Un Natale speciale

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'invito ***
Capitolo 2: *** Il maniero ***
Capitolo 3: *** Momenti magici ***
Capitolo 4: *** Volare ***
Capitolo 5: *** Verità ***
Capitolo 6: *** Svegliarsi ***
Capitolo 7: *** Un futuro di gioia ***



Capitolo 1
*** L'invito ***


Un Natale speciale

 

 

Prologo: L’invito

 

Detestava il Natale, detestava quell’aria natalizia che pervadeva tutti, quel falso buonismo, i regali, le luci e gli alberi, la neve e più di tutto detestava dover dire sì a quell’invito. Odiava l’idea di stare lontana dagli affari per due lunghe settimane, ma come avrebbe potuto dire di no al suo nonno adottivo? Forse l’unico della famiglia che le aveva dimostrato un po’ d’amore e che ora la malattia stava lentamente spegnendo?

Osservando il cielo dalla vetrata posta alle spalle della sua scrivania Lena Luthor fece una smorfia infastidita. Suo fratello era in carcere assieme a sua madre, suo padre era morto da tempo e lei avrebbe preferito rimanere in città ad occuparsi delle redini della compagnia, ormai in mano sua, piuttosto che andarsene al maniero di famiglia, sperduto tra le montagne svizzere. Sarebbe stato freddo, umido, noioso e dannatamente antiquato e di sicuro ci sarebbe stata una buona dose di imbarazzo, James, il ribelle della famiglia, era stato invitato e, visto che la loro madre era in carcere, aveva detto di sì al nonno. Dopo cinque anni si sarebbero incontrati di nuovo e nonno Wallace Luthor, artefice della riunione, aveva tenuto a dirle che, lui, avrebbe portato la sua ragazza.

Un’altra smorfia sfuggì dalle labbra di Lena. James era scappato dai Luthor, rifiutando il nome adottivo e ritornando a quello banale degli Olsen, era diventato un fotografo nell’ambito del giornalismo e aveva persino ricevuto un premio Pulizer per poi dirigere una compagnia importante come la CatCo. Tutte scelte che Lena gli invidiava, lei non era mai stata capace di scindersi dalla famiglia che l’aveva adottata e accolta, anche alla luce degli orrori compiuti da suo fratello maggiore, Lex, e da sua madre. Ora, poi,  che aveva ereditato la compagnia dei Luthor non sarebbe mai riuscita a crearsi un nome suo, sarebbe sempre e solo stata una ricca ereditiera, poco importava gli studi che aveva fatto o l’intelligenza che dimostrava nel gestire gli affari.

Lena sbuffò, due settimane tra i montanari e poi avrebbe potuto ributtarsi negli affari e cercare di crearsi un nome proprio anche all’interno della sua famiglia, o meglio, malgrado la sua famiglia.

“Miss Luthor, la macchina l’attende.” La segretaria interruppe le sue riflessioni e lei voltò la sedia guardandola poi annuì, rassegnata.

“Bene, arrivo.”

 

Adorava il Natale: le luci, la neve, gli alberi e i regali. Adorava ogni cosa, le persona che si sforzavano di essere più buone e il sentimento che tutto era possibile, che gli esseri umani potevano essere migliori.

Kara osservò il cielo con aria piena di aspettativa, ancora poche ore e avrebbero volato fino in Europa! Non vedeva l’ora di sorvolare l’oceano e poi atterrare tra le Alpi ormai piene di neve. Si strinse felice al braccio di James, immaginando le due bellissime settimane che l’aspettavano. Ovviamente era un po’ tesa all’idea di incontrare la famiglia del ragazzo, ma lui le aveva assicurato che il nonno era una persona splendida e che sua sorella non era come gli altri Luthor o almeno ci provava.

Kara aveva una vita felice lì in città, lavorare alla CatCo non era sempre semplice, ma ora che aveva iniziato a fare la reporter era soddisfatta dei nuovi stimoli ed elettrizzata da quello che stava imparando. Le dispiaceva passare il Natale lontano dalla sorella, dagli amici e da sua madre, ma tutti, non appena avevano sentito dell’invito di James, l’avevano spinta ad accettare. Era un’occasione unica e lei era decisa a divertirsi e ad approfittarne al massimo.

Sorrise al pensiero di quello che avrebbe potuto fare, James le aveva assicurato che poco lontano dal maniero di famiglia vi era un piccolo aeroporto privato e probabilmente avrebbe potuto far volare un piper. Lei adorava volare, era un’eredità della sua famiglia d’origine e le veniva naturale, fin da piccola era stata meglio tra le nuvole che a terra, dove spesso appariva imbranata o pasticciona, ma non lassù, non quando volava.

Kara, pronta?” James si voltò verso di lei con un ampio sorriso sulle labbra.

“Sì!”

 

 

Note: Ciao a tutti coloro che sono arrivati alla fine di questo piccolissimo prologo. Volevo approfittare di questo spazio per dirvi che la storia sarà, come promette il classicissimo titolo, molto, ma molto zuccherosa e spero che vi piacerà. L’argomento è il Natale e l’ispirazione mi è venuta guardando il film natalizio di Katie McGrath, dal quale ho preso la meravigliosa ambientazione che vedrete nel primo capitolo.

Cercherò di aggiornare regolarmente, ma ovviamente la storia andrà avanti in fretta solo se vi piacerà e me lo farete sapere, altrimenti inutile impegnarsi troppo e meglio dedicarsi a qualche altra nuova idea! J

Spero di leggervi numerosi, a presto e ciao ciao!

 

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Capitolo 2
*** Il maniero ***


Primo capitolo: Il maniero

 

La neve c’era, ovviamente, ed era abbondante. Lena aveva i piedi gelati perché le sue costose scarpe si erano bagnate nell’istante stesso in cui era scesa dall’aereo privato per salire nella berlina nera che l’aspettava. Con uno sbuffo le sfilò contenta di poter aver la macchina tutta per sé.

“Perché non stiamo partendo?” Chiese all’autista, perplessa. L’aveva visto caricare i suoi bagagli e ora non capiva cosa stessero aspettando.

“Mister Luthor e la sua fidanzata arriveranno a minuti, Miss.” Per un attimo si era quasi strozzata a sentire quel nome, ma poi sorrise, era ovvio che si riferisse a James e non a suo padre.

“Lui preferisce Olsen, meglio che te lo ricordi, Richard.”

“Certo, Miss.” Disse l’autista mentre lei volgeva la testa verso la pista principale dove un grande aereo di linea stava atterrando.

Pochi minuti dopo riconobbe l’alta figura di James, doveva aver messo su parecchi muscoli dall’ultima volta che lo aveva visto, perché anche con la pesante giacca appariva massiccio. Gli occhi di Lena però si soffermarono sull’esile figura che lo seguiva. Indossava un ridicolo cappello color salmone, con un pompon sulla punta, dal quale sbucavano due trecce bionde. Sul volto della giovane che trascinava la propria valigia, vi era un sorriso luminoso. La testa ruotava in tutti i sensi come a voler catturare l’intero paesaggio nel minor tempo possibile. Un sorriso increspò le labbra di Lena, aveva come l’impressione che quella ragazza fosse la vivacità in persona e nell’istante stesso in cui lo pensò la vide cadere a terra e poi, anche dall’interno dell’autovettura, poté sentire la risata piena di gioia e di vita della giovane. Sorrise di nuovo poi distolse lo sguardo e sospirò, ricordando le buone maniere infilò di nuovo i tacchi e uscì dalla macchina cercando di apparire rilassata e tranquilla.

 

Rise dello scivolone e quando James le diede la mano si lasciò sollevare, poi incrociò gli occhi divertiti di una donna. Indossava un tailleur più adeguato all’ufficio che alla montagna e delle scarpe con un tacco alto. Kara non poté fare a meno di pensare che fosse bella con quei capelli scuri che incorniciavano un volto pallido in cui spiccavano due occhi di ghiaccio a far da contrasto a morbide labbra rosse.

“Mia sorella.” Le disse James, poi prese anche la sua valigia, malgrado lei gli avesse assicurato che poteva cavarsela da sola, e si diresse con passo deciso verso la donna. “Ciao, sorellina.”

“Jimmy.” Disse lei, l’aria divertita che non abbandonava i suoi occhi.

“Lo sai che non mi piace essere chiamato così.”

“Giusto, James.” Mormorò dando al nome un tono ricco e pomposo. “E tu invece, chi saresti?” Chiese nel notare lei, che era appena sopraggiunta, un poco intimorita.

“Ehm… ehm… sono Kara Danvers.”

“Piacere di conoscerti, Kara Danvers.” Sembrò assaporare il nome, poi sorrise. “Vogliamo entrare in macchina prima di congelarci o… fare altri scivoloni?”

“Sì.” Rispose lei, non c’era stato sarcasmo nel suo tono e Kara sorrise mentre James apriva il baule e, aiutato dall’autista, aggiungeva le loro valige al bagagliaio.

“Lena, ti sei portata tutto l’armadio?” Commentò il ragazzo, ma lei non si degnò di rispondere invece tornò in macchina rabbrividendo.

“Ti piace la montagna?” Chiese Kara imbarazzata dal silenzio che era calato tra di loro mentre i due uomini si stavano ancora domandando come far stare i loro bauli.

“No, la detesto.”

“Oh…” Lena si voltò verso di lei, il sorriso divertito di prima che ricompariva sulle sue labbra.

“Vedrai che tu ti divertirai, James è sempre stato un buon intrattenitore e ti porterà a scoprire le meraviglie che questa valle nasconde.” A quelle parole lei annuì, poi però corrugò la fronte.

“E tu?”

“Io?” Chiese lei stupita. “Io, me ne starò chiusa in camera fingendo di…” Si guardò alle spalle controllando che James fosse impegnato poi si tese verso di lei con aria complice. “In quelle valige non ci sono solo abiti, ma un’antenna satellitare che mi permetterà di mantenermi collegata al lavoro. Che resti un segreto però, se Wallace lo scopre finirò in punizione.” Le fece l’occhiolino, ma si scostò da lei non appena James aprì la porta per entrare.

