DoflaDile - Raccolta

di SweetHell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricatti ***
Capitolo 2: *** Primo Incontro ***
Capitolo 3: *** Caccia ***
Capitolo 4: *** Giochiamo? ***



Capitolo 1
*** Ricatti ***


DOFLACROC - RACCOLTA

Disclaimer: Nessuno dei personaggi di questa storia mi appartiene (purtroppo), tutti i diritti sono del maestro Oda, se li possedessi probabilmente questi due passerebbero molto più tempo insieme (e non certo a costruire castelli di sabbia, if you know what i mean)

 

Ricatti
 

Sir Crocodile è - a detta di tutti - un uomo tutto d’un pezzo.

Non perde spesso la pazienza né la sua flemma. È un calcolatore, pragmatico e attento, sempre impassibile. Una bestia a sangue freddo, come l’animale di cui porta il nome.

Ma come tutto a questo mondo, neanche la sua flemma è infallibile. Esistono cose capaci di fargli perdere la calma. Che poi la gran parte di queste possano esser fatte risalire a un unico individuo, questo non è esattamente un segreto per nessuno, non nel quartiere di Alabasta, per quanto il Boss della Baroque provi in tutti i modi a non lasciar trapelare assolutamente nulla. Ha un’immagine da rispettare, dopotutto.
Fatto sta che al posato Sir Crocodile, quella mattina, di pazienza ne è rimasta davvero poca. Alle undici e quarantasette precise, dopo ore di imprecazioni masticate tra i denti insieme all’amato sigaro, il moro ha prima gettato il proprio telefono giù dal diciassettesimo piano del grattacielo che ha scelto come suo quartier generale, scaraventato addosso al povero disgraziato di turno la teiera piena d’acqua bollente – quella faccenda dell’idrofobia stava forse un po’ sfuggendo di mano -  e terrorizzato le nuove segretarie perché spegnessero la connessione internet, per poi andarsi a chiudere nell’enorme stanza in cui tiene i suoi adorati animaletti da compagnia, i feroci Bananawani.
Nei corridoi, gli uomini della Baroque sudano freddo.
Mentre Nico Robin osserva divertita il partner che sbatte la porta del suo studio con tanta forza da far tintinnare i lampadari.
Se Sir Crocodile sente il bisogno di passare qualche ora in compagnia dei suoi otto alligatori giganti, vuol dire che la situazione sta per andare di male in peggio. Chi può, decide di anticipare la partenza per la missione e darsela a gambe. Mister Two, dopo essere stato quasi decapitato da un tagliacarte volante per essere passato davanti all’ufficio del capo troppo rumorosamente, cinguetta qualcosa su un nuovo tutù  delizioso e se la svigna prontamente, piroettando fino all’ascensore, seguito dal cipiglio impassibile di Mister One. Nessuno parla, ma tutti vorrebbero poter seguire l’esempio della ballerina.
Passa un’ora e ancora non è stato fatto esplodere niente e cosa più importante, nessuno è ancora stato minacciato di finire in pasto ai sempre affamati Bananawani. In ufficio si inizia a pensare che potesse essersi trattato di un falso allarme. Qualcuno stiracchia un sorriso, qualcun altro si azzarda ad andare a prendere un caffè, Nico Robin sogghigna divertita.
E poi succede quello.
Senza alcun tipo di preavviso, ogni singola fotocopiatrice o fax presente all’interno del diciassettesimo piano della Baroque’s Tower si accende e inizia a stampare decine e decine di fogli, senza che nessuno all’interno degli uffici le abbia neanche toccate. Mister One e Miss Doublefinger si lanciano uno sguardo teso, prima di avvicinarsi con circospezione al mucchio di fogli che si stanno già accumulando per terra. Daz fa appena in tempo a raccoglierne uno e a cacciarselo in tasca prima che Sir Crocodile esca come una furia dal suo ufficio, facendo sbattere la porta contro il muro.
“Che nessuno si azzardi a toccare quei dannati fogli.”, ringhia, scuro in volto, accartocciando quello che tiene nell’unica mano. “Daz! La limousine. Sto uscendo.”
Mister One si limita ad annuire. Ha smesso da anni di farsi domande sul comportamento del suo Boss o sui suoi sbalzi d’umore. In certi casi, assecondarlo senza fare domande è sempre la cosa più saggia. Scambia un cenno con la sua partner, che va a telefonare all’autista mentre lui si occupa di controllare che tutti quei fogli vengano bruciati senza essere letti da nessuno. Non che qualcuno sia davvero così pazzo da farlo dopo aver visto la furia bruciare negli occhi dorati di Sir Crocodile.

Nel giro di dieci o quindici minuti, tutti i fax sono stati personalmente bruciati da Daz e l’autista della limousine sta aspettando sotto il grattacielo. Il Boss esce dal suo studio non appena il sottoposto bussa rispettosamente alla sua porta, senza risparmiargli un’occhiata glaciale, una di quelle che ti fanno quasi rimpiangere la compagnia dei Bananawani.
Ma ormai Mister One è abituato anche a questi sguardi e neanche ci fa caso.
“I fogli?”, chiede il capo della Baroque, seccamente, oltrepassando il suo braccio destro in direzione dell’ascensore.
“Bruciati.”, risponde quello, impassibile quasi quanto il suo Boss.

