliolo, credimi, sono ancora convintissimo che Grifondoro sia il tuo posto; certo, però, manca ancora qualcosa nella tua serra, per poter rendere le tue qualità rigogliose al massimo.”

“E cosa …?”

Neville non fece in tempo a finire la sua domanda.

La voce di Ginny esclamava trionfante: “L’ho trovata! L’ho trovata!”

Il ragazzo si voltò a guardare e vide l’amica che, spostando un drappo di velluto blu scuro aveva rivelato una teca di vetro dentro la quale si vedeva una spada leggera, argentea e con rubini rossi incastonati.

Luna si era già avvicinata all’altra giovane per controllare.

Neville si voltò verso il Cappello Parlante, come se volesse riprendere la conversazione, ma ebbe l’impressione che il Cappello fosse tornato in uno stato quiescente. Allora lo ripose sullo scaffale dove lo aveva scovato e raggiunse le amiche.

Il trio era in piedi davanti alla teca, osservandola scrupolosamente: nessuno si azzardava a toccarla.

“Ci sarà qualche incantesimo che la protegge? Suonerà una specie di allarme, se la tocchiamo?”

“Non ne ho idea, Neville.” rispose Ginny.

“Qualcuno ha studiato un incantesimo per individuare trappole magiche?” chiese Luna.

“Bill mi aveva spiegato uno di quelli che usava in Egitto, quando lavorava per rimuovere le maledizioni. Solo che non me lo ricordo.”

“Ecco un’altra cosa da aggiungere alla lista degli incantesimi da imparare.” mormorò Neville.

Passò ancora qualche momento, poi i due grifondoro sentirono i loro galeoni finti iniziare a scottare nelle loro tasche, si scambiarono un’occhiata eloquente.

Paciock spiegò a Luna: “Sembra che Afdera ci stia informando di un pericolo, dobbiamo andarcene.”

“E la spada …?” domandò la corvonero.

Bombarda!” esclamò Ginny, agitando la bacchetta, prima che si aprisse un dibattito sul cosa fare.

Il vetro si sbriciolò in mille frantumi. La Weasley afferrò la spada, si voltò verso gli altri e disse solo: “Andiamo.”

Ebbero così fretta di uscire dall’ufficio che si scordarono il loro stratagemma per celare la refurtiva.

Si precipitarono verso le scale, scesero i primi gradini e d’improvviso si trovarono davanti l’alta, pallida, nera e unta figura di Piton.

Sussultarono e deglutirono per la paura contemporaneamente, che se si fossero accordati non sarebbero riusciti a farlo con la stessa sincronia.

“Tre ladruncoli che cercano di rubare a me.” commentò il preside impassibile “Dovete essere molto sciocchi o avermi sottovalutato parecchio. Probabilmente entrambe le cose. Retrofront. Discuteremo della vostra punizione.”

Il trio, sconsolato, si voltò e tornò nell’ufficio. Una volta entrati, Piton li superò per andare a sedersi dietro alla scrivania e nel mentre ordinò: “Signorina Weasley, riponga la spada dove l’ha presa. Poi, tutti e tre qui in riga davanti a me.”

Ginny obbedì e poi si dispose con gli altri davanti al grande tavolo.

“Allora, due grifondoro e una corvonero che tentano un’impresa tanto avventata quanto stupida. Illuminatemi, che cosa speravate di fare? Vantarvi davanti ai vostri amici? Oppure vi illudete di aiutare Potter? Potter è finito. Scordatevi la fola del Prescelto. È in fuga, vi ha abbandonato.”

“Non è vero!” esclamò Neville, non riuscendo a trattenersi.

“Non essere ridicolo Paciock, anche se non ti ho mai visto far altro che renderti ridicolo da quando sei in questa scuola. Il professor Lumacorno mi ha informato che stai seguendo le sue lezioni, beh avresti fatto meglio a ricominciare con quelle del primo anno. Sei un incapace e ti ostini a volerti mettere contro il Signore Oscuro; ricorda che, se sei ancora vivo, è solo grazie al fatto che sei un purosangue … e anche talmente imbranato da non risultare un pericolo, ma solo un simpatico divertimento, un buffone come quella feccia di Codaliscia.”

Il respiro di Neville si era fatto rapido e la sua gola si era irrigidita: era scosso da fremiti di rabbia, avrebbe voluto urlare, scaraventare all’aria quella scrivania e tutto quanto ci fosse sopra. Era vero che lui non era un gran mago, ma sentire tutti quegli insulti era troppo. Avrebbe voluto reagire, ma sapeva di essere già fin troppo nei guai con la storia del furto: meglio non peggiorare la situazione. Meglio sopportare. Notò, però, che stranamente era la prima volta che sentiva il bisogno di rispondere a Piton e non di scomparire.

“Poi abbiamo la signorina Weasley che, evidentemente, ha voluto prendere esempio dai suoi fratelli scapestrati, anziché da quelli coscienziosi che sono stati un vanto per la scuola. Le converrebbe frequentare maggiormente suo fratello Percival, un fedele del Ministero.” gli occhi nero petrolio del preside si spostarono sull’altra ragazza: “Infine abbiamo la signorina Lovegood. Una studentessa modello, fino ad un paio d’anni fa, poi ha iniziato a farsi influenzare da pessime compagnie. È stato suo padre, a contagiarla con idee sovversive e spingerla ad un atto tanto sconsiderato contro l’ordine e l’autorità scolastica?”

Luna non rispose, ma sostenne lo sguardo.

“So a cosa state pensando. Vi domandate come mai il vostro piano sia fallito, come mai il vostro diversivo non mi ha distratto a sufficienza. Sì, so perfettamente che è stato un diversivo e null’altro. Ho scoperto raggiri di avversari ben più abili di voi, ho un certo intuito per queste cose.”

Probabilmente stava ricordando quando, anni prima, si era reso conto che l’intrusione di un troll nella scuola era stato un escamotage di Raptor per tentare di rubare la pietra filosofale.

In quel momento entrarono nell’ufficio i Carrow.

Alecto stava dicendo: “Signor preside, la situazione è stata normalizzata. Non si trattava di altro che di uno stupido scherzo.”

“Che succede qui?!” chiese bruscamente Amycus, notando i tre studenti in piedi.

“Come vi ho detto quando vi ho lasciato poco fa, il vero problema era in quest’ufficio e non nella stanza di studio. Il signor Paciock e le signorine Weasley e Lovegood hanno tentato di rubare la spada di Grifondoro.”

I Carrow furono sorpresi, ma subito i loro sguardi si accesero di sadica eccitazione al pensiero di infliggere un severo castigo che fungesse da dimostrazione per tutti quanti.

Piton continuava: “Onde evitare altre spiacevoli intrusioni, provvederò a trasferire la spada alla Gringott. Intanto, stavo decidendo quale punizione assegnare a costoro. Ah, ovviamente, tanto per cominciare, cento punti in meno a testa alle vostre rispettive case.”

“Io proporrei una bella tortura in vecchio stile nella Sala Grande, davanti agli altri studenti, affinché imparino. Gazza ha detto di custodire ancora i vecchi strumenti.”

“No, Amycus, niente torture, tanto meno pubbliche.”

“Che cosa?!” si sorprese Carrow.

“Questi ragazzini, tronfi e arroganti, non vedono l’ora di fare i martiri, di mettersi in mostra davanti agli altri alunni, dimostrando come resistono al dolore e come sono pronti a tutto per la loro patetica lotta. Non diamo soddisfazione al loro ego. Saranno puniti, sì, ma senza cerimonie, senza che ne ricavino onori.”

“Che cosa hai in mente, allora?”

“Si credono coraggiosi, credono di essere in grado di affrontare pericoli … Penso che la punizione più adatta sia far loro passare una settimana ad aiutare, di notte, Hagrid nella Foresta Proibita, dove avranno a che fare realmente col pericolo e, forse, si renderanno conto di quanto sono deboli e incapaci e che sarebbe meglio per loro rimanere tranquilli, in futuro, anziché sfidare i poteri forti.”

I Carrow non sembravano molto convinti, infatti Amycus insistette: “Severus, sei sicuro che …?”

“Sono il preside Piton, qui, per te.” lo interruppe Piton, mostrando per la prima volta una nota di colore nella propria voce “Il Signore Oscuro ha definito bene i nostri reciproci ruoli, mi pare.”

“Sì. Noi infatti siamo i responsabili della disciplina e …”

“Questa responsabilità sono stato io a darvela in delega e posso intervenire quando lo ritengo opportuno. Ragni giganti e centauri ostili sono solo un paio delle creature che si aggirano per la foresta proibita. Devo ricordarti cosa abbiano fatto i centauri alla Umbridge? Ben altro si trova tra quegli alberi e ben più pericoloso. Sono sicuro che sia più efficace mettere questi ragazzini davanti alla realtà dei fatti, ossia che ci sono infinite cose più potenti di loro, piuttosto che limitarsi a far loro del male. Forse, però, tu e tua sorella vorrete fare personalmente un giro per la foresta per accertarvi che sia il luogo adatto per scontare una punizione?”

“No, signor preside” rispose Amycus, mesto “Ci fidiamo del suo giudizio, perdoni le nostre rimostranze.”

“Ecco, così va meglio.”

“Tuttavia, alla luce di quanto accaduto, ritengo sia giusto rafforzare la sicurezza e la sorveglianza, chiamando dei dissennatori a pattugliare la scuola.”

Piton parve ragionare, probabilmente voleva rifiutare tale idea, tuttavia non riuscì a trovare una buona giustificazione, per cui annuì e disse: “Sia. Procedete pure.”

I Carrow parvero molto compiaciuti.

Il preside poi guardò i tre ragazzi e disse loro: “Tornate nei vostri dormitori. Domani riceverete tutte le informazioni relative alla vostra punizione. Ora andatevene, non voglio vedere oltre le vostre facce. Via, via.”

Il trio fece un cenno di saluto e si allontanò rapidamente, prima che Piton cambiasse idea. Erano tutti molto sorpresi e sollevati, all’idea che non avrebbero subito torture fisiche. Andare in giro con Hagrid non pareva loro una punizione e si domandavano se davvero avrebbero dovuto temere le creature della foresta.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Nota d’Autrice:

Sì, oggi vi rompo le scatole prima della lettura.

Allora, di fatto voglio solo dirvi che questo sarà un capitolo molto lungo, ma spero che  sia abbastanza movimentato e non risulti pesante.

 

Grazie a tutti e buona lettura

 

 

Neville, Luna e Ginny erano appena usciti dall’ufficio del preside e avevano fatto pochi passi nel corridoio, quando incontrarono Afdera. Era pallida e agitata e, non appena li vide, corse ad abbracciare la cugina, esclamando: “Oh, grazie al cielo state bene!”

“Sì, ce la siamo cavata con poco.” rispose Luna.

“Ha creduto alla storia dell’atto vandalico?”

“No, ci ha trovati con la spada tra le mani, ma ha reagito in maniera molto più tranquilla di quanto avessi temuto.”

Ginny si intromise: “Perché non hai cercato un modo per trattenerlo? Abbiamo avuto pochissimo tempo.”

“Ehi, io il preside non l’ho nemmeno visto!” si difese Afdera “Non è mai arrivato alla stanza con il gas. Quando ho visto presentarsi i Carrow e lui no, ho sospettato che non si sarebbe fatto vedere e quindi ho lanciato il segnale d’allarme.”

“È tremendo, ci ha scoperti praticamente subito.” esclamò Neville, sconsolato.

“Harry mi aveva detto che Piton era un bravo legilimens e occlumante.” disse Ginny “Evidentemente, quando ho avuto l’impressione che si fosse accorto di noi era stato veramente così, ma ha deciso di far finta di nulla per poterci cogliere in flagrante.”

“Forse per questo non si è adirato molto con noi” ragionò Luna “Ci aveva già scoperti, sapeva già tutto e si sentiva perfettamente tranquillo con la situazione sottocontrollo. Ecco, forse è per questo che non è stato troppo severo con la nostra punizione.”

“A cosa vi ha condannati?” domandò Afdera.

“Escursioni notturne nella Foresta Proibita per una settimana.” rispose Ginny sbrigativamente.

“Sembra divertente.” commentò l’altra.

“Hagrid è buono e gentile” aggiunse Luna “Non sarà una brutta esperienza.”

“Per favore, evitate di parlare così” le avvisò Neville “Almeno non a due passi dall’ufficio di Piton. Se sente che la punizione non ci preoccupa, ce la sostituirà con una peggiore, per cui cerchiamo di fargli credere che siamo almeno un poco preoccupati.”

“Hai ragione” confermò Ginny “E sarebbe anche bene che non ci trovasse qui davanti, dopo che ci ha ordinato di andare nei nostri dormitori. Faremmo meglio ad andare.”

Il gruppetto si incamminò e percorsero un po’ di strada assieme, finché non arrivarono al corridoio in cui dovevano separarsi per andare nelle rispettive Case.

Appena entrati nella Sala Comune di Grifondoro, Ginny raggiunse le scale che portavano al suo dormitorio, mentre Neville vide Seamus su una poltroncina vicino al camino spento e lo raggiunse per fare due chiacchiere.

Finnigan sollevò lo sguardo su di lui, non sembrava contento, poi disse: “Non abbiamo cercato nulla per Dean, oggi.”

“Ti avevo avvisato che oggi avevo un altro impegno e non sarei potuto venire in biblioteca.”

“Che tipo di impegno? C’era anche Ginny?”

“Sì, ma …” Paciock era imbarazzato “Tanto vale parlartene, ormai.”

“Sì, grazie.” replicò Seamus, molto serio “Credevo ti fidassi di me.”

“Certo che mi fido di te.”

“Allora perché il galeone dell’E.S., nella scorsa ora, è scottato per due volte? Ricordi, vero, che scottano tutti quanti contemporaneamente? Che costa state architettando e perché non ne sapevo nulla?”

“Seamus, ascolta, io … Aspetta, significa che hai ancora il galeone?”

“Sì.” replicò l’altro, sorpreso.

“Credevo fossimo rimasti solo io, Ginny e Luna a tenere sempre con noi il galeone. Lo scorso giugno, quando Hermione ci aveva chiamati, avevamo risposto solo noi.”

“Infatti ho ripreso a tenerlo in tasca da pochi mesi, dopo la caduta del Ministero.”

“Quindi hai ancora fiducia in Harry anche tu?”

“Non lo so. Penso che siamo stati un buon gruppo e che non sia necessario Potter per fare qualcosa. Ti decidi allora a dirmi che cosa avete fatto?”

Neville raccontò brevemente quello che era successo. Seamus pareva contrariato e infatti domandò: “Perché non mi avete informato prima? Vi avrei dato una mano volentieri. Non so se Harry sappia realmente cosa farsene della spada, ma tenerla lontana da Piton mi sarebbe sembrata un’ottima idea. Perché non hai voluto dirmi niente?”

Neville si sentiva in imbarazzo: non aveva immaginato una reazione così veemente da parte dell’amico. Alla fine confessò: “Avevo paura che, se ci avessero scoperti, così com’è poi capitato, sarebbero stati più severi con te.”

“Perché?” domandò Finnigan, aggrottando la fronte, non capendo che cosa l’altro intendesse dire.

“Beh, sai come sono ossessionati dalla questione del sangue … temevo che si sarebbero accaniti su di te più che su di noi, volevo proteggerti …”

“Ah” Seamus aveva compreso, ma non sembrava per nulla soddisfatto, anzi, tutt’altro; infatti disse: “Ti ringrazio per la premura, ma non voglio che tu ti faccia questi scrupoli in futuro. So benissimo che cosa pensano di quelli come me e non mi importa. Decido io se assumermi un rischio oppure no, non tu. Chiaro?”

“Sì, scusami …” rispose Neville sommessamente “Comunque non credo che ci saranno altre imprese del genere.”

“Peccato. Oggi, quando ho sentito la moneta scaldarsi, ho davvero sperato di veder comparire la data di una nuova riunione.”

“Manca anche a me.”

“Te l’ho detto, non è necessario ci sia Potter, per poter far qualcosa.”

“Eh, ma era lui che ci insegnava. Noi da dove possiamo imparare? Certo, potremmo consultare volumi in biblioteca, ma ho la netta sensazione che i Carrow fiuterebbero il nostro interesse e ci metterebbero i bastoni fra le ruote.”

“È vero anche questo.” sospirò Seamus.

Era arrivata l’ora di cena. I due amici scesero nella Sala Grande per mangiare e non parlarono più dell’argomento.

La serata trascorse tranquilla; dopo cena, i ragazzi trascorsero il tempo in Sala Comune tra chiacchiere e compiti e infine andarono a dormire.

Il mattino seguente, quando il turbinio delle ali dei gufi annunciava l’arrivo della posta, Neville, Ginny e Luna erano preparati a ricevere il promemoria con le istruzioni per la loro punizione. Quello che i due grifondoro non si erano aspettati era che anche le loro famiglie erano già state informate di quanto avevano tentato il giorno prima.

Ginny, che non aveva inviato Leotordo a casa (da quando suo fratello si era dato alla macchia lei usava il suo gufo), non appena vide la civetta della sua famiglia planare sul tavolo, capì che non si trattava dei consueti amorevoli saluti o di qualche informazione circa come stessero i famigliari. Si ritenne ben fortunata di non aver ricevuto una strillettera; in altre circostanze la madre non avrebbe esitato a inviarle una sgridata urlata, dopo una simile bravata, ma la situazione era tale che la signora Weasley aveva preferito limitarsi allo scritto e non attirare sulla figlia l’attenzione di tutti gli studenti. Molly si era detta molto delusa e contrariata non per il tentato furto di per sé, ma per il fatto che la figlia si fosse messa in pericolo, avesse voluto intromettersi in faccende che riguardavano i grandi e non lei; le ribadì più volte che lei doveva pensare a studiare e stare tranquilla e al sicuro e non cercare di agire in questioni molto più ampie di quelle che poteva comprendere. C’era già suo fratello Ron nei guai e chissà in quali condizioni fosse, sperduto chissà dove, solo con Harry ed Hermione. C’era già lui a far preoccupare la famiglia, non doveva mettercisi anche lei a farli soffrire.

Ginny non era affatto contenta di quella lettera, né era d’accordo. Fu molto tentata di stracciarla. La guerra era tutt’attorno a lei e non avrebbe potuto starne fuori, nemmeno se avesse voluto. La sua intera famiglia combatteva quella guerra, ad eccezione di Percy, ma lui era ottuso; come poteva pretendere, sua madre, che lei non si facesse coinvolgere? Non erano forse stati proprio i suoi genitori a farle conoscere l’Ordine della Fenice e la sua missione? Loro avevano deciso di combattere e questo l’aveva messa in pericolo fin da subito. Lei non era arrabbiata con loro per questo, anzi, era fiera che la sua famiglia fosse in prima linea contro Voldemort, che lo fosse stata fin da subito. Quello che mal sopportava era che sua madre continuasse a volere escluderla. Non era una ragazzina come le sue coetanee, aveva già combattuto contro mangia morte per ben due volte e, comunque, meno di un anno la separava dalla maggiore età. Non vedeva proprio perché doveva starsene in disparte. Non credeva affatto che l’età potesse essere una giustificazione per non far nulla, per non reagire, per non combattere con tutta se stessa contro i maghi oscuri che stavano distruggendo il mondo in cui era cresciuta e uccidevano persone su persone, ogni singolo giorno.

Si ricordava che sua madre aveva perso due fratelli, Fabian e Gideon, durante la prima guerra contro Voldemort. Capiva che sua madre aveva già sofferto e non voleva perdere altri parenti. Eppure, non condivideva quel pensiero e Ginny sapeva che si sarebbe sentita in colpa se non avesse agito in quella guerra.

Ben diversa, invece, fu la lettera ricevuta da Neville. Sua nonna si congratulava con lui per la netta presa di posizione che aveva preso, ma lo rimproverava per non essere stato abbastanza abile da non farsi scoprire; si raccomandava quindi di essere più attento la volta successiva e di migliorare. Successivamente lo informò che lo zio Algie aveva avuto una discussione al Ministero, durante una votazione.

Lo zio Algie, prozio in realtà, aveva lavorato per trent’anni per il Ministero come Indicibile ma, invece di rimanere fermo all’Ufficio Misteri, aveva spesso avuto missioni che lo avevano portato in giro per il mondo. Negli ultimi anni, a causa dell’età e di un lavoro nel Karakorum che non si era concluso come il Ministero aveva sperato e sul quale Algie non aveva mai voluto fare rapporto dettagliatamente, era stato assegnato a una mansione amministrativa e faceva parte della commissione che decideva se, come e quando si poteva utilizzare o studiare qualcuno degli oggetti custoditi gelosamente nell’ufficio Misteri.

Stando a quel che raccontava Augusta, un paio di giorni prima la commissione si era riunita per deliberare circa la richiesta di Yaxley di accedere a un certo oggetto (Algie non aveva specificato quale, quando aveva riferito la vicenda alla cognata); tutti sapevano che Yaxley era un Mangiamorte, dunque, al momento di mettere il proprio voto nell’urna del sì o del no, tutti quanti avevano depositato il proprio sassolino in quella del consenso. Tutti tranne Algie che, pur sapendo che il suo coraggio era del tutto sprecato, poiché nessuno lo avrebbe imitato, lasciò cadere il suo voto nell’urna del no. Il segretario che prendeva nota di tutto, gli fece osservare: “Signor Paciock, si è sbagliato, quello è per il no.

Allora lo zio Algie aveva replicato seccamente: “Lo so benissimo ed è proprio quello che voglio votare!

Augusta concludeva poi la lettera al nipote, ribadendo di essere orgogliosa di questi atti di protesta portati avanti dai membri della loro famiglia.

Neville si tenne tutte quelle informazioni per sé, non le riferì a Ginny e nemmeno a Seamus. Non gli piaceva raccontare agli altri quello che accadeva nella sua famiglia.

Trascorse la giornata di lezioni e compiti e infine scese la sera. Dopo cena, Neville e Ginny andarono nell’atrio, dove era stato ordinato loro di recarsi, in attesa che Gazza li scortasse alla loro punizione.

Arrivati sul posto, vi trovarono già Luna e assieme a lei c’era pure Afdera.

“Sei venuta ad augurarci buona fortuna?” domandò Ginny, vedendola.

“No. Voglio provare ad imbucarmi alla punizione.” rispose l’altra, con un buonumore disarmante.

“Di solito ci si imbuca alle feste.” replicò la grifondoro, perplessa.

“Ho letto delle creature che si possono incontrare nella Foresta Proibita e, visto che normalmente l’accesso ad essa è vietato, ho pensato che mi conviene approfittare dell’occasione.”

“Di solito la gente non è contenta di incontrarle.”

Afdera scosse le spalle, come per dire che non le interessava che cosa la gente pensasse comunemente.

Arrivò Gazza che si sarebbe preoccupato a trovare un alunno in meno da portare in punizione, ma il trovarne uno in più non gli creò problemi e li scortò fino alla capanna di Hagrid. Una volta che il mezzo gigante uscì di casa, Gazza se ne andò, senza aggiungere altro, se non borbottii delusi circa il fatto che aveva sperato che la nuova amministrazione si sarebbe rivelata più severa.

Hagrid guardò i ragazzi e iniziò a dire: “Entrare nell’ufficio del preside è stato un gesto avventato … Anch’io però lo avrei fatto. Odio quell’uomo e non prenderei mai ordini dell’assassino di Silente, ma purtroppo, lo sapete, se io protestassi, mi caccerebbero via e cosa accadrebbe allora? Che ci mettono un altro Mangiamorte ad insegnare, anziché me … pensate se ci mettono quel pazzo di Macnair … non mi fido di come tratta gli animali, quello. Comunque, complimenti ancora per aver tentato. Certo, ad Harry queste cose riuscivano più facili col mantello dell’invisibilità, voi siete svantaggiati. Pazienza. Non vi preoccupate, non c’è nulla di pericoloso nella foresta … a meno che non sia provocato, ovviamente. Siete tutti alla prima punizione nella foresta? No, tu Paciock hai già provato vero? Il primo anno? Beh, allora puoi tranquillizzare gli altri. Ora, vi spiego quello che faremo … Ehi, ma non dovevate essere solo in tre? Tu che ci fai qui?”

Hagrid si era finalmente accorto della presenza di Afdera.

“Ero curiosa, vorrei conoscere meglio la foresta.” si giustificò l’intrusa.

Il guardiacaccia fu un poco titubante, poi disse: “Oh, suvvia, va bene! Però non farti male, altrimenti quelli si accorgono che sei fuori quando e dove non dovresti. Bene, dicevo, ecco quello che faremo stasera: portare da mangiare ad alcune creature per mantenere l’equilibrio nella foresta. Ho preparato delle ciotole piene di insetti da portare vicino ai nidi di Augurey, che ultimamente stanno attaccando troppo spesso le fate, quindi è bene fornirgli noi il cibo. Bisogna anche portare qualcosa ai Knarl, non c’è bisogno che vi ricordi che non dovete offrire loro il cibo ma depositarlo e basta, giusto? Poi ci sarebbero da rintracciare alcuni Streeler e portarli fuori dalla foresta, perché ultimamente ce ne sono veramente molti e stanno rovinando troppe piante. Tutto chiaro?”

I ragazzi annuirono.