“Fatto!” Annunciò soddisfatto l’uomo e Kara gli sorrise, ma quando lui si tese per darle un bacio si scostò arrossendo, la mano che correva ad aggiustarsi gli occhiali da vista. Gli occhi di Lena erano fissi davanti a lei, ma a Kara sembrò di vedere un guizzò in essi e fu quasi sicura che non le era sfuggito nulla. Sorrise a James che rassegnato si sistemò accanto a loro e iniziò a ricordare l’ultima volta che era venuto lì.

Kara lasciò che quelle chiacchiere la cullassero, mentre i suoi occhi non si staccavano dal finestrino e dal bellissimo paesaggio innevato che stavano oltrepassando.

 

Le chiacchere di James erano un fastidioso ronzio nella sua testa, mentre lei cercava di concentrarsi sul rapporto che aveva letto quella mattina prima di partire e al quale doveva rispondere, lui non la smetteva di blaterare su quanto si fosse divertito a sciare tra quei monti. Sembrava completamente dimentico della sofferenza che aveva causato lasciandola solo in quella famiglia di pazzi, proprio il famoso Natale di cui parlava tanto allegramente. Lanciò uno sguardo a Kara che sembrava più intenta ad osservare il paesaggio che ad ascoltare il fidanzato e sorrise. Sembrava vedesse la neve e le montagne per la prima volta.

Il viaggio fu lungo e quando finalmente raggiunsero il maniero l’unico aspetto positivo fu vedere l’entusiasmo di Kara. La ragazza sembrava essere ad un passo dallo saltellare talmente era felice.

Wallace Luthor li aspettava nel grande salone, così mentre i domestici scaricavano i loro bagagli, lo raggiunsero. La stanza era esattamente come la ricordava, il fuoco scoppiettava allegro mentre suo nonno sonnecchiava sul divano posto proprio davanti ad esso.

James gli si inginocchiò davanti e lo chiamò, posando delicatamente una mano sulla sua spalla. L’uomo aprì gli occhi lentamente e Lena si rese conto di quanto fosse invecchiato, forse, malgrado quello che dicesse anche lui aveva sofferto per l’incarceramento di Lex e di Lilian.

“Oh, oh… siete già qui?” Chiese un poco confuso.

“Sì, Wallace.” James fece un largo sorriso e il vecchio sorrise a sua volta, poi si voltò e vide lei.

“Oh, c’è anche la piccola Lena! Vieni, ho preso una cosa per te dall’Egitto.” Il sorriso si congelò sulle labbra di James. Erano anni che non vedeva suo nonno e non si era reso conto che la demenza senile se lo stava portando via. Lena invece sorrise e si piegò su di lui per dargli un bacio sulla guancia.

“Grazie nonno, la palla di neve con la piramide di Cheope è bellissima.” Il vecchio annuì sorridendo poi notò Kara che se ne stava dritta, timidamente in attesa di essere presentata.

“E tu sei un’amichetta di Lena?” Chiese l’anziano signore.

È la mia fidanzata.” Intervenne bruscamente James, confuso dalla situazione.

“Oh…” L’uomo fissò perplesso i presenti, scombussolato da quell’informazione.

“Vuoi che ti faccia portare un po’ di tè, nonno?” Chiese allora Lena folgorando il fratello adottivo con lo sguardo.

“Sei gentile, sì, mi piace il tè.”

Si allontanò per chiamare la servitù e James la seguì, deciso.

“Non mi avevi detto che il nonno stava così male!”

“Non mi pare tu abbia chiesto nostre notizie, Olsen.” Lena vide quelle parole colpire il giovane e si rese conto di aver parlato troppo bruscamente, ma l’abbandono di James la feriva ancora.

“Mi dispiace.” Disse allora l’uomo, sorpreso dalla sua durezza. Lena scosse la testa e sospirò.

“Il medico dice che è demenza senile, bisogna solo assecondarlo, il più delle volte ci vede come bambini, magari potrebbe metterti in castigo oppure regalarti una caramella.” Lena si strinse nelle spalle. “Lilian approfittava della sua debolezza, le sue battute lo ferivano, ma quest’anno lei non c’è e sarebbe bello se potesse passare un bel Natale con i suoi nipoti.” Lena sentì il nonno ridere e si voltò verso il salone, sorpresa. Kara era in ginocchio accanto a lui e gli stava parlando fitto.

“Non è meravigliosa?” Chiese James che aveva seguito il suo sguardo. Lena aggrottò la fronte, ma non rispose al fratello, invece notò una cameriera passare e le chiese di servire del tè.

Bevvero la bevanda calda davanti al fuoco, ma ben presto Wallace si addormentò, così lo lasciarono riposare. James accompagnò Kara alla loro stanza, mentre lei risalì gli scalini fino a raggiungere la sua, nella torretta Nord.

Guardò l’ampio letto e le sue cose già sistemate negli armadi, notò l’antenna posizionata sulla scrivania accanto al suo computer e annuì soddisfatta, poi si sedette e iniziò a lavorare.

 

“Questo posto è magnifico!”

“Sì, ma non mi aspettavo che Wallace fosse così malato…” James fece una smorfia.

“Vedrai che gli farà bene stare con voi, malgrado la servitù è ovvio che si sente solo in questa grande casa.”

“Lena avrebbe potuto dirmelo.”

“Immagino di sì, ma credo che abbia avuto le sue ragioni per non farlo, dopo tutto ha passato un anno difficile, dovresti starle vicino.” Il ragazzo si voltò a guardarla perplesso e lei si strinse nelle spalle. “Mi hai sempre parlato di lei come di una manager dai denti aguzzi, ma a me è sembrata simpatica.”

“Simpatica?” L’uomo alzò un sopracciglio. “Scommetto che a quest’ora starà già sul suo laptop a scrivere rapporti e a preparare bilanci.”

“Ama il suo lavoro cosa c’è di male?” Si sentì di difenderla Kara.

“Ehi, ehi, ho capito: ti piace! E tu sei una da primo sguardo quindi non tenterò di farti cambiare idea.”

“Cosa significa che sono una da primo sguardo?”

“Che senti le persone a pelle: o ti piacciono o non ti piacciono.”

“Sono brava a giudicare le persone.” Si difese lei.

“Lo so, infatti ti sono piaciuto al primo sguardo.” Si tese verso di lei per baciarla, ma il suo cellulare squillò e lui si tirò indietro con una smorfia. “Lavoro.” Disse.

“Potrebbe essere importante.” James annuì e rispose. Dieci minuti dopo era ancora la telefono e parlava agitato. Kara si affacciò a quello che era il loro piccolo salottino e fissò il ragazzo che, concentrato, ascoltava la voce dall’altra parte del telefono. Stanca di aspettare decise che poteva fare un giro del maniero da sola.

L’edificio era ricco di decorazioni antiche, i soffitti delle stanze erano affrescati oppure decorati con elaborate volte a cassettone. I pavimenti erano altrettanto ricchi che fossero in mogano o in pietra. E poi vi erano i dipinti, le statue, le armature, i lampadari e i mobili, tutti bellissimi. Fece il giro dell’intero edificio, evitando solo le stanze private di Wallace e della servitù, fino a quando non si ritrovò ad inerpicarsi per una stretta scalinata in pietra, che partiva dal pianerottolo sul quale raggiungeva la camera sua e di James. Incuriosita decise di andare a vedere cosa ci fosse lassù. Doveva trattarsi di una torre e magari avrebbe potuto beneficiare di una bella vista. In cima però vi era una porta chiusa. Lei bussò educatamente. In tutto il suo giro non aveva incontrato nessuno se non qualche cameriera o un valletto, quindi ora fu sorpresa di sentirsi rispondere dalla voce calda di Lena.

“Scusa, non volevo disturbarti.” La donna la guardò entrare con aria perplessa. “Stavo facendo un giro delle stanze e questa era l’ultima che mi restava.”

“Allora avresti dovuto immaginare che dentro avresti trovato me.” Gli occhi della donna brillavano di nuovo di ironia, mentre si fissavano nei suoi.

“Ehm… già.” Disse allora lei arrossendo per quell’evidenza. Presa dall’esplorazione non aveva riflettuto.

“James ti ha già abbandonata?” Chiese poi la donna e nel suo tono Kara percepì una punta di sarcasmo, non rivolta a lei, ma al fratello adottivo.

È al telefono e…”

“Sei qui! Finalmente, ti ho cercata ovunque.” James gettò un’occhiata alla scrivania di Lena, ma non fece commenti nel notare l’antenna e il laptop aperto.

“Cosa succede?” Chiese Kara, James aveva una faccia colpevole ed era chiaramente imbarazzato.

“Cosa hai fatto questa volta?” Chiese allora Lena che evidentemente conosceva bene il fratello, malgrado non lo vedesse da anni.

“Io… devo rientrare per qualche giorno, massimo cinque.”

“Rientrare?” Chiese stupita Kara.

“Sì, è successo un casino alla CatCo e… sono il responsabile ora, non posso lasciare che…” Scosse la testa poi sorrise. “Ma tu puoi restare, ovviamente, in men che non si dica sarò di ritorno.”

“Aspetta, non posso mica…” Cercò di protestare Kara.

“Lena si occuperà di te, vero, sorellina?” La donna sgranò gli occhi, fu sul punto di dire di no, ma colse lo sguardo afflitto di Kara e prima che avesse il tempo di riflettere per davvero, annuì.

“Va bene.”

“Va bene?” Chiese James, stupito quasi quanto Kara.

“Sì, va bene.”

“Grande!” Disse allora il giovane poi guardò Kara che lo fissava rossa in volto. “A te va bene, non è vero?”

“Io…” La ragazza guardò Lena, fu un secondo, i loro occhi si allacciarono e quelli di Lena assunsero una sfumatura verde. Incantata da quella metamorfosi annuì. “Sì, se non sono di disturbo.”

“Certo che no.” Proruppe James poi corse via, probabilmente a preparare le valige e ad avvisare l’autista.

Le due donne rimasero sole nella stanza tonda della torre.

“Grazie.” Mormorò Kara e Lena le sorrise.

“Lo sapevo che non sarei riuscita a lavorare…” Ma nel suo tono non vi era reale esasperazione, solo la solita divertita, ironia. Kara sorrise, dopo tutto, forse, non sarebbe stato così male passare del tempo con lei.

