Sleepwalking Past Hope

di kuutamo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Beware The Woods at Night, Beware The Lunar Light ***
Capitolo 2: *** I can never be clean again ***
Capitolo 3: *** Bleeding, Burning, Needing, Yearning ***
Capitolo 4: *** All This Pain Smothers Me ***
Capitolo 5: *** Lose Me In The Dark ***
Capitolo 6: *** However far away I will always love you ***



Capitolo 1
*** Beware The Woods at Night, Beware The Lunar Light ***









Love is poetic, all-empowering and fucking stupid, stupid meaning child-like. At the same time. Love makes even the toughest guy a little child for a moment. And on the other hand, it’s the one thing that all people have in common.

-V

 

 

 

 

 

 

 

 

Helsinki.

 

 

In fondo sei sempre la stessa, amica mia. 

D'inverno ti lasci baciare dalla neve e quando il primo sole porta l'estate con se, splendi come non mai con tutti i tuoi colori e i tuoi odori. Il profumo dei pollini nell'aria che viaggiano grazie a meticolosi e laboriosi insetti, i colori del porto che con il suo mercato ogni giorno si ravviva, l'eco delle navi che ti lasciano o arrivano a salutarti, le antiche pietre degli edifici riscaldate dai raggi del sole. 

Riesco a percepire che tutto questo arriverà di nuovo, nonostante sia ancora sepolto sotto spessi strati di neve e ghiaccio secco. 

Avevo quasi dimenticato la tua aria pungente, il freddo sotto i vestiti fin dentro le ossa e quell'istinto che ti dice di tremare. 

 

Grazie all'agenzia ero riuscita per miracolo a ritrovare sul famigerato mercato immobiliare il vecchio appartamento in cui abitavo un tempo. Ci ero andata a vivere dopo la scuola, qui in Finlandia i ragazzi vanno via di casa molto presto ed è una cosa giusta infondo; è qualcosa che ti da totale autonomia e che ti responsabilizza immensamente. 

Tirai fuori dalla tasca le chiavi e aprii la porta : le pareti erano bianche, probabilmente i precedenti proprietari o l'agenzia stessa aveva dato una mano veloce di pittura dal momento che se ne sentiva il pesante tanfo nell'aria. Ci sono persone che adorano questo odore, o altri tipi di odori chimici, io no. Spalancai le finestre nel soggiorno e nella cucina e continuai il giro nella camera da letto. 

Notai che non c'erano più alcuni mobili che ricordavo, ma per il resto era identica. Anche la camera da letto lo era, tutto in ordine… tutto nella posizione giusta. Le gambe mi tremarono per un secondo e mi sedetti sul materasso spoglio. Le molle cigolarono leggermente sotto il mio peso, io chiusi gli occhi. 

Quanto tempo era passato?

Certo era inutile farsi quella domanda se in realtà se ne sapeva con una certa certezza la risposta. Mi alzai per andarmi a sciacquare il viso con dell'acqua fresca per togliermi di dosso quel senso di.. di non so neanch'io cosa. Premetti con forza sulle tempie che parevano scottare, e poi negli incavi degli occhi dove più avevo male a causa del volo. Reggevo male il fuso, reggevo male l'aereo, reggo male i viaggi in generale e qualunque cosa annessa ad essi.

Vedevo la mia immagine riflessa al vetro dello specchio nonostante un leggero strato di polvere e pulviscolo. 

Quella ero io : 38 anni e alle spalle una vita felice, una carriera degna di nota, passata a fare quello che più mi piace, il mio lavoro. 

Guardai meglio : 38 anni, amicizie non sempre proficue ovviamente sotto l'aspetto sentimentale della faccenda, un quasi matrimonio per fortuna alle spalle quando si era giovani e stupidi, e finalmente il tanto agognato viso scavato che mi era sempre piaciuto, che avevo sempre voluto, ma non perché ero finalmente dimagrita, o meglio non solo per quello. Sentivo che qualcosa mi aveva come prosciugata, avevo forse messo troppo entusiasmo in quello che era il mio lavoro? È come se gli anni qui si siano cristallizzati, ma in realtà sul mio volto se ne legge il passaggio. 

All'improvviso un triste pensiero mi balenò in mente: avevo trascorso buona parte della mia vita lontana dalla mia amata città, da quello che amavo più di tutto. Ed ora cosa mi era rimasto? Londra non era mai riuscita a sostituire quella che io chiamo koti, casa. Per quanto strabiliante fosse sempre apparsa ai miei occhi, non era il posto a cui appartenevo e l'ho capito soltanto vent'anni dopo. Sentivo di essermi persa tutto.. Sapete quella sensazione che spesso si prova quando si dorme nel pomeriggio e al risveglio sembra che qualcosa sia cambiato, che ci si sia fatto sfuggire qualcosa? Per me quei venti anni erano stati il sonnellino pomeridiano più lungo della mia vita, e da una parte mi odiavo per questo. Non c'era stato nessuno a tenermi incatenata, ero stata io a scegliere e forse, forse, avevo scelto male. 

Mentre l'acqua sgocciolava giù dal mio viso, mi guardai di nuovo: iniziavo a sentire il peso della mia età, delle mie scelte. Iniziavo davvero a sentire di non farcela e tornare qui, aveva amplificato tutto ciò.

 

 

 

 

 

Molti mesi dopo.

 

 

Mentre cercavo di fermare il sangue che usciva dal taglietto sotto la base del mento mi intrattenni scandagliando il riflesso di quello che prima sembrava essere un uomo sulla buona strada.. O almeno che c'era capitato (forse per sbaglio?) tante e tante volte, ovviamente senza mai concludere niente e lasciando dietro di sé sempre qualche pezzo. Perché è questa la dura verità che prima o poi affrontano tutti nella vita: ogni cosa che ti capita, o che ti lasci capitare, ti porta via un pezzo, un pezzo a te molto caro se sei così stupidamente incapace di non fartelo portar via. Ma tuttavia poi come sempre ci sono quei casi in cui tu non puoi far nulla all'infuori di rimanere seduto e guardare l'abilità che le persone hanno di svuotarti, arraffare tutto quello che possono e portarselo via.

È questo ciò che ormai vedo di me, quasi un involucro, una conchiglia vuota con niente al suo interno se non il rumore del mare che un tempo era la sua casa, l'ombra di qualcosa dentro di sé che lo rende talmente incazzato che gli permette di scrivere in versi ciò che più lo turba. Almeno mi è rimasto scrivere.. e forse è proprio questa la mia salvezza. Scrivo e ricordo.. e ricordando vivo.

 

Quando dovevo uscire e mettermi in tiro o meglio rendermi presentabile dopo una letargia compositiva durata settimane era sempre una noia mortale nonché una battaglia all'ultimo sangue con il rasoio, ma per fortuna non c'era poi così tanto da radere, kiitos isä*. Scelsi una felpa nera e misi sù il giubbotto di pelle mentre tenevo in bilico tra le labbra la sigaretta elettronica e aspiravo. Certo che chi inventa queste cose infernali non ha davvero cuore, cioè che cavolo, non c'è poesia, calore, per non parlare poi del sapore. Presi il portafogli e mi diressi verso la porta d'ingresso, la casa era silenziosa e il fatto non mi dispiaceva affatto. Dopo tanto tempo era tornato il mio  tanto agognato amico silenzio e gli smalti rossi sul ripiano del bagno erano andati a fanculo. Ero in super ritardo e già sapevo che avrei dovuto affrontare il temibile karhu* una volta varcata la soglia del bar.

 

<< Migè sto arrivando, dammi solo il tempo di pedalare fino al bar e ci sono >>

<< Se tra cinque minuti non arrivi, offri tutto tu stasera nonostante sia il tuo compleanno. Muoviti! >>

 

Migè riagganciò mentre io cercavo sapientemente di non cadere dalla bici. 

Quell'uomo mi avrebbe fatto ammazzare un giorno o l'altro.

 

 

 

 

 

Meilahti*.

 

 

La notte è fredda. Da quando sono tornata mesi fa, non faccio che lamentarmi del tempo anche se in realtà il mio corpo si è già riabituato quasi del tutto a questo ambiente familiare, mentre la mia testa non vuole saperne. E non perché non voglia stare qui, assolutamente, l'aria della mia terra mi fa sentire molto meglio, rinvigorita, quasi come se mi avessero riattaccato inaspettatamente la mascherina dell'ossigeno e io stessi avidamente respirando tutta l'aria che posso. 

Avevo trovato lavoro, e nel frattempo grazie alle mie referenze nessuno aveva posto forti obiezioni: mi occupo di traduzioni e di solito si raggiunge il privilegio del freelance (= lavorare a casa al calduccio, senza affrontare il freddo mondo lì fuori) dopo un po' di sana e buona gavetta, ma grazie alle spalle larghe che i miei colleghi di Londra mi avevano fatto fare negli anni, il mio capo, buon uomo lui, ha deciso che avevo sofferto abbastanza, e sotto gli occhi quasi invidiosi di alcuni colleghi giovanissimi mi ha anticipato il "favore". Perché in realtà lavorare a casa non è proprio come un freelance, libero dai limiti che di solito si fissa lui stesso: nel mio caso era ottenere un progetto o lavoro qualsivoglia e avere una scadenza piuttosto rigida da rispettare e la fatica spesso triplica quando si lavora da casa e non in ufficio perché non esistono orari ma scadenze che devi esser bravo a gestirti. Un buon motto per questo genere di lavori è non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi; bisogna sempre approfittare dei momenti morti, vuoti, ma ringraziando (?) la mia vita ne è piena. È per questo che si può dire che io abbia fatto una discreta carriera, chi esce poco ha più tempo per il lavoro, matematico no?

Quindi, dopo aver ultimato un'assegnazione a cui stavo lavorando da ormai due settimane presi la giacca pesante e uscii di casa per una passeggiata. Avevo bisogno di un caffè lungo e soprattutto caldo per non congelare completamente, come ho detto la mia testa opponeva ancora resistenza e per essa semmai avessi pensato di morir di freddo sono sicura che sarebbe successo per davvero. Dovevo uscire, erano giorni che non mettevo naso fuori casa se non per la volta in cui avevo  avuto l'estremo bisogno patologico di andare a comprare il latte altrimenti non avrei avuto nulla con cui mangiare i miei cereali, essendo una a cui i cereali mangiati a manate non piacciono. Dopo quella trafila di carte non ne potevo più e avevo bisogno di ritornare nel mondo anch'io, almeno per un pò.

Presi il mio caffè dal cinese all'angolo che restava aperto fino a tardi nei fine settimana, da dove io mi rifornivo quando perdendo la cognizione del tempo facevo così tardi da trovare tutti i supermercati chiusi. Camminando per il quartiere mi resi conto che erano anni che non andavo in un posto che si trovava proprio lì vicino,  un posto a cui di solito in questo periodo dell'anno andavo a fare visita, quindi decisi di raggiungerlo e continuai a camminare per un po' finché non arrivai al ponte di Seurasaari*, un ponte bianco che collegava quella parte di parco della penisola con una piccola isola chiamata Meilahti dove agli inizi del '900 hanno allestito un museo tradizionale finlandese all'aperto. Si tratta di edifici molto vecchi che sono stati trapiantati sull'isola dalle zone dell'entroterra, per creare un posto unico con costruzioni tipiche che la gente altrimenti dovrebbe visitare separatamente. L'idea di riunire cose che magari hanno una storia e un passato diverso è un'idea alquanto strana per me, un po' agghiacciante e artefatta ma la gente viene da sempre in massa per godere di un'atmosfera che però devo ammettere è unica, è quasi come tornare indietro in un tempo che soltanto i pochi cantori* rimasti ormai ricordano.. 

Di giorno dal ponte si vede il mare da entrambi i suoi lati e d'inverno la neve copre ogni cosa, ghiacciando le acque che all'improvviso assomigliano ad una grande strada bianca che fa il giro dell'isola. In quel momento, essendo notte, era buio pesto se non fosse stato per i lampioni e per la luna quasi piena che illuminava con un po' di luce i lembi di terra di noi, poveri mortali. 

Sembrava una di quelle notti magiche, in cui per la prima volta dopo tanto tempo ti senti strana, come se una misteriosa energia stesse pian piano tornando a te.. Scesi verso la riva su uno dei due lati, facendo attenzione a non scivolare sulle rocce coperte in gran parte dal ghiaccio; d'estate pensavo che questo fosse uno dei luoghi più belli a Helsinki, silenzioso, dove le enormi pietre lisce e rotonde diventano calde con il sole. Afferrai l'ipod dalla tasca interna e mi rannicchiai stringendo le ginocchia al petto. Bevvi uno degli ultimi sorsi del mio caffè ormai bello che freddo e la canzone che stavo ascoltando l'ultima volta partì.

 

 

Beware

The woods at night,

Beware

The Lunar light.

 

So in this gray haze

We'll be meeting again,

And on that great day

I will tease you all the same.*

 

 

 

 

 

 

Tutto sommato era stata una bella serata, Linde si era superato e stavolta Burton era stato costretto a riportarlo a casa tanto aveva bevuto, ma una scommessa è una scommessa, e Linde è una frana a biliardo. Per il resto non avevamo fatto nulla di speciale se non per la torta che i diabolici mi avevano preso anche se ero stato molto chiaro sull'argomento.

 

<< Ma dai Ville una volta tanto non fa male a nessuno ! >>

<< Sei sicuro, proprio a nessuno? >> lo stuzzicai accarezzandogli quel tenero orso che era la sua pancia.

<< Divertente, ma meglio essere in carne che uno spillo antipatico come te, tzè >> disse Migè con una smorfia.

<< E poi almeno una torta era d'obbligo, altrimenti Jukka avrebbe pensato che sei davvero una persona senza cuore e un alcolizzato che trinca solo birre come fossero acqua fresca, mio caro >> disse Linde con la stecca salda (ancora per poco) tra le mani che ancora non si era arreso.

<< Ah, io ero apposto anche così! >> contraccambiò Jukka dandomi una pacca sulla spalla.

 

Questo in effetti è stato il mio primo compleanno con il nostro nuovo batterista da quando è entrato a far parte della band. Sembra davvero un bravo ragazzo, lo è, e fortunatamente è anche molto talentuoso. Sento che con lui stiamo facendo un ottimo lavoro, lui sembra essersi integrato e ha fatto davvero un lavorone per mettersi in pari in poco tempo. Ogni show ci sta fortificando sia come band che a livello di "coesione umana" come la chiamo io. Sono davvero soddisfatto, per il resto, spero sempre di non avere altre brutte sorprese ma la vita è questa e perciò non riesco facilmente a dormire su un letto di piume sognando arcobaleni e unicorni.

 

Dopo una serata epica, epica per quanto riguardava Linde ovviamente, iniziai ad avviarmi verso casa che a quest'ora sapevo sarebbe stata fredda perché come al solito avevo dimenticato di accendere il timer del riscaldamento. Nonostante non avevo prodotto molto durante la giornata mi sentivo piuttosto stanco e stordito, merito in gran parte dell'aria pesante del pub in cui ci eravamo chiusi quella sera. Luoghi del genere, pieni di fumo, non mi avevano mai dato un gran fastidio ma soprattutto il fatto di aver deciso di non toccare sigaretta per tutta la sera mi aveva innervosito leggermente. Ma stavo cercando di limitarmi, perché smettere si sà, è complicato. 

