Il rapimento della gallina

di IsaMor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Camaro ***
Capitolo 2: *** Rapimento ***
Capitolo 3: *** Bosco ***
Capitolo 4: *** Traguardo ***



Capitolo 1
*** Camaro ***



CAMARO

 

Se c'era una cosa che Derek Hale odiava più di quanto odiasse qualsiasi altra cosa, e non era un'impresa facile, era quello stupido gioco che la sua città organizzava ogni anno. 

Aveva passato sette anni ad evitarlo e ora ci si era trovato catapultato dentro per di più di sua spontanea volontà, solo per dimostrare chissà che cosa ad uno stupido sceriffo di campagna. 

Ma per spiegare come mai si trovasse in una foresta a stringere un mucchietto di ossa, sarcasmo e nei tra le braccia, bisogna partire dall'inizio. 

~×~

I lupi mannari sono riconosciuti in tutto il mondo come razza dominante, ma stranamente al dominio preferiscono la condivisione, il gioco e la protezione, come accade nei branchi composti da lupi. 

I licantropi sono esseri forti, carismatici quando serve e dannatamente belli. Per loro, è estremamente facile affascinare un umano, e nel corso della storia non si sono fatti problemi a portar via un umano dal proprio compagno o dalla famiglia con veri e propri rapimenti che si concludevano al riparo da occhi indiscreti nel bosco. 

L'usanza di rapire impunemente un umano e farne il proprio compagno o la propria compagna, si era persa con leggi più severe, ma i licantropi non sono esseri che amano le leggi, soprattutto se esse castrano i loro istinti di cacciatori. 

Era per il loro istinto selvaggio che a Beacon Hills era nato uno stupido gioco che si svolgeva l'ultimo week end di giugno.

Ma prima ancora di raccontare del famigerato week end, dobbiamo raccontare la storia di due licantropi e uno sceriffo. 

~×~

La famiglia Hale è una delle più antiche di Beacon Hills e soprattutto è una famiglia di licantropi e proprietari di numerose attività in città. La comunità intera li riconosce tutti come benefattori e ottimi datori di lavoro. 

Essa è composta da molti licantropi, ma quelli che più spiccano sono Talia e suo marito Michael Hale, per la loro bravura negli affari, poi c'è Peter Hale fratello di Talia che è celebre più per i guai che combina in città. 

Ed è proprio a causa di uno di questi guai che tutto ha inizio. 

~×~

Peter stava sfrecciando con la Camaro del nipote lungo una strada poco trafficata, dove la velocità massima era di settanta chilometri l'ora. Lui aveva ignorato bellamente i limiti di velocità, finchè la sirena dell'auto della polizia non l'aveva costretto a fermarsi.

"Agente Parrish, problemi?" domandò prima che l'uomo in uniforme fosse di fianco al finestrino.

"Libretto di circolazione e patente signore. E sono vice sceriffo." affermò in tono spento, visto che ripeteva fin troppo spesso quelle parole all'uomo.

"Una volta me li chiedeva più allegro. Cos'è successo, non la diverte più multarmi?"

"Hale, questa è la sesta multa quest'anno e siamo solo a settembre. Non le pare che sia arrivata l'ora di rispettare i limiti di velocità?"

"E deluderla agente? Mi sentirei in colpa a saltare i nostri incontri clandestini." fece l'occhiolino al giovane vice sceriffo che Peter sapeva essere un licantropo di una strana forma.

"Peter sei ad un passo dal farmi perdere la pazienza! Vuoi capire che i limiti sono fatti per essere rispettati?"

"Jordan caro, e tu vuoi ricordarti che sono un licantropo con ottimi riflessi? Capisco che tu sia strano, ma dovresti ricordarti che non esiste licantropo che non sa sterzare all'ultimo momento."

L'altro era già stufo. "Sparisci!" ordinò dandogli i documenti e una multa per eccesso di velocità.

~×~

Gli incontri tra Peter e le forze dell'ordine della città, in particolare con il vice sceriffo, continuarono invariati fino a capodanno. 

Peter poteva vantare dieci multe in un anno, tutte con la Camaro del nipote Derek, studente universitario a New York. Derek Hale, figlio di Talia e Michael era il classico bel licantropo, come suo zio, con un tocco in più di tenebroso. 

Faceva furore ovunque andasse, anche se sembrava poco interessato alle troppe attenzioni delle ragazze e dei ragazzi, tanto che la notte di capodanno stava attraversando la città a tutta velocità per sfuggire ad un appuntamento al buio organizzato da suo zio. Per sua fortuna sarebbe tornato presto a New York per gli ultimi esami.

Un faro l'accecò nello specchietto retrovisore e decise di fermarsi, sul ciglio della strada.

Un agente cinquantenne scese dall'auto dietro di lui e gli si accostò. 

"Peter, non hai ancora capito... Ah, è lei?"

"Sceriffo." salutò asciutto.

"Correva troppo, devo multarla Hale."

Derek non rispose, si limitò ad aspettare la multa per poi andare via. Era stanco di quella pessima serata.

"La prossima volta, sequestro l'auto a chiunque ci si trovi sopra." avvertì l'uomo consegnando la multa. 

"Chiaro sceriffo. Auguri di capodanno"

"Auguri anche a lei."

Derek lasciò l'uomo.

~×~

Era l'inizio di giugno quando Derek e Peter rimaserò a piedi a causa della rimozione forzata della Camaro, conseguenza di una nuova multa per eccesso di velocità. 

Davanti a loro Parrish e lo sceriffo Stilinski si godevano lo spettacolo. 

"Sceriffo, l'auto è mia, ma tutte quelle multe erano di Peter. Se mai, dovreste portar via lui."

"Ehi! Ingrato di un nipote." si guadagnò uno sguardo in cagnesco dal nipote. 

"Siete stati avvertiti." gongolò Parrish. 

"Stia tranquillo signore, rivedrà tra qualche giorno la sua auto o qualche settimana." l'informò Stilinski troppo allegro in volto. 

"Il deposito delle auto è mal tenuto, la mia Camaro rischia di venir rovinata. Possiamo trovare un'altra soluzione?" domandò Derek, senza mostrare la sua ansia per quell'oggetto, ma sapendo bene che la sua amata auto avrebbe subito di tutto. 

"Purtroppo non possiamo fare nulla. Ci sono troppe multe non pagate."

Peter si guadagnò un'altra occhiataccia del nipote.

"Non guardarmi così. Ne avrò dimenticata qualcuna." Peter, fece il finto ingenuo. 

"Diciamo otto." affermò Parrish trattenendo un ghigno soddisfatto. 

"Peter!?" ringhiò Derek allo zio, afferrandolo per la cammicia. 

"Signori, calma." intervenne lo sceriffo Stilinski, cercando di separarli.

Ma in pochi secondi la cosa degenerò in uno scambio di pugni, dove stranamente lo sceriffo, unico umano, aveva avuto la meglio. Peter le aveva prese da suo nipote e da Parish, mentre Derek si era ritrovato a terra a causa di una scossa causata dalla pistola elettrica dello sceriffo. 

Un'ora dopo erano in una cella per licantropi alla centrale di polizia. 

"Sai nipote, la colpa non è mia. Quei due ci hanno puntato da tempo perché credono che siamo ricchi e viziati." affermò il licantropo dalla branda su cui era elegantemente disteso. 

"Tu sei ricco e viziato! Quindi smettila." affermò esasperato Derek, poggiato al muro con le braccia incrociate.

"Dovremmo farla pagare a quei due." sostenne con non curanza. 

"Vuoi aggiungere l'omicidio sulla tua fedina penale."

"Non parlo di questo, per chi mi hai preso?"

L'altro sollevò un sopracciglio in modo molto eloquente. 

"Pensavo che potremmo divertirci con il gioco del Rapimento della gallina a fine mese."

"Io non lo rapisco Parrish e me lo trascino nel bosco. Fallo tu e già che ci sei fatti un paio di foto con la preda. Tua sorella ne sarà entusiasta." sbuffò Derek. 

"Non mi riferisco a Parrish, lui è un licantropo. A noi serve un umano che faccia incazzare lo sceriffo."

"Chi?" sembrò sinceramente interessato il nipote. 

Peter accennò con la testa a guardare oltre le sbarre e fu allora che Derek vide la sua preda. 

Un ragazzino con una felpa rossa troppo grande per quel corpo da diciassettenne, stava curiosando per l'ufficio.

Derek l'osservò allungarsi sulla scrivania di un agente assente in quel momento e mettere il naso in cartelline riservate della polizia. Aveva lo sguardo vispo e sembrava che il suo cervellino umano elaborasse a mille a l'ora ogni informazione. 

Quel ragazzo dagli occhi castani, che alla luce del sole delle finestre sembravano ambrati come quelli di un licantropo, istigava la parte selvaggia di Derek, quasi urlando di rapirlo e portarlo nel bosco. Non sapeva perché, visto che l'umano non era nulla di speciale, ma forse l'idea di Peter poteva essere interessante. 

"Chi è?"

"Il figlio dello sceriffo."

"Sai che ci ucciderà se facciamo questo stupido gioco con suo figlio?"

"Ma è questa la parte divertente, farci beffe di lui davanti a tutta la città. Il tutto legalmente."

Derek sembrò pensarci, ma poi decise per un secco "No." Non voleva nuovi problemi con lo sceriffo.

"Noioso di un nipote. Hai preso tutto da tua madre."

Intanto, Parrish era entrato nella stanza e il ragazzino era ritornato al suo posto fingendo di leggere un libro alla rovescia. Derek sorrise, ma distolse lo sguardo, aguzzando però l'udito. 

"Stiles, ti ho portato da bere. Come va la lettura?" fece Parrish stranamente gentile. 

Derek percepì una punta d'eccitazione nel licantropo. 

"Bene, grazie. Sono a metà del libro ed è così avvincente che credo lo rileggerò prima o poi." rispose veloce.

"Spero che lo rileggerai dal verso giusto la prossima volta?" scherzò prendendo il libro e rigirandolo nelle mani del giovane.

Il ragazzo arrossì beccato sul fatto e Derek non riuscì a resistere ad assistere a quello spettacolo ascoltando anche il cuore di Stiles con il suo super udito da licantropo.

Notò anche il sorriso seduttore di Parrish e non gli piacque.

"Cosa stavi spiando?" domandò curioso il vice sceriffo. 

Stiles apparve imbarazzato agli occhi di Derek, soprattutto perché Parrish chiaramente cercava di sedurlo. 

Derek voleva ringhiare e aggredire il vice sceriffo, tutti quegli ormoni nell'aria lo infastidivano. 

Per sua fortuna, delle voci famigliari entrarono nella stanza e Parrish tornò ad un atteggiamento serio.

"Signora Hale, eccoli lì. La prossima volta non sarò così comprensivo."

La donna guardò i due oltre la gabbia, Peter si era messo in piedi rispettosamente, come se la sorella fosse una sovrana ed entrambi i carcerati condannati alla gogna.