“Bene, allora dividiamoci, così da risparmiare tempo. Ginny e Luna venite con me: ci occuperemo di portare il cibo. Neville e Afdera, seguitemi un attimo che vi do i secchi speciali per metterci dentro gli Streeler, senza che vengano corrosi dalla loro bava.”

Hagrid fece cenno ai due di avvicinarsi e li portò sul retro della capanna, dove aveva preparato due grossi secchi color rame con un coperchio bombato.

“Ecco qui. Non mi aspetto che li riempiate tutti, ma cercate di portarne almeno uno pieno. Avete un orologio?”

Afdera sfilò l’orologio da tasca che aveva e fece ondeggiare la catenella.

“Molto bene, allora tienilo d’occhio e a mezzanotte, la mezza al massimo, tornate qua. Bene, andate e buon divertimento! Avete entrambi buoni voti nella mia materia, vi ricordate vero cosa sono gli Streeler? Perfetto, potete andare.”

Neville ed Afdera sollevarono un secchio per uno e si addentrarono pian, piano nella foresta. Sapevano che quel che stavano cercando erano chiocciole giganti che cambiavano colore ogni ora e la cui bava era altamente velenosa e bruciava e avvizziva la vegetazione; per questo colonie eccessivamente numerose di queste lumache erano un problema nella foresta.

Usarono un incantesimo di luce per far sì che le loro bacchette risplendessero e potessero illuminare il terreno circostante per qualche metro, in modo che potessero individuare le tracce degli Streeler.

Mentre camminavano tra gli alberi, senza un sentiero segnato, tenendo gli occhi ben spalancati per cogliere ogni segnale, Afdera domandò: “Quindi sei già stato nella Foresta Proibita?”

Neville si sentì quasi colto alla sprovvista, poi si ricordò che ne aveva parlato Hagrid, quindi rispose: “Sì, il mio primo anno, sempre in punizione.”

“Che cosa avevi combinato?”

“Io? Niente. Mi sono trovato accidentalmente fuori dal dormitorio assieme a Harry, Ron ed Hermione, quindi mi sono beccato la punizione anch’io.”

“Era successo qualcosa di interessante?”

“Più o meno, dovevamo capire chi era ad aggredire gli unicorni, qualche anno dopo Harry mi ha raccontato che era stato Tu-sai-chi dentro al corpo del professor Raptor, mentre cercava di impossessarsi della pietra filosofale. Io, di quella sera, ricordo che ci imbattemmo in un branco di centauri. Questo mi fa ricordare il povero Fiorenzo … immaginavo che non gli sarebbe stato permesso di tornare ad insegnare, sotto il regime Piton. I Mangiamorte non amano le creature metaumane, a meno che non siano schierate dalla loro parte. I centauri sono molto orgogliosi e chiusi, non accetterebbero mai un’alleanza con Tu-sai-chi.”

“Sembri molto informato.”

“Non è vero, sono nozioni basilari.”

“Perché ti sminuisci sempre?”

Neville si bloccò, sorpreso da quella domanda, poi chiese spiegazioni: “In che senso mi sminuisco?”

“Ti ho sempre sentito minimizzare le tue capacità, elogiare gli altri, desiderare di essere migliore. Certo, è più  che giusto non voler mai smettere di progredire, però non mi sembri affatto un disastro come ripeti continuamente.”

Paciock fece una risata sommessa e riprese a camminare alla ricerca di tracce; rispose: “Beh, forse sei stata fortunata e mi hai conosciuto in un momento in cui sono un po’ meno peggio rispetto a prima. Ti assicuro che per anni le uniche materie in cui non ero un disastro erano Erbologia e Storia della Magia, perché c’è solo da studiare e non da usare incantesimi. Sì, alla fine riuscivo sempre agli esami a strappare un accettabile, solo con pozioni non ci saltavo fuori, perché la sola presenza del professor Piton mi metteva in agitazione.”

“Perché ti fa così paura?”

“Non lo so. A volte mi sembrava come una sorta di pipistrello che mi avrebbe squarciato il petto. Io ed Harry eravamo sempre nel suo mirino, non so perché. Più mi sforzavo di fare bene una pozione, più mi agitavo, andavo in confusione e combinavo pasticci. Una volta, davanti a me, i mollicci si trasformavano in Piton.”

“Davvero?!” Afdera era meravigliata e quasi divertita.

“Sì. Adesso non so, è da qualche anno che non mi imbatto in un molliccio. Comunque è stato al mio terzo anno di scuola, quando c’è stato il professor Lupin ad insegnarci Difesa Contro le Arti Oscure che ho iniziato a migliorare. Aveva fiducia in me, ma non nutriva aspettative che temevo di deludere e questo mi ha fatto sentire tranquillo e così ho ottenuto pian, piano i primi risultati positivi. L’anno dopo abbiamo avuto Malocchio Moody …” si rabbuiò parecchio e non gli fu facile proseguire: “O almeno credevamo fosse lui … anche lui mi ha trasmesso grande fiducia, rassicurazione …” la sua voce tremava, in un misto di rabbia e riso amaro “ … è paradossale sapere che una delle persone che si è dimostrata più benevola con me e che mi ha aiutato a crescere era in realtà …” non riuscì a finire la frase, teneva le labbra serrate per non gridare e non abbandonarsi alla rabbia.

Afdera capiva il disagio del ragazzo, ma voleva sapere, per cui incalzò: “Era?”

“Lascia stare.”

“Cos’era? Dillo. Sfogati. Qui ci siamo solo noi, puoi urlare quanto ti pare.”

Neville si voltò verso di lei, la guardò con occhi lucidi e con fermezza rispose: “Era uno degli aguzzini dei miei genitori. Se lo avessi saputo, lo avrei aggredito senza esitare, anche se all’epoca ero davvero imbranato … invece lo credevo un’altra persona, gli ho dato fiducia e ora sono costretto ad ammettere che Barthy Crouch Jr mi è stato in parte mentore, che mi ha aiutato a far emergere un poco del mio potere … odio  questa cosa. LA ODIO!” gridò.

“Beh, puoi vederla come un piccolo risarcimento da parte sua per quello di cui ti ha privato.”

Neville annuì, poco convinto, poi indicò un punto poco distante e disse: “Ecco, quella mi sembra una traccia di Streeler, controlliamo.”

Si avvicinarono al punto che il ragazzo aveva visto e videro lunghe strisce di piante consunte e corrose. Erano sulla via giusta, per cui seguirono quelle scie di bava. Secondo Neville le piante non erano appassite da molto, anzi, le tracce gli parevano abbastanza recenti e quindi era convinto che presto avrebbero trovato le chiocciole giganti.

“Non hai risposto ancora alla mia domanda” gli fece notare Afdera, dopo qualche minuto che camminavano in silenzio “Perché hai una così bassa considerazione di te?”

Neville si innervosì, era seccato da quell’insistenza. Tagliò corto: “Non sono solo io a dirlo, tutti lo pensano.”

“Io no e nemmeno Luna, per gli altri non posso parlare perché non sono una legilimens. Non devi farti influenzare.”

“Quando ti viene ripetuto ogni giorno che non sei bravo, che hai poca magia dentro di te; se ogni volta ti fanno vedere quanto gli altri siano più in gamba … beh, è difficile dubitare che tutto il mondo abbia torto. Non credi?”

“Credo che tu abbia avuto difficoltà e che l’asprezza dei commenti altrui ti abbia condizionato, così hai smesso di ritenerti capace, da te stesso non ti aspettavi altro che fallimenti e sono quelli che hai ottenuto … finché non è successo qualcosa, vero? Io ti conosco solamente da un anno, ma non ti ho visto incapace, come ami definirti.”

“Sì, è vero, tendo ancora a non riconoscere i progressi che ho fatto. La realtà è che io ho sempre voluto combattere il male. Non per rendere fiera mia nonna o per onorare i miei genitori, ma perché ne sentivo la voglia, il bisogno. Da piccolo venivo preso in giro e maltrattato a scuola e io fantasticavo, anche leggendo storie di cavalieri, di poter un giorno difendere i deboli, impedire che altri subissero quello che ho passato io. Il problema è che ero debole anch’io, che non riuscivo a trovare la forza. Volevo migliorare, ma avevo paura di farlo, avevo paura di fallire e di scoprire che non potevo realizzare il mio sogno. Avevo tanta paura di fallire che non tentavo nemmeno. Ansia, paura, le aspettative di mia nonna, gli insulti degli altri … ogni volta che provavo a fare un incantesimo, la mia mente si affollava di tutti quegli elementi e anche di più e alla fine mi bloccavo e non riuscivo. Quando Harry ha avuto l’idea dell’Esercito di Silente, io ho voluto subito parteciparvi perché non avevo paura del pericolo e volevo prepararmi ad affrontarlo …  poi, nel frattempo, c’è stata l’evasione da Azkaban dei Lestrange, altri che avevano torturato i miei genitori. Allora ho sentito aumentare in me la determinazione e ho capito una cosa: quando uso la magia, devo avere la mente libera, ripulita da ogni preoccupazione e ansia. È stato allora che ho iniziato davvero a migliorare.”

Neville aveva detto queste ultime parole con fierezza e si era interrotto come a voler riprendere fiato, per poi continuare amaramente: “So che il crescere senza genitori, il non voler deludere mia nonna, i tentativi, che spesso rasentavano l’omicidio, di mio zio Algie di farmi manifestare i miei poteri, i bulli a scuola ... so che tutto questo mi ha traumatizzato, mi ha causato tutte le ansie e le paure che mi hanno bloccato per anni, lo so benissimo … solo che essere consapevole di tutto ciò non è sufficiente a risvegliare i miei poteri assopiti, ammesso e non concesso che ne abbia. Ancora non riesco a liberarmi dal panico e mi stupisco quando riesco a fare bene qualcosa.”

“Devi ancora trovare la fiducia in te.”

Trovare la fiducia in me …” un altro riso amaro “Sembra un cliché da romanzo.”

“Sono convinta che tu abbia problemi col terzo e il quinto chackra, se riuscirai a risolverli, allora potrai dare il massimo di te.”

“Chackra e che sono?!” domandò Neville, stranito, che non ne aveva mai sentito parlare; poi si ricordò di quello che gli aveva detto il Cappello Parlante il giorno prima: che ancora gli mancava qualcosa per poter essere rigoglioso.

Intanto si erano ritrovati davanti a sé una colonia di Streeler, formata da una quarantina di elementi.

I due ragazzi, silenziosamente, presero le bacchette, sollevarono i coperchi e poi sempre con la magia afferrarono le grandi chiocciole e le trasportavano dentro ai secchi.

Quando videro che gli incantesimi non verbali stavano funzionando bene e che gli Streeler non creavano problemi, Neville chiese nuovamente: “Che cosa sono i chackra, allora?”

“Sono una conoscenza indiana, non vale solo per i maghi ma anche per i babbani … anche se in realtà in India c’è una commistione tra magico e non magico molto particolare, da quelle parti lo Statuto Internazionale di Segretezza ha un’applicazione del tutto particolare. Comunque, i chackra sono nozioni che hanno tutti quanti in India. Sono sette fulcri energetici in ogni persona, i centri in cui l’energia della persona si connette col mondo materiale, con il proprio ego, con gli altri, con l’etere, con il divino in varie sfumature diverse. Il terzo indica l’affermazione del proprio sé, la propria consapevolezza e volontà; il quinto, invece, è la capacità di esprimere questo sé, la comunicazione. Io penso che se rafforzi questi punti, raggiungerai la grandezza.”

“Esagerata!” disse Neville, quasi ridacchiando, mentre faceva volteggiare uno Streeler; poi parve essere colpito da un pensiero e dopo disse: “Sai, è strano: non avevo mai raccontato tutte queste cose a qualcuno. Mi sorprende averle dette a te. Ho perfino fatto cenno ai miei genitori.”

“Te le ho chieste e ho insistito finché non hai ceduto.”

“Nessuno si è mai interessato così tanto a me.”

“Non è vero. Il fatto è che gli altri sono stati più rispettosi e meno invadenti: quando avvertivano il tuo imbarazzo, cambiavano argomento per metterti di nuovo a tuo agio; io ho deciso di ignorarlo e andare avanti.”

“Perché?”

“Pensavo ti avrebbe fatto bene dire ad alta voce quello che hai detto.”

“Ha funzionato?”

“Generalmente è efficace, ma solo il tempo dirà se ha avuto effetto anche in questo caso.”

Neville scoppiò in una fragorosa risata e, senza cattiveria, commentò: “È facile dire che i risultati ci saranno in futuro; si confida che qualcosa accadrà comunque e si potrà attribuire il merito a questa cosa. Comunque, tornando seri, come funzionano questi chackra?”

“Eh, bisogna lavorare soprattutto su di sé, non c’è un incantesimo per aggiustarli.”

“Peccato … Ecco, direi che non mi pare di vedere altri Streeler in zona. Tu ne vedi?”

“No, direi che qui è sgombero. Il mio secchio è a metà, il tuo?”

“Pure. Proseguiamo, è ancora presto.”

I due ragazzi continuarono a perlustrare la foresta e riuscirono a trovare un altro gruppo di chiocciole giganti, prima che fosse il momento di tornare alla capanna. Le prime che avevano trovato erano di colore verde, le altre rosse: evidentemente era scattata l’ora, tra quando si erano imbattute nelle une e nelle altre.

Non parlarono più delle abilità di Neville; Afdera non tornò sull’argomento, nonostante avrebbe voluto saperne di più di cosa fosse accaduto ai genitori del ragazzo. Chiacchierarono di questioni più leggere, come libri, passatempi, la vita fuori dalla scuola. Scherzarono e si divertirono. Si guardarono maggiormente attorno e fecero caso agli uccelli notturni che scuotevano i rami delle piante e si soffermarono alcuni minuti vicino ad un alberello popolato da asticelli.

A mezzanotte tornarono da Hagrid e si riunirono alle altre due ragazze per tornare ad Hogwarts.

La sera successiva, si presentarono ancora tutti e quattro alla capanna per la punizione. Il guardiacaccia aveva nuovi compiti da affidare e domandò se volessero cambiare  i gruppi. Prima che le altre potessero rispondere qualcosa, Neville disse che andava bene dividersi come il giorno precedente. Lui e Afdera furono quindi inviati in una zona paludosa della foresta dove negli ultimi tempi si aggiravano dei Marciotti, infastidendo non poco le creature senzienti che vivevano da quelle parti.

“Ti sei tanto divertita in punizione, che hai voluto replicare?” domandò Neville, scherzoso, mentre si addentravano tra gli alberi.

“Ho visto più cose ieri notte che in un anno a scuola.”

“Non esagerare.”

“Comunque è un modo interessante di passare le serate … e anche tu devi esserti trovato bene, se hai scelto di trascorrere queste ore di nuovo con me.”

Neville si sentì in imbarazzo e non sapeva cosa replicare: in effetti non sapeva bene neppure come mai si fosse così affrettato a dire di voler restare in coppia con lei per quelle faccende. Sì, si era divertito parecchio la sera prima, ma non vedeva perché andare con una delle sue altre amiche avrebbe dovuto essere meno piacevole.

Decise di sviare l’argomento, dicendo: “Ieri ti ho detto in cosa si trasforma un Molliccio quando mi è davanti, però tu non mi hai detto che cosa diventa con te. Devi dirmelo, per essere pari.”

“Ah, a dire il vero non lo so. Non ho mai incontrato un Molliccio.”

“Mai?!” si stupì Neville “Nemmeno per studiare?”

“No.”

“Allora dobbiamo cercarne uno, così ti spiego come si fa.”

Neville poi si sorprese di aver detto ciò: davvero si era offerto di insegnare qualcosa a qualcuno? Come gli era venuto in mente?

“Volentieri.” rispose Afdera, camminandogli accanto.

Il ragazzo guardò verso le fronde degli alberi per cercare di nascondere il nervosismo che lo aveva improvvisamente colto, quando si era reso conto di quello che aveva appena detto. Cominciò a bofonchiare: “Innanzitutto, devi cercare di capire in che cosa si trasformerà il Molliccio, così da essere già pronta. Qual è la cosa che ti fa più paura?”

“Non lo so …” rispose lei.

“Come? Non c’è niente che ti spaventi o ci sono troppe cose e non sai decidere?”

“Una volta ero terrorizzata dai fantasmi, ma da quando ho cominciato a frequentare Hogwarts mi è pian, piano passata. Io sono spaventata dall’ignoto, dal non avere controllo, essere in balia di qualcosa e non poter reagire. Ignoto e impotenza, ecco; una forza inarrestabile e senza controllo. Ecco le cose che mi spaventano, ma non ho idea di che forma concreta potrebbe assumere un Molliccio per rappresentare queste mie paure.”

“Fammi pensare” Neville era tornato tranquillo ed tanto era assorto nel ragionare su quella faccenda che inciampò in una grossa radice e per poco non cadde. Dopo aver riflettuto per un po’, disse: “Potrebbe assumere la forma di un Obscurus.”

“Accidenti, non ci avevo mai pensato. Sai che potresti avere ragione? Non credevo che ad Hogwarts vi avessero parlato anche di queste creature. Sono tremende e di solito si preferisce evitare l’argomento.”

“Teoricamente dovrebbero parlarcene nel settimo anno a Difesa Contro le Arti Oscure, ma non so se il programma di Carrow li comprende. Ho letto che sono potere magico, generato dall’ira, che scaturisce fuori dal mago che non ne ha il controllo; mi pare ci sia stato anche un caso negli anni venti di un giovane che era stato come posseduto dal suo stesso Obsucurus, cioè non erano più separati persona e potere. Si sa ancora ben poco di questo fenomeno, benché nell’ultimo secolo si sia indagato più approfonditamente. Lo stesso magizoologo Scamander e il professor Silente se ne erano occupati. Penso che una creatura del genere possa davvero incarnare le paure di cui mi hai parlato.”

“Sì, mi sembra assolutamente plausibile. Poi come funziona? Una volta che so in che cosa si trasformerà, che cosa devo fare?” Afdera sembrava molto entusiasta di imparare.

“Devi immaginarlo diventare una cosa buffa, ma davvero molto divertente, poi gli punti la bacchetta contro e dici Riddikulus e così il Molliccio si trasforma nella cosa buffa che hai immaginato, tu ridi e quello scappa. Capito?”

“Sì, anche se non sarà facile trovare un modo che faccia diventare divertente un Obscurus. Tu come hai fatto col Piton-Molliccio?”

“Lo immagino con gli abiti di mia nonna. Me lo ha suggerito il professor Lupin, non so se da solo ci avrei pensato. Comunque non so che cosa diventerebbe adesso: sono passati quattro anni, ormai.”

“Un Obscurus è fumo nero, giusto?”

“Così dicono le testimonianze.”

“Vederlo dissolvere da un gigantesco ventilatore, secondo te, è abbastanza ridicolo?”

“Un ventilatore …? Ah! È uno di quegli aggeggi babbani che girano per fare aria e rinfrescare quando c’è caldo?”

“Sì, esatto.”

“Non lo so, non riesco ad immaginarmelo bene.”

“Oppure potrebbe esserci un aspirapolvere che lo risucchia.”

“Ne so come prima. Certo che tu conosci molto bene le tecnologie babbane!”

“Eh, con mio padre passo molto tempo in mezzo a loro e, quindi, ci adeguiamo ai loro mezzi. Alla fine, hanno un progresso tecnologico tale, ormai, da avere poco da invidiare alla magia.”

“Non saprei, non ho mai studiato Babbanologia. Comunque, mi pare che ci stiamo avvicinando alla zona della palude, quindi è meglio se ci concentriamo sui Marciotti.”

Gli alberi si stavano infatti diradando e nell’aria si cominciava a sentire l’olezzo di acqua ristagnante e marciume di piante morte.

“Giusto.” concordò Afdera “Sono anche detti Fuochi Fatui, giusto?”

“Sì, sono quelli. Se ricordo bene, sembrano fatti di nebbia, hanno una sola gamba e una lanterna con cui richiamano l’attenzione e usano anche lusinghe e promesse per trascinare la gente nella palude e poi risucchiarne l’energia vitale.”

“Caspita!” esclamò la ragazza “Tornando al discorso di ieri: dici tanto di non sapere nulla e, invece, hai appena dato un’eccellente spiegazione.”

“Eh, ma i Marciotti li abbiamo fatti al terzo anno, non sono poi così pericolosi. Il problema non è sconfiggerli, ma riuscire a riconoscerli. Noi sappiamo che sono in zona e che dobbiamo stare all’erta, quindi non ci sarà difficile individuarli.”

“Bene, che tipo di incantesimo utilizzeremo quando li troveremo? Li dissolviamo? Spegniamo le loro lanterne così muoiono? Li stendiamo e li leghiamo e poi li portiamo fuori dalla foresta?”

Neville rimase quasi frastornato: non aveva pensato a quel dettaglio; gli era stato insegnato come difendersi da quelle creature ma non a disinfestare una zona.

“Portarli fuori, non so: Hagrid che può farsene? Ucciderli non mi va; so che sono esseri solo semisenzienti e che sono pericolosi, però se ci sono altre soluzioni per renderli innocui, lo preferirei. Che cosa intendi con dissolverli?”

“In realtà non so esattamente. Pensavo al fatto che i Marciotti, allo stato di girini sono innocui e non possono crescere finché non sono alimentati dagli ultimi respiri disperati di chi muore annegato. Nutrendosi di ciò diventano come li conosciamo e pericolosi perché sentono il bisogno di procurarsi altra energia vitale scaturita da disperazione. Mi chiedo se esista un modo per farli ritornare allo stato di girini.”

“Eh, si vede che sei di Corvonero, io non avrei mai pensato a questa possibilità.”

“È solo un’ipotesi, non so nemmeno se sia realizzabile.”

“Prima hai usato il termine dissolvere.”

“Sì, mi sembrava adatto per descrivere visivamente l’azione, anche se non è proprio quello.”

“Invece può essere proprio la soluzione. Se ho capito bene, il loro fulcro è questa energia concentrata nella disperazione. Tutto il loro essere è catalizzato da questo nucleo attorno al quale si formano.”

“Sì … Ho capito cosa intendi, ci serve una sorta di incantesimo diluente, però applicato all’energia.”

“Esatto, era a questo che pensavo: se noi dilatiamo il nucleo e lo disperdiamo, allora anche i Marciotti si espanderanno e diventeranno sempre più deboli fino ad essere del tutto inoffensivi.”

“Sì, hai decisamente ragione. Cerco di farmi venire in mente un incantesimo.”

“L’engorgio non va bene perché li potenzierebbe. L’everte statim è chiamato incantesimo di dispersione, ma io l’ho sempre e solo visto usare come uno schiantesimo più debole.”

“Proviamo col classico Differo?”

“Dovremo concentrarci molto per far sì che sia rivolto solo al nucleo e non a tutto il  Marciotto.”

“Sì. Se vuoi possiamo aggiungere la parola vis oppure radix per focalizzare l’incantesimo.”

“Ah, anche tu, come Luna, hai l’abitudine di modificare gli incantesimi?”

“La magia è un fluido mutevole, la si può imbrigliare con molte parole … e poi, giacché so il latino, tanto vale approfittarne, no? Senza contare, inoltre, che gli incantesimi non verbali si basano proprio sulla capacità di visualizzare l’effetto nella propria mente e realizzarlo, indipendentemente dalle parole.”

“Quindi, alla fine, che formula usiamo adesso?”

“Propongo Differo radix roboris.”

Differo radix roboris” ripeté Neville “Spero di ricordarla.”

Erano ormai arrivati alla palude, i fusti degli alberi erano alle loro spalle, mentre davanti e di fianco c’erano solo alte e flessuose canne con alti pennacchi a spolverino. Le loro scarpe erano immerse nella prima melma e dovevano stare attenti a non scivolare su quel terreno limaccioso. Con le mani scostavano le cannucce per poter procedere. Quando l’acqua era già giunta alle loro caviglie, scorsero qualcosa che brillava, oltre le canne davanti a loro. Avanzarono ancora un poco e si ritrovarono nell’acquitrino vero e proprio e quel che videro non piacque affatto.

Una sola grande lanterna, alta più di un metro, galleggiava a mezz’aria, risplendendo in mezzo a una fitta coltre di nebbia che, più si allontanava dalla luce, più si diradava, contrariamente alle normali leggi della fisica. Osservando bene, si poteva distinguere una forma umana definita dalla nebbia più densa, con le mani sosteneva la lampada e stava in equilibrio sulla sola gamba che aveva.

“Ne hai mai visto uno così grosso?” domandò Neville, dopo essere rimasto ammutolito qualche istante di fronte e quel Marciotto immenso: di solito, le lanterne più grandi si aggiravano attorno ai venti centimetri.

Entrambi i ragazzi avevano fatto qualche passo indietro, tornando nascosti dietro alle canne, per non farsi notare dalla creatura.

“No” rispose Afdera, altrettanto inquietata “Hagrid deve avere da un pezzo questa faccenda sulla lista delle cose da fare.”

“Ecco perché pensava ce ne fossero tanti, in realtà è solo uno enorme. Quante creature deve avere ucciso per diventare grosso così?”

“Non so, ma ora non ti pare più una cattiva idea ammazzarlo, vero?”

“In effetti … ma suppongo che un normale Aguamenti non basti per spegnere la sua fiamma.”

“Già. Pronto allora per il Differo?”

“Sì.” Neville annuì, determinato “Facciamolo all’unisono, dovrebbe essere più efficace.”