In sella alla mia fedele nuova amica percorsi le vie silenziose di Helsinki dove le pietre irregolari di cui erano pavimentate a volte mi facevano sobbalzare dal sellino, fino a raggiungere la Seurasaarentie* che decisi di percorrere perché più panoramica, anche se con quel buio non si sarebbe visto granché. È una zona ricca di verde con parchi ovunque ti giri, un buon posto per passeggiare con il cane, se ne avessi uno. Di solito vengo da queste parti per schiarirmi le idee, quando non sopporto più l'aria di casa; un po' è anche perché mi manca la vista sul mare e ogni tanto faccio capolino per respirare la sua fragranza a pieni polmoni, da vero salutista. Arrivato al ponte scesi dalla bici che posai su una tavola di legno al suo principio, intento a far scattare l'accendino e fumarmi finalmente la tanto agognata sigaretta della buonanotte. Lo so, avevo resistito per l'intera serata ma avevo affrontato il tutto con qualche misero tiro da quella porcheria elettronica, quindi beh, al diavolo.

In quel momento c'era un po' di vento che faceva ondeggiare la nebbiosa foschia grigiastra che si aggirava fin dove la luce dei lampioni riusciva ad illuminare. Erano quasi le quattro del mattino. Finalmente la fiamma prese timidamente vita e inspirai profondamente; avrei dovuto comprare un nuovo zippo, questo mi stava pian piano lasciando, pensai. Mi dissi che al limite sarei tornato al vecchio e buon metodo dei fornelli, questa volta con i capelli legati all'indietro magari.

C'era sempre un gran andirivieni da queste parti, soprattutto il fine settimana, tutti venivano a riversarsi qui per una sorta di gita fuori porta ma dopo tanti anni si ci poteva vantare di conoscere gli orari morti dove non passava poi così tanta gente. Ora era tutto tranquillo, tutt'intorno era imbevuto del più totale silenzio, era quasi come stare sott'acqua in apnea e avere le orecchie ovattate. 

All'improvviso un movimento nell'ombra sulla riva distolse la mia attenzione dalla vista delle luci in lontananza. Guardai in quella direzione e il cuore si mise in allerta, come sull'attenti, in quel momento avrei potuto avere le orecchie rizzate come quelle di un lupo e giuro che non me ne sarei minimamente accorto. 

' Chi è? Chi diavolo se ne va in giro alle quattro del mattino a nascondersi nell'ombra? '

Mi avvicinai piano, non sapendo se in realtà ero stato notato o meno sul ponte; mi augurai con tutto me stesso di non stare per assistere ad un fottuto suicidio perché mi mancava davvero soltanto quello e le avevo viste tutte.. Sperai vivamente che non si trattasse di qualche stupido ubriaco che si voleva gettare in mare e congelare con tutte le scarpe, e intanto mi avvicinavo sempre di più, allungando il passo e facendo il doppio dell'attenzione visto quant'era scivoloso quel dannato ghiaccio; Vans e superfici instabili come questa non vanno molto d'accordo. 

 

" Fermo! " urlai a squarciagola e quasi sentì il cuore esplodermi quando l'aria fredda m'entrò tutta d'un colpo nella trachea. Il tizio sembrò non avermi sentito neanche per sbaglio, infatti continuava imperterrito a camminare sempre più verso la riva.

Allora mi spinsi  ancora più in avanti rischiando di cadere, ma finalmente riuscii a prendergli una manica del cappotto. 

L'uomo misterioso ora appariva più come una donna, che si tolse quelle che sembravano delle cuffiette bianche e si voltò con fare spaventato.

 

" Mi scus.. " 

Battito mancato, assolutamente mancato.

" Alma..? "

" Ville . . . "

 

Rimanemmo entrambi senza parole. In un silenzio in cui perfino l'aria riusciva a provocare un rumore acutissimo. Non potevo crederci.

 

" Ville.. Cosa ci fai qui? "

" Pensavo che qualcuno stesse per buttarsi in acqua, non mi rispondevi e quindi mi sono precipitato.. Ma tu da.. " dissi tutto d'un fiato fermandomi poi senza poter fare altrimenti. Ero imbambolato come un moccioso a cui la mamma tiene una mela caramellata davanti e io non facevo altro che osservare quel cuore rosso scintillante davanti a me. 

Non era cambiata di una virgola.. Almeno a me sembrava così, come se il tempo si fosse fermato e l'avesse inghiottita e nascosta per un'eternità per poi sputarla fuori e far sì che io la trovassi. I capelli neri che portava ancora lunghi sulle spalle erano ondulati per via di tutta quell'umidità e lei odiava quando puntualmente ogni volta le succedeva; le cascavano fuori dal cappuccio del cappotto e incorniciandole il viso che sembrava ancora più pallido di come non fosse in realtà. I suoi occhi erano cerchiati di nero e sotto il nero dell'eye-liner si riuscivano ad intravedere delle lievi occhiaie all'interno, segno che forse era stanca.. I suoi occhi erano così.. lucidi, irradiavano l'aria grigia intorno e riflettevano il bianco della neve. La sua espressione era strabiliata, a dir poco sgomenta, ma pian piano tutta quella confusione, se tal si può chiamare, stava facendo spazio ad un lieve sorriso che si faceva strada agli angoli delle sue labbra tendenti al viola. Ma da quanto tempo era qui? E soprattutto come mai è proprio qui?.. Insomma, so che.. però non mi aspettavo tutto.. questo..

Quegli attimi di totale stordimento sembrarono ore ma in realtà erano stati solo pochi battiti di ciglia.. La mia mano era saldamente rimasta ancorata al suo braccio caldo ed esile.

 

" Ville… - ansimò - Buon compleanno, Ville "

" Gr-grazie… " 

" Ti sei ricordata di questo posto.. Come mai.. "

Mi sorrise. L'imbarazzo non era un imbarazzo di quelli negativi o vergognosi ma piuttosto un qualcosa di molto intimo, un intimo stato di confusione dal quale faticavamo a svegliarci. 

 

" ..E comunque stavo solo raccogliendo il bicchiere che mi era caduto lì giù, mi dispiace averti fatto preoccupare, stai bene? " 

In effetti stavo continuando ad ansimare nonostante avessi realmente corso solo qualche metro e sicuramente notò che non era normale.

" Sto bene Alma, ma che cosa ci fai qui? " chiesi.

" Te l'ho detto.. Stavo recuperando.. "

" Intendevo - presi un respiro profondo - ad Helsinki, quando sei tornata? " 

' Questo lo sai benissimo '

" Beh, da qualche mese ormai.. Sto lavorando per un agenzia in centro. Sai, Londra mi aveva stufata "

" Ah, Londra.. Non sapevo fossi a Londra  - ' Cazzata #2 ' - In effetti non sapevo neanche che partivi " dissi amaro.

" Avrei voluto avvertirti ma.. mi chiamarono all'improvviso, sai come funzionano queste cose, se non le acchiappi subito possono sfuggirti in un batter d'occhio, le occasioni "

" Già.. " 

Di nuovo silenzio.. Lei mi stava squadrando, aveva ancora un' aria sorpresa ma si stava pian piano riabituando alla mia vista, o almeno credo.

" Allora, come hai passato la serata? " mi chiese per alimentare il discorso.

" Con Migè e gli altri, siamo andati al club, le solite cose che facciamo da una vita.. lo sai, ma beh, diversamente dal solito Linde ha esagerato e si è fatto portare a casa a un certo punto, e poi noi.. "

 

Alma si spinse verso di me improvvisamente, lasciando cadere il bicchiere a terra, mostrando quella più totale confusione che non aveva smesso neanche per un attimo di trapelare dal suo sguardo tremante e mi abbracciò, un caldo morbido abbraccio che non ricevevo da.. Gli occhi mi pizzicarono, stupido ragazzino. La strinsi fasciandole il busto con un braccio che sfiorò i lunghi capelli; le baciai la fronte attraverso una ciocca e chiusi gli occhi inalando quell'odore che lentamente rientrava a far parte della mia vita, scaldava l'aria ed entrava dalle mie narici raggiungendo i polmoni, fino al cuore dove esplodeva con un frastuono tale da farmi tremare. Riaprii gli occhi ormai irrimediabilmente velati e l'aria fredda e pungente bruciò per un attimo sulla retina: strinsi più forte, premetti più forte le mie labbra sulla sua fronte calda, quasi febbrile e lei contraccambiò affondando ancor più profondamente il viso nel mio collo; riuscivo a sentire il suo respiro attraverso la stoffa della sciarpa, tremava.. Tutti e due tremavamo, tutto questo era troppo.. non dopo così tanto tempo, non era facile stare vicino a lei e non avere un malore per la felicità di riaverla così vicina, di sentire ancora il suo profumo dolce confondersi con l'odore aspro di fumo che emanava la mia pelle. Tutto questo era troppo per me… 

 

" Mi sei mancata.. " dissi cercando di non piangere, trattenendo il tremolio che si stava facendo largo nella voce e che se non avessi controllato sarebbe uscito.

" Anche tu, dannato idiota.. " disse con un filo di voce ancora nascosta.

 

Rimanemmo abbracciati non so per quanto esattamente, ma era quasi l'alba quando la lasciai al portone del suo condominio, mentre la guardavo andare via da me, cercare le chiavi ancora un po' scossa e scomparire dietro la porta a vetri. La seguii fino a quando le scale non mi permisero più di vederla e poi, mentre muovevo i primi passi per tornare verso casa con la bici di fianco, controllai che la luce del suo appartamento si accendesse e così fu: lei scostò le tende violacee e si mise dietro il vetro della finestra guardandomi andare via a sua volta, stringendosi tra le braccia, ancora avvolta nel suo cappotto. 

 

Alma era davvero tornata allora, dopotutto.

 

 

 


 

 

Note :

 

- Meilahti è un'isola circondata da una zona perlopiù residenziale che si trova appena fuori il centro nevralgico di Helsinki, conosciuta per il suo famoso museo all'aperto. Vicino a questa zona Ville deve aver girato (o almeno così sembra) uno di quei mini filmati usciti per invitare i fan alle date  americane del tour di TOT. 

- Il ponte di Seurasaari è l'unica via che collega l'isola con la terra ferma.

- Seurasaarentie è una via nel quartiere di Meilahti, che costeggia il mare, molto panoramica e piena di parchi verdi che più verde non si può. 

- La canzone in verde è Wolf Moon e mi è servita per creare un'atmosfera un po' gloomy, che ci piace tanto. La band è ovvia, ma se vi va cercatela pure^^

- La citazione che fa un pò da introduzione è di Ville.

- Isä è papà e karhu è orso, ed è tipo una parola tabù o almeno lo era perché moltissimi prodotti di vario genere in Finlandia ormai portano questo nome.

- I cantori sono come dei cantastorie e ne sono rimasti davvero pochi che vivono specialmente in Lapponia o oltre il confine con la Russia; si tratta di vecchietti che cantano le antiche storie che fanno parte del popolo e della cultura finlandese da sempre e che da sempre sono stati tramandati oralmente da padre in figlio. Ce ne sono moltissimi ma ovviamente tutto quel tramandare si è perso e queste bellissime vecchie storie (di cui potete leggere nel Kalevala - o almeno di alcune) moriranno presto con gli ultimi cantori (triste, vero?). 

- Ogni frecciatina è puramente casuale *muahaha*.

- L'arco narrativo si svolge a Novembre, solo all'inizio del capitolo quando Alma arriva, siamo in primavera.

- So che Alma potrebbe sembrare un nome molto spagnoleggiante ma in realtà non lo è, piuttosto nordico direi.

 

 

Dopo quella che a me è sembrata un'eternità, e dopo molte idee che mi frullavano qui e là per la testa, sono tornata a scrivere e questa volta ho in mente qualcosa un po' particolare di cui conosco l'entità solo fino a un certo punto. L'identità di lei e soprattutto la trama si scopriranno a poco a poco. Senza dubbio quest'ultima si svilupperà presto (spero) e spero vivamente in qualche commento.

Grazie a tutti coloro che leggeranno, silenziosi e non.

Un'ultima cosa : coloro che cercano le meravigliose storie di Dark Yuna, "Inferno e Luce" con seguito annesso, sappiate che sono state pubblicate in un e-book (che non vedo l'ora di rileggere per la trecentesima volta in formato cartaceo!) e sono disponibili QUI  oppure QUI  , insomma dove volete!
 

Kiitos

-kuutamo

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Capitolo 2
*** I can never be clean again ***








 
Sharp and open
Leave me alone
And sleeping less every night
As the days become heavier and weighted
Waiting in the cold light
 
 
 
 
 

Alla fine avevamo deciso di prendere un caffé insieme. Ville mi aveva lasciato un biglietto sulla porta come faceva ai vecchi tempi non avendomi trovata in casa, enigmatico e risoluto come quando non voleva lasciar intendere le sue emozioni agli altri. Quella mattina era un lunedí e per pura casualità era un  giorno di scadenza ed ero andata a consegnare il lavoro finito come al solito. Per fortuna quel fine settimana ero agli sgoccioli e la traduzione in questione era già bella che finita, perché dopo la notte in cui lo rividi non facevo che ripensarci e ripercorrere quelli che mi sembravano esser stati attimi pieni di confusione, annebbiati da stupore, sorpresa, gioia, rabbia, speranza, riluttanza, euforia, repressione, ricordi, dolori.

Quando lo avevo visto tutto era tornato in mente, tutti quegli attimi di vita si erano liberati dalle loro celle dove li avevo saggiamente rinchiusi, sparpagliandosi davanti ai miei occhi più pungenti di spilli acuminati. Li sentivo dappertutto, cornee, lingua, guance, petto, polpastrelli, stomaco, cuore; li sentivo penetrare nella mia carne ma allo stesso tempo li lasciavo fare, glie lo lasciavo fare.. Come se tutto questo tempo, questa distanza fisica ed emotiva fossero state solo acqua fresca che ora al suo cospetto si dissolveva come nebbia. Quello che provavo era così acuto da sembrare una ferita fresca, non rimarginata ma anzi ancor più infettata, deturpata. Tutto questo si alternava contrastante a quella meravigliosa sensazione di sorpresa che aveva significato rivederlo. Una sensazione dolce amara: Ville. 

 

Era come se fossi tornata a vent'anni fa, ero davanti all'armadio e non sapevo cosa scegliere, come mi sarei presentata a quell'appuntamento inaspettato. Di sicuro lui sarebbe arrivato ancora una volta con la sua bicicletta, sempre bellissimo e sicuro di sé, o almeno così sembrava. Mi sentivo ancora la ragazzina impacciata che tanti anni fa andava dietro ad un ragazzo che sapeva esser sempre stato troppo per lei. 