 

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Capitolo 3
*** Momenti magici ***


Secondo capitolo: Momenti magici

 

James aveva mangiato cena con loro e poi era partito, quindi Kara si svegliò nel grande letto da sola e si stiracchiò, felice della magnifica dormita che aveva fatto, lì, tra i monti e la neve non vi era un solo rumore che avesse turbato il suo sensibile udito. Indossò degli abiti caldi e poi scese per la colazione. Non appena entrò nella stanza si ritrovò davanti Lena che, seduta su uno sgabello, le gambe incrociate, era intenta a leggere un giornale, accanto a lei vi era solo una piccola tazza di caffè.

“Buongiorno, Miss.” La salutarono le cameriere e lei sorrise loro, mentre Lena alzava gli occhi dal giornale.

“Dormito bene?” La interpellò distrattamente.

“Magnificamente.”

“Davvero?” Chiese stupita la donna distogliendo lo sguardo dal giornale e guardandola.

“Sì, perché?”

“Non sono molte le persone che apprezzano il silenzio di queste montagne e, oltretutto, questo è un antico maniero e tu hai dormito sola in una vecchia stanza, la prima notte molti ospiti la passano insonne.” Kara si strinse nelle spalle, sedendosi al tavolo.

“Wallace?” Chiese sorpresa di non vederlo.

“Prende la colazione a letto, lo definisce un lusso natalizio.” Spiegò Lena sollevando la tazzina e portandosela alle labbra.

“Cosa desiderate per colazione, Miss?” Le chiese la cameriera e pochi minuti dopo si ritrovò davanti un sontuoso banchetto che si premurò di finire. Gli occhi di Lena brillavano e lei alzò lo sguardo a fissarla, mentre si riempiva la bocca con un toast ricoperto da burro e marmellata di fragole.

“Brucio tantissime calorie.” Si sentì di spiegare non appena ebbe la bocca libera.

“Lo immaginavo.” Commentò Lena tornando al suo giornale, le labbra inarcate in un sorriso divertito.

“L’albero!” Wallace entrò in quel momento, un grande sorriso sulle labbra. “Bisogna andare a comprare l’albero!” Si spiegò nel vedere gli sguardi interrogativi delle due donne sedute al tavolo. “Lena, butta via quel giornale, lo so che stai leggendo le pagine economiche, Kara, tienila lontana dal lavoro: è un ordine!” L’uomo guardò la nipote con aria di rimprovero, poi nel vederla piegare il giornale annuì soddisfatto. “Ora: dov’è James?”

“Arriverà presto, nonno.” Intervenne Lena nel vedere Kara che apriva la bocca per annunciare la sua partenza.

“Oh… sarà andato a sciare, lui ama tanto sciare.” L’uomo annuì poi fissò di nuovo lo sguardo su Lena.

“Allora tu andrai a comprare l’albero e Kara ti aiuterà.”

“Nonno, può farlo Richard o…”

“No, no e no!” Il tono dell’uomo si era fatto arrabbiato. “Richard fa l’autista! Può portarvi lì e riportarvi qui con l’albero, ma non può sceglierlo, è una cosa che deve rimanere in famiglia. Richard è un bravo ragazzo e vi aiuterà, sì, vi aiuterà, ma lo sceglierai tu.” Wallace puntò il dito su Lena e non distolse lo sguardo fino a quando lei non ebbe annuito. “Molto bene, allora, molto bene…” L’anziano Luthor sbatté le palpebre poi si guardò confuso attorno. “Lex è assieme a James?”

“Sì, nonno.” Confermò Lena, ma a Kara non sfuggì il dolore che brillò per un istante nei suoi occhi.

“Bene, bene.” L’uomo si allontanò di nuovo stanco.

“Ebbene, non so che piani avessi per la giornata, ma a quanto pare dobbiamo scegliere un albero.” Lena sospirò rassegnata, ma Kara sorrise felice.

“Ho sempre adorato scegliere l’albero, io e mia sorella Alex facevamo a gara per chi trovasse il più bello di tutto il vivaio e poi Jeremiah e Eliza lo compravano.” Lena annuì, ma nei suoi occhi passò di nuovo quel fugace dolore e Kara tacque, conscia che i suoi felici ricordi d’infanzia potevano essere dolorosi per chi, come Lena, non aveva avuto dei genitori affettuosi.

James non ne parlava spesso, ma quel poco che aveva detto era bastato perché Kara si facesse un’idea della sua famiglia di origine e l’arresto di Lex e Lilian Luthor con quelle terribili accuse, aveva solo confermato le sue peggiori supposizione.

Una decina di minuti dopo erano dirette alla cittadina che sorgeva poco lontana. Lena aveva indossato qualcosa di più caldo rispetto al giorno prima, ma appariva ancora estremamente elegante e Kara si sentiva un poco inadeguata, vestita con una giacca verdone, dei jeans e un cappellino marroncino morbido.

Il vivaio era ampio e gli alberi verdi e ricchi di rami, Lena fece un rapido giro in silenzio fino a quando non puntò il dito verso un abete. Kara osservò il grande albero e sorrise.

“Hai vinto tu.” Ammise.

“Come?” Chiese allora la ragazza come se si fosse accorta della sua presenza solo in quel momento.

“Quello è decisamente il più bell’albero del vivaio: hai vinto tu.” Lena sbatté le palpebre e poi sorrise.

“Cosa vinco?”

“Oh…” Disse allora, Kara, sorpresa.

“Va bene, decido io.” Lena puntò il dito verso un caffè situato tra i negozi addobbati per Natale. “Potremmo aspettare lì mentre caricano l’albero sul camion.” Propose.

“Certo!” Kara sentiva già nell’aria il profumo della cioccolata calda. Nel notare dei musicisti si avvicinò sorridendo e mise qualche monetina nel cappello del batterista, l’uomo le sorrise e poi premette un pulsante facendo cadere sulla sua testa dei fiocchi di neve, lei si voltò felice verso Lena, un grande sorriso sulle labbra. La donna sorrise scuotendo la testa, poi le fece un cenno con la testa, richiamandola verso il caffè.

Trovarono un tavolino e si sedettero, Kara ordinò la cioccolata con panna a cui aveva pensato, mentre Lena sussurrò qualcosa al cameriere.

“Arrivano subito.” Disse l’uomo, allontanandosi.

“Cosa hai ordinato?” Chiese Kara, curiosa.

“Prima parliamo del mio premio. Diciamo che ho vinto la tua sordità e cecità per il tempo che durerà la cioccolata calda, va bene?”

“Non capisco…” Kara si interruppe quando il cameriere ritornò appoggiando sul tavolo la sua cioccolata e un foglio con su scritto una password, solo in quel momento notò la scritta Wi-Fi sulla porta. “Oh, davvero? Ho promesso a tuo nonno…”

“Ma io ho vinto il premio.” Le ricordò la donna, un ampio sorriso sulle labbra. Kara fece una smorfia poi richiamata dalla cioccolata si strinse nelle spalle e Lena, vittoriosa, inserì la password e iniziò a leggere le informazioni che le servivano sul suo cellulare e a rispondere alle mail ricevute dal suo ufficio. Nel momento stesso in cui Kara appoggiò il cucchiaino, però, Lena abbassò il telefono riponendolo nella tasca della giacca. Sorrise al suo sguardo stupito.

“Un patto è un patto.” Affermò.

Uscirono e osservarono le ultime manovre per caricare l’albero sul camion del vivaio poi tornarono al maniero.

Wallace le aspettava davanti alla porta e batté le mani felice della scelta.

“Lo pianteremo nel viale non appena Natale sarà finito: ottima scelta mia cara, ottima scelta.”

Mentre mangiavano pranzo gli operai del vivaio lo sistemarono nel salone e quando ebbero finito Wallace volle che lo decorassero assieme, subito.

Così Kara e Lena si ritrovarono di nuovo arruolate e sotto la direzione attenta e inflessibile di Wallace l’abete iniziò ad essere un vero albero di Natale.

 

È stato bello, oggi, grazie.” Kara era sul pianerottolo il cui le scale si dividevano portando alla torre e alla sua stanza.

“Grazie a te, Kara, non credevo che potesse…” Si fermò e corrugò la fronte, perplessa.

“Sì?” Chiese allora lei, sorpresa di vedere del tentennamento il Lena di solito così sicura e decisa.

“Nulla, mi spiace che Wallace ti abbia coinvolto in attività che magari avresti preferito non fare.”

“Ma io adoro fare l’albero e voi avete delle decorazioni magnifiche.” Lena sembrò di nuovo esitare poi sorrise, non era ironia, non era divertimento, i suoi occhi erano quasi interamente verdi e Kara intuì che era felice.

È stata una bella giornata.” Ammise alla fine la giovane Luthor e Kara arrossì, annuendo. “Cosa vuoi fare domani?” Chiese allora Lena.

“Volare!” Affermò subito lei e vide il viso della donna impallidire.

“No, no, assolutamente no, io detesto volare!”

“Ma…”

“Qualsiasi cosa, ma non quella.” Kara storse il naso, ma poi si strinse nelle spalle.

“Non so, cosa potremmo fare?”

Mmm.” Mormorò la donna riflettendo. “Ci penserò.” Si allontanò pensierosa e Kara la guardò andare via. Era sorprendentemente bella quando sorrideva per davvero.

 

Quando il mattino dopo scese per la colazione si ritrovò davanti Lena in tenuta da cavallerizza, indossava attillati pantaloni bianchi e una stretta giacca nera, poco lontano vi era anche un elmetto da equitazione. Stava sorseggiando il caffè, ma non leggeva il giornale.

“Buongiorno.” Disse, sorridendole e anticipando le cameriere che la salutarono subito dopo iniziando a portare lo stesso banchetto pieno di meraviglie del giorno prima.

“Vai a cavallo?” Chiese Kara leggermente delusa, temendo che la donna avesse deciso di lasciarla da sola quel giorno.

Andiamo a cavallo, sì. Quelli sono per te.” Kara seguì il suo sguardo e solo allora notò i vestiti ordinatamente piegati posti sulla cassapanca.

“Ma…”

“Non sei mai andata a cavallo?”

“Sì, qualche volta, con mia sorella.”

“Allora andrà benissimo.” Lena annuì convinta e poi le indicò la tavola.

“Mangia e fai in fretta, ho un programma da rispettare.”

“Siamo in vacanza, lo sai questo?” Lena sollevò le palpebre stupita dal suo tono e poi rise.