Mentre, lo sceriffo faceva firmare delle carte alla donna, Derek guardò Stiles incrociando i suoi occhi e prese una decisione. 

"Peter, ci sto!"

~×~

Anche se Derek ci aveva ripensato spesso, l'idea di rapire quel ragazzino non era svanita, anzi a causa dello sceriffo e soprattutto di Parrish che continuavano a trattenere la sua auto e l'ultimo a corteggiare Stiles, l'intenzione di partecipare a quel gioco era aumentata. 

Quand'era bambino partecipava sempre nel gruppo dei piccoli, costretto dalle maestre perché lo rimproveravano d'essere troppo solitario e taciturno. Quindi per evitare altri fastidi partecipava e visto che non voleva litigare con i compagni di scuola licantropi sceglieva sempre la bimba meno considerata, per poi con la scuola e le maestre portare i rapiti al parco, dove giocavano senza tener conto del rapimento. 

Dopo il compimento dell'undicesimo anno d'età era entrato nel gruppo dei giovani dove c'era rimasto fino al compimento dei sedici e solo una volta era stato costretto dalla sua ragazza Kate a partecipare. La meta non era più il parco, ma la palestra della scuola dove dopo si svolgeva una festa. Dopo quella costrizione che aveva infastidito il suo lupo interiore, aveva giurato di non partecipare più al cosiddetto "Rapimento della gallina". 

Con il compimento dei sedici anni era passato nella categoria adulti e poteva rapire solo umani dai sedici anni in poi è portarli in una storica casa nel bosco. 

Il tutto era più complicato perché bisognava farsi tutta la strada a piedi e con l'umano in spalla, in più i parenti del rapito partecipavano come cacciatori lanciando uova, pomodori, palloncini ripieni di colore e usavano fucili con proiettili di colore, che servivano ad abbattere e fermare il licantropo. 

Un altro problema poteva essere lo stesso umano che non voleva farsi rapire e tentava la fuga. 

Ripassando queste e altre regole, stava per rinunciare nuovamente, quando aveva visto Parrish in un caffè, troppo vicino a Stiles e un ringhio furioso era nato nel suo petto. 

Il vice sceriffo risvegliava ogni parte selvaggia e aggressiva di Derek e il fatto che la sua amata Camaro non fosse ancora ritornata in suo possesso, non faceva altro che peggiorare i suoi istinti da lupo. 

O forse, era l'umano figlio dello sceriffo a peggiorarli?

Aveva preso l'abitudine d'osservarlo ogni volta che poteva per capire se il gioco era fattibile con lui e aveva capito che il ragazzo aveva scritto a lettere cubitali sulla fronte "Rapitemi". 

Era arrivato ai giorni prima del gioco, sempre più convinto che far pagare ogni torto ai due agenti non aveva prezzo.

Era a colazione con la sua famiglia quando Cora, sua sorella minore aveva detto che si sarebbe occupata della sicurezza dei giochi insieme ad altri e che le era stato assegnata una parte del bosco. 

Derek sorrise soddisfatto, poteva approfittare del suo aiuto per avere un piccolo vantaggio. 

"Nessuno parteciperà?" domandò Talia sospettosa.

"A dire il vero Derek ha intenzione di partecipare." affermò Peter che non si capiva come mai capitasse dalla sorella sempre a ore pasti senza essere atteso.

"Davvero?" chiese dubbiosa: "Credevo che odiassi questi giochi da sagre di paese?"

"Mamma, cosa te lo fa pensare?" domandò ingenuamente Derek. 

"Il fatto che prima di partire per il college hai detto Io odio questi giochi da sagre di paese."

Le sopracciglia di Derek si sollevarono solo per un attimo per poi tornare a fingere noncuranza per tale affermazione. C'era già qualcun altro che faceva quell'espressione a tavola dietro ad un giornale. 

Lo stesso uomo domandò: "E chi sarà la tua gallina da rapire?" riferendosi all'umano.

Cora intervenne sarcastica: "Dimmi che non è davvero una di quelle galline starnazzanti che urlano per tutto il tempo? Ti prego, non la sopporterei."

"No." ringhiò Derek alla sorella, ritrovandosi entrambi a fare le linguacce da veri adulti non visti.

"Allora chi?" insistette la madre.

"Un ragazzo. Stiles." sganciò la bomba sperando che nessuno riconoscesse il nome.

Peter tratteneva un sorriso aspettando la reazione di Talia. 

"Mi sembra un nome famigliare. Dove l'ho già sentito?"

Il marito intervenne: "Tesoro, l'avrai sentito nominare spesso. È quell'impiccione del figlio dello sceriffo." 

Derek si domandò cosa fosse accaduto a suo padre che di solito non notava nulla, per ricordarsi di un ragazzino umano. Non aveva neanche notato la presenza di Peter a tavola finchè non aveva parlato.

"DEREK!" urlò Talia. "Sei diventato matto? Lo stai facendo per ritorsione? Chi ti ha messo in testa questa stupida... PETER!"

Il licantropo, che aveva finto di non seguire la conversazione per potersi riempire lo stomaco prima che le cose si mettesserò male, ora si stava dando alla fuga con la bocca troppo piena e la scusa di essere in ritardo. 

"Derek, spiegami!" lo costrinse la madre, mentre Cora e anche il padre lo guardavano curiosi e fin troppo divertiti.

Derek dovette mentire: "Sai mamma, è un bel ragazzo e mi piacerebbe conoscerlo meglio, ma sono sicuro che suo padre non lo permetterebbe dopo tutte le multe per eccesso di velocità che Peter ha contribuito a farmi avere."

Gli era riuscito stranamente facile mentire. 

"E non è un tentativo di vendetta nei confronti dello sceriffo?" chiese sospettosa. 

"No. Per chi mi hai preso. Stiles è molto bello e sarei un idiota a non approfittare di questa occasione."

Talia aveva ascoltato sia le sue parole e sia il suo cuore, e sembrava credergli. 

"Derek è innamorato. Derek è innamorato." cantilenò Cora.

A volte si chiedeva quando sarebbe cresciuta sua sorella, perché finora sembrava solo una diciottenne che si comportava da bambina.

"Voglio crederti, ma se scopro che hai mentito e che stai usando quel povero ragazzo per vendetta, giuro che do fuoco alla Camaro." minacciò la madre.

Le minacce di Talia Hale erano sempre fondate e per niente scherzose, rischiava davvero di non rivedere la sua auto. 

~×~

Erano le due di sabato pomeriggio quando le campane che avvertivano dell'inizio dei giochi, suonarono molti rintocchi, come se la città stesse per essere attaccata dai licantropi e un po' era così. 

Quella mattina aveva piovuto, quindi si era rimandato il gioco fin quando finalmente il sole era uscito a riscaldare l'aria. 

Stiles era alla centrale di polizia perche suo padre l'aveva costretto. Dopo un paio di ore passate ad osservare ogni singolo movimento delle persone presenti era arrivato alla terribile e spiacevole illuminazione: qualcuno voleva rapirlo. 

Il qualcuno in questione era Parrish che stranamente si era andato a cambiare d'abito, levando la divisa, proprio quando aveva sentito il suono delle campane. 

Per sua fortuna, aveva sospettato che lo sceriffo l'avesse ceduto tranquillamente al suo vice già da giorni e il fatto che si sentiva osservato l'aveva portato ad attrezzarsi. 

La cosa che gli rodeva però era che l'uomo tentasse di farlo mettere con Parrish dal momento in cui Stiles aveva dichiarato la sua omosessualità. 

Certo, il vice sceriffo non era niente male, ma a Stiles le cose imposte non piacevano. 

Quindi qualche minuto dopo il suono delle campane, aveva sbuffato ed era fuggito nel caffè dall'altra parte della strada. 

Si era preparato ad ogni evenienza, e per questo aveva indossato una borsa tracolla con l'occorrente. 

Si era goduto il suo caffè fissando l'entrata della centrale per non ritrovarsi improvvisamente Parrish di fronte. 

Mentre pagava il caffè e decideva dove nascondersi, una persona si mise in fila dietro di lui. 

Stiles si girò per guardare chi fosse e si trovò due splendidi occhi verdi famigliari che lo guardavano divertiti. Notò anche la splendida dentatura bianca del sorriso e un accenno di canini. 

Li classificò come non pericolosi, ma il sorriso non prometteva nulla di buono. 

Afferrò il resto e prima che potesse ricontrollare l'uomo, vide la stanza vorticare e sentì l'assenza del pavimento sotto i pieni. 

Cercò di capire cosa stesse accadendo e solo quando notò che era su una spalla, arrivò alla terribilmente realtà, era stato rapito e non da Parrish. 

Stiles vide allontanarsi la centrale dall'altra parte della strada e gridò a pieni polmoni: "Papà. Sceriffo aiuto!"

Un agente lo riconobbe prima che fosse troppo lontano e corse a chiamare lo sceriffo che uscì frastornato da tanta agitazione. 

"Cosa succede qui?" domandò ad uno dei suoi agenti.

"Hanno rapito Stiles." 

Lo sceriffo sorrise, ma quando il suo vice l'affiancò, capì che i conti non tornavano.

"Parrish? Ma allora chi ha preso Stiles, se tu sei qui?"

L'agente che aveva assistito alla scena affermò timoroso: "Uno degli Hale. Credo sia Derek."

"Cosa?!"

 

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Capitolo 2
*** Rapimento ***


Rapimento

 


Stiles venne portato lungo una strada, sotto gli sguardi divertiti dei passanti. Si coprì la faccia per la vergogna, prima di iniziare a scalciare senza ottenere nulla. Era nelle mani di un licantropo tosto, non aveva fatto una piega neanche quando l'aveva pizzicato nel tentativo di costringerlo a lasciarlo. 

Pensò di usare qualcosa che aveva nella tracolla, ma il continuo ballonzolare non gli permetteva di aprirla. 

Rimandò la fuga, sperando nell'intervento di suo padre o persino di Parrish. 

Si rassegnò e si appoggiò meglio che poteva sulla spalla.

Dopo un centinaio di metri un altro licantropo si affiancò a loro con il suo bottino. 

Stiles riconobbe i suoi compagni di scuola Ethan e Danny in spalla. 

"Ciao Danny bello."

"Ciao Stiles, anche tu vedo sei stato rapito."

"Ti riferisci a questo lupone? No, lui è il mio nuovo maggiordomo e mi porta in giro così. È il modo migliore per evitare il traffico. E lui?"

"Lui, invece ha deciso di fare il romantico. Spera che poi io decida di andarci a letto."

"Danny!" si lamentò Ethan. 

"Non sto dicendo nulla, solo che non abbiamo ancora fatto sesso."

"Preferirei che non lo raccontassi a tutto il quartiere."

Una risata sbuffata venne da Derek.

Stiles ebbe un sospetto: "Ehi, non farti venire strane idee. Non so neanche chi tu sia! So solo che hai un bel culo da questa posizione."

"Sì, è vero." aggiunse Danny. 

