South Side High School

di Malec Lovers_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to the jungle ***
Capitolo 2: *** Oh my sweet knight ***
Capitolo 3: *** Like an octopus ***
Capitolo 4: *** Boyfriend ***
Capitolo 5: *** I feel that you have ***
Capitolo 6: *** I'm not your bitch ***
Capitolo 7: *** Panthers ***
Capitolo 8: *** New York ***
Capitolo 9: *** Drugs affair ***
Capitolo 10: *** I can't do without you ***
Capitolo 11: *** New York Pt.2 ***
Capitolo 12: *** New York pt 3. The wolf and the lamb ***



Capitolo 1
*** Welcome to the jungle ***








Quando la campanella finalmente suonò, una moltitudine di studenti si riversò nei corridoi della piccola – e malandata – scuola del South Side di Chicago.
C’era chi parlava con un amico, chi ci provava con una ragazza, o chi, in solitudine, semplicemente riponeva in fretta i libri nel proprio armadietto, così da lasciare il prima possibile quella giungla, comunemente chiamata scuola.
Era questo il caso di Ian Gallagher, un ragazzino alto, con i capelli rossi, grandi occhi verdi e il viso cosparso di lentiggini, e soprattutto, sempre senza un vero amico intorno – se si escludeva suo fratello maggiore Lip, ovviamente.
Non amava particolarmente la scuola, e l’unico motivo per cui la frequentava era l’addestramento militare gratuito che il liceo offriva.
Diventare un soldato era il suo sogno, difendere la patria con la propria vita. In più, era un buon modo per andarsene da quello schifo di posto, e per smettere di essere un Gallagher qualunque, una persona qualunque. Per trovare il suo posto nel mondo.
Normalmente, un cadetto avrebbe dovuto ricevere rispetto dai propri compagni, ma purtroppo per Ian non era così. Dagli altri riceveva solo spinte e commenti decisamente poco piacevoli. Allora prendeva la sua roba, sbatteva forte l’anta dell’armadietto e si dirigeva rapidamente verso l’uscita, maledicendo quel luogo, gli studenti e se stesso per non essere abbastanza forte. Aveva intenzione di usare questa leadership nell’esercito?

Solitamente, dopo la scuola, andava al Kash&Grab, un minimarket nel suo quartiere, dove lavorava part-time come commesso. Stava seduto lì, dietro la cassa, aspettando che qualcuno entrasse, e poi salutava i clienti con sorrisi di cortesia prima che se ne andassero.
Quel giorno era particolarmente calmo, così Ian ne approfittò per cominciare a studiare algebra. Si stava facendo dare una mano da Lip: non era mai stato un genio come lui, ma era essenziale che mantenesse una buona media per poter anche solo sperare di entrare nell’esercito.
Si diede un pizzico sulla pancia e iniziò a leggere. Ad un certo punto tra le pagine comparirono strane lettere, forse greche. Ian sbuffò. La matematica era più semplice quando erano solo numeri.
Per fortuna, pochi minuti dopo qualcuno entrò nel negozio, liberandolo così da quella tortura.
Lo riconobbe subito. Era Mickey Milkovich, capitano della squadra di rugby della sua scuola. Un ragazzo non troppo alto, ma dalla grande forza fisica, con un paio di occhi blu come il mare in tempesta, e folti capelli neri. Non parlava molto, era piuttosto silenzioso, ma la sua fama, per così dire, lo precedeva. Si diceva che avesse pestato a sangue un ragazzo solo perché omosessuale. Certo, era un tipo pericoloso all’apparenza, ma anche tanto interessante agli occhi di Ian.
Mickey si voltò verso di lui e lo salutò con un cenno del capo, poi si mise alla ricerca di ciò che gli occorreva. Pochi minuti dopo raggiunse la cassa, posò sul bancone una cassa di birre e diversi alcolici.
Ian digitò i vari prezzi, poi si fece coraggio e gli parlò.
«Organizzi una festa?» chiese, prendendolo alla sprovvista. Mickey inizialmente si limitò a grugnire un sì, poi spiccicò qualche parola.
Mickey inizialmente si limitò a grugnire un , poi guardò Ian e disse: «Una specie. Perché, ti va di venire per caso?»                         
Aveva parlato solo con l’intenzione di prenderlo per il culo.
Ian si strinse nelle spalle e stette al gioco. «Perché no? Mi piacciono le feste» rispose con noncuranza.
Avrebbe giurato che sul viso del Milkovich fosse spuntato un accenno di sorriso, che poi si tramutò in qualcosa di molto più losco.
«Va bene, bello.» fece infine Mickey. «Ma ad una condizione: dovrai portare con te una ragazza.»
Ian rimase allibito da quanto ascoltato. «Ma io non ho una ragazza» rispose tristemente.
«Beh, trovala. Rimorchia qualcuno e se non ci riuscirai… vorrà dire che è vero quello che si dice in giro» alluse con cattiveria Mickey.
«E cioè? Cosa si dice di me in giro?» chiese Ian mantenendo un certo tono.
Mickey prese la spesa e gli lasciò sul bancone 20 dollari. «Che sei un frocio, Gallagher» sibilò Mickey uscendo, come se avesse appena sputato veleno.
La voce di Ian lo richiamò. «Cos’hai contro i gay?» gli chiese, quasi infastidito.
Mickey si voltò e gli dedicò un’occhiata strana. «Niente» rispose in modo freddo, per poi voltarsi nuovamente per andarsene.
«Oh, ed è per questo che li picchi a sangue?» chiese rapidamente Ian, con tono sarcastico.
Dato che non gli piaceva essere provocato, Mickey prese una lattina di birra dal frigorifero al fianco della porta e la scaraventò con forza sul pavimento, tanto che si aprì e tutta la bevanda finì sul pavimento.
Ian sembrò sconvolto. «Ehi!» gli gridò rabbioso «Cosa cazzo pensi di fare? Quella me la devi pagare ora!»
L’altro si limitò a mostrargli il dito medio. «Fottiti Gallagher!» urlò Mickey una volta fuori dal negozio, quasi come fosse un saluto.
 
 
 

Nota delle autrici:
: We’re back! Stavolta ci presentiamo sempre con una long a quattro mani, ma sulla Gallavich. Abbiamo deciso di sperimentare con questa storia che ha preso immediatamente entrambe, e io spero che sia lo stesso per voi! Se vi andasse di lasciare un parere, sapete che sono sempre graditi. Un abbraccio a tutti e #GallavichIsNotOver.
Ilenia: Seriously, we’re back! Ho iniziato a seguire Shameless grazie a Lù e ho subito amato la Gallavich, per entrambe non è la nostra prima fan fiction su questo tema, poiché ne abbiamo scritte diverse nei nostri profili privati, ma è la prima che sperimentiamo insieme. L’idea è nata così all’improvviso e subito ho contatto la mia socia per una collaborazione. E’ la nostra seconda long, e dato i risultati della prima, sono molto fiduciosa nella buon riuscita di questa. Spero che questo primo stralcio vi sia piaciuto e che iniziate a seguire la storia, e perché no, anche noi!! Se vi va lasciateci un vostro parere, ci fa sempre comodo e ci aiuta, quindi non siate timidi.
Un bacio,
Malec Lovers_

 

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Capitolo 2
*** Oh my sweet knight ***


 






La mattina che seguì l’impetuoso incontro con Mickey, Ian vagava per il corridoio, come sempre, da solo.
Stranamente era arrivato in anticipo – un notevole anticipo: la scuola era quasi deserta, e tutt’intorno regnava un silenzio tombale.
Dato che era inutile continuare a stare lì, Ian si mise lo zaino in spalla e si diresse verso gli spalti del campo di rugby. Si sedette e rimase a fissare il campo, immaginando tutti quei bellissimi ragazzi che correvano, scontrandosi con ferocia tra loro, con quei calzoncini.
Si accese una sigaretta – rubata a Lip – e iniziò a fumarla. Il pensiero precedente venne rimpiazzato da un altro decisamente meno piacevole: quello schifo che era la sua vita. Pieno di problemi economici, con una madre malata che li aveva abbandonati, un padre alcolizzato, in più era gay e senza nemmeno un amico. Perché nessuno voleva essere amico di Ian Gallagher, il figlio di Frank-fottutissimo alcolizzato-Gallagher.
Odiava suo padre, riusciva a rovinargli la vita anche indirettamente. Ma la cosa che lo faceva più incazzare era che a Frank non importava niente di lui, di loro: non capiva come ci si potesse comportare così con i proprio figli. Nessun padre l’avrebbe fatto. Iniziò a pensare che Frank effettivamente non era un padre.
Non lo era mai stato e non lo sarebbe mai stato.
Avrebbe continuato a crescere in quel posto di merda senza un punto di riferimento, qualcuno che gli fungesse da modello. La cosa più simile a quello era Lip. Lui e Fiona erano stati come dei genitori, ma ovviamente non sarebbe mai stato come se avesse davvero avuto un padre e una madre.
Ed eccolo lì, da solo, mentre tutti si tenevano alla larga da lui. Non aveva un migliore amico, come tutti i sedicenni normali, con cui poter parlare. O un fidanzato.
Strinse forte i pugni, facendosi forza mentre calde lacrime cominciavano a pungere agli angoli degli occhi verdissimi, minacciando di scendere.
Si diede un contegno quando sentì qualcuno scendere con passi pesanti, gli spalti d’acciaio che circondavano il campo. Ian non alzò nemmeno lo sguardo, fregandosene della persona che non si sarebbe comunque interessata della sua presenza.
Si paralizzò, invece, quando sentì chiamare il suo nome.
«Trovato la ragazza, Gallagher?» chiese con scherno Mickey, prendendosi gioco di Ian.
«Fottiti Mickey» gli rispose l’altro ancora con la sigaretta tra le labbra, e le strette a pugno. Non lo degnò nemmeno di uno sguardo mentre lo malediceva in cuor suo.
Mickey si guardò intorno spaesato, poi ritornò sulla testa rossa del ragazzino.
«La festa è stasera, hai ancora oggi per rimorchiare una tipa» gli disse infine, prima di ricominciare a camminare.
Quando raggiunse il ragazzo, invece di oltrepassarlo semplicemente come Ian credeva che avrebbe fatto, gli diede un colpetto dietro la testa, facendogliela scattare in avanti.
«E guarda chi ti sta parlando, stronzetto» gli disse infine, lasciandolo con la testa tra le gambe.
 
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La campanella suonò e Ian si diresse con poco entusiasmo verso il laboratorio di chimica, portando con sé il libro. Si sedette al solito posto, con la speranza che per una volta qualcuno occupasse il posto accanto al suo, ma tutti riuscirono a trovare una postazione ben diversa da quella vicino a Ian. Quando iniziò a perdere le speranze di avere un compagno di esperimenti, qualcuno entrò frettolosamente dalla porta e si guardò un po’ intorno in cerca di un posto. Si avvicinò ad Ian e si sedette sull’unica sedia disponibile.
La lezione iniziò, e in brevissimo tempo gli studenti furono circondati da varie fialette dei più svariati colori. Il professore si fermò molto spesso – anche troppo – vicino alla loro postazione. Ian appurò che era più per posare il suo sguardo pervertito sulla scollatura di Mandy Milkovich, la sua nuova compagna di banco, che per controllare come procedevano gli esperimenti. Trovava nauseante un comportamento del genere nei confronti di una ragazzina, e data l’espressione di lei, era anche abbastanza seccante.
Così decise di intervenire in suo aiuto: mentre il vecchio pervertito era impegnato a verificare la rotondità dei seni di Mandy, Ian mescolò vari composti.
«Ehm, professore … credo che qui ci sia qualcosa che non va» disse con fare allarmato, vedendo uscire dalla propria fialetta una vaporosa schiuma. Il professore finalmente gli dedicò la sua attenzione, l’espressione sul suo volte tramutò rapidamente da un sorriso sghembo a un lampo di terrore.
«Tutti giù!» urlò ad un certo punto; inizialmente nessuno capì cosa stesse accadendo, poi Ian si abbassò sotto il banco e trascinò con sé Mandy mentre il composto sul banco esplose. Una volta sentito lo scoppio, si sollevarono per ammirare l’operato.
Il professore era sbiancato. «Milkovich e…» Si interruppe, non riuscendo a ricordarsi il nome del ragazzo.
«Gallagher» gli suggerì Ian, seccato,
L’insegnate si limitò ad annuire e gli ordinò di farsi controllare in infermeria e poi di lasciare la scuola per andare a casa.
Dopo vari e del tutto inutili accertamenti, i due ragazzi poterono lasciare la scuola.
 
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Ian si diresse subito al Kash&Grab, con la speranza di poter guadagnare qualcosa in più con qualche ora di straordinario.
Entrò, salutò velocemente Linda e Kash, e iniziò subito a riordinare i prodotti sullo scaffale.
«Ehilà, Gallagher» disse ad un certo punto una vocina civettuola.
Ian si voltò e scese dalla scala.
«Oh, ciao. Mandy, giusto?» chiese Ian, non sicuro di ricordarsi il nome.
«Ho saputo che lavoravi qui, quindi sono venuta a salutarti» alluse Mandy spingendo sempre più verso l’esterno la propria scollatura, tanto contemplata dal professore poche ore prima.
«Che pensiero carino» disse Ian imbarazzato, non sapendo cosa fare.
«Sai» iniziò a dire lei «non ti ho ancora ringraziato per quello che hai fatto nel laboratorio oggi.» alluse Mandy con voce quasi sensuale.
Ian si chinò per prendere delle confezioni di cereali da uno scatolone, continuando a lavorare, ma Mandy gli toccò spudoratamente il culo.
Ian scattò subito in posizione eretta e la guardò con aria interrogativa. Dal canto suo, Mandy lo osservava con aria accattivante, mentre si mordeva sensualmente il labbro inferiore.
Ian, chiaramente a disagio, si portò un braccio dietro la testa «Ehm…io ho molto da fare adesso.» si giustificò, con la speranza che la ragazza lasciasse in fretta il negozio.
Mandy si avvicinò ancor di più al braccio di Ian. «Ci vieni alla festa di stasera?» chiese ad un certo punto lei.
«No, non sono stato invitato» ammise il ragazzo, mentendo solo in parte.
«Vienici con me» rispose lei rapidamente.
Ian rimase allibito da quella proposta. Una ragazza l’aveva invitato alla festa, a quella festa alla quale poteva presentarsi solo con un’accompagnatrice.
Era un’occasione irripetibile: avrebbe potuto farsi conoscere, e chissà, magari avrebbe anche trovato qualche futuro amico, qualcuno così stupido da dimenticarsi che suo padre doveva dei soldi al proprio.
Ian allora accettò l’invito di Mandy, e lei prima di andarsene gli scoccò un bacio sulla guancia.
Stava giocando con il fuoco, Ian questo lo sapeva, ma niente aveva importanza, era il suo momento.
Si era stufato di quella situazione da emarginato sociale e avrebbe fatto di tutto per raggiungere il suo scopo.
«A stasera, allora» disse, mentre Mandy usciva, con un sorriso che non accennava a scomparire dalla sua faccia.







Note delle autrici:
Lù: Buonasera! Devo dire che questa storia ci sta prendendo tantissimo, e siamo contentissime che qualcuno abbia letto e recensito il prologo. Siete meravigliosi ;w;
Speriamo che vi sia piaciuto anche questo capitolo, se vi andasse di lasciarci un parere, mentre l'ora della festa si avvicina sempre di più!
Ilenia: Ed eccoci qui con il secondo capitolo. Ringrazio tutte per aver seguito la storia e per aver recensito ** Ad ogni modo, spero che questo capitolo abbia soddisfatto le vostre aspettative, vi avviso che siamo già a lavoro per il terzo capitolo ^^
Vi aspetto qui sotto con una piccola recensione!

Un bacio,
Malec Lovers_

 

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Capitolo 3
*** Like an octopus ***




Erano le nove in punto quando Ian arrivò fuori alla porta di casa Milkovich.
La festa era già iniziata, come si poteva intuire da una decina di ragazzi sparpagliati nel giardinetto, con in mano delle lattine di birra.
Ian si guardò intorno: aveva paura che l’avrebbero preso in giro per essersi presentato. Tuttavia si fece forza e decise di varcare la soglia, sperando che ciò lo avrebbe aiutato a passare dall’essere una nullità all’essere qualcuno.
Tra gli invitati riconobbe solo due o tre ragazzi che frequentavano il suo corso, ma nessuno si accorse della sua presenza.
Finalmente, il suo sguardo ricadde su qualcosa di interessante: Todd, il ragazzo per cui aveva una cotta da parecchi anni. Purtroppo però, anche lui, come tutti gli altri, non sapeva nemmeno della sua esistenza.
Una volta raggiunto il centro del salone, venne placcato da un paio di ragazzi, membri della squadra di rugby – a quanto si poteva capire dalle giacche.
Tra di loro si fece largo Mickey Milkovich, che gli si parò davanti con le braccia incrociate al petto. «Ehi stronzetto» lo chiamò. «Dove sarebbe la tua ragazza?» chiese beffardo, per poi voltarsi e ridere con i suoi compagni.
Ian non fece in tempo a rispondere prima che Mandy scendesse le scale e si presentasse nella stanza.
«Ian!» quasi urlò, ancora sulle scale. «Che bello, sei venuto!» esclamò con la solita voce da civettuola. Lo raggiunse in pochi secondi e gli si attaccò come una piovra. Gli diede un rumoroso bacio sulla guancia, prima di lanciare uno sguardo intimidatorio a tutti, facendo cenno loro di andare via.
Anche se non fosse stata una Milkovich, Mandy avrebbe saputo come farsi rispettare: incuteva quasi terrore a tutti coloro che incrociavano la sua strada, e soprattutto coloro che non le andavano a genio. Si diceva che una volta avesse persino investito una ragazza perché l’aveva provocata, e anche se non si sapeva se fosse vero o meno la lezione per tutti era quella di stare alla larga da Mandy Milkovich.
Intanto, i presenti erano increduli.
«Cazzo, Gallagher, sul serio? Con mia sorella?» sbottò Mickey, sbuffando e quasi maledicendolo. Poi si allontanò da loro, seguito dai suoi compagni.
A quel punto, approfittandone, Mandy iniziò a stuzzicarlo, mentre il suo seno era sempre più vicino al braccio di Ian, che però intanto non mostrava alcuna reazione. La cosa però, invece di scoraggiarla, fece impuntare la ragazza ancora di più.
Se prima conquistarlo era uno sfizio, ora era un desiderio forte e palpitante.
«Vuoi bere?» chiese Ian per rompere il ghiaccio, ma soprattutto staccarsi dalle braccia di Mandy che lo avvolgevano come tentacoli.
Lei annuì, e finalmente Ian riuscì a scivolare dalle sue grinfie. Si avvicinò al tavolo delle birre e prese due lattine; provò a salutare il ragazzo che si stava riempiendo il bicchiere accanto a lui, che però gli riservò solamente un’occhiataccia e si allontanò da lui.
Deluso,  tornò dalla ragazza e le porse la lattina. Ian aprì la sua, sempre sotto lo sguardo provocatorio di Mandy, che intanto teneva tra le mani la lattina chiusa. Bevve un sorso di birra, ma Mandy gli strappò di mano la lattina, per iniziare a bere, leccando prima l’apertura della lattina e poi le sue stesse labbra.
Era una situazione nuova per Ian, anche alquanto imbarazzante, dato che non sapeva assolutamente come comportarsi. Fu tentato di andarsene ma Mandy lo bloccò, pregandolo di restare. Poi, con la scusa di volergli mostrare la sua collezione di mazze da baseball, lo trascinò in camera sua.
Una volta arrivati, Mandy gli diede una spinta decisa, facendo cadere Ian, preso alla sprovvista, come un peso morto sul letto. Lei si mise a cavalcioni su di lui, iniziando a baciargli il collo, lentamente, stuzzicandolo con la punta della lingua.
«Ce l’hai?» gli domandò lei ansimante.
Ian cercò di evitare il suo sguardo, dato che non sapeva cosa fare in una situazione come quella: non aveva mai fatto sesso con una ragazza.
«No, Mandy» rispose lui, agitandosi nel tentativo di fermarla, ma quando alzò la testa per guardarla, lei iniziò a lasciargli dei succhiotti evidenti.
«Fa niente. Ce l’ho io» fece lei, sfilandosi un preservativo dal reggiseno. Lo aprì con i denti, e poi iniziò ad armeggiare con la chiusura lampo dei jeans di Ian.
«No, Mandy…basta!» le urlò contro. Inizialmente lei rimase ferma, in silenzio, guardando Ian tremante. Alla fine si alzò di botto e corse giù per le scale, urlando qualcosa.
Quando Ian la raggiunse, lei era stretta tra le braccia di Mickey, che tentava di consolarla.
Ian colse solamente le parole “molestata” e “mi ha fatto male”. Gli bastò un secondo per collegare quelle parole all’espressione infuriata del fratello.
«Ti sei messo contro il Milkovich sbagliato, stronzetto» gli disse a denti stretti, prima di scattare in avanti verso di lui.
Ian iniziò a correre.
In quel preciso momento, mentre fuggiva da casa Milkovich, Ian ringraziò il cielo per aver deciso di frequentare l’addestramento ed aver stabilito il record di velocità.
Passò davanti a casa sua, ma decise di non entrare, perché non avrebbe mai voluto mettere in mezzo i fratelli, quindi corse ancora più in fondo.
Si fermò solo davanti al Kash&Grab e, vedendo che Kash era ancora dentro mentre si occupava dell’inventario, provò ad entrare.
La porta era chiusa.
Cominciò a bussare incessantemente e, fortunatamente, pochi secondi dopo, Kash gli aprì.
Ian si catapultò dentro e si gettò a terra, nascondendosi dietro gli scaffali. Iniziò a tremare e si strinse la testa tra le gambe. Kash allora richiuse la porta a chiave e si accovacciò preoccupato vicino a lui.
«Ian, che succede?» gli chiese.
Il ragazzo quasi non riuscì a parlare, si limitò a sollevare la testa, mostrando gli occhi rossissimi per la paura.
Quando si decise a parlare, qualcuno bussò impetuoso: Mickey Milkovich e i suoi fratelli l’avevano trovato, e lui poteva iniziare a considerarsi morto.
Kash lo fece nascondere nella cella frigorifera, mentre lui cercava di sbarazzarsi dei ragazzi.
«Siamo chiusi.» disse, tentando di chiudere la porta. Una mano la bloccò, e i Milkovich entrarono nel negozio.
«Dov’è Gallagher?» domandò Mickey, studiando l’ambiente circostante.
«Non è qui.» mentì spudoratamente l’altro.
«Bene. Ma se lo vedi digli che è un uomo morto.» rispose Mickey.
Sputò ai piedi di Kash, prese due tubi di pringles e uscì dal negozio.
L’uomo richiuse finalmente la porta, con un sospiro, e raggiunse Ian nella cella frigorifera. Lo trovò accucciato a terra, ancora con la testa tra le gambe.
Kash gli si avvicinò e lo strinse in un abbraccio. Gli sollevò il viso e gli diede un bacio sulle labbra.
Era sempre così tra di loro, un po’ di baci e del sesso, nascosti negli angoli bui del negozio.
«Te lo giuro Kash, io non l’ho toccata» sussurrò Ian, quasi implorante per essere creduto. L’altro si limitò ad annuire, e gli diede un bacio sulla fronte, pur sapendo che la storia non sarebbe finita lì.



