Remember When di _browns eyes_ (/viewuser.php?uid=191037)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** capitolo 27 ***
Capitolo 1 *** capitolo 1 ***
ahahaha
Remember When
Remember When
It was together ‘til the end
Now I’m alone again
Where do I begin?
(Remember
When by Avril Lavigne)
“Louis William Tomlinson,
cantante della famosa boy band anglo-irlandese One Direction, all’età di 20
anni, diventerà padre. Eccovi i dettagli dell’intervista fatta qualche giorno
fa al cantante.
Buona
lettura,
the Sun”
Buona
lettura al diavolo! Esclamai tra me posando il giornale sulla scrivania e
passandosi una mano tra i capelli. Oramai tutti i giornali mondiali non
facevano altro che parlare di questo avvenimento. Era l’avvenimento dell’anno
sembravano che tutti erano entusiasti. Ma entusiasti di cosa? continuavo a
chiedermi, toccandomi la pancia che al terzo mese iniziava a vedersi, e
dirigendomi alla finestra. Alla fine non
erano loro ad avere un bambino, ma io e Louis e allora cos’era tutto questo
interessamento?.
-Amore, andiamo ci stanno aspettando- disse Louis entrando in camera da letto. Sospirai
e annuii leggermente. Louis si avvicinò a me e mi baciò il collo lentamente perché
sapeva che mi rilassava e mi faceva impazzire.
-Ce n’è un altro?- chiese esasperato il castano notando il giornale sulla scrivania.
-The Sun non poteva non mancare- esclamai ironica iniziandomi a mangiucchiare
le unghie presa dal nervoso. Era stato sempre la mia brutta abitudine, iniziò
quando il professore di letteratura se la prese con me perché non avevo fatto
la ricerca su Shakespeare. Che buffo, non trovate? Beh da lì iniziò il mio
problema. Cercherò di non trasmetterlo a mia figlia o figlio, ma devo
confessarvi una cosa, ogni volta che mi tocco la pancia mi immagino che dentro
mi me ci fosse una bambina. Non mi chiedete il perché, ma è come un sesto senso.
-Vedrai
che finiranno, devi avere solo pazienza-
In
quel periodo entrambi cercavamo di tenerci il più lontano possibile dal mondo
dei pettegolezzi, ma ogni volta che uscivamo di casa qualche paparazzo saltava
fuori dal nulla e iniziava a farci domande su domande. Ma un po’ di rispetto
questi non c’è l’avevano? Mi chiedevo ogni volta tra me la ragazza sotto i
flash, ma poi mi rispondevo: “Sta calma Brooke, non puoi fare ne gestacci, ne
mandarli a quel paese. Rovinerebbe l’immagine di Louis” e questo non volevo che
capitasse. Anche Louis insieme ai ragazzi cercavano di aiutarmi, tramite post
su facebook o tweet su twitter, ma ebbero scarsi risultati. Alle interviste
obbligavano gli intervistatori di non far uscire con questa storia della
gravidanza, ma anche questo non funzionò.
-Lou,
diamine, più pazienza di così? Spiegami cosa devo fare! Più li ignoro e più
continuano ad assillarmi. Non posso uscire senza essere attaccata da un
paparazzo e dalle sue domande. Non possiamo andare a prendere le cose per la
bambina o bambino senza essere costretti a correre per superare le tue fan. Io
non ce la faccio più- dissi frustrata con delle lacrime che iniziavano a
coprire i miei bellissimi occhi verdi.
-Lo so che è difficile, ma dobbiamo tenere duro per un altro po’, ok? E poi non
sei sola ad affrontare tutto questo. Ci siamo io, i ragazzi e la mia famiglia-
m’incoraggiò prendendo il mio viso tra le mani e facendo incrociare miei occhi
verdi con i suoi azzurri come il mare. Sospirai e annuii.
-Ora
mostrami il sorriso di cui mi sono innamorato-
Risi e gli feci un sorriso come voleva lui.
-Questa
è la mia piccola Brooke. Ora andiamo se no Lottie si arrabbia-
-Lottie è qui?- chiesi sorpresa
-Si, Harry ha insistito tanto per farla venire-
-Capito- risposi prendendo la felpa e insieme al mio fidanzato uscimmo. Raggiungemmo la limousine dentro la quale
c’erano i One Direction, Lottie, Perrie e Megan. Lottie era la sorella di
Louis, ma anche la fidanzata di Harry, se non mi sbaglio stanno insieme da
qualche anno ormai. Lottie era una bella ragazza, alta, magra, con dei capelli
biondo oro che cadevano fino alla schiena; due occhi azzurri ereditati come il
fratello dalla madre; Lottie aveva diciassette anni ed frequentava la Doncaster Accademy per migliorare il suo
balletto, e finito il liceo partirà in tournèe con una compagnia di ballo. Ero
così orgogliosa di lei. Il nostro rapporto era abbastanza stretto, ci
trattavamo come sorelle nonostante ci conoscessimo da circa qualche anno.
Perrie anche lei era bionda al naturale, solo che per qualche ragione il colore
dei suoi capelli passò da biondo a rosa, per poi da rosa al lilla non riuscivo
più a darle un soprannome perché prima la chiamavo bionda, invece ora dovevo
trovarle un nuovo soprannome. Io e lei eravamo amiche dalle medie, eravamo inseparabili,
beh anche adesso lo siamo e devo ringraziarla perché grazie a lei ho conosciuto
Louis. Perrie era una cantante del gruppo Little
Mix, era una ragazza dolce e sensibile. Stava con Zayn da tanto tempo, li
adoravo come coppia. Erano buffi insieme, ma tanto dolci.
Infine Megan, ragazza di Liam, era quella nuova nel gruppo anche se la
trattavamo ormai come una di famiglia. Era davvero simpatica e solare; aveva
circa diciannove anni, aveva i capelli nero misto al castano; una cosa che mi
colpì subito di lei era il fatto che voleva aiutare sempre il prossimo, infatti
una volta io e Pezz l’avevamo scoperta in un vicolo di New York a dare cibo ai
senza tetto. Aveva davvero un cuore d’oro quella ragazza. Megan frequentava
l’università di Oxford, e ogni tanto aiuta i ragazzini con le ripetizioni, lei
ci diceva sempre che le servivano soldi per pagare l’affitto dell’appartamento
e con lo stipendio mensile che le davano Alla
Bella Luna non ce la faceva. Anche se Liam a volte la costringeva ad
accettare i soldi che le dava almeno per coprire quello che riusciva, lei
cercava di ridarglieli, ma Liam non li accettava mai e così finivano per
litigare. Che coppia eh?
-Ce
l’avete fatta- esclamò Niall
-Già- risposi con un’alzata di spalle, tutti si girarono preoccupati per me,
mentre Louis stringeva la stretta sulla mia mano.
-Si risolverà tutto- mi sussurrò all’orecchio, ma quello non mi faceva nessun
effetto perché sapevo che avrebbero continuato finché non partorisco.
-Si se abortisco, certo che finirà tutto- gli risposi malamente, ma lui non se
la prendeva perché sapeva che stavo passando un momento difficile. Ok devo
ammetterlo quando mi sono fidanzata con lui sapevo a cosa andavo incontro,
mentre adesso volevo quell’invisibilità che possedevo fino qualche anno fa,
quando nessuno mi riconosceva, se passavo per strada. Mentre ora se passo per la strada con Louis, milioni di ragazzine urlanti
gli vanno addosso chiedendogli foto, autografi, sinceramente mi fa piacere che
ha delle fan, ma a volte erano troppo evadenti. E ora che sono incinta, come
far nostra figlio o figlia ad andare in giro? Scossi la testa e mi concentrai
di nuovo sulla strada.
-Che è successo questa volta?- chiese esasperata Lottie
-The Sun. Ecco cosa è successo-
risposi
-Anche quello? Lou dobbiamo intervenire. I paparazzi del the Sun sono terribili. Non vi lascerebbero neanche un minuto-
esclamò Zayn
-Lo so- disse soltanto per poi iniziare a scrutarmi. Odiavo quando lo faceva,
mi dava una sensazione di fissazione che non riuscivo a sopportare.
-Ti amo- mi sussurrò all’orecchio con un tono dolce per poi baciarmi il mio
punto debole.
-Anch’io- sorrisi per poi far combaciare
le nostre labbra.
#Tre mesi dopo: Dal ginecologo
-Pronta Brooke?- mi chiese Kate, la ginecologa, indicandomi il lettino. Annuii
dirigendomi con Louis alle spalle al lettino. Mi sdraiai e mi tirai su la
maglia scoprendo la pancia che ormai era al sesto mese. Louis mi guardava
ansioso. Stavamo per scoprire il sesso del bambino. A casa tutti avevano
scommesso che fosse maschio, a me sinceramente non faceva differenza perché
l’avrei amato con tutto il mio cuore. E lo stesso valeva per Louis. Lui mi
prese la mano e mi sorrise ampiamente.
Kate si avvicinò e mi mise il gel e iniziò a esaminare.
-Pronti a scoprire se è maschio o femmina?-
Noi
annuimmo. Chiusi gli occhi aspettandomi di tutto in quel momento.
-Sono felice di comunicarvi che è una bellissima bambina- esclamò entusiasta
Kate.
Aprii gli occhi di scatto e guardai l’ecografia con qualche lacrima di gioia.
Poi mi girai verso Louis che stava letteralmente piangendo e questo mi fece
rallegrare.
-La piccola Tomlinson- dissi a Louis
-La piccola Tomlinson- ripeté lui sorridendomi e baciarmi.
#Un mese dopo
-Non
la chiamerò Emily- esclamò Louis dopo il nome ridicolo e troppo comune che
aveva trovato Harry
-Dai Lou, Emily è carino- cercò di difendere il fidanzato Lottie
-Lottie zitta! Non difenderlo-
-Eddai Lou, non prendertela con Harry- lo riprese Felicite
Eravamo tutti a casa Tomlinson quella sera, Jay voleva darmi dei consigli per
la gravidanza e la ringraziai e dopo che scoprì che è femmina, mi diede dei
giocattoli che le gemelle non utilizzavano più.
-Abgail?- propose Jay
-Oddio questo è peggio- esclamò il figlio mettendosi le mani alle orecchie
mentre la piccola Daisy si mise a ridere tra le braccia del fratello.
-Perché non Leila?- propose Lottie
-Sheyleen- esclami all’improvviso mentre
tutti spostarono lo sguardo su di me.
-Sheyleen?- chiesero dubbiosi Harry, Louis e Mark mentre io mi limitavo ad
alzare le spalle.
-A me piace- esclamò Phoebe seguita dall’annuire delle donne in quella cosa.
-Vada per Sheyleen allora- acconsentì Louis baciandomi
#Due mesi dopo
-Dai cambia- esclamò Perrie prendendo il telecomando da Megan
-No. Dai c’è Twilight-
-Un motivo in più per cambiare- affermò la bionda
Io scossi la testa divertita. Quel pomeriggio di ottobre eravamo a casa mia,
Megan e Perrie litigavano sempre per cosa guardare, mentre io e Lottie ci divertivamo
a fissare e a mangiare popcorn.
-Zitte- esclamò Lottie prendendo il telecomando e alzando la voce.
Erano loro. Le due si fermarono e iniziarono a seguire l’intervista.
-Allora Louis, tra poco sarete in tre- esclamò l’intervistatore. Non aveva nemmeno
sui quarant’anni: credo che si chiami Alan o qualcosa del genere, ma il suo
programma in Inghilterra era davvero forte. Andava di moda.
-Già- sospirò ansioso Louis mentre i ragazzi le davano delle pacche per
confortarlo con qualche risatina.
-Il nostro Boo Bear diventerà papà- disse Zayn facendo finta di asciugare una
lacrima mentre Louis gli lanciava uno sguardo poco amichevole.
-E con questo abbiamo finito. Auguri e congratulazioni per tutto. One
Direction, signore e signori- salutò l’uomo.
Sorrisi per poi sbarrare gli occhi.
-Ragazze- esclamai per farmi sentire
-Ridammi il telecomando- sentì Perrie dimenarsi mentre Lottie si girò verso di
me e guardandomi il suo sorriso si spense e diventò preoccupata.
-Ragazze mi si sono rotte le acque- urlai
Le due si bloccarono all’improvviso e portarono di scatto l’attenzione su di
me.
-Chiama
l’ambulanza- esclamarono tutte
-Chiama Louis- continuarono
Io ispirai ed espirai come mi avevano fatto vedere al corso. Le ragazze fecero
entrambe le cose.
Louis, che in quel momento era in camerino con i ragazzi, appena squillò il
cellulare si alzò e rispose. Il suo viso passò da vari colori.
-Arrivo- esclamò andando a prendere la giacca.
-Che succede?- gli chiese Liam
-Sheyleen sta per nascere-
Tutti
si alzarono di scatto. E corsero all’ospedale.
Ero
terrorizzata, non potevo farcela. Come diamine poteva un coso enorme passare
per un coso piccolo? Continuai a chiedermi innervosendomi ancora di più. Avevo
bisogno di Louis e di nessun altro. Le ragazze erano anche loro agitate. Lottie
che stava tranquillizzando la madre, Perrie che tranquillizzava mia sorella,
lei era l’unica della mia famiglia che mi stette vicino, e Megan che si tranquillizzava da sola. Ma
all’improvviso vidi il mio supporto: Louis era arrivato. Indossò subito il
camice e ci seguì in sala parto.
-Lou-
-Eccomi, non ti lascio-
L’infermiera mi diceva di spingere e io facevo come mi diceva, tenendo stretto
a me Louis.
Poche ore dopo, mi trovai sul letto di ospedale, Louis che appena mi vide mi
sorrise.
-Sei stata bravissima amore-
-Dov’è?-
-A fare i controlli. Adesso arriva-
Annuii
e chiusi gli occhi per qualche secondo per poi riaprirli e trovandomi davanti
un mazzo di fiori davanti a me.
-Congratulazioni Brooke- esclamarono tutti
Risi perché ero fortunata ad averli. Improvvisamente vidi la porta aprirsi:
un’infermiera con una piccola bambina in mano vennero verso di me.
-Ecco la tua bambina- esclamò sorridente l’infermiera al quale ricambiai. Louis
si avvicinò a me e ci abbracciò entrambe. Eravamo una famiglia e nessuno ci
poteva separare.
-Benvenuta Sheyleen Tomlinson- esclamai guardando Louis.
#Un anno dopo.
-Oh yeah baby, just you and I- canticchiavo la canzone che passò per la radio
in macchina. Stavo tornando dal lavoro che avevo trovato a pochi kilometri da
Londra. Il cellulare iniziò a squillare, così cercai di prenderlo tenendo
d’occhio la strada, ma quella suoneria mi dava davvero fastidio. Devo
cambiarla! Esclamai tra me. Così presi velocemente la borsa e iniziai a
frugarci dentro lanciando sguardi alla strada, ma non appena lo trovai sentii
un clacson e poi per il resto nulla.
*Louis*
Ero in studio quando informarono dell’accaduto. Mi ricordai esattamente ogni
singola mossa che facevo. Ero in studio a registrare la mia parte quando Paul
mi chiamò per parlare e, sebbene confuso, accettai. Appena mi disse quelle
fatiche parole ero immobile e un senso di terrore iniziò a prendermi. Cercai di
essere forte, ma non ci riuscii, così urlai e iniziai a piangere accasciandomi
a terra seguito da Paul. I ragazzi corsero da me subito e vedendomi in quello
stato iniziarono a preoccuparsi. Io ero a terra distrutto e tra le braccia di
Paul che mi diceva di stare calmo, ma come diamine riuscivo a stare calmo se
lei ha la possibilità di non riuscirci.
-Calmati- ripeteva Paul
-Che
è successo?- chiese Liam
-Brooke è in ospedale- rispose solamente l’uomo guardandomi dispiaciuto. Si
avvicinarono subito e mi abbracciarono.
-Hey ci siamo qui noi- esclamava Harry attirandomi a loro.
Io piangevo tirando pugni a me stesso. Zayn mi bloccava, era forte lo dovevo
ammettere, ma riuscivo comunque a liberarmi. Nessuno mi aveva visto così, e io
sapevo che il mondo sarebbe caduto a pezzi se non si fosse salvata. Stavo
impazzendo, non riuscivo a capire più nulla.
-Lou diamine finiscila di farti male- urlava Zayn prendendomi e guardandomi
negli occhi. Mi fermai e alzai lo sguardo incrociandolo con quello del mio
amico che era sorpreso vedendomi in quello stato. Tutti erano sorpresi perché
ero l’unico che riuscivo a controllarmi in certe situazioni, ma adesso come
facevo a tranquillizzarmi. Zayn mi lasciò e caddi nuovamente a terra.
-Portatemi in ospedale- sussurrai con le ultime forse che avevo.
Annuirono e mi aiutarono ad alzarmi. Mi ripulii e iniziai a incamminarmi verso
la macchina a capo basso. Durante il tragitto nessuno proferiva parola perché
data la situazione, avevano paura di toccare argomenti delicati. Il mio pensiero
invece era fisso su Brooke e su Sheyleen. Nel caso la mia bellissima Brooke non
ci riuscisse, come diamine facevo a crescerla da solo? E se sbaglio qualcosa, e
se non cresce nel modo che desiderava e la deludessi. Chiusi gli occhi per
calmarmi, soprattutto per non piangere, ma non funzionò perché appena li
riaprii una lacrima sfuggì al mio controllo. Quella fu una lama che trafisse
tutti in quella macchina. Niall che era vicino a me, mi diede un colpetto sulla
spalla per chiamarmi, e quando mi girai vidi quattro paia di occhi su di me e
quattro sorrisi.
-Noi
ci siamo- esclamò Niall dandomi una pacca.
-Lo so- risposi semplicemente appoggiando la testa sulla sua spalla.
Appena arrivammo, chiedemmo subito di lei e l’infermiera ce lo disse subito. Gli
altri si sedettero mentre io parlavo con il medico che aveva preso il suo caso.
Si scusò varie volte, era dispiaciuto per me, era come se provasse pietà.
Odiavo la gente così, così dopo il mio continuo annuire lo salutai cordialmente
e andai dai ragazzi cercando di non prendere a pugni qualcos’altro. Mi sedetti accanto a Harry che mi abbracciò
mentre io ricambiavo alla grande tenendo le scenate isteriche per me.
-Allora?-
chiese Zayn. Mi staccai da Harry e sospirai profondamente.
-Il medico dice che le sue condizioni sono critiche e che sanno con certezza
che non è in coma, ma gli altri danni che ha preso, non ne sono sicuri-
-Quindi sanno solo che non è in coma?- chiese Niall, mentre io annuì
semplicemente.
Pochi secondi dopo il dottore ci diede il permesso di entrare. Vidi
la mia adorata fidanzata su quel letto con le flebo attaccate. Mi tremarono le
gambe ad andare li vicino. La paura mi prese e quei piccoli passi, che muovevo
verso di lei, era come se andassi al patibolo.
-Brooke che diamine hai fatto?- le sussurrai
-Si sveglierà tra qualche ora-
Annuimmo. Una volta fuori, i ragazzi si
avvicinarono a me dandomi conforto.
-Come farò?- chiesi indirettamente guardando la ragazza sul letto
-Lou- mi chiamarono tutti
-Se le capitasse qualcosa, non me lo perdonerei e poi Shey. Come cavolo faccio
a crescerla da solo? Non ci riuscirei mai-
Ecco appunto quelle fottute lacrime che trattenevo da minuti, uscirono senza
controllo. Mi misi la testa fra le mani. Avevo paura di poterla perdere, e se
fosse successo non me lo sarei mai perdonato.
-Non sei solo. Ci siamo noi - mi disse Liam mettendosi davanti a me appoggiato
sulle gambe. Perché doveva capitare a
me? Con tutte le persone che ci sono al mondo perché a me? in una vita
precedente dovevo avere ucciso qualcuno per meritarmi questo dolore che
provavo.
-Liam
ha ragione. Ti aiuteremo noi, come sempre- continuò Zayn mettendomi la mano
sulla spalla
-Ho
paura- ammisi mentre Liam mi tirò a sé.
-Andrà
tutto bene-
Andrà
tutto bene le famose tre parole che portano sfiga: qualche ora dopo, come aveva
previsto il dottore, Brooke si svegliò. Ero da solo, i ragazzi andarono a
prendere qualcosa al bar, invece io ero seduto da ore su quella sedia tenendo
la mano alla ragazza e raccontandole delle storie buffe che facevamo. Non
appena si svegliò iniziò a guardarsi in giro per la stanza con aria sperduta,
io invece la guardavo felice sperando con tutto il cuore che le parole di Liam
fossero vere, ma tutte le speranza, tutti gli incoraggiamenti se ne andarono
nel cesso al pronunciare di quelle parole.
-Chi sei?- domandò spaventata
Il mondo mi cadde letteralmente addosso.
La fissavo incredulo e spaventato, il mio peggior incubo si stava
avverando. E ora che facevo? Mi chiedevo. Mi passai una mano tra i capelli per
poi strofinarmi gli occhi con le dita. Questo non doveva succedere.
-Non mi riconosci?- chiese con voce tremolante
-Dovrei?-
chiese inarcando un sopracciglio scrutandomi da capo a piedi.
Spalancai gli occhi, sentivo e lacrime impossessarmi di me. Dovrei? Continuava
a ripetermi la mia mente. Certo che dovresti siamo fidanzati da anni e abbiamo
una bambina. Urlai dentro di me. Una lacrima mi scivolò sulla guancia eppure di
questo non lo notò perché era troppo a distanziarsi da me che guardarmi. Perdita
di memoria? Perché quel farabutto non mi ha detto che c’era la possibilità di
perdere la memoria? La rabbia si mescolò con gli altri sentimenti che stavo
provando con il cuore a pezzi. Cercai di controbattere, ma la porta della
stanza si spalancò e il medico mi chiese gentilmente di uscire in modo da farle
i controlli. Io mi limitai ad annuire, mi alzai e andai fuori. I ragazzi mi
videro fuori mi sorrisero, mentre io li guardavo con occhi lucidi, capirono che c’era qualcosa che non andava e
si avvicinarono.
-Lou- mi chiamò Niall
-Mi potete portare a casa per favore. Voglio stare con Sheyleen- sussurrai
-Ma..-
-Vi prego- li supplicai con occhi lucidi. Volevo stare solo con mia figlia e
basta. Volevo averla tra le braccia e abbandonarmi da tutto e godermi l’unica
cosa che mi legasse a Brooke. Volevo avere tra le mie braccia l’unica cosa che
mi farebbe calmare e dimenticare quell’inferno.
-Va bene. Ti accompagno io- affermò Harry mettendomi il braccio intorno alle
spalle.
Annuì e una volta salutati i ragazzi e salito in macchina, prestai la
concentrazione sulla strada piangendo silenziosamente, senza farmi vedere da
Harry che però mi conosceva come nessun altro, conosceva ogni mio movimento
quando ero depresso e triste. Conosceva di tutto di me come io di lui.
-Lou.
Smettila!- mi ordinò il riccio fermandosi al semaforo facendomi sobbalzai.
Maledizione a come mi conosce! Esclamai tra me e me
-Che
le è successo?- mi chiese direttamente
-Ha perso la memoria- singhiozzai, mentre lui spalancò gli occhi
-Non può essere-
-Hazza..io..-
-Sh..- mi inzittì abbracciandomi di forza e massaggiandomi la schiena per farmi
calmare. Ero completamente distrutto, avrei preferito rompermi una gamba che
tutto questo. Volevo sbarazzandomi del dolore che stavo provando, ma come riuscirci?
Nessuno poteva oramai salvarmi da tutto questo
-La
recupererà- disse fissandomi negli occhi per poi ripartire.
Quando fummo a casa mi tolsi le scarpe e andai in cucina dove trovai le mie
sorelle: Lottie e Felicite che giocavano con Sheyleen e mia madre che cucinava
le sue famose lasagne.
-Che
ci fate vuoi qua?- chiesi abbastanza scioccato alla presenza delle donne. Mia
madre continuava a mescolare il sugo mentre Harry andò da Lottie per darle un
bacio sulle labbra.
-Brooke ci ha chiamato ieri per fare da baby-sitter a Shey- rispose Felicite
con la piccola in braccio. Mia madre si pulì le mani e si voltò sorridendomi
che finì subito quando mi vide gli occhi gonfi e rossi
-Lou hai pianto?- chiese Jay avvicinandosi a me. Io mi scrollai e andai a
prendere mia figlia da Felicite
-Hey.. ce l’avevo io- si lamentò la bruna
-è mia figlia, Fizzy, non tua. Quando avrai una bambina la potrai strapazzare
quanto vuoi. Ora no- affermai duro per poi andarmene in camera. Non l’avevo mai
trattata così, a dire la verità non avevo mai trattato nessuno in quel modo:
non mi scrollavo quasi mai da mia madre
perché mi piaceva quel contatto che mi faceva sentire ogni volta protetto,
amato e sicuro di me stesso e delle mie decisioni. Per quanto riguardava il
rapporto con le mie sorella, beh, non alzavo mai la voce, non era da me; ero
abbastanza protettivo, questo si; non mi arrabbiavo mai con loro e le
rispettavo trattandole come volevano essere trattate. Ero a sdraiato sul letto
matrimoniale sul fianco sinistro con Shey al mio fianco che stava giocando con
dei pezzi di Lego, per poi voltarsi verso di me e iniziando a gattonare dalla
mia parte e si mise tra le mie braccia appoggiando la testa sul mio petto. Io
ad altro canto sorrisi e iniziai ad accarezzarla per poi baciarle la fronte.
-Shey, sei la cosa più importante che ho- le sussurrai e lei, capendo, sorrise
e fece una piccola risata per poi darmi un bacio.
Erano passate due ore e io e la piccola ci eravamo addormentati.
-Lou- mi chiamarono dolcemente, aprii lentamente gli occhi vedendo la figura di
mia madre davanti a miei occhi.
-Mamma?-
-Liam ha detto che devi andare subito in ospedale-
-Che
è successo?- chiesi preoccupato alzandomi prendendo in braccio Sheyleen
-I
genitori di Brooke sono lì- rispose prendendo la bambina.
Io sgranai gli occhi. I suoi genitori erano andati all’ospedale? Perché? Tra Brooke
e i suoi non correva buon sangue. Loro pretendevano che la figlia facesse ciò
che loro avevano scelto per lei, ma Brooke si oppose, ma il colpo più durò fu
quando lei andò da i suoi, mettendo da parte l’orgoglio, e li disse che era
incinta. All’inizio i due la fissarono sorpresa per poi sbatterla fuori di casa
con qualche euro in modo da tornare a casa. Io quel giorno ero in tour con i
ragazzi in America per due settimane, così quando mi chiamò gli dissi di stare
dalla sorella finché non sarei tornato per poi venire a vivere con me.
Mi misi le scarpe velocemente e corsi in ospedale.
-Dove sono?- urlai appena vidi i ragazzi seduti sulle sedie
-Calmati- mi rispose Niall facendomi segno con le mani
-Dove sono?-
-Quarto piano, area B, stanza 156- disse Zayn
Annuii
e, seguito da loro, andai a parlare con i suoi. Appena entrai in camera vidi
una scena che mi raggelò le vene. I tre stavano parlando tranquillamente a
volte ridendo, mentre la madre la toccava, l’accarezzava. Brooke non si faceva
mai toccare da nessuno, tranne da me e da chi ritenesse importante per essere
toccata. Il padre mi sorrise soddisfatto e mi fece cenno di uscire.
-Vattene- mi ordinò appena fuori
-Prego? Quella è la mia ragazza e madre di mia figlia-
-Quella bastarda. Non voglio avere niente a che fare con lei e con voi-
-Scusami. Come hai chiamato Sheyleen- iniziai ad alterarmi e mi avvicinai
pericolosamente a lui, ma Liam mi bloccò
-Vattene
Louis. Tu non servi qui-
Non servivo? Ero l’unico che aveva il diritto di stare lì accanto a lei. Mi
infuriai tanto che Liam dovette stringere la presa per evitare di prende a
pugni l’uomo.
-Siete voi che non centrate nulla qui- sbraitai
-Questa
è l’ultima volta che la vedete, capito? Ordinerò agli infermieri di non farvi
entrare e non appena starà meglio tornerà a casa con noi nel posto che è
davvero giusto per lei-
-E a Sheyleen non pensa? Lei ha tutto il diritto di avere la madre accanto-
esclamò Zayn avvicinandosi a me
-Oh di lei, fate quello che volete. Tenetela mandatala in orfanatrofio. A me
non interessa-
-Prima o poi si ricorderà di tutto. E lei tornerà da me infuriandosi con voi-
-Sai è buffo. Lei ha perso la memoria definitivamente. Non si ricorderà più di
voi e di quell’inutile bambina. E ora addio- detto questo se ne andò in camera.
Definitivamente? Inutile bambina? Mi ripetevo tra me. Come fa un uomo ad essere
così maligno a non importarsi di una bimba di un anno che aveva bisogno di sua
madre. In ogni caso quella fu l’ultima volta che vidimo Brooke.
Durante il
tragitto nessuno proferì parola, io stavo tra le braccia di Zayn con lo sguardo
perso, finché non arrivammo a casa in cui mi aspettavano tutti ansiosi di notizie.
Appena entrammo mi staccai da Zayn e iniziai a salire senza guardare nessuno.
Volevo starmene con me se stesso senza nessuno che mi guardava dispiaciuto o in
modo simile. Le donne cercavano spiegazioni, che trovarono con lo scuotere
della testa dei ragazzi, abbassarono lo sguardo.
-Lou- mi chiamò mamma
Mi fermai ormai non ero nulla, mi voltai la fissavo vuoto
Lei si avvicinò a me lentamente, io me ne stavo fermo, e, una volta vicino, mi
abbracciò invece io scoppiai a piangere.
Come diavolo facevo a crescere una bambina da solo?
Come diamine facevo?
Ero semplicemente terrorizzato.
Angolo autrice:
Ciaooo a tutte :3
Inizio col dire che non sono molto brava a scrivere l'angolo autrice..
Comunque ecco la mia nuova ff.
è diversa e innovativa, almeno basandomi su quello che leggo io, poi ci potrebbe essere altre simili.
Allora in questo capitolo spiega cosa succede. Il nostro Boo Bear come se la caverà nei panni di papà?
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto questo capitolo.
Vi prego fatemelo sapere, è abbeastanza importante per me questa ff.
A presto :3
Ciaoo.
ps ringrazio Sara_Scrive per il banner è meraviglio, grazie mille
pps: se magari non avete nulla da fare, passate per l'altra che sto
scrivendo:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2298000&i=1
VI GIURO CHE PER ENTRAMBE NON VI DELUDERANNO u.u
pps ringrazio Sara_Scrive per il banner è meraviglio, grazie mille
|
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Capitolo 2 *** capitolo 2 ***
eeeeee
Capitolo 2:
But somehow I'm still alive inside
You took my breath, but I survived
I don't know how, but I don't even care
(No air by Jordin Sparks ft. Chris
Brown)
-Papà-
urlò Sheyleen saltando sul letto.
Dissi
qualcosa di incomprensibile sotto le coperte. Come poteva una bambina di
quattro anni essere già sveglia. Di solito era più pigra di me.
-Papà, alzati- continuò la bambina muovendomi.
Aprii leggermente gli occhi trovandomi una chioma bionda e due occhi di un
colore tra il verde e l’azzurro che mi fissava curiosa, sorrisi e chiusi di
nuovo gli occhi. Lei sbuffò facendo alzare il ciuffo che era davanti ai suoi
occhi e mettendosi a braccia conserte vicino a me, ma i suoi occhi si
illuminarono all’improvviso. La sentii scendere da letto e correre giù per le
scale. Aprii gli occhi curioso e mi sporsi a guardare fuori dalla porta. Sentii
qualche rumore proveniente dalla cucina e iniziai a preoccupare che fosse
successo qualcosa a Sheyleen, ma quando sentii qualcuno salire le scale, scossi
la testa e mi rimisi sotto le coperte.
-Papà, ho qualcosa per te- esclamò avvicinandosi io aprii lentamente gli occhi
ricevendo della panna montata sulla faccia. Mi alzai di scatto guardandola ridere.
Io sorrisi e presi un po’ di panna dalla mia guancia e gliela spalmai sulla
faccia di mia figlia che rise per poi spalmarmi altra panna. La presi ridendo e
la misi sul letto facendole il solletico e, togliendole il contenitore della
panna, gliela spruzzai con l’ultima rimasta. Lei rideva divertita e così facevo
io. Mi avvicinai e leccai la panna dal suo nasino per poi dandole un bacino.
-Buongiorno
amore- le sorrisi
-Buongiorno papà- disse ricambiando il bacio.
-Abbiamo finito la panna, zio Liam ci ucciderà- continuò ridendo
-Dici?-
risposi abbracciandola, mentre lei annuiva mettendosi con la testa sul mio
petto.
-Papà
mi fai i pancakes- mi chiese con occhi da cucciolo perché sapeva che non le
avrei resistito. Le sorrisi.
-Va bene, però vai a lavarti la faccia, se no niente-
La bambina si alzò e corse in bagno. Io risi e alzandomi mi diressi in cucina
iniziando a buttare i scatoloni della pizza nel cestino e iniziando a cucinare.
Erano cambiate tante cose in quei tre anni, potrebbe sembrarvi strano, ma era
la verità. Inizialmente mia mamma, come del resto i ragazzi, non mi lasciava
mai da solo: faceva avanti e indietro da Doncaster stando dal lunedì al giovedì
per poi per il weekend tornare a casa. Questo durò circa tre settimane finché
non la costrinsi a stare a Doncaster con la mie sorelle, ma devo dire che anche
grazie ai suoi consigli, a distanza, riuscii ad crescerla al meglio possibile:
non divenne viziata, ma umile. Diciamo che non mi chiedeva di comprarle tanti
giochi, solo qualche barbie o pupazzi ogni tanto. Anche i ragazzi mi aiutarono
molto dandomi una mano in tutto e persino i loro genitori mi aiutavano, infatti
mi ricordo che una volta Trisha e Karen, madri di Zayn e Liam, vennero a farmi
visita qualche volta portandosi dietro delle pietanze deliziose dato le mie
scarse qualità culinarie che adesso, dopo corsi di cucina, erano abbastanza
buone. Con il mio lavoro era semplice, me la portavo ovunque era diventata una
mascotte per noi e tutti se ne erano affezionati. Però devo dire che la parte
più dura è stata quando dovevamo uscire, per andare a qualche premiazione o
cose di questo tipo, la facevo entrare dal retro con l’aiuto di Paul; invece
per strada i paparazzi mi assalirono tante volte con le loro fastidiose domande
ed io ordinavo alla bambina di abbassare la testa in modo che potevo coprirla
dai flash. A volte era costretto a lasciarla da mia madre perché non me la
facevano portare. Così la mandavo da lei per qualche giorno. Shey era felice di
andare dalla nonna e mia madre era entusiasta dall’idea. Anche senza lavoro di
mezzo, le andavamo a trovare quasi ogni settimana, diciamo ogni tre settimane
al mese. E lei ci accoglieva a braccia aperte ogni volta, e come potrebbe non
farlo, sono suo figlio. In ogni caso tutti erano entusiasti quando andavamo lì:
Daisy e Phoebe la facevano divertire con strane imitazioni e ci giocavano
insieme, sembrava che erano tornate bambine pure loro nonostante avessero
tredici anni; per quanto riguarda Felicite, beh anche lei ci passava il tempo,
però molto meno rispetto alle altre perché doveva uscire con la sua compagnia e
con il suo fidanzato, Dean, che nome, eh? Appena me lo presentò feci una faccia
disgustata che Lottie mi prese in giro a vita, però tutto sommato era un bravo
ragazzo e si vedeva che le piaceva davvero (ovviamente con qualche minaccia del
tipo: falla soffrire e sei morto, ma sono dettagli irrilevanti); infine abbiamo
Lottie, beh lei era sicuramente tra le mie sorelle che vedeva di più Sheyleen,
perché dato che è la fidanzata di Harry, andava a stare da lui, e non voglio
sapere cosa facevano anche se aveva diciannove anni la consideravo ancora come
una bambina, e sfruttava queste occasioni per venirmi a trovare. A proposito di
Harry, beh se la cavava così valeva per gli altri. Liam e Megan ormai facevano
coppia fissa, finché Liam non le chiese di sposarlo qualche mese fa, beh che
dire lei accettò subito e le nozze sono programmate per l’autunno dell’anno
prossimo; Zayn e Perrie anche loro stavano ancora insieme e Zayn sta cercando
anche lui di chiederle di sposarlo, ma ogni volta che era sul punto di
dirglielo si bloccava per poi tornare a casa, che divideva con Niall, e
iniziare a imprecare per non esserci riuscito. Era buffo! Infine c’era Niall,
l’unico single. Lo invidiavamo perché lui sapeva godersi la vita, ma fa nulla
perché non rimpiango di avere Sheyleen perché era l’unica che mi dava la forza
di andare avanti. Riguardo me beh non c’è da dire molto, dopo quel giorno in
ospedale, caddi in depressione più totale, cercavo di tenere in braccio Leen il
meno possibile perché mi continuava a ricordare Brooke però poi, dopo varie
sedute con lo psicologo, iniziai a prenderla in braccio come una volta e la
depressione se ne andò. Dopo due anni iniziai a frequentare una ragazza:
Eleanor Calder una studentessa di Manchester che dopo l’università venne a
vivere a Londra. Quando seppe di Sheyleen rimase un po’ sconvolta, ma non le
importava perché se voleva stare con me doveva accettare anche la bambina.
Diciamo doveva prendersi il pacchetto completo. Così dopo tre mesi fatti a
uscire insieme ci mettemmo insieme. A me piaceva, e anche adesso, passare tempo
con lei, ma sapevo che non avrebbe mai sostituito Brooke perché ero ancora
legato a lei e l’amavo ancora anche se davo impressione di essere andato
avanti. Parlando di Brooke. Beh non la vidi più tranne una volta, quando uscì
dall’ospedale, lei mi vide e mi concesse un sorriso sforzato per poi salirsene
in macchina. Di sicuro oggi ha seguito le impronte del padre senza recuperare
la memoria. Sheyleen quando mi chiedeva dove fosse sua madre, lanciavo sempre
sguardi ai ragazzi in cerca di aiuto, e rispondevo che se ne era andata. Lei
annuiva semplicemente, ma sapevo che soffriva: l’aveva preso da me il soffrire
in silenzio, eravamo entrambi bravi a farlo.
In ogni caso eravamo qui, nella solita casa anche se i ragazzi mi continuavano
a stressare con il fatto di trasferirmi, ma io non volevo perché volevo che
Shey potesse avere qualcosa che le ricordasse sua madre.
Ora, eccomi qua, a cucinare pancakes per quella piccola peste. Misi l’ultima
nel piatto per poi pulirmi le mani sul grembiule per poi chiamarla.
-Shey sono fatti, vieni- urlai sulle scale.
-Arrivo- rispose lei dal bagno
Ritornai in cucina quando il campanello suonò, mi diressi alla porta, mi
sentivo appiccicoso, avevo la panna ancora in faccia. Risi e aprendo la porta,
facendo passare i ragazzi, mi pulì da quello schifo.
-Perché hai della panna in faccia?- chiese divertito Niall
Scoppiai
a ridere finendola di togliermela.
-Leen ha trovato un nuovo modo per svegliarmi-
-Ha funzionato a quanto vedo- commentò ridendo Harry dandomi delle pacche sulla
schiena
-Zii- urlò Sheyleen buttandosi tra le braccia di Liam
-Hey bellissima- esclamò Zayn dandole un bacio sulla guancia
-Perché sai di panna Shey?- le chiese Liam dopo averla baciata.
-Papà- rispose ridendo indicandomi
-Pura vendetta amore mio- dissi prendendola e facendola girare
-Si
vede che siete padre e figlia- rise Harry mentre io e mia figlia gli facemmo la
linguaccia
-Venite,
ho fatto i pancakes- esclamai entrando in cucina.
-Oddio Lou non li facevi da mesi- disse Niall con occhi luccicanti
-Hey.. li ha fatti per me- si rabbuiò la piccola vedendo che i ragazzi se ne
prendevano. Tutti risero.
-Dai Leen ne ho fatti per un esercito. Lasciali prendere-
Tutti iniziarono a mangiarli, mentre io addentai una semplice mela verde. Improvvisamente
il mio telefono iniziò suonare. Vedi chi era e un sorriso si dipinse sul mio volto,
mollai la mela accanto al lavello e risposi.
-Ciao bellisima- dissi andandomene in un’altra stanza
La piccola Sheyleen vedendomi andare fuori, sbuffò.
-Hey che c’è Shey?- le chiese Liam bevendo il suo succo
-Non la sopporto-
-Dai Shey, fa felice tuo padre. Non sei felice per questo- disse Zayn
accarezzandole i suoi capelli biondi
-No, voglio che papà stia con mamma- affermò la piccola nell’istante che entrai
nella stanza. Il sorriso che avevo si spense di scatto, il cuore perse il
battito e sentivo indebolirmi di più. Non volevo che capitasse di nuovo. Andai
da lei e mi sedetti davanti prendendole
le mani e affondando i miei occhi con i suoi.
-Shey- iniziai dolcemente, ma lei mi anticipò.
-Non la sopporto. Non sopporto neanche che tu stia con lei dimenticandoti di
mamma. E la cosa che odio è che mamma non sia qui con noi- urlò andandosene in
camera. Rimasi immobile con occhi leggermente spalancati. Era scoppiata.
-Lou- mi chiamarono tutti preoccupati
-Io..-
balbettai con voce tremolante strofinandomi gli occhi
-Non è colpa tua- disse Harry venendo accanto a me
-Non so che fare- ammisi sedendomi con la testa tra la mani. Mi sembra essere
tornato indietro nel tempo, in ospedale il giorno dell’incidente.
-Lei non sa cosa è capitato davvero- mi consolò Niall
-Non voglio che stia così per..- mi bloccai perché non pronunciai mai il suo
nome davanti a loro. Feci un respiro profondo
-Per
Brooke- finii incurvando la voce
-Stai
tranquillo però ora dobbiamo davvero andare, Lou. È tardi- annunciò Zayn
-Arrivo, vado a prenderla e vengo- risposi alzandosi e mentre loro se ne
andarono io andai in camera da letto che io e lei condividevamo. Fin da piccola
Sheyleen odiava dormire da sola così iniziò a dormire con me.
Aprii la porta e
la vidi sdraiata con la testa sul cuscino piangendo.
-Shey-
-Vattene-
esclamò lei.
Scossi
la testa e andai vicino a lei
-Io non ho dimenticato la mamma- dissi con difficoltà, accarezzandole i capelli
-Perché esci quella strega- mi chiese fissandomi con le lacrime che asciugai
con il pollice
-Mi fa felice Shey, siamo..-
-Cosa?-
Stavo
per rispondere quando mi arrivò un messaggio da parte di Paul che diceva di
andare lì subito.
-Dobbiamo
andare, piccola- dissi mentre lei annuì.
Ci cambiammo velocemente e ci
dirigemmo allo studio. Come al solito c’era qualche paparazzo che iniziò ad
assillarmi, feci finta di nulla coprendo la bambina e una volta dentro la
lasciai a terra e iniziò a correre verso il solito studio. Io andavo a passo
lento, continuando a ripetermi che cosa ci stavo a fare con Eleanor se alla
fine stavo sempre di merda per colpa di Brooke? Sapevo che El con quel poco che
mi dava, riusciva a tirarmi su di morale, ma sapevo anche che non mi avrebbe
fatto mai dimenticare la madre di mia figlia. Entrai in studio, vidi Sheyleen
che parlottava con Danny, l’uomo della console, mentre io raggiunsi gli altri
all’interno della cabina passandoci le solite interminabili ore.
Passammo da Best song ever a Happily per
poi fermarci per la pausa.
-Papà guarda che bel disegno- disse Shey mostrandomi il disegno che fece in
quelle ore.
-Davvero bello- sorrisi che ricambiò per poi continuare a colorare
Sospirai chiudendo gli occhi
-Papà-
-Si Leen-
-Cosa mi stavi dicendo prima. Cosa siete te e Eleanor?-
Li aprii di scatto e li portai sulla bambina che mi guardava ansiosa. Perché mi
doveva fare questo?
-Ecco vedi.. ehm.. siamo..-
-Siete?-
-Siamo fidanzati Leen- ammisi abbassando lo sguardo per poi rialzarlo e vedendo
lei che con occhi spalancati diventando lucidi. Lasciò di scatto le matite e
corse fuori. Maledizione a me e a quando parlo!
-Sheyleen- urlai rincorrendola mentre gli altri mi guardavano confusi lasciare
quella stanza.
Iniziai a girare tutto l’edificio, ma quella bambina era come
scomparsa nel nulla. Arrivai all’ingresso e il terrore che possa essere uscita
mi pervase.
-è
uscita- esclamò la segretaria lanciandomi un breve sguardo
-E fermarla no?- chiesi arrabbiato
-Non mi pagano per fare la babysitter-
Babysitter? Ma si sente quando parla? Ogni sano di mente nel vedere una bambina
uscire la ferma. Scossi la testa frustrato. Da dove potevo iniziare a cercare,
Londra era gigantesca e neanche avessi cercato tutta la giornata l’avrei
trovata. Mi passai una mano tra i capelli e a passò veloce ritornai in studio
per chiamare la polizia.
Appena entrai i ragazzi mi lanciarono uno sguardo.
-L’hai trovata?- chiese Zayn
-è
uscita- risposi semplicemente cercando il numero della polizia sulle pagine
gialle. I presenti spalancarono gli occhi e si alzarono raggiungendomi.
-Come è possibile? Nessuno l’ha fermata?- domandò meravigliato Liam
-No perché loro non sono pagate per fare da babysitter- dissi imitando la
vocina stridula della segretaria.
-è
ridicolo. Ognuno l’avrebbe fermata- esclamò Harry
-La polizia non ci aiuterà, Lou. Devono passare 48 ore dalla scomparsa prima di
iniziare le indagini- m’informò Niall.
Imprecai mentalmente. E adesso cosa diamine facevo?
Chiusi di scatto le pagine gialle e mi andai a buttare sul divano con le mani
in faccia maledicendomi di non essere stato zitto.
-Lou, tornerà-
-Non posso perdere anche lei-
-Non
succederà, Sheyleen ha un ottimo senso dell’orientamento nonostante i suoi 4
anni- disse Zayn
-Voi non capite. È l’unica cosa che mi tiene legato a lei e non posso
permettere di perderla- urlai preso dalla disperazione
-Sta
tranquillo- ripeté Harry accarezzandomi la spalla
-Ragazzi a provare- esclamò Sean il nostro produttore entrando in sala. I
ragazzi si alzarono e andarono nella sala, mentre io sto fisso a guardare la
porta.
-Louis vieni immediatamente- esclamò l’uomo preso d’ira. Scossi la testa,
volevo che tutto fosse solo un sogno e che Sheyleen entrasse da quella porta,
ma non fu così. Abbassai lo sguardo. Ero un pessimo padre.
*Brooke*
Mi svegliai di scatto, era l’ennesimo incubo che facevo quella notte e non ne potevo
più. Quel viso, quella voce era talmente famigliare che mi sembrava di
conoscere, o aver già visto, appariva su ogni sogno che facevo. Due occhi
azzurri mare che mi davano quella sensazione di tranquillità e protezione.
Scossi la testa per poi stiracchiarmi nel mio letto e strofinarmi i miei occhi
verdi. Mi alzai e mi avvicinai alla finestra perdendomi nella tranquillità
autunnale del Yorkshire. Vivevo in un villaggio vicino a Bradford da qualche
anno ormai eppure mi sembrava ogni volta di entrarci per la prima volta, venendo
scrutata da tutti i paesani. Mi ricordo quando arrivai: tutte le persone ci
iniziarono a scrutarci da capo a piedi: odiavo quella sensazione di fissazione,
non so il motivo ben preciso, ma mi dava semplicemente sui nervi. Invece sembrava
che ai miei genitori non ne fregasse nulla. Ma come facevano? Mah. I vicini,
appena ci videro arrivare, furono davvero disponibili e cordiali, pensate che
ci invitarono per la cena. Ci trattavano come vecchi amici di famiglia, mi
divertii davvero molto. Dopo quel giorno
mi iniziai ad ambientare e sebbene non ci stavo molto a causa del college la
consideravo in ogni caso casa mia. Qualche mese dopo il nostro arrivo mi
iscrissi al college di Nottingham e mi trasferì lì. Al college dividevo la
stanza con tre ragazze: Tina Dosnet, Queen Febrey e Paige Jackson e
conoscendoci diventammo migliori amiche. Ci eravamo laureate da poche settimane
e avevamo deciso di trasferirci a Londra. Ero elettrizzata all’idea perché adoravo
quella città e poi è la città dei miei idoli, forse sapete di chi sto parlando,
già quella band anglo-irlandese chiamata: One Direction. Sono i miei idoli,
avevo sempre la loro musica alle orecchie e pensate avevo stressato Queen
finché non divenne fan anche lei. Forse ero eccitata anche per questo perché
avevo possibilità di incontrarli. Così misi nello stereo il loro cd e mentre facevo
le valige canticchiavo. In un ora abbondate finì di inscatolare tutto quello
che avevo bisogno e prepararmi velocemente perché tra mezz’ora sarebbe passata
Paige a prendermi. Mi lavai, mi vestii e scesi. Una volta giù trovai mio padre
che leggeva il giornale come ogni mattina, ma la cosa che mi sorprese
probabilmente fu che era sveglio nonostante fossero le sette di mattina.
-Ciao papà- lo salutai a bacio guancia
-Hey tesoro, pronta per partire?-
-Si, Paige sar..- non finii neanche di parlare che il mio cellulare squillava.
Era Paige che mi diceva di uscire perché era fuori.
Sorrisi.
-Io vado. Saluta mamma. Ci vediamo appena posso- lo salutai.
In cinque minuti caricai la macchina, salii e partimmo.
-Ma ciao Bella! Pronta a conquistare
Londra?- mi chiese con uno sguardo malizioso
-Paige-
-Si amore-
Scoppiai a ridere per poi darle un bacio sulla guancia.
-Uh yeah- esclamò invece io scossi
la testa incredula per la sua stupidaggine.
Durante il tragitto la musica era a
priori, era altissima praticamente da truzzi. In ogni caso in tre ore ci
divertimmo un casino. Arrivate a Londra ci fiondammo subito a fare shopping,
eppure camminare per le strade affollate londinesi aveva un aria famigliare,
come se ci fossi già stata, così mettendomi a braccetto con Paige iniziammo il
nostro shopping sfrenato. In due ore comprammo di tutto: scarpe, vestiti,
magliette, profumi e con le nostre borse ci andammo a sedere su una panchina
esauste. Mi guardavo intorno finché non mi colpì qualcosa. Diedi una gomitata a
Paige che imprecò
-Ahi ma sei rimbambita?-
-Guarda lì- esclamai indicando una bambina piccola dai capelli biodi vertenti
al marrone piangere. Mi sentivo male vedendola così mi alzai e andai da lei
seguita dalla mia amica. Appena vicine mi sedetti accanto a lei.
-Hey bella bambina perché piangi?- chiesi accarezzandole i capelli
-Perché mio papà è fidanzato con una strega- esclamò lei con le testa fra le
gambe.
-Perché consideri tua mamma una strega?- chiese Paige confusa
-La strega non è mia madre. La mia
mamma ci ha abbandonato quando avevo un anno- rispose lei asciugandosi le
lacrime
Io e Paige la guardavamo
dispiaciute.
-Hey ce ne dici di andare a prendere
un bel gelato e poi ti portiamo da tuo papà- proposi facendo luccicare gli
occhi della bambina che annuiva felice. Ok anche se era strano un gelato ad
Ottobre, ma faceva sempre tirare su il morale a chiunque
-Però non devi più piangere, ok?- dissi asciugandole le ultime lacrime.
A quel contatto rabbrividì e una piccola scossa prese la mia mano.
-In ogni caso io sono Paige- si presentò la mia amica
-Ed io Brooke- la imitai
-Sheyleen- sorrise la bambina alla quale ricambiavamo, ma quel nome mi suonava
famigliare, dove potevo averlo già visto?
Salve a tutti :)
Allora eccovi il secondo capitolo di Remember When :D
Ecco Louis nei panni di papà.. anche se devo ammetterlo: la
scena dei pannolini la volevo scrivere ahaha, ma credo che vada bene
anche così :D
Allora volevo solo ringraziare chi l'ha letta e recensita.
Spero che mi facciate sapere cosa ne pensate: Accetto di tutto.
Quindi mi rivolgo anche a voi lettori silenziosi. fatemi sapere
tutte le vostre opinioni, sia positive che negative, in modo che
andando avanti possa migliorare :3
Detto questo,
Vi lascio con il nostro bellissimo Lou **
Ciaoo
|
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Capitolo 3 *** capitolo 3 ***
REMEMBER WHEN
Capitolo 3:
Giravamo per Londra con un gelato in
mano, mentre le buste le avevamo lasciate in macchina. Io presi yogurt e mango,
Paige vaniglia e crema e Sheyleen fragola e cioccolato. La tenevo per mano in
modo da non perderla di vista mentre lei leccava il suo gelato, ogni tanto
alzava lo sguardo e mi sorrideva e io ricambiavo. Adoravo quella bambina, aveva
qualcosa che mi attirava verso di lei. Appena finimmo il gelato mi ripulì e mi
inginocchiai davanti a Sheyleen per pulirla dal cioccolato sparso tutto intorno
alla bocca. Una volta che la ripulì le sorrisi.
-Grazie- mi disse
-Di nulla. Ora forse il caso se ti
riportiamo da tuo papà, sarà veramente preoccupato- esclamai guardando Paige
annuire.
La bambina, d’altro canto, annuì
anche lei e iniziò a portarci nella direzione giusta finché non ci trovammo
davanti a un grosso edificio marchiato SYCO. Io e Paige spalancammo gli occhi
vedendo la bambina entrarci.
-Non venite?- ci chiese mentre noi annuimmo poco convinte.
Una volta dentro sembravamo dei
pesci fuor d’acqua:persone con chitarre in mano a suonare, gente al telefono,
gente che puliva, gente che faceva fotocopie, insomma c’era di tutto. Paige,
che era accanto a me, tirò un urletto.
-Paige ma che cavolo, ti sembra il modo- le tirai un piccolo schiaffo sul
braccio. Lei mi girò ed indicò un ragazzo con i capelli rossicci suonare la
chitarra.
-E allora?- chiesi confusa ricevendo uno sguardo omicida
-è Ed Sheeran- disse emettendo un suono stridulo
-Sei sua fan?- le domandò Sheyleen
mentre la mia amica annuì con occhi luccicanti.
-Vieni- esclamò la bambina
prendendola per un braccio e facendola avvicinare ad Ed
-Zio Ed- urlò Shey per farsi notare
Zio? Paige spalancò gli occhi come
io. Ero rimasta di stucco, immobile. Vuole dire che il padre era un pezzo
grosso qua dentro.
-Leen, che diamine ci fai fuori dallo studio?- chiese lui allarmato
-Papà mi ha detto la notizia così
sono scappata- ammise lei guardando il pavimento
-Leen!- la riprese dolcemente
-Lo so ho sbagliato-
-Devi essere felice per lui. E poi non sei contenta avrai una mamma finalmente-
-No- urlò lei, mentre il rosso annuì rassegnato per poi spostare lo sguardo
sulla mia amica
-Ciao, sono Ed..-
-Oh.. lo so chi sei-
-Sei mia fan?-
-Si-
-Sono felice.. ehm..-
-Paige, mi chiamo Paige-
-Bel nome-
-Grazie.. ehm.. mi potresti fare un autografo?- chiese Paige tirando fuori il
suo blocchetto dal quale non si separava mai: lo utilizzava per tutto, scuola,
casa e persino quando doveva uscire con un ragazzo gli diceva di scrivere il
suo numero lì promettendogli che l’avrebbe richiamato. Paige non era una
ragazza da relazioni fisse diciamo più una ragazza che dopo qualche mese si
stanca subito eppure aveva i sogni di tutte le ragazze: sposarsi e avere dei
bambini. Pensate che me l’ha raccontato quando alla festa di fine nostro
secondo anno si era ubriaca talmente tanto che pensava di avere visto Johnny
Depp nudo davanti a sé. Che amica deficiente che avevo! Beh Tina e Queen non
erano da meno, ma vi parlerò di loro più avanti. In ogni caso mentre Ed firmava
il blocchetto scambiando qualche parola, Sheyleen venne a passo svelto da me e
prendendomi iniziammo a correre verso l’ascensore. Sapevo cosa stava facendo:
voleva lasciarli da soli, ma mi dispiaceva in parte lasciarla lì con il suo
idolo.
-Paige mi ringrazierà- si vantò la bimba mentre scoppiai a ridere
-Già-
-Siamo arrivate- esclamò lei prendendomi per la mano e portandomi nel primo
studio lei entrò e corse tra le braccia di un ragazzo che la teneva stretta a
sé impedendole di scappare di nuovo. È il padre! Affermai nella mia mente cosi
sospirai ed entrai anch’io e una volta dentro sbarrai gli occhi.
*Louis*
Sono un pessimo padre! Continuavo a
ripetermi nella mente mentre cantavano i ragazzi. Era ormai da due ore che
Sheyleen se n’era andata e io ero talmente preoccupato che sbagliavo le parole
delle canzoni. Danny si fermava preoccupato, mentre i ragazzi mi incoraggiavano
a stare tranquillo.
Stavamo cantando Half a Heart, tanto per stare in tema, e senza
rendermene conto cantai la terza strofa a posto della seconda. La musica si
fermò.
-Lou stai bene?- mi chiese Danny mentre scossi la testa
-Forse è meglio cinque minuti di pausa- affermò duro Sean lanciandomi sguardi
arrabbiati, ma che potevo fare se la mia mente era fissa su mia figlia.
Posai
malamente le cuffie e me ne andai sul divano mettendomi le mani sulla faccia.
-Lou- mi chiamò Liam sedendosi accanto a me
-Sono un pessimo padre- esclamai
-Ma che diamine stai dicendo? Sei fantastico come tale- affermò Lottie
guardandomi negli occhi. Nella stanza con noi c’erano anche le ragazze: Perrie,
Lottie e Megan.
-Non puoi dirtelo solo perché lei ha
preso male la notizia- finì Zayn
-Dovevo dirglielo quando eravamo a
casa così non sarebbe scappata-
-Dai Lou tornerà presto-
m’incoraggiò Niall
Annuì poco convinto quando la porta dello studio si aprì e vidi Sheyleen
correre verso di me gettandosi tra le mie braccia. La continuavo a baciare per
poi prenderle il viso.
-Non farlo mai più, capito? Mi sono spaventato a morte- le dissi negli occhi,
mentre lei mi abbracciò di nuovo stringendosi tra le mie braccia.
