Fairytale

di Midnight Writer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Once Upon A Time... ***
Capitolo 2: *** Moonlight ***
Capitolo 3: *** Just a Dream ***
Capitolo 4: *** Imperial City ***
Capitolo 5: *** Promise ***
Capitolo 6: *** Prophecy ***



Capitolo 1
*** Once Upon A Time... ***


(Otabek's P.O.V)
C'era una volta, nel lontano regno di Kori, un umano dalle umili origini di nome Otabek Altin.
Era alto e forte, con dei lineamenti spigolosi, capelli nerissimi e occhi color della fuliggine in mezzo alla quale si trovava più che spesso. 
Era figlio di fabbri: la sua famiglia svolgeva quel mestiere ormai da così tante generazioni che sarebbe stato impossibile contarle, ma in tutta la stirpe regnava la povertà. 
Viveva al confine tra la regione degli umani e la regione delle fate, senza però saperlo.
Fingeva sempre di lasciarsi scivolare addosso la monotonia della sua vita, mentre si sentiva come battuto tra incudine e martello similmente agli oggetti che forgiava sin da quando, ancora piccolo, suo padre aveva iniziato a farlo lavorare con lui.
La noia però da sempre è madre dei sogni più sfrenati, e Otabek, pragmatico com'era, non era mai stato tipo da sognare e basta; così, mentre architettava la sua fuga, tra un lavoro e l'altro e curandosi che suo padre non lo scoprisse, iniziò a forgiarsi un'armatura e una spada. 
Come fa un figlio di fabbri in miseria ad essere un segreto spadaccino? Semplice: ogni arma della quale veniva richiesta la realizzazione, aveva da essere collaudata, e con la vecchiaia incombente del padre, questo compito ormai da anni spettava ad Otabek. 
Così molto spesso si trovava a ingegnarsi per maneggiare la spada da autodidatta inventando mosse e cercando di imitare coloro che vedeva fuori, e col tempo e la dedizione quella di Otabek divenne bravura pura. 
Analizzando anche le difficoltà che incontrava con ogni singola arma, poi, perfezionava ogni giorno la sua, finché non divenne perfetta per lui. 
Non ci volle molto prima che anche la sua armatura fosse completa, e in quel momento subentrò quel nocivo e distruttivo tarlo, quella catena di piombo, quella gabbia ferrea che viene per comodità denominata dubbio. 
Cosa sarebbe successo se, per una volta, avesse deciso da solo della sua vita, se per una volta avesse imparato a sognare, se per una volta fosse uscito da quella topaia in cui gli toccava abitare, se per una volta si fosse deciso a vivere?
Cosa sarebbe successo se si fosse deciso ad ascoltare la melodia tentatrice dei sogni, che quasi come le sirene ad Odisseo lo attiravano a sé; a fare il cacciatore di farfalle o di aquiloni o di vita; ad accendere come un fuoco quei suoi occhi di carbonella mai incendiata? 
I dubbi, però, non facevano proprio per lui, quindi si decise a sellare il cavallo, velocemente, come fomentato da un fuoco sotto pelle. 
E poi? 
Corse, lontano, con la musica degli zoccoli che battevano sulla terra battuta, sull'erba delle radure; col sogno di una vita tutta sua finalmente a portata di mano.

(Yuri's P.O.V)
C'era una volta, nel lontano regno di Kori, una fata dalle origini oscure di nome Yuri Plisetsky.
Di corporatura minuta, dai capelli color del grano a caschetto e degli occhi d'acquamarina.
Nessuno, a parte lui stesso, sapeva da dove venisse, né da dove derivasse il suo strano eppure complementare dominio del ghiaccio e del fuoco. 
Tra tutte le domande che assillavano il cervello di Yuri, una certezza forte svettava: lui odiava essere una fata. 
Delle sue ali evanescenti non faceva alcun uso, e il suo dominio veniva utilizzato solo per creare armi di ghiaccio; delle quali però non v'era alcuna necessità.
Le fate vivevano in una regione tutta loro, dove l'abbondanza di ogni bene faceva da sovrana, eppure Yuri detestava questa sua casa solitaria, quindi molto spesso oltrepassava il confine e si recava nei territori umani per osservarli con malinconia e quasi invidia, come se rimpiangesse la loro condizione di inferiorità: se solo avesse potuto strapparsi quelle dannate ali avrebbe gettato via la sua indesiderata vita da fata.
Da anni ormai aveva trovato un passatempo che preferiva a qualsiasi altro: al confine viveva un ragazzo povero, che quasi ogni giorno si esercitava con questa o quella spada; e Yuri adorava nascondersi tra i cespugli ed osservarlo: avrebbe potuto passare giornate intere ad ammirarlo così, da lontano, senza mai provare a parlarci... 
Tanto non l'avrebbe capito comunque.
Non era nemmeno certo del suo nome, ma era abbastanza convinto che si chiamasse "Beka", dato che accorreva sempre quando qualcuno urlava quel lemma. 
Tutto cambiò quando, nel giorno in cui le prime foglie avevano iniziato a colorare il terreno di toni ocra e rossi, non trovò nessuno ad esercitarsi con nessuna spada.

