Et Revelata est in bello

di Lady Darkness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sogno ***
Capitolo 3: *** Cappuccetto Rosso ***
Capitolo 4: *** Riunione ***
Capitolo 5: *** Rottura ***
Capitolo 6: *** Spirito ***
Capitolo 7: *** Cambiamenti ***
Capitolo 8: *** Cerbiatta ***
Capitolo 9: *** The King ***
Capitolo 10: *** Determinazione ***
Capitolo 11: *** Patto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


--- Et Revelata est in Bello ---

 

 -- Prologo --



Italia. Paese dell'arte e della gioia. Un Paese che anche con i suoi difetti risplendeva vibrante alla luce calda del sole estivo.
Questo si diceva prima... Prima che gli uomini delle terre aride e sabbiose, orgogliosi della loro religione e dei loro credi, invasero gran parte dell'Europa. L'UE ormai sciolta... Un cambiamento che sembrava non terminare con la pace e l'Italia ormai non vibrava più con i suoi colori mediterranei, ma vibrava al rumore stordente dei carri armati, ai tonfi degli spari e dall'eco delle urla di milioni di persone. Di nemici? Di amici? Chi poteva riconoscerle?

<< Perché solo a me sembrano tutte uguali? >>

Disse Scarlett mentre si nascondeva dietro una maceria. Tra le sue mani un bel po' di cibo in scatola racchiuso in una borsa rovinata. Il luogo che la circondava era una vecchia città della zona Ravennate, ormai divenuta quasi distrutta e di civiltà veramente scarsa. Una civiltà che implorava costantemente aiuto.
Scarlett si nascondeva mentre teneva stretta una borsa rovinata. Dall'altra parte, un gruppo di uomini armati di vari tipi di mitra e con il volto coperto la stavano cercando. Quella ragazza doveva pagare per il cibo che aveva rubato. Ma a lei chi le avrebbe ridato i suoi genitori, la sua casa e sua sorella? Chi avrebbe dovuto pagare? Scarlett li sentì avvicinarsi. Il suo cuore batteva all'impazzata e il suo respiro doveva stargli dietro, ma lei cercò di far meno rumore possibile. I loro passi, accompagnati dalle loro voci straniere e dai piccoli massi di macerie che rotolavano, erano sempre più vicini. Lei non poteva muoversi. Se lo avrebbe fatto era morte certa ed era un privilegio che non poteva permettersi.


BAM BAM BAM!!!

Spari.
Spari all'improvviso. Gli stranieri risposero al fuoco, a quanto pare qualcuno li aveva attaccati. Alleati? Non importava. Scarlett si fece coraggio e corse via approfittandone della situazione, tenendo sempre più stretto a sé il bottino che le stava costando la vita.
Dopo qualche minuto di corsa tra i polveroni delle macerie, Scarlett entrò in un edificio aziendale ormai demolito. Si guardò intorno per essere sicura che nessuno la vide. Spostò un cumulo di detriti, al di sotto c'era quello che poteva sembrare un passaggio sotterraneo. Entrò e cercò di ricoprire al meglio l'entrata per far tornare tutto come era prima della sua intrusione. Continuava ad avanzare e scendeva sempre di più. All'inizio fu buio. Ma poi una fioca luce la stava per accogliere. Raggiunse una grande porta blindata, quella che un tempo poteva essere utilizzata in una banca, e si fermò. Bussó un paio di volte con un pugno, seguiti da una frase:

<< Raccolgaci un'unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l'ora suonò. >>

Patriottico, ma fu il capo a decidere questa parola d'ordine.
La porta si aprì e Scarlett oltrepassó l'ingresso mentre la grande porta di metallo si chiuse accompagnata dalla forza di un uomo alto e possente. Theo. Un tipo di poche parole e anche un po' idiota se vogliamo ammetterlo. Precedentemente alla guerra faceva il buttafuori in una delle tante discoteche che riempivano il lungomare romagnolo. Scarlett non gli rivolse la parola, non le era molto simpatico e, molto probabilmente, era una cosa reciproca. Erano molte le persone in quel rifugio sotterraneo che non sopportava. Tra i falsi patriottici che parlavano di un paese che ormai non sarebbe più tornato e gente illusa che li ascoltava, ciechi della realtà che li stava circondando. Nessuno di loro faceva un passo al di fuori di quel rifugio. Avevano paura di non tornare. Ormai avevano piazzato le loro radici, inutili, senza crescere. Alberi sterili.
Non bisognava essere coraggiosi o combattivi. Scarlett non lo era. Ma si sentiva in dovere di uscire per portare provviste, soprattutto ai veri guerrieri di quel rifugio...

<< Posa quegli esplosivi a terra e nessuno si farà male! >>

- Esplosivi? Questo era il gioco questa volta? -

Pensò Scarlett mentre si fermò sentendo un metallo freddo e appuntito nella zona lombare dietro di lei.

<< Mi avete beccata... >>

Disse Scarlett con un sorriso malizioso. Nella piccola sala in penombra che aveva appena raggiunto, delle ombre le si avvicinarono.

<< Vuoi che te lo ripeta? Guarda che sei in una brutta situazione, Rossa! >>

Già così la chiamavano. Per via dei suoi capelli ovviamente. Non era veramente rossa, ma fino a poco prima della guerra li tingeva e, anche con una ricrescita accennata, il rosso le era rimasto divinamente. Non più splendente come una volta... i capelli erano raccolti, spettinati e pieni di polvere, ma comunque il suo colore la faceva distingue da gli altri rifugiati.
Si inginocchió, posando la borsa a terra più avanti a sé e abbassò lo sguardo con le mani in alto in segno di rassegnazione. Un ombra le si avvicinò. Aprì la borsa. Scarlett alzó un po' lo sguardo, tanto quanto le bastava per localizzare il torace di chi le stava davanti.

<< Ragazzi, questa sera si mangerà da re!! >>

Disse l'ombra tirando fuori due lattine di zuppa di fagioli mentre si voltò dando le spalle a Scarlett. Fu quello il momento giusto. Lei fece uno scatto in avanti facendo cadere a terra l'ombra e le si sedette su immobilizzandola.

<< Mai abbassare la guardia Damiano, lo sai >>

La piccola stanza si illuminó e le ombre nient'altro erano che... Bambini e ragazzini.

<< Dai togliti! Sei pesante! Brutta balena rossa!!! >>

Disse Damiano sotto di lei. Scarlett fece una risata e si alzò lasciando libero il ragazzino undicenne che si alzò brontolando. Sconfitto e furioso si mise in un angolino con le braccia conserte, evitando ogni contatto con Scarlett. Gli altri bambini invece la circondarono, alcuni sbirciarono nella borsa per vedere quanto cibo aveva raccolto mentre altri la stravolsero di domande su cosa accadeva in superficie e come aveva ottenuto il cibo. Era in quei momenti che lei si sentiva... Bene? In pace con se stessa. I bambini le riempivano quei vuoti che la guerra le aveva creato e per di più non avevano una maschera che celava le loro emozioni e i loro intenti, come accadeva ai "grandi".
A quando pare la guerra aveva cambiato tutto... Ma alcune cose, forse, non in peggio. Scarlet odiava i bambini prima, ora non è che li adori, ma sente il bisogno di stare con loro. Molti erano orfani, altri avevano genitori dispersi. La minor parte erano più fortunati e avevano uno o entrambi i genitori con loro, nello stesso rifugio.
La più piccola, 4 anni circa, si chiamava Gilda. Era lo stesso nome del cane che aveva Scarlett. Una American Eskimo che morì, fortunatamente, prima della guerra ma che le era rimasta nel cuore. Fu come una sorella più piccola per Scarlett e vedere quella bambina così affettuosa e anche molto intelligente, le faceva sempre venire in mente i felici ricordi della sua Gilda mentre giocavano nel cortile insieme al resto della sua famiglia. Ad un tratto gli occhi le divennero lucidi, ma non era ne il momento e ne il luogo giusto, così, tra una risposta e l'altra per le domande dei bambini, Scarlett disse:

<< Allora questa volta chi vuole imparare ad accendere un fuoco per cucinare? >>

Tante manine salterine si alzavano. La piccola stanza spoglia piena di stracci e qualche materasso si riempì delle urla gioiose dei bambini che imploravano nell'essere scelti. Scarlett li scrutó tutti, bastava sceglierne uno che ancora non l'avesse fatto le volte scorse, cosí alzò la mano per indicare il prescelto. Ma mentre lo fece, Scarlett si sentí afferrare il polso e venne scaraventata sul muro cadendo poi a terra senza fiato per il dolore. La stanza si fece silenziosa.
Un uomo basso e calvo accompagnato da Theo fece comparsa in quella stanza probabilmente troppo chiassosa per lui. Si avvicinò alla borsa che era ancora a terra, si piegò per prendere una lattina e si alzò. Lesse sulla confezione e fece una faccia indignata. Si voltò verso Scarlett e le si avvicinò. Lei non poté muoversi per la gran botta che Theo le aveva procurato. Oltre a quel dolore si aggiunsero anche quattro calci all'addome da parte del calvo.
Lei impietrita non poteva far altro che subire e i bambini guardare in silenzio.

<< Sai perché ti sto facendo questo vero, strega? Questo cibo non solo non è italiano, ma sei stata così idiota da rubarlo ai soldati stranieri!! >>

Disse l'ultima frase urlando, in modo tale che anche gli altri rifugiati ascoltassero. Qualche genitore si avvicinò per recuperare il loro figlio che era nel gruppo di bambini. Non volevano casini ovviamente.

<< Sei stata anche così stupida da attirarli fin qui immagino... >>

Scarlett alzò il volto per avere un contatto visivo con il suo capo.

<< No! Io, ngh... Non farei mai un tale errore. >>

Il dolore si stava propagando per tutto il corpo. Era intenso... Ma non abbastanza da farle abbassare la testa.

<< No? E allora come ti è venuto in mente di rubare questi? Non ti basta quello che ti offro io? Un rifugio, degli abiti, del cibo... Siamo in tempo di guerra strega! È normale che sia tutto scarso, ma almeno è tutta roba nostra. Italiana. Non vogliamo nulla di straniero qui dentro. Nemmeno questa merda. >>

Disse il capo prendendo tutte le lattine, metterle nella borsa e darle a Theo e gli ordinó:

<< Sbarazzatene. >>

E uscirono dalla stanza. Scarlett era ancora a terra, respirava a fatica. Qualche secondo dopo un ragazzo poco più grande di lei fece comparsa. Alto, fisico atletico, capelli scuri e occhi chiari.

<< O mio Dio, Scarlett! Ti ha messo di nuovo le mani addosso... >>

Si avvicinò in fretta a lei. Si chinó e cercò di aiutarla a stendersi a pancia in su. Si voltò verso i bambini che hanno fatto da pubblico per tutto il tempo.

<< Portatemi un cuscino o una coperta per favore. Presto! >>

Fu l'ultima cosa che Scarlett vide e sentí. Poi cadde in un sonno profondo.





***Angolo dell'Autrice***

~ Questa è la prima storia che scrivo e pubblico su EFP. Spero che vi intrighi perché devo far accadere tantissime cose in questa storia. Grazie per averci speso del vostro tempo! A presto con il prossimo capitolo! ~

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Capitolo 2
*** Sogno ***


--- Et Revelata est in Bello ---

 -- Sogno --



Era una giornata qualunque. Il sole caldo splendeva nel cielo.
Quel giorno Scarlett e la sua famiglia avevano deciso di andare a fare shopping in un centro commerciale vicino alla loro abitazione.
Scarlett non adorava fare shopping. Tra l'altro non sopportava i luoghi troppo affollati e il caldo estivo. Poi dopo la morte della sua adorata Gilda le era difficile strapparle un sorriso. Successe un paio di giorni prima, per questo i suoi genitori la costrinsero ad uscire di casa e farle cambiare aria. Dicevano che avrebbe fatto bene a tutti. Fu soprattutto sua sorella minore, Anna, a insistere e Scarlett non poté tirarsi indietro. Ma il caldo e la folla in quel centro commerciale la stavano soffocando. Le mancó l'aria, così decise di uscire avvertendo prima la sorella del suo spostamento all'esterno.
Uscí.
L'aria era decisamente migliore. Così riempì i suoi polmoni e decise di fare quattro passi per continuare a godere di quel momento.
Ad un tratto l'aria iniziò a cambiare sapore... L'odore dell'erba che circondava l'edificio venne scambiata dall'odore di benzina. Incuriosita, seguì la scia che si faceva sempre più intensa. Superò il verde prato per raggiungere i numerosi parcheggi delle auto e si bloccò. Sotto ogni auto del liquido scendeva fino a bagnare l'asfalto. Si girò intorno, già alcune famiglie se ne erano accorte quando raggiungevano le loro auto. Scarlett fece un passo indietro... Si vedeva lontano un miglio che non si trattava di una semplice bravata di qualche imbecille. Era qualcosa di più.
Un brivido le percorreva la schiena. Doveva avvertire sua madre, suo padre e sua sorella. Poteva anche essere una stupidaggine, ma poteva anche non esserlo. Dopo gli ultimi attentati in Francia e in Belgio da parte della famosa ISIS, Scarlett aveva paura. Aveva quasi raggiunto l'ingresso, quando un fischio assordante le logoró i timpani e il tremore della terra le fece perdere l'equilibrio cadendo a terra. Una fortissima luce ed un caldo immenso fu l'ultima cosa che vide. Poi il buio.

Il soffitto grigiastro della stanza del rifugio accolse lo sguardo di Scarlett. 

<< Ragazzi, ragazzi! Rossa si sta svegliando!!! >>
 
Una voce allegra attirò la sua attenzione. Era ancora stravolta per il pestaggio che le fece il capo. Ma in un attimo fu circondata dai bambini, curiosi di sapere come si sentiva. Scarlet in un primo momento era ancora stordita, ma quando i suoi occhi misero a fuoco e vide tutte quelle faccine che la fissavano, lei fece un sorriso.

<< Lasciatela respirare ragazzi. >>

Disse una voce familiare.

<< Matt? >>

Provò a pronunciare Scarlett, ma la sua voce era bassa e quasi roca.

<< Dai su, fatemi vedere come sta. >>

Disse Matt facendosi spazio tra i bambini. Si avvicinò a Scarlett mettendosi in ginocchio affianco a lei. Prese una piccola torcia e si chinó verso il suo volto.
I suoi occhi azzurri le ricordavano gli iceberg. Le trasmettevano calma e sicurezza. Se solo potesse, Scarlett ci avrebbe perso delle giornate solo a studiarli. Tutti lo chiamano Matt, ma era un'abbreviazione di Matteo.
Scelse lui questo nomignolo, forse perché faceva più figo o forse perché anche lui si sentiva poco italiano in quel periodo.
Le controlló gli occhi con la torcia e le fece un sorriso per poi riprende una posa eretta restando comunque seduto accanto a lei.

<< Fortunatamente non hai niente di rotto. Riposati per un paio di giorni e te la caverai con qualche livido. >>

 
Tutti i bambini fecero un sospiro di sollievo. In molti erano rimasti scoccati dalla scena avvenuta precedentemente. Non era la prima volta che il capo impostava la sua autorità in questo modo. Ma sembrava che il tempo stava man mano facendo impazzire tutti. Forse avrebbero toccato il fondo prima del previsto.

<< Non oso neanche immaginare che cosa hai fatto per farlo arrabbiare in quel modo. >>

Disse Matt, quasi con un tono sarcastico. A quanto pare stava cercando di prendere alla leggera la situazione davanti ai bambini. Era un così bravo ragazzo. Una volta le rivelò che lui voleva diventare un medico. Prima della guerra stava studiando la materia per raggiungere il suo obbiettivo. Anche se ancora inesperto per alcune cose, era l'unico al rifugio che poteva curare i feriti o i malati. Era un elemento molto importante per il gruppo e anche se era consapevole di questa situazione, anche lui era un esploratore. Non usciva spesso. Rimaneva nel rifugio per un mese e poi usciva per tre o quattro giorni interi e mai a mani vuote. Insolito forse, ma in quel momento nessuno si faceva domande. Finché non si vedevano stranieri in zona, nessuno si allarmava. Poi, per tutte queste cose, ottenne anche la fiducia del capo quindi poteva permettersi di fare quello che voleva in fondo. Scarlett si sentiva inutile al suo fianco. Avrebbe voluto essere come lui. Coraggioso, determinato, altruista e con un sogno da realizzare. Lei di fronte a tutte queste cose si sentiva vuota.

<< Ci aveva portato del cibo nemico! >>

<< Già, in scatola! Ed erano tantissimissime!! >>

<< Potevamo avere almeno una lattina ciascuno, ma poi il capo ce le ha portate via tutte... >>


Dissero alcuni bambini che circondavano i due ragazzi più grandi. Matt ascoltò stupito i bambini e poi si voltò verso Scarlett e disse:

<< Davvero hai fatto una cosa del genere? Wuao! Scarlett, sei stata grandiosa! >>

Scarlett arrossí un po' e rivolse il viso verso il muro per non farsi vedere da Matt e gli altri bambini.

- Ma tu guarda che situazione... -

Non provava amore o qualche sentimento derivato dallo stesso, ma gli portava profondo rispetto e ammirazione. Quindi tutti quei complimenti insieme la fecero imbarazzare un po'. Non poteva provare qualcosa di più per lui. Già apparteneva ad una ragazza. Una bella ragazza di nome Ambra. Nome che la rispecchiava chiaramente dato che aveva occhi e capelli ambrati. Figlia del capo, tra l'altro.  Lei non era antipatica, ma anche se adesso non aveva nulla si comportava in modo vanitoso e spesso egoistico. Ognuno aveva il suo carattere dopotutto. Erano fidanzati già da anni prima della guerra ed era bello vedere che in questa catastrofe c'era ancora amore.

<< Sapete... >>

Si sentì la voce di Damiano che, con un'aria da saputello, attirò l'attenzione di tutti mentre si avvicinava al suo materasso a terra.

<< ... Secondo me un vero capo dovrebbe accorgersi di tutto. Soprattutto quando sta dando ordini ad un tizio idiota come Theo. >>

 
Finì l'ultima frase alzando la sua coperta mostrando a tutti coloro che erano in quella stanza, alcune lattine di cibo in scatola che aveva preso Scarlett con tanta fatica nel pomeriggio. Damiano aveva un'espressione soddisfatta. Scarlett lo guardò impietrita, aveva davvero recuperato qualcosa da Theo? O meglio dire, rubato?
I bambini stavano per urlare dalla gioia. Ma Matt fece cenno a loro di non andare di nuovo in escandescenza. Se li avrebbero scoperti, sarebbe stata la volta buona che li avrebbero cacciati tutti dal rifugio.

<< Damiano, accidenti a te! Spero almeno che non ti abbia visto nessuno. >>

Disse Scarlett innervosita cercando di tirarsi un po' su con fatica e continuò dicendo:

<< Dov'è che hai il buon senso? Hai pensato a cosa sarebbe potuto accade-ngh! >>

Ebbe una fitta allucinante al fianco.
Matt le mise una mano sulla spalla.
Scarlett non poté notare di quanto quella mano fosse calda.

<< Devi stare giù. Se vuoi rimproverare Damiano come si deve, devi riposarti e recuperare più forze possibili. >>

La sua voce era calma per quanto sarcastica.
Damiano mise il broncio e con un tono irritato si rivolse a Matt:

<< Ehi? Non puoi neanche immaginare cosa ho passato per recuperarne qualcuna! >>

<< Recuperare cosa? >>

Un'altra voce fece comparsa.
 
<< Ciao Ambra! Dai bambini salutate. >>

Disse Matt per cercare di cambiare argomento e, neanche dirlo due volte, gli orfanelli la salutarono in coro con non molto entusiasmo.
Ambra rivolse il suo sguardo verso Matt, ma storse un po' il naso quando vide che era accanto a Scarlett.
Si avvicinò.

<< Matt, caro, ti stavo cercando. Sei tornato dopo tre giorni e non vieni a sapere come sta la tua fidanzata. >>

Gesticolava sempre mentre parlava. I suoi difetti caratteriali si accentuavano molto quando Matt era nei paraggi.
Lui si alzò in piedi e si scambiarono un bacio e poi Ambra si rivolse direttamente a Scarlett.

<< Ho saputo che sei riuscita a rubare del cibo straniero. Credo di non poter neanche immaginare che fatica tu abbia fatto. Peccato che sia stato tutto inutile alla fine. >>

- Stronza... -

Pensò Sacrlett. Eh be'... Va bene avere difetti caratteriali, ma stava per superare il limite.

<< Ha pensato per il bene degli altri, tesoro. >>

Aggiunse Matt cercando di troncare il discorso, ma a quanto pare ne aveva ancora da dire " tesoro".

<< Lo comprendo perfettamente, ma per quello ci sei già te caro! A te riesce così bene. >>

Scarlett sperava con tutta se stessa che quelle fossero le ultime parole di Ambra. Era incredibile pensare che fuori c'era una guerra che poteva non finire mai, mentre questa faceva la principessa sottoterra. Erano queste le cose che facevano veramente arrabbiare Scarlett. Fuori, migliaia di vite spezzate e dentro... Pupazzi vuoti.
Matt fece una risatina falsa giusto per dare soddisfazione alla sua Ambra mentre si dirigevano in un'altra zona, abbandonando la stanza degli orfani.

<< Ma solo a me Ambra mette i brividi? >>

Domandò Damiano al gruppo.

<< Sta zitto! Hai già fatto abbastanza per oggi Damiano. >>

Rispose Scarlett facendo ridere tutto il gruppetto.
Durante la serata passò una donna di mezza età per portarci una misera porzione di cibo ciascuno. Alcuni bambini si lamentavano con la donna per il piatto povero e poco gustoso.
Scarlett fu in silenzio per la maggior parte del tempo. Le fitte, a volte, erano strazianti. Ma lamentarsi era del tutto inutile. Riuscì ad avere la forza per sedersi e mangiare un boccone. L'appetito non c'era, quella misera porzione di cibo le sarebbe bastata. Più tardi, un ragazzino riuscì ad accendere un fuoco nella stessa stanza. Molto piccolo, nulla di pericoloso, ma abbastanza per riuscire a riscaldare almeno due porzioni di cibo in scatola. I bambini erano così ansiosi di assaggiarne almeno un po' che non riuscivano proprio ad aspettare. Scarlett glielo permise, nell'aria c'era già l'odore del cibo scarso si prima, quindi gli altri rifugiati non avrebbero sospettato di nulla.
I bambini si divisero il malloppo, tentarono di farlo mangiare anche a Scarlett, ma lei preferì che i bambini si cibarono di quella che ormai era una prelibatezza. Chiuse gli occhi. Anche se per lei la guerra iniziò proprio con un'ondata di fuoco, quel lieve calore la rassicurava. Per un attimo le ricordó il calore della mano di Matt sulla sua spalla. Un gesto delicato che non sentì da un sacco di tempo

<< Ehi Rossa! Non mi sembra il momento adatto per dormire! Devi ancora raccontarci una storia. >>

Scarlett aprì gli occhi alla voce di Damiano. Neanche quella sera, dopotutto quello che aveva passato durante la giornata, poteva risparmiarsi nel raccontare una storia ai bambini. Ormai avevano preso questa abitudine. A quanto pare li faceva sentire meglio, quindi come poteva rifiutare?

<< Cosa si dice dopo una richiesta, Damiano? >>

Il ragazzino sbruffó.

<< Per favore? >>

Scarlett sorrise. Da quando gli i-phone non li aveva più nessuno anche un undicenne tornava bambino e andava così. La rossa iniziò a pensare a che storia raccontare... Era indecisa se inventarne una sul momento o se prendere un classico racconto di un qualche autore.

<< Perché non ci racconti la fiaba di Cappuccetto Rosso? >>

Le domandò Gilda.

<< Ma dai Gilda. Per causa tua ce l'avrà raccontata almeno quindici volte! >>

Ribattè Damiano. Ma fu in quel momento che a Scarlett le vení un idea meravigliosa.

<< Gilda ha avuto un ottima idea. >>

<< No, ti prego Rossa... >>


<< Non ho mica detto che racconterò la solita storia di Cappuccetto Rosso. >>

Improvvisamente ci fu silenzio nella stanza. Scarlett ora li aveva tutti abboccati al suo amo. Damiano interruppe il silenzio.

<< Vuoi dire che ci racconterai una versione alternativa? >>

Scarlett sorrise maliziosamente.

<< E chi può dire che sia alternativa? E se fosse quella vera? >>

Un "wuao" si fece in coro nella stanza. Da quel momento tutti i bambini pendevano dalle labbra di Scarlett. E non solo loro. Una figura fuori dalla porta stava origliando.

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Capitolo 3
*** Cappuccetto Rosso ***


--- Et Revelata est in bello ---
 
--- Cappuccetto Rosso ---



 

<< C'era una volta, una ragazza soprannominata Cappuccetto Rosso. Era una ragazza docile e ingenua. Non usciva mai di casa senza la sua affezionata mantella rossa che, in passato, le fece con amore sua nonna.
Quel giorno la madre prese un cesto e lo riempí di burro e pane appena comprati al mercato del villaggio vicino. Chiamò sua figlia e le disse di portare quel cesto alla nonna. Cappuccetto Rosso, felice, prese il cesto e si diresse verso l'ingresso della casa. Prima che uscisse, la madre si raccomandó con la figlia. Le disse di non soffermarsi nella foresta e di non fidarsi degli sconosciuti, nel caso in cui ne avesse incontrati qualcuno. E poi avrebbe dovuto stare attenta ai lupi, quelli sì che erano bestie malvagie.
Cappuccetto ascoltò la madre, ma non le diede molto peso. Tutte le volte che fece il viaggio per andare dalla nonna e tornare indietro, non aveva mai fatto strani incontri. Così si incamminó per la foresta dove la nonna viveva esattamente nel fulcro. Cammina cammina, Cappuccetto incontrò un'inaspettata figura. >>

<< Ma non mi dire... Il lupo? >>


Interruppe Damiano.

<< No, un uomo dai bei vestiti che continuava a guardarsi intorno come se stava cercando di orientarsi.
Cappuccetto non vide nulla di losco in quell'uomo così si avvicinò e gli chiese se si era perso. L'uomo le disse che era alla riceca di una varietà di bacche molto rare e, aggiunse, che alcuni abitanti del villaggio vicino gli accennarono di un sentiero nelle foresta, pieno di piante rigogliose e piene di bacche sempre mature dal sapore meraviglioso. Ma Cappuccetto non ne sapeva nulla di un sentiero simile e che quindi non poté aiutarlo. Così l'uomo la ringraziò e si allontanò mentre, Cappuccetto, continuò per la sua strada.
Ad un tratto un bivio. Non aveva memoria di un bivio per arrivare dalla nonna e non sapeva che strada scegliere.
Alle sue spalle una voce scura le chiese dove fosse diretta.
Cappuccetto si voltò velocemente. Davanti a lei si presentò un altro uomo. Questo, a differenza del primo, si presentò con la barba lunga, abiti scuri e stracciati in alcuni punti. Occhi freddi che la scrutavano. Lei rimase pietrificata. Quell'uomo la spaventó e non gli rispose.
Lui si diede disponibile nell'accompagnarla fino alla casa, ma lei scappò via intraprendendo a caso uno dei due sentieri. Cappuccetto finí la sua corsa e si voltò per vedere se l'uomo ambiguo la stava seguendo, ma nulla. Così, una volta ripreso fiato, continuò con la sua tranquilla passeggiata.
Non si accorse subito, ma il sentiero che aveva scelto si riempì di colori. A guardali bene erano proprio bacche che brillavano di luce propria.
Cappuccetto non aveva mai visto nulla del genere. Forse era proprio quello il sentiero che stava cercando l'uomo ben vestito.
Si fermò e pensò. Magari prenderne qualcuna per sua nonna non sarebbe stata una cattiva idea. Si avvicinò ad un arbusto e iniziò a raccoglierne un po'. Nell'azione di staccarli dal ramo, l'odore squisito raggiunse le sue narici e le fece venir voglia di assaggiarle. Così ne prese una e se la mangiò.
Si alzò un lieve vento.
In tutta la sua vita non aveva mai assaporato un cibo così buono. >>


Gli occhi dei bambini luccicavano sognanti. Parlare di cibo buono era ormai un argomento tabù. Scarlett sorrise e continuò.

<< Ad ogni piccola bacca che mangiava ne desiderava altre così, invece di mangiarne una ad una, riempì le sue mani e iniziò ad ingozzarsi tanto da finire il cespuglio davanti a lei.
Ne desiderava altre... Si spostò nell'arbusto vicino e poi a quello di seguito, ma non le bastava. Più ne mangiava, più ne desiderava.
Arrivò la sera e con essa i suoi peggiori alleati. Cappuccetto Rosso era ancora lì, dimenticandosi di raggiungere la nonna prima del tramonto. Si buttò a terra sazia,  con il viso e le mani sporche della polpa di quelle squisite bacche. Alzò gli occhi in alto. Guardò il cielo ormai scuro e un ululato fece tornare in se Cappuccetto Rosso. Solo in quel momento si accorse dell'ora tarda. Cercò di alzarsi in fretta, ma aveva la pancia talmente piena che fece un enorme fatica solo per tirarsi su e mettersi seduta.
Dall'alto, una voce la raggiunse:

~ Buona... ~

Cappuccetto si guardò attorno, ma non vide nessuno. Dei brividi di paura le percorsero lungo la schiena. Quando ad un tratto, un fruscio di fronte a lei attirò la sua attenzione. Una figura si stava avvicinando e l'adrenalina si impossessò di lei.
Quando si fece abbastanza visibile, la ragazza fece un sospiro di sollievo. L'uomo ben vestito le si presentò davanti. Fino all'ultimo pensò che si trattasse di un lupo affamato, ma fortunatamente era qualcuno che l'avrebbe aiutata.
Chiese aiuto all'uomo, ma lui non si mosse.
Le parlò.
La sua voce non era come quella della stessa mattina. Lui muoveva le labbra ma uscivano duplici voci oscure, cupe. Erano anni che un essere umano non cadeva nella sua trappola.
Si fece avanti, in modo tale che la luce lunare lo colpì trasformando l'uomo dal bell'aspetto in una creatura alta, rozza e orribile. Davanti a lei si presentò quello che era a tutti gli effetti un vero e proprio orco.
Si avvicinò in modo intrepido alla ragazza, mentre la saliva gli scendeva dalla bocca. Era più che evidente cosa stava per accadere a Cappuccetto Rosso.
Lei cercò di scappare, ma le sue gambe non volevano assolutamente collaborare. Cercò così di trascinarsi il più che poteva ma, ovviamente, fu totalmente inutile. L'orco era ad un passo da lei. Allungò la sua enorme mano callosa e prese la ragazza stringendola. Lei cercò di dimenarsi e urlare più che poteva. Implorava di lasciarla andare.
L'orco rise, le disse che lasciare un bignè così ben farcito era un enorme spreco. Condurla a quelle bacche era il suo piano fin dall'inizio. Erano mesi che non faceva un pasto come si deve quindi, per quanto lei potesse implorarlo a lasciarla andare, nessuno avrebbe fermato le sue intenzioni. Delle lacrime sfioravano il volto della ragazza ormai priva di forze per difendersi.
Dentro di sé accettò il fatto di essere stata troppo ingenua. L'orco la osservó e le disse:

~ Ultimo desiderio? ~ >>


Scarlett imitó in modo quasi impeccabile l'orco. I bambini erano talmente rapiti dalle sue parole che qualcuno sobbalzó all'inaspettata imitazione.

<< Cappuccetto alzò lo sguardo incrociando quello del terrificante orco.

~ Maledico il momento in cui ti ho incontrato. ~

Lo disse con un tono serio, ma si intravedeva in lei l'accettazione della sua rassegnazione. Il destino aveva fatto il suo corso.
L'orco fece un sorriso malizioso, poi spalancó le sue fauci e alzò la mano con cui teneva stretta Cappuccetto Rosso. Nell'atto, lei vide quella luna piena, alta nel cielo. Per un attimo pensò che era bello morire in una notte con una luna così bella.
L'orrenda creatura lasciò la presa in modo tale che la forza di gravità fece il suo dovere, ovvero far cadere il corpo della fanciulla direttamente nella bocca della morte.
Chiuse gli occhi.
Fu una questione di secondi che, improvvisamente, Cappuccetto si sentì spingere da un lato per poi cadere sul terreno umido. L'orco serró le sue fauci, ma all'interno nessuna prelibatezza le abitava. La ragazza stacco la testa dal terreno e si voltò per vedere cosa fosse successo.
Tra lei e l'orco, una figura animalesca fece la sua comparsa. >>

<< Sì il lupo!!! >>


Gridò la piccola Gilda emozionata. Scarlett sorrise e continuò.

<< Era enorme, ricoperta di un manto di peli scuri e con il volto cagnesco. Definirlo proprio lupo non era giusto. Di lupi, quanto grandi, non raggiungevano una stazza simile e per di più quella creatura, quando non camminava, riusciva a tenere una posizione quasi eretta. >>

I bambini erano stupiti. Solo pensare che il racconto lo stava man mano inventando sul momento la fece credere un ottima creatrice di fiabe e si trattenne dal ridere apertamente.

<< Wuao! Un lupo mannaro! Che forza! >>

Disse Damiano e anche qualche altro bambino. Scarlett era felice che la sua storia li stava accattivando così tanto.

