Diario di bordo di un capitano solitario

di incommensurabilmente
(/viewuser.php?uid=402252)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno primo ***
Capitolo 2: *** Giorno secondo ***
Capitolo 3: *** Giorno terzo ***
Capitolo 4: *** Giorno quarto ***
Capitolo 5: *** Giorno quinto ***
Capitolo 6: *** Brevi memorie ***



Capitolo 1
*** Giorno primo ***


 

A 35 anni la vita iniziava a farsi sentire anche su delle spalle come le mie, ogni sera quando mi rintanavo nella mia stanza sopra la locanda la mia testa quasi scappava... come un cavallo a cui si impone l'immobilità in box per tutta la giornata, quando lo si lascia libero poi parte al galoppo sgroppando e scalciando tutto contento...
Mi svestivo come ogni sera minuziosamente rimettendo tutto al proprio posto, ben piegato e risposto. 
Facevo preparare all'unica domestica che avevo un bagno caldo, di più nelle condizioni economiche in cui mi ritrovavo non potevo permettermi... ricordavo nella casa a New York, almeno cinque servitori per piano e la villa era immensa. 
Stanze su stanze, piene di libri e ricchezze di ogni tipo, che fosse un corno d'avorio o una statua della Grecia antica. 
Ero cresciuto immerso in quello che era stato il mondo di una volta, amavo immergermi nelle letture più disparate finché la poca luce non mi costringeva ad usare gli alti candelieri di casa Montgomery. Il rischio era però che la cera colasse sui tappeti e se succedeva sì che erano scappellotti e castigo. 
Ero sempre stato un bambino un po ribelle, sempre rinchiuso in biblioteca a voler scoprire tutto ciò che attorno vi girava... contavo di aver fatto il giro del mondo almeno cinque volte, controllavo sempre sul mappamondo intagliato che c'era al centro della sala. Nelle pause dalla lettura lo aprivo e ci trovavo la mia adorata bottiglia di latte fresco... finivo il bicchiere e con i tipici baffetti che venivano dopo aver bevuto mi rimettevo a leggere, testa china sulla carta e mente già lontana. 
L'infanzia era stata perfetta a dir poco, non avrei potuto chiedere di più. L'adolescenza era stata un attimo più problematica, la mia curiosità cresceva e non ero mai sazio di nuove esperienze. 
I primi sguardi e le prime carezze dal sapore proibito. 
le signorine gradivano ed era raro che dicessero di no, arrivarono quindi le prime farfalle nello stomaco... la pelle color carta disegnata sui libri si faceva rosea e morbida,tutta da mordere e da baciare. Le labbra lontanissime delle dame nelle novelle si facevano rosse e affamate sulla mia. 
Poche volte mi ero lasciato sfuggire l'occasione di possedere una donna... 
Poi era arrivato un periodo molto complesso nella mia vita, un'età in cui ai balli si alzava lo sguardo solo per cercare moglie e mariti ai propri figli. Mio padre mi aveva cresciuto con l'idea che sarei stato un padre di famiglia ma come ogni storia che avevo letto o sentito narrare ero libero di decidere se mi piacesse o meno. Quella la detestavo, detta infinite volte mi era venuta a noia... 
Non ne potevo davvero più...