"Smettila di guardarmi il culo e non pensare che ti abbia rapito perché mi interessi." affermò una voce proveniente dal suo fianco destro. 

"Primo, non lamentarti se ti guardo questa meraviglia, non è che io possa ignorarla da questa posizione e secondo so bene che lo stai facendo per far incazzare mio padre. Non vedo l'ora che ti trovi lupone acido."

"Sta' zitto ragazzino, mi stai già dando sui nervi."

Stiles sbuffò. 

"Nervosetto il tuo lupo, per fortuna è carino, altrimenti ti direi di scappare il prima possibile." affermò Danny. 

"È quello che intendo fare."

"Tu non scapperai o io ti apro la gola con i denti."

"Non puoi farmi del male o mio padre ti uccide."

"Scommettiamo?" chiese poco rassicurante.

"Siete adorabili, vero Ethan? Sembrano già una bella coppietta." sostenne Danny. 

"Non credo proprio. Comunque, quale strada farai?" domandò Ethan. 

"Sicuramente lo sceriffo mi impedirà di fare la solita strada. Devo girarci intorno."

"Ti va una scommessa?"

"Non vi azzardate!" si offese Danny. 

"Danny, tutti scommetteranno su chi arriverà primo, tanto vale guadagnarci sopra."

"Questo non è romantico. Mi avevi promesso un rapimento romantico." si lamentò. 

"Non ti preoccupare amore, sarà romantico."

"Cosa vuoi scommettere?"

"Chi perde offre una cena all'altra coppia."

"Noi non siamo una coppia!" sbottò Stiles. 

"Ristorante di classe?" domandò Danny, più interessato. 

"Sì." fecero i due licantropi all'unisono. 

"Chi arriva per primo con la gallina alla vecchia villa vince." decise Derek

"Ci sto!"

"Non chiamateci galline, voi due!" si infuriò Stiles. "Zitto tu o ti tiro il collo." gli ringhiò Derek. 

Corserò un altro po' insieme, poi si separarono: "In bocca al lupo Stiles."

"Che crepi malamente!" rispose infastidito. 

"Credimi, è molto piacevole stare in bocca al lupo!" lanciò un occhiolino. 

Stiles, vide un paio di madri coprire le orecchie ai figli dopo quella battuta volgare. 

Maledisse Danny che gli faceva venire certi pensieri a luci rosse. 

~×~

"Parrish, prendi questo."

Lo sceriffo passo un fucile caricato a pallini di colore usato proprio per quel gioco. 

Dopo essersi cambiato, aveva deciso il piano per fermare Hale, e un paio di agenti a fine turno si erano dimostrati disponibili.

Così era pronto ad uscire armato e furioso, quando qualcuno di inaspettato si presentò alla porta del suo ufficio. 

"Sceriffo, la disturbo?"

Lo sceriffo e il suo vice quasi non credevano ai loro occhi, Peter Hale se ne stava davanti a loro come se nulla fosse successo. Era impossibile, realizzarono i due, lui doveva sapere altrimenti era impensabile che si presentasse in centrale in quel momento.

"Dove ha portato mio figlio quel degenerato di tuo nipote? Cosa vuole fargli?" l'afferrò e lo trascinò nell'ufficio per farlo parlare. 

"Non ne so niente. È successo qualcosa? Io ero passato per chiedere perdono ad entrambi per il mio comportamento. Avete fretta?"

~×~

Mentre Danny e Ethan superavano la barricata composta solo da due agenti fuori servizio che non erano interessati a loro, Derek trasportava Stiles lungo un sentiero dietro ad alcune casa e in pendenza.

"Sta' attento che mi fai cadere così!" supplicò vedendo il terreno pericolosamente ripido sotto ai suoi occhi. 

"Zitto!" abbaiò. 

"Non dirmi di stare zitto. Qui c'è in gioco l'osso del mio collo. Se mi fai cadere, sono morto. Ho le ossa fragili e neanche un filo di grasso ad attutire la caduta."

"So quello che faccio... Ma tu non giochi a lacrosse? Come fai a dire di essere fragile? Credo di averti visto più in posizione orizzontale che verticale sul campo."

"Ehi, non sperare di vedermi in posizione orizzontale anche qui nel bosco." precisò. 

"Non ci pensare neanche. Non sei il mio tipo."

L'autostima di Stiles andò sotto i piedi o sotto la testa visto che i piedi erano ad un'altezza maggiore.

Era il momento di scappare. Suo padre non si era ancora visto e non capiva perché, quindi decise di fare da sé. 

"Mi scappa la pipì."

"Cosa? Tienitela! Io non mi fermo."

"Mi scappa davvero. Non posso tenerla."

"Non mi importa."

"Ti importerà se te la faccio sulla giacca di pelle. Penso che a voi lupi non piaccia l'odore di urina. Credo che abbia a che fare con il segnare il territorio. Vuoi che ti segni?"

Derek grugnì e decise di mollarlo in malo modo sull'erba.

"Ehi! Potresti fare piano. Guarda che mi devi portare intero a destinazione o non vale."

"Muoviti. Falla!" fece irritato per essersi dovuto fermare. 

Non erano ancora lontani dalla città e dallo sceriffo, quindi bisognava muoversi. 

"Non ci riesco a comando." affermò alzandosi e guardandolo. 

Stiles non aveva ancora visto bene il ragazzo, ma doveva ammettere che il lato A era meglio o pari al lato B, tranne per il cipiglio incazzato. Era più grade di lui e il fisico muscolo non era affatto male. Si scopri a pensare che quella era la cosa più eccitante che gli fosse capitata negli ultimi anni: essere rapito da un bel lupo. 

Peccato che il bel lupo era interessato più a vendicarsi di suo padre di quanto fosse interessato a sbaciucchiarsi con la sua preda. Doveva ribellarsi e mantenere alto l'onore della famiglia Stilinski. 

Si fece venire in mente un piano e lo mise in pratica.

"Un attimo fa sembrava che stessi per fartela e farmela addosso, quindi muoviti! Non ci saranno altre fermate."

"È che... Sono timido. Non riesco a farla se qualcuno mi guarda. Non ci riesco neanche a scuola se ci sono altri in bagno." fece piegando la testa e muovendo la punta del piede come un bambino di sei anni nervoso.

"Ma quanto sei..." si rassegnò pur di sbrigarsi: "Mi giro dall'altra parte, così non ti guardo."

Stiles lo vide dargli la schiena. "Però..."

"Adesso che c'è. Vuoi che ti faccia anche psss psssss per aiutarti a farla?"

"No. Non dire assurdità. Vorrei che cantassi. Mi dà fastidio anche quando qualcuno mi sente farla. Dopo un po' mi blocco."

L'altro ringhiò. "Muoviti! Io non canto."

"Allora fischia."

Derek voleva quasi quasi restituire il ragazzino al legittimo proprietari e chiedergli perdono, facendogli capire che comprendeva il suo stato d'animo ogni volta che lo multava, con un figlio così. 

Poi ricordò che la sua amata Camaro rischiava delle violenze in un parcheggio mal custodito, e mise da parte la compassione e l'orgoglio. 

Stiles lo sentì fischiare la colonna sonora di Guerre Stellari e non sembrava promettere bene.

Poco dopo Derek smise e non sentendo nulla alle sue spalle s'informò: "Spero per te che tu l'abbia fatta tutta.", ma voltandosi trovo il ragazzo fermo e troppo soddisfatto per uno che si era solo svuotato la vescica. Guardò a terra cercando tracce del misfatto, ma ciò che trovo era solo un cerchio di polvere di sorbo. 

Lo fisso incredulo. 

"Davvero credevi che non fossi preparato ad un'evenienza simile. Certo, non mi aspettavo che fosse un altro lupo e non Parrish a rapirmi, ma credo che mi divertirò di più con te."

"Esci di lì!" ordinò impossibilitato a tirarlo fuori dal cerchio.

Nessun licantropo poteva superare quella barriera e solo un umano poteva romperla. 

~×~

Quando lo sceriffo aveva visto Peter Hale tirare fuori cinque fogli di scuse da fare sia a lui che a Parrish, si era messo le mani in faccia disperato. 

Il licantropo aveva iniziato a leggere con una mano sul cuore, manco stesse leggendo il giuramento alla bandiera, e pareva pure convincente nelle sue scuse. Purtroppo, non potevano dirgli semplicemente "Va bene, grazie. Arrivederci.", ora che finalmente l'uomo dimostrava un po' di rispetto nei loro confronti. Peccato che lo facesse per far perdere tempo ai due uomini che intanto avevano mandato gli altri due agenti a bloccare almeno una delle vie più usate per penetrare nel bosco. 

Al quinto foglio Parrish stava letteralmente fumando di rabbia, le zanne in bella vista e gli occhi di un colore poco raccomandabile. "Hai finito?!" cercò di trattenersi, ma il tono non ammetteva repliche. 

"No. Vorrei scusarmi anche per ciò che mio nipote sta facendo. Credo di aver avuto un brutto ascendente su di lui. Il tutto è iniziato quando aveva tre anni e gli facevo rubare le caramelle ai bambini umani per poi convincerlo che non erano buone e darle a me... Ahi! Sceriffo mi ha appena sparato un proiettile di vernice in petto?"

"No, Hale, ti sbagli." fece imbracciando l'arma con entrambe le mani e iniziando a spare. "Te ne ho sparati molti di più."

Lo sceriffo non era mai stato così soddisfatto dal momento in cui aveva lasciato Peter Hale ricoperto di colore dalla testa ai piedi, alla centrale. 

"E ora troviamo Stiles!" annunciò, pronto a dar battaglia. 

"Sì, signore!" fece il suo vice.

"Tu controlla il lato est dal punto in cui sono appostati i nostri. Io prenderò il lato ovest. Se è riuscito a entrate nel bosco certamente Stiles avrà trovato un modo per rallentarlo."

"Ne è certo capo? Stiles è solo un umano, non credo che possa averla vinta con un lupo..." fu interrotto. 

"Jordan se vuoi stare con mio figlio è meglio che ti metta in testa che lui, da solo, può fare le scarpe a tre lupi contemporaneamente. O credi che sia solo un docile umano?" guardò il ragazzo. 

Lo sceriffo Stilinski aveva sperato dal primo attimo in cui aveva capito che Stiles era gay, che si mettesse con un bravo ragazzo come il suo vice sceriffo. Aveva visto nel venticinquenne un buon primo partner per suo figlio. Non se la sentiva di lasciarlo nelle mani di un ragazzino inesperto quanto lui e nemmeno nelle mani di ragazzi più grandi per le sue prime esperienze. Parrish invece sembrava il tipo giusto, con un po' di esperienza alle spalle e tanta dolcezza e comprensione per il giovane.

Ora invece, temeva che i suoi buoni progetti andasserò a monte per colpa di un sexy lupo infastidito. 

