Amy

di Sailor Mercury
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


Buooooooooongiorno a tuttiiiii

Goodmorning to everybody! Questa opera l’ho scritta a tempo di record in un paio di giorni, perché mi sentivo molto ispirata. Speriamo che vi piaccia! Un attimo che faccio un rito wudù (gkjikaxkkwkxksk ù-ù—ù) Ecco fatto, adesso vi piacerà di sicuro! Ahahahah. Dai, scherzo, però se vi piace ditemelo mi raccomando! Grazie un bacioneeeeeeeeeeeeeeee!!!! ^______^

 

 

 

 

Parte Prima

 

“Catch me as I fall

Say you’re here and it’s all over now

Speaking to the atmosphere

No one’s here and I fall into my  self

(Evanescense – Whisper)

 

 

Buooooooooongiorno a tuttiiiii!!! Oggi è una stupenda giornata di sole! La temperatura è di circa 22 gradi e come tutte le mattina sarete in compagnia del vostro dj Toooooonyyyyy fino alle ore…” Clic.

Una mano sbucò dalle coperte e, spenta la radio-sveglia, tornò nuovamente sotto il caldo piumino. Qualcuno entrò nella stanza, aprì le persiane e tirò via, con poca delicatezza, le coperte dal letto, scoprendo un corpicino raggomitolato.

“Andiamo Amy, sono già le 7:30! Se continui di questo passo perderai anche l’autobus delle 8:00”. Detto questo uscì, chiudendo la porta dietro di .

Amy aprì gli occhi e, ancora mezza assonnata, si sedette cercando di focalizzare l’ambiente che la circondava. Dopo essersi stropicciata gli occhi ed essersi seduta sul bordo del letto, cercò con lo sguardo le pantofole, le calzò e si diresse verso il grande armadio a muro situato sulla destra. Camminava strusciando le pantofole, essendo troppo debole per scandire bene un passo e quando percorse faticosamente i sei necessari per raggiungere il mobile, lo aprì, facendo cigolare le antiche ante di legno. Cosa avrebbe indossato quel giorno era ancora un mistero e quindi cercò ispirazione dal clima. Aprì la finestra e mise una mano nell’aria: non era fredda anzi si prospettava una giornata alquanto calda per un giorno di novembre. Chiuse la finestra e accostò le tendine rosa a pois gialli. Si diresse nuovamente verso l’armadio e optò per una T-shirt bianca e una salopette di jeans. Uscì dalla stanza e, percorso il corridoio, entrò in bagno: in casa c’era un dolce profumo di frittelle e il tintinnio di stoviglie provenienti dalla cucina erano la prova che la mamma le stesse cucinando un’invitante colazione. Arrivò al bagno e iniziò a lavarsi. Una volta finito si diresse nuovamente verso la sua camera per vestirsi, ma si bloccò prima di riuscire ad aprire la porta. Il grande specchio vicino alla vasca rifletteva la sua immagine, un’immagine che avrebbe preferito non vedere appena alzata, anzi, che avrebbe preferito non guardare mai. Lei era una ragazza decisamente fuori dal comune, era “strana” come dicevano tutti. E la cosa peggiore non era che non piaceva agli altri, ma che non piaceva a se stessa. Ogni cosa in lei era sbagliato, ogni cosa, a partire dai capelli e arrivando fino alla schiena. Aveva i capelli nerissimi e lunghissimi che le ricoprivano la maggior parte del volto, ad eccezione dell’occhio destro che somigliava ad una pallina da tennis. Non poteva neanche farci niente perché le sue “vertigini” non glielo permettevano e, appena tagliava i capelli, nel giro di due giorni ricrescevano esattamente come prima: persino il parrucchiere aveva rinunciato a causa di un esaurimento nervoso. Ma la cosa più strana di tutte, la più insolita e anche la più brutta, erano due orrendi bernoccoli che le uscivano dalla schiena all’altezza delle scapole.

“E’ la crescita, signora,” – diceva il medico – “sua figlia sta crescendo. Faremo solo qualche esercizio, per evitare problemi alla colonna vertebrale” Ma dopo essersi reso conto che dopo 16 anni i bitorzoli erano ancora al loro posto, anche lui seguì l’esempio del parrucchiere. Ma il aspetto fisico non era l’unica cosa che non andava nella sua vita. Lei non si sentiva né sicura né inserita in quel mondo, in quella realtà. La sua esistenza era uggiosa e monotona. Lei la vita non la viveva, ma la sopportava. Tutto ciò che era reale era sbagliato e la sera prima di addormentarsi non le rimaneva altro addormentarsi e sognare l’esistenza di una nuova terra che la sta aspettando