<< L'orco si arrabbiò. Nessuno poteva permettersi di sottrargli il cibo. Così, come poteva fare un toro impazzito, caricó contro la creatura lupina che lo schivó senza problemi. Quello lo fece imbestialire ancora di più che, accecato dalla rabbia, abbracció un masso enorme che era accanto a lui e cercò di alzarlo da terra. Il lupo doveva assolutamente evitare che l'orco facesse una simile azione, sapeva che contro un masso di tale dimenzioni non avrebbe potuto salvarsi. Così, a grande velocità, si scaraventó sulla schiena dell'orco e agguantó con le sue fauci il collo dell'avversario.
L'orco urlo dal dolore, lasciò il masso roccioso dove era e cercò di separarsi dal lupo attaccato alle sue spalle.
Cappuccetto iniziò ad intravedere del sangue scorrere dal collo dell'orripilante orco. Quasi godette a quella visione, ma non poteva continuare a stare ferma lì. Forse quello era il momento adatto per scappare. Anche se nello scontro sarebbe uscito vincitore il lupo, chi le dava la certezza che l'avrebbe lasciata andare via libera. Anche lui poteva divorarla e al solo pensiero di rivivere l'esperienza che aveva appena vissuto, le si ribaltava lo stomaco.
Non ci pensò due volte. Si fece forza. Tanta forza da riuscire a stare in piedi e allontanarsi dalla zona dello scontro. A momenti cercò anche di correre ma le era troppo faticoso e le sue energie, a poco a poco, si stavano affievolendo. Solo la volontà di non morire poteva condurla alla casa della sua dolce nonna e subito pensò a quanto poteva essere preoccupata. La nonna non meritava di soffrire in quel modo per colpa della sua ingenuitá.
Altre lacrime scesero dagli occhi di Cappuccetto.
Anche da lontano si potevano sentire le urla delle due creature che si scontravano fino all'ultimo sangue. Erano terrificanti e sembrava che potessero andare avanti per tutta la notte. Quando ad un tratto, un terribile silenzio dominò la notte. La ragazza si fermò. Avevano concluso? Da quale terribile creatura ora, Cappuccetto, doveva scappare?
Un lungo e forte ululato squarció quel prematuro silenzio, dei brividi di paura percorsero la schiena della ragazza. A quanto pare la creatura lupina si era aggiudicata la vittoria e Cappuccetto doveva essere il più lontano possibile. Quando il lupo si sarebbe accorto che il suo premio era scappato, l'inseguimento poteva essere fatale. Per quanto un orco poteva essere forte non eccelleva in agilitá e nemmeno d'intelligenza, anche se questo un minimo ne aveva visto l'inganno delle bacche. Ma un lupo eccelle in tutto. Se il suo obbiettivo eri tu non c'erano speranze. Dovevi accettare il tuo destino.
Iniziarono a mancare le forze. Cappuccetto Rosso rallentó, le girava la testa e le gambe iniziavano a non sostenerla più. Non mancava ancora molto alla casa della nonna, doveva fare un ultimo sforzo. Un rumore alle sue spalle la pietrificarono. Era spacciata. La figura lupina era alle sue spalle che la fissava. L'aveva raggiunta.
La ragazza si voltò. Guardò negli occhi la creatura. Occhi freddi che risplendevano alla luce della luna piena. Fu l'ultima cosa che vide, per poi perdere le forze e svenire.

Luce.
Un intensa luce accecó Cappuccetto Rosso. Mise a fuoco e davanti a lei una colorata coperta di lana a quadri. Si trovava su un letto in una camera fatta in legno e dalla finestra entrava la luce del sole.
Accanto a lei sua nonna che lavorava a maglia su una sedia a dondolo. Cappuccetto, con una voce quasi impercettibile, la chiamò attirando la sua attenzione. La nonna sobbalzó e abbracció la nipote con tutto l'affetto possibile. Chissà per quanto tempo la stava aspettando. L'aveva fatta preoccupare per nulla. La sua ingenuità questa volta gliela aveva fatta pagare cara e poteva andare anche peggio.
La nonna le chiese cosa le fosse successo, ma la nipote non rispose. Aveva dei ricordi confusi e preferiva non ricordare in quel momento. L'anziana capì che aveva bisogno di tempo, così si offrì di prepararle qualcosa di buono da mangiare e si diresse verso l'uscita della camera da letto, ma Cappuccetto la fermò. Le chiese come avesse raggiunto la casa e la nonna le rispose che semplicemente l'aveva trovata nel cortile dopo un forte rumore, tant'è che pensò fosse un cinghiale venuto per mangiarle l'orto. Adesso Cappuccetto era più confusa di prima. Qualcuno l'aveva portata alla casa della nonna... Ma chi?
La nonna non vedendo alcuna reazione della piccola continuò a camminare per raggiungere la cucina. Era da tempo che non sentiva sua nonna divertirsi in cucina, tutto le pareva così nostalgico e quel luogo la faceva sentire al sicuro.
Si sentì bussare alla porta e la nonna andò ad aprire. Cappuccetto non poteva vedere, non riuscì nemmeno ad ascoltare chi fosse, ma non se ne preoccupò molto così rimase nel letto a recuperare forze mentre guardava il panorama dalla finestra. La nonna arrivò nella sua stanza, in mano aveva il cesto con cui Cappuccetto Rosso le avrebbe dovuto portare il pane e il burro del mercato che le aveva dato sua madre.
Disse che glielo aveva appena restituito un uomo malconcio che aveva bussato alla porta qualche secondo prima. Fu in quel momento che la ragazza capì. Si alzò di fretta e anche se il corpo non ce la faceva, doveva vedere quell'uomo. La nonna cercò di fermala, ma Cappuccetto non la lasciò fare e la superò facilmente. Voleva raggiungere almeno la finestra che dava all'esterno del cortile. Se l'uomo stava andando via dal sentiero principale lo avrebbe visto e, forse, riconosciuto? 
Raggiunse la finestra e lo vide. Era lo stesso uomo del giorno prima, quello che le si presentò con la barba lunga, abiti scuri e stracciati. Si era anche offerto di accompagnarla dalla nonna e lei aveva preferito dar retta ad un orco schifoso. Seguì l'uomo che aveva appena superato l'ingresso del cortile, ma invece di proseguire per il sentiero, si fermò e si voltò verso la finestra in cui la ragazza lo stava osservando. Cappuccetto sentì un colpo al cuore quei occhi freddi che la scrutavano non li avrebbe dimenticati mai.
Fine. >>


Scarlett fece un sospiro e guardò il suo pubblico. I bambini erano rimasti senza parole. Non capiva se la storia fosse piaciuta o meno così domandò:

<< Non vi è piaciuta? Volevate qualcosa di diverso e allora io... >>

Fu interrotta da Damiano:

<< Era strana... Molto anche, ma non mi è dispiaciuta. >>

E gli altri bambini annuirono dandogli ragione. Sicuramente una favola raccontata sul momento non poteva essere certo un capolavoro, ma sembravano soddisfatti in fondo.

<< Bene adesso tutti a dormire, forza su. >>

Disse Scarlett cercando di tirarsi su. Lo fece lentamente, i dolori ancora la stavano devastando, ma aveva bisogno di uscire per raggiungere il bagno.
Tutti i ragazzini si sistemarono ai loro posti letto a parte una che si avvicinò a Scarlett.

<< A me è piaciuta tanto la tua storia Scarlett. Sono contenta che questa volta il lupo era buono. >>

La rossa la guardò e le sorrise dolcemente.

<< Ne sono felice Gilda. Ora però vai a dormire, altrimenti ti verrà a trovare l'orco questa notte! >>

Le disse per farla correre a letto. Si mise sotto le coperte e si voltò verso Scarlett. A quanto pare sembrava che le volesse chiedere qualcosa.

<< Scarlett... >>

<< Dimmi. >>

<< Se dovesse venire l'orco... Tu ci proteggeresti come ha fatto il lupo? >>


Scarlett rimase impietrita un attimo. Non si aspettava una domanda simile, ma tanto la risposta era più che chiara per lei.

<< Ma certo! Farei anche di più. >>

Gilda sorrise addormentandosi avvolta dalle coperte. Ora Scarlett poteva finalmente raggiungere il bagno.
Uscì dalla stanza e chiuse la porta dietro di lei. Sentì una presenza accanto a lei e si voltò subito.

<< Non ti avevo detto che dovevi riposare? >>

<< Parla quello che va in esplorazione tre o quattro giorni di seguito, una volta al mese e non va a riposare. Dovresti essere distrutto e invece sei ancora qui, vero Matt? >>


Alzò le mani come se si arrese a quelle parole.

<< Touché! >>

E scoppiarono a ridere entrambi.

<< Se devi raggiungere il bagno posso accompagnarti io. >>

<< Non ne ho bisogno grazie lo stesso. >>


Non le andava di sentire le lamentele di Ambra, se sarebbe sbucata dal nulla e li avesse visti era la fine.

<< Da quanto tempo te ne stai qui? >>

<< Da quando hai iniziato la tua storia. Ero venuto per sapere come stavi, ma quando ho raggiunto la porta ti ho sentita iniziare il racconto e allora ho preferito rimanere qui ad ascoltare. >>


Ora che aveva scoperto che Matt l'aveva ascoltata dall'inizio fino alla fine, sembrava tutto più imbarazzante. Scarlett prese una ciocca di capelli e iniziò a giocarci con le dita. Era un gesto involontario che faceva spesso quando provava imbarazzo.

<< Potevi entrare. Non avresti dato fastidio. >>

<< Nah, tranquilla. Non volevo rovinare l'atmosfera che avevi appena riuscita a creare. Sai, la tua storia era... particolare... >>


Particolare? Per forza, era totalmente inventata.

<< Be', i bambini volevano ascoltare una nuova storia e allora, questa sera, mi sono improvvisata anche sceneggiatrice. Non era proprio un granché, ma sono riuscita a tener testa alla loro richiesta. >>

Finì la frase con una risata. Matt fece un piccolo sorriso. Poi si avvicinò a lei e, con aria interessata, le chiese:

<< Far passare il lupo come un eroe... Perché? >>

Bella domanda. La risposta poteva risultare molto personale e Scarlett ci pensò se dargli una risposta sincera o meno.
Azzardó ad essere sincera, si trattava sempre di Matt dopotutto, era una brava persona di cui fidarsi.

<< Quando ero piccola mi sono sempre chiesta del perché il lupo faceva sempre la parte del cattivo ed era una cosa che proprio non mi andava giù. Così ho pensato che l'orco era una buona rappresentazione del male. Si avvicina molto di più all'essere umano. >>

Matt ascoltò ogni singola parola. Non disse nulla e mentre lei parlava, lui la osservava intensamente. Scarlett, quando finì di parlare, notò questo strano particolare in Matt. Le sembrava come se stesse parlando di qualcosa che a lui sarebbe interessato moltissimo.

<< C'è qualcosa che non va? >>

Domandò lei. Matt con un cenno le fece capire che non c'era nulla che andava male. Si voltò dandole le spalle e se ne andò. Molto probabilmente si dovesse verso la sua stanza, ma una tale reazione da parte sua era molto strana. Non erano amici, ma più compagni di disavventure e lui era sempre cortese con tutti. Perché allora le aveva voltato le spalle in quel modo così brusco e distaccato. Scarlett fece un sospiro e riprese a camminare per raggiungere finalmente il bagno. Era piccolino e dividerlo con tutti non era facile, ma ci si doveva per forza di cose arrangiare. Con qualche difficoltà, Scarlett esaudí tutti i suoi bisogni per poi avvicinarsi al piccolo specchio rovinato che si trovava poco più su del lavello. Guardava il suo riflesso.

<< Quanto è rimasto della vecchia te, eh Scarlett? >>

Domandò a se stessa. Quelli erano i momenti in cui si accorgeva di quanto fosse sola. La compagnia non le mancava di certo, ma in caso di attacco nemico chi si sarebbe sacrificato per lei? Nessuno... Lei era un semplice pedone in quella scacchiera.

<< Nessuno si sacrifica per un pedone... >>

Disse lasciando la toilet e raggiungere la porta della sua stanza con i bambini, ma prima di entrare diede uno sguardo laddove vide Matt andarsene.
Il silenzio faceva da padrone a quell'ora tarda.
Entrò nella stanza, i bambini avevano occupato tutti i posti migliori così fu costretta a coricarsi su un cumulo di varie lenzuola e stracci. Chiuse gli occhi, i dolori la tennero sveglia per un po', ma poi crollò in uno sonno profondo.

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Capitolo 4
*** Riunione ***


--- Et Revelata est in Bello ---


 -- Riunione --


Passarono tre giorni da quando Scarlett era ritornata al rifugio. Da quando era stata picchiata violentemente dal capo... E da quando Matt non le rivolgeva parola. Non era strano che, per quanto il rifugio fosse piccolo, si incrociavano e non si parlavano, ma dopo quello che era successo... Scarlett iniziava a sentirsi in colpa. Forse aveva detto qualcosa che non andava?

- Se prima poteva pensare che fossi strana, ora probabilmente ha la conferma che io sia pazza. -

Pensò Scarlett mentre si vestiva. Secondo gli orologi erano le 8:00 del 27 Marzo del 2034. Se c'era una cosa numerosa in quell'angusto posto erano proprio gli orologi. Dato che il rifugio era sotterraneo e di finestre non ne avevano, c'era un orologio analogico in ogni stanza. Per le batterie al momento non avevano problemi. Avevano dell'enormi scorte prese da un vecchio centro commerciale vicino. Al tempo era stato saccheggiato dai vari civili per recuperare cibo e altri beni per sopravvivere alla guerra. Ora era solamente una struttura di cemento disabitata.
Finì di sistemarsi i rossi capelli. Ora doveva solo raggiungere la Sala Grande, non era chiamata così per i suoi grandi spazi, ma perché era l'unica sala leggermente più grandi delle altre. Era la sala usata maggiormente per riunioni. Infatti, Scarlett si stava preparando per essere abbastanza presentabile per imminente rimpatriata. Veniva fatta ogni volta che gli esploratori erano tornati tutti al rifugio. A parte Matt che riusciva a stare in esplorazione per tre/quattro giorni, gli altri il massimo che riuscivano a fare era per otto/nove ore. Scarlett compresa. Chi non tornava dopo cinque giorni, veniva considerato prigioniero di guerra o morto. Era davvero difficoltoso e pericoloso cercare provviste in solitudine, ma era il modo migliore per non far scoprire al nemico dov'era il rifugio. Se per quattro lunghi anni non sono mai riusciti a farsi scoprire, probabilmente fu merito anche di questa decisione.
Anche se quelle riunioni erano per discutere sul da farsi per il bene dei rifugiati, Scarlett le odiava. Il capo era quello che decideva, non ascoltava nessuno se non quelli che gli lucidavano le scarpe con la loro lingua e, ovviamente Scarlett non faceva parte di questi privilegiati.
Uscì dalla sua stanza che condivideva con i bambini orfani e si diresse verso la Sala Grande. Lei, in quei ultimi tre giorni, non uscì mai dalla sua stanza se non per raggiungere il bagno e tornare indietro. Quindi non era nemmeno venuta a sapere se qualche altro esploratore era tornato, o meno.
Aprì la porta. Dentro molti avevano già preso posto. In fondo un tavolo e una sedia che presto sarebbe stata occupata dal capo. Sul lato sinistro c'erano Matt e Ambra, si tenevano a braccetto mentre si parlavano a voce bassa. Mentre Ambra le lanciò un'occhiatina, Matt non si accorse nemmeno della sua presenza. Scarlett rimase per un paio di secondi ferma davanti all'ingresso, per quello fu spintonata ad un tratto.

<< Togliti di mezzo strega! >>

Riconosceva quella voce, si trattava di uno dei leccapiedi del capo... Ah già, ora la chiamavano anche in quel modo. Probabilmente il capo si era divertito a raccontare del loro ultimo incontro per pubblicizzare la sua superiorità. Si voltò quasi immediatamente per scusarsi ma davanti a lei... Sì che c'era lo scagnozzo, già prima riconosciuto, ma c'era anche Theo e un uomo mai visto prima.
Scarlett si spostò in silenzio. Ritirò le scuse, non era proprio il caso. I suoi occhi non si staccarono un attimo dal nuovo arrivato. Era un uomo alto, capelli chiari, corti e con un una barba Short Boxed Beard. Non riuscì a guardarlo in volto, così si concentrò sull'abbigliamento. Si trattava di un soldato, ma non italiano. Aveva le mani legate con una corda molto resistente con cui Theo lo teneva fermo.
Era ricoperto di ferite ed ematomi, evidentemente aveva appena ricevuto un pestaggio pesante. Scarlett cercava di guardare le nocche delle mani di Theo, le avrebbero sicuramente dato risposta. E infatti, se l'uomo era in quello stato era a causa sua. Lo misero in ginocchio, davanti al tavolo in cui presto sarebbe stato occupato dal capo. Scarlett cercò di avanzare, voleva raggiungere la postazione migliore per non perdere nessun particolare di quella riunione.
Finalmente entró il capo. Nelle riunioni era l'ultimo ad entrare perché dopo di lui nessun altro doveva entrare. Scarlett si guardò intorno, stavano diventando sempre di meno. Di esploratori ormai ne erano cinque o sei in tutto. Quanti ne erano morti nell'ultimo mese?
Il capo camminava con passi sicuri. Superò l'uomo, che ormai era loro prigioniero, e lo guardò con un tale sguardo fiero, come se avesse appena cacciato un animale raro per farne un trofeo da mettere al muro. Si sedette sul suo posto.

 
<< Buongiorno a tutti, miei fedeli fratelli italiani. Possiamo iniziare con la riunione numero 48. Come avrete notato tutti, oggi tra noi c'è un nuovo arrivato e, come potete ben vedere alcuni dei nostri esploratori non sono tornati nei tempi prestabiliti. Quindi senza alcun dubbio, non torneranno più da noi poiché è impossibile che siano sopravvissuti così tanto tempo da soli e senza un buon rifugio come il nostro. >>

- Che putrido essere. -
 
Scarlett poteva solo permettersi di pensarla una frase del genere.

<< Ma in compenso abbiamo un vero guerriero in ginocchio davanti a noi. Devo dire che è la prima volta che un uomo, uno straniero per di più, è riuscito a sferrare ben tre pugni al nostro caro Theo. >>

Disse mentre faceva un lurido sorriso.
Straniero? Si usava quella parola anche per un uomo che non aveva assolutamente i tratti somatici di chi ci aveva assalito in passato. Va bene che italiano non era, ma ormai quella parola aveva un altro significato che lui sfruttava spesso a suo vantaggio.

<< Per questo ho lasciato che, Theo, se ne prendesse liberamente cura per un paio d'ore e vedo che ti sei anche divertito, vero vecchio mio? >>

Theo fece una risata d'ebete. Scarlett non riusciva a crede a ciò che stava guardando e con lui anche qualche idiota che stava al loro gioco.

<< Ed è per questo che lascio anche a voi la libertà di decidere se liberare questo straniero, oppure, lasciare che se ne occupi Theo fino al suo ultimo respiro. >>

Tra il gruppo di rifugiati iniziavano a sentirsi voci che, man mano, diventarono sempre più alte. Gridarono di mandarlo a morire e il capo li incitava. Quell'uomo non reagì nemmeno, come se si aspettava una reazione simile. Ma a Scarlett non andava proprio giù.
Sembrava di rivedere una certa scena nella Bibbia, tra un certo Ponzio Pilato, Barabba e Cristo.

- Devo fare qualcosa! -

Pensò Scarlett mentre, a passo veloce, cercò di sorpassare i rifugiato impazziti e raggiungere il capo. Sicuramente avrebbe avuto delle conseguenze, ma non le sembrava giusto quello che stava per accadere.

<< Non è giusto! >>

Il silenzio piombò nella sala. Aveva gli occhi di tutti addosso, persino quelli del prigioniero.
Scarlett si sentì soffocare. Aveva fatto la prima mossa, ma si sentì bloccata in quel momento. Non aveva mai osato intromettersi in quel modo anche perché, in fin dei conti, quelle riunioni non le avevano mai importato nulla. Ma quella era diversa, stavano giustiziando un uomo che non aveva fatto nulla di male.

<< Strega, vorresti unirti a lui forse? >>

Le domandò il capo.

<< No. >>

Le rispose. Guardò il prigioniero. Lui la fisso ma poi riabbassò lo sguardo. Scarlett fece un sospiro e si fece coraggio.

<< Voglio che lui si unisca a noi! >>

In quel momento, tanti nella sala l'aggredirono d'insulti. Il capo quasi godeva al vedere quella patetica scena. Stava per ignorarla, a lei avrebbe pensato dopo, ma qualcuno le diede manforte.

<< Io concordo con lei, signore. >>

Si intrometté Matt raggiungendo Scarlett. Lei si voltò verso di lui, stupita, ma lui non ne voleva sapere di guardarla. Il capo, indignato si voltò verso Matt:

<< Cosa stai dicendo mio caro ragazzo? >>

<< Siamo a corto di esploratori signore, con le ultime perdite possiamo siamo rimasti veramente in pochi. Io direi che un uomo del genere possa esserci di un grande aiuto, con le sue competenze potrebbe anche andare in esplorazione anche molto tempo. >>

<< Sì ma, pensi che andando in superficie da solo non scapperà? O che non attirerà dei nemici in questa zona, eh? >>


In quel momento si sentì qualche brusio tra il gruppo. Matt sembrava che ci stesse riuscendo a convincerli a fare unire a noi il soldato.

<< Per questo... >>

Fece una pausa sospirando e continuare:

<< ... Ci sarà sempre Scarlett con lui. Diventerà la sua ombra, anche nell'esplorazione. >>

Scarlett sobbalzò alla proposta di Matt. Ma che gli era saltato in mente? Lei voleva salvarlo, ma non voleva certo rischiare la vita in quel modo. Il capo sorrise.

<< Così, se non dovessero tornare entrambi ci libereremo di due piantagrane... Va bene, potrebbe funzionare. A patto che, se il prigioniero dovesse fare anche solo un piccolo errore subirà una punizione, ma la Strega ne riceverà due. Così è stato deciso. >>

Cosa aveva fatto?
Scarlett era rimasta senza parole, non aveva molte speranze nel far rigare dritto quell'uomo. Se fosse scappato durante un'esplorazione per lei era meglio non tornare più al rifugio e sarebbe stato come suicidarsi.
Matt fu fermo accanto a lei per qualche secondo, ma poi si voltò per raggiungere Ambra dietro di lui e uscirono dalla sala insieme agli altri. Theo e l'altro scagnozzo tirarono su il soldato e lo lanciarono con una forza tremenda addosso a Scarlett, facendoli cadere entrambi a terra.

<< Ehi Strega, è un po' difettoso. Con noi non si è degnato di rivolgerci nemmeno una parola. Gli avranno strappato le corde vocali qualche tempo fa quindi potresti trovarti in difficoltà con questo nuovo orfanello. >>

Scoppiarono a ridere entrambi i due imbecilli per poi abbandonare la sala anche loro. Scarlett e l'uomo cercarono di assumere almeno una posizione seduta, i dolori in quel momento le erano tornati. L'uomo gli era venuto completamente addosso, ma ovviamente non dava la colpa a lui. Se non le fosse passato in mente di aiutarlo non sarebbe successo tutto quel casino. Chi so sarebbe preso cura dei bambini se lei non fosse più tornata al rifugio? Matt? Certo, da come si era appena comportato non si poteva più fidare di lui come si sarebbe fidata prima.
Qualcosa era cambiato.

<< Scusami, non avrei mai pensato che qualcuno mi avrebbe aiutato... Ora sei nei guai per colpa mia. >>

Era l'uomo a parlare. Aveva un accento straniero, ma l'italiano lo conosceva e anche molto bene a quanto pareva. Scarlett lo guardò un po' dolorante, ma si rivolse a l'uomo con un sorriso beffardo.

<< Ma non eri muto? >>

Disse sarcasticamente alzandosi in piedi. Poi si chinó verso l'uomo per prendigli le mani. Erano ancora legate con la corda e lei stava per scioglierle. Non aveva il coraggio di guardarlo direttamente negli occhi, si sentiva un po' a disagio prendersi cura di un uomo così... Uomo. Lui non rispose alla domanda sarcastica, gli bastó capirne il significato. Scarlett lo aiutò ad alzarsi. Era un bel po' pesante, ma lui cercò di esserle meno ingombrante possibile. Theo lo aveva talmente picchiato che era gonfio ovunque. Doveva medicare. Cercò di alzare il suo braccio per metterlo sulle sue spalle e sostenerlo fino al bagno.

<< Riesci a camminare in questo modo? >>

Domandò lei. Lui annuì.
Con lentezza cercarono di uscire dalla Sala Grande, ma l'uomo ad ogni passo faceva delle lamentele strozzate. Scarlett non riusciva ad immaginare quanti pugni e calci di Theo si erano scagliati su di lui durante la notte. Riuscirono a fatica ad uscire dalla sala, qualche risata si sentì ma Scarlett non diede peso. Il suo obbiettivo era quello di lavare l'uomo per poi medicarlo, ma aveva bisogno di aiuto. Il Matt do qualche giorno fa sarebbe stato lì con lei. Doveva finirla di continuare a pensare a quella situazione, ora era subentrato un altro problema.

<< Damiano? Damiano presto! >>

Il ragazzino rispose alla chiamata della ragazza.

<< Rossa? E questo chi cavolo sarebbe? >>

<< Ti spiego dopo, ora ho bisogno che mi aiuti ad accompagnarlo in bagno. >>


Damiano fece il saluto da militare. Un po' perché gli avevo dato un ordine, e quindi scherzava con lei, e un po' perché si era accorto che il nuovo arrivato non era una persona qualunque. Raggiunsero il bagno e lo accompagnarono fino dentro.

<< Cerca di metterti comodo in qualche modo... >>

Gli disse Scarlett mentre iniziava a guardarlo meglio per vedere cosa le servisse per potergli curare le ferite. Ma forse prima avrebbe dovuto lavarlo. Tra le ferite erano presenti anche granelli di sabbia e questo le fece intuire che l'uomo, non solo si era ferito anche al di fuori del rifugio. Che fosse stato Theo o meno non le importava. Doveva lavarlo, dalla testa ai piedi. L'idea di farlo le fece storcere il naso. Vedere un uomo completamente nudo che non conosceva neanche la metteva a disagio. Poteva anche chiederlo a Damiano, ma non voleva metterlo in mezzo a quella situazione. Se il capo se ne fosse accorto, ogni cosa era un buon motivo per essere esiliati ormai.

<< Damiano, preparami tutto l'occorrente per la medicazione nella nostra stanza e dopo portami degli asciugamani. Anche i nostri vanno più che bene. >>

Damiano annuì e uscì dal bagno chiudendo la porta. Scarlett si voltò verso l'uomo che per tutto il tempo teneva la testa bassa. Forse era dispiaciuto per quanto era successo.

<< Vorrei medicarti il prima possibile, ma penso che sia più giusto toglierti tutta la polvere che hai addosso... >>

L'uomo non le dava risposta, così si avvicinò di più a lui. Era imbarazzante ma doveva farlo. Prima iniziava, prima avrebbe finito.
La ragazza allungò le mani verso i bottoni della giacca militare. Solo un paio erano da sbottonare, gli altri erano strappati. Poi gli sfiló a giacca dalle maniche cercando di muoverlo il meno possibile. Tolta la giacca, Scarlett iniziava notare quanto quell'uomo avesse un fisico scultoreo. Forse ci teneva molto all'allenamento e al suo ruolo di soldato. Lui continuava a rimanere impassibile.
Poi toccò alla maglietta nera. Allungò le sue mani ai fianchi dell'uomo e tirò su, lui l'aiutó un po' alzando lentamente le braccia. Scarlett cercò di non guardarlo più di tanto, l'imbarazzo aumentava sempre di più. Tolta la maglietta, gettandola a terra insieme alla giacca, toccò alle scarpe e dopo... Il pantalone.

- È come svestire una bambola Scarlett, ce la puoi fare... -

Pensò Scarlett mentre deglutí. Localizzó il punto dove il bottone e la cerniera potevano allentare il pantalone e si avvicinò di nuovo. Quando che aveva capito cosa fare voltò il suo sguardo in un altro punto, con cautela lo sbottonó e prese la zip per tirarla giù. Lui con un gesto quasi fulmineo le prese il polso facendola sobbalzare.
La strinse.

<< Va fuori, cerco di cavarmela da solo. >>

A lei, quella proposta andava più che bene. Il problema era che non poteva lasciarlo solo... In quelle condizioni poteva svenire da un momento a l'altro. Scarlett fece un respiro profondo, dove prendere la situazione a sangue freddo. Doveva sbrigarsi a curarlo.

<< Se svieni qui dentro c'è un enorme rischio che tu sbattessi la testa e, nel caso in cui sarà grave, io non riuscirò a salvarti di nuovo. Fatti aiutare per ora e se riesci collabora. >>

L'uomo non disse nulla, ma lasciò la presa cercando di alzarsi in piedi. Scarlett lo aiutò. Poi lui iniziò a togliersi i pantaloni rimanendo in intimo.

<< Credo che sia meglio che tu entra nella vasca con la biancheria. Ti laverò la parte superiore del corpo, al resto ci penserai te. >>

L'uomo non la guardò nemmeno quando lei gli disse quelle cose. Entrò nella vasca e Scarlett lo aiutò a sedersi all'interno, poi si allontanò per prendere una vecchia spugna e del sapone solido.

<< Ti avverto... L'acqua difficilmente diventerà calda. >>

Disse lei mentre si riavvicinava alla vasca, ma comunque lui continuava ad ignorarla.
La ragazza aprì l'acqua, era fredda, ma era più che normale ormai tutti erano abituati a lavarsi in quel modo. L'acqua calda, così come i riscaldamenti, erano un lusso. Bagnó la spugna con il sapone e iniziò ad insaponare il corpo dello sconosciuto. Dalla testa, alla schiena, al petto. Aveva veramente un corpo invidiabile da qualsiasi altro uomo. La sua massa muscolare era ben evidente e Scarlett non fece che notare quanto quella persona che aveva davanti fosse anche un bell'uomo.
Gli lasciò la spugna e il sapone nella vasca, ora toccava a lui finire l'opera. Scarlett gli diede le spalle, per dargli anche un po' di privacy. Nel frattempo la porta del bagno si aprì, era Damiano che aveva portato gli asciugamano richiesti.

<< Passamene uno ragazzino. >>

Disse l'uomo a Damiano. Aveva finito e Scarlett preferì non voltarsi. Sentì che si stava alzando. Damiano lo raggiunse e lo aiutò a farlo uscire dalla vasca. Scarlett prese un altro asciugamano e poi si voltó. L'uomo si teneva poggiato su una spalla di Damiano, in confronto a lui era un gigante. Si teneva l'asciugamano che gli aveva passato il ragazzino sulla vita e Scarlett gliene mise un altro sulle spalle.

<< Accompagneró io il signore nella nostra stanza Damiano, tu pensa ai suoi vestiti. Sai cosa fare. >>

Gli ordinò Scarlett a Damiano. I vestiti sporchi dovevano essere consegnati ad alcune donne del rifugio che avevano il compito del bucato. Non ci si lavava spesso, per ovvi motivi, ma quando si trattava di vestiti molto sporchi loro avevano il dovere di pulirli in bagno o in dei secchi.
Damiano annuì e lasciò il bagno con i vestiti del soldato. Scarlett si mise al suo fianco per sostenerlo e per raggiungere insieme la camera degli orfani.
Una volta raggiunta, Scarlett vide che dentro non c'era nessuno. Forse Damiano si era preoccupato anche di chiedere agli altri bambini di spostarsi per un po' in un'altra zona del rifugio. Poi notò l'ottimo lavoro che chiese a Damiano poco tempo prima.
Un materasso ricoperto da un candido lenzuolo, un cuscino e acqua ossigenata, antidolorifici e bendaggi su un piccolo sgabello vicino.
Scarlett accompagnò l'uomo sul letto e lo fece sdraiare con l'addome verso l'alto. Finì di asciugarlo piano, non voleva infiammargli ancora di più che sue ferite che continuavano e buttar fuori sangue, tanto da macchiare gli asciugamano. Poi prese un panno di stoffa e lo bagnó di disinfettante.
Iniziò dalle ferite più aperte, dove il sangue sembrava non fermarsi ancora, una si trovava su un deltoide così la tamponó. Lui non disse nulla, non si lamentava nemmeno, ma per Scarlett quel silenzio doveva interrompersi.

<< Allora... Visto che ormai dovremmo stare insieme per un po'... Ehm... Conversare non sarebbe sbagliato, no? >>

L'uomo non si mosse e non le rivolse parola. Scarlett si sentiva a disagio e aveva bisogno di distrarsi da quella situazione. Il silenzio che riempiva la stanza sembrava schiacciarla, ma a quanto pare il soldato non aveva intenzione di socializzare in alcun modo.
Scarlett gli fece cenno di mettersi seduto, così si sarebbe preoccupata delle ferite che occupavano la schiena. Raggiunta la posizione, si mise dietro di lui e, con un nuovo panno bagnato, lavorò su altre lesioni.

<< Mi chiamo Konstantin e sono un soldato tedesco, vostro alleato. Unico sopravvissuto ad uno scontro contro il nemico. >>

Scarlett aveva appena gettato la spugna nel poter riuscire a parlare con lui, ma finalmente si decise. Fece una breve e chiara presentazione, poche parole per far capire tutto.

<< Mi dispiace... >>

<< No, non c'è alcun bisogno di quelle parole. L'errore era stato il nostro. Eravamo in minoranza, ma i sensi di collera ci hanno fatto muovere in un momento sbagliato. >>

Erano pur sempre in guerra. Sentire storie come quella era abbastanza normale per la situazione che purtroppo stavano vivendo. Scarlett finì di disinfettargli la schiena e si sedette affianco a Konstantin per operare sul suo volto. Lui guardava in basso mentre Scarlett cercava di vedergli per bene il volto, anche perché prima di quel momento lo aveva visto solo di sfuggita e per di più era ricoperto di polvere e sangue. Ma questa volta avrebbe dovuto studiarlo per localizzare le ferite più pericolose. Così senza pensarci tanto allungò una mano sotto il mento e gli alzò il volto. Per un attimo rimase senza fiato. Davanti a lei si presentava un bell'uomo, dai tratti rigidi, ma con barba e capelli chiari, con due profondi occhi azzurri che le fecero ricordare immediatamente quelli di Matt. La prima volta che lo vide non ci fece caso, il sangue e la polvere lo avevano ben mascherato. Quanti anni poteva avere? 35 anni? 38? Non di più sicuramente.
Per qualche secondo, a Scarlett le venne in mente una scena del secondo anno di liceo, quando con delle sue amiche stavano facendo i soliti discorsi tra ragazze. Ovvero parlare di ragazzi e, appunto, una sua amica aveva una relazione fissa proprio con un ragazzo tedesco. Lo aveva conosciuto in una festa in spiaggia durante l'inizio dell'estate e poi non si erano più separati. Tutte le volte che lo descriveva diceva sempre che:

- "Prima ancora che tu abbia finito di mangiare, lui sta già al lavabo a lavare i piatti." -

E ridevano come matte, ma faceva capire anche come erano visto un tedesco da un italiano.