-Papà, mi dispiace- mi diceva piangendo
-Non fa nulla. è passata- ripetevo con qualche lacrima e stringendola più a me.
Sentii altri passi avvicinarsi allo studio, ma non feci caso fino a quando i
ragazzi mi chiamarono con occhi fuori dalle orbite. Erano pietrificati.
-Lou-
Mi girai verso di loro, che sembrava
che avevano visto un fantasma, e mi indicarono la porta, mi voltai verso quella
direzione e vedi una ragazza slanciata, con un fisico che ricordavo
perfettamente, capelli più scuri al marrone nonostante fosse un colore un po’
più chiaro e degli occhi verdi che ci fissavano sorpresi. Spalancai di scatto
gli occhi, il mio cuore che dopo tre anni di angoscia per lei iniziò a pulsarmi
velocemente e con un groppo alla gola che solo mordendomi il labbro inferiore
riuscii a controllarlo infine con il mio corpo fisso, immobile quasi
pietrificato per la sua presenza.
Perché? Vi state chiedendo? Perché la mia Brooke
era davanti a me dopo tre anni in tutta la sua bellezza.
Bonjour :)
Come va?
Dopo secoli eccomi con un altro capitolo di Remember When :)
In questo capitolo la nostra Sheyleen incontra Brooke :D
Già tutte Louis capitano queste disgrazie.
Comunque vorrei scrivere una piccola premessa, questo è solo
l'inizio, la storia inizia tra qualche capitolo.. diciamo che questi
sono di transizione.
Detto questo finisco col dire che se vi è piaciuto, oppure no,
fatemelo sapere realmente in modo da capire cosa devo fare e come devo
continuare.
ACCETTO DI TUTTO :3
Vi prego, ditemelo.
Ultima cosa, ringrazio Sara_Scrive per il meraviglioso banner.. Brava è stupendo!
A voi piace??
In ogni caso vi lascio sempre con il nostro bellissimo Boo Bear, che
tra quattro giorni farà 22 anni, anche se rimarrà per
sempre il nostro Peteeeer *^*
Ma anche con la foto di alcuni personaggi :D
Spero che di aggiornare prima di natale in modo da farvi tutti gli auguri :)
Ci si vede al prossimo,
Ricordate recensite, per piacere.
Ciaoooo
xx
ps: scusate l'intrusione potreste passare anche per queste ff e recensirle, grazieee :D
-http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2322091&i=1 (OS su Liam)
-http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2298000&i=1 (FF su Zayn)
-http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2141891&i=1
(CROSSOVER tra Harry Potter e Teen Wolf. è una ff scritta a quattro
mani con una mia amica, è il nostro primo progetto e volevamo sapere
come sta andando.. ci basta anche un semplice "bello, continua"..
Accettiamo di tutto :D)
GRAZIE IN ANTICIPO SE LO FATE
Brooke:
Sheyleen:
|
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Capitolo 4 *** capitolo 4 ***
sssss
Capitolo 4:
Il viaggio finisce quando i due innamorati si incontrano.
cit.
-Brooke entra- esclamò Sheyleen scansandomi
da me e andandole a prendere la sua mano. Niall fu l’unico che si avvicinò a me
perché gli altri tre erano occupati a calmare le fidanzate. Dovevate vederle: Perrie
stava per piangere se non fosse che si mordeva il labbro interiore e
stringendosi a Zayn. Quando seppe che Brooke perse la memoria all’inizio
pensava che fosse uno scherzo, come del resto anche Megan lo pensava, ma quando
capirono che era la verità iniziarono a piangere. Lottie invece, in quel
momento, si nascondeva con la testa dietro la spalla di Harry che l’accarezzava
dicendole va tutto bene. Infine Megan, beh forse tra le tre era quella un
pochino più tranquilla, anche se non del tutto perché stringeva la mano di
Liam.
-Papà, lei mi ha accompagnata qua-
mi disse la piccola
Lei mi fissava con occhi spalancati notando che tremava. L’idea che avesse
ritrovato la memoria mi sfiorò la mente, ma non fu così.
-Ciao, mi chiamo Brooke Miller- si
presentò
-Ehm.. Sono Louis..-
-So chi siete, non c’è bisogno di presentarvi- mi disse accennando una risatina
isterica
-Davvero?- chiese titubante Zayn guardandoci
-Si siete i One Direction, la boy
band più famosa al mondo- rispose
-Sei nostra fan?- domandò Niall
-Si- ammise abbassando la testa grattandosi la nuca
Tutti annuirono, mentre Perrie si alzò di scatto e mi lanciò un breve occhiata.
-Non ce la faccio, scusatemi- esclamò la bionda correndo fuori dalla sala,
mentre Zayn la inseguì.
-Neanch’io Lou- esclamò Lottie seguita da Megan e uscirono dalla stanza
correndo.
Come potevo biasimarle, avevano la loro migliore amica davanti a sé che non si
ricordavano di loro.
-Forse è meglio che vada- disse notando
le ragazze uscire
-No! Dai Brooke rimani- la pregò
Sheyleen
Non sapevamo che fare, né come agire. Invece lei si inginocchiò davanti a lei
alzandole il suo viso facendo combaciare i loro occhi. Spalancai di nuovo gli
occhi aprendo leggermente la bocca.
-Shey facciamo così, adesso io vado perché ho fatto un viaggio lungo- iniziò
togliendole il ciuffo ribelle e portandogliele dietro l’orecchio. Quel gesto
sorprese tutti perché stava utilizzando il suo istinto materno con Sheyleen.
-Da dove vieni?- chiesi
all’improvviso lei si voltò verso di me
-Nei pressi di Bradford- mi rispose
accennandomi un sorriso timido che mi catturò come la prima volta e di cui mi
fece innamorare perdutamente di lei. Eppure in questi tre anni era sempre stata
così vicina da non rendermene conto. Annuì soltanto cercando di ricambiare il
sorriso.
-Comunque- riprese a parlare tornado a guardare negli occhi Sheyleen -Ti lascio il mio numero e quando vuoi vedermi, mi chiami e passiamo tutta la
giornata insieme-
-Mi farai da babysitter?- chiese scettica la bimba mentre lei scoppiò a ridere.
Un altro colpo al cuore: la sua risata cristallina che mi raggiunse
provocandomi brividi.
-Esattamente-
-Brooke Diana Miller io ti uccido- urlò una ragazza di carnagione scusa
entrando e andando dalla mora che rideva con Sheyleen
-Paige mi dispiace- disse Brooke cercando di trattenere il più possibile la
risata
-è stata una mia idea, Paige- rise la bambina, mentre la ragazza spalancò gli
occhi passando lo sguardo da Sheyleen all’amica e viceversa che stavano
ridendo.
-Io vi uccido, mi hai.. Oddio ma sono i One Direction- esclamò, guardandoci
-Già- rispose Brooke alzando le spalle
-E perché non hai fatto scene isteriche e soprattutto perché non sei saltata
addosso a Louis e gli hai strappato i vestiti- disse l’amica fissandomi da capo
a piedi, mentre Brooke divenne rossa peperone. "Ero il suo preferito?" Mi chiesi,
mentre un piccolo sorriso mi sfuggii.
-Ti piace il mio papà- gioì entusiasta Sheyleen, battendo le mani
-Papà?- chiese sbalordita la ragazza scrutandomi da testa a piedi
-Già-
-Avrai sui 22 anni è impossibile che sei già padre- affermò sbalordita
-In realtà ne devo fare 24- risposi alzando le spalle
-Wow. Comunque perché non stai piangendo di gioia?- chiese tornando a posare lo
sguardo su Brooke che l’uccideva con lo sguardo
-Ehm.. io..-
Scossi la testa e sotto lo sguardo curioso dei ragazzi mi avvicinai a lei che
mi guardava spaventata. Io mi avvicinai finché i nostri corpi erano abbastanza
vicino da sentire il suo respiro sul mio collo.
-Che fai? Paige stava scherzando quando l’ha detto- disse lei spaventata. Mentre
io mi avvicinai di più tanto da baciarle il suo punto debole, potevo sentire i
brividi scorrere per tutto il suo corpo. La baciai lentamente, ma deciso come
le piaceva a lei.
Potei sentire uno dei ragazzi alzarsi e andare a coprire gli occhi a Sheyleen.
Mi staccai e le fissai le labbra, un istinto di baciarla mi prese, ma riuscivo
a controllarlo perfettamente.
-Ti andava bene cosi?- chiesi soffiando sulle sue labbra per poi allontanarmi.
I ragazzi mi fissavano increduli e in un certo senso felici, mentre Paige mi
fissò sconvolta così come l’amica
-Ehm.. wow.. ok.. ehm.. Andiamo?- esclamò imbarazzata Brooke scuotendo Paige
che era paralizzata con la bocca aperta.
-Ci possiamo vedere domani?- chiese Leen tra le braccia di Harry rompendo quel
silenzio che si creò in due secondi. Lei mi fissava ancora come io del resto. Boccheggiò varie volte per poi
confermare l’invito. Così andò a salutare Sheyleen che si era alzata dal riccio
e andò ad abbracciarla per poi alzarsi e incrociare i miei occhi azzurri con i
suoi verdi, eravamo ancora vicini. Scosse la testa e prendendo l’amica per un
braccio e corsero via.
-Sei un idiota- commentò Niall dandomi pacche sulla spalla
-Forse, ma..-
-Ti aiuteremo- affermarono gli altri capendo le mie intenzioni.
Li sorrisi. Intanto le tre ragazze si andarono a sedere accanto a Sheyleen,
mentre Zayn ci raggiunse in sala registrazione.
"Brooke ti farò recuperare la memoria
fosse l’unica cosa che faccio!" Promisi a me stesso.
*Brooke*
Mi
ha baciata, cioè non sulle labbra, ma il punto debole come se sapesse esattamente
che mi faceva impazzire. Riuscivo ancora a sentire le sue labbra su di me,
quella delicatezza che ci metteva. Oddio stavo impazzendo, più correvo più
rivivevo quella scena, non sentivo neanche Paige che mi stava urlando dietro di
fermarmi, ma volevo uscire il più presto possibile da quell’edificio. Aprii la
porta e finalmente libera, misi le mani sulle gambe seguita da Paige che si
teneva a me.
-Si
può sapere che è successo?- chiese Paige confusa e affaticata
-Mi
ha baciata-
-Non
in..-
-Mi
ha baciata nel modo in cui fa Dylan-
Dylan
era mio fidanzato da tre anni, diciamo che da quando sono arrivata al college
mi colpii. In fondo era un bel ragazzo: alto, magro e abbastanza muscoloso,
capelli corti su un marrone tendente al nero e due occhi nocciola che mi fecero
cadere nella sua trappola, erano semplicemente mozzafiato, inoltre è davvero un
bravo ragazzo con voti eccellenti in tutti corsi. Che volevo di più: bello ed
intelligente. Mi avrebbe raggiunto tra qualche settimana, dato che tra tre
giorni aveva l’esame di laurea, per scegliere le cose per il nostro matrimonio
che si sarebbe celebrato a marzo in questa favolosa città.
-è
passata, l’importante che non lo vedrai mai più- disse Paige passandosi una
mano sulla fronte
-Ehm..-
-Cosa?-
mi chiese preoccupata
-Ho
promesso a Sheyleen che saremo uscite domani- ammisi abbassando lo sguardo
-Che
cosa? Diamine Miller non puoi fare da babysitter a una bambina che hai appena
conosciuto-
-Si è che mi ha..- cercai di parlare, ma fui bloccata dalla mia amica.
-C’è
già la fidanzata di lui che le fa da mamma, non immischiarti con cose che non
ti interessano, hai fin troppo da pensare: il lavoro, la casa, matrimonio con
Dylan che sarà tra cinque mesi. Vuoi davvero aggiungerti un problema più grande
per te quando per quella bambina non sei nulla- affermò Paige facendomi
riflettere. Aveva ragione! Io non ero nessuno per Sheyleen eppure avevo il
bisogno di averla accanto e proteggerla. Ero attratta da lei come una mamma con
la propria figlia, le volevo un bene che non riuscivo a spiegarmelo, neanche
con mio nipote, Will, ero così legata come lo sono con quella bambina. Ma aveva
ragione avevo fin troppi problemi da aggiungerne un altro.
-Hai ragione: ho già abbastanza problemi-
-Così si parla-
-Dai andiamo se no chi le sente quelle due- esclamai prendendola per il braccio
e avviarci alla macchina.
-Si
non ho voglia di sentirmi le sclerate di Tina per il ritardo- disse Paige
-Perché
Queen?-
-Ci salviamo solo noi due amore- rise Paige baciandomi sulla guancia mentre io
scoppiai a ridere
-Sempre
amo’- esclamai.
Ciao :)
Sono davvero imperdonabile per questo ritardo perché avevo detto
che avrei aggiornato prima di Natale in modo da farvi gli auguri, ma
non ci sono riuscita a causa dei diversi impegni.
Comunque eccomi qui :)
Allora, per ricoradare, questi capitoli sono di transizione anche se in
questo e nel prossimo si entrerà nel vivo della vicenda.
Ma parliamo di questo quarto capitolo: Brooke e Louis si incontrano **
La prima che ha davanti il suo idolo, mentre il secondo che ha davanti
il suo più grande amore. E a legarli la piccola Sheyleen :D
Si scopre anche che Brooke si sposa D:
Che succederà nel prossimo?
Beh vi svelo solo che ci sarà, come al solito, molto spazio a Louis.
Prometto che cercherò di dare spazio anche a Brooke u.u
Pooi: Ringrazio di cuore:
-le persone che la leggono
-le persone che l'hanno recensita (anche se aspetto sempre nuove opinioni :))
-le persone che l'hanno messa tra preferiti/seguiti/ricordate
-Sara_Scrive per il magnifico Banner *^*
Per finire vi auguro un FELICE ANNO NUOVO, sperando che tutti i vostri
propositi si avvereranno e che quest'anno sarà come l'avete
pianificato.
Spero che vi sia piaciuta, fatemi sapere le vostre opinioni: cose da
cambiare, da aggiungere, magari, da limitare affinché questa ff
sia una ff perfetta :D
Quindi mi raccomando, parlo anche con voi lettori/lettrici silenziose, FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE.
A presto,
_browns eyes_
(sei davvero figo :Q__)
(Paige)
(Megan)
(La bellissimaa Lottie :D)
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
hhhaa
Capitolo
5:
Non so se è pazzia o genialità. Ma è allucinante come questi due tratti conicidano.
*Louis*
Ero
seduto con i ragazzi al tavolo di Nando’s poiché Niall aveva insistito così
tanto ad andarci che non potemmo rifiutare. Stavo girando con la cannuccia la
mia coca-cola aspettando che le ragazze tornavano dal bagno con Sheyleen.
-Lou,
come stai?- chiese Zayn dopo aver bevuto la sua birra
-Vediamo:
strano, sorpreso, felice, triste, terrorizzato, preoccupato.. ah si.. di merda.
Ti basta come risposta- dissi concentrandomi sulla bevanda che ormai da quante
volte l’ho girata si è sgasata.
-Era davvero lei, non ci posso ancora credere- esclamò Liam stringendosi le
spalle. Io mi limitai ad annuire, ma questo non bastava per togliermi quattro
paia di occhi che ti seguivano
-Hai
fatto male a baciarla- mi riprese Niall distogliendo lo sguardo e scuotendo la
testa, mentre io sobbalzai.
-Non
l’ho baciata- affermai sulla difensiva
-Lou..
l’hai baciata al suo punto debole, è come se l’avessi baciata sulla bocca-
disse l’irlandese. "Grazie Niall, infierisci ancora di più". Esclamai ironico
nella mia mente spostai gli occhi verso l’alto per poi posarli verso il basso e
vedere una ragazza bionda seduta a tre tavoli da noi che ci stava fissando. Non
può essere nostra fan cioè forse mi spiego meglio: non mi sembrava una tipa che
ascoltasse il nostro genere di musica, mi sembra più una ragazza che ascoltava
classico oppure blues and jazz, ma pop/pop-dance mai.
-Perché
quella ragazza ci sta fissando?- chiesi ai ragazzi che si voltarono mentre lei
parlava tranquillamente con la sua amica che aveva i capelli rossicci e qualche
lentiggine.
-Perché
siamo fighi- esclamò Harry alzando le spalle
-Questo
era poco, ma sicuro Hazza- disse Zayn passandosi una mano sul ciuffo. Risi da
quanto potevano essere scemi.
-Cosa
era poco, ma sicuro?- chiese Perrie andandosi a sedere accanto a Zayn, Megan
accanto a Liam, Lottie accanto a Harry e Shey accanto a me e Niall
-Che
siamo fighi- rispose Liam baciando Megan sulla guancia.
Le
ragazze risero per poi iniziare a mangiare. Mentre tagliavo la carne a Sheyleen,
sentii delle ragazze ridere entrando nel locale. La curiosità di sapere chi
fossero mi invase, si lo dovevo ammettere ero un ragazzo curioso ed è una cosa
che non ne andavo fiero, ma una delle mie qualità e non potevo farci nulla.
Così alzai la testa e spalancai gli occhi, ma nessuno se ne accorse tranne
Perrie che mi stava davanti e mi guardava confusa mentre io feci un accenno con
la testa di guardare dietro di lei. Perrie si voltò senza dare nell’occhio per
poi rigirarsi di nuovo e guardarmi inespressiva e addolorata. Che cavolo le ho
fatto? Perché non potevo scuotere la testa facendo un sorriso sforzato o cose
simili? La sto facendo stare male per una cosa che non merita.
-Pezz,
io..- iniziai mentre lei mi fermò con una mano
-Non
dire nulla-
Tutti
i presenti si incuriosirono alla nostra conversazione
-Mi
dispiace- le sussurrai
-Non
è colpa tua Lou. Sta tranquillo- disse accennandomi un sorriso. Lo sapevo che
stava male, come tutti, ma cosa potevo non potevo farla parlare ora davanti a
tutti, davanti a Sheyleen che non sapeva nulla. Le sorrisi triste e ritornai a
girare la mia coca-cola, ma non riuscivo a non guardarla così sotto sguardo
attento alla presenza dei ragazzi l’ammirai da lontano. La vidi salutare le due
ragazze che ci stavano fissando per poi sedersi con loro. Scrutai i suoi movimenti:
non erano per niente cambiati anche se c’era una piccola cosa che attirò la mia
attenzione. Un piccolo gesto che mi fece sprofondare nella tristezza più
assoluta: lei alzò la mano sinistra e gliela porse alla biondina che con la
rossa la guardavano con occhi luccicanti per poi andarla ad abbracciare. Aveva
un piccolo anello d’argento all’anulare. Come ho fatto a non notarlo quando ha
accarezzato Sheyleen?
Abbassai
lo sguardo. Perché mi continuavo a fare male? Diamine dopo tre anni, il dolore
dove essere più lieve, invece era sempre più pesante e difficile da sopportare.
-Scusatemi-
dissi andandomene a prendere una boccata d’aria.
Mi sedetti con le mani in
faccia per poi lanciare un pugno al tubo che avevo di fianco procurandomi un
taglio abbastanza profondo. Bruciava, ma era sopportabile rispetto a quello che
sto passando. Lei non si ricordava un accidenti né di me, né di Sheyleen, né di
tutto quello che avevamo passato: tutte quelle promesse, tutti quei baci con un
tenero ti amo alla fine o all’inizio, tutte quelle fughe in diversi posti di
Londra, insicurezze che prendevano entrambi. Soprattutto mi maledicevo per non
averlo fatto prima quando avevo la possibilità.
-Lou-
mi chiamò qualcuno dietro di me, mi girai e vedi Lottie sedersi accanto a me
mettendo la testa sulla mia spalla probabilmente non notò neanche il graffio
che avevo
-Che
c’è?- chiesi lasciandole un piccolo bacio tra i capelli.
-Cos’hai?-
domandò direttamente che mi colpì
-Nulla-
-Lou,
credi davvero che io ti creda?-
-Si
sposa- mormorai inclinando la voce mentre lei si alzò di scatto
-Come?-
-Brooke
si sposa-
-Boo
mi dispiace-
-Lottie
sono un coglione-
-Perché?-
-Perché
sono innamorato di lei come la prima volta. Lo so che ho Eleanor e tutto, ma in
questi tre anni non ho fatto altro che pensare a lei- ammisi guardando un punto
fisso davanti a me
-Lou
è il tuo primo amore come pretendi di dimenticartelo da un giorno all’altro-
Brooke
era stata la prima a farmi sentire vivo, felice, leggero, insomma un passo a
toccare il cielo con un dito. Ci eravamo incontrati per caso, ma fu il giorno
più bello della mia vita perché grazie a quello ora avevo una bellissima
bambina che mi rendeva felice ogni giorno.
-Che
cavolo hai fatto alla mano?- chiese preoccupata
Io abbassai lo sguardo e vidi la mia mano sanguinare, feci un sorriso ironico.
Tornai a concentrarmi su Lottie e le indicai il tubo vicino a noi. Lei mi guardò infuriata, o almeno così mi
sembrava.
-Ma
sei demente o cosa? Vai subito a disinfettarla-
Le
diedi un bacio sonoro sulla guancia ed entrambi rientrammo. Lottie raggiunse
gli altri mentre io andai dal cameriere più lontano possibile dai ragazzi così
mi avvicinai con la mano sporca di sangue al cameriere che si trovava al tavolo
vicino al cactus. Già bel posto dove mettere un tavolo.
-Mi
scusi- lo chiamai mentre lui si girò e mi fissò sbalordito
-Oddio
che si è fatto?-
-Nulla
è solo un graffio mi..-
-State
qua torno subito con il mio superiore-
-Ma io volevo solo un cerotto- esclamai per farmi sentire per poi sbuffare
-Louis?- mi chiamò la ragazza del tavolo davanti a me
Mi girai di scatto e vedi Brooke che mi guardava meravigliata
-Brooke..
ehm ciao-
-Che
ti sei fatto?-
-Ehm..
mi sono ferito mentre tagliavo la carne a Sheyleen- mentii mentre lei si alzò e
si avvicinò mi prese il bordo della maglia e mi tirò finché non arrivammo in
bagno delle signore. Oddio mi aveva davvero fatto entrare. Lei mi portò al
lavandino e mi fece un segno di sedermi e l’assecondai, ma quando mi toccò e
sentii tutti i brividi percorrermi il corpo mi scossi da lei
-Ma che stai facendo?- chiesi preoccupato
-Ti sto aiutando- rispose per poi prendermi di nuovo la mano ferita
Non riuscivo a resistere a quel contatto con lei eppure la lasciai fare con
qualche smorfia di dolore.
-Scusami- disse ad ogni smorfia che facevo, ma io le sorridevo
-No
scusami tu-
-Perché?- chiese alzando lo sguardo per poco
-Per il bacio, insomma non sapevo che fossi sposata- risposi continuando a
fissarla
-Oh..
io non sono sposata, ma lo sarò tra poco-
-Quanto?-
-Cinque mesi-
Mi sentii sollevato perché avevo cinque mesi per farle cambiare idea.
-Ecco
fatto- mi sorrise
-Grazie-
-Ma ti pare? Farei di tutto per il mio idolo-
-Sono
il tuo preferito, quindi-
-Diciamo che sei quello che mi ha colpito di più- disse facendo spallucce
-Ah ma davvero?-
-Si
ho subito adorato la tua voce, aveva qualcosa di famigliare e pacifica. Ti
giuro me ne ero innamorata subito. Beh anche gli altri sono fantastici-
-Però?-
-Non
mi trasmettevano la sensazione di protezione, famigliare-
-Famigliare?- chiesi fingendomi meravigliato quando non lo ero affatto perché
quando stavamo insieme cantavo sempre per lei.
-Già,
famigliare come se l’avessi già sentita-
-Capisco-
-Sai
mi ispiri fiducia-
-Me
lo dicono in tanti- risi mentre lei mi tirò uno schiaffetto al braccio
-Se
ti dicessi una cosa mi prometti di non dirla a nessuno?-
*Brooke*
Ma che cavolo stavo facendo? Perché mi stavo confidando con uno straniero? Mi
ispirava fiducia e sicurezza e questo mi bastava.
-Promesso. Croce sul cuore- disse sorridendomi e facendo una piccola x dove
c’era il cuore. Sorrisi, ma mi venne una leggera fitta alla testa con
un’immagine che mi passo per la mente.
“-Ti
prego prometti che non lo dirai a nessuno- lo pregò una ragazza mettendosi a
mani unite davanti a lui che la fissava divertita
-Non lo farò, Bi, non lo farò. Fidati!- disse mettendo le mani su quelle della
ragazza.
-Croce
sul cuore?- chiese titubante la fanciulla guardandolo, o meglio, perdendosi nei
suoi occhi azzurro mare.
-Croce sul cuore- esclamò sorridendo per poi dare un bacio sonoro sul collo
della ragazza che si eccitò”
-Brooke,
ci sei?- chiese sventolandomi una mano davanti gli occhi
-Si?-
-Cosa dovevi dirmi?-
-Io..
non me lo ricordo- risposi disorientata dall’immagine che mi passò per la
mente. Mi girai e vidi gli stessi occhi che aveva il ragazzo nell’immagine,
sbattei più volte le ciglia per poi vedere che Louis mi guardava confuso.
-In
ogni caso volevo ringraziarti di nuovo soprattutto per Sheyleen-
-La tratti come se fosse una gemma preziosa-
-E
lo è- esclamò facendomi ridere
-Mai
detto il contrario. È davvero una bella bambina-
-Lo
sai ha preso tutto dalla madre, forse da me ha preso solo il carattere, ma il
resto ha preso da lei-
-Dov’è?-
chiesi dispiaciuta
-Diciamo
che se n’è andata-
-Perché? Insomma perché lasciare una bambina cosi bella e.. te-
-Non
voleva infatti, ma qualcosa va sempre contro a come lo pianifichi- disse
guardandomi negli occhi e sentii una fitta al cuore.
-Che
è successo?- chiesi con un groppo in gola
-Diciamo
che non sono mai stato simpatico ai suoi così hanno trovato il primo modo per allontanarla definitivamente da me- rispose con un sorriso debole e insofferente.
-Che
stronzi- sputai fuori acida guardando un punto della stanza. Diamine come
facevi ad allontanare la madre dalla sua bambina; e una cosa da persone
mostruose.
Mi
girai verso di lui che mi fissava con occhi spalancati e un misto tra sorpreso
e meravigliato.
-Che c’è? È la verità! Quella bambina merita di avere una mamma accanto a sé-
-Lo so- disse con un accenno di amarezza spostando l’attenzione altrove. Lo
guardai dispiaciuta e senza pensarci due volte, misi la mano sulla sua guancia
facendola girare dalla mia parte. Mi fissava sorpreso e quasi impaurito mentre
io mi sentii un’altra fitta al cuore.
-Sono
sicura che lei non voleva farlo e tornerà- affermai decisa facendogli spalancare
gli occhi di sorpreso. Lui era immobile e respirava profondamente, mentre io
spostai lo sguardo sull’orologio che tenevo sul polso e vidi che si era fatto
davvero tardi dato che io e le ragazze dovevamo andare a ordinare alcune cose
per il matrimonio.
Lui scosse la testa e mi sorrise.
-Senti
Louis..-
-Chiamami
Lou, non ho un gran apprezzamento per Louis-
-Ok Lou, io devo andare. Ci sentiamo- dissi alzandomi e prendendo la borsa
-Senti tu stai per sposare, no?- mi chiese bloccandomi per il braccio. Annuì
confusa.
-Che ne dici se ti aiuto a preparare tutto? Insomma mentre il tuo fidanzato non
c’è.. devo pure sdebitarmi con te o no?-
-Lo vuoi seriamente?-
-Si..-
-Allora
ci sto. Ci vediamo domani davanti a Hyde Park, non mancare. Ciao- risposi
lasciandogli un bacio sulla guancia per poi correre dalle mie amiche.
*Louis*
Andai al tavolo a testa bassa continuando a guardandomi la mano fasciata. Mi
rimisi al posto e riniziai a girare la mia bevanda.
-Che
cavolo ti sei fatto alla mano?- chiese preoccupato Harry
-Nulla,
mi sono solo graffiato fuori- mentii
-Papà..-
mi chiamò Sheyleen preoccupata continuando a fissare la mia mano. Le sorrisi
dolcemente tirandola a me.
-Non
mi sono fatto nulla amore. Passa- le sussurrai lasciandole un bacio tra i
capelli.
-Oh
no..- disse Liam con occhi leggermente spalancati per poi passandosi una mano sugli occhi.
-Brooke-
esclamò Shey allontanandosi da me correre da lei che sorrise e la prese in
braccio lasciandole un bacio sulla guancia.
-Ciao
bellissima- sorrise la ragazza per poi girandosi verso di me e regalandomi un
bellissimo sorriso che mi catturò e facendo pulsare velocemente il cuore.
-Ciao
Paige- disse la bambina all’amica
-Shey
che bello rivederti-
-Qualcuno
ci può spiegare?- chiese la rossa
-Già
vi lasciamo per alcune ore e mi ritornate con una bambina e una famosa boyband-
continuò la bionda
-Lei
era la bambina che abbiamo incontrato- spiegò
-Ah..
ora capisco l’infuriata di Paige qualche minuto fa-
-Queen-
la riprese Paige
-Ti
fa male?- mi chiese Brooke non badando alle parole dell’amica e facendo attirare
l’attenzione dei miei amici su di me.
-No,
sopportabile. Grazie-
-E
di che? Sono io a doverti ringraziare-
-Miller
dobbiamo andare, Carlos ci sta aspettando- le ricordò la rossa.
-Giusto.
Ricordati domani alle.. aspetta non lo so quando sei libero-
-Quando
vuoi- risposi
-Perfetto
allora domani alle 10 davanti ad Hyde Park-
-Ci
sarò-
Un
sorriso si dipinse sul suo volto e mettendo giù Sheyleen e lasciandole un bacio
se ne andò.
-Che
hai fatto Lou?- chiese Zayn, quasi esasperato.
-L’aiuto-
affermai facendoli annuire.
Ciao :D
Eccovi un nuovo capitolo di Remember When.
Allora come ho anticipato nello scorso capitolo: con questo si entra
nella vera fanfiction perché Louis decide di aiutare Brooke nei
preparativi del matrimonio, ma ha uno scopo. Secondo voi, ci
riuscirà? Si scoprirà :)
Ringrazio sempre le solite persone :)
Spero che vi sia piaciuto. Fatemelo sapere, accetto di tutto :)
Ciaoo.
(I fratelli Tomlinson *^*)
(I Zarry :D)
(Niam :D)
(Queen)
(Tina)
|
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Capitolo 6 *** capitolo 6 ***
dffffds
Capitolo
6:
Non si deve giudicare un
amore futuro in base alle esperienze precedenti
Ero
davanti ad Hyde Park da circa cinque minuti e di Brooke neanche l’ombra. Mentre
aspettavo firmavo autografi alle fan per poi chiamare Niall per informarmi di
come andava con Sheyleen dato che l’avevo lasciata in mano a due ragazzi,Niall
e Harry, che potevano farle di tutto. Non è che non mi fidi di loro, solo che,
diciamo, sono troppo stupidi e possono fare qualsiasi cosa in mia assenza. A
questo proposito mi ricordo quando l’avevo lasciata da loro per qualche ora
poiché era Natale e io e Lottie eravamo andati a prendere le ultime cose, e al
nostro ritorno dovemmo andare in ospedale perché i due geni le avevano dato il
cioccolato e lei era allergica.
Scossi la testa e mentre stavo per comporre il numero di Niall sentii qualcosa
coprire i miei occhi. Sorrisi poiché il suo profumo di Chanel mi invase le narici.
-Indovina
chi sono?- disse la voce dietro di me
-Brooke
lo so che sei tu- risposi togliendomi le sue mani dagli occhi per poi girandomi
e guardarla sbuffare. Risi leggermente.
-Che
peccato e io che volevo farti una sorpresa-
-Sarà
per la prossima volta- sorrisi
-Allora
sei pronto per sopportarmi per tutta la mattinata?- chiese esaltata mentre io
scoppiai a ridere
-A
patto che pomeriggio ti posso accompagnare in un posto-
-Certo-
Sorrisi
perché il mio piano stava avendo inizio. Brooke tornerai da me.
La mattina la passammo in giro per comprare le bomboniere: da quanto ho capito
saranno un centinaio, se non di più, di persone tra i suoi famigliari e quelli
di Dylan. Così si chiamava lo sposo. Mi raccontò dei dettagli più importanti in
cui dovrei aiutarla: nella scelta delle bomboniere, nella location e forse anche
nel vestito. La seguivo molto attento e
curioso di sapere se qualche suo gusto, in questi tre anni, fosse cambiato e
per mia fortuna erano sempre gli stessi. Eravamo nel negozio di bomboniere
circa da mezz’ora perché non sapeva quale scegliere tra: una scatoletta bianca,
con qualche cucitura, e un fiocco di colore panna in cima, e accanto una bellissima
coccinella argentata; e un cuore tutto bianco, penso che sia fatto di gesso, ma
non credo, con due fedi attaccate con un fiocco sopra il cuore.
-Signorina,
questa è la migliore- affermò la commessa, entrando nella sala con un’altra,
più grande e più pregiata. Diciamo troppo raffinata per i gusti di Brooke.
-Non
mi piace- rispose lei, concentrandosi su quelle due.
-Avanti
è molto meglio di quelle. Ragazzo aiutami anche tu. In fondo sei lo sposo-
esclamò, facendomi sobbalzare e spalancare gli occhi.
-O
ma io..- iniziai, ma Brooke mi fermò, allungando alla commessa la bomboniera
che aveva scelto.
-Voglio
questa!- decise infine soddisfatta della scelta -Ora scegliamo i confetti e ce
ne andiamo promesso- disse con l’ultima frase rivolta a me. Sorrisi in modo confortatore, e mi avvicinai.
-Non
ti preoccupare. Fai pure tutto con calma-
-Allora
ti affido il compito di sceglierli tu. Intanto io vado ad ordinarle-
Io
annuii e, girandomi verso la commessa,
ricevetti da lei un accenno di seguirla.
Mi diressi da lei, che la seguivo attentamente, finché non mi squillò il
cellulare. Sobbalzai e, prendendolo, vidi Harry come destinatario.
Iniziai a preoccuparmi che fosse successo qualcosa a Sheyleen. Mi scusai con la
commessa, che annuì e iniziò a tirare fuori varie tipi di confetti, e risposi.
“Dimmi
che non è successo niente a Shey” esclamai, bloccandolo, e con uno sguardo
ansioso.
“No.
E ci offendi! Comunque abbiamo bisogno di te”
“Che
succede?”
“Ha
chiamato Eleanor..”
Spalancai
gli occhi al nome. Lei era in Spagna per tre mesi come regalo di laurea e di
solito quando dovevamo sentirci mi chiamava sul mio, mai a casa. Mi preoccupai
per quello che le hanno detto.
“Ditemi
che non gliel’avete detto” lo pregai, facendolo tossicchiare.
“Harry!”
urlai, facendo sobbalzare la signora che aveva i confetti in mano. Mi scusai,
mentre lei scosse la testa, invece Harry sospirò al di là della cornetta. Mi
avvicinai a lei e iniziai a scegliere il primo da provare.
“Shey.
Ha risposto lei”
“Cosa?”
inarcai un sopracciglio confuso, prendendo uno e mettendomelo in bocca. Feci
una smorfia con l’accompagnamento dello scuotere della testa. Lei annuì e mise
vai la scatola che corrispondeva al confetto.
“Lei
la odia! Lo sai. È impossibile che l’accetti come madre o semplicemente come
tua fidanzata”
“Pensavo
che prima o poi l’avrebbe fatto” ammisi, prendendone un altro.
“Boo,
sai che non lo farà mai.. soprattutto adesso che c’è Brooke”
“Lo
so” mormorai, alzando il pollice alla donna, che annuì soddisfatta.
“Che
hai in mente? Perché farti di nuovo male” chiese direttamente Harry, che
intanto si sedette sul divano.
“Hazza..”
“Io
e i ragazzi ti stiamo accanto, ma non ti vogliamo vedere di nuovo come in
questi anni”
“Non
sarò più così”
“Come
fai ad esserne certo?”
Mi
morsi il labbro inferiore in cerca di qualcosa da dirgli, ma lui mi anticipò di
nuovo.
“L’ami”
“No..”
sussurrai
“Oh
si. Non l’hai mai dimenticata”
“So
solo che non posso più perderla. Shey ha bisogno di sua madre” risposi, facendo
tossicchiare la donna, che avevo davanti. Lei
stava origliando tutta la nostra conversazione, la guardavo con confuso, ma
anche divertito, perché così non pensava più che Brooke fosse la mia futura
moglie, anche se in parte lo apprezzavo molto.
“Devo
andare Hazza, ne riparliamo dopo. Ciao. Salutami tutti” esclamai, prendendo
l’ultimo confetto, mangiarmelo, e chiudendo la telefonata.
-Mi
piace questo- commentai con un sorriso soddisfatto, prendendone un altro, ma
che mi fu rubato subito da una persona dietro di me.
Mi voltai e vidi Brooke,
che lo stava degustando per bene.
-Anche
a me!- esclamò lei, sorridendomi. -Li prendo!-
Sorrisi,
mentre la signora davanti a noi annuì e andò a prendere le carte per le
ordinazioni. Brooke sbuffò e, guardandosi intorno, tornò da me tutta raggiante
e solare.
-Allora
dove mi porti?- mi domandò mettendosi in punta di piedi. Mi grattai la nuca in
modo da ricordarmi le indicazioni precise del luogo, in cui ci eravamo
conosciuti.
-è
una sorpresa- risposi alzando le spalle e sentendo chiaramente il suo sbuffo.
Accennai una lieve risata, mentre lei mi fece la linguaccia.
-Cattivo-
-Neanche
Shey si comporta così. E lei ha quattro anni- commentai divertito. Lei sorrise
e si avvicinò a me con uno sguardo da cucciolo bastonato. La fissai confuso e
leggermente divertito.
-Ma
io sono una bambina-
-Una
bimba cresciuta-
-Ma
pur sempre una bimba- ribadì con una vocina, che mi fece letteralmente ridere.
Le pizzicai le guance, mentre lei fece una smorfia contraria.
-Povera
piccina-
Lei
si allontanò e mi fece il dito medio come ringraziamento. Scossi la testa per
la stupidaggine e iniziai a guardarmi intorno, aspettando che la commessa
ritornasse con la ricevuta di pagamento.
-Ecco
a voi. Buona giornata- disse la donna allungando lo scontrino a Brooke, che
annuì gentilmente e, prendendolo, salutammo e ce ne andammo. Una volta fuori,
iniziammo a camminare verso l’Hyde Park, posto in cui avevo lasciato la
macchina.
-Dove stiamo andando?- domandò notando le strade, che stavo prendendo.
-A
prendere la macchina. Il posto è alquanto lontano- risposi frugando in tasca
per cercare le chiavi della macchina. Le
tirai fuori e iniziai a giocherellarci, mentre lei distorse il naso.
Improvvisamente iniziò a suonarle il cellulare e, con grande enfasi, lo prese,
iniziando a sorridere come un’idiota. Mi sentii male perché una volta quei
sorrisi li dedicava a me. Lei mi sussurrò uno scusa per poi rispondere.
-Amore,
indovina? Ho già scelto le bomboniere-
Perfetto!
Esclamai tra me e me. La giornata non potrebbe andare meglio.
Ciao :)
Come state?
Vorrei scusarmi per il ritardo, ma ho davvero da fare in questo periodo
e quindi il tempo per scrivere e aggiornare le ie due storie è
davvero limitato, anzi inesistente.. Comunque cerco sempre di fare del
mio meglio per aggiornare presto.
Allora in questo capitolo non succede chissà che.. però
spero in ogni caso che vi sia piaciuto, ma anche che nessuna
lettrice/lettore abbia abbandonato questa storia per i mei stupidi
ritardi.
Vorrei ringraziare:
-Chi recensisce
-Chi l'ha messa tra seguita/preferita/ricordata
-Chi la legge.
-Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Prima di andarmene volevo informarvi che una lettrice ha scritto due
fantastiche OS sulle coppie di questa storia: Megan/Liam ed
Harry/Lottie.
Vi lascio i link alla fine in modo da farle sapere che ne pensate
perché ci tiene e poi credo che sia anche giusto perché
ci ha messo davvero tanto impegno e si merita qualche opinione.
In ogni caso detto questo: spero che questo brutto capitolo vi sia piaciuto. Fatemelo sapere. Accetto di tutto :).
Non vorrei essere cattiva, ma dato che ci tengo davvero tanto a questa
ff e ci metto il 110% di me stessa per scriverla e farla originale
rispetto alle altre, d'ora in poi aggiornerò (se riesco) dopo le
2/3 recensioni.
Ripeto non voglio essere cattiva o cose del genere, è solo che
ci tengo davvero molto e mi farebbe davvero piacere sapere che ne
pensate.
Detto questo mi dileguo,
Pace e amore a tutti.
A presto
Ciaoo
xx
OS (Liam e Megan) : http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2391755&i=1
OS (Harry e Lottie) : http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2434638&i=1
Grazie per l'attenzione.
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
cap 7 RW
Capitolo
7:
Ieri avrei voluto leggere i
tuoi pensieri
scrutarne ogni piccolo particolare
ed evitare di sbagliare
E diventare l’uomo ideale
(Infinito di Raf)
Stavo
guidando tranquillamente, anche se non ero per niente tranquillo: sentivo un
peso sullo stomaco, mi sentivo sempre più debole con la sua presenza. Scossi la
testa e mi concentrai sulla strada, aspettando che uno dei due iniziasse
qualche conversazione, ma, sapendo il mio umore in questo momento, non ero in
grado di dire qualcosa di sensato e gentile nello stesso tempo. Non ero più
tanto di compagnia, decidendo così di stringere il volante e standomene zitto.
*Brooke*
Mi
rigiravo il cellulare tra le mani impaziente di sapere dove mi stava portando.
Era troppo silenziosa l’atmosfera, che si creò, e non riuscivo a sopportarla. A
volte guardavo Louis, sperando che dicesse qualcosa, ma, considerando il modo
con cui stava stringendo il volante, non mi sembrava in vena di qualche
discorso. Così sospirai e affondai nel sedile, continuando a guardare il
paesaggio attraverso il finestrino.
-Ti
prego di qualcosa- scoppiai, mettendomi dritta e guardandolo supplicante.
-Che
cosa?- mi chiese gentilmente
-Non
so qualsiasi cosa. Odio il silenzio- ammisi, facendolo ridere.
-Scusa.
Dai di cosa vuoi parlare?- mi propose, facendomi un accenno con la mano di
iniziare a dire qualcosa.
-Mh..
non so. L’album come va?- domandai su due piedi, facendogli spuntare un sorriso
stirato sul viso.
-Bene.
Dobbiamo finire di scrivere alcuni testi e poi registrarli- rispose
-Non
vedo l’ora di sentirlo- commentai, facendolo sorridere.
-Vuoi
ascoltare qualche canzone?- chiese, facendomi l’occhiolino. Spalancai gli occhi
e li posai subito su di Louis, il quale mi lanciava sguardi in attesa della
risposta. Io sorrisi e annuì.
-Posso
davvero?- domandai a mia volta come una bambina davanti ad un pacco di
caramelle. Lui scoppiò a ridere e scosse la testa.
-Certo
che no! Aspetterai come tutte le altre directioners- rise, imboccando una
stradina. Spalancai lievemente gli occhi, sdegnata e misi il broncio.
-Cattivo!-
-Sei
incredibile-
Stavo
per ribattere, mentre una fitta mi venne alla testa.
“-Amore ti prego. Una strofa, che ti
costa?- lo pregava costantemente, muovendogli il braccio. Lui scoppiò a ridere
e, spostandole delicatamente il braccio, posò la mano sulla coscia nuda della
ragazza, considerando che erano in piena estate e lei indossava di
pantaloncini. Mentre lui una maglietta bianca e leggermente trasparente, tanto
che lasciò a guardare dei muscoli ben fatti, dei pinocchietti chiari. La
ragazza strinse la sua mano.
-Tesoro, uno sto guidando, e due è una
sorpresa- affermò lui, concedendole un sorriso dolce per poi togliere la mano
da lì e posarla nuovamente sul volante.
-Uffa, però bionda l’ha ascoltato-
-Si perché il suo fidanzato è un cretino-
scoppiò a ridere lui, contagiando anche lei
-è il tuo migliore amico-
-Rimane comunque un cretino- ribadì,
fermandosi al semaforo e, sfruttando il tempo, dando un bacio alla fidanzata,
che lo approfondì. Una volta staccati, lui ripartì, mentre lei accese la radio
e da quella stazione passò la canzone del fidanzato: “What Makes you
beautiful”. Lui scoppiò a ridere, mentre lei iniziò a canticchiarla. Lui si
girò e la guardò completamente persa in quella canzone e, volendo fare qualcosa
di carino, parcheggiò un attimo la macchina, abbassò la radio e, guardandola
dritta negli occhi, le cantò quel pezzo. Lei si portò le mani alla bocca e con
occhi luccicanti di gioia si slacciò la cintura e abbracciò il fidanzato, che
ricambiò molto volentieri la stretta.
-Boo..-
-Sh!- la inzittì, dandole un bacio
profondo. -Ti amo-
-Anch’io e tanto- rispose la ragazza.”
Sbattei
più volte le palpebre, assimilando quello che successe, e vidi lui impegnato a
cercare un parcheggio dato che tutte le macchine li occupavano quasi tutti. Lui
sospirò e ne trovò uno, mentre io continuavo a studiarlo per bene poiché era
impossibile che questa lievi fitte con dei ricordi mi venivano solo con lui. La
luce lieve dei lampioni prendevano la sua figura e dato che eravamo di giorno,
tipo verso l’una di pomeriggio, non lo colpiva di molto. Ma a me dava una
bellissima sensazione di essere amata, che non riuscivo a capire. Louis trovò
finalmente il posto, e, mentre parcheggiava, io mi rifugiai nella mia bolla per
qualche secondo, assimilando quello che era successo. Ci misi secondi prima di
esclamare un nome e farlo voltare verso di me.
-Boo!-
Lui
mi guardò mezzo confuso e mezzo sorpreso, sebbene io lo guardavo meravigliata.
-Dimmi-
rispose, dandomi tutta la sua attenzione.
-No
nulla.. cioè.. non stavo chiamando te.. o meglio si.. ma..-
-Brooke
rilassati- disse divertito.
-Scusa
è che mi è venuto in mente una cosa e..- mi bloccai con la frase in sospeso. Non sapevo come andare avanti perché lui non
sapeva la verità e sono quasi sicura, che non vuole avere i problemi una
ragazzina di qualche anno in meno di lui, intorno. Infondo ha già sua figlia a
cui pensare. -Siamo arrivati?- chiesi, cambiando umilmente discorso.
-Sei
strana. Comunque si- mi sorrise, slacciandosi la cintura e scendendo dalla
macchina. Sospirai per recuperare il controllo e lo imitai.
Una volta fuori
l’aria d’autunno mi avvolse, tanto che dovetti nascondere il viso nella sciarpa
di lana, che indossavo, tenendo fuori solo gli occhi.
-Hai
freddo?- mi chiese, notando il mio sguardo. Annuii leggermente per poi
spalancare gli occhi, vedendolo sfilare il suo giubbotto e porgendomelo. Scossi
la testa e indietreggiai.
-Anzi
ripensandoci..-
-Prendilo
di terrà al caldo!-
-E
tu?-
-Tranquilla,
io non ho freddo. E poi ho sempre uno di ricambio nel cofano- rispose,
mettendomelo sulle spalle. Sentivo il calore di quell’indumento e il suo
profumo proveniente da esso. Alzai lo sguardo e lo incrociai con i suoi meravigliosi
occhi azzurri, che mi trasmettevano serenità e tranquillità. Sorrisi per ringraziarlo e, spostandomi, mi
guardai intorno.
-Dove
siamo?-
-Considerando
che è l’ora di pranzo, conosco un posto qui vicino-
-C’è
odore di..-
-Mare?
In realtà siamo al porto- rispose per me, alzando le spalle.
-Mi
hai portato davvero al porto?-
-Perché
ne sembri sorpresa? Dylan non l’ha mai fatto?-
-No..
o meglio qualche volta siamo andati al lago.. ma non mi ha mai portata al
porto- balbettai data alla sorpresa inaspettata.
-Capisco.
Beh, se non vuoi.. ti pos..-
-No,
no. Andiamo- gli sorrisi e gli misi la mano sotto il suo braccio, mentre lui
sorrise e annuì.
Ci incamminammo per qualche stradina ed io ero sempre più
catturata da quel luogo: c’era un’atmosfera, che mi tranquillizzava, inoltre le
persone, per quelle poche con cui abbiamo incrociato, erano disponibilissime.
Parlammo anche in quel tratto, o meglio Louis si dispiaceva di non ricordarsi
bene la strada, ma io sorrisi per confortarlo. Arrivammo finalmente in una
piccola locanda, che si affacciava sulla riva. Non era tanto grossa, anzi. Era
di una grandezza media, fatta in legno e con dei finestroni lucidi, i quali si
affacciavano su un piccolo piano in cui potevi entrare nel locale o
semplicemente gustarti quel panorama con qualche sigaretta alla bocca. Lui aprì
la porta e fece il segno di entrare, io sorrisi dolcemente per ringraziarlo.
L’interno non era male: era davvero spazioso con una ventina di tavoli e quattro
a parete, delle piante come decorazioni e un piccolo palcoscenico, in cui si
stavano esibendo delle ragazze con qualche canzone country. Una
cameriera si avvicinò a noi con un sorriso e, portandosi il listino al petto,
ci fissò per qualche secondo.
-Posso
esserle utile?- chiese gentilmente, stringendo quell’oggetto. La scrutai da
testa a piedi per capire il suo nervosismo, capendolo: era una fan dei One
Direction.
-è
una vostra fan- bisbigliai a Louis, che si girò verso di me, inarcando un
sopracciglio e poi posando lo sguardo sulla ragazza, la quale lo abbassò.
-Certo.
Vorremmo un tavolo per favore- rispose Louis per entrambi. Lei annuì e ci fece strada in un tavolo
libero e senza prenotazioni.
-Questi
sono i menù e se avete bisogno di qualcosa, non esitate a chiamare. Tornerò tra
poco per l’ordinazione- disse, lasciandoci due menù e andandosene. Ne presi uno
e iniziai a cercare qualcosa che m’ispirasse. Lui mi imitò, ma la scelta non
tardò ad arrivare insieme alla stessa cameriera.
-Eccomi.
Avete scelto qualcosa?-
-Brooke?-
mi chiamò, facendomi capire, che dovevo scegliere.
-Mmh…
Degli spaghetti allo scoglio e per secondo.. mmh… una bistecca con patatine. Grazie-
-Ok.
Lei, signore?-
-Oh..
chiamami Louis, Catherine. Comunque il solito-
-Da
bere?- domandò di nuovo lei, finendo di segnare gli ordini.
-Dell’acqua
naturale- risposi
-Birra-
disse invece Louis, alzando le spalle.
La
cameriera, o meglio Catherine, annuì e, ritirando i due menù, se ne andò.
-Come
fai a sapere come si chiama?- gli chiesi io curiosa.
-Sono
un veggente, non te l’ho mai detto?- mi prese chiaramente in giro. Io mi misi a
braccia conserte, fingendomi offesa per la sua risposta. Invece lui mi sorrise
come un angelo. -Ce l’aveva scritto sulla targhetta sul grembiule. E poi la
conosco di vista dal momento che vengo molto spesso qui-
-Con
Sheyleen?- azzardai, facendolo annuire.
-Sai
è buffo. Tu mi conosci bene dato che sei una mia fan. Ma io non ti conosco
affatto- iniziò lui con un tono pacato, ma cercava comunque di farlo sembrare
gentile e interessato. Inarcai un sopraciglio e scossi la testa, non dandoci
peso.
“-Stai
mentendo!- lo riprese la castana,
dandogli un pizzicotto. Lui sobbalzò e la guardò furente. Odiava quando lo
faceva: odiava avere le mani addosso, e la ragazza lo sapeva davvero bene.
-Che
cosa? Bi.. se..-
-La
tua voce. Quando menti essa diventa prima un tono abbastanza alto e poi pacata.
Quindi dimmi che ti prende!- spiegò , facendo dei piccoli gesti. Lui lasciò andare un sospiro.
-Va
bene, hai vinto!- si arrese, iniziandole a raccontare tutto.”
-Cosa
vuoi sapere?- domandai, appoggiandomi sul tavolo.
-Tutto.
Voglio conoscerti un po’- esclamò, imitandomi. Alzai gli occhi al cielo,
pensando a quali cose potrei dire e cos’altro no. Infondo non siamo amici da
una vita, anzi non lo eravamo per nulla. Solo due conoscenti di cui uno dei due
ha salvato la vita della vita all’altro.
-La
mia vita non è interessante- commentai infine
-Non
importa. Dai non farti pregare-
Prima
che potessi rispondere, la solita servitrice ci porta le nostre bevande con un
cestino pieno di pane tagliate a fette. La ringraziammo con un piccolo sorriso,
poi presi una di quella fetta e iniziai a mangiarla.
-Allora
ho ventidue anni, compiuti il 12 Marzo e ho vissuto per un periodo a Broomfields,
una piccola cittadina nei pressi di Bradford, insieme ai miei genitori
solo che poi ho iniziato l’Università a Nottingham, specializzandomi in
psicologia- iniziai, mettendo in bocca il primo pezzetto di cibo. -Lì ho incontrato
il mio fidanzato e dopo tre anni, mi ha chiesto di sposarlo. Poi.. ho una sorella
più grande e una cagnolina, Polly, di tre anni. Adoro Londra, anche se
mi manca la mia Nottingham. Sono una directioner, sebbene ascolto
un po’ di tutto, tranne la musica classica. Non fa per me.. Poi credo di averti
detto tutto.. ah.. no.. ho un tatuaggio sulla caviglia: una piccola ancora-
finii, facendolo spalancare gli occhi.
-Un
tatuaggio? Davvero?- domandò sorpreso, mentre io mi limitai ad annuire. Anche
se on avevo per niente capito che cosa gli passa per quella capoccia per essere
sorpreso per un piccolo segno sul corpo: infondo lui ne ha tantissimi e alcuni
davvero stupidi, come il pacman. Invece il mio era qualcosa di
significativo, mi dava forza, coraggio e continuava a farmi ricordare da dove
provenivo, la mia bellissima e tranquillissima cittadina.
*Louis*
Ero
sorpreso poiché tutti i tratti della mia vecchia Brooke sembrassero scomparsi:
iniziando dal tatuaggio. Lei odiava quel segno indelebile sul corpo perché
aveva una paura tremenda dell’ago e diceva, a volte, che rovinava il corpo.
Alla caviglia poi? La parte più sensibile di tutte. La vidi annuire per poi
riprendere a mangiare il pane. Stavo per ribattere, ma la cameriera arrivò con
i nostri ordini, così mi limitai a ringraziare quella ragazza e a concentrarmi
sul cibo e a evitare di scoppiare. “Che fine ha fatto la mia innocente
Brooke?” mi ritrovai a pensare tristemente, mettendomi in bocca un boccone
del mio primo: pasta al nero si seppia.
-Raccontami
di te- esclamò all’improvviso, facendomi quasi strozzare con la birra. Alzai lo sguardo e lo
posai curioso e un tantino confuso.
-Ma
sai gi..-
-Credo
che tu sia diverso rispetto a quello che descrivono i giornali- rispose,
bloccandomi e iniziando a girare i suo spaghetti, capendo che parte mangiare.
-Vuoi
davvero conoscermi?- chiesi, titubante perché avevo paura che scoprisse
scheletri nell’armadio, dei quali non vorrei mai farne venire a conoscenza. Lei
alzò lo sguardo, fissandomi intensamente prima di annuire e sorridermi. -Ok.. ehm.. Sono Louis, ho quasi ventiquattro
anni poiché sono nato il 24 dicembre. Vivo qui a Londra, anche se sono
originario di una piccola cittadina di nome Doncaster. Ho quattro
sorelle, il mio cane è morto l’anno scorso quindi non credo che mia madre
accetterà tanto volentieri di prenderne un altro- accennammo una piccola risata
-Sono padre di una bimba di quasi quattro anni. Si chiama Sheyleen e... Sono un
cantante di fama internazionale- mi vantai, dopo la mia piccola pausa di
tristezza, mentre lei alzò gli occhi al cielo, facendomi ridere. -Sono l’idolo
di milioni di ragazze e ragazzi, credo. Soprattutto il tuo. Ehm.. sono
fidanzato da circa tre mesi con Eleanor e non credo che ci sposeremo un giorno-
-Perché
no?- domandò leggermente dispiaciuta, anche se io lo ero di più. Eleanor era
una ragazza meravigliosa e un pezzo di pane, ma insomma non ero ancora pronto a
fare il grande passo ora. O per lo meno, non quando avevo ritrovato finalmente
Brooke. Non avevo perso la speranza che Brooke potesse ricuperare la memoria.
Ma come si dice: tempo al tempo.
-Perché
è troppo presto- risposi abbassando lo sguardo.
-Ho
sempre avuto un debole per l’Elounor.
Siete dolcissimi insieme-
-Mi
fa piacere che lo pensi- esclamai, sorridendo. Ero sorpreso del fatto che a
qualcuno Eleanor piacesse poiché viene sempre insultata e mi dispiaceva un
casino, mentre ora, sapendo che qualcuno la supportava, mi sentivo più
sollevato. Misi
in bocca la mia portata, degustando ogni singolo sapore, e questa volta decisi
un discorso in cui nessuno dei due potesse interrompere l’altro. Chiacchierammo
per tutto il pranzo e anche dopo.
Una volta finito, mi alzai per andare a
pagare e insieme ce ne andammo a fare una passeggiata lungo il porto, ispirando
tutta quell’aria buona. Era con le mani in tasca e, a volte, calciava un
piccolo sasso, portandolo avanti fino a quando non lo perdeva di vista. Invece
io me ne stavo a contemplare la sua bellezza e i suoi capelli castani mossi dal
vento, dandogli un’apparenza diversa. Dandole un’immagine più fine, genuina e
bella. Il cielo era sereno, seppur le acque del fiume dicevano il contrario
poiché andavano a sbattere violentemente sulla riva.
-Credo
di aver fatto tanto nella vita per arrivare dove sono adesso e non credo che
cambierei questo momento qualcos’altro- ammisi stringendomi le spalle.
