Scarlet Rose

di Kikyo90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Appendice n. 1 ***
Capitolo 16: *** Appendice n. 2 ***
Capitolo 17: *** Appendice n. 3 ***
Capitolo 18: *** EPILOGO PARTE PRIMA ***
Capitolo 19: *** EPILOGO PARTE SECONDA ***
Capitolo 20: *** EPILOGO PARTE TERZA ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


SCARLET ROSE
CAPITOLO 1

***

La ragazza stava correndo, stava scappando da qualcuno o da qualcosa.
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita così, quando tutto era iniziato credeva che la vita le avrebbe sorriso e ora, invece, si trovava nel bosco e stava cercando con tutte le sue forze di sfuggire al suo inseguitore.
Era riuscita ad uscire, a superare  tutti gli alberi quando inciampò e cadde sul freddo terreno. All'improvviso, la creatura da cui lei cercava di scappare, le fu sopra. A nulla servì cercare di dimenarsi: la ragazza sprofondò nel buio e da allora non vide più nulla.

***

-Dottore, dottore! Presto, venga!
-Cosa c'è, signorina Walters?
-La paziente della camera 3 si è svegliata! La ragazza che era in coma...
Il dottor Cullen sollevò la testa dalle sue scartoffie con un'espressione indecifrabile.
-Ne siete sicura?
-Si, presto venite!
L'uomo si alzò dalla poltrona del suo studio e si precipitò alla stanza numero 3 e vide che, effettivamente, la paziente si stava svegliando. Lo mostravano le sue palpebre tremolanti che lottavano per riaprirsi e le dita contratte.
Nel periodo che aveva passato priva di sensi, solo un ragazzo, Edward Bennett,  andava a trovarla ed era colui che l'aveva portata d'urgenza in quel luogo dopo averla trovata quasi esanime.
Nell'ospedale conoscevano solo il suo nome: Isabella Swan. Il nome era pervenuto dai documenti trovati nella borsa della ragazza, oggetto che Edward aveva tenuto con sé.
Un urlo si levò dalla sua bocca e in un attimo il medico le fu accanto. Lei sgranò gli occhi e si guardò intorno.
-Ragazza, come ti senti?
Ci mise un po' prima di riprendersi dal suo incubo e riacquistare l'uso della parola.
-D-dove mi trovo? Chi è lei? E chi sono io?
-Non ricordi proprio niente?
La ragazza scosse il capo, ma se ne pentì subito poiché fu assalita da un improvviso mal di testa.
-Era solo un sogno... come sono finita qui?
-Sei stata trovata quasi esanime nel cimitero, dal guardiano che quando ti ha vista ti ha portata immediatamente qui. Sei stata in coma per un anno, durante il quale ti ha fatto visita solo il ragazzo che ti ha soccorsa. Non hai famiglia?
Lei trasalì leggermente quando il dottor Cullen nominò quel luogo, ma cercò di non darlo a vedere.
-Mi spiace, non ricordo niente. Non so nemmeno come mi chiamo...
-Beh, in questo posso aiutarti. A fianco al tuo corpo svenuto, è stata ritrovata una borsa all'interno della quale c'erano i tuoi documenti. Il tuo nome è Isabella Swan, ma purtroppo non posso dirti di più.
 
-Isabella...-ripeté lei, poco convinta.                         
Così, era stata in coma per un anno. Perché non ricordava in che circostanza era accaduto? E perché aveva dimenticato anche il suo nome e tutto il suo passato? Ad Isabella sembrava di essere nata in quel momento e la cosa non le piaceva.
Siccome non parlava più, il dottore la chiamò.
-Isabella...?
Non rispose subito, ma quando lo fece, avanzò la richiesta che più le premeva.
-Vorrei vedere il ragazzo che mi ha salvata. Potreste farlo chiamare, per favore?
-Forse non è una buona idea, devi riposare.
-La prego, è importante per me vedere chi mi ha salvata.
L'uomo sbuffò e mandò un'infermiera a telefonare a Edward, il guardiano del cimitero e rimase solo con la ragazza.
-Quando mi dimetterete?
-Vedremo. Prima dovremo farti fare i dovuti esami e dovrai affrontare anche un periodo di riabilitazione. Tuttavia, non avendo memoria, credo che sarebbe meglio per te rimanere qui finché non riusciamo a rintracciare qualcuno della tua famiglia.
Abigale annuì mentre sulla soglia apparve un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi. Era davvero bello e la ragazza rimase un attimo ad osservarlo sorpresa. Possibile che un ragazzo così giovane fosse il custode del cimitero?
-Per fortuna ti sei svegliata, sai che cominciavo a perdere le speranze?
-Edward, non farla stancare troppo, d'accordo?-detto questo, il dottore li lasciò soli.
-Scusa, non vorrei essere scortese, ma chi sei?
-Non c'è problema, è naturale che tu non mi conosca. Io sono Edward Bennett e sono il guardiano del cimitero.
-Allegria, signori e signore...
Edward rise. Nonostante l'atmosfera intorno a loro fosse leggermente surreale e non adatta all'umorismo, i due ragazzi riuscirono a ridere insieme durante la loro conversazione.
Anche se l'aveva salvata, Isabella non si fidava e chiese al ragazzo di parlarle di lui e fornirle qualche informazione.
Edward aveva ventisei anni e viveva da solo. Avendo perso la sua famiglia qualche mese prima, non si era più sentito di vivere nella casa dei suoi genitori e si era trasferito per fare il custode del cimitero, sostituendo il suo vecchio zio andato in pensione.
Oltre a quello, aveva anche altri problemi. Aveva molto in comune con Isabella dato che anche lui era stato colpito da un'amnesia. La differenza era che lui ricordava il suo passato, ma aveva dimenticato ciò che gli era successo nella fascia di età compresa tra i diciassette e i venticinque anni. A quanto gli avevano detto, si era svegliato una mattina senza riconoscere nessuno e da allora i suoi genitori lo avevano portato da ogni medico nella speranza che potesse guarire e in un certo senso le cure gli avevano giovato, anche se non del tutto.
Non riuscì a riacquistare i ricordi perduti di quegli otto anni, ma aveva imparato a vivere con quel vuoto e si stava rifacendo una vita e si poteva dire felice quando, per ironia della sorte, pochi mesi prima un incidente d'auto non portò via i suoi genitori.
-Mi dispiace, accidenti. E in tutto questo periodo sei sempre venuto a trovarmi?
-Si, Isabella. Quando ti ho trovata lì per terra, stesa, sembravi quasi morta... mi hai spaventato.
La ragazza arrossì. Non si conoscevano, eppure lui era così premuroso...
-Ma non era necessario.. voglio dire, avrai avuto parecchie cose a cui pensare e...

-Non è stato di nessun disturbo, se é questo che volevi dire. É vero, ho avuto molto da fare negli ultimi mesi ma ti assicuro che non mi è pesato il venirti a trovare.
-Grazie, adesso a quanto ne so non ho nessuno e tu sei l'unico appiglio che ho col mondo reale.                                                                                  
-Quando uscirai di qua, ti darò una mano a ricordare. Ce la farai, vedrai..
-Spero... ah, volevo chiederti se per caso durante questo anno di coma è venuto qualcun altro oltre te.
-Che io sappia, no. Se poi sono venuti a trovarti mentre non c'ero è un altro discorso, credo che dovresti chiedere al dottor Cullen. Adesso è meglio che vada, non devi stancarti... d'altronde ti sei appena risvegliata.
-No, aspetta...
-Non ti preoccupare, torno domani.
Edward salutò Isabella che chiuse gli occhi stancamente, ma non per dormire: per riflettere. Cosa ci faceva lei in un cimitero? Come era finita in coma? Nonostante la visita del ragazzo, lei aveva addosso una strana sensazione di disagio dovuta forse al sogno che stava facendo prima di svegliarsi e si sentiva stanca come se avesse corso veramente.
Forse quello era semplicemente l'effetto di un anno di coma, non poteva essere fresca e riposata dopo tutto quel tempo ma ancora non si spiegava il perché avesse dimenticato tutto il suo passato.
Ricordava di avere dei genitori, ma pur sforzandosi non riusciva a mettere a fuoco i loro visi, come del resto capitava con chiunque lei volesse tentare di ricordare. Che fine aveva fatto la sua famiglia? Erano forse morti? No, no poteva essere...
Mentre rifletteva, una dottoressa entrò nella stanza per condurre la paziente fa fare una tac. Le staccò la flebo e le fece indossare il camice.
-Dove mi sta portando?
La dottoressa Black le sorrise.
-Andiamo a fare una tac, in modo che esaminandola riusciamo a capire perché sei stata colpita da un'amnesia. Non ti viene in mente nulla che possa aiutarci?
-No, mi dispiace. L'unica cosa che ricordo, prima di svegliarmi, è uno strano sogno, ma sicuramente non c'entra...
-No, parlamene. In questi casi non bisogna tralasciare nulla.
Isabella, seppur scettica, le raccontò il sogno.
-Mi trovavo in mezzo agli alberi e scappavo. Non so da cosa, o da chi, ma ricordo che ad un certo punto sono caduta e mi sono ritrovata la “cosa” addosso. So che è inutile, ma ricordo solo questo sogno ricorrente...
La donna disse che niente era inutile e spinse la sedia a rotelle sulla quale si trovava la ragazza nella stanza che avevano di fronte. Un'infermiera la aiutò ad alzarsi dalla sedia e a sdraiarsi, dopodiché schiacciò un pulsante e il tubo si chiuse.
-Dottor Cullen, cosa ne pensate?
-Non so, signora Black, davvero. Non riesco a trovare niente di anomalo e la cosa non mi piace. Lei vede qualcosa?
La donna scosse la testa. Com'era possibile che l'esame non mostrasse nulla? La ragazza aveva perso la memoria e non era certo una cosa da niente...
-Dottore, la ragazza mi parlava di uno strano sogno ricorrente. Non sarebbe il caso di chiamare il suo collega per vedere se ha a che fare con lei? Magari, analizzandolo, potrebbe anche ricordare chi é...
Carlisle Cullen impallidì. Mai, mai avrebbe ceduto e fatto una cosa simile... per nessun
 
motivo al mondo avrebbe chiamato quel...
-No, assolutamente.
-Ma è il migliore psicologo che ci sia sul mercato!
-Ne cercherò un altro, ma non provi a chiamare James Cullen per nessun motivo! Chiaro?
-Si, non si preoccupi..                                                   
In realtà, James era il fratello di Carlisle ma tra loro non correva buon sangue. Erano stati rivali fin da piccoli, quando la loro madre aveva preferito l'altro a lui e suo padre lo aveva mandato in collegio per stare vicino al più piccolo.
“Non gli darò questa soddisfazione, no...”
Intanto, dopo quindici minuti, la tac di Isabella era finita e l'infermiera che l'aveva portata lì la riportò in camera.
-Non voglio tornare a letto...
-Non sei in condizioni di poter dire cosa vuoi fare. Non essere capricciosa, su!
-Ma io voglio provare a camminare, dottoressa!
-Magari tra qualche giorno, ora sei troppo debole.
-Non voglio stare a letto, non mi piace stare ferma!
-Che impazienza, ti sei svegliata da appena un giorno Abigale. Non puoi fare miracoli, ma se proprio ci tieni domani ti aiuterò a metterti in piedi, ok?
-Grazie... senta, non è che in questo anno ha visto qualcun altro oltre ad Edward?
-Intendi che è venuto a trovarti? No, non ho visto nessuno, mi dispiace.
Isabella sospirò, mentre la donna l'aiutava a mettersi nel letto le le sistemava la flebo. Dunque, il suo unico appiglio con il mondo esterno era Edward... quello strano ragazzo che faceva il guardiano del cimitero e che le aveva salvato la vita.
-Isabella, credo che adesso dovresti riposare.
-Ma se ho dormito per un anno!
-Non discutere. Vuoi o no essere riposata per domani? Non volevi alzarti e iniziare a camminare?
-Si.
-E allora, vedi!? Buonanotte, Isabella...
La signorina Harrocks uscì dalla stanza e la lasciò sola in modo che potesse riposare. Era vero che aveva dormito un anno intero, ma lo stress mentale assorbito durante tutta la giornata era stato incredibilmente stancante e si era indebolita ulteriormente. Un'altra notte di riposo non poteva che giovarle, dunque.
Purtroppo, non riuscì a dormire perché quando tentava di chiudere gli occhi le tornavano in mente le immagini del sogno. Adesso che ci pensava, le sensazioni che aveva provato nel suo inconscio le sembrava di averle sentite per davvero e non era una bella sensazione.
Sbuffò, come a voler cacciare via quei pensieri e così si stese meglio, coprendosi persino la testa.
Pur essendosi stesa, Isabella non aveva intenzione di dormire, temeva di non riuscire a svegliarsi, ma la stanchezza ebbe la meglio e la ragazza chiuse lentamente gli occhi.
Nello stesso istante, a qualche chilometro di distanza, un uomo seduto davanti al caminetto nel salotto della sua casa, lasciò che il suo viso si deformasse in una sorta di sorriso sardonico finché dalla sua bocca non proruppe una risata che non aveva niente di allegro.
Una risata da brivido che non prometteva nulla di buono...

Ehilà, eccomi ritornata!!!!!!!
Prometto che con questa fic sarò più puntuale negli aggiornamenti, anche perché ho già un po' di capitoli pronti ^^
Mi raccomando, commentateeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quando il giorno dopo si svegliò, Isabella era ansiosa. Non vedeva l'ora di iniziare a camminare per non essere costretta all'immobilità eterna.
-Allora, come andiamo oggi, signorina?
-Benissimo, infermiera Harrocks.
-Ti ricordi il mio nome?- le chiese la donna, stupita.
-Si, è solo il passato che non riesco a ricordare... da quando mi sono svegliata, non ho alcuna memoria di chi ero e ho la sensazione di essere nata ieri. É tutto così frustrante...
Isabella scosse la testa, infastidita da tutta quella situazione.
-Non temere, prima o poi ricorderai tutto e allora saprai di avere risolto i tuoi problemi.
-Lo spero... senta, cambiando discorso, posso provare ad alzarmi? Sa, oggi mi sento più forte e...
-Va bene, va bene! Sai che per essere una paziente non sei affatto paziente?
L'infermiera aiutò Isabella a mettersi in piedi ma, com'era prevedibile, non riuscì a reggersi da sola e dovette aggrapparsi al letto.
Purtroppo non sarebbe stato così facile e lei avrebbe sicuramente necessitato di un bel po' di giorni di riabilitazione per poter tornare, anche se non del tutto, quella di prima. In fondo, essere stati un anno in coma non era certo uno scherzo...
-Scusi, potrebbe...-Isabella fece un cenno verso l'infermiera che si avvicinò con solerzia per aiutare la ragazza.
La accompagnò in bagno e la vide fermarsi davanti allo specchio appeso sopra il lavandino. Isabella guardò il suo riflesso che le mostrava un viso pallido e chiaramente segnato dalla malattia. Mentre faceva scorrere le dita su una cicatrice che aveva sul collo, i suoi grandi occhi neri erano come imbambolati davanti allo specchio a guardare quella figura che ora le sembrava estranea.
L'infermiera entrò e le si avvicinò, cingendole affettuosamente le spalle.
-Cos'hai?
-Io... non mi riconosco... non ricordo nemmeno che aspetto avevo prima che cominciasse tutto...
-Dai, non abbatterti. Te l'ho detto, prima o poi recupererai tutti i tuoi ricordi, ne sono certa. Adesso, però, muoviamoci che dobbiamo andare.
-A fare un'altra tac?
-No, hai visite. Vuoi che Edward venga qui o preferisci raggiungerlo in sala d'aspetto?
Lo sguardo di Isabella si accese.
-No, lo faccia venire in camera. Per favore, mi aiuterebbe a rimettermi a letto?
-Certo..-la donna la fece sdraiare e andò in sala a chiamare il ragazzo, che quando la vide si alzò in fretta dalla sedia sulla quale era seduto.
-Come sta?
-Glielo puoi chiedere tu stesso.
-Posso vederla?
-Ma certo, seguimi.
La signorina Harrocks portò Edward nella stanza della paziente.
-Bene,-disse la donna, appena giunti-adesso vi lascio. Isabella, se dovessi avere bisogno di qualcosa basta solo che mi chiami, va bene?
La ragazza annuì e l'infermiera uscì, mentre Edward si sedeva su una sedia posta vicino al letto.
-Allora, come stai?                                   

-Bene, considerando che mi sono appena svegliata da un anno di coma e che tutti i miei ricordi sembrano svaniti nel nulla. A parte questo, potrebbe andare peggio...        
-La memoria tornerà, magari prima di quanto pensi... a proposito, ho qualcosa che credo ti appartenga...
Il ragazzo sollevò da terra una borsa rosa.
-Questa era accanto a te quando ti ho trovata. Mi sono permesso di darci un'occhiata, scusa...-disse mentre la porgeva ad Isabella.
-Oh, non fa nulla, in fondo mi hai salvato la vita. Cosa c'è dentro?
-Ci sono i tuoi documenti e altre cose... aprila, così magari toccando qualche oggetto potrebbero venirti dei flashback.
Isabella prese la borsa e l'aprì, tirando fuori i vari oggetti che guardava senza familiarità. Solo un oggetto, una rosa rossa di cristallo, sembrò catturare la sua attenzione. Mentre se lo rigirava tra le mani, non seppe spiegarsi come, ma sentì che quella rosa doveva esserle più che familiare.
-Ti viene in mente qualcosa?
-No, mi spiace... solo che dovrei conoscere questa rosa, ma non ho idea del perché.-scosse la testa-É così frustrante...
-Ti capisco, ma non arrovellarti il cervello inutilmente o finirai per stancarti. Per recuperare la memoria hai tutto il tempo e... a proposito di questo, vorrei parlarti di una cosa.
-Cosa?-chiese la ragazza mentre riponeva la rosa in borsa per non rischiare di romperla.
-Beh... ho pensato che, siccome non hai nessuno, potresti venire a stare da me. Cosa ne dici?
Isabella soppesò la risposta da dargli. Era un'idea saggia? In fondo, quel ragazzo era uno sconosciuto e, anche se il suo primo impulso era quello di fidarsi ciecamente, non era sicura che fosse la cosa giusta da fare. Rimase zitta per un po', a rimuginare, finché Edward non l'interpellò di nuovo.
-Allora?
-Io... non lo so.
-Guarda che non ti mangio, sai? Puoi fidarti...
-Non dicevo per quello; è che non voglio essere di peso a nessuno.
Edward le strinse le mani nelle sue.
-Ascolta, non voglio più sentirti dire una cosa del genere. Evidentemente, se ho deciso di aiutarti è perché non ti considero affatto un peso.
-Ma...
-Niente “ma”! Hai capito quello che ti ho detto prima?
-Si..
-Allora la smetti di dire assurdità?
-Si... ti ringrazio. Siamo sicuri che la tua ragazza non sarà gelosa?
Il ragazzo sorrise, come imbarazzato.
-Io non ho una ragazza. Allora, qual è la tua risposta?
Isabella aprì la bocca per parlare ma in quel momento entrò nella stanza il dottor Cullen.
-Isabella, come sta la nostra paziente?
-Bene, credo che tra qualche giorno potrete addirittura dimettermi.
Carlisle aggrottò le sopracciglia.
-Non credo sia così semplice. Prima di tutto, devi ancora fare degli esami e, avendo perso la memoria, non hai nessuno e quindi non hai un posto dove andare.
-Invece si, andrò a stare da Edward.
 

Il medico, ignorando lo sguardo imbarazzato di lei e quello sorpreso e compiaciuto di lui, sollevò lo sguardo dalla cartellina che stava compilando e lo posò su di lei.
-Io non credo sia una buona idea, non devi farlo, Isabella.                                  
La ragazza fissò interdetta e contrariata il dottore e si preparò a ribattere ma fu anticipata da Edward.
-E perché non deve, se è lecito saperlo?
-Ragazzo, non la conosci nemmeno, cerca di capire. Non posso fartela portare via...
Edward si alzò dalla sedia per protestare, ma stavolta fu il suo turno di essere interrotto.
-Dottore, lei non può trattenermi contro la mia volontà... non oltre il necessario.
-Si che posso, sono legalmente responsabile per te e non intendo lasciarti andare via col primo che arriva.
Isabella fece un respiro profondo prima di parlare di nuovo, per evitare di essere sopraffatta dalla rabbia.
-Signore, lei non è assolutamente responsabile per me, in nessun modo. Io sono maggiorenne, ho ventuno anni e ciò vuol dire che non può trattenermi oltre il necessario, come ho detto prima.
Carlisle assunse un'espressione sospettosa e quando parlò lo fece con aria di sufficienza.
-E tu come lo sai? Credevo non ricordassi nulla...
-Per quanto riguarda la mia identità so tutto e questo grazie ai documenti contenuti nella borsa che Edward ha trovato accanto a me.
Carlisle non poté dire più nulla, siccome la ragazza aveva pienamente ragione, e si vedeva lontano un miglio che non era d'accordo con la decisione dei due ragazzi ma, essendo impossibile ogni azione da parte sua, uscì dalla stanza borbottando quello che sembrava un assenso.
-Che strano tipo...-borbottò Edward-comunque, sono contento che abbia accettato la mia offerta.
-Beh, non ho nessun altro al mondo e tu sei l'unico appiglio che ho col mondo reale. E poi, mi fido di te.
-E brava ragazza, fai bene.
-Magari riusciremo anche ad aiutarci a vicenda e anche tu recupererai i ricordi che hai perduto.
-Sarebbe bello...
-Si... senti, non è che mi aiuteresti ad alzarmi?
Edward annuì e le prese una mano, mentre con l'altra Isabella spostava le coperte che aveva sulle gambe. La ragazza riuscì ad alzarsi abbastanza facilmente, anche se ebbe bisogno dell'aiuto di lui; quando però l'afferrò circondandole la vita, una scarica elettrica li percorse entrambi. Isabella, per la sorpresa, tolse le mani dalle spalle del ragazzo nello stesso istante in cui lui le aveva tolte dalla vita. Lei sarebbe sicuramente caduta all'indietro se Edward non l'avesse prontamente trattenuta, circondandole nuovamente la vita. L'improvvisa vicinanza dei loro visi fece inevitabilmente arrossire la ragazza.
-Scusami...-disse lui mentre lei distoglieva lo sguardo.
-Non è niente... forse, é solo il caso che mi sdrai di nuovo.
-Non farlo... non ti dimetteranno mai se non riesci a camminare da sola.
Isabella annuì, consapevole che il ragazzo aveva ragione, perciò si lasciò guidare da lui nel moto circolare che compivano camminando nella stanza e con il braccio sinistro di lui allacciato alla sua vita mentre quello destro di lei gli circondava il collo.


L'imbarazzo che si era creato poco prima era quasi svanito e ormai si stavano abituando entrambi a quel contatto. Dopo dieci minuti, la ragazza fu addirittura in grado di camminare da sola.
Quando la signorina Harrocks entrò nella stanza e vide quello che Isabella stava facendo, non poté che essere contenta.                                                           
-Bravissima, Isabella. Se continui di questo passo, uscirai presto da qui. Adesso,-disse rivolgendosi al ragazzo-scusa ma devo chiederti di andare. Sai, è passato l'orario di visita...
-Va bene. Ci vediamo domani, Isabella... arrivederci, signorina Harrocks.
-Ciao a te, ragazzo.
-Ciao, Edward...
La ragazza lo guardò uscire e, pensando agli avvenimenti di pochi minuti prima quando si era trovata tra le sue braccia, non poté impedire ad un leggero velo di rossore di imporporarle le guance.
Quando si riscosse dai suoi pensieri, rivolse la sua attenzione alla donna che aveva di fronte.
-Davvero mi dimetterete presto?
-Beh, i tuoi esami sono buoni e adesso che ti reggi anche in piedi da sola... si, credo che non passerà troppo tempo. Contenta?
Isabella sospirò di sollievo e annuì. In quel momento, entrò nella stanza un'altra infermiera che portava in mano il vassoio della cena. La donna appena entrata glielo posizionò gentilmente sul tavolo e uscì mentre lei ci si dirigeva.
Si sedette e guardò attentamente quello che c'era nel vassoio; non era molto, naturalmente (solo un piatto di pastina in brodo e qualche fetta biscottata), ma bastò quello a farle venire fame.
Finché non aveva visto il cibo non ci aveva fatto caso, ma ora che lo guardava non poteva non notare i sussulti di fame del suo stomaco e si avventò letteralmente sul contenuto del vassoio. Stranamente, dopo poche cucchiaiate era già piena e non riusciva a spiegarsi il perché.
La donna disse che era normale, dopo che il suo stomaco era stato “costretto” ad un anno di inattività e che doveva gradualmente riabituarsi al cibo.
Poiché non riusciva a mangiare altro, spostò il vassoio e si alzò dalla sedia, intenzionata a tornare a letto.
-Ehm, Isabella?-chiese l'infermiera, un po' esitante.
-Si?-la ragazza si appoggiò al letto e si girò.
-Dove andrai a vivere, una volta uscita di qua? Se posso chiedertelo, si intende...
-Si figuri, nessun problema... andrò a stare da Edward, che si è gentilmente offerto di aiutarmi. So che no sarà facile tornare al mondo reale, ma prima o poi dovrò uscire di qua per ricominciare a vivere... senza trascurare le continue ricerche che dovrò fare per recuperare la memoria. Sempre se la recupererò...
La donna sorrise amabilmente.
-Sono sicura che ce la farai. Solo... non ti sembra un po' prematuro andare a stare da un ragazzo che conosci appena?
-Dottoressa, Edward è il mio unico appiglio col mondo esterno, l'unica possibilità che ho per recuperare i miei ricordi. E poi, mi fido di lui...
Isabella, che intanto si era messa a letto, si rialzò e raggiunse l'infermiera che armeggiava con qualcosa che non riusciva a vedere e che stava sul tavolo in mezzo alla stanza.
-Cosa fa?

 
-Preparo la siringa per l'iniezione... devo iniettarti uno speciale antistaminico e vitaminico, adesso che ti sei svegliata. Te ne ho fatto uno anche ieri, ricordi?
-Si, è vero...
Stando come sempre attenta alla flebo, la ragazza si sedette sulla sedia vicino al tavolo e si alzò un po' il camice, poiché la puntura andava fatta sulla coscia. Non le fece male, fu solo una sensazione leggermente fastidiosa.                                         
Quando la Harrocks ebbe finito, si tamponò la coscia finché il sangue no smise di uscire dal foro provocato dall'ago, dopodiché tirò di nuovo giù il camice e infine si alzò.
-Senta, posso chiederle quando mi toglierete la flebo?
-Non lo so con certezza, credo che sarà al momento della dimissione.
Non vedeva l'ora... certo, sapeva che all'inizio sarebbe stato tutto molto difficile, ma era sicura che con l'aiuto di Edward sarebbe riuscita a superare i suoi problemi.
-Bene,-disse la donna, riponendo cotone e siringa in borsa-per oggi abbiamo finito.
-Menomale, non ne potevo più di punture...
-Su, è per il tuo bene... adesso devo andare. Cerca di dormire, è stata una giornata stancante per te... a domani.
L'infermiera le sorrise e uscì. La ragazza si distese nel letto, ma non aveva sonno e si ritrovò a pancia in su a fissare il soffitto.
Anche quella giornata era trascorsa fulminea, ma non era riuscita a distrarre la sua mente nemmeno per un attimo dalla sua situazione. Lei voleva davvero ricordare, ma ogni volta che provava ad andare indietro con la memoria veniva assalita da una forte emicrania. I dottori le avevano detto che era una cosa normale e che non doveva sforzarsi, altrimenti la situazione sarebbe anche potuta peggiorare. Inoltre, quando cercava di ricordare, l'unica cosa che vedeva erano un paio di occhi neri come il carbone e fu con l'immagine di quegli occhi in mente che sprofondò nel sonno.

***

-Il mio amore è come una rosa rossa rossa,ch'è da poco sbocciata in giugno:
il mio amore è come una melodia che è dolcemente e armoniosamente suonata.
Il mio amore è come questa rosa rossa che ti sto regalando: ti amo, Bella Swan.
La ragazza arrossì, mentre vedeva il viso di lui che si avvicinava inesorabile alle sue labbra, fino a sfiorarle in un bacio timido e passionale allo stesso tempo.
In quel momento, Isabella conobbe il vero significato della parola felicità.

***

Allora, perché non commenta nessuno? La mia fic fa così orrore? ç__ç
Dai, so che ci siete... cosa vi costa un commentino? Giusto per farmi capire che non é proprio un completo fallimento ç__ç

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il mattino dopo si svegliò di soprassalto, imbarazzata e confusa.
Quel sogno le era sembrato vivido e reale, come quello fatto prima di svegliarsi dal coma ma con la differenza che questo non era assolutamente un incubo.
Si passò le dita sulle labbra, ricordando ogni particolare sensazione che quel bacio le aveva provocato ma subito dopo scosse la testa e si diede della sciocca. Dopotutto, non era che un sogno ed era del tutto fuori luogo reagire a quel modo, dato che era sicuramente colpa del suo inconscio che aveva rielaborato gli avvenimenti del giorno prima.
Scosse nuovamente la testa, nel tentativo di non pensare all'Edward del sogno e si alzò dirigendosi alla finestra. Era strano per Isabella rivedere i paesaggi esterni o qualunque altra cosa che non avesse a che fare con l'ospedale.
Vedendo la città illuminata dal sole, si rese conto di quante cose doveva essersi persa in quell'anno di coma e, anche se si trattava di cose semplici e apparentemente senza importanza, sentì lo stesso gli angoli degli occhi pizzicare per far uscire le lacrime. Le ricacciò indietro, promettendo a sé stessa che una volta dimessa avrebbe ripreso contatto con tutto quello che in un anno aveva perso.
Era talmente assorta nei suoi pensieri che non si accorse della donna che era appena entrata in camera.
-Oh, bene. Ti sei svegliata.
Isabella sobbalzò e si girò di scatto.
-Ah, è lei...
-Scusa, non volevo spaventarti.
-Non c'è problema. Mi sono svegliata e ho deciso di dare uno sguardo per vedere il mondo. Chissà quanti cambiamenti...
-Li vedrai tu stessa domani, cara.
-Comunque, non potrei ricordarmi di com'erano le cose, prima... ehi, aspetti un attimo!-disse Isabella quando ebbe assimilato le parole dell'infermiera-Cosa vuol dire “domani”?
-Esattamente quello che hai sentito.-rispose la Harrocks, l'ombra di un leggero sorriso sulle labbra fini.-Sei contenta?
-Molto! Come potrei non esserlo?
Avrebbe voluto improvvisare una piccola danza, ma l'ago della flebo nel braccio non le permetteva di muoversi molto liberamente, e si limitò a sfoderare un sorriso a trentadue denti.
-Dai, siediti che ti faccio l'iniezione...-disse la signora, ridendo dell'entusiasmo di lei.
La ragazza, pur essendo su di giri, ubbidì ma dopo non se la sentì di tornare a letto.
-Faresti meglio a sdraiarti.
-Ma non ce la faccio! E se penso che domani posso finalmente uscire...
-Lo so che sei eccitata per questo, ma finché resterai qui non devi stancarti, d'accordo?
-Si, ma mi annoio!
L'infermiera alzò uno sguardo, divertita.
“Avrà pure ventuno anni, ma sembra proprio una bambina...”
-Vuoi che ti porti qualcosa da leggere?
-Lo farebbe d'avvero?
-Si, certo. Aspettami, torno subito...                                             
-Grazie...-sussurrò alla donna appena uscita.                                 

 
Da quando si era svegliata, una settimana prima, quell'infermiera si era presa costantemente cura di lei, senza abbandonarla un solo attimo. La trovava una persona squisita, indubbiamente gentile benché non sapesse niente di lei... del resto, non sapeva nulla nemmeno di sé stessa. Come avrebbe potuto sapere o ricordare particolari che non la riguardavano?
Della sua vita non conosceva nulla, solo la sua identità e questo grazie a Edward che non mancava di un giorno le visite alla ragazza. Il puro sentimento che li legava era riconducibile solo all'amicizia e si trovavano bene insieme, complice anche il fatto di essere entrambi soli al mondo.
In quel momento, entrò la donna con in mano una pila di riviste varie e altri giornali che posò sul mobile alla destra del letto.
-Grazie mille, signorina Harrocks.
-Di niente, figliola. Se hai bisogno di altro chiamami, va bene?
La ragazza annuì e ringraziò ancora, dopodiché allungò una mano di fianco a lei e prese una rivista a caso, senza pensarci e che scoprì essere di moda.
“Come dimagrire di 7 chili in sette giorni... 10 idee per essere trandy anche d'inverno... il trucco: come usarlo sapientemente...-ma possibile che non ci sia scritto altro qua sopra?”
Trovando gli argomenti trattati futili e di dubbia importanza, la chiuse e passò ad un quotidiano del giorno prima che scorse tra cronaca rosa, annunci economici e sportivi. Fu un articolo di cronaca nera a catturare la sua attenzione, non appena ne lesse il titolo.

TROVATI DUE CORPI DAL VOLTO IRRICONOSCIBILE: SONO FORSE GLI SWAN?
Dopo un anno dalla scomparsa, sono stati forse ritrovati gli Swan. La scoperta è stata fatta da due escursionisti in un bosco, e non è detto che siano gli Swan tuttavia è da troppo tempo che la casa in via Abyss è disabitata. Un solo segno accomuna i due cadaveri: una cicatrice sul lato destro del collo, due puntini la cui distanza tra loro è di un centimetro al massimo. Purtroppo, l'assenza di documenti addosso alle vittime ne ha reso impossibile l'identificazione ed esprimo ancora la mia titubanza sul fatto che possa trattarsi degli Swan, dopotutto il fatto che la loro casa sia disabitata non dimostra che possa trattarsi di loro due. Tuttavia, qui nella nostra amata cittadina di Willdenlow non sono state denunciate altre scomparse oltre alla suddetta famiglia e questo particolare contribuisce a far sì che la storia si faccia sempre più misteriosa. Fonti sicure assicurano che gli Swan avessero una figlia, di cui i genitori avevano denunciato la scomparsa, ma i corpi rinvenuti sono solo due. A questo punto, le domande sono due: quei cadaveri sono gli Swan? E se sì, che fine ha fatto la loro figlia? Sono solo domande, ma speriamo di poterci abbinare al più presto delle risposte.

Isabella rimase per un attimo pietrificata dalla sorpresa, col giornale in mano e senza la forza di muoversi per posarlo. Swan... quelle persone avevano il suo stesso cognome, ma si rifiutava di credere che si trattasse della sua famiglia. Loro erano vivi, dovevano essere vivi, e una volta ritrovati l'avrebbero aiutata a recuperare la memoria.
Dopo quella che parve un'eternità, riuscì a muovere le braccia per posare il quotidiano sul letto, nello stesso istante in cui sentì bussare alla porta.
-A-avanti...
Era una donnina bassa dai capelli corti che le aveva portato la colazione.
-Te la senti di mangiare al tavolo?
-Si, signora, poggi pure lì. Grazie...
-Di nulla...                                                         
La donna uscì e Isabella si alzò dal letto, le gambe molli e la testa come ovattata. Quelle sensazioni non erano dovute alla stanchezza o alla poca pratica (aveva ricominciato a camminare da tre giorni), ma al macabro articolo di giornale che l'aveva sconvolta. Le aveva persino fatto dimenticare il sogno su Edward, tuttavia cercò di distrarsi e godersi la colazione.                                                                       
Sul vassoio c'era una tazza con dentro del tè e a fianco qualche biscotto, che stavolta Isabella riuscì a mangiare senza mandare indietro. Mentre gustava l'ultimo biscotto, lasciò che i suoi pensieri vagassero lontani da ogni preoccupazione, onde evitare di farsi prendere dallo sconforto.
Era convinta che la vita le avrebbe sorriso di nuovo, prima o poi...
Quando ebbe finito di mangiare, si alzò e andò verso il letto. Uno strano impulso che decise di assecondare, la spinse a nascondere il giornale nell'armadio per occuparsene in seguito, anche se non seppe spiegarsi perché.
Purtroppo non aveva altri posti dove nasconderlo, pensò, e mentre chiudeva l'anta sentì bussare alla porta; muovendosi veloce per quanto riusciva si allontanò dall'armadio.
-Avanti! “Speriamo non faccia caso alla rivista mancante...”
-Ciao Bella! Come stai, ho saputo che domani esci!
-Sto bene, grazie... si, finalmente domani mi dimettono. Non immagini quanto sia stato noioso passare questi giorni qui dentro.
L'infermiera li interruppe.
-Le riviste le porto via o te le lascio?
-Le lasci pure, grazie.
-Bene, allora io vado. Ci vediamo dopo...
La donna uscì e li lasciò soli.
-Sai, ti ho già preparato la camera degli ospiti... spero solo riuscirai ad abituarti all'atmosfera in cui... ehm, lavoro.
-Figurati, quella è sicuramente la cosa meno importante. Anzi, ti ringrazio ancora per avermi salvata da morte certa e per avermi offerto il tuo aiuto.
Il ragazzo arrossì, scuotendo la testa e sorridendo.
-Non ringraziarmi, l'ho fatto e lo faccio volentieri. Mi ricordi me, quando ero nella tua stessa situazione e non oso pensare a che fine avrei fatto se non avessi avuto i miei genitori. Non fraintendermi, ti prego,-disse subito, notando l'espressione del viso di lei-non è per compassione che lo faccio. Semplicemente, voglio esserti amico... e poi, chi meglio di me può capirti?
-Ma ti fidi di me? Cioè, non mi conosci e io potrei essere chiunque... anche una rapinatrice, per quanto ne so.
-Tu? Una rapinatrice? Non credo proprio, non ne hai assolutamente la faccia.
-Va bene, Edward, ti credo. Ho bisogno di crederti...
-Grazie... comunque, adesso basta coi discorsi tristi. Andiamo?-disse, mentre le offriva un braccio.
-Dove?-chiese Isabella, dubbiosa, accettando però il braccio.
-A fare una passeggiata in giardino, non vuoi uscire a vedere il mondo?
-Si, ma non so... non dovremmo prima chiedere?
-Ci ho già pensato io, ho chiesto alla tua infermiera. Allora?
-Allora andiamo, che stiamo aspettando?!
Edward rise dell'improvvisa contentezza di lei; sembrava una bambina a cui hanno promesso un gigantesco cono gelato, ma la condusse lo stesso fuori in giardino.

