Let me tell you a story

di juniper_goblinfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It's raining over my heart ***
Capitolo 2: *** When the cherry trees whiter ***
Capitolo 3: *** You flow like sand between my toes ***



Capitolo 1
*** It's raining over my heart ***


 
IT'S RAINING OVER MY HEART
 
 
 
 



La pioggia cadeva violenta sull'asfalto, producendo un armonioso ticchettio. Londra era completamente grigia e fredda in quella notte. Il cielo era coperto da pesanti nuvole e tra di esse non si vedeva nemmeno una stella, solo un flebile alone bianco prodotto dalla luna rischiarava le nubi, altrimenti completamente nere.
Un uomo, seduto in un vicolo, alzó il viso, lasciando che le gocce gelide gli accarezzassero il volto. Teneva le labbra socchiuse e gli occhi stanchi vagavano in cerca di qualcosa che nemmeno lui sapeva, un miracolo forse, o un angelo che lo salvasse. Si lasció andare contro il muro, mentre i vestiti si inzuppavano sempre di più, fino a trovarsi seduto a terra. Non sopportava più quella vita e forse era per questo motivo che aveva deciso di farla finita, di vivere alla giornata e correre qualsiasi rischio gli si fosse presentato davanti. Quel comportamento, il suo maledetto vizio di fare l'eroe l'aveva portato a quel punto.
L'uomo scostó la mano dal ventre, osservando il sangue scarlatto gocciolare dalla mano e confondersi lentamente con l'acqua. Aveva perso molto sangue e si sentiva debole e aveva freddo, in parte per la pioggia e in parte per colpa della ferita. La ferita era profonda e slabbrata, non una cosa di poco conto quindi... Vi premette nuovamente la mano, gemendo di dolore. Era stato uno stupido, l'idea peggiore che avesse mai avuto. Mettersi in mezzo mentre un rapinatore scippava una ragazza? Già, perchè non provare a fermarlo e prendersi una coltellata nello stomaco, oltre alle percosse che ne sono seguite?
Tossì, sputando altro sangue sul selciato. Lentamente riprese fiato, a fatica, ma ormai non aveva più forze.
Fece in tempo a vedere un'ombra correre verso di lui prima di perdere conoscenza e accasciarsi al suolo, sbattendo una guancia.
 
- John?! John! -
 
La figura nera si piegó sull'uomo, sollevandolo appena mente gli scostava i capelli appiccicati alla fronte.
 
- Apri gli occhi, avanti... -
 
Lo accarezzó con mani tremanti, mordendosi forte un labbro.
 
- Mykroft sta arrivando, fatti forza, non lasciarmi... Ti salveremo... Poi parleremo, devo dirti delle cose imp--
 
Si bloccó non appena vide la macchina frenare bruscamente vicino a loro. Due uomini in nero presero l'uomo, caricandolo velocemente sul veicolo scuro.
 
- Charlotte... -
 
Mycroft raggiunse la ragazza, inginocchiata accanto ad una macchia di sangue. Mycroft la coprì con la propria giacca e un ombrello, impedendole di bagnarsi.
 
