Inaspettatamente di elleonora (/viewuser.php?uid=82748)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** If We Ever Meet Again ***
Capitolo 2: *** One Way Or Another ***
Capitolo 3: *** Again Again ***
Capitolo 4: *** Never Say Never ***
Capitolo 5: *** Sweet Dreams ***
Capitolo 6: *** Stay ***
Capitolo 7: *** I'm Yours ***
Capitolo 8: *** Non più ***
Capitolo 9: *** You're Not Alone ***
Capitolo 10: *** You've Got The Love ***
Capitolo 11: *** Telefonate & Incubi ***
Capitolo 12: *** Vivere ***
Capitolo 13: *** Look After You ***
Capitolo 14: *** Film, citofoni e WhatsApp ***
Capitolo 15: *** All The Right Moves ***
Capitolo 16: *** Suocere & Fiabe ***
Capitolo 17: *** Principi, medicine & ricette ***
Capitolo 18: *** Dubbi & Zucchero ***
Capitolo 19: *** Telefonate & Esami ***
Capitolo 20: *** Pranzi & Incontri ***
Capitolo 1 *** If We Ever Meet Again ***
INASPETTATAMENTE_ cap.1
If We Ever Meet Again – Capitolo 1
12 Agosto.
V’s POV.
Luci,
colori, musica assordante, martellante, gente che balla, si dimena, sudore, calore,
alcol, fumo… Sono in una discoteca, che alla fine non è che un infuso di tutto
ciò. Le discoteche non sono mai state al primo posto tra le mie cose preferite,
però per gli amici si tende a fare questo e molto molto altro. Finalmente dopo
un lungo inverno pieno di libri, di buio, di ore infinite di lezioni universitarie,
di freddo gelido e di studio, sono in vacanza con loro, i miei amici di sempre,
quelli che conosco ormai da ventidue anni; siamo cresciuti insieme nel corso
degli anni e ogni estate ritrovarmi con loro è sempre stata una gioia. Tra noi
esiste un’amicizia che, nonostante le distanze, si rinforza di anno in anno e
soprattutto di estate in estate. Sembra una banalità, lo so, ma devo ammettere
che il rapporto con loro è quella meravigliosa eccezione che conferma la
regola. Questa serata è stata ideata solo ed esclusivamente per celebrare un
evento molto importante: il ventesimo compleanno di Cristian. Cristian è uno
dei più cari amici che ho da sempre, una sorta di fratellone, nonostante abbia
due anni in meno di me. La nostra amicizia non è iniziata nel più roseo dei
modi: a quattro anni aveva deciso di rubarmi l’innaffiatoio dell’acqua sulla
spiaggia, dopo averlo rotto ed essere tornato in lacrime circa un quarto d’ora
dopo, la nonna di Cristian aveva deciso che entrambi dovevamo utilizzare il suo
per tutto il pomeriggio. Il giorno dopo, un sorridente Cristian era apparso in
spiaggia con un regalino per la sottoscritta: uno sfavillante innaffiatoio
verde evidenziatore. Dall’innaffiatoio in avanti, si è instaurato un bellissimo
legame che ogni estate diventava sempre più profondo e per me, è sempre stato “il mio fratellone” perché sì, è spaventosamente
alto nonostante i due anni in meno, ha un fisico indiscutibilmente muscoloso ed
è decisamente un bellissimo ragazzo.
La
serata è iniziata da un bel po’, le persone sono probabilmente parecchio brille
da tempo e io anche. Per una volta ho provato ad applicare la teoria del “b&b”, bevi&balla, altrimenti non mi sarei mai e poi mai alzata da
questo meraviglioso divanetto in pelle nera, sono troppo timida per dimenarmi
in mezzo alla pista e danzare come una matta come se mi avesse punto una
tarantola, non ne sono capace e soprattutto non l’ho mai fatto. Mi sono sempre
vergognata. Per questo motivo evidentemente ho «davvero davvero bisogno di una spintarella, tesoro» ha detto così quella
simpaticona di Paola, evidenziando con la sua voce stridula la parola “davvero”
e “tesoro” riferendosi chiaramente a un cocktail. O più di uno. Paola ormai è
solo una conoscente, una semplice conoscente, non più una vera e propria “amica
per la pelle” come lo era più di dieci anni fa, la rivedo ogni anno e ogni anno
è sempre peggio: sempre svariati ragazzi o veri e propri uomini che le girano intorno,
se ne frega di tutto e di tutti, niente università e soprattutto niente lavoro.
«Scherzi? Quando ho uno o più di uno che mi mantengono? Perché dovrei
scomodarmi?» era la frase che spesso ripeteva quando erano in gruppo. Certo,
con la sua situazione famigliare le era tutto possibile e tutto a disposizione
venendo da una famiglia molto benestante, inoltre la cerchia di ragazzi o
uomini che le vorticavano intorno come dei piccoli satelliti non le facevano
mai mancare nulla. Chissà, forse faceva bene a fregarsene di tutto e di tutti e
a fare ciò che meglio preferiva, il fatto era che se lo poteva permettere
essendo praticamente una Barbie: bellissima, con un corpo da favola,
biondissima e con gli occhi azzurri.
«Vi,
prendiamo ancora da bere e poi balliamo, vieni con noi?» la domanda è stata
posta dal super festeggiato della serata, Cristian, che allunga una sua mano
verso di me, intimandomi di scollare il mio derrière dal meraviglioso divanetto
nero in maniera davvero cavalleresca. E anche con un’occhiata eloquente che non
ammette repliche “o ti alzi, o ti faccio alzare” dice il suo sguardo.
«Sì
sì, arrivo» gli rispondo con un mezzo
sorriso. Devo proprio alzarmi? Mi sa di sì. Cerco di farmi forza e gli chiedo
«Però balli con me, vero?». Ho sempre avuto dei problemi a ballare, soprattutto
se si tratta di ballare da sola in discoteca e lui lo sa molto bene.
Cristian
dal canto suo, sorride. E quando sorride a me fa sempre un certo effetto,
nonostante il sorriso sia spontaneo. Mi risponde «Certamente mia signora,
altrimenti non ti lasci andare!» si avvicina al mio orecchio e sussurra
«Vederti ballare fa parte del mio regalo di compleanno». Sorrido facendo una
smorfia, afferro la sua mano e per una volta, decido di buttarmi e lo seguo.
Tra
Cristian e me c’è sempre stata un’amicizia profonda ma negli ultimi anni è
sfociata anche nel “molto strana”, sfiorando spesso il “io piaccio a te e tu
piaci a me ma non ce lo diciamo che è meglio”. Per me va più che bene così,
senza etichette, senza coinvolgimenti, senza spiegazioni, senza chiarimenti. Ci
conosciamo da troppo e per come siamo fatti entrambi non potremmo mai stare
insieme. La cosa molto bella e particolare però è che entrambi lo sappiamo, ne
siamo consapevoli e ci scherziamo su. Ogni tanto facciamo addirittura i finti
fidanzatini, soprattutto se c’è in giro Paola.
Dato
che mi hanno trascinato qui controvoglia ma è il suo ventesimo compleanno, credo che la scelta migliore che io possa
fare sia quella di divertirmi, o almeno mi impegno nel divertimi. Lo so, sono
restia alle discoteche e soprattutto al loro rumore assordante e rimbombante,
so già che domani potrei avere una splendida emicrania, per questo mi sono
attrezzata per tempo, ho messo la mia solita pastiglietta placa-emicrania nella
pochette. Prevenire è meglio che curare,
diceva così un vecchio detto e a me piace essere previdente.
Riemergo
dai pensieri e mi ritrovo con un bicchiere in mano che mi è appena stato
passato dal festeggiato, annuso e sento l’odore amaro del rum miscelato con
della Coca-Cola, il ragazzo mi conosce bene e sa quanto io abbia una
predilezione verso il Cuba Libre. Uno a zero per lui. La cosa che però mi crea
un leggero fastidio è il ritrovarmi in mezzo alla pista con centinaia di corpi
che ballano al ritmo martellante e incessante della musica, non sono la musica
e il rumore che mi creano questa insofferenza, ma sono tutte queste persone che
si strusciano e mi sfiorano. Mi hanno sempre dato l’idea di un qualcosa di
viscido, come un branco di serpenti. Sia chiaro, non è che non apprezzi il
contatto con le persone, quello lo trovo fondamentale, ma in discoteca, con
tutto questo sudore, questo spingersi, questo contatto forzato, quando mani di
persone estranee ti toccano, ecco, questo mi urta molto.
Dopo
il primo cocktail, finisco anche il secondo drink della serata e mi sento più libera,
la testa è effettivamente più leggera, la sensazione è quella dell’ovattamento,
percepisco le cose in maniera leggermente differente, ed è come se sentissi il
bisogno di lasciarmi andare. Dopotutto è nei miei diritti divertirmi, è una
serata di festa, con i miei amici di sempre e non vedo perché non dovrei farlo.
Cerco
con lo sguardo Cristian, adesso avrei voglia di ballare con lui dato che me
l’aveva promesso e fino a qualche minuto fa era accanto a me, ma ora lo ritrovo
in dolce compagnia. Dolce non direi
proprio, si può dire “Barbie compagnia”? Lui sta ballando con Paola, una Paola
trionfante e raggiante di felicità che si sta strusciando molto animatamente su
di lui. Il mio primo pensiero? Amen. Che
ci posso fare? Finalmente Paola ha ottenuto una conquista in più. Ed ecco a
voi la solita Virginia che accantona l’idea di ballare e divertirsi un po’ con
l’opzione di ritornare sul meraviglioso divanetto nero. Cerco di fare mente
locale su abbiamo lasciato alcuni dei nostri amici e lì trovo in fondo, erano
in cinque ma ora sono un paio di più… tre in più? Peccato che non riesca a
vedere bene. Maledetto buio della discoteca. E maledetto alcol che mi fa vedere
le cose un po’ annebbiate. Mi giro in direzione amici e prima di compiere il primo
passo, una mano si posa sul mio fianco e mi blocca.
«Vi,
non tornare là, balla con me» il mio sguardo si posa su quello di Cristian, un
Cristian parecchio brillo, con gli occhi leggermente appannati, che mi sorride.
E’ uno di quei sorrisi che promettono notti sfrenate e sudate bellissime.
«Cri,
c’è già Paola che balla con te, non ti preoccup…» mi interrompe, spinge da qualche parte Miss Barbie e mi fa
girare come una trottola. Me lo ritrovo dietro, con entrambe le mani poggiate sui
miei fianchi, con la mia schiena appoggiata perfettamente al suo addome
scolpito e la mia testa al suo torace solido, ed è una situazione nuova per me,
così nuova e così strana che mi piace. Molto.
«Sei
meravigliosa stasera» sussurra all’orecchio facendomi venire un brivido lungo
tutta la colonna vertebrale, l’alcol stasera mi ha fatta diventare molto
sensibile.
«Smettila
dai!» cerco di sdrammatizzare un po’ ma sono molto compiaciuta della sua
affermazione.
«Ora
esigo il mio regalo di compleanno! Scatenati!» ecco che ritorna il vero Cristian,
quello che scherza sempre e che ottiene sempre ciò che vuole. Voleva il suo
regalo di compleanno, e l’ha ottenuto.
Ormai
stiamo danzando da un po’, la mia testa è su una nuvoletta alcolica. Devo
smettere di bere così tanto rum, l’alcol mi fa diventare disinibita e ballo.
Ballo come una matta, liberando tutte le mie energie e fregandomene di quello
che le persone potrebbero pensare o fare vedendomi ballare così. So solo che c’è
Cristian dietro di me che mi fa sentire protetta e tutto va bene.
«Lo
so che ti stanno fissando, ma ci sono io» mi sussurra Cristian all’orecchio. Lo
ringrazio in un muto silenzio, annuendo semplicemente e continuo a ballare.
Inizio
ad essere stanca, i tacchi fanno male soprattutto dopo due ore che saltello e
ballo come una scema con Cristian. Ma mi sto divertendo, questo è un bene, anzi
è un’ottima cosa perché ne sentivo il bisogno.
Sto
per fermare il mio ballo improvvisato quando scorgo due meravigliosi occhi
verdi che mi stanno guardando. Un verde smeraldo, meraviglioso, che non avevo
mai visto in vita mia. Guardano me? Sono sicura? Guardano proprio me? Mi guardo intorno e noto che poco distante
c’è Paola che sta dando spettacolo con un nostro amico. Non sta ballando, sta
avendo una sorta di rapporto molto intimo al centro della pista da ballo.
Faccio mente locale, lui sta guardando lo spettacolo, quindi no, non sta
guardando me. Quel ragazzo alto, meraviglioso, con un viso d’angelo e due occhi
da infarto sta ovviamente guardando lei, Miss Barbie.
Con
una sensazione strana come un peso sullo stomaco, data da un’amara
consapevolezza, avvicino la mia bocca all’orecchio di Cristian e gli dico «Cri,
vado a sedermi, i tacchi mi stanno uccidendo!».
«Non
ti preoccupare, vai che sei stata una compagna di danze perfetta! Io vado a
cercare una pollastrella che ho intravisto prima» tipico e solito Cristian.
Sorrido
e gli dò un bacio sulla guancia augurandogli mentalmente buona fortuna. Si
merita qualcuno migliore di me per trascorrere la notte del suo compleanno.
Finalmente
cerco di avviarmi verso il “mio” adorato divanetto nero dove ritrovo tre dei
cinque amici che avevamo lasciato all’inizio serata, ma poco prima di mettermi
seduta il mio cuore decide di perdere un battito. Inizialmente lo perde,
successivamente i battiti si fanno doppi o anche tripli. Il mio cuore martella
incessantemente e pompa sangue nelle vene. Gli stessi occhi verdi che prima
stavano fissando Paola, ora fissano me.
Questa volta, forse, ne ho la certezza. In realtà mi piacerebbe averla, ma
tendo sempre a essere pessimista, se si aggiunge inoltre che in discoteca c’è
sempre troppo buio ed è piuttosto difficoltoso riuscire a capire dove guardano
le persone. Il pessimismo per questa volta, vince a mani bassi così decido di togliermi
immediatamente l’idea dalla testa che lui
stia osservando me. Non è plausibile, starà cercando chiaramente delle
altre persone. Non me.
“I’ll never be the same... If we ever meet again...”
Arriva
dagli altoparlanti della discoteca questo bellissimo brano. Può una canzone
essere così azzeccata? Così giusta? Ovvio che non sarà più lo stesso se mai ci dovessimo incontrare un’altra volta.
Anche perché se mai dovesse capitare, credo che avrei l’encefalogramma completamente
piatto. Ora che ci penso, ho avuto una sorta di colpo di fulmine con uno
sconosciuto che non stava guardando me. Ottimo inizio, davvero ottimo.
Virginia, renditi conto che non ci hai neanche parlato, ma neanche ti sei
avvicinata al soggetto in questione, zero assoluto proprio. Magari sta veramente
guardando me ora? Mi volto bene e oh
cavolo, sì. Guarda ancora verso di me, nella mia direzione, è possibile? No,
come no? Sta guardando almeno nella tua direzione Virginia, svegliati! E sta
anche sorridendo. Sorride. Dio mio che bel sorriso. Può un sorriso farti capire
la dolcezza e la gentilezza di una persona? Sì, può. Quel ragazzo sembra davvero
meraviglioso.
Alzo
un’altra volta lo sguardo verso di lui, per accettarmi che sia veramente vero e
che soprattutto io non mi stia sognando nulla. Attenzione attenzione, il
ragazzo dagli occhi verdi si sta avvicinando. Passo dopo passo, è sempre più
vicino. Sta arrivando qua. Sta venendo verso di me con un sorriso da infarto. Stava, ecco. Mai parlare, mai pensare,
mai fare supposizioni. Si è fermato quando un altro ragazzo gli si è avvicinato
piuttosto allarmato, gli ha detto qualcosa nell’orecchio e si è voltato verso
l’uscita. Ecco, la mia solita fortuna. Sono la personificazione della Legge di
Murphy. Sono senza alcun dubbio della personificazione di “Se qualcosa può
andare male, lo farà”. Prima di uscire dalla discoteca però, quel bellissimo
ragazzo si volta, e per questa volta, solo per questa, sono sicura e certa che
stia guardando me. Mi guarda, sorride, alza una mano in segno di saluto, come
per dirmi “Ehi ciao” e se ne va con
aria triste. Triste? Sei sicura che abbia l’aria triste? Me lo sono immaginata,
sicuro come l’oro. Ho un sorriso da ebete sulla faccia, sono rimasta ferma,
immobile, paralizzata e bloccata e così, prima di poter alzare la mano per
ricambiare il saluto lui non c’è già più, è già uscito. Bravissima Virginia,
hai appena vinto il “premio ebete” dell’anno. “La vincitrice per il premio annuale per l’essere più ebete della serata
e della vacanza va a… Virginia!” Ebbene sì, me lo sono meritata, anche
perché non hai la certezza che stesse realmente guardando te e figuriamoci se
salutava te! L’alcol mi fa diventare ancora più ebete del solito, parlo anche
da sola. Un’ultima folle idea mi passa per la mente. Chissà se mai lo rivedrò,
le possibilità sono praticamente pericolosamente vicine allo zero. Chissà,
sarebbe stata una bella cosa avere la possibilità e l’opportunità di poter
conoscere un ragazzo così bello. Sono certa che sarebbe potuto essere
bellissimo. Peccato. Anche se nella vita, mai dire mai. Anche se ci credo
davvero poco.
M’s POV
Maledico
Andrea. Lo maledico e lo stramaledico. Maledico lui e il suo maledetto cugino
che sta male, che ha deciso di bere fino allo sfinimento questa sera per
dimenticare una delusione amorosa e che mi ha costretto ad uscire da questa
discoteca per tornare a casa. Non poteva stare male, che ne so, tra quattro
ore? Oppure imparare a reggere gli alcolici a una certa età? O imparare che l’alcol,
dopo una chiara ed evidentissima delusione amorosa nella quale la pollastra di
turno se la fa con altri due, non serve a niente e a nessuno? Serviva a me
questa serata! Per una volta in vita mia che trovo finalmente qualcosa di bello
in una discoteca, vengo obbligato ad andare via. Devo calmarmi un attimo e fare
il punto della situazione.
Credo
di aver avuto una visione. Ho visto una ragazza che ballava. Non era una
semplice ragazza, era uno splendore di ragazza, l’unica pecca era che stava ballando
con un ragazzo, che molto presumibilmente era il suo fidanzato e che quindi non
l’avrei mai dovuta guardare in quel modo. Non mi era mai capitato di bramare
una ragazza così, in quel modo, non mi era mai capitato di vedere una ragazza
così, l’ho osservata in un modo così possessivo, volevo che ballasse con me,
volevo che fosse mia. Ho avuto un attacco di possessione verso una ragazza che
non conosco e che ho visto una mezza volta. E soprattutto che è fidanzata.
Questa serata si è dimostrata un fallimento su tutti i fronti. Lei però era
proprio bella, aveva un vestitino nero corto sopra al ginocchio, tacchi che le
slanciavano due gambe toniche e lunghe, curve al posto giusto, capelli castani
lunghi sotto le spalle, delle labbra meravigliose e carnose e occhi molto
espressivi e scurissimi. L’ho guardata in un modo totalmente nuovo per me, come
se avessi avuto una sorta di visione, non mi era mai capitato in ventiquattro
anni della mia esistenza e soprattutto non mi era mai capitato con nessuna delle
mie ex; figuriamoci se non mi capitava una sera in discoteca con una
sconosciuta che ballava con il suo ragazzo! La casualità della vita! L’ho vista
voltare il capo, cercare l’orecchio del suo fidanzato, sorridere e poi andare
via. Ma quale fidanzato sano di mente lascia andare a sedere una visione del
genere? Per di più da sola. Mai, io non l’avrei mai fatto.
Si
è accomodata su un divanetto nero, non molto lontano da dove mi trovavo io
all’inizio della serata, ho cercato i suoi occhi, ho pregato che mi guardasse a
sua volta e dato che mi stava osservando mi sono fatto forza e ho compiuto un
passo verso di lei. Ebbene sì, io, che prendo l’iniziativa. Cose da non
credere, eppure l’ho fatto! Peccato che qualcuno di nome Andrea mi abbia
bloccato un attimo dopo che ho finalmente preso l’iniziativa. «Guarda che Alberto
non sta bene, deve tornare a casa. Al momento c’è Marco con lui». Alberto è il
cugino di Andrea, appena stato mollato e in cerca di super divertimento
alcolico che evidentemente ha trovato, esagerando come suo solito. All’inizio
ero molto restio nel farci raggiungere solo “per un weekend” dal cugino, ma
alla fine, capendo la situazione sia Marco che io abbiamo deciso di dare il
semaforo verde. Peccato che adesso la situazione sia precipitata drasticamente.
Ho insultato mentalmente Alberto e ho annuito a malincuore, mai una volta che
qualcosa vada per il lato giusto. Ma dato che ero in vena di cose totalmente
nuove in una serata del genere, ho deciso comunque di agire: ho alzato una mano
e l’ho salutata, mi sono chiesto cosa avessi da perdere e la mia risposta è
stata “nulla, assolutamente nulla”. Quindi l’ho salutata giusto un attimo prima
che Andrea mi trascinasse via e lei stava sorridendo. Sorrideva a me e non a quel ragazzo con il quale
stava ballando prima. Un sorriso che mi ha mozzato il fiato. E ha continuato a
guardami con uno sguardo che mi ha fatto quasi venire un coccolone. Quegli
occhi... Degli occhi così profondi ed espressivi, così scuri, così pieni di
vita, così meravigliosi, non avevo mai visto degli occhi così.
Cerco
di togliermi dalla testa quelle due perle e torno alla realtà. Salgo in
macchina e mi metto alla guida senza dire una parola.
«Ehi
Teo! Tutto a posto?» mi domanda Andrea.
No.
«Sei
sicuro di stare bene?» mi chiede Marco posizionandosi nel posto da passeggero.
No.
«Sì
certo. Stavo solo pensando. Torniamo a casa, ok?» la mia risposta appare molto
seccata e suona anche molto falsa, la cosa che in realtà vorrei fare ora è entrare
direttamente con la macchina in discoteca e fare salire in auto quella
meravigliosa ragazza.
«Sì,
torniamo. Credo che Alberto farà un secondo round a casa.» mi risponde colui
che ha bloccato la mia azione.
«Teo,
scu... Scusami ma… Non… Non sto molto... B-bene.» mi dice un Alberto pallidissimo in volto. La cosa importante è
che non vomiti in macchina. Domani subirà l’ira funesta mia, quella di Marco
che è chiaramente scocciato e quella di Andrea.
«Non
ti preoccupare, facciamo presto a tornare così poi stai meglio» gli rispondo
con aria rassicurante. Che cos’altro avrei dovuto fare? Insultarlo? Quello,
domani e parecchio. Ho cercato di spiegargli che sfondarsi di alcol non avrebbe
lenito il suo dolore, anzi, l’avrebbe solo attenuato per una sera, ma
evidentemente non mi ha prestato ascolto. Anche se è grazie a lui che siamo
venuti in discoteca. O meglio, è Alberto che ha insistito e quasi costretto
Marco a farci imbucare alla festa di compleanno di un certo Cristian, suo
vecchissimo amico d’infanzia e che purtroppo non ho potuto conoscere perché
mentre Marco parlava con lui io e i due cugini siamo andati a prendere da bere.
Peccato mi avrebbe fatto piacere conoscere un suo caro e vecchio amico.
Giro
che chiavi nel cruscotto, schiaccio la frizione, accendo il motore e parto. La
mia mente vaga e ripenso a lei, a quello splendore di ragazza, che senza
saperlo è stata una ventata d’aria fresca per me. Aria…
“Ok, ora metti che ste frecce veramente è sto
Cupido che le tira, ecco ha sbagliato mira.
Ha colpito me e lei no, lei
stanotte dorme con qualcuno che non so, io non dormirò.
Succede o almeno dicono, in
un film lo troverebbero poetico, romantico una cotta a senso unico.”
La
radio sta passando questa canzone degli Articolo 31. Una più indicata non ci
potrebbe essere. “Lei stanotte dorme con qualcuno che non so...”
e mi sale un po’ di rabbia. Una leggera rabbia. Possibile che io sia geloso di
una sconosciuta? Non sono mai stato un ragazzo geloso, ma di quello splendore
lo sarei.
Chissà
se mai la rivedrò e soprattutto chissà se riuscirò a dormire stanotte.
**
Buona sera a tutti! Ebbene
sì, incredibile ma vero sono tornata, come già preannunciato editando e
sistemando al meglio la one-shot “Sguardi e supermercati”. Sono tornata con la
mia prima storia, il primissimo capitolo che ho pubblicato quasi sei anni fa.
Ho deciso di dare a “Inaspettatamente” una ventata di freschezza e novità, ho
inserito delle parti, tolte delle altre, aggiunto un personaggio in questo
primo capitolo, sistemato praticamente tutto e riscritto quasi tutto perché chi
mi conosce sa che quando provo a leggermi cerco di cambiare tutto e non sono
mai pienamente soddisfatta del lavoro eseguito. Però qui, adesso… Mi piace
com’è venuto questo primo capitolo. Mi piace un pochino e spero che sia
piaciuto soprattutto a voi. Sono tornata con “Schiffy”, come chiamo io questa
prima mia storia, e ne sono contenta soprattutto perché mi sta aiutando molto e
mi sono decisamente divertita nel farlo. Qualche piccolo riferimento per le
canzoni citate nel testo: la prima è “If We Ever Meet Again” di Timbaland ft.
Katy Perry che dà il titolo a questo primo capitolo e la seconda è la
bellissima “Aria” degli Articolo 31. Lavoro e impegni a parte, dovrei riuscire
a pubblicare (o meglio ri-pubblicare) anche su WATTPAD questa storia entro breve e
soprattutto cercherò di postare un capitolo a settimana, con la speranza di
riuscire a editare almeno un capitolo a settimana! Vi prometto che mi ci
applico e che avrete almeno un capitolo a settimana. Spero che questi nuovi
Virginia e Matteo e tutti i loro amici vi piacciano in questa “versione 2016”!
Un’ultima cosa, ci tenevo davvero tantissimo a ringraziare chiunque abbia
dedicato un po’ del suo tempo e abbia deciso di leggermi. Grazie, grazie
davvero tanto.
A presto!
E.
PS: Come ben avete potuto
notare, la versione “originale” della storia è stata cancellata da EFP, questo
perché sarà completamente nuova. E presto sistemerò anche “E poi
all’improvviso”. Vi preannuncio già, che tutto questo lavoro che faccio è per
dare anche una continuità e soprattutto una fine anche all’altra storia, visto
che ero bloccatissima da anni.
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Capitolo 2 *** One Way Or Another ***
INASPETTATAMENTE_ cap.2
One Way Or Another – Capitolo 2
14 Agosto.
V’s POV.
Le
primi luci del mattino passano attraverso le persiane della finestra aperta e raggiungono
i miei occhi chiusi. Dovrei svegliarmi, è vero, dovrei farlo, ma per compiere
questa faticosissima azione di sveglia, dovrei aprire gli occhi. Però al
momento non ne ho voglia, non mi va, mi sento particolarmente stanca, è come se
fossi andata a dormire tardissimo. Con le palpebre ancora socchiuse decido di
girarmi su un fianco, se la luce del sole non mi colpisce direttamente magari
potrei addirittura avere l’opportunità di riaddormentarmi. Mezza addormentata e
tremendamente sonnecchiosa, provo a rotolare con estrema calma anche se la mia
pigrizia mattutina è impressionante. Sto per concludere il difficoltoso ed
impacciato movimento, quando poco prima di essere completamente girata sul
fianco percepisco la presenza di un corpo caldo di fianco al mio. No, un
attimo. Oh cavolo… E’ il corpo di un
maschio, palesemente data la dimensione del suo torace ampio dove le mie spalle
sono finite voltandomi, un torace caldo e calmo, respira regolarmente, sembra
quasi che dorma ancora. Spalle molto larghe e muscolose che sono appoggiate
contro le mie e non è la prima volta che sono così vicino a me, quindi le riconosco senza problemi e come un
fulmine a ciel sereno mi ricordo ciò che era accaduto la notte precedente…
«Vi,
dormi con me.» non era una domanda, non era una proposta, era semplicemente una
richiesta.
«Cosa
Cri?» ho chiesto io.
«Rimani
con me stanotte, dai, dormi con me... Per favore.» erano un dolce sussurro le
sue parole.
«Sicuro?»
ho dovuto chiederglielo. Per forza. Anche se è stato come se mi fossi tirata la
zappa sui piedi. Gliel’ho chiesto nonostante l’attrazione che il dormire da
sola con lui mi poteva suscitare.
«Mai
stato più sicuro...» e quando lo diceva così, non potevo che accettare.
Ed
è stato così che mi aveva convinto a rimanere a dormire in sala, con lui. Chiaramente
non era la prima volta che dormivamo insieme, generalmente ci addormentavamo e
basta, senza chiederci nulla, come facevamo in spiaggia sullo stesso lettino
una decina di anni fa. Ma questa volta è stato diverso. Decisamente diverso.
Inoltre ci faceva compagnia una presenza
sul divano, addormentata ormai da tempo, che si faceva compagnia: Paola, che
avendo passato le ultime ventiquattro ore rinchiusa in una camera d’albergo con
il ragazzo con il quale aveva ballato alla festa di Cristian, era crollata
stanca morta sul divano con un’aria decisamente soddisfatta. Quella ragazza non si è mai fatta dei
problemi, soprattutto al suo compleanno, perché dovrei farmeli io ora? Già,
il compleanno di Cristian, una serata memorabile, soprattutto se ripenso a quei
meravigliosi occhi verde smeraldo di quello sconosciuto. Però mi sono detta: Virginia, non è il momento di pensare a lui,
soprattutto perché è un completo sconosciuto e soprattutto perché dopo tanti
anni puoi avere la tua occasione con Cristian, anche se sarà solo per una notte…
Anche se c’era la Barbie Paola addormentata sul divano, era inevitabile che
qualcuno fosse nei paraggi, ma almeno con lei avevo la certezza che fosse
profondamente addormentata e decisamente in fase REM dato il russare della
ragazza. Tre mesi prima dell’estate, avevamo deciso di prendere una casa in
affitto tutti e otto, era inutile spendere dei soldi in camere di un albergo,
quando avremmo comunque dormito tutti insieme e fatto degli orari
improponibili. Dato che avevamo adottato quella stessa strategia l’anno
precedente ed eravamo tutti rimasti soddisfatti, senza troppe lamentele e
soprattutto senza litigi furibondi per incomprensioni, avevamo prenotato la
stessa casa anche quest’anno, stessa casa e stesse otto persone.
Dopo
vari minuti di immobilità dopo il fato che fosse così sicuro, Cristian si è
avvicinato e mi ha abbracciato da dietro. Ho sussultato, sospirato e respirato
il suo profumo. Un profumo che mi è sempre, sempre piaciuto.
«Posso,
vero?» mi ha chiesto e non ho potuto fare altro che annuire, non poteva
chiedermelo con quella voce da cagnolino bastonato. Mi ha stretto forte e mi ha
sussurrato «Lo sai che domani sarà tutto come prima, vero?»
Ecco
il motivo per il quale prima gli avevo chiesto fosse davvero sicuro, tra di noi
il problema è sempre stato il “dopo”, ma i miei sentimenti per lui, che anni fa
sfioravano sempre il “cotto abbrustolito ma non dirlo a nessuno e soprattutto
non farlo capire”, li avevo rinchiusi nel fondo più fondo possibile del mio
cuore già da parecchio tempo e così la mia risposta non è potuta essere altro
che «Certo che sì, ti conosco fin troppo bene.»
«Vi,
non mi va di perdere l’unica…» non mi andava di ascoltarlo, non volevo
ascoltarlo, almeno, non ora. Lo conosco molto bene da sempre e quindi sapevo
che quella sarebbe stata la “nostra” notte. L’unica notte. E non mi andava di
sprecarla finalmente con delle parole, ora, inutili.
«Cristian,
non mi devi spiegazioni, lo so, vieni qui.» Ho detto questo con un filo di voce
e subito dopo l’ho abbracciato.
Dopo
più di vent’anni che ci conoscevamo, finalmente le nostre labbra si sono unite,
inizialmente in modo molto casto, come per tastare il terreno, come in punta di
piedi di notte quando non vuoi far rumore, come per poter tornare comunque
indietro, poi in un modo decisamente più passionale, come sempre avevo
immaginato.
«Finalmente,
Virginia...» ha detto lui ad un certo punto guardandomi negli occhi tra un
bacio e l’altro «Sei davvero una meraviglia.»
Non
mi erano mai piaciuti i complimenti, soprattutto se fatti per secondi fini,
soprattutto in questi casi e in questi momenti. «Cristian, shhh, smettila. Sono
una ragazza normalissima e...» un bacio mi ha chiuso la bocca, impedendomi di
proseguire.
Stavo
per riprendere il discorso quando guardandomi negli occhi, ha detto «Smettila
tu, se fossi un ragazzo con un minimo di testa sulle spalle, non esiterei un
attimo a stare con te, sei la ragazza perfetta, ma purtroppo…»
«Purtroppo
sei un ragazzaccio!» ho concluso con un sorriso. Abbiamo sempre scherzato su
questo fatto del ragazzaccio e della ragazza perfetta, ma entrambi abbiamo
sempre saputo che non sarebbe mai potuto esserci qualcosa di veramente serio
tra noi due, nonostante le sue parole mi abbiano sorpreso in pieno anche perché
non credevo che fosse un ragazzo così profondo, so benissimo che non potevo né
volevo pretendere nient’altro oltre alla notte insieme.
Ci
siamo baciati a lungo, scoprendo con le mani posti nuovi per entrambi sui
nostri corpi e quando la situazione si è fatta, come dire, più calda abbiamo
sentito Paola rigirarsi sul divano e mugugnare qualcosa.
«Facciamo
piano! Ti ricordo che abbiamo ospiti!» ho sussurrato a Cristian baciandogli una
guancia. «Vi, non ti preoccupare, non voglio fare tutto con te. Voglio solo
coccolarti un po’» la sua risposta molto semplice e senza malizia mi ha
decisamente spiazzata, dato che lui generalmente andava sempre fino in fondo
con tutte le ragazze conosciute e che sono passate dal suo letto. Lo sapevano
tutti, lo sapevo benissimo anche io, dato che mi ha sempre raccontato tutto.
«Va
bene.» ho sussurrato la mia risposta.
«Vi,
ascoltami. Tu non sei come tutte le altre ragazze, non ho intenzione di usarti
come faccio di solito con le altre, non ho intenzione di farlo e non lo farò. Meriti
di meglio, e per quanto sia possibile il mio meglio, soprattutto in questo
campo, non è quanto meriteresti...» mi ha risposto molto serio.
Alla
fine devo ammettere che non è andata così male, anzi, è stato di parola il
signor Cristian e mi ha senza alcun dubbio regalato il suo meglio. Non che io abbia chissà quale esperienza, ma il ragazzo
sa davvero il fatto suo in campo “letto” e le voci che spesso circolano su di
lui sono tutte vere; la cosa che mi ha lasciata leggermente stupefatta è stato
quando verso la fine mi ha sussurrato un «Sei brava, cavolo. Notte Vi, e
grazie.» e poi si è addormentato al mio fianco in tempo zero come se nulla
fosse.
Ho
voluto dare un’occhiata allo schermo del telefono per capire che ore fossero e
mi è quasi preso un colpo: l’orologio segnava 5.27 ed io ero stanca sì, ma dopo
tanti anni, un bello sfizio me l’ero tolta.
Però,
poco prima di cadere in un sonno ristoratore, mi sono tornati in mente due
occhi verdi e soprattutto il detentore di quegli occhi che salutava nel buio
della discoteca, chissà se stava davvero salutando me e chissà se almeno lui è
diverso da tutti... Sì, Virginia, pensa
ancora a lui, brava, è proprio un bel comportamento da persona matura che non
crede assolutamente nelle fiabe. Mi sono maledetta mentalmente due secondi e
con quei pensieri in testa mi sono addormentata.
Oh… merda? E’ la prima esclamazione dopo aver ripercorso
nella mia testa gli eventi della sera prima. Virginia, ora, fai il punto della situazione, so che puoi farcela: allora,
ho passato una meravigliosa nottata-mattinata, mi sono finalmente tolta un
grosso sfizio che avevo da una vita e, soprattutto signori e signore, sono libera! Tre a zero per me. La cosa che
più mi fa piacere però è la sensazione di libertà, perché non mi piacciono i
legami basati solo sul sesso o sullo pseudo-sesso,
conosco Cristian da una vita e so che quanto successo rimarrà tra noi, e poi è
stata una cosa solo di una notte, come avevamo già chiarito ancor prima di
iniziare. Quindi ritorno a respirare normalmente, mi stiracchio un po’ e mi
allungo e sento indolenzite un po’ tutte le articolazioni, è
quell’indolenzimento che piace e che soprattutto ricorda le belle azioni della
notte passata. Cavolo però, è bravo, il
signor Cristian... Mi è appena tornata in mente una cosa decisamente da
censurare che però mi farà compagnia per il resto della giornata e soprattutto
che mi terrà di buon umore per tutto il giorno. E’ bravo sì, ora capisco anche
tutto l’attaccamento di Paola che prova a farlo capitolare da anni senza
riuscirci, deve aver sentito anche lei le voce di corridoio. A proposito di lei,
spero abbia dormito profondamente tutta la notte dato che aveva da recuperare
un po’ di ore di sonno.
Riprendo
contatto con la realtà, decido quindi di aprire definitivamente gli occhi e di
mettermi a sedere sul letto, certi pensieri fanno svegliare meglio e di
buon’umore più di una tazza gigante di caffè.
Cristian
si sta svegliando proprio in questo momento «Bu… Bu... Buongiooorno» dice
sbadigliando.
«Buon
giorno a lei, cos’è il risveglio dell’orso bruno?» chiedo io e in tempo zero mi
afferra per i fianchi, mi atterra e inizia con la solita tortura del solletico.
La storia dell’orso bruno va avanti ormai da una decina d’anni e lui reagisce
sempre allo stesso modo: solletico.
«Cris!
Per favore basta! Mi arrendo!» affermo io senza fiato.
Dopo
svariati minuti di solletico e risate, Cristian si blocca improvvisamente, mi
guarda fisso negli occhi e sussurra «Buon giorno, Vi.» e deposita un bacio su
una mia guancia che ovviamente di tinge di rosso.
«Buon
giorno a te.» chissà come mai le parole risultano un po’ più basse e
strascicate di quello che in realtà volevo far sembrare. Credo che per entrambi
sia stato, almeno in piccola parte, strano risvegliarsi insieme dopo che è
effettivamente successo qualcosa tra di noi dopo tutto quel tempo.
Dalla
cucina arriva un solito e molto familiare frastuono, che da un paio di
settimane a questa parte accompagna la sveglia di tutti gli abitanti della casa
e che a me fa sorridere molto, evidentemente qualche anima pia, molto
probabilmente Carlotta, sta preparando con la sua solita meticolosità latte, caffè,
the, succhi di frutta, brioches, fette biscottate e biscotti per la colazione
in maniera impeccabile, alla Pinterest
per intenderci. E ogni mattina Carlotta, una volta completata la sua opera,
postava innumerevoli foto su Instagram dove riceveva moltissimi “like”.
Come
un tornado Mirko apre la porta della sala esclamando un «Buon gioooorno
dormiglioni! Forza belli addormentati, è ora di fare colazione! Forza, forza!»
Carlotta
e Mirko, sono una coppia meravigliosa, e sono entrambi davvero adorabili. Carlotta
è dolcissima, calmissima e si preoccupa sempre per tutti, Mirko invece è una
sorta di uragano, sempre allegro e riesce a far sorridere tutti alla mattina, e
non tutti sono particolarmente inclini ad essere felici e vivaci alla mattina.
Sono una coppia davvero molto tenera e dopo tanti anni di amore platonico, due
anni fa si sono finalmente dichiarati, prima avevano paura della distanza ma
ora, frequentando la stessa università, vivono nella stessa città e sono
felicissimi.
Mirko
entra completamente in sala, scruta bene tutti e si accorge della presenza di
Paola sul divano.
Guarda
con aria mista tra il curioso, l’enigmatico e il super divertito me e Cristian
e dice facendo cenno a Paola «Ma, lei che cosa ci fa qui che non c’entra
nulla?»
Cristian
lo guarda, alza gli occhi al cielo e borbotta un «Bho, sai che mi tiene
d’occhio.»
Decido
io di rispondere dando una spiegazione più concreta ed esaustiva «Si è
addormentata qui dopo le magnifiche ventiquattro ore che ha passato in hotel!»
Adesso
sia Cristian che Mirko ridono quasi sguaiatamente pensando a una Paola mezza
nuda che ci dà dentro con quello sconosciuto, come fosse una cosa assolutamente
normale per tutti, o almeno, è una cosa molto normale nell’universo di Paola.
Ogni
volta che dico o penso alla parola “sconosciuto” mi tornano in mente due occhi
verdi. Chissà se si è accorto di me, però era proprio un bel sogno a occhi
aperti.
Ritorno
alla realtà subito dopo e mi alzo dal letto condiviso con Cristian per una
notte, mi fa cenno di andare e trascinare via dalla sala Mirko, poco prima mi aveva
sussurrato «Sono completamente nudo sotto il lenzuolo. Mi sistemo e arrivo.» E
subito l’immagine di un Cristian come mamma l’ha fatto mi è balenata in testa. Virginia, sai come continuare ad avere un
bel sorriso in faccia tutto il giorno: pensando e avendo in testa certe cose.
«Iniziamo
ad andare di là, ma non svegliamo Paola che sarà stravolta, conoscendola» dico
a Mirko molto divertito, dirigendolo verso la cucina.
Il
profumo di caffè che aleggia in cucina mi fa sentire proprio a casa, vedo
Carlotta che ormai è una specie di mamma che si prende cura di noi e dico «Carlotta,
adoro quando prepari tu il caffè. Ha un qualcosa in più.”
Lei
sorride, dà un bacio veloce a Mirko e mi risponde «Vi, lo so che vivresti solo
a caffè, l’ho preparato come piace a te, ma promettimi che mangi anche qualche
biscottino o uno yogurt. La colazione è il pasto che dà più energia, mi
raccomando, lo sai.»
«Va
bene, mamma.» le rispondo io con una
smorfia.
«Sì,
ricordati che poi con ‘mamma’ ci fai una bella chiacchieratina.» risponde
facendo l’occhiolino. Che abbia già intuito tutto? Anche se non penso che sia
così palese. Ma conoscendomi può sospettare qualcosa dal mio strano sorriso
mattutino pre-caffè.
«Dopo
il caffè.» borbotto affondando il naso nella gigantesca tazza fumante del mio
liquido preferito. Credo proprio che mi servirà per affrontare al meglio la
giornata. Quello più i pensieri colorati della notte passata.
Cristian
sta arrivando in cucina, Paola dorme beata sul divano, Carlotta e Mirko sono
qui… Mancano ben tre persone all’appello: Valeria, Giorgio e Alessandro, due
fratelli patiti per il calcio più la ragazza del primo.
«Ma
i bros e Vale dove sono?» chiedo poco
dopo a Carlotta che sicuramente ne è al corrente.
«A
correre, ovviamente! I bros tra un
po’ inizieranno la preparazione atletica e vogliono già essere allenati per non
sfigurare. E Vale non può fare altro che fare da coach!»
«Che
bravi ragazzi! Dovrei proprio andare con loro qualche volta.» dico io con un
sospiro. Dovrei proprio iniziare a correre con loro, in tempo zero sarei in
super forma ma la mia costante pigrizia me lo continua a impedire.
Fa
il suo ingresso in cucina a petto nudo Cristian ispirando il profumo di caffè e
chiedendo «Facciamo colazione o aspettiamo gli altri?»
«No
no, colazioniamo pure. Vi ha già iniziato a drogarsi di caffè, come puoi ben
vedere, e poi ci sono tutte le tue scandalose foto del compleanno da vedere sul
pc!» risponde prontamente Mirko con un sorriso sornione.
«Ottima
idea Mirko! Io non le ho ancora viste!» prendo subito la palla al balzo e
soprattutto sono decisamente curiosa di vederle tutte. Ma proprio tutte. Chissà
se trovo il ragazzo sconosciuto in qualche foto… Basta Virginia però, basta illudersi. Lui è praticamente scomparso e
con molta probabilità non stava né guardando né salutando te, l’alcol fa brutti
scherzi lo sai. Ok, devo anche smettere
di parlare con me stessa.
Con
la pancia piena e il caffè che finalmente mi scorre nelle vene sono decisamente
pronta per affrontare la missione “foto”. Siamo tutti e quattro davanti allo
schermo del portatile di Mirko, Paola dorme ancora e gli altri tre non sono
ancora tornati dalla corsa. Sono un po’ irrequieta, e non posso non esserlo. Ti prego, ti prego, ti prego… Fai che non
mi sono immaginata niente, fai che ci sia lui almeno in una foto. Ma anche di
sfuggita. Un pezzo di lui. Muta preghiera la mia, inutile a dire il vero
dato che siamo già alla cinquantesima foto della serata e di lui non c’è alcuna
traccia. Mi sono persino messa gli occhiali da vista per osservare meglio ogni
singola immagine, ogni singolo frammento, ma è inutile, semplicemente inutile,
la fortuna non è dalla mia.
«Vi,
tesoro, ma stai ascoltando?» oh cavolo, di che cosa mi stava parlando Carlotta?
«Mmm.
No. Scusatemi, ero soprappensiero» dico togliendomi gli occhiali.
«Mirko
ti ha chiesto se hai riconosciuto Marco nelle foto.» dice tranquillamente
Cristian.
«Marco?
Ma il Marco nostro? Marco era alla festa di Cristian?» chiedo con aria piacevolmente
stupita, non ci avevo proprio fatto caso della sua presenza al compleanno di
Cristian e nelle foto ho guardato tutto tranne che facce conosciute.
«Dai
Vi, non ti sei accorta che stavamo parlando con dei ragazzi? E poi c’era il
nostro Ale che stava parlando con uno...» lascia la frase a metà Carlotta con
una faccia speranzosa. Allora non mi ero immaginata dei ragazzi vicino ai
divanetti dove erano loro. Prosegue il discorso con «…ecco, c’era Marco con dei
suoi amici, Andrea, Alberto e Matteo.» Toh,
che bel nome Matteo. Mi è sempre piaciuto. «E poi Marco e Ale si sono finalmente
parlati a lungo» sospira infine lei.
«Tu
stavi ballando con me.» ammette Cristian sorridendo.
Guardo
Cristian negli occhi, mi volto verso gli altri e cerco di sdrammatizzare alzando
le mani in alto in senso di resa e dico «Ero giustificata!» Ci guardiamo e
scoppiamo subito a ridere. Che peccato non aver rivisto Marco, era da
tantissimo tempo che non tornava al mare.
Ore 02:48
Sospetto
che sia molto tardi. Ma davvero molto tardi. Continuo a girarmi e rigirarmi nel
letto. Do un’occhiata allo schermo del cellulare e segna le 02:48. Merda, stasera non riesco proprio a
prendere sonno. Questa notte ha deciso di dormire con me Carlotta, anche se forse
con Cristian sarei riuscita ad addormentarmi subito. Ma dopo la chiacchierata
pomeridiana sulla spiaggia con Carlotta, nella quale si è complimentata a lungo
per la mia notte precedente «Vi, finalmente, cavolo! Erano… anni che te lo
dicevo? Ti sei tolta uno di quegli sfizi enormi, brava!» mi ha anche chiesto
del perché ultimamente rimango troppo spesso immersa nei miei pensieri e così
le ho raccontato di quel ragazzo della discoteca e dei suoi occhi verde
smeraldo. «Vi, ma sei sicura che non stesse guardando proprio te? Io la
guarderei una come te in discoteca, e anche fuori, ad essere molto sincera. Non
ti valorizzi abbastanza, tesoro.» e prima che potessi ribattere qualcosa mi ha
fermato con uno «Stanotte per togliere i brutti pensieri dormo con te. E te lo
dico io, lo rivedrai, vedrai...» non ho potuto fare altro che abbracciare
stretta stretta Carlotta e le ho risposto con una smorfia divertita «Sì, certo.
Nei miei sogni!»
Dopo
quella frase, il karma ha deciso di punirmi. Il presupposto per sognare una
persona sarebbe quello di addormentarsi e addentrarsi nella fase REM o quinta
fase del sonno. Ma stanotte ha deciso per me l’insonnia e i pensieri. Questa
notte c’è il vuoto dentro di me, neanche la presenza di Carlotta può alleviare
questo strano senso di solitudine.
La
mia mente decide quindi di tornare a quella sera, ai tratti del suo viso, al
suo sorriso, al suo collo, alle sue spalle larghe, alla sua altezza, e poi al
suo viso e ai suoi capelli mori mezzi spettinati e infine loro… La parte
migliore: gli occhi, quegli occhi così verdi che mi hanno decisamente sconvolta
e scombussolata. Fin troppo, Virginia, non
puoi continuare così. La mia razionalità torna a galla rapidamente. Dovrei
proprio smetterla di pensare alle cose più strampalate e soprattutto impossibili.
Non posso pretendere che una persona così sconosciuta in discoteca mi possa
quasi togliere il sonno. Devo però cercare di essere il più realista possibile
e soprattutto convincermi che lui non
stesse guardando me. I miei sentimenti questa volta volevano uscire,
volevano provare a prendere una boccata d’aria, volevo fare un qualcosa di
diverso. E invece no, non posso permetterlo. Basta illusioni e basta sognare Virginia, o forse non proprio basta sognare, cerca di sognare cose fattibili e
realizzabili.
E
con questo pensiero, chiudo gli occhi e decido di dormire.
M’s POV.
Ore 2:51
Mi
sveglio di quasi soprassalto con una strana sensazione addosso, qualcosa non va. Non va questo senso di
vuoto che sento alla bocca dello stomaco, non va questo senso di solitudine e
di tristezza che aleggia dentro di me questa notte.
Per
cercare di calmarmi il più possibile e mandare via quella sensazione, ripenso a
lei. Occhi meravigliosi, corpo da
favola e sorriso da infarto. Sorrido a me stesso e mi maledico perché avrei
potuto osare di più quella sera e non un semplice mezzo saluto da perfetto
idiota con una mano a mezz’aria. Matteo,
sei proprio un cretino. L’unica occasione che mi capita dopo molto tempo, l’ho
praticamente buttata via in tempo zero. Anche se lei era chiaramente fidanzata.
Che poi, chissenefrega dell’essere fidanzata, mi sarei impegnato con ogni
singola molecola del mio essere per poterla conquistare e provare a renderla
felice.
“One
way. Or Another. I’m gonna find ya.”
“One way. Or Another. I'm
gonna see ya.”
Mi
tornano in mente le parole di una vecchia canzone che ho sentito questa notte
in un pub, sorseggiando una birra con Marco e Andrea e parlando di tutto quello
che ci aspetta nei prossimi mesi. Alberto è finalmente tornato a casa super
mortificato per le figure da cioccolataio che ha fatto grazie all’alcol durante
questo folle weekend.
Spero di poterti trovare e
rivedere con tutto me stesso, ragazza sconosciuta. Negli ultimi giorni non ho fatto altro
che pensare a lei, ai suoi occhi scuri, alle sue labbra e al suo corpo. E ogni
volta che capitava, il respiro e il calore del mio corpo aumentavano. Mi sto
veramente rincoglionendo come un cretino per una ragazza che non ho neanche
conosciuto. Andiamo alla grande, insomma. Forse sarebbe ora di dormire, così chiudo
gli occhi e ripenso a lei, e mi calmo anche.
Sì, in un modo o in un
altro, ti rivedrò. Dico a
me stesso in maniera molto determinata prima di cadere in un sonno profondo.
**
Buona sera a tutti! Come
promesso, sono tornata dopo una settimana con il secondo capitolo di “Inaspettatamente”
o meglio ribattezzata “Schiffy”. E niente, abbiamo avuto un capitolo strano, lo
so. Virginia con Cristian che si toglie “un piccolo sfizio” e Matteo che beve
birra e ascolta musica strana al pub che gli fa avere pensieri strani. A
proposito di musica, il titolo del capitolo e una piccola parte di canzone è “One
Way Or Another” di Blondie. (E sì, lo so che c’è anche in versione One Direction,
ma quella di Blondie rimane la classica. Oltre a quella cantata da Veronica
Mars.) Spero che questo secondo capitolo sia di vostro gradimento. Grazie per
essere passati di qui e aver letto questo capitolo. Come sempre, lavoro e
impegni vari a parte (la settimana prossima parto per i Campionati Italiani di
Nuoto Master a Riccione) dovrei riuscire a pubblicare il prossimo capitolo tra
una settimana. Spero che questi Matteo e Virginia in “versione 2016” vi
piacciano come piacciono a me perché, devo ammettere, riscrivere di loro mi sta
piacendo troppo! Grazie mille ancora, dal profondo del mio cuore.
Un abbraccio e a presto!
E.
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Capitolo 3 *** Again Again ***
INASPETTATAMENTE_ cap 3
Again Again - Capitolo 3
31 Agosto.
Ore 11:02.
M’s POV.
Spesso
l’ultimo giorno di agosto viene percepito da tutte le persone con estrema
diffidenza, forse perché è proprio l’ultimo o forse perché simboleggia la fine
del mese delle vacanze, però a me è sempre piaciuto. Questo sarà l’ultimo
giorno della mia permanenza qui, il mio ultimo giorno di “vacanza”, il mio ultimo
giorno di mare.
Ho
passato una ventina di giorni in vacanza in compagnia di due pazzi, i miei migliori
amici, i miei “fratelli non di sangue” come li chiamo io. Due pazzi, più uno,
che si è aggiunto solo un weekend portando e creando scompiglio a sufficienza. I
due matti sono Marco e Andrea, che hanno deciso di trascinarmi al mare dopo un
inverno passato sui libri a studiare e, soprattutto, dopo che in primavera la
mia ex Barbara, mi aveva lasciato per stare con Lucio, nostro ex amico. La
storia con Barbara è durata poco, anche perché dopo quattro mesi che stavamo
insieme, ho scoperto solo in seguito, che da cinque, l’ex amico nostro Lucio e
la mia ex Barbara si vedevano molto spesso, soprattutto durante l’orario
notturno. Evidentemente io ero troppo preso dai miei esami e dai miei libri per
accorgermi di tutto. Ad essere molto sincero, devo ammettere che di lei non
m’importava più di tanto, è brutto da dire lo so, ma Barbara era una sorta di
passatempo per alcuni weekend, non ci vedevamo molto e quindi non mi sono
subito reso conto di com’era realmente la situazione e di quello che lei faceva
di notte con Lucio. Barbara evidentemente aveva bisogno di più attenzioni, che
io, in quel momento non potevo né volevo dedicarle. Certo, non era una brutta
ragazza, aveva i capelli lunghi e biondi e gli occhi azzurri, ma mi sono
accorto dopo qualche tempo che in realtà era solo un’oca. Ero rimasto infatuato
dal suo aspetto, certamente, e mi andava bene così. La cosa che mi ha dato più
fastidio è stato il “tradimento” di Lucio, ha litigato animatamente sia con
Marco che con Andrea e in seguito non si è più fatto vedere, ha preso la sua
strada con Barbara che, dopo che stava con lui mi ha chiesto se potevamo
vederci di notte perché aveva bisogno di qualcuno con cui fare attività fisica
“da letto”, chiaramente ho declinato l’invito, conoscendo ormai la ragazza.
Questi
venti giorni sono stati indimenticabili e soprattutto terapeutici: mi sono
rilassato, mi sono divertito, mi sono gettato alle spalle i brutti pensieri, ho
riacquistato le energie perdute, ho creato un legame ancora più profondo con i
miei compagni di viaggio e soprattutto, inaspettatamente, il mio cuore ha
ripreso a battere e si è riempito di speranza. Lo so, sono consapevole di
essere un inguaribile romantico e cretino e che lei sia un’emerita sconosciuta
ma, è successo e basta. Il mio cuore ora non è solamente un muscolo nella cassa
toracica. Lo so, sembro un perfetto idiota tredicenne in piena cotta pieno di
ormoni che volano per un’attrice famosa che non conosce. La cosa positiva per
il tredicenne è che può cercarla su internet, guardare e riguardare infinite
volte i suoi film e farsi milioni di castelli in aria. Sì, lo so, fa molto Hugh
Grant che osserva completamente rapito Julia Roberts in “Notting Hill”. Peccato
però, che la mia lei, non abbia un nome che possa cercare sui vari social
network. Non posso neanche inventarmelo anche perché alla fine, è solo una
sconosciuta.
“Una
sconosciuta che però hai cercato ovunque” mi ricorda amaramente la voce della
conoscenza. E’ vero, l’ho cercata praticamente ovunque. Ho chiesto a Marco e
Andrea se l’avessero vista quella sera in discoteca, ho provato a descriverla
minuziosamente ai due, ma mi hanno risposto scuotendo la testa e chiedendomi se
per caso me la fossi immaginata. Ho persino cercato tra le tutte le foto
ufficiali della serata sul sito del fotografo ma il risultato è stato sempre il
medesimo: nulla. Infine, per non darmi completamente per vinto, ho deciso di
vagare da solo per la città, sono andati in alcuni locali dove lei avrebbe
potuto esserci, ma mai una volta che la ruota sia girata per il mio senso
giusto. Caro karma, che cosa ti ho fatto di male? So di essermi completamente
rincoglionito, anche perché non mi era mai successa una cosa del genere. Voler
conoscere così tanto una ragazza? Mai nella vita! Eppure, quanto mi piacerebbe
rivederla o anche parlarle, quanto mi piacerebbe… Sì, siamo onesti Matteo, ti
piacerebbe fare qualsiasi cosa con lei.
Le
mie valigie sono già pronte, i miei adorati libri già nello zaino, invece quei
due casinisti di Marco e Andrea devono ancora iniziare tutto e stanno girando
per la casa come due uragani. Spostano qualsiasi cosa, raccolgono vestiti,
mutande e magliette che avevano abbandonato ovunque. Li guardo, e con un
sorriso divertito scrollando la testa dico «Certo che non cambierete mai voi
due!» si fermano per un momento, mi guardano e scoppiano a ridere. In anni e
anni di vacanze o weekend avventurosi insieme, io sono sempre stato quello
mediamente ordinato, loro mai. Perdono costantemente rasoi per la barba,
costumi da bagno, asciugamani, creme solari, shampoo e sì, anche misteriose
pinzette delle sopracciglia di Marco, in giro per casa durante i giorni di
permanenza, e alla fine setacciano casa come degli speleologi nelle grotte.
Marco
è moro con occhi scuri mentre Andrea è biondo con gli occhi chiari, si
compensano molto fisicamente. Caratterialmente sono identici, due vivacissimi
uragani che ti stravolgono la vita con un’unica differenza: uno è attratto
dagli uomini e l’altro dalle donne. Ci conosciamo da una vita, eravamo nella
stessa classe alle elementari ma da allora siamo cresciuti molto, tante cose
sono cambiate, soprattutto a causa dei vari trasferimenti, la cosa bella è che siamo
rimasti sempre in contatto e abbiamo deciso di trascorrere le vacanze insieme. Settembre
porterà con sé, oltre all’aria fresca preautunnale, molti cambiamenti: Andrea,
che prima abitava poco distante da casa mia, proverà a convivere con la sua
ragazza storica andando molto lontano dalla sua attuale abitazione, invece
Marco tornerà nella stessa città in cui abito perché i suoi hanno finalmente
deciso di far ritorno nella vecchia casa. Un amico che prova a realizzare il
suo sogno di creare una famiglia stabile che se ne va, e un altro amico che
ritorna…
Quest’anno
avrò quindi la possibilità di vedere Marco quasi ogni giorno. Ci siamo entrambi
laureati in lettere e ora stiamo facendo la laurea magistrale: ho scelto
letterature europee e americane per la grande passione che nutro verso di esse,
mentre Marco ha scelto lettere classiche e storia antica, manca ad entrambi
l’ultimo anno e siamo molto elettrizzati. Con Andrea, nonostante abitassimo
nella stessa città, non ci vedevamo spesso anche perché lui era al Politecnico
a studiare ingegneria meccanica che si trova giusto dalla parte opposta della
città rispetto alla mia università.
«Matte,
facci un bel favore, dato che sei qui e non sei di aiuto per noi, fatti un giro
e poi torna che così partiamo» dice un concentratissimo Andrea lanciando capi
d’abbigliamento nella sua valigia.
«Ultimamente
sei pensieroso, sembri quasi una ragazzina» aggiunge Marco con un sorriso
sornione.
«Dici?
Andiamo a fare shopping insieme allora?» chiedo io cercando di sdrammatizzare.
So benissimo di essere leggermente più pensieroso del solito negli ultimi
giorni.
«Quando
vuoi, tesoro. Fatti un giro e poi torna che devi guidare» dice Marco
continuando a sghignazzare.
«Chiamatemi
quando avete finito di trovare tutte le cose che avete lasciato in giro!» e
così dicendo esco di casa.
Decido
quindi di godermi le ultime ore di “aria buona” del mare, conscio che mi
attenderà un anno davvero molto pesante e pieno di impegni. Marco e Andrea
volevano partire per l’orario di pranzo, «Dobbiamo fare una partenza
intelligente, cari i miei ragazzi!» aveva esclamato Marco qualche giorno prima
e così dovremmo fare, se i due terremoti si muovessero con le valigie e
soprattutto se riuscissero a sistemare tutto senza distruggere o radere al
suolo la casa. Do un’occhiata all’orologio al polso e leggo 12.27, decido di
dirigermi verso uno dei viali pieni di bar e tavole fredde e calde che sono
sempre invasi da persone che fanno l’aperitivo a tutte le ore del giorno. E il
bello è proprio questo, il motto delle persone in vacanza che fanno aperitivo
sempre è che “da qualche parte nel mondo è già ora di fare aperitivo!”. Inoltre,
una cosa che adoro fare è osservare la gente per la strada, in giro, nei bar, e
cercare di capire la storia, quello che pensano e soprattutto i segreti che
ognuno di loro cerca di nascondere. Lo so, è una di quelle cosa che chi ha
letto decisamente troppi libri fa, ma non mi stanco mai...
V’s POV.
«Viiii
svegliatiiii» la voce di Carlotta rimbomba nelle mie orecchie e
mi sveglia
all’improvviso. Cavolo, stavo sognando qualcosa di molto
interessante. Apro gli
occhi, la fulmino leggermente e prima di andarsene mi sussurra un
«Scusami tesoro,
ma ho dovuto! Il caffè è pronto!» la perdono
mentalmente, soprattutto per il
caffè, ma perché è così attiva? Ah
sì, oggi è l’ultimo giorno qui al mare e Carlotta
è una di quelle persone che sono perennemente elettrizzate gli
ultimi giorni di
qualsiasi cosa, basa che siano gli ultimi.
Socchiudo
gli occhi, mi giro e vado involontariamente contro dei pettorali. «Persona
meravigliosa, svegliati! C’è il caffè e dobbiamo sistemare le ultime cose.
Inoltre c’è il rito dell’ultimo aperitivo». Ok, punto primo Cristian deve
smetterla di chiamarmi in quei modi così gentili, non ci sono abituata, per lui
sono diventata “meraviglia” dopo quella nottata passata insieme e mi chiama
così quando siamo soli e la cosa non va poi così bene, soprattutto per la mia
sanità mentale, e soprattutto perché è stata solo una notte come è stato più
volte ribadito da Cristian stesso; punto secondo se continua ad accarezzarmi i
capelli mi fa riaddormentare al posto di rendermi attiva.
Apro
gli occhi, lo guardo e gli sussurro un «Buon giorno. Ma tu che ci fai qui? Perché
non mi ricordo che abbiamo dormito insieme?», Cristian sorride e mi risponde «Sei
crollata sul matrimoniale di Carlotta e Mirko dopo aver preparato le valigie, sai,
loro avevano altro da fare... Così ti ho presa in braccio e ho dormito con te!».
Apro la bocca in una O muta di stupore appena prosegue «Sembravi così in pace
addormentata che nessuno ha trovato il coraggio di svegliarti».
Oh
che tenerezza. «Grazie allora, Cri. Ero stavolta!» gli rispondo con un sorriso
piuttosto imbarazzato.
«Mi
mancherai Vi. Grazie a te la mia estate è stata meravigliosa» dice Cristian
abbracciandomi di slancio.
Non
posso fare altro che contraccambiare l’abbraccio e stringerlo forte.
Quest’inverno aveva vissuto davvero molto male il divorzio dei suoi che è stato
davvero complicato e non sapeva neanche se ce l’avrebbe fatta a fare le vacanze
con tutti noi al mare. Per quanto mi è stato possibile l’ho aiutato, nonostante
la distanza e nonostante i nostri impegni universitari. Ma per lui è stato un
duro colpo. I suoi si sono separati dopo anni di tradimenti da ambedue le
parti, lui qualcosa aveva sempre sospettato ma quando ne ha avuto la certezza,
e soprattutto è stato certo che la scelta di entrambi era divorziare è letteralmente
crollato. Caratterialmente, appare il classico maschio alfa dominante sempre
perennemente sicuro di sé, ma se una persona riesce a conoscerlo bene fino in
fondo, capisce che il suo essere così insicuro e il non volersi mettere in
gioco completamente in “amore” è dettato da questo, spero che possa trovare
qualcuno che sia perfetto per lui.
Mi
dà un bacio sulla guancia e una lacrima decide di fare capolino nei miei occhi.
Non mi sono mai piaciuti gli addii e quest’estate è stata per tanti motivi
molto più intensa di tutte quelle passate, in aggiunta dire addio, non sono a
lui ma a metà dei miei coinquilini “estivi” che ritorneranno lontano, non è
facile.
«Qui
si piange già! Sono solo le undici del mattino, e Virginia piange! Si inizia
proprio bene!» dice Mirko entrando in sala.
«Zitto
tu! Che piangi sempre anche tu!» gli rispondo io prendendolo in giro, dentro il
tornado di ragazzo che è si nasconde un animo sensibilissimo.
«Ragazzi
forza! Alzatevi tutti che ci aspetta l’ultimo aperitivo!» dice Carlotta che
passa saltellando dalla cucina alla sala.
L’“ultimo
aperitivo”, che detto così sembra piuttosto tragico lo so, è un rito che ogni
anno organizziamo l’ultimo giorno prima della partenza di tutti da circa sei
anni. A turno, uno alla volta, si brinda a un qualcosa che deve per forza
andare bene durante quell’anno durante il quale non ci si può vedere tutti
insieme. Ovviamente con chi è vicino è più semplice continuare la
frequentazione, ma purtroppo non è per tutti possibile. L’anno scorso io ho
brindato alla possibilità di laurearmi giusta e perfetta alla mia laurea
triennale in psicologia, e così è stato. E’ un rito scaramantico a cui tutti
teniamo e spesso scende anche qualche lacrima. Non è facile dire a voce alta un
desiderio tuo personale così intimo, che speri che vada bene, ecco perché ogni
tanto scende qualche lacrima e soprattutto ci teniamo tutti moltissimo.
..
Ore 12:09
Casa
chiusa e pulita, valigie già stipate nelle varie macchine, sono pronta, un po’
meno per partire, vestita e profumata per l’ultimo aperitivo nel solito bar.
Durante
il tragitto prende la parola Alessandro esordendo con un «Ma lo sapete torna a
casa Marco?».
«In
che senso?» chiede Mirko.
«Sai
alla festa di Cristian? Quando abbiamo parlato, mi ha detto che tornava nella
vecchia casa con i suoi, quindi, magari quest’anno si potrebbe organizzare una
pizzata con tutti!» continua Alessandro pieno d’iniziativa. Posso capirlo, e lo
capiamo tutti, per lui Marco è stato il suo primo grande amore. Erano
inseparabili quando erano più piccoli, ma la distanza data dal trasferimento di
Marco li ha divisi e separati e la situazione non era della più semplici.
«Splendida
idea! Ho intenzione di vedervi tutti durante l’inverno almeno una volta!» dice
Carlotta super entusiasta.
«Ci
sto anche io! Vedrò tutti voi e poi è da una vita che non vedo Marco!» rispondo
io sorridendo.
«Ehi,
Vi, guarda che sono geloso...» ribatte un Alessandro tutto sognante ed euforico.
..
