Afire Love

di Azeria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Emma ***
Capitolo 2: *** Quidditch ***
Capitolo 3: *** Ricordi del passato ***
Capitolo 4: *** La persona sbagliata ***
Capitolo 5: *** Punizione ***



Capitolo 1
*** Emma ***


PROLOGO

1° Settembre 1991

Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto, fece il suo ingresso a Hogwarts per la prima volta, sotto gli occhi di tutti. Draco Malfoy gli tese la mano. Harry Potter rifiutò. Così iniziò la storia di una rivalità lunga anni.
Quando Harry Potter voltò le spalle a Draco Malfoy, quella sera, dopo che aveva rifiutato di stringergli la mano, trovò ad attenderlo i volti dei suoi nuovi amici. Quando Draco Malfoy voltò le spalle a Harry Potter, oltre a tutti i futuri piccoli Serpeverde, vide una bambina dai lunghi capelli rossi e gli occhi grigi che lo guardava, sorridendo beffarda. Emma Renard.
Quella sera, allo Smistamento, Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley finirono in Grifondoro. Draco Malfoy, come previsto, finì in Serpeverde. Emma Renard, che venne chiamata subito dopo di lui, dopo lunghi minuti di incertezza per il cappello, venne smistata in Serpeverde con lui. Emma si sedette vicino a Draco quella sera, che le tese la mano. Emma la accettò.
 

CAPITOLO 1

1° Settembre 1996

“Ti trovo bene, Renard!”
Emma sentì un braccio forte avvolgerle la vita e tirarla verso di se’. Anche prima di girarsi sapeva di chi fosse quel braccio, e quella voce. “Ti trovo altrettanto bene, Malfoy”. I due ragazzi si abbracciarono velocemente, poi Malfoy le si affiancò ed entrambi continuarono a spingere i loro carrelli verso il binario. “Non posso credere che sia già finita. Avevo appena iniziato a rilassarmi” iniziò Emma “e quest’estate è stata particolarmente divertente. Locali babbani, quasi tutte le sere. Le chiamano discoteche. Non puoi immaginare che ridere, Draco”
“Locali babbani? Mi meraviglio che i tuoi te lo abbiano permesso, Emma” Malfoy rise brevemente, ma era accigliato “che tipo di divertimento?”.
“I miei genitori non ne sanno nulla, ovviamente. Pensano che io venga da te tutti i giorni. Credo che pensino che siamo segretamente fidanzati”. Si interruppe per scoppiare a ridere, poi gettò un’occhiata a Draco, accigliandosi. “I ragazzi babbani sono molto carini, sai? Ne ho… conosciuto uno diverso quasi ogni sera, però… oh, San Potter!”.
La rossa si interruppe e alzò gli occhi al cielo alla vista del passaggio di Harry Potter e della sua squadra di perdenti, come le piaceva chiamarla. Draco la guardò divertito.
“Ho saputo che la Granger ha preso più G.U.F.O. di te agli esami dello scorso anno. Ammetto di esserne rimasto deluso, Renard”. Emma si bloccò improvvisamente e gli lanciò un’occhiataccia “OH, PER FAVORE” disse sprezzante “è solo perché quella vecchia strega della McGrannit si è rifiutata di darmi una E per partito preso. Alla Granger, invece… una Grifondoro come lei… tutto è dovuto! E ora devo sentirmi dire che sono stata SECONDA nella scuola. Io, seconda! Non vedo l’ora di poter usare di nuovo la magia per farla pagare a quelle due deficienti”.
Draco la guardò affettuosamente mentre la ascoltava, ma non disse niente. Intanto i due avevano raggiunto il treno. Draco issò il suo baule, poi prese anche quello di Emma, mentre lei reggeva la gabbia con il suo enorme gatto. I due procedettero l’uno di fianco all’altro lungo i corridoi del treno, attirando, come al solito, gli sguardi di molti studenti. Insieme erano belli da far paura, fieri e orgogliosi, Malfoy con l’aria strafottente, Emma con il suo sguardo di ghiaccio che guardava ogni cosa con un misto di superiorità e leggero disgusto.
Insieme raggiunsero il vagone dei più popolari tra i Serpeverde, e si chiusero la porta alle spalle. Non erano i primi. Tiger, Goyle, Zabini, Pansy, Millicent Bulstrode e le sorelle Daphne e Astoria Greengrass erano già lì. Emma si sedette tra Draco e Blaise, come al solito. “Hei, Emma!” la salutò quello.
“Ho saputo di Weasley” disse all’improvviso Draco, senza scomporsi. Emma si voltò di scatto a guardarlo, le labbra strette e le sopracciglia inarcate. “Di che parli, Draco?” disse, però, con la solita aria noncurante. “Di Ginny Weasley, non è vero, Blaise?”. Emma rilassò il viso e posò la testa sulla spalla di Draco, ridacchiando tra sé dell’occhiata invidiosa lanciatale da Pansy. Blaise, invece, si alzò in piedi di scatto “non c’è nulla da sapere, Draco! È solo una traditrice del suo sangue…”. Draco sorrise sornione “una traditrice del suo sangue che tu trovi molto attraente, a quanto pare”. Blaise si fece rosso in viso “si può sapere cosa vuoi da me, Draco? Parlaci un po’ di te, vuoi? Chi è che tu trovi molto attraente?” Draco alzò leggermente le sopracciglia, sospirò velocemente e poi disse con tutta calma “tua madre, Blaise, ma, a dir la verità, ho paura che possa farmi fuori, sai… sette mariti tutti morti…”.
Blaise tirò subito fuori la bacchetta, fremente di rabbia “tu… come hai osato…”.
“Basta.” Emma si alzò in piedi di scatto. Fissò il suo sguardo di ghiaccio su Blaise, che ripose immediatamente la bacchetta. Senza dire una parola, si girò e guardò Draco, che, borbottando, incrociò le braccia al petto. L’istante dopo la ragazza si era già richiusa la porta alle spalle. Pochi secondi dopo, sbuffando, Draco la seguì.
Appena furono usciti, metà vagone era convinto che stessero andando a pomiciare in un vagone libero o nei bagni, l’altra metà invece era convinto che Draco non aveva speranze e che si stava comportando solo come un cagnolino. Nessuno mai, però, avrebbe osato esprimere quelle opinioni ad alta voce in presenza di uno dei due.
 
“Si può sapere che cosa ti è preso?” sbottò Emma appena si fu chiusa la porta alle spalle “mi viene da pensare che sia tu quello interessato alla Weasley”. Emma continuò a camminare spedita fino a fermarsi in un vagone completamente a caso e, dopo aver fatto sloggiare con un cenno della mano i novellini al suo interno, si stese su uno dei sedili. Draco si chiuse la porta alle spalle, poi si sedette sul sedile opposto.
“Ho notato che faccia hai fatto quando ho detto il nome Weasley. In realtà mi riferivo a te, Emma. Mi avevi capito benissimo”.
Emma si sollevò su un gomito, alzò un sopracciglio e disse con voce piatta “non ho idea di cosa tu stia parlando, Draco”. Lui la guardava, i lunghi capelli rossi che si arricciavano sulle punte, gli occhi grigi chiarissimi, le labbra carnose ora strette tra loro. Distolse lo sguardo “tu sai benissimo di cosa sto parlando”.
Emma si alzò di scatto, e venne verso di lui. Si sedette a fianco a lui e appoggiò il mento sulla sua spalla. Draco era immobile, i muscoli tesi. “Oh, Draco, dico davvero. Non so di cosa tu stia parlando”. Alzò la testa e fissò i suoi occhi di ghiaccio in quelli altrettanto freddi di Draco. “Sei il mio migliore amico, ti direi tutto” aggiunse beffarda. Draco non aprì bocca. Lei gli si avvicinò fino a sfiorargli una guancia con le labbra, poi si allungò e morse leggermente il lobo del biondo. Lui rimase immobile. Lei allora si accigliò, e si allontanò di nuovo “che ti prende, Draco? Sei diverso dal solito, e non riesco a capire perché”. Lui la guardò dritta negli occhi.
Erano stati inseparabili sin dal primo giorno del primo anno, i principi Serpeverde. Ne avevano combinate tante sin dal primo anno, lei le pensava, lui le metteva in atto con lei. Più o meno l’anno prima, improvvisamente, lei aveva iniziato a stuzzicarlo. Draco sapeva benissimo che faceva così con tutti, non riusciva a fermarsi. Amava vedere le persone ai suoi piedi. Lui era il suo migliore amico, eppure non faceva eccezione.
“Non sono strano” rispose brusco. Lei gli si avvicinò fino a far toccare le punte dei loro nasi “allora perché non fai come le altre volte? Perché non mi baci? Non vuoi baciarmi?”. Draco chiuse gli occhi. Era come un gatto che giocava con un topo ferito. “Non sono strano” ripeté, poi la attirò a sé e la baciò. Lei rise divertita, affondando le mani nei capelli biondi di lui e chiudendo gli occhi. Quando lui si chinò sul suo collo, sorrise beffarda. “Non lasciare segni, Draco. È il primo giorno, voglio fare un’entrata da ragazza per bene per una volta”
In quel momento la porta si spalancò ed entrarono due ragazzi, ridendo e parlando ad alta voce. Appena li videro si bloccarono. Draco si staccò all’istante. Emma aprì gli occhi, infastidita. Riconobbe subito i due ragazzi. I suoi occhi cercarono di assumere la solita espressione fredda e orgogliosa.
“Vedo che stiamo interrompendo qualcosa qui, George” disse Fred Weasley con voce fredda “meglio andare”. Emma si alzò in piedi di scatto e si fermò di fronte al Weasley che aveva parlato. Era alta, ma nonostante ciò lui la sovrastava di buoni quindici centimetri. “Non state interrompendo proprio niente”.
Fred Weasley la guardò a lungo negli occhi. Lui non si faceva intimidire, come praticamente tutti gli altri studenti di Hogwarts, da una sua occhiata. Frustrata, Emma uscì come una furia dal vagone, lasciando Draco con i gemelli.
“Gran bella scelta, Malfoy” disse George ridacchiando, mentre Fred ancora non si era mosso. Draco si alzò lentamente, tenendo gli occhi puntati su Fred. Lui alzò lo sguardo e incontrò gli occhi grigi e freddi di Malfoy.
“State insieme?” chiese Fred con voce secca. Malfoy trasalì, senza riuscire a trattenersi. “Non sono affari tuoi, Weasley”. Fred sorrise per un attimo, poi strizzò l’occhio a George. “Bene bene, vedo che qualcuno qui è un po’ permaloso”. Draco era furioso. “Se anche lei fosse libera, cosa potrebbe interessare a TE? Emma Renard è troppo per te”. E uscì bruscamente dal vagone.
George lanciò un’occhiata obliqua al gemello. Fred sapeva benissimo cosa voleva dire. Spero che tu abbia imparato la lezione su Emma Renard, Fred. Glielo aveva ripetuto all’infinito quell’estate. Fred scrollò le spalle, rivolgendosi al gemello.
“Non che mi interessi, sia chiaro”.
-
Quella prima sera nella Sala Comune di Serpeverde si festeggiava l’inizio del nuovo anno. In ogni angolo si vedevano ragazze mezze nude avvinghiate a ragazzi alti e muscolosi, o ragazzi completamente ubriachi in procinto di iniziare a picchiarsi tra loro, mentre altri ragazzi facevano il tifo a gran voce.
Emma Renard, vestita il meno possibile, con un bicchiere colmo di burrobirra in mano, era al centro dell’attenzione di tutti, come al solito. In quel momento tutti i ragazzi più popolari tra i Serpeverde la tenevano sollevata, urlando il suo nome. Sul petto sfoggiava il distintivo da Prefetto appena ottenuto, e per il quale stava festeggiando. Nonostante sembrasse completamente fuori di sé dalla gioia e dal divertimento, era sobria, Draco lo sapeva. Nessuno l’aveva mai vista ubriaca. Quando lui le aveva chiesto il motivo, lei aveva sorriso furbescamente e aveva detto “non mi piace perdere il controllo di me”.
Draco la osservava fuori dalla calca, senza partecipare ai festeggiamenti. Anche lui aveva ottenuto il distintivo da Prefetto. Insieme, ancora una volta. Guardava i suoi lunghi capelli rossi, in quel momento tutti scompigliati, e il suo sorriso mozzafiato, la sua risata così lasciva, i suoi modi di fare, diretti e senza vergogna. La adorava. Bevve un lungo sorso dalla bottiglia che teneva stretta nella mano.
Appena toccò terra di nuovo, Emma gli fu accanto. “Ehi” gli sorrise. “Ehi” disse Draco semplicemente, tenendo gli occhi sulla bottiglia “volevo parlarti”. Emma lo guardò negli occhi, accigliandosi. “Come vuoi” disse un attimo dopo, trascinandolo lontano dalla calca.
Salirono nel dormitorio dei ragazzi, completamente vuoto. Si poteva ancora sentire il coro dei ragazzi che urlavano il nome di Emma. Nel sentirli lei sorrise, poi si diresse dritta verso il letto di Draco. Sapeva perfettamente dove fosse. Ci si mise sopra a gambe incrociate, e tese le braccia verso Draco, che però rimase in piedi vicino al letto. Lei allora si alzò sulle ginocchia fino a trovarsi faccia a faccia con Draco. Gli sorrise beffarda “che ti prende?”.
Draco rimase immobile, incapace di sottrarsi ma anche deciso a non cedere. “Emma, ti stai comportando in modo strano dall’anno scorso. Mi vuoi dire che ti prende? Sono o no il tuo migliore amico?”
Emma gli mise le braccia attorno al collo, mostrandogli il solito sorriso furbo e “certo che lo sei. Da sempre. Le cose non sono cambiate”.
Draco scosse leggermente la testa, ma i suoi occhi erano incatenati a quelli di Emma. Era incapace di distogliere lo sguardo. Lentamente, parlando come se ogni parola gli causasse un dolore fisico insopportabile, Draco sussurrò “credo che mi stia innamorando di te, Emma. E so benissimo che sono solo un masochista”.
Lo sguardo di lei ora esprimeva solo tenerezza, quasi pietà. “Oh, Draco, lo sai che non è vero. Siamo troppo uguali io e te, noi non ci innamoriamo. Però non lasciarmi mai, promettimelo. Ho bisogno di sapere che ci sarai sempre per me”.
Draco sospirò, sentendo una fitta al petto “Non ti lascerò mai. Lo sai”. Poi, sussurrando, aggiunse “ma credo che non sei stata del tutto onesta con me, Renard”.