“Proviamo ad avvicinarci?”

“Sì, ma dobbiamo essere molto concentrati. Non so quanto potenti possono essere le illusioni di un Marciotto di quelle dimensioni. Tanta, tanta prudenza, ricordiamoci che qualsiasi cosa vedremo o sentiremo sarà falsa … Secondo te è possibile usare un incantesimo di scudo per evitare le illusioni? Infondo si tratta sempre di magia usata contro di te e lo scudo protegge dalla magia in sé e non dal suo effetto, giusto?”

“Sinceramente, non ne ho idea.” rispose Afdera, sbalordita “Ho sentito sempre parlare dell’occlumanzia per difendere la propria mente, ma è per maghi esperti. L’incantesimo scudo, comunque, ha un effetto immediato, non ha una durata prolungata nel tempo, per cui non credo ci possa proteggere dalla illusioni.”

“È vero … chissà se i cappelli difensivi creati dai gemelli Weasley ci potrebbero aiutare.”

“Che cappelli sono?”

“Sono come un incantesimo scudo permanente. Li avevano inventati come scherzo, ma a quanto pare hanno avuto successo e hanno fatto un’intera linea di capi d’abbigliamento con incantesimi protettivi. Spero, però, che abbiano smesso di fornirli all’attuale Ministero.”

“Caspita, devono essere maghi molto abili per riuscire a creare oggetti simili!”

“Eppure i loro voti a scuola erano appena accettabili … è che non hanno mai avuto una gran voglia di attenersi ai programmi della didattica, preferivano sperimentare e hanno ottenuto ottimi risultati.”

“Peccato che non ho potuto conoscerli. Ad ogni modo, quei cappelli non li abbiamo, quindi è inutile tergiversare.”

“Hai ragione. Andiamo.”

I due giovani sfoderarono le bacchette e avanzarono di nuovo nello stagno. Quando riuscirono di nuovo a vedere distintamente il Marciotto, puntarono le bacchette e iniziarono a ripetere: “Differo radix roboris. Differo radix roboris.

Le loro voci scandivano le parole contemporaneamente, vibrando assieme come una sola; perfino la tonalità era la stessa, come se stessero cantilenando la stessa melodia.

Il Fuoco Fatuo, per difendersi e per procurarsi altro nutrimento, non tardò a reagire, cercando di distrarre i giovani e fascinarli con offerte seducenti. Non usava come esca ciò che le sue vittime desideravano maggiormente, ma tra le loro brame sceglieva quelle che potevano abbastanza plausibilmente verificarsi in quei luoghi.

Neville così iniziò ad avere l’impressione di udire la risata di Bellatrix Lestrange, di vederla materializzarsi dall’altro capo della palude, assieme a Rodolphous e Rabastan; assieme a loro c’era qualcun altro, che non conosceva, qualcuno che era loro vittima, qualcuno che stava per essere torturato.

Afdera, invece, iniziava a vedere il fondale dello stagno trasformarsi in un abisso nel quale si scorgevano tetti di pagode e cupole bombate tutti in oro, edifici di bronzo e marmo con gioielli incastonati e tanti serpenti che nuotavano tra essi.

Neville sentiva l’impulso di andare a salvare quello sconosciuto, sottrarlo alle grinfie dei Mangiamorte.

Afdera sentiva il richiamo di tuffarsi e raggiungere i serpenti che la invitavano.

I due giovani, istintivamente, senza dirsi nulla, si presero per mano, se la strinsero forte reciprocamente, richiamandosi l’un l’altro alla realtà.

Ripeterono ancora una volta l’incantesimo. La luce nella lanterna si stava allargando e più si espandeva, più diventava fioca.

Ancora una volta: Differo radix roboris!

La nebbia si stava sfaldando, ne venivano via brandelli come carta da regalo strappata.

Ormai le illusioni non riuscivano a sortire alcun effetto sui due giovani. La luce era sempre più dilatata e debole. Ancora un ultimo sforzo.

Presto la palude fu immersa nel buio profondo.

Dopo lunghi attimi di silenzio: “… è andato?” domandò Afdera, cercando di guardarsi attorno.

Lumos” sussurrò Neville e dopo una rapida occhiata rispose: “Pare di sì.”

Si accorsero di essere ancora mano nella mano praticamente nello stesso momento e la lasciarono di scatto.

“Beh, non è andata male, vero?” aggiunse Neville, scostando la bacchetta dal proprio volto, temendo di essere arrossito.

“Già, è stato semplice anche se era così grande. Andiamocene da questa palude, ho tutti i piedi bagnati e voglio asciugarmi.”

Il ragazzo annuì e si addentrarono nuovamente tra le canne per tornare nella foresta.

“Allora, che ore sono?” chiese Paciock.

“Sono passate le ventitre.” rispose l’altra.

“Più tardi di quanto pensassi. Avviamoci verso la capanna di Hagrid, mi sa che abbiamo un po’ di strada da percorrere. Cercheremo domani un Molliccio.”

La sera successiva, dunque, si divisero nel modo consueto; durante la giornata, Neville si era raccomandato con Ginny di non chiedere cambi di gruppo per la punizione. Furono però invertiti i ruoli: Hagrid e le due ragazze si sarebbero occupati di risolvere qualche piccolo problema, mentre gli altri due avrebbero sistemato il cibo per le creature.

I due giovani si affrettarono a portare a termine il loro compito: Neville si era documentato su dove fosse più probabile trovare un Molliccio. Quel pomeriggio, quando aveva sfogliato il vecchio manuale del terzo anno, il ragazzo si era stupito di quello che stava facendo: stava davvero cercando di cacciarsi nei guai di proposito? Sì. L’idea di poter insegnare qualcosa ad Afdera gli faceva ritenere che valeva la pena correre qualche rischio. Poi, rischio era anche una parola esagerata: aveva già affrontato un Molliccio, era una creatura non considerata poi così pericolosa, quindi non era un’avventatezza cercarne uno apposta.

Dopo aver depositato il mangime nei punti che Hagrid aveva loro indicato, Paciock iniziò a condurre l’altra per raggiungere una zona che aveva notato la prima sera e in cui riteneva di poter trovare un Molliccio.

Era un punto della foresta in cui tra gli alberi c’erano spuntoni di roccia più o meno grandi, alcuni isolati, altri ammassati gli uni sugli altri, ricoperti di muschio e muffe.

“Ecco, credo che questo sia il posto più detto.” annunciò Neville.

“Che si fa?”

“Si aspetta. La nostra presenza dovrebbe bastare per spingere un Molliccio a manifestarsi.”

Attesero alcuni minuti, chiacchierando. Il grifondoro stava dicendo che ora capiva come mai la ragazza avesse voluto intrufolarsi nella punizione: si stavano divertendo in quelle sere e, sicuramente, gli sarebbe dispiaciuta la fine di quel castigo.

Ad un tratto sentirono dei fruscii tra un cumolo di sassi; i due giovani si scambiarono un’occhiata. Neville fece un eloquente cenno per dire all’amica che probabilmente si era mosso un Molliccio e che era il momento per lei di avvicinarsi.

Afdera mosse qualche passo in direzione del fruscio ed ecco che davanti a lei si alzò un grande fumo nero. La ragazza ebbe un sussulto e istintivamente indietreggiò. Il fumo si slanciò verso di lei che gli diede le spalle per correre via.

Allora la voce di Neville risuonò: “Non scappare, non avere paura! Ricorda quello che ti ho spiegato ieri. Immagina qualcosa di buffo e lancia l’incantesimo.”

Afdera si fermò e fece un respiro profondo, tornò a guardare il fumo nero, si concentrò e disse: “Riddikulus!

Comparve un enorme aspiratore che iniziò a risucchiare il fumo. La corvonero scoppiò a ridere; poi si voltò verso l’amico, soddisfatta. Lo vide avanzare verso di lei, poi la superò e si mise lui davanti al Molliccio.

L’informe creatura cambiò aspetto. Per un attimo parve scomparsa, poi l’ambiente circostanze iniziò a liquefarsi: le rocce ribollivano, i rami sgocciolavano non acqua ma se stessi, comparvero animali dalle zampe eccessivamente allungate, immensi volti mascherosi con occhi e bocca spalancati dentro cui si vedevano altri colti identici, farfalle d’acqua svolazzavano per scontrarsi, fondersi e poi separarsi assumendo nuove forme.

Neville sollevò la bacchetta ed esclamò l’incantesimo e tutte le strane cose che erano comparse assunsero un aspetto caricaturiale, parvero farsi di plastica e dipinte da colori accesi: ora tutto sembrava l’assurdo arredamento di un parco divertimenti babbano malfatto.

Risero tutti e due i ragazzi, talmente fragorosamente che il Molliccio si ritirò completamente.

“Ce l’abbiamo fatta!”

Esclamavano, soddisfatti, e si abbracciarono.

“Grazie!” diceva Afdera, lieta di aver imparato qualcosa di nuovo.

Neville, invece, diceva: “Non ci credo! Il Molliccio si è trasformato in qualcosa che non sapevo e sono riuscito a improvvisare la difesa, senza doverci pensare prima. È fantastico! Siamo stati bravissimi!”

La ragazza gli sorrise e gli chiese: “In cosa si era trasformato?”

“Follia, credo. Penso che stesse rappresentando l’interno di una mente distrutta.”

“È una paura particolare, benché del tutto giustificata. La pazzia è una di quelle malattie che turbano parecchio chi la vede, infatti tendiamo a nascondere chi ne è affetto …”

Afdera notò che Neville pareva molto turbato dall’argomento e questa volta preferì non fargli domande.

Si sedettero sopra un paio di rocce ripulite dal muschio. Paciock aveva rapidamente cambiato argomento e, non venendogli in mente altro, ora stava raccontando qualsiasi cosa gli passasse per la testa sulle piante che vedeva attorno a loro in quel punto della foresta. Era ancora presto, potevano ancora aspettare a tornare alla capanna di Hagrid.

Sentirono un nuovo fruscio, accompagnato dal crepitio di foglie calpestate e dal crack di un bastone che si spezza, sotto i piedi di qualcuno.

I due giovani si allarmarono: un Molliccio non faceva quel rumore. Scattarono in piedi e levarono le bacchette, pronti a difendersi.

Ecco spuntare tra i tronchi delle figure umane, erano tre, alte e robuste. Avanzarono e, appena furono fuori dall’ombra delle chiome degli alberi, la luce della luna colpì i loro volti: erano uomini, ma parevano bestie. Non c’erano deformità su quei visi, eppure sembravano appartenere ad animali. Le belve che erano nell’animo e che emergevano ad ogni plenilunio, riuscivano a trasudare da ogni loro poro anche quando erano in forma completamente umana.

Non avevano occhi gialli, non avevano canini aguzzi; non era la barba né le basette a indicarli come licantropi. Era la loro essenza. Era la loro natura che avevano deciso di far prevalere e che si rispecchiava in loro ogni momento della loro vita.

Neville riconobbe Fenrir Greyback, il lupo mannaro che aveva partecipato all’incursione ad Hogwarts la notte che Silente era stato ucciso. Disse all’amica: “Sta indietro, questo è pericoloso.”

“Oh, vuole difendere la ragazzina!” lo schernì Fenrir, fingendo di commuoversi “Non stare ad affannarti, tanto non c’è possibilità che vi possiate allontanare. Sono sere che giriamo per questa foresta, cercando carne fresca e, finalmente, vi abbiamo trovati.”

“Siamo studenti di Hogwarts, non fuggitivi.” disse Neville, cercando di evitare lo scontro.

“Lo sappiamo perfettamente. Tu sei Paciock, vero? I Carrow ci hanno detto che ritenevano troppo morbida la punizione che Piton ha scelto per voi, quindi mi hanno chiesto di trovare qualche amico col quale rendere davvero pericolosa questa foresta. Come non accettare?”

Fenrir mostrò i denti e ridacchiò, imitato dai compagni.

“Quindi si combatte?” chiese Neville.

“Sì e cercate di non farvi atterrare subito: vogliamo divertirci.”

Il ragazzo, capendo di non avere alternative, non frappose ulteriore tempo in mezzo: puntò la bacchetta e lanciò uno Stupeficium non verbale. Un lampo rosso scaturì dalla sua bacchetta e colpì il licantropo, colto alla sprovvista, in pieno petto, facendolo sbalzare all’indietro e sbattere con violenza contro un albero: se l’incantesimo non fosse stato sufficiente a farlo svenire, la botta avrebbe concluso l’opera.

Vedendo ciò, gli altri due lupi mannari si sorpresero: non si aspettavano una reazione tanto immediata, anzi avevano creduto che i ragazzi avrebbero tentato di rimandare il più possibile lo scontro. Alzarono le bacchette anche loro. Uno si ritrovò immobilizzato: non appena aveva visto il lampo rosso, Afdera aveva scagliato un Petrificus Totalus sull’avversario più vicino.

L’unico rimasto scagliò uno schiantesimo contro Neville, che riuscì a difendersi con un incantesimo protettivo. La ragazza tentò di colpire il licantropo che però riuscì a schivare l’attacco. Intanto, quello che era stato immobilizzato era riuscito a liberarsi e stava usando un incantesimo per far rinvenire Fenrir.

Neville, che per qualche momento si era illuso di poter risolvere la faccenda rapidamente, ora capiva che doveva darsi maggiormente da fare e non poteva prendersi pause tra un incantesimo e l’altro. Si ricordò della magia con cui Harry aveva quasi ucciso Malfoy, nei bagni, qualche mese prima. Sperò di ricordare correttamente la parola e gridò: “Sectumsempra!

L’incanto andò a segno e il nemico in piedi si ritrovò il petto squarciato, sbiancando a causa dei fiotti di sangue che erano schizzati dal suo corpo. Ecco quello molto probabilmente non avrebbe più dato problemi.

Fenrir e l’altro si erano alzati in piedi e avevano lanciato un incantesimo di disarmo perché preferivano di gran lunga il combattimento corpo a corpo.

Le bacchette dei ragazzi volarono via e rotolarono in mezzo all’erba e alle rocce. I licantropi si slanciarono sulle prede: anche se erano in forma umana, erano bestie feroci.

Vedendo il loro slancio, Neville disse all’amica: “Recupera le bacchette, presto!”

Afdera corse alle loro spalle alla ricerca delle loro armi. Paciock, nel frattempo, sapeva che doveva trattenere entrambi i nemici da solo, il che era piuttosto improbabile. Appena si era sentito sfilare di mano la bacchetta di mano, aveva lanciato l’ordine all’amica e nel frattempo si era chinato per afferrare qualche sasso e li gettò rapidamente contro i due avversari, sperando di riuscire a colpirli qualche volta. Qualche pietra andò a segno, ma non aveva avuto grande effetto. Accortosi che Fenrir ce l’aveva con lui, Neville si gettò invece contro l’altro, dandogli una spallata alle gambe che gli fece perdere l’equilibrio. Greyback aveva deciso di volersi occupare di Paciock, quindi gli fu presto addosso, lo afferrò alle spalle e lo scaraventò a qualche metro di distanza e poi corse per avventarsi di nuovo su di lui. L’altro si era rialzato e stava cercando di individuare la ragazza.

Afdera, però, era riuscita a ritrovare una bacchetta, non era certa fosse la sua, ma la usò ugualmente e gridò: “Bhavagni!

Sferette di fuoco uscirono dalla bacchetta e la giovane le diresse contro i due avversari.

Fenrir e il suo alleato dapprima furono sorpresi, poi si resero conto che rischiavano di prendere fuoco; cercarono di spostarsi per evitarle, ma si resero conto che le sfere li inseguivano e li incalzavano sempre più da vicino: dovevano continuare a muoversi per non essere colpiti.

Neville si era rialzato e aveva raggiunto l’amica, poi cercò la propria bacchetta che era ancora a terra e, quando la trovò, si affrettò a scagliare due schiantesimi contro i due avversari che ancora cercavano di sfuggire alle fiamme. Entrambi svennero. Le sferette si spensero lentamente.

Neville e Afdera erano in piedi l’uno accanto all’altra, piuttosto scossi, i loro cuori battevano freneticamente, ancora impregnati di adrenalina. Avevano davvero temuto per la propria vita ed erano sorpresi di trovarsi incolumi. Avevano vinto, ma erano ancora piuttosto sottoshock.

Il ragazzo tentò di rinfrancarsi un poco, dicendo: “Ora capisco perché Seamus ha insistito per il corso di spada; peccato che le lezioni non siano ancora iniziate, mi avrebbe fatto comodo sapere come difendermi senza bacchetta.”

Afdera non disse nulla, ma gettò le braccia al collo dell’amico e lo abbracciò fortemente. Lui fu colto di sorpresa, ma poi ricambiò. Stringersi aiutava a calmarsi e far scemare la tensione.

Dopo poco, però, Neville disse: “È meglio andarcene. Non so per quanto resteranno svenuti e preferirei non trovarmi ancora qui, quando riprenderanno conoscenza. Per quanto mi piacerebbe ucciderli, credo che poi i Carrow potrebbero cercare vendetta su di noi troppo facilmente a scuola. Credi che l’impedimento a smaterializzarsi valga anche all’interno della Foresta Proibita?”

“Penso di no, ma la capanna di Hagrid è certamente irraggiungibile con la smaterializzazione e non conosci abbastanza bene un altro punto della foresta per poter tentare.”

“Allora andiamocene con la tradizionale corsa.”

“Sì. Un attimo! Le loro bacchette: prendiamole. Saranno in difficoltà ad uscire dalla foresta disarmati e, inoltre, a noi potrebbe tornare comodo avere delle bacchette di riserva.”

“In quale modo?”

“Beh, conoscendo la situazione, se dovessimo inimicarci troppo qualcuno e per un qualche motivo rimanessimo privi delle nostre, non ci sarebbe certo facile procurarcene di nuove. Averne qualcuna di scorta, seppure non ci abbiano scelti, potrebbe farci comodo.”

“Stai pensando proprio alle ipotesi più catastrofiche … ma in effetti non sono troppo improbabili. Prendiamole, ma svelti. Ah, un’altra cosa, tu come te la cavi con gli incantesimi di memoria?”

“Né bene, né male … vuoi che provi ad obliviarli, da svenuti, così che non si ricordino che hanno incontrato noi?”

“Esatto. Se loro non si ricorderanno, i Carrow non sapranno con chi prendersela … spero.”

I due ragazzi frugarono i tre a terra e facilmente trovarono le bacchette. Afdera gettò l’incantesimo per cancellare la memoria, sperando funzionasse normalmente anche sugli svenuti. Neville perquisì Fenrir e quello che aveva colpito col sectumsempra: aveva gli occhi spalancati e vuoti, era morto. Si sentì turbato, ma non aveva tempo per riflettere.            Preso ciò che cercavano, si allontanarono in gran fretta; non potevano correre in mezzo alle piante, perché la vegetazione era fitta, ma si muovevano il più rapidamente possibile.

Arrivarono alla capanna di Hagrid prima delle loro compagne e del guardiacaccia, mancavano ancora alcuni minuti alla mezzanotte. I due amici si erano un poco tranquillizzati; adesso, in silenzio, si chiedevano se era stato peggio affrontare quei tre, oppure pensare al fatto che erano stati mandati apposta per aggravare una punizione.

“Che facce che avete!” esclamò Ginny, quando li vide “Che cosa vi è successo?”

In effetti avevano entrambi delle brutte cere, nonostante non avessero subito ferite.

“I Carrow temevano che la foresta non fosse abbastanza pericolosa, quindi hanno pensato bene di inserire un extra, anzi tre.” fu la premessa di Neville, prima di raccontare che cosa fosse accaduto.

“Siamo stati fortunati” commentò alla fine “Se avessero usato solo la magia, anziché tentare il corpo a corpo, penso che ci saremmo fatti più male.”

“Avete sbagliato a lasciarli vivi.” li avvertì Hagrid “Loro non avrebbero fatto altrettanto, anzi …”

“I Carrow si sarebbero accorti della loro morte e avrebbero saputo con chi prendersela. In questo modo non ricorderanno cosa sia successo, potrebbero credere di essersi scontrati con creature della foresta. Inoltre erano svenuti: uccidere chi non può difendersi è crudele e da vigliacchi.”

Neville aveva evitato di dire che aveva ucciso uno degli aggressori.

“Siamo in uno stato di guerra” ribatté Hagrid “Guerra civile, per giunta! Avete lasciato soldati al nemico e, per di più, persone malvagie che provano gusto nel trasformare in licantropi i bambini. Vi hanno attaccati e voi avreste dovuto ucciderli.” pur arrabbiato, cercava di mantenere il volume basso, per evitare di essere sentito da eventuali ospiti indesiderati.

“Non credo che Silente sarebbe stato d’accordo.” tentò di dire Ginny.

“Se la situazione fosse normale, direi anch’io che non bisogna ammazzare e che il posto per quelle canaglie sarebbe Azkaban. Il problema è che ora in prigione ci vanno i nati babbani e chi ostacola il regime, mentre i mangia morte brulicano e agiscono indisturbati. Siamo in guerra. Quanti dei nostri sono già morti? Mentre loro sono tutti vivi. Come possiamo pensare di sistemare le cose, se non combattiamo seriamente? Loro non ricambieranno la vostra pietà. Noi continueremo a morire e loro a prosperare e alla fine sarà tutto perduto. Possiamo morire da innocenti, ma essere complici dei crimini dei nostri nemici, oppure possiamo vivere da colpevoli, ma salvatori del bene.”

Erano rimasti tutti sorpresi da quelle parole, non solo per il loro significato, ma anche perché era stato Hagrid a pronunciarle: non avevano mai immaginato potesse tenere un discorso così chiaro e denso di significato.

Il guardiacaccia poi disse: “Le prossime sere gireremo tutti e cinque assieme, non voglio che si ripeta una situazione come quella di oggi.”

Hagrid si era sentito in parte responsabile per quello che era accaduto. Sapeva che la Foresta Proibita era un luogo che gli studenti potevano affrontare, specialmente se si trattava di ragazzi degli ultimi anni; forse la foresta era proibita più per salvaguardare la tranquillità delle creature che la  popolavano, più che per proteggere gli alunni. Si sentiva in colpa per non aver capito fino a quale punto potevano arrivare i Carrow e dunque aver messo in pericolo due ragazzi.

Le sere seguenti rimasero compatti, nessuno si allontanava dal gruppo più di qualche metro. Furono ore tranquille, senza particolari imprevisti e i  ragazzi si divertirono parecchio.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


La settimana di punizione era terminata. La persona che più ne era felice era Seamus; infatti, non avendo il tempo di studiare e fare i compiti alla sera, Neville aveva interrotto le ricerche in biblioteca per quei sette giorni, adesso invece avrebbe potuto riprenderle e questo rendeva molto felice il suo amico.

Di felicità e buon umore ce ne era veramente tanto bisogno ad Hogwarts: i Carrow erano davvero riusciti a far arrivare una trentina di Dissenatori per la sorveglianza della scuola.

Tutti ne erano rimasti sorpresi e spaventati. Gli studenti del quinto, sesto e settimo corso ricordavano ancora di quando, quattro anni prima, i Dissennatori avevano pattugliato i confini di Hogwarts alla ricerca di Sirius Black. All’epoca Silente non aveva permesso che entrassero nella scuola e, nonostante ciò, erano stati fonte di disturbo ed inquietudine. Ora, invece, potevano aggirarsi per i corridoi e le aule. Quali sarebbero state le conseguenze? Più tristezza e paura negli studenti e meno voglia di vivere che avrebbero portato all’ordine e alla disciplina che i Carrow desideravano? Il tempo lo avrebbe rivelato.

Un altro cambiamento era stato che il professor Vitious era riuscito a far sì che gli alunni cantassero l’inno di Hogwarts in maniera intonata e andando a tempo, dunque le prove del coro erano terminate e potevano finalmente iniziare le attività extrascolastiche.

Seamus non stava più nella pelle. Un pomeriggio, mentre in biblioteca stavano sfogliando vecchie copie de La Gazzetta del Profeta, nella speranza di trovare qualche nuova informazione sul padre di Dean, Finnigan iniziò a dire all’amico: “Ti rendi conto che domani avremo la nostra prima lezione di scherma?”

“Sì.” rispose Neville molto più pacatamente.

“No, secondo me non te ne rendi conto. Nessuno può rimanere così impassibile all’idea di maneggiare una  spada. Certo, sarebbe ancor meglio una spada laser, però van benissimo anche le spade tradizionali … io vorrei uno spadone a due mani, però forse è troppo pensante, meglio una bastarda da una mano e mezza. Tu cosa ne pensi?”

“Che non ne so abbastanza per avere preferenze … che cos’è una spada laser?”

“Oh, niente, lascia perdere, è un’arma che hanno in una vecchia trilogia di film. Devo assolutamente farteli vedere, la prossima volta che verrai a trovarmi. Tra l’altro tra poco più di un anno dovrebbe uscire un nuovo film della serie. Comunque, fidati, la spada è l’arma più bella e versatile che esista!”

“Non hai bisogno di convincermi sulla sua utilità. È vero che non mi sto entusiasmando ma, credimi, capisco perfettamente l’utilità di non affidarsi solo alla magia.” poi si lasciò sfuggir detto: “Nella foresta mi sarebbe stato utile conoscere già qualche tecnica di combattimento …”

“Cosa?” si meravigliò Seamus “Avevi detto che era stato tutto tranquillo … Mi hai nascosto qualcosa?”