“Domani occupati tu dell’ufficio.”, aggiunge il moro, dopo un breve cenno sollevato di fronte alla risposta dell’altro. Un po’ della tensione sulle sue spalle scompare e l’uncino dorato gli pende a fianco in modo più rilassato. Ma la rabbia continua comunque a serpeggiargli attorno, come un’aura rovente. Il sottoposto non dice niente ma si chiede se l’indomani il capo non potrà venire in ufficio perché troppo occupato a occultare il cadavere del responsabile di tanta ira.

Daz comunque annuisce brevemente e accompagna il suo datore di lavoro fino al piano sotterraneo dei parcheggi, dove una lunga limousine blu aspetta di portare Sir Crocodile in qualunque posto voglia raggiungere.
Mister One non fa domande che tanto non riceverebbero risposta, ma un’idea sulla destinazione del suo capo ce l’ha. Dopotutto, sono poche le persone che riescono a irritare fino a quel punto Sir Crocodile senza fare una brutta fine.
L’uomo sale in macchina, senza neanche un cenno di saluto, spegnendo il sigaro ormai consumato nel portacenere della limousine. L’uomo vede la sua bocca muoversi per impartire le istruzioni all’autista, ma Daz non riesce a intuire nulla…anche se può imaginarlo.
Aspetta pazientemente che l’auto blu esca dal garage, senza muoversi d’un passo.
Quando è ormai scomparsa alla sua vista, Mister 0 infila una mano in tasca, tirandone fuori un foglio tutto accartocciato. Lo dispiega con cura, lisciandone tutte le pieghe, e ne osserva il contenuto, nonostante la scenata di poco prima del suo capo.
Senza scomporsi, studia la foto stampata a colori. Può capire perché Crocodile se la sia presa tanto, in effetti. In primo piano c’è proprio lui, addormentato e nudo in un letto che non è di certo il suo, almeno a giudicare dalle trapunte sgargianti e dal cappotto di piume rosa che si vede gettato su una sedia poco distante.
Un cappotto rosa facilmente riconoscibile…che lascia pochi dubbi su chi sia il proprietario di quella stanza.
Beh, Daz non può dire di esserne sorpreso.
“Vuoi che ti mandi anche le altre o le vieni a prendere tu?”, è scarabocchiato in un angolo della foto, nella grafia lunga e sgangherata di Doflamingo.
Mister One scuote la testa, ficcandosi di nuovo la foto in tasca, dopo un attimo di esitazione. E quasi quasi gli dispiace per quel poveraccio di Donquixote se è costretto a ricorrere a questi mezzi per invitare fuori Crocodile, anche se probabilmente, trattandosi del biondo, l’intera faccenda non fa che divertirlo da matti.
Daz ha sempre pensato che ci fosse qualcosa di strano nel signorino della Donquixote Family, come una qualche rotella che non gira nel verso giusto. Ad essere ancora più sinceri, però, qualche volta pensa lo stesso del suo capo.
Beh, ripensandoci, forse questo è esattamente il motivo per cui quei due funzionano tanto bene insieme.

 

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Capitolo 2
*** Primo Incontro ***


Disclaimer: Se One Piece fosse mio, probabilmente Sanji e Zoro avrebbero fatto coming out da un bel po’.
Purtroppo Oda non lo ritiene necessario e i diritti sui personaggi sono tutti suoi. Ma si continua a sperare.

 

 

PRIMO INCONTRO

 