Ore 12:23
Finalmente
tutti e otto siamo seduti al solito tavolo che è sempre quello da sei anni,
stiamo mangiando patatine e noccioline mentre attendiamo i soliti cocktail
della casa.
«Allora
vogliamo iniziare?» chiede tutta contenta Carlotta non appena il cameriere
deposita l’ordinazione sul tavolo.
«Inizio
io! Inizio io!» ecco la solita frase di Paola, che come ogni anno, vuole sempre
iniziare lei. Da tradizione è così, e io di certo non ho intenzione di cambiare
i rituali.
Scoppiamo
tutti a ridere, conosciamo perfettamente la passione di Paola e sappiamo qual è
il suo desiderio per quell’anno, forse perché non ha parlato di altro durante i
giorni della vacanza.
«Voglio
sfondare in tv e voglio avere una carriera perfetta come modella» dice lei
tutta orgogliosa tutto d’un fiato. Come desiderio a mio parere non è un gran
che, ma sua madre è stata una famosa modella e suo padre è un produttore
televisivo, quindi prima o poi sfonderà in tv. La carriera da modella l’ha già
iniziata da svariati anni e ha tutte le carte in regola per proseguire sulla
stessa strada.
«Come
sempre Pa!» le dice Alessandro, il nostro futuro calciatore omosessuale più
sexy del mondo, così lo chiama suo fratello Giorgio. Dopo Paola è proprio il
suo turno, e spera di non farsi male giocando a calcio quest’anno; poi è il
turno di Giorgio che si volta verso Valeria, la sua ragazza e dice «Ecco Vale,
io credo che sia il momento giusto per chiedertelo. Visto che bisogna dire un
proprio desiderio, ecco io… Vorrei convivere con te!», la risposta da parte di
Valeria arriva subito e non si fa attendere: «Visto che tocca a me, vorrei
tanto andare a convivere con Giorgio. Quindi sì, conviviamo!» e dopo questo si
danno un dolcissimo bacio, felicissimi ed emozionati.
Poi
è il turno di Mirko che spera di avere sempre vicino «In tutti sensi sia
chiaro, non sopporto più le distanze» la sua Carlotta, e lei dopo essersi
commossa per le parole del suo ragazzo, spera di laurearsi quest’anno in tempo
senza andare fuori corso. Capisco il desiderio di Carlotta, laurearsi è una
grande soddisfazione personale e poi per quanto riguarda il discorso “amore” ci
ha già pensato Mirko!
Ora,
come ogni anno, manchiamo solo io e Cristian.
«Dai
Cri! Tocca a te!» gli sussurro con un sorriso incoraggiante.
«Ecco,
io spero... Che tutto possa andare bene.» dice un Cristian nettamente in
imbarazzo. Scende un’altra lacrima sul mio viso alle sue parole, spero davvero
che per lui possa andare tutto bene. Ma davvero tutto. E chissà, forse il mio
fratellone sta davvero crescendo! Dopotutto lo scorso anno aveva desiderato di
farsi tutte le ragazze possibili e inimmaginabili!
«Dai
geniaccio, asciugati quella lacrimuccia e manca solo il tuo!» mi dice un’altrettanta
commossa dalle parole di Cristian, Carlotta.
«Allora,
io vado sul semplice! Spero che questo primo anno di laurea magistrale vada davvero
molto bene!», dopo i tre anni di psicologia ho scelto la specializzazione in “psicologia
clinica”. Ho deciso un desiderio realistico, semplice, in più l’anno prima
aveva portato molto bene! Contemporaneamente a quelle parole, mi è tornato in
mente uno sconosciuto. Così prima del brindisi collettivo, aggiungo mentalmente
«Spero tanto di rivederti…»
Ma
quelle parole di speranza, rimangono come un groppo in gola. Sai che non è possibile Virginia, dice
una vocina dentro di me.
Oppure
chissà, forse sì.
M’s POV.
Tutta
questa gente che siede ai tavoli e fa l’aperitivo mi piace. Mi creano allegria
nonostante sia una giornata di fine estate, non solo per me, ma anche per molti
di loro. Credo che oggi poi la maggior parte delle persone tornerà a casa. Ma quanta
gente c’è? Tantissima, davvero tantissima! Sto maledicendo mentalmente Andrea e
Marco e la loro disorganizzazione nel fare le valigie, maledico persino l’idea
di Marco della sua partenza intelligente, avremmo potuto passare l’orario
aperitivo pre-pranzo insieme a tutte queste persone bevendo magari dell’ottima
sangria e godendoci questo ultimo giorno d’agosto. Ci sono davvero moltissime
persone che quasi quasi mi chiedo, visto che c’è tutta questa gente, lei non è che per uno strano caso del
destino sia qui?
Decido
di sedermi su una panchina all’ombra, il sole di mezzogiorno e mezza batte
davvero forte e io sorseggio una Coca Cola ghiacciata per rinfrescarmi un po’. Da
un negozio alle mie spalle arriva la melodia di una canzone carina e che
soprattutto non avevo mai sentito.
Forse
qualcuno dall’alto mi ha ascoltato? Mi sembra di scorgere seduta a un tavolo
nel bar di fronte, con altre sette persone lei.
O meglio, mi sembra lei. Non è che è un sogno?
“And I can't have you, it isn't fair...”
E
pensa, non posso averti no. E non è giusto.
Ma sei davvero tu?
Credo
che la riconoscerei in mezzo a un milione di persone, solo che non mi sembra
vero.
Capelli
sciolti che si muovono grazie a un venticello fresco che preannuncia settembre,
una mano sposta delicatamente e dolcemente una ciocca che le era scivolata sul
viso. E che viso...
“When you're 'round, I lose myself inside
your mouth...”
Le
sue labbra meravigliose si distendono in un sorriso.
Mi
perdo nelle sue labbra carnose che vorrei baciare.
Sarà
che le canzoni fanno parte della vita e che riescono a capirti in ogni momento,
ma questa è decisamente azzeccatissima.
E
poi, lei si volta verso di me…
“You've got brown eyes... Like no one else...”
Tu
non hai due occhi normali, tu, cara la mia ragazza sconosciuta, hai una specie
di arma di distruzione di massa…
Non
ho mai visto in tutti i miei miseri quasi ventiquattro anni di vita degli occhi
così.
Ok,
Matteo dati una calmata.
Non
sei un ragazzino dodicenne in preda agli ormoni.
No,
non posso calmarmi... Lei è lì.
Decido
di alzarmi da quella panchina, voglio raggiungerla, voglio avvicinarmi a lei,
voglio capire cosa mi ha fatto, voglio almeno chiederle come si chiama.
“Again again... Again.”
Ti
vorrei vedere ancora, ti vorrei parlare,
vorrei poterti dire che da quella serata d’agosto non faccio altro che pensare
a un’emerita sconosciuta...
Mi
sto avvicinando rapidamente al bar, sto per varcare l’entrata e in un attimo...
Lei non c’è più.
Controllo
il tavolo dove l’avevo vista ma non c’è. Non c’è proprio. Di lei nessuna
traccia. Evidentemente non c’è mai stata.
Me
la sono immaginata?
Sì, l’hai decisamente
immaginata.
Merda, merda e ancora merda.
Maledetto
caldo, maledetti raggi solari e maledetta canzone in sottofondo.
V’s POV.
C’è
un’aria fresca che è come se segnasse la svolta di qualcosa, sarà forse colpa
della fine di agosto? Un’aria di svolta, sì. Sarà l’aperitivo o l’aria di
iniziare qualcosa di nuovo, ma è proprio bello. Decido di voltami e guardare un
po’ la gente intorno a me, mi affascina da “brava futura psicologa” osservare
le persone. Improvvisamente il mio sguardo si ferma su una persona su una
panchina.
Oh
cavolo.
Lo
vedo.
Vedo
due meravigliosi occhi verdi che mi stanno osservando. Vedo un meraviglioso
ragazzo che è ancora più meraviglioso di quanto ricordassi.
E’
lui, cavolo, è lui!
Virginia,
calmati.
«Carlotta
chiama Vi, Vi ci sei? Sei fra noi?» chiede Carlotta sventolando la mano davanti
ai miei occhi.
«Mi
assento un attimo, vado e torno. Giuro, in frettissima. Aspettatemi.» dico ai
miei sette amici che mi guardano con aria divertita.
Mi
alzo di scatto, strofino gli occhi come per accertarmi che lui sia ancora lì e
vedo che è ancora lì, passo di corsa dentro il bar, esco fuori...
Lui non c’è più.
Dura
e cruda realtà.
Lui non c’è.
M’s POV
«Allora
pensi di muoverti? Ho una ragazza dalla quale tornare, Matte!» mi dice Andrea
dall’altro capo del telefono.
«Matteo,
non dargli ascolto, è solo frustrato perché è da un po’ che non consuma...»
sento la voce di Marco.
«Sì,
arrivo!» dico a entrambi, chiudo la telefonata e mi incammino verso casa.
Merda,
il telefono squilla nei momenti meno opportuni. Sarei potuto entrare in quel
bar per accertarmi pienamente ed essere sicuro di essermela immaginata al cento
per cento ma la telefonata di quei due pazzi me l’ha impedito. Per una volta
che il destino sembrava sorridermi il cervello fa inutili schermi e proietta
immagini olografiche e mi fa immaginare lei.
Certo
che era proprio bella eh.
E
te la sei immaginata bene Matteo, bravo!
Stanotte
la sognerò, già lo so. E con questo pensiero, quasi arrivato a casa, mi torna
in mente quella canzone di prima “Again
again… Again.”.
Sì,
vorrei assolutamente vederti ancora.
**
Buona sera a tutti, chiedo
umilmente venia per non essere riuscita a pubblicare la scorsa settimana ma ero
via a fare i Campionati Italiani di Nuoto Master a Riccione e, purtroppo, tra
lavoro e impegni vari, sono riuscita solo questa sera a editare questo terzo
capitolo di “passaggio” e di chiusura dell’estate. Il destino ha deciso di
confondere le idee a Matteo e Virginia, e chissà se il karma sarà meno
stronzetto e riuscirà a farli finalmente conoscere e incontrare. Voi che ne
pensate? Un’ultima cosa, la canzone del capitolo è “Again again” di Lady Gaga
che è proprio bella e adatta al capitolo, secondo me. Come sempre, grazie se c’è
qualcuno che mi legge ed è tornato a leggere Virginia e Matteo in versione
2016, io mi sto divertendo moltissimo a scrivere e sistemare ed editare di
loro! Grazie, come sempre.
Un abbraccio e a presto!
E.
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Capitolo 4 *** Never Say Never ***
INASPETTATAMENTE_ cap.4
Perché ogni tanto, è proprio
quando meno te l’aspetti…
Never Say
Never – Capitolo 4
19 Gennaio.
Ore 11:32
V’s POV.
Ritardo.
Sono in ritardo, sono in netto ritardo, sono in un maledetto ritardo. E’ mai
possibile che quando ho una qualsiasi cosa da fare io sia sempre in ritardo? Evidentemente
sì, è colpa del karma o della Legge di Murphy rivisitata in “Se puoi essere in
ritardo, allora lo sarai sempre”. Alla fine, però, non credo che la colpa sia mia
dato che la lezione di Psicodiagnostica si è protratta a lungo e l’autobus non è
arrivato e ho dovuto fare la strada a piedi. Normalmente, mi scoccia molto arrivare
tardi e per di più quando non è colpa mia mi dà fastidio il triplo. Sono in
ritardo per il mio “appuntamento” con Marco. Chiaramente, non è un appuntamento
“vero” inteso come un primo appuntamento romantico con un ragazzo, il massimo
che potremmo fare entrambi è commentare con acidità o benevolenza tutti i
ragazzi che ci passano vicino, inoltre gli voglio un gran bene e dato che
abbiamo gli stessi gusti in campo sessuale, la nostra storia può solo avere
vita breve, anzi brevissima.
Da
quando si è trasferito ed è tornato nella vecchia casa ci vediamo spesso, le
nostre facoltà sono solo a un quarto d’ora di strada a piedi, o a quattro
minuti di autobus quando passa, e quindi abbiamo sfruttato la poca distanza per
riprendere i contatti dopo quella meravigliosa cena che avevamo fatto tutti insieme
ai ragazzi del mare a novembre. E’ stata una serata magica: Carlotta e Mirko
sono sempre più felici insieme e cerchiamo di vederci una o due volte al mese,
Paola è la solita Barbie ed era esaltatissima per una piccola comparsa in una
fiction, la convivenza di Giorgio e Valeria procede benissimo, Cristian l’ho
visto leggermente più sereno e Alessandro era nervosissimo perché avrebbe visto
Marco.
Da
dicembre, Marco e Alessandro sono ufficialmente una coppia. Io sono diventata la
psicologa-amica-consigliera soprattutto del primo della coppia. Ieri sera ho
ricevuto un suo messaggio su WhastApp con scritto “Mia psicologa, domani
avresti voglia di prendere un caffè e poi magari anche pranzare con un
fidanzato preoccupato?” non ho saputo dirgli di no anche perché mi ha offerto
caffè e pranzo, che sono delle cose che adoro fare con gli amici più fidati, inoltre
so che per lui ultimamente non è un buon periodo, tra lo studio in università
che è super tosto e i compagni di squadra di Alessandro che, secondo Marco, ci
provano spaventosamente con lui praticamente durante ogni allenamento, come
potrebbe il povero fidanzato non essere preoccupato?
Durante
i nostri incontri Marco ed io parliamo molto, è un migliore amico speciale, un
confidente davvero sincero e onesto che però ti dice che sei sexy e che fa scandalosi
apprezzamenti su di te, ovviamente non fondati e puramente inventati, e che sai
che non ci proverà mai. Quindi, uscire con Marco fa anche alzare la mia
autostima e soprattutto mi fa morire dal ridere. Mi ha sempre ripetuto un
milione di volte che mi vorrebbe presentare un suo amico che sarebbe perfetto
per me, ma purtroppo il ragazzo in questione è occupato da un paio di mesi. Scherzando,
gli ho risposto una volta «Ma non sono gelosa io, lo sai!», si è messo a ridere
e mi ha detto «Fidati Vi, vorrei che tu fossi felice e te lo meriti. Se solo
lui non stesse con quella là!». Sono ovviamente parole che scaldano il cuore.
E’ anche per questo che, per quanto ci è possibile e università permettendo, Marco
ed io riusciamo a vederci anche solo per un caffè di sfuggita, basta che ci
vediamo. Ma oggi sono in ritardo, cavolo. Odio esserlo perché mi dispiace fare
aspettare l’altra persona.
Vi, pensa a sbrigarti! mi dico inserendo le cuffiette dell’i-Pod
nelle orecchie.
“Some things we
don't talk about
better do without
and just hold a smile
falling in and out of love
a scene their proud of
together all the while”
Oggi,
nonostante sia gennaio inoltrato, c’è un bel sole pallido nel cielo, tra una
leggera aria fresca nei capelli e il sole che mi riscaldava il volto, non mi è
pesato minimante camminare per arrivare fin qua, inoltre un po’ di attività
fisica ogni tanto fa bene, quindi per fortuna che non sia passato l’autobus!
Eccomi finalmente arrivata alla “Facoltà di Lettere”. Ci sono. Sono arrivata
con un po’ di ritardo, ma ci sono. Guardo l’orologio al mio polso e leggo 11.48.
Ops, sono in ritardo di venti minuti.
Recupero
il telefono dalla borsa e scrivo a Marco “Marco
sono riuscita finalmente ad arrivare, dimmi dove sei che ti raggiungo!”,
povero fidanzato disperato, almeno l’avevo avvisato per tempo del mio ritardo.
La sua risposta non tarda ad arrivare “Sono
nel giardino interno, dove ci sono tutte le colonne romane, ti ricordi dov’è?
Io arrivo verso di te e tu verso di me e poi finalmente CAFFE’!”, ecco un
degno “collega” drogato di caffè. Ok, Virginia cerca di non perderti e fai
mente locale: portico con le colonne, portico con le colonne, mmm, il portico
con le colonne è di là a destra! Penso trionfante e mi incammino verso il
corridoio che porta al giardino.
M’s POV.
“Amoruccio buon giorno ancora un'altra volta.
Come stai? Dove sei? Hai finito la lezione? Ci vediamo? Ti ricordi il nostro
appuntamento? Vedo che non mi hai ancora risposto né hai letto!” sento le
ennesime notifiche di WhastApp, sono messaggi tutti da parte di Monica,
ringrazio mentalmente chi ha inventato la doppia spunta blu che così la ragazza
nota che non ho ancora letto, ringrazio la possibilità di poter togliere
l’ultimo accesso, ma ringrazio soprattutto chi ha creato le notifiche sullo
schermo in modo che io possa leggere in anteprima e soprattutto decidere di non
rispondere. Sa benissimo quanto mi diano fastidio gli ottomila messaggi al
minuto, e nonostante ciò e i litigi, Monica continua a farlo.
Le
avevo comunicato già ieri che avremmo pranzato insieme, dato che il mio compagno
di pranzi nonché amico e collega universitario Marco oggi doveva uscire con una
sua amica; ebbene, mi ha scaricato per una donna dicendomi «E’ la mia
psicologa, devo assolutamente bermi un caffè e poi pranzare con lei. E tu, caro
bell’imbusto, non sei invitato», così avevo colto l’occasione per pranzare con
Monica, e magari anche lasciarla... E’ da due mesi che più o meno ci
frequentiamo, lei studia filosofia, è alta, magrissima, bionda con gli occhi
azzurri, ma è troppo appiccicosa, è gelosissima, inoltre non provo un grande
interesse per lei, quindi la mia decisione sarebbe quella di lasciarla. Lo so,
sono uno stronzo, mi sono divertito in questi due mesi durante le poche volte
che ci siamo visti, però... Però è come se fossi in gabbia “Dove vai? Perché esci? Con chi esci?”,
non mi chiede più mia madre dove vado, con chi e quando torno, e me lo deve
chiedere una ragazza? Ho decisamente bisogno di altro. Lei non è “quella giusta”.
Quindi avrei deciso di pranzare con Monica, cercare di parlarle tranquillamente
ed entrare nel discorso “coppia”, fare l’uomo
diretto e dirle esattamente come stanno le cose, è come se fosse un peso da
portare in giro, non va bene una storia così, non è sana e soprattutto non è
adatta a me e alle mie esigenze. Inoltre c’è il piccolo dettaglio che ogni
tanto, sogno quella sconosciuta. Me la sogno e la mattina mi sveglio molto
felice. E non solo tu… Dato che i sogni sono decisamente bollenti e ad alto
contenuto erotico. In più l’altro giorno mentre stavo avendo un amplesso con
Monica mi sono apparsi quegli occhi scurissimi, quindi sì. Devo lasciarla.
Dovrei anche smettere di parlare con me stesso prima o poi, non è una cosa
molto salutare, forse avrei bisogno anche io della psicologa di Marco. Quasi
quasi gli chiedo il numero. Potrebbe aiutarmi davvero.
A
proposito di Marco, per la serie “si parla del diavolo e spuntano le corna”,
esco dall’aula magna dove è appena terminata la lezione di “storia del teatro
americano” e lo vedo seduto su una panchina, più che seduto è praticamente
spaparanzato al poco sole che c’è oggi.
«Ciao
Marco!» dico sorridendo e avvicinandomi alla panchina.
«Ciao
Matte!» mi risponde con un sorriso sventolando la mano.
«Senti
ma… Non venivi a pranzo con me perché avevi bisogno di stare con una psicologa?»
gli chiedo con aria da finto offeso.
«Sei
solo invidioso! E’ in ritardo, povera ragazza, ha perso l’autobus!» dice
tirando fuori il telefono.
«Invidioso
sì, a me tocca il pranzo con Monica...» gli rispondo.
«Ma
scusa, non è la tua ragazza?» mi chiede Marco con un’aria scherzosa, digitando
qualcosa sul telefono e rimettendolo via poco dopo.
«Dai,
lo sai com’è! E’ un po’...» dico sedendomi affianco a lui.
«Appiccicosa?
Morbosa? Gelosa? Pazza?» mi chiede ridendo di gusto.
«Esatto.
Per questo avrei intenzione di lasciarla. Del resto, non mi dà nulla, è una
ragazza come tante altre…» mi confesso in tono afflitto.
«Dai
su, il mare è pieno di pesci per un bel manzo come te!» mi dice alzandosi dalla
panchina «Che fai, mi accompagni? Devo andare all’uscita principale che ci
incontriamo a metà strada.»
«Sì,
tanto devo andare anche io in quella direzione.» dico con aria piuttosto abbattuta
«Invece tu... Con Ale? Come va tra di voi?»
«Ah,
il mio tasto dolente...» mi risponde arrossendo «Va benissimo tra di noi, la
colpa è solo mia! Che, vedi, sono geloso! Ecco perché necessito della
psicologa!»
Gli
sorrido e gli dico «Ma dai! Non l’avrei mai detto! Stai tranquillo, amico mio!»
concluso sorridendo.
Facciamo
due passi e vedo Marco che si apre in un sorriso quando...
V’s POV.
“You can never say never
while we don't know it
time and time again”
Stacco
le cuffiette dell’iPod. Per oggi, basta con questo “Never Say Never”.
Oh cavolo, è possibile che proprio adesso mi debba
arrivare un altro messaggio? Preferisco controllare che magari è di Marco che
mi dà per dispersa. Apro il telefono e leggo il mittente: è di Carlotta, ok quindi,
lo leggo intanto che cammino. Alzo lo sguardo per vedere eventuali colonne o
persone o cose in mezzo, ma il corridoio è libero e posso quindi leggere “Cara, carissima amica mia. Questa notte ti
ho sognata, e tu sai cosa succede quando sogno qualcuno. Al fortunato o alla
fortunata, in questo caso tu, cara amica, succederà qualcosa di bellissimo ed
entusiasmante. Credici Vi, oggi
succederà qualcosa di bello per te, me lo sento, pensa che è pure uscito il
sole!”. Sorrido mentalmente, adoro Carlotta, ma è possibile che io stia
ancora dietro alle idee di una pazza? O meglio, a quello che sogna lei?
Non
faccio praticamente in tempo a pensare “Sì
certo Carl...”
Oh cazzo.
Sono
andata a sbattere contro qualcuno. Ma il corridoio non era libero? Sono certa
che sia qualcuno e non una colonna anche perché altrimenti mi sarei fatta
decisamente più male! Mi affretto a mettere via il cellulare, fare un passo
indietro, accennare un «Scu... Scu... Scusami ma...» che alzo lo sguardo verso
un viso che mi è molto familiare.
Non
riesco a continuare a parlare.
Non
riesco più a parlare.
Non
ho più parole.
Rimango
con la bocca aperta davanti a LUI.
Ve
lo ricordate lui?
Lui,
lui?
Lui
con quegli occhi meravigliosi.
Lui
con quegli occhi così verdi.
Lui
che sta sorridendo.
Lui
che sembra avere un’aria stupita.
Lui
che sta guardando me.
Lui
che ci fa qui?
Cavolo, Vi, sei andata in
loop.
Riprenditi.
Quanto
tempo è passato?
Devo
però chiudere la bocca che è rimasta aperta e assumere per lo meno un’espressione
intelligente.
Sì certo, è facile.
Ok,
prima cosa: smetti di parlare con te stessa.
Continuo
però a perdermi in quegli occhi verdi, e a rimanere ferma imbambolata quasi
fossi una bimba di cinque anni e mi avessero regalato un castello rosa pieno di
unicorni in stile principessa.
M’s POV.
«Scu...
Scu... Scusami ma...» sento una voce pacata che proviene dalla ragazza che si è
appena lanciata scontrandosi su di me.
Ma la gente non può stare attenta quando cammina?
Sempre attaccati ai cellulari questi giovani d’oggi… Penso prima di alzare lo
sguardo verso di un viso sorprendentemente conosciuto.
LEI.
Ti
prego, scontrati ancora.
Fallo
un’altra volta.
Vai
in giro giocando a mosca cieca e continua a sbattere contro di me.
Ok.
Matteo
calmati.
Respira.
Respira
profondamente.
Tranquillizzati.
E’
lei ed è qui.
Siamo sicuri?
Sì.
Due
occhi scurissimi e meravigliosi, due labbra da infarto, un fisico splendido.
Sì, è lei.
E
non è una visione.
E’
reale perché si è scontrata contro di te, quindi Matteo calmati.
Lei
ha un viso meraviglioso ed è quasi sorpresa quanto me.
Ma
mai quanto me.
Ha
le labbra semi aperte per lo stupore e si è bloccata.
Non
posso fare altro che continuare a guardarla negli occhi.
E’
una cosa disarmante.
Ti
prego, prendimi, portami da qualche parte, andiamo, fammi tuo, ora.
Ora,
subito, all’istante, immediatamente.
Ti
prego.
«Ehiiii,
voi dueeee. Belli addormentati. Vi sto parlando da tre minuti!» sento Marco che
mi risveglia dalla catalessi.
«Scusa
Marco, è che…» dico tentando di non prolungar la figura di merda. Che, cosa,
poi? Mi sono rincoglionito.
«Che,
ti capisco anche se sono gay, fidati.» dice Marco sogghignando. Ah, il bastardo
se la ride! E di gusto!
Lei
sorride, e che sorriso signori.
Posso
anche morire felice ora.
«Scusami
se ti sono venuta addosso, non volevo ma...» si volta verso Marco «Tutta colpa
di Carlotta e dei suoi messaggi!»
Merda,
ma allora si conoscono.
Aspetta
aspetta, è lei la psicologa?
Marco,
ho bisogno del suo numero di telefono per parlare dei miei problemi
esistenziali. E anche se non li ho, me li creo. Ho sicuramente qualche problema
legato all’infanzia che vorrei risolvere. Incubi notturni. Sogni strani. Potrebbe
farmi internare, magari? Con lei?
«In
realtà stavo tentando di fare delle presentazioni decenti, ma eravate
praticamente sotto shock entrambi. Vi conoscete già per caso?» chiede Marco con
aria indagatoria.
No
che non la conosco, se no ora non starei qui ma nella mia camera con lei. E
rimarrei barricato giorni e mesi e anni con lei.
Matteo
contieniti, per favore.
«N...
No.» dice lei con una voce titubante.
Io
non posso fare altro che scuotere la testa per rispondere in modo negativo, non
mi fido della mia voce.
Bravo
Matteo, continua la figura di merda dell’idiota.
«Allora...»
inizia Marco guardando verso di me «Matteo ti presento Virginia» e ora guarda
lei «Virginia ti presento Matteo».
Allungo
la mano destra verso di lei, sorrido, e mezzo imbarazzato dico «Piacere.»
Lei
mi stringe la mano destra, una bella stretta di mano, mi piace, alza lo sguardo
verso di me, sorride e dice «Il piacere è tutto mio.» Ha una mano morbidissima
e delicata, è un mezzo shock stringere quella mano e soprattutto constatare che
non mi ero mai soffermato su quanto una pelle potesse essere delicata. Dio mio,
che rincoglionito che sono. Però ho deciso,
non gliela lascio più quella mano.
V’s POV.
«Ehiiii,
voi dueeee. Belli addormentati. Vi sto parlando da tre minuti!» dannatissima voce di Marco che mi sveglia dal
mio sogno.
Ehi,
ma non è un sogno.
No.
Lui è qui ed è reale.
«Scusa
Marco, è che…» dice lui con una voce davvero bella, profonda e melodiosa
insieme. Forse ho usato troppi aggettivi, ma ha davvero una voce da infarto.
«Che,
ti capisco anche se sono gay, fidati.» risponde Marco con un sorrisetto strano.
Cosa
faccio io?
Sorrido.
Virginia
rilassati, sorridi e magari dì qualcosa d’intelligente.
Ok,
sono calma, sono molto e soprattutto calma.
Training
autogeno vieni a me.
Trova
magari anche qualcosa da dire.
Forza,
ce la puoi fare...
Pensa
che sia un ipotetico paziente Virginia, apri la bocca e scusati.
«Scusami
se ti sono venuta addosso, non volevo ma...» mi volto verso Marco e dico tutto
d’un fiato «Tutta colpa di Carlotta e dei suoi messaggi!»
Maledetta
Carlotta, gliela faccio pagare.
Anzi
no, se i suoi messaggi fanno questi effetti... Dovrebbe sognare più spesso di
me!
«In
realtà stavo tentando di fare delle presentazioni decenti, ma eravate
praticamente sotto shock entrambi. Vi conoscete già per caso?» chiede Marco
guardandoci curiosi.
No
che non lo conosco, ci sono andata a sbattere contro, ma lo conoscerei molto
volentieri.
Con
l’aria più innocente del mondo dico un «N... No.»
E
lui scuote la testa in un segno negativo.
«Allora...»
inizia Marco guardando verso di lui «Matteo ti presento Virginia» e ora guarda
me «Virginia ti presento Matteo».
Ah
Matteo, Matteo, Matteo.
E’
un nome che mi è sempre piaciuto!
Oddio,
si sta avvicinando.
Che
fa?
Mi
porti via?
Dimmi
di sì ti prego…
Allunga
la mano destra verso di me, sorride, io perdo anche alcuni battiti cardiaci e
dice «Piacere.»
Cosa
devo fare?
Ah
sì, stringo la mano, lo guardo, sorrido anche e dico «Il piacere è tutto mio.»
Brava
Virginia, hai appena vinto il premio battuta di merdissima del secolo.
Rimarrei
con la sua mano tra la mia molto volentieri ma un telefono sta squillando e no,
non è il mio. Sento che Matteo s’irrigidisce e sembra essere anche molto
scocciato, credo che sia il suo.
Non rispondere, ti prego,
stiamo qui così.
Evidentemente
deve rispondere per forza, almeno ci togliamo da questa posa imbarazzantissima con
le mani e in aggiunta c’è un Marco che ci sta osservano con un’aria da “tu dopo mi racconti tutto ciò che sai”.
Che
cosa vorrebbe sapere?
Io
non so nulla.
O
forse sì.
Ho
appena conosciuto Matteo.
M’s POV.
Ah,
fanculo.
Fanculo
al telefono che squilla, non ho voglia di rispondere.
Lo
lascio squillare, ho deciso.
Ha
finito, finalmente.
Meno
male.
Continuo
ad osservarla, se potessi la porterei via da qui e… E metti un freno ai tuoi
pensieri, sei in pieno giorno in un corridoio dell’università.
Ah,
fanculo ancora. Il telefono ha ripreso a suonare.
Mi
irrigidisco, devo per forza rispondere.
Ho
anche una mezza idea su chi potrebbe essere.
Accetto
la chiamata scorrendo con il dito sullo schermo.
«Amoruccio
tesorucciooo miooo»
Oh. Cazzo.
Sfilo
delicatamente la mia mano da quella di Virginia e mi allontano un attimo anche
se non vorrei. Soprattutto non voglio far sentire la voce molto squillante
trapassa-timpani di chi mi sta chiamando.
«Dimmi.»
rispondo brusco. Bentornato alla realtà Matteo è chiaramente Monica al telefono.
«Amoruccio
tesoruccio miiiio perché non sei ancora qua?» chiede lei con aria indagatoria.
Cosa
le dico? La verità.
«Mi
sono fermato a chiacchierare con Marco.» Ho omesso un particolare, un piccolo
particolare, lo so.
«Dai
arriva presto mi raccomando.» dice lei.
«Sì
certo» concludo io la chiamata rimettendo il telefono in tasca.
Dopo
circa mezzo minuto, suona ancora il mio cellulare.
Ancora?
Basta
ti prego.
«Amoruccio
tesoruuuuuuuccio» ancora lei, cosa vuole?
«Dimmi»
ormai il suicidio sociale l’ho avuto rispondendo inizialmente alla prima
telefonata.
«Lo
sai che sei in ritardo?» chiede facendo quasi sicuramente il broncio che
normalmente ha funzionato con ogni essere di sesso maschile.
«No?»
«Allora
sappilo e arriva presto.» e mi chiude il telefono in faccia.
Mi
dà pure gli ordini adesso?
Ho
fatto lo stronzo? Può essere.
Ma
è appiccicosa. Decisamente troppo.
Posso
arrabbiarmi? Sì. Inoltre mi ha sbattuto il telefono in faccia, posso ritenermi
autorizzato.
Con
un sorriso tirato torno da Marco e dalla ragazza meravigliosa che c’è lì con
lui. Non voglio andare via. Ma devi, lo
sai anche tu.
«Ragazzi...
Scusate, ma devo andare.» dico io stringendomi nelle spalle. Come se non avessi
altra alternativa.
Lei
ha una espressione triste in volto, è possibile o me la sto immaginando?
«Sì
sì, vai pure...» mi dice Marco che sa benissimo dove sono diretto. E sa anche
molto bene che non ho voglia di andarci.
Grazie
Marco eh, bell’amico, che tatto.
Mi
volto verso di lei, cerco di fare il mio miglior sorriso possibile e le dico un
semplice «Ciao.»
«Allora...
Ciao Matteo. Buona giornata!» dice lei con un sorriso che trasmette un po’ di tristezza.
Ok,
allora rimango qua ho deciso. Non voglio andarmene via.
Non
so bene come ci sia riuscito o come ho potuto farlo, ma mi sono girato e sono
andato a prendere l’autobus con direzione pranzo con Monica.
L’unico
mio pensiero è un semplice nome.
Virginia.
V’s POV.
Matteo
ha sfilato la mano dalla mia. Avrei voluto fare un po’ di resistenza ma non
sarebbe stato carino.
Scusa sai, mi si è incastrata
la mano come con gli esperimenti del Mago Silvan. Avrei potuto optare per questa soluzione,
effettivamente.
Si
allontana da me e ho una brutta sensazione.
Perché
mai?
E’
come se non avessi quasi più ossigeno.
E’
possibile? Sì.
Magari
ho la febbre e sto male.
Cerco
di leggere il labiale di quello che sta dicendo lui al telefono.
Sei
da internare, Virginia.
Sì,
magari. Perché no. Con lui, molto volentieri.
Si
avvicina Marco e con un’aria strana da super detective inizia con un «Allora?»
Mi
giro verso di lui rinunciando alla lettura del labiale dicendo un «Allora, che?»
Ribatte
subito molto concitato «Signorina, che cos’era quello che ho appena visto? Una
specie di bomba atomica?»
“Sì,
hai ragione” gli vorrei rispondere se fossi una persona sincera e onesta,
invece cerco di sdrammatizzare con un semplice «Ma che dici, Ma’?»
«Tutta
quella chimica, quell’alchimia tra di voi...» dice sospirando.
Ma
va? Lo so anche io. Mi si è risvegliato qualcosa dentro di me e se avessi
potuto gli avrei tolto tutti i vestiti nel giro di cinque secondi e… Bhe, sì.
Virginia contieniti.
«Scherzi?»
dico a Marco sdrammatizzando alla grande buttandola sul ridere.
«Comunque,
lui si sta arrabbiando al telefono...» dice titubante Marco indicando con la
testa Matteo.
«Perché
mai?» chiedo eccessivamente curiosa. Io, interessata? Macché.
«Colpa
di una fidanzata inutile e gelosa…» dice cauto quasi scusandosi.
Ecco.
Eccolo qua. Il macigno.
E’
come se mi avessero appena depositato uno scoglio del mare sullo stomaco.
Lo
aspettavo.
Ciao
legge di Murphy, ciao.
Se
qualcosa può andare storto, ci andrà?
Eccola
qui la prova.
Lui,
fidanzato.
Era
tutto troppo bello per essere vero.
Bhe. Merda.
Devo
cercare di mascherare in qualche modo la mia delusione, perché sì, è
decisamente una bella delusione aver saputo che lui è fidanzato e sviare il
discorso in qualche modo. L’ultima parola che Marco ha detto è stata “gelosa”. E
soprattutto “inutile”. Molto bene.
«A
proposito di gelosia, caro il mio Marco, non dovevi parlarmi di Ale?» chiedo a un
Marco rimasto sorpreso dalla mia domanda. Colpito e affondato.
«Oh,
Vi. Sì, sono geloso. Sono enormemente geloso.» afferma facendo una faccia
tristissima.
«Ne
parliamo dopo che ora sta tornando…» dico a Marco sottovoce accennando con la
testa a Matteo.
«Ragazzi...
Scusate, ma devo andare.» dice lui stringendosi nelle spalle.
Ma
come? Deve andare…? Ma no…
«Sì
sì, vai pure...» dice Marco con poco tatto, il suo essere estremamente diretto
ogni tanto gioca a suo sfavore.
Matteo
si volta verso di me e con un sorriso da infarto dice «Ciao.»
Che
cosa gli rispondo? Una risposta veloce e carina, ce la puoi fare Virginia.
«Allora...
Ciao Matteo. Buona giornata!» gli dico cercando di sorridere.
E
con quelle parole, se ne va.
..
«Senti,
Vi, prima che tu inizi ad analizzarmi…» inizia Marco non appena ci siamo seduti
al tavolo con un mega cappuccino davanti a noi.
«Dimmi
tutto.» gli rispondo.
«Ma
tu e Matteo vi eravate già visti?» chiede con aria estremamente curiosa. Io
stessa, se avessi visto una scena del genere dello scontro con Matteo, mi sarei
chiesta non solo se ci eravamo già visti. E’ stato un qualcosa di molto
particolare, per lo meno, dalla mia parte.
E
adesso che cosa gli rispondo? «Mh, no. Forse mi ha scambiata per qualcun’altra.»
Rispondo cercando di passare il più impassibile possibile.
Sì certo, bella mossa, come
se Marco non ti conoscesse.
«C’era
un’alchimia così pazzesca tra di voi! Eravate così… Così…» dice lui sospirando.
«Così?»
chiedo aprendomi in un bel sorriso per stemperare la tensione.
«Non
so che parola scegliere. Forse meravigliosi? Ecco. E’ impossibile che non vi
siate mai visti e soprattutto mai conosciuti. Lui era con me alla festa di
Cristian ad agosto, ti ricordi?» chiede lui.
Ecco
spiegato tutto.
«Oh,
merda…» dico senza pensare «Allora è
lì che l’ho visto… Non l’ho immaginato!»
«Mia
piccola meraviglia, mi sa di proprio di no. Sbaglio o ti sei presa una bella
batosta per lui?»
B
7.
Colpita
e affondata.
«Ma
no Marco, poi ha la ragazza…»
Signori
e signore, ecco a voi Virginia la psicologa che si abbatte.
«Bhe,
vedremo…» dice lui con un’aria di chi la sa estremamente lunga.
«Bene,
parliamo di Alessandro ora…» e così dicendo inizio un nuovo argomento che si
protrarrà per tutto il tempo del cappuccino e del pranzo.
M’s POV.
Sto
camminando veloce da un paio di minuti, do un’occhiata al telefono e leggo 12:39, ottimo, sono in ritardo di
trentanove minuti. Avevo detto a Monica già in mattinata che forse avrei
tardato a causa della lezione di questa mattina, dopo la telefonata sa che sono
in ritardo quindi rallento il passo. Anche perché, per quale motivo stavo
camminando così veloce? Ah sì, giusto, per non tornare indietro.
Matteo
è ora che tu faccia un po’ di pulizia nella tua testa, anche se al momento c’è
solamente un nome: Virginia. Analizziamo bene tutto come al solito, punti a
sfavore: magari ha un moroso, dopotutto stava ballando con qualcuno quando l’ho
vista ad agosto. Anche se ora è gennaio e non agosto, però può sempre
frequentarsi con qualcuno. Bella com’è, figurati se non ha qualcuno… In
aggiunta Marco non mi ha mai detto che la sua psicologa fosse single. Quindi?
Quindi nulla. Non si può. Però… C’è
un enorme però. E’ meravigliosa, ha due occhi che mi fanno stare male, una voce
dolcissima, insomma potrebbe essere quella giusta, ammettilo Matteo, almeno a te stesso. Potrebbe essere quella
giusta.
Poi
c’è un enorme punto a mio sfavore: Monica. Già avevo voglia di lasciarla prima
di questo meraviglioso diciannove gennaio, ora la voglia è triplicata. Terminare una storia per una persona che hai
visto tre volte in vita tua, Matteo? Sei sicuro? E se lei ha già qualcuno? L’ho vista tre volte ma ce l’ho in testa
come un pensiero fisso sempre presente da agosto. Il ricordo che avevo di lei
non le rendeva giustizia, è ancora più bella, cavolo. E Monica?
Facciamo
così Matteo, anche perché al momento ti sei confuso ancora di più, vedi come va
questo pranzo e poi decidi.
Ok,
e finisco anche di parlare con me stesso perché mi sento ridicolo.
Entro
nella solita pizzeria e vedo Monica seduta al tavolo, chiaramente arrabbiata,
sono mentalmente pronto per la discussione.
«Ti
sembra questa l’ora di arrivare? Guarda che io lo so che ti sei fermato a
parlare con una sciacquetta cessa e col tuo amico gay. Io lo so perché la mia
amica Mara, che tra l’altro poi viene qui, me l’ha scritto! Hai fatto tardi per
stare con loro! E io? Io qui come una pazza!» dice quasi urlando, vomitandomi
addosso parole. No, non iniziamo bene per niente. Devo tentare di calmarla,
almeno quello.
«Monica,
per favore calmati. Sono qua ora. Stai tranquilla.» dico tentando di essere il
più gentile possibile, la cosa che vorrei fare è alzarmi e andarmene soprattutto
dopo l’accoglienza che mi ha riservato.
«Ok
amorucciiiiio bello, ordiniamo che ho fame» dice lei ora tranquilla come
l’acqua cheta. Un secondo prima è arrabbiata e l’altro no, chi la capisce è
bravo.
..
Sto
mangiando una pizza e credo che Monica stia continuando imperterrita a parlare
di cose relativamente inutili Parla, parla, parla… Non tace mai. Chissà se
respira quando parla.
Lei invece, eh cavolo, lei non è così. Anche
se l’ho vista per poco.
Monica
continua a parlare e io annuisco, non riesco a starle dietro e non riesco a
capire i suoi discorsi insensati. Non presto abbastanza attenzione a lei anche
perché nella mia testa continua a vorticare un nome che è sempre lo stesso:
Virginia. Che poi è un nome così particolare, le si addice in pieno, un nome quasi
poetico. Era meravigliosa anche con la giacca, i jeans e le converse invernali.
Semplice ma stupenda. Monica continua a blaterare cose senza senso, non
l’ascolto, non m’interessa praticamente più. Io continuo pensare a lei. Ai suoi
occhi, alle sue labbra, al suo viso, al suo sorriso, alla sua voce…
«Amoruccio
mio sei stanco?» mi chiede irritata. Ma non era tranquilla?
«Cosa?»
gli rispondo con l’aria più innocente possibile. Oh no, so già dove vuole
andare a parare.
«Sei
distratto, amoruccio bello. Ti stressano troppo!» Forse tu mi stressi troppo? «O
magari hai un’altra? Lo so… Magari quella sciacquetta castana che è pure
brutta? Eh? E’ così?» mi chiede con un’aria estremamente accusatoria.
«Magari…»
dico sospirando con un filo di voce. Oh cazzo, non l’ho solo pensato, l’ho
davvero detto. Ti sei completamente rincoglionito Matteo. Ora mi aspetto grida
e urla isteriche tra tre, due, uno… Invece nulla. Nulla?
Vedo
Monica che si alza di scatto e corre ad abbracciare una specie di sua fotocopia
in versione mora dicendo «Tesooooro, finalmente! Mara, ti devo assolutamente
presentare amoruccio beeeello.»
Oddio no.
..
Ora
non c’è solo Monica che parla. Sono in due che parlano di cose insensate.
Nella
mia mente, però, continua ad esserci una sola persona. Lei.
Come
un pensiero ossessionante, martellante, incessante.
Virginia.
Basta,
non ce la faccio più.
Due
ochette che parlano a vanvera è davvero troppo.
Ma
chi me l’ha fatto fare?
Perché
sono qui?
Perché
sto ancora con Monica?
Sorrido
con un sorriso fintissimo e tiratissimo, mi alzo dalla sedia e dico «Signore,
vi saluto. Torno a casa che ho da fare.»
Mi
risponde Monica «Sì amoruccio, ti chiamo doooopo lo shopping sfrenatissimo che
farò con Mara e poi ovviamente prima e dopo l’ape.»
E
con queste parole sue, me ne vado.
Sono
stato sgarbato e stronzo, lo so, ne sono consapevole, ma la situazione era
diventata eccessivamente insopportabile per me. Finalmente esco dal locale e
cerco le cuffiette del mio iPod.
Seleziono
“tutti i brani”, “riproduzione casuale” e inizia “Aria.”
Casualità?
O no, non credo. Io credo sia solo destino. E oggi, è stata una ventata d’aria fresca. Meglio dell’aria invernale
al mattino quando sei sotto il piumone. E’ un’aria che mi ha stravolto.
E
con le note in sottofondo degli Articolo 31, mi dirigo a casa con due decisioni prese.
V’s POV.
Ore 18:47
E’
da un’ora e mezza che cerco di prendere una decisione.
Cioè
da quando sono arrivata a casa dopo aver passato il pomeriggio con Marco.
Ogni
tanto, il signorino, mi ripeteva «Chissà come procede il pranzo di Matteo.»,
dopo la terza volta che insisteva, gli ho risposto secca dicendo «Basta mettere
il coltello nella piaga Marco» e così ha smesso sorridendo. Ma l’ha capito pure
lui. Chiaramente. Nella mia testa c’era lui. Matteo.
Sto
cercando di decidere se mandare o meno un WhastApp a Marco per chiedergli di
Matteo.
Sì,
come le bambine di dodici anni.
Una
cretina sono. Ecco cosa sono.
Dopotutto lui ha la ragazza...
Chissenefrega?
Hai
fatto la figura della perfetta idiota ebete di fronte a uno sconosciuto.
Che poi ora tanto
sconosciuto non è. Si chiama Matteo, ed è… Perfetto.
Dillo
che è perfetto.
Oh
cavolo, potrebbe davvero essere quello
perfetto.
Ma
ha la ragazza.
«Vedremo…» mi tornano in mente le parole di Marco.
Quindi
vediamo?
Tentiamo?
Rischiamo?
Proviamo?
Virginia,
che cos’hai da perdere?
Nulla.
Infatti.
Nulla.
**
Buona sera a tutti, non so
se c’è qualche buon’anima che non sta guardando la finale degli Europei tra
Portogallo e Francia e che sta leggendo me… In ogni caso, grazie! Ce l’ho fatta
a concludere l’editing di questo quarto capitolo e devo ammettere che mi è
piaciuto un sacco! Finalmente, dopo ben tre capitoli di “niente”, il destino ha
deciso di far incontrare i nostri due protagonisti. Abbiamo conosciuto un po’
meglio Marco, attraverso il rapporto che ha sia con Virginia che con Matteo.
Abbiamo scoperto che Matteo ha una fidanzata da ben due mesi, che chiaramente
non sopporta. Che cosa avrà deciso a riguardo? E soprattutto quali due
decisioni ha preso? Siamo entrati nella testa della povera Virginia che è piena
di dubbi. Secondo voi che farà? Lo chiederà il numero o eventualmente delle
informazioni su Matteo al nostro Marco? Vi attendo alla prossima settimana con
il nuovo capitolo! Grazie mille per aver letto questo capitolo, davvero grazie.
A presto e un abbraccio!
E.
PS: La canzone che dà il
titolo e che sta ascoltando Virginia è “Never Say Never” dei The Fray.
|
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Capitolo 5 *** Sweet Dreams ***
INASPETTATAMENTE_ cap.5
Sweet Dreams – Capitolo 5
19 Gennaio.
Ore 18:51
V’s POV.
Nulla? O forse
tutto?
Virginia sii realista, almeno quello.
Scommettiamo?
Puoi farcela Virginia.
Prendi questa
maledetta e benedetta decisione.
Ore 01:17
“Every night I rush
to my bed
With hopes that maybe I'll get a chance to see you when I close my eyes
I'm going outta my head
Lost in a fairytale
Can you hold my hands and be my guide?
Clouds filled with stars cover your skies
And I hope it rains
You're the perfect lullaby
What kind of dream is this?”
Tolgo
le cuffiette dell’iPod dalle orecchie e lo spengo, questa giornata mi ha letteralmente
sfiancata sono senza alcun dubbio esausta. Sono sdraiata su un fianco, quasi
rannicchiata sul mio letto, la mia posizione preferita, la camera è buia anche
se un lieve bagliore penetra dai lampioni attraverso le fessure della
tapparella, nella loro camera i miei dormono già da un po’. Io invece sono
talmente stanca che mi dà persino fastidio la musica, anche se forse, non è la
musica che mi reca disturbo ma i troppi pensieri che affollano la mia testa,
che non mi fanno prendere sonno tranquillamente. Ma ci devo assolutamente riuscire,
o meglio, ci devo almeno provare anche perché domani mattina devo svegliarmi
all’alba.
Mi
giro, allungo una mano verso il comodino e accendo l’abatjour. Ok, bene, ho
deciso. Camomilla. Mi alzo cercando di non fare rumore e vado in cucina.
Accendo la luce sopra ai fornelli e mi muovo lenta e cauta nella cucina. Prendo
una tazza, la riempio con dell’acqua e la metto nel microonde, tiro fuori la
tazza e immergo una bustina di camomilla. Aggiungo un po’ di limone e un goccio
di miele, infine spengo la luce in cucina e porto la tazza in camera.
Ah, Virginia, dovresti
prendere una decisione. Lo sai, vero?
Lo
so. Ma perché ho così paura? Non voglio provarci per davvero, impegnarmi fino
in fondo e poi essere rifiutata, non mi va proprio, non voglio un’ennesima
delusione e soprattutto non voglio soffrire più.
Che brava… Ora stai
prendendo la strada più facile.
Evito
direttamente gli ostacoli, non ci provo neanche, non mi ci metto per nulla,
così se dovesse andare male non soffrirei o starei male.
Che
brutti i condizionali. Basta parlare con condizionali.
Anche perché ti stai chiaramente
nascondendo. Non avevi detto “basta nascondersi”?
Non
ho nulla da perdere, giusto?
Giusto, Virginia.
Con
un sorriso soddisfatto e quasi convinta dalla conversazione che ho avuto con me
stessa, bevo la mia camomilla stando attenta a non scottarmi la lingua o le
mani, la finisco, appoggio la tazza sul comodino, spengo la luce, mi sdraio, mi
rannicchio sul fianco destro e mi torna in mente una sola frase dell’ultima
canzone che ho ascoltato.
“With hopes that maybe I'll get a chance to
see you when I close my eyes”
Sì,
caro Matteo, avrei una mezza intenzione di sognarti questa notte.
20 Gennaio.
Ore 8:38
M’s POV.
Lei.
E’ proprio lei.
Bella, anzi, bellissima.
Meravigliosa,
stupenda, splendida.
Qualcosa che va
oltre la bellezza umana.
Soprattutto
perché è nuda.
Completamente
senza vestiti.
Come mamma l’ha
fatta.
E Dio mio, se
l’ha fatta bene.
E’ sopra di me.
Pelle contro
pelle.
Potrei morire.
Il suo respiro
accelerato fa eco al mio.
Il battito del
suo cuore è come impazzito e il mio lo segue a ruota.
«Mmm…» si ferma,
mi guarda negli occhi e vedo chiaramente le sue pupille dilatate e mi bacia.
Un bacio che mi
fa girare la testa.
«Matteo…» il mio
nome tra le sue labbra è devastante.
La bacio ancora.
Labbra carnose
che rispondono al mio bacio con un’attenzione e una passione devastanti.
Mi fermo un
attimo, solo per poterla sfiorare sul viso con una mano.
La guardo fissa
negli occhi.
E mi ci perdo in
quegli occhi.
«Dio, sei
meravigliosa…»
Bzzz, bzzz, bzzz…
Merda,
proprio adesso deve suonare il
telefono?
Lo
so, non suona ma vibra.
E’
lo stesso.
Prima
o poi lo lancio da qualche parte.
Apro gli occhi.
Cerco
il telefono.
Chiudo
gli occhi.
Indirizzo
il braccio verso dove sento la vibrazione.
Riapro
gli occhi di scatto.
Manca
qualcosa.
Manca
letteralmente qualcosa.
Anzi,
manca qualcuno.
Merda.
Lei dov’è?
Non
era qua con me?
Mi
guardo intorno come un perfetto idiota ma non la trovo.
La
realtà mi piomba addosso come un mattone.
Stavi
sognando, Matteo.
E che sogno.
Era
così reale. Così vivo il sogno.
Era
talmente vivo che qualcuno nella metà
inferire del mio corpo si è messo sull’attenti e desiderava anche lui un
trattamento speciale da pare di quella ragazza così speciale.
Hai ragione amico, la realtà
fa proprio schifo. Torniamo al sogno?
Finalmente
dopo l’ennesimo tentativo a vuoto sul comodino, riesco a trovare il telefono e
rispondo senza guardare chi mi sta chiamando.
Ti prego, fai che sia un
buon giorno.
«Amoruccio
tesoruuuuuuuuccio miooo».
No,
non è decisamente un buon giorno, non dopo quel sogno, non dopo aver risposto a
questa telefonata.
«Si,
pronto?» rispondo con una tranquillità che mi sorprende.
«Senti,
amoruccio tesoruccio mioooo, non mi hai mandato il buon giorno né la buona
notte e soprattutto ieri non ci siamo sentiti. Io invece ti ho mandato un paio
di messaggini, proprio pochini pochini…» scosto leggermente il telefono
dall’orecchio, schiaccio il tasto per controllare le notifiche e vedo: 6
chiamate perse, 27 WhatsApp e 8 sms. Meno male che erano “pochini pochini” e
soprattutto, c’è ancora gente che manda gli sms oggigiorno?
«Non
li ho visti.» cerco di giustificarmi in un pessimo modo, anche perché ha visto
anche lei che quelle spunte blu non sono mai apparse. Pessimo Matteo. Stavi
dormendo. No, non stavo solo dormento, stavo
facendo un sogno dal quale avrei preferito non svegliarmi.
«Perché
non li hai visti? Perché non mi rispondi mai? Perché non mi scrivi mai?» e in
tre, due, uno… diamo il via all’attacco isterico di gelosia.
«Ascoltami
Monica, avevo bisogno di spazio per riflettere…» dico a lei scandendo bene le
parole. E’ arrivato il momento.
«Riflettere?
Tu? Riflettere su cosa? Perché
hai bisogno di riflettere?» chiede Monica che inizia ad alzare la voce in
maniera piuttosto preoccupante.
Forza
Matteo, tira fuori le palle, hai preso la tua decisione ora devi portarla fino
in fondo.
«Monica,
credo sia meglio…»
Ma
mi interrompe, odio quando la gente mi interrompe mentre parlo di cose così
importanti. E lei lo sa. Lo sa ma mi interrompe comunque. «Lo so che dobbiamo
parlare, certo che sì. Lo so che ti sei sentito escluso ieri a pranzo perché
c’era la mia carissima amica. Poi io non so più che cosa fare con te. Non ti
interessi più, non mi ascolti più, arrivi in ritardo agli appuntamenti, non
rispondi alle telefonate, ai Whatsapp e ai messaggi. Cosa devo fare con te?»
«Monica,
lasciami finire di parlare e ascoltami, almeno per una volta in vita tua,
ascoltami» le dico leggermente spazientito. Non è da me, lo
so. Ma non ce la faccio più. «Io
non riesco a starti dietro, non credo di essere quello giusto per te, vedi io…»
e mi interrompe un’altra volta.
«Ah,
finalmente te ne sei accorto. Finalmente! Finalmente l’hai capito che non sei
abbastanza per una come me! Quindi? Vorresti lasciarmi?» e sembra quasi che
stia gridando.
Bhe,
almeno l’ha capito. Matteo smettila subito di fare battute poco educate e fini.
«Credo sia meglio di sì?» Rapido, indolore, l’ho detto quasi come fosse una
domanda. Ho fatto la figura del coglione? Probabile.
«Tanto
un’altra come me non la trovi neanche se piangi in giapponese. Scordati di me,
cancella il mio numero e non tornare mai più. Ciao e addio.» e
con queste parole Monica chiude la telefonata.
Credevo
fosse un pessimo inizio di giornata ma mi devo ricredere.
Sono
finalmente libero. Oh mio Dio che bella sensazione.
Non
mi seno più un peso sul cuore e sulle spalle.
Era
come se fossi in una gabbia.
Libero
di non dover stare attento a cosa dire, con chi uscire, rendere conto a
qualcuno.
Libero
di vivere la mia vita come meglio credo e di essere semplicemente Matteo e non
“Amoruccio tesoruccio mio”. Devo essere onesto però, la parte del fidanzato completamente
disinteressato non mi piaceva con Monica. Non era una parte adatta a me. Non me
ne fregava nulla. Era uno spreco di tempo. Detto così può sembrare piuttosto
brutto, lo riconosco. Ma non era e non è la persona adatta a me.
Mi
sento un pochino in colpa. Ecco. Una minuscola parte del mio cervello mi dice
che forse avrei potuto essere più accondiscendente con lei, darle un’altra
chance, essere più presente. Ma... C’è un enorme ma. Si chiama Virginia.
Lancio
da qualche parte sul letto il telefono. Mi lascio cadere all’indietro e faccio
in modo che la testa arrivi direttamente sul cuscino. Chiudo gli occhi un’altra
volta. Ripenso a quello che ho appena fatto. Alle parole, forse un po’ troppo
crude. Non è la ragazza adatta a te
Matteo. Punto e basta. Smettila di
sentirti in colpa.
Bzzzzzzz.
Ormai
la vibrazione del cellulare non la sopporto più la devo assolutamente togliere.
Almeno
è un WhatsApp e non la sveglia.
Stiamo
migliorando.
Che faccio? Lo
leggo? Aspetto?
Odio
questa mezza indecisione.
In
aggiunta sono anche irritato.
Ma sì. Può aspettare anche cinque minuti.
Se
è Monica non rispondo. Basta. Deve uscire dalla mia vita.
E
invece se fosse lei?
Sì Matteo, certo.
Svegliati.
Le
fiabe non esistono e di certo lei come potrebbe mai avere il tuo numero?
Con
il cuore leggermente accelerato cerco nel letto il telefono che avevo lanciato
prima, lo apro e leggo il mittente: Marco.
“Matteo dato che non abbiamo pranzato insieme
ieri, che ne dici di domani?”.
Sono
molto tentato di chiedergli di Virginia.
Bhe?
Lo
faccio, chissenfrega.
Prendo
il telefono e digito: “Domani niente
pranzo con la psicologa?”.
La
psicologa. Ah, la psicologa. La cosa buffa è che la conosco nemmeno. L’ho vista
tre volte e in tre volte mi ha scombussolato parecchio. Già dopo la prima volta
che l’avevo vista mi aveva devastato, ammettiamolo. Non è mai successo con
nessuna. Matteo non sai neanche se è
libera. Risposta sicuramente negativa. Come potrebbe essere single una persona
del genere? Una ragazza che bacia da dea. Matteo,
vorrei ricordarti che era solo un sogno e tu non te la sei baciata. Proprio per
niente. Non era la realtà. Sto impazzendo, la causa è solamente una:
Virginia.
Invio
il messaggio a Marco e circa cinque minuti dopo sento ancora il fastidiosissimo
bzzz bzzz bzzz.
Oh,
una chiamata in arrivo.
Stamattina
mi sento un call center. Almeno la telefonata è di Marco, decido di rispondere
con un semplice «Pronto?»
«Matteo,
Matteo, Matteo… Cosa dovrei fare con te?» mi chiede uno sghignazzante Marco
dall’altro capo del telefono.
«Che
cosa avrei fatto?» chiedo stupito, di che cosa sta parlando?
«Noto
un pizzico di gelosia nei confronti della mia meravigliosa psicologa…»
Ah, Marco, amico mio, non
avresti potuto utilizzare aggettivo migliore: meravigliosa. Lei lo è.
«…teo?
Ma mi stai ascoltando?» Merda, ultimamente perdo pezzi di discorsi pensando a
lei. Sempre più coglione. Sempre più idiota.
«No
scusami, potresti ripetere?» chiedo gentilmente a Marco.
«Ti
stavo chiedendo, al posto di pensare alla mia psicologa, l’inutile e gelosa
Monica dove l’hai lasciata?» chiede.
«Capiti
proprio a fagiolo, sei il primo a saperlo perché è appena successo: non stiamo
più insieme!» dico forse con troppo entusiasmo.
«Io
te l’avevo detto, dovevi lasciarla prima, anzi, non ti ci dovevi proprio
mettere!» dice Marco ridendo.
«Lo
so, dovrei darti ascolto più spesso.» gli dico con aria rassegnata stringendomi
nelle spalle.
«Ecco,
dato che mi dai ascolto, domani a pranzo?» chiede lui calmo.
«Aggiudicato,
così almeno chiacchieriamo un po’» rispondo con un sorriso.
«Tu
non hai idea di quante parole dirai domani a pranzo!» dice lui con aria
enigmatica. Il senso di questa frase, dov’era?
«A
che ora facciamo?» chiedo.
«Mezzogiorno
e mezza dove c’è la scritta della facoltà?» propone.
«Va
benissimo, tanto ho lezione fino a mezzogiorno e un quarto» almeno faccio tutto
con calma.
«Dai
allora a domani!» dice con enfasi Marco.
«A
domani Marco!» dico.
E
la conversazione si chiude.
Non
c’è niente di meglio che un pranzo con un amico!
Matteo, per lo meno, sii
realista. Il sogno era nettamente più piacevole.
Ma
in assenza di lei, del sogno o di altro, dovrò pur accontentarmi in qualche
modo!
Ore 15:48
Biblioteca.
Quanto adoro questo posto, forse perché è stracolmo di libri e li trovo tutti
così meravigliosi. Fin da piccolo l’ho sempre adorata. Ho sempre saputo che
loro, i libri, sarebbero stati i miei compagni di vita. Forse anche per questo
ho scelto lettere. E’ stata una passione e una vocazione che ho avuto fin da
piccolo. La biblioteca mi dà un senso di tranquillità impressionante. E’ come
se sapessi che questo è il posto giusto per me. E lo è.
Oggi
dopo la telefonata di Marco, per concludere la mia mattinata in puro stile call
center, mi ha telefonato Gabriele. Gabriele ha ventisei anni ed è un mio compagno
di corso, mi ha chiesto se potevamo vederci in biblioteca nel pomeriggio per
riguardare gli appunti delle ultime lezioni di “storia della cultura inglese” e
studiare un po’ insieme.
Sto
confrontando gli ultimi appunti di Gabriele quando sento qualcuno che mi
picchietta sulla spalla, mi volto e vedo lei.
Lei.
Non
lei lei.
Lei
Monica.
Oh merda.
Perché
è qua? Cosa vuole? Come ha fatto a sapere che ero qui? E’ forse una stalker?
Mi
volto verso il mio amico e vedo Gabriele dall’altra parte del grande tavolo in
legno che sgrana gli occhi sorpreso da lei, e la guarda come se la volesse
mangiare. Un altro ragazzo rimasto ammaliato dalla bella copertina di un libro.
Pessima idea, a me non basta. Non basta più. Io voglio una trama intrigante e
un finale meraviglioso, non posso né voglio fermarmi alla copertina.
«Matteeeeeo
per favore possiamo parlaaare?» chiede Monica con un sorriso. Almeno non ha
usato il “tesoruccio amoruccio” o altri diminuitivi imbarazzanti.
«Sì
certo, non qui però. Usciamo» le dico piuttosto freddo, voglio evitare scenate
imbarazzanti nel mio luogo preferito. Mi alzo e l’accompagno all’esterno della
biblioteca. Sono scocciato ma anche curioso del motivo della sua presenza in
questo mio luogo prediletto, data la fine della telefonata di questa mattina e
soprattutto del contenuto di tale telefonata.
«Dimmi
tutto» le dico.
«Matteeuccio
ti preeego torniamo insieme? Dai! Ti prego ti prego ti prego! Io non so stare
da sola!» dice facendo una sorta di smorfia triste con il labbro inferiore in
fuori come se fosse una bambina.
Oh
ti prego no. Matteo, rimani fermo sulla tua decisione. Sai che non è quella
giusta per te. Non fa per te. Le dico tranquillo «Monica, mi spiace, fidati, è
meglio così.»
«Ma
sei sicuro? Io posso essere divertente eh! Anche sotto le lenzuola! Io non ci
so stare da sola. I prego Matteuccccio! Dai! Al massimo possiamo essere un
coppia aperta! Eh? Ti piace l’idea?»
E’
forse impazzita? «No, per niente» le dico quasi spazientito.
«Ma
sei sicuro? E se… Matteuccio almeno possiamo essere amici? Almeno amici ti
prego! Io ho bisogno qualcuno con cui parlare lo sai!» ribatte lei.
So
che non sa stare da sola, ha bisogno di qualcuno con cui passare il tuo tempo e
non pensare a sé stessa. Mi sento fin troppo stronzo, quindi le dico «Lo so.
Amici mi va bene, ma solo amici, senza benefici né altro.»
Un
sorriso torna sul suo volto e saltellando dice «Grazie Matteuccio. Ora dovrei
proprio trovarmi un altro passatempo…»
In
quell’istante mi è balenata un’idea in testa. Soprattutto perché mi è venuta in
mente l’espressione trasognata di Gabriele poco prima. «Monica, che ne dici del
ragazzo che c’era seduto con me poco fa?»
«Uhm
sì! Mi piace! Deve essere un po’ addestrato a dovere eh! Ma mi piace! Almeno lui
è etero?» chiede sorpresa.
«Certo!
Se gli dessi il tuo numero?» chiedo titubante. Almeno non chiama più me.
«Siii!
Ti pregooo! Mi piace l’idea. Grazie Matteuccio. Sai che più che un fidanzato
sei stato una sorta di fratello per me?» dice lei strappandomi un sorriso anche
perché non mi aspettavo quelle parole da lei.
«Vai
a fare un po’ di shopping dai! Torno dentro e do il tuo numero a Gabriele!»
«Grazie
Matteuccio! Ma mi fai chiamare subito? Subito subito? O magari stasera? Mi fai
chiamare però? Sei un angelo, grazie, buono studiooo!» conclude in fine Monica
uscendo dall’edificio sprizzando gioia da tutti i pori.
Bene,
è andata bene. Nessuna scenata. Nessun tentennamento da parte mia. Non mi è
dispiaciuto rivederla per mettere in chiaro quelle poche cose rimaste
irrisolte. Non mi sono sentito in colpa per averla lasciata. Lei ha bisogno una
sorta di “padre” che vegli su di lei. E Gabriele forse può fare al caso suo
dato che è sempre stato il classico “ragazzo zerbino”. Io, dal canto mio, non
sarei tornato con lei anche se mi avesse pagato.
Io
ho le idee molto chiare.
Voglio
un’altra ragazza meravigliosa e splendida.
Voglio
Virginia.
..
Ore
1:08
“Lady Bracknell - Nipote
mio, mi sembra che tu stia dando segni eccessivi di leggerezza.”
“JACK - Al contrario, zia Augusta, mi sono reso conto ora per la prima volta in
vita mia, dell'essenziale Importanza di Essere un Serio Ernesto.”
Finisco
“The Importance of Being Earnest”
e dò un’occhiata all’orario. E’ l’una passata ed è una meravigliosa notte per
leggere. Come tutte le notti, del resto. Ma ce ne sono alcune particolari. Come
quella di oggi.
Oggi alla fine è stata una giornata imprevedibile
sotto molti punti di vista. Domani devo assolutamente raccontare tutti questi
gossip a Marco durante il nostro pranzo. Chissà cosa ne pensa della futura
coppia “Gabriele e Monica”. Questa sera Monica mi ha scritto dicendomi che
domani mattina ha un appuntamento a colazione con lui e poi magari andranno
anche a cena insieme. Chissà, magari si metteranno davvero insieme!
Chiudo la copia del libro e l’appoggio sulla
scrivania.
Sii
onesto con te stesso Matteo.
Onesto? Ernesto? Il libro mi ha contagiato.
Matteo, sii onesto con te stesso e domani a
Marco chiedi tutte le informazioni che vuoi su di lei.
E’ inutile stare a rimuginare su qualcosa tipo
“magari è lei che mi chiama la mattina”.
Sii
onesto e domani fatti avanti.
Bisogna farsi avanti nella vita.
Buttarsi.
Tirar fuori le palle.
Non hai nulla da perdere.
Tutto da guadagnare.
Rischia tutto, Matteo.
Oh
sì.
Lo farò.
Sì,
sono certo che domani sarà una meravigliosa giornata! E con questo
pensiero mi addormento.
21
Gennaio.
Ore
7:03
V’s
POV.