Spazio Autrice
Ciao a tutti, e grazie di aver inziato a seguire questa mia storia, che preparo da tempo e ho già in gran parte pronta (perciò aggiornerò in fretta). Ovviamente questo è solo un capitolo introduttivo, non si capisce molto e ci sono parecchie domande senza risposta, ma per tutti i coloro che hanno trovato questa intro interessante e continueranno a seguire la storia, tra poco sarà tutto più chiaro. 
Lasciate una recensione per farmi sapere che ne pensate, significherebbe davvero tanto per me!
Vi abbraccio tutti,
#C

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Capitolo 2
*** Quidditch ***


CAPITOLO 2

Mattina
Emma era al culmine dell’energia quel giorno a colazione. Si riempì il piatto senza badare alla dieta e si sedette con la faccia verso il tavolo di Grifondoro, subito raggiunta da Draco e Zabini.
“Domani si ricomincia” disse sorridendo. Gli allenamenti di Quiddich. Emma era nella squadra sin dal secondo anno, una perfetta cacciatrice. “Manca solo un mese alla partita di apertura. Non vedo l’ora”
La partita di apertura: Grifondoro contro Serpeverde. Era la più attesa dell’anno. Emma era sicura di poterla vincere. Quell’anno era lei il capitano, e perdere non era un’opzione.
Le lezioni passarono interminabili. Emma non fece altro che guardare in cagnesco la Granger durante Incantesimi con i Grifondoro, finire perfettamente la sua Pozione in metà del tempo a Pozioni con i Corvonero, e recuperare il sonno perso della notte precedente durante Storia della Magia.
Quando arrivò l’ora di Trasfigurazione, Emma si rifiutò di partecipare alla lezione. “No, Draco, non ci vengo. Sono così furiosa con quella vecchia strega che potrei usare una maledizione senza perdono”. “Vuoi che ti faccia compagnia?” aveva chiesto subito il biondo. Al cenno negativo della ragazza, Draco aveva alzato gli occhi al cielo ed era andato senza di lei.
Emma perciò iniziò a girovagare per i corridoi senza una meta ben precisa, fino a quando non vide una figura conosciuta china su una marea di carte in un’aula vuote. Aprì con calma la porta ed entrò.
“E come mai non sei in classe?” disse con un sorriso furbo.
“Potrei farti la stessa domanda, Renard” le rispose subito il rosso, senza nemmeno alzare lo sguardo dalle sue carte. Aveva riconosciuto la sua voce.
“In qualità di Prefetto avrei il diritto di toglierti dei punti, Weasley” ribatté la ragazza ghignando, poi con passo svelto si andò a sedere sul banco vicino quello dove Fred Weasley stava lavorando ai suoi progetti.  Fred rimase in silenzio e sospirò, senza guardarla nemmeno. Dopo qualche minuto di silenzio più totale, la rossa si spazientì “Fred, guardami quando ti parlo”.
Fred alzò con riluttanza lo sguardo su di lei. “Ti diverti a torturarmi, non è vero, Emma?” sbottò il rosso. “Adesso ti trovo in un vagone da sola con Malfoy, e l’anno scorso… lo sai cosa è successo. Non sei esattamente la persona che mi fa più piacere vedere, volendo essere onesti”. Emma strinse le labbra. “Draco è come un fratello per me” sibilò “e tu lo sai benissimo”. Fred proruppe in una risata amara. “Oh, andiamo Emma. Prendi in giro sia me che te così. Tu e Malfoy…”.
Emma si spazientì e lo interruppe. “Io e Malfoy niente. Io e Malfoy siamo amici, nient’altro”. Poi, scuotendo la testa, rise sprezzante. “E comunque non capisco cosa possa interessare a te” disse guardandolo, gli occhi chiari ridotti a due fessure.
Fred Weasley la guardò negli occhi per qualche secondo, in silenzio. Poi sospirò. “Nulla. Assolutamente nulla”.
-
Hermione Granger non avrebbe mai pensato di non riuscire a farcela per i troppi compiti. Ok, seguiva il doppio delle materie degli altri suoi coetanei, ma, insomma, era la strega più brillante della sua età!
Entrò in sala comune completamente sfinita dopo la giornataccia, e si sedette sulla sua poltrona preferita. Harry, Ron, Ginny e i gemelli erano già lì da un po’ a chiacchierare tranquillamente, e la salutarono tutti, allegri. Lei aveva un diavolo per capello quel giorno, letteralmente.
Fred le lanciò uno sguardo e scoppiò a ridere. “Hai incontrato uno Schiopodo venendo qui, Hermione?”. La ragazza lo fulminò con lo sguardo. Ginny era più comprensiva. “È successo qualcosa, Herm?” chiese con aria preoccupata.
“È colpa di quella Serpe!” esplose Hermione. “Emma Renard. Mi sta rendendo la vita un inferno, da quando siamo arrivati. Oggi ad Pozioni mi è esploso il calderone. Fred, George, dovete smetterla di venderle i vostri prodotti!”
George scoppiò a ridere di gusto. “Gli affari sono affari, Granger, anche con le Serpi come la Renard”. Fred invece si rabbuiò improvvisamente.
L’unica a notarlo fu proprio Hermione, che con molto tatto decise di cambiare velocemente argomento, iniziando a inveire contro Ron che intanto stava copiando i suoi compiti di Pozioni.
Harry si alzò, stiracchiandosi “Ragazzi, io credo che andrò a letto. Domani ci sono i provini per la squadra. Sarà una lunga giornata” aggiunse poi di malumore. Con l’aumentare della sua popolarità nel mondo magico, infatti, erano aumentate anche le iscrizioni ai provini per la squadra di Quiddich. Il problema era che si iscriveva letteralmente chiunque: non solo aspiranti giocatori, ma anche un fiume di ragazze –e non solo Grifondoro- che speravano di fare colpo su di lui.
Ron, Hermione, Ginny e George lo seguirono, mentre Fred rimase seduto accanto al fuoco a riordinare i pensieri. Una serie di flashback gli affollarono la mente. Si ricordò del Ballo del Ceppo di due anni prima. A quei tempi erano come inseparabili. Ripensò al giorno in cui lei aveva scoperto che Fred aveva invitato Angelina al ballo. Si toccò la guancia dove lei lo aveva schiaffeggiato, con le lacrime agli occhi. Da quel giorno, se possibile, lei era diventata ancora più intrattabile, con tutti. E non gli aveva rivolto la parola per mesi.
Gettò uno sguardo ad Angelina, seduta poco lontano insieme alle sue amiche. La loro storia era finita dopo pochissimo tempo e per di più in malo modo, con Fred che l’aveva scaricata senza tante spiegazioni, e ora anche lei a stento lo salutava.
“Bel lavoro, Fred. Tu sì che ci sai fare con le ragazze”.
Poi il ricordo dell’anno precedente gli tornò in mente, all’improvviso. Si rabbuiò, e strinse i pugni. Stette così per qualche minuto, a ripensarci; poi sospirò, e seguì gli altri al dormitorio.
 