 





 
Lucrezia: Salve a tutti! Prima di tutto, ci tengo moltissimo a scusarmi sia con voi che con Ilenia, per l’enorme ritardo con cui ho rivisto il capitolo e pubblicato. Adesso che la scuola sta finendo non succederà più, prometto. In ogni caso, spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche perché ci avviciniamo sempre di più al momento clou della storia!
Grazie a tutti coloro che leggono e recensiscono e che lo faranno anche per questo capitolo.
Alla prossima!
Ilenia: Heilà bella gente, rieccoci qui con un nuovo capitolo J Spero che per il momento la storia vi stia piacendo, e vi stia spronando a seguirla. Inizio con lo scusarmi per i ritardi, ma anche se Lucrezia ha finito la scuola, per me non è finito nulla….
Go go esame di Stato… anyway, non penso ci voglia troppo per il prossimo capitolo, poiché è già stato scritto e deve essere solo revisionato, quindi per farci preoccupare a breve pubblicheremo il prossimo capitolo che sarà sicuramente mooolto più lungo di questi già pubblicati.
Hei perché non ci date un vostro parere nelle recensioni? Sono come oro per noi, ci arricchiscono e ci migliorano, quindi sareste un elemento fondamentale per la buona riuscita della storia 
Un bacio enorme e che Dio me la mandi buona per l’esame X.X

 

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Capitolo 4
*** Boyfriend ***


Il sole era ormai alto nel cielo quando le urla di Fiona riempirono tutta la casa. Immediatamente i Gallagher si mossero in direzione della cucina, tranne Ian.
Lui rimase immobile nel letto, con gli occhi arrossati sbarrati mentre stringeva con forza la coperta.
«Buongiorno» disse Lip, avvicinandosi a sua sorella maggiore che gli porse un piatto con dei pancakes.
«Buongiorno. Ian sta scendendo?» domandò indaffarata.
«In realtà non si è mosso dal letto… penso che non abbia chiuso occhio tutta la notte» rispose il ragazzo, portando alla bocca un pezzo della sua colazione. Lo sguardo preoccupato di Fiona si posò sul viso di Lip; aspettò qualche secondo e poi salì di sopra nella camera dei ragazzi.
Non appena aprì la porta, Ian si nascose sotto le coperte, non abbastanza velocemente da non essere visto.
«Ehi» disse lei avvicinandosi, scostò la coperta e gli carezzò la testa. «Dai, so che non stai dormendo» lo spronò lei.
Allora Ian si decise ad alzare lo sguardo in direzione della sorella.
«Cristo! Ian, stai da schifo!» esclamò lei, notando il pallore sul suo viso e le occhiaie violacee sotto gli occhi, per non parlare del rossore. I capelli erano tutti appiccicati alla fronte per il sudore perché, nonostante quella fosse una mattina piuttosto calda, Ian era coperto fino al collo.

«Si nota così tanto?» cercò di sdrammatizzare lui, abbozzando un piccolo sorriso imbarazzato. «, chiama la scuola e dici che oggi sono malato. Non me la sento proprio di andare.» fece lui guardandola negli occhi con fare implorante. Lei annuì debolmente.

«Va bene. Ma ti do due ore, dopodiché scendi e mi racconti cosa sta succedendo, oggi ho il turno di pomeriggio.» disse con un tono che non ammetteva repliche, puntandogli contro il dito con fare semi-minaccioso. Ian si limitò ad annuire e a nascondere nuovamente il viso tra le coperte.
Fiona scese le scale e raggiunse gli altri fratelli, si avvicinò a Lip con decisione.


«Non vuole andare a scuola, dopo mi dovrà dire il motivo, ma sappiamo entrambi che non dirà la verità. Scoprila.» ordinò, e poi si staccò dando un bacio ai più piccoli per augurargli una buona giornata.


Ian si girava e rigirava nel letto sperando di trovare la serenità, finché era a distanza di sicurezza dalla banda dei Milkovich. Tuttavia, il solo pensiero di Mickey Milkovich che lo inseguiva gli faceva accapponare la pelle. E menomale che voleva essere un militare …


Dopo due ore trascorse alla ricerca della tranquillità, finalmente si decise a scendere dal letto ed andare da sua sorella.
Fiona era in cucina che lavava i piatti della colazione, ma non appena sentì i suoi passi si voltò e gli rivolse un sorriso affettuoso.

«Buongiorno» disse lei, nascondendo l’angoscia che la tormentava per la condizione del fratello, con un sorriso. Non era da lui comportarsi così.

«Buongiorno Fì» rispose lui, afferrando dal bancone i due pancakes che gli avevano lasciato. Li portò a tavola e iniziò a mangiare. Fiona intanto si asciugò le mani con lo strofinaccio e si appoggiò all’estremità del bancone.


«Allora» iniziò lei, tamburellando con le dita sul ripiano. «Mi spieghi cosa è successo?» domandò preoccupata.

«Niente Fì, oggi c’era un esame e me ne ero dimenticato e se fossi andato male non avrei potuto più prendere parte all’addestramento.» spiegò lui con sicurezza e dalla sua voce non traspariva l’ombra della menzogna.
Se non avesse conosciuto bene il fratello, gli avrebbe sicuramente creduto. Si rassegnò e gliela diede vinta.

«Va bene. Ma ora vai di sopra a studiare e domani chiedi di recuperare l’esame, fatti dare una mano da Lip.» gli ordinò lei stando al gioco, e lui si limitò ad annuire.




«Ehi Gallagher» lo chiamò qualcuno.
Lip si voltò rapidamente credendo che fosse qualche studente che voleva comprare le soluzioni del prossimo compito in classe.

«Dov’è tuo fratello?» chiese invece Mickey Milkovich, minaccioso come sempre.

«Non so, quale? Ne ho altri 3!» rispose lui con scherno, pur sapendo benissimo a chi si riferisse.

«Fai poco lo spiritoso Gallagher, ma sappi che troverò quel frocetto e lo disintegrerò con le mie mani!» minacciò Mickey.


Lip quasi rise, più per il nervoso che dall’inesistente ilarità del momento. «Mio fratello non è un frocetto del cazzo. E poi che cosa hai a che fare tu con lui?»

«Quel frocetto schifoso ha stuprato mia sorella» rispose disgustato Mickey. La sua poteva non essere una famiglia modello, ma i Milkovich si difendevano l’un l’altro, ed essendo anche l’unica femmina, Mandy godeva di attenzioni particolari.

«Sicuro che sia stato Ian e non uno dei tanti ragazzi a cui Mandy ha fatto un pompino?» riprese Lip spavaldo.
Purtroppo però Mickey non lo trovò molto divertente e, colto dall’ira per la provocazione, afferrò Lip per la maglietta  e lo spinse con forza con le spalle contro l’armadietto facendogli sbattere la testa.
«Meglio che non giochi con il fuoco Gallagher, altrimenti verrò a cercare anche a te» lo intimorì, poi lo lasciò andare e iniziò a camminare per la sua strada, ma dopo pochi passi si girò verso di lui.

«Ah e dici al tuo caro fratellino che è un uomo morto!» lo avvertì un’ultima volta per poi scomparire nella folla di studenti che si riversava nel corridoio in attesa del suono della campanella.




 
Lip entrò in casa furioso, urlando il nome di Ian. La prima ad arrivare fu Fiona, che lo guardò con aria confusa.

«Vieni subito qui stronzetto!» gli urlò di nuovo, prima di perdere la pazienza e salire di sopra.
Ian era sul suo letto con le cuffie alle orecchie che sparavano a tutto volume musica rock. Appena vide Lip e Fiona si sollevò dalla posizione supina e se le sfilò, domandandosi tacitamente cosa volessero da lui.
Di fronte a quello sguardo, Lip non poté fare altro che incrementare la sua ira: con un movimento rapido si mosse verso Ian e lo sollevò per la maglietta. I loro visi erano a pochi centimetri di distanza.
 Lip sembrò quasi grugnire, mentre Ian iniziò a tremare per la paura.


«Allora? Cos’è questa cazzo di storia? Vuoi per caso morire stronzetto? Cosa pensavi di fare mettendoti contro i Milkovich?»

Fiona subito lo riprese e lo incoraggiò a mettere giù il fratello. Lui lo lasciò con poca gentilezza facendogli sbattere con violenza le spalle contro il muro.


«Come l’hai saputo?» domandò Ian al fratello, sapendo benissimo a cosa si stesse riferendo pochi secondi prima.

«Mi sono venuti a cercare, o meglio, cercavano te. Hai fatto un bel casino questa volta.» liquidò Lip.
 
«Qualcuno mi spiega cosa sta succedendo?» si intromise Fiona, decisamente confusa da tutti gli avvenimenti che si stavano verificando sotto i suoi occhi.

«Lo stronzo è andato a letto con Mandy Milkovich e adesso lei dice che l’ha stuprata.» rispose Lip furibondo indicando il fratello.

«Non ci sono andato a letto. Lei voleva, ma io no. Mi dovete credere!» confessò Ian.


«Fatto sta che ora i fratelli lo stanno cercando per spezzargli tutte le ossa.» concluse Lip.

«Che brutto casino. Non puoi parlare con lei e cercare di risolvere?» suggerì Fiona, ma gli altri due scossero il capo. Di certo parlarne con lei non sarebbe stata la soluzione più efficace, ma forse valeva la pena tentare. Fiona uscì dalla camera lasciando da soli i due ragazzi.

«Non so cosa fare Lip, mi sembra un incubo» ammise il rosso con la testa tra le gambe «Forse dovrei parlare con Mandy e cercare di risolvere. Ma cosa le dico?» continuò.
Il maggiore lo guardò per qualche secondo, poi andò a chiudere la porta e si avvicinò al letto di Ian.
Sollevò un angolo del materasso e afferrò una rivista porno, all’apparenza simile alle centinaia che i ragazzi di quell’età nascondevano, ma all’interno c’erano della pagine nascoste con sopra raffigurati ragazzi nudi e muscolosi.

«Beh, puoi iniziare dicendole che ti piace il cazzo» gli rispose rude sbattendogli sotto gli occhi la sua stessa rivista.

«Dove l’hai trovata?» chiese imbarazzato Ian.


«È anche camera mia, su, davvero pensavi che non l’avrei trovata?»
Ian rimase in silenzio, abbassando lo sguardo. Sapeva che prima o poi si sarebbe saputo che era gay, ma sinceramente aveva immaginato una situazione meno caotica.
«Perché non me l’hai detto prima?» continuò Lip, ma stavolta con tono più dolce, quasi apprensivo.

«Avevo paura della tua reazione» ammise timidamente Ian.

«Quale reazione?» si alterò Lip usando un tono più aggressivo.

«Questa!» esclamò Ian indicando davanti a sé e al vuoto che il fratello inconsapevolmente lasciava tra i due.

«Ian, cazzo, sei mio fratello! Etero o gay che sia, rimani comunque mio fratello. Devo ammettere che inizialmente sono rimasto senza parole, ma infondo sono cazzi tuoi chi ti scopi.» disse Lip, poggiandogli una mano sulla spalla. Ian posò la sua mano su quella del fratello e la strinse leggermente per ringraziarlo delle sue parole.  Certo, non erano perfette, ma Ian sapeva che per Lip era tanto.


«Sicuro che ti piacciano questi?» domandò Lip indicando gli uomini sulla rivista con in viso un’aria disgustata.

Ian rise. «Si, sono sicurissimo» ammise, sentendosi molto più leggero dopo essersi liberato di quel fardello che era il suo segreto.


+

Quando i due fratelli scesero insieme al piano di sotto, videro Fiona in compagnia dei loro vicini, Veronica e Kevin. Non appena si accorsero della presenza dei due ragazzi, smisero di parlare e li fecero avvicinare.
«Ian, tu domani andrai a scuola» lo avvisò Fiona. Ian subito scattò all’indietro divincolandosi dalla presa della sorella.

«Sei pazza? Mi uccideranno!» le urlò contro spaventato.
Questa volta sembrò che anche Fiona stesse per perdere la pazienza, si alzò dalla sedie e si avvicinò ancor di più al fratello.

«Sai che la scuola manderà gli assistenti sociali. E’ questo quello che vuoi? Sai che ci dividerebbero come hanno fatto l’ultima volta. Te lo ricordi ? Perché qui nessuno di noi l’ha dimenticato. Quindi tu domani andrai a scuola.» lo rimproverò Fiona con le lacrime agli occhi.
Nonostante volesse sembrare calma, lei infondo era quella più spaventata. Fiona era sempre così: fingeva di essere forte in qualsiasi momento, pensando che, non permettendosi di crollare, alla fine lo sarebbe diventata davvero. «E Kevin verrà con te» concluse lei, lanciando un’occhiata al ragazzo dai lunghi capelli che sedeva attorno al tavolo e li guardava con aria sicura.

«Non ho bisogno del babysitter» replicò Ian.


«Sì, ma lui è un Milkovich e tu hai 16 anni. Non permetterò che si faccia del male al mio fratellino solo perché una troietta non si sa tenere le mutande addosso.» gli puntò il dito contro la faccia; lui annuì e lei lo cinse in un abbraccio.
Era così a casa Gallagher: non importava quale cazzata avessi fatto, dopo averti urlato contro, picchiato e fatto uscire il sangue, ti aiutavano sempre.




Mentre quei tre ancora parlavano, Lip e Ian uscirono fuori per fumare una sigaretta. Si sedettero sugli scalini davanti la porta d’ingresso.

«E quindi?» iniziò Lip «Ora che si fa?» chiese, facendo un lungo tiro alla sua sigaretta.

«Non lo so.» ammise franco il fratello, con un sospiro. «So solo che non voglio che Kevin mi faccia da scorta per tutta la scuola» confessò infastidito.

«E allora che si fa? Lo battiamo sul tempo?» domandò ironicamente Lip. Non appena sentì quelle parole, lo sguardo di Ian si illuminò, scattò in piedi ed entrò correndo dentro casa, inciampando di tanto in tanto. Salì a metà le scale e staccò dal muro la mazza da baseball di Carl e sfrecciò correndo davanti a tutti.

«Ian che fai con quella mazza?» domandò subito Fiona non appena vide il fratello correre sotto i suoi occhi. Non vi fu risposta, Ian era troppo veloce e quando ebbe finito la frase, era già fuori.

«Su dai, andiamo» spronò il fratello che lo guardava con occhi increduli.


«Ma che cazzo Ian!» chiese confuso Lip, correndogli dietro.


Finalmente arrivarono fuori la casa dei Milkovich e si nascosero dietro un cespuglio.

«Allora, quando esce, tu lo distrai e io colpisco. Tutto chiaro?» fece il più piccolo euforico. Lip si limitò ad annuire ed assecondare il piano del fratello.

Rimasero nascosti qualche minuto, prima che la porta si aprisse. Delusi che non si trattasse di Mickey, tornarono a nascondersi dietro al cespuglio, ma, non appena Ian si rese conto che quella figura era Mandy, scattò intenzionato a parlarle e risolvere la situazione.

«Ehi, fermo! Cosa fai?» gli sussurrò con tono di rimprovero Lip.

«C’è Mandy lì, vado a parlarle» spiegò Ian strattonandosi dalla presa che il fratello esercitava sul suo braccio con l’intento di fermarlo. Lip lo guardò di rimando e gli strappò di mano la mazza da baseball e gli fece cenno di andare.

Si avvicinò silenzioso e, una volta che le fu abbastanza vicino, le afferrò un braccio per farla fermare.


«Lasciami andare depravato schifoso! Se non mi lasci chiamo i miei fratelli!» urlò lei divincolandosi dalla presa e camminando rapidamente.

«Aspetta Mandy, per favore. Devi fermarli. Io non ho fatto niente e tu lo sai.» la seguì il ragazzo. Finalmente la raggiunse e riuscì a bloccarla nuovamente.

«Per favore» quasi la supplicò.
Lei, con le mani bloccate sotto quelle di Ian, cercò di guardare altrove, qualunque punto era più interessante di quello sguardo da cane bastonato.
Cosa stava facendo? Se la storia fosse continuata, ci sarebbero state gravi conseguenze per Ian, e lei lo sapeva. All’improvviso le parve del tutto sbagliato ciò che stava accadendo. Riuscì finalmente ad incrociare i suoi occhi verdi supplicanti, e ammorbidì lo sguardo.

«Mandy» le disse lentamente, facendo scivolare le sue mani in quelle della ragazza. «Non sono venuto a letto con te, non perché non ti trovi carina. Sei molto carina. Ti sei fatta un’idea sbagliata di me.» spiegò con lentezza Ian.
Mandy rimase confusa da quelle parole. Forse era uno di quei tipi che lo fanno solo dopo il matrimonio. Si sentiva così stupida in quel momento, voleva solo scappare da lui e da quel suo sguardo così dolce, così lasciò le sue mani e se ne andò.

«Mandy, credimi, davvero.» disse Ian mentre la ragazza si stava allontanando.

«Perché dovrei crederti?» gli urlò quasi furiosa lei, voltando rapidamente il viso nella sua direzione.
Le lacrime le pungevano gli angoli degli occhi e minacciavano di scendere, ma trattenne quell’istinto naturale e si fece forza e ricominciò per la sua via.


Ian strinse i pugni e si morse il labbro, guardò l’erba sotto i suoi piedi e poi con fare deciso tornò a guardare la ragazza andare via.


«Sono gay» ammise all’improvviso, ricorrendo a tutto il coraggio che per anni non aveva avuto.

Mandy si paralizzò non appena quelle parole arrivarono alle sue orecchie. Si voltò e a passo veloce raggiunse il ragazzo.


«Ed io dovrei crederti?» chiese lei, portando con sé tutta l’insicurezza che la avvolgeva come un bocciolo.
A quel punto Ian mise una mano sul suo seno e prese quella di lei e la posò sulla sua erezione inesistente.


«Vedi?» fece ad un certo punto Ian. «Niente.» ammise soddisfatto di sé.
Sul viso di Mandy uscì un piccolo sorriso. «Quindi lo sei davvero?» domandò lei euforica. Il ragazzo dai capelli rossi annuì. «Allora non è che non mi trovavi carina.»
Ian sorrise. «No.» esitò. «Ora puoi fermare i tuoi fratelli? Per piacere.» fece infine.
Questa volta fu Mandy ad annuire; lo abbracciò e gli sussurrò delle scuse vicino l’orecchio.


«Tu sarai il mio ragazzo» decise lei radiosa in viso. Era molto più bella quando non era accigliata e aveva uno splendido colore degli occhi, un blu profondo che caratterizzava anche gli occhi burberi di Mickey.

«Ma Mandy … Ti ho detto che …» balbettò il ragazzo incredulo e confuso.
 
«Si lo so, lo so. Ma a te servirà una copertura e, per quanto riguarda me, se sanno che stiamo insieme non mi verranno a rompere le palle. E’ una buona soluzione per entrambi, non trovi?» spiegò lei e gli regalò un bellissimo sorriso in stile Milkovich, uno di quelli che illuminano il viso e la giornata.


 
 
Lucrezia: Questo capitolo è parecchio lungo, e devo dire che sono abbastanza soddisfatta, perché abbiamo introdotto altri personaggi e posto le basi per lo splendido rapporto d’amicizia che nascerà tra Ian e Mandy. (Quanto mi mancano çç)
E poi ci avviciniamo a quel momento!
Spero di risentirvi presto, e grazie a tutti quelli che ci seguono J
A breve troverete la storia anche su Wattpad – a cura di Ilenia.
A presto!
Ilenia: Spero che vi siate consolati con questo capitolo, io tantissimo ed è stato anche divertente scriverlo XD. Finalmente le cose tra Mandy e Ian si sono risolte, e da qui inizierà una splendida amicizia. Spero che ci seguirete nei prossimi capitoli. Purtroppo potrebbe passare un po’ di tempo per la prossima pubblicazione, causa Maturità 2015, ma cercherò di essere il più precisa possibile ♥
Besitos ♥

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Capitolo 5
*** I feel that you have ***


Ian e Lip tornarono a casa con aria decisamente più soddisfatta di quella che avevano alla partenza.
Posarono la mazza al proprio posto sul muro e si gettarono ridendo sul divano. Le risate che portarono poi alle lacrime, sgorgando fuori come un fiume in pieno corso.
Davvero non riuscivano a realizzare che tutta quella spaventosa situazione si fosse risolta con tanta facilità.
E, in più, Ian aveva trovato in Mandy una nuova amica. Finalmente non sarebbe più stato solo: sapeva che dopotutto era una brava ragazza, ed era contento di averla dalla sua parte. Anche se, sinceramente, non avrebbe mai immaginato di fare amicizia così.
Dopo qualche minuto riuscirono a smettere di ridere, nonostante l’intera faccenda continuasse ad essere divertente.
Quella sera ovviamente a casa Gallagher fu festa: tutti erano entusiasti del fatto che la vita di Ian non fosse più in pericolo.
Il ragazzo andò a dormire più sereno, e con l’intenzione di tornare a scuola il giorno dopo.
 