 

Ora ero davanti al caffè che Ville aveva scelto per me, dove eravamo andati qualche volta in passato. Le nuvole mi dicevano che stava per piovere, si increspavano all'orizzonte senza lasciar intravedere via di uscita. E poi dall' angolo lui arrivò, scese dalla sua bici e si accorse finalmente di me. 

 

"Scusami, sono in ritardo " disse guardandomi con occhi così tristi, imbarazzati.
"Sono io che continuo sempre ad arrivare prima per paura di far tardi" 

 

Lui annuì e sistemò la bici al lato della strada: indossava la solita mise composta da jeans e felpa e sul capo il solito cappellino nero con qualche ricciolo qua e là sparpagliato vicino al collo e quegli occhi che risaltavano ancora di più con il tono scuro del beanie. Mi invitò ad entrare per prima allungando il braccio, sfiorandomi la vita con l'altro: lui non se ne accorse ma io sussultai appena al suo tocco. 

 

Quando fummo all'interno  ordinammo in fretta, prendemmo entrambi un caffè lungo macchiato con del latte, poi aspettammo sino a che le nostre ordinazioni non giunsero al tavolo, silenziosamente. Il caffè scottava quindi questo significava che ora avremmo dovuto rivolgerci la parola, per dirci qualcosa di più profondo e dettagliato di frasi di circostanza. Ville iniziò a sfregarsi l'anello nell'indice come faceva quando era nervoso ed io lo seguii a ruota iniziando a battere il piede sul pavimento che per fortuna lui non vedeva. 

 

I suoi occhi un po' opachi in quella giornata di pioggia, erano malinconici come in cerca di risposte, risposte che sapevo dovevano essere date da me. Fu con lo sguardo che mi invitò a parlare per prima. 

 

"Lo so che cerchi da me tante risposte, e che vorrai farmi altrettante domande" mentre parlavo lui continuava a guardarmi, forse ora si era spronato ad aprire bocca. Toccò con la punta delle dita la tazza di caffè e quasi si scottò per il calore. 

 

"Quando scoprii che eri partita per qualche ora non riuscii nemmeno a parlare... Non riuscivo a capire perché mai lo avessi fatto. Ho passato notti intere insonni a pormi delle domande a cui però non ho mai trovato davvero una risposta. La mia testa continuava a farsi mille film, mille ipotesi ma nessuna sembrava calzare bene alla realtà che mi si presentava. Tu... Non c'eri più, e non lo so forse sarebbe stato meglio che fossi morta, perché perlomeno non avrei passato anni a domandarmi perché non ero stato quello che cercavi, quello che desideravi tanto da rimanere " inevitabilmente le sue parole mi colpirono come un fulmine colpisce un albero in una tempesta. Mi aveva squarciata, lasciata priva di ogni difesa, completamente immune all'autocontrollo. Avrei voluto dirgli che non era stata una scelta facile, che una parte di me se ne era pentita ogni giorno, ma che l'altra mi aveva ringraziata per averla fatta. 

 

"Posso dirti che avrei voluto tanto farlo, sarei voluta restare e vedere cosa sarebbe successo, ma a quel punto non ero più sicura di niente…"

 

"Perché non mi hai parlato? Perché non hai cercato le risposte che volevi direttamente da me? Ci eravamo giurati di dirci sempre tutto" 

 

"Già, Ville, lo so" 

 

"Ma poi, le promesse adolescenziali si sciolgono. Ad un certo punto non valgono più, vero?" Scosse leggermente la testa e sorseggiò per la prima volta la bevanda che ormai si stava raffreddando. Rimase per qualche minuto in silenzio a pensare davanti alla tazza fumante, poi assottigliò gli occhi e mentre bevve quello che probabilmente fu l'ultimo sorso, tornò a guardarmi. 

 

"Scusami… Non volevo aggredirti, dopotutto eravamo solo dei ragazzi, stupidi, è passato tanto di quel tempo e forse non è neanche  troppo giusto crocifiggerti così per una cosa successa tanto tempo fa. Quella vita e così lontana che a volte dubito che sia stata davvero la mia " rise per sdrammatizzare  quello che aveva detto precedentemente. 

 

Per un lungo attimo ci guardammo e poi gli dissi:

 

"Che cosa ti è successo?" 

 

"Te ne sei andata" 

 

"Intendo dire, cosa ti è successo in tutti questi anni…"

 

"Con mio grande dispiacere ho perso qualsiasi fiducia nell'essere umano, se prima ne avevo una minima quantità ora non ne ho per niente. Le cose alla fine, anche se tutti mi dicevano che sarebbero andate meglio, non sono migliorate ne peggiorate. È tutto rimasto in una grande grossa situazione di stallo che è la mia vita"

 

"So che forse non avrò neanche il diritto di chiedertelo, ma cos'è che non andava con Jonna per esempio, oppure con la misteriosa ragazza di cui tutti parlavano qualche anno fa?" lui per un attimo tentennò, forse incredulo davanti alle mie parole.

 

"Jonna era semplicemente una pazza, ed io sono stato anche più pazzo a credere all'inizio che le cose potessero funzionare e finalmente andare come dovevano andare. In quel periodo c'ho creduto fin troppo... " 

 

Con mia sorpresa bevve di nuovo, forse si stava calmando. Continuava però a fissarmi con fare interrogativo. 

 

"Devi chiedermi qualcosa? Continui a fissarmi come se avessi qualcosa in faccia"

 

"Mi chiedevo solo come facessi a sapere tutte quelle cose: di Jonna, di quell'altra…  cos'è, a casa hai uno schedario che mi riguarda? " disse scherzando, non sapendo forse quanto in verità  si avvicinasse alla realtà.  

 

"No, ho soltanto fatto qualche ricerca di tanto in tanto, sai per tenermi aggiornata, infondo ti ho pensato anch'io, a modo mio "dissi quasi d'  impulso, non pensando alle conseguenze.

 

Questa volta fui io a bere un sorso dalla mia bevanda, che si era quasi del tutto freddata e faceva anche un po' schifo. Ville continuò a guardare ogni mio gesto, e io credevo che ne valutasse in qualche modo l'autenticità. Io cercavo di guardare da un' altra parte ma alla fine finii per fissare il tavolo dove c'erano incise delle lettere.

 

"E tu invece, cosa hai fatto in tutto questo tempo? Cosa e chi ti ha fatto diventare così come sei oggi?" mi chiedevo a cosa mai potesse riferirsi, in fondo lui non sapeva niente di me né della mia vita. Per un attimo quindi le sue parole mi irritarono, quindi  risposi quasi stizzita, acida.

 

"A cosa stai alludendo?"

 

"A niente, solo a quello che vedo" 

 

"E che cosa vedi?" 

 

"Vedo una donna ormai stanca ma non capisco se sia stanca per la vita o per la delusione che essa porta con sé… Vedo due bellissimi occhi verdi scavati dal tempo e dalla fatica, forse di vivere o forse di vedere cose brutte, ma comunque provati. Sento come se ogni piccola ruga sul tuo viso vorrebbe parlarmi di te, di quello che hai fatto a Londra, ma che il tuo volto non gli permette di farlo. Vorrei davvero poter capire tante cose, come credo vorrai tu visto che hai accettato il mio invito di stamattina, ma prima vorrei tornare o meglio iniziare di nuovo a conoscere la mia migliore amica, quella stessa persona per cui una volta avrei fatto di tutto e anche di più" 

 

"Anche io vorrei tanto, Ville. E se me ne darai appieno la possibilità lo farò, lo farò davvero con il cuore"

 

"Tu puoi fare quello che vuoi con me, hai potere decisionale su tutto" sorrise inarcando un angolo della bocca. Io feci lo stesso, ma non sapevo in realtà quanto scherzasse e quanto fosse serio. Era sempre stato pronto a inventare qualsiasi bugia davanti a qualcuno che lo intervistasse, e ora non sapevo se io ero o meno una di loro oppure se mi considerasse ancora una persona di cui potersi fidare.

 

"Allora, che cosa hai fatto a Londra tutti questi anni?" 

 

"Beh, per cominciare non è stato facile soprattutto all'inizio: ho passato almeno due mesi a cercarmi un lavoro perché tutti all'inizio erano diffidenti, sai, per il mio aspetto. Per un po' provai anche a cambiare ed essere "normale", a comprare maglioni e roba colorata ma dopo un po' che ero stata assunta iniziai piano piano a tornare alle origini a quello che davvero sentivo di fare. Alla fine mi hanno accettata tutti, non con facilità ma pur sempre accettata. I nemici in ufficio li ho sempre avuti, anche perché il campo della traduzione è un ambiente estremamente competitivo, pieno di serpenti a sonagli pronti a morderti nel momento in cui ti volti per riposare e respirare. Poi però col tempo e con la pratica soprattutto ho imparato a riconoscere le persone vere da quelle artificiose, ho cominciato ad uscire con due o tre colleghi e colleghe che avevano sempre cercato di farmi integrare al meglio in un ambiente così ostile: dicevano sempre che per loro non c'era stata tutta questa bontà e clemenza, non c'era stato nessuno a fargli da guida né tantomeno a proteggerli, non che io ne avessi bisogno ma credo sia stato comunque un gesto carino da fare, mi fece sentire un po' più al sicuro all'epoca. Con due amiche sono rimasta in contatto anche dopo che ho lasciato quella casa editrice per accettare un contratto con un'altra che si trovava più in centro, più prestigiosa e che pagava meglio. Londra è una città estremamente costosa soprattutto per me che ero una ragazza con pochi soldi da parte. In realtà non c'è molto altro da aggiungere e particolari salienti da raccontare… Eccetto per una storia sbagliata a causa della quale stavo per relegarmi in un matrimonio che non avevo mai desiderato davvero. Credo sia stata l'effimera e fugace sensazione di protezione e calore a farmi perdere la testa, qualcosa che mancava nella mia vita e di cui avevo bisogno" dissi quasi tutto ad un fiato, senza pensare molto a quanto avergli raccontato tutto mi facesse sentire indifesa. 

 

"E manca ancora?" 

 

" Cosa?" 

 

"Quello che cerchi " rispose Ville, sicuramente cercando di intuire se c'era qualcun altro. Per un attimo pensai che ero davvero una stupida a credere che potessi ancora piacergli, che ancora significassi qualcosa per lui. La realtà , e lo sapevo da quando avevo messo piede ad Helsinki, era che  io speravo significassi ancora qualcosa e che non fossi stata dimenticata come una donna qualunque della sua vita. Che cretina, illusa, ingiusta che ero. 

 

"Ci si sente sempre incompleti, credo…" risposi cercando di sviare il discorso. Ville in qualche modo capì il mio debole tentativo di cambiare argomento e quindi mi assecondò. A quel punto il cervello mi stava andando completamente in pappa e glie ne fui infinitamente grata. 

 

"Insomma, hai quasi fatto quello che io stavo per fare. Sei davvero cresciuta allora ragazzina" 

 

"Già, però anche tu non scherzi sei diventato vecchio!" 

 

"Grazie, lo prenderò come un complimento"

 

 

 

Dopo un po' ci alzammo da tavola e lui generosamente pagò il conto. Uscimmo fuori dove il freddo ancora pungeva la pelle sotto i vestiti spessi: era arrivato il momento di salutarci e quasi mi dispiaceva andare via, alla fin fine mi ero quasi abituata a quel tepore misto a dolore che era stata quella nostra conversazione. 

 

"È stato davvero un piacere fare quattro chiacchere con te, quasi come una volta" 

 

"Quasi" rispose Ville, accompagnando quella risposta dolce amara con un mesto sorriso.

 

"Allora ci vediamo in giro" dissi aspettando una sua risposta. 

 

"Sì, credo che d'ora in poi sarà più facile incontrarci soprattutto nel quartiere " io inarcai le sopracciglia e risposi: 

 

"Direi proprio di sì " sorrisi. 

 

Stavamo per andare ognuno per la propria strada quando lui si girò e mi prese la mano inaspettatamente. 

 

"Sono davvero felice di riaverti qui Alma, lo sono davvero"

 

"Non sembra che prima lo fossi così tanto…"

 

"Come ti ho detto ci sono tante cose che vorrei capire, anche solo per uccidere delle vecchie domande che mi perseguitano e fare chiarezza finalmente. Ma la cosa che vorrei fare di più è conoscerti, cercare di capire chi sei diventata ed essere di nuovo tuo amico, anche se è difficile e lo so" disse animandosi, cercando di nascondere l'ardore con cui pronunciò quelle parole dietro al suo sguardo impenetrabile e vitreo.

 

"Sei sicuro di volere di nuovo davvero tutto questo? Io non ne sono sicura, non ne sono sicura affatto. Potremmo rischiare di ucciderci e annullarci un' altra volta a vicenda e di noi non resterà che sabbia e il vento spazzerà via i nostri resti".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: 

 

 

 

La canzone all'inizio é dei The Cure e si chiama The Figurehead

 

Sono in ritardissimo ma alla fine ho deciso di non aspettare fino a dopo le vacanze e di cambiare alcune cose. 

 

Ringrazio i miei fedeli ma anche chi segue silenziosamente. Fatemi sapere cosa ne pensate.

 

 

 

P.s. Ho avuto problemi con la copertina ma spero di inserirla una volta che avrò il pc sotto mano. 

 

 

 

Kiitos! 

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Capitolo 3
*** Bleeding, Burning, Needing, Yearning ***








 
 
 
Mi era piombata addosso come una granata, totalmente inaspettata e dolorosa. Quella mattina quando mi ero svegliato decisi di contenermi, di non farle capire niente, di non lasciarle intendere quanto ancora mi importasse di lei. Anche se ero a conoscenza ormai da tempo del suo ritorno, in effetti da quando aveva appeso le sue tende viola alle finestre, ma avevo realizzato soltanto ora completamente ciò che significava la sua presenza di nuovo in città. Non so per quanti giorni all'inizio avevo provato l' irrefrenabile desiderio di uscire di casa e andare sotto la sua soltanto per spiarla dalla strada, oppure di passare di proposito da quelle parti per andare alle prove dai ragazzi. Ogni cosa lentamente cercava di portarmi a lei ed io come potevo, povero mal capitato com'ero, riuscire a fare altro che pensare che ora era tornata?  
Ma in qualche modo dovevo riuscirci. 
Per la prima volta dopo tempo mi spiecchiai e indugiai prima di uscire dalla porta per controllare che ogni cosa fosse a suo posto, in mezzo a tutto quel disordine e caos che era la mia immagine. Realizzai purtroppo solo dopo il caffè che avevo preso appena sveglio che ne avrei preso sicuramente un altro al nostro appuntamento, e mi diedi del coglione da solo sperando vivamente che non avrei preso a tremare davanti a lei com' era capitato già altre volte nelle occasioni in cui avevo abusato di caffeina. 
Arrivai in ritardo ma quando la vidi la sua bellezza che si era conservata così bene negli anni, mi abbagliò e la neve fu solo un lontano ricordo di luce. 
Nessuno dei due toccava la propria ordinazione sicuramente perché troppo nervosi e imbarazzati sia per consumare le bevande che per intavolare una conversazione come si deve. Mentre che le nostre voci uscivano calde dai nostri corpi vedevo i suoi occhi sempre più tristi: le sue risposte erano laconiche, il suo sguardo sfuggiva al mio quando tentavo di rimanere a fissare le sue iridi più a lungo, il suo piede non smetteva di tremare insieme al tavolo. Avrei voluto tanto cercare di comprenderla e di scoprire la risposta fatidica a tutte quelle domande che erano chiuse in cassetti nella mia mente, ma lei sembrava non voler lasciarmici avvicinare, o almeno non del tutto. Il suo essere a tratti vaga mi innervosiva, e per questo a volte fui brusco nel rispondere e nel giudicarla, nell'apparire ancora così arrabbiato. Mostrarmi così interessato e perciò rendermi ancor più vulnerabile di quel che ero già con le mie stesse mani, non poteva portare a nulla di buono. Perché io non ero più interessato a lei. Era passata un'intera vita.. Ognuno di noi aveva una vita ora, non poteva certo essere il passato che tornando prepotente ci facesse cambiare idea, dimenticare gli oceani che ci separavano. Forse una volta lo siamo stati, lo eravamo stati, ma ora sentivo di non poterle appartenere più, sentivo di non essere più lo stesso ragazzo che ero quando ancora non ero il Ville Valo che una parte di mondo conosce, quella parte che sgomita per farci anche solo una foto insieme. 
A volte mi chiedevo quale era stato il momento in cui mi ero perso.. Sinceramente non lo ricordavo, non ricordavo nemmeno da quando fossi diventato così acido e cinico e anche masochista se vogliamo parlare di qualche altro aspetto della mia vita. Continuo a scrivere dell'amore ma forse neanche io ci credo più. Combattere per amore, amare una persona, dare integralmente se stessi e non ricevere nulla in cambio… Ricordo una canzone che diceva queste parole, forse avrei dovuto ascoltarla meglio e trarne insegnamento.
 
