The Things I Do For Love

di sibley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Prologo ***
Capitolo 2: *** Lyanna's Secret ***
Capitolo 3: *** King's Landing ***
Capitolo 4: *** Insurrection ***
Capitolo 5: *** Oathkeeper ***
Capitolo 6: *** Free ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Prologo ***


L'uomo incappucciato uscì dal portone del grande castello, dirigendosi a lunghe falcate verso le mura della città, stringendo tra le braccia un grosso fagotto. Approdo del Re non era silenziosa nemmeno di notte, c'era sempre qualche schiamazzo o qualche ubriaco che cadendo al suolo produceva un sordo tonfo seguito dalle urla del locandiere che gli intimava di non tornare mai più. L'incappucciato proseguì la propria marcia verso la zona più povera della Capitale, non degnando di uno sguardo ciò che lo circondava. Pochi occhi si alzarono per guardare quel losco figuro che incedeva spedito verso il Fondo delle Pulci ed in pochi riuscirono a notare che cosa nascondeva quel fardello che teneva in braccio finché un pianto di bambino non squarciò l'aria e fu chiaro subito che proveniva dalle braccia dell'uomo. Quest'ultimo abbassò il capo a posare un bacio sulla fronte del bambino che continuò a piangere disperato mentre l'uomo allungava ancora il passo. Molti minuti dimarcia più tardi, l'incappucciato bussò forte alla lercia porta di una locanda chiusa alla quale venne ad aprire un grasso uomo pelato che tese immediatamente le braccia per prendere il bimbo in fasce e portarlo all'interno.

«Immagino che minacci te più di chiunque altro, Ser.» disse il grasso.
«Minaccia tutto ciò che ho di più caro.» rispose l'uomo che teneva ancora alto il cappuccio.

Un attimo di pausa.

«Fai in modo che arrivi sano e salvo a destinazione, o ti troverò dovunque tu sia andato a nasconderti.»
«Perché tanta premura? Te ne stai liberando con così tanta facilità, ma allo stesso tempo non vuoi che gli venga fatto del male...»
«Lui è una creatura innocente, non merita del male. Non ha sentore di ciò che è, di ciò che può fare a me.»
«Egoismo... che brutta storia...»
«Tu più di chiunque altro sai che cosa c'è sotto, non è così Ragno?»
«Ovviamente.»
«Allora penso tu possa immaginare perché questo bambino mi turba.»
«La trovo una forma di egoismo... ma non ti disprezzo per questo. A me non importano queste quisquilie, se così si possono chiamare. Io sbrigo le vostre faccende, ascolto tutto con i miei Uccellini... ma la mia è solo precauzione. E a differenza di ciò che si pensa, mi basta vivere tranquillo in mezzo agli agi...»
«Allora sbriga questa faccenda ed il tuo tenore di vita non verrà intaccato.»
«Senza dubbio, Ser.»

L'incappucciato abbassò ancora il capo per baciare di nuovo la testolina dai capelli scuri che spuntava dalla copertina in cui era infagottato.

«Dunque addio, principino.»

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Capitolo 2
*** Lyanna's Secret ***


Jon Snow stava facendo rifocillare le proprie truppe di Bruti e Corvi mentre si allenava nel cortile della caserma alla Barriera. Sansa Stark era appoggiata al balcone ed osservava il proprio fratellastro sguainare la spada e colpire grossi sacchi di paglia che servivano da esercitazione. Colpiva con grossi affondi, colpi di taglio e colpi dritti e diretti alle spalle dei fantocci creati con tanta fatica dalle reclute meno abili alla guerra od ai lavori pesanti. Sansa s'incantò a guardare i capelli di Jon che gli svolazzavano attorno e pensò che era bello. Jon non era una bellezza straordinaria come il defunto Joffrey Baratheon, che con quei capelli d'oro e gli occhi verdi faceva capitolare qualsiasi donna lo guardasse, ma era bello a modo suo. Aveva quell'aria selvaggia che nessuno negli Stark aveva mai avuto. Robb aveva l'aria di un Re, Sansa lo sapeva bene, Bran e Rickon già da piccoli sembravano due bambolotti per niente adatti a sembrare dei potenziali cavalieri dall'armatura scintillante ed il bel viso mascolino sotto la visiera. Sansa si era sempre posta il dubbio che Jon non fosse realmente figlio di suo padre Eddard, ma quando si era resa conto che l'argomento era poco tollerato, non aveva esitato a lasciar stare. E poi erano tutti così convinti che Jon fosse davvero figlio di Eddard... Una volta Jeyne Poole le aveva chiesto perché suo padre non riconoscesse Jon come figlio e questo nella mente di Sansa aveva sollevato ulteriori domande che non aveva però potuto sollevare esplicitamente poiché Eddard era stato giustiziato settimane prima. 

«APRITE LE PORTE!» un urlo distolse Sansa dai suoi pensieri

Immediatamente le porte del Forte si aprirono con la loro consueta lentezza, lasciando entrare un uomo completamente vestito di nero, a cavallo di uno stallone corvino. Jon rinfoderò la spada e andò rapidamente verso il nuovo arrivato che smontò da cavallo ed iniziò a legarlo ad un palo con estrema calma. Non aveva più alcun titolo con cui imporre all'uomo di dichiarare la propria identità. Aveva abbandonato il suo ruolo di Comandante ed era andato assieme alla sorellastra Sansa a riconquistare Grande Inverno, laddove era stato lasciato Tormund Veleno dei Giganti a fare da guardia al Castello ed al territorio. Sansa aveva deciso di tornare alla Barriera con lui e Jon non la disprezzava per questo - anche se lei in un primo momento aveva pensato di sì - ma la capiva. Arya era dispersa chissà dove, Bran era sparito assieme a Meera Reed che doveva proteggerlo, Rickon e Robb erano morti così come Catelyn ed Eddard. Jon capiva. Sapeva cosa si provava a non avere più nessuno al mondo.

«Zio Benjen!» gridò Sansa dalla balaustra

Jon osservò meglio l'uomo che stava ora sganciando la visiera. Portava il vessillo Stark sulla gualdrappa del cavallo sebbene fosse proibito mantenere i propri stemmi nell'Ordine dei Guardiani della Notte, ma Benjen Stark non aveva mai avuto nessuna intenzione di privarsi del proprio nome ed aveva comunque adempiuto ad ogni suo dovere verso la Confraternita. Sansa doveva averlo riconosciuto dal vessillo e dal cavallo poiché si era lanciata in una corsa sfrenata verso l'uomo ma Jon si era parato di mezzo per afferrare la propria sorellastra. Jon la prese per le braccia, tenendola stretta mentre finalmente la visiera cadeva a terra. Jon non aveva voluto correre alcun rischio. E se quell'uomo non fosse stato zio Benjen ma soltanto un malintenzionato che aveva rubato un cavallo nero ed uno stemma degli Stark? Non gli andava affatto a genio l'idea di perdere un ennesimo membro della propria famiglia e soltanto quando l'uomo ebbe alzato lo sguardo Jon lasciò andare Sansa.

«Zio Benjen!» esclamò Jon a sua volta

Sansa corse libera tra le braccia dello zio, la figura più vicina a quella paterna da molto tempo a quella parte. L'uomo era stato dato per disperso moltissimo tempo prima dopo una spedizione al di là della Barriera dalla quale non era più tornato. Jon non si capacitava di come potesse essere ancora vivo, ma d'altronde, nessuno aveva nemmeno mai confermato il ritrovamento del suo corpo e la sua presenza lì era inequivocabile. Benjen Stark era vivo e vegeto ed era lì al Forte. Jon ripensò immediatamente alle ultime parole dello zio prima di scomparire nella missione. "Parleremo di tua madre al mio ritorno, Jon". Il moro pensò che finalmente avrebbe avuto la risposta che cercava da una vita e sinceramente temeva quale potesse essere. In tutto il suo rimuginare aveva pensato spesso che la risposta avrebbe potuto deluderlo. Nel corso degli anni gli erano state riportate molte teorie: Ashara Dayne, la Lady di Stelle al Tramonto poteva essere sua madre e ne sarebbe stato orgoglioso. Una donna fiera e soprattutto nobile, non una puttana di qualche bordello come insinuavano in molti. Non si sarebbe vergognato nemmeno della puttana, ma perlomeno non avrebbe dovuto dare ragione a quelle dicerie invidiose. Un'altra donna che poteva essere sua madre era Wylla, la balia di Stelle al Tramonto, ma Jon si domandava perché allora lei non avesse fatto nulla per cercarlo ora che lui era alla Barriera lontano da ogni guerra. Mentre infine c'era chi spergiurava che sua madre fosse nientemeno che una semplice puttana di qualche bordello di Fondo delle Pulci ad Approdo del Re. Una notte in cui Eddard Stark era ubriaco, se l'era spassata alla grande con una puttana ed ecco che aveva dovuto farsi carico di Jon e non rivelava chi fosse sua madre per la vergogna.

«Zio Benjen...» ripeté Jon mentre Sansa scioglieva l'abbraccio

«Jon. Sono tornato per dirti alcune cose. Non sarei tornato altrimenti, ero sulle tracce del Nightking - o meglio, stavo per scoprire in che modo si possono debellare quegli schifosi esseri - ma ho saputo della tua vittoria a Grande Inverno. Ho delle fonti, so cosa succede grazie a dei poteri inimmaginabili che risiedono oltre la Barriera e mi è stato chiesto di tornare al Forte, in modo da ragguagliarti sul tuo passato. Per te è giunta l'ora di sapere la verità.»

«Andiamo nelle mie stanze. Sansa, vieni anche tu.»


Sansa guardò Jon, un po' stupita dalla richiesta ma Jon annuì e fece cenno a lei ed allo zio di seguirlo verso la torre del Lord Comandante. I suoi alloggi erano rimasti lì, nessuno aveva voluto spostarli insieme a quelli degli ospiti, visto che a tutti gli effetti Jon non era nemmeno più un Confratello dell'Ordine. L'avevano lasciato risiedere lì, lui non era un ospite qualunque, così come non lo era Sansa alla quale era stata assegnata una stanza più confortevole delle altre. La stessa stanza che era stata assegnata a Stannis Baratheon poco tempo prima, tra l'altro. Salirono le scale e raggiunsero una porta che venne aperta subito da Jon. I tre entrarono, mentre Jon scopriva con piacere che l'attendente aveva già acceso il caminetto per riscaldare gli appartamenti. Jon fece segno a Sansa ed allo zio di sedere pure sulle sedie attorno al grosso tavolo su cui erano ancora disposte delle mappe per l'assalto a Grande Inverno. Nessuno aveva toccato quella stanza, tranne che per il camino.

«Zio Benjen... quando sei partito...»

«Lo so. Ti promisi che avremmo parlato di tua madre e sono qui per questo. Tuo padre mi raccontò cosa successe alla tua nascita e credimi, ragazzo mio, andrà oltre ogni tua rosea aspettativa.»

«Contro ogni mia rosea aspettativa?»

«Proprio così.»

«Allora parla zio Benjen, ti prego!»


«Sappi che tu non sei nato da una scappatella qualunque. Tuo padre non era tipo da scappatelle di una notte ed ha amato Catelyn con tutto sé stesso, fino al suo ultimo respiro. Ned non avrebbe mai e poi mai tradito Catelyn e la sua famiglia per abbandonarsi all'effimero piacere di una notte. Difatti Eddard non fece mai niente del genere e si confidò solo con me su questo. Nessun altro sa questa storia, questa verità... e se io fossi perito al di là della Barriera, tu saresti rimasto per sempre col dubbio su chi fosse tua madre poiché ella è morta già da tempo.»

Benjen respirò profondamente prima di liberarsi del peso che lo opprimeva da anni. Da tutto quello che aveva saputo, Eddard non aveva mai avuto la possibilità di rivelare la verità al mondo.

«Tu hai del sangue Stark in corpo... ma non il sangue di Ned Stark.»

«Cioè... tu saresti mio padre?» chiese Jon sbalordito

«Non da parte di padre.»

«Lyanna...» sussurrò Sansa

«Lyanna.» confermò Benjen

«Ti prego, spiegami perché così non riesco a capire!»

«Tu sei figlio di mia sorella Lyanna, Jon. Lyanna è morta dandoti alla luce... ma Ned non poteva dirlo a nessuno poiché Robert Baratheon ti avrebbe fatto uccidere dal momento che... non è nemmeno lui il padre.»


Il vecchio Confratello attese un istante le domande che si aspettava provenissero subito da Jon, ma quest'ultimo rimase in paziente attesa mentre teneva il capo tra le mani. Robert avrebbe sicuramente fatto uccidere chiunque avesse avuto un rapporto sentimentale con quella che definiva la "sua" Lyanna. Una Lyanna che non aveva mai ricambiato le attenzioni di quell'uomo che per quanto si sforzasse non riusciva proprio a farsi piacere. Non aveva potuto dire nulla però dopo la morte di Re Robert. 

«Lyanna era al Torneo di Primavera ad Harrenhal, dove come tutti sappiamo bene Rhaegar Targaryen incoronò proprio Lyanna come Regina di Bellezza al posto di Elia Martell, sua legittima moglie. Tra i due nacque un grosso amore, che erano costretti a nascondere dai Martell e da Robert, il promesso sposo di Lyanna. Per molto tempo s'incontrarono in segreto i due mentre soltanto Eddard conosceva la verità. Quando Brandon - nostro fratello - venne a sapere che Lyanna era ancora ad Approdo del Re, pensò che Rhaegar fosse impazzito, che avesse rapito Lyanna e si lanciò alla carica sulla Capitale per liberarla da Rhaegar Targaryen.»

Immediatamente i Lannister erano saltati col fiato sul collo di Eddard e se avessero saputo della vera origine di Jon sarebbe stato ancora peggio, capiva Benjen ripensando al perché era lui ora a dover raccontare quella spiacevole vicenda. 