“Io lo chiamo ‘momento di non-lavoro’. Comunque, vedrai che ne varrà la pena.” Kara si lasciò persuadere dal suo entusiasmo e mangiò in fretta poi tornò in camera per cambiarsi e quando uscì Lena la stava aspettando con due magnifici cavalli.

“Freddo e Gelo.” Li presentò con il solito brillio divertito negli occhi. I due cavalli avevano il manto bianco, ma Gelo aveva la criniera scura.

“Immagino che sia stata tu a battezzarli.”

“Sì, due inverni fa: non ero di buon’umore. Forza, sali.” Kara si avvicinò dubbiosa. “Non temere, sono buoni.” La rassicurò la donna, poi tenne Gelo fermo mentre lei saliva. “Come ti senti?” Chiese passandole le redini.

“Bene.” Kara sentiva l’energia dell’animale sotto di sé e sorrise.

“Attenzione.” Disse Lena, stringendole il sottopancia e sistemandole la sella. Poi alzò lo sguardo su di lei e sorrise. Kara sentì il sangue colorarle le guance e il cuore accelerare: eccoli di nuovo quegli occhi verdi e felici. Lena distolse lo sguardo e raggiunse Freddo, poi salì agilmente a cavallo.

“Pronta?”

“Sì.” Affermò la giovane, il cuore che non smetteva di batterle veloce nel petto senza una reale ragione.

Lena annuì e fece avanzare il cavallo, Gelo la seguì senza difficoltà e così la donna portò Kara nel bosco seguendo sentieri di terra battuta ricoperti dalla neve. Le mostrò gli alberi secolari e quando Kara meno se lo aspettava sbucarono davanti al vecchio castello della regione. Malgrado fosse ormai diroccato manteneva invariato il suo grande fascino. Lena si portò l’indice alle labbra, poi la aiutò a scendere e le prese la mano. Malgrado i guanti quel contatto le sembrò estremamente intimo e arrossì, ma, obbedendo alla donna che la guidava silenziosa tra gli alberi verso il castello innevato, rimase in silenzio.

Ad un certo punto però Lena si fermò, voltandosi verso di lei con un sorriso soddisfatto sulle labbra, poi le indicò di studiare il paesaggio davanti a loro.

Kara si mosse lentamente fino a quando non vide ciò che la donna aveva già notato. Il castello aveva, sulla destra, un piccolo laghetto al quale un cervo si stava abbeverando. L’emozione la paralizzò, quell’animale era enorme e sontuoso, le corna sembravano corone e il corpo slanciato sembrava fatto per la corsa. Forse fece un rumore perché il cervo alzò la testa di scatto guardando direttamente verso di lei, per un istante i loro occhi si incontrarono poi l’animale sfuggì via sparendo in una nuvola di neve.

Kara restò un lungo momento immobile a fissare lo spazio vuoto, poi si voltò a guardare Lena, la donna si era appoggiata ad un albero e sorrideva.

“Ti è piaciuta la sorpresa? Te lo avevo detto che ne sarebbe valsa la pena.”

“Tu lo sapevi?” Chiese Kara ancora sotto shock per quell’incontro magico.

“Il vecchio cervo viene spesso ad abbeverarsi al castello di mattina, i cacciatori del posto lo lasciano in pace perché considerano che, vista la sua età, si è meritato un certo rispetto.”

È la cosa più bella che io abbia mai visto.”

“Meglio di volare?” Chiese allora Lena e rise quando vide il viso di Kara corrucciarsi.

Tornarono ai cavalli e poi lentamente al maniero, tra loro vi era una nuova complicità, come se condividere quel momento avesse spezzato gli ultimi imbarazzi o forse era stata la corsa nella neve con le mani intrecciate a farlo. A quel ricordo Kara si portò la mano agli occhiali sistemandoli e sentì le guance arrossire.

Nel pomeriggio Wallace le arruolò per giocare a carte e così dovettero rimanere al maniero, ma fu un pomeriggio divertente. Il vecchio Luthor aveva una montagna di aneddoti divertenti sui suoi lunghi viaggi in giro per il mondo e sembrava desiderare raccontarli tutti, oltre a ciò era un terribile baro a carte e, Kara e Lena, si trovarono spesso alleate nel voler dimostrare la sua manifesta disonestà nel gioco. L’uomo rideva, faceva loro l’occhiolino e poi ricominciava la mano dopo.

 

“Non riesco a credere che ha cavalcato uno struzzo.” Affermò Kara mentre salivano le scale per andare a dormire.

“Non credere a tutto quello che racconta.” Le suggerì Lena, si era appoggiata alla ringhiera di ferro delle scale e non sembrava volersene andare in camera sua.

“Credi che sia vero che ha salvato la regina Elisabetta durante un bombardamento nazista?” Kara aveva gli occhi sgranati e Lena rise.

“Forse sì, forse no.” Inclinò la testa guardandola con occhi verdi e limpidi. “Ti andrebbe di andare a pattinare domani?” Chiese, un sorriso sulle labbra.

“Molto.”

“Bene.” Disse allora la giovane, si voltò, fece qualche passo e poi tornò a guardarla. “Sono contenta che tu sia venuta qua.” Si voltò di nuovo e poi sparì nella torre.

 

 

Nota: Ho aggiunto una piccola gif e spero che vi piaccia, sì, Kara non ha i capelli scuri… ma passatemela! Nei prossimi capitoli ce ne saranno altre (a meno che mi diciate che non vi piacciono…).

Grazie a chi legge e un enorme grazie mille a chi recensisce, la storia va avanti spedita grazie a voi!

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Capitolo 4
*** Volare ***


Terzo capitolo: Volare

 

Quando arrivò in cucina Lena non c’era ancora, contenta di aver anticipato la ragazza si fece servire la colazione ed era ormai a metà quando la giovane Luthor apparve. Vederla la fece arrossire di piacere.

“Lena!” Disse subito, poi afferrò l’ultimo toast e si alzò. “Sono pronta.”

“Lo vedo!” Lena rise poi si sedette. “Ma io no.” Kara si risedette, ma non distolse lo sguardo da Lena che sorseggiò il suo caffè fissandola a sua volta. Non appena posò la tazzina Kara si alzò.

“Va bene, andiamo.” L’accontentò allora Lena.

Qualche minuto dopo erano in macchina diretti alla cittadina. Giunte lì presero del pattini e si lanciarono sul lago ghiacciato. Lena sembrava stupita di vedere l’equilibrio di Kara che rise.

“Credevi di vedermi sul sedere per tutto il tempo?” Chiese.

“No, ma non mi sarebbe dispiaciuto, ricordo ancora la tua caduta all’aeroporto.” Mentre lo diceva mise male un pattino e si sbilanciò, cadendo cercò di afferrarsi a qualsiasi cosa e trovò solo il braccio di Kara così tirò giù anche lei.

Si ritrovarono entrambe a terra, le gambe intricate, i corpi schiacciati. I loro occhi si incontrarono e loro scoppiarono a ridere.

“Ti prego, questo non lo devi raccontare a nessuno!” Implorò Lena, ancora in preda al riso.

“Oh, dovrai fare molto di più che pregarmi perché io mantenga il segreto!” Kara ruotò liberando la ragazza e ritrovandosi sulla schiena, il volto sorridente che fissava il cielo azzurro.

“Tutto quello che vuoi!” Promise Lena.

“Vola con me.” La ragazza smise immediatamente di ridere e si alzò su di un gomito fissando Kara.

“Questo non è giusto.”

“Un patto è un patto, hai detto: tutto quello che volevo.” Lena chiuse gli occhi e si lasciò cadere di nuovo sulla schiena. I loro corpi erano vicini, le loro mani quasi si sfioravano sul ghiaccio e ne erano entrambe consapevoli.

“Va bene.” Accettò in un mormorio Lena.

“Davvero?” Chiese sorpresa Kara sollevandosi a sedere.

“Non farmi cambiare idea!”

“Grande!” Disse allora la giovane e, piena di vita e di entusiasmo, si alzò in piedi per poi tenderle le mani. Lena le prese, lei la tirò verso di sé e si trovarono viso a viso, malgrado Lena fosse un po’ più bassa di Kara. Per un istante si fissarono, le mani intrecciate i nasi quasi che si sfioravano, Kara arrossì e Lena fece un passo indietro abbassando la testa e spazzolandosi i vestiti, oscillando appena sui pattini.

Il momento d’imbarazzo passò e Lena promise di chiamare il campo di volo e scoprire se avevano a disposizione un Piper per quel pomeriggio.

“Non ci credo che sto per farlo.”

“Andiamo, sei una multimilionaria con una compagnia estesa in tutto il mondo, sono sicura che oltre al jet privato con cui sei arrivata, avrai una marea di elicotteri.”

“So che volare resta il modo più sicuro con cui muoversi, ma questo non significa che debba piacermi, lo faccio per convenienza, non perché lo desideri. Come avrai notato al maniero dall’aeroporto ci siamo andati in macchina e non il elicottero.”

“Non hai mai volato con la persona giusta, vedrai che ti piacerà.” La rassicurò lei, poi la fissò fino a quando Lena non si decise a chiamare.

 

“Sei sicura di saperlo fare?” Lena era al suo fianco, aveva già indossato le cuffie e aveva il volto più pallido del solito. A quelle parole Kara le rivolse un sorriso luminoso.

“Sono nata per volare.” Affermò con gioia, poi indossò le cuffie e fece un cenno affermativo all’operatore di terra, pochi istanti dopo stavano rullando sulla corta pista. Lena strinse i pugni, per un istante sembrò che l’aereo non potesse alzarsi, ma poi ecco che si staccavano da terra dirigendosi verso il cielo immacolato.

Kara percepì la tensione della sua copilota così allungò una mano e cercò quella di Lena, quando le loro dita si intrecciarono la Luthor sospirò, lasciandosi sfuggire un tremito, le dita di Kara si strinsero un po’ di più e i loro sguardi si incontrarono.

“Non ti metterei mai in pericolo.” Affermò, sorridendo dolcemente. Lena sembrò turbata da quell’affermazione i suoi occhi sfuggirono i suoi, ma non ritirò la mano, anzi gliela strinse con più decisione. Kara sorrise, felice e si concentrò sul paesaggio.