Alma aveva detto che voleva conoscermi o per meglio dire tornare a conoscermi: quando me lo disse pensai che era la cosa giusta conoscermi daccapo: ero cambiato così tanto che anche io me ne ero accorto, e si sa che quando ci si accorge dei propri cambiamenti allora vuol dire che questi sono molto evidenti agli altri. Sapevo che sarebbe stato difficile aprirsi di nuovo con lei, soprattutto perché era Lei. Lasciarsi andare e aprirsi a qualche confessione dettata dallo stato di ebrezza con qualche donna di passaggio non era una grande perdita per quello che era insito nella mia persona ma raccontare, raccontare a lei, raccontarle di quello che ho fatto e di quello che non ho fatto lì per lì mi sembrava una pazzia, quasi una cosa senza senso, qualcosa che non sarei riuscito a fare fino in fondo con sincerità; sicuramente le avrei tenuto nascoste le mie più profonde fragilità, le mie porte in faccia, i miei sbagli e tutto ciò di cui mi vergognavo. Ma forse lei li avrebbe capiti comunque, forse lei avrebbe capito perché in fondo mi conosceva e anche se avevo alle spalle anni di pratica nei quali avevo imparato a mentire e fingere come fanno gli attori davanti a una cinepresa, una parte di me sapeva che lei si sarebbe accorta magari non di tutto ma almeno di qualcosa e questo mi spaventava. Mi spaventava il dubbio che lei potesse decifrarmi come un  cryptex e conoscermi ancora così bene, forse meglio di me stesso.
Dovevo mostrarmi neutro, avrei dovuto fingere anche con lei per salvare quel poco che rimaneva. Solo l'idea di mentirle lasciava in me un certo senso d'amaro, una stretta allo stomaco, ma dovevo farlo.. Potevo farcela.
 
' ..infondo ti ho pensato anch'io, a modo mio'
Le sue parole continuarono a rimbombarmi in testa anche dopo che ci lasciammo fuori al locale. Mi accompagnarono fino a casa e poi continuarono a seguirmi come fardelli pesanti e ingombranti. Allora mi ha pensato, mi dissi- quella era l'unica cosa che sembrava essermi rimasta meglio impressa nella mente di quella  mattina. Era un pensiero quasi adolescenziale ma in qualche modo sapeva di casa, di calore. Pensai che forse mi aveva googlato e a quel pensiero sorrisi come un ebete da solo in cucina. Chissà come sarebbe stato se fosse rimasta, chissà cosa sarei diventato, chissà sei se avrei avuto ancora il mio cuore con me perso durante il cammino tortuoso.
Una cosa era certa: a lei non interessavo, altrimenti mi avrebbe cercato se non in tutti questi anni passati lontani almeno da quando si era trasferita a Helsinki, ma invece non l'aveva fatto. Anche gli amici in comune che avevamo, almeno con quelli con cui  ero rimasto in contatto, non sapevano niente del suo ritorno né tanto meno lei aveva provato a chiedere qualcosa di me, informarsi se ero vivo oppure morto. Poi pensai che forse quella notizia l'avrebbe potuta apprendere dai social oppure da Internet. Mi chiesi più volte fin dove si era spinta la sua ricerca e se davvero poi possedesse una sorta di schedario o una cartella con scritto sopra Valo, che pensiero da psicopatici. Un po' mi feriva il fatto che non avesse avuto il bisogno di cercarmi o anche di passare davanti la torre in tutti questi mesi: una parte molto nascosta di me l'aveva sempre aspettata ma era morta lentamente nell'attesa. Quando scoprii del suo ritorno, decisi di vendere la torre: ci stavo pensando già da un po' ma quando lei o meglio quando gli altri mi dissero di averla vista in giro, decisi di fare il grande passo. Alcuni fan sono profondamente dispiaciuti del trasloco e del mio cambiamento di casa, quasi come se la torre ed io fossimo una cosa sola, ma non ho sempre vissuto lì. Il suo ritorno fece scattare in me qualcosa che mi spinse a muovermi e spostarmi e scuotermi da quella staticità statuaria che mi ero creato. Non so quanto questo possa fare bene o male ma ormai l'ho fatto non si torna indietro. Mi sono trasferito praticamente nello stesso quartiere o quasi, amo questa zona e un po' lo faccio anche per questo… ma soprattutto perché quello stolto che era l'ultimo pezzettino rimasto del mio cuore mi ha ordinato di starle il più vicino possibile, e io l'ho ascoltato speranzoso in qualche modo che succedesse qualcosa e qualcosa alla fine è successo.
 
 
 
"Ville ci sei?" Alma era davanti a me ma mille cose mi passavano per la testa. "A cosa stavi pensando? Sembrava quasi come se avessi visto un fantasma " non era poi così inverosimile, pensai. 
"Stavi dicendo?" le chiesi. Lei scosse la testa.
" Ti vedo pallido -disse osservandomi e allungando una mano per sollevarmi il mento - Vuoi che ti porti a casa? " 
"..Forse è meglio, ho un pò di mal di testa" accennai. 
Chiamò un taxi e arrivammo in poco tempo in Paciuksenkaari. Il tassista ci lasciò nella zona di verde immediatamente di fronte casa, feci strada e la invitai ad entrare: " Vuoi entrare? Sai non é venuta poi così tanta gente da quando mi sono trasferito" lei dopo che fummo dentro mi chiese:
"Come mai ti sei trasferito?"
"Era ora di cambiare aria, e poi mi serviva una casa più grande per tutte le cianfrusaglie che ho accumulato "
'Mi sono trasferito perché sei tornata in quella casa'
Feci segno verso un angolo della stanza verso alcuni scatoloni ancora da scartare. 
"Lo vedo! - Si guardò intorno come  per scrutare ed analizzare meglio ciò che la circondava - Se vuoi ti do una mano a disfare gli scatoloni e mettere in ordine" 
"Se potessi farlo saresti un angelo, ma sicura che non hai altri impegni?" le chiesi.
" Ho un po' di giorni prima del prossimo incarico, e a casa non ho niente da fare" fece spallucce. Sorrisi. 
" Beh, allora a lavoro!"
" Com'è strano sentirti dire queste parole " disse sogghignando.
" Che cosa vorresti dire scusa? "
" Solo che é strano, non mi hai mai dato l'idea di uno che con olio di gomito  riordina la casa " 
" Infatti non lo sono ma prima o poi s'impara a far tutto, anche a non mettere capi neri e colorati insieme " risi.
"Allora sei proprio cambiato.. - Disse guardando fisso verso di me, poi si risvegliò da una specie di stasi , percependo forse il silenzio improvviso che si era creato, quindi cambiò argomento - Allora, da quanto tempo hai detto che hai cambiato casa?"
" Non l'ho detto. In teoria sono qui da parecchi mesi ormai ma in pratica sono stato in casa pochissimo perché io e i ragazzi abbiamo avuto qualche data, prove intensive per abituarci tutti al cambiamento, ed in mezzo al trambusto vario pensa che non ho avuto neanche il tempo di abituarmi a questo posto.. Insomma, cerco ancora interruttori della luce dove non ci sono e cose del genere" 
"Ha! In effetti sei preoccupante.. Forse però la grandezza di questo posto non aiuta molto. È così luminoso, enorme, per una persona soltanto poi..." quando arrivò a quelle parole mi guardò come se si aspettasse da me una conferma. Voleva accertarsi che fossi da solo? O che ero davvero così disperato come sembravo?
" Non sono così asociale come tu pensi, hai davvero una brutta idea di me, molto triste devo dire " quella risposta non l'aveva saziata, leggevo la sua insoddisfazione negli occhi. In compenso però ora vedevo qualche dubbio sul suo orizzonte.
" Non dirmi che ancora ti cadono ai piedi?" alzò lo sguardo e rispose prontamente tagliente sottolineando il fatto che ormai non ero più un giovincello. Mi avvicinai scartando una piccola statua e liberandola dall'incarto sporgendomi verso il suo orecchio a voce bassa dissi: 
" Non sai quanto " 
Lei rimase sorpresa, potevo sentirlo anche se le davo le spalle mentre sistemavo la statuetta sulla mensola. Poi udii che era intenta ad aprire un altro scatolo per riordinare anche quello . La osservavo mentre soppesava vari oggetti che poi riponeva sul tavolo ormai già scartati. 
" Almeno però il tuo gusto è migliorato, qualcosa sì che è cambiato.. Compravi degli obbrobri pazzeschi"
" Non accetto consigli da chi ha smesso di indossare t-shirt solo perché al suo capo non piacciono" la provocai scherzando,indicando la sua camicia nera. Ma probabilmente lei la prese sul personale. Una volta non le si potevano toccare certi argomenti.
" Chi ti dice che non le metta più? Solo perchè in questi due giorni non me le hai viste indossare non vuol dire che siano sparite" disse mentre si toglieva la camicetta facendo uscire prima la testa e poi le braccia. Il gesto le scompigliò un pò i lunghi capelli e da sotto la camicia spuntò fuori un top dei Type 0 Negative che a grandi lettere arancioni diceva " We Are Suspended In Dusk" e non so come, la mia mente malata attribuì quella frase a noi due. 
" Dio sia lodato, credevo di averti persa per sempre - dissi così velocemente che non mi accorsi del doppio senso che poteva avere quella frase - tra uffici incravattati e scartoffie" aggiunsi coprendomi le spalle appena in tempo. "Al cuore non si comanda.. Sarei morta senza musica- i suoi occhi dicevano molto più delle sue parole - Se avessi escluso anche quella non so cosa ne sarebbe stato di me" disse riferendosi a mille cose ma allo stesso tempo a nessuna. 
"La Musica ti salva sempre. Anche quando non la vuoi, non la cerchi, non ti abbandona mai, a differenza delle persone" mi lasciai sfuggire forse un pò arrabbiato. 
" Già, le persone ti deludono.. Spengono tutta la fiducia che riponi in esse e se ne vanno " 
 
 
Yeah I always thought we'd be together.
And that our love could not be better
 
Well with no warning you were gone.
I still don't know what went wrong
 
All those special memories.
Now I bleed for you - burn for me
 
Perhaps I was just dreaming when I think these things had real meaning
 
You don't know what I've been through
 
 
A quel punto non ce la feci più.
" TU sei andata via, Alma " sbottai.
Lei mi guardò con odio, io ostentavo il mio con fierezza ma non poteva sapere in realtà quanto ne avessi in corpo che dalla sua prospettiva lei non sarebbe riuscita mai a vedere. 
" TU mi hai spezzato il cuore, Ville" ruggì scandendo ogni parola come se volesse marchiarmela addosso. E fece male, tanto che mi parve di sentire l'odore della mia pelle bruciata. 
Aveva gli occhi lucidi.
" Io ti amavo" sospirò quasi priva di forze.
"Anche io.. Anche io, ma tu sei sparita. Hai accettato un cazzo di lavoro chissà dove e sei sparita. Nessuno sapeva dove fossi, IO non sapevo dove fossi. È ora quella arrabbiata sei tu? "
" Sei sempre il solito coglione depresso che gioca ancora a quarant'anni a far l'idolo e a discolparsi colpevolizzando gli altri. Ma sta attento, perché con me la tua tecnica di psicologia avanzata non funziona" disse furiosa e subito prese ad andarsene dirigendosi verso l'ingresso. L'afferrai prontamente stringendole il polso forse più del dovuto, facendola voltare verso di me, costringendola e intrappolandola tra il muro e me. Lei mi guardò con occhi ancor più carichi d'odio, sembrava in fiamme.
" Stai attento io non sono come le tue puttane" neanche finì di pronunciare quella frase che l'attimo dopo mi aveva assestato un calcio nello stomaco e stava per liberarsi dalla mia presa. 
Non glie lo permisi: con il braccio che mi rimaneva le tenevo le braccia lungo il viso con le mani sopra la testa, strette della morsa della mia mano.
" Tu non sarai mai le altre. Tu non sarai mai come nessuno " mi uscì spontaneo.
All'improvviso mi accorsi di tutta quella vicinanza tra i nostri corpi che fino a quel momento avevo deciso di ignorare: il suo viso emanava calore, ascoltavo il suo cuore battere e mi nutrivo del suo profumo mentre sentivo l'adrenalina e chissà che altro pizzicare ogni lembo della mia pelle, come se stare a contatto con lei letteralmente elettrizzasse tutte le cellule del mio corpo. Anche il mio cuore non voleva calmarsi e fare silenzio, ed io continuavo a guardare in quegli occhi chiari simili ai miei e a perdermici ad ogni battito di ciglia. Scorgevo nei suoi occhi un mare di sentimenti contrastanti, sentimenti che rispecchiavano anche il mio stato d'animo: dolore, paura, rimorso, colpa, estasi, fame, attesa, impazienza, rabbia.. tanta rabbia. Ma nonostante tutta quella rabbia una strana elettricità era palpabile nell'aria, nessuno dei due poteva negarla, evitarla o combatterla. Lei era lì, ancora ansimante per la lotta, ancora con le braccia tese pronta a scappare; poi una misteriosa scintilla balenò nei suoi occhi ed il mio corpo in una frazione di secondo seppe esattamente cosa fare. 
 
