Sarà stato il destino!

di ely_trev
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era bastato un attimo, una frazione di secondo in cui tutto era diventato chiaro. L’ecografia della piccola Aurora, la bambina che aveva operato, era proiettata sul maxischermo della sala congressi e il battito del suo piccolo cuore, captato dagli ultrasuoni, risuonava dalle casse predisposte dai tecnici. In quel preciso istante, lui aveva visto il piccolo che doveva nascere, aveva visto suo figlio. Aveva rivisto sua moglie con gli occhi pieni di tristezza e di paura per la reazione che lui avrebbe potuto avere a quella inaspettata notizia. E alla fine aveva rivisto se stesso da fuori, implacabile, giudicare Sara, guardandola dall’alto in basso, quando di errori ne avevano commessi entrambi, abbandonandola ad affrontare da sola qualcosa che tutti e due avevano voluto che accadesse. Sua moglie aveva le lacrime agli occhi mentre gli mostrava l’ecografia effettuata quella mattina, ma non erano lacrime di gioia quelle che inumidivano i suoi splendidi occhi chiari, come invece sarebbe stato normale che fosse. No, le cose non stavano seguendo il loro corso naturale. E non importava chi avesse sbagliato per primo o chi avesse commesso l’errore più grande: in quel momento, lui non doveva essere lì, con la dottoressa Di Maio, e lei non avrebbe dovuto essere sola, ad immaginarsi un futuro dove il suo bambino cresceva senza padre. Perché quel bambino un padre ce l’aveva. Ed era lui, lo sapeva. Eccome se lo sapeva! Lele aveva descritto sua moglie proprio bene: impulsiva, a volte anche fuori controllo, ma onesta. E con tutta la sua onestà, lei era venuta ad offrirgli la possibilità di esserci, mentre lui l’aveva offesa in malo modo, senza pensarci due volte. Si era meritato tutto: gli sguardi di biasimo di Lele, il pugno di Marco e, non ultimo, il messaggio di Sara di poche ore prima.
Sono proprio stato uno stronzo!" Aveva esclamato ad alta voce, tornando alla realtà, davanti ad una platea di medici che aveva ascoltato le sue parole amplificate dal microfono acceso. Poi non si era più fermato. Poco gli importava di tutto il resto, della dottoressa Di Maio, ormai conscia che per lei non c’era e non ci sarebbe stato mai spazio, oppure dei presenti in sala, che si guardavano attorno increduli, mentre lui abbandonava la sua postazione di relatore ed usciva senza dire una parola.
Doveva andare da Sara. Doveva andare da sua moglie e dirle che non era affatto vero che aveva commesso uno sbaglio sposandola, che da quando l’aveva conosciuta la sua vita era nettamente migliorata, ma soprattutto che l’amava, al di sopra di ogni altra cosa, che amava quel piccolo esserino che stava prendendo vita dentro di lei, il frutto del loro grande e splendido amore, e che voleva passare il resto dei suoi giorni con lei.
Se mai lei l’avesse perdonato.
Perché, se era vero che Sara aveva commesso un enorme sbaglio, era altrettanto vero che lui ne aveva commessi forse di più grandi. E se lui non era riuscito subito perdonarla, nonostante il suo palese pentimento, la sua lealtà e la sua onestà, non aveva sicuramente diritto di pretendere un trattamento migliore da parte di lei.
Scacciò quell’accenno di razionalità che quasi lo faceva tremare di paura, maledicendosi ancora una volta per non essere andato a ritirare la macchina dal meccanico. Se non altro, almeno sarebbe già stato in viaggio verso casa sua, per cercare di farle capire quanto fosse pentito delle scelte fatte nell’ultimo periodo, invece di camminare incerto per le strade deserte di uno sperduto paese umbro, alla disperata ricerca di un mezzo per ritornare a Roma. Mezzo che, ovviamente, non si trovava. E a breve sarebbe scoppiato anche un bel temporale.
Maledetti imprevisti!
Secondo Sara, dietro ognuno di questi previsti, si sarebbe dovuto nascondere una sorpresa pronta a donare qualcosa di positivo, ma cosa poteva esserci di buono nel ritrovarsi bagnato dalla testa ai piedi a bordo di un trattore che lentamente - troppo lentamente - lo trascinava lungo strade sterrate che solo il contadino che, nel frattempo, aveva promesso di accompagnarlo fino alla stazione di Orte conosceva? Sembrava diventato il protagonista di un film: “La lunga strada verso casa”. Strada che si allungava sempre di più, dal momento che il contadino era stato, sì, generoso, ma aveva anche l’obbligo di fermarsi a controllare il fieno, ora che la pioggia battente aveva lasciato il posto ad un’aria più secca e frizzantina, che raffreddava ancora di più i suoi vestiti ormai zuppi e i suoi capelli arruffati dall’acqua.