Giorno dei Provini di Quiddich
Quella mattina Emma era in splendida forma, come non mancarono di ricordarle almeno una decina di ragazzi, Serpeverde e non, solo nelle prime ore della giornata. I capelli rossi erano tirati in una coda alta, e gli occhi ghiaccio lampeggiavano, guardando con aria di sfida i capitani delle altre case.
A colazione non fece altro che parlare, affliggendo Draco con gli schemi delle formazioni che aveva pensato per la prima partita. “Ovviamente” disse rivolta al biondo “tu non riceverai trattamenti di favore da parte mia”, disse calcando sulle parole mia e favore, “perciò se non dimostrerai di essere all’altezza puoi scordarti di far parte della squadra… o devo ricordarti l’anno scorso?” concluse alzando le sopracciglia. L’anno precedente, infatti, la squadra di Serpeverde era stata battuta per una manciata di punti da quella di Grifondoro, e Draco aveva perso il suo ruolo di capitano. Il ragazzo scosse la testa rassegnato, pensando che, tutto sommato, quella mattina Emma era di buonumore.
Al tavolo di Grifondoro, intanto, si avvertiva la stessa tensione. Improvvisamente Harry si girò e si trovò di fianco Emma Renard in persona, che lo fissava con le sopracciglia inarcate. In piedi dietro di lei c’era Draco Malfoy. “Ovviamente” pensò Harry. Il ragazzo li salutò freddamente, mentre invece Emma fece un sorriso furbo “volevo augurarti la buona fortuna, Potter. Temo che sarà difficile trovare dei giocatori decenti a Grifondoro. Mi sa che sarai costretto a far entrare la Granger!”. Hermione finse di non aver sentito la palese frecciatina, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla sua colazione. Fred allora prese la parola per difenderla. “Buona fortuna anche a te, Renard! E ricordati che io e mio fratello saremo i battitori” aggiunse con una strizzatina d’occhio. “Sai, sono quelli che mirano a voi cacciatori”.
Emma gli rivolse uno sguardo carico d’odio, ma non gli rispose. Si rivolse di nuovo a Harry. “Ok, Potter, fine del teatrino. Ti devo parlare” poi aggiunse, dopo aver visto lo sguardo accigliato del ragazzo “niente di cui preoccuparsi, non entrare in paranoia come al solito. È una bella notizia per voi sfigati”. Poi si alzò, scuotendo la testa per sistemare i capelli, e lo guardò, impaziente “muoviti.”
Harry non trovò niente di meglio da dire, così la seguì. Ron si alzò subito per seguirlo, ma Draco lo bloccò “fermo, lenticchia. Solo lo Sfregiato”. Harry si girò a guardarlo, come per scusarsi, mentre Ron ricadeva seduto, sbuffando.
Harry seguì Emma e Draco in un corridoio accanto alla Sala Grande. “Non è poi così nascosto” si disse “probabilmente non è nulla di importante”. Emma rise “oh, andiamo, Potter. Dicono che sei il ragazzo che è sopravvissuto! Come mai quella faccia da cucciolo in trappola? Non volgiamo farti niente, davvero!”.
Harry si sentiva ad ogni parola più irritato, e la mano corse veloce alla bacchetta. Draco se ne accorse, e gli sibilò “attento a quello che fai, Potter”.
Emma li ignorò, e riprese a parlare. “Veniamo al punto. Io e Draco stavamo organizzando un festino per stasera, però ne abbiamo già fatto uno solo tra noi Serpi, e non è più così divertente come lo era all’inizio… tutti fanno sempre le stesse cose, e poi i ragazzi li conosciamo tutti, vero Draco?” e lanciò uno sguardo divertito al biondo, che sorrise maliziosamente. “Perciò” continuò Emma “con la mia mente brillante ho pensato di aprire l’invito anche alle altre case… magnanimo da parte mia, non trovi?”
Harry roteò gli occhi “sappi che non ci saremo, Renard”. Emma gli si avvicinò fino a trovarsi a un palmo dal suo viso “oh, ma andiamo, Harry. Solo per divertirci, non stiamo tramando proprio niente, parola d’onore!”. Bruscamente si allontanò da lui, guardandolo improvvisamente con un’espressione dura “e quando io do la mia parola, Potter, stai certo che la mantengo. Sempre”.
Harry filò via prima che potesse dire altro e tornò dagli altri, curiosi di sentire le novità. Appena gli comunicò l’idea del festino, Hermione scattò in piedi “non se ne parla, Harry! Come puoi anche solo considerare l’idea! Siamo dei Prefetti. Prefetti. Ne farò subito rapporto alla McGrannit e…”.
“Oh, ti prego, Hermione!” la interruppe Fred “Emma Renard dà festini praticamente da sempre, e non è MAI stata scoperta… e poi, se anche ci provassi, lei te la farebbe pagare subito, io non mi metterei contro di lei” disse strizzandole l’occhio. Hermione boccheggiò “la stai forse difendendo, Fred Weasley?! Ma si può sapere da che parte stai?”. Fred sorrise, sornione “dalla parte di chi organizza festini, mi pare ovvio”.
-
Hermione si avviò sugli spalti di fianco a Luna Lovegood per assistere alle selezioni di Quiddich. Anche se era solo Settembre il cielo era già carico di nubi e prometteva un’abbondante pioggia a breve. Mentre si faceva strada tra la calca di studenti di ogni casa, le capitò più di una volta in una conversazione riguardante il festino imminente delle Serpi. Possibile che nessuno avesse un minimo di senso del dovere in quella scuola? Vide persino i prefetti di Tassorosso e Corvonero che parlottavano tra di loro emozionati, lanciando occhiate adoranti a Emma che, poco lontano, si stava avviando verso il campo. Hermione la osservò a lungo. Era davvero una bellezza mozzafiato, pensò con una punta di invidia. I lunghi capelli rossi erano fermi in una coda alta che ondeggiava quando lei muoveva il capo o rideva, e il volto affilato era acceso dall’emozione. La spilla di Prefetto le scintillava al petto.
I primi a scendere in campo furono i Corvonero, per le selezioni. Si svolsero con la disciplina e la compostezza tipica di quella casa; ad Hermione saltarono all’occhio soprattutto i due nuovi battitori del settimo anno: alti, muscolosi e sorridenti alle occhiate delle ragazze che li indicavano ridacchiando.
Le selezioni di Tassorosso si svolsero invece più lentamente, dato che gli aspiranti giocatori erano tanti e il capitano aveva il cuore troppo tenero e concedeva a tutti una seconda -o anche una terza- possibilità.
Poi scesero in campo i Grifondoro. Hermione si alzò per applaudire, sorridendo a Ron che invece sembrava sul punto di vomitare. Fred, George e Ginny, invece, erano perfettamente a proprio agio, nonostante la miriade di studenti che assistevano alle selezioni. Per prima cosa Harry contò uno per uno i partecipanti, mandando pazientemente via le streghe che non appartenevano neanche a Grifondoro, e che correvano via sghignazzando, alcune non dopo averlo abbracciato o persino baciato sulla guancia, inseguite dalle occhiate furenti di Ginny. Poi, piuttosto perplesso, iniziò le selezioni vere e proprie.
Mezz’ora dopo, Hermione stava applaudendo alla neo-squadra di Quiddich per l’anno scolastico: Harry come cercatore, Fred e George battitori, Ginny, Angelina e Dean i cacciatori e, fortunatamente, Ron come portiere.
Poi scesero in campo i Serpeverde. Emma e Fred si incrociarono, e si guardarono a lungo negli occhi. Poi lei voltò la testa, sprezzante, mentre Fred si rabbuiava istantaneamente.
I partecipanti alle selezioni erano tantissimi, ma tutti seri e anche abbastanza terrorizzati a causa della conosciuta rabbia del loro nuovo capitano. Emma li decimò in poco tempo. Poi li mise alla prova singolarmente. Quelli che finirono peggio furono gli aspiranti portieri, perché Emma gli ordinò di provare a parare i suoi tiri; erano terrorizzati, non sapendo se dovessero provare davvero a parare, o evitare la palla per non incorrere nella sua ira per una sua eventuale palla sbagliata.
Hermione osservò Draco, che cercava di essere scelto per il ruolo di cercatore, che ritornava indietro con il boccino stretto tra le dita, seguito da altri aspiranti dall’aria afflitta. Quando lo vide avvicinarsi con un’espressione soddisfatta impressa sul volto, Emma gli strappò il boccino di mano sbuffando, fingendosi irritata, ma quando gli fu vicina gli disse tra i denti “ben fatto, Malfoy”. A selezioni concluse, Emma osservò preoccupata la squadra avversaria: Draco Malfoy come cercatore, Tiger e Goyle come battitori, Emma Renard, Blaise Zabini e un’altra ragazza dall’aria mascolina come cacciatori e un colosso biondo di due metri come portiere.