Quando le nostre labbra si toccarono fu come se un fulmine ci colpì ma anziché disintegrarci, nutrì ancor di più quelle pericolose sensazioni. 
Lei rispose al bacio mentre all'inizio entrambi ci guardammo per quello che fu un secondo interminabile: ora vedevo la stessa Alma che ancora viveva nei miei ricordi.
Ci baciammo prima piano, quasi con quell'incertezza di esser respinti che si prova durante un primo bacio: le nostre labbra si scrutavano quasi sospettose alternandosi, assaggiandosi dopo tanto tempo come se fosse la prima volta, ma in realtà si conoscevano e sembravano combaciare perfettamente mentre si univano e si discioglievano sempre più appassionatamente e ardentemente. Pian piano la mia stretta si sciolse e le sue mani furono libere, caddero lentamente ai lati dei suoi fianchi e poi vennero verso di me afferrando la mia maglietta. Ormai il dolore allo stomaco sembrava scomparso e la mia mano era anch'essa libera. Afferrai il suo viso disegnando linee immaginarie con il pollice e premetti ancor di più le labbra sulle sue così da imprimermi per sempre il suo sapore nella mente. 
Lei mi afferrò i fianchi e aggrovigliò una gamba alla mia, intrappolandomi a sua volta. Il nostro respiro era affannato, io per un attimo mi ricordai del mio piccolo problema con l'asma sperando che mi lasciasse in pace ; di solito in queste occasioni non mi capitava, ma con Lei non si poteva mai sapere, non potevo sapere se il mio cuore avesse accelerato ancor di più il battito e l'asma mi avesse fatto qualche brutto scherzo.. Una sua mano oltrepassò l'ostacolo che rappresentava la mia maglietta e per la prima volta le sue dita entrarono in contatto con la mia pelle: l'ansia da asma mi abbandonò velocemente. Sotto le sue dita sentivo la pelle scottare, ma allo stesso tempo gelare, come quando si sta per troppo tempo con le mani immerse nella neve ed il gelo inizia a trasformarsi in fuoco. 
Si mosse sotto il mio peso e spostandomi leggermente mi tolse la maglietta ed io ricambiai, scoprendo che anche sotto i vestiti non era cambiata poi molto, eccetto per qualche chilo in meno sui fianchi; a me sarebbero sempre piaciuti in qualunque modo fossero stati , pensai. Lei si staccò lentamente dal nostro bacio e passò le dita su alcuni tatuaggi accorgendosi di come la mia pelle le rispondeva ritraendosi. Mi accarezzò il petto con dolcezza sorridendo quando si spostò sul mio braccio interamente ricoperto di filigrane nere, uno dei miei primissimi tatuaggi... In quel momento anch'io guardai il suo braccio e notai che la sua sleeve era ancor più marcata della mia: eravamo insieme quella notte in cui decidemmo di farci quel tatuaggio ma non eravamo ubriachi. Ubriachi ci diventammo dopo, durante le varie sedute perché il dolore dopo tre ore diventava insopportabile. Forse l'ha ripassato di recente, pensai giusto nel frangente precedente al suo morso. Continuava a mordermi le labbra quasi avesse voluto farmi del male attraverso quel gesto ed io le risposi per le rime. La afferrai per i fianchi prendendola in braccio e mi diressi verso il divano con nessuna intenzione di smettere di baciarla. Le sfilai i pantaloni e tutti i vestiti che le rimanevano addosso e lei fece lo stesso: ora eravamo nudi e i nostri corpi finalmente tornarono a unirsi, scambiandosi il calore reciproco, combaciando completamente in ogni centimetro. Non smisi un attimo d'assaggiare la sua pelle mentre prepotentemente m'infiltravo nella sua anima, desiderandola sempre di più : lei era mia, era mia di nuovo... Potevo annusare di nuovo la pelle del suo collo, il profumo dei suoi capelli, sentire il suo calore sotto di me e il suo alito caldo mentre ansimava guardandomi, spogliandomi ancor di più di come non avesse già fatto con gli occhi raggiungendo il mio cuore sotto strati e strati di carne ed ossa, facendomi sentire interamente e irrimediabilmente senza difese, completamente suo. 
 
 
Just want to put my love in you.
 
Love eternal
Lust infernal
Bleeding, burning
Needing, yearning
 
Moi cherie, You remain a mystery to me... 
 
I see your face in every flame;
With no answers I have only myself to blame
 
Of all the women I have known - they're not you
I'd rather be alone
 
 
 
Alma ed io ci eravamo conosciuti al liceo, eravamo inciampati l'uno nell'altra al terzo anno: l'avevo notata durante una lezione di Letteratura Inglese, una settimana dopo l'inizio della scuola perché fu solo in quel momento che la vidi bene per la prima volta in viso. Aveva sempre cercato di nascondersi dietro ai suoi capelli color nero pece molto inusuali e quasi innaturali per qualcuno nato e cresciuto così a Nord, fino a quando quel giorno non dimenticai per l'ennesima volta la mia antologia e il professor Punainen m'invitò malvolentieri a seguire insieme ad un compagno; di solito il mio punto di riferimento era Migé ma quel giorno non c'era così, timidamente, mi sedetti al banco di Alma, allora già bellissima. 
Da quel momento iniziammo a frequentarci e stare tutto il tempo insieme : il più delle volte assisteva alle prove del gruppo con cui suonavamo allora io e Migé ; lei c'era sempre stata in questo genere di cose e mentre i gruppi cambiavano e le formazioni si susseguivano, lei continuava ad essere un porto sicuro.
Passò un anno prima che ebbi effettivamente il coraggio di baciarla: ricordo ancora tutta quell'adrenalina ed ansia che avevo quel giorno, quando dopo aver visto insieme i mitici Iron che già di per sé erano un evento abbastanza impegnativo, la portai in quello che poi diventò uno dei nostri posti segreti, e la baciai per la prima volta. Ricordo ancora mio padre che il giorno dopo lo capì al volo e mi diede il tormento per una settimana chiedendomi di portarla a casa e quando alla fine ci riuscì mi sorpresi di come non ci disturbò affatto mentre trascorremmo l'intera serata ad ascoltare dischi e a parlare. Forse voleva soltanto che fossi felice.
Alma era sempre piena di idee e di nuova musica da farmi ascoltare: in realtà ci scambiavamo di continuo dischi e cassette e a poco a poco le nostre cose si fusero tanto che iniziammo a pagare a metà le compere nei negozi di dischi del centro.  Avevamo molto in comune, per questo ci capivamo così bene: lei poi era sempre stata una santa/ maestra a trattare con il caratteraccio che ho, specialmente a quel tempo quando odiavo tutto e tutti indistintamente. Mio padre spesso le chiedeva come facesse, ora me lo chiedo anch'io. A mia madre era sempre piaciuta molto, l'ha sempre portata nel cuore tant'è che tutt'oggi quando è abbastanza lontana da me dal farsi sentire, continua a metterla a paragone con tutte le altre donne che sono state nella mia vita. 
Alma mi aveva sempre venerato ed io non ne ho mai capito il perchè: diceva sempre che ero speciale, che oltre al dono della musica e delle parole avessi un qualcosa di magnetico e buono che mi veniva da dentro . Dopo di lei molte altre hanno pronunciato più o meno queste stesse parole ma io mi sono sempre e solo fidato delle sue: lei era l'unica ad essere stata sincera ed autentica perché lei era stata l'unica a dirmi quelle cose meravigliose prima che gli HIM diventassero famosi e conosciuti ed io diventassi il tenebroso Ville Valo che tutti sono abituati a vedere e che credono di conoscere. Tutte le  donne, che non sono state poi così tante, che sono passate dal mio letto cercavano sempre qualcos'altro, il mio corpo, i miei soldi, la fama, l'essere definita 'la fidanzata di Ville Valo' ... Tutte si aggrappavano all'apparenza mentre io m'illudevo di riavere ciò che avevo provato con Alma - anche solo un pò di quella felicità, credendo a tutte le bugie ed ancora peggio assecondandole. Lei era stata l'unica forse ad avermi amato per il ragazzino incasinato e malinconico che ero, senza  quasi chiedere nulla in cambio se non il mio amore per lei. Diceva sempre quanto io fossi troppo per lei, ed io puntualmente ogni volta le rispondevo che era completamente pazza e delirante a pensarla in quel modo. 
A volte la vastità del suo amore mi faceva paura, altre mi spaventava l'intensità del mio nei suoi confronti e di quello che provavo nei momenti in cui da inguaribile pessimista pensavo alla possibilità di perderla. Tenevo troppo a lei e sapevo già fin dall'inizio che semmai fosse uscita dalla mia vita, avrebbe trascinato il mio cuore con sè, riducendolo a brandelli in cui durante la corsa si sarebbero conficcate spine e taglienti pezzi di vetro lasciandolo sanguinare e morire. 
Sapevo che qualora lei non ci fosse più stata, io non sarei stato più lo stesso. D'altronde come può qualcuno vivere senza un cuore? Ciò che é costretto a fare è solo sopravvivere.
 
 
 
 
 
Note: 
Giusto per chiarezza vorrei spiegare bene l'arco temporale durante il quale Alma e Ville si incontrano che come avrete capito è durante il liceo prima che Ville fosse Ville e gli HIM fossero gli HIM. Poi si sono persi prima che il gruppo ebbe il grande successo, alla fine degli anni Novanta e prima della Razorblade Romance Era
Detto questo spero che il capitolo a cui mi sono dedicata molto negli ultimi giorni sia piaciuto. Potete lasciare un commento o un pensiero anche negativo! 
Durante la fine della stesura del cap ho ascoltato due album dei Type che sono October Rust e Life is Killing Me. Btw i versi inseriti nel testo vengono da una loro canzone, Blood & Fire.
Tutti i riferimenti esterni (temporali e spaziali) sono come sempre reali per rendere come al solito la storia più verosimile possibile. 
Grazie ai silenziosi e a quelli che fanno rumore. 
 
 
Kiitos paljon ja Hyvää Uutta Vuotta Kaikille!
 
-kuutamo 🕷

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Capitolo 4
*** All This Pain Smothers Me ***



 

 

Redeem me into childhood

Show me myself without the shell

 

 

 

Rimasi alla finestra anche dopo che lui scomparve all'angolo, in attesa che il mio corpo mi dicesse cosa fare. E ora, ora cosa accade?

Sentivo il cuore esplodermi nel petto; da quando lui mi aveva presa per il braccio non avevo più sentito freddo e ora addirittura avevo caldo. Mi tolsi il cappotto e il maglione e andai in camera da letto. Feci ondeggiare più volte l'armadio e finalmente riuscii a scostarlo dal muro di qualche centimetro. Con un cacciavite mi aiutai a svitare un pannello ormai coperto da strati di pittura, fino a rimuoverlo completamente. Eccola, mi dissi, era ancora là intatta come se le ragnatele le avessero fatto compagnia tenendola al sicuro. Le ringraziai mentalmente come una sciocca e poi le rimossi, prendendo di nuovo quella scatola tra le mani. 

Quando me n'ero andata da questa casa avevo giurato che mai più anima viva avrebbe visto o toccato quella scatola, che io non avrei rimesso più piede in questa casa, che non sarei più tornata. Quante promesse si fanno a se stessi che poi non si mantengono? Credevo di poter decidere come comportarmi, di poter 'guidare' me stessa ed essere a capo del mio mondo, e invece.. per tutto questo tempo forse questa è stata solo una bugia che ho continuato sapientemente a dirmi tutte le sere prima di dormire, così da esser pronta ad affrontare un altro giorno con un sostegno a cui appoggiarmi. La vita non è mai come ce la costruiamo. Di solito va al contrario.

 

La aprii. Gli oggettini erano tutti al loro posto : le lettere, i biglietti del cinema, tapes, i petali, dei pendenti. Ma la cosa più importante per me era un anello, quell'anello che si nascondeva timido ancora dentro la sua scatolina di velluto blu. Quando lo misi al dito era molto freddo, interamente d'argento, quell'opale mi era sempre piaciuto molto. Ville me lo aveva regalato dopo pochissimo tempo che ci conoscevamo e io ne ero stata entusiasta.. Aveva sempre avuto buongusto nel scegliere cosa regalarmi, era uno che non lasciava nulla al caso, che se doveva fare un regalo lo faceva come si deve, e il risultato poi era che quello che sceglieva era davvero il regalo perfetto, e lo era ogni volta. 

Strinsi i pugni al petto e una lacrima, a mia insaputa, rigò la guancia. In silenzio scese fino al collo e poi si assorbì nel tessuto. Era passato così tanto.

'Lui non è la stessa persona' continuava a ripetermi una voce. 

Io lo sapevo. Come potevamo essere le stesse persone dopo tutto quello che era successo, o meglio quello che gli era successo… Lui non conosceva i dettagli su cosa avevo fatto in questi anni, ma io sì. 

Lo avevo seguito come fa un'ombra da lontano. Avevo visto l'ascesa al successo degli HIM e poi il grande pubblico americano, i suoi frequenti viaggi negli Stati Uniti, le sue storie, le sue dipendenze, la sua riabilitazione, il suo dimagrimento, l'uscita di un nuovo album, il far credere a tutti quanti di stare bene sorridendo in camera e poi il rintanarsi per settimane come se non esistesse un mondo fuori le mura della torre. E ancora, i pettegolezzi, la dipartita di Gas, l'arrivo di un nuovo membro e tutto il tempo dovuto al nuovo assestamento nella band. 

Io sapevo tutto, avevo visto ogni cosa e forse mi ero spinta anche più in là. Ma nonostante ciò neanch'io riuscivo a capirlo del tutto, perché appunto era cambiato. 

Ho ascoltato tutto dall'angolo più remoto e ogni volta, per ogni difficoltà che ha dovuto affrontare sarei voluta stargli vicino. Avrei voluto salire su un aereo e dirgli che andava tutto bene, che doveva ricordarsi chi era, perché aveva scelto il suo percorso e che era una persona come poche se ne incontrano. Avrei voluto comporre il suo numero e dirgli col cuore in gola che continuava a mancarmi nonostante il tempo, i mari del Nord e le persone che c'erano tra noi, nonostante provassi disperatamente senza esito a dimenticare il suo volto e di come invece mi appariva in sogno quasi come un dolce amaro sollievo dalla vita che vivevo ma non sentivo. Avrei voluto esserci per lui, ma la fredda verità era che non c'ero stata e i miei pensieri non gli erano arrivati.

Umani, esseri inutili, vigliacchi e paurosi. 

 

 

 

The words could never tell you

How much I still miss you

 

 

Ogni cosa muore se non la si nutre, un po' come appassiscono le piante se non gli vien data l'acqua, ma  allora perché lui aveva ancora tutto questo potere su di me? Perché continuava a mancarmi così tanto? 

Nel momento in cui l'ho visto, ho capito che non sarei mai dovuta tornare qui: dovevo tener fede alla mia tacita promessa. Ma si sà, gli adolescenti diventano adulti e gli adulti sono molto più insensati di quel che sembra. 

 

 

 

 

_____________________

 

 

 

 

 

Alma era tornata.

