Le cose che hai detto

di Eneri_Mess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Per telefono ***
Capitolo 2: *** Quando hai pensato stessi dormendo ***
Capitolo 3: *** Sotto le stelle ***



Capitolo 1
*** Per telefono ***


Challenge: “Things you said”
Prompt: 4) things you said over the phone
N° parole: 1.113
Avvertimenti: un po’ spoiler? Vaghi riferimenti al finale della terza stagione.
 
 
Richiesta e dedicata a Schecter
 
 

“Pronto?”
“Oh… signora Sugawara”
“Ciao Daichi! Koushi arriva subito, sta finendo di sistemare la cucina. Mi ha avvertito che avresti chiamato - e ridacchiò di una breve risata familiare alle orecchie del capitano del Karasuno, con una nota di chi la sa lunga identica a quella del suo setter, che lo imbarazzò più del sapere che la sua telefonata era stata prevista - come stai tesoro? Hai avuto un piccolo incidente, eh?”
“Sì signora” rispose automaticamente. “Sto bene, nulla di grave, grazie… Lei sta meglio?”
“Non mollo” nonostante la malattia, trapelava dell’invidiabile serenità. “Koushi mi ha raccontato che domani giocherete una partita importante… e poi andrete alle Nazionali. In bocca al lupo!”
Sawamura risentì, come un brivido lungo la schiena, lo stesso spiacevole nervosismo che lo aveva tormentato finché non si era deciso a fare il numero del compagno. Tuttavia, da come l’aveva messa alla madre, l’alzatore prendeva la partita contro la Shiratorizawa molto positivamente, proiettandoli già a Tokyo.
“Oh, ecco Koushi! Buonanotte caro, non preoccuparti per domani, andrete alla grande, ne sono certa”
“Buonanotte signora…”
Daichi rimase in linea, ascoltando l’alzatore scambiare qualche parola con la madre. Udì lo schiocco leggero di un bacio, una porta che si chiudeva e poi un respiro profondo.
“Ehi”
“Ehi…”
Sawamura trovò necessario cambiare posizione nel letto. Le molle cigolarono sotto di lui, come un coro alla sua ansia malcelata. Era consapevole che fingere con Koushi era sia inutile che stupido, perciò si ritrovò impacciato a continuare. “Tua madre sembra stare meglio” se ne uscì con la prima cosa che gli passò in mente, cercando di capire dove fosse finita la pura normalità nel suo tono e soprattutto tre quarti dei suoi pensieri.
“Le ultime analisi dicono di sì, per ora” replicò l’alzatore. Anche lui aveva raggiunto la propria camera e si lasciò andare di pancia sul materasso. “È quasi mezzanotte…”
“Oh sì… io…” farfugliò Daichi, rigirandosi ancora. “Per domani. Vengo sotto casa tua alle sette” e non era una domanda.
“... non è necessario che devi fino a qui” ma Koushi sorrise a dispetto delle proprie parole, giocherellando distrattamente con una ciocca di capelli.  
“Dobbiamo rifinire i dettagli delle strategie di domani” insistette Daichi, aggrappandosi a quella convinzione. Se ci avesse riflettuto sapeva sarebbe stata una scusa ridicola. Ne avevano parlato anche troppo.
“Hai ragione” concesse Suga, premendosi le nocche sulle labbra per non far trapelare la breve risata. Poteva immaginare i nervi del compagno belli tesi e pronti per essere pizzicati con qualche battutina per farlo sentire ancora più goffo di quanto mascherasse. Ma un moto di tenerezza gli fece incurvare di nuovo le labbra. La sua voce uscì più bassa, intima, come se avesse in realtà voluto passargli un braccio sulle spalle per calmarlo.
“Allora domattina facciamo colazione insieme?”
Sawamura non rispose. O meglio, trattenne il fiato per un lungo attimo.
“... sì, ma Asahi…”
“Non ti preoccupare per lui. Noya ha intenzione di fargli una sorpresa
Entrambi risero e la tensione si sciolse al pensiero della faccia dell’ace nel ritrovarsi il libero, col suo entusiasmo migliore, a suonargli alla porta all’alba di una partita tanto importante.