Amy è tardi!!!” – l’urlo della madre dalla cucina la fece tornare in e, pronta per una nuova giornata, scese le scale di faggio. Entrando in cucina, venne investita in pieno dall’odore di frittelle preparate dalla madre. Si sedette a tavola e iniziò a mangiare con gusto la colazione che unse con il miele. Mentre questo scendeva nel suo piatto creando un filamento gelatinoso e viscido, osservava la madre che lavava i piatti. In fondo neanche lei la capiva. L’unico conforto che le dava era prepararle frittelle. Secondo lei, tutti i problemi della figlia erano risolti dalle frittelle. Quante volte aveva provato ad aprirle la sua anima e il suo cuore, a dirle quanto fosse infelice, quanto si sentisse a disagio, ma lei rispondeva sempre:

“So io cosa ti serve! Un bel piatto di frittelle!” – e correva via senza lasciarle il tempo di continuare il discorso. Ma ormai ci era abituata e per questo si teneva tutto dentro da tanto, forse troppo tempo. Terminata la colazione prese lo zaino, baciò la madre e uscì per la porta di servizio. Era fuori! La prima parte di sofferenza quotidiana era finita. Non le piaceva stare in quella casa da quando i suoi avevano divorziato. Ormai erano passati 4 anni, ma la ferita creata non si era ancora rimarginata e tutto sembrava essere successo solo una settimana prima. Mentre pensava, non si accorse che ormai era arrivata fuori scuola. Era situata in un  posto abbastanza isolato, immerso nel verde di un parco. Spostò lo sguardo dai suoi piedi all’alta torre dell’orologio che indicava le 8:25. Era ancora in tempo, anche se avrebbe preferito essere in ritardo, così l’avrebbero messa in punizione e non avrebbe dovuto stare per 5 ore con persone che fanno commenti su di lei. Si diresse verso l’ampia entrata e man mano che si avvicinava all’aula, i suoi passi si facevano sempre più pesanti. Avrebbe voluto scappare via, ma la mente comandava ai piedi di procedere. Era arrivata. Le bastava aprire la porta e sarebbe stata dentro, ma qualcosa le diceva di non farlo, le diceva che se ne sarebbe pentita, ma poi entrò.

“Buongiorno” – disse con un filo di voce. Tutti si voltarono verso di lei e la squadrarono da capo a piedi. Sentì 24 paia di occhi fissarla. Dapprima si bloccò, ma poi si diresse verso il proprio banco vicino alla finestra. Appena diede loro le spalle, 24 bocche iniziarono a parlare e a riderle addosso e nessuno si preoccupò neanche di abbassare la voce così alta da arrivare alla città vicina. Era così importante l’aspetto fisico per essere accettata dagli altri?

“Buongiorno, Amy!”. Amy alzò gli occhi, qualcuno l’aveva salutata…Era un ragazzo davvero carino con i capelli castani e gli occhi verdi e limpidi.

“Ciao Thomas” – rispose. Com’era stata stupida! Coma aveva fatto a dimenticarsi di Tom? Il suo compagno di banco nonché l’unico amico che avesse, l’unico in grado di capirla e che l’ascoltava. Come, come aveva fatto? Forse è vero che quando si vede sempre tutto nero, dopo un po’ non si riesce più a distinguere i colori.

Thomas si sedette accanto a lei e dopo aver fulminato con lo sguardo i suoi compagni le chiese dolcemente:

“E’ tutto a posto?”. Lei cercò di annuire, ma il dolore che aveva dentro era troppo e lui se ne accorse: l’abbracciò e la strinse a sé:

“Non dargli retta, ok? Sono stupidi! Un giorno farai vedere a tutti loro di che pasta sei fatta!”. Tom era sempre così gentile con lei, sempre allegro e pimpante, l’icona della felicità insomma. E quella felicità gliela sapeva trasmettere, era il solo in grado di farlo.  Lei ricambiò il suo abbraccio e lo ringraziò, dandogli un doppio bacio su ogni guancia: era quello il loro segnale per dire “ti voglio bene”. La lezione iniziò pochi minuti dopo e Amy si preparava ad un'altra fase della giornata: l’intervallo. Forse il momento peggiore di tutti. Arrivavano ragazzi da altre aule e con la guida di alcuni, Amy veniva analizzata come si analizza un verme o qualcosa di estremamente ripugnante. Ma per fortuna c’era Tom che la aiutava. Quando veniva maltrattata, il suo carattere dolce diventava protervo e borioso e attaccava tutti con un antologia di discorsi mordaci. Come gli voleva bene! Aveva scelto lei sacrificando la sua popolarità. Doveva fare qualcosa per ringraziarlo, ma cosa?