-Ti
posso capire. Tu cerchi di non deluderci, ed io cerco di non deludere i miei-
-Come
l’hanno presa quando hanno saputo che ti sposi-
-Era
piuttosto felici, anzi, entusiasti. Ma non riuscivo a capire per cosa. Infondo
il matrimonio è una cosa che guardava solo me e Dylan. Che cosa centrano loro
all’interno di questo- spiegò facendomi annuire. Il suo ragionamento non faceva
una piega. Il suo modo di pensare mi aveva sempre fatto riflettere perché non
riuscivo mai a capire cosa volesse dire o no. Inoltre questo tipo di
ragionamento lo fece anche quando era incinta di Sheyleen: pensava, anche
all’epoca, che era una cosa che riguardasse solo noi due e che gli altri non
potevano essere entusiasti per qualcosa che non gli appartiene. Anche se questa
affermazione era più rivolta verso i paparazzi, che ai ragazzi oppure alla mia
famiglia.
-Sono
i tuoi genitori..- replicai con un accenno di disgusto perché mi avevano
allontanato da lei, quando ero l’unico, che poteva aiutarla. Li odiavo per quello
che mi hanno e mi stanno facendo passare. Non avevo fatto nulla di male a parte
amare con tutto il cuore la loro figlia, trattandola come qualunque ragazza
vorrebbe.
-Non
m’importa. Secondo la mia opinione stanno comunque fuori da questo argomento come
lo sono i genitori di Dylan. Si intromettono così tanto solo perché hanno paura
che non mi sposi più- affermò decisa stringendosi nei due giubbotti.
-Hai
ragione. Scusa-
-Tranquillo.
È che per tutta la vita mi hanno trattata come se vivessi sotto una campana di
vetro, senza fare ciò che volevo ed ora per una volta voglio vivere; uscire da
lì e affrontare quello che c’è qui fuori senza il loro aiuto. Non so se riesci
a capirmi-
-Ti
capisco eccome. È giusto che vuoi farti la tua vita e fare nuove esperienze-
-Ma?-
-Perché
ci dovrebbe essere un ma?- risi contagiandola.
-Grazie
Lou. Tu si che mi capisci- esclamò abbracciandomi. La lasciai fare, anzi la
strinsi forte, mettendo il muso sulla sua spalla e chiudendo gli occhi,
assaporandomi ogni momento. La sentii fare la stessa cosa e me ne rallegrai. Appena
ci staccammo, ci sorridemmo sinceramente, come una volta, e, prendendole la
mano per portarla avanti, continuammo a camminare.
-Non
credi che dovremmo andare?- domandò curiosa.
-Sono
a mala pena le quattro e mezza-
-Come
vuoi. C’è per me non c’è nessunissimo problema. Adoro questo posto-
-Allora, sempre se vuoi, ci possiamo ritornare con Sheyleen- proposi
ricevendo un sorriso e il suo annuire. Sorrisi a mia volta per ringraziarla.
-Bene. Allora andiamo. Non vorrei mai che Paige mi uccida- dissi
melodrammatico. Brooke scoppiò a ridere e mi spinse di poco in modo amichevole.
Risi a mia volta e, vendicandomi, ce ne ritornammo in macchina, ridendo e a
Londra in qualche ora.
Ciao :)
Come state?
Come al solito sono in un ritardo bestiale .-. E mi dispiace un casino.
Però questo periodo sono piena e non riesco mai a trovare un tempo per dedicarmi completamente alla mie ff.
Comunque dato che sono cose di poco conto, passiamo al capito: il loro
rapporto si sta rafforzando poco a poco. Ma mai dire l'ultima parola.
Si vede anche il porto come appuntamento poiché Louis voleva
portarla in uno dei posti in cui ci sono stati. Beh, anche se non ho
considerato l'idea di elencarli tutti, di sicuro il porto non è
il primo appuntamento in assoluto. Però chissà, il nostro
Boo sta guadagnando punti :D
Si notano anche i due flashback di Brooke. I quali cercherò di scriverli su ogni capitolo, ma non assicuro nulla.
Beh, qui è tutto concentrato su loro due, mentre nel prossimo
sarà solo con le ragazze, quindi con Perrie, Megan e Lottie.
In ogni caso: spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche con il
ritardo assoluto. Come sempre aggiornerò dopo il raggiungimento
di 3 recensioni
Alla fine metto sempre i ringraziamenti: per le persone che la leggono;
che la recensiscono; quelle che l'hanno messe tra
preferiti/seguiti/ricordati e ovviamente a Sara_Scrive per il
meraviglioso banner.
Detto questo, mi dileguo poiché ho già detto abbastanza.
Grazie per l'attenzione,
ci si vede al prossimo aggiornamento,
Un bacio,
Ciaoo xx.
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
rehehehe
Capitolo
8:
Arrivammo
per le cinque e mezza a Londra, e l’accompagnai a casa sua, considerando che
aveva da fare con le sue coinquiline.
-Gira
a destra qui- mi disse.
Feci
quello che mi disse e ci trovammo in una stradina piena di palazzi e di fronte
ad esso un parco enorme alquanto popolato.
-è
il terzo- continuò sorridendomi. Annuii, ricambiando. Arrivati in fermata,
spensi il motore della macchina e mi voltai verso di lei.
-Grazie
per la bellissima mattinata-
-Grazie
a te per aver accettato- replicai, abbozzando un sorriso.
-Sai
mi ha fatto molto piacere parlare con te-
-Mi
stai scaricando per caso?- chiesi divertito, facendole spalancare lievemente
gli occhi per poi accennare un sorriso divertito. Si mise la mano sul cuore e
si schiarì la voce.
-Io?
Non potrei mai- rispose con un sorriso angelico. Risi e scossi la testa. Sentii qualcosa di
caldo e morbido sulla mia guancia, m’irrigidii all’istante, facendo perdere al
mio cuore la pulsazione regolare, e sbarrai gli occhi. Lei si staccò e,
sorridendo l’ultima volta, se ne andò,lasciandomi lì come uno stoccafisso.
Assimilai quello che accadde non appena la vidi scomparire all’interno del palazzo,
sospirai e, guardando l’ultima volta da quella parte, misi in moto la macchina
e me ne andai.
*Brooke*
Mi
trascinai per le scale, considerando che l’ascensore era guasto per qualche
strano motivo. Misi le chiavi nella serratura e entrai dentro, buttando le cose
vicino all’attaccapanni e chiudendo la porta. Mi andai a buttare letteralmente
sul divano, mettendomi un braccio sopra gli occhi in modo da rilassarmi un po’
e riprendere le forze, ma non ebbi il tempo che sentii le urla isterica di
Tina, dalla sua camera. Sbuffai e mi misi il cuscino sulle orecchie per non
ascoltarle, eppure non funzionò poiché scesero. Alzai di poco la testa e vidi
Tina scendere infuriata con Queen, che la seguiva.
-Ti
avevo detto di non prenderlo. Diamine!- la rimproverò Tina, scuotendo
l’oggetto, che aveva in mano.
-Ma
non l’ho fatto apposta- si difese l’accusata
-Ora
spiegami come faccio ad incontrare Ginger, se non ho più il suo regalo? Avanti
Queen, dimmelo-
-Ma
che è sto casino?- chiese Paige, entrando in casa. Tina tirò un urlo isterico e
si rifugiò in camera sua. Inarcai un sopracciglio e fissai la bionda per
qualche spiegazione. Queen sospirò e venne accanto a me, appoggiando le mani
sugli occhi. Paige la seguì e iniziò a sbattere il piede a terra.
-Per
sbaglio ho preso il regalo che Tina aveva fatto a Ginger e per sbaglio l’ho
utilizzato, finendoglielo quasi tutto.- ci spiegò, facendoci capire perché era
così arrabbiata. Mi ricordo che ci aveva messo secoli a trovare quell’oggettino
per la sua fidanzata, la quale era un tipo abbastanza semplice, ma allo stesso
tempo complicato. Quindi ogni volta che Tina doveva farle un regalo ci metteva
mesi e mesi per decidere quello giusto.
-Tranquilla,
basta che vai a riprendergliene uno nuovo. E il gioco è fatto- dissi io,
alzando le spalle. Queen annuì di poco e poi mi trovai quattro paia di occhi,
che mi fissavano curiosi.
-Sei
tornata adesso?- domandò Queen, cambiando discorso.
Annuii
e sorrisi automaticamente.
-E
quel sorriso?- continuò
-è
stato divertente- mi difesi, alzando le spalle. Paige e Queen si sedettero
sempre più vicino e, capendo cosa volevano, le accontentai, raccontandogli
della giornata. Loro ascoltarono in
silenzio e una volta finito il racconto sorrisero.
-Davvero
gentile- commentò Queen
-Io
direi più astuto- replicò Paige, alzandole le spalle e andandosene in cucina a
prendere l’elenco telefonico. -Chi
ti dice che non sta cercando una babysitter per sua figlia?-
-Non
è quel tipo di persona-
-Chi
te lo dice?- s’oppose, facendomi venire dei piccoli dubbi. -Infondo non lo
conosci da una vita. Non ne puoi essere sicura. Comunque che pizza volete?-
“Una ragazza stava camminando per la strada
con un malloppo di libri, cui dovevano essere solo i suoi, ma la sua migliore
amica dovette aggiungersi con il numero e il peso. La povera diciassettenne si
stava trascinando per quella via e, visto che la fortuna era contro di lei quel
giorno, il libro di economia, il quale era sopra di tutti, si sbilanciò di
poco, cadendo, così come i successivi. Sbuffò alla grande e si piegò per raccoglierli.
-Maledetta sia tu Pezz e tuoi stupidi
libri- maledì la sua amica, rimettendoli in fila -Oddio ma questo è Harry
Potter.. ma che cavolo? Pezz giuro che ti uccido- sibilò tra se, prendendo
tutto e cercando di rialzarsi. Ci riuscì senza far cadere di nuovo.
-Ti manca questo- esclamò una voce profonda
quasi divertita dalla scena, mettendoglielo sopra come ultimo. La ragazza tirò
un sospiro e, facendo sbucare la testa per vedere chi fosse quel ragazzo così
tanto gentile da averla aiutata, appena lo vide fece cadere tutto di nuovo scioccata.
Lui scoppiò a ridere sia per la faccia della ragazza sia per la sua reazione.
-Non credevo di fare questo effetto-
commentò, abbassandosi per riordinare quel casino. La ragazza scosse la testa per
riavere la sua lucidità. Così si abbassò e aiutò il ragazzo.
-Beh, sai, non si incontra una popstar
tutti i giorni- ribatté, sfiorando la mano del ragazzo. Lui s’irrigidì di
scatto, sentendo quel tocco, ma continuò a sorridere, decidendo di non darci tanto
peso.
-Esagerata. Non sono una popstar- disse,
alzando le spalle.
-Certo ed io sono Katy Perrie- disse,
alzandosi con un quarto del materiale, mentre il ragazzo con il resto.
-Piacere Miss Perrie. Mi canta “Hot’n Cold”
se non le dispiace, ovviamente-
-Simpatico. Intanto tutto il Regno Unito ti
conosce-
-Davvero? Che cosa figa!- rispose lui,
facendo ridere la ragazza.
Lei sbatté e s’inumidì più volte le labbra
prima di avvicinarsi e facendogli un segno di mettere sopra i libri che aveva
in mano. Lui scosse la testa e iniziò a
camminare.
-Oltre che una popstar, sei anche un
ladro?-
-In realtà sono un bravo ragazzo. Ti aiuto
e magari dopo andiamo a prendere un caffè insieme-
-Seriamente? O mio dio.. uscirò con un
cantante.. o mio dio non riesco a crederci.. aspetta tieni questi almeno mi
posso strappare i capelli dalla felicità- disse, fingendosi una fan. Lui rise
dall’imitazione. Insieme iniziarono a camminare verso la scuola, presentandosi
per bene.”
-Brooks
allora, come la vuoi?- domandò Paige, che era al telefono con la pizza. Sbattei
le palpebre e lasciai andare uno sbuffò pesante.
-Americana,
grazie- risposi, alzandomi e andandomene un po’ in camera per riposarmi e per
riflettere meglio su ciò che mi stava accadendo. Era mai possibile che sono qui
a Londra da più o meno due giorni e dei flashback iniziano a prendere il
soppravvento. Il dottore aveva detto con calma, ma qui sembrava che la calma
fosse sparita. Socchiusi gli occhi e ripensai al fatto che in ogni ricordo
c’era un ragazzo, che assomigliava tantissimo a Louis, ma la cosa era
impossibile, considerando il fatto che potrebbe essere anche Dylan dalla
pettinatura. E se fosse proprio lui? Il destino mi stava facendo sposare con il
ragazzo, che ho sempre amato? Oppure mi sta solo giocando un brutto scherzo?
Decisi
di non pensarci più perché mi facevo mille domanda senza risposta. Chiusi
definitivamente gli occhi per addormentarmi un po’ prima della cena, eppure non
ci riuscii, giacché il mio telefono iniziò a squillare. Risposi senza voglia e
sorrisi istintivamente.
“Ciao
bellissima” mi salutò Dylan dall’altro capo del telefono.
-Ciao
a te, stupendo- ricambiai, dando via alla discussione per circa mezz’ora perché
poi arrivò la pizza e dovevo andare a mangiarla. La cena e la serata passarono
velocemente: Tina decise di perdonare Queen a condizione che domani mattina
presto si alzano e vanno a comprarne un altro. Io e Paige decidemmo di aiutarle
considerando che dovrei continuare ad organizzare il matrimonio. Domani avevo
deciso di andare a trovare qualche ristorante o la location, ma non ne ero così
sicura. Mi
addormentai per le undici e mezza sulla spalla di Queen, mentre Paige era sulla
gambe della nostra bionda, invece Tina era sulla poltrona. Avevamo concordato
di vedere un film con delle schifezze davanti e così facemmo. Rimanemmo nella
stessa posizione fino alle tre e mezza del mattino, quando per accordo comune
ce ne andammo nelle nostre stanze, finendo il nostro sonno.
La mattina non
poteva cominciare peggio di una sveglia che inizia a suonare cinque ore dopo.
La spesi malamente e, mettendomi il cuscino sulla testa, mi riaddormentai per
altri venti minuti perché Tina, come un orologio svizzero, mi venne a svegliare
definitivamente. Mi preparai velocemente e dopo dieci minuti fummo tutte pronte.
La nostra mattinata iniziò da Starbucks, in cui prendemmo i nostri caffè
e, chiedendo alla gente che passava, andammo nel negozio in cui si poteva
comprare il regalo per Ginger. Appena arrivate: Tina prese a forza Queen,
trascinandola per vari scaffali e Paige le seguì per accertarsi che la povera
bionda sopravvivi alle furie della rossa. Mentre io mi andai a fare un giro per
il centro commerciale e, guardandomi da varie parti, finii addosso ad una
ragazza, facendole cadere tutto. Mi misi le mani sulla bocca e mi abbassai per
aiutarla.
-Mi
dispiace un casino- mi scusai, prendendo l’ultima borsa.
-Tranquilla-
rispose, accennando un sorriso prima di vedermi perché poi scomparve. -Brooke?-
chiese scioccata la ragazza con i capelli di un grigio sporco. La riconobbi
perché nessuno non la poteva conoscere, ma mi sorprese il fatto che conoscesse
il mio nome.
-Ehm..
si.. Ci conosciamo per caso?-
-Eri
la ragazza che è venuta a riportare Sheyleen allo studio- disse poco convinta.
-Già.
A proposito come sta Sheyleen? Ieri non ho potuto passare la giornata con lei e
non vorrei che si fosse arrabbiata- spiegai, porgendole il suo sacchetto. Lei
scosse la testa e, prendendo il sacchetto, mi rispose.
-No,
fortunatamente. Io e Lottie, la sorella di Louis, l’abbiamo portata al luna
park. Quindi non ci ha pensato molto-
-Meno
male- commentai, facendola sorridere.
Cadde
un silenzio imbarazzate per qualche secondo, ma venne interrotta da lei, che
sospirò e mi porse la mano.
-Non
credo che ci siamo presentate per bene- iniziò, sentendola deglutire. -Sono
Perrie, ma credo che tu lo sappia già-
-Brooke,
ma credo che tu lo sappia già- risposi, imitando una superstar. Scoppiammo a
ridere. -Scusami, ma non ho potuto resistere- ammisi, divertita.
-Tranquilla,
l’avrei fatto anch’io- mi disse, facendomi l’occhiolino.
-Allora
Perrie, che ci fai qui?-
-Sono
venuta a comprare qualcosa per me e qualche dolciume per i bambini. Sai com’è
tra poco è Halloween- rispose, sorridendomi.
Mi sbattei una mano in fronte per
avermi dimenticato della festa più rompiscatole dell’anno, che si sarebbe
tenuta tra due giorni, perché ci costringeva sempre a comprare dei dolci per
non ritrovarci la casella della posta piena di uovo e schiuma.
-Caspita
è vero! Grazie mi hai fatto ricordare di scortarmi di caramelle- la ringraziai,
facendola ridere.
-Figurati,
nessuno vorrebbe essere pedinata da bambini arrapati di caramelle- esclamò,
facendomi ridere per poi continuare -Invece te? Hai qualche cosa da fare?- mi
domandò gentilmente, mettendosi bene la borsa.
-Mmh..
non esattamente. Avevo pensato allo shopping, ma poi ci ho ripensato-
-Io
dovrei andare in profumeria per il regalo di Zayn. Sai come sono gli
anniversari, Ti va di accompagnarmi?-mi propose gentilmente.
-Certamente-
sorrisi, iniziando a incamminarci verso il negozio.
Il tragitto fu silenzioso,
mi rivolgeva solo dei sorrisi e due parole spiaccicate. Appena entrammo fu
tutto diverso perché tra i vari scaffali, si fermava e mi chiedeva qualche
consiglio. A volte faceva anche delle battutine per sdrammatizzare l’odore dei
profumi. Mi faceva divertire davvero, infatti in quei minuti che siamo state lì
dentro, stavamo imparando a conoscerci.
-Oddio
trovato!-
-“D&G”,
lo utilizzata davvero?-
-Gli
è sempre piaciuto. Mi ricordo che quando venne a casa mia, venne inondato da
questo profumo poiché mio fratello lo utilizza tantissimo. Cosi ha attaccato la
pulce a Zayn. Pensa che una volta stava cercando di rubargli qualche spruzzo.
Alla fine si sentiva troppo in colpa e non l’ha più fatto- mi raccontò
divertita, prendendo la boccettina e andando alla cassa.
“ Due ragazze, una mora e l’altra bionda,
entrarono in una piccola villetta poco distante ad Hyde Park. Le due migliori
amiche, appena entrate, vennero completamente inondate da un profumo dolce e
leggero, che vagava per l’aria.
-Non è possibile! Giuro che glielo rompo
quel profumo!- esclamò esasperata la
bionda, posando la sua cartella vicino all’attaccapanni. La castana rise e la
imitò.
-Fallo, sorella, e io ti distruggo tutti i
tuoi Cd preferiti- la minacciò il
fratello, scendendo le scale e andando in cucina. La mora iniziò a ridere per
la faccia sconvolta dell’amica, la quale iniziò a balbettare, finendo con un “vai
a fanculo”. Le due si sdraiarono sul divano e
aspettarono che il ragazzo fece il suo rientro in quella sala enorme. Ciò che
non tardò ad arrivare. Lui ritornò con una scatola di popcorn e due bibite in
mano, considerando che la sorella gli chiedeva sempre di prenderle un succo.
Ormai la conosceva per bene. Lui si posizionò sul divano, salutando prima l’amica
della sorella con un bacio a guancia: la trattava come una sorella, anzi a dire
la verità la tratta meglio rispetto alla vera sorella, facendo a volte delle
esclamazioni del tipo: “perché non sei tu mia sorella” “Perché Pezz non prendi
da lei?”. Alla bionda non faceva nessun
effetto perché la cosa era reciproca.
-Allora chi è la fortunata?- domandò la
sorella, rubandogli i popcorn e, insieme all’amica, iniziando a mangiarseli. Lui
protestò per un paio di secondi, ma alla fine cedette.
-Perché ci deve essere una?- replicò lui,
serio.
-Perché non ti fai il bagno nel profumo se
non è per qualche pollastra- rispose la castana, buttandosi un popcorn in
bocca.
-Pff-
-Stai mentendo!- l’accusarono entrambe,
lanciandogli qualche chicco.
-Va bene.. caspita quanto siete impiccione.
È Harper- svelò il ragazzo, alzando le spalle.”
-Si
Jonnie era ossessionato da quel profumo, soprattutto quando doveva far colpo su
una ragazza. Lo metteva sempre- dissi senza pensarci, ridendo. Perrie si bloccò
e mi guardò con una faccia scioccata e bianca come un cecio. Inarcai un
sopracciglia confusa, ma non mi diede neanche il tempo di rispondere, che lei
scosse la testa e mi sorrise.
-Già.
Peccato che non andavano a buon fine- commentò infine lei, accennando una lieve
risata.Per
qualche secondo avevo creduto di aver etto qualcosa di male dalla sua
espressione, ma adesso quel pensiero iniziò ad andarsene.
-Senti,
Perrie, hai qualcosa da fare pomeriggio?- domandai su due piedi, mentre lei porse i
soldi per il regalo. Sembrò pensarci un po’ su, sebbene alla fine scosse la
testa.
-No
perché?- rispose infine, sorridendomi.
-Mi
chiedevo se mi potevi accompagnare a scegliere delle cose per il matrimonio-
-Matrimonio?-
-Si,
mi sposo-
-Davvero?-
-Si..
aspetta credevo che Louis te l’abbia detto-
-Ah..
si certo, scusa. Comunque va bene-
-Grande!
Grazie, sai non potevo chiedere a Louis certe cose. È un tantino imbarazzante-
-è
così intimo?- mi chiese divertita, prendendo il sacchettino e iniziando a
incamminarci.
-No..
oddio no!- risposi subito, diventando tutta rossa. Lei scoppiò a ridere e,
porgendomi una mano sulla spalla, iniziò a fare delle piccole pacche.
-Certo,
Brooke-
-Pezz!-
la richiamai, sconvolta. Lei scoppiò a ridere e alzò le spalle, difendendosi. Scossi la testa divertita, invece lei mi
prese a braccetto e iniziammo ad andare per negozi.
-Seriamente
devo scegliere un vestito da sposa perché sono in ritardo con il programma. E diciamo
che è imbarazzante essere vista da un maschio- spiegai meglio
-E
le tue amiche? Non ti aiutano?- domandò curiosa. Io scossi la testa perché
durante tutta la progettazione, le avevo impedito di aiutarmi; solo in un caso
lo avrebbero fatto: nella scelta dei vestiti da damigella, visto che lo devono
indossare loro.
-Diciamo
che vorrebbero essere fatto al loro modo, che viene paragonato a quello dei miei
genitori. E credimi non fa per me. Quindi dato che siamo.. non so..
conoscenti..-
-Amiche-
mi corresse subito.
-Ok,
amiche- ripresi sorridendo. -Mi piacerebbe che mi aiutassi-
-Certamente
conta su di me!- esclamò felice.
-Grazie
Pezz- risposi piena di gratitudine.
-Ma
figurati, Brooks. Però mi servirebbero delle mani. Posso invitare qualcuna?
Tranquilla hanno dei gusti uguali ai miei, più o meno-
-Certo!
Chi sarebbero?-
-La
sorella di Louis, Lottie e la fidanzata di Liam, Megan. In più Megan si sposa l’anno
prossimo. Magari ti può aiutare-
-Davvero?
Ovviamente se non c’è problema-
-Nessunissimo!
Lo facciamo per volontà-
-Non
riesci a sottrarre a Louis Sheyleen?- domandai, ricordandomi della bambina,
alla quale dovevo uscirci insieme ieri. Mi dava fastidio non rispettare le mie
promesse, quindi volevo rimediare. Lei
mi fissò per qualche secondo senza dire nulla. -Dovevo uscirci ieri e mi
dispiace di aver saltato l’appuntamento. Odio non mantenere le mie promesse. Al
massimo lo chiamo io dopo-
-Tranquilla.
Non mi dirà di no- mi assicurò, facendomi l’occhiolino. -Ho il suo migliore
amico e sua sorella alla mia parte- continuò, facendomi ridere.
-Allora
conto su di te- affermai
-Certo.
Ora, purtroppo devo andare-
-Oh..
certo, anch’io. Ci vediamo da Starbucks per le tre?-
-Certo.
A dopo- rispose, abbracciandomi.
-Ciao
e grazie ancora- ricambiai.
Lei
mi sorrise e, salutandomi un’ultima volta, se ne andò dalla parte opposta alla
mia. Io invece mi diressi al negozio in cui avevo lasciato le mie amiche e, una
volta che le trovai, ce ne andammo a
casa per il pranzo.
Dopo anni dispersa tra i libri, eccomi qua con un nuovo capitolo :)
Ovviamente era impossibile che non fossi in ritardo. Oramai ritardo sarà il mio secondo nome.
Comunque, come state?
Ho deciso di dividerlo il capitolo riguardate le ragazze perché
se no mi veniva un papiro lunghissimo e, visto che questo capitolo
è già lungo di suo, non volevo annoiarvi, mettendo anche
l'altra parte, che in fase di scrittura, mi manca solo il finale. A
buon punto, no? Spero di non avere interruzioni D:
Comunque, passando al capitolo. Il primo flashback è di quando
incontra Louis *^* si ho un'originalità pari a 0, ne sono
consapevole .-.
è concentrato su Perrie e Brooke, la quale si è ricordata di Jonnie :D
Spero, in ogni caso, che vi sia piaciuto anche se non succcede quasi nulla.
Prima di lasciarvi libere: vorrei ringraziare sempre le solite bellissime e gentilissime persone:
-Chi la recensisce: grazie mille davvero, siete genitilissime :3
-Chi l'ha messa tra i preferiti/seguiti/ricordate: grazie mille anche a
voi, mi fa piacere che vi piaccia tanto da mettele in quelle categorie
:)
-Chi la legge, ovviamente: vi ringrazio, anche voi lettrici silenziose.
-Infine, a Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Detto questo. Spero di cuore che questa storia vi stia piacendo
poiché è davvero importante per me e spero di cuore che
non vi stia deludendo D:
Mi fareste sapere che ne pensate? Magari superando anche le 3/4 recensioni.
Vi ringrazio in anticipo.
Ci si vede alla prossima.
Ciaooooo xx
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
aaaaaa
Capitolo 9:
But
every time she asks me 'Do I look okay?' I say
When
I see your face
There's
not a thing that I would change
Cause
you’re amazing
Just
the way you are
And
when you smile
The
whole world stops and starts for a while
'Cause
girl you're amazing
Just
the way you are
(Just the way you are by Bruno Mars)
Stavo
camminando lentamente per la strada principale, in cui ci sarebbe stato
l’incontro con Perrie da Starbucks. Avevo le cuffie con la musica ad
alto volume. Non appena arrivai a destinazione entrai dentro e una ragazza, che
si stava sbracciando, attirò la mia attenzione. Sorrisi e mi avvicinai. Insieme
a Perrie, c’erano altre due bellissime ragazze: la prima aveva una chioma
bionda lunga e due occhi azzurri, simili a quelli del fratello; mentre l’altra
una chioma nera anch’essa lunga, e due occhi scuri. Entrambe, appena mi videro,
mi sorrisero e si alzarono per presentarsi.
-Ciao,
sono Lottie- disse la bionda, abbracciandomi. Ricambiai la stretta molto
volentieri e l’altra, Megan, fece lo stesso.
-Piacere
di conoscervi. Sono Brooke- risposi, accennando un’alzata di spalle poi guardai
in giro alla ricerca della bambina, ma non la trovai. Così posai lo sguardo su
Perrie, che stava finendo il suo frullato alla fragola. -Sheyleen?- domandai
curiosa.
-Giusto.
Louis non ce l’ha lasciata perché doveva andare a fare qualche commissione,ma
appena hanno finito, ci raggiungono- mi spiegò, alzandosi e sorridendomi. Annuii e insieme ce ne andammo.
Iniziai a
incamminarmi per un negozio, ma la risata di Perrie mi fece bloccare.
Mi voltai
e la vidi scuotere la testa.
-La
mia innocente Brooke-
-Che
ho fatto?- domandai allarmata. Loro scossero la testa e si avvicinarono a me.
Perrie e Lottie mi presero a braccetto e mi sorrisero in modo complice. Andai
alla ricerca di Megan, la quale alzò le spalle e mi sorrise per diffondermi
coraggio. Ok, mi stavo realmente preoccupando, infatti continuavo a guardarle
in cerca di spiegazioni, ma continuammo a camminare, imbucando stradine su
stradine.
-Prima
di andare a prendere il vestito. Sei in nostro ostaggio per qualche ora- mi
spiegò finalmente Lottie. Io inarcai un sopracciglia e di questo se ne accorse
Megan. Infatti mi venne incontro, mentre quelle due iniziarono a saltellare
come due pazze per la strada, ovviamente assicurandosi prima di non vedere
nessuno.
-Ma
cosa si sono fumate?- sussurrai alla ragazza. Lei scoppiò a ridere e mi iniziò
a dare delle piccole pacche sulla spalla.
-Meglio
non saperlo. Io ci ho perso la speranza con loro- rispose
-Dove
stiamo andando?-
-Diciamo
che, dato che sei amica di Perrie e di conseguenza nostra, vogliamo farti
vedere un posto segreto. È una questione di un’oretta, poi ti aiutiamo
seriamente a scegliere il vestito- disse, sorridendomi. Annuii e le seguii
senza dire una parola a riguardo.
Ci
impiegammo circa dieci ad arrivare alla destinazione. Davanti a noi c’era un
enorme parco: era tutto di un verde acceso, vi erano delle panchine, le quali
si affacciavano su un grosso laghetto, in cui c’erano qualche cigno oppure
qualche anatra. Vedevo dei bambini correre avanti e indietro dai loro genitori
con qualche pezzetto di pane, che veniva lasciato agli animali e veniva
mangiato subito. C’erano varietà di alberi e, rispetto a dove eravamo, la vista
era semplicemente meravigliosa. Si poteva vedere un palazzo bianco e una ruota
panoramica, la quale era probabilmente la London Eye. Aprii leggermente
la bocca, scioccata da quel meraviglioso parco. Sentii qualcuno sospirare, mi
voltai di scatto e vidi Perrie e Lottie abbracciate, o meglio, la prima aveva
il braccio intorno alla spalla dell’altra, mentre Megan era sempre accanto a me
con un sorriso.
-Ti
piace?- mi domandò quest’ultima.
-St
James Park uno dei parchi reali di Westminster. Semplicemente il
migliore- risposi, sorridendo anch’io.
-Bene.
Andiamo il posto è ancora più avanti- esclamò Perrie, iniziando a camminare
lungo il sentiero, che ci portò in mezzo ai boschi fino ad un muretto
abbastanza alto, ma ci si poteva arrivare perfettamente. Mi guardai intorno,
contemplando la fauna ben curata e il bellissimo panorama; poi mi girai verso
di loro e trovai Lottie sopra il muretto.
-Che
stai facendo?- domandai allarmata.
-Quello
che farai anche tu, Brooke- rispose, buttandosi dall’altra parte.
-Lottie!-
urlai, avvicinandomi ad esso.
-Tranquilla,
lo facciamo da tantissimi anni- mi tranquillizzò Megan, imitando la bionda.
Infatti lei si arrampicò e, girandosi dall’altra parte, scese da esso. Fissai
preoccupata Perrie, la quale mi regalò un sorriso e mi mise le mani sulle
spalle.
-Brooks,
non è tanto alto. Ce la fai, se vuoi ti do una mano-
-No,
faccio da sola- risposi poco convinta. Lei si allontanò di poco, mentre io
iniziai a scavalcare il muro. Arrivata alla cima di esso, potei una piccola
distesa di campi verdi, una casetta in legno nel centro con di fianco tre
bellissime querce.
-è
il nostro rifugio. Accesso solo alle donne- esclamò Perrie, la quale era
accanto a me. -Sai ogni volta che abbiamo una giornata no veniamo qui e
iniziamo a liberarci di brutti pensieri-
-Funziona?-
-Non
puoi immaginare quanto- finì, sorridendomi e scendendo. Sorrisi istintivamente
e la seguii. Una volta a terra, un senso di libertà e leggerezza mi invase.
“Due diciassettenni stavano correndo il più
veloce che potevano, anche se si sarebbero stancate subito. Stavano scappando
dalla stupida combriccola di ragazzi, che le stavano pedinano da quando
uscirono da scuola.
-Aspettami- esclamò la bionda, essendo
rimasta qualche metro più indietro. L’amica si voltò e la vide accasciata su se
stessa per riprendere fiato.
-Non abbiamo tempo. Dai!- rispose lei,
tornando indietro per aiutarla. L’amica mise il braccio su di lei e insieme
ricominciarono a correre.
-Non ci scapperete- sentirono una voce
proveniente da metri indietro. Dovevano
ammetterlo, pur essendo ragazze, nella corsa se la cavavano davvero bene, viso
che entrambe facevano atletica e vennero prese nella squadra della scuola. Loro
si girarono e videro delle sagome dei perseguitori, ingrandendosi poco alla
volta. Erano in trappola oramai,
considerando il fatto che se fossero andate avanti, non avrebbero trovato altro
che alberi e neanche un nascondiglio. Ma decisero ugualmente di provarci.
S’infiltrarono nella foresta e continuarono nella loro corsa finché non si
trovarono davanti ad un muretto.
-Dove sono andate?- chiese uno della
combriccola, guardandosi intorno.
-Non lo so, proviamo di qui- rispose un
altro, indicando il punto corretto. Le due erano sempre più prese dal panico.
-Siamo in trappola!- piagnucolò la castana.
L’altra la inzittì per qualche secondo in modo da capire cosa fare.
Improvvisamente le venne un’idea. Buttò la sua roba al di là del muro e,
prendendo anche le cose dell’amica, fece lo stesso; poi iniziò a scavalcare.
-Ma che stai facendo?-
-Vuoi salvarti? Arrampicati!- ordinò la
bionda, cadendo dall’altra parte. La
ragazza era indecisa, ma infondo non voleva essere presa da quei ragazzi, così
iniziò a scavalcare e a cadere nella parte opposta e sopra la bionda giusto in
tempo.
-Hai mangiato cioccolatini di troppo,
ciccia- sussurrò la vittima, unendo di poco le mani e liberandosi dal peso
della sua migliore amica.
-Fanculo, Pezz!- rispose allo stesso tono
per non farsi sentire dagli inseguitori, i quali imprecarono per non averle
prese e a passi svelti se ne andarono, non considerando di striscio la
possibilità del muretto.
-Siamo salve!- gioì la castana, alzandosi e
iniziando a saltellare.
-Hudson la pagherà- disse invece l’altra,
alzandosi e pulendosi da quello schifo -Broom, Fillis, Sulkin. Tutti quei
deficienti la pagheranno- continuò,
agitando il pugno per poi sbatterselo sulla mano. Dall’altro canto, la castana
rise e la tranquillizzò.
-Penseremo dopo a come vendicarci. Guardati
intorno, non è meraviglioso?- domandò la ragazza in questione, mostrandole il
bellissimo paesaggio davanti a loro.
-Fantastico- commentò la bionda con gli
occhi luccicanti. -O mio dio! Biss-
-Quanto odio quel soprannome- si lamentò
nuovamente, alzando gli occhi al cielo
-Ti ricordi quando cercavamo un posto solo
per noi? In cui possiamo fare tutte le stupidaggini senza essere sgridate, possiamo
spettegolare chi vogliamo, possiamo
cantare a squarcia gola senza che nessuno ci dica che disturbiamo la quiete
pubblica- iniziò, scuotendo l’amica, facendola anche ridere. -Ma soprattutto un
posto in cui possiamo essere noi stesse- finì, scuotendola un’ultima volta.
-Certo e allora?-
-L’abbiamo trovato! Questo è il nostro
posto segreto. Minchia se sono un genio- si pavoneggiò, mettendosi le mani sui
fianchi e continuando a contemplando il paesaggio con aria soddisfatta.
-Sei completamente rimbecillita- trasse le
conclusione l’amica, scuotendo la testa.
-Sarà un posto solo per ragazze. Ovviamente
possiamo mostrarlo solo a chi ci fidiamo e chi è caro a noi-
-Pezz!-
-Magari possiamo costruire una piccola
capanna in cui possiamo rifugiarci-
-Pezz! Siamo all’interno di un parco reale,
se non te ne fossi accorta. Non possiamo
fare quello che ci pare. Cavolo è St James Park, uno dei più importanti-
-Biss è comunque un parco pubblico!-
-Io..-
-Avanti è l’occasione della vita!-
-Mh..-
-Puoi parlare liberamente di occhi blu.
Puoi urlare al mondo che lo ami- la persuase con il suo punto debole. La
castana spalancò sia gli occhi sia la bocca dallo stupore e iniziò a
boccheggiare, finendo con uno strano suono.
-E va bene. Però ci possono entrare le
ragazze che vanno bene ad entrambe-
-Cavolo dovevo usarlo prima-
-Ma stai zitta idiota- esclamò, ridendo e
scompigliandole i capelli. La bionda la fissò arrabbiata e iniziò a correrle
dietro per vendicarsi. Dall’altro canto la povera vittima iniziò a correre per
salvarsi, ma purtroppo venne raggiunta e insieme caddero sull’erba verde e
iniziarono a ridere come delle stupide.”
Vidi
le ragazze camminare a piedi nudi tra l’erba fresca. Nonostante fosse ottobre e
in pieno autunno, l’erba era sempre di quel colore verde acceso, che faceva
venire voglia di fare una corsa per essa. Curiosavo intorno, anche se c’era ben
poco da curiosare, ma mi piaceva stare a contatto con la natura, ma a causa
degli studi e della città, in cui stavo, quel contatto era casi inesistente,
tranne per qualche corsa mattutina fatta nel parco di Sherwood.
Camminavo verso le tre querce possenti e guardavo Lottie e Megan rincorrersi e
scherzare tra di loro. A volte si univa anche Perrie e mi chiedeva di andare
con loro, ma mi limitavo a scuotere la testa e ad indicare l’albero. Una volta
arrivata, visto che non era tanto alto, mi arrampicai su un ramo per sedermi
definitivamente. Le mie mani passavano sullo strato finché non andarono a
toccare qualcosa di inciso. Mi sporsi per vedere e vidi tre incisioni, fatte
probabilmente da un coltellino svizzero. La prima raffigurava una P e
B con il segno dell’infinito di fianco; il secondo altre due lettere,
sempre la P e la Z; infine nell’ultima le lettere che comparivano
erano la B e la L. Questi ultimi due erano rinchiusi in un cuore.
Sorrisi e, toccando ogni lettera, ricevetti delle piccole scosse.
“Quel giorno fu un giorno diverso nel luogo
segreto poiché le due ragazze avevano finalmente terminato di costruire la
capanna e ora erano sopra ad una delle querce presenti in quel luogo.
-Non so più che fare, diamine- ammise la
bionda, appoggiando la schiena al tronco e portandosi le gambe al petto. La
castana annuì e mise il suo mento sopra alle ginocchia dell’amica e appoggiò le
mani sul ramo, evitando di perdere l’equilibrio. -Si sta complicando tutto. Io
non volevo questo- continuò, iniziando a piangere.
-Tranquilla, bionda. Sa benissimo che non
sei quel tipo di persona- la calmò, massaggiandole le ginocchia. Lei tirò un
sospiro pesante e malinconico.
-Perché cavolo la gente non se ne può stare
zitta!- esclamò arrabbiata, asciugandosi gli occhi. - C’è non sono affari loro,
cristo. Adesso sto perdendo il ragazzo, che probabilmente amo, per colpa di uno
stupido pettegolezzo-
-Lo so- disse semplicemente l’amica perché
sapeva che non era lei, quella ragazza messa in cattiva luce da quei stupidi
commenti a scuola, i quali per sfortuna finirono al ragazzo, di cui la bionda
aveva una cotta gigantesca. Ma grazie a questi pettegolezzi aveva messo in
cattiva luce anche la castana con l’amico perché lui non pensava che fosse in
grado di difendere una ragazza di quel genere. Ma le due ragazze sapevano per
certo che erano stati imbrogliati, accecati da qualcosa che non era vero per
nascondere la loro paura di aprirsi.
-In più ci stai andando di mezzo anche tu
con occhi blu-
-Tranquilla. Lui è l’ultimo dei miei
problemi e poi credo che non possa funzionare. Non dopo quello che mi ha detto-
-è colpa mia, Biss-
-No.. ma sai cosa? Dovresti andargli a parlare-
-Per dire cosa? “Sai Zayn sei stato
ingannato da quei deficienti di Michael e Ash perché loro non vogliono che mi
avvicini a te perché hanno capito che ti amo?” Per favore Biss. Mi ha già messo
in ridicolo abbastanza per oggi- affermò stanca e adirata.
-Senti: non lo vuoi perdere, no? Va da lui
e diglielo. Capirà benissimo-
La prima sbuffò e appoggiò la testa al
tronco, socchiudendo gli occhi, mentre la seconda iniziò a picchiettare le dita
sul ramo in modo da distruggere quel silenzio.
-Dai su, Pezz. Carpe Diem-
-Che?-
-Cogli l’attimo!- esclamò, facendola
ridere.
-E questo da dove l’hai presa? Dai
cioccolati Baci Perugina?- rise la bionda. La castana le fece una linguaccia e decise
di scendere poiché quel ramo era scomodo, soprattutto nella posizione in cui
era. -Stavo pensando. Siamo amiche da
un’eternità e non abbiamo mai fatto collane o braccialetti dell’amicizia-
continuò, staccandosi dal muro e sporgendosi nel vedere l’amica con il
cellulare in mano per controllare se avesse ricevuto qualche chiamata. L’altra
scoppiò a ridere e, prendendo il coltellino svizzero e porgendoselo in tasca,
raggiunse di nuovo la sua postazione.
-Vuoi davvero qualcosa che ricorda di noi?
Guarda e impara- disse, mettendosi di spalle a lei e iniziando a incidere
qualcosa sul legno duro. Incise un bellissimo infinito e al centro mise in
bella vista la P e la B, cercando di abbellirla un pochino. La bionda sorrise
soddisfatta e, rubandogli il coltellino, incise anche lei qualcosa su un’altra
parte: la sua iniziale e quella del ragazzo che gli piaceva. Infondo nessuno
l’avrebbe mai visto.
-Fallo-
-Cosa?-
-Hai capito benissimo-
La castana s’inumidì le labbra indecisa
poiché aveva capito di cosa stesse parlando realmente l’amica, ma lei era
davvero confusa riguardo ai sentimenti, che provava per occhi blu. Infondo si
era un bel ragazzo, era simpatico e gentile, la faceva stare bene, ma erano
sicuri che fossero sintomi di innamoramento o di una semplice amicizia. La
diretta in questione prese l’oggetto e decise di farsi guidare dal destino,
senza rimpianti ovviamente e fu così che comparvero le iniziali B e L.”
-L’avevamo
fatte io e la madre di Sheyleen quando eravamo adolescenti- mi spiegò qualcuno,
facendomi sobbalzare. Mi tenni forte al ramo e, guardando verso il basso, vidi
Perrie fissare le incisioni con una tristezza e malinconia assurda, facendomi
rattristare e provare qualcosa all’interno, che non capivo cosa fosse. Lei
scosse la testa e mi raggiunse sul ramo, invece io mi spostai un po’,
permettendole di sederci comodamente.
-Eri
legata a lei?- domandai dopo pochi secondi.
-Era
la mia migliore amica, ma che dico: era mia sorella- mi rispose solamente
Non
sopportavo vedere qualcuno triste per colpa delle decisioni sbagliate prese dai
quei stupidi genitori. Era tutta colpa loro se Perrie, Sheyleen e Louis stavano
soffrendo così tanto; insomma un po’ di delicatezza, intelligenza, da gente
della sua età poteva essere stata usata. Ma invece no, dovevano fare come i
bambini dell’asilo e abbandonare la loro nipote di qualche anno, da sola. Meno
male che non sono i miei genitori se no non saprei cosa avessi fatto. Di sicuro
non li avrei più parlato, li avrei cancellati dalla mia vita per sempre,
facendoli capire che si erano comportati male. Ma per fortuna questa cosa non è
capitata a me. In ogni caso scossi la testa per cacciare quei pensieri maligni
dalla testa e strinsi la mano di Perrie, la quale sobbalzò e mi guardò con
un’aria pietrificata e preoccupata. Io cercai di sorridere e di scusarmi
sinceramente.
-Mi
dispiace, Pezz-
-Tranquilla,
l’ho superata.. almeno credo-
-Se
ti va i sfogarti, io ci sono-
-Grazie,
ma credo che sia meglio andare a prenderti il vestito prima che non ti trovi
nulla e ti sposi con la tela del bagno-
-Nah..
al massimo vado dai cinesi-
-Ecco
appunto, andiamo pigrona-
-Che
fate?- arrivò Lottie insieme a Megan. La prima si arrampicò e si mise accanto a
noi.
-Dobbiamo
andare, se no Brooke rischia di prendere il vestito dai cinesi- rispose Perrie,
balzando a terra.
-Fanno
bella roba!- mi difesi, facendo ridere tutte.
-Andiamo
Brooke- rise Megan, dandomi dei piccoli schiaffetti sulle gambe e insieme a
Perrie andarono verso il muro per scavalcarlo.
-Sembrano
vecchie quando fanno così- commentò Lottie, scendendo e aspettandomi. Scesi
anch’io, accennando una lieve risata, e insieme le raggiungemmo.
-Un
pochino. Ma fa niente, hanno ragione-
-Come
lo vuoi il vestito?-
-Semplice,
niente di troppo appariscente o sexy-
-Ora
quella vecchia qui sei tu- esclamò, ridendo.
Spalancai
lievemente la bocca e le tirai un piccolo schiaffetto sul braccio per
vendicarmi. Lei mi fece la linguaccia e iniziò a correre e io dietro a lei.
-Vieni
qui! Ti faccio vedere io la vecchia- la minacciai, facendoci ridere. Lei superò
anche Megan e Perrie, le quali la guardarono confuse, o come una psicopatica, e
quello sguardo lo rivolsero anche a me quando mi videro passare.
-Ma
che state facendo?- urlò Perrie
Nessuna
delle due rispondemmo poiché Lottie stava scavalcando e ci riuscì anche, mentre
io ero in cima. Mi voltai verso di loro, che erano sotto di me, e alzai le
spalle per poi saltare giù. Una volta a
terra la vidi indietreggiare, ma scossi la testa per tranquillizzarla. Insomma
non avevo più voglia di correre. Appena anche le altre due ci raggiunsero, ci
dirigemmo al negozio di abiti da sposa.
Durante il tragitto parlammo e ci
divertimmo un sacco, soprattutto con il battibecco tra Megan e Lottie. Io e
Perrie le guardavamo divertite prima che a lei suonasse il telefono e
rispondesse. Una volta entrate nel negozio, subito una commessa sui circa
cinquant’anni ci venne incontro con un splendido sorriso.
-Salve,
mi chiamo Julienne. Chi è la bellissima sposa?- domandò, guardandoci. Alzai la
mano e sussurrai un flessibile “Io”. Lei annuì, forse anche paziente che
io dicesse qualcosa che le potrebbe interessare. Mi avvicinai a lei e le porsi
la mano.
-Sono
Brooke Miller. Loro sono le mie amiche-
-Le
damigelle d’onore, immagino- m’interruppe, facendole spalancare gli occhi.
Mentre annuii: infondo mi stavano aiutando, era anche giusto che mi dovessi
sdebitare. Lei sorrise e ci fece cenno di seguirla. Ci portò in una parte del
negozio, in cui c’erano file e file di vestiti da sposa, chi bianchi chi color
panna.
-Bene,
tu vieni con me a cercare quello adatto per te. Intanto voi vi potete
accomodare su quel divanetto, oppure nel frattempo che lo sceglie, ne potete
prendere uno anche voi per farglielo provare- spiegò. Annuii per poi girarmi
verso le tre ragazze, che avevano un sorriso complice. Non fece neanche in
tempo a chiederle cosa avessero in mente che la commessa mi portò subito
lontano da loro. Mi stavo preoccupando per quello che stavano per fare. Mi
guardavo intorno per trovare quello giusto: me ne piacquero subito due tanto
che Julienne fu meravigliata della mia scelta immediata. Li presi e andai in
camerino, in cui provai il primo, insieme alla sistemazioni della donna e di altre
due ragazze. Mi spiegò che quelle due era in prova e dovevano aiutare un
cliente. Così annuii e quando ce l’ebbi addosso, mi portai le mani alla bocca.
Mi sentivo così strana vedermi in quel vestito: insomma sembrava che il
desiderio di qualunque bambina si stava avverando, o semplicemente che quella
data fosse maledettamente vicina. Mi girai e ci trovai tutte e tre che mi
sorrisero gentilmente; una di loro andò ad aprire la porta per farmi uscire.
-Andiamo
dalle tue amiche, ti stanno aspettando di sicuro-
Annuii
e, tirandomi su il vestito, camminai a testa bassa, uscendo da quel camerino,
finché, alzandola, mi irrigidii dall’imbarazzo. Lui mi guardava con occhi
serrati. Continuai a camminare fino al piedistallo circolare, davanti a tutti.
*Louis*
-Uffa!
Perché non possiamo prendere la pizza- piagnucolò mia figlia nel sedile
affianco al mio. Scossi la testa e mi fermai allo stop per dare precedenza.
-Perché
no, Shey. L’abbiamo presa ieri, non possiamo andare avanti a pizza- risposi
divertito, ripartendo. Lei bisticciò qualcosa a me incomprensibile, ma scoppiai
a ridere ugualmente.
-Ti
prego- iniziò a supplicarmi, guardandomi con lo sguardo dolce poiché sapeva che
non avrei resistito. Alzai gli occhi al cielo esasperato.
-Shey,
ho detto di no-
-Ti
preeeego-
-Ho..
Certo che sei tremenda!- risi, scuotendo la testa. -Zio Niall ti fa davvero una
brutta influenza- finii, parcheggiando e spegnendo il motore. Lei si slacciò la
cintura e mi si mise davanti a me con le braccia incrociate. Alzai un
sopracciglio confuso.
-Andiamo,
papà, stiamo parlando di pizza, non di qualcos’altro. Pizza! P-I-Z-Z-A!-
esclamò, facendomi scoppiare letteralmente a ridere. Mi slacciai anch’io la
cintura e la presi in braccio.
-Tesoro..-
iniziai, facendola scattare sull’attenti come dei soldati e facendo un sorriso
divertito. -Sarà per la prossima volta, amore- finii, facendola accosciare e
sbuffare. Aprii lo sportello e, scendendo insieme e chiudendo la macchina,
entrammo nel negozio degli abiti di sposa.
Una volta dentro, lasciai Sheyleen a
terra, la quale iniziò a guardarsi in giro fino a tirarmi la giacca per
attirare la mia attenzione. Spostai lo sguardo su di lei, che m’indicò un
gruppetto di tre ragazze sedute su delle poltrone di color panna.
-Zie!-
urlò Shey, andandole incontro. Loro alzarono di scatto lo sguardo e sorrisero.
Perrie si alzò per prima, prendendo la bimba in braccio e facendole fare la
giravolta. Mi avvinai a loro, lasciando un bacio a mia sorella.
-Siete
arrivati finalmente- commentò Megan, la quale teneva in braccio Sheyleen. Alzai
le spalle e stavo per rispondere, ma la mia vista andò alla ragazza dietro di
lei. Era bellissima: indossava un semplice vestito bianco con delle sfumature
di grigio dovuta alla gonna ondulata; sul corpetto c’era una cintura argentata
molto decorata e il top era a cuore senza spalline. Spalancai gli occhi
meravigliato e catturato completamente da lei Il mio cuore si stava facendo
sentire e non smetteva di accelerare. La vidi sorpassarmi, regalandomi un
sorriso, mentre io mi girai subito per riavere quel bellissimo contatto visivo.
Lei si posizionò sul piedistallo e davanti a noi. Le ragazze si portarono le
mani alla bocca e avevano probabilmente gli occhi, che luccicavano.
-Allora come sto?-
-Brooke..-
iniziò Perrie
-Sei
bellissima- finì Megan per lei.
Sheyleen
batté la mani per dare il suo contributo.
-Sei
come una principessa- gioì, sorridendo. Brooke fece un sorriso timido e arrossì
leggermente.
-Adesso non esageriamo.. è..-
-Sei
bellissima. Assolutamente favolosa- l’interruppi dopo aver ripreso il mio
controllo e la mia lucidità. Lei abbassò lo sguardo e iniziò a torturasi una
ciocca di capelli.
-Grazie-
mormorò.
-Bene,
Brooke, andiamo a provare l’altro?-
Lei
alzò la testa e la fissò per qualche secondo poi si volse a me con uno sguardo
indeciso su cosa fare. Io gli feci un sorriso confortante e alzai gli indici
per augurarle buona fortuna, considerando il fatto che non avevo programmato di
restare. Lei scese dalla pedana e mi guardò titubante di nuovo. Invece mi girai
verso Megan e diedi un bacio a mia figlia sulla fronte e uno sulla guancia della
ragazza, poi passai a Perrie e infine mia sorella. La lasciai per ultima: mi
avvicinai e l’abbracciai, sentendo addosso il suo profumo di Dior.
-Che
stai facendo?- mormorò, come se fosse allarmata
-Me
ne vado, almeno potete scegliere insieme-
-Resta,
ti prego-
-Ci
sono le..-
-Avevi
detto che volevi aiutarmi, no? Resta-
Abbassai
lo sguardo poiché non sapevo che fare. Insomma se restassi, mi sarei sentito
peggio visto che l’avrei vista sempre più bella, ma non era per me. Tutta
quella bellezza era per il suo fiancé, Dylan. Invece se me ne andassi,
la deluderei poiché le avevo dato la mia parola. E ora che faccio? Sospirai e
annuii poco convinto.
-Va
bene- l’assecondai. Sul suo viso si dipinse un bellissimo sorriso e di scatto
mi abbracciò, paralizzandomi completamente, ma ricambiai, fondando il mio viso
sulla spalla. Restammo così per qualche secondo per poi staccarsi e sparire
insieme a tre donne in un camerino. Sospirai e mi accomodai sul divano con le
mani sugli occhi. Quel maledettissimo piano sarebbe stato davvero difficile.
Heilà :)
Non ci posso credere :') Ho aggiornato prima di una settimana. Mi sto realmente commuovendo.
Comunque passiamo a cose importanti: ecco la giornata delle ragazze e per finire Louis *^* Non potevo non metterlo ahah
In questo capitolo c'è sempre molto spazio a Brooke e Perrie
poiché sono come sorelle e sono molto più legate rispetto
alle altre, infatti entrambi i flashback riguardano soprattutto loro.
Ma va beh, in questo capitolo c'è la scelta del vestito, che
continuerà per qualche riga anche nel prossimo.
Parlando del prossimo: tecnicamente dovrebbe riguardare i ragazzi,
ovvero i One Direcion, ma non so se ci sarà. O meglio se
c'è, sarà realmente sintetizzata.
Sto parlando troppo, ne sono consapevole D:
Comunque prima di andare, ringrazio sempre le solite meravigliose persone:
-Chi la recensisce;
-Chi l'ha messa tra preferite/seguite/ricordate
-Chi la legge: si anche a voi lettrici/lettori silenziosi u.u
-E Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Visto che non so quando riaggiornerò, ma credo settimana prossima, vi AUGURO UNA BUONA PASQUA :D
Grazie per l'attenzione e spero il capitolo vi piaccia e che non vi abbia deluso. In ogni caso: aggiornerò non appena si superano le 3/4 recensioni
Alla prossima,
Ciaooooo xx
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Capitolo 10 *** capitolo 10 ***
shshhs
Capitolo
10:
Ho bisogno di un segno che le
cose cambieranno.
Ho bisogno di una ragione per
andare avanti
ho solo bisogno di un po’ di speranza
Era
il secondo abito per Brooke e le stava d’incanto come il precedente, ma non mi
piaceva tanto perché era troppo classico e poi non le cadeva bene come l’altro.
Le ragazze sembrarono d’accordo con me, infatti glielo bocciarono subito.
Infine si provò quello scelto da mia sorella, da Megan e da Perrie. Appena la
vidi, il mio cuore non c’era più, era scoppiato. Le piaceva davvero, si poteva
vedere dai suoi occhi lucidi. Si girò a destra poi a sinistra per ammirarsi
meglio e infine si girò verso di noi, allargando di poco le braccia.
-Mi
piace- commentò Lottie, insieme all’annuire delle altre.
-Lou?-
-Semplicemente
fantastico- acconsentii, facendola sorridere ancora di più.
-Si!-
gioì Perrie, facendo ridere tutti. -Siamo dei fottuti geni, ammettilo Brooks.-
-Ok,
ok-
-E
tu che volevi cose vecchie, pff- disse invece Lottie, alzandosi per
sgranchirsi. La commessa la guardò in
attesa di una risposta, come d’altronde anche noi. Eravamo rinchiusi qui dentro
da circa un’ora e mezza e la stanchezza, ma soprattutto il mio sedere stava
prendendo la forma del divano o al contrario. Brooke alzò gli occhi, unì le
labbra e finì con una lieve risata.
-Si,
lo prendo!- finii, facendoci alzare e applaudire.
-Perfetto,
vado a fare la ricevuta-
-Vado
a cambiarmi. Arrivo subito- rispose invece la futura sposa, sparendo per l’ultima
volta nei camerini.
Mi sedetti di nuovo e presi Sheyleen sulle gambe, che
iniziò a giocherellare con i lacci della mia felpa. Mossi le gambe per darle un
effetto di galoppo, lei scoppiò a ridere e mi abbracciò, passandomi una mano
tra i capelli e lasciandomi un dolcissimo bacio. Adoravo questa cosa tra di noi
perché era dolcissima e mi faceva sempre stare bene. Lei mi faceva stare bene:
l’amavo con tutto il cuore la mia piccola bambina e ogni giorno che passa è un
orgoglio averla nella mia vita. L’abbracciai forte a me e sentii che stava
fondando il mio viso sulla mia incavità del collo e lo stesso feci io con la
sua spalla. Restammo così per un po’ perché non volevo rompere quel contatto.
-Ti
voglio tanto bene, amore mio- le sussurrai, chiudendo gli occhi.
-Anch’io
papà- esclamò, stringendo di più la presa.
-Come
siete dolci- commentarono, rompendo quel contatto.
-Beh,
diglielo amore, siamo i più fighi in assoluto- affermai, facendole ridere. La
mia bimba annuì e le fece una linguaccia. Scoppiai a ridere e le baciai la
guancia.
-Lou
ti devo dire una cosa- iniziò Perrie, interrompendo quel momento felice. La
guardai e capii, che era una cosa che guardava Brooke. Così misi giù Sheyleen e
le dissi di andare a guardare gli altri vestiti, ma di non allontanarsi troppo
in modo che la potevo vedere.
-Dimmi-
risposi, semplicemente.
-Sta
ricordando- commentò la bionda, facendomi addrizzare e spalancare gli occhi.