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Capitolo 2
*** Moonlight ***


(Otabek's P.O.V)
Il suo cavallo non era certo da corsa, quindi ben presto si fece passare la foga iniziale per cedere ad un'andatura più regolare di passo o trotto al massimo, il che non gli permise di andare troppo lontano, ma non si perde d'animo e decise comunque di proseguire il suo viaggio fino a quando non si fece sera.
Si fermò accanto sulla riva di un lago così che il suo vecchio ronzino potesse bere acqua fresca e riposarsi; la luna era ormai alta nel cielo d'un nero profondo e le sue gocce di chiarore perlato illuminavano flebilmente quanto si trovava di fronte ad attorno a lui. 
Non aveva mai dormito fuori casa, quindi un po' per l'eccitazione e un po' per lo spavento non riusciva a prendere sonno.
Si sentiva come un bambino che vede il mondo per la prima volta, cosa che effettivamente non era troppo lontana dalla realtà, quindi decise di non perdersi l'occasione di osservare ciò che lo attorniava illuminato da quel chiarore perlato dal misticismo aleggiante.
Scorse poco lontano una creatura alata che stava seduta su una roccia che sbucava dal pelo dell'acqua già di per sé estremamente basso; con una mano abbracciava lascivamente le sue ginocchia mentre con l'altra accarezzava il liquido freddo, delicatamente, affondandovi appena un paio di falangi di due sole dita.
Sembrava un distillato di bellezza pura: i capelli tessuti con i più fini fili dell'oro più puro, le iridi d'acquamarina e le labbra di rosa, arrangiate in un'espressione assorta che aveva un non so che di celestiale, e con una grazia intrinseca che lo rendeva così perfetto in quel corpo così esile e minuto da non non sembrare nemmeno una creatura reale, vestiva in maniera degna d'un nobile, con la parte superiore dell'abito quasi interamente realizzata in tessuto semi trasparente con una trama a nido d'ape impreziosito qua e là da microscopiche pietre azzurre, che arrivava fino alla base del collo dove si trovava un colletto grigio chiaro, le spalle sulle quali poggiavano con leggiadria delle spalline bianche dagli orli frastagliati, e ai polsi sui quali si trovavano dei decori somiglianti a punte di freccia quasi fiammeggianti, ma bianchi come la neve; un disegno vagamente somigliante ad una croce si trovava al centro del suo petto, per congiungersi al centro dell'incrocio di due lembi di stoffa che appena coprivano i capezzoli e che andavano ad allargarsi aderendo perfettamente al suo addome e fasciandogli i fianchi appena sotto le costole,  caratterizzate anch'esse da questi bordi frastagliati che facevano sembrare che il suo  gracile corpicino fosse avvolto da fiamme di ghiaccio, sotto di essi una striscia di stoffa fiammeggiante di colore omonimo alla croce sul petto, che gli fasciava il punto vita e i lati delle cosce e parte dell'addome, lasciando l'ombelico coperto solo da quella trasparenza a nido d'ape, così come quasi la totale interezza della sua schiena, la parte inferiore del suo corpo era con elegante semplicità interamente fasciata di bianco, fino alle caviglie e i suoi piedi erano nudi; le sue ali erano appuntite ma non aguzzi,  e colorate di un evanescente tono azzurrato. Quanta puerile eleganza? Quanta grazia emanava quel corpo? Pareva quasi che non fosse il chiarore lunare ad illuminarlo, ma che risplendesse di luce propria, rilasciando con infinita e affascinante noncuranza piccole gocce del distillato di bellezza che era.
Non poteva stare lì fermo ad osservarlo, voleva attirare la sua attenzione.

