Annabeth Chase e gli dei dell'Olimpo - Il ladro di fulmini

di H e r a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue-Conosco un bambino sbrodolone ***
Capitolo 2: *** Ho una discussione con la persona più importante della mia vita ***
Capitolo 3: *** Il bagno delle ragazze esplode ***
Capitolo 4: *** Capisco quanto sia difficile la vita di Chirone ***



Capitolo 1
*** Prologue-Conosco un bambino sbrodolone ***


                   

 -E’ lui. Deve essere lui!
-Silenzio Annabeth, è ancora cosciente. Portiamolo dentro.
 
***

Fin da quando avevamo raccolto Percy Jackson sotto la pioggia, sfinito e ricoperto di fango, ho avuto la certezza che lui sarebbe stato il ragazzo che finalmente mi avrebbe portato fuori da quel maledetto campo. Non fraintendetemi, non che il Campo Mezzosangue non mi piacesse, ma dopo cinque lunghissimi anni passati ad allenarmi sentivo che era arrivato il momento di affrontare le sfide vere, quelle che potevo trovare solo al di fuori di quei confini.
***
Devo dire che i primi contatti che ho avuto con Percy non sono stati esattamente quelli che ti aspetti di avere con l’ eroe che salverà o distruggerà l’Olimpo. Per di più mi sono limitata ad imboccarlo di ambrosia oppure a ripulirlo quando sbavava. Direi che in effetti non aveva affatto voglia di fare da badante ad un bambino sbrodolone, ma lui sicuramente sapeva cosa sarebbe successo il 21 di Giugno, ovvero il Solstizio d’Estate. Sentivo parlare di quella data da tantissimo tempo, ma tutte le volte che le persone si accorgevano che stavo ascoltando smettevano di parlarne e si allontanavano con aria sospetta. Era frustrante che dopo tutti quegli anni passati al campo ancora Chirone non mi ritenesse abbastanza grande per  partecipare alle discussioni importanti.
Assorta dai miei pensieri non mi ero accorta che il ragazzo aveva aperto gli occhi:
- Cosa succederà al solstizio d’estate?- Gli chiesi non appena mi notò.                                                 
Con la voce di che è stato appena investito, il ragazzo riuscì a brontolare un “Cosa?”.                                                     
La risposta non fu abbastanza soddisfacente così provai con domande più dirette:                                              
-Che sta succedendo? Cos’hanno rubato? Abbiamo solo poche settimane!                                                                            
- Mi dispiace, io non …                                                                                                                                                                
Sentii qualcuno che bussava allora per non rischiare di finire nei guai per le domande che avevo appena fatto riempii la bocca del ragazzo e poi andai ad aprire …                                                                                                               
-  Annabeth, se continui a fare domande a Percy sarò costretto a non farti entrare più nella sua stanza!                              
- Ma Chirone, io stavo solo…                                                                                                                                                                
- Annabeth basta! Quando sarà il momento giusto verrai informata, e fino ad allora ti prego di non parlarne più!                                                                                                                                                                         
Nel frattempo notai che il ragazzo si era addormentato di nuovo, con il morale sotto i piedi mi avviai verso il campo da pallavolo per vedere di dimenticare la discussione con Chirone. Chirone era la persona più calma del creato, e farlo arrabbiare era davvero difficile, eppure ultimamente io ci riuscivo fin troppo spesso. Prima che potesse sparire dietro la Casa Grande il centauro le gridò:                                                                                                                                                                      
- Ehi Annabeth … Fra mezz’ora al poligono di tiro con l’arco. Lezione privata. Solo io e te.                                                      
Strizzandomi l’occhio Chirone partì al galoppo verso i campi di fragole.                                                                                        
Sorrisi … per il momento era tutto a posto.
 
 
 
Appunti di Viaggio
Ed eccomi qua! Era da tanto, forse troppo che non tornavo su EFP, e dei se mi era mancato! Se sei un vecchio amico che è tornato qui incuriosito da un titolo che aveva già visto, ebbene si, non ti stai sbagliando. Avevo già pubblicato questa ff qualcosa come quattro anni fa e qualche giorno fa mi sono ritrovata a leggerla di nuovo e a rivederne il potenziale, quindi eccola qui, riveduta e corretta e più brillante che mai. Una sorta di Fanny: la fenice che risorge dalle ceneri. Se invece non ti eri mai imbattuto in questa storia, bhe, benvenuto! Spero che ti piaccia e che questo piccolo prologo ti abbia messo curiosità. Le mi intenzioni sono più che buone giuro! Aggiornerò con la cadenza di un capitolo a settimana, il mercoledì alle 14.00/15.00 circa. Per i 4 primi capitoli, se vedrò che la storia piace potrei anche metterne uno il venerdì, visto che sono già pronti, ma questo dipenderà principalmente da voi. Spero davvero che questa storia si riprenda, e che voi mi sproniate a portarla una volta per tutte fino in fondo. Se vi è piaciuta, una recensioncina non vi/mi farà male, e vi giuro che non mordo. Ah ultima cosa poi giuro vi lascio, se notate errori, vi prego di farmeli notare così che io possa correggerli il prima possibile. Eh niente, se vorrete, ci vediamo Mercoledì :) Enjoy ♥

 

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Capitolo 2
*** Ho una discussione con la persona più importante della mia vita ***