-
“Ben fatto, Draco” urlò Emma dal bagno, mentre Draco, steso sul letto della ragazza, aspettava sonnecchiando che finisse di prepararsi per andare al festino. A parte loro, il dormitorio era completamente vuoto: tutti erano già andati.
“Andiamo, Emma, ti vuoi muovere? Siamo gli organizzatori e non siamo neanche lì! Non potevi prepararti prima?” borbottò, mentre la porta del bagno si apriva. Ne uscì Emma, in pantaloncini e un top così corto da lasciarle la pancia piatta completamente scoperta, con i capelli appena lavati che le scendevano ribelli fino alla vita e gli occhi chiarissimi che risaltavano sul volto affilato.
Draco la osservò, cercando di tenere la bocca chiusa, e disse la prima cosa che gli passava per la testa. “Come mai ci metti così tanto, se non ti trucchi nemmeno un po’?”. Emma sbuffò, annoiata. “I capelli, Draco. Non è facile averli così perfetti” spiegò “adesso fammi il favore di chiudere la bocca e muoviti, siamo in ritardo!”. Draco assunse un’espressione indignata, sul punto di dire qualcosa, ma poi decise che non ne valeva la pena e, sbuffando, la seguì.
Raggiunsero in un attimo la stanza delle Necessità, passando per i corridoi deserti e silenziosi. Appena entrarono, la folla esplose in un boato, e in un attimo uno dei ragazzi della squadra scelta quel pomeriggio si caricò Emma sulle spalle, portandola al centro della folla. Ridendo, ma anche attenta a chi c’era e chi no, Emma notò che quasi tutti gli studenti degli ultimi anni si erano presentati.
“Burrobirra?”. Draco le porse un bicchiere pieno, che Emma bevve tutto d’un sorso ridacchiando “stai cercando di farmi bere una pozione d’amore, Malfoy? Se è così, sappi che non può funzionare, sono troppo innamorata di me stessa per pensare agli altri”. Draco ridacchiò. Intanto stavano camminando tra i gruppetti di ragazzi che ballavano, si baciavano o facevano a botte. Improvvisamente Emma si bloccò. Davanti ai suoi occhi c’era Fred Weasley, che rideva beatamente con una ragazza del suo anno di Corvonero. Strinse i pugni per la rabbia. Si rivolse a Draco, sibilando “torno subito”. L’attimo dopo era già pronta a fronteggiare la ragazza.
Si chiamava Vicky. Emma ricordava vagamente che era nella sua stessa classe di Storia della Magia, ma a dire la verità non aveva mai fatto molto caso a lei. Ora invece mentre fissava i suoi occhi a mandorla e i suoi capelli lisci e scuri si sentì invadere da una fitta di rabbia. Si parò davanti a Fred, stando però bene attenta che la ragazza sentisse quello che aveva da dire, spostandosi i capelli all’indietro con una mano e sorridendo il più affabilmente possibile. Appena la riconobbe, il ragazzo trasalì leggermente, fissandola con sguardo imbambolato.
“Ehi, Fred. Prima che mi dimentichi, ti sta cercando la tua ragazz…”
Non riuscì a concludere la frase che qualcuno la afferrò per un braccio e la trascinò in un corridoio adiacente alla sala principale. Quando si girò verso George Weasley, Emma era rossa in viso dalla rabbia.
“Si può sapere che cavolo ti è preso?” sibilò al ragazzo, che dal canto suo la guardava con diffidenza. “Si può sapere invece che cavolo è preso a te, Emma? Ti ho sentita e ho capito benissimo quello che stavi facendo. Che cosa speravi di ottenere?”. Mentre George parlava, Emma si era ricomposta, e ora aveva la sua solita aria strafottente, ma quando parlò, la voce le si incrinò; solo per un secondo, ma la cosa non sfuggì a George, che la conosceva bene. “Era uno scherzo, George. Niente di cui allarmarsi troppo”. George sbuffò. “Emma, stavi sabotando la serata di Fred, non è così? Non è molto carino da parte tua”.
Emma gli lanciò uno sguardo carico di odio. “Gli piace?” sussurrò.
George rimase per un attimo pensieroso, poi scosse la testa, incredulo. “Non ci posso credere. Sei una vera vipera, Renard, una vipera velenosa. Dopo quello che hai fatto…”. In un secondo si trovò la bacchetta di Emma puntata contro “Smettila”. George non parve per nulla turbato “che cosa c’è, Emma? Soffri per amore? Come ci si sente quando non sei tu quella che ha il coltello dalla parte del manico?” le sputò contro. Emma rimase come pietrificata. George continuò “Se vuoi un consiglio, invece di continuare a trattare gli altri come se fossero inferiori e stupidi, dovresti preoccuparti un po’ di più dei loro sentimenti. Altrimenti finirai per ferirti da sola, Emma Renard”.
In un attimo scomparve, per gettarsi di nuovo tra la folla, lasciando Emma da sola, nel corridoio deserto, a dare sfogo alla sua rabbia.
-
Fred tornò in stanza più tardi, quella sera. Quando entrò, vide che George lo guardava con un’espressione furba incollata al viso. “Ti ho visto con una ragazza stasera al festino, fratello”. Fred inarcò le sopracciglia, poi si lasciò andare in una risata.
“Sì, carina. E anche molto disponibile, se sai cosa intendo” strizzò l’occhio al gemello. Poi, allo sguardo di incitamento di George, si strinse nelle spalle. “Non è il mio tipo però, troppo intelligente. Sai Corvonero…”. George sbuffò, irritato, alzando gli occhi al cielo. “No, non dirmelo. Di grazia, qual è esattamente il tuo tipo di ragazza? Acida e con i capelli rossi? Magari porta anche di cognome Renard e il suo nome inizia con la E” concluse con una smorfia. Lo sguardo di Fred si illuminò, come se si fosse ricordato di qualcosa. “A proposito di Emma, George, non indovinerai che cosa strana che mi è capitata al festino”. George, facendo del suo meglio per non dare a vedere la sua inquietudine, cercò di sembrare interessato. “Mentre parlavo con Vicky, la Corvonero, si è messa in mezzo e ha cercato di dirmi qualcosa. Però poi deve aver cambiato idea” concluse pensieroso, fissando il gemello per avere un parere. George valutò per un secondo l’opzione di raccontargli del suo faccia a faccia col nemico. Invece si strinse nelle spalle, dicendo semplicemente “andiamo, Freddie, sai bene di chi stiamo parlando. Probabilmente era uno dei suoi soliti scherzi di pessimo gusto. Non ti lasciare ingannare”.
Fred si portò entrambe le mani al viso, stropicciandosi gli occhi. Quando li riaprì aveva un’espressione quasi sofferente. “George, sai quello che provavo per Emma. E sai che non è cambiato nulla. A volte penso che dovrei semplicemente…”.
“Fred” lo interruppe il fratello con voce dura “Emma Renard è un serpente velenoso. Stai attento a non essere morso, non per la seconda volta. 
-
Dalla mattina successiva al festino, Emma fu più intrattabile che mai. In classe rimaneva silenziosa fremendo di rabbia ad ogni risposta esatta di Hermione Granger, e spesso e volentieri saltava le lezioni per starsene da sola in riva al lago. Evitava con cura le classi vuote, dove sapeva che avrebbe probabilmente incontrato i gemelli. Durante gli allenamenti di Quiddich era rabbiosa e irritabile, e aveva persino fatto mettere a piangere la ragazza/uomo della squadra.
Draco non aveva idea della causa del suo malumore. A dirla tutta, nessuno, fatta eccezione per George Weasley, l’aveva. Lei, ovviamente, non dava spiegazioni; i suoi compagni di casa si limitavano a cercare di irritarla il meno possibile, assecondandola in tutto quello che potevano.
-
Una mattina, Fred e George Weasley avevano deciso di saltare l’ennesima lezione di Storia della Magia. Mentre si avviavano per i corridoi vuoti, cercando una classe vuota dove perdere tempo, parlavano delle solite cose, degli affari, dei M.A.G.O. di quell’anno, come se la conversazione avvenuta a tarda notte di qualche giorno prima non ci fosse mai stata.  
“Weasley!”
I gemelli si bloccarono improvvisamente, irrigidendosi. Riconoscevano benissimo quella voce strascicata, che però quella volta aveva una sfumatura diversa. Si voltarono, trovandosi di fronte Draco Malfoy, apparso da chissà dove. Lentamente, i gemelli misero mano alle bacchette, ma il loro gesto venne notato dal biondo, che con un’espressione scocciata alzò entrambe le braccia. “Devo parlarvi. Mi serve un favore”. George fece un’espressione incredula. “Non facciamo favori alle Serpi, Malfoy” gli disse seccamente Fred. Draco sembrava turbato; serrò la mascella.
“Riguarda Emma. È scomparsa”.