Nella stanza dove si sarebbe tenuta la riunione sono solo in sei, per il momento, e  tutti stanno aspettando l’arrivo di Sengoku. Nessuno si aspetta realmente l’arrivo di altri membri della Flotta dei Sette. Santo cielo, è già un miracolo che siano presenti loro due. Moria non si fa vedere da mesi (nessuno ne sente la mancanza), ma Doflamingo ha sentito qualche voce su un’isola popolata di zombie. Boa Hanckok, da quanto ne sa, non si è mai presentata a una riunione da quando è entrata a far parte della Flotta. Jimbei si fa vedere solo nelle emergenze. E Miwhak…beh, ad essere sincero il biondo un po’ ci sperava. Occhio di Falco dopotutto è famoso per essere uno che ama molto farsi i cazzi suoi, ma di quando in quando un salto a sentire le ultime notizie lo fa.
Doflamingo lascia vagare gli occhi per la sala, annoiato, alla ricerca di qualcosa da fare per ammazzare il tempo. A fianco a lui, Kuma è immerso nella lettura della sua stramaledetta Bibbia. Per un attimo pondera l’idea di usare il Parasite su di lui, giusto per vedere se il colosso avrebbe perso quella sua irritante aria apatica, ma poi lascia perdere. Non vuole rischiare di indisporre troppo il bestione…per il momento. Anche perché la vecchia Tsuru lo sta tenendo d’occhio e non ha voglia che la donna si intrometta per rovinargli il divertimento. La quarta persona nella stanza poi è solo un noioso soldato semplice, un subordinato della Vice Ammiraglio.
Che noia. A sto punto non gli resta che sperare che Sengoku arriva in fretta.
Non che gli importi realmente di cosa si discuterà quel giorno, non si è neanche dato cura di informarsi sul motivo del raduno. È venuto unicamente perché si annoia. I suoi affari a Dressrosa procedono bene, così bene da non richiedere neanche la sua attenzione. Così, ha deciso di concedersi un piccolo svago…aveva sperato di trovare almeno Miwhak, ma gli è andata male.
Il silenzio nella stanza viene bruscamente rotto dal cigolio della porta che si apre. Doflamingo si volta, aspettandosi di trovare quel bastardo di Sengoku sulla soglia a scusarsi per il ritardo, o almeno Occhio di Falco. Ma la figura che si trova a fissare non è nè quella imponente del vecchio Buddha né quella più esile dello spadaccino.
Il nuovo arrivato si guarda attorno, studiando i presenti con aria di seccata superiorità, la stessa che il biondo si ricorda di aver visto nel manifesto della sua taglia.
Sir Crocodile. L’uomo da 81 milioni di Berry.
Non una cifra minimamente paragonabile alla sua, certo…ma se non fosse stato abbastanza forte la Marina non lo avrebbe chiamato a far parte della Flotta dei Sette. Forse è uno di quelli che preferiscono non dare troppo nell’occhio, gestendo i propri affari da dietro le quinte. E il nuovo Shichibukai in effetti da proprio quest’idea. Ma sarà forte, oltre che abile? Abbastanza da tenere testa a lui? Fufufu, magari sarà divertente scoprirlo.
L’uomo richiude il portone dietro di sé, avanzando fino a raggiungere la tavolata, senza un cenno di saluto né un minimo cambio di espressione. Si siede e basta continuando a fumare il suo sigaro, quasi di fronte a lui. I suoi occhi dorati sono freddi e calcolatori. Occhi da rettile. Da predatore. Non saluta nessuno e non perde di vista la vecchia Tsuru, che lo sta studiando a braccia incrociate.
Dal vivo, il suo uncino sembra ancora più grosso e luccicante. Doflamingo si chiede se il pirata lo usi in battaglia o se sia solo per fare scena. D’un tratto è davvero impaziente di sapere qualcosa in più sull’altro. Sarà colpa della noia, oppure dell’enorme cicatrice che attraversa il viso di Crocodile da lato a lato. È un segno di vittoria o sconfitto? Forza o debolezza?
Il re di Dressrosa non riesce a trattenersi e con un lieve movimento delle dita, inizia a tessere la sua trappola di fili. Se il nuovo arrivato morirà al primo attacco, allora forse non avrebbe dovuto essere invitato per prima cosa. Non sarebbe colpa sua no? Sengoku dovrebbe sapere che i deboli non sono degni di far parte della Flotta.
Se invece il suo attacco non andrà a buon fine…allora potrà farsi un’idea di quanto sia esattamente forte e pericoloso Sir Crocodile.
Stringe la mano a pugno, stringendo i fili taglienti attorno alla gola e al petto del nuovo flottaro, che non si muove di un millimetro, apparentemente senza accorgersi della tela letale che si va costituendo a qualche millimetro dalla pelle pallida del suo collo. Ma il moro non batte ciglio, rivolgendogli uno sguardo quasi annoiato.
Non cambia espressione, mai, neanche quando la sua testa si stacca dal corpo, rotolando per qualche metro sul tavolo. È finita a un paio di metri da lui. Se si sporgesse, potrebbe arrivare a toccargli la vistosa cicatrice che gli attraversa il volto da orecchio a orecchio.
Ma quegli occhi dorati continuano a fissarlo, annoiati.
Non una goccia di sangue è stata versata.
Nella stanza si leva l’esclamazione sorpresa del marines davanti al corpo smembrato di Sir Crocodile. Kuma non batte ciglio, limitandosi a girare pagina e a continuare a leggere la sua Bibbia. Tsuru invece li osserva come un’aquila, ma non si muove né interviene.
Doflamingo non ci bada, continuando a fissare la testa del moro, che ricambia lo sguardo, rivolgendogli un sottile sorriso sardonico. La testa…gli ha sorriso? Non passano che pochi attimi prima che la testa e il corpo smembrato di Crocodile si disfino in una cascata di sabbia.
Ah, un Rogia…la faccenda inizia a farsi sempre più interessante. Un largo ghigno appare sul viso del biondo, mentre al centro della stanza si va formando un mulinello di sabbia dietro cui si intravede una figura umana. Il biondo si concentra su quella, aspettando che Crocodile si ricostituisca.