-Non
è vero- sussurrai
-Si,
fidati. Oggi mentre ero a prendere il regalo per Zayn, lei è venuta con me e
senza dirle niente ha ricordato che mio fratello mette una quantità di profumo
per conquistare le ragazze. Lo so che non sembra nulla, ma ha ricordato- mi spiegò, dandomi quasi un briciolo in più
di speranza. Oramai la speranza che potesse ricordare, svaniva ogni giorno da
quando l’ho incontrata poiché ero sicuro che anche se avesse ricordato, le non
sarebbe tornata con me. Sarebbe stata con Dylan poiché i sentimenti per una
persona non possono cambiare da un giorno all’altro. Volevo farle tornare la
memoria solo per poter dare a Sheyleen la sua vera madre e ne aveva davvero
bisogno.
-Pezz..-
iniziai, schiarendomi la voce.
-Ti
prego, credimi- mi bloccò, facendomi scuotere la testa.
-Ti
credo, come potrei non farlo. Oramai tu e Megan siete come sorelle. Ma ti prego
non darmi false speranze-
-Che
stai dicendo, Lou? Hai promesso ai ragazzi, ma soprattutto a te stesso che
l’avresti aiutata a recuperare la memoria. Ne eri convinto fino a ieri- disse
scioccata Lottie.
La
guardai incapace di fare qualcosa, ma alla fine sospirai e spostai lo sguardo
su mia figlia, la quale stava giocherellando con l’appendiabiti, che c’era lì
per terra.
-Voglio
che Sheyleen abbia una madre, non Eleanor, quella vera. Non posso più vederla
piangere in silenzio perché tutte le sue amichette hanno la mamma e lei no.
Odio vederla in quello stato; odio anche sapere che lei sta male ed io sono
incapace di fare qualcosa. Oramai so per certo che se recuperasse la memoria,
non ritornerebbe mai con me, ma voglio che abbia un rapporto con sua figlia,
che in tutti questi anni ha perso a causa dei genitori e a causa di questa
cosa. Voglio solo questo-
-Ma
tu la ami- s’oppose mia sorella, alzandosi e parandosi davanti a me. La fissai
con un sorriso ironico per poi scuotere la testa.
-Non
importa. Posso amarla in eternità, tanto non sarà più mia- finii, alzandomi e
andando da Sheyleen, prendendola in braccio. Ritornai da loro e le salutai. -Dite
a Brooke, che noi dobbiamo andare-
-Lou-
mi chiamò Megan, questa volta. La fissai senza dire una parola, prima di
abbracciarmi forte. Ricambiai la stretta, anche se era un po’ difficile, dato
che tenevo sull’altro lato Sheyleen.
-Sei
davvero forte. Si sistemerà tutto-
-Quanto
vorrei crederti- mormorai con i miei occhi, che stavano diventando lucidi.
Sbattei le palpebre per riprendermi, mi staccai e, con sorriso, le lasciai un
bacio sulla fronte.
Ce
ne uscimmo da quel negozio e, prendendo la macchina, ce ne ritornammo a casa,
in quel luogo sicuro.
-Che
voleva dire zia Megan con il fatto che sei forte?- mi domandò ingenuamente,
guardandomi curiosa. Sorrisi e le passai una mano tra i suoi capelli d’orati.
-Nulla
riccioli d’oro. Comunque appena siamo a casa tu chiami la nonna e nel frattempo
che fai la cartella per domani, ti cucino un buonissimo hamburger. Ok?-
-Si!
Mi mancavano i tuoi famosi hamburger-
Risi,
lasciandole velocemente un bacio sulla fronte.
Ci
impiegammo circa dieci minuti ad arrivare e appena dentro, Sheyleen corse a
prendere il telefono per chiamare mia madre, la quale era davvero felice di
sentirla per il suo tono di voce; invece io appoggiai tutte le buste a terra e
me ne andai in cucina.
-Papà-
urlò Sheyleen dalla nostra camera.
-Cosa?-
risposi allo stesso tono, mentre misi un po’ di burro nella padella e accesi il
fuoco per farlo sciogliere.
-Nonna
dice se sabato andiamo da lei- continuò
Ci
pensai per qualche secondo, realizzando poiché che sabato era tra due giorni. Di solito
facevamo venerdì, sabato e domenica da lei, programmando tutto per filo per segno, ma questa volta mi passò
letteralmente per la mente.
-Si!
Dille di preparare la stanza- risposi infine, mettendo anche l’hamburger sulla
padella.
Improvvisamente suonarono alla porta e, dato che la bimba era di
sopra, mi pulii le mani sul panno attaccato alla maniglia del forno e andai ad
aprire. Aperta la porta, mi bloccai, vedendo quella persona davanti a me.
-Che
ci fai qui?- balbettai, notando che erano le sette e mezza passate. Lei sorrise
e alzò la mano, facendo sbucare un sacchetto di un fastfood.
-Sono
ali di pollo. Sono andata sul sicuro- rispose, facendomi scuotere la testa.
-Perché
l’hai fatto?- domandai, stringendomi le spalle
-Perché
devo sdebitarmi con te in qualche modo, o no?-
-A
me va bene così-
-Peccato
che a me no. Allora, mister Tomlinson, mi fai entrare o restiamo qui tutta la
sera- commentò, passandosi una mano sulla spalla. Scossi la testa e,
prendendole il sacchetto, la feci entrare.
-Scusa
il disordine, ma non sono stato a casa per tutto il giorno e se..-
-Tranquillo,
va bene così. è davvero carina-
-è
perfetta per... due persone- quelle parole mi morirono in bocca come il mio
cuore una volta pronunciate. Scossi la testa e cercai di sorridere. Lei annuì e
si guardò intorno, mentre io la scrutavo. Mi dava senso rivederla in casa dopo
anni, ma infondo era una sensazione piacevole. Andai in cucina e, facendo
veloce, abbassai il fuoco, togliendo il primo hamburger e mettendone altri due
a fare.
-Scusa
un attimo. Shey! Scendi, ci sono ospiti- urlai, chiamandola.
Sentii
la porta aprirsi e dei passi scendere per le scale, infine un piccolo urletto
da parte sua nel vedere la ragazza.
-Brooke!-
-Hey,
bellissima- esclamò, prendendola in braccio e lasciandole un bacio sulla
guancia.
-Che
ci fai qui?- domandò curiosa.
-Sono
venuta per la cena e poi dovevamo passare del tempo insieme, no? Eccomi qua-
rispose, facendole luccicare gli occhi. Sorrisi, istintivamente nel vederla
così felice, faceva felice anche me. Mi volsi verso la cucina per tirare fuori
da un cassetto una tovaglia e dei tovaglioli di carta.
-Leen,
tocca a te-
-Subito,
papà- rispose, scendendo da Brooke e prendendo le posate per apparecchiare. La
ragazza si avvicinò a me, sorridendomi, mentre io mi voltai verso di lei,
capendo le sue intenzioni.
-Non
ci provare- dissi, prendendo altri due piatti per metterci gli hamburger cotti.
-A
fare cosa?- mi domandò, alzando un sopracciglio. Sorrisi, mi avvicinai a lei,
facendo aderire i nostri corpi, e, trovandoci in una distanza ravvicinata,
allungai la mano.
-Ad
aiutare. Sei un’ospite e non ti faremo toccare nulla- risposi, prendendo il
sale e allontanandomi per metterlo a tavola. La sentii tirare un sospiro, che
mi sapeva tanto di sollievo, e la vidi avvicinarsi con la busta delle ali di
pollo a tavola, invece io presi dal frigo il ketchup, visto che Sheyleen ne va
matta soprattutto sull’hamburger, e dalla dispensa il pane, finendo per
raggiungerle. Sheyleen si sedette al suo solito posto, come io d’altronde, e
Brooke si sedette al posto, in cui era abituata, facendomi sorprendere.
“Magari
Pezz ha ragione. Sta ricordando” mi ritrovai a pensare, lanciandole
degli sguardi, ma infondo poteva essere una coincidenza che si fosse seduta lì.
Non era una cosa importante per dire che stava realmente recuperando la memoria.
Sospirai e scacciai tutti quei pensieri dalla mia testa, eppure non ci
riuscivo. Sarebbe stata una lunghissima serata.
*Brooke*
Mi
sedetti accanto a Sheyleen e di fronte a Louis, il quale mi guardò sorpreso per
qualche secondo. Corrugai la fronte confusa dal suo gesto e iniziai a pensare
seriamente che avevo sbagliato a sceglierlo.
“Una ragazza era seduta sul divano con una
ciotola di popcorn sul grembo e il telecomando sulla mano sinistra. Cambiava
continuamente canale, cercando qualcosa da fare al fine di aspettare che il suo
fidanzato rientrasse presto da quella stupida intervista. Non capiva come
quelle domande su domande, che sfociavano sempre su discorsi personali,
potessero essere importanti per la loro carriera. Infondo capiva solamente
quando dovevano annunciare qualche tour oppure i loro profumi e libri, ma della
loro vita privata credeva che era solo una presa in giro. La ragazza sbuffò e,
mettendosi a gambe incrociate con la ciotola di popcorn su esse, iniziò a
mangiarseli, finendo di trovare qualche film o serie tv, che le piacesse. Guardò
l’orologio, il quale segnava le cinque passate, e infine ritornò a guardare il
televisore, trovando finalmente qualcosa di decente da guardare. Quel canale
stava trasmettendo la serie americane “The Big Bang Theory”, il quale piaceva
molto alla ragazza; in fatti aveva visto tutte le stagioni e quella, che
stavano trasmettendo, era a malapena la prima. Appoggiò il telecomando sul
bracciolo del divano e, continuando a degustare il suo cibo, si concentrò sul programma.
Ci furono diverse puntate, che l’avevano tenuta in compagnia fino al ritorno
del suo compagno.
-Sono a casa- urlò il castano, mollando
tutto a terra e dirigendosi dalla ragazza per darle un bacio in bocca, ma
ottenne solamente un bacio sulla guancia.
-Bentornato- disse semplicemente, bevendo
la sua birra.
-Ti fa male!- la riprese, togliendogliela.
-Sono incinta, non malata. Ridammela-
esclamò acida, cercandola di riprendere, ma lui scosse la testa e gliela porse
il più lontano possibile da lei. Non capiva perché si comportava in quel modo,
quando lei era la prima ad accettarsi di non mangiare e bere cose, che fanno
male al bambino.
-Si può sapere che ti prende?- chiese lui
-Nulla- rispose, stringendosi le spalle.
Lui sospirò e si avvicinò a lei, intrappolandola in uno dei suoi meravigliosi
abbracci, iniziandole ad accarezzare i suoi capelli e aspettando che parlasse.
In tutti quegli anni aveva capito che la sua fidanzata parlava quando se la
sentiva e doveva aspettare pazientemente. -Ho visto “The Big Bang Theory” e
Sheldon mi ha fatto riflettere che voglio anch’io un posto, in cui non ci si
può sedere nessuno- iniziò lei, facendolo ridere . Lei gli tirò un pugno sul
braccio e si staccò, fingendosi offesa.
-Fanculo- esclamò, alzandosi e andandosene
in cucina a prendersi qualcosa da bere, visto che il suo adorato fidanzato
gliela aveva tolto. Aprii il frigo e ne tirò fuori un succo alla pera.
-Andiamo, amore. È una cosa stupida- rise,
entrando nella stanza. Lei bevve un sorso, per poi girarsi con un sorriso
ironico.
-Sei geloso perché vuoi anche tu un posto
tutto tuo- esclamò, mettendosi a braccia conserte. Lui rise e, andando da lei,
la intrappolò tra le sue braccia, facendola sedere sul mobile della cucina. Lui
si mise tra le sue gambe e le accarezzò la guancia amorevolmente, sfoggiandole
un fantastico sorriso.
-Vuoi davvero un posto tutto tuo?-
-Si- mormorò, stringendosi di più.
-Ma, amore, non ti basta quello che c’hai
già?-
-Come?- chiese confusa, guardandolo negli
occhi e sorridere.
-Quello accanto a me-
Lei spalancò gli occhi per la cosa dolce e,
iniziandosi a inumidirsi, abbassò lo sguardo. Il ragazzo iniziò a preoccuparsi
dal suo silenzio; così si avvicinò un po’ e dei singhiozzi, lentamente udibili,
arrivarono alle sue orecchie. Si preoccupò seriamente di quello che aveva
detto, insomma credeva che fosse una cosa dolce.
-Bis?- la chiamò, avvicinandosi con il
corpo e mettendo la mano sotto il mento per alzarglielo .
-è la cosa più dolce che tu abbia mai
detto- esclamò, buttandosi tra le sue braccia. Lui scoppiò a ridere e la
strinse forte a sé, lasciandole un bacio tra i capelli. Lei si staccò e gli
diede un bacio appassionato e poco casto, interrompendolo dopo pochi secondi e
ricevendo uno sguardo confuso e curioso da parte del ragazzo.
-Comunque quello è il mio posto- sussurrò
la ragazza, indicando la sedia dietro di lui, il quale scoppiò a ridere e
annuì, rassegnato.”
Abbassai
la testa per il ricordo, il quale mi provocò un leggero mal di testa. Decisi di
non darci tanto peso perché non volevo iniziare a torturarmi la mente in questo
momento. Presi la forchetta per mettere in bocca un pezzo di hamburger: era
davvero buono.
-Ti
piace?- mi chiese la piccola con un sorriso. Io annuii, ricambiando quel gesto.
Lei mi fissò soddisfatta, mordendo il panino, che le aveva fatto Louis.
-Il
mio papà è famoso per i suoi hamburger- disse, alzando le spalle.
-Davvero?
Ed io che pensavo che fosse famoso per le sue doti canore- esclamai, facendoli
ridere.
-Beh
si, dai. Anche per quello, anche se non sa cantare- affermò, facendogli
spalancare gli occhi e per poco andargli di traverso il cibo. Iniziò a
tossicchiare e poi bevve un sorso d’acqua, fissandola alla fine offeso.
-Hai
ragione, ma non distruggiamo le sue speranze-
-Hey!
Io sono qui. E mi sento offeso- segnalò la sua presenza, mettendosi a braccia
conserte. Io e Sheyleen scoppiammo a ridere; lei si avvicinò a suo padre e gli
lasciò un lungo bacio sulla guancia, invece io gli concessi un sorriso. -Siete
due ruffiane- concluse, ritornando al suo piatto. Noi ridemmo un’altra volta,
dedicandoci poi a mangiare e qualche discussione costruttiva.
Una volta che
finimmo, aiutai Louis a riordinai la cucina, mentre la bimba si andò a mettere
il pigiama. Misi gli ultimi piatti nel lavandino e, alzandomi le maniche della
maglietta, aprii l’acqua per pulire il primo. Louis, che stava mettendo le cose
nel frigo, mi concesse uno sguardo confuso prima che sentii chiudere lo
sportello del mobile e venirmi a chiudere l’acqua.
-Tranquilla,
faccio io dopo-
-Non
c’è nessunissimo problema: tanto sono due piatti. Ci metto poco- risposi ferma,
riaprendo il rubinetto. Lui
sospirò e decise di lasciar perdere.
-Sei
proprio testarda- trasse le conclusioni, tornando al suo lavoro. Alzai le
spalle e iniziai a lavare quei due piatti.
-Papà!-
urlò Sheyleen dalla sala accanto, facendo sobbalzare il diretto in questione,
il quale alzò gli occhi e rispose.
-Che
c’è?-
-Dove
il regalo di zio Liam-
Lui
inarcò un sopracciglio confuso e mi lanciò un breve sguardo.
-Quale
regalo? Aspetta Liam ti ha fatto un regalo?-
Scoppiai
a ridere, mentre lui si difese, alzando le mani come per dire “io non so nulla,
fanno tutto loro”.
-Trovato!- esclamò, mentre si sentirono anche degli
altri rumori. Louis lasciò tutto e corse in sala, ed io lo imitai.
Appena
entrammo nella stanza: vidimo tutti i cd a terra, formando un piccola pila, e
Sheyleen vicino alla tv, la quale stava mettendo il dvd nel lettore cd. Mi misi
una mano sul cuore, invece lui alzò gli occhi al cielo e andò dalla figlia,
spegnendole la tv per qualche istante e controllandola per vedere se si era
fatta qualcosa. Per nostra fortuna non accadde nulla, ma ci fece realmente
spaventare. Ritornai in cucina per posare il panno dove l’avevo trovato e
ritornai da loro, accomodandomi accanto alla bimba.
-Ti
dispiace se ci guardiamo “Cenerentola”?-
-Certo
che no-
-Giuro
che uccido Liam, appena lo vedo- minacciò Louis, andando per un primo momento
in cucina per finire di mettere a posto le cose e poi tornando da noi, soprattutto
andando a sdraiarsi dalla parte destra della bambina, permettendole di mettere
le sue gambe su di lui. Accennai una lieve risata, invece Sheyleen fece partire
il cartone.
Non
ci volle molto per toglierlo poiché la bambina si addormentò e Louis la portò a
letto.
Non appena tornò si sedette accanto a me senza dire una parola.
-Forse
è meglio che vada- annunciai, guardando l’ora.
-Se
vuoi, puoi restare- balbettò, accennandomi un breve sguardo
-Non
vorrei disturbare già più di quanto faccia-
-Niente
disturbo-
-Allora
accetto-
Lui
annuì e mi sorrise gentilmente, ma comunque non spiaccicò più parola per altri
minuti finché non si addrizzò e mi guardò intensamente. Lo fissai confusa,
mentre lui si girò completamente verso di me.
-Ti
va di fare un gioco?-
-Alle
undici di sera?- domandai scettica
-Non
ti faccio nulla- rise, alzando le mani e ricevendo un pugno da parte mia.
-Non
dico quello idiota-
-Ci
stai?-
-Va
bene-
Un
bellissimo sorriso si dipinse sul suo viso, mandando il mio cervello in fuori
uso davanti esso. “Però devo ammetterlo: ha un bellissimo sorriso”
pensai, arrossendo leggermente. Poi spalancai gli occhi e scossi la testa per
scacciare quel pensiero. Non potevo farli cavolo! Tra meno di cinque mesi mi
sposerò con un altro ragazzo. Non posso fare certe riflessioni sul mio idolo.
“Devo
ammettere anche che Dylan non ha un sorriso del genere, anzi, è quasi sempre
sforzato”
mi ritrovai a continuare con la mia vocina interiore. Mi mollai un leggero
pizzicotto per farmi ritornare alla realtà. Louis si alzò e andò nell’altra
stanza. Sentii qualche cassetto aprirsi e qualche sua imprecazione, finendo con
lui che ritorna con un pacco di cioccolatini nuovo, da iniziare. Corrugai la
fronte non appena si risedette e aprì quella scatola.
-Stai
cercando di farmi ingrassare?- chiesi, facendolo ridere.
Scosse
la testa, aprendola finalmente, e si mise a gambe incrociate davanti a
me con i cioccolatini su di esse. Li guardavo e più lo facevo
più mi saliva l’acquolina
in bocca: erano di diversa forma e colore, visto che erano fatti
probabilmente
con diversi tipi di cioccolato.
-Il
gioco consiste che dobbiamo mangiare questi cioccolatini, io lo scelgo per te e
tu per me. Dobbiamo trovare quello più buono, ok?-
-Ma
tu li sai già i gusti- replicai
-è
qui che ti sbagli! È la prima volta anche per me: ogni volta che andiamo al
supermercato io e Shey li prendiamo sempre diversi. Quindi questi non li ho mai
assaggiati. Comunque inizi tu, tieni!-
mi spiegò, porgendomeli davanti.
-Io
sono sempre nell’opinione che tu stai cercando di farmi ingrassare- ribattei,
prendendone uno e mordendone un pezzo, passandoglielo infine. Lui se lo mise in
bocca e scosse la testa dopo pochi secondi. Invece io ero lì che lo degustavo
per bene: infondo era buono, ma era il solito cioccolatino al latte.
-Ne
ho mangiati di più buoni- commentò, scuotendo la testa
-Già.
Troppo semplice. Pensavo che fossi un campione-
-Di
solito lo facevo con Shey oppure con Niall. Ma con lui non c’è gusto: li
piacciono tutti- ammise, adocchiandone
un altro. Ma lo bloccai sul nascere, prendendone uno di un colore arancione con
qualche scaglia di nocciola sopra. Glielo porsi e lui lo guardò per un nano
secondo per poi addentarlo e darmi la mia parte. Messo in bocca, serrai gli
occhi, come lui, il quale scosse la testa e fece una smorfia.
-Questo
no di sicuro- affermai io, scuotendo la testa e facendolo ridere. Lo ingoiai a
forza, finendo con una smorfia.
-Fai
schifo a scegliere- m’incolpò, ridendo.
Aprii
la bocca e gli diedi un piccolo schiaffo sulla gamba.
Scosse
la testa per poi prenderne un altro. Continuammo così, finendoci la scatola,
beh non erano tanti cioccolatini: erano circa sedici, ma noi abbiamo rinunciato
al decimo. Ne trovammo di buoni, anche di schifosi: quello, che mi era piaciuto
di più, era uno ricoperto di cioccolato bianco e in cima qualche granella di
meringa, ma all’interno era ripieno di crema al pistacchio. Era una delizia per
la mia bocca. Anche se Louis non era pienamente d’accordo come me; secondo lui
il più buono era quello ricoperto di cioccolato fondente e dentro cioccolato
bianco e al latte mischiati tra di loro.
“-Eddai finiscila, quel cioccolatino faceva
davvero schifo- lo riprese la castana, dandogli un leggero spintone. Lui rise e
le prese la mano.
-Si certo come no. Intanto il mio voto è
dieci- rispose a tono
-Vedremo stasera: questa volta la scelgo io
la scatola- sembrava quasi una minaccia detta così, ma infondo lo era perché
era sempre una catastrofe quando li sceglieva la ragazza: o erano troppo buoni
oppure facevano schifo. Non c’era una via di mezzo.
-O Gesù santo! Nessuno si salva-
I due ragazzi andarono al supermercato per
prendere la loro ennesima scatola di cioccolatini: era la dodicesima, se non di
più, in quelle due settimane, eppure non riuscirono a farne a meno. Era più
forte di loro. Così una volta usciti dal negozio ritornarono nella loro umile
casa per la cena e dopo di essa si dedicarono al loro stupido gioco. Oramai i
due ragazzi ne erano ossessionati, lo amavano.”
-Adoravo
quando lo facevamo. Soprattutto quando sceglievo io la scatola: ero sicura di
trovare il numero dieci- ammisi senza pensarci, abbassando lo sguardo e
richiudendo la scatola. Quando lo rialzai, vidi Louis in uno stato scioccato:
era con gli occhi serrati, tanto che gli stavano per uscire le orbite; la bocca
leggermente aperta; il suo corpo era rigido, fermo, quasi paralizzato; sentivo
il suo respiro diminuire sempre di più. Non capii perché stava avendo quella
reazione e iniziai seriamente a preoccuparmi.
-Lou?-
-Perrie
aveva ragione- farfugliò cose a me sconosciute. Lo mossi di poco, mentre lui si
buttò su di me, intrappolandomi in un abbraccio.
Ma
che diamine gli stava succedendo?
Heilà :)
Mi sto scioccando dal fatto che sono sempre puntuale.
Ma va beh, c'è sempre una prima volta in tutto.
Comunque eccovi il decimo capitolo di Remember When.
Devo confessarlo: in questo capitolo sono stata un po' dolciosa u.u
Prima con l'affermazione di Louis, che quando l'ho scritta, mi sono
messa a sorridere come un'emerita cretina *^*; e poi con i cioccolatini
:D
Ma va beh u.u
Allora vorrei ringaziare tutte le persone che la leggono; che la
recensiscono; che
l'hanno messa tra i seguiti/preferiti/ricordati. Un GRAZIE DI CUORE a
tutti :D
Comunque volevo avvisarvi che per la prossime due settimane non so se
potrò aggiornare perché domani mi inizia la scuola e la
settimana dopo ospito una tedesca, quindi il tempo per scrivere e
aggiornare. Ma ci proverò :)
Detto questo, mi lasciate una piccola recensione? Mi va benissimo anche una riga, solo per capire se vi piace o no :)
A presto,
Ciaooo xx
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
ueeueuchce
Capitolo
11:
*Louis*
Ero
completamente scioccato: aveva ricordato senza che dicessi nulla. Perrie aveva
ragione, maledizione. Mi sembrò che quel briciolo di speranza, che mi rimaneva,
aumentasse sempre di più. Mi staccai da lei, la quale mi guardava realmente
preoccupata, ma scrollai la testa.
-Mi dispiace. Non so che mi è preso- mentii, guardando verso il basso. La
sentii avvicinarsi e alzarmi il viso, facendo incrociare i nostri occhi per
un’altra volta. Sentivo il respiro diminuire sempre di più, al contrario il
cuore aumentarmi sempre di più. Sentivo qualcosa di fastidioso allo stomaco,
come se mi stessero punzecchiando.
-Non fa nulla. L’importante è che stai bene- rispose, lasciandomi un tenero
bacio sulla guancia. Ricambiai velocemente e mi alzai.
-Io
dovrei andare a dormire. Sai com’è devo alzarmi presto perché devo accompagnare
Sheyleen all’asilo-
-Te
lo stavo per dire io- mi sorrise gentilmente.
Gli sorrisi anch’io e, lasciandola per qualche secondo lì da solo, mi diressi
in camera senza fare molto rumore, trassi dall’armadio un paio di pantaloni blu
e una maglia a maniche lunghe, infine ritornai da lei. Si guardava intorno,
leggermente fuori posto, e tossicchiai per prendere la sua attenzione. Si voltò
e mi sorrise.
-Seguimi, ti faccio vedere la stanza-
-Posso
dormire anche qui, non è un problema-
-Per
me si! Dai non intestardirti a quest’ora della notte- replicai, andandola a
prendere per il braccio e trascinandola gentilmente con me. Lei sbuffò e mi
seguì per sia volontà. Aprii la porta della camera, che doveva essere la stanza
di Sheyleen, ma dato che dormiva con me, la utilizzavamo come camera per gli
ospiti. Appoggiai le robe sulla sedia e andai a prepararle il letto,
procurandole una coperta pulita e un cuscino abbastanza morbido. Una volta
finito, mi girai e la trovai di spalle senza la maglietta, anzi che si stava
mettendo la mia. La scrutai accecato completamente dalla sua bellezza, mossi
dei piccoli passetti verso di lei, ma mi bloccai in tempo della cavolata
pensata. Segnalai la mia presenza con un leggero colpetto di tosse e lei si
girò con la mia maglia completamente addosso. Abbassò la testa leggermente
imbarazzata e, sebbene era leggermente buio, potei vedere il rosso dipingersi
sulle sue guance.
-Scusa,
pensavo che ci avresti messo di più-
-Tranquilla.
Fa come se fossi a.. a casa tua- feci, inclinando la voce sulle ultime parole.
Lei annuì e si posizionò davanti al letto con un sorriso. -Buona notte- finii,
attirando la sua attenzione. Lei ricambiò e, uscendo dalla stanza e chiudendo
la porta, mi diressi in camera mia. Feci davvero piano perché non volevo
svegliare mia figlia, mi spogliai, rimanendo in boxer con una maglietta a
maniche lunghe. Ero un ragazzo caloroso e avevo abbastanza caldo in quei strati
di coperte, tra cui mi misi qualche secondo dopo. Sentii Shey fare qualche
rumore per poi mettere il suo viso sopra il mio petto. D’altro canto
l’abbracciai e, continuando ad accarezzarle i capelli, mi addormentai anch’io.
Quella
sveglia fastidiosa non smetteva di suonare, mugnai qualcosa sotto le coperte,
finendo con darle qualche pacca per spegnerla. Mi
girai dall’altra parte e vidi Sheyleen dormire profondamente: mi piaceva
guardarla tanto che potevo stare lì ore e ore ad ammirarla, ma dal sonno che
avevo, non me lo permise a lungo. Socchiusi nuovamente gli occhi, però decisi
di svegliarmi poiché sapevo che se avessi richiuso gli occhi, non gli avrei più
riaperti per altre quattro ore. Mossi mia figlia per svegliarla, la quale
farfugliò qualche parola incomprensibile, finendo con mettersi il cuscino sopra
la testa. Sospirai e, alzandomi, andai ad aprire le tapparelle, facendo entrare
dei raggi di sole. Poi andai da Shey e, togliendole il cuscino, la scossi
nuovamente, lasciandole un bacio sulla guancia.
-Amore,
svegliati. Facciamo tardi- le sussurrai dolcemente.
-Cinque
minuti- rispose lei, girandosi dall’altra parte.
-Adesso,
Leen-
-Uffa.
Va bene-
-Brava,
dai vatti a lavare intanto preparo la colazione-
Mi
passai una mano tra di capelli e poi sugli occhi, svegliandomi definitivamente.
Aprii la porta, lasciandola aperta, e me ne andai in cucina. Dalla sala venni
inondato da un odore di caffè appena preparato e un profumino davvero dolce,
aumentai il passò e vidi Brooke indaffarata a cercare qualcosa nel frigo. Appena
lo chiuse, mi vide e sorrise.
-Buongiorno-
salutò, senza perdere quel meraviglioso sorriso.
-Buongiorno
a te. Come mai in piedi alle sette del mattino?-
-Non
riuscivo a dormire, e poi mi dovevo sdebitare per l’ospitalità-
-Cucinando
per un esercito?- domandai divertito, indicando tutto il ben di dio sulla
tavola. C’erano muffin, qualche pancakes e delle fette tostate: alcune con la
marmellata e altre con il cioccolato, o meglio, con la Nutella presa in
Italia durante l’ultimo viaggio, risalente alle settimane precedenti; mentre da
bere c’era caffè e due succhi. La vidi stringersi le spalle e inumidirsi la
bocca.
-Dato
che non sapevo cosa mangiavate per colazione, ho azzardato- rispose, alzando le
spalle. Le andai vicino e le misi una mano sulla spalle, per darle conforto,
aiutandomi anche con un sorriso.
-Tranquilla,
lo apprezzo molto- esclamai, facendole l’occhiolino. Lei mi sorrise e poi,
guardandomi meglio, la sua faccia passò a un rosso leggermente acceso. Inarcai
un sopracciglio confuso, prima che lei scosse la testa e alzò le spalle.
-Che
c’è?- chiesi per l’appunto.
Scoppiò
a ridere, alzando le mani in segno d’arresa.
-Nulla,
perché ci dovrebbe essere qualcosa-
-Brooke?
Si, sei molto credibile devo dire- commentai ironico
-Bei
boxer- concluse, riprendendo a ridere. Sbarrai gli occhi e abbassai subito lo
sguardo, notando solo ora che ero sceso con indosso i boxer neri della giornata
precedente. Mi schiaffeggiai una mano sulla fronte e poi nascosi il viso per il
leggero imbarazzo. Poi io che provavo imbarazzo? Che cosa stupida! Non l’avevo
mai provato in casa mia, neppure quando c’era Eleanor.
-Non
è possibile- mi lamentai, scuotendo la testa.
-Tranquillo,
non mi scandalizzo- rise, dandomi pacche sulla spalla -E poi siamo pari. Ieri
mi hai vista in reggiseno- sdrammatizzò, facendomi l’occhiolino. Scossi la
testa e iniziai a dirigermi fuori dalla stanza.
-Vado
a mettermi i pantaloni. Arrivo- dissi l’ultima volta.
Riandai
in camera e vidi per mia estrema gioia che Sheyleen si era alzata e si stava lavando,
così mi misi i jeans di ieri e ritornai da Brooke, la quale era seduta sulla
sedia e stava massaggiando con il telefono alquanto nervosa.
-Eccomi-
esclamai, prendendo posto accanto a lei, che mi regalò un sorriso e la sua
completa attenzione. Posò il telefono il più lontano possibile da lei e,
prendendo un po’ di caffè, iniziò a sorseggiarlo. Feci lo stesso, mettendoci
qualche cucchiaio di zucchero. Improvvisamente l’atmosfera venne interrotta
dallo squillare del cellulare della ragazza. La vidi sobbalzare e fare una
smorfia.
-Non
rispondi?- chiesi, dopo il quinto squillo.
-No!
Possono andare tutti a quel paese per quanto mi riguarda-
-Che
succede?-
-Paige,
ecco che succede. Da quando passo il tempo con te, è diventata insopportabile-
rispose, stringendo di poco la tazza.
-Sarà
preoccupata- azzardai, alzando le spalle.
-In
questo periodo ho bisogno solo di rilassarmi, non di continuare a sentirmi dire
cosa devo o non devo fare. Cavolo ho ventitré anni, non due- si sfogò, battendo
di poco la tazza sul piattino, poi si voltò verso di me e si passò una mano tra
i capelli. -Scusami, davvero. Non so che mi stia prendendo. Scusami-
-Tranquilla,
se ti fa stare meglio, sfogati-
-Sembra
che tu sia l’unico che mi riesce a capire-
Feci
un sorriso ironico perché io ero realmente l’unico a capirla. Eravamo sempre
stati io e lei contro il mondo, sopportandoci a vicenda, basando la nostra
relazione sulla verità e facendo quello che l’altro aveva bisogno. Eravamo
legati, senza che nessuno ci potesse dividere: poiché nella nostra relazione
non eravamo solo fidanzati, ma anche migliori amici.
-Ci
provo- risposi, alzando le spalle, poi, sorseggiando un po’ del mio caffè, mi
voltai verso di lei. -Che hai da fare oggi?- chiesi, unendo le mani e
mettendole sotto il mento.
-Nulla
d’importante. Perché?- continuò, inarcando un sopracciglio
-Ti
va di venire in studio con me?- domandai, facendole brillare gli occhi dalla
felicità. Boccheggiò un paio di volte, facendomi ridere di gusto, e poi sembrò
riprendersi, avendo un tono serio.
-Sicuro
che non disturbo?-
-No,
tranquilla- risi per la sua voce.
-Allora
va bene, grazie-
-Figurati-
sorrisi.
Pochi
minuti dopo in cucina scese anche Sheyleen, la quale salutò Brooke con un baco
a guancia. Mentre le lasciai alle loro chiacchiere femminili, andai a
prepararmi, facendomi la doccia e cambiando gli indumenti. Una volta pronto
scesi e vidi le due ragazze belle pronte davanti alla porta d’ingresso. Sorrisi
e, prendendo le chiavi, ce ne andammo.
Appena
arrivammo all’asilo, che era poco distante dallo studio, presi Sheyleen e la
strapazzai di baci e la sentivo perfettamente ridere e alla fine ricambiare
quei baci. Lei si voltò verso Brooke e le lasciò una bacio a guancia. Poi,
ritornando ai sedili posteriori, scese dalla macchina, salutandoci un’ultima
volta.
-Che
cosa dolce- commentò con un sorriso, lo stesso con il quale ricambiai imbarazzato.
Le lanciai un’ultima occhiata con un sorrisino e infine, ripartendo, ci
dirigemmo allo studio. In quel veicolo si sentiva soltanto la radio e qualche
rumore, fatto battendo le dite sul volante.
Arrivammo in circa dieci minuti,
parcheggiai e, scendendo, le feci strada in quel grosso edificio. Mi sentivo
tanto una guida turistica, spiegandole un po’ il lavoro delle diverse sale, in
cui passavamo. Arrivammo allo sala 64, in cui registravo insieme agli altri in
nuovo album. Aprii la porta e, entrandoci, vidi tutti i ragazzi al completo,
che stavano parlando e ridendo tra di loro. Vidi anche qualche popcorn andare
addosso a Niall.
-Hey,
Tommo- esclamò Harry, non appena vide la mia presenza.
-Buongiorno
a tutti- risposi, facendo un sorriso
divertito, però poi mi feci spazio e, accennando a Brooke di entrare, la
presentai sotto lo sguardo scioccato. -Ragazzi, lei è Brooke, una.. ehm.. mia
amica-
-Ciao-
salutò, timidamente. Tutti continuavano a guardarmi come se fossi uno
psicopatico ed io, invece, continuavo a pregarli con gli occhi di appoggiarmi.
Vidi, finalmente, Harry alzarsi e andare da lei.
-Ciao,
sono Harry- sorrise e allungò la mano
per presentarsi.
-Ed
io Niall- lo imitò il biondino, mentre gli altri due, sul divano, alzarono una
mano per salutare e presentare.
-Vieni,
ci stavamo.. ehm.. rilassando- iniziò Niall, indicandole in divano di pelle
nero e grattandosi la nuca leggermente imbarazzato.
-Grazie,
molto gentile- sorrise.
Tirai
un sospiro di sollievo e andai a buttarmi accanto a Liam.
-Levati,
pesi- si lamentò quest’ultimo. Invece io gli lasciai un pugno sul braccio, che
venne subito massaggiato da lui. -Hey-
-Te
lo meriti!- affermai, lasciandogliene un altro.
-Lou-
mi riprese divertita Brooke.
-Ti
salvi solo perché c’è lei-
-Ti
voglio bene anch’io, Loueh- commentò
ironico, alzando il dito medio. Alzai le spalle e iniziammo a chiacchierare per
qualche minuto. All’inizio era strano perché i ragazzi non sapevano che
chiederle, ma poi con una stupida domanda iniziarono a prenderci gusto,
ovviamente non toccando il discorso perdita di memoria. Che dire? Si
divertirono molto, come ai vecchi tempi. Erano tutti stralegati a lei,
soprattutto Zayn poiché era il suo migliore amico, e averla lì per un’altra
volta li faceva sempre più felici.
Quella
bellissima atmosfera venne interrotta dal nostro manager, Sean, che ci mandò in sala di registrazione a
incidere le ultime canzoni. Mi avvicinai velocemente a Brooke, la quale mi
ricevette con un sorriso.
-Mi
dispiace pensavo che aveva il giorno libero oggi- mi scusai, grattandomi la
nuca leggermente imbarazzato.
-Tranquillo,
e poi posso ascoltarvi finalmente-
-Ed
io che volevo che fosse una sorpresa-
-Destino
contro di te- rise, alzando le spalle.
M’irrigidii qualche secondo poi accennai
un sorriso ironico, amaro.
-Spero
che ti piacciano-
-Questo
non lo metto in dubbio- mi sorrise gentilmente.
Ricambiai
e, prima che Sean potesse aprire bocca, andai là dentro. Mi midi le cuffie e
sorrisi, sotto lo sguardo sorpreso di tutti. Niall mi prese le spalle e mi scosse
leggermente.
-Questo
si che è il nostro ragazzo- esclamò, facendo ridere tutti all’interno di quella
sala.
Scossi la testa e feci un accenno a Danny di iniziare.
*Brooke*
Stavano
provando ed io ero li con le gambe incrociate e con i gomiti su di esse, che
sostenevano la mia testa. Erano davvero bravi e le canzoni erano semplicemente
fantastiche. Li vidi uscire da quella sala e venirmi incontro. Si strapazzarono
completamente sul divano, facendomi ridere.
-Bravi,
complimenti- esclamai, battendo le mani.
-Beh,
modestamente- rispose Zayn, regalandomi un sorriso. Scossi la testa e mi alzai
per andare a prendere una bottiglietta d’acqua.
-Ho
visto un distributore qui fuori. Voi volete qualcosa?- chiesi, gentilmente,
prendendo la borsa. Loro scossero la testa, invece io mi diressi fuori e, dopo
essere uscita, chiusi la porta, dirigendomi a prendere l’acqua.
Quando ci
arrivai, vidi sei persone in coda.
-Vi
volete muovere?- domandò con rabbia l’ultima ragazza, sbattendo un piede a
terra. Mi avvicinai lentamente, mettendomi dietro di lei.
-Che
è successo?- chiesi a quest’ultima.
-Che
un deficiente non si muove- rispose, alzando la voce per farsi sentire dal diretto
in questione, infatti le regalò un’occhiata
poco gentile. Repressi una risata quando
lei rispose con un verso poco femminile al dire il vero.
-Capito,
grazie- terminai, accennando un lieve sorriso.
Lei
si voltò per due volte: la prima per un
breve sguardo, ma poi si girò completamente bianca come un cecio. Balbettò qualcosa, ma poi si inzittì da sola,
voltandosi completamente, sentendola tirare lunghi sospiri per calmarsi.
-Hey,
stai bene?- chiesi, mettendole la mano sulla spalla.
-A
meraviglia- commentò, ma potei giurare di sentire del sarcasmo.
-Non
sembrerebbe- continuai, avvicinandomi ancora, eppure una voce dal fondo del
corridoio non me lo permise.
-Brooke-
urlò Louis, avvicinandosi subito a me. -Perché ci stai mettendo così tanto?- chiese. Stavo
per rispondere, anzi quando lui vide la ragazza davanti a noi, sbiancò anche
lui e si paralizzò. Non dissi nulla perché continuavo a fissare quello sguardo,
che andava da Louis a quella ragazza. Non era qualcosa di gentile.
-Andiamo,
Brooke- concluse, scuotendo la testa.
-Ma..-
provai a replicare, bensì non lo feci perché quello sguardo si posò su di me.
Mi spaventai leggermente ne vederlo così serio.
-Andiamo- mi disse con un tono poco gentile, ma poi per farsi perdonare mi regalò un
sorriso. Sinceramente, non ci stavo più capendo un accidente, ma non mi andava
di risentire quel tono, quindi annuii e iniziai a camminare qualche passo
avanti a lui.
-Non
ti azzardare ad avvicinarti a lei- potei sentire la voce minacciosa di Louis
arrivarmi alle orecchie. Mi girai di scatto e notai la ragazza difendersi, ma
lui non le lasciava tempo. -è un
avvertimento, Thompson- concluse il castano, avvicinandosi a me. Inarcai un
sopracciglio confusa, mentre nella mia mente si faceva solo un piccolo spazio
sul nome: Amelia Thompson.
Il resto della mente mi fu offuscata da domande
sempre più confuse, arrivando a formarne solo una: che stava succedendo? E chi è Amelia Thompson?
Ciao a tutte :D
Oddio non so come scusarmi per questo enorme ritardo D:
Ma vi spiego: a maggio mi hanno riempita di verifiche e interrogazioni quasi ogni giorno. Sembrava che ci prendevano gusto -.-"
E poi, finita la scuola, il mio computer si è rotto. Già proprio la sfiga .-.
Quindi l'ho mandato a riparare e me l'hanno dato due giorni fa.
Ho fatto il prima possibile a scrivere il nuovo capito ed aggiornare u.u
Comunque, che ne pensate?
Sinceramente lo trovo molto noioso, rispetto agli altri. Infatti non mi
piace molto, ma va beh, cercherò di rimediare con il prossimo.
In questo capitolo si vede l'entrata di un nuovo personaggio: Amelia Thompson.
Posso dirvi che sarà un personaggio molto importante, quindi non ve lo scordate ;)
Detto questo, mi scuso ancora per l'immenso ritardo :(
Cercherò di essere puntuale u.u
Inoltre vorrei ringraziare davvero tanto: le persone che la
recensiscono; chi l'ha messa tra preferite/seguite/ricordate e infine a
chi la legge :)
Per questo capitolo, mi fate sapere cosa ne pensate? Mi va benissimo due righe giusto per capire cosa ne pensate :)
Vi ringrazio in anticipo :D
Ah, si.. per il prossimo capitolo e quello dopo ancora i protagonisti
di uno sarà solo Brooke e dell'altro solo Louis, e con questo vi
faccio scegliere quale dei due pubblico per prima: Louis o Brooke.
A voi la scelta :)
Ho finito u.u
Spero che vi sia piaciuto :)
Alla prossima,
Ciaoo :D xx
ps: che ne direste di passare per la mia OS su Harry? Questo è
il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2635039&i=1
Se vi andasse di leggerla, e magari anche di lasciarci un pensierino :)
Grazie mille a chi lo fa :D
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
eyeyeyyeeye
Capitolo 12:
I
can’t concentrate
that’s all I’m thinking about
all I keep thinking about
Everything else just fades away
f this room was burning
I wouldn’t even notice it
Cause you’ve been taking up my mind
With
your little white lies
(Little White Lies by One Direction)
*Louis*
Era
incredibile. Più ci pensavo e più mi meravigliavo della cosa. Scossi la testa e suonai il clacson perché a
causa di una macchina lì davanti si era creata coda. Ma sembrava non dare
segnali di vita, così battei un pugno sul volante e mi accosciai al sedile.
-Papà-
mi chiamò Sheyleen. Mi voltai con un sorriso e le accarezzai i capelli. -Posso
accendere la radio?- continuò. Annuii e ritornai ad impugnare il volante per
avanzare quei pochi metri.
Dopo
una mezz’ora bella abbondante in quel traffico, continuammo molto più
velocemente per l’autostrada per le altre due ore. Finalmente raggiungemmo
Doncaster e, continuando per scorciatoie, arrivammo a casa. Lì tutti ci
aspettavano fuori, infatti parcheggiai e scesi dalla macchina, mia madre mi
catturò in un abbraccio. Sorrisi e ricambiai.
-Ciao
mamma- la salutai, stringendo quell’abbraccio.
-Amore,
da quanto tempo- disse lei con gli occhi luccicanti, staccandomi e baciandomi
la fronte. Sorrisi nuovamente.
-Nonna!-
urlò Shey, scendendo dalla macchina e catapultandosi su di lei. Scossi la testa
oramai rassegnato e andai a salutare le mie sorelle. Felicite fu la prima ad
abbracciarmi. Dovevo ammetterlo tra tutte le mie sorelle, amavo i suoi
abbracci. Non sapevo il motivo ben preciso, ma erano meravigliosi. La strinsi e
percepii il suo viso nascondersi tra il suo braccio e la mia spalla.
-Hey,
è passato solo un mese- sussurrai quasi divertito.
-Mi
sei mancato lo stesso, stupido- rispose, tirandomi un piccolo schiaffo da
dietro. Risi e l’alzai, facendola poi girare. La sentii chiaramente tirare un
piccolo urletto per poi ridere. Ci staccammo perché lei andò a salutare
Sheyleen, mentre io le mie due bellissime gemelle, Daisy e Phoebe. Diedi un bel
bacio a guancia ad entrambe insieme ad un forte abbraccio.
-Entriamo
dai- esclamò mia madre, mettendomi una mano sulla schiena. Annuii e,
voltandomi, vidi Sheyleen in braccio a Fizzy, la quale la stava facendo
divertire. Andai prima alla macchina per
chiuderla e prendere il borsone, poi raggiunsi la porta e con mia mamma
entrammo in casa. Lo mollai li e stavo per entrare in cucina, ma mi bloccò.
-Aspetta-
mi prese il braccio e mi girò verso di lei. La vidi nervosa, continuando a
massaggiarsi le mani.
-Che
c’è?- chiesi gentilmente. Lei guardò da un’altra parte, finendo sulle mie
sorelle, che giocavano allegramente con Shey. -Mamma?- proseguii, avvicinandomi
e le posai la mano sulla spalla.
-Non
è nulla solo che.. mi sei davvero mancato- potei giurare che mi stava
nascondendo qualcosa eppure non riuscivo a capire il motivo. Eravamo sempre
stati onesti uno con l’altra e parlavamo tranquillamente. E allora perché stava
facendo così? Perfetto. Primi dieci minuti in casa e già mia madre mi stava
mentendo. Questo weekend non potrebbe andare meglio. Scossi la testa, decidendo
per il momento di lasciar perdere, ma non mollerò così facilmente.
-Anche
tu- risposi, intrappolandola in un altro abbraccio.
Andai
in cucina, seguita da lei poiché era ora di mangiare. Mi chiese di
apparecchiare e, anche se non avevo voglia, lo feci lo stesso. Iniziammo a
parlare, nel frattempo, del più del meno.
-Sai,
ho incontrato una persona- iniziai, mettendo l’ultimo piatto e attirando tutta
la sua attenzione.
-Chi?-
chiese leggermente curiosa, mettendo la scodella dell’insalata a tavola.
-Brooke-
risposi, facendola agghiacciare sul posto.
Si
alzò lentamente e mi fisso con quello sguardo sia preoccupato che sorpreso con
un’altra ciotola in mano. -Non ha recuperato la memoria- continuai,
prendendogliela e posandola. -Ma credo che ce la potrebbe fare.. Si insomma con
un po’ d’aiuto ce la potrebbe fare- conclusi. Lei mi iniziò a squadrare per
qualche secondo.
-E
tu, invece? Ce la potresti fare?- rigirò la domanda, prendendo le ultime cose
per il pranzo. Mi fermai a riflettere per qualche secondo. Quella domanda
continuava a ronzarmi per la testa senza una risposta ben precisa, ma la sapevo
bene, solo che non volevo ammetterlo.
-Si-
sussurrai con una voce che sembra essere stata soffocata.
Johannah
si avvicinò e mi accarezzò dolcemente la guancia.
-Non
voglio vederti come in questi anni- affermò, facendomi distogliere lo sguardo.
-Lo
faccio per Sheyleen- ribattei con più convinzione. -è giusto che abbia sua
madre accanto a lei-
-Quindi
non provi nulla per lei?- colpì nel centro mia madre. Sul mio viso spunto un
sorriso ironico e malinconico. Riportai il viso su di lei.
-Esattamente-
ironizzai.
-E
io faccio finta di crederti- esclamò, alzando le spalle. Stavo per replicare
alla sua affermazione, ma mi bloccarono giusto in tempo.
-Allora
non si mangia?- domandò Fizzy, entrando in cucina con le altre tre ragazze
dietro. Annuimmo e ci sedemmo a tavola.
Che
dire il pranzo passò velocemente tra
chiacchiere e risate, mentre il pomeriggio non si può dire lo stesso. Dato che
ero tra femmine, mi hanno obbligato ad andare con loro a fare shopping e,
ovviamente, a portare le borse. Ero seduto su una panchina del centro
commerciale perché stavo aspettando mia madre e mia figlia, che uscissero da
quel negozio per bambini. Le mie sorelle erano lì con me e stavano parlottando
tra di loro, eccetto Fizzy, che era incollata a quel cellulare da circa
mezz’ora. La scrutavo e potevo notare
che c’era qualcosa che non andava. Improvvisamente imprecò a bassa voce e,
mettendosi a braccia conserte accanto a me, buttò il cellulare nella borsa.
-Hey,
che c’è?-
-Picchieresti
qualcuno, se te lo dicessi- rispose con tono duro.
Stavo
per replicare, ma delle risate e un grido mi fece bloccare.
-Ma
guardate chi c’è! Papà Tomlinson- urlò una voce.
Mi
voltai di scatto e sorrisi come un deficiente alla vista di quel gruppetto di
cinque persone. Lanciai una breve occhiata a mia sorella, che m incitò con un
piccolo sorriso di raggiungerli, e annuii. Mi alzai e giunsi da loro.
-Oddio
ci sta degnando della sua attenzione- scherzò con una voce stridula. Tutti
risero, compreso me. Arrivato, gli mollai un pugno sul braccio.
-Ma
che deficiente che sei, Lucas- risi, mettendogli una braccio al collo,
facendogli abbassare un po’, e scompigliandogli i capelli. Si liberò dalla mia
presa e mi uccise con gli occhi. Alzai le spalle e gli feci l’occhiolino.
-Mai
quanto te, Tomlinson- rise anche lui, tirandomi a se per un vero abbraccio.
Ricambiai molto volentieri quella stretta perché dall’ultima volta che l’ho
visto sarà passato si o no un anno.
-Sembriamo
gay- esclamò, facendomi ridere nuovamente.
-Perché
magari lo siete?- intervenne divertito Andy, uno del gruppo. Tutti gli altri
scoppiarono a ridere, mentre noi due ci staccammo divertiti. Stan Lucas, il mio
migliore amico, mi guardò complice e con un gesto talmente rapido mi trovai
prima la sua mano sua mano sulla mia bocca e poi la sua bocca su quella mano.
Chiusi gli occhi e gli misi una mano dietro la schiena. Ci staccammo divertiti
perché le cavolate erano sempre nei nostri registri.
-Ed
hai ragione, Andy- acconsentì Stan, mettendomi una mano sulla spalla. Scossi la
testa per dargli dello psicopatico.
-Tu
sei pazzo- commentai, allontanandomi e andando a salutare gli altri quattro:
Andy Shepperd, Calton Lahey, Steward Crew e Rick Blake. Li conoscevo dalla
prima superiore per le varie attività sportive, a cui presi parte, mentre Stan
lo conoscevo da quando eravamo due poppanti. Praticamente eravamo fratelli.
-Ma
che fine hai fatto?- chiese Calton, mettendomi il braccio intorno alla spalla e
una mano sulla pancia.
-Andiamo,
Cal, lo sai anche tu. Impegni da superstar- rispose Rick.
-Da
papà- aggiunse Steward
-Tutte
le miglior modelle ai tuoi piedi- terminò Andy, facendomi l’occhiolino pieno di
malizia.
-Ma
finitela- li ripresi divertito. Mi fecero le linguacce e continuammo a parlare
del più o del meno. Mi costa ammetterlo, ma quei cinque deficienti mi erano
mancati.
-Papà.
Guarda che bello- urlò Sheyleen, correndo verso me con una busta. Sorrisi e,
lanciando un breve sguardo ai ragazzi, i quali stavano sorridendo a loro volta,
appena arrivò la presi in braccio. -Guarda, Guarda- esclamò, tirando fuori un
piccolo vestito giallo e bianco.
-è
bellissimo, amore- risposi, rimettendolo nella busta e prendendolo. Lei gioì e
mi sorrise, sebbene durò poco perché non appena vide i miei amici, iniziò a
nascondere il viso dietro la mia spalla.
-Mi
fai venire il diabete, Tomlinson- commentò Andy
-Shey,
loro sono dei miei amici- presentai, facendole spostare lo sguardo su di loro.
-Ciao-
mormorò imbarazzata, mentre gli altri sorrisero dolcemente.
Si
presentarono da soli e dopo un paio di chiacchiere, li salutammo perché
dovevamo andare.
La mia sorpresa fu che Stan decise di seguirci. Lasciai
Sheyleen a terra, la quale iniziò a correre verso le gemelle, invece noi due
rimanemmo indietro.
-Come
va con Eleanor?- chiese, sorridendo.
-Bene.
Adesso è in Spagna per regalo di laurea- risposi, alzando le spalle. Vidi sul
suo viso un sorriso fugace per poi una risata.
-Sono
felice per te. Dopo anni sei veramente felice-
-Già.
Tu, invece?- domandai, facendolo sospirare.
-Bene,
dai. Ah, prima che mi dimentichi: congratulazioni- esclamò con un sorriso,
battendomi la mano sulla spalla. Inarcai un sopracciglio confuso perché non
avevo fatto nulla d’importante per ricevere le congratulazioni. Di questa
confusione se ne accorse il mio amico; così continuò. -Per tua mamma. Nonostante
la sua età, sta per avere altri due gemelli-
Sbarrai
gli occhi meravigliato e li porsi subito sulla diretta in questione. Lei stava
chiacchierando con Fizzy tranquillamente con un braccio intorno alla sua spalla
in modo da attirarla a sé. La scrutai meglio e una pancetta si poteva
intravedere dal suo giubbotto. Anche un suo gesto mi fece sorprendere e
arrabbiare di nuovo, ovvero appoggiò l’altra mano su quella zona. Indietreggiai
di poco e mi passai una mano prima sui capelli e poi sugli occhi.
-Lou,
stai bene?- chiese, parandosi subito davanti a me e mettendo una mano sul mio
braccio.
-Non
è possibile- sussurrai
-Louis-
mi chiamò, scuotendomi.
-è
incinta?- balbettai, mentre lui mi guardò confuso.
-Non
te l’ha detto?- domandò con un tono che si stava facendo sempre più preoccupato
e scioccato. -Oddio, Lou, scusa- cercò di rimediare, al contrario di me che
scossi la testa.
-Tranquillo..
hai fatto bene..- risposi, calmandolo.
-Scusami
dico davvero pensavo che l’avesse detto- si difese, iniziando a giocherellare
con le mani.
-Sai
per caso chi è il padre..- chiesi, rimanendo sull’argomento.
-Non
ti ha detto neppure che.. Oddio forse è meglio finirla qui-
-No,
dimmi chi è..-
-Non
ti piacerebbe saperlo- mi anticipò Stan, scuotendo la testa e iniziando a
camminare. Inarcai un sopracciglio e stetti li immobile, cercando di capire chi
potrebbe mai essere il padre, considerando che lei e mio padre, Mark Tomlinson,
avevano divorziato due anni fa. Le parole del mio amico mi girovagano per la
testa e improvvisamente solo un nome mi comparve nella mente. Iniziai a sperare
che non fosse realmente lui. Allungai il
passo verso il mio migliore amico e gli presi il braccio per farlo voltare
verso di me.
-Dimmi
che non è quello che sto pensando io- mormorai
-Senti,
lo sai che ti voglio bene, ma te lo deve dire lei- affermò
-Stan,
ti prego, dimmi che non è quello che penso io- ribadii, supplicandolo. Lui posò
lo sguardo su mia madre e sospirò.
-Mi
dispiace Lou- esclamò alla fine, dandomi ragione.
Spalancai
gli occhi e il mio fiato si accorcio per qualche istante.
-Quindi..-
farfugliai, cercando di riprendermi.
-Si,
è Darren- confermò la mia ipotesi, guardandomi dispiaciuto. Odiavo quello
sguardo, ma potevo capire che in quel momento il dispiacere era l’unica cosa
che stava popolando la nostra conversazione. Alzai gli occhi al cielo e scossi
la testa, sfuggendomi un sorriso amaro.
-Lou..-
-Sto
bene, tranquillo.-
-Louis,
Stan venite- urlò Fizzy, sbracciandosi davanti a noi.
Ci
fissammo per un altro mezzo secondo e poi li raggiungemmo.
Una
volta arrivati, Phoebe prese in ostaggio per qualche minuto il mio amico,
mentre io mi avvicinai a Sheyleen per prenderla in braccio. Ero fin troppo
nervoso ed arrabbiato e mia figlia era l’unica cosa e persona che riusciva a
calmarmi in ogni situazione.
-Ah,
Lou. Abbiamo ospiti stasera- m’informò con un sorriso mia madre. “Perfetto
fallo venire nella tana del lupo” esclamai ironicamente nella mia mente.
-Chi
è?- chiesi gentilmente.
-Un
mio collega.. diciamo..- rispose, non perdendo il sorriso. Era questo che mi
preoccupava: il fatto che nonostante tutto non perdeva il sorriso a parlare di
lui. Distolsi lo sguardo disgustato, finendo a giocherellare con i boccoli di
Sheyleen, la quale mi diede un dolce bacio sulla guancia. “Meno male che ci
sei tu, Shey”.
Il
pomeriggio finalmente finì e tornammo a casa senza Stan perché doveva ancora
comprare un regalo alla sua fidanzata. Entrai in casa e mi andai a sedere sul
divano, mentre due gambe si posarono sulle mie. Sbirciai e vidi Daisy accanto a
me con un piccolo giornalino in mano. Sorrisi e ritornai nella stessa
posizione. Improvvisamente suonarono alla porta, mi tolsi le mani e, dopo aver
notato la presenza anche di Fizzy, ci guardammo.
