Il Club di Kaworu Nagisa

di RaidenCold
(/viewuser.php?uid=496790)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Hai mai sentito parlare di Kaworu Nagisa?

Sto perdendo la mia consistenza, il mio animo si scioglie, fra poco non sentirò più neppure il mio braccio rotto. Credo sia la fine del mondo.

Ma come sono arrivato a questo punto? Dobbiamo fare un salto indietro…

 

La mia vita era tranquilla, seppur insignificante; non saprei dire se mi abbia turbato più la prospettiva di monotonia e decadenza che mi ero posto davanti, o l’inaspettata telefonata di mio padre. Non sono il tipo di persona che potrebbe essere chiamata «uno scommettitore», ma decisi di puntare sulla chiamata genitoriale – anche se non so cosa stessi andando di preciso a dire a mio padre, l’improvvisazione mi avrebbe come al solito sopraffatto.

Ed ecco che inizia la mia storia: io Shinji Ikari, vengo nominato pilota di un gigantesco essere dalle fattezze robotiche chiamato «Evangelion», il cui scopo è proteggere il mondo da essere altrettanto mostruosi che la gente chiama «Angeli».

La prima battaglia è un disastro, ma in qualche modo vinco; mi risveglio e scopro che andrò a vivere con il maggiore Misato Katsuragi, la donna che mi aveva accompagnato fino alla sede della Nerv, l’istituto para-bellico gestito da mio padre per difendere l’umanità dagli angeli.

Ho pian piano conosciuto tutti i miei… uhm… diciamo «compagni d’avventura».

C’è Rei Ayanami, il First Children, pilota dell’Evangelion 00, tipa tranquilla, taciturna, affascinante e misteriosa.

Ci sono i miei compagni di classe Toji e Kensuke, simpatici, semplicioni, ma sì diventiamo amici, e poi la capoclasse Hikari, anche lei è simpatica.

C’è il personale della Nerv, anche loro sembrano volti amici, non che abbia mai avuto grandi dialoghi con loro, Makoto, Shigeru e Maya,sembrano competenti, svolgono un lavoro che passa dalla noia più totale alla disperazione in un secondo, la loro costante gentilezza è la massima forma di gratitudine a cui avrei mai potuto aspirare.

C’è la dottoressa Akagi, una donna misteriosa dotata, se devo dire, di un certo fascino.

C’è il signor Kaji, un uomo di mondo che se la spassa con...

Misato, è buona, si prende cura di me, dice siamo simili, magari lo fossimo, metterebbe in ordine la casa di tanto in tanto…

C’è Fuyutsuki, il vice-direttore di mio padre, un uomo anziano e molto saggio.

C’è mio padre: cerco il suo consenso? Cerco di staccarmi da lui, o al contrario di avvicinarmi? Lui comunque non sembra ricambiare il mio «interesse» ad avvicinarci, in sostanza mio padre non sembra avere figli.

E poi lei, la fonte dei miei guai, Asuka Soryu Langley, il pilota dell’unità Evangelion 02: nonostante la tensione che mi procurava durante il giorno, combattere sugli Eva mi faceva dormire sogni tranquilli la notte, nella mia testa non c’era spazio per altro. E poi arriva questa tedesca dai capelli rossi che si atteggia da idol: non posso dire di odiarla, ha dei momenti di tenerezza – di pochi millesimi di secondo – e in fondo non è così cattiva, ma il suo continuo egocentrismo e quel suo atteggiamento di superiorità – con cui tra l’altro cerca maldestramente di nascondere i suoi demoni interiori – mi mettono a disagio, e per di più averla sempre tra i piedi in casa, perché grazie all’amore filantropico di Misato la rossa tedesca vive con noi, mi ha reso più nervoso più di quanto già non fossi di mio.

Così una sera, dopo l’ennesima scaramuccia, seguita dal suo consueto «Ma sei stupido?», sbocco, sì, la mando a quel paese e me ne esco sbattendo la porta. Grazie a Dio Misato non c’è e mi risparmio i suoi tentativi di riportarmi indietro con frasi fatte per manuali di genitori improvvisati.

 

Vago per il quartiere, illuminato dai lampioni, senza pensieri e con la pace dei sensi nell’animo per avere finalmente le orecchie libere da quel teutonico ronzio; per strada non c’è nessuno, ogni tanto passano un paio di macchine oppure qualche gatto fruga nei bidoni della spazzatura.