“Penso tu debba fare meglio di così…”, una voce bassa e roca sorprende Doflamingo alle spalle, costringendolo a nascondere un sussulto di sorpresa. Il mulinello al centro della stanza era solo un diversivo, quindi. Infatti, al moro basta schioccare le dita perché la sabbia dello specchietto per le allodole si congiunga al suo corpo. “…se vuoi uccidermi.”
Doflamingo non può fare a meno di sentire un brivido corrergli lungo la schiena, nel sentire la voce dell’altro all’orecchio. Ma non è paura, certo che no. È qualcos’altro.
Qualcosa che adesso non ha il tempo di indagare.
“Fufufu, ucciderti?”, sogghigna il biondo, senza neanche prendersi il disturbo di girare la testa. “Se fossi morto mi sarei annoiato. Così è molto meglio”.
Crocodile non risponde, ma ridacchia piano al suo orecchio, cogliendolo di sorpresa, e si sposta di qualche passo, accendendosi un altro sigaro. Attorno a loro, il brusio dei presenti si è fatto sempre più alto e Doflamingo si trova a desiderare di poter restare solo con quest’uomo. E magari provare a ucciderlo sul serio, stavolta.
C’è qualcosa di veramente irritante e affascinante insieme nei suoi lineamenti spigolosi, in quella lunga cicatrice e quegli occhi slavati.
Il biondo si lecca le labbra, intrigato.
“Donquixote…Doflamingo.”, Sir Crocodile pronuncia il suo nome con piccolo ghigno, squadrandolo, in un modo che potrebbe essere persino intrigante. “Sembra che le voci siano vere.”
“Ma davvero?”, chiede il biondo, decidendo di stare al gioco, senza distogliere gli occhi dall’altro. “E che dicono queste voci?”
“Che con quella giacca sembri proprio un cazzo di fenicottero.”
Il sorriso di Crocodile è freddo e divertito allo stesso tempo e, Doflamingo ci può giurare, persino la vecchia Tsuru sta sogghignando.
Che viscido bastardo. Si impone di sorridere come se non fosse nulla, ma non è facile visto il desiderio bruciante di alzarsi in piedi e fargli male. Sul serio stavolta. Lui non è abituato a essere preso in giro, non più. Ma questo tizio…è irritante, sì, ma deve ammettere che ha le palle.
“Ah, ma come siamo scorbutici.”, sospira il biondo, costringendosi a rilassarsi contro la sedia imbottita. “Cos’è sei troppo lontano dal tuo stagno, Croco?”
“Magari hai ragione. Magari mi mancano i miei Bananawani.”, il moro fuma lentamente il suo sigaro, senza staccare mai lo sguardo da lui. Ha degli occhi impressionanti. “ Dovresti venirli a trovare un giorno. Adorano avere pennuti per cena.”
Uh, quel tizio gli sta davvero sempre più simpatico. Non sono tanti quelli capaci di minacciarlo così. E se è a questo che vuole giocare, allora Doflamingo ci sta, perché l’altro diventa ancora più bello quando le sue labbra sottili si arricciano in quel sorriso da alligatore.
“Oh, un appuntamento per cena, così, all’improvviso? Croc, sono commosso, non pensavo di aver fatto colpo.”, sogghigna il biondo, godendosi l’espressione seccata di Crocodile nel sentire la sua risposta pronta. “Così commosso che potrei persino accettare, una volta o l’altra.”
Oh sì, gli piace da morire quello sguardo - che lo istiga a provarci a suo rischio e pericolo - , mentre inspira con più forza dal suo sigaro.
Il moro sta per rispondergli a tono, ma proprio in quel momento entra Sengoku, sbattendo le porte, e va a prendere posto a capotavola, a qualche posto di distanza da Tsuru, che ha ancora quel sorriso divertito da nonna sulle labbra, mentre non sembra perdersi una battuta del suo dibattito con Crocodile. Bah.
La solita vecchia impicciona.
È cambiata poco da quando lo rincorreva in lungo e in largo per i mari, tentando di consegnarlo alla giustizia. Buffo che ora si trovino in quella stessa stanza per partecipare alla stessa riunione. Da alleati.
Almeno finché Doflamingo continuerà a trovare soddisfacente il suo accordo con il Governo Mondiale.
“Vedo che non ci sono cadaveri.”, mugugna l’ammiraglio, sistemandosi sulla sedia, mentre la sua capretta gli bela ai piedi. Da una breve occhiata in giro, facendo un cenno di saluto a Crocodile, che rimane impassibile a fumare, e lancia uno sguardo di avvertimento a lui. Pft. “Ottimo. Allora possiamo cominciare.”
Ma Doflamingo non presta minimamente attenzione alla riunione, preferendo rimanere concentrato sul moro dagli occhi dorati che è andato a sedersi qualche poltroncina più in là. Da quando non prova tanto interesse per una persona che non faccia parte della sua Famiglia? Eppure quell’uomo lo attira e lo fa incazzare allo stesso tempo. È  troppo posato, troppo controllato. Gli fa venire voglia di grattare la superficie, scoprire perché, ad esempio, ha un enorme uncino al posto della mano. O il perché di quella cicatrice. Vuole vederlo combattere, vuole vederlo incazzato, vuole vederlo urlare, perdere quella maschera controllata che dagli occhi freddi e calcolatori.
Il biondo è costantemente circondato da persone che lo temono, se non conta la sua stessa Famiglia. Ma Crocodile non ha paura di lui, non è neanche intimorito. È una cosa rara, persino tra gli Shibukai. Gli altri flottari di certo non lo temono, è vero, ma non ci tengono particolarmente neanche a intromettersi nei suoi affari.
Poco prima, quando lo ha sorpreso alle spalle, Crocodile avrebbe potuto provare a ucciderlo. Lo avrebbe fatto, stava solo aspettando una scusa, una mossa brusca. Gli avrebbe tagliato la gola con il suo uncino o avrebbe usato qualche tecnica del frutto Duna Duna.
Su questo non ha il minimo dubbio.
E Doflamingo ne è del tutto conquistato.
Sorride, leccandosi le labbra. Ha appena trovato un perfetto modo per scacciare la noia.