«Rhaegar la tenne con sé ad Approdo del Re, nascosta da Elia e Oberyn Martell. Elia avrebbe accettato la cosa indifferentemente, ma Oberyn avrebbe iniziato a scalpitare sull'onore scalfito e stronzate del genere perciò Rhaegar la tenne nascosta. Quando Brandon marciò su Approdo del Re, Rhaegar capì che non era sicuro tenere ancora lì Lyanna e la portò alla Torre della Gioia, difesa dai suoi migliori combattenti, le cappe bianche Arthur Dayne, Gerold Hightower e Oswell Whent. Lyanna partorì mentre Eddard fuori dalla Torre combatteva assieme ad Howland Reed contro la Guardia Reale e quando Eddard entrò nella Torre, Lyanna stava morendo di parto.»

Benjen si zittì, ricordando il cruento racconto di Eddard e sentendo il naso pizzicare all'idea della sorte toccata alla propria sorella.

«Ned disse che trovò Lyanna in un lago di sangue, che la trovò con un bambino tra le braccia e febbricitante. Rinchiusa lì dentro, ti diede alla luce senza l'aiuto di nessuno e riuscì solo a farsi promettere da tuo padre che ti avrebbe nascosto da Robert Baratheon. Ti avrebbe ucciso se avesse saputo che eri frutto dell'amore della cosiddetta sua Lyanna e di un altro. Dopo la morte di Re Robert, avrebbe potuto uscire allo scoperto ma in tal caso i Lannister ti avrebbero ucciso per non correre il rischio che tu, Bastardo di Rhaegar Targaryen, cercassi di reclamare il Trono di Spade. Ned non voleva rischiare che la voce giungesse a qualcuno, perciò ne parlò solamente a me. Non disse mai nulla nemmeno a Catelyn per paura che le sfuggisse qualcosa con sua sorella Lysa. Non disse nulla nemmeno a te, per non rischiare che tu ti confidassi con Robb e Theon.»

Jon appariva sconvolto. Sansa rimase con la bocca e gli occhi spalancati e l'aria terrorizzata. I Lannister erano ancora al potere, per quale motivo zio Benjen aveva raccontato loro quella storia? Se fosse trapelato, i Lannister avrebbero ucciso Jon senza pensarci più di tanto ma Jon era un combattente nato, un condottiero di quelli d'altri tempi ed ora che sapeva la verità, aveva bisogno di altre risposte, di certezze e Jon sapeva bene dove trovarle. 

 
***

Jon Snow stava preparando una sacca con poche cose essenziali. Inserì una mappa dei Sette Regni, pochi vestiti di ricambio e un mantello molto più leggero del proprio.
Sansa Stark stava preparando una sacca con poche cose essenziali. Inserì dei vestiti per Jon, dei vestiti per sé stessa, della ceralacca e della carta da lettere con un calamaio ancora tappato ed una penna. 

Edd Tollett non sapeva che cosa andassero a fare ad Approdo del Re, ma aveva tentato di distogliere il suo amico e la sorella dall'intento suicida. Sansa era una Stark, una fuggitiva ancora, non poteva di certo rimettere piede nella Capitale senza che le stessero addosso immediatamente, ma lei ci teneva troppo a seguire Jon nella sua impresa. Benjen Stark aveva deciso di rimanere alla Barriera al posto di Jon ma questo non preoccupava Edd l'Addolorato. Era solo la paura che a Jon potesse succedere qualcosa ad Approdo del Re. Da quanto Jon aveva deciso di rivelargli, stava andando nella Capitale per delle informazioni su sua madre. Ovviamente Edd non poteva sapere che Jon stava dicendo pressoché la verità, omettendo solo la presenza di un particolare: Jon sapeva bene chi fosse sua madre e voleva avere più informazioni di quelle che già avesse. Sapeva della presenza di alcuni archivi in cui venivano specificate le caratteristiche fisiche di ogni appartenente ad ogni singola casa. Voleva leggere quell'archivio, scoprire se avesse realmente in comune qualcosa con Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark.

«Sei proprio sicuro di voler partire?» chiese Edd, entrando nelle sue stanze

«Certo.» rispose Jon laconico

«Ma portare Sansa è un rischio... ed è un rischio anche per te...»

«Io devo sapere se ciò che ho scoperto è la verità! Tu sai chi sono i tuoi genitori, Edd! Sai bene chi è tuo padre e sai chi è tua madre ed io in questo momento non ho alcuna certezza. Potrebbe essere la verità quella che mi è stata raccontata, potrebbe essere la verità quella che mi hanno sempre inculcato... io non lo so. Ho bisogno di conferme.»

«D'accordo... se hai bisogno, qualsiasi cosa succeda... manda un corvo. Io arriverò con tutta la tua truppa e ti porteremo via da lì.»

«Non ti azzardare nemmeno, Edd. Lasceresti la Barriera scoperta!»

«Tu sei più importante della Barriera. La Barriera resisterà a qualche colpo, tu no.»

«La Barriera non può rischiare di cadere.»

«Ma la Barriera non cadrà!»

«IO NON HO INTENZIONE DI RISCHIARE CHE LA BARRIERA CADA A CAUSA MIA!»
sbraitò Jon, attirando l'attenzione di Benjen Stark, che dormiva nell'alloggio accanto al suo.

L'alloggio di Benjen Stark era quello solitamente destinato all'attendente personale del Lord Comandante, ma Jon non aveva un attendente personale ed Edd non aveva preso posto nell'alloggio che gli spettava - avendolo appunto lasciato a Jon. Benjen sentì il trambusto e si destò, andando a scattare sul letto, spaventato. I ricordi di quando i White Walkers attaccavano i villaggi in cui trovava rifugio, le urla dei Figli della Foresta che spesso l'avevano ospitato, erano tornate prepotentemente nella sua mente. I White Walkers erano spaventosi, aveva pressoché scoperto come ucciderli ma non era ancora totalmente confermato. Sembrava che il fuoco li mandasse in frantumi, che si dissolvessero o si sciogliessero ed il che spiegava il motivo per cui rimanevano così a Nord. Non capiva se fosse soltanto l'Ossidiana a poterli uccidere, o qualsiasi cosa che bruciasse potesse diventare un'arma letale e potenzialmente utile contro di essi. Non aveva avuto modo di sperimentare e soprattutto non ci teneva troppo a sperimentare in prima persona, sebbene sapesse che era l'unico modo per riuscire a concludere qualcosa. Quell'urlo però l'aveva preoccupato. Si era alzato dunque dal letto ed era corso negli alloggi di suo nipote Jon, notando che nulla di strano era accaduto ma che stava solamente avendo un litigio con Edd Tollett, il Lord Comandante.

«Che sta succedendo?» chiese preoccupato

«Edd lascerebbe la Barriera sguarnita per venire a salvarmi ad Approdo del Re, se fosse necessario!»

«Edd dice sciocchezze. La Barriera non va lasciata incustodita.»

«Ma Jon...»

«Jon se la caverà. Ecco, in assenza di Jon e Sansa, ti insegnerò come si comporta un vero Lord Comandante.»

«Conto sul tuo aiuto, zio Benjen. Ora, vogliate scusarmi, devo finire di preparare la mia sacca.»

«Certo. Andiamo Edd, lasciamo Jon ai preparativi.»

«Sì...»


Poche ore dopo, bussarono alla porta di Jon. Il riccio andò ad aprire, trovandosi davanti zio Benjen e Sansa. La rossa teneva già tra le mani la propria sacca da viaggio, accuratamente preparata ore prima. Benjen invece, aveva l'aria di essere piuttosto di fretta. Jon li osservò, assonnato, ma li fece entrare comunque nel proprio appartamento laddove giaceva su una sedia la sua sacca da viaggio miracolosamente completata, nonostante più di una volta Edd l'Addolorato fosse andato a cercare di dissuadere Jon dall'intento. Benjen e Sansa osservarono Jon, quasi stupiti dal fatto che non avesse ancora capito le loro intenzioni.

«Be', non ti prepari?»

«Prepararmi per cosa?...»

«Andiamo via ora. Partiamo.»
disse Sansa

«Credo sia meglio se evitate Edd Tollett domattina. Partite adesso e avviatevi verso la strada del Re.» rincarò Benjen

Jon cominciò a prepararsi, noncurante che nella stanza ci fossero Sansa e Benjen. Si sfilò i calzoni e si tolse la maglia, infilandosi subito gli abiti che aveva predisposto sul tavolo per l'indomani mattina. Fu pronto in pochi minuti e zio Benjen condusse i due fino al portone silenziosamente, cercando di non svegliare nessuno nel Castello Nero. Arrivarono al portone in pochi minuti, mentre Sansa già gelava nell'aria fredda del primissimo mattino. Le prime luci dell'alba stavano a malapena spuntando, mentre Jon e Sansa uscivano dal portone del Castello.

«Grazie zio Benjen. Abbi cura di te, della Barriera e di Edd.» disse Jon

«Certo Jon, buona fortuna. Buona fortuna ad entrambi.»

«Arrivederci zio Benjen, buona fortuna anche a te!» rispose Sansa

Sansa e Jon si avviarono verso la strada per Grande Inverno, andando incontro al loro destino che da quel momento in poi sarebbe cambiato drasticamente.

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Capitolo 3
*** King's Landing ***


Jon Snow e Sansa Stark erano in viaggio ormai da un paio di giorni. Sapevano benissimo che ci sarebbero voluti almeno tre giorni di cavalcata per arrivare ad Approdo del Re dove avrebbero potuto trovare la verità sulle origini di Jon. Sansa aveva udito suo padre parlare di un grosso libro nel quale venivano spiegate caratteristiche fisiche e comportamentali di ogni singolo membro di ogni singola casata e aveva saputo in seguito da Melisandre che suo padre aveva capito proprio grazie a quello che Joffrey, Myrcella e Tommen Baratheon non erano in realtà figli di Robert Baratheon ma bensì di Jaime Lannister, fratello di Cersei Lannister. Insomma, erano dei Bastardi ed inoltre erano figli di un incesto tra i due gemelli. Sansa si era domandata se in quel libro ora ci fossero anche le sue caratteristiche fisiche, il suo modo di fare, le sue abitudini... tutto racchiuso in una pagina interamente dedicata a lei. Con Jon voleva aprire quel libro, cercare le pagine riguardanti Lyanna Stark e Rhaegar Targaryen e passare ore a cercare somiglianze tra Jon, sua zia ed il suo ipotetico padre. Non è che Sansa e Jon non si fidassero delle parole di Benjen Stark, ma semplicemente volevano una conferma più concreta della parola di uno zio creduto scomparso e ricomparso magicamente per raccontar loro quella storia. Si avvicinarono ad un grosso fiume nel cui l'acqua scorreva impetuosa.

«Siamo al Tridente, Jon... ora come attraversiamo?»

«Là ci sono delle chiatte, forse possono traghettarci dall'altro lato.»

«NO! No... non è prudente andare da quegli uomini. Non abbiamo nemmeno preso la premura di tingerci i capelli o mascherarci in qualsivoglia modo...»

«Potremmo unirci a quella carovana... hanno l'aria di essere contadini. Non credo ti riconosceranno.»

«Forse no... in mezzo a loro potremmo attraversare il fiume mescolandoci nella confusione.»


Diressero i loro cavalli verso la carovana di contadini che distava qualche metro dalle chiatte traghettatrici. I contadini ciarlavano tranquillamente di discorsi futili, quali una presunta alluvione che veniva predetta da alcuni Septon e che avrebbe dovuto spazzare via i cambi dei sopracitati contadini in caso non pagassero un pedaggio al Septon in questione che avrebbe scongiurato la disgrazia. In quel preciso istante stavano decidendo se pagare o meno la tassa al Septon quando Jon e Sansa si avvicinarono loro.

«Buona giornata, Ser.»

Non si rivolsero a Sansa, che dal canto proprio rimase qualche istante stizzita, ma si riprese immediatamente.

«Buona giornata.» rispose educatamente Jon

«In cosa possiamo esservi utili?» chiese quello che aveva l'aria di essere il più anziano

«Siamo Lothar e Walda Manderly delle Terre del Nord. Quei traghettatori dicono che per solamente due persone non muovono la chiatta. Pagheremo la nostra quota d'oro e se non v'arreca disturbo ci uniremmo a voi. Mi pare d'intendere che anche voi necessitate di andare oltre il Tridente.» intervenne Sansa

«Nessun disturbo, Lady Manderly. Dove vi state dirigendo, se posso permettermi?»

«Siamo diretti verso Dorne. Abbiamo nostro fratello Daemon lì, ma non riceviamo sue notizie da poco più di un mese e questo ci sta preoccupando, soprattutto a causa dei tumulti che ci sono stati ultimamente. Dove siete diretti, voi?»


«Stiamo andando a Maidenpool, abbiamo ricevuto una profezia da un Septon che ci ha previsto sventure per i nostri campi. A Maidenpool c'è una Donna Rossa che dice di saper vedere il futuro nelle fiamme e siamo intenzionati a dirigerci là per scoprire se il Septon dice il vero.»

«Capisco...»


Si affiancarono ai contadini e si accodarono verso le chiatte, salendovi di sopra con i cavalli. Per un istante a Sansa sembrò che uno dei contadini più anziani la stesse guardando stranamente, ma si costrinse a sopprimere quel pensiero e si lasciò andare alla traversata. Continuarono con i contadini per parecchie miglia ancora quando loro dovettero separarsi per dirigersi verso Maidenpool. 

«Allora arrivederci, Lady Manderly, Ser Manderly.»

«Arrivederci, signori.»


