Wait for me to come home

di The Writer Of The Stars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mizpah - Remember when I broke you down to tears? ***
Capitolo 2: *** Skinny love ***



Capitolo 1
*** Mizpah - Remember when I broke you down to tears? ***


Mizpah -  Remember when I broke you down to tears?

Sakura respira. Ha la giada negli occhi e le gote solcate di lacrime. Le brucia la gola all’ennesimo grido e se avesse un po’ più di orgoglio e dignità, si vergognerebbe della disperazione insita nelle sue corde vocali, singhiozzi lanciati alle spalle infantili che portano il peso di centinaia di fantasmi dinanzi a lei.

Sasuke la sovrasta di poco, ma la sua presenza alle spalle le rimescola lo stomaco in un misto di ansia e incertezze.

“Sakura” non aveva mai avuto quella voce, quell’inflessione di pietà bambinesca nel tono duro e troppo maturo per un ragazzino.

“Grazie.”

Sakura cade e la panchina la accoglie nel suo letto di gelido marmo. Le forze mancano, e mentre lo scalpiccio dei passi di Sasuke che si allontana le rimbombano indistintamente nei timpani, le viene in mente che una volta Kakashi Sensei le aveva accennato qualcosa di simile, lui che evidentemente doveva capirci qualcosa della solitudine.

Mizpah” pensa, le stelle della notte tumultuosa che abbracciano le iridi annacquate.
****

Sakura respira. Ha la giada negli occhi e un sorriso tirato che Ino non fatica ad interpretare.

“Stai pensando a lui?” Ino è cinica ma Sakura lo apprezza mentre cammina per le vie soleggiate di Konoha. Alza le spalle colpevole ed Ino scuote il capo mentre osserva i petali di un ciliegio volteggiare nell’aria tiepida. Quest’anno la primavera è giunta prima.

“Mi chiedo come tu faccia a non odiarlo.” Ammette sconfitta, incapace di capire come dopo un anno da quella notte il cuore di Sakura continui a battere per il traditore del villaggio. I bambini giocano sotto le fronde degli alberi e ridono con le loro voci cristalline e spensierate; Sakura si chiede se Sasuke abbia mai riso così da bambino.

“Io lo sento.” Mormora con timidezza, mentre aiuta una bambina caduta in terra a rialzarsi. Sorride, forse perché quella bambina che si asciuga subito le lacrime le ricorda lei stessa quella notte, ciò che è determinata a divenire.

“Non ti seguo.” Ino non capisce e Sakura non gliene fa una colpa, perché a malapena lo comprende lei stessa.

Mizpah, Ino.”
 
****

Sakura respira. Ha la giada negli occhi e il cuore che scalpita contro la cassa toracica. Sasuke non ha il coraggio di guardarla e preferisce contemplare dal tetto dell’ospedale il tramonto aranciato che sparisce dietro il monte degli Hokage, Konoha sotto di loro che dalle macerie ce la mette tutta per tornare a vivere. Sakura si stringe nelle spalle, analizza il profilo fiero del ragazzo contemplandolo con quella bramosia inquieta e vergognosa di quando era bambina e si chiede se ai suoi occhi lei sia rimasta ancora quella ragazzina petulante e noiosa che trovava tanto insopportabile ai tempi dell’accademia. Lei vede il bambino affamato d’amore, imbrattato di sangue e colmo di cicatrici sul corpo di un uomo, ma chissà se lui vede la donna che è sopravvissuta ad una guerra, la donna che ha la forza di distruggere un intero villaggio in quella stessa mano con cui ora carezza i suoi ciuffi ribelli, così scuri da far invidia alla notte.

“Mi dispiace.” E’ la seconda volta dal suo ritorno che glielo dice, e se inizialmente aveva pensato che stesse delirando a causa dell’emorragia al braccio, ora sa che Sasuke sta bene- relativamente bene-  ed è lucido, e quindi sì, gli dispiace davvero e sì, può concedersi il lusso di emozionarsi per quella piccola conquista.

“Lo so.” Forse a Sasuke dà fastidio la sua voce così dolce, il tono pacato e comprensivo, forse vorrebbe che lei gli urlasse contro e si arrabbiasse, perché lo vede irrigidirsi e questo le fa paura.

“Ti ho fatto molto male.” Non è una domanda ma una cruda affermazione, perché Sasuke è consapevole di aver lasciato dietro di sé una scia di dolore, di aver intrapreso quel cammino che né lei, né Naruto e il maestro Kakashi avrebbero mai voluto per lui. A Sakura, in vero, quella frase sembra una straziante condanna auto inflitta, celata dalla freddezza tipica della sua voce.