<< Devi farmi rimanere così ancora per molto? >>

La voce calda dell'uomo interruppe i pensieri di Scarlett facendola sobbalzare per l'imbarazzo. Lo aveva davvero osservato per tutto quel tempo in quel modo?

<< Scusami mi ero distratta. >>

Disse iniziando a tamponare le ferite sul volto di Konstantin che la ingnoró totalmente. Non poteva inventarsi scusa più stupida. Doveva spezzare di nuovo quel ghiaccio che questa volta aveva creato lei.

<< Esattamente, da che parte della Germania hai vissuto? Se posso chiedere ovviamente. >>

Meglio non farsi sembrare troppo curiosi da un uomo che era particolarmente silenzioso. Non rispondeva subito, quindi Scarlett non capiva se le domande che gli faceva erano insolenti o meno per lui.

<< Sachsen-Anhalt, è una regione con un territorio pianeggiante e sfruttato dall'agricoltura... >>

Lo disse con un tono molto nostalgico. Ma parlava così bene l'italiano che non poteva aver vissuto solo Germania, ma forse era meglio evitare di fare ulteriori domande. Parlare di sé forse poteva essere una buona idea.

<< Io sono sempre stata in questo luogo. Purtroppo non sono mai riuscita a fare un viaggio all'estero, i miei genitori erano sempre impegnati con il lavoro, erano soldati anche loro sai? >>

Disse ridendo un po' alla fine. Ora che gli aveva disinfettato tutte le ferite doveva passare al bendaggio. Prese i materiali e cominciò a fasciargli il busto e le braccia. Konstantin la guardò in modo pacato per poi rivolgere il suo sguardo al polso sinistro. Sembrava volesse dirle qualcosa.

<< Ti ho fatto male? >>

Era l'unica domanda che le vení in mente di porgli.

<< Penso di avere un polso fuori uso, non credo sia rotto... >>

Polso slogato? Lei non era in grado di aiutarlo per quello. Ci voleva qualcuno con una certa esperienza. Come Matt.
Non aveva altra scelta, doveva andarlo a chiamare anche se, solo l'idea di andargli a parlare, non la convinceva molto. Ma Konstantin ne aveva bisogno.
Cercò di alzarsi, rassegnata dalla sua scelta di andare a cercare Matt. Ma una forte presa al suo braccio, come una morsa, la bloccó.

<< No. Dovrai farlo tu. >>

L'aveva letta esattamente nel pensiero.

<< Ma non ne sono in grado, potrei peggiorare la situazione. >>

Lui la guardò intensamente.

<< Fino adesso tu hai fatto di tutto per non peggiorare la mia situazione. >>

Le parole del soldato le trafissero il petto. Scarlett rimase pietrificata.

<< So come fare, mi serve solo una mano in più. >>

Disse sarcasticamente. Scarlett non aveva altra scelta. Si sedette dove era, riaffiancando Konstantin che allungò la mano slogata verso di lei. Tra le sue mani.

<< Devi tirare, al resto cercherò di pensarci io. >>

Cercherà? Se avesse chiamato Matt sarebbe già tutto finito, anche se, a ripensarci, non aveva nemmeno la certezza che sarebbe venuto ad aiutarlo. Con il comportamento che aveva avuto negli ultimi giorni ci si poteva aspettare un suo rifiuto nell'aiutarli.
Scarlett afferrò saldamente la mano dell'uomo. Ruvida dalla guerra. In quel momento gli avrebbe dovuto dire di stringere i denti, ma era lei a serrare la bocca al posto suo. Non ne era assolutamente in grado e aveva un gran timore nel peggiorare seriamente la lesione.
L'uomo con l'aiuto dell'altra mano, fece un rapido movimento del polso e fece un'espressione davvero sofferente. Scarlett per, istintivamente, aveva lasciato la presa recandogli ancora più dolore.

<< Scusami! Scusami! Non avrei dovuto perdonami! >>

L'uomo anche se non si lamentava tantissimo, fece capire che quell'errore gli fece parecchio male.

<< Almeno dicevi la verità... >>

Si riferiva al fatto che Scarlett non ne era in grado, ma non mollava l'idea di farsi aiutare da qualcun altro. Così tese di nuovo la mano verso di lei. Scarlett gli riafferrò la sua mano, deglutí, chiuse gli occhi e riprese a tirare. Questa volta non doveva mollare.
Konstantin ripeté il rapido movimento. Doveva fare un male cane.

<< Ci siamo riusciti. >>

Disse lui mentre lei riaprí gli occhi. Il polso era gonfio, l'ideale era metterci del giaccio ma non ne avevano.
Scarlett finì l'opera fasciandolo per bene, ma pensò che appendere il braccio al collo fosse una buona idea. Magari solo quando stava seduto e in piedi. Da sdraiato non aveva molto senso. Così prese un lungo pezzo di stoffa e ci fece un nodo all'estremità.

<< Ora devi assolutamente riposare, se dovessi alzarti mettiti questo per il polso. >>

Gli disse appoggiando il pezzo di stoffa accanto a lui.
Konstantin annuì e si sdraió con il polso sull'addome.
Scarlett prese tutto il materiale per le ferite che era avanzato e si alzò in piedi. Sullo sgabello lasciò solamente una confezione di antidolorifici. Non gliene aveva ancora data una perché preferiva che l'uomo mangiasse prima. Era sicura che si sarebbe ripreso in un batter d'occhio. Dava l'impressione di essere un tipo tosto.

<< Vado a rimettere al loro posto questa roba. Te riposati e non andare in giro. >>

Per un attimo si accorse che stava parlando come faceva con i bambini. Dove poteva andare se a stento riusciva a tirarsi su?
Konstantin si fece una risatina alle parole di Scarlett. Lei gli diede le spalle e si avvicinò alla porta per uscire dalla stanza. Mise la mano libera sulla maniglia e l'aprí un poco poiché le parole di Konstantin la bloccarono.

<< Grazie per tutto Scarlett. >>

Lei si voltó verso di lui. Si scambiarono un lungo sguardo. Poi lui si voltò dall'altra parte. Non capì il perché, ma Scarlett sentì di avere molte cose in comunque con quell'uomo. Sorrise e abbandonò la stanza chiudendo la porta alle sue spalle.



*** Angolo dell'autrice ***

Scusate il ritardo di qualche giorno, ma non ho avuto la possibilità di stare al pc. Comunque state tranquilli che durante il tempo libero sono andata molto avanti con la storia e con la suddivisione in capitolo. Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Rottura ***


--- Et revelata est in bello ---


- Rottura -


Scarlett si diresse verso il magazzino per mettere nel loro giusto posto le varie fasciature, bende e disinfettanti. 
Mentre attraversava il rifugio, in molti bisbigliavano al suo passaggio. Scarlett non riusciva a capire cosa stessero dicendo, ma poteva immaginare. Non era la prima volta che il capo la rimproverava quindi, come se fosse stata marchiata, in molti evitavano ogni contatto con lei. Neanche più i bambini che avevano ancora i genitori in vita nel rifugio l'andavano a trovare. E poi... Con il pestaggio dei giorni scorsi e con il comportamento che aveva  avuto quella stessa mattina, ora poteva dire di non avere più nessuno. Tranne gli orfanelli ovviamente. 

- Dove sono finiti tra l'altro? -

Pensò. Effettivamente, quella mattina, li aveva lasciati nella stanza che ancora dormivano. Poi, quando raggiunse la stanza con Konstantin, non c'erano più e ora non li trovava da nessuna parte. Persino Damiano era sparito.
Scarlett allungò il passo. Quel pensiero la stava tormentando.
Raggiunse il magazzino, era buio e poteva capire la zona solo con la luce che aveva alle spalle. Posò tutto in modo frenetico senza averne molta cura, quando un'ombra alle sue spalle la sorprese. Avendo una certa fretta, Scarlett si voltò immediatamente, ma quel movimento le fece cadere una boccetta di disinfettante. Una boccetta di vetro. Le risorse erano poche e rompere un bene così prezioso le sarebbe davvero costata la vita questa volta.
Era questione di qualche secondo per sentire il rumore del vetro che andava in frantumi. Chiuse gli occhi con le mani, non voleva vedere quello che aveva appena fatto.
Ma quel rumore non arrivò mai. 

<< Stai facendo di tutto per cacciarti nei guai oggi, eh. >>

Quella voce era fin troppo famigliare.
Tolse le mani dal suo volto, permettendo agli occhi di abituarsi a quella sagoma in ombra. Matt era davanti a lei con la bottiglietta di disinfettante in mano. Era riuscito a prenderla e anche a salvare Scarlett da un gran problema. 

<< Allora, come ti trovi con il nuovo arrivato? >>

Le domandò in modo beffardo mentre metteva a posto il disinfettante. Scarlett preferí non rispondere. In qualche modo si sentiva presa in giro. 
Matt si accorse della reazione della ragazza. Sospirò.

<< Voglio che tu sappia che... Quello che è ho fatto questa mattina, l'ho fatto solo per proteggerti. >>

Scarlett alzò lo sguardo per guardarlo. Lui aveva lo sguardo basso, sembrava come se volesse essere perdonato. 

<< Lo so... >>

A Scarlett non le dava fastidio il modo di come si era comportato quella mattina. In fondo aveva capito le sue intenzioni. Più che altro, non le andava giù il modo in cui si erano lasciati quella sera. Quando fu pestata dal capo e poi essere totalmente ignorata da lui nei giorni seguenti.
Quello non capiva. 
Quello le faceva ancora male... E, per quanto volesse negarlo, voleva sapere il perché. Ma, tra i due, ci fu solo silenzio.
Fu Matt ad interromperlo.

<< Guarda il lato positivo ora hai un nuovo orfanello di cui occuparti. >>

Disse facendo una battuta. Una battuta che a Scarlett non le era piaciuta per niente. 
Avrebbe potuto ribattere se Matt non le avesse ricordato una cosa importante. 

<< Gli orfani, sai dove sono? >>

Chiese a Matt con un tono quasi disperato. 
Per un attimo il ragazzo non capì. I bambini non potevano uscire dal rifugio, quindi dovevano per forza stare lì. Non potevano sparire dal nulla.

<< Non sono nella loro stanza? >>

Matt non le era d'aiuto a quanto pareva. Doveva lasciare quel magazzino e alla svelta. 
Sorpassó Matt che provó a fermarla.

<< Spero di non averti delusa in qualche modo... >>

Il tono della sua voce era calma e quasi turbata. Si poteva percepire del senso di colpa in lui, ma non era il momento e Scarlett stava per perdere la pazienza su come stavano andando ultimamente le cose in quel rifugio. 

<< Matt. Per un attimo ti stavo perdonando, ma all'ultimo mi hai fatto cambiare idea. >>

Disse guardandolo dritto negli occhi. Non c'era più ammirazione per lui e le sue imprese, ma solo disgusto.
Corse lasciandolo indietro.
Matt rimase dov'era. Voleva provare a non rompere un tale legame. Il suo obbiettivo era sempre stato di salvaguardarlo e a salvarlo nel caso in cui avrebbe fatto una caduta. Non ne avrebbe sopportato la rottura. 
Avrebbe voluto fare come aveva fatto poco prima con la boccetta di vetro, ma non ci riuscì.
Scarlett raggiunse la stanza che condivideva con i bambini e, anche con Konstantin da quella mattina, sentì svariate voci al suo interno. Aprì la porta. Davanti a lei si presentò una scena alquanto bizzarra. 
Konstantin, seduto dove loa veva lasciato, con un aria scontrosa e circondato dai bambini che ora stavano guardando tutti lei.

<< Che hai? Sembri sconvolta. >>

Le domandò Damiano. 
Scarlett fece un gran respiro alzando gli occhi al cielo. Temeva il peggio. Pensava che il capo le avesse fatto qualche dispetto di pessimo gusto.
Entrò e chiuse la porta alle sue spalle, avvicinandosi alla sua postazione letto sedendosi su.

<< Ma sono tutti tuoi questi? Mi sembravi molto giovane. >>

Ci mancava anche Konstantin a fare battute su di lei.

<< No signor soldato, noi siamo orfani e Scarlett non è la nostra mamma. Anche se si comporta spesso come se lo fosse. >>

Disse Gilda a Konstantin. 

<< Rossa? Una mamma? Certo come no! >>

Precisó Damiano mentre crepava dalle risate. Scarlett lo guardò malissimo e si sentì in dovere di dire la sua:

<< Diciamo che sono più, una sorella maggiore? >>

Disse sorridendo alla piccola che aggiunse:

<< Per me rimani comunque una mamma... E tu sarai il nostro papà, signor soldato? >>

Scarlett saltò in piedi. Era imbarazzatissima alla domanda che fece Gilda a Konstantin. Doveva rompere il ghiaccio in qualche modo.

<< Dai su ragazzi, sistemate questa stanza al meglio che tra poco ci porteranno il pranzo. >>

<< Ma manca ancora un'ora e mezza... >>

Disse Damiano nel modo più svogliato possibile. 
A Scarlett bastò guardarlo con uno sguardo pietrificante per fargli capire che non avrebbe accettato nessuna opposizione al suo ordine e, infatti, Damiano velocemente aiutò gli altri compagni a far più spazio possibile.
Scarlett si risedette, i bambini erano perfettamente in grado di fare da soli.

<< È parecchio sveglia la piccoletta. >>

Particolare che non poteva sfuggire a nessuno a chi aveva appena conosciuto Gilda.

<< Già... >>

Rispose Sarlett con un leggero rossore sulle gote ripensando a quello che aveva detto la piccola qualche secondo prima.
Forse avrebbe dovuto dirgli che avrebbe dovuto condividere la stanza con dei bambini.

<< Ascolta Konstantin. Mi dispiace, avrei dovuto dirti che condividerai questa stanza con i bambini, o meglio, che loro dovranno condividerla con te. 
Purtroppo altre stanze non ne abbiamo e quindi... >>

<< Nessun problema... >>


La interruppe Konstantin.

<< ... Ho avuto qualche esperienza con mio figlio. >>

Scarlett non poté credere a quello che aveva appena sentito uscire dalla bocca di Konstantin. Aveva un figlio?

<< Hai un figlio? >>

Domandò Scarlett quasi interessata all'argomento. Immaginó già Konstantin insieme al figlio e a un'eventuale moglie come un ottimo quadro famigliare.

<< Avevo un figlio... Come avevo una moglie e una casa. >>

Quell'"avevo" che le fece capire molte cose. Potevano essere dispersi o peggio, ma comunque lui non li vedeva più da chissà quanto tempo.
Scarlett non gli domandò altro. Lui aveva perso la sua famiglia come lei aveva perso la sua. Si limitò ad abbassare lo sguardo. Tutti avevano perso qualcuno di molto caro in guerra e se per molti faceva male ricordare, per Scarlett non era così. Certo le memorie la rattristivano, soprattutto il ricordo di risvegliarsi tra le macerie tra i cadaveri e le fiamme, ma i ricordi legati alla sua famiglia la facevano star bene.
Konstantin la guardò, capì di aver toccato un punto dolente e voleva cercare di recuperare la depressione del momento. Guardò i bambini collaborare per spostare i materassi e far spazio a piccoli sgabelli. Da quanto capì, sarebbero stati usati come superficie per poggiare il piatto di cibo.

<< Devo dire che li hai addestrati bene. >>

Disse Konstantin a Scarlett. Lei alzò lo sguardo verso i ragazzini.

<< Devo tenerli impegnati in qualche modo. >>

Disse lei scherzando con il soldato che ricambió con un lieve sorriso.
In mezz'ora riuscirono ad organizzarsi e, tra una chiacchierata e l'altra, si fece l'ora del pranzo.
Scarlett aprì la porta. Le donne che consegnavano il cibo stavano per arrivare. A lei aspettavano otto porzioni questa volta. Sei per i bambini, uno per lei e uno per Konstantin. 
Una volta arrivate, le due donne le consegnarono le porzioni. La quantità, stranamente era sempre scarsa. Di solito, dopo il ritorno degli esploratori le porzioni erano più abbondanti, ma poi Scarlett ricordó che questa volta molto esploratori non fecero ritorno. Sospirò leggermente, contando man mano le porzioni che le consegnavano. Ne mancava ancora una, ma le due donne fecero dietrofront.

<< Aspettate! Noi siamo in otto. >>

Le due donne si guardarono e continuarono a camminare.
Konstantin e i bambini la guardarono.

<< Ehi, sto parlando con voi due! >>

Alzò la voce.

<< Il capo ci ha ordinato di consegnare le porzioni stabilite in precedenza. >>

Lì Scarlett capì. Il capo stava facendo di tutto per metterla in difficoltà, ma non gli avrebbe dato vittoria. Non questa volta.
Tornò indietro, lasciando le due donne consegnare le rimanenti porzioni ad altri rifugiati, entrò nella sua stanza e chiuse la porta alle sue spalle. Tutti la guardavano in attesa di sapere che cosa era successo.

<< Tranquilli. È tutto risolto. >> 

Disse per tranquillizzare i bambini. Konstantin, invece, dava l'idea di aver capito qual'era il problema. 
Si avvicinò ad ogni bambino per consegnare una porzione di cibo a testa. Poi arrivò da Konstantin, al quale gli consegnò l'ultima porzione. Lei rimase a mani vuote.
Konstantin stava per parlarle ma lo bloccò subito.

<< No. Sto apposto così, tu piuttosto ne hai bisogno. Dopo devo darti un antidolorifico e devi assumerlo dopo i pasti. >>

Ovviamente lei sapeva che, nascoste da qualche parte, qualche lattina c'era ancora. Ma non poteva prenderne una adesso, l'avrebbero potuta scoprire. Doveva aspettare la sera per sperare di masticare un boccone.
Konstantin capì Scarlett era più che determinata e non sarebbe stato in grado di convincerla a riprendere la sua porzione o a dividerla. Così, mal volentieri, mangiò.
Una volta che tutti finirono, Damiano aveva, come sempre, l'incarico di riprendere i contenitori delle porzioni di cibo e di lasciarle fuori la porta. Poco più tardi sarebbe passano un uomo che aveva il compito di prenderli e portarli a lavare. Era lo stesso uomo che si occupava dei rifiuti. Non che lo andava a buttar via, perché era rischioso, ma li raccoglieva in piccoli sacchetti che poi ogni esploratore avrebbe preso con se poco prima di uscire fuori. Poi, durante l'esplorazione, avrebbero dovuto lasciare il sacchetto in posti diversi e possibilmente nascosti. Non dovevano esserci tracce che avrebbero potuto condurre gli stranieri al rifugio.
Damiano concluse il suo compito e lasciò la porta aperta. Nel frattempo Scarlett prese dell'acqua dalla piccola cisterna presente nella stanza. Ne prese un po', era un bene indispensabile, e si avvicinò a Konstantin inginocchiandosi accanto a lui.
Posò il bicchiere sullo sgabello vicino e prese il contenitore di plastica dell'antidolorifico, versando una pillola sulla sua mano.

<< Tieni è l'antidolorifico. Entro questa sera sono sicura che tornerai in forma. >>

Era lo stesso antidolorifico che le aveva dato Matt giorni prima e con lei le fece subito effetto.
Lui prese la pillola con la mano destra. Il sinistro era appeso al collo tramite il pezzo di stoffa che gli aveva preparato la stessa mattina. 
La mise in bocca e Scarlett gli passó il bicchiere con l'acqua e iniziò a bere. Scarlett guardò ogni suo movimento. Era felice nel vedere che stava man mano riprendendo le forze grazie al suo aiuto. 
Guardandolo in volto, Scarlett si accorse che una garza, tenuta si con un pezzo di scotch, si stava per staccare.

<< Aspetta, non muoverti. >>

Disse lei allungando le sue mani sul volto di Konstantin, lui non si mosse. Scarlett cercò di riattaccarla lentamente per non fargli male.
Poi vide Konstantin che spostò il suo sguardo verso la porta, come se fosse arrivato qualcuno e una leggera tosse si sentì costringendola a voltarsi malvolentieri. Sicuramente si trattava di una scocciatura. 
All'ingresso della stanza si presentò Matt. Di nuovo. Scarlett, al contrario di qualche giorno prima, non aveva voglia di vederlo. Cosa voleva ancora?

<< Disturbo per caso? >>

Matt si riferì soprattutto a Scarlett. Lei non gli rispose. Se avrebbe aperto la sua bocca in quel momento non sarebbero uscite belle parole e davanti ai bambini non sarebbe stato proprio il caso.
Kostantin, da quei pochi secondi, intuì che tra i due non c'era gran simpatia anche se non lo davano a vedere.

<< Matt! >>

I bambini felici di vederlo lo circondarono, come sempre.
Scambió sorridente qualche frase con i bambini per poi avvicinarsi ai due più adulti. Matt osservò con attenzione quello che prima era il prigioniero.

<< Sono passato per vedere come stava il signor... >>

<< Konstantin. >>

<< Piacere è mio signor Konstantin. Io sono Matteo. Matt per gli amici >>


Disse allungandogli la mano per salutarlo. Inizialmente Konstantin ci pensò per ricambiare il saluto, ma poi pensò che se era lì era anche grazie al ragazzo che aveva di fronte. Così anche lui allungò la mano destra, scambiandosi un saluto ferreo.

<< Vedo che affidarla a Scarlett è stata una buona idea. Ha fatto veramente un ottimo lavoro. >>

Aggiunse Matt riferendosi alle medicazioni che aveva ricevuto Konstantin. 
Scarlett si accorse che quelle parole le stava esprimendo con un tono così distaccato dal Matt che conosceva. Non sapeva più chi aveva davanti.
In quel momento si sentì in dovere di rispondergli a tono.

<< Ho imparato dalla persona migliore che conoscevo. >>

Matt si voltò verso di lei guardandola dritta negli occhi. Quei occhi color ghiaccio che fino a qualche giorno fa adorava, ora erano come spilli che penetravano il suo animo.
Konstantin e i bambini increduli non fecero altro che guardare la scena. 
Matt in piedi, Scarlett inginocchiata affianco a Konstantin in silenzio. Una scena pietosa.

<< Come può vedere sto più che bene. Di questo passo mi riprenderò al più presto. >>

Matt smise di guardare Scarlett per spostarsi su Konstantin.

<< Non ne dubito. >>

Sorrise per poi voltarsi e uscire dalla stanza. I bambini, come se non fosse successo nulla iniziarono a giocare tra loro.
Scarlett tirò fuori tutta l'aria che aveva in corpo, sembrava che avesse trattenuto il respiro per tutto quel tempo. Konstantin lo notò.

<< Sembra che ci sia della tensione tra voi due. Eppure questa mattina sembrava che volesse proteggerti. >>

Scarlett affondò la testa tra le mani.

<< Io non so più cosa sta accadendo. >>

Era confusa. Le avrebbe fatto bene parlarne con qualcuno, ma forse era presto per confidarsi con una persona conosciuta la stessa mattina. 
Konstantin capì di aver toccato un punto dolente in quella ragazza. Non sembrava passarsela bene in quel rifugio e visto che gli era debitore per tutto quello che aveva fatto per lui, gli venne un'idea.

<< Ascolta, io penso che l'aria che c'è qui dentro non aiuta a mettere a posto il disordine che hai in testa.
Che ne dici, quando mi sarò ripreso abbastanza, di andare fuori? Ne abbiamo il diritto no? Mi piacerebbe insegnarti un po' di cose che ho imparato nella mia carriera militare. >>


Dopo le parole di Konstantin, Scarlett si limitò a rispondere con un: 

<< Cosa? >>

<< Hai uno spirito molto forte. Io ti aiuterò a far camminare a pari passo anche la tua mente e il tuo corpo. >>


Scarlett sembrava non capire. Sarebbero usciti dal rifugio per... Addestrarsi? Perché?

<< Vuoi aiutarmi? Perché? >>

Konstantin sospirò.

<< Sono in debito con te e poi, onestamente parlando, meriti molto di più. >>

Concluse lui sdraiandosi per riposare.
Scarlett l'osservó per qualche secondo e poi ripensó alle sue parole. Meritava di più? Era una domanda che non si era mai proposta. 
Erano in guerra, tutti potevano meritare di più. A lei andava bene la vita che faceva, poteva andarle peggio.  
Ripensó agli ultimi giorni trascorsi. Effettivamente, con le ultime vicende, le cose sembravano solo peggiorare e più si sprofondava in quel buco, più era difficoltoso uscirne.
La proposta di Konstantin l'avrebbe aiutata? Sarebbe riuscita ad uscire da quella profondità?
Forse, anche solo crederci di potercela fare la faceva star meglio, ma se si sarebbe messa nei guai avrebbe perso tutto e il suo terrore era quello di lasciare in mano sbagliate i bambini.
Poi chi era in realtà questo Konstantin. Per quanto ne poteva sapere poteva anche essere una spia o un bugiardo. Una volta usciti sarebbe potuto scappare lasciandola sola non permettendole più di tornare al rifugio perché, secondo i patti, sarebbe stata scacciata e non doveva assolutamente accadere.

<< Mi dispiace Konstantin, ma se mi succedesse qualcosa nessuno si prenderebbe cura dei bambini. >>

Raggiunse il suo materasso e ci si sdraió su un fianco. Riposare un po' l'avrebbe aiutata sicuramente. 
I bambini continuavano a giocare tra loro. Non c'era bisogno di controllarli, non erano dispettosi tra loro e giocavano con pupazzi fatti a mano con vari stracci. Al massimo Scarlett li rimproverava perché tendevano ad alzare la voce e, dato che non c'erano solo loro nel rifugio, dovevano fare meno rumore possibile. Le grida gioiose dei bambini erano sicuramente meglio delle lamentele di qualche adulto, ma non tutti la pensavano così.
Scarlett, sempre stesa sul materasso, si voltò verso di loro. Gilda la notò e le si avvicinò con qualcosa tra le mani. All'inizio Scarlett con un sorriso, pensava che le stesse portando una nuova bambola fatta da lei, ma più si avvicinava più capì che non si trattava di un mucchio di stracci. 

<< Guarda che bello! >>

Le disse la bambina porgendole quello che a tutti gli effetti sembrava una scheggia di cemento. Una maceria. Era impossibile trovarne qualcuna nel rifugio. Nessuno avrebbe mai portato un inutile pezzo di cemento nel rifugio. Scarlett, con una espressione seria, lo prese mentre si alzava per mettersi seduta. 

<< Gilda... dove lo hai trovato questo? >>

<< Non l'ho trovato, l'ho preso di nascosto. Mentre l'uomo cattivo non mi stava guardando. >>


Disse sorridente a voce bassa per non farsi sentire dagli altri bambini.
Guardò la bambina negli occhi mentre stringeva nella sua mano il piccolo masso.

<< Dove siete stati questa mattina? >>

La bambina abbassò lo guardo. Scarlett aveva un brutto presentimento. Allungò le sue mani sulle spalle della bambina e la strinse un po'. Era seria, tremendamente seria.

<< Gilda. Dov'eri questa mattina. >>

Ma la bambina continuava a non rispondere. Scarlett iniziò a spaventarsi.

<< Dov'eri? Rispondimi! >>

Alzò la voce in quel modo per la prima volta in vita sua. 
Gilda scoppiò a piangere attirando l'attenzione di tutti i presenti in quella stanza. Konstantin compreso e si voltò verso di loro cercando di mettersi seduto.

<< Ha detto che non dovevamo dirtelo... Era una sorpresa. >>

Non dovevano? 
Alzò lo sguardo verso gli altri bambini. Alcuni sembravano un po' delusi dal fatto che Gilda avesse parlato. 
Scarlett si alzò in piedi di scatto. Arrabbiata, guardò i bambini ormai spaventati per quello che sarebbe potuto accadere.

<< Chi vi ha portati fuori dal rifugio questa mattina? E voglio una risposta. >>

Si riferì soprattutto a Damiano. Era il più grande e da lui non avrebbe accettato del silenzio come risposta.

<< Non guardare me! Io non ne so nulla! Ti ho aiutato questa mattina, ricordi? >>

Era vero per la rabbia che stava provando in quel momento, l'aveva dimenticato. 

<< Damiano non c'era... >>

Disse Gilda in lacrime.

<< ... E nemmeno tu. >>

L'ultima frase fu una pugnalata al cuore. 
Così aveva promesso di proteggerli? Qualcuno li aveva portati fuori dal rifugio senza farle sapere nulla. Solo gli esploratori avevano la libertà di uscire ed entrare quando volevano. I bambino avevano il divieto assoluto, avrebbero potuto attirare i nemici in qualsiasi momento con la loro allegra confusione. 
Tutto stava prendendo una piega senza senso.
Cosa stava accadendo?
Scarlett voleva delle risposte e chi poteva dargliele se non il capo? 
Con velocità raggiunse la porta e con forza l'aprí. 
Stava per solcare la porta quando la voce decisa e severa di Konstantin la fermò.

<< Ragiona Scarlett! Anche se vuoi delle risposte pensi che te le daranno? >>

Lei rimase immobile.

<< Pensi che per tutto questo tempo non abbia notato i lividi che hai addosso? Pensi di poter fare tutto da sola? Anche se sono qui da poco, riesco ad essere comunque in grado di valutare questa situazione. Esci pure da quella porta, ma sappi che ritornerai con le ossa rotte. >>

Scarlett ascoltò tutto in silenzio. Era ancora lì. Ferma al varco della porta. Indecisa se fare di testa sua o ascoltare Konstantin.

<< Accetta il mio aiuto e vedrai che sarai in grado di proteggerli. >>

Dopo quella frase, Scarlett fece un passo indietro, chiuse la porta e si voltò verso Konstantin. 
Aveva due strade davanti a lei e doveva fare una scelta. Entrambe potevano portarla all'autodistruzione, ma nella proposta di Konstantin poteva esserci speranza.

<< Va bene, ma devi promettermi che non scapperai quando saremo lassù. >>

Gli disse guardandolo dritto negli occhi.
Lui le sorrise.

<< Promesso. >>

Si fece sera ed era ora di cenare. Come era successo anche a pranzo, vennero consegnati sette pozioni anzicché otto, ma questa volta Scarlett non disse nulla alle due donne. Sapeva come risolvere il problema.
Quando si sarebbe fatto più tardi avrebbe preso una lattina che era riuscita a rubare agli stranieri. Damiano ne era il custode ormai, le tre lattine rimaste le aveva nascoste in diverse postazioni della stanza. Pensava che se ne avessero trovata una non si sarebbero messi a cercarne altre. 
Scarlett consegnò le porzioni a tutti, lei avrebbe aspettato volentieri. Tese la sua porzione a Kostantin che non la prese.

<< Non penserai mica che io ti faccia saltare anche la cena. >> 

<< No tranquillo mangerò. >>

<< Tsk, e cosa? Polvere e lenzuola? >>


Scarlett scoppiò a ridere. Vedere un uomo con la stazza di Konstantin dire delle frasi come quelle la divertiva.

<< Non sai che qualche giorno fa, Rossa è riuscita a rubare del cibo nemico esclusivamente per noi? >>

Si intromise Damiano vantandosi di Scarlett.
Konstantin guardò prima il ragazzino, poi di nuovo Scarlett.

<< Avevo visto bene allora. Se sei riuscita a fare una cosa del genere da sola, devo ammettere che ci sai fare. Forse non dovrò insegnarti più di tanto. >>

Scarlett un po' arrossí e mentre si grattó un braccio disse:

<< È stata solo fortuna. Quello che ho fatto non valuta le mie abilità. >>

<< Insegnare? >>


Si introdusse con aria interrogativa Damiano.
Scarlett si rivolse verso di lui dicendogli sarcasticamente:

<< Impegna la tua bocca per mangiare, ficcanaso che non sei altro. Altrimenti me la finisco io la tua porzione. >>

Damiano obbedí all'istante.
Il resto della serata si svolse con tranquillità. I contenitori furono consegnati, Konstantin prese il suo antidolorifico, Scarlett mangiò la sua razione e organizzarono la stanza per prepararsi a dormire. ma Gilda era troppo silenziosa e si manteneva in disparte con il gruppo.
Scarlett notò questo strano comportamento in lei così le si avvicinò chinandosi davanti a lei.

<< Ehi piccola... >>

<< Ciao... >>


Le rispose nel modo più triste possibile. Scarlett si sentì in colpa. Non le aveva mai alzato la voce perché lei, per quanto potesse essere piccola, non aveva mai fatto niente di sbagliato.
Scarlett reagì in quel modo perché stava iniziando a capire che il capo e i suoi scagnozzi stavano organizzando qualcosa di brutto e al solo pensiero che i bambini centrassero qualcosa, la faceva imbestialire.

<< Mi dispiace per averti alzato la voce oggi, ma voglio che tu sappia che non ero arrabbiata con te. Con nessuno di voi. >>

Gilda con gli occhi lucidi la guardò.

<< Io so che non dobbiamo uscire, ma ci avevano detto che ci sarebbe stata una sorpresa per te e... >>

<< Non fa niente piccola. Non permetteró a nessuno di farvi del male. >>

<< Come il lupo! >>


Diss Gilda illuminandosi in volto. Scarlett per un attimo non capì a cosa si riferisse, ma poi le vení in mente la sua storia di Cappuccetto Rosso.
Scoppiò a ridere dicendo:

<< Sai le femmine di lupo sono anche peggio! >>

Allungò le mani verso Gilda per farle il solletico e la piccola morì dalle risate, implorandola di smetterla.
Gli altri bambini guardavano e ridevano per poi buttarsi tutti su Scarlett mettendola KO a terra. Konstantin si limitò a guardare e a fare qualche risata ogni tanto.
Continuarono a giocare fino a che la stanchezza e il sonno presero il sopravvento. 
Ognuno al suo posto, esclusa Gilda che quella notte preferì passarla standosene abbracciata a Scarlett. 
Konstantin, fece fatica nell'addormentarsi e spesso si soffermava a guardare le due che dormivano profondamente.

<< Odio i dejavu. >>

Fu l'ultima frase che disse per poi mettersi a pancia in su e finalmente addormentarsi.
 