(Yuri's P.O.V) 

"Smettila di osservare per così tanto la luna; potresti accorgerti che nulla in questo mondo ha senso"
Si sentì dire con tono quasi di scherno da una voce che sembrava familiare. 
La lontananza dalle altre persone per così tanti anni aveva condannato Yuri a non divenire mai istruito su come relazionarsi correttamente, e in più la rabbia che serbava in corpo per la sua prigionia lo indicevano ad adirarsi eccessivamente per davvero poca cosa. Bastò appena un secondo perché identificasse la fonte della voce e con un balzo la tirasse sotto di sé nell'acqua che a stento arrivava a coprirgli un quarto dell'altezza del braccio, evocando il suo solito pugnale di ghiaccio.
"Cosa cazzo vuoi, eh? Sporco umano! Vuoi per caso che ti tagli la gola?"
"Sei così bello..." si lasciò scivolare l'altro dalle labbra in un tono così flebile che sembrava che nemmeno volesse dirlo, in fondo
Yuri rimase pietrificato da quelle parole, e si riprese dopo poco dalla cecità della sua rabbia e la comprensione di chi in quel momento si trovasse sotto di lui lo colpì come un pugno a pieno volto.
Si alzò di scatto ed intimò al ragazzo di presentarsi. 
"Otabek Altin. Per gli amici Beka" rispose il ragazzo con ancora insicurezza nella voce.
Yuri non sapeva ancora cosa lo avesse colpito maggiormente, se l'aver incontrato il ragazzo che quotidianamente osservava e che credeva di aver perso; l'aver scoperto il nome di quel ragazzo; o l'essere stato chiamato "bello". 
Nessuno gli aveva mai detto che era bello; al massimo lo avevano chiamato fatina graziosa, carino, elegante o cose così, ma mai bello. Un nuovo orizzonte della sua mascolinità mai scoperta si stava aprendo, ma Yuri aveva troppa paura per permettere subito che accadesse.
Non appena il suo interlocutore gli chiese di presentarsi, egli subito assunse un tono altero e dichiarò, quasi fosse un'arringa in tribunale
"Yuratchka Plisetsky. Per gli amici Yuri."
"D'accordo, Yuri."
"Chi ti ha detto che siamo amici?"
Rispose velenoso, per poi fermarsi subito dopo a riflettere: per quanto tempo era rimasto da solo e per quanto tempo aveva detestato e maledetto la sua solitudine; osservando quel ragazzo da lontano e desiderando di potergli rivolgere anche solo una minima parola? Quante volte si era odiato perché non aveva mai provato a stringere un vero legame, rifiutando di essere una fata e rifiutando di essere umano, sentendo di non appartenere mai a nessun luogo.
Adesso che aveva l'opportunità di appartenere davvero a qualcosa, perché stava buttando via a priori tutto ciò?  
Perché stava buttando preventinamente giù le fondamenta dell'unico posto che avrebbe potuto chiamare casa?
"Senti, Beka... Non è che vorresti diventare mio amico?"

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Capitolo 3
*** Just a Dream ***