 

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Capitolo 3
*** Caccia ***


PREDA
(o Come il Coccodrillo Quasi Divorò il Fenicottero)




“Che cosa esattamente non hai capito…quando ti ho detto di levarti dalle palle?”, il tono di Crocodile è garbato, come sempre, ma il suo tono gelido risulta ancora più pungente del solito. È il tono che sfodera solo per lui, la sua più grande spina in culo, altrimenti chiamata Doflamingo.

“Mmh…il perché ti aspetti che io ti dia retta?”, sogghigna l’altro ragazzo, rifiutandosi di spostarsi di un centimetro dalla poltrona che ha abusivamente occupato.

“Oh, fammi pensare.”, il tono di Crocodile diventa sempre più freddo e sarcastico a ogni parola.  “Forse perché questo è il mio salotto?”

“Oh, a proposito di questo…Non mi offri neanche un caffè? Sono tuo ospite, no?”, il più giovane non riesce proprio a smettere di ghignare, fissandolo da dietro quelle lenti scure.

“Ospite? Tu?”, il moro fa un ultimo tiro al suo sigaro ormai consumato e lo spegne  nel posacenere lì vicino. “Ti sei introdotto in casa mia forzando la mia serratura.”

L’unico dannato caffè che avrai mai da me sarà corretto col cianuro, fenicottero bastardo, pensa il coccodrillo, senza perdere di vista l’ospite indesiderato. Non si fidava di lui quando ancora lo incontrava per i corridoi dell’università e si fida  ancora meno ora che ha avuto il coraggio di piombargli in casa. Senza che lui abbia mai nemmeno detto una parola sul quartiere in cui vive.

“E quindi?”, il biondo continua a ghignare perfettamente a suo agio. “L’ho fatto solo perché sapevo che non mi avresti aperto.”.

Oddio, al diavolo il caffè avvelenato, lo avrebbe pugnalato con la biro che tiene in mano qui e ora.

“Il che ti dovrebbe far capire quanto la tua presenza sia sgradita.”, sibila il moro, maledicendo il giorno in cui la sua strada ha incrociato quella di questo moccioso insolente. L’imbarazzante biondino scoppia a ridere, senza perdere quell’irritante aria di sicurezza che lo circondava e che lo fa sembrare più grande dei suoi diciannove anni d’età.

“Accidenti così mi ferisci, senpai!”, sghignazza il ragazzo, guardandolo con quel suo ghigno storto. Il moro fa una smorfia davanti a quell’appellativo, sa che Doflamingo lo fa solo per indispettirlo.

“Oh, davvero? Scusa, mi ero dimenticato che i mocciosi vanno trattati coi guanti.”, ringhia Crocodile, senpre più seccato.

“E io che i vecchi tendono a essere scorbutici. Cosa c’è, Croco-chan, ti sono venute le emorroidi?”

Ecco. Quando era troppo era troppo. Il moccioso voleva giocare? Benissimo, ma a quel tipo di gioco si poteva giocare in due.

Crocodile, trattenendo a stento l’impulso di soffocarlo con qualcosa, si alza dal divano per arrivare esattamente davanti alla poltrona occupata dall’irritante biondino, abbassandosi fino ad arrivare all’altezza dei suoi occhiali.

“E sbaglio o sono giorni che perseguiti questo povero vecchio scorbutico per ottenere un appuntamento, mh?”, mormora a bassa voce il moro, senza reprimere un sorrisetto freddo. “Cosa c’è, moccioso, hai tanta voglia di essere sculacciato?”

Doflamingo si lecca le labbra, sporgendosi in avanti.

“E tu vorresti sculacciarmi, Croco-chan?”, sghignazza, fissandolo al di sopra di quei ridicoli occhiali da sole. I suoi occhi sono di un azzurro chiaro, slavato, un colore freddo e inquietante. Se è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, allora Doflamingo fa proprio bene a portare sempre quei dannati cosi. Perché il suo sguardo è freddo e crudele. Ha  lo sguardo di chi ha fatto qualcosa di tanto terribile da non aver paura di fare nient’altro.

E quello sguardo il moro lo conosce bene.

È lo stesso che vede nei suoi occhi allo specchio.

Crocodile gli strappa gli occhiali dal viso, bloccandolo sulla poltrona con una ginocchio sul petto, prima che l’altro abbia il tempo di reagire. Senza quegli stupidi occhiali il moccioso in effetti non è neanche così male, peccato sia davvero una spina in culo o ci avrebbe potuto pensare. Ma quegli occhi…più li guarda più sembrano risvegliare qualcosa in lui. Un primo, vero, guizzo d’interesse. In che cosa si era andato a cacciare il fenicottero?

“Interessante.”, le parole lasciano le sue labbra prima ancora che Crocodile possa rendersi effettivamente conto di quello che ha detto. Ma non ha importanza. È stato il ragazzino a cercarlo, ad asfissiarlo di richieste, a seguirlo nei posti più disparati…beh, ora finalmente era riuscito a guadagnarsi tutta la sua attenzione.

Doflamingo si irrigidisce, pur senza perdere quel dannato ghigno. Non sembra molto contento di essere stato privato dei suoi preziosi occhiali, ma a Crocodile non è mai fregato un cazzo della sua felicità e di certo non inizierà a fregarsene ora, non dopo che quel bastardo gli è piombato così maleducatamente in casa.

“Devi averne fatte di brutte cose, eh ragazzo?”, sorride il più grande, con una mano sotto il mento dell’altro per costringerlo a guardarlo in faccia. “Forse dopotutto un po’ di sculacciate dovrei dartele, mh?”

“Non penso tu sia l’uomo adatto a farmi la morale, Croco-chan.”, dice Doflamingo, con un guizzo divertito negli occhi. È ancora rigido però, schiacciato tra la poltrona e il ginocchio del più grande, e non sembra aver molta voglia di approfittare della situazione, per una volta.

Crocodile sorride ancora una volta, divertito dalla piega che stanno prendendo gli eventi.

“Hai ragione. Per farti la morale dovrebbe fregarmene un accidente della tua vita…il che direi che non è proprio il nostro caso.”, mormora con voce falsamente dolce il coccodrillo, senza staccare quei suoi occhi gialli e gelidi da quelli del più giovane. Lo scruta con attenzione, notandolo serrare i denti alla sua affermazione, nonostante si stia palesemente sforzando per far finta di nulla.