-Io
no- urlammo insieme, ma per mia sfortuna fui l’ultimo a dirlo, così mi dovetti
alzare per andare ad aprire. Quando lo feci, vidi davanti a me una persona
riconoscibilissima, sebbene fossero passati molti anni. Mi misi a braccia
conserte e lo trucidai con lo sguardo.
-Lou,
chi è..- si bloccò mia madre, notando sia me e l’uomo lì, davanti alla porta
d’ingresso, in perfetto silenzio. -alla porta- finì la frase, deglutendo.
-Ciao,
Louis- mi salutò educatamente, ma non risposi anzi continuai a guardarlo con
disgusto e disapprovazione.
-Darren,
non dovevi arrivare tra qualche ora?- balbettò la donna
-Si,
ma ho pensato che ti servisse una mano- aggiunse, grattandosi la nuca con un
accenno di imbarazzo.
-Hai
pensato male- ribattei semplicemente, andandomene.
-Lou-
mi rimproverò mia madre, dal canto mio non le davo molta retta. Mi diressi in
cucina per prendermi qualcosa da mangiare oppure qualcosa che potevo sgretolare
per lasciare andare la rabbia. Non feci neanche in tempo a sbarazzarmi di quei
due, che vennero in cucina. Alzai gli occhi al cielo, ma lasciai perdere.
Me ne
andai sul divano perché non potevo più sopportare la presenza di quell’uomo. Ritornai
nella stessa posizione, ma quando riaprii gli occhi vidi Shey fissarmi con la
testa inclinata, facendo scivolare tutti i suoi capelli d’orati a destra. Mi
alzai di scatto, mettendomi una mano sul petto per lo spavento, invece mia
figlia iniziò a ridere.
-Dovresti
vedere la tua faccia- rise lei, indicandomi. La fulminai con lo sguardo e,
prendendola, mi feci spazio tra le mie sorelle, le quali mi guardavano
divertite. Iniziai a farle il solletico, invece lei rideva e urlava. Era un
misto di entrambe. Ma quelle urla fecero attirare l’attenzione anche di mia madre
e di quell’uomo. Infatti appena entrarono in sala, mia madre mise una mano sul
petto, mentre l’altro mi guardò confuso per poi sorridere alla presenza di
Sheyleen. Smisi e, facendola sedere per bene sulle mie gambe, mi avvicinai al
suo orecchio.
-Non
ti avvicinare a quell’uomo, ok?- mormorai in un tono talmente basso che neppure
Phoebe, che era ad un metro di distanza riuscì a capire. Shey si staccò da me e
annuì.
-Chi
è quella bimba?- chiese Darren a mia madre.
-La
figlia di Louis- rispose, accennando un sorriso.
-Ciao,
piccola- esclamò, iniziandosi ad avvicinare, mentre la mia bambina mise il viso
sul mio petto, mentre io le posai una mano tra i capelli e la strinsi per farle
capire che la proteggevo. Lui si bloccò sul posto come se avesse percepito la
paura della bambina. Continuai ad accarezzarla con sguardi pochi gentili
diretti all’uomo.
-è
tutto ok- sussurrai, lasciandole dei piccoli baci. Nella mia mente venne presa
improvvisamente da un ricordo doloroso.
“-Lasciala!- urlava un ragazzo di appena
undici anni, battendo tanti pugni sulla schiena dell’uomo. Quest’ultimo si
voltò e spinse il ragazzo contro il muro, facendo cadere un vaso di fianco a
lui ed alcuni pezzetti di vetri scheggiarono una sua guancia, ma soprattutto le
mani, utilizzate per proteggere il resto. Da entrambe le parte iniziarono a
sanguinare. Nonostante il dolore, che gli arrivavano da quei graffi, lui si
rialzò e si riavvicinò. Doveva prendere sua sorella a tutti i costi. La povera
bimba di quattro anni continuava ad urlargli disperatamente aiuto tra quelle
lacrime, che scendevano dai suoi occhi azzurri.
-Lasciala- sbraitò di nuovo, cercando
nuovamente di salvarla. Ma era inutile quell’uomo ubriaco era talmente forte
che un povero bambino di quell’età non poteva fare nulla. Cadde nuovamente a
terra, procurandosi altre piccole ferite. Insieme a lui anche la sorella venne
spinta dalla sua parte. Con le ultime forze, il ragazzo assunse una forma a
guscio sopra la sorella per proteggerla ed evitarle altri dolori. Lui non
trattenne più le lacrime e iniziò a piangere sia per la situazione sia per il
dolore, che l’uomo gli stava provando sulla schiena.
-Andrà tutto bene- sussurrò lui alla
piccola, la quale si stringeva a lui, piangendo. E infatti andò tutto bene
perché quel mostro venne fermato da un vicino, che, quando sentì gli urli,
entrò in casa e salvò quei poveri ragazzi.
-è tutto ok, sono qui- concluse il
fratello, stringendo la sorella a se e lasciandole diversi baci tra i capelli
per farla calmare.”
I miei occhi iniziarono ad appannarsi, ma
riuscii a riprendere il controllo in pochi minuti. I due tornarono in cucina,
luogo in cui solo poche ore dopo ci ritrovammo tutti seduti a tavola per
cenare. Ero proprio davanti a lui. Era chiaro che la sfortuna quella sera ce
l’aveva con me. Tutti parlavano tra di loro, a volte alzavo il viso e vedevo
mia mamma parlare allegramente con Darren e ad ogni sorriso, che gli regalava,
mi stringeva il cuore per i continui ricordi.
-Non ne manca una?- sentii la voce profonda,
che mi fece scattare lo sguardo sorpreso su di lui.
-Si, manca Lottie. È un periodo abbastanza
complicato, dunque ha preferito rimanere a Londra- gli spiegò mia madre.
-Londra? Abita davvero li?- chiese sorpreso
-Certamente. Sia lei che Louis abitano li- confermò
mia madre, mangiando un boccone di carne.
-Quindi immagino che vive con voi?- si
rivolse a me.
-No, è grande e vaccinata. Vive dal suo
fidanzato- risposi in maniera fredda. Cercavo di restare calmo, dedicandomi
solamente al mio piatto.
-E tu glielo permetti?- chiese divertito. A
quelle parole persi le staffe, lasciai malamente le posate sul piatto, che
fecero un rumore assordante e spaventare le donne.
-Harry è una bravissima persona e ama molto
mia sorella a differenza di qualcun altro- affermai, lanciandogli uno sguardo gelido. Potei giurare che dopo
quell’affermazione l’atmosfera iniziò a farsi molto tesa. Infatti nessuno osò
parlare, tranne le mie sorelle tra di loro. Non riuscivo più a sostenere la
situazione, così mi alzai e me ne andai fuori. Sentii una sedia tirarsi
indietro e dei passi avvicinarsi a me.
Camminavo velocemente in giardino per
prendere una boccata d’aria e quando lo raggiunsi, respirai a pieni polmoni.
Sentii la porta di vetro della sala, quella che dava ad esso, aprirsi e
chiudersi. Mi voltai e vidi mia madre, che mi guardava a sua volta in modo
serio.
-Si può sapere che ti è preso?- mi domandò
-Questa domanda devi farla a te stessa perché
dopo tutto quello che ci ha fatto, lo fai a sedere a tavolo come se fosse il
benvenuto- sbraitai arrabbiato. Lei si irrigidì e portò lo sguardo da un’altra
parte.
-è cambiato- sussurrò solamente, stringendosi
le spalle.
-E questa la cazzata che ha usato?-
continuai, alzando il tono di voce. -Se solo ripenso a quello che ci ha fatto
passare.. Perché è qui?-
-è complicato- mormorò con un filo di voce.
Quello mi vece ancora di più infuriare tanto che mi avvicinai a passi svelti a
lei e strinsi i pugni, facendo diventare la parte interno della mano bianca.
-Che cosa? Dirmi che sei incita di quel
bastardo? Questo è complicato? Eh!- urlai, facendole spalancare ancora di più
gli occhi, i quali iniziarono a diventare lucidi. -Avanti è questo è
complicato?- la sfidai. Oramai il mio controllo era andato a farsi benedire
perché dopo tutto quello che mi stava accadendo, si era aggiunta anche lei.
Sentii qualcosa dentro che si ruppe in mille pezzi e quel qualcosa era la parte
ragionevole, che per anni era riuscita a salvarmi da queste situazioni poco
volute.
-Come..-
-L’ho scoperto? Le voci corrono e lo dovresti
sapere anche te- la completai, guardandola negli occhi. Scossi la testa per
riprendere un po’ di lucidità e feci un sorriso amareggiato, sofferente per
concludere una volta per tutte quella discussione. -E pensare che ero venuto
qui per un semplice weekend con la mia famiglia, invece adesso me ne andrò con
una delusione profonda per mia madre, l’unica di cui potevo fidarmi ciecamente
tanto da mettere la mano sul fuoco per te. Spero che siate felici-
-Louis.. io..-
-Ciao- conclusi, rientrando.
Feci passi
lunghi per entrare in cucina, in cui tutte le ragazze tirarono un sospiro
quando mi videro. Stavano per aprire bocca, ma non glielo permisi.
-Tesoro dobbiamo andare, forza- esclamai,
tirandole la sedia e prendendola in braccio. -Saluta le zie e andiamo-
-Cosa? Perché?- domandò, chiaramente
dispiaciuta.
-Lou- mi chiamarono confuse le mie sorelle-
-Tranquille è successo un imprevisto in casa
discografica, dobbiamo andare- mentii, cercando di sorridere. Andai a darle un bacio e abbracciarle forte a
me, sussurrando ad ognuna un “ci vediamo presto”. Sheyleen fece la stessa cosa
e insieme ce ne andammo da quella stanza.
-Papà, aspetta. La nonna!- disse,
bloccandosi. Annuii lentamente, mentre la bimba si diresse in giardino,
passando da quella porta di vetro. Osservai la scena: mia madre era seduta
sulla sedia del tavolino bianco con la testa tra le mani, quando entrò la bimba
l’alzò di scatto, facendo comparire il suo volto bagnato dalle lacrime. Sentii
qualcosa pungermi lo stomaco dalla tristezza e poi dalla colpa. Volevo
avvicinarmi e ritirarmi tutto, ma non ci riuscivo a farlo. Così scossi la testa
e, prendendo il borsone, il quale era ancora lì da questa mattina, me ne uscii
da quella casa, caricandolo in macchina. Ci entrai ed aspettai mia figlia, la
quale uscì, correndo la macchina, non da sola, ma con Johannah, che si
stringeva le spalle e, abbassando poi il viso, tornò in casa. Mi lasciai andare
un sospiro pesante e misi finalmente in moto. Il giorno peggiore di tutti.
Dopo
quasi tre ore, considerando il fatto che ci eravamo fermati al McDonald per
mangiare qualcosa, arrivammo a Londra, soprattutto a casa. La piccola si era
addormentata, così dovetti svegliarla controvoglia. Scendemmo da quella
macchina e con la borsa sulla spalla destra e tenendo la mano di mia figlia con
quella sinistra ci avvicinammo alla porta. Tirai fuori le chiavi ed entrammo.
Una volta dentro mollai tutto a terra perché ero fin troppo stanco per mettere
a posto e cercai di dirigermi verso il divano fui bloccato da alcuni rumori
provenienti dal piano superiore. Inarcai un sopracciglio e mi voltai verso la
piccola, la quale si era sprofondata sul divano. Presi qualcosa in mano e salii
lentamente. Di primo getto pensai che fosse un ladro, che stava rubando
qualcosa, ma quando vidi quella persona nella camera degli ospiti, che stava
sistemando le sue robe, non avrei mai creduto che fosse lei. Anzi forse era
l’ultima persona sulla terra a cui avrei pensato.
Ciao a tutte :D
M dispiace ancora per il ritardo, ma ho cercato di fare il prima possibile :)
Allora ecco a voi il dodicesimo capitolo tutto concentrato su Louis u.u
Allora inizio dicendo che alcune cose, come il flashback e il personaggio di Darren, sono tutti frutti della mia mente bacata D:
In ogni caso, ho cercato di sottolineare il rapporto con Johannah e con Stan *^*
Mi è piaciuto troppo scrivere la scena "gay" tra Louis e Stan ahahah
Credo che sia colpa delle troppe canzoni mescolate tra di loro, soprattutto la colpa è di Better Than Words u.u
La stavo ascoltando e mi sono lasciata prendere la mano ahahah
Ma va beh, come vi è sembrato? Vi è piaciuto? :D
Me lo fareste sapere? Magari superando anche le 3/4 recensioni u.u
Ovviamente va benissimo una/due frasi giusto per capire se vi è piaciuto oppure no in modo tale da poter migliorare u.u
Comunque smammo u.u
Prima di farlo ringrazio le persone che la leggono/che la recensiscono;
ovviamente chi l'ha messa tra preferite/seguite/ricordate :D
Ma anche un ringrazio, dopo tanto tempo, a Sara_Scrive per il meraviglioso banner :D
Spero di aggiornare presto con il tredicesimo (concentrato tutto su Brooke) e che dire?
Un bacio a tutte,
Ciaoooooo xx
Che ne direste di passare per queste OS?
-http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2434638&i=1 (Os sulla
coppia di questa ff Harry e Lottie; scritta da una lettrice, non che
mia amica :D)
-http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2391755&i=1 (Os sulla
coppia di questa ff: Liam e Megan; sempre scritta dalla stessa autrice
:D)
-http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2635039&i=1 (Mia Os su Harry :D)
Spero che vi possano piacere :)
|
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Capitolo 13 *** capitolo 13 ***
kjhgf
Capitolo
13:
Senza questi ricordi, lasciamo il nostro destino al caso
*Brooke*
Facevo avanti e indietro, da casa
all’azienda, dall’azienda a casa, e non ne potevo più. Soprattutto in questi
due giorni in cui ero costretta a stare dentro quell’ufficio per ore e ore
solamente per uno stupido errore della mia assistente. Volevo ammazzarla.
Inoltre dovevo consegnare un progetto entro lunedì mattina e, grazie sia al suo
errore, saputo solamente il venerdì sera, sia il fatto che essere rinchiuse per
trentasei ore con una carrellata di caffè ogni circa quattro ore influenzava la
mia capacità celebrale. Era domenica mattina ed io come consuetudine ero sul
divano del mio ufficio addormentata. Mi stropicciai gli occhi e sbadigliai
prima di avere la visione di quella stanza al completo. Vidi Carl e Noemi
dormire profondamente tra fogli stropicciati, sorrisi alla loro dolcezza, ma
comunque dovevamo finire quel lavoro. Cosi mi alzai completamente e li andai a
svegliare.
-Ragazzi sveglia, dobbiamo finire- esclamai, scuotendoli un po’. Dissero qualcosa di incomprensibile
prima di sbuffare e svegliarsi completamente.
-Ma che ore sono?- domandò con voce assonnata
Noemi.
-Circa le nove- risposi, stiracchiandomi.
-Io ho sonno- si lamentò Carl
-Anch’io, ma dobbiamo realizzarlo entro
domani perché se qualcuno mi avesse informato prima, ora non saremmo qui-
affermai, lanciando un breve sguardo omicida a Noemi, la quale si grattò la
nuca, e scuotendo la testa. Presi la borsa e frugai per qualche penny per
l’ennesimo caffè, ma dato che avevo solo contanti, li presi lo stesso e decisi
di pagarglielo anche a loro.
-Che volete?- chiesi, aggiustandomi i capelli
e la gonna.
-Il solito, grazie cara- rispose Carl
-Un thé, grazie- aggiunse Noemi
Annuii e uscii da quella stanza.
Visto che
dovevo andare in caffetteria e l’ascensore, per qualche motivo a me ignoto, era
rotto, dovetti pure fare quattro piani di scale ed io le odiavo di prima
mattina. Le feci lentamente e quando arrivai in caffetteria, mi avvicinai al
bancone per ordinare. Con mia grande sorpresa alle mie spalle giunse la
segretaria del nostro piano con un caffè e una brioche in mano. Le sorrisi
cortesemente, mentre lei ricambiò. Da quando ho fatto il colloquio e il mio
tirocinio in questa azienda, lei, Karol, mi aveva trattata sempre come se fossi
sua figlia, considerando che lei era una donna abbastanza adulta, circa una
cinquantina d’anni. Era davvero una signora dolcissima e graziosa.
-Signora Karol, che fa lei qui di domenica
mattina?- chiesi, dopo averla salutata con un abbraccio.
-Domani il direttore non c’è, quindi sono
costretta a fare il suo lavoro- mi rispose, facendomi spalancare gli occhi.
-Come non c’è?- domandai, scioccata.
-No, è passata la circolare per tutti gli
uffici per quanto riguarda l’assemblea di domani. A te non è arrivata?- si
rivolse a me, mentre io scossi le testa. Voleva dire che quei due maledetti
giorni rinchiusa qui dentro non sono serviti a nulla, visto che l’assemblea in
cui dovevamo presentare il modello del nostro progetto è stata posticipata al
settimana seguente. Repressi un suono stridulo e, appoggiandomi con i gomiti
sul bancone, mi nascosi il viso tra le mani. Karol appoggiò una mano sulla mia
schiena. -Tesoro, tutto ok?- mi chiese.
-Ho passato due giorni e mezzo rinchiusa in
quell’ufficio per terminare quello stupido modello- risposi, riprendo la
struttura eretta.
-Mi dispiace, ma io avevo incaricato tutti
gli assistenti e sotto assistenti di informarvi-
-Tranquilla, non potevi dare notizia
migliore. Almeno me ne andrò a casa a dormire. Grazie per avermi informato,
Karol- le dissi, sorridendole. Ma uscì più una smorfia che un sorriso, ciò che
iniziò a comparire sul suo viso. Si avvicinò e mi lasciò un confortevole
abbraccio, al quale ricambiai più che volentieri.
-Figurati, tesoro. Ci vediamo domani- mi
salutò, staccandosi e iniziando a dirigersi verso la sua postazione.
-A domani- ricambiai, guardandola per
l’ultima volta. Mi voltai e vidi un ragazzo pronto a servirmi. Scossi la testa
e me ne andai anch’io, tanto non dovevo più restare.
Mi diressi questa volta a passo veloce nel
mio ufficio e quando arrivai vidi i due con matite e squadre in mano per finire
il progetto. Erano concentrati, ma non appena Carl alzò lo sguardo mi notò e
assunse un’espressione confusa.
-E i caffè?- chiese
-Non li ho presi perché adesso ce ne andiamo
immediatamente da qui- risposi, prendendo le mie cose.
-Ma il progetto- replicò Noemi, scioccata.
-L’assemblea è annullata. Quindi non so voi,
ma io ho bisogno di una pausa- ribattei a mia volta, salutandoli con la mano e
andandomene da quell’ufficio.
Mi girai le chiavi della macchina tra le dita di
una mano, mentre con l’altra tenevo il cellulare, in cui mi arrivò un messaggio
con delle foto da parte di mia sorella. Sorrisi e le stavo per rispondere, ma
un altro messaggio mi bloccò.
“Rimpatriata, ovvio che si sorella! Stasera
alle sette, c’è il nostro barbecue. Devi assolutamente esserci! Non accetto
scuse u.u x”
Mi mangiucchiai il labbro inferiore e ci
riflettei un attimo, prima di accettare con un enorme sorriso l’invito. Infondo ci avevo solamente un’ora e un quarto
circa come distanza. Uscii da quell’azienda e salii in macchina, buttando ogni cosa
sul sedile accanto al mio. Accesi il motore e partii per la mia destinazione.
Mi fermai qualche volta, soprattutto in un
negozio di Bradford per comprare un regalino al mio nipote, Will. Arrivai
giusto in tempo per il pranzo. Parcheggiai e, prendendo le borse, mi avviai
alla porta d’ingresso. Suonai il campanello e mi guardai intorno. Infondo era
passata solo una settimana, ma potevo dire che mi era mancato quel posto,
quella famigliarità che mi trasmetteva. La porta si aprì e una ragazza con i
capelli ondulati tendenti al rossiccio, con due occhi marroni e un sorriso
fantastico stampato in faccia. Era vestita con un semplice maglione con le
maniche che coprivano le sue mani, portate al petto perché era appoggiata allo
stipite della porta con le braccia incrociate; un semplice paio di jeans chiari
e degli stivali marroncini ai piedi.
-Ma guarda chi abbiamo. La londinese- esclamò
Elly, mia sorella. Accennai una lieve risata.
-Ma guarda chi abbiamo. La scozzese-
la imitai, sorridendo.
Lei sorrise e, staccandosi con la spalla, si
avvicinò a me con le braccia allargate. Sorrisi e l’abbracciai forte a me.
-Mi sei mancata peste- mormorò, stringendomi.
Sorrisi nuovamente e nascosi il viso nella sua incavità del collo. Dopo pochi
secondi ci staccammo e, mettendomi una mano sulla schiena, mi fece entrare.
-Come stai?- chiesi, sapendo che stava
passando un periodo da schifo, ma speravo con tutto il cuore che qualcosa si
fosse aggiustato perché non si meritava quello che stava capitando. Era una
bellissima persona e necessitava solo il meglio.
-Come definiresti il fatto che Trevor non
torna da mesi, Will continua a chiedermi di lui e la mia azienda sta quasi
andando in banca rotta?- rigirò la domanda con un sorriso amaro.
Mi rattristai e la stinsi nuovamente a me.
-Mi dispiace, Apple- risposi, mentre lei alzò
le spalle.
-Non ti preoccupare. Me la caverò. E tu?
Mamma ha detto che hai continuato i preparativi per il matrimonio- esclamò,
iniziando a camminare verso la sala. A quanto potevo capire eravamo solo noi in
casa, infatti il fatto che non c’era mio padre sulla sua intoccabile poltrona
con i piedi sul tavolino e il giornale in mano. Lei si andò a buttare sul
divano, al contrario di me che iniziai a guardarmi intorno e posai le borse
sulla sedia. Mi accomodai anch’io, rivolgendole tutta la mia attenzione.
-Si, ho incontrato un ragazzo e..-
-Ragazzo? Sorella, ti stai per sposare con un
ragazzo fantastico e tu ne incontri un altro- mi bloccò, alzando le mani. Io
scoppiai a ridere e scossi la testa per tranquillizzarla.
-è solo un amico e mi sta aiutando parecchio-
sorrisi istintivamente parlare di Louis. In quella settimana era diventato
talmente importante che solo parlare di lui capisco quanto lo sia realmente.
-Amico, eh? Avanti dimmi chi è?- s’incuriosì
parecchio, dandomi delle pacche sulle cosce.
-Promettimi che sarà una cosa tra di noi e
basta. Mamma andrebbe su tutte le furie se sapesse chi mi sta aiutando con i
preparativi- l’anticipai.
-Lo prometto sulla principessa Polly- giurò,
facendomi ridere. Quel peluche era il nostro segreto perché i miei me l’avevano
comprato quando avevo due anni, almeno secondo quello che diceva mia sorella, e
anche Amelia lo voleva. Dunque un giorno, stando al suo racconto, iniziammo a
litigare e le rompemmo a metà: lei aveva la testa, mentre io il corpo. La
nascondemmo in qualche posto segreto, giurando di non dirlo a nessuno. E fu
così che ogni promessa o ricatto andava a finire su di lei.
-Ok, lo sai che la band che mi piace no? I
One Direction-
-Si..- confermò con un tono dubbioso e
leggermente allarmato.
-Beh, li ho incontrati e per vari motivi, con
uno ci ho stretto amicizia- aggiunsi, attirando maggiormente l’attenzione. -Uno di loro in particolare mi sta aiutando e si
chiama Louis Tomlinson- terminai, voltando lo sguardo su di lei con un sorriso,
che scomparve dopo pochissimi minuti. Lei era con gli occhi spalancati in
maniera disumana, il suo respiro non si sentiva quasi più.
-Elly?- domandai preoccupata, sventolando la
mano davanti al suo viso.
-Hai detto Louis Tomlinson?- ripeté con voce
strozzata.
-Si, che ho detto di strano?- proseguì,
assumendo un’espressione confusa. Stava per rispondere, ma del vociare
proveniente da fuori la bloccarono sul nascere. Sentii la porta d’ingresso e
dei passi veloci arrivare in sala. Era un bambino biondiccio con due occhi
azzurri, che trasmettevano felicità. Si fermò e un sorriso enorme si stampò sul
suo viso.
-Zia Brooke- urlò, correndo verso di me.
sorrisi a mia volta e lo presi in braccio, strapazzandolo di coccole.
-Hey, piccola peste- feci io,
scompigliandogli i capelli.
Vidi i miei genitori, guardandomi con stupore
per il fatto che ero li con loro. Li salutai con un accenno con la mano perché
ero un tantino occupata con il bambino, il quale era sulle mie gambe.
-Come ci sei riuscita, Elisabeth?- domandò
mio padre a mia sorella. Sentivo ancora il suo sguardo sorpreso e preoccupato
addosso, ma non riuscivo a capire il motivo ben preciso. Ci potevano essere
mille motivazioni: la prima era la possibilità che poteva conoscerlo, ma lei
non era mai stata a Londra e ne tanto meno ad un loro concerto, considerando
che le facevano schifo; la seconda era preoccupata per il matrimonio, ma anche
questa era una cavolata visto che sapeva che amavo Dylan con tutta me stessa e
che lo avrei sposato in ogni caso. E allora perché continuava?
-Già.. te l’avevo detto che ci riuscivo-
balbettò infine, abbassando lo sguardo. I miei si avvicinarono a noi: mio padre
andò sulla sua intoccabile poltrona, mentre mia madre si sedette sul bracciolo
del divano, accanto a mia sorella. Le mise una mano sulla schiena e scosse la
testa per capire cosa le succedeva, ma Elly scosse la testa come risposta.
-Avevate scommesso sul fatto che non sarei
venuta?- chiesi scandalizzata. I due in questione alzarono le spalle e mi
sorrisero.
-Avevamo pensato che eri occupata a Londra e
che non saresti venuta prima di tre settimane massimo un mese- si difese mio
padre. Mi strinsi le spalle e accennai un leggero sorriso.
-Già, ma il famoso barbecue della famiglia
Miller, non me lo sarei mai perso- affermai con un sorriso a trentadue denti.
Gli adulti scoppiarono a ridere, mentre il piccolo inizio a giocare con il mio
giubbotto.
Non ci volle molto a cambiare discorso poiché mia madre andò in
cucina per cucinare il pranzo insieme ad Elisabeth, mentre io, Will, a cui
avevo appena dato il regalo comprato poche ore fa, e mio padre. Parlammo del
più e del meno, prima di sentire un rumore assordante provenire dalla cucina.
Ci alzammo in fretta e giungemmo alla stanza. Vidi mia madre con il mestolo in
mano e un’espressione esterrefatto rivolta a mia sorella, la quale ricambiava
anche se era più allarmata e preoccupata.
-Che è successo?- domandò direttamente mio
padre
-Nulla..- mentì mia madre, balbettando e
ritornando alla padella.
-Elisabeth?- cercò spiegazioni all’altra
donna, ma anche lei sembrava dello stesso parere di mamma. Mio padre si arrese
e tornò di là con Will, invece io rimasi ad aiutare le donne. Cominciai ad
apparecchiare; mia madre che cucinava il primo e mia sorella il secondo.
Regnava un silenzio intoccabile per quei minuti, che passammo li dentro.
-Allora come vanno i preparativi?- domandò su
due piedi Clare, mia madre. Alzai lo sguardo e lo posai prima sulla donna in
questione, che mi rivolse un sorriso gentile, mentre poi passai a mia sorella,
la quale mi sorrise e m’incitò a continuare. Per qualche secondo mi passò per
la mente che le ha spifferato qualcosa, ma lasciai perdere perché non aveva
nessun motivo di tradirmi. O no?
-Bene, ho già scelto le bomboniere e il
vestito. Mi mancavo la location, da prenotare la chiesa e tutti gli addobbi- risposi, scrollando le
spalle.
-Il vestito? Cavolo lo voglio vedere!-
esclamò Elisabeth, posandomi una mano sulla schiena per mettere il piatto
d’insalata a tavola.
-Anch’io- aggiunse mia madre, sorridendo.
-Magari, le ragazze le hanno fatto una foto.
Perché non glielo chiediamo a loro- propose la rossiccia, indicando l’altra.
Spalancai lievemente gli occhi e scossi la testa.
-Loro non mi hanno aiutato. Dunque avete
fatto un buco nell’acqua- replicai, stringendomi le spalle.
-Come? Sei andata a comprarlo da sola-
-Non ho detto questo- mi giustificai,
appoggiandomi alla cucina.
Le due donne mi fissarono confuse e in cerca
di spiegazioni, ma Elisabeth mi guardò in modo diverso, sperando che Louis non
mi abbia aiutata anche in quello. Mi guardava supplicante, eppure non potevo
fare nulla a proposito. -Mi hanno aiutato degli amici-
-Amici?- ripeté Clare, sbattendo le palpebre.
-Si, amici. Ho fatto amicizia in questa
settimana. E sono stati davvero gentili- dissi, sorridendo.
-E chi sono?- continuò mia mamma.
-Non li conoscete- mi limitai a dire,
andandomene da quella stanza per chiamare mio padre, Davis, per il pranzo, il
quale passò abbastanza lentamente perché li spiegai cosa facevo a Londra, limitando
il più possibile il discorso matrimonio; del mio lavoro alla Sparks,
come architetto in prova. Infine della mia convivenza con le ragazze, con cui
non passavo molto tempo insieme, ma cercavo di ritagliare loro un po’ del mio
tempo.
Dopo aver mangiato io e Elisabeth andammo a
farci un giro per le strade deserte di Broomfields. Parlammo davvero tanto e mi
raccontò di quello che aveva fatto lei dall’ultima volta che ci siamo viste.
Andammo a fare dello shopping anche e mi fermai davanti ad una bancarella di
quel piccolissimo centro commerciale.
-Che fai?- mi domandò, quando mi fermai a contemplare
la bancarella con dei piccoli accessori. Sorrisi.
-Volevo fare un regalo- risposi, perlustrando
per bene tutti quei braccialetti, anellini e collanine.
-A chi?- proseguì curiosa, prendendo una
collana di finto oro con un bellissimo ciondolo a forma di usignolo.
-Vedi, Louis mi sta davvero aiutando e volevo
fare un regalo a lui e a Sheyleen, sua figlia- spiegai meglio, afferrando una
catenina d’argento. Potei giurare che mia sorella si stava strozzando con la
saliva. Le tirai delle piccole pacche sulla schiena.
-Hai incontrato la figlia?- domandò sorpresa.
-Si, è una bellissima bambina e ci ho legato
davvero tanto- dissi, sorridendo e andando dall’altra parte per gli altri
oggetti. -Sai, non ha la mamma. Louis mi ha spiegato che i genitori di lei lo
odiavano. Così alla prima occasione l’hanno allontanata, fregandosene della
bimba. Quando me lo disse, sono rimasta di sasso perché non pensavo che
esistessero persone del genere. Insomma allontanare la madre da una figlia:
dovrebbe essere un reato- le raccontai con un accenno di rabbia e delusione per
quelle persone. Elly mi scrutava con un sguardo triste, infatti lo abbassò
subito, concentrandosi maggiormente su quegli accessori.
-Magari avevano avuto le loro ragione-
sussurrò
-Andiamo Elly, sono delle persone orrende-
esclamai. -Se fossero i nostri genitori a fare una cosa del genere, non li
rivolgerei mai più la parola finché sarei viva- terminai, dirigendomi a
prendere la collina, che avevo visto dall’altra parte. Elisabeth rimase li in
mobile con uno sguardo perso e triste, mi studiò e infine mi raggiunse,
togliendomi dalle mani quel ciondolo e porgendolo al mio posto.
-Glielo compro io- mi bloccò, tirando fuori i
suoi soldi e dandoli al proprietario, che ci sorrise e ci augurò buona
giornata. -Questo è da parte mia-
-Ma, Elly..-
-Tranquilla, capirà. E poi lo sai benissimo
che io adoro i bambini- esclamò con un bellissimo sorriso e degli occhi
semilucidi. M’intenerì perché mia sorella era la migliore e senza nemmeno
pensarci l’abbracciai forte a se. Lei ricambiò e affondò il suo viso sulla mia
spalla. -Mi dispiace- mormorò con un tono talmente basso che non potei capire
bene. Quando sciogliemmo l’abbraccio, mi sorrise nuovamente e mi tirò verso un
negozio per uomini. Una volta dentro mi spiegò che anche il regalo di Louis l’avrebbe
comprata lui poiché anche lei voleva ringraziarlo per l’aiuto prezioso, che mi
stava dando per quella settimana. All’inizio mi opposi perché i soldi, che
aveva, erano contati e le servivano per lei e Will, ma mi assicurò che ne aveva
altri e che se la potevano cavare benissimo. Così non feci più opposizioni e
cercammo una bella maglietta anche per lui. Passammo circa mezz’ora li dentro e
alla fine scegliemmo una semplice maglietta con una stampa sul davanti. Pagammo
e, considerando che era tardi, ce ne tornammo a casa.
Non ci volle molto e quando arrivammo,
trovammo la casa che pullulava di parenti. Erano arrivati tutti gli ospiti ed
era inutile dire la sorpresa che sia io che Elisabeth li facemmo. Soprattutto
era inutile dire quante volte le nostre povere guance vennero soffocate da
pizzicotti su pizzicotti. Andai in giardino e, oltre ai bambini che giocavano
tra di loro, trovai vicino alla griglia mio padre e suo fratello, zio George.
-Heilà- salutai, lasciando un bacio sulla
guancia ad entrambi.
-Tesoro, ciao- ricambiò zio George,
abbracciandomi.
-Allora come sta andando il barbecue?-
domandai, alludendo a qualcos’altro. Infatti lo zio se ne accorse. Accennò una
lieve risata e m’indicò il dondolo a pochi metri di distanza da noi.
-Seth è li- affermò, ritornando alla carne.
-Grazie- gioì, lasciandogli un bacio sulla
guancia e facendolo ridere
-Sai, George, mi sento quasi offeso- esclamò
mio padre, fingendosi offeso. Accennai una lieve risata e alzai le spalle,
raggiungendo poi il mio bellissimo cugino adorato.
-Che ci vuoi fare? Ci snobberanno per sempre-
lo assecondò con un tono melodrammatico.
Scossi la testa e, giunta alle spalle
di lui, il quale non mi aveva ancora notato, lo feci spaventare. Seth sobbalzò
e portò una mano sul cuore.
-Ma sei deficiente?-
-No, sono Brooke. La tua bellissima
cuginetta-
-Hai dimenticato intelligente. Oh giusto tu
non lo sei- assunsi un’espressione esterrefatta e offesa. Il ragazzo mi scoppiò
a ridere in faccia e, girandomi, mi prese dai fianchi per farmi avvicinare a
lui per poi lasciarmi un bacio a qualche centimetro di distanza dalla bocca. Gli
mollai un pugno sul braccio. -Auch. Manesca-
-No, te lo sei semplicemente meritato- mi
difesi, alzando le spalle. Lui mi sorrise e mi fece un segno di seguirlo. Non
me lo feci ripetere due volte. Io e Seth, cugino di primo grado e della mia
stessa età, eravamo inseparabili e mi è sempre stato vicino nel momento del
bisogno. Sa praticamente ogni cosa di me, come io di lui. Per me era come un
migliore amico, ma anche come un fratello, che non ho mai avuto.
-Allora, che racconti di bello, futura
signora McCartney-
-Il solito, nulla di interessante-
-Zia ha detto che hai già scelto il vestito-
-Oddio, ma non riesce a stare zitta quella
donna- mi lamentai, nascondendo il viso tra le mani, le quali erano appoggiate
sulle mie gambe. Lui accennò una lieve risata e mise la sua testa sopra la mia
schiena.
-Avanti è felice per te- provò a
giustificarla. Repressi un suono stridulo prima
di alzare lo sguardo e guardando la diretta interessata, che stava
parlando animatamente con la mamma di Seth, Harper, e altre zie.
-Troppo a quanto vedo- commentai. -Voglio
vedere se non sposo Dylan, che fa- continuai senza pensarci. Seth sobbalzo di
scatto e mi guardò con uno sguardo meravigliato. Scoppiai io a ridere per la
sua faccia. -Tranquillo, non lo faccio. Amo con tutta me stessa Dylan e lo
voglio sposare- lo tranquillizzai con un sorriso, che sparì qualche secondo
dopo alla leggera fitta che mi venne.
“Stava sorgendo l’alba da quel ponte immacolato
londinese in cui la castana e il suo fidanzato aveva passato la notte:
coccolati, lei tra le braccia di lui, e avvinghiati da una leggera coperta
sulle spalle del ragazzo. Lui aveva il viso sulla spalle della ragazza, mentre
le sue mani le cinghiavano il la pancia, e uno sorriso bellissimo stampato su
di esso. Era il più bello spettacolo che abbia mai visto, ovviamente dopo la
sua fidanzata. La ragazza, d’altro canto, non fece altro che goderselo e
strinse di più. Sorrise nuovamente il ragazzo e, abbassando il viso, iniziò a
baciarle la spalla per arrivare poi al collo, soprattutto nel suo punto
preferito. I capelli di lui, ma anche il suo respiro, le provocavano un leggero
e dolce solletico. Portò la mano tra i capelli corti e scompigliati del fidanzato.
-Ti amo- mormorò lui, tra un bacio e un
altro. La ragazza non fece altro che sorridere e girare il volto, in modo tale
di baciarlo.
-Anch’io, Boo- rispose al suo stesso tono,
facendogli incurvare spontaneamente i lati della bocca in un leggero sorriso.
-Sposami- proseguì lui con quel tono, come
se avesse paura di essere ascoltato.
-Come? I dolci ti hanno fatto male?- chiese
alquanto divertita, ma lui sorrise soltanto e la strinse nuovamente a sé.
-Pensaci: stiamo insieme da anni oramai,
stiamo per avere anche una bellissima bimba. Perché non ci dovremmo sposare?-
-Adoro i matrimoni- confessò senza
pensarci, non dando una risposta ben precisa.
-Appunto!- esclamò, staccandosi
leggermente.
-Ti amo con tutta me stessa e ovvio che ti
voglio sposare, ma, Boo, abbiamo solamente vent’anni. Abbiamo tutta la vita
davanti- rispose, accarezzandogli il viso dolcemente.
-Hai paura di quello che potrebbero pensare
i tuoi?- domandò
-Mai- disse immediatamente.
-Sposami, Bis- ridisse, guardandola con
dritta negli occhi. -Sposami senza dubbi e senza ripensamenti. Sposami perché l’unica
cosa che voglio, l’unica cosa che m’importa, l’unica cosa per cui sto lottando
e sopravvivendo sei solamente tu. Sposami perché mi hai insegnato a vivere, mi
hai insegnato ad amare. Sposami perché mi hai reso migliore, anche se sono il
solito imbecille- si bloccò, accennando insieme alla sua dama una lieve risata.
-Ma sposami perché ti amo e ti amerò in ogni vita, che avrò da qui all’eterno.
Perciò mi vuoi sposare?- concluse, guardandola nel modo più serio in assoluto e
con il cuore in mano. Concluse per la prima volta, dicendola ciò che non era
mai riuscito a dirle. Concluse come un ragazzo che non ha più nulla da perdere.
Concluse semplicemente come un ragazzo, sfacciato e senza sentimenti,
trasformato in un uomo.“
Ero paralizzata e meravigliata da quel
ricordo. Era il primo tra tutti, che era riuscito a farmi emozionare e a farmi
riflettere realmente. Avevo sempre imposto a me stessa che era Dylan il ragazzo
dei ricordi, ma ora, dopo questa confessione, non ne ero più sicura. Anzi ero
convita che non era lui. E allora? Chi era?
Abbassai lo sguardo combattuta.
-Brooke, che ti prende?- mi domandò
allarmato, alzandomi il viso e asciugandomi quelle due lacrime scese.
-Tu eri li quel giorno?- balbettai con un
groppo in gola. Lui si sorprese perché dopo anni, stavo parlando di quel
giorno. Non amavo parlare di questo, neanche pensarci a dire il vero. Eppure quel
ricordo mi ha colpita, ma soprattutto scioccata tanto da farmene parlare.
-No, ero qui ad aspettarti- rispose
tristemente.
-Chi c’era in quella stanza?- provai a
continuare.
-Gli zii ed Elisabeth. Beh ovviamente anche
Trevor e Will- continuò
-Seth..- lo chiamai per cercare di capire se
mi stava dicendo la verità oppure no. Lui mi interruppe, portando i suoi occhi
azzurri su di me.
-Questo è tutto quello che so. Tutto quello
che mi hanno detto-
-Capito..-
-Perché fai queste domande?- mi chiese
confuso. Non mi fece rispondere perché il suo viso s’illuminò di scatto e mi
guardò con un sorriso. -Stai ricordando- esclamò con un tono di voce abbastanza
alto. Gli intimai di stare zitto perché aveva attirato fin troppe persone, le
quali non avevano capito per mia fortuna. Annuii per confermare e lui era
sempre più entusiasta. -è una fantastica notizia. Da quando?-
proseguì
-Da quando sono andata a Londra. Ho questi
lampi di ricordi, ma nulla di importante- confermai le sue parole.
-Nulla d’importante? Ma stai scherzando? Ora
mi dici che hai ricordato- ordinò in modo autoritario. Stavo per rispondere, ma
mia madre mi bloccò sul nascere. Si avvicinò a noi con un sorriso enorme.
Inarcai un sopracciglio confusa.
-C’è qualcuno per te- esclamò solamente,
andandosene a riparlare con le zie. Ero sempre più confusa, ma decisi di
avvicinarmi all’ingresso. Ma prima mi voltai un’ultima volta verso Seth.
-Acqua in bocca. Non voglio che nessuno
sappia di questa cosa. Ok?-
-Promesso- promise. Lo guardai soddisfatto
perché ero in mani sicure: lui non tradiva mai le promesse. Era il suo motto.
Annuii e, lasciandogli un bacio sulla guancia, raggiunsi il salotto, in cui
vidi una figura famigliare con un mazzo di rose bianche in mano. Sorrisi istintivamente
e corsi verso di lui, cinghiandogli le braccia sul collo.
-Che ci fai qui?- chiesi, sorridendo e
accettando le rose.
-Volevo farti solo una sorpresa- rispose,
lasciandomi un bacio sulla fronte. Socchiusi gli occhi e mi godetti quel
momento.
Ciao a tutte :D
Eccovi il tredicesimo capitolo tutto dedicato a Brooke.
Allora con queso capitolo posso confermare, se ci sono ovviamente, dei
dubbi perché magari non l'avevo messo in chiaro da subito, di
cui mi scuso :(
Brooke sa di aver perso la memoria e le sue uniche certezze sono i
famigliari, quindi padre, madre, Elisabeth e gli zii, tra cui Seth.
Però ovviamente non sa che cosa le stanno nascondendo.
Comunque, detto questo, continuiamo lo spazio autrice.
Mi dispiace come al solito per il ritardo, ma avevo parecchio da fare D:
Spero che vi sia piaciuto :)
Magari tramite una piccola recensione (anche di una due righe) giusto per sapere le vostre opinioni, giudizi. Accetto di tutto :)
Grazie per la vostra attenzione.
A proposito di ringraziamenti, volevo ringraziare: le persone che
l'hanno recensita/ che l'hanno messo tra seguiti/preferiti/ricordate e
chi la legge.
Spero con tutto il cuore che la ff vi piaccia :)
E spero di trovare più pareri u.u
detto questo, smammo :D
Ci si vede il prima possibile,
ciaoooooo xx :D
(le sorelle Miller :D)
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
yifbhj
Capitolo
14:
Io credo in noi
Ero appena uscita dalla mia azienda, in cui
finalmente io Carl e Noemi siamo riusciti a finire il progetto. In quel
momento, spensi il motore della mia macchina ed entrai in quel grosso edificio,
marchiato SYCO, con una piccola busta di cartone lilla, contenente i due
regali. Mi avviai verso la solita sala prove, confermata anche dai messaggi di
Louis, il quale mi continuava a chiedermi il motivo delle continue domande
poste. Salii velocemente le scale e mi trovai davanti alla porta, a cui bussai
e ricevetti un segno per entrare. Lo feci e, chiudendola, sorrisi anche alla
presenza delle tre ragazze. Salutai tutti e mi andai a sedere accanto a Niall e
a Perrie, entrambi mi regalarono un dolce sorriso. Ricambiai e andai alla
ricerca dello sguardo di Louis. Mi soffermai per qualche secondo a contemplare
la scena che avevo davanti: il diretto interessato con la testa appoggiata a
quella di una ragazza dai lunghi capelli castani e due occhi nocciola, che mi
scrutavano. Lei, Eleanor Calder, era con la testa sopra alla spalla del ragazzo
e le loro mani intrecciate tra di loro. Provai un fastidioso prurito alle mani
e qualcosa, che mi pungeva lo stomaco continuamente. Iniziai a passarle sui miei
jeans per farlo andare via, eppure non ci riuscivo. Abbassai lo sguardo,
portandolo ad esse, e non vidi neanche un segno di qualche puntino rosso. Nulla
che mi poteva provocare prurito. Mi venne naturale stringerle forte finché non
diventavano bianche all’interno, cercai comunque di calmarmi. Non riuscivo a
capire questa improvvisa reazione negativa, in fondo lui era con la sua ragazza
perfetta, senza neanche un piccolo difetto. Invece io ero imbarazzata a tal
punto di non riuscire a sopportare quella presenza aggiunta, che continuava a
studiarmi con disapprovazione.
“Due ragazze stavano passeggiando per il
centro della loro città piene di buste, considerando il fatto che avevano
bisogno di qualche vestito elegante per il solito ballo scolastico. Una di loro,
la castana, non riusciva a distogliere l’attenzione dal suo telefono perché era
troppo impegnata a insultare e a preoccuparsi per il suo migliore amico, di cui
era innamorata da qualche mese e a cui aveva mandato un messaggio circa una
mezzora fa. Continuava a bloccare a sbloccare lo schermo, andando anche su Whatsapp
per vedere il suo ultimo accesso. Stava letteralmente impazzendo. Dall’altro
canto, la sua amica, denominata Bionda, le lanciava degli sguardi divertiti
visto che non aveva mai visto la sua amica in quelle condizioni. Al suo
ennesimo sbuffo, lei scoppiò a ridere, portando lo sguardo davanti a se e
notando una coppia alquanto conosciuta davanti a sé. Inarcò un sopracciglio e
iniziò a scrutarli. Il ragazzo era oramai conosciutissimo, mentre era la
ragazza, che la lasciò alquanto spiazzata. Bionda non si aspettava che quel
ragazzo frequentasse una ragazza, come dire, semplice alle provocazioni. Scosse la testa e guardò la sua migliore
amica ancora armeggiare quel povero portatile.
-Occhi blu ore nove- le sussurrò,
tirandole una piccola gomitata.
La diretta interessata fece come le disse
l’amica e ci vede il ragazzo, ridere e scherzare con quella biondina rifatta.
Alla povera castana iniziò ad avere una crisi di gelosia e lei sapeva molto bene
i sintomi: un prurito tremendo alle mani, lo stomaco contorcersi dalla rabbia e
un piccolo rumore, proveniente dalle suo labbra. La sua migliore amica rise
nuovamente. -Oddio, Bis, sei gelosa- la prese in giro.
Quest’ultima arricciò il naso infastidita.
-E perché mai? Infondo preferisce quella
troia alla sua migliore amica-
-Gelosona-
-Bionda, fuma di meno-
-Sei adorabile quando lo sei- commentò
entusiasta quest’ultima, gioendo come una bambina piccola. L’altra si passò la
lingua tra le labbra e iniziò muovere dei passi in direzione opposta alla loro
e a quella del ragazzo. Sentì un’altra risata dalla sua amica, la quale la
seguì, ma decise di non controbattere: occhi blu aveva fatto abbastanza.”
Schioccai la lingua sul palato, provando un
leggero suono. Spalancai lievemente gli occhi, non accorgendomi neanche che Eleanor
tolse la testa dalla spalla di Louis e mi diede un piccolo sorriso, tendendomi
anche la mano. Mi ripresi e accettai, sebbene titubante, quella presa.
-Ciao, sono Eleanor-
-Brooke, molto piacere-
Dopo questo lei ritornò nella vecchia
posizione, mentre io scossi la testa per calmarmi e sorrisi a Louis, il quale
mi ricambiò. Cercò di dire qualcosa, ma lo bloccai sul nascere.
*Louis*
Mi sentivo strano e soprattutto in imbarazzo.
Ricevetti sguardi dei ragazzi, che riuscirono a confortarmi, anche se erano
anche divertiti. Ci potrei scommettere. Scossi la testa e sentii la mano della
mia fidanzata impossessarsi ancora della mia, stringendola di poco.
Mi voltai verso Brooke per parlarle, ma mi
bloccò con la mano, lasciandomi li confuso. La ragazza mi sorrise angelicamente
e mi porse una busta di cartone lilla. Inarcai un sopracciglio, prendendola, e
tirai fuori due pacchettini. Riportai lo sguardo su di lei e cercai una
spiegazione.
-Sono per te- disse Brooke, accennandomi di
aprirli. Ero sempre più confuso, ma iniziai a scartare il più piccolo e ne
trassi fuori una piccola collana d’oro con un ciondolo a forma di usignolo alla
fine.
-Quella è per Sheyleen- precisò. Annuii e
presi l’altro. Lo scartai e una bellissima maglietta era davanti ai miei occhi.
Spalancai gli occhi e li posai subito su di lei perché quell’indumento era
della mia marca preferita ed erano veramente poche le persone, che lo sapevano.
-Oddio sei inquietante- commentò, facendo ridere tutti.
-Perché?- riuscii solamente a dire, sentendo
anche delle pacche probabilmente derivanti da Zayn, seduto accanto a me.
-Beh, volevo ringraziarti per quello che stai
facendo- ammise, abbassando lo sguardo e portandolo sulle sue mani, le quali
venivano torturate lievemente. Mi addolcii e, dando uno sguardo breve ad
Eleanor, che mi fissava confusa, la raggiunsi, mettendomi tra lei e Niall.
-Non ce n’era bisogno, Brooke. Lo faccio
molto volentieri- risposi
-La mia famiglia mi ha insegnato a
ringraziare chi ci sta aiutando ed è quello che sto facendo. Ti voglio
ringraziare- affermò, alzando le spalle e affondando i suoi occhi nei miei. Li
distolsi alla velocità della luce e quell’affermazione mi provocò una
sensazione terribile. -E poi non è solo da parte mia- aggiunse, alzando le
spalle. Portai di scatto lo sguardo su di lei, preoccupato e sorpreso allo
stesso tempo. Il mio respiro stava diminuendo sempre di più perché se lei
avesse raccontato qualcosa ai suoi, rischierei nuovamente di perderla. E non
volevo che accadesse.
-E di chi?- balbettai con voce quasi
strozzata.
-Di mia sorella, Elisabeth- rispose,
sorridendomi. -Le ho raccontato, o meglio mi ha costretta, di questi giorni e
di te. Anche lei ti ringrazia per quello che stai facendo. In realtà sono tutti
e due da parte sua- mi spiegò meglio, facendomi sollevare perché con Elly non
avevo problemi. Andavamo sempre d’accordo. Eravamo migliori amici e dovevo
ammettere che era stato un gesto molto carino da parte sua. Abbassai la testa e
la porsi da un’altra parte, arrivando sullo sguardo preoccupato dei ragazzi e
di mia sorella. Scossi la testa per tranquillizzarli e cercai di fare un
sorriso sincero, ma mi venne stirato al massimo. Mi alzai con la schiena e mi
ritrovai davanti una busta bianca. Inarcai un sopracciglio. -Mi ha pregata di
dartela- finii con un sorriso. Diedi uno sguardo veloce a tutti, che mi
incitarono a prenderla, e la presi. L’aprii e la calligrafia ben ordinata e
abbastanza carina di Elisabeth accecò la mia vista. Iniziai a leggere quelle
righe.
“Ciao Louis,
Lo so che probabilmente mi odierai, eppure
non sai come mi sono sentita ripensando a te, a voi, in tutti questi anni.
Volevo fare qualcosa, ma non ci riuscivo, o meglio non potevo. Dopo tutte
quelle complicazioni, problemi, di cui tu sei a conoscenza, non volevo togliere
nuovamente ai miei genitori la loro figlia prediletta. Ma questa non è una
scusa, e lo so benissimo. So benissimo che sono stata una codarda e tutto, anzi
sono diventata per un attimo come loro. Ma vorrei rimediare. Vorrei che
accettassi quei regali come un segno di pace e di perdono, anche se per tutto
quello che ti abbiamo fatto passare non possiamo essere perdonati.
Ma volevo soprattutto tu sapessi che sono
con te perché credo in quello che stai facendo; ed è per questo che ti
supporterò e aiuterò, seppur da lontano. Io sono con te, sempre e per sempre.
Quindi per qualsiasi cosa non fatti scrupoli a chiedere.
Io sono sempre qui per te.
Detto questo, spero che ti piacciano i
regali (la maglietta era una cosa ardua perché ho dovuto trascinare Brooke per
tutto il centro commerciale per prenderla).
Saluta la bimba e ci sentiamo, sempre se
vuoi.
Un abbraccio,
la tua Elly.”
I miei occhi brillavano di gioia in quel
momento, tanto che dovessi abbassare la testa e passarmi la mano su di essi.
Sorrisi istintivamente per la dolcezza di quella ragazza e scossi la testa. Mi
alzai e me ne andai, balbettando prima una spiegazione ragionevole ai presenti.
Mi diressi il più lontano possibile da quella stanza perché avevo bisogno di
aria. Tanta aria, anche se non sapevo il motivo ben preciso, ma il fatto che
avevo qualcuno dalla mia parte, qualcuno che credeva in me, oltre ovviamente ai
miei amici, mi aiutava moltissimo. Ma quell’effetto non riuscì a durare tanto perché
un insieme di ricordi e di fatti acceduti mi trascinarono sulla soglia
dell’impazzire. Aprii la porta, quella che portava alle scale, e la chiusi
velocemente, andandomi poi a sedere sulle scale. Abbassai lo sguardo e misi la
testa fra le mani. Respirai a pieni polmoni per calmarmi. Pochi minuti dopo,
sentii la porta aprirsi e chiudersi nuovamente. Un buonissimo profumo di
vaniglia mischiato con fragola arrivarmi alle narici. Non realizzai neppure chi
era, che spostai lo sguardo.
-Non dire nulla- anticipai, pensando che
fosse o Megan oppure Perrie. Ma quando udii la risposta, spalancai gli occhi
meravigliato e mi maledii di essere stato frettoloso a parlare. Mi voltai e
notai Brooke avvicinarsi e sedersi accanto a me.
-Non saprei neppure che dire- rispose,
appoggiando le braccia sulle gambe e iniziando a massacrarsi le mani, segno di
preoccupazione e di colpa. -Forse scusa- continuò, alzando le spalle. -Si,
scusa. Scusa perché non sapevo che quei regali.. Insomma non pensavo di averti
fat..- non la feci neanche finire che, seppur con il cuore in gola, la presi
tra le mie braccia e la strinsi a me. Sentii il suo viso nascondersi sulla mia
spalla. Abbassai il mio e le accarezzai i capelli per calmarla. Il suo profumo
mi prese completamente. Il mio cervello andò in tilt per qualche secondo; per
non parlare del cuore, il quale iniziò a battere velocemente.
-Non devi neppure dirlo. Sono bellissimi e ti
ringrazio- sussurrai, stringendola. Lei fece un lieve sorriso e annuì. Restammo
in quella posizione per qualche secondo, ma alla fine si staccò e si guardò
intorno, prima di sobbalzare in piedi e tendendomi le mani per alzarmi. Le
accettai volentieri e, insieme, ce ne andammo verso la sala prove con un
sorriso.
Il resto del giorno passò velocemente, come del resto tutto il tempo
che Eleanor stette qui, ovviamente promettendomi di tornare per le vacanze
natalizie. Sinceramente ero felice che tornasse, ma sentivo come se fosse un
ostacolo per mio piano. Ciononostante il resto del mese e quello successivo, li
passai insieme a Brooke per cercare di portare avanti il piano. La portai al Victoria
Park in cui ci eravamo dichiarati e messi insieme. Speravo con tutto il
cuore che dicesse qualcosa di sua spontanea volontà come aveva fatto con la
storia dei cioccolatini, ma nulla. Mi aveva solamente ringraziato con un enorme
sorriso e un abbraccio. Stemmo li per qualche ora per poi riaccompagnarla a casa.
Da quel giorno era strana, non riuscivo neppure a capire o decifrare qualche
suo gesto. Era talmente misteriosa, che mi stupivo sempre di più.
Era il venti dicembre e sia io che Sheyleen stavamo tornando a casa dopo una
serie di shopping sfrenato per i regali. Parcheggiai, mentre mia figlia scese
con alcune buste.
-Zio Harry mi ringrazierà- si pavoneggiò,
guardandomi con uno sguardo complice. Alzai lo sguardo perché Harry stava
progettando da circa sei mesi di comprare quel robo, ma non aveva mai tempo per
farlo. Così ci continuava a stressare per prenderlo al suo posto. Ma dovevo ammettere
che anch’io lo escogitavo. Mi ricordo che c’erano stati anche dei piccoli confronti
tra di noi, ma nulla di serio.
-Amore, sappi che se mi stresserà con quel
robo, sarai in punizione per almeno tre giorni- affermai, cercando di essere
serio, sebbene non ci riuscii. Lei scoppiò a ridere e mi prese la mano.
-Avanti papà, non essere geloso. Per il
prossimo Natale lo comprerò anche a te- rise la piccola, abbracciandomi. -O
forse anche prima- mormorò, non facendomi capire. Scossi la testa ed entrambi
andammo ad aprire la porta. Per mia grande sorpresa era già aperta e incurvai
un sopracciglio, mentre Sheyleen corse subito dentro, direttamente in camera
sua con i pacchetti.
“Che strano” pensai, appoggiando tutto e dirigendomi in cucina.
Sulla soglia mi bloccai con il mio respiro,
che diminuiva, e con mia grande sorpresa nel vedere quella donna accanto al
lavandino con le braccia incrociate.
-Che ci fa qui?- domandai sorpreso, ma molto,
molto preoccupato.
Heilà :D
Come state?
Allora premetto che volevo aggiornare il più presto possibile,
ma non potevo perché ero in vacanza studio in Inghilterra.
Ero sempre impegnata, ma ora, con grande nostalgia e maliconia, ecco qua il nuovissimo capitolo :D
Che dire? Non succede nulla di interessante. Oddio, spero che non stia diventando troppo pallosa D:
Cercherò di movimentarla un po', dai. Magari già nel prossimo capitolo u.u
Comunque stupide cose a parte, spero che vi sia piaciuto in ogni caso.
Se è così mi potete lasciare qualche recensione *faocchidacucciola*
Tanto da sapere le vostre opinioni e pareri. Accetto di tutto!!
