Safe And Sound

di ombra_di_cenere
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tears streaming down your face ***
Capitolo 2: *** I'll never let you go ***
Capitolo 3: *** Don't leave me here alone ***
Capitolo 4: *** Hold on to this lullaby ***
Capitolo 5: *** No one can hurt you now ***
Capitolo 6: *** Everything's on fire ***
Capitolo 7: *** The sun is going down ***
Capitolo 8: *** You and I'll be safe and sound ***



Capitolo 1
*** Tears streaming down your face ***


La prima volta che lo vidi pensai avesse l'atteggiamento da leader, sì l'atteggiamento di quelle persone che ti avrebbero guidato sempre con giudizio e correttezza. Parlava a noi reclute come fossimo suoi pari, considerandoci soldati veri e propri, non solo ragazzi ancora ignari di ciò che accadeva nel mondo.
La sua voce era sicura e decisa, aveva un atteggiamento rigido ma comunque riusciva a trasmettere un certo calore attraverso le parole che usava. Pensai fosse un ottimo oratore ma nonostante questa sua ammirevole capacità non molti di noi sarebbero rimasti con lui, io per prima. O almeno questo era ciò che pensavo. Quando iniziò a parlare del mondo esterno, dei pericoli che ogni giorno loro correvano e che anche noi avremmo corso se ci fossimo arruolati nel corpo di ricerca, qualcosa in me scattò. Avevo pensato al mondo esterno molte volte e altrettante mi ero ripromessa di non cedere alla tentazione di scoprire cosa ci fosse al di là di quel maledetto muro. Però in quel momento, con la pressione della decisione imminente a premere nel petto e lui di fronte a tutti noi, cedetti. Decisi di scoprire cosa ci fosse al di là, decisi di ascoltare le sue parole. Decisi di agire da folle, perchè in fondo per prendere una scelta del genere un po' folli, se non pazzi, bisogna esserlo. Il Capitano ci chiedeva di mostrare il nostro coraggio e di offrire i nostri cuori alla lotta contro i giganti, non potevo nascondermi. Sembrava quasi una sfida quella che ci proponeva: eravamo veramente così coraggiosi da rischiare le nostre vite? Se sì, dovevamo dimostrarlo arruolandoci nel corpo di ricerca. Le sue parole suonarono così convincenti e sincere, il suo sguardo trasmetteva una sicurezza mai provata prima e pensai : “ Dannazione! Seguirei questo biondo pure in braccio ad un gigante se mi chiedesse di fidarmi di lui!”.
Ci arruolammo in 7 quell'anno, io ero l'unica ragazza.

È stato lo stesso biondo nel quale riposi la mia fiducia che ci guidò in questa missione suicida.
Eravamo in vantaggio: gli alberi al confine della grande foresta ci fornivano gli attacchi ideali, poi loro sono arrivati in massa.
Troppi e troppo in fretta.
Nella confusione ho perso la mia squadra, mi fermo su un ramo dal quale posso cercare di ritrovare Felix . Da quando ci siamo arruolati, circa tre settimane fa, siamo diventati molto amici. Già durante l'addestramento parlavamo spesso e lavoravamo insieme ma non ci consideravamo veri amici; ora che siamo rimasti in così pochi ci siamo uniti tra noi reclute e soprattutto io mi sono affezionata a lui. Felix è un soldato esemplare: si è classificato primo della classe. Grazie alle sue capacità ha sempre voluto entrare a far parte della legione esplorativa per poi diventare un eroe conosciuto. Ha le potenzialità per realizzare il suo sogno però ha un piccolo difetto: non sa misurarsi.
Neppure io ho molto autocontrollo ma conosco i miei limiti mentre lui continua a esagerare, spingendosi al limite e mettendo in pericolo i suoi compagni di squadra. Già una volta abbiamo rischiato di non tornare alla base interi per colpa sua: aveva esaurito il gas cercando di distrarre dei titani e rimanendo così bloccato tra due di loro.
Nonostante questo suo aspetto è una persona fantastica, sempre pronta ad aiutare gli altri e coraggioso come pochi. Ed è questo che mi spaventa. Mi hanno messo nella sua stessa squadra per poterlo tenere a bada e ora che io non sono con lui ho paura di cosa possa combinare, soprattutto adesso che la situazione è svantaggiosa.
Sento un grido provenire da sinistra, mi volto.
Un soldato è bloccato nella mano di un gigante mentre un altro ancora si sta avvicinando. Non ci penso un secondo e, impugnate le lame, mi getto addosso al titano che ha afferrato l'uomo.
Non noto nulla di ciò che mi circonda: non bado al vento che mi graffia il viso e mi costringe a socchiudere gli occhi, non bado al soldato che si sta avvicinando per salvare anche lui lo stesso uomo, non noto che a pochi metri da me proprio Felix è in pericolo.
Centro perfettamente la collottola dei gigante che subito molla la presa e permette al soldato di mettersi in salvo; mi aggancio ad un altro albero e mi getto sul secondo titano, quello in avvicinamento, e in un attimo è morto pure lui.
Durante l'addestramento mi hanno sempre detto che ho un'ottima coordinazione e un bel taglio, ora che vedo che riesco davvero a uccidere titani e non solo tagliare fantocci lo credo anche io.
Noto che il soldato che ho salvato è seduto su un ramo dei più alti e si tiene una gamba, probabilmente è rotta ma almeno è vivo.
Da dietro sento una voce: - STAMMI LONTANO! STUPIDO TITANO!
Il mio cuore perde un battito, mi volto e lui è là. Sta penzolando dalla mano di un gigante, lo sta tenendo per un piede e lui continua a dimenarsi, agitando le lame invano.
 - FELIX RESISTI!
Mi lancio verso di lui, non credo di essere mai andata così velocemente durante nessun allenamento. Mi avvicino velocemente evitando gli alberi, manca poco... poco.. Ecco!
Ruoto e contemporaneamente abbasso le lame per tagliare la collottola; dovrebbe essere un taglio perfetto. Un rumore metallico attira la mia attenzione, guardo in basso e vedo le mie lame per terra.
Mi fermo sul fianco di un albero e guardo scioccata le mie mani: le lame si sono spezzate, entrambe. Alzo gli occhi e vedo il titano sollevare la sua preda per posizionarla sopra il naso.
 - FELIX ! -  , sento per un secondo il panico impadronirsi della mia volontà. Non riesco a reagire, mi sento debole, finchè non noto del movimento attorno a me.
Altri titani, tre per la precisione, si stanno avvicinando. Devo salvare Felix!.
 - SCAPPA VALE! -  mi grida mentre mi guarda capovolto.
Cambio immediatamente le lame e mi lancio ancora verso di lui, questa volta non sbaglierò! Questa volta lo ammazzo quel bastardo!
Mentre mi avvicino noto che Felix non si agita più, è fermo con le braccia penzoloni.
- STO ARRIVANDO! - , lui mi guarda e posso giurare stia piangendo. Non parla ma lascia cadere le lame e questo gesto vale più di mille parole.
Felix come puoi arrenderti!? Tu che mi dicevi sempre di continuare! Che mi hai sempre incoraggiato nel perseguire le mie ambizioni! Come puoi arrenderti?!
- FELIX REAGISCI! - , mi ci vorranno ancora alcuni secondi per raggiungerlo. Il titano solleva ancora di più la mano, spalancando la bocca.
Finalmente riesco ad attaccare la fume al titano che l'ha catturato, mancano una decina di metri. Sto usando tantissimo gas ma non mi importa, devo salvarlo! Manca poco, ormai è fatta, è mio!
Mi preparo a ruotare per tagliare; Felix spalanca la bocca in un grido ma non sento alcun suono.
Vengo scaraventata contro un albero da una manata di un titano sbucato dal lato.
Finisco contro un tronco col fianco destro, l'attrezzatura di quel lato è distrutta; non so come faccio a riuscire a respirare ancora. Ho la vista offuscata e la testa rimbomba, sento dei rumori ovattati, nulla di chiaro. Sono consapevole solo del dolore lancinante al torace. Ogni respiro è una pugnalata. Prendere aria è come ingoiare fuoco. Mi sollevo sul gomito e mi odio per averlo fatto. Alzo lo sguardo ora più chiaro e lui è là. Mi guarda in silenzio, le lacrime che scorrono sul viso capovolto.
-  Felix... -  anche solo il sussurrare mi procura un dolore assurdo. Sono terrorizzata. Allungo un braccio verso di lui e provo ad alzarmi ma fallisco miseramente. Non riesco a togliergli gli occhi di dosso; il gigante chiude i suoi. Vedo Felix portarsi una mano alla bocca, sta tremando.
Riesco ad alzarmi su un ginocchio, lui è sempre là, con la mano sulle labbra. Forse non vuole urlare, forse vuole alzarla a coprirsi gli occhi. Non capisco cosa voglia fare finchè non mi manda un bacio e mezzo secondo dopo è sparito nella bocca del titano.
 - NO! FELIX! - urlo, nonostante il dolore alle costole.
Inizio a tremare violentemente. Ricado in ginocchio e respiro a scatti, dolorante. Non riesco a togliere lo sguardo da quel mostro. Mi sento un vuoto nello stomaco, ho appena visto morire il mio migliore amico. La vista mi torna offuscata, sto per piangere?
Non so in che parte di me trovo la forza per alzarmi. Lo shock lascia spazio alla rabbia che prende il sopravvento. Muovo qualche passo incerto, pure il ginocchio fa male, ma ignoro il dolore. Voglio ucciderlo! Devo ucciderlo! Devo ucciderli tutti!
Riprendo le mie lame e faccio per iniziare a correre verso quel mostro ignorando il dolore, quando ancora una volta vengo sbalzata via. Non appena i miei piedi si staccano da terra vedo un'altra mano di titano atterrare proprio dove ero io nell'istante precedente. Qualcuno ha evitato che venissi schiacciata e quel qualcuno, che ora mi tiene con un braccio per la vita, ha i capelli biondi.
Ci fermiamo su un ramo abbastanza largo perchè possa sedermi; finalmente posso vedere chi è stato a salvarmi.
Rimango basita quando mi trovo di fronte il Capitano Smith in persona. Si inginocchia per guardarmi negli occhi e chiedermi con voce ferma : - Sei tutta intera?
Annuisco in silenzio mentre sento che le lacrime stanno arrivando.
Felix...
 - Devo ucciderli! - faccio per alzarmi ma il Capitano me lo impedisce, con una sola mano appoggiata sulla mia spalla.
-  Tu non vai da nessuna parte, ho visto che botta ti sei presa. E la tua attrezzatura è distrutta. - punta i suoi occhi seri nei miei.
- Posso lanciarmi da qui! Li prendo di sorpres- - non riesco a finire la frase: le costole protestano. Mi abbraccio da sola la parte dolorante, credendo che possa diminuire il dolore. Niente da fare.
 - Non potresti fare nulla in queste condizioni. - si alza e mi tende una mano.
Riluttante la accetto e mi rialzo sempre tenendomi il torace.
- C'ero quasi! Stavo per farcela! Cazzo! CAZZO FELIX PERCHE'? - sento una lacrima calda scendere lungo la guancia.
- Non è il momento di mettersi a piangere! Slaccia l'attrezzatura che ora è solo d'intralcio. CI RITIRIAMO! RITIRATA! AI CAVALLI! - , il Capitano urla le indicazioni brandendo una delle lame.
Come può dirmi di non piangere in un momento simile?
Deve aver notato lo sguardo con cui lo sto fissando perchè rinfodera la lama e mi dice con tono più gentile: - Non prenderla a male, voglio solo portarti viva fuori di qui e se piangi peggiorerai solo la situazione, ok ?
Ancora una volta mi fido di ciò che mi dice, mi fido del suo sguardo che ora sembra così umano rispetto a pochi secondi prima.
Inizio a slacciare l'attrezzatura; vedo alcuni soldati superarci mentre si dirigono ai bordi della foresta per raggiungere i cavalli.
Lascio cadere i porta lame e il resto della manovra, li osservo mentre atterrano separandosi con un rumore metallico.
- Salta su  - il Capitano si volta e mi fa segno di saltargli in groppa.
Cosa?!
Pensandoci io ora sono a piedi, e non mi sembra il caso. Mi avvicino e gli appoggio le mani sulle spalle. È un po' troppo alto, considerando il ginocchio che fa male e anche le costole non riuscirei mai a salire. Sembra accorgersene e si abbassa un poco.
- Sta attenta alle costole, potresti essertene rotta alcune. - ,come se non lo sapessi. Salto e mi aggrappo alle sue spalle larghe. Riesco ad appoggiare i piedi alle bombole così da non dargli fastidio durante lo spostamento. Decido di non piangere e di non pensare a Felix. Mi devo concentrare su altro. Chiudo gli occhi ma sotto le palpebre ritrovo quella scena. Li riapro e mi mordo l'interno della guancia: non devo piangere!
Mi concentro sul respiro, piccolo respiri così da non farmi male. In un attimo di distrazione faccio un respiro più profondo. Sento una coltellata tra le costole ma sento anche il profumo del Capitano.
È un profumo che conosco ma ora non mi viene in mente a cosa corrisponda.
Lui si muove veloce ma non troppo, così da non rischiare di perdermi. In pochi minuti siamo al confine della foresta.
Non c'è nessun titano nei paraggi; noto che mancano molti cavalli e molti soldati rispetto all'inizio della missione. I carri sono pieni di feriti, più gravi di me che sono ancora stata fortunata.
Atterriamo, lui si abbassa ancora per permettermi di scendere.
- Grazie-Auch! - ho parlato velocemente e mi sono procurata un'altra fitta.
- Dici che riesci a cavalcare? - mi guarda dalla sua altezza con quei grandi occhi azzurri.
Annuisco, ho paura di parlare e farmi ancora male. Si porta due dita alla bocca e fischia; poco dopo compare un cavallo bianco che ci viene incontro. Dietro a questo viene un altro cavallo, nero però.
Lo riconosco subito: è il cavallo del caporale maggiore Rivaille. Difatti quest'ultimo è in groppa all'animale e si sta avvicinando. Ho sentito numerose storie su di lui ma non gli ho mai rivolto la parola, dopotutto non è una persona molto socievole.
- Ci siamo tutti Erwin. - ferma il cavallo di fronte a noi, i capelli neri e lisci scompigliati dal vento.
- Mike come sta? - il Capitano ha un tono quasi preoccupato.
- Ha la gamba rotta ma sta bene. Non abbiamo più cavalli però, molti soldati sono in due su di uno e i carri son pieni. -  , il Capitano annuisce in silenzio.
 - Grazie Levi, torna pure dalla tua squadra. - così detto Rivaille fa retro-front e sparisce tra gli altri soldati ormai pronti alla partenza.
- Tu vieni con me. - il Capitano si volta a guardarmi e mi si avvicina.
- Non credo riusciresti a salire messa così col torace... Posso? - allunga un poco le braccia verso me come per sollevarmi. Annuisco, consapevole che ha ragione: se provassi a montare a cavallo in questo stato il ginocchio cederebbe e non voglio nemmeno pensare al dolore alle coste.
Mi prende per i fianchi con le sue mani enormi e mi solleva come se non pesassi minimamente. Mi sistemo sulla sella mentre lui monta a cavallo dietro di me. Prende le redini e mi sento sovrastare dalla sua figura. Senza pensarci accarezzo il collo del cavallo. È rincuorante sentire il calore sotto le mani, paragonato al freddo dell'impugnatura delle lame. Ci mettiamo in marcia, noi siamo davanti a tutti affiancati dalla squadra del Capitano stesso. Se non fossi ancora stravolta dagli avvenimenti di poco fa e non fossi concentrata sul controllare il respiro probabilmente starei tremando dalla vergogna. Le nostre gambe sono unite, separate solamente dallo strato di stoffa dei pantaloni, ed è così anche per i bacini. Le sue braccia sono enormi paragonate alle mie e le sue mani tengono le redini ferme e tese. Andiamo velocemente e ogni tanto il cavallo fa dei piccoli salti per evitare dei sassi e in quegli istanti odio quella povera creatura. So che non è colpa sua ma il mio torace sembra in fiamme. Mi tengo leggermente protesa verso il davanti, non voglio appoggiarmi al Capitano.
La stanchezza della missione inizia a farsi sentire e l'andatura costante mi invitano a chiudere gli occhi. Appena lo faccio vedo il viso di Felix, lui che mi sorride quando siamo riusciti ad uccidere il primo titano e subito dopo lui che piange appena prima di morire. Questa volta non riapro gli occhi, è giusto che pensi a lui ed è più che giusto che soffra per lui. Non sono riuscita a salvarlo e non riuscirò mai a perdonarmi per questo. Sento le lacrime arrivare, le palpebre appesantirsi e mi pizzica il naso; stringo ancora di più il braccio sinistro al torace. Sto per piangere e non voglio trattenermi. Però mi ricordo dove sono e con la voce più ferma che riesco a usare per via del dolore chiedo :
- Capitano?
- Che c'è?
- Posso piangere ora? - la mia voce si affievolisce man mano che pongo la domanda. Non so come ma riesco ad attendere la sua risposta prima di lasciar scorrere le lacrime sul viso. Devo averlo sorpreso con questa domanda perchè perde un secondo prima di rispondermi.
- Certo... - il suo tono è estremamente dolce e comprensivo. Difficile credere che sia la stessa persona che pochi minuti prima mi ha detto di non faro perchè altrimenti sarei stata d'intralcio. Oltre che dal tono rimango colpita anche dal gesto che fa: stacca una mano dalle redini e mi stringe la spalla delicatamente come per rincuorarmi.
Non riesco più a trattenermi e comincio a piangere, in silenzio, ma ininterrottamente. Una lacrima calda segue l'altra lungo le mie guance, scorrono come l'acqua di un fiume sui sassi del letto di quest'ultimo. Sento il loro sapore salato sulle labbra, il torace fa male ma sopporto il dolore anzi, quasi mi piace. Provare dolore mi ricorda che sono viva, sono dannatamente viva mentre Felix e molti altri no. Allora apprezzo il dolore, per apprezzare la vita e per ricordarmi che dovrò combattere ancora e sempre. È questo il prezzo che devo pagare per le mie scelte. Ho scelto di mostrare il mio valore in combattimento e ora devo combattere. Gli occhi bruciano; le lacrime che lasciano i miei occhi sembrano portarsi via gli ultimi residui di forze che avevo in corpo. Senza accorgermene mi addormento appoggiando la testa sulla spalla del Capitano, inclinandola verso il suo collo.


- Valentina... Valentina svegliati, siamo arrivati.
Sento qualcuno chiamarmi, ma mi sento confusa e non riconosco la voce. L'unica cosa che riesco a riconoscere è il mio nome per intero, cosa che odio sentire.
- Non intero...Non il nome intero... – farfuglio mentre apro lentamente gli occhi. Mi ci vuole un secondo per ricordarmi della situazione in cui ero. Io, Capitano Smith, cavallo. Non posso credere che mi sia addormentata!
Sento che sono appoggiata con la schiena al petto del Capitano, sento il suo respiro scompigliarmi i capelli mentre mi risponde.
- Va bene, allora riformulo. Vale siamo arrivati...
- Mi scusi Signore! Io no-Ahi!-  mi raddrizzo di scatto e subito sento una coltellata tra le coste.
- Attenta! Fai piano. - mi abbraccio il torace e cerco di fare respiri piccoli. Non posso credere di essermi addormentata addosso al Capitano!
- Mi scusi Sign-
- Tranquilla, nessun problema. - mi interrompe. Io mi sento bollire in viso, che vergogna. Siamo fermi nel cortile della base, attorno a noi i soldati che si reggono in piedi si avviano verso le scuderie mentre gli addetti alle cure portano i feriti in infermeria. Sono tutti troppo stravolti per notare la recluta seduta a cavallo col comandante. Il Capitano smonta e noto il caporale Rivaille avvicinarsi a piedi.
Penso a quale sia il modo meno doloroso per smontare ma mi arrendo all'idea che farà male sempre e comunque. Faccio per muovermi quando il Capitano mi ferma:
- Aspetta, ti aiuto. - mi fa segno di voltarmi tutta dal suo lato. Porto le gambe dalla stessa parte, lui mi prende dalla vita, come quando mi ha aiutato a salire e, allo stesso modo, mi solleva senza mostrare il minimo sforzo. Scendendo però ha iniziato a girarmi la testa, mi sento ancora più stanca di prima e la vista mi si offusca leggermente. Una volta in piedi mi posa le mani sulle spalle:
- Dammi un secondo e ti accompagno in infermeria – i suoi occhi mi appaiono due scintille azzurre un po' sfuocate. Riesco ad annuire, lui si volta per chiedere qualcosa al caporale Rivaille ma io non capisco cosa. Vedo delle piccole stelle ai bordi degli occhi, le gambe si fanno deboli e pesanti e la terra si avvicina troppo velocemente.
L'ultima cosa che sento è il caporale maggiore dire :
- Sviene!


Angolo scrittrice: eccoci qui! Innanzitutto garzie per aver dedicato un po' del vostro tempo alla lettura della mia FF !
Il titolo è ispirato alla canzone di Taylor Swift, più precisamente alla cover di Sam Tsui <3  Se siete dei teneroni ve la consiglio perchè è una canzone dolcissima! 
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto; durante i prossimi capitoli la storia tra Erwin ( quanto lo amo! ) e Vale proseguirà e si approfondirà.
So che molti non apprezzano l'inserimento di un personaggio esterno in una storia ma io sentivo di doverla scrivere...
Spero di riuscire a pubblicare regolarmente i prossimi capitoli!
Recensioni e commenti son ben accetti! seriamente, vorrei sapre cosa ne pensate, sia in positivo che in negativo, giusto per farmi un'idea!

Alla prossma, un bacio
                                                    Ombra :*
 

 

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Capitolo 2
*** I'll never let you go ***


~~Eeeeehcciù!Ahhzzo!
Dolore, dolore puro tra le coste, sciolto nel petto come ghiaccio bollente.
Ceco di controllare il respiro “ Piano Vale, respira piano, poco alla volta” provo a darmi un ritmo. Riesco ad alzarmi a sedere e chiudo gli occhi per concentrarmi meglio. Come sempre mi abbraccio da sola convinta che questo possa diminuire il dolore.
- È sveglia!
Sento delle voci, apro gli occhi e vedo una porta davanti a me. Sono in un letto che non è il mio e non sono nel dormitorio. Alla mia sinistra c'è una parete mentre a destra una scrivania. A fianco della porta, verso destra, c'è un piccolo armadio. Deve essere una delle stanze dei pezzi grossi della legione: salendo di rango si possono ottenere dei “privilegi” quali le stanze singole.
Il dolore diminuisce lentamente e riesco a svegliarmi un po' di più.
La porta si apre ed entra una ragazza minuta coi capelli castano chiari. La riconosco, non conosco il suo nome ma so che fa parte della squadra del caporale Rivaille. Mi sorride gentilmente mentre si avvicina.
- Ciao Vale, sono Petra. Sono qui per dare una controllata alle tue costole se non ti dispiace.
- Ah-ah  – acconsento a bassa voce per paura di farmi altro male. Mi sento ancora leggermente stordita dal risveglio traumatico ma provo a parlare:
- Sbaglio o fai parte della squadra di Rivaille? - , sono curiosa: questa ragazza che sembra così delicata affianca uno dei soldati più forti di sempre. Deve essere un soldato spettacolare per essere nella sua squadra.
- Sì, è stato proprio il caporale ad evitarti una facciata per terra! - mi sorride mentre mi solleva il braccio destro per allontanarlo dal torace.
- Cosa? Sono davvero svenuta? - non ero sicura di cosa fosse successo e di cosa fosse invece un sogno. Mi frullano nella testa delle immagini confuse ma per il momento decido di non concentrarmi su quelle.
- Sì... Il caporale ti ha visto ed è riuscito a prenderti in tempo. Evidentemente gli stai simpatica: di solito lascia cadere chi sviene al suo fianco senza curarsene minimamente.
Sorrido leggermente sentendo queste parole. Mi sento onorata.
Inizia a posare le dita sulla mia schiena e segue le linee delle coste, poi le scorre dall'alto e mi fa anche un po' il solletico quando preme di più verso le scapole. Il suo tocco è delicato e caldo, sembra sapere cosa sta facendo quindi deduco che io non sia la prima che ha controllato.
- Bene, non hai nulla di rotto. Alcune coste leggermente incrinate ma nulla di grave, il problema deve essere la botta che continuerà a far male per un po'. Il livido andrà via tra qualche settimana purtroppo.
- Livido?  - non avevo ancora guardato gli effetti dello scontro, mi alzo la maglietta e vedo una macchia violacea sbucare da sotto il reggiseno e percorrere tutto il fianco destro. Sposto la manica e vedo che anche la spalla è bluastra.
- Wow... Era da troppo che non mi facevo male – durante l'addestramento non c'era giornata in cui non mi procurassi un livido o un taglio;  ancora non concepisco come io possa non essermi mai rotta nulla. Gli istruttori erano abituati a vedermi con un cerotto sul viso e la signora dell'infermeria mi trattava come una figlia viste le mie numerose visite.
- Evita gli sbalzi di calore, questo dovrebbe, almeno un poco, ridurre i dolori intercostali. Non fare sforzi e non osare allenarti o usare l'attrezzatura della manovra 3D prima che siano passate due settimane! - utilizza un tono autoritario e severo ma esplicitamente recitato, mentre parla mi sorride e i suoi occhi sono gentili.
- Va bene, grazie infinite.
- Figurati, ora devo andare a controllare altri feriti. Passerò domani a vedere come stai.
Mi saluta con un sorriso brillante e non posso non sorridere di rimando; nonostante sia la prima volta che le parlo mi sta simpatica, è una persona estremamente gentile e scommetto che lavorare in squadra con lei sia fantastico. Arrivata sulla porta, che aveva lasciata aperta, si volta, saluta qualcuno e sparisce.
- Posso entrare? - è la voce del Capitano Smith. Rispondo di sì e subito entra in stanza chiudendosi la porta alle spalle. Prende la sedia della scrivania e si siede a fianco del letto.
Appena lo vedo tutti i ricordi della missione mi tornano in mente: lo schianto, le lame spezzate, Felix, il ritorno alla base.
Le immagini confuse di prima si chiarificano e per un secondo mi sento balorda.
Appena ricordo cosa è successo sento le lacrime farsi strada e arrivare agli occhi. Le respingo e mi obbligo a resistere. Decido di concentrarmi su altro, come sempre quando non voglio piangere.
Il Capitano è seduto e mi osserva, probabilmente sta cercando di capire se sono abbastanza lucida per una “chiacchierata”.
- Capitano, come fa a conoscere il mio nome? - mi sono appena ricordata di non essermi mai presentata al Capitano però lui quando ha dovuto svegliarmi mi ha chiamata per nome.
- Ero curioso di sapere il nome dell'unica ragazza arruolatasi quest'anno, così l'ho chiesto al tuo caposquadra. Ti ho osservata durante le missioni e devo ammettere che sei molto brava in combattimento. - risponde serenamente puntando il suo sguardo nel mio. Non riesco a sostenerlo perciò lo distolgo subito.
- Comunque sono qui per ringraziarti.
Lo guardo perplessa, non ricordo nessun motivo per cui dovrebbe ringraziare me, una recluta.
- Durante l'ultima missione hai salvato uno dei miei collaboratori più stretti e quindi uno dei migliori soldati della legione. Oltretutto Mike è anche mio amico quindi grazie mille! Te ne sarò sempre grato...
Mi tende la mano, la stringo leggermente, ancora perplessa. La sua presa è sicura ma allo stesso tempo delicata; la mia sembra la mano di un bambino nella le sua. Noto che ha delle belle unghie.
- Si figuri signore.
- Visto che non posso usare il tuo nome completo, facciamo che con me non usi questi appellativi fastidiosi ok? Dammi del tu, chiamami Erwin.
Devo averlo guardato con uno sguardo così incredulo poiché aggiunge subito:
- Sì, davvero, chiamami pure per nome.
- Va bene, Erwin.
Mi fa uno strano effetto rivolgermi al capitano della mia corporazione chiamandolo col suo nome. Però devo ammettere che mi piace come nome il suo.
Ripensando agli avvenimenti della missione ricordo l'uomo che ho salvato e che poi si era messo al riparo su di un albero con la gamba ferita.
- Il tuo amico è quello della gamba rotta! Ecco chi intendi!
Erwin annuisce in silenzio. Però ora il suo viso si è fatto più cupo, mi preoccupo.
- Mi dispiace per il tuo fidanzato. -  mi osserva e capisco che si sta riferendo a Felix, mi sento un pugno nelle stomaco. Subito mi rattristo, odiandomi per non essere riuscita a salvarlo.
- Non era il mio fidanzato... Era il mio unico amico...
Non riesco a guardarlo negli occhi quindi mi osservo le mani, intrecciando le dita tra loro.
- Mi spiace dovertelo dire ma... Purtroppo sei l'unica recluta sopravvissuta alla missione.
Non mi volto nemmeno a guardarlo, non riesco. Come può essere possibile?
Non ho perso solo Felix ma anche tutti gli altri! Trattengo le lacrime, ce la faccio. Ripenso ai miei compagni e non so come ma riesco a chiudere gli occhi e mandare giù il nodo che mi si era formato in gola. Non posso piangere. Stringo i pugni e conficco le unghie nei palmi. Eravamo partiti in 7, eravamo tutti pronti, forti, come è possibile?
- Puoi piangere... - Erwin parla a bassa voce, ricordo che durante il ritorno gli avevo chiesto il permesso per piangere. Evidentemente ho un'espressione terribile.
Però basta! Ho versato troppe lacrime e le lacrime non hanno cambiato nulla! Piangere non mi aiuterà a continuare a combattere!
Se piango il dolore al torace peggiorerà, meglio che eviti. - rispondo con voce tremante, nonostante il mio tentativo di mostrarmi forte. Rimaniamo in silenzio, io seduta sul letto, lui sulla sedia. Io a osservarmi le mani, lui osservando me.
Mi volto a guardarlo e sostenendo il suo sguardo gli dico:
- Grazie per avermi salvata, sarei stata schiacciata da quel titano se non fosse stato per te, quindi grazie!
Lui mi sorride, e quel sorriso sembra scaldarmi dall'interno.
- Figurati.
Mi ricordo che ancora non so dove sono e per quanto sono stata priva di sensi.
- Dove sono? - spero che parlando di altro io riesca a distrarmi dal fatto che ormai sono sola, senza più nessun compagno.
- Sei in una delle stanze dei maggiori. Abbiamo avuto tante perdite durante questa missione e molti feriti. Abbiamo quindi deciso di usare le stanze libere come infermeria.
- Ma io non sono grave, ci saranno altri messi peggio che dovrebbero stare qui. Posso andare nel dormitorio.
- Abbiamo tante stanze libere. - pronunciando l'ultima frase si è soffermato molto sulla parola “tante” , enfatizzando il concetto delle perdite numerose.
Ora è lui che si osserva le mani, le grandi dita intrecciate tra loro. Lo osservo più attentamente, non mi sono mai soffermata troppo sulla sua figura. È veramente molto alto ma sopratutto deve avere un fisico scolpito. Non porta la giacca, le spalle larghe sono fasciate dalla camicia bianca e le cinghie di pelle stringono sul petto. La collana che porta al collo è lucida e liscia. Lasciando i primi due bottoni della camicia slacciata si notano le ossa delle clavicole. Una ciocca di capelli biondi gli è sfuggita dalla capigliatura pettinata, andando a toccare il naso. Ha lo sguardo pensieroso e, non so perchè, vorrei tanto sapere a cosa stia pensando. Torno a fissare le mie mani, cercando un modo per smuovere questa situazione non proprio imbarazzante ma, più che altro, frustrante.
- Erwin, dove posso trovare il caporale Rivaille?
Lui distoglie lo sguardo dalle mani per posarlo su di me, fa per aprire bocca quando è interrotto dal rumore di qualcuno che bussa.
-Avanti. - risponde lui. La porta si apre e, come se avesse saputo che stessimo parlando di lui, sbuca il caporale Rivaille. Entra nella stanza e si rivolge direttamente a Erwin:
- è da un sacco che ti cerco: Hanjie ha detto che deve parlarti. Non so di cosa ma non la sopporto più quindi ti prego va da lei. Ti sta aspettando nel tuo ufficio.
- Però tu controlli lei d'accordo? - Erwin si alza e fa qualche passo verso la porta.
- Va bene... - Rivaille acconsente senza troppe storie.
Il Capitano si volta verso di me: - Più tardi passo a vedere come stai.
Mi sorride e se ne va chiudendo la porta.
Il caporale si avvicina alla sedia, la gira e ci si siede a cavalcioni, guardando verso di me.
Io non ho ancora ben capito cosa sia successo. Perchè qualcuno dovrebbe controllarmi?
Non ha nulla di meglio da fare lui? Perchè non hanno chiesto se volessi qualcuno che mi controllasse? Perchè ora il caporale mi fissa così ?
- Allora, stai meglio?
Il caporale ha una bella voce ma, tuttavia, tutte le volte che l'ho sentito parlare aveva un tono alquanto apatico. Invece ora sembra più umano.
- Sì, grazie. - rispondo un po' intimidita. Sto parlando con uno dei migliori, se non il migliore, dei soldati mai esistiti.
- Grazie per avermi presa mentre svenivo...
Lui annuisce in silenzio, sistemandosi il foulard.
- Non potevo farti cadere, già eri mezza rotta di tuo, ci mancava che cadessi anche.
In effetti ha ragione. Sarei stata capace di sbattere la testa e peggiorare ancora di più la mia situazione. Mi ritrovo ad osservarlo, al contrario di Erwin lui è minuto. Si capisce che ha un fisico muscoloso, però la camicia leggermente larga non mette in risalto la sua struttura.
- Perchè Erwin vuole che ti controllino? - mentre parla appoggia le mani sullo schienale della sedia per poi appoggiare il mento sui dorsi di queste.
- Non ne ho la più pallida idea... Bloccata qui non dovrei combinare nessun disastro. - faccio spallucce.
- Bho, forse vuole la sua ultima recluta sana e salva. - sbuffa, - Vuoi fare qualcosa?
Penso a cosa potrei fare relegata in un letto col rischio di farmi male solo respirando.
- Vorrei disegnare ma non ho il mio blocchetto.
Quando ho del tempo libero mi dedico ai disegni, non so perchè ma mi rilassa vedere come delle semplici linee accostate nel gusto modo possano dare vita a immagini a volte molto più comunicative della realtà.
- Dov'è che vado a prenderlo? - il caporale punta i suoi occhi grigi su di me.
- Sotto il mio materasso nel dormitorio... - non credo andrà nel dormitorio femminile solo per prendere un blocco da disegno.
- Qual è il tuo letto?
Non ci credo va davvero?!
- L'ultimo sulla sinistra, quello sopra.
- Perfetto... Ti piace il caffè?
Annuisco; lui si alza e si avvia verso la porta.
- Torno subito...
Esce e chiude la porta.
Rimango perplessa dal suo comportamento: un caporale che fa un favore ad una recluta ferita?
Per di più non stiamo parlando di un semplice caporale, ma bensì di un uomo con la reputazione di essere terribile, socialmente parlando.
Il fatto che tutti si preoccupino di me non mi piace troppo. Sembra che io sia una bambina indifesa e non un soldato che uccide titani per lavoro.
Decido di non pensarci; alzo il cuscino e lo appoggio alla parete così mi posso sedere posando la schiena su di esso.
Chiudo gli occhi e abbandono la testa indietro fino a toccare la parete.
C'è silenzio, troppo silenzio. Nonostante mi sia sempre piaciuto e non ami particolarmente le situazioni rumorose, ora il silenzio mi dà fastidio. Mi ricorda che sono sola, che non sentirò più nessuno chiedermi di fare a gara a chi uccide più titani, non sentirò più nessuno  canticchiare mentre puliamo il dormitorio e che non sentirò più nessuno ridere ricordando gli scherzi fatti ai compagni durante l'addestramento. Era questo che facevano i miei compagni, trovavano sempre un modo per scherzare, per sorridere, anche in situazioni come le missioni oltre le mura. Mi sento un nodo in gola, mi percorre un brivido. Sono convinta che da un momento all'altro loro entreranno dalla porta per vedere come sto, rideranno prendendo in giro chi ha ucciso meno giganti e poi se ne andranno dicendomi che torneranno domani a vedermi. Invece non rivedrò nessuno di loro.
La porta si apre, io mi raddrizzo e apro gli occhi; il caporale entra con due tazze in mano e il mio blocco sottobraccio. Mi porge una tazza che accetto volentieri. Però non c'è del caffè come aveva detto ma bensì del té. Annuso delicatamente l'aroma, senza farmi male.
- Non ho potuto resistere: preferisco il té al caffé.
- Nessun problema, grazie.
Appoggia il mio blocco sulla scrivania e si siede sulla sedia, questa volta usandola dal alto giusto e accavallando le gambe. Noto che tiene la tazza in modo strano: la sorregge dall'alto tenendo le dita sui bordi. Non voglio chiedergli il perchè di quello strano gesto per non sembrare troppo ficcanaso. Beviamo in silenzio e io mi gusto ogni singolo sorso di quella calda bevanda. Non so come ha fatto ma lo ha zuccherato al punto giusto ed è buonissimo.
Dopo che abbiamo finito io comincio a scarabocchiare sul mio blocchetto. Purtroppo avere qualcuno che mi osserva non mi aiuta a concentrarmi sul disegno però il caporale non distoglie un attimo lo sguardo dalla pagina. Dopo un po' si alza e mi dice:
- Scusa ma ora devo andare, non credevo Erwin ci mettesse così tanto. Vuoi che chiami qualcuno per controllarti o preferisci stare da sola ?
- Posso stare anche da sola, non c'è problema. - si avvia verso al porta.
- Va bene, allora vado. Stammi bene... Aspetta non so il tuo nome! - si volta a guardarmi.
- Sono Valentina, ma tutti mi chiamano solo Vale.
- Allora ciao Vale...
Esce e io rimango da sola. Finalmente posso disegnare tranquillamente, senza nessun osservatore. Odio essere osservata mentre disegno, sembra che la gente sia lì a controllare ogni tuo minimo movimento per poi essere  subito pronta a commentare e interromperti.
Disegno; continuo per un bel po' finchè, ancora una volta, non mi addormento.