Il ragazzo ascoltò il suo superiore, iniziando a pensare che Stiles non era certamente un dolce agnellino, anzi stava resistendo alla sua corte spietata come nessun altro prima di lui e gli dava pure filo da torcere. Non era solo adorabile, come continuava a sostenere.

Quando lasciò lo sceriffo e si adentrò nel bosco, trovo subito una debole scia dell'odore di Stiles, coperta da quella di un licantropo. La seguì velocemente e la scena che vide lo fece sorridere. Doveva dar ragione al suo capo.

~×~

Stiles era comodamente seduto su una roccia con uno sguardo diabolico in viso.

Derek stava girando intorno al cerchio nella speranza di abbattere la barriera, però senza alcuna speranza. 

"Esci! Non ti faccio nulla."

"Scherzi?! Mi hai rapito sotto gli occhi di tutta la centrale di polizia, solo per ripicca. Non so neanche chi sei, come posso fidarmi?"

"Non ce l'ho con te. Esci, finiamo questa cosa e torniamo tutti a casa felici."

"Non credo proprio."

"Dovrai uscire prima o poi. Non ci puoi rimanere tutto il tempo."

"Chi lo dice? Devo solo aspettare che papà e i suoi colleghi mi trovino."

"E se ti trovasse Parrish?"

"Mi riporterebbe indietro."

"Ne sei certo? Un'occasione così per stare soli soletti nel bosco. Solo un'ora fa ti stava per rapire. Correggimi se sbaglio, ma il sorbo non era per me?"

"Meglio lui di un lupastro come te. Lui è un bravo licantropo e non mi farebbe nulla di male."

"Neanche io! Per chi mi hai preso, magari potrei irritarmi solo se non uscissi."

Vide che era irremovibile e tentò un nuovo approccio con uno sbuffo. "Ok. Proviamo così. Il mio nome è Derek Hale, sono tornato da poco a Beacon Hills dopo essermi laureato a New York. A settembre inizio a lavorare nell'azienda di famiglia, ho ventiquattro anni e mi piacerebbe fare la tua conoscenza. Se per favore esci di lì?" chiese mostrando il suo sorriso più bello.

"No." rispose l'altro senza spostarsi di un centimetro. 

L'altro digrignò i denti per la frustrazione. 

"Che devo fare per farti uscire?"

"Non ho intenzione di permetterti di averla vinta su mio padre! Preferisco restare qui in eterno... però magari potresti essere più gentile, così papà non ti userà al poligono per il tiro al bersaglio una volta che ci avrà trovati."

"Se ti dico che ti ho osservato per settimane prima di decidere questa cosa e non l'ho fatto solo perché volevo vendicarmi, ma perché mi piaci, ci credi?"

"No, non essere ridicolo. Io non piaccio a nessuno."

"A Parrish sì, quindi perché non a me?"

"Ah ecco, ora si spiega tutto! Vuoi sedurmi per vendicarti di lui. Non mi aspettavo che fossi così crudele con i sentimenti di un diciassettenne." Voltò il viso da un'altra parte con fare arrabbiato.

"Non è così! Io non lo farei mai."

"Non ci parlo più con te. Va' via!"

"Dai Stiles, non volevo fare nulla del genere. All'inizio volevo vendicarmi di tuo padre e anche di Parrish, ma poi ti ho seguito e ho iniziato ad adorare i tuo sproloqui infiniti quando sei a disagio o il tuo modo di affrontare tutto a testa alta. Volevo davvero conoscerti fuori dalla portata di tuo padre. Lui ti avrebbe vietato di uscire con me se l'avesse saputo." Derek emise un profondo sospiro e poi decise: "Ok, se non vuoi uscire, io non ti costringerò. Mi dichiaro sconf..."

Un rumore di rametti calpestati lo bloccò. 

Il tempo di girarsi a guardare chi ci fosse e venne travolto da un grosso licantropo furioso. Stiles balzò in piedi vedendo Derek venir aggredito da Parrish trasformato in licantropo. Non sapeva per chi fare il tifo o provare paura. 

I due oramai trasformati, ringhiavano e ruggivano l'uno contro l'altro quasi a voler dimostrare chi era il vero alpha dominante lì nel bosco. Nessuno dei due però riusciva a dominare sull'altro, tanto che iniziarono con spintoni e pugni. Uno di questi mandò Derek oltre un pendio scivoloso, finendo per cadere per diversi metri e colpendo un sasso che lo lasciò privo di conoscenza.

Stiles, leggermente preoccupato, cercò di vedere dove fosse finito restando nel cerchio, ma non ci arrivava con lo sguardo.

"Tranquillo, sta bene. È un licantropo." fece Parrish tornando al suo aspetto umano. 

"Sicuro?"

"Sì, però ora dobbiamo andarcene di qui. Si riprenderà molto presto. Esci dal cerchio."

Stiles iniziò a fare un passo per uscire, ma poi si bloccò. "Senti Jordan, ora ritorniamo in città?" domandò. 

L'altro ci mise qualche secondo prima di rispondere.

"Esci e dopo ti porto dovunque tu voglia andare."

"Perché hai detto dopo?" chiese come folgorato da un'idea. 

"Stiles, già che siamo qui, potremmo concludere il gioco. Sarà divertente." sorrise dolce. 

L'altro ritrasse il piede: "No! Io non vengo da nessuna parte. Voglio solo tornare a casa o alla centrale." si agitò. 

"Stiles, non fare così. Sai che è da un po' che voglio chiederti di uscire. Ora potremmo stare un po' insieme. Tuo padre è d'accordo."

"Non voglio uscire con te e tanto meno farmi portare a spalla per mezzo bosco. E se mio padre è d'accordo esci con lui!" incrociò le braccia mettendo su il broncio.

"Stiles..."

Le parole vennerò interrotte da qualcosa che si mosse velocemente. L'umano non capì bene come Derek avesse fatto, ma Parrish era ammanettato abbracciato ad un albero. "Come ci sei riuscito?" chiese meravigliato. 

L'altro lo guardò intensamente prima di affermare sfrontato: "Sono l'alpha."

Stiles per un attimo si sentì ammaliato da cotanta figagine, poi ritrovò le parole: "Ok, ma come hai fatto? Le manette?"

"Sono le sue, le porta sempre dietro. Sono anti-licantropo, lo sapevo perché ho visto che le portava anche fuori servizio, quando ti girava intorno. Le ho afferrate mentre combattevamo e ho finto di essere in difficoltà, per avvicinarmi e sorprenderlo."

"Liberami Hale. Questo è un reato! Non puoi fare questo ad un agente. Quando lo sceriffo arriverà, tu sarai nei guai." affermò Parrish.

Stiles lo guardò con l'aria divertita.

"Vuoi restare qui e sorbirtelo tutto il tempo Stiles?" chiese Derek, lanciando uno sguardo diverso da tutti gli altri all'umano. 

"No. Vengo con te, ma sta sicuro che non sarò una preda facile."

Era pronto alla guerra.

Uscì dal cerchio di sorbo, mentre Parrish lo guardava confuso, non riusciva a capire perché lo respingesse così tanto. "Stiles, cosa fai?"

"Scusa Jordan, ma forse ora capirai che non sono interessato a te. Preferisco accettare questo stupido gioco piuttosto che frequentarti."

Derek, si avvicinò a Stiles con calma, quasi temesse che scappasse, e dopo averlo osservato da più vicino tornò a metterselo delicatamente in spalla. 

L'umano lasciò che Derek facesse tutto ciò sistemandosi in spalla come meglio poteva. 

 

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Capitolo 3
*** Bosco ***


Bosco

 

Lo sceriffo era in giro ad ispezionare la sua parte di bosco da diverso tempo senza trovare tracce di Stiles, solo coppiette che facevano una pausa durante il rapimento, assistenti al gioco e padri incavolati neri perché le loro figlie erano state portate via da licantropi sconosciuti a loro.

Se Peter non l'avesse trattenuto in centrale, avrebbe già ritrovato il suo Stiles. Almeno aveva una registrazione video delle scuse del licantropo che aveva girato di nascosto e che sarebbe diventata il film preferito dell'intera centrale di polizia. 

L'ansia per il suo piccolo, non gli faceva godere a pieno quell'attimo di vittoria. 

Venne distratto dal cellulare che vibrava per via dei messaggi di: "Stiles?!"

 

-Papà aiutami! [Stiles]

 

-Papà, mi sta portando alla villa, non so dove sono! [Stiles]

 

-Ha detto che sono carino. Ha brutte intenzioni... me lo sento [Stiles]

 

-Mi sta toccando le cosce e il sedere [Stiles]

 

-Ha detto che non devo muovermi o farà male [Stiles]

 

-Vuole sbattermi [Stiles]

 

Lo sceriffo era rosso dalla furia. Sapeva che nel bosco c'era poco campo, quindi non provò neanche a telefonare, si limitò a inviare un messaggio. 

 

-Stiles, concentrati e trova un punto di riferimento. Devi dirmi dove sei? Descrivimi tutto ciò che noti di particolare [Papà]

 

Il messaggio impiego qualche secondo prima di arrivare al destinatario. 

 

-C'è il tronco tagliato di quell'antico albero che piaceva a mamma. Corri, vuole togliermi [Stiles]

 

-Stiles, arrivo! Cosa vuole toglierti? [Papà]

 

~×~

"Dammi quel cellulare! Cosa hai scritto?" ringhiò Derek dopo averlo posato seduto sul tronco e aver osservato il ragazzo che continuava a messaggiare con chissà chi, ma con l'aria compiaciuta e inquietante che lo preoccupava non poco. 

L'aveva tenuto fermo poggiando le mani sulle cosce e dopo aveva tentato di prendere il cellulare dietro la schiena di Stiles. Alla fine era riuscito a toglierlo di mano al ragazzo ed era impallidito quando aveva notato i doppi sensi e a chi erano diretti i messaggi.

Voleva morire.

L'avrebbe ucciso.

L'altro aveva un ghigno divertito sul volto.

"L'hai fatto apposta?! Ora penserà che ti ho messo le mani addosso."

"Non ho scritto nulla di falso. Mi toccavi e prima hai detto che sono carino. Poi volevi togliermi il cellulare. Colpa tua se non mi hai fatto finire di scrivere." fece sorridendo e realizzando solo dopo qualche secondo che Derek era di fronte con le mani posate sul tronco dove lui era seduto. Praticamente era tra le sue braccia e gli guardava le labbra.

"Combini sempre pasticci ragazzino. Per fortuna ci ho fatto l'abitudine a forza d'aver a che fare con Peter." disse senza spostarsi e con un sorriso mai visto. 

Stiles non capiva se il ragazzo si stesse riposando davanti a lui o se stesse tentando di sedurlo. 

Era bello, nessuno poteva negarlo, si scoprì a pensare, ma lui non poteva farsi usare. Suo padre aveva una reputazione da difendere e lui non era uno che si faceva sfruttare dal primo che gli sorrideva. 

Doveva fuggire o trattenerlo al tronco dell'albero tagliato in attesa di suo padre.

Gli venne un'idea. 