“Beh, ecco” Neville era in difficoltà, poi si guardò attorno e abbassò la voce il più possibile: “I Carrow ci hanno mandato contro tre licantropi, fortuna che non c’era la luna piena, ma erano armati di bacchetta. Hanno usato l’expeliarmus e poi ci hanno aggrediti in lotta corpo a corpo.”

“Devono aver faticato con Hagrid.”

“Lui non c’era. C’eravamo divisi e io mi trovavo solo con Afdera.”

“Accidenti! Ve la siete vista proprio brutta, allora! Come avete fatto a salvarvi?”

Neville riferì come si era svolto il combattimento.

“Bello l’incantesimo col fuoco” commentò Seamus “Mi piacerebbe impararlo. Dove lo avrà trovato?”

“Ah, non so, chiedi a lei. Mi è sembrato usasse una parola molto differente da quelle tradizionali.”

“Beh, ma poi li avete lasciati lì, svenuti? Perché li avete lasciati vivi?”

“Anche tu a dire che avremmo dovuto ucciderli?!” Neville era spazientito e faticò a moderare il volume.

“Beh, sono uomini di Tu-sai-chi, perché tenerli in vita? Faranno sicuramente parte dei ghermitori e ora potranno continuare ad andare in giro a cercare i nati babbani e trascinarli davanti alla Commissione. Potrebbero catturare Dean, oppure i fratelli Canon o altri ancora, non ci hai pensato?”

“Credi che sia facile uccidere qualcuno? Non lo è.”

Il sobbalzo e il tremito di stupore e confusione che attraversarono il corpo e il volto di Seamus valsero più di mille domande: che cosa non sapeva ancora?

Neville, molto turbato, incapace di guardare l’amico, teneva gli occhi bassi, fisi al legno del tavolo e sommessamente, strappandosi le parole dalla gola, iniziò a dire: “Uno l’ho ucciso. Non volevo, ma l’ho fatto, me ne sono reso conto dopo.”

“E come?” il brio di Seamus si era spento di colpo e lui era diventato molto serio ed attento.

“Ricordi quegli incantesimi che Harry aveva trovato scritti l’anno scorso su quel vecchio libro di pozioni e che leggeva e sperimentava continuamente? Ricordi che ne aveva trovato uno accompagnato dalla dicitura per i nemici e che aveva usato contro Malfoy, ferendolo gravemente? Ecco l’ho usato e quando mi sono reso conto … Era steso a terra, gli occhi spalancati, come se si potesse alzare da un momento all’altro e, invece, era morto. Una parola, pochi istanti e quella vita era stata spezzata. È così semplice uccidere? Basta così poco? Hai vissuto per anni, hai studiato, ti sei creato una posizione, magari ti ritieni anche potente e poi d’improvviso tutto questo finisce. Un solo secondo mette fine ad anni. Avrà avuto anche lui parenti ed amici che soffriranno per la sua morte. I suoi occhi spalancati … mi stavano accusando … Dovrebbero essere loro i cattivi e noi i buoni, ma se ci comportiamo come loro, che cosa ci differenzia allora? Come possiamo crederci nel giusto?”

“Neville, sinceramente penso che il volersi mantenere innocenti in questa situazione sia da codardi, da egoisti o, nella migliore delle ipotesi, da ingenui. Non volersi sporcare le mani (ma secondo me non sarebbe neppure l’espressione giusta) quando c’è una guerra in corso, significa non voler prendere una posizione o, peggio, favorire i più forti che, attualmente, sono i Mangiamorte. Ci si deve assumere la responsabilità di compiere azioni che non ci piacciono, che non faremmo mai in circostanze normali, per difendere ciò che riteniamo giusto. Loro basano il loro potere proprio su questo: uccidere, intimorire, minacciare e ricattare, certi che nessuno avrebbe il coraggio di reagire, di fare ciò che per loro è consuetudine. Mi chiedi qual è la differenza tra noi e loro? Che tu uccidi per sbaglio uno che voleva ammazzarti o almeno farti del male e ci stai male e ti senti in colpa; loro, invece, stanno male se non ammazzano almeno una persona al giorno. Loro lo fanno per divertimento, per imporre il loro volere, perché per loro è naturale così. Tu, invece, lo fai per difendere, noi proteggiamo! È questa la differenza. Noi lo eviteremmo, se potessimo, ma non abbiamo scelta. Non è il gusto di farlo che ci motiva, ma il voler ripristinare una società dove i figli di babbani non siano ammazzati, dove esprimere la propria opinione non ti fa rischiare di finire ad Azkaban, dove gli studenti vivaci non vengono puniti con la maledizione cruciatus. Immagino che sia turbante constatare che si muore in un attimo, non solo si percepisce il potere e la responsabilità di questo gesto, ma anche ci si rende conto di quanto facilmente noi stessi possiamo morire; l’alternativa, però, è far vincere loro. Pensa a Fortebraccio rapito dai Mangiamorte non si sa nemmeno perché, oppure ai nostri amici in fuga, a quello che sta accadendo in questa scuola, a tutte le persone sotto la maledizione imperius … e sarà sempre peggio. È in questo mondo che vuoi trascorrere la tua vita?”

Neville scosse negativamente il capo. Perdinci! Non aveva mai sentito Seamus parlare in maniera così veemente, non era facile sentirlo parlare di questioni così complesse. Sì, in passato, durante il loro quinto anno, avevano discusso spesso circa se il racconto di Harry sul ritorno di Voldemort fosse vero oppure no e Finnigan si era dimostrato molto testardo e fiero nel parlare, però la faccenda era completamente differente.

Neville ripensò a quando aveva seguito Harry all’Ufficio Misteri e a quando aveva combattuto per i corridoi di Hogwarts nella notte in cui Silente era morto. Non aveva avuto tentennamenti in quelle occasioni, anzi, era andato volontario, col cuore gonfio di determinazione: voleva combattere!

Non aveva pensato che avrebbe dovuto uccidere? Certo che ci aveva pensato e si era anche detto che voleva eliminare quanti più Mangiamorte possibile; inoltre, quando si era trovato di fronte Bellatrix Lestrange, aveva sentito chiaro e forte il desiderio di vendetta. Avrebbe avuto il coraggio di ucciderla, se ne avesse avuta l’opportunità? Mah!

La formula dell’incantesimo che uccide la conosceva, eppure, davanti ai Mangiamorte, aveva usato al massimo degli schiantesimi: perché? Beh, in effetti la situazione era diversa: quando li aveva affrontati, loro erano ancora considerati dei criminali e, se catturati, il Ministero li avrebbe puniti; adesso, invece, loro al potere e lui era il criminale, quindi non poteva sperare di poterli consegnare alla giustizia.

Sì, sapeva che Seamus ed Hagrid avevano ragione: se volevano combattere il regime, dovevano essere disposti ad uccidere. Solo che lui non si era sentito un eroe, quando si era reso conto di aver dato la morte a un nemico. Non si era sentito orgoglioso, né bramava di rifarlo, eppure sapeva che sarebbe stato costretto ad uccidere di nuovo, per salvare il suo mondo.

Forse era così turbato perché quella era stata la sua prima uccisione? Forse la volta successiva gli avrebbe fatto meno impressione? Forse, se lo avesse fatto più volte, sarebbe diventato per lui un atto normale?

Quest’ultimo pensiero lo terrorizzò. Sperò di avere la forza di affrontare i nemici e di ucciderli, quando necessario, ma si augurò anche che l’ammazzare non diventasse mai e poi mai un’abitudine per lui, un gesto freddo e privo di emozione. Sperò che ogni morte che avrebbe procurato gli avrebbe suscitato rimorso.

“Hai ragione” disse Paciock “In effetti gli Auror hanno il permesso di utilizzare le maledizioni senza perdono, sono autorizzati ad uccidere i maghi oscuri durante i duelli. Anche i miei genitori hanno ucciso qualcuno, durante la prima guerra, quindi non devo rifiutarmi io. Hai ragione, siamo grifondoro, dobbiamo avere il coraggio di proteggere le altre persone. Per quanto sia spiacevole uccidere, bisogna farlo in casi estremi.”

“Questo è estremo.”

“Lo so.”

“Potrai passare il resto della tua vita ad espiare, se ne sentirai il bisogno, ma adesso non esitare.”

“Vedremo se ce ne sarà di nuovo bisogno. Non sappiamo che cosa stia facendo Harry, forse troverà un modo per sconfiggere Voldemort senza dover dare battaglia … ma se ci chiamerà a schierarci con lui, non mi tirerò indietro.”

“Sei davvero convinto che Harry tornerà?”

“Certo. non dirmi che credi ancora a quello che scrive la Gazzetta del Profeta!”

“No, quel giornale mi ha deluso parecchio e penso che dovrebbe cambiare per intero il suo organico, dal direttore al tipografo, ma questa è un’altra questione. Io dico che, se fossi in Harry, me ne andrei il più lontano possibile. Insomma, che cosa può fare lui? È vero, è sopravvissuto una volta, ma questo non significa che lui possa sconfiggere davvero Tu-sai-chi.”

“C’è una profezia, fatta dalla Cooman.”

“Ah, c’è proprio da fidarsi, allora.”

Voldemort la voleva. È per colpa di ciò se mi sono trovato nell’Ufficio Misteri con Harry e gli altri. Lui può sconfiggere il Signore Oscuro e io farò tutto il possibile per aiutarlo.”

“Cosa può fare? Ora che Silente è morto, lui dov’è? Pensi che abbia davvero un piano?”

“Sì e se non ce lo ha già, lo avrà. Ho fiducia in lui. Inoltre …” e qui abbassò ancor di più il volume “Silente ha lasciato qualcosa in eredità a lui, Hermione e Ron.”

“Oltre alla spada che non ha potuto avere, intendi?”

“Esatto. Silente non era uno sprovveduto, avrà sicuramente escogitato qualche strategia da far portare avanti ad Harry e all’Ordine della Fenice, se a lui fosse dovuto accadere qualcosa.”

“Queste sono solo speranze, nulla più.”

“Non ti capisco. Prima dici che bisogna opporsi ad ogni costo, poi sei sfiduciato.”

“Non sono sfiduciato. Quel che voglio dire è che dobbiamo considerare anche l’idea di combattere da soli, senza di Harry.”

“Lui tornerà.”

 

Il giorno seguente, al termine delle lezioni, Seamus e Neville raggiunsero una grande aula del quarto piano, dove si sarebbe svolto il corso di scherma medievale. Sulla parete di fondo era stato appeso un enorme quadro con raffigurato un piazzale in terra battuta, con pochi ciuffi di erba secca, da un lato vi si trovava un palo di legno su cui era posto un blasone rosso e blu con una viverna nera; dall’altro infine c’era una rastrelliera che sorreggeva varie armi bianche: spade di varia lunghezza e lance con picche e puntali scintillanti. Al centro si trovava Sir Cadogan nella sua armatura imponente, semi appoggiato ad uno spadone alto quasi quanto lui; la visiera dell’elmo era sollevata e quindi si poteva vedere il suo viso coi grossi baffi neri e lo sguardo altero.

C’erano circa una decina di studenti, un po’ di tutte le case.appena entrata, Afdera aveva raggiunto i due grifondoro e li aveva salutati.

“Ah, ciao” ricambiò Nevville “Luna non è poi riuscita a venire?”

“No, il gruppo di approfondimento sulle creature magiche si svolge proprio adesso.”

“Peccato; sarebbe stato bello ritrovarci tutti qui … va beh, manca anche Ginny.”

“Or bene, giovane scudieri!” esclamò Sir Cadogan, interrompendo ogni discorso con la sua voce esplosiva “È giunto lo momento che voi apprendiate l’antica e nobilissima arte de lo combattimento con la spada et anche con la lancia. Per secoli il duello è stato il mezzo per redimere controversie, difendere li oppressi e lavare le offese. Io vi insegnerò come si impugnano queste armi, le posture di guardia, le posizioni di attacco e di difesa e le tecniche per portare a segno i vostri colpi sugli avversari ed evitare e parare quelli a voi rivolti. Sappiate, però, che l’apprendere a maneggiare una spada non vi renderà dei veri cavalieri. L’equites è l’uomo che va a cavallo. Qualsiasi soldato può uccidere con una spada. Lo cavaliere giurava di non cercare ricchezze, di difendere il povero e la vedova, di portare giustizia di liberare dagli oppressori. Dunque è la nobiltà dell’animo a rendere un cavaliere tale. Io vi insegnerò le tecniche di combattimento, ma sarà vostro l’onere di diventare cavaliere, combattendo contro i felloni.”

Concluso questo discorso, iniziò finalmente la lezione vera e propria. Ai ragazzi fu chiesto di prendere le spade in legno, con la punta imbottita, che erano state preparate appositamente. Sir Cadogan cominciò con il mostrare posture e qualche colpo e poi aveva preparato delle sequenze dove guardie, attacchi e parate erano combinati tra di loro; la ripetizione di queste sequenze serviva per far acquisire maggiore fluidità e rapidità nei movimenti. Quel pomeriggio si limitarono ad apprendere queste piccole basi e non incrociarono le lame di legno gli uni con gli altri, con grande disappunto da parte di Seamus.

“Tutto sommato è stato piacevole, vero?” commentò Afdera, mentre si avviavano all’uscita, dopo aver riposto le spade.

“Capisco che dobbiamo prima apprendere la tecnica” bofonchiò Finnigan “Però spero che la prossima volta ci faccia provare qualche duello.”

“Io e mia cugina, adesso, ci troviamo nel cortile e facciamo due passi: volete venire anche voi?”

“Non posso” disse Seamus “Devo finire un tema di 40 centimetri di pergamena per Storia della Magia, è da consegnare domani.”

“Io l’ho già fatto” aggiunse Neville “Vengo volentieri, ma devo riportare dei libri in biblioteca. Mi aspettate?”

“Certamente. Ci troviamo dalla capanna di Hagrid, va bene?”

Neville annuì; arrivati alle scale, i giovani si separarono: i due girfondoro andarono verso la biblioteca, mentre la corvonero scese per raggiungere l’uscita. Lasciati i libri alla bibliotecaria, Paciock salutò l’amico e si avviò verso il cortile. Mentre attraversava uno dei portici che si affacciavano su un cortile interno e poi conducevano al parco est, Neville notò una scena che certo ritenne insolita.

Draco Malfoy era seduto sul muretto di uno dei grandi archi che scandivano il porticato; in piedi lì accanto c’erano Tiger e Goyle; tutti e tre parlottavano assieme. Passò lì vicino un tassorosso del terzo o quarto anno, teneva in mano una gran pila di libri che gli coprivano buona parte della visuale. Quando fu a pochi centimetri dai serpeverde, Tiger allungò la gamba destra, facendogli lo sgambetto. Il tassorosso cadde a terra, sbattendo la faccia sul pavimento di pietra e il naso iniziò a sanguinargli abbondantemente, mentre tutti i libri erano sparsi qua e là al suolo.

Tiger e Goyle scoppiarono a ridere, mentre il volto di Draco rimaneva impassibile, quasi privo di emozione di qualsiasi tipo.

Il ragazzetto si mise a sedere e si premette il polso sinistro sul naso, per tamponare l’emorragia con la manica, mentre con l’altra mano cercava di recuperare i libri.

“Devi stare più attento, quando cammini.” lo canzonava Goyle.

“Lascia che ti aiuti coi libri” disse Tiger “Wingradium leviosa

I volumi si sollevarono ma anziché ricomporsi in una pila ordinata, furono sparpagliate in tutte le direzioni nei posti più alti.

Fu allora che accadde la cosa strana: Draco schioccò un’occhiata di rimprovero ai due amici e disse loro: “Ma non vi vergognate a divertirvi ancora con degli scherzi così stupidi?!”

Usò l’incantesimo di appello per riportare indietro tutti i libri e li mise in mano al tassorosso che si era rialzato in piedi e gli disse di andaresene.

Goyle e Tiger erano alquanto indispettiti e il secondo prese a dire: “Perché ti sei intromesso? Perché hai aiutato quel mezzosangue? Doveva prenderli da solo.”

“Ah, gran bello scherzo” commentò Draco, sarcastico e seccato “Un naso sanguinante per il quale non c’è nemmeno bisogno di andare da Madama Chips e dei libri che si recuperano in un attimo mormorando Accio … divertentissimo!”

“Quando li fai tu, però, va bene, eh?!” si lamentò Tiger.

“Quando li facevo avevo a malapena tredici anni. D’accordo che sei lento a capire, ma avresti dovuto accorgerti che sono passato ad altro da un pezzo.”

“Altro come cosa? L’anno scorso eri ossessionato da quell’armadio e quest’anno te ne stai zitto e mogio. Ora possiamo finalmente divertirci coi mezzosangue, senza rischiare punizioni e tu non fai nulla!”

“Semplicemente non mi diverto come un neandertaliano.”

“Da quando se n’è andata la Umbridge, non sei più divertente!” lo accusò Tiger, poi se ne andò indispettito e Goyle lo seguì, senza dire nulla.

Da quando se n’è andata la Ubridge Draco era quasi divertito dalla stupidità dei suoi amici. Non avevano minimamente capito come la sua vita fosse cambiata da quando suo padre era finito ad Azkaban dopo la disfatta all’Ufficio Misteri. Suo padre aveva fallito. Suo padre aveva contrariato il Signore Oscuro. Se prima era considerato uno dei Mangiamorte prediletti o quasi, ora era considerato quasi indegno di portare il marchio oscuro. Per Voldemort la detenzione ad Azkaban non era una punizione sufficiente per quel fallimento. Aveva voluto punire Lucius, colpendo la sua famiglia. Draco, che aveva sempre potuto fare affidamento sull’interesse e l’intervento del padre per risolvere i propri problemi e ottenere ciò che volesse, si era ritrovato solo a dover proteggere la propria famiglia. I Malfoy si erano trovati isolati: i Mangiamorte li sapevano caduti in disgrazia agli occhi del loro signore e, dunque, non volevano averci a che fare, gli altri amici li avevano abbandonati, dopo che si era scoperta la vera fedeltà di Lucius. Draco si era ritrovato solo a dover proteggere sé stesso e sua madre dalla vendetta di Voldemort. Aveva dovuto offrire se stesso al servizio dell’Oscuro Signore. Sul momento ne era stato contento, perché non aveva compreso la responsabilità che si stava assumendo, il pericolo in cui si era cacciato, non aveva compreso che aveva sottomesso la propria vita al capriccio di un essere crudele e spietato. Poi dopo erano state solo minacce, pressioni, una lotta contro il tempo e contro uno dei più grandi maghi viventi per potersi salvare la vita. Ogni sciocco sogno di gloria era presto svanito, lasciando spazio solo all’angoscia, alla consapevolezza di essere solo un ragazzino di sedici anni, praticamente prigioniero di un mago oscuro e della sua setta criminale.

Sì, i suoi amici avevano ragione a dire che era cambiato, ma non capivano assolutamente il perché.

Questi pensieri avevano attraversato rapidamente la testa di Draco e, quando tornò presente alla realtà, si accorse che dall’altro lato del corridoio qualcuno lo stava fissando. Sbottò: “Che hai da guardare, Paciock?”

Neville cercò di usare le parole più adatte e borbottò: “Niente … notavo che sei … maturato.”

“Oh, speravo proprio lo notassi!” replicò sarcasticamente Draco.

Il grifondoro fece una smorfia, poi si voltò e riprese il suo cammino.

Malfoy ci rimase male nel vederlo allontanarsi, senza replicare nulla. Si disse che aveva sbagliato a sfogare il suo malumore, dando una rispostaccia a chi gli aveva fatto un complimento. Ora che il suo prestigio tra i serpeverde era in declino, ora che neppure Tiger e Goyle gli obbedivano ciecamente, forse non era il caso di continuare ad inimicarsi tutti quanti con quegli atteggiamenti che lui stesso si era detto fossero infantili.

Fece una cosa che mai si sarebbe aspettato: controllò rapidamente che non ci fossero altri serpeverde nei paraggi, poi camminò rapidamente per raggiungere il grifondoro qualche metro più avanti. Raggiuntolo, gli picchiettò la mano sulla spalla per richiamarne l’attenzione e lo chiamò: “Ehi, Paciock!”

Neville si fermò, si voltò e lo guardò stupito, chiedendo: “Che cosa …?”

Draco non sapeva esattamente cosa dire, farfugliò: “Io … senti … scusa.”

“È uno scherzo?” si insospettì il grifondoro.

“No, è che … hai ragione, sono maturato e mi rendo conto di essere stato uno stronzo in passato.”

“Con passato intendi fino a due minuti fa.”

“Non farmi pentire di essere venuto a parlarti.” poi abbassò notevolmente il volume: “Io mi sono sempre comportato come ero stato cresciuto e ci ho messo tanto a capire di essere nel torto. Non farti strane idee, non sono diventato babbanofilo e tengo ancora in considerazione la purezza del sangue. Quel di cui mi sono reso conto è che quelli che consideravo scherzetti divertenti, non lo erano e che tormentare la gente non è un buon passatempo.”

“Perché lo stai dicendo a me?” chiese Neville, confuso.

“Perché sei stato uno di quelli che ho perseguitato maggiormente, perché Potter, la Grenger e Weasley non sono qua e non posso scusarmi con loro. Io non mi aspetto nulla da questa conversazione, non chiedo perdono o altro. Voglio semplicemente che qualcuno sappia. Non posso parlare con nessuno.”

Neville intravide, ben nascosta in quello sguardo, la disperazione che divorava Malfoy dall’interno; non poteva conoscerne le ragioni, ma sentiva che era sincera.

Prima che il grifondoro potesse dire qualcosa, Malfoy si staccò e se ne andò.

Neville era alquanto perplesso, ma decise di raggiungere le amiche che stava facendo aspettare fin troppo. Le trovò che stavano chiacchierando, sedute su un grosso tronco d’albero rovesciato a terra.

Luna stava raccontando con grande entusiasmo quanto le fosse piaciuta la prima lezione di approfondimento sulle creature magiche; in quel momento elogiava l’insegnante: “È stata una buona idea far tenere il corso da una persona diversa da Hagrid … lui è un buon insegnante, ma è bello anche vedere approcci differenti. Rolf Scamander è giovane, ha pochi anni in più di noi; ha già viaggiato per il mondo come suo nonno Newt. Ha un modo di spiegare le cose davvero affascinante, quando ti descrive un luogo  o un animale ti sembra proprio di essere lì e di averla davanti ai propri occhi. Si vede  che non solo è esperto, ma anche che ha una grande passione. È bellissimo ascoltarlo! Avevo già sentito parlare di lui ed ero un sacco curiosa di conoscerlo di persona e posso assicurarvi che ho fatto davvero un’ottima scelta nell’iscrivermi al suo gruppo.”

“Accidenti!” esclamò Neville che le aveva raggiunte e aveva ascoltato quella parte di discorso “È raro sentirti così entusiasta. O per meglio dire, tu sei sempre coinvolta qualsiasi sia l’argomento di cui parli, ma in questo caso lo sembri molto più del solito. Sono contento di vederti così felice.”

“Grazie. Il vostro corso, invece, com’è stato?”

Si misero a parlare degli esercizi con la spada e presto divagarono; abbandonarono il tronco e passeggiarono per il parco chiacchierando, nonostante il sole fosse ormai tramontato.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Era passata la metà ottobre, gli studenti ad Hogwarts faticavano ad adattarsi al nuovo regime: se inizialmente avevano cercato di comportarsi normalmente, era diventato sempre più difficile ignorare lo stato delle cose e la presenza dei Dissennatori aveva reso tutto più complesso.

I Dissennatori avevano il compito di pattugliare i confini, gli ingressi e, di notte, i corridoi per assicurarsi che gli studenti non fossero mai dove non avrebbero dovuto essere. Benché questi fossero i loro compiti, li si poteva incontrare fin troppo facilmente per la scuola anche di giorno. Loro non facevano distinzioni tra sangue puro o mezzo, né tra gli studenti di una casa o dell’altra. Quando trovavano degli alunni fuori dalle classi, non esitavano ad avvicinarsi e a risucchiare la loro vitalità; non erano stupidi, dunque sapevano che non potevano eccedere nel nutrirsi di sentimenti, ma anche con questa cautela lasciavano gli studenti spaventati, tristi e turbati; un ragazzino del primo anno era rimasto ammutolito e con lo sguardo vacuo per quasi due giorni, prima di riuscire a riprendersi, tanto che la McGrannit aveva temuto avesse subito il bacio del Dissennatore.

Un pomeriggio in cui non aveva lezioni da seguire, Neville aveva accettato di aiutare la professoressa Sprite a sistemare le mandragole e spiegarle alla classe del secondo anno. Gli faceva sempre molto piacere quando la professoressa gli chiedeva di aiutarla, si sentiva apprezzato e questo era raro; quei momenti avevano contribuito parecchio ad aumentare la sua autostima.

Quel pomeriggio, quindi, era di buon umore. Era arrivato alla serra un quarto d’ora prima dell’inizio della lezione e aveva concordato con la professoressa Sprite di cosa parlare e quali cose avrebbe dovuto far vedere lui.