Il South Side High School non era mai stato così silenzioso al passaggio di Ian.
Tutte le ragazze si allontanavano da lui – non che gliene importasse granché – ma non gli staccavano gli occhi di dosso, come se volessero prevedere ogni sua mossa. Sembrava proprio che a nessuno piacessero gli stupratori e che, anche se la situazione era stata risolta con Mandy, la voce si era inevitabilmente diffusa.
Tuttavia, non ci diede molto peso. Era abituato a non avere amici, e per il momento gli bastava sapere che nessuno avrebbe cercato di ucciderlo.
Mentre Ian chiudeva il suo armadietto, si sentì tirare per la maglietta e venne violentemente sbattuto contro la porta di un’aula. Quest’ultima si spalancò al contatto con la sua schiena.
In quel momento fu tentato di urlare, ma una mano scura gli coprì la bocca. Non appena si rese conto della persona che aveva davanti si calmò.
«Kash? Che ci fai qui?» domandò stupito Ian.
L’uomo era decisamente troppo cresciuto per frequentare ancora il liceo.
«Ian, devi fare attenzione, Mickey Milkovich ti sta cercando.» lo avvertì il musulmano, con una nota di dolcezza e preoccupazione nella voce.
«Ho risolto con Mandy, ha detto che farà smettere i suoi fratelli di perseguitarmi» tentò di spiegare il ragazzino, ma l’altro scuoteva la testa vigorosamente. Mickey lo stava cercando, e ancora più agguerrito di prima.
Ian sgranò gli occhi, iniziando ad avvertire il terrore pervadere ogni sua cellula. Kash lo abbracciò e lo baciò.
«Ian, ora devo andare, ho detto a Linda che andavo a fare rifornimento. Tu, per favore, fai attenzione» gli diede un ultimo bacio veloce ed uscì di fretta dall’aula.
Ian rimase ancora qualche minuto nella classe, si sedette su un banco e iniziò a pensare ad una strategia per non incontrare Mickey nei corridoi.
Si sarebbe potuto nascondere in bagno, ma per quanto? Aveva delle lezioni da seguire e l’addestramento il pomeriggio. Avrebbe potuto spiegare la situazione al preside, ma chi si sarebbe mai messo contro i Milkovich?
Terry Milkovich, il capo famiglia, non era di certo una persona con cui parlare, men che meno discutere, se tieni alla tua vita.
Mentre il ragazzo era assorto nei suoi pensieri, la porta si spalancò. Ian rimase con il fiato sospeso, con la paura che fosse Mickey.
Ma fu un altro membro della famiglia Milkovich ad entrare: Mandy era mano nella mano con un ragazzo che in mezzo alle gambe aveva un’evidente erezione.
Non appena si rese conto della presenza dell’amico, rimase di sasso, imbarazzata da ciò che aveva intenzione di fare.
Ian alzò lo sguardo nella sua direzione.
«Hai detto che li avresti fatti smettere» disse all’improvviso, con tono gelido.
Mandy spalancò gli occhi e lasciò la mano del ragazzo.
«Sparisci» gli ordinò.
Il ragazzo, però, non contento della sua risposta, iniziò a farfugliare. «Puttana» le sputò in faccia, e alzò il braccio per colpirla, ma Ian fu più rapido e afferrò giusto in tempo il suo polso ragazzo con forza.
«Non hai sentito che ha detto? Sparisci! E non farti più vedere, verme.» lo intimorì Ian, spingendolo fuori dall’aula.
Una volta che furono soli, Ian si avvicinò a Mandy.
«Hai detto che li avresti fatti smettere» le ripeté con le lacrime agli occhi.
«Gliel’ho detto» replicò lei, ancora confusa.
«Ma, a quanto pare, tuo fratello oggi mi è venuto a cercare al negozio! Non voglio essere preso di mira dalla squadra di rugby perché una ragazza non accetta che qualcuno non voglia scopare con lei. È inutile continuare con questa farsa, lo scopriranno comunque! Lo sanno tutti, Mandy. Questa storia finisce qui, così come la nostra amicizia – o qualsiasi cosa fosse stata.» scoppiò lui. Detto questo si mosse e uscì nervosamente dalla porta.
«Cosa fai ora?» gli chiese la ragazza.
Ian si voltò nella sua direzione e allargò le braccia. «Cerco un modo per salvarmi la pelle» rispose lui camminando all’indietro.


 
 
La campanella suonò e Ian, dopo essersi accertato che nessun Milkovich fosse nei paraggi, sgattaiolò nell’aula di chimica, dimenticandosi che la sua compagna di esperimenti era la persona che aveva meno voglia di vedere.
Mandy era lì, tesa nella sua posizione, e non appena lo vide entrare alzò lo sguardo e gli fece cenno di sedersi.
Avrebbe voluto sedersi da un’altra parte, ma tutti i posti erano occupati. Una volta seduto, Mandy gli posò una mano sul braccio.
«Senti Ian» tentò di iniziare una conversazione, ma l’altro la liquidò.
«Venti millilitri di questo» fece lui passandole un composto violaceo.
«Non volevo» continuò lei, amareggiata dalla reazione dell’amico. «Gli parlerò, te lo giuro. Ma ti prego, non rompere con me.»
«Non stiamo veramente insieme, ricordi?» le rispose lui, sempre senza degnarla nemmeno di uno sguardo.
 
 
«Ehi testa di cazzo» chiamò Mandy.
Mickey caccio la testa fuori dal frigo e la guardò, in attesa di sentire ciò che aveva da dire.
«Smetti di perseguitare il mio ragazzo» gli ordinò lei.
«Che c’è, la femminuccia ha paura?» rise, portandosi il cartone del latte alle labbra. «Dovresti lasciarlo perdere» continuò lui «Se non ha il coraggio di affrontarmi, non ti ama veramente.» concluse, bevendo un ultimo sorso di latte. Una goccia bianca scese dal suo labbro fino alla gola e con un rapido gesto della mano la spazzò via, lasciando solo una scia bagnata sulla pelle.
«E tu che ne sai dell’amore?» ruggì lei, prima di entrare in camera e sbattersi la porta alle spalle.
 
 
 
Il giorno seguente, quando Ian entrò al Kash&Grab, vide Mickey riempirsi uno scatolone di patatine e birre.
Rimase immobile sulla porta, spaventato che questi fosse venuto per lui, per ucciderlo.
Ma Mickey gli diede semplicemente una spallata per uscire dalla porta e quando fu fuori disse: «Metti sul conto di Gallagher. Ora siamo una famiglia» rise con gusto mentre si allontanava con in mano lo scatolone di roba rubata.
Kash era immobile dietro la sua postazione, deluso dall’esito della situazione. Ian subito corse da lui e gli mise una mano sul braccio.
«Da quanto va avanti questa storia?» chiese il ragazzo preoccupato per il suo amante.
«Da quando è iniziata questa storia con i Milkovich. Dio Ian, ci stai mandando in fallimento. Ogni volta che succede, corro al negozio affianco per ricomprare le cose che lui ruba, per fare in modo che Linda non se ne accorga.»
Ian avvertì una stretta allo stomaco. Se tutto ciò stava succedendo era solo per colpa sua e per il suo irrefrenabile desiderio di popolarità.
Uscì di corsa dal negozio e corse in direzione di casa Milkovich. Lungo la strada trovò un piede di porco, abbandonato vicino la spazzatura e decise di portarlo con sé come arma.
Bussò incessantemente alla porta prima che Mandy gli aprisse. Gli rivolse uno sguardo interrogatorio, ma Ian la fece spostare per entrare in casa, e subito si diresse nella camera che pensava essere quella di Mickey.
Entrò. Effettivamente, il ragazzo era lì; indossava gli stessi abiti di prima, ma si era addormentato.
«Mickey» lo strattonò lui con il piede di porco una, due, tre volte, fino a che non si mosse.
«Ma che cazzo Gallagher. Cosa vuoi?» domandò ancora intontito dal sonno. Non appena vide l’attrezzo nelle mani del ragazzo subito si issò sollevando le mani.
Ma non appena Ian abbassò la guardia, Mickey lo afferrò per le spalle e lo gettò sul letto. Il rosso cominciò a divincolarsi, a scalciare e dopo un iniziale momento di vantaggio, Mickey riuscì di nuovo a tenerlo sotto di sé, mentre stringeva nelle mani l’arma di Ian.
Mickey era seduto sul suo petto, entrambi ansimanti per lo sforzo.
Ma quando guardò quegli occhi verdi spaventati, stranamente decise di non volergli più fare del male.
Lasciò cadere l’attrezzo a terra, mentre si perdeva nella dolcezza del viso cosparso di lentiggini rosse di Ian.
I loro cuori battevano all’impazzata, e in mezzo alle loro gambe si faceva prorompente un’erezione, della quale entrambi si resero conto, sorpresi di suscitare nell’altro quella reazione.
Passò come un lampo la stessa idea nella mente dei ragazzi. Mickey scese dal corpo di Ian mentre si sfilava la canottiera, e una volta che il rossino fu libero dalla sua presa lo aiutò a liberarsi dei suoi vestiti. Mickey volle prendere le redini della situazione, ma Ian glielo impedì voltandolo con forza con il viso sul materasso allargandogli le gambe. Iniziò a toccargli delicatamente la schiena bianca, fino a raggiungere le spalle e spingerlo verso di sé.
Finalmente entrò dentro di lui, inizialmente con movimenti imprecisi, e poi con colpi sempre più ritmati fece suo il corpo di Mickey, che sotto ai suoi tocchi rantolava un po’ per il dolore e un po’ per il piacere, mentre Ian gemeva abbandonandosi a quelle sensazioni.
Scoparsi Mickey Milkovich era fottutamente piacevole, molto più che farsi Kash o qualsiasi altro ragazzo; Mickey era caldo e accogliente e ogni spinta faceva nascere in loro una serie di brividi.
Quando entrambi vennero, Ian si stese sulla schiena umidiccia di Mickey e lo abbracciò mentre riprendeva fiato, per poi lasciarsi cadere al suo fianco.
Si guardarono per un secondo, non rendendosi ancora del tutto conto di ciò che era appena accaduto.
Entrambi gelarono quando Terry Milkovich, ancora mezzo addormentato e ubriaco, entrò nella camera per andare in bagno.
Anche se una prima volta non prestò loro attenzione, la seconda li guardò, maledicendoli pensando che fosse tutto un sogno.
Una volta che fu uscito, Ian scattò fuori dal letto e si rivestì rapidamente. Mickey controllò che fuori la sua camera non ci fosse nessuno e che potesse scappare liberamente.
Ian, prima di uscire, si avvicinò a Mickey, come faceva con Kash ogni volta dopo averlo fatto, ma il ragazzo lo fermò.
«Prova a baciarmi e ti taglio quella cazzo di lingua» lo intimorì lui, facendogli prendere poi le distanze.
Ma prima che potesse andarsene lo richiamò. «Ah, Gallagher. Comunque l’altra volta ero venuto per dirti di trattare bene mia sorella, altrimenti ti avrei strappato il cazzo.» lo avvertì lui con fare protettivo.
Ian abbozzò un sorriso compiaciuto. «È stato un bene che tu non l’abbia fatto, altrimenti non saresti venuto oggi.» gli rispose lui, guadagnandosi un calcio in culo che lo spinse fuori la porta della camera.
La storia con i Milkovich si faceva sempre più assurda.


Lucrezia: E beh. Siamo arrivati al momento clou, dove tutto ha inizio. Adesso ovviamente diventerà tutto più interessante, perché ha inizio la storia dei Gallavich.
Spero che continuerete a seguirci e ringrazio come sempre tutti quelli che leggono e recensiscono ♥
Ilenia: Heilà, ho cercato di ritagliare uno spazietto per voi, in questo periodo di studio matto e disperatissimo, perché davvero non ce la facevo a lasciare in sospeso la storia. Il mio esame di stato continua e tra poco volgerà pure al termine, di conseguenza usciranno nuovi capitoli ^^ Spero che la storia vi sia piaciuta e che continuerete a seguirci e un grazie speciale a chi legge e recensisce ♥♥
 
 

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Capitolo 6
*** I'm not your bitch ***


 


Quella notte Ian non riuscì a dormire, perché troppo eccitato da ciò che era successo poche ore prima.
Non appena apparvero le prime luci dell’alba, si alzò dal letto e andò a prepararsi, mentre il resto della famiglia dormiva ancora.
Si sentiva iperattivo e pieno di adrenalina, nonostante la mancanza di sonno, quindi decise di preparare la colazione per i suoi fratelli.
Fiona si svegliò tardi, e Ian la sentì correre giù per le scale, mentre si sfilava la mascherina per gli occhi, per cercare di recuperare il tempo perso. Ma si fermò nel momento esatto in cui vide Ian posizionare i piatti sulla tavola, e per un attimo si rilassò.
Ian le sorrise e le fece cenno di sedersi, porgendole dei pancakes.
Lei gli si avvicinò e lo guardò con tutta la dolcezza che poteva essere contenuta in uno sguardo, e gli diede un bacio sulla testa.
Nel frattempo si svegliarono anche gli altri, che scesero di corsa attirati dall’odore della colazione. Ian rise soddisfatto, guardando la famiglia che si leccava i baffi per i pancakes che aveva cucinato, e ne addentò uno mentre era appoggiato al bancone della cucina.
Doveva ammettere che non erano niente male.
Si avviò presto a scuola, prima di tutti, con la scusa di voler ripetere un test, quando in realtà l’unica cosa che gli andava di fare era fantasticare su Mickey Milkovich e sul suo culo.
 
 
Ian si rese conto di quanto fosse preso solo quando arrivò a scuola. L’edificio appariva calmo e silenzioso, come non mai. Una volta dentro si guardò intorno: i corridoi erano deserti, avvolti da una completa pace.
Gli piacque quell’atmosfera. Si sentiva tranquillo anche lui lì, per la prima volta. Desiderò che fosse così sempre, senza le voci isteriche delle ragazze, dei pettegolezzi e degli insulti – spesso anche rivolti a lui.
Scorse in lontananza una figura che fischiettava, e si chiese chi altro ci fosse a scuola a quell’ora. Si diresse quindi nella sua direzione, verso quello che si rivelò poi essere il bidello.
Quando lo raggiunse agitò una mano nella sua direzione, in segno di saluto. «Buongiorno, Earl»
Il vecchio, sentendo il suo nome, alzò lo sguardo verso di lui. «Oh, ciao Lip» gli rispose, riprendendo a lavare il pavimento.
Ian non lo corresse, aveva anche smesso di prendersela, ormai non ci faceva più caso.
Earl era una delle poche persone che considerasse la sua esistenza oltre la sua famiglia, fatta eccezione per Mandy.
E Mickey.
Ancora non gli sembrava vero quello che era successo tra di loro, e aveva una gran voglia di rivederlo.
Continuò a percorrere il corridoio, fino ad arrivare all’estremità, che dava sul campo di rugby.
Era ancora preso, perciò decise di andare avanti, scendendo gli spalti saltando di scalino in scalino. Si fermò quando vide che c’era qualcuno che si allenava.
Immaginando – e sperando – che si trattasse di lui, scese più rapidamente, finché non si trovò a pochi passi da Mickey Milkovich.
Rimase ad ammirarlo mentre si allenava, mentre gonfiava i muscoli delle braccia, flettendole per sostenere il suo peso.
Mickey si sollevò poi da terra e si avvicinò agli spalti. Fu in quel momento che i loro sguardi si incrociarono, imbarazzati. Mickey afferrò l’asciugamano e se lo strofinò sul viso, per poi avvolgerlo attorno al collo. «Che cazzo ci fai qui Gallagher?» chiese burbero, quasi infastidito dalla sua presenza.
«Nulla, sono solo arrivato troppo presto e ho deciso di fare un giro.» spiegò Ian, scrollando le spalle. «Tu che ci fai qui?»
«Un balletto, che dici, Gallagher?» rispose ironico Mickey.
Afferrò la bottiglia d’acqua e iniziò a sorseggiarla lentamente. Una goccia scese giù dalla sue labbra, lasciando una scia trasparente sul mento, fino al collo, bagnando un segno rosso lasciatogli proprio da Ian il giorno prima.
Il rosso gli si avvicinò sempre di più, quanto avrebbe voluto farlo di nuovo suo.
Gli poggiò una mano sul braccio e piegò la testa di lato, sporgendosi verso le labbra dell’altro. Ma prima che le loro bocche potessero toccarsi, Mickey lo spinse via con forza. «Che cazzo ti dice la testa?» domandò furioso, ancora ansimante per lo sforzo dell’allenamento.
«Vuoi scopare?» gli chiese all’improvviso, cogliendolo alla sprovvista.
Mickey sembrò pensarci su, poi gli diede un'altra spinta. «Fottiti Gallagher, non sono la tua fottuta puttana!»
Ian gli scoccò un’occhiata amara. Che gli era saltato in mente? Che Mickey Milkovich gli avrebbe chiesto di uscire? Che lo avrebbe baciato davanti a tutti? Era un povero illuso.
Iniziava anche a dubitare che quella giornata fosse esistita davvero. Come si poteva essere distaccati dopo averlo fatto con così tanta passione? Ma forse quella non era passione, forse era solo l’eccitazione del momento, fatto stava che a Mickey importava meno di zero.
 
 
Quando tornò all’interno dell’edificio, il corridoio era pieno di persone. Riuscì a vedere Mandy che riponeva i libri nell’armadietto guardava nella sua direzione.
Si fece largo tra la moltitudine di studenti e la raggiunse. Si era reso conto di aver esagerato con lei, era stato davvero ingiusto.
«Ehi Mandy» la salutò lui, forzando un sorriso. Lei lo guardò negli occhi e gli sorrise di rimando. Si alzò sulle punte e gli circondò il collo con le braccia.
«Ian, cos’hai?» domandò Mandy, notando la tristezza nei suoi occhi.
«È tanto evidente?» replicò lui, sorridendo di nuovo, ma stavolta imbarazzato. L’amica gli diede un pugno sul braccio, in attesa che parlasse.
«Niente, un ragazzo con cui sono stato mi ha mollato» spiegò lui, restando sul vago.
«Ma che coglione!» esclamò melodrammatica lei. «Beh, è lui a rimetterci, non avendo il tuo culetto.» continuò, cercando di sollevargli l’umore.
Ian rise di gusto.
«In realtà, io sono l’attivo» precisò, non smettendo di ridere. Mandy sembrò sorpresa all’inizio, poi però si aggregò alla risata di Ian.
«Allora spero che tu gli abbia fatto un gran male!» esclamò la ragazza compiaciuta.
Afferrò la mano di Ian e camminarono un po’ per i corridoi così, prima di entrare in classe.
 
«Gallagher!» lo chiamò un uomo in divisa.
Ian rispose con il saluto militare e gli prestò attenzione.
«L’addestramento è spostato al campo di rugby. La sala è tutta allagata. Non fare tardi.» lo informò l’uomo, per poi voltarsi e andare alla ricerca degli altri cadetti.
«Ti vengo a vedere se riesco a saltare filosofia» si intromise Mandy. «Avrei dovuto comunque aspettare Mickey lì, anche lui ha l’allenamento a quell’ora.» spiegò.
Era già successo altre volte che i cadetti e la squadra di rugby si dovessero dividere il campo e spesso non finiva molto bene. Figuriamoci ora che l’avrebbe dovuto condividere con Mickey Milkovich.
Non sapeva se la notizia l’avesse allietato o disturbato.
 
 
«19, 20, 21. Forza, forza! Più rapidi! 22, 23, 24» ordinò il sergente con tono severo.
Una schiera di ragazzi in tenuta militare eseguiva una serie di flessioni a tempo, mentre il militare continuava a contare.
Lo sguardo di Ian si posava spesso su Mickey, dalla parte opposta del campo.
Quando il giovane Milkovich si accorse delle sue occhiate, decise di dirottare la palla che aveva in mano verso di lui.
Grazie alla prontezza dei suoi riflessi, Ian riuscì a schivarla, lasciandosi cadere sul terreno, in modo che la palla lo sfiorasse solamente.
Subito dopo si alzò in piedi furioso. Gli si avvicinò e lo spinse con forza, fino a farlo barcollare all’indietro.
Tutti gli altri intanto sembravano godersi la scena, ridendosela di gusto.
«Che cazzo ti viene in mente?» sbraitò Ian, non vedendoci più dalla rabbia. Cosa diavolo voleva Mickey Milkovich da lui? Avevano scopato, e poi l’aveva rifiutato. Perché continuare?
«Che c’è? La principessina si è fatta male?» lo prese in giro. «Sparisci Gallagher. Questo non è un posto per fighette. Magari prova il balletto, sarai più fortunato.» aggiunse, ridendo poi con i compagni.
Una delle cose che Ian odiava era di certo essere deriso per il suo orientamento sessuale. Era fiero di quello che era, e non se ne vergognava.
E, nonostante a scuola si facesse vedere con Mandy, i ragazzi lo deridevano ugualmente.
Perse il controllo e la pazienza, e diede con forza un pugno sulla mandibola di Mickey, riuscendo a coglierlo di sorpresa.
Si zittirono tutti, e si udivano solamente i respiri affannosi di entrambi, per lo sforzo fisico compiuto fino a poco prima di scontrarsi.
«La prossima volta questo» Ian agitò il pugno con il quale l’aveva colpito. «te lo metto dritto nel culo. Potrebbe piacerti.» concluse, con un pizzico di spavalderia e carico di adrenalina.
Mickey non accettò la provocazione, soprattutto poiché alludeva davanti a tutti a ciò che era successo il giorno prima tra di loro.
Solo perché avevano scopato, questo non faceva di lui un gay. Era chiaro che gli piacesse il cazzo, ma non sarebbe diventato una fighetta come Gallagher.
Mickey allora rispose a sua volta con un pugno, dritto nello stomaco, che fece accasciare Ian a terra.
Dopo questo ulteriore colpo sia il sergente che il coach di rugby intervennero, dividendoli e spedendoli negli spogliatoi.