Il primo trimestre passò in fretta e Amy continuava a stare sotto l’ala protettrice di Tom. Ma un giorno tutto cambiò senza che lei se ne rendesse conto.

 

 

Com’è? Com’è? Com’è? Grazie per la vostra pazienza (con me ce ne vuole tanta!!) ^__^

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Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


Quella mattina era incredibilmente fredda e Amy entrò in aula con un gran mal di testa

Per chi ha letto la prima parte, troverà la seconda molto, molto avvincente. Per chi non l’ha letto, vi consiglio di farlo. Ciaoe  grazie se recensite! ^_^

 

Parte Seconda

 

Quella mattina era incredibilmente fredda e Amy entrò in aula con un gran mal di testa. Dopo aver scambiato poche parole con Tom, la lezione ebbe inizio. La voce del professore e lo scribacchiare degli studenti erano ecomostri che deturpavano il silenzio. Fuori spirava un vento gelido che soffiando tra gli infissi sembrava un doloroso lamento.

Che vento che c’è fuori, Tom” – gli sussurrò Amy.

Ma oggi non c’è vento…” – le rispose.

Amy scostò le tende. Era vero, la giornata era calmissima. Ma allora cosa...Sentì di nuovo quel rumore adesso più distinto. Era come un vocio sommesso, un brusio…ma che stava succedendo. Scattò in piedi suscitando risate fra i presenti. Aprì la finestra e guardò fuori. Il cielo era limpido e solo una nuvola bianca rovinava l’atmosfera da cartolina. Tom le sfiorò la mano e Amy la ritrasse con un sussulto: era nervosissima.

Che succede?” – chiese Tom.

“Arriva…” – gli rispose Amy ansimando .

“Chi arriva? Amy? Amy?! Che cosa…”.

“A TERRA!!!” –gridò Amy con quanto fiato aveva in corpo. Un fascio di luce la colpì in pieno scaraventandola contro la parete opposta dell’aula. Sentì un dolore fortissimo alla schiena e dopodichè strisciò lungo il muro e si sedette sul pavimento. Era ancora frastornata, sentiva urla confuse, esplosioni, vedeva non nitidamente pezzi di calcinaccio staccarsi dal soffitto e persone correre in tutte le direzioni, in preda al panico. Era la fine del mondo quella? Si sentiva come una persona che aveva appena bevuto un litro di alcool, la schiena le faceva sempre più male e il dolore al petto quasi le toglieva il respiro. Tom le corse incontro. Non capì cosa le disse, non sentiva quasi nulla e poi il vuoto. Quando riaprì gli occhi se ne pentì amaramente poiché ogni battito di cuore per lei significava una fitta alla testa. Mise a fuoco e lo spettacolo che le si presentò non le piacque affatto. Tutti i suoi compagni erano a terra supini e privi di senso, almeno così sperava. Si alzò in piedi a fatica e, barcollando riuscì, poggiandosi al muro, a camminare fra i corpi per cercare Tom. Era quasi arrivata alla finestra quando una voce calma e cupa la fece voltare di scatto.

“Finalmente ti sei svegliata - disse - ti stavo aspettando”.

Amy si aspettò di trovarsi di fronte il responsabile di tutto quel disastro, ma con sua grande sorpresa non c’era nessuno. Analizzò l’aula con lo sguardo, ma a parte lei, di vivo non c’era nessun’altro.

“Chi sei?” – disse trovando il coraggio – “Fatti vedere!”

Amy si bloccò e terrorizzata iniziò lentamente ad alzare gli occhi e la testa verso l’alto. Davanti a lei, sospesa a mezz’aria c’era una piccola e rotondeggiante luce dorata, simile a quella delle lucciole nelle notti d’estate. Come se respirasse, questa aumentava e diminuiva d’intensità e quando si sentì osservata dalla ragazza esclamò:

“Eccoti, infine…sei pronta a restituirmi ciò che mi spetta di diritto?”

Amy non capiva di cosa stesse parlando, anzi non capiva proprio quello che stava succedendo. Quel fascio di luce, l’esplosione, tutti quei ragazzi a terra, Tom disperso! Che si trattasse solo di un incubo o era la pura e semplice realtà?

“Chi sei tu?” – chiese Amy con un filo di voce. La luce iniziò a girarle intorno nevroticamente e come se non l’avesse proprio sentita urlò stizzita:

“Ma come hai conservato male il mio corpo, stupida ragazzina! Sei un orrore vagante! Ma da quando ne assumerò il controllo, vedrai che le cose miglioreranno!”