“Gli verrà un infarto”
“Sicuro”
Il momento di ilarità si spense a poco a poco, lasciandoli senza parole ma tranquilli.
“Quando saremo a Tokyo dovremo tenere d’occhio Hinata, Tanaka e Noya. Saranno troppo eccitati da tutto”
“Suga…” pregò Daichi con un mezzo lamento, passandosi un palmo sugli occhi stanchi ma non potendo evitare di sentire il cuore battergli forte. “Non peccare di sicurezza…” e un po’ si pentì nel dirlo così liberamente.
Koushi si schiarì la voce, come se le parole lo avessero infastidito, ma la burla fu chiara.
“Domani… o si vince o si vince. Non abbiamo altre opzioni, dico bene, capitano?”
“Mi chiami così quando ti fa comodo…”
“Capitano, capitano, riservi più fiducia nelle ali dei suoi pulcini” ridacchiò ancora Suga e nel frattempo, alzatosi dal letto, saltellava cercando di cambiarsi per dormire.
“Non vedo l’ora di averti in campo” replicò Daichi senza pensiero. Realizzò solo dall’assenza di risposte cosa avesse appena detto. Deglutì tentando disperatamente di controllarsi per non balbettare. “Intendo… intendevo, la strategia. Quella che avete messo a punto tu e Kageyama. Non vedo l’ora di vedervi in azione”
“Certo” fu il turno di Suga di non trovare le parole, sostituite da un battito nel petto troppo svelto per qualcuno che avrebbe dovuto calmarsi per dormire. Attraverso il ricevitore, avvertì Daichi prendere un bel respiro.
“... e te lo meriti di stare in campo” non ci furono altri tentennamenti, ma più la fermezza del capitano che era. Involontariamente, il cuore dell’alzatore fece un’altra capriola. “Non ti sei solo allenato in questi mesi… sei rimasto sveglio a pensare a schemi e tattiche che ci permettessero di arrivare fino a qui e andare oltre… sai sempre come sostenerci e… le Nazionali sono il nostro sogno. Farò in modo che si realizzi”
Sugawara, sedutosi prima sul bordo del letto mentre ascoltava, scivolato poi con la faccia per metà seppellita nel cuscino, si concesse qualche attimo prima di ribattere. Riordinare i pensieri fu arduo.
“Lo faremo, Daichi” rispose, più simile a un pigolio. Ci riprovò. “Lo faremo insieme. Lo realizzeremo insieme” Aveva il viso caldo e un braccio sopra gli occhi, le dita strette alla federa per cercare di contenere l’emozione.
Era stato messo da parte, in panchina, all’inizio di quell’anno. In realtà, ci era anche andato lui di quasi sua spontanea volontà, nel concretizzare il divario di bravura e intuito tra sé e Kageyama. Aveva mandato giù quel poco di orgoglio che aveva e aveva cercato di cedere il passo razionalizzando l’amarezza. Gli ci era voluto del tempo per convincersi che poteva ancora contribuire al club di pallavolo. Che il suo desiderio di giocare avesse ancora possibilità di sopravvivere.
Sapere che Daichi avesse notato le sue notti insonni durante i ritiri, o che avesse tenuto conto della speranza di giocare che lui stesso faceva fatica a tacitare, gli provocò un improvviso moto di fragilità. Serrò gli occhi e, imponendosi, ingoiò il groppo. Era felice, ma avvertì nitido anche il bisogno di avere il suo capitano davanti, a portata di mano e… sfogare tutto, qualsiasi cosa di quei mesi, l’importante era che fosse con lui.
“Ehi… Suga… sei ancora lì?” tentò Sawamura, in un sussurro incerto.
“Sì… sì. Sono qui”. Anche se strinse il cellulare con forza, si calmò, umettandosi le labbra. “Grazie Daichi” e non giungendo repliche, continuò. “Dovremmo dormire…”
“Hai ragione”
Ma nessuno dei due diede la buonanotte all’altro o interruppe la chiamata. Restarono in ascolto dei lievi brusii, o dei rumori dei rispettivi materassi e lenzuola mentre si accomodavano meglio.
Rimasero a percepirsi a vicenda finché non fu il sonno a vincere entrambi.
 
