Selene.

di Chiaroscura69
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -1960- ***
Capitolo 2: *** 2. Selene. ***
Capitolo 3: *** 3. Il primo giorno ***
Capitolo 4: *** 4. Le impronte ***
Capitolo 5: *** -2005- ***
Capitolo 6: *** 6. Il mistero del bagno ***
Capitolo 7: *** -1963- ***
Capitolo 8: *** La prima strana amica. ***



Capitolo 1
*** -1960- ***


-1960-
Lanchobar aspettava, sapeva che presto si sarebbe fatto vivo.
Dopo averlo pedinato per settimane era certo che per tornare a casa sarebbe passato da lì. Per giorni si era chiesto dove abitasse dato che ad un certo punto del percorso, Artur spariva improvvisamente.
Così una notte di luna piena, aiutato dai suoi sensi sviluppati, aveva seguito le sue tracce fino ad un'imponente quercia e aveva scoperto la sua piccola e nascosta dimora,.
Infida proprio come lui.
Anche quel giorno Artur uscì dal suo ufficio e abbandonò la macchina in una strada deserta, poi con fare circospetto proseguì a piedi fino alla foresta e Lanchobar lo seguì.
Artur si sentiva inquieto e capiva di non essere affatto solo, perciò si voltò improvvisamente giusto in tempo per vedere una losca figura acquattarsi nell'oscurità.
Preso dal terrore iniziò a correre come mai in vita sua aveva fatto sperando di riuscire a scappare, ma non sapeva con chi aveva a che fare.
Non era che un uomo grassoccio e codardo contro un predatore astuto e feroce. Forse il più letale predatore fra i più letali predatori.
Ecco perchè dopo pochi metri Lanchobar lo acciuffò, prendendolo per il colletto della camicia inamidata.
Quella notte era lo scenario perfetto per incutere paura e Lanchobar lo sapeva. La luna era coperta dalle nuvole e solo qualche timido raggio era visibile, velato dalle nuvole.
Nella semioscurità il viso del predatore, di sensuale bellezza, appariva piuttosto minaccioso e inquietante.
''Artur'' sussurrò con un sorriso maligno.
''L-Lanchobar, c-come mai da queste parti?'' balbettò in preda al terrore l'altro, dopo averlo riconosciuto.
''Oh avanti, sai benissimo perchè sono qui'', lo gelò Lanchobar.
''Io veramente proprio non capisco''biascicò l'uomo.
''Vuoi farmi spazientire dopo  i primi cinque minuti? Un uomo saggio come te dovrebbe sapere che non è bene''.
''D'accordo, d'accordo. Sei qui per lo scudo? Puoi anche mettermi giù, sono disposto a parlarne senza fuggire!'' esclamò, indignato per un attimo.
Gli occhi di Lanchobar si ridussero a due fessure ma lasciò andare lo scienziato.
Artur si rialzò borbottando.
''Ebbene?''lo incalzò Lanchobar.
''Finalmente è pronto. Abbiamo posto fine ai secoli di terrore che avete causato, liberandovi dalla maledizione.''
''Come funziona?''
''Lo scudo incanalerà i poteri della Luna, e a quel punto dovrete eliminarlo''.
''Sì ma io non capisco, come avete fatto a crearlo?''
''Noi non abbiamo creato nulla, lo scudo è nato. Noi lo abbiamo solo scoperto.''
''In che senso?''
''Lo scudo è una bambina''.
''Tutto qui? Per porre fine alla maledizione che ha fatto versare sangue a migliaia di persone e condannato la mia famiglia all'isolamento e al dolore, è necessario versare il sangue di una sola bambina?''
''Proprio così. Ma a parte questo, dovrai anche trovarla''.
''E come farò a riconoscerla?''
''Con la sonda. L'abbiamo creata noi.''si lasciò sfuggire lo scienziato.
''Bene, in tal caso ti basterà consegnarmela''disse con voce minacciosa Lanchobar.
Artur deglutì.
''Lanchobar devi capire che io non posso dartela, si tratta di un prototipo, non è ancora stata collaudata...Potrebbe avere gravi effetti collaterali...''tentò di convinverlo lo scienziato.
''Artur, allora vuoi proprio rendermi nervoso'' lo minacciò nuovamente il predatore.
''Insomma, sii ragionevole...''insisitette disperato Artur.
Lanchobar lo prese per il colletto e lo espose a quel timido raggio opaco che la luna metteva a disposizione per poterlo guardare bene negli occhi.
''Stai mettendo a dura prova la mia pazienza, Scienziato'', disse estraendo gli artigli e sfiorandogli la gola.
Lo scienziato deglutì per la seconda volta.
''D'accordo, hai vinto. Te la darò'',sospirò arrendendosi.
Lanchobar sorrise e appoggiò a terra lo scienziato, poi si incamminarono insieme verso la casa-albero.

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Capitolo 2
*** 2. Selene. ***