"Ok, voglio provare a conoscerti." sorrise.

"Davvero?" domandò l'altro facendosi più vicino e mostrando un sorriso smagliante. 

"Sì. Allora... Da quanto tempo mi segui?"

"Da quando tuo padre mi ha levato la Camaro. Ti guardavo, sai sei così goffo e imbranato... e carino."

Stiles stava davvero cedendo ai complimenti, se così si potevano chiamare, di Derek. Con quegli occhi verdi, non poteva sfuggire allo sguardo seduttore del licantropo. 

Rimase a bocca aperta ad osservarlo senza proferire parola per minuti.

"Stiles, ci sei?" cercò di risvegliarlo l'altro. 

Il ragazzo si riscosse quando sentì le mani dell'uomo circondargli la vita e attirarlo contro il corpo muscoloso.

"Co...cosa?" borbottò Stiles vedendo le labbra dell'altro pericolosamente vicine alle sue.

Lasciò scivolare le sue mani fino a raggiungere il collo del licantropo e incatenarsi dietro di esso.

Le labbra stavano per sfiorarsi quando Derek improvvisamente spalancò gli occhi e urlò di dolore spingendo via le mani di Stiles e toccandosi il retro del collo. 

Il ragazzo guardò confuso l'altro e poi osservò le sue mani, solo allora ricordò di aver indossato dei bracciali d'argento con numerosi ciondoli che la sua amica Lydia gli aveva prestato. 

"Brucia!" urlò Derek. 

"Mi dispiace. Non ricordavo d'aver indossato dell'argento."

"Dannato ragazzino! Riesci a non fare danni per un secondo?"

Stiles si sentì male a quell'affermazione. Aveva commesso un errore, ma sentirsi insultare non era né giusto e né piacevole. 

D'istinto scese dal tronco e cercò di fuggire via, perche si sentiva uno schifo. Aveva ceduto per un attimo e ora si dava dell'idiota.

"Dove credi di andare!?"

Derek lo afferrò tirando a terra senza fargli del male.

"Togliti questi bracciali!" ordinò, mettendosi a cavalcioni su di lui.

"No!"

"Toglili o lo faccio io!" tentò una seconda volta più tranquillo. 

~×~

Quando lo sceriffo raggiunse il tronco dell'albero non sapeva cosa pensare.

I messaggi di Stiles lasciavano intendere che Hale lo stesse molestando, ma vedere la scena dal vivo era peggio.

Derek era sul corpo del suo fragile figlioletto e gli intimava di levarsi qualcosa di dosso.

"Hale, lascia andare mio figlio!"

Il licantropo alzò il viso, aveva la faccia di un cervo colpito dai fari abbaglianti e ingoiò a vuoto per il terrore. Lo sceriffo gli puntava un fucile giocattolo con pallini di colore, ma il lupo non era tanto sicuro che il fucile fosse innocuo. D'istinto usò il corpo di Stiles come scudo tirandolo in piedi. 

Lo sceriffo si blocco dallo sparare. I pallini erano solo fastidiosi per i licantropi, ma per gli umani erano piuttosto dolorosi. 

"Lascialo Hale!" intimò. 

"Mi dispiace sceriffo, ma non ho intenzione di farlo, si rassegni. Porterò a termine il gioco e già che ci sono mi terrò questo cucciolo di Stiles."

"Tutto ciò solo per quella dannata Camaro?!"

"In parte." lasciò cadere la conversazione, arretrando verso alcuni alberi che gli offrivano maggior riparo dai proiettili. 

"Papà!" supplicò Stiles, vedendo che non c'era modo di sfuggire alle braccia che gli circondava la vita e il torace. Il respiro del licantropo contro il suo orecchio lo metteva in imbarazzo. Si stava vergognando come non mai, perché in fondo tutto ciò gli piaceva, pur sapendo che suo padre stava provando paura per lui. Voleva che qualcuno decidesse al suo posto e lo tirasse fuori da quella situazione di stallo.

Lo sceriffo continuò a seguirli imbracciando il fucile, mentre Derek arretrava trascinando Stiles. 

Feceró diversi metri spostandosi tra gli alberi, poi improvvisamente qualcosa scattò e lo sceriffo si ritrovò appeso per le caviglie. 

"PAPÀ!" urlò preoccupato Stiles, vedendo il genitore dondolare a testa in giù. 

Una figura femminile uscì da dietro ad un albero. 

"Grazie Laura." fece Derek. 

"Di niente fratellino. Però la prossima volta avvisami prima, sono venuta a sapere di Stiles da Peter. Ti rendi conto? Non voglio essere l'ultima a sapere le cose quando c'è da divertirsi."

"Scusa." fece il licantropo.

La donna si avvicinò allo sceriffo che penzolava a testa in giù: "Mi dispiace, ma dovrà stare così per qualche minuto. Forza, andate voi due."

Stiles guardò la scena come in un sogno, non potevano pensare di lasciare l'uomo in quello stato. Derek, capì che era in ansia per il genitore. "Tranquillo piccolo, Laura se ne prenderà cura. Tra dieci minuti sarà di nuovo con i piedi per terra."

"Stiles!" urlò l'uomo vedendo il figlio venir issato in spalla e portato via. 

Laura lo guardò: "Non si preoccupi sceriffo, Derek se ne prenderà cura. Non l'ho mai visto così innamorato di qualcuno."

~×~

Parrish strattonò più e più volte le manette contro il tronco senza risultati.

Sapeva che l'interno delle manette di metallo conteneva sorbo e una volta chiuse non potevano essere riaperte senza le chiavi che giacevano a pochi metri di distanza.

"Guarda guarda chi c'è docile e indifeso ammanettato ad un albero?"

"Peter!" ringhiò il vice sceriffo senza poterlo vedere perché alle sue spalle. 

Quando sentì una mano sulla sua schiena capì che era più vicino di quanto immaginasse o dovesse essere. 

"Non toccarmi!"

"Calmo Jordan, voglio solo aiutarti."

"Non lo credo possibile. Cosa vuoi?"

La mano di Peter scivolò a circondargli la vita e il suo corpo si strinse contro la schiena di Parrish. Uno strano odore d'eccitazione accese l'aria intorno a loro e Peter sospirò caldo all'orecchio dell'agente: "Voglio te!"

Parrish realizzò solo allora che l'uomo aveva sempre tenuto uno strano comportamento nei suoi confronti, ad iniziare dal fatto che si era sempre fatto fermare solo da lui e dallo sceriffo per eccesso di velocità e altro e mai da altri agenti. Iniziò a sospettare di essere stato raggirato alla grande nell'ultimo anno, senza capire che tutto ciò era un tentativo di corteggiamento. 

~×~

Derek corse per dieci minuti ad una velocità sostenuta. Sentiva Stiles respirare a fatica sulla sua spalla, perciò decise di fermarsi e metterlo giù per controllare cosa avesse. 

Inizialmente aveva temuto ad un trucco per fuggire, ma vedendo come era arrossato cercò la causa di tutto ciò. Avvertì il battito più forte e irregolare capendo che era un attacco di panico. 

"Stiles, calmati." lo supplicò circondando delicatamente il viso con le mani.

"Non puoi dirmi di calmarmi dopo aver appeso mio padre a testa in giù!" sbraitò furioso riprendendo subito a respirare faticosamente. 

"Stiles, è solo un gioco, non gli ho fatto nulla di male e se vuoi che la smetta lo farò. Basta che ti calmi."

"Sono calmo... Io non voglio sembrare un perdente perché mi sono arreso... Io... Io non..." stava andando in crisi isterica. 

Derek non sapeva cosa fare. Temeva che l'umano gli crollasse di fronte. Doveva concentrare la sua attenzione su qualcosa che gli facesse ritrovare il controllo. L'idea non seppè come gli venne, ma l'unica cosa che potesse fare era baciarlo improvvisamente. 

Stiles sentì le labbra del licantropo sulle sue e lo shock gli levò il respiro e fece spalancare gli occhi.

Le labbra di Derek si mossero su quelle di Stiles delicatamente andando ad intrappolare il labbro inferiore. 

Il ragazzo si aggrappò con le mani alle braccia del licantropo per paura di cadere a terra. Il cuore galoppava dal desiderio di approfondire quel bacio, ma Derek si staccò prima che potesse diventare qualcosa di più. "Respira Stiles." sussurrò guardandolo negli occhi. 

Stiles era in apnea. 

Riprese a respirare solo quando Derek gli parlò. 

"Ok, ora andiamo se vuoi?" domandò. 

"No che non voglio! Solo che non ho intenzione di ammettere la sconfitta prima di te." dichiarò meno ansioso e con un luccichio negli occhi che non prometteva nulla di buono.

Stranamente i seguenti quindici minuti furono tranquilli. Stiles se ne stette calmo in spalla a guardarsi intorno annoiato.

Erano a metà strada e il tempo non prometteva bene, visto il buio che era sceso nel sottobosco. Le nuvole aldilà delle chiome degli alberi erano cariche si pioggia. Una lieve nebbia si era formata in quel punto del bosco, tanto che Derek sembrava incerto dei suo passi. Temeva di scivolare sul muschio umido e far cadere Stiles. 

"Ci fermiamo."

"Cosa? Ma qui?" fece confuso. 

"C'è un riparo lì tra le rocce, meglio se scendi e lo raggiungiamo a piedi." lo mise a terra trattenendo tra le braccia qualche istante. 

Derek non era il tipo che si innamorava spesso, ma da diversi giorni, si perdeva ad ammirare quel mucchietto di ossa fragili, sarcasmo e nei, che ora stava tranquillamente tra le sue braccia, come se fosse la cosa più naturale che avesse mai fatto. 

Si sporse per tentare di baciarlo e non fu l'unico a fare quel movimento, quando due goccioloni di pioggia gli colpirono l'occhio e le labbra, distraendolo dai suoi intendi. Anche Stiles venne colpito da alcune gocce e perse il contatto con gli occhi verdi di Derek.  

"Mettiamoci al riparo. Vieni."

Prese il ragazzo ancora confuso per mano e lo accompagnò su delle rocce e poi in una grotta che sembrava ospitare qualche coyote o animale simile. 

"Non ci saranno orsi qui?"

"No. È vuota da tempo."

Stiles entrò attentamente, ma c'era buio, quindi estrasse una piccola torcia dalla borsa, visto che il cellulare non l'aveva da quando Derek glielo aveva sequestrato poco prima. Di norma avrebbe sfruttato prima la torcia del cellulare e magari avrebbe inviato qualche messaggio per far sapere al padre che stava bene. 

Illuminò tutta la grotta per evitare sorprese e notò quasi subito qualcosa di strano.

"Quella è una sacca. Guarda che c'è dentro." quasi ordinò al licantropo che non la prese bene.

Afferrò la sacca da palestra e per un attimo, prima di aprirla, ebbe un dubbio: "Non l'hai messa tu qui come trappola vero?"

"Ma per chi mi hai preso?! Non sono così subdolo e poi non potevo sapere che saremmo venuti qui."