Decido di fare un giro sul tram notturno, essere in movimento mi rilassa e aiuta a pensare ho sempre pensato; il tram è vuoto, eccetto per il conducente, e così accendo il Walk-man e ascolto un po’ di musica con le cuffie.

Dopo un paio di fermate a vuoto, sento che entra un’altra persona sul tram; con tutti i posti liberi, questo si siede proprio vicino a me, ma sinceramente non mi dà alcun fastidio.

Tira fuori qualcosa da un taschino, e noto che è lo stesso Walk-man che ho io:

“Pensavo di essere l’unico a utilizzare ancora questo rottame!”- esclamo cercando di fare conversazione – di solito non sono uno che attacca bottone con la gente, per di più sconosciuta, ma non so perché sento che di questo posso fidarmi.

“Uh… invece, pare di no, piccolo il mondo non credi?”- mi fa lui. Ha un tono di voce svogliata e abbozza un sorriso appena appena visibile.

“Viaggi spesso di notte da solo?”

“No, però viaggio spesso.”

“Che fai?”

“Ah, lavoro per un istituto, la Seele.”

“Ma pensa… io invece lavoro nella società affiliata, la Nerv!”

“Serio?”

“Assolutamente.”

Il ragazzo ridacchia serrando gli occhi e agitando lievemente la testa:

“Beh allora tu devi essere Shinji Ikari; non stupirti che io ti conosca, si è creata una certa fama attorno a te alla Seele .”

“Ne sono lusingato, ma non penso di conoscere il tuo nome...”

“Kaworu Nagisa, ma puoi chiamarmi semplicemente Kaworu.”

Ci stringiamo la mano, e mi dà un biglietto:

“E’ il mio numero di telefono, se ti va di parlare qualche volta chiamami.”- e detto ciò si alza, il tram si ferma, e Kaworu scompare nella notte.

Così ho conosciuto Kaworu Nagisa.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


Fu uno dei giorni più terribili della mia vita; arrivai al punto che il dolore era diventato talmente forte da impedire alle lacrime di uscire, tenute a freno da una barriera di rabbia e rimorso.

Toji si presentò a casa mia, facendomi una sorpresa: era diverso quel giorno.

Non era il solito spaccone allegro e spensiera, anzi era scuro in volto e tremava come una foglia.

“Ikari, che cosa hai provato la prima volta che sei salito sull’Eva 01?”

Non riesco a rispondergli di preciso, ma cerco di tranquillizzarlo; avrei dovuto parlargli di più, e soprattutto chiedergli il perché di quella domanda. Forse non sarebbe cambiato nulla, ma almeno sarei stato più consapevole di ciò che sarebbe successo successivamente.

Doveva essere un semplice test di attivazione, invece, quella dell’Evangelion 03 si è rivelata un’autentica tragedia nel quale il pilota ha perso la vita per mano dell’Eva 01, o per mano mia, anche se tecnicamente è stato il Dummy system, una sorta di pilota automatico attivato da mio padre, a distruggere l’Eva 03, il quale era stato contagiato da un Angelo e andava assolutamente fermato. Fatalità scopro che il pilota era Toji, il mio amico; ma devo ingoiare in silenzio, vorrei tanto distruggere tutto, soprattutto mio padre, che ha attivato il Dummy senza il mio consenso – le mani sporche di sangue qua sono le sue! - ma non posso, so che farei qualcosa di molto stupido, quindi decido di metabolizzare il tutto scappando di casa un’altra volta. E mi accorgo che ho in tasca un cartoncino: quello con il numero di Kaworu.

Lo chiamo e lui mi dice che se vuole parlare possiamo incontrarci: così mi invita nel quartiere dove abita, poco distante dal mio, e ci troviamo assieme in un bar fatiscente,poi ci sediamo e gli racconto i fatti del giorno:

“Disdicevole, dico davvero, ti hanno coinvolto in un copione ricco di inutili drammi” - mi fa Kaworu.

Gli chiedo di spiegarsi:

“Tu credi che tuo padre non lo pensasse? Chiunque al suo posto lo avrebbe pensato, ma non dico sia giusto, anzi è tutto dannatamente sbagliato. Quei cialtroni della Seele che giocano a fare gli Illuminati, la Nerv, il governo giapponese, me ne frego di tutti loro.”