Quando furono all'aria aperta e i raggi del sole ebbero toccato la pallida pelle di Isabella per la prima volta dopo tanto tempo, lei sentì come se avesse già vissuto quella sensazione, come se avesse già passeggiato al fianco di Edward.
Ciò era totalmente impossibile, perché se si fossero conosciuti prima lui glielo avrebbe senz'altro detto, e diede la colpa di quelle assurde sensazioni al sogno fatto qualche notte prima.                                                              
L'ambiente così conciliante sembrava invitarla a non angustiarsi e lei riuscì sorprendentemente  a lasciarsi alle spalle l'angoscia che aveva provato a causa di quell'articolo, godendosi appieno la compagnia di Edward.
-Allora,-le chiese dopo un po'-com'è stato il primo impatto col mondo?
-Ti dirò, è stato molto strano.-rispose lei, sinceramente-Mi sembra di essere una neonata intrappolata nel corpo di un'adulta, ogni sensazione che provo mi sembra nuova e ad aumentare la mia confusione e frustrazione contribuisce il fatto che i miei ricordi hanno deciso di andare in vacanza...
-Torneranno presto, vedrai.
I due ragazzi arrivarono ad una panchina, posta tra due alberi in fiore che diffondevano il loro profumo ovunque nell'aria, e si sedettero.
-Che buono il profumo dei ciliegi... l'ho sempre adorato.
Edward la osservò, stupito e compiaciuto.
-Vedi? Ti avevo detto che prima o poi qualche ricordo sarebbe tornato a galla...
Abigale lo guardò e scosse la testa.
-Non esattamente, non è come dici. Quando ho sentito questo profumo, dolce e fruttato, è come se mi fosse scattato qualcosa dentro. Cioè, non so come spiegarti...
-No, credo di aver capito. Finché non lo hai sentito, non lo hai ricordato ma quando l'odore ti ha colpita hai avuto la sensazione che ti fosse sempre appartenuto. É così?
-Esattamente...
I due ragazzi rimasero seduti sulla panchina per un bel po', Isabella con la testa appoggiata sulla spalla di Edward mentre lui le cingeva le spalle con un braccio. In quella posizione, la ragazza si sentiva sicura, anche se non avrebbe saputo spiegarsene il motivo...
Non si sa per quanto tempo rimasero abbracciati, fatto sta che ad un certo punto iniziò a soffiare il vento e dovettero alzarsi.
-Andiamo, damigella?-le chiese lui, scherzando.
-Si, mio cavaliere.-rispose lei, con lo stesso tono, mentre prendeva la mano che le offriva.
Mentre  attraversavano il prato per tornare dentro, Edward alzò lo sguardo (senza pensarci) verso una delle finestre e quello che vide lo lasciò non poco sgomento: una figura scrutava i due ragazzi.
Non vedeva il suo volto talmente bene da riconoscerlo, ma lo vedeva abbastanza bene da notare i suoi occhi guardarlo con apparente odio. Quando gli occhi di entrambi si incontrarono, la figura sconosciuta si ritrasse talmente in fretta da rasentare la paura di essere visto e Edward abbassò la testa borbottando qualcosa di inintelligibile.
-Cosa c'è?
-Niente...
-Si, come no? E io sono Jessica Rabbit...
-No... ehi, non cambiare discorso!
-Va bene, va bene... sul serio, non c'è niente. Solo qualcuno che guardava il paesaggio dalla finestra, niente di che...-per qualche oscuro motivo non voleva dirle cosa lo turbava.


“Cosa mi starà nascondendo? La sua reazione mi è sembrata così strana... o, accidenti, smettila di farti le tue paranoie!”
Quando interruppe il flusso dei suoi pensieri, si accorse che ormai erano arrivati nella stanza.
-Bene... a questo punto, io andrei.
-Di già?-chiese lei, visibilmente delusa.
-Si, lo so che è prima del solito, ma ho alcune commissioni da sbrigare. Scusami...
-Non fa nulla, e poi tornerai domani, vero?
-Certo che si, domani mattina ti verrò a prendere puntualmente. Adesso ti saluto, ciao Bella.
-Ciao Edward...
Il ragazzo aprì la porta e per poco non si scontrò con la signorina Harrocks, che stava entrando.
-Mi scusi, le ho fatto male?
-No, non ti preoccupare... allora, com'è andata la passeggiata in giardino?
-Bene, addirittura meglio di quanto pensassi...
-Ottimo, vuol dire che è davvero pronta per uscire...-mormorò mentre Edward salutava Isabella un'ultima volta e usciva.
-Cara, spero tu abbia fame. Tra poco arriverà il vassoio con il pranzo...
L'altra annuì.
-Altroché...
Mentre Isabella mangiava ciò che le portò la donnina, qualcuno poco distante da lei sta affrontando una certa discussione...

***
In una stanza sconosciuta, si trovavano due losche figure incappucciate. Una di loro stava seduta dietro una scrivania, mentre l'altra era in piedi davanti a questa.
-Capo, si é svegliata...
-Lo so, lo so... non c'è nulla da temere.
-Ma non siamo in pericolo?
-No, lei non ricorda nulla... e neanche lui. E ora vattene, prima che qualcuno ti veda qui.
-Si capo... a dopo, capo.
La seconda figura incappucciata uscì dalla stanza, il mantello che svolazzava a ritmo delle sue falcate. Mentre quello usciva, la prima figura che stava seduta alla scrivania, lasciò che il suo viso si deformasse in un sorriso serafico. Ne era convinto, aveva la situazione in pugno...


Sono contentissima che vi piaccia la mia fic ^^
Voglio ringraziare personalmente chi mi ha inserita tra i seguiti:
acqua1879
keska (grazie del consiglio e delle recensioni ^^)
saskia79

chi ha commentato:
CullenVale (grazie, sono felice che ti piaccia e spero che continuerai a seguirla e a recensirla ^^)
fofficina (ti ringrazio per i complimenti che mi fai, spero ti piaceranno anche i prossimi capitoli ^^)
Shinalia (ecco il terzo capitolo, spero ti piaccia ^^)

e chi ha messo tra i preferiti:
ciccina5
CullenVale
Shinalia
thsere

Naturalmente, siete tutti invitati a commentare ^^

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il mattino dopo, Isabella si svegliò prima del solito. La signorina Harrocks le fece la solita iniezione, le tolse la flebo e le diede il necessario per farsi una doccia e sistemarsi.
Una volta sotto il getto dell'acqua calda, Isabella lasciò che i suoi nervi si distendessero e che tutto il nervosismo accumulato fino a quel momento le scivolasse addosso, come l'acqua che le sfiorava la pelle.
Quando ebbe finito e si fu asciugata, si infilò di nuovo il camice e uscì dal bagno per rientrare in camera.
“Adesso mi sento meglio...”-pensò, sedendosi sul letto in attesa dell'arrivo di Edward.
Appena ebbe formulato quel pensiero, una nuova preoccupazione si fece strada nella sua mente.
“Oddio, non posso uscire da qui... ma tu guarda che situazione!”
L'euforia provata fino ad un attimo prima era come svanita e, mentre pensava a come risolvere quell'imbarazzante problema, la porta si aprì e ed entrarono Edward e l'infermiera. Isabella era talmente assorta che non si accorse che il ragazzo aveva qualcosa in mano finché lui non la mostrò.
-Isabella, vado a prenderti i moduli della dimissione e torno subito, va bene?
L'altra annuì.
-Edward, cos'hai li?
-Beh, ecco... io ti ho portato dei vestiti. Li ho comprati ieri e...
-Oh, non dovevi...-la ragazza non sapeva cosa dire-non posso accettarli...
-Perché?
-Beh, io...
Lui la vide abbassare gli occhi e capì. Sorrise.
-Ehi, guardami. Non devi sentirti a disagio, capito?
Isabella annuì.
-Va da sé che appena posso ti rendo il favore...
Edward alzò gli occhi al cielo.
-Si, si, va bene... piuttosto, dai un'occhiata a quei vestiti. Potrebbero non piacerti, d'altronde non conosco né i tuoi gusti né la tua taglia.
Isabella aprì la borsa e ne tirò fuori una magliettina rosa e dei jeans, entrambi molto semplici. Quando però vide cosa c'era al fondo, le guance le si tinsero di un lieve rosa. Con imbarazzo, estrasse anche la biancheria intima.
Mentre lo faceva, azzardò uno sguardo verso di lui e notò che sembrava leggermente imbarazzato mentre cercava di non guardarla. Poi, sentendosi addosso gli occhi della ragazza, si voltò e cercò di parlare ma ne uscirono fuori dei confusi balbettamenti.
-Ho pensato che ti sarebbe servita...-mormorò, lo sguardo di nuovo verso la finestra.
-Si, grazie...
La ragazza si alzò dal letto e, prendendo quello che il ragazzo le aveva portato, andò in bagno a vestirsi.
Indossò gli slip e il reggiseno, notando con stupore che le calzavano a pennello, così come le altre cose. La maglia era leggermente corta e aderente, ma le piaceva. I jeans, invece erano giusti sia dal punto di vista della taglia che da quello della lunghezza.
Dopo essersi osservata allo specchio un'ultima volta, prese il camice che aveva indossato fino a poco prima e lo piegò, uscendo poi con quello sotto braccio e posarlo sul tavolo.


-Come ti stanno?-le chiese lui, vedendola uscire dal bagno.
-Bene, sono perfetti. Sei davvero sicuro di non conoscere la mia taglia?-lo stuzzicò lei, sorridendo.
-Assolutamente. Perché?
-Beh, perché sei un ottimo osservatore. Hai azzeccato tutte le taglie, e quando dico tutte voglio dire proprio tutte...-l'ultima parola la disse con un tono carico di sottintesi.
-Davvero?
-Si, davvero.
-Meno male... comunque, sei pronta? Possiamo andare?
-Si, dobbiamo solo aspettare ancora un attimo...
Infatti, pochi secondi dopo arrivò la signorina Harrocks con in mano dei moduli per la ragazza; avrebbe dovuto portarglieli il dottor Cullen, ma era stato chiamato dal primario di un'altra clinica, a qualche miglio da loro.
-Bene,-disse la donna, porgendo la mano ad Isabella quando questa ebbe compilato tutti i fogli-adesso ti saluto. Ricordati di tornare i prossimi due lunedì, per l'iniezione.
-Non mancherò, grazie di tutto.-le rispose la ragazza, stringendole la mano.
A quel contatto, l'infermiera assunse un'espressione strana, un misto tra dolore e senso di colpa che Isabella non capì. Infatti, la guardò per un attimo con occhi interrogativi, ma l'altra non vi fece caso o più semplicemente non volle.
-Di nulla, stammi bene cara.
Le due si salutarono, dopodiché i due ragazzi uscirono dall'ospedale e si diressero all'automobile di Edward.
-Uau, complimenti, bella macchina.-disse lei, quando ci si avvicinarono.
-Ti piace?-chiese mentre metteva in moto e partiva.
-Altroché! Che marca è?
-Una BMW...-rispose, attento mentre metteva la retromarcia.
Quando concluse le manovre e uscirono dal posteggio dell'ospedale, arrivando sulla strada, lui le disse di allacciare la cintura e dopo sentito il clic di conferma accese la radio.
La canzone che riempì la macchina era triste e parlava di una rosa rossa e di una ragazza che aveva perso il suo amore. Quelle parole le fecero tornare in mente le parole della poesia che aveva sentito nel suo sogno, ma con la nuova sensazione di averla già sentita. Sbuffò per l'irritazione.
-Cosa c'è?
-Questa... canzone, credo di averla già sentita-omise il piccolo particolare del sogno su loro due. Non se la sentiva proprio di raccontarglielo.
-Non sei contenta?
-No, perché vorrei che i pochi flash che vedo siano almeno completi. Capisci cosa intendo?
-Si, ma secondo me, adesso come adesso, devi accontentarti delle poche cose che riesci a ricordare... in fondo, non puoi pretendere troppo da te stessa. Vedrai, la memoria completa tornerà col tempo.
-Già, forse hai ragione...
Il ragazzo tornò a concentrarsi sulla guida, con in faccia un'espressione divertita che la diceva lunga e a lei parve di sentire qualcosa del tipo “come al solito”, ma non era sicura.
Per il resto del tragitto nessuno parlò e rimasero in silenzio ad ascoltare la musica.
Dopo un po' arrivarono ad una piccola discesa, dalla cui metà si poteva vedere il cimitero della cittadina di Willdenlow. La visione la fece impercettibilmente rabbrividire, ma decise di non farci caso.

La casa era abbastanza lontana dalla città per essere tranquilla ma non troppo da essere isolata.
-Certo che ti sei scelto proprio un bell'ambientino, eh?-disse lei quando arrivarono, mentre Edward parcheggiava.
-Lo so, all'inizio deprimeva pure me, ma ho finito per farci l'abitudine. Dopo la morte della mia famiglia non me la sentivo più di vivere in quella casa e ho colto al volo l'occasione quando ho saputo che il vecchio zio Gilbert voleva andare in pensione. Te ne avevo già parlato, no?
-Si, scusa. Non volevo farti rievocare vecchi dolori...
-No, non è nulla, ormai é passato e devo andare avanti. Comunque sia, adesso basta parlare di cose tristi. Entriamo in casa, dai...
All'interno la casa non era molto grande, ma sembrava accogliente nonostante fosse chiaro che mancava un tocco femminile.
Appena la porta si aprì, la prima cosa che Isabella vide fu il soggiorno, di forma circolare con al centro un divano rosso. Poco dietro al divano c'era una porta, che scoprì essere della cucina, dalla cui finestra si vedeva il bosco. Quel panorama aveva un che di spettrale, ma proseguì lo stesso la visita della casa.
A destra della cucina c'erano le scale che portavano al piano di sopra, alle camere da letto.
-Bene, eccoci qua. Questa è la tua stanza... lì nell'armadio troverai degli altri vestiti e, sperando di non offenderti, ti dico che alcuni sono di mia sorella. Guardandoti, ho notato che hai più o meno la sua stessa corporatura e ho preso gli abiti di quella taglia.
-Non mi stai offendendo, tranquillo... non sapevo avessi perso anche una sorella.
-Si, era in macchina anche lei quando... beh, lo sai, no?
La ragazza assentì.
-A quanto pare non te la sei passata bene neppure tu... certo che ci siamo proprio trovati.
-Eh, quando si dice il caso... comunque,-disse per cambiare discorso-qui accanto c'è il bagno e quella di fronte alla tua è la mia stanza. Adesso vado, immagino che vorrai stare un attimo da sola... se hai bisogno di me sono giù, ma tra poco devo uscire per la solita ronda mattutina.
-Grazie...
-Di nulla, Bella, di nulla...-le disse, prima di chiudere la porta e scendere.
Andò in salotto e si sedette sul divano. Guardando l'orologio vide che erano ancora le undici e accese la TV.
Intanto, Isabella aveva aperto l'armadio e vide che era pieno di vestiti e uno molto bello ed elegante era ancora avvolto nel cellofan. Di sicuro, quello era appartenuto alla sorella di Edward... poi, si diresse al comodino e ne aprì il cassetto.
Dentro c'era dell'altra biancheria intima, di sicuro comprata il giorno prima...
Tute queste premure da parte di Edward le fecero venire un groppo alla gola e rimase a fissare il comodino finché non si sentì chiamare da sotto.
-Bella, io sto uscendo!
La ragazza si riscosse al suono del suo nome.
-Aspetta un attimo, per favore...
Uscì dalla stanza e, in un lampo, scese le scale per raggiungere il ragazzo.
-Cos'hai?
-Ecco... vorrei venire con te, se stai andando a fare la ronda.
Lui la fissò, inarcando un sopracciglio in segno di sorpresa.


-Sei sicura? Voglio dire, se l'ospedale non era allegro un cimitero non lo è certo di più...
-Vorrei vedere dove mi hai trovata... chissà che non ricordi anche qualcosa.
Edward prese le chiavi di casa dalla mensola vicino alla porta e le mise dalla parte di fuori.
-Bene, andiamo. Spero che almeno il “giretto” ti sia utile...
I due uscirono da casa e Edward chiuse la porta a chiave. Dato che, per fortuna, la casa non si trovava direttamente nel cimitero ma a qualche metro di distanza dovettero camminare un po'.
-Mi consola sapere che la casa non è proprio nel cimitero...
-Immagino...
Quando arrivarono al cancello, Edward estrasse un'altra chiave dalla tasca e aprì per far entrare Isabella, dopodiché se lo richiuse alle spalle ed entrambi si lasciarono avvolgere per qualche attimo da quell'atmosfera così tetra.
-Ti fa paura?
-No, non c'è motivo di avere paura dei morti. Chi dobbiamo temere sono i vivi...
-É vero, i morti ormai non possono più farci nulla. Trovo immotivata la paura che tutti nutrono verso di loro, come se potessero farci del male...
-Già. Anche se il cimitero non è il luogo più bello del mondo, non lo si dovrebbe temere.
Mentre giravano tra le fredde rocce, non notarono nulla di strano, perciò il ragazzo la portò al margine del bosco, dove l'aveva trovata.
-É... questo il punto?-chiese lei, titubante.
-Si, eri stesa qui per terra. Eri pallidissima e sembravi morta... quando ho visto che non lo eri, mi sono precipitato all'ospedale con te in braccio.
-Perché lo hai fatto? In fondo non mi conoscevi neppure...-chiese lei, ancora incredula per quello che era successo.
-Non me lo so spiegare, ma appena ti ho vista mi sono sentito in qualche modo legato a te...
-In che senso?
-Te l'ho detto, non lo so. So solo che quando ho guardato il tuo viso ho pensato che eri la più bella ragazza che avessi mai visto e che avevo la sensazione di averti già vista da qualche parte...-stava dicendo più cose di quante avesse intenzione di dirne, mentre fissava il punto in cui un anno prima c'era sdraiato il corpo della ragazza.
Lei arrossì, ma si sentì lusingata da quei complimenti.
“Ha detto che sono bella e che ha avuto la sensazione ci fossimo già conosciuti... allora anche lui...”-pensò, col cuore che aveva preso a batterle all'impazzata.
Quando lui distolse lo sguardo dal terreno e lo alzò verso la ragazza, si rese conto di quello che aveva detto e si accorse che questa era visibilmente rossa in viso; inoltre, teneva lo sguardo basso, stando in silenzio. Si batté una mano sulla fronte, come a rimproverarsi da solo, fraintendendo il silenzio di lei.
Cercò di distrarla.
-Credo sia ora di rientrare, si è fatto tardi ed é ora di pranzo...
Lei lo guardò, facendo sparire ogni ombra di imbarazzo.
-Si, hai ragione. Andiamo...
Quando furono dentro, si accorsero che ormai erano le dodici meno un quarto.
-Allora, Bella, cosa ti va di mangiare?
-Non saprei...-disse, rimuginando.

 


All'improvviso, spalancò gli occhi, come fosse stata appena colta da una grande idea.
-E se cucinassi io?
-Isabella, sei sicura? Sai che non è necessario...
-Invece si, così potrò sdebitarmi almeno in parte. Ora, fai il bravo e siediti, mentre io vado in cucina.
Il ragazzo fece un sospiro dolente e si arrese, andando a sedersi sul divano mentre lei si adoperava per preparare qualcosa da mangiare.
Aprì il pensile sopra il lavandino, ma lì c'erano solo i bicchieri e i piatti perciò decise di provare con quello vicino che scoprì essere la dispensa.
“Bene, siccome è tardi preparerò qualcosa di semplice e per stasera preparerò qualcosa di più elaborato, magari una cenetta romantica...”
Arrossì subito a quel pensiero, rimproverandosene e scacciandolo dalla sua testa.
“Amici, siamo solo amici...”
Cercò le pentole, ne prese una e la riempì d'acqua ma al momento di mettere il sale si rese conto di non sapere dove si trovava.
“Dannazione, e adesso dov'è? L'ho cercato dappertutto...”
-Edward, dov'è il sale?
-Accanto al frigo, nel barattolo del tè...
-Grazie...
Abigale salò l'acqua e la mise sul fuoco. In un'altra pentolina mise a scaldare un sugo pronto, di quello nel barattolo e dopo aver notato che la pentola bolliva buttò giù anche la pasta.
Edward, che intanto aveva apparecchiato la tavola, si diresse in cucina per vedere come se la cavava la ragazza.
-Come va?
-Benissimo, la pasta è quasi cotta. Siccome è tardi, ho utilizzato un sugo pronto...
-Va bene, non preoccuparti... sarà meglio assaggiare o si scuocerà.
La pasta fu scolata, messa in una scodella e condita dopodiché venne portata in tavola.
-Buon appetito!
-Buon appetito anche a te, Edward.
Mangiarono in silenzio, finché alla ragazza non venne in mente una cosa che voleva chiedergli.
-Edward, perché tieni il sale nel recipiente del tè?
-Perché ho rotto il barattolo del sale e devo ancora decidermi a comprarne uno...
Isabella ridacchiò.
-Adesso cosa ti prende?
-In questa casa ci vuole proprio il tocco di una donna...
Il ragazzo alzò le spalle, come a dargliene atto. Quando finirono di mangiare, lui le fece i complimenti.
-Beh, congratulazioni. Te la cavi bene in cucina...
-Oh, dai, non ho fatto nulla di speciale. In fondo era solo un sugo pronto, ma stasera mi cimenterò in qualcos'altro, vedrai.
Isabella fece per alzarsi, intenzionata a lavare i piatti, ma il ragazzo la bloccò trattenendole delicatamente un polso.
-Aspetta, faccio io. Li metto in lavastoviglie...
La ragazza annuì, inerme.


Ogni volta che lui la toccava, lei sentiva come una scarica elettrica pervaderla ad ogni contatto e ovviamente ogni volta, come questa, lei si rimproverava per le assurde reazioni del suo corpo.
Mentre lei sparecchiava, Edward aveva già finito di caricare la lavastoviglie e si era seduto sul divano, poco dopo raggiunto dalla giovane.
-Cosa vuoi vedere?
-Boh, fai un po' tu... non ricordo cosa mi piacesse, perciò suppongo che vada bene qualsiasi cosa.
Si sbagliava, perché sembrava che ogni canale trasmettesse partite di football o telegiornali, perciò Edward deviò su uno che trasmetteva un programma nel quale si leggevano poesie.
-Il mio amore è come una rosa rossa, che é da poco sbocciata in giugno;
il mio amore è come una melodia che é dolcemente e armoniosamente suonata.
Sì bella tu sei, mia leggiadra fanciulla, che pazzamente innamorato io sono...
A quelle parole, Isabella spalancò la bocca per la sorpresa.
-Che hai?
-Questa poesia... io la conosco. Dannazione, se solo mi ricordassi dove l'ho sentita!
Questa volta, la frustrazione fu sfogata con un lungo pianto liberatorio. Edward la abbracciò, stringendola a sé e cullandola come una bambina.
-Shh, non piangere.-le baciò la testa-Sono certo che guarirai...
Continuò a cullare la ragazza, finché questa non si addormentò sfinita tra le sue braccia.


Addirittura 6 preferiti e 4 seguiti >_< grazie, ne sono veramente felice.

Keska: Non ti preoccupare, non sei affatto bacchettona. Si, "d'avvero" era proprio un errore (anzi, un orrore) di battitura. Anch'io mi sentirei in quel modo se lo leggessi in un'altra fic ^^
Lilith90: Chiedo scusa per la mia piccola dimenticanza. Il personaggio di Abigale non fa parte della storia, che all'inizio era stata scritta per essere un'originale. Poi, rileggendola ho capito che si adattava benissimo alla saga di Twilight e ho cambiato i nomi. Abigale altri non é che Isabella Swan, chiedo ancora scusa per aver dimenticato di sostituire il nome nello scorso capitolo. Spero di aver chiarito il tuo dubbio e che continuerai a leggere la mia fic ^__^
Confusina_94: Si, Edward é lo stesso di quello descritto dalla Meyer anche se é umano. Le caratteristiche abituali verranno più avanti. Grazie anche a te per i complimenti ^^
LadySile: A te dico la stessa cosa che ho detto a Lilith90, scusatemi ancora per essere stata così distratta.
CullenVale: L'uomo misterioso si scoprirà solo nei prossimi capitoli, spero ti continuerà a piacere ^^

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

***
Si stava avvicinando... velocemente, sempre più velocemente... correre e scappare, ormai non serviva più a nulla anche se lei cercava di non farsi sopraffare dal terrore.
La creatura guadagnava terreno, mentre la ragazza sentiva di essere sempre più vicina alla fine. Si girò spesso per cercare inutilmente di riconoscere il suo inseguitore ma, una volta giunta al limitare del bosco, l'ultima volta che si voltò per guardarlo in faccia, inciampò per colpa di un sasso e cadde sul freddo terreno.
In un attimo, la creatura le fu sopra e l'ultima cosa che Isabella vide prima di sprofondare nel buio furono due denti candidi e appuntiti che si avvicinavano lenti e inesorabili al suo collo.
***

Aprì gli occhi di scatto, il cuore che le martellava nel petto. Sbatté ripetutamente le palpebre prima di riuscire a capire dove si trovasse ma quando l'intontimento dovuto al sogno passò e si rese conto di essere abbracciata a Edward, avvampò di botto.
Rimase per un attimo ferma, a riflettere su cosa fare quando capì dal respiro regolare di lui che stava dormendo.
Si mosse piano e sciolse delicatamente l'abbraccio. Rimase un attimo a guardarlo, incantata dal suo viso angelico e bellissimo che l'aveva già colpita una volta e in quel momento fu sopraffatta da una voglia alla quale non seppe resistere.
Sollevò la mano destra e la portò sul suo volto, sfiorandolo leggermente. All'improvviso, l'espressione beata di lui mutò e divenne angosciata, assieme al respiro che andava via via accelerando. Isabella continuò ad accarezzargli il viso con dolcezza, come a tranquillizzarlo ma si svegliò di colpo, la faccia simile ad una maschera di terrore che spaventò la ragazza, facendola rimanere con una mano a mezz'aria.
-Edward, io... scusami...
Il ragazzo si guardò attorno, sollevato, senza aver capito o ascoltato le parole di lei che dal canto suo decise di lasciar cadere l'argomento.
-Meno male, era solo un sogno...
-Che genere di sogno?
-Un incubo, uno spaventoso incubo che mi perseguita da anni...
-Prova a raccontarmelo, ti farà bene. Cos'hai sognato?
-É un sogno molto confuso, sotto certi aspetti ma sotto certi altri è molto vivido. Cioè, non so come spiegarti...
-Dimmi di cosa parla, dai.
-Beh, sono nel bosco e sto inseguendo una ragazza, quando questa cade e io le balzo addosso per ucciderla. Come ho detto, mi perseguita da anni...
Edward si prese la testa con le mani, angosciato, e Isabella lo abbracciò di slancio come aveva fatto lui qualche ora prima.
-Ti capisco benissimo, Edward, ti capisco più di quanto immagini...
Il ragazzo ricambiò l'abbraccio, mormorando un “grazie” e dandole un bacio sulla guancia, a pochi centimetri dalle labbra.
Isabella si ritrasse, un po' stupita, per poterlo guardare in faccia e trovò il suo viso vicinissimo a lei.
Il respiro della ragazza si fece affannoso per l'agitazione, mentre il cuore minacciava di uscirle dal petto nel vedere che il ragazzo si avvicinava sempre di più.
Quando la distanza tra loro fu colmata e le labbra si toccarono, entrambi furono nuovamente percorsi da una scarica elettrica.
Isabella si irrigidì, senza sapere bene cosa fare, mentre le labbra di lui si facevano sempre più insistenti ma quando decise di lasciarsi andare al bacio Edward si staccò di colpo.
La scrutava preoccupato, senza parlare.
“Bravo idiota! Adesso cosa penserà di te? Prima le dici cose senza senso e poi la baci, complimenti! Adesso crederà che sei un maniaco che si approfitta della situazione...”
-Bella, scusami. Davvero, non so cosa mi sia preso..
La ragazza scosse la testa, il cuore che le batteva a mille.
-Non... non preoccuparti.
-Non ti sei offesa?
-Dovrei?
-No, ma credevo che mi avresti preso per maniaco.
-Tranquillo, non penso nulla del genere, non ti sto incolpando di nulla. Tu avevi bisogno di conforto, è stato un momento di debolezza...
-Già, un momento di debolezza in cui forti emozioni cercavano una via d'uscita...
Quello che aveva appena detto gli appariva sensato e in cuor suo voleva crederci, sperando che dietro non ci fosse dell'altro. Cambiò discorso, per distrarre entrambi da quei pensieri.
-Bella, che ne dici di andare di sopra a cambiarci?
-Perché, scusa?
-Ti porto a cena fuori.-rispose ammiccando.
-Edward, io... non posso farlo.
In un momento, il disagio si impossessò nuovamente di lei. Un disagio più forte di quello provato prima, che a dirla tutta non le era neanche dispiaciuto...
-Perché non puoi?
-Edward, come posso accettare il tuo invito? Non nemmeno un lavoro!
-Ma ne avevamo già parlato! Devi ancora rimetterti del tutto e inoltre hai fatto solo ieri l'ultima iniezione. Ricordi che l'infermiera ti ha detto di stare a riposo ancora qualche giorno?
Isabella scosse la testa, credendo di apparire spazientita ma ottenendo solo di sembrare una bambina capricciosa.
-Edward, prova a metterti nei miei panni. Riesci a capire il disagio che provo?
-Suppongo di si. Dici che il tuo impaziente animo potrebbe placarsi se io ti promettessi di aiutarti a cercare un lavoro già da domani?
-Si, credo proprio di si.
-E una volta placato il tuo animo, pensi di poter accettare il mio invito?
-Uhm, forse...-disse, fingendosi pensierosa-ma certo che accetto! A patto che la prossima volta sia io ad offrire, però. D'accordo?
Lui annuì, alzando gli occhi al cielo.
-Va bene, come vuoi... adesso sarà meglio andare a cambiarsi, o quando arriveremo al ristorante non ci saranno più posti liberi.
I due salirono al piano di sopra ed entrarono nelle rispettive stanze.
Isabella si diresse all'armadio e lo aprì, scorrendo i vari abiti in cerca di quello giusto.
“Questo è troppo scollato, non va bene... questo nemmeno... questo potrebbe andare, sembra
anche della mia taglia.”
Tirò fuori un elegante tailleur, che però le andava largo.
“Peccato, mi piaceva... però è anche strano, credevo di ricordarmi questo tailleur e non mi sembrava fosse così largo...”
Si spogliò, facendo scivolare la gonna a terra e togliendosi delicatamente la camicetta per riporli entrambi sul letto e dirigersi di nuovo all'armadio. Frugò un altro po' e alla fine optò per un bellissimo vestito nero che le calzava a pennello.
Quando però la morbida seta toccò la sua pelle, nella mente di Isabella presero forma delle immagini che la fecero impietrire.

Un uomo vestito di scuro, col capo chino, si avvicina piano ad un albero, al quale un ragazzo è stato incatenato.
-Tu, rinuncerai a lei?
-No, mai!-risponde rabbiosamente il giovane.
-Ricordati che non puoi abbandonarmi, non te lo permetto. Tu mi appartieni...
-Io non appartengo a nessuno, lurido... ahhh!
Spasmi di dolore angoscioso pervasero il corpo nello stesso istante in cui le oscure figure accanto a lui misero in atto i loro poteri psichici. L'aria è lacerata da urla disumane, finché un improvviso silenzio non rende l'ambiente circostante ancora più rumoroso.
-Allora, ti sei convinto, Edward? La lascerai?
-Io...-mormora piano una risposta.
-Si? Non ho sentito bene, Edward.-cantilena malignamente l'uomo.
-Si, lo farò...-risponde debolmente il ragazzo, mentre un sorriso sardonico si allarga sul volto dell'altro.

Un improvviso bussare alla porta fece trasalire Isabella che si riebbe dallo stato di trance in cui era caduta.
-Bella, sei pronta?
La ragazza rispose con voce tremolante.
-S-si, quasi... arrivo subito!
Si sistemò il vestito, facendoselo cadere bene addosso e mise le scarpe, dopodiché uscì e raggiunse Edward in salotto.
-Uau, davvero carina... ti sta benissimo!
-Grazie... certo che tua sorella aveva un ottimo gusto in fatto di moda, eh?
Il tono forzatamente allegro che aveva usato non nascose del tutto l'angoscia che aveva ancora addosso.
-Cos'hai?
-Io? Niente...
-Isabella, non me la dai a bere. Forza, sputa il rospo.
-Non è niente, sul serio,-mentì lei-é... che mi sembra tutto così nuovo...
“Bugiarda... certo che potevo anche trovare una scusa migliore.”
Edward la guardò di sottecchi, ma lasciò cadere il discorso.
-Comunque,-riprese lui dopo un po'-quel vestito non è di mia sorella. Da quel che ricordo, lo ha sempre odiato. Un giorno, dopo una delle solite visite dallo psichiatra e pochi giorni prima dell'incidente, l'ho sentita mormorare che la colpa di tutto era sua, ma quando le ho chiesto cosa volesse dire mi ha liquidato dicendo che avevo capito male e che lei non aveva             
detto niente... dai, basta chiacchiere. Andiamo?
-Si, è meglio.
Il ristorante “La Rosa Blu” era un posticino molto intimo e accogliente, in riva al mare. La ragazza si rabbuiò appena entrarono, non perché non le piacesse il posto ma perché in quel luogo Edward sembrava essere fin troppo conosciuto.
“Chissà se è stato qui con qualche ragazza...”
Un cameriere, andato a prendere le loro ordinazioni, li salutò educatamente ma quando incrociò gli occhi di Isabella, sgranò i suoi come fosse sorpreso di vederla o come se addirittura la conoscesse.
Isabella ricambiò lo sguardo, confusa, finché Edward non si schiarì rumorosamente la voce.
-Bella, cosa prendi?
Abbassò gli occhi sul menu e scelse la prima cosa che vide.
-Per me un cocktail di gamberi, grazie...
-Due, allora.-disse pronto Edward, prima che il giovane e nuovo cameriere potesse chiederlo.
-Bene, torno subito.-disse, allontanandosi verso le cucine dopo un ultimo sguardo alla ragazza.
Edward cercò di nascondere il suo fastidio con una battuta.
-Hai fatto colpo, eh?
-Ma figurati! Sicuramente gli avrò ricordato qualcuno...-rispose, rossa in viso.
-Sarà...
Poco dopo arrivarono i piatti che avevano ordinato, ma fu un altro cameriere a portarli.
-Sembrano... conoscerti bene, qui.-constatò lei, quando l'altro se ne fu andato.
-Si, negli ultimi mesi ci sono venuto spesso. Sai, per distrarmi un po'...
Isabella sembrò sul punto di dire un'altra cosa, ma ci ripensò mancando del coraggio per porre la fatidica domanda e riabbassò gli occhi sulla cena.
Quando finirono di mangiare e Edward ebbe pagato il conto, trascinò con impazienza la ragazza fuori dal ristorante.
-Insomma, perché tutta questa fretta?-gli chiese non appena si sedettero in macchina.
Lui non rispose, limitandosi a mettere in moto e partire.
-Allora? Sei stato sulle spine per tutta la cena, dimmi qualcosa!
Rispose senza togliere gli occhi dalla strada.
-Scusa, non pensavo te ne fossi accorta, ma quel tipo ti ha fissata per tutto il tempo e la cosa non mi piace...
Non riuscì più a nascondere il suo disappunto, mentre Isabella tentava di soffocare il sorriso che le salì alle labbra.
-E ora perché ridi?
-Sei adorabile quando fai il geloso, sai?
-Io non sono geloso! É che quel tipo mi innervosiva; in più, credo di averlo già visto ma chissà perché la cosa non mi piace affatto...
-In effetti, adesso che mi ci fai pensare, anche io ho notato qualcosa di strano in lui...
Lo sguardo di lei cadde sull'orologio.
-Isabella, ti piacciono le stelle?-chiese lui all'improvviso.
-Si, credo di si...-rispose lei, spiazzata-perché?
-Siccome sono ancora le nove e mezza, pensavo di andare a Spring's Hill a guardare le stelle. Ti va?
-Si, certo... Spring's Hill, hai detto?
-Si, ci sei già stata?
-Non lo so, ma il nome mi è familiare.
Arrivarono a destinazione dieci minuti dopo, per merito di una scorciatoia che Edward aveva preso, e lasciarono la macchina in uno spiazzo erboso per poter proseguire a piedi.
-Non ci fermiamo qui?-chiese lei, col fiatone.
-No, fidati. Dove ti sto portando io è ancora più bello.
Continuarono a salire, in mezzo agli alberi e lontani dalle altre coppiette, fino a che non giunsero in una piccola radura erbosa, illuminata dalla luce fioca della luna.
-Edward... ma è bellissimo questo posto.
-Lo so, piace molto anche a me.
I due ragazzi si sedettero sull'erba, Isabella con la schiena appoggiata ad un albero e Edward sdraiato sul prato mentre il vento tiepido scompigliava piano i loro capelli.
-Edward, guarda!-disse lei ad un tratto, colpendolo sul braccio con la mano.
-Ahi, che male!
-Guarda lì...-indicò il cielo con un dito, mentre il ragazzo si massaggiava la parte offesa e dolorante.
Lui alzò gli occhi, contrariato, e quello che vide lo lasciò senza fiato: una pioggia di dorate stelle cadenti che sembrava volerli abbracciare ed invitarli ad esprimere i propri desideri.
Quando i loro volti si incrociarono, ognuno sembrò specchiarsi negli occhi dell'altro finché, a sorpresa, Isabella non annullò ogni distanza unendo le labbra a quelle del ragazzo, che le circondò la vita con le braccia.
Questo bacio fu addirittura migliore del primo perché entrambi partecipavano attivamente e senza accennare a voler smettere, anche se poco dopo dovettero staccarsi per mancanza di ossigeno. Si guardarono per un istante che parve interminabile, finché Edward non si decise a parlare.
-Si è fatto tardi, andiamo?
-Si, va bene.
Edward si alzò e porse la mano ad Isabella per aiutarla a fare lo stesso, dopodiché presero il sentiero che li avrebbe riportati alla macchina, lasciandosi alle spalle quel piccolo angolo di paradiso all'apparenza così tranquillo...