- Coraggio, starà bene... Andiamo, devi darti una pulita anche tu...-
 
La sua voce era calma, ma calda come ogni volta in cui parlava con lei. La ragazza allora si alzó, scuotendo la testa e fiondandosi nella macchina senza rispondere. Myke sorrise appena. Ormai aveva capito tutto...
Charlotte sorresse il capo di John, posandoselo sulle gambe e cercando di limitare l'emorragia come poteva. Aveva paura, doveva ammetterlo. Prima aveva perso David e ora che aveva trovato lui non riusciva nemmeno a dirgli ció che doveva. Aveva lasciato solo John per colpa del lavoro in quei mesi in cui invece avrebbe dovuto stargli accanto e... E quella era tutta colpa sua.
 
~~~
 
La ragazza si tormentava le punte dei capelli, seduta fuori dalla stanza della grande villa, usata in quel caso come sala operatoria improvvisata, per poter curare John. Non volevano che i giornalisti lo tormentassero, per cui avevano optato per quella soluzione, ma nonostante fosse casa sua non la fecero entrare.
Si guardó poi le mani, che fino a poco prima erano coperte di sangue, come lo erano i vestiti, mentre ora erano candidi e profumati. Sospiró e si alzó di scatto, dopo ore seduta lì davanti - no, forse erano secoli-, quando il chirurgo uscì dalla stanza. Quasi corse verso di lui, in un fruscio di delicata seta color del cielo.
 
- Posso entrare? -
 
Disse con impeto, lisciando nervosamente il vestito con una mano. Lui fece per rispondere, ma ormai la ragazza era fuggita all'interno della " sala operatoria " e aveva chiuso a chiave, in modo che nessuno li disturbasse.
Si immobilizzó, osservando il biondo steso sul letto, coperto da lenzuola chiare, quasi dello stesso colore della sua pelle. Non lo aveva mai visto tanto pallido, non lo aveva mai visto quasi... Morto. Rabbrividì sentendo il rumoroso bip dell'elettrocardiogramma. Era lento, stanco, arreso. Deglutì e si fece forza, andando a sedersi timidamente accanto a John.
 
- Mi spiace...-
 
Sussurró. Gli prese una mano e la strinse forte, accarezzandola con il pollice. Sentiva un peso sul cuore, parole non dette, cose mai fatte e il rimpianto. Tempo da aveva amato David, come John aveva amato Sherlock, ma tra loro due piano piano era nato qualcosa, una dolce complicità che spesso li portava a stare insieme. Una volta lui gli si addormentó addirittura sulle gambe. Sorrise a quel ricordo, passandosi la lingua sulle labbra. Gli bació la mano, allora, sussurrandogli preghiere e parole dolci all'orecchio.
John, dal canto suo, percepiva solo il suono ovattato di una voce familiare, il tocco caldo sulla sua mano gelata. Aveva freddo, ancora, ma non si sentiva bagnato, sentiva più che altro il ventre bruciare e dolere. Oh, giusto, era stato ferito, lo aveva quasi dimenticato. Quell'ombra... L'aveva forse salvato? Chi era? Gemette nel sonno, per il dolore che improvvisamente lo attraversó. Tremó appena, a causa degli spasmi provocati dalla febbre che saliva. Si sentiva gelare, ma Charlotte sentiva la sua pelle bollente e sudata sotto i polpastrelli. Lo guardó triste.
 
- Non mi lasciare... Voglio dirti delle cose, anche se per te sono insopportabile... -
 
Gli accarezzó il viso, soffiandoci appena sopra per farlo sentire un po' meglio. Vederlo stare tanto male le stringeva il cuore. Come poteva essere tanto idiota e coraggioso al tempo stesso?
Questa volta il soldato riconobbe la voce, sentendo anche il tocco e il soffio profumato sul suo viso. Charlotte... Era stata lei allora. Pensava che lo avesse abbandonato per sempre, mesi prima, invece era tornata. Era lì e si stava prendendo cura di lui. Non poteva chiedere di meglio. Da poco si era reso conto di quanto lei fosse davvero importante, di quanto il suo cuore battesse nella cassa toracica e graffiasse le costole, come una belva fa con la gabbia, per uscire e donarsi completamente a lei. Certamente peró non poteva dirle cosa provava, per questo era diventato freddo e distaccato. Un semplice medico come lui non era all'altezza di una donna tanto bella e importante. Tuttavia le carezze e le parole di miele che seguirono riuscirono a rilassarlo, facendolo calmare. Se cercava un angelo, fino a poche ore prima, ora era sicuro di averlo trovato.
La giovane donna inclinó la testa di lato e nello stesso momento i capelli d'oro gli ricaddero dalla spalla, sfiorando il braccio del soldato. Sembrava essersi calmato. Meglio così, non voleva vederlo soffrire. Si morse un labbro, valutando l'idea che gli si era insinuata nel cervello, lentamente, allettante e bella come un fiore. Allora si alzó, insinuandosi poi nel grande letto matrimoniale e attenta a non fare male all'uomo. Posó la testa sulla sua spalla, non quella con la cicatrice, quella voleva ammirarla. La sfioró infatti con la punta delle dita, delicatamente, per poi posare la mano sul petto nudo di John. Era bollente e il cuore batteva forte. Che strano... Rimase così, immobile, accarezzandogli la pelle leggermente umida. Fece attenzione a non sfiorare nemmeno la ferita, fino a che non si addormentó, accoccolata su di lui

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Capitolo 2
*** When the cherry trees whiter ***


WHEN THE CHERRY TREES WHITER






Il biondo aprì gli occhi, lentamente. Si voltó con una smorfia, accecato dalla luce del sole, ma sbattè il naso contro qualcosa. Appena mise a fuoco si rese conto che non si trattava di qualcosa, ma di qualcuno. Charlotte era poggiata sulla sua spalla, con i capelli che solleticavano la pelle dell'uomo e le incorniciavano il viso perfetto. Sorrise appena, sentendo un leggero tremito nella mano della ragazza, adagiata sul suo petto. La osservó, immobile e in silenzio, beandosi della vista di quella donna tanto bella. Fece per accarezzarle il viso, ma una fitta lo bloccó. 