Gli dico che non capisco dove voglia arrivare col suo discorso:

“Dico soltanto che qua stanno tutti pensando di essere i registi della storia ma che stanno leggendo il copione col culo. E ne ho le palle piene...”

Anche io Kaworu, anche io.

Usciamo dal bar e lui mi dice che posso passare con lui la notte, ma a una condizione:

“Devi darmi un pugno.”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


“Devi darmi un pugno.”

Questo non lo posso fare, gli rispondo.

Mi dice colpiscimi, io esito, lui mi esorta, io lo colpisco, lui stramazza nel parcheggio, si rialza stordito e mi restituisce il colpo.

Che strana sensazione; non mi inebria la violenza sé, ma quei due pugni, sia quello dato che quello subito, mi fanni sentire qualcosa, la mia carne, mi sento più vicino alla realtà, alla vita.

La cosa risulta gradita e entrambi, così la sera dopo, continuiamo a combattere fuori dal locale, e alcuni ci vedono e incuriositi si avvicinano; dopo una settimana ci troviamo regolarmente per combattere io, Kaworu, e altre persone, tra cui qualche impiegato della Nerv.

Era così liberatorio.

Kaworu mi esorta a tornare alla Nerv, lasciare il lavoro non mi avrebbe aiutato.

Entro e vedo le solite facce fisse, Asuka, Rei, Misato… ma loro non vedono la mia solita faccia.

Misato osserva il mio zigomo tumefatto ed il mio occhio nero, la camicia bianca macchiata di sangue, e vorrebbe dirmi qualcosa ma non ci riesce; perfino Rei appare turbata.

Asuka non si smentisce:

“Che pensi di fare ripresentandoti dopo una settimana con questo aspetto da bulletto eh?”

La ignoro, lei odia essere ignorata:

“Sto parlando con te stupido!”

La ignoro e vado a cambiarmi per salire a bordo dell’Eva 01 – anche se nessuno mi ha detto se bisognasse farlo – e in sottofondo sento i suoi borbottii urlati sgraziatamente.

Finisco i test, mi vedo con Kaworu, nello scantinato del bar, dove ci aspettano gli altri membri del nostro «Club». Là non esistono gerarchie, solo i due che combattono al centro della stanza sono al centro dell’attenzione:

“E’ il loro massimo momento di espressione”- mi dice Kaworu ogni sera dopo il primo combattimento - “sono uomini che hanno perso il contatto con l’umanità, questo non è uno sfogo, è un rito di riaffermazione dell’io in mezzo a questa società de-umanizzante.”

Poi si avvicina al centro:

“Vi do un compito: dovete iniziare una rissa, e perderla.”

Sembrava facile – ci fosse il vecchio Toji lo sarebbe, lui scazzottava per qualunque motivo – ma pochi erano disposti ad attaccare briga se provocati.

Se hai la faccia da vittima è facile trovare guai, ma la gente tende a evitare conflitti scoppiati per motivi futili;qualcuno comunque riuscì a farsi pestare, ma in generale la missione fu un fallimento. In compenso altra gente si unì a noi, anche personale Seele e ancor più Nerv; Kaworu mi dice di stampare i nuovi compiti per i membri, io gli dico che l’unica stampante che ho a portata di mano è a casa di Misato, lui mi dice «vacci».

Entro, approfittando dei turni di lavoro del maggiore, e uso la stampante; è quasi fatta e me ne sto uscendo, quando sento: “Ma sei stupido?”

Asuka, che piacere…

“Adesso ti introduci come un ladro in casa!”

Mi sei mancata anche tu.

Vedo che ha un foglio in mano: ho lasciato l’originale nella fotocopiatrice, e forse Asuka in questo caso ha ragione, sono davvero stupido.

Lei lo legge e quasi rabbrividisce arrivata alla fine:

“Lo hai stampato tu…?”

“Forse.”

Mi guarda, e i suoi occhi taglienti e furiosi ancora non cedono:

“Cosa dovrei pensare di una persona che fa queste cose, Shinji?!”

Mi avvicino lentamente al suo orecchio:

“Beh, se fossi in te… penserei che è il frutto di una mente estremamente instabile, e potenzialmente psicopatica, la quale potrebbe, che ne so, presentarsi un giorno sul luogo di lavoro, la Nerv ad esempio, armato di un fucile semi-automatico e tingere di rosso tutto l’ufficio.”