“Assumerne il controllo? Ma di che parli?” – esclamò Amy dando voce ai suoi pensieri.

“Di questo!” – ridacchiò la luce.

Amy se la vide venire contro e cercò si scacciarla come si scaccia una fastidiosa mosca.

“Stai ferma!” – tuonò la luce, ma Amy era ormai in preda al panico. Non sapeva cosa fare né tanto meno dove potersi rifugiare. La porta era bloccata da una trave d’acciaio staccatasi dal soffitto e, nonostante chiedesse aiuto urlando, non sentì nessuna risposta dall’esterno dell’aula. Era del tutto sola. La sua unica speranza era raggiungere la finestra. Iniziò a correre in quella direzione evitando, con premura, di calpestare qualche compagno. Ma proprio per evitarlo, inciampò e cadde sbattendo la testa contro un banco. Un rivolo di sangue le scese dalla fronte e tentò di riprendere la sua fuga scatenata. Con fatica si alzò di nuovo, ma di fronte a lei la luce l’aveva raggiunta:

“Non farmi perdere altro tempo! – tuonò assumendo la forma di una piccola fiamma vermiglia – “Ridammi il mio corpo!”. E, dopo aver indietreggiato pochi centimetri, con violenza penetrò nel petto di Amy che per l’impatto fu spinta all’indietro sbattendo contro la colonna al lato della stanza.

Dopo poco riaprì gli occhi. Non era successo niente di tutto ciò che aveva visto pochi secondi prima: come prevedibile era stato solo un sogno e si era addormentata proprio in classe collezionando l’ennesima figuraccia. Stacco le mani e la schiene dal muro e iniziò a muovere qualche passo, ma dopo il primo, il pavimento sotto il suo piede destro si incrinò. Senza capire come, pochi attimi dopo stava precipitando nel buio più totale e mentre cadeva verso l’ignoto sempre più in basso, si sentiva sempre più debole finchè non riuscì più a restare cosciente.

Più tardi, Amy si risvegliò. Aveva un dolore alla testa lancinante come se qualcuno la stesse picchiando con un martello. Si alzò sulle ginocchia e si guardò intorno: era finita nel nulla. Tutto intorno a lei era scuro e ricoperto da una nebbiolina non rassicurante. Solo nel posto occupato da lei  un fascio di luce bianco la inondava, dandole una piccola sensazione di speranza. Si alzò in piedi ed iniziò ad esplorare quel ambiente tetro e insicuro, illuminata dalla luce bianca.

“C’è nessuno?” – urlò in tutte le direzioni – “Vi prego, qualcuno mi risponda! Dove sono?”
Ma
l’unica risposta che ottenne fu il sibilo di un vento freddo che le fece stringere le braccia intorno al petto. Era di nuovo sola, in un luogo da incubi senza sapere se fosse riuscita ad  evadervi o se fosse rimasta esiliata lì per sempre. Lo sconforto prese il sopravvento e la speranza svanì dal suo cuore sotto forma di lacrime salate.

 

 

………..……………………………………………………………………………………......

 

 

“Ah, che dolore…la mia povera testa” – esclamò Tom spostando un grosso calcinaccio dalla gamba e spolverandosi i capelli e i vestiti – “Ma cosa è successo qui?”. Lo spettacolo che si mostrò davanti agli occhi del ragazzo era molto simile ad una scena di qualche film in cui gli alieni invadono la terra distruggendo tutto. Di fronte a lui solo macerie e, i pochi muri che rimanevano in piedi, erano sul punto di sbriciolarsi al minimo soffio di vento. Qualche bombola di gas doveva essere esplosa, perché molte zone erano in fiamme: bruciavano libri e quaderni e fogli di carta giravano in mulinelli di brezza. Guardandosi attorno, Tom capì con suo grande orrore di essere l’unico sopravissuto. Iniziò a gridare i nomi di tutti quelli che conosceva, ma nessuno rispose all’appello.

Amy…” – pensò dentro di se il ragazzo – “Fa che non sia morta, fa che non sia morta…” – continuava a ripetere mentre rientrava nella sua aula, dalla quale era stata scaraventato fuori nell’esplosione. Scavalcò la finestra ancora intera ed atterrò sul corpo di una sua compagna che non emise nessun lamento come per ribadire di nuovo che lui era l’unico sopravvissuto. Fece pochi passi evitando di calpestare qualcun altro e di fronte a lui apparve...

Amy?” – chiese incredulo il ragazzo –“stai bene?” – continuò mentre si avvicinava sempre di più a lei e le poggiava una mano sulla spalla insanguinata - “Io credevo…”.