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Capitolo 6
*** Spirito ***


--- Et Revelata est in bello ---


--Spirito--






Si alzò con fatica.
Intorno a lei solo cumuli di macerie e fiamme. L'aria la soffocava, ma muoversi era difficoltoso. Doveva allontanarsi da quel posto se voleva salvarsi. In lontananza, i tonfi di molteplici esplosioni a catena facevano tremare la terra, mentre il cielo si riempiva di frastuoni di aereoplani da guerra.
Scarlett, istintivamente, doveva lasciare quel posto infernale. Si voltò più volte per capire dove poteva andare, quando un sentiero libero dalle fiamme si aprì davanti a lei. Insidioso, ma pur sempre una probabile uscita.
Il suo corpo era pesante e l'ossigeno era sempre meno. Non ricordó nemmeno cosa ci faceva lì, tutto intorno a lei era così irriconoscibile e pauroso. Se poteva esistere un inferno, ci era finita dentro.
Vide una possibile uscita e corse più forte che poteva. Uscì.
Si buttò a terra sull'asfalto tiepido, stremata. Guardò dietro di lei per capire in che razza di posto era finita. Da quel momento non si sarebbe mai perdonata.
Aveva ragione. Si trattava proprio dell'inferno.
Il centro commerciale dove la sua famiglia aveva deciso di passare un felice pomeriggio era immerso nelle fiamme. Gran parte dell'edificio era distrutto.
Stava per temere il peggio, ma nel perimetro dell'area in fiamme altre persone si erano salvate. Molte di loro piangevano disperate, altre mute e immobili traumatizzati e pochi erano i feriti. Le raggiunse sperando di ritrovare i suoi famigliari, ma tra loro non riconosceva nessuno.
Non poteva credere di averli persi. Non poteva credere di essere l'unica sopravvissuta. 
In quel momento i suoi occhi diventarono lucidi e senza forze cadde a terra in ginocchio, davanti a quello spettacolo.
Avrebbe preferito che si trattasse di un incubo.
Avrebbe preferito perdere la vita insieme a loro.
Si alzò e, con le lacrime che le scendevano dagli occhi, corse contro le fiamme. Quelle calde mani della morte l'abbracciarono dolorosamente.

Si svegliò di soprassalto, respirando freneticosamente.
Scarlett si mise una mano sul petto per cercare di calmarsi.
Da quando aveva perso la sua famiglia, ripeteva spesso quel giorno nei suoi incubi che terminava tutte le volte e in modo diverso con la sua morte. Ma mai con un suicidio come le era appena accaduto.
Una volta non riusciva a uscire dalle macerie, un'altra volta un aereo da guerra le ci si era schiantato addosso e, questa volta, si era suicidata tra le fiamme.
Dopo quello che successe al centro commerciale aveva pensato più e più volte di mettere fine alla sua vita. Fino a che una notte si convinse a farlo mentre girovagava senza una meta per i vari edifici distrutti. Ce n'era uno in particolare molto alto che avrebbe potuto cadere da un momento all'altro. Scarlett pensò che fu un ottimo modo per morire. 
In giro non c'era nessuno e il silenzio regnava. Entrò e salì finché le scale erano praticabili. Arrivò intorno ai 30 metri, le bastava trovare una finestra o un muro crollato per gettarsi nel vuoto. Girovagó per il piano finché non trovò quello che stava cercando.
Una parte del palazzo completamente andato giù si affacciava a quella fresca e tranquilla notte. Si potevano vedere le stelle e la luna piena che splendevano radiose nel cielo.
Come poteva non morire in un così bel panorama. Pensava che sarebbe stato bello morire avendo una così meravigliosa immagine impressa fino al suo ultimo respiro.
Si affacció al precipizio, tanto che le dita dei suoi piedi erano già nel vuoto. Allargò le braccia e, guardando per un ultima volta quel cielo, chiuse gli occhi e fece un passo in avanti.
L'adrenalina la invase e i suoi capelli rossi si alzarono verso l'alto. Pensò che finalmente era finito il suo tormento e che avrebbe raggiunto la sua famiglia presto.
Violentemente si sentì presa dagli indumenti alle sue spalle e, con una forza inaudita, fu scaraventata a terra sullo stesso piano in cui si stava per gettare nel vuoto.
Un po' sconbussolata dal colpo si voltò con cautela, ma quello che vide davanti a lei fu una sagoma in ombra che a stento ricordava. La troppa adrenalina che le era andata in circolo e la botta che prese, la fece svenire. 
Per molto tempo cercò di capire cosa fosse successo quella notte, ma ovviamente di risposte non le trovò mai. 
Finalmente Scarlett si calmó e si accorse che Konstanin non era al suo posto. Diede un'occhiata veloce ai bambini e stavano più che bene. 
Ad un tratto il rumore della porta che si apriva dall'esterno la fece sobbalzare. Istintivamente si sdraió, facendo finta di dormire. 
L'unica luce accesa era quella lungo il corridoio e, quando qualcuno apriva la porta, la stanza si illuminava poco. Quella penombra che si creava bastava per riconoscere la figura che stava entrando. Era Konstantin.
Lei restò immobile, non c'era alcun bisogno che Konstantin sapesse che lei era sveglia.
Non chiuse la porta alle sue spalle, probabilmente gli serviva la luce, e raggiunse il suo posto. Ora camminava meglio rispetto a prima, quand'era arrivato. Aveva ancora qualche acciacco, ma si stava riprendendo benissimo e Scarlett ne era molto soddisfatta. Stava per chiudere gli occhi quando tutto d'un tratto lui si tolse la maglietta. 
La ragazza si imbarazzó velocemente alla vista di quel corpo ben scolpito. Sapeva di essere rossa in viso e ringraziò Dio per trovarsi immersa nel buio in quel momento. 
La cosa giusta da fare in quel momento sarebbe stato voltarsi e continuare a dormire, ma i suoi occhi si spostarono sulle fasciature che Konstantin aveva ancora. Le sue cure stavano funzionando e, man mano che le ferite si richiudevano e i lividi si assorbivano, la bellezza nordica di quell'uomo iniziava a farsi notare. 
Lui si toccó un punto dell'addome per un motivo che Scarlett inizialmente non vedeva, ma poi quando Konstantin si voltò verso la luce del corridoio per capire cosa gli stava accadendo, si poteva perfettamente vedere del liquido rosso uscire.
Scarlett, con il cuore in gola, pensò che forse era presto per gridare vittoria.

<< Scheisse... >>

Disse lui a voce bassa. 
Anche se Scarlett non conosceva la lingua tedesca, capì perfettamente cosa intendeva. Si alzò freneticamente.

<< Aspetta ti aiuto. >>

Bisbiglió prendendo alcune fasciature. Lui non disse nulla, il suo viso non dava l'espressione di essere sorpreso nel vedere Scarlett sveglia.

<< Sta fermo, dò un'occhiata. >>

Si chinò verso la zona interessata. Le fasciature che aveva erano scure e umide. Scarlett sapeva che si trattava della ferita più profonda che aveva, ce lo si aspettava in fondo. Probabilmente Konstantin aveva fatto un movimento troppo azzardato. 
Tolse le vecchie fasciature. Ora aveva una chiara visione della ferita. Non era grave, ma continuava a perdere un po' di sangue. Con un pezzo di benda, iniziò a tamponarla. Kostantin si lamentó leggermente. Di solito non si lamentava mai, non esprimeva mai ciò che provava, così Scarlett recepí messaggio. Doveva fargli parecchio male.

<< Devi stenderti, appoggiati a me. Non devi assolutamente sforzarti troppo. >>

Lo fece anche se non tantissimo, non voleva certo starle addosso. Camminarono piano, ma al secondo passo caddero entrambi sul materasso di Scarlett. All'impatto lei fece un urlo strozzato, non poteva certo svegliare tutti, mentre lui continuava a stringere i denti dal dolore. Il colpo non era stato forte, ma per Konstantin poteva essere un gran problema. Dovevano evitare in tutti i modi che la ferita si aprisse ulteriormente e Scarlett doveva sbrigarsi a mettergli una fasciatura, ma lui era sopra di lei e faceva fatica a muoversi.

<< Ko-Kostantin... >>

Ma lui non disse nulla se non ansimare per il dolore. Allora lei mise le mani sui deltoidi dell'uomo per cercare di spostarlo quel poco che le bastava per sgattaiolare fuori e aiutarlo.

<< Aspetta... >>

Accennó l'uomo. Forse il dolore che stava provando in quel momento era talmente intenso da non riuscire a muoversi. Anche se la situazione era molto imbarazzante, Scarlett avrebbe aspettato. Ma dato che la fuoriuscita di sangue non avrebbe aspettato nessuno, la ragazza iniziò ad allungare le braccia intorno a lei per cercare il rotolo delle bende. Prima a destra, poi a sinistra, ma nulla da fare. Chissà quale posto avevano raggiunto dopo quel capitombolo. Allora con la mano sinistra raggiunse l'addome di Konstantin e, per quel momento, si stava offrendo lei come stoffa per tamponare la ferita. Sentì la sua mano inumidirsi e sperava con tutto il cuore che la situazione non si fosse aggravata.
Kostantin cercò di trattenere qualche lamento al tocco della ragazza e in quel silenzio si sentivano solo i loro respiri.
Scarlett continuò a ringraziare Dio per l'oscurità presente che li circondava. Non avrebbe mai voluto che Konstantin si accorgesse dell'imbarazzo che la stava travolgendo. Doveva evitare di pensare al fatto che sentiva perfettamente ogni singolo muscolo dell'uomo che aveva su di se. In quel momento se fosse entrato qualcuno sorprendendoli in quel modo, avrebbe sicuramente frainteso. Chiunque l'avrebbe fatto.

<< Sono...ngh... Pronto. >>

Disse Konstantin cercando di tirarsi su. Scarlett, ovviamente, lo aiutò. Lo mise a pancia in su sul materasso dove erano. Lei cerco ancora quelle maledette fasciature, quando le vide proprio davanti alla porta. Gattonó per un paio di secondi e allungò la mano per prenderle, ma nel frattempo si sentì un piccolo rumore provenire dall'esterno della loro stanza. Scarlett si bloccò cercando di capire se lo aveva immaginato oppure no. 
Non sentì più nulla. 
Socchiuse un po' la porta, giusto quanto bastava per non rimanere nel buio pesto e poi si voltó verso Konstantin, con l'obbiettivo di finire l'opera.
Questa volta strinse leggermente di più le fasciature, dovevano evitare che un altro evento simile si ripetesse.

<< Ora stai giù e non muoverti per nessuna ragione. Se hai bisogno di qualsiasi cosa chiamami. >>

Tanto al bagno ci era appena stato no? 
Ora però era lui ad occupare il suo letto, ma non era un gran problema, le bastava mettersi su quello di Konstantin per passare il resto della notte. 
Si stava per spostare quando si sentì toccare si una coscia per attirare la sua attenzione. Lei si voltò velocemente verso Konstantin, rispondendo al suo richiamo.

<< Probabilmente avrò ulteriormente macchiato il mio posto di sangue... e non sarebbe giusto che ora ci vada te. >>

Tra le parole di Konstantin si poteva percepire il dolore che stava provando in quel momento. Lei aveva un'espressione confusa. Era carino sul fatto che non volesse farla dormire su un posto sporco, ma non aveva altre soluzioni. I bambini ormai dormivano uno sopra l'altro per il poco spazio e quindi non se ne parlava. 
Ci fu qualche secondo di silenzio, tempo in cui Scarlett elaborò un piano dove sistemarsi, nel frattempo lui cercò di afferrarle una mano.

<< Riaccomodati pure qui. Divideremo questo posto. >>

- Cosa? -

Poteva passare l'incidente che successe poco prima, ma dormirci insieme le sembrava troppo e qualcuno li avesse visti? Di certo non poteva che capire altro e poi Scarlett, nella sua vita, non aveva mai condiviso il letto con un uomo. Escluso quando da piccola si infilava nel lettone con i genitori, ma quella era totalmente un'altra faccenda.
Konstantin, non ricevendo alcuna risposta dalla ragazza, l'attiró a sé facendola accomodare accanto a lui.
Scarlett era sorpresa da quanto quell'uomo soffrisse per le ferite e avere una forza del genere. Non voleva immaginare che forza avrebbe avuto una volta rimesso al nuovo.
Tra loro un sottile spazio li divideva, ovviamente, nessuno dei due aveva altre intenzioni quindi era più che normale che non ci fosse nessun contatto fisico. Ma comunque, per l'imbarazzo, le iniziava a battere il cuore velocemente. Lui, probabilmente, si comportava un po' da padre in quei momenti, ma per lei che era solo una ragazza di ventiquattro anni poteva avere un riflesso diverso. 
In qualche modo doveva sdrammatizzare quella situazione imbarazzante.

<< Di solito sono i bambini a chiedermi di dormire insieme a loro. >>

Lui rise e lei fece lo stesso. 
Non sapeva come comportarsi se non prenderla sotto quell'aspetto. Dopo pochi minuti Konstantin riuscì ad addormentarsi mentre Scarlett non chiuse occhio per tutta la notte. 
Pensava al sogno. 
Pensava ai bambini. 
Pensava alla salute di Konstantin.
Pensava a Matt.
Pensava alle varie situazioni che stavano cambiando dalla solita routine del rifugio.
Se avesse potuto esprimere un desiderio, sarebbe stato quello di fuggire da quel posto con i bambini.
Per quanto stesse aiutando Konstantin nelle sue difficoltà, era troppo presto per dargli la massima fiducia. Anche se non le dava l'impressione di essere un poco di buono era pur sempre un militare, per lui sopravvivere da solo senza un rifugio poteva risultargli molto facile. Aveva molto sangue freddo.
Qualche giorno prima, in quel desiderio era incluso anche Matt, ma si stava comportando troppo in modo strano. Era sempre stato gentile e cortese con lei. Fu proprio lui a trovarla la mattina dopo che tentò il suicidio e fu sempre lui ad affidargli gli orfani. 
Ammirava quel ragazzo dalla prima volta che lo vide. Fu rapita dalla sua disponibilità nell'aiutare il prossimo. Si sarebbe sacrificato per chiunque.
Se non era fidanzato, probabilmente, Scarlett sarebbe stata più che volentieri al suo fianco al posto di Ambra, ma vedendoli molto affiatati evitó semplicemente di farsi pensieri inutili e di concentrarsi esclusivamente sugli orfani. 
Sarebbe stato bello se tutto avesse continuato in quel modo. Ma qualcosa si era rotto tra loro due. Lo sentiva, ed era una sensazione che la faceva star male.
Konstantin le disse che aveva un forte spirito ma era evidente che si sbagliava. Con tutto il caos che era in lei, come poteva essere forte? Aveva paura. 
Temeva di perdere tutto di nuovo.
La mattina arrivò presto. Scarlett si alzó, era meglio che nessuno li vedesse condividere lo stesso posto per dormire. 
Guardò il materasso di Konstantin. In alcuni punti il sangue c'era ma tantissimo, avrebbe potuto passare il resto della notte anche lì se il soldato non avrebbe insistito. Magari cercare di smacchiarlo in qualche modo era un'ottima idea per far passare il tempo. Tutti dormivano ancora e il rifugio era ancora silenzioso.
Uscì dalla stanza e, senza far tanto rumore, doveva raggiungere il luogo in cui le donne che avevano il compito di lavare i vestiti, depositavano i saponi o altri detergenti.
Non sapeva di preciso quale era più efficace nel togliere le macchie di sangue, così ne prese più di qualcuno per poi tornare indietro. Appena uscì dalla stanza si scontrò contro qualcuno. Alzò lo sguardo. Era Theo che la guardava con un sorriso che Scarlett riteneva davvero irritante. La prese dal braccio sinistro e la trascinó con lui.

<< Lasciami! Lasciami ti ho detto! >>

Gli disse Scarlett con un tono da rimprovero, ma non abbastanza a voce alta. Non voleva svegliare tutto il rifugio. Non voleva che la odiassero ulteriormente. Così iniziò a dimenarsi per cercare di staccarsi dalla presa ferrea di quell'ingrato. Scarlett stava iniziando a capire dove la stava portando ed era nel posto che più odiava del rifugio. Ovvero la stanza del capo. La ragazza iniziò a pensare che sicuramente avrebbe dovuto giustificarsi sul fatto di trovarsi in un luogo diverso dalla sua stanza, oppure, il capo voleva informazioni su Konstantin. In entrambi i casi le risposte non gli sarebbero piaciute. Per la prima, stava prendendo dei detergenti senza permesso, per la seconda, le sembrava stupido trattare Konstantin come un prigioniero. Quindi si mise l'anima in pace. Sarebbe stata pestata un'altra volta. In quel momento, poteva solo sperare di essere in grado di riuscire da quella stanza con la sola forza delle sue gambe una volta finito.
Theo bussó alla porta. Una risposta dall'altra parte consentì al bestione di aprire la porta e spingere con violenza la ragazza dentro.
La stanza era illuminata da una lampadina appesa al soffitto, davanti a lei il capo, grasso e ben vestito che fumava una sigaretta.
L'odio per quell'essere, perché umano non era, non aveva limiti per Scarlett. Mentre le persone morivano e soffrivano, l'essere si manteneva ancora in carne, indossava vestiti buoni e aveva anche il lusso di fumare sigarette. Un rifiuto di mezz'età, calvo e con un'espressione da depravato.
Il capo fece a Theo di uscire dalla stanza, obbedendo chiudendo la porta dietro di lui.
In quella stanza erano solo lui e Scarlett. 
Si guardarono per qualche secondo, poi lui iniziò a camminare avanti e indietro.

<< Immagino che tu sappia perché sei qui. Io ho bisogno di sapere un po' di cose e credo che anche tu vuoi sapere una cosa in particolare. >>

Effettivamente era una buona occasione per chiedergli del perché abbia fatto uscire all'esterno i bambini, ma Scarlett non voleva dargli soddisfazioni e preferì rimanere in silenzio.

<< Credo che una giusta collaborazione tra me e te sia più che dovuta, ma se rimani in silenzio mi farai agire in modo completamente diverso. 
Facciamo un giochino molto semplice. Io ti faccio delle domande e tu rispondi. Divertente no? >>


Domandò l'essere, ma Scarlett non rispose e si limitò a gurdare a terra.

<< Bene. Hai una domanda da pormi per caso? >>

A quanto pareva insisteva. Sapeva quanto Scarlett tenesse ai bambini e che portarli all'esterno l'avrebbe fatta infuriare, e sapeva che almeno un bambino le avesse riferito della passeggiata a sua insaputa. 

<< Nessuna, signore. >>

Scarlett non gli avrebbe dato la soddisfazione.
Il capo si sentì confuso, gli sembrava strano che nessun bambino le aveva riferito della loro uscita, ma si schiarí la voce e continuò:

<< D'accordo. Io non ho ancora ancora fatto colazione, vuoi unirti a me? >>

<< Non ho fame, signore. >>


Questa volta l'essere sorrise. Diede le spalle a Scarlett mentre frugava in un sacco appoggiato al muro.

<< Peccato, volevo condividere con te una vera e propria prelibatezza. >>

Dal sacco tirò fuori una lattina di cibo che Scarlett era riuscita a sottrarla agli stranieri qualche giorno prima rischiando la sua stessa vita. Scarlett diede un'occhiata al sacco, al suo interno le altre lattine lo riempivano. 
L'essere prese una sedia, si sedette davanti a lei e aprì la lattina mangiandone il contenuto.

<< Squisito, anche se penso che cotto sia ancora meglio. Immagino che tu stia pensando se queste sono le tue stesse lattine che hai portato al rifugio e io ti risponderò: sí. >>

Un onda di pura rabbia stava per travolgere la coscienza di Scarlett. Non era vero che avrebbe gettato via quelle lattine perché appartenevano agli stranieri, ma perché voleva cibarsene solamente lui. Quale essere poteva essere così putrido? Avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma doveva mantenere il controllo. Lui aveva il coltello dalla parte del manico e, se lei avrebbe reagito in malomodo, avrebbe solo peggiorato la situazione.

<< Nessuno avrebbe mai rischiato la sua vita fino a tanto, tranne te ovviamente. Sai, questo mi ha fatto pensare che sai quanto la tua vita abbia valore per spingerti fino a tanto per quei bambini. Quindi la mia prossima domanda è: quanto saresti in grado di spingerti oltre per far star bene i tuoi orfanelli? >>

Scarlett strinse i pugni fino a farsi male. Quella domanda era orribile. Qualunque risposta avrebbe dato avrebbe avuto tragiche conseguenze. Aveva un pessimo presentimento, ma voleva far capire all'essere che aveva di fronte che per quei bambini ci sarebbe sempre stata.

<< Oltre ogni limite. >>

Rispose a quella domanda guardandolo intensamente, in modo tale che i suoi occhi penetrassero il più possibile i bulbi oculari putridi dell'essere. Voleva fargli capire che lui non aveva il diritto neanche di guardarli finché lei era lì a proteggerli.
Lui fece un sorriso di vittoria, sembrava soddisfatto e appagato per la risposta della ragazza. Era proprio ciò che Scarlett voleva evitare. 

<< Quindi se ti chiedessi di spogliarti davanti a me, adesso. Lo faresti? >>

Scarlett si pietrificó alla richiesta del rifiuto che aveva davanti. Come poteva essere così lurido? 
Aveva paura a rifiutare. Da quel momento poteva aspettarsi qualsiasi cattiveria o malignità da parte del capo. 
Se avrebbe rifiutato... Non poteva immaginare cosa poteva fare ai bambini.

- E va bene porco che non sei altro! -

Quello che stava accadendo a lei, poteva accadere ad un uno dei suoi bambini se avrebbe lasciato la stanza in quel momento.
Senza rispondere, Scarlett iniziava a togliersi i vestiti a sangue freddo, gettandoli a terra. Rimase in intimo.
Una pelle candida e un corpo snello sciupato dalla guerra si presentarono davanti agli occhi color catrame dell'essere.

<< Spogliati completamente... >>

Disse lui con una voce viscida. 
Ovviamente Scarlett non voleva, ma al solo pensiero che al suo posto ci sarebbe potuto essere un bambino, le si accapponó la pelle. Quel pensiero le annebbiava la testa ed era l'unica motivazione che la faceva continuare.
Diede le spalle al capo. Doveva essere forte.
Con le mani raggiunse i gancetti del reggiseno e lentamente se lo tolse, ma non del tutto. Si bloccò a metà strada e strinse nel petto l'indumento. In quel momento il suo sangue freddo smise di scorrere fra le sue vene, ma doveva farlo.
Sentì l'essere posare la lattina a terra, alzarsi dalla sedia e raggiungerla poggiando le sue luride mani sulle spalle di Scarlett.

<< Cosa c'è, ci stai ripensando? Da quanto ho saputo da mia figlia, questa notte ti sei divertita con il tedesco che conosci da almeno tre giorni... >>

- Cosa? -

Ecco cos'era il rumore che Scarlett sentì quella notte. Ambra li aveva sentiti e frainteso quello che era realmente accaduto. 

<< ... Sei una ragazza dai facili costumi ammettilo. Quindi non vergognarti con un uomo che conosci da quasi quattro anni e che ti ha accolto nel suo rifugio. >>

Quelle parole ferirono l'animo di Scarlett e sentirsi completamente spalle al muro senza poter ribattere la fece sentire senza forze. Tutto quello che faceva le si ribaltava contro sempre peggio. 
L'essere avvinghió la ragazza a se con un braccio mentre con l'altra le tolse a forza l'indumento superiore, iniziandole a palparle il seno. Scarlett fece un lamento strozzato al tocco violento del capo, ma poi riprese il silenzio.
Sentiva l'essere dietro di lei che  ansimava e strofinava il bacino sul suo fondoschiena. Scarlett cercò di stare ferma il più possibile e serró gli occhi. Le veniva da piangere e urlare, pregava che l'essere non andasse oltre. Pregava che gli bastasse quella porcheria per essere soddisfatto e la lasciasse stare. Ma l'eccitazione dell'essere aumentava e, con essa, anche le palpate diventavano più violente. In quel momento erano due le luride mani che lavoravano su di lei e si spostavano in continuazione dal seno alle braccia. Una le raggiunse il basso ventre e si intrufoló delle sua biancheria inferiore mentre iniziava a leccarle il collo e le spalle.
Scarlett si mosse un po' per respingere il capo. Si chinó in avanti per allontanarlo e fu in quel momento che Scarlett sentì l'erezione dell'essere su di lei. 
Lo spinse allontanandolo da lei. Era troppo. Le lacrime iniziarono a scorrere dal viso silenziosamente.
L'essere non disse nulla, ma si poteva ben intendere che quel gesto non gli era gradito. Così le diede un pugno in faccia facendola cadere a terra.

<< Non ti conviene opporre resistenza strega. In qualche modo devo pur sfogarmi in questo modo e credo che tu non voglia che lo faccia su un tuo caro orfanello, vero? >>

Non poteva credere a quello che l'essere aveva appena detto. Altre lacrime e lamenti si aggiunsero a quella stanza. Ora capì che il capo sarebbe andato oltre e non poteva fermarlo finché lui non sarebbe stato soddisfatto.
Scarlett non aveva mai avuto un rapporto così intimo con un uomo e non voleva avere un ricordo come quello nella sua testa, ma non aveva altre possibilità. 
Rimase a terra, sconfitta. Il viso le faceva male.
L'essere tirò giù la zip dei pantaloni, da quel momento in poi Scarlett non voleva più vedere. Chiuse gli occhi e si limitò a piangere.
Sentì il corpo grasso e pesante che la sovrastó e con forza la fece mettere a pancia in giù.

<< Se non vuoi guardare... La posizione migliore è questa non credi? >>

Le afferrò l'unica biancheria che rimaneva sulla ragazza e iniziò a sfilargliela. 

<< Scarlett? Scarlett sei lì dentro? >>

- Konstantin? -

La voce del soldato provení dall'esterno. Non poteva crederci, l'era venuta a cercare. Si tiró un po' su con fatica, voleva con tutta se se tessa rispondere a quei richiami.

<< Fa silenzio puttana! >>

Le disse a voce bassa il capo prendendola dai capelli.

<< Ricordati qual'è la nostra posta in gioco, strega. >>

Le bisbiglió in uno orecchio per poi lasciarla violentemente. Si allontanò da lei per darsi una sistemata.
Scarlett si rannicchiò su se stessa coprendosi il più possibile con i propri arti.
Fuori un gran rumore. Kostantin e Theo avevano iniziato uno scontro a pugni. Scarlett pensò alla salute di Konstantin. Non era in grado di sostenere uno scontro con un uomo come Theo. Non aveva ancora recuperato le forze e la ferita sull'addome si sarebbe riaperta di nuovo. 
Il capo si mise seduto dove era prima, attendendo che lo scontro finisse.

<< Quando Theo avrà finito con quel tizio mi sembra giusto dargli una ricompensa. Spero che tu sappia come soddisfare due uomini contemporaneamente. >>

Scarlett rabbrividí. Quell'incubo non sembrava avere mai fine.
Il silenzio divenne di nuovo il padrone di quel luogo. Il capo si alzò e raggiunse la porta con aria soddisfatta. Si fece una risata. Era più che sicuro di sé che il suo lurido scagnozzo avesse vinto lo scontro e aprì la porta della stanza per invitarlo. 
Scarlett si tirò su mettendosi quasi seduta e appoggiata al muro con una spalla. Si malediva per aver coinvolto ulteriormente Konstantin alle sue malefatte e se ora la sua salute sarebbe peggiorata, era solo colpa sua. 

<< Theo, lascia pure il cadavere dello straniero lì che adesso... >>

Il capo si interruppe. Scarlett alzò lo sguardo verso di lui. Lo vide indietreggiare quasi spaventato. 
Dalla porta, il profilo di Theo fece comparsa per poi cadere a peso morto a terra. Scarlett sobbalzó a quella vista. Il corpo non sembrava avere grosse ferite, ma non si muoveva. Poi nella stanza entrò Konstantin che guardava intensamente negli occhi del capo. Tanto che non notò nemmeno Scarlett all'angolo della stanza. Aveva veramente un'espressione molto seria. Incuteva veramente timore.

<< Se non l'avessi visto non ci avrei mai creduto. Devi essere stato un soldato veramente forte per uscirne vincitore in quelle condizioni. >>

Disse il capo con un'espressione quasi impaurita. Indicò Scarlett e disse:

<< Se stai cercando la tua puttanella è lì. >>

Kostantin si voltò verso di lei. Si stupì dalle condizioni della ragazza. Scarlett distolse lo sguardo e cercò di coprirsi ulteriormente. 
Il tedesco, si piegò in avanti prendendo i vestiti di Scarlett dal pavimento e si avvicinò alla ragazza porgendoglieli. Lei li prese continuando a evitare il suo sguardo.
Konstantin si voltò di nuovo verso il capo.

<< Se vuole continuare ad essere il proprietario di questo rifugio, le consiglio vivamente di non provare mai più a toccarla. >>

L'essere sembrava aver un minimo di paura, ma lo nascondeva bene. Per quanto poteva essere bello quel momento di salvezza, il capo aveva sempre un asso nella manica.

<< Certo bell'imbusto. Ho recepito perfettamente il messaggio, ma voglio che lei sappia che è stata una scelta della ragazza quella di concedersi a me e... >>

<< Mi interessa ben poco onestamente. >>


Lo interruppe Konstantin. Scarlett iniziò a rivestirsi la parte superiore e, non fece in tempo a infilarsi i pantaloni, che Konstantin la prese in braccio senza alcuna fatica. Scavalcó il corpo di Theo e uscirono dalla stanza. Fuori alcuni rifugiati si erano avvicinati per vedere cosa stava accadendo in quell'angolo del rifugio. Tra questi, anche Matt e Ambra erano lì. Videro Scarlett in braccio al tedesco uscire dalla stanza del capo e dirigersi verso la stanza degli orfani. 

<< Visto amore? Avevo ragione, quella ragazza si è fatta coinvolgere troppo dal prendersi cura dello straniero. Tanto da soddisfare ogni suo bisogno. Spero almeno che i bambini non abbiano visto nulla, povere anime. >>

Disse Ambra quasi ad alta voce per farsi ascoltare anche dagli altri rifugiati. Matt, sche era accanto a lei, non le credeva. Scarlett non avrebbe neanche mai pensato di fare una cosa del genere e si sentiva in dovere di andare da lei per sapere cosa le  successo, ma quando il capo uscì fuori dalla sua stanza chiamò Matt, a quanto pareva Theo aveva bisogno delle sue cure. Così, senza farselo dire due volte, sorpassó la stanza di Scarlett e degli orfani, per raggiungere quella del capo.

<< Rossa, ma che fine avevi fatto? Ti abbiamo cercata per tutto il rifugio e... >>

Disse Damiano vedendo entrare in stanza Konstantin con in braccio Scarlett notando che non aveva i pantaloni e anche un nuovo livido in volto. Si limitò ad seguirli con lo guardo, capì che non era successo nulla di buono. Cercò di tranquillizzare i suoi coetanei e di non farli avvicinare troppo ai due.
Konstantin la fece distendere sul suo letto con estrema cautela. Lui poteva ben immaginare cosa le era successo in quella stanza. Cercare di aiutarla era il minimo che potesse fare. 
Lei gli diede le spalle voltandosi verso il muro. Muta, sembrava non voler avere contatto con nessuno. L'uomo si sentiva in colpa per non essersi accorto prima della sua assenza e avrebbe voluto scusarsi in qualche modo.

<< Scarlett... A quanto pare dobbiamo iniziare gli allenamenti prima del previsto. Dobbiamo evitare assolutamente che queste situaz... >>

<< Non avresti dovuto farlo... Io non conto nulla per te... Se avessi dato al capo quello che voleva, ora i bambini non sarebbero in pericolo... Se non ti fossi intromesso... >>


Scarlett lo interruppe. Non le andava  ascoltare nessuno ne tanto meno dare spiegazioni per quanto successo. Ma le ultime parole lo colpirono particolarmente. Era ovvio che se non si era affezionato alla ragazza, non si sarebbe mosso da quella stanza.

<< Ti ha ricattata con la sicurezza dei bambini immagino. Avevi le spalle al muro Scarlett, ti ha costretta. Quell'uomo merita solo la morte. >>

<< No. Mi ha dato l'opportunità di scegliere... Sono così debole... >>


La ragazza scoppiò a piangere. Doveva averne passate tante e forse quello era il primo sfogo che stava facendo dopo anni.
Kostantin, anche se non lo dava a vedere, stava male per la ragazza. Ma sapeva che non era debole, anzi, nessuno si sarebbe sacrificato in quel modo per dei bambini che non avevano alcun legame parentale con lei. In guerra ognuno pensava a se. 
Konstantin allungò una mano verso il suo braccio per provare a fargli una gentilezza, ma appena le sfiorò la pelle, la ragazza iniziò a tremare. Ritirò la mano. Capì che lasciarla da sola, forse, era meglio. In quel momento non poteva aiutarla un granché. Si alzò in piedi e fece cenno ai bambini di lasciare la stanza insieme lui. I bambini, tristi per il pessimo "buon giorno" che gli si presentò quella mattina.
Una volta fuori, Konstantin chiuse la porta alle sue spalle. Tutti i bambini lo guardarono. Volevano sapere cosa fosse successo. 

<< È stata pestata di nuovo dal capo, vero? >>

Domandò Damiano. Konstantin annuì. Era meglio non raccontare la verità, ma sembrava che comunque Damiano un'idea, di come erano andate realmente le cose, ce l'aveva. Dopotutto l'aveva vista rientrare vestita solo con la maglietta e le mutande.

<< Scarlett è forte, presto starà meglio, vero? >>

Chiese Gilda. Konstantin le sorrise e le rispose dandole una stropicciata ai capelli:

<< Mi hai tolto le parole dalla bocca piccola. >>

<< Emh... Konstantin... >>


Disse Damiano attirando l'attenzione di Konstantin. Gli indicò l'addome un po' preoccupato. Il soldato si guardò. Senza neanche accorgersene la ferita si era riaperta e stava macchiando ulteriormente la sua maglietta. Si mise una mano una per cercare di perdere meno possibile il sangue.

<< Vado a prenderti le fasciature in magazzino, non sarò bravo come Rossa, ma farò del mio meglio. >>

Damiano sorrise e si voltò per dirigersi verso il magazzino, ma fu bloccato inaspettatamente. Konstantin alzò lo sguardo per capire chi stava bloccando il ragazzino.

<< Matt! >>

Gridarono festosi i bambini ottenendo le solite felici attenzioni di Matt.
Konstantin lo scrutava cercando di capire il motivo di quel gesto. 

<< Non c'è bisogno che tu vada in magazzino, Damiano. >>

Disse il ragazzo dai capelli scuri. Poi Matt scambió uno sguardo con il tedesco.

<< Mi segua. >>

Konstantin era contrariato a seguirlo, ma i bambini gli fecero cenno che era una buna idea.