Era chiaro che Kara sapeva quello che faceva, non vi era corrente d’aria che la sorprendesse, senza nessuna difficoltà assecondava il volo del piccolo aereo guidandolo con tranquillità e decisione. Non esagerò, né eseguì manovre che spaventassero la sua passeggera, ma chiunque avrebbe notato la sua capacità di stare nell’aria.

Sorvolarono le montagne, ammirando il paesaggio innevato e, ben presto, Lena iniziò a indicarle i nomi dei luoghi che oltrepassavano, la sua voce prima tesa si fece sempre più rilassata fino a quando Kara non percepì il sorriso sulle sue labbra, le loro mani non si separarono mai, se non al momento di eseguire l’atterraggio.

“Allora?” Chiese Kara colpendo con la propria spalla quella della giovane che le camminava al fianco.

È stato meno peggio di quello che mi aspettavo.”

“Tutto qui?” Chiese, inquisitoria.

“Sì.” Alla risposta divertita di Lena, Kara fece due passi veloci oltrepassandola e fissandola negli occhi.

“Davvero?” Lena si morse il labbro, poi alzò gli occhi al cielo.

“E va bene! È stato bello!”

“Sì!” Kara si mise a saltellare dalla gioia e Lena rise, felice.

 

Quando tornarono al maniero era ormai notte, mangiarono da sole perché Wallace si era ritirato presto, poi si accomodarono nel grande salone dove l’albero di Natale risplendeva e il fuoco creava vivaci ombre sulle pareti oltre a diffondere un piacevole calore.

“Parli spesso di tua sorella.” Lena si era sfilata le scarpe e aveva raccolto le gambe sotto al corpo, una mano giocava con i capelli che le ricadevano sulla spalla in una treccia.

È la persona più importante nella mia vita.” Ammise Kara, seduta più composta davanti a lei.

“Anche più di James?” La domanda la fece arrossire, non in sé e per sé, ma perché aveva completamente dimenticato il ragazzo.

“James… è diverso con James.”

“Capisco.” Affermò Lena, ma i suoi occhi non si staccavano dai suoi e sembrava desiderare maggiori dettagli.

“Mia sorella è la figlia naturale dei nostri genitori, ma non ha mai provato un briciolo di gelosia per me, la piccola adottata, anzi, mi protegge, sempre e comunque.” Kara sorrise nel pensare ad Alex, la sua protettiva sorellona.

“Era così anche per me. Lex mi ha accolto con affetto, mi ha insegnato a essere fiera del nome che porto.” Non disse nulla di James e Kara non chiese, gli occhi della donna erano velati ed era impossibile non notarne il colore azzurro. “Ho tentato con tutte le mie forze di portarlo verso il bene, ma il suo cuore era oscuro e l’ho perso.” Di nuovo non disse che aveva dovuto lottare da sola, perché James l’aveva abbandonata, malgrado la rabbia che doveva provare verso il fratello adottivo era troppo giusta per parlarne male davanti alla fidanzata. “Ora posseggo l’azienda di famiglia e voglio renderla una forza per il bene, non più Luthor Corp, ma L-Corp, affinché la gente capisca che ora sono io a guidarla e le cose cambieranno.”

“Tu sei diversa da loro.” Intervenne Kara e lei alzò la testa guardandola, aveva gli occhi intensamente azzurri e pieni di lacrime.

“Cerco un nuovo inizio, cerco di farmi un nome al di là di quello della mia famiglia.” Kara annuì sorridendo.

“Ce la farai, so che ce la farai.” Si allungò e posò la mano sulle sue. Una lacrima sfuggì dagli occhi di Lena e Kara si sporse in avanti per catturarla. La ragazza alzò la propria incontrando la mano di Kara e la trattenne sulla propria guancia. I loro occhi si allacciarono e Kara sentì il cuore accelerare mentre nel suo stomaco volavano le farfalle.

“Lena…” Mormorò, cercando di fermare ciò che sembrava ormai inevitabile, ma la donna non si fermò, nei suoi occhi vi era un’intensa necessità, come se la supplicasse di non fermarsi e Kara di certo, da sola, non ne era capace. Chiuse gli occhi, le loro labbra si sfiorarono, ma nulla di più, improvvisamente davanti a lei ci fu solo più il vuoto: Lena non c’era più.

Kara sbatté gli occhi poi rincorse la donna fino alla torre, dove sentì la porta chiudersi.

“Lena.” Chiamò, esitò un solo istante poi bussò. “Sono io.” Disse, sperando che la ragazza aprisse.

Kara, per favore, vai via.” Si morse le labbra, cosa doveva fare? Tuffarsi, doveva tuffarsi. Senza attendere il permesso aprì la porta e si fiondò all’interno della stanza. Lena sobbalzò alzandosi dal letto. Aveva il viso bagnato di lacrime e Kara si torturò la mani.

“Dobbiamo parlare.”

“Per favore.”

“Lena, io…” Ma la donna scosse la tesa fermandola.

“No, non voglio essere come loro! Non voglio essere una Luthor che distrugge sempre e solo tutto. Che cancella tutto ciò che è bello, innocente e puro.”

“Non…”

“Tu e James: mi sono messa in mezzo quando non ne ho nessun diritto. Vai via Kara, dimentichiamoci quello che è quasi successo.”

“Ma io non voglio dimenticare! Non voglio dimenticarti!” Kara infuriata avanzò verso la donna fino a quando i loro corpi non furono ad un passo dallo sfiorarsi, poi le prese la mano portandosela al cuore. “Lo senti? Non batte così veloce neppure quando volo, non ha battuto così neppure la prima volta che ho volato.” Lena la fissò negli occhi, ascoltando il cuore che batteva rapido sotto le sue dita premute, di nuovo incapace di fare il necessario passo indietro. “Lo so, avrei dovuto conoscerti prima di conoscere James, avrei dovuto incontrare i tuoi meravigliosi occhi verde-azzurri molto tempo fa. Vorrei conoscerti da tutta una vita, ma il destino ci ha unito: adesso.” Le accarezzò il viso, catturando l’ennesima lacrima.

Lena era forte all’esterno, ma il suo cuore anelava amore da così tanto tempo e quella ragazza aveva fatto breccia il lei fin dal primo momento i cui aveva posato il suo sguardo su di lei. Eppure, eppure non poteva, non poteva fare questo, né a lei né a sé stessa né a James.

“Non così, non deve andare così tra di noi.” Kara annuì, decisa.

“Va bene, hai ragione, io… io chiarirò ogni cosa con James.”

“Aspetta. Kara, aspetta, non ti chiedo di lasciarlo. Voglio che tu sia sicura, che tu decida tenendo conto che lui lo conosci da molto tempo, avete costruito una storia e nel vostro futuro c’è una vita intera, io, io sono soltanto una ragazza che hai incontrato in un posto dotato di naturale magia in un periodo dell’anno che la neve e i sentimentalismi rendono particolarmente speciale.” Kara sorrise.

“Ma io so quello che voglio. Voglio…” Lena le appoggiò un dito sulle labbra, nei suoi occhi brillava uno smeraldo, venato d’azzurro.

“Aspetta, Kara, ti prego, aspetta che sia il momento giusto.” La ragazza annuì anche se a malincuore.

“Posso restare qua?”

“No.” Rispose lei secca e, al suo sguardo stupito, spiegò. “Forse non sono una Luthor ‘cattiva’, ma sono pur sempre fatta di carne!” Kara arrossì violentemente e Lena scoppiò a ridere sentendo, finalmente, la tensione sciogliersi.

 

 

Nota: Ci tengo a precisare che le gif non sono mie, ma lo ho trovate online.

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Capitolo 5
*** Verità ***


Quarto capitolo: Verità

 

Kara!” Si svegliò con un sorriso sulle labbra, la voce che la chiamava era dolce come il miele. “Kara!” Forse era anche un po’ arrabbiata. Aprì gli occhi e saltò giù dal letto poi aprì la porta della propria camera e si ritrovò davanti Lena, un ampio sorriso divertito sulle labbra.

“Non pensavo dormissi così profondamente altrimenti avrei…” La donna si bloccò, poi trangugiò saliva e infine si morse un labbro. Kara arrossì.

“Cosa c’è?” Chiese confusa.

“Sei bellissima anche senza occhiali e con i capelli sciolti, dovresti lasciarli così più spesso.” Se possibile Kara arrossì ancora di più e sul volto di Lena apparve un’espressione dolce, sorrise e si appoggiò allo stipite della porta. “Potrei volerti svegliare ogni giorno della mia vita.” Ammise candidamente, facendo accelerare il cuore di Kara. Poi la donna si riscosse, sorrise ancora e si voltò.

“Ti do dieci minuti per prepararti. Ti aspetto fuori, questa notte ha nevicato e ci aspetta un compito ingrato prima di colazione!” Nel suo tono vi era la solita divertita ironia di sempre e Kara non poté fare a meno di sorridere a sua volta. Facendo il più in fretta possibile indossò un maglione bianco e vi abbinò un cappellino altrettanto bianco, poi corse fuori.

All’esterno il paesaggio era ancora più magico del solito, persino la strada, ora, era nascosta dalla neve e si aveva l’impressione di vivere in un mondo ovattato. Non appena la vide uscire Lena le fece cenno di seguirla e insieme raggiunsero il parco innevato del maniero.

“In primavera è completamente fiorito, non l’ho visto spesso, ma devo ammettere che è una meraviglia.”

“Cosa facciamo qui?” Chiese Kara perplessa.

“Non è ovvio? Facciamo un pupazzo di neve!” Lena sorrise nel vedere gli occhi di Kara illuminarsi, era chiaro che il lei c’era ancora una bambina pronta a giocare.

Iniziarono immediatamente la costruzione discutendo su tutto, dalle dimensioni all’abbigliamento del pupazzo, litigarono talmente che bel presto iniziarono una vera e propria lotta a colpi di palle di neve. Le risa risuonavano nell’aria mentre le due donne schivavano e lanciavano palle di neve. Alla fine Kara si avventò su Lena spingendola tra la neve, la ragazza cercò di liberarsi dalla presa, ma Kara era decisamente troppo forte.

“Pietà! Chiedo pietà!” Urlò sopraffatta la donna quando si trovò bloccata a terra dalle gambe di Kara che sollevava una palla enorme di neve da farle cadere addosso.

“Non è giusto!” Proruppe allora Kara. “Non puoi chiedere pietà ora che sto vincendo.”