(Yuri's P.O,V)
Finalmente aveva un amico. Finalmente quel ragazzo che amava così tanto osservare da lontano era arrivato da lui come un regalo del destino . Non ci volle molto prima che Beka prendesse sonno, e ancor meno ci volle prima che Yuri notasse che il ragazzo si rannicchiava su se stesso e tremava considerevolmente, quindi si sedette vicino a lui ed evocò una fiamma calda con la sua mano e poco dopo il suo amico dormiente inconsapevolmente rilassò i suoi muscoli e smise di tremare. Per tutta la notte rimase seduto lì, senza muoversi o scomporsi, ad osservare i capelli corvini che ricadevano scompigliati sulla fronte del ragazzo. Quando il cielo iniziò a farsi albeggiante, decise di creare un piccolissimo falò accanto al ragazzo e, in un piccolo pentolino di rame che portava attaccato alla sella del cavallo mettere a bollire dell'acqua presa dal lago cristallino che stava lì vicino; indossò poi i suoi piccoli calzari e si avventurò nel boschetto che stava dietro di loro per raccogliere le migliori fragole, mirtilli, more e lamponi, e le più profumate foglie di menta, per poi tornare al punto di riposo del suo nuovo amico, riflettendo fallimentarmente sull'effettivo significato di quella parola, che però  non riuscì ad indentificare.
Tornato trovò Otabek che stava nuovamente sellando il cavallo e sembrava che si stesse preparando per andare via. 
Come mai stava andando via? Non voleva averlo come amico? 
Dopotutto non avrebbe dovuto illudersi dall'inizio; aveva rovinato tutto minacciando di ucciderlo la sera prima. Rovinava sempre tutto, Yuri, anche la sua stessa nascita aveva rovinato tutto quasi 16 anni prima; come poteva pretendere di poter avere qualcosa da poter chiamare casa? 
Qualche lacrima iniziò a scendere sul suo viso.

(Otabek's P.O.V)

Sentì dei passi e poi qualche singhiozzo, e si girò. 

"B-Beka... Perché stai andando via?" 

Allora Yuri esisteva davvero. Rimase per un attimo a guardarlo mentre come un bambino si asciugava le lacrime copiose che scendevano sul suo viso candido ora arrossato dallo sfregamento delle sue mani. 
Quando si era svegliato nessuno era accanto a lui, quindi aveva dato per scontato che quell'essere meraviglioso dovesse essere un sogno; eppure non era un sogno: proprio in quel momento quella splendida fata era lì davanti a lui, e per colpa sua stava piangendo. Continuò a parlargli con la voce rotta dai singhiozzi, evocando addirittura una fiamma con la sua mano destra e mostrandogli il cestino di ghiaccio che portava nell'altra mano.

"Ho passato una notte intera senza dormire per poterti riscaldare con questo fuoco e sono andato a cercarti il miglior cibo che potessi trovare nonostante io non ne abbia bisogno... Perché hai deciso di andartene?"


Quella visione era decisamente troppo per Otabek, il quale lascio repentinamente cadere tutto ciò che teneva in mano e corse a prendere quella delicata fata tra le sue braccia, attento a non nuocergli per via delle ali. Era così piccolo, delicato e fragile che gli sembrava di poterlo spezzare, se solo avesse stretto di poco la presa. Sentendosi al sicuro in quell'abbraccio, le parole cominciarono quasi a pronunciarsi da sole
"No Yuri, non ho intenzione di lasciarti da solo. È solo che mi sembrava troppo bello per essere vero, tu mi sembravi troppo bello per essere vero, e quindi quando mi sono svegliato e non eri vicino a me ho pensato che tutto fosse stato solo un sogno, e che non valesse la pena continuare a restare qui, come non è mai valsa la pena di restare da nessuna parte, d'altronde..." 
Yuri continuava a piangere, come se piangesse in quel momento per tutto ciò che lo aveva mai reso triste nella sua vita.
"Beka... Io non voglio più restare da solo. Se prometto che farò in modo che ne valga la pena, tu prometti che resterai con me?"
La sua famiglia gli aveva sempre raccontato che le fate non provavano sentimenti, ma in quel momento si rese conto di quanto la solitudine di Yuri lo stesse divorando, come un diverso tipo di solitudine aveva divorato lui per tutta la sua vita.

"Te lo prometto, Yuri. Non lascerò mai che nulla ci separi."

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Capitolo 4
*** Imperial City ***


L'amicizia di Otabek e Yuri era nata sotto la controversa ala di Cupido, la quale da tanti piccoli gesti fece nascere un sentimento nuovo. 
Figlio di tutte le volte che Otabek non riusciva a staccare gli occhi da Yuri.
Figlio di tutte le gite che avevano fatto insieme in giro per il regno di Kori.
Figlio di tutte le volte che Yuri cingeva i fianchi di Otabek quando erano insieme sul suo cavallo.
Figlio di tutte le volte che Yuri all'alba andava in cerca di qualcosa di buono per Otabek, nonostante lui non avesse bisogno di cibo, poiché le fate per vivere necessitano semplicemente della luce solare per vivere. 
Figlio delle medicazioni di fortuna fatte da Otabek ogni volta che il biondo si procurava una ferita.
Entrambi ne erano consapevoli, ma nessuno dei due era a conoscenza di essere ricambiato.