Derek alzò un sopracciglio poco convinto, ma la pioggia che scrosciava gli fece capire che era impossibile che Stiles anticipasse quella fermata e preparasse una trappola. 

L'aprì con cautela. 

"Allora cosa c'è?"

"Una coperta."

La estrasse. Sembrava calda e pulitissima. Non c'era un odore riconoscibile se non quello di negozio. 

Qualcuno aveva messo quella coperta lì per qualche sventurato partecipante al gioco, quindi non perse tempo a prenderne possesso.

"Vieni."

Stiles lo guardo incerto.

"Sei vestito troppo leggero. Vieni a riscaldarti."

Stiles lo vide sedersi e coprirsi con una parte della coperta.

"Dove? Lì, vicino a te?"

"No. Fuori sotto la pioggia." lo prese in giro. 

Lo sentì imbarazzato ed incerto sul da farsi, quindi decise di dargli una scossa.

"Muoviti o ti apro la gola, con i denti."

"Sì, va bene. Sempre gentile, vero? Dovresti trattare meglio le tue prede."

"Di solito sbrano le mie prede."

Un minuto dopo, Stiles tentava ancora disperatamente di coprirsi bene con parte della coperta, senza venir in contatto con il fianco di Derek. L'altro invece lo guardava severo, incerto se ucciderlo o legarlo come un salame per farlo smettere di muoversi. Alla fine decise di tenerlo fermo e visto che non aveva corde lo tiro a sé. 

In pochi movimenti Stiles era stretto al petto caldo di Derek, ben coperto dalla coperta rossa. Il battito di Stiles era fortissimo, tanto che il licantropo temette ad un infarto, ma l'odore diceva tutt'altro. C'era imbarazzo, ma anche eccitazione nel profumo di Stiles, accompagnati da una punta di timidezza e indecisione, quasi paura.

Gli prese una mano e la tenne sul suo petto giocandoci per farlo rilassare, ma Stiles era il tipo che non si rilassava mai. Lo sentiva pensare per quando era teso, come se i suoi pensieri stessero su una corda di violino appoggiata al suo corpo.

"Smettila!"

"Non ho fatto nulla." fece confuso sollevando il viso per guardarlo negli occhi.

Derek ne approfittò per intercettare le sue labbra e stringerselo meglio al petto. 

Il ragazzo si irrigidì qualche istante, ma lentamente dopo qualche incertezza si lasciò andare alle labbra sapienti e rudi del licantropo.

La lingua calda e curiosa lo fece perdere completamente il controllo dei suoi ormoni e delle sue labbra. 

Ancora non aveva capito come ci fosse finito disteso sul corpo del licantropo, quando degli ululati si alzarono nell'aria piovosa. 

"Cosa succede?" si sollevò leggermente stordito.

"Nulla, tranquillo. Torna qui." fece affannato, riportando le labbra dell'altro sulle sue. 

Altri ululati si levarono, riottenendo l'attenzione di Stiles sull'ambiente circostante e non più sul corpo caldo del licantropo. 

"No, davvero che succede? Perché ululano tutti?"

"I concorrenti licantropi stanno dando la loro posizione, visto il tempo. Se mi metto ad ululare ci troverà qualche addetto, ma a noi non serve visto che siamo al sicuro e al riparo. E ora riprendiamo da dove ci eravamo fermati." tento di convincerlo a baciarlo di nuovo con un ghigno sensuale che seduceva sempre tutti. 

"No, smettila! Se non ululi mio padre penserà che sono in pericolo e verrà a cercarci sotto questa pioggia."

"Se è ancora con Laura sicuramente è al sicuro e ben riparato."

"E se è solo? Ti prego, devi far capire che sono al sicuro." fece spalancando gli occhi da cerbiatto. 

Derek sapeva di essere già fregato nel momento in cui il ragazzo su di lui lo guardò con quegl'occhi.

"Va bene."

Prese un profondo respiro e ululò la sua posizione allo staff di licantropi che sapeva stavano perlustrando la zona. 

Erano stati costretti alla fermata al riparo solo perché gli umani erano soggetti alle intemperie, al contrario dei licantropi che si muovevano piuttosto bene con il maltempo soprattutto nel bosco. Era la loro natura selvaggia a permettere loro di farlo.

Stiles sentì la cassa toracica di Derek vibrare sotto di lui e una lieve eccitazione lo portò a lanciarsi sulle labbra del lupo facendo morire l'ululato a metà.

La coperta oramai era diventata una base d'appoggio per i loro corpi e Stiles in un impeto di passione si trovò sotto il corpo caldo del licantropo. Lasciò che il moro gli baciasse ogni centimetro del mento e del collo per poi cercare anche lui qualche parte di pelle da adorare e far fremere. Sembrò per un attimo che le carezze sotto la maglietta di Derek ci riuscissero, ma Derek si ritrasse dalle sue labbra affannato e dolorante, tanto che Stiles temette d'aver fatto qualcosa di fastidioso, non era abituato al corpo di un licantropo. In realtà non era abituato a toccare nessun corpo in quel modo. Era cresciuto con un licantropo di nome Scott come compagno di giochi, ma lui era un caso a parte, di solito si davano pacche o pugni delicati, qualche abbraccio, ma mai carezze come quelle che stava facendo a Derek. 

Risultò strano vederlo con la fronte corrugata e tormentata. 

"Stiles."

Il ragazzo stava già tremando all'idea che l'altro lo stesse rifiutando ed emise un flebile "Sì" fissandolo negli occhi. 

"Potresti levarti finalmente quei dannati bracciali?" domandò, questa volta in modo più delicato dell'ultima volta. 

Solo ora Stiles capì quel ghigno selvatico di dolore. Quasi gli diede una testata nel muoversi per strappare l'argento dai polsi. 

"Scusa, scusa, scusa..."

Derek sbuffò per tutto quell'agitarsi sotto di sé, ma lo lasciò fare finché, una volta visti i bracciali volare lontano, poté riprendere possesso delle labbra di Stiles in modo forse troppo brusco e soprattutto eccitato. Gli afferrò i polsi e glieli portò sulla testa, notando l'arrendevolezza della sua preda. 

Ora riusciva a capire perché tanta gente amasse quel gioco così stupido, era per il controllo e la caccia. Il suo lupo interiore ringhiava e faceva le capriole all'idea di aver cacciato una preda come Stiles e ora d'averla arrendevole e disposta a tutto nelle sue mani e sotto la sua bocca. Poteva mangiarlo di baci per quanto fosse piacevolmente disponibile, o semplicemente farci quello che voleva. Stiles di certo non si sarebbe lamentato. 

Lascio scivolare la sua lingua dalla base del collo al mento ottenendo piacevoli fremiti. La pelle di Stiles era sempre più calda e sensibile, c'era da divertirsi a forza di stimolare quella lavagna vergine e provocare sensazioni stordenti. 

Stiles era già perso e disponibile sotto le sue sapienti attenzioni. Le mani delicate abbandonarono i polsi e scivolarono sul corpo, sino alla vita dove denudarono una porzione di pelle e vi si insinuarono leggere come piume. Il gemito che fece Stiles era talmente osceno che Derek tornò a baciare le sue labbra come a volerlo assaporare e tentò di procurargliene un altro con lo stesso movimento delicato di dita. Non tardò ad arrivare e ad essere inghiottito dal licantropo che si beò di ogni suono.

Stiles era pronto a fare sesso, lo sapeva con ogni fibra del suo corpo d'essere pronto. Voleva il licantropo e lo voleva subito, anche in quel posto, su quella coperta ad isolarlo dal freddo pavimento di terra. L'idea di essere preso lì, nel bosco, in modo rude portò la sua eccitazione alle stelle. 

L'altro lo percepì sentendo la crescente erezione del giovane premere contro la sua coscia. Anche lui non era messo meglio, ma cercava di controllarsi per non spaventare Stiles al pensiero di ciò che l'attendeva di lì a poco. Sapeva quanto fosse teso normalmente, figurarsi con la sensazione di qualcosa di grosso che bramava la sua candida verginità.

Preferì fare con calma e portarlo un passo per volta all'esplosione dell'orgasmo, per poi ricominciare da capo, in modo più concentrato e soprattutto consapevole per l'adolescente. Sarebbe impazzito di piacere, era quella l'idea, ma non aveva fatto i conti con l'invadenza dello staff sotto forma di un membro della famiglia Hale. 

Cora spuntò all'entrata della grotta coperta da un'incerata scura: "Fratellino, sei qui?"

Derek quasi balzò in piedi quando riconobbe la voce. "CORA?!" fece con una tonalità troppo acuta.

Stiles ci mise qualche secondo per realizzare cosa stesse succedendo,  per poi sollevarsi anche lui. Il viso distrutto dalle troppe emozioni provate e l'inguine dolorante di desiderio che cercava di ritornare a riposo, con molta difficoltà. 

"Cora che fai qui?" chiese Derek rosso in viso e con la voce inclinata. 

"Io ho sentito il richiamo... LO STAVATE FACENDO?!" urlò sconvolta quando si rese conto dello stato dei due ragazzi.

"NO!" feceró in coro, mentre vedevano la ragazza tirarsi giù sugli occhi il cappuccio impermeabile. 

"Non ho visto niente. Non ho visto niente.  Non ho visto NIENTE!" ripeteva più a se stessa nel tentativo di convincersene. 

Persino Stiles non sembrava più a disagio notando il comportamento della ragazza poco più grande di lui. Si grattò la nuca e chiese tranquillamente: "È davvero tua sorella? Siete sicuri di non essere stati adottati? Siete così diversi da Peter."

"Me lo sono sempre chiesto." sospirò frustato massaggiandosi gli occhi.

Derek continuò a guardare la scena, ma nella sua mente si fece spazio uno strano pensiero, un collegamento che aveva iniziato a fare nel tempo in cui aveva avuto a che fare con Stiles. Come mai sembrava conoscere Peter abbastanza da sapere che lui e Cora non gli assomigliassero caratterialmente. 

Decise di chiederglielo: "Tu conosci Peter?"

Stiles aveva lievemente sussultato, ma si era ricomposto quasi subito. "No, ho tirato ad indovinare. Tu ne hai parlato prima, hai detto che combina pasticci e poi Peter è una celebrità alla centrale. Papà ne parla spesso."

Derek annuì, volendo temporaneamente accettare quella spiegazione, in attesa di precisazioni in seguito. Intanto, Cora aveva smesso di ignorare quello che aveva visto o immaginato e si era incuriosita, alzando il cappuccio.

Stiles sembrò concentrarsi su altro. "Ha smesso di piovere."

Cora allora decise di fare la persona matura: "Dovreste riprendere il gioco o rischiate di arrivare alla villa in serata."

Stiles prese la sua borsa e con nonchalant si incamminò verso l'uscita della grotta. 

"Meglio avviarsi allora, non credete?"

Derek sollevò un sopracciglio capendo il suo tentativo di fuga.

"Dove credi di andare?!" intimò.