 
~ ~ ~
Wiiiiih prima DaiSuga mai scritta! Questi headcanon sui pallavolisti che si sentono o si cercano (o si imbucano a casa dell’altro, coff coff, Seijoh the Best) prima di una qualche partita importante mi piace tanto! Vorrei scrivercene altre.
Un secondo headcanon che mi tormenta è legato alla madre di Suga. Sono convinta che non stia bene di salute (all’inizio era proprio andata) o qualcosa del genere. Non lo so, le voglio male.
Alla prossima mini!fic per la sfida ~
 
Nene & Nefelibata

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Capitolo 2
*** Quando hai pensato stessi dormendo ***


Challenge: “Things you said”
Prompt: 12) things you said when you thought i was asleep
N° parole: 746
 
Richiesta e dedicata a _Lady d’inchiostro_
 
 


 
Non c’era del vero e proprio silenzio, non con dodici ragazzi a dormire tutti insieme. Qualcuno si faceva scappare ogni tanto un respiro più di gola che di naso - qualcun altro, Hinata non se lo era sognato, aveva anche sibilato qualcosa di grottesco - ma in generale c’era quiete. Una quiete sonnecchiosa a cui Shouyou non riusciva davvero a cedere. Desiderò avere una palla tra le mani, per ammazzare il tempo,  tenere le dita impegnate.  
Come diavolo faceva Kageyama a dormire? Non era minimamente nervoso?
In tre anni Hinata non aveva smesso di invidiarlo per tutto quel self control. A lui l’eccitazione per una partita - per quella in particolare poi - ancora giocava brutti scherzi.
Si rigirò a pancia sotto, puntando i gomiti nel cuscino per poggiare le guance sui palmi e darsi un’occhiata intorno. Nell’angolo estremo, lontano dalla luce dei finestroni, Tsukishima e Yamaguchi si erano presi i posti più tranquilli e lungi dal casino di cuscini e futon fatto dai primini e da quelli del secondo anno. Erano un gruppo affittato, le nuove leve del Karasuno. Si erano iscritti dichiarando - non se lo sarebbe mai potuto dimenticare - che quando avevano visto il Re del Campo e il successore del Piccolo Gigante alle Nazionali avevano deciso di voler seguire le loro orme senza esitazioni. Hinata aveva gongolato per giorni.
Ora però erano al dunque. L’inizio delle ultime partite, dell’ultimo torneo. Di nuovo a Tokyo. Ancora fianco a fianco.
Guardò Kageyama. Gli dava la schiena e il lenzuolo gli copriva le spalle. Hinata si chiese se avrebbe mai finito di crescere e smetterla di diventare ancora più perfetto, sebbene, molto probabilmente, alla fine di quel torneo, l’invidia sarebbe scivolata via insieme all’alzatore. Non era un mistero che diversi talent scout lo avessero già adocchiato. La carriera di Kageyama era all’apice dell’esordio e quel torneo sarebbe stato l’ultimo biglietto da visita… e una lettera d’addio.