Quando apro gli occhi mi accorgo che non ho più né il blocchetto né la matita in mano. Mi stropiccio gli occhi prima di cercare con lo sguardo dove siano finiti, magari li ho fatti cadere. Sobbalzo quando vedo Erwin seduto sulla sedia della scrivania: non mi ero accorta della sua presenza.
- Scusa, non volevo spaventarti. - mi fa un mezzo sorriso e noto che ha tra le mani il mio blocco da disegno.
- No tranquillo, sono solo ancora un po' addormentata. - mi raddrizzo e sbadiglio.
Non avrei dovuto farlo, prendendo aria così apertamente una fitta di dolore mi ha attraversato per tutto il torace. Mi abbraccio subito e mi getto in avanti arrivando con la testa a toccare le ginocchia piegate.
- Hei attenta! - si alza dalla sedia per sporgersi verso di me, però non mi tocca, si avvicina soltanto.
- Tutto ok... - riesco a farfugliare tra un respiro e l'altro. Sto imparando a gestire gli “attacchi” devo semplicemente riuscire a fare respiri piccoli, ma veramente piccoli. Il problema è che così mi sembra sempre di soffocare e quindi mi risulta estremamente difficile.
Il dolore diminuisce ma non sparisce, è sempre lì pronto a scattare da un momento all'altro. Mi raddrizzo e, notando lo sguardo preoccupato del Capitano, abbozzo un sorriso per rassicurarlo. Lui torna a sedersi e sventolando il mio blocco mi dice:
- Perchè non mi hai detto che sai disegnare?
- Non me l'hai chiesto
Scuote la testa facendo un mezzo sorriso.
-Hai ragione. Che ne dici di entrare a far parte della squadra dei disegnatori?
Avevo sentito parlare di questa squadra, non è una vera e propria squadra, ma si possono definire come un gruppo di collaboratori. Solitamente affiancano il gruppo di ricerca durante certi particolari esperimenti per poter registrare, tramite i loro disegni, certe informazioni. Non sono una squadra di combattimento, i membri di questo gruppo appartengono ad un'altra squadra durante le missioni. Diciamo che queste persone lavorano come “squadra dei disegnatori” quando sono nelle basi e durante certe spedizioni di ricerca. Mi ha sempre ispirato un ruolo come quello e poter fare qualcosa in cui sono brava per aiutare la ricerca.
- Davvero?
- Certo. Dopo sarai affidata ad una squadra di combattimento diversa da quella in cui sei ora però. - appena finita la frase sembra capire che ha detto una cosa fin troppo ovvia: la mia squadra era composta da 4 di noi reclute più un veterano.
- Oddio, scusami... - si poggia una mano sul viso.
- Non fa niente. Comunque mi piacerebbe essere una dei disegnatori. - cerco di sorridere in modo convincente per fargli capire che non ci sono rimasta male per la frase di prima.
- Bene, allora considerati arruolata. - sorride, i suoi occhi sono gentili. Noto che l'iride ha un contorno più scuro rispetto l'azzurro cielo interno. Le sopracciglia particolarmente folte stanno bene sul suo volto rasato.
Noto che ha un dito bloccato tra le pagine, come per tenere il segno. Quando vede che sto guardando proprio quello apre alla pagina segnata e mi chiede:
- Perchè proprio Levi ?
La pagina che mi mostra è quella col ritratto del caporale maggiore che ho fatto durante una riunione generale. Tutti i più importanti membri della legione erano riuniti davanti a noi che potevamo rimanere seduti ai tavoli.  Avevo voglia di disegnare e decisi che il caporale Rivaille fosse il soggetto migliore.
- Era quello che rimaneva più fermo. Tutti voi altri vi muovevate troppo... - è la verità. Il caporale si era appoggiato alla parete e non aveva aperto bocca per tutta la riunione mentre Erwin ed altri continuavano a parlare o a cambiare posizione.
- Ha davvero il suo stesso sguardo, sei davvero brava.
Mi sento avvampare, non posso crederci! Il capitano in persona mi sta facendo i complimenti per i miei disegni! Mi sento come un bambino felice quando il genitore si complimenta con lui per essere riuscito ad allacciarsi le scarpe da solo.
- Grazie – mi ricordo che non so che ore sono quindi glielo domando.
- Abbiamo già cenato, volevo portarti qualcosa ma non sapevo se avresti avuto fame. Hai fame?
Ho fame? Di solito ho sempre fame, anche nelle situazioni meno opportune, però ora non credo di aver fame.
- Ho bevuto del te prima, sono apposto, grazie.
- Ti faceva male anche il ginocchio, no? Come va?
Mi ero completamente dimenticata del ginocchio. Evidentemente mi è passato oppure avrei sentito del dolore muovendolo.
- Credo stia bene, non mi sono ancora alzata in piedi ma non ha mai fatto male fino ad ora. - muovo il ginocchio sotto le coperte e come pensavo non sento nulla.
- Vuoi fare due passi? - propone appoggiando il blocco sulla scrivania. Penso non sia una brutta idea: acconsento.
Lui si alza in piedi ma rimane comunque vicino al letto, pronto a prendermi se per caso dovessi cadere. Mi alzo e non sento nessun dolore. Sono a piedi scalzi ma non ho voglia di mettere gli stivali, decido di stare a piedi nudi intanto non starò in giro molto. Mi avvio e Erwin mi affianca. Mi sento bassa vicino a lui, gli arrivo alla spalla. Cammina a passi piccoli per tenere il mio ritmo, noto che tiene un braccio dietro la mia schiena, sempre senza toccarmi ma pronto a prendermi. Deve esserci rimasto male quando sono svenuta senza che lui si accorgesse.
Faccio per domandargli da che parte siano i dormitori quando ecco che una fitta mi attraversa il torace, di nuovo. Mi fermo di scatto e la sua mano finisce contro la mia schiena.
- Ahi! Aahi ahi ahi! Male! Male! - mi appoggio alla parete alla mia sinistra, tenendomi il torace.
- Vale piano! Respira piano! - mi appoggia le grandi mani sulle spalle e si abbassa per riuscire a guardarmi degli occhi.
- Respira piano, calmati! - vedo offuscato a causa delle lacrime che si stanno accumulando negli occhi. È più forte del solito. Sento come mille piccoli aghi tra le costole che punzecchiano i polmoni ad ogni minimo movimento. Ogni respiro, per quanto piccolo, sembra una coltellata. Col braccio sinistro mi tengo il torace mentre con l'altro mi aggrappo al braccio del Capitano. Non so perchè lo faccio ma non sono abbastanza lucida per pensare a comportarmi bene in sua presenza. Mi fa tropo male e l'unica cosa a cui penso è il dolore.
- Male... Fa, male...
Prima che io possa capire che sta succedendo mi ritrovo tra le braccia di Erwin. Mi sta riportando in camera tenendomi in braccio.
- Tranquilla, respira piano... - cammina velocemente, con lunghe falcate per arrivare subito alla stanza. Ora che ho mollato la presa sul suo braccio mi attacco ad una delle cinghie della sua divisa; appoggio la testa alla sua spalla. Respiro piano, ci provo almeno, sento profumo di caffè. Mi concentro su quello, piccoli respiri per sentire il profumo di caffè. Il dolore diminuisce, sento ancora delle piccole fitte quando azzardo un respiro leggermente più profondo. Finalmente siamo arrivati alla camera, entra chiudendo la porta con un piede e poi mi adagia sul letto. Non si siede sulla sedia ma sul bordo del materasso a fianco a me, così da guardarmi.
-Va meglio? - mi osserva preoccupato. Gli occhi azzurri in attesa di una risposta.
Annuisco.
- Vuoi provare a sdraiarti? Vuoi un'altra coperta, qualcosa di caldo? Non so cosa possa aiutare. - si guarda attorno come cercando ispirazioni per cercare di far diminuire il dolore.
- Non lo so nemmeno io – sussurro, per non rischiare di riaccendere il dolore. Lentamente prendo le coperte e me le tiro addosso, voglio provare a sdraiarmi. Capisce quindi si alza e mi aiuta. Non appena poggio la schiena per intero sul materasso il dolore riparte.
- No! Cazzo! - mi volto su un fianco ma peggioro solo la situazione. Fitte ininterrotte partono da tutte le parti del torace. Sembra di avere della lava nel petto. Erwin mi solleva a sedere e io mi sporgo verso le ginocchia come ho fatto appena sveglia. Fa male, fa tremendamente male. Stringo le lenzuola, non riesco a concentrarmi sul respiro e continuo a prendere aria troppo velocemente.
- Vale fa' piano! Respira piano! -  Erwin mi prende il braccio libero, io mi aggrappo ancora alla sua camicia.
- Fa- male … - non riesco a trattenere le lacrime, fa troppo male. Sento che porta le mani sotto le mie ascelle per sollevarmi e posarmi sulle sue gambe. Non capisco perchè l'abbia fatto ma subito sento il suo profumo e, non so bene perchè, mi sento leggermente più calma.
- Piano, stai calma, respira piano Vale. -  mentre mi parla a bassa voce si dondola leggermente avanti e indietro, come per cullare un bambino. Sento le lacrime scendermi lungo il viso ma riesco a regolarizzare il respiro. I coltelli nel torace diminuiscono, piano piano.
- Brava...- scorre una mano sulla mia schiena, delicatamente e con un ritmo regolare al quale sincronizzo i miei respiri. Si muove lentamente e io riesco a calmarmi. Fa sempre male ma molto, molto meno. Sento solo alcune fitte mentre inspiro, ma sono sopportabili. Le lacrime finiscono di scendere. Mi sento esausta e istintivamente appoggio la testa all'attaccatura del suo collo. Con una mano sfioro la sua collana. Non so perchè lo faccio però subito dopo mi aggrappo con due dita alla cinghia che attraversa il petto. Il movimento regolare della sua mano mi culla. Sento le palpebre pesanti e capisco che sto per addormentarmi di nuovo. Gli ultimi attacchi di dolore mi hanno sfinita, non ho nemmeno la forza di dirgli che ora sto meglio e che posso tornare nel mio letto. Per la seconda volta chiudo gli occhi tra le sue braccia.



angolo scirttrice: rieccomi! grazie per aver letto e spero di avervi incuriosito! nel prossimo capitolo i nostri protagonisti si avvicineranno ancora di più, in tutti i sensi. ;)
se volete lasciare una recenione per farmi sapere come vi sembra questa storia con personaggio esterno, ben venga!
un bacio,
        Ombra

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Capitolo 3
*** Don't leave me here alone ***


~Buio. Sono sveglia, nel mio letto ma non apro gli occhi. Rimango nel buio delle palpebre per nascondermi ancora un po' dalla realtà. Sono voltata sul fianco sinistro, le coperte tutte confuse e sento la schiena scoperta. Questa volta non sbadiglierò sbadatamente procurandomi una fitta al torace, questa volta mi ricordo. Ricordo cosa è successo in missione e ricorco cosa è successo la sera prima. Quell'attacco nel corridoio è stato terribile, il peggiore di tutti e il fatto che sia ricapitato subito dopo, appena sdraiata, mi ha fatto capire che stare seduti è la soluzione migliore. Mi sono spaventata ieri: la sensazione di soffocamento era opprimente. Il dolore, la foga del volere respirare e la sensazione di soffocare uniti mi hanno quasi fatta cadere in uno stato di panico. Poi è intervenuto lui. Da quando ho sentito le sue braccia intorno a me ho iniziato a stare meglio, ma non fisicamente. Già quando nel corridoio mi aveva sollevata e mi aveva detto cosa fare era riuscito a calmarmi subito e anche in quel momento ci stava riuscendo. La sua voce fungeva da appiglio per me, cercavo di attaccarmi ad essa per riuscire a concentrarmi su altro che non fosse il dolore. La sua mano sulla schiena che ha iniziato a ritmare il mio respiro è stata la mia salvezza insieme al suo calore. Attraverso la stoffa della camicia sentivo il suo corpo, grande, forte, caldo e protettivo.
Sì era proprio questo che mi ha aiutato: la sensazione di sicurezza che mi trasmetteva il suo abbraccio. Solitamente odio gli abbracci e tutti i tipi di contatti ravvicinati, ma ieri è stato questo a aiutarmi. Dopo molto tempo mi sono sentita al sicuro. Non pensavo ai titani, non pensavo al mondo esterno, sono riuscita a dimenticare e fermare il dolore per poi abbandonarmi alla sicurezza che mi trasmetteva Erwin. Mi vergogno per essermi addormentata ancora una volta in braccio a lui, ma ammetto che non me ne pento. Era da troppo che non mi sentivo così protetta, nonostante stessi tremando di dolore.
Probabilmente penserà che sono solo una recluta che non sa fare altro che dormire e farsi male. Perchè difatti è solo questo ciò che mi ha vista fare: schiantarmi contro un albero e addormentarmi.
Apro gli occhi e vedo la parete di fronte a me, mi volto e ciò che vedo ora mi fa spuntare un sorriso sulle labbra. Sdraiato per metà sulla scrivania c'è Erwin addormentato. Ha le braccia incrociate e la testa voltata verso di me. Le gambe distese dalla sedia e la bocca semiaperta. Ha i capelli a coprirgli gli occhi e le sue grandi spalle si alzano regolarmente seguendo il respiro. Grande com'è potrebbe sembrare un orso ma vedendolo addormentato così fa tenerezza. Respira silenziosamente; non me la sento di svegliarlo, chissà per quanto è stato sveglio questa notte a controllarmi?
Ha le maniche della camicia rimboccate, gli avambracci scoperti sono chiari. Mi viene un brivido, mi rimbocco le coperte e noto che ha la pelle d'oca sulle braccia. Così come ho freddo io, che di solito non ho mai freddo, anche lui deve averne. Mi alzo a sedere e cerco la sua giacca con gli occhi... Non c'è. Chissà dov'è la mia? Poggio i piedi per terra, il pavimento è gelido. Mi ricordo solo ora del consiglio di Petra di evitare gli sbalzi di calore, evidentemente quella di andare in giro a piedi nudi nei corridoi umidi non è stata una brillante idea. Decido che per pochi passi posso rischiare. Mi alzo e mi avvio verso l'armadio, lo apro e ci trovo le mie cinghie, il mio mantello e anche la mia giacca.
Mi accorgo solo ora di non avere addosso le cinghie da più di un giorno. Mi volto a guardarlo, la mia giacca andrebbe bene per coprirgli mezza schiena. Prendo il mio mantello, è abbastanza pesante da funzionare come coperta. Mi avvicino e delicatamente glielo appoggio sulle spalle, tirando i bordi anche verso le braccia; il cappuccio lo lascio abbassato, tenendogli il viso scoperto. Ho paura di svegliarlo ma non sembra minimamente infastidito e continua a dormire. Mi rimetto a letto, sempre attenta a non fare movimenti bruschi e mi volto ancora a osservarlo. Il ciuffo gli cade ancora di più e gli scopre gli occhi chiusi; ha le ciglia lunghe. Le labbra di una tonalità più scura della pelle chiara sembrano morbide. Si intravedono delle zone più scure dove gli cresce la barba, probabilmente dovrà radersi a breve. La curva della mascella è marcata e affila il viso contrastando con gli zigomi delineati. Scuoto la testa, perchè sto osservando in questo modo il Capitano?
Mi tiro la coperta fin sopra il naso e fisso il soffitto. Ripensando a ciò che è successo provo un po' di vergogna. La troppa vicinanza ad una persona mi imbarazza ma con lui non ho avuto la lucidità per pensare a questo, ero sempre concentrata sul “non piangere” o sul “respira piano idiota!”.
Con che coraggio potrò rivolgermi a lui dopo che tornerò a far parte delle missioni come sempre? Insomma non posso fare finta di niente! Dopotutto mi ha aiutata più di una volta... Sento le guance scaldarsi quando ripenso alla vicinanza con lui. Appoggiata al  suo collo riuscivo benissimo a sentire il suo profumo: sapeva di caffè, buonissimo e delicato caffè.
Qualcuno mi distoglie dai miei pensieri bussando alla porta.
- Avanti – rispondo non troppo forte per non svegliare Erwin che però si sta già muovendo.
- Buongiorno! - vedo Petra sbucare dalla porta. Porto lo sguardo su di Erwin e lo vedo stendere le braccia per stiracchiarsi, sempre con gli occhi chiusi, sbadigliando. Appoggia la testa su un braccio teso sulla scrivania e, col viso rivolto verso di me, socchiude un occhio.
Una scintilla azzurra arriva da sotto la sua palpebra. Sbatte le palpebre più volte e si mette a sedere.
- Scusi Capitano, non pensavo di svegliarla! - Petra si è avvicinata e si è seduta sul letto a fianco a me, che mi son messa a sedere.
- Figurati, era anche ora che mi svegliassi! - non so come faccia ma ha già un'espressione sveglia e la sua voce è quella di sempre, solo leggermente più roca. Mi guarda come per rimproverarmi di non averlo svegliato prima.  Abbozzo un sorriso colpevole, davvero non me la sentivo, chissà quanto poco ha dormito.
- Come vanno le coste? - Petra mi sorride gentilmente.
- Bene, sto imparando a controllare il dolore.
- Ieri ha avuto due attacchi più forti. - Erwin interviene serio.
- Davvero?! - Petra sembra preoccupata.
- Sì... Ma oggi non è ancora successo niente! Credo stia passando. - provo ad usare il tono più convincente che riesco.
- Speriamo... fammi vedere il livido come va. - io prendo la base della maglietta per alzarla quando lei mi ferma e si volta a guardare Erwin seduto sulla sedia.
-  Mi scusi Capitano, ma è pur sempre una signorina!
Erwin diventa paonazzo in un istante.
- SCUSA! Mi giro subito! N-non ci avevo pensato! Non volevo davvero!
Prende la sedia e si gira, tirandosi il mio mantello ancora più sulle spalle. Credo voglia sotterrarsi dalla vergogna.
Dopo che Petra ha controllato il mio livido e ha constatato che sta migliorando alquanto in fretta, saluta e ci lascia soli, dicendo che deve andare a controllare altri feriti.
Noto Erwin portarsi una mano alla testa e iniziare a sistemarsi i capelli: dopotutto è mattina per tutti.
Si toglie il mantello dalle spalle:
- Posso girarmi?
- Sì certo!
Mentre lui rigira le sedia io mi volto lasciando penzolare le gambe dal letto, trovandomi così di fronte a lui. È ancora un po' rosso in viso ma il dettaglio che più attira la mia attenzione sono le orecchie: leggermente arrossate pure quelle. Mi mordo il labbro per non scoppiare a ridere, è una cosa buffissima.
- È tuo questo? - chiede mostrando il mantello che ha ripiegato.
- Mm-m! - annuisco.
- Grazie... Non volevo addormentarmi ma no- inizia a scusarsi ma lo interrompo subito.
- Non fa niente! Anzi io non volevo svegliarti... - abbozzo un mezzo sorriso.
- Va bene, te la senti di mangiare qualcosa?
- I-io non faccio colazione...
Mi guarda strabiliato, come se avessi appena ammesso di saper parlare la lingua dei giganti.
Non so che dirgli, non è colpa mia se di mattina non ho fame!
- La colazione è -, inizia e io lo anticipo: - Il pasto più importante della giornata, sì lo so.
- Ci credo che svieni se non mangi!
- Non sono svenuta per quello! Avevo pranzato!
- Adesso vieni con me e non ti alzi dal tavolo finchè non riterrò che avrai mangiato abbastanza!
- Cosa?! -  lo guardo allibita. Non può dire sul serio!
- Hai capito bene! Io sono il Capitano e io comando! Tu mangi! Devi riprenderti!
- Io... Ma... No...
Incrocia le braccia e il suo sguardo si fa serio, serissimo. Punta i suoi occhi nei miei ma questa volta riesco a sostenerli. Quanto sono belli...
Continuiamo per alcuni istanti questo “combattimento” silenzioso, finché non sbuffa, distoglie un secondo gli occhi dai miei per poi ritornare a fissarmi intensamente ma con uno sguardo estremamente gentile.
- Per favore Vale, non mi sentirei tranquillo altrimenti.
Non so come faccia ma è riuscito. Mi ha convinto...
Dannati occhioni! Dannata voce! Dannato lui!
- Va bene. -  sussurro a bassissima voce, senza quasi aprir bocca.
- Come? - mi guarda ancora e un sorriso inizia a spuntarli sulle labbra. Incrocio le braccia e guardo a lato.
- Ho detto, va bene.
Il suo bel volto si illumina con un sorriso e si alza in piedi pronto ad andare.
Sbuffo, come è possibile? Sono la persona più testarda che io conosca, nessuno mi ha mai fatto cambiare idea. Mi torna in mente quella sera, quella della presentazione della legione esplorativa a noi reclute e lui che parlava davanti a tutti noi. Nessuno mi ha mia fatta cambiare idea tranne che lui...
Mi alzo e mi viene un capogiro. Mi fermo, respiro e cerco gli stivali.
Lui è riuscito a convincermi ad unirmi alla legione, a combattere, a rischiare.
Mi sistemo i capelli portando il ciuffo a lato; metto gli stivali e mi avvio insieme ad Erwin.

 
 Sono passate due settimane da quando Erwin mi ha obbligata a fare colazione e da quel giorno, ogni giorno, lui è seduto al mio tavolo. Anzi dovrei riformulare: io sono seduta al suo tavolo.
Il primo giorno mi sono sentita molto, molto ma molto a disagio. Erwin era seduto capotavola e mi aveva fatta accomodare alla sua destra, così da tenermi d'occhio per bene. Poi al tavolo si era seduta la sua squadra più Hanjie Zoe, la ricercatrice, il caporale Rivaille, che ora mi ha dato il permesso di chiamarlo per nome, e altri pezzi grossi della legione.
Continuavo a domandarmi cosa ci facessi seduta lì con loro?
Non sono affatto passata inosservata soprattutto dopo che Hanjie, seduta al mio fianco, iniziò a farmi domande, su di tutto. Quando poi scoprì che sarei entrata a far parte della squadra dei disegnatori posso giurare di aver visto i suoi occhi brillare. Iniziò ad urlare che era felicissima che sarei diventata una sua collaboratrice perchè le stavo simpatica e sicuramente avevo talento. Non vedeva l'ora che iniziassi a lavorare affiancandola nelle sue ricerche perchè era affiancata solo da uomini che spesso non capiscono la delicatezza di certe situazioni come lo sa fare una donna e tante altre affermazioni che a me sembrarono senza senso alle quali mi limitai a sorridere.
Mi stava facendo venire il mal di testa ma non dissi nulla, intervenne Levi zittendola bruscamente e lei per tutta risposta gli mandò un bacio per scherzo. Quel gesto mi turbò molto, ricordandomi di Felix, e Erwin lo notò.  Mi offrì una fragola e mi disse che per quel giorno avevo mangiato abbastanza, grazie al cielo!
Ora sto lavorando ad un bozzetto per una trappola, nel laboratorio di Hanje.
Lavorandoci insieme ho scoperto che non è così male, finchè non inizia a raccontare delle sue ultime scoperte. Ho conosciuto gli altri disegnatori e mi hanno insegnato come lavorare anche durante le missioni: al posto delle lame io devo tenere in mano blocchetto e matita. Certo le lame le dovrò usare, sicuramente, quello che mi hanno fatto capire è che devo essere l'ultima della squadra a imbracciare le armi, perchè potrebbe comparire qualche informazione preziosa da un secondo all'altro.
“ A proposito di squadra, devo passare da Erwin per sapere a quale delle restanti sono stata assegnata!”
Hanjie mi dà il permesso di andare e mi avvio verso lo studio del Capitano. In queste due settimane abbiamo parlato spesso e devo ammettere che la sua compagnia mi piace molto. Ha continuato a preoccuparsi delle mie coste che sono migliorate moltissimo, difatti ho solo alcune fitte quando azzardo movimenti strani.
Busso alla grande porta di legno, come mio solito faccio solo due tocchi.
- Entra Vale – ha imparato subito a riconoscermi dal modo di bussare, e sì che busso come tutti i comuni mortali! Non so come faccia!
- Permesso... Sono passata per – mi interrompe.
- Sei con me! - alza gli occhi dal documento che stava leggendo e si appoggia allo schienale della sedia. I suoi occhi azzurri fissi nei miei.
- Cos- ? - inarco un sopracciglio, non ho nemmeno finito la frase.
- Sei nella mia squadra! Ci serviva un disegnatore e tu sei l'unico disponibile.
Mi sorride con la penna in mano.
- Ma, io sono solo una recluta! Non posso stare nella squadra più importante di tutte!
- Sì che puoi, se tutte le squadre non necessitano altri membri e la mia ha un componente in meno, almeno momentaneamente.
Ha ragione, Mike dovrà aspettare ancora un bel po' prima che la gamba si sistemi.
- Bhe...Grazie?
- Non devi ringraziare, piuttosto sappi che la nostra posizione nella formazione è una delle più a rischio attacchi.
- Sì, lo so. Ma non importa, io sarò armata di carta e i titani fuggiranno alla sola vista della punta della mia matita. - provo a scherzare per distogliere il pensiero che mi si è annidato dentro: è da quanto è morto Felix che non vedo un titano.
Durante le ultime missioni son rimasta in base, e non so come reagirò alla vista di quelle bestie.
- In effetti avrei un po' paura a strati accanto quando hai una matita, potresti attentare alla mia vita senza accorgertene.
Sbuffo leggermente, si sta riferendo a quella volta in cui, per sbaglio, gli ho sbattuto la porta in faccia. O forse a quella volta in cui, mentre in cucina aiutavo il cuoco, è entrato a cercarmi e mi sono voltata arrivando a puntargli un coltello precisamente in mezzo al ventre.
- A quando la prossima missione? - chiedo per deviare il discorso lontano dalla mia sbadataggine.
- Domani!
- Va bene- prendo un respiro, - Torno al lavoro. A più tardi!
Saluta e io esco.
Ancora non capisco perchè continua volermi tenere d'occhio. Sono sicura che la sua non è l'unica squadra con un posto libero. Forse vuole osservarmi perchè teme che sia una spia? Ma una spia da parte di chi? Dalla polizia militare?
Il pensiero che Erwin sospetti di me mi fa male, mi sento in colpa per un secondo.
Come devo comportarmi domani? Erwin sarà lì ad osservarmi per tutto il tempo, se sbaglio qualcosa penserà che sono un'incapace!
No ma che mi prende? È ovvio che io voglia fare bella figura davanti al Capitano ma ormai, dopo due “attentati” alla sua incolumità, ho perso tutte le speranze.
Passo la giornata a pensare a come comportarmi e ripensare a non preoccuparmi.
Prima di addormentarmi, non so per quale motivo, mi torna in mente la sera dei due attacchi alle coste. Mi ricordo di Erwin che mi prese in braccio e mi ricordo del suo calore.
Mi attraversa un brivido, che mi prende?
Vorrei risentire quel calore, quel profumo, quelle braccia intorno a me.
MA CHE MI PRENDE?
Mi do dei piccoli schiaffi sulle guance, sperando che mi facciano tornare in me.
“Vale ma che pensi? È il Capitano...”  ma mi zittisco da sola perchè non posso negare che mi manchi quella sensazione di sicurezza. Mi volto sotto le coperte, sperando di distrarmi.
Mi ricordo di quando, voltandomi, trovai Erwin addormentato sulla scrivania. Sorrido.
Perchè continua a venirmi in mente lui?
Forse è l'agitazione per la missione di domani, pensare di andare di nuovo a cavallo dopo tanti giorni di sedentarietà. Pensando che domani dovrò cavalcare mi ricordo di quanto, a cavallo, ci sono andata con lui. Sento un pizzico di vergogna ricordando di essermi addormentata. Mi rigiro ancora un bel po' di volte prima di riuscire ad addormentarmi accompagnata nel mondo dei sogni dal ricordo dello sguardo di Erwin nel mio.