Arrivarono gli alunni e la lezione cominciò. Quando giunse il momento di travasare le mandragole, la professoressa si accorse di non aver portato abbastanza terriccio fresco, allora incaricò due studenti di andarne a prendere un sacco dentro al capanno che utilizzava come magazzino. Trascorsero quindici minuti e i due ragazzini non facevano ritorno, eppure non avevano molta strada da fare. La Sprite, allora, incaricò Neville di andare a controllare che non ci fossero stati problemi o che i due alunni si fossero persi in chiacchiere o lasciati distrarre da qualcosa. Paciock annuì ed andò.

Uscito dalla serra, imboccò il sentierino ghiaioso che portava al capanno e, a metà strada, vide un Dissennatore galleggiare, concentrato a nutrirsi. Sotto di lui, i due studenti dodicenni, terrorizzati, avevano cercato di ripararsi dietro al sacco di terriccio, inutilmente.

Neville era furioso: come si poteva consentire a quelle creature di aggredire studenti? Studenti che non avevano fatto nulla di male per giunta! Silente non avrebbe mai permesso un simile orrore.

Neville non lo poteva sopportare. Aveva sempre cercato di non trovarsi a scene come quella a cui ora stava assistendo, poiché sapeva che lo avrebbero fatto soffrire e che non sarebbe riuscito a rimanere a guardare senza fare nulla.

Anche in quel momento sentì la necessità di difendere quei poveri ragazzini. Sfilò la bacchetta dalla tasca, la puntò, pensò al momento più felice della propria vita e gridò: “Expecto Patonum!”

Un filo d’argento uscì della punta della bacchetta, si fece sempre più copioso e prese la forma di un grosso orso che corse in carica contro il Dissennatore, mettendolo in fuga in poco tempo.

I due ragazzini dapprima furono stupiti, poi si erano entusiasmati ed erano corsi verso Neville, ringraziandolo, complimentandosi e chiedendo come avesse fatto. Il giovane non rispose, ma disse loro di correre subito nella serra e che al terriccio ci avrebbe pensato lui. Recuperò il sacco e lo sollevò, non gli dispiaceva qualche piccola e sana fatica.

Varcata la porta della serra, Neville sentì uno dei due ragazzini che stava raccontando a tutti quanti: “Allora lui ha evocato una specie di spirito di un orso, tutto d’argento, che è andato addosso al Dissennatore e lo ha cacciato via. È stato grandioso!”

Il brusio che si levò dalla classe lasciò intendere lo stupore e l’ammirazione che quel racconto aveva suscitato.

Era stata la professoressa Sprite a chiedere spiegazioni e ora, vedendo il grifondoro rientrare, gli disse: “Non sapevo che sapessi produrre un patronus e completo perfino, complimenti.”

“Beh, ho iniziato ad esercitarmi un anno e mezzo fa, circa. Non è stato facile riuscire ad arrivare alla forma completa, ma alla fine me la sono cavata.” rispose Neville, imbarazzato.

“Interrompiamo la lezione dieci minuti e tu, Paciock, spiega ai ragazzi che cos’è un Patronus, non credo che i Carrow lo insegneranno.”

Neville fu colto alla sprovvista ma disse ciò che sapeva sui Patronus. Notò che i ragazzini lo ascoltavano attentamente e che riusciva a spiegarsi discretamente anche senza parlare di piante e gli fece piacere.

La lezione di Erbologia, poi, riprese come da programma e tutto procedette tranquillamente. Al termine, Neville si fermò ancora qualche minuto per aiutare la professoressa a mettere in ordine gli attrezzi che erano stati usati.

Mentre spostava un grosso vaso, la Sprite gli disse: “Sei stato bravo a cacciare quel Dissennatore.”

“Non potevo certo lasciarlo fare. Quei due erano terrorizzati!”

“Sai, Paciock, finora i Carrow non hanno messo alcuna regola che vieti di difendersi e difendere dai Dissennatori. Sarebbe comodo se altri studenti fossero in grado di evocare un Patronus.”

“Oh, beh ce ne sono” spiegò Neville “Seamus Finnigan, Luna Lovegood, Ginny Weasley, Ernie Macmillan … i loro sono corporei, poi altri dovrebbero riuscirci almeno in forma non corporea. Ovviamente mi sto riferendo solo a quelli che ancora sono a scuola.”

“Se qualcuno in più imparasse, non sarebbe male. Anche se, immagino, appena si accorgeranno che c’è chi è in grado di difendersi dai Dissennatori, i Carrow introdurranno la regola che vieterà di evocare Patroni … beh, tanto vale approfittarne adesso. Sinceramente, non credevo che gli studenti se ne sarebbero stati così calmi; evidentemente le minacce di punizioni elencate dai Carrow sono state sufficienti a spaventare voi alunni; io avevo immaginato reazioni più forti da parte degli studenti.”

Neville era un poco confuso: aveva decisamente l’impressione che la professoressa Sprite lo volesse esortare ad andare contro il nuovo regime scolastico. Gli sembrava piuttosto strano che un’insegnante parlasse in quel modo. Non disse nulla e finì di sistemare le ultime cose, poi salutò e tornò verso il castello. Deciso a fare un po’ di compiti e a studiare, salì verso la torre di Grifondoro per prendere libri, pergamene, piuma e inchiostro.

Appena varcò la soglia della Sala Comune, sentì una vocetta esclamare: “Eccolo! Eccolo!”

Era uno dei ragazzini del secondo anno che lo stava indicando ad un gruppetto di altri grifondoro. Uno del quarto anno gli si avvicinò e, incredulo, domandò: “Davvero sai evocare un Patronus?”

“Sì” rispose Neville, per nulla abituato ad avere tutta quell’attenzione positiva su di sé “Non è difficile come si ritiene normalmente, ci vuole impegno e costanza per capire il funzionamento, poi è abbastanza semplice … ci sono altri qui che …”

Non fece in tempo a finire la frase che almeno tre o quattro compagni lo interruppero, domandando: “Ci insegni? Ci puoi spiegare come si fa?”

“Sì, anch’io voglio riuscire ad evocare un Patronus.”

“Non ne possiamo più di doverci nascondere per non incontrare i Dissennatori!”

“Per non parlare di quando ci trovano!”

“Aiutaci! Insegnaci!”

Neville si sentiva quasi assaltato da tutte quelle richieste, che alla fine erano un0unica richiesta pronunciata da tante voci ma che quasi lo tramortiva.

Cominciò a dire: “Calma, calma! Io …”

Stava per rifiutare, ma poi pensò: Come posso dire di no? Stanno chiedendo aiuto per imparare a difendersi da un pericolo concreto, da un tormento presente qui, ogni giorno. Dovrei lasciarli in balia dei Dissennatori, quando posso aiutarli a proteggersi? Silente era contrario all’utilizzo dei Dissennatori perfino ad Azkaban, con i criminali peggiori; qui li stanno usando a scuola. I miei compagni devono avere il modo per proteggersi. Sì, ma io sarò in grado di aiutarli? Posso davvero insegnare qualcosa? Beh, qualcuno deve pur farlo e poi …

“Va bene” disse infine “Vi spiegherò come fare. Ci saranno anche Ginny e Seamus, loro sono bravissimi con questo incantesimo e potranno aiutarvi molto per imparare.”

I ragazzi furono entusiasti ed esultarono. Erano impazienti di cominciare e così finirono col decidere che avrebbero iniziato a fare pratica quella sera stessa.

Quando lo scoprì, Ginny era molto dubbiosa e perplessa: temeva fortemente che si sarebbero tirati addosso ira e punizioni, se fossero stati scoperti. Alla Weasley non importava se avesse subito lei le ripercussioni, ma si domandava se gli altri fossero consapevoli che rischiavano e che fossero davvero disposti a pagare eventuali conseguenze.

Seamus, invece, fu molto entusiasta dell’iniziativa e non vedeva l’ora di finire la cena e trovarsi nella Sala Comune di Grifondoro per cominciare.

Alle ore 21.00 la Sala di Grifondoro non era mai stata così affollata se non durante serate di festeggiamento, come dopo una vittoria di quidditch o poche altre occasioni. Tutti i grifondoro, saputo della possibilità di imparare ad evocare un Patronus, avevano deciso di partecipare.

Neville era sorpreso ma iniziò a esporre il funzionamento dell’incantesimo, un po’ come aveva fatto poco prima durante l’ora di Erbologia; per fortuna intervenne Ginny a dare maggiori dettagli e a nascondere l’imbarazzo che Neville provava in quel momento, infine ribadì che non sapeva quanto fosse legale quello che stavano facendo e avvertì tutti i presenti che, se avessero deciso di rimanere, forse avrebbero potuto essere puniti. Quest’informazione parve lasciare tutti indifferenti: preferivano rischiare una punizione, piuttosto che continuare a temere i Dissennatori ed esserne in balia.

Soddisfatti da questa determinazione, Ginny, Neville e Seamus diedero una dimostrazione, producendo i rispettivi Patroni: un cavallo, un orso e una volpe.

Gli altri grifondoro rimasero stupefatti e applaudirono: era un incantesimo che non veniva insegnato neppure al settimo anno! Vollero subito cominciare a provare. A causa dello spazio limitato, dovettero esercitarsi a turni, ma tutti quanti ebbero l’occasione di tentare due o tre volte, benché nessuno ottenne più che qualche debole filo argenteo. Nonostante ciò, erano tutti molto soddisfatti e non vedevano l’ora di riprovare la sera successiva. Alle ore 23.00, la lezione speciale si concluse e ai ragazzi fu raccomandato di esercitarsi a concentrarsi su un ricordo o un’immagine che suscitasse in loro massima felicità.

Alla fine, Neville, Seamus e Ginny erano seduti su un divanetto per riprendersi dall’esperimento.

“Dai, è stato divertente” diceva Finnigan “Sì, qualcuno era un po’ duro di comprendonio, però mi sono dirtito. Ti immagini la faccia dei Carrow quando si renderanno conto che i loro Dissennatori sono diventati inutili?”

“Sono convinta che impiegheranno poco a trovare qualcosa di peggiore da utilizzare per mantenere l’ordine.” bofonchiò Ginny.

“E noi troveremo l’incantesimo per contrastarlo, non ci importa cosa tireranno fuori da cappello, noi non ci facciamo piegare. Vero Neville?”

“Farò il possibile, certo, ma era Harry quello bravo in Difesa Contro le Arti Oscure.”

“Ce la caveremo anche senza di lui, non ti preoccupare.” Semaus continuò allegro: “Sapete che cosa mi è tornato in mente questa sera? L’Esercito di Silente. A voi no? Non vi sembrava di essere nella Stanza delle Necessità come ai vecchi tempi? Io, poi, ero entrato tardi, ma è stata la prima cosa a cui ho pensato. Quelli sì che erano bei tempi.”

“Bei tempi con la Umbridge?” replicò Ginny, sollevando un sopracciglio.

“Meglio lei che i Carrow.” sbuffò Neville.

Seamus, invece, osservò brioso: “Se non ci fosse stata lei, noi non avremmo imparato tutte queste cose. Inoltre la clandestinità rende tutto più bello e interessante.”

Finnigan” disse Ginny accigliata “Prima o poi qualcuno dovrà capire che cosa non va nella tua testa. La clandestinità, quella vera, non i giochi che hai tu per la testa, è pericolosa e angosciante. Sai quanti dei nostri amici, ora, non la trovano affatto divertente? Nascondersi, spostarsi, avere il terrore di essere trovati dai Ghermitori?”

“So perfettamente che cosa sta accadendo” replicò Seamus, divenuto serio “Sinceramente odio maggiormente starmene qua al sicuro senza fare niente, fermo a guardare, anziché fare qualcosa. Sinceramente quello che ho fatto stasera è la prima cosa che mi fa pensare che, forse, rimanere ad Hogwarts non è una perdita di tempo. E il sapere che l’ho fatto all’insaputa dei Carrow e contro il parere di questo regime mi rende ancora più felice ed orgoglioso di quello che ho fatto.”

Detto ciò, Seamus si alzò e se ne andò su per le scale per raggiungere il dormitorio.

Ginny rimase a braccia conserte e imbronciata, probabilmente stava ripensando ad Harry e Ron dei quali non aveva notizie da troppe settimane.

“L’Esercito di Silente” sospirò Neville, dopo un poco “Sarebbe bello se esistesse ancora. Potremmo essere pronti per aiutare Harry, quando tornerà …”

“Credevo non volessi ripristinarlo.” gli fece notare Ginny con un’occhiata confusa.

“No, infatti, senza Harry non ha senso. Oggi, però, quando ho visto quei due ragazzini in pericolo, ho pensato che sarebbe giusto avere dei difensori qui ad Hogwarts, qualcuno che protegga chi no riesce a farlo da solo e che si opponga alle angherie dei Carrow … sarebbe bello, ma non credo ci sia qualcuno in grado di farlo, per cui … aspetteremo che Harry torni.”

Dopo queste parole, Neville sbadigliò e decise di andare a dormire.

Il giorno dopo la mattina trascorse tranquillamente, così anche il pranzo; la sorpresa giunse nel pomeriggio, al termine della lezione che ormai poteva definirsi semplicemente Arti Oscure. Le gemelle Patil si avvicinarono a Paciock e Finnigan; Padma, la corvonero, disse sottovoce: “State davvero dando lezioni per evocare i Patroni?”

“Sì, ma come …?” chiese confuso Neville.

“I grifondoro lo stanno raccontando agli altri, come se fosse un segreto, ma ormai lo sanno tutti. Qualcuno ti ha sentito anche dire chi sono gli altri studenti in grado di fare quell’incantesimo e ora i corvonero stanno cercando di convincere la Lovegood ad insegnare loro come si faccia.”

“Che lo insegni!” esclamò Ernie, che si era avvicinato per parlare della stessa questione “A me lo hanno chiesto i tassorosso e ho accettato di buon grado. Mi dispiace che l’idea non sia venuta a me!”

“Grande Ernie!” esclamò Seamus “Dobbiamo essere compatti.”

“Compatti per cosa?” domandò Padma, incuriosita “Se state architettando qualcosa, voglio esserci anch’io.”

“Non stiamo architettando nulla!” esclamò Neville “Vogliamo solo aiutare contro i Dissennatori, tutto qui. Se continuiamo di questo passo, l’unico modo per vedere un sorriso da queste parti sarà mettere a testa in giù qualcuno. Pensiamo all’Incanto Patronus e basta.”

“Peccato” disse Ernie “Farei volentieri qualcosa di più.”

“Perché non la fai, allora?”

“Io? Da solo? Che posso fare da solo? E poi non ho idee. Ci vorrebbe Harry come ai vecchi tempi. Comunque, adesso è tardi, sta per iniziare la lezione di Astronomia, devo correre. Ciao, ci si vede! E aggiornatemi se pensate a qualcosa!”

Anche le gemelle Patil si congedarono per andare a Divinazione e si raccomandarono di tenerle informate su eventuali futuri progetti.

Neville era esterrefatto nel constatare quanti studenti avevano voglia di fare qualcosa, di non rimanere passivi nel regime Carrow, ma di reagire. Nessuno però sapeva od osava prendere l’iniziativa, tutti aspettavano che qualcun altro si rimboccasse le maniche e li radunasse. Anche a lui sarebbe piaciuto trovare qualcuno che fosse un nuovo leader da seguire in quella lotta interna.

Trascorsero un altro paio di giornate tranquille, poi avvenne un fattaccio: un tassorosso Mezzosangue del quarto anno aveva aggredito un serpeverde Purosangue del sesto. Questa la versione ufficiale. La realtà era leggermente differente: il tassorosso aveva reagito agli insulti e ai così detti scherzi del serpeverde, forse aveva un poco esagerato ma non aveva fatto nulla che l’anno prima non sarebbe stato punito semplicemente con la sottrazione di un po’ di punti alla casa e una sera o due di aiuto a Gazza.

I Carrow, però, avevano voluto infliggere una punizione esemplare: lo sventurato avrebbe dovuto trascorrere una notte chiuso in una stanza con tre Dissennatori.

Lo sconcerto aveva pervaso la Sala Grande, quando Amycus Carrow aveva dato l’annuncio prima di cena. Nessuno aveva immaginato che si potesse arrivare a simili punizioni, tanto più motivato semplicemente dal voler punire un Mezzosangue per non aver subito e basta le vessazioni di un Purosangue.

Fu una cena molto silenziosa, pochi riuscivano ad essere di buon umore.

“Dopo oggi avranno tutti ancor più paura” commentò Seamus, più tardi, in Sala Comune.

“Già. Il messaggio dei Carrow per chi non si vuole adeguare è molto chiaro.” sospirò Neville, amareggiato.

“Cosa accadrà, allora? Ci comporteremo da agnellini e obbediremo alle leggi dei Mangiamorte?!”

“No.”

“Non stiamo facendo molto, per evitarlo.”

“Cosa ti aspetti che si debba fare e perché non la fai?” replicò Neville, irritato.

“Io dico che abbiamo bisogno di esempi. Esempi di coraggio, di ribellione, che diano speranza e dimostrino che non dobbiamo per forza arrenderci.”

“Ma non ne abbiamo.” parve concludere il discorso Paciock, ma poi parve essere colto da un’idea e aggiunse: “Forse dovremmo smettere di aspettare che arrivi qualcuno a guidarci, forse dovremmo agire e basta.”

“Che cosa intendi?”

“Io sto aspettando che Harry torni, tu non so che cosa stai aspettando … beh, nulla ci vieta di agire per conto nostro, finché non arrivano.”

“Esattamente cos’hai in testa?”

“In generale? Non lo so. Per il momento? Andare a liberare quel tasso rosso.”

“Che cosa? Vuoi davvero andare e mandare a monte una punizione dei Carrow? … Va bene, ti seguo. Chissene importa se ci scoprono, hai ragione dobbiamo tentare. Non possiamo lamentarci di starcene sempre con le mani in mano e poi non fare nulla quando c’è bisogno.”

“Se siamo fortunati, i Carrow avranno pensato che nessuno sarebbe così sciocco da andare a salvare il ragazzo, quindi non dovremmo avere problemi.” ragionò Neville che voleva essere certo della buona riuscita.

“Andiamo subito: se qualcuno, qui, ci vede uscire, non farà di certo la spia.”

“Cerchiamo, comunque, di essere discreti: il veritaserum trascende volontà e lealtà; inoltre, non vorrei che a qualcuno venisse voglia di seguirci. È sufficiente che rischiamo noi, non c’è bisogno di coinvolgere altri.”

Seamus annuì. Cercando di non attirare l’attenzione, i due amici sgattaiolarono fino all’imboccatura del breve tunnel che portava fuori dalla Casa di Grifondoro; lo percorsero, scostarono il quadro e uscirono sul pianerottolo. La Signora Grassa era distratta, chiacchierava con le figure di un altro dipinto. I due ragazzi si affrettarono ad allontanarsi per essere certi di non essere visti; non avevano nemmeno usato l’incantesimo lumos e procedevano lungo i corridoi bui. Scesero le scale con grande attenzione per essere certi di non essere portati fuori strada, anche se in realtà sarebbero comunque arrivati al piano terreno, tuttavia sarebbe stato problematico trovarsi nell’ala sbagliata del castello e doverlo attraversare per raggiungere la stanzetta dove il tassorosso era rinchiuso: più rimanevano fuori, maggiori erano le probabilità che fossero scoperti, per cui era importante essere rapidi negli spostamenti.

Arrivarono al piano terreno senza problemi. Ora dovevano solo superare un piccolo atrio e poi attraversare un corridoio, infondo al quale avrebbero trovato la stanzetta di detenzione. Non appena imboccarono il corridoio, si trovarono davanti un paio di Dissennatori che, evidentemente, erano di guardia. Neville mise la mano in tasca per prendere la bacchetta, ma non fece in tempo a stringere le dita attorno ad essa che vide una volpe argentea correre verso i Dissennatori che volarono via molto velocemente. Paciock guardò Seamus che aveva ancora la sua bacchetta puntata a mezz’aria: era riuscito ad evocare un Patronus con un incantesimo non verbale ed era stato veramente molto, molto rapido.

Scambiata un’occhiata d’intesa, corsero fino in fondo al corridoio dove si trovarono davanti a un portone massiccio in legno di noce. Seamus afferrò la maniglia, ma ovviamente non riuscì ad aprirla: era chiusa a chiave. Allora puntò la bacchetta che non aveva riposto e sussurrò: “Ahlohomora!

Un tuono sommesso e un’esplosione; la serratura era saltata in aria e ora restava tanto fumo.

Neville guardò l’amico e gli disse, scherzosamente: “Eppure ero convinto che questi fossero gli effetti della bombarda.”

Seamus storse il naso, innervosito, e borbottò: “Lo sai che faccio ancora esplodere le cose quando sono emozionato. Dev’essere stata la tensione per la missione di salvataggio. La tua amica Luna dice che faccio esplodere le cose perché tra i miei antenati dev’esserci un eliopode.”

“Non c’è tempo. I Dissennatori sanno che siamo qui. Spingo la porta con un piede e facciamo l’incantesimo, senza attendere un attimo.”

Neville diede un calcio alla porta e la spalancò. Entrambi si sporsero e alzarono il braccio con le bacchette, gridando: “Expecto Patronum!”

L’orso e la volpe d’argento scaturirono dalle loro bacchette e in poco tempo misero in fuga i Dissennatori. Entrarono nella stanzetta. Il tassorosso era rannicchiato in un angolo e tremava. Dopo qualche momento, sollevò la testa per capire che cosa stesse succedendo e rimase sorpreso nel vedere che qualcuno era andato a salvarlo.

“Presto!” esclamò Neville, invitandolo con un gesto della mano “Prima che ritornino o, peggio, arrivino i Carrow.”

Il ragazzo si alzò in piedi e li raggiunse. Paciock lo aiutò ad uscire e ad avviarsi: il povero tassorosso era talmente scombussolato dalla permanenza per alcune ore con dei Dissennatori che faticava a restare in piedi e camminava barcollando.

“Stai tranquillo. È finito.” lo tranquillizzava Neville “Adesso ti accompagniamo fino all’entrata di Tassorosso.” si frugò in tasca e ne tirò fuori qualcosa “Ecco, prendi una cioccorana: il professor Lupin ci aveva consigliato di tenerne sempre una in tasca, quando sapevamo che in giro c’erano Dissennatori. Tu lo hai conosciuto il professor Lupin, vero? Spero stia bene, è un grand’uomo, però di questi tempi … va beh, non parliamone. Ti senti un po’ meglio?”

Il ragazzo annuì, dando un altro morso alla cioccorana che aveva accettato ben volentieri.

“Ottimo, vedrai che ti ripenderai: una bella dormita e domani sarai in forma e …” Neville si guardò attorno e si accorse che erano solamente in due; chiamò: “Seamus! Seamus!”

Shhhh, non urlare, dannazione!” esclamò l’altro, uscendo dalla stanzetta e richiudendo la porta.

“Che cosa ci facevi ancora là dentro?”

“Ho voluto lasciare un messaggio.” si giustificò l’altro.

“Che cosa? Che hai scritto? Sei impazzito?”

“Domattina lo vedrai, se non metteranno tutto a tacere.”

Neville si rassegnò e si limitò a sperare che l’amico non avesse fatto nulla che li avrebbe identificati come autori dell’evasione.

Riaccompagnarono il prigioniero fin quasi davanti all’entrata di Tassorosso, poi lo salutarono e loro ripresero le scale per raggiungere la torre di Grifondoro. Rientrarono nella Sala Comune, si congratularono vicendevolmente della buona riuscita della loro impresa, poi si andarono a coricare.

Il mattino seguente, a colazione i tavoli erano vuoti, erano stati apparecchiati, ma non vi era cibo. Gli studenti erano perplessi, si sedettero interrogandosi su quella stranezza. I tassorosso si scambiavano qualche occhiata preoccupata: si erano accorti che il loro compagno era fuggito dalla punizione e temevano fosse quella la ragione della mancanza di cibo.

Quando tutti quanti furono presenti, Piton si alzò in piedi e spiegò: “La colazione non è stata ancora servita poiché ho da dirvi qualcosa della massima importanza e non voglio che vi distraiate mangiando, mentre io sto parlando. Come saprete, ieri un vostro compagno era stato punito con la detenzione in una stanza con Dissennatori per una notte. Ebbene, qualcuno si è sentito in dovere di andarlo a liberare.”

Qualche espressione di approvazione, subito repressa, si levò da ogni tavolo, compreso Serpeverde.

“I professori Carrow, in quanto responsabili della disciplina, provvederanno a scovare il colpevole o i colpevoli e a infliggere la meritata punizione. Non saranno tollerati atti di disobbedienza alle autorità in questa scuola. La scuola deve formare dei bravi cittadini, insegnando il rispetto delle regole, l’aderenza all’ordine costituito e a punire ogni crimine. Per tanto verrà presto chiarito a questi goliardi che non si scherza con la legge. Quella di questa notte è stata solo una goliardata, una bravata da ragazzi sciocchi che non si rendono conto di quando le cose vanno prese sul serio. Ragazzini che hanno pensato fosse divertente rispolverare il nome di una vecchia banda clandestina di un paio di anni fa, già smantellata e punita. Ogni infrazione di regole, ogni protesta, ogni insubordinazione verrà punita. Spero che questo sia ben chiaro a tutti, in particolar modo a coloro che questa notte hanno compiuto un’azione tanto grave e hanno voluto pavoneggiarsi e nascondersi sotto il nome di Esercito di Silente.