« Sei proprio antipatico » se ne uscì in un soffio, soffice e per niente infastidito. Era una frase ricorrente sulle sue labbra. Continuò a occhieggiarlo con la bocca e la fronte crucciate, ma addosso sentiva una tensione fastidiosa al pensiero che quella sarebbe stata una delle ultime volte per loro.
« Io non voglio vederti giocare dallo schermo di una tv. Non voglio fare il tifo per te. Non ho proprio alcuna intenzione di ammettere che sei meglio di me perché qualche squadra forte ti chiederà di unirti a loro »
Man mano che dava fiato ai pensieri, alla matassa aggrovigliata di cui per una volta sembrava avere trovato il bandolo, Shouyou scivolò di nuovo con la testa nel cuscino, senza mai smettere di occhieggiare la nuca di Tobio, le punte dei capelli corvini appena sparpagliate tra le pieghe della federa.
« Io… voglio continuare a schiacciare le tue alzate. Voglio… che continui ad alzarmi la palla, ovunque io corra »
Hinata fissò le proprie dita stringere la stoffa del pigiama di Kageyama. Seguitò a guardarle anche quando capì perfettamente il gesto che aveva fatto.
Dal setter non vennero movimenti strani o altro a suggerire che si fosse svegliato, e Shouyou non ritirò il braccio.
« Prima di vederti come un amico, sei stato un mio compagno » e non poté non pensare all’ultima volta che aveva detto quella stessa frase, tre anni prima, dopo la più violenta delle loro litigate. Ma era la prima volta che lo diceva a lui, sebbene dormisse. Era pur sempre una confessione. « E forse… per la fine della primavera, quando andrai a Tokyo… sarai il ricordo più importante di questi tre anni »
La notte era davvero silenziosa, pensò Hinata, lasciando andare la maglia di Tobio. Si accoccolò meglio sotto le coperte, strusciando la guancia nel cuscino in cerca di un po’ di calore per scacciare il pizzicore agli occhi.
Chiuse le palpebre, sforzandosi di pensare solo al sonno, ma si ritrovò a parlare prima ancora di realizzarlo.
« Domani non permetterò che mi blocchino » mormorò, imponendosi di non dischiudere lo sguardo e guardare ancora la schiena dell’alzatore. « Segnerò tutti i punti che serviranno a farci vincere per giocare un’altra partita. Fino alla fine »
I minuti passarono l’uno dietro l’altro, lenti, come lento diventò il respiro di Hinata.
Kageyama si girò verso di lui quando fu certo che si fosse addormentato. Non aprì bocca, neanche per insultarlo nonostante tutto quell’assurdo e stupido e maledettamente reale discorso.
C’era troppo rumore, troppo tu-tum nella sua testa, per farlo ragionare.
 