Questa storia é tra le preferite di...
1 - Bellas
2 - Confusina_94
3 - CullenVale
4 - Fantasy_Mary88
5 - franci87
6 - free09
7 - Jiuliett_Cullen
8 - kiakki94
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12 - Niki_CuLLen_
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16 - valeriuccia
17 - xsemprenoi
 
 
Questa storia é tra le seguite di...
1 - acqua1879
2 - Chelsea88
3 - Fc27
4 - giunigiu95
5 - keska
6 - saskia79
7 - Tatydanza
8 - WingsOfButterfly

Grazie, non immaginate quanto tutto questo mi faccia felice >//<

lory_lost_in_her_dreams: Si, forse sono stata un po' cattiva con la povera Isabella ma il bello arriva più in là ^^
serve: Ecco il capitolo, spero che ti piaccia ^^
valeriuccia&Confusina_94: Sono contenta che vi piaccia ^^ Come ho detto nel precedente capitolo, Abigale altri non é che Isabella dato che all'inizio questa fic era stata creata come originale ma poi ho cambiato i nomi.
LadySile: Vedrai più avanti, che colpi di scena che ho creato ^^ Grazie per la recensione ^^
CullenVAle: Sono contenta che continui a seguire la mia fic, spero che più avanti non ti annoierà ^^

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


***
-Capo, posso parlarle?
-Cosa vuoi?
-Capo, sta accadendo di nuovo.
Quello alzò un sopracciglio, confuso.
-Cosa? Sii più preciso.
-Non è servito obliviargli la mente, la storia si sta ripetendo.
La figura misteriosa sussultò.
-Vuoi dire che...
-Si, capo.
-Maledizione! Siete degli incapaci! Possibile che io debba fare tutto da solo?
L'uomo, irato, uscì di corsa dalla stanza nella quale si trovava lasciando il suo servitore impalato davanti alla scrivania.
***
A qualche chilometro di distanza, una ragazza molto imbarazzata si era appena svegliata e alzata dal letto. Pensare a quello che era accaduto la sera prima, sia al romantico bacio sotto le stelle con Edward che al silenzioso ritorno a casa, le metteva addosso un'agitazione e un nervosismo morboso.
Il ragazzo aveva ricambiato con ardore il bacio di Isabella, facendole dischiudere le labbra per poter esplorare meglio la sua bocca ma durante tutto il tragitto verso casa non aveva detto una parola e lei non poté fare a meno di chiedersi dove avesse sbagliato.
Con una stretta al cuore, pensò che probabilmente lui non provava quel genere di cose e forse non avrebbe dovuto provarle neanche lei.
Uscì dalla camera e si diresse alle scale, ma era talmente nervosa che si accorse di essere ancora in pigiama solo a metà strada e non era il caso di tornare indietro o non sarebbe più riuscita a scendere.
Quando giunse alla fine delle scale, si bloccò nel vedere Edward in piedi vicino al divano che la invitava ad avvicinarsi.
-Bella, vieni un attimo, per favore...
-C-certo, arrivo.
Si accomodò sul divano e lui fece lo stesso. Prima di aprire bocca, inspirò profondamente come a voler prendere coraggio.
-Ecco, io volevo parlarti riguardo a ieri sera...
Teneva lo sguardo basso, perciò non vide l'espressione angosciata che era apparsa sul volto di lei che, dal canto suo, si aspettava una cosa del genere.
-Senti,-disse anticipandolo-so che non doveva accadere e che ci conosciamo da troppo poco tempo ma possiamo far finta che non sia mai successo.
Il ragazzo alzò di scatto gli occhi dalle sue mani che si torturavano tra loro e la guardò quasi con rabbia.
-Fare finta di niente? É questo che vuoi?-si alzò dal divano, cominciando a camminare nervosamente avanti e indietro.
-Io... Edward, non hai capito...
-Non ho capito? Cosa dovrei capire?-ormai stava gridando-Mi hai praticamente detto che quello che c'è stato tra noi non conta nulla per te! Mi dici cosa dovrei capire?
A quel punto, anche Isabella si adirò.
-Aspetta un attimo! Io non ho mai detto nulla del genere!
-Ah no? E io che... no, lasciamo perdere...
-Eh no, caro. Adesso mi dici quello che dovevi dire!
La guardò, con un sorriso beffardo in faccia mentre si avvicinava a lei.
-Non ti facevo così sadica, sai? Va bene, ti dirò quello che devo anche se mi sorprende che tu non lo abbia già capito. Io credevo che provassi qualcosa per me, e per questo mi sono permesso di provare a mia volta qualcosa per te anche se è chiaro che mi sono sbagliato...
Il tono inizialmente beffardo era diventato amareggiato, mentre la rabbia che sino a quel momento aveva preso la ragazza era svanita alla stessa velocità con cui era arrivata e fu sostituita dallo stupore.
-T-tu, provi qualcosa per me?-gli chiese incredula.
-Si, ma ormai che ti importa?
-Importa, stupido che non sei altro,-disse sorridendo-perché è vero che provo qualcosa per te.
Adesso era il suo turno di essere incredulo.
-Co-come? E allora perché hai detto... perché?-era talmente confuso che non riuscì a formulare una domanda decente.
-Io non ho mai detto che per me non contasse nulla, ho solo detto che credevo lo considerassi un errore.
-Dio, Isabella! Come hai potuto pensare una cosa simile?
Si avvicinò e la abbracciò delicatamente, senza più ombra di amarezza o rabbia.
-Beh, durante il ritorno a casa non hai detto una parola e anche quando siamo arrivati...
-Stavo pensando a noi e a come si stavano mettendo le cose, a come si è evoluta la situazione e...
-A che conclusione sei giunto?
-Sono giunto alla conclusione che vorrei tu diventassi la mia ragazza. Vuoi?
Isabella sorrise radiosa e annuì.
-Bene, e adesso?
-Adesso direi di andare a fare un po' di spesa,-scherzò lui dopo averla baciata piano-in casa non abbiamo praticamente nulla!
-Buffone...-borbottò fintamente infastidita. Con Edward un discorso non rimaneva serio molto a lungo.-allora sarà meglio che vada a vestirmi.
-Si, ma non metterci troppo, ok?
-Non temere, cinque minuti e arrivo.
Volò al piano di sopra mentre Edward fingeva di rabbrividire alle sue parole. Si sedette sul divano, mentre Isabella si infilava un paio di jeans e una maglietta gialla per scendere di nuovo di corsa dieci minuti dopo.
-Hai visto che ci ho messo poco?
-Brava la mia ragazza, dai andiamo.
Un fremito percorse Isabella quando Edward pronunciò quelle parole.
-Ed, vero che oggi pomeriggio mi aiuterai a cercare lavoro?
-Se proprio ci tieni...
A quel punto della conversazione erano già arrivati al supermercato.
-Si che ci tengo, ti ho già spiegato che per me è molto importante.
Mentre gli parlava, lo guardava in faccia con un'aria da bambina capricciosa.
-E io ti ho già detto che non è necessario.-ribatté lui con calma.
Isabella sbuffò e si girò ma lo fece troppo in fretta e urtò qualcuno.
-Mi scusi, non volevo...-balbettò, raccogliendo quel che era caduto per terra. Rispose una voce femminile.
-Non è nulla cara, non è nulla...
Appena udì quella voce e la riconobbe alzò di scatto la testa.
-Signorina Harrocks! Che piacere rivederla, come sta?
-Oh, io benissimo. Voi come state, ragazzi?
Alla donna non sfuggirono gli sguardi dolci che si scambiavano i due. Rispose Edward per entrambi.
-Stiamo bene, non si preoccupi... piuttosto, perché non dice ad Isabella che deve riposare ancora un po'?
-Perché?
-Vuole a tutti i costi trovare un lavoro.
-Devo dire che la cosa non mi sorprende, io l'ho sempre detto che per essere una paziente non è affatto paziente!
La ragazza finse di fulminarli entrambi con lo sguardo e stava per parlare quando un bambino piccolo che stava correndo le arrivò addosso.
-Billy!-lo chiamò una donna da lontano-Chiedi scusa alla ragazza e torna qui!
-Non è niente, signora...-disse, guardando il bambino davanti a lei. A occhio e croce non aveva più di tre anni.
-Scusa signorina!
-Non è niente piccolo, ma la prossima volta stai attento, va bene?
-Si, ciao ciao!
Quando il bambino si allontanò per tornare dalla madre, Isabella si rialzò e quando guardò la donna davanti a lei, per la seconda volta le sembrò di scorgere nei suoi occhi uno sguardo colpevole.
-Signorina, qualcosa non va?
-Eh? No, non è niente... solo che pensavo che ci sai fare con i bambini.
-Beh, mi piacciono e mi piacerebbe lavorare a contatto con loro.
-A proposito di lavoro,-iniziò la Harrocks-ho sentito che il dottor Cullen sta cercando una segretaria. Ti può interessare?
La ragazza si irrigidì. Poteva essere una buona idea lavorare accanto a quell'uomo? Sinceramente le metteva i brividi il solo pensare alla sua ultima visita e non era certa di poter sopportare la sua vicinanza tutti i giorni.
-Scusi, ma non credo sia una buona idea. Il dottor Cullen ha un che di sinistro e...
La donna la interruppe scuotendo la testa.
-No, no, hai capito male. Io volevo dire lo psicoterapeuta James Cullen, il fratello del dottor Cullen che conosciamo. Allora?
La ragazza cercò Edward con lo sguardo.
-Che ne pensi?
-Non so, Bella, devi vedere tu. Per prima cosa dovresti fare un colloquio e poi decidere.
-Uhm, forse hai ragione. Signorina Harrocks, dov'è lo studio di questo dottore?
-In Elm Street, hai presente?
-No, mi dispiace.
-Io lo so,-disse Edward-ti ci posso portare se vuoi.
-E io ti fisso un colloquio per oggi pomeriggio, va bene? Ci troviamo all'entrata del palazzo di vetro, così ti accompagno da lui.
-Si, grazie mille.
-Oh, lo faccio volentieri... ora però devo andare. Ci vediamo, ciao!
-Arrivederci, e grazie ancora.
La donna si allontanò sorridendo.
-Ancora non ci credo...
-Già, adesso sarai contenta.
-Certo che lo sono, ma adesso pensiamo alla spesa.
-Abbiamo preso tutto?
-Credo di si
-Allora possiamo andare a cercare una cassa libera...
Mentre erano in fila per aspettare il loro turno, Edward si accorse di aver dimenticato i biscotti e tornò indietro a prenderli. Intanto Isabella aspettava da sola e dopo un attimo si sentì tamburellare sulla spalla.
-Hai fatto in fretta...
Si girò, ma vide che il ragazzo biondo con gli occhi verdi che le stava di fronte non era Edward.
-E tu chi sei?
Lui la squadrò ancora prima di parlare.
-Allora non mi sbagliavo, sei proprio Bella!
Lei si infastidì leggermente nel sentire quel soprannome: solo Edward poteva chiamarla così.
-Chi sei?-chiese, stavolta senza gentilezza.
-Non ti ricordi di me? Sono Ryan...
La ragazza lo guardò meglio e nell'istante in cui lo riconobbe, delle altre immagini le si infilarono prepotentemente in testa.
***
-Edward, chi è il tuo amico?
-É Ryan, appartiene anche lui al mio gruppo...
Un fremito percorse la ragazza.
-Hai paura?
-No.-gli porse la mano e il ragazzo dai biondi crini la strinse.
***
A quelle, si sostituirono altre immagini così velocemente che lei non fece in tempo a riprendersi.

***
-Hai capito? Devi starle lontano, non devi neanche guardarla!
-Sei tu quello che le deve stare lontano, Edward! Sai bene che la storia non potrà mai finire bene!
Edward inchiodò Ryan ad un albero, bloccandogli il collo con una mano e emettendo un basso ringhio mentre mostrava i candidi canini appuntiti...
***

La vista di quei denti la fece vacillare talmente da doversi appoggiare da qualche parte ma
prima che le sue mani potessero toccare il carrello, sentì le mani di Ryan circondarle la vita per sorreggerla.
-Tutto bene?-era preoccupato.
-S-si, solo un capogiro...-anche se lei ormai si era ripresa, lui non accennò a lasciarla-ti ringrazio, ma ti conviene lasciarmi. Il mio ragazzo è geloso...
Ryan si bloccò, impietrito dalla sorpresa.
-Il tuo ragazzo?
-Si, c'è qualche problema?-rispose una voce maschile alle loro spalle. Edward si avvicinò ad Isabella e le cinse la vita con un braccio, dopo aver posato i biscotti nel carrello. Lo guardò e lo riconobbe.-Io mi ricordo di te, se quel cameriere... cosa vuoi?
-Niente, assolutamente niente...-si allontanò di fretta, dopo un ultimo sguardo astioso a Edward.
-Cosa voleva?-le chiese sospettoso mentre mettevano la spesa sul nastro.
-Non so, ha detto di conoscermi...
-E tu ci credi?
-Forse... dopotutto mi ha chiamata per nome.
-Non mi piace.-disse Edward a denti stretti.
-Oh, Ed! Non devi essere geloso.
In realtà, Ryan non piaceva nemmeno ad Isabella ma ciò che più la turbava erano le cose che vedeva nella sua testa.
I due ragazzi partirono per tornare a casa dopo aver sistemato la spesa in macchina e durante il viaggio le provò a nascondere il suo nervosismo senza successo.
-Bella, cos'hai?
Quel nomignolo pronunciato da lui era tutta un'altra cosa...
-Io? Niente!
-Stavolta non me la bevo. Adesso parli e mi dici cosa ti prende...
-No, perché non mi crederesti.
-Tu mettimi alla prova.
-Riderai di me.
-E chi te lo dice? Dai, parla.
Isabella sospirò.
-E va bene... prima, mentre parlavo con quel ragazzo, ho... avuto delle visioni.
Edward si curò di non mostrare alcuna sorpresa o forma di scetticismo mentre la ragazza, omettendo il piccolo particolare dei denti appuntiti, gli raccontava ciò che aveva visto. Gli disse di aver veduto sé stessa far conoscenza con Ryan dopo che Edward li aveva presentati e, subito dopo, di aver assistito ad una lite tra i due ragazzi che l'aveva spaventata molto. Però, pur essendo Ryan ad essere bloccato con la schiena contro l'albero, lei temeva per Edward.
-Ti è capitato altre volte?
-Allora mi credi? Non mi giudichi una pazza?
Era visibilmente sollevata, quasi timorosa che lui le scoppiasse a ridere in faccia. Edward, dal canto suo, non sapeva se credere o no al fatto delle visioni ma era certo che ci fosse qualcosa che turbava la sua ragazza e non poteva ignorare l'espressione terrorizzata che aveva scorto per ben due volte sul suo viso.
-Beh, prima quando sono arrivato e il tizio se n'è andato sembravi terrorizzata e la tua tensione era talmente forte che l'ho sentita anch'io. Inoltre, avevi la stessa espressione
la sera che ti ho portata a cena.
Isabella si morse il labbro inferiore. Come aveva potuto pensare di riuscire a nascondergli qualcosa? Lui, che sembrava conoscerla da una vita, aveva capito subito che qualcosa non andava.
-In effetti si, è già accaduto. Non so, ma ho come la sensazione di dover ricordare qualcosa in particolare, ma non ho la più pallida idea di cosa...
Scesero dalla macchina ed entrarono in casa per sistemare la spesa e siccome era ancora preso Isabella tagliò e infornò il pollo. Mentre questo cuoceva, lei tagliò patate e carote mettendole in una ciotola nell'attesa di poterle aggiungere al pollo. Tornò in salotto e si sedette sul divano accanto a Edward.
-Bella? Cos'hai visto nell'altra visione?
La ragazza rabbrividì.
-É stato orribile...
-Ma cos'hai visto?
-Ho... visto te.
-Ah, ed ero così brutto?
-Non scherzare, ti prego. Tu... eri incatenato ad un albero, e un uomo con addosso un mantello scuro ti voleva costringere a fare qualcosa. Tu rifiutavi e lui ti torturava.
Edward si figurò la scena e, sentendola familiare, ebbe un fremito.
-Io ho spesso sognato questa scena. Com'è che l'hai vista anche tu?
-Non so. So solo che mi stavo vestendo e quando il tessuto ha toccato la mia pelle, sono come caduta in trance e ho visto quello che ho visto...
Suonò il timer del forno e Isabella si alzò per andare a controllare e aggiungere carote e patate. Dopo qualche minuto, fu tutto pronto e lei lo portò in tavola che il ragazzo aveva intanto apparecchiato.
-Mi chiedo cosa significhi tutto questo...-disse lei, pensierosa.
-Me lo chiedo anche io, credimi...
Quando finirono di mangiare e riordinare cucina e salotto, Isabella salì al piano di sopra ed entrò nella sua stanza. Si diresse a passo stanco verso il letto e vi si sedette ma si rialzò subito, poiché si accorse che di essersi seduta su qualcosa.
“Ma questa è la mia borsa...”
La aprì, e dopo aver rovistato un po', ne estrasse la rosa rossa di cristallo. Se la rigirò tra le mani, finché non si avvide che su un lato c'era una piccola fenditura che con una leggera pressione si aprì.
All'interno, c'era un foglietto di carta arrotolato. Lei lo prese e lo spiegò.
“Il mio amore è come una rosa rossa, ch'é da poco sbocciata in giugno:
il mio amore è come una melodia che é dolcemente e armoniosamente suonata.
Sì bella tu sei, mia leggiadra fanciulla, che pazzamente innamorato io sono;
e sempre io t'amerò, mia cara, finché non s'asciugheran tutti i mari;
finché non s'asciugheranno tutti i mari, mia cara, e non si fonderanno le rocce al sole;
e sempre io t'amerò, mia cara, finché scorrerà la sabbia della vita.
Addio, mio unico amore!
Addio per un poco!
Io ritornerò, mio amore, anche se a dieci mila miglia.”
Appena ebbe finito di leggerla, le si stagliò davanti agli occhi l'immagine del suo primo sogno: Edward che le regalava quella rosa.
In quel momento, Isabella ebbe l'assoluta certezza che quello doveva essere sicuramente più di un semplice sogno.


Keska: Ciaoooo ^^ sono felice che continui a recensire la mia fic e lo sono ancora di più nel leggere che ti piace ^^
Confusina_94: Non preoccuparti, sono io che ho sbagliato a non cambiare tutti i nomi ^^
serve: Che Bella é un po' tarda lo sapevamo tutti, spero sia abbastanza IC ^^
lory_lost_in_her_dreams: Grazie per la recensione, spero continuerai a seguirla ^^
valeriuccia: la sorella di Edward giocherà un ruolo piuttosto marginale, mentre il fratello di Carlisle... beh, vedrai più avanti cosa ha combinato ^^

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

Il bussare alla porta la riscosse.
-Bella, sei pronta? Sono quasi le tre, dobbiamo andare!
-A-arrivo subito!
Posò la rosa e il foglietto e si spogliò. Per l'occasione scelse degli eleganti pantaloni di pelle nera e una leggera camicetta verde acqua, il tutto abbinato a dei delicati sandali neri col tacco a pappagallo.
Uno sguardo allo specchio le fece capire che i suoi capelli erano del tutto impossibili e decise di raccoglierli in un delicato chignon.
Quando finì di prepararsi, scese al piano di sotto dove trovò Edward in salotto che la aspettava seduto sul divano. Quando la udì arrivare alzò la testa.
-Ehi, ce ne hai messo di tempo, eh?
-Si, scusami...
Si accigliò, notando l'espressione di lei.
-Che hai?
-Io... no, niente.
-Bella, parla.
La ragazza sospirò.
-E va bene. Prima stavo rovistando nella mia borsa in cerca di spunti per la mia memoria e mi è capitata tra le mani una cosa. Hai presente quella bella rosa rossa di cristallo?
-Si, perché?
-Beh, mentre la rigiravo per guardarla meglio si è aperta e dentro c'era un fogliettino arrotolato sul quale c'era scritta la poesia. Poi, dopo che ho finito di leggerla, ho visto per la seconda volta te che mi regalavi quella rosa e...
-Aspetta, aspetta! Che vuoi dire con “la seconda volta”?
-È accaduto in ospedale, dopo una delle tue prime visite, solo che quella volta è stato un sogno e non una visione.
-Questa è bella... chissà, magari ci siamo conosciuti in un'altra vita-scherzò lui mentre uscivano di casa e si andavano a sedere in macchina.
Elm Street era abbastanza lontana e ci misero mezz'ora per arrivare. Il grande palazzo di vetro si stagliava in mezzo alla via e quando entrarono videro che la signorina Harrocks era seduta all'ingresso e li aspettava.
Quando li vide si alzò e li salutò con un gesto della mano.
-Salve ragazzi!
Andò verso di loro e strinse le mani di entrambi.
-Salve a lei, grazie ancora per la sua disponibilità.
-Figurati... dai, andiamo.
La donna li guidò verso l'ascensore che li portò al terzo piano e arrivarono davanti ad una grande porta di legno; la Harrocks bussò e una voce femminile rispose “avanti”.
-Salve, sono la signorina Harrocks. Stamane ho preso appuntamento con James Cullen a nome di Isabella Swan.
-Si, il dottore vi sta aspettando nel suo studio.
Isabella spostò lo sguardo dalla segretaria a Edward.
-Entra con me, ti prego.-era ansiosa-Ho bisogno del tuo sostegno...
-Certo, non temere. Sarò accanto a te.
L'infermiera si congedò, augurando ai due ragazzi buona fortuna e loro la ringraziarono ancora una volta prima di bussare alla porta dello studio.
-Avanti!-rispose una voce maschile dal timbro forte e deciso.
I due ragazzi si guardarono e, dopo un respiro profondo, Isabella abbassò la maniglia mostrando lo studio alla vista di entrambi. Era esattamente come se lo era immaginato, ampio quanto bastava ma senza esagerazioni e nemmeno eccessivamente lussuoso.
Fece vagare per un attimo lo sguardo per lo studio prima di posarlo sull'uomo seduto dietro la scrivania.
James Cullen era molto diverso dal fratello. A differenza dell'altro, infatti, i capelli biondo platino non ricadevano scomposti sulle spalle ma erano corti e ben curati.
Aveva un portamento elegante mentre si alzava dalla poltrona per accoglierli.
-Ragazzi, vi aspettavo. Dunque, tu sei Isabella...
L'uomo la studiava con sguardo assorto, come se avesse già sentito parlare di lei e fosse finalmente riuscito a conoscerla. Mentre lo guardava, notò una certa somiglianza con qualcuno che conosceva anche se in quel momento non avrebbe saputo dire chi.
-Si, signore. La signorina Harrocks mi ha detto che stavate cercando una segretaria e mi ha fissato un appuntamento.
IL medico si accigliò e mormorò frettolosamente qualcosa sul fatto che la Harrocks fosse una brava donna ma che era un peccato che avesse a che fare con “quell'uomo.
-Come ha detto, scusi?-chiese Edward, perplesso.
L'altro parve riscuotersi all'improvviso.
-Niente, niente... comunque, si, sto cercando una nuova segretaria perché quella che ho attualmente sta per andare in maternità. Accomodatevi, prego.
I due ragazzi si sedettero mentre l'altro tornava dietro la scrivania.
-Allora, Isabella, vediamo un po'... in attesa di avere il tuo curriculum ti farò qualche domanda. Sai usare il computer?
-Si, abbastanza.
-Quanti programmi padroneggi con sicurezza?
-Cinque programmi, dottore.
Era la verità, tutto quello che sapeva lo aveva imparato da Edward.
-Bene, molto bene... e dimmi, in quale altro ufficio hai lavorato?
-Ehm, veramente non ho mai lavorato.
-Ahi, questo non è un bene...
-Ma c'è una spiegazione!-disse Edward.
-È vero. Vede, io sono stata in coma per un anno e non ricordo nulla del mio passato, quindi se anche avessi lavorato da qualche parte non potrei ricordarmene. Se lo ritiene necessario, posso portarle la mia cartella clinica...
-Non è necessario, tranquilla... dunque hai perso la memoria solo dopo che è successo.
-Dopo che è successo cosa?
Stranamente lo stupore dell'uomo non sembrava dovuto al fatto che era stata in coma ma al fatto che aveva perso la memoria in seguito a qualcosa accaduto prima dello stesso.
-Nulla, nulla... senti, facciamo così: per adesso ti prendo in prova per due settimane e se andrà bene ti assumerò a tempo pieno.
-Davvero?
-Si, tu torna lunedì e vedremo di definire bene il tutto.
Una voce metallica proveniente dal telefono annunciò al medico che era arrivato il suo
prossimo paziente.
-Bene, ci dobbiamo salutare adesso.
Ognuno si alzò dalla propria sedia e, dopo ringraziamenti e strette di mano, i due ragazzi uscirono dall'ufficio.
-Però, che tipo strano...-borbottò Edward.
-A me è sembrato abbastanza a posto.
-Si, è a posto,-assentì il ragazzo mentre metteva in moto la macchina-ma non puoi negare che abbia un che di misterioso.
Questo era vero. Quell'uomo era circondato da un alone di mistero quasi palpabile ma, a differenza di suo fratello, non metteva i brividi appena lo si guardava. Anzi, in un certo senso era come se quel alone di mistero, addosso a lui, esercitasse sulle persone una sorta di fascino.
Mentre la ragazza si lasciava dominare da pensieri di questo tipo, la sua mente corse verso un'altra persona altrettanto misteriosa. Si lasciò scappare un sospiro.
-Cos'hai?
-Eh? No, niente... stavo pensando a lunedì.
-Bella, sputa il rospo.
-Che vuoi dire?
-Voglio dire che ti conosco troppo bene per non capire cosa ti passa per la testa o quando mi stai mentendo. Nella fattispecie, adesso.
Incredibile come Edward la conoscesse bene. Sembrava stessero insieme da una vita anziché da poche settimane.
-E va bene, hai vinto. Stavo pensando alla signorina Harrocks.
-È una bravissima donna, mi è simpatica.
-Anche a me, ma non hai notato niente di strano in lei?
-Possibile che vedi le stranezze dove non ci sono ma non le vedi dove sono lampanti? Comunque, cosa avrei dovuto notare?
-Magari ti sembrerà una quisquilia, ma il suo sguardo... non so, ma mi guardava come se si sentisse in colpa per qualcosa e ora cercasse di aiutarci per espiarla in qualche modo.
Edward rispose con un'alzata si spalle, come a dire che qualunque cosa avesse di strano la donna non avrebbe sminuito la sua bontà e tornò a concentrarsi sulla guida.
Quando arrivarono a casa, fecero appena in tempo ad aprire la porta che il telefono iniziò a suonare. Edward si precipitò a rispondere ma quando alzò la cornetta non udì alcuna voce.
-Pronto? Ma tu guarda che razza di scherzi...
-Chi era?
-Non lo so, sicuramente qualcuno in vena di giochetti. Appena ho risposto hanno attaccato subito...
Isabella non seppe spiegarsi il perché ma quella cosa la turbò. Inoltre, per qualche strano motivo, le balenò davanti agli occhi la stessa visione che aveva avuto nel supermercato e i lunghi e affilati canini bianchi le chiamarono alla mente immagini che andavano ben oltre la fantasia.
-Comunque,-disse Edward distraendola dai suoi pensieri-anche se credo non mi darai ascolto, quell'uomo non mi piace. Somiglia troppo a quel cameriere.
Dunque se ne era accorto anche lui.
“Ecco a chi somigliava, mi sembrava un viso familiare...”
-Vuoi dire Ryan?
Edward sussultò.
-Come fai a sapere il suo nome? Lo conosci?
-Non so, non ne sono sicura... comunque il nome me lo ha detto lui.
-Quando?-chiese Edward sempre più adirato.
-Quando lo abbiamo visto alla cassa, al supermercato, rilassati Ed. Sarai mica geloso?
-Non mi piace.-disse a denti stretti.
Isabella si avvicinò a lui e lo baciò; istantaneamente le cinse la vita con fare possessivo mentre una mano scivolò sotto la maglietta per accarezzare la pelle nuda. Isabella intrecciò le mani nei neri capelli di Edward, il quale portò inconsciamente la seconda mano sotto la maglietta di lei ma oltre ad accarezzarle la vita non osò fare altro. Il bacio si faceva sempre passionale finché dovettero staccarsi per mancanza di ossigeno.
-Hai capito perché non devi essere geloso?-gli chiese dopo aver ripreso fiato.
-Scusami, ma ti amo troppo per essere razionale e la vista di quel tipo vicino a te...
Il respiro della ragazza si fermò. Lui l'amava?
-C-cosa hai detto?
-Che non mi è piaciuto vedere quel tipo vicino a te.
-No, prima...
Edward la guardò, un po' imbarazzato.
-Ho... detto che ti amo.
Isabella, incredula e felice, gli gettò nuovamente le braccia al collo.
-Anch'io... ti amo.-gli sussurrò all'orecchio.
Edward la strinse forte e rimasero abbracciati per un tempo indeterminato, convinti che una felicità così grande non potesse essere offuscata da nulla.

***

-Allora, come procede il piano?
L'altro, un ragazzo così minuto rispetto all'imponente uomo che aveva di fronte, rispose con un ringhio.
-Non lo so, è troppo presto per dirlo, dobbiamo aspettare lunedì quando saranno lontani... inutile dire che il tuo piano non mi piace.
-Che impudenza, ragazzino. Ricordati che mi devi gratitudine per averti riammesso nella mia congrega dopo quello che hai fatto, ti pare? Inoltre sono stato molto chiaro anche su un altro punto: se ci tieni alla tua vita devi stare bene attento a non invaghirti di nuovo di lei. Capito l'antifona?
-Certo, come sempre. Però, sappi che se le capiterà qualcosa ti cercherò e ti troverò ovunque tu vada.
L'imponente uomo incappucciato si mise a ridere e si avvicinò al ragazzo, mettendogli una mano sulla spalla in un apparente segno di amicizia ma che in realtà era un chiaro monito.
Una scarica elettrica pervase il corpo del giovane mentre questi si accasciava a terra con un rantolo.
-Questo ti serva di lezione per la prossima volta che ti verrà in mente di ricattarmi. Dovresti ricordare con chi stai parlando, ragazzino.
-M-maledetto...

***

I due ragazzi si erano addormentati abbracciati sul divano, quando ad un tratto Edward si svegliò con addosso una strana agitazione che riuscì a calmare solo dopo essersi reso conto che stringeva tra le braccia il corpo caldo di Isabella. Il sogno che aveva fatto era tutt'altro che di buon auspicio.
“Questi sogni così frequenti... che siano dei flashback di vita passata? No, non è possibile. Sicuramente mi sto facendo condizionare da Isabella...”
La guardò, mentre i tratti del viso erano rilassati dal sonno e la bocca contratta in un lieve sorriso. Con una mano le carezzò una guancia, delicatamente, finché non scese a sfiorarle il collo. Con gli occhi le accarezzò il seno che premeva da sotto il cotone leggero della camicetta.
Il ragazzo tolse la mano dal collo, convinto che si fosse svegliata ma lei sospirò e mormorò nuovamente il suo nome. D'un tratto, la sua espressione si fece sconvolta.
-Edward, non lasciarmi... non andare con loro, rimani con me... no...
-Shh, tranquilla. Non ho intenzione di lasciarti...
Come Edward, anche lei si svegliò spaventata ma si calmò non appena si avvide che si era trattato solo di un sogno.
Lo abbracciò di slancio, quasi avesse paura di vederlo sparire.
-Ti va di raccontarmi cosa hai sognato?
La ragazza mormorò un “no” appena accennato e incollò le proprie labbra a quelle di lui in un bacio che esprimeva sì passione, ma anche angoscia e paura.
Edward avrebbe voluto osare di più oltre a baciarla ma aveva paura di spaventarla. Scese con le labbra sul collo, baciandola dallo zigomo fino al mento per ritornare infine ala sua bocca. Quando si staccarono, lei leggermente rossa in viso, si guardarono per un lungo istante.
Isabella poteva leggere negli occhi di lui il desiderio, lo stesso che provava lei.
-Edward...-allungò le mani verso la sua camicia, accarezzandogli il petto.
-Bella,- la presa del ragazzo sui suoi fianchi si fece lievemente più serrata-non sei costretta. Non ti forzerei mai a fare qualcosa contro la tua volontà...
Lei gli posò un dito sulle labbra.
-Lo so, ed è per questo che ti amo tanto. E poi, mi fido di te...
Edward avrebbe tanto voluto farle una domanda, ma poiché sapeva che lei non ricordava il suo passato rimase in silenzio seduto accanto ad Isabella che dopo un attimo si alzò, pensando che lui avesse cambiato idea. Il ragazzo la bloccò per un polso, facendola girare e accomodare in braccio per continuare da dove avevano interrotto.
-Bella...-disse tra un bacio e l'altro-ti va di andare di sopra?
Annuì debolmente, la mente annebbiata dalla consapevolezza di quello che stava per accadere e si lasciò condurre in camera da letto dal ragazzo che amava e che sentiva l'avrebbe protetta sempre.

Quando si svegliarono era l'una passata. Il ragazzo la fissò un attimo, mentre si stiracchiava.
-Buongiorno, amore.-le disse ammiccando.
-Uhm... buongiorno. Che ora è?
-È l'una passata.
-Stai scherzando?!-esclamò drizzandosi sul letto- È tardissimo, dobbiamo scendere e...
-Con calma, c'è tempo...
-Ma è tardissimo!-ripeté la ragazza mentre si alzava dal letto e cercava la sua biancheria e il resto della roba.
Edward rise e, quando anche lui fu vestito, rifecero il letto.
-Ed, tu hai già cominciato a ricordare qualcosa?
-No, purtroppo. Faccio valanghe di sogni strani e senza senso, ma nessun ricordo concreto di quegli anni persi. Tu, invece?
La ragazza non rispose. A dire il vero non aveva ascoltato la metà del discorso poiché un particolare aveva attirato la sua attenzione.
-Bella, ci sei?
Seguì il suo sguardo e vide che fissava un punto preciso del letto di cui Edward non notò nulla di strano.
-Bella, che ti prende?
-Il lenzuolo, Edward... è bianco.

Grazie mille a chi ha messo tra i preferiti e i seguiti, a chi ha gentilmente commentato e anche a chi ha solo letto ^^
Purtroppo devo scappare, ma ringrazierò tutti nel prossimo capitolo ^^

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

-Lo so che è bianco, non capisco il tuo stupore.
La ragazza posò i suoi occhi angosciati su di lui. Possibile che non capisse?
-Edward, guarda bene il lenzuolo e dimmi cosa vedi.
-Io non vedo proprio niente...
-Appunto, è quello che ho detto io!
-Non ti seguo...-disse lui, confuso.
-Edward, capisci che, dopo quello che abbiamo fatto non è normale che il lenzuolo sia ancora pulito?- Ora che ci pensava, non aveva nemmeno sentito dolore...

-Oh...-benché la sua non fosse stata la migliore delle risposte, in quel momento non avrebbe saputo cos'altro dire. Aveva capito.
Ormai la voce di Isabella rasentava l'isteria.
-Non capisco, perché non c'è sangue?
-Calma, non agitarti così...
-Come faccio a calmarmi? Non ricordavo di aver già fatto l'amore con qualcuno e hai idea di come mi senta non riuscendo a ricordare con chi lo abbia fatto la prima volta? Volevo fosse con te, invece...
-Bella, ascolta: quello che hai detto mi lusinga molto, ma non devi farne un affare di stato. Voglio dire, tu sei molto bella ed è normale che in passato tu abbia avuto un ragazzo.
-Questa situazione va al di là del normale. Secondo me è successo qualcosa in passato, qualcosa di oscuro, ma non so cosa.
-Addirittura oscuro? Non ti sembra di esagerare?-le chiese mentre scendevano le scale.
-Beh, pensala come vuoi ma continuo ad avere addosso una strana sensazione.
-Spero non sia dovuta a quello che è accaduto tra noi.
Isabella si girò e lo guardò, costernata.
-No, accidenti,-il suo tono tradiva una certa ansia-non equivocare. Sono assolutamente felice di come sta procedendo la nostra storia e non sono pentita. Ti amo, e sappi che quello che ho detto prima riguarda solamente il mio passato ma non ha niente a che fare col mio presente o col nostro futuro.
-Il nostro futuro?-ripeté lui, il sorriso di nuovo sulle labbra.
-Si, beh... sempre se mi vorrai.
Non le rispose a voce, ma posò le proprie labbra su quelle di lei in un bacio che valeva più di mille parole a cui lei rispose con ardore. Non voleva che Edward pensasse che si era pentita o che non le era piaciuto.
-Allora, Edward,-chiese quando si furono staccati-spero tu non abbia più dubbi su di me.
-Io non ne ho mai avuti.
Dopo che ebbero finito di mangiare, si prepararono ad uscire ma prima che varcassero la soglia il telefono squillò una seconda volta.
-Aspetta,-disse Isabella-stavolta vado io. Pronto?
Rispose la voce di un ragazzo, all'apparenza sollevato per qualcosa.
-Ciao, Bella, sono contento che tu stia ancora bene!
-Chi sei?
Edward, intanto, si era avvicinato piano alla ragazza.
-Non mi riconosci? Sono Ryan.
-Ryan? Come diavolo hai avuto questo numero?
Non sentì la risposta, poiché Edward le aveva preso di mano la cornetta.
-Tu, ascoltami bene,-sibilò arrabbiato-fa che non ti becchi mai più intorno alla mia ragazza o finirai male. Sia che ti sorprendo di nuovo a parlarle, sia che le telefoni ancora. Chiaro?
Ryan parlò con voce addolorata, come se avesse una profonda ferita che nemmeno il tempo era riuscito a lenire.
-Quello che deve lasciarla stare sei tu, Edward, o per colpa tua finirà di nuovo male.
-Come ti permetti tanta familiarità? Nemmeno ti conosco! E poi, cosa vorresti dire con “finirà di nuovo male”?
-Nulla che ti riguardi, solo che devi lasciarla in pace.
-Io?-domandò Edward con sarcasmo-Guarda che fino a prova contraria sei tu che stai importunando la mia ragazza e non il contrario.
-Giuro che se finirà un'altra volta in coma per colpa tua, o se peggio dovesse morire...
-Ora basta! Non permetterti più di telefonare e tanto meno di dire cose assurde!
“Come fa questo tizio a sapere tutte queste cose su Isabella? Mica è finita in coma per colpa mia...”
Posò rabbiosamente la cornetta e alzò la testa verso Isabella che se ne stava a qualche passo di distanza.
-Edward...-gli si avvicinò titubante, notando l'espressione del suo viso.
Non appena sentì la sua voce, si rilassò subito e si scusò per la sua irruenza ma si rifiutò di riferirle della telefonata liquidandola come una faccenda di poca importanza. Per qualche motivo, non voleva che lei sapesse.
-Forza, andiamo...
Era lieto che la ragazza avesse insistito per andare con lui a fare la ronda, così sarebbe stato sicuro del fatto che l'altro non avrebbe potuto cercare di contattarla ancora. D'ora in poi avrebbe fatto in modo di lasciarla sola il meno possibile e se fosse stato necessario l'avrebbe allontanata da lui con un trasloco.
Quando arrivarono al limitare del bosco nello spiazzo verde dove il ragazzo l'aveva trovata, si sdraiarono sull'erba per godersi un po' di sole.
-Sai, Ed, non ho ancora capito lo scopo di queste ronde.
-Non hai idea di quello che può succedere di notte, tra vandali e ladri che depredano le tombe... e comunque, in una delle mie ronde ho trovato te.
-E io ne sono molto contenta, anche se resta ancora da chiarire il perché mi trovassi in un cimitero.
-Magari avevi appuntamento con qualcuno.
-In un cimitero?-chiese lei, scettica-Ne dubito, a meno che non dovessi incontrare uno zombie.
Edward rise della battuta mentre con un braccio le cingeva le spalle...