                                 
Il resto della giornata passò tranquillamente. Ormai la Casa Grande era off-limits, e non avevo neanche voglia di provare a fare delle incursioni segrete per poi rischiare di dover  lavare i piatti insieme alle Arpie per una settimana così gironzolai un po’ per il Campo. Dopo essermi allenata un po’ nell’Arena mi diressi verso il laghetto della canoe, ma non feci  nemmeno in tempo a sceglierne una, che il mio ragazzo–capra preferito mi raggiunse. Grover era quello che avevo di più simile ad un migliore amico. Lo conoscevo da quando avevo sette anni e con lui avevo un legame speciale in quanto era stato proprio lui a portarmi al Campo Mezzosangue. Capii subito che era impaziente di parlarmi perché mentre correva inciampava di continuo, perdendo le sue scarpe, e spesso era costretto a tornare indietro per recuperarle. Così non appena riuscì a raggiungermi, non potei fare altro che scoppiargli a ridere in faccia. Il satiro fece una faccia offesa, anche se sapevo benissimo che non ce l’aveva realmente con me, infatti gli passò quasi subito:                                                                                         
- Ehi Sapientona, ho una bella notizia per te:  Chirone ci vuole presenti quando farà conoscere Percy al Signr D. Anche tu. Insomma… anche tu. Se hai capito che intendo.
Mi fece la linguaccia e mi guardò con sguardo malizioso. Avrei voluto mollargli un gancio dritto in faccia. Lui infatti sapeva tutto, in quanto satiro-guardiano, ma per quanto avessi provato ad estorcergli qualche informazione, era stato irremovibile. Nonostante questo, dovevo riconoscergli  che aveva sempre pressato Chirone e il signor D per mettermi a parte del mistero. Tuttavia, conoscevo il modo di fare del Signor D da tantissimo tempo, e non credevo proprio che il dio tutto d’un tratto avesse deciso di informarmi. Sorrisi a Grover per non smontarlo del suo entusiasmo:                                                                                                                      
- Speriamo Grover, speriamo…                                                                                                                                                               
- Dai non fare la solita guastafeste! Io vado a prendere Percy tu intanto vai sotto il portico della Casa Grande. Ci vediamo lì!                                                                                                                                                                                        
Il satiro se ne andò saltellando ed io non potei fare altro che avviarmi verso il luogo dell’appuntamento.