Era tornata, ora potevo esserne finalmente certo e smettere di passare sotto quella casa ogni volta che dei nuovi inquilini la abitavano, in cerca dell'unica persona che avrei voluto vedere attraverso quelle tende.

Come sono cambiate le cose in questi venti anni, quante ne sono cambiate.. Io sono cambiato, e in peggio ovviamente. 

Se chiudevo gli occhi per un attimo potevo di nuovo vedermi giovane e inesperto, i miei nuovi abiti neri e quelle ossicine mingherline che sporgevano. Ricordo che a quel tempo mi sentivo libero e senza paure, se non fosse stato per la fifa da palco. Mi sentivo invincibile, ero stupido. Un ignorante, ignoravo il mondo pur intuendone i mali, ma non m'importava. Se ci riflettevo meglio era stato il mio essere così imbecille davanti a certe situazioni a portarmi a fare certe scelte nel corso del tempo, molte delle quali sbagliate, molte da cui non si torna indietro, molte di cui mi sono pentito amaramente.. e Alma, Dio, era una di queste. 

Avrei voluto dirle che mi era mancata di più di quello che pensava, di più di quanto io le fossi potuto mancare. Che l'avevo cercata, aspettata. Ma ora, dopo tutto questo tempo, a cosa servono queste parole? Nonostante le sue sembianze da ragazzina le cose sono cambiate per tutti e due… Non si può cancellare il tempo con un battito di ciglia, schioccare le dita e far finta di tornare indietro come se nulla fosse accaduto, come se la vita non fosse stata vissuta, bella o brutta che sia. Eravamo diversi.. lei era diversa, e lo sentivo, aveva perso quel candore di un tempo e la vivida voglia di fare che la caratterizzava.. forse anche lei aveva 'vissuto'. Non sapevo nulla di lei infondo: gli adolescenti dicono tante cose ma poi cambiano; non sapevo neppure se era tornata a Helsinki con un marito e dei figli, non l'aveva detto. In realtà non parlammo molto durante il tragitto e le cose che ci dicemmo furono puramente superficiali, eravamo entrambi ancora scossi da ciò che era successo, ma sono sicuro che tuttavia, come me, la sua mente si era già messa in moto iniziando a macchinare spiegazioni, parole, suoni, ipotesi. 

Ero così.. impaziente. Di vederla, di riabbracciarla ancora, di baciarle il volto, di stringerla e fermare il tempo. Volevo conoscerla, conoscerla di nuovo o forse per la prima volta. Come ho detto, gli adolescenti cambiano, e noi non eravamo più due adolescenti. 

 

 

 

 

Ora lei era distesa affianco me: durante la notte si era appropriata di un mio braccio e da allora non l'aveva più lasciato. Stranamente dal mio solito quella stamattina mi svegliai all'alba e dal momento in cui il sole aveva cominciato a filtrare dai vetri della finestra io ero lì che continuavo a guardarla quasi come un maniaco, a non credere  che lei fosse davvero lì con me.  All'inizio quando ancora era buio pensavo che tutta quella situazione fosse solo un'altra delle mie fantasie. 

Era girata verso di me e riuscivo a vederla bene in volto mentre con un braccio mi cingeva il torace: la sua pelle era così liscia e diafana che quando la accarezzavo sul fianco fin sopra al torace mi sembrava di toccare seta bianca. I capelli le incorniciavano buffamente il viso, un po' scompigliati, ma nonostante tutto rimaneva sempre bellissima e impeccabile anche appena sveglia. 

Il suo respiro era regolare, segno che stava riposando bene e che forse faceva bei  sogni.  Ogni tanto mentre la guardavo mi veniva il batticuore, o meglio sentivo il battito che accelerava apparentemente senza motivo: era come se continuando a guardarla mi sentissi ancora un ragazzino, uno di quelli infatuati che appena vedono una ragazza che gli piace iniziano a farsi rossi e a non dire una parola. Alma mi faceva proprio quest'effetto. Lei è una di quelle persone il cui ricordo non muterà mai: come quelle persone che non vedi da un sacco di tempo ma con le quali sei cresciuto e che quindi nella tua memoria si sono guadagnate quel posto speciale da cui nessuno è capace di rimuoverle, nemmeno tu stesso che in teoria della tua mente sei il padrone. Ma era davvero come nella mia testa? La verità era che lei era cambiata . Insomma come farebbe una persona a non cambiare in vent'anni? È un processo naturale  e anche abbastanza logico ma nonostante questo il mio istinto, il mio cuore, tutto dentro di me continua a dirmi che lei è semplicemente la stessa ragazza di un tempo. La parte conscia di me però sa che è una cazzata, e pure bella grande. Ma non voglio svegliarmi per il momento.

 

"Buongiorno" disse stirandosi piano le gambe scalciando le lenzuola mentre apriva gli occhi.

"Buongiorno a te. Hai dormito bene?"

"Come non mi succedeva da tempo. E tu, soffri ancora di insonnia?" e come volevasi dimostrare lei mi conosce ancora meglio di me che in questo corpo ci abito.

"Sai, l'insonnia a dirla tutta è davvero peggiorata. Dovrò aggiornarti a riguardo"  sorrise. Poi guardò di nuovo in basso per un attimo e iniziò a stringermi come aveva fatto per tutta la notte e ad accarezzarmi il petto con l'altra mano. Dopo un po' si mise a guardare le sue dita mentre mi accarezzavano creando disegni al centro del torace, pensando chissà a che cosa: certo potevo solo immaginarlo, oppure averne una vaga idea. Questa era una delle sue abitudini che notai non esser cambiata.

 

"A cosa stai pensando?" le chiesi.

"A te… "

"Te ne sei già pentita?"

"No, affatto " mi guardò contrariata inarcando le sopracciglia quasi come fossero quelle di un personaggio dei fumetti. 

"E allora cosa ti turba o meglio cosa cattura tutta la tua attenzione?"

"Stavo solo pensando che sei ancora un bel figurino" disse incerta e scherzosamente puntò il dito su una spalla.

"Io? Tu sei semplicemente bellissima" dissi sorridendo un po' imbarazzato.

"Bellissima?"

" Sì, beh al momento non mi vengono altri aggettivi più esplicativi, sono parecchio distratto" dissi arrossendo lievemente. Lei sorrise, non se lo aspettava. Appoggiò la guancia contro di me e io la strinsi ancora più forte. Con il viso al sicuro dalla mia vista inspirando poi disse:

"Mi è mancato tutto questo…"

In quel momento il mio cuore cadde da non so quale altezza vertiginosa emettendo un sonoro tonfo in un pozzo senza fine: poteva strapparmi il cuore in qualunque momento avesse voluto e io sarei stato lì a guardare, a lasciarglielo fare.

"Tu mi sei mancata.." a quel punto lei guardò verso di me sollevando il capo tanto che le posai per un secondo le labbra sulla fronte, e mi baciò con un' espressione grata e sorpresa stampata sul volto. Ci baciammo a lungo nuovamente come se non ci vedessimo da una vita, e in fin dei conti era vero ma fu come il primo bacio della notte appena passata, come se nessuno dei due riuscisse pienamente a saziarsi. Mentre mi insinuavo in ogni meandro del suo collo notai quanto perfetto, esile e longilineo fosse  e pensai che quel tipo di fragilità rispecchiasse perfettamente come era fatta la sua persona: ero abbastanza certo della sofferenza che scorgevo nebbiosamente in quegli occhi quando lei era troppo presa a pensare ad altro per notarmi ad osservarla minuziosamente.

Poi a poco a poco la stessa fame che ci aveva investito entrambi la notte precedente  si presentò di nuovo  e fu  come accogliere il più dolce degli abbracci.

 

 

 

 

"So perché mi guardi così" 

"Ah sì?"

"Vuoi sapere cosa ho combinato, che cosa ho fatto a Londra, chi ho conosciuto, con quanti uomini sono stata a letto…"

"Beh, non sono stato io a chiederlo, ma fai pure - risi - In effetti sono molto curioso"

"Riguardo all'ultima voce dell'elenco?" non c'era malizia nel suo tono di voce.

"Riguardo tutto quanto" dissi serio. In quel momento lei fece un respiro profondo e prese a fissare un punto indistinto nella stanza.

"Non ho fatto nulla di diverso da ciò che ti ho brevemente raccontato: a Londra ho lavorato facendo quello che più mi piace ma a lungo andare per un periodo mi ha stancato, devo ammettere. I giorni erano tutti uguali, ricordi quei giorni di quella vita che ripetevamo non sarebbe mai toccata a noi? Le lunghe giornate seduti in ufficio e tutto il resto. Non so perché, ma di tanto in tanto si formava come un blocco e andare avanti anche facendo le cose più stupide mi era difficile"

" Succede a tutti. A me molto frequentemente, per non parlare dei blocchi dello scrittore, o del musicista.. È come se non si riuscisse a riempire il vuoto " dissi, continuando a guardarla. Volevo farle capire.

" Esatto - disse saettando lo sguardo su di me - Un senso di vuoto che ti si accanisce contro quando il periodo di produttività o serenità sta per terminare perché essenzialmente sono finite le cose che tenevano vivo il tuo interesse " 

Prese di nuovo a guardare quel puntino che sembrava molto più attraente di me. Provò a parlare due volte mimando delle parole mute ma solo al terzo tentativo qualcosa uscì davvero. Forse stava pensando al miglior modo per dirmi qualcosa. O forse stava decidendo se lasciarmi sapere o tenermi allo scuro.

" Stavo per sposarmi, a Londra " disse atona. Mi limitai a guardarla irrigidendomi, lei  parve non farci caso e continuò a fissare davanti a sé sapendo di avere il mio sguardo addosso.

" Prima di incontrare Lui ero uscita con qualche ragazzo ma non era finita bene nemmeno una volta. Erano tutti o troppo stupidi o troppo presuntuosi. Quando conobbi Mark in un bar all'inizio non mi colpì affatto ma poi si avvicinò e iniziando a parlare scoprimmo di avere quasi gli stessi gusti riguardo a film e cose di questo genere. La verità è che mi stava simpatico perché non parlava di politica o di calcio, il che è piuttosto strano per un inglese ma ad ogni modo, col passare del tempo ho trovato dei difetti di fabbrica anche a lui "

" Quanto tempo vi siete frequentati ? " chiesi.

" Due anni e mezzo " davvero tanto tempo, pensai.

" E poi? "

Sospirò.

" E poi entra in scena la storia più vecchia del mondo: mi tradiva. Qualche mese prima del matrimonio ho iniziato ad avere dei dubbi, così ho collegato vecchi indizi, ho iniziato ad annusare le sue camicie prima di metterle in lavatrice e cose così, fin quando un giorno ho frugato nel suo telefono e ho dato appuntamento al contatto più contattato che aveva in rubrica. Ho mandato un sms anche a Mark dicendogli di presentarsi mezz'ora dopo nello stesso posto e tutto è stato straordinariamente naturale da affrontare: non m'interessava più di lui e delle sue bugie, così ho preso e mi sono trovata un altro appartamento. Ma devo ammettere che smascherare quel pezzo di merda mi è davvero piaciuto un sacco. "

" Hai fatto davvero una cosa del genere? " chiesi quasi divertito. Lei si voltò dubbiosa.

" Non sono una cretina. Non lascerò mai a nessuno il potere di prendersi gioco di me tantomeno ad un traditore e mediocre come Mark "

Restammo in silenzio per qualche istante.

" Anch'io l'avrei fatto " riflettei a voce alta.

" Davvero? "

" Sì, voglio dire, non piace a nessuno essere preso in giro "

" Eppure ho visto che sei stato piuttosto malleabile.. "

" Dite tutti così. Sono stufo di sentirmi dire quanto sia stato stupido e cieco " mi scaldai; quello era sempre un argomento che continuava a stizzirmi. Un tallone d'Achille.

" La amavo " dissi mettendomi a sedere, dandole le spalle. Guardai verso gli alberi, fuori dalla finestra.

" Cosa aveva Jonna di così speciale? So che è una domanda tanto frequente quanto priva di senso ma me lo sono sempre chiesta "

Iniziavo a chiedermi quanto mi avesse tenuto d'occhio Alma.

" Il fatto è che potrei elencarti tutti i pregi e le cose belle che trovavo in lei come potrei invece dirti 'non lo so'. Tutte le volte che ho amato non sono stato lì a chiedermi cosa mi piacesse della persona che m'interessava, m'interessava e basta. E sono sempre partito per la tangente, con tutte le promesse andate a farsi benedire e scottandomi ogni volta. Perché alla fine per quanto ripeta sempre a me stesso di andarci coi piedi di piombo e non fidarmi, arrivo sempre ad un momento di non ritorno in cui vengo risucchiato sempre dallo stesso mulinello che a lungo andare mi trascina a fondo con sè. Posso dirti però che nonostante tutta la sofferenza, amare mi è piaciuto "

La sua bocca si allungò in un sorriso mesto.

" Amare è la parte migliore di noi, sempre " disse accarezzandomi le spalle. In quel momento si levò anche lei e appoggiò il suo petto nudo contro di me, avvolgendomi in un abbraccio.

" Amare è l'unica cosa che rimane, l'unica cosa importante " mi strinse. 

In quel momento sentii un misto di felicità e incertezza esplodermi in petto. Mi voltai appena verso di lei torcendo il collo da un lato tanto bastava per avere le sue labbra ad illuminare la mia visuale.

" Voglio che tu rimanga " dissi deciso, egoisticamente. Poi mi voltai in modo da  essere l'uno di fronte all'altra; i suoi occhi un misto di paura e complicità. Annullai la distanza fra di noi e la baciai con trasporto fino a perdere il fiato entrambi. 

" Dimmi che rimarrai " sussurrai tra un bacio e l'altro mentre nel frattempo ero già sopra di lei tenendola in ostaggio quasi come ad aver paura che qualche forza malvagia me la rubasse di nuovo. 

All'improvviso lei capovolse la situazione torreggiando su di me, tenendomi i polsi vicino alla testa.

 

 

Way down deep within my heart

Lies a soul that's torn apart

Tell me, tell me what your after

I just want to get there faster

 

 

" Ho sempre odiato il modo in cui eri con Jonna " disse guardandomi dall'alto. Si avvicinò di più fino a che potei sentire il suo respiro sulle palpebre: disegnò con il naso una linea immaginaria e poi mi morse con forza il labbro.

" Il modo in cui sottostavi a tutto quello che ti faceva.. "

" Come fai a sapere quello che mi faceva? " chiesi con il fiatone. Sentivo chiaramente il sapore metallico del sangue in bocca.

" Le hai permesso di usarti, picchiarti, stracciarti il cuore e dopo tutto questo la amavi ancora. Avresti fatto di tutto. " era rabbiosa e non ne capivo il perché. Continuava a baciarmi il petto e a lasciare qui e là una scia di morsi dolorosi.

 

 

All this pain smothers me

Like a bomb that you can't see

Tell me, tell me what your after

I just want to get there faster

 

 

" Io ti ho amato, ti ho odiato e poi ti ho amato di nuovo. Sai cosa si prova? Sai cosa si prova quando lanciano il tuo cuore in un braciere e poi lo infilzano con ferri incandescenti?.. " mi fulminò con lo sguardo mentre tornava con la schiena dritta e mi liberava i polsi. Rimasi interdetto.