Spazio Autrice
Ciao a tutti, vecchi e nuovi lettori. Ho deciso di aggiornare oggi perchè, anche se il primo capitolo non ha ricevuto recensioni, alcuni hanno inserito la storia tra le ricordate/preferite, ma anche per eventuali nuovi lettori. Fatemi sapere cosa ne pensate, magari lasciando una recensione!
Vi abbraccio, voi che siete arrivati fin qui!
#C

 

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Capitolo 3
*** Ricordi del passato ***


CAPITOLO 3
Fred si irrigidì all’istante. George chiese velocemente “che intendi per scomparsa?”, guardando preoccupato il fratello. Draco sembrava quasi irritato “cosa posso intendere per scomparsa, Weasley? Scomparsa! Se ne è andata, non la vedo da ieri mattina”. Fred, lentamente, formulò una risposta. “Lei ci sa fare. Non è in pericolo”. Draco sorrise mesto. “Ovvio che non è in pericolo; e, sì, Emma ci sa fare” poi si rabbuiò improvvisamente “ma non è questo che mi preoccupa -non principalmente, almeno. È la scuola a preoccuparmi. Sta saltando una marea di lezioni, e ora questo! In più, la squadra ha bisogno di lei, manca poco alla partita di apertura” disse tutto d’un fiato “potrebbe essere espulsa” disse in un sussurro. Poi, accorgendosi dei gemelli che guardavano sospettosi la sua aria preoccupata, si ricompose, concludendo con tono gelido “i suoi genitori le renderebbero la vita un inferno…”.
Fred alzò un sopracciglio “certo, e lei è sempre stata così terrorizzata dai suoi genitori… Hai idea del perché possa averlo fatto?”.
Il biondo si strinse nelle spalle “ecco, è questo il punto: non ne ho idea. È dal festino che è particolarmente irritabile, sembra avercela con tutti. E io non ho idea del perché” concluse in tono risentito. Fred fece un sorriso ironico “qualcuno qui si sente tradito, eh, piccolo Draco? La tua amichetta non ti confida tutti i segreti?” non aveva neanche finito che il biondo gli stava puntando la bacchetta contro il petto “non provarci, Weasley” sibilò.
Fred stava per ribattere, ma poi notò l’espressione accigliata di George “tu ne sai qualcosa, fratello!”. Draco abbassò immediatamente la bacchetta, girandosi verso George, che sembrava impegnato in una scelta di vitale importanza. “Cosa sai, Weasley?” gli sibilò Draco, avvicinandosi.
George guardò prima Draco, irritato e preoccupato, poi il gemello, che lo guardava con aria interrogativa. “È successo la sera del festino, credo”. Vide Fred trasalire, ricordandosi improvvisamente lo scambio avuto col fratello la sera del festino.
“Quella sera” continuò quindi George, lentamente “io e la Renard abbiamo avuto un… colloquio tra vecchi amici. Mi ha chiesto di te, Fred, se fossi interessato alla ragazza con cui ti ha vista al festino. Io ho perso un po’ le staffe, lo ammetto, poi me ne sono andato. Lei ovviamente ha dato di matto” con un sorriso incerto, aggiunse “mi sono fatto raccontare la scena dai quadri che hanno assistito. Erano assolutamente scandalizzati”.
Quando George finì di parlare, tra i tre calò il silenzio. Draco aveva assunto un’espressione ferita, mentre Fred lo guardava con la bocca aperta. Negli occhi aveva un’espressione incredula e tradita. Poi una voce li sorprese.
“I miei complimenti, George Weasley. Quella era una conversazione privata”.
Emma Renard in persona li fulminò tutti e tre con lo sguardo, prima di scomparire da dove era venuta. Draco rivolse ai gemelli uno sguardo esasperato, poi le corse dietro. Fred ancora non aveva proferito parola. George lo guardò, preoccupato.
Lentamente, Fred alzò lo sguardo sul fratello. “Non posso credere che tu non me lo abbia detto” gli disse con voce fredda. Poi girò i tacchi, e se ne andò. George rimase fermo e solo nel corridoio deserto, maledicendo sé stesso ed Emma Renard.
-
“Si può sapere dove diavolo ti eri cacciata?!” urlò Draco, appena si furono chiusi la porta del Dormitorio alle spalle. Emma si gettò su uno dei divanetti della Sala Comune, perfettamente a suo agio. Non indossava la divisa, e sembrava si fosse appena lavata i capelli. Alzò lo sguardo su Draco, accigliata “ti eri preoccupato? Avevo una commissione da sbrigare”. Il ragazzo per poco non cadde a terra “Se mi sono preoccupato? Sei scomparsa da un giorno all’altro senza dirmi niente, poi ti fai viva due giorni dopo dicendo che dovevi fare una commissione! Giuro che mi farai impazzire, Emma!”.
Lei lo guardò, un misto di tenerezza e pietà “Oh, ti eri preoccupato? Quanto sei dolce Draco! A volte penso di non meritarmi di avere una persona come te”. Si alzò e gli mise le braccia al collo, avvicinando il viso a quello gelido di Draco. Gli sorrise furba. “Cosa c’è? Non ti sono mancata?”.
Draco la respinse e si allontanò, lasciandola accigliata. “Sei innamorata di Fred Weasley?” le disse freddamente, come se non gli importasse. Per Emma fu come prendersi uno schiaffo in piena faccia. “Non sono affari tuoi, Draco” sibilò. Il biondo, che le aveva dato le spalle, si girò, rosso di rabbia. “Non sono affari miei, dici? Stai scherzando, spero. Emma, non puoi continuare a trattare le persone come se fossero burattini nelle tue mani, fregandotene dei loro sentimenti!” le urlò contro.
Emma lo guardava stupita, con un sopracciglio alzato. “Di che cosa diavolo stai parlando? Sentimenti? Non ti riconosco più, Malfoy”. Draco non si lasciò mettere a tacere. “E smettila di dire che noi due non abbiamo sentimenti! Prendi in giro me e menti a te stessa. Sappiamo entrambi che i sentimenti ce li abbiamo, tutti e due. Di te ne ho avuto la prova dieci minuti fa…”.
Emma rimase in silenzio, accusando il colpo. Draco continuò “pensavo che quella cottarella che ti eri presa al quarto anno per Fred Weasley fosse una cosa passeggera… o meglio, un brutto scherzo che stavi facendo a me. E adesso questo”. Emma alzò lo sguardo su di lui, ripetendo, gelida “non sono affari tuoi, Malfoy”. “Io invece credo di sì” Draco le si avvicinò, guardandola negli occhi. “Credo di essermi innamorato di te, Emma” le disse per la seconda volta.
La ragazza trattenne il fiato, cercando di apparire gelida come sempre. In realtà, non sapeva cosa rispondere. Rimase in silenzio, occhi di ghiaccio in occhi grigi, finché Draco sospirò. “Non mi aspettavo niente di diverso, non preoccuparti”.
Si alzò, e scomparve nel dormitorio maschile, lasciando Emma sola, immobile, e fremente di rabbia.
-
George Weasley trovò suo fratello dove aveva immaginato, nella Stanza delle Necessità. Si avventurò fra le cataste di oggetti, e dopo un po’ trovò il gemello steso su un enorme divano rosso, che giocherellava con un paio di animaletti volanti che gli svolazzavano attorno alla faccia. Appena lo vide, però, si alzò subito a sedere.
“Non sono dell’umore, George”
George gli si avvicinò con aria mesta. “È che penso che non sia adatta a te, fratello. Lo so, lo so” disse notando le sopracciglia del fratello che scattavano in alto “lo so che non spetta a me decidere. Ma mi ricordo benissimo come ci sei stato male, due anni fa, e ancora peggio l’anno scorso. Quella ragazza non porta mai niente di buono, Freddie” concluse, con un sorriso triste. Fred gli rivolse uno sguardo pieno di tristezza. “L’anno scorso” disse lentamente, a bassa voce “è stata tutta colpa mia”.
“Scherzi?” esplose George, rosso in viso “è andata a letto con Lee! Con il nostro migliore amico, con il tuo migliore amico! E l’ha fatto solo ed esclusivamente per ferirti! Che razza di persona lo farebbe?”
“Lo ha fatto perché l’avevo ferita!”
“Lo ha fatto perché voleva ferire te ancora di più, Fred! Non essere irragionevole”.
Fred non rispose. Immerso nei suoi pensieri, stava rivivendo quei momenti ancora e ancora. L’ultimo, furioso, litigio con Emma. La rivide mentre gli dava quello schiaffo la sera del Ballo. Bellissima, ma con le lacrime agli occhi. Poi si ricordò ogni singolo giorno di quegli ultimi mesi di due anni prima in cui lei non gli aveva rivolto la parola. Si sentiva ancora addosso i suoi sguardi di fuoco, feriti.
Lei intanto, stava preparando la sua vendetta. Una vendetta che lo avrebbe ferito come lui aveva ferito lei. La sera del festino di fine anno l’anno prima, l’aveva trovata nella sua Sala Comune, nella sua camera, a letto con il suo migliore amico. Il sorriso trionfante che gli aveva rivolto, appena aveva visto la sua espressione sconvolta e devastata, era quello che gli aveva fatto più male di tutto. E così, da quel momento in poi, tra lui ed Emma Renard c’era stato solo e soltanto odio.
Ma, nonostante tutto, Fred non era riuscito a dimenticarla. Sentiva ancora un colpo al cuore ogni volta che la vedeva, fiera e bellissima; stringeva ancora i pugni quando, girato l’angolo, la trovava incollata a qualche bellimbusto a caso, con i corpi premuti l’uno contro l’altro; e, ogni volta che le rivolgeva la parola, nei loro soliti scambi di frecciatine, l’adrenalina iniziava all’istante a scorrergli nelle vene.
“Fred? Freddie?”
George lo richiamò alla realtà. Fred mise a fuoco il suo volto preoccupato, e in quel momento decise che aveva ragione, che era arrivato il momento di andare avanti.
“È arrivato il momento di lasciar perdere, non è vero, George?”
Il fratello gli rivolse un sorriso triste “mi dispiace di non avertelo detto. Ma è meglio per te. Lei vuole solo ottenere tutto quello che desidera. Non ha sentimenti, a parte per l’odio e il rancore”. Fred abbassò lo sguardo. “Non c’è nessuno che non possa provare dei sentimenti, George” sussurrò. Suo fratello si sbagliava, lo sapeva.
Ma nessuno capiva Emma Renard. Solo lui ci riusciva. Tuttavia, lo lasciò continuare. “Devi superarlo, Fred! Mezza scuola è praticamente ai tuoi piedi, che senso ha rovinarsi la vita per l’unica ragazza qui che non ti merita?”. Gli sorrise, incerto. “Forse tu non te ne accorgi neanche, ma la ragazza perfetta è sotto ai tuoi occhi”.
Fred lo guardò interrogativo “di che stai parlando? Anche se, George, non credo sia il momento adatto…”. George lo interruppe, rivolgendogli un sorriso furbo.
“Lascia perdere. Te ne accorgerai quando sarà il momento”.
-
Hermione Granger si alzò carica quella mattina. A colazione, seduta tra i suoi migliori amici, non fece complimenti. “Per Merlino, Ron! Cerca di avere almeno un minimo di grazia quando ti infili montagne di cibo in quel forno che ti ritrovi. Sei assolutamente disgustoso!”. Harry ridacchiò, mentre Ron borbottava irritato una blanda giustificazione. “E poi, si può sapere perché sei così allegra, oggi? C’è la prova di pozioni…” mugugnò. Hermione sorrise. “È esattamente per questo che sono così allegra. Sto studiando da mesi. Quella smorfiosa della Renard rimarrà a bocca aperta” concluse, altezzosa. Poi si alzò, raccolse la montagna di libri che si portava sempre dietro, e si diresse quasi di corsa nei Sotterranei, per ripetere le ultime formule. Appena scomparve, Fred e George fecero il loro ingresso in Sala Grande. Fred non poté fare a meno di lanciare un’occhiata veloce al tavolo di Serpeverde, ma di Emma Renard neanche l’ombra.
“Buongiorno, fratello” disse intanto George, rivolto a Ron, “Harry” salutò anche l’amico. “E Hermione dov’è?” buttò lì poi George, con noncuranza. Ron gli rivolse un’occhiata sospettosa “da quando ti interessa dove sia o non sia Hermione?”. George assunse un’espressione fintamente ferita. “Si dà il caso che Hermione sia una delle mie più grandi amiche, fratellino!”. Ron fece una smorfia esasperata, poi concentrò di nuovo tutta la sua attenzione ai suoi pancakes. “È appena andata via. Vuole arrivare in anticipo in classe per prepararsi meglio al test di Pozioni…” rispose Harry alzando gli occhi al cielo. “Secchiona” borbottò Fred, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di tutti e tre gli amici.
In quel momento fece il suo ingresso in Sala Grande Emma Renard.
Fred la osservò a bocca aperta. Per la prima volta da quando la conosceva, Emma sembrava stanca. Aveva marcate borse sotto gli occhi chiari, e non aprì bocca quando si sedette a tavola, vicina a Pansy e per la prima volta lontana da Draco. Non toccò cibo, ma bevve solo una tazza enorme di caffè. Fred si girò, deglutendo forte. Aveva voglia di alzarsi, prenderla da parte e dirle tutto quello che si era tenuto dentro nell’ultimo anno. George, intuendo i suoi pensieri, lo richiamò. “Andiamo, Fred? Abbiamo Piton alla prima ora e dobbiamo ancora copiare i compiti”.
-
Emma si premette i palmi sugli occhi, espirando forte. Li riaprì, e cercò di concentrarsi sulla pozione che doveva preparare. Gettò un’occhiata alla streghetta secchiona seduta in prima fila, e vide che era già a metà dell’opera, mentre lei aveva a stento preparato gli ingredienti. Draco, seduto di fianco a lei, non l’aveva neanche guardata in faccia. Per la frustrazione conficcò con forza il coltello che brandiva nel grande tavolo di legno su cui stava lavorando. Tutti i girarono a guardarla, esclusa Hermione, che probabilmente non aveva neanche sentito il rumore, immersa com’era nella preparazione. Questo fece irritare ancora di più Emma, che si mise velocemente a lavoro. Sapeva perfettamente cosa doveva fare, solo che in quel momento non aveva la voglia di aspettare il lento processo di cottura di tutti gli ingredienti.
A venti minuti dallo scadere del tempo, Hermione Granger consegnò la sua provetta; poi, con aria soddisfatta, tornò al suo posto e, aprendo un enorme tomo, si immerse nella lettura. Pochi secondi dopo, anche Emma si alzò a consegnare la sua pozione. “Me ne vado” disse poi con voce ferma a Lumacorno, che la guardava sorridente, essendo Emma la sua favorita, “ho bisogno di una doccia”. Poi si avvicinò a Hermione e le chiuse il libro. “Ti consiglio di fare lo stesso” disse con un ghigno, indicandosi i capelli. Poi uscì, sotto lo sguardo furente della Grifondoro.
-
“Non credere di essere tanto furbo, George! Ho capito benissimo cosa stavi cercando di fare a colazione. Non ho intenzione di farmi piacere Hermione!” sbottò Fred, dopo essere sgattaiolati via dall’ennesima lezione, “mi sentirei persino colpevole a illuderla, se lei è davvero innamorata di me come dici. Cosa di cui, tra parentesi, dubito fortemente”.
George alzò gli occhi al cielo “Merlino, Fred! Quand’è che sei diventato così noioso? Ah, certo, perché non hai mai avuto storielle da una notte con mezza scuola, vero? Sei sempre stato così attento ai sentimenti altrui, anzi, chiedo venia per quello che stavo pensando! Sono terribilmente dispiaciuto di aver urtato i tuoi sentimenti delicati”. Fred sembrava irritato. “Possibile che stai comparando a Hermione le ragazze che mi sono portato a letto?”. Si fermò appena prima alle scale che conducevano ai Sotterranei, girandosi verso il fratello. “Hermione non è minimamente paragonabile a loro, ok? La faccenda è completamente diversa!”.
Emma Renard, che stava salendo in quel momento le scale, sentì perfettamente l’ultima parte del discorso. Tutta la sua tristezza, la sua stanchezza, si trasformarono istantaneamente in rabbia. Tutte, tutte si sarebbe aspettata che potessero diventare le ragazze di Fred Weasley, tutte. Tutte ma non Hermione Granger.
Salì velocemente le scale e sfrecciò in direzione della Sala Comune, passando di fianco a Fred e George. “Weasley” sibilò tra i denti, con gli occhi che lampeggiavano. Fred la guardò andare via con aria abbattuta. “Già” continuò rivolto al fratello, “Hermione è diversa, è fantastica, sì, ma la vedo come una sorella, niente di più, e le cose non cambieranno mai. E’ solo che non è Emma Renard”.