Jon e Sansa proseguirono a cavallo verso Approdo del Re, che distava ora meno di una giornata di cavallo. Decisero che si sarebbero fermati a dormire qualche miglio prima di arrivare in città, in maniera da rimanere il meno possibile nella Capitale il mattino dopo. Sarebbero entrati mescolandosi ad un'altra carovana, si sarebbero intrufolati dentro la Fortezza Rossa e Sansa - che ormai conosceva quel posto come le sue tasche - sarebbe andata a cercare il tomo di cui avevano bisogno, per poi fuggire e tornare direttamente alla Barriera. Si accamparono perciò a poche miglia dalla città e si misero a dormire, pensando di aver di fronte ormai solo la parte più complessa.
***

Erano davanti alle porte della città, dove le guardie eseguivano un controllo molto approssimativo dei nuovi arrivati nella Capitale. Jon e Sansa si avvicinarono ad un gruppo di mercanti, mettendosi dietro di essi ed immediatamente dietro di loro si accodò un contadino. Sansa si voltò spaventata ma non notò nulla di strano, se non una strana somiglianza dell'uomo con qualcuno che lei non seppe riconoscere. Entrarono nella Capitale, con Jon che via via andavano verso il centro della città, verso la Fortezza Rossa, diveniva sempre più ansioso. Non era da lui avere timore, difatti non temeva per sé, ma per la missione suicida che la sorellastra stava per compiere per lui. Si era affezionato molto a Sansa nell'ultimo periodo, da quando la ragazza era riuscita ad arrivare alla Barriera ed a mettersi in salvo dalle grinfie di Ramsay Bolton. Quando erano entrambi a Grande Inverno, più piccoli ed ingenui, aveva notato quell'aria di simil sufficienza con la quale lei lo osservava. Per contro, lui osservava lei come se fosse una creatura strana e poco avvezza alle abitudini degli abitanti del Nord. Catelyn Tully, per quanto non l'avesse mai sopportato troppo - e lui lo sapeva bene - non aveva mai detto nulla sulle abitudini che avevano lui, Bran, Rickon, Robb e soprattutto Eddard, nell'allenarsi costantemente con la spada. Arya invece era un caso a parte, era sempre stata una bambina appassionata di armi e di cavalieri. Sansa sembrava disprezzare tutto quel desiderio di combattere ed impercettibilmente arricciava le labbra ogniqualvolta notava qualcuno nel giardino del Castello intento a temprare le proprie abilità nella lotta. Adesso però le cose erano cambiate, e tanto anche, perciò erano arrivati al punto di capirsi a vicenda e di sostenersi come fratello e sorella sebbene avessero scoperto da poco di non esserlo. Jon rifletteva pesantemente su queste considerazioni quando Sansa gli si affiancò a cavallo.

«Jon, io vado. Tu fatti trovare in questo preciso posto, trova delle carovane e rimani accanto ai mercanti. Fingi di cercare qualcosa, della stoffa o delle provviste. Io cercherò di fare il più in fretta possibile.»

«D'accordo...» disse Jon. Sansa si avviò facendo muovere il cavallo. «Ehi, aspetta!» gridò poi.

«Per favore... stai attenta.» concluse.

Sansa sorrise all'indirizzo del Guardiano della Notte e si diresse verso la Fortezza Rossa, seguendo una fila di uomini che tenevano sulla testa delle anfore. Sapeva che quelli avrebbero portato il vino direttamente dentro la Fortezza. Cersei Lannister, a dispetto di ciò che poteva sembrare, era una gran bevitrice e spesso e volentieri si ritrovavano a dover rifornire la cantina. Fu un'insperata fortuna trovare quegli uomini proprio in quel momento. Sansa scese dal cavallo, lo legò rapidamente ad una staccionata sperando di ricordarsi il posto nel momento della fuga ed afferrò una grossa anfora - che sembrava di più un vaso per fiori - da un banco di argilla lì piazzato e se lo caricò in testa, accodandosi a quel nuovo stuolo di persone. Doveva stare molto attenta in quel frangente, non poteva rischiare che uno di quegli uomini si accorgesse della sua presenza, o l'avrebbero scacciata credendola una mendicante che li aiutava per racimolare qualche spicciolo che ovviamente non avevano intenzione di darle. Arrivò alla Fortezza Rossa in tempo record. Tutti lasciavano passare quella sgangherata coda di uomini che stavano solamente facendo il loro lavoro. Le guardie diedero a malapena uno sguardo al gruppetto, sapendo della consegna del vino di quella giornata e lasciarono passare ancora avanti quella mezza dozzina di persone. 

Era chiaramente in zona minata, molto più che minata, ma a Sansa non importava più di tanto. Doveva trovare quel tomo e portarlo alla Barriera. Lì l'avrebbero consultato in tutta calma e avrebbero scoperto se quanto detto da Benjen era vero. Sansa contava molto sul fatto che nessuno fosse minimamente interessato a quello che sicuramente la Regina Cersei avrebbe definito "antica spazzatura". La donna non aveva la fama di essere chissà quanto interessata ai libri od alla poesia. La stessa Sansa poteva riconoscere che la bionda Lannister fosse una sorta di condottiera ineccepibile, dal momento che sotto il suo dominio l'intera Approdo del Re sebbene non fosse riuscita a risanare i debiti con la Banca di Ferro di Braavos e non i debiti con i Lannister che comunque con il regno di Re Tommen non venivano minimamente considerati dal momento che alla Regina Cersei non interessava di sicuro qualche sacco d'oro in cambio della tranquillità dell'adorato figlioletto, riusciva comunque a trovare il modo di governare in maniera piuttosto intelligente, senza dare troppo scompenso alla popolazione, dapprima ridotta alla fame da Robert Baratheon ed ora alle prese con una grossa scarsità di conio, ma davanti ad una grossa possibilità di migliorare il proprio tenore di vita grazie alle nuove attività che sembravano fiorire pian piano. Allo stesso tempo Petyr Baelish aveva spedito lettere molto utili all'unica erede Stark ancora sicuramente in vita. Ditocorto affermava con certezza che Cersei Lannister era piuttosto stanca della Regina Margaery che le stava compiendo un torto dopo l'altro. A Sansa sarebbe piaciuto saperne di più sulla questione, ma di certo non aveva il tempo di mettersi a ficcanasare e sebbene stesse riflettendo febbrilmente su quei pensieri, si diresse comunque furtivamente verso l'ala della Fortezza Rossa nella quale sapeva venivano conservati i tomi riguardanti le casate.

Pur consapevole che in quel posto la sorveglianza delle guardie era quasi al minimo, Sansa rimase molto circospetta nello spingere il grosso portone che la separava dal libro. Si diresse verso il centro di quell'enorme posto in cui risiedevano millenni di storia, probabilmente in quel salone v'era custodito addirittura il primo libro scritto sulle Casate dei Sette Regni da appena dopo il ritiro dei Primi Uomini. Per qualche istante si crogiolò nell'idea di rubare anche quello, solo per il gusto di vedere se gli Stark erano già in circolazione a quei tempi ma si rese conto che doveva sbrigarsi. Andò avanti, seguendo la scia dei libri che sembravano essere sempre più recenti e quando giunse a quelli che avevano l'aria di essere appena stati riposti negli scaffali capì di esserci quasi. Stava per allungare una mano verso l'ultimo libro della fila per controllare quali fossero i primi nomi di quel tomo quando sentì una voce provenire da poco distante.

«Tylla, porta questo tomo nella sezione recente... Walda Frey la Brutta ha appena partorito...»

«Certo, Maestro.»


Doveva andarsene piuttosto in fretta! Sansa si allontanò cercando di far meno rumore possibile, avvicinandosi alla sezione più antica della sala mentre la ragazza di nome Tylla andava a riporre un enorme tomo nella scaffalatura rozzamente intagliata nel legno che troneggiava contro la parete. Non appena l'esile ragazza fu tornata verso il Maestro che evidentemente si occupava di registrare le nuove nascite e di aggiungere dunque pagine ai libri o di aggiornare quelle già esistenti, Sansa si diresse verso il libro appena riposto sperando vivamente che non fosse quello il libro che le occorreva. Aprì le pagine, notando l'inchiostro appena asciugato e guardò la prima pagina.
TYRION LANNISTER
Capelli biondi, ricci. Occhi azzurri, neri. Affetto da nanismo. Nato da Tywin Lannister e Joanna. Naso mancante e grossa cicatrice in volto.
Educato ed acuto, consigliere fidato, grande stratega, NON incline alla violenza.
Sposato con Sansa Stark.

Quest'ultima frase era stata eliminata con un taglio netto. Sansa riflettè rapidamente: il suo cosiddetto marito ormai non veniva nemmeno più considerato tale. Pensò all'età che avrebbero dovuto avere Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark e per un attimo pensò ad una conversazione della Regina Cersei che aveva involontariamente udito. Lei diceva di dover essere destinata a sposare Rhaegar Targaryen, ma lui aveva preferito in un primo momento Elia Martell ed in un secondo aveva scelto di rapire e stuprare Lyanna Stark facendo esplodere così la guerra. Capì dunque che Cersei Lannister - più vecchia di quasi dieci anni di Tyrion - doveva avere all'incirca l'età di Rhaegar. Rimise il libro sullo scaffale e prese il tomo posto prima di quello che aveva appena rimesso giù. Lo infilò velocemente sotto il mantello e cautamente si diresse verso l'uscita di quella sorta di biblioteca. Si rallegrò nel pensare che quei tomi erano talmente enormi che per descrivere gli ultimi trent'anni di nascite nobili era bastato un solo tomo e d'altra parte si rattristò, pensando che molte nascite era possibile non fossero accadute a causa di sua zia Lyanna che aveva deciso di farsela con il Principe Rhaegar ed aveva lasciato che scoppiasse una guerra. Scacciò il pensiero e rapida riattraversò il giardino reale e uscì dalla Fortezza Rossa, riaffiancandosi ai mercanti di vino che stavano uscendo. 

Ritrovò il proprio cavallo legato alla staccionata e fece una piccola smorfia di soddisfazione nell'essere riuscita a ritrovare la staccionata. Pochi minuti dopo raggiunse Jon che stava osservando una grossa stola di stoffa nera, continuando ad importunare il commerciante con domande insistenti mentre egli tentava in ogni modo di convincerlo a comprare l'intero rotolo di stoffa, promettendo calore assicurato e una tenuta impeccabile in qualsiasi situazione. Dall'altra parte, Jon insisteva a dire che gli occorreva un tessuto resistente agli attacchi, che non si strappasse in allenamento e che tenesse ben caldo perché - diamine! - alla Barriera faceva proprio un gran freddo. Sansa ascoltò quella conversazione per vari istanti, sorridendo teneramente a quello che non sapeva se continuare a chiamare fratello - in attesa di conferme più certe - o se iniziare già a considerare cugino - vista la sua ipotetica appartenenza alla Casata Targaryen, seppure come un bastardo ed alla sua parentela con sua zia Lyanna. Toccò delicatamente la spalla del compagno di viaggio che sobbalzò sul cavallo. Jon si voltò riconoscendo il volto di Sansa e si limitò a girarsi nuovamente verso il mercante di stoffe.

«La ringrazio, ma per me questa stoffa non è sufficiente. Abbiamo bisogno di ben altro, alla Barriera!»

Il mercante strinse gli occhi, furioso, mentre Jon e Sansa si allontanavano rapidamente dalla bancarella del commerciante e raggiungevano le porte della città, pronti ad uscire e a tornarsene di corsa verso la Barriera che Jon Snow proteggeva ancora con tanta dedizione, nonostante non fosse più ufficialmente un Confratello dei Guardiani della Notte. Ma non appena arrivarono alle porte, quattro Cavalieri in armatura nera ed oro circondarono Lady Sansa e Jon, facendo subito intender loro che erano appena stati catturati.
***
Pochi minuti prima.

Alle porte della Fortezza Rossa le guardie stavano controllando un tizio lercio e piuttosto losco, che insisteva a dire di voler vedere la Regina Cersei. Ovviamente nessuna delle guardie avrebbe fatto avvicinare quell'individuo alla Regina Reggente - che sebbene fosse chiusa nei suoi appartamenti per volere di Re Tommen, non era comunque una contadina qualunque - ma in quel momento fu provvidenziale l'arrivo di Maestro Qyburn che si avvicinò alle guardie ordinando loro di spostarsi. Immediatamente lo straccione si gettò davanti al fidato uomo di Cersei Lannister, disposto a tutto pur di farsi ascoltare. Qyburn si arrestò, osservando quell'uomo sporco e determinato a farsi ascoltare, decidendo di lasciarlo parlare con un cenno del capo.

«Io non so chi voi siate, ma ho delle informazioni importanti per Cersei Lannister!»

«Informazioni importanti dite?»

«Sì, ma non le riferirò a nessuno che non sia Cersei Lannister.»

«Seguitemi.»


Qyburn girò sui tacchi, rientrando nelle mura della Fortezza mentre le guardie rimasero qualche istante ad osservarlo sgomente. Stupido sempliciotto lo straccione a pensare che appena arrivato avrebbe conferito immediatamente con la Regina Cersei! Qyburn lo portò verso le celle più sotterranee della Fortezza, laddove conduceva i suoi macabri esperimenti al limite della follia umana. Tutto ovviamente per amore della scienza. Il poveraccio venne fatto "accomodare" su una scomoda sedia ed immediatamente venne spinto a parlare.

«Dimmi, cosa devi riferire alla nostra Regina Reggente?»

«Questo lo dirò solamente a lei.»

«La Regina non viene scomodata per contadini di basso livello. Puoi riferire a me.»

«No, è una cosa strettamente confidenziale.»

«Non ci sono segreti tra me e la Regina.»

«Io...»

«Parla.»

«Sansa Stark... Sansa Stark e Jon Snow, diretti in città.»

«Sansa Stark e Jon Snow... diretti in città?»

«Si sono presentati alla carovana di mio padre per attraversare il Tridente. Si sono uniti a noi per dividere la chiatta che ci avrebbe fatto attraversare... dicono di chiamarsi Walda e Lothar Manderly e di essere diretti a Dorne. Oh, ma io lo so quando qualcuno mente! Non stavano proprio andando a Dorne, perciò li ho seguiti! Vede, Maestro, io ero nell'esercito dei Bolton... li ho visti ricomparire davanti a me di nuovo, soltanto poco dopo la Battaglia dei Bastardi...»

«Dunque? Li hai seguiti dove?»

«Si sono uniti ad un gruppo di trasportatori di erbe mediche ed io mi sono unito a loro. Per un momento ho temuto che Lady Sansa mi avesse riconosciuto ma poi si è voltata e sono riuscito a correre qui. Non so dove siano diretti ma posso portarvi dove li ho visti l'ultima volta...»

«Lady Sansa è ancora ricercata per l'omicidio di Re Joffrey...»

«Allora seguitemi e vi porterò da loro.»