***
-Bella, ne sei sicura? Sei cosciente del rischio che corri?
-Si, ma ti ho già detto che non mi importa. Mi fido di te...
Edward si sentì invadere di orgoglio a quelle parole e si chiese cosa avesse fatto di così buono per meritare una creatura come Isabella.
Si chinò a baciarle la pancia dopo aver lentamente alzato la leggera maglietta che la copriva, sentendo il cuore di lei battere sempre più freneticamente.
Mentre la baciava, era attentissimo a non ferirla coi suoi lunghi canini e quando poco dopo
violò la sua innocenza, la radure fu animata solo dal loro immenso piacere finché una profonda pace non si impossessò di entrambi.
Isabella si addormentò esausta cullata dalle braccia di Edward, mentre una macchia rossa sull'erba testimoniava quell'avvenimento che ancora non sapevano quanto avrebbe condizionato le loro vite.

***
Quando la visione che aveva invaso entrambe le loro menti li abbandonò, rimasero come pietrificati. Le immagini parevano così nitide da poter essere scambiate per dei flashback di vita passata, se non fosse stato per un piccolo particolare: l'Edward della visione aveva un viso pallido come il marmo e pelle dura come l'alabastro. A lei sembrava ancora di sentire il tocco di quelle mani fredde sul suo corpo e la sua lingua di ghiaccio a contatto con la propria ma la cosa che più la turbava erano i canini lunghi e appuntiti. Solo una creatura maledetta che esce la notte e che si scioglie al sole e il cui nome fa tremare tutti di paura.
Al momento la domanda era: perché aveva visto Edward nelle visti di un vampiro? Fu lui, dopo un attimo, a spezzare il pesante silenzio che li aveva avvolti.
-Hai... visto anche tu?
-Si.
-Secondo te cosa significa?
Isabella sapeva che lui non si riferiva alla visione in sé, ma aveva esattamente i suoi stessi dubbi, anche se non lo dava a vedere.
-Non ne ho la più pallida idea... non so nemmeno se prenderle come delle immagini reali o delle semplici visioni. Tu che ne dici?
-Può darsi che fossero reali per metà, mentre il resto era frutto di uno strano inconscio.
-Io non so che pensare. Insomma, prima facciamo l'amore per quella che credevo la prima volta ma il il lenzuolo rimane stranamente bianco e dopo abbiamo una visione del passato in cui facciamo l'amore in una radure la cui erba è macchiata di rosso!
-Come fai ad essere sicura che abbiamo visto il passato?
-Non te lo so spiegare, ma è come se avessi sentito che quelle immagini costituivano un importante tassello che potrebbe incastrarsi nelle nostre memorie.
-Secondo me ti stai facendo condizionare troppo da questa storia del lenzuolo.
-Quindi, secondo te, non c'è nessun legame?
Edward non rispose ma si alzò da terra e porse una mano alla ragazza per fare lo stesso.
-Edward...
-È meglio che torniamo a casa, o faremo tardi.
Il ragazzo aveva aggiunto un atteggiamento evasivo per non confessare di essere preoccupato.
Camminarono in silenzio e quando arrivarono a casa notarono che la porta era aperta.
-Ma cosa...
Entrarono, allarmati, ma sembrava che all'apparenza non mancasse nulla.
-Vado di sopra a controllare le stanze-disse Edward mentre lei ispezionava meglio il piano inferiore.
Entrò nella sua camera e, dopo essersi accertato che tutto fosse a posto e che non mancasse nulla, decise di andare nella stanza della ragazza. La prima cosa che saltava all'occhio era il certosino ordine che regnava lì dentro ma quando si avvicinò al computer notò che era acceso.
-Ma che...
La pagina che aveva davanti recava in alto una delle immagini più spaventose che avesse mai visto. Un viso di ragazzo deturpato da una smorfia e da due canini lunghi e affilati. Sotto la figura c'era una scritta rosso sangue: il vampiro.

Il vampiro è una creatura leggendaria che si nutre di sangue umano e per mordere le vittime usa  i suoi lunghi e affilati canini. Le caratteristiche più frequenti sono pelle bianchissima e dura come il granito e occhi scarlatti, tuttavia non sono le più stupefacenti.  Un'ulteriore leggenda racconta che talvolta il vampiro possa sviluppare qualcosa di simile ad un'anima, poiché essendo morti non possono averne una vera e propria.
Questo può accadere qualora il vampiro cominci a vedere la mostruosità delle azioni nei suoi occhi e decida di non uccidere l'ultima vittima che tiene tra le braccia.
Si dice che, una volta, un vampiro poggiò i denti sul collo di una giovane ragazza ma non la morse, lasciando impressi sulla sua giugulare due punti rossi ravvicinati come se i denti del vampiro fossero stati incandescenti...

-Che fai, ricerche sui vampiri?
Edward lanciò un urlo e fece un balzo alla sua destra prima di girarsi e vedere che era la sua ragazza.
-Cavolo, Bella, mi hai fatto venire un colpo!
-Scusa, non l'ho fatto apposta. Ero solo venuta a dirti che di sotto è tutto a posto, ma ti ho visto tutto concentrato a leggere qualcosa sul computer. Non sapevo ti interessassero i vampiri e l'occulto...
-Infatti non mi interessano, la pagina l'hai lasciata aperta tu.
-Io? Oggi non mi ci sono neanche avvicinata al computer.
-Magari te lo sei dimenticato.
-No, no credimi, ne sono sicura...

***
-Tu, piccolo idiota! Come hai potuto compiere un'azione tanto avventata?
Il ragazzo sorrise beffardo.
-Hai detto tu che dovevo fare in modo che si lasciassero, non dimenticarlo.
L'uomo sibilò rabbioso.
-Non osare rivolgerti a me con questo tono! Tu DEVI fare in modo che si lascino, ma non devi certo dirle o cercare di farle capire qualcosa di noi. Non dimenticare che c'è anche lui da prendere in considerazione e potrebbe bastare una minima cosa ad innescare i ricordi perduti. Dopotutto, la fattura Oblivio non è infallibile...
-Ma anche se recuperasse la memoria non potrebbe fare troppi danni, no?
L'uomo sospirò con fare rassegnato.
-Ah, ragazzo, non credevo così ingenuo. Se Edward dovesse recuperare la memoria, prenderebbe subito il volo e con lui-fece una smorfia di puro disgusto-la tua amata Isabella.
Con questo non voglio dire che se i due si lasceranno tu sarai autorizzato a consolarla anzi, se il piano funzionerà lei dovrà morire. Non permetterò che due dei miei adepti migliori disgreghino la congrega per colpa di un'umana. Se lei morirà, lui rimarrà da solo e non gli resterà altro da fare che unirsi nuovamente a noi.
-Ma...
-Niente “ma”, non voglio sentire le tue obiezioni! Tu attieniti al piano e guai a te se ti permetterai ancora qualche altro colpo di testa; la prossima volta potrei non essere così magnanimo.
L'uomo si voltò facendo svolazzare il lungo mantello e uscì, lasciando il ragazzo da solo in uno studio buio e angusto.
***

Edward si avvicinò alla sua ragazza, che scrutava ansiosa fuori dalla finestra.
-Cos'hai, amore?
-Sono preoccupata.
-Per cosa?
-Per il lavoro, Edward; anche se comincio lunedì, sarò in prova per due settimane e...
-Non temere, vedrai che andrà tutto bene. Anzi, facciamo una cosa: che ne dici di tornare a Spring's Hill, domani, e fare un pic-nic?
-Dico che è un'ottima idea...-sbadigliò-scusami ma si è fatto tardi. Salgo a farmi una doccia e poi vado a dormire.
Gli diede un bacio a fior di labbra, dopodiché si diresse al piano di sopra, cosciente che gli occhi del ragazzo non la abbandonavano un istante.
Entrò in bagno e si spogliò, quindi si mise sotto il getto caldo dell'acqua ed era talmente presa dai suoi pensieri che non sentì la porta della doccia aprirsi finché non sentì due braccia forti cingerle i fianchi. Poco ci mancò che si mettesse ad urlare ma quando girò e vide che era il suo ragazzo si tranquillizzò per un attimo, finché non realizzò di essere nuda e il suo colorito divenne scarlatto.
Si girò subito di spalle e lo sentì ridacchiare per il suo imbarazzo. In fondo, non era la prima volta che la vedeva nuda, avevano fatto l'amore...
-Edward, che ci fai qui?-cercò di parlare senza balbettare.
-Volevo raggiungerti...
Le pose le mani sulle spalle e la attirò a sé, facendola aderire al suo corpo mentre le baciava il collo. La ragazza tremò e gemette non solo per le sensazioni datale da quei leggeri e fugaci baci, ma anche per il sentore di qualcosa di duro che premeva contro di lei.
-Edward...
-Cosa?
Il ragazzo cominciò ad accarezzarle sensualmente la pancia, fino a che lei non si girò per stringerlo tra le sue braccia.
-Edward, ti amo.
-Anch'io Bella, anch'io. Ci conosciamo da così poco tempo, ma a me pare impossibile non averti mai incontrata prima. Mi sembra di amarti da sempre...
Isabella stava per rispondere ma dopo aver fatto vagare lo sguardo sul corpo di lui, gli occhi le si accesero di una luce maliziosa.
-Sei ancora tutto vestito, non va bene...
La vide allungare le mani verso la sua camicia ormai fradicia che metteva bene in mostra i perfetti addominali e capì le sue intenzioni.
-Sono nelle tue mani, cara...-disse sorridendo, mentre lei lo faceva svestire, pregustando quello che di li a poco sarebbe successo.

Più tardi, stesa nel suo letto, Isabella non riuscì ad impedirsi di pensare a quel pomeriggio.

Era sicurissima di non aver acceso il computer, quindi la domanda era: chi mai si era introdotto in casa, senza rubare nulla, per aprire una pagina riguardante i vampiri?
Edward era convinto che lei fosse stata distratta, ma per Isabella il collegamento con l'effrazione era troppo palese per essere ignorato.
“Vampiri... perché non riesco a trovare assurdo il fatto che possano esistere? È come se mi sembrasse normale, non capisco...”
Ripensò alla sua ultima visione, di lei e Edward nella radura. I lunghi canini attenti a non ferirla e la sua pelle di ghiaccio le davano i brividi, ma non di paura: di piacere. Era un piacere talmente violento, talmente intenso da fare quasi male e per nessun motivo gli avrebbe permesso di porre distanza tra i loro corpi. Isabella voleva sentirlo sopra, dentro di lei benché sapesse che poteva essere pericoloso...
“Basta, sto decisamente impazzendo! E per cosa, poi? Per delle visioni che non potrò mai provare...”
Spense la luce e si rannicchiò nel letto dopo aver tirato le coperte fino a lasciare scoperta solo la testa. Alla fine riuscì a scivolare tra le braccia di Morfeo e per la prima volta dormì un sonno senza sogni.

Quando il mattino dopo si svegliò, Isabella aveva già chiuso in un cassetto gli avvenimenti del giorno prima e si sentì pronta per affrontare una nuova giornata.
Scelse degli abiti pratici, dei jeans e una t-shirt, e dopo che si fu vestita uscì dalla camera per andare in cucina a preparare qualcosa da mangiare da portare al pic-nic.
Ridacchiò nel sentire Edward russare mentre passava vicino alla sua stanza.
“Allora, cosa potrei preparare? Credo che dei sandwiches e la torta al cioccolato di ieri possano andare bene...”
Quando finì di preparare e mettere nel cestino le cibarie, guardò l'orologio e si accorse che erano già le otto.
“Sarà meglio che vada a svegliarlo, o sarà troppo tardi per uscire.”
Salì piano le scale ed entrò nella stanza del ragazzo, accostandosi poi al suo letto.
-Edward...
Lui mugugnò qualcosa ma non si svegliò.
-Edward, dai...
-Ancora cinque minuti, mamma...-biascicò mentre si girava dall'altro lato.
Isabella sospirò rassegnata.
“E va bene, amore, mi ci hai costretta tu. A mali estremi, estremi rimedi...”
Si sporse leggermente in avanti, verso l'orecchio sinistro del ragazzo, e...
-Edward, svegliati!
Il povero malcapitato sobbalzò e si alzò talmente in fretta da sbattere la testa contro la mensola sopra il letto. Come se non bastasse, inciampò nelle coperte e cadde a terra.
Per la miseria, Isabella, sei forse impazzita?!
La ragazza non riuscì a trattenere le risate nel vedere la sua faccia stralunata mentre risaliva sul letto, il respiro ancora non del tutto calmo.
-Non ci trovo nulla di divertente; mi hai fatto perdere dieci anni di vita, sai?
-Scusami, sono stata costretta.
-Non potevi semplicemente chiamarmi, senza urlare?
-Ci ho provato, ma tu eri in letargo e...
-... hai pensato bene di farmi venire un infarto, vero?
-Che esagerazione, un infarto... dai, non fare il melodrammatico e sbrigati a prepararti, ti aspetto di sotto.
Se ne andò che ancora rideva, lasciando che Edward si rivestisse. Il ragazzo rifece il letto mormorando parole incomprensibili, ancora scocciato per il brusco risveglio e quando ebbe finito raggiunse Isabella in salotto.
Sul tavolino, c'era il cestino da pic-nic.
-Allora, ancora arrabbiato?
-Secondo te? Dai, andiamo...
Montarono in macchina e partirono alla volta di Spring's Hill ma, una volta arrivati a destinazione non si fermarono sulla collinetta dalla quale avevano guardato le stelle e proseguirono verso una radura al cui centro c'era un laghetto con all'interno ninfee fiorite e fiori di loto.
-Edward, è...
-Ti piace?
La ragazza annuì, mentre stendevano un plaid sull'erba per potersi sdraiare; era ancora presto per mangiare.
“Questa radura sembra proprio quella della nostra visione...”
-A cosa stai pensando? Ti vedo così assorta...
-Sto pensando a te, in un certo senso.
Edward aggrottò le sopracciglia.
-Come sarebbe a dire “in un certo senso”?
Isabella esitò. Come parlargli delle sue idee senza farle sembrare delle assurdità?
-Allora?-la esortò, curioso.
-Beh, stavo pensando alla visione che abbiamo avuto nel cimitero e...
-Non è possibile,-la interruppe-non starai ancora ricamando su quella storia del lenzuolo rimasto bianco?!
-Lasciami finire, per favore. Benché anche quello meriti attenzione,-Edward alzò gli occhi al cielo-adesso stavo pensando ad un'altra cosa.
-E cioè?
-E dai, hai visto anche tu! Non puoi negare che c'era qualcosa di decisamente strano. La tua pelle bianca, fretta e dura come il marmo, senza contare gli occhi scarlatti e i canini allungati. Sai cosa vuol dire tutto questo?
-Bella, sei totalmente assurda.
-Quindi tu non pensi ci possa essere qualcosa di vero...
-Bella, guardami: ti sembro forse un vampiro?
-No, ma forse lo sei stato in passato. Magari proprio nel periodo di cui non ti ricordi.
-Ma le senti le assurdità che dici? Sei talmente ossessionata da questa storia da arrivare addirittura a credere ai vampiri e cercare inutili informazioni su internet...
-Te l'ho detto, io non ho cercato proprio nulla. So che ti sembra tutto assurdo, ma c'è qualcosa in tutto questo che non mi quadra.
Sospirò, afflitta, e si sdraiò nuovamente sul plaid con le braccia dietro la nuca e gli occhi chiusi.
-Scusa se sono stato così brusco;-le disse accarezzandole un braccio-non parliamone più, va bene?
Isabella annuì senza aprire gli occhi perciò non vide il lampo di luce maliziosa che era passato in quelli di lui. Sentì solo due braccia forti che la sollevavano da terra e non riuscì a
realizzare nulla finché non sentì la presa su di lei venir meno e l'acqua del lago bagnarla da capo a piedi.
-Edward! Ma sei impazzito?
-Mi sembra di ricordare che dovessi ancora punirti, o sbaglio?
-Razza di... adesso mi prenderò un malanno!
-Addirittura un malanno... adesso tacca a te non fare la melodrammatica. La giornata è così calda che non ti prenderai nemmeno un raffreddore, cosa di cui io direi di approfittare.
Il sorriso malizioso che aveva sule labbra si allargò ancora di più nel vedere la faccia confusa di lei.
-Non vuoi toglierti i vestiti per farli asciugare?
Isabella lo guardò torva.
-Bravo, e che faccio se arriva qualcuno?
-Tranquilla, non accadrà. E poi,-la imitò-potresti prenderti un malanno.
Isabella fece la linguaccia e iniziò a spogliarsi, rimanendo solo con la biancheria intima addosso. Si prepararono a mangiare, incuranti di due occhi che li scrutavano rabbiosi; appartenevano ad un ragazzo molto giovane, di non più di venti anni, interamente nascosto da un lungo mantello.
Strinse i denti nel vedere le mani di lui indugiare sul corpo di lei, quello stesso corpo che da sempre desiderava poter accarezzare ma, poiché sapeva essere un desiderio utopico, decise di andarsene prima di fare qualcosa di troppo avventato.
-Ma che...?
-Che hai, Bella?
La ragazza scosse la testa.
-Niente, credevo di aver sentito un rumore ma mi sarò sbagliata.
Allungò un braccio per controllare se i vestiti erano asciutti, ma Edward le bloccò il polso e la attirò a sé. Iniziò col darle tanti piccoli baci sul collo, per poi scendere su una spalla lasciando scivolare di lato una bretellina del reggiseno.
-Edward, potrebbero vederci...
Il ragazzo aumentò la stretta e per un attimo Isabella u tentata di cedere a quel tocco così delicato ma passionale. Alla fine, però, vinse la prudenza.
-Non qui, Edward.
Si staccò da lui che emise un gemito di protesta mentre la vedeva raccogliere i suoi vestiti e infilarseli.
Rimasero sdraiati l'uno accanto all'altra per tutto il pomeriggio, finché non fu ora di ritornare a casa.
-Questo luogo ha un che di fiabesco, paradisiaco... mi dispiace lasciarlo.
-Coraggio, ci ritorneremo.
Piegarono il plaid e riposero i rifiuti nel cestino, dopodiché salirono sull'auto e tornarono a casa. Quando arrivarono erano le undici passate quindi Isabella posò il cestino in cucina con l'intenzione di mettere in ordine l'indomani e fece per salire in camera sua, ma Edward la trattenne.
-Aspetta, Bella, perché non vieni a dormire nella mia stanza?
Annuì e si lasciò guidare da Edward lungo la rampa di scale che portava alle camere da letto. Quella notte, Isabella dormì tranquilla come ormai non le accadeva da parecchio tempo.

 

Un grazie infinito a chi ha messo la mia storia tra i preferiti e tra i seguiti ^^

Keska: Ho capito quello che vuoi dire, ma non essendo andata a fondo nelle descrizioni, l'altra cosa volevo specificarla in questo capitolo ^^
Yeah: Grazie mille per aver commentato ^^
serve: No, Bella non era più vergine già da tempo e nei prossimi capitoli si scoprirà di più ^^
Confusina_94: Sono felice che la mia fic ti abbia incuriosita. No, Bella non era più vergine già da un po' ^^
lory_lost_in_her_dreams: Grazie mille per i complimenti, sono felice che ti piaccia ^^

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Quando il giorno dopo si svegliò, Isabella era tesa come una corda di violino. Si districò dall'abbraccio di Edward e cercò la sua biancheria sparsa in giro per la stanza per coprirsi alla meglio per tornare nella sua cameretta.
Si diresse verso l'armadio e ne aprì le massicce ante in legno, scrutando all'interno senza sapere cosa indossare.
“Cosa posso mettermi? Accidenti, io non so niente di come ci si debba vestire per fare la segretaria...”
Sbuffò e guardò l'orologio. Erano ancora le sette e mezza, quindi decise di andare a farsi una doccia per sciogliere i nervi. Il getto bollente dell'acqua le rilassò i muscoli della schiena e quando uscì si sentì pervasa da un nuovo senso di ottimismo.
Asciugò velocemente i capelli, dopodiché tornò in camera e, dopo qualche attimo di indecisione optò per dei pantaloni neri e un'elegante maglietta bianca. Dopo un un ultimo sguardo allo specchio uscì dalla camera e quando arrivò in cucina vide che Edward aveva già preparato la colazione.
-Buongiorno, amore, sei già sveglio?-gli chiese mentre rideva sotto i baffi.
-Si, sai com'è...-disse sarcasticamente-non volevo rischiare un secondo infarto e ci tenevo a conservare integro il mio timpano sinistro.
-Ancora?! Non mi sembra di essere rimasta “impunita”, o sbaglio?
Edward sorrise.
-Già, forse hai ragione... dopotutto vale la pena di rischiare qualsiasi cosa per poterti vedere in quel modo.
-Maniaco...
Si guardarono in faccia e proruppero entrambi in una risata argentina che ancora durava quando uscirono di casa.
-A che ora devo passare a prenderti?-gli chiese quando arrivarono.
-Verso le cinque, io esco a quell'ora... beh, adesso è meglio che vada.
-Ciao, Isabella.
La ragazza si girò e gli diede un bacio per rassicurarlo. Sapeva, infatti, che quando usava il suo nome intero era perché qualcosa non andava ed era preoccupato.
-Ciao, Edward, ci vediamo oggi pomeriggio.
Scese dall'auto e si diresse per la seconda volta verso il grande palazzo di vetro. Prese l'ascensore e quando arrivò davanti alla porta dello studio, fece un respiro profondo prima di bussare.
-Avanti!
Spinse la porta ed entrò, trovando un Cullen molto indaffarato che stava cercando qualcosa sotto la scrivania della sua segretaria.
-Dottore, cosa fa?
L'uomo si alzò troppo in fretta, ottenendo solo il risultato di dare una colossale craniata alla scrivania.
-Ahi, che male... oh, ciao Isabella.
-Buongiorno, mi scusi se l'ho spaventata.
-Figurati, nessun problema. Mi era caduta una lente a contatto e la stavo cercando...
La ragazza lo guardò e notò subito qualcosa di strano.
-Perché porta delle lenti a contatto rosse?
James sgranò gli occhi ma, prima che potesse parlare, lei si affrettò a scusarsi per la sua curiosità.
-Figurati... comunque, tornando a noi, adesso ti spiego in cosa consisterà il tuo lavoro. Devi registrare sul computer tutti gli appuntamenti che ci sono scritti sull'agendina ma non devi accettarne di nuovi perché tra tre settimane chiudiamo. Chiaro?
-Si, certo. E con le telefonate come devo fare?
-Se non sono fuori o in riunione devi passarmele, e per farlo basta che premi il tasto rosso accanto al numero nove; dopo devi posare la cornetta.
-Va bene, tutto chiaro.
La ragazza accese il computer e si sedette sulla comoda sedia in pelle. Dopo un attimo squillò il telefono.
-Ufficio del dottor Cullen, buongiorno.
-Ciao bimba, mi passeresti mio fratello?
Isabella riconobbe la voce e storse il naso nel sentire come l'aveva chiamata.
-Si, glielo passo subito...
Pigiò il tasto rosso e posò la cornetta, mentre un brivido le attraversava la schiena. Quell'uomo era talmente sinistro che era difficile credere che lui e James fossero fratelli.
“Chissà come fa la signorina Harrocks a lavorarci insieme...”
Si riscosse dai suoi pensieri e riprese a registrare gli appuntamenti nel computer quando, poco dopo, vide il dottore schizzare letteralmente fuori dal suo ufficio.
-Sta uscendo, dottore?
-Si, e temo che ne avrò per un po'.
-Ma qui leggo che fra un'ora ha un appuntamento con una certa signora Lancaster per una seduta.
-Lo so, ma questo non posso proprio rimandarlo. Telefona alla signora Lancaster e disdici l'appuntamento. Vedi se c'è qualche buco più tardi e scusati da parte mia. Tornerò appena possibile...
Uscì sbattendo la porta, lasciando Isabella alquanto perplessa.
“Che gli sarà preso? Sembrava l'avesse morso una tarantola...”
Si alzò dalla sedia per andare a prendere la bottiglietta d'acqua che aveva nella borsa. Purtroppo, nel portarsela alle labbra la schiacciò con troppa forze e si bagnò tutta la maglia rendendola trasparente.
-Accidenti...
Si diresse in bagno per togliersela e la mise sul davanzale dopo aver aperto la finestra. Con quel bel sole estivo non ci avrebbe messo tanto ad asciugare.
Non si diede pena all'idea di rimanere in reggiseno mentre lavorava, tanto il dottore non sarebbe tornato tanto presto e lei non si aspettava di vedere nessuno.
Quando, però, uscì dal bagno e si trovò davanti un ragazzo biondissimo rimase per un attimo paralizzata prima di arrossire e girargli le spalle.
-R-Ryan, cosa ci fai qui?
-Scusami, ho bussato ma non sentivi...
-Ero in bagno, ma tu perché sei qui?
-Mio padre non ti ha detto che lavoreremo insieme?
-Tuo padre?
-Si, sono il figlio del dottor Cullen.
-No, non me lo ha detto.
Abitale avrebbe voluto girarsi ma si vergognava troppo. Perché accidenti non aveva preso un'altra maglia quel mattino?
-Tieni...
-Ma cosa...?
-Puoi coprirti con questo, se vuoi.
Ryan le aveva poggiato sulle spalle il suo gilet affinché potesse coprirsi. Lo indossò, tirò su la lampo e si girò per ringraziarlo, chiedendosi come avesse fatto a non accorgersi subito delle somiglianze tra Ryan e James. Avevano gli stessi capelli color del grano e i medesimi occhi nerissimi, al punto di non riuscire a scorgere la pupilla.
-Grazie.
-Di niente, e scusami ancora.
-Figurati, non potevi saperlo.
Superato il momento di imbarazzo, si avvicinarono alla scrivania e Ryan fece gentilmente accomodare Isabella che arrossì appena.
-Grazie, che cavaliere...
-Non ringraziatemi, madamigella.
Risero insieme delle loro battute.
-Isabella, adesso che sono qui vorrei approfittarne per scusarmi.
-Per cosa?
-Per averti messa nei guai col tuo ragazzo; avevo telefonato solo per sapere come stavi, dato che non ci siamo più visti.
-Figurati, è tutto a posto... ti sarei grata, però, se mi dicessi come ci siamo conosciuti.
-Davvero non te lo ricordi?
La ragazza scosse la testa.
-Beh, ci siamo conosciuti un anno e mezzo fa. Ci ha presentati un... amico comune.
Le ultime parole le pronunciò a denti stretti ne ricordare quel momento, quando lui gliela aveva presentata, preludio di una serie di eventi che nessuno avrebbe potuto immaginare. E pensare che quel ragazzo era stato il suo migliore amico...
Isabella, dal canto suo avrebbe voluto chiedergli di più ma non le era sfuggito il tono con cui aveva parlato di questo fantomatico amico e aveva preferito non insistere. Glielo avrebbe chiesto in un secondo momento.
“Chissà se la maglietta si è asciugata...”
Si alzò dalla sedia e andò in bagno a controllare; fortunatamente la poteva indossare di nuovo, così quando tornò alla scrivania poté restituire il gilet al ragazzo.
-Grazie per avermelo prestato, Ryan.
Rispose distrattamente mentre cercava di non fissare di nuovo le sue morbide rotondità, stavolta coperte solo dal leggero cotone della maglietta. Per fortuna, o purtroppo, lei non se ne accorse perché gli rivolse un'altra domanda che forse le avrebbe potuto chiarire una cosa per lei molto importante.
-Ryan, in che rapporti eravamo prima che io cadessi in coma?
-Eravamo amici.
Lei corrucciò la fronte.
Allora perché non sei mai venuto a trovarmi?
-Ma io sono venuto a trovarti, un paio di volte.-purtroppo poteva riferirle solo una mezza verità.
-Strano, i medici hanno detto di aver visto solo Edward durante l'arco di tutto l'anno.
Lui cercò di reprimere la rabbia sorda che minacciava di assalirlo ogni qualvolta sentiva il nome di Edward.
-Mi hanno detto che eri stata trasferita, ma non hanno voluto dirmi dove e così non ti ho più trovata.
-Beh, ti hanno mentito.-borbottò lei.
“No, non sono io che le ho mentito...”
La guardò mentre batteva al computer, desiderando di poterle rivelare quanto sapeva ma non poteva permetterselo.
“Se glielo dicessi non mi crederebbe, d'altronde potrei forse biasimarla? L'unico modo per metterla al corrente di tutto è ricordare, in modo che possa mettersi in salvo. Devo fare in fretta...”
Sospirò pesantemente, appoggiandosi allo schienale della sedia.
-Cos'hai?
-Niente, non volevo farti arrabbiare.
-Ryan, non sono arrabbiata con te, come potrei esserlo? Cerca di capire, è frustrante non ricordare nulla del proprio passato se non tramite qualche visione confusa e...
-Aspetta, aspetta! Che tipo di visioni?
-Cose senza senso; ho visto te, ma nella maggior parte delle visioni-arrossì-c'eravamo Edward ed io.
Ryan preferì non indagare avendo notato le guance imporporate di lei.
-Vedrai, tra non molto tempo ricorderai tutto. Spero solo che per allora potremo tornare amici.
Fece un sorriso dolce e al contempo amaro che le fece venire una stretta al cuore, ma non lo diede a vedere e sorrise a sua volta.
-Certo che torneremo amici, non dubitare di questo. Devi solo dare alla mia memoria un altro po' di tempo.
-Tutto quello che vuoi, se nel frattempo Edward non mi avrà fatto a pezzi...
-Oh, non ti preoccupare-gli fece l'occhiolino-ci penserò io a fargli passare la gelosia. In fondo non facciamo niente di male, no?
-Giusto, brava ragazza!-le portò una mano ai capelli per scompigliarli ma lei gli bloccò la mano, sentendola freddissima.
-Ehi, ma sei gelato.
-Nah, è la mia normale temperatura...
Mentre le mani scioglievano la loro presa, lui cercò di ignorare la scarica elettrica che lo aveva pervaso al leggero tocco della ragazza. Lei, che non si era accorta di niente, ripensò a quanto Ryan aveva detto poco prima.
Se loro erano stati solo amici e si erano conosciuti un anno e mezzo prima, quando lo aveva conosciuto questo fantomatico amico comune? E soprattutto, quanto importante era stato per lei? Doveva assolutamente saperne di più.
-Allora, Ryan, che ne dici di raccontarmi qualcosa della persona che ci ha presentati?
Il ragazzo si rabbuiò.
-Perché?
-Così... più spunti ho e più facile sarà per me ricordare il passato.
“Poverina, se solo sapessi i rischi che corri... la verità è più vicina di quanto pensi, ma se te la dicessi moriremmo entrambi. Devi ricordare da sola, piano piano e allora potrai metterti in salvo lontano da lui e per quanto mi dolga dirlo anche da me.”
-Ryan...?-lo chiamò, vedendo che non parlava.
-Non è una buona idea.
-Perché?
Il ragazzo scosse la testa. Perché mai doveva essere così cocciuta?
-Perché no, e basta. Ti prego di fidarti di me, ci sono delle cose che non posso dirti e che è meglio tu non le sappia.
-Quali cose? Cosa sai di preciso?
Avendo capito che si era lasciato scappare una frase di troppo, eluse la domanda dicendo che era tardi e che dovevano lavorare. Isabella aprì la bocca per ribattere ma non poté dire nulla poiché la porta si aprì, segno che James era ritornato.
-Oh, Ryan, sei già qui.
-Sono arrivato da un paio d'ore.
-Allora deve essere stato poco dopo che sono uscito... scusa, Isabella, mi sono dimenticato di dirti che ti avrei affiancato Ryan per lavorare.
Il ragazzo intanto lottava per reprimere la rabbia.
-Non fa niente, dottore.
-Bene, allora io vado. Se avete bisogno di me sono nello studio.
Li lasciò soli, ma prima di chiudere l'enorme porta di legno, lanciò a Ryan uno sguardo che non prometteva niente di buono, come se volesse avvertirlo di qualcosa. Cosa lo innervosiva a quel modo?
Isabella rivolse lo sguardo dalla porta all'orologio e si accorse che era già mezzogiorno.
-Accidenti, è già ora di pranzo.
-Ehi, che ne dici di andare a mangiare qualcosa insieme?
-Uhm, perché no...? Dai, andiamo!
Ryan, come aveva fatto prima, tirò indietro la sedia per aiutarla ad alzarsi. Lei lo ringraziò di nuovo per quelle piccole premure che la imbarazzavano e la lusingavano allo stesso tempo.
Per pranzare decisero di andare nel bar sotto l'ufficio dove servivano anche degli ottimi panini. Lui ordinò una bistecca al sangue molto poco cotta e lei un panino con pomodoro e mozzarella, quindi si sedettero ad un tavolino in attesa che qualcuno portasse loro le pietanze che avevano ordinato.
-Isabella, mi dici perché volevi sapere a tutti i costi della persona che ci ha presentati?
-Beh, così... tanto per sapere.-abbassò lo sguardo, sentendosi avvampare.
-Ehi, ma sei arrossita.
-N-non è vero, io...
Non sapeva cosa dire ma per fortuna arrivò una cameriera con le ordinazioni e la tolse d'impiccio.
Mentre mangiavano, Ryan la guardava di sottecchi cercando invano di capire il perché della sua reazione.
-Isabella, lo prendi il caffè?-le chiese non appena finirono di mangiare.
-No, va bene così. Tu?
-Anch'io. Allora possiamo tornare in ufficio?
-Si, però prima andiamo a pagare.
Una volta fuori dal bar, però, non risalirono subito ma decisero di fare una passeggiata lungo la via principale. Camminarono fianco a fianco guardando le vetrine, mentre lei pensava a come la sua opinione su Ryan fosse cambiata così velocemente. Se prima di
conoscerlo la metteva a disagio, ora le sembrava di conoscerlo da sempre.
Ad un tratto, si girò per osservare un'altra vetrina e vide una donna dall'aspetto familiare. Si avvicinò per salutarla e questa le sorrise, ma quando posò lo sguardo su Ryan strabuzzò gli occhi e girò i tacchi.
-Isabella, conoscevi quella donna?
-Credo di si... non capisco perché se ne sia andata così.
-Dai, non pensarci. Torniamo in ufficio.
-Allora, Ryan,-esordì Isabella non appena furono di nuovo seduti sulle loro sedie-ti andrebbe di raccontarmi qualcosa di te? In fondo è come se non ti conoscessi.
Rispose con un'alzata di spalle.
-Non c'è molto da dire. Per un certo periodo della mia vita ho lavorato come cameriere, forse te lo ricordi, e poi ho -storse il naso- accettato l'offerta di mio padre che mi aveva chiesto di lavorare con lui.
-Si, mi ricordo di te in quel ristorante. Edward ha digrignato i denti per tutta la sera perché mi avevi guardata.
-Non riuscivo a credere che fossi davvero tu... comunque, stavate già insieme?
-No,-rispose con un mezzo sorriso-ci siamo messi insieme il giorno dopo.
-Sembri molto... legata a lui.-constatò con occhi tristi.
Lei annuì, lo sguardo fisso sullo schermo del computer mentre scriveva.
-Oltre ad un amore profondo e speciale, ci lega il fatto di avere molto in comune. Anche lui ha perso la memoria, ma a differenza di me lui non ricorda la fascia di vita che va dai diciassette ai venticinque anni.
“Come se non lo sapessi...”
Lavorarono in silenzio fino alle cinque, ora di uscita per Isabella.
-Credo sia ora di andare.
Ryan cercò di dissimulare la sua delusione con un sorriso. Com'era passata velocemente quella giornata...
-Va bene, ci vediamo domani.
-Tu non vieni?
-No, devo... finire una cosa.
-Allora, ciao.
-Ciao.
Quando arrivò nel parcheggio vide che c'era già Edward pronto ad aspettarla.
-Allora, com'è andato il primo giorno di lavoro?
Isabella storse leggermente il naso.
-Diciamo... bene.-aggiunse goffamente.
-Com'è il tuo capo?
-È una brava persona, anche se molto strano. Pensa che indossa delle lenti a contatto rosse.
-Che ci vuoi fare, ognuno ha le sue stranezze...
La ragazza si sentiva in colpa per avergli mentito ma sapeva che non c'era altra soluzione.
“Non posso dirgli di Ryan, andrebbe su tutte le furie.”
Quando arrivarono e Edward ebbe parcheggiato la macchina, bendò la ragazza.
-Ma che...?
-Stai calma, ti fidi di me?
-Si.
-Allora fai la brava, dai.
Le pose le mani sui fianchi e la guidò dentro casa, nel salotto, quindi la sbendò.
Isabella rimase a bocca aperta nel vedere il tavolo coperto da una tovaglia rossa, con due candele dello stesso colore a decorarla. Al centro del tavolo c'era un vaso con dentro due rose scarlatte.
-Edward... perché?
-È il nostro primo mese insieme.-rispose con semplicità.
Si batté una mano sulla fronte. Come aveva potuto dimenticarlo?
-Edward, scusami, io...
-Dai, non preoccuparti. Adesso stai ferma qui mentre finisco di cucinare.
Edward entrò in cucina e Isabella accese la televisione per vedere il telegiornale ma la notizia che sentì le fece gelare il sangue nelle vene.