<< Tranquillo, penserò io a fare la guardia a Scarlett e non farò entrare nessuno finché non riceverò un ordine diverso. >>

Disse Damiano mettendosi sull'attenti come una vero soldato. Konstantin sorrise a quella vista scambiando un saluto militare, per poi voltarsi e seguire Matt.
Era una persona su cui fidarsi? Da quanto le dimostrava Scarlett, era un ragazzo di cui una volta ci si poteva fidare. Ma lui aveva il presentimento che quel ragazzo in fondo non era come gli altri rifugiati e lo seguì senza tante preoccupazioni.

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Capitolo 7
*** Cambiamenti ***


--- Et Revelata est in bello ---



-- Cambiamenti -- 





Konstantin seguiva Matt mentre la sua mano destra premeva sulla ferita di nuovo sanguinolenta. Raggiunsero una porta che il ragazzo aprì.

<< Prego, si stenda pure sul letto. >>

Konstantin si stupì. Nella stanza del ragazzo c'era davvero un letto. Un letto classico, nulla di prezioso, ma aveva comunque un certo valore per chi non ne vedeva uno dopo anni. Il suo pensiero si spostò subito sui bambini e su Scarlett. Dormivano  tutti su dei materassi logori a terra e si dividevano anche i più piccoli spazi. Iniziava ad avere un pessimo pensiero del ragazzo, lo trovava in uno stato priviligiato rispetto agli altri rifugiati e questo lo fece irritare abbastanza. Entrarono e Matt chiuse la porta alle loro spalle, Konstantin non si mise sul letto, rimase immobile in piedi. Matt non gli diede peso all'inizio, lo sorpassó frugando in una credenza dove il soldato intravide qualche medicinale.

<< Le cuciró quella ferita signor Konstantin, ma ho bisogno che si stenda. Non si preoccupi, se ha paura di macchiare il letto non mi faccio problemi. Sarò così veloce che non se ne accorgerà nemmeno. >>

Konstantin rimase ancora immobile per qualche secondo, ma poi capì che il ragazzo non stava scherzando. Aveva veramente intenzione di cucirgli la ferita. Ovviamente non aveva paura di sporcare il letto, ma per qualche strano motivo non si fidava del ragazzo. Esitò nello stendersi completamente a pancia in su, ma era l'unico modo per fare una chiusura della ferita.
Quella ferita maledetta...
Matt, una volta preso tutto il materiale di cui aveva bisogno, prese una sedia che si trovava vicino alla porta e l'avvicinó al suo letto, accanto a Konstantin. Si sedette e prese delle forbici, doveva tagliare le fasciature che Scarlett gli mise quella notte. La ferita si presentò ancora aperta e sanguinosa. Il perimetro dell'apertura si presentava più violacea-bluastra e non dava l'idea che fosse stata fatta da un'arma da fuoco. Assomigliava di più ad una ferita d'abrasione, ma nello stesso momento aveva una profondità che solo un'arma bianca poteva fare e avrebbe anche spiegato lo strano colorito che la circondava. Forse l'arma era avvelenata? 

<< Certo che è bella profonda e non ha un bell'aspetto. Sembra che abbia fatto infezione. Ora gliela disinfetteró come si deve e gliela sutureró. Cucita, a parte l'infezione, non dovrebbe avere più problemi, ma dovrà cercare di fare meno sforzi possibili. >>

Konstantin rise dentro. Sapeva di essere un gran testardo, raramente accettava i consigli altrui. Se quella mattina non avrebbe fatto quello sforzo chi avrebbe aiutato Scarlett? Era disposto a farsi aprire almeno mille volte quella ferita pur di aiutare quella ragazza. Aveva bisogno di aiuto. Di abbandonare quel posto e lui sentiva che era in grado farlo. Ormai non aveva più nessuno. Tutti i suoi legami erano stati spezzati. Solo negli ultimi giorni, anche se cercava tuttora di ignorarlo, sentiva uno strano legame con quella ragazza. Quando qualche notte fa la vide serenamente dormire stringendo tra le sue braccia la piccola Gilda, gli fece ricordare la moglie con suo figlio. Un dolore nostalgico gli annebbiava la mente... Voleva aiutarla con tutto se stesso perché gli dispiaceva vederla in quello stato? O perché gli ricordava la moglie defunta?
La punta dell'ago lo fece tornare alla realtà.

<< Ricorda come possa essersela fatta? >>
 
Disse Matt guardando accuratamente la ferita iniziando a suturare. I suoi movimenti erano veloci e sicuri. Si vedeva che aveva esperienza in campo, ma a quanto pareva non aiutava molto Scarlett ultimamente ed era un gran peccato. Sarebbe stato utile come alleato.

<< No. Mi ci sono svegliato dopo la notte che ho perso il mio gruppo. >>

Rispose Konstantin passandosi una mano sulla fronte. Il ricordo di aver perso i suoi compagni lo disturbava ancora. Matt finí in meno di un minuto e disse mentre tagliò il filo:

<< Capisco... Immagino che essere l'unico a risvegliarsi tra i cadaveri dei suoi compagni, non è un ricordo di cui ci si dimentica facilmente. >>

"L'unico a risvegliarsi tra i cadaveri", Konstantin non gli aveva specificato che era stato l'unico. Ne tanto meno che i suoi compagni erano morti... Che il ragazzo sapesse qualcosa? Lo guardò dritto negli occhi, la rabbia lo stava travolgendo. Ma se il ragazzo era lí quella notte, non avrebbe esitato a picchiarlo per sapere cosa fosse successo. Konstantin ha sempre creduto che la causa della morte dei suoi compagni fosse dovuto ad un attacco nemico, era l'unica ragione logica, ma effettivamente lui non ne aveva un chiaro ricordo. Ricorda che erano stati attaccati, ma da cosa o da chi... Quando Matt si alzò e si volse per prendere le fasciature, Konstantin si alzò di scatto, lo fece voltare di nuovo verso di lui con un gesto veloce e con una mano afferrò il collo del ragazzo alzandolo qualche centimetro da terra.
 
<< E tu che cosa ne sai che ero "l'unico" ad essere ancora in vita? Eri lì? Anche se hai solo visto quell'arschloch* che li ha uccisi hai l'obbligo di dirmelo se non vuoi che ti frantumi quel bel faccino! >>

La voce di Konstantin era alterata, troppo sicura per i suoi pregiudizi. Matt, all'inizio sorpreso dalla reazione del soldato, sorrise anche se la morsa che gli stringeva la gola non lo faceva respirare.

<< Si calmi... H-h-ho solo ip-potizzato. >>

<< Ipotizzato? E me lo dici con quel sorriso stampato sulla faccia? >>

<< Lei... ngh... Non ha preso in considerazione... che potrebbe essere stato lei ad ucciderli? >>


A quelle parole soffocate, Konstantin lasciò la presa, facendo cadere a terra il ragazzo. Il tedesco non comprendeva cosa il ragazzo voleva fargli intendere. Matt riprese il fiato mentre con una mano si massaggiava il collo e tentava di tirarsi su.

<< Mi perdoni. Non era mia intenzione essere maleducato. Per un attimo ho stupidamente trovato divertente un'eventuale logica... >>

Poi indicò l'addome di Konstantin.

<< Quella ferita che le crea problemi, non è normale. Non mi risulta derivante né da un'arma da fuoco, né una da taglio. Anche se esternamente sembra assomigliare ad una ferita d'abrasione è molto profonda, ma non presenta corpi estranei. Per di più il colorito che la circonda di solito si presenta dopo essersi tagliati con una lama avvelenata, ma potrebbe anche trattarsi di un tipo d'infezione che ignoro, dopotutto non sono riuscito a finire gli studi. >>
 
<< E con questo? >>

<< Non so... Magari a che fare con quello che non ricorda. >>


Konstantin sempre più confuso, cercò di trovare una logica alle parole del ragazzo di fronte a lui. Provava a ricordare, ma nulla. Scrolló la testa per poi dirigersi verso l'uscita di quella camera dando le spalle al ragazzo. Non voleva restare un minuto di più in quella stanza. Matt lo seguì con lo sguardo.

<< Non ho finito di medicarla... >>

<< Finirà la ragazza. >>


Ovviamente Konstantin si riferiva a Scarlett. Non voleva lasciarla sola ancora per molto così, mentre appoggiò la mano sulla maniglia della porta, Matt aggiunse:

<< So cosa è successo questa mattina. >>

Konstantin si bloccò. Sapeva cosa? Le cazzate che sparava il capo? Al solo pensiero avrebbe voluto tornare lì e spaccargli ogni singolo osso che aveva in corpo.

<< Qualsiasi cosa abbia detto quel rifiuto... È falso. >>

<< Lo so. Scarlett è una brava ragazza, non si merita tutto questo e mi pento di non essere stato io ad aiutarla. >>

Disse Matt con rancore. Konstantin si voltò leggermente verso il ragazzo.

<< Detto tra me e lei. Sto seriamente pensando di prendere sotto il mio controllo questo rifugio. >>

Il soldato non era molto sorpreso dalle parole del ragazzo. Se non ricordava male era fidanzato con la figlia del proprietario del rifugio era normale una successione di potere, ma ci sarebbero voluti ancora degli anni. L'unico modo più veloce era...

<< Hai intenzione di ucciderlo? >>

Disse schiettamente il tedesco.

<< Sarò costretto solo se le cose si prolungheranno per troppo tempo. Nel frattempo devo cercare di ottenere la sua massima stima. Se si fiderà ciecamente di me sarò in grado di portarlo da solo in superficie e non sarà facile. Per questo non posso stare accanto ai bambini e, soprattutto, a Scarlett. Basta una mossa sbagliata e tutto va in fumo. >>

Matt strinse i pugni.

<< Ma con quello che è accaduto questa mattina, ho capito che ho poco tempo. Non mi sarei mai aspettato che il capo facesse una cosa del genere a Scarlett e... Solo al pensiero che la situazione sarebbe peggiorata senza il suo aiuto, mi fa imbestialire. Se l'ha aiutata a tal punto di pestare quasi a morte un uomo... Credo di potermi fidare di lei. Per questo l'ho fatta venire qui. Ho bisogno di chiederle un favore. >>
 
Konstantin iniziò a capire. Se quello che diceva il ragazzo erano le sue vere intenzioni lo avrebbe sostenuto volentieri. Si voltò completamente verso il ragazzo lasciando la maniglia che qualche secondo prima stringeva ancora.

<< Ho bisogno che la protegga al mio posto. >>

A quanto pare quel ragazzo teneva a Scarlett. Si era affezionato alla ragazza, anche se non lo dava a dimostrare ne tanto meno ad ammetterlo, però vedere che quel ragazzo ci teneva così tanto a Scarlett inaspettatamente gli fece storcere il naso. Ma ovviamente accettò la richiesta del ragazzo facendo cenno con la testa non staccando mai i suoi occhi dal ragazzo.

<< Devo chiederti una cosa anche io. >>

Disse Konstantin a Matt rimanendo sempre in quelle posizioni.

<< Io e la ragazza, abbiamo deciso di andare in superficie insieme e su questo credo che tu sia d'accordo dato quello che mi hai appena chiesto. >>

Disse l'ultima frase quasi stuzzicandolo.

<< Mpf... >>

Matt sorrise facendo un gesto di arresa con le mani, non era proprio entusiasta dalle parole del soldato, si capiva chiaramente che le diceva di proposito.

<< Ho bisogno che guardi ogni tanto gli orfani in nostra assenza. Temo che quella merda stia tramando qualcosa... >>

<< Gli orfani? Anche loro sono stati presi di mira? >>

<< Li ha portati in superficie senza un apparente motivo... >>


Matt sospirò.

<< Pensi di esserne in grado? >>

<< Mi sembra una buona collaborazione. >>


Rispose Matt tendendogli la mano destra per concludere il patto. Konstantin guardò la mano tesa verso di lui. Fino a qualche minuto prima non si sarebbe mai fidato di quel ragazzo, in quel momento, si ritrovava a stringere la sua mano e con esse un patto. Da quella stretta, Konstantin tirò il ragazzo a se in modo tale da avvicinarlo abbastanza da fargli percepire la sua grandezza in confronto.
 
<< Inutile dire cosa succederà se infrangerai la mia proposta. >>

Disse Konstantin con uno sguardo minaccioso a Matt. Il ragazzo sorrise.

<< La stessa cosa vale per te. >>

Gli diede del "tu" così da fargli intendere che anche lui non era da meno. Sorrise anche Konstantin ricambiandolo. Quello scontro di sguardi glaciali durò un paio di secondi, poi lasciarono la presa e Konstantin lasciò la camera. Matt chiuse la porta dopo l'uscita del tedesco, poi si risedette sulla sedia facendo un lungo respiro e passandosi le mani sul volto.

<< Come ha fatto a sopravvivere quella notte... Accidenti a me! Un maledetto in più non ci voleva proprio. >>

Mise una mano in tasca e tirò fuori una piccola chiave. Decise di alzarsi di nuovo per raggiungere un cassetto della credenza munito di serratura. Inserì la chiave e, dopo un paio di mandate, lo aprí. Dentro del tessuto bordeaux avvolgeva un oggetto. Matt spostò il tessuto per poi impugnare un piccolo pugnale.

<< Sarò costretto a far fuori anche lui prima del prossimo plenilunio... >>




Scarlett era rimasta lì, immobile. Esattamente come Konstantin l'aveva lasciata. Le sensazioni del modo in cui quell'essere l'aveva toccata, sembravano non andarsene più. Neanche gli stranieri erano riuscita a farle provare tanta paura quanta ricevuta in quei attimi di quella mattina. Se non fosse stato per Konstantin la situazione avrebbe avuto un altro fine, ma adesso c'era il rischio che qualche orfano avrebbe pagato per non aver dato al capo quello che desiderava. Qualche lacrima continuava a cadere. La porta si aprì. Il silenzio regnò per dei secondi abbondanti, ma lei non si mosse per nulla. Rimase a fissare il muro e a dare le spalle al resto della stanza.

<< Rossa... Tra poco è ora di pranzo e volevamo sapere se... >>

Era Damiano che con una voce triste cercò di comunicare in qualche modo con Scarlett, ma quando vide che era ancora in quello stato preferì non finire nemmeno la frase. Rimase un po' ad osservarla sperando in una qualche reazione. Konstantin si era raccomandato di non disturbarla però anche lui non tornava da quando era andato con Matt, quindi trovò giusto vedere come stava Scarlett. Evitó di avvicinarsi a lei e, colmo di tristezza, stava per richiudere la porta per lasciarla ancora un po' da sola. Ma qualcuno bloccò la porta. Damiano si volse e vide Konstantin tenere la porta aperta.

<< Volevo solo vedere come stava. >>

Disse Damiano come se si stava giustificando della sua azione. Konstantin gli sorrise.
 
<< Se il pranzo dovesse arrivare prima, mangiate pure qui fuori. Io cercherò di farla riprendere. >>

Damiano annuì alle parole di Konstantin e raggiunse gli altri bambini sedendosi a terra. Nel frattempo il tedesco entrò nella stanza posando gli occhi sulla schiena di Scarlett. Era rimasta in quel modo per tutto quel tempo. Senza dire nulla, Konstantin iniziò a frugare nel modesto armadio che c'era alla ricerca di un indumento che potesse andare bene alla ragazza. Inizialmente sembravano esserci solo vestiti per i bambini, ma dopo trovò un jeans strappato in molte zone della giusta grandezza. Poi prese le fasciature che si trovavano sopra uno sgabello e poi si sedette accanto alla ragazza che continuava a singhiozzare nervosamente ogni tanto. Non si erano separati molto bene quella mattina, lo aveva addirittura incolpato per averla salvata, ma poteva capirla.

<< Scarlett... Ti ho preso dei pantaloni, penso che siano tuoi. Non ho trovato altro... >>

Ma Scarlett non rispondeva. Konstantin sospirò.

<< Ascolta... Ricordi quando ti dissi che avevi uno spirito forte? Con quello che è successo riconfermo la mia teoria. Sei più forte di quanto pensi Scarlett. Trasforma tutto quello che stai provando adesso in forza. I bambini hanno bisogno di te, sono lì fuori in attesa di rivederti capace di farli sorridere ancora. >>

Ma ancora Scarlett non reagiva.

<< Pensa in questo momento anche io ho bisogno del tuo aiuto. >>

Rise lui.

<< Nello scontro di prima quella ferita si è riaperta ancora... >>
 
Scarlett sgranó gli occhi. Si era dimenticata di quella ferita e per causa sua aveva recato dei danni che potevano essere fatali per Konstantin. Si voltò lentamente e si stupì alla vista della ferita ricucita. Guardò l'uomo in volto cercando risposte di chi gli avesse fatto una cura simile, anche se la risposta poteva immaginarla.

<< ... È opera di quel ragazzo... Matt! Giusto? Sono convinto che lo abbia fatto più per aiutare te che me. >>

<< Perché...? >>

Chiese lentamente e con una voce pacata Scarlett. L'uomo sospirò.

<< Te lo dirà lui quando arriverà il momento. >>

Era soddisfatto. Finalmente era riuscito a scambiare una parola con la ragazza. Era una buon inizio. Certo avrebbe preferito non citare il ragazzo, ma sapeva che non era una cattiva idea e aveva ragione.

<< Però aveva fretta e non ha finito con le medicazioni, ma tanto preferivo farmele fare da te. >>
 
Scarlett lo fissava con un aria dubbiosa. Cercava di capire come mai Matt si sarebbe preso la briga di aiutare Konstantin quando al suo arrivo se ne era completamente fregato. Comunque ora avrebbe dovuto finire il lavoro di Matt, anche se inizialmente non le andava molto ma non poteva lasciarlo in quello stato. Così si tirò su mettendosi in ginocchio davanti a lui e prese le fasciature, nel mentre, lui si tolse la maglietta. Prese il gesto di Scarlett come un "sì" e non poteva essere più soddisfatto di così. La ragazza si avvicinò a lui, iniziando ad arrotolargli le fasciature attorno al ventre e anche un paio di giri del ventre alla spalla opposta alla ferita. Tutta l'azione si svolse in silenzio e quando Scarlett si guardò intorno per trovare le forbici, Konstantin le fece notare che erano accanto a lei. Le prese e tagliò la fasciatura.
Konstantin trovò che il volto della ragazza era ancora inespressivo, sicuramente il tempo avrebbe avuto il rimedio ma non riusciva a sopportare di vederla ancora in quello stato. Così, mentre lei cercava di staccare il nastro adesivo medico dal rotolo, lui l'attiró a se circondandola con le sue braccia. Scarlett non voleva essere toccata in nessun modo in quel momento e si dimenò un po' scoppiando di nuovo in lacrime. Mise le mani sul petto dell'uomo cercando di allontanarlo, non voleva fare movimenti bruschi per evitare di peggiorare la situazione della ferita, ma era inutile la forza che stava esercitando Konstantin in quel momento non le dava alcuna possibilità.

<< Ti prego... lasciami... >>

<< No... >>


Rispose lui appoggiando la sua testa sulla spalla di Scarlett. Lei invece affondò la sua nel petto di Konstantin. Il pianto si fece forte e le lacrime scendevano a gran velocità. Da quanto non piangeva in quel modo? Doveva scaricare una grande quantità di emozioni e Konstantin sarebbe stato lì tutto il tempo necessario. Dopo qualche minuto, il pianto di Scarlett iniziò a diminuire e con esso anche i singhiozzi nervosi, Konstantin trovò giusto allentare la presa, ma la ragazza non si separò subito. Aspettó che anche le ultime lacrime scesero. Stranamente si sentiva bene. Si sentiva sicura. Ma non poteva certo rimanere per sempre in quel modo. Prese un po' le distanze e aprì gli occhi. Per la prima volta vide un'espressione che su Konstantin non aveva ancora mai visto... La tristezza. Distolse lo sguardo, non riusciva a continuare a guardarlo. Forse si sentiva in colpa per le accuse che gli aveva dedicato qualche ora prima anche se non doveva.

<< Perdonami... Non avrei mai dovuto dirti quelle cose prima. >>

Lui la guardò teneramente e mise una mano sul volto di Scarlett asciugando una lacrima con il pollice, poi le disse:
 
<< Scuse accettate. Ora alzati e fai vedere ai bambini che sei tornata più forte di com'eri. Ehm... Peró prima ricordati di metterti i pantaloni. >>

Scoppiarono a ridere entrambi. Poi Konstantin prese nella mano di Scarlett il nastro e si alzò in piedi per finire la medicazione da solo. Nel mentre Scarlett si infilò i pantaloni. Era da tempo che non indossava dei jeans, poi quelli ormai erano completamente rovinati ma non aveva nulla di meglio. Anche i bambini avevano bisogno di nuovi abiti, "nuovi" tanto per dire. La prossima volta che dovrà andare in superficie avrebbe dovuto rimediare anche a quel problema. Ma bisognava andare parecchio lontano e sempre con la speranza che potesse trovare qualcosa. Sicuramente quando era da sola non poteva neanche permettersi di pensare nell'affrontare un viaggio così lungo, ma se accanto a lei c'era Konstantin sentiva di potercela fare. Si infilò le scarpe e guardò l'uomo di fronte a lei che nel frattempo si era rimesso la maglietta accanto alla porta.

<< Bene, allora faccio entrare le belve. >>

<< K-Konstanti? >>


Lui guardò la ragazza che sembrava imbarazzarsi un po'. Infatti spostò lo sguardo a terra mentre giocherellava con una sua ciocca di capelli rossi.

<< Non ti avevo detto ancora una cosa importante... >>

Konstantin rimase in silenzio, aspettando cosa la ragazza voleva dirgli.

<< Grazie. Grazie per tutto quello che hai fatto oggi... per me. >>

L'uomo sorrise. Era riuscito abbastanza bene nel suo intento. Lei probabilmente non lo verrà mai a sapere, ma quell'abbraccio aveva aiutato anche lui. Aprì la porta facendo cenno ai bambini di entrare. Come una mandria di buoi entrarono scalpitanti per abbracciare Scarlett. Konstantin guardò fiero quella scena. Erano i momenti migliori in cui gli sembrava di rivivere il tempo passato con la moglie e il figlio. La giornata continuò in perfetta normalità, a parte il fatto che le porzioni di cibo erano state consegnate per tutti. Probabilmente il capo aveva considerato il fatto che Konstantin poteva essere una minaccia ora che Theo sarebbe stato K.O. per un bel po' di tempo e quindi dargli da mangiare era chiaramente una mossa da paraculi.
La sera arrivò.
Tutti i bambini erano appena caduti in un sonno profondo. I due più adulti erano indaffarati con le solite medicazioni.

<< Vorrei andare in superficie domani mattina, ma ho paura di lasciare soli i bambini. >>

Disse Scarlett pensando che iniziare il famoso addestramento che Konstantin le aveva promesso il prima possibile, era la cosa migliore da fare date le circostanze. Lui si stupì alle parole della ragazza. Non si aspettava che volesse uscire così presto, soprattutto dopo quello che le era accaduto.

<< Non preoccuparti... Andrà tutto bene. >> Scarlett lo guardò in volto e sorrise.

<< Mi piacerebbe avere almeno la metà della tua sicurezza. >>

<< Sono sicuro perché ho la certezza che non accadrà nulla. >>


Scarlett lo guardò con uno sguardo interrogativo. Aveva la certezza? E come? Konstantin non voleva rivelarle proprio tutto il discorso che aveva avuto con Matt quella mattina, soprattutto sul patto che avevano stipulato. Così cercò di inventarsi un'altra scusa che poi tanto falsa non era.
 
<< Senza il suo scagnozzo quel rifiuto non fará nulla e poi non avrà la certezza di quanto ci allontaneremo dalla base. Se dovessimo stare nei dintorni ci accorgeremo di certo se dovesse ripetersi quello scempio. >>

La ragazza sembrava credergli, ma aveva uno sguardo un po' deluso.

<< Che c'è? >>

Domandò lui.

<< È che... Ho notato che siamo a corto di vestiario e stavo pensando di andare alla ricerca proprio di una zona adatta. Ma ci vorrà del tempo e quindi temo che dovrò cambiare idea. >>

Rispose lei finendo le medicazioni dell'uomo. Ormai i vecchi negozi nei dintorni erano stati già saccheggiati  l'unico modo di trovarne qualcuno era espandere il perimetro di ricerca. Konstantin si fece pensieroso. Lui conosceva un vecchio centro commerciale chiuso da porte blindate. Quando era con il suo gruppo di soldati, provarono ad entrarci creando un tunnel sotterraneo che però non completarono dato come si svolsero poi le cose. Ma era parecchio lontano. Sapeva che ai bambini non sarebbe accaduto nulla se Matt avesse mantenuto la sua parola, ma Scarlett non si sarebbe allontanata facilmente.

<< Conosco un posto che avevo visitato con i miei compagni, sono sicuro che lì troveremo tutto ciò che ci serve. Ma è molto lontano, dovremmo spingerci ben oltre questa zona. >>

La ragazza sembrava rassegnarsi all'idea. Dalle parole dell'uomo capì che il per raggiungere il posto sarebbero stati via anche per giorni. Ma Konstantin le mise una mano sulla spalla.

<< Fidati di me. Ai bambini non accadrà nulla e, se terrai il passo, riusciremo a tornare entro due giorni. >>

Disse sorridendo alla ragazza. Scarlett guardò in basso. Sentiva i suoi occhi riempirsi ancora di lacrime. Avrebbe potuto ripensare all'idea di uscire, ma sapeva che con Theo fuori dai piedi il capo non poteva permettersi di andare in superficie e lei non poteva perdere un'occasione come quella. Annuì, accettando le condizioni del soldato.

<< E non pensare che sia solo una passeggiata per te. >>

Disse scherzando Konstantin, riferendosi al famoso addestramento. Lei ricambió con una piccola ridata mentre raggiungeva il posto per dormire. Stessa cosa fece l'uomo, che quando raggiunse il posto notò che non c'era più nessuna traccia di sangue. A quanto pareva la ragazza si era preoccupata anche di quello. Lui sorrise mentre iniziò a coricarsi per la notte. I giorni a seguire sarebbero stati intensi di difficoltà e il rischio di non fare ritorno era alto.



*letteralmente: buco di culo. In italiano è meglio interpretato come: testa di cazzo o coglione

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Capitolo 8
*** Cerbiatta ***


--- Et Revelata est in bello ---



 
-- Cerbiatta --



La mattina decisiva arrivò. Scarlett e Konstantin si alzarono presto per prepararsi al meglio. Lui prese uno zaino molto grande, lei prese un piccolo zaino e una borsa a tracolla. All'interno c'era tutto quello che poteva servire per affrontare un viaggio di quella portata. Acqua, cibo, kit di pronto soccorso, una mappa della città, ecc. Avevano deciso di uscire senza farsi vedere da molti, in modo tale che al capo non arrivasse subito la notizia che gli orfani erano soli per qualche giorno. Se avesse pensato che Konstantin era nella stanza con i bambini, non si sarebbe mai avvicinato e questo fece rassicurare Scarlett. Anche se si sarebbe accorto della loro assenza, come disse Konstantin il giorno precedente, non avrebbe comunque dovuto rimandare i bambini all'esterno perché non avrebbe saputo in quale momento sarebbero rientrati al rifugio e, calcolando che in media Scarlett non rimaneva più di qualche ora in superficie, al capo non conveniva proprio fare una mossa del genere.

<< Pronta? >>

Domandò sicuro di se a Scarlett. A guardarlo sembrava veramente un soldato pronto ad affrontare qualsiasi situazione. Gli rispose con cenno della testa, anche se c'erano grandi possibilità che il capo non facesse nulla di male ai bambini, la sua preoccupazione non l'avrebbe abbandonata così facilmente, ma dopo gli ultimi eventi ha capito che Konstantin era una brava persona e si fidava di lui. Lasciarono la stanza mentre lei diede uno sguardo veloce agli orfanelli. Aveva spiegato a Damiano che avrebbero raggiunto il centro commerciale in periferia e che ci sarebbe voluto più di qualche giorno per andare e tornare. Lui era il nuovo leader del gruppo e doveva a tutti i costi non far scoprire al capo della loro assenza. Damiano era più che motivato, sembrava non vedesse l'ora di essere definito come tale dal restante gruppo. Era abbastanza responsabile, Scarlett sperava solo che non si montasse troppo la testa in sua assenza e che al suo ritorno non trovasse vandalismo ovunque in quella stanza. Sempre se fossero tornati. Sì, c'era da considerare anche quel punto. Se avessero trovato un gruppo militare di stranieri, inutile dire come poteva finire. Forse Scarlett avrebbe dovuto scusarsi con Matt e affidargli gli orfani…

<< Wer Stroh ins Feuer wirft kann sich die Hand verbrennen. >>

Scarlett alzò lo sguardo verso Konstantin facendogli intendere di non aver capito quello che il tedesco aveva appena detto mentre si trovavano faccia a faccia con la porta blindata dell'uscita. Lui sorrise.

<< Chi butta paglia sul fuoco può bruciarsi la mano. >>

Ora era chiaro.

<< Non pensare al peggio. Pensa a quando ritornerai. Se riusciamo a portare abbastanza roba da poter aiutare tutti, probabilmente ti vedranno sotto un'altra luce. >>

Effettivamente non ci aveva pensato. Lui aveva notato la sua preoccupazione anche se si stava sforzando a nasconderla in tutti i modi. Era un bel pensiero, l'aveva tirata su di morale. Era incredibile quanto le parole di Konstantin le riscaldavano l'animo. Gli bastava una semplice occhiatina su di lei per capire il suo stato mentale. Iniziava a pensare che lei per lui era un libro aperto. Aveva offerto la sua spalla per farla piangere e sfogare. Mai nessuno era stato così con lei. Un calore nel petto iniziò a farsi sentire.

- No Scarlett… non devi provare questi sentimenti. Avresti dovuto provarli prima. Prima che accadesse tutto questo. –
 
Konstantin aprì la porta blindata e la osservò per qualche secondo. Svelta Scarlett lo seguì e chiusero la porta alle loro spalle. Salirono la galleria e, finalmente la superficie. Konstantin si guardava attorno per vedere se non c'erano nemici in vista, Scarlett invece chiuse gli occhi e respirò. Il vento mattutino era freddo e l'alba si poteva scorgere tra le nuvole in lontananza. Anche se quello che la circondava era solo un cumolo di macerie ed edifici in rovina, aveva proprio bisogno di uscire. Nel frattempo, Konstantin prese la mappa della città e aprì bocca per chiedere alla ragazza un opinione su che strada intraprendere, ma quando alzò lo sguardo e la vide in quel momento quasi zen, non la disturbò. Si limitò ad affiancarsi a lei e, quando Scarlett si accorse della vicinanza dell'uomo, lo guardò prima in volto poi condivise la mappa con lui. Giusto qualche scambio di pareri per poi partire ufficialmente. Dopo ben cinque ore di cammino decisero di riposare e mangiare qualcosa. Pochi minuti sarebbero bastati. Fortunatamente durante il percorso non avevano trovato nessun nemico. Una gran fortuna. Però intorno a loro c'era troppo silenzio e questo Scarlett lo notò. Guardò Konstantin mangiare la sua porzione in scatola. Da quando erano partiti non si erano scambiati neanche una parola. Mentre si spostavano era meglio evitare di far rumore inutile, soprattutto parlare lo era. Il fiato serviva a camminare il più possibile, ma durante un boccone parlare non avrebbe fatto male a nessuno.

<< Pensi che riusciremo a raggiungere il posto prima che faccia buio? >>

Domandò Scarlett. Lui la guardò alzando le sopracciglia.

<< Dipende da quello che troveremo lungo il cammino. Non sappiamo quanto le strade si siano modificati in quattro anni. E poi… >>

Guardò il cielo.

<< … il tempo non sembra stare dalla nostra parte. Se dovesse piovere molto saremo costretti a ripararci. >>

Konstantin aveva ragione. Il cielo cominciava a diventare sempre più grigio. Il sole era ormai sparito e nell'aria si potevano percepire le molteplici goccioline d'acqua.

<< Be' siamo stati fortunati a non incontrare nessuno, il tempo a confronto non è un problema. >>
 
Disse Scarlett mentre continuavano a mangiare e il silenzio tornò a regnare. Ogni tanto lei dedicava delle occhiatine veloci all'uomo, non voleva farsi scoprire che a volte lo guardava. Molte delle ferite che aveva erano scomparse, solo alcune presentavano ancora il sangue solidificato, ma non rovinavano per nulla il fisico di Konstantin, anzi… per certi versi lo rendevano ancora più attraente. Era un bell'uomo, assolutamente. Scarlett iniziò a pensare a quale mai bellezza di donna gli fosse stata accanto e quanto poteva essere bello il loro bambino? Era davvero un gran peccato non poter averli visti in una loro giornata tipo. Avrebbe fatto piacere a Scarlett vedere Konstantin come si comportava da padre e vedere come si comportava da marito. Già.
Scarlett si alzò improvvisamente. Un velo di tristezza calò su di lei e la nostalgia del passato si face sentire. Era normale dopotutto. Diede le spalle a Konstantin e disse:

<< Sai Konstantin, ora che sto iniziando a conoscerti meglio penso che… Come posso dire… ehm… Ecco… A volte, egoisticamente, penso che la guerra abbia fatto cose orribili solo a me e forse dipenderà dal fatto che non riesco a combatterle faccia a faccia. Quando ho perso la mia famiglia, mi trovavo già in lutto ed è stato proprio per quel dispiacere che mi sono allontanata da loro. Io… so perfettamente dove si trova questo centro commerciale. Ci ho perfino pensato più e più volte a tentare di avvicinarmi, se lo avessi fatto tempo fa tante situazioni sgradevoli nel rifugio non sarebbero accadute. Ma, avendo perso la mia famiglia proprio in un luogo come quello, non sono mai riuscita ad avvicinarmi. Per questo mi sono sempre sentita colpevole di tutto quello che mi circonda. Mi sono data la colpa per aver scelto di essere debole. >>

Konstantin ascoltò la ragazza che gli dava le spalle in silenzio.

<< Che stupida che sono. Tutte queste parole inutili per dirti solamente che… Avrei tanto voluto vedere la tua famiglia. Mi sarebbe piaciuto conoscerti… non so, in un bar? In un parco per bambini? In una sagra della birra? C'erano milioni e milioni di luoghi e periodi storici in cui fare conoscenza. E, invece… mpf. >>
 
L'uomo lasciò a terra la lattina e si alzò in piedi. Lei si voltò verso di lui. Non sapeva perché avesse detto quelle cose, ma sentiva di dovergliele dire. Sentiva il dovere di essere sincera. Lui le si avvicinò guardando il panorama che avevano davanti.