Mi guardai intorno con un sorriso.
Non era la miglior cittadina che avessi visto fino a quel momento, ma nonostante questo Byrne aveva conquistato la mia ammirazione.
Non era che un nebbioso paesino al piedi del monte Levy, non contava più di un migliaio di abitanti e di conseguenza si conoscevano tutti.
Beh, tutti tranne me.
Tuttavia se vivere in un piccolo paesino nascosto dal mondo mi avrebbe permesso di poter star all'aria aperta, allora per me sarebbe stato un paradiso.
Guardai il mio riflesso nel finestrino dell'auto di mia madre e mi accorsi dei primi segni di ricrescita nei miei capelli. Li tingevo di nero, perchè il vero colore non rivelasse la mia stranezza al mondo. Almeno qui, nessuno avrebbe dovuto capirlo. I capelli neri mi rendevano quasi una ragazza normale, anche se qualche tratto di me ad un occhio attento sarebbe comunque potuto sembrare sospetto. La mia pelle era chiarissima, quasi diafana, le mie labbra rosse come il sangue i miei occhi di un grigio argentato alquanto inquietante, ma non vi ho ancora detto il pezzo forte: i miei capelli erano argento vivo.
Sin da quando ero piccola mia madre aveva cercato di capire quale fosse il motivo di questa stranezza, ma nessun dottore le aveva saputo dare una risposta. Per anni aveva ritenuto che fossi malata, che fossi destinata a vivere poco a lungo, che mi sarebbero caduti tutti i capelli, ma non era mai successo nulla.
Beh, se la mia stranezza fosse stata solo questa ce ne saremmo fatte una ragione ad un certo punto,no? In realtà c'è molto altro.
Mamma parcheggiò di fronte ad una casetta verde completamente imbiancata dalla neve.
Scesi subito raggiante.
''Ha nevicato!!''esultai iniziando a raccogliere la neve per farne delle palline.
''Già, ma la battaglia di palle la rimandiamo a dopo signorina''rise mia madre capendo le mie intenzioni.
Ovviamente non le diedi retta. Ero sempre stata una ragazza dai riflessi pronti e vincere per me non fu troppo difficile, inoltre sentivo che la neve era il mio elemento. Solo dopo che la vidi completamente fradicia smisi di lanciarle la neve addosso e finimmo a ridere sdraiate nel cortile.
Lei non aveva nulla in comune con me. Aveva una folta chioma di capelli castani e lisci, tenuti sempre in una coda severa, due grandi occhi nocciola e la pelle abbronzata.
Bryan uscì dalla macchina e si unì a noi fra la neve, abbracciando mia madre. Erano una bellissima coppia, anche se lui non era mio padre.
Lui era sparito.
E la cosa più sconcertante era che mia madre non ricordava assolutamente nulla di lui, nemmeno il viso. E nemmeno un oggetto era rimasto a farne testimonianza.
Ma in quel momento mi sentivo felice, e nulla contava di più.
Dopo aver sistemato i bagagli ci concedemmo il meritato riposo attendendo la notte. La notte era il vero problema; senza un valido motivo ero vittima di strane crisi e non potevo azzardarmi a dormire con la finestra aperta perchè in quel caso si facevano più violente. Le mie crisi assumevano forme diverse, tuttavia una era più frequente: la pronuncia di frasi in greco antico come una sorta di preghiera.
Se non venivo fermata subito il mio corpo subiva una metamorfosi: i capelli tornavano argentei e la mia pelle brillava.
Ecco perchè per me era fondamentale non stare mai da sola.
Con gli anni ho capito che questo avrebbe portato me e la mia famiglia ad una vita assai limitata, e questo mi addolorava profondamente.
Inoltre le crisi erano molto forti nei giorni in cui nel cielo c'era la luna piena; per questo quando nacqui, nella prima notte della mia vita, un raggio di luna mi sfiorò proprio quando mia madre mi prese fra le braccia, iniziai a brillare, e mi fu dato il nome di Selene.

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Capitolo 3
*** 3. Il primo giorno ***