Un'altra figura misteriosa è stata avvistata nella città di Willdenlow. Il testimone è sotto shock dopo aver visto la creatura uccidere la sua vittima che presenta due profondi fori ravvicinati sul collo.
La particolarità che accomuna questo delitto a quello dei Foster è la totale assenza di sangue sulla sena del crimine...

Isabella roteò gli occhi all'indietro e il buio si impadronì di lei.

lory_lost_in_her_dreams: Grazie mille dei complimenti, sono lusingata e molto felice che ti piaccia >///<
Keska: Ho 18 anni, perché? ^__^
serve: >///< sono contenta che ti piaccia
Lilith90: Con calma, gli intrighi verranno fuori più avanti... ^__^
eka: Grazie, sei troppo gentile... spero continuerai a recensire ^__^

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


-Bella, sei pronta? Vedrai che manicaretti ho preparato...
Edward entrò in salotto e posò i piatti sul tavolo, ancora chiamando la ragazza che però non rispondeva. Si preoccupò per il suo silenzio e alzò la testa ma sbiancò all'istante nel vedere la sua ragazza riversa sul divano e priva di sensi.
-Isabella, amore, rispondi!
Era nel panico più totale, non sapeva cosa fare. Le scosse le spalle, dapprima gentilmente ma viva via sempre più forte avendo notato che non si svegliava.
Smise solo quando vide i suoi occhi aprirsi, un po' tremolanti. Le baciò tutto il viso prima che lei serrasse le braccia intorno al suo collo.
-Bella, non farlo mai più, capito? Mi sono preso uno spavento del diavolo...
La ragazza iniziò a singhiozzare.
-La mia famiglia, Edward, la mia famiglia...
-Cosa vuoi dire?
-Sono morti, sono stati uccisi da... qualcosa.
Il ragazzo sciolse l'abbraccio per guardarla meglio, preoccupato.
-Ne sei sicura?
-Si,-disse asciugandosi gli occhi-l'ha detto adesso una giornalista. Il cadavere che hanno ritrovato, come gli Swan, aveva due buchi sul collo e...
-Hanno detto anche i nomi delle vittime?
-Si, mi pare che la giornalista li abbia chiamati Charlie e Renée. Perché?
Edward ignorò la domanda.
-Tu non ricordi ancora i nomi dei tuoi genitori, vero?
-Si, ma dove vuoi arrivare?
-Ascoltami: non abbiamo nessuna certezza che gli Swan nominati dalla giornalista siano i tuoi genitori, non finché non sapremo i loro nomi. Non abbatterti, sicuramente sono vivi e stanno bene.
-Resta il fatto che non ho idea di dove siano. Di sicuro non vivono qui, altrimenti li avrei visti o mi avrebbero vista. Perché se ne sono andati dalla città? Non so neppure se mi hanno cercata...
-Sono certo che hanno fatto tutto il possibile per cercarti e appena il troveremo glielo chiederai tu stessa.
-Hai ragione...
-Cara, io ho sempre ragione. Ora ti va di sederti a tavola?
-Si, spero solo di non aver rovinato l'atmosfera magica...
-Sfortunatamente si,-si interruppe vedendo l'espressione di lei-ma si può facilmente rimediare. Basta sedersi a tavola e iniziare da capo la nostra serata.
La cena che aveva preparato Edward consisteva in riso al curry e petali di rosa e pollo alle mandorle.
-Edward, sei un cuoco fantastico.
-Sono contento che ti piaccia,-disse il ragazzo ridacchiando-ma non è ancora finita.
-In che senso?
-Abbi pazienza, mia cara. Tra poco vedrai...
Mise i piatti in lavastoviglie e guidò la ragazza davanti alla porta chiusa della propria camera.
Isabella premette la mano sulla maniglia e la prima cosa che sentì fu un intenso profumo di rosa; il pavimento, come il letto, era cosparso di petali rossi.
-Edward...
-Vieni...-le sussurrò sensualmente all'orecchio.
Isabella si girò verso di lui e annuì, inerme, lasciandosi prendere per mano e condurre in bagno. Questo era ornato da candele colorate e profumato con oli essenziali, la vasca era stata riempita con dell'acqua tiepida e petali di rosa.
-Ho pensato che un bagno romantico era una buona idea per concludere la serata.
-Concordo, davvero un'ottima idea...-rispose lei, sorridendo sorniona mentre si staccava dall'abbraccio di Edward indietreggiando.
Iniziò a slacciare lentamente e molto sensualmente la camicetta, scoprendo piano piano il pizzo rosa del reggiseno. Non tolse subito l'indumento ma portò le mani alla zip dei suoi pantaloni. Intanto, gli occhi di Edward non l'avevano abbandonata un solo attimo.
Quando lei rimase con solo la biancheria, le si avvicinò e iniziò a darle tanti piccoli ma eccitanti baci sul collo finché non si accorse di un particolare mai notato prima.
-Bella, questa cicatrice...
Baciò quei due puntini ravvicinati mentre lei reclinava il capo all'indietro.
-Non ricordo come me la sono procurata...
-No, volevo dire che mi è familiare.
-Lascia perdere, adesso. Non stavamo facendo qualcosa di più interessante?-si avvicinò alle sue labbra mentre con le mani iniziava a sbottonargli la camicia.
-Già, qualcosa di molto più interessante...
Edward serrò le mani su fianchi di Isabella mentre lei gli sfilava i jeans. Quanto furono entrambi con solo la biancheria addosso, lui le carezzò piano i seni prima di togliere l'indumento che li ricopriva e una volta eliminata ogni barriera si immersero nell'acqua calda e profumata.
L'aria era piena dei gemiti del loro amore e mentre Edward la infiammava di passione, lei si vergognò a morte di aver dubitato di lui la prima volta che lo aveva visto. Poco più tardi, però, inizio a fidarsi del ragazzo avvertendo man mano sempre di più la sensazione di conoscerlo da sempre. Si sentiva molto legata a lui, come se le fosse sempre mancato.
All'improvviso, cancellò ogni pensiero che non fosse i due corpi a contatto e Edward dentro di lei e si lasciò guidare da lui verso il Paradiso.

Più tardi, nel letto che era diventato la loro alcova, Edward stringeva tra le braccia il corpo caldo e ancora nudo di Isabella e la guardava. Osservava la cicatrice sul collo della ragazza, non capendo perché gli fosse così familiare. Poi, ad un tratto, ricordò.
“Uff, ora ricordo. Ne parlava quell'assurdo articolo sui vampiri che ho letto su internet. Ma tu guarda che strana coincidenza...”
Sentendo che il sonno cominciava ad impadronirsi di lui, cercò di sistemarsi meglio senza svegliare Isabella che già dormiva. Scivolò tra le braccia di Morfeo senza immaginare quanto vicino alla realtà fosse...

***
-Allora, ragazzo, stai facendo il tuo dovere?
-Certamente... capo.-pronunciò l'ultima parola con evidente fatica, digrignando i denti.
-Bene, vedo che cominci a capire qual è l'atteggiamento adatto da tenere nei miei confronti.
Cerca di non sgarrare, altrimenti...
-Mi pare di aver detto che seguirò il tuo maledetto piano, o sbaglio? Sei un essere dannatamente gretto e meschino, non fai altro che rigirare il coltello nella piaga... ora se non ti dispiace, avrei da fare. Ho degli ordini da rispettare.
Il ragazzo, dopo aver espresso il proprio odio nei confronti dell'uomo che gli stava davanti, uscì sbattendo la porta.
“Guarda che impudenza innata e che determinazione. Sarebbe un vampiro perfetto se non si fosse invaghito di quella stupida umana... non mi fido di lui.”
-Alec, vieni qui.
Un ragazzo dai lunghi capelli neri e pallido come la morte si materializzò davanti all'incappucciato.
-Comandi, signore.
-Seguilo e riferiscimi ogni sua mossa. Se quella mocciosa dovesse ricordare...
-Vado e torno, capo.
***
-Bella, sei sveglia?
La ragazza si stiracchiò tra le lenzuola e si girò, trovandosi ad un millimetro di distanza dal viso di Edward.
-Buongiorno...
Lo sguardo di lui era basso e malizioso e quando lei si accorse del motivo di tale deviazione avvampò. Il lenzuolo era scivolato fino a scoprire un seno candido e perfettamente rotondeggiante che Edward si chinò a baciare con bramosia.
-Edward...-sospirò lei mentre lui le abbassava il lenzuolo per scoprire anche l'altro seno.
-Si?
-Sarà meglio rimandare a stasera, o rischiamo di non alzarci più da questo letto.
-Per quanto mi dolga dirlo, hai ragione. Anzi, perché non inizi a vestirti?
La guardò ammiccando.
-Sei un maniaco...
-Io?! Cosa ho fatto di male? Sono semplicemente un ragazzo innamorato e...
-... dannatamente pervertito. Forza, girati o rischiamo di cadere di nuovo in tentazione.
Mentre il ragazzo usciva a malincuore dalla stanza, Isabella si infilò della biancheria pulita poiché quella del giorno prima, insieme ai vestiti di entrambi, era rimasta in bagno.
“Che disordine... adesso raccolgo i vestiti, ma quando torno bisognerà che metto tutto in ordine.”
Mise i vestiti nel cesto della biancheria sporca e, dopo essersi lavata la faccia, scese in cucina.
-Senti, Bella, ti andrebbe di tornare a Spring's Hill a vedere le stelle?
-Quando?
-Stasera, dopo cena.
-Certo che mi va.-annuì felice mentre salivano in macchina-È stato il luogo del nostro primo bacio...
-No, quello non è stato il primo. Ricordi che ti avevo già baciata io?
-Si, ma non è stato un vero bacio. Era nato così, per caso, mentre il secondo ci ha coinvolti di più.
-E come dimenticarlo?
Isabella arrivò al lavoro prima del solito perciò decise di andare a bere un caffè.
Una volta nel bar, scorse una donna seduta ad un tavolino intenta a bere un cappuccino e a leggere il giornale.
-Signorina Harrocks, buongiorno.
-Oh, ciao Isabella. Come stai?
-Benissimo, grazie.
-Non stare in piedi, siediti qui con me. Come va la tua storia con Edward?
-Bene, per certi versi...
La donna aggrottò le sopracciglia.
-Cosa intendi dire, cara?
-Niente, solo che sono stufa di non ricordare. Ho paura...
-E di cosa, figlia mia?
Isabella esitò, indecisa se parlare o meno. Chissà se l'infermiera le avrebbe creduto...
-Ecco, continuo a fare sogni strani e a vedere cose senza senso.
-Hai delle visioni?
Non sembrava particolarmente stupita, solamente turbata.
-Si, potrebbero essere scambiate per delle immagini di vita passata, se non fossero tanto assurde. Una in particolare...
Si morse il labbro, aspettando una sua reazione che si curò educatamente di non mostrare.
-Vai pure avanti, cara. Ti ascolto.
-Vuol dire che mi crede? Non pensa che io sia pazza?
-Non posso negare che la faccenda sia un po' bizzarra, ma la vita insegna che non si giudica una persona prima averla conosciuta e a volte anche quando ci si conosce da tanto tempo scopri che l'altra persona è totalmente diversa da come la immaginavi.-sospirò, come se dietro quelle parole ci fosse una verità che Isabella non poteva capire-Comunque, mi stavi dicendo che una delle visioni che hai avuto ti è sembrata più assurda di tutte. Perché?
-Già il fatto di averla avuta può definirsi assurdo, ma a turbarmi di più sono state le caratteristiche di Edward e il luogo dove ci trovavamo. Inoltre l'ho avuta dopo che noi... si, insomma, dopo che abbiamo...
-Ho capito. Qual è il problema?
-Il lenzuolo, dopo la prima volta è rimasto bianco. Lui dice che non ha importanza ma non ricordare una cosa come questa mi turba parecchio. Vedere, inoltre, noi due che lo facevamo in quella radura non contribuisce certo a chiarirmi le idee. Lui era così... così...
-Così come?
-Così dannatamente bello da non sembrare nemmeno reale. Voglio dire, pelle diafana e dura come il marmo, occhi scarlatti e canini appuntiti non sono certo caratteristiche umane.
La donna ebbe un sussulto appena percettibile, sembrava spaventata.
-Io... non posso dirti nulla, mi dispiace. Non ho di queste informazioni...
Isabella rimase un attimo a bocca aperta, senza dire niente davanti all'espressione improvvisamente evasiva della donna.
“Perché non può dirmi nulla? Cosa sa? Qui sembra che tutti mi stiano nascondendo qualcosa...”
All'improvviso, un flashback si fece largo nella mente della ragazza e la portò a lasciar momentaneamente cadere il loro argomento di discussione.
-Signorina...
-Chiamami Deborah, mi fai sentire vecchia.
-Va bene... Deborah. Perché ieri è fuggita quando mi ha vista con Ryan?
Il sorriso della donna si incrinò.
-Non ti ho riconosciuta.
“Non è vero... perché mente?”
Isabella avrebbe voluto esternare la sua domanda ma con uno sguardo all'orologio capì che era tardi. Salutò la donna e andò a pagare il caffè, quindi uscì dal bar per dirigersi in ufficio.
Quando entrò e vide Ryan seduto alla scrivania non poté impedirsi di pensare che dopotutto fosse un ragazzo molto affascinante.
-Ciao Ryan, sei arrivato prima oggi?
Il ragazzo sollevò lo sguardo dal computer e le sorrise.
-Ciao, Isabella. Ieri non sono arrivato prima perché avevo... altri impegni.
-Perché non mi chiami Bella?
Sorrise.
-Davvero posso? L'ultima volta sembrava ti desse fastidio.
-Non ti conoscevo, e non mi andava che uno sconosciuto usasse un soprannome con cui solo Edward può chiamarmi.
-Già... Edward.-Ryan divenne improvvisamente pensieroso-Gli hai detto che lavoriamo insieme?
-Ehm, veramente no. Non mi sembrava il caso di dirglielo ieri.
-Perché?
-Beh, semplicemente non volevo farlo infuriare il giorno del nostro primo mese insieme.
Il ragazzo represse la rabbia con un'altra domanda.
-Hai cominciato a ricordare qualcosa?
-No, purtroppo...-da felice che era, divenne afflitta corrucciando la bocca in una smorfia che Ryan trovò irresistibile e non resistette all'impulso di abbracciarla.
Subito si rimproverò, temendo di essere stato troppo avventato ma poiché vide che la ragazza non protestava decise di osare di più.
Interruppe delicatamente l'abbraccio ma non si staccò completamente da lei. Con una mano le accarezzò il viso, avvicinandosi lentamente per darle il tempo di ritrarsi se avesse voluto.
Dal canto suo, Isabella era rimasta totalmente interdetta. Non riusciva a muovere un muscolo, a respirare, mentre i suoi occhi erano inchiodati in quelli magnetici di Ryan.
All'improvviso, non riuscendo più a sostenere il suo sguardo, chiuse gli occhi proprio mentre le labbra si sfioravano in un timido bacio.
Isabella sapeva di non dover rispondere ma non poté impedirsi di schiudere le labbra. Ryan approfittò subito di quella resa inaspettata e le sfiorò il labbro inferiore con la lingua prima di portarla ad incontrare quella di lei in una danza proibita mentre le mani si intrecciavano ai suoi capelli biondi.
Mentre le labbra si cercavano con bramosia in un bacio ormai infuocato, Ryan si lasciò prendere dalla foga del momento e lasciò scivolare una mano sotto la canotta della ragazza che si ritrasse non per il contatto delle dita di lui sulla sua pelle nuda, ma per mancanza di ossigeno.
Rimasero a guardarsi per un po', Ryan rimproverandosi per l'ennesima volta e Isabella chiedendosi cosa le stesse succedendo.
“Oddio, cosa ho fatto? Perché non mi sono spostata? Edward...”
Fu lui ad interrompere l'imbarazzante silenzio che era calato tra loro.
-Bella, scusami. Io... non so cosa mi sia preso, ma scusami.
Sembrava talmente mortificato che non sarebbe riuscita ad arrabbiarsi con lui neanche se
avesse voluto.
-Non preoccuparti, in fondo è anche colpa mia. Non dovevo rispondere al tuo bacio...
Rendendosi poi conto che erano ancora abbracciati, Ryan decise di togliere le mani dalla sua vita o non si sarebbe controllato ancora a lungo.
-Ryan, non ti sei offeso, vero?
-Io? Non ne vedo il motivo... semmai, credevo ti fossi offesa tu.
-Ti ho detto che è tutto a posto, tranquillo.
-Allora siamo ancora amici?
-Certo che sì!-rispose, celando il suo senso di colpa.
-Bene, allora che ne dici di andare a mangiare qualcosa? È ora di pranzo...
-D'accordo, andiamo.
Nonostante entrambi facessero di tutto per sembrare disinvolti, l'imbarazzo nell'aria era tangibile. Isabella si sentiva bruciare le labbra nel ripensare a quel lieve ma passionale contatto ma cercò di non dare a vedere quanto in realtà fosse turbata.
“Perché diavolo mi sono lasciata baciare?”-pensò mentre sorseggiava la sua coca- “Non solo non mi sono spostata ma mi è anche piaciuto. Adesso mi sento così in colpa... non succederà più, non deve succedere.”
-Ryan...
-Isabella...
Lei arrossì lievemente nel sentire i loro nomi detti contemporaneamente, ma lo esortò a parlare.
-D'accordo... volevo scusarmi ancora per quel bacio.
-Ti ho già detto di non preoccuparti, Ryan.
-È che ho notato ancora un certo imbarazzo e...
-Ma no, io...
-Ti prego, non interrompermi. So che quello che dirò aumenterà il tuo imbarazzo, ma se ti ho baciata c'è un motivo. Bella, io ero e sono innamorato di te.
La guardò, in attesa di una reazione. Isabella non aveva la forza per fare o dire nulla, quella confessione le aveva fatto morire in gola ogni parola pensata poco prima.
-Tu... non puoi amarmi, non...
-Perché?
-Io sono fidanzata, lo sai.
-Non mi sembra che te ne sia curata, poco fa.
Lo disse con un tono duro che colpì Isabella.
-Ryan...
Il ragazzo cercò di ignorare il fremito provocatogli dal suono del suo nome detto da Isabella.
-Senti, lascia stare. Dimentica quello che ho detto, ok?
Non le diede il tempo materiale di replicare perché si alzò di scatto, pronto a tornare in ufficio.
Cercò di parlargli, non capendo perché si fosse offeso a quel modo, ma lui la ignorò bellamente per tutto il pomeriggio.
-Ryan, io vado...
Il ragazzo fece un grugnito e un cenno del capo, un ben misero saluto.
Isabella uscì dall'ufficio, amareggiata, dirigendosi al parcheggio dove sapeva avrebbe trovato Edward. Infatti, aveva parcheggiato l'auto al solito posto e la aspettava appoggiato a
questa con un sorriso che pareva tirato.
I capelli spettinati, però, e la camicia nera leggermente aperta sul petto gli conferivano un'aria da bello e dannato che toglieva il respiro.
“Il mio bellissimo Edward... ovvio che non posso amare Ryan se sono già fidanzata.”
-Ehi, amore, che hai? Sembri stravolta...
-Non è niente, sono solo un po' stanca.-gli disse mentre saliva in macchina.
In realtà sentiva un incredibile senso di colpa, sia per il bacio sia per il suo sentirsi così risentita dal freddo atteggiamento di Ryan. Sapere che lui l'amava l'aveva come divisa.
“Forse avrei dovuto accorgermene da quando ha telefonato a casa. E poi, quegli sguardi, quegli occhi...”
Isabella fece forza su sé stessa per distrarsi da quei pensieri e, una volta riuscita nel suo intento, si accorse che Edward era stranamente silenzioso.
-Edward, c'è qualche problema?
-N-no, tranquilla.-parlò senza distogliere lo sguardo dalla strada, ma lei notò lo stesso la sua espressione inquieta.
Restò in silenzio per tutto il resto del viaggio e quando arrivarono a casa lui la invitò a sedersi un attimo sul divano.
-Bella, tu sai quanto ti amo...
-Si, certo che lo so. Anch'io ti amo, ma che succede?
Aveva parlato con un tono talmente grave che per un attimo temette avesse scoperto del bacio, ma non si scompose ricordando che Edward non sapeva nemmeno che Ryan lavorasse con lei.
“Dopotutto non si tratta di un vero tradimento, no?”
Cercò di scacciare l'ormai onnipresente senso di colpa mentre sentiva il ragazzo sospirare.
-Devo partire, Bella.
-Cosa? Quando?
-Domani mattina. Scusami, amore, l'ho saputo solo un paio d'ore prima di venirti a prendere.
-Tranquillo, me la caverò. Andrò a lavorare in pullman... piuttosto, quanto starai via?
-Al massimo due giorni, devo sbrigare alcune commissioni... di famiglia.
Isabella ebbe il tatto di non chiedergli di che tipo fossero le sue commissioni, non voleva certo rigirare il coltello nella piaga.
-Ehi, cos'è quel faccino triste?
-Pensavo che non due siamo più simili di quanto pensassi. Siamo entrambi soli al mondo, ma alla fine è come se il destino avesse voluto farsi perdonare per qualcosa e ci avesse fatti incontrare. Spero che stavolta riusciamo ad essere felici...
-Certo che ci riusciremo, cosa vai a pensare? Forza, andiamo a dormire...
Quella notte Isabella non riusciva ad addormentarsi, si sentiva strana.
-Edward,-chiese dopo un po' che si rigirava-sei sveglio?
-Si...
-Non riesco a dormire.
Edward si girò verso di lei, aprendo le braccia in un caldo invito.
-Vieni qui, piccola.
Isabella non ci pensò due volte e si tuffò subito in quel confortevole abbraccio che sapeva d'amore.

Quando si svegliò, Isabella si stiracchiò languida nel letto prima di prendere coscienza con
gli avvenimenti della sera prima.
Rizzò a sedere, trovando il letto improvvisamente vuoto e freddo.
“Oh, Edward, potevi almeno salutarmi...”
Tese la mano verso il comodino per spegnere l'abat-jour, pensando che tutto sommato due giorni passavano in fretta, quando notò accanto a questa la presenza di un biglietto.

Ciao Bella, scusami se non ti ho salutata
ma prometto che al mio ritorno mi farò perdonare.
Ho in serbo per te una sorpresa che ti lascerà senza fiato
e solo il tuo pensiero potrà tenermi in vita in questi due giorni di lontananza.
Spero che per te sia lo stesso
e nell'attesa di rivederti ti mando un bacio che esprime tutto il mio amore per te.
Ci vediamo tra due giorni,
tuo Edward.”

-Ti aspetto, Edward...
Abigalefece scivolare lo sguardo sulla sveglia e si accorse di essere in forte ritardo. Si precipitò giù dal letto, si svestì e uscì in fretta di casa per arrivare in ufficio.
Quando arrivò davanti alla porta, però, esitò un attimo. Ryan era già arrivato? Si sì, di che umore era?
“Inutile tormentarmi... tanto vale entrare comunque.”
Fece un profondo respiro e abbassò la maniglia, ma una volta dentro scoprì che Ryan non c'era.
Sentimenti contrastanti si agitarono dentro la ragazza: non sapeva se sentirsi sollevata o meno.
Era ancora immobile sulla porta quando poco dopo sentì delle voci concitate provenire dallo studio di James. Quando Ryan uscì, visibilmente seccato, non si diede nemmeno pena di salutarla e si diresse vicino alla finestra.
Isabella si sentì montare la rabbia e lo seguì, poggiandogli una mano sulla spalla.
-Ryan,-disse con tono fermo-perché mi tratti così?
-Così come?-chiese con voluta indifferenza, senza girarsi a guardarla.
-Mi stai ignorando, ecco come! Insomma, prima dici che siamo amici, poi dici che mi ami e d'un tratto mi ignori. Non so più cosa pensare... e guardami in faccia mentre ti parlo!
Il ragazzo si girò di malavoglia.
-Tu non sai niente...-mormorò risentito.
-Ah no, eh? Beh, allora spiegami tu, perché io proprio non capisco!
-Dannazione, Isabella!-la bloccò con le spalle al muro, le mani ai lati del suo viso-Non capisci quanto questa situazione sia straziante? Ricordami, devi ricordarmi!
Non riuscì più a trattenersi e con uno scatto mandò al diavolo l'ultimo briciolo di autocontrollo. La baciò una seconda volta, staccando le mani dal muro per circondarle la vita mentre lei intrecciava le braccia dietro al suo collo.
Per la seconda volta, Isabella rispose al bacio di Ryan pur sapendo che non avrebbe dovuto. Si commosse nell'apprendere quanto profondamente l'amasse, mentre lui le baciava ora il collo,  ora il viso bagnato di lacrime mentre la stringeva sempre più forte per poi ricatturarle le labbra per farle assaggiare il sapore delle sue stesse lacrime.
Isabella rispondeva con passione a quella bocca disperata e affamata di baci, finché
dovettero fermarsi per mancanza d'ossigeno.
-Ryan...
-No, ti prego, non dire nulla. Non ti chiedo di amarmi, poiché sei di nuovo sua, ma ti chiedo solo di lasciarti amare.
-Oh, Ryan, che persona sarei se accettassi questo? Tu soffriresti solo, e a causa mia...
-Non sei tu che mi fai soffrire... Dio, com'è complicato!
Isabella, ancora abbracciata a lui, sentì calde lacrime di confusione rigarle nuovamente le guance. Mentre Ryan le asciugava coi suoi pollici, lei sentì il suo corpo muoversi contro ogni comando e le loro bocche si incontrarono di nuovo.
Isabella piangeva e lo baciava, lo baciava e piangeva, come a voler chiedere perdono a Dio per il suo attimo di debolezza.
Quando si staccarono lei poggiò la fronte sulla sua spalla e l'occhio di Ryan cadde sull'orologio.
-Sono le cinque...
-È vero, devo andare... ti andrebbe di accompagnarmi?
-Non vorrei che Edward...
La ragazza scosse la testa.
-Edward è partito per un paio di giorni, e ormai ho perso il pullman.
-In questo caso, va bene; andiamo.
“Bella, come vorrei che ricordassi cosa sono, anzi, cosa siamo Edward ed io... Probabilmente metterti al corrente di tutto non servirebbe, esattamente come non è servito un anno e mezzo fa ma è mio dovere provarci. Ti amo, e farò di tutto perché ricordi almeno qualcosa. Almeno la notte nel bosco...”
-Bella, come va la memoria?
-Purtroppo, ancora non bene. Temo che ci vorrà ancora un po' di tempo...
“Purtroppo non ne abbiamo quanto tu credi...”
Ryan arrivò con la macchina direttamente davanti alla casa. Si voltò verso Isabella e pose una mano sulla sua e stava per avvicinarsi con l'intenzione di baciarla ma dovette fermarsi poiché lei era caduta in una specie di trance.

***
-Isabella Swan! Vieni subito qui!
Una donna bionda e dall'aria austera conferitale dalla grossa crocchia dietro la nuca e intenta a lavorare all'uncinetto, posò il suo lavoro e si alzò dal divano per andare a richiamare la figlia appena rientrata in casa.
-Si, mamma, cosa c'è?
-Non ti avevamo detto, io e tuo padre, che non dovevi più vedere Edward? È così sinistro, non mi piace...
Isabella alzò gli occhi al cielo, cosa che fece infuriare ancora di più sua madre.
-Si,-disse sarcasticamente-mi sembra di aver sentito qualcosa del genere.
-Non parlarmi così, ragazzina!
-Primo, Edward deve piacere a me e non a te; secondo, ho venti anni e faccio quello che voglio!
-Non finché vivi sotto il nostro stesso tetto, e se ti dico che non devi più vederlo, esigo che tu lo faccia.
-Spiacente di deluderti mamma, ma amo Edward e non ho intenzione di lasciarlo. Ti
consiglio di dirlo anche a papà quando torna...
La donna stava per replicare ma si zittì quando lo sguardo si spostò sulle mani della figlia, la quale teneva qualcosa.
-E quello cos'è?
-Questo? È un vestito nero, me lo ha regalato Edward.
-Riportaglielo. Non sei autorizzata ad accettare regali da lui.
-Come non sono autorizzata a vederlo? Spiacente di ripetermi, ma la cosa per me non costituisce un problema.
-Isabella, non discutere. Fila a restituire quel vestito prima che lo veda tuo padre, o stavolta ti chiude in camera e butta via la chiave.
-Ma io...
-Isabella!
-Va bene, va bene... ma tra poco tutto questo finirà.
***

-Bella, Bella! Che ti succede?
La ragazza aprì gli occhi un po' tremolanti, la testa come avvolta in una nuvoletta che la schiacciava facendola sentire ovattata. Quella che aveva visto era davvero sua madre...?
Si riscosse e si girò per guardare il ragazzo di fianco a lei, visibilmente preoccupato.
-N-non è niente, solo un po' di stanchezza. Sarà meglio scendere da qui... ti andrebbe di entrare?
Ryan sembrò rifletterci un attimo.
-Si, perché no?
-Posso offrirti qualcosa da bere?
-No, grazie lo stesso.
Si sedettero sul divano e conversarono fino a che non fu tardi, Isabella cercando di mascherare le sue emozioni. La salutò con un leggero bacio e, quando uscì, Isabella appoggiò la testa al divano e chiuse gli occhi, provando con tutte le sue forze a non pensare.


Keska: In questa fic non li ho descritti, ma in altre sì ^^ Se ti va, fatti pure un giro tra le mie fic ^^
lory_lost_in_her_dreams: Grazie mille, spero ti piaccia anche questo capitolo ^^
serve: Vedrai, Edward scoprirà di Ryan nei prossimi capitoli ^^
eka: Nei prossimi capitoli si capirà di più, vedrai ^^

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Il giorno dopo, al suo risveglio, Isabella avvertì uno strano senso di colpa.
“Beh, forse tanto strano non è. Ho baciato un altro che non era Edward, sono stata una vera e autentica idiota...”
Dopo aver passato quasi tutta la notte insonne a riflettere, aveva capito di non amare Ryan e di averlo solo usato in un periodo in cui si sentiva particolarmente fragile. Ora il problema era cercare un modo gentile per dirlo a Ryan...
DRIN DRIN
Isabella stava per varcare la soglia ma dovette tornare indietro a rispondere al telefono.
-Pronto?
-Ehi, piccola. Ti ricordi ancora di me?
Quella voce la fece sentire improvvisamente leggera e aumentare i battiti cardiaci. Erano passati ormai tre giorni da quando era partito e che, con sua vergogna, si faceva accompagnare a casa da Ryan.
-Edward! Amore, come mai non sei ancora tornato?
-Scusami, ma già che c'ero ho voluto approfittarne per fare anche un'altra cosa.
-Davvero? E cosa?
-Non te lo posso dire, è parte della sorpresa che ho in serbo per te.
-Mi anticipi qualcosa?
-Uhm...-finse di pensare-credo che non lo farò, no.
-Uffa... e mi lasci così, sulle spine?
-Pazienta, saprai tutto quando torno.
-E quando? Mi manchi...
-Torno stasera, contenta?
-E me lo chiedi?! Certo che lo sono!
Urlò la sua felicità nella cornetta, tanto che Edward dovette allontanarla dall'orecchio.
-Mi sa che adesso devo andare, o rischio di fare tardi al lavoro. Ciao, Edward.
-A stasera, amore...
Quando Edward ebbe attaccato, lo fece anche Isabella. Rimase per un attimo con la mano sulla cornetta, pensando ad un modo onorevole per uscire da quel pasticcio.
“Come diavolo glielo dico senza farlo soffrire?”
Uscì di casa chiudendo la porta a chiave, desiderando di potersi lasciare alle spalle tutti i problemi che la tormentavano come si stava lasciando alle spalle la casa.

Solo nel pomeriggio, dopo la pausa pranzo, trovò la forza e il coraggio di parlare a Ryan.
-Ryan...
-Si, Bella, cosa c'è?
-Dobbiamo parlare.
Il tono grave della ragazza lo convinse ad alzare la testa dalle sue scartoffie per guardarla in faccia e si maledisse, poiché sapeva che non avrebbe dovuto trovarla così maledettamente bella. La vide fare un respiro profondo prima di parlare, segno che quello che doveva dire non era una cosa piacevole.
-Edward torna stasera.
Ryan cercò di ignorare la fitta di dolore che lo aveva pervaso, l'immensa spada che lo lacerava dall'interno.
-Ah... e allora?
-Ryan, dobbiamo finirla.-sbuffò-Io confesserò tutto a Edward, dopodiché non ci vedremo più.
-Non vorrai lasciare il lavoro?
Il biondo sapeva che quel momento sarebbe arrivato, anche se un cantuccio della sua mente aveva osato sperare di riuscire ad averla per sé almeno stavolta.
-No, questo no, ma parlerò con tuo padre e gli chiederò di cambiarmi turno.
-Stai scherzando?-si bloccò di botto sull'uscio della porta che conduceva fuori dal grande palazzo di vetro, una nota allarmata nella voce.
-No, Ryan, non sto scherzando. È stato tutto un errore, non avremmo mai dovuto...
-Bella, non puoi dire sul serio. Edward è...
-È cosa?
-È un mostro, ti ha sempre mentito. Non è quello che credi...
-Basta, ora stai esagerando. Non ti permetto di insultare il mio ragazzo.
-Bella, apri gli occhi! È colpa sua se sei finita in coma e...
-Si può sapere cosa stai blaterando? Edward mi ha salvato la vita, come potrebbe essere colpa sua? Nemmeno ci conoscevamo!
-Questo è quello che credi tu, ma lasciami finire di parlare per favore. Oltre a farti finire in coma, è anche colpa sua il fatto che abbiano profanato il tuo corpo privandoti del bambino che avevate concepito.
Isabella aprì e chiuse la bocca, senza riuscire a dire una parola.
-Non l'hai letta la pagina internet?
La ragazza strabuzzò gli occhi mentre tentava di ingoiare la precedente informazione e tornare di poco indietro con la mente.
-Tu... come sei entrato in casa mia?
Ryan stava per rispondere, quando entrambi videro una figura inferocita avanzare verso di loro.
-Tu! Damerino da strapazzo, non ti avevo detto di stare lontano dalla mia ragazza?
L'altro non rispose, ma lo guardò col disprezzo dipinto sul viso mentre lo vedeva porsi fra lui e Isabella.
-Non ti azzardare mai più a toccarla, o io ti...
-Edward, ti prego andiamocene...
-Maledizione, non che non me ne vado! Devo prima dargli una lezione.
Ryan rise, beffardo.
-Cosa credi di potermi fare, eh idiota buono a nulla? Forse l'unico vantaggio ad esser tornato quello che ero e sono è proprio questo: tu non puoi più nulla contro di me.
Edward lanciò un urlo e si gettò in avanti con la mano destra aperta, pronta a chiudersi intorno al collo di Ryan.
-Tu dici? Io non ci scommetterei...
-Povero illuso, stavolta non mi fai neanche il solletico.
Isabella lo raggiunse e lo prese per le spalle, ignorando il deja-vu e cercando di allontanarlo prima che la situazione potesse degenerare ancora di più.
-Edward, dai, andiamo via. Non vale la pena di mettersi nei guai...
Con un ringhio gutturale il ragazzo tolse la mano dalla gola di Ryan e prese per mano Isabella, pronto a trascinarla lontano da quel tipo.
-Va bene, andiamo.
Ryan rimase indietro, amareggiato dalla consapevolezza che anche questa volta era stato incapace di fare andare le cose per il verso giusto.
-Edward, mordila ancora e giuro che ti ammazzo!
Il ragazzo non lo ascoltò, ma affrettò il passo, ansioso di mettere quanta più distanza poteva tra loro.
Ryan sapeva che quello era un ben misero tentativo di fare tornare la memoria alla ragazza e sapeva anche che sarebbe servito a nulla rivelare tutto. Tuttavia, davanti alla sua scelta di non lasciare Edward, non era riuscito a trattenersi e ora l'aveva persa per sempre.
Con la morte che, paradossalmente, gli lacerava il cuore decise di non tornare in ufficio ma imboccò la direzione opposta proprio mentre i due ragazzi si accomodavano in macchina.
-Isabella, cosa diavolo ci faceva quel tipo con te?
Lei si morse leggermente il labbro.
“Ecco, è arrivato il momento...”
-Lui... è il figlio del dottor Cullen, lavoriamo insieme.
-Avresti potuto dirmelo-disse con tono gelido e ferito.
-Lo so, ma non volevo farti arrabbiare il giorno del nostro anniversario.
-Quindi lavorate insieme dal primo giorno?
-Si.
-E continuerete a lavorare insieme?
Isabella scosse la testa.
-No, niente affatto. Domani chiederò al dottor Cullen se gentilmente può cambiarmi turno. Ryan ha detto un mucchio di stupidaggini, secondo lui mi stai ingannando.
-Tu, però, sai che non è vero.
-Ci mancherebbe! Certo che so che non è vero!
Quando arrivarono in casa, Edward mutò immediatamente umore e pose davanti al viso di Isabella una scatolina blu che aveva preso dalla tasca interna della giacca.
-Edward...
-Bella, è un po' di tempo che che mi frulla in testa questa proposta. Magari penserai che è troppo presto, ma io sento di non poter più aspettare.
-Edward, è quello che penso?
Il ragazzo aprì la scatolina che conteneva un anello di oro bianco con un solitario.
-Isabella Swan, mi vuoi sposare?
-Sì, sì! Mille volte sì!
Gli gettò le braccia al collo e lo baciò mentre lui le cingeva la vita per stringerla meglio, euforico del fatto che avesse accettato la sua proposta.