" ..Questo è solo un'infinitesima parte " mi tirò a sedere e mi baciò con un fervore e una decisione che non le avevo mai visto. Sentivo il labbro inferiore bruciare e proprio quando stavo abituandomi al dolore sentii delle scie lunghe e nette dietro la mia schiena. Alma continuò a baciarmi ancora più appassionatamente graffiandomi e mordendomi ed io ero semplicemente in fiamme. 

A un certo punto si concedette una pausa e poggiò la fronte sulla mia; mi guardava fisso negli occhi. Sembrava indomabile e sfuggente come il più selvaggio degli animali.

" Sai .. - sussurrò ansimante - ..le tue labbra ora sembrano più carnose, come erano una volta. Come le ricordavo " mi disse alludendo al gonfiore e al rossore provocatomi. Aveva un sorriso diabolico che le illuminava il volto e mi piaceva così tanto che il dolore passò immediatamente in secondo piano.

Ci unimmo di nuovo, ma questa volta fu piena di rabbia, più passionale, quasi primordiale. Eravamo totalmente, incondizionatamente in balìa dei nostri istinti ed io in quel caos mi sentii al sicuro nell'incertezza di ciò che ci attendeva. 

 

 

 

 

 

Note:

Lo so, non aggiorno da un po' ma spero che questo capitolo vi piaccia e che non sia troppo corto. Scusate i francesismi.

Le canzoni che ho inserito sono:

Ghost Love Score, Nightwish

Rosary Blue, The 69 Eyes ft. Kat von D

Siva, The Smashing Pumpkins (li ho ascoltati moltissimo scrivendo questo cap).

 

Ringrazio chi commenterà e chi leggerà in silenzio.

Alla prossima.

-kuutamo

 

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Capitolo 5
*** Lose Me In The Dark ***


             



" Mi dici per quale diavolo di motivo ti sei trasferito? Qui c'è decisamente troppa luce, ed è ancora Febbraio! "

Era passato qualche mese e tra il lavoro e la sua fase compositiva, stranamente ci eravamo visti molto spesso e quasi tutti i weekend mi fermavo da lui a dormire per condividere i momenti di pace dei fine settimana. Non avevamo passato il Natale insieme, temevamo che affrettasse un po' troppo le cose. Ero stata ugualmente invitata a casa Valo per l'usuale  cena di Natale ma con rammarico avevo declinato, ed ebbi come l'impressione che anche Ville ne fu sollevato. Forse per il fatto di essersi evitato quella tensione mista ad imbarazzo e la raffica di domande che ci avrebbe colti in pieno dopo l'antipasto, ma ero sicura che seppur in mia assenza non fosse scampato al pericolo 'domande curiose'. In compenso il 31 notte, qualche ora dopo l'annuale concerto di fine anno al Tavastia si era presentato alla mia porta e avevamo fatto di nuovo l'amore. Ville sembrava felice, genuinamente felice. Sul suo volto, agli angoli delle sue rughe, non c'era traccia di alcun artificio, soltanto lui e il suo bel sorriso stampato da guancia a guancia. Ed anche io ero felice.

Ma nonostante ci stessimo comportando ancora una volta da ragazzini, e nonostante questo incredibile e vivace benessere che traevamo l'un l'altra, nell'aria era palpabile una certa dose di incertezza che ci faceva letteralmente vivere in una  bolla, nella paura. Come se tutto potesse finire da un momento all'altro e dovessimo star attenti a dove mettere i piedi per evitare eventuali bombe sul cammino. Ma sarebbero arrivate e lo sapevamo.. Perché anche se tacita, c'era sempre stata questa consapevolezza del non essersi perdonati del tutto, e la cosa era reciproca.

 

Lui si avvicinò sbuffando al tavolo dove stavo ultimando la mia traduzione.

" Te l'ho detto, era arrivato il momento di cambiare, e poi avevo finito lo spazio oltre che la pazienza "

Alludeva al fatto di aver sempre gente a ficcanasare fuori e dentro la sua proprietà.

" Ehm, Ville - indicai un punto indefinito del cortile senza neanche guardare - non è che la situazione sia cambiata poi tanto. È da almeno un quarto d'ora che due ragazzine sbirciano da sopra il cancelletto. "

Lui guardò immediatamente nella direzione indicatagli.

" Per la miseria. Ma non avete una casa dove starvene chiuse lontano dal mondo e soprattutto da casa mia? Pff"

" Non ti scaldare, è normale, sei il loro idolo. Oddio normale proprio non direi, però un po' di stalkering lo abbiamo fatto tutte, è la prassi!"

" Ah sì, e tu a chi lo hai fatto sentiamo un po', oltre ad avermi spiato per tutto questo tempo? "

" Beh… Ho tentato di avvicinarmi a mr Molko un paio di volte alla fine dei concerti perché non ho mai avuto un suo autografo ma puntualmente il simpaticone ha tirato dritto senza fermarsi "

" Ah però! Beh semmai dovessi incontrarlo gli chiederò un autografo e lo incornicerò, lì proprio sul camino, così potrai averlo sotto il naso tutto il tempo che vuoi. Ma non te lo cederò mai. "

" Sei proprio uno stronzo, non posso neanche sfruttarti a dovere "

" Mi spiace, ragazza "

" Cos'è, hai smesso? "

" Fingerò di non aver capito "

" Un giorno dovrai spiegarmi come mai e perché hai passato momenti della tua vita con persone indecenti.. "

" Gesù, non dite altro. "

" Fammi indovinare, tutti? Sfido io. Forse le mettevi una maschera mentre lo facevate? " scherzai ridendo. Ma ovviamente il fattore estetico era secondario al modo in cui la persona in questione agiva e si poneva nei confronti dell'altro. 

" E poi sarei io lo stronzo? " chiese.

" No, sul serio Ville, mi è capitato di avere a che fare con colleghi viscidi e scorretti ma l'essere squallidi qui è a livelli davvero alti. Solo per il fatto di scrivere dettagli privati come se niente fosse agitandoti come un premio agli occhi della rete, meriterebbe d'esser presa a borsate"

" Certo che ne hai fatte di ricerche, segugio "

" Mi spiace, sono fatta così. Alcuni tipi di persona non mi piacciono. "

" A dire il vero sono più quelle che non ti vanno a genio che quelle con cui riesci ad intavolare una conversazione "

" Forse una volta, ora sono molto più elastica o brava ad annuire, dipende come vuoi vederla. Ma di certo la nausea per certe cose ce l'ho ancora ed è piuttosto intatta! E poi senti chi parla, mr. estroverso."

 

Prima di proferir di nuovo parola si fermò interdetto a guardarmi, poi schiuse le labbra abbozzando un sorriso, e in quel momento mi parve quasi come se fosse tornato ragazzino, quando si meravigliava anche per la cosa più futile. 

 

" Sei incredibile.. Alcune cose di te sono rimaste esattamente le stesse, ed è quasi spaventoso. Come tornare indietro nel tempo e sapere esattamente cosa ci si troverà di fronte - abbassò lo sguardo, forse in cerca delle parole giuste - Sai, per mesi e mesi ho avuto la malsana convinzione che mia madre sapesse qualcosa sul tuo conto. Non so, avevo come l'impressione che quella più preoccupata per me fosse lei, con il suo sguardo invisibile, silenzioso e apprensivo che però sentivo addosso quando pensava di non esser vista. "

" Ville, lei è da sempre colei che si preoccupa di più per te! "

" Sì, lo so, ma sembrava avesse altro per la testa. Alla fine però non c'era niente da scoprire, solo il vuoto "

Gli presi una mano, intrecciandola piano con la mia. 

 

Mi sentii morire. Pregai che cambiasse argomento, e anche alla svelta. 

Ville non doveva sapere niente di quella storia. Nessuno avrebbe dovuto, neanche Anita, e sperai tanto che rimanesse sepolta in quell'infinita nebbiosa incertezza che avvolgeva entrambi.


 

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<< Benvenuti all'aeroporto di Helsinki-Vantaa. Vi preghiamo di attendere pochi minuti  l'apposito segnale sul led per lasciare i vostri posti. Grazie per aver viaggiato con Finnair.>>

 

L' aeroporto era ridicolmente piccolo rispetto all' Heathrow. Il volo non era stato molto piacevole, colpa dell'ansia e dell'adrenalina che era sempre troppa se si parlava di Alma. La mia Alma.

La tabella di marcia era una guida semplice ed efficace da seguire e per il weekend saremmo stati entrambi di nuovo nella nostra Londra e quei terribili mesi di perdizione e malumore sarebbero stati solo un lontano ricordo. 

 

Saltai sul primo taxi disponibile e comunicai l'indirizzo al conducente. Mi sistemai per bene sul sedile e mi scaldai le mani sfregandole sulle cosce. Dio, che freddo bestiale. Come poteva madre natura aver partorito un posto simile, freddo, buio triste e fuori dal mondo? 

 

Mi dissi che saremmo stati bene a Londra, magnificamente. Io e lei. 

Avremmo ricominciato daccapo, tutto.

La vettura partì.

 

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[Due giorni dopo]


" Sì? " risposi aprendo la porta del cancellato esterno.

Davanti a me trovai un uomo sulla quarantina, occhi chiari capelli scuri, alto e magro, il colletto della camicia che sbucava da sotto il cappotto in feltro, un po' leggero per questi climi, mi dissi. Pensai che sembrava proprio un impiegato o un agente segreto. 

 

" Salve, lei deve essere il signor Valo "

" Ehm sì, glie l'ho appena detto al citofono, e lei? "

" Mi chiamo Mark Whalberg, piacere" allungò la mano ma rimase a mezz'aria. Continuava a fissarmi.

" Perdoni la mia reticenza ma ogni giorno si presentano alla mia porta le persone più disparate, quindi andiamo subito al sodo, come posso aiutarla?" quell'uomo metteva i brividi.

" Certo che qui non siete molto ospitale, piuttosto freddi. Me lo avevano detto "

" Direi scettici, ma se preferisce alimentare i pregiudizi faccia pure. Lei non è di qui, vero? Si nota subito. " indicai il suo soprabito.

" Certo che no, da cosa l'ha capito? "

" Mhm, l'insieme. Ma mi dica, cosa cerca nel profondo, inospitale e tremendo nord?"

" Vengo da Londra " disse con un mezzo sorrisetto.

'Londra' pensai.

" Vedo che sta iniziando a capire" 

" Cosa dovrei capire, scusi? "

L'uomo digrignò i denti con il patetico intento di sorridere, ma ne uscì solo un ghigno.

"Sono qui per Alma. Ha presente chi è Alma, vero? Scommetto tutto quello che ho che siete in contatto, quindi non si affanni a mentire. Questa è solo una visita di cortesia. "

" Chi è lei, che cosa vuole? "

" Beh, pensavo che a questo punto lo avesse afferrato. Sono il fidanzato di Alma. Non so se sono stato argomento delle vostre lunghe conversazioni ma forse ha omesso di dire che presto ci sposeremo. "

" Tu quindi sei quello che ha cercato di incastrarla. Ha! "

Sembrava finalmente stizzito. Sarà stato il mio modo di guardarlo o il brusco passaggio dal 'lei' al 'tu'? In men che non si dica, lui fece lo stesso.

" Volevo solo informarti che ogni più piccola cosa che pensi di aver ricostruito con lei è soltanto una menzogna. Non potete ricostruire il passato. Ormai Alma ha la sua vita, e io sarò al suo fianco, come deve essere. Tu puoi continuare a strimpellare per fatti tuoi."

" Quindi quando presumo sia scappata da te da Londra e sia tornata a casa da me, anche quello faceva parte dell'amore che prova per te, giusto? Lascia stare Alma, tornatene a casa tua e rifatti una vita. Ci sarà un motivo per cui ti ha lasciato, quindi smettila con queste minacce e castelli di carta. "

L'uomo si stizzì ancor di più al punto tale di annullare la distanza che c'era tra noi con un passo e guardarmi fisso negli occhi.

" Alma ha avuto un aborto spontaneo un anno fa. Quello che portava dentro di sé era mio figlio. È andata via perché non se l'è mai perdonato. Ed io sono qui per riprendermela. "

 

Sbiancai. Rimasi immobile ma cercai di non lasciar trasparire niente davanti a quello stronzo. Lui sembrava molto felice dell'effetto delle sue parole su di me e iniziò ad allontanarsi lentamente per guastarsi la sua scenetta fino all'ultimo. 

 

" Sai, la vita è strana e crudele, Ville. Non sarò l'uomo perfetto ma almeno con me non ha avuto bisogno di abortire perché il padre di suo figlio si faceva tutte quelle che trovava in giro. "

 

Non sentii più il cuore battere. Era tutto un vortice di rumori e suoni ovattati, come se fossi stato rinchiuso in una cassa nelle profondità degli abissi. In compenso avvertivo l'arrivo di un attacco. Entrai dentro e camminai fino alla porta d'ingresso. 

Dovevo parlare con Alma, e dovevo farlo ora. Prima che lui la trovasse. Prima di lui. 
 

Come avrei dovuto comportarmi? Non riuscivo a fare un ragionamento lucidamente che puntualmente una valanga di domande mi cadeva addosso.  


 

Quando arrivai sotto casa sua lei mi aprì. Appena sull'uscio della porta mi  stava aspettando dubbiosa sicuramente a causa della voce atona che avevo avuto poco prima.

 

" Sembra che tu abbia visto un fantasma "

" Mark è qui " fu la mia unica risposta. Entrai e mi sedetti sul divano. 

Sul suo volto piombò una maschera cerea, nebbia totale. 

" Si è presentato alla mia porta. Dice che è qui per te. "

" Come faceva a sapere dove abiti? "

" Dove abito lo sanno anche i sassi. No, la domanda è un'altra. Perché lui sa per certo anche dove ti trovi e non ci metterà molto a presentarsi anche qui. Anzi, sono sorpreso di non avervi trovati insieme a prendere un thè " dissi nervosamente e lei nonostante quel bombardamento di informazioni se ne accorse.

"Che significa? - chiese ancora più dubbiosa - Che cosa ti ha detto quello schifoso? " disse.

" Di nuovo la domanda è un'altra. Non è importante cosa lui mi abbia detto ma cosa non mi hai detto tu. "

" Non so di cosa parli. "

"Ora che il tuo futuro sposo ti ha messo alla scoperta puoi anche smettere di fingere"

" Che cosa ti ha detto Ville? Mark non è una persona affidabile "

" E tu lo saresti? Tu che da un giorno all'altro prendi tutte le tue cose e te ne vai? "

" Mark è solo geloso, gli ho parlato spesso di te e ogni volta non la prendeva molto bene. Ti avrà riempito la testa di fandonie e menzogne solo per punirmi " continuava a camminare avanti e indietro per la stanza ma poi si fermò di colpo.

" Anche il nostro bambino è una menzogna o ti sei convinta che non sia mai esistito come noi due? " era così strano usare quelle due, piccole parole per la prima volta.