(Otabek's P.O.V) 
"Yuri, che facciamo oggi?" 
Chiese con tono lamentoso al biondo, che sobbalzò alla sua richiesta come se fosse stata quella a spingerlo giù dal treno dei suoi pensieri. Lo guardò per un secondo, quella sua puerile ed affascinante espressione che ormai conosceva così bene: non lo aveva affatto ascoltato e adesso stava cercando di comprendere cosa gli fosse stato chiesto. 
La fata che gli stava dinnanzi si trovava con la testa fra le nuvole molto più spesso di quanto fosse disposto ad ammettere; ma Otabek sarebbe stato un bugiardo ad asserire di essere in una condizione diversa, poiché molto spesso lui si perdeva ad osservare quella creatura della quale si era irrimediabilmente innamorato. 
"Ti ho chiesto cosa potremmo fare oggi." 
"Sì avevo sentito." Sbuffò con aria altezzosa Yuri "C'è qualche posto particolare in cui vorresti andare?" 
"Adesso che ci penso... Ho sempre desiderato vedere la città imperiale."
A quella sua richiesta vide che il biondo si irrigidì 
"Non c'è proprio un altro posto che vorresti vedere? Conosco una pianta magica qui vicino in grado di portarci ovunque vogliamo..."
Sembrava estremamente frustrato, quindi decise di domandargliene il motivo 
"Non ho alcun problema" rispose come se volesse convincere più se stesso che Beka "Prima però... Avresti un mantello?"
Annuì e glielo porse per poi guardarlo mentre lo utilizzava per coprire l'interezza del suo corpo d'oro e d'avorio.
In quella tenuta; con quel corpo così gracile che cozzava con quella sua espressione così decisa, la sua pelle lattea che ancor più tale pareva sotto il manto purpureo; sembrava quasi un re guerriero. 
La città imperiale distava poco più di un'ora a cavallo, e per tutto il tempo Otabek non riuscì a comprendere se quella piccola silhouette poggiata sulla sua schiena stesse tremando o meno.

(Yuri's P.O.V)
"Ho sempre desiderato vedere la città imperiale."
Il suo cuore perse un battito: una lunghissima e straziante serie di ricordi attraversò la sua mente.
"Non c'è proprio un posto che vorresti vedere? Conosco una pianta magica qui vicino che può portarci ovunque vogliamo."
Si sentiva morire, non aveva intenzione di tornare nella città dei suoi dolori, ma non aveva assolutamente intenzione di deludere Beka, quindi asserì di essere disposto ad andare nel suo luogo d'odio. Chiese al suo compagno se avesse un mantello, così da poter coprire il suo corpo e il suo capo: nel regno di Kori l'abbinamento di capelli biondi ed occhi verdi era un'esclusiva peculiarità della famiglia Plisetsky, e anzi era da subito stato sorpreso dal fatto che il suo compagno non avesse notato niente , e viveva nel terrore di essere riconosciuto , e ogni giorno malediceva la sua stupidità nell'avergli detto il suo vero cognome. 
Non appena il ronzino fu sellato Yuri iniziò a tremare e non smise finché non arrivarono a destinazione.
Si guardò intorno. Riconosceva tutto: dai numerosi vessilli risposta ti lo stemma araldico a forma di scudo con tre punte sulla per te superiore a fondo viola e con al centro una corona dorata, agli arazzi aggiuntivi riportanti il motto associato allo stemma, che da sempre era il suo mantra.
"Frangar non flectar"
Mi spezzerò ma non mi piegherò, diceva e così Yuri si era spezzato anni prima, ma mai si sarebbe piegato agli altrui voleri.
Camminando gli capitò di vedere un quadro che rappresentava due coniugi di sua conoscenza, entrambi aventi le sue medesime caratteristiche fisiche; sotto stava una didascalia riportante i nomi dei soggetti rappresentati; nulla stonava se non un elemento.
IVAN E IRINA KRATOSOV
Kratosov? Avevano finanche cambiato il loro cognome pur di non averlo in memoria?
"Andiamo." Intimò ad Otabek "Non ho intenzione di restare un solo secondo ancora in questo cesso di città."
"Ma come? Non la trovi stupenda?" Gli fu risposto
Bastarono quelle poche parole associate agli occhi sfavillanti di meraviglia del suo compagno per far sì che il suo sangue fatato ribollisse nelle sue ven.
Si girò con tanta foga da scoprirsi senza accorgersene il capo e sbottò:
"Stupenda? Come puoi dirlo? Tutto questo sfarzo senza senso, quando ancora ci sono persone che per strada chiedono un soldo per vivere lo definisci stupendo? E tutti questi manifesti con la mia faccia sopra che promettono somme esorbitanti a chi porterà il mio cadavere al castello? E tutte queste finestre chiuse all'ora di punta? Beka, qui la gente vive nel terrore di chi li governa e io non ho intenzione di stare qui ancora."
Concluse per poi scagliare con la sua mano un dardo fiammeggiante destinato a bruciare uno dei vessilli appesi.
"La trovi stupenda?" Continuò "ebbene, restaci. Io me ne vado."
Si tolse violentemente il mantello e lo gettò malamente al suo compagno per poi librarsi nell'aria e andar via verso la loro dimora.
Non poteva e non voleva stare ancora in quel posto,me soprattutto non poteva permettersi di osservare ancora quegli splendidi occhi fumosi e brillanti di Otabek: si rendeva conto di starsi innamorando; profondamente, sinceramente e follemente; e non poteva assolutamente permettersi  di amarlo, condannato da quella profezia che lo aveva buttato fuori di casa anni prima.