Sono già sveglia. Stropiccio un occhio e mi rotolo
verso il bordo del letto. Che ore saranno?
Do un’occhiata alla sveglia sul comodino: sette
e tre. Bhe, almeno non sono le quattro o le cinque. Come dice sempre mio
padre “Il mattino ha l’oro in bocca” quindi è giusto che io mi svegli
presto. Anche se la finestra è chiusa e la tapparella è abbassata riesco a
percepire le gocce di pioggia che insistentemente stanno cadendo sul tetto
sopra la mia stanza. Oh, piove. Mi piacerebbe restare a letto ancora un
po’ soprattutto perché amo farlo quando fuori piove, ma sento lo stomaco che
brontola prontamente. In più ho decisamente bisogno di caffè per svegliarmi
bene e iniziare al meglio la mia giornata. Direi che è arrivato il momento di
alzarsi, fare colazione e studiare un po’ “psicologia sociale della salute”.
..
Borsa, jeans, maglietta a maniche lunghe, maglione
pesante, converse, sciarpa, giubbotto e ombrello. Ho preso tutto? Sì? Sbaglio o
fino a un quarto d’ora fa non pioveva più? Meno male che ho sempre con me il
piccolo ombrello portatile. Chiudo casa, metto le chiavi in borsa, recupero
l’ombrello e schiaccio il pulsantino per aprire il cancello.
Ma quanto sta piovendo? Speriamo che non sia così
tutto il resto della giornata altrimenti potrei noleggiare un gommone per
tornare a casa stasera! Apro l’ombrello, e sotto un diluvio allucinante mi
dirigo alla fermata dell’autobus.
Già,
pessima giornata per andare a pranzo con Marco oggi.
**
Buona
sera a tutti, puntuale come sempre, ecco a voi il quinto capitolo di “Inaspettatamente”
in versione rivisitata 2016. Forse molti di voi speravano che sia Virginia che
Matteo chiedessero informazioni a Marco, ma ahimè, così non è stato e loro non
si sono nemmeno rivisti. Poveri ragazzi, li faccio soffrire e soffro anche io
con loro. Questo è stato un capitolo di transizione, soprattutto per quanto
riguarda la storia tra Matteo e Monica. Per fortuna Matteo è riuscito a
prendere una decisione molto importante tirando fuori le palle. Sapete, non è
poi una cosa così scontata! O almeno, io non lo do per scontato, trovo che sia
una dimostrazione di grande coraggio prendere quel tipo di decisioni. Ma,
torniamo a noi! La canzone che Virginia ascoltava è “Sweet Dreams” di Beyoncé.
E ora…? Vediamo che succederà ai nostri protagonisti! Voi che idee avete? Grazie
a tutti voi che mi leggete, per me significa moltissimo.
Grazie.
A
presto e un abbraccio.
E.
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Capitolo 6 *** Stay ***
INASPETTATAMENTE_ cap.6
Stay – Capitolo 6
21 Gennaio.
Ore 7:33
M’s POV.
E’
lei.
Ancora
lei.
Sempre
e solo lei.
Una
camera buia illuminata solo dalla luce soffusa di candele bianche.
Una
camera con un letto bianco enorme e seduta sul bordo c’è lei.
Proprio lei.
Dire
che è bella è dire veramente molto poco.
E’
davvero bellissima, soprattutto così, lo è persino di più.
Indossa
un completino intimo nero che quasi mi fa venire un mezzo infarto.
Ha
un corpo meraviglioso.
E’
sexy.
E’
divina.
Attenta
alla mia salute mentale, soprattutto quella fisica.
Il
mio fisico non regge.
Ho
la salivazione a zero.
Zero.
Nulla.
Nada.
Non
pervenuta.
Respira Matteo, respira.
Il
cuore è un martello pneumatico nella gabbia toracica.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
Lei
è tutto quello che desidero.
Dio mio.
Quello
che voglio ora è solo prenderla, baciarla fino allo sfinimento e fare quello
che ogni uomo sano di mente farebbe.
Essere
dentro di lei.
Subito.
Matteo, sei un mezzo pervertito.
Bhe
sì, forse…
Però
prima, le buone maniere Matteo. Sei un bravo ragazzo e prima di tutto
bisognerebbe preparare il terreno.
Oh sì.
Alza
il viso verso di me, mi guarda con le pupille chiaramente dilatate, segno che
anche lei mi desidera.
E’
possibile?
Quegli
occhi riescono a stordirmi in una maniera impressionante.
Mi
toccano l’anima. Solo lei ci riesce.
«Ehi…»
mi sussurra con una voce che è sensuale e dolce allo stesso tempo.
La
guardo e come per magia i nostri occhi si incatenano, non lasciandosi più
andare. Una cosa positiva c’è, se ha gli occhi fissi nei miei, non può vedere
quell’eccessivo rigonfiamento sotto la patta dei jeans.
«Ciao
splendore.» le dico il più dolce possibile.
Le
prendo una mano, la faccio alzare, l’avvicino a me, l’abbraccio e…
Bip bip biiip.
Bip bip biip.
Come?
Cosa?
Quando?
Merda,
merda e ancora merda.
Mi
ritrovo nel mio letto, da solo.
Da
solo e con una imbarazzante erezione che proviene dalla parte più superiore dei
miei arti inferiori.
Quella
ragazza riesce a sconvolgermi anche nei sogni.
Devo
smettere di sognare queste cose.
Ciao
subconscio, non è che la potresti smettere?
Soprattutto
perché poi per tutta la giornata ho dei pensieri non molto “puri”, se vogliamo
chiamarli così.
Tanto
ormai ho deciso. Ho deciso perché non si può andare avanti così. O meglio, non
ho proprio intenzione di andare avanti così. Oggi durante il pranzo con Marco
chiedo di lei. Voglio assolutamente provarci. Non ho nulla, davvero nulla, da
perdere. Tutto da guadagnare. Quindi, oggi a pranzo le chiedo il numero, e
avere quello e scriverle è un qualcosa di stra guadagnato.
Ok
Matteo.
Una
cosa per volta.
Che
ore sono? Cosa ci faccio già sveglio? Perché il mio sogno splendido ed
eccitante si è interrotto così bruscamente proprio sul più bello?
Allungo
il braccio sinistro e cerco l’interruttore della luce sul comodino. Accendo la
luce, apro gli occhi e leggo 7.36. Perché la sveglia è suonata? Cerco di fare
mente locale. Ho il pranzo con Marco ma è decisamente presto per andare a
mangiare, ho lezione ma è dalle undici. Quindi è presto. Troppo presto.
Quindi
la sveglia è suonata solo per interrompere il mio sogno.
Benissimo.
Maledetto
me che ho lasciato attiva la sveglia delle sette e mezza.
Bene,
ora dato che sono attivo, un po’ in tutti i sensi, devo trovare qualcosa di
utile da fare. Mi sento fin troppo iperattivo. Soprattutto qualcosa di me è
iperattivo, diamocelo chiaramente. Avrei bisogno… Sì. Avrei decisamente bisogno
di fare qualcosa per qualcuno qua sotto. Ci sarebbe un’ottima cosa che si
potrebbe fare, ma sono solo. In due sarebbe molto, molto meglio, molto più
divertente. Con Virginia, poi, sarebbe decisamente il massimo.
Matteo,
sei diventato un pervertito totale, non puoi pensare a lei praticamente sempre,
soprattutto quando mi viene a “trovare” nei sogni. In quel tipo di sogni, soprattutto.
Dio
mio. Che sogno.
Dio
mio, lei.
Lei
in intimo nero, illuminata dalla luce delle candele.
Vediamo
di calmarci un po’ entrambi, io e lui.
Proviamoci,
forza.
Devo
respirare profondamente.
Devo
concentrarmi su altro.
Tic tic, tic tic.
Tic tic, tic tic.
Il
rumore è quello delle gocce che toccano il terreno e la strada fuori e riescono
a calmarmi in qualche modo.
Che strano effetto che mi
fai Virginia. E ti ho vista solo tre volte.
Tre
volte in totale e ti ho parlato solo una di queste volte.
Mi
piacerebbe uscire con te, almeno una volta.
Portarti
in un semplice posto come può essere un parco o una caffetteria e rimanere a
parlare con te delle ore.
Parlarti, conoscerti,
scoprirti.
Anche
se quelle ore, ad essere totalmente onesto con me stesso, le passerei ad
abbracciarti, a baciarti, a fare… A fare tutto quello che potrei fare con te. E
ovviamente che tu mi lasceresti fare se vorrai.
Ma come siamo romantici
Matteo… Che ti succede?
Dov’è finita la tua stronzaggine?
Ti
stai facendo delle enormi ed inutili illusioni sull’amica di Marco. Lei
potrebbe benissimo avere un fidanzato, anzi, quasi sicuramente ne ha uno oppure
semplicemente potrebbe non essere interessata.
E
quindi?
Quindi la voglio. La
voglio conquistare. Punto e basta.
Anche
se ha un fidanzato, anche se ha un amante, anche se non mi vuole.
Ma chissenefrega.
Farò
di tutto, cercherò di fare il possibile per conquistarla ed averla per me.
Non
ho mai dovuto fare questi pensieri astrusi per avere una ragazza, generalmente
non mi interessavo più di tanto a loro. Lo so, sotto questo punto di vista sono
parecchio stronzo. Ma mi andava bene così. Non mi sono mai donato a qualcuna, sono sempre rimasto sul piano superficiale
dell’ipotetica “relazione” che avevo con la ragazza di turno e basta, non
volevo che mi ferisse, non volevo mettermi in gioco, avevi paura a metterti in gioco Matteo. Forse, probabile, anzi
sicuramente. Bastava semplicemente che la ragazza fosse carina, disponibile e
che non mi stressasse l’anima. Forse ho fatto una leggera eccezione per Monica
sul fatto dello stress, ma ormai è acqua passata.
Non
mi è mai capitato di volere e soprattutto sognare per parecchie notti una
completa estranea. Non proprio completa,
dai, ammettilo.
Mi
piacerebbe passare del tempo con lei, stare con lei.
Matteo, ti sei proprio
rammollito eh.
Per
una ragazza sconosciuta ti stai tappetizzando. No non è vero. E’ solo la prima volta che mi impegno a fare
qualcosa, e credo che se mi sto comportando in questo modo è perché ne vale la
pena. Decisamente ne vale la pena.
Ritorno
alla realtà, butto un occhio alla sveglia sul comodino e segna le 7 e 43. Mi piacerebbe rimanere
ancora un po’ a letto ma ho decisamente fame. Desidero mettere qualcosa sotto i
denti e bere un buon caffè, il modo migliore per iniziare una giornata.
Dopo
aver bevuto un tazzone pieno di caffeina e latte, aver mangiato un paio di
biscotti, essermi fatto una doccia e vestito, decido di andare nella biblioteca
dell’università a studiare e a rilassarmi un po’. L’esame di “storia della cultura inglese” è alle porte
e devo soltanto riguardare alcuni appunti. Quale posto migliore se non la
biblioteca? Poi sono anche avvantaggiato per andare subito dopo a lezione di
letteratura anglo-canadese alle undici, così sono direttamente lì anche poi per
il pranzo.
Prima
di uscire, do un’occhiata fuori dalla finestra e vedo che non piove più.
Peccato quelle gocce prima mi hanno tranquillizzato. In ogni caso, meglio
portarsi dietro un ombrello, il cielo minaccia pioggia ed è pieno di nuvoloni grigi.
Ore 12:17
«Bene
ragazzi, ci vediamo settimana prossima. Riguardate i capitoli per eventuali
chiarimenti e domande.»
Dopo
un’ora e un quarto di lezione con uno dei docenti che preferisco di più, perché
si vede proprio che ama insegnare e ama moltissimo la cultura inglese, e dopo
lo studio/ripasso fatto precedentemente in biblioteca, lo stomaco inizia a
farsi sentire brontolando sonoramente. Sono decisamente affamato e devo
ammettere che il tempo è volato dopo questa mattina. Spero che Marco sia almeno
in orario. Ho fame e sento un bisogno viscerale di mangiare una pizza, magari
con prosciutto e funghi oppure una margherita, ma ho proprio voglia di pizza.
Sistemo
il quaderno per gli appunti, il libro, la Moleskine e il piccolo astuccio nello zaino quasi
vuoto. Mi infilo il giubbotto e mi dirigo verso l’uscita. Apro la porta
dell’aula e mi guardo intorno. Chissà, magari trovo Marco qui intorno. Anche se
di lui, al momento, nessuna traccia. Mi dirigo verso il cartello della “Facoltà di Lettere” aprendo l’ombrello,
il diluvio si sta abbattendo sull’università. Sicuro come l’oro, nonostante il
tempo pessimo, dopo aver mangiato Marco vorrà fare un giro per negozi. Inizierà
col dirmi qualcosa come «Lo sai che avresti bisogno di nuovi abiti? Ad esempio,
che ne so, nuovi jeans che mettono in risalto il tuo bel fondoschiena, Matte!»
Ormai ci sono abituato e mi piace averlo come personal shopper ogni tanto,
anche se la mia carta di credito piange.
Sono
quasi arrivato al punto d’incontro, quando sento un picchiettio sulla mia
spalla che richiama la mia attenzione.
Ore 12:07
V’s POV.
Ho
passato tutto il viaggio per andare all’appuntamento
con Marco seduta sul bus, con la musica nelle orecchie, guardando le gocce di
pioggia che scivolano sul vetro, completamente assorta nei miei pensieri.
Ho
pensato, ci ho pensato davvero tanto.
A
lui.
A
Matteo.
E’
diventato il mio pensiero fisso degli ultimi giorni e sono anche quasi sicura
di averlo sognato la notte scorsa.
E
quasi sicuramente era un sogno a sfondo erotico.
Tutta
colpa del mio subconscio.
Forse
sotto questo aspetto sono un po’ arrugginita
ma non ho intenzione si aprirmi con ogni essere maschile che trovo, ho una
dignità e soprattutto ci tengo al mio corpo e non ho intenzione di buttarmi via
con ogni “primo” che passa.
Tutto
questo sfocia in sogni pseudo-erotici con un ragazzo che ho visto due o tre
volte in tutta la mia vita, e che ragazzo, che fisico, che meraviglia…
Il
sogno era talmente reale che… Virginia, ammettilo a te stessa. Era talmente
reale che mi sentivo eccitata e già umida in un posto dove ultimamente non c’era
stato nessuno.
Ok,
ora però non ci devo pensare, sento già una sorta di calore dentro di me.
Virginia basta, pensa ad
altro, per favore.
Concentrati
su altro.
Musica,
mi concentro su di lei.
“And I hope, I hope that you will find your way.
And I hope, I hope there will be better days…”
Musica
e parole riescono a calmarmi.
Chissà
se davvero saranno dei giorni migliori.
Chissà
se dopo la mia conversazione con Marco riusciranno ad essere dei bei giorni.
Chissà
se Marco mi darà il numero di Matteo.
Eh
sì. Signori e signore, mi sono finalmente decisa.
Oggi
è il giorno predestinato per chiedere informazioni di Matteo a Marco.
Sarò
spudorata, sarò invadente, ma non me ne frega nulla.
Voglio sapere tutto su di
lui.
Voglio
avere sue informazioni.
Voglio
avere il suo numero.
Tartasserò
Marco durante tutto il pranzo e durante tutto il pomeriggio. Conoscendolo,
vorrà andare a fare shopping anche se c’è il diluvio universale, e per sua
fortuna non ho lezioni nel pomeriggio. Arriverò a casa e mi sentirò come una se
fossi rimasta su una giostra troppo a lungo. Dentro e fuori da ogni negozio
possibile e immaginabile.
Un’altra
certezza del mio pomeriggio è che proverò moltissime scarpe. Marco si diverte a
farmi indossare ottomila scarpe altissime. La cosa preoccupante è che ogni
volta, dopo il dentro-fuori dai vari negozi, torno a casa con un nuovo paio di
scarpe con tacchi vertiginosi in un sacchetto colorato.
Mi
fanno sentire donna, un po’ come
quando compro un completino intimo nuovo,
e mi lascio sempre convincere da Marco che ripete sempre «Tu, Vi, sei come un
fiore che deve sbocciare, hai un potenziale inespresso impressionante, quasi
allarmante e preoccupante. Sentiti donna, sentiti bella!» e poi la psicologa sarei
io! Marco, in una vita passata doveva essere stato un grande oratore.
Riemergo
dai miei pensieri e noto di essere quasi arrivata alla facoltà di Marco. Suono
il campanellino per prenotare la fermata, recupero la borsa che metto sulla
spalla e il mio ombrello blu.
Il
bus si ferma, apro l’ombrello e scendo prima che riparta, controllo l’orologio
che segnala le dodici e diciotto. Perfetto orario, anzi quasi in anticipo.
Mi
dirigo verso il cartello della facoltà di lettere e vedo moltissima gente in
giro. Chissà se Marco è già qua, però io sono in anticipo e lui sarà
sicuramente in ritardo. Di Marco e del suo ombrellino verde evidenziatore con i
pois nessuna traccia, è facilmente riconoscibile.
Giunta
al cartello mi volto verso il cortile dell’università. Se non erro Marco mi
aveva detto che aveva lezione fino alle dodici e un quarto. Sicuramente la
lezione si sarà protratta per un po’ e poi lui sarà andato in bagno a farsi
bello sistemandosi l’acconciatura.
Dopo
cinque minuti di Marco non si vede neanche l’ombra. O l’ombrello.
Decido
di guardare meglio verso l’uscita della facoltà.
E così…
Oh
cavolo.
Merda.
Virginia
calma, tranquilla, rilassati.
Guarda
bene, controlla meglio.
Sotto
a un ombrello scuro e avvolto in un giubbotto altrettanto scuro c’è la persona
che ha popolato i miei sogni.
C’è
lui.
Matteo.
Bellissimo,
meraviglioso, fin troppo bello da togliere il fiato.
Eh bhe Virginia, che ti
aspetti?
Anche
lui viene qua in università e le probabilità di incontrarlo sono alte.
Davvero sono così alte?
Dovrei venire qui più
spesso.
Magari
accamparmi qua per vederlo che cammina ogni giorno tutti i giorni.
Perché
no?
Un
nuovo sport: lo stalking.
Virginia, basta!
Ritorna
in te.
Poi parte direttamente l’ordinanza
restrittiva, se ti va bene, fortunata come sei.
Torniamo
al problema.
Non
è solo un problema, è un enorme problema.
Di
adesso.
Lui,
l’uomo dei tuoi sogni, in tutti i sensi, e forse quello che potrebbe essere
quello giusto per te, sta venendo verso di te a grandi passi.
Però
pensa, guarda bene, osserva meglio.
Lui
non sta guardando te.
Vero.
Atroce verità.
Magari
sta andando verso qualcuno, o meglio qualcuna,
il termine femminile è decisamente più adatto.
Sicuramente
la sua ragazza.
Ecco.
Bastava
dirlo.
O
solo pensarlo.
Una
bionda da paura, altissima, magrissima e ovviamente bellissima, lo chiama
appoggiando la mano sulla sua spalla, lui si gira verso e lei si getta tra le
sue braccia.
Peeeerfetto.
Sembra
un dannatissimo film.
Io
mi sento una spettatrice alla quale hanno appena portato via il suo attore
preferito.
Cos’è
questa sensazione?
E’ tristezza.
Un
qualcosa si è spezzato in me e si è diviso in mille piccole parti.
Virginia, che ti aspettavi?
Lo
sapevi benissimo che lui aveva la ragazza.
Sì, certo. Una ragazza, non
una pseudo modella da infarto.
Pensavi
forse che saresti potuta essere bella come o di più della sua attuale ragazza?
Sì, no, forse?
Ti
sei illusa Virginia.
Illusa.
Bravissima.
Avevi
promesso a te stessa che non ti saresti più creata delle illusioni.
Ma ora basta.
Durante
il pranzo con Marco non ho più intenzione di chiedergli qualcosa riguardo a
lui.
Non
c’è competizione, non è una cosa plausibile.
Cavolo,
ho quasi gli occhi lucidi e vorrei piangere.
Virginia sei proprio una
bambina.
Smettila subito.
A
proposito di pranzo.
Dov’è
finito Marco?
Spero
solo che arrivi presto.
Do
un’ultima occhiata alla mia non più illusione tra le braccia di una bionda e mi
giro dalla parte opposta.
Marco, dove cavolo sei
finito?
M’s POV.
Mi
volto quasi di scatto insultando Marco.
Peccato
che non sia Marco quello che mi ritrovo tra le braccia ma Monica.
«Matteucccccio
mio» no, lei no.
Cosa
ci fa qui? Perché è qui? Perché mi abbraccia?
«Ciao
Monica.» dico con scarso entusiasmo.
«Matteuccio
io devo e volevo ringraziarti.» Perché? Cos’ho fatto?
«Come
mai?» chiedo cauto.
«Per
avermi fatto conoscere Gabrieeele mio! E’ meraviglioso per davvero! Sono super
felicissima sai?»
Strano, non l’avrei mai detto... Matteo piantala con il sarcasmo,
congratulati con lei. Subito.
«Benissimo
Monica» le dico. Qualche metro dietro di lei vedo Gabriele con un mazzo di rose
nascosto con scarsi risultati dietro la schiena. Lo saluto con la mano, Monica
si gira, si apre in un sorriso, mi dice «Ciao Matteuccio, passa una buona
giornata! Vado dal mio super tesoruccio!» ride e corre da Gabriele. Che carini.
Mi sento un po’ Cupido.
La
pseudo chiacchierata con Monica mi ha portato via cinque minuti del mio tempo
ma non mi sembra di vedere in lontananza Marco e il suo ombrello verde
evidenziatore.
Mi
avvicino al cartello della facoltà e aspetto.
Dò
un’occhiata all’orologio sul mio polso sinistro e segna le dodici e trentasei.
Strano.
Dove
si sarà cacciato Marco? Aspetto ancora un po’ prima di contattarlo.
Può
avere fatto tardi, può succedere, dopotutto sono solo sei minuti di ritardo.
Inizio
a passeggiare intorno al cartello, stare fermo e aspettare mi rende un po’
insofferente, in più fa freddino.
Gente
che chiacchiera, gente che parla, gambe di persone…
Noto
un paio di gambe molto belle, fasciate da dei jeans stretti, sotto un paio di
Converse, risalgo con lo sguardo e il lato b è decisamente buono… Oh sì, molto molto
buono.
Matteo a cosa stai pensando?
Sono
pur sempre un uomo.
Sì, un uomo diventato totalmente
un pervertito!
Proseguo
la mia camminata, ma devo assolutamente dare un volto a questa ragazza perché è
come se avessi sentito un brivido lungo la schiena.
Da
quando sei diventato così?
L’istinto è una brutta
bestia…
Cazzo.
Grazie
istinto, grazie.
Meno
male che ho guardato quel bel paio di gambe!
E
quel lato b!
Grazie davvero.
Non
ci credo.
Non
so come sia possibile.
E’ lei!
E’
Virginia.
E’
lei ed è qua.
Ferma
sotto al suo ombrello blu mi sta guardando con aria interrogativa.
Devo
avere un’aria da totale cretino, mi sono praticamente bloccato a due metri da
lei, da quell’angelo, con la bocca
quasi aperta.
Riprenditi Matteo.
Assumi
un’espressione intelligente e sorridi.
Ma
sto già sorridendo come un ebete.
E’
un riflesso automatico ogni volta che penso a lei.
Dio mio. E’ proprio bella.
E’
ancora più bella di quanto ricordassi.
Diventa
sempre più bella ogni volta che la vedo.
Mi
avvicino a lei.
Grazie Marco e al tuo
meraviglioso ritardo.
Grazie!
Matteo cosa fai?
Vado
da lei.
La
saluto.
Siamo soli.
Da
soli senza terze o quarte persone.
E’ la mia occasione.
Se
lei stesse aspettando il suo ragazzo?
Chissenenfrega.
Faccio
un altro passo, le sorriso e lei mi sorride.
Bell’inizio, ci piace.
«Ehi!»
Ma che bel modo in iniziare
un discorso Matteo, bravo, complimenti.
Hai perso il punticino che
avevi guadagnato col sorriso.
«Ciao
Matteo.» Il mio nome tra le sue labbra è un qualcosa di... eccitante e
sensuale?
Purtroppo sì.
Sensuale,
eccitante ed estremamente dolce.
Parla
Matteo, chiedile qualcosa, qualsiasi cosa, perché lei è lì…
«Ciao
Virginia!» iniziamo dalle cose basilari, forza Matteo!
«Chiamami
pure Vi, se vuoi…» dice lei sorridendo e guardandomi intensamente.
Ok,
la rapisco e la porto via.
«Ok
allora... Anche se il tuo nome intero è molto bello!» Matteo ti stai
suicidando? «Cosa ci fai qui di bello?» Ma che domanda intelligente, Matteo.
Bravo, continua così.
«Stavo…
Stavo aspettando il tuo amico Marco!» dice lei. Chi? Che cosa ha detto? «Dovevamo
andare a pranzo insieme oggi…» aggiunge.
Io
faccio una statua a Marco appena lo vedo.
Cosa
cavolo ha ideato, Marco?
Ha
notato un qualcosa l’altro giorno?
Ha
ideato un pranzo a tre?
Chissenefrega.
Ma
lui dov’è?
Meglio
però se siamo da soli io e lei!
Ora
Matteo, devi trovare una risposta intelligente.
O
la va o la spacca.
Decido
di tirare fuori le palle e provarci.
«Che
strano…» inizio a dire e lei assume un’espressione interrogativa «...dovevo
andare a pranzo anche io con Marco!»
V’s POV.
Cosa?
Che cosa ha appena detto?
Anche
il ragazzo più meraviglioso del mondo doveva andare a pranzo con Marco?
Perché
allora Marco non me l’ha detto?
Perché
Marco non c’è?
Che
cosa significa tutto ciò?
Può
rivelare che… Devo andare a pranzo con Matteo da sola?
Siamo
seri?
Per
davvero?
Oh. Cavolo.
Afferro
in mano il mio cellulare dalla tasca dei jeans e scrivo velocemente su WhatsApp
“Ti uccido appena ti vedo, Marco”.
Dopo
circa un minuto sia il mio, che il cellulare di Matteo suonano
contemporaneamente.
Ci
guardiamo mezzi sorridenti e lui mi dice «Ho una mezza idea su chi potrebbe
essere! Lo leggiamo insieme?»
Matteo,
facciamo qualunque cosa insieme, qualsiasi cosa.
Ti
prego.
Virginia, fai la brava.
«Leggiamolo...»
gli dico sorridendo.
Apro
l’applicazione e il messaggio dice semplicemente “Divertitevi insieme”.
Io
lo uccido davvero.
Uccido
Marco.
Le
cose sono due.
O
lo uccido o lo ringrazio a vita.
Matteo
ride divertito ed esclama «Prima o poi devo fare un discorsetto a Marco...»
Eh
già. Come minimo gli dirà di non fargli più questo “tipo di sorprese” visto che
era prima con la modella e adesso è qui incastrato con me. Ed è anche giusto
che gli faccia in discorsetto, dopotutto ha una vita sua e ha una fidanzata
strafiga. A proposito, dov’è finita? Si è volatilizzata? Non ci ho fatto
proprio caso.
Niente
allora, io torno a casa.
Ma tu, cara Virginia, non
vuoi.
Lo
so.
Ma non posso obbligarlo a
venire a pranzo con me.
Dì
qualcosa di sensato Virginia, forza.
«Dato
che il pranzo con Marco non c’è, se tu hai da fare io tornerei a casa…» dico
tutto d’un fiato stringendomi nelle spalle.
Lui
mi guarda con aria triste.
Triste?
E’ possibile?
E’
solo una tua impressione Virginia.
«Virginia…»
inizia chiamandomi per nome, Dio mio come lo dice bene «se per te va bene io andrei
a pranzo comunque.»
E
beh, certo, dovrà pur mangiare, magari va con la super biondona.
Non
ha incluso me nel discorso quindi me ne torno a casa a mangiare.
Da
sola.
Peccato
che non abbia fame.
Stomaco
chiuso, completamente chiuso, dopo queste “rivelazioni”.
Gli
devo rispondere.
«Ah…»
bel colpo Vi, le frasi intelligenti sono il tuo forte. Devo terminare la frase.
«Si certo. Vai pure. Io…» Io cosa? Io voglio venire a pranzo con te? Io mi sono
persa nei tuoi occhi? Nel tuo sorriso? Io mi sono persa in te?
Lui
mi guarda con una luce nuova negli occhi, abbassando la voce impercettibilmente
dice «Rimani, non andare a casa. Resta con me. Vieni a pranzo con me…»
L’ha
detto?
O
è un sogno?
Svegliatemi
ora o non svegliatemi mai più se è un dannatissimo sogno.
Mi
sento come a Natale quando da piccola scarti tutti i regali e trovi tutto
quello che avevi chiesto. Anzi, trovi anche dei regali in più.
Stessa
identica sensazione.
Soddisfazione
e felicità pura.
“Please stay.. Just stay..”
Come
la canzone…
Rimani. Rimani con me.
Due
parole che continuano a rimbombarmi nella testa.
Che
cos’hai da perdere Virginia?
Nulla,
giusto?
Alzo
gli occhi verso di lui, mi apro in un sorriso e con la voce più dolce possibile
dico «Va bene, andiamo!»
Sì, andiamo.
**
Buona sera a tutti, eccomi
finalmente con il mio aggiornamento settimanale della storia tra Virginia e
Matteo in versione 2016. Sarà, ma essendo la loro storia e la primissima che ho
scritto (e che adesso edito felice come un orsetto) ci tengo particolarmente
tanto. Lo so, tutti che magari vi aspettavate questo super pranzo, e invece…
Invece no. Ci sono stati i pensieri, ho provato a farvi capire quello che loro
due sentono. Le loro insicurezze, i loro pensieri, i loro sogni… Spero di non
essere stata troppo scontata o banale e spero soprattutto che vi sia piaciuto “Stay”.
La canzone è quella di Elisa, e mi è sempre piaciuta e la reputo adatta a
Virginia e a Matteo. “I hope
there will be better days” per loro due, giorni meravigliosi, giorni
pieni di sorprese. Per loro, e anche per voi. E per me. Ci meritiamo tanto bene.
Spero che vi sia piaciuto questo nuovo capitolo e volevo ringraziare tutte
quelle persone che hanno scoperto da poco “Inaspettatamente” o altre che la
stanno rileggendo, grazie!
A presto e un abbraccio!
E.
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Capitolo 7 *** I'm Yours ***
INASPETTATAMENTE_cap7
I’m
Yours – Capitolo 7
21 Gennaio.
Ore 12:41
M’s POV.
«Dato
che il pranzo con Marco non c’è, se tu hai da fare io tornerei a casa…» dice
tutta d’un fiato quella meravigliosa creatura.
Quella
voce non può dire davvero che vuole
andarsene via.
No,
ti prego no.
Per
favore, no.
Non
adesso, non ora.
E’
sbagliato se te ne vai.
Non
può, ma soprattutto, non deve
andarsene.
Devo
trovare un qualsiasi futile pretesto per farla rimanere qui. Qui con me. Magari
il riscaldamento globale, la religione, un consulto psichiatrico, qualunque
cosa. Basta che lei rimanga qui.
«Virginia…»
la chiamo con il suo nome anche se ho il permesso di chiamarla Vi. Preferisco
di gran lunga il suo nome intero, è decisamente perfetto e non mi va di toglierne
la grazia e la dolcezza abbreviandolo. E poi, diciamocelo, l’effetto della
frase è decisamente da figo con il suo nome intero. «Se per te va bene io
andrei a pranzo comunque.»
Mi
guarda, interrompendomi e sussurra un «Ah…» prima di una brevissima pausa. «Si
certo. Vai pure. Io…»
Non
deve terminare quella frase, non deve.
O
meglio, non voglio che la termini.
Io
so già come potrebbe proseguire quella frase: “Io ho un fidanzato che mi
aspetta per il pranzo”, oppure “Io non ho intenzione di andare a pranzo con uno
sconosciuto”. E a favore suo, ha anche ragione. Cavolo se ha ragione.
Devo
trovare un modo per fermarla.
Una
scusa qualsiasi.
Un
futile pretesto.
Bene,
è arrivato il tuo momento Matteo. Tento il tutto per tutto, non ho intenzione
di lasciare che lei scappi via, corra via, oppure sparisca. E’ già sparita
dalla mia vita troppe volte senza che io potessi fare mai un qualcosa di
“attivo” per farla rimanere.
Ti
prego rimani con me.
Resta con me.
Rimani
qui.
Con
me.
Matteo, devi parlare però.
Ah,
sì, giusto.
Parla.
«Rimani,
non andare a casa. Resta con me. Vieni a pranzo con me…»
Gliel’ho
detto.
Cazzo, se gliel’ho detto.
Gliel’ho
detto cercando di essere il più dolce possibile. Cercando anche di non sembrare
troppo disperato. Anche se lo sono. Dio mio, ho una voglia irresistibile di
rimanere qui con lei. Virginia, facciamo così, anche se non vuoi andare a
pranzo, rimaniamo qui lo stesso, ti va? Se vuoi posso tenere la borsa e il tuo
ombrello blu per tutto il pomeriggio. Così, giusto per fare un po’ di sport. Ma
rimani qua con me. Non andartene.
Matteo,
finiscila di comportarti come un bambino.
Sii
realista.
Ora
arriva la parte difficile, accettare il suo rifiuto e tornare a casa.
Ecco.
Posso
accettare un no?
Certo che sì.
Potrei
accettare un no da lei?
Non saprei.
Potrei
sopportare il suo no?
Non vorrei.
Ecco,
ci siamo.
Alza
quei due meravigliosi occhi verso di me e sorride. Sta sorridendo. E, signori,
che sorriso spettacolare. Schiude le labbra e dice con una voce che sfiora
l’estrema dolcezza «Andiamo!»
Fermi tutti.
Ha detto “Andiamo”?
Ha davvero detto “Andiamo”?
Forse non dovevo obbligarla e insistere così tanto
per farla venire a pranzo con me, però…
Dio
che sensazione.
E’ stato proprio meraviglioso.
Quanto le parole possono rendere felici le persone?
Soprattutto quali parole.
A me ne è bastata solo una.
Una semplice parola, un verbo coniugato.
Andiamo.
E
allora andiamo, Virginia.
Ma dove ti porto?
A
casa tua.
Coscienza non è il momento di scherzare.
Ma
ti piacerebbe.
E anche se fosse?
Ammettilo,
ti piacerebbe eccome.
Colpito e affondato.
Devo trovare una soluzione che non sia passare
tutto il pomeriggio con un ombrello sotto la pioggia al freddo e al gelo oppure
mangiare qualcosa di corsa o direttamente non mangiare e andare a casa mia. Toglietelo
dalla testa Matteo, subito.
Ok, ormai il tutto per tutto l’ho tentato poco fa e
mi è andata bene.
Lei ha accettato di venire a pranzo con me.
Chissà, forse è il mio giorno fortunato?
Ma ora dove la
porto?
Dove?
Inventati
qualcosa Matteo, immediatamente.
Non
puoi permetterti di sprecare altro tempo fantasticando.
La
guardo, mi perdo per un istante in quegli occhi meravigliosi e le dico cercando
di ostentare almeno un minimo di sicurezza: «Allora, dove… Dove ti piacerebbe andare?» meravigliosa
creatura, continuo nella mia testa.
Matteo, non riesci neanche a
parlare eh? Un minimo di sicurezza “un bel par de balle”. Dai Matteo, che finito il pranzo ti
porti a casa il premio per l’idiota dell’anno oltre a uno splendido due di
picche. Ma quello è già contemplato nel pacchetto “pranzo con uno splendore”!
Ricordatelo Matteo, ha un
fidanzato.
O
potrebbe avere un fidanzato?
Bhe,
chissenefrega.
Voglio
che lei mi conosca oggi.
Voglio
solo passare qualche ora con lei.
Qualche
ora può bastare.
Forse.
Sorride,
e quando sorride il mio cuore decide di accelerare, mi dice «In realtà, non…
Non saprei proprio. Tu non conosci un posticino carino?»
Casa
mia? Quella può andare?
Oh, Matteo, smettila.
Ritorno
lucido, o meglio, provo a tornare padrone di me stesso anche perché devo
esserlo almeno un po’.
«Sicura
che per te vada bene se scelgo io?» chiedo io, insomma meglio essere sicuri,
no? Cosa potrei scegliere? Un qualcosa di semplice... Il mio primo pensiero scatta
subito alla pizza. Avevo già voglia di pizza prima. Ma… Non so neanche se a lei
piace, o se preferisce mangiare cinese, o giapponese, o… un’insalata? Meglio
schiarirsi i dubbi, alla svelta. «Ad esempio, pizza?»
«Io
adoro la pizza!» e io adoro lei che adora la pizza. Si può essere più cretini?
Basta Matteo, basta.
«Allora andiamo. Conosco un’ottima pizzeria qui vicino!»
dico facendo mente locale. Ho intenzione di portarla nel posto più carino della
zona dove la pizza è davvero ottima. Ho deciso, la porto da Mario.
Abbiamo
camminato per un quarto d’ora circa. Ma il tempo è decisamente volato. Lei mi
ha guardato spesso e ogni volta che lo faceva, io sorridevo e lei poi
sorrideva.
«Mi
spiace averti fatto camminare sotto la pioggia per così tanto.» mi sono
scusato svariate volte.
«Ma
va figurati!» mi ha sorriso e ha aggiunto «In ogni caso avrei passato il
pomeriggio vagando per negozi con Marco!»
“Avrebbe passato
il pomeriggio…” Bene. Molto
molto bene. Forse dopo il pranzo non scapperà via e potremmo addirittura
passare il pomeriggio insieme… Matteo non farti illusioni.
«Ma
non mi dire! Ti costringe a pomeriggi di shopping full immersion?» le chiedo
con un sorriso.
E
ride, ride ed è come se tutto il mondo si fermasse.
Per lei.
Tutto
il mio mondo si ferma, non sento nient’altro oltre alla sua risata bellissima e
coinvolgente.
«Esatto!
Mi hai decisamente salvata!» mi dice.
L’ho salvata? Davvero?
E’
una cosa meravigliosa.
«Eccoci
arrivati…» le dico fermandomi davanti alla pizzeria dove vado spesso. «Prego, prima le
signore…» le dico aprendo la porta da vero gentleman, ringrazio mentalmente mia
madre che mi ha insegnato le buone maniere per pura educazione e anche un po’
per impressionare le ragazze.
«Uh,
grazie…» dice arrossendo. Signori e
signore, le buone maniere e Matteo segnano un piccolo punticino! Le guance
rosse sul suo viso chiaro la rendono ancora più bella. Sì, mi sono decisamente
rincoglionito.
Dio
mio, che cosa mi hai fatto Virginia?
V’s POV.
«Esatto!
Mi hai decisamente salvata!» brava Virginia, prosegui questa strada verso
l’autodistruzione.
Mi
ha salvata dal pomeriggio di shopping con Marco.
Inventa un’altra bugia, Virginia.
Mi ha salvata. Salvata… In tutti i sensi.
Ogni
volta che lui mi guarda, io sorrido.
Non
ci posso fare nulla.
Sorrido.
Sorrido
come una perfetta idiota.
Mi
fa sentire al sicuro.
Mi
fa sentire serena.
Mi
fa sentire leggera.
Basta.
Lui
ha la ragazza.
Una
ragazza che è molto, molto bella.
L’hai
vista anche tu, cara Virginia, è bellissima.
Però…
C’è
un grosso però.
Ammettilo
a te stessa Virginia, almeno a te stessa.
E’ qui con te.
Con
te, Virginia.
Non
con la super bionda.
Magari
non è la sua ragazza?
Sì certo, credici Virginia.
Si
sono abbracciati…
Li
hai anche visti.
Toglietelo dalla testa, subito.
Lui
non potrà essere tuo.
Ok,
non potrà essere mio, ma è a pranzo
con me.
Con
me.
Passeremo
del tempo insieme.
Spero
che staremo bene, ma già lo posso immaginare.
Anche
se è per poco tempo, anche se è solo un pranzo, un semplice pranzo.
Virginia,
devi essere il più naturale possibile.
Lascia
che lui ti conosca per quella che sei davvero e non con “la psicologa amica di Marco”.
«Eccoci
arrivati…» dice Matteo riportandomi alla realtà fermandosi davanti a una porta
in legno con i vetri vecchio stile, sembra di essere in un castello. Come prima
impressione il posto mi sembra davvero bello. «Prego, prima le signore…»
Mi
sta tenendo la porta?
Dio
mio.
Mi
tiene la porta e dice come nelle fiabe “prima
le signore”.
E’
un gentiluomo. Un perfetto gentiluomo.
Potrebbe
davvero essere quello giusto.
Arrossisco,
non posso fare altro che arrossire.
Merda Virginia, arrossisci?
Magari
non se n’è accorto… Spero, almeno.
«Uh,
grazie…» gli dico quasi sussurrando in un imbarazzo allucinante.
Entriamo
in questo posto molto bello e vengo subito invasa dal profumo di pizza.
Lasciamo gli ombrelli all’ingresso e vedo che ci aspetta sorridendo un uomo di
mezz’età, con tutta probabilità il proprietario di questa pizzeria.
«Siete
solo in due?» chiede il signore con un largo sorriso.
Matteo
lo guarda e gli sorride «Esatto, siamo solo in due Mario!»
Credo
proprio che lo conosca, dato che ha chiamato il ristoratore per nome. Chissà se
viene qui spesso e chissà se avrà portato anche…
Eh
no, Virginia. No, no e ancora no.
Non
ci pensare ora.
Pensa
come ha detto “solo in due”.
Il
modo, il tono, la voce calma e calda allo stesso tempo.
Virginia,
forse stai fantasticando tutto.
Sì ma il fatto che lui sia
voluto venire a pranzo con te, non cambia.
Vocina
speranzosa smettila di saltare fuori inutilmente.
«Prego
allora, seguitemi» dice Mario.
Ci
porta nella sala da pranzo che si trova subito dopo il corridoio d’ingresso. Ed
è... Cavolo, è come piace a me. Non è uno di quei posti enormi e asettici, dove
la gente parla ad altissima voce e c’è trambusto. E’ una saletta molto carina,
intima mi verrebbe da dire. Molto intima.
Sembra
una vecchia stanza di un castello medievale, con le pareti color crema miste a
vecchi muri con mattoni scuri, ampie volte e travi in legno a fare da soffitto.
Quattro ampie finestre danno su un giardino meraviglioso che ha nel centro un
bellissimo pozzo. Che meraviglia! Mi affascina molto questo posto. Ha un non so
che di romantico e antico. I miei occhi tornano alla sala, su ogni tavolino c’è
una meravigliosa tovaglia bianca lunga ed è accesa una candela. Non è una di
quelle sale illuminate da mille luci al neon, la stanza è comunque illuminata
da luci soffuse e fissate alle pareti color crema. Evidentemente hanno
preferito lasciare che la luce naturale entrasse dalle finestre. E’ così bello
qui... E Matteo ha avuto un ottimo gusto nel portarmi qui. Non che un semplice
trancio di pizza seduta sul ciglio della strada con lui mi sarebbe dispiaciuto,
sia chiaro, ma qui… Bhe, è tutta un’altra storia. Forse dovrei tornare alla
realtà e smetterla di sorridere come una perfetta cretina.
«Sceglie
la signorina dove preferisce sedersi.» dice un sorridente Matteo al
proprietario con un cenno del capo.
Credo
di essermi persa la domanda precedente. Mi fa scegliere dove mi voglio sedere
nella sala quasi vuota… I miei occhi vagano in quella meravigliosa sala e decido
in tempo zero. Indico un tavolo vicino alla vecchia parete del castello che è quasi
davanti a una delle grosse finestre.
«Lì
può andare?» chiedo sorridendo a Matteo.
Lui
si apre in un sorriso che mi fa cercare altro ossigeno, altra aria da
incanalare nei polmoni. «Certamente.» e poi si gira verso Mario e dice «Ci
sediamo là.»
«Certo
Matteo, passo dopo con le liste e per le ordinazioni» risponde Mario.
Cavolo,
ma allora si conoscono davvero.
Ci
avviciniamo al tavolo prescelto, Matteo toglie il suo giubbotto, mi tolgo il
mio ma lui aspetta a sedersi. Prima che io possa anche solo realizzare cosa, o
meglio chi, stia aspettando, sposta la
sedia da sotto il tavolo, la mia
sedia, mi fa segno di sedermi sorridendo e mi avvicina al tavolo.
Oh mio Dio.
E’
la prima volta che mi succede una cosa del genere con un ragazzo.
E’
come se fossi in una fiaba.
Allora la cavalleria non è
morta e sepolta.
Virginia,
dì qualcosa.
E’
l’uomo più galante e attraente che tu abbia mai incontrato.
Voglio
conoscerlo, voglio capirlo, voglio…
Lo
voglio per me.
Voglio
che sia mio.
Dio
mio, è l’uomo della mia vita.
Così…
Così
tutto quello che vorrei.
«Gr..,
Grazie Matteo.» non so che altro dirgli, e soprattutto lo dico balbettando e
arrossendo. Bingo!
«Non
mi ringraziare Virginia. Non è nulla e l’ho fatto con molto piacere.» mi dice
lui.
«Bhe
non è una cosa da tutti i giorni.» mi escono queste parole spontaneamente senza
collegare la mia area della parola con il resto del cervello.
Stupide
sinapsi! Dovreste lavorare efficientemente.
E
lui sorride.
Non
fa altro che sorridere e guardami negli occhi per un tempo che mi sembra infinito.
Possibile
che riesca a farmi stare bene ogni suo sorriso?
E’
possibile sì.
Lui ne è capace.
Mi
scalda il cuore.
E’
dotato di qualche potere soprannaturale, ne sono sicura.
Completamente sicura.
M’s POV.
Credo
di essermi comportato da perfetto idiota.
O come qualcuno potrebbe obbiettare “all’antica” o meglio “da vecchio”. Che ci
posso fare? Assolutamente nulla. Mi piacciono queste galanterie e con lei, con
questo splendore che siede di fronte a me in questo momento, viene tutto così
spontaneo. Mi è venuto istintivo l’averle aperto la porta all’ingresso, il fare
scegliere a lei il posto dove si voleva sedere, tra l’altro ha scelto uno dei
miei posti preferiti del ristorante di Mario, un punto in più per lei, ed è
stato naturale farla sedere sulla sedia e poi avvicinarla al tavolo. E’ tutto
così naturale e spontaneo con lei. E’ fatta per essere amata, adorata, e
persino venerata. Dio mio Matteo, che ti
succede? Non ne ho idea. Non ne ho proprio idea ma va benissimo così. Non
me ne frega nulla.
Mi
guarda e le sue guance diventano più rosee «Gr.., Grazie Matteo.» dice.
Forse
l’ho messa in imbarazzo, forse ho osato troppo, forse non dovevo portarla in
questo posto... Ma questo è un posto a me caro dove ogni tanto la mia famiglia
ed io veniamo a festeggiare i vari compleanni o le varie feste tutti insieme, i
proprietari mi hanno visto crescere e sono anche amici dei miei genitori. Mi
tranquillizza questo posto. E volevo che lei
lo vedesse, voglio che lei passi il
miglior pranzo di sempre.
«Non
mi ringraziare Virginia. Non è nulla e l’ho fatto con molto piacere.» le dico.
«Bhe
non è una cosa da tutti i giorni.» mi risponde al volo.
E
io sorrido. Chissà, forse sono riuscito a sorprenderla almeno un po’. Matteo,
non essere così stupido o scontato.
Virginia, non è una cosa da
tutti i giorni incontrare te per puro caso… Matteo, per lo meno hai avuto il buon gusto di non
dirglielo. Sei ancora dotato di un filtro nel tuo cervello. Come minimo si
sarebbe alzata e sarebbe andata via. Non hai alcun diritto di pensare certe
cose. Quindi smettila e contieniti. Ti è solo andata bene, per il momento
almeno.
«Ecco
a voi le liste. Ripasso tra poco.» Dice Mario consegnando il menù a Virginia e
a me, infine si allontana sorridendo verso gli altri tavoli ancora pieni.
Vedo
Virginia intenta a sfogliare il menù e si ferma alla pagine delle pizze.
Alzo
gli occhi verso di lei e le chiedo «Che pizza prendi?»
Mi
guarda fisso negli occhi «Non lo so. Forse una prosciutto e funghi.»
Abbiamo
anche gli stessi gusti? Per lo meno non prende un’ “insalatina senza formaggio
o tonno, possibilmente vegan con tanti semini” come prendeva Monica. E’ il
momento adatto per fare dei paragoni, Matteo? Non credo proprio, anche perché
non c’è paragone, Virginia batte Monica mille a zero. Punto e basta.
«E
tu? Hai già scelto?” mi chiede con occhi curiosi.
«Credo
proprio che ti copierò. Qui è davvero molto buona quella pizza.» dico il più
sincero possibile.
«Conosci
da tanto questo posto?» chiede lei sempre più curiosa. Come si dice spesso la
curiosità è donna. E il fatto che queste domande non m’infastidiscano è quasi
preoccupante. Anzi, mi preoccupo e basta.
«Sì,
ci vengo spesso, soprattutto con i miei» ma
è la prima volta che porto una ragazza qui, aggiungo mentalmente. Ma questo
lei non lo deve sapere. Almeno, non ora e non così.
Veniamo
interrotti da Mario che non facendosi vedere da Virginia mi fa l’occhiolino.
«Avete
già scelto?» chiede lui con la solita voce accomodante.
«Si
certo…» gli rispondo io «…prima la signorina però.»
«Allora…»
inizia lei con aria seria e decisa «per me una pizza prosciutto e funghi e una
coca cola.»
«E
per me, lo stesso!» concludo infine.
Sorridiamo
entrambi con aria complice. Posso dire “complice”? Non lo so, però mi piace.
Sarà
interessante vederla mangiare… Generalmente dicono che chi mangia con gusto,
faccia anche “altro” con molto gusto.
Matteo,
ti sembra il momento adatto pensare a queste cose? Sì, ovviamente lei in un letto è sempre un’immagine invitante.
Smettila Matteo, subito.
Le
due pizze prosciutto e funghi sono arrivate, avevano un aspetto davvero ottimo
ed erano buonissime come sempre, oggi persino di più. La mia l’ho mangiata
tutta, avevo una fame allucinante. Virginia ed io tra un boccone e l’altro
abbiamo parlato di alcune cose, soprattutto di come abbiamo conosciuto Marco,
di Alessandro, di come loro siano una coppia fantastica ed entrambi siamo molto
felici per loro. Siamo entrati in sintonia, come se ci conoscessimo da tempo e
questa non fosse la prima volta che pranziamo insieme. Non le ho chiesto molto
di lei, non mi va di passare per l’invadente cafone che le fa il terzo grado su
ogni singola cosa anche se sono curioso, molto curioso. Ho così voglia di
conoscerla…
E’
come se fossimo entrati in confidenza, l’aria che si respira è quasi elettrica.
Elettrica ed eccitante. A proposito di eccitante, Virginia è veramente troppo
sensuale mentre mangia, come sta mangiando ora…
Merda.
Non
ti risvegliare ora… Per favore.
Troppo
tardi.
E’
possibile che io sia messo così male?
Eccitarmi
per come mangia.
E pensa se…
Matteo
contieniti, contieniti per favore.
Pensa
ad altro.
Sì certo, come se fosse
facile.
«Matteo,
mi stai ascoltando?» torno alla dolcissima realtà nel giro di un secondo con le
sue parole. Merda.
«No,
scusami. Ero un attimo assorto nei miei pensieri» le confesso in imbarazzo. In
pensieri sconci e zozzi. Che figura di merda. Sembro un ragazzino.
«Ho
notato...» dice quasi divertita. Ovvio, è psicologa. «Mi spiace disturbarti dal
mondo dei pensieri.» Si scusa lei? E perché mai?
«No
scusami tu. Sono stato davvero maleducato. Non me ne sono accorto.»
«Non
fa nulla. Si vede che era qualcosa di importante» mi dice. Tu, nuda? Molto
importante ma non come averti qui, ora.
«Scusa
ancora. Stavi dicendo?»
«Spero
che tu non ti offenda…» ecco, signori e signore ci siamo «... ma preferirei…»
non terminare la frase, ti prego non farlo perché proseguirebbe con “scappare
via da questo pranzo” «...non continuare a mangiare la pizza ma assaggiare un
dolce.»
Sbam.
Il
mio cuore è diventato leggero in un secondo.
Mi
ha sorpreso. Davvero molto.
Matteo,
riprenditi subito.
Parla.
«Spiegami
una cosa… Ti stai scusando per non aver finito la pizza, perché vuoi mangiare
un dolce?» chiedo con aria mista tra l’incredulo e il divertito.
«Bhe,
sì. Non vorrei che tu pensassi che non mi sia piaciuta» mi risponde concentratissima.
«Stai
scherzando, vero?» chiedo ancora più incredulo.
«No
no!» dice lei convinta.
E
rido, rido di gusto perché riesce a sorprendermi per cose così banali. Lei si
unisce a me nella risata, si ferma e con aria titubante chiede tutto d’un fiato
«Senti, ma fai metà dolce con me? La pizza era davvero ottima ma non l’ho
finita. E il dolce lo vorrei solo assaggiare, non riuscirei a mangiarlo tutto…»
Oh,
che bellezza. Vuole che dividiamo il dolce. Posso essere eccitato da questa
cosa? Lo sei Matteo, sei un uomo e come uomo ti ecciti anche a dividere un
dessert con una bellissima ragazza. Sai cosa sei anche? Un completo e patentato
cretino, questo pranzo ti sta sfuggendo di mano.
La
guardo in quegli occhi scurissimi e meravigliosi e le dico «Tutto quello che
vuoi. Scegli tu o scelgo io?»
«Scegli
tu dai! Già ti obbligo a mangiarne metà.» risponde lei con un timido sorriso. Ah,
fossero così tutti gli obblighi.
E
ora? Cosa scelgo?
Mi
salva un sorridente Mario che arriva e toglie i piatti delle pizze e le posate,
e prima che io dica qualcosa mi anticipa con «Il solito, Matteo?» ci penso su
un secondo ed annuisco.
Si
rivolge successivamente a Virginia e chiede «Uno o due del solito?»
Lei
sorride e risponde trionfante «Uno solo, ma con due cucchiaini!»
Aspettate
un attimo. Si è davvero fidata del “mio solito” senza chiedere cosa fosse? Sono
felicemente sorpreso, ad ogni azione e parola che lei dice. Mi piace molto
questa audacia. Soprattutto se si parla di dolci.
«Ecco
a voi il dessert!» dice Mario qualche minuto dopo portando un piatto gigante. Virginia
si apre in un sorriso vedendo la porzione extra del buonissimo tiramisù di
questo posto.
«Spero…
Spero proprio che ti piaccia!» le dico con una lievissima ansia da prestazione.
«Scherzi?
E’ uno dei miei dolci preferiti!» risponde sorridendo.
«Allora
a te l’onore del primo morso!» concludo spostando leggermente verso di lei il
piatto.
Prende
un cucchiaino, lo avvicina al dolce in mezzo al tavolo, se lo porta alla bocca,
apre le labbra e…
«Mmmh…»
Cazzo.
E
no.
Non
si può.
Sì che si può.
La
mia mente bacata in tempo zero pensa chiaramente ad altro mentre lei esegue
quel leggero gemito. Mi piacerebbe che fossi io a farle fare quell’ “Mmmh”.
Credo
di essere rimasto a bocca semiaperta godendomi questo spettacolo.
Un
perfetto idiota, sì, se ve lo state chiedendo.
«Scusami…
Io… Ecco… Io adoro i dolci e questo è davvero buonissimo.»
Si
sta scusando un’altra volta. Si scusa per cose che non capisco, che sia
un’abitudine delle psicologhe?
«Ma
va, figurati. Mi fa solo piacere che ti piaccia» le dico tentando di togliermi
dalla mente quel “Mmmh”.
Tra
un sorriso e un altro finiamo il dolce. E adesso? Dovrei obbligarla o trovare
qualche pretesto per farla rimanere con me? Passerà con me il pomeriggio?
Prima
di farle qualche proposta o solo pensare a qualcosa sento una dolce melodia che
proviene da un cellulare, dal cellulare di Virginia. Guarda il nome sul display
e accenna a un mezzo sorriso.
«Puoi
scusarmi due minuti? Faccio in fretta!» mi dice.
Puff.
Ed ecco che la magia è finita. Con la suoneria di un cellulare. Matteo devi
tornare alla realtà.
«Sì
certo, non ti preoccupare» le rispondo.
Afferra
il cellulare e risponde «Pronto?», lo so che non è buona educazione ascoltare
le telefonate altrui ma…
«Ciao
Ma! Dimmi tutto.» Ecco, “Ma” sarà il nome del suo fidanzato, Manuel o Emanuele
o Manuele o Marco… Il “Ma” potrebbe essere anche di Matteo? Basta Matteo, smettila subito.
«Sì,
ora ho da fare…» ha da fare con me, sorriso ebete vattene subito dalla mia
faccia.
«Sono
impegnata ancora un po’» mi piace quell’ “ancora un po’”.
«Ma
no, non con Marco…» non con Marco, prevedo una sfuriata.
«No,
non ti preoccupare!» di cosa si dovrebbe preoccupare?
«Quando
poi torno a casa ci prendiamo un the o una cioccolata se ti va…» geloso, sono
geloso, anzi gelosissimo.
«Ci
vediamo dopo allora. Ciao mamma!» Cazzo. Matteo quanto sei stupido da uno a
dieci? Ottanta? Era sua madre, non Manuel, Emanuele o Manuele! Anche se
sembrava che stesse parlando con un’amica o il suo ragazzo.
Mi
guarda con un’aria divertita e si scusa ancora «Scusami, mia madre si preoccupa
se non mi sente.»
«Non
ti preoccupare, Virginia.» cerco di rassicurarla il più possibile.
«Dimmi
Matteo, hai da fare nel pomeriggio?» mi chiede prendendomi completamente alla
sprovvista, sorprendendomi totalmente.
«Nulla
signorina Virginia, la seguirò per tutti i negozi…» le dico osando molto e
scherzando un po’ su uno degli argomenti che abbiamo trattato durante il pranzo
come se dovessi essere io il sostituto di Marco per lo shopping pomeridiano.
Lei
ride e mi chiede «Allora andiamo?»
Vuole
andare via? La seguirei ovunque.
«Certo
che sì, andiamo! Spero che il pranzo sia stato di tuo gradimento.»
«Scherzi?
Era tutto buonissimo! Prima di uscire ti spiacerebbe se andassi un attimo in
bagno?»
«Ma
va figurati, è lì a sinistra. Ti aspetto all’entrata.»
Sorridendo
va in bagno, la seguo con lo sguardo ammirando le sue anche e il suo lato b che
si muovono in modo molto sexy fino alla porta della toilette.
Prendo
il mio giubbotto e vado da Mario che mi aspetta davanti alla cassa.
«Finalmente
ti fai vedere qua con una ragazza!» esordisce così il mio ristoratore di
fiducia.
«Magari
fosse la mia!» rispondo quasi sospirando.
«Dipende
tutto da te, lo sai questo?»
«Sempre,
Mario. Tutto da me. Quanto ti devo per il pranzo?»
«Aspetta
che vado a chiedere alla moglie...» e strizzandomi l’occhio va alla ricerca
della sua metà.
Mentre
aspetto, le noti dolci di una canzone risuonano nell’ingresso del
castello/ristorante.
Well open up your
mind
and see like me
Open up your plans
and damn, you're free
Look into your heart
and you'll find love love love love
So I won't
hesitate
no more, no more
It cannot wait I'm sure
There's no need to complicate
Our time is short
This is our fate, I'm yours
Cara
Virginia, non esiterò più, sono tuo. Non so come tu ci sia riuscita ma mi hai
ammaliato, stregato completamente in tempo zero. Mi sono letteralmente
rincoglionito, non c’è altra spiegazione.
Dato
che non voglio più esitare ma voglio osare, un’idea mi passa per la mente.
E
se stessi più vicino a lei nel pomeriggio?
Voglio
stare in contatto con lei…
Prendo
il mio ombrello già asciutto, lo piego e lo metto dentro allo zaino.
V’s POV.
Bagno,
bagno, bagno, devo assolutamente fare pipì. Entro nel bagno e mi specchio.
Dio mio, guance rosse e occhi lucidi.
Che
mi è successo?
Nulla,
sono solo una perfetta idiota.
Un
pranzo così emozionante, credo sia la parola che meglio descriva il pasto che
c’è stato tra me e Matteo, non mi era mai capitato. Non sono riuscita a finire
la pizza, lui continuava a guardarmi e il mio stomaco faceva la capriole. Mai
successo di non riuscire a finire una pizza ad un appuntamento. E poi abbiamo
mangiato il tiramisù. Era così buono… Mi è anche uscito involontariamente un “Mmmh.” E poi, ci siamo addirittura divisi
a metà il dolce come fanno le coppiette innamorate.
Forza
Virginia, è il momento di sfoderare la parte migliore di te, diamoci una bella
sistemata e torniamo di là. C’è Matteo che ti aspetta e certamente devi essere
al tuo meglio per “conquistarlo”.
Non
so neanche come ho fatto ad essere così spudorata e chiedergli “Dimmi Matteo,
hai da fare nel pomeriggio?”. Ma mi sono buttata e per una volta mi è andata
bene.
Esco
dal bagno, percorro la stessa strada e arrivo all’ingresso dove Matteo parla
con Mario, si volta verso di me e sorride.
«Quanto
ti devo Matteo?» chiedo avvicinandomi a quel bellissimo ragazzo che è davanti a
me.
«Stai
scherzando vero?» mi chiede divertito alzando un sopracciglio.
Uff,
per lui scherzo sempre.
«Assolutamente
no! Quanto ti devo?» insisto.
Non
può essere, non può offrirmi il pranzo.
«Sei
stata mia ospite Virginia! Tu volevi andare a casa e io ti ho praticamente
obbligata a rimanere! Il pranzo offerto è il minimo che potessi fare.»
Non
ci credo, deve essere impazzito.
Provo
ad insistere ancora con un «Ma…»
«Ma,
nulla!» mi dice lui fermo e irremovibile sulla sua posizione «Offro io e non si
discute. Però c’è un qualcosa che potresti fare…»
Che
cosa? Sono decisamente curiosissima.
«Dimmi
tutto!» affermo con un sorriso.
«Non
trovo più il mio ombrello, dovresti quindi ospitarmi sotto al tuo per tutto il
pomeriggio.» afferma con aria dispiaciuta.
Aspettate,
ha detto tutto il pomeriggio?
Il
mio cuore accelera di qualche battito, quasi impazzito.
«Nessun
problema.» gli dico sorridendo.
Passare
il pomeriggio con lui sotto al mio piccolo piccolissimo ombrello?
Insieme,
sotto al mio ombrello?
Che
viaggi mentali ti stai facendo Virginia?
Non
lo so, ma l’idea di stare così vicino a lui mi piace troppo!
Afferro
il mio ombrello blu, mi apre la porta come da gentilissimo e perfetto gentleman,
apro l’ombrello e lo aspetto sotto l’acqua scosciante.
Lo
fisso negli occhi verdi che all’aperto sono ancora più belli e brillanti; «Allora
che si fa?» gli chiedo.
I
suoi occhi continuano ad essere fissi nei miei e io quasi quasi mi perdo in
tutto quel verde. «Shopping?» chiede scherzando e successivamente abbassa impercettibilmente
la voce «Tanto il pomeriggio è lungo…»
Ed
è tutto nostro, aggiungo nella mia mente.
Oh sì, nostro.
**
Buona sera e buon agosto! Mi
dovete davvero perdonare per non essere riuscita a pubblicare prima ma sono
stata davvero super impegnata (chi mi segue su instagram su citty_ o su twitter
o su snapchat su eleonorcitterio già sa dei miei milioni di kg di marmellate e
poi la partenza e poi mille altre cose, in caso contrario, siete obbligati a
seguirmi). Eccomi qui in questa vigilia di Ferragosto che io sto passando solo
a un piumone a Selva di Val Gardena sorseggiando una tisana. Ebbene, non si sa
bene come, ma sono arrivata al capitolo sette di “Schiffy”. Capitolo sette, il
pranzo. Finalmente questo pranzo ha preso forma, ho scritto davvero tanto,
quindi come primissima cosa vi ringrazio per la pazienza e anche per l’attesa.
Vi ringrazio perché perdete un po’ del vostro tempo (e questa volta vi
ringrazio il doppio) per leggere questa storia. Spero di non essere stata
banale, di avervi raccontato la maggior parte del loro pranzo, le loro
emozioni, e soprattutto i loro pensieri... Spero che tutto questo sia arrivato
a voi. La canzone che Matteo sente mentre sta aspettando Mario è “I’m Yours” di
Jason Mraz, che è bellissima davvero e mi fa battere tanto il cuoricino.
Grazie a chi legge, e a chi
legge me. Per me è un po’ come mettersi a nudo, ed è una cosa difficilissima da
fare. Buon ferragosto a tutti, passatelo nel migliori dei modi possibili.
Amando chi vi sta affianco e soprattutto, noi stesse, che ce lo meritiamo.
Un abbraccio e a presto!
E.
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Capitolo 8 *** Non più ***
INASPETTATAMENTE_ cap.8
Non più – Capitolo 8
21 Gennaio.
Ore 15:34
V’s POV.
Matteo
è vicino.
Così
vicino.
Troppo
vicino.
Troppo
vicino da troppo tempo.
Troppo
tempo perché io rimanga calma e tranquilla sotto il mio ombrellino blu.
Troppo
tempo perché io non ci speri almeno un pochino.
Dovresti
andare in autoanalisi Virginia, ti servirebbe.
Oh sì, lo so benissimo.
Matteo
è qui ed è sotto al mio ombrellino blu, con me.
Per
lo meno non c’è il diluvio di questa mattina. Anche se lui è talmente gentile e
premuroso da lasciarmi più di metà spazio sotto l’ombrellino per rimanere
all’asciutto e in aggiunta lo tiene lui.
E’
così dolce, così carino, così gentile, mi fa ridere e poi profuma di buono.
Non
l’ho annusato ancora, ma lo so.
Insomma,
certe cose si sanno e basta.
Matteo
riesce a estrapolare quella sana e bella risata che arriva direttamente dal
cuore, e la sensazione è triplicata quando ride lui, mi fa bene al cuore.
Virginia, cosa stai dicendo?
La
verità, la triste e meravigliosa verità.
Riesce
a farmi ridere, riesce a farmi sentire a mio agio, riesco ad essere me stessa
quando sono con lui. E al suo fianco è come se tutto fosse così giusto.
Riesce
a farmi sentire bene. E mettermi a mio agio. Non è una cosa da tutti, ne sono
consapevole, soprattutto quando ti capitano delle cose inaspettate. Soprattutto
se non sei preparato ad uscire con una persona che hai visto mezza volta e te
la ritrovi lì così inaspettamente, all’improvviso, e sei praticamente obbligato
da Marco ad uscire e portarla a pranzo.
Pensa
Virginia, potrebbe addirittura avergli fatto piacere averti portata a pranzo.
Sì,
giusto perché è una persona buona di cuore e adora fare beneficienza.
Grazie
piccola vocina, tu sì che aiuti la mia autostima.
Anche
se… Non mi ha fatto pesare nulla, è stato così perfetto lui. Poteva anche
andare a pranzo per i fatti suoi, o con qualcun’altra. Eppure è rimasto con te.
Virginia lo sai che stai
fantasticando?
Soprattutto
sai che è qui a quasi venti centimetri da te?
Oh
sì, ne sono davvero consapevole, soprattutto anche il mio corpo lo è.
E’
così vicino…
Ogni
volta che mi guarda è come se mi scaldasse l’anima, o meglio è che mi scalda
l’anima, mi fa proprio andare a fuoco. Anzi, le mie guance vanno a fuoco quasi
ogni volta che i suoi meravigliosi occhi verde smeraldo incontrano i miei.
E
io non ci posso fare nulla.
Per
lo meno posso dare la colpa all’aria fredda sulla mia pelle bianca che rende
più rosee le guance e il naso.
Magra,
anzi magrissima consolazione, lo so.
Ma
spero che lui non se ne accorga più di molto e che la reputi una cosa senza
degna di nota.