Stiamo per uscire dalle mura, il mio cavallo è più calmo di me che mi sento particolarmente irrequieta: non ho dormito molto bene. A colazione ho parlato poco ma oggi Erwin era troppo occupato a sistemare le ultime cose per la missione per notarlo. Per fortuna! Che avrei dovuto dirgli? “ Scusa ma non riuscivo a dormire perchè tormentavi i miei pensieri!” ? 
Accarezzo la criniera del destriero, spero che vada tutto bene. Oggi il cielo è nuvoloso, ci aspetta un bel grigio proprio dove siamo diretti. Questa mattina ho sentito alcuni soldati scommettere sul tempo. Io sono sicura che pioverà, e anche molto.
In quanto membro della squadra del capitano sono in prima linea; sento qualcuno avvicinarsi, è lui.
I nostri cavalli sono grandi uguali, il suo bianco il mio bruno. Mi sovrasta di una testa e mi guarda dall'alto:
- Tutto bene? - i suoi occhi cercano i miei e appena li incontrano sembrano dirmi che ha capito che non sto troppo bene.
- Sì-sì. - sorrido per rassicurarlo e far si che distolga l'attenzione da me.
- Mi raccomando, tu sei l'ultima che dovrà sguainare le spade. Ti sto chiedendo un atto di fiducia nei confronti della squadra, e nei miei. Te la senti?
Mi guarda con quei diamanti azzurri che si ritrova al posto degli occhi, col cielo scuro sembrano ancora più chiari. Abbasso lo sguardo e il mio ciuffo cade in avanti.
Un atto di fiducia... Non sono molto brava in queste cose ma oramai ho già riposto la mia fiducia in lui, già quando mi sono arruolata.
- Sì! Mi fido.
Mi volto verso di lui, lui mi sorride. A un tratto allunga la mano verso di me, sono convinta che mi darà una pacca sulla spalla, come suo solito; rimango sorpresa quando la mantiene più alta, la avvicina al mio viso e con un tocco estremamente delicato mi porta il ciuffo dietro l'orecchio. Non importa che le ciocche più corte scappino e mi ricadano comunque davanti agli occhi, non me ne accorgo quasi. Sono troppo impegnata a sentirmi bollire e guardare Erwin che si allontana per posizionarsi davanti all'enorme porta.
Sento il cuore battermi troppo forte. Improvvisamente ho caldo; ancora non comprendo il perchè di quel gesto. Sbatto le palpebre un paio di volte per riprendermi. Mi sento caldissima in volto, scommetto che sono bordeaux. Un brivido di vergogna mi attraversa, ma mi colgo a sorridere involontariamente.
Un grido collettivo mi riporta alla realtà: non ho ascoltato nulla di quello che ha detto Erwin poiché ero troppo impegnata a essere basita.
Stringo le redini con più forza, forse questa giornata non sarà così male!

Come non detto! Dopo un'ora a cavallo, dopo aver incontrato solo due titani, il cielo si è fatto ancora più scuro e la pioggia ha iniziato a cadere. E che pioggia!
Stiamo cavalcando verso le mura, in ritirata vista la scarsa visibilità causata dalla nebbia che si sta formando e dalla fitta pioggia. Cavalchiamo coi cappucci alzati a coprirci il viso, ma siamo comunque fradici. Sono riuscita a salvare il mio blocchetto da disegno evitando che si bagnasse.
La nebbia crea un'umidità più pesante, che penetra nelle ossa e si deposita lì, trasmettendo una sensazione di freddo perenne. Siamo quasi arrivati; la pioggia non diminuisce. La mia squadra è bagnata tanto quanto me. Una folata di vento leva il cappuccio a Erwin mostrando i capelli bagnati e confusi sul viso. Abbiamo parlato poco durante la missione, così come facevo con la mia vecchia squadra. Arrivati in base portiamo i cavalli alle stalle e vedo tutti precipitarsi nel dormitorio per cambiarsi.
Fortunatamente a me hanno lasciato la stanza singola, ne sono felicissima!
Mi avvio verso quella ma decido di passare prima dal refettorio, così da mettere mantello e stivali ad asciugare di fronte al camino sempre acceso. Quando entro noto che qualcun altro  ha avuto la mia stessa idea. Difatti Levi è seduto su una sedia coi piedi nudi vicino al fuoco.
- Che palle! Stupida pioggia! - commenta appena mi vede.
- In effetti è una bella seccatura. - poggio il mantello sullo schienale di una sedia e la avvicino al camino. Levi si scompiglia i capelli bagnati, che sembrano ancor più neri.
- Meglio che me ne vada prima che anche agli altri venga in mente che qui c'è del caldo. Ci sarà già qualcuno che starnutisce pronto a passarmi il raffreddore!
In effetti ha ragione, chissà quanti si ammaleranno dopo questa uscita? Pioggia, umidità, freddo e vento non fanno di certo bene a nessuno.
- Farò così anche io!
A pranzo pochi si sono presentati, Erwin mancava così come Levi. Forse stanno lavorando a qualcosa di urgente. Me ne torno in camera e mi siedo alla scrivania. Trascorro metà pomeriggio lavorando al progetto per Hanjie, poi mi ricordo che Erwin mi aveva chiesto un progetto particolare per un carro. Però non mi ricordo cosa volesse di preciso, meglio che passi da lui. Traccio le ultime righe, con la matita mi sposto il ciuffo e mi fermo immediatamente.
I miei capelli... Erwin... Mi spunta un sorriso. Ma perchè? Che mi prende?
Magari gli dava solo fastidio vedermi coi capelli sugli occhi!
O magari voleva proprio sfiorarmi la guancia così?
No,non devo nemmeno pensarci a certe cose!
Ho del lavoro da fare!
Mi avvio verso il suo studio con carta e matita sottobraccio. Prima di bussare mi sistemo i capelli e controllo a camicia. Cosa?! Ma sto impazzendo?! Faccio un sospiro esasperata: sono un caso perso.
Busso e sento la sua voce provenire da dietro la porta più debole e roca del solito. Apro e mi infilo nello studio.
- Permesso... Sono qui per il progetto di cui mi avevi parlato io non- Stai bene Erwin?
Lui è seduto alla scrivania e si tiene la testa tra le mani appoggiando i gomiti sul piano.
Mi avvicino per vedere come sta, sembra esausto.
- Erwin, tutto ok?
- Più o meno... - la sua risposta non mi tranquillizza affatto. Lascio le carte sul tavolo e lo prendo per le spalle. Ha la camicia umida. Lui sposta le mani da viso e mi guarda dal basso. Ha gli occhi lucidi e le guance sono due chiazze rosse su una tela pallida.
- Ma tu sei malato! E perchè hai la camicia umida?
- Ci metteva troppo ad asciugare... - parla piano e sembra me appena sveglia: non troppo presente.
Gli poggio una mano sulla fronte, non capisco se scotta o no. Provo con la punta del naso per poi appoggiare le labbra: è bollente.
- Erwin scotti! Ti porto a letto, subito!
Lui mi guarda inarcando un sopracciglio, sarebbe un gesto alquanto intrigante se non fossi tremendamente preoccupata per lui.
-No, ma sto b- , - Non provare a opporti! Ti porto in camera anche a costo di trascinartici!
Annuisce arrendendosi. Mi guarda e i suoi occhi sembrano stanchi. Appena si alza un colpo di tosse lo prende; mi avvicino senza pensarci, convinta che possa cadere da un momento all'altro. Noto che, oltre ad essere umida, la camicia è anche al contrario. Quando glielo faccio notare risponde:
- Ecco perchè non trovavo i bottoni.
Rimango sbigottita! Il Capitano della legione esplorativa delira per due tacche di febbre?
Non ci crederei se non lo vedessi ma lui è qui, bollente e confuso come non mai. Per fortuna non ha rimesso le cinghie se no chissà come l'avrei trovato.
- Scusa Vale, ma mi sento davvero strano. - quest'ultima frase l'ha detta con voce più chiara.
Mi guarda e noto un barlume di lucentezza nel suo sguardo.
- Non mi lasci da solo vero? - lo chiedo sorridendomi leggermente. Sì è sempre lui.
 - Stai tranquillo, ci sono io con te.
Mi metto al suo fianco e gli poggio un braccio intorno alla vita, lui mi mette un suo braccio attorno alle spalle. Sembriamo un ferito col suo salvatore. L'unico problema ora è raggiungere la sua stanza prima che lui svenga, cosa che ritengo molto probabile.



Angolo scrittrice: eccoci ancora a fine capitolo! Grazie per aver letto!
Che dire? Questo è stato un capitolo di passaggio, pepartevi perchè nel prossimo vedrete un Erwin che non si è ma visto prima! ;)
Spero di riuscire ad aggiornare in fretta! Se qualcosa non vi ha convinto o siete perplessi riguardo alcuni passaggi della storia non esitate a chiedere e, anche se avete delle critiche, lasciare una piccola recensione sarebbe apprezzato molto.
Al possimo capitolo!
Un bacio
                    Ombra

 

 

 

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Capitolo 4
*** Hold on to this lullaby ***


- Ti tengo! Ti tengo!
Erwin ondeggia mentre camminiamo verso la sua stanza. Il suo braccio è abbandonato sulle mie spalle, la mia presa sul suo fianco è resistente. Cammina lentamente, sembra quasi che le gambe non lo reggano. Lo sento bollente contro di me; ho paura che perda i sensi e cada. Con la febbre così alta è probabile che svenga da un momento all'altro e se dovesse trascinarmi a terra e bloccarmi sotto di lui, addio torace!
Non posso negare che sia pesante, dopotutto è un “armadio” di uomo con una massa muscolare non indifferente. Ci sono istanti in cui si regge di più sulle sue gambe e altri in cui si abbandona su di me quasi completamente. Quando si accorge di essersi lasciato andare sulle mie spalle si raddrizza chiedendomi scusa, sempre... è già successo tre volte.
La sua stanza ormai è vicina; sento i vestiti umidi sotto la mia mano. Ancora non ci credo! Come ha potuto pensare di indossare i vestiti ancora umidi senza rischiare di ammalarsi?
Siamo arrivati davanti alla porta, ci fermiamo un attimo; riprendo fiato un secondo senza allontanarmi da lui. Ce l'ho fatta! Siamo arrivati e Erwin non è svenuto, mi sento sollevata.
- Grazie dell'aiuto...! Adesso apro... - la sua voce è stanca, i movimenti lenti.
Cerca la chiave nella tasca dei pantaloni e prova ad aprire la porta. Dopo tre volte che non riesce a centrare la toppa, gli prendo la chiave dalla mano e apro io.
- Scusa... Mi sento proprio inutile...!
Sbuffo una mezza risata e gli do una piccola pacca sul fianco per rassicurarlo.
Entriamo, non ho mai visto la sua camera. È grande il doppio della mia, ha una finestra sulla parete opposta all'entrata, a destra c'è un camino affiancato da una scrivania ed una piccola libreria mentre a sinistra ci sono un armadio e il letto. Appena lo vedo sento un pizzico d'invidia: è matrimoniale. Il letto, con una coperta rossa stesa sopra, è enorme! Che bello, ho sempre desiderato un letto matrimoniale tutto mio!
Oltre che dalla dimensione del letto vengo colpita anche dal fatto che il letto non è disfatto. Una volta sono entrata nel dormitorio dei maschi per non farlo mai più. Letti disfatti, vestiti ovunque, cuscini per terra. Quelli non sono soldati ma bestie! Erwin invece è uno di quei pochi uomini che sistemano il letto; la mia stima verso di lui aumenta ancora di più.
A distogliermi da questi pensieri superficiali è il peso che aumenta sulle mie spalle.
- Hei Erwin, tutto ok?! - Ci avviciniamo al letto di qualche passo, manca poco perchè possa sedersi. Guardo in alto, verso il suo viso, e lo vedo pallido. Non va affatto bene.
- Vale... Sto per svenire. - il suo tono di voce lascia traspirare la consapevolezza di ciò che sta per accadergli.
- Oh no... Nononono! Ti prego non – troppo tardi, gli occhi gli si chiudono e lo vedo precipitare in avanti. Mi volto piazzandomi di fronte a lui e bloccando la sua caduta trovandomi così ad abbracciarlo goffamente. Le mie mani, che gli circondano il petto, si sfiorano solamente, talmente è ampio il suo torace. La mia presa è forte ma nonostante questo lo sento scivolare verso il basso. Pesa, pesa veramente tanto. Ma non lo farò cadere! Dopo tutto quello che ha fatto per me devo farcela!
Mancano pochi passi per arrivare al letto; i suoi piedi sono abbandonati a terra. Cammino all'indietro, verso il letto, sforzandomi di resistere e non mollare la presa intorno ad Erwin.
La sua testa è accanto alla mia, ha la fronte appoggiata alla mia spalla, il naso verso il mio collo. Sento che respira lentamente, deve essere semi-coscente o semplicemente addormentato. È ancora molto caldo ma non credo sia il contatto con lui a fare sentire così caldo anche a me. Anzi sì, è proprio questo contatto a agitarmi leggermente. Se non stessi cercando di evitargli uno schianto per terra starei tremando di vergogna. La schiena fa male per il peso opprimente. Mi sento trascinare verso il basso. Manca pochissimo al letto. Continuo a stringere le braccia, i suoi piedi strisciano per terra. Le gambe mi fanno già male e sento una piccola fitta di dolore nel torace. “No, per favore, non adesso!”
Iniziano a tremarmi le ginocchia, devo resistere. Erwin non dà segni di coscienza piena quindi non se la prenderà per quello che sto per fare. Appena sento il bordo del letto dietro le ginocchia, prendo le ultime briciole di forza che mi rimangono e, con uno scatto, mi volto di lato lanciandoci sul letto. Erwin è sdraiato per metà sul letto, di schiena; io sono appoggiata su di lui ansimante. Per quanto ambigua, la situazione è migliore rispetto a quella di poco prima. Ora non sento il suo peso addosso e posso respirare. Mi lascio cadere sul letto al suo fianco e mi prendo un secondo per controllare se sono intera. Il torace non fa male quindi direi che è andato tutto bene; liberata dal suo peso mi sento leggerissima. Solo ora che non devo preoccuparmi di portare Erwin sul letto realizzo quanto siamo stati vicini. Che vergogna! Sentivo il suo respiro sul collo...
Mi sento arrossire. Ripensando al suo calore, al contatto, al suo profumo, al quale non avevo prestato troppa attenzione, mi sento attraversare da un brivido. Comunque lui era incosciente quindi non si ricorderà nulla di quel che è successo!
Mi sento leggermente più tranquilla; decido che non gli racconterò mai come ho fatto a portarlo fin sul letto.
“A proposito, è meglio se lo metto in una posizione decente...”
Mi alzo e sospiro, “ Ah cosa non si fa per -”
Per? Per cosa...? Per simpatia? Per rispetto? Per... Amore?
Perchè mi preoccupo così tanto per Erwin?
Forse mi sento in debito per tutto quello che ha fatto quando ero io a stare male oppure sono io che voglio assicurarmi che lui stia bene oppure lo faccio perchè voglio solamente stargli vicina perchè con lui mi sento al sicuro?
Decido di non pensare a queste stupidaggini! No, no, no! Caccio questi pensieri stupidi!
“Concentrati Vale, hai un orso da spostare adesso!”
Osservo Erwin: è sdraiato sul letto fino alle ginocchia, le braccia lungo i fianchi. Indossa ancora gli stivali, glieli sfilo e mi prendo pure un attimo per paragonare i miei coi suoi. Quanto sono grandi?!? Sono enormi! Il mio piede sembra quello di un bambino in confronto. Sistemo gli stivali in fondo al letto e penso a come poterlo posizionare sdraiato al posto giusto. È a metà del letto, se lo giro dovrebbe essere quasi sdraiato dritto. Il problema ora è: come faccio a girarlo? Sollevarlo è impensabile per me; forse se …
Mi avvicino a lui:
- Scusa, ma devo farlo!
Gli afferro i piedi, li alzo e inizio a spostarmi verso il fondo del letto trascinandolo con me. Spostando le gambe in questo modo ora è quasi sdraiato diritto. I piedi però escono dal fondo, ma quanto è alto? Torno a lato del letto, gli metto le mani sotto le braccia e gli raddrizzo il busto per bene. Ora la parte difficile: devo tirarlo su fino a fargli poggiare la testa sul cuscino.
Prendo un respiro e, spingendo da sotto le braccia, provo a spostarlo. Sembra ancora più pesante di prima. Non si sposta di un centimetro!
I miei piedi scivolano sul pavimento. Non c'è nulla da fare: è come provare a spostare una montagna. Mi siedo sul bordo del letto, osservandolo. Il viso è tornato arrossato e un velo di sudore gli copre la fronte, dovrebbe cambiare i vestiti ma non mi azzarderei mai a spogliarlo senza chiedergli il permesso, dopotutto è pur sempre il capitano della mia legione.
Vedo che sulle braccia ha la pelle d'oca, purtroppo non posso nemmeno provare a infilarlo sotto le coperte: vi è sdraiato sopra. Respira regolarmente, questo mi rassicura un poco. Ha i capelli sparsi sul viso. Non so che parte di me me l'abbia comandato ma avvicino una mano al suo viso e glieli sposto a lato, come è solito fare lui. Mi trovo ancora più stupita da quel gesto quando noto che è lo stesso che lui, stamattina, ha fatto per me. Sorrido leggermente. Credo di stare per arrendermi all'idea che mi ronzava in testa da un po': forse, ma solo forse, Erwin un poco mi piace.
Fermo la mano sulla sua guancia, è bollente. Prima di andare e prendere qualcosa per rinfrescarlo voglio che si svegli. Non vorrei mai pensasse che l'abbia abbandonato.
- Sei un disastro... - sussurro sfiorandogli lo zigomo. Ringrazio il cielo che non abbia provato a rimettersi le cinghie, sennò chissà come l'avrei trovato. Mi stupisco di vedere la mia mano sul suo volto. Subito la allontano: non vorrei si svegliasse trovandomi così. Vado verso il camino: voglio accendere il fuoco per riscaldare la stanza. Sistemo alcuni dei vecchi ceppi non del tutto bruciati che sono nella cenere, ne aggiungo altri e inizio a lavorare con i fiammiferi. Come mio solito ci impiego pochissimo a creare una fiamma resistente e rimango accovacciata ad osservare il colore del fuoco. È affascinante vedere come le lingue delle fiamme danzino, intrecciandosi e sciogliendosi, scorrendo verso l'alto. Sento il calore del fuoco scaldarmi le guance, finché non pizzicano. Mi domando come sia possibile che Erwin, un uomo cosí grande, che dà l'impressione di essere indistruttibile, sia stato messo fuorigioco da un temporale. Evidentemente era ammalato già da prima, ma non lo dava a vedere, oppure un accumulo di stanchezza ha sfogato una reazione così esagerata. Ultimamente era sempre molto impegnato, capitava anche che saltasse alcuni pasti.
“ Poi dice a me di fare colazione per non svenire! Quando si sveglia mi sente!”
Ravvivo il fuoco e un colpo di tosse alquanto forte attira la mia attenzione.
Mi volto e Erwin è sul letto con la mano alla bocca. Mi precipito verso di lui :
- Tutto bene?!
Smette di tossire e apre gli occhi lentamente; delle scintille di cielo mi colpiscono. Annuisce e prova ad alzarsi a sedere.
- Ti aiuto, fa' piano... - gli appoggio una mano dietro la schiena e con l'altra lo prendo delicatamente per il braccio.
Lui si guarda attorno perplesso, prende un respiro più profondo poi punta il suo sguardo nel mio:
- Perchè sono coi piedi fuori dal letto...?
La sua voce è ancora più roca e debole del solito; gli occhi lucidi accompagnano il sopracciglio inarcato nella sua espressione confusa.
Ha le guance arrossate e lo trovo adorabile.
Mi odio, mi odio perchè non è possibile che in un momento del genere io pensi a quanto sia affascinante Erwin piuttosto che pensare a come fargli passare la febbre o a rinfacciargli che è svenuto!
- Scusa ma non riuscivo a spostarti...
Mi spiace davvero, però non posso farci niente se lui pesa e io non sono forte quanto lui.
Mi sorride e mi sento scaldata dall'interno. Ho la conferma della mia stupidità: Erwin mi piace.
- Ho un po' freddo!
Mi ero dimenticata che non era coperto e che aveva addosso i vestiti ancora umidi.
- Ovvio! Devi cambiarti! Se tieni i panni bagnati non guarirai mai!
Parlo come per rimproverarlo ma non posso nascondere la mia espressione preoccupata.
Lui annuisce in silenzio, è ancora rosso in viso e sembra stanco. Non posso fargliela passare liscia! Se non fossi andata a vederlo in ufficio chissà quando l'avremmo trovato?
Voglio fargli notare la sua ingenuità ma quando vedo che porta le mani verso il petto e inizia a cercare di sbottonare la camicia, dimenticando di averla al contrario e senza trovare i bottoni, mi sciolgo. Si osserva la camicia per qualche secondo poi sembra ricordarsi:
- Ma che...? A già... Al contrario!
Mi guarda, quasi supplichevole, consapevole che non ce la farebbe mai a togliersela da solo.
Il mio cervello impiega qualche secondo per collegare ciò che mi sta chiedendo...
Ah...
“C-Cosa?!”
- A-Aspetta ti aiuto...!
Mi sorride e nel suo sguardo riconosco l' Erwin di sempre; sembrerebbe stia migliorando. Si gira mettendosi seduto sul bordo del letto, di fronte a me. Inizia a srotolare le maniche, che aveva rimboccato, nascondendo così gli avambracci chiari. Sistemate le maniche alza le braccia verso l'alto cosicché io possa sfilargli la camicia. Mi sembra di essere una mamma che aiuta il figlioletto a cambiarsi con l'unica differenza che Erwin è molto, molto più grande di un bambino. Mi avvicino per iniziare a sfilargli le maniche, lui allarga le gambe già divaricate per permettermi di avvicinarmi di più.
“Calma Vale... Stai calma!”
Sento il cuore battere all'impazzata: che vergogna!      
Sento i suoi occhi piazzati su di me, cerco di ignorarli però ho paura che possano leggere cosa provo. Prendo le maniche e tiro verso l'alto così da iniziare a sfilarle; essendo abbastanza larga decido che è meglio sfilarla dalla base la camicia. Alzandogli le maniche già si intravede una striscia di pelle al di sopra del bordo dei pantaloni.
“Oddio!”
Mi impongo di stare calma, non è nulla. Noto che gli ho alzato la camicia fino a coprirgli la bocca; i suoi occhi ora sembrano ancora più penetranti. Afferro i bordi della camicia e inizio a sollevarla. Man mano che le mie braccia si alzano, la pelle in vista aumenta, finchè mi ritrovo davanti Erwin a torso nudo.
“O-Ok...”
Dire che mi sembra di essermi fatta un salto nel fuoco del camino non basterebbe a spiegare il calore che sento. È lì, seduto tranquillo, come se nulla fosse mentre io tremo dall'interno. Mi sento lo stomaco vuoto e sono percorsa da innumerevoli brividi. I miei occhi non riescono a staccarsi da Erwin. Seguo la collana verde che cade perfettamente sul suo petto posizionandosi sullo sterno. Le clavicole risaltano alla base del collo; il mio sguardo scorre su una di esse fino ad arrivare alla spalla. Il deltoide è delineato e si collega al bicipite sodo. La sua pelle ha una tonalità chiara che si intona perfettamente al colore dei capelli. Tornando con lo sguardo al verde del ciondolo mi perdo a contemplare il suo petto. I muscoli perfetti, la pelle liscia, le ombre create dai pettorali sulla pelle del ventre, tutto l'insieme mi tolgono il fiato. Gli addominali perfettamente scolpiti accompagnano lo sguardo verso il basso; da sotto l'ombelico parte una striscia di peluria che condurrebbe la mia attenzione ancora più in basso se non mi imponessi di controllarmi.
“Sono un'idiota!”
Mi rendo conto solamente adesso che sto fissando Erwin così attentamente.
“Che vergognaa!!!”
Mi sento bollire, vorrei sotterrarmi quando, alzando gli occhi, trovo i suoi puntati nei miei.
Quelle due pietre azzurre mi imbarazzano tremendamente ora che ho più chiaro cosa provo per lui. Il cuore mi rimbomba nelle orecchie. Non riesco a sostenere lo sguardo e, ignorando il suo sorriso accennato, faccio finta di niente e mi sposto verso il camino. Ora che non lo vedo più, cerco di calmarmi. Provo a respirare, non più sicura di ricordarmi come si faccia.
“Che fisico...!” mi mordo il labbro ripensando al suo petto ampio. Sapevo che Erwin doveva avere un bel corpo, anche da vestito si notava la struttura muscolosa, ma non ero pronta a vederlo così e così da vicino. Mi sarebbe bastato avvicinare la mano di poco per poter sentire la sua pelle sotto le mie dita.
“Vale concentrati!”
Devo smetterla di pensare a lui, almeno per un secondo. Per aiutarmi faccio una lista delle cose da fare: mettere la camicia ad asciugare, mettere i pantaloni ad asciugare, prendere dell'acqua fredda, avvisare gli altri.
Mi concentro sul primo punto. Prendo la sedia della scrivania, sbottono la camicia e la appoggio sullo schienale, avvicinando la seggiola al camino.
Punto uno, fatto!
Punto due, i pantaloni. Mi volto per andare da Erwin e mi blocco.
“Cosa?!”
Il mio sguardo è di nuovo catturato dalla sua figura. Quando gli occhi cadono verso il basso ventre avvampo.
“No, a quelli ci pensa lui!”
Erwin mi guarda in silenzio, sempre seduto a torso nudo. Non credo si renda conto che anche solo così potrebbe farmi svenire. Cerco di ricordare come si faccia a parlare:
- To-Togli anche i pantaloni... I-Io ti cerco un'altra maglia!
Annuisce in silenzio, io mi volto verso l'armadio così da dargli le spalle e permettergli di spogliarsi senza essere osservato. Apro le ante e non trovo nessuna camicia.
- Nel primo cassettone.
La sua voce sembra tornata quella di sempre, solo leggermente più roca. Mi abbasso per aprire il cassettone e trovo delle maglie ripiegate ordinatamente.
“Amo quest'uomo!” è veramente ordinato!
“No aspetta che?!” non credo a quello che ho pensato! Sto impazzendo, completamente!
Mi concentro sulle maglie, forse è meglio una a maniche lunghe così ha meno freddo.
Da dietro sento le lenzuola muoversi e sfregare mentre Erwin si sfila i pantaloni. Ormai mi sono abituata al bollore delle mie guance. Scelgo una maglia bianca a maniche lunghe di cotone, così andrà bene sia che avrà caldo che freddo.
Mi alzo e cerco dei pantaloni tra quelli che tiene appesi.
- Non li voglio i pantaloni...
- P-perché? - mi volto a guardarlo confusa, dimenticandomi che avrei potuto trovarlo sdraiato sul letto in mutande. Fortunatamente ha avuto l'accortezza di infilarsi sotto le coperte.
- Non mi piace dormire coi pantaloni... e poi ho sempre caldo lì sotto! - mi fa l'occhiolino.
Mi sento mancare.
Che imbarazzo! Spalanco gli occhi incredula!
- Sto scherzando Vale! No davvero era una battuta! Io non so perchè l'ho detta...
Respiro, mi avvicino per portargli la maglia. Lui è seduto con le gambe coperte ma il torace ancora in bella mostra.
- Ti prego non ascoltare quello che dico! Io...- inizia a parlare osservandosi le grandi mani – mi sembra quasi di essere sbronzo, non so perchè...
Mi guarda e mi sorride imbarazzato. Le guance arrossate incorniciano gli occhi resi lucidi dalla febbre.
- È colpa della febbre, sta tranquillo.
Gli sorrido a mia volta, incantata dai suoi occhi.
- Mi perdoni per lo scherzo di prima? Hai fatto una faccia...
- Sì,certo! È solo che non me l'aspettavo proprio! Mi hai presa in contropiede!
Lui annuisce e continua a guardarmi; arrivata al bordo del letto gli porgo la maglia.
Nonostante sia ancora a torso nudo ora la mia attenzione non ricade sul suo fisico ma resta fissa ai suoi occhi. Fa per prendere la maglia dalle mie mani quando appoggia una delle sue sulla mia. Con una mano prende la maglia mentre con l'altra cinge la mia mano fredda. È una delle cose di me che non capirò mai: ho le mani fredde sempre, nonostante io abbia quasi sempre caldo. Proprio ora mi sento bollire; mi tiene la mano e punta lo sguardo lì. Io continuo a guardarlo, incapace di spiegarmi il perchè di questo gesto. La mia mano è piccolissima rispetto alla sua ed è gelida. Sento un brivido in pancia, ho caldo e il cuore batte veloce. Sono affascinata dalla delicatezza della sua presa. Chiude gli occhi e avvicina la mia mano alle sue labbra, lasciandovi poi un bacio leggero. Rimango senza parole, sorpresa.
“Perché..?”
Non comprendo il perché ma sento le sue labbra morbide sulla mia pelle; sono calde e delicate. Sento il suo respiro pizzicarmi la mano appena prima che la allontani lasciandola andare.
- Grazie...
Sussurra solo questo. Io non so che rispondere; alza gli occhi e mi sorride leggermente. Credo noti la mia espressione confusa:
- Non so che fine avrei fatto senza di te.
- Probabilmente ti avremmo trovato svenuto da qualche parte... - la mia voce mi suona lontana. Lui sorride facendo così sorridere anche me.
- Forse hai ragione...
Si infila la maglia e si mette a sedere con la schiena contro al muro.
Prende un respiro profondo, con gli occhi chiusi. Il suo volto arrossato è comunque bellissimo. Subito la tranquillità del momento è rotta da un violento colpo di tosse. Erwin si piega in avanti, con la mano sulla bocca, tossendo rumorosamente.
- Come ti senti? - gli appoggio una mano sulla spalla, lui tiene ancora gli occhi chiusi.
- Mi fa male la testa, mi sento stordito, però non ho più freddo...
- Fammi sentire la febbre. - gli poggio una mano sulla fronte e ancora una volta non capisco la temperatura a causa delle mie mani fredde. Gli sposto i capelli e appoggio la punta del naso, scotta ancora, e tanto. Per caso il mio sguardo cade sulla sua mano, quella che aveva appoggiato sulla bocca, e vedo che è rossa. Subito mi allarmo: è sangue. Se inizia a tossire sangue non va affatto bene!
Apre gli occhi e mi guarda confuso; lo prendo per le spalle e lo guardo preoccupata.
- Erwin, come ti senti?!
Non vorrei perdesse ancora conoscenza, sarebbe un bel problema. E se dovesse addormentarsi e soffocare col sangue? E se ha un'emorragia interna dovuta a non so che?
- Mi sento un po' stanco, tutto qui... - la voce è sicura, nonostante sia debole.
- Te la senti di stare da solo per un attimo? - devo avvisare qualcuno e in fretta.
Lui annuisce guardandomi con occhi sicuri, ricambio lo sguardo.
- Torno subito!
 Esco dalla stanza chiudendomi la porta alle spalle. 
“Devo trovare Petra!”

In poco più di tre minuti di corsa spericolata per la base trovo Petra in refettorio. Nel frattempo scopro che circa metà legione è raffreddata o con la febbre; appena mi vede e nota la mia espressione preoccupata si alza:
- Che è successo? Hai avuto un attacco?
- Erwin!- prendo fiato- Tossisce sangue!- ancora un respiro- Non so che fare!
- Portami da lui!
Petra ha un tono sicuro, non sembra affatto preoccupata. Inizio a correre verso la camera di Erwin, non sono affatto tranquilla.
“E se fosse svenuto? O se è stato male mentre non ero con lui?!”
Petra mi distoglie dai miei pensieri:
- La legione è per metà fuori gioco, abbiamo altri con la febbre alta, ma nessuno che sta male come Erwin in base a quello che hai detto potrebbe essere grave! Da quanto è così?
- Hem...- mi concentro, provando a non pensare a lui – L'ho trovato nel suo ufficio meno di un'ora fa, credo.
Lei annuisce in silenzio; siamo arrivate. Spalanco la porta, preoccupata come non mai, ed Erwin è seduto come l'ho lasciato: con le spalle contro al muro e il cuscino dietro la schiena.
- Sei veramente veloce.
È questa la prima cosa a cui pensa?! È malato e lui pensa alla mia velocità?!
Sta delirando!
- Hai tossito ancora? C'è altro sangue? - ci avviciniamo e lui ci guarda perplesso.
- Sangue? Perché?
- Come perchè?! Erwin stai talmente male che non te ne rendi conto!
I suoi occhi confusi incrociano i miei, mi avvicino ancora di più per prendergli la mano sporca e mostragliela.
- Quando hai tossito ti sei macchiato di sangue... Non te ne sei accorto?
Lui sposta l'attenzione sulla sua mano, la mia, che gli sta circondando il polso, è fredda.
Ha il viso ancora arrossato, i capelli disordinati, ma quando parla la voce è normale:
- Non l'avevo notato... ma non sto così male insom-
- Certo che stai male! Ewin è sangue!
- Vale aspetta un secondo – interviene Petra avvicinandosi anche lei.
- Erwin sento qualcosa di starno? Riesci a respirare bene?
- Sì tutto normale, mi sento solo spossato...
- Però il sangue deve pur venire da qualche parte... - non capisco, come è possibile?
Erwin sembra concentrarsi un secondo per poi ricordarsi qualcosa:
- Deve essere perché mi sono morso la lingua mentre tossivo...
Mi guarda e accenna un sorriso; mi sento sbiancare.
-È improbabile! Non perderesti sangue, no, no no , deve esserci qualcosa di più! - non mi sembra possibile che qualcuno possa farsi così male mordendosi la lingua.
-Ma sì è per quello! Guarda, mi fa ancora male!
Finita la frase spalanca la bocca mostrandomi la lingua rosa. Su di un lato vedo una macchia rossa allargarsi: il sangue che fuoriesce dal taglietto.
- Tu? Ma come? Ma è tanto sangue, non può essere per questo.
- Bhè dipende da quanto forte si è morso, poi osservando bene la mano non è “ricoperta” di sangue, ci sono degli schizzi ma non troppo...
 -Quindi? Quindi? Tu non hai nulla di grave...?
Erwin richiude la bocca e fa spallucce. Mi sento alleggerita di un peso ma appesantita da un'altro: non sono più preoccupata troppo per lui ma in compenso ho fatto una figuraccia tremenda.
“Mi sono preoccupata così tanto per niente? Ho corso come una pazza per metà base inutilmente? Ma come ha fatto a mordersi la lingua mentre tossiva!?”
Rimango a bocca aperta, confusa e leggermente irritata. Prendo fiato e mentre espiro mi siedo per terra ruotando su me stessa e trovandomi con la schiena appoggiata al bordo del letto. Davanti a me vedo Petra che sorride gentile:
- Quindi era un falso allarme! - fa una leggera risata e io annuisco sconvolta.
Appoggio la testa al bordo del letto, chiudendo gli occhi e cercando di non arrabbiarmi.
- Mi spiace, non volevo farvi preoccupare... - sento che Erwin si muove sotto le coperte, forse si è raddrizzato a sedere mentre parlava.
- Nessun problema, ora vediamo di fare qualcosa per questa febbre – sembra essersi accorta del mio bisogno di una piccola pausa. Gliene sono grata.