 


~ ~ ~
Secondo Round, seconda coppia e… un filino di angst. Era tanto che volevo scrivere qualcosa su Kageyama e Hinata al terzo anno, anche se cose molto diverse XD però scribacchiare il discorso di Hinata è stato bello ♥ Per fortuna non ho dovuto scrivere la reazione di Kags XD
Alla prossima!
 
Nene & Nefelibata

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Capitolo 3
*** Sotto le stelle ***


Challenge: “Things you said”
Prompt: 6) things you said under the stars and in the grass
N° parole: 1808
!Avvertimenti: Age Gap! Si tratta di una AU: Studente!Oikawa e Professore!Iwachan. Un piccolo esperimento… che vorrebbe essere poi trasformato in una storia più corposa.
 

 
Richiesta e dedicata a Yuki Delleran 
 
 


 
 
Quando Iwaizumi scostò l’occhio dal mirino per controllare l’ora dall’orologio, incrociò prima la punta di un paio di scarpe da ginnastica familiari.
« Oikawa » sospirò stancamente, tornando a guardare attraverso il telescopio e girando un paio di manopole per tenere le dita impegnate.
« Sensei » replicò placido il ragazzo. Anche se il professore non poteva vederlo, il sorriso nella sua voce era immaginifico abbastanza da far sbagliare di proposito la calibrazione all’uomo per perdere tempo a risistemarla.
Il silenzio non sembrava un problema e meno che mai un invito ad andarsene. Tooru fece il giro alle spalle di Hajime; rimase sempre sul confine del suo spazio personale, distraendolo quanto bastava nel fargli percepire la sua presenza, e si accostò al tavolino da campeggio. La valiggetta del telescopio troneggiava chiusa, ma metà degli accessori era disposta ordinatamente e pronta all’uso. Un paio di libri, Due passi tra le stelle e L’Astrolabio, erano da una parte, ignorati.
« Ai falò si stanno rimpinzando di schifezze e bibite. Si sta perdendo la festa, Sensei » riferì trastullandosi con un vecchio canocchiale d’ottone portato per una spiegazione sulla storia dell’ottica, di cui i suoi compagni avevano bellamente ignorato il fascino durante la lezione all’aperto di quel tardo pomeriggio. Se lo rigirò con cura tra le mani, passando le dita sulla parte in pelle dove era stata incisa una piccola dedicata: A Hajime, per vedere lontano e oltre le convenzioni.
« Aha » fu la risposta dopo quella che parve una lunga distrazione. Hajime era in effetti distratto, ma non da quello che stava vedendo nella volta notturna attraverso lo strumento astronomico. Avvertiva fin troppo chiaramente la presenza del suo studente - per quante volte se lo ripetesse, il concetto sembrava cozzare contro un muro - poco dietro di sé.
« Credo che Suga-sensei abbia bevuto un paio di birre di nascosto. Sa’, la disperazione  per il fatto che sia toccato a lui portarci in gita. Non era molto in sé quando mi ha preso da parte dicendomi che mi terrà d’occhio, come se avessi chissà quale cattivo proposito. Non ha capito che i casinisti sono Makki e Mattsun »
Bugiardo, pensò Hajime, e faticò a trattenere uno sbuffo e a roteare gli occhi. Come se non sapesse che la mente dietro certe trovate degli studenti era sempre lui.
Passò dell’altro silenzio, quasi fosse obbligatorio e necessario. Le dita di Tooru si fecero impazienti nel rigirare il piccolo monoculare, passando i polpastrelli sui caratteri incisi, finché lo strumento non finì di nuovo sul tavolino.
Hajime si irrigidì quando sentì toccarsi il polso. Ritrasse il braccio neanche avesse preso una scossa elettrica e finalmente scostò il volto dal mirino. Oikawa era davanti a lui, un sorriso più timido - dannatamente vero, per una volta, e molto efficace - e due occhi nocciola che anche al buio della notte, con l’illuminazione fiacca di una vecchia lampada da campeggio, brillavano di aspettativa.
Sei cresciuto ancora, fu il pensiero che Iwaizumi riuscì a trattenere appena sul bordo delle labbra. Era quasi alla sua altezza, anche se quei ciuffi di capelli ordinatamente disordinati giocavano a suo favore.
« Posso…? » chiese morbido lo studente, perdendo di innocenza e facendo ancora un mezzo passo avanti mantenendo il contatto visivo.