 
Lo spogliatoio era vuoto e silenzioso.
Mickey strattonò Ian per farlo spostare, mentre entrava dalla porta. Era stufo di averlo tra i piedi.
«Mi spieghi qual è il tuo cazzo di problema, Mickey?» gli urlò contro Ian, frustrato. Sapeva con non era un ragazzo facile, ma in quel momento lo stava portando al limite dell’esasperazione. «È stata solo una scopata»
«Sei tu il mio problema, fottutissimo pel di carota!» rispose lui con enfasi. «Tu e il tuo atteggiamento da fighetta. Non sono la tua fidanzata, Gallagher, scordatelo.» sottolineò, gesticolando esageratamente.
«Andiamo Mick, ti ho chiesto di scopare, non di venire a cena fuori con me!» rispose a sua volta Ian.
Mickey gli puntò il dito contro. «Senti, solo perché è stata una gran bella scopata, questo non significa che stiamo insieme. Niente baci, niente abbracci, niente sguardi, niente cose da froci.»
Ian a quelle parole sorrise maliziosamente, avvicinandosi ancora di più al corpo tremante dalla rabbia di Mickey.
«Quindi» iniziò a dire. «Sono stato una gran bella scopata, eh?»
Mangiò con lo sguardò Mickey, squadrandolo da capo a piedi. Lui si sentì a disagio, notando lo sguardo bramoso di desiderio dell’altro.
Gli occhi di Mickey vagavano per tutto l’ambiente circostante, senza mai posarsi su quelli verdi di Ian, che continuavano a guardarlo.
Il rosso si allontanò da Mickey e iniziò a spogliarsi, attirando così la sua attenzione.
«E-ehi. Cosa stai facendo?» domandò Mickey, leggermente disorientato.
Ian lo guardò stupito, come se fosse ovvio ciò che stesse facendo, ritenendola la cosa più normale e naturale del mondo.
«Mi spoglio. Voglio farmi una doccia» gli spiegò, sfilandosi i pantaloni e restando solamente con dei boxer neri aderenti. «Di solito preferisco farmela da solo. Sai, sarebbe complicato spiegare il motivo.»
Ian si interruppe facendo cenno con lo sguardo all’erezione prorompente che aveva tra le gambe.
Si voltò e iniziò a regolare il getto d’acqua, sentendo addosso lo sguardo di Mickey, cosa che lo fece sorridere.
Si tolse anche lui velocemente i vestiti, e si posizionò sotto il getto di acqua fredda, che non si era ancora riscaldato.
Erano uno a fianco all’altro, nudi e bagnati, ed era inevitabile che ogni tanto lo sguardo cadesse sul corpo dell’altro.
Ian rise. «Sai, sembri contento di stare qui» disse ironico, guardando ciò che Mickey aveva in mezzo alle gambe.
«Stronzo» gli sputò l’altro in faccia, non potendo però negarlo. «Solo per l’acqua, è gelida.» si giustificò lui, voltandosi con lo sguardo verso il muro, cercando di evitare di guardare Ian. Non poteva negare che avesse un bel corpo.
«Già, certo, sicuro.» disse Ian, ridendo sotto i baffi per l’effetto che faceva a Mickey. Lo divertiva, e gli piaceva davvero tanto. Si mosse per prendere la saponetta al fianco di Mickey, spostandosi dietro di lui, tanto che i loro corpi si toccarono.
Quello sembrò far scattare qualcosa. Mickey gli bloccò un braccio e lo tirò verso di sé.
«Scopami» sussurrò.
«Cosa?» domandò Ian, non sicuro di aver capito bene.
«Hai capito cosa ho detto, non farmelo ripetere. Ora fallo e basta.» gli grugnì debolmente, bramoso di avere di nuovo Ian dentro di sé.
A Ian sarebbe piaciuto farlo supplicare, ma anche lui ne aveva davvero voglia. Quindi non se lo fece ripetere due volte, e si appoggiò ai fianchi dell’altro, mentre Mickey si reggeva con le mani contro la parete bianca.
Dopo un paio di spinte, Ian circondò le mani di Mickey con le proprie, nascondendo la scritta fuck u – up sulle dita del ragazzo con le sue.

Lucrezia: Salve a tutti! Mi scuso per il ritardo, ma spero ne sia valsa la pena dato che questo capitolo è bello lungo.
Ringrazio come sempre tutti coloro che leggono e soprattutto coloro che si fermano a recensire, dandoci pareri che come sempre ci aiutano e ci spingono ad andare avanti.
Ilenia: Eccoci qui di nuovo :) I miei esami sono finiti e sono ufficialmente entrata nel mondo dei diplomati con un ricco 84. Per festeggiare il 15 ottenuto alla prova di italiano, vi abbiamo regalato questo capitolo un po' più lungo e spero davvero che vi piaccia :) Grazie mille per chi segue e per chi mi ha dato gli auguri :3

 

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Capitolo 7
*** Panthers ***


center

Era passato ormai qualche giorno da quando Ian l'aveva fatto con Mickey nello spogliatoio, all'oscuro degli sguardi inquisitori di tutti gli altri, rendendolo il loro segreto.
Tuttavia, nonostante ciò, continuava la sua relazione adultera con Kash. Linda aveva installato delle telecamere, e, dopo vari tentativi, erano finalmente riusciti a raggirarle, trovando così un angolo non visibile dove potessero consumare. Perciò, pensando di essere ben distanti dal raggio di ripresa iniziarono a togliersi reciprocamente i vestiti. Kash tentò di baciarlo, ma prima di potersi avvicinare del tutto Ian lo afferrò per le spalle e lo fece rapidamente voltare.
Da un po' tempo non si trattava più di amore, ma di solo sesso: niente carezze, niente baci, niente effusioni.
Queste erano le regole alle quali si giocava con Mickey, e ormai Kash non era altro che un corpo, uno strumento sessuale con il quale sfogarsi, il giocattolo che utilizzava a suo piacimento. D'altronde la loro era sempre stata una relazione mirata a concludersi rapidamente, niente di serio, una storia di sesso promiscuo e tradimento.
In quel periodo niente sembrava avere senso: mentre Kash quasi lo implorava di fare piano, Ian – troppo assorto nei suoi pensieri – con forza e frustrazione entrò dentro Kash provocando in lui un susseguirsi di gemiti di piacere misto a dolore.
La cosa si concluse nell'arco di pochi minuti, con il proprietario del negozio che cadeva sulle ginocchia stanco e provato dallo sforzo.
Non appena sentirono la voce di Linda, si rivestirono subito e riordinarono la merce sparsa sul pavimento, fingendo che si trattasse di un normalissimo inventario.
La donna si avvicinò alla telecamera e iniziò ad osservarla con cura, poi si girò verso i due.
«Non vi sembra che sia spostata questa?» chiese, indicando la camera che precedentemente i due avevano mosso.
A quella domanda entrambi scossero la testa in segno di negazione. Pensando che si trattasse semplicemente di una sua impressione, Linda decise di lasciar correre e iniziò a dirigere il loro inventario.
Una volta terminato il suo turno al Kash&Grab, Ian si fermò sotto i binari della metropolitana in attesa di qualcuno. Anche se in ritardo di mezz'ora un ragazzo gli si avvicinò con la sua tipica camminata da bianco del ghetto.
«Sei in ritardo» gli fece presente Ian e l’altro roteò gli occhi al cielo, scocciato.
«Vuoi scopare o no?» domandò a sua volta mostrando la sua poca pazienza.
«Certo, Mick» rispose Ian, dandogliela vinta.
Gli si avvicinò e gli posò le mani sui fianchi, poi lo spinse contro una colonna e iniziò ad abbassargli i pantaloni. Finalmente erano di nuovo insieme: più passava il tempo più sembrava bello farlo con Mickey. Nonostante ormai Ian conoscesse abbastanza bene il suo corpo, gli piaceva ispezionarlo con le mani, toccandogli la schiena e le cosce, scoprendo ogni volta un segno o una cicatrice nuova. Lo stringeva con le sue dita ad ogni spinta più forte, mentre lo assaporava con morsi famelici e baci languidi più dolci, che a Mickey non sembravano dispiacere.
Mickey poggiò la testa contro la colonna, trattenendo tutti quegli ansimi e gridolini che il rossino con il suo corpo minacciava di far uscire dalla sua bocca.
La maglietta verde di Ian gli si era ormai attaccata addosso per il sudore, ma nulla sembrava distrarlo da ciò che stava facendo. La sua attenzione, il suo corpo e la sua stessa anima in quel momento erano intrecciate a Mickey.
«Ehi, Gallagher» lo chiamò Mickey mentre si alzava i jeans.
Ian si voltò verso di lui con aria interrogativa. Non parlavano quasi mai dopo averlo fatto, spesso si limitavano a grugnire qualcosa su quanto fosse stato bello.
«Ho saputo che sei interessato al culo di Todd Marcus» continuò lui a labbra strette mentre si accendeva una sigaretta.
L’altro non si mosse, ma rimase fermo con lo sguardo fisso sul suo viso che si muoveva lentamente.
«Molti dicono che sotto sotto sia frocio» disse con scherno Mickey.
Ian si riprese dallo stato di trance post coito in cui si ritrovava. «Lo è» rispose improvvisamente con serietà.
«Sarà. Ma alla squadra sta bene fino a quando gioca così, quindi chi se ne frega. Basta che non venga in gonnella in campo» lo liquidò lui.
«Ti sembra che io venga in gonnella a scuola?» rise Ian.
«Gallagher, non occorre una gonna per capire che sei un frocetto del cazzo» replicò Mickey con aria superiore.
«Ti sei fatto scopare sotto i binari della metropolitana da un frocetto del cazzo e, da quello che vedo lì a terra, ti è anche piaciuto» ribatté lui strizzandogli l’occhio sinistro, lasciando senza parole l’altro.
«Comunque lo voglio fuori dalla squadra» annunciò Mickey rapidamente.
In quel momento l’atmosfera si fece terribilmente tesa e  Ian non riusciva a capirne il motivo.
Dove voleva arrivare Mickey? E come sapeva di Todd? Non ricordava di aver detto qualcosa a Mandy.
«Cosa vuoi da me?» domandò serio Ian.
«Scopatelo, e assicurati che venga scoperto.» fece Mickey, in tono solenne, senza più traccia di ironia nella voce.
«Perché non lo fai tu?» chiese Ian, stizzito e un po’ offeso dalla pseudo richiesta di Mickey.
Il moro subito scattò in avanti e afferrò il giovane Gallagher per la maglietta verde ancora un po’ sudaticcia.
«Sei pazzo per caso, testa di cazzo?» sbraitò avvicinando il viso a quello pieno di lentiggini di Ian. Erano vicini, troppo vicini e Ian moriva dalla voglia di baciare quelle labbra serrate da un attacco di rabbia.
«Hai la minima idea di cosa mi succederebbe se venissi scoperto io? E poi non sono una fighetta del cazzo» continuò a ruggire Mickey, con fare estremamente minaccioso.
«E se io non volessi farlo?» replicò Ian a braccia conserte, una volta liberatosi dalla presa di Mickey. Non era la sua puttana.
«Fottiti, Gallagher! Io ti sto offrendo la possibilità di scoparti una persona a cui sbavi dietro da tempo, dovresti solo leccarmi le palle per questo.» rispose in tono più calmo Mickey voltandosi di spalle mentre maneggiava il suo polso destro.
«E se io da lui non volessi solo sesso?» ipotizzò nuovamente Ian.
«E cosa tipo?» si protese in avanti. «Tenersi mano nella mano nei corridoi, sbaciucchiarsi davanti gli armadietti?» gli domandò con aria disgustata. «Scordatelo Gallagher, non uscirà mai allo scoperto per te» lo liquidò non interessandosi del fatto che, parlando in quel modo avrebbe potuto ferire i suoi sentimenti.
Ma Ian non sembrò turbato, diede dimostrazione di quanto la pelle dei Gallagher fosse dura.
«E tu invece?» domandò con voce ferma.
«Io cosa?» si voltò rapidamente Mickey non capendo dove l’altro volesse arrivare.
«Uscirai mai allo scoperto?» continuò Ian.
Mickey rimase in silenzio, mordendosi il labbro mentre il vento soffiava tra le foglie e scompigliava loro i capelli. Si guardarono a lungo negli occhi prima che Mickey si muovesse, strofinandosi il pollice sul labbro inferiore con lo sguardo perso.
«Questo posto è una giungla, e alle pantere non piacciono tanto gli estranei.» concluse Mickey con sguardo avvilito.
Ian si mosse verso di lui e gli posò una mano sulla spalla quasi per calmarlo e farlo risollevare.
«Non è detto che siamo gli estranei, forse noi siamo le pantere più forti.» tentò di consolarlo Ian, credendo fortemente in quelle parole. Non si vergognava di quello che era, e avrebbe tanto voluto che non lo facesse nemmeno Mickey.
Passarono pochi secondi prima che Mickey posasse lo sguardo sulla mano sulla sua spalla e appena realizzò la tolse burbero e si scostò dal ragazzo.
«Non utilizzare il noi. Nessuno saprà un cazzo di me. E tu farai bene a tenere la bocca chiusa.» lo minacciò puntandogli il dito contro.
Poi si voltò e andò per la sua strada, lasciando Ian solo e sospirante sotto i binari della metropolitana.
 
 
 
Quando il giorno seguente Ian entrò al Kash&Grab, lo trovò stranamente silenzioso.
Era sicuro che avrebbe trovato Linda sulla soglia, pronta a rimproverarlo per il ritardo – cosa che succedeva ripetutamente.
Poggiò giacca e sciarpa dietro il bancone, attraversando il negozio alla ricerca di suoi datori di lavoro.
Li vide impegnati ad osservare un piccolo schermo. Ian cercò di vedere oltre i loro corpi, alzandosi sulle punte dei piedi, ma non ci riuscì.
Quando Linda si accorse della sua presenza, gli fece cenno di unirsi a loro.
«Che guardate?» domandò tranquillo, facendo caso solo in quel momento che la pelle di Kash aveva assunto un colorito decisamente chiaro per il suo abituale colore.
«Shh, stai attento.» disse Linda, indicando lo schermo. «Questa è la mia parte preferita» aggiunse, con tono velenoso.
In un primo momento Ian non capì, ma non appena osservò più attentamente lo schermo e vide i suoi capelli rossi, si paralizzò.
«Ecco la scena in cui mio marito, padre dei nostri tre figli, lo prende in culo da un ragazzino.» sputò fuori le parole, disgustata.
Ian cercò di difendersi in qualche modo, ma la donna lo fermò prima che potesse cominciare.
«Non devi giustificarti» disse lei, lasciando tutti stupiti. «Devi essere molto bravo visto come sembra piacergli.»
Lui e Kash rimasero immobili, ancora increduli che la telecamera fosse riuscita a riprenderli.
La terra sembrò sfracellarsi sotto i suoi piedi, mentre Ian cadeva in un baratro di disperazione. All'istante si pentì della relazione con Kash: adesso, per colpa di quello, era diventato disoccupato, e a lui quel lavoro serviva necessariamente.
I soli soldi che aveva la famiglia Gallagher li guadagnava Fiona con lavori occasionali, e Lip dando ripetizioni e vendendo compiti, e quelli non bastavano per gestire una casa e sfamare sei – all'occorrenza sette – bocche.
Si odiò e odiò Kash per tutto, per averlo sedotto e per averlo spinto a iniziare con lui quella relazione moralmente sbagliata.
Stava per posare il suo grembiule per andare alla ricerca di un nuovo lavoro. Non era indipendente come Fiona, o sveglio come Lip, quindi sarebbe stato difficile, ma in compenso sapeva muoversi bene e aveva un bel corpo. In caso di estrema necessità avrebbe potuto fare il ballerino in qualche locale, anche se questo gli avrebbe detratto ore destinate al sonno.
Mentre questi pensieri lo tormentavano, Linda lo sorprese dicendo che poteva tenersi il suo posto al Kash&Grab.
Delusa e disgustata aveva trovato un compromesso con il marito: Ian avrebbe continuato a lavorare al negozio, ma fino a quando Kash non le avesse dato un altro figlio, non avrebbe potuto nemmeno sfiorarlo.
Ian, ascoltando quelle parole, quasi saltellò contento, mentre l'uomo sembrava avvilito.
Un po' gli dispiacque, ma… “Al diavolo Kash” si disse. Questo ed altro per mantenere il suo lavoro.



 

Lucrezia: Okay, siamo tornate! Ovviamente anche noi siamo state in vacanza, ecco perché pubblichiamo solo ora.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)
Grazie come sempre a tutti quelli che leggono e seguono la storia, e ancor più a quelli che si fermano a lasciarci un parere :)

 

Ilenia: Direttamente dalla focosa Napoli di ritorno dalle vacanze, vi presentiamo questo nuovo capitolo, che spero sia di vostro gradimento. È stato molto complicato scriverlo. Perché? Il mio pc ha dato forfait e queste poche paginette di word hanno fatto più spostamenti di una MSC nel Mediterraneo. Spero che vi abbia incuriosito la questione Todd Marcus, e vi posso promettere che ne leggerete delle belle. Un forte bacio a tutti :)

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Capitolo 8
*** New York ***



 
Le lancette del grande orologio della classe si muovevano decisamente troppo lentamente e la voce del professore era più soporifera che mai.
Mandy intanto si passava con nonchalance una pennellata di smalto nero sulle unghie, e Ian, non prestando attenzione alla lezione, disegnava confusamente qualcosa sul quaderno.
Qualsiasi cosa era più interessante delle lezioni del professor Gold: tutti i suoi studenti si sbizzarrivano nell’inventarsi qualcosa da fare pur di non ascoltare le parole cantilenanti dell’insegnante. Finalmente, dieci minuti prima del suono della campanella, il signor Gold smise di parlare, cosa che attirò l’attenzione di tutti: era davvero strano che il professore non avesse proteso la lezione fino a dopo la fine dell’ora. L'uomo si schiarì la voce e tossì un paio di volte, attirando così l’attenzione di quei ragazzi ancora impegnati nelle proprie attività. «Mi è stato chiesto di riferirvi che la scuola ha organizzato un viaggio a New York» annunciò il professore. Una volta pronunciate quelle parole, tutta la classe iniziò ad acclamare quella notizia e a sghignazzare rumorosamente, tanto che il professore dovette sbattere una mano sulla scrivania, tentando di richiamare l’attenzione dei suoi studenti. «Alloggerete nella periferia della città, il costo del viaggio e dell’hotel si aggira attorno ai 300 dollari, riceverete maggiori informazioni nei prossimi giorni» continuò il professore, sfilandosi gli occhiali e iniziando a pulirli sulla maglietta beige. Nessuno era ricco nel Southside, ma c’era chi aveva più soldi degli altri e quel viaggio poteva permetterselo senza enormi sacrifici. «Con ordine, e ve lo sto chiedendo per piacere, chi è sicuro di venire alzi la mano.» finì l’insegnante quasi con tono implorante. Sorprendentemente alzarono la mano più persone di quante Ian avrebbe immaginato, ma la cosa che più lo sorprese fu trovare tra tutte quella perfettamente smaltata di Mandy. «Tu ci vai?» domandò sbalordito all’amica. Lei si limitò a sollevare le spalle. «Perché tu no?» chiese lei a sua volta, considerandola quasi una cosa ovvia. «Non penso abbiamo tutti quei soldi. Sarà per la prossima volta» si rassegnò Ian. Il professore registrò tutti i nomi su un pezzo di carta e finalmente furono liberi di uscire dall’aula. Il professore della lezione successiva non si era presentato a scuola e Ian e Mandy ne approfittarono per rifugiarsi sugli spalti del campo da rugby per fumare una sigaretta. «Dai, non puoi non venire. Sarà il nostro primo viaggio insieme. La nostra prima fuga d’amore» disse, buttandoglisi addosso, enfatizzando molto con gli occhi blu tipici dei Milkovich. Ian rise leggermente e fece risalire l’amica, che sbuffando si ricompose. «Prova a chiedere a tua sorella, magari avete risparmiato qualcosa» gli suggerì la ragazza. Ian alzò le spalle, tanto valeva provare.
«Che ci fai qui, Testa di cazzo?» chiese all’improvviso Mandy, non appena vide il fratello avvicinarsi. Mickey sollevò le spalle ironicamente. «Sai sono iscritto a scuola da un po’ e questo è il mio campo, deficiente» le rispose facendole il verso, poi le si avvicinò di più e le diede un colpetto dietro la testa «E non fumare». Quasi non si rese conto della presenza di Ian fino a quando non sentì il suo sguardo su di sé. Gli si avvicinò lentamente mentre il ragazzo abbassava la testa rossa ricordando l’ultima richiesta fatta dal ragazzo. Mickey gli prese la sigaretta di mano e se la portò alla bocca, quasi per un istante quello che apparve sul viso del giovane Milkovich assomigliava vagamente a un sorriso. Erano seduti vicini e ogni tanto si scambiavano la sigaretta, e quasi per stuzzicarlo Mickey leccava il filtro così che una volta che fosse tornato sulle labbra di Ian, sarebbe stato intriso della sua saliva. Questo gioco durò pochi secondi, abbastanza da risvegliare in loro diversi istinti. «Di che parlavate comunque?» chiese Mickey interrompendo il gioco. «Del viaggio a New York. » rispose secca Mandy quasi infastidita dalla presenza del fratello. «Hai intenzione di andarci?» chiese alla sorella, inalando fumo dalla sigaretta. «Ovviamente. I soldi li si trovano sempre lo sai.» rispose Mandy, alludendo a qualcosa che solo loro due potevano intendere. «E tu, Billy Eliot?» fece Mickey rivolgendosi a Ian. Stava per aprire bocca, ma Mandy si mosse prima. «Ovvio che viene. Sta con me.» anticipò la ragazza, mentendo a chi la verità la conosceva meglio di chiunque altro. «Allora verrò anche io» annunciò Mickey quasi ridendo, lasciando la sorella di stucco. «Ma come? Perché? Non ti sono mai piaciuti questi viaggi.» fece Mandy irritata, mentre Ian sotto sotto se la rideva, quasi convinto del fatto che la sua scelta fosse dipesa in parte da lui. «Sarà. Ma il coach mi ha detto che devo inserirmi di più tra gli studenti e poi devo controllare che il cazzo di Gallagher sia nel giusto posto.» Mickey guardò per un attimo Ian, specialmente quando parlava di lui. Entrambi sapevano bene quale fosse il posto giusto.
 