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Giorno secondo ***


In quel periodo mi ero avvicinato ad un ragazzo tre anni più giovane di me, un rampollo di una ricca famiglia americana come lo ero anche io. Jean... solevo chiamarlo così. I cognomi nemmeno me li ricordavo, a me bastava lui. Il mio migliore amico. Un vero idiota in alcune situazioni, una vera salvezza in altre. Mi faceva sorridere, sia per il suo modo di fare che per la sua riservatezza, non era eccessivamente espansivo e aveva pochi amici, praticamente c'ero solo io. Riuscivo ad averci un rapporto stabile e ogni giorno eravamo assieme, durante i balli nelle regge stavamo in disparte e ridacchiare di qualche giovane rifiutato dall'amata, a trovar moglie non ci pensavamo nemmeno. Che ci importava? Non ne sentivamo il bisogno... parlo con il "noi" perché ormai mi sembrava di conoscerlo da una vita e i nostri intenti e le nostre sensazioni spesso si eguagliavano, quasi sempre. Me lo ricordo ancora... gli occhi chiari e vivaci che cercavano i miei molto spesso, il suo naso quasi femminile e perfetto... la sua bocca che molte signorine invidiavano... il viso di una statua greca, glielo avevo sempre detto. Magari ridendo ma glielo avevo sempre fatto notare... La vita andava avanti e anche le lamentele di mio padre. Moglie, Vincent... hai bisogno di una moglie che ti dia un erede... diceva sempre borbottando. Ma cosa me ne importava degli eredi, avevo 18 anni e non pensavo certo ad accasarmi... Tre giorni dopo infatti ero partito alla volta dei boschi con Jean, saremo stati fuori due giorni e avevamo bardato i cavalli con le dovute borse, i viveri e il vestiario nuovo. Cosa non erano stati quei giorni in compagnia di quel ragazzo. Avevamo fatto il bagno al lago. Non l'avessimo mai fatto. ... In quel periodo faceva caldo anche nei boschi della regione e non volendo bagnare i vestiti decidemmo di fare il bagno nudi, se qualcuno fosse arrivato non credevo si sarebbe scandalizzato troppo... dopotutto l'arte in quel periodo esponeva nei migliori musei le statue di un'antica Grecia in cui l'abito era di troppo e il corpo andava esaltato. Nessuno si sarebbe scandalizzato per un corpo nudo. Ero nell'acqua fresca a rilassarmi e a cercare pietre particolari sul fondale non troppo profondo. Mi piacevano da morire le nostre fughe. Jean si stava buttando e nell'entrare in acqua mi aveva bagnato con una gentile dose di schizzi. Mi ero quindi affrettato a vendicarmi andandolo a placcare da dietro. Lo avevo stretto in una sorta di abbraccio per immobilizzarlo e mi era caduto lo sguardo sulla sua spalla. la pelle prima pulita ora era sporcata da un piccolo segno rosso. Qualcosa nella mi testa scattò, una rabbia muta e implacabile mi aveva preso. Avevo mollato la presa e mi ero avvicinato alla riva senza dire niente. La mascella serrata e lo sguardo fisso a voler evitare il suo. Si trattava solo di un misero segnetto d'amore sulla sua spalla.. eppure a me faceva infuriare il diavolo dentro. Non aveva senso, avrei dovuto essere felice per lui, per quel segno di confidenza che aveva dato a qualcun altro... eppure non ci riuscivo. Era scoppiata quindi una violenta discussione e mi ero messo a fare una scenata assurda a quello che era il mio migliore amico. Jean era sulla difensiva e ad un certo punto mi aveva guardato forse incattivito e mi aveva fatto una domanda agghiacciante Sei forse geloso , Vincent? Da quel momento mi ero zittito. Era una domanda assurda e la risposta era ovvia... Ovvia... doveva esserlo, eppure nella mia testa non avevo ancora risposto. Sapevo che avrei mentito a me stesso... Che diavolo mi prendeva? Non lo sapevo. Eravamo stati in silenzio per tutta la sera. Avevamo acceso un fuocherello facendo attenzione a non incendiare tutto il bosco. Io non sapevo cosa pensare ma fu lui a rompere il silenzio che ci aveva avvolto per lunghe ore. Vincent... Aveva semplicemente detto guardandomi con quei suoi occhi chiarissimi... mi piaceva il mio nome detto dalla sua voce, aveva un suono molto più gradevole. Non avevo risposto al suo sguardo ma avevo sospirato e abbassato il viso. Inaspettatamente avevo sentito la sua mano muoversi tra i miei capelli e un brivido mi era corso lungo la schiena, era delicata ma decisa. Ero rimasto in quella posizione, magari volevo che continuasse... lo sentii muoversi e la sua coscia sfiorare la mia, si era seduto più vicino senza spostare la mano. Respiravo piano ripetendomi che era normale sentire quelle cose sotto la mano di un ragazzo... ma la testa mi urlava addosso di smetterla. Non sapevo più cosa pensare...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Giorno terzo ***