  Spazio Autrice
Salve a tutti i vecchi e nuovi lettori! Scusate se l'aggiornamento è arrivato con un paio di giorni di ritardo, ma ora eccolo qui.
La storia per ora ha solo una recensione, ma non mi scoraggio, dato che ci sono molti che l'hanno inserita nelle seguite, ricordate e/o preferite, quindi ringrazio di cuore tutti i lettori.
Solo un piccolo appunto, non dimenticate la veloce "sparizione"
di Emma, perchè anche se non si capirà subito il perchè, tra qualche capitolo sarà tutto più chiaro. Intanto, godetevi questo capitolo e non perdetevi il prossimo, dove arriverà una grande sorpresa!
Vi abbraccio,
#C

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Capitolo 4
*** La persona sbagliata ***


CAPITOLO 4
Draco consegnò con calma la sua pozione, poi salì, diretto in Sala Grande per il pranzo. Non rivolse la parola a nessuno, immerso come era nei suoi pensieri. La sera prima era andato a letto con una biondina magrissima. Non era stato male; era stata così servizievole da fare tutto quello che lui le aveva chiesto, pensò con un ghigno. Gli sarebbe piaciuto richiamarla. Peccato che non riuscisse a ricordare il suo nome.
Appena girò l’angolo del corridoio, si sentì trascinare in un’aula vuota. Emma Renard lo sbatté al muro senza molta grazia, mentre con la bacchetta faceva scattare la serratura della porta. “Si può sapere che cavolo ti prende, Emma?” borbottò Draco un po’ sorpreso, massaggiandosi la testa, che aveva battuto al muro. Emma non riusciva a stare ferma, camminando avanti e indietro per l’aula. Si era fatta una doccia e poteva sentire l’odore dei suoi capelli anche da quella distanza. Dopo aver aspettato per un bel po’ con le braccia conserte, appoggiato al muro, finalmente Emma sembrò prendere una decisione, e si fermò, girandosi a guardarlo.
“Ho incontrato Montanah in dormitorio” disse, guardandolo fisso. Montanah! Ecco come si chiamava la biondina! Draco ghignò. “Quella ragazza ha un fisico da paura”; sapeva di farla arrabbiare dicendolo. Emma però sembrò calma. “Oh, fammi il piacere, Draco. Sappiamo tutti e due che non c’è paragone tra me e lei”. Draco fece spallucce, staccandosi dal muro e dirigendosi verso la porta, “se vuoi scusarmi…”.
Non fece in tempo a finire la frase, che Emma gli gettò le braccia al collo, stringendolo forte a sé. “Mi sei mancato” disse piano. Draco spalancò gli occhi, ma la strinse a sé anche lui, mettendole una mano nei capelli. Tuttavia borbottò “è un altro dei tuoi trucchetti, Renard? Perché continuo a cascarci”.
Emma si staccò, avvicinando il viso a quello del biondo. “Sai, a volte credo di non meritarti, Draco” sussurrò guardandolo negli occhi. “A volte credo che tu meriteresti di meglio”. Avvicinò ancora di più il suo viso affilato a quello del ragazzo, mentre Draco rimaneva immobile. Lei gli sorrise. “Sono arrivata alla conclusione, però, Draco, che noi due siamo fatti per stare insieme”.
Il ragazzo trasalì leggermente, incapace di trattenersi. Era stato innamorato di Emma dal primo anno. Anzi, dire che ne era stato innamorato era riduttivo. L’aveva venerata, letteralmente.
Lentamente, come attirato da una forza invisibile, Draco si chinò a baciarla. Non era la prima volta che lo faceva, ma tutte le altre volte era stata una delle sottili e terribili torture di Emma. Lei lo sapeva, lo sapeva sin dall’inizio, e aveva sempre trovato crudelmente divertente il torturarlo così. Non che Draco se ne fosse dispiaciuto, anzi; non si era mai tirato indietro, eppure quelle volte non si era sentito felice. Era solo un burattino nelle mani perfettamente curate di Emma.  
In quel momento, invece, il ragazzo si sentì per la prima volta esultante. Qualcosa era cambiato. Emma rispose al bacio, mordendogli il labbro e sogghignando, spingendolo contro il muro. Si fermarono solo per riprendere fiato. Draco intanto aveva passato la mano sotto la camicetta di Emma, e stava passando le dita sulla sua schiena perfetta. Quando si staccò dalle sue labbra per baciarle il collo, Emma ne approfittò per allentarsi la cravatta, ridendo. Veloce, Draco la aiutò a toglierla, poi prese a sbottonare i bottoncini della camicetta dell’uniforme, mentre Emma diceva, ridendo “non ho mai sopportato le camicie, sono così lente da togliere. Sono poco pratiche”. Draco passò le dita sul seno perfetto di lei mentre Emma, chiudendo gli occhi, gli affondò le dita tra i capelli.
Una ventina di minuti dopo, Emma Renard e Draco Malfoy uscirono insieme da quell’aula, con aria assolutamente impassibile. Mentre si dirigevano verso la Sala Grande per il pranzo, però, Draco fece scivolare il suo braccio per cingere la vita di Emma, sotto gli sguardi di decine di studenti diretti anche loro in Sala Grande. Per una frazione di secondo, Emma si accigliò, provando l’impulso di respingerlo come faceva sempre con tutti. Durò solo un secondo; l’attimo dopo il suo sguardo era freddo come il ghiaccio, come sempre. Tutti gli studenti che li videro passare, iniziarono immediatamente a parlottare tra di loro: era quindi successo quello che oramai sembrava impossibile? Emma Renard e Draco Malfoy stavano insieme?


Ron arrivò di corsa al tavolo di Grifondoro, dove c’erano già Harry, Hermione, Ginny, i gemelli e gli altri. “Non ci crederete mai, ragazzi!”. Tutti lo guardarono, accigliati. Ron si sedette e si prese da mangiare prima di rispondere, assaporando quei momenti di protagonismo, finché Ginny, irritata, non sbuffò “allora, idiota, a che cosa non crederemo mai?”.
“Emma Renard si è ufficialmente fidanzata”. Fred si sentì come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso. “Ne sei sicuro?” rispose all’istante. Ron si grattò la testa “si, beh… è quello che si dice in giro”. “Si può sapere con chi, di grazia?” intervenne Ginny. “Sarà qualche Caposcuola dell’ultimo anno, o giocatore di Quiddich” borbottò Harry. “No, no, quelli se li porta solo a letto” ridacchiò Dean, che stava ascoltando. “Ron! Allora, ti muovi?” sbottò Fred, inquieto, mentre Hermione lo osservava accigliata. Ron fece un respiro teatrale. “Draco Malfoy!” scandì, trionfante. La notizia venne accolta da una decina di bocche spalancate. La prima a riprendersi fu Ginny. “Ne sei certo, Ron? A me sembra una voce di corridoio. Lo sanno tutti che lui è innamorato di lei da anni, ma a lei si diverte solo a torturarlo. Quella ragazza è crudele!”.
Fred rimase in silenzio fino alla fine del pranzo, alzandosi insieme agli altri per non destare sospetti. Non si girò nemmeno una volta verso il tavolo di Serpeverde. Ma gli altri sì, e quello che videro sembrò confermare quello che Ron aveva detto: Emma e Draco sedevano vicini, belli e sorridenti, il Principe e la Principessa delle Serpi, mentre gli altri compagni di casa erano stretti intorno a loro e riempivano Draco di pacche sulle spalle e occhiate invidiose. George notò che Emma sorrideva, ma sembrava immersa nei suoi pensieri. Improvvisamente si girò, come se avesse percepito che c’era qualcuno a guardarla, e i loro sguardi si incontrarono; l’espressione di Emma si trasformò subito in uno sguardo freddo e distaccato, e le labbra si strinsero tra di loro con forza. George distolse subito lo sguardo.


Fred sedeva in Sala Comune, mentre tutti gli altri erano a lezione. Non aveva voluto nemmeno la compagnia di George.
“Visto, l’ha fatto di nuovo!” aveva detto il fratello appena erano rimasti soli “lo fa per ferirti, fratello! Quella ragazza è un demonio!”.
Le parole del fratello gli rimbombavano nelle orecchie mentre giocherellava pigramente con il gatto di Hermione. No, pensò, questa volta non l’aveva fatto per ferirlo. L’aveva fatto per evitare di essere ferita lei stessa, ne era certo. Perché anche lei era ancora innamorata di lui, lo erano sempre stati l’uno dell’altro. Solo che erano pessimi a dimostrarselo. E avevano un tempismo ancora peggiore.
Il rumore della porta che si apriva lo distolse dai suoi pensieri, e l’ultima persona al mondo che si aspettava di vedere in quel momento fece il suo ingresso in Sala Comune.
“Hermione!” disse sorpreso “che diamine ci fai qui?”. Lei abbozzò un sorrisetto. “È orario di lezioni!” continuò Fred, sempre più sorpreso, scoppiando poi a ridere. Lei si unì alla sua risata. “Molto divertente Weasley, mi inventerò una scusa…”.
“Ah, certo” la interruppe Fred “e sentiamo, quale sarebbe questa scusa?”. Hermione fece la finta offesa “sono la strega più brillante della scuola, Weasley” disse con una punta di orgoglio nella voce, “saprò inventarmi una semplicissima scusa. Tu lo fai di continuo, perciò non deve essere tanto difficile” concluse con un sorriso furbo. Fred incassò il colpo con un sorriso. “Beh, i professori oramai hanno anche smesso di chiedermi il perché delle mie assenze”. Questa affermazione venne accolta dal cipiglio severo di Hermione, la cui indole di Prefetto stava facendo capolino. “Comunque” disse velocemente Fred, per cambiare argomento “che cosa ci fa Hermione Granger qui, in orario di lezioni, con il peggiore studente di Hogwarts?” rise ironico. L’espressione di Hermione però si fece improvvisamente seria. “Volevo vedere come stessi” disse piano, con dolcezza. Fred si lasciò cadere sul divano dove era steso poco prima, ed Hermione gli si sedette di fianco.
“Sto benissimo, perché dovrebbe essere il contrario?” disse brusco. A Hermione tornò il cipiglio severo. “Fred. Ti ho appena ricordato che stai parlando con la strega più brillante di Hogwarts. E, in questo caso, non ci vuole neanche un genio particolare per capire quello che stai passando. Non fare quella faccia. Non c’è nulla di cui vergognarsi” aggiunse, notando l’espressione del gemello.
Fred sospirò. “Sai, la gente è strana” disse dopo una lunga pausa “prima si odia e poi si ama. È una cosa così stupida da fare”. Hermione annuì comprensiva, poi abbozzò un sorrisetto. “A volte, però, vale la pena di insistere, non credi? Almeno io la penso così” disse guardandolo negli occhi, marrone nell’azzurro “io credo che anche quando la situazione sembra dannatamente complicata, se quella persona ne vale la pena, veramente, intendo, allora non si dovrebbe smettere di provarci. La domanda, perciò, è: quella persona, quella persona per cui si lotta, ci si arrabbia, si è tristi, si è felici, quella persona, ne vale davvero la pena?”.
Fred rimase in silenzio, guardandola negli occhi e non sapendo cosa dire. Venne investito improvvisamente da un’ondata di consapevolezza e di dispiacere. Era stato così occupato a pensare a Emma che non si era nemmeno accorto di Hermione. Si sentì in colpa, per chissà quale ragione; capì che Hermione aveva capito tutto sin dall’inizio: lui, Emma, i litigi, le occhiate; ben poco le sfuggiva.
Cercò di formulare una risposta adatta, ma non ci riuscì. Cosa poteva dirle? Si? Si! Emma Renard ne valeva la pena. Non una, mille volte! Dire di no sarebbe avrebbe significato mentire, e lei se ne sarebbe accorta.
“E quella persona per cui secondo te vale la pena di lottare…” iniziò lentamente, scegliendo accuratamente le parole da usare. Ma Hermione non gli diede il tempo di finire la frase. Sorrise, guardando la sua espressione, poi lo guardò negli occhi.
“Sei sempre stato tu, Fred, sempre. Anche se probabilmente non te ne sei mai accorto prima di adesso, ho sempre pensato che ne vali la pena. E lo penso ancora”. Fred non rispose. Hermione attese per qualche secondo, poi si alzò. “Scusami, mi dispiace. Non volevo confonderti ancora di più le idee. Credevo solo che fosse il momento di dirtelo, ma evidentemente mi sbagliavo. Mi dispiace” disse velocemente. Si girò per andarsene, ma Fred le prese la mano, bloccandola. Lei si irrigidì all’istante, guardando con occhi spalancati le loro mani intrecciate.
Poi, lentamente, senza dire una parola, Fred la attirò a sé e la baciò. Hermione sussultò per la sorpresa, poi si lasciò andare a un bacio che stava aspettando da tempo. Fred cercò di liberare la mente, di pensare solo a Hermione e al fatto che la stava baciando; ma non riuscì a non pensare a Emma. Gli sembrò di sentire la sua risata sprezzante a quel bacio così impacciato.
Già, Emma; lei non sarebbe mai stata così sorpresa, non avrebbe esitato nemmeno per un momento. Erano così diverse, lei ed Hermione…
Sentirono la porta aprirsi, e un paio di primini entrarono parlottando in Sala Comune. Fred e Hermione si staccarono all’istante. Quando lui la guardò, lei era rossa in viso.
“Senti, Fred” disse poi, timidamente, “pensaci. Ora sei completamente sopraffatto dalle emozioni”.
Come se tu non lo fossi, pensò Fred, ironico.
“Ti chiedo di pensarci a mente fresca, solo questo”. Poi scomparve su per le scale del dormitorio femminile.
“Ci penserò”. Fu l’unica cosa che Fred riuscì a dire, ma lei se ne era già andata.
Si fiondò fuori dalla porta della Sala Comune. La prima cosa che vide furono i corpi avvinghiati l’uno all’altro di Emma e Draco.
“Molto maturo, Renard! Davvero molto maturo” sbottò, passando velocemente oltre. Sentì Draco scoppiare a ridere fragorosamente ma, quando si voltò, si accorse che Emma lo stava guardando senza nemmeno sorridere, come se sapesse tutto, come se sapesse leggergli negli occhi. Scacciò dalla mente quel pensiero e si allontanò il più in fretta possibile dalle due Serpi.