Iwaizumi lo fissò senza capire - un fremito a serpeggiargli dalla base del collo fin giù lungo la schiena nell’avvertire l’aria più tiepida, riscaldata dai loro respiri.
« Vorrei usare il telescopio » spiegò Tooru dopo un lungo attimo, un po’ divertito, accennando allo strumento tra loro. « Posso? »
Iwaizumi fece un passo indietro e un gesto meccanico con la mano a dire prego. Anche quando Oikawa si chinò sul mirino, ravviandosi la frangetta, il suo sorrisetto non si spense, Come se non avesse voluto lasciare in sospeso la loro conversazione.
« Cosa sto osservando, Sensei? È un pianeta? » chiese a bassa voce, scimmiottando un tono da domanda a lezione.
L’insegnante distolse finalmente l’attenzione per riportarla al bel cielo notturno, sgombro e luminoso solo di stelle.
« Giove. In primavera è il momento migliore per osservarlo » rispose piano, ma non senza una nota addolcita, di chi ripensa a qualcosa di bello.
« Giove… » ripeté l’alunno, scostandosi dall’obiettivo per rialzare lo sguardo. Alzò il braccio e roteò l’indice a indicare una porzione di spazio. « Quindi quella è la mia costellazione »
Allo sguardo perplesso di Iwaizumi ridacchiò. « Sono nato il venti Luglio. Quella è la costellazione del Cancro? »
Hajime seguì la linea immaginaria verso la volta notturna e annuì. Distrarsi, ancora, fu una pessima mossa. Si chiese se la sua ragione lo facesse a posta. Quando sentì il corpo di Tooru contro il fianco, spalla contro spalla, l’odore del suo bagnoschiuma e chissà quale altra crema, fu tardi per tirarsi indietro. Osservò il suo profilo; la curva del setto natale disegnata ad arte e le labbra, distese in un sorrisetto che sapeva essere perfettamente civettuolo, ma magnetico allo stesso tempo. Registrò solo all’ultimo il calore delle loro dita, semplicemente vicine.
« Dunque… » riprese Oikawa, volutamente basso, compassato, prendendo il silenzio per un assenso, conscio che commentare l’assenza di repliche avrebbe spezzato il momento. « Le due stelle lì di fianco sono Castore e Polluce? I Gemelli? »
« Sì » e venne fuori un bisbiglio complice, più di gola di quanto Haijime avrebbe voluto. Non riuscì ad allontanarsi come il buon senso tentava di fargli capire dall’inizio. Non c’era nessuno. I fuochi dei falò erano la sfumatura di un bagliore a valle, ad almeno un quarto d’ora di cammino. Il telescopio lo avevano montato nel punto più alto, vicino alla “Cascina degli Astronomi” - essendo quello un posto rinomato per le osservazioni - lontano dalla baita che li ospitava in gita e dal luogo del camping. Ora che ci pensava, Iwaizumi si rese conto che per raggiungerlo Tooru si era fatto una discreta scarpinata in solitaria. Tuttavia non doveva essere un motivo per non reagire e ricordarsi che era uno studente - un suo studente.
« Oikawa- »
« Il Sensei è nato il venti Giugno, sotto il segno dei Gemelli » gli parlò sopra il ragazzo, ancora con il naso all’insù, la frangetta a coprirgli lo sguardo e l’uso della terza persona con un’allegria troppo calzata. « Tra i nostri compleanni passa un mese esatto! »
« Otto anni » disse Hajime prima di pensarci, e l’atmosfera si spezzò. Fece un passo indietro, squadrando Oikawa, fermamente e… sentì il respiro irrigidirsi, venire fuori con fatica. Si era lasciato trascinare più di quanto fosse consono.
Anche Tooru distolse lo sguardo dal cielo e tutto parve più buio. Le ombre su di loro sembrarono renderli ancora più distanti. Le labbra dell’adolescente ora erano una curva tentennante, in bilico sul far sopravvivere un sorriso alla va tutto bene.
« Tra meno di tre mesi sarò maggiorenne » ma la nonchalance si mischiò a un tono capriccioso.
« Non fa differenza » e nel dirlo, Hajime lo superò per tornare al tavolo del telescopio e iniziare a mettere via gli accessori. A fare qualcosa per tenere, di nuovo, le mani impegnate. Per dissimulare un indesiderato tremore interno al petto.
« Per vedere lontano e oltre le convenzioni » citò Tooru, fermandolo dal riporre via il piccolo cannocchiale d’ottone, la mano sopra la sua in una presa forte. « Perché non lo fai con me? Perché non vuoi andare oltre? Dammi una possibilità »