Il primo giorno di scuola della mia vita fu indimenticabile.
All'età di tre anni mia madre mi aveva iscritta all'asilo, come tutti gli altri bambini. Era stata una scelta molto sofferta ma io non avrei mai potuto vivere nell'isolamento totale, e a quell'età il problema era ancor più impossibile da ignorare. A quei tempi i miei capelli d'argento non erano un segreto perchè speravamo che il fatto non destasse troppa inquietudine negli altri. In effetti avevamo sottovalutato l'istinto insito in ogni madre di proteggere il proprio figlio da qualunque cosa ritenuta strana e dunque pericolosa. Dopo l'appello cercai subito di socializzare con qualche bambina dato che nella mia vita non avevo ancora avuto l'occasione di entrare in contatto con dei miei coetanei, ma nessuna riusciva a fidarsi di me per via della mia particolarità perciò alla fine ero stata costretta ad arrendermi e giocare sola soletta in un angolino. Fino a quando non si avvicinò a me una bambina particolarmente prepotente, una di quelle che con l'educazione ci fanno a botte, che pretendeva di avere la mia bambola. Io avrei voluto condividerla con lei, non cedergliela ma lei non era dello stesso parere e cercò di strapparmela dalle mani. Rendendosi conto che non avrei mai lasciato andare la mia bambola passò ai metodi forti e mi diede un pugno, alchè anche io reagii e le morsicai il braccio (in effetti avrei potuto risparmiarmelo, me ne rendo conto). Il problema fu che lei iniziò a gridare :''La strega mi ha morso! La strega mi ha morso!''. Da quel momento in poi i bambini invece di evitarmi mi passavano accanto per urlarmi:''Strega!'' e le maestre non facevano assolutamente nulla per evitarlo.
Inutile dire che da quel giorno mia madre non mi mandò più a scuola e per tutti quegli anni avevo vissuto relegata in casa, sola.
Della mia istruzione si era sempre occupato un professore privato che era del tutto inconsapevole del mio piccolo segreto.
Ecco perchè Byrne mi rendeva così felice, finalmente avreipotuto frequentare una scuola, avere delle amiche e divertirmi come tutti i miei coetanei.
L'istituto non era affatto grande, con un totale di massimo cento studenti e stava in un luogo molto isolato, tanto che per raggiungerlo mi ci voleva almeno una buona mezz'ora a piedi. Beh, almeno il primo giorno ci andai insieme a mia madre in macchina.
Attraversai il cortile, che altro non era se non una piccola piattaforma di cemento, ed entrai.
Ricordo che la mia prima impressione quando entrai fu quella di essere in un ospedale abbandonato. Grosse crepe attraversavano le pareti e una tinta verde chiaro copriva i muri ormai quasi distrutti dal tempo. Alla mia destra c'era un'enorme scala con gli scalini deformati dai passi degli studenti che gli avevano solcati. Al centro troneggiava un'imponente colonna che probabilmente un tempo doveva essere stata bianca e dietro di lei si apriva un lungo corridoio con gli uffici del preside, della vicepreside e della segretaeria.
Il pavimento aveva mattonelle color salame e nella parete destra era appesa una bacheca di sughero ricca di foglietti colorati.
Adesso capirete quanto fossi felice di socializzare dato che nonostante tutta questa misera descrizione io adorassi quella scuola.
Appese vicino alla scala stavano le indicazioni per le classi e dopo un attimo di incertezza iniziai lentamente a salire, diretta verso la sezione C. Proseguii fino alla terza classe del primo corridoio a destra e bussai timidamente alla porta. Avevo il cuore in gola? Mi avrebbero accettata questa volta?
Subito la voce di qualcuno mi disse di entrare e con la mano che mi tremava aprii lentamente la porta facendo un passo avanti. Nella stanza c'era un gran baccano ma al mio arrivo la classe piombò nel più assoluto silenzio. Il mio imbarazzo rischiava di strozzarmi perciò cercai di non guardare troppo i miei compagni concentrandomi sul meraviglioso pavimento color salame. Tuttavia una cosa mi fu subito chiara, in quella classe tutti sapevano che il mio arrivo avrebbe stravolto le cose.
Nella cattedra sedeva un professore dall'aspetto piuttosto trasandato, vecchio e grassoccio, e mi scrutava incuriosito.
''Ciao Selene, io sono il professor Lure, purtroppo c'è un solo posto libero dunque non posso nemmeno farti scegliere''disse dispiaciuto indicandomi l'ultimo banco vuoto sulla destra. Sorrisi al professore e avanzai titubante sotto gli sguardi di tutti.
Con gli occhi bassi accelerai per porre fine allo strazio ma non vidi il piede di un ragazzo e inciampai. Mi sarei schiantata decisamente contro il muro ma una mano forte mi afferrò. Stordita dalla situazione mi voltai per ringraziare il mio salvatore ma rimasi pietrificata.
Il suo viso era così familiare, eppure ero certa di non averlo mai incontrato. Era terribilmente alto e forte, e i suoi occhi mi fecero paura, vi era della ferocia.
Mentre mi perdevo in queste osservazioni il ragazzo che mi aveva appena fatto lo sgambetto venne raggiunto dalla manata di una ragazza accanto a lui.
''Fred sei un idiota''sbottò lei fulminandolo.
''Oh eh dai, stavo solo giocando. E poi lei non si è fatta nulla, vero Selene?'' ribattè Fred facendomi l'occhiolino.
Ero talmente presa dal mio salvatore che, mio malgrado sentii a malapena, soprattutto dopo che mi sorrise e due fossette si formarono sui lati delle sue guance. Sorrisi anche io ma ad un certo punto non riuscii più a reggere il suo sguardo e mi voltai verso Fred.
Accorgendosi del mio prolungato silenzio Fred iniziò a preoccuparsi che lo spavento non mi avesse danneggiato seriamente i neuroni, ma per fortuna mi riscossi.
''Sì sì, tutto a posto.''dissi rivolgendogli un sorriso. Lui rispose al sorriso e poi si voltò.
Alla fine riuscii a sedermi e tentai di guardarmi un po' intorno.  C'erano solo tre ragazze, tutti gli altri sedici erano maschi. Notai subito una cosa alquanto inquietante: tutti i ragazzi erano più o meno prestanti quanto quello che mi aveva impedito di spiaccicarmi contro il muro. A distogliermi dalle mie riflessioni fu il prof che disse:''Selene, ti dispiacerebbe dirci a che punto sei del programma?''.
Speravo che non mi facesse questa domanda perchè io sapevo benissimo di essere molto più avanti di tutta la classe. Io avevo studiato tutto il programma di quinta privatamente, mentre loro stavano iniziando quello di quarta nel Liceo Classico.
Mi schiarii la voce. ''Ho concluso il programma di quinta, signore'' mormorai educatamente. Lui sgranò gli occhi.
Tutta la classe si voltò con gli occhi sbarrati verso di me e io avvampai. Proprio quello che volevo evitare. Sentii qualcuno sussurrare:''Caspita è pure intelligente''.
Il prof battè le mani per richiamare l'attenzione degli altri e io sospirai di sollievo.
''Purtroppo Selene credo che con noi dovrai rifare molti argomenti ma dopotutto quale migliore occasione di ripasso? In ogni caso se vorrai fare qualcosa di più avanzato abbiamo dei corsi serali molto interessanti''. Sentii qualcuno ridacchiare.
''D'accordo''acconsentii di malavoglia. A quel punto il prof iniziò a spiegare la vita di Ariosto, ma dato che la conoscevo più che a memoria mi presi la libertà di non seguire.
Per tutta la lezione non feci altro che osservare di sottecchi il ragazzo che mi aveva salvata. Sentivo un'inspiegabile attrazione nei suoi confronti e qualcosa mi faceva venire i brividi.
Le ore di lezione terminarono velocemente e appena la campana suonò i ragazzi erano già pronti ad andar via, tuttavia per educazione vennero a presentarsi da me.
Dopo averli conosciuti quasi tutti iniziai a preparare la mia borsa e in classe eravamo rimasti in pochi: io, Fred, la ragazza che lo aveva rimproverato e il misterioso salvatore.
Fred mi si avvicinò con fare disinvolto. ''Hei scusa per prima, è che mi sembravi troppo rigida e volevo sbloccarti un po'.'' rise facendomi di nuovo l'occhiolino.
''Oh grazie mille''risposi ridacchiando.
''Comunque se non hai nulla da fare stasera ti potrei offrire qualcosa per farmi perdonare''.
Arrossii. ''I-io v-veramente n-non saprei...'' balbettai impacciata.
La ragazza di prima, dopo aver assistito alla scena, mi tirò per un braccio allontanandomi da Fred.
''Lasciala in pace Fred, non vedi che la spaventi?!-disse osservandomi- io sono Helena comunque!''si presentò tendendomi la mano.
''Piacere'' risposi stringendole la mano. Era carina, aveva una chioma di biondi capelli liscissimi che le incorniciavano il viso e dolci occhi nocciola con sfumature dorate. Era pallida tanto quanto me e leggermente più bassa di me, ma nei suoi occhi si leggeva una determinazione e una grinta che mi avrebbero schiacciata.
Fred se ne andò borbottando e dopo un po' lo seguì anche Helen, saltellando con passo aggraziato.
Mio malgrado sorrisi, mi era già simpatica.
Tutta presa dal preparare la mia borsa mi dimenticai dell'ultimo rimasto che nel frattempo ci aveva osservati tutto il tempo.
Dato che continuava a guardarmi raccolsi il mio coraggio e mi avvicinai.
''G-grazie per avermi salvata prima'' gli dissi con un sorriso sincero sulle labbra.
''Figurati. Io comunque mi chiamo Connor'' fece tentendomi la mano. La strinsi ma fui costretta a ritirarla subito. Una scossa elettrica mi aveva folgorato tutto il braccio. Anche lui si era accorto del fatto e mi guardò sconvolto per un attimo, poi riprese il suo sguardo penetrante e feroce. Stavo per dire qualcosa ma entrò in classe una ragazza non troppo felice di vederci insieme.
''Connor, andiamo''ordinò squadrandomi da capo a piedi. Era una ragazza mora, con i capelli più ricci che avessi mai visto e du eocchi nocciola dal taglio leggermente orientale. Aveva un fisico perfetto e sinuoso e una sensualità che trasudava da tutti i pori.
Connor sospirò e disse:''Janita, Selene, Selene, Janita''indicandoci.
''Onorata'' commentò acidamente lei.
''Piacere mio''risposi con malcelata irritazione.
Mi voltai e presi la mia borsa pronta ad andar via ma non mi sfuggì che Janita avesse preso la mano di Connor proprio quando ero abbastanza vicina da accorgermene. Comunque me ne andai dopo un breve cenno del capo nella loro direzione.
Non era andata così male dopotutto ma di sicuro avrei dovuto scordarmi Connor.