Ci fu un gran silenzio e d'un tratto avrei solo voluto essere nella sua testa e vedere tutta la verità con chiarezza, nessun filtro. Non volevo né essere protetto né un'idiota, solo che mi dicesse tutto.

 

" Parlami. Io voglio sapere " ero sull'orlo delle lacrime, ma mi trattenni. Non sarebbe successo. 

Mi era di spalle e quindi non riuscivo a vedere la sua espressione anche se potevo avere una mezza idea di come se la passasse. 

La vidi fare un profondo respiro e sedersi di fronte a me sul bordo del divano. Lontana. D'altra parte lo era stata sino ad ora, perché mai avrebbe dovuto cambiare?

 

" È vero? " la incitai. Lei si limitò ad annuire debolmente. Non riusciva a guardarmi negli occhi. Ricordo che di solito quando era nervosa non riusciva a star ferma e non smetteva di torturarsi le mani. Ma ora era semplicemente immobile. Il suo petto sembrava fermo, il respiro inesistente. 

Sentii come una nebbia nera avvolgermi le iridi, non riuscivo ad essere lucido. Sentivo come se un'esplosione si stesse facendo strada dentro di me, e presto sarebbe venuta fuori. 

Allora mi alzai in piedi, nonostante fosse la cosa meno saggia da fare in quel momento, e senza voltarmi me ne andai. 

Non riuscivo a guardarla, a respirare la sua stessa aria.

Uscii dalla porta, percorsi le scale e mi ritrovai in strada. I lampioni mi fecero da guida quella notte, ma non ricordo se arrivai a casa.



Note:

La bomba è stata sganciata.

Aggiorno dopo un'eternità, quasi un anno. Spero che il capitolo piaccia.
Mi auguro che lo stacco momentaneo che vede l'arrivo di Mark risulti comprensibile.

Ringrazio chi commenterà e chi leggerà in silenzio. 

 

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Capitolo 6
*** However far away I will always love you ***


       
 


 

"Ciao cara, che cosa ci fai qui? Non dovresti uscire di casa con questo tempo, soprattutto ora che.." 

"Anita - la fermai - ho bisogno di parlarti.. " 

"Entra, non restare qui fuori"

 

La donna avvolse la ragazza con un braccio e la tirò dentro, chiudendosi la porta alle spalle. Era dicembre e dentro casa c'era il camino acceso che irradiava una piacevole, quasi soffocante, sensazione di calore. Alma si liberò della giacca e si lasciò cadere sul divano. 

 

Non era passato molto tempo da quando, qualche settimana prima, Alma aveva fatto visita ad Anita. La situazione sembrava essere quasi la stessa, se non fosse per il fatto che la giovane a stento riuscì a trattenersi dall'esplodere in un pianto amaro prima d'aprir bocca. Se tempo prima era stato difficile parlare, ora era semplicemente impensabile. Sentiva un groppo nodoso in gola, come se da un momento all'altro quel nodo la dovesse inghiottire nella sua oscurità.

 

"Allora? - disse la donna impaziente - Alma, ti prego, mi stai facendo morire di paura.. Sei pallidissima. Dimmi cosa c'è che ti turba" 

La ragazza sbiascicò qualche suono indistinto, quasi parlasse tra sé e sé.

"Riguarda Ville? Tesoro, tornerà presto, e avrai modo di parlargli"

"Non si tratta di questo.. Cioè, sì."

Lo sguardo della donna saettò sul capo chinato di Alma non appena ne udì la voce.

Decise di aspettare che la ragazza si sentisse pronta, nonostante l'ansia la divorasse lentamente dall'interno.

La ragazza non riusciva a mettere quelle parole in fila, così la guardò con espressione affranta, quasi come se volesse che la donna di fronte a lei avesse la facoltà di leggerle nel pensiero. Ma non poteva. 

 

"Anita, mi dispiace… Io, io non so cos'è successo"

"Glie lo hai detto per telefono? Ti prego, non dirmi che lo hai fatto. Non credo sia un argomento da trattare in questo modo. Devi poterlo guardare negli occhi"

"Tu non capisci" ansimò. Tornò a guardare per terra. 

Anita sgranò gli occhi. Sesto senso? Si dice che le donne abbiano come delle piccole antenne per percepire i cambiamenti prima che questi si lascino intravedere agli occhi altrui, ma tra donne, era forse ancora più forte questa capacità di capirsi al volo? Oltre all'amore che provavano, in modo diverso, per la stessa persona, un profondo affetto legava le due donne. Anita era abbastanza grande da capire certe cose, il genere di cose che un'altra donna capisce.

"No.. No, Alma" cercò di negare invano. Gli occhi le si inumidirono, ma non pianse.

"Non lo sento più.. Anita, io credo che se ne sia andato"

"Sei stata in ospedale?"

"No.. È successo da poco. Ho avuto dolori fortissimi, mai provati in vita mia. Mi sono ritrovata con il ventre e le cosce coperte di sangue.. - si fermò, il groppo in gola non accennava a voler scender giù, nemmeno di un centimetro - Anita, non c'è più"

In quel momento Anita capì perfettamente che non c'era nulla da fare. Nonostante quell'amara consapevolezza se lo tenne per sé e si offrì di accompagnare la giovane in ospedale. Non voleva toglierle quel briciolo di speranza che forse ancora viveva in lei, non ancora. 

 

Fu un lungo pomeriggio di accertamenti ed analisi, ecografie. Quando poté stare con Alma, Anita le fece compagnia, ma passò gran parte del tempo a fissare il muro ceruleo del corridoio dell'ospedale, immobile a fissare un punto indistinto davanti a sé. 

Da quando Alma le aveva confessato d'essere incinta di suo figlio pochi giorni prima, in lei era come scoppiato un vortice di pura gioia che non la smetteva di agitarsi. Era ancora troppo presto per essere così esaltata, infatti non ne aveva fatto parola con nessuno, neanche con suo marito, ma dentro di sé si sentiva al settimo cielo. Stava già provando ad immaginare un possibile futuro come nonna, cosa che non si sarebbe mai aspettata che capitasse così presto, specialmente se il figlio in questione era il suo primogenito. 

Quel giorno le si spezzò il cuore, non lo negò a se stessa. Da donna forte quale era, sapeva che non lo avrebbe mai dato a vedere, specialmente ad Alma, che mai come ora aveva bisogno di lei, l'unica che sapeva cosa stava succedendo. Nel momento in cui capì la situazione però, dentro di lei qualcosa si ruppe irrimediabilmente e la speranza morì come la fiamma di una candela senza ossigeno ad alimentarla.

La cosa peggiore era che avrebbe dovuto portare questo duplice segreto da sola sulle spalle: non avrebbe fatto parola né di ciò che era successo, né che lei ne fosse  a conoscenza. Non sapeva cosa avesse deciso Alma, se avesse o meno voluto dirlo a Ville. Lei però stava già pensando a come far dimenticare ad entrambe quella faccenda; come si dice, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Avrebbe parlato con Alma, convincendola che non far sapere a nessuno cos'era successo era la scelta migliore: se Ville lo avesse saputo si sarebbe rimproverato un sacco di cose, e forse doveva, ma sicuramente ne sarebbe uscito distrutto. Era sicura che su questo punto Alma la pensava esattamente come lei. Quella ragazza era la cosa migliore che fosse mai capitata a suo figlio, lo proteggeva dal mondo più di chiunque altro, o almeno così sembrava ai suoi occhi di madre attenta. 

 

Quando Kari tornò a casa Anita non c'era: l'uomo si stranì, di solito la donna era un'abitudinaria e non amava particolarmente lasciare il focolare di casa con un tempaccio come quello che infuriava quel giorno. Anita pensò ad una scusa credibile, Kari le credette. Infondo, gli aveva detto che era stata con Alma, il che era una mezza verità.

 

Le due donne parlarono a lungo a bordo dell'auto di Anita, fuori l'ospedale, ed entrambe concordarono che fosse meglio tacere. Per il bene di tutti, e soprattutto di Ville. Sarebbero state tristi solo loro due, non era necessario spezzare altri cuori. Anita strinse al petto Alma, provando a consolarla con quel particolare calore materno di cui mai come in quel momento aveva bisogno. Le disse che col tempo il dolore sarebbe diminuito e che un giorno forse avrebbe dimenticato completamente quella disgrazia. Alma ci sperava davvero, era molto giovane e non poteva sapere quanto ci fosse di vero nelle parole della donna. Ad ogni modo imparò da sola che quello della donna era solo un disperato tentativo di farla sentire meno disperata, quando, a distanza di molti anni, ancora sentiva quel vuoto in un angolo del petto che non l'aveva mai lasciata da quel violento pomeriggio di dicembre. 

 

 

 

Dicembre era ormai agli sgoccioli e Ville sarebbe presto stato di ritorno ad Helsinki per suonare al club Tavastia l'ultimo dell'anno. 

Erano ormai diversi mesi che Alma non lo vedeva, una settimana esatta che non sentiva la sua voce. Purtroppo la tournée con tutti i suoi assurdi ritmi lasciava a Ville e ai ragazzi pochissimo tempo per loro stessi. Di solito riusciva a telefonarle da luoghi improbabili e ad orari improponibili, molte volte quindi capitava che la ragazza non fosse in casa o che non si accorgesse dello squillare del telefono, assorta completamente in un sonno profondo. 

Quella vita era abbastanza dura, era già qualche anno che lei si adeguava a quel modo di vivere perché amava il suo ragazzo e accettava di sacrificare parte del loro tempo insieme per permettergli di seguire la sua strada, quella che era da sempre stata la sua estensione extracorporea. 

Nonostante tutto l'amore e i numerosi sacrifici, da parte di entrambi, c'era qualcosa che non andava. Alma lo sapeva da un bel pezzo, ma voleva chiudere gli occhi e credere che fossero soltanto voci quelle che sentiva nell'ambiente. Era venuta a sapere, ed aveva visto anche delle foto abbastanza ambigue a riguardo, che il suo ragazzo quand'era in tour non sembrava accorgersi della sua mancanza. Un'amica, che aveva seguito la band a San Pietroburgo alcuni mesi prima, le aveva riferito con un certo imbarazzo che aveva visto di sfuggita Ville e Burton che, dopo alcuni autografi e chiacchere di circostanza dopo il concerto, portavano delle ragazze in camerino. Ovviamente Leena, l'amica di Alma, non era riuscita a vedere oltre il corridoio del backstage, e quindi non aveva nessuna prova tangibile di ciò che affermava di aver visto. Ma quel poco bastò ad insinuare la pulce nell'orecchio della ragazza.

Insomma, la band era finalmente diventata famosa in Finlandia e iniziava a farsi conoscere in Europa, era piuttosto normale che il numero di fan, soprattutto donne, cresceva di giorno in giorno. Ville era un bel ragazzo, dagli occhi di ghiaccio e giada, esotico per le bionde ragazze tedesche che si accalcavano dalle prime luci del mattino fuori allo store per il firma copie. Era ovvio che la sua bellezza lo precedesse. Alma lo sapeva. Lo temeva, ma sperava che la gente fosse attirata molto di più dalla musica della band che dall'apparenza estetica, ovviamente però, salvo pochi casi, non era mai così nel mondo della musica. Alma sapeva anche di essere molto insicura di se stessa, ed aveva il timore che la sua insicurezza la allontanasse dal suo ragazzo. Avrebbe iniziato a dubitare di lui, cosa che praticamente già succedeva. Quando vedeva lo sguardo di Ville posarsi su di lei, era come se tutti i dubbi provati scomparissero in una leggera, trasparente nube sopra la sua testa, ma appena quel calore la abbandonava nuovamente, tutto il male tornava rumorosamente a bussare alla porta. Viveva in una costante atmosfera di paura, quel tipo di paura che una persona innamorata prova quando sente che sta lentamente per perdere la persona che più ama al mondo. 

 

La perdita del feto, perché non c'erano stati neanche i tempi tecnici per poter iniziare a chiamarlo bambino, aveva profondamente scosso la giovane donna. L'aveva cambiata, segnata come un marchio incandescente che sfrigola affondando nella carne fresca. Era sola, completamente sola. È vero, Anita le era stata accanto, ma non era come avere accanto il suo uomo. Avrebbe voluto sentire le sue braccia avvolgerle il corpo, la sua voce mandare via quello strano senso di vuoto mai provato nel petto.. I suoi occhi ridarle ciò che aveva perso.

Avrebbe voluto non sapere delle sue scappatelle, così da avere il coraggio di dirgli che aspettava un bambino.. Invece non lo fece. Lo lasciò salire a bordo del tour bus agitando con falsa convinzione la mano avanti e indietro, in segno di saluto. Era stato quello il giorno in cui aveva salutato Ville per l'ultima volta, quasi due mesi prima. 

 

Ora Alma se ne stava avvolta nella sua larga sciarpa ruvida, che le lacrime non riuscivano a penetrare, seduta al gate due mentre aspettava un volo notturno, l'unico volo ancora con pochi posti disponibili che era riuscita a trovare sotto le feste. Tremava, di quel tremore che smuove l'animo umano dall'interno quando si ha solo nebbia attorno a sé e una profonda paura se si volta lo sguardo al domani.

Aveva preparato le valige in fretta, non che possedesse molte cose, ma si era sbrigata velocemente. Non voleva ripensarci troppo, e si sa che quando si è occupati in qualche faccenda manuale, di solito quello diventa sempre un buon momento per riflettere e rimuginare. Nonostante avesse ancora molto spazio in una delle due valige, lasciò molte cose nell'appartamento di Meilahti, quasi a non voler portare con sé quella che ormai considerava essere la sua vita passata, vissuta. Aveva preso solo lo stretto indispensabile.  

Nelle cuffiette del suo walkman risuonava una canzone che sino a poco tempo prima aveva un significato dolce e vellutato, ma che ora ne assumeva uno totalmente diverso e appariva talmente struggente da risultare quasi una rivelazione, come se la ragazza stesse ascoltando quella canzone per la prima volta in vita sua. Di solito Alma teneva sempre il ritmo con un piede, ma durante quell'ascolto non eseguì nessun accompagnamento. È strano come l'essere umano possa restare sempre incantato dalla musica e come non riesca mai a conoscerla del tutto. La musica è una forza libera, ribelle, che si modella sui drammi e le gioie di cui ognuno fa esperienza.

 

 

However far away

I will always love you

However long I stay

I will always love you

 

 

 

Note:

La canzone è Lovesong dei The Cure.

Ovviamente questo capitolo è un flash-back, quindi ambientato anni prima al tempo in cui si svolge la storia.

Spero che la scelta delle narrazioni (terza persona e prima - sia di Ville che di Alma) non disorienti il lettore: il mio scopo è di dare uno spettro d'osservazione più ampio, e quindi più punti di vista.

Credo che prima di Natale aggiornerò la storia con un nuovo capitolo. 

Spero che questo vi abbia incuriosito/appassionato.

I commenti sono sempre ben accetti.

Grazie a chi lascerà una recensione e a chi leggerà.

 

-kuutamo

 

 

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