Spazio Autrice:
Salve a tutti! E' da un po' che non aggiornavo, nè avevo intenzione di farlo, dato lo scarso interesse suscitato dalla storia. Ma poi, entrando di nuovo sul sito quasi per caso, una recensione che finiva con "aspetto con ansia il prossimo capitolo" mi ha fatto cambiare idea! :) Anche per una sola persona, vale la pena continuare ad aggiornare. E così eccovi il quarto capitolo, con tutte le sue sorprese.
Aggiornerò anche il quinto adesso, ma lasciate una recensione per farmi sapere cosa ne pensate!!!
Vi abbraccio,
#C

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Capitolo 5
*** Punizione ***


CAPITOLO 5
Hermione sedeva al primo banco, prendendo freneticamente appunti del fiume di parole che la McGrannit stava declamando. Emma era invece seduta all’ultimo banco, come al solito nelle ore di Trasfigurazione, e tamburellava nervosamente le dita sul banco, in insofferente attesa della fine delle lezioni.
Di tanto in tanto guardava con disprezzo Hermione, sussurrando poi una qualche battutaccia su di lei all’orecchio di Draco, che dormicchiava seduto di fianco a lei.
Si erano messi ufficialmente insieme circa una settimana prima, ma non era cambiato granché tra di loro. Erano stati inseparabili dal giorno numero uno in assoluto. Il loro era un rapporto fantastico, doveva ammetterlo. Unico. Si sentiva molto più tranquilla di quanto non fosse stata negli ultimi mesi, costantemente arrabbiata per il suo rapporto “problematico” con Fred. Alla fine dei conti, lei non aveva bisogno di lui.
I suoi ragionamenti vennero interrotti dalla McGrannit, che si avvicinò con aria irritata al suo banco. “Signorina Renard” disse con voce secca “è pregata di smetterla di tamburellare sul banco. Sta disturbando la classe”. Emma alzò lentamente lo sguardo su di lei, poi sorrise ironica. “Ad essere sincera, professoressa” disse scandendo bene le parole “è lei che sta infastidendo me. È pregata di smetterla di parlare; è così noioso!”.
La McGrannit rimase pietrificata dallo stupore. “50 punti in meno a Serpeverde” sibilò appena si fu ripresa “e punizione per lei, signorina impertinente!” poi le diede le spalle e continuò la sua spiegazione. Emma stava per ribattere, rossa in viso, ma Draco le mise prontamente una mano davanti alla bocca, ridacchiando.
“Non peggiorare le cose, signorina impertinente”.


Fred uscì nella fredda aria di fine autunno, avvolgendosi la sciarpa rosso-oro attorno al collo per proteggersi dalle ventate. Al suo fianco c’erano George, Ron e Harry. Incontrarono poi Ginny, Angelina, Dean e Hermione già pronti al campo di Quiddich. Quest’ultima gli rivolse un sorriso timido; lui distolse lo sguardo, imbarazzato. Si sentì subito lo sguardo del gemello addosso; non gli aveva raccontato nulla di quello che era successo tra lui ed Hermione la settimana prima. Ci stava ancora pensando su. Si sentiva tremendamente in colpa per quello che era successo tra di loro; era stato sbagliato illuderla così. Probabilmente lo avrebbe detto a George quella sera: aveva bisogno di un consiglio.
“Pronti, ragazzi?” disse Harry con voce tremante dal freddo “la partita è tra una sola settimana, ed è contro Serpeverde. Quindi non risparmiatevi durante gli allenamenti”.
Si diressero insieme verso il Campo, mentre Hermione andava a sedersi sugli spalti con un grosso libro stretto contro il petto. Fred la osservò allontanarsi, accigliato.
Quando arrivarono al campo, dovettero aspettare che Serpeverde finisse gli allenamenti. Aspettarono per una ventina di minuti, ma bastarono per demoralizzarli tutti: Emma Renard non aveva perso tempo, e la squadra che aveva messo in piedi poche settimane prima era già formidabile. Lei, poi, era senza dubbio la migliore. Ginny la osservò con invidia mentre sfrecciava con la pluffa stretta al petto verso la porta, con i capelli rossi legati in una coda alta che svolazzavano nell’aria e il viso affilato concentrato. Quando era immersa in quello che stava facendo, pensò Ginny, non aveva la solita espressione arrogante e strafottente, ma si mordeva il labbro inferiore e teneva le sopracciglia aggrottate. Era bellissima, come al solito.
Gli stessi pensieri stavano attraversando la testa di Hermione che, preoccupata, spostava velocemente lo sguardo da lei a Fred in continuazione. Fred aveva gli occhi fissi su di lei, Emma. La guardava come si guarda una cosa che si vuole disperatamente, ma che non si può avere. Hermione sentì una fitta, come un pugno allo stomaco, e distolse lo sguardo.
Quando Draco tornò con il boccino per la quarta volta, Emma decise che era soddisfatta. Smontò dalla scopa, e chiamò gli altri a raccolta per dare le ultime correzioni della giornata. Sorrise, contenta di come la squadra si stava dimostrando e di come le obbedivano e la ascoltavano. Fissò appuntamento per il giorno successivo alla stessa ora, poi li lasciò andare.
Mentre attraversava il campo sentì Draco affiancarla e passarle una mano intorno alla vita. Si fermò e avvicinò il suo viso a quello del ragazzo. Lui le sussurrò “sei fantastica. Vedrai che vinceremo la settimana prossima”. Lei rise, divertita, e si lasciò baciare da Draco. Vennero interrotti dalle voci scocciate dei Grifondoro che stavano scendendo in campo.
“Prendetevi una stanza” sbottò Ginny Weasley. Emma si voltò a fronteggiarla, spostandosi la coda dietro le spalle e ridacchiando altezzosa. “Cosa c’è, Weasley? Ti vedo frustrata. Harry non è il massimo come fidanzato, non è così?”. Harry dovette trattenere Ginny per il polso per impedirle di saltare al collo della Serpe, che si allontanò ridendo di gusto, tirandosi dietro Draco che la guardava adorante.
“Non ascoltarla, Gin” le sussurrò Harry, “lo dice solo per farti arrabbiare… vero?” concluse incerto. Ginny rise, rilassandosi e abbracciando il fidanzato. “Dai, iniziamo questi allenamenti e schiacciamo quelle Serpi la settimana prossima!” disse con trasporto.


Hermione aveva osservato bene la tecnica delle Serpi e osservò altrettanto bene quella dei suoi compagni di casa. Ne concluse che, se avessero continuato così, sarebbero stati spacciati. Il problema era la strategia, ragionò. Emma aveva creato una macchina da guerra, dove ognuno sapeva esattamente cosa doveva e non doveva fare. Invece nella squadra di Harry, anche se erano tutti indubbiamente bravissimi, ognuno faceva quello che credeva fosse meglio. Angelina, ad esempio, essendo la cacciatrice più anziana, si sentiva in dovere di non passare mai la palla agli altri, giocandosela tutta da sola; e Ginny, frustrata dal suo comportamento, sembrava giocare contro di lei, e non nella sua stessa squadra. Fred e George, invece, continuavano a scaraventarsi il bolide l’uno contro l’altro, ma probabilmente non si accorgevano che così facendo intralciavano i cacciatori; Dean, ad esempio, aveva dovuto lasciar cadere la pluffa per scansare uno dei tiri micidiali di Fred. Erano una squadra che indubbiamente avrebbe intimorito le squadre di Tassorosso e Corvonero. Ma non la squadra di Serpeverde capeggiata da Emma Renard. Oh, Emma avrebbe saputo esattamente come comportarsi.
Chiuse di scatto il libro che teneva sulle ginocchia e di cui non aveva letto nemmeno una riga. Poteva non essere assolutamente capace di montare una scopa, si disse, ma con la logica se la cavava piuttosto bene.
Il problema era che anche Emma Renard, a quanto pareva, sapeva usare la logica.


“Harry, promettimi di non prenderla nella maniera sbagliata”. Il ragazzo si aggiustò gli occhiali, uscendo dallo spogliatoio con i capelli ancora umidi. Rivolse uno sguardo interrogativo alla sua migliore amica, che evidentemente lo aveva aspettato seduta davanti l’ingresso allo spogliatoio maschile. “Ok, prometto di non prendermela scoprendo che sei una stalker professionista”, ridacchiò Harry, prendendo al volo il libro che Hermione gli aveva lanciato contro. “Idiota!” gli urlò contro l’amica, ma stava ridendo anche lei. In quel momento uscì anche Ron, assumendo la stessa espressione accigliata di Harry. “Ehm, che cosa sta succedendo qui fuori?”. Hermione si ricompose all’istante, come se quelle parole le avessero fatto ritornare alla mente il vero scopo della sua intrusione.
“Ragazzi, in questo momento mi odio davvero per dovervelo dire ma…”. Harry e Ron avevano un’espressione preoccupata. Hermione sospirò “se continuate così, Emma Renard e la sua squadra di Serpi ha praticamente già vinto!”