In molti trasalirono, nell’udire quelle ultime parole. In particolare fu sorpreso Neville che, con disappunto e un pizzico d’ira guardò Seamus, che gli stava di fronte e che rispose all’occhiataccia con un sorriso soddisfatto.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


“Capisco l’andare a salvare quel ragazzo, nulla da ridire su questo. Ma si può sapere che cosa ti è saltato in testa di scrivere Esercito di Silente!?” esclamò Ginny, furiosa, dopo aver bloccato Neville nel cortile sul retro della scuola.

“Non sono stato io, è stato Seamus!” si giustificò il ragazzo “Prenditela con lui … e abbassa la voce, o i Carrow avranno poco da indagare.”

“Ho visto anche te rientrare di soppiatto, quasi a mezzanotte, ieri.”

“Sì, sono andato anch’io per … hai capito. Non sapevo nulla della scritta, però! Seamus mi ha detto che aveva lasciato un messaggio, ma non immaginavo che intendesse quello.”

Finnigan!” quasi imprecò tra sé Ginny “È un sacco irrequieto quest’anno.”

“Sai, capita quando il tuo migliore amico è in fuga e tu sei un Mezzosangue, quindi non troppo ben gradito.”

“Ehi, non tentare di difenderlo in questo modo. Cosa dovrei dire io? Quanto dovrei essere nervosa, visto che sono la fidanzata di Harry Potter, mio fratello e una cara amica sono ricercati assieme a lui  e la mia famiglia non solo è considerata traditrice del sangue ma perfino è nota come appartenente all’Ordine della Fenice? … E non fare battute sul fatto che se tutti i Weasley sono membri dell’Ordine allora lo compongono per metà … solo un terzo lo è. Sai qual è un’altra persona che avrebbe tutto il diritto di essere nervosa ma che non agisce senza riflettere come il tuo amico? Susan Bones! Devo ricordarti quanti membri della sua famiglia sono stati uccisi dai Mangiamorte e che sua zia Amelia è stata uccisa da Tu-sai-chi in persona un anno fa? Per nessuno è facile! Beh, se non contiamo Malfoy e gli altri Serpeverde.”

Neville stava per commentare che anche Malfoy non gli sembrava a proprio agio in quella situazione, ma poi si disse che non era quello il momento adatto per parlarne, per cui replicò: “Comunque non puoi essere certo tu a fare la predica sui comportamenti avventati: è stata tua l’idea di rubare nell’ufficio del preside.”

“Dovevamo tentare!”

“Lo so e non ti rimprovero per questo, ma non voglio che tu te la prenda con altri che agiscono allo stesso modo.”

“Io non ce l’ho con voi perché avete aiutato quel ragazzo, ce l’ho con Seamus perché ha tirato fuori l’Esercito di Silente.”

“Anch’io ero arrabbiato, sta mattina, quando l’ho scoperto, ma poi mi sono chiesto: che cosa c’è di male? In fondo sia io che Seamus siamo membri dell’E.S. o almeno lo eravamo. Non ci siamo forse addestrati per poter fronteggiare queste situazione? Ora che ci siamo dentro, perché esitiamo?”

“Neville …” Ginny era colpita da quelle parole, ma anche un poco spaventata.

“Sembrava una follia anche a me, non mi era neppure passato per l’anticamera del cervello, tuttavia questi ultimi giorni, parlare ieri con Seamus, hanno fatto scattare qualcosa in me.”

“Che cosa?”

“Quando sarà il momento, Harry avrà bisogno del maggior numero di sostenitori. Non sappiamo quanti gliene rimangono, non sappiamo quanti ne saranno vivi quando lui ne avrà bisogno. Quando sarà il momento, dovremo essere pronti. Non possiamo avere dalla nostra solo la buona volontà, dovremo essere preparati per combattere, quindi non possiamo più stare fermi ad aspettare. Inoltre, Seamus ha detto un’altra cosa giusta, ieri sera: gli studenti hanno bisogno di azioni che li ispirino. Hanno paura, dobbiamo mostrar loro il coraggio. Hanno bisogno di sapere che Voldemort non ha ancora vinto, che la guerra si sta ancora combattendo, che non devono rassegnarsi a tutto questo, ma possono ancora lottare.”

“Neville, ascoltami.” lo interruppe Ginny “Quello che dici è giustissimo e lo penso anch’io. Non ne ho parlato perché avevo paura di essere la sola a pensarla così, specialmente dopo il fallimento dell’operazione di recupero della spada.”

“Non siamo i soli. Pensa a quel che è successo con i Patronus: abbiamo iniziato a spiegarli a Grifondoro e subito Tassorosso e Corvonero hanno voluto fare altrettanto. Ho parlato con Macmillan ed è evidente che sta aspettando che qualcuno prenda le redini per fare qualcosa e anche le gemelle Patil mi sono sembrate interessate. Cosa c’è di male, quindi, in quello che ha  scritto Seamus?”

“Innanzitutto mi pare un po’ improprio che lui usi quel nome, quando si è unito all’E.S. per ultimo e poco dopo siamo stati scoperti. In secondo luogo, visto che è un nome che coinvolge molte persone e non solo voi due, penso che dovremmo decidere tutti quanti assieme su cosa fare o non fare a nome dell’E.S. Quel nome appartiene a molti, non se ne può appropriare uno solo. Siamo in tanti e dobbiamo essere uniti. Non credi?”

“Stai pensando di riaprire l’Esercito di Silente?”

Neville era sorpreso: non credeva che Ginny avesse preso in considerazione quella possibilità; lui aveva osato pensarci solo timidamente e non aveva ancora deciso che cosa fosse meglio fare. Quel che stava sentendo, però, gli dava quasi la certezza che anche la Weasley avesse riflettuto su quella questione.

La ragazza, infatti, rispose: “Sì, erano giorni che ero indecisa circa se parlarne oppure no. Visto che però ormai è uscito il nome e ci siamo fatti, nolenti o volenti, della pubblicità, tanto vale approfittarne. Riunione per domani sera, Stanza delle Necessità, chiamiamo solo quelli che sono già membri e che non hanno ancora lasciato Hogwarts, chiaro?”

“Perfetto.”

“Decideremo di cosa l’E.S. si occuperà e come procedere. E dì a Finnigan che è fortunato: se, in fondo, non mi avesse fatto inconsapevolmente un favore, scrivendo quel che ha scritto, mi sarei infuriata con lui e non è bello quando sono adirata.”

Neville si limitò a fare un mezzo sorriso. Ginny gli lanciò un’altra occhiata determinata come per ribadire i concetti appena espressi, poi raccolse la sua cartella e si precipitò dentro al castello, già in ritardo per la lezione.

Neville si riprese: la furia con cui Ginny lo aveva investito inizialmente l’aveva un po’ inquietato, ma ora andava decisamente meglio. Era di buon umore. Non aveva immaginato che gli eventi avrebbero preso quella piega, tuttavia ne era estremamente soddisfatto. Il solo pensiero di riaprire l’Esercito di Silente, di ritrovarsi segretamente, di resiste in un qualche modo, lo metteva di buon umore. Le riunioni clandestine del suo quinto anno erano state la cosa migliore che gli fosse capitata nella vita. Gli avevano trasmesso sicurezza; si era trovato circondato da persone che avevano fiducia in lui, senza però pretendere successi; quello che aveva fatto in quelle esercitazioni era stato puramente per se stesso: non per far guadagnare punti alla propria Casa, non per compiacere un professore, non per rendere orgogliosa sua nonna, ma unicamente e semplicemente per lui. Libero dallo stress, dall’ansia, dalla paura di deludere, dal timore di essere deriso, dalle aspettative altrui, non sentendosi osservato e giudicato, Neville era riuscito a padroneggiare bene molti incantesimi, aveva scoperto di essere capace, si era reso conto di non essere quasi un magonò, bensì un mago di tutto rispetto. Da quel momento in poi era molto cambiato, i suoi voti erano migliorati, era riuscito a prendere vari G.U.F.O. e quelli che una volta erano sporadici episodi di coraggio, erano ormai diventati il suo modo di essere. Gli venne spontaneo ripensare al suo primo anno ad Hogwarts, quando aveva fatto guadagnare 10 punti a Grifondoro perché aveva avuto il coraggio di affrontare gli amici e anche a quando si era picchiato con Tiger e Goyle, mentre Ron faceva un occhio nero a Draco, sugli spalti, durante la partita di quidditch tra Grifondoro e Tassorosso … oppure quando si era accorto che Harry ed Hermione erano usciti di nascosto e lui, notando Malfoy nei paraggi, aveva cercato di avvisarli, con scarsi risultati visto che era finito in punizione con loro. Provava tenerezza per il se stesso di sei anni prima; era cambiato parecchio da allora per molti aspetti, ma non per i fondamentali.

Si sentiva in un certo senso in debito con l’Esercito di Silente, era grato ad Harry, era convinto che senza quell’esperienza non sarebbe diventato quello che era diventato o che, per lo meno, avrebbe impiegato molto, molto più tempo a crescere.

Ora si sentiva di dover restituire qualcosa, di dover essere lui ad aiutare gli altri, di dover mettere a frutto ciò che aveva imparato. A cosa serviva conoscere incantesimi se poi non li si mettevano in pratica? Quando aveva deciso di unirsi all’Esercito di Silente non lo aveva fatto per superare il G.U.F.O. in Difesa Contro le Arti Oscure, bensì perché era convinto del ritorno di Voldemort e quindi voleva combatterlo, come avevano fatto i suoi genitori.

Adesso era il momento di agire, di mettere in pratica la teoria, di non stare fermo a guardare e aspettare che qualcun altro combattesse. Non era più un bambino, era un uomo in una guerra e doveva prendere una decisione, doveva decidere se essere protagonista o uno dei tanti ignavi, timorosi. Lui aveva fatto la sua scelta. Lui avrebbe combattuto. Non perché era ciò che si aspettava sua nonna. Non perché voleva rendere orgogliosi i suoi genitori. Lo avrebbe fatto poiché era giusto. Sentiva dentro di sé che doveva combattere contro Voldemort perché era giusto, perché era suo dovere proteggere gli altri e combattere l’oscurità.

Sì, aveva decisamente guadagnato buon umore e determinazione, per cui si avviò verso il castello per trovare un posticino per ripassare un’oretta, prima dell’inizio della lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. Passò lungo uno dei portici e vide Afdera seduta su un muretto, con la schiena appoggiata a una delle colonne che reggevano le arcate del portico, teneva tra le mani un librone enorme e aveva gli occhi puntati sull’inchiostro.

Neville, incuriosito, le si avvicinò, allungò lo sguardo per sbirciare quel che stava studiando.

La ragazza si voltò verso di lui, gli sorrise e gli  disse: “Buon giorno, Neville Paciock.”

Il grifondoro ebbe un sussulto e si vergognò di essersi fatto scoprire a spiare, impacciato borbottò: “Buongiorno … come …? Che stai studiando?”

“Rune Antiche” spiegò l’altra, con un pizzico di amarezza nella voce “Anche se sono riuscita a strappare un buon G.U.F.O. è stato solo grazie alla mia buona memoria, tuttavia mi sento molto indietro con questa materia, come se mi mancassero le basi.”

Neville soffocò una risata, ma non ci riuscì del tutto.

“Che cosa c’è di buffo?” domandò Afdera, sorpresa e forse un poco offesa.

“Scusami. Pensavo al fatto che conosci molte lingue antiche e poi ti trovi in difficoltà con le Rune e … niente, l’ho trovata una simpatica contraddizione.”

Afdera lo scrutò qualche istante, pensierosa, poi si rilassò, sorrise e disse: “In effetti è vero. Ho studiato altro e sono rimasta indietro con queste discipline.”

“Se vuoi posso darti una mano; me la cavo abbastanza … anche se buona parte del merito va ad Hermione Granger che mi ha sempre aiutato quando qualcosa non mi era chiaro.”

“Se non ti disturba aiutarmi a ripassare un poco le basi, te ne sarei grata. Posso farti una domanda che non c’entra con le rune, ma con te?”

Neville fu sorpreso e rispose: “P-prova.”

“Perché dai sempre ad altri i meriti di quel che riesci a fare tu?”

“Perché è vero. Molte cose non saprei farle tutt’ora, se non avessi avuto amici che mi hanno incoraggiato ed aiutato.”

“Tutti abbiamo delle difficoltà in alcuni settori e ci è necessario che qualcuno ci spieghi e ci sostenga o, semplicemente, ci aiuti a trovare il metodo adatto a noi. Alla fine, però, siamo noi che diventiamo capaci. È giusto essere modesti, non fingere di essere nati imparati, come si usa dire, però non devi nemmeno svilirti.”

“Beh, quando tutti attorno a te ti sviliscono fin da bambino, è facile che finisca per convincerti anche tu di non valere gran che, no?”

Lo aveva detto con serena amarezza: quel brutto passato Neville se lo era lasciato alle spalle, o  almeno ci stava provando. Eppure gli era sembrato strano dirlo ad alta voce, dirlo a qualcuno.

“Tu non valere? Come si può pensare una cosa del genere? Sei piuttosto in gamba.”

Neville rise, pieno di gratitudine, poi disse: “Si vede che sei qui solo dall’anno scorso. Avresti dovuto vedermi i primi anni: se c’era un pasticcio, potevi stare certo che la colpa era mia. Tranne per le esplosioni, quello sono sempre state competenza di Seamus. Pensa che una volta un intruso è riuscito ad entrare nel nostro dormitorio perché avevo perso la lista delle parole d’ordine … però la colpa non era del tutto mia: quel pazzo di Sir Cadogan le cambiava in continuazione!”

“Sir Cadogan, quello delle lezioni di spada? Non sapevo sorvegliasse Grifondoro.”

“No, infatti era stata una sostituzione temporanea, una gran brutta faccenda, magari te la racconterò un’altra volta, però non vorrei annoiarti.”

“Perché dovresti annoiarmi? Qualcosa te lo fa pensare? Mi hai vista forse sbadigliare o seccata?”

“Cosa?!” Neville si sentiva come in preda ad un incantesimo Confundus; balbettò: “No … è che generalmente la gente non vuole ascoltarmi.”

“Innanzitutto io sono io e non sono la gente. In secondo luogo, mi pare che Luna ti parli spesso, così come Ginny.”

“Oh, lei lo fa solo quest’anno, per via della situazione delicata.”

“Il tuo amico Seamus?”

“Beh, siamo rimasti solo io e lui … ma il suo migliore amico è Dean. Seamus e Dean. Harry e Ron. E io con la Mimbulus Mibletonia.”

“La cosa?”

“Una pianta dell’Assiria, me l’ho regalata mio zio Algie, quando ho compiuto quindici anni.”

“Oh, l’Assiria e la Mesopotamia! Che bei luoghi! Babilonia, poi, è semplicemente incantevole!”

“Sei stata anche lì?”

“Sì, due anni fa, sono stati praticamente gli ultimi posti che ho visitato con papà, prima di venire ad Hogwarts.”

Non sapevano più che altro dire, rimasero a fissarsi in silenzio per alcuni minuti.

Neville poi si scosse e disse: “Allora, queste Rune, dimmi un po’ da dove vuoi iniziare.”

Afdera si spostò leggermente per fare spazio al ragazzo e permettergli di sedersi accanto a lei e poi gli mostrò il libro che stava studiando e cominciò a parlare di quel che voleva capire meglio.

Alla fine studiarono per meno di un’ora, perché poi Neville si ricordò di doversi precipitare alla lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. Nonostante corse per un paio di rampe di scale e un intero corridoio, arrivò in aula quando il professore era già entrato e aveva cominciato a parlare.

“Sei in ritardo, Paciock” lo ammonì Amycus “Dieci punti in meno a Grifondoro.”

“Mi scusi, professore.” disse Neville andando a sedersi accanto a Semus che gli aveva tenuto il posto.

“Oh! Abbiamo finalmente imparato le buone maniere e il rispetto, Paciock?” domandò Carrow, quasi a scherno, ma con effettiva sorpresa.

“Le mie maniere sono sempre corrette, semplicemente ogni tanto capita che abbia ragione anche lei, professore.”

“Venti punti in meno a Grifondoro.” replicò, secco, Amycus “Stavo informando la classe che il Ministero ha accettato la mia proposta di riformare questo insegnamento che, da oggi, avrà il nome di Arti Oscure. In questo modo conoscerete una branca della magia che offre enormi opportunità per chi ha il coraggio di osare ad addentrarsi in questo ambito. Le Arti Oscure possono essere padroneggiate da maghi molto potenti e determinati. Non mi aspetto grandi risultati da tutti voi, so che in questa classe ci sono deboli e codardi che non riusciranno a realizzare questi incantesimi, tuttavia, mi auguro che questo corso insegnerà loro ad essere più flessibili. Ci sono domande? Commenti? …” il suo sguardo si fissò sui Grifondoro, nell’aggiungere: “Obiezioni?”

Neville pensò sarebbe stato divertente deludere le aspettative di protesta che aveva Carrow e di spiazzarlo con una domanda apparentemente a favore del cambiamento. Alzò la mano e, quando gli fu data la parola, chiese: “Noi siamo del settimo anno, avremo gli esami finali, è sicuro che riusciremo a sostenere la prova da M.A.G.O. in questa disciplina che cominceremo a studiare adesso? Anzi, non avendo noi un G.U.F.O. in Arti Oscure, potremo sostenere l’esame da M.A.G.O.?”

Seamus rimase subito perplesso per la domanda dell’amico, poi capì che il suo intento era quello di innervosire il Mangiamorte, senza dargli la soddisfazione di poterlo punire.

Carrow, appunto deluso dal fatto che il ragazzo non lo avesse contestato, spiegò brevemente gli accordi che il Ministero aveva preso per la questione degli esami. Continuò poi illustrando una maledizione che evocava una specie di dardo di energia magica, la difficoltà era soprattutto quella di mantenere la concentrazione per direzionarlo da una parte e dall’altra come si preferiva.

Non dovendo esercitarsi contro qualcuno, l’incantesimo fu eseguito da tutta la classe senza proteste. L’esercizio era piuttosto complicato, occorse quasi tutta l’ora per riuscire ad ottenere i dardi, che però rimbalzavano tra le pareti dell’aula, fuori dal controllo di chi li aveva evocati. Si sarebbero esercitati nel direzionarli durante la prima lezione della settimana successiva.

Mentre gli studenti stavano sistemando le cartelle per uscire, Neville fece cenno a qualche tassorosso e corvonero di fermarsi qualche minuto fuori dalla porta; cercò di essere il più possibile discreto per non farsi notare né dal professore, né dai serpeverde. Si fece aiutare da Seamus, a cui era riuscito a sussurrare qualcosa durante la lezione.

Neville fu il primo ad uscire e si fermo a qualche metro di distanza per far segno agli altri.

Appena lo raggiunse, Ernie gli chiese con fare accusatorio: “Che cosa vuoi?! Perché non hai detto nulla durante la lezione? Mi aspettavo protestassi.”

“Sinceramente non avevo particolari motivi per protestare.”

“Quindi ti sta bene che ci insegnino Arti Oscure?”

“No, ma non credo che lamentarsi farà cambiare idea al Ministero; piuttosto cerco di pensare al lato positivo.”

“E quale sarebbe?”

“Comunque” intervenne Finnigan “Non mi pareva magia particolarmente oscura quella di oggi.”

Nessuno gli fece caso; Neville rispose alla domanda del tassorosso: “Conoscere il loro arsenale ci aiuterà a sapere che cosa ci aspetterà nel fronteggiarli e potremo preparare delle difese.”

“Fronteggiarli?!” storse il naso Michael Corner di Corvonero.

“Quando sarà il momento, quando Harry tornerà.” rispose Paciock, con voce serena e speranzosa.

“Potter è solo in fuga.” borbottò qualcuno.

“No.” li zittì Neville, con decisione “Sono certo che adesso sia in missione e quando sarà pronto … dovremo esserlo anche noi … chi vorrà, beninteso. In ogni caso, non pensate sia una buona idea, sapersi difendere dai Mangiamorte?”

“Ah, certo, ma in che modo?!” borbottò Ernie “Adesso che ci hanno perfino tolto lezione di difesa.”

“Adesso te lo spiego. Ci siamo tutti quanti? Gemelle Patili, Lavanda, Anthony, Michael, Terry, poi chi altro …? Ah, Hannah e Susan … e ovviamente Ernie e Seamus. Perfetto. Ascoltatemi tutti quanti” li richiamò pazientemente il grifondoro “Che cosa abbiamo fatto l’ultima volta che ci è stato impedito di imparare come difenderci?”

Tutti tacquero, ma tutti conoscevano la risposta.

Dopo qualche momento, Finnigan, con occhi quasi spiritati, sussurrò: “L’Esercito di Silente!”

“Esatto” annuì Paciock “Abbiamo pensato sia il momento di ricominciare ad addestrarci segretamente e … forse fare qualcosa in più. Decideremo. Se la pensate allo stesso modo, domani, alle 21, sapete dove ci troviamo. Per ora, però, non una sola parola con chi non è già membro: prima ci contiamo noi e poi decideremo cosa fare.”

“Neville!” gli sorrise Ernie “È l’idea che ci voleva. Conta pure su di me.”

Altri consensi furono bisbigliati dal gruppetto.

Neville ne fu contento e ribadì: “Domani sera potremo parlarne più approfonditamente, adesso  è meglio disperdersi, prima che questo assembramento insospettisca qualcuno.”

Tutti annuirono e iniziarono a dirigersi verso le lezioni successive, erano tutti quanti particolarmente di buon umore.

Dopo che le Patil e Lavanda ebbero preso la strada per la lezione di Divinazione, rimasero soli Neville e Seamus che si incamminarono verso Storia della Magia.

“Grande!” esclamò Finnigan “Finalmente ti sei deciso ad agire!”

“Perché stavate tutti aspettando me?” si lamentò l’amico “Perché non l’hai proposto direttamente, anziché fare quel giochetto di scrivere il nome a mia insaputa? Ginny si è infuriata! Oh, certo, non fosse stato per quello, non so se e quando sarebbe saltata fuori l’idea.”

“Visto che ho fatto bene? Io ero arrivato all’ultimo momento, non mi sembrava il caso di proporre l’idea; poi io non volevo certo la responsabilità di dirigere tutto quanto l’E.S.

“Dirigere l’E.S.?” si spaventò Neville “Io non voglio …”

“Troppo tardi.” lo interruppe Seamus “Hai proposto la riapertura, quindi avrai il compito di tenere le redini della situazione, di organizzare, gestire, insegnare e così via!”

“Cosa? No! No!” replicò Neville, sempre più preoccupato “Potrei anche fissare le date degli incontri, ma non posso certo gestire, né tanto meno insegnare. Io ho bisogno di imparare, ancora!”

“Tutti abbiamo bisogno di imparare. Mia madre dice sempre: Dalla tomba alla bara, ogni giorno si cresce, ogni giorno si impara. Intanto ripasseremo quello che vi ha insegnato Harry, lo insegneremo ai nuovi, poi troverai il modo di imparare qualcosa di nuovo, magari salterà fuori un libro o qualcosa del genere.”

“È confortante vedere il tuo entusiasmo e la tua sicurezza, quando si tratta di una responsabilità che hai deciso peserà sulle mie spalle. Per fortuna c’è anche Ginny in questa storia, lei è molto più brava e saprà anche gestire le persone.”

“Non è che lei le sappia gestire le persone, lei le spaventa e loro non osano disobbedire.”

“Dai, non essere cattivo. È solo molto convincente quando è arrabbiata. A proposito, sei stato fortunato che questa mattina abbia trovato prima me a cui fare una scenata per la tua scritta notturna.”

“Accidenti, non immaginavo se la sarebbe presa. Ma lei sa che hai intenzione di …?”

“Sì, lo abbiamo deciso assieme. Te l’ho detto: per fortuna c’è anche lei in questa storia!”

Intanto erano arrivati nell’aula del professor Ruf, per cui accantonarono l’argomento per concentrarsi sulla nuova lezione.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Era il giorno in cui si sarebbero ritrovati i vecchi membri dell’E.S. Mancavano ancora tre ore.

Neville era seduto sul suo letto che studiava per il giorno seguente, anche se in realtà faticava a concentrarsi sul manuale di Incantesimi. Decise di provare con la pratica: come compito per la settimana successiva, avrebbero dovuto portare un oggetto da loro incantato in modo tale che potesse rispondere a voce almeno alle domande più comuni.

Innanzitutto doveva quindi trovare un oggetto da incantare. Cominciò a frugare nel proprio baule alla ricerca di qualcosa di adatto ed, eventualmente, sacrificabile. Gli capitò fra le mani il pacchetto con ciò che Silente gli aveva lasciato in eredità, era ancora intatto, quasi si era scordato di averlo. Lo strinse fra le dita, incerto: era il momento di aprirlo? Forse era tardi … Lui si sentiva pronto a scoprire che cosa il vecchio preside voleva lasciargli? Che cosa voleva da lui?

Pronto o no, non poteva rimandare ulteriormente, si disse. Se era vero, come sospettava, che Silente aveva lasciato una missione a Silente, forse voleva affidare un compito anche a lui e quindi non poteva attendere oltre.