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Capitolo 4
*** 4. Le impronte ***


''Ahi!''
''Scusa piccola, è che sono così felice per te!'' esclamò mia madre mentre mi pettinava i lunghi capelli.
''Mamma ti ho solo detto che i i miei compagni sembrano simpatici''ribadii alzando gli occhi al cielo ma stentando a reprimere un sorriso.
''Oh non prendermi in giro! Lo so che in fondo sei entusiasta pure tu!''esclamò ancora. Sospirai. Alchè si piazzò di fronte a me per guardarmi negli occhi.
''Non ti sarai mica già presa una cotta, vero?''disse con fare sospettoso.
''La vuoi smettere?!''sbottai evitando il suo sguardo.
''La mia piccola Sele si è presa una cotta il primo giorno di scuola!!!'' esultò battendo le mani.
Mia madre non è pazza, a questo punto mi sembra opportuno affermarlo. Dopotutto al suo posto qualunque madre avrebbe reagito così, dato che fino a pochi giorni fa la prospettiva più prossima era di farmi internare in un laboratorio. Dopo aver compiuto i sei anni mia madre aveva consultato qualsiasi ramo della medicina per capire cosa mi capitasse, senza ottenere alcun risultato. Fino a quando non avvenne il miracolo.
Un dottore, un tale Arkrim, aveva riconosciuto in me un rarissimo morbo e aveva affermato di poter curare e comprendere meglio la malattia solo nel suo laboratorio. La notizia aveva causato una gioia generale, mia madre e Bryan non vedevano l'ora di affidarmi alle cure di questo fantomatico dottore.
Eppure a me non piaceva. Era basso e grassoccio, con due occhi porcini che scrutavano quà e là  e sembravano volerti leggere l'anima. Alla fine convinsi mia madre a fare delle indagini e misteriosamente sul suo conto non c'era alcuna notizia. Neppure il suo nome sembrava esistere.
Tuttavia non decidemmo ancora di rifiutare le cure, fino a quando un giorno accadde qualcosa di estremamente strano. Dentro una lettera ben sigillata era scritto:'' Artur Gothel, scienziato, uomo pericoloso, bandito dall'ordine dei medici nel 76', archivio di stato n.456''.
Naturalmente capimmo subito che si riferiva a Arkrim e dopo aver indagato sulle informazioni ricevute, scoprimmo che sarei diventata sostanzialmente una cavia da laboratorio.
Non scoprimmo mai chi ci avesse inviato la lettera, ma ringraziammo fra noi l'ignoto benefattore.
Tuttavia Arkrim, o Artur, non si arrese al nostro rifiuto e per anni continuò a torturarci, fino a costringerci alla quasi totale reclusione in casa.
Ad interrompere i miei ricordi fu Bryan, rientrando proprio in quel momento.
''Ragazze, stasera pizza! Dobbiamo festeggiare la nuova vita'' fece abbracciandoci.
La serata procedette tranquillamente e finalmente mi rilassai anche io, dopo quella lunga giornata. Tuttavia la tranquillità non faceva parte della mia vita, dunque avrei dovuto immaginarmi che sarebbe durata poco. Quella notte avvenne qualcosa di straordinario.
La luna era bellissima, nemmeno una nuvola la opacizzava e questo voleva dire solamente una cosa:avrei avuto una crisi molto forte quella notte.
Così avvenne, e nel mezzo della litania in greco antico le mie braccia iniziarono a brillare, diventando piano piano sempre più argentate. Non era mai successo. Mia madre spalancò la porta e vedendomi in quelle condizioni iniziò a urlare per lo spavento e poi mi scosse ma non riuscì a svegliarmi. Bryan cercò di fare lo stesso ma nulla cambiò. All'improvviso un ululato proveniente dall'esterno squarciò la mia litania e mi svegliai urlando a squarciagola.
Le mie braccia iniziarono a spegnersi lentamente, finchè non rimasero che delle impronte, delle strane impronte procurate da grosse mani. I lividi argentati erano estremamente inquietanti e non riuscivo a fare a meno di accarezzarli tra l'affascinato e l'intimorito.
Mamma mi abbracciò e disse a Bryan di prendere il fucile perchè quegli ululati non le piacevano affatto.
Dopo qualche ora Bryan tornò senza aver visto nulla.