***

Non appena arrivai, trovai il signor D e Chirone intenti a giocare  pinnacolo. Non ero ancora riuscita a capire cosa ci trovasse Dioniso in quel gioco… In realtà non ero ancora riuscita a capire Dioniso. Nonostante fossi la ragazza con alle spalle più anni al Campo rispetto a tutti gli altri, ancora non ero riuscita a comprendere su quale frequenza viaggiasse la mente del dio. Non che alla fine mi importasse più di tanto. Dopo averlo squadrato un po’ decisi che mi faceva pena. Non feci in tempo a formulare quel pensiero che lo sguardo del dio si posò su di me, e penso che se gli sguardi potessero uccidere a quest’ora non sarei qui.  L’arrivo di Percy e Grover mi salvò dalla morte sicura: l’attenzione del dio, fortunatamente, si spostò da me a loro. Era evidente che il ragazzo non si era ancora ripreso del tutto, infatti arrancava e dava l’impressione di una persona che era appena stata travolta in pieno da un tir. Mentre Grover procedeva con le presentazioni ufficiali mi ritrovai a squadrare quel ragazzo: doveva avere la mia età ,ma era più basso di me di qualche centimetro, i capelli scuri gli ricadevano sul viso in un modo molto disordinato. Aveva i vestiti strappati e dei normalissimi jeans fangosi. Non aveva niente di particolare, niente di diverso rispetto a tutti gli altri semidei del campo, se non … gli occhi. Aveva degli occhi verdi, che tendevano all’azzurro, guardare quegli occhi era come guardare l’oceano. In effetti, erano  degli occhi bellissimi. Alla fine il mio sguardo si posò sulla scatola da scarpe che teneva sottobraccio. Probabilmente dentro c’era il corno del Minotauro che, a quanto avevo sentito dire, aveva ucciso prima che arrivasse al Campo. Quando vidi che Percy mi fissava capii che stavano parlando di me:                                                                                                                          
- … aiutato a ristabilirti Percy. Annabeth, per favore, andresti ad occuparti del suo letto? Lo metteremo nella undici, per ora.                                                              
Sentii un’incontrollabile rabbia crescere dentro di me. Era per questo che mi avevano chiamato. Per rifargli il letto. Quel ragazzo era spuntato dal nulla, aveva già avuto l’occasione di battersi con un mostro, e se era riuscito, non si sa ancora come, a cavarsela con il Minotauro, poteva essere in grado anche di rifarsi un cavolo di letto.Come sempre invece, non dissi nulla.                                                                                                                                                               
- Certo, Chirone.
Risposi, senza troppo entusiasmo.                                                                                                                                                                                       
Mi sarei aspettata almeno un grazie dal nuovo arrivato, ma invece niente, se ne stava li a fissarmi. Come se dovessi essere io quella a dover  parlare.                                                                                                                                     
– Quando dormi, sbavi.             
Accontentato! Scesi dal portico e mi avviai verso la capanna di Ermes con le mani nelle tasche dei jeans. Attraversai il cortile delle capanne lanciando un’occhiata distratta verso il pino di Talia, senza riuscire a non sentire la consueta punta di malinconia che mi assaliva quando mi soffermavo sui contorni dell’albero. Fui distratta molto presto da questi miei pensieri: già a pochi metri di distanza dalla capanna 11 si sentivano le urla dei suoi abitanti:                                                                                                                                                                           
-Travis giuro che se lo fai un'altra volta ti uccido!                                                          
-Ehi fratellino, non ti scaldare! Ragazzi, il nostro Connor vuole una bella lezione!                                                        
-TU! Metti subito giù quella schiuma da barba!                                                                                                                          
Era la voce di Luke… Mi fermai un secondo, feci un respiro profondo, e poi bussai alla porta della capanna. Ci fu un improvviso silenzio, e riuscii quasi a percepire le decine di paia di occhi che si fissavano sulla porta incuriositi.                                
-Dev’essere un novellino…-bisbigliò qualcuno, con una voce troppo flebile per poter essere distinta.
-Ancora non lo sai che per entrare da Ermes non c’è bisogno di bussare?-Sorrisi e aprii la porta.
-Si chiama educazione, cari  i miei fratelli Stoll.
Luke mi venne incontro con li suo solito sorriso sghembo, che come sempre mi lasciava interdetta.
-Annabeth, non badare troppo a loro! Cosa c’è, è successo qualcosa?
Mi chiese mettendomi un braccio attorno alle spalle.Fra me e Luke c’era sempre stato un rapporto di grandissima fiducia. Ci conoscevamo da più di cinque anni, mi considerava come una sorella minore, e per lui era normale prendersi tutta quella confidenza, ma per me… Per me era tutta un’altra storia. Tutte le volte che mi abbracciava, che scherzava con me o che semplicemente mi sfiorava, sentivo una specie di formicolio alla bocca dello stomaco e non capivo più niente. Con uno sforzo non indifferente riuscii a borbottare:                                                                                                                                                
-Dovete riuscire a trovare un altro angolino per il nuovo arrivato.                                                                      
Pronunciai le parole “nuovo arrivato” come se stesse per arrivargli in casa la peggiore maledizione mai scagliata.                                                                                                                                                                                  
– Penso che non riuscirebbe a trovare un po’ di posto in questa capanna nemmeno se dormisse stando in piedi- Luke battette le mani per richiamare l'attenzione- Avete sentito ragazzi … c’è da stringersi!                                                                                                                            
Un mormorio di disapprovazione si diffuse per tutta la capanna:                                                                      
- Ma non lo possono mettere da Dioniso? Sono solo in due in quella capanna , cavolo!                                                                  
- Io devo ancora capire chi ha messo la regola che tutti gli indeterminati devono finire sempre  da Ermes!
-In realtà non so ancora se è regolare o indeterminato- dissi loro.                                                                         
- Evviva ragazzi! Carne fresca!  Travis prepara  un po’ dei nostri scherzi migliori … perlomeno ci divertiremo!          
Io e Luke ci allontanammo dalla bolgia che si era venuta a creare e ci andammo a sedere ai campi di fragole. I figli di Dioniso erano intenti ad innaffiare le piantine e le ninfe dei boschi si aggiravano qua e la cantando qualche canzone sul dio Pan. Quel posto mi rilassava tantissimo … ed ero con Luke.                                                 -E’ tanto che non riparliamo un po’ io e te – mi disse lui -Come stai Annabeth? La domanda più semplice, eppure non riuscivo proprio a trovare una risposta. O perlomeno una risposta che sia avvicinasse almeno un po' alla verità.Valutai l’ipotesi di rispondergli con un semplice “bene” ma era Luke, non sarei mai riuscita a mentirgli.                            
-Luke …- Mi portai le mani alle tempie, valutando se tirare davvero fuori tutto quello che mi stava esplodendo dentro.- Non bene.- Dissi alla fine.- Sai, è arrivato questo ragazzo e io…stavo pensando…insomma…-
Immediatamente il volto di Luke si scurì. Avevamo fatto quel discorso migliaia, forse milioni di volte, eppure ancora non eravamo riusciti a trovare un accordo.
-Ancora con questa storia? Cavolo Annabeth ma perché sei così impaziente di uscire la fuori e di farti ammazzare? Hai così tanta voglia di affrontare qualche mostro per poi tornare qui, magari sfigurata, per raccogliere la pietà di tutti?
Involontariamente il mio sguardo si posò sulla sua cicatrice:
-Io non ti ho mai trattato con pietà.
Risposi abbassando gli occhi
-Beth è solo che … va bè, tu sai come la penso.
–Si Luke lo so, infatti fino ad oggi ho sempre cercato di non pensarci, ma poi è arrivato quel Percy Jackson e allora …
Allungai le mani verso le stringhe delle mie sneackers, e cominciai a giocherellarci distrattamente.
–Chirone lo adora sai? Grover gli sbava dietro, e poi ha affrontato quei mostri. Insomma, mi sembra che in due giorno lui abbia fatto più strada di me che invece…
-Che invece cosa? Annabeth ma ti senti? Quel tizio è stato tanto fortunato che ha rischiato di morire, e nello scontro col Minotauro ha perso la madre! Quel ragazzino è orfano a causa della sua fantomatica “fortuna” !
-Sai bene che Percy non è orfano.- Mormorai sottovoce.
–Ah no? Pensi che il suo genitore divino si precipiti a riconoscerlo solo perché sua madre è morta? Vedrai Annabeth! Tu non vuoi ancora accettare il fatto che noi mezzosangue non contiamo niente per gli dei. Lo so che questo tuo desiderio di volere così fortemente un’impresa, è solo dettato dal fatto che ti vuoi far notare da tua madre! Ma guardami Annabeth … pensi che se a mio padre fosse importato qualcosa di me, avrebbe lasciato che quel drago mi riducesse così … Secondo te è stato un modo per dimostrarmi il suo affetto? Quando fai così, mi sembra che tu sia tornata la bambina di cinque anni fa …                                                                    
Mi stavo sforzando per trattenere le lacrime: Luke mi aveva appena dato della bambina, e sarei morta prima di dimostrargli che aveva ragione piangendo sul serio. Voltai la testa dandogli le spalle. Mi sembrò quasi di sentire il suo sospiro esasperato dietro di me.                                                                                               
– E’ meglio che vada a fare il letto di Percy.                                                                                                                 
Mormorò il ragazzo andandosene. Percy, Percy, sempre e solo Percy ! Quel ragazzino mi aveva già creato non pochi  problemi … e ancora non sapevo che il peggio aveva da venire.

Appunti di Viaggio
Here we are, con il primo capitolo vero e proprio. Finalmente le cose si smuovono un po' e per Annabeth cominciano i problemi. Per quanto riguarda il fatto che Luke la chiami "Beth" devo dire che sono stata indecisa fino all'ultimo se lasciarlo o meno, ma nessuno nei libri chiama mai Annabeth con un diminutivo che non sia Wise Girl, e mi piaceva l'idea che lui fosse l'unico al quale lei invece permetteva questo lusso. Io adoro Luke e Annabeth, non come pairing a livello di coppia ma proprio come evoluzione del loro rapporto, e ho adorato scrivere di loro agli inizi. Niente spero vi piaccia, come detto prima, se notate errori non esitate a dirlo :)
Enjoy ♥

 

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Capitolo 3
*** Il bagno delle ragazze esplode ***