Fu in quel momento che la ragazza di tiró su di scatto, sentendolo gemere.

- John! John, Dio mio, mi spiace... -

Lui scosse la testa, sorridendo anche se aveva ancora sul viso stampata un'espressione sofferente. Premette una mano sul ventre, cercando di parlare, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono, solo un rantolo soffocato.

- Non parlare... Riposa, stai bene, sei salvo... No, beh, non stai proprio bene, ma il peggio è passato. N-non sei morto -

Avrebbe voluto aggiungere tante altre cose, ma non trovó le parole. Era così felice che si fosse svegliato, seppur con la febbre e ammaccato. Gli sorrise dolcemente, per poi alzarsi e andare a prendere una pezza fresca per poterlo rinfrescare. Il soldato notó il rossore sulle guance della ragazza. Era così bella... Forse era la febbre a farlo delirare, ma avrebbe voluto tanto baciarla, stringerla e ammirarla tutto il tempo. Sembrava imbarazzata e preoccupata, non l'aveva mai vista così, nè attivarsi tanto per far star bene qualcuno. Le sorrise ancora quando tornó, osservandola con occhi appena lucidi per via della febbre. 
La bionda gli posó la pezza sulla fronte e John chiuse gli occhi, sospirando per il piacere. Ora si sentiva bruciare, il freddo era passato. Charlotte si morse un labbro, cogliendo quella situazione al volo. Premette le labbra su quelle del soldato. Erano calde, secche, ma piacevoli da baciare. Il medico sgranó improvvisamente gli occhi, colto di sorpresa. Eppure non si separó da lei, nè l'allontanó. Lasció che la giovane gli posasse una mano sul petto, mentre nell'altra stringeva ancora la pezza umida e lo accarezzava dolcemente con quella, sulla fronte, poi sul viso, fino al collo e alle clavicole. 
Si separarono dopo lunghi istanti, ancora desiderosi, l'una delle labbra dell'altro. Si guardarono negli occhi, quelli color ambra della donna e blu quelli dell'uomo. Erano le stelle che si riflettevano sul mare. Sorrisero entrambi. 

- Scusa John...-

Si affrettò a dire la giovane donna.

- Sentivo di doverlo fare, perdonami... Io... -

Sospiró, passandosi una mano tra i capelli, facendo ondeggiare quei fili d'oro. 

- Provo qualcosa per te, e... -

Lui la fermó, prendendole una mano e scuotendo la testa, come a dirle che era tutto a posto. Infatti anche lui non vedeva l'ora succedesse, spesso ci aveva pensato e lo aveva desiderato a volte, nonostante lei non gli appartenesse. La morte di David era stata la sua salvezza, ma anche Sherlock se ne era andato e lei era partita. Non aveva avuto il tempo di fare niente, era rimasto semplicemente solo. John le premette la mano sul proprio petto, facendole sentire come il cuore gli batteva forte, per farle capire che anche lui sentiva qualcosa. Era qualcosa di profondo, dolce e doloroso allo stesso tempo. Già, era un po' come bere una cioccolata calda. E piacevole, buona, ma allo stesso tempo ti brucia la gola. 
Il soldato sentì una gocciolina cadergli sulle labbra. Era salata. Alzó allora lo sguardo e vide le lacrime rigare il viso della donna. 

- N-no... - 

Si costrinse a sussurrare, poco più che un fruscio. Lei lo guardó, con gli occhi rossi e luccicanti di lacrime. 

- Stavi morendo! -

Si strappò via le lacrime con stizza, buttandogli le braccia al collo e stringendolo forte. John fremette, per il dolore e per la
gioia insieme. La strinse a sua volta, ignorando le fitte che dalla ferita gli si spandevano in tutto il corpo. 

- Non... Potevo... Lasciarti...-

Le accarezzó i capelli, respirando a pieni polmoni il suo profumo e godendo della pelle fresca della donna a contatto con la propria.

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Capitolo 3
*** You flow like sand between my toes ***




YOU FLOW LIKE SAND BETWEEN MY TOES






La osservó per tutto il tempo, in silenzio, mentre lei si prendeva cura di lui. John faticava a muoversi per la ferita, dal momento che ogni minimo movimento gli provocava un dolore acuto che gli mozzava il fiato. A peggiorare le cose c'era poi la febbre, che gli faceva bruciare la pelle e lo faceva sudare freddo. Lei continuava a rinfrescarlo con una pezza umida, ad accarezzarlo o a baciarlo dolcemente. Tutto quello gli bastava, non poteva desiderare di meglio. Charlotte sembrava essere più sollevata, felice del fatto che John fosse ancora vivo. 
La donna si sedette finalmente sul letto, accanto a lui, scostandogli i capelli dalla fronte e sorridendogli.

- Allora, va meglio? -

Dio, quanta paura aveva avuto. Non avrebbe mai sopportato anche la sua perdita, per questo aveva tanto pregato quella notte. Gli posó le mani sul petto, accarezzandolo appena, fino a sfiorargli delicatamente le spalle. 
John annuì, sorridendole e alzando debolmente un braccio per accarezzarle il viso. Lei voltó appena il viso, giusto per baciargli il palmo. 

- Ora... Che sono con te... Si...- 

Charlotte ridacchió, piegandosi per premere il naso contro il suo. 

- Dottore, le voci dicono la verità, sa davvero come lusingare una donna...- 
- Modestamente...- 

Il soldato la guardó, quasi rapito, passandole una mano sulla nuca per attirarla in un bacio. Si beó a lungo di quelle labbra, lasciando che, per la prima volta, qualcuno gli sfiorasse la cicatrice. 