      Petra è stata così gentile da portarci dell'acqua fredda ed un panno; ho fatto sdraiare Erwin ed ora lo sto osservando mentre sonnecchia. L'ora di cena è passata da un po', è tutto il pomeriggio che sono con lui e credo si sia scusato con me per l'agitazione che mi ha procurato almeno un migliaio di volte.
Ammetto che all'inizio ero arrabbiata, bhè non proprio arrabbiata ma infastidita. Però l'arrabbiatura mi è subito passata, l'importante è che lui stia bene. Purtroppo però mi sembra che la febbre stia salendo: è sempre rosso in volto e ora inizia ad agitarsi leggermente.
Sobbalza e apre gli occhi; quando mi vede sembra tranquillizzarsi un po'.
- Come ti senti? - gli prendo il panno dalla fronte per cambiarlo.
-Spossato... - risponde piano, io annuisco.
 - Hai fame? Freddo? - fa cenno di no con la testa, - hai fatto un brutto sogno?
Sembra non voler rispondere, poi mi guarda negli occhi, timido quasi.
- Diciamo di sì... Però ora va meglio
- Hem... vuoi parlarne? - non so che dire, non ho mai consolato nessuno dopo un incubo.
Fa ancora segno di no con la testa, dal suo sguardo noto che è turbato. Chissà che ha sognato?
- Posso fare qualcosa? - non voglio vederlo così giù, mi fa stare male. Mi manca lo sguardo vivace col quale commentava i mie progetti o il sorriso acceso che mi dedicava quando riuscivo a completare un incarico perfettamente. Ripensandoci ora, darei più importanza a quei piccoli dettagli, che mi scaldano dall'interno, adesso che so che sentimenti provo per lui. Non avevo mai considerato troppo i gesti che ci scambiavamo o le piccole distanze tra di noi in alcuni momenti di lavoro, però ora do più importanza anche ad un singolo sguardo.
E ora non voglio vederlo così preoccupato.
La risposata alla mia domanda arriva inaspettata come una stella cadente.
- Mi canti una ninna nanna?
Lui mi guarda coi suoi occhioni azzurri, come posso dirgli di no? Come posso dirgli che mi vergogno troppo?
- I-io... Ne conosco solo una, ma non è molto felice...
- Andrà benissimo finchè la canterai tu...
Perdo un battito, cosa? Mi sento arrossire ancora una volta. Distolgo gli occhi dai suoi; inizio a pensare che si diverta a mettermi in imbarazzo. Sono seduta su una sedia a fianco del letto; gli poggio il panno rinfrescato sulla fronte e prendo un respiro per calmarmi: nessuno della legione mi ha mai sentita cantare. Ma per lui, credo che farei questo e altro.
Però sono troppo imbarazzata, e se stonassi? Se non gli piacesse?
- Però io -, mi guarda intensamente e mi ritrovo ad annegare nell'azzurro dei suoi occhi, cedo.
- Va bene... - i suoi occhi sembrano brillare, sorride e appoggia la testa al cuscino voltandola leggermente per guardarmi meglio.
- No aspetta, però non guardarmi. Poi sbaglio...
- Ahahah come vuoi. -  ride e chiude gli occhi, gliene sono grata.
Ripenso alla ninna nanna di quando ero piccola, sento le parole tornare alla mente e la voce pronta. Ho paura di sbagliare e fare brutta figura, ma non posso rifiutarmi di farlo.
-  I remember tears streaming down your face when I said I'll never let you go... When all those shadows almost killed your light... I remember you said “Don't leave me here alone”, but all that's  dead and gone and passed tonight... 
Just close your eyes, the sun is going down, you'll be alright, no one can hurt you now, come morning light, you and I'll be safe...and... sound...
Don't you dare look out you window, dargling everithing's on fire... the war outside our door keeps raging on... hold on to this lullaby, even when the music gone... Gone...
Just close your eyes, the sun is going down, you'll be alright, no one can hurt you now, come morning light, you and I'll be safe...and... sound... -
Quando finisco lui apre gli occhi lentamente e si alza a sedere togliendosi il panno dalla fronte.
- Wow... - sussurra e ,sorridendo, mi guarda. Anche da seduto è più alto di me; siamo quasi uno di fianco all'altro, solo che guardiamo in direzioni opposte.
 -Ora va meglio? - spero di averlo calmato un po'.
 -Direi proprio di sì... Sei consapevole del fatto che ora vorrò sempre che tu mi canti qualcosa?
Mi sfugge una risata e lui si unisce a me. Evidentemente ha apprezzato la ninna nanna.
Le guance rosse risaltano in contrasto coi capelli chiari e ancora disordinati. Anche le labbra son rosse mentre ora gli occhi sono quelli di sempre. Noto che alza un braccio e, proprio come stamattina, avvicina una mano al mio viso. Ancora mi sposta il ciuffo dietro l'orecchio però questa volta appoggia la mano sulla mia guancia. Non so quale delle due sia più calda, se la sua mano o la mia guancia. Lo guardo, mi sento tremare dentro; un brivido mi percorre. I nostri occhi sono come collegati da un filo invisibile: non riesco a distogliere lo sguardo da quegli scorci di cielo.
- Sei consapevole del fatto che, se essere malato mi permetterebbe di averti sempre con me, vorrei essere malato per sempre?
Mentre parla non distoglie gli occhi dai miei. Io ci metto un attimo a capire che intende: sono troppo agitata. Mi sento bruciare dentro e quando capisco che ha detto il caldo aumenta. Strabuzzo gli occhi quando improvvisamente non vedo più i suoi e sento qualcosa di caldo e morbido sulle labbra.
“O MIO DIO!”
Una scossa mi percorre da capo a piedi prima che io mi sciolga.
Erwin mi sta baciando!
I miei occhi si chiudono e tutta la mia attenzione, se così si può ancora definire, si concentra su quel contatto delicato che ci unisce. La sua mano è sempre sul mio volto; le sue labbra sono calde e tremendamente morbide, il suo tocco è delicato. Sento un'esplosione dentro di me, sento il fuoco sciogliermi lentamente. Non respiro, sono paralizzata, tesa come una coda di violino: non so come reagire. Percepisco il suo respiro leggero sulle guance, il suo pollice mi sfiora lo zigomo. Non dura molto, solo pochi secondi, prima che lui si allontani lentamente. Stupendomi accetto a malincuore le distanze e apro gli occhi quando sposta la sua mano dal mio viso. Scommetto di essere più rossa della coperta.
Lui mi guarda e mi sento sciogliere di nuovo. Il cuore batte all'impazzata, ancora sorpreso da queste emozioni improvvise.
- Io... Scusa non so che sto facendo. - Erwin diventa ancora più rosso e sembra imbarazzato.
- Nessun problema... Anzi... Puoi stare ammalato per quanto vuoi, non ti lascio solo.
Cosa ho appena detto?!
Non so quale parte di me abbia parlato, ma ora mi vergogno di quello che ho appena detto. Guardo da un'altra parte così da non incrociare il suo sguardo, che vergogna!
- Grazie...
Ancora non ci credo! Insomma ormai mi ero arresa all'idea di essermi innamorata, ma ricambiata? Mi sento “sollevata” , euforica ma sempre tremendamente imbarazzata.
Torno a guardarlo, è sempre rosso e sembra ancora stanco. Sarebbe meglio se ora però riposasse, non vorrei peggiorasse. Prendo coraggio e cerco di mettere da parte per un secondo le emozioni:
- H-hai avuto la ninna nanna ora dormi, ok? - provo a sembrare calma.
- Ho avuto anche il bacio della buona notte... Direi che posso dormire sogni tranquilli!
Cerca i miei occhi coi suoi e non riesco a negargli questo contatto, leggo nel suo sguardo una tenerezza infinita.
Sorride e si sdraia, io gli rimbocco le coperte. Oddio che vergogna!
- Pensa a dormire ora...
- Dovresti dormire anche tu però, sdraiati un po'. - fa cenno verso il lato del letto libero; la voce assonnata.
-Quando è toccato a te controllarmi hai dormito poco e su una sedia, va bene così. Tu vedi di riposare e basta.
- Ma Val- , - Niente ma, Buonanotte!
Erwin sbuffa arrendendosi e si sistema sul cuscino, due minuti dopo sta dormendo. Invidio il fatto che si riesca ad addormentare così velocemente. Evidentemente la febbre lo ha sfinito. Mi prendo tutto il tempo del mondo per contemplare il suo viso addormentato. Ora che non può vedermi non mi vergogno di mostrare il rossore del mio volto mentre ripenso a quel bacio. Sorrido. Mi sistemo meglio sulla seggiola e dopo qualche ora il mio buon proposito di non addormentarmi và a farsi benedire: crollo, per metà appoggiata al letto, così come Erwin aveva fatto sulla scrivania, al suo fianco.

 


Angolo scrittrice: rieccomi! Innanzitutto grazie  per aver dedicato del tempo alla lettura della FF.
Scusate l'attesa! Purtroppo in corso d'opera ho cambiato alcune cosette e questo ha richiesto più tempo per completare il capitolo. Spero vi sia piaciuto; finalmente ora i nostri due protagonisti si sono “avvicinati” !  ;)  Nel prossimo capitolo apparirà un nuovo personaggio che creerà un po' di “subbuglio” ( se così si può definire, non credo sia la parola esatta...) tra i nostri due innamorati.
Come sempre commenti e recensioni ben accetti! Soprattutto se siete perplessi riguardo a qualche aspetto della FF.
Alla prossima!
Un bacio
    Ombra

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Capitolo 5
*** No one can hurt you now ***


Parla la scrittrice: mi scuso in anticipo ma questo capitolo è più lungo dei precedenti! Spero non lo troviate troppo peante :/
Buona lettura!


~Sento il naso pizzicare. Apro gli occhi e scopro la mia posizione: seduta sulla sedia, appoggiata col torace sul letto, la testa appoggiata su un braccio piegato, una mano allacciata a qualcosa.
“A cosa?”, alzo la testa e vedo le mie dita intrecciate con quelle di Erwin. Subito sento il cuore iniziare a battere più velocemente, anche solo un contatto così semplice mi imbarazza. Sono sicura di non essere stata io a prendergli la mano, non ne avrei mai avuto il coraggio.
Mi sento una stupida: posso correre verso un titano senza nessun timore ma non riesco a prendere per mano Erwin senza arrossire. Sorrido leggermente guardando come dorme tranquillo. La testa appoggiata di lato sul cuscino, i capelli arruffati e le guance ancora arrossate. Noto che non ha più il panno sulla fronte; sul comodino vedo il libro che stavo leggendo prima di addormentarmi e sul quale avevo appoggiato il braccio. Erwin deve essersi svegliato, avermi spostato il libro da sotto il viso e deve avermi preso la mano. Sento un brivido nello stomaco, non sono abituata a certi gesti. La sua mano è grande e la pelle leggermente ruvida a causa del continuo uso delle lame. Le unghie sono arrotondate e seguono la forma delle dita; per un po' mi concedo di concentrarmi solo sul calore della sua mano contro la mia.
Mi torna in mente ciò che è successo ieri. Mi sento tremare dall'interno, è stata una sensazione particolare. La sorpresa del gesto unita alla delicatezza del suo tocco mi hanno condotta in un vortice di emozioni indescrivibili per me: non mi era mai capitato prima.
“Come devo comportarmi ora?”, meglio far finta di niente? Meglio prendere la cosa seriamente e parlarne subito?
“No, non voglio parlare! Che vergogna!”
Decido che continuerò a fare come sempre, anche se sarà più difficile di prima visto quel bacio.
Riporto la mia attenzione al suo viso, le labbra rosate sono tremendamente invitanti.
“Ma che vado a pensare!?”
Sciolgo le nostre dita e decido di andare a prendergli qualcosa da mettere sotto i denti, è da ieri che non mangia nulla. Prima di uscire gli sistemo le coperte e il panno sulla fronte, sperando che non se lo tolga ancora. Silenziosamente mi avvio vero la porta; mi volto a guardarlo, dorme ancora così come si è addormentato ieri sera.
Dalla cucina prendo dei biscotti e una mela, però non mi sembra il caso di portargli del caffè...
“Servirebbe del thè!” penso a dove possa trovarlo e subito mi salta alla mente l'immagine di Levi che, al posto del caffè come tutti noi, sorseggia Thè caldo a colazione.
Mi avvio verso la sua stanza, so dove sia ma non ci sono mia entrata. Arrivata davanti alla porta busso come mio solito e la domanda che proviene dall'interno mi stupisce:
- Chiunque tu sia sei malato? - la voce del caporale arriva attutita dalla porta.
- Sono Vale... e non sono malata - sono perplessa.
Da dietro la porta sento armeggiare con la serratura finchè questa non scatta e vedo comparire Levi.
Cerco di trattenere una risata. Ha il suo foulard tirato fin sopra il naso, come se fosse una mascherina per coprire la bocca. Si vedono solo i suoi occhi piccoli e stretti che mi osservano guardinghi. I capelli neri e lisci sono spettinati.
- Sì, non sembri malata. Che c'è?
- Sono qui per chiederti del thé per Erwin... Ha la febbre alta e forse questo potrebbe farlo star meglio.
Ho paura che mi sbatta la porta in faccia visto lo sguardo assassino che mi dedica.
- Io non condivido il mio thè con nessuno... -  “ora mi picchia!”, sono leggermente preoccupata; i nostri occhi sono alla stessa altezza. Noto che il suo sguardo cambia:
- Per questa volta farò un'eccezione! Ne vuoi anche tu? - si toglie il foulard dal viso e mostra il suo nasino arrossato.
- Io no grazie. Ma sei malato?
- Raffreddato! E non voglio peggiorare quindi non ho parlato con nessuno per tutto il giorno ieri!  sparisce da qualche parte al di là della porta.
- Come sai che son tutti malati allora?
- Hanjie era messa male e ha avuto il coraggio di venire a cercarmi! E poi sai che ha fatto? Lo sai che ha fatto?! Mi ha starnutito addosso! - ricompare da dietro al porta e mi spavento vedendo i suoi occhi pieni di odio, - Io la soffoco mentre dorme quella pazza!
Si gira con uno scatto per starnutire.
- Salute! Se può consolarti tu sei ancora messo bene... Erwin è svenuto e delirava un po' ieri...
Levi strabuzza gli occhi;
- In che senso “delirava” ?
- Nel senso che parlava a vanvera e sembrava, non saprei, ubriaco quasi. Però non sempre, solo quando la febbre saliva!
Fa un mezzo sorriso e annuisce leggermente facendo muovere i capelli neri.
- Avrei voluto vederlo! - storce la bocca deluso mentre mi porge una bustina con le foglie secche di thè e un filtro – Ecco, lascialo in infusione almeno tre minuti!
Si volta ancora e starnutisce.
- Salute! Grazie mille Levi, ti devo un favore! - lui scuote una mano.
- Me ne ricorderò!
Saluta e chiude la porta. È sempre molto socievole. Mentre mi allontano sento ancora uno starnuto provenire da dietro la porta della sua stanza.
“Povero Caporale!”

         
Tornata da Erwin con biscotti, mela e thè infuso, noto che sta ancora sonnecchiando.
Il suo torace si alza e si abbassa regolarmente, ha una mano poggiata sul ventre. Tolgo il panno dalla sua fronte, gli scosto i capelli spettinati e poggio le mie labbra sulla sua pelle. È ancora caldo, ma molto meno di ieri. Sento il suo profumo e senza pensarci lascio un bacio leggero sulla sua fronte prima di allontanarmi.
“Vale sei cotta!” , sì sono senza speranze. Vederlo così calmo mi tranquillizza; sono certa che potrebbe dormire ancora per ore però decido di svegliarlo oppure il thè si raffredderà troppo. Come posso fare?
Mi torna alla mente un ricordo risalente agli anni di addestramento: Felix addormentato sul banco e io che lo sveglio tappandogli naso e bocca.
Felix...
Da quanto è che non penso a lui? Da quanto non penso a tutti i miei compagni?
Una fitta di malinconia mi taglia il cuore, chiudo gli occhi per concentrarmi e non far scorrere le lacrime che sento preparate sotto le palpebre. Prendo un respiro profondo, cercando di tornare a concentrarmi su Erwin. Mi ritorna alla mente il nostro primo incontro, quando mi ha salvata e poi mi ha accompagnata a cavallo. Era lo stesso giorno in cui Felix morì...
In quella missione ho perso un amico e dei compagni ma ho conosciuto lui... non so se essere felice o triste.
“Il passato è passato, arrenditi Vale” , per una volta mi do ragione.
Ritorno al presente: devo svegliare Erwin. Mi siedo sul bordo del letto e appoggio una mano sulla sua spalla.
- Erwin... Erwin, svegliati... - lo scuoto leggermente. Non sembra minimamente infastidito.
- Erwin – lo punzecchio con un dito sulla spalla, non si muove nemmeno.
- Erwin! -  provo a scuoterlo con più forza. Niente, continua a dormire come se nulla fosse. Decido di passare alle maniere forti: faccio davvero come con Felix e gli tappo il naso.
Finalmente scuote la testa in segno di protesta e mormora qualcosa dopo che ho allontanato la mano dal suo viso. Mi rendo conto solo ora della brutalità del mio gesto! Lui non l'avrebbe mai fatto a me!
- Scusa, scusa, scusa! - inizio a dire prima che lui apra gli occhi, credo ancora traumatizzato dal brusco risveglio. Si porta una mano al volto e con l'indice si picchietta il naso, è adorabile!
Finalmente apre gli occhi e accenna un sorriso.
- Hai strani modi per svegliare le persone... - sbadiglia coprendosi la bocca con la mano.
- Scusa, ma con la gentilezza non ti svegliavi quindi ho dovuto provvedere... - accenno un sorriso imbarazzato, chiedendo ancora scusa con gli occhi. Appena incrocio il suo sguardo mi sento scaldare dall'interno.
- Hai fatto bene! - prende un respiro e si alza a sedere. Stende le braccia sopra la testa, scrocchiando le dita intrecciate. Mentre alza le braccia gli si solleva la maglia, lasciando intravedere una striscia di pelle sul fianco; da sotto le coperte spuntano le mutande nere.
Mi sento arrossire e distolgo lo sguardo. Faccio per dirgli della colazione quando un brontolio di stomaco mi sorprende. Erwin si mette una mano sull'addome e mi guarda mordendosi il labbro: - Ho un po' fame!
Mi sorride imbarazzato e non riesco a trattenere una risata.


       Dopo che ha fatto colazione e si è cambiato, sempre lontano dalla mia vista, io ho rifatto il letto e ora stiamo andando verso il suo ufficio. Erwin si è ripreso rispetto a ieri, sta molto meglio. Tossisce ogni tanto ma non violentemente come la notte scorsa. È comunque sempre rosso in volto e questa cosa non mi dispiace affatto: il rossore delle guance lo rende ancora più affascinante. Finito il thè ha subito voluto cambiarsi per tornare al lavoro, ho provato ad appormi ma alla fine ho ceduto poiché ha promesso che non si sarebbe stancato troppo. Camminiamo vicini lungo il corridoio, le nostre braccia si sfiorano ad ogni passo. Sento il suo profumo leggero, mi piace troppo. Siamo in silenzio e non me la sento di parlare, non saprei nemmeno che dire. Sento i suoi occhi puntati su di me ogni tanto, ma non riesco a ricambiare lo sguardo; non so come comportarmi. Ora che il silenzio ha preso posto sono tornata alla scena di ieri, al bacio e alla ninna nanna. Ripenso a quanto sia stato delicato il suo tocco. Sorrido leggermente. Non abbiamo accennato a quello che è successo, ma sento che qualcosa tra di noi è scattato. Come se fino ad ora ci fosse stato un vetro tra noi due, leggermente incrinato sin dall'inizio, da quando ero io a stare male e ora questo si sia crepato più in profondità, pronto ad andare in mille pezzi.
Trovo conferma di quello che penso quando sento le sue dita sfiorare le mie e il suo mignolo posizionarsi tra il mio pollice e il mio indice.
- Posso? - la sua voce è timidezza pura. Mi sento arrossire ma non riesco ad allontanarmi. Per tutta risposta avvicino la mia mano alla sua e le allacciamo tra loro.
- Hai le mani fredde, stai bene? - la sua voce ora suona preoccupata.
- Sì sì, sono sempre così ma non so perchè. - finalmente riesco ad alzare gli occhi verso i suoi e quando incontro quei due squarci di cielo sorrido per rassicurarlo. Lui sorride a sua volta e continua a stringermi la mano. Cerco di ignorare il mio cuore che batte tremendamente veloce. Mi concentro sul respirare con calma, senza lasciarmi sopraffare dalla situazione. Sentiamo delle voci in lontananza, qualcuno sta arrivando dal corridoio di fronte a noi. Subito allontano la mano da quella di Erwin e incrocio le braccia. Dei soldati sbucano dal lato e ci sorpassano salutando, non posso non notare che hanno quasi tutti un fazzoletto in mano. Noto anche che Erwin, dopo aver ricambiato il saluto, continua a camminare guardando in basso. Ci impiego un secondo a comprendere che la sua espressione sembra quasi scoraggiata o meglio rattristata. Quando comprendo che deve stato a causa del mio gesto mi insulto.
- Erwin scusa io- , mi interrompe – Tranquilla, non fa niente...
Mi sorride, la sua voce sembra normale. “Sembra”  ma non lo è.
Non ci credo sono un'idiota! Avevo paura che ci vedessero e non ho pensato che lui se la sarebbe potuta prendere! Ho solo pensato a nascondere il tutto!
Come posso riparare? Non sono brava in queste cose! Anche solo tenersi per mano mi imbarazza, come posso farmi perdonare senza vergognarmi?
“Ma che importa la vergogna?!” al diavolo la vergogna!
Presa da un impeto di coraggio mi riavvicino ad Erwin e avvicino la mia mano al suo braccio:
- Posso? - chiedo timidamente; il coraggio di prima è già sparito. Lui mi osserva leggermente perplesso e annuisce. Faccio scorrere il mio braccio dietro al suo e ci ritroviamo a braccetto. Lui mi guarda dall'alto, inarcando un sopracciglio. Io faccio spallucce:
- Scusami, sono un'idiota!
- Non pensarlo nemmeno! -  si ferma e mi osserva intensamente, - Hai tutto il diritto di, di non ricambiarmi...
“Cosa?!”
- No Erwin, hai- hai frainteso! - lo guardo dal basso, mi sento arrossire ancora di più. Lui continua a guardarmi. Gli occhi azzurri sembrano spenti della loro solita lucentezza.
- I-io, ho solo un po' vergogna... Degli altri... - distolgo lo sguardo imbarazzata.
- E anche di me. - cerca i miei occhi coi suoi.
- Non è vero! - Alzo la testa convinta di poter sostenere la mia opinione ma appena incrocio i suoi occhi so già di essere nel torto. Lui mi sorride dolcemente, mi fa sciogliere.
- È solo che... I-Io, non so come comportarmi... Sì, cioè, non saprei... Se gli altri ci vedono, io non so se...
Mi rendo conto di quanto io suoni ridicola: non riesco a formulare una frase compiuta quando devo parlare di ciò che provo!
Lui sorride e riprende a camminare verso il suo studio, ormai vicino.
- Stai tranquilla, ho capito cosa vuoi dire.
- È una cosa stupida?
- No, non è affatto una cosa stupida. Significa solo che sei piuttosto introversa, non c'è nulla di male in questo.
Ormai siamo arrivati, questa volta riesce ad aprire lui la porta e appena entrati si siede su uno dei due divanetti ai lati del tavolino centrale. La grande scrivania sul fondo della stanza è ancora ricoperta dalle carte di ieri. Mi avvio verso quest'ultima:
- Preferisci stare lì? - forse è meglio se sta comodo, almeno se gli viene un capogiro o si sente male si può sdraiare.
Lui annuisce mentre si sporge in avanti e appoggia i gomiti sulle ginocchia. Io prendo le carte sparpagliate e gliele porto. Appena arrivo vicina a lui picchietta con la mano al suo fianco, facendomi segno di sedermi. Mi siedo rimanendo dritta, senza appoggiare la schiena.
- Ti senti bene?
Mi sembra più stanco di prima, ma annuisce.
- Posso aiutarti?
- No, figurati, riesco da solo. Piuttosto, perchè non dormi un po'?
- Non ho sonno. - è vero non ho per niente sonno.
- Avrai dormito poco e scomoda, dai pro-, - Davvero Erwin, non ho sonno. Dimmi cosa posso fare!
Lui mi guarda e sospira arrendendosi. I suoi occhi sono belli come sempre, i capelli in ordine, sento dentro un certo pizzicore. Le nostre gambe si toccano, vorrei avvicinarmi ancora di più. Non so che mi prende ma vorrei dargli un bacio, vorrei risentire il suo tocco leggero sulle mie labbra. Continuo a ricambiare il suo sguardo, potrei annegare in quell'azzurro profondo. Ci avviciniamo quasi involontariamente; sento il suo profumo. Non riesco a sostenere il suo sguardo quindi chiudo gli occhi; i nostri nasi si toccano, percepisco il suo respiro sulle guance. Sento il solito calore scaturire all'interno, nel petto. Un brivido mi percorre, siamo così vicini...
Sobbalziamo allontanandoci quando qualcuno bussa alla porta.


L'aria è umida mentre cavalchiamo tra gli alberi. Dopo essere stati interrotti nell'ufficio di Erwin da un soldato che avvisava che metà legione era malata e non dava segni di miglioramento, ho insistito per far parte della squadra che sarebbe andata a cercare rifornimenti di paracetamolo. Inizialmente Erwin si era opposto alla mia scelta ma si è arreso quando gli ho fatto notare che io stavo meglio di ogni singolo soldato presente in base. Ha delegato Levi come capitano della squadra  e ora sto cavalcando al suo fianco, in quanto soldato con la salute migliore, lungo la via del ritorno. Vado fiera dei miei anticorpi: a meno che io non sbatta da qualche parte, come contro degli alberi, non sono mai costretta a letto.
- Hhecchiù! Cazzo!
- Salute! - Levi continua a starnutire e commentare molto finemente, lasciando intendere quanto sia felice di essere raffreddato.
- Passiamo dal lato di destra per il ritorno!
La sua voce è più roca del solito e sembra ancora più svogliato. Continuiamo a cavalcare veloci, col paracetamolo al sicuro nelle bisacce, sentendo più starnuti che parole.
Ci blocchiamo quando, arrivati al villaggio da attraversare, lo troviamo deserto. Mi guardo attorno: non c'è anima viva ma soprattutto alcune case sono per metà distrutte. Siamo sull'attenti, pronti a scattare per qualsiasi movimento sospetto, ma non ci sono giganti in prossimità, la pianura attorno è sgombra.
- Controllate se c'è qualcuno!
Levi smonta e si avvia verso le case sul lato destro, io lo imito dirigendomi a sinistra.
Ora l'aria risuona di richiami: - C'è nessuno? Siamo della legione esplorativa! C'è qualcuno nascosto?
Nessuna risposta, nessun movimento proveniente dalle case. La mia attenzione è attirata da una casa con un angolo distrutto, le macerie ricadono tutte attorno. Mi avvicino e sguaino le lame, mi avvicino: la porta d'entrata dà su una cucina disordinata. Entro e muovo qualche passo verso il centro:
- C'è nessuno?
Sono pronta a scattare, i nervi a fior di pelle anche se non capisco il perchè, dopotutto un titano non potrebbe mai nascondersi dietro una porta, ma non tutti i “cattivi” hanno le sembianze di un gigante. Potrebbero essere passati dei fuorilegge, quei pochi che sono riusciti a scappare dalle prigioni statali e si divertono saccheggiando e distruggendo villaggi.
Sento un rumore alla mia sinistra, mi volto di scatto preparando le lame. Un'anta di un armadietto poggiato a terra si muove leggermente. Piano, piano si socchiude finchè non intravedo un viso. Sbucano delle dita che aprono un poco l'antina e spunta un mezzo volto di bambino; gli occhi spaventati e la carnagione pallida. Abbasso le lame, potrei averlo spaventato. Lo guardo cercando di rassicurarlo:
- Puoi uscire, non voglio farti del male...
Il bambino osserva le lame diffidente, le rinfodero e gli mostro le mani ormai vuote. Mi inginocchio e accenno un sorriso. Subito esce dal nascondiglio e mi si fionda addosso, allacciandomi le braccia al collo. Essendo inginocchiata sono appena più alta di lui e quindi riesce ad abbracciarmi perfettamente. Rimango spiazzata da quel gesto.
- Ho avuto paura...
La sua voce trema, è debole. Le sue mani si stringono sulle mie spalle, lo abbraccio a mia volta delicatamente.
“Chissà che ha visto?” , se il villaggio è stato attaccato e lui è l'unico sopravvissuto, allora deve aver visto l'inferno stesso.
- Tranquillo, ora ci siamo noi!
Mi allontano e lo guardo negli occhi per rassicurarlo; una lacrima gli sta scendendo sul viso, se la asciuga con la manica della maglia. È piccolo, avrà quattro, cinque anni? Non saprei dargli un'età precisa. Ha i capelli neri e gli occhi di un colore verde scuro misto a blu, le guance sono cosparse da lentiggini leggere. Mi ricorda qualcuno, ma non riesco proprio a capire chi ora. Mi rialzo e vedo che mi arriva appena sopra il fianco. Mi prende la mano, senza chiedermi nulla, ma non me la sento di allontanarlo.
- Perchè hai dei coltelli così grandi?
Ora la sua voce sembra più calma, guarda perplesso la mia attrezzatura. Tira su col naso rumorosamente. Dovrei forse chiedergli che è successo? O è meglio se rimando?
- Per combattere i giganti...
- Quindi sei un soldato? - Annuisco.
- E sei anche un eroe? Sai anche mio fratello è un soldato! Lui dice tutti i soldati sono eroi! 
Mi guarda dal basso con gli occhi brillanti. Inizio a camminare verso l'esterno tenendogli la mano. Meglio rimandare le domande.
- Bhe, diciamo che io sono solo un solato. Comunque non so ancora il tuo nome...
Forse se lo faccio parlare lo distraggo dagli avvenimenti che deve aver vissuto. I bambini sono bravi a distrarsi velocemente e lui sembra molto incuriosito da chi sono e dal mio lavoro.
- Mi chiamo Leo soldatessa! E tu? - mi regala un sorriso brillante, sono riuscita a distrarlo.
- Io sono Valentina, ma tutti mi chiamano solo Vale. - gli sorrido a mia volta, cercando di nascondergli il turbamento che serbo dentro. Potremo portarlo in base o dovremo lasciarlo qui? Abbandonarlo sarebbe un gesto inumano, ma la legione non può accogliere i sopravvissuti agli assalti e, se la legge è uguale per tutti, allora vale anche per lui.
- Allora ciao solo Vale! - sventola la manina in segno di saluto. La sua convinzione nel chiamarmi così mi provoca una leggera risata.
- No, hai capito male! Vale, Vale e basta! - lui smette per un secondo di sorridere e sembra riflettere, arricciando la bocca, per poi capire che intendo. Le guance riprendono colore.
- Aaa, scusa Vale!
- Oh figurati...
Appena varchiamo la soglia uscendo all'esterno Levi, che stava tornando al cavallo e passava davanti a noi, si blocca osservandoci. Faccio per parlare ma sono interrotta da un suo starnuto.
- Salute...
Levi guarda me, poi sposta lo sguardo verso Leo, per poi tornare a osservare me e infine riposarlo sul bambino. La sua bocca è semichiusa, come se volesse domandare qualcosa ma non è ancora sicuro di quale domanda porre per prima. Torna ad osservare me, ora ha lo sguardo impassibile di sempre, l'espressione è tornata normale, tranne che per il naso arrossato.
- È l'unico rimasto. - lo dice col tono di sempre, nascondendo ciò che pensa dietro una maschera apatica. Una folata di vento scompiglia i capelli di entrambi, spettinando il mio ciuffo e smuovendo le sue ciocche corvine.
- Ciao io sono Leo! - questi sventola una mano verso Levi, che riabbassa lo sguardo su di lui. Così come a me anche a Levi il marmocchio arriva appena sopra la vita.
- Ciao piccoletto.
Il resto della squadra si è avvicinata, notando la situazione particolare. Levi non presta troppa attenzione a Leo e si avvia verso i cavalli. Sento che Leo mi tira una manica della giacca, invitandomi ad abbassarmi. Accosta una mano al mio orecchio e mi dice:
- Lui non è simpatico!
Gli faccio segno di fare silenzio, poggiando l'indice sulla bocca. Se Levi dovesse sentire le sue speranze di essere accolto in base sarebbero meno di zero. Gli altri della squadra ci osservano, leggo nei loro occhi la stessa domanda che mi frulla in testa: “E ora che fine farà lui?”.
Seguo il Caporale tenendo Leo al mio fianco; cammina veloce per stare al nostro passo.
Levi monta a cavallo, senza dire una parola. Dall'alto del destriero mi guarda e inarca un sopracciglio sottile:
- Che c'è?
Noto che tutto il resto della squadra è sparsa dietro di me, sento la tensione aumentare. Se dovesse dirmi che non possiamo portarlo in base, avrei il coraggio di oppormi a lui? Dopotutto è pur sempre il Caporal Maggiore Rivaille...
- Lo portiamo con noi? - la mia voce suona chiara. Non voglio far notare a Leo che sono preoccupata.
Levi mi osserva, per poi spostare gli occhi in quelli di Leo.
- Che cosa le hai detto nell'orecchio? Non mentire. - il suo sguardo mi fa rabbrividire. Leo rimane immobile e continua a guardare in alto verso Levi. Sì, credo che mi opporrei.
- Sto aspettando. - il suo tono è impaziente. Leo mi guarda e io mi arrendo all'idea di dire la verità. Il Caporale capirebbe subito se dovesse mentire, e questo peggiorerebbe solo la situazione, che comunque peggiorerà quando saprà cosa mi ha detto Leo. Quindi peggio per peggio meglio essere sinceri. Ammicco verso Levi e Leo risponde:
- Ho detto che sei antipatico!
Levi rimane immobile, Leo guarda verso il basso mentre io sento il cuore tremare. “È spacciato!” penso, mentre vedo Levi aprire la bocca, pronto a controbattere. Con mia grande sorpresa si volta e starnutisce per l'ennesima volta. Ritorna a osservarlo e gli spunta un accenno di  sorriso sulle labbra:
- Mi piaci piccoletto! Vieni con noi...