Mi asciugai le lacrime cercando di non pensare a quello che era appena successo. Ultimamente mi capitava sempre più spesso di discutere con Luke, e sembrava che lui fosse più insofferente ogni volta che ne parlavamo. Sembrava che ormai nemmeno si sforzasse più di ascoltarmi, che avesse già deciso che aveva ragione lui. Dovevo parlarci il prima possibile, ma in quel momento decisi di avviarmi verso la mia capanna per vedere come andavano le cose. Entrando non notai niente di strano: chi era sdraiato sul letto a leggere, chi chino sui libri a studiare, chi chiacchierava e chi semplicemente si guardava intorno. A quanto pareva nessuno aveva bisogno dei servizi da Capocasa. Con un cenno generale salutai i miei fratelli, agguantai il mio libro preferito e mi sedetti su una panchina davanti alla capanna numero undici. Era già passata circa mezz’ora, intorno alla casa c’era un gran viavai di gente che usciva ed entrava, ma di Luke, neanche l’ombra. In compenso vidi sbucare da dietro la casa cinque Chirone, insieme a Percy. Feci per alzarmi ed andarmene, ma Chirone stroncò il mio piano sul nascere:                                                                           - Annabeth, ho una lezione di tiro con l’arco a mezzogiorno- Mi disse il centauro, con la tipica voce da angioletto mancato – Puoi occuparti di Percy?                  
Lanciai un’ultima occhiata alla porta della casa di Ermes … sarebbe stato meglio fare da baby-sitter che restare li a deprimermi.                                                          
- Si, signore.                                                                                                                                                                                                               
–Casa numero undici – disse Chirone rivolgendosi a Percy – Accomodati.                                                                                            
Vidi il ragazzo soppesare con lo sguardo la capanna e fui tentata di mollargli un pugno in faccia: non solo Ermes doveva ospitalo, ma il ragazzino si permetteva anche di storcere il naso!                                                                         
Chirone andò ad aprire, e dopo l’inchino di rito dei ragazzi, saluto Percy:                                                                                            
- Bene, allora. Buona fortuna Percy, ci vediamo a cena. – Così dicendo se ne andò via galoppando, diretto verso il poligono di tiro con l’arco. Il ragazzino sembrava pietrificato sul posto.                                                                                                                                                             
– Allora? Muoviti. – dissi al semidio, che non si decideva ancora ad entrare.                                                                                                        
Percy inciampò sulla soglia. Sorrisi … in quel momento mi fece quasi tenerezza … quasi.                                                  
– Percy Jackson, ti presento la casa numero undici.                                                                                                                          
La faccia di Connor spuntò sopra le altre –Allora, regolare o indeterminato?                                                                                         
- Indeterminato – decretai. Gemito generale … era sempre la stessa storia, ad ogni novellino i ragazzi di Ermes diventavano sempre più polemici. Luke si fece avanti, facendomi sobbalzare.                                                                      
- Via, ragazzi. Siamo qui per questo. Benvenuto, Percy. Puoi prenderti quell’angolo sul pavimento, laggiù.                                
Scrutai la faccia di Luke, cercando qualche segno per poter capire se era ancora arrabbiato con me, non trovai niente: non sapevo se potevo considerarlo un buon segno:                                                                                            
- Questo è Luke – dissi a Percy, mentre sentivo il sangue affiorare sotto le mie guancie. Questa è una delle cose che odio di più di me stessa …. tendo ad arrossire continuamente! Vidi che Percy mi fissava, così cercai di riassumere un colorito normale:                                                                                                                  
- Sarà lui il tuo capogruppo, per ora.                                                                                                                                                                                             
– Per ora?- chiese Percy, con un’aria completamente persa.                                                                                                                     
– Sei indeterminato. Non sanno a …. – Mentre Luke finiva di spiegare tutta la faccenda a Percy, mi ritrovai a pensare in quale situazione assurda si ritrovava quel ragazzo: era stato catapultato in nuovo mondo di cui non sapeva assolutamente niente, aveva appena perso la madre, e sicuramente credeva di essere rimasto orfano. Io perlomeno aveva avuto la fortuna di aver avuto delle persone, come Luke, che mi avevano spiegato tutto fin da quando ero piccolissima, e mio padre … Appena il pensiero di mio padre mi venne in mente, cercai subito di scacciarlo.                                                                                                                                            
- … finché non sarai determinato- concluse Luke.                                                                                                               
– E quanto ci vorrà?                                                                                                                                                                                        
Risata generale.                                                                                                                                                                                                       
– Vieni – gli dissi – Ti faccio vedere il campo di pallavolo.                                                                                                                                                     
– L’ho già visto.                                                                                                                                                                                                  
– Muoviti!- lo afferrai per il polso e lo trascinai fuori a forza. Anche lui aveva diritto a qualcuno che gli spiegasse come stavano le cose … e probabilmente sarebbe toccato a me. Ce ne andammo lasciandoci dietro la scia di risatine della casa di Ermes.
***
-Jackson, devi cavartela meglio di così – Gli dissi non appena ci fummo allontanati.                                                            
 – Cosa?                                                                                                                                                                                        
Alzai gli occhi al cielo … certo che quel ragazzo era proprio stupido! Forse mi ero sbagliata sul fatto che lui fosse l’eroe della profezia.                                              
– Che problemi hai?- Sbottò lui – So soltanto che ucciso quella specie di uomo- toro …                                                                                
- Non parlare così – lo rimproverai – sai quanti ragazzi del campo avrebbero voluto avere la tua occasione?                               
- L’occasione di farsi ammazzare?                                                                                                                                                                                             
- L’occasione di battersi con il Minotauro! Perché credi che ci alleniamo?                                                                                               
- Senti – mi disse scuotendo la testa  – Se quello era veramente il Minotauro di cui parlano le storie …                              
- Si – confermai.                                                                                                                                                                                                 
– Allora ce n’è uno solo.                                                                                                                                                                                  
– Si – confermai di nuovo.                                                                                                                                                                            
– Ed è morto qualcosa come … milioni di anni fa. Lo ha ucciso Teseo!                                                                                    
- I mostri non muoiono Percy. Si possono uccidere, ma non muoiono.                                                                                               
- Adesso e tutto chiaro … grazie!                                                                                                                                                                 
- Non hanno un’anima come noi due. Li puoi allontanare, se sei fortunato, per tutta una vita. Ma sono forze primordiali. Alla fine si ricostituiscono!                                
- Vuoi dire che se ne o ucciso uno … - riuscivo a vedere gli ingranaggi del suo cervello lavorare. Capii subito a chi stava pensando.                                                    
– La Fur… cioè, la tua insegnate di matematica? È ancora la fuori. L’hai solo fatta arrabbiare!                                                  
- Come fai a sapere della Dodds?                                                                                                                                                                     