Ormai
è da più di mezz’ora che passeggiamo, chiacchieriamo, e ridiamo…
Sono
davvero tentata ad afferrare l’ombrello dove lui lo impugna, prendere la sua
mano, stringerla e intrecciare le sue dita così affusolate alle mie. Sarebbe
una sensazione davvero fantastica. Solo al pensiero il mio stomaco fa le
capriole!
E
poi… Chissà cosa accadrebbe se mi abbracciasse, se mi stringesse a sé, se mi
baciasse, se fossi in un letto sola con lui… Dio mio. Dev’essere davvero
bravissimo in tutto quello che fa e io gli regalerei volentieri tutta me
stessa. Virginia, ammetti che è il primo ragazzo che riesce a farti pensare a
certe cose solo avendolo affianco sotto la pioggia. Oh sì, sotto la pioggia,
sotto a un piumone, con lui…
Torno
alla realtà in tempo zero quando due occhi meravigliosi si uniscono ai miei,
Matteo arresta la sua tranquilla camminata e si ferma davanti a una delle
librerie del centro, una delle mie librerie preferite.
Quasi
imbarazzato mi chiede «Ti spiace se entriamo qui?»
Lo
guardo e con un sorriso rispondo «Assolutamente no. Io adoro le librerie.» Non
ho ancora ben capito da dove mi escano certe risposte con lui, ma rispondo in
modo totalmente automatico. Non ho alcun filtro nel cervello e soprattutto mi
sento audace. Audace nelle risposte perché nelle azioni, con i fatti, non
potrei fare nulla. Non ne sarei davvero capace. Non riuscirei proprio.
Anche
perché una buona fetta del mio cervello sa che lui ha una ragazza e io non
posso mettermi in mezzo così improvvisamente. E soprattutto non c’entro nulla.
Perché no?
Perché
ha una ragazza e non la tradirebbe mai.
Tu che ne sai?
Lo
so e basta. Anche perché ti piacerebbe se fossi tu nei panni della super bionda
e il tuo ragazzo portasse a pranzo un’altra ragazza?
Eh. No. Decisamente no.
Quindi
contieniti, Virginia.
Oltre
a contenerti, potresti addirittura iniziare a pensare positivo cercando delle
possibili condizioni favorevoli per te stessa.
Come
se ad esempio se la biondona e Matteo si lasciassero?
Oppure
se non fossero più insieme?
Bhe,
così sì che si ragione. In questo modo potrei anche avere la mia opportunità.
Chissà
se si lascerebbe conquistare da me…
Forse.
Posso
aggrapparmi solo a questo, a una semplice e piccola possibilità.
Già, forse.
M’s POV.
«Ti
spiace se entriamo qui?»
Matteo,
che immenso errore da dilettante, ti sei forse rincoglionito tutto d’un tratto?
Possibile che appena vedi una libreria non capisci più nulla? Proprio a
Virginia dovevi chiedere di entrare nel tuo tempio personale? Non ha mai
portato nessuna ragazza in libreria e porti lei? Devo smetterla di fare le cose
senza pensare. Magari non sopporta i libri, oppure non legge, non è affascinata
dalle pagine dei libri come lo può essere uno studente di lettere. Oppure,
potrebbe essere come il resto delle ragazze con le quali sei uscito
precedentemente? Anche se… Il tuo istinto
ti dice di no, vero Matteo?
Parli
anche da solo, andiamo proprio bene. Però, almeno, ammetti a te stesso che
ultimamente le ragazze te le cercavi col lanternino, soprattutto quelle che
facevano parte della categoria “io non leggo”, “scherzi, leggere? Siamo forse
nel XIX secolo?”, “al massimo potrei ascoltare un audiobook ma solo ed esclusivamente
per addormentarmi”.
Lei
mi guarda divertita e con una bellissima luce negli occhi dice «Assolutamente
no. Io adoro le librerie.» Non sta scherzando, vero? Sto forse sognando? Per
una volta forse il mio istinto non ha sbagliato, anzi ci ha preso in pieno! Non
ci credo neanche io. Dio mio, questa
ragazza è davvero perfetta! Matteo, forse sei tu che le hai sempre trovate
strane tutte le altre? Come dire, un po’ superficiali, forse? Bhe sì, è
possibile.
Mi
apro automaticamente in un sorriso e le dico «Entriamo!» La faccio entrare per
prima in quello che per me è un luogo sacro e chiudo il suo ombrello con
delicatezza. Mh, meglio non romperlo, altrimenti c’è il rischio che io non stia
ancora così vicino a lei… Una cosa strana che ho notato è che la sua presenza
mi tranquillizza molto, è meraviglioso anche solo rimanere al suo fianco mentre
sorride e soprattutto quando ride. Ogni volta che le sue labbra formano un
sorriso, un qualcosa di meraviglioso succede ai suoi occhi, si illuminano, è un
po’ come se lei sorridesse anche con gli occhi. Dio mio, se fosse mia.
«Devi
comprare qualcosa in particolare oppure vuoi solo fare un giro?» chiede
Virginia con aria curiosa.
«Ti
dirò, avevo già in mente qualcosa…» oltre ovviamente al baciarti, prenderti, rapirti
e portarti a casa mia per il resto dei tuoi giorni. Questo è comunque un
qualcosa che voglio fare dalla prima volta che ti ho vista... Ma non credo che
tu lo verrai mai a sapere. Chissà se si ricorda quella prima volta… Del resto,
come potrebbe? Stava ballando con il suo ragazzo! Anche se… Magari prima che se
ne vada riesco a chiederle se è occupata, se va tutto bene con lui oppure se le
serve un fidanzato di riserva. Matteo ma ti senti? Sei quasi ridicolo. Ti stai
persino proponendo come amante! Perché no? Potrei farle anche da cavia, se
volesse, oppure propormi ad ore? Quando ha bisogno di me? Sei davvero patetico.
«Possiamo
fare un giretto comunque, ti va?» mi chiede lei con un sorriso. Io di rimando
posso solo annuire e sorridere come un perfetto ebete.
Virginia
scorre con occhi attenti ogni scaffale, ogni mensola, ogni ripiano, ogni pigna
di libri, cammina lentamente e con grazia, si ferma, sfiora i libri con la
punta del dito indice ed è così delicata nei movimenti, così aggraziata e ha
un’aria decisamente raggiante. E’ una ragazza che sorride spesso ed è anche
simpatica, anzi, vi dirò, molto simpatica. Riesce a farmi ridere con
naturalezza ed è una bellissima sensazione. Riesce a mettermi completamente a
mio agio e con le altre ragazze non è mai successo; generalmente ero sempre
sulle spine, sempre come se loro mi dovessero dimostrare di essere perfette. Ma
lei… Lei non deve dimostrare nulla. E’ semplicemente così come si fa vedere. Un
dubbio attraversa l’anticamera del mio cervello: forse è perché lei è
psicologa? Merda, non ci avevi pensato, vero Matteo? E’ senza alcun dubbio portata
per fare la psicologa, mi farei persino analizzare da lei… Ti faresti fare
qualsiasi cosa da lei. Ehm, sì, è
vero anche questo. Però ha senza alcun dubbio un dono, riesco a percepire che
ama quello che fa.
Tornando
alla piacevolissima realtà, è pura poesia poterla ammirare tra i libri di una
libreria. E sì, è una mia pura fantasia e piacere personale. Ora smettila
Matteo, cerca quel dannato libro prima che tu ti metta ulteriormente in
ridicolo.
Usciamo
dalla libreria, apro il suo ombrellino blu, l’aspetto fuori ed eccola vicino a
me. E’ così giusto che sia qui al mio fianco. Vorrei che fosse addirittura più vicina,
che si stringesse a me, che si scaldasse con un mio abbraccio… Ha le guance e
quel meraviglioso naso lievemente arrossati, lo sbalzo climatico dal caldo del
negozio al freddo dell’esterno le ha provocato questo; le dona un aspetto
delizioso. Abbiamo comprato un libro ciascuno, avrei voluto regalarglielo io ma,
mi sembrava decisamente eccessivo, dopotutto non sono nessuno per comprarle un
libro, avrei potuto lo so. Matteo per favore, basta farti pippe mentali: le hai
offerto il pranzo, magari le offri anche il caffè dopo quindi, basta
preoccupazioni!
«Allora
dimmi Matteo, che cosa studi di preciso alla facoltà di lettere?» mi chiede
Virginia poco dopo. Posso essere più cretino? Non le ho chiesto neanche di
parlarmi dei suoi studi e della sua università anche perché so molto bene
quello che fa, peccato che lei non lo sappia.
«Sono
all’ultimo anno della specialistica in lettere. Sto facendo letterature europee
e americane.» dico con aria molto fiera.
«Interessante…»
dice lei con aria lievemente assorta.
«Tu
invece? So che sei psicologa.» bravo Matteo, fai anche la figura dello stalker
oltre a quella di Capitan Ovvio.
«Sì?
Davvero?» chiede Virginia con aria stupita, annuisco con un cenno e lei
prosegue «Ho iniziato quest’anno la magistrale in psicologia clinica.»
Cavolo.
Internami, psicoanalizzami, ti prego, ti prego, ti prego. Fammi qualsiasi cosa.
Matteo, respira e calmati.
«Devi
essere davvero bravissima!» esclamo io con un sorriso.
«Assolutamente
no! Sono una studentessa normale!» dice lei ridendo.
Tu?
Normale? No, al massimo puoi essere meravigliosamente normale.
«Chissà
perché, ma non ti credo!» le dico prendendola in giro.
Passiamo
altro tempo passeggiando per le vie del centro, parlando molto e guardando le
vetrine dei negozi. Ogni volta che lei sorride mi piacerebbe stringerla,
abbracciarla, baciarla. Questi istinti li ho praticamente sempre, anche quando
cammina o respira, ma devo cercare di contenermi. Sembro un tredicenne in preda
a scompensi ormonali.
«Non
mi è mai capitato di parlare così tanto, sono davvero logorroico, scusami.» le
dico così, dal nulla. A volte vorrei poter avere un filtro nell’encefalo che mi
evita di parlare a sproposito.
«Ma
va, figurati!» dice lei sorridendo con quelle labbra che vorrei baciare.
«Sei
così brava ad ascoltare!» bravo Matteo, scavati una bella fossa con le tue
mani, soprattutto continua a dire ovvietà a una psicologa.
«Bhe,
vedi…» inizia lei quasi imbarazzata «E’ quello che faccio, sarà il mio lavoro e
mi piace ascoltare le persone.»
Vedi
Matteo? Non c’è nulla di speciale nel trattamento che sta riservando a te. E’
gentile e ti ascolta solo perché è fatta così. Smettila di farti viaggi mentali
inutili.
Di
nuovo quella dolce melodia che proviene dal cellulare di Virginia richiama la
mia attenzione.
«Scusami
ancora un attimo…» dice lei.
Ecco,
ci siamo. Sarà sicuramente il suo ragazzo. Dubito che sua madre la richiami
un’altra volta.
Posso
essere in ansia per una telefonata?
Posso
esserlo sì.
Merda, un completo cretino,
ecco cosa sono.
V’s POV.
Il
mio telefono squilla ancora.
Davvero
mortificata guardo Matteo e dico «Scusami ancora un attimo…»
Dovranno
fargli un’aureola a quel ragazzo.
Forza
Virginia, rispondi.
Al
tre. Uno. Due. Tre.
«Pronto?»
«Tesoro
ciao, mi sono ricordata solo ora che devo andare in palestra tra mezz’ora» mia
madre che mi chiama e inizia a dire cose senza respirare, tipico di lei. «Stai
fuori con Matteo e divertiti.» Come? Cosa? Un attimo. Lei come fa a sapere
certe cose? Come fa a sapere che sono fuori con Matteo?
Sconvolta
le chiedo «Mamma? Come fai a sapere questo?»
Chiaramente
orgogliosa risponde con aria misteriosa «Ho i miei informatori!»
«Non
scherzare.» le dico cercando di essere il più seria possibile.
«Uffa
non ti si può nascondere nulla, Vi.» ogni tanto sembro io la madre e lei la
figlia.
«Mamma…»
le dico quasi spazientita.
«Prima
ha chiamato Marco a casa chiedendo se fossi già rientrata oppure se eri ancora
fuori con quel bel ragazzo…» spiega lei tranquilla.
«Rose…»
adoro chiamarla così, con questo nomignolo, Rossella non le piace molto.
«Tesoro,
fai bene ad uscire e passare finalmente un po’ di tempo con i ragazzi. Vado
ora, ciao tesoro.» Su quel “finalmente” c’era molta enfasi, troppa.
«Ciao
mamma» e chiude la conversazione.
Mia
madre prima o poi mi farà impazzire, in più, ci si mette Marco, come ciliegina
sulla torta, che chiama a casa rivelando particolari sulle mie “uscite non
programmate”. A casa mi aspetterà il terzo grado, come minimo.
Guardo
sconsolata Matteo che ha un’aria mista tra quella soddisfatta e quella
decisamente divertita.
«Scusami
ancora. Quella donna mi farà impazzire.» dico stringendomi nelle spalle. Lui
ride ma non dice nulla. Mi avrà preso per pazza, quasi sicuramente.
Dato
che non sono più impegnata con l’appuntamento con mia madre, forse potrei
passare ancora un po’ di tempo con lui…
Senza
pensarci gli comunico con una smorfia divertita «Niente cioccolata con mamma,
se ne va in palestra!»
Mi
perdo in quegli occhi verdi e lui dice «Vuoi…?» pausa, perché fa una pausa?
Voglio cosa? «Che ne dici se la cioccolata la prendi con me? Sai, avrei ancora
un po’ di fame…» Che cosa ha detto? Mi porta anche a prendere la cioccolata? Quasi
quasi, io me lo sposo!
«Se
non hai da fare…» gli dico sorridendo e pregustandomi già il tempo in sua
compagnia.
«Non
ora.» sussurra lui quasi impercettibilmente.
Ovviamente
avrà pur una vita, per un giorno si possono fare delle eccezioni e va bene, ma
avrà delle cose da fare, e soprattutto avrà una ragazza che l’aspetta a braccia
aperte.
Sorridente
come se non avessi pensieri, lo guardo e gli chiedo «Allora, dove mi porti?»
Merda,
mi pento un nanosecondo dopo aver pronunciato queste parole. Sempre una frase
troppo personale, quasi come se fossi la sua ragazza.
Ma
tu vorresti essere la sua ragazza.
Vorrei
davvero, ma non posso.
Lui
mi sorride e risponde «In un posto da favola, signorina.»
Casa tua? Virginia, le due paroline per fortuna non
hanno raggiunto le corde vocali, un punto per te.
Dio
mio, mi sembra di conoscerlo così bene, sembra che questa non sia la prima
volta che usciamo insieme ed è tutto così… Perfetto?
Lui
sarebbe davvero perfetto per me.
Peccato
che io non lo sia per lui.
«Che
cosa vi porto di buono ragazzi?» chiede la giovane cameriera di una bellissima
e antichissima pasticceria del centro. Tutti i bei posti li conosce lui? Ha un
dono particolare di conoscere ogni luogo splendido? Questa parte della città
per me è un mistero, la conosco a grandi linee ma ammetto che non è per niente
male scoprirla sotto la pioggia, soprattutto con Matteo.
Prima
che io possa dire qualcosa Matteo prende la parola «Due delle vostre cioccolate
con panna, grazie.»
La
cameriera si è leggermente incantata a guardare gli occhi di Matteo, e la sua
voce evidentemente riesce ad infatuare anche le altre ragazze, non solo me. Per
lo meno, mi consolo, non sono l’unica.
La
ragazza impiega una frazione di secondo a ricomporsi e dire con enfasi un «Arrivano
subito!» e mi lancia un’occhiata della serie “perché questo schifo è qua con
lui?” e se ne va. Eh, non so perché lo schifo in questione, quindi me stessa,
sia qui con uno splendore con gli occhi verde smeraldo. L’unica motivazione
plausibile che mi viene in mente è la fame.
«Scusami.»
dice Matteo «Non ti ho neanche chiesto se ti piace la panna, ho ordinato e
basta.»
Oh
sì, tu non puoi capire quanto mi
piaccia,
Avrei
in mente anche altro… Virginia contieniti. Per favore.
«Sì,
va benissimo.» gli rispondo tentando di non arrossire.
La
cioccolata con panna era da infarto. Letteralmente da infarto. Cioccolato ottimo,
densità perfetta, e la panna era così buona… Non quella solita panna spray che
fanno in certi posti, questa era quella della pasticceria che mettono nelle
torte.
Una favola... L’aveva detto Matteo. O meglio, forse
dovrei dire fiaba.
Una
fiaba averla mangiata con lui, una fiaba che lui successivamente abbia ordinato
dei pasticcini meravigliosi e davvero buonissimi per noi due, una fiaba lui.
Lui è la mia fiaba per oggi.
Siamo
usciti dalla pasticceria e mi ha tenuto un’altra volta la porta d’ingresso,
anche se il diluvio è terminato e ora c’è solo una fine pioggerellina lui ha
aperto comunque il mio ombrello. E’ davvero un gentiluomo, nulla da obbiettare.
Se
una sconosciuta la tratta in questo modo non oso immaginare quanto possa essere
fortunata la sua ragazza, deve farla sentire una regina.
A
proposito di ragazza, non ha accennato a nulla.
Abbiamo
parlato sì di tantissime cose, ma non di storie d’amore e fidanzate o ragazzi
vari. Ci fermiamo davanti a una vetrina piena di fiori e orchidee bellissime.
Matteo
dà un’occhiata all’orologio al suo polso…
Ecco, signore e signori, il
viaggio siamo arrivati a destinazione.
Ci
siamo.
Deve andare via, deve andare
dalla sua ragazza.
E’
tutto il pomeriggio che non la sente, non una chiamata né un messaggio. Devono
avere per forza un appuntamento.
Mi
guarda negli occhi e con un’aria imbarazzata inizia il discorso «Virginia,
scusami…» Bene, ora che faccio? Lo incateno qui e me lo porto a casa? Lo tengo
prigioniero per il resto della notte? Mi metto a piangere davanti a lui?
So
quello che sta per dire, lo so già. «Dimmi tutto.» è l’unica cosa che riesco a
pronunciare.
«Ecco,
io, avrei un impegno tra poco e... Devo scappare.» furbo il ragazzo, lo chiama
impegno, non “appuntamento con la fidanzata”. Lo lascio proseguire senza dire
nulla, continuando però a perdermi in quegli occhi. «Mi dispiace, così tanto.
Poco distante da qui c’è una fermata dell’autobus che devo prendere…» e lascia
morire il discorso così. E io mi sento un po’ morire.
Devo
rispondergli qualcosa, cero di non farmi venire gli occhi lucidi ma è un’ardua
impresa. Simula Virginia, simula. «Nessun problema.» dico con un mezzo sorriso
«Ti accompagno, almeno non prendi l’acqua...»
Almeno
questo posso farlo, lo posso accompagnare e stare con lui ancora per qualche
minuto.
Peccato,
il tempo è davvero volato e lui sembra quasi dispiaciuto.
Sì certo, come no.
Credici.
Virginia
raccogli quei piccoli pezzi di te stessa, hai presente quei pochi che avevano
un po’ di speranza e mettili insieme.
Ma
poi, speranza di cosa? Che passasse altro tempo con me?
Dio
mio, ha trascorso molto, troppo tempo con una sconosciuta e ora dovrà pur
andare da qualche parte. Con qualcuna.
Quindi
Virginia conserva nel tuo cuore questa meravigliosa giornata, anche se è solo
un pomeriggio e basta.
Richiudi
il tuo cuore, perché l’hai aperto durante queste ore.
Riesci
persino a rendertene conto del male che fa il fatto che lui se ne debba andare.
Anche
se fa più male sapere che non lo rivedrai mai più
Chiudi
bene il tuo cuore.
Non
voglio più farmi male.
Non
ne ho più voglia.
Non
voglio più illudermi.
Non
voglio più aprire il mio cuore.
Non
più dopo oggi.
Non più.
**
Buona sera a tutti e spero
che abbiate trascorso delle ottime vacanze. Chiedo venia per gli aggiornamenti
sporadici dell’ultimo periodo, ma le vacanze sono proprio così. Un po’
frenetiche. Spero, d’ora in avanti di essere più costante nell’editing.
Avevo in mente mille idee
per questo capitolo, doveva terminare in un modo, ma è terminato in un altro.
Il primo capitolo che non ha una canzone come titolo e non ha una canzone al
suo interno, tutto questo perché il capitolo otto doveva terminare con la fine
del 21 di gennaio. Ma non è finito, quindi il capitolo otto si intitola “Non
più”. E credo che leggendo e arrivando alla fine si possa capire il suo
significato. Virginia ha aperto il suo cuore, volente o nolente, a questo
magnifico gentiluomo che è Matteo. Matteo dal canto suo è affascinato in un
modo allucinante da Virginia. Come sempre io scrivo e descrivo molto i loro
pensieri, le loro sensazioni… Spero che siano arrivate. Lo spero tanto. E’
stato un po’ difficile riscrivere questo capitolo perché è proprio difficile
aprire il cuore dopo tante delusioni e tante cose che succedono. Chissà come
andrà a finire!
Altro da dire? Sì, volevo
ringraziavi, tutti tuttissimi perché leggete questa storia. Per me vuole dire
davvero tantissimo. Grazie davvero perché sprecate un po’ del vostro tempo
leggendo la loro storia. Grazie mille e ancora grazie. Non smetterò mai di
ringraziarvi. Grazie davvero a tutti.
Vi lascio in attesa del capitolo nove e vi abbraccio!
E.
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Capitolo 9 *** You're Not Alone ***
INASPETTATAMENTE_ cap.9
You’re Not
Alone – Capitolo 9
21 Gennaio.
M’s POV.
Come
faccio? Come posso?
Nessun
ragazzo sano di mente lo farebbe.
In
che modo le potrei dire che ho l’allenamento di calcetto?
Perché
dovrei lasciarla qui da sola?
Perché
devo andare via?
Maledetto
allenamento, maledetti amici che programmano il calcetto alla sera, maledetto
me che mi faccio coinvolgere in queste cose.
La
guardo in quegli occhi che mi fanno dimenticare anche come mi chiamo e provo a
parlare, ci provo almeno. «Virginia, scusami…» ti prego interrompimi e chiedimi
qualcosa, ti prego parla tu, non fare parlare me.
«Dimmi
tutto.» dice lei. Ha capito qualcosa? Merda.
«Ecco,
io, avrei un impegno tra poco e...» lo chiamo impegno, non appuntamento. Spero
che lei riesca a capire la differenza di quella parola. «Devo scappare.» continuo
tutto d’un fiato. Devo andare via ma non voglio. Cerco di farle capire tutto il
mio disappunto. «Mi dispiace, così tanto.» tu non sai e non puoi immaginare quanto,
Virginia. «Poco distante da qui c’è una fermata dell’autobus che devo
prendere…» Merda, merda, merda e
ancora merda, mi sono totalmente scavato la fossa con le mie mani, mi devo
complimentare con me stesso e soprattutto con il mio poco tatto nel dire le
cose. Per una volta che puoi passare del tempo con una ragazza bellissima, che
desideri, tu, caro il mio Matteo, te ne devi andare. Sei un coglione, complimenti
vivissimi Matteo. Non riesco neanche a continuare la frase.
«Nessun
problema.» dice lei con un mezzo sorriso sulle labbra «Ti accompagno, almeno
non prendi l’acqua...» Può davvero esistere una ragazza così? Mi accompagna
anche per evitare che mi bagni.
Dio
mio. Sono davvero dispiaciuto, e sono davvero un coglione, mi si stringe il
cuore a lasciarla qui. Vorrei abbracciarla, ringraziala, baciala, sentirla mia…
Non
voglio andarmene, non voglio ma sono quasi in ritardo. Spero almeno che
l’autobus ci metta una vita ad arrivare e a portarmi a casa, generalmente
quando il tempo è brutto i mezzi sono perennemente in ritardo. Ho tentato di
salvare il salvabile, arrampicandomi sugli specchi, non potevo certo dirle
“Bene, devo andare a giocare a calcetto con gli amici, ciao baby.” Ma che cosa
ti salta in testa Matteo?
Spero
di non essere stato troppo stronzo, anche se generalmente non me ne frega nulla
di sembrare o apparire stronzo. Già, peccato che con lei non lo sia e non
voglia esserlo.
Eppure l’hai appena fatto.
Circa
tre minuti dopo arriviamo alla fermata, stranamente affollata di gente. Virginia
ed io non abbiamo praticamente parlato ed è come se ci fosse un bel po’ di
tensione. Quella sorta di tensione un po’ strana che non sai perché c’è, eppure
c’è e si sente. Che profondità Matteo, bravo, ti sei appena accorto dell’ovvio.
Però ripensandoci bene, oggi c’è stata tensione tra di noi? Era solo
elettricità per un qualcosa di totalmente nuovo, c’era tanta curiosità. E’
possibile? Forse ti stai inventando tutto Matteo, sei tu che ti senti teso e
soprattutto in colpa perché te ne devi andare. Mi sto facendo dei castelli in
aria? Chi? Io? Non sono solo castelli, sono proprio dei regni medievali fatti e
finiti. Sono proprio messo malissimo. Tornando alla realtà, sono solo io che
sembro dispiaciuto, o forse no? Dopo averle detto che avevo un impegno, e sottolineo
impegno, le è venuto uno sguardo un po’ strano negli occhi, forse un qualcosa
che tendeva alla tristezza. Ok, ha sorriso, ma non era il sorriso che aveva
oggi, quel sorriso che ti scalda il cuore. Era un sorriso di convenienza quasi,
era come se non fosse più allegra e vivace.
Merda e merdissima.
Sento
in lontananza il bus che si ferma al semaforo in fondo alla via,
Merda.
Matteo
devi parlare, devi parlarle, so che ce la puoi fare.
Anzi
devi proprio farcela.
Ma
cosa le dico?
Qualcosa di carino e
affascinante Matteo, ce la puoi fare.
O
forse no?
Ringraziala.
Ok
Mattteo.
Contiamo fino a tre e poi
parli e dici una di quelle frasi stile Bacio perugina che si ricorderà per
tutta la sua esistenza e sarà l’inizio della vostra storia d’amore come nei
film.
Che
qualcuno mi aiuti. Non penso di farcela. Sono un cagasotto, ecco quello che
sono.
Forza.
Uno.
Due.
Due
e un quarto.
Matteo sei peggio di un
bambino.
Posso
perdere l’autobus?
No.
Dai?
Posso? Tanto ne passerà un altro.
No.
Non puoi Matteo, lo sai che non puoi.
Due
e mezzo.
Tre.
In
piedi di fronte a me sotto all’ombrello che ormai non serve quasi più, c’è lei.
La ragazza più bella che io abbia mai visto. Ed è qui. E io me ne devo andare.
Matteo, scusa, non dovevi
parlare e dire qualcosa di intelligente?
Ah,
giusto.
La
guardo negli occhi e dico con sguardo fermo e voce calma «Grazie per la
bellissima giornata, Virginia. Sai, Marco dovrebbe organizzare più spesso
questi incontri!»
Mi
sono scoperto troppo? Ma chissenefrega. Ti preoccupi di quello che hai
finalmente detto?
Lei
sorride, ma non è un sorriso allegro.
E’
comunque un suo sorriso.
E’
triste? Le dispiace che io me ne stia andando?
Chissà.
«Già,
lo ringrazierò per questo diversivo!» dice sorridendo, quasi scherzando. Non mi
avevano mai dato del diversivo nella vita, si sa, c’è sempre una prima volta.
Non
so se intenderlo in modo positivo oppure no.
Merda.
Spero
sia almeno un complimento.
Sì,
no, forse?
Dio
mio, sto impazzendo.
Lei
mi guarda.
E
ora?
Ora
cosa faccio?
La
abbraccio?
La
bacio?
E
se la baciassi… Dove dovrei o potrei baciarla?
Io
la bacerei molto volentieri con tanta dolcezza e altrettanta passione, le
mordicchierei persino quelle labbra così piene che si ritrova. Se solo lei me
lo permettesse…
Matteo
muoviti, l’autobus non può stare fermo al semaforo rosso per tutta la giornata.
Ah,
no? Non possiamo fermare il tempo in un qualsiasi modo?
Deciditi,
prendi una decisione Matteo.
Prima
che io possa anche solo pensare a una soluzione ai miei pensieri ingarbugliati
tra baci, abbracci o altro, provare a muovere un dito o prendere una
dannatissima decisione istintiva, vedo Virginia che si avvicina e i suoi
meravigliosi occhi sono più vicini a me e mi sto perdendo in quegli oceani
scuri e profondi.
Merda,
merda e ancora merda.
E’
un cazzo di sogno, vero?
No,
non lo è.
Con
una voce sensuale mi dice un semplice «Grazie, Matteo.» si avvicina ancora di
più, si alza sulle punte dei piedi e mi dà un bacio sulla guancia.
Ecco, ora posso morire
felice.
Anche
subito. Anzi, fatemi proprio morire così. Felice e adesso.
Quelle
labbra erano sulla mia guancia, quelle morbide e calda labbra.
Mi
hanno riscaldato il cuore e lo stomaco si sta praticamente ribaltando, se
queste sono le fantomatiche farfalle, credo proprio di essere fregato.
Può
un semplice gesto disarmarmi completamente?
Lei
può, solo lei ne è in grado.
Nessun’altra.
Dio
mio, cosa le farei a quelle labbra…
«Alla
prossima!» continua Virginia con una dolcezza impressionante nel tono di voce.
Ecco,
ora, in che modo posso andare via? Andarmene dopo aver avuto le sue labbra per
due secondi sulla mia guancia? Inoltre, se questo è il modo di salutare di
Virginia, ti prego, salutami per il resto della tua vita. Matteo ti prego dì
qualcosa, non puoi fare ulteriormente la figura del coglione. Già, sei stato
immobile, non ti sei neanche mosso o accennato a un qualsiasi movimento
muscolare. Mi ha fatto dimenticare dov’ero, cos’ero, praticamente ogni cosa con
un semplicissimo bacio sulla guancia? Oh, andiamo decisamente malissimo. Ok il
bus è vicino, troppo vicino, lo riesco a sentire come un brusio di sottofondo. Devo
parlare, ringraziarla e afferrare quel “Alla prossima” e farlo mio, non voglio
che ci sia solo una sola prossima volta, ne voglio altre mille di prossime
volte.
Parla
Matteo, parla.
Con
la gola praticamente secca cerco di avere una voce dolce ma non riesco. «Certo
Virginia, alla prossima.»
E
i suoi occhi hanno una luce che posso quasi classificare come strana. Un
bagliore di speranza, forse?
Chissà
se il suo fidanzato scoprisse che è stata fuori per tutto il pomeriggio con uno
sconosciuto… Io sarei gelosissimo di avere una ragazza così. Chissà, magari
litigherebbero e si lascerebbero se lui lo scoprisse. Solo per una semplice
uscita non programmata, Matteo? Ci credi davvero? Tu la lasceresti per così
poco? No, io non la lascerei mai e poi mai, per nessun motivo.
Virginia
mi riporta alla realtà dicendo «Oh, il tuo autobus…» con aria triste. Ha
davvero un’aria triste? Merda, non salire su quel dannato mezzo pubblico,
Matteo. Rimani qua. O forse potrei prenderla in braccio e rapirla, metterla sul
bus con me… No? Non si può.
«Allora
vado.» le dico incerto e con il cuore in gola e quasi corro verso la porta
aperta del bus.
Ma
non dovevi rimanere lì Matteo?
Merda.
Non
volevi andartene eppure l’hai fatto.
Bravo
pirla, hai appena vinto il tuo premio quotidiano in “scelte pessime”.
Le
porte dell’autobus si chiudono e mi volto verso Virginia che è rimasta ferma
dove l’ho lasciata, alzo la mano destra e la saluto ancora dal mezzo pubblico in
partenza.
Merda.
Chissà se ci sarà una
prossima volta.
Matteo
sei davvero convinto che la rivedrai ancora? E soprattutto tu e lei, da soli?
Chissenefrega.
Piuttosto
pedino Marco per il resto della sua esistenza, prima o poi dovrà pur rivedere
Virginia, giusto?
Quanto
ho fatto la figura del cretino oggi? Troppo.
Eppure,
le ho fatto conoscere il vero Matteo.
Quello
che non ho mai fatto vedere a nessuna ragazza con cui sono uscito anche solo
per un caffè.
Quindi
credo di essere a posto con la mia coscienza.
O
forse no?
Mi
sembra di aver dimenticato qualcosa.
Non
capisco bene ora come ora cosa sia, ma lo so, ne sono certo.
C’è
qualcosa che non ho fatto.
Ripenso
al contatto delle labbra di Virginia sulla mia guancia, istintivamente porto la
mia mano sinistra su dove lei mi ha dato quel semplice bacio. Matteo stai quasi
impazzendo per un bacio sulla guancia? Sei forse all’asilo?
In
un lampo, mi viene in mente quello che avrei dovuto fare.
Porca
merda, datemi il premio per il “cretino dell’anno” per favore.
V’s POV.
Dio
mio, posso essere più stupida?
Da
dove mi è venuta l’idea?
Da
dove?
Il
mio cervello è davvero malato in certe situazioni.
Perché
l’ho fatto? Perché?
Non
avevi detto di aver chiuso il cuore Virginia?
Infatti,
l’ho chiuso.
Ma
l’ho fatto istintivamente.
Gli
ho dato un bacio sulla guancia e gli ho detto “Alla prossima”?
Da
dove viene questa audacia?
Forse
lo sei sempre stata Virginia.
Hai
una parte di te che è audace, ma questa parte la tieni rinchiusa in una parte
nascosta del tuo essere.
Perché
tirarla fuori? Perché proprio ora?
Perché
ho visto come la bionda si è lanciata tra le braccia di Matteo prima del
pranzo.
Poi
Virginia da dove ti è uscito quell’ “Alla prossima”?
Sai
benissimo anche tu che non ci sarà mai una prossima volta.
Ecco
perché l’ho baciato, sulla guancia ma pur sempre baciato.
L’ho
baciato perché tanto non ci sarà una prossima volta e non voglio avere
rimpianti.
E
se invece ci sarà una prossima volta?
Impossibile.
Però
Virginia, ammetti almeno una cosa.
Cosa?
Che
ci speri, dai, almeno un pochino ci speri.
Lui
sembrava così dispiaciuto…
Non
puoi pensarci Virginia, smettila.
Eppure
sembra giusto, davvero così giusto, così semplice.
Smettila
Virginia, smettila.
Sii
realista.
Matteo
non ha un impegno. Un “impegno” è la classica parola paraculata per dire che
non vuoi stare più con quella persona lì o comunque un modo carino per dirlo.
Ha un appuntamento, un appuntamento con la sua fidanzata bionda ed era anche in
ritardo. Non l’ha detto chiaramente ma ha guardato spesso l’orologio, sembrava
quasi in ansia ma nello stesso tempo anche dispiaciuto.
E’
talmente affabile che non ha minimamente accennato al ritardo… E’ stato carino,
così gentile, un così perfetto gentiluomo. Un ragazzo così… perfetto?
Ultimamente ci anche sto credendo, lo so, ma devo smetterla.
Virginia
sii realista, non ti ha nemmeno chiesto il numero di telefono.
Come
pensi che ci possa essere “una prossima” volta? Con la telepatia?
Non
ha accennato né a un numero di telefono né a una mail… A nulla.
Quindi
trai le tue conclusioni.
Basta
pensarci Virginia.
Basta
così.
Basta
illusioni, basta stare male, basta soffrire.
Raccogli
quei piccoli pezzi di te stessa e torna a casa con questa meravigliosa giornata
nel tuo cuore e con la speranza di rivederlo.
Chissà
se lo rivedrò...
Una
cosa sicura è che questa notte mi verrà a fare visita, nei miei sogni.
Lì
dentro, lui, ci sarà sicuramente.
E
con un brivido nella schiena chiudo l’ombrello blu e vado da Rose in palestra.
M’s POV.
In a way it’s all matter of time
I will not worry for you
You’ll be just fine
Take my thoughts with you
And when you look behind
You will surely see a face you recognize
You’re not alone
I’ll wait till the end of time
Open your mind
Surely it’s plain to see
You’re not alone
I’ll wait till the end of time
For you
Open your mind
Surely there’s time to be with me
Ti
aspetterò per quanto tempo sarà possibile, Virginia.
E
non sarai sola.
Non
voglio che tu sia triste, non voglio più vederti con quell’aria malinconica in
quegli occhi meravigliosi. Voglio vederti felice Virginia, voglio renderti
felice io.
Tolgo
le cuffie dell’iPod dalle orecchie scendendo alla mia fermata e mi avvio verso
casa.
Ripenso
alla giornata trascorsa con lei e istintivamente un sorriso ebete e rilassato
mi si stampa in faccia.
Non
sono mai tornato a casa così rilassato, così a posto con la mia coscienza, così
contento.
Neanche
dopo del gran buon sesso.
Cioè,
ero rilassato fisicamente ma non in altri modi.
Matteo,
sai di esserti dimenticato di una cosa importante, vero?
Molto
importante.
Come
pensi che ci possa essere una “prossima” volta se non le hai neanche chiesto il
numero di telefono?
Posso
essere così coglione?
Generalmente
è una cosa che si chiede subito. Ma io…
Io
sono talmente pirla da essermene dimenticato!
Come
posso rivederla? In che modo posso ricontattarla?
Soltanto
un nome lampeggia nella mia testa vuota da perfetto coglione.
Marco.
Apro
la porta di casa con le mie chiavi, do un’occhiata all’orologio sul polso che
segna le 18.04.
Bhe,
solo un lieve ritardo. Tanto conoscendo i miei carissimi “compagni di squadra”
saranno anche loro in ritardo. E non di quattro minuti. Sì, ma tu odi il
ritardo Matteo. Questa volta è per
una buona causa.
Entro
in casa di fretta, stampo un bacio sulla guancia alla splendida ragazza bionda
mezza sdraiata sul divano che legge un libro dall’aria molto familiare…
No,
dai, non ci credo. Può il destino essere così imprevisto? E’ lo stesso libro
che ha comprato Virginia!
Un
sorriso automatico accende il mio viso.
Chiaramente
il sorriso è da perfetto ebete.
Ogni
cosa si collega a lei, anche qui a casa.
Lei
mi abbraccia da dietro interrompendo la sua lettura e appoggiando il libro
sull’addome.
«Siamo
di buon’umore oggi!» dice lei sorridendo.
«Ebbene
sì. L’hai notato?» dico allontanandomi da lei.
«Forse…
Sai che mi piace capire le persone.» risponde con un sorriso sul viso radioso.
«Lo
so!» le grido quasi correndo in camera mia.
«Ti
prego, dimmi che ti sei liberato di Monica!» chiede lei sporgendo la testa dal
divano.
«Sì,
da qualche giorno. Ma non ci incrociamo mai quando siamo a casa e non ti posso
praticamente più parlare!» mi giustifico stringendomi nelle spalle, non voglio
che si senta esclusa dalla mia vita.
«Lo
so Matte, mi spiace. Hai tempo ora?» chiede speranzosa.
«No,
Stellina. Devo andare a giocare a calcetto e sono già in ritardo» dico io con
una smorfia.
«Come
mai? Tu non sei mai in ritardo... Eri? Uh! Tu sì. Eri fuori con qualcuna, vero?»
chiede quasi con aria trionfale.
«Sì.»
ammetto secco, non ha senso mentire, non con lei.
«Dimmi
tutto, ti prego, ti prego, ti prego, dimmi soprattutto che non è come le altre…
Ti prego Matte, non puoi trovarti sempre delle pseudo bambole!» che ragazza
saggia che sta diventando.
«Non
ho tempo di raccontarti ora ma, posso solo dire che non è come le altre…» ed è
vero. Non lo è, ha un qualcosa di assolutamente diverso da tutte le altre
ragazze.
«Presentamela,
ti prego!» le sorridono gli occhi verdi al solo pensiero.
«Non
è così semplice. Io sono un coglione, lei forse ha un ragazzo e…»
«Facciamo
così…» mi interrompe lei «...vai a calcetto, torni a casa e studiamo un piano
d’attacco, anche se per l’essere un po’ coglione, la tua meravigliosa sorellina
non può farci molto!»
«Meravigliosa,
e anche molto modesta.» dico quasi ridendo.
«Ora
vai, Matte. Sappi che mi piace vederti sorridente!»
«Ciao
Stellina! Poi devi raccontarmi anche di quel ragazzo là, io non me lo dimentico!»
dico uscendo di casa ridendo.
E’
quasi liberatorio aver raccontato a mia sorella Stella di Virginia. Stava anche
leggendo il suo stesso libro, quasi quasi le chiedo se me lo presta così mi
documento sulle letture di Virginia. Inoltre, necessito il sostegno di mia
sorella e soprattutto un consiglio femminile per questa faccenda. Sorridendo mi
avvio verso il campo di calcetto.
Già,
serviva proprio un qualcosa di inaspettato trasformatosi in una psicologa per
cambiarmi la giornata…
Ne
avevo decisamente bisogno.
Ore 22:41
Marco’s POV.
Dlin dlon.
Oh,
finalmente!
Finalmente
è qui.
Apro
la porta di casa e abbraccio il mio ragazzo dandogli un bacio sulla guancia.
«Ciao.
Come mai quell’aria soddisfatta?» chiede subito entrando in casa.
«Si
vede?» chiedo io con l’aria più innocente possibile guidandolo in tempo zero
verso camera mia.
«Che
cosa ha tramato il tuo meraviglioso cervello?» chiede Alessandro curioso.
«Io?
Nulla di nulla!» dico io con aria candida e pura.
«Dai,
lo sai che mi piace pregarti solo in certe situazioni…» risponde lui appoggiando
una mano sul mio petto. Un brivido parte dal mio stomaco e va decisamente più
in basso dopo le sue parole.
«Che
cosa mi dai in cambio?» chiedo aprendo gli occhi e sbattendo le ciglia
pregustando già la sua risposta.
«Un
bacio?» chiede Alessandro avvicinandosi pericolosamente.
«Solo
uno?» ribatto con le pulsazioni del mio cuore che salgono rapidamente.
«Non
ti preoccupare. Non ti ho detto dove.» risponde lui prima di farmi dimenticare
il mio nome.
..
«Allora,
non sei curioso su che cosa ho fatto?» chiedo io molto tempo dopo a un
Alessandro abbracciato a me.
«Oltre
ad avermi fatto impazzire?» chiede lui guardandomi negli occhi con uno sguardo
chiaramente malizioso.
«Non
scherzare, Ale…» dico io, anche se la lusinga mi ha colpito ed affondato alla
grande «Ti ricordi di Matteo, vero?»
«Università
con te, molto carino e molto etero?» chiede lui.
«Esatto,
lui. Ecco, io, l’ho fatto incontrare con la nostra meravigliosa Virginia
tramite un ingegnoso stratagemma. Ho inventato un finto pranzo e ho dato
appuntamento in un posto sia a Virginia, che a con Matteo, solamente che io non
mi sono presentato. Ho fatto uscire così quella che diventerà la mia coppia
preferita! Ovviamente loro si muoiono dietro ancora ma nessuno lo sa!» racconto
io esaltato come un bambino che sta per scartare una montagna di regali sotto
l’albero di Natale.
Lui
scoppia a ridere e risponde con un semplice «Sai che Vi, ti odierà?»
«Oh
no, assolutamente no, nessuno può odiare il Dio dell’Amore! Ora, sto solo
aspettando che qualcuno dei due si decida a tirar fuori il coraggio e
buttarsi!» dico io praticamente sogghignando. Non mi odierà Vi, non può.
Do
un’occhiata al mio telefono che ho dimenticato da un’ora e mezza abbondante, chissà
se qualcuno ha deciso di uscire dal suo guscio e vivere intensamente un
qualcosa che potrebbe riservare solo tanta felicità.
Tra
le varie notifiche, scorgo finalmente un messaggio WhatsApp da Matteo che dice:
“Necessito un numero di telefono, Marco.”
Ma va? Chi l’avrebbe mai detto? Sogghigno felice che il mio piano sia andato a
buon fine.
Decido
di tenerlo un po’ sulle spine, ci ha messo troppo per scrivermi, inoltre quei
due mi devono raccontare del pranzo in maniera molto dettagliata.
“Com’è andata con la mia meravigliosa
psicologa? E’ rimasta o l’hai fatta scappare?” invio.
“Non essere stupido. Penso che tu lo possa
immaginare...” leggo la sua risposta che arriva praticamente subito.
“Hai intenzione di trattarmela bene? Ti interessa
davvero?” rispondo.
Domanda
finale. Vediamo che cosa mi risponde. Che le interessasse l’avevo capito
subito, la loro espressione era impressionante quando si sono scontrati in
università, soprattutto Matteo, non l’ho mai visto così!
“Sì Marco,
lei mi interessa anche se ha un ragazzo. Ora dammi quel numero, per favore.”
Finalmente ce l’ho fatta!
“Non gliel’hai chiesto? Matteo mi deludi!”
scherzo io ma sono assolutamente sorpreso. Anche se devo ammettere che non
chiedere il numero di telefono è davvero pessimo. Perché non gliel’ha chiesto?
Poi, cavolo, che cosa hanno fatto nel pomeriggio? Ho telefonato a casa di
Virginia ma lei non c’era, e non l’ho ancora sentita. Davvero molto strano… Che
si sia davvero arrabbiata?
Vibra
il telefono. “Dimmi anche che è
sprovvista di fidanzato.” Dovrò poi dirlo io a Virginia, mi ucciderà tra
atroci sofferenze, ma ne vale la pena, è ora che apra il suo cuore e pensi un
po’ a se stessa.
“E’ molto single…” scrivo e aggiungo un
numero di telefono “…fanne buon uso,
Matte.” Premo invio, appoggio il cellulare sul comodino e do un bacio ad
Alessandro.
«Allora?» chiede lui curioso.
«Puoi
ufficialmente chiamarmi Cupido d’ora in poi, amore mio.» dico sorridendo e
baciando il mio meraviglioso fidanzato.
Usa
bene quel numero Matteo, non te ne pentirai se riuscirai a fare aprire il cuore
a Virginia.
**
Buona sera a tutti,
finalmente siamo giunti all’editing del nono capitolo. Gioia e tripudio.
Finalmente si è concluso il 21 Gennaio! La canzone che dà il titolo al capitolo
e che suona nell’iPod di Matteo è “You’re Not Alone” di Mads Langer, non so
voi, ma io adoro.
Forse un capitolo diverso
dagli altri, c’è stata una super new entry: la sorellina di Matteo, Stella.
Spero che vi sia piaciuto anche l’ultimo POV, quello di Marco con l’arrivo di
Alessandro a casa sua. Mi è sembrato giusto inserirli e dare a loro una piccola
parte e, devo ammettere che mi sono divertita moltissimo a scrivere di loro
due. Mi sono divertita un po’ meno con il POV di Virginia, povera cucciola, lei
non ha ben capito la storia dell’impegno e se ovviamente lui non si spiega bene
lei non ha poteri telepatici. Ho maledetto Matteo per il numero di telefono,
continuavo a dirgli “Chiediglielo Matteo, dai! Ce la puoi fare!” ma poi non ce
l’ha fatta. Suvvia, diciamocelo, è pur sempre un uomo, non possiamo chiedergli
troppo. (In caso, nella vita vera, chiedete i numeri, e scrivete, cavolo!) E
quindi ora Matteo è in possesso del numero di Virginia. Chissà se ne farà buon
uso. Voi che ne dite?
Spero anche che vi sia
piaciuto questo capitolo numero nove. Ringrazio sempre voi perché perdere il
vostro tempo prezioso nel leggermi. Ringrazio i “nuovi” lettori che si sono
appassionati a Virginia e a Matteo, ringrazio i lettori di sempre, ringrazio
anche tutti coloro che hanno messo “Inaspettatamente” nelle storie preferite,
in quelle seguite e in quelle da ricordare, a chi stellina e mi lascia un
commento, grazie davvero. Voi non sapete il mio cuoricino come si inzucchera
ogni volta che vede un lettore in più.
Con questo capitolo vi
auguro un meraviglioso inizio di settimana con il primo lunedì di settembre, e
se avete voglia, rischiate. Con un po’ di coraggio di va ovunque!
Vi abbraccio tutti.
Grazie.
E.
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Capitolo 10 *** You've Got The Love ***
INASPETTATAMENTE_ cap.10
You’ve Got The Love – Capitolo 10
21 Gennaio.
Ore 23:03
M’s POV.
Entro
in casa cercando di fare il minor rumore possibile, non voglio svegliare i miei
o mia sorella in caso dormano. Trovo Stella sveglia sul divano, nella medesima
posizione in cui l’avevo lasciata prima della partitella, mi guarda e sorride.
«Stellina,
sei rimasta sul divano tutto questo tempo?» chiedo.
«No
Matte, pensa, ho anche mangiato, ma ho voluto finire il libro.» quello stesso
libro di Virginia.
«Bello?»
mi informo, chissà se Virginia lo sta già leggendo.
«Molto!»
risponde Stella stiracchiandosi.
«Me
lo presti?» chiedo al volo.
«Dipende
da come ti comporti…» dice lei ridendo sonoramente. Da quando mia sorella mi
ricatta?
«Sistemo
le cose e arrivo!» dico dirigendomi in bagno a svuotare il borsone.
«Hai
fame?» chiede Stella seguendomi in bagno.
«Un
po’ tanto.» ammetto mentre il mio stomaco brontola sonoramente.
«Latte,
biscotti e chiacchiere tra fratelli?» propone andando già in cucina.
«Andata!»
rispondo con un sorriso.
«Allora?
Hai deciso?» chiede Stella quasi sbuffando e passandomi un biscotto una ventina
di minuti dopo.
Siamo
entrambi a gambe incrociate sul divano bianco della sala, con una tazza di
latte in mano e i biscotti al centro. Come facevamo da piccoli. Come facciamo
spesso.
«Sì,
gli scrivo su WhastApp!» dico afferrando il biscotto.
«Non
ti conviene chiamarlo?» chiede lei dubbiosa.
«No,
preferirei di no. Come minimo mi farebbe il terzo grado e poi dovrebbe essere impegnato
con Alessandro!»
«Hai
anche intenzione di scoprire se lei ha o meno un fidanzato?» dice Stella mangiando
sonoramente un biscotto.
«Sì,
ma indipendentemente da questo lei sarà mia.» dico serio, sembro un antico
generale che ha in mente di conquistare il mondo.
«Benissimo,
partiamo ottimisti e soprattutto presuntuosi!» dice prendendomi in giro.
Recupero
il telefono che avevo appoggiato all’ingresso e scrivo “Necessito un numero di telefono, Marco.” sicuro e deciso, premo
invio.
«Inviato?»
chiede Stella.
«Sì,
ora aspettiamo la risposta. Intanto, mi passi un biscotto?»
Finalmente
dopo un sacco di tempo che mi è sembrato seriamente tantissimo, quasi una vita,
vibra il mio telefono. Chissà perché il tempo quando vuoi che passi
velocemente, non passa mai? La relatività del tempo, credo sia quello.
Stella
mi guarda e curiosa chiede «Allora?»
Apro
la conversazione aperta su WhatsApp e leggo ad alta voce “Com’è andata con la mia meravigliosa psicologa? E’ rimasta o l’hai
fatta scappare?” Lo uccido, giuro che lo uccido tra atroci sofferenze. Come
può anche solo dubitare di una cosa come questa?
“Non essere stupido. Penso che tu lo possa
immaginare...” bella risposta da stronzo permaloso, ne sono consapevole. Conoscendo
Marco, credo che lui abbia già chiamato Virginia da tempo e si sia fatto
raccontare nel dettaglio minuto per minuto tutte le mie meravigliose figure di
merda tra pranzo e pomeriggio.
“Hai intenzione di trattarmela bene? Ti interessa
davvero?” quando la risposta di Marco arriva, un sorriso piuttosto ebete fa
capolino sul mio viso. Che domande scontate, che banalità, ma nelle risposte
sincere alle domande semplici si può costruire tanto.
La
mia risposta arriva decisa precisa e sicura. Anche un po’ da spavaldo. Ma
chissenefrega. Voglio quel numero. “Sì
Marco, lei mi interessa anche se ha un
ragazzo. Ora dammi quel numero, per favore.”
“Non gliel’hai chiesto? Matteo mi deludi!”
Tu, caro Marco, non puoi minimamente immaginare quanto io possa essere deluso
da me stesso. Chiedo il numero di Virginia a te, cavolo! E’ la primissima volta
in vita mia che chiedo il numero di una persona a terzi e la cosa mi dà
parecchio fastidio.
Una
piccola speranza si apre nella mia testa rileggendo il messaggio “Dimmi anche che è sprovvista di fidanzato.”
scrivo al volo e premo invio.
“E’ molto single…” il suo numero di
telefono e “…fanne buon uso, Matte.”
Oh,
merda. Devo assolutamente pensare a un regalo per Marco. Mi sento un completo
rincoglionito.
Ho
fatto praticamente bingo. Ho il numero di Virginia e soprattutto lei è single. Ripeto
altre mille volte nella mia testa senza sosta. Potrei mettermi a saltellare sul
divano ma non mi sembra il caso. Stella potrebbe pensare che ha un fratello
totalmente pazzo.
A
proposito di Stella, mi sta guardando piuttosto male da qualche minuto. «Allora?
Pensi di condividere le informazioni o hai intenzione di avere quel sorriso
ebete a lungo?» chiede la mia adorata sorellina.
«Ho
il numero di cellulare e soprattutto lei è single!» dico trionfante.
«Paranoie
per niente. Però dovevi tirar fuori le palle tu! Ti dirò, sono contenta. Me la
devi assolutamente presentare a questo punto! Fai così, portala qua!» dice con
un sorriso Stella.
Tu,
cara sorellina, non puoi sapere quanto vorrei poterla portare qui e soprattutto
oggi sono andato vicino al rapirla, prenderla, portarla a casa e rinchiuderla
nella mia camera. Per il resto della sua vita.
«Vedremo!»
dico sogghignando.
«Vedremo?
Sei forse pazzo? Che cosa aspetti? Chiamala ora!» praticamente impone lei.
«No
Stellina è troppo tardi, poi passo davvero per stalker…» le rispondo tranquillo.
«Allora
domani mattina non appena ti svegli?» propone con un super sorriso. Ma tutta
questa iniziativa lei dove la trova? Vorrei vedere lei se dovesse telefonare
all’equivalente maschile di Virginia!
«E
domani sia.» dico deciso, anche se non credo che la chiamerò di mattina, anche
se avere il numero e non usarlo è davvero frustrante.
«Bene!»
dice con un gridolino «Ora vado a dormire che domani ho la simulazione della
terza prova.»
«In
bocca al lupo Stellina. Spacca tutto!» dico abbracciandola.
«In
bocca al lupo anche a te fratellone. Buona notte!» dice avvicinandosi e dandomi
un bacio sulla guancia.
«Notte
Stellina!» le dico io.
Ora
posso davvero sorridere come un ebete. Eppure non ho tredici anni e non sono in
completa balia degli ormoni come un bimbo, ma sorrido comunque. Finalmente ho
il suo numero! Faccio un programma mentale su quello che devo fare domani: in
mattinata studierò un po’ per l’esame di settimana prossima ma nel pomeriggio…
Oh sì, nel pomeriggio chiamerò Virginia.
E
con questo pensiero mi alzo dal divano, raggiungo camera mia e penso stranamente
a lei. Spero che mi venga a trovare nei sogni. Sì, Matteo. Sei uno stupido
tredicenne. Però so già che sognerò diversamente da un tredicenne.
Questi
sogni saranno sicuramente poco casti, ma sono solo dei piccoli dettagli.
22 Gennaio.
Ore 00:23
Alessandro’s POV.
Esco
da casa di Marco dopo il bellissimo fine serata in sua compagnia. Sta
finalmente capendo quanto io tenga a lui e soprattutto è molto meno geloso di
tutti i miei compagni di squadra. Tutto questo è chiaramente merito della bella
Virginia. Aiuta sempre gli altri, soprattutto in questioni di cuore. E’ dolce e
generosa. Marco l’ha fatta andare apposta a pranzo con Matteo, e a mio avviso
ha fatto benissimo a vestire i panni di Cupido.
Devo
ammettere che gli si addice molto quel ruolo… Cupido generalmente è sempre nudo
e Marco, bhe, Marco anche. E’ spesso senza vestiti ed è davvero un bello
spettacolo, un vero Dio. Va bene, basta pensarci, altrimenti non torno a casa.
Provo
a chiamare Virginia con il cellulare ma «L’utente da lei chiamato non è al
momento raggiungibile.» Il telefono è spento. Che strano. Che sia davvero
arrabbiata con il mio Marco? Quasi quasi mi conviene chiamarlo, così gli
comunico questa ultima scoperta e sento che ne pensa.
«Sì?»
risponde lui serio.
«Parla
il Dio dell’amore?» chiedo io scherzando.
«Dipende
da che amore…» risponde a voce bassa quasi provocando lui. Oh, bene.
«Mmm.
Credo sia il mio Dio personale!» comunico io con un sorriso idiota in viso. E lo
lusingo, adoro farlo, e lui adora quando lo faccio.
«Allora
sì, parli con la persona giusta! Tesoro, dimmi tutto.» Mi dice lui con voce
serena e tranquilla.
«Ho
provato a chiamare Vi.» gli dico serio.
«Hai
chiamato lei prima di me?»
«Geloso?»
chiedo quasi intimorito.
«Ma
no, tesoro. Mi domandavo solo per quale motivo…» dice Marco curioso.
«Bhe,
tu eri preoccupato.» gli rispondo sincero.
«Ma
che tenerezza. Sei decisamente il migliore.» mi dice con un sussurro.
«Oh,
lo so.» dico scherzando.
«Allora?
Che ha detto la psicologa?» chiede lui.
«In
verità nulla!» gli dico triste.
«Come
nulla?» chiede curioso.
«Eh,
aveva il telefono spento…» gli comunico un po’ sconsolato.
«Che
peccato…» è dispiaciuto, si sente.
«Cavolo,
sì. Volevo solo dirtelo e volevo un po’ di compagnia nel ritornare a casa…» gli
spiego con un sussurro.
«Ti
mancavo già?» chiede molto compiaciuto. So dove vuole arrivare. Mi istiga, ma
io non mollo.
«Non
c’è bisogno che te lo dica.» rispondo abbassando la voce.
«Invece
sì.» risponde lui.
«Io
preferisco dimostrartele certe cose…» abbasso ancora di più la voce.
«Mmmh...?»
provoca chiaramente.
«Non
fare così…» dico quasi insofferente.
«Così
come? Mmmh…?» e no, non può provocarmi così e passarla liscia.
«Cupido,
senti, sono appena arrivato a casa mia ma potrei benissimo fare inversione e
tornare lì.» Gli comunico chiaro e deciso.
«Che
cosa aspetti?» chiede lui con la voce ancora più bassa provocandomi ancora di
più.
«Nulla,
sto già facendo inversione.» e metto giù il telefono.
Sarà
una nottata davvero lunga…
Ore 5:36
V’s POV.
Mi
sveglio di soprassalto con il cuore a mille.
Perché
ho il cuore a mille?
Che
cosa ho sognato?
Perché
sono sveglia?
Perché
non ricordo il sogno?
Che
ore sono?
Cerco
di rallentare il battito cardiaco respirando profondamente e cercando di
calmarmi.
Virginia
calmati, inspira ed espira, inspira ed espira, un’altra volta, forza.
Mi
giro nel letto, cerco con la mano destra l’interruttore della luce sul comodino
e l’accendo.
La
sveglia segna le 5.38.
Merda.
Com’è
possibile che io sia già sveglia?
Perché
non riesco a ricordarmi il sogno?
Data
la tachicardia era sicuramente un sogno “forte” ma… Non riesco bene a capire.
Odio
non ricordare i sogni.
Ok,
proviamo a pensare e fare qualcos’altro, magari mi ritorna in mente.
Recupero
il telefono che era spento e in carica e lo accendo.
Credevi
di trovare qualcosa, Virginia?
No.
Ma
ci speri, vero?
Oh
sì, ovvio.
Mi
rendo perfettamente conto che avere notizie da Matteo sarebbe un qualcosa di
impossibile dato che non ha il mio numero.
Ripetilo
bene Virginia: non ti ha chiesto il numero.
Ma
anche una qualsiasi notizia da Marco mi andrebbe bene.
Solo
per rendere il mio pomeriggio con Matteo davvero reale.
Oh
cavolo, non gli ho neanche telefonato ieri sera... Sono stata sgarbata, lo so,
ma ero un attimo triste.
Posso
essere triste? Sono triste e demoralizzata.
In
più non volevo disturbare Marco, mi aveva detto che avrebbe passato la serata
con Alessandro e non potevo né volevo disturbare la loro serata.
La
mia è stata lievemente diversa.
Ho
parlato con Rose, le ho raccontato tutto, ogni cosa e si è quasi commossa. Mia
madre vede le cose in maniera molto romantica e soprattutto ha una visione
positiva su «Quel bel ragazzo che mi devi presentare quando non avrà più la
biondina al suo fianco.» Mi ha fatto sorridere e ho riacquistato un po’ di
buon’umore. Quella donna è una carica di ottimismo puro.
Sono
finalmente riuscita anche a chiacchierare un po’ con Carlotta; è tornata
qualche giorno fa dal suo viaggio a Siviglia che Mirko le aveva regalato per il
suo compleanno. Mi ha fatto un resoconto completo dell’ultimo periodo: Mirko,
università, famiglia, amici del mare, viaggio in Spagna e tutto il resto.
Insomma, una bella chiacchierata tra amiche. Si è accorta del mio tono forse un
po’ triste e mi ha estorto con le pinze il motivo.
Le
ho raccontato tutto: ero come un fiume in piena e non riuscivo a fermarmi. Le
ho dovuto raccontare di Matteo, della ragazza bionda, del suo invito, del
pranzo e del pomeriggio.
Dio
mio, ma è successo davvero? Ho fatto davvero tutto questo?
Eh
sì, è tutto reale.
L’unica
cosa che ho detto a Carlotta come conclusione del racconto dopo un minuto di
silenzio è stato un «Sticazzi.»
E
lei ha risposto «Sticazzi sì, Vi.»
Mi
ha detto che esige essere informata in caso succedesse qualcosa «Vi, tesoro,
qualunque cosa, sai che mi puoi chiamare sempre. Per te questo ed altro!» L’ho ringraziata
e l’ho lasciata finalmente andare dal suo Mirko che era già parecchio in
ritardo.
Torno
alla realtà quando lo schermo del telefono si illumina, compongo il pin e
aspetto.
Vibra.
Oh, cavolo.
Cuore
non accelerare per favore, non ora.
Guardo
lo schermo con la bustina di un messaggio da leggere.
Lo
apro?
Non
lo apro?
Aspetto?
Tentando
di non aspettarmi nulla, magari solo un messaggio dell’operatore, apro la
bustina chiusa ed è l’avviso della telefonata di Alessandro di questa notte.
Alessandro?
Ti
aspettavi forse qualcuno che inizia con la
M?
Bhe,
forse sì.
Quasi
sicuramente Marco lo avrà obbligato a telefonare per scoprire qualcosa
dell’uscita con Matteo.
Sono
curiosi ed entrambi pretendono dei racconti dettagliati sulle mie uscite o sui
miei sporadici ed inutili appuntamenti. Sono comunque due tesori. Questa volta
però, nonostante io abbia passato una giornata meravigliosa non so quanto Marco
abbia fatto bene a farmi passare del tempo con Matteo, lui ha una dannatissima
ragazza!
Però
Virginia, potrebbe essere l’inizio di una buona amicizia.
Amicizia?
Magari
potresti stargli affianco finché non si lasciano.
Potrei
trovare il modo per farli lasciare…
Potrebbe
essere un’idea!
Amicizia?
Uhm.
Potresti
sopportarlo Vi?
Ci
potrei sempre provare.
Non
costa nulla provare.
Forse
ne risentirebbe solo il mio cuore.
Chissà,
forse.
Sorridendo
mando un messaggio su WhatsApp ad Alessandro per rassicurarlo “Ciao Ale, posso immaginare perché hai
chiamato. Sto bene, non ti/vi preoccuparti/tevi. Però potrei sempre uccidere il
tuo fidanzato!” premo invio, appoggio il telefono sul letto, mi giro
dall’altra parte e chiudo gli occhi.
Ore 8:21
Mi
sveglio, mi stiracchio, mi giro nel letto, abbraccio il cuscino.
Sono
riuscita a dormire ancora qualche ora dopo il risveglio traumatico di qualche
ora fa.
Ho
un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia.
Ho
sognato Matteo.
Ho
sognato Matteo che mi baciava.
Ho
sognato Matteo che mi baciava e ora sorrido.
Perché
il mio subconscio vuole Matteo?
Perché lo vuoi tu, Virginia.
Cerco
di accantonare il sogno con quel ragazzo meraviglioso.
Ho
bisogno di latte e caffè.
Subito,
colazione.
Sì,
latte e caffè e poi studio.
Basta
Matteo.
Studio
cercando di concentrarmi sulla psicologia e non pensare a lui.
Facile
dirlo, un po’ meno farlo.
Mi
devo dedicare a qualcosa di utile.
Basta
Matteo.
E’
inutile Virginia.
Smetti
di pensarci.
Marco
ha per caso telefonato o scritto qualcosa?
No.
Alessandro?
Neanche.
Credi
davvero che Matteo abbia parlato di te a Marco?
Magari
gli ha raccontato delle meravigliose figure di merda che ho fatto nel
pomeriggio e si sarà fatto due belle risate.
Marco
non si è fatto sentire con te, figuriamoci se ha sentito lui.
Quindi
basta Matteo.
Te lo devi dimenticare
Virginia.
Il
massimo che puoi permetterti è un’amicizia.
Che brutta parola.
Amicizia
e basta.
I miracoli generalmente non
accadono.
O
forse sì?
Maledetta me che ci credo
ancora.
Ore 14:23
M’s POV.
Ho
passato tutta la mattinata tentando di studiare.
Ogni
cosa che studiavo mi ricordava lei.
Assurdo.
Irreale.
Eppure
è stato così.
Sarà
stato il pensiero costante di Virginia oppure il fatto che ero in possesso del
suo numero, ma ho trovato davvero molto interessante storia della cultura
inglese.
Super
impaziente, recupero il cellulare e scrivo a Stella su WhatsApp “Stellina com’è andata la terza prova? Che
dici, chiamo Virginia?”, la sua risposta non si fa attendere “Stordito, non l’hai ancora chiamata?” Bhe,
gentile da parte sua chiamarmi “stordito”. “Adesso
lo faccio.” digito e invio.
Adesso.
Ora.
Mi
sento un tredicenne alle prese con la sua prima cotta.
Matteo, tu sei un
tredicenne.
Fatti
forza, ce la puoi fare.
Soprattutto
ce la devi fare.
Sei grande e grosso e hai
paura di fare una telefonata?
No.
Ma
non è una semplice telefonata.
E’
la telefonata.
Ho
solo paura di un suo rifiuto.
Il
grande Matteo che ha paura di un rifiuto?
No.
Forza.
Se
il numero è sbagliato?
Ucciderò Marco.
E
se non rispondesse?
Non
puoi saperlo Matteo, non puoi saperlo finché non telefoni.
Scorro
la rubrica fino alla V.
Ecco.
Virginia.
Premo
il tasto verde.
Ci
siamo.
Uno
squillo.
Cazzo è acceso ed è libero.
Due
squilli.
Respira Matteo, respira.
Tre
squilli.
Non risponde?
«Pronto?»
Oh,
merda.
Muoio.
E’
lei.
E’
proprio lei.
Marco
si è salvato.
Dio,
come mi era mancata la sua voce.
Matteo,
svegliati, ti rendi conto che devi parlare?
«Ciao
Virginia!» dico io tutto d’un fiato facendomi forza.
«...»
dall’altra parte del telefono non sento alcuna risposta.
Non
risponde, magari ha riattaccato.
Non
parlo.
Magari
ho la fortuna di sentirla anche respirare.
«…
Ma? Matteo?» chiede lei chiaramente sorpresa.
«Esatto!
Ciao Virginia!»
Matteo
hai ripetuto due volte i saluti, ti rendi conto?
Gran
bel modo di iniziare una telefonata.
Per
lo meno mi ha riconosciuto.
«Ciao…»
dice lei.
Come
un semplice ciao può diventare super sexy.
Ho
deciso, ora localizzo il segnale GPS del suo cellulare e vado a casa sua.
Smettila
di parlare con te stesso.
Devi
parlare con lei, Matteo.