Un’ora, il contadino aveva preventivato almeno un’ora di stop, prima di poter riprendere la sua lenta marcia nella campagna più sperduta. Ma lui non se la sentiva di aspettare così tanto, sentiva il bisogno di aprire il suo cuore a Sara il prima possibile. E non importava se non sapeva neanche dove si trovasse o se, nella fretta di andare via, avesse lasciato borsa e cellulare sul tavolo della sala congressi ed ora non avesse altra via d’uscita che raggiungere la stazione di Orte a piedi, attraversando un bosco dove era altamente probabile incontrare lupi o cinghiali.
Doveva andare da Sara. Non riusciva a pensare ad altro, mentre, non senza difficoltà, si inerpicava su una collina, per cercare di capire dove diavolo fosse finito, restando paralizzato nel sentire le foglie secche dell’autunno scricchiolare sotto i passi di un qualche sconosciuto animale, per poi scoprire con sollievo che si trattava solo di un’innocua tartaruga. Meno innocuo sembrava, però, il lupo che aveva avvistato subito dopo e che, dopo un attimo di esitazione, lo aveva fatto scappare a gambe levate, scivolando dal terrapieno direttamente sull’ennesima strada sperduta, dove, con tutta la fortuna che si ritrovava, stava anche finendo sotto l’unica macchina che si era trovata a passare in mezzo al fango e alla terra che lo circondavano e che ormai lo imbrattavano da capo a piedi.
Oh! Ma le sembra modo di guidare?" Aveva esclamato, tendendo istintivamente la mano verso la macchina grigia che si era appena fermata davanti a lui e sorprendendosi ancora di più quando, guardando all’interno dell’autovettura, aveva scorto alla guida una persona decisamente familiare.
Sara?!”

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Come aveva detto Marco? “Mi raccomando: zen". Una parola… Sicuramente molto più facile a dirsi che a farsi. Del resto, aveva innaturalmente temuto con tutta se stessa il momento in cui Lorenzo avesse scoperto la verità e lui aveva reagito nel peggiore dei modi possibili: rinnegando il suo bambino. Quel figlio era suo, la matematica non mentiva. Eppure suo marito - o, forse, ormai sarebbe stato meglio dire il suo ex marito - aveva avuto il coraggio di chiederle se fosse il “padre fortunato" di quella piccola e innocente creatura, quasi a voler affermare che l’infedeltà di sua moglie si fosse spinta oltre il terribile sbaglio di quella notte, che le aveva causato così tanti rimorsi. Quando Marco, accecato dall’ira per l’offesa che lei aveva appena ricevuto, l’aveva colpito con quel pugno, aveva capito i suoi sogni e le segrete speranze che prima o poi le cose sarebbero tornate a posto si erano miseramente infrante. Lorenzo se n’era andato senza reagire e senza dire una parola e lei sapeva molto bene che non si sarebbe voltato indietro.
Oh, ma… Al diavolo!
Non avrebbe mai dovuto dirle quelle parole, non avrebbe mai dovuto mettere in discussione la sua onestà, non avrebbe dovuto rinnegare il loro piccolo e innocente bambino.
Era questo che pensava mentre prendeva in mano il suo cellulare ed inviava un messaggio vocale a Lorenzo. D’accordo, forse quel messaggio non era proprio zen, come aveva promesso a Marco, ma rendeva bene l’idea di quanto fosse delusa e arrabbiata a causa del comportamento di suo marito, che, per quanto deluso e arrabbiato a sua volta, stava comunque mostrando il peggio di sé.
Era un circolo vizioso, ne era consapevole, eppure era così dolorosamente difficile cercare di mantenere la calma e di essere lucida mentre, seduta in panchina, assisteva alla partita dei suoi studenti, senza vederla veramente. E se n’erano accorti anche loro, tanto che, alla fine, era stato proprio Tommy, spalleggiato da Agnese, a spingerla a salire in macchina, impostare il navigatore e partire alla volta di una sala congressi messa a disposizione da un lussuoso hotel umbro.
Doveva assolutamente parlargli, doveva guardare negli occhi di suo marito e cercare di capire dove fosse finito il forte sentimento che li aveva uniti dal loro primo incontro, durante quel viaggio che si era rivelato magico.
Ma non l’aveva trovato. Era arrivata a relazione finita, mentre tutti gli auditori lasciavano la sala, e si era trovata davanti solo lei, Celeste Di Maio, colei che si era rivelata molto abile ad approfittare della sua crisi matrimoniale per concentrare su se stessa le simpatie del grande cardiochirurgo, peraltro uomo decisamente attraente.