- Parli nel sonno. – E sbavi, aggiunsi mentalmente sorridendo.                                                                                   
– Com’è che stavi per chiamarla? Furia?                                                                                                                                                   
Guardai verso i miei piedi, e pregai che Ade fosse indaffarato per stare a badare ad un neo-semidio, che ancora non conosceva le regole. – Non dovresti nominarle …  Noi le chiamiamo, le Benevole, se proprio dobbiamo.                                                                                                                                                                                                               
– Ma non possiamo dire niente senza che si metta a tuonare? – quel bambino cresciuto stava diventando un po’ troppo piagnucolone per i miei gusti! – E poi perché devo stare nella casa undici? Perché dobbiamo stare tutti pigiati in quel modo? C’è un sacco di posto lì! – disse indicando le case di Zeus e di Era. Impallidii. Se continuava così ci avrebbe fatto fulminare seduta stante – Non ci scegliamo l’alloggio, Percy. Dipende da chi sono i tuoi genitori- Dissi con cautela, sapendo che era arrivato il momento più difficile di tutta la conversazione. – O meglio, il tuo genitore.                                                                                                                                               
– Mia madre è Sally Jackson, e lavora in un negozio di dolciumi – disse indurendosi – Cioè, lavorava.                                
– Mi dispiace per tua madre Percy – dissi con il tono più dolce che potevo avere   - ma non mi riferivo a lei. Sto parlando del tuo altro genitore. Di tuo padre.                                                                                                                                                
–  È morto. Non l’ho mai conosciuto.                                                                                                                                                   
Sospirai, non sapevo come andare avanti – Tuo padre non è morto, Percy.                                                                                  
– Come fai a dirlo? Per caso lo conosci?                                                                                                                                             
- No, certo che no.                                                                                                                                                                             
- E allora coma fai a dire che …                                                                                                                                                       
- Perché conosco te. Non saresti qui se tu non fossi uno di noi.                                                                                          
- Tu non sai niente di me!                                                                                                                                                     
- Ah no?- chiesi inarcando un sopracciglio – Scommetto che hai cambiato scuola un sacco di volte, e che in moltissimi casi ti hanno espulso.                                                                                                                                                      
- Come …                                                                                                                                                                                   
- Non ho finito. Sei dislessico, iperattivo, e hai un disturbo da deficit dell’attenzione.- Percy deglutì, chiaramente imbarazzato. – Tutte queste caratteristiche sono un segno inequivocabile. Le lettere si mettono a roteare fuori dalla pagina quando leggi vero?    Questo è perché il tuo cervello è impostato per leggere il greco antico!- esclamai-  e l’ iperattività … Sono i tuoi riflessi da combattimento. In una battaglia vera, ti salverebbero la vita. Quanto ai problemi d’attenzione, dipendono dal fatto che ci vedi troppo, non troppo poco. I tuoi sensi sono migliori rispetto a quelli dei comuni mortali. Affronta la realtà Percy, sei un mezzosangue! - Vidi la sua espressione cambiare, e avrei giurato che sarebbe svenuto da un momento alla’altro. Purtroppo non fece in tempo, perché una voce ci interruppe.                                                                                                       
- Ma guarda ! Un novellino! – non mi voltai nemmeno, conoscevo quella voce fin troppo bene, e non prometteva niente di buono:                                                                                                                                                                       
-  Clarisse – sospirai – perché non te ne vai a lucidarti la lancia o che so io?                                                                                           
- Ma certo principessa – ringhiò lei – così posso infilzarti meglio Venerdì sera!                                                                    
-  Ma vattene ai corvi!- ribattei io – non avete nessuna possibilità!                                                                                                     
- Vi schiacceremo – sibilò Clarisse – chi è questa mezza cartuccia?                                                                                                               
- Percy Jackson – risposi – Ti presento Clarisse, figlia di Ares.                                                                                                                 
– Vuoi dire il dio della guerra?                                                                                                                                                                 
- Qualche problema Prissy?                                                                                                                                                                 
-  E’ Percy, comunque no – sogghignò il ragazzo – Spiega solo il cattivo odore.                                                                              
Audace … fin troppo! Lui e la sua linguaccia si sarebbero messi nei guai molto presto.                                                                                                                    
- Abbiamo una specie di iniziazione per i novellini. Vieni te la faccia vedere.                                                                                           
– Clarisse …  - cercai di dire.                                                                                                                                                                                              
– Tu stanne fuori!                                                                                                                                                                                          
Non sapevo cosa fare per Percy, così lasciai perdere e sperai che il ragazzo riuscisse a uscirne vivo. Non fece in tempo a passarmi il corno del Minotauro che già Clarisse lo aveva afferrato per il collo e lo stava trascinando ai bagni delle ragazze. Lì seguii, pronta ad intervenire nel caso ce ne fosse stato bisogno.                      
– Come se questa mezza calzetta potesse essere roba dei Tre Pezzi Grossi- disse Clarisse  spingendolo dentro un gabinetto – Probabilmente il Minotauro è morto dal ridere!                                                                                                           
Io non potei fare altro che stare in angolo, con le mani sulla faccia, a guardare la scena fra le dita: non volevo interferire: non l’avevo mai fatto per nessuno e non avrei fatto eccezione. Tuttavia stavolta mi dispiacque inaspettatamente più del solito.                                                                                                  
Vidi Percy fare resistenza alle spinte di Clarisse, con scarsi risultati, finché … il bagno esplose. Esatto, proprio così, esplose! Una colonna d’acqua investì Clarisse e la potenza del getto la buttò fuori dal bagno. Non feci in tempo a realizzare cosa stava succedendo che una seconda ondata, più forte della precedente, raggiunse anche me. Mi ritrovai nell’angolo del bagno, puzzolente e bagnata fradicia. Fissai Percy scioccata, e mi resi conto che lui era completamente asciutto: attorno a lui c’era un cerchio di pavimento intatto, e sui suoi vestiti neanche una goccia d’acqua.                                                                                                                          
– Ma come hai … - cercai di chiedergli                                                                                                                                                      
- Non lo so – mi rispose lui, sinceramente sorpreso dalla sue stesse azioni.                                                                                              
Uscimmo da bagno, Clarisse era in una pozza di fango, e attorno a lei si era creato un capannello di ragazzi.                                        
– Tu sei morto, pivello. Morto stecchito. – intimò a Percy.                                                                                                                                  
– Vuoi fare ancora un po’ di gargarismi Clarisse? No? E allora, chiudi il becco!- rispose. Accidenti a lui e alla sua boccaccia. Prima che Clarisse potesse ucciderci lo trascinai via. Appena ci fummo fermati iniziai a fissarlo. Come diavolo aveva fatto?                                                                                                                                               
- Che c’è? – domandò lui – A cosa stai pensando?                                                                                                                                          
- Sto pensando – risposi – che ti voglio nella mia squadra per la Caccia alla Bandiera