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Capitolo 5
*** -2005- ***


-2005-
La bambina aveva cinque anni, e come si può capire, alla sua età non vedeva l'ora di giocare e divertirsi. Aveva pianto talmente tante volte che Katherine non aveva potuto resisterle.
La verità era che il pianto di sua figlia le spezzava il cuore ogni giorno.
Era una giornata ventosa ma allo stesso tempo enormi banchi di nebbia rendevano quasi impossibile essere riconosciuti; era la giornata perfetta.
Gli alberi del parco giochi erano spogli, così come il parco stesso. Le catene delle altalene cigolavano cupamente.
Il quadro era davvero desolante ma la bambina era talmente felice da contagiare anche i sassi.
''Vuoi un gelato, piccola?'' le chiese Katherine.
''Sì'' esultò la bimba.
''La mamma sta andando in quel bar-disse indicando alla bambina un caseggiato di legno poco lontano- se si avvicina qualcuno non rispondere e non dare confidenza''continuò con aria severa e preoccupata.
La bambina annuì raggiante.
Katherine si allontanò lentamente, ma dopo pochi passi la nebbia l'avvolse e scomparve del tutto.
Il cigolio dell'altalena era l'unico rumore udibile e d'altro canto la bimba era concentrata unicamente sul proprio divertimento, quindi non sentì i passi avvicinarsi alle sue spalle.
La prima cosa che vide furono delle scarpe da tennis nere, poi alzando lo sguardo lentamente si spaventò per l'altezza di chi li si era piazzato di fronte.
''Ciao bambina'' le disse con voce suadente.
La bambina sentiva le parole di sua madre sfiorarle le orecchie, eppure, lui aveva qualcosa al quale non sapeva resistere.
''Ciao''rispose, sorridendo.
''Sei una bimba molto carina, lo sai?- fece inchinandosi e sfiorandole la guancia-come ti chiami?''
La bambina era ormai completamente rapita da quello sconosciuto così dolce e attraente.
''Mi chiamo Selene, perchè la notte brillo come la luna- rise la bimba- tu invece ti chiami Alto?''
Lo sconosciuto ridacchiò. ''No, Selene. Io mi chiamo Lanchobar, ma se vuoi puoi chiamarmi alto'', rispose il Predatore.
Selene si perse qualche istante nei suoi occhi bizzarri e magnetici, e dimenticando ogni cautela allungò una manina per sfiorargli i capelli bruni.
Lanchobar rimase per un istante interdetto, poi si lasciò accarezzare.
''Voglio farti vedere una cosa, vuoi venire con me?''disse alla fine, senza riuscire a reggere il suo sguardo.
La bambina si allarmò all'istante, percependo qualcosa che non andava.
''Ma...Mamma mi ha detto di aspettarla quà, se poi torna e non mi trova si spaventa, Alto- sussurrò allontanando la mano- dimmi la verità, sei cattivo?'' continuò avvicinando il volto al suo e scrutandolo con i suoi occhi grandi.
Lanchobar sentì un brivido perforargli la nuca ma non riuscì a comprenderne il motivo.
''Ti sembro cattivo?''le chiese sorridendole.
Selene scosse la testa completamente persa nel suo sorriso e scese dall'altalena, prendendolo per mano.
''Lascia stare mia figlia!!!'' urlò Katherine correndo verso i due.
Lanchobar prese Selene e la strinse al petto iniziando a correre. In pochi istanti attraversarono intere vie e quartieri, seminando la povera Katherine.
Dopotutto cosa poteva un'esile donna di ventisette anni contro il più veloce predatore mai esistito?
Selene iniziò a capire che le cose non stavano andando nel modo giusto quando la madre sparì dalla sua visuale, così iniziò ad urlare.
''Mammaaaa! Lasciami andare, ti prego!! Lanchobar lasciami, ti prego!!'' Le urla diventarono pianto irrefrenabile e Lanchobar sentì una stretta al cuore.
Selene allora, fece una cosa che il predatore non dimenticò mai più. Lo abbracciò stretto al collo e lo baciò su una guancia. Le sue lacrime solcarono il viso di lui e alla fine i loro occhi si incontrarono.
Lanchobar si fermò all'improvviso come se il suo corpo si fosse spento e posò la bambina a terra, senza smettere di fissarla negli occhi.
''Va bene bimba, ti lascio andare. Ma sappi che un giorno ci rivedremo'' sussurrò. Poi le baciò la fronte, si voltò e scomparve nella nebbia.
Dopo svariate ore la nebbia si diradò e Katherine ritrovò sua figlia in perfette condizioni, sul ciglio della strada.
Chiamarono Bryan e si fecero riportare a casa, per non uscirne più.

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Capitolo 6
*** 6. Il mistero del bagno ***