Interessante reazione.

“Lo sai come cacciano i coccodrilli, Doflamingo?”, continua il moro, facendosi sempre più vicino. Non capisce neanche lui da dove sia venuto tutto quell’improvviso interesse per il biondo…ma averlo lì, intrappolato tra il suo corpo e la poltrona, vederlo reagire alle sue parole sta decisamente facendo riscaldare il suo sangue freddo.

“No, ma sono sicuro che tu muori dalla voglia di dirmelo.”, Doflamingo cerca di nuovo di rimanere composto e impassibile, se non per quel piccolo ghigno che ormai fa parte della sua maschera, però senza occhiali non riesce a essere credibile. Il moro può leggere tutto in quei chiarissimi occhi azzurri.

“Si nascondono nel fango, confondendosi con le acque torbide della palude.”, inizia Crocodile, mettendo le braccia ai due lati del viso dell’altro, con il palmo aperto contro lo schienale imbottito, imprigionandolo tra le sue braccia per essere sicuro di avere la sua attenzione. “E poi aspettano una preda abbastanza assetata. Aspettano e aspettano ma alla fine è la preda a venire da loro, non il contrario. E solo quando è abbastanza vicina da essere sicuri di non sbagliare il colpo…solo allora attaccano.”

Doflamingo per una volta non risponde, ma il moro sa che lo sta ascoltando con attenzione. Sorride, distendendo appena le sue labbra pallide.

“Afferrano la preda tra le fauci e la tengono stretta mentre si immergono in profondità.”, gli occhi di Crocodile sono oro fuso, incandescente, e non si staccano dal viso dell’altro neanche per un attimo. “Lasciano che muoia affogata nell’acqua che aveva tanto desiderato.”

Il suo tono è suadente, la sua voce bassa e roca.

Il moro non è molto sicuro del perché lo stia facendo, sa solo che era da tanto che non si sentiva così consapevole dell’atmosfera elettrica che sta contribuendo a creare.

“Poi il coccodrillo lascia la carcassa sott’acqua. Aspetta che l’acqua l’ammobidisca, la imputridisca.”, a questo punto i loro due visi sono fin troppo vicini, ma a Crocodile non importa più. “La consumano poco a poco, giorno per giorno, mentre le sue carni imputridiscono.”

“È questo che fai con le tue di prede, Croco-chan?”, chiede Doflamingo, in tono volutamente allegro. Peccato che senza la protezione dei suoi occhiali il tono valga molto poco. Il moro può leggervi il turbamento, può vedere le sue pupille leggermente dilatate dall’eccitazione.

Crocodile sorride senza rispondere. I loro volti sono vicini, tanto che ci vorrebbe un niente per lasciarsi trascinare dall’atmosfera e azzerare la distanza con un bacio. Sa che il più giovane è attratto da lui, sa che non lo rifiuterebbe.

Eppure si tira indietro, con quel sorriso che si va a trasformare in un leggero ghigno sardonico. Torna a sedersi al suo posto, lasciando Doflamingo ad artigliare i braccioli della poltrona. Gli lancia gli occhiali, che l’altro riprende al volo, e da un’occhiata al telefono.

“Ora se non ti spiace, torna a giocare fuori da casa mia. Io ho un lavoro da sbrigare.”, lo liquida, freddamente, nascondendo il suo divertimento nel vedere il più giovane infilarsi con rabbia gli occhiali.

Crocodile rimase seduto a sentirlo imprecare e infine andarsene sbattendo la porta una volta visto che non avrebbe ottenuto più niente dal moro.

Il più vecchio prese un nuovo sigaro da una tasca interna della giacca e se lo accese, tranquillamente. Dopotutto, come ogni buon vecchio coccodrillo sa bene, le prede sono più buone quando si lascia passare qualche tempo prima di divorarle.

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice: Saaalve a tutti! Grazie a tutti quelli che stanno seguendo la raccolta, mi fate felice! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Personalmente adoro questa coppia e spero che abbia fatto piacere a qualcuno che abbia condiviso qualcosa su di loro qui, anche se non è una coppia che ha molto seguito.

Vviamente commenti e eventuali critiche sono sempre ben accetti! E fanno venir voglia di scrivere.

Un bacio e grazie di aver letto fin qui,

Fra.

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Capitolo 4
*** Giochiamo? ***


GIOCHIAMO?


 