Il pacchetto conteneva una scatola in legno cubica e una lettera. Per prima cosa aprì la scatola e ci trovò dentro una Ricordella. Anzi, a ben guardare era proprio la sua vecchia Ricordella, con tutte le ammaccature nella lamina in bronzo che la circondava a metà. Neville la prese in mano, l’osservò un poco e penso: Cosa strana fare come regalo il restituire qualcosa che già apparteneva al destinatario. Beh, almeno il fumo non sta diventando rosso, quindi non ho dimenticato nulla. Guardiamo la lettera, forse mi spiegherà qualcosa in più.

Aprì la busta e dispiegò il foglio di carta azzurra su cui era stato scritto con inchiostro amaranto e in una calligrafia piuttosto stretta, dove però spiccavano le aste allungate delle f, d, b, l, g, t e i riccioli erano tracciati con cura ed eleganza.

La lettera diceva:

Gentile Signor Neville Paciock,

sono piuttosto certo che questa mia eredità l’avrà sorpresa, tuttavia le posso assicurare che sono pienamente e totalmente consapevole di quello che sto facendo. Come si usa dire in queste occasioni: Io, Albus Percival Wulfric Brian Silente, nel pieno delle mie facoltà fisiche e mentali … etc etc. Comincerò col dirle che ho notato i suoi miglioramenti nel rendimento scolastico e colgo l’occasione per congratularmi con lei.

Un’altra delle cose di cui sono certo è che l’ ha stupita (o la stupirà, se per prima cosa sta leggendo la lettera) vedere che la mia eredità  per lei è la sua Ricordella. L’aveva persa alcuni anni fa, l’ho ritrovata nel corridoio del terzo piano è ho pensato di conservarla fino al momento in cui ne avrebbe avuto nuovamente bisogno. Non credo le dovrà più rammentare cose dimenticate; come vedrà, mi sono preso la libertà di fare alcune modifiche ed ora è uno strumento certamente adatto a fare altro, per esempio può rivelarsi un ottimo consigliere per capire di chi può fidarsi o dove si trovano pericoli. Vi sono tuttavia contenute altre meraviglie di cui non voglio far ora menzione per non rovinare la sorpresa, ma che scoprirà presto, prendendo famigliarità con questa nuova versione della sua Ricordella.

Detto ciò, ci sono cose importanti che vorrei condividere con lei, quindi la prego di avere la pazienza di continuare a leggere.

Immagino già sappia che ho conosciuto molto bene i suoi genitori e non solo perché studenti ad Hogwarts, ma anche perché membri dell’Ordine della Fenice. Non le spiegherò di cosa si tratta, poiché sono certo che sua nonna, Augusta, gliene avrà sicuramente parlato. I Mangiamorte decisero di catturare e torturare loro, nella speranza di ottenere informazioni, non solo perché erano Auror, ma poiché li sapevano a me fedeli, li sapevano membri dell’Ordine.

Frank ed Alice non erano semplicemente coraggiosi. Molti dei maghi che hanno lottato contro Tom Riddle erano persone comuni che hanno deciso di combattere come se fosse una parentesi nelle loro vite. Avevano ambizioni e volevano vivere le loro vite in un mondo libero. In un certo senso anche i tuoi genitori erano così, ma avevano qualcosa in più. Che cosa? Non saprei dirlo.

Non conta solamente il fatto che fossero Auror e dunque avessero deciso che la loro vita sarebbe stata per sempre una lotta contro il male.

 Che cos’era allora?

Mi verrebbe da dire la tempra dei guerrieri, eppure in realtà erano persone molto pacifiche. Eccellevano nei duelli, sì, ma vi ricorrevano solo in caso di necessità e mai li ho visti essere i primi a provocare, nemmeno da ragazzini. Eppure, nonostante sembrassero i più bonari dell’Ordine, erano quelli che forse comprendevano meglio la guerra. Tutti sapevano che non si trattava di un gioco, tutti erano consapevoli del pericolo e dei rischi, però per loro era più facile pensare a un gruppo coeso che combatteva, in loro c’era già l’idea di resistenza. Gli altri membri ragionavano molto come singole persone che si dividevano missioni, forse per colpa mia, forse a causa del numero ristretto. Affidavo sempre compiti all’uno o all’altro, come se fossero tante unità singole ai miei comandi e che non ci fosse il bisogno che comunicassero tra di loro. Certo, in realtà si conoscevano e facevamo riunioni generali e in quelle occasioni vedevo come i suoi genitori erano in grado di aggregare le persone, di infondere speranza e animosità, riuscivano a motivare e a rendere le lotte di tante singole persone come un’unica lotta collettiva. Non si limitavano alle parole. Erano i primi ad affrontare i pericoli. Non per mettersi in mostra, non per arroganza ma perché sentivano che era giusto. Il senso di giustizia era ciò che alimentava il loro coraggio, la consapevolezza che la semplice provvidenza non avrebbe aggiustato le cose. Non aspettavano un cambiamento, agivano per realizzarlo.

Penso fosse questo il qualcosa di più che li contraddistingueva. Per alcuni si trattava di sopravvivere, per altri di proteggere, per altri ancora la sindrome da eroe, c’era anche chi era con noi con modestia perché voleva fare del bene, ma che da solo non avrebbe avuto la forza di opporsi.

Io ho rivisto in lei queste caratteristiche. Forse sono i deliri di un povero vecchio ma, come dicevo all’inizio, sono nel pieno delle mie facoltà mentali. Ha seguito Harry all’Ufficio Misteri, non per voglia di notorietà, non per sete di vendetta (so che il suo desiderio di combattere i Mangiamorte è indipendente da quel che è successo ai suoi genitori), non per lealtà verso un amico (seppure so che l’amicizia è un valore importante per lei); lei è andato e a combattuto e, anche ferito, ha continuato a lottare ed era disposto a farsi torturare pur che Harry non cedesse la Profezia, lei ha fatto tutto ciò unicamente perché sentiva che era la cosa giusta da fare.

Quale nobiltà maggiore si può trovare in un guerriero se non la consacrazione ad un ideale? Un ideale di giustizia, per di più!

Quando un uomo si sottomette ad un ideale, diventa invincibile.

Guardi anche solo nel mondo dei Babbani e noterà nella storia quei generali che, combattendo per un ideale, riuscirono a compiere grandi imprese pur con pochi uomini.

Il volersi salvare la vita può portare alla fuga; il voler proteggere qualcuno può far cedere ai ricatti; il voler essere un eroe induce ad agire solitari per mettersi in mostra, senza considerare le conseguenze; il desiderio di vendetta o la lealtà possono portare a ritirarsi dalla guerra, una volta che il sentimento è esaurito.

Il battersi avendo donato l’anima a un ideale è superiore a tutti questi. Infonde carisma, aiuta ad unire gli altri, genera speranza. È quello che porta a lottare fino alla morte e, quando si è pronti a morire, si sopravvive più a lungo.

Ad Harry Potter io ho affidato una missione pericolosa da affrontare in maniera solitaria, con solo pochi amici fidati, il signor Weasley e la signorina Granger. Dovrà agire a lungo nell’ombra, potrebbero essere mesi oppure anni, nemmeno io lo so. È indispensabile, per tanto, che quando egli avrà concluso la sua missione, non si trovi solo. La speranza non dovrà aver abbandonato i cuori di maghi e streghe. Non ci dovrà essere rassegnazione e sottomissione. È fondamentale che la gente non si sia lasciata abbattere ma che sia unita nell’ideale, magari ognuno avrà motivazioni differenti, ma dovranno essere coesi. Quest’unione e questa forza saranno ancor più fondamentali, nel malaugurato caso che Harry non dovesse portare a termine la sua missione.

Sarò sincero. Anche se dovesse fare ciò che gli ho chiesto, Harry potrebbe comunque morire prima che Tom Riddle venga ucciso. In tal caso, allora più che mai, sarà necessario che la lotta e la resistenza continuino.

So che non si potrà persuadere tutti i maghi e le streghe a schierarsi contro quello che, presumo, dev’essere diventato il nuovo governo; so che all’inizio saranno pochi, ma saranno quei pochi che potranno animare gli spiriti di tutti gli altri e portare alla vittoria.

A questo punto, mio caro signor Neville Paciock, penso le sia chiaro che cosa mi aspetto da lei.

Non si arrenda. Mantenga viva la speranza nell’animo dei suoi compagni. Li tenga pronti a resistere. Tenga a mente queste parole (le sconsiglio di condividerle con gli altri, perché potrebbero non recepirle correttamente, ma sono certo che lei le comprenderà): Lottare fino alla morte, vuol dire la vittoria.

Ora, le lascio il tempo di metabolizzare quanto le ho scritto e, quando si sentirà pronto, cominci pure ad esaminare la sua Ricordella; sono certo che gradirà ciò che troverà al suo interno.

 

Con l’augurio di ogni bene e successo, con l’auspicio che la speranza arda sempre in lei, mi congedo e rammenti sempre che la fenice risorge ogni vola dalle proprie ceneri.

 

                                                                                                         Albus Silente              

 

Neville era seduto sul letto, gli occhi sgranati sulla lettera. Il fiato corto per l’emozione di ciò che il preside gli aveva detto, per l’onere che gli aveva lasciato. Una domanda nella testa: Come si poteva avere tanta fiducia in lui?

Ora, però, era certo che riaprire l’Esercito di Silente era la cosa più giusta da fare.

Richiuse la lettera nella busta e la ripose, poiché non voleva che qualcun altro potesse leggerla, né amici, né tanto meno nemici.

Si era commosso nel leggere tutte quelle  belle parole sui suoi genitori, effettivamente aveva visto risaltate qualità diverse dal solito coraggio o tenacia decantati dalla nonna e da altri parenti o amici di famiglia. Aveva finalmente visto un lato di loro, in un certo senso più dolce e umano; benché si parlasse comunque di guerra, quella descrizione li mostrava combattenti meno arcigni e freddi di come li aveva dipinti Augusta. Beh, sua nonna tendeva ad esaltare le qualità che lei apprezzava maggiormente, era ovvio. Le parole di Silente gli parevano adattarsi meglio ai volti sereni, agli occhi dolci, ai sorrisi incoraggianti dei suoi genitori che Neville vedeva nelle fotografie.

Ora, però, si ritrovava con un altro peso addosso, con nuove aspettative da non dover deludere, responsabilità di dover essere all’altezza dei suoi genitori.

Questa volta, però, la persona che si aspettava qualcosa da lui era morta, dunque non poteva essere delusa. Non era necessario che altri sapessero il compito che gli era stato affidato. Lui era l’unico a conoscerlo e non lo avrebbe rivelato, l’avrebbe custodito nel suo cuore; l’unica persone verso cui avrebbe avuto responsabilità sarebbe stata se stesso.

Beh, certo, aveva anche la responsabilità di creare e mantenere coesa una resistenza contro Voldemort, ma in fondo era quello che aveva già pensato di fare, no?

Stranamente quella lettera non gli aveva suscitato ansia, anzi gli aveva infuso fiducia: una sensazione davvero strana, inedita quasi.

Ora, però, era curioso di scoprire le nuove qualità della sua Ricordella. La prese e la osservò, ruotandola tra le mani; a un primo sguardo sembrava tutto normale. Provò ad agitarla, capovolgerla, colpirla con qualche cricco, ma non succedeva nulla. Tentò allora ad usare un incantesimo rivelatore ma ancora non ottenne risultati. Si soffermò a riflettere: effettivamente, se Silente aveva destinato quell’oggetto a lui, di sicuro aveva preso le precauzioni necessarie affinché altri non potessero svelarne i misteri, dunque doveva pensare a qualcosa che avrebbe potuto comprendere solo lui e non qualcun altro. Al momento, però, non gli veniva in mente nulla.

Sentì l’orologio che rintoccava le sette: era ora di cena.

Neville si mise la Ricordella in tasca e scese. Raggiunse la Sala Grande e prese posto al tavolo di Grifondoro, per comodità mise la sfera di vetro accanto al bicchiere; poco dopo arrivò anche Seamus che si sedette accanto a lui e non poté fare a meno di notare il particolare oggetto.

“Ehi! Hai una nuova Ricordella? Te l’ha mandata sempre tua nonna? Caspita, eppure è da un pezzo che sei diventato più attento e difficilmente dimentichi qualcosa.”

“No, è quella vecchia …” rispose il ragazzo, cercando una giustificazione che non rivelasse la verità “L’ho ritrovata e …  niente mi è venuta voglia di portarla con me.”

“Secondo me è rotta.”

“Perché?”

“Guarda, si sta riempiendo di fumo nero. Il fumo dovrebbe essere rosso e dovrebbe aspettare che sia tenuta in mano.”

Neville sussultò: non si era accorto di quello che stava accadendo nella sfera. La osservò e immediatamente vide il fumo nero e densissimo.

“Ma che …?” borbottò il ragazzo, perplesso.

“Cos’abbiamo, qui?” aveva chiesto una voce alle loro spalle. La voce di Amycus.

I due ragazzi si voltarono, alquanto sorpresi.

Seamus alzò le spalle e tranquillamente rispose: “Niente, una Ricordella rotta.”

Il professore la guardò con sospetto e domandò: “Di chi è?”

“Mia.” rispose Neville, cercando di non lasciar intuire quanto quell’oggetto fosse importante per lui.

“E perché tieni un oggetto rotto, Paciock?”

Nel dir ciò, Carrow allungò il braccio sinistro e afferrò la Ricordella per esaminarla.

Il giovane rimase un attimo in silenzio per poter imporsi la calma e dire: “Volevo provare ad aggiustarla. Pensavo fosse un buon modo per esercitarmi con qualche incantesimo.”

Il Mangiamorte continuò a scrutarla, provò ad usare un incantesimo rivelatore e rimase piuttosto deluso nel constatare che non accadeva nulla. Scosse la testa e borbottò: “Robaccia.”

Sprezzante, aprì la mano per lasciarla cadere e voltò le spalle per andarsene al tavolo degli insegnanti.

Neville fu estremamente rapido nell’afferrare la bacchetta e usare la versione non verbale dell’Aresto Momentum per impedire che la Ricordella toccasse terra e andasse probabilmente in frantumi. La raccolse con la mano e la rimise sul tavolo; notò che il fumo si stava rapidamente disperdendo.

Bene –pensò- Evidentemente il fumo nero mi avverte quando ci sono dei pericoli. Buono a sapersi.

A Neville sorse un pensiero: Quella nuova versione della Ricordella, poteva rispondere a delle domande?

Decise di tentare. Prese la sfera in mano e domandò nella propria testa: Posso fidarmi di Seamus? È leale?

Si sollevò un fumo azzurro.

Bene. Rispondeva alle domande. Sapere però che cosa significasse quel colore era più incerto. Lui considerava l’azzurro un colore calmo, tranquillo e dunque gli pareva di poterlo associare all’affidabilità. Era effettivamente così? Il nero certamente lo associava al pericolo per colpa dei Mangiamorte che vestivano quasi sempre di quel colore, avevano come simbolo il Marchio Nero e praticavano Arti Oscure.

Forse i colori delle risposte dipendevano da a cosa la sua mente li associava.

Volle fare una verifica e chiese se si potesse fidare di Ginny, poi domandò per Luna ed entrambe le volte il fumo divenne azzurro. Bene, a meno di non aver un’idea completamente sbagliata di tutti i suoi amici, poteva essere sicuro che l’azzurro indicava una persona in cui poteva avere fiducia.

Notò, però, che alcuni dei compagni lo guardavano incuriositi, per cui decise di rimettersi in tasca la Ricordella e rimandare ad un’altra volta gli esperimenti per capire i significati della scala cromatica di quell’utilissimo strumento.

Bene. Una delle almeno due nuove funzioni l’aveva svelata. Sì, era certo che non si limitasse a quello il potenziamento della Ricordella. Silente, nella lettera, aveva parlato sia del suo utilizzo come consigliera, sia della possibilità di … entrarvi dentro? O per lo meno di scoprire qualcosa che c’era all’interno di essa.

Terminata la cena, mancava ancora un’oretta, prima del ritrovo concordato dell’Esercito di Silente.

Neville decise di non tornare nella Sala Comune, ma di andare direttamente al settimo piano, nella Stanza delle Necessità. Era venerdì, quindi avrebbe avuto tutto il fine settimana per studiare e fare i compiti; lui aveva voglia di tornare in quel luogo che gli aveva dato tante soddisfazioni e in cui si era sentito talmente bene e restare un poco solo lì. Inoltre, voleva essere certo che la Stanza apparisse davvero come occorreva a loro. Si ricordava che Harry gli aveva spiegato che la Stanza cambiava aspetto a seconda dei bisogni di chi si rivolgeva ad essa, quindi era necessario essere precisi su quel che si chiedeva, al momento dell’apertura.

Salì al settimo piano, trovò facilmente la porta, come se la Stanza già sapesse del suo arrivo. Appoggiò la mano sulla maniglia, pensò a come si ricordava lo stanzone dove si era esercitato con gli amici, pensò a ciò che occorreva quella sera, poi aprì.

Ecco! Lo stesso luogo dove Harry aveva dato lezioni, però sembrava meno spazioso in quanto era presente anche un tavolo rotondo in legno massiccio, scuro, ben levigato, decorato finemente con intagli a motivi floreali. Notò che attorno ad esso c’erano esattamente quattordici seggiole e di fronte a ciascuno un cartellino segnaposto con i nomi scritti sopra: Neville Paciock, Ginevra Weasley, Luna Lovegood, Seamus Finnigan, Lavanda Brown, Nigel, Calì Patìl, Padma Patìl, Anthony Glodstein, Michael Corner, Terence Steeval, Hannah Abbot, Susan Bones, Ernest Macmillan.

Neville notò con piacere che c’erano proprio tutti i nomi dei vecchi membri ancora a scuola. Pensò che erano ancora in buon numero, nonostante l’assenza degli studenti già diplomati e quelli che si erano dati alla macchia. Escludendo Nigel, erano tutti studenti del settimo o del sesto anno; lo ritenne un dato abbastanza confortante poiché ipotizzava che ai nuovi membri, più giovani, avrebbero potuto insegnare le cose che loro avevano imparato normalmente in classe negli anni precedenti.

La porta si aprì. Il ragazzo si voltò e vide Luna entrare nella stanza.

“Oh, anche tu sei già qui.” disse la corvonero, entrando.

“Ciao, Luna. Come stai?”

“Bene. Due paia delle mie scarpe sono scomparse, non so se siano stati di nuovo i nargilli. È bello essere di nuovo qui. Mi sono mancate molte le nostre riunioni, l’anno scorso. Avevo notato, però, che i ragazzi che avevo conosciuto all’E.S. mi trattavano con più gentilezza rispetto agli altri, mi salutavano e mi rivolgevano la parola ogni tanto. Continuavo a sentire un senso di appartenenza.”

“Davvero? Per me non è stato così, non ho sentito particolare differenza da come ero trattato prima a dopo, ma in effetti io non sono mai stato isolato. All’inizio ero ridicolo, ma gli altri grifondoro mi hanno comunque accettato e mi hanno sempre fatto stare bene con loro. Non ero popolare, ma nemmeno emarginato.”

“Sei fortunato.”

Ecco nuovamente aprirsi l’uscio. Questa volta ad entrare fu Ginny.

La Weasley si guardò attorno e commentò: “Carino com’è oggi questo posto.”

“Anche tu in anticipo?” si meravigliò Neville.

“Evidentemente …” rispose Ginny, un po’ fredda.

“Credevo saresti venuta assieme a Calì e Lavanda.”

“Non è che siano mie amiche e poi credo che stessero preparando l’oroscopo per Divinazione o qualcosa del genere. Io non avevo altro da fare e odio stare ad aspettare: trovo parecchio seccante quando devo attendere un certo orario e non posso fare nulla perché non ho abbastanza tempo per iniziare e finire qualcosa. Mi sono detta che arrivare un po’ prima sarebbe stato comodo.”

Neville fece un cenno di assenso col capo. Rimasero in silenzio per qualche lungo momento, quasi ci fosse imbarazzo tra di loro, nonostante si conoscessero ormai da alcuni anni e avessero combattuto assieme.

“Chi parlerà per primo?” domandò Luna, interrompendo il silenzio; vedendo l’espressione interrogativa degli altri due, spiegò: “Mi pare di aver capito che è stata una vostra idea riaprire l’E.S., dunque uno di voi dovrà dare inizio alla riunione, tenere un discorso sul perché ci siamo ritrovati, che cosa si ha in mente e così via. Ho sentito che cosa dicono gli altri di Corvonero: si aspettano che abbiate le idee chiare che diciate loro che cosa si deve fare. Non penso saranno molto propositivi. Lo trovo un po’ sciocco. Io ho piacere di essere parte attiva, di consultarmi ed esprimere il mio parere, non capisco bene perché loro preferiscano essere più … come dire? Forza lavoro? Non proprio … Beh, preferiscono essere guidati anziché far parte di chi prende decisioni.”

“Mah! Io, veramente, avevo in mente un sistema democratico” ribatté Neville “Però anche Seamus ha detto che crede che gli altri saranno qui soprattutto per ascoltare, più che per decidere.”

“E allora? Quale sarebbe il problema?” domandò Ginny, che non sembrava preoccupata da quell’eventualità.

“Vuoi dire che tu te la sentiresti di prendere le redini?” domandò Neville, un poco sorpreso “Di avere la responsabilità di decidere?”

“Se gli altri hanno fiducia e lasciano gestire le cose a me, o noi, senza protestare, tanto meglio. La mia preoccupazione è l’opposta! Ossia che tutti vogliano comandare, ognuno abbia un’idea differente e alla fine si perda più tempo a discutere piuttosto che a fare, col rischio poi di scontentare tutti; perché, sapete, i compromessi sono stati inventati per accontentare tutti, ma finiscono col lasciare tutte le parti insoddisfatte.”

“Anche questo modo di vedere le cose non è sbagliato.” ragionò Neville “Il fatto è che, proprio perché gli altri riporranno la loro fiducia in noi, dovremo stare molto attenti a quel che prepareremo. Insomma, capire quali sono i nostri obbiettivi, come portarli avanti, senza tradirli e senza mettere in pericolo gli altri.”

“Neville” replicò Ginny, molto seria “So perfettamente che non è un gioco e prendo molto sul serio la situazione. Penso che siamo in grado di gestirla, che i nostri obbiettivi non siano difficili da definire e, soprattutto, credo che chi non vuole correre rischi non si unirà a noi.”

“Luna, tu che cosa ne pensi?”

“Possiamo fare la differenza” rispose la corvonero “La paura di sbagliare non ci deve rallentare o immobilizzare, tuttavia non si può nemmeno cercare appositamente il pericolo. Comunque, siamo a scuola, è un campo di battaglia relativamente protetto; le nostre agitazioni avranno un effetto all’interno del castello, non fuori e quindi non credo ci tireremo addosso condanne di morte. Certo, però, se saremo identificati come perturbatori della quiete e avversi al Signore Oscuro, sicuramente verremo tenuti sotto sorveglianza anche fuori da Hogwarts, finita la scuola. Dobbiamo essere chiari e spigare tutto questo agli altri: conoscendo i rischi, prenderanno la decisione che preferiranno.”

“Quindi” Neville volle essere certo “Siamo d’accordo che questa volta non si tratterà semplicemente di lezioni di difesa?”

Le due ragazze annuirono con decisione.

Intanto era giunta l’ora del ritrovo. Ernie fu puntualissimo: entrò alle 21.00 precise, spaccando il secondo; con lui erano entrati anche il resto dei tassorosso. I corvonero, invece, giunsero a scaglioni, a due a due, poiché avevano pensato che, in quel modo, sarebbero riusciti a muoversi più silenziosamente. Lavanda, Calì e Nigel arrivarono assieme.

Bene! C’erano tutti … o quasi.

“Dov’è Seamus?” chiese Neville, accorgendosi dell’assenza dell’amico.

“Non lo so” rispose Lavanda “Non è già qui?”

“Sì, è uscito prima di noi.” aggiunse Calì “Mi pare abbia detto di voler preparare qualcosa per la serata.”

“Qui non s’è visto.” replicò Ginny.

“Se fosse stato scoperto dai Carrow?” iniziò a preoccuparsi Neville “Coi Dissennatori se la sa cavare, ma con i Mangiamorte …”

“Calmati” lo richiamò Ginny “Sono sì e no cinque minuti di ritardo. Si sarà perso nel fare qualcosa, lo conosci meglio di me e sai che si distrae facilmente. Calì ha detto che forse Seamus voleva fare qualcosa prima di venire, quindi forse la starà finendo. Per ora non c’èmotivo d’agitarsi. Certo, se tra una mezzora non fosse ancora arrivato, forse potrebbe essergli successo qualcosa, però …”

Non fece in tempo a finire la frase. La porta si spalancò ed entrò Seamus che con la bacchetta stava facendo fluttuare davanti a sé una cassa di legno traboccante.

“Eccoti!” esclamò Neville, sollevato “Ma dove sei stato? E che cos’hai portato?”

“Eh, state a vedere!” rispose l’altro, sorridente.

Seamus si avvicinò al tavolo e appoggiò la cassa, poi iniziò a svuotarla, spiegando: “Ho pensato che una riunione dovrebbe avere bevande e qualche stuzzichino, così ho fatto una capatina rapida, rapida in cucina. Mi hanno dato mandarini, frutta secca, cosucce da sgranocchiare e poi succo di zucca, burro birra, whisky incendiario, idromele … Dovrebbe essere tutto.”