Mi dispiace ancora per questo enorme ritardo, ma con le vacanze e i
compiti (che devo ancora incominciare .-.) sarà un'impresa ardua
u.u
Ma ce la farò ;D
Prima di sparire, voglio ringraziare le meravigliose persone che la
recensiscono, che l'hanno messa tra seguite/preferite/ricordate e
quelli che la leggono :D
Grazie mille a tutti!!
Ci si vede,
un bacione.
Ciaoo xx
(La dolcezza *^* #miaopinione)
ps: vi andrebbe di leggere la mia OS sui 5sos?
Questo è il link, se vi andasse di leggerla e lasciarmo una piccola recensione :D
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2716143&i=1
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
hhhhg
Capitolo
15:
L’emblema di un fallimento personale è proprio questo: preoccuparsi di
demolire gli altri piuttosto che preoccuparsi di costruire se stessi
Sulla soglia mi bloccai con il mio respiro,
che diminuiva, e con mia grande sorpresa nel vedere quella donna accanto al
lavandino con le braccia incrociate.
-Che ci fa qui?- domandai sorpreso, ma molto,
molto preoccupato.
Lei fece un sorriso tirato e, sciogliendo
quell’incrociatura, si guardò in giro e fece dei passetti verso di me.
-Stessa casa, stessa chiave, stessa
serratura. Dovevo immaginarlo- esclamò Clare, la madre di Brooke. Ad ogni suo passo,
istintivamente indietreggiavo.
-Che ci fa a casa mia?- balbettai, cercando
di riprendere il controllo. Lei si strinse le spalle, ritornando nella sua
posizione iniziale.
-Sei fortunato lo sai- disse, guardandomi con
un debole sorriso.
-Sembra quasi una minaccia- commentai,
facendomi coraggio e avvicinandomi a lei. Una volta vicino guardai avanti a me
con le braccia incrociate. La sentii sospirare.
-Non lo farei mai-
-Beh, considerando che avete tolto ad una
bambina innocente sua madre. Io non ci metterei la mano sul fuoco- replicai con
un tono abbastanza duro e ferito.
-Non avrei mai voluto, ma riaverla a casa
dopo quell’inferno. Capiscimi-
-Ho passato tre anni da schifo, allontanando
addirittura mia figlia perché mi ricordava la madre. Chi deve essere capito?-
girai la domanda nella speranza che capisse davvero cosa avessero fatto ad una
persona. Abbassò la testa e la scosse lentamente, porgendola su di me alla
fine. Si voltò con tutto il corpo e cercò mi mettermi una mano sul braccio, ma
mi tolsi leggermente. La vidi con la mano sospesa in aria: così se la portò
sulla sua spalla, mentre mi fissava.
-Mi dispiace, Louis. Se potessi tornare
indietro nel tempo avrei deciso io cosa fare, ma sai..- cercò di spiegarsi, di
scusarsi. Era troppo tardi da riparare con delle stupide parole senza valore.
-Cosa è venuta a fare?- l’interruppi
bruscamente. Si sorprese di poco e, schiarendosi la voce, si rivoltò
completamente.
-Elisabeth mi ha detto che stai aiutando
Brooke per il matrimonio-
-Esattamente- confermai, annuendo.
-Quali sono le tue intenzioni, Louis?- chiese
con un tono serio.
Ci dovetti pensare davvero anche se la risposta
definitiva ce l’avevo già e credo che lo sapeva anche lei. Voleva solo la mia
conferma, ma non potevo dargliela vinta. Non potevo perderla di nuovo. Così instaurai
un contatto visivo con i suoi occhi verdi.
-Ridare a Sheyleen sua madre- affermai,
dicendo solo la metà dei miei interessi. Lei si meravigliò poiché si voleva
sentire un’altra cosa. S’inumidì la bocca e fece un sorriso stirato, ironico.
-Solo questo?-
-Era ovvio- replicai con un lieve sorriso
falso.
Stava per riaprire la bocca, quando Sheyleen
corse giù per le scale. La sentii buttare qualcosa accanto all’albero di Natale
e poi raggiungerci. Entrò in cucina con un sorriso e andò direttamente al
cassetto in cui c’erano tutti gli strumenti per il collage. Una volta presi,
chiuse e se ne andò.
-Sheyleen- la chiamai, facendola tornare
indietro confusa. -Non si saluta?- aggiunsi, indicando la signora Miller con la
testa, che mi fissò esterrefatta. I suoi occhi fissavano la bimba con tristezza
e, potevo giurare, anche con qualche piccolo accenno di felicità. Si portò una
mano sulla bocca ed qualche luccichio si poté notare. La bimba mi guardò per un
attimo disorientata, sebbene quando le feci un segno di avvicinarsi, venne lo
stesso. Andò dalla donna e le allungò la sua piccola mano, rispetto alla
nostra. Questo sembrò colpirla ulteriormente.
-Non è possibile- mormorò, scuotendo la
testa.
-Salve, sono Sheyleen- si presentò.
Clare si abbassò e, passandole una mano sul
viso e finendo tra i suoi capelli biondi, sorrise dolcemente.
-Ciao- rispose, inclinando di poco la testa,
la quale si soffermò per giusto due secondi su di me. -Sono nonna Clare-
terminò, paralizzando sia me che mia figlia. Alla piccola cominciarono ad
luccicare gli occhi, che si porsero su di me. Al contrario, io fissavo la donna
in cerca di spiegazioni.
-Nonna? Sei la mamma della mia mamma?- chiese
con un accenno di felicità. E questo non andava bene poiché le sue speranze
aumentavano con la presenza di Clare. Per amor del cielo, non volevo che
perdesse le speranze nel vedere finalmente sua madre, ma non volevo che potesse
farsi del male. C’ero già io che soffrivo per entrambi, e andava bene così.
-Si- rise Clare con quel sorriso confortatore
e felice di una volta.
In quel momento riuscivo a capire che,
nonostante non avesse mai visto la nipote, lei era abbastanza contenta di
averla vista, almeno una volta nella sua vita.
-Davvero? E mamma dov’è? È con te?-
-Shey- la ripresi per farla tornare con i
piedi per terra.
-No, purtroppo no, tesoro- rispose lei,
mutando completamente la sua espressione. Era colpevole. La imitò la piccola,
che lasciò andare un piccolo sospiro deluso. Mi avvicinai a lei e, prendendola
in braccio, le sorrisi, baciandola sula guancia. Mossi il naso sopra il suo per
farle spuntare un piccolissimo sorriso. Sapevo che non avrebbe resistito.
-Tranquilla, ci sono io- le sussurrai,
baciandola nuovamente. Lei annuì e mi strinse forte, come io d’altronde.
-Lo so, papà. Ti voglio bene- sussurrò,
nascondendo il viso sulla mia spalla. Alzai lo sguardo e lo porsi sulla donna
come per rimproverarla. Lei semplicemente stette zitta e fissò da un’altra
parte perché sapeva che aveva parlato troppo.
-Papà, che ne dici se nonna Clare sta qui per
cena?- propose Leen.
-Tesoro, io devo andare- rispose per me
Clare.
-Ah.. sarà per la prossima volta- disse,
nettamente abbattuta. Scrutai prima la mia bellissima biondina, poi la nera,
facendo così per una paio di volte e finendo per pregarla ad accettare. Non la
potevo vedere così.
-Anzi, sai che ti dico? Accetto- replicò,
facendola sorridere. Infatti mi toccò il braccio per scendere e lo feci, poi si
avvicinò a Clare, la quale era confusa e curiosa allo stesso tempo, e,
prendendole la mano, iniziò a trascinarla fuori dalla stanza.
-Mentre tu cucini faccio vedere a Clare,
Shelly-
-Va bene, tra quindici minuti ti voglio giù
con le mani lavate- imposi, ricevendo il suo annuire e la scomparsa delle due
donne. Sarebbe stata anche questa una lunga serata.
*Brooke*
-Secondo te ho fatto male?- domandai a
Perrie, la quale scosse la testa. Eravamo io e lei per il centro commerciale
londinese per gli ultimi regali natalizi. Le stavo raccontando dell’ennesimo
macello che i miei due assistenti fecero. Questa volta li avevo puniti,
riducendoli di qualche sterlina la paga, ed ora mi sentivo un mostro visto che
quei due hanno una famiglia a cui badare e i soldi li servivano proprio.
-Un po’. Ma Brooke, hai fatto bene. Non puoi
essere sempre e solo tu a sbatterti-
-Oddio, Pezz, ho visto il bimbo di Carl e..
Ok, gliele aumenterò nuovamente- decisi, scuotendo la testa.
-Fa passare dei giorni. Almeno capiscono che
non ci sarai tu a proteggerli. Aspetta solo qualche giorno e poi riporta le
cose alla normalità- consigliò la mia amica, diciamo tra un misto di grigio e
lilla. Annuii e ci mettemmo a braccetto pronte per la nostra prossima tappa.
Parlammo e scherzammo come se ci conoscessimo da anni e alla fine era vero:
quella ragazza era una bomba. Tra Lottie, Megan e lei, era sicuramente Perrie
con cui ho legato di più in questi mesi poiché avevamo instaurato davvero un
bel rapporto. Mentre camminavamo, mi indicò con lo sguardo alcune persone, che
erano vestite malissimo. Ridevo visto che neanche Enzo e Carla di “Ma come
ti vesti?” avrebbero retto ad una vista del genere. Entrammo poi in un
negozio di profumeria e qui lei venne inondata da un piccolo gruppetto di fan,
che le chiesero una foto e l’autografo. La ragazza aveva sempre un sorriso
sulla faccia quando qualcuno si avvicinava, soprattutto se era una fan.
“Le solite due ragazze erano sedute sul
divano di una signora, per cui facevano da babysitter al figlio di circa otto
anni. Non guadagnavano molto, ma si poteva arrangiare. Sbuffarono sonoramente
poiché quel piccolo moccioso aveva il telecomando e continuava a cambiare
canale ogni due per tre. Improvvisamente passò per un programma, che attirò
l’attenzione della castana. Infatti si alzò di scatto e urlò al piccolo di
lasciare li dov’era. Gli altri due presenti non riuscivano a capire tanto
interessamento. Rubò l’oggetto dalle mani del bambino e alzò la voce fino al
massimo. Una musichetta rimbombò per quella stanza e delle voci profonde con
delle immagini di cantanti e persone normali come soggetti principali di quella
pubblicità.
-Pensate anche voi di avere talento?
Pensate anche voi di possedere l’Xfactor? Bene allora presentatevi alle
audizioni di questo mese. Che aspettate? Fateci sentire la vostra voce. Fateci
sentire il vostro Xfactor. Noi stiamo cercando solo voi per questa nuovissima
stagione- urlò la voce, facendo spalancare gli occhi alle due ragazze. La
pubblicità durò giusto quaranta secondi, infatti pronunciate le parole, una
canzone metal prese quella stanza a tutto volume, tanto che i tre dovettero
mettersi le mani sulle orecchie. Abbassarono subito e la castana si buttò sul
divano e guardò la sua migliore amica.
-Che c’è?- chiese dopo un paio di secondi.
-Provaci!- affermò con sorriso.
-Te lo scordi- negò la diretta in
questione, visto che aveva una paura terribile di esibirsi davanti a tante
persone. Persino nel pub in cui cantava qualche sera, aveva sempre la nausea e
la paura di vomitare addosso a qualcuno.
-Perché? Hai una bellissima voce. Andiamo
bionda, puoi stenderli tutti- continuò l’altra sempre più agguerrita. Lei
sapeva che cantare era il sogno della sua migliore amica e se non l’avesse
colto nei momenti migliori della sua vita, avrebbe rimpianto per il resto della
sua vita. Lei era sicurissima che poteva farcela.
-Bis, non so se te ne sei resa conto, ma quello
show è il più popolare ed è giudicato dai migliori discografici del mondo.
Insomma c’è anche Simon Cowell-
-Meglio! Almeno riesci anche a dimostrare
chi sei. Andiamo bionda- la persuase ancora un altro po’.
-Accetta, almeno posso guardarmi la tv in
santa pace- intervenne bruscamente Carl, il bambino. Loro due si guardarono per
qualche secondo e poi scoppiarono a ridere senza un motivo ben preciso. O forse
c’era, ma erano troppo prese dal discorso “Xfactor” da capirlo. La bionda,
quando smise, si fissò intorno e sospirò.
-Pensi davvero che ce la potrei fare?-
domandò con quell’accenno di insicurezza. La castana sorrise ampiamente e
annuì.
-Ne sono sicura- aggiunse, facendole
l’occhiolino. La futura cantante tirò un altro sospiro e si decise alla fine:
lo avrebbe fatto.
-Vado a scaricare il modulo di
partecipazione- annunciò, alzandosi e andando verso il tavolo, dove c’era il
computer. L’altra ragazza emise una risata.
-Ho fatto io al tuo posto- disse,
sorprendendola sempre di più.
-Che?- boccheggiò incredula, emettendo un
suono stridulo. La castana si alzò subito e la raggiunse, mettendo le sue mani
sulle spalle dell’amica.
-Già! Io e Jonnie abbiamo compilato il
modulo e già spedito. E indovina? Ti hanno accettata- spiegò, abbracciandola.
La bionda, dal canto suo, ricambiò la stretta e la ringraziò. Si stava
chiedendo anche mentalmente dove avesse trovato un’amica del genere, ma era
orgogliosa di averla nella sua vita. Non poteva chiedere di meglio.”
Sorrisi istintivamente e, recandomi in
qualche scomparto, iniziai a odorare qualche profumo di Gucci.
-Allora, che regali a Louis?- domandò su due
piedi. Mi raddrizzai e scossi la testa.
-Non lo so. Penso che non verrò alla festa a
sorpresa- risposi con un tono triste. Lei spalancò gli occhi sorpresa e tirò un
piccolo urletto. Infatti alcune persone, che c’erano li, ci fissarono
malissimo.
-Che? Miller, che stai dicendo?-
-Pezz.. è che non lo so. L’ultima volta che
gli ho fatto un regalo, ci è rimasto malissimo- ricordai di quella maglietta
comprata da me e mia sorella. Ci ero rimasta male perché non pensavo di
renderlo così triste da abbandonare una stanza. -Ho paura ancora di sbagliare-
ammisi, rimettendo il profumo al posto e andandomene per un altro scaffale.
-è una stupidata, Bis- mi riprese, raggiungendomi.
-Senti, Louis vuole passare il suo compleanno con i suoi amici. E tu lo sei.
Andiamo, vieni. Ci divertiremo- mi persuase. Alzai gli occhi al cielo, mentre
mi fissava con ansia.
-E va bene- mi arresi, ricevendo un
abbraccio. Scoppiai a ridere e ricambiai.
-Perfetto, vieni domani allo studio. Dobbiamo
finire di preparare alcune cose-
-Certamente- terminai, uscendo anche da quel
negozio e continuando un altro po’ il nostro shopping.
Restammo li per altre due ore poi lei se ne
andò da Zayn, visto che dovevano uscire; mentre io me ne tornai a casa. Per mia
fortuna, le mie amiche se n’erano andate a casa per le vacanze natalizie e un
po’ di tranquillità non mi faceva male. Soprattutto dopo un mese, passato a
litigare con Paige per ogni singola cosa. Mi dava sui nervi poiché mi
rinfacciava la mia relazione con Dylan ogni santissima volta che mi dovevo vedere
con Louis e i ragazzi. Così finivamo sempre a litigare. Ora che nessuno era a
casa potevo godermi un po’ di tranquillità. Aprii la porta e, buttando tutto
sul pavimento, mi andai a fare un panino. Entrai in cucina e mi diressi subito
verso il frigorifero, il quale era ricoperto da una carta bianca. Curiosa la
presi e, leggendola, scoppiai a ridere per le stupide parole di Queen e Tina. Non
feci neanche in tempo a finire che il mio cellulare iniziò a squillare. Cosi
rimisi la lista sul bancone e tirai fuori l’oggetto, rispondendo.
“Indovina? Solo tre giorni” esclamò la voce del mio fidanzato dietro la cornetta. Mi
morsi il labbro.
-Tre giorni?- feci finta di nulla, ritornando
a farmi un sandwich.
“Si, amore. Tre giorni e poi finalmente
insieme. Non sei contenta?”
-Direi più sei- lo corressi, mettendo il
prosciutto sopra il pane.
“Come? Passi il Natale li?” mi domandò con un tono scioccato.
-Ho avuto un contrattempo- mi difesi,
appoggiando il telefono sulla spalla e finendo il panino.
“Ma la tradizione? Avanti, amore, non puoi
saltare il Natale”
-Ma, infatti non lo salto. Solo che non sono
li. Scusa Dylan, ma devo andare ora. Ho un sacco di lavoro da fare. Ci sentiamo
domani. Ti amo- non gli diedi neanche il tempo di rispondere che attaccai. Sospirai
e, prendendo il cibo appena preparato, ne diedi un morso, sconsolata. Me ne
ritornai in salone e, accendendo la tele, passai tutta la serata li davanti con
la maratona della mia serie preferita.
Il giorno dopo mi alzai di fretta e furia,
considerando che Perrie mi aveva chiamata una decina di volte per ricordarmi
che dovevo andare li per terminare gli ultimi preparativi della festa a
sorpresa di Louis, che si sarebbe tenuta il giorno del suo compleanno in una
piccola discoteca, che i ragazzi avevano affittato per essa. Così mi preparai
velocemente e li raggiunsi. Una volta allo studio mi spiegarono alcune cose:
come per esempio che avevo il compito, insieme ad Harry, di tenerlo lontano per
un po’ finché Liam non ci avrebbe mandato un messaggio per avvisarci e per
portarlo li. Eravamo già nel panico perché io e il riccio non avevamo niente in
comune quindi ogni cosa, che avevamo proposto per svagarlo, veniva bruciata
immediatamente. Passammo addirittura il pranzo a discuterne e questo sembrava
solo divertire gli altri. Il pomeriggio andammo proprio al locale per
aggiustare tutte le luci e gli striscioni. In quel momento ero incaricata nel
portare le casse di birra e di altri
alcoolici nel bancone apposta. Io avevo precisato che ce n’erano già, ma nessuno
mi voleva dare retta. O meglio mi diceva: “una in più non fa mai male”.
Certo una, no, ma tre cassette piene con trenta bottiglie, beh la vedevo dura.
Sbuffai dopo la seconda poiché non ce la facevo più. Così Niall mi venne ad
aiutare. Passarono poche ore a quando me ne andai verso casa, dato che ero
distrutta e volevo stare un po’ da sola per riposarmi. Mi avevano già avvisata
che l’indomani mi avrebbero chiamata per finire. Non feci altro che sospirare
ed accettare, alla fine lo facevo per Louis e lui si merita questo ed altro. Ritornai a casa e la solita cena preparata
nel microonde e, una volta finito, mi recai sul divano con qualche progetto a
cui stavo lavorando. Anche se ero in ferie e in quel momento non avevo nulla da
fare, mi portai avanti.
Il giorno dopo era la stessa storia, che durò
fino al pomeriggio del giorno successivo. Oddio quel pomeriggio era il più
strano in assoluto. Eravamo in giro io, Harry e Louis. Erano imbarazzanti
insieme, ma un tantino divertenti; forse era la quinta volta durante quel tempo in cui mi volevo
sotterrare. In ogni caso mi andò bene poiché dopo la loro settima bravata, Liam
ci mandò quel messaggio e finalmente ci recammo in macchina per andare nel
luogo misterioso. Alla guida c’era Harry, accanto a lui, Louis e nei sedili
posteriori potevate trovare me. Ci impiegammo venti minuti e, non appena fuori
da quel catorcio, il festeggiato ci fissò confusi.
-Ma che devi fare qui?- domandò, seguendo il
ricciolino, il quale gli aveva mentito, dicendogli che aveva dimenticato una
cosa li dentro. Si voltò verso di me in cerca di risposte, ma alzai
semplicemente le spalle.
-Non ne so nulla- dissi, spingendolo dentro.
Si volto nuovamente per pochi secondi perché
poi fu catturato dall’urlo “sorpresa”, fatto da amici e famigliari più stretti.
Louis spalancò gli occhi e sorrise.
-Ma che?- non fece neanche in tempo a finire
per lo stupore.
-Il nostro Boo pensava che non l’avremmo
festeggiato. Pff.. povero illuso- esclamò Zayn, dandogli delle pacche sulla
schiena. Louis scoppiò a ridere e lo abbracciò. Così come gli altri ragazzi e
le tre ragazze, vestite in modo impeccabile: con un bellissimo vestito,
leggermente corto, e dei tacchi rigidissimi. Io? Beh anch’io un vestito, ma
delle ballerine nere. Odiavo i tacchi e non volevo uccidermi prima del
matrimonio. Anche se quel giorno li devo portare. Allora chiederò consiglio a
Perrie oppure a Megan, visto che sono delle maghe.
La musica era fortissima e tutti si stavano
divertendo. Mi diressi al banco degli alcoolici per un semplice whiskey e,
intanto che aspettavo, qualcuno si mise accanto a me.
-Hey, straniera- urlò un po’ Louis
considerando il volume della musica.
-Hey a te, straniero. Allora come va?-
chiesi, prendendo la mia bibita. Sorrise ed annuì.
-Bene. Ti volevo ringraziare. I ragazzi mi
hanno detto che hai partecipato anche tu-
-Figurati. L’ho fatto con piacere- ricambiai,
bevendo un sorso.
-Vieni?-
-Non ballo, mi dispiace- scoppiai a ridere,
scuotendo la testa. Mi voltai completamente verso il bancone, ma Louis mi fece
girare verso di lui con un sorriso, che non prometteva nulla di buono.
-Avanti, è il mio compleanno. Vieni a ballare
con me- ribadì
-Ma sono una frana- cercai di persuaderlo a
lasciare stare. Eppure sembrava più intestardito di un mulo.
-O vieni per tua spontanea volontà. O
ricorrerò alle maniere due-
-Devo preoccuparmi, vero?- chiesi
retoricamente.
-Esattamente- confermò, sorridendo e
allungandomi la mano. Schioccai la lingua sul palato e, bevendo un ultimo
sorso, accettai quella mano. Lui sorrise nuovamente e portò una mano sopra la
mia spalla. Sembrava tutto così confuso, sebbene allo stesso tempo piacevole.
-Solo per stasera, sii mia- mi sussurrò
all’orecchio, incrociando le nostre dita di entrambe le mani. Inarcai un
sopracciglio alla vista di quell’espressione così seria.
Annuii solamente e
iniziammo a ballare. Era doloroso ammetterlo, ma mi stavo
divertendo tantissimo: Louis faceva dei strani passi, il bello convinti, e poi
scoppiavamo a ridere insieme come due emeriti idioti. In quel momento ci
avvicinammo per ballare più vicini, considerando la canzone. Abbassai la testa,
ma quando la rialzai, sprofondai in quell’azzurro cristallino degli occhi del
ragazzo, che rispendevano. Mi tolsi i capelli dalla bocca e restammo li a
guardarci, finché lui non mi posò una mano sulla guancia e, eliminando quella
distanza, posò le sue labbra sulle mie. Era un bacio dolce e delicato, che te ne
faceva voglia di averne un altro. Istintivamente misi le braccia dietro il suo
collo e lo approfondii. Sentivo un senso di benessere e di gioia invadermi
tutta e il mio cuore accelerava il suo battito. Passai le mie dita tra i suoi
capelli. Durò qualche secondo ed era stato meraviglioso. Tranne la parte in cui
ci staccammo e mi venne in mente il viso di Dylan. Mi allontanai di scatto,
mentre Louis mi guardava con stupore e tristezza allo stesso tempo. I miei
occhi iniziarono a pizzicarmi, così feci marcia indietro e me ne uscii per
prendere un po’ d’aria. Ed ora cosa facevo? Come diamine lo spiegavo a Dylan?
Il problema ancora più grande era: perché mi
era piaciuto?
Cavoli, ero proprio nei guai!
Heilà :D
Come state?
Ecco a voi il nuovo capitolo di Remember When con il solito ritardo, di cui mi scuso per l'ennesima volta.
Allora? Che ne pensate? Vi è piaciuto? :)
Ho cercato di renderlo più movimentato e con il bacio tra Louis e Brooke, credo di esserci riuscita :)
Comunque, vorrei ringraizare: chi l'ha messa tra preferiti/seguiti/ricordate; chi la recensisce e chi la legge :)
Vorrei ringraziare anche Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Detto questo, fatemi sapere cosa ne pensate :D
Magari superando anche le 3 recensioni.
Spero di aggiornare prima che inizi la scuola,
Ci si vede al prossimo.
Ciaoooo :D x
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
foififhoiwhfowhf
Capitolo 16:
Guilt is burning
Inside
I'm hurting
This
ain't a feeling I can't keep
(Blame by Calvin Harris ft John Newman)
Ero sul divano, avvolta da una coperta di
lana e mangiando una ciotola di cereali. Era la mattina di Natale e non poteva
cominciare nel peggior dei modi. Avevo un mal di testa assurdo, dovuto al fatto
che avevo pianto per quasi tutta la notte. Mi sentivo terribilmente in colpa
per Dylan. Scossi la testa e mi misi l’ennesima cucchiaiata in bocca, cambiando
programma alla televisione e mettendo qualche film natalizio. Ero alla metà del
film, quando, alzandomi per andare in cucina, sentii qualcuno prendermi i
fianchi. Urlai e gli tirai una gomitata tra le costole. Mi voltai di scatto e
vidi il mio fidanzato piegato in due. Spalancai gli occhi e mi avvicinai
subito.
-Oddio, amore scusa- esclamai, mettendo le
mie mani sopra la sua schiena. Lui scosse le testa e con cautela si tirò su.
-Ed io che volevo farti una sorpresa- soffiò,
massaggiandosi la parte dolorante. Mi sentii ancora più in colpa, sentendo
quelle parole.
-Ma si può sapere da dove sei entrato?-
chiesi, guardandomi intorno per capire la situazione. Lui indicò la porta
dietro di noi.
-Queen mi ha dato le chiavi qualche giorno
fa- si limitò e si avvicinò a me, facendo aderire i nostri corpi. Annuii
semplicemente ancora con lo sguardo verso quella direzione, ma quando li portai
ai suoi occhi marroni, che luccicavano, nella mia mente si fecero spazio alcuni
azzurri cristallino. Abbassai la testa e, dandogli un bacio a stampo sulle
labbra, lo presi per mano, facendolo sedere sul divano.
-Allora, com’è andata l’esposizione?-
-Sono uscito con 105 e ti ricordi
quell’azienda, che mi voleva assumere in prova. Beh indovina?- sorrise,
facendomi spalancare gli occhi sorpresa.
-Vuol dire che..- lasciai la frase in
sospeso.
-Si verrò qui, insieme a te. Mi hanno fatto
firmare un contratto di circa sei mesi e poi se vado bene, mi assumono
definitivamente- comunicò, gioendo come un bambino. Lo abbracciai di scatto,
nascondendo il mio viso tra la sua incavità del collo e con quel dolce profumo
di muschio bianco, che mi annebbiava completamente. Non era per nulla uguale a
quello di Louis, anzi quello di quest’ultimo era molto più dolce, molto più
buono, soprattutto quello di ieri sera, mischiato leggermente con dell’alcool.
Spalancai gli occhi per quel paragone e mi allontanai di scatto, notando il suo
sguardo sorpreso.
-Ti ho preso una cosa- balbettai, alzandomi e
indicando il corridoio, dove c’erano le camere. Lui sembrò capire, eppure
continuò con quello sguardo confuso. -Insomma è Natale o no? Abbiamo una
tradizione da rispettare- proseguii, andandomene in camera.
Una volta dentro,
mi appoggiai con le spalle alla porta e tirai un sospiro. Dovevo riprendermi il
più presto possibile. Mi avvicinai al cassetto della mia scrivania per prendere
un piccolo cofanetto blu, che conteneva un piccolo ciondolo di argento. L’avevo
preso qualche giorno fa quando ero andata a fare shopping con Queen, Tina e Paige:
era come un segno di pace. Lo presi e, portandomelo vicino al petto, sospirai
nuovamente. “Ce la posso fare. Non è mai successo nulla con Louis” m’imposi,
annuendo e ritornando di là con un passo deciso. Però questa decisione crollò
non appena vidi il mio fidanzato venirmi incontro con un enorme sorriso.
Abbassai di scatto la testa con quel senso di colpevolezza, che aumentava
sempre di più. Dovevo finirla; dovevo essere sincera, anche perché non potevo
portarmelo ancora per molto. Sospirai e, conducendolo nuovamente su divano,
appoggiai il mio regalo sul tavolino di vetro davanti al sofà rosso. Misi le
mie mani sulle sue e lo guardai.
-Ti devo dire una cosa- cominciai, anche con
un tremolio nella mia voce. -è abbastanza difficile cosi.. Quindi ti prego non
mi interrompere- premisi, facendolo annuire.
Aprii la bocca, ma il campanello
mi bloccò sul nascere. Portai lo sguardo sulla porta d’ingresso e sbuffai. Gli
dissi di aspettare un attimo e andai ad aprire, trovandoci l’unica persona che
non volevo proprio vedere in quel momento.
-Che ci fai qui?- sibilai, riducendo
l’apertura della porta. Lui mi guardò con un sguardo triste.
-Brooke, senti ti devo parlare- esclamò
Louis, avvicinandosi.
-No, ora no. Senti ti chiamo io- tirai le
conclusioni, allontanandomi di poco, ma lui insistette.
-è importante-
-Non posso ora, Louis. Cerca di capirlo-
affermai con durezza, ma non demordeva. Non feci in tempo a rispondere
nuovamente che udii dei passi avvicinarsi e raggiungermi alla soglia. Mise il
suo braccio sulla porta per aprirla un po’ di più in modo che si vedesse anche
la sua figura. Notai Louis irrigidirsi subito e guardarmi con uno sguardo
deluso e triste.
-Possiamo fare qualcosa?- domandò gentilmente
Dylan
-No, sono venuto sono a dare gli auguri di
natale a Brooke- rispose Louis. -Me ne stavo andando- Dylan mi fissò in cerca di spiegazioni, che
non tardarono ad arrivare.
-Lui è Louis, un mio amico- lo presentai,
indicando il castano davanti a me. -Louis, lui è il mio fidanzato..-
-Quasi marito- mi corresse Dylan con un
accenno di acidità.
-Ok, quasi marito Dylan- gli concessi.
-Molto piacere, Brooke mi parla continuamente
di te- mentì Louis, porgendogli la mano all’altro castano. Lo guardai senza
capire qual’era il suo piano.
-Peccato che io ho sentito parlare veramente
poco. Mi hanno detto che un certo Louis sta aiutando la mia bellissima fiancè
con i preparativi- disse quest’ultimo.
-Eccomi in persona-
-Grazie allora-
-Non fa nulla.. l’ho fatto con piacere-
balbettò con un accenno di tristezza, cosa che non mi sfuggii.
-Credo che.. si insomma.. andare-
boccheggiai, interrompendo quella conversazione.
-Giusto. Beh grazie ancora- fu Dylan per
primo a salutare e ritornarsene dentro.
Lo seguii per un piccolissimo tratto
poi guardai Louis, che non c’era più. Inarcai un sopracciglio e, sporgendomi,
lo vidi verso l’ascensore. Non sapevo cosa fare, ma in quel momento le gambe si
mossero nuovamente.
-Aspetta- esclamai, prendendogli il braccio e
voltandolo verso di me. -Te l’avevo detto che non era il momento giusto-
-Sai che c’è? Non m’importa-
-Senti possiamo parlarne domani?- gli chiesi,
quasi supplicando. Lui non disse nulla, ma continuava a fissare da un’altra
parte. Lo richiamai. -Louis!-
-Ok, va bene- si arrese, alzando le spalle.
Sorrisi leggermente e lo abbracciai velocemente.
-Mi dispiace- mi sussurrò, sparendo poi per
l’ascensore. Mi lasciò li impalata con il ricordo della sera precedente e un
terribile senso di nausea mi prese.
Entrai dentro casa e mi chiusi la porta
alla mie spalle con lo sguardo disperso. Vidi la figura di Dylan con le braccia
incrociate e appoggiato allo stipite della cucina.
-Brooke..- mi chiamò. Mugnai qualcosa per
risposta. -Siete amici?- mi domandò, colpendomi direttamente al petto.
-Certamente, perché?- titubai per qualche
secondo.
-Così- rispose con un tono che la diceva
lunga.
-Dy'- lo ripresi per farmi spiegare meglio.
Infatti sospirò.
-Non sono cieco, Bis. Forse per te è un
amico, ma per lui no- confessò. Rimasi spiazzata per alcuni secondi, assimilando
quelle parole come delle piccole lame. Scossi la testa e, avvicinandomi e
portando le braccia intorno al suo fianco, gli concessi un piccolo sorriso.
-è fidanzato, se ti può confortare. E poi
siamo solo buoni amici e non potrebbe succedere niente tra di noi- mentii, ricevendo una piccola scossa sulle
mani e un groppo in gola fastidioso.
“Faceva avanti e indietro per quel
corridoio da circa mezz’ora e non riusciva a calmarsi. Stava aspettando il suo fidanzato, il quale
stava sostenendo un’intervista molto importante. Decise alla fine di sedersi a
terra e, portandosi le ginocchia al petto, ci nascose il viso stanco e
quell’espressione triste, che l’affliggeva oramai de due giorni. Odiava
mentirgli e odiava portare quel peso sullo stomaco. Non ce l’avrebbe mai fatta
da sola. Era passata circa un’ora da quando la ragazza era in quella posizione
e aveva chiuso gli occhi per riposarli un po’ dalla luce di quelle lampadine a
neon, un ragazzo, insieme ad altri quattro amici, passò proprio di li e fu inutile
dire della sua sorpresa. Si avvicinò a lunghi passi e si abbassò al suo
livello. Le sfiorò il ginocchio e la ragazza alzò di scatto il viso,
incrociandolo con quello felice e sorpreso del suo fidanzato. Una piccola
scossa le pervase le mani e aveva persino difficoltà ad inghiottire la sua
saliva.
-Mi dispiace- mormorò lei a tono basso. Il
castano non poté far altro che incrociare un sopracciglio confuso, ma non
ribatté, anzi lasciò che la sua fidanzata si spiegava meglio. Lei guardava dietro di sé, mentre diede la
fatica notizia, che lasciò a bocca aperta il ragazzo. Era completamente
paralizzato, invece lei si tirò su e se ne andò lentamente con qualche lacrima,
che le scendeva sulla guancia.”
Abbassai lo sguardo, sconfortata.
-Hey, amore, che ti prende?- mi domandò
dolcemente, alzandomi il mento. Sprofondai i miei occhi nei suoi nocciola e
quel peso, che sentivo, aumentava sempre di più.
-Ti va di andare a fare un giro? Londra con
gli addobbi è semplicemente meravigliosa- proposi, cercando di sorridere.
-Io avevo pensato a qualcos’altro, ma va
bene- accettò. Annuii e, lasciandogli un piccolo bacio a stampo, mi andai a
preparare. Avevo davvero bisogno in quel momento di una doccia fredda per
schiarirmi le idee.
*Louis*
Ero in macchina con l’aria calda, che la
riscaldava, e un bel cappuccino caldo tra le mani. Lo sorseggiavo lentamente,
perdendomi in quella tranquillità del posto, in cui ero. A parte il fatto che
quel Natale ero solo, visto che Sheyleen era andata con Lottie e Harry da mia
madre e gli altri erano dalle proprie famiglie. Mi avevano invitato, ma avevo
rifiutato perché non mi andava proprio muovermi dalla mia Londra. Fissai il
panorama in silenzio, quando il mio cellulare iniziò a squillare. “Finita
la tranquillità” pensai, prendendo quell’oggetto e rispondendo. Una
voce a tono basso e molto arrabbiata si fece sentire. Inarcai un sopracciglio,
eppure quando proseguii ad ascoltarla, capii che era Lottie.
-Lo sapevi! Perché cavolo non me l’hai
detto?-
-Te lo doveva dire lei. Era giusto così-
-Di Darren! Come hai potuto non avvisarmi?- urlò, allontanandolo di poco. Sospirai e prima che potei
giustificarmi, mi aveva attaccato in faccia.
Scossi la testa mortificato e,
mettendomi a braccia conserte, guardai dritto davanti a me senza alcuna emozione.
La porta alla mia destra si aprì, facendo comparire la figura di una ragazza.
Sorrisi amareggiato.
-Non dovevi essere con lui?- chiesi, non
appena entrò e si mise comoda sul sedile.
-Lo pensavo anch’io, ma avuto una telefonata
importante- rispose Brooke, alzando le spalle. -E
tu? Non dovresti essere con Sheyleen?- mi domandò.
-è andata con Lottie da mia madre-
-Perché non ci sei andato anche tu?- continuò
confusa.
-Diciamo che in questo periodo non andiamo
molto d’accordo, dunque preferisco starle lontano. Sai com’è da evitare qualche
litigata nel giorno di Natale- mi limitai, concedendole uno sguardo.
-Ne vuoi parlare?-
-No, grazie. Ti annoierei solamente-
rifiutai, riguardando il cielo londinese. Lei annuì distrattamente e guardò
davanti come me. -Ti va di andare in un posto?- domandai su
due piedi. Brooke mi guardò confusa, ma confermò l’invito.
Misi in moto e
cominciai a guidare sotto le luci e gli addobbi natalizi. Qualche volta sentii
il suo sguardo su di me e finsi di fare nulla.
-Sai, il giorno di natale io e la madre di
Sheyleen avevamo un rito tutto nostro- esclamai in quel silenzio tombale.
Brooke si mise meglio e aumentò il suo interesse.
-Davvero? Qual è?- s'incuriosì.
-Lo vedrai- mi limitai a rispondere con un
sorriso incoraggiante.
-Lo vuoi fare con me?- mi chiese
scandalizzata. -Ma Louis..-
-è uguale. E poi è Natale, avevo proprio
voglia di rifarlo. Ti prego-
-Certo- confermò, facendomi sollevare. Annuii
e presi le ultime strade fino al luogo tanto indicato.
Spensi il motore e,
slacciandomi la cintura, mi voltai completamente verso di lei, la quale era
sorpresa. Accennai una lieve risata prima di sporgermi sui sedili dietro per
prendere delle piccole tovaglie.
-Lago?- balbettò con timore.
-Prima di avere Sheyleen, al tempo del nostro
primo tour , durante vacanze natalizie andammo in giro per tutta Londra e
qualche paesino circostante poiché adoravamo gli addobbi. Stemmo fuori quasi
tutto il giorno e al tramonto passammo da qui, soffermandoci a contemplare quel
scenario meraviglioso- spiegai con lo sguardo rivolto all’acqua e con
un’estrema malinconia.
-Ti luccicano gli occhi- costatò Brooke,
mettendosi a braccia conserte e attirando la mia attenzione.
-Era un bel ricordo- mi giustificai, alzando
le spalle.
-Ti manca, non è vero?- proseguì.
-Sono abituato- replicai, non dando peso a
quella giusta affermazione. Perché si mi mancava. Mi mancava ogni cosa di lei,
ogni cosa che facevamo; ogni cosa dolce; ogni bacio e persino ogni litigata,
che avevamo. E avercela accanto con tutti quei ricordi che ti sfiorano la mente
ogni tre per due era una situazione ardua e difficile.
-Lou, ci conosciamo da mesi ormai e questa è
la prima volta che mi parli di lei, o almeno di una cosa che vi apparteneva con
un accenno di malinconia. A te manca più di qualsiasi cosa-
-è un argomento che non vorrei affrontare
ora- esclamai, gentilmente. Lei sospirò e annuì.
-Allora che dobbiamo fare? Guardare il lago?-
domandò, curiosa e cambiando discorso, al quale ne fui davvero grato. Sorrisi
divertito e le porsi una di quelle due tele. Inarcò un sopracciglio,
soprattutto quando mi vide togliermi la maglietta. Arrossì di colpo e in quel
momento scoppiai a ridere. -Che cavolo stai facendo?-
-Beh, quello che dovrai fare anche tu- affermai,
slacciandomi i pantaloni. Brooke spalancò gli occhi e porse lo sguardo
dall’altra parte, aumentando il mio divertimento.
-Tu sei pazzo!-
-Andiamo è una cosa di trenta secondi. E poi
sono sicuro che ti piaccia vedermi così- la sfidai, ricevendo un pugno sul
braccio.
-Stupido. Che cosa si deve fare per la
precisione?- domandò, rilassandosi di poco. La fissai divertito,
mordicchiandomi il labbro inferiore.
-è una sorpresa, andiamo. Non guardo- dissi,
coprendomi gli occhi.
-So già che è una stupidata, ma va bene- si arrese,
iniziando a togliersi prima il cappotto, poi la felpa con la seguente maglietta
sotto. Sbirciai e la vidi a petto nudo con quel reggiseno di pizzo nero, che la
slanciava ulteriormente. Riportai lo sguardo dall’altra parte con un piccolo
sorriso sulla faccia. Percepii il mio battito cardiaco aumentare e una
sensazione proveniente dallo stomaco. Scossi la testa e aspettai con ansia che
avesse finito. -Fatto- esclamò, attirando la mia attenzione. Mi voltai completamente, vedendola in intimo e fissare l’acqua misto tra
divertita e preoccupata.
-Almeno sarà un Natale differente- provai a
sdrammatizzare, ma lei non rispose, bensì mi regalò uno sguardo di sfida prima
di scendere e correre verso il lago. Sbarrai gli occhi e, scendendo, mi tolsi i
pantaloni, rimanendo in boxer.
Corsi
verso di lei e, prendendola in spalla,
entrammo nell’acqua gelida. Ci bagnammo in quell'acqua gelida per
poi schizzare
verso la macchina, ridendo. Li ci mettemmo le due tele sulle spalle e
accesi il riscaldamento immediatamente. Eravamo bagnati da capo a
piedi,
persino i suoi capelli, ma le nostre risate si udivano solamente il
quel luogo.
Iniziò a strofinarsi le mani ripetutamente, palmo contro palmo.
Le regalai un sguardo fugace e, non appena iniziò a soffiare
dell’aria calda dentro
esse, un piccolo sorriso mi sfuggì. Girandomi verso di lei,
gliele presi. Mi
guardò per un attimo confusa, al contrario di me che passai le
mie mani calde
sulle sue e ci alitai dentro leggermente per scaldarle di più.
Quando alzai gli
occhi, vidi il suo viso a poca distanza dal mio e mi persi nei suoi
dolcissimi
occhi marroni. Quel contatto visivo prese l’atmosfera
dell’auto e qualche
minuto dell’orologio. Ci avvicinammo progressivamente fino a
sentire il suo
respiro sopra la mia pelle, provocandomi un leggero solletico. Il cuore
pulsava
velocemente e volevo che quel momento non finisse mai.
-Cosa mi stai facendo?- mormorò a voce
talmente bassa da aver paura di essere sentita. Mi lasciò completamente senza
parole. -Non riesco a capire- proseguì con quel tono.
-Brooke..- la chiamai in cerca di una
spiegazione.
-Non posso continuare così- esclamò
all’improvviso, allontanandosi. -Non posso mentire a Dylan senza pudore-
-Non è mentire. Siamo amici e..-
-Amici? Louis ieri ci siamo baciati e lo
stavamo rifacendo ora- ribatté duramente, lasciandomi sorpreso.
-Eravamo ubriachi e non sapevamo cosa stavamo
facendo..-
-Ok e adesso?- mi bloccò, facendomi rimanere
a bocca asciutta. Lei si rilassò e mi concesse un sguardo triste. -Visto?-
esclamò. -Non possiamo fare questo a Dylan ed Eleanor-
-Cosa? Essere amici?- m’irritai. -Dobbiamo
chiedere il permesso ai nostri fidanzati per essere amici?-
-Non è la questione di essere amici. Ci siamo
baciati-
-Eravamo fottutamente ubriachi.. Non era
nulla di serio!- urlai. -Tu hai provato qualcosa?- continuai, lasciandola a
bocca a mezz’aria. Il silenzio cadde improvvisamente, si sentì solamente il mio
respiro accelerato. La vidi abbassare lo sguardo, porgendolo sulle sue mani.
Durò qualche minuto, rimanendo sorpreso e in un certo senso felice, visto che
non aveva ancora negato. Significava che quel briciolo di sentimento, che
provava per me, c’era ancora. -Brooke, tu hai provato qualcosa?- domandai
nuovamente con quelle parole.
-Non voglio fargli questo soprattutto che ci
dobbiamo sposare e..-
-Non hai risposto- le feci notare.
-E tu hai provato qualcosa?- rigirò la
domanda, ottenendo il mio silenzio. -Ecco appunto-
-è diverso- replicai prontamente.
-Senti, facciamo così. Dimentichiamoci tutto.
Facciamo finta che non sia successo nulla. è meglio per entrambi- disse,
rimettendosi i vestiti. Annuii debolmente, imitandola. Le regalai una piccola
occhiata e sospirai, mettendo in moto. -Mi riporti a casa per favore- domandò
gentilmente.
Accettai e durante il viaggio di ritorno fu silenzioso, cupo e
triste. Arrivati davanti alla palazzina, vidimo una figura famigliare davanti
alla porta.
-Non è possibile- sussurrai, battendo
leggermente un pugno sul volante. Brooke lo guardò senza emozioni, anzi mi salutò
velocemente e lo raggiunse. Notai che quel ragazzo mi stava fissando con uno
sguardo fin troppo serio nei miei confronti per poi farsi, ironico: mise il
braccio sulla schiena della mora, attirandola a se, e la baciò al di fuori
della castità. Aumentai di scatto la preda sul volante e, mormorando qualche
parolaccia, me ne andai il più veloce possibile da li. Avevo visto e subito
abbastanza per quel giorno.
Heilà a tutte :D
Come state?
Vi presento, sempre con il solito ritardo, il sedicesimo capitolo.
Si vede la figura di Dylan in questo capitolo e nei prossimi, insieme ad altri personaggi, già esistenti u.u
Allora, devo dire che amo scrivere i momenti di Louis e Brooke. Li adoro *^*
Beh anche i flashback mi divertono, ma questi momenti dolci sono i miei preferiti.
Che dire?
Come vi è sembrato? Vi è piaciuto?
Me lo fareste sapere attraverso una piccola recensione *^*
Mi vanno benissimo anche due righe. E poi accetto di tutto u.u
Comunque, prima di sparire vi lascio sempre con le foto dei personaggi a fine capitolo e vorrei ringraziare
le meravigliose persone che l'hanno messa tra:
preferita/seguita/ricordata; chi l'ha recensita fino ad ora e anche
quelle che la leggono :3
Un particolare ringraziamento ad Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Grazie a tutte :*
Alla prossima.
Ciaoo xx
(Dylaan *^*)
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
shshshshs
Capitolo
17:
I know, I know, I know for sure
Everybody wants to steal my girl
Everybody wants to take her heart away
Couple billion in whole wide world
Find another want ‘cause she belongs to me
(Steal my girl by One
Direction)
*Brooke*
Sentendo quel rumore dietro di me, mi staccai
e la macchina nera di Louis non c’era più. Ritornai sul mio fidanzato, che
sorrideva soddisfatto, e gli mollai un pugno indignata.
-L’hai fatto a posta- lo accusai.
-No, ho messo in chiaro le cose- ribatté con più sicurezza. Proseguii con quello sguardo
deluso e arrabbiato nei suoi confronti.
-Messo in chiaro cosa? Che sono di tua
proprietà?- m’arrabbiai, allontanandomi da lui. -Non
sono un oggetto Dylan. Sono una persona e gradirei essere trattata come tale-
-Brooke- mi riprese, scandalizzato.
-Brooke un accidente! Sei solo un bambino che
deve vantarsi di cosa ha solo per non aver paura di perderla. Beh sai una cosa?
Fino a qualche minuto fa mi sentivo un mostro ad averlo baciato, ma ora non mi
fa nulla. Ne caldo ne freddo-
sbraitai, facendogli sbarrare gli occhi. Cercai di regolarizzare il mio battito
cardiaco e me ne andai dentro.
-Voi vi siete baciati?- ripeté con un tono alle ottave, inseguendomi. Alzai gli
occhi e, prendendo l’ascensore, cliccai sul pulsate quattro. Per mia sfortuna
riuscì ad entrare e a continuare con quello sguardo ostile. -Gradirei una
risposta- marcò per bene.
-Si, eravamo ad una festa, eravamo ubriachi
marci e ci siamo baciati- lo
accontentai, sperando che quel piano arrivasse il più velocemente possibile e
infatti mancava poco dato che era al secondo. A quelle parole sembrò quasi
calmarsi. Anzi si calmò del tutto. Finalmente quel suono stridulo arrivò e a
passo veloce andai nel mio appartamento.
-Ultima domanda- esclamò, chiudendo la porta. Sospirai, girandomi, e feci
accenno di proseguire. -Ti è piaciuto?-
Rimasi in silenzio per pochi secondi per poi
scuotere a malincuore la testa: volevo smetterla al più presto quel battibecco.
Anche se significava nascondergli un piccolissimo fatto: l’adorato.
-No, nulla. E sai perché? Perché io amo te e
sai benissimo che quando sono ubriaca non ragiono. Non volevo e mi dispiace- mi limitai, bonariamente. Lui annuì e, avvicinandosi, mi
lasciò un bacio sulle labbra. Ricambiai e quando ci staccammo, corrugai la
fronte confusa. Lui se ne accorse e scoppiò a ridere.
-Non m’importa. Ora sei qui con me, no? Ora
godendoci finalmente la nostra tradizione- concluse, cominciando a baciarmi il collo. Accennai una lieve risata.
*Louis*
-Zia Fizzy mi ha preso questo. Guarda che
bello- esclamò Sheyleen, facendomi ridere e
prendendo un orsetto di peluche abbastanza grande, tanto che ci poteva stare
tra le sue braccia. -Poi nonna questo qui- mi allungò una piccola felpa
bordeaux con il cappuccio e all’interno del pelo bianco. -E infine questo
sono tuoi- concluse, dandomi tre pacchetti, incartati con una carta
natalizia e un fiocco argentato, che spiccava. Sorrisi e gli accettai, però
prima presi mia figlia e la feci sedere sulle mie gambe.
-Mi aiuti?- le sussurrai, all’orecchio, prendendo il primo. Lei confermò con un
grande sorriso. Lo scartammo e ne uscì fuori un bellissimo maglione. Facemmo
così anche per il secondo, mentre per il terzo glielo lasciai fare a lei poiché
il mio cellulare iniziò a squillare.
Appoggiai Sheyleen sul divano e, prendendo
l’oggetto, andai a rispondere in cucina. Era Eleanor.
“Buon Natale, amore” esultò felice dall’altro capo del telefono. Sorrisi per
la sua felicità, tanto che mi prese.
-Buon Natale anche a te, bellissima- rispose, mettendo qualche ciotola sporca dal tavola nel
lavandino.
“Mi dispiace così tanto di non essere li con
te, ma hanno soppresso tutti gli aeri per la neve” ammise,
stringendosi le spalle davanti al caminetto del suo appartamento.
-Tranquilla, non fa niente- l’assicurai, sparecchiando e prendendo dalla dispensa
due bustine di cioccolato in polvere e dei marshmallow e poi dal frigo il latte
per una bella cioccolata calda.
Restammo al telefono per altri dieci minuti
dato che mi stava raccontando la sua giornata, mentre io preparai quella
bevanda per mia figlia, la quale stava oramai giocando con le bambole, regalate
dai ragazzi. Girai il liquido con un cucchiaio di legno quando mi chiese di
raccontare la mia di giornata e li mi limitai al massimo.
“Famosa cioccolata alla Tomlinson, dunque”
-Un bel modo di finire una giornata come
questa-
“Beh di sicuro Leen l’adorerà. Sappi che sei
cattivo mi hai fatto venire voglia di cioccolata ora” sbuffò, divertita. Accennai una lieve risata, spegnendo
il fuoco.
-L’ho appena spenta. Ora la metto nella
tazza- iniziai a provocarla, ricevendo un suono
stridulo da parte sua. -Sto aprendo la busta dei marshmallow-
“Lou, finiscila. Sei uno stronzo”
-Prendo la cannella-
“Louis!” scoppiammo a ridere insieme come due emeriti deficienti.
-Devo andare, El. Ci sentiamo domani, ok?- le proposi, appoggiandomi al livello della cucina con la
schiena. La sentì sospirare.
“Certamente. Ciao, Lou. Ti amo” terminò, mandandomi un bacio.
-Anch’io- conclusi, chiudendo la chiamata.
Mi voltai nuovamente verso le due
tazze con una cioccolata fumante, dei piccoli marshmallow dentro e panna
montata e un pizzico di cannella sopra a tutto. Le presi e me ne andai di là
con mia figlia. Le appoggiai al tavolino di vetro davanti al divano, mentre Sheyleen
andò a prendere dei film di Natale ed io una coperta pesate. Una volta messo il
film, ci coprimmo e iniziammo a degustarci l nostra cioccolata. Leen appoggiò
la testa sulla mia spalla e poi mi lasciò un bacio sulla guancia.
-Buon Natale, papà- affermò con quegli occhi azzurro/verdi intensi
rispecchiati nei miei azzurri. Sorrisi e scompigliandole i capelli la baciai
sulla nuca.
-Buon Natale, amore mio- ricambiai, mettendo poi il mio braccio intorno alla sua
spalla per tirarmela a me e sorseggiando un po’ di quella delizia.
*Brooke*
Le vacanze per mia sfortuna o fortuna e tutto
il mese di gennaio passarono abbastanza velocemente. Per capodanno raggiunsi la
mia famiglia per la tipica cena e poi cono alcuni compagni di università, che
abitavano da quelle parti, e amici di famiglia andammo a festeggiare il nuovo
anno in un piccolo locale di Bradford con i fuochi d’artificio allo schiocco
della mezzanotte. Eravamo praticamente tutti li e mi sono divertita un sacco
soprattutto tra le cavolate di Sharon, Mike, Ben e Lynn. Mi costa ammetterlo,
eppure mi erano mancati tutti tantissimo. Mentre il dodici gennaio ci fu il
compleanno di Zayn, e anche li una mega festa indimenticabile, come quella di
Harry qualche settimana fa. Erano bravissimi a organizzare feste, ma
soprattutto mi stupivo di quante persone conoscessero: pensavo che saremmo
stati una ventina massimo, invece per entrambe le feste saranno stati una
cinquantina a per uno. In ogni caso l’importante era che si fossero divertiti,
poi il resto era superficiale.
Oggi, venti febbraio, esattamente un mesi
dalle nozze, ero fuori con Paige e Perrie per le decorazioni. Quel giorno il
mio capo non c’era perché era a Lisbona per qualche riunione importante, così
tutti i miei impegni erano stati posticipati per qualche settimana. Eravamo in
un negozio carinissimo e mi stavo guardando in giro, quando mi vibrò il
cellulare. Lo presi curiosa e mi comparve una foto buffa di Sheyleen e Louis:
la piccola vestita come una piccola principessa della Disney e l’altro come un
cowboy. Scoppiai a ridere per la faccia di quest’ultimo. La foto era
accompagnata con una piccola frase:
“Carnevale stiamo arrivando! Aiutami, ti prego D:”
Perrie si avvicinò a me divertita e mi mostrò
il cellulare. C’era un’altra foto con Zayn e sua cugina, di cui il nome era per
me impossibile da pronunciare, vestiti per carnevale.
-Mi sa che tutti sono vestiti per Carnevale- rise la bionda, mostrandomi anche quelle inviate da
Megan e da Lottie. Scoppiai nuovamente a ridere, insieme a lei.
-Manca Niall, diamine-
-No, aspetta, so che Lux quest’anno voleva
andarci a questa festicciola, solo che Louise e Tom non potevano. Mi sa che
l’hanno chiesto a Niall- mi spiegò,
mentre Paige si unì a noi.
-Davvero? Allora mando subito un messaggio a
Lou- esclamai, facendo ridere la mia bellissima
bionda.
-Chi è Louise?- domandò confusa Paige.
-è la truccatrice dei ragazzi e Tom è suo
marito- rispondemmo a coro. Sentendo le nostre voci
una sopra l’altra, io e l’altra ragazza ci guardammo divertite. Scossi la testa
e continuai alla ricerca di qualche oggetto decorativo che mi potesse realmente
piacere.
-Posso esservi d’aiuto?- domandò qualche minuto dopo una dipendente, che lavorava
lì.
-Si, stavo cercando delle decorazioni per i
tavoli per matrimonio. Sa candele, fiori.. cose di questo tipo- risposi, facendola annuire lievemente. Mi disse di
aspettare qualche secondo visto che erano a corto di personale e la cassa era
alquanto piena di persone. Così andò a chiamare una sua collega per aiutarci.
Annuii solamente e continuai a guardare quelle piccole statue di vetro molto
belle finché non si sentii una voce acuta provenire da dietro di noi e una
figura di una ragazza abbastanza giovane avvicinarsi a noi. Aveva un’aria molto
conosciuta: magra di statura media, dei capelli nero avorio, che le cadevano
sulla schiena poco più sopra del sedere, due occhi chiari molto belli, che si
spalancarono lievemente. Aveva una maglietta dei Nirvana bianca e dei jeans
scuri, nascosti in parte dal grembiule simile al viola con il nome del locale,
impresso infondo. Corrugai la fronte e mi misi a braccia conserte. -Hey, ma
tu sei quella ragazza della macchinetta- ricordai, accennando un lieve
sorriso.
-Non so di cosa tu stia parlando- balbettò, indietreggiando lentamente.
-Sono sicura che sei tu- affermai decisa, mentre Paige mi guardò in cerca di una
spiegazione, che diedi molto velocemente. Pochi secondi dopo si aggiunse a noi
anche Perrie, che,per mia grande sorpresa, la vidi spalancare gli occhi in
maniera disumana.
-Pezz, tutto ok?- chiesi, mentre lei annuì poco convinta.
-Certo- titubò, cambiando completamente espressione con una alquanto cattiva e
delusa. La ragazza davanti a noi abbassò la testa e la portò da un’altra parte.
-Se avete bisogno di una mano, sarei felice
di chiamarvi una mia collega- si
svincolò velocemente la ragazza, andando a interpellare la ragazza bionda, che
stava mettendo a posto le scatole. Era una cosa strana quel comportamento, ma
decisi di lasciar perdere: avevo fin troppo da fare e il tempo stava per
scadere.
*Louis*
Stavo sorvegliando Sheyleen, che si stava
divertendo con Faith, una sua amichetta d’asilo, e Lux. Ero al banco delle
bevande e dato che era una festa per bambini, c’erano solo succhi di frutta.
Così io e Niall avevamo in mano un succo alla pesca e parlottavamo tra di noi.
Scoppiammo a ridere e, ammettendolo, ci stavamo divertendo tantissimo.
-Allora, manca un mese. Pensi di farcela?- mi domandò, portandosi il bicchiere di plastica rosso
alla bocca.