Era un giorno qualunque a Bath... da quando era arrivato avevo perso il conto. Tutto era così terribilmente tranquillo che il mio orologio mentale aspettava qualche avvenimento eclatante per far aumentare il numero dei giorni. Mi ero svegliato come tutte le mattine nell'appartamento sopra la locanda e mi ero alzato dal letto ancora tutto rintontito per la dormita, la domestica era entrata e mi aveva dato il buongiorno. Era stata la mia balia in America e non appena mi aveva ritrovato in un momento difficile mi aveva aiutato non poco... con la promessa che l'avrei portata con me in Inghilterra si era unita al mio viaggio verso un mondo nuovo. Non mi chiedeva un compenso, solo una branda in cui dormire e una manciata dello stesso cibo che mangiavo accompagnato da un tozzo di pane. Io le avevo riservato una camera intera, quella buona donna mi aveva salvato e si meritava tutto il mio rispetto e la mia dedizione. Lei, di tutta risposta, mi aveva chiesto di poter fare da governante, io non avevo potuto fare altro che accettare. -Buongiorno Vincent... -A te Cornelia... Aveva esordito avvicinandosi un attimo per controllare che stessi bene, mi viziava e ogni mattina mi deliziava con una piccola pagnotta ripiena di burro e delle sue marmellate fenomenali, cosa non erano e marmellate che quella donna sapeva fare. Sapeva prendermi per la gola. Quel giorno la marmellata era di more e Dio quant'era buona. Stavo sbocconcellando il pane come un bambino divora della cioccolata in tavoletta quando la vidi guardarmi un po preoccupata. -è successo qualcosa? Le avevo chiesto interrompendo un attimo la colazione. L'avevo vista tuffare la mano nella tasca del grembiule e tirare fuori una lettera. Le mani nodose afferrarono gli strati di carta con l'indice e il medio... me la porse. Il colore lo conoscevo bene e quando vidi il sigillo di ceralacca rossa non ebbi dubbi. Era Alice il mittente. Cosa poteva volere adesso? Dopo non essersi presentata all'appuntamento mi aveva lasciato un senso di insoddisfazione e indignazione... adesso cosa poteva volermi dire? Porgere le sue scuse? Sarebbe stato il minimo... Venni interrotto nei miei pensieri da Cornelia che tutta preoccupata e imbarazzata aveva borbottato che sarebbe andata a prendere del latte da servire con il pane e la marmellata... l'avevo quindi vista avviarsi fuori dalla stanza.. Io intanto mi ero alzato lasciando ricadere tutti i lenzuoli che mi coprivano a terra. Solevo dormire nudo perché qualsiasi tessuto che non fosse seta mi irritava a contatto con la pelle, gli anni nel lusso mi avevano viziato e reso invivibile uno stile di vita più basso. Avevo rigirato la lettera tra le mani cercando qualcosa che nemmeno io sapevo... l'avevo quindi avvicinata alle narici. Ricordavo ancora bene il Suo odore, Alice non lasciava niente al caso nemmeno fosse dovuta stare nuda in una stanza, il profumo, gli sguardi, gli atteggiamenti. Tutto era pesato rispetto alla figura forte che era. La aprii quindi con un'inquietudine non tipica della mia tempra. C'era un biglietto per il teatro... aveva su impressi pure la data e l'orario dello spettacolo... "Un'altra possibilità a Mr. White". Insieme al biglietto c'era un piccolo pezzo di carta con su scritto Non mancare... la Sua firma svettava quindi pungente sul bianco sbiadito, la guardai in silenzio ricordandomi dei movimenti che la Sua mano faceva nel scriverla. Rimisi tutto dentro e mi guardai un attimo allo specchio. Le sarebbe piaciuto quello che avrebbe visto?... gli anni mi avevano cambiato, speravo non troppo. Realizzai poi che l'avrei rivista e sorrisi quasi istintivamente, la donna che avevo atteso per tutti quegli anni. Cornelia rientrò con un vassoio che poggiò sulla scrivania. Ormai non si scandalizzava più delle mie nudità. -Quindi? Che dice? Mi chiese quindi versando un bicchiere di latte dalla brocca d'argento. Aveva riconosciuto pure lei il mittente della lettera. -Uno spettacolo teatrale... Avevo esordito riaprendo la lettera e porgendole il biglietto. Lei lo aveva preso e rigirato tra le mani leggendovi sopra quello che io qualche minuto prima avevo già scorso con gli occhi. Avevo atteso il suo responso. Sospirava sconsolata la mia Cornelia, cosa c'era che non andava? Non le era mai andata a genio Alice, come ad una madre non andava mai a genio l'innamorata del figlio. Avevo sempre sorriso di questo suo velato affetto nei miei confronti. Era stata la madre che non avevo mai avuto... e quella che non mi aveva abbandonato. -Il bagno comunque è pronto, su... Mi aveva informato ed esortato. Mi ero quindi lasciato trascinare verso la tinozza, la giornata era iniziata in modo strano e non sapevo bene cosa aspettarmi da quell'incontro che prima o poi si sarebbe consumato. Intanto mi sarei rilassato in vasca.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Giorno quarto ***