«Come
stai?» chiedo io.
Andiamo
sempre meglio Matteo.
Avrai
un premio come il “Migliore Oratore del 2016”.
«Ora
bene…» risponde lei. Ha detto ora? Ha davvero detto “ora bene”? «E tu?»
prosegue Virginia.
«Bene,
grazie.» sto solo morendo al telefono ma non ti preoccupare. «Non ti ho neanche
chiesto se disturbavo, scusami.» Ora finalmente hai iniziato a ragionare e
essere un pochino uomo, Matteo, bravo.
«Ma
va, figurati. Tu non disturbi. Stavo facendo una pausa dallo studio!» siamo
pure sincronizzati.
«Anche
io.» ammetto con un sorriso.
«Ah,
sì?» chiede lei.
«Settimana
prossima ho un esame di storia della cultura inglese.» e secondo te a lei
interessa? No.
«Allora
fai bene a studiare! Guarda che poi ti interrogo!» dice lei scherzando.
Ho
già in mente l’immagine di lei che mi interroga.
Oh
merda.
Mi
farei interrogare per davvero molto, moltissimo tempo.
«Quando
vuoi!» Merda. L’ho detto davvero.
E
lei ride. Dio mio quanto mi piacerebbe vederla ridere.
Sei
già a questi livelli, Matteo?
Ricomponiti.
«Mi
sono permesso di chiedere il tuo numero a Marco…» ammetto.
«Uh,
Marco. Non l’ho ancora sentito.» sembra assorta nei suoi pensieri.
«Bhe,
hai fatto bene!» Davvero? Se lo dice lei, allora posso essere contenta.
Sembra
allegra e disponibile al dialogo, ora che cosa faccio? Dovrò pur dare un senso
alla telefonata. Non posso fare le telefonate senza uno scopo reale. Bhe,
soltanto sentire la sua voce è un motivo più che valido.
Smettila
Matteo.
Devi
chiederle una cosa, devi scusarti, devi fare qualcosa, forza, Matteo parla.
Per
favore, parla.
Altrimenti
che cosa racconti a Stella? Che sei stato muto tutta la telefonata?
Che
faccio?
Ci
provo?
Matteo,
hai fatto trenta, fai anche trentuno.
«Spero
non sia un problema.» dico deciso abbassando involontariamente la voce.
«Se
non lo è per te… Per me di certo non lo è.» usa una dolce, dolcissima voce per
questo gioco strano di parole.
Me
la sposo, prima o poi io la sposo.
Ok,
ora parla e scusati.
«Mi
devo assolutamente scusare per la mia maleducazione di ieri. Me ne sono andato
via all’improvviso.» Matteo sei partito in quarta. Che cosa stai dicendo? Stai
farfugliando?
«Ma
va, figurati.» inizia lei titubante «Avrai avuto sicuramente qualcosa di
importante da fare!»
«Sai,
giocare a calcetto non è un qualcosa di così importante!» la butto lì così, senza
pensarci troppo. Alla fine sono andato via per quello ieri e di certo non è più
importante di poter passare del tempo con lei.
«Una
partita di calcetto?» chiede lei.
«Sì.»
rispondo prima di ascoltare la sua magnifica risata. Ride lei e mi si scalda il
cuore.
«Credevo…
Credevo avessi un appuntamento!» di che cosa sta parlando? Io ho detto
“impegno”, non appuntamento.
«Appuntamento?»
chiedo.
«Sì,
con la tua ragazza.» dice lei con un’incrinatura nella voce.
Ragazza?
Quale ragazza?
«Io
non ho una ragazza!» dico convinto.
«Come
no?» chiede e prosegue «Quella ragazza bionda ieri, sai prima del pranzo?»
Merda.
Ha
visto Monica prima del nostro incontro al cartello della facoltà.
Merda,
non ci avevo pensato.
Non
mi sono neanche posto il problema se lei ci avesse visto oppure no.
Credevo
aspettasse Marco e basta…
Sì
ma gli occhi per vedere ce li ha.
Le
devi rispondere Matteo «Si chiama Monica e non è più la mia ragazza!»
«Ah.»
dice lei con un voce che sembra decisamente più rilassata.
Me
la sto immaginando oppure è così?
«Per
fortuna non lo è più! Mi stava solo salutando.» Sembri un latin lover che
cambia le ragazze manco fossero delle magliette. Bella figura Matteo,
complimenti.
«Quindi...»
inizia lei titubante.
Quindi,
cara Virginia, mi butto.
Tieniti
pronta e sappilo.
«Quindi
potrei invitarti fuori per un caffè o per altro?»
«...»
non risponde, devo aggiungere qualcos’altro alla proposta di uscita.
«Per
scusarmi di quanto io sia stato sgarbato a lasciarti alla fermata da sola.»
Uhm,
si certo Matteo, è proprio quello il motivo.
«E’…»
ah, ma è ancora viva e non ha riattaccato, posso già considerarlo un gran successo.
«E’ un appuntamento?»
Sì
che lo è. Ovvio. Chiaro e limpido come l’acqua.
«Se
non hai un ragazzo…» accenno io, anche se la risposta la so già, a meno che Marco
non mi abbia raccontato una stronzata...
«No,
nessun ragazzo.» mi interrompe.
«Quindi
credo che tu lo possa considerare un appuntamento, se a te fa piacere.» le ho
appena chiesto di uscire? Ho appena proposto un appuntamento a Virginia?
Cazzo
sì.
L’ho
fatto.
Manca
ancora una cosa fondamentale.
La
sua risposta.
Faccio
i conti senza l’oste.
Merda,
ora mi dice di no.
«Bhe…»
inizia lei. Bhe che cosa? Dio mio, come sono impaziente! «A me fa piacere.»
Cazzo
è un sì?
Mi
ha detto che le farebbe piacere?
Un
sorriso mi si stampa in faccia. Mi sento come un bambino che ha ricevuto il
regalo di compleanno che desiderava da una vita.
Mi
sento talmente stupido che le chiedo «Davvero?»
E
lei ride. «Sì, davvero!» dice convinta.
«Hai
qualche preferenza?» chiedo io.
«Scegli
tu Matteo, mi affido a te.»
Oh
merda. Santa merda. Lei non può dire queste cose.
«Mi
hai detto di sì a scatola chiusa senza sapere cosa ti aspetta?» dico tutto d’un
fiato. Sembro quasi un maniaco con quel “cosa ti aspetta”.
«Certo!»”
dice lei ridendo.
Dio
mio, che voglia che ho di vedere quelle labbra sorridere.
«Allora
ci penso e poi ti faccio sapere.» le dico convinto e tranquillo.
«Ok,
a dopo Matteo.» dice lei con una voce dolcissima.
«A
dopo Virginia.» e chiudo la telefonata.
Mi
sento leggero e felice. Potrei benissimo iniziare a saltellare per la camera e
cantilenare “Mi ha detto di sì. Mi ha detto di sì. Mi ha detto di sì.”
Sono
proprio messo male.
Merda.
Qualche
minuto dopo mi rendo conto di un super epic fail che ho fatto: mi sono dimenticato
di chiederle il giorno per l’appuntamento!
Puoi
essere così coglione Matteo?
Prima
il numero, poi il giorno… Ti dimentichi le cose fondamentali. Le basi Matteo,
le basi.
Cosa
faccio? La chiamo? Le mando un messaggio? Le scrivo su WhatsApp?
Vada
per il messaggio su WhatsApp, magari sta studiando e non voglio disturbarla.
“Sono un coglione ma la tua voce mi
destabilizza...” Matteo, così non va bene. Per niente proprio.
Scrivi
qualcosa di intelligente: “Mi sono
dimenticato di chiederti una cosa. Domani per te va bene?” premo invio e un
messaggio di risposta arriva subito “Domani
va benissimo. Attendo altre informazioni!”
Ho
i muscoli del volto praticamente paralizzati in un sorriso ebete.
Dopo
qualche ora, è arrivato finalmente di momento di fare una pausa dallo studio.
Mi
manca solo un capitolo da sistemare e poi sono a posto.
Ho
bisogno di un caffè.
Entro
in cucina e accendo la radio:
“Sometimes it
seems that the going is just too rough
And things go wrong no matter what I do
Now and then it seems that life is just too much
But you've got the love I need to see me through”
“Ma tu hai l’amore di cui io ho bisogno per
guardarmi dentro”
E
penso a te, Virginia.
Tu,
Virginia.
Sei
decisamente tu.
Tu
hai l’amore di cui io ho bisogno.
Ho
bisogno di te.
Non
sono mai stato così rincoglionito per una ragazza.
Ma
ormai, chissenefrega.
Ho
capito cosa voglio e voglio lei.
Sorrido
e mi preparo il caffè.
Spero
solo che Stella arrivi a casa presto.
Ho
un piano da illustrarle per domani e ho bisogno della sua approvazione!
**
Buona sera e buonissima
domenica a tutti! Come sempre grazie mille a tutti coloro che mi seguono, che
leggono, che decidono di perdere un po’ del loro tempo leggendo me, per me è
tantissimo. Ma veniamo a noi e a questo capitolo dieci.
Allora, la canzone che ho
scelto per questo decimo capitolo si intitola “You’ve Got The Love” di Florence
+ The Machine, che come sempre io adoro. L’ho trovata adatta a Matteo, adatta a
lui che sta “scoprendo” un mondo che non è fatto solo di ragazze oche e di
niente. Sta scoprendo un mondo e sta scoprendo un qualcosa. Molto spesso si
domanda perché dice o fa certe cose, non lo sa neanche lui e gli vengono
spontanee. Quindi qualcosa vorrà pur dire. Una cosa negativa è che, lo so che
vi avevo detto che il 21 gennaio era finalmente finito (tra gioia collettiva e
fuochi artificiali) ma non è stato così. Ho trovato giusto mettere quella parte
di Matteo che torna a casa dal calcetto e trova Stella.
Poi c’è il POV di
Alessandro. Trovo lui e Marco di una dolcezza infinita e dato che si è
preoccupato per Marco, ha provato a chiamare Virginia.
Poi c’è Virginia. Povera
cucciola. Ho quasi sofferto con lei. Sa che Matteo potrebbe avere qualcosa di
speciale, qualcosa di diverso dagli altri maschi. E’ per questo che
accetterebbe persino una sorta di amicizia con lui. Ma poi le carte in tavola
cambiano, grazie a una telefonata.
E passiamo infine a Matteo.
Finalmente ha usato quel numero! Ha chiamato Virginia, si è fatto forza e le ha
chiesto un appuntamento. Si sono finalmente capiti e chiariti e hanno scoperto
di essere entrambi single. Forse sono stata un po’ sadica nel non far chiedere
a loro se fossero o meno impegnati… Però credo che la vita sia fatta anche di
fraintendimenti e filmoni mentali, di osservazioni di gesti e di colpi di
fortuna (o sfortuna, dipende dai punti di vista.) Diciamo che entrambi hanno
deciso di rischiare un po’: Virginia ha chiesto della “ragazza bionda” e Matteo
ha chiesto conferma a lei direttamente se avesse o meno il ragazzo. Si sono
buttati e il risultato è stato più che ottimo, no? Alla fine cosa avevano da
perdere entrambi? Nulla! E hanno lasciato in un angolino preoccupazioni e dubbi
e si sono buttati. (Una cosa che bisognerebbe sempre fare nella vita reale, anche
se a volte non è così semplice!)
Con questo capitolo vi
auguro di passare una meravigliosa serata, un dolcissimo inizio di settimana
con la scuola che riprende e buon inizio di qualsiasi cosa!
Vi ringrazio come sempre per
aver dedicato un po’ del vostro tempo a me e alla mia storiella.
Grazie, davvero grazie a
tutti voi.
Vi abbraccio tutti.
E grazie ancora.
A presto.
E.
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Capitolo 11 *** Telefonate & Incubi ***
INASPETTATAMENTE_ cap.11
Telefonate
& Incubi – Capitolo
11
22 Gennaio.
Ore 14:27
V’s POV.
Bzzz bzzz bzzz.
Chi
osa disturbare la mia adorata pausa studio?
Chi
si permette di interrompere la lettura del libro che ho preso con lui ieri durante il più bel pomeriggio
degli ultimi anni?
Devo
ammettere che quella maledetta vibrazione è davvero fastidiosa quando ci si
mette, però almeno mi permette di capire se qualcuno mi cerca; in realtà odio
di più la suoneria quando sono a casa, ecco perché è perennemente in modalità silenziosa
e raramente con la vibrazione, come ora. Spero solo che sia una telefonata
importante. Anche se sinceramente dubito fortemente perché sarà quasi sicuramente
Rose. Sa quanto mi dà fastidio essere disturbata nei miei pomeriggio di studio
matto e disperato, soprattutto durante le mie amate pause, che sono senza alcun
dubbio le mie preferite.
Magari
è solo uno squillo? Ma cavolo, chi fa ancora gli squilli in questi giorni?
L’ultimo squillo credo di averlo ricevuto dieci anni fa! Adesso hanno tutta
un’altra valenza, magari se qualcuno deve venirmi a prendere gli dico «Fammi
uno squillo che scendo» ma ora non aspetto nessuno per uscire e nessuno deve
venirmi a prendere per andare da qualche parte. Quindi opterei per abbandonare drasticamente
questa possibilità.
Bzzz bzzz bzzz.
Merda,
però non è uno squillo se continua a suonare.
Qualcuno
mi sta chiamando e io devo rispondere.
Appoggio
il libro aperto a metà sul mio petto, allungo il braccio sinistro alla ricerca
della fonte della vibrazione. Possibile che non riesca mai a trovare nulla sul
mio letto? Allungo ancora un po’ il braccio e finalmente riesco ad afferrare il
cellulare.
Sbuffando
lo avvicino al mio volto e guardo lo schermo. Lampeggia un numero sconosciuto. Sconosciuto.
Negli
ultimi tempi la parola “sconosciuto” mi faceva pensare sempre e solo a Matteo.
Quante
possibilità ci sono che sia lui?
Merda,
perché io penso subito a Matteo?
Perché
vorresti che lui ti chiamasse.
Magari
non è lui.
Anzi,
quasi sicuramente non è lui.
Sarà
la solita persona che dice «Gianni sei tu?» oppure «Cercavo Maria.» Quindi sarà
sicuramente qualcuno che ha sbagliato numero.
Calmati
Virginia.
Cerca
di calmarti e far rallentare il tuo cuore che sembra impazzito.
Impazzito
per un numero sconosciuto che ti sa chiamando di pomeriggio.
Sei
decisamente impazzita tu, Vi.
E
se invece fosse davvero lui?
Perché,
Virginia, dovrebbe essere lui?
Perché
vorresti, perché ti piacerebbe che lui non avesse una fidanzata biondissima e
che avesse chiesto il tuo numero a qualcuno, cara Virginia, perché lui non te
l’ha chiesto ieri.
Ok,
calmati ora.
Non
è lui quindi stai calma.
Bzzz bzzz bzzz.
Terzo
squillo.
Ci
siamo.
Rispondo?
Devo
rispondere.
Non
mi illudo ma spero che dall’altro capo del telefono ci sia una voce calda e
dolce, e che quella voce sia maschile. Una voce maschile che io conosco molto
bene. Insomma, spero che ci sia Matteo.
Cuore,
basta accelerare ti prego.
Basta
aumentare le pulsazioni del ventricolo sinistro ogni volta che pensi a Matteo.
Sembri
una dodicenne che impazzisce per i Backstreet Boys durante un loro concerto.
Virginia
contieniti perché tanto non è lui.
Basta
film mentali perché ora è arrivato il momento di rispondere.
Faccio
un respiro profondo, afferro il cellulare, premo il tasto verde e lo avvino
all’orecchio.
Con
il cuore che ormai ha vita propria e un sorriso spuntato in faccia senza motivo
alcuno, mormoro un «Pronto?» e ora è arrivato il momento di scoprire chi è che
ha telefonato.
Virginia
non andare in apnea, respira tranquillamente.
Chiunque
tu sia parla, ora.
Parla
perché non posso rimanere in ansia.
Sento
un respiro dall’altra parte del telefono e la risposta è «Ciao Virginia!»
No.
Non ci credo.
Oh cazzo.
E’
lui.
E’
davvero lui.
E’
lui per davvero davvero.
Matteo
che mi ha chiamata?
Siamo
seri?
Siamo
sicuri?
Come
ha fatto ad avere il mio numero?
Chissenefrega!
Chiunque
sia stato ha fatto bene, anzi benissimo!
«...»
Non rispondo, mi sono quasi immobilizzata sul letto.
Ma
è davvero lui?
Non
è qualcuno che forse ha la voce simile alla sua?
Virginia,
stai pensando a ogni possibilità.
Una
volta in vita tua, credi nel tuo istinto.
E’
Matteo, credici.
C’è
Matteo al telefono e tu, cara Virginia, non stai parlando.
«…
Ma? Matteo?» ora balbetto pure. Andiamo proprio benissimo.
Però
almeno chiedo, così per sicurezza.
Potrò
pur avere i miei dubbi, no?
Magari
Marco ha registrato quella voce e me la fa ascoltare per prendermi in giro.
Virginia,
possibile che la tua mente sia così contorta?
Non
sei la protagonista di un film d’azione!
Quindi
è lui? Sì?
Devo
aspettare la sua conferma però
Potrei
aspettarmi qualcosa tipo «No, ti ho fregato!» e lì potrei diventare davvero triste.
«Esatto!
Ciao Virginia!» dice la voce al telefono.
Ho
indovinato, voglio un premio!
Il
premio è la telefonata, quindi stai buona e tranquilla Virginia.
Non
ho ben capito perché il mio nome suona così sexy detto dalla sua voce.
Lui
è sexy.
Virginia,
ricomponiti.
A
cosa pensi?
Magari
vuole sapere se il libro che ho comprato ieri è bello e se lo può regalare alla
sua ragazza.
In
ogni caso io sono contenta lo stesso, soprattutto perché sento la sua voce!
E
soprattutto, attenzione attenzione, lui ha il mio numero!
E
ovviamente io ho il suo!
Ogni
tanto capitano delle cose bellissime nella vita.
«Ciao…»
rispondo io impacciatissima, per la serie “evviva i dialoghi”.
Risponde
lui subito con un «Come stai?»
Vuole
davvero saperlo? O è come tutte quelle persone che chiedono “Come stai?” e
vogliono sentirsi rispondere “Bene, benissimo, va tutto alla grande” anche se
dentro si perdono dei grossi pezzi della propria esistenza.
Però
io ora sto bene, sto davvero bene perché mi fa piacere che abbia telefonato.
Merda,
perché sto così bene?
Devi
rispondere Virginia, lo sai? «Ora bene…» mormoro, spero che non abbia sentito
quell’ “ora” che mi è sfuggito. «E tu?» chiedo con interesse sviando
l’attenzione sul mio scivolone.
Magari
mi ha telefonato per avere un consulto psicologico, magari non sta bene lui o
un suo familiare e ha bisogno di una semplice consulenza professionale.
«Bene,
grazie.» risponde Matteo.
Ottimo,
almeno lui sta bene, forse il consulto psicologico serve alla sua ragazza?
«Non
ti ho neanche chiesto se disturbavo, scusami.» prosegue poco dopo.
Si
è preoccupato in caso disturbasse il mio pomeriggio, che bravo ragazzo. Generalmente,
se fosse qualsiasi altro essere umano risponderei con un “Sì, sono in pausa
studio e sto leggendo” con aria scocciata, ma ora dico «Ma va, figurati. Tu non
disturbi. Stavo facendo una pausa dallo studio!» anche con enfasi. Bhe, dopotutto,
non disturba perché sono in pausa studio, sì certo Virginia, l’importante è
crederci. Lui non disturberebbe neanche se fossi in cucina con la torta nel
forno che sta bruciando, e sai quanto tieni alla buona riuscita di una torta.
Perché le torte non vanno mai allo stomaco, ma direttamente al cuore.
«Anche
io.» risponde lui.
«Ah,
sì?» chiedo io spudoratamente curiosa.
«Settimana
prossima ho un esame di storia della cultura inglese.» oh che bravo, studia per
un esame.
Cerco
di buttarla sul ridere ed essere divertente dicendo «Allora fai bene a
studiare! Guarda che poi ti interrogo!» ma chiaramente mi accorgo solo troppo
tardi di aver esagerato. Ormai quel che detto è detto, non ci si può fare un
granché.
«Quando
vuoi!»
Oh
cazzo, l’ha detto davvero? Sta sicuramente scherzando.
«Mi
sono permesso di chiedere il tuo numero a Marco…» prosegue lui.
«Uh,
Marco. Non l’ho ancora sentito.» e appena lo sento al posto di ucciderlo potrei
quasi ringraziarlo, mi piacciono queste telefonate a sorpresa. Fanno bene
all’umore! «Bhe, hai fatto bene!» proseguo io.
«Spero
non sia un problema.» dice lui abbassando la voce.
Eh
però, Matteo, non puoi fare così, se i problemi fossero tutti così gioirei ogni
volta che da lontano ne vedo uno.
«Se
non lo è per te… Per me di certo non lo è.» Dopotutto quello che ha la ragazza
e sta chiamando un’altra, non sono io.
«Mi
devo assolutamente scusare per la mia maleducazione di ieri. Me ne sono andato
via all’improvviso.» ma di quale maleducazione sta parlando? Forse non ha ben
presente come sono le persone maleducate.
«Ma
va, figurati.» dico molto titubante «Avrai avuto sicuramente qualcosa di
importante da fare!» tento di rassicurarlo così, non si può scusare perché
aveva da fare.
«Sai,
giocare a calcetto non è un qualcosa di così importante!» e la sua risposta mi
spiazza completamente.
«Una
partita di calcetto?» chiede io piuttosto incredula.
«Sì.»
e non appeno sento la sua risposta scoppio a ridere.
Signori
e signore, quindi io mi sono fatta un sacco di paturnie mentali solo ed
esclusivamente per una partita di calcetto?
Ok,
dato che non posso continuare a vivere nel dubbio mi devo lanciare.
E’
il mio momento.
Sfrutto
questa occasione.
Che
cosa ho da perdere?
Nulla.
«Credevo…
Credevo avessi un appuntamento!» Diretta, rapida, indolore.
Dolorosa
sarà però la risposta.
«Appuntamento?»
ora quello incredulo è lui.
«Sì,
con la tua ragazza.» dico con la voce che mi muore un pochino in gola.
«Io
non ho una ragazza!»
Sta
scherzando vero? Crede che io sia stupida?
«Come
no? Quella ragazza bionda ieri, sai prima del pranzo?» cerca di stare calma
Virginia anche se il tuo cuoricino è quasi a pezzi.
«Si
chiama Monica e non è più la mia ragazza!» dice lui.
Come?
Cosa?
«Ah.»
è la mia risposta degna di un discorso da premio Nobel.
Quindi
generalmente le sue ex si lanciano tra le sue braccia così? Per affetto? Un po’
a caso?
«Per
fortuna non lo è più! Mi stava solo salutando.»
Dovrei
salutarlo anche io così la prossima volta che lo vedo, tanto è abituato.
Sì
ma tu, Virginia, hai dimenticato un piccolo particolare: non ne saresti in
grado.
«Quindi...»
inizio io. Quindi cosa Virginia? Cosa gli vuoi dire?
«Quindi
potrei invitarti fuori per un caffè o per altro?» Eh? Che cosa? Che ha detto?
«...»
ora allora muoio.
No,
davvero.
Mi
viene uno scompenso cardiaco e ci rimango.
Vedo
già i titoli sul giornale locale di domani “Giovane neo-psicologa trovata morta
a causa di una telefonata”.
Ha
davvero detto un caffè o per altro?
«Per
scusarmi di quanto io sia stato sgarbato a lasciarti alla fermata da sola.»
Bene,
Marco ha tirato fuori Matteo dal cilindro magico come fanno i maghi con i
conigli bianchi. Non credo sia davvero reale.
Ma
quel caffè o altro, che poi altro mi piace già di più, può considerarsi un
appuntamento?
Forse
è meglio chiederglielo. Tanto ormai ho fatto trenta, faccio anche trentuno.
«E’…»
gola non diventare secca proprio ora! «E’ un appuntamento?» Ce l’ho fatta a
dire tre parole, evviva.
«Se
non hai un ragazzo…» inizia lui ma io lo interrompo subito.
«No,
nessun ragazzo.» dico convinta.
«Quindi
credo che tu lo possa considerare un appuntamento, se a te fa piacere.» dice
lui tranquillo e pacato con una voce che mi fa quasi venire i brividi.
Oh
sì, decisamente sì.
«Bhe…
A me fa piacere.» Ecco, gliel’ho detto.
«Davvero?»
chiede lui. Vuole anche che accenda e confermi la risposta in puro stile “Chi
vuol essere milionario”?
E
rido.
Rido
almeno scarico la tensione.
Rido
perché se ci fossimo “chiariti” subito, forse quello di ieri poteva essere già
un appuntamento.
Forse.
Ma
forse è stato comunque meglio così.
«Sì,
davvero!» dico convinta.
«Hai
qualche preferenza?» chiede. Bhe, l’importante è che ci sia lui.
«Scegli
tu Matteo, mi affido a te.» E niente, ormai sto esagerando, ma fa nulla. Sono
molto curiosa di scoprire quella che ha in mente.
«Mi
hai detto di sì a scatola chiusa senza sapere cosa ti aspetta?»
Oh
mio Dio, ha davvero detto “Cosa ti aspetta”?
Posso
avere dei pensieri mezzi erotici ora?
Sì
che posso.
Andate
via, forza.
«Certo!»
gli dico ridendo forse con troppa enfasi.
«Allora
ci penso e poi ti faccio sapere.» mi dice.
Molto
molto carino. Non ha ancora un’idea precisa e non si è programmato già tutto
stile partita a scacchi.
Sorridendo
silenziosamente gli dico «Ok, a dopo Matteo.»
«A
dopo Virginia.» e mette giù il telefono.
Bene,
ora potrei benissimo iniziare a ridere da sola come una perfetta pazza e idiota
oppure potrei saltellare sul letto.
Virginia,
tu hai un appuntamento.
Ripetitelo
in testa.
Un
appuntamento.
Cazzo,
un appuntamento!
Un
appuntamento con Matteo.
Ok,
mi devo calmare.
Respira
Virginia, respira che devi ossigenare il cervello e rallentare il battito del
tuo cuore.
Dopo
circa una decina di minuti, il mio telefono vibra ancora e questa volta la
vibrazione non è un problema, anzi, non vedevo l’ora di sentire la vibrazione
perché ora aspetto lui.
Ricevo
su WhatsApp un messaggio, lo apro e dice “Mi
sono dimenticato di chiederti una cosa. Domani per te va bene?” Ha per caso
intenzione di attentare alla mia vita quel ragazzo? Non mi ero accorta che non
avevamo parlato di una data.
Mi
sono affidata a uno sconosciuto.
Non
è più uno sconosciuto.
Ormai
so molte cose su di lui e soprattutto so che è single.
Mi
fido.
Posso
fidarmi?
Mi
viene naturale.
Clicco
sotto e digito in fretta con un sorriso idiota “Domani va benissimo. Attendo altre informazioni!”
Ripetitelo
Virginia.
Tu
domani hai un appuntamento.
Domani.
Appuntamento.
Matteo.
Per
fortuna che ho studiato tutta mattina perché ora non ne sono più in grado.
I
neuroni del mio cervello sono elettrizzati ed emozionati quanto lo sono io.
Devo
dirlo a qualcuno, in questo modo diventerebbe ancora più reale.
Più
reale di quanto non lo sia ora.
La
prima persona che mi viene in mente è Carlotta.
La
devo aggiornare e devo condividere anche questa esperienza con lei.
“Calotta, domani ho un
appuntamento. Un appuntamento con il ragazzo single più bello che io abbia mai
visto. Matteo!” scrivo e
invio su WhastApp.
La
sua risposta non si fa attendere, un minuto dopo mi arriva un “Questa sera ti chiamo e mi racconti ogni
minima cosa. Te l’avevo detto!” finisco di leggerlo e scoppio a ridere.
Carlotta
ha il dono della chiaroveggenza, ora ne sono certa!
«Tu
hai l’aria di una persona felice.» Dice una testa che sbuca dalla porta di
camera mia parecchie ore dopo la telefonata e i vari messaggini su WhatsApp.
«Ciao
mamma.» le dico mandandole un bacio.
Se
n’è già accorta? Non ho né parlato, né nulla!
«Successo
qualcosa di bello?» chiede entrando in camera.
«Uhm.»
la guardo nei suoi occhi così simili ai miei e rispondo «Forse?»
«Questa
sera tuo padre ed io siamo fuori a cena con quei suoi colleghi, sono in ritardo
e mi devo preparare però poi parliamo!» dice lei guardandomi negli occhi.
«Vai
a prepararti Rose!» dico sgridandola bonariamente.
«Consigli
su cosa mettere?» chiede lei facendo una faccina triste.
«Inizia
a fare la doccia, poi arrivo!» dico ridendo a quella pazza di mia madre.
«Ciao
piccola!» ecco un’altra testa che sbuca dalla porta di camera mia dopo una
mezz’ora.
«Ciao
papà!» gli rispondo sorridendo.
Mi
guarda con quegli occhi azzurrissimi e con aria divertita mi chiede «Rose è
pronta?»
«Secondo
te?» gli chiedo divertita a mia volta.
«Ovviamente
no!» dice spostandosi nella loro camera dall’altra parte della casa.
Poco
tempo dopo vedo due teste che sbucano dalla mia porta.
Ormai
hanno preso questo vizio da anni e da anni sono troppo buffi!
Sembrano
due investigatori che tentano di non farsi scoprire.
«Visto?
Hai visto Lorenzo? La nostra bambina è felice!» dice mia madre dando un bacio
sulla guancia a mio padre.
«Piccola
perché sei così felice? Puoi dirlo al tuo papà…»
«...e
anche alla tua mamma.» Prosegue Rose.
Che
devo fare io con loro due?
Li
adoro entrambi ma mi fanno davvero disperare a volte!
«Se
ve lo dico mi lasciate in pace?» chiedo quasi ridendo.
Annuiscono
contemporaneamente.
«Domani
ho un appuntamento.» Già lo so, a breve si aprirà una voragine nella mia stanza
e mi inghiottirà, spero avvenga in tempo zero perché temo il terzo grado dei
miei genitori.
«Chi
è lui?» chiede mio padre.
Ma
Rose risponde subito con aria sognante «Quello che l’ha portata a pranzo e a
mangiare la cioccolata ieri.» E lei come fa a saperlo? Semplice, è pur sempre mia
madre e le madri hanno un sesto senso su certe cose. O meglio, hanno un sesto
senso su tutto quello che capita alle loro figlie.
«Uh,
allora mi sta simpatico. E’ bello almeno la metà del tuo meraviglioso padre?»
chiede Lorenzo.
Scoppio
a ridere e annuisco «E’ molto bello, sì.»
«Mi
raccomando piccola, non lasciare che ti spezzi il cuore, sai come la penso. Però
se è un bravo ragazzo, tienitelo stretto. Anzi, tienitelo stretto solo se è il
migliore!» quasi mi commuovo alle parole di mio padre.
«Tesoro
però ce lo presenti prima o poi?» mia madre è impaziente e soprattutto sono
certa che sia impazzita.
«Un
passo alla volta, no eh? Devo ancora uscirci!» dico io ridendo. Non oso immaginare
il povero Matteo alle prese con Rose e Lorenzo in un colpo solo. Anche perché,
prima di farmi viaggi mentali su Matteo e i miei, devo ancora sopravvivere al
mio primo appuntamento con lui!
«Tesoro
noi andiamo, ti ho ordinato la cena dal tuo cino-jappo preferito da asporto.
Finisci di leggere, mangia e riposati Virginia.» aggiunge mia madre. E’ senza
alcun dubbio la mamma più brava del mondo, non c’è altra spiegazione. Certo,
dopo anni di contrasti costanti soprattutto durante l’adolescenza, abbiamo trovato
un bellissimo equilibrio, ed è solo con l’equilibrio che si mandano avanti i
rapporti personali. Soprattutto quelli in famiglia. Noi siamo una famiglia un
po’ pazza e strana, soprattutto ad occhi esterni, ma stiamo benissimo così.
«Buona
serata, divertitevi!» dico accennando un saluto con la mano.
«Ciao
piccola!» dice mio padre prendendo Rose per mano e rivolgendosi a lei «Andiamo
che siamo ovviamente in ritardo!»
«Riposati
bambina mia!» prosegue mia madre mandandomi un bacio uscendo dalla mia camera e
dirigendosi alla porta d’ingresso, lasciando me i miei pensieri da soli.
..
Bzzz bzzz.
Drin drin.
Dlin dlon.
Sono
sempre fortunata, vero?
Per
la serie “succede sempre tutto insieme”.
Mai
una cosa per volta, sarebbe troppo bello.
Tutto
insieme è più divertente.
Una
perfetta sincronia.
Vibrazione
sul cellulare, suono del telefono di casa e citofono.
Devo
stabilire un ordine di priorità.
Afferro
il cordless, rispondendo alla telefonata con «Chiunque tu sia, attendi due
minuti per favore!» e afferro il citofono avvicinandolo all’orecchio «Sì?»
chiedo e il telefono lo abbandono da qualche parte in giro per casa.
«Servizio
take away, scende signorina?» dice una voce maschile.
«Arrivo
subito» rispondo in tempo zero.
Prima
di uscire da casa e recuperare il cibo, riprendo in mano il telefono di casa e
chiedo «Sì?»
«Vi,
tesoro, porta su la cena e poi parliamo.» sento la voce di Carlotta dall’altra
parte del telefono e sorridendo e le dico «Hai una pazienza infinita, arrivo!»
e la sento ridere.
Dopo
aver mangiato dei meravigliosi yaki-udon e dei buonissimi tiger roll chiacchierando
con una Carlotta super emozionata per il mio appuntamento di domani, supponendo
a che ora Matteo mi avrebbe detto qualcosa, le ho proposto «Carlotta, magari si
è dimenticato!», la sua risposta? «Mi faccio dare indirizzo e numero civico da
Marco e poi glielo ricordo io, fidati!», e dopo svariate risate abbiamo
concluso la chiacchierata al telefono di casa.
Poco
dopo, un certo Marco che quasi sicuramente si è sentito chiamato in causa, mi
chiama sul telefono di casa, il ragazzo si è scusato per non essersi fatto
sentire prima con la sua psicologa preferita ma ha avuto «da fare con
Alessandro durante tutta la notte e abbiamo dormito abbracciati come una felice
coppia di sposini» e poi «avevo paura che tu volessi psicoanalizzarmi
torturandomi», mi ha gentilmente obbligata a raccontargli ogni minima cosa del
pranzo e del pomeriggio di ieri, mi ha ascoltata sospirando di tanto in tanto e
dicendo «Lo sapevo che si sarebbe dato una mossa!», alla fine ha fatto una
fatidica domanda «L’hai sentito?» così gli ho dovuto raccontare la telefonata e
la proposta dell’appuntamento.
In
tempo zero Marco ha chiesto incuriosito «Vi, poi tu mi racconti tutto! Sai già
dove ha intenzione di portarti?»
«In
realtà non l’ho più sentito…» dico rendendomene veramente conto solo ora.
«Vi,
hai controllato il telefono? Perché prima di provare a chiamarti a casa, ti
avrò chiamata almeno un cinque o sette volte sul cellulare!» dice lui.
«Sì,
fino a prima…» cazzo! «...fino a prima nulla poi è suonato il citofono, il
telefono di casa e il cellulare tutto insieme e credo che mi sia arrivato qualcosa,
solo che non l’ho più controllato!» Che cosa ho detto? O farfugliato? «Me lo
sono completamente dimenticata!» proseguo senza respirare cercando il
cellulare.
«Tu
ora cerchi il telefono e leggi ad alta voce qualsiasi cosa ti sia arrivata,
soprattutto se è di Matteo!» perché è convinto che ci sia qualcosa di Matteo? E
perché io vorrei davvero che fosse così?
«Aspetta
un attimo!» dico sconsolata con un mezzo sorriso.
Dopo
svariate ricerche, trovo il telefono in mezzo al divano e vedo lampeggiare l’indicatore
luminoso. Sblocco lo schermo: sette chiamate perse e una decina di messaggi
WhatsApp.
Apro
l’applicazione e il mio cuore accelera, come se fosse impazzito.
E
se non fosse lui?
E
invece no. E’ lui. Lo vedo. C’è un meraviglioso uno vicino alla sua foto.
E
se lui avesse da fare?
E
se non volesse più uscire con me?
Virginia
apri quel messaggio.
Subito.
“Virginia scusa il ritardo. Domani, ore 16.00
ti aspetto in piazza Cavour. Spero tu non abbia altri impegni durante tutto il
pomeriggio.”
Ok.
Calo
di zuccheri.
Svengo.
Muoio.
Picchio
violentemente la testa per terra e non mi alzo più.
Matteo
vuole per caso farmi morire giovane tra una telefonata e i vari WhastApp?
«Vi,
tesoro, sei ancora viva?» chiede un Marco piuttosto allarmato.
Uh,
è vero, ero al telefono.
«Forse?»
gli rispondo cercando di riacquistare un po’ di voce.
«Allora?»
chiede lui.
«Eh,
niente, domani pomeriggio ho da fare.» rispondo io completamente inebetita.
«Ti
ha chiesto di uscire al pomeriggio?» chiede lui ridendo quasi sguaiatamente.
«Sì?»
potrei avere paura.
«Ecco,
vedi, lui… Non so se potrei dirtelo, Vi.» inizia un po’ titubante.
Lui
che cosa? Il pomeriggio uccide? Ha hobby particolari? E’ forse pazzo?
«Parla,
ora!» maledetto Marco.
«Non
so se dovrei…» sembra quasi impaurito.
«Parla,
subito.» insisto.
«Va
bene, ma tu non sai nulla.»
Si
inizia a ragionare, bene.
«Ovviamente,
parla.» dico seria.
«Generalmente
i suoi appuntamenti sono “vediamoci a casa sua, trombiamo e poi addio”. O
comunque molto simile a questo paradigma mettendoci in mezzo un pranzo. Trovo davvero
molto strano che finalmente porti fuori qualcuna… Fuori all’aria aperta. Per di
più al pomeriggio!» dice lui tutto d’un fiato.
«Merda.»
è la mia unica risposta.
Fine,
precisa e decisa.
Da
scaricatrice di porto.
«No
merda, Vi!» risponde lui divertito.
«Sì!
Mi hai appena detto che andava a casa di tutte le ragazze che invitata fuori!»
ribadisco io.
«Tesoro,
lo sai come sono gli uomini.» dice Marco con aria sconsolata.
«Non
credevo che lui fosse una sorta di trombamico universale!» rispondo sarcastica.
«Sì
ma a te ha chiesto un appuntamento.»
Cerca
di farmi ragionare? Maledetto.
«Già.»
ammetto.
«E
lui non chiede mai appuntamenti.»
«Ah.»
«Al
pomeriggio.» ribadisce un’altra volta.
Maledetto
ancora di più.
«Vero.»
ammetto una seconda volta.
«Quindi
che io sappia è la prima volta in assoluto che lui propone un appuntamento in
piena regola!» esclama contento.
«Oh
cazzo.»
Sempre
risposte fini, le mie.
«Vi,
stai tranquilla. E’ solo un appuntamento!»
«Solo
un appuntamento?» scandisco piano.
«Stai
tranquilla.» cerca di calmarmi.
«No,
non lo sono né ci rimango! Come posso stare calma?» chiedo quasi in panico.
«Semplice,
pensa che tu di appuntamenti ne hai avuti e lui no!» dice soddisfatto.
«Uh,
magra consolazione.» dico ironica considerando i miei vecchi appuntamenti.
«Tesoro
andrà tutto bene!» esclama Marco.
«Sì,
come no.» rispondo.
«Basta
vedere il mondo così negativo!» sento una voce diversa provenire dall’altro
capo del telefono.
«Ciao
Ale! Da quanto sono in vivavoce?» chiedo quasi preoccupata e divertita.
«Credo
da trombamico universale, Vi!» dice ridendo Alesando.
E
rido anche io.
Rido
per sciogliere la mia tensione che si è accumulata sulla parola “appuntamento”.
Mi
vengono quasi i brividi.
«Dai
su, vi lascio tranquilli!» dico io.
«Virginia,
lo sai che non staremo molto tranquilli…» dice ridendo Alessandro, alludendo al
post-telefonata.
«Ragazzi
vi saluto e fate i bravi!» dico io sorridendo e piacevolmente sorpresa che
siano così sereni e uniti.
«E
tu poi raccontaci dell’appuntamento. Vogliamo ogni dettaglio!» dice Marco.
«Ciao
tesoro!» conclude Alessandro prima di chiudere la telefonata.
..
Ore 1:07
Mi
sveglio di soprassalto e con il cuore a mille.
Ancora.
Due
volte in due notti.
Non
è un buon segno.
La
cosa positiva è che ora ricordo il sogno, o meglio, l’incubo.
Due
cose.
Semplici.
Un
incidente in macchina e Cristian.
Allungo
il braccio verso l’interruttore della luce e cerco il telefono sul comodino.
Bhe,
è solo l’una passata da qualche minuto.
Cristian
è sicuramente sveglio se non ha avuto un incidente.
Incidente.
No, non può.
Calmati
Virginia.
Non posso.
Hi
bisogno di sapere che lui sta bene.
Odio
fare questi incubi così reali.
Mi
mettono l’ansia.
Cristian,
il mio fratellone, non può avere avuto un incidente.
Non
può.
Mi
rifiuto di pensarlo.
So
che è da tanto che non lo sento ma devo sapere se sta bene.
Calmati
Virginia, sta bene.
Spero,
almeno.
Cerco
su WhastApp ma chiaramente lui è la classica persona da togliere l’ultimo
accesso, così digito veloce un “Cri stai
bene? E’ tutto a posto? Sei a casa? Un abbraccio.” Lo so, sembra un terzo
grado e non ne ho nessun diritto però sono preoccupata. Ora aspetto solo una
sua risposta.
“Vi, sono appena rientrato a casa, tutto
bene. Tu? Cosa ci fai sveglia ora?” sorrido, sapendolo al sicuro, il mio
cuore rallenta e l’ansia sparisce.
“Solo un brutto sogno,
grazie Cri. Non ti preoccupare”
invio.
Arriva
subito una sua risposta “Se mi hai
scritto dopo tutto questo tempo un motivo ci sarà. Mi preoccupo, mia cara.”
Tenerezza Cristian, nonostante il cuore di ghiaccio, con le poche persone
fidate non cambia mai.
“Ti preoccupi sempre, grazie.” Lo
ringrazio perché alla fine lui c’è sempre: nonostante non ci sentiamo spesso,
cosa che comunque non facciamo mai, e nonostante la distanza lui c’è sempre.
“Mi preoccupo perché tu non sei come le
altre. A proposito sono appena tornato a casa da una di loro, avevo bisogno di
rimanere un po’ in allenamento… Sai il mio fisico ne ha bisogno…” quel
ragazzo non cambierà mai. Mai.
Rido
divertita e scrivo “Sei il solito!
Possibile che tu sia sempre circondato da ragazze?”. E’ sempre stato così,
da quando lo conosco. Ha uno stuolo perenne di ragazze che lo seguono e
circondano.
“Ragazze e sogni brutti a parte, hai qualcosa
di succulento da raccontarmi?” Soprattutto rimane sempre il solito
pettegolo.
Oh,
merda. Ora cosa faccio?
L’unica
cosa da raccontargli sarebbe l’appuntamento con Matteo.
Ma
posso raccontarlo a lui?
Sì
posso.
Mi
vanto un po’!
Prima
di rispondere al messaggio, vedo lo schermo che si illumina.
Cristian
che chiama?
E’
un evento.
Rispondo
a voce bassa, non voglio svegliare Rose e Lorenzo.
«Pronto?»
«Così
facciamo prima, raccontami. Hai anche il mal di gola che parli così?» chiede
lui divertito. E’ bello sentire la sua voce allegra.
«Non
voglio svegliare i miei, Cri!» rispondo.
«Come
stanno loro?»
«Bene!»
so che lui li adora, entrambi.
«E
tu, Vi?»
«Io
bene, ho un appuntamento domani! Sono solo un po’ in ansia.» a lui posso
ammetterlo.
«Ecco
perché fai sogni brutti!» dice divertito.
«Ma
va! Sono solo un po’ in ansia.» ammetto un’altra volta.
«Ansia,
perché lui ti piace, vero?»
«Bhe,
sì.» ammetto ancora. E’ la serata delle ammissioni.
«Stai
tranquilla e vedrai che andrà benissimo, mia cara. Sappi che se ti fa soffrire
come minimo vengo lì e lo picchio.» è la prima volta che gli sento dire una
cosa del genere.
«Chi
sei tu e cosa hai fatto del mio Cristian?» chiedo io ridendo a bassa voce.
«Oh,
fidati. Sono sempre io, sai che non cambierò mai. Però sai che tu sei diversa e
nessuno può farti soffrire.» Belle parole che mi dicono che è maturato. Molto.
Sono felicissima di scoprirlo.
«Grazie
Cri…» dico io quasi commossa.
«Comunque
sono un po’ geloso.» prima fa le confessioni strappalacrime e poi è geloso.
«Perché
mai?» chiedo io sorridendo.
«Non
puoi abbandonarmi per… per…»
«Per?»
«Com’è
che si chiama?»
«Matteo.»
e la mia voce si fa leggermente incerta.
«Ecco
Matteo!» Silenzio, sta pensando a qualcosa. «Oh! Mi è venuto un flash! Si
chiama come l’amico di Marco che non ho conosciuto al mio compleanno
quest’estate! O almeno, credo.»
Oh
merda. «Ehm.»
«Cosa?»
chiede curioso.
«Lui
è quell’amico di Marco!» ammetto con un sorriso.
«Cazzo!
Mi ha detto Alessandro che è più bello di me! Sono ancora più geloso!» E fa
finta di essere arrabbiato.
«Ma
smettila!»
«Se
ti fa soffrire glielo taglio!» dice lui deciso.
«Cri!»
lo rimprovero.
«Ok
la smetto. Sento sotto la telefonata altre linee. Mi stanno cercando due tizie
alle quali non ho nessuna intenzione di regalare il mio corpo, quindi ora
chiudo la telefonata e spengo il telefono.»
«Tipico
di te!» lo rimprovero ridendo.
«Si
ma se tu hai bisogno chiama! E non mi hai parlato del brutto sogno.»
«Nulla,
l’importante è che tu stia bene.» gli dico cercando di rassicurarlo, ma forse ha
capito qualcosa. Sa che raramente mi succede di sognare cose brutte o molte
vivide. Credo che se ne sia accorto quest’estate o l’estate precedente.
«Vi,
dormi tranquilla e in bocca al lupo. Stendilo come io generalmente stendo le
ragazze. Magari non in quel senso e non subito!» mi dice lui.
«Grazie
e notte Cri!» gli sussurro sorridendo.
«Notte
cara» e riaggancia.
E’
bello sapere che certe cose, non cambiano mai.
E
con la tranquillità nell’animo, sapendo che Cristian sta bene e ho pure la sua,
come dire, benedizione, chiudo gli occhi.
Sono
certa che non farò più brutti sogni, almeno non per questa notte.
Penso
all’imminente appuntamento con Matteo e con un super sorriso e mi addormento.
**
Buona sera a tutti!
Perdonate l’assenza di due settimane e la non pubblicazione di questo capitolo
la scorsa settimana, ma ahimè, non ce l’ho proprio fatta! Benvenuti
all’undicesimo capitolo di “Schiffy”.
Siamo arrivati finalmente
alla fine di questo capitolo, dico finalmente perché inizialmente avevo
progettato che fosse un capitolo corto, ma mai programmare qualcosa. Ho scritto
molto, moltissimo. Credo di non aver mai scritto un capitolo così lungo. Quindi
ben arrivati alla fine. Ne avete avuto del coraggio, eh? Quindi potrei
ringraziarvi il doppio per essere arrivati alla fine. O forse magari non ci
siete arrivati, avete chiuso prima questa pagina e siete sprofondati in un
sonno pesante come la “nostra” Virginia alla fine del capitolo. Vi ringrazio
per essere arrivati alla fine di questo capitolo. Forse questa volta è stata
più ardua delle altre a causa della lunghezza ma non volevo tagliare nulla né
perdere delle sfumature, è tutto un V POV della sua giornata. (E spero che vi
sia piaciuta l’idea e anche il capitolo, ecco.) Questa giornata è stata
sicuramente segnata dalle telefonate. Alla fine alcune telefonate possono
segnare e sconvolgere la vita, sia in senso positivo che negativo ovviamente.
Mi sono divertita moltissimo scrivendo la parte della telefonata con Marco, lo
ammetto! Avete fatto la conoscenza di Lorenzo, il padre di Virginia... Lui e
Rose formano un cocktail esplosivo. Li adoro e adoro il modo in cui supportano
la figlia. E’ difficile creare questo legame con i genitori, ma Virginia ha la
fortuna di averlo. E’ tornato Cristian, oddio “tornato” credo sia un parolone,
credo sia più giusto dire “aver fatto la sua comparsa”. Questa comparsa non è
stata inizialmente positiva per Virginia che poverina ha fatto un incubo, ma
poi è stata decisamente più piacevole. Come avrete notato in questo capitolo
non ci sono canzoni che fanno da sfondo alla vicenda. Non ne ho trovata una
perfettamente adatta e credo che tutto sommato vada bene così. Avrebbe
appesantito molto e poi il capitolo sarebbe diventato ancora più lungo quindi
meglio di no.
Ringrazio ancora una volta
tu, lettore o lettrice, che sei arrivato/a fino a qui e che continui a sognare
con Virginia e Matteo. Grazie, davvero.
Grazie che hai usato un po’
del tuo tempo leggendo me.
Ringrazio inoltre tutte le
persone che hanno messo “Schiffy” tra le storie preferite, seguite e da
ricordare. Ogni volta che c’è un numerino in più per me è una soddisfazione
allucinante.
Con questo capitolo l’ansia
per l’appuntamento con Matteo sale… Chissà perché la vuole portare fuori al
pomeriggio? Chissà cos’ha progettato con Stella, chissà! Avete delle idee? Vi
aspetto al prossimo capitolo!
Inoltre vi auguro una
buonissima e dolcissima serata e un buonissimo inizio di settimana.
Non appena il prossimo
capitolo sarà pronto lo posterò, mi scuso per gli aggiornamenti non
frequentissimi ma purtroppo non ho moltissimo tempo e cerco di fare tutto. In
ogni caso appena sarà pronto lo saprete!
Vi abbraccio tutti
tuttissimi.
Grazie ancora un’altra
volta.
E.
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Capitolo 12 *** Vivere ***
INASPETTATAMENTE_ cap.12
Vivere – Capitolo 12
23 Gennaio.
Ore 14:02
V’s POV.
«Virginia
pensi di calmarti?» chiede un’esasperata Rose sbucando dalla porta di camera
mia.
Le
sorrido, nego chiaramente l’evidenza scandendo un «Rose, sono calmissima.» e tentando
di convincere soprattutto me stessa piuttosto che lei.
Sbuffa
sonoramente dicendo «E io dovrei crederti?»
Annuisco
con aria innocente.
«Sei
una pessima bugiarda, tesoro.» mi rimprovera lei.
«Ma…»
inizio a ribattere.
«Niente
ma. Hai un appuntamento, uno di quelli seri e sei lì impalata in camera tua non
sapendo più cosa inventarti per placare l’ansia. Prima ti sei perfino fatta una
tisana al posto del solito caffè!» e niente mi sa che quella donna ha
effettivamente ragione. Prosegue imperterrita con un «Ti ho preparato un bagno
caldo. Vai, forza, rilassati. C’è tutto il tempo del mondo, tesoro.»
Ma
ho il tempo anche per diventare bella per lui?
Eh
no, per quello servirebbe una sorta di miracolo!
«Grazie
mamma!» le dico con un sorriso. Ogni tanto è bello essere coccolate e calmate
dalla propria madre.
«Forza!
Ti ho messo anche gli oli essenziali!» aggiunge Rose.
La
guardo fingendomi allarmata e scherzando le chiedo «Quelli che puzzano?»
«Ovviamente
no, sciocchina, profumerai solo di te stessa!» Ok, prima o poi quella donna
verrà psicoanalizzata da me. O forse è meglio di no. Anzi, no. Decisamente no.
Non è possibile psicoanalizzare la propria madre. «Bambina vai in bagno ora che
l’acqua è calda!» prosegue lei uscendo da camera mia con un super sorriso sul
volto.
Poco
dopo seguo il consiglio di mia madre ed entro in bagno, una fragranza di
muschio bianco invade tutto il mio essere. Ha scelto un buon profumo per
l’appuntamento. Oh, l’appuntamento. Basta quella semplice parola e un sorriso ebete
mi spunta immediatamente sul viso.
Tolgo
i pantaloni della tuta, felpa, maglietta e intimo e mi immergo in quell’acqua
profumata e meravigliosa. Mi lascio coccolare e avvolgere da quella sensazione
di tepore sul mio corpo.
Sì, ne avevo decisamente
bisogno.
Ascoltare
sempre, o meglio quasi, i consigli di Rose.
Devo
ricordarmelo più spesso.
Sciolgo
i capelli che erano racchiusi in uno chignon morbido e immergo anche la testa
nell’acqua calda.
Svuoto
la mente il più possibile e cerco di rilassarmi.
Cerco
di far scivolare via tutto.
Piano
piano, tutto l’affollamento che avevo in testa sparisce.
Rimane
solo una persona.
Con
il suo sorriso.
La
sua gentilezza.
I
suoi occhi così verdi.
Lui.
Solo
Matteo.
E’
il primo ragazzo che dopo parecchio tempo sia riuscito e riesce a sorprendermi.
Non
sto solo parlando da un punto di vista puramente di aspetto fisico, che devo
ammettere è davvero molto notevole, ma anche e soprattutto dal suo modo di
fare.
Il
pomeriggio e il pranzo di due giorni fa con lui continuano a tornarmi in mente.
Immagini,
gesti, profumi, parole…
E
poi la telefonata e i messaggi su WhastApp.
Mi
sembra che sia così diverso dagli altri.
Credo
sia davvero un ragazzo speciale.
Riesce
a farmi sentire una ragazzina che saltellerebbe in giro cantilenando «Io ho un
appuntamento e tu no-o, io ho un appuntamento e tu no-o», il che è piuttosto
preoccupante, ne sono pienamente consapevole. Ma è così, e c’è davvero poco da
fare.
Virginia,
non avevi detto a te stessa che non volevi aprire il cuore a nessuno?
Sì, però….
Però
lui c’è riuscito.
E
non ha fatto nulla.
E’
riuscito a forzare alcune catene che ora stanno cedendo lentamente.
E se ti illude e basta?
Ho
pensato anche a questa eventualità e voglio chiarezze e un’assoluta trasparenza
con lui, direi che di fraintendimenti ce ne sono stati abbastanza a lungo. Ok,
non avrà più una fidanzata bionda che si chiama Monica, ma ha i suoi istinti,
dopotutto è pur sempre un uomo! E dato che “andava a casa di tutte” potrei
quasi scommettere che ha, come dire, delle amichette che possano provvedere ai
suoi istinti quando e come vuole, sono certa che qualcuna la avrà sicuramente.
E se invece non le ha e facesse sul serio con te? Oh cazzo. Allora sì che la faccenda si fa interessante. Nessuna
fidanzata, niente amichette… Che sia in cerca di una ragazza con la R maiuscola? Virginia, come sempre il tuo cervello sta
lavorando troppo di fantasia e corre in posti che non conosci neanche tu.
E
quindi, durante l’appuntamento…
Oh
sì, ecco, ho un appuntamento con Matteo, che non è più il ragazzo dagli occhi
verdi che ho visto casualmente al mare, ora ho addirittura un appuntamento con
lui.
Virginia, però, termina il
discorso con te stessa, almeno quello.
Ecco,
quindi durante l’appuntamento, con calma e senza affrettare i tempi gli chiedi
se si frequenta con qualcuna.
Dopotutto
inizialmente era un “caffè per farsi perdonare”, magari davvero mi vuole solo
offrire un caffè. E “appuntamento”
può benissimo essere inteso come appuntamento con la psicologa, che sarei io. Avrà
davvero bisogno di un consulto e/o di un supporto psicologico?
Virginia, dai, smettila.
Accetta
semplicemente il fatto che lui voglia uscire con te e come andrà “Lo scopriremo solo vivendo” come dice la
canzone di Battisti.
Ti metti pure a fare le
citazioni?
Sì,
tutti i cattivi pensieri sono andati via.
Ho
un appuntamento con lui.
E
sono particolarmente ispirata ed euforica.
E
se l’appuntamento fosse una sorta di flop?
Non
lo è stato il pranzo, il pomeriggio con lui e la telefonata…
Proprio
l’appuntamento deve andare male?
Certo,
spero vada bene, ma…
Alla
fine non ne posso essere sicura al cento per cento.
Mai essere sicuri di qualcosa al cento per
cento.
Anche
perché poi arriva giusto quell’eccezione che ti fa cambiare idea.
Se
sarà un totale disastro, evidentemente, era destino così.
Questo
pomeriggio sarò me stessa.
Matteo
conoscerà ancora una volta la vera Virginia.
Quella
Virginia che conoscono le persone vere della mia vita: i miei veri amici, le mie
vere amiche e soprattutto i miei familiari.
Virginia,
vorresti aprirti totalmente con lui, vero?
Vorrei, sì.
Ma
forse un po’ di paura rimane.
Un
po’ di titubanza c’è, insomma, la paura di soffrire ancora non scompare così
improvvisamente.
Anche
perché, a me piacerebbe aprire il mio cuore a qualcuno, ma quel qualcuno se lo
deve meritare.
Matteo, tu puoi?
Soprattutto,
vuoi?
Oggi
lasciati scoprire da me.
«Virginia,
tesoro, io vado.» riemergo dalla vasca con la voce di mia mamma che proviene
giusto dalla porta del bagno.
«Ciao
mamma!» la saluto io.
«Dalla
voce ti sento già più rilassata…» e ha ragione «...ma, torni per cena?»
«Ci
sentiamo più tardi, Rose! Non so nulla per il pomeriggio!» ammetto.
«Uh,
sorprese. Io le adoro!» dice ridendo Rose. «Ciao bambina, in bocca al lupo!»
«Crepi,
ciao mamma!» le dico sorridendo e immergendomi ancora nella vasca.
Ormai
l’idea di questo appuntamento è fissa nel mio cervello.
Nonostante
sia cosciente che è un qualcosa di veramente reale, non mi sembra ancora vero. Lo
percepisco come un qualcosa che non so come potrà andare, non so quello che
farò, dove andrò… Se qualcuno dovesse chiedermi «Dove andrai alle quattro?» la
mia risposta sarebbe un secchissimo e sincero «Non ne ho la minima idea!»
perché davvero non lo so, e per quanto possa apprezzare questo genere di
sorprese, sono comunque spaventata e un po’ a disagio.
Non
so quello che mi aspetta.
So
chi mi aspetta.
Matteo.
Non
so cosa aspettarmi.
Da
lui.
Da
me.
Dall’appuntamento.
Per
fortuna ieri sera, dopo la telefonata di Marco e prima di quella notturna di
Cristian, mi sono ricordata di rispondere al suo WhastApp. Forse sono stata un
po’ troppo audace con quel “Piazza
Cavour, ore 16.00, ci sarò!” o forse anche fredda, ma mi sono trattenuta
dall’aggiungere “Hai intenzione di
rapirmi per il resto della giornata? Se così fosse, per me non c’è alcun
problema”.
Mi
sono sentita anche un pochino idiota, devo ammetterlo.
Cosa
c’entra il rapimento con un appuntamento?
Assolutamente
nulla.
Alla
fine è “Solo un appuntamento”,
giusto?
E
allora perché l’idea mi fa venire una strana sensazione allo stomaco?
Perché
questo appuntamento mi sembra così importante.
Perché
è il primo appuntamento vero.
Per
me e per lui.
Forse
un po’ più per lui, se le sue storie, a detta di Marco, comprendevano il sesso
e poi l’addio, le mie… Ammettilo Virginia, le tue tante volte arrivavano direttamente
alla fase addio. Alcune, molto poche a dire la verità, avrebbero potuto
comprendere anche il sesso ma: punto uno non avevo, né ho, intenzione di
“regalare il mio corpo” a tutti quelli che passano, utilizzo questa citazione
di Cristian per rendere l’idea. Punto due:
il sesso, il coinvolgimento fisico, al primo appuntamento così subito, non
piace. Mi sento in dovere di conoscere una persona prima di donargli una parte
di me. Poi chiaramente, tutto è possibile nella vita e potrà accadere, ma al
momento ho questa linea d’azione. Infine c’è anche un terzo punto che mi
martella in testa già da un po’ ed è quello che mi piacerebbe davvero avere una
storia vera.
Storia.
Non storiella passeggera. Voglio innamorarmi, innamorarmi davvero di qualcuno
che se lo meriti. Sono una completa romantica, disillusa a volte, ma lo sono. Ho
voglia di regalare me stessa a qualcuno che farebbe di tutto per me.
Tornando
al punto due.
Oh, il sesso.
Il
sesso e Matteo.
Effettivamente
con Matteo ci finirei a letto più che volentieri, dopotutto non è la prima
volta che lo vedo.
Però,
ammetto questo: ho intenzione di fare le cose fatte bene.
Virginia
ti stai comportando come una sottospecie di femme fatale e tu non sei la
classica ragazza sexy che tutti si mettono a guardare per le movenze, la
camminata o il tono di voce.
Quindi
smettila.
Non
riusciresti ad essere sexy nemmeno se ti impegnassi.
Audace,
sì.
Forse,
per lo meno.
Sexy,
uhm, no.
Virginia
tu sei assolutamente una ragazza normale, anzi normalissima che sfiora la
banalità.
Comunque,
ogni ragazza normale e sana di mente entrerebbe più che volentieri nel letto di
Matteo.
Lo
farei anche io, senza pensarci due volte.
Ecco
spiegata la semplicità dei suoi rapporti?
Per
il suo essere irresistibile?
Forse.
Ok,
le posso capire, molto bene.
Forse
lui non si è mai posto il problema, da quanto posso dedurre da Marco forse, e
ripeto forse, non si è mai innamorato.
Forse
non voleva avere una relazione stabile con le sue compagne di letto?
Magari
glielo chiedo.
Sì, e ci fai pure una bella
figura di merda.
Smettila
su.
Smettila
anche di fare congetture e pianificazioni varie su un appuntamento in cui ti
sei fidata ciecamente di lui.
Smettila
anche di stare a mollo nella vasca, non sei un pesciolino e ti devi preparare,
non puoi stare tutto il pomeriggio qui.
No? Non posso?
Devi
andare a un appuntamento.
E’
da troppo tempo che non vado a un appuntamento.
Un
appuntamento che ti cambierà la vita, forse.
Forse,
con calma.
O
forse la tua teoria del “maschio pseudo principe azzurro super hot inesistente”
verrà ancora una volta riconfermata.
Questa
volta però, c’è da dire un qualcosa di positivo su di lui ed è che mi ha già
sorpreso, non solo una volta, quindi si aggiungono punti in più a lui. Oltre ad
essere bello da far impazzire chiunque e dolcissimo. In aggiunta tu, cara Virginia,
non sai cosa aspettarti da lui, e quindi, è tutto a suo favore. Merda.
Basta
pensare.
Devo
prepararmi.
Basta
elucubrazioni mentali.
Virginia,
preparati, diventa carina per quanto ti sia possibile e poi…
Il
resto “Lo scopriremo solo vivendo”,
giusto?
Oh
sì.
E
ho tutta l’intenzione di viverlo nella sua totalità questo appuntamento.
Con
i suoi aspetti positivi e negativi.
Vivere.
E’
questo quello che farò durante l’appuntamento.
Ore 14:05
M’s POV.
Mh,
magari uccido Stella.
Toglitelo
dalla testa Matteo, non puoi uccidere tua sorella.
La
tua dolcissima e carinissima sorella.
Però
magari la uccido.
O
forse mi uccido io.
Non
posso essere preso dall’ansia perché non ho idee sul pomeriggio.
Non
so dove portare Virginia.
Non
so dove fare l’appuntamento.
Non
so cosa fare all’appuntamento.
Non
so fare un appuntamento.
Non so nulla.
E’
mai possibile?
Un
ragazzo di quasi venticinque anni non sa dove portare una meravigliosa ragazza
per un appuntamento.
Forse
perché tu non hai mai avuto un appuntamento?
Come
no?
A
quindici anni ho portato fuori una mia compagna di classe…
Matteo,
sii serio per favore.
Ok,
lo ammetto.
E’
da una vita che non ho un appuntamento serio.
Ecco
perché ho proposto come orario le quattro del pomeriggio.
Perché
l’avrei invitata volentieri a cena ma… Ecco quello lo voglio riservare per un
prossimo appuntamento con lei, per quello ho già in mente tutto.
Chiaramente
anche il dopo cena a casa mia.
Per
quello i sogni hanno aiutato molto.
Matteo ti sembra il momento
adatto per immaginarti Virginia nuda tra le tue braccia?
Bhe
sì, ad essere molto sincero.
Sembra
così giusto.
E
nei sogni è davvero piacevole.
Dal
vivo deve essere...
Cazzo.
Bhe,
dal vivo, dev’essere davvero un qualcosa di straordinario.
Matteo
riprenditi, stai sorridendo come un idiota all’aria da circa dieci minuti.
E
sei nel piazzale di un liceo classico ad aspettare tua sorella.
Esce da scuola e la uccido.
L’idea
è allettante.
Ma…
La
porterò solo a pranzo e pagherà lei.
Perché
deve espiare le sue “colpe”.
Tanto
alla fine so già che pagherò io, sono molto protettivo nei suoi confronti e non
posso far pagare mia sorella liceale.
Non
è colpa sua se ieri pomeriggio è uscita con le sue amiche e alla sera doveva
studiare con me. Ed è chiaramente tornata tardi senza avvisare, così io sono
stato alzato fino a tardi per interrogarla. Ecco perché per frasi perdonare mi
ha proposto «Un pranzo, Matte! Ti aiuto a mettere il cuore in pace senza ansia
da appuntamento e a rifinire le ultime cose. Potrei stupirti con effetti
speciali. Andata?» Mi ha comprato con poco e io ho decisamente ceduto, del
resto, come potevo dirle di no?
Mia
sorella aveva già il chiaro sentore che sarei stato in panico per un semplice,
che non tanto “semplice” non è quando vuoi fare bella impressione,
appuntamento. Inoltre lei sa che è la prima volta che chiedo il suo consiglio
per un appuntamento, forse perché prima non mi importava più di tanto.
Proprio
perché è il mio primo appuntamento non potevo di certo esordire con un «Ehy
baby, domani vengo a casa tua.»
Non
posso farlo.
E’
contro natura.
E’
contro l’entità che rappresenta Virginia.
Con
le altre ragazze le parole non sono state proprio quelle perché alla fine mi
chiedevano di “Andarle a trovare” o “Passare per un salutino veloce”, quindi
era decisamente più semplice. Gli appuntamenti sono stati davvero sporadici,
l’unica con cui andavo a pranzo era Monica, credo che i pranzi con lei siano
stati tre in totale.
Dio
mio, sembro davvero un latin lover.
Alla
fine di ragazze “di letto” ce ne sono
state parecchie ma…
Virginia
non è così.
Non
può essere così.
Non
voglio che sia così.
Voglio
un coinvolgimento fisico con lei, e lo voglio davvero, la desidero davvero
molto ma prima, prima voglio conoscerla, sento proprio la necessità di
conoscerla a fondo prima di passare allo step successivo.
Voglio
conoscerla anima e corpo.
Voglio
che con lei sia speciale.
Perché
lei è speciale.
Voglio
che lei conosca quel Matteo che conosce Stella, quel Matteo che non ho permesso
a nessuna delle altre di conoscere.
Perché?
Me
lo dice il mio istinto.
Me
l’ha detto la prima volta che l’ho vista in quella discoteca e ne ho avuto la
certezza durante lo scontro, il pranzo, il pomeriggio e la telefonata.
Sì,
lei è speciale.
E
fa sentire me speciale.
Sei
pirla Matteo, te ne rendi conto?
Sì.
Sei
pienamente consapevole che sta uscendo quel lato romantico in te che non sapevi
neanche di avere?
Purtroppo,
o per fortuna, è così.