-Rispetto a quando l’ho incontrata, sta
ricordando molte più cose. Cerco di non perdere la speranza- risposi, imitandolo.
-La faccia di Dylan era fantastica però- commentò, ridendo. Risi anch’io, ricordando quella faccia
scandalizzata e scioccata quando aveva visto che avevo una bambina e che Brooke
ci andava tanto d’accordo. -Dalla serie, cavolo non lo posso uccidere, ma
quanto è figa quella bambina- proseguì, ridendo più forte. Scoppiai
nuovamente a ridere.
-Già- lo
assecondai, divertito. -Invece tu con Tiffany?- domandai con una punta
di malizia. Lo vidi sorridere beffardo e mi lanciò uno sguardo complice.
Accennai una lieve risata. -Capito, vah-
-No, beh, oddio. Si mi piace e poi è una
bellissima e bravissima ragazza.. Ma andiamo, se un giorno mi dovessi fidanzare
seriamente non sceglierei di sicuro lei- mi spiegò, alzando le spalle. -Aspetterei che Sheyleen diventa
maggiorenne e mi metterei con lei- mi provocò con un sorrisino divertito,
ricevendo uno sguardo omicida da parte mia.
-Provaci e ti spezzo le gambe- lo fulminai, dandogli anche un pugno sul braccio.
-Beh, adesso è una bambina talmente bella,
chissà come diventerà tra quattordici anni. Una figa assurda- proseguì.
-Niall- urlai, scandalizzato. Lui mi scoppiò a ridere in faccia, non
trattenendosi più. Scossi la testa e lo picchiai una seconda volta per tutte le
stupidaggini, che aveva detto. Le bambine si avvicinarono a no nel frattempo e
mia figlia mi prese la mano.
-Dai, papà, vieni- disse con quel bellissimo sorriso.
-Dai, Nialler, vieni- lo persuase Lux, prendendogli il braccio anche a lui. Ci
guardammo per un secondo e accettammo.
-Andiamo- esclamammo, prendendole per il fianco e con le loro risate portandole
in pista. Ci scatenammo come degli emeriti deficienti, anzi: sembrava che
eravamo tornati bambini.
La festa continuò per altre tre ore circa e
stavamo tornando a casa. Shey era crollata e stava dormendo sui sedili
posteriori, mentre io stavo guidando visto che la festa era un po’ fuori
Londra. Ero fermo al semaforo rosso, appena scattato, così decisi di prendere
il telefono per vedere se qualcuno mi avesse chiamato. Vidi una chiamata persa
da parte di Brooke con il suo messaggio vocale in segreteria. Il verde scattò
ed io lo misi in vivavoce con un tono leggermente abbassato perché non volevo svegliare
la piccola. La voce di Brooke si sentì perfettamente e mi chiedeva di
richiamarla appena potevo. Inarcai un sopracciglio confuso e mi fermai in
qualche secondo.
“Pronto?” titubò lei.
-Brooke, ho visto che mi hai chiamato. Che
c’è?-
“Dove sei?” domandò
direttamente.
-Sto tornando a casa, tu dove sei?-
“Dove posso pensare tranquillamente”
-Vuoi che ti raggiunga?-
“Ti prego” scoppiò a piangere. Spalancai gli occhi e iniziai a
preoccuparmi.
-Arrivo, dimmi semplicemente dove sei-
“Alla nostra rupe” rispose, prima di attaccare. Sospirai e, fissando per
qualche secondo Sheyleen, ingranai la marcia, dirigendomi dalla ragazza.
Ci
misi quasi dieci minuti ad arrivare e quando lo feci, vidi la sua mini
parcheggiata li e lei a qualche metro di distanza seduta a terra con il viso
nascosto tra le ginocchia e lo sguardo fisso all’orizzonte. Spensi il motore e,
scendendo dalla macchina e chiudendola, la raggiunsi a passi silenziosi. Mi
inginocchiai e le misi un mano sulla spalla.
-Hai fatto in fretta- commentò, stringendosi le gambe al petto.
-Ero di strada- risposi, sedendomi accanto a lei, la quale appoggiò la
sua testa sulla mia spalla.
-Grazie per essere qui- mi sussurrò, sfregandosi le mani sulle braccia. Sorrisi
istintivamente e la tirai a me, abbracciandola per riscaldarla un po’.
-Figurati. Sei gelata, da quanto sei qui?- chiesi.
-Più o meno un’ora e mezza. Invece tu,
cowboy, com’è andata la serata?- mi
domandò divertita per il mio costume. Accennai una lieve risata e alzai
lievemente le spalle.
-Bene, dai. C’era Niall che mi faceva
compagnia-
-Lo so, Louise mi ha mandato una foto anche
di lui. Devo dire che tra tutti il suo è il migliore come costume-
-Mi sento offeso sappilo-
-Pura verità. Il suo look da “non me ne
importa nulla di questa stupida festa” è il migliore rispetto ad un cowboy, un
Batman, un indiano e.. Quello di Harry non ho ancora capito cos’era- confessò, ridendo. La imitai.
-Credo che doveva essere Miley Cyrus, ma non
ne sono sicuro- risi, ricordando la foto mandata da mia
sorella con il mio amico in salone con un guantone bianco nella mano destra e
una faccia ridicola. -Credo che il suo scopo era quello di spaventare la
gente- trassi le conclusioni, sorridendo divertito. Udii la sua risata
cristallina catturare quel posto talmente silenzioso.
-Povera, Lottie-
-Non direi, lei era vestita da Lady Gaga- replicai, divertito poiché Harry, per vendicarsi, ha
mandato una foto di mia sorella a me e ai miei amici mentre si specchiava allo
specchio. Anche Liam lo imitò dato che mi ritrovai la foto di Megan vestita da
catwoman.
-Harry è uno stronzo- affermò, ridendo.
Le nostre risate era le uniche cose che si
potevano ascoltare.
-Mi dispiace per non essere venuto con te per
le decorazioni-
La sua espressione mutò completamente,
diventando troppo seria anche per me. -Hey, che c’è?- aggiunsi,
scuotendo il suo viso con la mia spalla, appoggiato ancora ad essa.
-Penso che a volte sto correndo troppo veloce.
Soprattutto da quando sono qui a Londra-
ammise, stringendosi a me. Percepii una piccola scossa, oltre al solito battito
cardiaco accelerare e una sensazione di contorsione allo stomaco, e una forma
di bisogno, che necessitava. Così la strinsi forte, incoraggiandola.
-Semplicemente hai paura. Hai paura di
ritrovarti a vivere una vita che non sognavi. Ma devi tranquillizzarti perché
se hai accettato sei sicura del tuo futuro con lui; sei sicura che svegliandoti
alla mattina non troverai dei motivi per odiare questa scelta. Sei
semplicemente sicura del tuo amore per lui e di quello che ricevi- le dissi, provocandomi un malessere istantaneo, ma non
volevo vederla in quelle condizioni. - Inoltre se non ti calmi, ti vengono
le rughe. Ti ci vedi camminare per l’altare con un paio di rughe?- tentai
di tirarla su di umore e ci riuscii. Difatti un piccolo sorriso s’impossessò di
quell’aria talmente seria, che aveva.
-Come farei senza di te?- commentò, lasciandomi un bacio sulla guancia. Sorrisi
gentilmente.
-Beh, modestamente- mi pavoneggiai, fissando con un’aria di superiorità le
mie unghie, per poi alitarci sopra e passarmele sulla spalla destra. Brooke si
alzò da quella sinistra e mi fissò con un’aria divertita. Mi spintonò,
facendomi cadere sull’erba fresca. La fissai sconvolto e, strappando qualche
ciuffo di erba, gliela tirai addosso.
-Ah si? Non ti basta l’acqua, anche le
foglie? Bene Tomlinson d’ora in poi è guerra aperta- annunciò, alzandosi e
indicandomi con un tono talmente serio, che scoppiò a ridere subito. Mi tirai
su e, annuendo ad ogni singola parola che mi diceva, la presi per la pancia,
iniziando a girare su me stesso. Le nostre risate tornarono a popolare quel
silenzio.
*Autrice*
Mentre quei due stavano girando, c’era una
piccola bambina in macchina del ragazzo, che li guardava con due occhi
sognanti. Infatti la piccola Sheyleen si era svegliata alle prime risate udite
e si mise a fissare il suo papà con Brooke. Lei era sempre più convinta che
quei due si piacessero a vicenda e questo fatto la rendeva super felice poiché
sentiva che Brooke era giusta per il suo papà. Duranti i primi tre anni,
lei vedeva il suo papà talmente triste,
che si arrivava a incolparsi da sola per quanto una bambina si possa incolpare.
Ma da quando era arrivata Brooke, la piccola Sheyleen vedeva suo padre ogni
giorno più felice, sereno e in pace con se stesso. Come se tutti i tasselli
storti di quei quattro anni si stavano consolidando finalmente in qualcosa di buono.
Sheyleen sorrideva a quella dolcezza, li fissava e infine sperava, anzi no,
pretendeva che quei due si mettessero insieme perché sapeva che nessun altro a
parte Brooke riusciva a rendere felice il suo papà.
Buona sera a tutte :D
Come state?
Eccovi il diciasettesimo capitolo di Remember When.
Beh che dire? Brooke, infuriata, decide di dire del bacio a Dylan, che
stranamente l'ha presa alla leggera.
Poi Louis e Sheyleen a Natale *^*
Poi c'è Carnevale. Sinceramente la parte di Niall e Louis è una delle mie preferite u.u
Comunque, l'importante è cosa ne pensate voi. Allora che ne dite? Vi è piaciuto?
Me lo fareste sapere attraverso una piccola recensione? Pleeeaaaseee
*occhidacucciolo*
Prima di andarmene due cose: la prima volevo ringraziare: le persone che l'hanno messa tra i
seguiti/preferiti/ricordate; le persone che la recensiscono e ovviamente chi la
legge. La seconda avete visto il video di Steal my girl? Io sii *^*
Lo ammetto sto pianificando di rubare quella scimmia a Louis u.u
é dolcissima, c'è! Poi insieme a Louis dovrebbe essere illegale mettere in un video cosi tanta dolcezza u.u
Sono l'amore quei due! Basta io shippo Loummia (?) O.o
Ok, meglio che la finisco di smerdarmi da sola e concludere qui con le stupidaggini D:
Spero di trovare più pareri in modo tale da capire come sta andando e se devo
modificare oppure aggiungere qualcosa :)
Ci vediamo al prossimo aggiornamento.
Ciaoo :D xx
(Nialler *^*)
(Dylan *^*)
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
zhhhahaha
Capitolo
18:
We’ll take this way too far
It’ll leave you breathless
Or with a nasty scar
(Blank Space by
Taylor Swift)
*Brooke*
Mi svegliai per bene su quel letto morbido.
Focalizzai per bene la stanza in cui mi trovavo e notai che non era la mia. Mi
sedetti per bene e con un sorriso involontario ricominciai a pensare a ieri
sera. Poi guardai l’ora sul cellulare e decisi di alzarmi per preparare la
colazione per quelle due persone che vivevano qui. Mi misi le All Star,
che avevo ieri sera, e con la maglietta di Louis, che mi faceva da vestaglia,
andai in cucina. Considerando che era venerdì, tra poco si sarebbero svegliati
tutte e due dato che la piccola Shey doveva andare all’asilo. Così feci veloce.
Aprii il frigo tirando fuori qualche uova per le uova strapazzate e del bacon
per grigliarlo. Mi diressi per prendere le padelle e il tosta pane con il
pancarré. Nel piatto fondo, iniziai a sbattere le uova con qualche cucchiaio di
latte, mentre in una padella anti aderente cominciai a friggere la pancetta con
il suono che adoravo. Misi il pane nel tostapane con il cronometro e continuai
a sbattere le uova, per poi, togliendo prima la pancetta, le misi nella
padella, girandole sempre. Una volte pronte, presi dalla dispensa e dal
frigorifero dei succhi e apparecchiai. Quando mi voltai per apparecchiare vidi
la figura di Louis studiarmi attentamente. Mi portai una mano al cuore per lo
spavento.
-Dovresti smetterla di apparire così
all’improvviso- lo ripresi, appoggiando la bottiglia di
vetro con il succo sulla tavolata.
-Dovrei smettere di fare tante cose. Comunque
buon giorno anche a te- rise,
facendomi un accenno con la mano e mettendosi in posizione eretta. Scossi la
testa con un sorriso e, spegnendo il fuoco dietro di me, mi avvicinai a lui,
lasciandogli un bacio sulla guancia.
-Buongiorno- salutai con un sorriso. -Cambiato boxer?- lo provocai
perché l’ultima volta, che l’avevo visto in mutando, erano neri, invece ora
sono si un grigio leggermente scuro.
-Solo per te, amore- replicò, facendomi l’occhiolino. Scoppiai a ridere e gli
diedi un piccolo spintone. -Sai, sei troppo manesca-
-Solo per te, amore- pronunciai lei sue parole, dandogli poi le spalle e
ritornando ai fornelli.
-Ti sta bene la mia maglietta-
-Beh, modestamente-
-Ma cosa ti sei mangiata oggi? Pane e
simpatia- ironizzò, ridendo e sedendosi a tavola.
-In realtà non ho ancora mangiato, ho
aspettato te e Sheyleen. Questo è l’effetto mattutino- feci l’occhiolino.
-Povere Paige, Tina e Queen che ti devono
sopportare-
-Molto simpatico- commentai spigolosa, sedendomi davanti a lui.
-Come sempre- aggiunse. Portai lo sguardo al cielo e vidi la figura di
Sheyleen comparire in cucina con il suo pigiama con i pinguini, i quali sono i
suoi animali preferiti, e un orsacchiotto tenuto dal braccio sinistro e con la
manina destra che si stropicciava gli occhi. Mi si sciolse il cuore da quanto
era tenera. Louis le baciò la fronte per salutarla.
-Buongiorno amore- esclamò, prendendo il suo orsacchiotto e mettendolo
accanto a lui. Lo guardai confusa, invece lui mi mimò che era normale. Annuii
per dargli ragione, mentre accanto a me si sedette la piccola, la quale era
inginocchiata sopra la sedia.
-Buongiorno Shey- la salutai, lasciandole un bacio sulla guancia.
Ci sorrise a entrambi e iniziò a perlustrare
il territorio per poi prendere la fetta di pan tostato con sopra la nutella. Le
versai nel bicchiere un po’ di succo e così che incominciammo a fare colazione.
-Alla fine ieri, hai avvertito qualcuno che
rimanevi qui?- chiese Louis, mettendosi nel piatto le uova
e un po’ di bacon. Scossi la testa visto che stavo mangiando un pezzo di pane,
però mi misi una mano davanti ad essa per rispondere.
-Ho il telefono con poca batteria. Mi
meraviglio di come sia arrivato a questa mattina- risposi.
-Vuoi il caricatore?- chiese, inclinando la testa.
-Ce l’hai?- domandai stupefatta dato che lui non aveva il genere di cellulare.
-Credo di si.. Dopo te lo cerco- affermò, indicando il salone.
-Grazie mille- esclamai con un sorriso riconoscente.
Improvvisamente suonarono alla porta di casa
e tutti portammo lo sguardo verso essa. L’unico che si alzò fu Louis, che andò
ad aprire, mentre io e Sheyleen ci guardammo in modo complice: togliendogli dal
piatto la pancetta, che andò a lei, e il pan tostato con burro e marmellata,
che lo presi io e lo misi dietro di me. Si udirono delle urla e dei passi
movimentati.
-Buongiorno Tommo, dormito bene?- fu la voce squillante di Zayn.
-Ehm.. Si.. perché urlate?- domandò confuso il diretto in questione, facendoci
ridere.
-Ospiti?- domandò Liam, sentendo le nostre risate.
-Solo Brooke- rispose, alzando le spalle.
-Sappi che ti sento- gli urlai, scuotendo la testa.
In cucina entrarono tutti i ragazzi con le
rispettive fidanzate: Perrie, Megan e Lottie salutarono prima la bimba e poi me
con bacio a guancia. L’ultima osservò il pane dietro alla mia schiena e corrugò
la fronte. Scossi la testa per tranquillizzarla ed entrambe scoppiammo a
ridere.
-Buongiorno bellissime- esclamò Niall, andando a prendere in braccio Sheyleen,
la quale non sembrava essere dispiaciuta. Anzi gli portò alla bocca un pezzetto
di pane con la nutella, che fu subito mangiato da lui.
-Ok, ci di vuoi due mi ha preso il mio bacon
e il mio toast?- chiese, guardandoci in modo cagnesco. Io e
la bambina scoppiammo a ridere, riporgendogli il pane rubato. Mentre lei le
fece vedere il pezzetto di bacon rimasto. La povera vittima scosse la testa e
guardò i suoi amici. -Beato tra le donne dicevano- commentò, bevendo il
suo succo e facendo ridere tutti.
-Comunque, bellissima se hai finito vai a
prepararti che ti accompagno all’asilo- disse
il biondo alla bimba, che annuì e corse di sopra.
-Se volete, vi posso fare qualcosa da
mangiare- mi proposi, vedendoli li.
-No, tranquilla Bis, abbiamo già mangiato- rispose Perrie, che si sedette sulle gambe del
fidanzato, il quale le lasciò un bacio sulla spalla.
-Ora fai come questa fosse casa tua?- mi domandò Louis, sarcastico, appoggiando la schiena
sullo schienale della sedia e facendo ridere i presenti, me compresa.
-Non posso?- lo provocai, divertita.
-Con chi mi tocca avere a che fare- disse indirettamente, scuotendo la testa.
-Andiamo Lou, oramai tu non comandi più.
L’epoca degli uomini è estinta-
esclamò Megan sulle gambe di Liam.
-Hey- la
ripresero tutti i maschi presenti.
-Pura verità- acconsentì Lottie.
-A piedi, ricordati amore- la minacciò Harry, che la stava fissando uno sguardo
sfida.
-Senza cibo amore, ricordatelo- fece lei, incrociando le braccia al petto.
-Comunque, ragazzi per l’intervista, Paul ha
detto alle dieci e un quarto davanti alla BBC- li informò Zayn, mentre gli altri annuirono.
-Cavolo, che ore sono?- mi ricordai del mio impegno di quella mattina con Karol
e Sebastian, i due segretari del mio piano nell’azienda in cui lavoravo.
-Circa le otto, perché?- mi rispose Liam, facendomi spalancare gli occhi.
-Merda. Devo andare: ho un appuntamento con
due miei colleghi. Ti dispiace se te li laverò la prossima volta i piatti?- chiesi, alzandomi dalla sedia. Lui scosse la testa.
-No, tranquilla, vai pure- mi sorrise Louis.
-Grazie, mi stai salvando- esclamai, baciandogli la guancia e correndo di sopra.
Iniziai a vestirmi di fretta e furia con le robe della sera precedente. Mi
guardai allo specchio per un’ultima controllata e, prendendo tutte le mie cose,
corsi di sotto, salutando tutti prima di andare via. Salii in macchina e,
ingranando la marcia, mi diressi all’ufficio, in cui dovevo essere li prima di
un quarto d’ora.
*Louis*
Stavo sparecchiando con quel chiacchiericcio
allegro sviluppato solo in cucina. C’era Lottie, che mi aiutava, mentre tutti
gli altri, eccetto Niall e Liam, che avevano accompagnato Sheyleen a scuola,
stavano discutendo allegramente.
-è strano- trasse le conclusioni Harry, alzando le spalle.
-Che cosa?- chiese Megan, dandogli la sua attenzione. Sciacquando l’ultimo piatto,
spensi il getto d’acqua e lo guardai in attesa, che continuasse.
-Riavercela dopo ben tre anni. Solo a me fa
strano?- proseguì il riccio, stringendosi le spalle.
-Mi ritrovo a concordare con lui- confermò Zayn, annuendo. Mi strinsi le spalle e guardai
avanti.
-Già-
acconsentii. Mia sorella mi posò la sua testa sulla mia spalla. Le lasciai un
bacio prima di replicare nuovamente. -Andiamo, dai. Liam e Niall ci staranno
aspettando allo studio- conclusi. Loro annuirono e si alzarono da tavola
pronti per andare. Mi limitai ad annunciare che mi sarei vestito e li avrei
raggiunti in pochi minuti.
Una volta pronto, presi le chiavi della
macchina e qualche cambio per Sheyleen poiché sapevo benissimo che se doveva
venire in studio, voleva il suo pigiama per stare più a sua agio. Chiusi la
porta a chiavi e me ne andai al lavoro. Ci impiegai una decina e come al solito
dei paparazzi erano accampati li. Sospirai infastidito, spegnendo il motore e
uscendo dalla mia auto, e con le mani in tasca raggiunsi l’entrata. Come una
calamita, li attirai tutti su di me e cominciarono a farmi domande su domande.
L’unica, che riuscii a captare, mi fece gelare sul posto.
-Louis è vero che Brooke è venuta a reclamare
sua figlia?- domandò uno di loro. Spalancai gli occhi in
maniera disumana. Tutti lo fissarono per pochi secondi e decisero di proseguire
su quella strada. -Si, Louis. Sheyleen a chi andrà? Come ci si sente a
perdere tua figlia- aggiunsero, comprimendomi. Cercai di riprendermi il
prima possibile, ma non ci riuscii. Ero intrappolato. Mi voltai lentamente e
boccheggiai qualcosa con l’intento di farli andare via, eppure non ci riuscii.
-Hey, ma voi sempre qui siete? Non vi
stancate? Andatevene!- urlò una voce
profonda, correndo al mio aiuto. Per mia fortuna era Paul, il quale fece segno
ai giornalisti di allontanarsi. In un primo momento non lo fecero, sebbene poi
ci rinunciarono alla mia risposta e si volatilizzarono. L’uomo si avvicinò a me
e mi appoggiò una mano sulla spalle. -Lou, stai bene?- mi sussurrò
preoccupato. Sbattei più volte le palpebre e annuii distrattamente, incassando
i colpi lentamente.
Mi diede un piccola spinta ed entrambi raggiungemmo la
nostra sala, popolata da risate e da tante persone, che si stavano rilassando
in quei minuti di pausa. Entrammo e mi andai a sedere sul divano accanto ad
Harry, nascondendo il mio viso dietro alla sua spalla.
-Che stai facendo?- domandò divertito. Gli morsi la pelle lievemente e mi
strinsi a lui.
-Sei per caso stato morso da un vampiro?- intervenne Liam, guardandoci e facendo ridere tutti in
quella stanza.
-Tu sei l’ultimo a parlare Liam. Ti stringi a
Megan così quando vuoi qualcosa da lei. E di solito è sesso- risposi con un tono terrificante sempre nella stessa
posizione. Le risate crebbero.
-Grazie, Lou. Molto gentile- rispose sarcastico il diretto interessato.
-Buoni, buoni- si intromise Sean, il nostro produttore, ridendo. -Subito
in sala, dai- ci annunciò, perdendo tutta l’allegria.
-Che la tortura possa iniziare- ci sussurrò Niall, entrando nella cabina e mettendosi le
cuffie.
-Se non te ne fossi accorto, ci posso
sentire- lo riprese il nero. Il biondino gli mandò un
bacio voltante. -Ruffiano- commentò, sedendosi sulla sedia e facendo
partire la base di una canzone.
Fu in quel esatto momento che la tristezza e
la preoccupazione, che mi avevano messo quei giornalisti, se ne andarono
completamente.
*Brooke*
-Grazie mille. A mercoledì, allora- ringraziai gentilmente e cortesemente i progettisti di
quella riunione. Loro ricambiarono e se ne andarono soddisfatti. -Me lo
potevate dire che c’erano anche loro- ripresi pochi minuti dopo i due
segretari, Karol e Sebastian, i quali scoppiarono a ridere.
-L’abbiamo saputo da poco anche noi- si giustificò il quarantenne, stringendosi le spalle. Lo
fissai con un’espressione per dirgli “ma mi stai prendendo per il culo?”
e lui se ne accorse. Difatti si avvicinò, mi mollò un bacio sulla guancia e se
ne andò.
-Non attacca, Seba’- urlai per farmi sentire e ricevetti da lui un pollice in
su. Scossi la tesa rassegnata e mi accosciai sulla scrivania di Karol, che mi
passò una mano tra i miei capelli castani.
-Sei stata bravissima, cara- si congratulò con
un piccolo sorriso. Ricambiai molto volentieri e prima che potessi aggiungere
qualcosa, arrivò una chiamata. Lei mi fece segno di aspettare e rispose.
-Si, qui parla Karol Manson della London
Architect design, che posso fare per lei?- disse, appoggiando la cornetta tra l’orecchio e la
spalla. Annuì poche volte anche perché durò un manciata di minuto, visto che
poi me lo passò. Mi mimò il nome di mio cugino. Inarcai un sopracciglio
confusa, seppur accettai. Mi spiegò velocemente ciò che stava succedendo e che
aveva bisogno di una mano.
-Capito, arrivo- conclusi la chiamata, passando l’oggetto alla donna
cinquantenne di fronte a me. -è un urgenza. Mi copri tu?-
-Certamente, vai- confermò, facendomi l’occhiolino. Sorrisi piena di
gratitudine e le lasciai un tenero bacio sulla guancia.
Passai per il mio
ufficio per prendere le mia cose, ossia il mio cappotto e la mia borsa, e poi
corsi subito alla macchina. Era quasi mezzogiorno ed ero più che certa che le
ragazze erano al loro stage di lavoro ad Oxford e Dylan a lavoro. Non mi andava
per nulla fare il viaggio da sola. Perciò ci fu un’immediata sosta a pochi
kilometri dalla mia azienda. Superai quel semaforo verde e svoltai a sinistra,
dandomi davanti a me la visuale un palazzo con in cimo un grosso marchio: SYCO.
Parcheggiai e, scendendo e chiudendo la macchina, corsi all’interno
dell’edificio. Ero fortunata quel giorno poiché avevo delle semplici ballerine.
Una volta dentro come d’abitudine salutai Jennifer, la segretaria all’entrata
molto gentile, e andai all’ascensore, chiamandolo. Arrivò in pochi istanti e
dentro pigiai sul pulsante tre per il terzo piano. E poi solita strada. Alla quarta sala, entrai con un sorriso.
-Heilà- urlai, aprendo le braccia. Tutti scoppiarono a ridere.
-Hey, Brooks- cambiarono il saluto, anche se la mia concentrazione
andò sul castano sdraiato sul divano con un’espressione abbastanza seria.
-Mi sa che qualcuno ha bisogno del tuo aiuto- esclamò Zayn, indicando appunto Louis.
-Che è successo?- domandai, confusa.
-è incavolato perché nessuno di noi vuole
abbracciarlo- rise Harry, confessando tutto. Louis si alzò
di scatto e lo bruciò con lo sguardo.
-Traditore- mentì, scuotendo la testa.
-Comunque- attirai la loro attenzione. Mi avvicinai al castano e, abbassandosi al
suo livello, gli sorrisi innocentemente. -Vuoi venire con me?- gli
chiesi. Lui strabuzzò gli occhi.
-Dove?- replicò confuso, mettendosi seduto per bene.
-A casa mia- mi limitai, anche se lui non lo sapevo. -Ho voglia di
compagnia. Sono tutti via- lo anticipai con un piccola vocina.
-Bell’ingrata che sei. Mi hai pensato per
ultimo- esclamò, scuotendo la testa. Tutti
scoppiarono a ridere, mentre io gli mollai uno schiaffo sul ginocchio.
-Ti prego, vieni- lo scongiurai, sbattendo più volte le palpebre come una
bambina.
-Va bene- confermò, alzandosi e sistemandosi la felpa.
-Perfetto, grazie. Noi andiamo. Ci vediamo
stasera- terminai la visita velocemente e presi poi
il braccio del ragazzo, tirandolo e facendolo quasi cadere. Ci furono nuove
risate e delle incitazione da parte di Niall, che mi facevano divertire. Beh,
per Louis, non tanto.
Una volta usciti da li, ci dirigemmo all’ascensore, che
aprì le sue porta all’istante. Una volta dentro, premetti il pulsante per il
piano terra e il silenzio cadde tra di noi.
-Sei inquietante quando non parli- commentai, stringendomi le braccia al petto.
-Scusa, è stata una giornata pesante-
-è solamente mezzogiorno- gli feci notare con un piccolo sogghigno. Gli scappò un
piccolo sorriso e ne fui soddisfatta.
-Dov’è il tuo sposo?- domandò, stringendosi le spalle e guardando da un’altra
parte.
-Aveva da fare- risposi con un accenno di melanconia, fissando i bottoni
di quella cabina. Ed ecco che di nuovo il silenzio si rimpossessò di noi due. Ci
fu un suon stridulo, che ci fece capire che il nostro piano era arrivato, e
entrambi ce ne andammo da li.
Fuori dall’edificio ci furono tre paparazzi, che
si fiondarono subito su di noi. Louis mi prese la mano e mi tirò a sé.
-Abbassa il viso e mettiti davanti i capelli- mi sussurrò, preoccupato. Lo feci senza ribattere,
mentre lui mi appoggiò sulla testa la sua felpa. -Tua o mia?- domandò
sempre con quel tono dolce e rassicurante allo stesso tempo.
-Mia-
risposi, accennandogli con l’indice il fondo della strada. Il ragazzo annuì e
sotto i flash e le stressanti domande dei paparazzi ci dirigemmo alla mia
macchina. Mi stringeva forte a sé e quel calore famigliare mi faceva sentire
davvero bene. Il suo profumo di Hugo Boss mi invase le narici e mi
sentivo come se fossi già a casa.
-Louis che fai, tradisci Eleanor?- si udì, facendomi scattare gli occhi su di lui, il quale
aveva il viso contratto e data la presa, che diventava sempre più forte, si
stava innervosendo. -O mio dio! Ragazzi, è Brooke- urlò un altro.
Spalancai gli occhi e stavo per alzare completamente il viso, facendolo
scoprire. Ma fortunatamente non me lo permise.
-Non ci provare. È questo che vogliono- mi ordinò a bassa voce, aprendomi lo sportello. Mi stavo
spaventando e se ne accorse. -Ascoltami, è la tua prima volta. Ma io sono
qui. Aggrappati a me, fidati di me. Andrà tutto bene- mi rassicurò con quel
tono dolce. Mi sciolsi completamente e non seppi neanche come le mie braccia
andarono intorno al suo collo, stringendolo. Sentii che ricambiò molto
volentieri. -Ci sono. Ora, giù la testa e partiamo- sorrise, incrociando
i nostri occhi. Fortunatamente quel contatto poteva essere vista solo da noi
poiché i giornalisti si misero davanti a Louis per avere una visione completa e
quando provarono ad avvicinarsi. Noi fummo più veloci. Il cantate mi chiuse la
portiera e, facendosi spazio, entrò poi in macchina. Ingranò la marcia e il più
velocemente possibile, arrivando al semaforo.
*Louis*
Stavo per svoltare nuovamente per il suo
appartamento, ma mi bloccò, indicandomi una strada completamente diversa.
Inarcai un sopracciglio confuso, tuttavia decisi di seguirla.
-Ma casa tua era dall’altra parte- costatai, mettendo la terza marcia. Lei fece spallucce e
mi sorrise innocentemente. -Bis, dove stiamo andando?- chiesi nuovamente
con un tono leggermente allarmato. Lei sospirò.
-A Broomfields- rispose in un primo momento. Poi aggiunse. -Mio
cugino, Seth, ha una cosa da mostrarmi e devo aiutarlo- si bloccò per
qualche secondo. -Non potevo dirgli di no- concluse con un piccolo
sorriso. Spalancai gli occhi e li portai subito su di lei.
-Che?-
esclamai con voce strozzata e sperai davvero di aver capito male. Lei accennò
una lieve risata e poi riconfermò le esatte parole. Mi stavo preoccupando
perché non volevo vedere di nuovo i suoi genitori. Non volevo che il padre
scoprisse il mio piano, dato che lui era sempre stato contro di me e della mia
di famiglia. Non volevo semplicemente entrare in quella casa anche se ci
fossero solamente Elisabeth e Seth, gli unici due che mi avevano appoggiato e
sostenuto. In quel momento mi ammutolii completamente e tiravo dei leggeri
sospiri col naso.
-Tranquillo. Ci saranno solo mia sorella e
lui. I miei sono a lavoro fino a tardi- mi
assicurò come se mi leggesse nella mente.
-Sono costretto non è vero?- chiesi, afflitto. Lei confermò con un piccolo sorriso
incoraggiante.
-Dai, ti divertirai. Elisabeth e Seth sono
formidabili insieme- affermò, accennando una lieve risata. La
imitai perché li conoscevo davvero bene. “Lo so cara mia. Lo so” Esclamai
nella mia mente. Così, sconfitto, ci dirigemmo in quel paesino
in circa due ore e sotto le indicazioni della ragazza. Speravo con tutto il
cuore che sarebbe passata molto velocemente e senza impicci. Eppure percepivo
solo guai.
Buona sera :D
Eccovi il diciottesimo capitolo di Remember When.
Come si vede il rapporto tra Louis e Brooke si è rafforzao
sempre di più. Per non parlare del fatto che Sheyleen l'adora.
Si aggiungono anche i paparazzi, che fanno delle esclamazioni poco gradite u.u
In ogni caso, come vi è sembrato?
Sinceramente, non mi piace più di tanto, ma va beh :)
L'importante che sia piaciuto a voi.
Detto questo, vorrei ringraziare le persone meravigliose che l'hanno messa tra: Seguiti/Preferiti/Ricordate.
Le persone che la recensiscono, e chi la legge.
Vi ringrazio di cuore :*
Mi fate sapere cosa ne pensate?
Magari lasciandomi qualche recensione? Anche di qualche linea va benissimo *^*
Spero di pubblicare il prossimo molto presto.
Grazie per la vostra attenzione,
Ciaoooo xx
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
ihuytrdtfyguhiojgy
Capitolo
19:
Fanno male, fanno male le
parole
soprattutto quando sono
troppo presa,
in quei giorni dove piangere
è assoluto.
Tiri fuori da me il peggio e
son dolori.
Il mio mondo crolla e non so
cosa fare
(Non devi perdermi by Alessandra Amoroso)
Parcheggiai davanti alla prima casetta a
schiera indicata dalla proprietaria. Spegnendo il motore, percepivo sempre di
più il mio cuore aumentare e l’ansia assalirmi. Non ero affatto fiducioso delle
raccomandazioni di Brooke perché con la sfiga, che c’ho, potrei davvero
incontrare suo padre. Sospirai e voltai lo sguardo sul sedile vuoto accanto a
me, visto che la ragazza era sgattaiolata fuori da essa. Inarcai un
sopracciglio e la ritrovai alla mia portiera. Mi portai una mano al cuore e
scossi la testa. Aprendo la portiera, Brooke udì il mio impreco.
-Molto gentile- commentai, uscendo e porgendole le chiavi della sua
macchina.
-Dai andiamo pigrone- esclamò, prendendomi la mano. Annuii distrattamente e
tentai di regolarizzare il mio battito.
Davanti alla porta, lei tentò di
aprirla, ma era chiusa a chiave. Così suonò e sbuffò contemporaneamente. Questo
mi fece scappare un piccolo sorriso durante tutta quell’ansia. Ad aprire ci fu
una figura famigliarissima, che mi fece tirare un sospiro di sollievo. C’era
una ragazza con i capelli castani chiari e due occhi verdi spalancati in
maniera disumana.
-E tu?- balbettò più a me che alla sorella.
-Seth aveva bisogno di me- cominciò Brooke, alzando le spalle, e poi notando il suo
sguardo ostile su di me, mi mise una mano sulla schiena. -Lui è Louis. È
venuto a farmi compagnia. Louis lei è mia sorella Elizabeth- ci sorrise
entrambi. Ricambiai sia a lei che alla ragazza davanti a me, la quale aveva un
bellissimo sorriso stampato in faccia. Quest’ultima si fece da parte per farci
entrare.
-è un piacere. Brooke mi ha parlato molto di
te- disse Elisabeth, allungandomi la mano.
L’accettai divertito.
-Lo stesso vale per me. Ah, ti ringrazio per
i regali- mi ricordai, alzando le spalle.
-Ma figurati. Alla bimba è piaciuta la
collana?- mi domandò, entusiasta. Confermai con un
grande sorriso. -Ne sono contenta- concluse, stringendosi le spalle. Un
piccolo gesto mi fece accennare una lieve risata.
-Comunque, Seth?- chiese Brooke, guardandosi intorno.
-Di sopra. Si sta scervellando, ti prego
vallo ad aiutare- rispose, facendoci nuovamente ridere. Lei
acconsentì divertita, poi spostò lo sguardo su di me, indecisa sul cosa fare.
-Tranquilla, vai pure- l’incitai.
-Sai cosa? Invece di annoiarci qui: ti porto
a fare un giro- intervenne a nostro favore l’altra ragazza.
Brooke inarcò un sopracciglio titubante.
-Si mi piacerebbe- confermai, sorridendo alla grande.
-Visto? Dai sorellina te lo riporto intero-
-Ci spero-
-Non ti fidi, dunque-
-Era sottointeso- rispose ovvia, facendomi ridere. -Divertiti- mi augurò
con l’occhiolino. Annuii con un piccolo sorriso. Lei se ne andò, salutandoci
per l’ultima volta.
Il silenzio durò per qualche secondo a causa del leggero
imbarazzo, ma svanì quasi subito.
-Ciao, Elly- la salutai di nuovo con mezzo sorriso. Lei abbassò il
-Ciao, Lou- balbettò. Mi avvicinai e l’abbracciai di scatto. -Mi dispiace per
tutto- scoppiò a piangere.
-Non fa nulla.. è tutto passato- la rassicurai, sfregando la mano sulla sua schiena.
-Per colpa tua ora sembro un panda- si lamentò, scuotendo la testa vicino al mio petto.
-I panda sono coccolosi- sdrammatizzai, accennando una lieve risata. Lei si
staccò e mi mollò un pugno sul braccio. Alzai le spalle per giustificarmi e lei
si ripulì dalla matita e mascara leggermente sbavate. Si guardò intorno e poi,
andando nella stanza vicino per prendere il suo giaccone e la sua borsa,
ritornammo vicino alla porta di ingresso. Urlammo un saluto per Brooke, la
quale ci rispose nello stesso modo.
Una volta fuori casa, Elly mise il suo
braccio sotto il mio e ci recammo a fare un giro. Mi facevo trasportare da lei
considerando il fatto che non sapevo nulla del posto. Per tutto il tragitto, fatto
a piedi, parlammo del più del meno e di cose accadute in quei lunghissimi tre
anni. Mi raccontò che il suo fidanzato, nonché padre di Will, non si faceva
vedere perché non voleva passare la sua vita a fare il padre. Soprattutto alla
sua giovane età di ventisette anni: voleva solamente divertirsi. E
improvvisamente mi domandai che razza di persona fosse diventata visto che
quando ci avevo scambiato qualche parola negli anni precedenti, era chiaro come
il sole che amava sia Elly che Will. Cosa gli era capitato, allora? Scossi la
testa e la strinsi di più. Al mio contrario gli spiegai un po’ la mia storia
con Eleanor e di come l’avessi incontrata. La vidi sorridere gentilmente e
dolcemente per tutto il racconto. Terminato, commentò di essere felice per me. E
proseguimmo con cose del genere. Ci furono risate e battute. Insomma sembrava
essere ritornati ai vecchi tempi e ne ero felicissimo. Eravamo nella strada
principale, che portava per il centro, ed era piena di bancarelle.
-C’è la fiera- mi comunicò. -Ogni anno il sindaco dà il permesso per
qualche evento e qualche bancarella per raccogliere qualche fondo alla città. È
formata per lo più da studenti che vogliono avere qualche credito in più oppure
fare pubblicità alla propria scuola- spiegò meglio, indicandomi qualche
studente con la divisa.
-Capito. Dai, vediamo cosa c’è. Sto morendo
di fame- esclamai, allungando il passo.
-Non era Niall quello goloso?- rise.
-Gli ho rubato il posto molti anni fa. Non
appena Brooke mi ha detto che era incinta- risposi, facendole l’occhiolino. Accennò un ulteriore risata divertita.
-Certo come no- mi spinse leggermente.
-Come hai osato!- recitai, portandomi una mano al petto.
-Oh, il povero mister Tomlinson si è
scandalizzato-
-Guarda Miller che stai giocando con il fuoco-
-Allora bruciami signore perché non la finirò
di stressarti-
Ci fissammo per qualche secondo e poi
scoppiammo a ridere tutti e due senza nessuna ragione precisa.
-Mi sei mancato, devo ammetterlo-
-Beh, modestamente- mi pavoneggiai, ricevendo un altro piccolo spintone. -Ok,
ora basta- annunciai, avvicinandomi e prendendola dalle gambe e
capovoltandola con il suo busto esile sulla mia spalla. Tirò un urlo e si
aggrappò duramente sulla mia maglietta, sebbene poco dopo cominciò a darmi dei
leggeri pugni sulla schiena.
-Louis, lasciami- sbraitò, attirando molte attenzioni.
-Tranquilli, è fatta così- urlai a mia volta a quel pubblico di signori e signore
anziane con qualche bambino, i quali scoppiarono a ridere.
-Louis!- mi richiamò nuovamente. Risi di gusto e la posai delicatamente giù.
-Io te l’avevo detto- mi giustificai, alzando le mani in segno di arresa.
Elisabeth scosse la testa e aumentò le nostre distanze. La mia risata
cristallina la udì perfettamente. Correndo, mi reca da lei e l’abbracciai da dietro.
-Mi sei mancata anche tu, mia piccola Apple- le sussurrai, mettendo il mio viso sopra la sua spalla e
con un vocina dolce. La ragazza si voltò con un piccolo sorriso e mi abbracciò
nuovamente. Una volta che ci staccammo, ci dirigemmo a guardare qualche
bancarella sia per cibo, ma anche per qualche souvenir carino. A volte mi
fermavo a contemplarla per vedere quanto fosse cambiata e quanto fosse
diventata più bella in quegli anni: era dimagrita e alzata di qualche
centimetro; i suoi capelli erano molto più chiari, per non parlare dei suoi
occhi verdi chiari, i quali erano risaltati dalla matita nera intorno ad essi;
e come sempre le due piccole fossette sulle guance, quando sorrideva. Era
davvero bella.
Eravamo in un banco, in cui c’erano da una
parte dei piccoli gioielli, quali ciondoli, orecchini, anelli e collane, dall’altra
parte oggetti a caso, per esempio degli occhiali. Elisabeth ne prese un paio di
questi ultimi e me li fece vedere con una faccia buffa. Scoppiai a ridere e la
imitai con quelli più brutti. Scosse la testa divertita e passò verso la parte
di bigiotteria. Ne osservai una e un piccolo ricordo mi venne in mente.
-Andiamo?-
-Devo prendere una cosa. Inizia ad andare.
Arrivo- le comunicai, gentilmente. Lei acconsentì e,
una volta lontana, presi la collana d’argento fine con alla fine un ciondolo a
forma di aeroplanino.
-Quant’è?- domandai al venditore, che mi sorrise e mi disse il prezzo. Annuii e,
tirando fuori il portafoglio, lo pagai.
-Grazie mille, signore-
-Oh si figuri. Buona giornata- lo salutai e corsi dalla mia amica, la quale stava
massaggiando con il cellulare. Di soppiatto mi approssimai a lei e le posai
intorno al collo il mio acquisto. Lei sussultò e abbassò il viso per vedere
cosa stessi facendo.
-Ti piace?-
-A parte l’infarto, si è molto bella. Ma
perché me l’hai presa?-
-A parte il fatto che se voglio prenderti una
cosa, lo faccio senza pensarci due volte. E poi mi ero ricordato di quando
l’hai vista addosso ad Harry e te n’eri innamorata-
-Non ti sfugge proprio nulla- costatò con un piccolo sorriso. Si passò il ciondolo tra
le dita per qualche secondo. -Grazie- fu riconoscente. Alzai le spalle e
misi il mio braccio intorno al suo collo. Con altri passi, continuammo il
nostro giretto per qualche altra ora.
E non appena arrivammo in centro, ce ne
tornammo indietro verso casa sua perché era davvero tardi e dovevo rientrare a
Londra per mia figlia, la quale era sicuramente a casa da sola. Anche se non ne
ero convito dato che Lottie l’avesse mollata li, sapendo che non c’ero. Però
dovevo comunque avvisarla che sarei ritornato leggermente tardi. Presi il
cellulare e, scusandomi con Elly, chiamai mia sorella per avvisarla. La linea
era proprio scarsa, perciò dovetti allontanarmi per qualche metro. Per mia
fortuna mia sorella aveva risposto subito e mi aveva detto di tranquillizzarmi
poiché non avrebbe lasciato sola Sheyleen finché non sarei tornato. La salutai
poco dopo e, dirigendomi dalla ragazza, percepii del vociare. Inarcai un
sopracciglio e notai la figura di un uomo abbastanza anziano parlare
animatamente con Elisabeth. Mi paralizzai sul posto con il cuore, che smise di
pulsare. Spalancai gli occhi e mi maledii per aver creduto alle parole di
Brooke. Lo sapevo che la sfortuna non mi aveva mai abbandonato. Mi avvicinai a
passi lenti e poco decisi perché l’ultima cosa, che volevo, era litigare con il
padre. Quest’ultimo, quando mi vide, assunse la mia stessa espressione sorpresa
e, forse, leggermente irritata.
-E tu che ci fai qui?- chiese in maniera brusca.
-Salve, signor Miller- lo salutai, cortesemente.
-Salve un corno. Che ci fai qui ti ho chiesto?- ripeté.
-Papà! Smettila- lo riprese duramente Elisabeth.
-Sono qui con Brooke- risposi tranquillamente, alzando le spalle.
-Come? Ancora intorno a mia figlia stai?-
-Esattamente perché abbiamo una figlia
insieme, se non se lo ricorda-
affermai, lanciandogli un’occhiataccia. Lui fece una risata amare e poi si mise
a braccia conserte.
-Bambina? Non l’avete rinchiusa
nell’orfanatrofio!- sputò velenoso, mentre spalancai in maniera
disumana gli occhi e avvertii le mani prudermi dalla rabbia.
-Papà!- lo riprese sdegnata la ragazza.
-Papà, nulla, Elisabeth! Questo stupido
ragazzino deve imparare a pensare agli affari suoi..- alzò ulteriormente il tono della voce, indicandomi con
il dito.
-Brooke è un mio affare!- l’interruppi, arrabbiato. -Se non fosse stato per
lei, a quest’ora sarebbe a casa con me e sua figlia-
-Ragazzino, non ti azzardare a parlarmi cosi-
-O se no? Non più paura ormai- lo sfidai, cercando di capire come ottenni
quell’improvviso coraggio.
-Quanto dobbiamo ancora allontanarci per
farti capire che non ti vogliamo tra i piedi. Che ne io ne le mie figlie ne mia
moglie non ti vogliamo intorno-
sbraitò, avvicinandosi lentamente. Se non fosse per Elly, la quale si parò
davanti a lui, impedendogli di fare un altro passo, ora sarebbe ad una distanza
alquanto pericolosa. -Sei solamente riuscito a rovinare la vita alla mia
adorata figlia-
-Non pensa che la sua vita sia stata rovinata
dalle sue stesse mani? Non venga a dare la colpa a me per qualcosa che non ho
fatto- affermai duramente. -L’ho amata con tutto
me stesso, cercando di migliorarla la
sua vita e dandole tutto l’amore possibile-
-Migliorare? Ma per favore- commentò, alzando gli occhi al cielo.
-Mi dica allora! Quante volte è tornato a
casa ubriaco e se l’è presa con lei. Avanti.. quante?- lo affrontai, eppure stavolta i ruoli si scambiarono:
ero io quello ad avanzare i passi. Elisabeth si intromise un’altra volta,
stringendomi la maglia. Però poi rifletté sulle mi parole e spalancò gli occhi.
-Che cosa?- intervenne spiazzata Elisabeth, voltandosi verso di lui.
-Non inventare frottole.. Io non ho mai
alzato la mani su mia figlia- si
mise subito sulla difensiva, bruciandomi con lo sguardo.
-Mi diceva che aveva il terrore di abitare
con lei tanto da rinchiudersi in camera a chiave per farvi avvicinare- parlai con voce tagliente e con i pugni serrati.
-Tu hai picchiato Brooke?- domandò con voce strozzata la ragazza.
-No!-
mentì, ma fu tradito dal suo tono.
-Avanti, sii sincero per una volta nella sua
vita- sdegnai, irato.
-Tu..-
farfugliò Elisabeth, facendo dei passi all’indietro e portandosi una mano alla
bocca. -Oh mio dio.. Come fai a definirti un uomo? Fai solo schifo!-
scosse la testa afflitta e abbattuta.
-Gli credi? Non ho mai fatto nulla del
genere, fidati!-
-Non so più cosa significa la parola fidarsi- la voce le tremolò e dalla sua bocca uscì un leggero
singhiozzo.
-Non ho fatto nulla sta..-
-E quando ha provato a perdonarla, andando
anche contro i suoi principi morali: eccolo li a tradire la moglie con un’amica
di famiglia- conclusi, bloccandolo con dispiacere. -Ora
mi dica una cosa: chi è stata davvero a rovinargliela?-
-Stai zitto! Almeno io ho avuto la decenza di
ammettere le mie colpe e farmi perdonare- s’impose, battendosi la mano sul petto più volte. Feci un sorriso amaro
e scossi la testa sconsolato.
-Il suo perdono è arrivato solo a causa di
quel fottutissimo incidente. Della sua fottutissima perdita di memoria e del
suo fottutissimo allontanamento dalle persone che la amano seriamente- mi arrabbiai seriamente, muovendo un piede in avanti.
-E a quanto pare ha dato i suoi frutti!
Brooke non si ricorda un accidente ne di te ne di quell’inutile bambina- mi paralizzai e improvvisamente tutta quella discussione
mi riportò indietro nel tempo a quando Brooke fu ricoverata in ospedale.
Quest’uomo aveva utilizzato le stesse parole. Incassai il colpo lentamente,
procurandomi un dolore allucinante e mi demoralizzai. Balbettai qualche parola
per dimostrarmi forte, sebbene non ci riuscii perché ero totalmente distrutto.
Non avevo più forze. -Finalmente si sposerà con un giovane, che sa amarla ed
accettarla per quello che è; e non per quello che non è. E sai come finirà
tutta questa storia? Brooke non recupererà mai la memoria, mettiti l’anima in
pace, ma soprattutto: non ti amerà perché ha solo occhi per Dylan. Ti ha solo
usato finora e ti sei lasciato usare come uno stupido- aggiunse vittorioso,
pugnalandomi con ogni parola. Abbassai la testa con gli occhi, che mi
pungevano. -Ora te ne stai zitto! Bene, me ne compiaccio... Ora io vado
perché io a differenza di qualcuno, lavoro. Ci vediamo a casa, Elisabeth-
tentò di avvicinarsi alla diretta in questione, solamente che lei si liberò
dalla presa e mi raggiunse. -Sei arrabbiata. Ti posso capire e..-
-Non te ne stavi andando?- gli domandò spigolosa e arrabbiata con le ultime forze
rimaste. L’uomo schioccò la lingua sul palato e senza fare altre cerimonie si
mise in macchina e se ne andò. Fissai un punto fisso immobile senza aprire
bocca e sentii la mano di Elly impossessarsi della mia. Portai l’attenzione su
di lei, la quale mi indicò la via per la sua abitazione. Confermai e in
silenzio ce ne andammo. Avevamo dato troppo spettacolo.
Entrati nel giardino e davanti alla porta, ci
fu il sorriso abbagliante e felice di Brooke a presentarsi davanti a noi. Noi
cercammo di ricambiare con uno sforzato. Una volta dentro, la presi per mano
per farla voltare.
-Io devo andare, Brooke- le annuncia, stringendomi le spalle.
-Certo, andiamo, tanto ho finito- mi rispose, sorprendendomi.
-Davvero? Non ti dispiace?-
-Ma va- scoppiò a ridere.-Tanto ci posso venire una prossima volta-
Acconsentii e, quando raggiungemmo il salone,
vidi anche la figura di Seth seduta sul divano, oltre a quella triste di Elly.
Quest’ultimo si alzò e mi porse la mano per presentarsi. L’accettai ben
volentieri e ricambiai le presentazioni. Nel frattempo Brooke si era messo il
giubbotto e si era preparata per andarcene.
-Dai, noi andiamo. Ci vediamo, salutatemi
tutti, mi raccomando- esclamò, abbracciando prima il cugino poi la
sorella. Loro annuirono e sorrisero per tranquillizzarla. Strinsi nuovamente la
mano del ragazzo, mentre diedi un piccolo abbraccio all’altra ragazza.
-Mi dispiace per tutto-
-No, a me- mi corresse, aumentando la presa e poi, staccandoci, mi indicò il
ciondolo. Mi scappò un timido sorriso e mi recai dall’altra giovane donna. Così
entrambi ce ne andammo da quella casa.
Raggiunta la macchina, ingranai il motore e
mi diressi il più velocemente fuori da quel paesino.
Il tragitto durò circa due ore e mezza, come
più o meno l’andata, e in completo silenzio. Non avevo voglia di parlare o di
rispondere. Credo che di questo Brooke l’abbia capito. Infatti accese
semplicemente la radio con la prima stazione, che c’era.
Quando arrivammo a Londra, più precisamente a
casa mia, spensi il motore e le diedi le chiava, uscendomene frettolosamente.
Entrai in casa, spalancandola del tutto la
porta, mentre venne rinchiusa da Brooke. Mi misi le mani fra i capelli
frustrato,
-Si può sapere che ti prende?- mi chiese prendendomi il braccio e facendomi voltare
verso di lei. Mi guardava, mi scrutava come se volesse capire ogni mio
movimento, comportamento come se fossi un paziente scrutato dal dottore.
-Mi tiro fuori da tutto questo- scoppiai sorpassandola, mentre lei fece un grugnito con
la bocca per poi riprendermi il braccio e rifacendomi girare verso di lei.
-Come? Almeno, dammi un motivo!- affermò lei con gli occhi sgranati e confusi, forse
leggermente arrabbiati. Come cavolo faceva ad essere arrabbiata se c’era il suo
sposo e l’aiutava lui. E in questo dovevo dare ragione alle parole del padre:
c’era Dylan, il quale l’amava e si prendeva cura di lei. Al contrario di me. Non
ero nulla per lei, a parte il suo ex e padre di sua figlia, ma per il resto
nulla. Non stavamo più insieme.
-C’è il tuo sposo. Fatti aiutare da lui! Io
mi tiro fuori- esclamai duramente, mentre lei ci rimase male
dalla risposta. Ma cosa si aspettava? Che fossi il suo Wedding Planner
personale? Era difficile per me quella situazione: era difficile vederla tra le
braccia di un altro e vederli baciarsi intensamente come facevamo un tempo. Era
difficile soprattutto gestire il forte legame, che si era instaurato tra Brooke
e Sheyleen: non si poteva rompere. E io non avrei mai permesso a mia figlia di
rompere il legame con sua madre. Ok, ci sto male io, come se mi pugnalassero
continuamente, ma non volevo che in questo dolore ci entrasse anche Sheyleen.
Perché merita di essere felice, merita tutta la felicità e il benessere di
questo mondo. Mi strofinai gli occhi ripetutamente per non scoppiare a piangere
davanti a lei.
-Perché adesso che eravamo diventati amici- mormorò guardando il pavimento. Quelle parole furono
altre lame, ma furono il punto di rottura di quello stato di controllo, che
avevo cercato di mantenere.
-è questo il punto! Noi non saremo mai
amici!- urlai, facendola sobbalzare dallo spavento.
-Perché?- domandò in un sussurrò.
-Non ti voglio intorno sapendo che non sei
più mia. Non ti voglio intorno sapendo che non ti posso baciare e farti
diventare mia. Ma soprattutto non ti voglio intorno sapendo che Sheyleen ha sua
madre davanti a lei e lei non si ricorda un accidente di lei- sbraitai con occhi lucidi e con il cuore, che batteva
all’impazzita. Non appena la vidi con gli occhi fuori dalle orbite, paralizzata
e con il respiro corto, mi raddrizzai subito cercando di rimediare, ma non ci
riuscii perché il primo a crollare fui io. Mi misi con le ginocchia per terra e
la testa tra i capelli.
-Cosa?- balbettò Brooke paralizzata e sbalordita
-Hai sentito- singhiozzai -Sei la madre-
-Perché non me l’hai detto?- esclamò una voce, che non apparteneva a nessuno dei due. Alzai
di scatto la testa e vidi Sheyleen sulle scale con le lacrime.
Ciao a tutte :D
Dopo guerre con i libri e tante canzoni di Ed Sheerna: eccovi un diciannovesimo capitolo alquanto movimentato.
Probabilmente molte di voi hanno pensato: tanto l'incontra a casa sua.
Beh, una parte è vero, ma in un luogo diverso: per strada.. *Come sdrammatizzare nei peggiori dei modi*
Dalla conversazione si scopre dei retrosceni della vita di Brooke D:
Ma comunque, lascio a voi l'ultimo commento.
Che ne pensate? Vi è piaciuto? Fatemelo sapere! :D
Vorrei ringraziare le meravigliose persone, che:
-L'hanno messa tra i preferiti/seguiti/ricordate
-L'hanno recensita fino ad ora
-La legge
E vorrei ringraziare a Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Detto questo, vi lascio :)
Cercherò di aggiornare presto con il prossimo capitolo.
Ciaoo xx
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
sbvsrbj
Capitolo
20:
Ma l’unico pericolo che sento
veramente è quello di non riuscire più a sentire niente
(Fango by Jovanotti)
-Non ti voglio intorno sapendo che non sei
più mia. Non ti voglio intorno sapendo che non ti posso baciare e farti
diventare mia. Ma soprattutto non ti voglio intorno sapendo che Sheyleen ha sua
madre davanti a lei e lei non si ricorda un accidente di lei- sbraitai con occhi lucidi e con il cuore, che batteva
all’impazzita. Non appena la vidi con gli occhi fuori dalle orbite, paralizzata
e con il respiro corto, mi raddrizzai subito cercando di rimediare, ma non ci
riuscii perché il primo a crollare fui io. Mi misi con le ginocchia per terra e
la testa tra i capelli.
-Cosa?- balbettò Brooke paralizzata e sbalordita
-Hai sentito- singhiozzai -Sei la madre-
-Perché non me l’hai detto?- esclamò una voce, che non apparteneva a nessuno dei due.
Alzai di scatto la testa e vidi Sheyleen sulle scale con le lacrime. Spalancai
gli occhi e, ripulendomi velocemente, mi alzai e andai da lei. Ma la cosa che
mi bloccò fu quando lei si sottrasse al mio tocco e, correndo, raggiunse
Brooke. Ero lì impalato davanti alle scale con il cuore a pezzi. Mi voltai
lentamente e vidi mia figlia stringersi a Brooke.