I giorni erano corsi veloci, io non parlavo molto... ancora scosso da quello che era successo. Eravamo tornati alle rispettive ville... Ognuno tra le mura che tanto gli davano sicurezza. Io ero rimasto dei giorni solo con me stesso. la biblioteca era stata la mia crisalide.. avevo letto libri, consultato giornali, annuali... qualsiasi cosa potesse parlare di quel tipo di esperienza che avevo vissuto io... Dovevo trasformare quella matassa di bile... quel brivido involontario... dargli un nome per annientarlo effettivamente. Come una malattia che si studia per crearne il vaccino... Una malattia però non poteva far sentire così bene... pensai... eppure i libri stavano in silenzio, non accennavano a darmi le risposte che cercavo. Nella mi disperazione ero pure andato a cercare sul dizionario una parola semplice... "brìvido s. m. [voce onomatopeica, prob. già gallica]. – Serie di piccole contrazioni involontarie di fascetti muscolari, estese a gran parte del corpo, irregolarmente ritmiche, assai ravvicinate; può essere provocato dal freddo (b. termico), o dall’insorgere della febbre (b. febbrile), o da forti emozioni, soprattutto paura (b. psichico); è spesso accompagnato, spec. quello termico, dal rapido battere dei denti e dalla cosiddetta pelle d’oca: sentire, provare un b.; fu scosso da un b. improvviso; sentì un b. scorrergli nelle ossa; spesso al plur.: avere i b. per il freddo, per la paura; essere preso dai b. della febbre; un racconto che fa venire i b.; mi vengono i b. al solo pensarci; l’idea di affrontare quel pericolo mi dava i b.; anche fig., per indicare una sensazione violenta, una forte emozione o eccitazione: sentire un b. di piacere; provare il b. della velocità; film, racconti, romanzi del brivido, basati su trame paurose e misteriose, tali da suscitare intense emozioni. Paura... non avevo paura di Jean, era ovvio. Era il mio migliore amico... per quale burbera e crudele ragione avrei dovuto avere paura di lui? Quella sera ora che ci pensavo aveva fatto molto freddo ma il brivido era arrivato solo quando la sua mano si era piazzata tra i miei capelli... solo a ripensarci mi partirono altri piccoli brividi involontari e tirai un attimo indietro la sedia per poggiare la fronte sulle pagine del libro. Chiusi gli occhi maledicendomi silenziosamente. Che diavolo mi prende? Brividi per la mano di un uomo... Andiamo... io che adoro le labbra carnose delle ragazze... Però pure le sue sono morbide... Sospirai maledicendomi di nuovo. A me piacciono le ragazze... eppure ho vacillato sotto le sue dita. Ennesima maledizione, più convinta. Aveva un segno sulla spalla... un segnetto rosso sulla pelle. Chi glielo avrà fatto? A quale dama avrà deciso di dare questo privilegio? Lo stomaco si strinse forte e serrai la mascella. Non riuscivo ad immaginarmelo con una ragazza... una ragazza con le sue labbra sulla sua pelle. Mi imposi un respiro regolare. Lui amava le ragazze... come le amavo io... come si può amare mordere un frutto maturo e delizioso, come la natura imponeva. Eppure ero parte della natura e quel brivido lo avevo avuto per colpa di un essere umano... La testa mi scoppiava e avrei avuto bisogno di parlare con Jean... anche solo per chiarire la mia versione dei fatti. Dopotutto non era successo niente... Continuavo a ripetermelo in testa mentre percorrevo il viale che conduceva alla villa del mio buon amico... Dopotutto non è successo niente...