"Chi, io? Da nessuna parte." rispose voltandosi e continuando ad arretrare verso l'uscita.

Riuscì a fare pochi passi prima di scivolare e ritrovarsi con il culo per terra a causa del suolo fangoso. 

Cora sorrise e Derek fece un ghigno soddisfatto. 

Il ragazzo si lamentò alla loro reazione: "Voi fate tanto i fighi perché siete super forzuti e indistruttibili, ma io sono solo umano e fragile. Mi fa male il sedere ora!" 

Cora spalancò gli occhi credendo che fosse dovuto a ciò che stavano facendo poco prima lui e suo fratello. 

Derek sollevò l'altro sopracciglio questa volta diretto alla sorella: "Non ci crederai ma io non c'entro nulla con il suo sedere."

La ragazza si riprese dall'immagine che aveva attraversato la sua mente.

"Tutti comprensivi voi lupi! Chi mi aiuta ad alzarmi?" richiamò l'attenzione il ragazzo.

Derek gli si avvicinò, lo rimise in piedi e poi lo trascinò fuori dove se lo mise in spalla. 

Stiles protestò: "Ehi, che fai?! Credevo che avessimo trovato un accordo li dentro? Continuiamo a baciarci e ci scordiamo di questo gioco del cavolo."

"No." rispose perentorio. 

"Almeno fammi mandare un messaggio a mio padre."

Cora intervenne: "Lo sceriffo è con Laura in una tenda dello staff. Sta tranquillo Stiles, gli farò sapere che stavi piuttosto bene quando ti ho visto."

"Grazie Cora, tu devi essere quella buona della famiglia, vero?"

"No. In realtà quello buono è Peter."

Stiles spalancò gli occhi e riuscì solo ad emettere un "Eh!?" perplesso, rinnovando i sospetti di Derek, prima di venir portato via nuovamente in spalla.

 

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Capitolo 4
*** Traguardo ***



Traguardo



La pioggia aveva costretto Peter a togliere le manette al povero vicesceriffo -oramai ferito nell'orgoglio- e a cercare un riparo asciutto. Il massimo che avevano trovato era un albero di fico che dava un certo riparo asciutto sotto le sue foglie. 

"Non toccarmi!" s'infuriò Parrish all'ennesimo tentativo di Peter di passargli un braccio sulle spalle. 

"Voglio solo riscaldati, tremi." si giustificò l'altro. "Solo perché sono furioso con te."

"Perché?" chiese innocentemente.

Peter tornò ad avvicinarsi in cerca di un contatto fisico se pur minimo, mentre continuavano a stare seduti sotto l'albero.

"Perché sei un idiota! Come ti è venuto in mente di prendere decine di multe per attirare la mia attenzione?" chiese irritato.

"Beh, l'hai appena detto, sono un idiota. Un idiota innamorato di te." affermò con un sorriso nervoso. 

"Io sono innamorato di un'altra persona, quindi scordati di me."

L'uomo più grande non gli diede retta. "Però, lui non è innamorato di te. Ciò come ti fa sentire?"

"Male." sbuffò abbattuto, sollevando lo sguardo negli occhi chiari dell'altro. 

"Come mi sento io adesso. Solo che tu hai la possibilità di scegliere tra un amore non ricambiato e una relazione che potrebbe crescere, dipende solo da te."

"Io non posso stare con qualcuno che non amo."

"E credi di poter convincere Stiles a stare con te, anche se non prova niente nei tuoi confronti. Con me, magari, dopo qualche appuntamento avrai la possibilità di capire se puoi essere felice. Non è mia intenzione farti soffrire. Renditi conto che ho fatto tutto ciò in più di un anno solo per farmi notare da te. Sogno di parlarti a cuore aperto da tanto tempo."

"Sì, ma... Ma io... Io non provo lo stesso."

Peter sospirò affranto con gli occhi leggermente lucidi. 

"Ok."

Entrambi spostarono lo sguardo sulla pioggia che scendeva.

Parrish ruppe il silenzio dopo qualche minuto.

"Ora che si fa?"

"In che senso?"

"Continuerai a farti multare?"

Peter sollevò le spalle incerto. "Non so. Per me non è come per te. Io non sono abituato a rinunciare a ciò che mi piace."

"Questo cosa significa?" chiese inquieto. 

"Che continuerò a corteggiarti."

"Peter no!"

Tentò di convincere l'uomo a comportarsi bene, ma il luccichio diabolico negli occhi di Peter lo fece desistere. 

"Cosa vuoi farmi?" domandò preoccupato, notando il sorriso particolarmente diabolico ma altrettanto attraente dell'uomo.

"Appena smette di piovere, lo vedrai."

Parrish aveva una brutta sensazione, ma anche una piacevole e calda che ancora non comprendeva a pieno.

Appena smise di piovere capì cosa l'uomo avesse in mente. Sperava solo che nessuno lo vedesse, soprattutto il suo capo. 

Si sentiva un idiota ad aver abbassato la guardia nuovamente quando Peter gli aveva detto che era meglio avviarsi verso casa. 

Non si erano avviati verso casa e Jordan non era in grado di decidere liberamente della sua destinazione, com'era ammanettato sulla spalla di Peter. 

Se i suoi colleghi l'avessero visto, non l'avrebbero più guardato in faccia per il resto della vita e Stiles avrebbe riso per ore.

~×~

 

-Dieci mesi prima-

 

Era una sera cupa e uggiosa, ma Stiles non aveva voglia di tornare a casa e passare l'ennesima serata ai videogiochi prima di crollare addormentato. Tante delle cose che amava fare da solo e con il suo amico Scott, ora avevano perso ogni attrattiva, cioè da quando aveva incrociato quegli occhi verdi come il prato accarezzato dalla pioggia. Ecco! Ora anche la pioggia che aveva preso a scendere glielo faceva ricordare. 

Aveva davvero bisogno di distrarsi, ma visto che non c'era Scott optò per l'autocommiserazione. Da quando Scott aveva rapito Allison per quello stupido gioco da "sagra di paese", Stiles era rimasto in balia dei suoi pensieri autodistruttivi che in quel momento erano convertiti in abbondanti dosi di zucchero e cioccolato. 

Il suo migliore amico l'aveva scaricato, come accadeva da diverso tempo, per passare la serata con Allison. Lei discendeva da una delle famiglie di cacciatori tra le più straordinarie del paese, tanto straordinaria che quando era stata rapita, Scott aveva rischiato davvero di fare una brutta fine. 

Per fortuna del giovane licantropo, il tutto si era risolto tranquillamente e lui era tornato a casa con tutto al proprio posto e nessun proiettile d'argento nel sedere.

Ora aveva bisogno di lui, ma visto che lui non c'era, entrò nel primo bar aperto e si sedette al bancone.

Richiamo l'attenzione del barista con un cenno della mano e ordinò. "Sam, fammi un frappè al cioccolato. Fammelo doppio e abbonda con la panna."

L'uomo dietro al bancone posò il bicchiere che stava asciugano e lo fisso intensamente come a volerlo compatire. Non era il suo primo cliente che si riduceva così per amore e non sarebbe stato l'ultimo. Prese l'ordinazione e iniziò a preparare il frappè. 

Stiles abbassò la testa e si concentrò sulla macchia di caffè sul bancone, mentre fuori iniziava a piovere. Il locale era già semideserto, ma la pioggia fece andare via anche gli ultimi clienti che non volevano trovarsi sotto un acquazzone senza auto e ombrello. 

C'era solo un uomo seduto dall'altra parte del bancone che, come lui, contemplava il suo frappè color puffo. 

L'uomo alzò lo sguardo solo quando il barista gli passo davanti con il frappè pronto per Stiles. Si guardarono con una brutta consapevolezza negli occhi. Erano simili.

Due uomini soli davanti ad un bicchiere alle dieci di sera.

"Brutta giornata?" chiese l'uomo. 

"È sempre una brutta giornata." rispose Stiles immergendo il cucchiaio nel cioccolato e ignorando la cannuccia.

"Denaro, amore o scuola? Cos'è che ti addolora?"

"Non c'è neanche da chiederlo, amore. Tu, invece?"

Il tono della conversazione era da funerale.

"Idem. È sempre e solo l'amore che ci frega. Puoi essere il maschio più sexy e intelligente del mondo, ma lui non ti si fila per niente."

"O il maschio più sexy e intelligente di Beacon Hill e lui neanche ti nota."

Peter lo fisso intensamente, notando come aveva fatta sua l'affermazione sull'essere sexy e intelligente più di lui. 

"Chi è il tuo lui?"

"Un bellissimo licantropo con occhi verdi, addominali scolpiti e più grande di me. Viene in città solo per le vacanze universitarie." sospirò. 

"Il mio invece è un agente così dolce e carino da farti dimenticare cosa stavi dicendo ogni volta che ti soffermi a guardarlo."

Stiles osservò per qualche secondo l'uomo, per poi chiedere: "Non sarà mica lo sceriffo?"

L'altro esclamò: "Cosa?! No. Non è lui, anche se è un bel uomo. Mi riferisco al suo vice, Parrish."

"Non nominarlo. È insopportabile."

"Perché?" fece curioso. 

"Perché mi tormenta. È cotto di me e papà gli dà corda."

"Davvero? E tu che fai?" domandò incerto se essere geloso o no.

"Lo tengo alla larga, ovvio! Non mi piace lui, te l'ho detto. Sono cotto di Derek Hale."

L'altro spalancò gli occhi e poi scoppio a ridere, rendendo perplesso Stiles e anche particolarmente offeso.

"Lo trovi divertente?! Io confesso il mio dolore e tu..."

"No, no... Hai capito male. Ridevo perché stai parlando di mio nipote e quell'idiota non vedrebbe un bel ragazzo neanche se gli si presentasse davanti nudo con la panna nei punti giusti e steso sulla sua Camaro... Anzi, pensandoci, ti vedrebbe sulla sua Camaro, ma dopo ti aprirebbe la gola."

Stiles divenne rosso in viso preso alla sprovvista. Lo zio di Derek-sopracciglio-sexy-Hale ora sapeva della sua cotta stratosferica per il nipote e chissà che idea si era fatta di lui.

Cercò di non apparire più patetico di quanto già non fosse di suo. 

"Senti, io non volevo dire che sono innamorato alla follia di tuo nipote, ma solo... Ehm... Solo..."

L'uomo si alzò prendendo il suo frappè e chiese al barista, che aveva sentito tutta la chiacchierata: "Sam portaci altri due frappè e anche carta e penna tra dieci minuti." Si voltò a guardare il ragazzo con un sorriso poco rassicurante. "Tu vieni con me nella saletta privata nel retro. Dobbiamo darci da fare."

Così dicendo, Peter Hale si avviò verso una porta di fianco al bancone e vi scomparve. 

Stiles rimase un attimo interdetto. Non sapeva se fidarsi o no di quel tipo. Non sapeva neanche il suo nome, ma poi decise di seguirlo. Aveva visto disperazione negli occhi dell'uomo e lui non è che stesse messo meglio, quindi sperava in qualcosa di positivo. Peggio non poteva andare. 