Ma la frase non si concluse. Nel giro di pochi attimi, Tom si ritrovò scaraventato nella finestra infrangendo gli ultimi vetri rimasti integri.

“Tu”- iniziò la creatura girandosi lentamente “dovresti essere…Tom, giusto?”. Adesso i loro sguardi si erano incrociati. Tom la guardava sbigottito mentre considerava che la ragazza avrebbe potuto benissimo assomigliare ad un essere umano, se non avesse avuto il corpo di colore violaceo e due ampie ali da pipistrello che le uscivano dalla schiena. Indossava un corpino nero acetato molto stretto intorno ai fianchi e una lunga cintura scarlatta le cingeva la vita scendendo sul lato destro fino a toccare gli alti stivali scuri. Il viso, dovette ammettere Tom, era molto grazioso: corti capelli corvini le incorniciavano il viso bluastro e alcuni ciuffi nascondevano gli occhi verdi molto intensi ed espressivi. Tom capì che doveva averla osservata a lungo perché ad un tratto la ragazza spazientita disse:

“Se hai finito di analizzarmi, penso sia obbligo che io mi presenti…”

Dov’è Amy?” – “la interruppe bruscamente Tom. L’unico pensiero nella sua mente era quello di rintracciare l’amica che, in cuor suo, sentiva ancora viva.

Ma che maniere!” – gli ripose utilizzando il suo stesso tono – “Se mi ascolterai, forse riuscirai a capire alcune cose”.

Tom, non sapendo che altro fare, annuì pacatamente.

“Cercherò di spiegarti tutto con parole molto semplici e, scandirò bene ogni sillaba sperando che riuscirai a seguire il mio discorso”. Come lo irritava quella strana tipa. Lo trattava come un essere inferiore e gli parlava come si parla ad un bimbo di due anni. Si credeva la migliore e calpestava psicologicamente il prossimo. Questo era uno dei motivi per cui le piaceva stare con Amy. Lei era schietta con lui e gli diceva tutto quello che pensava. Era per questo che, pur di stare con lei, aveva rinunciato a frequentare i suoi compagni di scuola: erano tutti così ipocriti e falsi, sia con loro stessi che con gli altri.

“Mi presento…” – disse con voce altezzosa eseguendo un doppia capriola in aria e rimanendo sospesa dieci-venti centimetri dal suolo - “il mio nome è Amiaezy e, come spero avrai capito, sono un demone”.

“Un demone?” – chiese perplesso Tom – “Ma esistono solo nei racconti dei bambini o nella tradizione religiosa...tu non…”
Per la seconda volta Tom venne interrotto:

Se non esistessi, potrei mai essere qui? Come siete limitati voi esseri umani!” – esclamò portandosi una mano sulla fronte e scrollando il capo – “Vuoi starmi a sentire o devo ucciderti subito?”

- pensò Tom. In effetti si stava chiedendo da un po’ come mai Amiaezy volesse narrargli la sua storia, ma non aveva considerato l’dea che era sua intenzione eliminarlo. Ma adesso capì: lei non voleva fare altro che torturarlo rimandando il momento in cui l’avrebbe distrutto.

Comunque, stavo dicendo, il mio nome è Amiaezy e sono tornata sulla terra per riprendermi il mio corpo dal quale sono stata cacciata 13 anni fa come punizione per aver abusato dei miei poteri! E’ successo tutto per colpa di mia sorella, quella noiosa .

“Un…un angelo?” – Tom ascoltava tutto, ma rimaneva alquanto scettico.

“Spero che tu conosca gli angeli! , se non ne hai mai visto uno, ti basti sapere che sono gli essere più uggiosi e mielosi dell’universo. Si preoccupano sempre per gli altri e sono appiccicosi peggio della melassa. Mia sorella non fa differenza. Devi sapere che anni fa, entrambe fummo mandate nel mondo dei mortali e ci incarnammo nel corpo di due bambine, nate lo stesso giorno della nostra discesa sulla terra . Sfortunatamente per me, la piccola che mi avrebbe dovuto dare il suo corpo, morì poco dopo e io fui costretta ad alloggiare, insieme a mia sorella, nell’altra neonata. Naturalmente, la piccola aveva sviluppato entrambi i nostri poteri, insieme ad una spiccata doppia personalità data dai nostri caratteri opposti. Gli anni passarono e la piccola dimostrò una propensione maggiore al suo lato oscuro, utilizzandone subdolamente i poteri. Io divenni sempre più potente, mentre mia sorella perse gradualmente le forze, diventando solo una parte dimenticata dell’anima della bambina. Tutto procedeva nel migliore dei modi per me, fino a quando, per voleri superiori, fummo costrette ad abbandonare la terra: io mi aspettavo una gratifica per il meraviglioso lavoro svolto, ma ottenni solo una condanna di esilio mentre alla mia sdolcinata sorella fu permesso di reincarnarsi di nuovo in quella bimba. Dissero che meritava un premio per non essersi lasciata eclissare totalmente dal male. E da allora il suo compito è quello di proteggere la bimba. Ma non penso abbia adempito al suo compito in questi anni. Ho visionato i ricordi di Amy (è questo il suo nome?), ma non vedo altro che dolore e sofferenza nella sua esistenza. , a parte te, si capisce. Adesso sai tutto ed hai capito anche perché devo eliminarti”.