Le impronte non se ne andarono, così il giorno seguente mi misi un grosso maglione per coprirle.
Arrivai in anticipo a scuola per evitare l'imbarazzante momento dell' entrata insieme agli altri compagni e mi accomodai nell'ultimo banco.
In quel momento entrò una ragazza che il giorno prima non avevo visto. Lanciò la sua borsa nel secondo banco della fila a sinistra e mi si avvicinò.
''Tu devi essere Selene, io sono Leila''disse svogliatamente tendendomi la mano.
''Piacere Leila''risposi stringendogliela. Appena le nostre mani si sfiorarono una scossa mi attraversò il braccio, proprio come era accuduto con Connor, solo leggermente meno forte.
Ritrammo entrambe la mano all'istante e rimanemmo qualche secondo a guardarci negli occhi sconvolte.
Leila aveva gli occhi verdi con strane sfumature argentate che si diramavano come radici dalla sua pupilla. La sua testa era sormontata da una chioma leonina di biondi capelli ricci e ribelli. Era decisamente più bassa di me e molto esile.
Si sedette a cavalcioni sul banco con disinvoltura e iniziammo a chiaccherare.
''Come sei arrivata in questo posto orribile?''mi domandò all'improvviso.
''Beh, io non lo trovo così orribile''dissi con un sorriso.
''Mamma mia, che ingenua che sei! Sembra che tu non sia mai stata in una scuola, quando cammini poi...''disse scuotendo la testa.
''Quando cammino che?''chiesi innervosita.
Leila scese di scatto dal banco e iniziò ad imitare la mia cmmminata sbrazzina e i miei sguardi meravigliati.
Avrei voluto prendermela o dirle di smettere, ma la verità era che mi imitava perfettamente, così scoppiai a ridere a crepapelle.
Scoppiò a ridere anche lei e non smettemmo più fino a quando non si aprì di scatto la potra e non entrò Helena.
Leila la guardò con disprezzo, si voltò verso di me e dopo avermi salutato, uscì dall'aula.
''Che le prende?''chiesi a Helena.
''Non sarai diventata amica di quella?''chiese inorridita.
Mi infastidì il suo comportamento. ''E se fosse?'' la sfidai.
''Sei così ingenua...Davvero non hai capito che cosa sia lei? O meglio, cosa sia metà di questa classe?'' esclamò esasperata.
Quella era la seconda volta nel giro di pochi minuti che mi davano dell'ingenua.
''No, non ne ho idea! A me sembrano normali adolescenti come te e me!''
La porta si spalancò ed entrò Fred.
''Ciao bellissima'' disse facendomi l'occhiolino e scambiando un freddo cenno con Helena.
Sentii un brivido scorrermi lungo la spina dorsale e accennai ad un sorriso, pur sentendomi stranamente impaurita.
In quel momento arrivò anche Connor mano nella mano con Janita e si posizionò nel suo banco, l'ultimo della fila centrale, praticamente al mio fianco.
Nel vederlo arrivare mi sentii avvampare così nascosi la testa dietro ai miei compiti, senza guardarlo.
Helena mi prese per un braccio prima e prima che potessi rendermene conto mi trascinò in bagno.
''Ti piace qualcuno in classe...Sicuramente non Fred però..''insinuò guardandomi negli occhi.
''Ma che dici Helena!'' mi indignai per la sua osservazione invadente.
A quel punto accadde una cosa stranissima, i suoi capelli, proprio come facevano i miei ogni notte, iniziarono a brillare. Nello stesso momento iniziai a sentirmi molto debole e mi appoggiai ai lavandini per sostenermi.
''Ti piace Connor''sussurrò quasi in tranche.
Non ebbi la forza di mentire, ne di dare una qualsiasi risposta. Le forze mi stavano abbandonando sempre di più e di contrasto il suo fulgure aumntava.
''I-io...''iniziai, poi tutto divenne buio.

''Selene, Selene?''
Aprii lentamente gli occhi e vidi sei paia di occhi che mi scrutavano dall'alto. Helena mi scuoteva per le spall, Leila mi guardava come se si aspettasse che dicessi qualcosa e Connor mi guardava con apprensione malcelata. Gli altri camminavano a gruppetti con aria ansiosa vicino a me.
''C-che cosa mi è successo?''domandai stordita cercando di rimanere seduta.
''Sei svenuta e il prof ha chiamato l'ambulanza''rispose Helena con voce fredda.
''Stavi facendo impazzire la perfettina''mi disse Leila facendo una smorfia.
Helena la fulminò e si sedette al suo posto. Diedi un'occhiata di sbieco a Connor ma mi accorsi solo in quell'istante che non era più in classe.
Quando arrivò l'ambulanza constatarono che era stato un mancamento dovuto allo stress del trasferimento e dei primi giorni in una nuova scuola, mi diedero delle vitamine da prendere, e mi raccomandarono di stare a riposo. Per fortuna riuscii a convincerli a non riportarmi a casa, a mia madre sarebbe venuto un infarto vedendomi arrivare in ambulanza. E poi, per la mia particolare condizione preferiva che non stessi troppo a contatto con i medici.
Confusamente iniziai a chiedermi se mi fossi immaginata ogni cosa avvenuta in quel bagno. Forse il riflesso del Sole nei capelli di Helena mi aveva giocato un brutto tiro...
Eppure avevo la sensazione che ci fosse qualcosa sotto, qualcosa di molto pericoloso.