***

Jon e Sansa erano stati opportunamente legati e stretti con corde ruvide e fastidiose in modo che non potessero nemmeno cercare di muovere le braccia per slegarsi mentre rapidamente venivano trasportati negli appartamenti di Cersei Lannister. Sansa dedusse che Re Tommen non era a conoscenza di quanto la sua adorata madre stesse facendo. Un uomo basso e con l'aria piuttosto sadica bussò alle porte di quella che doveva essere la sala da pranzo personale della Regina Reggente. Due rapidi colpi ed immediatamente la bionda Cersei accorse ad aprire. 

«Mastro Qyburn... che lieta visita. Cosa ti porta qui?»

«Questo.»
rispose Qyburn

E si scostò.

Se Lady Cersei ne fu sorpresa, non lo diede proprio a vedere. Rimase pressoché impassibile mentre si scostava dalla porta per consentire a Qyburn, Sansa e Jon di entrare, mentre le guardie rimasero semplicemente fuori ad aspettare. In un attimo a Sansa e Jon parve evidente che Cersei non sapeva assolutamente nulla della loro cattura. Qualcuno doveva aver avvertito in extremis Maestro Qyburn ma ai due non venne in mente nessuno che potesse aver riconosciuto Sansa dopo tutto quel tempo che era rimasta rintanata al Nord.

«Lady Sansa... che piacere rivederti dopo tanto tempo. Immagino che questa sia la nuova bestia a cui t'accompagni. Lord Snow, mi hanno riferito che ora i Bruti possono addirittura entrare ed uscire a piacimento dalle terre dei Sette Regni a causa tua e delle tue frontiere così aperte...»

«Lady Cersei» - prese la parola Jon - «Non siamo venuti ad arrecarle alcun danno. Sansa non ha fatto nulla a suo figlio Joffrey, non farebbe del male a nessuno! Siamo qui per consultare un archivio per sapere chi sia mia madre. Mio padre, Eddard Stark, si è sempre rifiutato di dirmi il suo nome ed ora vorrei sapere chi fosse quella donna e soltanto alcuni archivi nella Fortezza Rossa possono darci la risposta.»


Sciocco, pazzo Jon Snow a pensare che Cersei Lannister li avrebbe lasciati andar via così facilmente. Finalmente aveva tra le mani una delle due responsabili della morte di Joffrey, il suo amato figliolo, e non aveva certo intenzione di lasciarla andare. Inoltre, Qyburn sventolava un tomo dall'aria preziosa e comprese che erano stati già nell'archivio ed avevano trafugato quel libro.

«Tu, piccola Lady del Nord abituata a buone maniere e té caldo ad ogni ora... hai ucciso mio figlio insieme a quell'assassino di Tyrion! Tu non uscirai da Approdo del Re viva, ci puoi giurare! Mentre tu... tu hai trafugato questo libro dall'archivio del Re. Questo è punibile con il taglio di entrambe le mani... che ne pensi, Maestro Qyburn?»

«Sicuramente è una pena adeguata, mia Regina.»

«Sono stata io!» intervenne Sansa

«Ho rubato io quel libro... ma non ho ucciso il Re Joffrey... lo giuro...» Sansa cominciò a piangere silenziosamente

«Gettali nelle celle, Maestro Qyburn. Io devo scrivere a mio fratello Jaime. Vedrò in seguito se usarli per ottenere un po' di protezione da parte di quello sconsiderato di mio figlio o se far sì che si rendano utili in altri modi...»

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Capitolo 4
*** Insurrection ***


Cersei Lannister stava camminando a passo spedito verso le stanze di Lady Olenna, riflettendo febbrilmente su come potesse venirle utile l'imprigionamento di Jon Snow e Sansa Stark. Sapeva per certo che i due erano ufficialmente i Protettori del Nord, avendo battuto Ramsay Bolton a Grande Inverno e questo poteva di certo venirle d'aiuto. Margaery Tyrell aveva di sicuro esagerato ultimamente. Aveva circuito il suo piccolo Tommen, il frutto del suo amore, e l'aveva costretto a chiuderla nelle sue stanze. Divieto di uscire che stava tranquillamente ignorando, visto e considerato che dopotutto lei continuava ad essere la Regina Reggente, nonostante tutto. Non sapeva come Margaery fosse riuscita a convincere l'Alto Passero a lasciarla andare senza alcuna Camminata della Vergogna o senza dover comunque scontare qualcosa, ma niente toglieva a Cersei il dubbio che Margaery ci fosse riuscita solo portandosi a letto il vecchiaccio infernale. Pio o non pio, sicuramente al Passero non sarebbe sfuggita l'occasione di farsi una come Margaery Tyrell. 

Arrivò davanti alla porta di Lady Tyrell, bussando poi lievemente al portone d'ingresso. Lady Olenna non si fece attendere, aprendo immediatamente la porta. Subito si dipinse un'aria stupita in volto all'anziana Lady. Cersei gettò uno sguardo alle spalle della donna, notando un grosso baule aperto e per metà pieno appoggiato a terra. I vestiti erano stati inseriti all'interno con cura, nessun segno di disordine. Lady Olenna se ne stava andando, ma lo stava facendo con tutta calma. 

«Cersei.»

«Olenna.»
si salutarono

«Stai partendo, vedo.»

«Tu più di me sai che brutta aria tira. L'Alto Passero non ha apprezzato la nostra improvvisata di qualche giorno fa.»

«Immagino che Margaery ti abbia avvertita per tempo...»
Cersei strinse le labbra

«Proprio così. Mia nipote, a differenza di tuo figlio, sembra tenere ai membri della sua famiglia.»

«Nessuna ostilità, Olenna. Prendiamo un thé piuttosto...»

«Un thé?»

«Precisamente. Io sono libera, Margaery è libera... Loras è ancora imprigionato. Parliamone davanti ad un thé.»

«Certo...»

«Melara!»
chiamò la Regina «il thé.»

Immediatamente una servetta entrò nella stanza con del thé fumante su un vassoio d'argento. Posò il vassoio sul tavolino della stanza di Olenna Tyrell, che indicò a Cersei una sedia sulla quale accomodarsi, poi fece lo stesso e attese che la servetta versasse il thé nelle grosse tazze. Osservò Cersei Lannister che teneva stampato un sorrisetto enigmatico in volto e decise di non fidarsi di quella donna che non aveva alcuno scrupolo davanti a niente.

«Dopo di te, Cersei.»

Cersei sorrise, si aspettava un comportamento diffidente. D'altronde, sapeva bene che nessuno avrebbe mai voluto fidarsi volontariamente di lei - eccetto forse Jaime, ma non era più certa di ciò che l'uomo provava già da un po' di tempo - perciò sollevò la tazza e con cipiglio divertito, bevve un po' di thé, lasciando ad Olenna il beneficio di attendere qualche istante prima di accostare lei stessa la tazza alle labbra e bere la bevanda calda.

«Appurato che non sto cercando di avvelenarti, vorrei parlare della condizione in cui versa tuo nipote Loras. Come tu ben sai, per ordini del mio defunto padre Tywin Lannister, sarei dovuta divenire la sua sposa il prima possibile. Ora pare evidente che nessuna delle due vuole che ciò accada, ma posso far in modo che Loras venga liberato il prima possibile. Mi occorre il tuo aiuto però. Se Margaery si lascerà convincere a lasciarmi carta bianca con l'Alto Passero e se mi aiuterà a liberare Loras dalle prigioni del Tempio, allora farò in modo che l'ordine venga ristabilito.»

«Perché tanto interesse per la salute di mio nipote? D'altronde, tu stessa hai ammesso che non hai intenzione di sposarlo.»

«Se non libererò Loras, non riuscirò ad avere il vostro appoggio ovviamente, e necessito del vostro appoggio per il bene del Regno.»

«Piuttosto, il nostro appoggio per far sì che Re Tommen ti lasci la libertà che finora ti ha negato. Anzi, non dovresti essere confinata nelle tue stanze tuttora?»

«Dovrei. Ma il mio piccolo Tommen non ha ancora ben idea di cosa sta avvenendo là fuori, non sa regnare autonomamente... è ancora un bambino, dopotutto.»

«Certo... immagino. Posso offrirti il mio appoggio con Margaery, gli Dei solo sanno quanto vorrei rivedere Loras libero...»

«Siamo d'accordo allora... ti lascio alle tue valigie. Immagino che ora tu debba disfarle.»

«Per il momento le lascerò così, invece. Non sono del tutto propensa a fidarmi di te...»

«Come preferisci, Lady Olenna. Torno nelle mie stanze, dunque. Buona giornata.»

«Buona giornata a te...»


La bionda Leonessa di Lannisport si avvicinò al portone d'entrata, uscendo rapidamente. Sorrise, non appena fu fuori dagli appartamenti della Regina di Spine. Cersei Lannister aveva appena ottenuto ciò che voleva e per un istante si sentì come se fosse finalmente riuscita a compiere qualcosa di buono. Sfilò una fialetta dal corsetto che portava sotto il lungo vestito cremisi, la stappò e la bevve tutta d'un fiato. Si avviò verso i propri appartamenti a passo ancor più svelto di prima, evitando accuratamente guardie e servi. Meglio non rischiare.
***

Sansa Stark era imprigionata dentro quelle quattro microscopiche mura da quasi una giornata intera. Dalla piccola finestrella nella sua cella entrava uno spiraglio di luce che le faceva capire che una notte intera era passata. Aveva dormito molto poco, forse soltanto due ore scarse e iniziava a sentire la mancanza di Jon. Dopo un sacco di tempo passato separati e dopo essersi riuniti, le sembrava un tremendo scherzo del destino trovarsi a pochi metri da lui, ma divisa da un grosso muro in pietra che non lasciava quasi passare i suoni. Avevano provato a comunicare, parlandosi attraverso le finestrelle con le sbarre che davano la possibilità ai carcerieri di controllare che rimanessero vivi, ma le guardie appostate davanti alla prigione li avevano zittiti subito. Uno di essi era entrato nella cella di Sansa e addirittura l'aveva minacciata di prenderla a sberle. Sansa udì dei passi in avvicinamento. La guardia che le ostruiva la visuale - piazzata proprio davanti alla finestrella - si spostò, dandole modo di notare che una figura alta e bionda si stagliava davanti alla sua cella. La porta si aprì.

«Sansa Stark.»

Sansa pensò che aveva una bella voce. Aveva sempre avuto una bella voce, era sempre stata una bella donna ed aveva sempre avuto un bellissimo portamento ed anche in quel momento la sua voce era dolce e sibilante. Due aggettivi che non stavano bene assieme, secondo Sansa, ma che si addicevano al timbro di quella donna che smozzicava il suo nome non per incapacità, ma per la voglia di non perdere tempo. Cersei Lannister era la donna che Sansa aveva ammirato di più, dopo sua madre. Oh, la odiava, certo. L'aveva lasciata in balia di Re Joffrey e l'aveva accusata di averlo ucciso. Aveva fatto uccidere quasi tutta la sua famiglia ma in cuor suo si rendeva perfettamente conto che era la Lady forte ed indomita che sarebbe voluta diventare in futuro.

«Non parli, piccola traditrice? No? Bene. Parlerò io.»

«Non ho ucciso suo figlio Joffrey, lo giuro davanti ai Sette Dei.»

«Sono stata informata di chi è la reale responsabile dell'omicidio di mio figlio ed ho tutte le intenzioni di farle pagare l'affronto. Ciò non toglie che tu sia una traditrice... sei fuggita dalle Nozze come se tu fossi stata colpevole.»


Ditocorto aveva scoperto da Edd Tollett l'Addolorato della partenza di Jon e Sansa verso Approdo del Re ed aveva avuto premura di inviare una missiva alla Regina Reggente, nella quale spiegava che Olenna Tyrell aveva assassinato il Re Joffrey per non lasciarlo consumare il matrimonio con la Regina Margaery. Aveva allegato alla pergamena un sacchetto contenente la polvere bianca che Mastro Pycelle - a suo tempo - trovò sul bordo del bicchiere dal quale aveva bevuto Joffrey Baratheon. Cersei aveva sospettato anche di un suo coinvolgimento in quella questione - possibile che trovasse le prove della colpa di Olenna Tyrell soltanto ora? Casualmente quando Sansa Stark si stava avvicinando ad Approdo del Re? - però aveva bisogno di crederci e di incolpare Olenna Tyrell. Doveva togliersi di mezzo quelle rose strangolatrici di Margaery e Olenna Tyrell e se ad una ci aveva già pensato, presto anche l'altra sarebbe stata mandata fuori scena.

«Sono fuggita poiché mi avete subito incolpata!»

«Ed io, che ora conosco il colpevole, sono disposta a fare ammenda per il mio errore. Ti perdonerò la fuga, perdonerò la vostra battaglia contro i Bolton - legittimi Protettori del Nord - concederò a Jon Snow ciò che ha conquistato... ma ad una condizione semplice semplice, che va anche a tuo vantaggio.»


Sansa tacque. Non voleva sembrare entusiasta della possibilità di salvare sé stessa ed anche Jon, ma nemmeno voleva tacere del tutto e sembrare indisponente verso quella sorta di accordo che la Regina le voleva proporre.

«Mi occorre che tu salga al Trono. Devi sposare mio figlio Tommen e regnare al suo fianco. Ovviamente, sotto la mia stretta guida.»

«Re Tommen è già sposato con la Regina Margaery.»

«La Regina Margaery a breve non sarà più tale.»

«Io non posso fare una cosa simile... il mio posto è al Nord, con Jon.»

«Posto in cui nemmeno Jon tornerà, se non accetti le mie condizioni. Ti lascio una giornata per pensarci.»