Tom si sentiva come se gli avessero tirato un incudine nello stomaco. Quella storia aveva dell’incredibile, era assolutamente impensabile. Eppure era la pura realtà e Amiaezy di fronte a  lei, ne era la prova vivente. La sua amica Amy era stata posseduta durante tutta la sua vita senza saperlo. Tom doveva pensare e riflettere su come uscire da quella situazione, possibilmente vivo e insieme alla sua Amy. Doveva prendere tempo.

“Eliminare me? Ma a che scopo?” – chiese ingenuamente.

Ma allora non hai capito nulla del mio discorso! “ – esclamò spazientita Amiaezy  - “Mia sorella vive ancora nell’anima di Amy, ma in tutto questo tempo la sua luce si è affievolita tanto che,  a causa del dolore di Amy e del suo senso di incomprensione con il mondo, si è quasi del tutto spenta. Ma l’unica forza che permette alla luce di mia sorella di restare ancora accesa, l’unico barlume di speranza ancora vivo nella sua anima, sei tu! Eliminato te, la sua luce si spegnerà del tutto ed io avrò il totale controllo di questo corpo!”

Tom sapeva dall’inizio che il piano Amiaezy era quello di ucciderlo per un motivo o per l’altro. Ma lui non si rassegnava a quel destino e ripensando alle parole del demone, fece la cosa più saggia che avrebbe potuto:

Amyyy!!!” – urlò il ragazzo con tutto il fiato che aveva in corpo.

 

 

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Capitolo 3
*** Parte Terza ***


Amy aprì gli occhi di scatto

 

Eccoci al finale di questa breve, ma intensa storia! Ciao e grazie a  chi mi ha seguito! Grazie davvero.

 

 

 

Parte Terza

 

 

“In my dreams I’ll always see you soar above the sky

In my heart there always be a place for you

For all my life I’ll keep a part of you with me

And everywhere I am there you’ll be”

(Faith Hill – There you’ll be)

 

 

Amy aprì gli occhi di scatto. Qualcuno l’aveva chiamata anche se non sapeva con esattezza chi o come. Intorno a lei la situazione non era cambiata per nulla. C’era sempre quello strano fascio di luce candido che la illuminava e da ogni parte era presente solo oscurità.

Non sapeva chi l’avrebbe potuta chiamare ora che era in quel posto così tetro, ma nonostante si sforzasse, non riuscì ad individuare a chi appartenesse quella voce. Anzi, più si sforzava e più dimenticava. Ma quella voce doveva ricordarla, perché era di una persona importante che gli era stata sempre vicina nella sua difficile esistenza :

Tom!!” – urlò Amy –“Devo assolutamente uscire di qui!”. Amy iniziò a correre velocemente, desiderosa di uscire da quel posto per tornare dal suo Tom. Dopo pochi metri percorsi si fermò di scatto. L’intenzione di uscire c’era, ma la volontà da sola non bastava.

“Come faccio ad andarmene da qui?”. Continuò a parlare all’aria per molto tempo interrogandola su come fare ad abbandonare quel posto. L’aria sembrò non rispondere lasciando Amy ancora di più nello sconforto. Si lasciò cadere a terra ormai priva di forza e con il fiatone. Doveva concentrarsi su qualcosa che le ridesse il coraggio e cosa c’era di meglio che pensare a Tom? Si concentrò profondamente cercando di convogliare i suoi ricordi. Durante questa operazione, la luce su di lei, si intensificò parecchio e poco a poco, estendeva il suo raggio d’azione illuminando sempre di più lo spazio circostante.

Ce l’hai fatta…” – le disse una voce calda e rassicurante – “sei riuscita a farmi splendere di nuovo…grazie”. Amy non credette a chi che era apparso davanti ai suoi occhi.