Casa Gallagher, come al solito, era in preda ad uno stato di confusione e delirio. Fiona tentava di svegliare un Frank svenuto sul pavimento, mentre Debbie teneva in braccio un bambino, e Lip non sembrava accorgersi di nulla mentre era a piedi scalzi sul divano a fare i compiti. Ian cercò di superare tutti gli ostacoli ed andare a parlare con la sorella. «Fì, vorrei parlarti di una cosa.» iniziò a dire lui. «Certo. Mi daresti una mano a spostarlo? Ha del vomito sotto di sé e c’è una puzza nauseante» gli chiese alludendo al padre addormentato nel suo vomito. Ian gli prese le gambe e insieme lo portarono di fuori sull’erba, nella speranza che almeno l’aria fresca avrebbe alleggerito un po’ il suo fetore di alcool misto a cibo rigurgitato. Fiona si pulì sulla maglia e portò le mani ai fianchi in attesa che il fratello parlasse. «La scuola ha organizzato un viaggio a New York e vorrei tanto andarci, tutto costa 300 dollari.» le spiegò Ian nella speranza che la sorella afferrasse dove voleva arrivare. «Mi dispiace Ian, non possiamo permettercelo. Frank ha rubato di nuovo i soldi e a malapena riusciamo a pagare le bollette.» rispose realmente dispiaciuta Fiona e, vedendo l’espressione del fratello, gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla fronte. Ian rimase immobile per qualche istante, tentando di metabolizzare ciò che gli era stato appena detto. Uscì rapidamente dalla porta sbattendola, prese una sigaretta dal pacchetto che portava in tasca e la accese mentre camminava a passo spedito verso casa Milkovich. Bussò incessantemente alla porta, fino a quando non aprì Mandy, abbastanza infastidita, ma non appena vide gli occhi lucidi e rossastri dell’amico, cambiò espressione, e socchiuse la porta alle sue spalle andandogli incontro. Mandy si sedette nella ruota appesa all’albero con una corda e iniziò a dondolarsi mentre Ian parlava. «Quello stronzo di Frank ha rubato i nostri soldi. Quindi non solo ora non posso partire, ma riusciamo a malapena a pagare le bollette.» si sfogò Ian, dando un calcio a una lattina di birra che intralciava la sua camminata avanti e dietro. «Forse dovrei lasciare l’addestramento e trovarmi un altro lavoro o farmi raddoppiare i turni al Kash&Grab. Il vento soffiava forte scompigliando i capelli alla ragazza, e non appena gli poggiò una mano sul braccio, il ragazzo trasalì e la guardò dritto negli occhi. «Non puoi farlo. L’esercito è il tuo sogno, non puoi lasciare tutto così» gli disse Mandy, seriamente dispiaciuta da ciò che stava accadendo, sentendosi in parte responsabile per aver spronato l’amico a chiedere soldi. Ormai interrompere le loro conversazioni sembrava il passatempo preferito di Mickey Milkovich, forse ci trovava gusto o magari ogni scusa era buona per poter vedere Ian. «Ma sta sempre tra le palle questo qui?» domandò con una finta riluttanza Mickey. Nessuno rispose alla sua domanda, Ian gli dedicò un’occhiataccia perforante con i suoi occhi lucidi. A vederlo in quel modo gli si contorceva lo stomaco, ma di certo non poteva darlo a vedere. «Che c’è? Ti sei rotto un unghia o non sei riuscito a trovare nessuno che te lo metta nel culo?» tentò di prenderlo in giro, non risultando comunque credibile. Tuttavia Ian non riuscì a trattenersi: gli afferrò la maglietta e lo sbatté con forza contro l’albero a cui era legata la ruota. Sembrava quasi ringhiare, a pochi centimetri dal viso di Mickey, ma l’espressione di quest’ultimo subito cambiò in un’occhiata apprensiva. Ian finalmente lasciò la presa e se ne andò mandandolo al diavolo. «Che cazzo gli prende?» si affrettò a chiedere Mickey una volta che Ian se ne fu andato, davvero non capiva cosa stesse succedendo. Mandy si limitò a rivolgergli uno sguardo disgustato. «Sei proprio un coglione» gli sputò in faccia rintanandosi in casa lasciando Mickey di stucco. «Ma sì, dammi del coglione. Siete malati, tu e quel frocetto del cazzo!» le urlò contro Mickey, sperando che la sorella non rispondesse. La ragazza infatti si limitò ad aprire la porta e mostrargli il dito medio per poi rientrare in casa. Cosa prendeva a tutti quanti all’improvviso? Mickey rimase di stucco per il gesto di Ian. Tralasciando quella volta in cui lo svegliò con un piede di porco unto di grasso, non aveva mai alzato le mani su di lui, o meglio, non l'aveva mai toccato in un modo che non sia visto sotto il punto di vista sessuale. Se proprio bisognava ammetterlo, lo aveva anche eccitato. Più ci pensava, più la sua eccitazione aumentava, insieme alla voglia di avere il corpo di Ian sopra di sé. Vagò a lungo senza un meta, lasciato solo in balia dei suoi pensieri; trasportato dall’abitudine si fermò sotto i binari della metropolitana e si sedette a terra con la schiena poggiata contro una colonna. Stava per accendersi una sigaretta quando un sassolino gli colpì la mano facendola così cadere. «Amico, se mi arriva un’altra pietra ti spezzo il collo» minacciò la persona misteriosa nascosta dietro l’altra colonna. «Fai pure» rispose quello, senza alcun tono di sfida o altro, solo di qualcuno rassegnatosi alla vita. La voce del lanciatore di pietre gli sembrò troppo familiare, così si alzò e girò la colonna, fino a quando non trovò Ian con le ginocchia tirate fino al petto. Non appena lo raggiunse il rosso alzò lo sguardo e incrociò quello confuso di Mickey. Non aveva di certo una bella cera e di sicuro non era disposto ad alcuna prestazione sessuale.
«Che ci fai qua Gallagher?» iniziò in modo pacifico Mickey. «Nulla, penso» rispose franco Ian, non degnandolo nemmeno di uno sguardo. Mickey si sedette al suo fianco e gli sfiorò la mano. «Sai... mi hai fatto eccitare prima e non poco, dovrei farti incazzare più spesso» la buttò lì Mickey nella speranza di tirar su di morale l’altro. Ian sorrise e gli diede un colpetto sulla spalla, facendo ridere anche Mickey. «Più forte Gallagher, così me lo fai diventare moscio» lo prese in giro, dopodiché seguirono piccoli pugni confusi tra di loro che li portarono contro la colonna. Ian iniziò a segnare con le mani il perimetro del corpo, partendo dalle spalle, per poi arrivare ai fianchi, fino a scendere al cavallo dei suoi pantaloni e poter appurare quanto quei pochi pugni gli avessero fatto bene. Pochi centimetri separavano i loro visi ansimanti e i loro sguardi desiderosi.
Quanto avrebbe voluto baciare quelle labbra, pensò Ian, ma Mickey, prima che lui potesse anche solo provarci, lo fece abbassare e silenziosamente diede istruzioni sul da farsi.
Mickey ansimava al muoversi della bocca di Ian, il corpo scosso da spasmi.
Fece scendere la mano fino alla testa del ragazzo, passando poi le dita nei capelli rossi. Dio, quanto erano morbidi, quasi come le sue labbra. La pelle di Ian era liscia e tenera come quella di un bambino, mentre la sua era rovinata dalle continue cicatrici. Il SouthSide non era di certo una bella zona, e Mickey l’aveva imparato a sua spese – care spese.
Quando finalmente raggiunse il culmine del piacere, Ian si staccò e i loro sguardi si incrociarono; perdersi l’uno degli occhi dell’altro era inevitabile.
Mickey gli scompigliò i capelli e gli sorrise. Nonostante tutto, doveva ammettere che da quando Ian era entrato nella sua vita, gli capitava di sorridere più spesso del solito.
«Tutto bene amico?» gli chiese, mentre si riallacciava i pantaloni. L’altro si limitò a grugnire una risposta non troppo convinta.
«Che cazzo ti è successo prima?» insistette Mickey, preoccupandosi forse dello stato d’animo del ragazzo.
«Mio padre è un pezzo di merda» rispose secco Ian.
«Anche il mio se è per questo» tentò di scherzarci sopra Mickey, senza ottenere da Ian la reazione desiderata. «Che ha fatto?» continuò, sfiorandosi le labbra con il pollice.
«Ha rubato i nostri soldi, soldi che noi ci siamo faticati e ora non sappiamo come fare» spiegò Ian.
«Quanti ne siete in famiglia?» le loro mani si erano quasi sfiorate, ma non appena Mickey se ne accorse, ritirò la sua.
«Fiona è la più grande e ci fa da madre da quando aveva sedici anni, poi c’è Lip, io, la piccola Debbie, Carl e poi Liam che ha pochi anni.» spiegò Ian, non nascondendo un sorriso.
Per quanto devastata e sfasciata la sua famiglia potesse essere, era l'unica cosa che aveva. Nonostante i problemi, voleva bene a tutti e di certo non mancavano i momenti in cui erano felici.
Mickey sembrò sorpreso da quella rivelazione: non avrebbe mai immaginato che ci fossero così tanti Gallagher in giro.
«Quindi non puoi venire a New York» concretizzò Mickey. Ian si limitò ad annuire tristemente.
 «Perché ci tieni tanto?» domandò di rimando Mickey non capendo i sentimenti del ragazzo.
«Non so, forse è perché desidero così tanto andarmene da qui, anche se pochi giorni. Pochi giorni lontano dal South Side, lontano da Frank, lontano dai problemi, lontano da questo incessante senso di inadeguatezza. Insomma, lontano da tutta questa merda.» spiegò il ragazzo con una nota di rammarico evidente nella voce, mentre continuava a lanciare sassolini.
Mickey non riuscì a dire nulla, rimase immobile a riflettere su quelle parole, nelle quali si immedesimava alla perfezione.
Il corpo di Ian trepidava di rabbia che non riusciva a contenere, frustrazione, ma con un piccolo barlume di gioia proveniente dal petto di Mickey Milkovich. In quella merda che lo circondava, davvero sembrava la cosa migliore e la peggiore allo stesso tempo, se possibile, che gli fosse accaduta.
«Voglio trovare un modo per racimolare i soldi» iniziò a dire il ragazzo dai capelli rossi, attirando l’attenzione dell’altro.
«E come? Vendendo il culo?» lo prese in giro Mickey.
«Se ce ne sarà bisogno, certo» rispose fermo Ian, facendo sgranare gli occhi all'altro non credendo che il ragazzo potesse arrivare fino a questo punto.
«Ma sei pazzo? Non puoi andare a letto con chi capita» quasi gli urlò contro.
«Perché non potrei? Mi pagherebbero. Dammi un buon motivo per non farlo» rispose Ian, facendola sembrare quasi una sfida. Mickey rimase in silenzio qualche istante: l’idea che Ian potesse farsi scopare da altre persone lo faceva letteralmente impazzire.
Eppure ripeteva a se stesso che loro non erano nulla, e che Ian poteva fare quello che cazzo gli pareva.
Ma adesso, che una situazione del genere si concretizzava, non riusciva a sopportare la sua decisione.
«Mi farai venire qualche malattia strana» gli rispose con una nota di disgusto, cercando una scusa per nascondere quell’illogica gelosia che l’aveva invaso al solo pensiero di una scena del genere.
«Userò le giuste precauzioni» lo informò Ian, non notando quanto impacciato stesse diventando l’altro.
«Tu pensi che tutti le vogliano usare? Apri gli occhi Gallagher, te lo metteranno dentro ancor prima che tu possa parlare» sputò Mickey, perdendo sempre di più il controllo.
Ian in un primo momento sostenne il suo sguardo, poi abbassò gli occhi per primo. Mickey aveva ragione – e lui lo sapeva bene, ma aveva davvero bisogno di quei soldi e di quel viaggio.
 «Allora devo trovare qualcos'altro» sbuffò Ian, mentre il suo umore calava sempre di più.
«Mai pensato ad una rapina? Sei bravo con le armi, no?» gli suggerì Mickey, ma Ian scrollò le spalle.
«Ora devo andare, ci si vede» gli disse ad un certo punto il giovane Gallagher, alzandosi da terra con agilità e allontanandosi da Mickey, il quale sospirò forte e fece sbattere la testa contro la colonna.
Ian gli faceva uno strano effetto, quasi piacevole, ma mai e poi mai l’avrebbe ammesso. Si accese la sigaretta di prima e iniziò a fumare pensando a quella dannata testa rossa, che gli stava incasinando la vita e la testa più di quanto immaginasse.
 
Ian stava per entrare in casa, quando Kevin lo raggiunse alle spalle fermandolo.
Gli si avvicinò in modo da poter parlare piano. «So che non dovrei ma… Fiona mi ha detto che ti servono soldi per il viaggio.» si guardò intorno, controllando che nessuno li stesse ascoltando. «Vieni con me»
Con il capo gli fece cenno di seguirlo nel retro di casa sua.
La scena che si presentò davanti agli occhi di Ian era impressionante: altissime piante di marijuana riempivano il giardino, crescendo sempre più in alto, diffondendo odore di felicità e illegalità.
«Ho bisogno di sbarazzarmi di questa roba, amico.» disse Kev, poggiandogli una mano sulla spalla.
Ian era ancora sotto shock, ma dopotutto probabilmente quella era la sua unica occasione di guadagnare i soldi per il viaggio.
Era illegale, certo, ma lo sarebbe stato anche rapinare un negozio o una banca, come aveva suggerito Mickey.
«Senti, io te ne do un po', puoi farci quello che vuoi, ma non dirlo a Fiona. Lei e Vì mi ucciderebbero se lo scoprissero.» gli raccomandò, senza staccare gli occhi dall'enorme piantagione.
Ian spostò lo sguardo dalla marijuana a Kev. «Posso coinvolgere Lip? Lui è sempre la mente di tutto.»
Kevin annuì. «Coinvolgi chi vuoi, basta che non sia Fiona.»
Gli diede un'ultima pacca sulla spalla, e poi se ne andò, lasciando Ian a fissare ancora quell'enorme miniera d'oro verde.
 
 


 
Note delle autrici
Lucrezia: Ed eccoci qua con un nuovo capitolo! Spero che la storia vi stia piacendo, perché ora le cose si faranno più interessanti e movimentate per i nostri Gallavich.
Un parere sarebbe graditissimo, per sapere che ne pensate.
Grazie come sempre a tutti quelli che leggono e che hanno inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite.
Baci <3

Ilenia: Ciao a tutti miei dolci lettori :3 Innanzitutto chiedo venia per l’immenso ritardo, ma sono stata impegnata con i test d’ingresso e ora sono ufficialmente un’universitaria Yee. Anyway spero che il capitolo vi stia piacendo e vi prometto che il prossimo verrà pubblicato presto, poiché mi mancano giusto due cosucce e poi va revisionato, quindi spero di farvi felici
J Lasciate un commento se vi va, a noi farebbe davvero tanto piacere :3

 

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Capitolo 9
*** Drugs affair ***



Lip aspettava impaziente alla guida di un vecchio camioncino dei gelati, battendo ripetutamente la mano sul volante. Finalmente Ian uscì di casa con un grande zaino nero sulle spalle, salì in macchina e diede il consenso per partire.
«Hai preso tutto?» si assicurò Lip. Ian sembrava nervoso – niente in quella faccenda era qualcosa da prendere alla leggera.
«Sì. Ora vai» gli ordinò Ian, guardandolo con i suoi tipici occhi da cucciolo. Lip schiacciò sull'acceleratore e subito partirono. Si era fatto consigliare da Mickey i posti migliori dove poter vendere. Arrivati ai giardinetti, quasi rimasero impressionati dalla quantità di genitori che veniva ad acquistare roba e contemporaneamente un gelato per i figli. Sin da subito gli affari sembrarono andare a gonfie vele, e c’era da ammettere che quella roba era buona. I due fratelli ne avevano provata un po’ nel furgoncino il giorno stesso, per valutarne l’effettivo prezzo. Riuscirono ad alzarlo anche più del dovuto, ma non ci fu una notevole differenza nel numero di clienti, grazie alle capacità oratorie e persuasive di Lip. Quel ragazzo era un fottuto genio. Dio solo sa quante volte era riuscito a fregare quelli del North Side con un sacco di soldi in tasca: in quei momenti si sentiva tanto Robin Hood, rubare ai ricchi figli di papà per dare ai più bisognosi – ovvero loro stessi o loro conoscenze.
«Ce ne serve altra Ian, qui è quasi finita» lo informò Lip, frugando nel sacchetto di plastica in cui avevano messo la marijuana. Lasciarono il furgoncino in una strada poco frequentata e a piedi si avviarono a casa dei vicini per fare rifornimento, caricando tutto in un grosso sacco dell'immondizia. Stavano camminando per la strada con in spalla l’ultimo sacco rimasto, ignorando che intanto Vi e Kev erano stati costretti a bruciare tutto, perché in casa l'odore si era fatto troppo forte, e avrebbe potuto destare sospetti. Proprio per questo i due ragazzi si ritrovarono ben presto un poliziotto davanti.
«Ehi, voi due! Che state facendo?» domandò all’improvviso il conducente dell’auto, facendo sobbalzare Lip e Ian, che, spaventati dalla situazione, buttarono immediatamente i sacchi nella spazzatura. Poi si voltarono di nuovo verso la macchina. Il poliziotto era Tony. Lavorava sempre nella loro zona, ed era innamorato perso di Fiona da tempo immemore.
«Che fate?» domandò di nuovo Tony, pensando che la prima volta non lo avessero sentito.
«Passavamo di qua e la signora Pert ci ha chiesto di buttare la spazzatura» mentì Lip.                                                                 Nonostante tutti sapessero che la vecchia odiava i ragazzini, soprattutto i figli di Frank Gallagher, Tony ci credette.
«Sto tornando a casa, vi serve un passaggio?» domandò allora, sorridendo allegramente. Si vedeva che almeno a lui la giornata era andata piuttosto bene.
«No, non ci serve, davvero.» si intromise Ian, cercando di sembrare convincente.
«Su forza salite, è tardi e Fiona non mi perdonerebbe mai se lasciassi i suoi fratellini in mezzo alla strada» disse Tony, mettendo in mezzo la sorella maggiore, e ottenendo così ciò che voleva.
I ragazzi salirono in macchina e Tony subito ripartì: l’aria era tesa e i due fratelli si scambiarono sguardi complici.
«Ragazzi puzzate tantissimo, non so di cosa... sembra erba.» constatò il poliziotto. «Non è che avete fumato?» domandò girandosi verso di loro. I ragazzi subito scossero la testa, e Ian fu il primo a parlare. «Prima siamo passati dietro il vecchio supermercato, là i senzatetto si fanno di qualsiasi cosa si possa fumare o iniettare, stavamo cercando Frank.» raccontò il rosso, sorprendendo il fratello. Di solito era sempre Lip a inventare scuse o bugie, perché Ian non era capace di mentire. Ma la voglia di partire era talmente forte da mettere a tacere la sua etica morale. La bugia risultò perfettamente credibile, dopotutto non era la prima volta che Frank scompariva, e la maggior parte delle volte lo si ritrovava insieme ai barboni completamente ubriaco.  Dopo qualche minuto di viaggio, Tony si accostò al ciglio della strada e, mentre Ian e Lip stavano per ringraziarlo per il passaggio, scese anche lui dalla macchina e si diresse verso la casa. Voleva entrare, ma questo complicava tutto il piano che Ian e Lip avevano silenziosamente messo su. Entrarono tutti insieme e i ragazzi salirono al piano di sopra, mentre il poliziotto parlava con Fiona. Si nascosero dietro la scala e iniziarono ad origliare la loro conversazione.
«Mi hanno detto di Frank» le disse Tony con rammarico nella voce «Mi dispiace» continuò.                                                           Al sol ricordo Fiona fu presa da una serie di tic dovuti al nervosismo «Grazie» cercò di sembrare gentile, posandogli una mano sul braccio e in un’altra teneva saldo un bicchiere di vino comprato al discount il giorno prima. Tony sorseggiava il suo, degustandolo a fondo quasi si fosse trattato di chissà quale vino pregiato, sempre che ne avesse mai assaggiato qualcuno. Afferrò la mano di Fiona e se la portò al petto «Se vi servono soldi potrei aiutarvi, vivo da solo e ho qualcosa da parte» cominciò, ma prima che potesse continuare Fiona lo fermò. Non si sarebbe mai fatta prestare nulla per pietà.
«La tua offerta è gentilissima Tony, davvero, ma non posso accettare» gli spiegò la più grande, mentre Lip e Ian, ascoltando, speravano fortemente che il poliziotto se ne andasse il prima possibile, così che loro sarebbero potuti tornare a quei cestini della spazzatura e riprendere i loro affari. Tony sembrò quasi dispiaciuto dell’esito della sua gentilezza, ma in fondo capiva Fiona. Sin da piccola ha fatto da madre ai suoi fratelli, contando sulle sue uniche forze, e avrebbe fatto tutto ciò che fosse stato in suo potere per potergli assicurare una discreta esistenza, ma accettare soldi da terzi sarebbe equivalso a un fallimento per lei.
«Devo andare a lavoro ora Tony » lo liquidò la ragazza, avviandosi alla porta, seguita a ruota dal poliziotto, come fosse un bravo cagnolino.
«Vuoi un passaggio? » domandò educatamente il ragazzo, ma Fiona nemmeno lo guardava in viso.
«No, grazie, faccio due passi a piedi» gli rispose con tono gentile mentre si incamminava verso il locale presso il quale lavorava come cameriera. Il poliziotto salì in macchina e vi rimase fermo per alcuni minuti, poi girò la chiave, accese la sirena lampeggiante e sgommò via. Finalmente i due ragazzi poterono uscire e raggiunsero con evidente facilità la via di prima. Frugarono incessantemente nei bidoni, ma non trovarono nulla, dei sacchi nemmeno l’ombra. Lip irritato diede un calcio a un bidone facendolo cadere e rotolare a terra.
«Calmati, Lip» bisbigliò Ian, ma suscitò solo l’effetto contrario.
«Ci hanno rubato l’erba, cazzo, Ian!» gli spiegò con un tono misto a rabbia e frustrazione.
«Quanti soldi sono rimasti?» chiese il rosso, cercando di capirci qualcosa per fare il punto della situazione.
«Più o meno cento dollari ciascuno, abbiamo speso la maggior parte in gelati e per ripagare Kevin» spiegò Lip passandosi una mano nei capelli ricci «Torniamo a casa, stare qui è inutile» sbuffò, voltandosi di scatto e incamminandosi verso casa, seguito da Ian. 
 