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Capitolo 5
*** Promise ***


(Yuri's P.O.V)
Non poteva permettersi di vivere il suo amore, che pensava essere ricambiato date tutte le volte in sui Beka chiamava il suo nome nel sonno. 
Tornato alla sua fittizia dimora crollò in ginocchio e annegò nei suoi medesimi singhiozzi: 
Come poteva essere che nessuno al mondo lo amava, se non una persona che non gli era concesso amare?
Come poteva essere che il suo unico amore fosse un amore proibito?
Nella sua vita condannata da un potere maledetto il suo fuoco sacro si era ormai quasi estinto, eppure ogni sua preghiera era votata ad una nuova scintilla per esso.

(Otabek's P.O.V)
Non aveva mai visto quello sguardo negli occhi del suo Yuri. Guardò quel quadro generatore d'ira e alcuni pezzi di quel confuso puzzle che esisteva dentro di lui sul passato della fata finalmente si unirono, solo che non comprese quali.
Era ormai così assuefatto dalla sua presenza che in quel momento si sentiva perso; decise pertanto di tornare alla sua novella dimora, dove era sicuro avrebbe trovato il suo amato. E così fu.
Arrivò senza far rumore, senza necessità poiché il rompere dei suoi passi sarebbe comunque stato coperto dal chiasso del suo pianto.
Ad ogni lacrima sentiva il suo cuore spezzarsi in una nuova parte.
Si inginocchiò dietro Yuri  e la cinse con le sue possenti braccia, attento a non spezzare il suo corpo che pareva un filo d'erba.
"Vattene."
Non ne aveva intenzione 
"Io non posso stare con te."
Non ci avrebbe creduto mai.
Mentre il biondo continuava a sfogarsi e lui continuava a muovere la testa quasi ritmicamente; lo sentì muovere.
Con una possenza che non sapeva fosse propria di quella creatura così docile e aggraziata , si liberò dalle braccia di Beka e vi si posizionò davanti, rimanendo in ginocchio; i suoi occhi perpetuavano nel loro scagliare dardi di frustrazione.
"Vattene via." Disse con una pericolosissima calma nella voce
"Ma perché?" Chiese il moro di rimando, sorpreso dall'improvviso rifiuto di colui che gli stava dinnanzi
"Perché sono innamorato di te! E non mi è concesso!"
"Da chi? Chi può essere padrone dei sentimenti di-"
Fu interrotto dalle labbra morbide e sottili di Yuri sulle sue, unite in un contatto così dolce che mai fino a quel momento aveva provato; che però fu fin troppo fugace.
"Ora vattene." Disse voltandogli ancora le spalle " Ho già fatto un gravissimo errore a baciarti, e adesso vorrei farlo di nuovo e non smettere più perché già le tue labbra mi mancano e..." 
"Yuri." Lo interruppe "Poco tempo fa ti ho fatto una promessa."
Mantra, dicendo quelle parole così dolci eppure in tono così fermo, gli accarezzava i capelli, si rese conto che il suo dapprima più calmo stava iniziando a mutare nuovamente; segno che nuove lacrime solcavano il suo volto pallido.
Di rendeva conto sempre più di quanto quel ragazzo necessitasse di tutto l'amore possibile. Non sapeva quale bizzarra burla del destino aveva condotto lui, che nulla sapeva d'amore, a tentare di salvare quell'androgina fata. C'erano fin troppe cose che non sapeva di lui, ma più il tempo passava, più desiderava conoscere tutto di Yuri, così da innamorarsi in maniera più completa di lui.
"È mai a nessuno permetterò di romperla" si avviò per concludere "nemmeno a me stesso."
Il biondo finalmente si voltò nuovamente per incatenare i suoi occhi di smeraldo alle sue iridi di cenere.
"Sei sicuro?" gli chiese, ancora in lacrime.
Otabek annuì .
"A-allora..." Iniziò Yuri tremante "posso davvero baciarti di nuovo?"