 

Due ore, sei frappè e due mal di pancia dopo, era tutto fatto e deciso. 

Peter e Stiles si divisero e si ignorarono per il resto dei mesi a seguire, almeno pubblicamente. Solo Sam sapeva cosa accadeva nella saletta privata del suo locale e non osava parlarne. Troppo inquietante per qualsiasi persona sana di mente.

 

~×~

Stiles era piuttosto silenzioso mentre veniva portato in spalla da Derek. Per un attimo il licantropo temette che fosse svenuto o peggio. Sapeva che si sarebbe pentito appena avrebbe costretto l'altro a parlare.

"Stiles, ci sei?"

"Dove vuoi che vada?" fece sarcastico. 

"Ora che ti prende?"

"Niente."

"Davvero?"

"Sì, davvero!"

"Non si direbbe."

Stiles sbuffo e rimase in silenzio per qualche minuto. 

Derek sapeva che non avrebbe resistito a lungo prima di iniziare uno dei suoi monologhi. Lo faceva spesso con chi era suo amico o poco meno. L'aveva notato osservandolo nei giorni precedenti. Infatti...

"Scommetto che ora credi di poter portare a termine questo gioco solo perché mi hai addolcito. Non funziona così! Io scapperò e te la farò pagare. Anche mio padre te la farà pagare. Sono il fiero figlio dello sceriffo e non permetterò a nessuno di prendersi gioco di lui, anche se bacia da Dio..." continuò così per diverso tempo. 

Derek non fece una piega a nessuna delle frasi di Stiles, sapeva che era uno sfogo personale per quello che era successo nella grotta. Il ragazzo era giovane e la sua mente combatteva per non ammettere ciò che il suo cuore sentiva. Non poteva accettare l'accaduto finché non si sarebbero chiariti con lo sceriffo e avessero deciso una tregua. Iniziava a volere l'umano onestamente e non solo per gioco o vendetta. 

Intanto, Stiles aveva finito il discorso: "... Quindi scordati di vincere. Io scapperò!" 

Derek si fermò e lo mise giù. Lo vide confuso ed infatti domandò: "Perché ci siamo fermati?"

"Perché siamo arrivati." affermò ghignante. 

Stiles spalancò gli occhi e si voltò verso la villa abbandonata. 

"COSA?!" 

Sul portico della villa c'erano già Danny e Ethan intendi a baciarsi che avvertendo l'esclamazione del ragazzo si separarono. 

Guardarono i due e Danny fece divertito: "Era ora! Abbiamo vinto noi la scommessa."

"Ma non è possibile?! La villa è lontanissima e com'è possibile esser arrivati qui così presto?"

"Eri così preso dal tuo discorso che non hai capito dove fossimo." 

Stiles si portò le mani sulla testa disperato. 

Aveva perso contro Derek Hale, come poteva guardare nuovamente suo padre negli occhi? Era disperato come non mai. Voleva piangere, urlare e prendere a pugni il licantropo che in quel momento stava parlando con un addetto ai giochi. 

Per un attimo temette che lo lasciasse lì dopo tutto quello che era successo. In fondo aveva vinto. Tutti avrebbero saputo che il figlio dello sceriffo era stato trattato come un sacco di patate e che non aveva fatto nulla per scappare.

Si vergognava terribilmente. 

"Ehi amico, tutto bene?" chiese Danny, avvicinandosi a lui.

"Ho deluso mio padre e Derek non ha più motivo di stare qui con me. Si è preso la sua vendetta."

Danny scosse la testa divertito. "Ancora credi che abbia fatto tutto per vendetta? Sei uno sciocco."

"Sì, lo è." affermò Derek che si stava avvicinando silenziosamente. "Di cosa parlavate?" aggiunse.

Stiles non osò guardarlo in faccia, ma quando si sentì abbracciare dovette alzare gli occhi in quelli del licantropo. 

"Allora, dove eravamo rimasti?" domandò con un sorriso sornione. 

"Come?" fece stralunato. 

"Pensavo di riprendere da dove ci eravamo fermati prima che tuo padre arrivi. Sembra che si sia diretto verso il sentiero e abbia preso un passaggio, mi ha raccontato l'addetto dei giochi. Sarà qui presto, quindi..." sollevò le sopracciglia in un chiaro invito a riprendere con i baci. 

"Ehi aspetta, io non posso. Sono ancora furioso con te!"

"Magari possiamo parlarne a cena questa sera. C'è un locale elegante dove mi piacerebbe portarti. Devo anche una cena a loro due."

"Una cena? Davvero vuoi portarmi a cena?"

"Certo, perché non dovrei."

"Perché ero solo una gallina da rapire per far arrabbiare mio padre."

"Sei uno sciocco."

"Allora tu mi vuoi?"

"Sì, che ti voglio." ammise baciandolo. 

Stiles si godette quel bacio mentre Danny si allontanava per lasciare ai due un po' di intimità. 

Quando si separarono, Derek notò un sorriso malefico sul volto di Stiles. Durò qualche istante, poi sembrò tornare quell'ingenuo adolescente che era. 

Ripresero a baciarsi, ma una fitta dolorosa alla schiena distrasse il licantropo che si voltò notando lo sceriffo intento a sparargli proiettili di vernice a raffica. 

"Sceriffo... Scer... La prego."

Vedendo che l'uomo non desisteva si diede alla fuga, lasciando Stiles lì. Riuscì solo a dire: "Ti chiamo." rivolto a Stiles.

Ottenendo la risposta dello sceriffo: "Tu non chiami nessuno! Se ti rivedo, ti sparo per davvero."

~×~

Parrish aveva scalciato più che poteva, senza riuscire a liberarsi dalle mani di Peter. 

"Fai il bravo cucciolo Jordan." lo ammonì divertito. 

"Peter lasciami scendere. Non puoi fare questo! Sono un agente della polizia..."

"Mio caro, abbiamo già chiarito che non me ne frega nulla della legge. Davvero credi di potermi convincere così?"

Parrish era disperato. La sua reputazione sarebbe stata distrutta per il resto della vita. Doveva salvare il salvabile prima che qualcuno lo vedesse in quella situazione. 

"Ok!"

Peter non capendo cosa intendesse con quell'inaspettato "ok" decise di metterlo giù per prendere fiato qualche minuto. 

Si ritrovarono faccia a faccia, con Jordan ancora ammanettato e ben trattenuto per impedirgli la fuga.

"Ok, cosa?" domandò confuso al vice sceriffo. 

"Come posso impedirti di portarmi alla meta?" Si sentiva tanto una palla da football. 

Peter sorrise stranamente soddisfatto. Finse di pensarci e poi indagò. "Sei davvero disposto a tutto?"

L'altro sbuffò e poi ammise: "Sì."

Il sorriso di Peter si allargò in modo inquietante. 

"Ci sarebbe un modo. Un appuntamento questa sera e..." fece una pausa strategica. 

"E?"

"Una garanzia ora."

"Garanzia?" La parola non gli piaceva. 

"Potresti non presentarti all'appuntamento, quindi devo avere una garanzia di buona fede."

"Tipo?" La natura indagatrice da agente si fece sentire. 

"Tipo un bacio."

"Cosa?!" fece scandalizzato. 

"Dammi un bacio e ti lascio libero."

"Non ci sperare Hale!"

"Allora se è così, andiamo..."

"No!"

Si soffermò a riflettere. Poteva essere una soluzione per levarsi dai guai e dalla derisione a vita, tanto, cos'era un bacio? Solo delle labbra che si incontrano e più precisamente le sue con quelle di Peter Hale. Non gli pareva così disgustoso come credeva inizialmente, baciare quella faccia da schiaffi di Peter. L'uomo non era ne brutto e neanche il tipo da alito pesante o difetti del genere che rendevano quella richiesta davvero disgustosa. Non gli costava nulla un bacio alla fine dei conti, anzi se serviva a tirarsi fuori da quella situazione poteva benissimo accettare.

"Ok." acconsentì. 

Gli occhi di Peter si illuminarono d'eccitazione in attesa di ciò che stava per accadere, ma che Jordan sembrava ugualmente restio a far accadere, infatti restava impalato in attesa che fosse lui a fare la prima mosso. 

Peter non si fece attendere e si sporse in cerca delle labbra del giovane vice sceriffo che tremarono per qualche attimo, ma poi si lasciarono afferrare e accarezzare da quelle dell'uomo.

Due mannari con l'adrenalina al massimo in mezzo alla natura, era chiaro che si lasciassero andare agli istinti. 

Il bacio da dolce divenne rude e poi profondo per tornare lento e tremante, finché non ritrovarono entrambi il controllo dei propri sensi. 

Peter era felice e Jordan non poteva non restarne affascinato da quel volto finalmente rilassato tanto da sembrare dolce nei lineamenti e privo dei tratti da predatore che Peter indossa come maschera ogni giorno. 

La voce dell'uomo si fece sentire in un sussurro rivolto più a se stesso che a Jordan. "Bellissimo."

Per un istante il giovane agente si lasciò cullare dal respiro di Peter, ma quando si ricordò il modo in cui l'uomo aveva estorto il bacio, decise di allontanarsi un po' e pretendere la libertà. 

"Ora lasciami andare." ordinò con voce incerta.

"Non mi hai baciato tu. Sono stato io a baciarti, quindi l'accordo non è valido."

"COSA!?" 

Parrish non poteva credere d'aver baciato l'altro per niente. "Avevi promesso."

"Sì, ma ho detto che dovevi darmi un bacio, invece ho fatto tutto io. Sei stato tu a non mantenere la promessa."

"Peter, giuro che appena..."

Non ebbe il tempo di finire che si ritrovò in spalla, costretto a subire fino alla fine quel gioco. 

In realtà Peter pur sembrando un bastardo senza cuore, si limitò a portare Parrish solo nei pressi della villa evitando di venir visti insieme. 

Parrish rimase interdetto quando l'uomo annunciò che erano arrivati. "Ma non volevi che mi vedessero tutti come tua preda?"

"No, volevo solo parlarti. Non sono tanto stronzo da farti una cosa del genere."

"Peter, io...", era rimasto senza parole per l'inatteso gesto di galanteria.

L'uomo lo liberò dalle manette e con l'aria di chi si sentiva a disagio chiese: "Perdonami Jordan."

L'altro restò in silenzio ad osservarlo. 

"Se ti andasse... Stasera ti aspetterò al ristorante italiano vicino al liceo. Non è un appuntamento, ma solo un'offerta di pace. Se ti va, io sarò lì alle nove."

Parrish notò quell'aria da cucciolo bastonato che stava tanto bene sul viso di Peter e non osò dire di no. 

"Ci penserò."

Peter sorrise e andò via come sollevato da un peso che non era solo quello fisico dall'avere portato Parrish fin lì. 

Era sollievo. C'era speranza nonostante tutto.

 

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