 
Il giorno seguente fu un disastro sin dal risveglio. Fiona era tornata tardi la sera prima, e non aveva sentito la sveglia: la cosa comportò che nessuno si svegliò in tempo. I Gallagher si prepararono in  tempo record e riuscirono, correndo, a raggiungere la scuola. Purtroppo per Ian, alla prima ora aveva l’insegnante più pesante della scuola, poco tollerante sui ritardi: a volte succedeva che nemmeno faceva entrare i suoi studenti in classe, o almeno non li riteneva presenti.
Purtroppo fu così anche per lui. Quindi gli risultò complicato spiegare al professore della seconda ora perché risultasse assente, ma nonostante il piccolo teatrino iniziale, l’insegnante consegnò i test corretti.
Sui visi dei compagni comparirono sorrisi compiaciuti, mentre sul foglio di Ian, c'era una grande e rossa F, che sembrava urlare tutta la sua ignoranza. In più, poiché al professore non bastava mettere un brutto voto, gli aveva anche scritto un commento ironico, di un sarcasmo tanto sottile da essere quasi invisibile.
Arrivati alla terza ora, il destino sembrò volergli concedere una tregua. Ian era seduto sugli spalti mentre tutti gli altri correvano lungo il perimetro del campo da rugby, quando Mandy gli posò pesantemente due mani sulle spalle, facendolo sobbalzare e sbagliare il disegno che stava facendo con tanto impegno.
«Ehi Mandy» la salutò Ian, voltandosi verso di lei. La ragazza gli si sedette affianco e si stiracchiò unendo le mani e portando le braccia in avanti.
«Non dovresti essere in classe a quest’ora?» domandò il ragazzo, senza distogliere lo sguardo da ciò che stava disegnando.
«Dovrei, ma ho fatto tardi e la vecchia megera ha fatto finta che non esistessi, perciò me ne sono andata» spiegò l’amica, scrollando le spalle con noncuranza. Notando che Ian era concentrato sul suo foglio, sbirciò ciò che l’amico con tanta cura stava facendo.
«Oh, non sapevo disegnassi» disse, mentre si sporgeva, ma appena ebbe una visuale completa del disegno, non riuscì a non scoppiare a ridere. «Oddio Ian ma è orribile»
Ian tolse la matita dal foglio, accartocciò tutto e lo lanciò verso il campo. Nonostante molti si sarebbero offesi per un commento del genere, una delle cose che più adorava di Mandy era la sua schiettezza e la sua sincerità, quindi semplicemente si voltò verso di lei e iniziò a ridere.
«Lo so, era tanto che non disegnavo e speravo che l’astinenza mi avesse portato un  po’ di talento. Ma a quanto pare non è stato così» spiegò Ian, portandosi una mano dietro la testa rossa.
«Perché hai ricominciato?» Mandy sembrò molto curiosa, o forse solo annoiata.
«Speravo che se fossi stato bravo, avrei potuto vendere i miei disegni e guadagnare qualcosa per il viaggio, ma i disegni di mio fratello Liam sono meglio dei miei» raccontò l’amico, senza smettere di ridere.
«Non avete ancora trovato i soldi? Cosa è successo al camioncino?» domandò la ragazza.
«Avevamo nascosto l’erba e quando siamo tornati a prenderla non c’era più» raccontò brevemente, e calò il silenzio tra i due.
La quiete fu interrotta dai passi pesanti e dagli schiamazzi dei giocatori di rugby che facevano il loro ingresso nel campo. Mandy salutò qualcuno con la mano, ma inizialmente Ian non riuscì a capire di chi si trattasse. Mickey non era certo tipo da salutare la sorella sugli spalti, ma se avesse voluto salutare lui?
Alzò di scatto lo sguardo e notò che Mickey era impegnato a indossare la protezione. Che sciocco era stato, solo a pensarci.
Mickey non l’avrebbe mai salutato, non davanti a tutti: in pubblico quasi facevano finta di non conoscersi.
Ma mentre ispezionava con cura il campo, Ian si accorse di un ragazzo biondo che scuoteva la mano nella loro direzione. Riflettendoci, capì che quello era Todd.
Todd Marcus era stata la prima cotta di Ian, grazie alla quale aveva capito di essere gay. Eppure da quando era iniziata quella tresca amorosa-sessuale con Mickey, i suoi bicipiti non gli sembravano più tanto grandi, i suoi occhi non più così luminosi: aveva assunto le forme di un misero, normalissimo essere umano, e non più quell’adone greco che per anni aveva pensato di amare.
Invece erano i capelli corvini di Mickey che quasi sembravano brillare al sole. I suoi occhi erano come due pozze blu, che quasi gli penetravano l'anima quando si posavano su di lui.
Il viso era sempre crucciato, ma le rare volte che Mickey sorrideva, si illuminava e ti trasmetteva voglia di vivere e di vivere lui.
«Te lo stai mangiando con gli occhi» lo prese in giro Mandy.
Ian sobbalzò terrorizzato dal fatto che si fosse resa conto che guardava in modo famelico il fratello.
«Chi?» chiese nervosamente, fingendo di nulla.
«Todd. Si è fatto proprio bello. Da piccola avevo una cotta per lui» confessò Mandy.
«Oh mio Dio. Davvero?» chiese con finto sconcerto, portandosi in modo molto eccentrico la mano davanti la bocca aperta dalla sorpresa. La ragazza rise e annuì.
«Lui e Mickey erano molto amici prima, unitissimi, due fratelli. Poi di punto in bianco è scomparso e ora a stento si parlano. Non ho mai capito perché.» raccontò, con un po’ di nostalgia nel ricordare il passato.
«Non gliel’hai mai chiesto?» chiese Ian, curioso di conoscere tutti i retroscena che riguardassero Mickey e la sua vita. Era sempre circondato da ragazzi e ragazze a scuola, ma dopo, nella sua routine quotidiana era solo, solo come si sentiva Ian.
«Evita l’argomento, ma una volta l’ho sentito urlargli “frocio di merda”. Non so perché non sopporti proprio i gay, mi sorprende che con te abbia un rapporto tanto quanto pacifico.» raccontò, facendo nascere in Ian molti dubbi sul giovane Milkovich.


Finito il turno al Kash&Grab, i due ragazzi si incontrarono sotto i binari della metropolitana. Mickey aveva portato una cassa di birra e lo guardava sorridendo –  o sorrideva alle birre, a Ian non era molto chiaro.
Di norma arrivati a questo punto si sarebbero già spogliati, ma ultimamente gli incontri di Ian e Mickey duravano molto di più di una scopata. Parlavano, si sfogavano, scherzavano insieme, come se fossero una coppia. Ma per essere ufficialmente una coppia, uno dei due avrebbe dovuto riconoscere di esserlo, ma nessuno lo fece.
«Trovato i soldi, palle di fuoco?» chiese Mickey sorseggiando la sua birra.
«Non abbastanza» rispose Ian, buttandosi giù.
L’altro se ne accorse e gli porse una birra.
«Cerca di trovare i soldi. Il viaggio a New York è un’ottima opportunità per metterlo nel culo a quella fighetta di Todd Marcus» al sol nominare quel nome, gli venne un moto di vomito. Ian sobbalzò in piedi, ripensando a tutto ciò che Mandy gli aveva detto.
«Qual è il tuo gioco?» domandò serio guardandolo dall’alto.
«Farglielo mettere nel culo e fotografarlo, non so, qualcosa mi inventerò» rispose Mickey facendo tanti piccoli sorsi alla birra.
«No, Mickey. Perché?» replicò in modo più rabbioso.
«Perché non lo voglio tra le palle» gli rispose lui con calma apparente, si alzò e fece per allontanarsi, ma Ian gli prese il polso con forza e lo bloccò.
«Ma che cazzo Gallagher!» esclamò, sorpreso dalla forza del ragazzo.
«Eravate amici prima, perché ora vuoi fargli questo?» quasi gli ringhiò contro, spaventandolo.
«Non sono cazzi tuoi.» rispose Mickey, fermo, liberandosi dalla presa del rosso.
«Sono cazzi miei dal momento in cui ti servo per i tuoi sporchi giochetti. O me lo dici o giuro che ti sputtano davanti a tutti» gli fece Ian, facendolo tornare indietro.
Una volta che i loro colpi  furono vicini, Mickey con una spinta lo bloccò nella colonna. Sentì il suo respiro affannoso addosso e vide scendere dalla fronte una gocciolina di sudore lungo la linea della mascella. La vena sul collo pulsava forte e Mickey aveva voglia di strappargliela a morsi.
Si avvicinò al suo collo e iniziò con baci dolci e languidi, ma tanto appassionati e coinvolgenti, facendo fremere Ian sotto di sé. Iniziò poi a mordere, prima piano, poi più forte, disinfettando con la lingua i segni rossi. Ian gli teneva la testa e lo spingeva verso di sé, affondando le dita lunghe nella sua chioma corvina.
Mickey non l'avrebbe mai ammesso, ma ormai non si trattava più di sesso. Era un famelico desiderio di averlo, averlo tutto per sé, avere i suoi capelli, i suoi occhi, il suo corpo, la sua risata irritante, tutto.
Le mani del ragazzo scesero fino ai fianchi, stringendoli sotto la sua presa. Toccarlo lo faceva stare bene, si era quasi deciso a premere le sue labbra, ormai gonfie dai baci, sulle sue rosee e terribilmente invitanti. Si mosse leggermente, ma prima che potesse arrivarci, Ian improvvisamente lo fermò e lo allontanò spingendolo via.
«No, Mickey. Dimmelo» la voce di Ian era spezzata come se stesse per cadere a pezzi da un momento all’altro. Il cuore di Mickey batteva all’impazzata, tanto forte da rallentare il respiro.
«Perché Mickey? Non dire perché è gay. Non sono stupido. Ho capito che c’è dell’altro.» continuò Ian riprendendo quello stesso tono di voce, capace di allarmare l’altro.
«Cosa vuoi sapere Gallagher?» scattò Mickey in avanti allargando le braccia «se me lo sono fatto?» gli chiese con un accenno di rabbia.
Ian deglutì con forza e annuì.
«Bene. Sì, me lo sono fatto, e vorrei tanto che non fosse mai successo.» riprese Mickey, camminando nervosamente attorno a lui. Si passò frustrato una mano sulla faccia e tornò a guardare Ian. «Un pezzo di merda, è solo un pezzo di merda» sbraitò calciando una lattina di birra ancora mezza piena, bagnando l’erba sottostante fino a quando non smise di girare.
Ian scattò in avanti e gli afferrò le braccia, cercando di calmarlo, Mickey si ribellò in preda a un attacco isterico.
«Vai via!» gli urlò contro, facendolo indietreggiare. «Ho detto vai via!» gli urlò ancora più forte, ottenendo così il risultato tanto sperato.
Ian si era allontanato a grande falcate da lui.
Maledì il mondo e iniziò a camminare per la sua strada.
 
 
 
Lucrezia: Ed eccoci qui con un nuovo capitolo! :3
Entra in scena un nuovo personaggio, Todd. Curiosi?
Spero che continuerete a seguire la storia, e ne approfitto per ringraziare come sempre tutti quelli che leggono. <3
Un vostro parere sarebbe graditissimo, anche per sapere se stiamo andando nella direzione giusta!
A presto.

Ilenia: Heilà, siamo sempre noi, le vostre autrici! :D
In questo capitolo oltre ad aver introdotto un nuovo personaggio, abbiamo fatto luce sulla vita di Mickey prima di conoscere Ian. Nel corso nella serie mi sono sempre chiesta come Mickey abbia capito di essere attratto dai maschi, e no, non credo proprio che il primo sia stato Ian (troppo esperto ). A cosa serve una fan fiction se non a far luce nei punti ciechi? Spero che vi sia piaciuto e che ci lasciate un piccolo commento per darci qualche consiglio, o anche critica, accettiamo tutto ^^
Un bacio alla prossima! :D

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Capitolo 10
*** I can't do without you ***



Quando Mickey tornò a casa, era già buio, e nel cielo le nuvole scure presagivano pioggia.
Mandy era fuori la porta a fumare una sigaretta, ma si interruppe non appena vide il fratello. «Dove sei stato?» gli domandò, ma Mickey non la degnò di uno sguardo. Al contrario, si voltò verso di lei con aria minacciosa e decisamente infuriata.
«Non sono cazzi tuoi! Non sono mai stati cazzi tuoi!» le urlò contro per poi entrare in casa, sbattendosi la porta alle spalle.
 
Intanto, a casa Gallagher, Ian subito si era subito infilato sotto le coperte, con l'intenzione di rimanerci per tutta la serata.
Era il loro primo litigio, e davvero non aveva idea di come sarebbe andata a finire. Spesso era successo che Fiona litigasse con i suoi ragazzi, ma poi tutto si sistemava; Ian però non era sicuro che per loro funzionasse allo stesso modo.
Lui e Mickey erano una coppia? Cosa erano? Non si pentiva, tuttavia, delle sue azioni: aveva accettato che non sarebbe stato il suo ragazzo, ma tutta questa faccenda di Todd lo mandava semplicemente in bestia.
Come poteva solo pensare di poterlo usare per i suoi scopi? Una serie di idee folli turbinava nella testa di Ian, soprattutto quando iniziò a pensare che, tutto sommato, quella di Mickey era solo una scusa per potersi riavvicinare al ragazzo.
Questo lo faceva soffrire. Sarebbe uscito allo scoperto per il biondo dai bicipiti scolpiti piuttosto per il rosso con gli occhi verdi e le lentiggini.
 
Il giorno dopo Ian non si mosse dal letto, rifiutandosi di andare a scuola.
Mickey in un modo o nell'altro aveva questo potere di fargli saltare la scuola e, cosa più importante, il ROTC.
D'altra parte, per la prima volta nella sua vita, Mickey si sentiva in colpa, ma non capiva per cosa. Per aver urlato contro Ian? Per aver scopato con Todd?
Era successo anni prima, prima ancora di conoscere Ian. Aveva poche certezze, ma di certo una di quelle era che non si sarebbe nemmeno avvicinato a Todd, se avesse conosciuto il rosso prima.
Iniziò a pensare a come sarebbe stata la sua vita se al posto di Todd ci fosse stato il giovane Gallagher, a giocare con lui a 5 anni. Se fosse stato lui il primo a cui Mickey si fosse dichiarato, il primo a cui avrebbe offerto il suo cuore e i suoi brividi.
Sicuramente sarebbe stato tutto diverso, e ora non sarebbe stato avvolto da questa nube di terrore per il mondo esterno, pronto ad attaccare alla prima occasione. Col tempo aveva imparato a gestire quella fauna, ma anche il re della foresta ha un punto debole, e il suo erano gli occhi verdi e i capelli rossi di Ian.
Mickey lo cercò per i corridoi, ma ogni suo sforzo si dimostrò inutile. Stava quasi per rinunciare quando da lontano vide Lip. Lo raggiunse e lo prese per il braccio, così da attirare la sua attenzione.
«Dov'è tuo fratello?»  chiese.
La conversazione sembrò ad entrambi familiare, ma gli occhi e la voce del ragazzo facevano intendere che qualcosa era cambiato, anche se Lip non se ne accorse.
«Perché? » domandò a sua volta il biondino. «Cosa vuoi da mio fratello? Picchiarlo? Te la vedrai con me prima» continuò, lasciando di stucco Mickey, che ascoltando quelle parole abbassò la testa. Dopo l'ultima volta cosa c'era da aspettarsi?
«Nulla. Dovevo parlargli.» rispose, e si girò per andarsene.
La giornata per il famigerato e popolarissimo capitano della squadra di rugby andò tutto tranne che bene: gli allenamenti erano stati pessimi, perché era distratto e la sua mente era altrove. In più, il primo ad essersene accorto, come se le cose non andassero abbastanza male, era niente di meno che Todd.
Per quanto lo odiasse, Mickey doveva ammettere che lo conosceva abbastanza bene – cosa che gli dava estremamente fastidio.
Finalmente l’allenamento finì e tutti i ragazzi si riversarono negli spogliatoi. Mickey rivolse lo sguardo verso le docce, e rivide nella sua mente il corpo di Ian sul suo, il giorno in cui tutto era iniziato.
«Ma che bello sguardo da cucciolo innamorato» gli sussurrò qualcuno, poco distante dal suo orecchio. Rapidamente si voltò e si trovò davanti il viso bello e luminoso di Todd.
«Chiudi quella cazzo di bocca, Marcus» gli rispose franco Mickey.
«Su, su, non fare così. È quasi bello vederti provare qualcosa, per la prima volta in vita tua.» la buttò lì il ragazzo biondo, mentre si avviava alle docce.
«Chiudi la cazzo di bocca, Marcus» ripeté Mickey, stavolta a voce più alta, facendo girare tutti i giocatori verso di loro. Prese la sua roba e se ne andò dallo spogliatoio, facendo sbattere dietro di sé l’imponente porta che separava il corridoio da quell’immensa camera di perdizione.
 
Era ormai pomeriggio inoltrato quando Mickey uscì in strada. I capelli erano ancora bagnati e soffiava un forte vento di fine autunno.
Iniziò a camminare, e senza nemmeno che accorgersene, si ritrovò a pochi metri dal Kash&Grab, il negozio di alimentari in cui lavorava Ian.
Vide uscire un uomo dalla pelle olivastra, che riconobbe solo quando si avvicinò: era quel beduino del capo, la cui moglie aveva scoperto a scopare con Ian.
Quando Ian glielo aveva raccontato, a momenti non era riuscito a trattenere le lacrime. Quel tipo non gli era mai andato a genio, ma da quando non poteva più toccare Ian, gli era sembrato un po’ più mansueto.
Aspettò che Kash si fosse allontanato abbastanza ed entrò nel negozio, non certo di trovare lì Ian.
Però, non appena varcò la soglia, trovò gli occhi verdi del ragazzo su di sé. Rimase quasi immobile, perché quando aveva deciso di entrare non aveva riflettuto su cosa dire. Così semplicemente lo guardò a sua volta, comportandosi come un normale cliente; prese un pacco di patatine al formaggio e le portò al bancone.
«Un dollaro» disse impassibile Ian, battendo sulla cassa.
Mickey prese una banconota dalla tasca e gliela porse, sempre però senza guardarlo realmente in faccia.
Sentiva lo sguardo di Ian su di sé, ma non era pronto ad affrontarlo.
Voleva chiarire e dirgli che gli dispiaceva avergli risposto così, ma non sapeva come.
Quando poi riuscì a guardarlo, notò che Ian lo stava osservando con una strana luce negli occhi.
«Ti va di scopare?» chiese allora Mickey indicando il magazzino sul retro.
Ian si guardò intorno, e subito dopo gli afferrò la mano, conducendolo in un piccolo angolo segreto.
Lo aiutò a liberarsi della giacca e della sciarpa e lo fece girare. Iniziò a baciargli il collo rapidamente, mentre armeggiava con la lampo dei suoi jeans, pronto a tirarglieli giù il prima possibile possibile.
Mickey fremeva sotto il suo tocco, e un momento dopo erano diventati una cosa sola.
In quelle occasioni, il respiro di Ian, che sentiva costantemente sulla sua pelle, diventava il suo suono preferito.  Le sue mani vennero avvolte da quelle di Ian, che con le dita sembrò quasi aggrapparsi disperatamente a quelle del ragazzo.
«Ian» mormorò Mickey, voltandosi verso di lui. Lo vide sorridere, sembrò quasi cambiare espressione quando sentì il suo nome.
Guardandolo avrebbe voluto urlargli che gli dispiaceva per quanto successo il giorno prima e che era felice che non ce l’avesse con lui, ma non disse nulla di tutto ciò.
«Si?» chiese Ian, aspettando che dicesse qualcosa.
«Nulla.» rispose in fretta Mickey. «Solo… più forte» finì di dire per poi rivoltarsi verso il muro. L’altro annuì e assecondò i desideri del ragazzo. Erano quasi al culmine nel piacere quando qualcuno spalancò la porta.
«Linda è incinta!» urlò Kash, rimanendo poi in silenzio quando vide la scena. Entrambi i ragazzi si voltarono a guardare il proprietario del negozio, con aria estremamente sorpresa.
«Cazzo.» disse Mickey, non riuscendo a trattenersi. 
Si staccarono l’uno dall’altro e Kash se ne andò, tornando alla cassa senza proferire parola.
Quando Mickey fece per uscire a passo svelto, Kash lo bloccò per il braccio.
«Non farti più vedere qui, è chiaro? Questo è un avvertimento, la prossima volta sarà un proiettile.» lo minacciò Kash.
«Mollami, beduino» gli rispose invece Mickey e, ignorando le parole del musulmano, si liberò dalla presa e uscì.
Ian cercò di seguirlo, mentre ancora si abbottonava i pantaloni.
«Dove stai andando?» domandò Kash quasi rabbioso.
«Il mio turno è finito» fece Ian, indossando il cappotto.
Kash gli si avvicinò e gli strinse la spalla.
«Tanto per la cronaca, è finita» gli annunciò.
«Era finita già da tempo» disse, allontanandosi ed uscendo dal negozio.