La guardo, ed ecco finalmente l’espressione che volevo vedere sul suo volto: ha gli occhi sgranati, increduli. Complimenti Asuka, hai finalmente capito, confidavo che prima o poi ci arrivassi!

Le sfilo delicatamente il foglio dalle mani:

“Ma forse è solo uno scherzo di cattivo gusto!”- le dico sorridendo, poi esco, chiudendomi dietro la porta.

Sono rimasto attaccato all’uscio per un po’ prima di sentire qualcosa muoversi dentro: ti ho sconvolta a tal punto, Asuka?

 

Quella sera Kaworu da un compito chiaro e rischioso, e persino io titubo sentendolo, quindi decido di non prendervi parte, ma lui dice di non biasimarmi:

“Stai facendo più di quanto pensi, credimi, va bene così.”

 

La mattina dopo arrivo alla Nerv, e vedo mio padre, per la prima volta sgomentato: anche quella è una faccia che pregustavo da tempo.

Asuka mi guarda di sfuggita, poi abbassa il capo; non sono fiero del fatto che abbia paura di me, ma a volte per fare del bene devi fare del male.

Tutti i monitor della sala comandi trasmettono la medesima immagine: l’edificio piramidale delle Nerv coperto di fiamme distribuite in modo da assumere la forma di una gigantesca faccia sorridente. E io penso a tutte le funi, le imbracature e la benzina che sono serviti a Kaworu per farlo.

Per motivi di sicurezza la Nerv rimane chiusa quel giorno, e quando faccio per andarmene a casa – di Kaworu – vedo Asuka che mi segue, per la prima volta, senza dire una parola. Che meraviglia.

Arriviamo a casa, ma io la lascio fuori dalla porta.

E lei rimane lì, per tutto il giorno; e io rimango in camera mia, per tutto il giorno, fino ad appisolarmi.

 

Nel cuore della notte vengo svegliato: sento delle grida, è Asuka, ma non è solo lei che sta urlando, anche Kaworu, e sono entrambi nella sua stanza.

Questa è tutta colpa mia, e Asuka dimostra nuovamente che io sia uno stupido.

La mattina dopo io e Kaworu facciamo colazione, e io non ho il coraggio di dirgli una parola.

Mio Dio cosa ho fatto.

Come siete finiti a letto, gli chiedo, lui risponde che era sola al freddo fuori dalla porta, e l’aveva portata dentro per farle bere qualcosa di caldo, poi da un momento all’altro era scatta la scintilla.

“Se ne deve andare; quella porta solo guai.”- mi dice inaspettatamente Kaworu, per poi andarsene in un’altra stanza.

 

Asuka si sveglia e comincia a gironzolare per casa canticchiando, con indosso il mio accappatoio, come fosse una vestaglia. Prende una pubblicità di qualche negozio che ancora non ho fatto in tempo a buttare:
“Secondo te questo vestito mi starebbe bene?” mi domanda sorridente.

“Te ne devi andare.”

Lei mi guarda sconcertata ed indignata, ed ecco che torna la solita Asuka di sempre, e se ne va furiosa.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 ***


Era la mattinata dopo la sconfitta dell’ultimo angelo, quando scopro che la lancia di Longinus, un prezioso artefatto custodito nella Nerv, è stato rubato.

So che è stato Kaworu e il suo gruppo, ora diventato un esercito; grazie a noi sono nati altri «Club» in diverse città, e la cosa faceva infuriare la Seele, che organizza uno squadrone della morte per distruggerci. Beata ingenuità del potere: il temuto squadrone della morte della Seele, era formato quasi completamente da membri del Club.

Ovunque andassimo io e Kaworu, incontravamo soci, noi eravamo i padroni della nostra vita, e le varie organizzazioni s’illudevano che eravamo noi gli stolti.

Non bisogna sottovalutare chi pulisce le tue case, cucina i tuoi pasti, cura le tue ferite,fa rispettare le tue leggi e così via dicendo. Posso dire con certezza che una buona metà del personale della Nerv era nel club in un modo o nell’altro.

Una mattina incontro Rei, e per la prima volta, mi rivolge per prima la parola:

“Ikari, sei scomparso...”

In quel momento ha un aspetto davvero indifeso, mentre io, col volto gonfio di botte ho davvero una brutta cera, e non voglio spaventarla: coinvolgere Asuka era già stato un errore, almeno Rei doveva rimanerne fuori.