-Andate spesso a cavallo?
Leo non è stato zitto un secondo. Credo sia la centesima domanda che mi pone nel giro di mezz'ora.
- Durante le missioni... - non voglio costringerlo a stare zitto, dopotutto voglio ancora che rimanga distratto così da non ripensare a casa sua, di quello parleremo dopo con Erwin.
“Chissà come sta?”, spero la febbre gli si sia abbassata. Pensando ad Erwin ho un fremito, voglio vederlo. Finalmente siamo arrivati; smontiamo e inizio ad avviarmi verso l'interno della base.
- Vale aspetta!
Levi mi chiama e mi volto, prima che ci raggiunga si ferma per starnutire e imprecare per poi arrivare da noi. Ho avuto la prontezza di tappare le orecchie a Leo prima che sentisse il commento di Levi al suo starnuto.
- Il piccoletto lo porti da Erwin e direi che, visto che l'hai trovato tu e quindi hai avuto un'esperienza particolare durante la missione e che- capisco cosa sta per chiedermi e lo interrompo.
- No! Dai non il verbale! 
- Ti tocca! - fa spallucce sorridendo crudelmente.
- Dai Levi, già devo controllare Erwin-
- Giusto stamani hai detto che mi dovevi un favore! Scrivi il verbale e siamo pari!
Mi da una pacca sulla spalla, - Divertiti!
Sbuffo. Dopo ogni missione bisogna registrare un verbale nel quale si espone ciò che è accaduto e le eventuali scoperte. Non è un lavoro pesante ma io odio scrivere i verbali!
Mi avvio e sento Leo prendermi ancora la mano.
- Chi è Erwin?
Altre domande! No, basta! Sopporto e rispondo camminando verso lo studio.
- Erwin è il Capitano della legione.
Appena pronuncio queste parole vedo Leo illuminarsi. Faccio un mezzo sorriso anche io pensando a Erwin. Gli occhi di Leo brillano e socchiude la bocca:
- Quindi è il capo degli eroi?!
Scoppio in una risata.

Siamo alla porta dello studio, busso e dall'interno la sua voce arriva chiara e forte: sta meglio. Apro la porta per metà e infilo la testa nella stanza; Erwin è seduto su uno dei due divanetti e si volta a guardarmi. Appena incrocio il suo sguardo mi sento un formicolio in pancia, mi sorride e si alza per avvicinarsi.
- Iniziavo a preoccuparmi, tutto bene? - la sua voce è tornata normale, anche dal viso capisco che sta meglio.  
- Sì... Abbiamo il par-, - che nascondi?
Mi interrompe notando che non mi son mossa da dietro la porta, nonostante io muoia dalla voglia di abbracciarlo. Mi guarda con sguardo interrogativo, mi mordo il labbro, non so come dirglielo. Credo non dovrebbe arrabbiarsi, quindi parlo:
- Abbiamo un ospite...
Apro la porta e Leo sbuca da dietro di me lanciandosi verso di lui, curioso di conoscere il Capitano della legione. Erwin strabuzza leggermente gli occhi, socchiude la bocca per chiedere qualcosa ma non parla. Improvvisamente Leo inverte il senso della camminata e torna da me, nascondendosi dietro le mie gambe. Erwin chiude la bocca e inarca un sopracciglio folto. Lo guardo lasciando trapelare il fatto che non comprendo nemmeno io che stia succedendo. Gli faccio cenno di aspettare un secondo e mi abbasso verso Leo:
- Che c'è?
Il piccoletto mi guarda e sussurra:
- È  grande quasi come un titano! - riferendosi ad Erwin.
- Ma no, che dici? - non sembra molto rassicurato, - Lui è molto più bello e gentile di un gigante.  gli faccio l'occhiolino e mi volto a guardare il biondo che non ha sentito i commenti e mi guarda incuriosito.
- Erwin, lui è Leo. È dovuto venire con noi per via di un problema, ma ne parleremo dopo vero?
Lo guardo facendogli capire che è meglio rimandare la chiacchierata sul perché di questo piccolo intruso. Lui risponde al mio sguardo in modo dolce, comprendendo la situazione.
Lo adoro sempre di più. Muove qualche passo verso di noi e si inginocchia davanti a me, sporgendosi a lato così da vedere Leo.
- Piacere Leo, io sono Erwin. - gli porge la grande mano e sento il piccoletto muoversi da dietro e sporgersi incuriosito. Erwin ha uno sguardo gentile e rimane fermo ad aspettare la risposta di Leo. Il bambino allunga una manina verso la sua e la stringe:
- Ciao Erwin... Tu sei grande come un tit- , - No Leo!
Lo blocco giusto in tempo; Erwin mi guarda incuriosito, poi torna a guardare il piccolo:
- Come un...?
Leo mi guarda in cerca di aiuto, ancora una volta gli tocca dire ciò che mi ha confidato.
- Titano... Sei tanto alto!
Erwin storce la bocca e lo guarda confuso:
- è la prima volta che mi dicono di somigliare ad un gigante...
- Però Vale ha detto che tu sei più bello e gentile di un gigante!
Mi sento morire, “Leo perchè mi tradisci così?”. Subito percepisco le guance scaldarsi, guardo dalla parte opposta di loro due per nascondere i miei occhi a quelli di Erwin.
- Sarebbe bello sentirselo dire da lei però... Vuoi saperlo un segreto?
Sembra stiano giocando, sento Leo muoversi. Erwin si avvicina verso di lui ancora un po' e gli dice:
- È troppo timida per dirmelo di persona!
- Hei, non è vero!
Intervengo subito nella conversazione. Leo sghignazza contento di aver scoperto qualcosa su di me mentre Erwin si rialza e mi guarda negli occhi. Distolgo subito lo sguardo, aveva ragione.
- Sì che è vero!
Avvicina la mano al mio viso e delicatamente mi sposta il ciuffo dietro l'orecchio. Potrei farci l'abitudine al suo tocco leggero sulla guancia. Si avvicina col viso e mi sussurra in un orecchio:
- E lo trovo adorabile...
Sento il suo respiro sulla pelle, mi attraversa un brivido. Prima di allontanarsi mi lascia un bacio sulla guancia. Le labbra morbide mi sfiorano appena la pelle ma questo basta a farmi sciogliere. Vorrei dargli un vero bacio, sentire il suo profumo più a fondo ma c'è un piccoletto di cui devo prendermi cura. Lo guardo e noto che i suoi occhi sono cosparsi di leggerissime sfumature grigie, deve essere colpa del clima nuvoloso. Sono bellissimi, come sempre.
Uno starnuto leggero ci riporta alla realtà, separando i nostri sguardi; guardo Leo e lo vedo arricciare il naso.
“Bene! Un altro malato.”

Non ci siamo separati per un secondo, Leo è stato con me per tutto il resto del pomeriggio, a cena e ora, dopo almeno altre cento domande, è crollato addormentato sul mio letto. Sto scrivendo il verbale della missione alla scrivania; fortunatamente il paracetamolo che abbiamo trovato sarà abbastanza per tutta la legione. Leo dorme tranquillo, come un sasso.
Bussano alla porta, mi sposto dalla scrivania e Erwin entra nella stanza. A cena Leo è stato al tavolo con la nostra squadra e devo dire che sembra nutrire una certa simpatia per Erwin.
- Stanca?
Faccio spallucce, non so nemmeno io se sono stanca o no. Ha le maniche della camicia rimboccate fino al gomito, penso sia un dettaglio tremendamente affascinante.
- Ti racconto cosa è successo. - ancora non abbiamo parlato di come abbiamo trovato Leo e nemmeno il resto della squadra ne ha accennato a cena.
- Andiamo di là.
Mi alzo dalla sedia e guardo Leo: i capelli scompigliati e il cuscino stretto tra le braccia.
“Sì che dorme proprio in modo strano!”
Erwin tiene la porta aperta e mi lascia uscire, per poi richiudersela alle spalle senza fare il minimo rumore.
Mentre camminiamo racconto del villaggio e dell'incontro con Leo. Lui ascolta senza fare domande, camminando con le braccia incrociate. Arrivati nel suo studio si siede sul divanetto e mi fa segno di affiancarlo. Crollo sulla seduta morbida e appoggio la schiena, abbandonando la testa verso l'alto.
- Credo che non sarei riuscita ad abbandonarlo... Se Levi mi avesse detto di lasciarlo da solo probabilmente mi sarei opposta...
Sospiro, inizio a sentire la stanchezza della giornata. Erwin è seduto senza appoggiare la schiena, leggermente voltato verso di me. Sento i suoi occhi scorrermi addosso, lo lascio fare senza preoccuparmi del pizzico di vergogna che sento dentro.
- Sarebbe stata la scelta giusta.
- Dici? - mi raddrizzo e lo guardo. Le nostre gambe si toccano, lui annuisce lentamente mentre mi afferra una mano. Le sue dita sono calde, delicate e forti allo stesso tempo, mi ci voglio aggrappare. Giro la mia mano e intreccio le mie dita fredde alle sue. Devo averlo preso in contropiede perchè mi guarda sorpreso. Sentivo di volerlo fare e l'ho fatto, dopotutto però il brivido che mi percorre non è male. Il fatto che mi vergogni un po' per certi gesti non vuol dire che io non li apprezzi. Continua a guardarmi, io guardo per terra.
- Sei stanca. - parla piano, quasi avesse paura di rovinare la situazione col suono della sua voce.
- No, sto solo pensando. Sono felice che la missione sia andata bene!
Lo guardo sorridendo, sono davvero contenta: la legione si riprenderà dall'influenza generale. Mi ricordo solo ora che anche lui era più che malato.
- Ma tu come stai?! Mi ero dimenticata!
- Molto meglio direi. - mi sorride, io però non credo sia ancora del tutto guarito.
- Fammi vedere.
Slaccio le nostre mani e gli sposto i capelli dal viso. Appoggio la punta del naso sulla sua fronte che è leggermente calda.
- Sì, è bassa ora.
Mi allontano, lui continua a guardarmi negli occhi e io distolgo lo sguardo. Si sporge in avanti e si appoggia alle ginocchia. Dalla camicia bianca si intravedono i muscoli della schiena, non ancora cinta dalle cinghie. 
- Sei consapevole che non potremo tenerlo con noi per sempre, vero?
- Sì, ovvio. Però non voglio rimanga da solo...
- Non sarà solo, troveremo qualcuno disposto ad accoglierlo se non dovessimo ritrovare i suoi genitori. - da come parla sembra che gli importi del futuro del marmocchio, ha un tono serio.
- Sei ottimista questa sera. - sorrido, di solito Erwin non si lascia andare a slanci positivi del genere.
- Spero solo che sia come hai ipotizzato: un sequestro di persone e non un attacco di giganti.
- Potrei chiederglielo, ma per ora non me la sento. - è vero, non ho il coraggio di chiedere a Leo di raccontare ciò che è successo. Anche se mi sembra strano il fatto che non sia ancora crollato in un pianto o in un racconto di sua spontanea volontà. Dopotutto, anche se si trattiene, un bambino non può resistere troppo nel nascondere le sue emozioni. Lo dico ad Erwin e lui espone una teoria:
- Potrebbe essere svenuto e non ricordarsi l'accaduto. Oppure lo shock è stato tale per cui ha un'amnesia temporanea... non saprei.
- Spero sia come dici, non vorrei avesse visto – non riesco a continuare, mi salta alla mente l'ultimo ricordo che ho di Felix. Per me è stato terribile vedere morire il mio miglio amico, non vorrei mai pensare al trauma di un bimbo che vede i genitori.
Erwin deve aver notato che ho cambiato tono:
- Vieni qui. - mi circonda le spalle con un braccio, si appoggia allo schienale e mi fa appoggiare a lui. Sento il suo profumo, buono come sempre. Mi sento piccolissima al suo fianco ma mi piace troppo la sensazione di protezione che mi trasmette anche solo tenendomi così. Mi ricordo di quando mi portò in braccio nel mio letto dopo le fitte al torace. Mi muovo, non so perchè lo faccio ma sento di volerlo fare: allungo un braccio e lo allaccio alla sua vita, come per abbracciarlo. Abbandono la testa sul suo petto e mi godo per un attimo la sensazione meravigliosa della sua vicinanza. Non provo più vergogna, solo tranquillità, nonostante il mio cure batta veloce. Poco dopo sento che si muove, col braccio libero mi prende le gambe e mi porta a sedermi si di lui. Sfilo gli stivali così da poter appoggiare i piedi sul divano senza sporcarlo. Mi sento stanca, forse è anche per questo che non provo vergogna. Ho caldo ma mi accoccolo comunque vicino a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla forte. Le sue braccia mi circondano, così possenti ma così delicate, è affascinate. Gioco con la sua collana verde. Mi sento tesa, più che altro perchè non vorrei abbandonarmi di peso su di lui. Credo si accorga di questo:
- Se-se ti dà fastidio dimmelo pure...
La sua voce è timida, quasi avesse paura di un rimprovero da parte mia. Alzo il viso per incrociare i suoi occhi.
- No, va benissimo.
Mi stupisco del fatto che riesca a dirgli tutta la frase guardandolo negli occhi. Sorride delicatamente e il mio sguardo cade sulle sue labbra perfette. In questo momento sento che vorrei avvicinarmi ancora di più, come è successo la sera scorsa. Porto una mano sul suo viso, ha le guance arrossate, credo di non essere da meno neppure io. Inclina la testa e finalmente, dopo un giorno intero, ritrovo le sue labbra sulle mie. Solo ora mi rendo conto che l'interruzione di stamattina mi aveva infastidito. Ora che sento le sue labbra calde e morbide sulle mie mi chiedo il perchè non mi sia avvicinata prima. Un brivido generale mi attraversa, mi sento sciogliere e ho sempre più caldo. Si allontana di pochissimo per poi tornare ad azzerare la distanza. Preme le sue labbra sulle mie così da schiuderle, le allontano di poco e sento un tocco nuovo, più umido e caldo. Un altro brivido mi percorre ma non riesco ad allontanarmi, voglio sentirlo ancora più vicino. Il suo profumo mi avvolge così come le sue braccia; la mia mano passa sul suo collo. Lui preme con più forza sulle mie labbra e io cedo a quella dolce pressione. Sento la sua lingua insinuarsi nella mia bocca, quasi timorosa. Non sapendo come reagire decido di seguire il suo esempio e muovermi verso di lui. Il contatto creatosi è umido, caldo e avvolgente. Lui si muove cercando di esplorare ogni spazio tra le mie labbra, io lo seguo più titubante ma non meno curiosa. Mi sento bruciare dentro, adoro il modo in cui mi sento avvolgere da lui. Sento le sue mani sui miei fianchi, mi tiene dolcemente. Porto entrambe le mani ai lembi della camicia e mi ci aggrappo, siamo sempre più vicini, più legati. Sento il suo sapore, il suo profumo, il suo tocco. I miei occhi sono chiusi da quando ci siamo toccati, si riaprono ora che ci separiamo. Allaccio lo sguardo al suo, le sue pupille dilatate sembrano un sole eclissato in un giorno sereno. Mi lascia un piccolo bacio sul naso, io mi accoccolo su di lui, appoggiando la testa sul suo collo, circondandolo con le braccia. Sento il cuore battere impazzito nella cassa toracica, le orecchie amplificano i suoni e ho paura che Erwin possa sentirli. Le labbra sembrano bruciare ancora come quando erano a contatto con le sue. Non era un bruciore di dolore, no, era un bruciore di calore avvolgente. Sono completamente abbandonata nel suo abbraccio, potrei addormentarmi ora che, sfumata leggermente l'adrenalina, se così posso chiamarla, del bacio sento la stanchezza farsi strada in me. Lentamente entra in circolo e inizia a rendere pesanti le mie palpebre. Decido che l'unica soluzione per non addormentarmi e alzarmi e muovermi. A malincuore mi decido a parlare, rovinando l'atmosfera:
- Devo tornare da Leo.
- Se vuoi sto io con lui, dormi nel mio letto.
- Neanche per sogno! Tu sei ancora malato! Devi riposare, quindi ora te ne vai a dormire.
 Mi raddrizzo per guardarlo negli occhi, seria.
- Sto bene, tu invece hai dormito poco ieri, lo controllo io il marmocchio.
Continuo a fissarlo, seria, mentre scuoto la testa in negazione.
- Erwin non vorrei peggiorassi di nuovo ok? Per favore fai come ti dico, poi domani prometto che dormirò tutto il pomeriggio.
Sembra cedere e annuisce :
- Va bene, però domani fai come ti dico io.
Annuisco a mia volta e mi preparo per andare. Mi accompagna davanti alla mia stanza, tenendomi per mano. Non abbiamo incontrato nessuno per i corridoi ma, se anche fosse successo, credo non avrei sciolto le nostre dita questa volta.
- Niente ninna nanna questa sera...
Lo dice con tono teatralmente deluso.
- No, mi spiace.
Gli sorrido e lui si abbassa, lasciandomi un bacio sulla guancia.
- Buonanotte.
- 'Notte . - lo guardo sorridendo e entro in camera. Appena chiudo la porta alle mie spalle mi ci abbandono contro con la schiena. Chiudo gli occhi e non riesco a non sorridere.
Dopo che mi son seduta sulla sedia con le gambe tese e i piedi poggiati al letto, incrocio le braccia e osservo il piccoletto che dorme beato. Non mi rendo nemmeno conto di addormentarmi.


Angolo scrittrice: scusate l'attesa! 
Innanizitutto grazie per aver letto! Spero la mia storia vi sia piaciuta!
Piano piano i nostri protagonisti si avvicinano, quanto amo Erwin! <3 *-*
Come sempre mi farebbe moto piacere riceve una piccola recensione anche solo per sapere cosa ne pensate di questo muovo personaggio, il piccolo Leo ;)
Al prossimo capitolo,
      un bacio
    Ombra XXX

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Capitolo 6
*** Everything's on fire ***


- Secondo te è scomoda?
- Non saprei...
- Perchè non ha dormito nel suo letto?
- Pensaci Leo.
- … Ma certo, ho dormito io nel suo letto!
- Sì, e non sei ancora del tutto sveglio.
- Spostala sul letto! Così è più comoda!
- Va bene, speriamo di non svegliarla...
La mia mente si sveglia, disturbata dal chiacchiericcio vicino.
- Troppo tardi...-  parlo tenendo gli occhi chiusi: non sono ancora pronta per svegliarmi completamente.
- Oops!
Leo sbuffa insoddisfatto, io socchiudo un occhio e osservo i due seduti sul mio letto. Accanto ai miei piedi distesi sul bordo c'è Leo, seduto a gambe incrociate coi capelli spettinati, al suo fianco è seduto Erwin con gli avambracci appoggiati alle gambe, così da sporgersi verso di me. Leo sembra ancora più piccolo al suo fianco; Erwin mi sorride e io ricambio. Sbadiglio e mi stiracchio, slacciando le braccia che avevo incrociate da tutta notte.
- Buongiorno – Erwin punta i suoi occhi nei miei.
- 'Giorno... - mi sento ancora assonnata.
- Vale non sei stata scomoda?
Leo sembra incuriosito e inclina la testa di lato attendendo la mia risposta.
- Per ora non mi fa male nulla!
Scommetto che più tardi la mia schiena inizierà a lamentarsi, vista la posizione inadatta per una dormita.
- Leo mi fai un favore? Ti volti un secondo?
Erwin parla guardando il piccoletto, che annuisce e si volta dandoci la schiena. Io sono un po' confusa ma non faccio in tempo a chiedere nulla che Erwin è già di fronte a me, per lasciarmi un bacio sulle labbra. Mi sento scuotere dall'interno, subito sono più sveglia.
Appena si allontana intervengo:
- Poi sarei io quella vergognosa?
Lui si risiede e fa spallucce, leggermente arrossito. Picchietta una mano sulla schiena di Leo per farlo girare:
- Che è successo?
“Curioso il marmocchio...” Leo ci guarda con due occhi che lasciano trapelare il messaggio che non smetterà di fare domande finchè non avrà una risposta esaustiva.
- Erwin mi ha sistemato i capelli.
- Perchè mi ha fatto girare?
- Perchè... Lui ha un trucco speciale per sistemarmi la frangia che nessuno può vedere!
Annuiamo seriamente e io indico il mio ciuffo, ancora spettinato. Leo smette di osservarci intensamente e sorride; “ Se l'è bevuta!”

         
           La mattina trascorre tranquilla, io lavoro al mio progetto mentre Leo scarabocchia su dei fogli bianchi o gioca a “fare l'eroe” col mio mantello in spalla. Dopo pranzo devo andare da Erwin per fargli controllare il progetto completato e per decidere che fare per Leo e le ricerche. Terminato  anche l'ultimo foglio andiamo nell'ufficio del capitano.
Mentre Erwin analizza il miei disegni con le varie didascalie seduto alla scrivania, io sono in piedi al suo fianco; la mia gamba tocca il bracciolo. Scosta la prima pagina e, con un gesto fluido, passa un braccio dietro di me e mi circonda la vita, poggiandomi una mano sul fianco. Io ho le braccia incrociate come mio solito, mi sento troppo rigida confronto a lui, ma sto attendendo l'esito del mio lavoro.
- Credo sia perfetto, ottimo lavoro, come sempre!
Mi stringe ancora di più col braccio, io torno a respirare.
- Contenta che ti piaccia... - sciolgo le braccia e, mentre riprendo i miei disegni con una mano, l'altra la poggio sulla sua spalla. Lui alza lo sguardo verso di me, per scherzo gli mando un bacio. Lui sorride e Leo ci interrompe:
- Valeeee! Non riesco a disegnare il tuo cavallo!
Il piccolo mi si avvicina sventolando un foglio e una matita, negli occhi uno sguardo disperato.
- Ti aiuto. - mi fugge una risata leggera, sembra stia per piangere.
Mi allontano da Erwin che torna a leggere alcune carte; io e Leo ci sediamo per terra di fronte al tavolino posto tra i due divanetti. Mentre aiuto il piccoletto a disegnare il mio bel cavallo sento che le ore di sonno perso iniziano a farsi sentire. Dopotutto sono due notti che dormo poco e non troppo comodamente. Erwin sembra accorgersene:
- Vale avevi promesso che avresti dormito, vuoi andare in camera mia? Così nessuno viene a disturbarti...
- No figurati, resisto ancora per un po' poi vado nel mio letto.
Gli regalo un sorriso convincente e lui annuisce, poi con due dita fa segno “ ti tengo d'occhio!” , mi arrendo, anche non troppo contrariata, all'idea del riposino pomeridiano.
Mi siedo sul divanetto e continuo a guardare Leo disegnare, non è male per la sua età. Se continuasse a fare pratica potrebbe diventare veramente bravo.

 “Non è possibile!”
Ancora una volta mi sono addormentata! Erwin penserà che io non sappia fare altro!
Mi metto a sedere, abbandonando la comodità del divanetto. Sento il sonno ancora nelle ossa: quando dormo il pomeriggio mi sveglio sempre più stanca di prima. Erwin sta scrivendo, la penna scorre veloce sul foglio muovendosi con la sua mano.
- La bella addormentata si è svegliata...
Continua a scrivere mentre parla; “sì, ma non con un bacio...” vorrei rispondere, ma non ne ho il coraggio.
- Già...
Mi alzo per cercare di svegliarmi. Le palpebre non vogliono saperne di aprirsi completamente, con gli occhi socchiusi vedo le mie ciglia incorniciare ciò che osservo. Mi picchietto i palmi sulle guance così da ravvivarmi un po'. Erwin smette di scrivere e si appoggia allo schienale della sedia :
- Leo è con Levi.
Mi guardo attorno e noto che il marmocchio non c'è.
- C-con Levi?
Lui annuisce, io sono confusa. A Leo Levi non sta simpatico.
- Il piccoletto è voluto andare ad aiutarlo, ho acconsentito perchè era da più di mezz'ora che mi tempestava di domande.
- Non posso darti torto.
So bene quanto Leo possa essere stremante in senso mentale.
- Mi ha chiesto se siamo sposati!
- C-cosa?! Perchè? - sono sveglia e arrossita.
- Perchè ha detto che ti ho dato un bacio come fanno la mamma e il papà...
Allargo le braccia confusa, Erwin fa spallucce lasciano trapelare dalla sguardo il pensiero che, dopotutto, Leo è solo un bambino. Lui si alza dalla sedia e si avvicina sorridendo. Arriva di fronte a me e si ferma, esitante. Io mi lascio guidare dalle emozioni e mi avvicino, poggiando la fronte al centro del suo petto, ripensandoci non sono ancora del tutto sveglia. Lui mi circonda con le sue braccia e mi avvicina ancora di più; porto le mie attorno ai suoi fianchi e giro la testa di lato. Il suo corpo mi trasmette un calore delicato e avvolgente, il suo profumo è leggero.
- Chissà se li rivedrà i suoi genitori...
- Faremo il possibile - mi lascia un piccolo bacio sui capelli.
- Dove li trovo quei due?
- Biblioteca.
Allontano la testa di scatto guardandolo dal basso:
- Ecco cosa dovevo fare!
Erwin mi guarda inarcando un sopracciglio, i suoi occhi azzurri sono confusi.
- Mi sono dimenticata che potevo cercare informazioni riguardo agli attacchi ai villaggi!Magari trovo un verbale di un avvenimento analogo rispetto a quello del villaggio di Leo!
- Hai ragione, non ci avevo pensato. - Lui annuisce, mi allontano da quell'abbraccio caldo per avviarmi. Già mi manca quel calore ormai familiare.
- Torno subito!

            
            La biblioteca della legione è alquanto estesa, contiene volumi di vario argomento e raccoglie tutti  verbali di tutte le missioni. Però ci sono alcuni volumi e alcuni resoconti che sono accessibili solo al capitano e ai suoi più stretti collaboratori, ma non credo che le informazioni che sto cercando siano state schedate come “top secret”.
Appena entro, spostando la pesante porta doppia, rimango pietrificata.
Di fronte a me, davanti alla vetrata che illumina la stanza principale, c'è Levi in tenuta da pulizie. La cosa scioccante è che, seduto sulle sue spalle, c'è il piccolo Leo, pure lui vestito come il caporale. Hanno entrambi degli stracci in mano e quando sentono la porta chiudersi si voltano per guardarmi. Sono senza parole; gli occhi di Leo si illuminano appena mi vede, mentre Levi rimane impassibile. Noto che i capelli del marmocchio, di solito sparsi sulla fronte confusamente, ora sono pettinati come quelli del caporale e tenuti stretti da un altro foulard.
- Vale guarda! Sono altissimo!
Leo alza le braccia sventolando lo straccio grigio che tiene in mano. Io non riesco ancora a formulare parola.
- Il piccoletto ha talento per le pulizie.
Levi parla serio, spostandosi il foulard dal viso così da scoprire la bocca. Annuisco, gesticolo per un secondo senza riuscire a dir nulla, per poi formulare una frase:
- Mi servono dei documenti... Continuate pure...
- Ora scendi marmocchio, qui abbiamo finito. Vai a prendere gli stracci gialli che puliamo i tavoli.
La voce di Levi, nonostante abbia lo stesso tono di sempre, lascia traspirare un pizzico di pazienza mai sentito prima. Un sorriso leggero gli tende le labbra mentre osserva Leo correre a cambiare gli stracci in fondo alla stanza. Capisco che, oltre a me che sono innamorata, anche Levi sta impazzendo.
Gironzolo invano tra numerosi scaffali finchè non trovo quel che cercavo: paesaggistica.
Non capirò mai le varie divisioni dei verbali, però questa categoria tratta principalmente degli itinerari e dei villaggi incontrati. Svolto uno scaffale e qualcuno mi attacca.
- AAAAARRGGGHHH!
- MA CHE CAZ-!? - Leo mi si è fiondato addosso con due spolverini.
- AHAHAHAHA ti sei spaventata! - c'è mancato poco perchè mollassi tutte le carte e iniziassi a regalare pugni in quella direzione. Continua a picchiettarmi addosso gli spolverini ridendo.
- Leo, basta! Bas- Ehcciù!
Si blocca appena starnutisco, i suoi occhi verde scuro spalancati. Levi sbuca da dietro uno scaffale e mi guarda:
- Allergica alla polvere. Leo lasciala stare.
- Come..? - come ha fatto a capirlo?
- È bastato che ti sventolasse di fronte gli spolverini per farti starnutire, ad una persona normale non avrebbero fatto nulla.
Annuisco e decido di scappare prima che provino ad attentare alla mai vita.