<< Immagino che debba ringraziarti. Anche a me sarebbe piaciuto incontrarti sotto un altro tipo di situazione che non era questa e hai ragione ad incolparti. Hai detto che ti dai la colpa per aver scelto di essere debole. È vero, perché te non lo sei e te lo dimostro. >>

Scarlett fu stupita e quasi contenta quando sentì che anche lui l'avrebbe voluta incontrare in un'altra occasione che non fosse in guerra, ma poi lui finì la frase voltandosi verso di lei.

<< Colpiscimi con tutta la forza che hai. >>

<< Cosa? >>


Domandò lei. Lui si limitò a rispondere con un sorriso e un gesto della mano.

<< Era questo il famoso addestramento? Non posso ho paura di farti male alla ferita. >>

<< Non puoi averlo detto sul serio. >>


Ma lei rimase muta. Non aveva alcuna intenzione di colpirlo in alcun modo, ma non perché aveva paura di fargli male, sapeva che non era possibile, ma se lui avesse fatto un movimento sconsiderato sarebbe stato troppo rischioso. Era un pericolo che dovevano evitare assolutamente. Lui la guardò con disappunto. Sembrava deluso della decisione della ragazza.

<< Bene. >>

Disse lui mettendo le mani dietro la schiena.

<< A terra. Cinquanta flessioni. >>

<< Eh? >>

<< Cos’hai? Non capisci nulla oggi? Te lo ripeto: cinquanta flessioni a terra. >>


Era assurdo. Per un attimo le sembrava avere davanti uno di quei soldati tedeschi che si vedevano nei film ambientati nella seconda guerra mondiale. Sembrava molto deciso nel fargliele fare, il suo sguardo glielo fece comprendere perfettamente. Scarlett si sdraiò a terra a pancia in giù e iniziò a fare qualche flessione. Le prime dieci non erano state un problema, poi la situazione si faceva sempre più difficile. Dubitava fortemente di arrivare alla cifra imposta. Konstantin aveva un'aria soddisfatta mentre si riavvicinava al suo enorme zaino per prenderlo. Pochi minuti dopo Scarlett si era fatta almeno venticinque o trenta flessioni, ma poi si mise in ginocchio esausta. Konstantin le passò la sua borsa.

<< Dovremmo lavorarci un po', ma già che sei arrivata a più di metà strada è un buon inizio. Andiamo ora. >>

Disse il soldato mentre si allontanava. Scarlett prese la sua borsa e si alzò seguendolo. Pensava ancora al motivo per cui Konstantin le avesse chiesto di colpirlo. Era inutile domandarglielo, il fatto di averla punita con cinquanta flessioni le fece capire che era in torto e non voleva ulteriormente infierire. Ma comunque la decisione di non colpirlo era ancora valida. Scarlett non lo avrebbe mai fatto dopo tutto quel tempo che ci aveva speso per farlo stare bene. Era fuori discussione.
 
Lasciarono la zona cittadina per inoltrarsi in un luogo più boschifero. Secondo la mappa avrebbero tagliato un bel po’ di strada e avrebbero raggiunto prima la destinazione. Camminavano a passo veloce e deciso in silenzio. Il vento tra le foglie era l'unico padrone che riempiva il silenzio. Scarlett ricordava quella zona verde, ma non così vasta. Sicuramente dopo quattro anni, le piante avevano allargato il loro territorio invadendo anche piccole case. Ora sembrava una foresta a tutti gli effetti. La ragazza alzò lo sguardo e vide qualche scoiattolo saltare da un albero all'altro. Fece un sorriso enorme alla vista di quella scena. Ma ad un tratto uno strano brusio tra i cespugli fece insospettire i due. Immediatamente Konstantin si mise davanti a Scarlett facendole da scudo e rimasero immobili per vedere chi mai potesse fare la sua comparsa. Scarlett notò un ramo abbastanza grande ai suoi piedi e lentamente cercò di abbassarsi per prenderlo, ma non fece in tempo. Alzò lo sguardo quando intravide la figura uscire tra i cespugli. Una cerbiatta che con eleganza si fermò davanti a loro. Li scrutò. Konstantin e Scarlett fecero un sospiro di sollievo. Erano disarmati, se fosse stato un nemico poteva essere un gran problema. L'animale con eleganza mosse le sue orecchie e guardò altrove. Improvvisamente si sentirono dei versi animaleschi che si stavano avvicinando facendo scappare in fretta la cerbiatta.

<< Cani randagi? >>

Domandò Scarlett intimorita. Era un problema se attaccavano in branco.

<< Dobbiamo allontanarci immediatamente! >>

Disse Konstantin spingendo la ragazza nella direzione del centro commerciale e iniziarono a correre il più velocemente possibile. Evitarono tronchi, massi, ma i cani erano molto più veloci e abili non ce l'avrebbero mai fatta a seminarli. La milza di Scarlett iniziò a farle male, ma se avesse rallentato sapeva di essere spacciata. Konstantin era poco più avanti di lei, sperava che quell'intrepida e inaspettata corsa non creasse danni alla sua ferita. Quando ad un certo punto vide l'uomo mettere una mano proprio sul fianco dove c'era la ferita e fece una smorfia di dolore. Ma fu proprio guardando Konstantin che Scarlett non guardò dove mise i piedi, cadendo pancia a terra. Il dolore la pervase, ma doveva alzarsi se non voleva morire lì.

<< Scarlett! >>

Urlò il tedesco. Scarlett cercò di alzarsi, ma a quanto pare aveva fatto una brutta distorsione alla caviglia sinistra e non riusciva a tirarsi su. Si limitò semplicemente a sedersi mentre stringeva a se la caviglia. Se fosse stato qualcun altro l'avrebbero usata come esca per fuggire, ma Konstantin tornò indietro per aiutarla. La faccenda si fece veramente brutta. I cani raggiunsero Scarlett prima di Konstantin e l'accerchiarono con le chiare intenzioni di attaccarla. Molti di loro avevano della bava schiumosa che usciva dalla bocca. Anche se fosse riuscita a farla franca con un semplice morso, c'erano alte probabilità che la loro saliva contenesse la rabbia e sarebbe comunque stata spacciata. Era spaventata, non poteva finire così. La ragazza si guardò velocemente intorno, prendendo sassi e rami di varie dimensioni per poi lanciarli contro i poveri animali quando ad un tratto si fermò. I cani cambiarono totalmente espressione. Da rabbiosi affamati di cibo a sospettosi. Fiutarono tutti verso di lei che si strusciò all'indietro fino a che qualcosa la fermò. Si voltò, era Konstantin. In piedi, fermo immobile che guardava intensamente i cani e loro guardavano lui intimoriti. Ci fu silenzio. Scarlett si limitava solo ad osservare la scena, cercando di capire cosa stava accadendo. L'uomo superò la ragazza avvicinandosi ai cani, ma ad ogni passo di Konstantin i cani indietreggiavano. Scarlett non credeva ai suoi occhi, come faceva a farlo?

<< Sie ist mein*. >>

Disse Konstantin con un tono quasi violento, ma bastò per far allontanare velocemente i cani spaventati. Scarlett era stupefatta, non aveva mai visto una cosa del genere. Konstantin chiuse gli occhi e poggiò una mano sulla tempia, sconvolto, per poi voltarsi verso Scarlett che era rimasta seduta a terra dietro di lui. La raggiunse chinandosi verso di lei.
 
<< È slogata? >>

Domandò lui, ma Scarlett era pietrificata, cercando nella sua testa una possibile logica di quello che aveva appena visto.

<< I-io non… non riesco a muoverla. >>

Voleva chiedergli come avesse fatto ad allontanare quegli animali, almeno sapere il perché non l’avesse fatto prima che di cadere e farsi male. L'uomo la prese da un braccio, aiutandola a stare in piedi. Soffrì un po’ all'inizio.

<< Fa male, ma dovrei farcela. >>

Konstantin la guardò mentre lei provava a fare qualche passo. Certo soffriva, ma sembrava andar bene così continuarono il cammino. Ad ogni passo, Scarlett sentiva il dolore alla caviglia aumentare sempre di più tanto che dopo mezz’ora circa iniziò a diminuire il passo e rallentare sempre di più. Quando Konstantin la sentì lontana da se si voltò osservandole la caviglia. Lei lo notò.

<< Sto bene, sto bene. >>

Konstantin distolse lo sguardo sospirando avvicinandosi a lei. Si tolse l'enorme zaino e lo tenne tra le mani.

<< Mettiti questo, ti porto in spalla. >>

<< Cosa? Non posso fartelo fare, è troppo anche per te. >>

<< Di questo passo saremo costretti a passare la notte senza un posto in cui ripararci. >>

<< Non se ne parla. Non voglio che ti sforza troppo. >>


Konstantin le sorrise e Scarlett arrossì distogliendo lo sguardo altrove e lui ne approfittò velocemente per infilarle lo zaino e metterla sulle sue spalle.

<< Ehi!? >>

Esclamò lei infastidita ora appoggiata sull'ampia schiena dell'uomo mentre continuò a camminare. Scarlett si arrese, sapeva che era una causa persa, non l'avrebbe fermato nessuno e poi se si sarebbe dimenata per costringerlo a farla scendere, avrebbe potuto peggiorare la situazione della ferita. Quindi controvoglia non disse nulla. Le ci volle qualche secondo per rendersi conto di quale effetto le provocava quel contatto con Konstantin. Le sue braccia erano intorno al suo collo fino ad arrivare alle sue clavicole e le sue gambe attorno alla sua vita. Poteva sentire ogni muscolo dell'uomo. Dopotutto erano impossibili da evitare. Arrossì un po’, la gentilezza che le dimostrava quell'uomo stava avendo degli effetti collaterali su di lei e non poteva non notare quanto fosse bello. Per Scarlett non aveva neanche un difetto e osservare quanto era forte e protettivo nei suoi confronti, le faceva salire il cuore in gola. Si era promessa di evitare di provare quei sentimenti per qualcuno, non trovava giusto desiderare di creare una relazione amorosa durante il periodo di guerra. Era poco rispettoso per la situazione che li circondava. Doveva smetterla e prendere le azioni di Konstantin solo come quelle che farebbe un amico… o un padre. Andarono avanti ancora per un po', fino a quando in lontananza non si intravide l'edificio del centro commerciale. Ovviamente Scarlett ci era stata già più volte in passato e rivederlo dopo quattro anni le fece uno strano effetto nostalgico. Riuscirono a raggiungerlo poco prima del tramonto, si vede che la corsa per fuggire dai cani era servita.
 
<< Puoi mettermi giù adesso? >>

Konstantin obbedì facendola scivolare sulla sua schiena finché non toccò terra. Poi lei gli ridiede l’enorme zaino a lui che si rimise sulla schiena. Dopo lo sguardo di entrambi si posò sul loro obbiettivo.

<< D'ora in avanti dobbiamo essere cauti. L'ultima volta che sono stato qui con il mio gruppo, abbiamo dovuto scontrarci con diversi nemici che stavano cercando un modo di entrare. Si erano divisi sulle varie entrate principali, ma essendo tutte bloccate, hanno provato a buttarle giù con degli esplosivi senza risultati e hanno abbandonato il luogo. Probabilmente non volevano sprecare altri esplosivi. Ma io e i miei compagni abbiamo notato una crepa nel terreno. Laggiù poco distante dal perimetro. Ci permetterà di entrare, a 10 metri circa ci troveremo direttamente al piano inferiore. >>

<< A 10 metri circa? Dovremmo fare un salto di 10 metri? Davvero? >>

Konstantin era serio. Lei deglutì con fatica, non sapeva nemmeno come fare con quella caviglia.

<< Non ho parlato di saltare. Sono riuscito a trovare una corda nel magazzino del rifugio. >>

Lei era senza parole, per un gli diede un colpetto al braccio per fargli capire che le aveva fatto prendere una preoccupazione inutile. Lui ricambiò con una risata. Man mano che si avvicinavano la tensione aumentava, ma sembrava con esserci davvero nessuno. Konstantin camminava molto basso e veloce, ogni tanto si fermava dietro qualche maceria per fare cenno a Scarlett di raggiungerlo nello stesso modo. Infine arrivarono alla meta, ma Scarlett non vedeva alcuna crepa a terra e Konstantin sembrava cercarla spostando i vari massi e piccoli cespugli.

<< È qui. >>

Disse lui indicando a Scarlett la crepa. Lei si avvicinò e si chinò in avanti mettendo le mani sulle ginocchia per osservare meglio l'interno.

<< Wow! Si vede a malapena il fondo. >>

Finì la frase voltandosi verso Konstantin che lo vide attaccare saldamente la corda ad una vecchia auto incastrata tra i massi. Ma se sarebbero scesi insieme era un problema lasciare la corda lì, se qualcuno l'avesse notata avrebbe potuto scoprire l'entrata e sarebbe stato un problema. Konstantin prese l'altra estremità della corda e si avvicinò alla ragazza che lo fissava. Le mise la corda intorno alla vita facendo un bel nodo stretto.

<< La corda non sarà un problema se rimane così in vista? >>

Domandò lei.

<< Certo che lo è. >>

Rispose lui.

<< Per questo scenderai solo te. >>

Scarlett non fece neanche in tempo per chiedere dei chiarimenti da quella frase che aveva appena detto che lui, con una spintarella la fece scendere giù dalla crepa, ovviamente spaventandola.

<< Konstantiiiiiin!!! Che cosa ti salta in mente? >>
 
Urlò la ragazza toccando il suolo con la punta dei piedi.

<< Tranquilla, dammi il tempo di nascondere in qualche modo la tensione della corda poi ti raggiungo. >>

<< Potevamo farlo anche insieme sai? >>


Disse ironicamente lei. Effettivamente bastava decidere prima cosa fare. Si snodò la corda attorno alla sua vita e iniziò a guardarsi intorno. Era in uno di quei corridoi lunghi, dove sia a destra che a sinistra si trovavano la serie di negozi. Stranamente alcuni erano stati aperti violentemente, probabilmente erano stati proprio Konstantin con il suo gruppo precedentemente.

<< Sembra che dopo il mio passaggio non ci siano stati altri ospiti. >>

Disse Konstantin raggiungendo anche lui il sottosuolo. Scarlett lo guardò un po' imbronciata, non le era piaciuto il modo in cui si era comportato poco prima. Lui non fece molto caso all'espressione della ragazza e disse:

<< Ispezioniamo l’edificio. Dobbiamo prendere solo le cose essenziali. Cibo, abiti e attrezzi che ci potranno essere utili per qualsiasi cosa. >>

<< So cosa dobbiamo fare. >>

Ribatté lei iniziando a camminare verso uno dei diversi percorsi. Ora Konstantin notò il modo in cui la ragazza le rispose, ma non disse nulla perché sapeva che il modo in cui l'aveva mandata nel sottosuolo l'aveva infastidita. Lo fece per scherzare ovviamente ma era stato più forte di lui. Seguì la ragazza. Si guardavano intorno alla ricerca di quelle cose essenziali che potevano servire al rifugio. Dopo tutto il viaggio che avevano affrontato, avrebbero dovuto essere almeno contenti di aver raggiunto quel posto sani e salvi. Ma più si guardavano intorno più sentivano una strana sensazione d'angoscia. Quel luogo li travolgeva nel loro passato. Scarlett ricordava il momento in cui di era separata dalla sua famiglia e Konstantin il momento in cui perse il suo gruppo militare. Fu proprio al di fuori di quel luogo che accadde la tragedia. Per questo camminarono in silenzio. O almeno fino a quando Scarlett non notò un negozio di giocattoli. In vetrina si potevano vedere chiaramente peluche, modellini d'automobile e animali di plastica. Si fermò proprio davanti a quella vetrina ripensando alla pietra con cui Gilda giocava ultimamente… ma doveva prendere solo il necessario. L'uomo la guardava da dietro e capì le sue intenzioni. Si girò intorno alla ricerca di qualcosa in grado di spaccare la vetrina. Sì lo avrebbe fatto. Quanto spazio potevano occupare una macchinina e un peluche? Notò un vaso con una palma abbastanza pesante da poter rompere il vetro. Posò lo zaino a terra e si avvicinò al vaso afferrandolo sulla circonferenza. Scarlett sembrò ipnotizzata da quella vetrina, tanto che non si accorse nemmeno di quello che stava facendo Konstantin. Per lui era meglio così, se si fosse accorta di quello che stava facendo lo avrebbe immediatamente interrotto. Fece un notevole sforzo per alzarlo da terra.

<< Spostati! >>

Scarlett si voltò verso la voce di Konstantin che stava facendo dondolare un enorme vaso avanti e indietro, verso la vetrina. Alla ragazza le si rizzarono i capelli. Quante volte ancora doveva dirgli che non doveva fare assolutamente sforzi eccessivi? Ma era più testardo di un mulo. Inutile ribattere. Fece spazio al lancio del vaso che distrusse in milioni di pezzi il vetro facendo un rumore stordente. Konstantin sembrava soddisfatto, non aveva neanche sentito molto dolore in quell'azione. Scarlett si limitò a girare gli occhi al cielo. Se quella ferita si sarebbe aperta di nuovo era la volta buona per lasciarlo morire dissanguato. La ragazza si avvicinò ai vari giocattoli. Un peluche in particolare la colpì in particolar modo. Era una bambola di pezza dai capelli arancioni e le lentiggini. Sorridente e vestita da contadinella. Scarlett la trovò adatta per Gilda. La prese tenendola con entrambe le mani mettendola alla sua stessa altezza del viso.

<< È per la piccola? >>
 
Domandò Konstantin. Scarlett annuì.

<< Ne sarà entusiasta. >>

Poi Scarlett spostò lo sguardo anche sugli altri giocattoli, avrebbe voluto portare a tutti gli orfani qualcosa, ma purtroppo non rientravano nelle cose essenziali che avevano promesso di portare al rifugio. Quindi prese solo quella bambola mettendola nel suo zaino per poi riprendere il cammino. Si fermarono in tanti altri negozi, prendendo grandi quantità di cibo, bevande piccole e vestiti per tutti. Presero le cose essenziali che potessero entrare nei loro zaini. Dopo un paio d'ore circa si fece sera e decisero di raggiungere il posto da cui si erano calati con la corda. Anche se non era il posto più comodo, era il migliore per controllare che nessuno altro potesse calarsi dalla corda. Da un negozio presero due sacchi a pelo che stavano sistemando a terra per passare la notte, fin quando l'occhio di Scarlett non cadde in un angolo del centro commerciale che non avevano ancora visitato. Sapeva quali negozi si trovavano lì e, per passare il tempo, le venne in mente di dare un'occhiata anche a quelli.

<< Konstantin, vado laggiù a dare un'occhiata veloce. >>

Gli disse mentre lui stava per preparare un piccolo falò con le attrezzature appena trovate. Si limitò ad annuire. Iniziò ad incamminarsi e dopo qualche secondo si trovò davanti al negozio di abiti molto eleganti dalle varie marche come Atelier Versace e Valentino. Scarlett lo trovava stupendi, ma non ne aveva mai indossato uno. Non poteva certo permetterseli e poi in quale occasione avrebbe mai indossato un abito simile? Non partecipava a piccole feste scolastiche, figuriamoci in una serata galante piena di gente dalle buone maniere. Si soffermò in particolar modo su un manichino che indossava un abito lungo, color bordeaux, fasciante, in seta e chiffon: dettagli preziosi e ricami unici impreziosivano il corpetto.

- Ma a quale donna non piacerebbe indossare un abito come questo… -

E lo pensò lei. Lei che di femminile aveva solo i lunghi capelli, ma fu proprio quel pensiero che le fece venire in mente un'idea. Se ne avrebbe indossato uno solo per gioco nessuno glielo avrebbe proibito no? Guardò l'altra parte della vetrina. Una serie di eleganti abiti maschili aggiunsero la ciliegina sulla torta firmata “ideona del secolo”. Sorrise a ciò che le stava frullando nella testa. Cercò qualcosa per rompere la vetrina. Un cestino dei rifiuti era più che convincente. Era uno di quelli fatti in ferro battuto, quindi non avrebbe dovuto avere grosse difficoltà. Lo prese e lo alzò da terra. Era pesante, ma poteva farcela. Lo poggiò sull'addome, parallelo al terreno, in modo tale da usarlo come ariete. Prese la rincorsa e partì velocemente per poi schiantarsi nella vetrina che andò a pezzi. Konstantin, sentendo quel rumore, lasciò tutto quello che stava facendo per andare a controllare Scarlett. Non era preoccupato, dal rumore aveva capito che si trattava di una vetrina in frantumi, ma avevano già preso tutto quello che poteva servirgli, quindi perché saccheggiare un ulteriore negozio?

<< Scarlett! >>

Gridò lui non vedendola all'esterno del negozio con la vetrina a pezzi. Poi Scarlett si affacciò e vedendo il tedesco gli fece cenno con la mano di raggiungerla. Mentre Konstantin si avvicinava alzò lo sguardo sull’insegna del negozio e capì cosa poteva trovarci.

- Che diamine sta facendo? –

Pensò lui. Quegli articoli erano totalmente inutili in quel momento, quindi si ripeté più volte quel pensiero nella testa prima di soffermarsi lì davanti.




*tradotto dal tedesco in italiano: lei è mia

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Capitolo 9
*** The King ***


--- Et Revelata est in bello ---




-- The King --




*** Nota dell'autrice: in questo capitolo vi troverete questi due simboli (@1) e (@2) seguiti dall'apposito link youtube. Secondo me vi aiuterà ad immergervi meglio nell'immaginazione delle vicende che leggerete. E ora buona lettura!***




<< Dai su entra che aspetti? >>

Disse Scarlett a Konstantin mentre faceva avanti e indietro tra uno scaffale all'altro. Lui entrò con un passo lento e deciso guardandosi un po’ attorno e poi non staccare mai lo sguardo dalla ragazza. La vide prendere vari indumenti, sembrava divertirsi mentre lo faceva. Finché non lo raggiunse con un gran sorriso sul volto porgendogli quei vestiti che aveva appena preso.

<< Tieni, vai in camerino e indossali. >>

Lui la guardò con un enorme punto interrogativo stampato sul volto. Non prese gli abiti aspettando delle risposte dalla ragazza, ma fece il broncio e glieli appoggiò velocemente sull'addome in modo tale che lui fisse costretto a sostenerli con le sue mani.

<< Bene ora vai in quel camerino e cambiati. >>

Disse Scarlett mentre spinse il tedesco verso i camerini maschili del negozio. Lui non oppose molta resistenza, la ragazza sembrava divertirsi e non voleva rovinarle quel momento. Dopotutto doveva solo infilare un pantalone nero, una camicia nera, un gilet monopetto nero lucido e una giacca elegante sempre nera. Nulla di male.

<< E non dimenticarti questi. >>

La ragazza gli diede anche una cravatta viola e in paio di scarpe nere lucide per poi allontanarsi e continuare a frugare tra gli scaffali.
Entrò in camerino e iniziò a spogliarsi completamente restando in intimo. Lo specchio che aveva di fronte gli fece notare la famosa ferita sul suo addome e per qualche secondo la studiò meglio. Il colore violaceo sembrava propagarsi ancora, raggiungendo l'ombelico e parte dei pettorali attraversando gran parte del costato. Poteva perfettamente capire che non era normale. Le parole che Matt gli disse il giorno prima di partire gli rimbombavano nella testa. Non era un’infezione, ma sentiva che si stava comportando come tale e che qualcosa in lui stava cambiando. Quella propagazione lo preoccupò un po’. Se era un segno su una possibile infezione incurabile avrebbe accettato la morte a braccia aperte. Non aveva più nulla da perdere… O quasi nulla. La ragazza che era la fuori si era presa cura di lui e non voleva essere da meno.
Prese i pantaloni eleganti con entrambe le mani e li guardò sempre con quell'aria pensierosa. Se la sua vita aveva i giorni contanti, era un motivo in più per aiutare il più possibile Scarlett. Iniziò ad indossare i nuovi vestiti. Vestiti che spesso indossava per importanti riunioni di lavoro o che indossò al suo matrimonio. Gesti che rientravano in quella normalità perduta.
Intanto Scarlett non riusciva a decidersi che tipo di scarpe indossare sotto quel bellissimo abito. Nere? Crema? O direttamente Bordeaux? Su per giù avevano tutte lo stesso tipo di tacco di media altezza, quindi non era particolarmente un problema quello. Ma ci stava mettendo troppo tempo per prendere una decisione. Sbruffò dirigendosi verso l'abito bordeaux che aveva scelto, fremeva per quello che stava per accadere. Si sa che la curiosità uccise il gatto, ma Konstantin aveva tutte le carte in regola per essere un modello con quell'abito e lei cercava di non essere da meno. E poi, che male avrebbe fatto scherzare su una scena così ridicola. Era solo un gioco dopotutto.
Non raggiunse nemmeno il camerino per cambiarsi. Si tolse pantaloni e maglietta per poi infilarsi l'abito con qualche piccola difficoltà. Cercare di chiudere tutta la zip da sola era un'impresa da eroi. Si dimenò più volte per cercare di tirarla completamente su, persino i suoi lunghi capelli si sciolsero dall'elastico che aveva, finché una risata alle sue spalle la interruppe pietrificandosi all'istante.
Si voltò lentamente e quello che vide la lasciò senza fiato. Aveva ragione. Konstantin era un vero e proprio potenziale modello. Chissà quanti potevano essere invidiosi di lui e chissà quante potevano essere invidiose della donna che aveva sposato. Stava di fatto che Scarlett rimase a guardarlo meravigliata. La scelta di fargli indossare una cravatta viola fu cosa buona e giusta, il contrasto che faceva con il biondo cenere dei suoi capelli e barba dava molto all'occhio. E, a proposito di occhi… non c'erano parole per descriverli.

<< Scusami, ma era una scena divertente. Ti aiuto io. >>

Scarlett semplicemente si addrizzò aspettando che l'uomo le tirasse su la zip. Non poteva spiegare il motivo, ma quel momento le sembrò durare un’eternità. Quando sentì il tocco caldo delle dita sulla sua schiena, arrossì. Voleva sbrigarsi in modo tale da non fare brutte figure e, invece, non poteva farla peggio. Tra l’altro era ancora scalza. Quando Konstantin avrebbe finito, lei si sarebbe diretta immediatamente alle scarpe.

<< Ecco fatto. >>

Finalmente aveva finito. Senza neanche voltarsi e ringraziare Konstantin si diresse verso le scarpe.
Doveva ancora finire l'opera. L'uomo quando la vide fuggire via ci rimase un po' male. Voleva almeno complimentarsi per il bell'aspetto che aveva e che quell'abito le stava d'incanto, ma forse deridendola scherzosamente qualche secondo prima non doveva essere proprio il massimo. Non voleva risultare insolente in quel momento, ma ripensando a quella scena il sorriso gli ritornò sulle labbra. Si guardò intorno per distrarsi e cercare di eliminare quella scena di Scarlett per un po'. Vicino al bancone delle casse c'era un grammofono. Era dai tempi della sua infanzia che non ne vedeva uno e sembrava che c'era già un disco inserito. Andò a vedere di cosa si trattava, ma il disco era impolverato e sembrava abbastanza vecchio. Konstantin lo tolse, era inutile provarlo. Si spostò dietro il bancone delle casse in cerca di altri dischi e fece centro. Si piegò. Ce n'erano un paio, entrambi senza un'apposita custodia e la polvere aveva scolorito gli adesivi on cui poteva esserci scritto il nome dell'artista. Ne prese uno a caso e si rialzò notando un'esile figura davanti a lui. Per un attimo rimase senza fiato. In quell'attimo che era sparita tra gli scaffali era riuscita a trasformarsi in un elegantissima donna. I suoi capelli, anche se non perfettamente acconciati, li aveva lavorati in modo da poter assomigliare ad un vero e proprio acconcio. Il vestito delineava le sue curve e sembrava più alta, probabilmente l'aggiunta con una scarpa più alta dava quell'impressione. E il volto… Quel volto. Era pericoloso. Anche se molto più giovane di lui il suo volto era quello di una donna a tutti gli effetti e, sicuramente, in quel complesso la rendeva più matura. Tanto che solo in quel momento Konstantin notò delle particolari caratteristiche della ragazza. Come la sinuosità del suo corpo e le labbra carnose che riaccesero in lui una piccola emozione che non provò da anni. 
Voleva farle un complimento per il suo aspetto, ma dalla sua bocca non uscì nulla e così fu Scarlett a parlare.

<< Un disco? >>

Disse osservando l'oggetto che aveva in mano. Konstantin era rimasto un po’ sconvolto da quella visione che per risponderle fu costretto a schiarirsi la voce.

<< Eh. Ecco… Sì. Non so chi sia l'artista, ma penso che un po’ di musica non faccia male. >>

Si voltò per inserirlo nel grammofono.

<< Musica? >>

Domandò Scarlett. Ovviamente non si aspettava una risposta a quella domanda, ma se Konstantin aveva intenzione di ballare, lei non ne era in grado.

(@1) 
https://www.youtube.com/watch?v=zf2VYAtqRe0

Il grammofono partì e una musica ritmica ruppe il silenzio.

- Elvis Presley? Davvero? -

Era totalmente fuori luogo quella canzone, perché quel disco si trovava lì? Ma a quanto pareva a Konstantin non dispiaceva, anzi sorrise alla ragazza.

<< The King… Lo conosci spero. >>

<< Perché esiste qualcuno che non lo conosca? >>
 
Konstantin si avvicinò a Scarlett che rimase immobile, un po' timida al pensiero di quello che stava per accadere. Avevano bisogno di distrarsi entrambi e, anche se fu Scarlett a far partire quell'insolita serata, Konstantin fu quello ad aprire le danze. Le prese una mano e le fece fare una giravolta su se stessa giusto per darle quella spinta per farle sparire la timidezza del momento. Così accadde. Facevano avanti e dietro con qualche giravolta e tocco di mani ogni tanto, tutto a ritmo di musica. Ridevano e si divertivano. Sembrava essere tornati in quella normalità di un tempo. Scarlett era felice, non si aspettava che Konstantin potesse collaborare pienamente in quella pazzia. Forse si era fatto stravolgere troppo dall'entusiasmo della ragazza.
Burning Love.
Il testo della canzone fece riflettere Konstantin su molte cose. Faceva tutto quello solamente per lei. Per vederla felice e aiutarla a dimenticare il marcio di quel rifugio. Se non fosse stato per i bambini le avrebbe sicuramente consigliato di rimanere in quel centro commerciale. Con lui.
Quando la musica andò sfumando, i due si fermarono per riprendere fiato. Soprattutto Scarlett che guardava Konstantin sorridente.

<< Però, niente male per un vecchietto. >>

Scherzò Scarlett.

<< Se 34 anni ti sembrano tanti, chissà quante ti sembreranno 200 flessioni allora. >>

Rispose Konstantin con un tono scherzosamente provocatorio. Con quelle parole le fece capire che avrà avuto la sua vendetta durante l'addestramento. Ma almeno adesso Scarlett sapeva la vera età dell'uomo e ci era andata molto vicina. Si portavano esattamente dieci anni di differenza. Dieci anni…

(@2) 
https://www.youtube.com/watch?v=vGJTaP6anOU
 
Un altro brano dal grammofono iniziò. Questa era più calma e donava un'atmosfera più… Romantica? Le loro risate andavano man mano a scomparire, lasciando posto ad un po’ d’imbarazzo da parte di entrambi. Scarlett distolse lo sguardo altrove, non sapeva se finire quella pagliacciata in quel preciso istante o se approfittarne. Iniziava a pensare che dopotutto, stare con Konstantin da soli non era poi così male. Era vero che lei si era presa cura delle sue ferite per qualche giorno, ma non era nulla a confronto di quello che aveva fatto lui nei suoi confronti. In due giorni l'aveva salvata ben due volte e… Le aveva offerto anche una spalla su cui piangere. Quale donna o ragazza, era incapace di cedere qualche sentimento ad un uomo così? Soprattutto Scarlett che prima della guerra non era mai riuscita a trovare nulla di speciale in nessun coetaneo. Certo, qualche cotta l'aveva avuta, ma aveva sempre preferito ragionare più con la testa che concedersi alle richieste del suo cuore. Poi nella sua vecchia scuola non era una ragazza popolare e quindi, spesso e volentieri, veniva spesso ignorata. Ma a lei andava bene così. Non le andavano molto a genio le ragazze della sua stessa classe, erano troppo “farfallone” per i sui gusti e parlavano sempre e solo dei loro fidanzati, se solo avessero visto lei in compagnia di Konstantin sarebbero state verdi d’invidia. Avrebbero fatto la fila solo per guardare il suo aspetto. Fortunatamente Konstantin non aveva di bello solo l'aspetto, aveva anche un meraviglioso carattere.
Ad un tratto, un caldo tocco le si posò tra le sue dita. La mano di Konstantin stringeva quella di Scarlett che si voltò velocemente. Poi l'altra mano la raggiunse sulla vita e delicatamente l’attirò a sé. Non riusciva a guardarlo più di qualche secondo negli occhi, sapeva di essere rossa come un peperone in quel momento.

<< Posso avere l'onore di questo ballo? >>

Lei non riuscì a tirare fuori la voce per dargli una risposta e si limitò a mettere la sua mano libera sulla spalla dell'uomo che intuì la risposta positiva della ragazza. Era una semplice domanda, ma detta con quella calda e profonda voce, le impedì di dargli una normalissima risposta. Sapeva che stava per intraprendere una strada di cui difficilmente sarebbe stata capace di uscire.
Konstantin iniziò a muoversi lentamente, proprio come in quei balli lenti ed eleganti che si vedevano nei film. Scarlett pregò in tutti i modi di non calpestargli un piede o di fare altre figuracce simili, anche perché la distanza che li divideva era minima e sentiva lo sguardo dell'uomo su di lei che non si separava mai. Quella sensazione le pesava come un enorme macigno sulla schiena e che ci sarebbe finita schiacciata molto presto. L'uomo iniziò a notare il troppo imbarazzo della ragazza e decise di scambiare qualche parola per rilassarla.