Aveva un’aria strana, però, la dottoressa Di Maio, molto meno sicura di sé. Sembrava… arrabbiata, anche lei, mentre, con poca grazia, le diceva che Lorenzo aveva abbandonato la sua relazione sul più bello, sparendo dalla circolazione senza portarsi dietro né borsa né cellulare, probabilmente per… andare da lei.
Lorenzo stava tornando indietro. Forse. Aveva paura di tornare a sperare, per non restare delusa nel caso si fosse sbagliata, ma forse il suo Lorenzo, l’uomo buono di cui si era innamorata, stava tornando a farsi vedere.
Doveva assolutamente trovarlo, non poteva finire tutto in quel modo. E doveva farlo il prima possibile. Per questo aveva impostato nuovamente il navigatore in direzione di Poggio Fiorito, chiedendo che le venisse mostrato il percorso più breve e dimenticando che quegli apparecchi, in alcune circostanze, tendono a segnalare quella che è davvero la via più corta, ma che molto spesso contempla il passaggio su strade decisamente poco agevoli, come la strada sterrata, che, a stento, riusciva a vedere davanti ai suoi occhi, mentre procedeva lentamente, tra buche e fango, sotto una pioggia battente che le era parsa infinita.
Nonostante la voce elettronica del navigatore continuava ad ostentare sicurezza nel guidarla in quel guazzabuglio di strade e sentieri nei quali si era addentrata, a lei sembrava di girare in tondo, ormai persa. E per fortuna aveva smesso di piovere. Le veniva da piangere mentre domandava a se stessa dove diavolo fosse finita e riusciva solo a pensare che, se non avesse raggiunto Lorenzo al più presto, forse tutta quella fatica sarebbe risultata vana.
Quasi non vedeva davanti a sé, guidando tra quelle strade deserte e continuando a pensare a lui, quando, all’improvviso, si era trovata di fronte un ostacolo inaspettato, un uomo che stava quasi per investire, una persona decisamente familiare.
Lorenzo?!"

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Cosa ci fai qua?" Aveva chiesto Lorenzo aprendo la portiera per poterla guardare meglio.
Ma… Cosa ci fai tu qui?" aveva risposto Sara, scendendo dall’auto.
Era imbarazzato Lorenzo. Sapeva di aver commesso degli errori e chiedere perdono non era una cosa facile.
Ehm… St… Stavo venendo da te pe… per chiederti scusa" aveva balbettato incerto. “Per dirti che avevi ragione tu, che… sono stato un… un grandissimo e imperdonabile stronzo".
Sara si era spostata una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in un gesto che lasciava trasparire nervosismo, ma lo stava ascoltando. Forse non era tutto perduto. Non ancora, almeno.
Le aveva sfiorato un braccio con una lieve carezza, ammettendo di sapere perfettamente di essere il padre di quel bambino, mentre lei annuiva impercettibilmente. Poi aveva continuato, dicendole che tutto quello che era successo negli ultimi mesi non aveva importanza, perché l’amava. A quelle parole Sara si era visibilmente commossa: aveva desiderato così tanto ascoltare quelle parole che tutto il dolore provato fino a quel momento si era improvvisamente disciolto come neve al sole, lasciando, al suo posto, solo una sensazione di grande speranza nel domani. Non esistevano più le offese o di tradimenti, esistevano solo loro.
… E se solo tu potessi perdonarmi…” la stava implorando Lorenzo, ma lei non riusciva più a sentire niente, se non l’irrefrenabile impulso di baciarlo appassionatamente per fargli capire che tutte le cose successe non avevano minimamente scalfito il grande amore che li univa.
Quando Sara gli era corsa incontro per baciarlo, il cuore di Lorenzo aveva perso un battito. Dentro di sé, sapeva che Sara lo avrebbe perdonato, ma non pensava che lo avrebbe fatto così presto. In quel momento, il suo unico desiderio era quello di continuare a baciarla all’infinito e aveva fatto fatica a staccarsi da lei anche se solo di pochi centimetri, quanto bastava a tornare a guardarla negli occhi. E poi il regalo più grande: l’aveva vista sorridere, mentre gli confermava, felice, che avrebbero avuto un bambino. Ecco, così sarebbe dovuto essere fin dal principio. E lui sapeva che, se, in quel momento, anche lui aveva la possibilità di provare la stessa gioia, era solo perché Sara era stata più forte e più generosa di lui. Non aveva nessuna intenzione di sprecare questa nuova possibilità che la vita gli stava mettendo di fronte: quella di essere un buon padre e un buon marito, quella di vedere la sua famiglia felice.
Certo… Che cosa strana incontrarsi in questo posto sperduto" si era lasciata sfuggire Sara, ancora stretta tra le braccia di Lorenzo.
Sarà stato il destino!" aveva esclamato lui, strizzandole l’occhio con fare giocoso.
Finalmente erano insieme, finalmente si erano ritrovati.

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