Appunti di viaggio
Eccoci qua, nuovo Mercoledì, nuovo capitolo. Innanzitutto ringrazio chi ha recensito, ma anche chi ha inserito la storia fra le seguite o addirittura fra le preferite :) Anche se magari rimanete invisibili fate comunque piacere :) Niente, Percy Annabeth e Luke sono un trio che ha del potenzioale, e mi dispaice che non sia mai statao sfruttato a dovere, soprattutto con l'andare avanti dei libri, ma pazienza... diciamo che zio Rick ci ha lasciato più spazio per la nsotra immaginazione ;)
Il prossimo capitolo sarà un po' di passaggio, ma quello dopo invece non vedo l'ora di scriverlo e ho già un sacco di idee!
Grazie per essere arrivati in fondo anche a questo capitolo e ci si legge Mercoledì prossimo ♥
Enjoy

 

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Capitolo 4
*** Capisco quanto sia difficile la vita di Chirone ***


Ci avviammo lontano dal gruppo di ragazzi che circondava Clarisse. Ovunque andassimo c’era qualcuno che ci additava o che rideva. Per un attimo ebbi il terribile sospetto che ridessero perché ero completamente zuppa di acqua puzzolente, ma poi mi ricordai che stavo camminando accanto a colui che aveva fatto “esplodere” il bagno, perciò decisi di non preoccuparmi più di tanto. Finii di far fare a Percy il giro del Campo e sorrisi quando notai la faccia del ragazzo dopo avere visto il muro per l’arrampicata: un misto di stupore  e orrore, che ormai era onnipresente sulla faccia di Percy. Come ultima tappa scelsi il laghetto delle canoe, perché da li partiva il sentiero per tornare alle capanne.                                                                                                                    
– Percy, ora devo andare ad allenarmi – gli dissi -  La cena è alle sette e mezzo. Per la mensa, segui gli altri ragazzi della tua casa.                                                                                                                                                                                     
– Annabeth mi dispiace per la storia dei gabinetti – cercò di giustificarsi lui.                                                                                       
– Lascia perdere – gli dissi sinceramente.                                                                                                                                  
– Non è stata colpa mia – Cercò di farfugliare. Lo guardai con occhi scettici : non era colpa sua come io ero figlia di Afrodite! Notai l’espressione mortificata sul suo volto, e gli sorrisi con aria rassicurante                                                   
- Devi parlare con l’Oracolo – gli dissi.                                                                                                                                                         
– Con chi?                                                                                                                                                                                                                                 
- Non con chi. Ma con cosa. Con l’Oracolo. Lo chiederò a Chirone! -  Ammiccai verso Percy, lui per tutta risposta  si mise a guardare il laghetto. Lo vidi sobbalzare, e capii perché quando guardai l’acqua chiarissima del laghetto: una Naiade lo stava salutando, e lui la stava risalutando a sua volta. Non riuscirò mai a capire cosa abbiano le ninfe di così tanto bello da imbambolare qualsiasi individuo di razza maschile che passi nei pressi del laghetto. Percy, ovviamente, non faceva eccezione.                                                                                                                                                                                     
– Non incoraggiarle – gli dissi in tono piatto – le Naiadi sono creature estremamente smorfiose!- Puntualizzai.                                                                                                                                                                                                                           
– Naiadi- concluse lui spaesato – Ora basta, ti prego riportami a casa!- mi chiese con un tono supplichevole. Provai un moto di sconfinata dolcezza per quel ragazzino indifeso:                                                                                        
- Non capisci Percy? Noi siamo già a casa. Non esiste posto più sicuro sulla Terra  per i ragazzi come noi.                                                       
-  Per ragazzi con disturbi mentali vuoi dire?                                                                                                                                           
- Voglio dire per ragazzi non umani. O almeno non totalmente. Umani per metà.                                                                                                                           
–  Per metà umani e per metà cosa? – Capii che quella di Percy era l’ultima opposizione a questo nuovo mondo. Capii che stava solo facendo finta di non capire, non voleva ammettere a se stesso che la sua vita stava per cambiare da cima a fondo.                                                                                                                                                          
– Penso che tu lo sappia Percy – gli sussurrai dolcemente.                                                                                                      
– Dei – disse finalmente – Per metà dei.                                                                                                                                                                           
Annuii, cercando di capire come il ragazzo stava metabolizzando la notizia. – Tuo padre non è morto, Percy. È uno degli dei dell’Olimpo.                                      
– È assurdo – bisbigliò con un fil di voce.                                                                                                                                                   
– Pensaci Percy. Qual è la cosa più comune che gli dei facevano nelle vecchie storie? Se ne andavano a zonzo ad intrecciare relazioni con i mortali e ad avere figli illegittimi. Pensi che negli ultimi millenni abbiano cambiato abitudini?                                                                                                                                                                                           
- Ma questi sono solo … - cercò di dire. Ma si rese conto che non era nemmeno il caso di finire la frase.                              
–Quindi tutti i ragazzi di questo campo sono per metà dei!                                                                                                                             
- Semidei. È il termine esatto. Altrimenti, noi siamo i mezzosangue.                                                                                                  
– Chi è tuo padre? – quella frase mi colpì come uno schiaffo. Quel giorno mi ero già capitato di pensare a mio padre, ma ero riuscito a scacciare il pensiero. Ma non appena Percy lo rinominò, l’immagine del mio genitore mortale si riaffacciò prepotente nella mia mente. Erano cinque anni che non lo rivedevo, non sapevo come stava, come stava la sua nuova moglie, ne i miei fratellastri. Non sapevo più niente di lui. Mi ritrovai a stringere il parapetto un po’ troppo forte, con Percy che mi fissava                                                                                                                 
- Mio padre di West Point – gli risposi cercando di avere un tono incolore – Non lo vedo da quando ero piccola. Insegna storia americana.                                                                                                                                                     