Faccio per andarmene e lei mi stringe le mano, e io non resisto e la abbraccio: in questi mesi sono cresciuto parecchio e le sua testa si appoggia sotto il mio collo:

“Ti prego, non fare nulla di irreparabile, non voglio perderti...”

La accarezzo:

“Andrà tutto bene Rei.”

Ma io avevo capito dove voleva arrivare il progetto di Kaworu: il passo finale era introdursi nel Terminal Dogma, il luogo più interno della Nerv, nel quale vi era custodito l’angelo chiamato Lilith, e scatenare il Third Impact.

Non sarebbe andato tutto bene.

Tutto ha un limite, e quello del nostro progetto lo avevo appena realizzato. Volevo bene a Rei, almeno per lei non potevo permettere che il mondo venisse distrutto.

Comincio a cercare Kaworu ovunque, senza risultato: al Club erano tutti scomparsi.

Chiamo nelle altre città:

“Dov’è Kaworu Nagisa?”

“E’ un test signore?”

“No.”

“Ne è sicuro?”

“Sì questo non è un test!”

E riattaccava.

Questa più o meno la conversazione che ho avuto una ventina di volte.

Così ho deciso di recarmi al club di Matsushiro, anche lì nessuno; entro in un bar e chiedo al cameriere se sappia dov’è Kaworu. Mi chiede se è un test, e ricomincia la solita conversazione, finché gli pongo una domanda diversa:

“Con chi hai parlato?”

“Con lei signore.”

Per un attimo mi fermo e comincio a sudare freddo.

“Chi sono io?”

“E’ sicuro che...”

“Sì, non è un test!”

Il cameriere mi guarda, poi con aria solenne mi risponde:

“Lei è Kaworu Nagisa.”

 

Torno a casa più in fretta che posso, e chiamo Asuka:

“Shinji sei tu?”

“Asuka, noi due abbiamo mai...”

“Cosa?”

“Sì, insomma io e te siamo...”

“Che cavolo ti prende, cosa vuoi dirmi!”

“Abbiamo fatto l’amore?”

“Ma sei stupido?”

“Sì o no?”

“Shinji io non riesco proprio a capire quello che ti passa per la testa.”

“Asuka lo abbiamo fatto sì o no?”

“Certo idiota, e poi la mattina dopo mi hai mandato via in malo modo!”

Rimango in silenzio, e penso al fatto che non avevo mai visto Asuka e Kaworu nella stessa stanza.

“Pronto, Shinji ci sei? Shinji?”

Ed eccolo davanti a me a guardarmi sorridente: Kaworu Nagisa.

Riattacco il telefono:

“Io e te siamo la stessa persona...”

Kaworu annuì:

“Tecnicamente, io sono quello che hai sempre desiderato: io sono indipendente, incontrollabile, potente.”

“E grazie a te… anzi a noi… ora lo sono. Però Kaworu, non posso causare il Third impact!”

“Lo sai che non sarà come il Second Impact… non sarà solo cieca distruzione, ma un nuovo modo di esistere. Le barriere dell’animo si scomporranno e diventeremo tutti parte di un infinito mare di brodo primordiale dove non ci sarà sofferenza né dolore, ma un unico grande «Io» nel quale tutti gli essere viventi si identificheranno.”

“Non posso permettertelo!”

Kaworu sorride:

“Perché non provi a fermarci allora?”

Esco di corsa dalla stanza e mi reco alla Nerv.

Arrivo alla sala comandi, e la prima persona che vedo è mio padre, accasciato al suolo e coperto di sangue:

“Dove sono Rei e Asuka?”

“Soryu è al sicuro, Rei si trova al momento nel Terminal Dogma.”

“Perché?”

“Sapevi che sarebbe potuto succedere… sei davvero astuto Shinji, o almeno la parte di te con cui ora non sto parlando.”

Avevo come la sensazione di sentire Kaworu bisbigliarmi nell’orecchio:

«Rei è un corpo creato per poter ospitare l’anima di Lilith, se entrasse in contatto con il suo aspetto originario e la lancia di Longinus, darebbe luogo al Third Impact.»

“Shinji…” - papà mi guarda sorridendo, poi chiude gli occhi.