- Levi?!
Ho raccontato ad Erwin dei due in biblioteca, sembra sorpreso quanto me. È seduto su un divanetto, si prende il mento tra le dita e sembra riflettere:
- Levi con Leo in spalle, entrambi con foulard in testa e sul viso... AHAHAHAHAH!
ide quando riesce a visualizzare l'immagine, ripensandoci deve essere stato uno spettacolo inimmaginabile ma per me era davvero inaspettato. Mi unisco alla sua risata; ha gli occhi chiusi e si è poggiato con la schiena al divano. Quando ha terminato mi regala un sorriso tutto per me, le guance arrossate dalla risata. Mi siedo e inizio a scorrere i vari verbali che ho preso, credo siano un centinaio ma non devo leggerli tutti: quelli che parlano delle scorciatoie o dei nuovi itinerari li scarto. Cerco di focalizzarmi su quelli che trattano i villaggi. Inizio a separare quelli che mi interessano, appoggiandoli sulle gambe, da quelli inutili, lasciandoli al mio fianco. Mi ci vogliono un paio di minuti per completare la prima divisione, mi rimangono circa trenta verbali, ne aspettavo di più.
- Hai una bella espressione quando ti concentri.
Erwin ha parlato piano, prendendomi in contropiede. Mi volto inarcando un sopracciglio perplessa.
- Sì, come quando disegni... Avvicini le sopracciglia e storci leggermente la bocca, poco poco. È carino!
I suoi occhi sembrano fluidi mentre mi parla, ha un sorriso leggero e tremendamente gentile.
- Grazie... - mi mordo il labbro imbarazzata. Il suo sguardo mi scruta osservando ogni minima parte delle mie guance leggermente arrossate.
- Posso aiutarti?
- Se vuoi e se non hai altro da fare.
Prende alcuni verbali dalle mie gambe, io mi siedo più comoda, appoggiandomi allo schienale. Siamo vicini e lui porta un braccio sulla schienale dietro le mie spalle; stende le gambe e accavalla i piedi. Io incrocio le mie e inizio a scorrere gli occhi sulle parole. Erwin ne tiene in mano uno alla volta, io ho il resto dei fogli. Quando finisce ne sfila uno dal fondo e ricomincia a leggere. Continuiamo per un po', quando ne mancano solo cinque bussano. Capiamo chi è dalla vocina che arriva da dietro la porta e dal rimprovero seguente.
Levi e Leo entrano, ora sono vestiti normali e capelli del piccolino sono come sempre.
- Abbiamo pulito tuuuuuuta la biblioteca! - Leo allarga le braccia per enfatizzare.
- Complimenti Leo, hai controllato che Levi facesse il lavoro per bene? - Erwin sposta il braccio dalle mie spalle. Levi incrocia le braccia, osservandolo con sguardo truce.
- Devo dire che è stato bravo! È velocissimo a spolverare!
Levi guarda il piccoletto allibito: sembra pensare “ come osi giudicarmi?!”
La situazione mi rallegra quando vedo che Levi scuote la testa e si siede con non calanche sull'altro divanetto. Erwin lo guarda e sembra chiedergli un parere riguardo a Leo.
- Anche tu sei bravo piccoletto...
Sembra che dire questa frase gli costi uno sforzo immane di fronte ad Erwin. Io mi alzo e mi avvio verso la scrivania con i vari verbali. Il piccolo Leo ha fatto colpo su tutti noi, Erwin lo adora perchè è tremendamente ingenuo, mentre Levi perchè non si fa problemi a dire quel che pensa.
- Me lo ha insegnato mio fratello come si fanno le pulizie. Lui aiutava sempre la mamma!
- È tutto il pomeriggio che parli di tuo fratello, non ne posso più marmocchio! - Levi allarga le braccia sul divanetto, fingendosi stremato.
- Ovvio che parlo di mio fratello! Felix è il miglio fratellone che si possa avere!
Mi blocco. I verbali mi cadono dalle mani, sparpagliandosi ovunque con fruscii leggeri.
Felix.
Ecco chi mi ricorda Leo.
Il tempo sembra fermarsi.
Tutti i pezzi si uniscono: il fratello più grande nel corpo di ricerca, i capelli neri, gli occhi verdi, le lentiggini. Lui accennava al suo fratellino e mi raccontava del suo villaggio nei pressi della foresta. Ora collego tutto. Mi sento come se avessi sbattuto contro un muro correndo con l'attrezzatura.
- Vale. - sento la voce di Erwin chiamarmi, ma sembra lontana.
Gli occhi bruciano, le lacrime stanno salendo.
Felix.
Sono immobilizzata dallo shock. Rivedo i suoi ultimi istanti di vita davanti agli occhi. Sento le gambe tremare, il pavimento sembra ammorbidirsi, iniziando a risucchiarmi lentamente. Ho la vista offuscata, gli occhi fissi nel vuoto. Non sento il cuore battere, non sento nulla. Felix.
Non sono riuscita a salvarlo. È morto perchè non sono stata abbastanza veloce. E Leo non lo sa. Qualcosa in me si frantuma. Mi sento come in quella missione, torno a quegli istanti. Le sue lacrime, le sue braccia, i suoi occhi. La scena è davanti a me, perfetta, cristallina, nitida. Dopo che tutto si è collegato la realtà mi ha investita, senza pietà, come un enorme elastico teso troppo che si è spezzato ed ora è tornato. Tremo. Sento un buco nello stomaco, mi sento informe, vuota. Ma nonostante questa sensazione di vuoto mi sento al contempo pesante, come se sulle mie spalle fosse posto un peso opprimente. Sto piangendo ma non so quando le lacrime hanno iniziato a scorrere. Ritorno leggermente alla realtà quando inizio a vedere meglio. Erwin è di fronte a me, le mani sulle mie braccia, gli occhi fissi nei miei, preoccupati. Sbatto le palpebre, altre lacrime scorrono ma ora vedo meglio, inizio a percepire la situazione che mi circonda. Io guardo Erwin ancora sconvolta. Mi accorgo che non ho respirato per tutto il tempo. Prendo fiato e l'aria che mi riempie i polmoni mi appesantisce ancora di più. Gli occhi bruciano, la gola brucia, tutto brucia. Ora non mi sento vuota ma sento un bruciore atroce ovunque. Ad ogni respiro mi sembra di ingoiare aria bollente; non è come per il dolore al torace, è più sconvolgente. Non fisicamente ma mentalmente perchè mi sento soffocare anche se posso respirare. 
Erwin mi stringe leggermente di più il braccio, torno a fissarlo; non mi ero accorta di aver abbassato lo sguardo.
- Felix... - è l'unica parola che riesco a bisbigliare. Erwin mi poggia una mano sulla guancia, portando il mio sguardo nel suo.
- Riprenditi Vale, sta' calma... - la sua voce credo suoni gentile, non la sento bene. Sento tutto ovattato, così come vedo offuscato ai lati.
- Vale, stai tremando, ti prego calmati. - Erwin sembra preoccupato. Mi impongo di calmarmi. Cerco di controllarmi, provo a respirare più piano, notando i respiri veloci che facevo. Le labbra tremano ma riesco a mantenere gli occhi nei suoi. Devo concentrarmi su di lui. Osservo quell'azzurro meraviglioso, ora oscurato da un'ombra di agitazione. Le lacrime smettono di scendere lentamente. Sento il viso bollente, bruciano i solchi lasciati dal liquido salato. Ora tutto sembra più nitido. Finalmente sono consapevole pienamente di ciò che mi circonda. Le ginocchia le sento ancora tremare involontariamente.
- Non sono riuscita a salvarlo...
Mentre parlo sento il sapore salato delle lacrime. Erwin non sposta la mano dal mio viso, mi scosta le ultime goccioline dalla pelle muovendo il pollice delicatamente.
- Non è stata colpa tua Vale.
- Colpa di cosa?
Eccole di nuovo lì. Un'altra ondata di lacrime è pronta agli angoli dei miei occhi. La sua vocina curiosa e pura mi sta distruggendo lentamente.
- Leo non- Levi prova a fermarlo.
- Vale perchè piangi?
“No basta! Sta zitto! Per favore!”
Così dolce, così preoccupato, così ingenuo. Chiudo gli occhi cercando di resistere.
- Vale, non piangere, che hai? Ti fa male qualcosa? Vale- continua a parlare cercando risposte.
“Basta!”
- Dimmi che hai...- vuole solo sapere perchè piango.
“Ti prego!”
- Forse posso aiutarti! Ma se non mi dici che hai- è preoccupato per me.
“Sciocco!”
- Leo basta, dalle un attimo... - Erwin cerca di fermarlo.
- Ma il mio fratellone diceva che- crollo.
- DIMENTICATI DEL TUO FRATELLONE!
Mi volto a guardarlo con non so quale forza. Ora è di fronte a me, piccolo piccolo.
- Dimenticalo...
Ora la mia voce trema, ho ricominciato a piangere.
- Non potrai mai più rivederlo... - mi trovo a sussurrare. La forza di pochi istanti prima è svanita con la mia voce. Riesco a guardarlo; riesco a vedere i suoi occhi diventare lucidi, le sue guance rosse.
- Perchè?
La sua voce è una pugnalata in pieno petto. È così tenue da far male. Nei suoi occhi leggo che ha già capito ma, come tutti di fronte ad una verità dolorosa, cerca di negarlo a se stesso. Cerca di convincersi che non è vero, è solo un fraintendimento, un brutto sogno, uno scherzo. Solo quando siamo obbligati a guardare in faccia la realtà allora ci convinciamo della sua veridicità, della sua crudeltà e della sua onestà.
- Perchè non son riuscita a salvarlo...
Cado in ginocchio, silenziosamente. I suoi occhi vengono oscurati; gli chiedo perdono, pietà con lo sguardo. Perchè con la voce non riuscirò mai. Perchè non mi ricordo come si parla. Perchè delle parole non cambieranno nulla.
I suoi occhi lasciano scappare tutte le lacrime strette fino ad ora. Singhiozza e ad ogni singulto sento una freccia trafiggermi. Sono io la causa di quel dolore, siamo io e la mia debolezza. Piango con lui ma in silenzio. I suoi occhi sono due fessure arrossate, la sua voce dolorante mi stringe il cuore. Per un istante smette di singhiozzare:
- DIMMI CHE STAI DICENDO UNA BUGIA! STAI MENTENDO! DIMMELO!
Continuo a tenere gli occhi nei suoi, che cercano di trovare una via di fuga da questa realtà.
- Dimmi che rivedrò il mio fratellone! Dimmi che sta bene...
Diminuisce sempre più il suo tono, così come le sue false speranze. I suoi occhi si fanno freddi, gelidi nei miei.
- Tu non sei un eroe...
La sua voce mi spezza il cuore. Inizia a correre e scappa, uscendo dalla stanza. Le lacrime continuano a rigarmi il viso. Le sue parole risuonano nella mia mente, continue, dolorose, vere. Fanno male, tremendamente male. Sono pugnalate, sono spari, sono colpi. Questo dolore che sento mi ricorda che sono viva, e proprio come quel giorno, io sono viva mentre lui no. E fa male, fa troppo male, sapendo che è colpa mia. Che non sono stata abbastanza forte! Che non sono stata abbastanza veloce! Che non sono stata abbastanza!
Tremo e piango, in ginocchio. Dolore, tristezza e anche rabbia sono miste in me. Confuse e amalgamate dal dolore che mi riempie. Piango, lacrima dopo lacrima. Mi siedo per terra e continuo a piangere. Sento freddo nonostante dentro sento bruciore. Le lacrime scorrono ininterrotte per molto. A salvarmi è un calore improvviso che sento sulla mano.
Erwin.
Il suo tocco sembra trasmettere una brezza che smorza il bruciore interno e un calore che compensa il freddo che provavo. Come un balsamo su una ferita, come un sorso d'acqua sotto il sole rovente, come un soffio di vento nelle giornate secche. Per l'ennesima volta mi sta salvando.
Non so per quanto tempo rimango seduta a piangere. Le lacrime poi non scorrono più: le ho finite. Gli occhi bruciano e sono chiusi. Il viso scotta, alcuni capelli attaccati alle guance pizzicano. Respiro e mi sembra di respirare per la prima volta dopo molto tempo. Finalmente apro gli occhi. I verbali sono sparsi sul pavimento attorno a me, alla mia sinistra è seduto Erwin, tiene una mia mano nella sua. C'è silenzio, la stanza è scura, il cielo deve essersi annuvolato. Stringo la sua mano per salvarmi. Lui è il mio porto sicuro ormai, il mio pilastro. Si volta a guardarmi, io continuo a osservare il pavimento.
- Non ho mai detto di essere un eroe...
Sono le prime parole che riesco a dire dopo quella che mi è parsa un'eternità. Per tutta risposta lui mi stringe la mano più forte. Mi abbandono poggiandomi a lui. Siamo spalla a spalla, sul pavimento, in silenzio. Noto che i nostri respiri si sono sincronizzati, o meglio, credo di aver iniziato a seguire il suo respiro.
Mi sento svuotata. Ora che tutte quelle lacrime sono state versate, mi sembra che ognuna di esse si sia portata via una parte di me. Una briciola del mio essere è sfuggita con ognuna e ora rimane un involucro vuoto, con all'interno solo un qualcosa che somiglia ad un cuore e che adesso batte solo per la persona che mi sorregge. Sono stanca, ma ho paura di chiudere gli occhi. Ho paura di rivedere lo sguardo di Leo. Quegli occhi verdi che mi odiano: l'ho deluso e ha tutto il diritto di odiarmi, ma fa male.
Erwin si muove: si alza lentamente e si piazza davanti a me. Io mi limito a guardarlo, incuriosita e leggermente confusa. Si abbassa e, circondandomi con le sue braccia, mi solleva. Lo lascio fare e mi limito ad assaporare il suo profumo che m'investe. Mi adagia sul divanetto, seduta, e si inginocchia di fronte a me. Siamo quasi alla stessa altezza; appoggio le mani sulle ginocchia e lui me le copre con le sue. Il suo tocco è caldo, rassicurante. Un piccolo brivido mi percorre e mi sento riscaldare un poco. Allacciamo i nostri sguardi, quell'azzurro ora è come una casa sicura per me. Ma nonostante tutto mi sento ancora svuotata.
- Non è stata colpa tua. Sei stata forte, davvero, non pensare che piangere significhi debolezza. So che ti stai odiando adesso, ti senti in colpa, ma ti sbagli. Tu hai fatto il possibile, ti ho vista, nemmeno io ho fatto in tempo e tu eri pure ferita. Ma ci ha provato, fino alla fine, e questo è ammirevole.
La sua voce è come una coperta di velluto, è delicata e sincera e non riesco a non rispondergli.
- Se non mia, di chi è la colpa?
- Di questa realtà... - stringe le mie mani - a volte penso che il mondo sia tremendamente ingiusto: non si può morire per la libertà. E invece ogni giorno noi rischiamo la vita per sfiorare solamente quella tanto ricercata libertà. Se la realtà fosse giusta allora ci avrebbe fatti nascere con la possibilità di essere liberi. Però subito dopo mi ritrovo a pensare che la libertà l'abbiamo; sì, abbiamo la libertà di scegliere come usare le nostre vite. C'è chi decide di servire il prossimo, chi lo Stato e chi se stesso. Tutti noi della legione abbiamo scelto di dedicare la nostra vita alla ricerca della libertà, quindi usiamo la nostra libertà per cercare altra libertà. Perchè? Penserai, visto che la libertà l'avevamo. Bhè, lo sai perchè? Perchè siamo umani, umani irrazionali, ingenui e sognatori. Ed è proprio questa ultima caratteristica che ci frega sempre!
Tutto ciò che facciamo lo facciamo perchè inseguiamo un sogno, e la nostra vita, senza un sogno da seguire, non avrebbe alcun senso. Ma la realtà ci complica sempre le cose, cerca sempre di bloccarci, di spezzarci le ali. E noi perseveriamo, continuiamo a combattere e se cadiamo, o moriamo, e lo facciamo sempre credendo nei nostri sogni questa non si può definire una sconfitta. Perchè nessuno ci potrà mai togliere la libertà di credere nei nostri sogni. Ed è per questo che sulla nostra schiena ci sono le ali della libertà. - ha parlato sempre con gli occhi puntati nei miei. Mentre la sua voce scorreva, mi sentivo rianimare. Come se mi stesse ricolorando, ricomponendo pezzo per pezzo. Una lacrima solitaria mi riga il viso; do retta alle sue parole. Mi sono lasciata cullare dalla sua voce ed ora un accenno di sorriso, leggero, mi tende le labbra. Anche lui accenna un sorriso; gli sono grata per avermi rincuorata. Una ciocca bionda gli è sfuggita dalla capigliatura ordinata; lentamente tolgo una mano dalla sua e gli sistemo il ciuffo, proprio come lui ha fatto numerose volte con me. Lascio la mano sul suo viso, sfiorando la pelle morbida. Lui chiude gli occhi e poggia la mano libera sulla mia, stringendola contro di sé. Sfioro la basetta, i capelli corti fanno un po' il solletico alle mie dita. È alzato sulle ginocchia e mi è facile avvicinarmi allacciandogli le braccia al collo. Divarico le gambe così che si avvicini di più e lo stringo forte. I volti a contatto, gli occhi chiusi. Mi circonda con le sue braccia, le mie gambe toccano i suoi fianchi. Lo abbraccio con tutta la forza che mi rimane, come se volessi entrare in lui, per essere protetta. Voglio fargli capire quanto è importante e quanto gli sono grata e sento che ora non potrei, e non vorrei, fare altro che stringerlo così. Con la mano appoggiata sulla sua nuca sento i capelli rasati pizzicare leggermente. Scorro le dita verso l'alto e pizzicano, quando muovo verso il basso sono morbidi. Continuo così perdendomi in quel contrasto. Lui rimane fermo, il viso nell'incavo del mio collo. Il suo respiro è leggero, caldo e regolare; la sua presa intorno a me è sicura e delicata. Vorrei poter fermare il tempo, adesso. Rimanere così per l'eternità, tra le sue braccia. Nonostante lo sconforto e il dolore che ho provato fino a poco fa ora mi sento più tranquilla, e so che, con lui con me, le cose si sistemeranno. Vorrei fermarmi per sempre così, avvolta dal suo calore e dal suo profumo rassicuranti, dalle sue braccia sicure. Restare ad ascoltare i nostri respiri uniti, il calore del suo viso sul mio collo, i suoi capelli sotto le mie dita. Mi lascio cullare da quest'abbraccio tanto atteso. Atteso come un bel sogno dopo un'eternità di incubi.


angolo scrittrice: Non odiatemi! Per favore!
Innanzitutto grazie per aver letto il capitolo. Volevo pubblicare un capitolo diverso per San Valentino ma, purtroppo, ho calcolato male i tempi e ci siamo trovati questo!
Ammetto che ho un debole per le storie "tristi", e volevo avvicinare ancora i due protagonisti trmite delle lacrime. Lo so ho gusti stani...
Comunque spero vi sia piaciuto il capitolo e spero continerete a leggere i prossimi!
Liberi di lasciare un piccolo commento( che mi riempirebbe di felicità! Anche se critico).
un bacio
               Ombra 

P.S.: per rimanere in tema SNK ieri mi sono arrivate le cinghie per il cosplay di Levi, ho impiegato un'ora a metterle!
Sono bellissime ma se volete fare un cosplay di SNK,  mi raccomando, preparatevi a imprecare in tailandese antico ;)
Non centra nulla ma volevo condividere con voi questo fatto!
ciaooooo XD

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Capitolo 7
*** The sun is going down ***


Mi rigiro sotto le coperte. È mattina, sono nel mio letto caldo.
Con gli occhi chiusi ripercorro ciò che è successo ieri: dopo che sono rimasta sola con Erwin, Leo è tornato per scusarsi con me. Mi sono sentita turbata, non mi aspettavo delle scuse; dopotutto il comportamento che ha avuto, per quanto impulsivo, era più che lecito. Mi si è avvicinato e timidamente mi ha detto che gli era dispiaciuto avermi detto certe cose e mi aveva abbracciata forte, nonostante le sue braccia sottili. Certo ho apprezzato molto il gesto, ma continuo a chiedermi cosa mai gli abbia detto Levi. È stato con lui per tutto il tempo, dalla rivelazione alle scuse, e quando è tornato lui era più taciturno del solito. Mi sono scusata a mia volta, dicendo che avrei dovuto controllarmi e reagire più ragionevolmente, senza lasciarmi prendere troppo dalle emozioni. Mi giro e apro gli occhi, osservando così il soffitto. Erwin ha voluto che io dormissi, quindi è rimasto con Leo, nella sua camera. Con mia grande sorpresa non ci ho messo troppo per addormentarmi; di solito la sera non riesco mai a prendere sonno velocemente mentre ieri la stanchezza della palpebre ha facilitato tutto. Scommetto che Erwni avrà parlato al piccoletto per rincuorarlo; non so come faccia ma ha la capacità di trasmettere certe emozioni solo con l'uso delle parole, nonostante sembri un capitano rigido e freddo è il più umano della legione, e sa bene come prendere le persone e come capire le loro emozioni. Invidio tremendamente questa sua capacità, Erwin è un ottimo oratore mentre io con le parole combino solo disastri. Me la cavo meglio con le matite.
“ A proposito di Erwin, meglio che vada da lui...”
Arrivata fuori dalla sua stanza busso col mio solito doppio tocco.
- Vieni Vale! - mi sorprende sentire la voce di Leo rispondere.
Entro e trovo Erwin spettinato che si sta infilando gli stivali seduto sul letto con il piccolo Leo avvinghiato al collo. Mi spunta un sorriso, mi mordo il labbro per non ridere.
- Salvami ti prego!
Lo sguardo di Erwin è supplichevole; i suoi occhi azzurri mi rassicurano dopo i pensieri della notte.
- Leo, lascia un attimo di tregua ad Erwin, da bravo.
Mi avvicino e gli allontano le braccia dal collo del più grande. Erwin mi guarda riconoscente mentre Leo si siede sul letto disfatto. Sento che qualcosa non funziona... Com'è possibile che Leo sia lo stesso bambino di ieri? Mi sembra troppo strano che il marmocchio che era disperato, ora stia ridendo tranquillamente. Mi sembra troppo diverso, troppo inappropriato. I miei dubbi devono essere evidenti perchè Erwin mi stringe una mano guardandomi e lasciando che i suoi occhi parlino: “Ti spiego dopo...”
Nascondo le mie preoccupazioni e torno a concentrarmi sulla realtà.
- Dormito bene? - chiedo stringendo la mano di Erwin a mia volta.
- Sì, tranne che per qualche calcio sulla schiena...
Si volta per fulminare il piccoletto che, sentendosi accusato, guarda altrove.
- Bene, quindi qualcuno qui ha il sonno agitato? - Leo mi osserva con le guance leggermente arrossate. Per tutta risposta si alza e si getta di nuovo sulle spalle di Erwin:
- Lui invece dorme come un sasso!
- Spiegami perchè ti piace così tanto lanciarti addosso alle persone?
Erwin sembra esasperato ma si arrende all'idea di avere una scimmietta sulla schiena. Sbuffa e si alza in tutta la sua altezza.
- Wooaa!
Leo si aggrappa meglio alle sue spalle e io lo invidio tremendamente: vorrei essere al suo posto. Erwin soffia verso l'alto per provare a spostarsi una ciocca bionda sfuggitagli sugli occhi. Mi avvicino, lui inclina la testa, e io gli sistemo il ciuffo. I nostri sguardi si allacciano per un secondo, vorrei perdermi in quell'azzurro profondo ma non posso.
- È molto meglio che sulle spalle di Levi! Wow! Guarda Vale sono il doppio di te!
- Hei! Non sono così bassa piccoletto!
Gli piazzo un pizzicotto su una gamba per ricordargli chi comanda. Lui ride e ci avviamo per uscire.
Dopo la colazione dobbiamo iniziare i lavori per la squadra di ricerca: per divulgare l'informazione del ritrovamento di Leo dovremo passare di villaggio in villaggio mostrando dei suoi ritratti. La squadra dei disegnatori al completo è all'opera, stiamo disegnando velocemente, ma allo stesso tempo, accuratamente. Però ci eravamo dimenticati che Leo era un bambino e che quindi imporgli di stare immobile sarebbe stato un po' difficile; infatti, ogni tanto scoppia a ridere mentre ci osserva o starnutisce o si distrae osservando Hanjie che corre in giro per il laboratorio.
Affido Leo ad Hanjie mentre porto i ritratti a Erwin nel suo ufficio.
- Ne abbiamo 24, basteranno?
- Sono più di quello che speravo! Le squadre saranno 12, formate da 4 soldati, avranno un ritratto a coppia.
- Io in quale sono?
Mi guarda serio, mi sento leggermente intimorita da quelle pietre azzurre che mi osservano.
- Tu rimani qui.
- Cosa?!
- Hai capito bene, rimani in base.
- Erwin voglio rendermi utile! Fammi partecipare all'uscita!
Siamo separati dalla scrivania, lui si alza in piedi e si sporge verso di me, poggiando le mani sul legno scuro. Mi avvicino per tenergli testa.
- No, fine del discorso, rimani con Leo.
- Ma Erwin com-, - Vale sei l'unica a cui affiderei il piccoletto... Sei l'unica di cui lui si fidi.
Rimango spiazzata dalle sue parole. Dopo tutto ciò che è successo Leo ancora si fida di me?
- Ieri sera abbiamo parlato... Mi ha detto che è triste per suo fratello, che continua a sperare che non sia vero, ma allo stesso tempo riesce a dimenticarlo perchè pensa a stare con noi, soprattutto con te. Dice che non vuole più farti piangere e quindi sorriderà per non farti sentire in colpa, perchè la colpa non è tua. E queste sono parole sue... Ho visto che eri confusa stamattina dal suo comportamento però si comporta così sia per te, ma soprattutto, per lui. Distrarsi gli è utile per non pensare troppo e tu sai come farlo...
Allunga una mano e arriva a poggiarla sopra la mia, sulla scrivania; inclina la testa e tocca la mia.
- Lui ti vuole bene, mi ha detto che stare con te è come stare con suo fratello. Gli insegni sempre qualcosa di nuovo, lo fai ridere e, anche se io e Levi gli stiamo simpatici, tu rimarrai sempre il sodato che l'ha salvato. E non provare nemmeno a dirmi che però non sei riuscita a salvare suo fratello perchè, davvero, la prossima vota che lo dici o lo pensi io ti vieto di mangiare fragole a vita!
Si abbassa per incrociare il mio sguardo e sorride, contagiandomi. Il suo sguardo è caldo e avvolgente, cerca l'approvazione nei miei occhi e, senza una parola, gli dico che tutto ciò che mi ha detto ieri mi ha rincuorata. Apprezzo infinitamente il fatto che provi a buttarla sul ridere, perchè mi serve sciogliere il nodo che sento dentro e che lui sa slacciare con pochi gesti.
- Bene, credo che io e Leo oggi puliremo il laboratorio.
Accetto l'incarico, consapevole che non mi sarei potuta opporre più di tanto: Erwin avrebbe potuto rivendicare la sua supremazia in quanto Capitano della legione.

Di pomeriggio le squadre si preparano alla partenza; il cortile della base è rumoroso ora che tutti i soldati impegnati sono a cavallo. Sono appoggiata allo stipite dell'entrata della scuderia, aspettando che Erwin esca; Leo sta giocherellando con un secchio e del fieno. È una bella giornata, non ci sono nuvole nell'azzurro del cielo, ma questo non mi tranquillizza. Mi sento nervosa; Erwin arriva con il suo cavallo al seguito, la criniera leggermente scompigliata dal vento che soffia leggero. Lo guardo e capisco che legge l'inquietudine del mio animo nei miei occhi, che scommetto essere più scuri del solito. Essendo in presenza di gran parte della legione non mi permetto di avvicinarmi troppo a lui, dopotutto credo sia solo Levi a poter sospettare una sorta di legame tra noi, oltre a Leo ovviamente. Il Caporale è già a cavallo, sul destriero dal manto nero come i suoi capelli; non c'è nessun rancore tra lui ed Erwin per l'accaduto della mattina: ho scoperto che è un fatto alquanto ricorrente.
- Non preoccuparti, è solo un'uscita. - parla senza avvicinarsi, ma guardandomi intensamente.
Muoio dalla voglia di gettarmi tra le sue braccia. Vorrei fargli capire quanto vorrei che rimanesse con me; se la situazione con Leo degenerasse come ieri? Non saprei come gestirla e mi servirebbe il suo aiuto.
I suoi occhi sono dolci, come se mi invitassero a calmarmi. Accenno un sorriso e faccio per prendergli la mano, ritirandomi appena comprendo che il  mio gesto sarebbe inappropriato, viste le persone che ci circondano. Mi stupisco quando è lui a prendere la mia, subito inizio a guardarmi intorno imbarazzata.
- Non ci sta guardando nessuno, tranquilla. - sorride e riesce a convincermi.
- Io non vedo niente! Se volete mi tappo le orecchie!
Mi ero dimenticata che Leo era a pochi metri da noi, seduto a fianco della fontana. Erwin ride per l'intervento del piccoletto, che ci ha colti alla sprovvista.
- Non c'è ne bisogno! - mi stringe la mano ancora di più e si avvicina lasciandomi un bacio sulla guancia. Mi sento avvampare a causa di quel suo tocco morbido.
- Ti affido la base!
Mi fa l'occhiolino e si allontana col suo cavallo. Lo osservo e rimango incantata dalle ali cucite sul suo mantello che svolazza leggero.
“Sulla nostra schiena ci sono le ali della libertà”, mi ricordo le sue parole e mi ritrovo a sorridere mentre vedo le prime squadre partire.

 Sono partiti alle 2 di pomeriggio, sono le 9 di sera  e nessuno è rincasato. Sto camminando avanti e indietro,mordendomi l'unghia del pollice e cercando di non agitarmi troppo. Fino all'ora di cena sono riuscita a distrarmi: con Petra abbiamo bendato Henjie poi io e Leo abbiamo pulito alcune stanze. Però ora la mia mente è libera di vagare e sta creando degli scenari orribili con Erwin in difficoltà. Continuo a ripetermi di stare calma, che non è nulla di troppo pericoloso, però non riesco a convincermi di ciò che mi dico. Sono nel refettorio, davanti al camino dove avevo fatto asciugare i miei stivali prima che Erwin si ammalasse. Il marmocchio sta scarabocchiando, io ho provato ad imitarlo ma ho solo aumentato la mia agitazione, vedendo in quelle linee confuse figure di giganti.
- Vi va una tisana?
Mi volto per vedere chi ha parlato, è Petra. Sta sorreggendo un vassoio con alcune tazze e una teiera fumante. Leo accetta e io annuisco, mi siedo al tavolo di fronte a piccoletto; lei si siede al suo fianco.
- Disegni proprio bene! - dice gentilmente mentre passa la tazza al piccolo, - attento che scotta...
- Grazie! - Leo prende la tazza e abbandona la matita sul tavolo; inizio a scorrere le dita lungo le venature del legno.
- Tu invece dovresti calmarti... - la guardo, sorpresa che abbia capito che sono preoccupata, anche se non dovrei esserlo: è fin troppo evidente. Sospiro abbattuta e prendo la tazza che mi porge gentilmente, accenno un sorriso di ringraziamento, è il massimo che riesco a fare. Mi sento un nodo in gola e spero che il calore della tisana possa scioglierlo. Avvicino il bicchiere e annuso l'aroma che sale dal liquido rossastro. Rosa canina, la mia preferita. Cerco di calmarmi concentrandomi su quello. Credo che il mio comportamento stia dando nell'occhio visto che non dovrei avere nessun motivo per preoccuparmi di qualcuno in missione. Mi impongo di calmarmi.
- Fossi in te non mi preoccuperei troppo per il Capitano.
Appoggio la tazza e guardo Petra, come fa a saperlo? Devo rispondere, devo trovare un modo per distogliere l'attenzione da lui oppure capirà.
- No, ma non è per -, - chi vuoi prendere in giro Vale?
Mi guarda sorridendo e io non so che fare. Mi sento arrossire e la mia attenzione passa a Leo che sta sorseggiando la sua tisana tutto intento ad osservarci. Lui sa quindi decido di parlare:
- È davvero così evidente?
Mi arrendo a dire la verità, non riuscirei a mentire a Petra. È troppo gentile!
- Solo se vi si osserva... E io ti ho vista quando lui stava male.
Ricordo del suo intervento e di come mi sia precipitata da lei in preda al panico. Ovvio che si notasse il mio interessamento nei confronti di Erwin.
- Altri della legione  lo sanno?!
- Non credo, probabilmente solo il Caporale...
Mi sento più tranquilla per questa sua ultima frase; prendo un grande sorso di tisana.
- Io lo sapevo!
Leo interviene appoggiando la tazza vuota sul tavolo.
- Erwin ha dato a Vale un bacio come fanno i grandi, però credeva che io non stessi guardando!
- Leo! - ribatto, piccolo traditore.
Petra scoppia in una risata sonora, per una persona così minuta ha un tono di voce alto.
- Non l'hai detto a nessuno vero? - solo oggi ha trascorso metà mattinata con altri soldati.
- No, nessuno me lo ha chiesto. - risponde sorridendo contento.
- Bravo piccoletto... - sospiro di sollievo.
Subito dopo Leo prorompe in uno sbadiglio profondo, sembra essersi stancato tutto d'un tratto.
- Il soldatino ha sonno. - Petra accarezza i capelli del piccolo, che si strofina gli occhi annuendo. Solo due minuti fa sembrava pronto a passare la notte sveglio mentre ora, dopo un sorso di tisana, sta per crollare.
- Andiamo Leo- , mi alzo e raccolgo fogli e matita, - Grazie mille!
- Figurati! Prova a dormire un po' mi raccomando!
Ci avviamo per i corridoi; Leo mi prende per mano. Anche oggi dormirà nel mio letto, io so già che mi sarà difficile addormentarmi quindi, seduta o sdraiata che io sia, dormirò comunque male.
Dopo che gli ho rimboccato le coperte si volta su un fianco e mi osserva, sforzandosi di tenere gli occhi aperti:
- Stai tranquilla Vale, ti proteggo io finchè non c'è Erwin...
Gli sorrido e non faccio in tempo a rispondergli che ha già chiuso gli occhi.
Ora che Leo dorme non posso più sperare di distrarmi: le mie preoccupazioni tornano. Si erano solamente nascoste dietro un angolo mentre pensavo alla possibilità che la legione sapesse di me ed Erwin, ed ora sono tornate, più forti di prima. Prendo il mio quadernetto e provo a disegnare qualcosa, qualsiasi cosa mi venga in mente come soggetto. Mi concentro sulla figura di Leo, ma non riesco neppure ad iniziare. La matita trema leggermente nelle mie mani. Non va affatto bene. Perchè sono così agitata?
“Perchè non sono con Erwin.”
Provo a calmarmi ma l'unica cosa a cui riesco a pensare è che, se fossi in missione con Erwin, se dovesse trovarsi in pericolo potrei aiutarlo, e invece sono qui. Non posso aiutarlo e non so se gli è successo qualcosa!
La notte è lunga e- “la notte...”
La notte!
Sento gran parte delle mie preoccupazioni abbandonarmi insieme all'aria che espiro. Perchè non ci ho pensato prima?
Di notte i titani non attaccano. Non rischiano nessun attacco da che il sole è calato.
Mi poggio alla schienale della sedia e guardo il soffitto:
“Sei un'idiota Vale!”, ammettendo che nessuno si sia fatto male il problema più grande dovrebbe essere quello dell'alloggio per dormire: se non hanno trovato un luogo adatto si saranno dovuti accampare nel bosco. Il pensiero che non corrono rischi ora mi rasserena, l'importante è che stiano attenti da dopo l'alba. Sciolgo la mezza coda che mi ero fatta raccogliendo solo una parte dei capelli, che ora arrivano già alle spalle. Mi sento più calma ma comunque continuo a pensare ad Erwin. Quanto vorrei un suo abbraccio ora...