– È umano.                                                                                                                                                                                                                            
– E allora? Pensi che solo un dio possa provare attrazione per dei mortali? Quanto sei sessista!                                                                                                                    
- Scusa! – disse lui sulla difensiva – Chi è tua madre, allora?                                                                                                                                                             - Casa numero sei – dissi orgogliosa. Ma poi mi resi conto che per Percy quella era un’informazione come un’altra.                                                                                                                                                                                      
– E allora? – chiese infatti lui.                                                                                                                                                                 
– Atena – dissi drizzando la schiena con fierezza -  Dea della saggezza e della battaglia.                                                                 
– E mio padre?- chiese speranzoso.                                                                                                                                                                  
– Indeterminato – risposi dispiaciuta di non poterlo aiutare. – Nessuno lo sa.                                                                                   
– Tranne mia madre – mi disse triste – Lei lo sapeva.                                                                                                                                                                      
– Forse no, Percy. Gli dei non rivelano sempre la loro identità.                                                                                                           
– Mio padre lo ha fatto di sicuro. Lui la amava.- mi disse convinto. Non volevo deluderlo, ne illuderlo. Così scelsi la via più cauta:                                                                                                                                                                                                     
- Forse hai ragione. Magari manderà un segno. È questo l’unico modo. Tuo padre deve mandare un segno e riconoscerti. A volte succede.                                                                                                                                                        
– Può anche non succedere?- Chiese stupito.                                                                                                                                               
– Gli dei hanno molto da fare – dissi, forse più a me stessa che a Percy – Hanno un sacco di figli, e a volte … be’ a volte non gli importa di noi – conclusi facendo uno sforzo enorme: avevo appena ripetuto a Percy le stesse parole che Luke mi aveva detto poco prima.
– A volte, anzi spesso, Percy, ci ignorano.                                                          
– Perciò sono bloccato qui – concluse scoraggiato – Sarà così per il resto della mia vita?                                                                           
- Dipende – gli risposi – alcuni si fermano per una sola estate. Se sei figlio di Afrodite, o di Demetra, probabilmente non sei una forza davvero potente e i mostri potrebbero anche ignorarti. Così te la cavi con qualche mese di allenamento estivo e vivere nel mondo mortale per il resto dell’anno. Ma per alcuni andarsene è troppo pericoloso, e ci fermiamo tutto l’anno. Pochissimi riescono a sopravvivere nel mondo mortale, e quelli che ci riescono diventano famosi. Se ti facessi  i loro nomi, credimi, li conoscereste. Alcuni non si rendono neanche conto di essere semidei, ma sono casi molto rari.                                                                                        
-  Quindi i mostri non possono entrare qui?                                                                                                                                                                           
Scossi la testa – No, a meno che qualcuno non li introduca di proposito, o non li evochi dall’interno.                                                                                       
– E perché mai qualcuno dovrebbe evocare un mostro?                                                                                                                    
- Per allenamento … O per scherzo – aggiunsi pensando a i fratelli Stoll.                                                                                                  
-  Per scherzo?- Chiese lui, inorridito.                                                                                                                                                       
– Il fatto è questo: i confini sono sigillati in modo da tenere fuori mostri e mortali. Dall’esterno i mortali non vedono altro che una fattoria in mezzo ad un campo di fragole.                                                                                                                 
– E tu ti fermi tutto l’anno? – Mi chiese a bruciapelo. Annuii. Estrassi la mia collanina da sotto la maglietta, e mostrai a Percy le cinque perline di terracotta. Sussultai quando sfiorai l’anello d’oro che avevo appeso insieme alle perline.                                                                                                                                                                                                                          
– Sono qui da quando avevo sette anni – gli spiegai – Ogni Agosto, l’ultimo giorno della sessione estiva, riceviamo una perla per essere sopravvissuti un altro anno. Sono qui da più tempo della maggior parte dei capigruppo. E loro sono tutti al College.                                                                                                           
– Perché sei venuta così presto?                                                                                                                                                             
Mi rigirai l’anello fra le dita. Percy mi stava simpatico, ma non ero ancora pronta a raccontargli tutto quello che avevo passato. – Non sono affari tuoi.                           
- Oh … - disse lui imbarazzato. Per un minuto rimase in silenzio, poi mi chiese – Potrei andarmene adesso, se volessi?                                               
- Sarebbe un suicidio, ma con il permesso di Chirone e del signor D, potresti farlo. Loro non accordano mai permessi prima dell’estate. A meno che …                                                                                                                                                                 
-  A meno che?                                                                                                                                                                                                   
- A meno che non ti venga affidata un’impresa. – dissi con aria sognante – Ma  non succede quasi mai. L’ultima volta … -  Non ebbi la forza di concludere, pensando a Luke e alla sua cicatrice.                                                                
– Annabeth ... – Mi riportò alla realtà Percy – Giù all’infermeria, mi hai chiesto qualcosa sul solstizio d’estate. - Se Percy voleva catturare la mia attenzione, c’era riuscito alla grande!                                                                                                                                                                         
- Allora tu sai qualcosa?                                                                                                                                                                                         