***
-Stupido bamboccio! Glielo hai detto!
-Io? Guarda che non ho detto proprio nulla...
-Non mentire, Ryan. Alec ti ha seguito!
Il sorriso arrogante di Ryan traballò fino a sparire del tutto.
-Sai cosa comporta il tuo tradimento?
Mentre l'uomo incappucciato gli si avvicinava lentamente, l'ultima immagine che Ryan vide fu quella di una giovane ragazza riversa su un prato, apparentemente morta.
***
-Edward... posso parlarti?
-Certo che sì, qualcosa non va?
Isabella si morse il labbro.
-Io... non ce la faccio più a far finta di niente, mi sento in colpa come non mai ma non posso più tacere una cosa simile.
-Cosa puoi aver fatto di tanto grave?
-Ti arrabbierai, ma... ho baciato Ryan!-l'ultimo pezzo lo disse tutto d'un fiato, senza il coraggio di guardarlo in faccia. Quando finalmente riuscì ad alzare gli occhi vide che Edward aveva strabuzzato i suoi e proseguì col suo discorso prima che lui avesse tempo di parlare o fare qualsiasi altra cosa.
-Cioé, lui ha baciato me ma io ho risposto...
-C'è stato altro?-parlò a denti stretti e coi pugni chiusi, Isabella non lo aveva mai visto arrabbiato.
-Edward, io non volevo. Io...
-Rispondi alla domanda, Cristo! Voglio solo che tu mi dica se c'è stato altro.
-No...
-Bene, era quello che volevo sapere. Vado a dormire, ti aspetto di sopra...
Isabella non poté biasimarlo se si era arrabbiato ma la cosa che più l'aveva turbata non era la sua rabbia, bensì la delusione che gli aveva letto negli occhi.
“Meglio che lo abbia saputo adesso piuttosto che dopo il matrimonio... non ce l'avrei proprio fatta a sposarlo senza confessargli la verità.”
Appena formulò quel pensiero, uno nuovo si sostituì subito a quello: Edward voleva ancora sposarla?
Corse immediatamente su per le scale che portavano alle camere e, una volta davanti a quella di Edward, ne spalancò la porta.
Il ragazzo se ne stava sdraiato sul letto, ancora vestito e con le mani dietro la nuca intento a fissare il soffitto.
Lei esitò un attimo sulla porta, torcendosi le mani in grembo.
-Vieni avanti, Bella.
-Edward...
Edward sospirò e si alzò dal letto andandole lentamente incontro. Lei studiò attentamente la sua espressione e, dal momento che non vi lesse più rabbia ma solo delusione, lo abbracciò di slancio cercando di scacciare quel fastidioso nodo che le bloccava la gola.
Dapprima lui subì passivamente l'abbraccio e dopo un po' non resistette più e lo ricambiò a sua volta circondandole la vita. Quando si staccarono e la ebbe osservata meglio si stupì di vedere ancora l'anello al suo dito.
-Non lo hai tolto...
-E perché avrei dovuto? Io voglio ancora sposarti... certo, se mi vuoi anche tu.
Abbassò il capo, timorosa e Edward l'abbracciò nuovamente.
-Certo che ti voglio, non immagini neanche quanto. Solo, cerca di capirmi: prima mi tieni all'oscuro del fatto che lavorate insieme e poi mi confessi anche di averlo baciato. Come avrei dovuto reagire? Apprezzo, però che tu me lo abbia confessato...
-Lo so che tutte le scuse del mondo possono sembrare banali al momento e che mai avrei dovuto rispondere ai suoi baci, ma quello che mi ha detto e il tono sibillino che ha usato mi hanno praticamente svuotata e resa incapace di fare qualsiasi cosa.
Edward sbuffò per contenere la rabbia ma non avrebbe mai lasciato Isabella e di conseguenza campo libero a Ryan. L'amava troppo per perderla.
-Cosa ti avrebbe detto di così astruso?
-Ha detto che ci conoscevamo da tempo e che mi aveva sempre amata. Ha dato la colpa a te del fatto che sono finita in coma e...
-E?
-... che ho perso un bambino.
Lo disse con un fil di voce, quasi non ci credesse neanche lei. Adesso, però, che le assorbiva meglio, quelle parole assumevano un significato fin troppo chiaro.
Rispose allo sguardo interrogativo del suo fidanzato.
-Oh, Edward, non capisci che quadra tutto? Non era normale che il lenzuolo fosse rimasto bianco!
Edward girò un attimo le spalle per riprendere la padronanza di sé che minacciava di abbandonarlo da un momento all'altro. Quando si sentì pronto, si girò nuovamente verso di lei e le poggiò una mano sulla spalla.
-Bella, non crederai alle parole di quel tipo, vero?
La ragazza non rispose ma fissava un punto indefinito davanti a sé, gli occhi vitrei come se avesse visto un fantasma.

***
-Edward...
Era un giorno estivo apparentemente normale quando Isabella si era recata al cimitero per incontrare il suo ragazzo. Era di spalle e quando la sentì arrivare si girò, il pallore del viso che risaltava col nero del mantello svolazzante.
-Ciao Bella, sei arrivata. Come mai in ritardo?
Non rispondeva così la guardò negli occhi, dove scorse per la prima volta da quando si erano conosciuti qualcosa che somigliava a paura. Le si avvicinò, preoccupato.
-Che hai, amore?
Le tremava il labbro, ma riuscì ugualmente a controllarsi.
-Sono incinta, Edward. Ho paura...
Il ragazzo aprì la bocca ma non emise alcun suono. Come diavolo aveva fatto a rimanere incinta? Dunque, anche lui poteva procreare? Che idiota era stato a non pensarci prima...
-Sei... incinta? Ne sei sicura?-chiese dopo aver recuperato la voce.
-Ho ripetuto il test tre volte ed è sempre risultato positivo.
-Non posso certo biasimarti se hai paura, potrebbe anche essere pericoloso... i tuoi lo sanno già?
-Sì, ed è anche per questo che ti ho chiamato. Non è la gravidanza, benché rischiosa, a spaventarmi ma... vogliono farmi abortire.
Edward ebbe un fremito.
-E tu lo farai?
***

La visione si interruppe sul punto più importante, lasciando Isabella indebolita al punto di cadere in avanti, prontamente sostenuta da Edward.
La condusse sul letto e la fece sedere mentre lei riprendeva a respirare regolarmente.
-Tutto bene?
-Sì, grazie...
-Di solito le visioni non ti fanno questo effetto.
-A dire il vero... mentre eri via ne ho avuta una sulla mia famiglia e l'effetto del “dopo” è stato identico a come lo hai visto adesso.
-Cos'hai visto sulla tua famiglia? Qualcosa di utile?
-Non tanto; solo un litigio con mia madre che non voleva ci frequentassimo.
Ogni volta che Isabella gli parlava così, lui fremeva. Se all'inizio era scettico, adesso non era tanto sicuro che fossero tutte menzogne.
-E poco fa cos'hai visto?
-Noi due nel cimitero, questo cimitero... io ero incinta e ho abortito.
-Sei sicura che ci sia qualcosa di vero?-il ragazzo cercava di mantenere la calma-Voglio dire, magari ti sei fatta condizionare da...
-No, Edward, non credo. Ho sempre avuto l'impressione che mi mancasse qualcosa, se capisci cosa intendo, e l'unica cosa a cui mi rifiuto di credere è che tu possa avere una qualsiasi colpa.
-Beh, questo mi conforta... facciamo così: io ti perdono se non mi parli mai più di lui. Intesi?
Con le lacrime che premevano per uscire dagli occhi, la ragazza lo abbracciò forte pensando che forse non meritava un ragazzo tanto carino e comprensivo.
-Intesi, Edward...
-Bene, e ora che è tutto chiarito lascia che ti dimostri quanto mi è mancata la mia fidanzata.
-Mi piace come suona,-disse mentre la stringeva-“la mia fidanzata”...
Edward le tappò la bocca con un bacio dolce e leggero, come a suggellare il loro amore e segnalare al mondo intero che Isabella era sua e di nessun altro.

Il giorno dopo, Edward si svegliò prima del solito. Si alzò e indossò la vestaglia che la sera prima aveva abbandonato sullo schienale della poltrona, quindi spense la sveglia e scese in cucina stando attento a non svegliare Isabella.
Quando finì di preparare la sua sorpresa, si apprestò a ritornare di sopra bilanciando tra le mani un vassoio coperto da una tovaglietta bianca.
-Bella, svegliati...
La ragazza mugolò e iniziò a muoversi tra le lenzuola, segno che si stava svegliando.
-Uhm... buongiorno amore. Addirittura la colazione a letto, non dovevi...
-È la nostra prima mattina da fidanzati, dobbiamo festeggiare...
Isabella sollevò la tovaglietta e trovò due bicchieri con del succo d'arancia, una ciotolina con della marmellata e delle fette biscottate e due cornetti. Lei ne addentò uno che scoprì essere alla crema mentre Edward ne mangiò uno al cioccolato col risultato, però, di sporcarsi tutta la faccia suscitando l'ilarità della sua fidanzata.
-Aspetta,-prese un fazzoletto dal comodino-non puoi andare in giro conciato così.
Gli pulì le labbra e il contorno, cercando di non farsi distrarre dalle sue mani posate sulle gambe lasciate seminude dalla camicia da notte.
-Bella, cosa... intendi fare oggi?
-In che senso?
-Andrai a lavorare?
-Beh, sì ma chiederò al dottor Cullen di cambiarmi turno a partire da domani.
-Però oggi starai con lui.
Cercò, invano, di non mostrare troppo la sua gelosia.
-Edward, fidati: non accadrà assolutamente nulla.
-Ma lo hai baciato...
-E me ne sono pentita amaramente, ti prego fidati.
-E sia, ma ti raggiungerò alla pausa pranzo.
Quando la guardò negli occhi vide che luccicavano come se avesse avuto la più geniale delle intuizioni.
-Amore, e se uscissi prima per aiutarti coi preparativi del matrimonio?
Edward si intenerì.
-Non è necessario, amore. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo...
Isabella stava per scendere dall'auto ma sentiva che Edward era ancora teso. Tolse la mano dalla maniglia della portiera e si girò verso di lui.
-Ti amo, Edward.
-Anch'io, Bella.
Quando arrivò davanti alla porta dell'ufficio contò mentalmente fino a dieci prima di entrare, come per farsi coraggio.
Le sedie dietro la scrivania erano vuote e questo fece pensare ad Isabella che forse poteva essere, come l'altra volta, nell'ufficio di suo padre.
Il sordo silenzio che aleggiava lì dentro, però, le suggerì che non era così.
Che le prendeva? Avrebbe dovuto esserne contenta, in fondo gli aveva detto lei che non dovevano vedersi più!
La sensazione, però, di non vedere il suo viso sorridente voltarsi verso di lei insieme a quella del vuoto di quelle due sedie fu come se l'avessero schiacciata e all'improvviso avvertì dentro di sé che quel ragazzo così criptico e enigmatico non l'avrebbe più sorpresa con le sue dichiarazioni.
Scosse la testa con decisione per scacciare quei brutti pensieri e decise di chiedere al suo capo dove potesse trovarsi Ryan. In fondo, lui l'amava e lei lo aveva trattato male, doveva come minimo scusarsi con lui.
-Dottor Cullen...?
-Si?
-Lei... ecco... non è che sa dove si trova Ryan?
L'uomo chiuse gli occhi e le parve di vedere sulle sue labbra l'ombra di un lieve sorriso, ma di sicuro si era sbagliata.
-No, mi dispiace. Non ho sue notizie da ieri sera, ma...-esitò un attimo, incerto se aggiungere o meno quello che voleva dire-se vuoi un consiglio, non cercarlo.
-Perché? “Non capisco...”
-Beh...-soppesò con cura le parole da usare-diciamo solo che a qualcuno non farebbe troppo piacere.
-Cosa volete dire?
-Niente, come al solito...
Sbuffò, riabbassando la testa sui documenti che aveva davanti e con ciò Isabella capì che non le avrebbe detto altro.
Non cercarlo

Quelle parole le riecheggiavano in mente mentre usciva dall'ufficio per andare a raggiungere Edward.
“Cosa diavolo significa che non devo cercarlo?”
Sempre rimuginando su questo, si accorse di Edward che la aspettava addirittura davanti
all'uscio e scrutava ansioso alle sue spalle.
Sorrise soddisfatto nel vedere che era sola e le porse la mano.
-Ciao amore.
-Ciao Edward.
Lui la strinse a sé per un breve attimo nel quale lei godette pienamente del suo abbraccio lievemente possessivo e affondò la testa nell'incavo del suo collo annusando il suo profumo di dopobarba.
-Allora,-disse mentre si staccavano, curando di non mostrare la sua ansia-hai parlato con Cullen?
-S-si, più o meno... comunque temo non servirà cambiare turno.
-Perché?
-Oggi Ryan non c'era e ho paura che non tornerà...
-Davvero? Non immagini quanti mi dispiaccia...
Ora che Edward aveva ricevuto quella notizia sembrava più allegro e durante il pranzo parlò amabilmente con la sua fidanzata.
-Bella, che ne diresti di andare a comprare l'abito da sposa?
-Non so... porta male che lo sposo veda l'abito prima del matrimonio, perciò magari potremmo passare a prendere il tuo smoking?
-E non è la stessa cosa?
-Non proprio, la tradizione non ne parla. Ti prego....
-Uff, va bene, hai vinto tu.
-Grazie, sei un tesoro.
-Per forza, ce ne vuole a sopportarti...
La guardò seriamente per un attimo, poi non resistette e sfoderò uno dei suoi soliti sorrisi mentre Isabella gli mollava un “delicato” buffetto dietro il collo.
-Ahi, non ti sembra di esagerare?
-Ben ti sta, così la prossima volta impari a prendermi in giro. Forza, devo tornare in ufficio...
-Ci vediamo più tardi, allora. Preparati a scegliere l'abito, mi raccomando.
-Solo dopo che tu avrai comparto lo smoking, caro.
-Non cambierai mai... va bene, allora. Ciao...
Lei lo ringraziò baciandolo, prese la borsa e uscì dal bar.
Sulla scrivania vide un biglietto destinato a lei, che scoprì essere di Ryan. Solo a vederlo gli occhi le si riempirono di lacrime che lottò non poco per ricacciare indietro, perciò decise di non leggerlo.
Con un enormi groppo alla gola se lo mise in tasca, pensando che non poteva farsi vedere così triste da Edward il giorno in cui avrebbero gli abiti nuziali.

-Bella, sei bellissima come lo eri otto abiti fa...
Alla fine, Edward aveva rispettato il patto e aveva scelto per primo lo smoking e ora si trovavano in una boutique di abiti da sposa di cui Isabella ne aveva già provati nove senza essere soddisfatta.
-Tu dici...?-si girò davanti allo specchio per osservarsi meglio-Non è un po' troppo eccessivo?
La commessa alzò gli occhi al cielo, mentre Edward cercava di nascondere un ghigno.
L'abito da sposa era rosa chiarissimo, senza spalline e stretto dal seno alla vita per allargarsi
a partire dai fianchi. Era decorato con pochi pizzi, ma era proprio la sua semplicità a renderlo speciale.
-Credimi, non lo è neanche un po'.
-Allora lo prendo, piace anche a me.
La commessa sospirò di sollievo mentre Isabella si svestiva per poi pagare l'abito e uscire dal negozio con lo stesso.
-Edward, per quando fissiamo la data del matrimonio?
Lui rispose senza nemmeno pensarci.
-Prima ci sposiamo, meglio è... non vedo l'ora di ufficializzare la nostra unione...

Keska: In effetti in questa storia sono tutti un po' pazzi, ma si capirà tutto dai prossimi capitoli ^^
LadySile: Mi sono divertita a rovesciare un po' i luoghi comuni che ci sono sui vampiri e anche il contenuto di Twilight, vedrai più avanti. Spero ti piaccia ^^
Serve: Non preoccuparti, capita di sbagliare. Io, una volta, volevo recensire una storia ma ne ho recensita un'altra totalmente diversa ^^ Grazie comunque per il commento ^^
eka: Si, la mia é una Edward/Bella e Ryan non c'entra niente con Jacob, é un personaggio inventato da me. Spero ti piaccia anche questo capitolo ^^

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


“Accidenti, ma quanto ho dormito? È tardissimo...”
Spostò il lenzuolo che la copriva fino alla vita e scese dal letto, quindi si infilò le ciabatte e si diresse al piano inferiore dove trovò Edward intento a guardare la televisione.
-Ciao amore, ti sei già alzata?
-È tardi, potevi svegliarmi...
-Perché? Oggi è domenica, non devi mica andare a lavorare.
-E chissà perché tu ne sembri molto sollevato.
-Io?!-fece una perfetta faccia da finto innocente-Guarda che ti stai sbagliando, non sono mica geloso...
Isabella represse a fatica una risata.
-Tu non saresti geloso? Ma se per poco non facevi fuori Ryan, nel parcheggio!
-Aveva toccato la mia bellissima fidanzata, non potevo rimanere a guardare.
Si giustificò con un'alzata di spalle.
-Quindi pensi che io sia bella...
Edward alzò gli occhi al cielo. Solo lei poteva uscirsene con certe battute...
-No, ma cosa ti viene in mente? Io chiedo di sposarmi a tutte quelle che incontro, non lo sapevi?
-Va bene,-storse la bocca in una smorfia provocatoria-se non mi vuoi, vado da Ryan...
Edward strinse i pugni e la afferrò con forza.
-Non ci provare, sai? Torna subito qua...
La prese per un braccio e la attirò a sé fino a farla sedere sulle sue gambe. Le cinse la vita e la baciò, facendo scorrere le mani sulle sue spalle nude coperte solo dalle bretelline della camicia da notte.
Isabella gli mordicchiò il labbro inferiore, non badando alla sottana che si sollevava man mano che portava le sue gambe a circondare la vita di Edward il quale, senza smettere di baciarla, la posizionò sul divano e le si sdraiò sopra.
Isabella sorrise sulle sue labbra e, pur essendo bloccata, gli fece capire di non avere alcuna intenzione di stare ferma e alzò il bacino fino a strusciarlo contro quello del suo fidanzato che si lasciò sfuggire a denti stretti un lungo gemito.
Abbassò le bretelline della camicetta, cercando di non essere troppo irruento ma il corpo seminudo di Isabella gli impedì di formulare qualsiasi pensiero lucido che non fossero le loro due anime fuse insieme.
-Edward...
-Si?
Non smetteva di baciarla, ora le labbra, ora il mento o le guance.
-Forse è meglio se ci fermiamo qui, è tardi...
-Ne sei sicura?
Isabella fece un enorme sforo ma alla fine riuscì a far spostare Edward e ad alzarsi dal divano.
-Uh, adesso sei tu che non mi vuoi, però.
-Scemo, certo che ti voglio ma adesso dobbiamo preparare il pranzo. Purtroppo non si vive di solo amore...
-Da quando saresti diventata così saggia?
-Faccio finta di non aver sentito... vado di sopra ad infilarmi qualcosa di decente e torno.
-Comunque,-disse lui sogghignando, Isabella una mano sul corrimano della scala-si da il caso che il pranzo sia già pronto, cara. Dobbiamo solo apparecchiare la tavola...
-Ma che bravo bambino il mio Edward...
Ridacchiò alla sua finta faccia offesa e si diresse in camera. Tornò poco dopo con addosso una canotta bianca e degli shorts.
Edward, che aveva già apparecchiato, era tutto concentrato ad ascoltare una notizia alla TV.
-Cosa c'è di così interessante, Ed?
Il ragazzo si girò e la guardò con espressione indecifrabile.
-Cosa...?
Edward sospirò.
-Bella, non so come dirtelo... Ryan è morto.
Spalancò gli occhi, rifiutandosi di crederci.
-In che senso?
-Nel senso che è stato ucciso da... qualcosa. La polizia brancola nel buio.
-Come gli Swan... quando è stato trovato?
-Stamattina, non si sa da chi.
Isabella iniziò a singhiozzare. Nonostante il loro litigio, era molto affezionata a Ryan e venire a sapere in questo modo della sua morte era stato come ricevere una secchiata di acqua gelata in pieno inverno.
Edward era preda di sentimenti contrastanti. Se da un lato si sentiva stringere il cuore nel vedere la sua fidanzata così triste, dall'altro si sentiva invaso dalla gelosia per le lacrime che versava per quel ragazzo.
Si mosse per andare ad abbracciarla ma quando la toccò lei si irrigidì all'istante.

***
-Isabella, dove sei stata?
La ragazza si avvicinò a suo padre, seduto sulla poltrona del salotto, fingendo indifferenza.
-Non so di cosa tu stia parlando, papà...
-Ragazzina, abbi almeno la decenza di non prendermi in giro. Avresti potuto farmela, stavolta, se tu fossi stata abbastanza furba da rientrare da dove eri uscita...
-Charlie, calmati...
-Renée, ora basta difenderla. Credevo tu stessi dalla mia parte.
-Ma...
-Niente “ma”! Insomma, ti rendi conto che tua figlia si è fatta mettere incinta da quel poco di buono e che continua a vederlo nonostante i nostri divieti?-si rivolse alla figlia-Sei stata da lui, non è vero?
-Si papà, non lo nego. Non ho intenzione di lasciare Edward, né di uccidere la nostra creatura, credevo che su questo punto ci fossimo chiariti.
-Questo lo dici tu. Partiremo domani mattina all'alba e ti farò ricoverare in una clinica lontano da qui, così vedremo se mi ubbidirai una buona volta.
-Non stai esagerando?
-No, Renée, non sto esagerando e ti prego di smetterla di difenderla. Se tu fossi stata una madre migliore, forse tua figlia non si sarebbe fatta mettere incinta alla sua età...
Isabella, che assisteva impotente a quel litigio, girò i tacchi e andò in camera sua. Ormai, da quando usciva con Edward, quelle scene erano frequenti e quando Charlie si rendeva conto che Isabella non si sarebbe arresa alle sue regole riversava tutta la rabbia su Renée che si
lasciava scorrere addosso le parole come se nulla fosse.
Il clima era invivibile ma non intendeva rinunciare al suo amore. Le guance bagnate di lacrime, prese la sua borsetta e qualche oggetto personale tra cui una bellissima rosa rossa di cristallo, unico regalo di Edward che era riuscita a tener nascosto ai suoi genitori. Era speciale non solo perché era stato il primo regalo ricevuto da Edward, ma anche perché dopo era seguito il loro primo bacio.
Aprì la rosa e ne estrasse un fogliettino arrotolato che conteneva una dichiarazione in piena regola.

Il mio amore è come una rosa rossa, ch'é da poco sbocciata in giugno:
il mio amore è come una melodia che é dolcemente e armoniosamente suonata.
Sì bella tu sei, mia leggiadra fanciulla, che pazzamente innamorato io sono;
e sempre io t'amerò, mia cara, finché non s'asciugheran tutti i mari;
finché non s'asciugheranno tutti i mari, mia cara, e non si fonderanno le rocce al sole;
e sempre io t'amerò, mia cara, finché scorrerà la sabbia della vita.
Addio, mio unico amore!
Addio per un poco!
Io ritornerò, mio amore, anche se a dieci mila miglia.

Lesse e rilesse più volte lo scritto come se potesse infonderle il coraggio che le serviva per compiere quell'azione che sapeva le avrebbe cambiato per sempre la vita.
Non voleva più sentir litigare i suoi genitori per un futuro che non li riguardava, perciò lei e Edward avevano deciso di andare altrove a vivere la loro vita.
Quando fu certa che dormissero tutti, sgattaiolò fuori di casa e si diresse al cimitero, precisamente dentro il bosco. Una volta arrivata, scoprì però che lui non c'era ancora, così poggiò la schiena contro un albero e iniziò a contare i minuti che ancora la separavano dalla sua nuova vita.
***

Era ancora rigida come uno stoccafisso quando finì la visione, ma quando se ne rese conto si abbandonò contro il corpo di Edward, stanca per le troppe lacrime versate e rassegnata.
-È finita, Edward...
-Cosa intendi?
-Gli Swan... quegli Swan, sono davvero la mia famiglia.
-Ti ho già detto che non è possibile...
-Stavolta è diverso, ho ricordato i loro nomi e...
Andò di sopra, nella sua vecchia stanza, e tornò da Edward poco dopo con in mano un giornale.
-Ho ricordato anche questo. Guarda, la via dove vivevo.
Edward prese il giornale dalle mani della sua ragazza e lesse l'articolo sugli Swan. Isabella, colta solo allora dalla chiara consapevolezza di quell'articolo, ricominciò a piangere.
-Bella, mi dispiace...
Forse non era la frase più adatta da dire in quel momento, ma a Edward non venne in mente nient'altro.
-Bella, dove hai preso questa rivista?
-In ospedale. Ricordi il giorno in cui mi hanno dimessa? L'ho preso quando sono tornata indietro con la scusa di aver dimenticato qualcosa.
-Non avresti dovuto tenerlo, non un articolo così macabro...
-Lo so, ma cerca di capirmi: avevo da poco tempo scoperto la mia identità quando scopro un articolo che parla degli Swan. Non ho potuto ignorarlo, e poi per la mia, anzi, per la nostra memoria...
Si interruppe un attimo e il modo in cui le si illuminarono gli occhi fece rabbrividire Edward; quello era il chiaro segno che lei stava macchinando qualcosa.
-Edward? Posso chiederti un favore?
-Tutto quello che vuoi, amore.
-Non è che mi accompagneresti in via Abyss?
-Non credo sia una buona idea...
-Perché?
-Potrebbe evocarti dei ricordi poco piacevoli, non si sa mai.
-Non importa, sono preparata anche a questo. Inoltre, voglio dare un senso alle mie visioni; contengono delle analogie troppo palesi per essere ignorate.
-Analogie con cosa?
-Con le nostre vite. Analogie che si intrecciano e legano le nostre vite. Tu stesso hai detto di aver sempre avuto la sensazione di avermi conosciuta in passato...
-È vero, ma non credevo che veramente...
-Invece sì, Edward. Finché, però, non ricorderai anche tu non oserò credere pienamente a quello che ho visto e che vedo.
-Chissà perché diavolo ci vedevamo nel cimitero...
-Non ne ho la più pallida idea.
-Dio, che tortura! Non sopporto l'idea di non ricordarmi di te!
Ormai era chiaro che i due ragazzi si erano già conosciuti, come lo era il fatto che il loro passato era avvolto da qualcosa di realmente oscuro. Qualcuno aveva tramato per separarli e le domande erano: chi e perché?
-Quando ti ho vista, era come se ci fossimo rincontrati dopo un lungo periodo ma mi sono detto che era impossibile e che una bellezza simile l'avrei senz'altro ricordata.
Isabella gli sorrise, come per ringraziarlo, ma subito dopo si batté una mano sulla fronte come se avesse dimenticato una cosa di vitale importanza.
-Il biglietto!
Edward non capì perché vide schizzare di sopra la sua fidanzata, poco dopo di ritorno con un fogliettino tra le dita.
-E quello cos'è?
-È un biglietto di Ryan, lo ha lasciato poco prima di essere ucciso.
Edward strinse i pugni e resistette all'impulso di strapparglielo dalle mani e gettarlo via.
-Cosa dice?
-Non lo so, non l'ho ancora letto...
Isabella lo aprì e iniziò a leggerne il contenuto.
-Bella, questa è l'ultima possibilità che ho per parlarti. Ti amo da sempre e adesso che ti ho persa di nuovo per colpa di Edward, mi pento amaramente di non averti rivelato tutto quando ancora ne avevo la possibilità.
Ora il tempo a mia disposizione sta per finire e non posso dirti tutto quello che vorrei, ma ti suggerisco di chiedere alla signorina Harrocks che, anche se non conosce la storia nei minimi particolari, può darti abbastanza elementi per recuperare la memoria.
Purtroppo, alcune cose dovrai capirle da sola e a questo proposito ti suggerisco di andare in via Abyss.
Non mi pento di quello che ho fatto anche se così facendo ho firmato la mia condanna a morte. Non cercarmi, non voglio che rischi la vita una seconda volta.
Se mai leggerai questo biglietto, ti chiedo di non dimenticarmi e ricorda che il mio amore per te alimenterà il mio cuore ormai morto da secoli anche quando non ci sarò più.
Addio,
tuo per sempre
Ryan

Le mani di Isabella tremavano e, mentre stringevano il biglietto, nuove lacrime le solcarono il viso.
Edward, che le stava alle spalle, le prese il fogliettino e lo rilesse più volte senza però capirne il senso.
Lo poggiò sul tavolo e si girò nuovamente verso di lei, ancora immobile e scioccata.
-Bella...
Non gli rispose.
-Bella, forse è meglio se vai di sopra a riposarti. Non credo sarebbe una buona idea andare...
-No,-lo interruppe con voce stridula ma proseguì con un tono più normale-ne ho bisogno, ora più che mai. Ti prego...
Nonostante il suo istinto di prendere Isabella e darsela a gambe, Edward decise di assecondarla e accompagnarla.
-Sei sicura?-le chiese ancora una volta-Se quel biglietto ti ha scioccata, questa visita potrebbe farlo ancora di più.
-Sicurissima. Lì dentro ci sono le mie radici e io vorrei scoprirle.
-Come vuoi, amore...
Quando arrivarono, il perimetro della casa era gremito di gente. Isabella non aveva avuto esitazioni nell'indicare a Edward la via giusta per arrivarci, altro inequivocabile segno che quella era stata veramente la sua casa.
Parcheggiarono nel primo posto disponibile e, una volta scesi, tentarono di avvicinarsi all'abitazione ma furono subito bloccati da due dei poliziotti che tenevano a bada il resto della folla.
-Spiacente, non potete passare di qua...
-La prego...
Gli agenti non vollero sentire ragioni, a nulla servirono le urla della ragazza che giurava di essere Isabella Swan.
Edward suggerì di chiedere a qualcuno e si avvicinò ad un uomo per sapere cosa fosse successo.
-È stato trovato un corpo nella casa degli Swan, un'altra volta...
Edward sospirò, dolente, e ritornò da Isabella.
-È... stato trovato un cadavere in casa. Temo che si tratti di Ryan...
-Mi dispiace,-disse con risolutezza-ma non intendo arrendermi. Vieni, sul retro c'è un'altra entrata.
Si allontanarono dalla folla, facendo attenzione a non farsi vedere e si diressero sul retro della casa. Isabella scavalcò la staccionata e scostò delle foglie di edera da quello che sembrava essere solo un muro ma che in realtà nascondeva una piccola porta in legno.
-Non può essere aperta, non dopo tutto questo tempo...
Isabella sorrise come qualcuno che sa il fatto suo.
-Questa porta è sempre stata un po' difettosa, so cosa fare...
Con la mano destra diede dei leggeri colpi sopra, sotto e ai due lati della maniglia, finché non sentì un “click” che le segnalò che la porta era aperta.
-Bella, sei... non ho parole.
-Te l'ho detto che sapevo come entrare.
Spinse la porta, sorridendo, pensando a quante volte lo avesse fatto in passato. Aveva recuperato la memoria eppure sentiva che c'era ancora qualcosa che le sfuggiva.
Entrarono in uno stanzino piccolo e buio e quando furono certi che in casa non c'era nessuno uscirono allo scoperto.
-Accidenti, quell'entrata è davvero ben nascosta...
-Ti assicuro che mi è stata molto utile in passato, quando dovevamo uscire insieme.
-Perché i tuoi genitori non volevano che ci vedessimo?
-Non lo so, ma nella mia ultima visione dicevano che eri un poco di buono e mio padre era arrabbiato perché ero rimasta incinta.
-Però non hai abortito.
-No, quando sono scappata di casa per venire da te ero ancora incinta; non cosa sia successo dopo...
Arrivarono nel salotto, leggermente buio e polveroso. L'aria circostante puzzava di chiuso, la casa era chiaramente abbandonata.
Isabella riconobbe la poltrona sulla quale era seduto suo padre nell'ultima visione e sentì un improvviso groppo alla gola.
Spostò lo sguardo sul pavimento, notando un lenzuolo bianco sotto il quale si intravedeva un corpo.
-Bella, forse non dovresti guardare...
Lei non lo ascoltava ma si muoveva come un automa, un piede davanti all'altro, fino ad arrivare vicino al lenzuolo.
Si chinò e lo sollevò per scoprirgli il volto, deformato da un'incomprensibile sorriso di puro trionfo che stonava palesemente con l'ambiente circostante.
Edward si chinò dietro di lei e le mise le mani sulle spalla mentre Isabella notava che intorno al corpo non c'era ombra di sangue. Sfiorò con una mano i due puntini impressi sul collo di Ryan.
-Ryan...
Isabella soffocò la voglia di piangere e con la stessa mano che aveva toccato il suo collo andò a chiudergli gli occhi spalancati.
Fu in quella posizione che un agente in ricognizione li trovò, adirandosi con i due ragazzi.
-E voi due che ci fate qua dentro? Come diavolo avete fatto ad entrare?
Era uno dei poliziotti che li aveva bloccati appena erano arrivati. Si avvicinò a loro e li prese entrambi per un braccio, conducendoli fuori.
-Idioti! Non vi ha mai detto nessuno che toccando un cadavere si inquinano le prove?! Questo non è un posto per ragazzini; se siete in cerca di emozioni forti andate da un'altra parte e ringraziate che non vi segnali ai superiori per la vostra bravata!
Ritornarono alla macchina, sotto lo sguardo stupito di tutta la gente che, come i poliziotti, si chiedeva come avessero fatto a eludere la sorveglianza.
-Perché non c'era sangue? Povero Ryan, che fine orribile...
-Ti avevo detto che non era una buona idea, che poteva essere troppo forte per te, ma non hai voluto darmi retta...
-Se Ryan mi ha consigliato di venire qui ci sarà un motivo... a te non è tornato in mente nulla?
-No, purtroppo... dai, adesso andiamo a dormire.
Edward si addormentò subito, Isabella rimase un attimo a rimuginare su quella visita che aveva prodotto troppe nuove domande senza le adeguate risposte.

***
Una ragazza corre, corre disperatamente attraverso il bosco mentre cerca di sfuggire al suo inseguitore che si fa sempre più vicino. Un piede messo in fallo e la ragazza scivola sul nudo terreno, vedendo lui che le balza addosso coi denti in bella mostra. Questa volta, lui riesce a distinguere più che chiaramente il volto della sua vittima.
***

I due ragazzi sognarono la stessa cosa contemporaneamente ma mentre per Isabella era il solito vecchio incubo, Edward si svegliò di soprassalto quando riconobbe Isabella nella ragazza del sogno.
Si alzò a sedere nel letto, improvvisamente infreddolito, e si portò una mano alla fronte.
“Isabella! Mio Dio, ora ricordo tutto...”


Ringrazio tanto chi ha messo la mia fic tra i preferiti o i seguiti, chi ha solo letto e chi ha commentato ^__^

valeriuccia: Ryan non intralcerà il giorno del matrimonio ma farà capire a Bella delle cose molto importanti ^^
serve: Per adesso si è sistemato tutto, sapevo che il capitolo precedente avrebbe scioccato parecchio ma niente è come sembra ^^
keska: Si, Ryan è morto in questo capitolo e più avanti salterà fuori anche il perché ^^
CLARE6: Grazie, sono contenta che ti piaccia ^^

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Si alzò dal letto facendo attenzione a non svegliare la sua fidanzata e si diresse in bagno. Si guardò allo specchio, il viso improvvisamente pallido e gelido come la morte.
“Quel maledetto aveva ragione; è colpa mia se Bella è finita in coma, incinta di nostro figlio. Quel bambino concepito nella nostra radura... no, non posso assolutamente permettermi di tornare ad essere uno di loro.”
Edward era nel panico più totale. Se lui avesse scoperto che aveva recuperato la memoria avrebbe nuovamente cercato di separarli per farlo rientrare nella congrega.
Ricordava fin troppo bene il momento in cui l'aveva conosciuta, quando aveva deciso di cambiare vita e di rinunciare ai suoi poteri di vampiro. Il maledetto l'aveva presa male; secondo lui Edward non aveva il diritto di fare una cosa del genere, non dopo tutti quegli anni passati ad essere uno degli adepti migliori.
Lui, però, si era ribellato e quando aveva detto ad Isabella di essere un vampiro, lei non aveva messo fine alla loro storia come aveva temuto ma si era dichiarata pronta ad iniziare una nuova vita con lui. Una volta lontani da Willdenlow, Edward avrebbe da solo trovato un modo per tornare umano senza dover trasformare la ragazza.
Isabella si era fidata, invece la sera della loro fuga...
-Edward, che ci fai già in piedi?
Isabella gli arrivò alle spalle, mentre se ne stava voltato verso la finestra, e lo abbracciò da dietro. Il contatto della pelle calda con la sua ormai ghiacciata gli provocò un brivido e represse a fatica un lungo ringhio soddisfatto.
-Niente, non riuscivo a dormire.
-Sei sicuro?
-No... ho ricordato come ci siamo conosciuti.
Si morse la lingua, pentendosi immediatamente di quello che aveva detto e giurò che Isabella stesse sorridendo sulla sua schiena.
-Davvero? Edward è fantastico! E dimmi, come ci siamo conosciuti?
Edward sciolse l'abbraccio e si girò verso di lei, la quale era rimasta incantata dal suo viso pallido come la luna. Nel guardarlo, le si era mozzato il respiro come mai le era accaduto prima e portò istintivamente una mano sul suo viso.
Il ragazzo rimase immobile mentre lei gli accarezzava il collo per scendere poi verso gli addominali...
-Piccola mia,-disse mentre le afferrava il polso-non ti ha mai detto nessuno che non si gioca col fuoco? Potresti bruciarti...
Il tono usato era così diverso dal solito che per un attimo lei stentò a riconoscerlo.
Isabella rabbrividì nel sentire il freddo respiro di lui sull'orecchio e dimenticò perfino la domanda che gli aveva posto poco prima.
-Dubito che il fuoco sia così freddo...-riuscì infine a dire.
Edward la baciò molto dolcemente, quindi la condusse nuovamente in camera e la fece distendere sul letto.
-Non... non possiamo adesso... devo andare in ufficio...-farfugliava debolmente, senza la minima volontà di interrompere quel momento.
-Credo che oggi il caro Cullen se la sbrigherà da solo...
Ricominciò a baciarla senza sosta.
Per un attimo, aveva temuto che avesse capito tutto. Ancora non se la sentiva di metterla a parte di quel ricordo.
Fu lieto di essere riuscito a distrarla perché a quella domanda non poteva rispondere, non ancora.
Mentre lo baciava, Isabella pensò che l'Edward sopra di lei era identico a quello delle sue vecchie visioni: assurdamente bello e quasi inumano. Non che prima non fosse bello, intendiamoci, ma ora aveva un velato alone da bello e dannato che lo rendeva in un certo senso diverso.
“Come ho fatto a non accorgermene prima?”
Smise di formulare qualsiasi pensiero coerente non appena sentì i freddi polpastrelli di lui infilarsi sotto la sua leggera camicia da notte.