Ian tornò a casa odiando a morte Kash: l'uomo avrebbe dovuto sapere fin dall’inizio che sarebbe successo prima o poi, che Linda li avrebbe scoperti, che sarebbe dovuto andare avanti con la sua vita. In compensoera felice per Mickey, perché come mai prima di allora, aveva visto in lui un po’ di umanità, dolcezza addirittura.
C’era stato qualcosa nella sua voce, mentre lo facevano, che non era stata solo prodotta dal momento e dall’eccitazione.
Forse si era sbagliato su di lui, forse provava realmente qualcosa, e Todd era solo una vendetta. Sul suo viso si formò un sorriso, che lo accompagnò fino alla porta di casa.


 



Lucrezia: Prima di tutto, mi scuso se passa un po' di tempo tra un aggiornamento e l'altro, ma tra me e Ilenia veramente abbiamo pochissimo tempo libero.
In ogni caso, spero che questi capitoli vi piacciano, e un parere ci farebbe immensamente piacere.
Come sempre grazie a tutti quelli che leggono e che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate
 
Ilenia: Eccoci qui con un nuovo capitolo tutto per voi. Ci scusiamo per il ritardo ma davvero come dissi una volta a Lucrezia "Non ho nemmeno il tempo per sputarmi in faccia". Spero che vi sia piaciuto e che la storia stia suscitando la vostra curiosità :)
 
 
 

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Capitolo 11
*** New York Pt.2 ***





La notte passò in fretta e le prime luci del mattino fecero irruzione nella camera dei ragazzi.
Ian si mosse, stropicciandosi gli occhi, e si disfò delle coperte. Ancora mezzo assonnato si diresse verso il bagno; stava per afferrare la maniglia della porta, quando qualcuno la tirò prima di lui. Si trovò davanti dei lunghi capelli neri e una terza abbondante: nessun membro femminile della sua famiglia deteneva quelle caratteristiche. Alzò lo sguardo e incontrò quello di Mandy. Guardandola meglio notò che non aveva altro che una vecchia maglietta di Lip e che le gambe emergevano lisce sotto l’indumento troppo lungo.
«Da quanto tempo sei qui?» domandò Ian, sorpreso di vedere l’amica, soprattutto in quelle condizioni.
«Da quando tuo fratello mi ha portata nel suo letto» rispose allegramente la ragazza, lasciandogli un bacio sulla guancia per poi superarlo e tornare in camera. Ian la seguì, dimenticandosi completamente del bagno.
«Quindi tu e Lip…» iniziò col dire, sperando che l’amica afferrasse al volo ciò che stesse intendendo.
«Diciamo che ci frequentiamo» rispose lei, stringendosi nelle spalle.
«Pensi di piacergli?» le chiese, accorgendosi solo dopo di aver usato un tono presuntuoso. Fortunatamente l’amica non se ne rese conto.
«Credo di si. Non lo definirei amore, ma di certo non gli dispiaccio.» gli confessò, mentre iniziava a sfilarsi la maglietta, mostrando i seni chiari all’amico. Nonostante non fosse attratto dal corpo femminile, Ian doveva ammettere che era davvero bella. Senza che se ne accorgesse, le sue guance diventarono più rosse del normale. Mandy sembrò notarlo e gli sorrise, mentre rapidamente si rivestiva con i suoi abiti.
«Come fai a capire se piaci a un ragazzo?» la fermò Ian, appoggiandosi all’uscio della porta.
«Ha quello sguardo?» domandò, alzando il viso per guardare l’amico negli occhi, dato che era decisamente più alto di lei.
«Quale sguardo?» replicò Ian con fare confuso. La ragazza gli poggiò una mano sul braccio, come gesto di conforto. «Lo capirai quando lo vedrai».
Ian annuì rassegnato, anche perché non aveva capito che sguardo avrebbe dovuto vedere.
«Adesso muoviti, che facciamo tardi a scuola» lo incitò la ragazza.
 

La campanella era da poco suonata. La prima ora era trascorsa con estrema rapidità, ed ora Ian era circondato dalla moltitudine di ragazzi e ragazze che si ammassavano per riversarsi velocemente nei corridoi in cerca degli sguardi dei visi più gettonati.
Sentì tirarsi per il braccio e andò a sbattere violentemente con il petto contro la spalla di Mickey Milkovich. Si poteva dire tutto di lui, tranne che fosse un tipo delicato – cosa che forse, tutto sommato, nemmeno gli dispiaceva.
«Buongiorno anche a te Mickey» lo salutò ironicamente il rosso, non suscitando nell’altro la reazione sperata. Chiudere la bocca e ascoltare bene ciò che aveva da dire sembrava la cosa più giusta da fare.
Mentre camminavano nel corridoio, Mickey cominciò a blaterare qualcosa del viaggio a New York, nulla a cui Ian diede conto. La sua attenzione era focalizzata sul suo viso e nel modo in cui i suoi occhi si posavano su di lui. Lo guardò attentamente per tutto il tempo, forse troppo. Quando il ragazzo se ne accorse, infatti, non sembrò particolarmente contento. «Che cazzo hai da guardare?» domandò, come al solito senza peli sulla lingua.
«Nulla» rispose, Ian, allontanandosi un po’. Come faceva a capire di che sguardo parlasse Mandy se non riusciva a incrociare i suoi occhi?
«Quindi ci stai?» chiese Mickey, alla fine di quel lungo discorso. L’espressione sorpresa e confusa di Ian parlò da sé.
«Cristo santo, Gallagher, hai ascoltato almeno una cazzo di parola di quello che ho detto?» imprecò Mickey. «Te lo ripeto un’ultima volta, poi inizierò a prendere a calci quel tuo culo da fighetta» lo minacciò. «Faremo in modo che tu sia in camera con Todd Marcus: tu inizierai a succhiarglielo e lo riprenderai con il telefonino. Del resto mi occuperò io.» gli spiegò, stando attento a chi potesse essere nei paraggi e origliare la loro conversazione.
«Impossibile, Mickey, scusa» rispose Ian, non appena l’altro ebbe finito di parlare l’altro. Sapeva che a Mickey non piaceva molto quando gli negavano qualcosa, ma non se ne interessò troppo.
«Per due semplici motivi» riprese, esponendo le sue ragioni. «Non sono una puttana – e questo vuol dire che non succhierò nessun uccello solo perché tu devi prenderti una stupida vendetta. E secondo, io a New York non ci vengo. Quindi scordatelo.» concluse Ian, accelerando il passo per distanziarsi da Mickey. Non riuscì però ad allontanarsi abbastanza da impedire a Mickey di bloccarlo per il braccio ed avvicinarsi. «Non desidereresti fare del male a chi l’ha fatto a te?» ringhiò piano, avvicinando il suo viso a quello infuocato di Ian, che pensò subito a Frank. Il padre era la persona che più odiava al mondo, e avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di farlo soffrire. Ovviamente però non rese partecipe l’altro dei suoi pensieri.
«Non se questo significa usare altre persone» rispose piano, mantenendo, almeno all’esterno, la calma. «Veditela da solo questa volta» Riuscì a divincolarsi dalla presa e proseguire per il corridoio in cerca della sua aula.
 

A lavoro erano giorni strani. Kash non faceva altro che guardare di sottecchi Ian: sembrava scrutarlo in ogni suo spostamento, con in viso un’espressione di tristezza mista a rabbia. Sembrava che Ian gli avesse spezzato il cuore, ma al ragazzo poco importava. C’era stato un tempo in cui Ian aveva provato davvero qualcosa per il suo datore di lavoro; allora era ancora un ragazzino e sperava che il loro “amore” avrebbe rappresentato la svolta decisiva delle loro vite. Ma il tempo passava e il matrimonio con Linda sembrava consolidarsi sempre più. Era sempre stata solo questione di tempo, tutta quella faccenda doveva finire, in un modo o nell’altro. Fu quasi felice che fosse finita in quel modo, essere sorprese sul fatto risparmia tante inutili spiegazioni. Mickey aveva la sua età e in più era stato sincero dal primo momento, niente effusioni, niente legami: solo sesso.
Il negozio attirava da sempre un sacco di musulmani, ma quella fu la prima volta che vide entrare una donna interamente coperta da un burqa nero. Ian non smetteva di fissarla, non tanto per via del suo indumento caratteristico, quanto per il fatto che si guardasse costantemente intorno, come se fosse in cerca di qualcosa. Si fermò davanti il frigo delle bibite, e nel momento in cui Ian stava per offrirle il suo propenso aiuto, Kash le si avvicinò con scatto felino, iniziando a bisbigliarle qualcosa. La donna diede un’ultima occhiata in giro e poi seguì Kash nel magazzino. A meno che non si trattasse di una nuova dipendente, c’era un solo motivo per cui erano andati lì. A che gioco stava giocando Kash? Fu incuriosito dalla vicenda, ma non abbastanza da prendere provvedimenti, perciò rimase al suo posto con in mano una rivista; approfittando dell’assenza del padrone, afferrò uno snack e iniziò a mangiarlo.
Ian odiava quella parte della giornata. Il quartiere era stranamente silenzioso e il negozio ricordava i deserti della terra di Kash. Prima approfittavano di quelle ore buche per nascondersi e fare sesso dietro il reparto surgelati o nel magazzino. Il pensiero però non gli portò un senso di nostalgia, ma piuttosto un moto di disgusto, immaginando le mani di Kash sul suo corpo. Gli si prospettava davanti una giornata molto noiosa: afferrò un’altra rivista e iniziò a sfogliarla distrattamente. Fortunatamente il rumore della porta spostò la sua attenzione da quella lettura disinteressata al riconoscimento del cliente. Il nuovo arrivato non lo degnò di uno sguardo, come se Ian non fosse mai esistito, o lo conoscesse così bene da non doversi soffermare su di lui. Subito si diresse con decisione verso un punto specifico, nascondendosi così tra gli scaffali. Solo una volta riempite le mani di confezioni di patatine e birre, avvicinatosi alla casa, dedicò la propria attenzione al commesso.
«Ehi pel di carota» lo salutò il ragazzo, posando la merce sul bancone.
«Mickey» ricambiò il saluto in tono freddo e distaccato, quasi non curante del sorriso nato sul viso dell’altro, mentre batteva alla cassa i prezzi.
Mickey si guardò intorno. «Sei da solo?» chiese dopo aver finito la sua perlustrazione. L’altro scosse la testa.
«Il magazzino è occupato» gli rispose, cogliendo a pieno ciò a cui l’altro alludeva.
«Mi prendi per il culo? Vi siete trasformati nella nuova sala massaggi?» fece a sua volta Mickey, restando sulla difensiva, non capendo a pieno se si trattasse di uno scherzo o meno.
«Credo che Kash voglia farmela pagare facendomi vedere che scopa con qualcun altro» rispose il ragazzo, dando a tutta quella faccenda ben poca importanza.
Non riuscirono a finire in tempo la conversazione che la porta del magazzino si aprì e uscì la donna col burqa nero seguita da Kash, che camminando si sollevava la zip dei jeans. Mickey sembrò scioccato da quanto visto, spostò lo sguardo su Ian in cerca di una qualche spiegazione.
«Che ci fai ancora qui Mickey?» chiese autoritario Kash, il ragazzo di tutta risposta mostrò la merce sul bancone mettendo a dura prova la pazienza dell’altro.
«Paga e vattene. Non voglio mai più vedere il tuo culo qui» disse, prima di rivolgersi ad Ian. «E per quanto riguarda il tuo, mi aspetto di trovarlo entro e non oltre questa stanza. Il magazzino lo vedrai solo per disporre la merce sugli scaffali e fare il tuo lavoro. Niente snack, niente riviste e niente sesso. Negozio mio, regole mie, chiaro?» continuò, alzando di un’ottava il tono della voce. Per qualche secondo nessuno fiatò; alla fine Mickey lasciò i soldi sul banco e si avviò verso l’uscita.
«Ci vediamo dopo al solito posto» disse, per poi chiudersi la porta alle spalle, facendo l’occhiolino in direzione di Ian, che si lasciò fuggire un piccolo sorriso. Kash lanciò un’ultima occhiataccia al ragazzo e iniziò il suo solito inventario. Ian, intanto, ebbe a che fare con un paio di clienti, e, una volta finito il suo turno, uscì dalla porta senza degnare di uno sguardo il suo capo.
 

Tirava un vento fresco che gli scompigliava i capelli rossi, ormai cresciuti un po’ troppo. Si sollevò il cappuccio della felpa e, nascondendo le mani nelle tasche, proseguì con passo deciso per la sua strada che lo portò all’appuntamento con Mickey.
«Puntualissimo come sempre» disse qualcuno uscendo dall’oscurità del sotto binario.
Ian gli lanciò una lattina di birra. «Tieni, l’ho presa al negozio senza che Kash se ne accorgesse»
L’altro la aprì e rapidamente se la portò alle labbra.
«Vuoi scopare?» chiese improvvisamente il rosso, l’altro scosse le spalle.
«Non proprio» ammise Mickey «non ho intenzione di fare nulla se non bere questa birra»
«E perché mi hai chiamato allora?» domandò confuso, e soprattutto sorpreso. Mickey gli aveva fatto capire di volere solo sesso da lui. L’altro si appoggiò ad una colonna macchiata da muschio e graffiti.
«Nulla, mi annoiavo» confessò, tra un sorso di birra e un tiro di sigaretta.
«Allora? Cosa hai in mente? Chiacchierare?» fece Ian, nascondendo un mezzo sorriso, mentre lentamente si sistemava a terra affianco a lui, poggiando la schiena contro la colonna.
«Chiacchierare?» gli fece il verso Mickey, lasciandosi scappare un sorriso. «Perché no? Iniziamo prima o dopo esserci fatti le treccine?» continuò a prenderlo in giro. Ian rise e si passò una mano tra i capelli.
«Se vuoi, puoi iniziare con me, penso di avere i capelli adatti» riprese lo scherzo il rosso, mentre Mickey gli toccava la testa.
«Sembri ancora più un frocetto con questi capelli» disse, ponendo fine a quell’aria scherzosa che si era instaurata tra i due.
Ian rimase in silenzio e distolse lo sguardo da Mickey per rivolgerlo ai filetti verdi che crescevano speranzosi su quella terra arida e ormai morta. Sembrava tanto la triste situazione nella quale si trovava Ian: i suoi sentimenti, come quell’erba che fioriva in quel poco di terra sana e pulita, avevano scansato il marcio per potersi alimentare di quei piccoli sprazzi luminosi di Mickey, di tutti i suoi gesti lenti e inconsueti, quelli che nascondeva al mondo, il modo in cui girava gli occhi quando si annoiava o il modo in cui passa le dita sulle labbra in preda al nervosismo. Odiava quello che provava, doveva essere una storia di solo sesso, senza emozioni, né impegno. Ma non poteva negarlo, ormai ne era certo.
Amava Mickey Milkovich.
«Te la sei presa Gallagher?» domandò proprio lui, passandogli la sigaretta. Ian gli bloccò la mano e la strinse, prima di tirarla verso di sé, facendo così cadere dalle dita la sigaretta. Tutto il corpo di Mickey fu trascinato in avanti e i loro volti si ritrovarono a pochi centimetri l’uno dall’altro. Gli occhi verdi di Ian erano fissi in quelli azzurrissimi di Mickey, le sue guance erano diventate leggermente più rosse e dal polso poteva sentire il battito accelerato. Con sua enorme sorpresa, Mickey si sporse leggermente e si avvicinò sempre più alle labbra dell’altro, che fece lo stesso, di pochi millimetri. Le loro bocche si sfiorarono. I respiri erano sincronizzati. Tutto apparve meno reale, un po’ mistico, e il momento che tanto stava aspettando sembrava finalmente arrivato. Ian stava per poggiare le labbra sulle sue, ma Mickey si era già ritratto, tornando al suo posto.
Tornò il silenzio.
«Non hai nemmeno le palle di baciarmi» disse Ian, furioso, dopo essersi alzato velocemente da terra. Mickey non rispose, guardandolo semplicemente andare via a grandi falcate.
 
Lip era steso sul letto del fratello, quando Ian spalancò la porta della loro camera. Con un braccio dietro la testa, portava ogni tanto una sigaretta alle labbra, lasciando cadere la cenere in uno scatolone che conteneva delle riviste, raffiguranti uomini muscolosi e decisamente poco vestiti.
«Che ci fai sul mio letto?» chiese all'improvviso Ian, avvicinandosi sempre più al fratello. Afferrò lo scatolone e lo spostò, dedicando al più grande un'occhiata non proprio gentile.
«Stavo pensando» iniziò a parlare Lip, non curandosi della reazione dell'altro. «New York è davvero una bellissima città, e per uno del South Side solo potercisi avvicinare è un’opportunità più unica che rara.»
Continuò il suo monologo mandando messaggi in codice al fratello, che proprio non capiva dove volesse arrivare.
«Non dai nessuna soddisfazione piccola testa di cazzo» disse allora Lip, alzandosi dal letto e avvicinandosi a Ian per poter passare una mano tra i capelli rossi. Prese una busta bianca dal cassetto e gliela porse. Lui la prese con in viso un espressione incredula, la aprì e passò le dita sulle banconote che c’erano al suo interno.
«Buon viaggio» concluse Lip sorridente.
«Ma come, come hai fatto a trovare tutti questi soldi?» domandò, ancora un po’ scosso.
«Non credo tu voglia saperlo davvero» rispose, quasi ridendo. Ian stava per abbracciarlo, ma Lip lo fermò.
«A una condizione» iniziò a dire, mentre l'altro ascoltava attentamente quello che aveva da dire.
«Dovrai smettere di andare appresso a queste cose» disse, con il volto serio, indicando le riviste gettate nello scatolone. Calò il silenzio: nessuno dei due aprì bocca per qualche secondo. I respiri di Ian si facevano sempre più lenti e corposi; strinse tra le dita la busta contenente i soldi, prima di sbatterla con violenza sul petto del fratello.
«Vai a farti fottere» ribatté allora, senza mezzi termini, mentre si apprestava ad andarsene dalla camera.
«Va bene, va bene, hai vinto!» esclamò Lip, con un pizzico di ironia nella voce. «Questi sono tuoi» disse, porgendogli nuovamente la busta. «Ti voglio bene lo stesso, fratellino» disse, scompigliandogli i capelli.
Ian rimase fermo, con lo sguardo assorto nel nulla, mentre con la mente viaggiava in posti lontani.
«Qualcosa non va?» chiese allora Lip, aspettandosi tutt’altra reazione. L’altro scrollò le spalle, si lasciò cadere sul letto e strinse tra le mani i soldi.
«Non so se andare sia la cosa migliore» ammise, rivolgendo lo sguardo al fratello.
«Andare a New York? Ovvio che è la cosa migliore, saresti uno stronzo a lasciarti sfuggire questa occasione» fece Lip, sedendosi al suo fianco. Sfilò dalla tasca un pacchetto di sigarette e gliene offrì una. «E poi sai quanti bei ragazzi puoi farti a New York? Non sono un esperto, ma le ragazze nei bagni non parlano d’altro.» sorrise, e iniziò ad aspirare dalla sua sigaretta.
«E tu cosa ne sai cosa dicono nei bagni?» chiese stranito Ian, ma bastò guardarlo in faccia per ottenere una risposta alquanto esauriente. «Il problema non sono tanto quelli di lì, ma quelli del South Side» introdusse.
«Quindi il problema parte dai bassi fondi. Qualcuno ti dà fastidio?» domandò, in modo protettivo. Ian inspirò ed espirò forte prima di iniziare il racconto. «C’è questo ragazzo con cui…» iniziò nervosamente, cercando le parole.
«Scopi» gli suggerì Lip.
«Esatto. E questo ragazzo vuole che io mi faccia il suo ex per vendetta» finì di spiegare.
«Ed è carino questo ex?»
«Molto.»
«E allora fattelo. Nel peggiore dei casi ti sei fatto una scopata, che non mi sembra tanto male come risultato. Oppure se proprio non vuoi, non fartelo. Ma non lasciarti scappare quest’occasione» gli consigliò. Non era proprio il tipo di consiglio che Ian si aspettava, ma dopotutto il fratello aveva ragione. Il viaggio era un’occasione da non perdere e non avrebbe permesso a nessuno di rovinarglielo, né a Mickey né tantomeno a Todd.
Lip si alzò dal letto e fece per andarsene, ma la voce di Ian attirò la sua attenzione.
«Ehm... che ci faceva stamattina Mandy in mutande, nel nostro bagno?» domandò un po’ imbarazzato.
«E’ carina. E a letto è una bomba. È stata una bella serata.» rispose semplicemente lui, alzando le spalle, come se fosse la cosa più normale del mondo. «Non ti abbiamo svegliato, vero?»
«Non è quello il problema. Non farle del male, è la mia migliore amica.»
Lip lo guardò e lo liquidò con un movimento del capo.
 Non appena Lip fu uscito dalla stanza, Ian riaprì la busta, guardando le banconote al suo interno. Non poteva credere che sarebbe potuto andare a New York: solo adesso si rendeva conto di quanto lo volesse davvero.
La ripose con cura nel cassetto, e si chiuse la porta alle spalle. Iniziò a camminare verso casa di Mandy, doveva assolutamente dirglielo.