Amy, piccola, ascolta la mia storia che ti riguarda molto da vicino perché la tua storia è la mia storia”.

 

 

………………………………………………………………………………………………....

 

 

“Ho detto di fermarti!” – urlò di nuovo Amiaezy – “Lasciati uccidere, umano! Non ho tempo da perdere, io!”.

Tom correva come un forsennato. Non doveva essere colpito da quegli strani raggi amaranti che le uscivano dalle mani. Se ne fosse venuto a contatto, avrebbe fatto la stessa fine dei suoi compagni. Corse in direzione della sua aula e, per farlo, attraversò tutto il cortile della scuola. Trovò la forza per salire le scale e,  una volta giunto in quello che

poche ore prima era l’ingresso della scuola, si girò all’indietro. Dietro di lui non c’era nessuno. Che l’avesse seminata? Allora era salvo…

“Dove credi di andare?”. Il ragazzo alzò la testa verso il cielo. Su di lui stava precipitando  Amiaezy e Tom si scostò giusto in tempo per non essere trapassato da una lunga spada.

“Ti ho detto di stare ferm…”. Tom oservava la scena assolutamente inorridito. Il corpo di Amiaezy  era scosso da fremiti febbrili e il sudore scendeva abbondante sul suo viso. Il corpo cominciò a gonfiarsi sempre di più e ad ogni respiro veniva espulsa una quantità di sangue dai tessuti. Non ebbe più la forza di mantenere la spada fra le mani e la lasciò cadere, producendo un tintinnio metallico. Gli spasmi aumentavano e Tom si allontanò da lei riparandosi dietro un banco rovesciato.

“Non…puoi…vincere…tu…non…puoi” – biascicò Amiaezy sputando saliva e plasma.

Ma ormai non poteva più sottrarsi alla fine. Un forte boato fece vibrare la terra. Amiaezy urlò in un modo disumano e scoppiò come scoppia un palloncino pieno d’acqua. Il silenzio.

“E’ finita” – pensò Tom e fattosi coraggio fece sbucare la testa dal banco. Tutto era avvolto da uno fitto strato di fumo e, mentre si diradava, scorse l’ombra di una persona venirgli incontro. Tom era terrorizzato. Il demone era ancora vivo e pronto ad ucciderlo e questa volta nulla avrebbe potuto salvarlo. Si preparò quindi a combattere mettendo in pratica le scarne nozioni di pugilato imparate alla palestra. La figura era di fronte a lui. Alzò i pugni posizionandone uno vicino al mento e uno pochi centimetri più avanti ed esclamò:

“Sono pronto! Fatti sotto!”.

Ma quella non rispose. Si sentì solo una risatina e Tom sentendosi preso in giro caricò il destro. Ma non colpì la persona dinanzi a sé.

“Ciao, Tom!” – gli disse con tono gentile e aggraziato- “stai bene?”

Oramai la nebbia si era diradata del tutto. Chi aveva pronunciato quelle parole era l’essere più bello che Tom avesse mai visto. Capelli biondi, lunghi fino alle spalle, le decoravano il volto angelico e occhi più blu dell’oceano sbucavano da una frangetta forse un po’ troppo lunga. Per coprire la pelle bianca e morbida, aveva un vestito verde acqua che arrivandole alle ginocchia, mostrava i piedi scalzi della giovane. Ma la cosa più strabiliante di tutte, erano un paio di meravigliose e candide ali che le spuntavano dalla schiena. Avevano piume morbide e lisce che riflettevano la luce sotto i raggi del sole.

Tom? Mi riconosci?”- chiese molto lentamente. Tom scosse piano la testa abbassando le braccia.

“Sono io, Amy!” – continuò. Tom ripeté nella sua testa l’ultima frase. La guardo dritta negli occhi e dopo pochi secondi non ebbe dubbi:

Sei proprio tu?”- chiese e, senza attendere la risposta l’abbracciò con dolcezza. I due rimasero in quella posizione per molto tempo e Amy ne approfittò per raccontargli la sua incredibile avventura e la scoperta delle sue origini. Lo ringraziò tante volte per aver avuto fiducia in lei e per averla destata dallo sconforto in cui la sua anima era caduta. Quando i ragazzi si sciolsero dall’abbraccio entrambi si guardarono intorno. La scuola ormai era distrutta, così come le vite di tutti i suoi occupanti.

Cosa ne sarà di loro?” – chiese Tom facendo vagare lo sguardo sui corpi privi di vita.

“Non preoccuparti” – gli disse prendendogli la mano – “Staranno benissimo…oh”. Una lieve fitta colpì Amy in pieno petto facendole portare la mano al torace.