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Capitolo 7
*** -1963- ***


Erano passati tre anni da quando Lanchobar aveva incontrato Artur nel bosco e da quel momento non aveva fatto altro che cercare lo scudo su e giù per il mondo, invano. Alla fine aveva deciso di fare ciò che si era ripromesso di non fare mai; aveva deciso di consultare l'oracolo. Affidarsi ad un oracolo era un rischio molto alto per un discendente della stirpe maledetta di Lanchobar, dato che la colpa della nascita degli oracoli era proprio attribuita ad essa. Le leggende narravano che il capostipite, Licaone, dopo aver sposato Drusilla, la donna di cui era innamorato, avesse generato una bellissima figlia, Pelope. Licaone però, essendo il più forte dei predatori, aveva delle grosse difficoltà a controllare i propri poteri e in una notte di luna piena aveva completamente distrutto una foresta sacra alla Luna. Per contrappasso quella notte stessa la Luna si prese Pelope, le diede il potere della profezia e la rese immortale. La ragazza non potè avere una vita normale e fu costretta a sottostare per sempre alle interrogazioni degli uomini. Naturalmente da quel momento in poi detestò tutta la sua famiglia, in particolare modo suo padre. Per sfuggire gli uomini l'oracolo cambiava costantemente la propria dimora, fino a quando smisero di credere nella sua esistenza. Lanchobar sapeva che 'incontro avrebbe potuto mettere in pericolo la sua vita, ma anche vivere senza mai trovare lo scudo era una condanna che non avrebbe mai potuto scontare. Dunque, il risultato valeva il rischio. L'oracolo diceva delle frasi sconnesse che dovevano essere interpretate dall'ascoltatore fino alla creazione di una profezia. Tuttavia la cosa più importante era credere nelle profezie, pena la pazzia. A Lanchobar non importava, tanto stava impazzendo in ogni caso. L'oracolo si trovava in Italia già da moltissimi anni, dato che non c'era stata più l'urgenza di trasferirsi altrove. Precisamente si trovava a Venezia, una città indubbiamente affascinante e carica di mistero. Il predatore attese il calare della notte profonda e si gettò in un canale, oltrepassò il terzo ponte e capì di trovarsi in prossimità dell'oracolo.
Nuotò cercando di spingersi sempre più nella profondità e grazie ai suoi sensi sviluppati nonostante l'oscurità dell'acqua riuscì a scorgere la porticina che lo avrebbe portato faccia a faccia con l'oracolo. Tirò fuori gli artigli e con un calcio fortissimo sfondò la porticina facendola a brandelli.
I suoi polmoni non erano deboli come quelli umani, dunque la sua resistenza era decisamente maggiore.
Uno strettissimo passaggio si apriva di fronte a lui e nonostante fosse il più forte fra i predatori Lanchobar ebbe paura. Si fece forza e con un colpo di reni entrò nel passaggio. Come per magia una nuova porticina si chiuse di scatto alle sue spalle. Con studiata lentezza Lanchobar avanzò nell'oscurità più completa.
''Figlio di Licaone'' sentì sussurrare all'improvviso da una suadente voce femminile.
''Sai benissimo che Licaone non è mio padre'' pensò Lanchobar.
Una risata leggera riecheggiò nell'oscurità.
Il predatore avanzò ancora fino a quando un raggio di luce azzurra non squarciò il buio illuminando un'ampia caverna. Era una luce del tutto innaturale, prodotta dall'oracolo. Lanchobar si accorse con stupore che nella caverna non c'era acqua, il che era assolutamente impossibile dato che nello stratto passaggio da cui era appena provenuto ce n'era. Tuttavia capì che anche quello era un artificio dell'oracolo.
Dalla parete pendevano lunghissime stalattiti di cristallo che sembrano affilatissime spade pronte a cadere sul collo dei Lanchobar.
Egli deglutì e si sedette al centro della caverna chiudendo gli occhi. L'unico rumore era lo sciabordare dell'acqua che sbatteva contro una barriera invisibile. 
Dopo qualche istante sentì il sangue gelarsi nelle vene. L'oracolo era lì con lui.
''Lanchobar, cosa ti farà credere che uscirai vivo da qui?'' disse la stessa voce che aveva sussurrato nel passaggio.
Il predatore si accorse che assomigliava più al soffiare del vento che ad una voce vera e propria.
''Cugina ho bisogno del tuo aiuto.''
L'oracolo rise, ma era una risata minacciosa.
''E tu osi chiedermi aiuto cercando di fare leva sulla nostra parentela? Credevo fossi più sveglio, Lanchobar''
''Pelope, che tu lo voglia oppure no, fai parte quanto me della stirpe maledetta''
Una stalattite cadde proprio ad un soffio dal volto di Lanchobar e la caverna iniziò a tremare.
''Come osi chiamarmi per nome? Stai offendendo una divinità predatore e ti consiglio di fare attenzione''.
Lanchobar sentì un brivido percorrergli la schiena ma si ricompose in fretta.
''Oracolo, mi hai detto di non appellarmi alla mia famiglia per chiederti aiuto ma sono costretto a farlo. Credo che tu sappia benissimo che esiste uno scudo che può infrangere la maledizione. Quella stessa maledizione che ti ha resa quello che sei, che ti ha confinata qui, che ti ha costretta a nasconderti da tutti. Quella stessa maledizione che ha sparso tanto sangue... Io ho bisogno di sapere qualcosa sullo scudo. Tuttavia non ti lascerò inappagata.''
''Voi siete tutti uguali. Tanti prima di te hanno provato a infrangere la maledizione ma hanno procurato altri dolori. E poi cosa mai potresti offrirmi tu?''
''Io no, Oracolo. Io amo la mia gente, e credo sia arriavato per loro il momento di essere liberi. Come te dopotutto. La mia proprosta è questa: profezia in cambio di sonno eterno. Andandomene sigillerò questa caverna e nessuno, umano o non, potrà più mettervi piede.''
''Troppo poco, giovane predatore. Voglio due promesse:la prima è che tu ponga finalmente fine alla maledizione tentando fino alla tua morte e la seconda è che nessun altro dovrà morire per infrangere la maledizione. Se non sei in grado di mantenerle ti consiglio di non promettere o sarai il primo a morire.''
Lanchobar cercò di ragionare in fretta, tuttavia sapeva che per infrangere la maledizione avrebbe dovuto uccidere lo scudo.
''D'accordo, Oracolo. Così sia.''
Una stalattite cadde proprio al suo fianco destro.
''Prendi una scheggia della stalattite e graffiati il collo fino a farlo sanguinare''ordinò l'Oracolo.
Lanchobar eseguì e attese.
La caverna tremò di nuovo e una voce tonante irruppe all'improvviso.

''Lo scudo vai cercando,
in un piccolo cuore lo troverai,
il tuo non eseguirà il comando
e mai lo ucciderai.

L'attrazione nel corpo si spande,
la tua mente trapasserà,
e l'amore sarà così grande
che la tua razza distruggerà.''

Lanchobar aprì gli occhi di scatto e sentì una scossa attraversare tutto il suo corpo.
''Grazie Oracolo. Adempirò ai miei doveri''disse facendo per imboccare lo stretto passaggio.
''E' stato un piacere Lanchobar, ora la mia vendetta è compiuta.'' rispose l'Oracolo con la sua voce suadente.

 

 

 

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Capitolo 8
*** La prima strana amica. ***