- Be’ … no – disse lui mortificato – Nella mia vecchia scuola ho sentito Chirone che ne parlava. Ha detto che non avevano abbastanza tempo, per via di una qualche scadenza. Che significa?                                                                              
Strinsi i pugni – Magari lo sapessi! Chirone, e i satiri anziani lo sanno, ma non vogliono dirmelo. C’è qualcosa che non va sull’Olimpo. Qualcosa di grosso. Cavolo, l’ultima volta che ci sono stata, tutto sembrava così nomale …                                                                                                                                                  
- Tu sei stata sull’Olimpo? Chiese stupito.                                                                                                                                                     
– Con Luke, Clarisse, e qualcun’altro dei regolari. Abbiamo fatto una gita durante il solstizio d’inverno.                                                               
– Ma come ci siete arrivati?                                                                                                                                                                                                     
- Con la ferrovia di Long Island, naturalmente. Basta entrare nell’Empire State Building e prendere l’ascensore per il seicentesimo piano – dissi con naturalezza. Con la coda dell’occhio sbirciai Percy, per vedere come reagiva alla notizia del seicentesimo piano. Visto che non mi faceva notare che avevo sbagliato di circa cinquecento piani mi girai e gli chiesi – Tu sei di New York, no?- Gli chiesi, come se fossi stupita che lui non lo sapesse già.                                                                              
– Oh sicuro.- mi disse lui.
Sorrisi sotto i baffi … quel ragazzo era proprio una forza della natura!                                                
- Poco dopo la nostra visita – ripresi – il tempo è impazzito, come se gli dei si fossero messi a litigare. E dopo di allora, ho sentito i satiri che ne parlavano un paio di volte. Sono solamente riuscita a capire che è stato rubato qualcosa di importante. E che se non viene restituito entro  il solstizio d’estate, saranno guai. Quando sei arrivato tu , speravo … cioè Atena va d’accordo praticamente con tutti, tranne con Ares … e ovviamente Poseidone. Ma a parte questo pensavo che potessimo lavorare insieme. Ero certa che tu potessi fare qualcosa.- Percy scosse la testa scoraggiato. Probabilmente in quel momento era troppo stanco anche per capire le parole che gli stavo dicendo, figuriamoci elaborare un pensiero completo.                                                                           
– Devo ottenere un’impresa – imprecai fra i denti – non sono troppo giovane! Se solo sapessi qual è il problema!-                                                                   
Sentii diffondersi nell’aria l’odore del barbecue della cena. Dissi a Percy di tornare alla sua capanna, mentre io rimasi sul molo a pensare qual’era il modo più efficace per ottenere ciò che volevo.
***
Arrivata l’ora di cena mi avviai verso il padiglione con i miei fratelli. Avevo paura che Clarisse non avesse dimenticato l’episodio del pomeriggio, e non appena avesse visto Percy gli sarebbe saltata al collo per strangolarlo. Ma la cene proseguì tranquilla: Clarisse rideva e ruttava insieme ai suoi fratelli, e Percy sembrava che si stesse ambientando bene, strizzato fra Travis e Connor. Fortunatamente per lui, i fratelli Stoll sembravano averlo preso in simpatia, perché ancora lui non si era alzato vomitando. Dopo aver cenato Chirone batté lo zoccolo due volte per richiamare la nostra attenzione. Il signor D si alzo, con il suo bicchiere di Diet Coke in mano, e cominciò a parlare:                                                                                                                                                                                                         
- Suppongo che debba salutarvi marmocchi. Ebbene: ciao. Il nostro direttore delle attività, Chirone, dice che la prossima Caccia alla Bandiera è fissata per Venerdì. Al momento la casa in carica è la casa numero cinque- Un coro di grida sgraziate si levo dal tavolo di Ares, con a capo Clarisse che sbatteva le posate sui piatti vuoti.                                                                                                                                                                                                 
– Personalmente – riprese il signor D cercando di sovrastare il vocio – non me ne importa un fico secco, ma congratulazioni. Inoltre, devo dirvi che oggi abbiamo un nuovo arrivo: Peter Jhonson.- Chirone si schiarì la voce e diede un colpetto sottobanco al signor D. – Percy Jackson -  Si corresse lui. – Si, giusto. Urrà e via discorrendo. Adesso correte al vostro stupido falò. – Tutti esultammo e ci dirigemmo verso l’anfiteatro. Quello era il momento del giorno che mi piaceva di più, perché non avevamo l’ordine di stare separati ognuno con la propria casa, e in genere io mi accoccolavo vicino a Luke. Quella sera però decisi di lasciare Luke a Percy, che ne aveva più bisogno di me. Luke infatti si era preso carico del ragazzo, e stava finendo il “giro turistico”  che avevo cominciato io quel pomeriggio. Chi sa se Luke era ancora arrabbiato con me? Assorta da questi pensieri, quando qualcuno mi posò una mano sulla spalla, per poco non mi prese un colpo.                                          
– Silena ma sei matta? – la capogruppo della casa di Afrodite mi stava sorridendo, con un sorrisetto malizioso che non mi piaceva per niente.                                                                                                                                                               
– Annabeth ho un messaggio da parte di Luke -                                                                                                                                                
- E perché non è venuto lui a recapitarmelo di persona? – chiesi, con il cuore a mille.                                                                                            
– Perché, come vedi, sapeva che sarebbe stato impegnato con Peter!                                                                                                 
- Percy.                                                                                                                                                                                                                               
– Scusa, il signor D mi manda in confusione! Comunque, il messaggio è “ Ann, non ti scervellare troppo su quello che successo oggi pomeriggio. Sono orgoglioso di te per quello che hai fatto per Percy. PACE. Ti voglio tanto bene”- recitò lei.                                                                                                                                                                                                                                         
-  Silena, dì pure a Luke ...
Dovetti trattenermi per non riversare sulla povera ragazza tutte le mie frustrazioni.
-Digli pure che lo aspetto domattina per il nostro allenamento di sempre.

Appunti di viaggio
Bene, eccoci qua di nuovo. Come avevo detto l'altra volta questo è più che altro un capitolo di passaggio, con tanti dialoghi che non potevo omettere e che mi hanno un po' limitata, ma almeno mi posso sbizzarrire con il prossimo che è quello della Caccia. Comq ogni volta ringrazio tutti quelli che stanno seguendo questa storia e che l'hanno recensita, spero che aumenterete piano e che farete meno i timidi ;)
Ci leggiamo settimana prossimo
Enjoy ♥

 

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