« Sei un ragazzino, Oikawa. Ascoltati quando parli, sei più intelligente di così » la durezza del tono lasciò l’altro spaesato, permettendo al professore di liberare la propria mano e finire di risistemare le cose. E sentirsi in colpa senza un motivo concreto. Sapeva di avere ragione. Ma se i tempi, il luogo, i ruoli fossero stati altri…
« Se non fossi uno studente, un tuo studente, le cose sarebbero diverse? Se avessimo avuto la stessa età, mi avresti detto di no allo stesso modo? »
Hajime avvertì l’occhiata gelida e risoluta nella sua interezza e non riuscì a negare.
« I problemi tra di noi sono questi » c’era dell’allegria vuota sul viso di Tooru che fece male. Il giovane allargò le braccia, come se fosse esasperato, ma tremava. « Non c’entra il mio carattere, i miei hobby, quello che combino o come tratto gli altri, come ti faccio perdere le staffe, come mi comporto quando gioco a pallavolo, come ti guardo. La verità è che ti piacciono queste cose… io ti piaccio » la voce gli si spense e anche le braccia caddero miseramente lungo i fianchi, mentre i suoi occhi nocciola parvero per la prima volta neri nel buio della notte. « Ma dato che un documento dice che ho otto anni meno di te e che fino alla fine della tua supplenza sarò etichettato come tuo studente… il resto non ha ragione di esistere e diventa più facile dirmi no »
Hajime respirò pesantemente, allontanando gli occhi ma senza abbassarli. Si passò una mano tra i capelli. Non poteva fingere che Oikawa non avesse detto che la verità, ancora più scomoda nel constatare quanto lo avesse capito.
Nella misura in cui Tooru sapeva essere contorto nei pensieri, nei desideri, nel cambiare umore, lui era molto più semplice. Vergognosamente semplice. Quella situazione, il tenere a bada la realizzazione che ci fosse - che ci potesse essere - molto di più nella loro relazione, fare appello al socialmente giusto, lo aveva stancato. Guardò di nuovo Oikawa, per scoprire che fissava l’erba bagnata di rugiada. In sei mesi dire di conoscere una persona è un azzardo, il più delle volte una convinzione dettata dalle sensazioni esaltanti e positive, eppure Iwaizumi aveva la chiara idea che anche a tent’anni, a cinquanta, quel ragazzino avrebbe conservato i modi infantili di prendere in giro gli altri, lo sguardo magnetico, che cercasse lusinghe o fosse serio, la gestualità esagerata. Il suo fascino con quei capelli scompigliati e… per il resto, aveva ancora da crescere.
Bastò quel salto nel futuro a convincerlo.
« Un compromesso » sospirò e aspettò che Oikawa tornasse a rialzare il volto per continuare. « Non succederà nulla tra di noi - il ragazzo trattenne il respiro - Niente fino al tuo compleanno » Tooru si riempì di speranza.
« Davvero? »
« … non esaltarti » lo placò Iwaizumi poggiandogli una mano sul petto quando il giovane si fece più vicino. « Fino ad allora sarò il tuo insegnante e nient’altro, capito? »
Oikawa non perse il sorrisetto contento, dondolandosi sui talloni incapace di contenersi.
« Yes, Sir » cincischiò in un finto gesto militare prima di infilarsi le mani nelle tasche dei jeans - artigliando l’interno per sopprimere la voglia di abbracciarlo. « Posso iniziare a pensare a cosa saremo dopo? O magari al mio regalo di compleanno… Iwachan? »
« Non chiamarmi così… Shittykawa »
« Sensei! »
 

 


 
Rieccociiii dopo un po’ di tempo.
Ho voluto sperimentare. Un giorno mi sono ritrovata davanti una fanart (che non ritrovo, piango) con Oikawa versione studente e Iwachan professore. Gasp. Esplosione di immagini, plot buttato giù alla velocità della luce, tempo 0. Va bene. Un altro progetto per il duemilacredici. Ma intanto ho sfruttato questa challenge per buttare una base.
La verità è che non sono soddisfatta. Potevo fare molto meglio (e mi scuso con Yuki per averle presentato un lavoro mediocre ç_ç), però in teoria doveva essere una mini!fic, una toccata e fuga, e lo è stata.
Alla prossima!
Nene ~
Pagina Autore: Nefelibata

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