La notte trascorsa non è stata affatto ristoratrice: mi svegliavo di continuo di soprassalto.
Fino ad ora son riuscita a tenermi impegnata aiutando in cucina e nel laboratorio, ma siamo solo a metà mattinata. Qualsiasi finestra io superi attira la mia attenzione: guardo nel cortile per controllare se sono tornati. Cerco di concentrarmi totalmente su ciò che sto facendo, ma una parte della mia mente corre sempre a lui. Ora sto riordinando delle schede per Hanjie, cerco di metterle in ordine alfabetico ma continuo a perdermi dopo la lettera L. Mi sento incapace, ma davvero non riesco ad ordinare la M e la N! Sto per arrabbiarmi e appena prima che io getti tutto per terra compare Petra sulla porta, ha anche lei delle schede sottobraccio.
- Sono tornati!
Appena pronuncia quelle parole il mio cervello va in tilt, completamente. Petra sparisce improvvisamente così come è comparsa. Lascio le schede sulla scrivania e mi avvio con Leo dietro di me. Cammino velocemente lungo i corridoi ma non corro, darei troppo nell'occhio.
“Li avranno trovati? Starà bene?”
Leo non parla, teso come me per l'attesa delle risposte. Incrociamo un gruppo di soldati che parlano sovrastandosi, nella confusione generale colgo solo poche parole: ferito, capitano, sangue.
Appena collego quelle tre parole inizio a correre, troppo veloce perchè Leo possa tenere il mio passo. Mentre corro sento solo il rimbombo dei mie passi scuotermi. Corro, continuo finchè non esco alla luce del sole; arrivata al cortile mi fermo per cercare Erwin con lo sguardo. Sento il cuore battere troppo forte. Non lo vedo. Dov'é? La luce del sole sembra accecarmi, come se volesse impedirmi di vedere per aumentare la mia agitazione. Respiro velocemente, neppure lontanamente mi sfiora il pensiero che il mio dolore intercostale possa tornare dopo un sforzo improvviso del genere. Dov'è?!
Non riesco a formulare un pensiero razionale, l'agitazione mi ha rimescolato il sangue rendendomi incapace di distogliere l'attenzione dal pensiero fisso che è Erwin.
Leo mi raggiunge ansimante; appena mi supera si guarda intorno a sua volta. Noto che si immobilizza per un istante. Al contrario di me, lui trova subito il suo obiettivo e inizia a correre gridando:
- Mamma! Papà!
Ora che i miei occhi si sono abituati alla luce esterna riesco a vedere meglio. Si è avviato verso due persone vestite diversamente rispetto a noi soldati e che per questo danno subito nell'occhio. Non mi soffermo troppo sulle due figure perchè la mia attenzione è catturata dalla figura bionda dietro di loro.
È lui.
Alto, a fianco del suo cavallo, sotto la luce del sole, che si guarda attorno. Sento un tuffo al cuore, perdo un battito: sembra stare bene. Non riesco a controllarmi e le mie gambe partono. Inizio a correre verso di lui senza curarmi minimamente di chi mi possa vedere; mi importa solo di lui. Appena posa i suoi occhi su di me sorride e allarga le braccia invitandomi verso di lui e lasciando andare la briglia con la quale stava tenendo il cavallo. Mi schianto contro a Erwin senza ritegno; gli allaccio le braccia intorno al torace e stringo più forte che posso. Quando lo investo gli sfugge un gemito soffocato, che si trasforma poi in una risata meravigliosa. Mi circonda a sua volta con le sue braccia, più delicatamente di come io stia facendo con lui però.
- Stai bene!
Parlo con il viso schiacciato contro il suo petto, la guancia a contatto con la camicia. Sono così sollevata dal poter dire quelle parole, mi sento alleggerita da una nube che mi opprimeva.
- Sì, missione compiuta! Mi sembra che anche tu stia bene.
Mi accarezza i capelli mentre annuisco; sento il suo profumo e tutte le preoccupazioni svaniscono completamente. Purtroppo non riesco a concentrarmi troppo su quelle sensazioni perchè improvvisamente mi ricordo che sono circondata dalla legione esplorativa. Alzo la testa per guardarlo, con gli occhi spalancati; mi sento arrossire. Erwin mi sorride e guardandosi attorno dice:
- Il primo che osa commentare lo atterro. – con un sorrido dolce sulle labbra che contrasta con le parole rudi. Io riesco solo a nascondere il viso paonazzo contro di lui.
Quando il cortile si è svuotato rimaniamo noi due e Leo coi suoi genitori. Mi prendo qualche secondo per osservarli: la madre è bassina mentre il padre è alto, però non quanto Erwin. Entrambi hanno i capelli scuri, ereditati dai figli ,ma gli occhi di Leo e di Felix sono, senza alcun dubbio, quelli della madre. Leo li tiene per mano e continua a sorridere, arrossato sulle guance dalle lacrime scappategli.
- Vale! Vale! Guarda, sono la mia mamma e il mio papà!
Leo è felicissimo e saltella mentre mi parla;
- Sono felice che li abbiamo ritrovati!
Erwin si prende la premura di presentarmi ai coniugi. Proprio come i loro figli hanno nomi brevi: Rose e Jack. Entrambi sorridono gentilmente, ma noto che la madre continua ad osservarmi quando distolgo lo sguardo. Questa sensazione mi infastidisce leggermente.
È ora di pranzo e ci avviamo tutti verso l'interno; mentre cammino a fianco di Erwin mi ricordo che i genitori non hanno solo trovato un figlio, ma ne hanno anche perso uno. “Come glielo diremo?”, sento che dietro di noi il trio riunito parla tranquillamente, ne approfitto.
- Erwin... dobbiamo dirgli di-, - Non preoccuparti, ci ho già pensato io...
Accenno un sorriso riconoscente: non so se ci sarei riuscita. Lui ricambia e mi poggia una mano sulla schiena, quasi sul fianco, delicatamente. Sono così felice di averlo di nuovo con me!
A pranzo Leo occupa il centro dell'attenzione, continuando a esultare e ridere. Io però mi ricordo che devo scoprire perchè ci hanno impiegato così tanto e cosa è successo al villaggio, ma non è il momento adatto. Decido che ne parlerò più tardi con Erwin.

             I miei piani vengono stravolti: non ho ben capito in che modo sia successo, ma ora sono a cavallo verso il villaggio di Leo. Io ed Erwin stiamo riaccompagnando la famiglia a casa, ma io non so ancora che cosa sia accaduto durante la missione. Dopo pranzo Leo ha mostrato ai suoi la base poi hanno deciso che sarebbe stato meglio mettersi in cammino per casa loro: preferivano non abusare dell'ospitalità della legione. Però non so di chi sia stata l'idea  di far sì che fossimo io ed Erwin ad accompagnarli anche se, ripensandoci, è giusto così. Dopotutto sono stata io a portarlo alla base e tocca a me riportarlo a casa. Ancora non riesco a collegare l'idea che il marmocchio non sarà più con noi, mi ero abituata alla sua piccola presenza curiosa.
Mi frullando in testa tante, troppe domande, ma non me la sento di parlarne ora di fronte al piccoletto. Non vorrei mai sentisse qualcosa che non dovrebbe, quindi, ancora una volta, rimando la mia chiacchierata con Erwin. Arriviamo al villaggio che il sole sta quasi tramontando; tutto è colorato di sfumature arancioni e mi perdo un secondo ad osservare quei colori meravigliosi. Le nuvole che hanno increspato leggermente il cielo passano dalle tonalità dell'indaco al rosso fino al giallo sfumando verso l'orizzonte. Il cielo violetto si scurisce sempre più mentre la prima stella della sera brilla in lontananza. Ritrovo la casa di Leo, sistemata completamente. Osservando meglio, tutto il villaggio è ricomposto, “ma com'è possibile?” . Solo tre giorni fa tutto era rovinato mentre ora le case sono intere; le finestre iniziano ad illuminarsi e alcune persone salutano il piccolo tornato a casa.
- Poi ti spiego tutto.
Erwin deve aver notato la mia perplessità, lo guardo confusa e annuisco.
Dopo aver portato i cavalli in una stalla vicina entriamo nella loro casa; Rose ci fa accomodare al tavolo della cucina mentre inizia a preparare a cena. Mi offro di aiutarla ma mi obbliga a stare seduta, dicendo che ho fatto già tanto per loro salvando il piccoletto.
Rivedo l'armadietto dentro al quale trovai Leo, lo indico e lui si avvicina.
- Guarda mamma ero nascosto qui!
La madre lo guarda con occhi dolci e sorride; mentre mangiamo chiacchieriamo di cose superficiali. Ci raccontano delle origini di quel villaggio, dei loro lavori, delle particolarità della foresta che li circonda, …
Capisco che i discorsi seri si terranno per quando Leo sarà andato a letto.
- Si sta facendo tardi. - Erwin guarda fuori dalla finestra, c'è buio.
- Dovremmo andare... - solo ora ricordo che abbiamo un viaggio di un paio d'ore da fare per tornare alla base, ma la cosa che più mi colpisce è che solo ora capisco che dovrò salutare il piccolo Leo.
- Ma siete impazziti? Non andrete da nessuna parte con questo buio! - Rose ci guarda stupita.
- Ma certo, per questa notte rimarrete qui, non era ovvio? - il marito le si affianca.
Io ed Erwin ci guardiamo confusi, : - Non proprio... - mi mordo il labbro imbarazzata.
- Non vorremmo disturbare, non ci sono problemi col buio.
- Dai Vale restate qui! - come posso dirgli di no? Ora che mi guarda con quegli occhioni verdi.
- Solo se ci assicurate che non diamo fastidio – interviene Erwin.
- Nessun fastidio, anzi! Ci sentiamo in debito con voi della legione! Abbiamo una stanza libera che usiamo per chi passa di qui durante i suoi viaggi, starete lì.
- Va bene... - sorrido riconoscente.
“Ma com'è possibile che io finisca sempre in certe situazioni?”
 Senza alcun preavviso Leo prorompe in uno sbadiglio profondo; ancora una volta gli è venuto sonno tutto d'un tratto. Rose si rivolge al figlio:
- Non è forse ora di andare a letto?
- Ma no mamma, sono sveglissimo-oooooh – conclude la frase con un altro sbadiglio, stropicciandosi gli occhi.
- Si, proprio. Dai vai a dormire prima di addormentarti qui.
- Possono accompagnarmi Vale e Erwin?
La madre ci guarda perplessa e io annuisco.
- Andiamo marmocchio...
La camera di Leo è piccola, come se fosse in proporzione con lui. Si avvia verso il letto ma, spiazzandomi, al posto di sedercisi sopra, si inginocchia per terra. Sta cercando qualcosa sotto il materasso e quando si volta verso di noi ha in mano un pezzo di carta ripiegato. 
Sventola il foglio ancora chiuso.
- Che è? - non ho idea di cosa possa essere.
- È quel disegno? - Erwin sembra essersi ricordato qualcosa.
Leo annuisce sorridendo; solo io non so di che si tratta e questa cosa non mi piace affatto.
- Che disegno è?
- Solo domani potrai vederlo!
- Ma come?! Dai Leo non farmi arrabbiare! Fammi vedere!
- Nonono! - mi fa la linguaccia; lo guardo minacciosa socchiudendo gli occhi. Si infila sotto le coperte e sbadiglia ancora una volta, mentre mette il foglio sotto al cuscino.
- Va bene, aspetterò domani...
- Vale... Io non gliel'ho detto alla mamma di Felix, però mi sa che tocca a te farlo. Ma non ti preoccupare se piange, lei piange sempre!
Mi prende completamente in contropiede; non mi preoccupo per la notizia, alla quale ha già pesato Erwin, ma mi preoccupo per la reazione nei miei confronti. Non trovo subito una risposta adatta e l'unica cosa che riesco a dire è :
- Va bene...
- Grazie! - sbadiglia ancora una volta, - comunque la vostra stanza è quella davanti alla mia...
- Bene, così se ho freddo posso venire a dormire con te! - Erwin cerca di risollevare la situazione.
- No, io non ti voglio!
- Come osi soldato?! - Erwin si abbassa per prendere le coperte di Leo e coprirlo completamente, bloccandolo sotto le lenzuola; il piccolo ride muovendosi.
- Ahahaha, scherzo!
- Anche io. Adesso dormi, ok?
Leo annuisce e si sdraia su un lato mentre Erwin, ora seduto sul bordo del letto, gli rimbocca le coperte. Sento il cuore sciogliersi dalla tenerezza della scena a cui sto assistendo. Uno così grande e l'altro così piccolo; la delicatezza con cui Erwin solleva le coperte e la pacatezza nel sorriso assonnato di Leo mi riscaldano. Mi stupisco quando sento gli occhi umidi, non so che mi prende. Batto le palpebre ripetutamente e mi inginocchio davanti al piccoletto:
- Buonanotte Leo... - gli lascio un bacio sulla guancia, consapevole che sarà l'ultima buonanotte che gli augurerò. Mi mancherà tremendamente, già lo so. Sbadiglia ancora e i suoi occhietti si chiudono. Mi prendo qualche secondo per osservarlo e imprimere in me quel viso, così da non scordarlo mai in futuro.
- Mi mancherà... - Erwin è seduto ancora sul letto, la sua voce è bassa. Annuisco incapace di parlare, so che se ci provassi la mia voce si spezzerebbe. Prendo un respiro profondo e mi alzo. Arrivati fuori dalla cucina sentiamo i genitori di Leo parlare:
- Lo sapevo, quel disgraziato! Sapevo che non sarebbe più tornato da me!
La voce di Rose è resa roca dal pianto. Mi blocco, non me la sento di entrare. Erwin mi prende per mano, e con quella libera volta il mio viso verso il suo:
- Non è stata colpa tua. - mi sussurra e allaccia il suo sguardo col mio.
- È colpa di questa realtà... -  rispondo con un filo di voce. Lui sorride gentilmente e per annunciare il nostro ritorno finge un colpa di tosse. Entrati nelle stanza vedo che entrambi i coniugi hanno gli occhi arrossati e sento una fitta al cuore. Rose si alza e si avvia verso di me, con passo pesante. Io mi immobilizzo pronta a ricevere uno schiaffo, ma pietrificandomi quando sento che mi sta abbracciando. Strabuzzo gli occhi confusa: questa donna dovrebbe odiarmi.
- Grazie infinite! Grazie! Grazie! Grazie!
La sua voce è forte così come la sua presa, io sono ancora bloccata.
- E-e di cosa?
Lei si allontana e mi prende per le spalle guardandomi intensamente, sorridendo dolcemente.
- Per tutto ciò che hai fatto per i miei figli!
Delle lacrime iniziano a scorrerle sul volto, ma continua a sorridere.
- Io ti conoscevo già prima di incontrarti, sai?
La guardo ancora più confusa, sembra si divertano. Ci sediamo e inizia a raccontare:
- Quando Felix ci scriveva dal campo di addestramento raccontava di questa sua compagna che lo aiutava sempre e che, puntualmente, finiva sempre nei guai con lui per questo. Scriveva che, proprio come lui, capitava ogni giorno in infermeria. Ma la cosa di cui raccontava maggiormente era di come lo sgridasse: diceva che lo rimproverava quando faceva qualcosa che avrebbe potuto comportare l'espulsione e che quando si comportava così le sembrava che fosse sua sorella. La sorella che non ha mai avuto e che lui desiderava tanto. Ho capito dalla descrizione che aveva fatto che eri tu non appena ti ho vista, e quando ti sei presentata il nome ha confermato tutto: “Vale, non Valentina, perchè lei odia il suo nome intero”, aveva scritto così.
Ascolto in silenzio, mordendomi il labbro per non piangere al ricordo dei tempi dell'addestramento e di quando Felix era ancora vivo. Sento Erwin irrigidirsi al mio fianco ma per ora non ci faccio troppo caso.
- Hai aiutato Felix a non cacciarsi ne guai prima e hai salvato Leo ora, direi che sono dei buoni motivi per ringraziarti! Entrambi ti sono veramente affezionati! - Jack interviene e mi sorride gentilmente. Senza alcun motivo Erwin sbuffa, incrociando le braccia. Capisco che c'è qualcosa che non va quindi lo guardo in cerca di una risposta, ma lui evita il mio sguardo. Mi sento triste per quella negazione di contatto e anche gli altri lo notano. Rose ci osserva per qualche istante.
- Non credo ci sia bisogno di essere geloso in alcun modo, Capitano. Felix ha ribadito spesso di come vedesse Vale solo come una sorella e niente più...
Erwin, dopo aver ascoltate quelle parole, arrossisce.
- I-io non sono gelo-, si ferma a metà frase quando vede lo sguardo vittorioso di Rose, che ha compreso la situazione perfettamente. Io e Jack non avevamo capito e quindi guardiamo ognuno il nostro compagno. Jack è stupito per la capacità di rose mentre io sono stupita dalla gelosia di Erwin. Nonostante tutto mi fa tenerezza vederlo così arrossito e lo guardo accarezzandolo con lo sguardo. Imbarazzato decide di deviare il discorso e comincia a raccontarmi del perchè la missione è durata così tanto e del villaggio ricostruito:
- Il villaggio è stata attaccato da una banda di saccheggiatori che, dopo aver rapito tutti, o quasi, si sono ritirati nella foresta. Voi siete arrivati subito dopo l'accaduto per questo Leo era così disorientato: Rose l'aveva fatto nascondere con una scusa così da non farlo portare con loro. Poi tu l'hai trovato e l'hai portato alla base. Nel frattempo la banda ha tenuto in ostaggio tutti nella foresta fino a sera per poi lasciarli tornare alle loro case. Quando siamo partiti noi per la missione siamo subito passati per di qua, trovato i genitori di Leo, ma siamo rimasti qui ad aiutarli a sistemare tutto il villaggio, evitando così di dividerci in due squadre.
Erwin conclude le spiegazioni e io ripenso per qualche secondo a ciò che mi ha detto: non avrei mai preso troppo in considerazione l'idea di una banda armata perchè il villaggio mi era sembrato in pessime condizioni. Evidentemente ho ingigantito la situazione...
Continuiamo a parlare ancora per un po', Jack e Rose mi chiedono del periodo dell'addestramento, di Felix, di Leo e mi chiedono anche perchè ora Leo sia fissato con le pulizie. Con lo scorrere del tempo noto che Erwin sembra stanco e nemmeno io son troppo sveglia. Rose ci invita ad andare a letto e accettiamo volentieri. Lungo il corridoio mi fermo davanti alla porta della stanza di Leo, Erwin mi affianca.
- Direi che una sbirciatina puoi darla. Io ti aspetto di là...
Socchiudo la porta e guardo Leo, coperto fino sotto al mento, dormire tranquillo.  La tentazione di andare a prendere quel foglio mi stuzzica, ma non sarebbe affatto onesto da parte mia. Guardo la piccola figura dormire e sento già la malinconia che proverò quando non lo vedrò più gironzolare alla base. Mi avvio verso la mia stanza, apro la porta e mi blocco appena me la richiudo alle spalle. Non so cosa mi spiazzi di più: se il letto matrimoniale o Erwin con la camicia sbottonata. La stanza è abbastanza grande ma ha solo un letto doppio e sdraiato sopra, con un braccio a coprirgli gli occhi, c'è Erwin. Il suo torace si alza e si abbassa regolarmente, la pelle rosea risalta contro la camicia bianca e le lenzuola chiare. La collana verde è libera al centro del petto, lucida come sempre. Mi sento avvampare a quella vista, i suoi addominali scolpiti circondano l'ombelico e io devo concentrarmi per spostare lo sguardo. Erwin alza il braccio da sopra gli occhi e mi guarda con quelle due pietre azzurre:
- Preferisci un lato particolare?
“Preferisco qualsiasi tuo lato...” penso, poi capisco che si riferiva al letto.
- N-nono, è uguale. Mi agito comunque.
- Anche tu?
Si riferisce alla notte che ha passato con Leo, non deve essere stata piacevole. Sorrido colpevole.
- Ah, credo quello sia per te...
Accenna verso il lato libero del letto: noto che c'è un foglio bianco piegato. Mi lancio verso il pezzo di carta e  mi siedo sul materasso, apro il foglio e rimango senza parole. Non riesco a dire nulla; noto gli occhi di Erwin su di me. Sul foglio ci sono disegnate tre persone che si tengono per mano: una piccola piccola, coi capelli neri, una media coi capelli castani e il ciuffo, l'altra bionda ed alta. Sopra le loro teste sono scritti i rispettivi nomi: Leo, Vale, Erwin, con la N rigorosamente storta. Siamo vestiti tutti e tre con la divisa ufficiale e in lontananza è disegnato un cavallo nero. In un angolo del disegno ci sono scritte altre due parole che mi fanno scendere una lacrima : “ Gli eroi”.
Nonostante tutto Leo ancora mi considera un eroe, e gliene sono grata!
Erwin nota la mia lacrima e si alza a sedere per abbracciarmi:
- Hei, va tutto bene.
- Tu lo sapevi vero?
- Sì, ma ho mantenuto il segreto. L'ha fatto quando ti eri addormentata nel mio ufficio.
- È bellissimo! Ha pure fatto il ciuffo dalla parte esatta.
- Per quello l'ho aiutato io... - e per enfatizzare le sue parole con una mano mi sposta il ciuffo sugli occhi, contrariamente a tutte le altre volte. Ridiamo insieme dei miei capelli finchè non sbadiglio profondamente.
- Non sono l'unico mezzo addormentato. Hai dormito ieri?
- Sì e no...
Mi guarda come per rimproverarmi. Non posso farci niente se ero in ansia per lui!
Siamo venuti senza attrezzatura quindi non abbiamo addosso le cinghie da slacciare. Mi sfilo la camicia rimanendo in canottiera, tolgo gli stivali , tengo i pantaloni e mi nascondo sotto le coperte. Erwin è ancora seduto sul letto, pensieroso.
- A che pensi?
- Vuoi proprio saperlo? - annuisco.
- Non so come dormire...
lo guardo inarcando un sopracciglio, che intende? Mi fa vedere i pantaloni che ancora indossa e capisco che si riferisce ai vestiti.
- Aaaa, fai come sei più comodo! 
Mi ricordo solo ora che, preso dalla febbre, mi aveva detto che non riusciva a dormire coi pantaloni.
- Non ti da fastidio? - mi chiede leggermente arrossito.
- Nessun problema. - scuoto la testa e mi rimetto sdraiata; lui si alza e gentilmente si volta, così da lasciarmi la visuale perfetta del suo fond- “ Vale che vai a pensare!?”
Mi rimprovero da sola  ma ammetto che mi viene difficile togliere gli occhi dalla sua schiena ormai scoperta. I muscoli delle spalle ben delineati, i fianchi robusti, lo osserverei per ore. Prima che si volti mi metto un braccio sugli occhi come aveva fatto lui, così che non possa pensare che  io l'abbia osservato tanto. Improvvisamente mi rendo conto della situazione in cui mi trovo: io ed Erwin nello stesso letto. Dopo che si è infilato sotto le coperte mi volto a guardarlo, girandomi sul fianco. Lui fa lo stesso e ci troviamo a osservarci. La sua linea in mezzo ai pettorali è molto più accentuata dalle mia, e questo è deprimente. I capelli sono ancora ordinati, gli occhi profondi come non mai. Sento il solito calore che mi trasmette la sua vicinanza sciogliersi nel petto e iniziare a scorrere nel sangue. Si volta a spegnere la luce per poi tornare di fronte a me, leggermente più vicino di prima. Sento che voglio diminuire quella distanza e lascio che siano le mie emozioni a guidarmi: mi avvicino a Erwin poggiando la testa nell'incavo del suo collo e rannicchiandomi contro a lui. Sento il suo profumo e il suo calore così vicini che un brivido mi percorre. Lui mi circonda con un braccio e poggia le sue labbra sul mio collo. Si muove leggermente facendomi il solletico, lascia qualche bacio a scottare sulla pelle. Io sorrido contro di lui mentre continua quel dolce gioco. Si ferma, aspetto finchè non sento i suoi denti sulla pelle: mi morde delicatamente per poi tornare a giocare con le labbra morbide. Sento gli schiocchi leggeri dei suoi baci, mi lascio coccolare da quel suono nell'oscurità. Decido che anche io voglio darmi da fare: giro la testa e inizio a sfiorare la sua mandibola. Lascio dei baci leggeri   sul contorno del suo viso, la pelle è leggermente ruvida: deve fare la barba. Mi sposto sul collo, divertendomi a stuzzicare la pelle sensibile finchè non giungo all'inizio della clavicola. Nel frattempo lui si è allontanato da me, permettendomi di tartassare il suo collo liberamente. Continua a circondarmi con le sue braccia; inizio a mordicchiare leggermente la pelle morbida e calda. Mi sento avvolgere dal suo profumo, con gli occhi chiusi mi concentro sul contatto che ci unisce. Avidamente inizio a gustare la sua pelle; gli sfugge un respiro più pesante, ma sicuramente non di disappunto. Penso che vorrei sentire la sua voce con quella nota di arrendevolezza che ho notato nel sospiro, quindi continuo. Con delicatezza mi cinge i fianchi e, stringendomi ancora di più, si volta portandosi supino e trascinandomi addosso a lui. Sento i nostri corpi a contatto; il suo petto è ampio due volte il mio. La sua pelle sembra scottare sotto il mio tocco, lui posa le sue mani sulla mia schiena. Nonostante non gli sia mai stata così vicina, non mi sento troppo tesa. Non riesco a smettere di tartassare quel piccolo lembo di pelle del suo collo; lui inizia a far scorrere le mani sul mio torace. Decido di concludere e mordo più forte, gli sfugge un piccolo gemito e la sua voce, più roca del normale, mi provoca un brivido. Appoggio la testa a fianco della sua, abbandonandomi addosso a lui; ascolto le strane sensazioni che mi trasmette questa nuova vicinanza. Erwin si volta e mi lascia un bacio sulla guancia; porta una mano sulla mia nuca scorrendo le dita tra i miei capelli. Mi volto e mi trovo ad osservarlo nonostante il buio che ci circonda. I nostri nasi si toccano, sento il suo respiro vicino. Annulla la distanza tra di noi e mi sento sciogliere lentamente dal suo calore. Mentre mi lascio avvolgere dal suo bacio mi dimentico la malinconia provata poco prima; mi sento al sicuro tra le sue braccia. Smetto di pensare completamente e mi lascio guidare dalle sue labbra morbide. Mi diletto in questo bacio lentamente, dolcemente come fa lui. Dopo che ci separiamo appoggio ancora la testa nell'incavo della sua spalla; sento la stanchezza della notte precedente farsi strada in me. Mi addormento accomodata sopra Erwin, tra le sue braccia che mi trasmettono l'ormai famigliare sensazione di protezione che solo lui riesce a infondermi.

 

 

angolo scrittrice: Chiedo venia! Perdonate il mio enorme ritardo!
Mi dispiace ma la scuola mi ha distrutta: in queste due settimane ho avuto una verifica/ interrogazione per giorno.
Tornando alla sotria, spero che vi sia piaciuto il capitolo. Ormai è tempo di salutare Leo :( 
Non so che altro dirvi, lascio a voi i commenti...
Chiedo ancora scusa per l'attesa!   
Un  bacio,
                Ombra

 

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Capitolo 8
*** You and I'll be safe and sound ***


Provo a voltarmi ma non ci riesco. Qualcosa mi tiene bloccata nella posizione in cui mi trovo. Sono sdraiata sul fianco e capisco che un braccio mi sta circondando la vita, bloccandomi contro un torace ampio. Erwin respira regolarmente e mi tiene stretta a lui, come un bimbo col proprio peluche; le nostre gambe sono allacciate, una delle sue è posizionata in mezzo alle mie. Essendo molto più alto di me la sua testa è sul cuscino, sopra la mia; l'altro suo braccio è sotto il cuscino morbido. È caldissimo, nonostante i pantaloni e la canottiera sento il suo calore addosso. Devo svegliarlo? Di solito noi della legione ci alziamo presto, ma sarà troppo presto? Poi come faccio a svegliarlo? Non posso tappargli ancora il naso.

Mentre ragiono sul da farsi sento che stringe la presa, avvicinandoci ancora di più. Non nego che sia una bella sensazione, averlo così vicino mi rilassa, però sento dentro un certo calore che, paradossalmente, mi agita. Questa sua vicinanza mi confonde: non so se sono più tranquilla o imbarazzata.

Sento che fa un respiro più profondo e alza la testa, sbadigliando.

- Hey... - lo saluto.

- Mmm, 'giorno. - la sua voce assonnata è adorabile. Inclino la testa verso di lui:

- Ti ho dato calci?

Scuote la testa negando, sono sollevata.

- Però hai parlato, ma non ricordo bene cosa hai detto.

Mi volto ancora di più per poterlo vedere in faccia; lui allarga la presa su di me per permettermi di girarmi completamente. Ha i capelli spettinati davanti agli occhi ancora non del tutto svegli. Le guance sono arrossate e lungo la mascella si vede il segno della barba che sta crescendo. Mi sento mancare il fiato per qualche secondo poi riesco a formulare una frase:

- Non sapevo di parlare nel sonno...

- A dire il vero era successo anche quando ti controllavo mentre stavi male, ma non ti ho mai detto nulla. - ammette con un mezzo sorriso. Lo guardo perplessa e lui si affretta a rispondere:

- Non volevo iniziassi a farti paranoie. Non dicevi nulla di strano...

- Non sembri troppo convinto.

- Bhè, ogni tanto insultavi qualcuno, ma non dicevi mai nomi.

Mi sento confusa: non ricordo nessun sogno fatto nel periodo del “ricovero”.

- E stanotte?

- Stanotte mi hai svegliato chiamandomi. - mi sorride. Spalanco gli occhi:

- Oddio scusa! Io- io...

- Non fa nulla. Anzi è stato divertente: farfugliavi qualcosa su disegni, stupidi titani e “ Erwin mi passi le fragole?”

Mi sento arrossire e mi nascondo affondando il viso nel suo petto ampio. Mi rannicchio contro, e lui mi stringe. Ci ritroviamo avvinghiati come prima, questa volta con una mia gamba tra le sue.

- Adesso ho voglia di fragole...

È l'unica cosa che riesco a dire, sempre nascondendomi addosso ad Erwin. Inizio a stiracchiarmi e distendo le gambe per poi ripiegarle come prima. Purtroppo alzo troppo, e troppo velocemente, le ginocchia, soprattutto quello bloccato tra le sue gambe. Appena mi accorgo di quello che ho fatto, e sento il suo grido trattenuto, capisco che cosa ho combinato:

- Oh cazzo scusa!

- Sì... proprio quello... - parla in un soffio e si stringe ancora di più addosso a me.

- Scusa, scusa, scusa, scusa! - lo abbraccio e lui nasconde il viso nell'incavo del mio collo.

“ Sono un'assassina!” mi odio. Mi sento bollire in viso. Se dovesse piangere non me lo perdonerei mai. Continua a stringermi, sento che cerca di controllare il respiro. “ L'ho combinata grossa!”. Mi sento tremendamente in colpa e in imbarazzo.

- Erwin scusa! Mi dispiace non l'ho fatto apposta giuro!

- No ma... non è tanto colpa del ginocchio... è solo che... bhè sì quello è stato il colpo di grazia però...

- Però? Che altro ho fatto?

- No-non prenderla male ok? - parla sempre col viso nascosto contro il mio collo. Io lo circondo e gli accarezzo la nuca, sperando di migliorare la situazione.

- È che, ero già abbastanza... sì, insomma, teso – il suo fiato sul collo mi fa il solletico; non so se spero di aver capito male o se davvero ho frainteso le sue parole quindi domando:

- Teso, in quel senso?

Lui annuisce e io mi sento avvampare. Non so che dire, mi limito a continuare a scorrere le dita sulla sua nuca.

- Scusa, è che non posso controll-, - nessun problema Erwin, è normale per voi maschi, no?

“ Vale che vai sparando?” , non riesco a controllare le parole, sono imbarazzatissima.

- Bhè in un certo senso, però è perchè tu e io -, prova a spiegare ma lo interrompo il prima possibile:

- Ok, ok fa nulla! Va bene così...

Sento che lui è tanto bollente quanto me in viso. Rimane fermo, avvinghiato addosso a me per un po', finchè non sento che si rilassa. A questo punto solleva la testa e finalmente lo vedo ancora in viso, tutto arrossito persino sulle punte delle orecchie. I suoi occhi azzurri risaltano col rossore delle guance e i capelli scompigliati gli regalano un'aria più da bambino. Trattengo una risata che mi procura uno sguardo interrogativo da parte sua.

- È buffo pensare a qualcuno grande e forte come te che arrossisce per certe cose!

Gli lascio un bacio sulla punta del naso, lui storce le labbra fingendosi arrabbiato. Non fa altro che rendere la sua espressione ancora più tenera.

- Non lo faccio apposta...

Si giustifica mentre solleva il capo per arrivare a sfiorare la mia guancia con la sua, scostandomi i capelli dal volto con una mano.

- Anzi, si potrebbe dire che è colpa tua... - sussurra mentre prende tra i denti il lobo del mio orecchio. Sento il suo respiro caldo; in un'altra situazione sarei scoppiata a ridere per il solletico, ma ora sono troppo presa dall'agitazione che mi trasmette questo contatto inaspettato. Rimango ghiacciata da quel gesto che inizia a sciogliermi lentamente, con la stessa velocità con cui lui inizia a giocare con la mia pelle. Mi mordo il labbro per resistere mentre sento la punta della sua lingua stuzzicare il lobo, per essere morso delicatamente subito dopo. Per ripicca premo le unghie contro il suo collo, strappandogli un piccolo ringhio compiaciuto.

 

Poco dopo decidiamo di alzarci; non sono ancora pienamente consapevole della situazione. Ovvero, so che dobbiamo lasciare Leo ma continuo a non rendermene conto. Erwin si siede sul bordo del letto e inizia a infilarsi i pantaloni mentre io rimango sdraiata e inizio a stirarmi occupando gran parte del materasso. Osservo la sua schiena ampia, ci sono delle zone leggermente più scure a marcare dove passano le cinghie dell'uniforme tutti i giorni. L'elastico delle mutande cinge i fianchi dritti mentre la linea sinuosa della schiena sembra invitarmi a scorrere le mie dita su di essa. Erwin si volta per vedere che sto combinando e solo allora vedo il suo collo.

- Oddio Erwin!

- Cosa?

- Il tuo collo... - mi inginocchio avvicinandomi, con le dita sfioro al zona rossa che gli ho creato ieri sera.

- Oh, vero. Non che io sia stato più attento... - mi guarda inarcando un sopracciglio folto.

Solo ora mi ricordo che è stato lui a iniziare il tutto; mi alzo e vado di fronte allo specchio posto sopra il cassettone. Nemmeno mi prendo il tempo di guardarmi in generale che la mia attenzione è sul mio collo. Il mio collo sottile con un bel bollo a lato. Socchiudo le labbra sorpresa, non ci avevo proprio pensato. Provo a sistemare i capelli, pettinandoli con le mani, e cercando di tenerli vicino al collo per nascondere i segni. Erwin mi si avvicina e mi cinge da dietro, con la camicia ancora sbottonata.

- Scusa.

Rimango in silenzio, sorridendo al riflesso del biondo. Vedendomi tra le sue braccia mi rendo conto di quanto io sia minuta al suo fianco. Si abbassa per lasciarmi un bacio su una guancia e torna a vestirsi. Decido che per oggi terrò la camicia abbottonata fino in cima e i capelli completamente sciolti.

“Per fortuna non li ho ancora accorciati, oppure non sarebbero nemmeno arrivati alle spalle!”