Quell’Isola era la cosa più orribile che Crocodile avesse mai visto in vita sua.
Il che la diceva lunga.
Colori vivaci, bambini saltellanti, pupazzi che correvano in giro giocando, donne sorridenti…Sir Crocodile stava per vomitare.
Gli mancava il suo deserto.
Il suo bellissimo, caldo, silenzioso, sabbioso deserto nel bel mezzo del mare.
Purtroppo, per farci ritorno, aveva bisogno di riparare la sua dannata nave e Dressrosa era l’ultima isola che avrebbe incontrato per un bel po’ di leghe. Sfortunatamente era anche la disgustosa casa di quel disgustoso uomo-fenicottero che pareva aver fatto del tormentarlo la sua ragion di vita. Ottimo, semplicemente ottimo. Ci mancava solo quel bastardo piumoso per rendere la sua permanenza su quell’isola ancora più rivoltante.
Fortunatamente ormai era già tutto pronto per la sua conquista di Alabasta, ben presto non avrebbe più avuto bisogno di fare avanti e indietro per la Rotta Maggiore. Sì, questo era un bene. Doveva solo sopportare un altro poco e sarebbe stato libero di tornarsene a farsi i cazzi suoi e a badare ai suoi dannati affari a casa sua.
Con tutto il regno di Alabasta ai suoi piedi.
Tenendo a mente quell’immagine gratificante, Sir Crocodile si fece largo tra la folla felice, dirigendosi verso il grande castello che svettava sopra la città. Era inutile rimandare l’inevitabile…giacchè c’era tanto valeva andare a trovare quello squilibrato e vedere se gli poteva essere di qualche utilità.
Le guardie non cercarono mai di fermarlo e lui continuò a procedere indisturbato fino alla grande Sala del Trono, entrando senza curarsi di bussare, deciso a farla pagare con la stessa moneta all’uccellaccio per tutte le visitine a sorpresa che aveva dovuto sopportare durante l’ultimo anno. Visitine di cui, oltretutto, Sir Crocodile non aveva ancora ben compreso l’utilità. Voleva controllarlo? Spiarlo? Prendersi Alabasta? Santo cielo, si erano quasi uccisi a vicenda la prima volta che si erano incrociati, perché diavolo ora quello psicotico veniva a trovarlo a casa?
Suddetto bastardo, comunque, se ne stava al momento comodamente seduto a gambe aperte su un divano rosa dall’aspetto soffice, mentre se la ghignava come un bambino a Natale.
Disgustoso.
Cosa aveva tanto da sorridere sempre?
“Croco-chan!”, esclamò l’altro, senza muoversi dalla sua posizione. “Qual buon vento?”
“Tsk.”, sbuffò Crocodile, che stava già per perdere la pazienza senza che la conversazione fosse neanche iniziata sul serio. “Nessun buon vento potrebbe mai portarmi da te.”
“Fufufu, sempre così freddo, Croc.”, sghignazzò Doflamingo, col suo sorriso da pazzo. “Non ti sono mancato neanche un po’?”
“Sono stati i tre mesi più rilassanti della mia vita, a dir la verità.”, replicò Crocodile, espirando un grossa boccata dal suo sigaro onnipresente. Visto che l’uccellaccio non faceva commenti, il moro decise di fare come fosse a casa sua e si sedette elegantemente su una poltrona davanti al proprietario dell’isola di Dressrosa. “Avrei preferito diventassero sei, ma purtroppo sono incappato in una tempesta.”
“Un segno del destino.”, cantilenò Doflamingo, sporgendosi in avanti dal suo divano, fermandosi solo a una decina di centimetri dalla sua faccia. Crocodile per poco non cedette alla tentazione di cavargli un occhio con l’uncino. Lui e quel bastardo avevano sempre avuto due concetti di ‘spazio personale’ parecchio differenti. “Non credi?”
“No.”, fu la risposta secca del più vecchio, che non mosse un muscolo, continuando semplicemente a fumargli in faccia, sperando almeno di riuscire a mandargli a fuoco i capelli.
“Sei davvero un animale dal sangue freddo, mh? Fufufu, Croco-chan non fare così.”, sogghignò il biondo. Sembrava sospettosamente contento della faccenda. Se il moro non fosse stata presente durante la tempesta avrebbe potuto persino ipotizzare che fosse una delle trame di Doflamingo, danneggiargli la nave per costringerlo a fare tappa a Dressrosa. Però non erano state avvistate navi né fenicotteri volanti. Quindi magari era stato davvero un caso…bah. Dall’altro non sapeva mai cosa aspettarsi.
Crocodile decise di lasciar perdere e di andare dritto al punto, a pensarci troppo avrebbe guadagnato solo altre domande, nessuna risposta e una tremenda emicrania.
“Ho bisogno che la nave venga riparata.”, disse, dopo qualche minuto in cui non fecero altro che guardarsi negli occhi. Beh, più che guardarsi negli occhi, fu più Crocodile a specchiarsi in quegli imbarazzanti occhiali da sole.
Un giorno o l’altro sarebbe riuscito a trovare l’occasione di toglierglieli e frantumarli sotto il tacco delle scarpe.
“Ma certo.”, ghignò il biondo. Era tanto vicino che poteva sentire il suo alito sulla guancia, ma il moro non si mosse, deciso a non mostrarsi debole di fronte all’altro pirata. “E nel frattempo sarei ovviamente lieto di ospitarti.”
“Prenderò un ostello.”, replicò a denti stretti il più vecchio. Come diavolo avrebbe mai potuto dormire sotto lo stesso tetto di quello psicopatico?
“Non credo proprio.”, sospirò Doflamingo. Il sorriso era ancora al suo posto, ma il suo tono di voce era cambiato, assumendo una nota d’acciaio che prima non c’era. Crocodile imprecò mentalmente. “Insisto.”
Ah, dannazione, conosceva quel tono. Il biondo non lo avrebbe lasciato andare facilmente. Però neanche lo avrebbe ucciso mentre dormiva…forse.