Bastò solo un suo sguardo condiscendente per far sì che le labbra della sua amata fata si posassero nuovamente sulle sue, concedendogli finalmente il tempo di chiudere gli occhi, ricambiare il bacio e vivere quella dolcezza Angelica con tutti gli altri sensi: la morbidezza della sua pelle, il profumo dei suoi capelli, il calore del suo corpo, la dolcezza delle sue labbra che sapevano di fragola; tutto contribuiva a rendere quel momento un piccolo, meraviglioso scorcio di paradiso.
Non era troppo sicuro di cosa fosse l'amore, ma se sul serio era la cosa più bella al mondo, allora non poteva che essere Yuri.

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Capitolo 6
*** Prophecy ***


[Yuri's P.O.V]
Non  aveva intenzione di perpetuare  nella cieca ignoranza e nell'oziosa e noiosa accidia, che però doveva ammettere che al fianco di Otabek era diventata dolce come il miele. Era ormai notte tarda e Beka dormiva profondamente, decise quindi di agire in quel momento. Indossò il mantello purpureo  del suo cavaliere e si incamminò verso una destinazione a lui non gradita. Da quando, circa un mese prima, era stato con il suo compagno alla città imperiale e aveva notato il quadro nefasto, il tarlo del dubbio si era insinuato nella sua mente: davvero ciò che gli era stato dato come motivazione per la sua maledizione era la vera profezia? 
Davvero questa essenza magica datagli senza possibilità di rifiuto aveva una seria motivazione?
O forse semplicemente suo padre aveva ingigantito la questione?
Si recò da colui il quale anni prima era stato causa di quelle sue ali maledette.
Bussò alla porta di Tiresia, stregone e indovino di corte,  per poi sfondarla quando si rese conto che non avrebbe avuto risposta facilmente e cominciò a chiamarlo a gran voce.
Non appena questi lo vide spalancò gli occhi e insieme la bocca, sconcertato.
"Yuratchka Plisetsky." Disse
"In persona." Rispose "Ho una domanda." Tuonò poi
"Non posso rispondere ad alcun tuo quesito." 
Yuri generò una fiamma dalla sua mano e afferrò la veste di Tiresia.
"Tu mi hai donato questo potere che non voglio e potrei usarlo per ucciderti. Credo che ti convenga parlare."
Terrorizzato, l'indovino si divincolò dalla sua presa
"Una profezia ho riferito a tuo padre, della quale tu sei a conoscenza."
Innegabile era che, prima di ricevere la sua maledizione, suo padre gli aveva riferito una profezia, della quale non era però affatto certo
"Lo so." Rispose tuttavia "ma ho bisogno che tu me la ripeta." 
"La profezia di che che tu sei destinato a governare il regno al fianco di un uomo."
Poche parole bastarono per far sì che le sue supposizioni acquisissero veridicità. Ciò che pensava era assolutamente vero: suo padre gli aveva riferito una profezia ben peggiore.
"Un'altra cosa c'è da dire: un particolare che fino ad oggi non è noto ad anima viva se non la mia: quando il tuo abito subirà un mutamento, saprai che il tuo amore vero avrà raggiunto il suo apice."
"Altro?" Chiese Yuri sbuffando e lasciando andare 
"In realtà sì. Il regno è tenuto sotto un assurdo regime di terrore e povertà: la vita pian piano diventa sempre più insostenibile e il popolo a stento riesce ad avere un pasto caldo ogni settimana. Hai visitato molti luoghi, tra cui la capitale stessa e confido che tu te ne sia accorto. Yuratchka, è il momento che tu segua il tuo destino. Marcia sulla città e reclama ciò di cui nel tuo sangue risiede il possesso."
Lasciò la casa del l'indovino senza proferire parola, permettendo che il silenzio nella sua bocca gli facilitasse l'ascolto della sua mente tempestosa. 
Era quasi giunto il mattino e il cielo iniziava a farsi aranciato mentre tornava al luogo in cui lui e Beka dimoravano, indugiando là dove potesse trovare delle piante utili per un infuso e della frutta per la colazione del suo cavaliere.