Mentre mi rilassavo nel divano e sorseggiavo un tè caldo alla calendula ripensai brevemente al misterioso episodio del bagno.
Era difficile trarre conclusioni sensate, ma, dopotutto, la mia vita non era altro che un susseguirsi di eventi inspiegabili. E ciò che più mi preoccupava era che con il tempo gli eventi invece di diminuire aumentavano esponenzialmente.
Mia madre era intenta in profonde ricerche online, le ennesime ricerche che non davano maggiori informazioni di quanto già sapessimo. In realtà credo si divertisse a vedere le ipotesi strampalate della gente e poi a riferirmele per riderne insieme.
Le serviva per somatizzare la cosa, lo capivo.
Mentre ero immersa in questi ragionamenti sentii il trillo dell'odioso campanello di casa.
Io, mia madre e Bryan ci guardammo all'unisono con una certa circospezione.
Chi poteva venire a trovarci in una casa semi-sperduta vicina ad una foresta in un paesino semi-sconosciuto?
Ci allarmammo all'istante e decidemmo di aspettare che l'ignoto visitatore si arrendesse e se ne andasse ma fu invano. Il trillo iniziò a darci davvero fastidio data la sua insistenza così alla fine decidemmo che nascondersi in quel modo sicuramente non ci rendeva più protetti o al sicuro.
Mia madre mi fece segno di andare in un'altra stanza e armandosi di un finto, nervoso, sorriso si precipitò alla porta.
''Salve, signora. Sono un'amica di Selene, posso entrare? Le dovrei parlare''fece una voce squillante dall'altra parte.
Mia madre rimase sbigottita per qualche secondo davanti alla porta poi si riprese e la spalancò, facendo entrare dentro un'Helena piuttosto perplessa davanti a quella reazione.
''Non mi avevi detto di avere amiche nella nuova scuola''disse poi con un leggero tono accusatorio ma con una certa felicità nella voce.
Alzai le spalle sperando che Helena non ci rimanesse troppo male.
''Come ti chiami?''le chiese mia madre sorridendole in modo estremamente affettuoso.
''Helena, signora''rispose educatamente lei.
Mia madre sembrò perdersi di nuovo nei meandri della sua mente e non disse nulla per un minuto intero.
''Chiamami Katherine, Helena''sussurrò poi ritirandosi per lasciarci da sole.
Helena mi guardò con aria interrogativa. ''Ma tua madre è così con tutti?''chiese perplessa dopo un po'.
Sospirai.
''In realtà no, ma cerca di capirla: io non ho mai avuto amici''confessai con un sorriso mesto e alzando di nuovo le spalle.
Helena mi sorrise ma solo per un attimo, poi si affacciò nel suo volto un'espressione estremamente nervosa e turbata.
''Senti, Selene, il motivo per cui sono venuta da te oggi non è di piacere''
''Avevo intuito''ironizzai.
Helena mi gelò con lo sguardo e si avvicinò di qualche centimetro a me. Subito iniziai ad avvertire una leggera debolezza in tutto il corpo, simile a quella che aveva causato il mio svenimento a scuola.
''Lo noti?''mi chiese con serietà.
Annuii senza dire nulla.
Helena sospirò a sua volta e si sedette sul bracciolo del divano.
''Selene, ti ricordi cosa ti è successo prima di svenire?''mi chiese senza guardarmi.
''Ascolta, non è il caso di preoccuparsi, capita a tutti di svenire. Io ho altri problemi  da risolvere''sbottai.
''Che tipo di problemi?''
''Nulla, nulla''tagliai corto.
''E se ti dicessi che il motivo del tuo svenimento potrebbe essere legato proprio a questi problemi?''
Esattamente ciò che temevo e che sospettavo, ma non potevo parlarne con lei. Inoltre avevo paura di essere presa per pazza dall'unica persona che mi era amica nella vita.
Non dissi nulla per diverso tempo combattendo con me stessa nella decisione di rivelarle o meno della mia natura sconosciuta e soprannaturale.
''Selene, quello che hai visto è reale''sussurrò lei fissandomi negli occhi e prendendomi per mano.
Incrociai i miei occhi nei suoi e notai uno sfavillio lucente bruciarle la pupilla.
''Di che parli?''mormorai incerta.
''Io...Io brillo al sole. Questo perchè...sono lo scudo del Sole. Non prendermi per pazza''confessò la mia amica cercando fiducia nei miei occhi.
''Che cosa? Scudo?''chiesi confusa.
''Il sole mi trasmette energia e poteri sovrannaturali, metà della sua luce e della sua forza sono miei''
Rimasi sbigottita ma inaspettatamente trovai delle strane analogie con quello che capitava a me, solo che a me capitava di notte.
''D'accordo Helena, io ti credo''sussurrai convinta.
''Davvero? Temevo che mi avresti presa per pazza''confessò con una certa tristezza nella voce.
''Sei una mia amica, mi fido di te. E poi ho potuto vedere con i miei occhi quanto tu sia strana''ridacchiai per stemperare la tensione.
''Grazie, Selene. E' difficile da spiegare ma da quando ti ho vista varcare quella soglia qualche giorno fa ho capito subito che fra noi ci sarebbe stato un grande legame'
''Io lo sento ora''ribadii abbracciandola.
Helena sciolse rapidamente l'abbraccio e riprese a guardarmi negli occhi intensamente.
''Bada, Selene. Non ti ho detto queste cose solo perchè mi fido di te e ti considero mia amica ma anche perchè temo che il mio essere possa aver contribuito al tuo malessere. Tu hai evidentemente qualcosa di speciale, di straordinario... Ma non riesco a capire cosa...''borbottò quasi fra sè e sè.
''Posso chiederti una cosa che non c'entra nulla, Helena?''dissi per distrarla un po' dalla sua preoccupazione.
''Ma certo, dimmi''
''Perchè sembra che gli altri in classe non ti sopportino?''chiesi a bruciapelo. Non sapevo perchè ma sentivo che il motivo fosse collegato alla sua natura.
''L'hai notato, eh. Beh, io per loro sono un ostacolo. Io li indebolisco, li rendo inoffensivi. La loro forza si scatena quando in cielo c'è la luna''
Sentii un brivido percorrermi la schiena.
''E p-perchè?''balbettai spaventata.
''Avanti, Selene. Non lo hai ancora capito?''
''Capito cosa?''chiesi con ancora più ansia.
''Loro sono...''
''Helena ti fermi anche a cena?''disse allegramente mia madre spuntando all'improvviso.
''No grazie, Katherine. Devo proprio andare, sono decisamente in ritardo''mormorò guardando la luce sparire dal giorno fuori dalla finestra.
''Peccato! Un altro giorno però!-esclamò mia madre- Hai proprio un viso familiare''concluse poi borbottando.
''Ci vedremo domani a scuola?''mi chiese Helena sulla soglia della porta.
''Certo. Così continuiamo la nostra chiaccherata?''
''Esatto. Buonanotte Selene''
Sospirai. Quale miglior augurio per me.
''Buonanotte Helena.

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