Più tardi, Edward era seduto sul divano e Isabella lo spiava dal corridoio stando attenta a non farsi vedere. Adesso, alla piena luce del giorno, il viso di Edward sembrava tornato alla normalità.
Lo osservava fare zapping, ripensando al freddo della sua pelle e desiderò di poterlo sentire di nuovo. Mentre si chiedeva una seconda volta come avesse fatto a non notarlo prima, suonò il telefono facendola sobbalzare.
-Pronto? Ah, è lei... sì, certo che posso venire, ma dove? Allo “Starlight Bar”? Va bene, arrivo subito.
-Bella, chi è?
-La signorina Harrocks, ha detto deve parlarmi urgentemente e...
-... ti serve un passaggio, vero?
Isabella annuì.
-Va bene; dai, andiamo...
Edward si alzò dal divano e spense la televisione, dopodiché uscirono.
Quando arrivarono, il ragazzo fece per scendere anche lui dalla macchina ma lei lo fermò.
-Aspetta, forse è meglio se resti qui.
-Perché?
-Beh, chiamalo intuito femminile o come vuoi, ma credo che se venissi anche tu lei non riuscirebbe a dirmi tutto quello che ha intenzione di comunicarmi.
Edward era un po' contrariato ma acconsentì lo stesso ad aspettarla in macchina e mentre la guardava andare via si disse che non doveva preoccuparsi dato che la Harrocks non sapeva nulla di vampiri.
-Buongiorno, Deborah. Come sta?
-Benissimo... o quasi.
-Cosa doveva dirmi di tanto urgente?
-Qualcosa sul tuo passato, cara. Siediti.
Isabella obbedì e si sedette con fare nervoso mentre l'altra non sapeva da che parte cominciare il suo discorso.
-Per troppo tempo ho taciuto questo fatto, e ora la mia coscienza non aspetta altro che di potersi liberare. Ti chiedo scusa per non avertene parlato prima.
Si interruppe un attimo e poi ricominciò.
-Il giorno del tuo arrivo in ospedale, abbiamo visto un ragazzo molto spaventato correre nell'ospedale con una ragazza in braccio. Lasciatelo dire, eri più morta che viva quando ti abbiamo messa nel lettino ma probabilmente tutto questo lo sai già. Quello che ignori, però, è che dentro di te stava crescendo una vita, tu eri incinta ed è per questo che il lenzuolo è rimasto bianco.
Isabella, che ascoltava incredula, portò istintivamente una mano al ventre.
-Io... sapevo già di essere stata incinta. Lo avevo visto, come so di aver abortito.
Deborah scosse la testa.
-No, cara, non hai abortito. Il bambino ti è stato tolto, il dottor Cullen non ha nemmeno tentato di salvarlo e ha impedito a tutti noi di parlartene...
-I-il dottor Cullen...?
Mentre la ragazza fissava un punto indefinito davanti a sé, Deborah si guardava nervosamente intorno come se avesse paura di essere stata seguita.
-Isabella, adesso devo andare. Stai molto attenta, mi raccomando... se fossi in voi non esiterei un attimo di più e me ne andrei lontano da qui.
Isabella ancora non riusciva a parlare, perciò la salutò con un cenno della mano senza sapere che quella era l'ultima volta che l'avrebbe vista.
Dunque, Carlisle Cullen era colui che da sempre cercava di separarli. Perché?
D'improvviso, le tornò in mente il suo periodo di degenza in ospedale e in particolare quel giorno in cui Edward le aveva chiesto di andare a vivere con lui.
Il medico aveva cercato di opporsi in ogni modo e solo ora capiva la sua espressione di stizza quando non ci era riuscito.
Si alzò dal tavolino con le gambe tremanti e raggiunse la macchina di Edward.
-Amore, sembri sconvolta.
-Lo saresti anche tu se avessi sentito cosa mi ha detto Deborah...
-Cosa?
Isabella iniziò a raccontare e mentre parlava, Edward stringeva sempre di più le mani al volante. Naturalmente, sapeva tutto e stavolta non poté trattenere un ringhio di puro disprezzo.
-Edward, stai bene?
-No, maledizione, quel farabutto vuole separarci dall'inizio e ti ha tolto il nostro bambino! Come posso stare bene?
-Non prendertela così... anch'io sto soffrendo per tutto questo, non immagini neanche quanto, ma non è colpa tua.
“Invece sì che lo è... se fossi stato abbastanza forte da non cedere ai ricatti di Cullen tu non avresti rischiato la vita e ora staremmo vivendo insieme come una vera famiglia, lontani da qui...”
-E poi,-continuò lei-stavolta non permetteremo che ci divida. Non adesso.
Per un attimo Edward fu tentato di rivelarle tutto sul suo conto, di dirle che stava per sposare un vampiro ma non se la sentì. Non aveva paura di essere rifiutato ma temeva di metterla in pericolo.
-Edward, secondo te perché Cullen continua a cercare di separarci?
-Ehm, non saprei...
“Dobbiamo andarcene al più presto da qui... non tornerà mai più in quell'ufficio maledetto.”
Isabella sbuffò di frustrazione mentre scendeva dall'auto, non facendo caso all'espressione di Edward. Si chiedeva perché mai il destino fosse dispettoso con loro che, in fin dei conti, volevano solo godersi un po' di felicità.

Se fossi in voi non esiterei un attimo di più e me ne andrei lontano da qui.

Forse Deborah non aveva tutti i torti. In cuor suo, Isabella aveva sempre avuto addosso una strana sensazione e anche Edward era diventato strano. Non lo era negativamente, questo no, però non le erano sfuggiti i suoi repentini cambi d'umore.
Notò anche che lui cercava di non guardarla negli occhi mentre si sedeva sul divano e la cosa non la incoraggiava certo a parlare.
-Edward...
Il ragazzo si girò verso di lei ma non parlò. Dopo un attimo, però, sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e le fece cenno di andare a sedersi vicino a lui.
-Non vuoi andare a dormire?
-No, perché?
-Credevo fossi stanca, in fondo domani è un giorno importante...
-No, non sono stanca.-si strinse di più a lui-Voglio solo restare con te.
Edward rafforzò la presa su di lei come se volesse segnalare al mondo intero che non intendeva rinunciare a lei una seconda volta.
All'improvviso, però, qualcosa che somigliava ad una scarica elettrica gli attraversò la testa e lo costrinse a gemere dal dolore.
-Edward, cosa...?
Non la stette a sentire; si alzò dal divano e andò di sopra, lasciando Isabella leggermente stranita a causa del suo ennesimo cambiamento d'umore. Entrò in bagno e si specchiò, per fortuna gli occhi erano ancora neri, anche se gli parve di scorgere vicino alla pupilla qualche pagliuzza colorata di rosso.
“Devo stare più attento a come mi comporto, se lei ricorderà adesso saremo veramente in pericolo...”
Aprì il rubinetto e si sciacquò il viso con l'acqua fredda che andò a raffreddare ancora di più la sua pelle dura e gelida. Sicuramente lei aveva notato questo particolare, pensò mentre il suo cuore batteva ancora degli anomali colpi sordi l'uno sempre più distante dall'altro.
“Stavolta andrà diversamente, non mi comporterò come un debole. Devo tenere duro fino a domani e dopo il matrimonio potremo finalmente andarcene.”
Pensò che avrebbero potuto partire subito, ma di sicuro Isabella si sarebbe insospettita ad una proposta simile e poi avevano già organizzato tutto. No, Edward doveva aspettare e agire d'astuzia.
Da quella mattina non solo aveva ricordato tutto ma anche capito molte cose come il perché Ryan avesse quel ghigno di trionfo sulle labbra al momento della sua morte.
“Che idiota... forse avrei dovuto lasciarla a lui già da subito, era sicuramente più forte di me e per salvarla avrebbe persino rinunciato ad averla. Sono stato solo un emerito egoista, ho rischiato di farla morire...”
Infilò la testa sotto il getto dell'acqua, come se la frescura di quella potesse fargli venire la formidabile idea che li avrebbe salvati entrambi da quell'assurda situazione.
“Dopo il matrimonio,”-si ripeté- “dopo le dirò tutto, ma non prima...”
Continuò a ripetersi quel mantra per convincersi che questa volta Cullen non sarebbe riuscito ad intromettersi nelle loro vite.
Certo, aveva recuperato la memoria ma solo in parte. Infatti, gli sfuggivano ancora parecchie cose come la morte della sua famiglia; sapeva che era stata tutta opera di Cullen ma non aveva idea di come avesse agito.
Mentre lui stava davanti allo specchio in preda all'inedia, Isabella lo aspettava ancora seduta sul divano.
I continui sbalzi d'umore del suo fidanzato la preoccupavano; che avesse cambiato idea su di loro e non volesse più sposarla? Subito dopo aver formulato quel pensiero scosse la testa per scacciarlo, Edward l'amava e se si comportava così non era perché non la voleva più ma perché aveva qualche problema.
Si alzò, decisa a raggiungerlo ma non poté muovere più di un passo che lui era già ricomparso sulle scale, un sorriso sghembo sulle labbra che cancellava totalmente la sua espressione tormentata di poco prima. A quel punto, Isabella si chiese cosa accidenti gli stesse succedendo.
-Edward...
Si mosse titubante verso di lui.
-Cosa c'è?
-Sei... strano. Qualcosa non va?
-Assolutamente no, perché?
-Beh,-gli parlò senza riuscire a guardarlo negli occhi, torcendosi le mani per il nervoso-credevo che stessi male, che avessi cambiato idea...
Edward la rassicurò, dicendole che non vedeva il motivo per cui doveva cambiare idea, senza smettere di sorridere. Questo, per qualche motivo, preoccupò Isabella ancora di più.
-Sei sicuro? Voglio dire, tu sai che puoi dirmi tutto, vero? Se hai qualche problema...
-Credimi, nessun problema. Sono solo un po' nervoso per domani, ecco tutto.
-È normale, anch'io lo sono.
Edward la abbracciò mentre lei cercava di ignorare gli improvvisi brividi provocati dal freddo della sua pelle e trarne il massimo conforto.

***
-Capo, lui ha ricordato.
-Lo so, lo so...
-Come fa a mantenere la calma? Vuole scappare con la sua umana e rivelarle tutto dopo averla sposata!
-So anche questo, lo avevo già previsto...
Alec scosse la testa, facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli neri mentre il suo tono tradiva una certa ansia.
-Capo, Edward sta tornando vampiro. Non tornerà mai a far parte della congrega se farà ricordare tutto alla sua umana...
-Alec, smettila.-Cullen parlò con calma, ma il suo tono fermo fece rabbrividire il ragazzo-Credi forse che io sia un povero pivello sprovveduto? Eh?
-N-no... non mi permetterei mai...
-Davvero? A me sembrava che volessi dire proprio quello...
-No, capo, non potrei. Io...
-E allora smettila di annoiarmi. So benissimo cosa quell'idiota sta meditando di fare, avevo già previsto tutto e ti dico che fallirà anche stavolta. Ora vattene, devo organizzare alcune cose che mi permettano di attuare il mio piano per riuscire dove voi altri avete fallito.
Cullen gli diede le spalle, girandosi verso la finestra, e l'altro, seppur risentito per quell'atteggiamento, fece un piccolo inchino e uscì dall'ufficio.
Sapeva che non era saggio contraddirlo, tanto meno ribellarsi. Chi sgarrava le sue regole veniva punito e l'esecuzione di Ryan ne era stato un chiaro esempio. Lui, che aveva osato trasgredire era stato punito due volte...
Cullen sapeva cosa fare. Chi faceva parte della congrega poteva abbandonarla solo con la morte...
***

Stavolta, Edward non riuscì a trattenere un ringhio rabbioso. Ricordava che quando faceva parte della congrega ogni adepto, poteva sentire l'uno i pensieri dell'altro. Era così che Cullen era venuto a conoscenza della sua storia con Isabella e adesso sentiva fluire nuovamente in sé lievi frammenti di potere.
Seppur a distanza, aveva percepito chiaramente i pensieri di Alec e capì che il colpevole della morte di Ryan era lo stesso che tramava contro di loro...
Isabella gli toccò una mano ma ritrasse subito la sua a quel contatto così anomalo.
-Edward, sicuro di stare bene? Sei più gelido che mai...
-No che non sto bene,-si alzò di scatto in piedi, interrompendola-lui sta arrivando, sta arrivando a prenderti...
-Ed, calmati. Lui chi?
-Cullen, dannazione! Isabella, possibile che non ricordi nulla di quella notte nel bosco?
Isabella si stupì di tanta veemenza, chiedendosi cosa sapesse il ragazzo più di lei. La sua memoria arrivava solo fino al punto in cui lei aveva deciso di scappare con lui e lo aspettava nel bosco, non ricordava niente di più.
In quel momento, Edward si rese conto del tono poco gentile che aveva usato con la sua fidanzata e si avvicinò a lei per stringerla in un abbraccio carico di scuse.
-Bella, perdonami...
Lei si lasciò avvolgere da quelle braccia gelide, una volta così calde,e poggiò la testa sul suo petto all'altezza del cuore. Si accorse immediatamente che qualcosa non andava e levò, spaventata, gli occhi sul suo viso.
-Edward, perché il tuo cuore non batte?

 

>////< me molto lusingata per tutti i preferiti e i seguiti e per le recensioni!!!!!!!!!!

eka: Ryan si è sacrificato, è morto per far sì che Isabella ricordasse qualcosa del suo passato.
keska: Si, i vampiri devono essere bruciati per morire ma qui ho cambiato quacosina per differenziare la mia fic da Twilight ^^
serve: Sono contenta che la storia ti piaccia, ecco il nuovo capitolo ^^
lory_lost_in_her_dreams: Si, Edward ha ricordato tutta la sua vita passata in questo capitolo ma c'é ancora dell'altro ^^

So che questo capitolo vi avrà stupite non poco, ma spero che vi piaccia ugualmente^^
Un bacio e al prossimo capitolo ^__^

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Il ragazzo si irrigidì. Perché, perché proprio adesso?
-Edward...?
La ragazza si staccò da lui e lo guardò negli occhi, ormai diventati rossi come due tizzoni ardenti. Lanciò un urlo e si allontanò, appiattendosi contro il muro.
Il ragazzo che fino a poco prima era rimasto impassibile, tese una mano verso di lei, che ormai tremava.
-Bella, non devi aver paura di me. Io...
Edward si accasciò a terra, sulle ginocchi, in preda al dolore e la mano sinistra chiusa a coppa sulla bocca mentre con la mano destra si reggeva per non cadere sul pavimento.
Isabella avrebbe voluto avvicinarsi per vedere come stava, ma la visione dei suoi canini bianchi e appuntiti la fece pietrificare più di quanto non lo fosse già.
-Mio Dio, Edward... cosa sei diventato?
Il ragazzo si alzò da terra, ansimando come se avesse compiuto la più grande delle fatiche.
-Bella, non ricordi?
Isabella scosse la testa.
-Cosa dovrei ricordare? Cosa sei?
Edward sospirò prima di parlare. Ecco perché si vedevano nel cimitero, e lei non lo capiva...
-Sono un vampiro..
Isabella spalancò gli occhi, dapprima sorpresa e terrorizzata, poi arrabbiata.
-E cosa aspettavi a parlarmene? Domani ci sposiamo, hai presente? Volevi forse iniziare con una menzogna?
-Io non volevo mentirti...
-Sì, come no...-disse lei, sarcasticamente-tutte le volte che ho sospettato qualcosa, lambiccandomi il cervello nel cercare di capire perché ci vedevamo in un cimitero e perché mai ti vedessi così strano, mi sono data della pazza da sola e ora scopro che ho sempre avuto ragione!
-Ascolta, nemmeno io sapevo di essere un vampiro fino a poco tempo fa...
Isabella incrociò le braccia al petto, lottando per non far scendere le lacrime che premevano prepotentemente agli angoli degli occhi.
-Ryan aveva ragione... perché non ammetti una buona volta di esserti preso gioco di me fin dall'inizio? Eri per caso d'accordo con Cullen per farmi togliere il bambino?
Edward rimase colpito dalla durezza di quelle parole e solo la sua espressione terrorizzata, che collegò erroneamente ai fatti appena accaduti, gli impedì di rispondere con un ringhio rabbioso.
-Isabella, stai dicendo che non vuoi più sposarmi?
Il suo tono era supplichevole, non voleva perderla di nuovo.
-Io... non lo so.-disse mentre si accarezzava il ventre.
-Bella, capisco che tu sia sconvolta perché per qualche strano motivo non ricordi tutto, ma ti chiedo per favore di lasciarmi spiegare come stanno le cose.
La ragazza annuì, staccandosi finalmente dal muro. Edward le toccò un braccio, ma lei si ritrasse istintivamente.
Il ragazzo sbuffò, ma non cercò più di toccarla poiché non voleva spaventarla più di quanto non lo fosse. Non doveva avere paura di lui...
-Scusami...
-Non è niente; piuttosto, perché non mi dici finalmente la verità?
-Sì, dunque... c'è un motivo per il quale non ho voluto dirti come ci siamo conosciuti, ma ora non posso più aspettare. Tu... beh, tu... ci siamo conosciuti nel bosco.
-...
-Tu ti eri persa, e io ti ho aiutata a ritrovare la strada. Non chiedermi cosa ci facessi nel bosco perché non lo so, so solo che il giorno dopo sei ritornata per vedere se c'ero e da quella volta abbiamo iniziato a vederci sempre più assiduamente.
Io non potevo uscire al di fuori del bosco o del cimitero per volere del capo della congrega e, anche se in seguito ho cercato di ribellarmi, in quei momenti mi trovavo sempre più in difficoltà nel rispondere alle tue domande. Avevo paura che dicendoti la verità mi avresti respinto, perché ormai io cominciavo a provare qualcosa per te.
Un giorno, però, ho preso coraggio e ti ho detto di essere un vampiro...-sorrise malinconicamente a quel ricordo così lontano-tu hai reagito in modo completamente diverso da come mi aspettavo. Mi hai preso una mano e l'hai appoggiata sul tuo cuore, dicendo che ero il primo e l'unico che lo faceva battere in quel modo.
-D-davvero?
-Si, Bella, davvero.
La ragazza si sentiva frastornata da quella rivelazione, sbatté le palpebre un paio di volte come se quel gesto avesse il potere di mettere tutto a posto.
-Ma... i vampiri non si nutrono di sangue? Sangue umano?
-Si, Isabella, anch'io mi sono nutrito di sangue ma dopo l'inizio della nostra storia avevo deciso di cambiare vita. Volevo farmi togliere i poteri da vampiro, ma ovviamente Cullen non ha acconsentito.
Bella, resistere al tuo sangue è stata un'ardua impresa ma giuro che non ti ho mai morsa, né ti ho fatto del male in qualsiasi altro modo. Sono un vampiro da quando avevo diciassette anni e oltre alla mia famiglia non avevo mai sentito di dover resistere al sangue di nessun umano, fino a quando non ho incontrato te...
-Ma i tuoi genitori avranno sicuramente notato che c'era qualcosa di strano in te, cosa dicevano vedendo che non mangiavi mai con loro?
-Avevano intuito che qualcosa non andava, ma col tempo ci hanno fatto l'abitudine. Vedi, noi vampiri non ci nutriamo solo di sangue, all'occorrenza possiamo mangiare anche del cibo umano.
Isabella ascoltava il monologo di Edward in silenzio.
-Quella notte, quando sei venuta nel bosco, avremmo dovuto fuggire insieme ma sono stato maledettamente debole. Cullen mi aveva costretto a rinunciare a te a suon di torture... l'ordine ricevuto era di ucciderti.
Le parole, ormai, uscivano come un fiume in piena.
-Ti ho inseguita fino al limitare del bosco, poi tu sei caduta e io ti sono balzato sopra per morderti. Quando però ho appoggiato i denti sul tuo collo, sono tornato in me e mi sono rifiutato di morderti.
Mentre Edward raccontava, Isabella si toccò il collo raffigurandosi davanti la scena del suo primo sogno. Adesso era chiaro il perché avesse quei due puntini impressi sulla carne...
-Ribellarsi al capo era come un crimine, così mi ha tolto i poteri da vampiro e la memoria, in modo che non potessi ricordare niente né di loro, né di te.
Esitò, incerto se aggiungere o meno quello che gli frullava in testa ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Doveva dirle tutta la verità.
-Anche Ryan ha subito la mia stessa sorte, o quasi. A lui, Cullen ha tolto solo i poteri da vampiro perché aveva osato aggredirlo.
A quel punto, la povera Isabella non resse più e cadde a terra, le gambe ormai ridotte a gelatina.
-Ryan era...
-Sì, anche lui era un vampiro. Lo hai conosciuto veramente in passato, te l'ho presentato io...
-Non capisco... perché Ryan avrebbe aggredito il suo capo?
-Davvero non riesci ad immaginarlo? Lui...
All'improvviso, Edward si irrigidì.
-Dannazione, vuole veramente venire qui! Non posso permetterglielo!
Il vampiro schizzò fuori dalla porta, lasciando Isabella per terra e con ancora più dubbi di prima.
Edward correva più veloce del vento tra le strade della città, cercando invano di percepire la presenza di Cullen dato che non gli era concesso leggere i suoi pensieri.
“No, è quasi l'alba! Devo sbrigarmi a trovarlo o rischierò di farmi vedere da qualcuno...”
Accelerò ancora di più il passo, fiutando l'aria che ora gli suggeriva di dirigersi in via Abyss, ubicazione della vecchia casa di Isabella.
“È lì... scommetto tutto quello che ho che quel maledetto è lì...”
Quando arrivò, non entrò dalla via che gli aveva mostrato Isabella ma sollevò senza sforzo una finestra sigillata dagli agenti.
Entrò nel salotto, adesso privo del cadavere di Ryan e lo perlustrò con lo sguardo prima di arrivare ad una delle poltrone sulle quali era seduto l'oggetto della sua ricerca.
Si guardarono per qualche minuto prima che uno dei due si decidesse a parlare.
-Guarda un po' chi si rivede; ne è passato di tempo, vero Edward?
-Già, che onore. Dimmi un po', come preferisci essere chiamato? Carlisle o James? Davvero astuta la  tua idea di assumere una doppia identità, complimenti...
-Vedo che col passare del tempo non hai perso la tua innata arroganza, dovresti chiamarmi capo come quando sei entrato nella congrega.
-Costringimi, se ci riesci... appena sono entrato ero uno stupido ragazzino, convinto che in voi avrei trovato qualcuno a cui appoggiarmi, non sapevo a cosa sarei andato incontro.
-Non sottovalutarmi, Edward. Fai ancora parte della congrega, in fin dei conti...
Il ragazzo sibilò, mostrando i canini bianchi.
-Io non faccio parte di nessuna congrega, mettitelo bene in testa.
Cullen rise, visibilmente divertito, e la cosa non fece che aumentare la furia cieca di Edward.
-Perché hai assunto Isabella? La Harrocks era d'accordo con te?
-No, povera donna... andava tutto bene finché non ha deciso di fare di testa sua. Ha disobbedito all'ordine dicendo ad Isabella che le avevo fatto togliere il suo marmocchio.
-Ma perché l'hai assunta?-ripeté Edward.
-Sei ancora uno stupido ragazzino se non hai ancora capito una cosa così elementare... l'ho assunta per tenerla e tenervi d'occhio. Dovresti aver capito che non intendo permetterti di abbandonare la congrega e considerare un onore l'aver riavuto i tuoi poteri...
-Capirai! Io volevo solo stare in pace con la mia Isabella.
Cullen fece una smorfia che esprimeva tutto il suo disgusto.
-Tale e quale a Ryan, due idioti.
-Ryan... lo hai ucciso tu, vero?
-È naturale,-ammise con leggerezza-ha tradito la congrega per colpa di quell'umana.
-Attento a come parli,-disse tra i denti-l'umana è la mia fidanzata.
-Ancora per poco...
Edward ignorò quella frase tanto sibillina e puntò su un'altra domanda.
-Perché lo hai ucciso qui dentro?
-Quell'idiota si è fatto inseguire parecchio.-commentò con un'alzata di spalle, mentre Edward cominciava a capirne il perché.
-Perché hai ammazzato il nostro bambino?
-Non potevo permettere che un mezzosangue venisse al mondo, ti pare?
-E le nostre famiglie?
-Mi erano di intralcio, volevano farvi ricordare.
Edward fece un altro respiro profondo quanto superfluo, poi ghignò.
-Tu sei proprio un idiota...
-Come osi? Credi di essere tanto meglio di me?
-Tanto non lo so, ma sicuramente abbastanza da capire che hai tralasciato il particolare più importante.
Cullen si accigliò.
-Ah sì? E quale sarebbe?
-Hai fatto i conti senza Ryan quando hai ucciso nostro figlio per non lasciarle collegamenti col passato. Isabella ha ricordato tutto.
L'uomo si alzò dalla poltrona sulla quale era seduto, procedendo a passi lenti e calcolati verso Edward.
-Primo: in che modo mio figlio Ryan avrebbe influito sulla memoria della tua umana? Secondo: sei proprio sicuro che lei abbia ricordato proprio tutto?
-Lascia che te lo dimostri, non sono mai stato molto bravo con le parole...-disse con sarcasmo, mentre apriva la sua mente, fino ad allora sapientemente sigillata, per permettere a Cullen di vedere del biglietto di Ryan per Isabella e della loro “gita” in quella stessa casa.
Il ghigno trionfante su quel corpo morto appariva ora più ovvio che mai.
Ryan era un vampiro, ma Cullen lo aveva prima privato dei suoi poteri e della sua immortalità e poi ucciso come venivano uccisi gli umani, con un morso dritto sulla giugulare.
Alla fine del “filmato”, Edward si aspettava di tutto tranne che di vedergli mantenere la solita espressione divertita.
-Allora non hai capito proprio niente. Ryan l'ha fatto apposta a farsi inseguire fino a qui, a farsi uccidere qui, per far sì che Isabella ricordasse tutto. Hai fallito...
-No, caro, qui l'unico che non ha capito nulla sei tu.
Edward ringhiò.
-Cosa diavolo vuoi dire? Spiegati meglio!
-Te l'ho detto prima: Isabella non può aver ricordato tutto, ed è merito mio.
Edward ruggì, rabbioso, e scattò in avanti bloccando Cullen la muro tenendo una mano sul suo collo.
-Cosa le hai fatto, maledetto?
L'altro, invece di divincolarsi, prese a ridere ancora più malvagiamente. Non cercò di liberarsi, benché avesse potuto riuscirci con una sola mossa.
-Con calma, ragazzo, con calma... sbaglio, o la tua Isabella non ricorda che prima che accadesse tutto lei non ti temeva?
Il ragazzo strinse di più la presa.
-No, non sbaglio...
-Cosa le hai fatto? Dimmelo!
Cullen, pur essendo bloccato al muro, non mostrava segni di impazienza. Sembrava anzi che stesse cercando di prendere tempo.
-Le ho fatto una fattura, revocabile in un solo modo...
-Quale?
Edward era sempre più impaziente; forse sarebbe riuscito a risolvere l'arcano e a vivere la sua vita con Isabella.
Poiché Carlisle rimaneva zitto, Edward iniziò ad urlare per la frustrazione e a stringere sempre di più le dita sul suo collo.
-Come si scioglie la fattura?
-Devi portarla nel bosco, nel luogo dove vi siete visti la prima volta e ripetere la scena del vostro incontro esattamente come quel giorno.
Edward tolse la mano dal suo collo e si preparò a schizzare fuori dalla finestra che era stata la sua entrata, ma Carlisle lo bloccò.
-Corri, corri pure da lei prima che sia troppo tardi...
Edward corse fuori, pregando con tutto il cuore che Isabella lo avesse aspettato e che fosse ancora disposta a sposarlo.
Una volta a casa, però, non la trovò. L'unica traccia era un biglietto lasciato accanto al telefono, sul mobile alla destra della porta d'entrata.
Lo prese con mani tremanti e lo aprì.

Edward, perdonami, ma non me la sento più di stare con te.
 Non posso ignorare il fatto che mi hai tenuto nascosta la verità per così tanto tempo,
non con un evento così alle porte. Dopotutto, se sei stato sul punto di
uccidermi una volta, potresti sempre riprovarci e riuscirci... non posso permettertelo.
Ho paura, anche se non per me, per questo quando leggerai questo biglietto
io mi sarò buttata nel fiume Aardiung.
Addio, mio unico ed eterno amore
.”

-Isabella... no!
Edward uscì di casa e nella fretta di aprire la porta la scardinò. Corse più veloce che poteva e quando arrivò al fiume e non vide nessuno, decise di tuffarsi in acqua.
Quando la vide, la afferrò per la vita e la portò immediatamente in superficie.
-Bella, amore, respira!-la stese per terra, pronto a praticarle la respirazione artificiale, quando lei aprì debolmente gli occhi.
-Ed-dward---
-Non ti sforzare, amore. Adesso ti porterò a casa e...
-Sono incinta...-lo disse flebilmente, ma lui la udì lo stesso. Per un attimo si dimenticò di tutto, della tragicità della situazione e del fatto che stava per annegare. Lui stava per diventare padre...
Quando, però, posò lo sguardo su di lei e vide che era morta, si lasciò andare ad un lungo e liberatorio urlo di dolore. Non un dolore fisico, ma un dolore che ti lacera fin dentro l'anima, anche se un'anima non ce l'hai più.
Non restandogli altro da fare, Edward prese in braccio quel corpo, anzi, quei corpi per dar loro una degna sepoltura. Non aveva saputo proteggerla e ora questo era tutto ciò che poteva offrirle, un ben misero dono.
“Dannata immortalità! Perché non posso raggiungerla?È chiedere troppo un po' di pace?”
-Isabella, amore mio, non temere. Prima o poi troverò il modo di raggiungerti e allora sarà per sempre.

Il mio amore è come una rosa rossa, ch'é da poco sbocciata in giugno:
il mio amore è come una melodia che é dolcemente e armoniosamente suonata.
Sì bella tu sei, mia leggiadra fanciulla, che pazzamente innamorato io sono;
e sempre io t'amerò, mia cara, finché non s'asciugheran tutti i mari;
finché non s'asciugheranno tutti i mari, mia cara, e non si fonderanno le rocce al sole;
e sempre io t'amerò, mia cara, finché scorrerà la sabbia della vita.
Addio, mio unico amore!
Addio per un poco!
Io ritornerò, mio amore, anche se a dieci mila miglia

 

***FINE***

 

Grazie, grazie di cuore a tutti quelli che hanno aggiunto la mia fic tra i preferiti o i seguiti ^__^, dopo queso capitolo credo che farò anche delle appendici per far parlare i personaggi ^^


eka: Ecco l'ultimo capitolo, spero ti piaccia ^^
lory_lost_in_her_dreams: Ecco svelato il mistero del perché il cuore di Edward non batte, spero che continuerai a seguirla perché la fic non é ancora finita^^
keska: Spero ti sia piaciuto questo capitolo ^^
lisa76:Sono felice che ti piaccia ^^
serve: Mi dispiace per il brutto finale, ma anche se é un po' drammatica spero vi piaccia lo stesso ^^
Michelegiolo: Grazie della recensione, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo ^^

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Capitolo 15
*** Appendice n. 1 ***


Appendice n. 1 riferita al capitolo 11: Ryan

Isabella... non vedo l'ora che arrivi in ufficio. Ancora non ci credo che ieri sono riuscito a baciarla, mi sembra ancora tutto così irreale!
Che questa sia finalmente la volta buona che riesco a strapparla dalle grinfie di Edward? Non ricorda niente, ma sono più che convito che prima o poi la metterà di nuovo in pericolo. Adesso che la parte più difficile è quasi passata, devo stare attento e sigillare bene i miei pensieri o Cullen li leggerà. Non voglio essere io l'artefice della morte di Isabella, perché è questo che accadrebbe se lui scoprisse cosa sto facendo.
Lo so, avevo detto che avrei rispettato il suo maledetto piano ma non si può certo pretendere una cosa del genere quando la persona che progetta di uccidere è proprio la donna che amo!
Lui oggi non c'è, perciò sono libero di agire... eccola che arriva!
-Ciao Bella, come va?
-Bene...
La vedo evasiva, strano, non è da lei. Che sia successo qualcosa?
-Bella, c'è qualche problema?
-No... sbrighiamoci ad iniziare o non finiremo più.
Quasi non mi guarda mentre mi si siede accanto e, contrariamente a quanto ci si possa aspettare, questo mi fa venire ancora più voglia di baciarla. Sono pazzo, vero?
Le poggio una mano sulla spalla e vado ad accarezzarle la guancia; la vedo chiudere gli occhi per un attimo per poi spalancarli all'improvviso prima di allontanarsi velocemente da me.
-Bella, cosa ti prende?
-Niente, scusami. Torniamo a lavorare, d'accordo?
-No, non sono d'accordo, adesso ti risiedi qui e mi dici qual è il problema.
Perché sembra così afflitta? È forse a causa mia?
Si siede di nuovo vicino a me ma non dice niente, forse si sente ancora confusa per ciò che è accaduto tra noi. Dopotutto è normale, devo darle tempo...
-Ryan...
-Si, Bella, cosa c'è?
-Dobbiamo parlare.
Non la sto guardando ma so per certo che dal tono che ha usato che non deve dirmi nulla di piacevole. Dannazione! Perché la vedo sempre così maledettamente bella?
Qualunque cosa sia successo, devo farle capire che le sarò sempre vicino...
-Edward torna stasera.
La vedo distogliere lo sguardo da me mentre cerco ancora di ingoiare la notizia. Quel maledetto, doveva tornare proprio ora che le cose stavano iniziando a girare per il verso giusto?
Cerco comunque di fingere indifferenza.
-Ah... e allora?
-Ryan, dobbiamo finirla.-sbuffò-Io confesserò tutto a Edward, dopodiché non ci vedremo più.
Isabella, non puoi farmi questo... non immagini che dolore mi stai provocando...
-Non vorrai lasciare il lavoro?
Stupido, ovvio che lo lascerà! Smettila, lo sai che ogni tuo tentativo di tenerla legata a te è destinato a fallire, sapevi anche che questo momento non sarebbe durato...
Metto a tacere la mia coscienza giusto in tempo per sentire quella risposta così simile ad una spada conficcata nel cuore.
-No, questo no, ma parlerò con tuo padre e gli chiederò di cambiarmi turno.
-Stai scherzando?-no, non puoi farlo...
-No, Ryan, non sto scherzando. È stato tutto un errore, non avremmo mai dovuto...
-Bella, non puoi dire sul serio. Edward è...
Maledizione, non avrei dovuto lasciarmi scappare questa frase, non ancora...
-È cosa?
Ti prego Bella, non arrabbiarti con me... io non ho mai attentato alla tua vita e se ti ho mentito è perché sono stato costretto.
-Allora?
È arrivato il momento di dirtelo, così magari capirai finalmente che Edward non ti merita affatto.
-È un mostro, ti ha sempre mentito. Non è quello che credi...
Oh, bravo Ryan, ottima mossa! Insultare il suo ragazzo è proprio il modo giusto di convincerla a rimanere con te, sai?
-Basta, ora stai esagerando. Non ti permetto di insultare il mio ragazzo.
-Bella, apri gli occhi! È colpa sua se sei finita in coma e...
-Si può sapere cosa stai blaterando? Edward mi ha salvato la vita, come potrebbe essere colpa sua? Nemmeno ci conoscevamo!
-Questo è quello che credi tu, ma lasciami finire di parlare per favore. Oltre a farti finire in coma, è anche colpa sua il fatto che abbiano profanato il tuo corpo privandoti del bambino che avevate concepito.
Ho colpito nel segno, vero? Ti vedo aprire e chiudere la bocca senza però dire niente, ti ho così sconvolta? Ne approfitto per rincarare la dose...
-Non l'hai letta la pagina internet?
Sono disposto a tutto pur di farti ricordare...
-Tu... come sei entrato in casa mia?
-Beh, io...
Non riesco a dire più di quelle due parole perché vedo arrivare il tuo Edward come una furia verso di noi. Quanto lo odio... io per salvarti sarei anche stato disposto a rinunciare a te, ma lui è stato maledettamente egoista e sapeva che quello probabilmente ti avrebbe fatto rischiare la vita.
-Tu! Damerino da strapazzo, non ti avevo detto di stare lontano dalla mia ragazza?
Non rispondo, altrimenti rischio di vomitarti addosso tutto il mio odio. Vorrei farlo, ma finire per allontanarla da me... invece voglio che scopra tutto da sola, in modo che capisca con che razza di persona ha a che fare.
-Non ti azzardare mai più a toccarla, o io ti...
-Edward, ti prego andiamocene...
-Maledizione, non che non me ne vado! Devo prima dargli una lezione.
Una lezione a chi, stupido umano? In quello stato non puoi certo sperare di farmi qualcosa, mi fai solo ridere.
-Cosa credi di potermi fare, eh idiota buono a nulla? Forse l'unico vantaggio ad esser tornato quello che ero e sono è proprio questo: tu non puoi più nulla contro di me.
-Edward, dai, andiamo via. Non vale la pena di mettersi nei guai...
-Va bene, andiamo.
Rimango indietro, incapace di fare qualsiasi cosa che possa fermarti e riportarti da me.
-Edward, mordila ancora e giuro che ti ammazzo!
È finita, è ufficialmente finita.
Ho fallito, e adesso tu te ne vai via con Edward, per la seconda volta. Isabella, io sono solo un vampiro ma ti ho amata come mai qualcuno ha amato in vita sua.
Edward non ricorda, per forza non sa che la prima volta che hai rischiato la vita è stato per colpa sua.
Sapevo che non sarebbe servito a nulla rivelarti tutto, ma per colpa della mia testardaggine non ho saputo resistere. Adesso non mi resta che stare a guardarti mentre sali in macchina con lui...
Urlo, urlo come mai ho fatto in vita mia. Urlo per la disperazione perché so che in questo modo ho firmato la mia condanna a morte, inutilmente perché non ho saputo lo stesso aiutarti.
Isabella, non sai quanto mi maledico per aver fatto entrare Edward nella congrega. Io ero il vampiro incaricato di reclutare nuovi adepti, i bersagli ideali o meglio quelli più facili da attirare erano gli adolescenti ribelli e stufi della loro vita.
Se lo avessi lasciato lì dov'era, sarebbe rimasto umano e tu non lo avresti mai incontrato così non non avresti rischiato la vita finendo in coma.
Mi alzò dall'asfalto del marciapiede, sotto lo sguardo stupito dei passanti che mi guardano come se fossi pazzo, e decido di tornare in ufficio solo per un momento. So che è inutile cercare di scappare, ma c'è un'ultima cosa che posso fare per aiutarti.
Prendo un pezzo di carta e comincio a scrivere, scrivo tutto quello che non ho potuto dirti a voce firmando così anche la mia condanna a morte.
Ecco, adesso che ho finito lo nascondo bene in modo che solo tu possa vederlo e spero che lo leggerai con attenzione perché è quella è la chiave dei tuoi ricordi.
-Ryan.
Una voce ferma mi chiama, so già chi è anche senza voltarmi.
-Girati, devo parlarti.
Un ordine, uno dei tanti ma l'ultimo a cui ubbidirò.
-Sei uno stupido bamboccio! Glielo hai detto!
-Io? Guarda che non ho detto proprio nulla...-negare, sempre negare.
-Non mentire, Ryan. Alec ti ha seguito!
Ecco perché non lo vedevo quasi mai, aveva mandato il suo tirapiedi a controllarmi perciò era tranquillo. Vedo i suoi occhi luccicare mentre mi si avvicina.
-Sai cosa comporta il tuo tradimento?
Certo che lo so, non sono poi così idiota! Ma se crede che mi lascerò uccidere senza farlo penare un po', beh, si sbaglia.
Infatti schizzo fuori dall'ufficio, in una direzione che conosco bene e lui mi è alle calcagna. Perfetto, direi che non ha compreso il mio piano data la mia bravura a chiudere la mente...
Quando arriviamo nella casa in via Aardiung, riesce a bloccarmi e a togliermi i miei poteri. L'ultima cosa che vedo prima di morire, a parte lui che si avvicina e che poggia i suoi denti sul mio collo, è una ragazza mezza morta distesa su un prato e non riesco a reprimere un ghigno di puro trionfo al pensiero che quella ragazza, molto presto, ricorderà tutto.