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Giorno quinto ***


Erano passati dei giorni e alla fine mi ero deciso ad andare dal mio buon vecchio amico Jean, ero stato introdotto nella villa dai numerosi camerieri che la popolavano. Avevo sorriso cordialmente a tutti come facevo sempre ma non ero tranquillo, ero arrivato in quel posto per togliermi dei dubbi ma avevo studiato sui libri che alcune risposte andavano pagate care... Nella mia testa c'era tanta confusione... il prezzo dell'ordine quale sarebbe stato? Sarei stato pronto a pagarlo? Jean era in biblioteca e mi fecero entrare presentandomi con tutti i miei titoli nobiliari, ogni volta era una tale noia... Poi la porta si chiuse e fummo soli, io e quel ragazzo che sedeva alla sua sedia e che ancora era intento a leggere un libro. Io non mi ero guardato attorno, ormai la conoscevo quella biblioteca, fin troppo bene. Conoscevo bene l'odore di quelle pagine racchiuse nelle migliori pelli tinte. Alla fine Jean alzò il viso dal libro. -Vincent... che piacere vederti, devi scusarmi ma dovevo finire il capitolo... quel libro è terribilmente avvincente... Lo aveva detto guardandomi. Sorrideva contento ma avevo idea che sapesse la ragione della mia visita. Io gli ero dovuto sembrare preoccupato, si era avvicinato e mi aveva sollevato il mento con l'indice contato che in quel momento avevo lo sguardo perso sul pavimento. Eravamo entrambi decisamente alti e lo potevo guardare senza problemi in quegli occhi chiari che avevo scoperto più sicuri e prepotenti. -Tutto bene? Mi aveva chiesto... se stavo bene? Oh certo... benissimo, ero solo indeciso se considerarmi malato di qualche strana patologia che mi portava ad essere geloso del mio migliore amico o meno... non c'era nessun problema, figuriamoci. Inspirai tentando di riordinare le idee. -Volevo scusarmi per il comportamento terribilmente infantile che ho avuto nei giorni in cui siamo stati fuori... insomma... Lo vidi sorridere e mi bloccai, nella mia confusione mentale non seppi cosa pensare... è bello quando sorride... Mi maledissi silenziosamente. -Non è successo niente Vincent... quel segno me lo aveva fatto una serva, non si trattava di niente di serio... insomma... la frustrazione è brutta e le donne sono deboli da questo punto di vista... Mi spiegò mentre lo guardavo... mi ero calmato tutto d'un tratto. Perché? Sapere che non era niente di serio mi aveva tranquillizzato? -se è quello che vuoi sapere... Aggiunse poi quando mi vide leggermente meno teso. Aveva uno sguardo strano... forse si aspettava che dicessi altro. Ma che dire? Non sarei certo andato a raccontargli dei mie dissidi interiori, erano turbini da cui nemmeno io ero capace di uscire, non volevo ci si perdesse anche lui... O magari poteva aiutarmi, magari poteva darmi la medicina, aprire un cassetto di quella villa immensa e darmi la pozione che poteva risolvere tutto e calmare i cavalloni che mi imperversavano dentro. Lo guardai indeciso e deglutii. Mi umettai le labbra non troppo tranquillo. -Non so cosa mi sia preso... intendo. Tu puoi avere tutte le donne che vuoi e queste donne possono farti tutti i segni che desideri... io non c'entro niente con la tua vita sessuale e non sono nessuno per dettarti legge o fare lamentele... Sorrideva in un modo che non avevo mai visto, l'angolo della bocca leggermente inarcato. Appena appena, quel poco che bastava a quelle labbra per potersi definire incurvate. Mi fece quasi impressione. La situazione poi era degenerata. Lui mi aveva assicurato che potevo dirgli tutto quello che non gli andava bene e che mi avrebbe ascoltato... che era da un po di tempo a quella parte che aveva iniziato a conoscermi meglio. Era vero alla fine, avevamo iniziato a frequentarci e ad aprirci l'uno all'altro, i discorsi erano stati lunghi e introspettivi, quasi intimi. Mi aveva lasciato sondare le profondità del suo animo, non senza ansia e sentimentalismi... ma si faceva così nelle amicizie... no? Forse no...

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Brevi memorie ***


Brucia e non smette... non c'è sangue, vedo solo pelle imbrunita dal ferro caldo. Quei bastardi lo hanno arroventato a dovere prima di calarlo sul mio petto... Il problema delle lotte clandestine non è il perdere lo scontro... è il prezzo da pagare per aver fallito. Ogni animale rinchiuso tra le file serrate di uomini scommettenti porta i segni dei suoi fallimenti... io avevo tre linee sulla pelle del costato, tre linee dritte... parevano quasi tracciate con il righello. Ricordo ancora i loro visi, le loro espressioni compiaciute mentre appoggiavano l'asta di ferro che tenevano in due ai lati, era pesante anche se fine. Veniva fuori un fumo di carne bruciata che avrebbe fatto rivoltare lo stomaco a chiunque... ma a loro non faceva nemmeno più effetto, tanti erano i fumi che permeavano le loro narici. Li odiavo, lo sentivo da dentro lo stomaco. Quell'odio che mobilita sensi, corpo e mente a disprezzare in ogni modo possibile...

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3586237