«Matte!»
sento la voce di mia sorella in lontananza, mi volto verso la fonte del
richiamo e le sorrido.
Prima
di girarsi verso il gruppetto di sue amiche alza il dito di una mano e mima con
le labbra «Un attimo e arrivo» e annuisco silenziosamente.
Mentre
aspetto Stellina sento dei mormorii alle mie spalle di ragazze che passano accanto
a me, acutizzo l’udito solo perché sono estremamente curioso.
«Ma
quello chi è?»
«Il
nuovo ragazzo di Stella?»
«Però,
è così figo!»
«Sssh,
guarda che ti sente!»
«Ma
Stella non stava con Diego?»
Attenzione,
chi è Diego? Dopo faccio un bel terzo grado a mia sorella.
«Mmm,
ma quel bocconcino succulento chi è?»
Mi
hanno davvero dato del bocconcino succulento?
Stanno
scherzando, vero?
«Matteo,
fratello di Stella. Possibile che in quella famiglia siano tutti usciti bene?”»
Oddio
ma quante sono?
Quanto
parlano?
Mi
sento come Mel Gibson in “What Women Want”.
Eppure
non ho preso nessuna scossa.
«Ha
proprio un bel culo!»
Non
ci credo.
C’è
per caso nascosto Marco da qualche parte?
Stella muoviti, ti prego.
Ok
gli apprezzamenti, fanno bene e servono a tirare su l’autostima vista la
giornata, ma così inizio ad esserne inquietato.
Non
credevo potesse mai accadere una cosa del genere.
Lo
ammetto.
Voglio
capire se anche Stella fa degli apprezzamenti del genere sui “nuovi personaggi” che appaiono nel
piazzale del liceo.
E
poi, chi sarebbe Diego?
«Eccomi
Matte!» si avvicina, si alza sulle punte degli stivali e mi dà un bacio sulla
guancia.
«Ciao
Stellina, per fortuna ci hai messo poco!» le dico con un mezzo sorriso di
sollievo.
«Stavano
commentando pesantemente, vero?» chiede chiaramente divertita.
«Eh
già!» ammetto.
«Dovresti
venire più spesso a prendermi, sai?» scherza dandomi una finta spinta.
«Appena
sono in carenza d’autostima vengo, fidati!» le dico sorridendo.
Sgrana
gli occhi e dice «No, davvero? Ti sei anche tagliato i capelli!»
«Sì,
li ho accorciati.» ammetto in imbarazzo.
«Bhe,
fratello, lasciatelo dire, stai proprio bene!» risponde.
«Smettila
su! Andiamo o hai intenzione di farmi arrivare tardi all’appuntamento?»
«L’appuntamento:
una questione di vita e/o di morte. Dov’è la macchina?» chiede curiosa.
«L’ho
parcheggiata nella via in fondo.»
«Quindi
hai intenzione di portarla a fare un giro in macchina?» le si sono appena
illuminati gli occhi? Intanto iniziamo a camminare in direzione del parcheggio.
«A
dire la verità non lo so, non ne ho idea. Di certo non un giro in macchina al
pomeriggio.» dico certo della cosa.
«Benissimo.
Hai fatto bene a prendere la macchina, sai? Almeno se fate tardi la puoi
accompagnare a casa.» commenta tutta emozionata quasi saltellando.
Già,
ci avevo pensato anche io. Decisamente meglio l’opzione macchina rispetto
all’opzione mezzi pubblici. Così potrei addirittura scoprire dove abita.
«Vedremo
che cosa accadrà.» dico io con un mezzo sorriso.
«Vedremo
proprio nulla, io non vedrò nulla! Quando hai intenzione di portarla a casa?»
chiede lei mettendo quasi il broncio.
«Stellina,
è il primo appuntamento e tu vuoi che io la porti a casa?»
«Sì,
mamma sarebbe contenta di vederti con qualcuna a casa!»
«Povera
ragazza se la porto al cospetto di mamma al primo appuntamento!» e rido.
«Tanto
lo farai…» cantilena lei.
«Sai,
non è detto che vada così bene!» No, ma ci spero.
«Voglio
vedere chi oserebbe far andare male un appuntamento con te.»
«Sei
troppo fiduciosa!» siamo arrivati alla macchina, la apro e dico a Stella prima
di entrare nella vettura «Sali dai, ho in mente un posticino molto carino.»
Apre
la portiera e mi raggiunge chiedendo «Pizza o piadina?»
«Cosa
preferisci?» chiedo io.
«Piadina!
Matte, mi porti a mangiare quella piadina buonissima?»
«Direi
di sì!»
«Sei
il fratello più bravo del mondo!» sta facendo la ruffiana?
«Tanto
paghi tu!» le dico ridendo.
«Me
lo merito, sarei potuta rientrare prima a casa…» dice con aria triste.
«Non
ti preoccupare Stellina. Io in mente qualcosa ce l’ho già, anche se ho paura
che l’idea sia orrenda.» ammetto.
«Tu
non hai mai idee orrende! Matteo, basta che fai vedere il vero te stesso ed è
fatta! Crollerà ai tuoi piedi!» dice lei convinta.
«Mi
fai quasi paura!» le dico.
«No,
sei tu che devi essere più determinato. La vuoi?» chiede.
Annuisco.
«Bene,
allora devi conquistarla, come se fosse uno stato del Risiko!» continua lei.
«Stai
davvero paragonando Virginia alla Kamchatka?» chiedo incredulo.
«Ovviamente
no, però, il tuo obiettivo deve essere quello della conquista suprema del
mondo!»
Ora
sì, mi fa davvero paura.
«Ci
proverò…» ed è quello che farò.
«Bravo
Matte!» risponde con un sorriso soddisfatto.
«Siamo
arrivati! Parcheggio e poi finalmente si mangia!» comunico sorridendo a mia
sorella.
«Allora,
è buona?» chiedo a mia sorella che sta praticamente divorando la sua piadina.
«Oh
sì, deliziosa. Tu, fratello, conosci i posti giusti.» risponde lei con un
sorriso.
«Ovviamente.»
dico con finta modestia addentando la mia piadina.
«Ora
parliamo di Virginia, dell’appuntamento e di tutto!» mi comunica lei.
Certo,
sì, ne parlerò con lei, ma prima…
«Stellina,
aspetta un attimo…»
«Cosa?»
chiede lei.
«Senti,
ma chi è Diego?» chiedo curioso.
«Nessuno…»
«Mh,
ci credo poco, sputa il rospo!»
«No,
davvero! Non c’è nessun Diego, almeno non nella mia vita.» ha un’aria innocente
quando lo dice.
«E
allora perché le tue compagne di scuola hanno detto qualcosa a tal proposito?»
«Allora,
Diego è quello che è innamorato perso di Elisa! La mia compagna di classe!»
«E
allora perché loro credevano che tu stessi con lui?» Le sto facendo il terzo il
grado? Amen. Voglio sapere se questo qua ha iniziato a gironzolare intorno a mia
sorella.
«Perché
settimana scorsa c’era lui che mi aspettava fuori da scuola e lui va a scuola
qui vicino. Poi, abbiamo stabilito un piano d’attacco per lui ed Elisa! Infatti
domani sera escono insieme! Non sono una piccola Cupida?»
«Mh,
quindi non è uscito con te?»
«Matte,
no. Sono libera e felice e attendo con ansia il principe sul cavallo bianco.»
«Prima
di uscire con te dovrà passare sotto le mie grinfie, lo sai?»
«E
la stessa cosa dovrebbe fare Virginia con me… Anche se mi sembra molto
tenerezza. Senti, non è che la posso conoscere oggi?»
«No.»
ribadisco.
«Ma
dai, non è giusto!» cantilena lei.
«Stellina,
la vita è ingiusta. Se andrà tutto bene, la potrai conoscere!»
«Quindi
vedi di far andare bene l’appuntamento. Falla innamorare di te!» mi comunica
lei decisa.
«Ci
proverò Stellina…»
Ci
proverò davvero tanto.
Ore 15:58
V’s POV.
Ok,
ci siamo.
Ci
siamo per davvero.
Non
sono in ritardo.
Sono
puntualissima.
Sono
anche in anticipo.
Guardo
l’orologio.
Di
ben due minuti.
Non
saranno moltissimi, ma almeno non sono in ritardo.
E
spero che anche lui non lo sia.
Se
no partiamo già male.
Virginia,
stampati un sorriso sul viso.
Stai
andando a un appuntamento, non al patibolo.
Ecco
appunto.
Sorridi.
Prendo
un respiro profondo.
Abbasso
le spalle.
Sciolgo
tutti i muscoli vicino al collo.
Rilasso
i muscoli della faccia.
Sorrido.
Il
mio sorriso si allarga naturalmente ancora di più quando lo vedo.
Lui.
Matteo.
Appoggiato
a un muro di piazza Cavour.
Con
lo sguardo rivolto verso il basso.
Matteo.
Lui.
Allora
non è in ritardo.
No,
non lo è.
Ed
è lì per te, Virginia.
Per
me?
Sì.
Allora
è venuto davvero.
Dubitavi
che ti avesse fatto uno scherzo?
Sì.
Lui.
Matteo.
Lo
guardo meglio.
Sì
è anche tagliato i capelli.
Per
me?
Scordatelo
Virginia.
Sembra,
teso?
Sembra
rigido, appoggiato al muro, non sorride.
Tesa
come sei tu, Virginia?
No,
io non sono tesa.
Ma
ogni passo che compio per raggiungere lui, il cuore accelera.
Matteo.
Lui.
Ed aspetta te, Virginia.
Non
ti ha vista?
No,
non ancora.
Continua
a guardare verso il basso.
Merda.
Devo
smettere di pensare.
Ti
ha vista.
I
suoi meravigliosi occhi verdi sono puntati verso di me.
E
sorride.
Merda.
Non
può sorridere così.
Che
qualcuno lo denunci.
Non
può sorridere e farmi dimenticare dove sono, cosa sono, dove sto andando.
Quello
lo sai.
Stai
andando verso di lui.
Come
minimo ora scivolo, cado, mi faccio del male serio.
I
battiti accelerano.
Le
guance diventano più rosse.
Il
cuore sembra impazzito.
Respira, Virginia, respira.
Vado
verso di lui.
Lo
raggiungo.
Lo
devo raggiungere.
E
lui continua a sorridere.
Dio,
non puoi fare così.
Sono
già da lui.
Come
ho fatto?
Lui
si è avvicinato.
Ecco
spiegato tutto.
Prima
che i miei neuroni si cerchino e facciano qualche sinapsi collegando il tutto,
Matteo è vicino a me, davanti a me e prende la parola.
«Ciao
Virginia.» lui però non può dire il mio nome in quel modo.
«Ciao
Matteo.» gli rispondo sorridendo.
Le
mie guance sono totalmente rosse.
Merda.
Anzi, merdissima.
«Sei
in perfetto orario!» dice lui guardando l’orologio che ha al suo polso
spostando il giubbotto.
Mai
perfetto quanto lo sei tu Matteo.
Virginia
stai zitta.
«Avevo
scritto che alle quattro ci sarei stata, ed eccomi qui!» dico io.
Ecco
che la Fiera dell’Ovvietà ha inizio.
Virginia,
potevi rispondere meglio, no?
«Allora
dimmi, dove preferiresti andare?» dice sorridendo Matteo.
Puoi
smettere di sorridere?
Grazie.
Altrimenti
i miei neuroni non lavorano correttamente.
«Credevo
avessi un programma… O un qualcosa di simile!» ammetto il più sinceramente
possibile senza calibrare le parole.
«Infatti
ce l’ho! Ma volevo che tu scegliessi dove andare per prima. Magari avevi
qualcosa da fare qui in centro. Così non ho stabilito un vero e proprio
programma stile gita turistica.» mi risponde lui tutto d’un fiato.
E’
imbarazzato?
E’
imbarazzato e ha un’immensa ragione.
Volevi
davvero che avesse programmato ogni piccolo detaglio?
Oh,
no.
Così
è decisamente meglio.
Me
lo sposo questo ragazzo.
Sì,
nei tuoi sogni Virginia.
Nei
miei sogni fa altro.
E
lo fa molto bene.
Virginia
non ora.
«Uh…»
sono sorpresa. «Molto… Carino da parte tua, grazie.» guance non diventate rosse
ora.
«Attendo
signorina, dove vogliamo andare?» dice sorridendo e allargando il braccio
flesso nella mia direzione.
Oh
cazzo.
Mi
vuole portare sotto braccio?
Battiti
rallentate ora.
Dopotutto
è un appuntamento.
E
come inizio è…
Sti
cazzi.
E’
meraviglioso!
«Facciamo
una passeggiata dai, qualcosa da fare la troveremo…» rispondo a Matteo
aggrappandomi al suo braccio.
Mi
sento al sicuro.
Merda.
Molto
al sicuro.
Matteo.
Dio mio.
Come
puoi essere così perfetto?
Puoi.
Eccome
se puoi.
Ho
deciso.
Matteo,
ho deciso di scommettere su di te.
Sto
scommettendo molto, però, ti prego di non fare solo una cosa.
Un’unica cosa.
Non
farmi pentire delle mie scelte.
“Lui
non lo farà” dice una piccola voce dentro di me.
Speriamo.
Lo
spero davvero tanto.
“Lo scopriremo solo vivendo…”
Viviti
questo appuntamento, Virginia, vivitelo davvero.
**
Buona sera e ben trovati
carissime lettrici di “Inaspettatamente” aka “Schiffy”. Siamo giunti al
dodicesimo capitolo. Chiedo perdono per il ritardo nell’editing ma ultimamente
la vita vera prende il sopravvento e non riesco a trovare la tranquillità
adatta e soprattutto il tempo per fare tutto.
Parliamo di cose riguardanti
questo capitolo e quindi “Dov’è l’appuntamento?”. Ebbene sì, non ci sono ancora
arrivata a questo appuntamento. Ho preferito spiegare e raccontare dell’ansia
ansiosa di Virginia, delle sue domande, delle sue insicurezze, della sua preparazione
all’appuntamento. Ho preferito così perché era come se mi mancasse qualcosa
nella storia. Non potevo passare direttamente dalla fine della telefonata con
Cristian all’appuntamento. Ripeto, spero che vi sia piaciuto in ogni modo.
Parlando poi del POV di Matteo, ecco. Mi sono divertita come una pazza a
scriverlo! In questo capitolo sono comparse di nuovo Rose e Stella e devo
ammettere che sono due personaggi che mi piacciono molto. Costituiscono un
supporto grande per Virginia e per Matteo, quindi mi sembrava giusto farle
comparire. Un’altra cosa è che in questo capitolo, come nell’undicesimo, non
compare la musica… Ma tornerà presto, ve l’assicuro!
Vi volevo ringraziare
infinitamente per leggere Schiffy e per aver letto questo dodicesimo capitolo.
State accompagnando Virginia
e Matteo nel loro viaggio e spero che vi abbiano fatto sorridere ed emozionare
come fanno fare a me sempre... Mi fanno inzuccherare il cuoricino, anche
quello.
Grazie davvero.
Grazie a te che leggi.
(Te, si, ogni te che in
questo momento ti stai chiedendo se sto parlando con te. La risposta è sì! Tu,
tu tu e ancora tu! Tu significa ogni persona che legge, quindi grazie. Grazie a
te.)
Vi abbraccio forte tutti.
Grazie ancora.
E
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Capitolo 13 *** Look After You ***
INASPETTATAMENTE_ cap.13
Look
After You – Capitolo 13
23 Gennaio.
Ore 15:48
M’s POV.
«Allora
la porti a cena?» chiede per l’ennesima volta mia sorella.
«Stellina,
smettila. Me l’hai già chiesto prima.» dico quasi esasperato.
«Sì,
ma io verrei a cena con te se avessimo un appuntamento!» ribadisce lei.
«Sì,
ma tu non sei lei.» ribatto io.
«Questa
non è una risposta.» sta diventando petulante, lei e la sua vocina dolce.
«Stella,
la porterei più che volentieri a cena ma è troppo presto!» le dico per
l’ennesima volta.
«Tu
e i tuoi bla bla bla, la portavi direttamente a cena e basta! Anzi, portala,
dai!»
«La
prossima volta, sempre se ci sarà una prossima volta.» dico il più tranquillo
possibile.
«E
allora dove la porti?» chiede ancora una volta. Un martello pneumatico è meno
insistente. Io la uccido se continua in questo modo.
«Credo
di avertelo già detto.» rispondo piuttosto contrito.
«Matteo,
è una sottospecie di appuntamento tra due ragazzi con più di vent’anni o di due
bambini dell’asilo?»
Niente,
io allora la uccido, ok?
«Stella
ti ho già spiegato che...» inizio.
«Sì,
che vuoi fare tutte le cose con calma almeno per una volta nella vita. Evviva.»
dice con aria quasi di sfida.
«Brava,
vedo che hai finalmente capito!» sospiro sollevato.
«Fossi
in te, comunque, la porterei lo stesso a cena.» niente, è definitivo, a breve
la dipartita della mia adorata sorella.
«Mi
piacerebbe, lo sai. Ma non so come andrà questo pomeriggio…» cerco di
giustificarmi.
«Oooh,
attenzione attenzione, il signorino Matteo inizia ad essere agitato!» osserva
lei con aria stupita.
«Sì,
Stella. Sì.» che altro potrei dire se non ammettere?
«Non
l’avevo notato, sai?» conclude lei con un’aria furbissima sul volto.
«Smettila
di prendermi in giro, Stellina!» dico sorridendo.
«Sciolgo
le tue tensioni in questo modo, caro fratello, è l’unico modo in cui riesco.»
«Sì,
certo. Facendomi esasperare, grazie, cara sorella.»
«Ah,
cosa fareste voi uomini senza noi donne!» sospira lei.
«Vivremmo
più calmi?» rispondo io improvvisamente.
«Ok,
ma senti, a proposito di essere calmi. Sono le quattro meno pochi minuti, pensi
di andare all’appuntamento o preferisci rimanere in macchina con me?» brava
sorella che ricorda gli orari.
«Giusto,
credo che allora, andrò. Tanto ci metto cinque minuti.» le comunico.
«Ok,
vai e torna vittorioso. Ci vediamo dopo se non fai troppo tardi…» dice lei con
un sorriso furbastro lanciandomi il giubbotto.
«Buon
pomeriggio, Stellina.»
«Buon
pomeriggio a te!» dice lei chiaramente enfatizzando il “te” e chiudendo la
porta di casa nostra praticamente in faccia.
Sì.
Magari la uccido prima o poi.
No,
non è vero, non potrei mai.
Sorrido
a me stesso, apro la macchina, la accendo, metto la prima e parto.
Direzione
piazza Cavour.
Ore 15:56
Sono
in anticipo, o meglio direi in perfetto orario.
Stranamente
ho trovato subito parcheggio qui vicino.
Chissà
lei com’è arrivata fin qui.
Magari
dopo glielo chiedo.
Se
magari ha preso i mezzi poi la dovrei accompagnare a casa.
Oh
no, un vero peccato…
Accompagnare
a casa lei dopo un appuntamento.
Il
nostro primo appuntamento.
La
porterei a casa sua, accompagnerei qualcuno a casa e non scapperei da casa di
qualcuno.
Sarebbe
un ottimo progresso rispetto al solito “va bene, addio, scappo dal tuo letto e non
ci vedremo mai più”.
Ormai
sono totalmente rincoglionito, lo so.
Lei
mi ha rincoglionito.
Merda.
Dovrei
rilassarmi un po’.
Come faccio a rilassarmi
appoggiato a un muro?
Inizio
a rilasciare i muscoli tesi della mandibola.
Sono
teso?
Matteo sei davvero così teso
per un appuntamento?
Sì,
dopotutto è il mio primo appuntamento.
Ho
tutto il diritto di essere un po’ contratto.
Matteo, in ogni caso sei un
pirla.
Sei
arrivato in perfetto orario, quasi in anticipo e ti aspetti che lei, donna, sia
in orario?
Generalmente
Monica mi faceva aspettare un minimo quindici minuti prima di inviare un messaggio
su WhtasApp con un “Amoruccio mio sono in
ritardo!! Perdonamiii!!!”.
Virginia
magari è una persona puntuale che in orario, anzi in perfetto orario.
Chissà. Magari.
Oggi
ho avuto il terrore di vedere apparire sullo smartphone delle notifiche.
Soprattutto notifiche di WhatsApp.
Magari
non viene.
Magari
non vuole uscire con me.
Merda.
Magari
la mia unica possibilità è sfumata…
O
forse no?
Oh, cazzo.
No.
Assolutamente no.
Il
mio sguardo si incatena al suo.
Ai
suoi meravigliosi occhi scuri.
I
muscoli del mio viso si detengono automaticamente e si aprono in un sorriso.
E’ lì.
Sta
venendo verso di me.
E’ davvero in orario.
E’ davvero venuta.
Oh cazzo.
Abbiamo
un appuntamento vero!
Credo
di avere un perfetto sorriso da ebete stampato sulla faccia.
Chi
mi vede dall’esterno può benissimo pensare che sono un perfetto idiota.
Cosa che sei,
effettivamente, Matteo.
Avvicinati
a lei.
Passo
dopo passo, il mio respiro si accorcia.
Si
fa più affannoso.
Il
cuore accelera…
Credevo
che queste cose succedessero solo grazie all’attività fisica.
Ah
sì, soprattutto grazie a del buon sesso.
Non
andando incontro a Virginia in una piazza piena di persone.
Patetico Matteo, ecco cosa
sei.
Sono
a due passi da lei.
Due
miseri e insignificanti passi da Virginia.
La
voglia di avventarmi su quelle meravigliose labbra carnose è decisamente
eccessiva.
Matteo non puoi farlo, non
ora.
Come
no?
Posso prenderla, portarla in
macchina e…
Oh
sì.
Potrei.
Matteo
stai tranquillo, ora.
Come
posso stare tranquillo con una visione di questo genere?
Ha
un cappottino nero che le sta d’incanto, dei jeans scuri e scarpe nere.
Da
quanto ti intendi di abbigliamento Matteo? O meglio, da quando ci fai caso?
Da
quando ho una sorella e amici gay.
Dettagli.
Oh sì.
Sono
vicino a lei.
Non
le ho lasciato gli occhi un secondo.
Anzi.
Forse
sì.
Quando
le ho guardato le labbra.
Ed
è ancora più bella di quanto ricordassi.
Ok
Matteo, fai l’uomo e prendi in mano la situazione.
Parlale.
Ma voglio baciarla.
No,
quello, dopo.
Parlale e basta.
Dì
qualcosa.
«Ciao
Virginia.»
Dio
mio, quanto sei bella?
«Ciao
Matteo.» e sorride. Un meraviglioso sorriso le rende il viso ancora più bello e
luminoso. In aggiunta le sue guance sono diventate più rosee.
Matteo,
sembri davvero un idiota a notare anche le più piccole cose.
Ora
puoi dire qualcosa d’intelligente.
Do
un’occhiata all’orologio «Sei in perfetto orario!»
Che astuta osservazione
Matteo!
La
prossima domanda potrebbe addirittura essere: Hai visto che bel sole che c’è?
«Avevo
scritto che alle quattro ci sarei stata, ed eccomi qui!»
Eccoti
qui sì. Potrei iniziare a saltellare in questo preciso momento ma ringrazio
caldamente i miei motoneuroni che non inviano stimoli e rimango fermo.
Una
figura di merda in meno, almeno quello.
«Allora
dimmi, dove preferiresti andare?» le chiedo con un bel sorriso ebete in viso.
«Credevo
avessi un programma…» cazzo cazzo cazzo «O un qualcosa di simile!»
Sì,
certo. Il programma ce l’ho molto chiaro in testa. Ma come faccio a dirle che
la voglio portare a casa mia e passare delle ore intere a baciare le sue
meravigliose labbra?
Ok
sì.
Ho
vagliato tutte le ipotesi e ho deciso di non avere un programma dettagliato.
Perché non volevo che fosse una visita turistica, volevo semplicemente fare un
giro con lei.
«Infatti
ce l’ho! Ma volevo che tu scegliessi dove andare per prima. Magari avevi
qualcosa da fare qui in centro. Così non ho stabilito un vero e proprio
programma stile gita turistica.» l’ho detto tutto d’un fiato e sono imbarazzato
come non mai.
Odio
programmare certe cose perché poi non vanno mai
come ti aspetti tu.
La
guardo negli occhi e vedo che è sorpresa.
O
per lo meno a me sembra.
«Uh…
Molto… Carino da parte tua, grazie.»
Mi
ringrazia per non aver fatto un programma?
Io
dovrei ringraziare lei per essere qui.
Soprattutto
perché lei è qui con me.
Ora
è il momento di alleggerire la tensione.
«Attendo
signorina, dove vogliamo andare?» le dico sorridendo e allargando un braccio
piegato verso di lei.
Merda, sono abituato con
Stella a fare così.
Mi
è venuto spontaneo.
Bene,
sono totalmente fottuto e mio agio con lei. Contemporaneamente. Ma oserei dire
quasi più fottuto che altro. Che è una cosa negativa perché lei potrebbe fare
del male a me conoscendo quella parte da “non macho”. Ora come minimo mi tira
un pugno o scappa via correndo.
Invece
no.
Questa
ragazza riesce sempre a smentirmi.
Si
avvicina, prende il mio braccio e lo avvolge al suo e dice «Facciamo una
passeggiata dai, qualcosa da fare la troveremo…»
Parliamone, dai.
Come
fa ad essere così?
L’ha
detto con una dolcezza disarmante.
Ma
la presa che ha sul mio avambraccio non è molle, è ben salda e sicura.
Lei
è una ragazza dal carattere forte.
E’
forte ma anche dolce.
Questa
ragazza mi farà impazzire.
Come minimo.
«Davvero credevi
avessi fatto un programma stile evento?» chiedo quasi scioccato dopo più di
un’ora che passeggiamo, vagando per il centro della città.
Lei è rimasta
attaccata al mio braccio tutto il tempo.
Camminiamo con
calma, senza fretta, guardiamo le vetrine e le commentiamo.
Ha dei gusti
molto simili a quelli di Stella.
Credo che
potrebbero andare molto d’accordo.
Matteo ti rendi conto che è la prima volta
che vorresti far conoscere una tua “amica” a tua sorella?
Dettagli.
Solo piccoli e insignificanti
dettagli.
Abbiamo parlato
tanto, tantissimo a dire la verità.
Di Marco, di
Alessandro, dell’università, degli esami imminenti.
Abbiamo parlato
tranquillamente di ogni cosa.
Inizialmente c’è
stato un po’ di imbarazzo, come è normale che sia, ma davvero per poco tempo.
Tra una risata e
l’altra è passato tutto.
Lei è
meravigliosa.
Ride.
Scherza.
E’ addirittura
autoironica!
A Stella
piacerebbe molto.
Molto, come piace
a me.
Torno alla realtà
con la sua risposta «Sai generalmente non vado a molti appuntamenti pomeridiani…»
«E’ un sì, quindi?»
le chiedo.
«Credevo avessi almeno
qualcosa in mente!»
Oh sì. Qualcosa
in mente ce l’ho.
Ma è senza alcun
dubbio meglio metterlo in pratica.
Cambio discorso
che è meglio.
«Quindi,
generalmente, vai ad appuntamenti dove tutto è programmato?» le chiedo curioso.
«No, ecco, in
realtà era da molto che non uscivo con qualcuno…» sussurra lei un po’
imbarazzata.
Perché questa
notizia mi rende felice?
Bentornato
sorriso ebete sulla mia faccia, era da circa mezzo minuto che non sbucavi
fuori.
«Guarda, se ti
tranquillizza saperlo, questo…»” glielo dico? Sì, dai, ho fatto trenta, faccio
anche trentuno. «Questo è il mio primo appuntamento.» affermo serio e deciso.
Lei inizia a
ridere. Una risata cristallina e piacevole come una brezza fresca durante una
calda sera d’estate.
«E io dovrei
crederti, Matteo?» chiede lei ancora ridendo.
«Perché? Non sono
credibile?» dico io allarmato.
«Ma assolutamente
no! Non ci credo che non hai mai avuto un appuntamento!»
«Bhe, uno così,
no. Erano altri gli appuntamenti a cui andavo. Ma non si possono chiamare così.»
ammetto sorridendo anche se non so bene se si capisce quello che voglio dire.
«Facciamo così,
ora tranquillizzo io, te. Non sei il solo che è al primo appuntamento
pomeridiano…»
Dio mio, ora
vorrei baciarla.
E lo vorrei
davvero.
Vorrei unire le
sue labbra alle mie.
Ora.
Perdermi in
quelle labbra.
Occhi negli
occhi.
Respiro nel
respiro.
Corpo nel corpo.
Matteo, lo sai
che sei vicino alla creperia, non puoi pensare a fare l’amore con lei ora.
Ah, no?
Ci penso dopo,
allora.
Mentre ci
avviciniamo al negozio il mio stomaco brontola sonoramente e lei se ne accorge.
«Hai fame?»
chiede sorridendo.
«Sì, si era
sentito? Lì poi fanno delle ottime crepes.»
«Andata, ho fame
anche io!»
Semplice, diretta
e le piacciono le crepes.
Io me la sposo.
Altro che
mangiare l’insalatina o niente dolci.
La guardo e ormai
siamo arrivati.
«Entriamo?» le
chiedo.
«Mh mh» risponde
lei annuendo.
Apro la porta e
toglie il braccio da sotto il mio.
Non poteva
mangiare la crepes sotto al mio braccio?
Anche sopra, non
c’è problema.
Volevo solo che
rimanesse vicino a me.
Ok, sì. Devo
entrare anche io nel negozio.
La guardo e
chiedo «Ci sediamo, ti va?»
«Sì, se non devi
tornare a casa subito…» accenna lei.
E’ forse pazza?
Sta scherzando? Io a casa non ci torno.
«No no, scegli tu
il posto che preferisci!»
Le crepes,
entrambe alla Nutella, sono arrivate da poco.
E’ un piacere
vedere Virginia mangiare.
E’ puro piacere
vedere quelle labbra che si muovono.
Ora, oltre ai
suoi occhi, le sue labbra mi fanno morire.
«Ti piace?» le
chiedo.
«Sì, è
buonissima! Spero solo di non fare qualche danno tirandomela addosso…» ammette
lei sorridendo.
Torniamo a
mangiare, e dopo un po’ la sento canticchiare a bocca chiusa.
«Ti piace?» mi
chiede lei andando avanti a canticchiare.
Annuisco e presto
più attenzione alla musica che c’è come sottofondo nel negozio.
It's always have and never hold
You've begun to feel like home
What's mine is yours to leave or take
What's mine is yours to make your own
Oh, oh
Be my baby
Ohhhhh
Oh, oh
Be my baby
I'll look after you
La guardo negli
occhi all’ultimo “I’ll look after you” e le sue guance diventano più rosse.
Credo che a
volte, le parole non dette, ma canticchiate a bocca chiusa a volte valgano molto
di più di intere frasi inutili.
Virginia se me lo
permetterai, mi prenderò cura di te.
Così come non ho
mai fatto con nessun’altra.
V’s POV.
Credo di non
averci mai messo così tanto in tutta la mia vita a mangiare una maledetta
crepes alla Nutella.
Mi sono persa
ripetutamente nei discorsi e negli occhi verdi di Matteo.
Mi sono anche
persa ad ascoltare quella canzone.
Merda.
E non mi sono mai
trovata così bene con un essere maschile che non fosse omosessuale.
Oh cazzo.
Magari lo è.
Ok, devo riuscire
a scoprirlo.
Usciti dal
negozio delle crepes mi sono rifugiata ancora sotto il suo braccio.
Vicino a lui.
Mi sento davvero
protetta vicino a lui.
«Tornando al
discorso appuntamento programmato…» inizia lui tranquillo e io devo ammettere
che ho quasi paura.
«Dimmi tutto!» mi
sforzo di sorridere.
«Com’è andato
fino ad ora?»
Vuole davvero un
feedback?
«Molto bene, direi.
Anche se non era nulla di programmato, sai.» gli dico scherzando.
«Sai, avrei
voluto portarti fuori a cena, se avevi tempo o se magari avevi fame, ma alla
fine abbiamo mangiato la crepes poco fa…»
Vuole farmi
morire?
«Vuoi farmi
mangiare ancora?» gli chiedo sorridendo.
«Uhm, no,
effettivamente no. Io non ho più fame, ora.»
Io però ho fame
di te, Matteo.
«Prossima volta…»
sussurro quasi impercettibilmente. Chissà, magari non l’ha sentito.
Lo distraggo con
un’altra domanda. «Passeggiamo ancora un po’, ti va?» chiedo.
«Certo.» risponde
lui sorridendo.
«Come sei qui?»
chiede lui ad un certo punto dopo un po’ che passeggiamo senza meta.
«Coi mezzi.»
rispondo io in automatico dandomi della stupida perché non avevo pensato di
venire in macchina.
«Vuoi un
passaggio fino a casa?» chiede lui improvvisamente.
«Ma va, figurati!
Prendo i mezzi…» dico io a mezza voce. Perché non hai accettato, Virginia? Sei
forse stupida? Mandi all’aria un’opportunità del genere? Stupida io.
«No, dai, ti
porto a casa io. Non ti preoccupare.» afferma lui deciso e tranquillo.
«Ma…» provo
un’ultima volta a controbattere o meglio, a far finta di controbattere.
«Niente ma. Se la
psicologa di Marco non torna a casa sana e salva poi lui uccide me!»
Dio mio, è troppo
bello per essere vero.
«Allora, grazie.»
rispondo io con un sorriso.
Ok.
Allora.
Siamo sotto casa
mia.
Nella macchina di
Matteo.
Con lui al mio
fianco.
Morirò per la
tachicardia che ho al momento.
O per un arresto
miocardio improvviso.
Il mio cuore ha
aumentato i battiti da quando lui ha iniziato a rallentare la macchina.
Ora siamo fermi.
Merda.
Ora?
Ora che accade?
Che si fa?
Mi bacia?
Lo bacio io?
Gli do un bacio
sulla guancia come l’ultima volta e via?
Dio mio, odio
questa indecisione.
Odio questa
parte.
E’ andato tutto
magnificamente e ora?
Ora cosa accade?
Perché sono in
ansia?
Perché non so che
cosa fare?
Perché il
silenzio regna sovrano dopo l’ultimo “svolta qui e ci siamo”?
Ok.
Mi calmo ed esco
da questa macchina.
Mi affliggerò più
tardi in camera mia.
Al momento adotto
la regola del “via il dente, via il dolore”.
Mi giro verso di
lui e lo guardo negli occhi.
«Grazie di tutto,
Matteo…»
«Figurati…» è la
sua risposta.
«Ci sentiamo
presto, ok?» chiedo in un tono davvero monotono.
Lui annuisce e
gli do un semplice bacio sulla guancia.
Dio quanto avrei
voluto approfondire quel bacio.
Ok, Virginia.
Scendi da questa
macchina ora.
«Ciao Matteo…» e
chiudo la portiera.
Mi avvio verso il
cancello di casa.
Sempre di spalle.
Mi fermo e cerco
le chiavi di casa nella borsa.
Ovviamente non le
trovo subito.
Le cerco ancora.
Non oso girarmi.
Non voglio.
Non ha detto
nulla.
Non mi ha
baciata.
Non ha provato a
fare nulla.
L’unica cosa
certa che so è una.
Non gli piaccio.
Per niente.
E’ stato un
appuntamento tra amici.
Solo quello.
Basta pensarci
Virginia.
Ora basta.
M’s POV.
E’ scesa dalla
macchina.
E scesa e mi ha
salutato.
Dopo un
pomeriggio in sua compagnia, lei non c’è.
Non è più qui con
me.
Merda.
Quanto sei stato
stupido Matteo?
Un puro idiota.
Coglione, forse è
meglio.
Forse però si può
rimediare.
Forse?
Non ti dovevi
prendere cura di lei?
I’ll look after you…
Lei è ancora lì.
Davanti al
cancello.
Di spalle.
Fuori dalla casa.
Ok.
Scendo dalla
macchina.
Chiudo la
portiera.
Lei è lì.
E’ ancora lì.
Non è scomparsa.
Muoviti Matteo,
cazzo.
Le prendo con
gentilezza il braccio destro.
La chiamo.
«Virginia…»
E la faccio
voltare.
Lei è spaventata.
Ha negli occhi
una tristezza impressionante.
Non voglio che
lei sia triste.
Soprattutto a
causa mia.
Sono un coglione,
lo so.
Lo so e ora ho
tutta l’intenzione di rimediare.
Mi guarda negli
occhi ed è sorpresa.
«Matteo...?» e
accenna a un debole sorriso ma negli occhi c’è ancora tristezza.
«Vedi perché
preferisco non programmare gli appuntamenti? Sono una frana totale nel
programmare le cose…»” dico io liberandomi di un bel peso che ho sul cuore.
Lei continua a
sorridere, forse un po’ di tristezza si attenua.
Forse.
«Questo è un
qualcosa che avrei voluto fare fin da subito, Virginia.»
Le alzo il mento,
abbasso il mio viso su di lei, avvicino le sue labbra alle mie.
Sento calore.
Un calore
impressionante che mi pervade il corpo.
E’ una di quelle
sensazioni meravigliose che si fanno fatica a provare.
Provare, capire e
comprendere.
Un bacio
semplice.
Solo labbra.
Niente lingua.
Mi stacco e la
guardo.
Sembra emozionata
quanto lo posso essere io ora.
«Allora non
programmare più nulla…» sussurra lei aprendosi in un sorriso.
Dio mio, quanto è
meravigliosa questa ragazza.
Non dico nulla.
Avvicino ancora
una volta la mia testa alla sua.
Avvolgo un mio
braccio stretto alla sua vita.
Un braccio suo
scivola in alto sulla mia nuca.
E questo è un
bacio diverso.
C’è necessità.
C’è bisogno.
Entrambi vogliamo…
Un bacio più
intenso.
Non ci fermiamo
alle labbra.
Questa volta
vogliamo entrambi di più.
Dischiudiamo le
labbra contemporaneamente.
La sua lingua
danza con la mia dolcemente.
Una dolcissima tortura.
Una meravigliosa tortura.
E’ una di quelle
sensazioni per le quali potrei morire.
Fammi restare qui, così, Virginia.
Ci stacchiamo
insieme.
Non prima di
averle mordicchiato quel suo labbro inferiore meraviglioso.
Quasi
boccheggiamo per la carenza d’aria.
Dio mio.
Quanto è
meraviglioso?
Il suo viso è uno
spettacolo.
Arrossato, con le
labbra leggermente più gonfie.
E’ davvero sorprendente.
Mi sorride, io
sorrido a lei.
L’unica cosa che
riesco a dire è «Prossima volta, cena.»
Lei mi risponde solo
«Non programmare nulla, Matteo.»
E l’istante dopo torna
a baciarmi.
**
Buona sera a tutti! Sono
tornata! Perdonatemi l’assenza per due buoni mesi ma ho avuto da fare da un
punto di vista lavorativo e di incasinamenti vari. Ma ora, bando alle ciance, ben
ritrovati a tutti, in poche parole. Siamo arrivati a questo capitolo tredici,
finalmente.
Prima di maledirmi, spero
abbiate letto anche l’ultimo POV. L’ultima parte del POV di Virginia è stata
una sofferenza pura. Poi Matteo ha finalmente tirato fuori le palle e ha fatto
la scelta che riteneva più opportuna. Spero che vi siate emozionati come mi
sono emozionata io scrivendolo. In questo capitolo è tornata la musica,
finalmente, e la canzone è “Look After You” dei The Fray che secondo me dona la
tenerezza e la dolcezza a questo capitolo.
Grazie davvero a voi che
siete arrivati fin qui.
Con me.
Con Virginia.
Con Matteo.
Grazie davvero.
Vi abbraccio tutti e vi
auguro una buonissima settimana pre-natalizia.
E.
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Capitolo 14 *** Film, citofoni e WhatsApp ***
INASPETTATAMENTE_ cap.14
Film, citofoni
e WhatsApp – Capitolo 14
23 Gennaio.
Ore 21:14
M’s POV.
«Tu, cosa fai tu
già a casa?» una voce femminile e chiaramente indagatoria spunta dal divano di
casa un nanosecondo dopo essere entrato dalla porta.
Sapevo di non
poter passare inosservato.
A Natale avrei
dovuto chiedere il dono dell’invisibilità. O magari il Mantello
dell’Invisibilità me lo potevo far prestare dal Signor Potter.
Potrei comunque
sempre uccidere Stella, lei e le sue domande fuori luogo.
Il tono di voce
non era eccessivamente alto, quindi mamma potrebbe non aver sentito la domanda.
«Giusto, hai
ragione Stella. Perché sei già a casa, Matteo?»
Come non detto.
Mamma è lì sul
divano di fianco a Stella.
Invisibilità, a me.
Oppure se proprio
non posso essere invisibile…
Voragine.
Una voragine
potrebbe essermi d’aiuto.
Voragine, apriti
ora nel salotto di casa e inghiottimi, almeno non dovrò rispondere a domande
imbarazzanti da parte delle due donne della mia famiglia.
Si dovevano
interessare della mia vita sentimentale proprio ora?
Matteo, si sono sempre interessate. Solo
che prima non ti vedevano tornare a casa alle nove e un quarto. Ti vedevano
uscire a quest’ora e tornare mai perché dormivano già da tempo.
Giusto.
«Visto mamma? Te
l’avevo detto!» dice Stella sottovoce a mamma Gabriella.
«Tu sei come tua
madre, bella e intelligente.» le risponde mamma.
«E anche molto
modesta!» aggiungo io scherzando.
«Tu invece,
signorino, sei un orso tale e quale a tuo padre.» ribatte lei facendo l’offesa.
«Oh sì, ha proprio
ragione mamma, caro fratello.” risponde Stella tutta seria.
«Io mi schiererò
sempre con il mio figliolo, care le mie donne. Quindi io sto dalla parte di
Matteo.» con queste parole fa la sua entrata in scena mio padre arrivando dalla
cucina, e aggiunge con un sorriso «Ti unisci a noi figliolo? Latte e biscotti e
ci guardiamo un film?»
Le famiglie sono
tutte molto particolari, ma ho la fortuna di averne una un po’ strana ma
bellissima. E soprattutto li adoro tutti. Latte, biscotti e film è un’usanza
che abbiamo da quando siamo piccoli. E sì, chiaramente la parte
dell’adolescenza mia e quella di Stella non è stata una semplice passeggiata
con latte e biscotti… Lì era più una guerra aperta su tutti i fronti. Ma si sa,
si cresce, e se si vuole, si cerca di instaurare un buon rapporto famigliare
nonostante le discussioni e i litigi.
«Certo che sì,
Mauro, si unirà a noi, ma prima ci deve raccontare una cosa!» risponde mia
madre.
«Non devo
raccontarvi proprio nulla!» dico raggiungendo camera mia con un sorriso.
«E dai Matte, lo
sai che siamo curiose!» grida Stella dalla sala ridendo come una matta.
«Mmm, forse!»
rispondo togliendo jeans e maglione e mettendo il pigiama.
«Matte, ma lo sai
che io e mamma abbiamo cucinato i biscotti prima di cena?» chiede Stella sempre
gridando.
Oh, le donne.
Le donne sono
manipolatrici.
Manipolatrici,
ecco cosa sono.
Autentiche
manipolatrici quando vogliono sapere qualcosa.
Ho sempre
raccontato senza problemi le mie inutili uscite prima di quella di questo
pomeriggio. Anche perché non c’era davvero nulla da raccontare. Nulla di nulla.
Le uniche
raccomandazioni che mi hanno sempre fatto i miei sono state «Indossa sempre
l’impermeabile figliolo, sempre soprattutto se non la conosci ed è per una
volta. Sempre.» le parole di mio padre, e «Matte, mi raccomando. Non spezzarle
il cuore. Metti fin da subito le cose in chiaro.» quelle di mia madre.
Ma ora…
Ora è diverso.
Virginia mi ha
reso diverso?
No, Matteo no.
Stai scoprendo
nuovi lati di te.
E’ come se…
Volessi proteggerla.
Non è una cosa
leggera da raccontare così.
Dio mio, non mi
sembra neanche vero di averla baciata.
Stella fa
capolino nella mia stanza «I tuoi biscotti preferiti fatti da noi!» dice
sorridendo prima di scappare via ridendo.
«Mi arrendo a voi
due. Non siete donne, siete due streghe!» dico io con un sorriso.
«Dai vieni di qua,
Matte!» dice mia mamma dalla sala.
«Arrivo!» dico
infilandomi una felpa e raggiungendo la famiglia schierata sul divano.
«Fratello, papà
ha scelto “I Pirati Dei Carabi – La Maledizione della Prima Luna”. Tu che ne
dici?» chiede Stella qualche minuto dopo.
«Dico che va
bene.» rispondo io annuendo in direzione di mio padre.
«Ok, siamo
d’accordo allora. Film e poi ci racconti del tuo appuntamento?» chiede mia
mamma sorridendo.
«Vedremo.» rispondo
con aria un po’ misteriosa e anche un po’ rassegnata. Alla fine non è che sia
successo chissà cosa, non ho ucciso o maltrattato nessuno, è stata una bella
uscita, quindi perché non raccontarla?
«Figliolo, avevi
un appuntamento? Cosa ci fai già a casa?» chiede mio padre mentre mia madre e
Stella iniziano a ridere.
«Hai visto? Se la
stanno ponendo tutti questa domanda!» risponde mamma.
«Allora, ve lo racconto
subito così tagliamo la testa al toro.» rispondo io. Meglio attuare il metodo
“via il dente, via il dolore” in questi casi, e soprattutto con i miei,
altrimenti e no non ne esco più.
«Raccontaci,
perché sei a casa così presto? E’ andato bene l’appuntamento?» chiede Stella.
«Certo che sì.
Molto bene, direi. Solo che…» rispondo io.
«Solo che?»
incalza mamma.
«Questa volta ho
intenzione di fare le cose con calma e poi, lei è… Diversa.» ammetto quasi
imbarazzato e con un sussurro nella voce.
«Oooh.» dicono
Stella e mamma insieme.
«Finalmente inizi
a pensare da uomo. Bravo figliolo!» dice mio padre con un filo di orgoglio
nella voce.
«Ora possiamo
guardare il film?» chiedo speranzoso di non subire ulteriormente un terzo grado.
«Ora sì. Tieni un
biscotto fratello!» aggiunge Stella prima di far partire il DVD.
«Non è
romanticissimo Will Turner?» dice sospirando Stella alla fine del film.
«Sì tesoro, ma lo
sai già, è solo un film. Nella vita vera bisogna solo trovare l’uomo giusto!»
dice mia mamma facendo l’occhiolino a suo marito.
«O la donna
giusta!» continua mio padre avvicinandosi a Gabriella.
«Bene, vi abbandoniamo
vostri amoreggiamenti. Fratello, tu vieni con me e mi racconti dettagliatamente
il tutto!» dice Stella afferrandomi per la felpa e trascinandomi in camera sua.
E io che credevo
di essere salvo!
Perché io devo
sempre raccontare tutto a lei?
Perché è tua sorella e si preoccupa per
te.
Ah, ok, se la
mettiamo così.
«Chiudi la porta,
Matte. Ora mi devi raccontare tutto!» dice lanciandosi sul letto.
«Stellina cosa
vuoi sapere ancora?» le chiedo avvicinandomi.
«Ti metti qui, proprio
qui.» dice appoggiando una mano sul materasso vicino a lei «E mi racconti
quando hai intenzione di portarla a cena.»
«Cosa ti fa
pensare che io la voglia portare a cena?» le chiedo sulla difensiva.
«Il fatto che hai
un sorriso ebete da quando hai aperto la porta di casa?» spiega lei con
semplicità.
«Si vede così
tanto?» le chiedo imbarazzato.
«Sì, credo che al
momento io possa affermare con estrema facilità che tu sia cotto come una pera.»
«Merda.» affermo
con un sussurro.
«Merda sì, Matte.
Ma era anche ora.»
«Per fare cosa?»
chiedo curioso.
«Nulla, lascia
perdere, erano dei discorsi con mamma. Ma ora dimmi, quando il prossimo
appuntamento?»
Stella quando non
vuole rispondere direttamente a qualcosa, svia il discorso e trascina la tua
attenzione verso altro. Ha preso l’abitudine da me. Doti tramandate da fratello
a sorella. Maledetta Stellina. E’ sempre stata sveglia e attentissima ad
imparare i piccoli trucchi “del mestiere”.
«Non saprei. Ho anche
l’esame tra pochi giorni…» ammetto stringendomi nelle spalle.
«Ma che ragazzo
coscienzioso! Tanto sarai bravissimo, già lo so!»
«Spero Stellina,
spero davvero. Magari se l’esame va bene la potrei portare a cena fuori per
festeggiare!»
Effettivamente
potrebbe essere una buona idea. Io la porterei a cena anche domani sera ma
potrebbe effettivamente essere troppo presto, nonostante abbia voglia di
vederla anche adesso e anche abbia una voglia matta di baciarla. Però ci siamo
salutati con un “Ci sentiamo presto.” non un “Ci vediamo domani.”. Essere
indecisi e insicuri a volte è difficile.
«Uh, mi piace
come idea!» dice Stella sfoderando un super sorriso.
«Piace anche a me…»
le rivelo alzandomi dal suo letto.
«Mi abbandoni già?»
chiede lei facendomi gli occhi dolci.
«Sì, è stata una
lunga serata. Meglio dormirci su, non credi?»
«Certo, ma prima…»
«Libro?» chiedo
io facendole l’occhiolino e sorridendo.
«Le buone
abitudini non dovrebbero mai essere perse. Sai, dovrebbero farne altri di
ragazzi come te, Matte.»
Signori e
signore, ecco a voi perché non posso ucciderla. Perché alla fine è mia sorella,
le voglio un bene dell’anima e dice queste cose.
«Vedrai Stellina,
prima o poi il ragazzo giusto arriverà.»
«Certo.» dice lei
sorridendo.
«Prima dovrà solo
passare sotto il mio attento esame, poi potrà uscire con te.»
«Non cambi mai,
eh?»
«Mai su questo, Stellina.
Buona notte e fai bei sogni.» le dico mandandole un bacio.
«Notte Matte,
anche tu.» dice lei prendendo e aprendo il libro che aveva sul comodino.
E’ da mezz’ora
che sono a letto e penso a qualcosa di decente da scrivere a Virginia, è da
mezz’ora che ho in mano il mio telefono aperto sulla meravigliosa applicazione
di WhatsApp, è da mezz’ora che come un pirla scrivo o meglio, cerco di scrivere
qualcosa di sensato che poi cancello regolarmente. Ho pensato di scriverle
qualcosa per ringraziarla del pomeriggio/serata, un qualcosa di carino e anche
divertente. Ma ovviamente, quando servono le parole giuste, non si trovano mai.
Quindi mi sento piuttosto idiota a digitare tastini e successivamente
cancellare lettere stupide che ho scritto tre secondi prima. Anche perché lei
vedrà pur il “sta scrivendo…” e poi nulla.
Sì, ok, sono un coglione.
Era da un po’ che
non mi davo del coglione, effettivamente, serve una rinfrescata una volta ogni
tanto. Coglione perché ho una strana euforia addosso. E questa euforia strana
ce l’ho da quando ho baciato Virginia.
Euforia e farfalle nello stomaco?
Quella strana
sensazione tipo di galleggiamento strano.
Merda.
Lei mi ha reso
così.
Il fatto è che…
Nonostante questa
sensazione sia totalmente nuova e mai provata non mi dispiace.
Mi sento bene.
Sto bene.
Non mi sono mai
sentito così.
E proprio perché
non mi sono mai sentito così, sono un coglione e devo mandarle un messaggio, è
il minimo che io possa fare.
Una frase
semplice semplice con la buona notte.
Con un semplice
ringraziamento.
Con lei è tutto
così semplice.
Allora perché non
è anche semplice scriverle?
Devo augurarle
buona notte nonostante gliel’abbia data già tre volte tra un meraviglioso bacio
e l’altro.
E se ripenso a
quei baci…
Altro che
farfalle. Mi potrei precipitare a casa sua di corsa.
Quella ragazza è
impressionante.
Quella ragazza sa
baciare.
Quella ragazza sa
esattamente come baciare.
Altro che sogni
erotici pre-baci.
Ora ogni notte
sarà una dolce tortura.
Matteo, sei un quindicenne in astinenza.
Lo so.
Smettila e pensa
a qualcosa di sensato.
Cosa diamine si
scrive post primo appuntamento con una meravigliosa ragazza?
Cazzo Matteo, studi pure lettere…
Sei proprio
imbranato.
Preferisco coglione. Esprime meglio il
concetto.
Quando eri
piccolo e non riuscivi a trovare le parole per i temi cosa facevi Matteo?
Chiudevo gli occhi e cercavo di liberale
la mente.
Fallo Matteo.
Chiudo gli occhi.
Respiro a fondo.
Libero le mente.
Eccole.
Ben trovate,
parole giuste.
O almeno, spero
che siate giuste.
Ore 21:02
V’s POV.
Respira.
No.
Respira Virginia.
No, non posso.
Respira Virginia.
No, non riesco.
Respira Virginia.
E se ci provassi?
Virginia respira,
non puoi andare avanti così.
Ci provo.
Respira.
Il cuore deve
rallentare.
Il cuore dovrà
pur rallentare in qualche modo.
Dopo…
Dopo quello che è successo.
Sti cazzi.
Ho baciato
Matteo.
Lui ha baciato te per prima.
Oh, già.
Giusto.
Quindi non è omosessuale.
Non è
assolutamente omosessuale.
Come diamine hai
potuto minimamente pensarlo?
E bacia…
Dio mio come
bacia.
Bacia da Dio.
Altro che
farfalle nello stomaco.
I suoi baci fanno
entrare in uno stato di semi incoscienza.
Dolcezza e
passione insieme.
Un mix
meraviglioso.
Lui è fantastico.
Sti cazzi.
Sti cazzi, sì.
Ok Virginia.
Ora respira e
continua a salire i gradini per arrivare a casa.
Respira
profondamente una, due, tre volte.
Chiavi di casa entrate
nella fessura su.
Mano non puoi
tremare in questo modo.
Perché sono in
queste condizioni?
Virginia, ricordati quello che hai fatto.
E’ colpa dei
baci?
Sono messa proprio male.
Giro le chiavi
nella fessura due volte e apro la porta.
Vengo subito investita
da Rose che mi abbraccia forte dicendo «Bambina, che bello che sei tornata!»
«Credevi forse
che sarei scappata con lui?» chiedo sorridendo.
«Bhe, non credo
ci sia nulla di male. Inoltre dev’essere davvero molto carino dato che hai
labbra gonfie e guance arrossate.»
Merda.
Merdissima.
Se n’è accorta.
E tu Virginia non
sai neanche in che condizioni sei, dato che hai fatto i due piani di scale a
piedi.
«Come guance e
labbra...?» faccio finta di non capire.
«Ti ha baciata,
vero?» chiede lei puntando un dito verso di me.
«Hai una sfera
magica che prevede le cose, Rose?» le chiedo.
«Questo è un sì!
Lorenzo? Lorenzo dove sei? La nostra bambina è tornata, viene a vedere come le
brillano gli occhi!»
«Sei sempre più
bella, Virginia.» mi accoglie così mio padre.
«La volete finire
tutti e due?» chiedo ridendo.
«Siamo felici
quando tu sei felice, bambina. Questo lo sai.» dice mia madre sedendosi sul
divano.
«Lo so, lo so. Ho
passato un bellissimo pomeriggio!» ammetto affiancandomi a lei.
«Siamo felici di
saperlo. Finalmente sei uscita con qualcuno che ti piace. Perché lui ti piace,
vero?» chiede mio padre.
«Certo che sì.»
ammetto subito annuendo.
«Hai fame? Ti
preparo qualcosa da mangiare, Vi?» chiede Rose quasi allarmata.
«No no, sono a posto.
Siamo andati a mangiare una crepes in centro.» racconto.
«Che cosa
romantica! Anche io portavo sempre tua madre a mangiare le crepes!» dice mio
padre.
Non sapevo questa
cosa Pa!» gli rispondo.
«Uh bambina, tu
non sai tante cose di noi due.» dice mia madre con aria maliziosa.
«I minuziosi particolari
di quando e come sono stata concepita non vorrei saperli, grazie!» dico ridendo
e contagiando Rose e Lorenzo.
«Ah tesoro, prima
ha chiamato Marco e ha detto di “Avvisare la mia meravigliosa psicologa che attendo
un racconto dettagliato dell’appuntamento, grazie” testuali parole, credo.»
dice Rose.
«Oh, cavolo.»
esclamo ricordandomi di Marco e del terzo grado che mi farà non appena lo
sentirò al telefono.
«Lo sai che ti
adora quel ragazzo!» continua lei.
«Lo so mamma, lo
so.» ammetto sorridendo.
Drin driiiiiiin.
«Citofono. Vado
io.» comunica mio padre.
«Aspettavate
qualcuno?» chiedo a Rose.
«No, che io
sappia no.» risponde lei. «Chi sarà mai?»
Non credo proprio
che possa essere Matteo, è andato via prima, ho sentito il rumore della sua
macchina mentre stavo facendo i gradini. Io non aspetto nessuno, magari è un
amico dei miei.
«Mh mh, c’è la
porta aperta.» sento che dice e riaggancia il citofono.
Mio padre torna
con un sorriso stampato in faccia.
«Si parlava del
diavolo.» comunica.
No, non può
essere Matteo.
Nonostante la
cosa mi piacerebbe più del dovuto.
Ma presentarsi a
casa così all’improvviso mi sembra un po’ troppo eccessivo e audace, quasi da
kamikaze. Non penso proprio sia lui.
«Eccoci qua!» la
voce di Marco risuona dopo aver sentito il rumore della porta di casa aperta.
Oh, merda.
«Sorpresa!» dice
Alessandro entrando in casa.
Mi alzo e vado ad
abbracciarli.
«Che cosa ci fate
qui?» chiedo sorpresa.
«Volevamo
semplicemente farti il terzo grado!» dice con un sorriso Marco togliendosi il
cappotto.
«Volevi tu,
tesoro. Non mettere il plurale. Io volevo semplicemente vedere la splendida Vi.»
ribatte Alessandro.
«E secondo te lei
dovrebbe crederti?» chiede Marco al suo fidanzato mentre si spostano in salotto.
«Ho la faccia da
angioletto più di te.» risponde Alessandro dando un bacio sulla guancia a Marco.
Quei due solo
davvero adorabili.
«Rose, sei sempre
splendida!» Marco saluta sempre galantemente mia madre, sa come farsi volere
bene.
«Grazie caro, voi
due invece siete sempre più sexy, state divinamente insieme!» risponde lei.
«Tutto merito
suo.» dice Alessandro abbracciandola.
«Non è vero,
tesoro. Merito tuo.» risponde Marco tubando.
«Ciao ragazzi!»
saluta Lorenzo sbucando dalla cucina.
«Ma buona sera
signor padre di Virginia!» dicono insieme i due ospiti. Non riescono ancora a
chiamarlo Lorenzo. Alessandro mi ha confessato che da piccolino quasi tutti
erano cotti di mia madre, tranne lui, a lui è sempre piaciuto Lorenzo!
«Quante volte ve
lo devo dire? Chiamatemi Lorenzo, non fatemi sentire vecchio.» risponde lui
stringendo la mano prima a uno e poi all’altro.
«Dov’è colui che
è uscito con la mia bambina? Perché non è qui?» chiede mia madre
improvvisamente.
«Vuoi già
conoscerlo Rose?» chiede Marco sorridendo.
«Ovvio! Tu non
hai idea di come è entrata Vi in casa! Sembrava avesse avuto un’illuminazione
celeste!» dice Rose. E io non posso fare altro che arrossire.
«Fidati Rose,
Matteo è davvero un ragazzo celestiale.» dice ridendo Alessandro.
«Smettetela subito,
forza! Altrimenti non vi racconto nulla!» dico io.
«Tanto lo sai già
che dire queste cose non servirà a nulla. Noi lo scopriremo lo stesso!» dice
Marco ridendo.
«Ragazzi, prima
di tormentare la mia bellissima bambina. Avete fame? Vi preparo qualcosa?»
chiede Rose.
«Rose, non è che
hai un pezzo della tua buonissima torta?» chiede Alessandro.
«Certo che sì! Ve
la porto subito! L’ho sfornata da poco!» dice con un sorriso mia madre.
Quei due ragazzi
mi sfiniscono.
Mi hanno fatto il
terzo grado, hanno voluto sapere ogni minima cosa del mio appuntamento con Matteo
e ogni tanto si guardavano e annuivano con aria divertita.
Se non fosse che
li adoro, li avrei già soppressi.
Soprattutto se
non fosse che è proprio grazie a loro che ci siamo conosciuti.
Dopo questa
giornata so che forse potrei sopravvivere a ogni evento.
Forse, ecco.
Matteo ed io ci
eravamo salutati con un “Ci sentiamo presto.”
Sentirsi in che
senso?
Al telefono?
A voce?
Con un WhatsApp?
Con un sms?
Via mail?
Via piccione viaggiatore?
Io gli scriverei
anche un messaggino su WhatsApp se solo trovassi il telefono.
Quando sono
soprappensiero non so mai dove lascio le cose.
Merda.
Lo cerco, è
l’unica soluzione.
In borsa? Non
c’è.
Nel giubbotto?
Non c’è.
Nei pantaloni?
Non c’è.
In sala? Non c’è.
Nel divano? Non
c’è.
Dove l’ho messo?
Uh, eccolo!
Trovato! Era sul
letto, nascosto dal cuscino.
Sblocco la
tastiera e vedo l’applicazione di WhastApp con un simbolino rosso da leggere.
Sarà lui?
Cuore, non
iniziare a battere troppo velocemente.
Magari non è
niente.
E soprattutto non
è lui.
Lo apro e tolgo
subito il dubbio.
Ho deciso.
E’ lui.
Matteo.
“Lo so che non dovrei più programmare nulla,
quindi scrivo la prima cosa che penso. Domani mattina, colazione?”
Rispondo subito
sorridendo come una perfetta idiota “Fai
bene a non programmare nulla, ottieni sempre degli ottimi risultati. Colazione assolutamente
sì! Dimmi ora e luogo e ci sarò!”
Quel ragazzo
potrebbe viziarmi.
Non me ne frega
assolutamente nulla.
Voglio essere
viziata da lui.
Anzi, stra
viziata.
Sospiro
mettendomi a letto.
Sarà sicuramente
una colazione meravigliosa.
Oh sì,
meravigliosa.
**
Buona sera e ben trovati a tutti! Siamo
finalmente arrivati a questo capitolo quattordici! Spero come sempre che questo
capitolo vi sia piaciuto. E’ il post-appuntamento di Matteo e Virginia che
tornano a casa. Matteo trova tutta la sua famiglia riunita: c’è Stella e
facciamo la conoscenza di Gabriella e di Mauro, rispettivamente mamma e papà
del nostro bel protagonista. Per quanto riguarda Virginia e il suo POV, si
svolgerebbe leggermente prima di quello di Matteo, torna a casa e anche lì ci
sono i suoi. Si aggiungono successivamente due ospiti: Marco e Alessandro. Mi
mancavano e ho deciso di farli tornare!
Come sempre vi ringrazio perché leggete
sempre.
Davvero davvero grazie perché per me
significa tanto.
Infine, credo che questo sarà l’ultimo
capitolo pre-natalizio e quindi colgo l’occasione per augurarvi un meraviglioso
Natale. Passatelo nel migliore dei modi, con le persone che vi stanno più a
cuore e siate felici. Anche se non per tutti il periodo natalizio è un periodo
piacevole. Cercate di renderlo tale!
Tantissimi auguri di cuore a tutti voi!
Un abbraccio.
E.
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Capitolo 15 *** All The Right Moves ***
INASPETTATAMENTE_ cap.15
All The Right Moves – Capitolo 15
24 Gennaio.
Ore 7:17
V’s POV.
Merda.
Odio svegliarmi
così.
Io odio questa
sensazione.
Tempie che
pulsano.
Testa contemporaneamente
vuota e pesante.
So che cos’è.
Lo so benissimo.
Conosco questa sensazione.
Ed è lei.
E’ il mio tallone
d’Achille.
E’ quel qualcosa
che riesce a rovinare, a volte, le mie giornate.
Quel qualcosa che
mi fa stare male.
Molto male.
Benvenuto mal di
testa.
Benvenuta
maledetta emicrania.
Non provo neanche
a girarmi dall’altra parte del letto perché so già che è peggio.
Se mi giro
l’intensità potrebbe aumentare.
E non voglio che
aumenti, già così è più che sufficiente.
Dovrei comunque
accendere la luce per vedere che ore sono.
Magari sono già
in ritardo.
Non è bello
essere in ritardo per un appuntamento.
L’unica cosa al
momento positiva è il mio appuntamento a cui devo andare.
Una sorta di
appuntamento fatto a forma di colazione con lui.
Con Matteo.
Non posso avere la
mia emicrania proprio oggi.
Non oggi.
Non sono Virginia quando ho il mal di
testa.
Cioè sì, lo sono,
ma lo sono al quaranta percento.
Merda.
Spero solo di
riuscirmi ad alzare da questo letto.
Ok Virginia, una
cosa per volta.
Un passettino
alla volta.
Posso fare tutto.
Forse.
Posso provare a
fare tutto.
Respira Virginia.
Mi porto l’indice
e il medio di entrambe le mani fredde alle tempie, le massaggio facendo dei
movimenti circolari e faccio entrare ancora un po’ di aria nelle mie narici e
respiro più profondamente che posso.
Ok, ci sono.
Forse.
Cerco con una
mano l’interruttore della luce e l’accendo.
Merda.
Mi dà fastidio la
luce.
Era prevedibile,
però non va bene.
No, non va bene per nulla.
Cerco di far
abituare gli occhi alla luce.
Faccio cadere lo
sguardo sulla sveglia: 7.19.
Ottimo, per lo
meno non sono in ritardo.
Se la memoria non
si prende gioco di me, Matteo ha detto che sarebbe passato per le otto e avemmo
preso i mezzi insieme per andare a fare colazione in una caffetteria di sua
conoscenza in centro.
Oh cavolo no.
Solo a pensare a
un posto più o meno affollato di persone, il bus, il caldo sui mezzi pubblici, la
strada, gli odori, il caffè, le brioche…
Non posso avere anche
la solita nausea.
Cara emicrania, sei proprio una pessima
compagna di avventure.
Era da un po’ che
non succedeva. Dato che ogni tanto mi capita, sia in concomitanza del ciclo che
durante i periodi molto stressanti. Ma le ultime due settimane sono state un
po’ surreali e movimentate, credo di aver subito troppi sbalzi e ho anche perso
la cognizione del tempo.
Posso essere così
stupida? Evidentemente sì Virginia, ma non potevi programmare che ti venisse
questa mattina la tua emicrania, quindi mettiti tranquilla e cerca di fartelo
passare.
Mh, fosse facile!
Ok, ho circa una
mezz’ora abbondante per cercare di alzarmi dal letto, prendere un farmaco,
rendermi presentabile e andare a fare colazione con Matteo.
Uhm. Ma ieri sera
ci siamo baciati!
Te ne sei accorta solo ora Virginia?
No, ma me ne sono
appena resa conto.
Ti stai preoccupando per nulla.
Non è così.
Mi preoccupo
solamente del “giorno dopo”.
Non avete fatto chissà cosa, era solo un
bacio…
Questa mattina
cosa dovrò fare appena lo vedo?
Lo saluto come?
Lo abbraccio?
Lo bacio?
Mi bacia?
E poi dove?
Guancia?
Bocca?
Non ti preoccupare Virginia, farai ciò che
sentirai giusto di fare.
Mi sta salendo maggiormente
il mal di testa.
Basta pensare Virginia.
Farai ciò che
sentirai giusto.
Cioè lo bacio?
Al momento giusto
vedrò.
Basta pensare Virginia.
Cerca di alzarti dal letto e di rimanere
in piedi.
Ok, al tre mi
alzo.
No, aspetta.
Prima le dita sulle
tempie, ancora.
Ringrazio di
avere le mani fredde, a volte mi servono.
Mal di testa per favore, vai via dai.
Ora provo ad
alzarmi.
Ok, sono seduta
sul letto e la situazione non è delle migliori.
L’unica cose che
vorrei fare al momento è ritornare a letto o sbattere la testa contro il muro.
Ma non posso fare
né la prima né la seconda delle opzioni.
Non posso tornare
a letto, in realtà potrei ma non voglio.