Non preoccupatevi, ragazze ^^
Si, é vero che il finale é stato un po' tragico ma non disperate che i colpi di scena non sono ancora finiti e lo capirete alla fine delle tre appendici ^^
Spero che abbiate la pazienza di leggere questi altri tre capitoletti, intanto grazie a tutte quante per avere seguito, letto e commentato la mia fic, quasi mi dispiace finirla ma mi consolerò leggendo le vostre recensioni ^^
Alla prossima,
besitos ^^

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Capitolo 16
*** Appendice n. 2 ***


APPENDICE N. 2 RIFERITA AL CAPITOLO 14: ISABELLA

O mio Dio... perché il suo cuore non batte? Lo sento irrigidirsi per la mia domanda, ma sarà solo una mia impressione. Sicuramente è la tensione per l'imminente matrimonio che fa scherzi, tutti gli umani hanno un cuore che batte... vero?
Alzo gli occhi verso di lui e un urlo mi scappa involontariamente mentre vedo le sue iridi rosse come due tizzoni ardenti.
Mi allontano da lui, appiattendomi contro il muro. Quello davanti a me non è il mio Edward, non può essere lui...
-Bella, non devi aver paura di me. Io...
Urla, e si accascia sul pavimento con una mano chiusa a coppa sulla bocca. Sembra soffrire davvero molto, sono tentata di avvicinarmi a lui per vedere come sta ma la visione di due canini improvvisamente più lunghi rispetto agli altri denti mi fa desistere dal mio proposito.
Lo vedo con orrore saggiarli con la lingua per poi tornare a guardarmi, come se solo per un momento si fosse dimenticato della mia presenza.
-Mio Dio, Edward... cosa sei diventato?
-Bella, non ricordi?
Cosa devo ricordare? Ditemelo, dannazione, non ne posso più!
-Sono un vampiro..
Silenzio. Un vampiro. Adesso mi sono chiare davvero molte cose...
-E cosa aspettavi a parlarmene? Domani ci sposiamo, hai presente? Volevi forse iniziare con una menzogna?
-Io non volevo mentirti...
-Sì, come no... tutte le volte che ho sospettato qualcosa, lambiccandomi il cervello nel cercare di capire perché ci vedevamo in un cimitero e perché mai ti vedessi così strano, mi sono data della pazza da sola e ora scopro che ho sempre avuto ragione!
La visione della nostra prima volta... il lenzuolo rimasto bianco... i canini che stavano attenti a non ferirmi... ora tutto assume un significato più che chiaro.
-Ascolta, nemmeno io sapevo di essere un vampiro fino a poco tempo fa...
Incrocio le braccia al petto, non so perché, forse per ostentare una spavalderia che in questo momento non ho o forse è solo un segno di protezione.
-Ryan aveva ragione... perché non ammetti una buona volta di esserti preso gioco di me fin dall'inizio? Eri per caso d'accordo con Cullen per farmi togliere il bambino?
Posso perdonare tutto, ma non chi uccide inutilmente una vita umana e un bambino, anche se non ancora nato, è una vita umana a tutti gli effetti.
Forse ho usato un tono più duro di quanto volessi, lo vedo cambiare espressione da furiosa a supplichevole.
-Isabella, stai dicendo che non vuoi più sposarmi?
Oddio... quasi quasi cedo, è così dolce mentre lo dice...
-Io... non lo so.
Porto istintivamente una mano ad accarezzare il mio ventre, voglio proteggerlo ed essere sicura che non rischi una seconda volta.
-Bella, capisco che tu sia sconvolta perché per qualche strano motivo non ricordi tutto, ma ti chiedo per favore di lasciarmi spiegare come stanno le cose.
Tutto cosa? Perché qui tutti sembrano saperne sempre più di me?
Sono distratta, quando sento improvvisamente una sua mano sul mio braccio e mi ritraggo
istintivamente.
-Scusami...
Sembra così dispiaciuto...
-Non è niente; piuttosto, perché non tagli corto e mi dici finalmente la verità?
-Sì, dunque... c'è un motivo per il quale non ho voluto dirti come ci siamo conosciuti, ma ora non posso più aspettare. Tu... beh, tu... ci siamo conosciuti nel bosco.
Sono senza parole. Nel bosco? E io cosa diavolo ci facevo in un bosco?
-Tu ti eri persa, e io ti ho aiutata a ritrovare la strada. Non chiedermi cosa ci facessi nel bosco perché non lo so, so solo che il giorno dopo sei ritornata per vedere se c'ero e da quella volta abbiamo iniziato a vederci sempre più assiduamente.
Io non potevo uscire al di fuori del bosco o del cimitero per volere del capo della congrega e, anche se in seguito ho cercato di ribellarmi, in quei momenti mi trovavo sempre più in difficoltà nel rispondere alle tue domande. Avevo paura che dicendoti la verità mi avresti respinto, perché ormai io cominciavo a provare qualcosa per te.
Un giorno, però, ho preso coraggio e ti ho detto di essere un vampiro...-sorrise malinconicamente a quel ricordo così lontano-tu hai reagito in modo completamente diverso da come mi aspettavo. Mi hai preso una mano e l'hai appoggiata sul tuo cuore, dicendo che ero il primo e l'unico che lo faceva battere in quel modo.
Mille pensieri mi passano per la testa in questo momento. Ricordavo perfettamente di essere scappata di casa per stare con lui ma questi avvenimenti che ha appena narrato non li ricordo proprio. Saranno accaduti veramente?
-D-davvero?
Delle mille parole che vorrei dire, riesco a balbettare solo questa.
-Si, Bella, davvero.
Sto per tirare un sospiro di sollievo, ma all'improvviso mi torna in mente un particolare che mi fa gelare il sangue nelle vene. La mia mano è sempre sul ventre, ma se è come penso...
-Ma... i vampiri non si nutrono di sangue? Sangue umano?
-Si, Isabella, anch'io mi sono nutrito di sangue ma dopo l'inizio della nostra storia avevo deciso di cambiare vita. Volevo farmi togliere i poteri da vampiro, ma ovviamente Cullen non ha acconsentito.
Bella, resistere al tuo sangue è stata un'ardua impresa ma giuro che non ti ho mai morsa, né ti ho fatto del male in qualsiasi altro modo. Sono un vampiro da quando avevo diciassette anni e oltre alla mia famiglia non avevo mai sentito di dover resistere al sangue di nessun umano, fino a quando non ho incontrato te...
-Ma i tuoi genitori avranno sicuramente notato che c'era qualcosa di strano in te, cosa dicevano vedendo che non mangiavi mai con loro?
-Avevano intuito che qualcosa non andava, ma col tempo ci hanno fatto l'abitudine. Vedi, noi vampiri non ci nutriamo solo di sangue, all'occorrenza possiamo mangiare anche del cibo umano.
Continuo a fissarlo ad occhi spalancati, come se il mio cervello si rifiutasse di credere a tutte queste affermazioni. È titubante, come se volesse aggiungere qualcos'altro e dopo qualche secondo ricomincia con le sue spiegazioni.
-Quella notte, quando sei venuta nel bosco, avremmo dovuto fuggire insieme ma sono stato maledettamente debole. Cullen mi aveva costretto a rinunciare a te a suon di torture... l'ordine ricevuto era di ucciderti.
Non credo che il mio povero cuore possa resistere ad altri colpi del genere...
-Ti ho inseguita fino al limitare del bosco, poi tu sei caduta e io ti sono balzato sopra per morderti. Quando però ho appoggiato i denti sul tuo collo, sono tornato in me e mi sono rifiutato di morderti.
O Mio dio... il sogno è realtà! Io, quando sognavo, anche prima del mio risveglio vedevo il passato. Il mio cervello cercava di avvertirmi del pericolo e io non l'ho mai ascoltato... che stupida...
-Ribellarsi al capo era come un crimine, così mi ha tolto i poteri da vampiro e la memoria, in modo che non potessi ricordare niente né di loro, né di te. Anche Ryan ha subito la mia stessa sorte, o quasi. A lui, Cullen ha tolto solo i poteri da vampiro perché aveva osato aggredirlo.
No! Anche questo no! Ryan...
-Ryan era...
-Sì, anche lui era un vampiro. Lo hai conosciuto veramente in passato, te l'ho presentato io...
-Non capisco... perché Ryan avrebbe aggredito il suo capo?
-Davvero non riesci ad immaginarlo? Lui...
Sto fissando il pavimento, ma posso sentirlo distintamente ringhiare. Cosa gli sarà successo? Ma, in fondo, a me importa davvero?
Lo vedo schizzare fuori dalla porta, senza preoccuparsi minimamente per me. Mi ha lasciata per terra, con più dubbi di quanti ne avessi prima della sua spiegazione.
“Magari è andato a caccia...”
Rabbrividisco a quel pensiero e, finalmente, dopo tre minuti buoni riesco ad alzarmi dal pavimento. Devo decidere cosa fare, adesso.
Sono incinta, posso fidarmi a mettere al mondo il figlio di un vampiro? Edward ha detto di non avermi mai fatto del male, ma se ha ceduto una volta può farlo ancora.
Sento improvvisamente mille brividi di paura percorrermi la schiena, come faccio a decidere su una cosa così importante?
E se scappassi? No, mi troverebbe sicuramente... i vampiri sono noti anche per il loro ottimo fiuto.
Sul mobile vicino alla porta vedo un foglio di carta e una penna, e istintivamente mi muovo verso di essi.
-Perdonami piccolo...-dico accarezzandomi per l'ennesima volta il ventre.
Non posso mettere al mondo una creatura che per padre ha un vampiro, potrebbe prendere la sua stessa natura.
Mentre scrivo, lascio finalmente che le lacrime a lungo represse sgorghino libere dai miei occhi.
Lo rileggo, e mentre lo rileggo cerco di convincermi che quello che sto per fare è la cosa giusta. Non me la sento di mettere al mondo un vampiro, non sopporterei di sentirmi responsabile per lui delle vittime umane uccise.

Edward, perdonami, ma non me la sento più di stare con te.
 Non posso ignorare il fatto che mi hai tenuto nascosta la verità per così tanto tempo,
non con un evento così alle porte. Dopotutto, se sei stato sul punto di
uccidermi una volta, potresti sempre riprovarci e riuscirci... non posso permettertelo.
Ho paura, anche se non per me, per questo quando leggerai questo biglietto
io mi sarò buttata nel fiume Aardiung.
Addio, mio unico ed eterno amore.


Ripiego accuratamente il biglietto, dopodiché esco in fretta da casa poiché so che devo assolutamente sbrigarmi o Edward arriverà e il mio piano andrà in fumo.
Il fiume Aardiung... non è distante da casa, così sono sicura di riuscire ad arrivarci abbastanza in fretta. Mi soffermo sul ponte a guardare le acque, rabbrividisco leggermente ma mi rifiuto di lasciarmi sopraffare dalla paura.
Faccio un passo, un altro e un altro ancora, finché non scavalco il parapetto e, sempre piangendo, mi butto in acqua.
A stento percepisco il rumore dell'acqua contro il mio corpo che vi ricade dentro a peso morto, è una sensazione mai provata prima. Mentre l'acqua mi entra nel naso e nella gola, mi sento come schiacciare i polmoni per la mancanza d'ossigeno...
Sto per lasciare questo mondo, e ancora adesso l'unica cosa a cui riesco a pensare è il mio Edward e al mio amore per lui che, nonostante tutto, non si spegnerà mai.
Lo sto pensando così ardentemente, così disperatamente, che mentre chiudo gli occhi per prepararmi alla mia dipartita definitiva mi sembra quasi di sentire le sue braccia forti e possenti cingermi la vita...


Keska: Vedrai che nell'ultima appendice ci sarà una sorpresa, una grande sorpesa... ^__-
serve: Gli ultimi capitoli sono tristi, ma non tutto é come sembra, ciao ^__-
simo87: Ecco la penultima appendice, spero ti piaccia ^__-

Grazie mille per tutte le recensioni, ragazze >///<

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Capitolo 17
*** Appendice n. 3 ***


APPENDICE N. 3 RIFERITA AL CAPITOLO 14: EDWARD

Maledetto Cullen! Non rientrerò mai nella sua congrega, voglio solo la mia Isabella!
-Come si scioglie la fattura?
-Devi portarla nel bosco, nel luogo dove vi siete visti la prima volta e ripetere la scena del vostro incontro esattamente come quel giorno.
Tutto qui? Perché mi sembra troppo semplice? Qui c'è qualcosa sotto... oh, ma chi se ne importa?! Devo correre da Bella, spiegarle tutto...
-Corri, corri pure da lei prima che sia troppo tardi...
Ridi, ridi... troppo tardi non è neanche da pensarlo, e poi conosco Bella meglio di lui e so che non farà niente di avventato senza prima aver ascoltato le mie spiegazioni.
Pochi metri... pochi passi... eccomi, sono arrivato a casa.
-Bella, sono qui, dove sei?
Niente, nessuna risposta. Che sia salita in camera nostra per riposarsi?
Mi precipito di sopra, ma niente: di lei non c'è nemmeno l'ombra. Allora torno di sotto, guardo anche in cucina ma tutta la casa è vuota.
-Bella, dove sei?
Sposto lo sguardo verso il mobile vicino alla porta, non so perché forse è l'istinto, e vedo un bigliettino. Lo prendo e, con le mani tremanti, lo apro.

Edward, perdonami, ma non me la sento più di stare con te.
 Non posso ignorare il fatto che mi hai tenuto nascosta la verità per così tanto tempo,
non con un evento così alle porte. Dopotutto, se sei stato sul punto di
uccidermi una volta, potresti sempre riprovarci e riuscirci... non posso permettertelo.
Ho paura, anche se non per me, per questo quando leggerai questo biglietto
io mi sarò buttata nel fiume Aardiung.
Addio, mio unico ed eterno amore.


Il mio cuore è morto da tempo, ormai, e ringrazio il cielo per questo perché altrimenti credo che sarei morto in questo istante.
-Isabella... no!
Mi sento gelare dentro, non è possibile che la mia Bella si sia suicidata! Devo sbrigarmi, chissà che non riesca ad arrivare in tempo...
Ecco il fiume Aardiung, non la vedo! Devo tuffarmi...
Eccola la mia Bella, con le mani giunte in segno di preghiera... la prendo per la vita e la porto immediatamente in superficie.
-Bella, amore, respira!-la stendo per terra, pronto a praticarle la respirazione artificiale, quando apre debolmente gli occhi.
-Ed-dward...
-Non ti sforzare, amore. Adesso ti porterò a casa e...
-Sono incinta...
Sono incinta.
Sono. Incinta.
Queste parole mi rimbombano in testa per un po'. Io diventerò padre...
-Bella, è fantastico...
Abbasso gli occhi su di lei e per poco non muoio anche io quando vedo i suoi bellissimi occhi adesso sono chiusi. La scuoto, ma niente, è morta.
Mi lascio andare ad un lungo e liberatorio urlo di dolore. Non un dolore fisico, ma un dolore che ti lacera fin dentro l'anima, anche se un'anima non ce l'hai più.
-Cos'altro mi resta da fare, adesso, se non di darti una degna sepoltura? Se solo tu avessi aspettato un altro po' adesso staresti ricordando tutto.
Non dovevi avere paura di mettere al mondo il figlio di un vampiro, se me ne avessi parlato  subito ti avrei detto che il bambino non eredita mai i poteri del padre. Sarebbe nato umano...
Vorrei piangere, sono talmente depresso che mi sembra di sentire addirittura il tuo cuore battere contro il mio petto...
Un attimo! Ma il tuo cuore sta battendo, allora sei viva!
-Bella, Bella!
Non mi rispondi, così ti poso di nuovo a terra e ti faccio la respirazione artificiale. Dopo un attimo ti risvegli, ma la paura è ancora radicata nei tuoi occhi.
-Bella, ti prego, ascoltami! Io non voglio farti del male in alcun modo!
-Edward, io...
-No, ti prego, lasciami parlare! Dobbiamo andare nel bosco, lì ricorderai tutto e...
Non posso più continuare perché all'improvviso mi hai abbracciato, allacciando le tue esili braccia attorno al mio collo. Rispondo al tuo abbraccio, mi sei mancata terribilmente e la prospettiva di passare l'eternità senza di te... fa venire i brividi solo ad immaginarla.
-Edward, ti amo. Scusami, so che il mio gesto è da irresponsabili e vigliacchi, ho rischiato di far soffrire anche te solo per la mia paura.
-Di cosa hai paura? Ti ho già detto che sei al sicuro...
-Ma il bambino... nascerà vampiro, e io...
-Non nascerà vampiro, ma questo non potevi saperlo... non lo sapeva nemmeno Cullen, per questo ha ucciso il nostro primo figlio. Sarai, anzi, saremo tutti al sicuro. Ti chiedo solo di fidarti di me...
Ti vedo abbassare la testa e annuire debolmente. Che stupido, è ovvio che tu sia debole; hai appena tentato di suicidarti!
Sussulti appena quando ti prendo in braccio, ma per fortuna non ti opponi. Non credo che potrei sopportare un altro rifiuto da parte tua.
Cullen crede che tu sia morta, dobbiamo fare in fretta e andare subito nel bosco.
-Te la senti?
-Se servirà a farmi ricordare, sì. Andiamo.
-Bene, era proprio quello che volevo sentire.
Arriviamo in un baleno nella radura, la nostra radura e percepisco in te ancora un po' di paura poiché non ricordi assolutamente di non avermi temuto in passato. Non ricordavi nemmeno che io fossi un vampiro!
-Ti fidi di me?
-Sì...
Ripetiamo la scena del nostro incontro, io mi sdraio sotto il grande albero e tu arrivi da dietro i due cespugli che coprono l'entrata della radura.
Quando ti avvicini a me, io alzo la testa e ti guardo facendo in modo di trovarci occhi negli occhi.
Quando i nostri sguardi si incrociano, vedo le lacrime rigarti le guance e nello stesso tempo te che corri verso di me. Mi abbracci, mi baci e mi chiedi scusa per non avermi ricordato prima.
-Non è colpa tua, Cullen ti aveva fatto una fattura e adesso crede che tu sia morta...
-Stavo per farlo davvero, mio Dio scusami Edward! Stavo per uccidere anche il nostro bambino, quando in passato avrei fatto fuoco e fiamme per difendere quello che Cullen ci ha tolto...
Non ti lascio finire di parlare che ti bacio di nuovo. Mi stacco e ti ribacio, lo rifarei fino all'infinito ma c'è ancora un ostacolo da superare.
-Bella...
-Sì, Edward?
-Ecco, io, sono un vampiro...
-Lo so, non mi interessa. Ti amo così come sei.
-Lo so che mi ami, anche io ti amo, infatti il problema è un altro.
Vedo il tuo splendido sorriso incrinarsi.
-Quale, Edward?
-I vampiri sono immortali, ma gli umani no.
Abbassi lo sguardo, non so cosa tu stia pensando ma spero che non vorrai lasciarmi di nuovo. No, adesso che hai ricordato non lo farai...
Dopo un attimo, con mio grande stupore, ti vedo alzare la testa e scostare i capelli dal collo.
-Mordimi, Edward...
-Io non posso...
-Perché no?
-Io... non sono capace, non so come si conferiscano i poteri ad un nuovo vampiro.
-Magari si può anche fare così, trasformami nel modo tradizionale, avanti...
Mi avvicino... di più, sempre di più... appoggio i denti sul tuo collo, come sei morbida...
-Bella, ti amo...
-Anch'io, Edward...
Affondo i denti, succhiando un po' di sangue e mi rialzo subito da te pregando con tutto me stesso di non averti uccisa.
-Ed-dward... ti amo...
-Bella, amore mio!
-N-non temere, starò bene...
Chiudi gli occhi, ma stavolta sono sicuro che li riaprirai e quando lo farai sarai condannata insieme a me. Saremo entrambi all'inferno, ma ciò che importa è che saremo insieme.


ç__ç no, adesso che questa fic é giunta alla fine mi viene da piangere!!!!!
Spero comunque che vi sia piaciuta, e che abbiate gradito il finale alternativo che ho appena postato ^^
Baciotti,
Kikyo90

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Capitolo 18
*** EPILOGO PARTE PRIMA ***


EPILOGO - PARTE PRIMA

-Jarlath, vieni subito qui!
-Mamma, per favore...!
-No, è ora di andare a dormire piccolo diavolo...
Starete pensando se per caso Bella non sia impazzita nel chiamare suo figlio “piccolo diavolo”, ma vi assicuro che anche voi lo fareste se dovreste corrergli dietro ogni sera per metterlo a dormire.
-Ecco, ti ho preso! E ora, a nanna...
-Mamma, ma i vampiri non dormono!
-Infatti, ma tu sei umano e come tale devi andare a dormire. E poi, chi ha detto che i vampiri non dormono?
Ecco Edward, arrivato al momento giusto.
-Papà, tu sei un vampiro e non dormi mai. Perché io devo andare a letto?
-Primo: tu, come ho detto prima, sei umano e devi dormire; secondo: ti assicuro che anche i vampiri dormono, eccome se dormono. Vero, Bella?
Bella annuì, convinta mentre spariva nella cameretta del suo bambino.
-Ecco qui,-disse mettendolo nel lettino-adesso ti rimbocco le coperte... buonanotte Jarlath.
-Ce l'hai fatta?-chiese Edward una volta che la moglie fu tornata in salotto.
-Sì... non hai idea di quanta energia abbia quel marmocchio...
-Come noi quando eravamo umani, ricordi?
-Oh, sì che ricordo. Non ho mai smesso di ringraziare il cielo per il fatto che tu sia arrivato in tempo per salvarmi, anzi per salvarci, la vita quel giorno.
Bella si accomodò sul divano accanto a suo marito, che le cinse affettuosamente le spalle prima di baciarla.
-Anch'io, Bella, anch'io.
-Edward, Cullen non ci troverà stavolta, vero?
I due, per vivere tranquilli la loro vita e sposarsi in santa pace avevano dovuto abbandonare la cittadina di Willdenlow e rifugiarsi nella tranquilla e solitaria Forks.
Il matrimonio era stato celebrato in segreto, senza testimoni e solo con un vecchio prete in una vecchia cappella sperduta.
Edward si voltò, sentendo Bella sospirare.
-Cos'hai, amore?
-Stavo pensando alla mia trasformazione, ricordi?
-E come potrei dimenticarlo? Non ti svegliavi più, ero terrorizzato dal fatto che potevo averti uccisa...

*** FLASHBACK***
Un morso, uno solo ben affondato nella giugulare di Bella... Edward succhiò avidamente un po' di sangue quando rinsavì, pensando che quella che aveva tra le braccia era la sua futura moglie e non una vittima qualsiasi.
“Mio Dio, fa che si svegli... io non sono stato trasformato così, quella feccia di Cullen mi ha dato i poteri...”
Bella si accasciò tra le braccia di Edward, una goccia di sangue colava sul suo collo fino a macchiare la camicetta bianca che indossava.
Un urlo, un secondo urlo e un terzo fecero capire al ragazzo che lei stava soffrendo e fu
come se in quel momento stesse soffrendo con lei.
-Amore...
In risposta solo un altro urlo lancinante.
-Aspetterò che ti risvegli, perché tu ti devi risvegliare...

12 ORE DOPO

Dopo dodici ore di acuta sofferenza, Bella era totalmente immobile tra le braccia di Edward. Non un segno di vita proveniente da quel corpo, ormai anche esso congelato come quello del ragazzo.
Non avrebbe dovuto preoccuparsi tanto per l'assenza di respiro, i vampiri non ne hanno bisogno, ma gli pareva talmente immobile da sembrare morta.
“Idiota! Certo che per diventare un vampiro deve essere morta...”
-Bella...
Non ricevendo alcuna risposta, fece vagare lo sguardo sul corpo della ragazza. Restava ancora un mistero, per lui, il perché i corpi cambiassero così tanto dopo la trasformazione.
Il viso di lei era diventato ovale e pallido, bellissimo tanto da sembrare quello di una bambola di porcellana, i capelli prima castani erano diventati come l'ebano. Il seno, poi... beh, da una terza si poteva dire fosse lievitato fino ad una quarta abbondante.
Riscuotendosi dalla contemplazione di quel corpo, si disse che non era normale che non si fosse ancora risvegliata.
-Amore, svegliati! Bella!
Posò una mano sul suo cuore, ma ovviamente non batteva più.
-Mio Dio, dimmi che non ti ho uccisa...
-C-certo che mi hai uccisa, scemo...
Edward sussultò. Bella ce l'aveva forse con lui?
-... ma non ne potrei essere più felice. Mi sono svegliata, hai visto che è andato tutto bene?
Bella, non ricevendo risposta, rivolse lo sguardo verso Edward e gli mollò un leggero buffetto quando vide che non la guardava esattamente negli occhi.
-Sei un maniaco...
-Dovrei offendermi per le tue accuse infondate,-disse con finto tono offeso-ma sono felice che tu mi abbia chiamato così.
Rise vedendo che lei inarcava le sopracciglia.
-Non ricordi? Mi hai chiamato in questo modo un sacco di volte quando eravamo ancora umani e senza memoria.
L'espressione di Isabella si addolcì a quei ricordi. Nonostante tutti i complotti di Cullen, erano ancora riusciti a rimanere uniti.
-Dai, amore, ti porto a casa...
Edward si alzò da terra e prese in braccio la sua fidanzata per portarla a casa, ma con l'intenzione di scappare non appena se ne fosse presentata l'occasione...

TO BE CONTINUED...


Ecco qui l'epilogo, diviso in più parti, spero che vi piaccia ^__^

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Capitolo 19
*** EPILOGO PARTE SECONDA ***


-Edward, dove stiamo andando?
-Lontano da qui, amore, lontano da qui...
Isabella si era rimessa un po' in forze, aveva mangiato e si era dichiarata pronta a seguire il ragazzo ovunque lui ritenesse necessario andare.
“Sfrutterò la mia capacità di chiudere i miei pensieri, non potrà capire dove siamo diretti...”
-Bella, mi raccomando, è indispensabile che tu controlli al massimo i tuoi pensieri. Cullen può sentirli...
-Non ti preoccupare, farò del mio meglio.
Dopo un ultimo sguardo alla loro casa, che aveva visto nascere il loro amore, si voltarono e scapparono alla velocità della luce.
-Scusa, non potrò dirti dove siamo diretti finché non saremo abbastanza lontani dalla città. Tu stai bene?
-Sì, certo...
-E il bambino?
-Anche lui, o lei-disse Isabella sorridendo.
La ragazza, però, anche se non lo dava a vedere era preoccupata per quella gravidanza. Quando sarebbe nato il bambino? Era come una normale gravidanza umana?
Si sa che un corpo morto non poteva partorire, ma forse sarebbe stato più pericoloso per lei partorire da umana.
“Ma che cavolo sto dicendo? Se Edward non fosse arrivato a salvarmi, a quest'ora sarei morta... devo smetterla di farmi queste seghe mentali...”
-Edward...?
-Sì, amore?
-Credo di avere un po' di fame, o meglio credo che il bambino abbia un po' di fame.
Il ragazzo si fermò e rallentò la loro corsa.
-Pensi di poter resistere un altro po'? Stiamo per arrivare nel bosco, lì ci sarà sicuramente qualche animale...
-Ma non posso mangiare del normale cibo umano, come fai tu?
-Mi dispiace, ma non puoi ancora farlo. I neonati, per qualche tempo, possono ingerire solo sangue e a meno che tu non voglia azzannare qualche umano...
-Oh, no, per carità!
La sola idea fece rabbrividire Isabella. Lei non avrebbe mai attaccato un umano...
Arrivarono nel bosco e, guidata dall'istinto, la ragazza fece fuori ben due cinghiali e un cervo.
-Bene, adesso che hai mangiato possiamo andare... ora te lo posso dire, siamo abbastanza distanti da Cullen e non può più sentire i nostri pensieri.
-Dove siamo diretti?
-A Forks, è una città molto tranquilla nella quale ci sono altri vampiri.
-Fanno anche loro parte di qualche congrega?
-No, anche se vivono insieme non sono una congrega. Direi, piuttosto, una famiglia... una volta a Forks ci sposeremo, così quando nascerà il bambino avrà una vera famiglia.
-Non vedo l'ora... quanto manca?
-Pochissimo, siamo quasi arrivati.
Giunsero in città poche ore dopo, Bella un po' affaticata dal lungo viaggio e leggermente affamata. Prima di poter cercare un prete che li sposasse dovettero andare a caccia.
-Dov'è la cappella?
-Nel bosco, nascosta dagli alberi...
Quando arrivarono, videro che non erano soli. All'interno della cappella, infatti, c'erano altri due vampiri oltre al prete.
-Alice, sono felice di vederti.
-Anch'io, Edward. Così, lei è Bella?
-Sì, la mia futura moglie. Cullen non ci può trovare qui, vero?
-No, state tranquilli. Se accadrà qualcosa io lo vedrò.
-In che senso lo vedrai?-chiese Bella.
-Beh, io vedo il futuro nel momento in cui una persona prende una decisione, non so se mi spiego...
-Tutto chiaro...
Bella sorrise a quella che aveva capito stare per diventare la sua nuova famiglia.
La cerimonia fu molto semplice, e a lei non importava nulla di non essere riuscita a prendere il suo abito da sposa, cosa di cui Edward invece si rammaricava parecchio.
-Ed, l'unica cosa importante è essere qui con te e il nostro bambino. Hai capito?
Il ragazzo la baciò, suggellando così la loro unione e estremamente felice e orgoglioso di essere uno dei pochi a cui non mancava niente.
Cosa poteva volere di più dalla vita? Era riuscito a liberarsi di Cullen, aveva di nuovo sua moglie e stavolta non l'avrebbe mai più persa e di lì a poco avrebbero avuto anche un figlio...

TO BE CONTINUED...

Salve a tutti ^^
Grazie mille di tutti i commenti che avete scritto, me molto felice >///<
Questo è il penultimo capitolo, dopodiché questa fic finirà (un po' mi dispiace ç__ç)...
Vabbé, detto questo vi lascio ai commenti ^^

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Capitolo 20
*** EPILOGO PARTE TERZA ***


ATTENZIONE: IN QUESTO CAPITOLO C'É UN LIEVE SPOILER DI BD

-Come stai, Bella?
-Benissimo, Alice, perché?
-Volevo dire, non senti nessuna particolare contrazione? Ormai dovrebbe quasi nascere, bambino...
-No, nessuna contrazione. Ma il bambino nascerà umano o vampiro?
-Umano, nelle mie visioni è umano perché lo avete concepito quando Edward era ancora umano.
-Bene...
Ormai, dato che era passato un po' di tempo, Bella poteva nutrirsi non solo di sangue ma anche di cibo normale. La famiglia che li ospitava, gli Evans, preferivano il sangue ma non predavano esseri umani, bensì animali.
A Bella non piaceva troppo il sangue, ma era costretta a berlo poiché il bambino sembrava andarne matto.
-Rose...
-Ho capito, ti prendo un altro bicchiere.
-Grazie...
La famiglia era composta da due adulti, Esme e Aaron, e da quattro ragazzi: Emmett, Jasper, Rosalie e Alice.
Qualcuno di loro aveva anche qualche strano potere che aveva portato con sé dopo la trasformazione. Emmett la forza, Jasper sapeva manipolare le emozioni altrui e Alice vedeva il futuro.
Erano subito andati d'accordo, probabilmente sapevano del loro arrivo da parecchio tempo date le doti di Alice.
-Ecco, tieni Bella.
-Grazie mille, Rose...
Quando il bicchiere fu in mano sua, Bella iniziò a bere con gusto ma poco dopo smise di colpo poiché dall'interno della sua pancia si sentì uno strappo all'altezza dell'utero.
-O mio Dio...
-Edward, stai calmo.
-Alice, come faccio a stare calmo? Mia moglie sta per partorire, il bambino la sta lacerando da dentro anche se è una vampira e non posso fare nulla!
-Ti ho detto stai calmo! Ti fidi di me?
-Sì...
-Allora non agitarti, andrà tutto bene.
Aaron prese Bella in braccio e la portò nel suo studio di sopra dove aveva tutte le attrezzature mediche necessarie.
-Per fortuna che sei già stata trasformata, Bella, altrimenti credo che te la vedresti piuttosto male...
Il bambino, seppur umano, le stava facendo patire le pene dell'inferno. Scalciava come un matto, di sicuro gli mancava l'aria e non vedeva l'ora di uscire fuori.
-Bella, adesso devi spingere...
Benché non ne avesse bisogno, accelerò il respiro fino ad ansimare dallo sforzo.
-Forza, vedo la testa...
-Sta bene? È sano?-chiese tra un respiro e l'altro.
-Sembra di sì, un altro piccolo sforzo... eccolo fuori!

Il bambino era nato, era bello grosso ed era anche in perfetta salute.
-Dammelo, per favore, voglio tenerlo...
Aaron glielo mise in braccio, ancora sporco di sangue e in quel momento se Bella avesse potuto piangere avrebbe di certo inondato la casa.

***FINE FLASHBACK***

Erano passati quattro lunghi anni da quando erano dovuti scappare da Willdenlow per rifugiarsi a Forks ma ora non lo rimpiangevano.
Avevano la loro vita, il loro bambino e una famiglia su cui potevano contare per qualsiasi cosa.
-Amore?
Bella si riscosse. Erano ancora sul divano, abbracciati e stretti in una morsa d'acciaio che nessuno dei due sembrava voler sciogliere.
-Sì, cosa c'è amore?
-A cosa stai pensando? Ti vedo così assorta...
-Sto pensando a quando è nato il nostro bambino, il nostro piccolo diavoletto...
Benché Bella lo definisse sempre allo stesso modo, era chiaro che gli voleva un bene immenso.
-Siamo stati fortunati.
-Hai ragione, pensa se tu non mi avessi trasformata... ti amo, e sono contenta di passare la mia eternità insieme a te.
Edward la guardò con infinita tenerezza prima di chiuderle la bocca in un altro interminabile bacio.


Allora, un paio di spiegazioni: la famiglia Cullen che tutti noi conosciamo nella mia storia è stata leggermente modificata. Poiché qui Carlisle Cullen era il cattivo, l'ho sostituito e il marito di Esme è un nuovo personaggio da me inventato (Aaron) che anche lui fa il dottore.
Il loro cognome è Evans invece di Cullen, mentre per gli altri membri non è cambiato nulla.
Spero che la mia fic vi sia piaciuta e ringrazio infinitamente chi l'ha inserita tra i preferiti e i seguiti e chi ha pazientemente commentato ogni capitolo.
Grazie ragazze, alla prossima fic ^^

http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8705353 (Inuyasha Contest – la magia di una frase)

http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8733990 (Multifandom Contest – Immagini e canzoni)

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http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8758908 (Twilight – New Moon – Eclipse – Breaking Down – Contest con sorpresa)

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