<< Come va la caviglia? >>
 
Già la caviglia, era stata talmente trasportata in quella corrente di emozioni che non si ricordava nemmeno di aver preso una brutta distorsione.

<< Va-va bene sì. Mi fa un po’ male giusto quando cerco di muoverla più del dovuto, ma è ok. Grazie… >>

La visione di quei cani che la circondavano le tornò in mente. Sapeva che, anche se non si fosse fatta male, non sarebbe mai stata in grado di ucciderne neanche uno. Adorava gli animali, tanto che anche in quella situazione si sarebbe limitata a spaventarli lanciandoli qualche sasso e basta rischiando anche di assalirla. Quello che fece Konstantin per allontanarli fu una vera e propria sorpresa e visto che non ne avevano più parlato per tutto il resto della giornata, Scarlett pensò bene di chiederglielo in quel momento.

<< Come hai fatto a mandarli via? Sembravano così spaventati da quello che gli hai detto. >>

Lui si fece stranamente pensieroso e non rispose.

<< Konstantin? >>

<< Dovevo proteggerti. Ho fatto quello che mi sono sentito di fare. Poi se hanno reagito così, io non saprei spiegare il perché. >>

<< Cosa avevi detto prima che fuggissero? >>


Konstantin fece un’espressione interrogativa, come se non sapesse di cosa stava parlando.

<< Hai detto qualcosa in tedesco… >>

<< No, non mi pare di aver detto nulla di simile. >>

<< Konstantin… eravamo solo io e te e la sottoscritta non parla tedesco. >>

<< Lo avrai immaginato. >>


La sua ultima frase la turbò. Davvero non aveva detto nulla e lo aveva immaginato lei? Ma no, come poteva se non conosceva neanche una parola di tedesco. Non era curiosa, ma se non le voleva far sapere la traduzione di quella frase, preferiva che glielo dicesse.
Scarlett abbassò lo sguardo, facendosi seria.

<< Piuttosto che trattarmi da stupida, preferirei che mi dichiarassi almeno che non vuoi dirmelo. >>

Konstantin si fermò interrompendo il lento. Non voleva trattarla da stupida.

<< Trovo complicato spiegarti… >>

Disse lui sempre con quel tono caldo e pacato, ma la reazione della ragazza fu quella di continuare a guardare a terra delusa. Doveva davvero dirle che aveva sentito un forte desiderio di far vedere ai quei cagnacci chi era il capo e di far capire loro che lei era una sua proprietà? No. Anche perché quella sensazione di possesso nei confronti della ragazza la trovava troppo istintiva. Selvaggia, come tra l'altro si era quasi comportato per difenderla.
Staccò la mano da quella di Scarlett per raggiungerle il mento e alzarle il viso verso il suo. Solo circa dieci centimetri divideva i loro volti. Quel tocco delicato la fece completamente dimenticare di essersi irritata pochi secondi prima. In quel momento si fece avvolgere dal dolce calore che si stava espandendo per tutto il suo corpo.
 
<< Non volevo ferirti, soprattutto quando ho promesso di proteggerti… >>

Promesso di proteggerla? Scarlett non ricordava una promessa del genere. Ricordava quella in cui lui si era ripromesso di addestrarla e che non fosse successo nulla hai bambini. Stava già facendo tanto per lei. Ma rimase talmente tanto colpita da quelle parole che non riusciva più a guardarlo in volto e nello stesso tempo non voleva nemmeno staccarsi da lui. Fu più forte di lei. Affondò il viso nel petto di Konstantin abbracciandolo. Lui rimase un attimo sorpreso dalla reazione della ragazza, per poi ricambiare l'abbraccio facendo scorrere lentamente le sue mani sulla schiena di Scarlett.
Lei chiuse gli occhi, sentì le gambe abbandonarla. Ci sarebbe stato lui a sostenerla.
Tra le sue braccia poteva sentirsi al sicuro. Lontana dalla guerra e dai fantasmi che la perseguitavano durante la notte. Mentre lui riusciva a mantenere le sue promesse, Scarlett sentiva di non riuscire a fermare quell'emozioni che man mani stavano nascendo per Konstantin. La testa le diceva di non dedicarsi a sentimentalismi, soprattutto per un uomo di dieci anni più grande di lei, ma il cuore voleva l'esatto opposto. Il modo in cui si comportava con lei non l'aiutava a decidere chi seguire. La trattava con gentilezza, le dava protezione e si sarebbe sacrificato per lei. Come doveva intendere tutto questo? Come doveva intendere la notte passata insieme e il lungo abbraccio dopo che il capo voleva violentarla? Un amico avrebbe fatto tutto quello? Lei aveva un amico, ma non fu lui ad aiutarla veramente al momento del bisogno. Allora cosa doveva seguire… La testa? Il cuore? Forse l'idea migliore era quella di far decidere al tempo. Insieme al destino, si sarebbero concordati. Se Konstantin non era interessata a lei sotto quell'aspetto, si sarebbe messa l'anima in pace.
Tutta quella tempesta di pensieri vennero interrotti da un particolare tocco di Konstantin sulla sua schiena. Lo sentì afferrare la zip del vestito e tirarla giù lentamente. Il suo cuore batté all'impazzata. Alzò il volto per cercare di capire le intenzioni dell'uomo tramite il suo volto, ma non fu possibile dato che contemporaneamente lui poggiò le sue labbra sulla clavicola di lei strofinandole un po’ in quella zona. La sua barba le provocò dei brividi. Scarlett iniziò ad intuire le intenzioni di Konstantin e… per quanto stava adorando quei tocchi delicati, si sentì in dovere di respingerlo. Leggermente lo spinse per cercare di separarlo, ma lui sembrava non volersi staccare.

<< Konstantin? >>

<< Sie riechen gut*… >>


Ancora che le rispondeva in tedesco. O meglio, sussurrava. Ovviamente Scarlett non capì le sue parole, ma le sue intenzioni erano chiare e iniziò a sentirsi contrariata, non voleva che le si ripetesse la stessa vicenda del giorno prima. Quando sentì che la sua zip aveva toccato fondo, gli diede un gran spintone questa volta facendolo indietreggiare per qualche passo. Scarlett si teneva il vestito all’altezza del seno, se lo avrebbe lasciato sarebbe caduto lasciandola in biancheria intima. Lui la guardò come se fosse riuscito a tornare nel mondo reale, per poi assumere uno sguardo serio ma che esprimeva vergogna per quello che era appena accaduto.
 
<< Mi… Mi dispiace. >>

Le disse sorpassandola per uscire dal negozio. Scarlett rimase lì. Non capiva… Gli aveva dato un’idea sbagliata delle sue reali intenzioni? Già tutto quello che stavano facendo era ambiguo, ma quell'abbraccio, forse, era veramente troppo. Approfittare di un abbraccio per provare quei favolosi sentimenti, fu da una perfetta egoista. Avrebbe dovuto pensare prima cosa potesse girare nella testa di Konstantin. Era pur sempre un uomo, ma la ragazza non si sarebbe mai aspettata che lui reagisse in quel modo. Forse la vedeva davvero come una donna e non come una ragazzina che ha perso il padre in modo tale da sostituirlo.
Si avvicinò al grammofono, spegnendolo. Era davvero un peccato che quella serata sia dovuta finire in quel modo. Si stavano davvero tanto divertendo. Con quale faccia lo avrebbe rivisto dopo… dopo quello. Aveva ancora la sensazione delle sue labbra sul suo collo. Seguire un po' i suoi sentimenti non doveva essere un modo per dividerli, sapeva che la colpa di quanto accaduto era la sua e avrebbe deciso di scusarsi quando lo avrebbe raggiunto.
Si tolse le scarpe con il tacco e l'abito a seguito, per poi rivestirsi con i suoi vecchi vestiti e rimise a loro posto ogni cosa. Lasciò il negozio facendo scorrere nella sua testa quello che ormai erano bei ricordi e si incamminò verso il posto in cui avrebbe passato la notte. Già in lontananza poteva vedere Konstantin che aveva acceso il piccolo fuoco in mezzo ai piedi dei due sacchi a pelo. Indossava una maglietta nera a maniche lunghe e dei semplici pantaloni verde scuro, erano nuovi, probabilmente si era cambiato in un altro negozio dato che i suoi vecchi vestiti erano rimasti in quel camerino.
Scarlett si avvicinò al fuoco. Konstantin si sedette sul suo sacco a pelo. Lei l'osservava, cercando di farsi coraggio per porgli le sue scuse, ma lui non la degnava nemmeno di uno sguardo. Doveva farsi coraggio, altrimenti non sarebbero più usciti da quell’imbarazzo.

<< Devo porgerti delle scus- >>

<< Scarlett, chiudiamo il discorso. >>


Scarlett rimase colpita da quella frase così fredda. Interruppe le sue scuse continuando a non guardarla. Ci rimase davvero male, era dispiaciuta e in qualche modo doveva rimediare. Voleva proporgli una cena diversa dal solito scatolame, ma la ragazza notò vicino a lui delle confezioni di cibo già consumate. A quanto pare mangiò anche abbastanza velocemente pur di non mangiare con lei. Le era rimasta solo una cosa da fare prima di andare a dormire.

<< Ti preparo i medicinali per medicarti, allora. >>

<< Ho già fatto da solo e vorrei che d'ora in avanti sia così. >>


Ancora quel tono freddo. Proprio lui che il giorno prima le disse che voleva solo farsi medicare da lei. Ora sì che sentiva una fitta al cuore. A quanto pare non voleva avere nessun tipo d'interazione con lei e Scarlett esaudì silenziosamente quel desiderio. Raggiunse la borsa per prendere qualcosa da mangiare. Del tonno in scatola e andava più che bene. Raggiunse il suo sacco a pelo e iniziò a mangiare pensierosa per il comportamento di Konstantin. Con lei era sempre gentile e spesso le sorrideva, ma questo non voleva dire che doveva essere per forza un santo, questo era sicuro. Ma quell'ultimo evento, insieme a quello che accadde nel pomeriggio con i cani randagi, l'avevano scossa incredibilmente. Aveva visto due aspetti di Konstantin che non aveva ancora avuto occasione di vederli. Poteva forse definirsi normale non conoscere pienamente una persona dopo solo una settimana da quando aveva messo piede al rifugio.
Finì di mangiare posando la confezione accanto al fuoco per poi distendersi all'interno del sacco a pelo dando le spalle a Konstantin. Scoraggiata, chiuse gli occhi, cercando di addormentarsi il prima possibile, ma ebbe un'enorme difficoltà. La mattina seguente avrebbero lasciato quel luogo per tornare al rifugio ricchi di risorse per gran parte dei rifugiati. Chissà se quel gesto sarebbe riuscito ad alzare l'apprezzamento dei rifugiati nei loro confronti. Con Matt funzionava dato che era l'unico che tornava con tanto cibo, vestiario e attrezzature varie. Effettivamente Scarlett si era sempre domandata dove poteva trovare tutte quelle cose, che anche lui saccheggiasse quello stesso centro commerciale? Era probabile dopotutto.
Poi spostò i suoi pensieri ai bambini. Chissà come stavano. Se erano preoccupati nel non vederla tornare quella notte. Mancava qualche ora per poterli riabbracciare tutti e non vedeva l'ora di portare a tutti i nuovi abiti che aveva preso per loro. Immaginava già i loro volti sorridenti e fu proprio quello il pensiero che la fece addormentare in qualche secondo.


Intorno a lei solo cumuli di macerie e fiamme.

- Ancora quel sogno… -

L'aria la soffocava. Doveva allontanarsi se voleva salvarsi. I tonfi di molteplici esplosioni a catena facevano tremare la terra, mentre il cielo si riempiva di frastuoni di aeroplani da guerra.

- Tutto uguale. -

Doveva lasciare quel posto infernale. Si voltò più volte per capire dove poteva andare, quando un sentiero libero dalle fiamme le si aprì davanti. Vide una possibile uscita e corse più forte che poteva. Uscì. - Sempre lo stesso sogno. - Si buttò a terra sull'asfalto tiepido, stremata. Guardò dietro di lei per capire in che razza di posto era finita.

- Per quanto ancora dovrò sognare tutto questo? -

Nel perimetro dell'area in fiamme altre persone si erano salvate. Molte di loro piangevano disperate, altre mute e immobili traumatizzati e pochi erano i feriti. Le raggiunse sperando di ritrovare i suoi famigliari, ma tra loro non riconosceva nessuno. O almeno era quello che pensava prima che una sagoma molto famigliare non la raggiunse velocemente.

- Matt? -

Sembrava molto scosso. Respirava in modo irregolare e voleva dirle qualcosa.

- << Perdonami Scarlett… Non ci sono riuscito a salvare tutti, perdonami… >> -

Era impossibile salvare tutte le persone di un centro commerciale, quindi non c'era bisogno di chiedere perdono.

- << Quando sono entrato nella stanza, gli orfani erano già stati schiacciati dalle macerie… perdonami… Non sono stato in grado di proteggerli… >> -

Gli orfani? Che ci facevano lì i bambini? Scarlett si voltò verso l'edificio in fiamme. Non era fuggita da quello che era convinta fosse il centro commerciale, ma dal suo rifugio. In quel momento i suoi occhi diventarono lucidi e senza forze cadde a terra in ginocchio, davanti a quello scenario. Avrebbe preferito che si trattasse di un incubo.
Avrebbe preferito perdere la vita insieme a loro.
Si alzò e, con le lacrime che le scendevano dagli occhi, corse contro quelle calde mani della morte, ma Matt la trattenne da un braccio. Non voleva che finisse in quel modo. Assolutamente.


Aprì gli occhi, con il cuore che le batteva freneticamente.
Un'altra versione di quel sogno… Questa volta però era il rifugio ad essere avvolto dalle fiamme e con esso i bambini. Tremava all'idea che poteva trattarsi di un sogno premonitore. Doveva lasciare quel posto e raggiungerli al più presto.
Si voltò verso il sacco a pelo di Konstantin, ma era vuoto. Scarlett si guardò intorno. Non c'era alcuna traccia del soldato.

<< Konstantin? >>



*
Sie riechen gut: Hai un buon odore

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Capitolo 10
*** Determinazione ***


--- Et Revelata est in Bello ---




-- Determinazione --







Aprì gli occhi.
Il fuoco del falò era ormai spento. Cercò l'orologio da polso che prese in uno di quei negozi di quel centro commerciale e guardò l'ora. Le 06:24. 
Decise di alzarsi senza fare molto rumore, non voleva in nessun modo svegliare la ragazza. La guardò per qualche secondo. Era diventata quasi una routine osservarla mentre dormiva. Gli trasmetteva tranquillità e la solita nostalgia. Con la moglie lo faceva tutte le volte. Il ricordo della luna che illuminava i boccoli scuri e la pelle candida del volto della moglie, gli faceva ricordare quanto credesse di essere l'uomo più fortunato del mondo. Anche se aveva accettato l'enorme perdita della moglie e del figlio rimaneva comunque un ricordo che faceva male. La nostalgia gli stringeva il cuore e, anche se Scarlett non assomigliava alla moglie, il modo in cui si comportava con lui… Gli risvegliava quei ricordi sopiti. 
Doveva raggiungere un bagno. Prese le sue medicazioni rasoio, preso sempre da qualche negozio, e si diresse ai bagni pubblici più vicini al loro accampamento. Entrò in uno dei tanti bagni degli uomini per fare i suoi bisogni per poi uscire e sostare davanti ad un lavello. Si riempì le mani d’acqua, lavando il volto e poi alzò lo sguardo allo specchio. Decise di togliersi la maglia, scoprendo il busto e usarla come straccio per asciugarsi per poi guardarsi di nuovo allo specchio. Posò la maglia umida sul lavello e si concentrò sulle vecchie medicazioni. Aveva mentito a Scarlett la sera prima, non si era medicato da solo e quelle che aveva erano vecchie di un giorno. Le mentì in modo tale da non avere le sue attenzioni, soprattutto dopo quello che le aveva fatto. Non poteva ancora crederci. Mentre ballavano, come era successo con i cani randagi, sentì un forte istinto che non sapeva ancora come descriverlo. Una sorta di fiamma gli ardeva nel petto e lo faceva reagire d’istinto. In quei momenti sembrava perdere il controllo, cosa totalmente nuova per lui visto che tendeva ad avere sempre ogni situazione sotto controllo. Durante l'atto dei cani, reagire in quel modo era giusto. Proteggerla era il minimo da parte sua. Ma parlare direttamente a loro dicendo “lei è mia”… Quello non era lui. Perché poi sembravano averlo capito allontanandosi da loro? E che pensare di quello che stava per fare la sera prima. Involontariamente stava abusando di Scarlett. Ci teneva a lei, ma non a tal punto da fare una cosa simile. Quindi perché?
Il suo sguardo scese in basso guardando tramite lo specchio il punto in cui aveva la ferita. Quasi violentemente si tolse le fasciature gettandole a terra. Quello che vide lo impressionò. 
La ferita era ormai chiusa, ma tutta la zona che la contornava non sembrava avere un bell'aspetto. Oltre al colorito blu-violaceo, delle ramificazioni di molteplici vene avevano fatto la loro comparsa e si espandevano fino a ricoprire i pettorali. Non aveva mai visto nulla di simile. Ma poi era mai possibile che non gli procurava dolore, a parte la ferita di per sé. Forse la situazione era peggio di quello che pensava. 
Sospirò. Nessuno poteva aiutarlo e non aveva paura di morire. Se quella specie d'infezione avrebbe continuato ad allargarsi a quella velocità, molto presto Scarlett e il resto dei rifugiati si accorgerebbero e per certo nessuno lo farà rimanere per la sua salute. E non aveva molto tempo. Doveva aiutare Scarlett, tanto da renderla completamente autonoma in modo tale d’abbandonare definitivamente il rifugio insieme ai bambini e cercare di continuare a vivere serenamente in un altro rifugio. Non voleva lasciarla in quelle condizioni. 
Prese l'occorrente per le medicazioni e iniziò con il solito procedimento.  Cercò di coprirsi il più possibile, era meglio evitare di far preoccupare ulteriormente Scarlett. Poi prese la schiuma da barba, ricavata sempre dai tanti negozi, e iniziò a spargerla sul viso. Visto che aveva la possibilità, ne approfittò per radersi. La barba non era lunghissima, ma trovò giusto darsi una sistemata tanto non avrebbe ritardato a ricrescere. Prese il rasoio e iniziò dalla guancia destra. Ci volle un po’ prima di radersi tutto e lavarsi definitivamente. Si guardò nuovamente allo specchio. Da quanto tempo era che non si radeva? Ora sembrava proprio uno di quei bambocci che facevano le pubblicità di profumi. Per un attimo si pentì di quella scelta.
Una voce femminile provenire dall'esterno attirò la sua attenzione.

<< Konstantin sei qui? >>

Si sgranchì la voce prima di risponderle.

<< Scarlett, inizia a prepararti che partiamo il prima possibile. >>

Ovviamente non era una vera e propria risposta alla domanda della ragazza, ma lui doveva far in modo che non entrasse in quella stanza. Avrebbe potuto vedere le ramificazioni venose. 

<< O-ok… >>

Rispose la ragazza per poi sentirla allontanare. Gli dispiaceva parlarle con quel tono freddo, ma dopo quello che successe la sera prima, doveva mettere ordine nella sua testa.
Scarlett si allontanò dalla zona dei bagni pubblici. Avrebbe voluto chiedergli se stava bene, se aveva bisogno di aiuto con le medicazioni, ma… Percepì il tono freddo e distaccato di Konstantin e la faceva star male. Stava andando tutto molto bene tra loro due, perché sembrava tutto svanire. Proprio ora che nel cuore di Scarlett stavano per nascere nuove emozioni in sua compagnia. 
Sospirò. Andò a prendere dei nuovi vestiti per poi tornare ai bagni pubblici femminili. A quanto pareva Konstantin non era ancora uscito. 
Entrò nella stanza dove svariati lavabi e gabinetti si susseguivano uno dietro l'altro. Alcune cose erano rotte e una parte di muro era quasi crollato. Si diede una degna lavata, anche se l'acqua non era proprio limpida e sembrava avere una certa difficoltà a scorrere. Nel rifugio era difficoltoso avere il bagno libero tutto per se e ognuno doveva impiegare il meno tempo possibile, sia per far utilizzare quella risorsa a tutti sia per evitare di usare troppa acqua.
Tolse i vecchi vestiti gettandoli a terra con non curanza e indossò quelli nuovi. Si guardò al vecchio specchio. Una normale maglietta nera e un completo sportivo nero/viola erano degli ottimi abiti per qualsiasi situazione di pericolo. Raccolse i capelli con un elastico scuro, in modo tale che non le dessero fastidio. Mentre si guardava, i suoi pensieri si spostarono sul sogno che aveva fatto poco prima di svegliarsi. Sembrava assillarla, come se ci fosse un messaggio da interpretare in quelle scene disturbanti. Che fosse veramente accaduto qualcosa ai bambini? Solo il pensiero le face perdere l’equilibrio riportandola alla realtà. Doveva sbrigarsi a tornare. L’agitazione non sarebbe svanita finché non si sarebbe ritrovata circondata dagli orfanelli. Uscì velocemente da quella stanza raggiungendo il posto in cui aveva passato la notte e iniziare a preparare il tutto per il viaggio. 
Quando fu abbastanza vicina vide Konstantin darle le spalle che aveva preceduto le sue intenzioni. A parte qualche dettaglio, era già tutto pronto per partire. 
Il passo di Scarlett rallentò leggermente. Dopo quello che era successo si sentiva parecchio in imbarazzo. Poi lui non sembrava molto favorevole ad affrontare il discorso e, il modo in cui gli rispondeva, le fece capire che era meglio evitare di parlarne. Continuava ad avvicinarsi finché lui prese l’enorme zaino pieno di vestiti e vari oggetti utili e si voltò verso di lei sentendo i suoi passi. Un colpo al cuore la fece rallentare ancora. Fu una sorpresa. Vedere Konstantin senza la barba gli fece perdere qualche anno. Ora sembrava che avesse ventisette o ventotto anni e mostrava pienamente i lineamenti tipicamente tedeschi. Spigolosi e rigidi in alcuni punti.
Incrociarono i loro sguardi e Scarlett iniziava a sentire un forte peso schiacciarla sulle spalle. Avrebbe voluto interagire in qualche modo, sparare qualche frase idiota tipo: “Ehi, avevi ragione, non sei poi così vecchio!”, oppure “Siete fortunati, vuoi uomini, a gestirvi così facilmente la giovinezza!”. Frasi che potevano risollevare quell’imbarazzo, ma sapeva che non sarebbero andate a buon fine. Ignorarlo totalmente non sarebbe stato gentile da parte di Scarlett e in qualche modo doveva inventarsi qualcosa. Forse anche solo dirgli che stava bene… Prese aria per parlare, ma lui l'anticipò:

<< Pronta? >>

<< Ehm, s-sì. >>


Scarlett si avvicinò ulteriormente, raggiungendo lo zaino e la borsa che erano ancora a terra. Chiaramente erano i due bagagli che avrebbe dovuto portare lei. Mise lo zaino sulla schiena e la borsa a tracolla sulla spalla destra, attraversandola diagonalmente per essere appoggiata sul suo fianco sinistro. In quel momento Konstantin la sorpassò. Lei lo seguì silenziosamente a testa bassa. 
Raggiunsero il punto in cui la corda penzolava ancora. Avrebbero dovuto arrampicarsi per uscire da quel posto. La discesa era stata veloce, ma risalire con le borse piene poteva essere un'impresa ardua e poi… Scarlett non aveva molta esperienza in arrampicate.

<< Andrai per prima, io cercherò di tenerti la fune più ferma possibile. Una volta arrivata in cima assicurati che il luogo sia sicuro e poi mi farai cenno per raggiungerti. Tutto chiaro? >>

Scarlett annuì avvicinandosi alla corda e stringendola con le mani. Fece un profondo respiro per poi fare una piccolo saltello e avvinghiarsi con le gambe attorno alla corda, cercando di salire. Ma la poca esperienza e l’ulteriore peso dei bagagli, resero difficile già in partenza l'arrampicata. Così si lasciò andare, toccando nuovamente con i piedi a terra.

<< Sai come salire una fune? >>

Domandò l'uomo con la sua solita freddezza. 

<< Be', l'ho fatto qualche volta solo per gioco. Quando ero piccola… >>

Konstantin non sembrava soddisfatto da quella risposta e Scarlett si stava maledicendo, soprattutto per la sua ultima frase che, molto probabilmente, era meglio non averla detta.

<< … Ma posso farcela, non sarà certo la fatica a fermarmi. Devo tornare al rifugio il prima possibile. >>

Era decisa più che mai. Sapeva di farcela e il solo pensiero che gli orfani potevano essere in pericolo, le avrebbe dato la forza di superare qualsiasi difficoltà. Così si riaggrappò alla corda e cercò di tirarsi su con le braccia con tutta la sua forza. Ma poi una mano di Konstantin la bloccò facendola scendere ancora.

<< L’arrampicata sulla fune si basa principalmente su cinque passaggi: il primo, devi afferrare la fune portando entrambe le mani sopra alla testa. Il secondo… >>

Scarlett lo guardava quasi con ammirazione. Le stava davvero insegnando come arrampicarsi su una corda?

<< … Ti conviene svolgere questi punti mentre te li spiego se vuoi imparare. Dubito che te li ricorderai tutti una volta che avrò finito. >>

Continuò lui quasi con ironia. Scarlett non se lo fece ripetere due volte. Si mise in posizione esattamente come Konstantin le stava spiegando, attendendo il prossimo passaggio.

<< Il secondo, devi fare un piccolo salto mentre tiri la corda verso di te, in questo modo ti solleverai verso l'alto. Per avere una presa maggiore, devi far passare la corda intorno ad una gamba e usa il piede per ancorarti. >>

Scarlett lo fece, ma ebbe un po’ di difficoltà nel far passare la corda intorno alla gamba, più che altro non sapeva come fare, cosi l’uomo le si avvicinò mettendole una mano nella zona lombare, per tenerla ferma e non farla dondolare, e con l’altra mano l'aiutò ad ancorarsi. Il tocco inaspettato sulla sua schiena la fece irrigidire per un secondo, ma almeno adesso era nella giusta posizione.

<< Il terzo, con le braccia, raggiungi un punto il più possibile alto ed afferra la corda in modo saldo. Il quarto, devi liberare il piede dalla fune usando i muscoli addominali, porta le ginocchia all'altezza del petto e assicura nuovamente il piede nella corda. >>

Scarlett fece passo per passo quello che le diceva Konstantin e, incredibilmente, fece il suo primo passo per la salita. Era riuscita anche a capire come ancorare il piede e si riteneva abbastanza soddisfatta.

<< Bene. Il quinto, allunga le gambe e muovi le braccia per raggiungere di nuovo il punto più alto sopra di te. Poi ripeti tutto il processo fin lassù. Man mano ti stancherai, ma non devi assolutamente mollare la presa, cerca di essere veloce. >>

La ragazza annuì e ripeté il processo punto per punto. Ma esattamente come le disse Konstantin, il peso in più delle borse iniziava a farsi sentire e quando superò la metà iniziò ad rallentare. Le braccia, le gambe e gli addominali le tremarono, l'acido lattico la stava travolgendo e la caviglia iniziò a farle di nuovo male. Cercò di andare avanti, ma il dolore dei crampi aumentava sempre di più e fu costretta a fermarsi.

<< Scarlett! Sei arrivata, non fermarti! >>

Respirava faticosamente, ma doveva continuare. Raccolse tutte le sue energie e riuscì a superare quei pochi metri che la separarono dalla superficie. Arrivata in alto sentì l'aria fresca sfiorarle il volto bagnato dal sudore che lo sforzo le aveva procurato e si tirò su aggrappandosi a ciò che la circondava.
Una volta fuori fu più forte di lei, si rotolò a terra per recuperare il fiato, ma doveva alzarsi per controllare se la zona fosse libera da eventuali nemici. Con fatica riuscì a sedersi. Intorno a lei diverse macerie e fogliame la circondava. Probabilmente erano gli oggetti che era riuscito a rimediare Konstantin per nascondere l’entrata al sottosuolo. A gattoni, raggiunse una maceria bassa che le permetteva di controllare la zona. Sembrava non esserci anima viva. Tornò indietro affacciandosi alla crepa da cui era appena uscita e fece segno a Konstantin che la zona era tranquilla. Era soddisfatto. Vedere la ragazza stare bene dopo lo sforzo che aveva appena fatto, lo face tranquillizzare. Iniziò ad arrampicarsi. Scarlett rimase sorpresa. Ogni suo movimento era deciso e regolare, sembrava non sentire il minimo peso dell'enorme zaino che portava sulle sue spalle. Non gli staccava gli occhi di dosso. Doveva ammetterlo, involontariamente il suo sguardo si soffermava sui muscoli sotto sforzo di Konstantin. Era impossibile non notarli. Scrollò la testa per cercare di concentrarsi su qualcos’altro, intanto Konstantin la raggiunse in cima.
Spostarono un po’ di fogliame per ricoprire l'entrata. Se l'avesse scoperta qualcuno sarebbe stato un problema e dato che loro sarebbero dovuti tornare per prendere del cibo, era meglio evitare e ricoprire tutto per bene. Probabilmente era una scelta egoista, ma non si poteva fare altrimenti. 
Lasciarono quella zona, in silenzio. Decisero di ripercorrere lo stesso tragitto che avevano fatto per raggiungere il grande centro commerciale. 
Riattraversarono la fitta vegetazione della foresta in cui i cani randagi li stavano attaccando, ma rispetto al giorno prima non si vedeva anima viva. Il ricordo della reazione di quei cani che avevano avuto con Konstantin, non era normale. Quegli animali erano affamati e non si sarebbero mai fatti fuggire delle prede facili come loro e in quel momento potevano trovarsi nelle vicinanze, ma non fu così. Possibile che Konstantin li avesse spaventati così tanto da cacciarli via così lontano? Molti erano morti per colpa dei cani randagi e tutti sanno che, per quanto potessi essere forte, sopravvivere ad un branco era impossibile. Che Konstantin le stesse nascondendo qualcosa? Aveva tutte le ragioni per mantenere dei segreti, non aveva il dovere di dirle tutto. Però quell'evento così strano le rimarrà nella mente di Scarlett per un bel po’ di tempo e il silenzio che li divideva non aiutava. Era sempre stato un tipo silenzioso, ma questa volta il motivo Scarlett lo conosceva bene.
Decise di spostare i suoi pensieri altrove, ma era più complicato di quanto pensasse. Se non pensava a Konstantin, pensava ai bambini e alla preoccupazione che quel sogno le stava dando. Era talmente persa nei suoi pensieri che non si accorse di prendere velocità, superando Konstantin, e avvicinandosi al limite della foresta. Lui la guardò senza dire nulla posando i suoi occhi sulla caviglia di lei. Non sembrava che avesse problemi, soprattutto dopo lo sforzo che fece nel salire la fune. Era chiaro. L'ammirazione per quella ragazza aumentava sempre di più. Vedere quanto ci tenesse ai quei bambini… La forza d'animo che tirava fuori quando si trattava di loro… Dopo la morte della moglie del figlio pensò di non rivedere più una tale forza d'animo e quando Scarlett era con i bambini, gli era impossibile non fare caso a quanto somigliasse alla sua amata defunta. Ma non doveva farci caso. La ragazza aveva una strada da percorrere e lui doveva aiutarla, non metterle i bastoni tra le ruote. Quello che accadde la sera prima… Avrebbe voluto cancellarlo. Chissà cosa pensava in quel momento Scarlett. Probabilmente lo avrebbe paragonato all'essere schifoso che qualche giorno prima voleva abusare di lei e questo gli provocava un forte dolore al petto. Non era dolore, ma un sentimento che si avvicinava molto alla rabbia. Perché sapeva che vi regnava una grande rabbia repressa che doveva domare in tutti i modi possibili. 
Alzò lo sguardo e vide Scarlett uscire dalla vegetazione senza guardarsi prima intorno. Lui aumentò il passo cercando di starle il più vicino possibile, ma quando da lontano sentì delle voci capì che il suo passo doveva trasformarsi in corsa. Voleva avvertirla, ma non poteva, li avrebbero sentiti e localizzati immediatamente. Quando fu ad un paio di metri dalla ragazza, si buttò su di lei, cadendo entrambi a terra. Lei si voltò sorpresa dal quel gesto così improvviso. D’istinto lei aprì la bocca per darle fiato, ma lui gliela coprì con la mano, facendole segno di rimanere in silenzio. La ragazza fece un cenno d'assenso. Lui ritirò dolcemente la mano e nel frattempo le voci in lontananza si facevano sempre più chiassose. Rimasero immobili cercando di trattenere il più possibile i loro respiri. La poca distanza che li divideva e il lungo scambio di sguardi, fece sì che Scarlett arrossì lievemente. Konstantin sembrò notarlo e per questo si spostò, mettendosi affianco alla ragazza alzandosi leggermente per osservare i proprietari di quelle voci seguite da un rumore di motori in movimento. 
Dei soldati stranieri, uno dietro l'altro, sembrava che stessero scortando qualcosa. Da dietro le mura degli enormi autoarticolati avanzarono a passo d'uomo per poi fermarsi. Alcuni uomini presero da un loro furgone delle maschere antigas e, dal retro di un autoarticolato, iniziarono a scaricare con estrema delicatezza quello che poteva sembrare un cilindro d’acciaio. Lo fissarono a terra, a quanto pareva doveva rimanere lì per chissà quanto tempo. Scarlett, notando che lo sguardo di Konstantin si faceva sempre più serio, si alzò leggermente anche lei per osservare cosa stava accadendo. Vedere tutti quei soldati stranieri armati che nascondevano i loro volti dietro una maschera antigas le salì un gelo dalla schiena. Non le era mai capitato di assistere ad un simile evento e quello strano cilindro, di sicuro, non l'aveva mai visto. 
Quando gli stranieri finirono il loro lavoro, si tolsero le maschere per poi riprendere il loro cammino, fortunatamente dalla parte opposta di dove erano diretti Scarlett e Konstantin.
Finché di loro non ce n'era più traccia, Konstantin si alzò in piedi iniziando ad avvicinarsi allo strano cilindro metallico.

<< Ehi, dove pensi di andare? >>

Gli domandò Scarlett alzandosi velocemente trattenendolo da un braccio. Konstantin non si voltò nemmeno alla presa della ragazza.