Il tavolo fu riempito dalle vivande portate dal grifondoro. La Stanza provvide a far emergere bicchieri e piattini.

“Grande! Bravo Finnigan!” si congratularono Ernie e alcuni altri.

Seamus si voltò, un poco tronfio, a guardare Neville che gli sorrise bonario.

Finalmente si sedettero attorno al tavolo ma passarono almeno una decina di minuti a distribuirsi il cibo e versarsi da bere, prima di cominciare la riunione vera e propria. In realtà rimasero ancora un poco in silenzio, sorseggiando, sbocconcellando qualcosa e scambiandosi occhiate un po’ imbarazzate o distogliendo lo sguardo, in attesa che qualcuno trovasse il coraggio di parlare.

Infine Ernie ruppe il silenzio con una domanda: “Allora? Per cosa siamo venuti qui, esattamente?”

Ginny si alzò in piedi e rispose: “A nessuno di noi piacciono i Carrow o Piton come preside. Sappiamo benissimo che non è questione di didattica. Siamo qui perché siamo consapevoli che quello che sta accadendo in questa scuola si sta verificando anche nel resto del mondo magico britannico: Voldemort e i Mangiamorte stanno prendendo il potere, occupano le posizioni di potere, hanno emanato leggi contro i nati babbani e non passerà molto, prima che inizino ad accentuare la differenza sociale e giuridica tra un mezzosangue e un purosangue. La cosa più agghiacciante, a parer mio, è che la maggior parte della gente sembra essere indifferente. Sono in atto uccisioni e incarcerazioni del tutto immotivate, eppure sono pochissimi i maghi e le streghe che si indignano, che protestano, che cercano di reagire. Hanno paura? Sicuramente alcuni sì; ma temo anche che ci siano parecchi che, sentendosi al sicuro, rimangono indifferenti alle ingiustizie che li circondano. Se lasciamo che la paura o il falso senso di sicurezza ci dominino, allora lasceremo vincere Voldemort, ne saremo complici.”

“E che dovremmo fare?!” esclamò Hannah Abbot “Essere noi, dei ragazzi, a combattere?”

“Saremo noi che dovremo vivere in questo mondo.” replicò Ginny.

Neville aggiunse: “L’Esercito di Silente è nato per imparare a difenderci e a proteggere, per essere in grado di lottare. Prima di diventare dei combattenti, però, dobbiamo imparare ad essere buoni cittadini, consapevoli. Quante persone considerano il Ministero come qualcosa di estraneo, spesso nemico? Non è così. È vero, la maggior parte delle persone non prende parte attiva nelle decisioni e nelle azioni del governo, si limita ad eleggere i rappresentanti ed è giusto così: ognuno ha il suo lavoro. Questo può andare bene in tempi normali, ma non oggi. Oggi, dobbiamo tutti quanti ricordarci che il Ministero siamo tutti noi, che la responsabilità di quel che accade non è mai solo dei politici, ma di ciascuno di noi. Oggi, dobbiamo renderci conto che non possiamo più essere spettatori passivi, ma cittadini attivi che agiscono e combattono perché il potere è stato usurpato, perché il nostro mondo sta venendo distrutto, perché il compito di difendere quel che di buono c’è non è esclusivo degli Auror o di altri ma è il compito di tutti noi. Ogni cittadino ha il dovere, sempre, ogni giorno, di agire per il bene della comunità e rispettarne le leggi. A volte si tratta solo di pagare le tasse, altre di mettere i propri talenti a disposizione per onorare il nostro paese, oggi invece si tratta di impedire che sprofondi nelle tenebre. Sì, siamo ragazzi, alcuni di noi sono appena maggiorenni, altri no, e allora? Ci saranno sempre cento possibili scuse per chi non vuol combattere, per chi non vuole avere la responsabilità: troppo giovane, troppo vecchio, paura per i parenti, troppo grasso, troppo magro, troppo debole, non abbastanza potente, non abbastanza veloce, non avere la tale o tal altra capacità, un raffreddore, un’allergia e qualsiasi altra cosa possa passare per la mente. È facile evitare il combattere, trovando una scusa con cui giustificarsi e non sentirsi in colpa con se stessi. Ci sono però anche ragioni per combattere al di là di ogni possibile difficoltà: giustizia, libertà, equanimità. Poter vivere in un mondo dove il tuo sangue non ti condanna, dove poter parlare senza paura di essere arrestato. Lo avevamo, non perfetto, anzi, pieno di difetti e contraddizioni, ma almeno non era malvagio. Era composto da tante persone che sbagliano e commettono errori, ma lo facevano con la bontà nel cuore. Adesso siamo alle soglie di un regno di terrore, dove vige la legge del più forte, dove non c’è altro che malvagità, volontà di sopraffazione. È compito di ciascuno, noi compresi, agire secondo coscienza. Non si può sempre aspettare che siano altri a risolvere i nostri problemi o ad agire per primi.”

Ci fu qualche lungo momento di silenzio; dapprima tutti gli occhi erano puntati su Neville, poi avevano iniziato a guardarsi tra di loro, sorpresi: chi mai aveva sentito Paciock parlare con tanta determinazione? Chi si aspettava da lui argomentazioni così salde? Chi lo aveva mai sentito tenere un discorso così lungo?

Sì, erano tutti piuttosto stupiti, ma anche ammirati; quelle parole avevano pizzicato le corde dei loro cuori e le avevano fatte vibrare. Si erano sentiti scuotere e rinvigorire e un caldo ardimento iniziava a scoppiettare nel loro animo.

Neville continuò: “Nessuno sarà obbligato a combattere od osteggiare i Carrow, Piton, i Dissennatori o qualsiasi altra creatura o persona che ci vesserà. Il compito primario dell’Esercito di Silente rimarrà quello di insegnare a difendersi e a combattere. Un esercito, però, non può limitarsi alle esercitazioni. Con chi vorrà, organizzeremo anche delle azioni concrete, fuori da questa Stanza. Certo, finché siamo a scuola non potremo fare gran ché, però ci impegneremo e, quando saremo  troppo grandi per frequentare Hogwarts, porteremo la nostra lotta nel resto del mondo magico. Saremo pronti a quel che c’è fuori da queste mura.”

Un applauso non poté essere trattenuto oltre. Tutti furono molto soddisfatti e si dissero disposti all’azione. Ogni perplessità e timore era stato fugato. In quel momento si sentivano pronti a tutto; era però difficile sapere quanto a lungo sarebbe durato quell’entusiasmo e se avrebbe resistito alle prime difficoltà, i pericoli e, forse, i sacrifici.

“Saremo solo noi?” domandò Corner, dopo che il vociare degli altri si fu un poco placato.

Questa domanda fece ammutolire tutti quanti: era una questione seria e delicata. Se da una parte era sensato e coerente coinvolgere nuovi studenti, dall’altra era difficile capire di chi potersi fidare per evitare un tradimento come la volta precedente. Tutti quanti avevano l’impressione che, per quanto fosse stata aspra la punizione della Umbridge, quella dei Carrow sarebbe stata peggio.

“Io penso” esordì Luna, alzando un poco la voce per sovrastare il brusio che si era creato “Che i membri di ciascuna Casa si consultino tra di loro e scelgano assieme altri loro compagni che possano condividere i nostri ideali e abbiano il coraggio necessario, fosse anche solo quello necessario di prendere lezioni e tacere. Inoltre credo che se vorranno unirsi a noi studenti dei primi tre anni, per loro ci dev’essere solo addestramento e non partecipazione a proteste, mezze sovversioni o simili.”

“Cosa?!” sbalordì Terence Steeval “Vogliamo davvero coinvolgere anche ragazzi così giovani?”

“Solo per insegnar loro Difesa contro le Arti Oscure, visto che la scuola non provvede, le stesse cose che abbiamo imparato noi sui banchi.” precisò Luna “Non so se Carrow insegnerà ad affrontare folletti della Cornovaglia, berretti rossi, mollicci o tutte le altre creature che noi abbiamo visto a lezione, per cui credo sia giusto che i più grandi istruiscano i più piccoli.”

“Fino al terzo anno solo lezioni, dal quarto diamo la possibilità di partecipare ad azioni ostili al regime, se lo si desidera?” domandò Bones per essere certa di aver compreso bene “Non sono troppo giovani anche al quarto anno?”

Intervenne Ginny: “Io e Luna eravamo al quarto anno, quando abbiamo seguito Harry all’Ufficio Misteri e abbiamo combattuto per la prima volta i Mangiamorte. Mi sembrerebbe ingiusto, quindi, tenere fuori dall’azione gli attuali studenti del quarto anno.”

“Sì, ma voi eravate alla fine del quarto anno.” replicò Anthony Goldstein.

Discussero a lungo e alla fine decisero che si sarebbe potuto partecipare ad eventuali azioni dopo aver compiuto i quindici anni, anche se si era ancora al quarto anno. In realtà non avevano molto chiare le idee circa quali azioni avrebbero potuto compiere.

Ripassarono tra di loro quali caratteristiche cercare nei potenziali nuovi adepti, come riconoscere di chi potersi fidare. Certo, erano indicazioni generali, certezze non ne potevano avere.

Per onorare il loro primo incontro, la primissima riunione dell’Esercito di Silente, decisero di ritrovarsi tutti assieme e con i nuovi studenti che desideravano iscriversi, durante la prima uscita ad Hogsmeade, presso il pub La testa di Porco.

Finirono di bere e sgranocchiare. Si salutarono con grande entusiasmo e abbandonarono la Stanza delle Necessità pochi per volta.

Più tardi, nel dormitorio maschile del settimo anno di Grifondoro, Seamus e Neville si stesero sui propri letti, molto stanchi ma soddisfatti.

“Bella l’idea di portare un po’ di vivande.” si congratulò Neville.

“Bello in tuo discorso. Lo hai scritto e imparato a memoria?”

“No. L’ho improvvisato.”

“Davvero? Non avevi preparato nulla?”

“Già. Mi sono stupito anch’io … Alla fine, però, era come i discorsi che abbiamo fatto io e te … mi avranno ispirato quelli.”

“Sei stato molto convincente, comunque. Bravo.” Seamus sbadigliò.

“Grazie …” rispose l’altro, un po’ imbarazzato “Adesso è meglio dormire. Domani ho Rune Antiche alla prima ora, non voglio sbadigliare in aula. Buonanotte.”

“Notte.”

I due grifondoro si addormentarono, con grandi speranze nei loro cuori e nelle loro menti.

 

 

 

 

 

Nota d’Autrice

Salve a tutti quanti!

Grazie a tutti voi che leggete questa storia e grazie soprattutto a chi l’ha inserita nelle preferite/seguite/ricordate; un altro grazie anche a chi ha lasciato una recensione.

 

Volevo scusarmi per l’attesa di questo capitolo, ma è stato davvero difficile scriverlo, spero di riprendere un ritmo un po’ più veloce per i prossimi, nonostante le festività.

 

Un saluto ancora a tutti voi e, se vi va, lasciate la vostra opinione, ditemi che cosa vi piacerebbe trovare nei prossimi capitoli, quali avventure vorreste vedere ^_____^

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Ottobre si avvicinava alla propria fine con una lentezza estenuante; pareva un animale che, vicino al letargo, rallentava i propri movimenti e ogni azione era più lunga del solito. Le foglie avevano già tutte indossato i colori rosso e giallo, ma solo poche si lasciavano cadere dai rami per volteggiare qualche istante e poi finire a terra per essere calpestate dalle scarpe degli studenti.

Di frequente, sia che durante il mattino il cielo fosse stato azzurro o grigio, a metà pomeriggio si diffondeva una fitta nebbia, del tutto naturale, benché rendesse ancor più spaventosi i Dissennatori.

Tra la nebbia e il sole che tramontava sempre più presto, gli studenti di Hogwarts trascorrevano poco tempo nel parlo e animavano maggiormente i corridoi e le stanze della scuola.

Era una domenica pomeriggio e Neville e Seamus erano in biblioteca a sfogliare vecchie copie de La Gazzetta del Profeta.

“Ecco, ho trovato!” esclamò Finnigan, prendendo in mano il quattordicesimo giornale del giorno.

Shhhhhhh! lo zittirono vari studenti, disturbati dalla sua esultanza ad alta voce.

“Sei sicuro?” domandò Neville.

“Non ti fidi? Guarda tu stesso! Qua, vedi? È l’articolo sulla morte del padre di Dean.”

Il ragazzo lesse rapidamente l’articolo che si trovava proprio in prima pagina: il cadavere di David Thomas era stato ritrovato nel giugno del 1981, dopo quattro mesi dalla sua scomparsa; il corpo era in avanzato stato di decomposizione e dunque non era possibile dedurre la causa della morte. Dopo varie considerazioni e dichiarazioni, l’articolo poi terminava dicendo che il Ministero stava pensando a come comunicare la notizia alla vedova, una babbana, ora rimasta sola con un figlio piccolo di nome Dean.

Ecco lì la prova che Dean Thomas era un Mezzosangue!

Il nome della moglie babbana di David Thomas era lo stesso della madre di Dean Thomas, le date corrispondevano. Quell’articolo poteva salvare il ragazzo dalla ferocia della Commissione d’Inchiesta sui Nati Babbani.

Contenti, i due grifondoro fecero una copia delle pagine che parlavano della vicenda e restituirono tutti gli originali che stavano consultando, poi si ritirarono: uscirono dalla biblioteca e andarono verso la torre di Grifondoro, per decidere la mossa successiva.

Bisognava trovare il modo di far avere una copia di quell’articolo a Dean in persona, ma non avevano idea di come fare a contattarlo. Un’altra idea poteva essere quella di scrivere una lettera direttamente alla Commissione, riferendo dettagliatamente tutte le loro ricerche, in modo tale che, se Dean fosse stato catturato dai Ghermitori, sarebbe stato classificato come Mezzosangue e non come Nato Babbano.

Non sembrava che ci fossero altre possibilità, tuttavia non si fidavano molto che la loro lettera arrivasse realmente alla Commissione, o che fosse considerata valida o che venisse letta. Decisero quindi di scrivere tutto quanto, allegare l’articolo che avevano trovato e poi copiare il tutto più volte e inviarlo non solo alla Commissione, ma anche ai singoli membri di cui conoscevano i nomi e pure a un altro paio di uffici del Ministero che forse avevano voce in capitolo.

Né Neville, né Seamus erano tranquilli, anzi, continuavano a temere che tutti i loro sforzi non sarebbero serviti: se anche le loro informazioni fossero giunte a destinazione, sarebbero state considerate affidabili? Oppure sarebbero state considerate delle menzogne di babbanofili che volevano solo proteggere un amico?

Neville aveva un’altra idea che gli frullava per la testa, ma non era certo che potesse essere valida, in più era sicuro che a Finnigan non sarebbe piaciuta per niente e l’avrebbe contestata. Aveva dunque deciso di non parlarne con l’amico e continuava a rimuginarci da solo. Aveva fatto una copia in più della lettera che avevano preparato e l’aveva fatta scivolare rapidamente sotto il mantello per evitare che Seamus gli facesse domande.

Ora era sdraiato sul letto, era notte; continuava a pensare alla sua idea e non sapeva decidersi. Era un azzardo? Forse, ma di certo non avrebbe peggiorato la situazione. Insomma, un tentativo poteva farlo tranquillamente, era comunque un canale in più da provare a sfruttare, benché non potesse dargli garanzie nemmeno quello.

Lui, però, avrebbe voluto qualche sicurezza e non continuare a rimanere in pensiero per Dean. Gli tornò in mente il potenziamento della propria Ricordella, quello che era riuscito a scoprire finora, per cui la prese, la strinse forte tra i palmi e le domandò se poteva avere fiducia in ciò a cui aveva intenzione di ricorrere. Il fumo si fece azzurro, dunque poteva essere sicuro che non sarebbe stato tradito. Se ne rallegrò, per quanto la cosa in realtà lo lasciasse un poco sorpreso.

Avuta quella risposta, comunque, il giovane si sentì più tranquillo e riuscì ad addormentarsi.

Il giorno seguente, Neville infilò la busta tra i libri e le pergamene che gli sarebbero serviti durante le lezioni della mattina. Dopo la lezione di Erbologia, andò immediatamente verso l’aula di Babbanologia, sperando di poter intercettare i Serpeverde prima che entrassero, ma la persona con cui voleva parlare fu tra le ultime ad entrare, appena prima della professoressa, dunque non poté parlarle. Attese che trascorressero le due ore di insulti e disprezzo verso i Babbani; ma mano che si avvicinava il termine, controllava con la coda dell’occhio il gruppo di Serpeverde, per non farsi sfuggire il suo obbiettivo.

Appena la lezione fu conclusa, Neville sistemò rapidamente le proprie cose e quasi ignorò Seamus che gli parlava, tanto era concentrato a non perdere quell’occasione.

Appena lo vide uscire dalla porta, stranamente ma per fortuna senza la sua solita scorta, Neville scattò e raggiunse rapidamente Draco nel corridoio.

Malfoy!” esclamò quasi sottovoce per non farsi sentire da altri.

Paciock?!” il serpeverde era piuttosto confuso “Che cosa vuoi?”

“Devo parlarti, ma senza dare nell’occhio.” spiegò Neville, guardando davanti a sé, cercando di dare l’idea che fosse solo un caso che lui e il biondo stessero percorrendo la strada fianco a fianco.

“Questo non è certo il modo.”

“Lo so. Dimmi dove e quando, allora.”

Draco si voltò nervosamente indietro per accertarsi che i suoi compagni di Casa fossero ancora distanti, poi mormorò: “Appena dopo pranzo, dalle scale della torre di Astronomia. E ora vattene.”

Malfoy velocizzò il passo per andarsene, senza lasciare il tempo a repliche. Neville rallentò e aspettò che Seamus lo raggiungesse.

“Che ti è preso, prima?” domandò Finnigan, mentre camminavano assieme verso la Sala Grande “Sei corso via come un boccino d’oro.”

“Eh? … No, è solo che la lezione mi aveva messo troppo di cattivo umore.” si affrettò a mentire l’altro “Sai, tutte quelle sciocchezze sui Babbani, mi ero innervosito troppo, non sarei potuto rimanere un attimo di più.”

Seamus gli credette e quindi non ne parlarono oltre. Andarono a pranzo e mangiarono tranquillamente, come al solito. A fine pasto, dopo essersi messo in bocca un’ultima manciata di grani rossi di melograno, Neville disse di dover urgentemente recuperare un nuovo boccetto d’inchiostro e che avrebbe raggiunto poi gli altri a lezione.

Raggiunse la torre di Astronomia e attese vicino le scale. Dopo qualche minuto arrivò anche Draco che, un po’ incuriosito e un po’ scocciato, esordì sbrigativamente: “Allora, Paciock, si può sapere che succede?”

“Beh, innanzitutto, grazi per volermi ascoltare: credevo che non avresti accettato.”

“Pochi preamboli, su. Amo le buone maniere, ma adesso non è il caso. Ci siamo sempre detestati, se adesso vuoi parlarmi, significa che è davvero importante, no? Quindi sbrigati.”

Neville si rassegnò a non avere una conversazione educata: era troppo sperare in gentilezza da Malfoy. Pazienza; in fondo quel che contava era altro. Prese la busta e disse: “Qui dentro ci sono le prove che il padre di Dean era un mago. Dean Thomas di Grifondoro, hai presente? Era con noi fino all’anno scorso.”

“Sì, sì, lo conosco. E allora?”

“Lui al momento è in fuga, spero, perché non aveva informazioni su suo padre e, quindi, convocato dalla Commissione per i Nati Babbani … beh, sai meglio di me che fine avrebbe fatto. Io e Seamus abbiamo fatto indagini, abbiamo le prove, prove vere non falsificate, che Dean è solo Mezosangue. Stiamo provando ad informare il Ministero, ma non ci fidiamo molto. Volevamo … Volevo chiederti di prendere anche tu queste informazioni e farle avere a qualcuno che ne terrà conto, quando e se Dean verrà trovato.”

Neville allungò il braccio, porgendo la busta.

Draco non si mosse, ma posò lo sguardo sulla lettera e la scrutò molto accigliato, quasi sospettoso; poi ruotò gli occhi glaciali verso il grifondoro e, convinto di non avere capito, chiese: “Tu ti fidi di me?”

Quella non era certo una reazione che Neville aveva immaginato. Comunque rispose: “Sì. come ti ho detto l’ultima volta che ci siamo parlati, ho notato che sei maturato. Qui si tratta della vita di una persona e non mi sembra proprio che tu prenderai alla leggera questa faccenda. Sento che farai ciò che è giusto.”

Draco era ancora meravigliato: un grifondoro riponeva fiducia in lui? Gli affidava addirittura la vita di qualcuno? Gli sembrava impossibile. Forse era un imbroglio.

Sentiva una stranissima sensazione, una sorta di gioia mista a orgoglio. Forse, più che orgoglio era fierezza. Si aveva fiducia in lui, gli si affidava un compito importantissimo.

Qualcosa di quell’emozione gli ricordava il momento in cui Voldemort gli aveva ordinato di uccidere Silente, però c’era qualcosa di diverso. Non era un’imposizione, bensì una richiesta. Non si voleva metterlo alla prova, ma si confidava in lui.

Inoltre doveva ammettere che l’idea di salvare la vita a qualcuno gli sembrava molto più gratificante che il doverla togliere.

Quella vicenda, però, continuava a sembrargli surreale. Fu con una sconosciuta euforia che afferrò la busta, ma poi disse seriamente: “La mia famiglia ha sempre meno credito, ma farò il possibile.”

“Grazie.”

“Non posso garantire nulla.”

“Grazie per provarci.”

Draco ripose la busta in una tasca e non riuscì a trattenere una leggera e breve risata.

“Cosa ti diverte?” si preoccupò Neville.

“Il fatto che, fino a qualche mese fa, sarebbe sembrato ad entrambi assurdo e impossibile che accadesse qualcosa del genere.”

Dopo qualche istante, il grifondoro annuì ed ammise: “In effetti …”

 “Sono cambiate troppe cose e troppo in fretta.”

Draco aveva parlato a voce bassissima, come se avesse accidentalmente espresso a voce un pensiero che avrebbe voluto tenere per sé; infatti subito si irrigidì e disse sbrigativamente: “Se non c’è altro, me ne vado: la reputazione dei Malfoy è già abbastanza compromessa, senza bisogno di peggiorarla, facendomi vedere con te.”

Detto ciò, Draco si allontanò rapidamente e Neville rimase solo a rimuginare: era rimasto colpito dalla disponibilità ad aiutarlo che Malfoy aveva dimostrato e quindi era allo stesso tempo confuso dal suo essere sgarbato. Bah, in fondo era Malfoy, anche se faceva qualcosa di buono, non si poteva certo aspettarsi gentilezza da lui.

Era ancora lì, vicino alle scale della torre di Astronomia, quando sentì dei passi: si guardò attorno e non c’era nessuno, capì allora che venivano dalla scala a chiocciola in pietra. Pochi attimi e sugli ultimi gradini comparve Afdera.

“Oh! Ciao.” la salutò il ragazzo, sorpreso.

La corvonero ricambiò e gli chiese: “Anche tu vai a studiare le mappe celesti in tranquillità?”

“Cosa? … No, ero qui per caso. Tu eri a guardare le mappe?”

“Sì, purtroppo si trovano solo nell’aula, nemmeno in biblioteca le hanno.”

Rimasero in silenzio a guardarsi per alcuni lunghi momenti, non sapendo che cosa fare.

Infine Neville provò a spezzare quell’imbarazzante tacere, chiedendo: “Come va con le Rune Antiche?”

Era una domanda banale, ne era perfettamente consapevole, ma non gli era venuto in mente altro, lì per lì, e ora si sentiva piuttosto idiota.

“Meglio, grazie. Quei tre ripassi che abbiamo fatto assieme sono stati utili, poi anche Luna mi ha aiutata.”

“Oh, bene, ne sono felice.”

“Grazie. È gentile da parte tua interessartene.” Afdera gli sorrise.

Ci fu di nuovo silenzio, ma nessuno dei due accennava ad andarsene. Neville si rimproverava: possibile che, dopo le peripezie che aveva passato con lei nella Foresta Proibita, non gli venisse in mente nulla di cui parlare?

Beh, nemmeno lei stava avendo idee per una conversazione, quindi erano pari.

Per evitare di rimanere ancora lì muto, domandò la prima cosa che gli passò per la testa: “Come mai ti interessano tanto le mappe celesti?”

Dai, in fondo non era una domanda stupida.

“Le costellazioni erano molto importanti nell’antichità, raccolgono i simboli e i segreti delle mitologie, nascondono saggezze remote, mappe criptate, calendari, culti … Credo che conoscere il cielo ci possa aiutare a comprendere meglio le civiltà del passato.”

“Davvero? Non ci avevo mai pensato, non mi sono mai interessato molto di queste cose. Mia nonna mi leggeva spesso i miti greci scritti in forma di fiaba, quindi li conosco, ma non li ho mai considerati più di semplici racconti. Ti va di fare due passi e raccontarmi un po’ meglio quello che ne pensi tu?”

Afdera annuì e iniziò a spiegare metafore, simbolismi e molte altre cose di cui aveva letto. Nel mentre passeggiavano lungo i corridoi, senza una vera meta. Furono entrambi contenti di non avere lezioni nel primo pomeriggio e quindi poter conversare per almeno un’ora.

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