[Otabek's P.O.V]
Lentamente si svegliò col fresco odore di menta che gli solleticava le narici. Trovò il consueto piatto di frutta che Yuri gli preparava ogni giorno ad aspettarlo, ma non vide la sua fata a dargli il buongiorno. Ormai era più che certo che nulla di ciò che avesse vissuto fosse un sogno, quindi nel suo cervello subito trillò un fortissimo campanello d'allarme, il quale lo fece subito alzare e uscir a cercarlo. 
Lo trovò seduto sulla medesima roccia nella medesima posizione di quando l'aveva visto la prima volta. Ciò che lo turbava non era tanto quello, che di per sé era una stupenda visione, bensì l'espressione che aveva sul volto, sintomo che stava pensando troppo. Si arrampicò sulla roccia e si posizionò dietro di lui, poggiando il mento sulla sua spalla e stando attenta non ferire le sue ali, per poi baciarlo delicatamente alla base della mandibola e sussurrargli il buongiorno. Non ebbe risposta, quindi decise di inginocchiarsi davanti a lui. Notò che lo fissava senza vederlo, ripercorrendo dietro i suoi occhi spenti chissà quale funesto ricordo.
"Yuri..." Provò a chiamarlo dolcemente, senza tuttavia ottenere una reazione
"Yuratchka." Lo chiamò quindi con tono perentorio, ottenendo finalmente in risposta un sobbalzo e il risveglio della fata dai suoi pensieri occulti 
"Oh, Beka... Buongiorno." Disse per poi baciandolo delicatamente e fugacemente sulle labbra
"Dov'eri?" 
"Dovevo fare una cosa... Ma hai mangiato?" Gli chiese in maniera calma
"No che non ho mangiato!" Sbottò "mi sveglio senza trovarti e secondo te mi preoccupo di mangiare?" 
Si rese conto di aver alzato troppo il tono di voce quando Yuri ebbe ben tre cambi di espressione repentini: dapprima spalancò gli occhi, come se avesse appena realizzato l'iter delle sue azioni, poi spostò per terra lo sguardo e, prima che Otabek potesse scusarsi per averlo ferito, il biondo alzò lo sguardo e lo fissò con le sue iridi di ghiaccio con quello sguardo da guerriero di quando erano andati alla capitale. 
"Uno di questi giorni tornerò alla città imperiale." Disse imperioso
"Vorrai dire torneremo."
"So ciò che ho detto. Non ho alcuna intenzione di metterti in pericolo."
"Non sarò affatto in pericolo-"
"Sì che lo sarai!" Lo interruppe "Già da subito ho fatto un errore a permetterti di starmi vicino, pensi che adesso possa anche permettere che ti uccidano?"
"Ma almeno spiegami perché dovrebbe succedere tutto questo."
"Non ho la minima intenzione di farlo. Quando meno te l'aspetto me ne andrò e sarà inutile venire a cercarmi perché non mi troverai su questa roccia. Discorso chiuso." 
Decise di non controbattere, ma mai avrebbe permesso che Yuri andasse da solo: a qualsiasi costo l'avrebbe seguito.

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