Ho sempre tenuto i capelli abbastanza corti, e una volta ogni due mesi noi della legione ce li facciamo accorciare. Durante l'addestramento i superiori non erano troppo contenti dei miei capelli corti, sempre sciolti e col ciuffo a coprire quasi gli occhi e alla fine sono riusciti ad obbligarmi a tenere la mezza coda, almeno durante le prove più importanti.

Erwin riesce a nascondere il segno solo con la camicia, fortunatamente mi son tenuta più verso la clavicola.

“Chissà che vergogna se dovessero vederli!”

 

Soffia un vento leggero, i suoi capelli scuri sono scompigliati. Leo è seduto su un tronco dal quale è stata tratta una panchina. Mi siedo al suo fianco e gli mostro il suo disegno.

- É molto bello sai?

- Sono felice che ti piace... *

Per colazione abbiamo mangiato dello yogurt con cereali e non abbiamo parlato molto a tavola. Ora Erwin è davanti alla stalla coi genitori di Leo per preparare i cavalli.

- Leo... – mi interrompe abbracciandomi di scatto. Lo stringo a mia volta e non continuo la frase. Sento che singhiozza contro la mia camicia e mi obbligo a non piangere, cercando di trattenermi mordendomi l'interno della guancia.

- Non potete rimanere qui?

La sua voce è ovattata dalla stoffa, continua a stringermi con le sue braccia sottili.

- La legione ha bisogno di noi, soprattutto di Erwin...

- Non posso restare con voi?

- I tuoi genitori hanno bisogno di te Leo.

A malincuore lo allontano e gli sollevo il viso per guardalo negli occhi.

- Si sono spaventati tanto per la tua scomparsa, hanno sofferto anche per Felix – qui la mia voce quasi si spezza, - hanno bisogno di te per continuare. Come potrebbero far scorrere il tempo senza un marmocchio che combina guai ogni secondo tra i piedi?

Leo abbozza un sorriso e si asciuga gli occhi nella manica del maglione blu scuro che indossa.

- Per rivederti devo diventare un soldato?

- No!- rispondo allarmata, - No... passerò per questo villaggio durante alcune missioni, mi fermerò per salutarti! Ci rivedremo presto.

“Almeno spero...”

Guardo il disegno che ho in mano:

- Leo, promettimi che continuerai a disegnare.

- Te lo prometto Vale. - mi sorride e i suoi occhi sembrano ancora più vivaci del solito. In quell'espressione rivedo suo fratello. Una valanga di ricordi mi assalgono e mi scorrono davanti agli occhi alcune scene dal ritrovamento di Leo a ieri.

- Ti voglio bene nanetto!

Non gli lascio il tempo di ribattere che già lo sto stritolando in un abbraccio. Mi scappano alcune lacrime da sotto le palpebre; scorrono lungo le guance e lasciano solchi caldi sulla pelle.

- Anche io ti voglio bene, sei il mio eroe!

Queste poche parole mi colpiscono in pieno petto. Mi abbandono completamente alle emozioni e lascio scorrere altre lacrime silenziose.

- Grazie... - gli sussurro. Grazie perchè con te mi son potuta riscattare: non ho saputo salvare Felix ma ho salvato te. Grazie perchè ho scoperto cose su di me che nemmeno sapevo passando del tempo con te. Grazie perchè mi hai ricordato com'è vedere il mondo con gli occhi di un bambino, e, a volte, fa bene fingere di non essere più adulti o soldati, così che le preoccupazioni maggiori siano un cavallo mal disegnato o uno scaffale non spolverato bene.

- Non piangere Vale, se no dopo Erwin si preoccupa.

Mi sfugge una risata e lo lascio andare. Mi volto a guardare gli altri: sono pronti. Ripiego il foglio e lo metto in tasca; ci avviamo verso i cavalli mano nella mano. Sono consapevole delle mie guance e degli occhi arrossati ma non mi importa, è giusto così. Prima di montare a cavallo ci ringraziamo a vicenda, noi per l'ospitalità e loro per aver accudito Leo. Rose mi si avvicina e mi lascia un bacio sulla guancia, sorridendomi gentilmente. Prima di partire mi fermo un secondo a guardare il piccolo, anche lui arrossato in viso. Spinta da non so che ricordo mi porto una mano alle labbra e gli mando un bacio, per poi far voltare il mio cavallo e partire. Solo sulla strada del ritorno mi ricordo dove avevo già visto quel gesto: era stato l'ultimo saluto di Felix.

 

 

 

 

Facciamo giusto in tempo a smontare una volta arrivati alla base che Petra accorre:

- Scusi Capitano, ma il Caporale sta picchiando il caposquadra Zoe e non riusciamo a fermarlo!

Mentre parla sembra leggermente imbarazzata, come se il comportamento del caporale fosse colpa loro.

- Di nuovo!? Non imparerà mai! Dov'è?

- Nel laboratorio.

Subito ci avviamo verso la stanza. Erwin procede senza voltarsi a passi veloci, per non rimanere indietro devo fare qualche passo di corsa ogni tanto. Gli svantaggi di essere solo poco più alta di 1metro e sessanta e inseguire una persona di quasi trenta centimetri in più di te. Anche Petra deve quasi correre, essendo pure più bassa di me.

Procediamo in silenzio, gli unici suoni che si sentono sono i nostri passi lungo il corridoio. La mia mente è ancora un po' presa dagli avvenimenti di poco fa quindi non ero ben pronta per la scena che mi ritrovo davanti ora.

Arrivati fuori dal laboratorio Erwin non bussa nemmeno, spalanca la porta e si ferma sulla soglia. Bloccata dietro di lui non vedo nulla, visto che occupa tutta la visuale; mi scosto di lato per sbirciare da dietro un suo fianco.

Vedo Hanjie in ginocchio, coi capelli spettinati e senza occhiali, e Levi che la sorregge per il colletto della camicia con una mano, mentre l'altra è sollevata, chiusa a pugno, pronta a colpire. Il caporale sposta lo sguardo dalla donna verso Erwin. C'è silenzio, nessuno osa fiatare, si percepisce la tensione tra i due sguardi. Per qualche secondo tutto rimane immobile, fino a che Levi non molla la presa. Erwin è rimasto immobile per tutto il tempo, non ho visto il suo sguardo ma credo debba essere stato terrificante se è riuscito a convincere il caporale a cedere. Mentre la scienziata inizia a cercare i sui occhiali per terra Erwin entra nella stanza e si dirige verso Levi. Solo ora mi accorgo che il laboratorio è disordinato come non mai: ci sono alcune sedie rovesciate, carte per terra, provette sparse ovunque e vetrini frantumati. La nostra attenzione passa alla vittima della rissa che, seduta su una sedia, si massaggia una guancia arrossata. Petra le si avvicina per controllare che non sia troppo grave mentre Levi, appoggiato ad un tavolo, si sistema le maniche rimboccate della camicia grigia.

- Quante volte ancora dovrà succedere?

Erwin ha parlato con voce severa, rivolto al moro.

- Se lo meritava. Mi ha fatto ammalare quella psicopatica.

- Levi quello di un raffreddore non è un presupposto valido per poter picchiare qualcuno!

- Questo lo dici tu. Per me è più che fottutamente valido! - ora si sistema il foulard bianco che ha al collo.

- No che non lo è! Non posso continuare a dover intervenire perchè tu decidi di picchiare qualcuno per divertimento!

- Io picchio chi cazzo mi pare, quando cazzo mi pare!

Erwin sembra stia per arrabbiarsi; non avevo mai visto nessuno osare rispondergli in questo modo. Come pochi istanti prima la tensione è tangibile. Ora riesco a vedere Erwin in faccia, i suoi occhi sono duri come ghiaccio. Dall'alto squadra il più basso che tiene il viso alzato per guardarlo a sua volta. Per quanto Levi sia forte, nonostante l'altezza ridotta, non avrebbe speranze in un corpo a corpo col biondo. Nessuno dei due diminuisce la durezza dello sguardo, mi sento turbata da quella freddezza negli occhi di Erwin.

- Rivaille che non succeda mai più, sono stato chiaro?

La sua voce non è troppo alta ma è dura e pesante come una roccia. Un brivido mi percorre, mai avrei creduto che Erwin potesse essere così freddo.

- Non ti assicuro nulla...

Il Caporale si avvia e esce senza nemmeno voltarsi a guardare Hanjie.

“Si preannuncia una giornata leggera...” siamo solo a metà mattinata e sono già alquanto traumatizzata.

 

 

 

Nonostante l'inizio giornata movimentato, il resto della mattinata e del pomeriggio è stato tranquillo: ho lavorato ad un altro progetto che Erwin mi ha commissionato. Vedo sulla mia scrivania un libro di Hanjie che avevo preso in prestito qualche giorno fa, “ forse è meglio se glielo riporto, così faccio anche una pausa”.

Prendo il libro e mi avvio verso la sua stanza; appena dopo la rissa io e Petra le abbiamo dato una mano nel disinfettare i tagli. Busso e la sua voce squillante mi invita ad entrare. Hanjie è alla sua scrivania, tutta intenta a scrivere qualcosa su un foglietto di carta; la mia attenzione è attirata da un mazzo di fiori di campo al suo fianco. Mi avvicino incuriosita:

- Sono passata a restituirti il libro!

- Grazie Vale, hai visto? - indica, sorridendo, i fiori colorati.

- Sono molto belli, ma da parte di chi? - le sorrido a mia volta e lei mi mostra un biglietto bianco con giusto poche parole scritte con una grafia rigida, ma elegante.

La dedica recita: “rimani comunque una psicopatica”.

Strabuzzo gli occhi quando capisco che è stato Levi a mandarglieli.

- Cos? Ma lui... sono confusa.

Lei ride sonoramente della mia confusione e si toglie gli occhiali al viso passandosi una mano sugli occhi:

- Sai, non tutti hanno un rapporto fatto solo di carezze e abbracci... Levi è molto particolare, così come lo sono pure io, e spesso capita che ci picchiamo solo perchè lo provoco o per una sfida o per stare insieme. È come se litigassi con mio fratello, per poi farci pace e ricominciare a litigare.

Mentre parla osserva i fiori con gli occhi quasi socchiusi, la sua voce assume sempre un tono dolce quando parla di Levi, hanno un rapporto che io ancora non comprendo appieno.

Dopotutto Levi è molto particolare, non nelle abitudini, ma nelle modalità con cui esprime le emozioni. Sono tentata di chiederle di più su di loro, ma non riesco perchè mi blocco quando sento il mio nome risuonare in lontananza. Non capisco chi sia ma la voce è forte e il volume aumenta sempre più finchè non è fuori dalla porta. Bussano, Hanje sta per rispondere, ma la porta di legno si spalanca andando a sbattere contro la parete. Erwin è sulla soglia, arrossato in viso e notevolmente agitato; subito penso al peggio. Nella mente mi si proiettano immagini impensabili e apocalittiche che svaniscono quando parla.

- L'HANNO ACCETTATO!

- Eh? - non capisco a cosa si riferisca. I suoi occhi brillano e l'agitazione di pochi secondi prima è ora tramutata in euforia.

- IL PROGETTO! VALE L'HANNO ACCETTO! IL PROGETTO DEI CANNONI!

Appena il mio cervello collega le varie informazioni inizio a saltare:

- L'HANNO ACCETTATO! ODDIO NON CI CREDO!

- Sì CAZZO Sì!

Sto letteralmente saltando dalla felicità. Qualche settimana fa abbiamo inviato un progetto, curato interamente da me, alla base nazionale per delle modifiche e la creazione di alcuni cannoni con potenza e raggio di attacco superiori a quelli in nostro possesso ora. Il problema erano le alte spese per le munizioni, anch'esse rinnovate, e i materiali più pesanti, quindi non eravamo affatto sicuri dell'approvazione di questa mia idea.

Non riesco a stare ferma e basta un secondo nel quale incrocio lo sguardo di Erwin per fargli capire di prendermi: mi sono lanciata in braccio a lui, avvinghiandomi al suo collo. Lo sto stritolando tra le mie braccia, troppo felice per la notizia. Sento che scoppia in una fragorosa risata e Hanjie si unisce a lui.

- Hanno pure aumentato i fondi per le ricerche, visti i buoni risultati delle ultime spedizioni!

- COSA!? - Hanjie non sembra crederci,- DEVO AVVISARE GLI ALTRI!

- Corri, e avvisa tutti che dopo cena si festeggia! Hanno rinnovato pure le scorte!

 

 

Ho caldissimo. Sono seduta su una delle panche della mensa e sto osservando la squadra di Erwin giocare a poker scommettendo con dei biscotti. Dopo aver cenato e aver diffuso la notizia del successo del progetto, abbiamo scoperto che ci hanno rifornito un bel po' di barili di birra, ma soprattutto di bottiglie di Whisky e di un'altra roba strana che sa di liquirizia e che adoro. Abbiamo iniziato a bere e, non so dopo quanto, qualcuno ha cominciato a suonare usando delle pentole e una chitarra che è sbucata dal nulla. Qualcuno balla, altri cantano e altri ancora giocano a carte mentre quelli come me, esausti, osservano in silenzio o dormono sui tavoli. Mi appoggio alla spalla di Erwin che mi passa un biscotto; fino a poco fa avevo giocato con loro, ma ero troppo attiva per stare seduta al tavolo così sono uscita a prendere una boccata d'aria, quando sono rientrata mi son sentita stanchissima. Ricordo tutto della serata e ricordo anche che ho parlato tanto; appoggiata ad Erwin sento il suo profumo, così come quando gli sono saltata in braccio dopo la notizia. Sospiro maledicendo il caldo che sento e subito dopo scatto per chiudere il colletto della camicia che avevo sbadatamente sbottonato. Mi ero completamente dimenticata del marchio lasciato da Erwin e per sentire meno caldo avevo sbottonato i primi bottoni senza pensarci.

- Ho vinto! - Mike si sporge verso il centro del tavolo e si porta via tutti i biscotti, mentre gli altri polemizzano per la perdita.

- Stanca? - Erwin parla gentilmente, ha le guance arrossate ma è ancora completamente lucido; annuisco.

- Due minuti e andiamo a dormire, ok?

.- 'key. - sbadiglio.

Erwin affida il controllo della situazione ad Hanjie e, in quanto Comandante, ordina a Mike di dargli due biscotti al cacao. Nel frattempo io sono concentrata sulla figura di Levi che se ne sta solo vicino al camino, faccio per alzarmi e ho un leggerissimo capogiro.

“Basta liquirizia...”

- Vale?

- Vado a salutare Levi, arrivo. - Erwin si alza e continua a parlare con gli altri.

Arrivata al suo fianco inizia a parlare:

- Se sei ubriaca e vuoi qualcuno con cui parlare del tuo amato Erwin sparisci!

- Non sono ubriaca e comunque non parlerei di Erwin con te. Piuttosto, i fiori che hai dato ad Hanjie sono molto belli. - alza lo sguardo si di me, fulminandomi. Continuo a parlare senza riuscire a frenarmi.

- Stai tranquillo non lo saprà nessuno, però questo prova che anche tu hai un cuore.

- Questo si può provare benissimo appoggiandomi una mano sul petto... - distoglie lo sguardo.

- Capitano spesso situazioni come quelle di stamattina? - davvero non riesco a comprenderne la finalità e non riesco a trattenere le domande.

- Dipende... Erwin ti sta aspettando, vai a dormire che è meglio.

Mi volto per andare quando conclude : - Comunque carino il marchio sul collo!

Mi volto per fulminarlo e lo vedo sorridere soddisfatto, ricambio il sorriso e mi avvio verso Erwin.

Mentre camminiamo mi tiene per la vita e io mi appoggio a lui.

- Vedo che ti è piaciuta l'anima nera!

- Ecco come si chiamava! Sì non avrei mai detto potesse essere così buona.

- E ora ti appoggi a me perchè vuoi un abbraccio o perchè barcolleresti da sola?

Mi fermo a fissarlo, cerco di guardarlo male ma non credo di riuscirci troppo bene.

- No, non barcollo... Solo che, vorrei rimanere con te ancora un po'.

Abbandono la testa in mezzo al suo petto ampio e lui mi circonda stringendomi.

- Puoi rimanere con me per tutto il tempo che vuoi... - mi lascia un bacio sul capo. Alzo la testa per incrociare il suo sguardo.

- Tutto il tempo che voglio?

- Tutto il tempo che vuoi... Dopotutto potrei abituarmi a dormire con qualcuno che parla nel sonno.

Arrivati in camera di Erwin mi avvio subito verso il letto e mi ci lascio cadere sopra. Mi sento esausta e ho caldo, troppo caldo. Erwin si siede al mio fianco e inizia a giocare coi miei capelli, sparsi sul materasso. Sorrido chiudendo gli occhi, è rilassante sentire il suo tocco delicato. Cogliendomi di sorpresa trovo le sue labbra sulle mie, sono morbide e calde. Preme leggermente e inizia a baciarmi lentamente; ha un sapore più dolce del solito, dovuto all'anima nera. Sento ancora più caldo di prima e mi lascio trasportare dal suo tocco avvolgente. Mi cinge un fianco con una mano e io gli circondo il collo con le braccia, attirandolo verso di me. Si allontana lentamente e inizia a lasciare dei baci leggeri sul contorno delle mie labbra, sulle guance, sulla mandibola per poi passare ancora al collo. Sbottona i primi bottoni della mia camicia e ritrova il punto che ha tartassato la sera prima. Dei brividi mi percorrono facendomi sentire dei formicolii strani nel ventre. Le mie mani scorrono sulla sua nuca e giocano ci suoi capelli morbidi, le sue dita arrivano al prossimo bottone della camicia ma si fermano:

- posso?

La sua voce è bassa e calda, tremendamente calda, e morbida. Io ho ancora gli occhi chiusi e percepisco solo il suo tocco caldo addosso: annuisco, respirando più profondamente. Sento il suo profumo misto a quello dell'alcol e un altro brivido mi percorre. Erwin sposta le sue labbra sulla mia clavicola, divertendosi con la pelle e l'osso sporgente. Io sento sempre più caldo e, presa da non so che istinto strano, inizio a sbottonare la sua camicia, senza nemmeno chiedere il permesso. Sento che sorride mentre lascia un bacio sotto la clavicola e capisce che cosa sto facendo. Purtroppo le mani mi tremano e non riesco ad andare oltre il secondo bottone. Mi sento scossa da mille fremiti, ormai il caldo non lo percepisco più, sento tutto ribollire dentro di me. Erwin mi cinge dolcemente, allontanandosi dalla mia pelle, per sollevarmi e portarmi più al centro del materasso. Dopo quella che mi è parsa un'eternità apro gli occhi e lo vedo. Si sta sbottonando la camicia mentre tiene i suoi occhi fissi nei miei, mi sento sciogliere. Quando ha finito di slacciare i bottoni, mi toglie gli stivali e sfila anche i suoi, lasciandoli cadere a terra. Sento che sono bordeaux in viso ma non posso farci nulla: la mia camicia è aperta per metà ed Erwin è di fronte a me, senza la sua ed è bellissimo con le guance arrossate. Aspetto che si avvicini ma si siede sulle sue ginocchia, osservandomi. Il suo sguardo sembra bruciare su di me, i suoi occhi scintillano e l'azzurro sembra sciogliersi nelle iridi. Come capita ogni qual volta si toglie la maglia, mi perdo a contemplarlo: la pelle chiara, la figura scolpita, le spalle ampie, tutto di lui è perfetto ai miei occhi. La collana verde brilla al centro del petto e sembra attirarmi a lei; infatti, mi metto a sedere e mi avvicino a Erwin. Poso un bacio leggero sulla pietra verde e provo a resistere alla tentazione di posare le mie labbra sulla sua pelle diafana. Mi scopro più debole di quel che credessi: cedo subito e inizio a percorrere la sua clavicola. La sua pelle scotta a contatto con le mie labbra. Sento che reclina la testa e espira profondamente, sembra gradire le mie attenzioni, anche se credo che l'alcol stia facendo la sua parte. Appoggio le mani sulle sue gambe e mi fermo, posando il capo sul suo petto e godendomi il suo profumo che ora mi circonda. Giro la testa in modo da trovare il mio orecchio sul suo cuore; batte veloce e il suo martellare mi sveglia. Inizio a scorrere le mani sulle sue gambe dolcemente, mentre lui mi circonda le spalle chiudendomi in una morsa tremendamente gradevole. Mi lascia un bacio sui capelli e sento che fa per parlare, per poi fermarsi e proseguire, come se avesse voluto dire qualcosa però avesse cambiato idea su cosa dire.

- Andiamo a dormire...

La sua voce è bassa e dolce ma sento che c'è una leggerissima nota di rassegnazione, proprio come a confermare la sua esitazione nel parlare. Alzo il capo per incrociare il suo sguardo, non mi piace questo presentimento. Fino a poco fa i suoi occhi brillavano mentre ora sembrano spenti. Porto una mano sulla sua guancia:

- Tutto bene? - questo suo cambiamento repentino, seppur quasi latente, mi preoccupa.

Mi sorride e torna quello di prima: - certo!

Mi cosparge il viso di baci veloci poi si allontana:

- Sai già come dormo quindi...- si porta una mano alla cintura e inizia a slacciarla.

- Io sto morendo di caldo! - osservo i miei vestiti e faccio spallucce: - però posso tenere solo questa...

Decido di dormire in camicia quindi inizio a sfilarmi i pantaloni da seduta. Cerco di agire come se fossi completamente a mio agio, però sto impazzendo dalla vergogna. Ormai le mie guance sono rosse da troppo tempo per notare il sangue che vi affluisce, però quando sento gli occhi di Erwin spiarmi elegantemente, sento che il cuore perde un battito. Sta slacciando i pantaloni quando si blocca:

- Ma che caz...?

Lo guardo perplessa inarcando un sopracciglio, non capisco che cosa stia succedendo. Vedo che continua a muovere la mano e strattonare la cerniera quindi capisco che gli si è bloccata. Subito scoppio in una risata fragorosa. Erwin ride con me mentre continua ad armeggiare con la cerniera.

- Non vuole saperne di sbloccarsi!

Io continuo a ridere mentre lui cerca di strattonare più forte.

- Fermo! Così la rompi! - riesco a controllare la risata per bloccarlo. Lui si ferma e cerca di trovare una soluzione muovendola più piano.

- È che non riesco nemmeno a sfilarli, si è bloccata in cima!

- Fammi vedere.- ancora una volta ho parlato prima di pensare. Ogni qual volta si presenta un problema mi offro per risolverlo e, immancabilmente, mi infilo in situazioni imbarazzanti come questa. Erwin incrocia le braccia, scocciato dal fatto che non sia riuscito a risolvere il problema, cosa che detesta. Siedo sul bordo del letto e lui si avvicina, mettendosi tra le mie gambe. Noto che inizia a giocherellare con la collana, mentre io mi maledico per la mia impulsività e inizio ad armeggiare con la cerniera. Non posso fare a meno di notare che, proprio come stamattina, Erwin è particolarmente teso. Sento un brivido attraversarmi e mi mordo il labbro per non tremare. Cerco di concentrarmi sul mio lavoro: la cerniera è bloccata nella stoffa retrostante, devo solo spostarla lentamente e dovrei riuscire a sistemarla. Il tutto non sarebbe così difficile da risolvere se non ci fossero innumerevoli fattori di distrazione quali Erwin scamiciato, il cado che provo, Erwin a torso nudo e la vicinanza con le zone basse di lui. Mi concentro e cerco di non farmi sopraffare dall'imbarazzo: delicatamente lavoro con la cerniera e riesco ad abbassarla. Subito noto che la tensione è evidente, molto evidente, e mi mordo ancora più forte il labbro. Sento il ventre caldo più del solito e non sento più di tremare, ma solo il cuore più veloce. Alzo leggermente lo sguardo e vedo il su ombelico, un brivido mi scuote e devo prendere fiato più profondamente. Continuo ad alzare lo sguardo finchè non arrivo al suo volto, coperto dalla sua mano. Vedo che si sta mordendo il labbro inferiore mentre si copre gli occhi con la mano. Le guance e le orecchie sono paonazze e le spalle sono tese; mi scopro con la bocca socchiusa mentre osservo questa meraviglia. Mi alzo e gli sposto la mano, prendendogli il viso tra le mie; lui non apre gli occhi ma smette di mordersi per parlare:

- S-Scusa... - le ciglia gli proiettano ombre morbide sugli zigomi. L'imbarazzo sul suo viso mi meraviglia più di ogni altra cosa al mondo e non riesco a trattenermi. Sento che devo fargli capire cosa provo in questo istante, guardandolo arrossito di fronte a me, così scoperto.

- Ti amo – lo attiro a me e lo bacio con quanta più gentilezza mi sia possibile. Aspetto che risponda e, quando sento che si rilassa, mi lascio andare completamente. Mi sento sciogliere e bruciare mentre rabbrividisco per il suo tocco sulla schiena. Mi allontano per riprendere fiato, cerco il suo sguardo che ora non è più nascosto.

- Scusa – sussurra, mantenendo i suoi occhi nei miei. Sembrano sciolti, più caldi e profondi, avvolgenti.

- Non scusarti,- mi ricordo di quello che disse stamattina,- dopotutto è colpa mia, no? - la mia voce è leggera, quasi non la riconosco.

Sorride annuendo leggermente, sulle labbra gli si forma un mezzo sorriso che mi fa impazzire letteralmente:

- come posso rimediare?

Non riesco a controllare le parole, mi sembra di essere in un sogno: so che non dovrei dire ciò che dico ma lo faccio comunque, guidata da non so che istinto che mi spinge a lasciarmi dire ciò che voglio.

Noto una scintilla nei suoi occhi che sembrano più lucidi, le pupille dilatate brillano. Si abbassa per portarsi a fianco del mio orecchio e sussurrarmi:

- un modo ci sarebbe...

La sua voce è leggermente più roca del normale, più profonda. Il suo profumo mi travolge nuovamente e io lascio parlare il fremito che sento dentro:

- Spiegamelo...

Inizia a lasciare baci leggeri sotto il mio orecchio, scostandomi i capelli con una mano. Io decido di non rimanere ferma e terminare il lavoro che avevo iniziato, quindi afferro i bordi dei suoi pantaloni e li abbasso, lasciandoli cadere a terra. Erwin si muove per sfilare i piedi e ruota, così da potersi sedere sul bordo del letto. Mi attira sulle sue ginocchia e riprende a sbottonare la mia camicia, sempre delicatamente, sempre costellando il mio collo di baci leggeri. Nel frattempo io ho iniziato a mordicchiargli la spalla, cercando di non pensare troppo alla pressione insistente proveniente dalle sue mutande sotto di me. Però la mia testa è concentrata su quello, non riesco a distrarmi, a non pensare ad altro che non sia la sua eccitazione mostrata così. Appoggio una mano sul suo ventre bollente e lui la copre con una delle sue. Mi sento tremare di lussuria, voglio di più, e non mi riconosco nei miei pensieri. Sento il cuore battere velocemente mentre mi spingo verso il basso; nascondo il viso contro il suo collo e lascio che lui mi guidi. La sua voce si fa man mano più roca e il respiro pesante, il mio cuore impazzisce ad ogni suo sussulto. Sento dentro come un'esplosione di calore e un susseguirsi di brividi che non fanno altro che aumentare, mentre le distanze non fanno altro che diminuire, finchè perdo la concezione del tempo. Non so bene come le cose siano giunte a questo punto ma non posso dire che mi dispiaccia, anzi. In certi istanti provo imbarazzo, che subito viene spazzato via dalla sensazione di piacere alla quale mi sto abituando, e della quale sto diventando dipendente. Voglio di più, sempre di più, proprio come sembra volerne di più Erwin. Mi sento il viso e il corpo in fiamme quando, appena prima d'addormentarmi, sento che mi sussurra dolcemente:- ti amo anch'io!

 

“Just close your eyes, the sun is going down. You'll be alright, no one can hurt you now. Come morning light, you and I'll be safe and sound...”

 

Mi sveglio con questa frase in mente. Sono sdraiata di pancia e mi sento più pesante del solito: Erwin è appoggiato a me con metà del suo corpo, che basta a coprirmi quasi completamente. Mi tiene per mano e respira regolarmente, mi fa il solletico col fiato vicino all'orecchio. Faccio un respiro più profondo e sento il suo solito profumo; subito mi tornano in mente le scene della notte.

“ODDIO!”

Mi sento arrossire e mi spunta sul viso un sorriso involontario. Chiudendo gli occhi sotto le palpebre vedo scorci di ciò che ricordo: le spalle di Erwin possenti sopra di me, la sua bellissima voce che sussurra il mio nome vicino al mio orecchio, i suoi occhi brillanti di piacere nel buio, il mio cuore che mi rimbombava nelle orecchie e infine le ultime parole prima di addormentarsi.

È crollato al mio fianco, sorridendomi; ricordo i suoi occhi, belli come sempre, e la sua voce che sussurrava quelle due parole che non avrei mai pensato di pronunciare io stessa.

- Ti amo.

Sembrano insignificanti, due parole così corte e veloci, ma non gliele avevo mai dette. Le davo per scontate, per risaputo da parte sua, però, quando le ho sentite uscire dalla sua bocca ho provato una sensazione di felicità che mi ha fatto capire quanto sia importante pronunciarle.

“Oddio! Io e Erwin!”

Ricordo che volevo sentire ancora la sua voce, era troppo dolce per farne a meno, perciò gli chiesi di cantarmi una ninna nanna. Ecco perchè mi sono svegliata con quel ritornello in mente, è proprio quello che mi ha cantato, prima che ci addormentassimo entrambi. Ricordo che la sua voce era perfetta per quelle parole, che era bellissima.

“Devo chiedergli di cantare per me più spesso! Sempre che io riesca ancora a parlargli... Non ci credo!” se ripenso a ciò che ho fatto mi sento tremendamente in imbarazzo.

“Chissà cosa penserà Erwin?” , nemmeno io mi credevo capace di compiere certe azioni. Lui pero, nonostante il tono e lo sguardo, è stato delicato come sempre. Non proprio sempre, però per la maggior parte.

Capisco che non devo ragionarci troppo, nonostante la mia mente corra sempre a quei ricordi recenti.

“Oddioooo!” , nascondo il viso nel cuscino e cerco di respirare e soffocarmi allo stesso tempo. L'unico risultato che ottengo è il profumo di Erwin che mi colpisce ancora, quindi sbuffo arrendendomi ai ricordi che quell'aroma mi riporta alla mente.

Un brivido mi percorre.

Un altro più insistente mi attraversa quando bussano pesantemente ala porta:

- ERWIN! Sei in ritardo! - spalanco gli occhi, è la voce di Levi.

- ERWIN! SVEGLIATI! MERDA! - Levi continua a picchiare pugni pesanti sulla porta e sento che Erwin scatta a sedere.

- Sono sveglio!- mi guarda e sembra che i ricordi lo investano tutto d'un colpo. Mi sorride e io ricambio, arrossiamo entrambi.

- Devo iniziare con la canzone? - la voce di Levi si è abbassata e ora ha smesso di picchiare sulla porta.

- No ti prego, mi cambio! Solo un minuto! - scatta in piedi e inizia a cercare i suoi vestiti. Subito mi ricordo che oggi dovevo lavorare con Hanjie ad un disegno particolare.

“Merda!”, scatto pure io in piedi e comincio a cercare i vestiti. Nel mentre Levi inizia con una filastrocca accompagnata da pugni sulla porta:

- A come Amore... - ad ogni parola un pungo, - B come bacio...

Arrivata alla camicia non la trovo, mi volto e vedo Erwin che sta cercando di mettersi la sua ma non riesce, osservandolo meglio noto che sta cercando di infilarsi la mia di camicia, rischiando di strapparla. Quando si accorge di quello che sta facendo si ferma e si prende il viso tra le mani.

- C come carezza... - io trovo la sua camicia e gliela porto.

- D come DAI CAZZO!

- Adesso sei contento? - Erwin risponde a Levi mentre prende la camicia dalle mie mani.

- Abbastanza, mi hai fatto alzare presto per questa riunione e alla fine rimani a letto?! Ringrazia il cielo che Mike è ancora sotto l'effetto della sbronza di ieri oppure avrebbe sfondato la porta. - finisce di vestirsi e si prende un attimo per darmi un bacio. Mi sento sciogliere dal suo tocco gentile e appena si allontana mi sorride.

- Ah, quasi dimenticavo! - continua Levi da fuori, - Vale, Hanjie ha detto che le farai rapporto più tardi, e che fa niente se arrivi in ritardo!

Io ed Erwin ci guardiamo come due ladri colti con le mani nel sacco.

- G-Grazie...

Rispondo sentendomi avvampare.

Ci guardiamo e facciamo spallucce contemporaneamente, sorridendo come due bambini che hanno appena giocato sotto la pioggia.

 

 

 

*Sono consapevole del tempo verbale sbagliato: è voluto poiché spesso i bambini, e non solo, sbagliano ;)

 

 

 

angolo scrittrice: SCUSATE IL RITARDO !

Non so che mi è preso ma non ho più continuato questa FF per un bel po' di mesi e, ripensandoci ora, mi prenderei a schiaffi; anzi a sediate, le sediate sono migliori!

Comunque volevo ringraziarvi del tempo speso per leggere e spero vi sia piaciuto il nuovo capitolo. Ammetto che mentre scrivevo dell'addio a Leo la vista mi si era appannata leggermente: mi ero affezionata troppo a quel nanetto.

La vicenda di Levi ed Hanjie è pensata per la mia super “correttrice” (esiste come parola ?) che li shippa da morire!

La cerniera inceppata non so da dove l'ho presa come idea... Ed è preoccupante come cosa...

grazie ancora per la lettura e alla prossima!

Come sempre se lasciate un commento costruttivo, o meno, ve ne sarei molto grata!

Baci,

                     Ombra

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