~~~


Ormai era passata una settimana e le condizioni di John sembravano non migliorare. In un primo momento attribuirono la colpa alla ferita e alla febbre, ma col tempo tutto era peggiorato. Le febbri alte non gli davano tregua e il colpo inferto non accennava a rimarginarsi, anzi, non faceva che sanguinare mentre i punti non la tenevano chiusa. I momenti in cui l'uomo rimaneva sveglio erano sempre meno, ma anche i periodi di sonno erano tormentati da tremori e incubi. 
Charlotte non aveva mai smesso di vegliare su di lui, mai un momento, se non per andare in bagno. Se doveva mangiare lo faceva accanto a lui. Gli parlava, sussurrandogli parole dolci, parole riservate solo a lui, gli raccontava di lei e di loro nel futuro, quello stesso futuro che temeva non ci sarebbe stato. 
Anche quel giorno lei era lì, accanto a lui, a sfiorarlo con la punta delle dita. Sospiró, spostandosi i capelli dal viso e assicurandoli in una coda di delicati ricci biondi. Doveva aspettare il risultato delle analisi,  suo padre si sarebbe assicurato personalmente che gli esiti le giungessero il prima possibile, eppure... John ormai era pallido, emanciato e dimagrito. I suoi occhi, le poche volte che li apriva, avevano assunto un colore più simile al grigio che al solito blu e sembravano non vederla, sembravano guardarle attraverso. 
L'uomo si agitó nel sonno, gemendo e contorcendosi, stringendo i pugni sulle lenzuola. 

- C-cha... Rlie... -

Sussurró in uno dei tanti deliri. Nella mente del biondo realtà e sogno si confondevano, non riusciva più a distinguerli. L'unica cosa di cui era certo era il dolore insopportabile che si spandeva dalla ferita, simile all'acido che mangia la carne. Il suo battito era debole, mentre il respiro era affannoso. Non sapeva come uscire da quella situazione, doveva affidarsi alla donna. 
Charlotte gli strinse una mano quando si sentì chiamare. 

- Sono qui, amore mio, sono qui... Non ti lascio, ok? Ascoltami, non mollare...- 

Sussurró alle sue orecchie, sfiorandole con le labbra. Cercó di non farsi prendere nuovamente dallo sconforto. 
Se ne stava andando lentamente, in modo doloroso. Charlotte si sentiva così sola e impotente... Non voleva che morisse, lo amava! Si, lo amava ma non aveva il coraggio di dirglielo. Ogni volta si mordeva un labbro e lasciava che fossero le lacrime a parlare per lei. 
Alzó la testa di scatto quando la suoneria di un messaggio sul cellulare la riscosse. Lo prese di slancio, quasi facendolo cadere, per poi fissare lo schermo con la bocca socchiusa, incredula.

- No...-   

" Veleno", diceva. Rimaneva poco tempo per lui, per poterlo salvare. La bionda si passó una mano sul viso, incapace di fare qualsiasi altra cosa.

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