Sansa non riuscì a ribattere mentre Cersei Lannister girava rapidamente su sé stessa ed usciva dalla sua prigione. Rifletteva rapidamente sull'accordo propostole da Cersei, domandandosi dove fosse la fregatura in tutto ciò. Jon avrebbe avuto il Nord, lei sarebbe stata Regina, niente più strane accuse sul suo conto e soprattutto entrambi i suoi matrimoni ovviamente annullati. Riflettè su quella proposta per varie ore, continuando a pensare a quale potesse essere il lato negativo della cosa. Pensò che le sarebbe piaciuto tornare al Nord, a Grande Inverno, ma quel posto dopotutto aveva troppi brutti ricordi. Forse era meglio accettare e basta, anche perché, quali alternative aveva? Marcire in prigione per sempre e condannare così anche Jon, oppure ottenere più o meno tutto ciò che aveva desiderato. La scelta pareva piuttosto ovvia.
***

Olenna Tyrell aveva appena finito di riempire il baule con i propri vestiti. L'età iniziava ad essere piuttosto prepotente con quel corpo che ormai doveva scarrozzarsi dietro. Sentiva il cuore battere in maniera troppo forte, in modo troppo pulsante e se chiudeva gli occhi le sembrava di lasciarsi scivolare dolcemente nell'oblio. Pensò che forse avrebbe dovuto dormire di più, molto di più. Ma recentemente la sua piccola Margaery aveva avuto bisogno di lei più che mai, tra l'Alto Passero e Cersei Lannister che volevano ad ogni costo vederla in una gattabuia. Aveva mosso male alcuni passi, forse. Spinta dalla consapevolezza che conquistando l'affetto di Re Tommen non avrebbe più nessuno osato dire niente a suo sfavore, Margaery si era mossa molto male. Si era attirata contro l'antipatia di Cersei Lannister - dapprima ingiustificata ed in seguito pienamente compresa anche da Olenna stessa - Olenna era un cuor di nonna perciò non si sarebbe mai azzardata a dire nulla che andasse a svantaggio della nipote, ma sapeva bene che gli atteggiamenti affettati che aveva avuto all'inizio con Cersei Lannister l'avevano messa in una brutta posizione.

Di nuovo, la Regina di Spine sentì il cuore battere troppo rapidamente. Sembrava faticasse a spingere il sangue nelle vene. Non si preoccupò troppo. Aveva accettato quella simil alleanza con Cersei Lannister giusto per tenerla impegnata mentre finiva i propri bagagli e prendeva la prima nave disponibile per tornarsene ad Alto Giardino. Margaery era stata chiara: l'Alto Passero meditava di muoverle violenza il prima possibile ed era sicura che Lancel Lannister non si sarebbe fatto pregare all'idea di spargere sangue in nome dei Sette Dei. Chiuse il baule con un grosso sforzo, inusuale per una donna che sembrava essere piuttosto in salute fino a poche ore prima, ma si rendeva conto che all'età che ormai aveva raggiunto era perfettamente normale avvertire stanchezza facendo degli sforzi. D'altro canto, ad Alto Giardino - nemmeno troppo tempo fa - aveva lasciato fare i propri bauli ad alcune serve fidate. 

Ebbe un mancamento. Per qualche istante la vista le si annebbiò e la testa iniziò a girare vorticosamente. Le sembrava di essere ubriaca ed assonnata allo stesso tempo, mentre si sentiva crollare. Il fisico non era più lo stesso. Guardò dietro di sé, dove il letto era stato rifatto poche ore prima ed aveva l'aria di essere pronto ad accoglierla. Si avvicinò di qualche passo al proprio giaciglio notando le belle lenzuola verdi che aveva fatto portare da Alto Giardino. Raggiunse il fondo del letto, stringendo saldamente il legno scuro che lo attorniava. Riuscì a sedersi sul letto, sdraiandosi lentamente. Sentì il petto alzarsi ed abbassarsi sempre più velocemente, sentì il respiro farsi ancor più affannoso e si domandò se fosse solo l'arrivo dell'inverno che tanto stavano attendendo e che le stava soltanto scombussolando il corpo in quella maniera disumana.

Improvvisamente sentì qualcosa scoppiare nella propria testa, la gola le si chiudeva inesorabilmente non lasciando più passare un filo d'aria mentre tentava di gridare per chiedere aiuto e si rendeva conto che la voce non usciva, che non riusciva proprio a respirare o a gridare. Pensò a Loras ancora imprigionato nelle celle dell'Alto Passero, pensò a Margaery che aveva tanto desiderato diventare Regina, pensò a suo figlio Mace, così poco avvezzo alla vita di corte, alla guerra... così poco avvezzo a tutto, dannazione. Infine il suo pensiero andò a Cersei Lannister. Ricordava perfettamente il volto di Re Joffrey mentre soffocava, ricordava bene cosa stava accadendo e lei stessa sentì le prime lacrime viscose scenderle sulle guance. Si era resa conto di cosa stesse accadendo. Era stata avvelenata da quella vipera di Cersei Lannister. Aveva udito il racconto di Jaime Lannister al Concilio Ristretto quando aveva spiegato la morte della Principessa Myrcella sulla nave che da Dorne doveva riportarla ad Approdo del Re. Quelli erano gli effetti del Veleno di Dorne.

Le lacrime di sangue continuavano a scendere lente ed inesorabili sul suo volto rugoso mentre tentava di far assumere ai propri muscoli un'espressione rilassata e per nulla preoccupata. Non voleva di certo morire con un'espressione allocca come quella di Joffrey Baratheon! Si domandò chi avrebbe trovato il cadavere e si chiese se qualcuno avrebbe sospettato di Cersei Lannister. Si sentì sciocca a non aver pensato minimamente all'idea che Cersei avrebbe ingerito un antidoto il prima possibile. Avrebbe dovuto trattenerla con lei ancora un po', così se il veleno fosse entrato in circolo nel sangue, sarebbero almeno morte entrambe. Il suo ultimo pensiero andò alla sua piccola Margaery, di nuovo. Sperò che almeno lei capisse che cosa era stato fatto, che capisse che era stata avvelenata e che comprendesse. Sperò che riuscisse a convincere Mace a muoversi contro Cersei Lannister, che riuscissero a liberare Loras dalla prigione e che la facessero pagare cara sia all'Alto Passero che a quella dannata Cersei.

Sospirò per l'ultima volta mentre le forze l'abbandonavano del tutto ed il cervello smetteva di rispondere agli impulsi. Il suo corpo si contorse malamente, scivolando dal letto e cadendo pesantemente a terra. Il cuscino era macchiato di sangue, a terra iniziava a spargersi il primo liquido scarlatto che usciva dagli occhi, dalla bocca e dal naso di quella che fino a poche ore prima era stata la Regina di Spine. L'intoccabile Regina di Spine.
***

L'allarme del ritrovamento del corpo di Olenna Tyrell venne dato nelle prime ore della sera. Melara aveva bussato più e più volte alla porta degli appartamenti della Regina di Spine, che però non aveva dato alcun segno di voler rispondere. Aveva aperto delicatamente la porta, chiamando piano la donna, che non aveva risposto. Insospettita, era entrata nella stanza con incertezza - ma con il bisogno di sapere dove fosse finita la sua padrona - ed era stato lì che aveva visto il cuscino macchiato ed il corpo di Lady Tyrell a terra. Sangue dovunque e la nonna della Regina Margaery morta sul pavimento spinsero Melara a correre fuori dalla stanza urlando all'omicidio, mentre si dirigeva inconsciamente verso gli appartamenti di Cersei Lannister. Melara non seppe mai che cosa avesse spinto Cersei ad ammazzare Olenna Tyrell, poiché udendo le urla si affrettò ad arrivare Mastro Qyburn che afferrò la ragazza e la trascinò via. Sarebbe stata ottima carne per i suoi esperimenti, quando la Regina Reggente si sarebbe occupata di lei. Chissà se gli avrebbero concesso anche il corpo di Olenna Tyrell.

Trascinò la servetta fino agli appartamenti di Cersei Lannister, sapendo perfettamente che quella donna avrebbe potuto parlare contro di lei ed accusarla di avere offerto del thé - che Qyburn aveva preparato appositamente e fatto trovare già pronto a Melara - a Lady Olenna. Non aveva alcuna intenzione di lasciar condannare la donna che gli aveva dato tutto e che gli stava dando campo libero ai suoi esperimenti per il Bene della Scienza, come soleva dire lui. Bussò rapidamente agli appartamenti della Regina Reggente mentre nel resto della Fortezza Rossa si scatenava il pandemonio. Tutti facevano a gara per arrivare per primi al corpo della Regina di Spine che giaceva abbandonato a terra, ma Qyburn non ci fece caso. Lasciò che tutta quella gente corresse verso le stanze di Lady Tyrell mentre lui spingeva a forza Melara dentro la sala che precedeva la camera della Regina Cersei.

Cersei Lannister sollevò lo sguardo sul fidato consigliere che trascinava dentro la stanzetta la ragazza che rispondeva al nome di Melara. La ragazza aveva i capelli castani, lunghi fino alla vita ma acconciati sempre in una banale treccia in modo che non la intralciassero mentre obbediva agli ordini della sua signora. Gli occhi di Melara erano marroni ma ora erano visibilmente rossastri e gonfi per il pianto disperato che l'aveva colta quando si era resa conto che la sua signora era morta e che ora stava andando incontro ad un destino ben peggiore di quello che avrebbe avuto se fosse rimasta semplicemente nella stanzetta ed avesse soltanto chiesto aiuto. Cersei la squadrò qualche istante, osservando come Lady Olenna fosse sempre circondata da piccole principessine acconciate da serve. Sorrise all'indirizzo della ragazza, che per contro comprese bene quanto quel sorriso fosse gelido e pieno di perfidia.

«Melara, dico bene?»

«S-sì mia Regina...»

«Dalle urla là fuori mi par di aver compreso che Olenna Tyrell è morta.»

«S-sì mia Regina...»

«E se hai incrociato Maestro Qyburn, significa che stavi venendo dritta nei miei appartamenti.»

«Precisamente.»
confermò Qyburn, sadico come sempre

«E per quale motivo stavi venendo nei miei appartamenti?» cantilenò Cersei

«I-io... non stavo v-venendo qui p-per un m-motivo p-preciso...» balbettò Melara

«Immagino di no.»

Cersei strinse le labbra. 

«Qyburn, sai cosa fare con la ragazza.»

Melara sbiancò sbarrando gli occhi per il terrore. Qyburn la afferrò nuovamente per il braccio e la trascinò con forza lontana dagli appartamenti di Cersei Lannister. Melara tentò di gridare, ma sopra le urla provenienti dalle stanze di Olenna Tyrell nessuno riuscì a sentire il suo grido implorante. Qyburn la trascinò in una rientranza del muro in pietra scura, spingendolo e la portò con sé lungo un passaggio segreto che portava direttamente nelle sue stanze personali, il suo laboratorio, laddove ogni umano vi fosse entrato ne era uscito compiaciuto o non ne era uscito affatto. Cersei Lannister era l'unica ad esservi entrata senza aver sentito poi il bisogno di vomitare o senza essere inorridita. In un certo senso Qyburn la ammirava per questo motivo. La Regina aveva molto, molto fegato.
***

La bionda Leonessa, Regina Reggente ed unica donna pronta a qualsiasi cosa pur di mantenere saldo il proprio potere sui Sette Regni, rimase nella propria stanza, decisa ad attendere l'arrivo di suo figlio Tommen. Conosceva quel ragazzino a cui non era ancora spuntata la prima barba, conosceva bene il suo carattere timido e spaventato e sapeva che sarebbe corso da lei prima di qualsiasi altra persona. La morte di Olenna Tyrell avrebbe portato il suo adorato bambino a temere per l'incolumità di Margaery Tyrell e lei avrebbe finto nuovamente di potergli offrire tutto l'aiuto del mondo. Internamente però, Cersei Lannister aveva un piano ben congegnato, una via d'uscita da quel disastro che era avvenuto a causa di quello sventurato di suo padre che aveva deciso di unire le case Lannister-Baratheon e Tyrell attraverso un matrimonio che non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Ma Cersei venne esaudita subito. Qualcuno bussò alla porta insistentemente.

Il portone d'entrata s'aprì bruscamente ed entrò trafelato il Re Tommen. Cersei sorrise debolmente, cercando di non dimostrarsi troppo soddisfatta della completa riuscita del suo ben congegnato piano. Piccolo ancora, un ragazzino da poco sbocciato, nessun segno di barba, nemmeno il primo pelo che compare e che sapientemente i ragazzini provano a tagliare con rasoi poco affilati... troppo spesso Cersei si sorprendeva a guardare quegli occhioni azzurri che fissavano incantati il mondo esterno, troppo spesso si era chiesta perché quel ragazzino fosse stato così ingenuo da lasciarsi abbindolare da Margaery Tyrell e si accorgeva subito dopo che allo stesso tempo, per un breve periodo della sua vita, lei stessa era riuscita a manipolare il figlio in tutto e per tutto. L'unica differenza stava sempre nell'idea che Cersei aveva: Margaery era una piccola insopportabile approfittatrice, lei no. Lei voleva solo il bene per quel ragazzino che era sangue del suo sangue e che era il frutto dell'unico amore corrisposto di Cersei Lannister. Aveva amato profondamente Robert Baratheon, aveva amato Rhaegar Targaryen con l'amore delle ragazze che scoprono il Principe Azzurro, ma solamente Jaime l'aveva amata realmente. Tommen respirò a fondo.

«Madre... Olenna Tyrell è morta.»

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Capitolo 5
*** Oathkeeper ***


Jaime Lannister aveva appena riconsegnato Edmure Tully a suo zio Brynden, il cosiddetto Pesce Nero. Sperava di aver fatto la scelta più giusta, di non aver commesso una imperdonabile sciocchezza consegnando l'unico ostaggio utile che avevano al loro - attualmente - unico rivale. Si era detto molto stupito quando Cersei lo aveva mandato in quelle terre a riconquistare Delta delle Acque - o meglio, ad ufficializzare il loro dominio su quel territorio. I Frey non erano stati in grado di prendere con l'astuzia quei quattro soldati che c'erano a tenere le mura del Castello e Brynden Tully era attualmente l'unico che sembrava poter dare qualche problema ai Lannister per rendere effettiva la loro presenza in quel castello. Aveva disprezzato il loro timido tentativo di minacciare malamente il Pesce Nero di impiccare il nipote Edmure. Jaime immaginava che Brynden non si sarebbe mai lasciato intimidire da un ricatto così stupido perciò aveva giocato d'astuzia, facendo leva sulla stupidità e la codardia dell'erede di Delta delle Acque. Brynden gli ricordava molto Catelyn Stark: implacabile. Edmure Tully invece era simile a Lysa Arryn: codardo e pressoché inutile. 