Non voglio perché
ho voglia di vedere Matteo.
Sei piuttosto stupida, lo sai Virginia?
Lo so.
So anche che il
mal di testa potrebbe aumentare ma ho voglia di vedere lui.
Ho voglia di
vederlo, di abbracciarlo, di baciarlo, di ridere con lui o di parlare con lui, anche
solo semplicemente parlare…
Credo di essere patetica, lo so, ma Matteo
mi piace.
Mi piace come non
mi è mai piaciuto nessun’altro.
Mi piace e in
realtà non mi dovrebbe piacere così tanto.
Ok, basta parlare di piacere e di Matteo
che il mio cuore accelera e aumentano anche le pulsazioni sulle mie tempie.
Mi devo alzare da
questo letto.
Devo alzarmi in
piedi.
Ok, sono in
piedi.
Vai via giramento di testa.
Riesco a stare in
piedi, un punto per me.
Vado in bagno e
poi mi dirigo in cucina. Dovrei mangiare un biscotto, almeno uno e poi prendere
la mia solita medicina per il mal di testa. So benissimo che sarà un’impresa
ardua farmelo passare con solo una pastiglietta ma se almeno rimanesse di
questa intensità riuscirei ad uscire senza problemi. Quasi, senza problemi. Ma
devo assolutamente uscire. Voglio assolutamente uscire.
In cucina trovo
mia madre con un tazzone di caffè in mano, sì, ho ereditato da lei la passione
per il caffè.
«Buon giorno
bambina.» dice lei mandandomi un bacio.
«Ciao mamma.» le
rispondo.
«Cos’è quel
faccino bianco? Hai dormito male per caso?» chiede.
Possibile che le
madri si accorgano sempre quando c’è qualcosa che non va?
«Non ho dormito
male, Rose. Ho solo un po’ di…»
«Mal di testa?»
conclude lei.
«Già, mangio un
biscotto e prendo qualcosa.» mugugno io.
«Niente caffè?»
domanda alzando un sopracciglio.
«No, lo prendo
fuori. Cioè, vado fuori, con… Con Matteo.» dico imbarazzata.
«Oh! Ma che bella
notizia! Non so bene perché, ma mi piace quel ragazzo, bambina mia.»
«Piace anche a
me.» ammetto con un sussurro.
«Si vede che hai
il mal di testa. Normalmente non ti sbilanci così tanto.»
Merda.
Devo stare
attenta a quello che dico.
Il mal di testa
non mi fa pensare lucidamente.
«Che deduzione, Sherlock.»
rispondo con un sorriso.
«Mangia, prendi
qualcosa e poi preparati. Vai solo se te la senti e se non è troppo forte. Se
aumenta fatti portare a casa, non tornare a casa da sola. Non voglio che ti
succeda nulla.»
Rose è in modalità
“mamma preoccupata”, però bisogna ammettere che ha ragione.
«Sì, certo.» è la
mia risposta.
«Bambina, non mi
dire sì certo se poi torni tutta sola. Non farmi arrabbiare.» afferma lei seria.
«Va bene.» le
rispondo con un sospiro.
«Promettimelo
Virginia.»
«Prometto tutto,
mamma.»
«Molto bene. Tesoro,
ora scappo a lavoro, Lorenzo questa sera mi porta a cena fuori, festeggiamo il
giorno in cui ci siamo incontrati…» dice così e gli occhi le brillano.
«Sì mamma,
immaginavo. Mi troverete a letto, distrutta dal mal di testa se aumenta.»
rispondo con un sorriso prendendo in mano un biscotto.
«Chiama se hai
bisogno.»
«Vai mamma, non
ti preoccupare.» le dico con un’aria super seriosa.
«Fosse facile.»
risponde stampandomi un bacio sulla guancia. «Ciao tesoro.»
«Ciao Rose, buona
giornata.»
Bene, biscotto a noi due.
Ti devo mangiare,
devo prendere un farmaco e andare fuori con Matteo.
A proposito dell’uscita,
non è che mi ha scritto per disdire il tutto?
E’ probabile,
dopotutto gli imprevisti succedono e possono succedere. O semplicemente è
rinsavito e ha deciso di non volere più a che fare con me.
Mangio il
biscotto, prendo la pastiglietta e cerco il telefono.
Biscotto mangiato
nonostante la nausea, potrebbero darmi addirittura un premio. Ora è arrivato il
momento del farmaco. Prendo un bicchiere d’acqua e mando giù la pastiglietta. Sì,
ora devo stare bene. Mi alzo con calma dalla sedia sulla quale mi ero seduta
prima e torno in camera. La tempie pulsano comunque ancora un po’, forse ho
fatto i movimenti troppo in fretta. Devo stare bene, ce la posso fare. Testa, collabora per favore. Il telefono
è sul comodino, lo accendo e aspetto aprendo l’armadio.
Bzzz bzzz.
Bzzz bzzz.
Torno vicino al
comodino e recupero il telefono.
C’è l’icona di
WhatsApp che segnala diverse conversazioni da leggere.
Che faccio, mi preoccupo?
No, non mi
preoccupo.
Da quando sei diventata così ottimista?
E’ colpa del mal
di testa.
La prima chat
aperta è di una certezza quasi sconvolgente: quella con Marco e Alessandro.
Sospiro di sollievo. O forse no? Leggo i vari messaggi “Mia psicologa, ho dato il tuo indirizzo preciso al principe azzurro.
Spero non sia un problema. Vi vedete ancora? Avete un altro appuntamento e noi non
lo sappiamo? Rispondi appena puoi che siamo curiosi.” Sorridendo rispondo “Buon giorno splendori. Grazie per aver
mandato l’indirizzo. Non è un altro appuntamento è solo una colazione!”
Non è un
appuntamento, giusto?
Una colazione non
può essere un appuntamento.
Basta pensare Virginia, ti aumenta il mal
di testa
E una chat è stata
archiviata.
Ne manca una
importante.
La conversazione
con Matteo. Come minimo mi dice che non può venire. E invece, ogni tanto, adoro
sbagliarmi leggendo un “Buon giorno! Non
avendo un programma mi sono dimenticato precisamente dove abiti. Ho chiesto a
Marco, se mi ha dato l’indirizzo giusto dovrei essere puntuale, mezzi
permettendo. A dopo!”
Questo ragazzo è
decisamente diverso.
Diverso in senso
più che positivo.
Almeno non mi ha
dato buca.
Hanno avuto
difficoltà anche Marco ed Alessandro le prime volte ad arrivare qui, quindi
posso capire Matteo.
Lo capiresti in ogni caso, Virginia.
Sono psicologa
non per nulla.
Basta Virginia, preparati.
Devo rispondere
al messaggio?
Magari dopo, se non arriva.
Ora il problema è
come vestirsi.
Guardo il mio
armadio con aria di sfida.
Devo trovare
qualcosa da mettere.
I miei occhi
scorrono sui vari capi scegliendo cosa indossare.
Jeans scuri,
maglioncino a collo alto, Converse e via.
Certo che potresti anche vestirti in maniera
più femminile Virginia.
No, non oggi.
E’ solo che
mettere un vestitino per una colazione è un po’ eccessivo.
Insomma, mi
vestirei carina se mi portasse a cena.
Ma, non dovevamo
andare a cena io e lui?
Una colazione va
più che bene.
Almeno, per oggi.
Drin driiin.
Merda.
Merdissima.
E’ lui?
E’ lui.
Sono pronta?
Sì.
Cuore, non puoi
fare così.
Devi rispondere Virginia.
Alzo il citofono e
chiedo «Sì?»
«Buon giorno
signorina! Scende?» un voce dolce, sensuale e squillante contemporaneamente mi
risponde.
Mi apro in un
sorriso.
Ora svengo qui.
Quel ragazzo non
può fare così.
«Arrivo subito.»
rispondo io con il cuore a mille.
Ok Virginia,
metti il cappotto, recupera la borsa e scendi.
E’ il momento di
fare colazione.
Già.
Col mal di testa
e la nausea.
Ma c’è Matteo.
La cosa
importante è proprio questa.
M’s POV.
Suono il
citofono.
Se non mi
risponde ho solo due opzioni: o scavarmi una fossa qui stile voragine di ieri
sera a casa mia, oppure, idea decisamente più divertente, uccidere Marco.
«Sì?»
Allora è lei.
Marco ultimamente
si sta salvando molto spesso, molto bene.
Devi rispondere
Matteo, questo lo sai?
«Buon giorno
signorina! Scende?»
Matteo, da dove
ti è uscito? Dimmelo, perché io che sono la tua coscienza non lo so.
Ora come minimo
si mette a ridere e non scende sicuramente.
Addio colazione!
«Arrivo subito.»
mi risponde.
Riesco a prendere
un bel po’ d’aria facendo un bel respirone e sorrido.
Anche a me sta
andando bene troppe volte.
Meglio così.
Chissà, forse è la volta buona.
Sento il rumore
del cancello che si apre e mi giro.
Eccola.
Virginia.
Possibile che sia
sempre bellissima?
Ogni volta che la
vedo è sempre più bella.
Un sorrido ebete
è ovviamente stampato sulla mia faccia ma vedo che sorride anche lei.
Questo mi provoca
una strana sensazione allo stomaco.
Matteo ti stai
rincoglionendo sempre di più, non c’è altra soluzione.
«Buon giorno
Matteo!» dice lei aprendo il cancello con un sorriso che mi rende ancora più idiota.
«Buon giorno a
lei signorina.» e mi avvicino inconsciamente.
Merda, cosa devo
fare?
Matteo, sei un
uomo senza palle.
Smettila di
rifugiarti in inutili parole, pensieri e indecisioni.
Decisione, ci vuole quella.
Decisione e un po’ di coraggio.
Faccio l’unica
cosa che mi viene da fare.
Spontanea.
Senza pensarci
troppo.
Mi avvicino
ulteriormente a Virginia e l’abbraccio.
Un semplice abbraccio.
E lei ricambia.
Sento le sue mani
che mi stringono.
Mi aspettavo un
pugno o una denuncia per molestie.
Non posso semplicemente abbracciarla.
Avvicino le mie
labbra a lei.
Le do un bacio
sulla guancia.
Un innocente
bacio sulla guancia.
Innocente?
Matteo, tu sei tutto fuorché innocente.
Ok, ci provo.
Devo
assolutamente baciarla.
E pensare che non mi erano mai piaciute
queste cose dolciose o troppi baci.
Preferivo altro,
ai baci.
Matteo sei un pervertito.
Ma io voglio
baciarla.
Io devo baciarla.
Lei mi fa questo
effetto.
Cosa mi hai fatto Virginia?
Rimane tra le mie
braccia, mi guarda negli occhi e mi sorride.
Avvicino il mio
volto al suo e le do un semplice bacio sulla punta delle labbra.
Un piccolo e
dolce bacio che mi viene così naturale.
E’ poi è
innegabile che sia così giusto.
Dio starei ore a baciare quelle labbra
così morbide.
Virginia ricambio
il bacio, poi mi guarda e sorride.
Questa ragazza è meravigliosa.
«Ora è un buon
giorno.» dico senza avere un filtro tra cervello e bocca. Niente, con lei le
mie sinapsi non funzionano.
«Dici?» chiede
lei sorridendo e staccandosi dalle mie braccia.
«Sì, direi
proprio di sì.» le rispondo con estrema naturalezza.
«Dove andiamo?»
chiede lei curiosa anche se, sembra avere un’aria stanca. Magari ha dormito
male. Dopo glielo chiedo.
Da quando ti preoccupi così tanto Matteo?
Non lo so.
Ma mi viene
naturale.
Con lei viene
tutto naturale.
«A fare colazione?»
chiedo a lei allungando il braccio piegato. «Prego signorina, andiamo a pendere
i mezzi.»
«Non dovresti
avere un tuo destriero?» risponde lei sorridendo e aggrappandosi al mio
braccio.
«L’ho lasciato a
casa. La prossima volta mi attrezzerò meglio.» ammetto sorridendo.
«Va bene.» mi
guarda e ci avviamo verso la fermata del bus.
«Dimmi Virginia,
ma stai bene?» le chiedo dopo essere saliti sul bus e aver fatto qualche
fermata.
«Sì, più o meno…»
dice lei sorridendo e togliendosi le mani dalle tempie.
No, non sta bene...
Sembra Stella
quando cerca di fare finta di stare bene quando poi tanto bene non sta.
Eh, queste donne!
«Che succede?» le
chiedo incatenandomi ai suoi occhi.
«Nulla di che.»
risponde con aria innocente.
Sì, sembra
decisamente Stella quando finge di stare bene.
«Sembri stanca.»
azzardo con un sorriso.
«No, non sono
stanca. Ho solo un po’ di mal di testa ma sto bene, davvero.»
«Sicura?» le
chiedo e lei annuisce. «Facciamo così, se aumenta dimmelo che torniamo a casa. O
insomma, ti riporto a casa.»
«Affare fatto.»
risponde lei con un sorriso.
«Basta che mi
avvisi.» le dico accarezzandole il viso con gli occhi.
«Mh mh.» risponde
lei.
«Uh, siamo
arrivati, scendiamo alla prossima!» dico premendo il pulsante per prenotare la
fermata.
«Eccoci!» dico a
Virginia aprendole la porta della caffetteria.
«Possibile che tu
conosca tutti questi posti carini?» chiede lei entrando.
«Ma va! Sono
posti normali!» dico seguendola all’interno del locale. «Che cosa prendi?»
«Un cappuccino,
grazie.» risponde lei sorridendo.
«Solo un
cappuccino?»
«Sì, non mangio quasi
nulla quando sto così.» risponde chiudendosi nelle spalle.
Proprio come
Stella.
«Ricevuto! Siediti
dove preferisci, arrivo in un attimo.» le dico sorridendo e avvicinandomi al
bancone per ordinare.
«Cosa prendi?»
chiede il barista.
«Due cappuccini e
una brioche alla crema, grazie.» rispondo io.
«Arrivano subito.»
«Mi dai anche un
vassoio? Te lo riporto dopo.»
«Ecco a te.» dice
lui passandomi il vassoio con i due cappuccini e la brioche.
«Grazie mille.»
«Figurati.»
risponde sorridendo.
«Eccoci.» dico
appoggiando il vassoio sul tavolo che ha scelto Virginia.
«Uh, eccoti.»
dice lei alzando lo sguardo dal tavolo.
No, non mi piace
il suo sguardo.
Credo stia male…
Merda, mi sento
in colpa.
E’ fuori con me
nonostante stia male.
Ok, dopo aver
bevuto il cappuccino le chiedo ancora come sta.
«Mi piace il
posto che hai scelto.» dico togliendomi il cappotto e sedendomi di fronte a lei.
«Sì, è un po’
isolato. Meno rumore, meno tutto. Non mi piace stare troppo tra la gente…»
ammette lei diventando un po’ rossa in volto.
«Ti è aumentato,
vero?» chiedo di getto versando la bustina di zucchero nel cappuccino.
«Uhm.» è la sua
risposta.
«Dimmelo dai, non
ti preoccupare.»
Tanto mi sento
già tremendamente in colpa.
Fanculo me e le mie idee inutili.
Posso sentirmi in
colpa?
Sì, che posso, devo
sentirmi in colpa.
«Sì, un pochino.»
mi risponde diventando rossa in viso.
«Dopo allora ti
accompagno a casa. Anzi, andiamo subito!»
Subito è giusto,
non dopo.
«Ma no, dai.
Aspetta. Facciamo prima colazione, poi vediamo.» dice lei con una voce
dolcissima.
Perché lei, con
la sua voce dolce cerca di farmi cambiare idea?
Matteo, non puoi permetterti di cambiare
idea.
Giusto.
«Ti porto a casa
però.» le dico convinto.
«No ma…» insiste
ancora.
Donne, chi le
capisce è bravo.
Ma bravo davvero.
«Niente ma.» dico
deciso.
«Ma… Non devi
fare nulla? Non hai lezione?» chiede lei.
«Non ti
preoccupare, la biblioteca può aspettare! Non ti lascio tornare a casa sola.»
di certo Gabriele in biblioteca non può competere con te, Virginia. E quasi
sicuramente con Gabriele c’è Monica, quindi meglio tardare un po’. Poi di certo
non posso lasciarla sola se sta così. Assolutamente è mio compito portarla a
casa sana e salva.
«Sicuro?» chiede
ancora.
«Sicurissimo.»
rispondo io aprendomi nel solito sorriso da ebete.
«Arrivati…»
sussurro a Virginia mentre siamo davanti a casa sua.
La situazione è
lievemente peggiorata in breve tempo. I cambi d’aria caldo-freddo-caldo e poi
ancora freddo della caffetteria calda, aria fredda, caldo assurdo sull’autobus
e freddo gelido dell’aria non hanno per nulla aiutato il mal di testa della
povera Virginia. Non ha detto molto da quando siamo usciti dal bar, ripeteva
ogni tanto solo qualche «Grazie» o «Sei davvero sicuro?»
E la colpa è tutta mia…
Matteo, riesci
solo a combinare casini o guai.
Merda.
«Grazie Matteo.
Davvero grazie.» dice lei con la testa appoggiata alla mia spalla.
Ha attuato questa
posizione da quando siamo saliti sul bus.
L’ho trovata
molto tenera, così appoggiata alla mia spalla…
E di certo un suo
contatto fisico, anche se solo con la testa, non mi dispiace.
«Non ti
preoccupare. Dove sono le chiavi?» chiedo io con un filo di voce.
«Nella borsa. Ma
non devi salire per forza. La biblioteca. Lo studio.» sussurra lei.
Mi sa che sta
proprio male.
E la colpa è mia.
«La biblioteca può
aspettare, non posso lasciarti qui…» dico convinto.
«Rose sarebbe
felice di saperlo.» commenta lei a bassa voce.
Rose?
Sua madre?
Per lo meno porto
solo “in salvo” sua figlia.
Le altre volte
facevo molto altro...
Matteo, non pensare alle altre volte.
Giusto, perché
Virginia non è come le altre.
«Posso prendere
le chiavi?» le sussurro.
«Sì certo, ecco.
Cerca pure. Io sto qui appoggiata. La testa fa meno male così.»
Io ora la prendo
in braccio, la porto a letto e la obbligo a dormire finché non sta meglio.
Il senso di colpa è una brutta bestia...
Anche il senso di
protezione per questa meravigliosa ragazza.
«Mi spiace...» ripete
lei per l’ennesima volta.
«Non ti
preoccupare. Ora, basta che mi dici a che piano andare e qual è la porta di
casa tua e va tutto bene.»
«Dio mio, potresti
anche essere un ladro. Ma un ladro troppo gentile… E poi ti conosco... Ecco. Abito
al secondo piano.» sussurra appoggiando ancora la testa sulla mia spalla.
Povera Virginia.
Secondo piano,
secondo piano.
Arriviamoci in
fretta.
Ascensore arriva,
forza.
Arrivati al
secondo piano.
«La porta?»
«Quella a destra…»
«Ottimo.»
«Eccoci…» dico
aprendo la porta di casa di Virginia, fermandomi all’esterno e facendo entrare
lei.
«Scusa ma, non
entri?» chiede lei.
«Non sapevo se tu
volessi…» dico mezzo imbarazzato.
«Entra pure… E’
il minimo.»
«Permesso.» dico
facendo un passo ed entrando in casa.
Che bella casa.
Elegante e
moderna.
A Stella
piacerebbe un sacco questo stile.
Oh cazzo.
In tempo zero
realizzo una cosa sconcertante.
Sono a casa sua.
Sono a casa di
Virginia.
Matteo vuoi metterti a saltellare?
No.
Contieniti.
Ok.
«Come stai?» le
chiedo.
Uhm, domanda
intelligente Matteo.
Forse era meglio
un «Come ti senti.»
«Mi metto una
tuta e poi prendo qualcosa…» dice lei avviandosi da qualche parte.
Vuoi una mano?
Potrei benissimo
spogliarti…
Matteo, per fortuna sei stato zitto.
Sei decisamente
fuori luogo e lei sta male…
Giusto, basta
pensare a lei nuda in questa casa che si spoglia.
Come se fosse semplice…
«Posso sedermi
sul divano?» chiedo a nessuno come un imbecille, dato che Virginia è sparita e
io sono in piedi come un palo della luce.
«Sì certo. Scusa
la tuta ma…» riappare stringendosi nelle spalle.
«Non ti
preoccupare.» dico io serio.
Dio mio, è
incantevole anche con la tuta blu.
Com’è possibile?
E’ bellissima
anche con una semplice tuta larghissima.
«Vuoi vedere un
film?» chiede lei sedendosi accanto a me.
«No, leggo uno
dei miei libri.» poi il rumore della tv è meglio di no dato il suo mal di
testa.
«Merda…» sussurra
lei quasi impercettibilmente.
Quella ragazza
riesce ad essere adorabile anche dicendo le parolacce.
«Che c’è?» le
chiedo mezzo divertito.
«Uh, scusa.»
Diventa rossa come un peperone.
«Dimmi pure.»
«Ho lasciato la
pastiglia e il bicchiere d’acqua in cucina...» ammette lei cercando di alzarsi.
«Vado a prenderli
io!» dico scattando in piedi come se mi avessero caricato con una molla.
«Ma…»
«Niente ma.»
Forse dovrebbe
averlo capito che non tollero i ma quando una persona sta male.
Soprattutto se si
tratta di lei…
«Grazie, davvero
io non so come ringraziarti.»
«Di nulla.» dico
sorridendole.
Torno in sala e
trovo Virginia mezza sdraiata sul divano con sopra un plaid bianco.
«Scusami. Mi alzo
subito.» sussurra lei.
«No, rimani giù.
Alzati solo per prendere questa.» le dico avvicinandomi e allungandole la
pastiglia e il bicchiere.
«Grazie.»
Ringrazia davvero
troppo…
«Mi sono permesso
di cercare il bagno e sono andato almeno a lavare le mani.» le dico
imbarazzato.
«Sì, hai fatto
bene. Io… Io non te l’ho neanche chiesto. Scusami davvero.» dice lei tornando
con la testa sul divano.
«Non ti
preoccupare. Non stai bene. Dormi un po’.»
Quando Stella non
sta bene, lei dorme.
Magari funziona
anche per lei.
«Tu… Rimani?»
chiede lei arrossendo un po’ con aria quasi incredula.
Mi ha chiesto di
rimanere…
«Se tu vuoi, sì.»
«Sì. Vieni qui?»
dice facendomi spazio sul divano.
«Recupero un
libro e arrivo.»
Credo sia una
delle sensazioni migliori del mondo.
Ho un libro nella
mano sinistra che non ho minimamente aperto e con la mano desta accarezzo i
capelli di Virginia che si è addormentata da poco sulle mie gambe.
Sì, non sto sognando.
Mi son tirato un
paio di pizzicotti ma credo sia proprio la realtà.
Anche se la
situazione è una delle più surreali mai vissute. La colazione, il ritorno in
bus, l’invito. Eppure, questa è la realtà. E’ successo tutto per davvero.
E questa realtà è davvero bellissima.
Bellissima come
la ragazza che ha appoggiato la testa alle mie gambe con un «Posso?» e poi ha
chiuso gli occhi.
Una ragazza
davvero meravigliosa.
E’ una visione.
La mia visione.
La mia Virginia.
Hai detto mia, Matteo?
Sì.
Voglio che lei sia mia.
La
mia Virginia.
Suona anche bene.
Continuo a
guardarla e ad accarezzarle i capelli.
Appoggio il libro
di lato.
Non posso perdermi questo spettacolo.
Altro che
biblioteca…
Ho scritto su
WhatsApp a Gabriele avvertendolo di un imprevisto e non potevo esserci oggi.
Non credo che sia stato un problema per lui.
Preferisco
milioni di volte lei alla biblioteca.
Lei... Io non so cosa mi ha fatto.
So solo che è una
sensazione meravigliosa.
Mai provata prima
d’ora.
E continuo a
guardarla ed accarezzarle i capelli.
Mi sento quasi stupido ma è così giusto…
Matteo ma tu sei
stupido.
Più che stupido, rincoglionito.
Dovevo ascoltare
Stella questa mattina che prima di uscire ha voluto sapere tutto e mi ha detto «Vedrai,
sarà una meravigliosa mattina, fratello. Comportati normalmente e andrà tutto
bene.»
Sì Stella, avevi decisamente ragione.
Al suo compleanno
dovrò ricordarmi di farle un bel regalo.
Non so se mi sono comportato normalmente,
ma è andato tutto meravigliosamente.
Meravigliosa come
la ragazza che dorme sulle mie gambe ora.
**
Buona sera a tutti e buon anno! Finalmente
sono riuscita ad aggiornare e mi scuso infinitamente per il ritardo. Spero di
riuscire ad aggiornare il prima possibile. Vi ringrazio per la pazienza e anche
il solo fatto che leggiate di Virginia e Matteo. Magari vi aspettavate una
colazione “vera” con molta sostanza. E invece… E’ stata una mattinata strana
per Virginia, ma nonostante tutto e nonostante la sua emicrania, Virginia è
uscita. E Matteo credo sia stato la persona più adorabile del mondo. Voi che ne
pensate?
Infine, la canzone del titolo è una delle
mie preferite in assoluto. “All the right moves” degli One Republic. E vi dirò,
secondo me, con questo capitolo è davvero perfetta. Matteo ha fatto davvero
tutte le “mosse” giuste.
Un abbraccio.
E.
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Capitolo 16 *** Suocere & Fiabe ***
INASPETTATAMENTE_ cap.16
Suocere
& Fiabe – Capitolo 16
24 Gennaio.
Ore 9:17
V’s POV.
«Arrivati…» un
sussurro di una voce calma e dolce mi riporta alla realtà.
Alla dura realtà.
Alla realtà della
mia emicrania.
Non è possibile
stare così male.
Non è possibile
che il mio mal di testa sia aumentato così tanto e così improvvisamente, anche
perché avevo preso una pastiglia prima di uscire.
E in un momento
siamo arrivati a casa. A casa mia.
Ma come ho fatto
ad arrivare fin qui?
Forse hanno
sperimentato il teletrasporto con me quest’oggi, anche se, non credo sia possibile.
Non ricordo il
tragitto sull’autobus, ricordo solo di aver ringraziato quel meraviglioso
ragazzo, gli ho anche chiesto se era effettivamente sicuro di portarmi a casa. Ce
l’avrei sicuramente fatta ad arrivare fin qui da sola, ma non saprei dire
quando e soprattutto in che stato. Ma… Giusto, c’è un enorme ma.
Qualcuno mi ha
portata a casa.
Una sorta di
angelo che ora è qui con me.
Virginia hai appena dato dell’angelo a
Matteo.
Sì, forse sarebbe
meglio santo.
Santo Matteo, suona
anche bene e gli si addice perfettamente.
Mai nessun
ragazzo si è prodigato in questo modo per me.
Mai nessuno ha
fatto quello che lui ha fatto per me ora.
Virginia devi
ammettere che quando hai mal di testa non è che ti diverti ad andare in giro...
Piccoli dettagli.
Ma per lui questo
ed altro, soprattutto per come si sta comportando e si è comportato fino ad
adesso.
Un ragazzo d’oro.
Davvero.
Marco l’ha tenuto
nascosto troppo a lungo, prima o poi mi arrabbierò con lui.
Ok Virginia,
basta pensare.
Alza la testa e
dì qualcosa.
No, non voglio
alzare la mia testa che è comodamente appoggiata alla spalla di Matteo.
Provo almeno,
magari è passato.
No, pessima idea.
Rimango
appoggiata qui che è meglio.
Stai sfruttando
Matteo come se fosse una sorta di divano, lo sai vero?
«Grazie Matteo.
Davvero grazie.» dico questo.
Non so che altro
dire. O sto sognando o è tutto reale e questo ragazzo me lo sposo prima o poi.
«Non ti
preoccupare. Dove sono le chiavi?» chiede lui con una voce morbida.
«Nella borsa. Ma
non devi salire per forza. La biblioteca. Lo studio.»
Cosa diamine ho
detto?
O forse
farfugliato?
Odio il mal di
testa, lo odio con tutta me stessa.
Cos’ho vaneggiato?
Non ricordo
neanche quello che ho detto.
A parte cose
sconnesse, ovviamente.
«La biblioteca
può aspettare, non posso lasciarti qui…» dice lui serio.
Me lo sposo,
posso?
Tipo adesso?
Sì?
«Rose sarebbe
felice di saperlo.» biascico ancora, a voce bassa.
Sono decisamente
convinta che mia madre appezzerebbe molto la galanteria di Matteo, anche l’aspetto
fisico e il carattere, insomma è davvero meraviglioso questo ragazzo.
Devo sembrare
piuttosto patetica…
Ma qui con lui
sto bene, mal di testa a parte, sto davvero bene con lui.
Bene come mai non
sano stata in vita mia.
Mettiamola così:
è la prima volta che sto bene con il mal di testa, solo perché c’è lui.
«Posso prendere
le chiavi?» sussurra lui al mio orecchio con una voce gentilissima.
«Sì certo, ecco.»
dico facendo scendere la borsa dalla mia spalle «Cerca pure. Io sto qui appoggiata. La testa fa meno male così.» Il
che è vero. A parte il mio farfugliamento inutile e sconclusionato. Da quando
ho appoggiato la testa alla sua spalla sto leggermente meglio, ma non la devo
muovere. Inoltre, sto anche rovinando la mattinata a questo povero santo.
«Mi spiace...»
proseguo poco dopo. Sembro un disco rotto con la solita frase ripetuta ogni
tanto.
«Non ti
preoccupare. Ora, basta che mi dici a che piano andare e qual è la porta di
casa tua e va tutto bene.» afferma con una voce molto rassicurante.
«Dio mio,
potresti anche essere un ladro.» Merda, cos’ho detto? Gli ho dato del ladro?
Quando mi passerà il mal di testa dovrò assolutamente cercare di chiedere
perdono in ogni modo possibile. Ho addirittura alzato la testa dalla spalla e
una fitta molto forte mi ha colpita, come se mi volesse punire per la cavolata
appena uscita dalla mia bocca. «Ma un
ladro troppo gentile… E poi ti conosco... Ecco. Abito al secondo piano.» Ok,
forse ho recuperato per la figura di merda di prima, forse, almeno spero. Credo
che potrei vincere senza alcun dubbio il premio “Goffaggine” dell’anno, oltre
al premio “Stupida”.
Matteo ha cercato
delicatamente le chiavi nella mia borsa, è stato davvero molto gentile. Forse
aveva paura di invadere la mia privacy, o era semplicemente spaventato da
quello che avrebbe potuto trovare nella mia borsa. Insomma, si sa che nella
borsa di una donna ci sono delle cose molto personali e private, ed è una sorta
di piccolo mondo. Ma lui è entrato pacificamente e dolcemente in questo piccolo
mondo, e cosa più importante, è entrato anche nel mio di mondo, molto serenamente,
in un modo così naturale e semplice che mi ha praticamente sconvolta.
Abbiamo preso
l’ascensore e siamo saliti fino al piano del mio appartamento e io non ho più
spostato la testa dalla sua spalla. Il contatto con lui mi ha rassicurata e
tranquillizzata, credo che senza di lui non so come sarei potuta tornare a casa
sana e salva, perché sì, un’emicrania così è davvero debilitante.
«La porta?» chiede
piano.
«Quella a
destra…» sussurro.
«Ottimo.»
risponde lui dirigendosi alla porta di casa e mettendo le chiavi nella
serratura.
«Eccoci…» dice
aprendo la porta e bloccandosi fuori. Alzo la testa dalla spalla di Matteo ed
entro in casa.
«Scusa ma, non
entri?» chiedo io cercando di stare tranquilla. Chiaramente, tranquilla non
sono. Chissà se accetterà di entrare, chissà se ha voglia di venire fisicamente
a casa mia. Sarò pur all’antica, lo so, ma l’invito in casa è un qualcosa di
speciale, sicuramente anche di strano. Ma questa volta non c’è nessun problema,
è accaduto tutto in un modo così naturale e tranquillo, complice il mio mal di
testa. Desidero molto che lui entri in casa. Voglio che entri e basta. Non ho
intenzione di fare nulla di spettacolare tipo fuochi d’artificio o scintille
sotto le lenzuola, desidero solo rimanere un po’ con lui.
«Non sapevo se tu
volessi…» mi risponde lui e sembra quasi imbarazzato.
«Entra pure… E’
il minimo.» dico io cercando di dimostrare una sicurezza che non ho. Anche
perché entrare in casa è il minimo sì, il minimo anche per rendermi la ragazza
con il mal di testa più felice del mondo.
«Permesso.» dice
lui facendo un passo in avanti ed entrando in casa mia.
Ok, Matteo è in casa mia.
E’ la realtà e non
un sogno.
Lui è qui.
E’ fisicamente
con tutte le sue molecole qui.
Datti una calmata
Virginia, così fai aumentare il tuo mal di testa per nulla.
«Come stai?» chiede
lui con aria preoccupata togliendosi il giubbotto.
Quasi vado in
apnea trovandomelo così vicino, così bello, così irreale, così qui a casa mia.
«Mi metto una
tuta e poi prendo qualcosa…» gli rispondo andando in camera mia.
Virginia hai
tentato di sviare il discorso non rispondendo alla domanda di Matteo dicendo la
prima cosa che ti viene in mente che è “mi metto una tuta”, ma sei seria? Ma
davvero? Mi metto una tuta? Una tuta? Insomma il massimo dell’essere sexy con
un ragazzo del suo calibro. Non potevo dirgli qualcosa tipo “Mi metto comoda?”
e presentarti direttamente nuda? Sì certo, ci manca solo, con lui, nuda io, sono
messa male con questo mal di testa. Ora però questa tuta me la devo mettere per
forza, per lo meno è larga e blu, mi nasconde e sto comoda per davvero.
Ok Virginia,
spogliati e mettiti la tuta, fai un respiro e torni di là. Da Matteo.
Matteo è di là.
Capitan Ovvio Virginia, muoviti.
Recupero il
telefono e lo metto nella tasca della tuta.
«Posso sedermi
sul divano?» chiede lui di là, per fortuna sono pronta e riappaio subito in
sala.
«Sì certo. Scusa
la tuta ma…» tento di spiegare stringendomi nelle spalle ma lui mi interrompe.
«Non ti
preoccupare.» dice serio.
Davvero non mi
devo preoccupare?
Dice davvero?
Evidentemente no.
Fai una domanda intelligente ora.
«Vuoi vedere un
film?» chiedo raggiungendolo sul divano e mi siedo vicino a lui.
Ultimamente hai delle idee pessime
Virginia.
Lo so, lo so.
«No, leggo uno
dei miei libri.» mi risponde lui tranquillo e facendo un sorriso da infarto.
«Merda…» sussurro
quasi impercettibilmente. Ma ho davvero detto Merda. Non l’ho pensato vero? L’ho
detto davvero. Insomma, come continuare ad essere una ragazza fine ed educata.
Tuta e parolacce.
«Che c’è?» mi
chiede quasi divertito.
L’ho detto
davvero allora.
«Uh, scusa.» e diventa
rossa come un’aragosta.
«Dimmi pure.»
dice lui con una voce troppo armonica, troppo dolce, gli potrei dire qualsiasi
cosa.
«Ho lasciato la
pastiglia e il bicchiere d’acqua in cucina...» gli rispondo cercando di alzarmi
dal divano per andare nella stanza a lato.
«Vado a prenderli
io!» dice lui scattando in piedi.
Ok, ora scappa
davvero dalla porta.
«Ma…»
«Niente ma.» dice
tranquillo.
«Grazie, davvero
io non so come ringraziarti.» dico sincera.
«Di nulla.» mi
risponde sorridendo.
Matteo è sparito già
da qualche minuto. L’idea che forse è scappato si fa ogni secondo più viva
nella mia testa. Però… Ha lasciato qui il suo zaino. Sorrido da sola come
un’ebete quando sento dei passi che stanno raggiungendo il divano. E sì, è lui
per davvero e non è neanche scappato. Io nel mentre mi sono quasi sdraiata sul
divano avvolta come un baco da seta da una copertina bianca.
«Scusami. Mi alzo
subito.» sussurro io.
«No, rimani giù.
Alzati solo per prendere questa.» dice avvicinandosi e mettendomi davanti
pastiglia e bicchiere.
«Grazie.» sussurro
ancora una volta. E sì, ringrazio, perché davvero, come è possibile tanta
gentilezza e premura in una sola persona?
«Mi sono permesso
di cercare il bagno e sono andato almeno a lavare le mani.» ammette quasi
imbarazzato.
«Sì, hai fatto
bene. Io… Io non te l’ho neanche chiesto. Scusami davvero.» gli rispondo mettendo
la testa sul divano.
«Non ti
preoccupare. Non stai bene. Dormi un po’.» consiglia lui.
Dormire? Adesso?
Però, se io dormo lui se ne va, e io non voglio che se ne vada, anche se
dormire al momento è la cosa che mi gioverebbe di più.
La cosa migliore
da fare è chiedere direttamente a lui. «Tu… Rimani?»
«Se tu vuoi, sì.»
risponde serio.
«Sì. Vieni qui?»
dico spostandomi sul divano.
«Recupero un
libro e arrivo.» dice tranquillo.
Dopo aver
recuperato il libro, ho lasciato un po’ di spazio sul divano a Matteo. Lui si è
seduto, sorridendo, sembrava la persona più tranquilla del mondo, e soprattutto
sembrava per lui la cosa più naturale del mondo rimanere con me. Il fatto è che
io sto davvero molto bene con lui, anche se non lo conosco ancora bene, avrà sicuramente
degli scheletri nell’armadio come tutti.
Voglio stare con
lui.
Mi piacerebbe
davvero aprirmi come mai ho fatto prima con una persona.
Voglio essere
felice.
Voglio stare con
lui ora, adesso, sempre.
Chissà lui cosa
ne pensa…
Anche se ora come
ora è troppo presto, forse un po’ troppo prematuro avere queste idee con lui.
Dovrò fare tutto
un passo alla volta, tranquillamente.
Subito dopo che
Matteo si è accomodato sul divano, io ho sentito proprio la necessità di
avvicinarmi a lui, come una sorta di cozza allo scoglio.
Imbarazzatissima
e audace come non mai ho guardato Matteo negli occhi e gli ho chiesto «Posso
appoggiare la testa lì?» indicando con una mano le sue cosce.
Credo di aver
perso un paio di battiti cardiaci quando ha sorriso e mi ha risposto «E me lo
chiedi anche?»
«Sì? Non voglio
disturbare o essere un peso più di quanto io…»
Ma lui mi ha
interrotto dicendo «Non sei nessun peso e non mi hai minimamente disturbato.
Anzi, è un piacere essere qui, con te.»
«Da… Davvero?» ho
biascicato inebetita più del normale.
«Vieni qui e
riposati, non ti preoccupare. Veglierò io su di te, Virginia.» mi ha comunicato
con un sorriso che mi ha fatto davvero sognare.
Mi sono chiesta
perché avrei dovuto dormire anche se il mio sogno era lì, sveglio, vicino a me,
ma ho preferito avvicinarmi ulteriormente a lui, sorridere, appoggiare la testa
sulle sue gambe e chiudere gli occhi.
«Dimmi se ti do
fastidio» ho sussurrato io.
«Riposati e
basta.» ha risposto lui con un soffio.
Gli occhi alla
fine si sono chiusi e ho cercato di rilassarmi completamente sulle gambe di
Matteo. Prima di addormentarmi ho sentito una mano sfiorare i miei capelli e accarezzarli.
Ho sorriso ad occhi chiusi e mi sono goduta quel dolcissimo contatto. Credo di
non aver mai trovato un ragazzo con una tenerezza così infinita.
Sì, sono certa che veglierà lui su di me… E poco dopo sono sprofondata in un
bellissimo sogno.
M’s POV.
Occhi chiusi,
respiro lento e regolare, Virginia si è addormentata da un po’ sulle mie cosce.
Non mi sono mosso di un centimetro da un po’ di tempo a questa parte, non
volevo che si svegliasse proprio adesso che si era finalmente addormentata. Spero
solo che con questo riposo il mal di testa le sia passato e che stia meglio.
Il libro che mi
serviva per ripassare l’ho appoggiato al bracciolo del divano una ventina di
minuti fa. Ho fatto solo finta di ripassare, lo so benissimo, ma avere Virginia
qui vicino e addormentata mi provoca troppa distrazione. E’ una follia averla
qui, così vicina e sfogliare un banale libro, è una follia non prestare
attenzione a lei anche se sta dormendo. Non credevo di poter mai dire che una
persona è interessante anche mentre dorme, eppure lei lo è.
Ho continuato come
un perfetto idiota ad accarezzarle i capelli che sono incredibilmente morbidi.
Lei è così
morbida, così bella, così… Perfetta?
Ed è la prima
volta che io mi sento così. Così vulnerabile e chiaramente così pirla.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Merda, merda e merda.
C’è un qualcosa
che vibra.
Il mio telefono, forse.
Controllo la
tasca dei jeans ma la vibrazione non proviene da lì, assolutamente no.
Non è il mio
telefono. Quindi, dovrebbe essere il suo cellulare?
Oh merda.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
E’ il suo di
telefono. Il cellulare di Virginia.
Dove ce l’ha?
Posso rispondere? Devo rispondere?
Magari è solo uno
squillo?
Ok Matteo, tranquillizzati
e pensa a tutte le ipotesi.
Posso io, persona
sconosciuta, rispondere al telefono di Virginia?
Posso permettermi
di rispondere al suo telefono?
Dio mio,
ovviamente no. Non posso.
Quindi? Faccio
finta di nulla? Posso solo sperare che lei non si svegli.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Virginia si è
mossa leggermente sulle mie gambe.
Non voglio che si
svegli.
Basta, io
rispondo al telefono.
Poi può
insultarmi e non volermi vedere più ma non voglio che si svegli ora.
Sta male e ha
bisogno di riposo.
Matteo, stai
infrangendo la sua privacy.
Lo so e sono una
brutta persona per questo ma non voglio che si svegli.
Nella tasca della
sua tuta c’è un cellulare che continua a vibrare.
Cerco di muovermi
pianissimo e con la mano sinistra afferro il telefono.
Virginia è
tornata immobile sulle mie gambe.
Avvicino il
telefono che continua a vibrare e leggo il mittente della telefonata: Madre.
Come invadere la
sua privacy alla grande, in poche parole.
Parti subito alla
grande Matteo, con la madre.
Un ottimo modo di
merda per essere una persona orribile.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Ok, mi faccio
forza e rispondo a questo benedetto telefono.
Sarà la mia
rovina, già lo so.
Con una voce
bassissima avvicino il cellulare al mio orecchio e sussurro un «Pronto?»
«Virginia?
Tesoro?» una voce squillante mi risponde dall’altro capo del telefono.
Super merda, non
solo merda.
«Signora. Non
sono… Virginia.»
Silenzio
dall’altra parte della cornetta.
Matteo sai dire
solo cose ovvie?
A meno che
Virginia si sia trasformata in un uomo nelle ultime due ore, è ovvio che al
telefono non fosse sua figlia.
Merda.
«Uh, allora devi
assolutamente essere Matteo!» risponde lei.
«Ehm. Sì, sono
io.» le rispondo sinceramente stupito e con la voce bassa.
«Allora forse
puoi spiegarmi dov’è finita mia figlia e perché tu sussurri?»
«Signora…» inizio
io ma vengo prontamente interrotto.
«Chiamami Rose,
mi fai sentire vecchia!»
«Va bene, allora,
Rose, vede, Virginia si è addormentata e aveva il mal di testa…» cerco di
spiegare con voce calma. Ma non sono calmo, per niente, come minimo mi insulta,
sono in casa sua, con sua figlia che dorme, e l’aggravante è che ho risposto al
suo telefono come un completo imbecille violatore di privacy.
«Oh, molto bene.
Aveva bisogno di dormire? Siete in casa?» chiede pratica.
«Sì sign... Rose.
In casa vostra, l’ho accompagnata in casa e…» mi interrompe.
«Molto bene,
Matteo. Hai fatto bene. Quella testona di Virginia per una volta mi ha
ascoltata e si è fatta accompagnare a casa.»
«Alla fine sì.»
ammetto sorridendo lievemente.
«Non vuole
disturbare mai nessuno. Ma sono felice che tu ti sia imposto. Posso chiederti
un favore Matteo?» aggiunge.
«Mi dica.» Adesso
parte il cazziatone, me lo sento. E soprattutto sento di meritarmelo.
«Innanzitutto
dammi del tu, te l’ho detto. Seconda cosa, potresti stare un po’ con Virginia
questa mattina? Almeno finché dorme e si riprende. Io non posso proprio tornare
a casa ora e non mi va di lasciare Virginia da sola…»
«Nessun problema.»
dico io subito. Un favore che fa la madre di Virginia a me, non io a lei.
«Per ringraziarti
verrai a cena da noi una volta. Magari anche con Marco e Alessandro.» propone
lei.
«Non si disturbi,
davvero. Rimango qui più che volentieri.» ammetto semplicemente. Ed è davvero
così. Rimango qui finché Virginia vuole e ne ha bisogno.
«Va bene allora,
ma ricordati il tu. Inoltre quei due verranno prima o poi. Puoi solo dire a Vi che
l’ho chiamata per sapere come stava e che tu hai fatto solo bene a portarla a
casa?»
«Sarà fatto.» e
poi Virginia mi caccerà via di casa per invasione della privacy.
«Bravo ragazzo, a
presto!»
«Buona giornata.»
dico io prima di sentire il clic di chiusura della telefonata.
Oh, cazzo.
Respira Matteo.
Puoi respirare
ora.
E’ stato peggio di scalare l’Everest con
Messner.
Ho perso dei
chili.
Smettila Matteo, hai solo chiacchierato
con la tua futura suocera.
Futura suocera?
Sì, non mi dispiacerebbe avere la signora Rose
come suocera.
Non mi sembra il
caso di parlare di suocere ora.
Non sto ancora ufficialmente
con Virginia e non so se mai mi vorrà, ma ho già messo in cantiere l’idea del
matrimonio, però ho fatto i conti senza l’oste. Dopo che saprà che ho invaso la
sua privacy mi ucciderà ed occulterà il mio cadavere.
Matteo, guarda le
cose da un altro aspetto: hai appena parlato con la madre di Virginia ed è
andata piuttosto bene, ti ha pure invitato a cena, con Marco e Alessandro, ma è
pur sempre un invito.
Mah, vedremo.
Chissà come
reagirà lei quando saprà della telefonata di sua madre. Glielo comunicherò per
forza. Ma prima, innanzitutto spero che il mal di testa le sia passato, ho
intenzione di farle il terzo grado a riguardo, di coccolarla ancora un po’, di
parlarle, e di baciarla, ho bisogno di sentire le sue labbra sulle mie.
Inconsciamente
avvicino la mia testa alla sua, inspiro a pieni polmoni il suo meraviglioso
profumo, che è ossigeno puro e le deposito un bacio sulla nuca.
Torno con la
schiena appoggiata sul divano, continuo ad accarezzare questa meraviglia addormentata.
Ho bisogno di
sentirla vicino, ancora più vicino…
Abbasso la mia testa
e mi porto vicino a lei.
Inspiro
profondamente il suo profumo che mi inebria totalmente.
Deposito un altro
bacio sulla sua nuca.
Ma la nuca non mi
basta.
Voglio sentirla
più vicina.
Voglio che sia
mia.
Anche se sta
dormendo e non lo può sapere.
Mia.
Avvicino le mie
labbra alle sue e le lascio un bacio tra la guancia e la rima delle labbra.
Quanto è morbida
e meravigliosa.
Prima di tornare
nella mia posizione iniziale scorgo un meraviglioso occhio color cioccolato
scuro che mi guarda e un sorriso sul suo volto…
Merda, ho appena svegliato Virginia.
E l’ho svegliata
con un bacio.
Come il principe
ne “La Bella Addormentata”.
Però devo
ammettere che qui, l’addormentata non era solo bella, è semplicemente bellissima.
**
Buona sera e ben tornati a tutti, lettrici
e lettori di “Inaspettatamente”. Eccomi qui finalmente, perdonate la lunga assenza
ma purtroppo la vita vera ogni tanto si mette in mezzo e non ho tempo a
sufficienza da dedicare alla scrittura. Cercherò per il futuro di essere più
puntuale e non farvi aspettare troppo.
Spero che questo sedicesimo capitolo vi
sia piaciuto, lo so, forse è piuttosto banale ma ci tenevo molto che si vedesse
il punto di vista di Virginia, quello che lei pensa, quello che sente e com’è
con Matteo. Credo sia stato un passo piuttosto fondamentale e piuttosto
semplice per Virginia l’aver fatto entrare in casa sua e nella sua vita il
meraviglioso Matteo. Ci tenevo e spero di aver trasmesso il tutto... Virginia
si è completamente fidata ed affidata a Matteo.
Poi passo al secondo POV, quello di
Matteo. Lui non ha voluto che Virginia si svegliasse, quindi ha risposto alla
telefonata di Rose ed è stata anche una buona telefonata. Ha “conosciuto” anche
se indirettamente la madre di Virginia e la vuole come suocera. Che ne dite?
Vorreste anche voi avere una suocera come Rose? E poi… Virginia alla fine si è
svegliata grazie a un suo bacio. Come se fosse una fiaba… Chissà come reagirà?
Avete delle idee? Soprattutto chissà come reagirà dopo che Matteo le dirà della
telefonata.
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui,
grazie davvero.
Vi auguro una buonissima serata.
Un abbraccio.
E.
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Capitolo 17 *** Principi, medicine & ricette ***
INASPETTATAMENTE_ cap.17
Principi,
medicine & ricette –
Capitolo 17
24 Gennaio.
Ore 11:12
V’s POV.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
No.
Dai.
No dai.
Non voglio.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Non voglio
svegliarmi.
Non ora.
La sveglia deve
smettere di vibrare.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
Bzzz bzzz bzzzzzzz.
No, non voglio
aprire gli occhi.
Ok.
Ha smesso.
Meglio così,
torno nel mio sonno.
Dolci movimenti
nei capelli continuano a cullarmi da qualche tempo.
No, non voglio
svegliarmi.
Mani forti che mi
accarezzano dolcemente, che si intrecciano nei miei capelli, che mi sfiorano
dolcemente la nuca.
Dovrei proprio
sognare più spesso queste cose belle.
Sento un respiro
più deciso che si avvicina alla mia testa e qualcuno deposita un tenero bacio
tra i miei capelli.
Matteo?
Virginia è
impossibile, è solo un sogno.
Matteo non può
essere qui.
Una mano torna
tra i miei capelli, mi beo di questo contatto, di tutta questa gentilezza.
Matteo per davvero?
No, non è
possibile.
Virginia vedi di
svegliarti e smetterla di sognare.
Il respiro alle
mie spalle si fa più energico, è come se si avvicinasse e un buonissimo profumo
invade il mio volto.
Ma io questo
profumo lo conosco, e lo conosco davvero molto bene.
Anche se lo
conosco da poco, questo profumo è entrato perfettamente in testa, catalogato
come “qualcosa di estremamente buono” ed è proprio bello.
E’ bello proprio perché sa di lui. Di
Matteo.
Com’è possibile
che sia qui?
Non voglio aprire
gli occhi perché so che tutto questo potrebbe finire.
Sento un altro
bacio sulla testa, tra i miei capelli…
Quanta dolcezza.
E poi.
Quello che credo
che sia Matteo è fermo sopra di me.
Il respiro lento
e regolare.
Il profumo che sa
di buono.
E’ proprio un bel
sogno.
Sento un tenero
bacio tra le labbra e la guancia.
Un sorriso mi si
allarga spontaneamente sul mio volto.
E’ istantaneo: un
bacio di Matteo provoca questo.
Un bacio di Matteo?
Apro un occhio e…
Oh.
Non ci credo.
Dai, non so se posso credere che Matteo sia realmente qui.
Mi guarda
dolcemente stupito, stranamente tranquillo, bello come il sole, mentre sta
appoggiando la schiena al mio divano, in casa mia.
Il mio divano.
A casa mia.
Matteo sul mio
divano, a casa mia?
Devo smetterla di
sognare ad occhi aperti.
Devo smetterla di
avere queste sottospecie di allucinazioni date dall’emicrania.
A proposito di
mal di testa. Che meraviglia. Non è più presente, non c’è più. O almeno, non è
più così forte come lo era prima. Oppure mi sono semplicemente rimbambita del
tutto ed è forte e ho pure le allucinazioni, quindi non posso neanche
rendermene conto. Bene, ma non benissimo.
Apro anche
l’altro occhio ma non cambia nulla.
Lui è sempre qui
e mi guarda.
Ora con aria
chiaramente divertita.
No, non può essere qui.
Non è possibile.
«Oh, cavolo. Ora
la mia emicrania mi provoca anche le allucinazioni!» dico sospirando.
Matteo, o almeno,
la presenza ologrammatica ed eterea di Matteo, mi guarda e sorride.
Non è possibile
davvero.
«No, non è
possibile. Allucinazioni.» dico alzando e premendo il mio indice sul volto
divertito di Matteo.
Sulla sua
guancia.
Oh merda.
«Ehi, ma tu. Tu
non sei una allucinazione.» dico chiaramente imbarazzata.
«Eh, no.»
risponde lui con un sorriso da infarto.
«Sei qui…» brava
Virginia, renditi ancora più ridicola.
«Non me ne sono
andato. Sono contento che tu ti sia svegliata!» dice lui prendendo con la sua
mano il mio dito che era rimasto fermo sulla sua guancia, avvicinando la mia
mano alle sue labbra e depositando un bacio lì.
Oh mio dio.
Altro che
farfalle nello stomaco, infarti multipli con scompensi cardiaci a gogo.
Rimango inebetita
con le guance in fiamme, con gli occhi fissi nei suoi.
Vorrei
sprofondare.
Virginia dì qualcosa.
O fai qualcosa.
«Ho… Ho fatto
qualcosa di sbagliato?» chiede Matteo anticipando qualsiasi parola che potessi
proferire.
«No no, figurati.
Sono cose che… Vedi, mi lasciano, anzi no, tu mi lasci senza parole.» ammetto
arrossendo.
«Mi vengono così
naturali, con te. Quindi, dimmi se faccio qualcosa che non va bene.» mi
risponde quasi in imbarazzo.
Annuisco
semplicemente.
Avevo già detto
che l’avrei sposato!?
Ora necessito
sposarlo davvero, magari gli propongo un viaggio a Las Vegas tipo domani.
“Matteo hai il
passaporto pronto? Andiamo a Las Vegas subito!”
Virginia smettila.
La mia mano
rimane tra quella di Matteo.
Non l’ho più
spostata dopo il bacio.
Tranquillamente
inizia ad incrociare le sue dita con le mie.
Il mio stomaco fa
proprio le capriole, come se avessi dodici anni.
Ora sì, ci sono
le farfalle. Magari anche le libellule o altri animaletti primaverili.
Alla fine
dell’incrocio ci ritroviamo palmo contro palmo.
Mani tra le mani.
Dita tra le dita.
Le sue dite si
stringono alle mie e mi infondono calore, tranquillità e protezione.
Virginia è solo
una mano.
Solo una mano?
No, è un qualcosa
di erotico.
Bisognerebbe
denunciarlo alle autorità!
Non sapevo che
due mani unite potessero dare sensazioni così lussuriose.
Semplici
sensazioni che mi scaldano il corpo e l’anima.
Sensazioni mai
provate fino ad ora con qualcuno.
Mai.
L’altra mano di
Matteo è sempre rimasta tra i miei capelli. Non l’ha mai spostata.
Si accorge di
qualcosa perché inizia dicendo «Posso lasciarla…»
«Resta. Se i
capelli non ti si annodano alle mani! A me piace, mi rilassa tanto.» lo
interrompo e lui sorride.
«Oddio.» dico io
poco dopo mentre Matteo mi accarezza la mano e la testa contemporaneamente.
«Cosa c’è?»
chiede lui con una voce calda e tranquilla. Potrebbe farmi qualsiasi domanda e
io mi scioglierei nel giro di mezzo secondo.
«Mi sono addormentata
su di te!»
Virginia, te ne
sei accorta tardi, anzi tardissimo. E continui a renderti ridicola e a dire
ovvietà.
«Certo.»
«Potevi
spostarmi!»
«Perché avrei
dovuto?» chiede lui quasi divertito.
«Non so, magari
avevi altre cose da fare! Non dovevi studiare?»
«Non ti
preoccupare. Ho letto qualcosina prima.»
«Ma hai un esame
da preparare! Devi studiare!» ribadisco io.
«Non ti
preoccupare Virginia. Sono prontissimo.» dice lui con voce seria.
«Faccio fatica a
non crederti, sai?»
Brava Virginia,
renditi sempre più ridicola.
«E’ solo un
esame. Cambiamo discorso, su. Come stai? Il mal di testa? Sembri meno
sofferente.»
«Va.» cerco di
fare mente locale sulla mia attuale situazione, mi sento in una bolla in questo
istante, e il mal di testa non c’entra nulla, c’entra solo lui. «Va bene. Il
mal di testa è diminuito molto.»
Mi interrompe lui
sussurrando «Scusa il terzo grado. Ma, ecco, ero preoccupato per te.»
Un’altra volta
sono frastornata. Questo ragazzo riesce a spiazzarmi semplicemente con le
parole o con dei gesti apparentemente normalissimi.
«Non ti
preoccupare. E’ grazie a te se sto meglio!»
«Addirittura?»
chiede lui divertito.
«Sì, davvero. Non
sarei tornata a casa subito. A proposito di mattina, ho rovinato completamente
i tuoi programmi per la mattinata!»
«Non dire così.
Ho passato una mattina a vegliare su una principessa. Proprio come nelle
fiabe.» dice lui malizioso.
Fiaba?
Fiaba!
Lui mi ha dato un
bacio come nelle fiabe!
E io mi sono
svegliata grazie al suo bacio.
Va bene, sto al
gioco.
«E i principi
svegliano le principesse addormentate con un bacio. Come hai fatto tu!»
«Io?» chiede lui
con aria innocente.
«Oh sì, tu!»
faccio forza sui gomiti e mi avvicino al suo viso «Grazie.» gli dico
depositando un casto bacio a fior di labbra e tornando successivamente
accoccolata sulle sue gambe.
«Virginia,
ascolta.» inizia lui dopo qualche momento.
Il tono non mi
piace, è il classico da “ti devo dire un qualcosa di brutto, preparati” oppure
“ho un’amante tagliata a pezzi nascosta nell’armadio”.
Oh sì, lo sapevo
che ci saremmo arrivati.
Era tutto troppo
perfetto per essere vero…
«Dimmi tutto.»
rispondo guardando nei suoi occhi verdi.
«Prima, quando
stavi dormendo è suonato il tuo telefono.»
«Ho sentito
qualcosa infatti, mi sa che mi sono riaddormentata subito.»
«Non smetteva di
suonare e non volevo che ti svegliassi, perché avevi proprio bisogno di
riposare e dormire. Quindi, ecco, ho risposto io alla telefonata.»
«Uh.» che
pensiero dolce.
Posso sposarmelo?
Dai!
Allora, tiriamo
le somme. Per ora tutto bene, la parte durante la quale mi confessa che ha
ucciso qualcuno quando arriva? Non mi piace sentirlo parlare così, è così,
incerto.
«Ed era tua
madre.»
«Oddio.» Eccola
qui la bomba, di tutte le persone che potrebbero chiamarmi, lui ha risposto
quando mi chiamava Rose.
«Spero di non
farti arrabbiare, dato che ho invaso la tua privacy.»
«Stai scherzando,
vero?»
«Sono serissimo.
E ho la netta sensazione che mi manderai fuori casa nel giro di due secondi.»
mi risponde tutto d’un fiato.
Scoppio a ridere
con una di quelle risate che mi piacciono tanto, non forzata, non idiota. Solo
una risata. Vera. Come Matteo.
Lui mi guarda un
po’ titubante, forse aspettandosi davvero di essere eiettato fuori da casa mia.
«Eri preoccupato
per questo?» chiedo io con la voce più dolce che posso avere.
«Sì. Ecco. Non
sapevo. Non.»
«Sssh.» porto un
mio dito della mano libera vicino alle sue labbra. «Non ti preoccupare tu. Hai
fatto benissimo. Sei stato gentilissimo, davvero. Grazie.»
«Grazie a te.»
dice sussurrando.
«Ora però sono
curiosa…»
«Di cosa?» chiede
lui sorridendo con una voce molto più distesa di prima.
«Cosa ti ha detto
Rose?» chiedo io curiosa.
«Se te lo dicessi
poi dovrei ucciderti. E non mi va proprio.» risponde.
«Scherza pure,
signor principe, ma me lo deve dire.»
«Vuoi saperlo
davvero?»
«Mi devo
preoccupare? Forse sì, dopotutto è mia madre. Dimmi, forza, sono pronta a
tutto.» gli rispondo cercando di apparire il più coraggiosa possibile.
«Mi ha chiesto di
rimanere qui finché tu non ti fossi sentita meglio. Le ho dato la mia parola
che non mi sarei mosso da qui.»
«Cosa?» Mi lascia
a bocca aperta. Io uccido mia madre appena la vedo.
«Non fare quella
faccia Virginia. Era preoccupata per te.»
«Lo so, lo so. Non
le sono mai piaciuti i miei mal di testa.»
«Lo so. Poi…»
prosegue quasi assorto nei suoi pensieri.
«Lo sai? Poi? C’è
dell’altro?» sembro una pazza invasata.
«Uhm. Si, mi ha
invitato a cena.»
«Sei il primo che
viene qui invitato da Rose.» sono incredula e lui sorride beffardo. «A cena?»
chiedo ancora più sospettosa. Mia madre che invita qualcuno a cena che esce con
la sua bambina? Qualcuno deve aver ipnotizzato Rose durante la telefonata.
«Si, ma non ti
preoccupare. Ha detto che sarebbero venuti anche Marco e Alessandro.»
«Cospirano tutti
alle nostre spalle!» dico io scrollando la testa e sorridendo.
«Ti dirò, mi
piacciono tutte queste cospirazioni.» risponde Matteo avvicinandosi
pericolosamente alla mia testa.
Con un sospiro
avvicina le sua labbra alle mie.
Labbra contro
labbra.
Un sorriso e poi
dischiudiamo le labbra insieme, finalmente le nostre lingue si ritrovano dopo
del tempo che mi è sembrato infinito.
Lingue che si
accarezzano, lingue che giocano, lingue che esplorano.
Con dolcezza e
passione insieme, le nostre lingue continuano a danzare per un periodo di tempo
indefinito.
Quando ci
stacchiamo gli stringo la mano che ha lasciato incatenata alla mia.
L’altra mia mano
è sulla sua nuca e me lo tengo vicino. Non voglio che si stacchi.
Il suo profumo è
meglio di una droga. E i suoi baci, beh, i suoi baci anche.
«Mh, sì.
Piacciono anche a me queste cospirazioni.» dico io dopo aver preso un po’ di
ossigeno e lui mi regala un sorriso splendido.
«Ne sono
contento.» mi risponde a fior di labbra prima di approfondire un’altra volta un
suo meraviglioso bacio.
«Quindi,
ricapitolando, abbiamo in programma due cene.» dice Matteo sorridendo dopo una
lunghissima serie di baci.
«Come due?»
chiedo io. Da quando sono due? In ogni caso, se anche dovessero essere dieci,
cento, mille, non sarebbe un problema. Anzi.
«Sì certo! Una
devo assolutamente portarti fuori io. Un’altra con tua madre, Marco e Ale.»
ribadisce lui.
«A proposito.»
chiedo io curiosa «Ti ha detto di darle del tu?»
«Sì! Mi ha
praticamente obbligato a darle del tu e a chiamarla Rose.» Tipico di lei.
«I miei sospetti
sono fondati allora.» affermo seria.
«Mi rendi
partecipe dei tuoi sospetti?» chiede lui dandomi un bacio sulla guancia.
«Cerchi forse di
compromettermi così? Dato che sei tu e dato che oggi mi sento particolarmente
buona, ti renderò partecipe.» rispondo io ridacchiando.
«Molto bene.»
dice lui continuando a depositare dei dolcissimi baci sulla guancia.
«Le stai
simpatico.»
«Davvero?»
«Oh sì. In più
Marco e Ale hanno parlato bene di te a Rose.» si Virginia, brava, vai avanti e raccontagli
anche che lo sogni in situazioni poco caste e via. Smettila di aprirti così
tanto con lui.
«Com’è possibile?»
chiede lui.
«Spero non sia…
Come dire, un problema per te. Ma, ieri sera sono piombati qui Ale e Marco senza
preavviso e hanno indagato.» Come fanno sempre del resto.
La sua risposta
arriva con un sorriso «Nessun problema. Conosco molto bene quei due, quindi
immaginavo che chiedessero informazioni a te. Anche se ora potrei essere quasi
geloso… Preferiscono una donna a me.» afferma con un sorriso.
«Stai attento
sai. Hanno dalla loro parte una psicologa, ovvio che preferiscano me!» Tutta
questa sicurezza da dove ti esce Virginia?
«Lo so benissimo.
Mi minacciano costantemente.»
Mi piacciono queste
informazioni con minacce. Dovrò congratularmi con Marco o con Alessandro.
«Sarà una cena
sofferta. Vedrai!» dico io scherzando.
«Immagino. Non
sono molto abituato a questo genere di cose.» ammette lui quasi imbarazzato.
«Io neanche, se
ti fa piacere saperlo.» affermo con un sorriso imbarazzato.
«Molto, sì.» dice
lui guardandomi intensamente con quegli occhi verdissimi.
«Forse… Ti senti
a disagio? Stiamo, come dire, correndo troppo?» chiedo piuttosto preoccupata.
Non vorrei essere precipitosa, andare troppo veloce, non voglio affrettare il
corso delle cose, già l’averlo qui è… Tanto.
«Assolutamente no.
Le situazioni imbarazzanti e a disagio sono altre, fidati! Però se mette te a
disagio non vengo.» dice lui rassicurandomi.
«No no. Voglio
che tu venga. Non volevo che magari…»
«Non ti
preoccupare Virginia. Poi, non sarò solo. Sarà un qualcosa di nuovo e
divertente.»
«Soprattutto per
la presenza di Marco e Ale.» gli rispondo sorridendo.
«Vedrai, andrà
benissimo.» dice lui serioso.
«Ma almeno una
data prevista?» chiedo.
«No.» ammette
lui.
«Uh, non ti
preoccupare allora. Vedrai, Rose è piena di eventi da organizzare ma appena
avrà un venerdì o un sabato sera libero, inizierà a pensare a ogni minima cosa.»
sicuro come l’oro avrà già controllato la sua agenda.
«Mi fa quasi
paura.»
«Te l’avevo detto!»
rispondo sorridendo.
«Poi magari non
ti farà più uscire con me.»
«Ma io sono una
ragazza ribelle. Uscirei lo stesso, sai?»
«Davvero?»
«Chissà, forse.»
«Potrei quasi
esserne onorato.» mi risponde aprendosi in un meraviglioso sorriso. «Poi quando
vuoi vieni a cena con me.»
«Quando voglio?»
Posso dire sempre?
«Certo. Quando
vuoi tu.»
«Presto allora.»
Questa sera?
«Va bene. Magari
dopo l’esame.»
«Cavolo sì,
scusa. L’esame… Quando sarà?»
«Mercoledì
prossimo.»
«Allora hai
ancora un po’ di tempo.»
Lui annuisce
sorridendo e baciandomi con una tranquillità devastante.
Svariati minuti e baci dopo.
«Senti ma, quel
rumore veniva dalla tua pancia?» chiedo stupita a Matteo.
«Ebbene sì, il
mio stomaco ha appena brontolato.»
Alzo la manica
della felpa per vedere che ore sono.
Oh cavolo.
«Ovvio che il tuo
stomaco brontoli! Avrà anche fame! E’ quasi mezzogiorno e mezzo!»
«Decisamente. Il
tempo è volato!»
«Devi… Andare via?»
chiedo titubante.
«Più tardi sì.
Devo andare a prendere mia sorella a scuola e non so dove la devo portare...»
sembra che si stia giustificando.
«Oh.» è anche un
bravo fratello. La sorella, non l’ha nominata molto. Ma si vede da come ne
parla che la adora. Avrà qualche difetto nascosto da qualche parte?! Dubito. «A
che ora?» chiedo.
«Alle due e
mezza.»
Ho appena avuto
un’idea. Un’idea di quelle belle. Una di quelle cose che decidi al volo e che
ti devi buttare per forza. «Beh, dovrai pur mangiare qualcosa, vero?»