Credo avesse voluto dirmi qualcosa tipo «Nonostante tutto sono contento che tu abbia fatto questo con le tue sole mani».

Comincio a scendere fino al Dogma, ma al primo livello trovo Kaworu che mi si para davanti:

“Non puoi fermarmi, Shinji.”

Lo carico, ma lui mi contrasta e comincia a pestarmi, o meglio, comincio a darmi pugni in faccia e a scaraventarmi da solo di qua e di là. A un certo punto, le sue mani – le mie mani – afferrano il mio collo cominciando a strangolarmi. Kaworu mi guardava, e il suo volto pareva intristito:

“Non dobbiamo soffrire, ma non posso permettere che tutto ciò che ho creato venga vanificato.”

Se morivo io, moriva anche lui, lo sapeva bene, e lo avrebbe fatto pur di raggiungere il suo scopo.

Poi sento qualcosa colpirmi il braccio sinistro, probabilmente rompendomi l’omero.

Asuka era accanto a me, e ciò che mi aveva appena colpito era una sedia da lei lanciatami:

“Scusami, ma non riuscivo a staccarti le mani di dosso; e adesso spiegami che succede!”

Faccio per rialzarmi ma il braccio mi fa troppo male e comincio a cadere di fianco, ma Asuka mi aiuta a rimanere in piedi e mi dà un buffetto sulla guancia per farmi riprendere.

Poi rialza la sedia che aveva usato come proiettile, mi ci fa sedere, e con un pezzo della sua gonna improvvisa una fasciatura.

“Ora non c’è tempo per le spiegazioni, dobbiamo andare subito in fondo.”

 

 

 

Giungiamo infine al Terminal Dogma, e là vi sono i membri del Club, tutti attorno a Rei, che impaurita fissa l’enorme gigante bianco crocefisso dinnanzi a lei: Lilith.

Uno dei soci mi si avvicina:

“Benvenuto signore, ora possiamo cominciare.”

“Dovete fermare tutto.”

“Ci aveva detto che avrebbe detto così.”

Tento di imitare la voce e la gestualità di Kaworu:

“Va bene ragazzi, siete stati bravi, ma ora la cosa non si fa più, dobbiamo aspettare un altro giorno.”

“Ci aveva anche detto che avrebbe parlato così.”

Dannazione; Rei si gira e mi guarda impaurita, poi si reca da Lilith, e le due diventano una cosa sola: Lilith diventa ancora più grande e assume le fattezze di Rei, e tutti coloro che tocca perdono consistenza fisica.

Così nasce il mare di LCL, il brodo primordiale; Asuka si stringe forte a me, finché entrambi perdiamo a nostra volta forma.

E da lì a poco, tutto il mondo diventa un gigantesco mare rosso sguazzante di anime che agognano alla riunificazione.

Poi mi vedo e sento che mi chiamano:

mi giro e ci sono Asuka, Misato, Kensuke, Hikari, Makoto, Shigeru, Maya, la dottoressa Akagi, Fuyutsuki ed il signor Kaji.

Sono le loro anime che si sono riunite attorno a me, per salutarmi, per aiutarmi:

“Siamo qui per te Shinji.” - mi dice Asuka ponendomi la mano.

Devo fare un’ultima cosa, perdonami Asuka.

“Rei...”

Lei è rannicchiata, ovunque e da nessuna parte, sta perdendo la sua esistenza nel mare rosso; per un istante mi guarda, poi torna in sé stessa.

Io la afferro con forza e lei mi guarda meravigliata:

“Vuoi distruggere questo mondo perfetto che hai creato?”

“Non importa se il mondo dei corpi è pieno di dolore, perché ho capito che voglio vivere, e voglio anche te in questo mondo.”

“Quindi usciremo dal paradiso?”

“Finché saremo vivi, ogni luogo potrà diventare il nostro paradiso.”

Rei mi guarda e sorride:

“Allora ci rincontreremo, Shinji Ikari.”

 

 

Apro gli occhi, il braccio mi fa ancora male; Asuka è distesa accanto a me.

Il mare è ancora rosso; davanti a me, Lilith cade a pezzi, e subito penso a Rei.

Mi alzo e Asuka apre gli occhi.

Guardiamo insieme il nuovo mondo, lo sterminato mare Rosso e mi chiedo dove siano gli altri; io e Asuka ci prendiamo per mano.

Talvolta la fine è l’inizio di tutto.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3610781