Jaime rimase fermo ad osservare ciò che accadeva. Notò che sui bastioni Edmure stava discutendo animatamente con il Pesce Nero. Parlavano fitto fitto, allontanandosi dai soldati che rimanevano in attesa di ordini quasi quanto lo Sterminatore di Re attendeva una risposta dalla situazione. Brynden pareva piuttosto innervosito mentre Edmure aveva l'aria molto preoccupata. Jaime non riusciva a capire il piccolo e patetico Edmure. Lui non si sarebbe mai comportato in quella maniera così stupida e smidollata, lui avrebbe preso la prigionia con filosofia, come un modo per imparare ancora qualcosa e d'altronde avrebbe intuito da sè che chiunque l'avesse preso prigioniero non l'avrebbe mai e poi mai impiccato, soprattutto in una situazione del genere. Ma contava molto sulla stupidità atroce del rampollo Tully. Lo vide atteggiarsi a grand'uomo con le guardie e dar loro ordini. Le guardie sembrarono un po' spaesate. Brynden Tully - per contro - con un cenno sembrò annullare l'ordine del nipote. Le guardie rimasero immobili qualche istante, poi uno di essi - probabilmente il Capitano - indicò Edmure e fece cenno a tutti gli altri di seguire i suoi comandi. Pochi istanti dopo, il portone d'ingresso al Castello di Delta delle Acque veniva calato. Jaime con un cenno lasciò che le guardie Frey entrassero nelle mura del Castello e lui si allontanò.

Si rese conto che nessuno l'aveva seguito, nessuno aveva voluto prendersi la briga di andare a congratularsi con colui che era riuscito a dar loro il Castello che assediavano da mesi senza alcun risultato. "I soliti ingrati Frey" pensò tra sè mentre si dirigeva alla propria tenda. La prima cosa che catturò la sua attenzione fu una lettera bianca appoggiata su quella sorta di tavolo che aveva fatto inserire appositamente per scrivere lettere o per convocare i soldati più alti di rango tra le truppe dei Frey per decidere sul da farsi. Ricordò vivamente che non erano riusciti a raggiungere un accordo decente, perciò infine aveva congedato tutti malamente e si era limitato a fare ciò che preferiva. Prese la missiva, notando che era sicuramente stata portata lì poco prima. I segni delle zampette bagnate del corvo erano ancora ben visibili ed umide sulla carta. Staccò la ceralacca dalla carta, aprendo lentamente la lettera. Riconobbe immediatamente la scrittura.

 
Jaime, amore mio. 
Tommen è completamente impazzito. 
Mi ha confinata nei miei appartamenti e sono qui chiusa da giorni e giorni ormai. 
Non posso uscire, non posso ricevere troppe visite. 
Soltanto Margaery Tyrell viene a trovarmi, e lo fa soltanto per schernirmi.
Ti prego, amore mio.
Torna presto ad Approdo del Re.
Mi pento tanto di averti lasciato andare via...
Ti prego, torna presto.

Tua Cersei.


Jaime lesse e rilesse la lettera per vari minuti. Cersei l'aveva spedito lontano da Approdo del Re, perchè a suo dire era più sicuro andarsene di lì - dal momento che lui ovviamente era dalla parte di Cersei - e l'Alto Passero stava cercando di far finire nelle prigioni del Tempio buona parte dei compagni della Regina Reggente. L'unico che sembrava tranquillo era Mastro Qyburn, probabilmente perché aveva già molteplici modi per districarsi dal problema che si poteva porre. Jaime scosse la testa. Ora Cersei aveva bisogno di lui. Non bastava più Robert Strong? Non bastava più la Montagna resuscitata? No? Ora serviva proprio lui. E perché poi? Senza una mano non valeva granché come combattente. Manteneva il suo ruolo nella Guardia Reale solo ed esclusivamente perché dopotutto Tommen era suo figlio - sebbene Tommen non lo sapesse ancora - e di conseguenza il piccolino preferiva tenere lo zio accanto a sé. "Anche se" - rifletté Jaime - "questa richiesta di tornare suona strana. Cersei è stata chiusa nei suoi appartamenti da nostro figlio, il che significa che probabilmente anche Tommen si è lasciato traviare da quel dannato Septon. Se pensa che sua madre sia colpevole, di certo non penserà che io sia innocente." in breve, tornare era un rischio e non da poco.

Jaime uscì dalla tenda.

«Sellate il cavallo. Il mio compito è assolto, ho altre mansioni da svolgere!» gridò a chiunque volesse ascoltarlo.

Dopotutto, era sicuro che di lì a pochi minuti avrebbe avuto il proprio cavallo pronto a cavalcare per dovunque egli volesse. Rientrò nella tenda per gettare alcune cose di prima necessità nella sacca da viaggio. Avrebbe lasciato a Bronn il compito di riportare quelle poche cose che avrebbe lasciato oltre alla propria tenda. Non aveva portato niente di eccessivo, soltanto qualche vestito di ricambio e la propria arma. Fin da quando Cersei gli aveva assegnato quel compito, aveva saputo che non ci sarebbe voluto moltissimo per riuscire a concluderlo vittoriosamente. Si chiese se in fin dei conti Cersei non sapesse bene che presto le sarebbe servito il suo aiuto e proprio per quel motivo l'avesse incaricato di una missione così ridicolmente semplice. Si diede leggermente dello stupido. Se fosse tornato rapidamente ad Approdo del Re sarebbe sembrato un cane agli occhi di chiunque sapesse dei problemi di Cersei, ma allo stesso tempo sentiva un profondo amore per la sorella ed aveva il bisogno intrinseco di difenderla da tutto e tutti. La sua ambizione l'aveva portata ad avere grossi problemi alla fine, come Jaime stesso immaginava ormai da molto tempo. "Sì, è la decisione giusta." pensò ancora.

 
***

Cavalcava da solo ormai da qualche ora. Aveva chiesto a Bronn di rimanere all'accampamento per far in modo che nessuno osasse fare lo sciacallo tra i suoi averi - anche se sapeva benissimo che nessuno mai si sarebbe azzardato a fare una cosa simile - ma in realtà voleva semplicemente stare da solo. Voleva cavalcare in pace, senza scherni di alcun tipo - tipici di Bronn - voleva cavalcare senza occhiatacce cattive - tipiche di Brienne - o senza commenti ammirati di alcun tipo - tipici di Podrick Payne. Odiava gli scudieri ed i compagni di viaggio in generale. Chiacchieravano, lo osservavano, tentavano di imitare i suoi modi di fare od altrimenti rompevano le scatole in maniera inverosimile. Il problema era solamente uno nel cavalcare solitari: i pensieri andavano avanti disordinati ed era impossibile disciplinarli, era impossibile riuscire a fermare quel flusso di malinconia che lo coglieva troppo spesso. E appunto, non aveva nessuno che potesse interrompere quel grosso problema che si ritrovava.

Il più delle volte la sua malinconia verteva su suo fratello Tyrion. Aveva le sue fonti e sapeva che era arrivato a Meereen, al cospetto della Regina Daenerys, assieme a Varys. Non aveva alcunissima intenzione di denunciarlo a Cersei. Sapeva benissimo che Tyrion gli aveva detto quelle cose soltanto dettate dalla rabbia per quanto gli aveva appena rivelato su Tysha e soprattutto sapeva benissimo che non era stato di certo lui ad uccidere suo figlio Joffrey, così come non era sicuramente stata Sansa Stark. No, i colpevoli erano da cercare proprio tra le persone pù insospettabili, tra chi diceva sempre di sì a Cersei e poi tramava alle spalle. Ma anche lì sorgeva un grosso problema: c'era ben troppa gente che poteva desiderare la morte di Joffrey e che aveva sempre acconsentito ad ogni stramberia della sorella maggiore. L'unica cosa che dava la sicurezza a Jaime di essere nel giusto quando difendeva la propria gemella era quella cosa che aveva sentito dire così tanti anni prima e che aveva fatto sua in maniere improponibili. 

"Amore, amore... quali atti si compiono in tuo nome."

Sentì nella propria testa la voce profonda di Robert Baratheon ripetere quelle parole con quell'inflessione un po' rauca ed un po' rassegnata mentre parlava con suo padre Tywin Lannister e decise di fermarsi qualche istante, provando ad arginare quel fiume di ricordi che iniziava ad invadergli la testa e che non lo lasciava ragionare decentemente sul da farsi, sul percorso ancora da fare prima di arrivare ad Approdo del Re. Ma fu tutto inutile.

< Robert Baratheon stava seduto sullo scranno più grosso disponibile a Castel Granito. Jaime era lì grazie alle disposizioni date da Re Aegon che aveva spedito il proprio Primo Cavaliere ed un paio di membri della Guardia Reale nel territorio di Lannisport per trovare un bastardo generato qualche anno prima. Sebbene fosse strano spedire uomini così di rilievo a Castel Granito solo per quello, Jaime lo prese come un ottimo pretesto per tornare da Cersei mentre Tywin lo vide come l'occasione più perfetta per iniziare gli accordi con Robert Baratheon che stava per scatenare una grossa guerra contro i Targaryen. 

«Sono sicuro che quel maledetto di Rhaegar Targaryen la tiene nella Fortezza Rossa!» esplose quello che sarebbe diventato il Re di lì a poco.

«Ma perché tutto questo? Per una ragazza? Io non ne vedo la necessità...» tastò il terreno Tywin.

«LEI NON 
È UNA SEMPLICE RAGAZZA! LEI È LYANNA STARK, SORELLA DEL MIO MIGLIORE AMICO E MIA FUTURA SPOSA!»

«Non c'è la minima possibilità di evitare questa guerra?»
 chiese Jaime, azzardandosi a spiccicare parola.

Robert Baratheon si voltò verso di lui con aria di sufficienza. Era enorme - notò Jaime - era grande e grosso, con fasci di enormi muscoli ed un ventre piatto e perfetto che aveva l'aria di essere stato scolpito in numerose battaglie. I capelli corvini e gli occhi marroni gli donavano un'aria davvero regale, a dispetto di Re Aegon che sembrava più un paggetto piuttosto che un Re, con quella statura un po' incerta - che sembrava altissimo sul Trono e un nano quando era in piedi - e quei capelli color oro che avevano tutta l'aria di non aver mai visto un campo di battaglia. Jaime era certo che almeno inizialmente i Targaryen fossero dei veri e propri conquistatori, ma era altresì sicuro che non avrebbe visto tanto presto un altro Targaryen con la vera e propria stoffa del guerriero. 

«Ragazzo mio, tu sei ancora giovane, molto giovane. Quanti anni hai? Diciassette? Diciotto? Forse diciannove al massimo? Non hai ancora combattuto una guerra, vero? No. Niente di tutto questo. Non mi stupirei se la Cappa che porti sia solo un piccolo regalo di Aegon Targaryen al figlio prediletto del proprio Primo Cavaliere. Quando ti innamorerai, capirai tutto questo. Quando l'amore sarà l'unico motivo per cui ti alzi il mattino, solo per vedere il suo viso una volta in più.»

Jaime era rimasto zitto e si era chiesto se per Cersei avrebbe scatenato una guerra. La risposta gli arrivò immediatamente.

«Allora, Tywin... per i tuoi servigi, potrei aiutarti a trovare un marito a Cersei, la tua primogenita. Magari troverò il modo di convincere Jon Arryn a sposarla, così lui avrà l'erede che merita e Cersei avrà sicuramente un'esistenza agiata.»

Avrebbe ucciso Jon Arryn se si fosse soltanto azzardato a sfiorare la sua amata sorella con un dito. Una guerra non sarebbe stata nulla a confronto dell'inferno che avrebbe fatto scaturire se avesse sposato qualcuno che non fosse lui.

«Amore, amore... quali atti si compiono in tuo nome...» commentò Robert Baratheon infine.

Il futuro Re si alzò e strinse la mano di suo padre, prima di passare a stringere la mano di Jaime con fare fintamente comprensivo. Jaime avrebbe detestato Robert anche per questo, ma se ne sarebbe accorto solamente dopo parecchi anni. La sua priorità ora era rendersi conto di cosa sarebbe accaduto di lì a poco. La sua Cersei sarebbe stata data in sposa a qualcuno che non fosse stato lui e questo non poteva di sicuro permetterlo... >


Si riscosse dai suoi pensieri con un sussulto. Un rumore l'aveva fatto trasalire mentre era fermo da qualche istante sul cavallo a ripensare a quella scena di parecchi anni prima. Alla fine Cersei era stata data in sposa proprio a Robert Baratheon che l'aveva maltrattata così tanto e per così tanto tempo da far salire ancor di più la sua insofferenza verso quel grasso e grosso Re barbuto che aveva perso ogni tipo di aspetto bello e regale. Soltanto dopo anni ed anni aveva accumulato tutto ciò che Robert aveva fatto per farsi odiare e gli aveva presentato il conto quando al suo funerale gli aveva sputato addosso mentre riposava nel Tempio di Baelor. Il rumore che l'aveva distratto poco prima era stato ripetuto.

Jaime si raddrizzò meglio sulla sella del cavallo che ne stava approfittando per brucare un poco d'erba secca lì a terra. Il biondo Lannister si guardò attorno qualche istante, anche se sapeva benissimo che chiunque fosse - se avesse voluto tendergli un agguato - non si sarebbe fatto vedere e silenziosamente ringraziò le foglie secche che indicavano l'arrivo dell'autunno che l'avevano avvertito della presenza dell'estraneo. Ma voltandosi vide l'ultima persona che aveva immaginato di vedere.

«Brienne...»

«Jaime.»

«Non dovresti essere al Nord con Sansa Stark?»

«Sansa non vuole i miei servigi. L'ho portata al sicuro ed ora ho il compito di riportarti la tua spada.»


La Vergine di Tarth gli porse la spada, estraendola dalla grossa fondina che la conteneva. Jaime la osservò. Sapeva dell'abitudine di Brienne di rispettare sempre gli accordi presi, anche se non era riuscita a difendere due delle persone che aveva giurato di proteggere. Ma d'altronde, che colpa gliene si poteva fare? Un'ombra aveva ammazzato Renly Baratheon e nel momento in cui Catelyn Stark era stata uccisa lei non era nemmeno presente... in compenso sapeva che aveva trovato Arya Stark e che l'aveva lasciata andare via con un uomo, probabilmente il suo nuovo maestro d'armi e che aveva incontrato anche Sansa Stark e l'aveva lasciata alle cure di Jon Snow al Castello Nero. 