Una settimana dopo.
“Oh, per Merlino!”
Emma aveva appena cacciato via in malo modo uno spaventatissimo primino che era stato incaricato di portarle l’invito che aveva appena appallottolato e lanciato nel fuoco. Pregò Merlino che Draco non ricevesse anche lui lo stesso biglietto.
Imprecò a bassa voce quando invece vide il biondo venirle incontro stringendo tra le mani quel patetico bigliettino metà rosso e metà verde e raffigurante un serpente e un leone nell’atto di guardarsi in cagnesco tra loro.
“Ehi, Emma, sei qui. Questo mi è appena arrivato” disse guardandola con aria soddisfatta, agitandole l’invito davanti agli occhi. Emma sbuffò, scocciata. “Sì, anche a me. Ma ovviamente non ci andrò”. Girò i tacchi e si diresse verso il divano, considerando la questione chiusa definitivamente.
Draco le corse dietro, sedendosi accanto a lei. Aprì l’invito e lo rilesse.
“Oh, ma andiamo! È il festino che Lumacorno ha indetto la settimana prossima in onore della partita del giorno dopo tra Serpeverde e Grifondoro! Dovremmo andare sia per intimorire quegli sfigati sia perché i festini di Lumacorno sono sempre divertentissimi, se sai cosa intendo” concluse, guardandola di sottecchi. “È da sfigati, io non ci vado” disse semplicemente la rossa, chiudendo gli occhi e agitando la mano come per scacciare un insetto fastidioso. Draco la ignorò. “Ci andremo invece”.
Emma riaprì improvvisamente gli occhi, guardando il ragazzo con aria di sfida. “E da quand’è che usi il plurale per parlare di me e te, se posso chiederlo?”. Draco la fissò come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso. “Da quando stiamo insieme, Emma, ecco da quando. O lo avevi dimenticato?”. Fu il turno di Emma di rimanere senza parole. Si alzò in piedi di scatto, dirigendosi a grandi passi verso il dormitorio femminile. “Benissimo! Allora ci andremo!” gridò con la voce carica di rabbia, mentre si chiudeva la porta alle spalle, sbattendola più forte che poteva.


“Per l’utima volta, Hermione, sono nella squadra di Quidditch sin dal mio primo anno, saprò qualcosa sulle tattiche di gioco!”. Harry cercò di finire la frase con una risata, ma risultò forzata persino alle sue stesse orecchie. Hermione sapeva benissimo che sarebbe stato scocciato, ma non avrebbe immaginato di trovarlo così irragionevole. “Come vuoi” sbottò, iniziando a irritarsi.
Era più o meno il terzo allenamento a cui assisteva, ed era sempre più convinta di quello che aveva pensato il primo giorno: se avessero continuato così, Grifondoro non avrebbe avuto speranze contro i Serpeverde di Emma. E, mentre la partita era sempre più vicina, i suoi amici non avevano alcuna intenzione di starla a sentire.
“Cerca di ragionare, Herm” stava dicendo Harry. “Da quand’è che ti interessi di Quiddich?”. La ragazza sbuffò, zittendo con un cenno di irritazione l’amico.
In quel momento vide, alle spalle di Harry, che dallo spogliatoio stavano uscendo i gemelli, con i capelli completamente bagnati nonostante il freddo. Fece immediatamente dietrofront, lasciando Harry con la bocca aperta, in procinto di continuare il suo discorso, e Ron che la fissava con aria interrogativa.
Mentre camminava il più velocemente possibile verso il portone d’ingresso della scuola, pregò tutti i santi che le venivano in mente che Fred non l’avesse vista.
Da quando si erano baciati lui non le aveva più rivolto la parola, e a stento l’aveva guardata in faccia. Maledisse mentalmente Fred Weasley e, ovviamente e prima di tutti, Emma Renard.  


“Spero lei stia scherzando!”
Emma fissò la McGrannit, mentre un’espressione scandalizzata le si dipingeva sul bel viso. La strega invece, notando il suo sgomento, sorrideva soddisfatta. Indicò con un cenno del capo un grosso e maleodorante sacco sigillato. “Lì dento ci sono i topi morti. Mi raccomando, non più di tre topi a gufo, quattro se sono topi piccoli”.
Emma scosse la testa, incredula. “Topi morti?” sussurrò disgustata.
Si trovavano nella voliera, in cima a una delle torri più alte di tutta Hogwarts. Emma aveva già il voltastomaco per il terribile odore che emanava il sacco di topi, mescolato con quello degli enormi volatili che la guardavano con sospetto.
La McGrannit ridacchiò. “Ringrazia il cielo che non siano vivi, o sarebbe stato il doppio spiacevole, signorina impertinente”. Poi, mentre usciva, lasciandola sola in quell’inferno di piume, aggiunse soddisfatta “la bacchetta la potrai riprendere a lavoro concluso. Le auguro una buona serata, Renard, e spero vivamente che la prossima volta ci penserà due volte prima di dare aria alla bocca per proferire inutili commenti”.
Nell’istante in cui la strega si chiuse la porta alle spalle, Emma tirò, frustrata, un calcio nel sacco, ottenendo come unico risultato la fuoriuscita di una mezza dozzina di topi, che fecero agitare ulteriormente i gufi.
Sospirando rassegnata, Emma si legò i capelli in una treccia strettissima, che le ricadde morbidamente lungo la schiena. Proprio mentre si stava rimboccando le maniche, dopo essersi inginocchiata di fianco al sacco, facendo del suo meglio per non respirare, sentì delle voci che si avvicinavano. Per un istante sperò che fosse Draco, che aveva scoperto il luogo della punizione ed era arrivato per fare il lavoro sporco al posto suo. Le sue speranze si infransero nel momento in cui la porta si aprì, e due teste si ritrovarono a fissarla stranite.
Emma cercò di assumere l’espressione più dignitosa possibile, nonostante si trovasse in ginocchio in mezzo a parecchi topi morti e gufi affamati. Si alzò di scatto.
“Potter, Granger” sibilò.
Harry rimase a bocca aperta. “Si può sapere cosa ci fai tu qui?” sbottò. Emma sorrise. “Sono felice di vederti anche io, Potter” aggiunse, sarcastica. Poi aggrottò le sopracciglia, notando che Hermione aveva il viso arrossato e gli occhi lucidi. Aveva pianto, e tanto anche, a quanto sembrava. Il suo sorriso si allargò ulteriormente. “E comunque potrei farvi la stessa domanda, Potter. Dovete spedire la posta? No, non credo, non avete nulla in mano. Oh, e la secchiona è in lacrime, non me ne ero accorta… piangi per quell’altro sfigato di Weasley?”.
A quelle parole Hermione sobbalzò, e Emma rise, sprezzante. Era così patetico vederla lì in lacrime, solo perché il ragazzo per cui aveva una cotta non la pensava. Probabilmente quella secchiona non aveva mai nemmeno baciato nessuno. Figuriamoci poi quell’altro sfigato di Ron Weasley. Sorridendo ironica, Emma pensò che quei due avrebbero formato poi una coppia quasi carina. Due sfigati innamorati. 
Harry, rosso in viso dalla rabbia, le si mise di fronte, puntandole contro la bacchetta. Emma alzò le mani con espressione annoiata. “Non credi che sarebbe scorretto, Potter? La vecchia megera mi ha preso la bacchetta, e finché non avrò nutrito questi stupidi volatili non la potrò riavere indietro. Seccante, non trovi?”.
Harry abbassò lentamente il braccio, continuandola a guardare in cagnesco.
“Andiamo via, Harry” sussurrò Hermione, stropicciandosi gli occhi rossi di pianto.
Harry si girò verso Emma, sforzandosi di usare lo stesso tono di sfida che Emma usava con loro di continuo per stuzzicarli. “Mi raccomando, Edvige preferisce i topi con le code più lunghe, ne va pazza. Divertiti, Renard!”. Rabbuiandosi, Emma sibilò, proprio mentre i due uscivano, “ti giuro che le torco il collo, Potter”.


“Io non ce la faccio più, Harry!” esplose Hermione, una volta che la porta della stanza delle Necessità si fu richiusa alle loro spalle. “Io sto cercando di fare finta di niente, ci sto provando con tutte le mie forze, ma tutti i giorni diventa più difficile! E il non poterne parlare con nessuno, soprattutto con Ron o Ginny, che sono i miei migliore amici, rende il tutto ancora più insopportabile. E dopo tutto questo, ci si mette anche Emma Renard… oh, ma che dico, quella vipera ce l’ha con me dal primo giorno, dovrei averci fatto l’abitudine oramai…”. Harry la prese per le spalle, bloccando il suo fiume di parole, e le sorrise, rassicurante. “Herm, andrà tutto bene, te lo prometto. La situazione con Fred si sistemerà quanto prima e…”.
“A me basterebbe semplicemente che tutto tornasse com’era prima. Oh, come vorrei non avergli mai detto niente quella sera, solo che mi sembrava il momento giusto, non ce la facevo più a tenermi tutto dentro e poi… beh, in realtà una parte di me sperava davvero che avesse potuto ricambiare. Invece mi sono semplicemente illusa, a quanto pare” mentre parlava, i suoi occhi erano diventati lucidi di lacrime “mi sono illusa e lo sai qual è la parte peggiore di tutto questo? Che io lo sapevo, lo sapevo benissimo che Fred era innamorato di Emma, lo è sempre stato. Eppure ho continuato a sperare, Harry, e ci sono cascata come un’idiota”. L’ultima frase venne pronunciata quasi con rabbia, ma con la voce spezzata dai singhiozzi, mentre le lacrime cominciavano a rigarle il viso. Harry non poté fare altro che abbracciarla e rimanere in silenzio, sapendo che l’unica cosa che poteva fare era farle sapere che lui c’era, e ci sarebbe sempre stato per lei.


I Grifondoro erano seduti insieme in Sala Comune. All’ingresso di Harry e Hermione, tutti si girarono a guardarli, dato che erano gli ultimi. Hermione aveva di nuovo ripreso il suo colorito naturale, e, dopo essersi sfogata con Harry, si sentiva un po’ più tranquilla. L’unica cosa che sembrava preoccuparla ora era che la Renard potesse giocarle qualche brutto tiro, se davvero aveva intuito quello che stava succedendo come aveva fatto capire. Rabbrividì pensando alla sua risata sprezzante e al suo sorriso crudele quando l’aveva vista in lacrime.
“Indovinate un po’ chi abbiamo incontrato su alla voliera” sbottò intanto Harry, lasciandosi cadere di fianco a Ginny sul divano vicino al camino e posando la testa sulle sue ginocchia, iniziando finalmente a rilassarsi mentre la fidanzata gli passava le mani tra i capelli.
 Fred e George ridacchiarono, scambiandosi uno sguardo d’intesa, mentre Ginny alzava gli occhi al cielo. “Beh, Harry, se ce lo dici con questo tono tetro non è difficile indovinare” rise George. “O era Emma Renard, o hai visto Piton in costume da bagno” continuò Fred. Poi dopo aver gettato un’occhiata dubbiosa alla finestra, concluse “ma, dato che fa piuttosto freddo, opterei per la prima supposizione”.
Hermione sbuffò. “Almeno, non potrete mai indovinare cosa stava facendo lì su da sola!” continuò Harry, accennando un sorriso. I gemelli risero di nuovo.
“Oh, Harry, ma ci hai presi per novellini?” ridacchiò George “come se la McGrannit non ci avesse mai mandato in punizione lassù”. Fred si esaminò le unghie in un’impietosa imitazione di Emma “spero solo che le sue unghie non si siano rovinate, altrimenti dovremmo stare attenti: la scuola potrebbe prendere fuoco da un momento all’altro!”. Tutti risero, tranne Hermione. La ragazza non poté fare a meno di notare quanto Emma e Fred fossero simili, e quanto invece loro due fossero diversi, come il giorno e la notte. Si chiese se sarebbe mai riuscita a vivere senza sentirsi costantemente sotto pressione dall’infinita competizione tra lei e Emma Renard.
Una competizione che, le costava ammetterlo, stava perdendo su tutti i fronti.



Spazio Autrice:
Ciao a tutti! Scusatemi per questo capitolo stra-lungo, ma nello scrivere mi sono lasciata trasportare, e non era tagliabile quindi... eccolo qui.
Eppure devo ammettere che è uno dei miei capitoli preferiti fino ad ora, e spero piacerà anche a voi :)
Buona lettura, e lasciatemi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate!
Un abbraccio,
#C



 

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