<< Quei tizi indossavano delle maschere antigas mentre maneggiavano e stavano vicino a quel coso… >>

Lo sapeva bene. Ma non gli importava. Gli tornarono in mente le condizioni della sua ferita e aveva ben capito che la sua situazione era destinata a peggiorare, quindi se gli fosse successo qualcosa avrebbe fatto volentieri da pedina sacrificabile. Si sarebbe lasciato andare.

<< Scarlett… Devo capire cos’è, altrimenti potreste essere tutti in pericolo. È il mio compito, lascia che lo faccia. >>

Cercò di avanzare di un passo, ma Scarlett lo tratteneva ancora. Questa volta fu costretto a voltarsi verso di lei. Per la prima volta vide la rabbia negli occhi color nocciola della ragazza, non poteva sapere quanto quell'ultima frase non le andò giù. 

<< No, questo è il compito di un suicida. >>

Ribatté Scarlett. Era il suo compito andare ad esaminare un oggetto sconosciuto senza alcuna protezione? 

<< Vuoi forse morire? >>

Domandò decisa più che mai continuando a guardarlo negli occhi e stringeva la presa. 
Konstantin rimase per un attimo senza fiato. La sua determinazione lo folgorava. Quella… Quella era la determinazione che Scarlett tirava fuori quando doveva proteggere gli orfani. Quando doveva proteggere le persone a cui teneva. Come una lupa con o suoi cuccioli, era pronta ad affrontare da sola persino un orso per proteggerli e lui rimase muto davanti a quella dimostrazione.

<< Perché se hai quest'intenzione, era inutile riempirmi la testa di promesse che poi non manterrai. >>

Quella fu una frase che gli sfrecciò diretta al petto. Un senso di autorità gli salì. Voleva ribattere. Voleva farle capire che lo avrebbe fatto per proteggerli, ma quando sentì la sua presa lasciarlo, i bollenti spiriti si calmarono.

<< Io avrei una certa fretta. Ho sei bambini a cui pensare e non ne voglio un settimo che sia anche il più ottuso degli altri. Se vuoi andare, vai. Io non ci sarò a vedere come salterai in aria. Sempre se quello sarà la reazione di quel coso! >>

Concluse Scarlett lasciando la presa mentre si allontanava da lui e continuare il tragitto. 
Quello strano strumento era sicuramente qualcosa di pericoloso e non poteva andarsene senza sapere effettivamente cosa fosse. Ma Scarlett aveva ragione. Le condizioni della ferita che andavano man mano peggiorando, gli avevano annebbiato la ragione. Aveva accettato che ormai la morte fosse prossima ad arrivare per lui, ma aveva deciso di sacrificarsi per lei. Per la ragazza che si era presa cura di lui. Un compito che aveva sempre fallito ed era deciso più che mai che, questa volta, sarebbe stato diverso. Il suo paese… La sua casa… Sua moglie… E il suo adorato figlio. Ora, con la morte che lo attendeva, non poteva perdere l'unica occasione per non fallire miseramente.
Guardò il cilindro metallico fissato a terra per poi voltarsi e seguire Scarlett che ormai lo aveva distanziato un bel po’ tanto da non poterla più vedere.

<< Scheisse! >>

Esclamò parecchio irritato trasformando la sua camminata in corsa.
I nemici potevano ancora trovarsi nei dintorni e poteva essere un gran problema.

- Dove sei piccola? -






***Angolo dell'autrice***

Perdonatemi per l'enorme tempo che si è creato dall'ultimo capitolo che ho pubblicato e questo, ma tra esami, impegni vari e viaggi all'estero ero sempre distrutta per scrivere. Saprò farmi perdonare quindi state tranquilli/e che cercherò di riprendere la regolarità che avevo prima nel pubblicare questa storia a cui tengo molto. A presto! :)

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Capitolo 11
*** Patto ***



--- Et Revelata est in Bello ---



-- Patto --







Scarlett continuò il tragitto di ritorno da sola, lasciando alle sue spalle Konstantin intento a capire di che oggetto si trattasse quella specie di cilindro metallico. Era ovviamente un arma. Solo nel vedere come gli stranieri maneggiavano quell'affare con estrema delicatezza mentre indossavano le maschere antigas, si poteva capire quanto poteva essere pericoloso quell’oggetto.
 
<< Idiota… >>
 
Disse stringendo i pugni.
 
<< Stupido idiota! >>
 
Continuò a correre. Voleva essere il più lontana possibile per sperare di non sentire un’eventuale esplosione.
Sentiva i suoi occhi riempirsi di lacrime, mentre dentro di lei la rabbia faceva da padrona. Non poteva credere di essersi separata da Konstantin. Perché lo aveva fatto? Perché aveva preso quella decisione? Se avrebbe insistito ancora di più forse le avrebbe dato ascolto… Ma Scarlett sperava che la sua reazione lo avrebbe fatto ragionare. Sperava di sentire i passi del soldato che la raggiungevano.
Ormai era quella situazione era chiara.
 
- Non è giusto! –
 
In quel periodo pensare ad una frase simile era da stolti. Era ovvio. Ogni cosa che stava accadendo non era giusta. Quella stupida guerra. Tutta quella sofferenza derivata da conflitti di interessi ideologici ed economici creati da persone che nemmeno vedranno mai cosa comporti viverla sul serio la guerra.
Corse finché non raggiunse il luogo dove il giorno prima lei e Konstantin si erano fermati per mangiare. Rallentò il passo avvicinandosi e, proprio nel punto in si sedette il giorno prima, si fermò riprendendo fiato.
Voleva tornare il più presto possibile al rifugio. Il sogno di quella notte l'assillava di continuo nella testa, continuando a sperare di trattarsi solo di un sogno e non un avvertimento.
Voleva riabbracciare quei bambini, vedere che stavano bene come li aveva lasciati. Vedere Matt in salute…  Anche se ultimamente si comportava in un modo distaccato da lei, non significava volergli male. Magari era stato proprio il capo a sorreggere quel muro tra la loro amicizia. Già il capo… Una volta che Theo si sarebbe ripreso, aspettarsi una vendetta non era così strano, anzi. Senza Konstantin, sarebbe tornata sola e nessuno sarebbe venuto in suo soccorso. Le immagini della violenza di qualche giorno fa le scorrevano velocemente nella sua mente. Capì che l'unica soluzione era quella di lasciare il rifugio il più presto possibile. Solamente lei e i bambini. Avrebbero raggiunto il centro commerciale e vivere lì finché non fossero venute a mancare le risorse. E poi, via di nuovo, alla ricerca di un altro posto. Era rischioso, ma era l'unico modo. Bisognava approfittare di quella situazione. Dell'assenza di Theo per fuggire definitivamente da quel rifugio maledetto.
Fissò per qualche secondo l'esatto posto in cui aveva sostato Konstantin. Doveva ammetterlo… Era passata  una settimana dalla prima volta che si erano visti, ma le successive vicende avevano fatto sì che si affezionasse a lui. Provava un immensa ammirazione ed era devota per gli enormi sforzi che aveva fatto per lei. Salvarla dalle grinfie del lurido nelle condizioni in cui era in quel momento, lo trovò pazzesco. Avrebbe voluto passare anni accanto a Konstantin. Accanto a l'uomo che per tutti quei giorni la faceva sentire protetta da qualsiasi cosa.
 
- Konstantin… -
 
Sentì ancora gli occhi riempirsi di acqua. Non doveva piangere. Non voleva.
 
<< Idiota! >>
 
Urlò alzandosi velocemente di scatto rivolgendosi al nulla di fronte a lei come se ci fosse Konstantin.
 
<< Ti prometto di proteggerti! Ti darti una mano al momento del bisogno! Non accadrà nulla ai bambini! >>
 
Disse imitando Konstantin. Poi si voltò verso un ammasso di cemento, in modo tale di dare una consistenza quasi reale di Konstantin.
 
<< Te lo prometto! Dicevi! Sai Konstantin? Credevo che potevi eccellere in tutto: in forza, in tempismo, in destrezza, in determinazione e, sì perché no? Anche in bellezza! Ma ammettiamolo non sei certo uno che eccelle in intelligenza! >>
 
Si avvicinò più a quell'ammasso. Doveva sfogarsi in qualche modo.
 
<< Non ha alcun senso avvicinarsi ad un oggetto nemico sconosciuto. Era più che logico che si trattava di un'arma particolare, ma per te no! Ed è qui che dimostri gloriosamente la tua poca intelligenza. Tu dovevi avvicinarti per fare l'eroe della situazione. Di una situazione che peggio di così non poteva andare. Sai che ti dico? >>
 
Riprese fiato e con un tono più pacato disse:
 
<< Non è mai stata mia intenzione lasciare indietro qualcuno a cui tenevo. Quindi tornerai con me. >>
 
Si voltò velocemente. Doveva tornare nel punto in cui aveva lasciato il soldato. Questa volta non lo avrebbe lasciato lì. Lo avrebbe costretto a seguirla senza ascoltare alcuna motivazione da parte del biondo. Gli avrebbe rinfacciato tutto. Lo avrebbe fatto anche se di lui era rimasto solo il cadavere.
Iniziò ad allungare il passo quando vide la sagoma di un uomo davanti a lei. Si bloccò per osservarlo meglio.
 
<< Davvero pensi che sia così stolto? >>
 
<< Konstantin?! >>

 
Proprio lui. Era lì appoggiato con la schiena ad un muro con le mani conserte come se stesse aspettando qualcuno. O qualcosa dato che probabilmente aveva ascoltato più del dovuto.
Scarlett era stupita nel trovarlo lì. Sereno anche se con il suo solito sguardo serio.
 
<< Emh, sì… Esattamente. >>
 
Lui si separò dal muro, avvicinandosi a lei sciogliendo le braccia.
Scarlett diventò seria, ma il passo deciso e sicuro di Konstantin la fece indietreggiare un po’. Provava troppe emozioni in quel momento. Rabbia, tristezza, felicità. Vedere che era vivo e vegeto la riempì di gioia, ma non gli avrebbe fatto passare tanto facilmente il senso di colpa che stava provando fino a qualche secondo prima per causa del tedesco.
La ragazza si fermò, non c’era alcun motivo di indietreggiare. Aveva tutti i motivi di essere arrabbiata e non le mancava molto a sputare tutto il veleno che aveva dentro. Konstantin si fermò poco meno di un metro da lei che continuava a guardarlo con uno sguardo intenso. La comprendeva, non aveva proprio fatto la cosa migliore del mondo lasciarla in quel modo e si sentiva parecchio in colpa. La decisione di andare a controllare quello strano oggetto metallico per proteggere tutti era una scusa. Una scusa per farla finita nel modo più veloce possibile, al contrario della morte lenta che gli avrebbe comportato l’infezione della ferita addominale. Ormai aveva deciso. Era anche disposto a soffrire per aiutare la ragazza che aveva esattamente davanti a lui. Avrebbe dovuto scusarsi ma, se ci sarebbe stata un’imminente morte, decise da quella mattina di ridurre determinate confidenze in modo tale che Scarlett non si affezionasse ulteriormente a lui. Così quando non ci sarebbe stato più, lei non avrebbe sofferto.
 
<< Bene. Continuiamo, ci manca ancora tanta strada. >>
 
Disse Konstantin sorpassandola e dandole le spalle.
 
<< Cosa? >>
 
Domandò Scarlett voltandosi verso Konstantin.
 
<< E’ tutto quello che hai da dire? >>
 
Konstantin si fermò in silenzio.
 
<< Pensi che dovrei rimanere impassibile a questo tuo comportamento? >>
 
Ma lui continuava a non rispondere.
 
<< Pensi che io non abbia avuto paura sentirti parlare in quel modo? >>
 
La voce di Scarlett iniziava a tremare al solo pensiero di come poteva andare diversamente quella giornata. Non doveva farsi trasportare dall’emozioni, ma non trovava giusto il comportamento di Konstantin nei suoi confronti. Soprattutto perché non ne capiva il motivo.
 
<< Konstantin? >>
 
Nulla. Rimaneva lì. Fermo, immobile. Scarlett si era stancata di parlare senza avere un contatto visivo con lui, così aggrottò le sopracciglia e lo sorpassò, veramente intenzionata ad avere una risposta.
Velocemente lo raggiunse, erano una di fronte l’altro. Lui aveva lo sguardo basso. Sembrava afflitto. Lei ostinatamente continuava a guardargli il volto in silenzio per qualche secondo.
 
<< Kostantin! >>
 
Ma nulla. Non c’era ragione di avere risposta. La pazienza di Scarlett arrivò al limite. Se c’era una cosa che non sopportava era proprio non essere ascoltata quando voleva cercare di aiutare. Così si fece prendere dall’emozioni e diede uno schiaffo direttamente su una guancia del soldato che rimase indifferente, ma almeno Scarlett aveva finalmente ciò che voleva. Gli occhi glaciali erano completamente a sua disposizione, immersi in quelli marroni lucidi di lei.
 
<< Ho perso la mia famiglia in un frangente di secondo e continuo a maledirmi di essere ancora in vita. Ero completamente sola in un mondo che vedevo sgretolarsi davanti ai miei occhi. Ho sofferto la solitudine e la fame per mesi. Volevo, anzi, desideravo morire e nel momento in cui avevo preso la decisione, sono stata salvata dandomi modo di conoscere delle persone meravigliose, come quei bambini, che sono riuscite a tirarmi fuori da quel limbo di disperazione. Quindi… Mettiti in testa che io non voglio perdere più nessuno. >>
 
Anche se arrabbiata, si poteva sentire benissimo il senso di compianto in quelle parole. Konstantin continuava a guardarla con la sua solita espressione austera senza dire nulla. Ancora il silenzio regnava in quel luogo. Scarlett abbassò lo sguardo, aveva detto tutto ciò che voleva dire in quel momento.
Un leggero tocco le fece alzare il viso. La mano di Konstantin era sotto al mento spostandosi poi delicatamente sulla guancia della ragazza. Scarlett non poteva fare a meno di guardarlo negli occhi, erano come delle calamite per lei.
Konstantin l’attirò verso il suo petto abbracciandola. Scarlett si sentì stringere tra le sue braccia e ne fu sorpresa. Fu più forte di lei. Chiuse gli occhi cercando di assaporare totalmente quella sensazione di sicurezza che ultimamente sentiva solo quando era vicino al tedesco. Non ricambiò l’abbraccio, non avrebbe guadagnato il perdono così facilmente.
L’abbraccio durò qualche poco meno di dieci secondi, per poi separarsi nuovamente.
 
<< La prossima volta, se dovesse passarmi per la testa un’altra idea come quella che ho avuto prima, hai il dovere di picchiarmi a pugni e non azzardarti più a tornare indietro e a rischiare la tua vita per uno sconsiderato come me. >>
 
Disse Konstantin sorridendole. Scarlett sentì il cuore velocizzarsi all’improvviso nel vederlo sorridere.
 
<< Perché pensi che tornavo indietro per te? >>
 
Disse Scarlett sorridente anche lei mentre Konstantin sembrava sorpreso da quella domanda.
 
<< Ovviamente, tornavo principalmente per recuperare il borsone con tutte le risorse che stai portando. >>
 
Ci volle un secondo per far scoppiare entrambi in una risata.
 
<< Certo. Ovviamente… >>
 
Konstantin ripeté quel’“ovviamente” imitando un po’ Scarlett. Nel frattempo insieme iniziavano a camminare per continuare il ritorno al rifugio.
 
<< Credimi, se saresti saltato in aria, sarebbe stata anche una gran seccatura raccogliere tutto. >>
 
<< Bè… Non era proprio quello che ti avevo sentita dire quando farneticavi da sola. >>
 
Scarlett si imbarazzò e si limitò a guardare altrove.
 
<< Te non dovevi essere lì… >>
 
Un’altra leggera risata fece il soldato. Per Scarlett andava bene così, le dava la sensazione che tutto si era rimesso apposto. Come qualche giorno prima.
Il viaggio di ritorno fu più breve, sapevano quali sentieri seguire e nessun gruppo di nemici o branco di cani randagi avevano fatto rallentare il passo. Si fermarono giusto un momento per mangiare qualcosa, ma prima del tramonto arrivano al rifugio. Mentre raggiungevano l’entrata, Scarlett poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata. Più si avvicinava, più i ricordi che le aveva lasciato quel sogno le riempivano la testa. Non voleva pensare al peggio, ma era la prima volta che lasciava gli orfani per così tanto tempo da soli.
Finalmente erano davanti all’enorme porta di metallo del rifugio. Bastava dire la parola d’ordine e poi qualcuno avrebbe aperto la porta, ma prima Scarlett sospirò cercando di scacciare quei pensieri che affollavano la sua mente. Konstantin lo notò, ma non disse nulla. Capì che stramente la ragazza non era a suo agio, così si limitò a farle cenno di far aprire la porta. La ragazza annuì e avvicinandosi alla porta disse la parola d’ordine:
 
<< Raccolgaci un’unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l’ora suonò. >>
 
Aspettarono qualche secondo, ma nessuno aprì la porta così Scarlett ci riprovò alzando leggermente la voce.
 
<< Raccolgaci un’unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l’ora suonò. >>
 
I due si scambiarono uno sguardo interrogativo.
 
<< Qualcosa non va… >>
 
Disse Scarlett preoccupata.
 
<< … hanno sempre aperto subito. Non mi hanno mai fatto ripetere due volte la parola d’ordine. >>
 
Continuò guardando Konstantin mentre sentì il cuore accelerare così in fretta da sembrare molto doloroso. Si avvicinò di molto anche il tedesco alla porta che, con un paio di colpi con la sua mano, disse:
 
<< Vogliamo aprire questa porta? >>
 
Ancora un altro paio di colpi ripetuti, ma dall’altra parte ancora nessuna risposta.
Rimasero lì, entrambi senza parole. Nel silenzio si poteva sentire chiaramente il respiro accelerato di Scarlett che il tedesco notò subito e doveva cercare di calmarla. Non era di certo un ottimo momento per un attacco di panico, ma non fece in tempo ad aprire bocca che la ragazza si scaraventò sulla porta di metallo recitando ripetutamente la parola d’ordine:
 
<< Raccolgaci un’unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l’ora suonò.
Raccolgaci un’unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l’ora suonò!
Raccolgaci un’unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l’ora suonò!! >>

 
Alzava sempre di più la voce senza preoccuparsi che l’avrebbero potuta sentire all’esterno da qualche nemico di passaggio. Konstantin cercò di fermarla in qualche modo e di allontanarla dalla porta.
 
<< Scarlett, calma! Non urlare siamo ancora all’esterno. Scarlett! Scarlett!! >>
 
La ragazza sembrava non ascoltarlo, si dimenava, così il soldato fu costretto a metterle una mano davanti alla bocca per cercare di non farla urlare ulteriormente. La preoccupazione che aveva per quei bambini la stava travolgendo facendola entrare nel panico, così applicò ancora più forza su di lei. Se non si sarebbe calmata da sola, l’avrebbe fatta stancare in quel modo.
Ad un tratto il rumore della porta che si apriva fece fermare l’agitazione di Scarlett ed entrambi rimasero ad osservare la porta che si apriva.
 
<< Scusate se ci ho messo un po’ ma non riuscivo a capire il metodo per… Ma che cavolo state facendo? >>
 
Disse Damiano mentre apriva la porta per poi guardare sbalordito i due che erano ancora avvinghiati tra loro. Konstantin lasciò la ragazza che si precipitò sul ragazzino abbracciandolo.
 
<< Ehi Rossa! Ma che diavolo fai? >>
 
<< Gli altri stanno bene? >>

 
Chiese Scarlett riferendosi agli altri bambini.
 
<< Emh sì, tutto come al solit- >>
 
Non fece neanche in tempo di completare la frase che Scarlett gli diede un colpo sulla testa, facendogli un po’ male.
 
<< Ma sei pazza? Mi hai fatto malissimo! Che ti è preso tutto ad un tratto? >>
 
<< Questo è per lo spavento che mi hai fatto prendere inutilmente. >>
 
<< Ehi non è mica colpa mia se Theo ha tutte le ossa rotte e non può stare qui a fare il suo dovere. >>

 
Effettivamente Scarlett si era dimenticata di quel particolare. Se nella sua testa avesse lasciato spazio anche per gli avvenimenti accaduti qualche giorno prima, probabilmente avrebbe avuto più pazienza e non avrebbe fatto la figura della pazza ma, ostinata com’era in quel momento, non si scusò nemmeno con il ragazzino. Lo sorpassò con passo deciso, dritta nella sua stanza. Sua e dei bambini ovviamente. Non vedeva l’ora di risentire le loro voci e di fargli vedere quanti bei nuovi indumenti aveva preso.
Il suo cuore palpitava dalla felicità nell’aprire la porta e vedere i loro volti sorridenti che la guardavano.
 
<< Scarlett! >>
 
Gridarono in coro mentre l’assalirono di abbracci. Scarlett si inginocchiò per essere alla portata degli abbracci di tutti per poi aprire lo zaino che aveva. Non vedeva l’ora di vedere le loro facce stupite.
 
<< Guardate bambini! Guardate quante cose siamo riusciti a portarvi questa volta! >>
 
Come predetto, i bambini erano sbalorditi e all’unisono sbirciarono nello zaino in piena libertà. Nel frattempo anche Konstantin e Damiano raggiunsero la stanza, che però sorpassò il tedesco per andare anche lui a sbirciare lo zaino di Scarlett. Era una scena semplice, naturale… Che faceva scaldare il cuore.
 
<< …E non è finita qui! Konstantin, dai metti pure qui il borsone. >>
 
Disse Scarlett, Konstantin si sfilò le bretelle dell’enorme zaino che portava sulle sue spalle e lo mise accanto a quello della ragazza. Non fece neanche in tempo a lasciarlo completamente a terra che i bambini lo assalirono per tirare già fuori il contenuto. Tanti piccoli indumenti uscirono velocemente e, ovviamente, i piccoli orfani non ci pensarono due volte nel provare ad indossarli.
Konstantin fece qualche passo indietro per lasciare più spazio possibile in quella stanza, tanto che raggiunse di nuovo l’ingresso della stanza. Si limitò ad osservare quanto i bambini correvano, ridevano. Forse quella confusione avrebbe infastidito gli altri rifugiati, ma avrebbero fare prima i conti con lui. Non avrebbe permesso a nessuno di interrompere quella scena.
 
<< Tutto questo in solo due giorni di viaggio e una notte, vi faccio i miei complimenti soldato. >>
 
Konstantin si voltò. Si trattava del ragazzo dagli occhi chiari e i capelli scuri ormai accanto a lui che si limitò ad osservare la stessa scena. Il tedesco rimase in silenzio anche se era quasi infastidito dalla presenza del giovane. Non aveva alcuna intenzione di conversare. Voleva godersi quegli attimi prima di tornare nella vera realtà.
Matt l’osservò dall’alto verso il basso.
 
<< Scarlett lo sa? >>
 
Il tedesco sbruffò.
 
<< Non so a cosa ti riferisci. >>
 
Matt sorrise.
 
<< Alla ferita, ovvio. E’ peggiorata vero? >>
 
Ma la risposta di Konstantin fu solo il silenzio.
 
<< Se il capo e il resto dei rifugiati vengono a sapere del peggioramento della sua ferita ne approfitteranno per ucciderla. >>
 
<< Onestamente, ho già accettato quello che potrà accadermi. >>
 
<< Ma non ha preso in considerazione cosa potrebbe accadere agli orfani e a Scarlett. Per questa gente loro sono soltanto un peso. Con il fatto che Scarlett deve badare ai quei bambini non riesce a procurarsi viveri per il resto dei rifugiati e stiamo scarseggiando di esploratori. Sta diventando sempre più difficile vedere dei rientri efficienti. Il capo sarà costretto a diminuire gli abitanti di questo posto e non è difficile pensare chi sarà a rimetterci. >>

 
Il tedesco rifletté sulle parole del ragazzo. Aveva ragione erano partiti con l’intento di aiutare tutti nel rifugio, ma c’era un motivo per cui stava facendo quel discorso proprio a lui.
 
<< Io e te abbiamo già una collaborazione. Non mi sembra coerente aggiungere altro. >>
 
<< Avevo sbagliato a calcolare i tempi. Lei mi serve se devo prendere sotto il mio controllo questo rifugio. Voglio cambiare le cose… Non voglio lasciare indietro nessuno. >>

 
Disse l’ultima frase guardando intensamente Scarlett, un particolare che il tedesco notò. Anche se le intenzioni del ragazzo erano buone, Konstantin sentiva dentro di sé di non poter fidarsi completamente del ragazzo. Non sembrava spiegare tutto.
 
<< Questo discorso mi sembra molto a senso unico. >>
 
<< Dice? Credete che avete fatto un ottima mossa entrare nel rifugio con due zaini pieni, di quelle dimensioni e consegnare il contenuto solo agli orfani? Così velocizzate solo il processo di farvi uccidere e di lasciare Scarlett in un mare di guai. Si faccia aiutare. In vostra assenza baderò io ai bambini e cercherò in tutti i modi di darle più giorni possibili con quella ferita. >>

 
Konstantin continuava a rimanere in silenzio. Il ragazzo aveva ragione, le provviste erano principalmente per i bambini di Scarlett e anche se qualcosa avanzava non sarebbe mai stato sufficiente per tutti.
 
<< Matt? >>
 
Scarlett si alzò in piedi con una sacca tra le mani per dirigersi verso i due mentre qualche bambino salutò Matt che ricambiò immediatamente.
 
<< Se sei venuto a dirci che stiamo facendo baccano, sappi che sto per chiudere la porta. >>
 
Disse rivolgendosi a Matt per fargli capire che lo voleva fuori dai piedi.
 
<< No tranquilla, sono felici che tu sia tornata quindi non pens- >>
 
<< Queste sono le provviste per il resto del rifugio, la prossima volta che andremo in esplorazione cercheremo di portarne di più. >>


Matt fu sorpreso, conosceva la forza di volontà della ragazza ma non l’aveva mai provata contro di lui. Konstantin, invece, ne fu particolarmente soddisfatto. Vedere quella forza di volontà bruciare come una fiamma ardente in Scarlett lo rendeva quasi orgoglioso.
 
<< Bene, grazie Scarlett… >>
 
Disse Matt facendo prima un profondo respiro. Non riusciva ad accettare il distacco della ragazza, ma la rispettava. Così scambiò un ultimo sguardo con entrambi e si allontanò verso il magazzino.
Scarlett rimase ad osservarlo fino alla fine per poi far entrare Konstantin e chiudere la porta.
La ragazza tornò dai bambini come se nulla fosse accaduto e Konstantin non pensò altro che alle parole di Matt. Effettivamente non c’era tempo, la sua vita, quella dei bambini e soprattutto quella di Scarlett dipendevano dal marcire della sua ferita. Non era facile, ma quando mai lo era stato? Il ragazzo aveva ragione, bisognava sbrigarsi, ma non sarebbe stato al solo gioco del ragazzo. Se tutto dipendeva dalle condizioni della sua ferita… 

- Allora che così sia. –
 
 
Si fece sera e come era solito fare, dopo la cena Scarlett avrebbe raccontato una favola ai bambini, ma proprio quando erano tutti composti per iniziare Konstantin si alzò per uscire dalla stanza. Scarlett lo notò ma non disse nulla, era più che lecito che il soldato poteva fare quello che voleva. Pensava che oltre che dirigersi al bagno non poteva andare da nessuna parte. Invece quella sera Konstantin aveva un’altra meta.
Attraversò il corridoio fino a raggiungere la stanza dove qualche giorno prima Matt gli aveva fatto una diagnosi della sua ferita.
La porta era chiusa. Bussò.
Fu la ragazza dai capelli ambrati ad aprire la porta che lo guardò dall’alto verso il basso e viceversa per poi fare un sorriso malizioso.
 
<< Nuovo look? Sembri molto più giovane senza barba sai? >>
 
Il soldato non disse nulla, le parole della ragazza furono come aria.
 
<< Silenzioso eh? >>
 
Aggiunse Ambra con il solito sorriso. Intanto da dentro la stanza una voce maschile:
 
<< Chi è alla porta? >>
 
<< E’ il tedesco, tesoro. Lo faccio entrare? >>
 
Konstantin non se ne accorse, ma l’ultima frase della ragazza fu volutamente molto perspicua.
 
<< Certo, lasciaci pure da soli cara. >>
 
Disse Matt sempre da dentro la stanza. Ambra si spostò per lasciare libero il passaggio al soldato e non si trattenne nel dare un’occhiata anche al suo “dietrofront”.
Konstatin entrò nella stanza e chiuse la porta alle sue spalle. Matt gli dava le spalle mentre destreggiava delle fiale mediche.
 
<< Ho appena finito di fare una soluzione antibatterica che deve rallentare il processo d’infezione della sua ferita, prego si sieda pure qui. >>
 
Ma Konstantin non si mosse, ne fece un fiato. Si sentì Matt sospirare per poi voltarsi verso di lui e togliersi la mascherina.
 
<< Qual è il problema? E’ fatta con erbe mediche e disinfettante, se non mi crede può tranquillamente sfogliare quei libri, ho preso da lì le vari dosi. >>
 
Disse Matt indicando i diversi libri aperti su un piccolo comò.
 
<< Non sono qui per le tue cure. Come ti dissi oggi, ho già accettato quello che mi accadrà. Abbracciare la vita significa, accettare la morte e io ho già avuto le mie gioie in questa vita. >>
 
Matt sgranò gli occhi, stupefatto.
 
<< Lei sta rifiutando di collaborare con me? >>
 
<< Non ho detto questo. Lei ha bisogno di me perché probabilmente vuole che sia io ad uccidere il vostro capo. O sbaglio? >>

 
<< Bè… Avrei voluto dirglielo nei prossimi giorni, ma pensavo che non doveva essere un problema per un militare uccidere un uomo per il bene dei propri cari. O sbaglio? >>
 
Konstantin sorrise.
 
<< Ti aiuterò nella tua ascesa al trono ragazzo e sarà unicamente l’infezione a decidere quanto tempo avremmo a disposizione. Prima lo facciamo, prima Scarlett e i bambini potranno condurre una vita serena. >>
 
Matt si avvicinò a Konstantin. Faccia a faccia.
Il ragazzo tese il braccio destro verso l’uomo, che fece altrettanto chiudendo la loro conversazione con una stretta di mano.
Lasciarono la presa in modo tale che Konstantin poteva lasciare la stanza, non c’erano altre parole da dire, o almeno così credeva.
 
<< Un’ultima cosa… Io credo che prova qualcosa per Scarlett, non so se sia amore paterno, fraterno o qualcos’altro. Siamo uomini e quando c’è una donna di mezzo si risveglia un certo istinto in noi che, come posso dire… Ci fa comportare come dei selvaggi. Cerchi di non farsi prendere da quest’istinti. >>
 
Konstantin si bloccò a quelle parole che gli fecero ribollire il sangue, ma non lo diede a vedere. Con estrema tranquillità si voltò di nuovo verso il ragazzo.
 
<< Non sono io qui a cedere ai propri istinti. >>
 
Disse aprendo la porta velocemente mostrando a Matt che Ambra con un’agile mossa nascose una piccola trousse con specchio con cui si stava truccando e sistemando.
 
<< Avete già finito? Che velocità. >>
 
Disse Ambra mentre si riavvicinava alla porta della sua stanza e che non staccava mai gli occhi da Konstantin. Lui, invece, non la degnò per nulla. Si limitò ad allontanarsi per tornare nella stanza con Scarlett e i bambini.
 
Matt chiuse la porta e spogliò dagli indumenti da medico che aveva.
 
<< Ambra potresti farmi un favore? >>
 
<< Tutto quello che vuoi tesoruccio. >>

 
Gli rispose mentre si sdraiò sul letto in maniera seducente.
 
<< Vedi quelle fiale lì, chiudile con quei tipi di tappi e mettile nella scatola sotto il letto. >>
 
<< Ma tesoro, è tardi… Possiamo benissimo farlo domani mattina, abbiamo tutto il tempo. >>
 
<< Fa quello che ti ho detto Ambra! >>

 
Ambra spaventata si alzò dal letto. Non era la prima volta che Matt la rimproverava, come non era la prima volta che lo vedeva imbestialirsi da un momento all’altro e non voleva proprio farlo arrabbiare quella sera. Prese la scatola sotto al loro letto e si avvicinò al tavolo di lavoro di Matt. Prese le fiale con cura, chiudendole con dei tappi di plastica per poi metterle nella scatola. Fu in quel momento che Matt si avvicinò alla ragazza per prenderle la scatola.
 
<< La metto io sotto il letto. >>
 
Ambra cedette la scatola e guardò di fronte a sé. Abbassò lo sguardo dove notò dei steli di fiori senza petali. Prese uno stelo per poi guardare i libri aperti sul piccolo comò. Nelle pagine aperte c’erano immagini che rappresentavano un fiore bellissimo dai petali viola.
 
- Aconitum Napellus... - 

<< Hai preso dei fiori nel tuo ultimo viaggio e non ne hai portato neanche uno alla tua amata. Pensi sempre a come aiutare gli altri mentre quando io ho bisogno di te non ci sei mai. >>
 
Disse Ambra in modo piagnucoloso. Matt si avvicinò dietro di lei e con voce calma e seducente le sussurrò in un orecchio.
 
<< Ma amore, tesoro… Non potrei mai regalarti un fiore dall’altà tossicità. >>
 
<< Dall’alta tossicità? >>
 
<< Sì anche se sono le radici ad essere il vero problema. >>

 
Le disse sfiorandole i fianchi. Ambra rise al tocco del ragazzo e si voltò verso di lui mettendogli le braccia intorno al collo.
 
<< La prossima volta mi prenderai dei fiori belli come questo? >>
 
<< Tutti quelli che vuoi. >>

 
Dissero per poi scambiarsi una serie di lunghi e passionali baci che li accompagnarono sul letto più accogliente del rifugio.






***Angolo dell'autrice***

Imploro perdono per tutti coloro che hanno atteso un nuovo capitolo per tutto questo tempo! Non voglio fare false promesse e dirvi che presto ne pubblicherò un altro, quindi pubblicherò semplicemente quando avrò tempo. Tempo che sto completamente dedicando all'accademia in cui sto seguendo ben tre corsi differenti, quindi siate clementi :) Per il resto, visto che tra poco sarà Natale, vi faccio tantissimi auguri e grazie per il vostro tempo che userete leggendo questa mia storia :)

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