In parte Jaime era molto contento che Brienne stesse riuscendo negli obiettivi che si stava prefissando. Dopotutto sapeva benissimo che si era demoralizzata molto quando gli era stato ricordato da varie persone dei suoi due enormi fallimenti e sapere che stava compiendo le sue missioni con grande volontà e che le stava anche portando perfettamente a termine lo rendeva felice. Aveva imparato a vedere Brienne come una sorta di sorella, come qualcuno da apprezzare e stimare. Alcune volte si era chiesto se per caso si stesse invaghendo di lei, ma non aveva mai ricevuto una risposta concreta. D'altro canto però, sapeva che se stava correndo a salvare Cersei nonostante tutto, nonostante il dubbio che spesso si era impadronito di lui - che le parole di Tyrion in realtà fossero tutte vere - significava che non aveva perso un briciolo dell'amore che provava per la sorella maggiore.

«Che fai? Non la prendi?» chiese Brienne, stanca di aspettare con quella spada enorme in mano.

«Ah, già...»

Jaime tese la mano, afferrando la spada per l'elsa. 

«Grazie.»

«Non ringraziarmi. Questa spada è tua.»

«Non so se la voglio.»

«Non dire sciocchezze, Sterminatore di Re.»

«Non chiamarmi così.
» sibilò.

«Vergine di Tarth.» aggiunse tra lo scherzoso e l'irritato.

«Le nostre strade si dividono nuovamente, Jaime Lannister.»

«Dove andrai, Brienne di Tarth?»

«Verso Braavos. Alcune voci dicono che Arya Stark si trova laggiù, che ora vende pesce per i vicoli malfamati e si fa chiamare Cat.»

«Scelta del nome molto interessante.»


«Molto interessante, sì.»

«Allora arrivederci, Brienne di Tarth.»


Lei non rispose. Jaime scosse le redini del cavallo, dirigendolo nuovamente nella direzione che stava imboccando.

«Allora addio, Jaime Lannister.» sussurrò lei.

 
***

Nella Fortezza Rossa si era scatenata una caccia all'uomo incredibile dopo il ritrovamento del corpo di Olenna Tyrell, voce che era giunta anche a Sansa Stark e Jon Snow nelle segrete del castello. Sansa sapeva bene che la responsabile era nientemeno che Cersei, ma d'altronde lei e Jon erano anche pressoché gli unici a sapere che Cersei non rispettava il divieto impostole dal figlio e che se ne andava in giro indisturbata. Sansa non aveva ancora potuto parlare con Jon, poiché la guardia tendeva ancora a minacciarli pesantemente se un qualsivoglia tentativo di discutere della vicenda fosse stato intercettato.

Sansa trovava Olenna Tyrell una donna molto forte, che aveva effettivamente sopportato parecchio a causa dell'inettitudine del marito e del figlio - come non mancava mai di ricordare a chiunque gliene desse la possibilità - e l'idea che fosse morta la sconvolgeva. Si chiedeva se per caso non fosse nemmeno colpa di Cersei Lannister, perché si stupiva della possibilità che Olenna fosse stata gabbata dalla Regina Reggente. Peccava d'ingenuità Sansa, sebbene tutte le vicende che le erano successe negi ultimi tempi l'avevano comunque risvegliata molto dal classico incanto che vive ogni Lady da quando nasce a quando non incontra le prime difficoltà - ammesso che arrivi mai ad incontrarne - anche se in molte cose doveva ancora imparare e comprendere che sebbene le persone fossero crudeli e guerriere, avevano comunque la possibilità di essere anche astute e ingegnose quando l'occasione lo richiedeva.

In parte, Sansa era consapevole dell'idea che Cersei non era una sprovveduta e che se avesse voluto Olenna Tyrell morta, sarebbe accaduto senza troppi giri di parole. Quello che la stupiva era la semplicità con cui c'era riuscita. Meno di poche ore prima parlava con lei della possibilità di diventare Regina al fianco di Tommen e subito dopo si ritrovava con la nonna dell'attuale Regina moglie di Tommen morta stecchita - e da quanto ne sapeva, avvelenata - con quindi Margaery Tyrell totalmente sprovvista d'aiuto. Sansa sapeva anche del bisogno estremo che Margaery aveva della nonna, da sempre sua grande confidente, amica e sostenitrice. Adesso per la Regina sarebbe stato complicato far fronte a tutto quello che le stava succedendo, senza dubbio. A lei stava simpatica Margaery. Per certi versi, le aveva risparmiato una pessima vita al fianco di Joffrey Baratheon che era nientemeno che un infame di prima categoria, ma d'altro canto Sansa sapeva che l'aveva fatto anche per diventare Regina dei Sette Regni. Non c'era stata beneficienza da parte di Margaery, ma solamente un grosso tornaconto personale.

Tutti avevano un tornaconto, dopotutto, però. Sansa stessa se avesse accettato di diventare Regina dei Sette Regni, sarebbe stato solamente per il proprio tornaconto personale. Avrebbe liberato Jon dalla prigionia, sarebbe uscita lei stessa dalla prigione e avrebbe potuto fare qualcosa per quella povera Casata in decadimento che erano gli Stark. La Battaglia dei Bastardi era stato sì un buon inizio, qualcosa che fa brodo, ma niente di eclatante ancora. Molti erano convinti che senza l'aiuto dei Lord della Valle, gli Stark sarebbero finiti tutti sterminati in un sol colpo. Il brutto era che in parte Sansa pensava che era andata proprio così, ma c'era sempre il lato buono della cosa. Era riuscita ad essere diplomatica quanto sua madre ed era dunque riuscita ad ottenere un aiuto da parte di un'altra Casata, aveva stretto un'alleanza.

Sansa ricordava quando sua madre suggeriva a suo padre le parole giuste da scrivere nelle lettere che spediva personalmente ai Lord con cui intendeva stringere alleanze o comunque piccoli patti per non pestarsi i piedi a vicenda nelle guerre. Si ritrovò a pensare che sua madre Catelyn sarebbe stata anch'essa una grandissima Regina, sebbene il suo Regno non sarebbe di sicuro somigliato a quello della Regina Cersei. Sarebbe stato un regno molto più criteriato, molto più democratico e sicuramente meno sanguinoso. Catelyn avrebbe risolto con la Pace mentre Cersei risolveva con la Guerra. Catelyn avrebbe posto rimedio con la Vita mentre Cersei poneva rimedio con la Morte. Sansa rabbrividì domandandosi se per caso sarebbe lei stessa andata incontro alla morte se per caso avesse rifiutato l'offerta di Cersei Lannister. Anche se comunque, inconsciamente, sapeva che la proposta era ricca di vantaggi. Distrattamente comprese che Cersei doveva davvero essere alla frutta, senza sostenitori né amici, se davvero aveva bisogno della sua presenza a Corte come Regina. Immaginava che Cersei si aspettasse una stregua difesa da parte sua quando si sarebbe trovata in difficoltà e si sarebbe anche aspettata che Sansa facesse ragionare il piccolo Tommen. Sansa non aveva mai visto molto Tommen, non aveva la minima idea del suo carattere e non aveva nemmeno idea di come si potesse manipolare quel ragazzino. Si immaginò che Cersei avesse comunque sempre una piccola "assicurazione" nel caso Sansa non l'avesse aiutata a sbarazzarsi del piccolo problema chiamato "Tommen completamente plagiato da quel pazzo fanatico dell'Alto Passero".

Sansa udì la porta della sua cella aprirsi.

«Voglio una risposta.» sibilò Cersei senza lasciare nemmeno che la porta si richiudesse alle sue spalle.

«Io... io accetto.»

«Come immaginavo.»


Nella penombra, il bel viso di Cersei Lannister si curvò in un sorrisetto. Era quasi libera.

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Capitolo 6
*** Free ***


Tommen era pressoché in lacrime. Era sempre stato un bambino molto fragile, nonostante le recenti apparenze che lo facevano sembrare molto più maturo e pronto ad affrontare il compito che gli spettava. Solamente Cersei riusciva a vedere che sotto la scorza creata da Margaery Tyrell c'era ancora il piccolo Tommen Baratheon che aveva partorito anni prima. Cersei aveva concesso solamente a Robert ed ai suoi figli di rovinare il suo prezioso corpo ed a Robert l'aveva concesso solo ed esclusivamente per evitare futuri problemi ai figli. Robert sicuramente sapeva che Joffrey, Myrcella e Tommen non erano suoi figli, ma bastardi di Jaime Lannister, ma allo stesso tempo pareva affezionato a quei tre che alle volte andavano a parlargli. Joffrey era il primo nato, questo l'aveva reso euforico, euforico all'idea di avere un figlio e per qualche istante Cersei aveva immaginato che fosse la volta buona finalmente, la volta in cui Robert si sarebbe deciso a far sul serio come marito e forse un po' anche come Re. Avevano avuto un figlio prima di Robert, avevano avuto un bambino che era nato coi capelli bruni dei Baratheon e gli occhi scuri come Robert. Cersei non aveva rapporti con Jaime già da più di un anno, era quindi un sicuro figlio di Robert Baratheon. Aveva amato quel piccolo frugoletto, l'aveva curato ed adorato con tutta sé stessa. Purtroppo però, non era campato oltre il terzo mese di vita.

< Robert si stava dimostrando un po' più affettuoso del solito e l'aveva abbracciata stretta prima di depositarle sul collo un bacio. Cersei sapeva cosa voleva Robert ed era dispostissima a darglielo. Forse sarebbe riuscita a togliergli dalla testa quella dannata Lyanna Stark. Spesso aveva visto un dipinto di quella donna, un dipinto di cui Robert non era disposto a sbarazzarsi. L'aveva trovata piuttosto bruttina e si era chiesta più volte come mai Robert non fosse attratto da lei, ma fosse attratto da quella specie di sgorbietto con il viso da maschiaccio e l'aria imbronciata. Si era lasciata prendere dall'uomo, fatta girare a pancia insù, baciare piano sulle labbra e spogliare lentamente. Robert aveva strofinato la grossa barba sui seni della Regina, sentendola irrigidirsi in un brivido sotto di sé. Robert adorava averla completamente domata in quel modo. Quando era entrato dentro di lei, Cersei si era aspettata di sentire ancora una volta il nome di Lyanna Stark com'era successo già in più di un'occasione. Recentemente aveva smesso di farlo, ma Cersei era sempre pronta a sentirselo dire.

«Cersei...»

Aveva davvero sentito il suo nome? Aveva stretto le gambe più forte al bacino dell'uomo.

«Aspetta, Cersei...»

Non l'aveva immaginato, era reale!

«Cosa dovrei attendere?»

Era entrato con più irruenza, con più convinzione ma senza farle male. Lei aveva capito che voleva essere lui a comandare il gioco ed in quel momento era disposta a cedergli il potere. Le stava bene anche regnare al suo fianco, se si fosse sempre comportato così. Nel corso degli anni, poi, si sarebbe sentita un'ingenua ad aver formulato quei pensieri sconnessi che non avrebbero mai potuto avere una realizzazione vera e propria. Avevano concluso l'atto, rimanendo abbracciati per un po', mentre Cersei finalmente si sentiva arrivata a destinazione. Era Regina ed aveva l'Amore, un Amore che si poteva sbandierare alla luce del sole e che non doveva rimanere nascosto nelle cantine di Castel Granito. Si era addormentata con le braccia avvolte attorno alla vita di Robert, che si era voltato di spalle nella sua classica posizione. A Cersei non aveva dato alcun fastidio. Dormiva da qualche ora quando negli appartamenti Reali era piombata una serva gridando.

«Sua Maestà, Eddard sta male! Piange disperato e vomita sangue!»

Robert e Cersei si alzarono rapidamente, afferrando le prime vesti trovate e si lanciarono di corsa verso la stanza del bambino che fino a poche ore prima riposava tranquillo. Quando entrarono videro uno spettacolo raccapricciante. Nel letto a baldacchino in cui avevano messo il bambino a riposare c'erano macchie di sangue dovunque, che macchiavano il candore delle lenzuola, tracce di vomito dappertutto ed il bimbo ormai morto disteso nel lettino. Cersei esplose in amare lacrime mentre Robert provò ad abbracciarla. Cersei si scansò, squadrandolo con odio, quasi come se la colpa fosse stata tutta sua. Robert non l'aveva mai amato, non l'aveva mai considerato più di tanto e a causa di questo il bambino era morto. Robert aveva detto che doveva dormire nelle sue stanze, non nella loro. Cersei sapeva che era un ragionamento piuttosto stupido, ma non aveva alcun colpevole a cui dar la colpa e solamente Robert poteva prendersene la responsabilità. Forse, se Eddard fosse stato nella loro stanza sarebbero riusciti a salvarlo... Cersei urlò. >


Cersei era rimasta zitta ed immobile, ricordando la scena di quella notte. Ricordò le sue grida e ricordò che non aveva mai più cinto la vita di Robert durante il sonno. Si era sentita stupida per molti mesi a venire e ancora pensava che se Eddard fosse stato nel loro letto non sarebbe successo niente a quel pargolo. Da quel bimbo, involontariamente, era scaturita una guerra. Se fosse sopravvissuto, lei sarebbe stata felice con Robert. Se fosse sopravvissuto, non avrebbe fatto ammazzare Robert. Se fosse sopravvissuto, non avrebbe continuato ad andare a letto con Jaime. Se fosse sopravvissuto, Eddard Stark non avrebbe avuto alcun segreto da scoprire, non sarebbe esplosa la guerra, gli Stark e i Baratheon sarebbero ancora tutti vivi, non sarebbero nati Joffrey, Tommen e Myrcella, ma chi può dirlo? Sarebbero nati altri bambini tra di loro, legittimi eredi che non avrebbero fatto scoppiare caos inutile. Poi si vergognò del suo pensiero. Nonostante tutto Joffrey e Tommen erano suoi figli, come poteva aver pensato che fossero delle cause di problemi? No, la causa era la stupidità di Eddard Stark, Renly e Stannis Baratheon, niente di più. Era incantata a guardare un punto fisso oltre la spalla di Tommen. Il ragazzino la stava chiamando da qualche istante, ma Cersei pareva non sentire niente. Non aveva neppure ascoltato quello che stava dicendo. Si vergognò ancora un po'.