“E quando dovrei farlo allora?” Chiese divertita Lena. Kara lasciò cadere la massa di neve di lato e Lena approfittò della sua distrazione per rovesciare le posizioni.

“Ti ho battuta!” Urlò soddisfatta.

“Questo è barare!” Rispose allora Kara, fingendo un broncio e ridendo. Ma Lena non rideva, i suoi occhi erano fissi su di lei e non vi era bisogno di molto intuito per capire cosa le passasse per la mente. La giovane si morse un labbro mentre fissava le labbra di Kara così vicine alle sue. Lo desiderava così tanto che trattenersi le faceva male. Chiuse gli occhi e rotolò via da quell’invitante corpo caldo.

“Rientriamo, siamo tutte bagnate e non vorrei che ti ammalassi.” Disse quando ebbe di nuovo il controllo sul suo corpo.

“Io non mi ammalo mai.”

“Certo e io non baro mai.” Kara sbuffò per dimostrare il suo disappunto. Lena si alzò e le tese la mano, poi la aiutò a uscire dalla neve. Mentre rientravano in casa le loro mani restarono legate. Potevano evitare di baciarsi o di parlare di ciò che provavano, ma toccarsi era diventata una necessità a cui era difficile rinunciare.

Si cambiarono e fecero colazione, per la prima volta Lena mangiò qualcosa assieme alla sua tazza di caffè.

“Dove andiamo oggi?” Chiese Kara alla ragazza intenta a spalmarsi del miele su un toast.

“Dove ti piacerebbe andare? Con la nevicata le strade saranno chiuse almeno fino a domani.”

“Oh…”

“Possiamo rimanere qui, sai, c’è una libreria ricca di classici e a Wallace piacerà se gli leggiamo qualcosa.”

Così fecero, Lena scelse uno dei testi preferiti dell’anziano Luthor, Moby Dick di Melville, e tutti e tre si accomodarono nel salone per leggere. Kara ascoltava rapita la voce dolce di Lena leggere pagina dopo pagina. Era affascinata dal movimento delle sue labbra, le piaceva il modo in cui le sue dita spingevano indietro i capelli che sfuggivano e adorava vedere il rapimento sul suo volto mentre le parole scivolavano sulla sua lingua una dopo l’altra.

I loro occhi si incontrarono e Kara arrossì, arrossì perché vide lo sguardo di Lena cambiare, lesse desiderio e dolcezza, lesse tenerezza e passione: lesse amore.

Wallace dormiva sulla sua poltrona davanti al fuoco e Lena posò il libro di lato, incapace di distogliere lo sguardo da lei. Non si dissero nulla, non fecero nulla, lasciarono solo che i loro occhi si amassero come non potevano farlo i loro corpi. Era tradimento? Sì, lo era, eppure non potevano evitarlo, potevano stare lontane, potevano evitare di parlarne o di baciarsi, ma non potevano evitare che i loro occhi si cercassero e che i loro cuori battessero all’unisono, sarebbe stato come impedire all’acqua di bagnare, al fuoco di bruciare, al vento di soffiare.

“Lena, io…”

Kara!” James entrò nella stanza con passo veloce, poi sollevò la ragazza tra le braccia e prima che lei potesse fare alcunché la baciò.

Lena distolse lo sguardo, sentendo la gelosia pungerle il cuore, mentre lei stringeva i pugni per evitare di alzarsi e colpire James.

“Credevo che le strade fossero bloccate.” Boccheggiò Kara, separandosi dall’uomo il più velocemente possibile e lanciando uno sguardo a Lena che però le nascondeva il volto, privandola dei suoi occhi.

“Lo sono, ma ho approfittato di un volo di rifornimento di un Piper e poi ho affittato una motoslitta. Non potevo rimanere ancora a lungo lontano da te.” Kara tentò un sorriso striminzito, conscia che il ragazzo meritava qualcosa di più che un secco addio. “Ora devo farmi una doccia, vieni con me?” Chiese James facendola arrossire. Lena scattò in piedi.

“Credo che me ne andrò in camera mia, vedi di non svegliare Wallace con tutto il tuo entusiasmo.”

“Acida come sempre, neanche il Natale riesce ad addolcirti? Eppure mancano solo due giorni.” Lena non gli rispose, ma i suoi occhi, traditori, sfuggirono verso Kara che vide l’azzurro brillare in essi e ne sentì tutto il dolore.

Abbassò lo sguardo e non vide la donna uscire a passo di marcia dal salone.

“Spero non sia stata così in questi giorni, altrimenti mi sentirò ancora più in colpa.”

“No…” James sorrise poi lanciò uno sguardo a Wallace, ancora placidamente addormentato sulla poltrona, e ridacchiò.

“Allora, sali con me…?” Le prese le mani guardandola con un sorriso seducente.

“Ehm… io credo che rimarrò ancora qua, un momento… ti dispiace… stavo…”

“Oh…” James le lasciò le mani poi si strinse nelle spalle. “Va bene, allora vedrò di fare in fretta, magari questo pomeriggio possiamo andare a volare assieme.”

“Io… ci sono andata ieri, con Lena.” Questa volta lo stupore sul volto di James fu lampante.

“Lena? Lena odia volare!”

“Sì, beh…” James corrugò la fronte poi sorrise.

“Evidentemente il tuo entusiasmo ha vinto, sapevo che eri forte, ma non credevo così forte!” Si piegò su di lei e le diede un rapido bacio poi sorrise e si allontanò fischiettando.

 

Il pomeriggio passò in fretta, Lena rimase nascosta nella sua torre e James portò Kara a sciare, malgrado i suoi tentativi di rimanere al maniero lui non accettò un no come risposta e lei dovette seguirlo. Sapeva di dovergli parlare, ma non riusciva a credere di doverlo fare a due giorni da Natale ed era difficile dire cose tanto importanti mentre il giovane si rotolava nella neve e cercava di coinvolgerla in giochi che lei non desiderava fare, non con lui, non più. Era così ingiusto eppure non riusciva più a vedere cosa l’avesse attirata in James. Era un bravo ragazzo, certo, ma in lui non c’era nulla della complessità di Lena. Quando lui la guardava con desiderio lei non sentiva il corpo andare in fiamme e non era mai successo, neppure all’inizio della loro relazione. Quando James le sorrideva Kara non si sentiva la persona più felice del mondo, mentre far sorridere Lena era diventata una necessità per lei, come respirare. Era folle, ma sapeva che aveva provato più emozioni in quei pochi giorni con Lena, nel semplice sfiorarsi delle loro mani, che durante tutta la relazione con James. Si morse un labbro sentendosi male nel fare paragoni che il ragazzo non meritava di subire.

Kara che ti succede?” James le lanciò uno sguardo perplesso. Erano a tavola per la cena e lei si era persa una delle sue battute.

“Come?” Chiese. Lena le lanciò uno sguardo, ma lei cercò di evitare che i loro occhi si incrociassero, le mancava terribilmente la ragazza, malgrado avessero passato solo poche ore distanti, eppure sapeva che se avesse permesso ai loro occhi di trovarsi James avrebbe capito tutto.

“Va tutto bene? Mi sembri strana.”

“No, sto bene.”

“Alex sta bene?”

“Oh, sì, certo, Maggie è riuscita ad ottenere qualche giorno di riposo a Natale e potranno stare assieme, Alex ne era entusiasta.”

“Immagino, mi chiedo ancora come abbiano fatto ad incontrarsi quelle due, lavorano talmente tanto…”

“Il lavoro non ha mai impedito niente!” Intervenne Wallace. “Anzi, quando ci si incontra troppo si rischia di iniziare a detestarsi!” Ridacchiò divertito e poi si lanciò nel racconto di come era finito il suo terzo matrimonio.

Completata la cena James le lanciò uno sguardo esplicito, poi disse di avere sonno e che sarebbe andato a dormire. Lena a cui non era sfuggito il messaggio implicito del ragazzo storse il naso, ma non si mosse dal divano. Wallace come al solito era già nella sua stanza e quindi Kara rimase sola con lei, conscia che James la stava aspettando.

“Mi sei mancata.”

“James ti aspetta.” Quella risposta dura sfuggì dalle labbra di Lena che sospirò e si voltò verso Kara. “Perdonami.” Mormorò subito pentita di essere stata brusca.

“Io… gli parlerò, stasera.” Lena non annuì, ne disse nulla, continuando a guardare il fuoco, persa nei suoi pensieri. “Buonanotte.” Le disse allora Kara poi si allontanò, conscia che la stava ferendo. Doveva parlare a James e doveva farlo in fretta, quella situazione non andava bene per nessuno.

Kara?” Si voltò e Lena era lì, a pochi centimetri da lei. “Buonanotte.” Soffiò sulle sue labbra poi con dolcezza le depose un bacio sulla guancia, sorrise, la oltrepassò e si diresse alla sua stanza, a Kara non erano sfuggiti gli occhi azzurri pieni di lacrime e neppure il sorriso aveva potuto mascherare la sua tristezza.

Kara sentiva il cuore rombarle nel petto, come era possibile che la ragazza le facesse un effetto così forte? Come era possibile che la trovasse così bella? Eppure era innegabile che i capelli disordinatamente raccolti in uno chignon che lasciava sfuggire qualche ciocca sulle orecchie, l’assenza di trucco e quel maglione bianco e rosso la rendevano ancora più bella del solito.

Con il cuore in subbuglio fece gli scalini e raggiunse la camera che divideva con James aprì la porta e trovò il ragazzo steso sul letto che l’aspettava.

“Finalmente!” Il giovane rise, alzandosi. Indossava solo i pantaloni del pigiama e lei distolse lo sguardo dal suo petto nudo. “Kara cosa succede.” Nel tono di James c’era stanchezza, era ovvio che aveva capito che qualcosa tra loro non andava.

“Io…”

“Parlami, Kara, abbiamo sempre parlato tu ed io.”

“Qualcosa è cambiato… non sono più la stessa ragazza di prima, io…” Doveva dirgli di Lena?

“Vuoi prenderti una pausa? Posso darti tutto il tempo che ti serve se…”

“No, James, non voglio una pausa. Mi dispiace, ma…”

“Non mi ami più?” Chiese il ragazzo. Nei suoi occhi era chiaro il dolore, eppure non vi era rabbia in lui, né delusione, era fatto così, era comprensivo e giusto, era una brava persona ma non le bastava, adesso che aveva scoperto che vi erano emozioni immensamente più forti da inseguire.