Si fece mentalmente due calcoli. Voleva davvero tornare in quella disgustosa città a cercare un disgustoso ostello da condividere con altre disgustose persone? Non che effettivamente il moro avesse intenzione di dormire granchè, non nella città di Doflamingo. Quindi magari poteva provare a restare e andarsene in fretta.
“Solo stanotte.”, accettò infine, resistendo alla tentazione di spegnere il sigaro sulla faccia ghignante dell’altro. Preferiva avere sempre sott’occhio il biondo piuttosto che andarsene e non sapere se l’altro stava tramando qualcosa. “Domani salpo, nave riparata o no.”
“Fufufufu tranquillo, Croco.”, cantilenò il biondo, “Farò avvertire personalmente i carpentieri.”
Crocodile si tolse il sigaro di bocca, spegnendolo sulla sedie imbottita su cui si era accomodato.
“Sarà meglio.”, sbuffò, secco. Stava per aggiungere altro, ma Doflamingo si sporse e annullò la distanza che c’era fra loro, mordendogli un labbro, forte. Il moro all’inizio si irrigidì, per la sorpresa e il dolore improvviso, poi reagì d’istinto, spingendo il biondo a terra e facendolo cadere sulla schiena. Lo prese per la sua orribile camicia con la mano buona, avvicinandoselo, mentre gli puntava l’uncino alla gola, schiumante di rabbia ma ancora capace di controllarsi. Diavolo, ci voleva ben più di così per fargli perdere la calma.
“Cosa diavolo pensi di fare?”, sussurrò, in tono basso e minaccioso. Non lo avrebbe ucciso, non per una cosa del genere. Ma aveva tutto le intenzioni di dimostrare all’altro quanto sarebbe stato facile farlo, se avesse voluto. Giusto per ricordargli cvhi aveva davanti. Non gli era mai piaciuto agire d’impulso e nonostante un primo scatto di irritazione per essersi fatto cogliere di sorpresa, voleva capire cosa aveva spinto il biondo a farlo. Poteva sembrare un idiota e un pazzo, ma Crocodile ne sapeva abbastanza da conoscere le tendenze manipolatrici dell’altro, abbastanza da tenerle in dovuta considerazione.
Doflamingo continuò a ghignare come se non fosse successo niente.
Per un attimo il moro quasi si rimangiò le sue considerazioni sull’intelligenza del pennuto.
“Quello che ho voglia di fare.”, sogghignò il moro, sardonico.
“E avevi voglia di mordermi?”, sbuffò Crocodile, tenendo a stento a bada l’irritazione. Cazzo, quel tipo gli faceva girare le scatole come nessuno mai. Si passò la lingua sul labbro dolorante, senza farsi sfuggire l’aria interessata con cui Doflamingo sembrava osservare il suo gesto. Anche se in effetti era piuttosto difficile da dire, con quegli occhiali ingombranti.
“Avresti preferito un bacino dolce, Croco-chan?”, rispose Doflamingo, un po’ troppo di buon umore per essere un uomo bloccato a terra con un uncino puntato al collo.
Il moro gli lanciò una lunga occhiata, studiandolo mentre si avvicinava a quel volto sorridente. Come era passato a parlare di baci ora, quel maniaco? Per un attimo, contemplò la possibilità che il biondo fosse effettivamente attratto da lui in quel senso. Non ci aveva mai pensato prima…che fosse quella la vera ragione per cui l’altro lo aveva assillato per mesi? Attaccando briga o semplicemente andando a rompergli le scatole? In effetti, quella teoria poteva spiegare un bel po’ di cose. Beh, fosse così o no, Crocodile non aveva nessuna voglia di stare alle regole del bastardo. Lasciò la presa sulla camicia di Doflamingo, ma solo per afferrargli con decisione la mascella mentre si abbassava, si chinava e gli afferrava il labbro inferiore tra i denti, stringendo fino a che non sentì sulla lingua il sapore metallico del sangue. Da quella distanza potè sentire facilmente il basso grugnito che fece l’altro, seguito da una sua bassa risatina quando Sir Crocodile lo lasciò andare, passandosi la lingua sulle labbra per raccogliere fino all’ultima goccia di quel liquido ancora caldo.
Non se lo aspettava…però ha un buon sapore.
Dissetante.
Personalmente, il moro ne aveva sempre apprezzato il sapore, osì come anche il suo colore. Rendeva tutto molto più interessante. Persino il biondo pazzoide.
Il moro non si sarebbe mai immaginato a fare una cosa del genere. O forse sì. Sicuramente però, non con Donquixote Doflamingo. Ma quel bastardo riusciva sempre a fargli perdere la sua stoica freddezza, in un modo o nell’altro, forse avrebbe dovuto smetterla di sorprendersi. E anche ora, vederlo per terra, sotto di lui, coperto di sangue…non poteva dire che fosse stata una brutta sensazione. Al contrario di altre persone, Crocodile sapeva di non poterlo rompere, per quanto ci provasse.
Doflamingo voleva giocare con lui? Allora il moccioso avrebbe dovuto impegnarsi un po’ più di così, pensò Crocodile, alzandosi e accendendosi l’ennesimo sigaro, mentre il biondo si rimetteva seduto, con il suo stesso sangue che scendeva a imbrattargli la camicia arancione e quell’assurdo piumino rosa.
Il moro sapeva che, nonostante gli occhiali, l’altro non si stesse perdendo una sola sua mossa, meditando sul prossimo passo.
Fa pure, pensò Crocodile, assaporando il suo nuovo sigaro. Giochiamo.

 

 

 

 

 

 

 

 


Note Autrice: Beh, alla fine ce l’ho fatta a pubblicarne un’altra. Anche se è stata un po’ un parto, sinceramente... A volte sti due sono davvero pesanti da gestire.
Beh. Cosa ne pensate? Sono finita nell’OCC? Fa schifo? È decente? Noiosa?
Fatemi sapere, anche solo se vi è piaciuta o meno!
Alla prossima,
Fra.

 

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