«Madre? Mi senti, madre?»

«Certo, perdonami... stavo pensando...»

«Abbiamo un problema più grosso!»

«Io ho una forte convinzione ma mi rifiuto di dirtela.»

«Per quale ragione, madre?»

«Tu non mi crederesti di certo, mio caro.»

«Parla, madre! Non metterò in dubbio la sincerità nelle tue parole.»

«So per certo che Margaery Tyrell ha procurato un veleno ad Olenna Tyrell. Olenna Tyrell aveva deciso di portarmi del thé questo pomeriggio, ma l'ha ricevuto Melara, la mia serva. Non l'ho bevuto, ma sono piuttosto convinta che Olenna abbia versato il veleno nel thé sbagliato. Come senti, fuori gridano che Lady Olenna è morta avvelenata...»


Tommen sbiancò davanti ad una simile possibilità. Cersei proseguì.

«Sai bene quanto Margaery sia legata a Lady Olenna. Recentemente so per certo che ha cercato di mandarla via da Approdo del Re, ma la vecchia si è rifiutata di eseguire gli ordini della piccola Margaery. Evidentemente, Margaery sa bene che se mi avesse portato qualsiasi cosa da ingerire o da indossare, non avrei mai accettato il dono o l'avrei fatto buttare. Per questo motivo presumo che abbia spinto Olenna a togliermi di mezzo con del thé avvelenato. Le avrà raccontato che la stava mandando via dalla Capitale a causa mia e che se mi avesse portato quel thé sarebbe potuta rimanere qui tranquillamente. Ovviamente quella vecchia di Olenna Tyrell pur di restare accanto alla sua rosellina ha fatto ciò che le ha detto.»

«Pensi che Lady Olenna si sia avvelenata da sola? Mi sembra quasi impossibile...»

«Tommen, tesoro... tu sei ancora un bambino, per certi versi. Non nego che tu stia facendo un lavoro impeccabile come Re, ma purtroppo il territorio in cui giocano i Sovrani è un territorio così infido ed arido dal quale io ti voglio solo proteggere. Lo sai questo. Lo sai sempre.»

«Lo so, madre... ma adesso cosa dovrei fare? Margaery sarebbe accusata di tentato omicidio...»

«Sta a te scegliere se essere un Re giusto e corretto o se essere un Re burattino come Robert Baratheon.»


Tommen singhiozzò.

«V-va bene... Darò... Darò ordini alle guardie di far portare Margaery Tyrell in una cella.»

«Saggia decisione, piccolo mio... questo è tentato Regicidio, sono la Regina Madre... è cospirazione contro il Trono. Il vostro matrimonio sarà dunque sciolto, come i Sette Dei vogliono se la moglie tradisce il marito.»

«C-certo, madre... questa volta... questa volta voglio che siate voi a scegliere la mia consorte... io... io sono stato uno stupido, mi son lasciato convincere con qualche moina... m-mentre lei meditava di uccidere i membri della m-mia f-famiglia...»


Tommen scoppiò in un pianto disperato. Cersei lo afferrò e lo abbracciò con forza. Tommen si lasciò andare tra le braccia della madre che mentre gli lisciava piano la schiena con fare materno, si apriva in un sorriso cattivo. Si avvicinava sempre di più alla vittoria, al momento in cui sarebbe rimasta a regnare osservando suo figlio accettare i suoi consigli come fossero ordini e Sansa Stark che pur di liberare Jon Snow avrebbe lasciato che i Lannister prendessero il sopravvento sul Regno. Si staccò da Tommen, decidendo di battere il ferro mentre era ancora caldo.

«Tommen, tesoro... credo che tu debba fare un po' di pulizia nel tuo Concilio Ristretto, trovare un nuovo Primo Cavaliere, in maniera che altri Tyrell non possano attentare alla mia o anche alla tua vita.»

«Certo madre... chi pensi sarebbe adatto?»

«Tuo zio Jaime, innanzitutto. Lui sarebbe perfetto, dal momento che è il Capitano della Guardia Reale.»

«A rappresentare il Guerriero! Ma certo!»

«Più o meno... poi direi che dovrei rientrare nel Concilio.»

«Ovviamente! Per la Madre!»

«Sì, certo... Maestro Qyburn perché dopotutto è l'uomo più fidato che abbiamo, anche se Margaery Tyrell non ti ha mai dato la possibilità di notarlo.»

«Rappresenterebbe lo Sconosciuto?»

«Anche, volendo. »

«E direi che qui ci dobbiamo fermare. Il Concilio è nato per essere Ristretto, ma recentemente sembra che chiunque possa piazzarci una tenda.»

«Ma il Padre, la Fanciulla, il Fabbro e la Vecchia?»

«Arriveranno col tempo... non occorre riempire il Concilio di persone che non ci danno alcun aiuto concreto e cospirano contro di noi.»

«Possiamo reinserire almeno zio Kevan? Potrebbe essere il Padre che aspettiamo.»

«Zio Kevan non è sufficientemente adatto, troppo amico dei Tyrell, non accetterà.»

«D'accordo madre. Vado a dar ordini alle... alle guardie. Tornerò a breve con novità.»


«Certo. Vai e compi il tuo dovere, figlio.»

Tommen si diresse alla porta, andandosene rapidamente verso la Guardia Reale che si trovava ora negli appartamenti della defunta Olenna Tyrell. Cersei richiuse la porta, non appena il figlio fu uscito ed immediatamente un'altra porta si aprì, rivelando Melara e Maestro Qyburn che ascoltavano. La serva era imbavagliata e per precauzione, Qyburn le teneva anche una mano sulla bocca, impedendole di emettere qualsiasi suono. 

«Immagino che abbiate sentito. Qyburn, da domani sarai nel Concilio Ristretto nuovamente. Questa volta sii gentile con Tommen, cerca di non dimostrarti troppo inquietante ai suoi occhi e fai sì che ti voglia nel Concilio anche di sua spontanea volontà.»

Gli occhi di Cersei Lannister si spostarono sulla serva.

«Tu, Melara... so per certo che hai famiglia. Una sorella minore ed una madre malata a cui porti tutto l'oro che guadagni qui alla Fortezza, corretto?»

Melara fece cenno di sì.

«Immagino che tu voglia che tua madre guarisca, che tua sorella non debba finire a fare la puttana in qualche bordello squallido...»

Melara fece cenno di no.

«Conferma la mia versione con Tommen, quando ti verrà chiesto e tua sorella e tua madre avranno la possibilità di vivere. Tu stessa verrai sicuramente trattata con tutti gli onori del caso, conosco mio figlio... ti considererà una sopravvissuta. Avrai oro e cibo, basta che tu confermi la mia versione...»

Melara annuì, ma d'altronde non poteva comunque far altro. Era una di quelle anime di cui quasi nessuno avrebbe sentito la mancanza, nessuno avrebbe avuto mai il coraggio di avanzare qualche domanda sulla sua scomparsa e nel caso Melara avesse deciso di rifiutarsi - cosa quasi impossibile - Cersei avrebbe attribuito la colpa a Margaery Tyrell, anche in questo caso. C'erano troppe falle nel piano di Cersei, ma ogni falla aveva almeno due soluzione fattibili con le quali sarebbe stato ovvio che Cersei non aveva colpa di niente. Alla bionda di Lannisport aveva dato fastidio subito Margaery Tyrell e dopo l'alleanza con l'Alto Passero - che sicuramente avrebbe spinto per la scarcerazione - era diventata insopportabile. Lei aveva la Corona ed il Credo dalla sua parte, Cersei non aveva niente e si sarebbe riconquistata la Corona con l'astuzia, come già stava facendo. Il Credo si sarebbe dovuto inchinare con la forza, invece. Per questo spediva lettere a Jaime, fingendosi ancora in pericolo. Era l'unico modo per farlo tornare ad Approdo del Re e prendere le armi contro l'Alto Passero. Intanto, era il momento di una visitina a Sansa Stark. L'indomani stesso avrebbe costretto la ragazza ad una confessione nella quale dichiarava di aver sempre saputo che Olenna Tyrell era responsabile della morte di Joffrey e le avrebbe fatto concedere il perdono, la restituzione di tutte le sue terre e la libertà per Jon Snow. Era riuscita nella parte più complessa, ora doveva togliere la "macchia" che aveva addossato in precedenza a Sansa e sarebbe stata pronta per essere maritata da Tommen.
***

Il mattino dopo, Margaery Tyrell venne condotta nella cella più buia della Fortezza Rossa, una cella ancor più distrutta di quella di Sansa e Jon, che vedevano la scena attraverso la finestrella. Sansa capì che a breve Cersei l'avrebbe portata da Tommen e l'avrebbe dovuto sposare, forse era solo questione di giorni. Invece, era questione di ore. Sansa, quando vide attraverso la seconda finestrella che il sole era ben alto in cielo - quasi a mezzogiorno, dedusse - sentì i passi di qualcuno che si avvicinava rapidamente. La porta della sua cella venne aperta bruscamente ed entrò un uomo enorme, il viso semicoperto dall'elmo che lo identificava come un membro della Guardia Reale. Sansa lo riconobbe immediatamente dalla stazza. Quell'uomo era Gregor Clegane, la Montagna. Rifletté rapidamente e rammentò che era stato ucciso da Oberyn Martell grazie ad una lama avvelenata e non comprese come mai fosse lì. Dietro di lui sbucò però una figura più minuta, pregna di informazioni. 

«Lui è Robert Strong, Guardia Personale della Regina Cersei. Vieni, la Regina ci attende.»

Sansa si mise in piedi, notando che non le stavano rimettendo i ceppi ai polsi. Affianco all'uomo più piccolo si trovava già Jon, che aveva sentito chiaramente il patto fatto da Cersei e Sansa ed era giunto alla conclusione che stava per essere mandato direttamente al terzo matrimonio di Sansa. Gli dispiaceva enormemente vedere Sansa ridotta ad essere una merce di scambio. Si stava dando al terzo matrimonio pur di concedergli la libertà e sapeva benissimo che lei non l'avrebbe mai fatto se in quella cella ci fosse stata solo lei. Jon e Sansa camminarono spediti verso l'uscita delle segrete, mentre lui le prendeva la mano, deciso a rincuorarla in quella situazione in cui lui si sentiva direttamente responsabile. Se solo non avesse avuto tutta quell'ansia di sapere se realmente fosse di stirpe Targaryen... ma adesso non aveva nemmeno importanza chi fosse sua madre, chi fosse suo padre. Per anni era stato legato alla convinzione che Eddard Stark fosse suo padre, ma adesso si ritrovava a doverlo vedere come uno zio morto e sepolto. Un po' lo detestava per avergli taciuto la verità per tutto quel tempo. Era venuto a sapere tutto da un uomo con cui aveva parlato poco e niente negli ultimi anni, di cui non aveva neppure la certezza della sua sanità mentale. Per quello che ne sapeva, poteva essere impazzito tutto quel tempo assieme agli Estranei, ai Figli della Foresta di cui aveva parlato e soprattutto in mezzo a quel freddo mostruoso di cui Jon aveva avuto solamente un assaggio. 

Si ritrovarono fuori dalla Fortezza, vennero fatti salire su una carrozza e trasportati verso il Tempio di Baelor. Arrivarono piuttosto rapidamente. Sansa non aveva idea di che giorno fosse, di quanto fosse passato da quando era stata imprigionata e si chiese distrattamente se ci fosse qualche manifestazione particolare, o se fosse giorno di orazione ai Sette Dei, dal momento che la strada era miracolosamente sgombra. Arrivati al Tempio ebbero la risposta. Tutti stavano davanti a quella scalinata sulla quale una volta aveva visto suo padre morire. Istintivamente strinse ancor di più la mano di Jon. Cersei era vestita nell'abito migliore e Tommen aveva sul capo la propria corona d'oro.

«Siamo qui oggi per annunciare l'ufficializzazione del perdono concesso dalla Corona a Sansa Stark. Sansa Stark, dopo anni di latitanza, è venuta umile e sottomessa a chiedere perdono alla Regina Reggente Cersei Lannister ed al Protettore del Reame Tommen Baratheon, fornendo dettagli e prove della colpevolezza di Olenna e Margaery Tyrell nell'omicidio di Re Joffrey Baratheon, Primo del suo nome.»

Sansa rimase interdetta. Non immaginava minimamente che il perdono concesso sarebbe arrivato così presto, né tantomeno così in pompa magna ma era stata trascinata lì ed ora doveva solamente recitare la sua parte, doveva recitare per lei e Jon, ma in particolar modo per Jon. Jon, che aveva tanto voluto essere partecipe nella sua vita fin da piccolo e che lei aveva così tante volte respinto, Jon che troppe volte si era offerto di darle aiuto con varie cose e che lei non aveva mai accettato. Si era ritrovata col desiderio di seguirlo nella sua impresa di scoprire se la storia di zio Benjen fosse vera ed ora poteva aiutare l'intera famiglia Stark, ovunque fossero Arya e Bran, a salvarsi dal destino infausto che i Lannister avrebbero riservato loro se li avessero trovati. Per una volta si sentì realmente utile, si sentì di poter davvero fare la differenza come le Principesse Targaryen di cui aveva tanto spesso letto quando la vecchia Nan la lasciava entrare nella biblioteca di Grande Inverno. Ripensò alla vecchia Nan, a quando la lasciava entrare nella biblioteca senza il timore che strappasse i libri in un movimento brusco. La piccola Arya non era mai potuta entrare, era troppo scalmanata e battagliera. Arya preferiva allenarsi con Jon. Per un istante, Sansa temette che Jon in quel momento preferisse avere Arya al suo fianco.

«Il Re Tommen, per suggellare la pace ritrovata con la Casata Stark, è lieto di congiungersi in matrimonio con la legittima erede di Grande Inverno, Sansa Stark.»

Sansa abbassò il capo e sorrise.

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