“Non ti amo più, mi dispiace, James.” Affermò, cercando di addolcire parole che sapeva essere forti. Lui sospirò portandosi la mano alla fronte, incredulo forse, addolorato sicuramente. “Se vuoi che me ne vada, posso partire anche subito…” Aggiunse allora lei, conscia che rimanere lì poteva essere un problema adesso.

“No, no, certo che no.” L’uomo scosse la testa. “Domani è la vigilia di Natale, non vorrai viaggiare la vigilia di Natale?”

“Non voglio causarti più sofferenza del necessario.”

“Sei ancora la mia amica, Kara? Perché eravamo amici prima di essere fidanzati.”

“Certo che sono tua amica, ti vorrò sempre bene!”

“Allora resta, resta e passa il Natale con me e quello che resta della mia scalcinata famiglia.” Kara sorrise e James la imitò, vi era ancora dolore nei suoi occhi, ma lui lo nascose. “Ho aperto una bottiglia, ci tocca berla o domani sarà rovinata.”

“Lo sai che non sono abituata a bere.”

“Dovrai fare un’eccezione!” James si alzò e prese due bicchieri poi li riempì e ne porse uno a lei. “All’amicizia.” Disse con un certo amaro nella bocca, ma la volontà di crederci.

“All’amicizia.” Mormorò Kara imbarazzata, poi vuotò il suo bicchiere e un istante dopo James lo riempiva di nuovo.

 

Lena guardò l’orologio della sala da pranzo e batté le dita sul tavolo. Erano le undici e di Kara e James non vi era ancora traccia.

“Non sono usciti presto questa mattina, vero?” Chiese per l’ennesima volta alle cameriere che scossero la testa.

“No, Miss.”

Che diavolo stavano facendo? Kara le aveva detto che avrebbero parlato, ma non potevano ancora essere lì a parlare, no? Quanto tempo ci voleva per lasciare una persona?

Alla fine Lena non resistette più, non era una persona paziente e tendeva ad agire sempre impetuosamente, quella mattina aveva già atteso troppo. Fece le scale e raggiunse la camera che James e Kara condividevano, poi bussò alla porta. Non le rispose nessuno così bussò con più forza. Sentì dei rumori e infine la porta si aprì e lei si ritrovò davanti James, mezzo nudo, il viso stanco.

“Siamo in vacanza Lena, la mattina si può fare tardi.” Le ricordò il giovane nel trovarsela davanti.

“Mi stavo…” Si bloccò, i suoi occhi avevano appena dato un senso alla confusione della camera alle spalle di James. Cuscini e coperte erano sparse per terra accanto ad una bottiglia vuota e Kara era sdraiata sul letto ancora addormentata. Non ci voleva molta immaginazione per capire cosa era successo quella notte. Il suo viso si indurì.

“Perdonami, non volevo disturbare.” Ruotò su se stessa e tornò nella sua stanza. Il Natale faceva davvero schifo.

 

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Capitolo 6
*** Svegliarsi ***


Quinto capitolo: Svegliarsi

 

Si svegliò con un terribile mal di testa. Si voltò nel letto notando che il giaciglio che James si era fatto per terra era vuoto, il ragazzo doveva essersi svegliato prima di lei. Vedendo la bottiglia fece una smorfia, se c’era qualcuno che non reggeva l’alcool quella era lei. Ricordava di aver parlato con James, ricordava che lui era stato comprensivo e ricordava che aveva proposto un brindisi, poi il resto si faceva confuso. L’unica cosa di cui era sicura è che si era svegliata in piena notte e aveva visto James dormire sul pavimento tra coperte e cuscini, sorridendo del suo essere gentleman lo aveva nascosto con un’ulteriore coperta e poi era tornata a dormire.

Kara guardò l’ora e si tirò a sedere di scatto, erano le due di pomeriggio, Lena doveva essere… un ondata di mal di testa la fece ricadere tra i cuscini. Alla fine raccolse il coraggio e si alzò, si infilò sotto la doccia e iniziò a sentirsi meglio, il mal di testa stava migliorando. Si rivestì e scese in cucina sperando di poter mangiare qualcosa che la svegliasse del tutto.

“Buon pomeriggio, Miss.” La salutò la cameriera mentre le porgeva un bicchiere con un’aspirina e dei toast.

“Oh…” Disse, sorpresa. Non era sfuggito a nessuno la sua notte brava?

“Mister Olsen mi ha chiesto di prepararvela per quando vi svegliavate, Miss, e mi ha chiesto di dirvi che andava a sciare.” Spiegò la ragazza lasciandosi sfuggire un sorriso divertito.

“Molto gentile, grazie.” Prese l’aspirina e mangiò i toast, quando finì si sentiva decisamente meglio. “Dov’è Lena?” Chiese poi, impaziente di vederla.

“Ha chiesto di non essere disturbarla.” Kara sollevò un sopracciglio stupita, poi decise che sicuramente quello che aveva da dirle era più importante di un meeting di lavoro o di chissà cos’altro stesse facendo la ragazza nella torre. Arrivata alle scale, però, incontrò Wallace.

Kara, piccola, ti dispiacerebbe aiutarmi? Non trovo la mia pipa.”

“Non dovrebbe fumare, Wallace.” Lo sgridò lei, ma lui scosse la testa.

“Non la fumo, no, no, la tengo solo in bocca.” A quel punto Kara non poté esimersi, così lanciò uno sguardo dispiaciuto verso le strette scale che portavano alla torre e si strinse nelle spalle mettendosi alla ricerca della pipa.

Quando la trovò ci fu un’altra richiesta e poi una terza, sembrava che Wallace avesse deciso di tenerla occupata per tutto il pomeriggio. Quando ormai il sole era basso tra le montagne James tornò. Kara lo osservò e lui le fece un piccolo sorriso tirato, era chiaro che stesse ancora soffrendo, ma faceva del suo meglio.

“Oh James, sono contento che sei arrivato, Kara si sentiva sola così le ho fatto compagnia, non è stato gentile da parte tua lasciarla qui e andartene.” Affermò il vecchio Luthor sedendosi sulla sua poltrona.

“Lena non…” Incominciò lui guardando perplesso verso Kara, ma Wallace lo interruppe.

“Lena è dovuta partire, ha detto che doveva fare una cosa urgente e che le dispiaceva. Ero sicuro che ve lo avesse detto.”

“Lena è partita?” Chiese con un tono troppo alto Kara.

“Non mi ha detto niente, eppure questa mattina è venuta a svegliarmi e…” Nel vedere lo sguardo di Kara, James si fermò, corrucciando le sopracciglia perplesso.

“Lei è venuta a svegliarci? Quando, come… ha visto…?” James sbatté le palpebre confuso poi sul suo sguardo apparve la comprensione.

“Avrei dovuto capirlo… ieri non la smettevi di dirmi quanto fosse bella e intelligente e di parlarmi del modo in cui i suoi occhi cambiano colore a seconda della sua emozione…” Kara arrossì confermando le parole di James. “Ti sei innamorata di lei?” Chiese allora il ragazzo, il tono duro.

“Non è successo niente tra di noi, nulla, lei non ha voluto…” Arrossì di nuovo e James si passò la mano sugli occhi, forse quello era troppo da sopportare anche per lui.

“Non ci vorrà molto prima che arrivi all’aeroporto.” Entrambi guardarono Wallace, si erano dimenticati dell’anziano signore, ma lui non sembrava mai essere stato più lucido. “Se devi andare a riprendertela, è meglio che ti muovi mia piccola Kara, posso fare qualche chiamata e tenere il jet dei Luthor a terra per qualche ora più del necessario, ho un amico nella torre di controllo, ma non posso farti volare.”

Kara sbatté le palpebre e poi guardò James. L’uomo rimase un lungo momento in silenzio, inespressivo poi scosse la testa e sospirò.

“Va bene, ma ti accompagno, volare di notte tra queste montagne non è il massimo e ti servirà un copilota con un minimo di esperienza del luogo.” Kara sentì le sue labbra incresparsi in un sorriso che non riusciva a trattenere, James scosse si nuovo la testa poi sorrise, un sorriso un poco amareggiata, ma pur sempre un sorriso. “Siamo amici dopo tutto, no?”

Kara lo abbracciò con forza poi si separò da lui e iniziò a correre.

Kara! Aspetta!” Il giovane afferrò la giacca che uno dei domestici gli porse e corse fuori raggiungendo la ragazza.

 

Lena sentì la macchina fermarsi e riaprì gli occhi, quando l’autista le aprì la portiera scese e si ritrovò all’ombra dell’aereo privato della sua compagnia. Non era nel suo stile fuggire, ma anche lei aveva dei limiti, non avrebbe sopportato di stare ancora accanto a Kara dopo che lei aveva deciso di rimanere con James. Quello che era successo o non successo tra lei e la ragazza non poteva essere ignorato, non da lei almeno, l’unico modo che aveva per distrarsi era gettarsi sul lavoro e non le importava che fosse la vigilia di Natale.

Infilò le mani nel suo cappotto rosso e aspettò che la scaletta fosse fissata all’aereo chiedendosi perché non fosse già stato fatto e perché solo in quel momento stavano facendo il rifornimento.

 

Kara spense il motore del piccolo Piper e aprì lo sportello per poi gettarsi a terra senza attendere un momento di più, aveva il terrore di essere arrivata in ritardo, l’orologio scorreva e lei aveva perso tempo per fare rifornimento all’aereo e per effettuare tutti i controlli prevolo oltre che nel dover esibire l’abilitazione di pilota notturno. Aveva chiamato sua sorella perché le mandasse la documentazione e Alex era rimasta alquanto stupita di sentirla così agitata, presto avrebbe dovuto chiamarla e spiegarle tutto, ma ora, prima di ogni altra cosa doveva parlare con Lena.

“Signorina… Signorina!” La chiamò l’addetto di terra che si era avvicinato e che lei aveva ignorato correndo verso l’hangar che sapeva contenere il piccolo jet privato della L-Corp. Vedere il profilo del jet le fece tirare un sospiro di sollievo. Si voltò e vide che James si stava occupando delle formalità allora radunò tutto il suo coraggio e raggiunse l’aereo.