“Immagino tu abbia passato molte notti sveglia per colpa mia.”

“Non lo nascondo.” Sakura pensa che anche a lei tocchi giocare a carte scoperte, che probabilmente Sasuke non si aprirà mai più come sta facendo ora e non può permettersi di fare la sostenuta, non ora che lui sta portando a galla tutto ciò che ha passato in quei quattro anni, avanzando delle semplici ipotesi dannatamente corrispondenti alla realtà. Possibile che sia davvero così prevedibile?
Sasuke accenna un ghigno che non ha nulla della sua cinica freddezza, tenta di ostentare indifferenza dinanzi al senso di colpa opprimente come una katana conficcata al centro del petto.

“Ti ricordi di quando ti ho detto che sarebbe stata l’ultima volta in cui mi avresti visto e ti ho fatta scoppiare in lacrime?”
Sakura rabbrividisce, il vento freddo di quella vecchia notte sepolta e diseppellita che le tira un doloroso schiaffo sulla gota leggermente rosata.

“Non l’ho mai dimenticato.” Ammette, mentre abbassa lo sguardo sulle proprie mani piccole eppure così dannatamente forti. Come aveva fatto a diventare così?

“Come hai fatto?” Sasuke sottintende sempre molto, a volte tutto, ma Sakura ha sviluppato l’innata capacità di comprendere i suoi silenzi e leggere quelle parole mancate e rimaste intrappolate tra le sue labbra sottili e leggermente schiuse, screpolate e provate dalle intemperie dell’inverno appena passato. Come hai fatto a continuare ad amarmi nonostante tutto? Perché mi ami ancora, vero? Sasuke non sarà mai in grado di chiederle una cosa del genere, è contro la sua natura e Sakura non si aspetta di sentirlo parlare, ma quell’inaspettato interessamento basta ad agguantarle il cuore e intrappolarlo per il tempo di due battiti.

“Ti sentivo.”
Immagina lo sguardo confuso che non le mostrerà mai, e sorride teneramente, di lui e della sua incapacità di uccidere l’orgoglio.

Mizpah, Sasuke.”

****

Sakura respira. Ha la giada negli occhi e il ventre rigonfio dove palpita una vita. Il cielo ammantato di stelle sopra le loro teste la fa piangere, ma a Sasuke dice che è colpa degli ormoni e lui sembra crederci. La abbraccia di sua spontanea volontà, il che è raro, e Sakura si gode l’attimo, così come conserva nella sua mente ogni momento di quel loro viaggio, dal giorno in cui Sasuke ha accettato che partisse con lei sino alla faccia sorpresa ed emozionata con cui ha accolto la notizia della gravidanza. La luna sui monti, il vento fra gli alberi e il volo di un’aquila le carezzano le lacrime e le fanno capire che la loro vita è lì, fra cielo e terra, insieme.

“Non importa se un giorno dovrò partire” mormora Sasuke e Sakura, col volto nascosto nell’incavo della sua spalla, sa che è imbarazzato perché sta per confessarle qualcosa di più profondo di un “ti amo”. Le carezza la pancia con una mano, sfiorandole le tempie con le labbra.

“E’ con voi che sarò sempre.”
****

Sakura respira. Ha la giada negli occhi e la voce di Sasuke che le risuona nei timpani.
“Aspetta il mio ritorno a casa.” Se lo ripete ogni mattina da sei anni a questa parte, e ricordare la voce di Sasuke che glielo sussurra, le bacia la fronte e poi tocca quella della loro bambina di pochi mesi prima di andarsene, la aiuta ad andare avanti e a crescere una figlia con la fierezza e l’orgoglio di una vera Uchiha.

Sarada la abbraccia, ed è teneramente adorabile sapere che quello scricciolo di appena sei anni sia sua figlia e di Sasuke, colei che ha rafforzato il loro legame che dura da anni immemori. Le tocca la fronte, come ogni mattina appena sveglia, e Sarada diventa rossa, perché una volta sua madre le ha spiegato che quel gesto viene da parte di suo padre ed è il suo modo di augurarle il buongiorno. Quando Sakura fa per allontanarsi verso la cucina, però, Sarada le riafferra una mano, costringendola a voltarsi e la kunoichi si riabbassa sorpresa alla sua altezza, scrutando nel fondo di quelle iridi infantili, così identiche alle sue da farle salire un doloroso groppo alla gola.

“Mamma” comincia titubante, abbassando lo sguardo sulle proprie manine che giocherellano con l’orlo della gonna.