Amy!!! Stai male?” – le chiese angosciato Tom.

“No, non preoccuparti! E’ solo il nostro segnale” – rispose sorridendo – “Significa che è ora di andare”.

“Ora di andare? Non capisco, dove?”. Adesso Tom la fissava con occhi imploranti. Non voleva separarsi da lei, non dopo che l’aveva creduta persa e poi l’aveva ritrovata.

Tom” – iniziò lei – “ci sono tante cose del mio passato che non so e...vedi...mi è stata offerta la possibilità di…”.

“Basta così, ho già capito tutto”. La ragazza lo fissò sorpresa, ma ormai sapeva che Tom la conosceva troppo bene.

“Solo una cosa” – continuò lui – “vedi di non stare via molto, intesi?”

“Intesi” – fu la sua risposta. I loro sguardi si fusero in uno solo. Amy si avvicinò a Tom e gli schioccò due baci su ogni guancia.

“Ti voglio bene” – esclamarono entrambi all’unisono.

“Avanti, vai! Non vorrai fare aspettare lassù!” – disse Tom – “Arrivederci, Amy”.

“Arrivederci, Tom” – rispose mentre apriva le sue ali facendovi filtrare una piacevole brezza appena alzata. I piedi si staccarono da terra e, con molta naturalezza, Amy coordinò i battiti delle sue ali e salì sempre più in alto fondendosi con la prima nuvola che incontrò.

Quasi speranzoso, Tom rimase per qualche minuto col naso all’insù. La nuvola dove era sparita la ragazza era ancora visibile. Ma ad un tratto iniziò a mutare colore, assumendo una sfumatura grigiastra. Iniziò a nevicare e argentei cristalli si posarono sui numerosi corpi esanimi ridonandogli la vita.

“Grazie!” – esclamò Tom verso la nuvola.

Attese pazientemente che tutti gli alunni si fossero destati. Costruì un rudimentale ponteggio usando qualche banco e attirò l’attenzione dei presenti:

“Ascoltatemi, tutti! Dovete sapere la storia di una ragazza che è stata sempre derisa e disprezzata da tutti noi, ma che però ha lottato per resistere e salvarci! Il suo nome è Amy e nonostante…”

La narrazione proseguì fino all’arrivo delle autorità che allarmati da qualcuno, raggiunsero la scuola immersa nel parco. Tutti vennero trasportati nelle proprie abitazioni e il bilancio finale fu solo di pochi feriti. Alcuni credettero alla storia di Tom, ma altri si convinsero che la scuola fosse esplosa per una fuga di gas. Da quel giorno Tom, si sentì un ragazzo speciale perché aveva vissuto un esperienza che nessuno avrebbe mai più provato e perché era stato salvato dalla persona che amava.

 

 

####

 

 

La luna è alta nel cielo, saranno le due di notte o poco prima. Stanotte c’è una brezza piacevole. Porta profumi da ogni paese in cui ha soffiato. E’ un po’ fredda, ma è molto gradevole e per questo decido che la finestra deve restare aperta. Le tende respirano ad ogni arrivo d’aria.

Ormai è primavera e tutti gli alberi sono in fiore, ma penso che da lassù la vista migliore ce l’abbia tu. Chissà com’è guardare la terra dall’alto…mi piacerebbe guardarla, magari insieme a te. Spengo la luce sul comodino. Devo riposare, domani c’è compito in classe.

Buonanotte angelo mio e come ogni notte so che veglierai su di me.

Mi rimbocco le coperte, adesso fa freddo. Meglio chiudere la finestra, il vento è aumentato.

Mi alzo e chiudo le ante, ma mentre sto per farlo si riaprono violentemente: colpa di una nuova ondata di vento: istintivamente mi copro il viso con il braccio.

Pochi secondi e il vento si dissolve.

Ancora incerto, scosto l’arto dagli occhi e metto a fuoco.

Le ali ti si sono fuse con le tende in una delicata danza. Poggi i candidi piedi sul davanzale e mi guardi in un modo da togliere il respiro.

Non so cosa pensare, ma credo che la cosa più giusta da fare sia dire semplicemente:

Bentornata, amore mio”.

 

 

 

Piaciuto il finale? A me tantissimo perché mi immagino la scena come in un film. Quando Tom parla c’è un sottofondo di pianoforte che sfocia in un’orchestra di violini, quando arriva Amy! Aaaaaaaaaaaah che sogno! Ciao e alla prossima avventura.

 

 

 

 

Ringrazio tantissimissimo tantissimississsississimo:

 

La Spynn

 

Eirinya

 

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