«Sì?» è una
domanda.
«Rimani qui.
Cucino qualcosa e poi vai. Il tuo stomaco mi ringrazierà!» Non so da dove mi
sia usci
«Cucini tu?»
chiede sorpreso.
«Certo!»
«Cosa preferisci?»
«Qualsiasi cosa
va bene.»
«Una pasta può
andare?»
«Va più che bene.»
risponde abbassandosi su di me. «Grazie.» mi stampa un bacio a fior di labbra e
torna con la schiena appoggiata al divano.
«Grazie a te per
essere rimasto. Rose ti ha fatto rimanere senza neanche sapere se avessi avuto
da fare o meno. Mangi qui e poi vai da tua sorella, va bene?»
«Sorella è un
eufemismo, è una sottospecie di tornado!» dice lui sorridendo.
«Mi alzo da qui
così preparo.»
«Alzati piano eh.»
si preoccupa anche. Dove l’hanno costruito un ragazzo così?
«Certo.» mi metto
seduta e la testa gira lievemente, ma non pulsa più.
Ho la testa
libera e leggera, soprattutto non fa più male. Ho trovato la mia medicina
perfetta per il mal di testa: pastiglia, sonno e Matteo.
Mi alzo in piedi
con calma e Matteo continua a stringermi la mano, non l’ha mai lasciata.
Cucinare per lui
non sarà facile.
Mi distrae e
l’unico pensiero che ho non è rendere orgoglioso Carlo Cracco o Joe Bastianich
con le loro ricette, ma quello di riappropriarmi delle sue labbra, di
abbraccialo, di ringraziarlo per essere rimasto. Ma soprattutto di regalargli
una buona motivazione per rimanere.
Cucinare sarà assolutamente
un qualcosa di estremamente difficile.
***
Sono tornata! Chiedo perdono, un immenso
immenso perdono. Non mi sono dimenticata di questa storia! Ma la mia vita ha
preso una strada particolare e gli ultimi mesi sono davvero stati intensi.
Intanto, buona sera e ben ritrovate a tutti voi lettrici meravigliose, oppure
per chi non ha mai letto nulla benvenutissimi. Siamo arrivati, giuro, non so
come, al diciassettesimo capitolo. Ci tenevo a ringraziarvi per essere arrivati
fin qui, con me. State sognando, sorridendo e scoprendo Virginia e Matteo così
come faccio io capitolo per capitolo. State viaggiando anche con me.
La bella addormentata si sveglia e trova
lì un meraviglioso principe che la aspetta. Parlano molto in questo capitolo, è
un capitolo molto molto diretto, ne sono consapevole. Ho lasciato spazio più
che altro ai dialoghi e non a tutti i pensieri di Virginia. Avevano bisogno di
parlare, di conoscersi meglio, di scoprirsi. E così hanno fatto. Matteo e
Virginia hanno lasciato libero sfogo ai pensieri, ai dubbi, alle insicurezze e
hanno anche agito. Com’è giusto che sia! Piccoli passi alla volta. Io li ho
trovati davvero teneri. Ora ci attende un pranzo e ben due cene. Idee? Dubbi?
Perplessità? Prometto che aggiornerò molto presto.
Grazie ancora.
Per me significa tantissimo, davvero.
Una buonissima serata a voi e al prossimo
capitolo!
Un abbraccio.
E.
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Capitolo 18 *** Dubbi & Zucchero ***
INASPETTATAMENTE_ cap.18
Dubbi &
Zucchero – Capitolo 18
24 Gennaio.
Ore 12:28
M’s POV.
«Senti ma, quel
rumore veniva dalla tua pancia?» chiede sorpresa Virginia staccandosi dalle mie
labbra dopo aver sentito uno strano brontolio.
«Ebbene sì, il
mio stomaco ha appena brontolato.» ammetto sorridendo. Ho fame, chiaramente, ma
preferisco di gran lunga baciare e coccolare lei.
Virginia alza la
manica della sua felpa per controllare l’orario e poi esclama «Ovvio che il tuo
stomaco brontoli! Avrà anche fame! E’ quasi mezzogiorno e mezzo!»
Come sarebbe a
dire quasi mezzogiorno e mezzo? «Decisamente. Il tempo è volato!» Il tempo vola
quando lo trascorri con persone che ti piacciono.
«Devi… Andare
via?» chiede lei un po’ titubante e sembra che la luce nei suoi occhi si spenga
lievemente.
«Più tardi sì.
Devo andare a prendere mia sorella a scuola e non so dove la devo portare...» Matteo
ti stai giustificando? E’ la prima volta in vita tua che lo fai. E sì, voglio
rimanere qui con lei.
«Oh.» risponde
lei sorpresa. Le ho parlato poco di Stella, poco è meglio del nulla che ho
fatto di solito con le altre ragazze. «A che ora?» chiede di slancio.
«Alle due e
mezza.»
«Beh, dovrai pur
mangiare qualcosa, vero?» chiede.
«Sì?» suona come
una domanda titubante.
«Rimani qui.
Cucino qualcosa e poi vai. Il tuo stomaco mi ringrazierà!»
Immagino non solo
il mio stomaco. Ma tutti gli organi interni miei.
«Cucini tu?»
chiedo sorpreso. Ma che domande fai, Matteo?
«Certo! Cosa
preferisci?» chiede lei.
«Qualsiasi cosa
va bene.» Come ad esempio tu, ora, nuda, sul divano.
«Una pasta può
andare?»
«Va più che
bene.» rispondo abbassando la mia testa su di lei. «Grazie.» Le dico il più
dolce possibile. Le do un dolce bacio a fior di labbra e subito dopo torno con
la schiena appoggiata al divano. Le sue labbra sono letteralmente magnetiche
per me. Potrei non staccarmi più.
«Grazie a te per
essere rimasto. Rose ti ha fatto rimanere senza neanche sapere se avessi avuto
da fare o meno. Mangi qui e poi vai da tua sorella, va bene?»
Potrei anche non
andare da Stella e rimanere qui tutto il pomeriggio. Perché no? Cosa mi
impedisce di restare qui con Virginia mezza ammalata? Magari dopo scrivo su
WhatsApp a Stella scrivendo che riesco arrivare solo dopo. Perfetta idea, rimango
qui con lei. Dovrei anche riuscire a non saltarle addosso. Forse.
«Sorella è un
eufemismo, è una sottospecie di tornado!» dico io sorridendo. Più che sorella,
la definirei proprio “tornado”.
«Mi alzo da qui
così preparo.»
«Alzati piano
eh.» dico pateticamente, anche se egoisticamente non voglio che si alzi. Non
può rimanere qui? Su di me? Posso sempre cucinare io.
«Certo.» cerca di
alzarsi e si mette seduta.
Chissà se sta
bene e se il suo mal di testa è passato. Spero proprio di sì.
Si alza in piedi
con la dovuta calma e io continuo a fare l’unica cosa per restare in contatto
con lei: tenerle la mano.
Non ho intenzione
di lasciagliela. Anche se forse… Dovrei. Cucinare potrebbe non essere semplice
se lei dovesse avere libera solo una mano. Non voglio distrarla, poi potrebbe
scottarsi.
Per quanto
riguarda me, posso anche scottarmi senza alcun timore. Anzi, proprio per quanto
riguarda lo scottarsi… Io però sono già cotto.
Matteo? Cosa stai
dicendo?
Nulla,
assolutamente nulla.
Si, certo.
«Hai bisogno di
una mano?» le chiedo alzandomi dal divano.
La mia, magari?
Mi guarda con
aria strana, sorridendo.
«Hai intenzione
di tenere in ostaggio la mia tutto il tempo?» chiede divertita.
Merda.
«No no, te la
lascio subito.» le rispondo mesto.
Provo a lasciare
la mano dalla sua ma lei mi impedisce il movimento, anzi, la stringe forte.
«Cuciniamo insieme.
Tu con una mano e io con l’altra.» propone lei avvicinandosi.
«Scherzi?» chiedo
divertito.
«No, potremmo
provarci.»
Proviamo anche
altre cose, magari anche a stare insieme.
Matteo, cosa cavolo ti prende?
Nulla,
assolutamente nulla.
«Proviamoci
allora.» dico mettendo la mia mano libera sulla sua guancia.
E questo “proviamoci”
ha un significato strano, molto particolare, almeno, per me.
Un sorriso le
distende il volto.
Porto la mano
intrecciata alla sua dietro la sua vita.
La avvolgo.
La stringo a me.
E’ una specie di
abbraccio, un intenso e bellissimo abbraccio.
Avvicino il mio
volto al suo e le do un piccolo bacio a fior di labbra.
Emozioni.
Strane sensazioni.
Strane cose che succedono alla mia bocca
dello stomaco.
«Sei pronto?» mi
chiede guardandomi negli occhi.
«Certo. Solo… Una
cosa.» le dico con un sussurro.
Prima di
sciogliere quello strano abbraccio mi riavvicino a lei.
Il mio volto è
pericolosamente vicino al suo collo.
Il suo collo è
molto invitante.
Decisamente
troppo invitante.
Le deposito un
bacio lì, sul collo.
Non riesco
neanche a controllarmi.
Dio mio, anche un tredicenne in crisi
ormonale si sarebbe controllato di più.
Mi scosto
leggermente e vedo che lei sorride.
Non può sorridere
in quel modo però.
«Vieni qui.» le
sussurro.
«Ma sono qui.» mi
risponde sorridendo.
Non posso fare
altro che avventarmi sulle sue labbra che sono diventate una sorta di calamita
per me. Una calamita allucinante che mi attrae come nessuno mai mi aveva
attratto nella mia vita. E’ un qualcosa di allucinante.
E’ come la
gravità, impossibile resisterle.
Le mie labbra
sono sulle sue.
Le dischiudiamo
insieme, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Un qualcosa di
normale.
Come se fossimo
abituati da sempre.
Ma magari!
Ho deciso, al
posto di pranzare continuo a baciarla.
Lingue che danzano insieme.
Lingue che si accarezzano.
Dolci movimenti
di lingua circolari che mi smuovono qualcosa dentro.
Che riescono
arrivare in punti che non sapevo di avere.
Cosa cavolo mi sta facendo Virginia?
Nuove sensazioni.
Nuove emozioni.
Nuove sorprese.
Lei è una sorpresa continua.
Il mio stomaco fa
un’altra volta quello strano rumore e Virginia si stacca sorridendo.
«Ancora?» dice
ridendo.
«Ehm, sì, scusa!»
rispondo io sorridendole.
«Hai fame, vero?»
Sì, ma fame di te.
Annuisco
leggermente e le rispondo «Sì. Ma preferivo stare qui.»
«Poi il tuo
stomaco non mi ringrazia più.»
Ma altri organi e me stesso sì. Non ti
stanno solo ringraziando, ma chiaramente venerando.
«Giusto.»
le rispondo.
«Andiamo
in cucina, forza. Mi serve l’altra mano!»
«Andiamo.»
le dico seguendola in cucina.
«Sai,
non so quanto sarà semplice cucinare.» dice Virginia più di quindici minuti
dopo.
«Perché?»
le chiedo continuando ad andare su e giù col naso sul suo collo.
Cosa
che sto facendo da un paio di minuti e ogni tanto deposito un bacio sul suo
collo, in un modo più dolce possibile.
Siamo
arrivati in cucina e abbiamo scoperto che cucinare una mano per ciascuno è
parecchio difficile, difficile ma non impossibile. Quindi io ho optato per
apparecchiare la tavola e lei ha messo in una pentola l’acqua per la pasta.
E’
rimasta lì, ferma davanti ai fornelli e io non sono riuscito a resisterle.
Mi
sono avvicinato, ho preso la sua mano destra che era lungo il suo fianco con la
mia mano destra e l’ho stretta.
L’ho
stretta cercando di trasmetterle tranquillità e calore.
La
mia mano sinistra è finita sul suo fianco sinistro.
Ho
avvolto con la mia mano il suo osso iliaco e un brivido caldo mi ha percorso la
colonna vertebrale.
Ho
eseguito questi movimenti il più tranquillamente possibile, cercando di
scorgere un eventuale rifiuto proveniente dal suo corpo o dalla sua voce.
Ho
visto i suoi occhi chiudersi quando ho appoggiato la mano al suo fianco e una
sensazione di pura soddisfazione ha fatto capolino nel mio petto.
Sono
rimasto fermo a inspirare il suo profumo.
Il
profumo di Virginia.
Un
profumo dolcissimo, sensuale e inebriante.
Il
suo profumo.
Non
ho resistito e ho avvicinato il mio viso al suo collo.
Ho
iniziato ad accarezzarle il collo con la mia punta del naso.
Credo
sia stato uno dei movimenti più erotici che io abbia mai fatto.
La
mia mente ha iniziato a viaggiare.
Oltre
al suo collo mi piacerebbe esplorare altri posti.
Dio
mio.
Sarebbe così morbida.
Così dolce.
Così perfetta.
Così sexy.
Matteo,
togliti dalla testa quell’immagine.
Virginia
non sta bene, e tu non puoi pensare a questo genere di approccio.
Come
no?
Sarebbe
bellissimo anche solo prenderla qui, sul bancone della cucina.
Smettila, stupido tredicenne eccitato.
«Mh,
mi distrai.» sussurra Virginia.
«Ma
se non sto facendo niente!» dico il più innocente possibile.
Niente
a lei, ma a me lei qualcosa lo fa.
La
sua voce è eccessivamente eccitante.
Bancone della cucina.
Dentro di lei.
Matteo
smettila, subito.
«Tu
stai mentendo.» dice sorridendo.
«Non
mi sembra.» e la faccio voltare.
«E’
difficile cucinare.» dice mentre si arresta di fronte a me «Così, soprattutto.»
aggiunge mentre io sorrido compiaciuto.
La
bacio tranquillamente prima sulla punta del naso e poi a fior di labbra.
E’ bello stare qui con lei.
Sento
il rumore dell’acqua che bolle e le sorrido.
«Virginia?»
chiedo.
«Sì?»
«Hai
già salato l’acqua?»
«No,
non ancora.»
«Mi
dai il sale? E poi scegli la pasta che vuoi mangiare?»
Si
allontana da me e apre un’anta della cucina «Ecco qui il sale.» mi dice
allungando un barattolo trasparente pieno di sale grosso.
«Salo
io?»
«Oh
sì, sei tu l’uomo.»
«Non
dovevi cucinare tu?» le chiedo.
«Ho…
Cambiato idea?» risponde con un’aria furba.
«Vuoi
che cucini io?» le chiedo serio.
«Scherzi
vero?»
«No,
assolutamente no.»
«Cucino
io, stavo solo scherzando.» ammette lei arrossendo un po’.
«Sicura?»
«Mettiti
lì seduto e aspetta il pranzo. Anzi, decidi che pasta vuoi e come la vuoi.»
«Sono
per caso al ristornate?» chiedo.
«Shhh,
Matteo. Dimmi cosa vuoi.»
Davvero?
Te?
Nuda?
Ora?
Sul
bancone?
Dio mio, sì.
«Gli
spaghetti vanno bene?» chiede lei aprendo il cassettone in basso che mi
permette di dare un’occhiata involontaria al suo lato b.
Dio
mio.
Matteo
recupera un po’ di salivazione e anche la dignità, grazie.
«Spaghetti,
sì.»
«Al
pesto?» chiede aprendo il frigorifero.
«Aggiudicato.»
rispondo io e lei sorride. «Posso fare qualcosa?»
«No
no, devo sdebitarmi in qualche modo per averti rovinato la mattinata.»
Non
l’hai rovinata, ma migliorata.
Anzi,
l’hai resa molto bella.
«Non
ti preoccupare, Virginia.» le rispondo.
«Ma
è buonissima!» le dico dopo aver assaggiato gli spaghetti al pesto nel mio
piatto.
«Davvero?»
chiede lei.
«Davvero
sì. Sei brava!»
«Ma
è solo una pasta.» dice lei accigliandosi.
«Mia
sorella potrebbe fare esplodere la cucina preparando una semplice pasta!» Virginia
si mette a ridere. «Fidati, una volta ci è quasi riuscita! Devo ammettere che
sta migliorando, fa degli ottimi biscotti!»
«Siete
molto legati, vero?» chiede improvvisamente.
«Credo
di sì. Molti non hanno un buon rapporto con i propri fratelli, io con lei ho un
buon rapporto. Anche se molte volte vorrei ucciderla.»
«Poverina!»
«Povero
me! Me ne combina sempre di tutti i colori! Riesce sempre a corrompermi e a
fare quello che lei ha in mente.» Mi corrompe chiaramente con i biscotti, maledetta
Stella.
«Avete
decisamente un bellissimo rapporto!» esclama lei sorridendo.
«Tu
dici?» chiedo avvolgendo gli spaghetti sulla forchetta.
«Dico,
dico. Dopotutto, sono una psicologa!»
«Giusto,
ogni tanto me lo dimentico. Poi ci sono sempre Marco e Alessandro che me lo
ricordano.» ammetto guardandola negli occhi.
«Sono
curiosa, sai?» chiede lei dopo un attimo di pausa tra un boccone e l’altro.
«Di
cosa, signorina?»
«Di
come sarà la cena.»
«Quella
con me?»
«Mh,
anche.»
«Tutte
e due?»
«Esatto.»
«Andranno
benissimo tutte e due, vedrai.» Cerco di rassicurarla con la voce più
tranquilla del mondo. Io per lo meno, lo spero, cercherò di essere me stesso il
più possibile e soprattutto cercherò di essere al mio meglio.
«La
cena… Come dire, “nostra”, la consideriamo un altro appuntamento?»
«Beh,
direi di sì, se tu non hai intenzione di uscire con altri ragazzi a breve… Sì,
mi piacerebbe che tu lo considerassi un altro appuntamento.»
Dal
patetico al super patetico, il passo è breve. Soprattutto dopo una frase del
genere, a proposito Matteo, come ti è uscita? Da dove? E perché? Patetico
all’ennesimo livello. Mi è uscita addirittura una nota acida nella voce ad
“altri ragazzi”. Ho deciso, lei non deve uscire con altri.
«Non
so.» Non sa cosa? La guardo stranamente. «Marco e Alessandro, valgono?»
Un
sospirone di sollievo si apre nel petto. «No, loro non valgono.»
«Allora
sì, vada per l’appuntamento! Mi piace avere un altro appuntamento con te.»
«Piace
molte anche a me.» la guardo e sorrido.
Finiamo
di mangiare tranquillamente, tra una chiacchiera e l’altra, la aiuto a
sparecchiare e mettere i piatti in lavastoviglie.
Quando
chiude lo sportello della lavastoviglie, si avvicina e dice «Ora, devi andare?»
Controllo
l’orario sul mio polso e ammetto «Sì, purtroppo devo scappare.»
«Uh,
beh, hai perso fin troppo tempo oggi con me! Devi anche preparare l’esame!»
«Lo
so, Virginia. Recupero il giubbotto e lo zaino e ti lascio riposare un po’.»
«Dovrei
studiare anche io, almeno un po’.» ammette lei.
«Ti
lascio riposare e studiare allora.» le dico sorridendo.
Non
voglio andarmene via. Ma… Stella mi aspetta e potrebbe uccidermi violentemente
se arrivo in ritardo, non so neanche dove la devo portare.
Mi
metto il giubbotto e mi avvicino a lei.
Le
sposto una ciocca di capelli e le appoggio una mano sulla guancia.
«Grazie
Virginia.» le dico avvicinandomi e baciandola sulle labbra.
«Grazie
a te, Matteo.» mi dice sorridendo e rispondo al bacio a sua volta.
«Ci
sentiamo presto.» le sussurro dandole un altro bacio.
«Certo,
buon pomeriggio.» mi sorride, mi ribacia e apre la porta di casa.
«A
te Virginia. A presto.» dico oltrepassando la porta.
Esco
da quella porta e mi sento quasi svuotato.
Cosa
cavolo mi ha fatto quella ragazza?
Non
so cosa sia, non so come sia possibile.
Cosa
diamine mi ha fatto?
Non
so bene perché io stia provando queste strane sensazioni.
Ora
sì che mi serve uno psicologo.
Anzi,
una psicologa.
Mi
serve lei.
Solo
lei.
E
potrei anche stare bene, per sempre?
Ci
potrei sempre provare.
Arrivo
all’uscita del liceo classico di Stella giusto in tempo.
Sta
oltrepassando il cancello proprio ora.
Si
guarda intorno, alzo un braccio verso l’alto e mi vede.
Corre
verso di me e mi butta le braccia al collo.
«Fratello!»
esclama.
«A
cosa devo tutto questo entusiasmo?»
«Un
evento, un evento più unico che raro!»
«Sputa
il rospo, forza.»
«Ho
preso nove e mezzo in latino!»
«Brava
Stellina, mamma sarà molto contenta.»
«Tu
anche devi assolutamente essere contento, felice, urrà! Dovrai potarmi a fare
shopping, dall’estetista e a mangiare qualcosa. Non precisamente in questo
ordine.»
«Intanto
avviamoci. Ti porto a mangiare.»
«Perché
mi? Tu non mangi? Stai forse male? Perché?»
«Già
mangiato.» spiego alzando leggermente le spalle.
«Perché?
Maledetto, me la pagherai.» Mi minaccerà e proverà a non cucinare più biscotti,
già lo so.
«Avevo
fame, e…»
«Cosa?»
insiste.
«E
quindi…»
«Oh
mio dio. Matteo io lo so.» Sa cosa? «Hai copulato tutta la mattina! Altro che “colazione”
con quella poveretta. Lo so, ti conosco. Non avrai resistito. Vero? Non hai
resistito e sei stato tu il biscotto e lei la tazza di latte! Giusto per stare
in tema colazione.»
«Pensi
proprio male su di me, vero?» chiedo ridendo.
«No,
ti conosco. So come sei fatto. So come ti comporti. So quello che fai. E ci
avrai dato dentro tutta la mattinata, fratello porco!»
«Ti
sbagli.» le dico serio.
«Oh
no, non mi sbaglio.»
«Si
invece.»
«Allora
sputalo tu il rospo! Raccontami ogni cosa, dettagli sessuali esclusi, grazie.»
«Non
abbiamo fatto niente.»
«E
io dovrei crederti?» fa una smorfia.
«Sì,
ovvio. Non è che devo sempre scoparmi tutte così, senza distinzione, per il
bene dell’umanità.»
«L’hai
sempre fatto, Matteo.»
«Lo
so anche io.»
«Vedi?
Mi dai ragione! Quindi dimmi che è successo!»
«Allora
ti racconto che facciamo prima.»
«Bravo,
non ti azzardare ad omettere qualcosa.»
«Siamo
andati a fare colazione in quel posto carino vicino al cinema.»
«Uh,
sì. Fanno un cappuccino da urlo.»
«Appunto.
Siamo andati lì, ma prima, ho visto Virginia che non stava molto bene…»
«Oh
povera, ecco perché ha accettato di uscire con te, non stava bene!»
«Smettila!
Insomma, aveva il mal di testa.»
«Un
punto per Virginia, sa anche lei quanto si soffre.»
«Esatto,
stava parecchio male, quindi dopo il cappuccio l’ho riportata a casa.»
«Bravo.»
«Ho
dovuto insistere, non voleva farsi riaccompagnare ma stava davvero male e alla
fine ha ceduto. Ho visto quanto stai male tu, e lei era sofferente quasi quanto
te.»
«Prosegui.»
«L’ho
portata su in casa e poi si è addormentata, quindi sono rimasto con lei. Poi si
è svegliata e abbiamo mangiato.» Racconto promettente, omettendo un paio di
cose come la telefonata con Rose e la voglia di farmela lì, sul bancone della
cucina.
«Chi
sei tu e cosa ne hai fatto di mio fratello?» chiede Stella stupita dopo un
attimo di silenzio.
«Non
lo so. Mi sembrava giusto fare così.»
«E
hai fatto bene! Le ragazze stravedono per il principe azzurro! Ma non hai fatto
proprio nulla nulla nulla? Neanche un bacio? Dai, non ci credo.»
«Stella…»
dico quasi rimproverandola.
«Oh
sì! Almeno la lingua è sempre la stessa, bravo fratello. Ma almeno dimmi questo…»
«Chiedi
pure, tanto, ormai!»
«Ti
sei chiesto perché ti sei così rincoglionito per una ragazza?»
«Non
lo so Stella, davvero non lo so.»
«Io
e la mamma lo sappiamo.»
«Mah,
sbaglierete sicuramente.»
«Siamo
donne, non sbagliamo mai.»
«Vedremo.»
«Sei
cotto come una pera, fratello.»
«Non
saprei Stellina. Non la conosco ancora bene, non so nulla, non so.»
«Invece
tu sai!» risponde lei dandomi una manata sulla spalla.
«Forse.»
Forse
non rende giustizia.
Nonostante
tutte quelle cose che non so, qualcosa so.
Sono
dannatamente cotto.
Credo sia quello, per lo meno.
Non
mi è mai capitato niente di simile.
Magari
è solo un’infatuazione momentanea.
Forse.
O
forse sono davvero cotto.
E
non va bene, lei non può farmi questo effetto dopo così poco tempo.
O forse può.
***
Buona sera e ben ritrovati a tutti. Quanta
insulina vi siete iniettati per superare il diabete che vi è venuto leggendo
questo capitolo? Tanta vero? Non so cosa mi sia successo oggi ma, dovevo dar
sfogo a un po’ di dolcezza repressa e allora ho scritto. Primissimo capitolo
solo ed esclusivamente dal punto di vista di Matteo. Poverino! Ha anche lui i
suoi istinti e viene gentilmente insultato dalla sua “sorellina”. Ma ha
rivelato bene le sue intenzioni con Virginia, chissà cosa accadrà nel prossimo
capitolo. Avete idee?
Vi ringrazio di essere arrivati con me
fino a questo capitolo.
Per aver viaggiato con me, e con Virginia
e Matteo.
Un abbraccio a tutti.
E grazie, davvero.
A presto.
E.
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Capitolo 19 *** Telefonate & Esami ***
INASPETTATAMENTE_ cap.19
Telefonate &
Esami – Capitolo 19
24 Gennaio.
Ore 17:19
V’s POV.
Bzzz bzzz bzzz
Bzzz bzzz bzzz
Sento il rumore
della vibrazione che arriva da qualche parte, non so bene da dove provenga però.
Sì, chiaramente è il mio telefono che sta vibrando ma non so bene dove sia
finito. «Telefono? Telefono dove sei?», lo cerco, ci provo, chissà, magari mi
risponde. Anche perché non so dove l’abbia appoggiato Matteo dopo aver parlato
con Rose questa mattina; e dopo che lui se n’è andato, sinceramente non ho
pensato a dove avrebbe potuto metterlo ma sono rimasta imbambolata sul divano
come una perfetta dodicenne, il sorriso ebete più stupido del mondo ce l’ho
stampato io sul volto da un bel po’ di tempo.
Pessima cosa.
Non è vero che è
una pessima cosa, Virginia, è solo un qualcosa di tutto nuovo per te.
Zitta voce inutile.
Devi ammettere
però, che è la migliore medicina per il mal di testa.
Su questo ti devo dare ragione.
Chissà, magari
sarà in grado di far passare i tuoi incubi che ogni tanto ti fanno svegliare di
notte.
Chi lo può sapere?
Tu, Virginia.
Prova a dormire con lui, chissà, magari…
Magari niente, ci farei altro prima di
dormire con lui.
Appunto.
Appunto cosa? Meglio di no.
Ci perdi solo tu.
Chi lo può sapere.
Un tentativo
fallo, per lo meno.
Bzzz bzzz bzzz
Bzzz bzzz bzzz
«Telefono? Dove
ti ha appoggiato Matteo?» chiedo ad alta voce provando a seguire il rumore
dell’intensità della telefonata.
Almeno ora parlo
con il telefono e non con me stessa.
Oh. Eccolo lì. Sul
tavolino davanti al divano.
Lo afferro e
guardo il mittente della telefonata.
Rose.
Quella donna
inizia a preoccuparmi seriamente.
«Pronto?»
rispondo tranquillamente.
«Bambina mia, sei
tu?» sembra quasi che abbia la voce dispiaciuta.
«No mamma, è la
voce registrata.» le rispondo quasi divertita.
«E io che speravo
che mi rispondesse quell’altra voce così carina!»
«Rose? Cosa stai
dicendo?»
«Semplice!
Approvo la scelta di Matteo. A proposito dov’è?»
«E’ andato.»
«Ma non doveva
rimanere lì con te finché non ti passava il mal di testa?»
«Infatti è
passato!» le rispondo tranquillamente.
«Ma ti devo
insegnare proprio tutto io, bambina mia? Dovevi fingere!»
«Ma mamma!» la
rimprovero.
«Sono un pessimo
esempio, lo so. A proposito, stai bene?»
«Sì.»
«Quindi posso
entrare in casa senza alcun problema, giusto? Non ti trovo nuda sul divano con
anche lui nudo.»
«Mamma!» la
rimprovero un’altra volta.
«Che cosa ho
fatto?» chiede innocentemente.
«Nulla, lascia
stare e puoi entrare tranquillamente in casa, mamma.» dico scuotendo la testa.
«Bene.» mette giù
il telefono prima che io riesca anche a risponderle qualcosa.
Dopo due minuti sento
le chiavi nella serratura della porta che girano e successivamente la porta
aprirsi.
«Eccomi!» e con
questa fase Rose fa il suo ingresso in casa.
La guardo tra il
divertita e lo stranita.
«Mamma?»
«Sì, bambina?» mi
guarda e inclina la testa di lato.
«Se per qualche
motivo fossi stata nuda con lui saresti entrata comunque?» chiedo.
«Beh, sarebbe
stato un bello spettacolo, non c’è che dire!» commenta lei.
«Mamma!» dico diventando
rossa.
«Cosa c’è? Uff,
non si può neanche scherzare con te!» si toglie il cappottino e lo appoggia sul
divano.
«Sì, peccato che
tu non stessi scherzando.»
«Forse. Comunque,
fatti abbracciare bambina mia, ti devo far vedere il vestito che ho comprato
per questa sera!» si avvicina e mi abbraccia.
«Giusto! Tu e
papà festeggiate!» commento con un sorriso.
«Oh sì! Però non
mi ha ancora detto dove mi porta, tu per caso sai qualcosa?» mi chiede.
Fingo indifferenza
perché io lo so benissimo. «Io? No no.»
«Non sai proprio
mentire, eh.» commenta lei stampandomi un bacio sulla guancia.
«No, lo so.
Quindi non chiedermi altro.» le rispondo con un sorriso tirato sul viso.
«Va bene, vuoi
vedere l’abito?» dice avviandosi verso il corridoio.
«Oh sì!» le
rispondo seguendola.
«Vieni in camera
e ammira il buonissimo gusto di tua madre!» dice appoggiando la borsa con il
vestito sul letto.
«Sono pronta.» le
dico con un cenno.
«Eccolo qui!»
dice estraendo un meraviglioso abito nero lungo.
«Molto bello, brava
Rose. Hai anche i tacchi giusti da abbinarci!» commento.
«Lo so!» dice
facendo un urletto «Ora mi faccio una doccia, poi mi preparo così sono già
pronta quando torna tuo padre e poi andiamo da qualche parte.»
«Brava,
preparati. Se hai bisogno sono di là, chiama e io arrivo.» mi avvio verso il
corridoio.
«Ok, senti, un’unica
cosa…» come non detto.
«Dimmi.» mi volto
verso di lei.
«Sappi che non
vedo l’ora di conoscere Matteo!» dice con un sorriso furbo.
«Oh.» Cazzo,
aggiungo mentalmente.
«Ho già pensato a
tutto e credo che la cena con Marco e Alessandro si farà sicuramente, ma, dopo
San Valentino, prima proprio non posso.» dice tranquillamente come se fosse la
cosa più naturale del mondo.
«Molto bene.»
commento uscendo dalla camera.
«Non mi sembri
molto convinta.»
«E’ solo strano,
Rose.»
«Mh, sarà, ma
sicuramente è una cosa positiva. Ora mi preparo.» dice andando in bagno ad
aprire l’acqua nella vasca.
«Sarà…» rispondo con
un sussurro tornando in sala e aprendo il libro di psicologia.
“Psicologa, com’è andata la colazione? Mi
devi un caffè o un the o me o un caffelatte o un latte e Nesquik, dipende da
cosa mi gira questa settimana, perché ho dato l’indirizzo giusto a Matteo e me
lo merito!” leggo il messaggio su WhatsApp di Marco con un sorriso.
“Da quando mi ricatti? Mal di testa a parte è andata molto bene. Dove lo tenevi
nascosto Matteo?” chiedo curiosa e divertita. E’ una domanda che spesso mi
sono posta. Perché non prima? L’aveva nascosto in cantina?
“Lo tenevo nascosto perché lui non era ancora
maturo. Ora va quasi bene. Comunque ho
intenzione di ricattarti a vita, solo perché mi piace, cara la mia psicologa!
Shopping e caffè in centro lunedì pomeriggio?”
L’ha tenuto
apposta nascosto? Perché? Inoltre ha scelto il lunedì, quindi sa anche i giorni
in cui non ho lezione, questo ragazzo inizia a farmi sempre più paura.
“Andata! Fammi sapere poi l’orario così vedo
se studiare in biblioteca dell’università oppure no. Baci.” invio con un
sorriso.
“Ti aspetto alle 15 in centro, solito posto,
solito tutto! Preparati a sopportare le mie paranoie! Un bacio mia psicologa!”.
Sempre sorridendo
sposto il telefono di lato appena Rose piomba in sala pronta per la serata.
«Bambina, come
sto?» chiede facendo un giro su se stessa.
«Molto bene
mamma, davvero molto bene.» commento annuendo con la testa.
«Grazie!»
risponde con un sorriso «Lorenzo dovrebbe arrivare a minuti. Mi batte il cuore!»
«Mamma, lo
conosci da una vita!»
«Sì ma il cuore
mi batte sempre quando usciamo solo io e lui. L’amore, l’amore…» commenta
sparendo dalla sala.
Queste
apparizioni mi inquietano parecchio, Rose è una forza della natura, soprattutto
quando si tratta di mio padre. Sembrano due ragazzini e li adoro, adoro anche
il loro amore ed è proprio quello che entrambi mi hanno insegnato: non è sempre
rose e fiori, un matrimonio, ma esistono anche litigi e discussioni, ma
l’importante è amarsi sempre e percorrere sempre la stessa strada.
Chissà se con
Matteo andrà così bene.
«Vi, tesoro, io
vado. Tuo padre è appena arrivato e mi aspetta giù.» dice Rose tornando in sala
e infilandosi il cappottino nero.
«Buona serata
mamma, divertitevi e non fate tardi.»
«Uh, faremo
sicuramente tardi! Buona serata, bambina mia!» risponde mia madre uscendo dalla
porta e mandandomi un bacio.
E’ stata una
giornata piena ma davvero stancante, ma almeno sono riuscita ad uscire,
nonostante il mal di testa iniziale, ho visto Matteo, è venuto a casa mia, mi
ha portato a casa, si è preoccupato per me, mi sono addormentata su di lui,
abbiamo mangiato insieme…
Matteo.
Un sospiro si
accompagna sempre al suo nome.
Dio mio, cosa mi
sta succedendo?
Che sia davvero
lui quello giusto?
Non lo puoi sapere, Virginia.
Sai poco o nulla
su di lui.
Devi conoscerlo di più.
Devi sapere cose in più.
Devi fare in modo che lui si apra con te.
Devi farlo innamorare di te.
Cos’ho pensato?
Quello sarebbe un sogno.
Virginia, la
prossima volta che lo vedi, devi sapere più cose su di lui.
Potrei sempre
chiedere a Marco.
No, assolutamente no.
Deve dirmele lui.
Ok, è deciso.
La prossima volta gli faccio il terzo
grado.
Poi può benissimo
mandarmi a quel paese o dove vuole lui.
Ma almeno so più
cose su di lui.
Bene, brava Virginia.
Con un sorriso
trionfante porto la mia tazzona con la tisana rilassante in camera, apro il pc
portatile, lo posiziono sulle mie gambe e decido di guardarmi un telefilm. Non
ho mai tempo di seguire tutti quelli che voglio e sono perennemente indietro
con ogni cosa. Quindi per una sera decido di guardarmene uno a caso. Premo
“Play” e mi immergo nel mondo di “White Collar” con Matt Bomer che è uno degli
attori più belli che io abbia mai visto. Poco conta che nella realtà non è
etero ma omosessuale, però è davvero molto bello. Però pensandoci bene, Matteo
è meglio, è reale, non un personaggio della tv. Finita la puntata, do
un’occhiata al cellulare e vedo una notifica, apro WhatsApp e scopro che è di
Matteo. Respira Virginia, respira.
“Buona sera Vi, come va il mal di testa?
Sei riuscita a studiare? Grazie ancora per il pranzo, sei un’ottima cuoca. Un
bacio.”
Matteo è quello
giusto?
Dopo questo WhatsApp ci credo un pochino
di più.
Con un sorriso
idiota gli rispondo tranquillamente e sorrido.
La prossima volta
che lo vedo, però, gli farò un bel terzo grado.
Magari con lingua e mani.
Lo conosco più da
vicino. Più approfonditamente.
Terzo grado, ripetitelo Virginia, terzo
grado.
Cinque giorni dopo.
29 Gennaio.
M’s POV.
«Fratello, spacca
tutto mi raccomando!» Stella sbuca con la testa in camera mia mentre sto
mettendo i jeans.
«Buon giorno,
Stellina.»
«Giorno fratello
e in bocca al lupo per l’esame!» esce da camera mia prima che io possa
risponderle.
«Crepi.» sussurro
ormai a una sorella inesistente.
«Ah.» risbuca
ancora in camera mia «Che esame è?»
«Quello di storia
delle cultura inglese.» rispondo infilando la camicia.
«Uh, allora good
luck bro!» sorride e scappa via gridando un «Sono in ritardo!»
Oggi è il giorno
dell’esame di storia della cultura inglese. Generalmente non sono mai agitato
prima di un esame ma mi sono ripromesso che se fosse andato bene avrei chiamato
Virginia e l’avrei invitata fuori a pranzo.
Ho fatto una
scommessa con me stesso.
L’esame deve andare bene per forza.
Voglio vedere
Virginia, oggi.
E’ da cinque
giorni che non la vedo e… E non è una bella sensazione.
E’ una strana
sensazione.
E’ come se mi
mancasse.
Mancare? Bah.
Non mi
dispiacerebbe vederla ogni giorno, passare anche dieci minuti ridendo e
scherzando con lei, chiaramente li passerei meglio baciandola.
Le sue labbra mi
mancano molto.
Matteo, pensi sempre
a quello, ammettilo.
Non è colpa mia
se faccio sogni ad alto contenuto erotico con Virginia.
Smettila, stupido
tredicenne in calore.
Non l’ho vista, dal
vivo, perché nei sogni sì.
Ma l’ho sentita.
L’ho sentita la
sera stessa che l’ho vista e poi le altre sere.
Prima è stato un
semplice messaggio, poi ci siamo parlati.
Non mille ore al
telefono, giusto una decina di minuti.
La sua voce ha un
qualcosa di straordinario.
Mi eccita, mi
calma, mi fa ridere, mi mette di buon umore, mi tranquillizza.
Ed è la
primissima volta che capita.
Merda.
Per la prima
volta in vita mia ho sentito una ragazza, o meglio, volevo sentire una ragazza,
solo per il gusto di sentirla, senza secondi fini.
Volevo sapere
come stava, cosa faceva durante la giornata, come andava lo studio, le sue
lezioni.
Patetico Matteo, semplicemente patetico.
Non le ho chiesto
di uscire in questi cinque giorni perché io dovevo studiare e lei aveva
lezione.
Da quanto mi ha
detto l’altra sera, lunedì è uscita con Marco.
Il mio istinto
era quello di andare da Marco e fargli il terzo grado.
Ma non l’ho fatto
anche se ero curioso.
Sono anche
geloso!
Sì, geloso.
Un pochino, solo un po’.
Sei poco geloso ma davvero molto patetico,
lo sai questo?
Perché lui l’ha
vista e io no.
E’ uscito con
lei.
Per fortuna
conosco il soggetto e conosco anche le sue tendenze sessuali.
Nonostante tutto,
rimango po’ geloso.
Anche perché lui
la conosce da una vita, si conoscono bene.
Io voglio
conoscerla.
Voglio conoscerla bene.
Voglio conoscere il suo corpo, la sua
anima.
Voglio conoscerla tutta.
Voglio conoscere
questa ragazza che si definisce “normalissima”, anche perché lei di normale non
ha proprio nulla.
Davvero, nulla.
E’ il mio vento
fresco che riesce ad ossigenarmi i polmoni.
Dio mio, il mio essere patetico non
conosce limiti.
Matteo, ora devi
pensare all’esame.
Recupero lo
zaino, il giubbotto, il libro ed esco di casa.
Storia della
cultura inglese a noi due.
29
Ventinove.
Venti-nove.
V-e-n-t-i-n-o-v-e.
Ho preso
ventinove.
Ho preso
ventinove.
Ho preso
ventinove.
Oh sì!
Devo scommettere
più spesso con me stesso se questo è il risultato.
Sono felice come
una Pasqua.
Non solo per il
voto dell’esame di per sé.
Ma per quello che
mi sono riproposto.
Ora chiamo
Virginia.
Oh sì, la chiamo
e la invito da qualche parte.
E’ giusto l’ora
di pranzo.
E io ho fame.
Recupero il
cellulare dalla tasca dello zaino e noto l’icona di WhatsApp con due notifiche.
Strano, non aspettavo nulla.
Apro l’applicazione
e vedo che la prima notifica è di Stella: “Brother,
fammi sapere, tengo i diti incrociati per te!”. Sa benissimo che in italiano
corretto sarebbe “le dita” ma lei li chiama sempre “i diti”, sempre fatto e
sempre far, che ci vuoi fare.
Il secondo invece
è di Virginia. Ok, Matteo, calmo. Molto molto calmo. Aprilo, è solo un
messaggino su WhatsApp. “Tu non me l’hai
detto ma so che oggi hai un esame... In bocca al lupo Matte! Un bacio. Vi.”
Ok, ora la devo
assolutamente chiamare.
Clicco sul suo nome
e premo il tastino verde.
Primo squillo.
Magari non mi risponde.
Secondo squillo.
Rispondimi, dai che devo portarti a
pranzo.
Terzo squillo.
«Pronto?» una
voce dolce e tranquilla risponde al telefono.
«Signorina
Virginia?» chiedo sedendomi su una panchina della facoltà.
«Signor Matteo, a
cosa devo l’onore?» risponde stando al gioco.
«A un bel
ventinove in storia della cultura inglese.» commento deciso.
«Ma sei
bravissimo!»
«Ma grazie! Sai,
mi sono impegnato.» faccio il finto modesto.
«Prego. Però, non
me l’avevi detto!»
«Solo per
scaramanzia! Infatti, stavo giusto pensando…»
«Sì?» chiede lei
con la solita voce sexy che mi stende al tappeto.
«Che dobbiamo
assolutamente festeggiare!» E poi devo assolutamente vederti. Festeggiare
vedendoti è la miglior cosa che possa fare!
«Ottima idea.»
commenta lei.
«Dove sei in
questo momento?» chiedo curioso.
«A casa, ho
studiato tutta mattina.» Che brava ragazza.
«Va bene se ti
porto a pranzo?» chiedo di impulso.
«Oggi?»
«Certo che sì!»
«Ma dove e a che
ora?» chiede lei.
«Tra un’oretta?
In centro? Riesci ad esserci?» e sorrido come un idiota.
«Direi proprio di
sì. A tra poco allora!»
«A tra pochissimo
signorina Virginia. Non vedo l’ora di vederla!» Merda, mi è scappato, ogni
tanto dovrei avere un filtro tra cervello e bocca.
«Lo stesso vale
per me, signor Matteo. A dopo!» e chiude la telefonata.
Con un sorriso
ebete che ormai fa parte di me, mi avvio verso il centro della città.
Questo pranzo non è la cena che avevamo
programmato, vero?
No Matteo, un
pranzo non è una cena.
Molto bene, così ho la scusa di vederla
ancora un paio di volte.
Molto bene sì.
Pranzo, aspettami
che arrivo.
Anzi, Virginia aspettami che non vedo
l’ora di baciarti.
***
Buona sera a tutti! Eccomi dopo circa una
settimana con un nuovo capitolo! Sono in vacanza, e al fresco e al gelo dell’Alto
Adige eccovi il nuovo capitolo di Virginia e Matteo. Abbiamo esami dati,
telefonate… che si stia finalmente muovendo qualcosa per i nostri due
protagonisti? Sicuramente Matteo post esame è super fiducioso e quindi si
butta. Buttatevi sempre, perché a volte ne vale davvero la pena. Avete idee per
il pranzo? Chissà cosa accadrà! Inoltre ho trovato davvero bellissimo il
rapporto mamma-figlia e soprattutto il rapporto tra i due genitori di Virginia.
Credo sia più unico che raro, ma anche lì, se si guarda nella stessa direzione,
se si percorre la stessa strada insieme, tutto è possibile.
A presto. E un abbraccio.
E.
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Capitolo 20 *** Pranzi & Incontri ***
INASPETTATAMENTE_ cap.20
Pranzi &
Incontri – Capitolo 20
29 Gennaio.
Ore 12:19
V’s POV.
Virginia
ammettilo, dai.
Sì, va bene, lo
ammetto.
Mi sono totalmente rincoglionita.
Non c’è altra
spiegazione.
Non è possibile
che ogni volta che mi appare sul cellulare il nome “Matteo” lampeggiante, cioè
mentre mi chiama, io mi agiti, il cuore decide di battere più forte e il
cervello va a farsi un giro da qualche parte.
Virginia sembri una bambina di dodici
anni.
Sì, va bene.
Lo ammetto.
Mi si sono quasi dimezzati gli anni.
Dopo cinque
giorni che non lo vedo, ebbene sì, ho contato i giorni e sono cinque, cinque
giorni come quelli di Zarrillo, solo che io non l’ho perso, vedrò Matteo.
Ansiosa?
Chi, io?
No.
Non poco, ecco.
Mi ha telefonato
dopo l’esame di qualcosa che non ricordo, del quale lui non mi aveva detto
nulla, e mi ha invitata fuori a pranzo.
Se l’essere
invitata fuori è il risultato, spero faccia degli altri esami al più presto.
Smettila Virginia, forza.
Marco mi ha
comunicato dell’imminente esame di Matteo lunedì pomeriggio durante il caffè
pre-shopping, noncurante di tutto ha iniziato il suo discorso, che forse dovrei
chiamare monologo, senza che nessuno gliel’avesse chiesto.
«Sai, cara
psicologa, posso capire che ultimamente stai perdendo colpi, eh, te lo si legge
dagli occhi, Matteo ti fa proprio quell’effetto, sai quell’effetto bello bello?
Ecco quello! Vedi? Ho ragione, vero?» mi ha detto tutto d’un fiato Marco con un
sorriso sornione sul viso.
Mi sono quasi
strozzata con il caffè.
Ho negato,
ovviamente. «Marco, non dire fesserie, dai. Mi conosci, non posso capitolare
dopo qualche giorno di conoscenza con uno sconosciuto.»
«Uno sconosciuto
dannatamente sexy.»
«Questo non lo
nego.»
«E’ innegabile,
Vi, è uno dei dogmi del mondo. L’essere incredibilmente sexy di Matteo. In ogni
caso, se ti stavi chiedendo dove fosse finito in questi giorni…»
«In realtà no.» Ho
mentito, ancora. O meglio, ci ho provato. Certo che me lo sono chiesta.
«Ha un esame tra
due giorni e quel secchione assurdo starà studiando come un dannato.»
«Sapevo che stesse
studiando.» ho ammesso senza problemi, ma dell’esame non me ne aveva parlato, l’aveva
gentilmente omesso, chissà forse per scaramanzia, forse perché non me lo voleva
dire, o forse perché non sono fatti miei.
«In ogni caso,
sappi che voglio fare il testimone tra un paio d’anni quando vi sposerete. Non
l’ho mai visto così sulle nuvole quel ragazzo…» dice lui sospirando come un
ragazzino innamorato.
«Smettila Marco.»
«Oh no, no, no, cara
la mia Virginia, sarò il tuo tormento. A proposito di tormento e di essere
innamorati...»
«Dimmi tutto.» Per
lo meno ha cambiato argomento.
«Ecco, lo so che
siamo ancora molto molto lontani, ma per San Valentino vorrei chiedere un
qualcosa di importante ad Alessandro.»
«Oh.»
«Smettila di fare
oh, vedremo. Dipende se sarò ispirato e se lui si comporterà bene. Tu invece?»
«Secondo te io ho
un programma per San Valentino?» ho chiesto scioccata.
«Per una volta
potresti anche addolcirti un po’ e iniziare a pensare al giorno degli
innamorati.»
«Prima ho una
cena alla quale andare, poi vedremo. Matteo ed io non stiamo insieme, non siamo
esclusivi per nessuno, io potrei uscire con chi mi pare e lui anche. Non ne
abbiamo mai parlato quindi non ci penso neanche, ci siamo visti solo poche
volte, è giusto fare piccoli passi.»
«Il tempo dirà
tutto.» ha detto Marco finendo il caffè con un sorso. «E ora andiamo, lo
shopping ci aspetta!»
Alla fine è proprio
così. Matteo e io non ne abbiamo mai parlato apertamente, lo so, ci siamo e ci
stiamo solo sentendo senza alcuna esclusività al momento, ma lui è liberissimo
di fare ciò che vuole e soprattutto con chi vuole. Niente e nessuno poteva
impedire a lui di uscire e andare a casa di una delle sue “amiche”. E sì, sembrerò
gelosa, ma preferisco tenere bene i piedi ancorati a terra, dopotutto non mi
sono mai dimenticata di quello che aveva detto Marco su di lui e cioè che aveva
molte “amichette”. Marco sostiene che “Il tempo dirà tutto” e solo il tempo
potrà dire qualcosa, io al momento aspetto e spero. Insomma, vedremo che cosa
ci riserverà il tempo. Vedremo ma soprattutto io vedrò di parlare con lui,
parlare e conoscerlo meglio. Come primo passo direi che va più che bene, ho
proprio voglia di conoscere Matteo.
Virginia, fine
elucubrazioni mentali, ti devi vestire e andare a pranzo con lui. Giusto.
Armadio, dimmi cosa
mi devo mettere, per favore, il tempo è nuvoloso, grigio, con una nebbiolina
strana. In giorni del genere, serve un tocco di colore, basta nero e grigio,
oggi… Oggi mi vestirò di blu. Che botta
di colore, Virginia. Mi piace il blu, e poi mi porta anche fortuna. E blu
sia.
Sono in perfetto
orario, mi faccio quasi paura da sola. Brava Virginia, brava. Scendo dal bus e
mi incammino verso il centro della città, ho dato per scontato che “centro”
fosse lo stesso luogo in cui mi incontro quando mi vedo con Marco. Girovago per
la piazza principale e vedo Matteo appoggiato al muro con il cellulare in mano,
lo guarda fisso senza digitare o fare nulla. E’ lo stesso posto di quando siamo
usciti il pomeriggio dell’altra settimana. Mi godo un po’ lo spettacolo, perché
Matteo può benissimo sembrare un modello di una pubblicità in quella posa. Dio
mio, è proprio bello. E pensare che non me lo ricordavo così bello. In cinque
giorni una persona può diventare più bella? Evidentemente sì. Mi avvicino e vedo che solleva la testa
e dà un’occhiata in giro. Mi vede? Sì,
mi vede, sorride, mette il cellulare nella tasta dei jeans e si avvicina, io
proseguo la mia camminata verso di lui sorridendo.
Cervello?
Nessuna risposta.
Cervello ti sembra il momento adatto per
avere un blackout?
Evidentemente sì.
Ho la testa vuota
e leggera, non so cosa diamine dire o fare quando mi trovo davanti Matteo. Lui
fa un altro passo per mettersi perfettamente davanti a me, alzo lo sguardo e
incontro i suoi meravigliosi occhi verdi.
E’ troppo vicino.
Mi sorride.
Denunciate quel dannato sorriso.
Mi abbraccia
mettendo la mano sinistra dietro la mia vita e la destra la lascia sulla mia
guancia.
Si avvicina.
E’ sempre più vicino.
«Buon giorno
signorina» sussurra al mio orecchio e deposita un bacio sulla guancia.
Brividi.
Virginia fai
qualcosa.
Dì qualcosa.
Fatti forza, su.
«Buon giorno a
lei, signor Matteo.» mi alzo sulle punte dei piedi e avvicino le mie labbra
alla sua guancia.
Deposito un bacio
lì.
Che guancia morbida.
Che bella
sensazione rimanere qui.
Con lui.
Avvolta da lui.
Con il suo
profumo su di me.
Però, la guancia
non mi basta.
E’ troppo poco.
Voglio
risentirlo.
Rimango lì
vicina.
Viso quasi contro
viso e lui mi sorride.
«Complimenti per
l’esame!» sussurro e gli do un bacio a fior di labbra.
Labbra su labbra.
Questa sensazione
mi era senza alcun dubbio mancata.
Un po’ stupito,
mi guarda e dice «Grazie.»
«Cosa c’è?»
chiedo mordendomi la lingua un secondo dopo, filtro cervello-bocca non
pervenuto.
Mi guarda un po’
stranito e risponde sorridendo «Nulla, solo sorpreso. Dovrei fare gli esami più
spesso!»
Sorrido.
Sì, è la stessa
cosa che ho pensato anche io. Penso ma non lo dico.
«Che facciamo?»
chiedo guardando Matteo negli occhi.
Avevo una mezza
intenzione di andare a pranzo con lui prima di vederlo. Ma… Altro che mangiare,
potrei bacialo per tutto il pomeriggio senza pensare al cibo, senza pensare ad
altro, solo a lui.
Virginia,
smettila su. Non volevi fargli il terzo grado?
Sì, il terzo grado al suo corpo.
«Andiamo a
pranzo?» chiede con un sorriso.
Andiamo dove
vuoi.
«Certo, dove
andiamo?»
«Preferisci una
pizza, una pasta o una piadina?»
«Uhm, tutto?» E
Matteo si apre in una risata «Non ho preferenze. Dopotutto tu hai fatto un ottimo
esame e devi scegliere tu!»
«Va bene, allora,
scelgo la piadina. E ora andiamo signorina Virginia, il locale è nel vicoletto
dietro la chiesa.» risponde allungando un braccio piegato all’altezza del
gomito. «Vieni qui sotto?»
Sotto, sopra, ovunque… Virginia smettila
sembri una stupida ragazzina alle prese di un attacco ormonale.
«Certo.» mi
avvicino sorridendo e mi aggrappo al suo braccio.
Bella sensazione,
sì.
Anzi no,
meravigliosa.
«Allora,
raccontami!» rompo il ghiaccio io addentando una piadina speck e brie.
«Cosa vuoi
sapere?» chiede lui sorridendo e aprendo una Coca-Cola Zero.
«Tante cose, ad
essere sincera.» Il suo sorriso si allarga «Quindi, partiamo dalla più
semplice.» Annuisce «Com’è andato l’esame?»
Stupida Virginia, ha preso ventinove come
vuoi che sia andato l’esame, male?
«Beh, bene dai.
Era orale, il docente mi ha fatto tre domande, ho risposto a tutte e mi ha dato
ventinove, mi va benissimo così!»
«Immagino.»
commento sorridendo.
«Poi? Altre
domande? Che cosa vuoi sapere ancora?» chiede lui sorridendo.
«Posso farti un
terzo grado?» chiedo assottigliando gli occhi.
«Certo che sì.
Poi però tu rispondi alle mie di domande.» commenta lui furbo prima di
addentare un pezzo di piadina.
«Affare fatto!
Allora…» E ora? Cosa cavolo gli chiedo? Da dove inizio? So già molte cose, dato
che in quei cinque giorni abbiamo parlato, ma non di storie passate, né di
fidanzati o fidanzate. E’ questo il momento giusto? No. Anzi sì. Ormai credo
sia arrivato il momento. Siamo in ballo, balliamo. Mi butto e via, tolgo il
pensiero alla più grande delle domande. «Esci con qualcuna?» «Intendi…?» chiede
quasi titubante.
«Oltre me, sì,
insomma, non so se tu stai uscendo con me…» farfuglio chiaramente un qualcosa
senza senso.
«Come non lo sai?»
il signorino si sta chiaramente divertendo e io sto diventando sempre più
rossa.
«Non hai risposto
alla mia domanda. E il tuo turno arriva dopo!» commento con aria seria.
«Hai ragione.
Oltre te, no. Non esco con nessuna a parte mia sorella, ma non credo che lei
conti.» risponde a bassa voce.
«No, direi che non
conta.» Commento trionfante, sorridendo come un’idiota. «Quindi?»
«Cosa?» chiede
prima di bere un sorso di Coca-Cola.
«Sono l’unica con
cui esci al momento, non ci solo altre…» doveva essere una domanda, ma non
suona così. Sembra più un’affermazione. E io sto facendo la figura di una mezza
psicopatica che fa il terzo grado e vuole essere “esclusiva” dopo un’ora che si
vede con un ragazzo. Meraviglioso Virginia, decisamente meraviglioso.
«No, altre
ragazze no.» quando risponde sembra quasi imbarazzato.
«Ne sono onorata.»
dico sorridendo e provando una sensazione di leggerezza molto importante.
«Io sono contento
di uscire con te.»
«Usciremo alte
volte?» chiedo interrompendolo.
«Sì, direi di sì.
Se a te va…» risponde guardandomi negli occhi.
«Certo.» sorriso
ebete, vattene dalla mia faccia, magari subito, sono già ridicola da sola. «E
le tue vecchie storie?»
E’ un’altra
domanda da psicopatica e anche molto molto scomoda. Matteo quasi si strozza con
il pezzo di piadina. Pessimo tempismo per fare quella domanda. «Quali vecchie
storie?» chiede lui.
«Le tue ex. Avrai
pure delle ex, no?» chiedo cercando di sembrare più sicura di quanto io non sia
in realtà.
«Sì, ehm, non è
che io sia stato, come posso dire? Seriamente, ecco, con qualcuna di loro…» e
sembra quasi imbarazzato. Sono molto contenta che lui mi stia parlando di
queste cose, anche se io sapevo già tutto dato che quel pettegolo di Marco mi
aveva aggiornato accuratamente; anche se, devo ammettere, che sentire questa
frase da lui mi dà un senso di onnipotenza.
«Oh.» è la mia
risposta senza senso.
«Erano più,
amiche speciali, se le vogliamo chiamare così anche se suona davvero male. Lo
so.» continua a sembrare un po’ a disagio.
«Oh.» Virginia,
certo che potresti dire qualcosa di più interessante.
«Sì, lo so…»
inizia ma subito dopo si ferma.
«Cosa sai?»
chiedo curiosa.
«In ventiquattro
anni della mia vita non ho mai avuto una storia seria.» dice stringendosi nelle
spalle.
«Beh,
evidentemente non hai mai trovato una ragazza giusta.» lo guardo fisso negli
occhi. Vorrei essere io quella ragazza.
«Può essere.»
commenta fissando i suoi occhi nei miei.
Quegli occhi…Hanno
una strana luce ora.
«Chissà.»
commento con un filo di voce sorridendo.
«Posso? Posso
iniziare io con le domande?» chiede lui.
E’ bravo il
signorino a cambiare discorso.
«No. Proseguo?»
chiedo cercando di spuntarla.
«Prosegui.»
«La prima volta
che ci siamo visti…» devo chiederglielo.
«Sì?»
«Stavi salutando
me, quella sera, in discoteca?»
«Ehm, sì, ti
avevo vista e…»
«Volete ordinare
altro ragazzi?» tizio che fai le piadine, hai scelto un pessimo, anzi orrendo istante
per venire qui.
«Vuoi
qualcos’altro?» mi chiede Matteo.
«No, al momento
sono a posto, grazie.»
«Sono a posto
anche io, grazie.» dice rivolgendosi all’inutile tizio delle piadine che avrà
il mio odio per il resto della sua esistenza. Virginia, ma come siamo
vendicative. No, odio essere interrotta, è diverso.
«Mi stavi
chiedendo?» Matteo rivolge la sua attenzione verso di me.
«Sai che non
ricordo?» andiamo benissimo, oltre agli istinti omicidi ora abbiamo anche
perdita di memoria a breve termine.
«Posso farti io
qualche domanda?» chiede contento.
«Va bene, sono
pronta.» mi raddrizzo sulla sedia e lo guardo.
«Quella sera là…»
«Sì?» chiedo
interessata.
«Eri con un
ragazzo.»
«Chi? Cristian?»
chiedo. Virginia, come se lui conoscesse Cristian.
«Il ragazzo che
compiva gli anni?»
«Esatto!» dico
annuendo sorpresa.
«Non ho fatto in
tempo a conoscerlo, Marco me ne aveva parlato ma poi è stato male e siamo
andati via. Comunque, stavate insieme?»
Uh, diretto il
ragazzo. Mi piace la schiettezza.
«No, lo conosco
da una vita e non potrei mai averlo come fidanzato!» commento.
«Bene, allora, esci
con qualcuno?» mi ribalta la domanda che gli ho fatto all’inizio.
«Certo.» rispondo
io calma e sicura e Matteo sembra un attimino più pallido. «Ci sei tu, c’è
Marco e poi c’è Alessandro.» dico sorridendo.
«Che simpatica!»
«Dai su, stavo
scherzando!» gli dico sorridendo e lui sorride a sua volta.
«I tuoi ex?» chiede
lui smettendo di sorridere.
«Uhm, pessimo
argomento. Ho avuto qualche storia, ma nulla di serio.» commento il più sincera
possibile.
«In che senso
nulla di serio?»
«Mai nulla di
importante, diciamo così. Qualche invaghimento e basta.»
Sembra soddisfatto
e sorride. «Andiamo?» chiede.
«Sì dai. Dobbiamo
anche passare a pagare.» rispondo alzandomi.
«No, ho già fatto
io.» commenta lui tutto soddisfatto.
«Ma.»
«Niente ma, sei
mia ospite.» si avvicina e mi deposita un bacio sulla guancia.
«E ora, dove andiamo?»
«A fare un giro,
ti va? O devi studiare?» chiede aprendo la porta della piadineria e allungando
il solito braccio flesso.
«Andiamo in giro.»
dico uscendo dal locale e abbracciando il braccio di Matteo.
«E ora ti tocca
la seconda parte del terzo grado.» afferma con un sorriso furbo.
«Non hai ancora
finito?» chiedo con un sospiro.
«Oh no, voglio
sapere tutto sui tuoi ex!»
Oh, merda.
Mi piace
passeggiare con Matteo.
Mi dà un senso di
tranquillità e pace.
Mi piace quando
si ferma davanti alle vetrine dei negozi e fa qualche battutina divertente.
Mai volgare, mai
di pessimo gusto, solo divertente.
E’ dolce, bello,
simpatico, ha un fisico da urlo e bacia da Dio.
Ogni tanto,
quando ci fermiamo da qualche parte o io o lui ci avviciniamo e ci baciamo.
Così, come due
adolescenti-
Io, chiaramente
una perfetta idiota.
Una ragazzina di
dodici anni che si esalta per queste cose.
Ma bacia davvero
da Dio.
Cosa volere di
più?
Nulla.
Forse, diventare
la sua ragazza?
Mi torna in mente
la frase di Marco.
«Il tempo dirà
tutto.»
Speriamo.
«Matteo!» una
voce squillante alle nostre spalle fa arrestare improvvisamente Matteo.
Ha una faccia
strana.
Una faccia che
non mi piace molto.
Una faccia, quasi
colpevole?
«Oh, merda.»
commenta a bassa voce.
Ecco, mai parlare
o pensare.
Questa come
minimo sarà una delle sue “amichette” super fighe, bellissime e Dee del sesso.
Io con loro non
posso competere.
Una bellissima
ragazza ci raggiunge nel giro di due secondi e lancia le sue braccia al collo
di Matteo.
Si lancia
praticamente su di lui.
E’ una scena che
ho già visto.
Con Monica.
E non mi piace
per nulla.
Virginia sei
gelosa?
Oh sì.
Sono rimasta
ferma e immobile, ho paura a disturbare questo quadro idilliaco.
«Allora? Allora?»
chiede questa sottospecie di folletto.
«Non hai visto
nulla su WhatsApp?» chiede Matteo staccando le braccia delle ragazza dal suo
collo.
WhatsApp? Che gli
avrà mai scritto?
Virginia sei
pessima e gelosa.
«Uhm, no. Mi son
dimenticata di guardare il telefono!» fa una faccia buffa e sposta il suo
sguardo su di me.
Ha gli occhi
verdi e i capelli chiari.
E’ alta, le forme
perfette e un viso dolcissimo.
E’ proprio bella.
Con lei non si
può sicuramente competere.
«E lei? Lei,
oddio, lei! E’…?» chiede a Matteo tutta concitata.
«Sì, lei è
Virginia.» lui si gira verso di me. «Virginia lei è Stella, Stella lei è
Virginia.»
Allungo la mano
verso la ragazza e lei mi sorride.
«Piacere.» le
dico imbarazzatissima.
«Fidati, l’enorme
piacere è il mio.» risponde sorridendo.
«Cosa ci fai in
giro?» chiede Matteo a Stella.
«Shopping!»
risponde Stella alzando le spalle e rimando con gli occhi puntati nei miei.
«Finalmente ti
conosco Virginia! Sono così contenta! Finalmente!» Perché? Che cosa ho fatto di
male? «Pensa che meraviglia! Un domani potrei essere tua cognata!» aggiunge
sorridendo.
Matteo quasi si
soffoca con il suo stesso respiro e io vorrei sotterrarmi.
Faccio uno più
uno.
«Sei…?» chiedo ma
lei mi interrompe.
«Oh sì, assolutamente
sì, sua sorella. Non ti ha mai parlato di me, vero? Magari ha accennato a una
sorella ma mai il nome, chissà perché. O Magari neanche quello. Bah! Fratello,
prima o poi me la pagherai!» dà un pugno alla spalla di Matteo e si mette a
ridere.
«Devi andare a
casa?» chiede Matteo cercando di arginare il fiume in piena di parole che è
Stella.
«Oh no, assolutamente
no, passerò il pomeriggio con voi due!» risponde indicandoci «Voglio conoscere
meglio la mia futura cognata! Quale migliore momento se non oggi? E’
pomeriggio! Nessuna cena di famiglia o pranzo imbarazzante, solo noi tre!»
risponde sorridendo innocentemente.
«E’ un problema
per te, Virginia?» mi chiede un Matteo molto sconsolato. Credo che sua sorella
sia una tosta, una che quando si mette in testa qualcosa riesce sempre a
ottenerla. In effetti le sue argomentazioni non fanno una piega.
«Certo che no.»
rispondo divertita.
Si prospetta davvero
un bel pomeriggio. Non appena la mia mente decide di avere questo pensiero, si
rende automaticamente conto di una cosa.
Passerò il
pomeriggio con Matteo e sua sorella.
Oh cazzo.
***
Buona sera e ben ritrovati a tutti! Spero
abbiate trascorso delle meravigliose vacanze! Ridendo e scherzando siamo
arrivati al ventesimo capitolo di “Inaspettatamente” e venti è un numero importante,
come importante è questo capitolo. Mi sono divertita molto scrivendolo e spero
vi abbia inzuccherato e divertito anche a voi.
Matteo e Virginia si sono conosciuti
meglio, si stanno conoscendo meglio e ogni capitolo fanno sempre dei passettini
in più. E poi fanno un incontro abbastanza inaspettato: Stella. Chissà che cosa
ha in mente la nostra Stella? Cosa accadrà nel pomeriggio? Vi ricordo che
Stella tutte le altre “ragazze” con cui usciva Matteo non le andavano a genio.
Chissà, forse questa volta andrà diversamente…
Anche in questo capitolo non ho messo una
canzone, credo che senza canzone fosse più realistico e non troppo “forzato”.
Ma forse, e ripeto forse, torneranno. Per quanto riguarda la parte di flashback
di Marco e Virginia, quello che Marco accenna è San Valentino. Vi ricordo che
c’è una piccola One Shot su Marco&Alessandro e sul loro San Valentino, la
trovate qui. (Lo so, non è editata a dovere ed è vecchia, vedrò di sistemare
anche lei appena ho un attimino di tempo!)
Note corte, vi lascio subito. Rapida e
indolore senza troppi divagamenti.
Alla prossima!
Un abbraccio.
E.
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