“Come fai a sentire papà?” le chiede, la curiosità annegata negli occhi vagamente lucidi. Sakura accenna un sorriso tenero ma malinconico, carezzandole la chioma scura e passandole una mano sulle palpebre dove una stilla d’acqua salata è rimasta incastrata tra le ciglia.

Mizpah, Sarada.” Sussurra, baciandole gli occhi confusi. “Un giorno capirai.”
 
Mizpah: termine ebraico che indica il legame profondo ed emotivo tra due persone separate dalla distanza o dalla morte.


Nota: Ispirata da "I bet my life" degli Imagine Dragons.

 

 

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Capitolo 2
*** Skinny love ***


“Come on, skinny love, just last the year.

Si era sempre chiesta per quale motivo Sasuke avesse deciso di partire proprio nel giorno del Solstizio d’inverno. A volte, persa nell’abbagliante splendore delle sue elucubrazioni strazianti , le era capitato di pensare che magari l’aveva fatto apposta a lasciarla stesa su quella panchina così dura e fredda, come se, mentre il ciottolio dei suoi passi gli rimbombava nelle orecchie, il saperla morire assiderata fosse per lui un piacere. Magari si era divertito ad immaginarla stesa esamine sul marmo gelido, con le labbra violacee e fredde, le braccia livide, le lacrime gelate agli angoli degli occhi come brina mattutina, stille di ghiaccio che solcavano le guancie diafane. Eppure, di freddo su quella panchina non ci era morta, e seppur obnubilata dai mormorii spietati dalle persone, dai “compagni del nukenin” che si alzavano al suo passaggio per le vie sconnesse di Konoha, il suo deplorevole cuoricino devoto non aveva smesso di riversare amore alle spalle del traditore del Villaggio della Foglia, abbandonandosi, in momenti di utopica speranza e opere di auto convinzione vacillanti, che Sasuke, sebbene la trovasse insopportabile, non avrebbe voluto vederla morta. Probabilmente nemmeno se n’era reso conto che mentre lui varcava le porte di Konoha verso l’oblio, l’inverno si scontrava per sbaglio con la sua spalla, e senza nemmeno fermarsi a chiedere scusa, si insinuava nelle ossa dei ninja del villaggio. Certe volte, in verità, si faceva pena da sola. Poiché, sebbene ormai fossero passati tre anni dal suo tradimento, Sasuke non sembrava intenzionato a sfuggirle dalla testa, anzi, col passare del tempo, si era resa conto di come il suo ricordo si fosse attaccato alla parete del suo cuore, brandendo la carne come una fiera selvatica e strappandogliela a morsi, bramosa del sangue che gli imbrattava il manto. Si rendeva conto, però, che in fondo proprio colpa sua non era, se si ritrovava ogni notte a fissare le stelle macchiate di sangue nel cielo, sotto lo stesso cielo dove anche lui viveva, chissà dove però. Ritrovarsi a distruggere lo specchio nella propria stanza in una notte di dicembre, inoltre, era divenuta ormai un’abitudine di cui quasi non si stupiva più, e in quelle notti, mentre sfregava con forza il livido poco al di sotto della nuca, non le veniva più da domandarsi se il sangue sgorgasse dalla cicatrice o dai tagli sul palmo della mano. L’aveva fatto apposta però, certo che lo aveva fatto apposta, perché lasciarle quel dannato livido, proprio dove l’aveva colpita per farle perdere i sensi- per ingannarla- non era stata una conseguenza casuale, come casuale non era quella fitta lancinante che le gonfiava la ferita ogni anno, proprio il giorno del solstizio d’inverno. Temeva forse che se ne dimenticasse? Che bisogno c’era di ricordarle del suo adolescenziale sogno frantumato in maniera tanto vivida, se bastava il suo gracile e scarnificato amore a farlo?

Guardati, Sakura, guarda come la superficie vitrea si rompe sotto il tuo pugno. Non senti com’è bello il sangue che ti sgorga dalle nocche, non ti piace il tuo palmo così scarnificato? Cosa c’è che non va in quel livido sul collo, perché disprezzi tanto le cicatrici da ninja che hai sul petto? Non sarebbe forse più bello immaginare che ad infliggertele sia stato proprio lui, il traditore che tanto professi di amare?
Non singhiozzare, Sakura; cosa credi penserebbe lui se ti vedesse così? Non volevi forse dimostrargli di essere cresciuta e divenuta più forte?

Resisti ancora un po’, coraggio. In fondo sono passati solo tre anni, perché arrendersi proprio ora?

Andiamo,gracile amore, resisti fino alla fine dell’anno.

 

Nota: sono consapevole che l’abbandono di Sasuke non sia avvenuto in inverno, ma prendetela come una licenza poetica.

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