Lena era lì, bellissima con i cappelli raccolti e il cappotto rosso, le mani nelle tasche e il volto pensieroso.

“Lena!” La chiamò e lei si voltò, sorpresa.

“Cosa ci fai qui?” Chiese, mentre lei si avvicinava notando subito i cristallini occhi azzurri.

“Non partire.”

“Perché? Per fingere? No, sono una Luthor dopo tutto.”

“Lena…” La richiamò lei, ma la donna aveva voltato la testa cercando di nascondere le lacrime che riempivano i suoi occhi.

“Hai scelto James, posso capirlo, non mi devi nessuna spiegazione.”

“Ho scelto te, anzi non è stata neppure una scelta: tu, tu e solo tu esisti ormai nel mio cuore.” La donna voltò la testa, negli occhi un’espressione stupita.

“Ma…”

“Ieri abbiamo parlato e… bevuto, ma lui ha dormito per terra e abbiamo deciso che possiamo essere amici.”

“Amici?”

“Sì.” Confermò. Ora che erano vicine e Kara poteva specchiarsi in quei bellissimi occhi chiari, il suo cuore incominciò ad accelerare: e se avesse commesso un errore? E se Lena fosse partita solo per lavoro e trovasse ridicola la sua improvvisata? Se avesse frainteso le parole che si erano scambiate? Dopo tutto non era successo niente tra di loro…

I suoi pensieri si spensero quando Lena sorrise. Fu come se il sole fosse apparso nella notte, il viso della donna si illuminò, le sue labbra si incresparono mostrando i denti bianchi e regolari e i suoi occhi cambiarono diventando verde acqua, limpidi e felici.

Lontano, da qualche parte, una campana batté i dodici rintocchi: era il giorno di Natale.

Lena sfilò le mani dalle tasche del cappotto e le avvolse dietro alla testa di Kara, poi lentamente i loro visi si avvicinarono fino a quando le loro bocche non si trovarono. Fredde, ma dolci e morbide le loro labbra si accarezzarono, lentamente, dolcemente. Un bacio, il primo, che tolse ad entrambe ogni pensiero.

 

Poco lontano James fece una smorfia, incrociando le braccia. L’addetto di terra che aveva seguito, come lui, ogni gesto, sorrise.

“Se quello non è amore, bello mio, non so cosa lo sia!” James sbuffò, ma non poté contraddirlo, dopo tutto era un giornalista che amava la verità e sapeva avere uno sguardo obbiettivo sulle cose e, sì, quello era indubbiamente amore.

 

 

Note: Il capitolo è un po’ più corto del solito, ma spero che vi piacerà.

Buon Santo Stefano!

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Capitolo 7
*** Un futuro di gioia ***


Epilogo: Un futuro di gioia

 

Il Natale fu strano, malgrado la loro felicità non si sentirono di poterne godere appieno, James fingeva che tutto andasse bene, ma era evidente che soffriva e Kara non desiderava infliggergli una pena che non meritava, così, malgrado gli sguardi e qualche bacio rubato, rimase lontana da Lena. Wallace fu felice di averli tutti e quattro al pranzo e poi insistette perché cantassero assieme qualche canzone natalizia e giocassero a carte.

Quando la giornata era finita vi era stato un certo imbarazzo su dove avrebbe dovuto dormire Kara, ma alla fine su suggerimento di Lena era stata preparata una terza camera degli ospiti.

Ora Kara si girava nel letto, incapace di dormire. Non era il letto, non era neppure il maniero antico o il silenzio, come aveva suggerito Lena la prima notte che aveva dormito lì, no era il desiderio di andare da lei e la consapevolezza di non poterlo fare, oltre ai timori di quello che sarebbe successo tra loro se Lena l’avesse raggiunta nella sua stanza. Arrossì nascondendo il volto tra le lenzuola. Avrebbe dovuto parlarne con sua sorella, parlarne più approfonditamente.

Un leggero bussare la fece sobbalzare nel letto, il cuore che le rombava nelle orecchie. Si alzò e raggiunse la porta, la aprì e si ritrovò davanti una delle cameriere. Era stata così sicura che alla porta ci fosse Lena che la testa le girò nel capire che non si trattava di lei.

“Perdonatemi, Miss, ma c’è una chiamata per voi, dice che è urgente.” Kara ci mise qualche secondo a capire poi annuì e seguì la donna fino al telefono fisso. Rispose e si ritrovò a parlare con un’Alex agitatissima. Si morse le labbra rendendosi conto che si era completamente dimenticata di chiamarla. La ragazza fu sollevata nello scoprire che stava bene e si scusò quando si rese conto che era tarda serata per loro e non pieno pomeriggio come a casa.

Kara si scusò a sua nome anche con la cameriera poi tornò verso la propria stanza, ma quando si trovò sul pianerottolo indugiò, indecisa. Poi arrossendo e sorridendo nello stesso momento fece di corsa le scale fino alla torre e bussò delicatamente alla porta.

Attese, ma nessuno aprì, così bussò di nuovo, ma ancora una volta non ci furono risposte. Lena doveva essere già addormentata. Con una smorfia di disappunto si voltò e quasi gridò nel trovarsi davanti la donna che a sua volta sobbalzò spaventata.

Kara! Cosa ci fai qui?”

“Perché non sei nella tua stanza?” Chiese invece lei. Le due donne si guardarono e poi scoppiarono sommessamente a ridere. Lena aprì la porta, entrò nella stanza rotonda facendo cenno a Kara di seguirla e si sedette sul letto sorridendo. Indossava un’ampia vestaglia verde e negli occhi le brillava qualcosa di nuovo.

“Sono scesa per cercarti.” Ammise senza distogliere lo sguardo da lei. “Ma tu non c’eri.”

Cer…cercarmi?” Chiese lei, balbettando. “Ero al telefono… mia sorella era preoccupata.”

“E poi ti sei persa? Perché eri davanti alla mia porta.” Kara arrossì e Lena sorrise poi si alzò raggiungendola, negli occhi la stessa luce di prima.

“Io… volevo vederti…” Spiegò l’evidenza, Kara, mentre osservava le labbra di Lena avvicinarsi pericolosamente alle sue.

“E io volevo darti il mio regalo di Natale.” Le mormorò sulle labbra la donna, per poi catturarle in un bacio. Ma non era il bacio dolce dell’aeroporto e neppure uno dei baci fugaci che si erano scambiate durante la giornata, no, quello era un bacio sensuale, caldo, pieno di passione. Prima che potesse pensare, Kara, si ritrovò a cadere sul letto di Lena, cercando di scioglierle il nodo della vestaglia, ma era difficile fare qualcosa di così complesso quando il cervello andava in pausa ogni volta che le labbra di Lena la sfioravano e non smettevano di farlo, riempiendo le sue labbra e poi il suo collo e le sue orecchie di baci, lasciando una scia di fuoco sulla sua pelle.

“Aspetta, aspetta…” Mormorò, cercando di riprendere fiato. Lena si separò da lei mordendosi il labbro, gli occhi che brillavano verdi, pieni di desiderio. “Io non ho mai… potrei non essere… brava, ecco.” Cercò di dire, facendo ridere dolcemente Lena.

“Credi che mi importi? Io ti voglio Kara Danvers, ti voglio perché mi hai fatto amare di nuovo il Natale, perché quando sorridi credo che il mondo sia un posto migliore, ti voglio perché sei la persona più bella e dolce che io abbia mai conosciuto, ti voglio perché tu sei la speranza di un futuro migliore, ti voglio perché…” Si interruppe, ora nei suoi occhi vi erano delle lacrime, lacrime di gioia, lacrime liberatorie. “Perché ti amo, Kara, ti amo.”

Kara sbatté gli occhi, sorpresa da quella dichiarazione, sorpresa da quelle parole e dallo sguardo fragile di Lena.

“Ti amo.” Mormorò a sua volta, arrossendo. “Anche io ti amo, Lena.” Sapeva di voler dire di più, di voler spiegare quanto amasse la complessità di Lena, la sua forza, il suo coraggio, la sua intelligenza e il suo cuore buono, ma non ci riuscì, perché Lena la attirò a sé baciandola.

Lentamente si liberarono degli abiti, abbandonando la fretta e la foga di poco prima assaporarono l’una il corpo dell’altra accarezzandosi, baciandosi, amandosi. Non vi erano più barriere tra loro o paure, solo dolcezza e passione. Risero assieme e scherzarono, giocarono e poi fecero ancora l’amore perché non bastava mai, perché il desiderio non si spegneva mai.

Si addormentarono una tra le braccia dell’altra quando ormai un chiarore diffuso faceva supporre l’arrivo del mattino e, quando si svegliarono, nei loro occhi brillava la gioia derivata dalla consapevolezza del futuro che le aspettava.

Assieme non c’era nulla che non potessero affrontare. Lena sentì il cuore che esplodeva di gioia e nascose il volto nella spalla di Kara che la accolse abbracciandola e deponendole un bacio sulla fronte.

“Ti amo.” Mormorarono assieme, i loro occhi si incontrarono e loro sorrisero, felici. Kara si piegò per raggiungere le sue labbra e la baciò. Il cuore di Lena fece un nuovo balzo, follemente felice di aver trovato qualcuno da amare con tutta se stessa e che mai, mai l’avrebbe abbandonata.

“Sei il più bel regalo di Natale che potevo ricevere.” Mormorò e Kara arrossì mentre lei catturava di nuovo le sue labbra approfondendo il bacio.

Lena rise e poi attirò Kara sotto di sé, negli occhi il desiderio di amarla ancora. Si fermò un istante e la guardò con serietà.

“Ti amo.” Soffiò sulle sue labbra e poi la baciò.

Ora la felicità aveva una nome.

 

 

Note: Spero che la storia vi sia piaciuta, quest’ultimo capitolo è un bonus, visto che normalmente le commedie natalizie finiscono con il fatidico primo bacio… ma insomma, noi possiamo concederci qualcosa di più! ;-)

Grazie mille a chi ha costantemente commentato (Ghen: grazie, grazi e grazie) a chi ha lasciato un’opinione e sì, anche a chi ha solo letto tenendosi per sé quello che pensava.

Spero di ritrovarvi in una prossima storia.

Ciao, ciao e buon capodanno!

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