Una volta arrivato, bussò più volte alla porta.
«Cazzo, arrivo!» urlò una voce dall'interno.
Ian rise, proprio mentre Mandy apriva la porta. «Ian! Che ci fai qui? Entra!»
Il ragazzo allora la seguì nel salone. «Farà freddo a New York? Non so cosa mettere in valigia »
Sul viso di Mandy si aprì un sorriso a trentadue denti. «Quindi verrai!» esclamò, battendo le mani, prima di abbracciarlo.  L’altro ricambiò l’abbraccio, con meno entusiasmo dell’amica.
«Tutto bene?» gli chiese, scrutandogli il volto. «E non negare, ti conosco»
«Niente. Sono contento» rispose Ian, fingendo un sorriso. Era davvero contento di andare a New York, chi non lo sarebbe stato? Si sarebbe finalmente allontanato dal South Side. Il problema era Todd. Si ripeteva le parole di Lip nella mente per convincersi che non era niente di che, ma c'era comunque qualcosa che lo turbava. In ogni caso, ci sarebbe andato comunque.
Proprio mentre lui e Mandy stavano per sedersi sul divano davanti alla TV, comparve Mickey, che usciva dalla cucina con in mano una birra. Fece finta di niente, ma lanciò uno sguardo ad Ian, prima di chiudersi nella sua stanza.
«Vado un secondo in bagno» disse Ian a Mandy, seguendo però in realtà l'altro ragazzo.
Entrò in camera di Mickey, chiudendo a chiave la porta.
«Che ci fai qui, Gallagher?»
«Sono qui per Mandy»
Mickey grugnì in risposta. «Se sei venuto nella mia camera, però, non credo sia per Mandy»
«Ero solo venuto a salutare» disse Ian, facendo finta di star uscendo. Sapeva benissimo cosa aveva voluto dire lo sguardo di Mickey, e cosa stava per succedere. Ma gli andava di stuzzicare un po' il ragazzo.
«Beh, ciao» rispose bruscamente Mickey, facendogli il dito medio. «Ora puoi andare»
«La cosa nei tuoi pantaloni non sembra essere d'accordo»
Mickey gli riservò uno sguardo truce, che fece ridere Ian.
«Che cazzo hai da ridere?» domandò allora con un espressione indignata.
«Niente, niente» rispose, con un flebile movimento della mano.
Si guardarono per un paio di secondi, senza che nessuno dicesse nulla. Nessuno voleva darla vinta all'altro.
«Allora?» fece ad un certo punto Mickey, rompendo il silenzio «Non ho tutta la giornata.»
«Nemmeno io. Mandy crede sia in bagno.» disse nascondendo un sorriso
Mickey ridacchiò.
«Sbrighiamoci» fece Ian, mentre entrambi cominciavano a sbottonarsi i pantaloni.
 
Ian uscì, cercando di mantenere un'espressione neutrale, come se fosse davvero semplicemente andato in bagno.
«Ci hai messo un po'» lo prese in giro Mandy, che intanto si era messa a giocare ad uno dei videogiochi dei fratelli.
«Non è vero» si difese Ian, guadagnandosi una risata della ragazza, che alzò le spalle in risposta.
Ian si sedette accanto a lei, prendendo l'altro joystick. Tutto procedette tranquillamente, finché Mickey non arrivò in salone, con la birra di prima in mano - non aveva potuto berla per ovvi motivi, cosa che fece sorridere Ian.
Si buttò sul divano, tra lui e Mandy, appoggiando i piedi sul tavolino lì davanti. Non degnò Ian di uno sguardo: riusciva davvero a far finta di niente. L'unica cosa che fece fu togliergli il joystick di mano per sfidare la sorella.


 



 
Note delle autrici
Lucrezia: *sparge zucchero*
Ci scusiamo davvero per questa lunghissima attesa! Speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto, almeno quanto basta per perdonarci ahah Ringrazio come al solito tutti quelli che ci seguono - nonostante tutto - e ci farebbe piacere sentire un vostro parere.
Alla prossima! ♡
 
Ilenia: Sono una persona imperdonabile, ma con gli esami all’università davvero non ho proprio avuto tempo né ispirazione. >.<
Spero che vi sia piaciuto, e ci piacerebbe se lasciaste una recensione, un parere, una critica semmai.
Alla prossima! :3

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Capitolo 12
*** New York pt 3. The wolf and the lamb ***


 



Persino dal finestrino dell’autobus New York appariva in tutta la sua grandiosità: gli alti grattacieli, le strade intasate di macchine e taxi gialli. Donne ben vestite portavano a spasso i loro cani curatissimi mentre un barbone, adagiato contro il muro chiedeva loro la carità. Quella era una scena che si ripeteva spesso nel South Side, con la differenza che qui le signore che lasciavano loro qualche spiccio. Nel quartiere ai tipi così li si chiamava per nome – nome che, molto spesso, rispondeva a quello di Frank Gallagher.                                        
Una volta arrivati, le aspettative dei ragazzi furono deluse: l’hotel era fatiscente, nella periferia di New York, una location perfetta per un film dell’orrore. Si sentiva come a casa.
 Il professore, stanco e disturbato dal viaggio, farfugliava qualcosa armeggiando con una pila di fogli. Proseguì facendo l’appello: nessun disperso. Un pensiero in meno.  I compagni di stanza furono scelti a sorteggio. L'insegnante estraeva i nomi da un sacchetto – che reggeva con la mano destra – mentre con la sinistra, aiutandosi con altre parti del corpo, tentava di non far cadere tutti quei documenti. Era un uomo molto laborioso e organizzato: quei fogli erano catalogati per numero di pagina e in ordine alfabetico. Se un qualche incidente li avesse sparsi probabilmente avrebbe avuto un infarto. La tentazione da parte di tutti gli studenti era forte... un tipo così goffo e precisino era carne da macello nel South Side, ma, tutto sommato, a nessuno andava di cacciarsi nei guai il primo giorno. Avrebbero aspettato e organizzato qualcosa di più eclatante e se ne sarebbe parlato per anni.                                  
 Il professore, con l’aiuto di una ragazza che sembrava una velina di uno squallido show, estrasse i primi nomi. Le ragazze con le ragazze, malgrado alcune sollecitazioni abbastanza esplicite, e i ragazzi con i ragazzi. Tutti furono accoppiati tra di loro, tutti, fatta eccezione per un nome, che, purtroppo, risuonava troppe poche volte.
«Penso che siate tutti, allora adesso vi consegn-» iniziò a dire il professore, ma fu interrotto però da una mano che si alzava in mezzo alla folla.                                                                                              
«In realtà mi ha mancato» si inserì timidamente Ian. Detestava quando aveva tutti gli occhi puntati su di lui, conosceva quegli sguardi e non promettevano nulla di buono.
«Chi sei?» ribatté seccato l’insegnante iniziando ad armeggiare con quell’enorme pila di fogli con la massima accuratezza, inumidendo l’indice sulla lingua ingiallita dal fumo, e passandola sull'angolo della pagina per voltarla meglio.
«Gallagher» rispose a bassa voce, desiderando di sprofondare.
«Parla più forte che non ti sento» ribatté ancora più seccato, facendo ridere tutti i ragazzi e facendo desiderare la morte a Ian.
«Gallagher. Sono Gallagher» alzò un po’ più la voce, provando a esporsi il meno possibile.
«Ah Gallagher. Philip.» fece, senza sollevare lo sguardo dai suoi preziosi documenti.
«No» rispose secco il ragazzo. «Ian.»   Succedeva spesso che i professori si ricordassero di Lip al suo posto. Dopotutto, il maggiore era il genio della famiglia, invece lui cos’era?
«Ah, nessuno di importante quindi.» sospirò il professore. «Dopo ci occuperemo di te, ci sarà qualche posto vuoto in qualche camera.»
Mickey non si lasciò sfuggire questa occasione: con uno scatto felino si avvicinò e cominciò a bisbigliare qualcosa all'orecchio del professore, che non fece altro che ascoltarlo e annuire.
«Allora tu… rosso, starai in camera con Marcus, James e Yang» annunciò, chiedendo poi di essere seguito al piano delle loro camere.
Tutti gli studenti si mossero insieme, Ian afferrò Mickey per un braccio.
«Cosa gli hai detto?» gli chiese nervosamente.
«Calmino, Gallagher. Ho cercato di far integrare uno sfigato.» lo guardò di sfuggita continuando a camminare. «Non deludermi» aggiunse, prima di fare uno scatto avanti e raggiungere i suoi compagni. Di questi, però, uno si voltò appositamente per rivolgergli una strana occhiata. Che Todd avesse capito il piano di Mickey?
Quando salirono in stanza capì che non c'era fine al peggio: le pareti erano spoglie e tratti si staccava l’intonaco. Ian posò la sua roba sul primo letto che gli capitò, mentre Todd e gli altri si sistemarono dalla parte opposta della stanza.
«E così…» iniziò a dire Yang «tu stai insieme alla sorella di Mickey» Ritenendo la cosa molto divertente, si lasciò sfuggire uno sbuffo misto a una risata.
«Hai qualcosa contro Mandy per caso?» rispose innervosito Ian, mentre sistemava nei cassetti la sua roba.
«No, nulla. Ho solo sentito parecchie storie su di lei. Tutto qui.» rispose il ragazzo di prima con ironia e un punta di sadismo nella voce.
«Smettila coglione, che ci sbavavi dietro prima che ti rifiutasse in modo clamoroso» intervenne allora Todd. Conosceva Mandy da quando era una bambina, e sembrava logico che gli desse fastidio sentir parlare così di lei. Ian apprezzò quel commento, anche se subito dopo si zittì all’improvviso, tornando a sistemare i suoi vestiti con la coda fra le gambe.
«Io sono Todd, comunque» si sporse in avanti per stringergli la mano. 
«Ian» rispose, rispondendo con vigore alla stretta di mano. Non sembrava così male come glielo avevano descritto: questo avrebbe reso più facili le cose.                                                                                 Ma quali cose? Assecondare Mickey o dimenticarlo?

Una volta sistemato tutto nelle camere, gli studenti scesero nella sala ristorante per la cena. Il pullman aveva fatto tardi ed erano arrivati troppo tardi per qualsiasi attività produttiva a fini scolastici. Si mormorava tra gli studenti di uscire e cercare qualche bel locale notturno, dove assaporare a pieno la frenetica vita di New York.
«Vieni con noi Ian?» chiese Todd, sorprendendo tutti. Lui alzò per la prima volta, dall'inizio della cena, lo sguardo dal piatto, e annuì. 
«Sono invitata anche io?» disse una vocina pimpante alle spalle di Ian. 
«Come desideri, Mandy» si intromise un altro ragazzo.
«Vengo anche io» si aggiunse Mickey.
«Ma come? Fino a un minuto fa non volevi saperne nulla.» rispose Yang.
«E ora ho cambiato idea, brutta testa di cazzo» ribatté aggressivamente Mickey, alla maniera dei Milkovich, riservando a Ian un’occhiata non molto mansueta.
Continuarono la cena senza aggiungere parola, tutto si sarebbe organizzato dopo. Aspettarono che i professori si chiudessero nelle stanze prima di radunarsi nella hall e decidere sul da farsi. Durante il viaggio avevano notato una discoteca poco distante dal loro hotel, così ci fecero un paio di ricerche e subito si avviarono in quella nuova avventura Newyorkiana. 

Entrarono facilmente, anche se nessuno di loro aveva compiuto la maggiore età; erano bastati un paio di begli occhi e una coppa C ben in mostra per convincere il buttafuori. Il volume era alto e l’adrenalina tangibile. Centinaia di ragazzi e ragazze si muovevano in modo confuso a ritmo di musica. Le persone sui divanetti si strusciavano tra di loro e al banco una ragazza serviva da bere. Si buttarono nella mischia: Ian si lasciò andare e, stranamente, iniziò a divertirsi. Tutto sommato non sembrava così brutta la compagnia degli altri, sapevano come divertirsi, su questo non c’era ombra di dubbio. Mickey gli aveva aperto un mondo, e un po’ gliene era grato. La temperatura stava salendo e per Ian era arrivato il momento di bere qualcosa, così si avvicinò al bancone e ordinò.
Un uomo dai capelli leggermente brizzolati, ma con un portamento impeccabile, si piazzò accanto a lui.
«Ti muovi bene» gli disse, per rompere il ghiaccio, e Ian si limitò a guardarlo e a sorridergli. Era troppo felice per come si stava svolgendo quella serata per permettere uno tizio strambo un po' in là con gli anni di rovinargliela. Senza troppi convenevoli si voltò e uscì dal locale per prendere un po’ d’aria.
Il vento tirava gelido sulle braccia nude del ragazzo, che estrasse dalla tasca un pacchetto di sigarette e ne portò una alle labbra. Non fece in tempo ad accenderla che una mano si sporse da dietro la sua testa, pronta a offrire la fiamma del proprio accendino. 
«Come mai tutto solo?» domandò l'uomo di prima. Senza il baccano della musica e le luci che sembravano alterare le forme del viso, la sua voce non sembrava cosi stridula e i suoi occhi erano più profondi di quanto avesse notato. Non era la prima volta che andava con un uomo molto più grande di lui, quindi non ci sarebbero dovuti essere problemi neanche questa volta, ma qualcosa lo tratteneva.
«Sono con una persona, sono solo uscito a prendere un po’ d'aria» rispose allora Ian, con voce quasi seccata, tirando dalla sigaretta. 
«Se ti ha lasciato uscire da solo, dopo che ti sei mosso così, non ti merita» furono le parole forti che lo colpirono. Ian rimase in silenzio guardando dal lato opposto. 
«Se questa persona non si rivela un granché, sentiti libero di chiamarmi» gli disse, porgendogli un biglietto da visita. Ian lo afferrò senza pensarci, e rapidamente lo mise nella tasca dei jeans. L'uomo si allontanò senza staccargli gli occhi da dosso. Fece l'ultimo tiro alla sigaretta e la buttò nervosamente a terra.
«Adesso te la fai con i vecchi?» disse una voce conosciuta. Sperava fosse Mickey e abbozzò un sorriso prima di voltarsi, ma lo aspettava un'amara sorpresa. Sul suo viso comparve uno sguardo sorpreso quando dall'oscurità della notte uscì Todd.
«Un vecchio frocio arrapato ha provato a portarmi a letto.» provò a giustificarsi, scherzando, non risultando convincente nemmeno a sé stesso.
«Smetti di parlare così, non è da te. So che sei gay, e so che lo è Mickey. E so che sai che lo sono anche io» Sembrava nervoso, così Ian si limitò ad annuire lentamente.
«Ti piace, non è vero?» domandò Todd, un po' più calmo. 
«Il vecchio?» fece Ian confuso, indicando la strada presa dall'uomo.
«Mickey.» rispose secco.
«Perché ti interessa?» ribatté Ian, infastidito.
«Perché penso che tu piaccia a lui» Quelle parole furono una doccia fredda, e lo lasciarono senza parole.
«Voglio aiutare» riprese allora Todd, dopo alcuni attimi di silenzio.
«E perché vorresti? Non siamo amici e mi pare che nemmeno tu e Mickey lo siate» La situazione si stava scaldando e questo mandava all’aria tutti i loro piani.
«Lo eravamo. O meglio, noi-» non fece in tempo a finire di parlare che Ian lo fermò.
«So la storia, risparmiamela. Hai già fatto del male a lui, cosa c’entro io?» Ian non voleva sentire altro, e fece per andarsene.
«Non voglio più fare del male a nessuno» ammise Todd. Nella sua voce c’era una specie di pentimento, qualcosa che convinse Ian ad ascoltare ciò che aveva da dire.
«Eravamo dei ragazzini che non sapevano ciò che facevano. Ho commesso un errore. Ma io non amo Mickey.» spiegò all’altro.
«Gli hai spezzato il cuore» intervenne Ian a bassa voce, ma forte abbastanza da farsi sentire da Todd.
«Lo so. Ed è cambiato per questo. Non me lo sarei mai aspettato» Il tono del ragazzo era sempre più convincente.
«Non so se vivi in un mondo ovattato, ma le persone soffrono. E i sentimenti» Ian dovette interrompere il fiume di parole che voleva uscire dalla sua bocca. «...sono quelli che più ti fanno male» riuscì a terminare.
«Voglio rimediare al mio errore» Todd si avvicinò a Ian.
«Come?» Ian non gli staccava gli occhi di dosso. Mai e poi mai avrebbe immaginato di avere una conversazione del genere con la sua cotta secolare.
«Voglio che Mickey sia felice. E che lo siate insieme. Lo vedo come ti guarda e c’è qualcosa che lo blocca, ed è colpa mia.» sussurrò quasi, come se si vergognasse del dolore che aveva arrecato a quello che era stato il suo migliore amico.
«Stanne fuori» grugnì Ian, sorprendendo l’altro. Gli diede una spallata e rientrò nel locale.
La musica suonava a palla e il corpo del rosso sembrava essere privo di ossa, e dopo un paio di drink la sua lucidità venne meno.


Il mattino seguente Ian si svegliò nella sua camera d’hotel, stropicciò gli occhi e si guardò in giro. Incrociò lo sguardo di Todd fisso su di lui.
«Che cazzo hai da guardare?» domandò allora con poca pazienza. Aveva ancora gli effetti del post sbornia: si sentiva la testa scoppiare e gli sembrava di avere una centrifuga della lavatrice al posto dello stomaco. Giocare con Todd era l’ultima cosa di cui aveva voglia.
«Buongiorno principessa, pensavo non ti svegliassi più.» rispose ironicamente Todd.
«Che ore sono?» chiese, ancora stordito, cercando il telefono.
«Le dieci, ma tranquillo, ho detto al professore che stavi male.» disse il ragazzo non staccandogli gli occhi di dosso.
«E ci ha creduto?» questa volta abbozzò un ombra di sorriso.
«Non è stato difficile, aveva detto che avevi una faccia strana.» Anche Todd sorrise.
«Beh, grazie» rispose, non riuscendo a trattenere una risatina.
Nella stanza calò il silenzio. Ian si alzò dal letto per sciacquarsi la faccia.
«Brutta sbronza ieri, vero?» chiese beffardo Todd.
La testa di Ian si sporse dalla soglia della porta.
«Ne ho avute di peggiori» disse, schiettamente, per poi ritornare a ciò che stava facendo.
«Dovresti stare più attento ai tuoi segreti» lo avvertì.
«Cosa ho detto?» domandò passandosi una mano in faccia per la vergogna.
Todd si mise comodo sul suo letto a castello. «Che mi hai sempre amato di nascosto, cercando di tenere a bada i tuoi forti sentimenti per me.» esclamò, con fare teatrale, mentre Ian sollevava confuso un sopracciglio.
«Ah, e che saresti morto per me» aggiunse, iniziando a ridere, seguito anche Ian.
«Questa parte penso proprio di essermela persa» continuò Ian restando allo scherzo. Tutto sommato colui che tanto adorava e temeva, si era rivelato tutt’altro. Todd era gentile, persino simpatico. Iniziava a capire come mai Mickey se ne fosse innamorato. Era una persona piena di risorse, un bel viso, un bel corpo, una bella reputazione. Tutti volevano essere amici di Todd Marcus. Lui stesso ci aveva provato per anni, e proprio nel momento in cui aveva deposto le speranze era entrato come un tornado nella sua vita. Era l’unica persona a conoscere il suo segreto: nessun altro, né Lip né Mandy, solo Todd. Se era riuscito ad accorgersene solo guardandoli, forse tra di loro c’era una strana chimica di cui non si era mai reso conto. Forse per Mickey non era solo una bocca calda, forse c’era di più, qualcosa che aveva scelto di non vedere per non rimanerne deluso.Ma lui era innamorato di Mickey Milkovick, lo sapeva, lo sapeva benissimo, e una delusione avrebbe peggiorato le cose, ma non le avrebbe cambiate. A volte l’aspettativa di una relazione con il capitano della squadra di rugby sembrava farsi sempre più viva, però poi, con un solo gesto o parola, tutto scemava nel nulla. A momenti sembravano non conoscersi e l’altro conoscersi da una vita.
«Sei innamorato di Mickey, non è vero?» chiese all’improvviso Todd, come la sera precedente, interrompendo bruscamente il suo flusso di pensieri. Ian non rispose. Rimase fermo a guardare un punto fisso sul muro. Avrebbe mai avuto il coraggio di ammettere di amarlo? Una cosa era saperlo, un'altra dirlo ad alta voce. Avrebbe reso tutto più reale. 
«Sì.» esclamò facendosi coraggio. Todd non disse nulla, limitandosi ad osservarlo.
Era fatta. L’agnello si era innamorato del lupo.



 






Note delle autrici:
Lucrezia:
Difficile da credere, ma eccoci! Adoro questo capitolo perché è un momento “di realizzazione” per Ian. Sarà che questa coppia mi manca troppo, e rivivere l'inizio – anche se in una AU – della loro storia mi dà troppi feels.
Fateci sapere che ne pensate e grazie di segurci sempre! ;w;
PS. Buon Natale anticipato ~
Ilenia: Finalmente dopo tantissimo tempo siamo riuscite ad aggiornare, spero che il capitolo vi sia piaciuto. E' un punto di svolta per la storia e spero che il personaggio di Todd vi sia piaciuto. SE vi va lasciateci un commento o una recensione :)

 

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