-Shey..-
-Perché non me l’hai detto?- domandò
-Shey.. io..-
-Mi hai sempre detto che mamma era via.. e
invece- pianse, facendomi stare ancora peggio. Alzai
gli occhi per evitare che quelle lacrime scendessero. Poi abbassai lo sguardo,
cercando gli occhi vivaci di Sheyleen, che erano l’unica cosa che mi
rassicurava e mi dava forza in quel momento. Ma li trovai rossissimi pieni di
delusione e tristezza. Sentii altre lame trapassarmi.
-Shey..-
-Io ti odio! Ti odio e ti odio- ripeté con lacrime amare.
-Sheyleen- la richiamai incredulo.
-Nulla! Io ti odio. Non ti voglio più bene- affermò nascondendo il viso tra la gonna di Brooke,
mentre lei si abbassò e l’abbracciò. Ero lì impalato con gli occhi sbarrati e
lucidi, tanto che alcune lacrime iniziarono ad uscire. Ero lì distrutto, con il
cuore lacerato: ero riuscito a farmi odiare da mia figlia solo perché volevo
proteggerla. “Lei non sa cosa è capitato davvero” Mi vennero in
mente le parole di Niall in quell’istante. Era vero, ma questo non riusciva a
tirarmi su il morale. Non riusciva a farmi stare meglio e dimenticare il ti
odio di mia figlia.
-Tesoro..- iniziò Brooke dopo essersi ripresa e, abbassandosi al su livello, le
asciugò le lacrime.
-Voglio venire da te- disse Sheyleen buttandosi addosso a Brooke, che portò lo
sguardo su di me in cerca di una risposta. Invece io spalancai ancor di più gli
occhi e leggermente la bocca, mi voltai dall’altra parte perché stavo per
piangere. Voleva questo? Voleva andare a vivere con sua madre? Dopo tutti
questi anni, che l’ho cresciuta con tutto me stesso, lei voleva abbandonarmi.
Sentivo qualcosa crescere dentro petto.
-Lou..- mi riportò alla realtà. Io non sapevo che fare, ma non potevo
affliggere altro dolore a Sheyleen. Così annuii leggermente.
-Le sue cose te le porto io..- mormorai poco convinto -Ma ora andatevene- continuai
cercando di essere autoritario perché stavo per perdere il controllo. Brooke mi
fissava dispiaciuta, ho sempre odiato quello sguardo, mi faceva solo sentire
inferiore. Così non disse nient’altro e, prendendo in braccio la bambina, se ne
andarono. Sentii la porta chiudersi, mi voltai in speranza di trovarci
Sheyleen, invece vidi solo la vecchia porta serrata. Iniziai a piangere,
iniziai ad urlare, iniziai a perdere il controllo. Ruppi qualche foto e il vaso
di gelsomini, che c’era davanti alle scale; presi a calci le prime cose, che mi
trovavo avanti. Mi accosciai per terra con la testa tra le mani e strinsi le
dita tra i miei capelli e scossi la testa. I miei singhiozzi, il mio pianto si
fece udibile. Ero fuori di me! Presi il cellulare e chiamai il primo numero,
che trovai.
“Pronto?” rispose la voce al di là del capo.
-Harry...- esclamai, tirando su il naso
“Hey” esultò felice, probabilmente con un piccolo sorriso.
-Sono pazzo-
“Lou” mi richiamò, titubante.
-Io volevo solo salvarla dal dolore, invece
ce l’ho fatta cascare. Harry sono pazzo- dissi piangendo più forte
“Ascoltami: tu non sei pazzo, ok? Tu..”
-Sono impazzito lo so. Non ho più motivo..
non ho più motivi per farlo. Harry sto impazzendo- sbraitai stringendomi le spalle
“Arriviamo” rispose semplicemente perché conoscendo Harry aveva già
capito che non potevo salvarmi. Non questa volta. Nessuno poteva questa volta.
Chiusi la telefonata e mi guardai intorno: la solitudine, la depressione si
iniziarono a prendere parte di me. La pazzia di distruggere qualcosa, qualsiasi
cosa. La pazzia di farmi male. La delusione per non essere il padre, che
Sheyleen voleva. La delusione del fidanzato distratto, che fece del male alla
sua fidanzata. La depressione di essere, di aver fatto, qualcosa di più. La
depressione del fatto che non ho più nulla per cui combattere. La paura di
quello che sto per diventare; la paura di essere abbandonato. La paura di
essere tornato a tre anni fa. Ma soprattutto la paura di me stesso.
*Autrice*
Il ricciolino pregava. Pregava con tutto se
stesso per non trovare il suo migliore amico nelle condizioni, che stava
immaginando. Pregava soprattutto del fatto che non c’entrasse per una volta la
ragazza. Ma questo era impossibile! Secondo lui, perché ovunque ci fosse il
dolore di Louis, la causa era sempre lei: Brooke. Ma questa volta sarebbe stato
diverso. Questa volta c’era Sheyleen in mezzo e il timore, che lei avesse fatto
qualcosa spaventava sempre di più il riccio.
Harry pregava. O certo che pregava. Pregava
che l’amico lottasse per se stesso perché prima lottava per la figlia, mentre
ora deve lottare per se stesso. Ma era inutile! Non poteva. Non poteva poiché
aveva paura di quello che era, quella paura che non fosse mai abbastanza per
dire: ok, questo sono io.
Il riccio pregava. Pregava con gli altri.
Tutti in quella macchina pregavano perché ovunque c’era il nome Louis e Brooke
messi insieme, c’era solo da pregare.
-Va più veloce- ordinò Harry a Zayn dai sedili posteriori.
-Non posso. Il limite è a 70 e noi stiamo
andando a 100- replicò Zayn. Lui capiva la preoccupazione
del giovane, ma stava facendo di tutto per muoversi.
-Harry tranquillo- disse Liam, nei sedili davanti. Harry scosse la testa
perché non riusciva a togliersi dalla mente la figura del suo amico in pessime
condizioni. Dicevano sempre che Louis ed Harry erano legati tra di loro poiché
quando capita qualcosa di brutto ad uno dei due, l’altro lo sentiva subito.
Dicevano che Louis ed Harry erano buoni intenditori poiché si capivano al volo.
Dicevano che Louis ed Harry erano innamorati grazie al loro rapporto stretto.
Ma nessuno diceva che tutte queste qualità erano un bene.
-Sta facendo qualcosa di brutto. Me lo sento- rispose mangiucchiandosi le unghie.
-Arrivati- annunciò Zayn parcheggiando.
Harry uscì frettolosamente e corse verso
la porta. Era chiusa a chiave. Un senso di panico e terrore lo prese. Così
iniziò a girare la manopola e a cercare quella chiave. I ragazzi lo raggiunsero
velocemente e, aprendo la porta con calma, entrarono. Videro un buio
inizialmente, che iniziava sempre di più schiarirsi, comparendo ai loro occhi
il disastro. Tutti spalancarono gli occhi.
-Io sono pazzo. Io non merito nessuno. Io
sono pazzo- ripeteva una voce proveniente dall’interno.
Passarono lo sguardo tra di loro e si avvicinarono. Finalmente videro il loro
amico.
-Louis- urlò Harry andando da lui
-Io sono pazzo. Io non merito nessuno. Io
sono pazzo- continuava
-Louis, guardami!- urlò Harry prendendogli il viso. Ma si spaventò notando
il vuoto dei suoi occhi blu cristallino. Zayn andò da Louis e lo fece alzare,
ma il castano lo vide come un attacco. Così iniziò a dimenarsi tanto che Zayn
non ce la fece e Liam corse al suo aiuto.
-Lou calmati. Siamo noi!- disse Niall
-Lasciatemi! Non voglio farvi male.
Lasciatemi- sbraitava piangendo. Tutti non sapevano che
fare.
-Lou. Tu non ci farai del male. Lou-
-Lasciatemi! Sono pazzo. Vi farò del male- piangeva sempre di più, ma questa volta contagiò anche
Niall ed Harry.
-Tu non sei pazzo!- urlò Harry prendendogli il viso. Ma Louis non si fece
toccare e continuava dimenarsi. Non era più lui!
-Lasciatemi!-
-Lou- si
sentì una voce dall’ingresso. Una voce femminile per esattezza. Una voce dolce,
calma, soave, ma in quel momento era solo impaurita.
-Lottie..- boccheggiarono i ragazzi. Harry corse da lei e l’abbracciò a sé.
-Lou..-
-Calmati, amore- ripeté Harry stringendola di più e facendo cadere sulla
sua testa delle lacrime calde. Lottie era confusa, era spaventata, era sorpresa
da quell’atteggiamento. I tre cercavano di farlo ragionare, ma era inutile.
Iniziò a stringersi al fidanzato con lacrime, che iniziarono a scenderle
lentamente.
-Lasciatemi! Vi farò del male-
-Louis, tu non ci fari del male! Sei il
ragazzo più dolce e innocuo che conosca-
parlò Liam
-Io non sono così. Io sono un pericolo per
tutti. So solo fare del male alle persone- replicò Louis
-Tu le proteggi le persone! Tu sei
protettivo, sei affidabile. Sei il migliore-
-Io sono pazzo! Lasciatemi!- urlò in lacrime accasciandosi a terra portandosi con sé
i due ragazzi.
Louis si mise le mani intono ai fianchi e a
ginocchia a terra pianse in modo più percettibile.
Lottie e i ragazzi erano esterrefatti. Non
l’avevano mai visto così. Così distrutto. Era a pezzi; era come morto
all’interno.
-Che è successo?- mormorò Lottie ai ragazzi, che scossero la testa come
per dire “noi non sappiamo nulla”. In quella casa piombò il silenzio, nessuno
osava pronunciare parola perché erano troppo preoccupati per dire qualcosa di
sconveniente data la circostanza. Si sentiva solo il pianto di Louis in cui
c’era solo disperazione, odio, paura e delusione. Tutti si guardavano tra di
loro con occhi lucidi. Harry e Lottie ormai era come due fontane: entrambi
piangevano perché non riuscivano a vedere il loro famigliare così, almeno non
un’altra volta; Liam, Zayn e Niall, invece, si strofinavano gli occhi e
continuavano a combattere contro le lacrime, che minacciavano di uscire. Tutti
erano disperati nel proprio modo, ma lo erano.
Improvvisamente si sentì
qualcosa, che catturò l’attenzione di tutti: il campanello d’ingresso iniziò a
suonare e i cinque aspettava che qualcuno si fece avanti e fu così. Liam lasciò
la sua postazione e raggiunse la porta. Ma prima di aprirla ordinò ai ragazzi
di calmare, in ogni modo, Louis perché non voleva che la persona dietro alla
porta avrebbe visto il suo amico in quelle condizioni.
-Si?-
chiese il ragazzo aprendo leggermente la porta. La persona, che aveva davanti,
si girò verso di lui e tirò un sospiro.
-Dove è quella deficiente di Miller?- chiese Paige infuriata a Liam
-Come? Brooke qui non c’è-
-Impossibile! Quando l’ho sentita ha detto
che era qui con il tuo amico-
affermò disgustata perché non le era mai piaciuto Louis, anzi preferiva Dylan
di gran lungo. Non riusciva a sopportare quel legame, che si era legato tra i
due: era qualcosa di speciale, era qualcosa di forte, era qualcosa che non si
sarebbe mai spezzato. Ma aveva torto! Tutto prima o poi si spezza. E questa era
la prova.
-Ripeto, qui Brooke non c’è. E ora scusami,
ma abbiamo altro a cui pensare. Buona giornata- affermò deciso e severo Liam perché oramai aveva capito
che la causa del dolore di Louis era Brooke. Era sempre stata lei!
-Liam..-
-Ciao, Paige-
-Ma..-
-Ha detto di andartene sei sorda per caso?- intervenne furiosa Lottie tirando indietro Liam. -Noi
non vi vogliamo qui! Perché da quando siete arrivate avete solo portato guai!
Soprattutto la tua amichetta. Ci avete uccisi! Avete ucciso una famiglia. Avete
ucciso mio fratello, portandole via sua figlia! E questo non posso
perdonarglielo..-
-Di che stai parlando?- domandò confusa Paige
-Di a Brooke di non farsi più vedere. Dille non
avvicinarsi mai più a mio fratello e a noi perché ogni volta che c’è di mezzo
lei, qualcuno soffre. E questo qualcuno è, ogni sacra santa volta, mio
fratello. Eh che cavolo. Siamo stanchi di vederlo a pezzi per colpa sua. Siamo
stanchi di vederlo fingere che vada tutto bene quando non è assolutamente così.
Siamo stanchi perché lui non si merita tutto quello che gli sta facendo-
-E so come..- provò a dire timidamente l'ospite.
-Tu non sai nulla!- urlò facendola tacere subito. -Voi non sapete nulla né
di lui, né di noi, né di Sheyleen. Perché se fosse così, sapreste tutti i salti
mortali, che abbiamo fatto per crescere Sheyleen.. per..- si bloccò
ansimando. Harry intervenne a suo favore, tirandola verso di se e calmandola
per poi girarsi verso Paige con uno sguardo freddo e distaccato.
-Mi dispiace, dobbiamo andare. Addio!- finì lui chiudendo definitivamente la porta e cercando
una soluzione per fare calmare l’amico.
Nessuno in quella stanza era in grado
di affrontare una cosa del genere poiché la scorsa volta c’era la madre del
ragazzo. Respiravano profondamente per calmarsi, ma sembrava solo peggiorare e
aumentare la tensione di quell’atmosfera. Lottie si fece coraggio e, facendo
piccoli passi indecisi, andò dal fratello e s’inchinò. Lui era sempre nella
stessa posizione, anzi le sue mani, che si trovavano ai lati del bacino,
continuavano a graffiare la sua pelle, come se volesse togliersela di dosso.
-Lou..- bisbigliò timorosa la ragazza.
Non ci fu nessuna risposta perché lui non la
stava considerando, a dire il vero, non stava considerando nessuno in quel
momento.
-Lou, ti prego..- ripeté perdendo sempre di più il controllo, che
esercitava per non piangere, ma fu difficile, considerando che Louis non faceva
nulla oltre che piangere e far male a se stesso. -Ti prego- finì,
abbassano lo sguardo. I ragazzi assistevano alla scena e anche loro era in
lacrime. Harry andò a prendere la fidanzata, che si abbandonò completamente tra
le braccia del fidanzato. Era stanca di cercare di lottare per qualcosa, che non
valeva la pena. Parlare con Louis, non valeva la pena, soprattutto in quello
stato. Era stanca di vederlo in quello stato perché il ragazzo non aveva fatto
nulla di male per soffrire così o per essere trattato così, anzi era troppo
buono. Ma soprattutto era stanca di sperare che le cose vadano bene poiché non
sarà mai così. Scosse la testa e l’affondò nel petto di Harry, il quale la
stringeva forte a sé.
-Ti prego usciamo- gli sussurrò la bionda, mentre lui annuì leggermente.
Andarono in cucina, mentre gli altri cercarono di fare un altro tentativo.
Passarono dalla porta sul retro per andare nel giardino esteriore che portava
al garage. Lottie tirò un sospiro e, mettendosi entrambe le mani sugli occhi,
si ripulì da quello stato. Harry invece si passò solamente una mano sui suoi
occhi smeraldi e gonfi. La ragazza tirò fuori il telefono e compose il numero
della persona, che sarebbe realmente servita.
-Che stai facendo?- domandò confuso Harry avvicinandosi
-Chiamo mia madre. Lei è l’unica a farlo
calmare- rispose aspettando che la donna rispondesse Era
vero che era infuriata con lei per la storia della gravidanza e, soprattutto,
del suo futuro sposo. Ma dall’altra parte, poteva tranquillizzare il fratello
come la prima volta. E tutti ne avevano bisogno. Dopo il terzo squillo, la voce
rassicurante e sorpresa della madre rispose.
“Lottie..”
-Mamma.. potresti venire qua?-
“Che succede?” domandò leggermente allarmata dal tono di voce, che
aveva.
-Louis- rispose con il groppo in gola.
La donna dall’altra parte del telefono non
fece altro che spalancare gli occhi e, sperando e pregando che quello, che
stava pensando, fosse del tutto sbagliato, annuire leggermente.
“Arrivo” finì chiudendo la chiamata.
Lottie sospirò e si girò verso il fidanzato,
il quale lo fissava ansioso di una risposta.
-Sta arrivando- comunicò facendolo annuire per poi abbracciandolo e
dandosi un bacio.
-Si risolverà tutto- la confortò stringendola. Lei annuì leggermente, anche se
non era del tutto sicura.
*Brooke*
Eravamo appena entrati in casa e Sheyleen
stava dormendo profondamente, considerando che aveva pianto fino a cinque
minuti fa. Mi sentivo strana perché non pensavo che fossi davvero io la madre.
Insomma avevo creduto che fosse sempre una stronza megagalattica ed invece ero
io. Avevo mia figlia sotto il naso e non me ne sono resa conto. La tenevo in
braccio e, dirigendomi verso la camera degli ospiti, la guardavo e più lo
facevo più mi venivano in mente delle immagini di una bambina.
“-Sheyleen Tomlinson, vieni subito qui-
urlò una madre, abbastanza giovane ad una bambina, che stava correndo per
quella sala con un piccolo orsacchiotto alla mano. Era da più di dieci minuti
che la povera ragazza stava cercando di farle mettere il vestito di un color
panna sporco e qualche fiorellino sul fondo della gonna poiché c’era
un’importante cena e doveva essere perfette. Stava per avere un esaurimento,
infatti represse un suono stridulo e si sedette sul divano con la testa fra le mani
e i suoi capelli, in quel momento di un castano chiarissimo, gli andarono
davanti. La piccola si fermò e si avvicinò lentamente alla madre. si abbassò
per incrociare i suoi occhi celesti/verdi con quelli verdi della donna per
assicurarsi di non averla fatta piangere.
Si sedette a terra e spostò la testa sulla sinistra con i suoi capelli
biondi, che scivolarono da quella parte. Si avvicinò e toccò la donna, la quale
sobbalzò e sorrise nel vederla li davanti. -Tranquilla, non è nulla. Solo
mettiti questo vestito per favore- mormorò allungandole in vestitino. La bimba
fece una smorfia di disgusto, però non oppose resistenza visto che non voleva
che la sua adorata madre potesse essere ancora triste per colpa sua.”
L’appoggiai sul letto e, coprendola con quel
lenzuolo, le lasciai un bacio sulla fronte con gli occhi chiusi.
“Era notte fonda in quella casetta a
qualche chilometro di distanza dal centro e i due ragazzi stavano dormendo
tranquillamente. Era notti e notti che non dormivano così bene poiché la bimba,
di appena tre mesi, piangeva durante la notte; così spesso e volentieri
dovevano alzarsi. Avevano fatto addirittura i turni. Erano entrambi distesi nel
letto con un lenzuolo di cotone leggero, che copriva i loro corpi: lei stava
dormendo sul petto di lui, il quale non faceva altro che stringerla a volte
durante il corso di quelle ore come un impulso. Erano circa le tre e mezza di
notte quando anche per quella notte la bimba si mise a piangere. I due si scossero
leggermente e fecero un sonoro sbuffo.
-è il tuo turno, Bis- esclamò il ragazzo,
girandosi dall’altra parte.
-Un aiuto?- propose con voce sia assonnata
che speranzosa. Il ragazzo sbuffò e annuì.
-Tu vai da lei, io intanto faccio il latte-
disse il castano, alzandosi svogliatamente. Lei sorrise e, lasciandogli un
bacio sulle labbra, che poteva durare per un altro po’ se non fosse per le
lamentele da parte della bambina, si diresse verso la stanza della piccola.
Aprì lievemente la porta e andò subito verso la piccola culla, che era
illuminata dalla luce della finestra. Spostò le due tendine, che c’erano, e
vide la sua piccola bambina con occhi semiaperti e le sue manine a forma di
pugno portate vicino al viso. La prese in braccio e iniziò a dondolarla.
-Tranquilla, Shey, la mamma è qui- le
sussurrò, appoggiando la sua guancia sulla testolina della piccola. Ma
quest’ultima non voleva proprio saperne di smetterla. Così dovette dondolare un
altro po’ prima che il suo fidanzato, Louis, arrivasse con il biberon pieno di
latte. Glielo porse e la bambina iniziò a ciucciarlo. Dopo un paio di minuti si
riaddormentò e la ragazza la porse delicatamente nella culla, lasciandole un
bacio sulla fronte. Staccata, si allontanò per vederla da lontano e sorrise.
-Boo- lo chiamò a voce bassa. Il ragazzo si
voltò e si avvicinò. Sorrise anche lui
alla bellezza di quella scena. Mise il suo braccio sulla spalla della ragazza
per abbracciarla, e lei a sua volta appoggiò il viso sul suo petto. -è
bellissima- commentò con occhi luccicanti.
-Come la madre- aggiunse lui, sorridendo.
Lei lo guardò, sorrise e lo baciò.
-E il padre- proseguì a poca distanza da
lui, baciandolo poi. “
Quei due ricordi erano delle piccole lame per
me perché, sapendo di non aver passato più tempo con lei, mi faceva stare
malissimo. Inclinai la testa e le accarezzai il viso dolcemente. Qualcosa di
caldo solcò la mia guancia e decisi che era arrivato il momento di uscirmene da
li. Socchiusi la porta e, con le spalle rivolta ad essa, abbassai la testa,
lasciando andare le lacrime.
-Brooke, da quanto sei arrivata?- fu la voce sorpresa di Tina. Non risposi, eppure un
singhiozzo si udì perfettamente. -Brooke- ripeté, avvicinandosi a me. Mi
appoggiò la mano sulla mia spalla e abbassò il suo viso, cercando di instaurare
un contatto visivo. Glielo facilitai: svelai la mia faccia e l’abbracciai di
scatto. Percepii la sua sorpresa iniziale e la sua rigidezza, poco dopo però si
rilassò e mi coccolò. -Che succede, Brooks?- mi sussurrò, sfregandomi la
schiena.
-Succede che sono mamma- urlai, stringendomi. -Sheyleen è mia figlia- aumentarono
le lacrime.
Ciao a tutte :D
Come state? Come è andato il ritorno a scuola?
Beh, spero bene per tutti u.u
Allora con mia grande sorpresa per la puntualità di questo capitolo: vi presento il 20esimo.
Come posso dire, è abbastanza delicato per vista sentimentale:
Sheyleen dice di odiare suo padre; Brooke ancora intontita dalla
notizia, ma alla fine con i due flashback si realizza la cruda
realtà; Louis impazzisce e i ragazzi stanno malissimo.
Che dire, un capitolo abbastanza deprimente u.u
Spero, in ogni caso, che vi sia piaciuto e che non abbia deluso qualcuno D:
Devo ammettere che sono curiosa di sapere cosa ne pensate seriamente.
Comunque, passo ai soliti ringraziamenti: un grazie alle persone che
l'hanno messa tra Preferiti/Seguiti/Ricordati; un particolare
ringraziamento a quelle che la recensiscono ogni volta (grazie di
cuore, vi sono davvero grata per tutto) e chi la legge. Mi fa piacere
sapere che vi sta interessando.
Per il prossimo aggiornamento, premetto che non sarà veloce come questo, ma tenterò di fare il prima possibile.
Detto questo, vi lascio sempre con le foto dei personaggi a fine capitolo.
Un saluto a tutte :D
Ciaooo xx
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
vrrvrrrrrrrrvrrrrr
Capitolo 21:
Don’t make me stay the night
Or ask if I’m alright
I don’t have the answer
Heartache,
doesn’t last forever
I’ll say I’m fine
Midnight, ain’t no time for laughing
When you say goodbye
(Irresistible by One Direction)
Ero seduta sul divano con lo sguardo perso.
Sentivo gli occhi appesantirsi dovuto al fatto che avevo pianto fino adesso. Arrivò
Tina con in mano una tazza fumante di camomilla e, porgendomele, si accomodò
accanto a me, massaggiandomi la schiena delicatamente. Sorseggiai lentamente
quella bevanda e abbassai poi il viso.
-Hey, risolveremo tutto insieme.. come
sempre- mi consolò, appoggiandosi alla mia spalla.
Negai con la testa.
-Come ho fatto a dimenticare mia figlia- mormorai, sconvolta.
-Non è colpa tua- mi strigliò dolcemente.
-No, non lo è- confermai le sue parole, guardandola nei suoi occhi
azzurri. -Come hanno fatto a non dirmi nulla- aggiunsi, riferendomi alla
mia famiglia. Non rispose perché probabilmente non sapeva come difendere il
loro comportamento irrispettoso nei miei confronti, ma anche in quelli di Louis
e di quella bambina. Ripensando a Louis, mi soffermai al suo sguardo triste
pieno di lacrime e mi sentii peggio tanto che i miei occhi si stavano
inumidendo ancora. Nascosi nuovamente il viso sulla spalla della mia amica, la
quale scosse la testa e mi cullò nuovamente. Udimmo entrambe la porta
principale aprirsi e del vociare allegro proveniente da essa. Entrarono in sala
Queen e il mio fidanzato, Dylan, Quest’ultimo, guardandomi in quello stato,
spalancò gli occhi e venne da me, inginocchiandosi.
-Amore, perché stai piangendo?- mi chiese, massaggiandomi il ginocchio. Non volevo
parlare, così feci un cenno a Tina di spiegargli.
-è.. è successo che..- balbettò per qualche secondo.
-Che?- la
incitò Queen.
-Che Sheyleen è sua figlia, ragazzi- disse tutto ad un fiato. I due spalancarono i modo
spaventosi gli occhi.
-Che cosa?- fecero un suono stridulo.
-Com’è possibile? Non sei mai stata con lui- costatò Queen.
-Non è vero- negai, ripulendomi da quello stato. -A quanto pare io
e lui eravamo fidanzati un po’ di anni fa-
-Come fai a sapere che non è una menzogna?- mi interpellò Dylan. Assunsi un’espressione sdegnata.
-Che persona credi che sia Louis, scusa?- ribattei, alzandomi in piedi e rompendo la tazza, che
era sul mio grembo fino a qualche minuto fa. Il ragazzo davanti a me sobbalzò
all’indietro, raggiungendo la bionda. -Non mente su cose del genere. E ne
sono sicura- inclinai la voce. -Me lo sono ricordata- conclusi,
puntando i miei occhi verdi nei suoi marroni per farlo capire. E fu così. Dylan
si rattristò e con cautela mi intrappolò tra le sue braccia robuste.
-Ok, va bene. Risolveremo anche questa cosa.
Non ti lascio da sola- affermò,
aumentando la presa. Annuii e mi strinsi di più a lui.
-Ho paura- ammisi.
-Non ne hai motivo. Sarai una madre perfetta- replicò, mentre dei passi si allontanarono da noi. Le
due ragazze ci avevano lasciate da sole. Mi staccai leggermente e mi asciugai
gli occhi. Ero davvero stufa di dimostrarmi debole. -Hey, guarda il lato
positivo- cominciò, alzandomelo dolcemente. Corrugai la fronte confusa. -Stai
ricordando. La tua memoria potrebbe ritornare- mi sorrise.
-Non credo che voglia che torni. Se mi da
notizie del genere, pensa come saranno le altre?-
-Era la tua vita-
-E se non mi dovesse piacere?-
-Non credo. Sai per certo che sei stata con
Louis e, anche se mi costa davvero ammetterlo.. come un colpo nel cuore..- sospese la frase per alcuni secondi ed io risi visto che
sapevo che quel ragazzo non gli andava a genio. -Ti avrà dato tutto il bene
e l’amore possibile su questa terra- concluse, sollevando le spalle.
-Grazie- lo baciai.
-Ora, piccola mamma, vai a svegliare Sheyleen
perché dobbiamo cenare-
-Non credo che voglia mangiare. Non voglio
farlo neppure io-
-Brooke- mi chiamò dolcemente, inclinando la testa di poco. Sbuffai leggermente
e mi diressi verso la stanza degli ospiti.
Quando aprii leggermente la porta, mi accorsi
che Sheyleen si era svegliata e a gambe incrociate stava giocherellando con il
lenzuolo. Sospirai e entrai definitivamente, dirigendomi da lei.
-Ti sei svegliata- dissi con mezzo sorriso.
-Non riuscivo a dormire- si giustificò con il viso concentrato su quelle coperte
azzurrine.
-Shey- la
richiamai, alzandole delicatamente il volto e notando quelle lacrime. Mi
rattristai a quelle condizioni. Mi misi di fianco e la cullai un po’ tra le mie
braccia.
-Mi aveva sempre detto che non tornavi più- si sfogò, mettendo la testa sul mio petto. -Sono
arrivata a pensare che non ci volevi più bene-
-Hey, hey- la interruppi. -Shey, non dovevi neanche pensarlo-
-E allora perché te ne sei andata? Non mi
volevi o non volevi più papà?-
domandò innocentemente.
-è complicato- emisi un piccolo sospiro. -Io non volevo
abbandonarvi. Altre persone volevano-
-Chi?-
-Delle persone. Diciamo che in quel momento
non potevo decidere da sola e cosi hanno deciso per me. Scusami tanto Shey, non
volevo farti soffrire o pensare che non ti volevo più bene. Perché non è cosi,
ok?- spiegai in linee generali, accarezzandole
dolcemente i capelli. Lei acconsentì e mi abbracciò.
-Ti voglio bene. Brooke- mi sussurrò, aumentando quella presa.
-Anch’io, piccola- risposi, porgendo il naso sulla sua spalla. -Non ti
abbandonerò mai più- le promisi, lasciandole un bacio tra i suoi capelli
biondi.
*Autrice*
Le condizioni in casa Tomlinson non erano migliorate
affatto. I quattro ragazzi, insieme alle tre ragazze stavano aspettando con
ansia l’arrivo della madre di Louis e Lottie, la quale era a pochi kilometri di
distanza. Doveva ammettere che era davvero difficile non pensare il figlio
nelle peggiori condizioni. Il diretto in questione era nel sul divano a
fissare con occhi spenti un punto indefinito davanti a sé. Sapeva che aveva
fatto spaventare i suoi famigliare e questo si aggiungeva ancora di più nel suo
dolore. La cosa, che gli stava lacerando lentamente il cuore, era il fatto che
la sua piccola bambina gli aveva detto che l’odiava. Dopo tutto quello, che
aveva elaborato per farla felice, sembrò essersi frantumato in neanche dieci
secondi. Scosse la testa e tentò di recuperare le forze da solo, tuttavia con
tutta la buona volontà, riuscì a peggiorare. Abbassò lo sguardo e sotto
l’attenzione di tutti si massaggiò i polsi. Aveva i segni, fatti senza volerlo
dai suoi amici per tenerlo fermo, e si rese conto di quanto fosse stato
scioccante per loro vederlo in quella situazione. Di questi se ne accorsero
anche i due interessanti, Liam e Zayn, i quali si guardarono a vicenda con aria
colpevole, eppure vennero subito confortati dalle rispettive fidanzate.
Improvvisamente suonarono alla porta e di
scatto Megan, la quale era arrivata circa poco fa insieme a Perrie per capire
cosa fosse successo, corse, aprendo la porta. Comparì la figura di Johannah,
che fece sollevare tutti i presenti.
-Louis- lo chiamò dolcemente, avvicinandosi a lui. Quest’ultimo spalancò gli
occhi nel vederla li di fianco. La sua sorpresa era palese.
-Che ci fai qui?- balbettò, indifeso.
-L’ho chiamata io- confessò la sorella, mangiucchiandosi le unghie. Il
castano le degnò di pochi istanti della sua attenzione e annuì.
-Cosa è successo?- domandò con innocenza.
-Nulla. Se vuoi, puoi tornartene dal tuo
futuro marito- rispose, duramente Louis, senza neanche
rendersene conto, e se ne andò in camera sua. Odiava stare al centro
dell’attenzione, sia quella buona sia quella negativa; odiava avere su di sé
quegli sguardi compassionevoli, anche se sapeva che i suoi amici non lo
facevano apposta.
Aprì la porta della sua camera ed era sul punto di entrarci
quando fu bloccato da una voce profonda alla fine del corridoio.
-Non rintanarti in te stesso per una diamine
di volta- esclamò Harry, incamminandosi verso lui, che
si era voltato per capire chi fosse stato a fermarlo. -Noi siamo qui per te
e lo saremo sempre, ma ci rendi le cose difficili se ti rinchiudi in te stesso
senza darci la possibilità di aiutarti- il suo respiro era accelerato e la
sua voce tremolante faceva intendere al castano che non ci voleva ancora molto
per farlo piangere davanti a lui. -Fatti aiutare da noi, ti prego-
aggiunse, oramai a un metro di distanze. -Te lo stiamo chiedendo con il cuore in mano-
concluse davanti a lui. Louis notò i suoi occhi verdi lucidi e arrossati, lui
notò il tremolio delle sue mani e sapeva oramai che il piccolo non ce la faceva
ancora per molto a trattenere quelle stupide lacrime. Così si avvicinò
lentamente e lo abbracciò d’istinto, nascondendo il suo volto tra la sua
spalla.
Harry ricambiò.
-Io non voglio che soffriate anche voi. Non
posso permettermelo- confessò con tono inquieto.
-Ci fa più male stare qui a vederti in questo
modo che coinvolgerci- ammise a suo
modo Harry, stringendolo tra le sue braccia. Quella sincerità fece rimanere
spiazzato Louis e aumentò la sua delusione per se stesso.
-Vuoi fare qualcosa?- mormorò il castano.
-Vogliamo fare qualsiasi cosa- lo corresse il riccio, includendo anche gli altri.
-Stringimi e non te ne andare- rispose, reprimendo un singhiozzo.
Harry, meravigliato per un secondo, fece come
aveva detto.
Gli altri erano nel salone principale e,
rendendosi conto che il loro amico non tornava da parecchio tempo, Niall si
sporse per osservare come stava andando dato che dal salone di potevano vedere quei
due abbracciati. Tirò un sospiro di sollievo.
-Harry ci è riuscito- annunciò a tutti.
-Davvero?- si sorprese Lottie, muovendo dei passi verso i due interessanti, però
il biondino la bloccò immediatamente e scosse la testa per intimarla di stare
li. La bionda lo guardò con
disapprovazione però lo accontentò.
-Bene, allora io posso andarmene- Johannah si alzò e si sistemò.
-Come? Sei appena arrivata- le fece notare la figlia, sorpresa.
-Louis non ha bisogno di me, ma piuttosto di
voi-
-No, ha bisogno della sua famiglia e tu ne
fai parte- l’ammonì la bionda. -Anche se hai fatto
la cavolata più grande della tua vita, tu sei nostra madre e avremo sempre
bisogno di te. Anche se in questo momento ti vorremmo uccidere- furono lame
per la donna perché non pensava che avesse suscitato tutto quell’odio in loro,
eppure se lo doveva immaginare. Non era stata per niente una bella mossa uscire
con Darren e ne era a conoscenza, ma oramai il danno era fatto e non poteva farci
più nulla.
-Mi dispiace per avervi deluso- si limitò a dire, stringendosi le spalle.
-Se vuoi rimediare, resta- le consigliò Lottie un’ultima volta. La donna annuì e si
guardò intorno per vedere un po’ cosa fare.
-Avete fame? Posso cucinarvi qualcosa- si offrì, rimboccandosi le maniche. Tutti confermarono
le sue parole con un lieve sorriso e la donna se ne andò in cucina.
-Ma cos’ha fatto per risponderle così?- domandò confusa Megan, sedendosi con Liam sulla
poltrona. Erano al sicuro nel vedere Louis con Harry, così dovevano solo
aspettare in buone novelle.
-Lunga storia- si limitò Lottie, accomodandosi sul bracciolo del
divano. I tre restanti andarono a stravaccarsi sul divano.
-Chissà come sta Shey e Brooke- azzardò Perrie, posando la testa sulla spalla del
fidanzato.
-Non bene, Pezz- le rispose Liam, alzando le spalle.
-Meglio che non si faccia vedere quella- sibilò infuriata Lottie.
-Perché scusa? Non è colpa sua se Louis sta
così- la difese la
ragazza dai capelli grigi.
-Beh, qualche colpa ce l’ha- intervenne Zayn, il quale stava fissando il soffitto con
aria afflitta. Lui non sapeva che stava per condannare la sua condanna a morte.
La sua fidanzata si staccò da lui e lo fissò, esterrefatta.
-Di cosa? Di aver conosciuto il vostro amico?
Zayn, andiamo questa cosa è ridicola-
-Non sto dicendo questo-
-E che cosa?- sbottò, alzandosi.
-Perrie, stai esagerando- intervenne Megan, facendola ragionare.
-Zitta, tu ne sai come me su questa storia- le rivolse uno sguardo ghiacciale, il quale fece
meravigliare tutti. -Andiamo, Zayn, cosa volevi dire?- lo sfidò. -Voi
guardate solo il dolore di Louis e tenete conto solo di quello. Ma Brooke? Non
ci pensate? Si è ritrovata ad essere madre in neanche un minuto- disse,
addolorata. -Non è colpa sua se ha una famiglia di merda- concluse,
andandosene da quella stanza perché era cosciente sul fatto che se fosse stata
li ancora per qualche minuto, avrebbe rovinato tutti quegli anni di relazione
nel gabinetto. Passò per la cucina e, utilizzando quella porta, uscì da quella
casa per prendere un po’ d’aria.
Prese a calci qualche piccolo sassolino della
strada e si sedette poi sul marciapiede, ritrovandosi a piangere come una
stupida per qualcosa di ignoto. Odia tutta quella tensione che si percepiva in
quella casa e lei non era affatto una ragazza che riusciva a gestirla.
Osservò ammirata le stelle e si perse nei
suoi ricordi.
“La campanella era finalmente suonata e
Perrie stava uscendo dalla sua classe di diritto internazionale. Odiava quella
materia, scelta dal padre poiché lui aveva uno studio legale e voleva farci
rientrare anche la sua figlia minore. Si posizionò bene la tracolla e andò
verso il suo armadietto per prendere i soldi per il fantastico pomeriggio di
shopping, che le aspettava con la sua migliore amica, Brooke, per il ballo
studentesco di primavera. Mise la combinazione e dei passi stanchi arrivarono
da lei e una testa sbatté più volte sull’oggetto in metallico vicino a lei. Si
sporse e vide la sua amica esausta che non poté far altro che trovarla buffa.
Accennò una lieve risata.
-Ce la farà la nostra eroina ad aprire
l’anta a testate?- esclamò ironicamente, ridendo.
-Pezz, fanculo- rispose Brooke,
appoggiandosi con la schiena alla fila di armadietti.
-Gentile come al solito, a quanto vedo-
commentò, ritornando a prendere i soldi e poi a chiuderlo definitivamente. -Che
è successo? Racconta tutto a zia Perrie- aggiunse, appoggiandosi con la spalla
di fianco a lei. La castana represse un suono stridulo. -Ok, questo dovrebbe
significare che..?-
-Ho conosciuto un ragazzo- confessò,
abbassando lo sguardo per evitare di farle notare il suo leggero rossore sulle
guance.
-Davvero?- scattò sull’attenti la bionda.
-O mio dio, si!- esultò felice, improvvisando addirittura un balletto. -Ed io
che pensavo che arrivassi a quarant’anni a vivere con venti gatti intorno a te-
finse di togliersi del sudore dalla fronte. Brooke arricciò il naso e le diede
un piccolo pugno sul braccio.
-Grazie, neh- ironizzò.
-Scusa se l’unico ragazzo, che si sia mai
avvicinato a te, è stato Douglas per invitarti al ballo e tu l’hai snobbato in
meno di tre secondi- si difese, stringendosi le spalle.
-La vuoi finire?- si spazientì.
-Ok, scusa. Ora raccontami tutto- l’incitò
Perrie. L’amica sospirò e cominciò il suo racconto dal quando stava camminando
per la strada e che lui, gentilmente, l’aveva aiutata con tutti quei libri,
offrendole addirittura un caffè. Per tutto il racconto, ovviamente nei minimi
dettagli per favorire l’atmosfera e la volontà della sua migliore amica, lei
aveva un piccolo sorriso sul viso.
-Oh, la mia Brooke è cotta- recitò nel
commuoversi. -Doveva succedere prima o poi- aggiunse con quel tono. Ricevette
un altro pugno sul braccio.
-La vuoi finire? Mi fai sentire una sfigata
zitella come la signora Richardson- l’incolpò, pendendo come esempio la loro
professoressa di storia.
-Voglio il nome subito-
-Ehm..-
-Cosa ehm?-
-Non so.. è..-
-Non gli hai chiesto il nome?- domandò
esterrefatta con la voce ad ottave. Brooke arrossì perché la bionda aveva
attirato fin troppe attenzioni, e la pregò di smetterla di urlare.
-Si, che lo so. Ti pare che non glielo
chiedo?-
-Beh, con quel ragazzo al minibar in
croc..-
-Ok, afferrato il punto. Comunque, prometti
di non urlare o cose del genere-
-Perché dovrei urlare?- si portò una mano
sul petto. L’altra la fissò come per dire se la stava prendendo in giro. -Ok, promesso- acconsentì, facendosi una
piccola croce sul cuore.
-Louis Tomlinson- mormorò quanto bastasse
affinché l’amica capisse. Quest’ultima sbarrò gli occhi sorpresa e stava per
urlare, però le venne ricordato la promessa. Così, reprimendolo, uscì dalla sua
bocca un suono stridulo.
-Dritta a quelli famosi vai. E brava la mia
zitella- commentò, maliziosamente.
-Perrie!- la riprese offesa.
-Devi ringraziarmi invece che prendermi a
pugni-
-Per cosa? è stato il tuo Harry Potter-
-Appunto! Vuol dire che la magia esiste
realmente-
-La vuoi piantare-
-Dimmi dove e lo faccio- sdrammatizzò.
Entrambe si guardarono per alcuni istanti e poi scoppiarono a ridere.
-Sei una deficiente- costatò Brooke,
scuotendo la testa.
-Si, si, certo. Ora dimmi: vi rivedrete?-
s’interessò ulteriormente.
-No!-
-Come no?- alla povera bionda le cedettero
le braccia a quella affermazione.
-No, non voglio averci nulla a che fare-
-Ma stai scherzando? È un figo da paura!-
replicò, posò le sue mani sulle spalle dell’amica e la scosse un po’. -Bis,
dimmelo: sei lesbica per caso?-
-Cosa? No!-
-Guarda che se lo sei, non ti giudicherò.
Siamo migliori amiche da un’eternità-
-Non sono lesbica: solo che quel ragazzo
non mi ha convinto per nulla. Chi mi dice che non lo fa come pretesto-
-Uscire con te è già stato un miracolo Bis.
A quel ragazzo bisogna fargli una statua d’oro per averti sopportata per almeno
dieci minuti-
-Bell’amica- commentò, alzando gli occhi al
cielo.
-Giusto- l’appoggiò per qualche minuto.
-Dovrebbero farla prima a me- affermò, ricevendo un’altra manata da parte sua. -Auch! Comunque, bella mia, escici un’altra
volta. Sono sicura che ti piacerà di sicuro-
-Come fai ad esserne convinta?- chiese.
-Perché ne sei già cotta ora. Figuriamoci
dopo un altro appuntamento insieme-
-Io non sono cotta di lui-
-Certo vallo a dire a qualcun altro che ci
crede. Comunque ora invitalo ad uscire-
-Cosa, no-
-Brooke Diana Miller, se non lo fai con le
buone, lo farai con le cattive. A te la scelta- la minacciò intensamente. La
diretta in questione schioccò la lingua sul palato e scocciata le porse il
telefono.
-So già come andrà a fine. Dunque, fallo
tu- le concesse il via libera.
Intanto la campanella di fine giornata
suonò e le due se ne andarono verso la fermata dell’autobus per andare in
centro. Brooke non riusciva a non smettere a quella cordialità e dolcezza, che
il ragazzo famoso le aveva trasmesso. Forse la sua amica aveva ragione; forse
uscire di nuovo con lui non sarebbe stato tanto male.”
Perrie sospirò varie volte e si asciugò la
lacrima, scesa sulla guancia. Zayn, invece, studiandola li, si penti di averle
detto quelle cose. Così si sedette accanto a lei in silenzio e l’attirò tra le
sue braccia per coccolarla un po’.
-So per certo che i sentimenti di Brooke per
Louis non sono mai cambiati, ma si ostina a pensare che con Dylan la sua vita
sarà più semplice e migliore rispetto con quella con Louis- affermò, delusa.
-Dovrebbero mettere fine a tutto questo visto
che entrambi soffrono tantissimo-
diede la sua opinione il ragazzo, aumentando la stretta.
-Al cuore non puoi comandare, Zayn: fa quello che vuole- terminò lei, guardandolo negli occhi. Zayn annuì e le
baciò la fronte, premendo un po’, e poi insieme ritornarono a guardare quel
cielo stellato.
Ciao a tutti :D
Buon San Valentino a tutte le persone innamorate.
Con estremo ritardo, vi presento il ventunesimo capitolo di Remember When :)
Allora, che dire? Diciamo che le cose non sono migliorate per il povero
Louis e questo rattrista molto i suoi amici, tanto da farli litigare
tra di loro.
Devo ammettere di aver ascoltato le canzone di Selena Gomez quando l'ho
scritto e credo che si possa notare dall'ultima frase di Perrie D:
Io adoro quella canzone.
Ma, comunque, che ne pensate? Vi è piaciuto?
Fatemi sapere ogni vostra impressione ed opinione u.u
Vorrei come sempre ringraziare le persone che la recensiscono; che
l'hanno messa tra preferiti/seguiti/ricordati; quelle che la leggono
solamente (e spero che vi piaccia u.u) e infine vorrei ringraziare
Sara_Scrive per il meraviglioso Banner.
Detto questo, sparisco.
Spero che passate una buona giornata :)
Ci sentiamo al prossimo.
Ciao a tutte x
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
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Capitolo 22:
I
hope you know, I hope you know
That
this has nothing to do with you
It's
personal, myself and I
We've
got some straightenin' out to do
And
I'm gonna miss you like a child misses their blanket
But
I've got to get a move on with my life
It's
time to be a big girl now
And
big girls don't cry
(Big Girls don’t cry by Fergie)
*Brooke*
Mi svegliai su quel lettino singolo con il
collo, che mi doleva di poco, e con qualcosa appoggiato alla
mia pancia. Sheyleen stava dormendo profondamente con la bocca socchiusa, da
cui uscivano dei piccoli respiri. Mi fermai a contemplarla con un dolce
sorriso. Era tenerissima. Mi trattenni giusto altri cinque minuti, poi con la
cautela mi alzai, lasciandola dormire visto che era stanchissima. Mi diressi in
cucina per preparare qualcosa per la colazione. Ero abbastanza avvantaggiata
dato che avevo già cucinato per lei e più o meno sapeva cosa mangiava e cosa no
per il pasto più importante della giornata. Stavo friggendo le uova quando
entrarono come un fulmine Dylan e Paige. Il primo mi lasciò un tenero bacio e
sparì perché era in ritardo per l’assemblea; invece la ragazza mi rubò due
fette di bacon, appena fatte, e mi salutò perché con il suo lavoro da
assistente veterinaria doveva essere a lavoro prima del suo capo. Mi rabbuiai
perché quei due avevano rubato tutto quello che avevo cucinato per mia figlia.
Mi concentrai sulle uova, per cui ci vollero altri due minuti, poi le spensi e
contemporaneamente suonarono alla porta. Sperai con tutto il cuore che il
campanello non avesse svegliato Sheyleen, e fortunatamente non fu così. A passi
lunghi andai ad aprire convinta che fossero o il mio ragazzo o Paige, i quali
erano soliti a non prendere le chiavi di casa e rimanere fuori. Eppure la mia
convinzione mi tradì.
-Perché non le agganciate al po..- mi bloccai, notando la figura di Perrie con uno
scatolone in mano.
-Ciao, Brooks-
mi salutò timidamente. Boccheggiai varie volte dato che ieri
sera Paige mi aveva raccontato più o meno cosa le avessero detto
i ragazzi e Lottie, ossia di non avvicinarmi per un po’ visto che
ce l’avevano
con me per qualcosa, che non mi era ancora chiaro. Quindi ero sorpresa
nel
vederla lì davanti.
-Ciao, Pezz.. ma che ci fai qui?- non riuscii a mascherare la mia meraviglia.
-Ti sono venuta a portare le cose di Sheyleen
visto che rimarrà con te per un po’- mi
informò con un tono triste.
-Non voglio allontanarla da Louis- ammisi prontamente.
-Lo sappiamo- mi appoggiò completamente. Abbozzai un lieve sorriso e
mi feci da parte per farla entrare. Mise lo scatolone a terra e si guardò
attorno disorientata. Lei era venuta pochissime volte.
-Ho appena fatto le uova, ne vuoi un po’?-
-No, grazie- accennò una lieve risata. -Zayn mi sta aspettando
giù-
-Ah, capito- mi rattristai.
-Se vuoi, posso dirgli di tornare più tardi- mi comunicò, tentandomi.
-Mi piacerebbe se restassi. Ho bisogno della
mia amica- confessai.
-Guarda il numero del mio ragazzo si è
composto da solo- esclamò, ridendo. Il diretto in questione
non fu lento a rispondere, anzi. Perrie gli disse di tornare dopo perché aveva
alcune cose da fare qui e non sembrava essere andato sulle furie. Allora
non riuscivo proprio a capire quelle cose dette da Paige. Poi la ragazza mi
degnò di tutta la sua attenzione. -Mi piacerebbe una tazza di thé però-
mi comunicò con quella allegria.
-Certamente, vieni- la condussi verso la cucina, dalla quale si poteva
odorare un buon odore di cibo appena fritto. Andai verso i fornelli e,
prendendo un piccolo tegame in cui misi l’acqua, accesi il gas e appoggiai
sopra la pentola.
-Come stai?- mi chiese, accuratamente. Sospirai e mi sedetti a tavola
con lei.
-Diciamo che sono stata meglio in altri
momenti-
-Tradotto: di merda. Capito- affermò, facendo il saluto militare.
-Già-
risi a quella schiettezza. -Come sta Louis?-
-Diciamo che è stato meglio in altri momenti- utilizzò le mie parole, portando i suoi occhi al cielo.
-Capito: di merda- annuii, posando il mento sulle mie nocche.
-Ha perso sua figlia..-
-Farò tutto il possibile per fargliela
riavere- la bloccai.
-Grazie, Brooks- mi disse, accennando un piccolo sorriso.
-Mi odiano, non è vero?- cambiai argomento, alludendo ai ragazzi.
-Diciamo che non ti sopportano al momento, ma
fai passare del tempo e capiranno anche loro- mi tranquillizzò, alzando le spalle.
-Perché tu invece sei qui e non con loro?- domandai, curiosa.
-Ti ho perso troppe volte e non voglio che
questo accada nuovamente- confessò,
mangiucchiandosi il labbro inferiore. Mi addolcii e la raggiunsi,
abbracciandola. Ricambiò volentieri.
-Non capiterà questa volta, Pezz. Te lo
prometto- giurai con voce sicura e un tantino
tremolante.
-Lo so, Bis, lo so- disse, stringendomi.
-A proposito non ho mai capito perché mi
chiamate sempre Bis- sdrammatizzai, staccandomi. Accennò una
lieve risata.
-Risale al tempo del liceo, sfortunatamente- commentò, facendomi capire che io e lei ci conoscevamo
da una vita. -Praticamente eravamo all’ultimo anno e un tale, probabilmente
non ti ricordi..-
-Probabile, però voglio provare ad
indovinare- annunciai. Mi aveva sempre incuriosito
sapere qualcosa di me al liceo considerando che a causa dell’incidente avevo
dimenticato ogni singola cosa, tranne alcuni giochi della mia infanzia e poi
puff.. cancellato tutto.
-Ok, era il quarterback della squadra di
football.. una volta abbiamo pure fatto mezza Londra correndo a causa sua.. ma
va beh.. era biondo, alto, un completo cretino..-
-Julian?- sparai un nome a caso e lei se ne accorse.
-Bene, continuiamo, se no non veniamo a capo.
Comunque questo qui, Danny si chiamava, per uno scherzo di pesce d’aprile aveva
fatto uscire un serpente dalla classe di biologia e..-
-Non dirmi che me lo sono ritrovato
nell’armadietto se no mi metto ad urlare- l’avvertii, andando verso il fornello per mettere la bustina
nell’acqua, la quale stava bollendo.
-No- rise,
scuotendo la testa e si sedette nuovamente a tavola. -Era nello spogliatoio
femminile, in modo tale che le ragazze non appena lo vedevano uscivano anche in
reggiseno..-
-Che pervertito!- espressi il mio parere, tagliando un spicchio di limone e
buttandolo nella tazza bollente.
-Questo è poco, fidati, ma comunque, io e te
lo avevamo scovato e non appena se n’era andato: hai preso la biscia e
l’abbiamo messo nell’armadietto di Danny-
-O mio dio- balbettai, porgendole la bevanda davanti.
-Eravamo delle piccole ribelli- commentò alla fine Perrie, grattandosi la nuca
imbarazzata. La fissai sconcertata e annuii. Dopo poco dopo ci mettemmo a
ridere.
“Le due solite ragazze erano in un grande
sala con la cabina di registrazione incorporata. Vi erano anche cinque ragazzi,
i quali stavano chiacchierando allegramente con le due. La bionda era accanto
ad un ragazzo moro con la cresta, con una piccola barbetta sul viso; dalla
pelle olivastra e perché no anche abbastanza alto e muscoloso. Invece la
castana era accanto a Louis. Oramai quei sette erano inseparabili e si
divertivano troppo insieme. Perrie e Brooke stavano raccontando dello scherzo e
senza volerlo avevano suscitato un’enorme sorpresa negli occhi del castano e di
Zayn, che non credevano ancora al fatto che gli piacevano delle ragazze così
ribelli. Insomma sembravano del tutto innocenti quando le avevano incontrate.
-Non ci credo che lo avete fatto- esclamò,
ridendo, il ricciolino.
-è la pura verità- si difesero le due,
alzando di poco la voce.
-Concordo con Harry, mi dispiace ragazze-
disse divertito il biondino, appoggiando il braccio sulla spalla del suo
amico. Le due ragazze si lanciarono uno
sguardo complice e si inumidirono le labbra.
-Beh, noi possiamo provarlo- affermò
Perrie, alzandosi e raggiungendola. L’altra stava inserendo la mano nella sua
cartella. -Vero, Brooks?- l’interpellò, scherzando.
-Verissimo, bionda-
-Ragazze non facciamo scherzi- s’intimorì
Liam, avvicinandosi al biondo e al riccio. Gli altri due rimasero al proprio
posto sicuri sul fatto che non ci fosse nulla in quella borsa, ma non appena
sentirono il verso dei serpenti si preoccuparono anche loro e andarono da quei
tre.
-Oddio li abbiamo spaventati, Brooks-
-Mi sa anche a me- rise di gusto, mentre
gli altri le mandarono gentilmente a quel paese.
-è stata un’idea geniale scaricare l’app
dei serpenti- si complimentò la bionda.
-Lo so, modestamente-
-Sei la regina dei serpenti, Brooks-
commentò Zayn, scuotendo la testa.
-Beh modestamente-
-Non c’è nulla da vantarsi, stupida- la
riprese Perrie, dandole uno schiaffetto.
-D’ora in poi ti chiameremo Bis- annunciò
Niall, alzandosi e portandosi la mano al petto. -La regina dei serpenti-
-Mi piace Bis- commentò positivamente
Perrie. -è più corto di Brooks e ha il suo fascino-
-Pezz, zitta grazie-
-No, c’ha ragione- intervenne Harry,
affiancando Niall. La diretta in questione spalancò gli occhi quando anche Liam
affermò di essere entusiasta di quel nome. Li fissava come se fossero dei
psicopatici.
-Anche a me piace- sussurrò Louis al suo
orecchio. Lei si voltò e lo trovò a pochissimi centimetri distanza dal suo viso
e non pensò a nient’altro se non al fatto che i suoi occhi azzurri erano
meravigliosi, visti da quella lontananza. Arrossi di colpo e boccheggiò varie
volte.
-Occhi blu ha scoccato la sua freccia-
esultò Perrie, maliziosamente. Tutti l’osservarono confusi invece Brooke si alzò
di scatto e cominciò a rincorrere.”
-Niall!-
esclamai
divertita. La mia amica confermò quel nome con un grande sorriso.
-Hai
ricordato-
si congratulò, battendo le mani come una bimba.
-Non
nego di aver ricordato alcune cose, ma preferisco non legarmi troppo alla
speranza di ricuperare la memoria- le annunciai, stringendomi le
spalle e appoggiandomi con la schiena alla sedia. -Non fraintendermi, vorrei
poterla riavere, solo che.. non so.. preferisco farmi nuovi ricordi che essere
legata a quelli vecchi- ammisi con un tono abbastanza dispiaciuto perché
loro, lei e i ragazzi, erano parte sia di quelli precedenti sia di quelli
nuovi. Erano come una piccola famiglia. Lei distorse le labbra e si portò la
tazza alla bocca per riprendere un altro sorso di quella bevanda al limone.
Scossi la testa per intimarla a confidarmi ciò che stava pensando, anche se ci
volle un bel po’.
-Nulla,
credo che tu faccia bene- balbettò con un accenno di insicurezza,
tentando un piccolo sorriso confortatore.
-Ma?- azzardai,
posando le braccia sul tavolo interessata.
-Tu
stai andando avanti con la tua vita e tutto quanto ed è un bene fidati. Però
sembra che stai accantonando la tua vita precedente per una stupida paura- si bloccò
un attimo per riprendere fiato e le sue mani presero le mie. -La donna, che
sei diventata adesso, è cresciuta con tutti gli abbattimenti, insicurezze,
vittorie.. insomma con tutti gli avvenimenti risalenti a quella vita. Perciò,
non ti sto dicendo di smettere di andare avanti, anzi: ti sto solo facendo capire
che devi tenere in considerazione, anche con la più piccola possibilità, che
prima o poi riacquisterai la memoria e ti sentirai finalmente completa-
concluse, sorridendomi ampiamente. Avevo gli occhi lucidi da quello che aveva
appena pronunciato. Mi alzai di scatto e
la raggiunsi per abbracciarla forte a me.
-Grazie,
Pezz-
mormorai, mettendo il mento sopra la sua spalla.
-E
di che?-
domandò retoricamente con un piccolo sorriso.
Non
appena ci staccammo, scoppiammo a ridere per un motivo inesistente,
rallegrandoci di poco.
Finito
di bere il thé, io e la bionda raggiungemmo il salotto per chiacchierare un po’
e dovevo ammetterlo: lei era più d’impatto, d’aiuto, rispetto alle altre
ragazze. Sarà forse il fatto che la conoscevo da più tempo o cose del genere,
ma con lei accanto mi sentivo perfettamente a mio agio. Provavo una sensazione
di sollievo, di benessere e di perfetta sintonia, le quali non avevo
completamente con le altre, nonostante fossero delle amiche perfette. Trascinai
lo scatolone portato da lei e incuriosita lo aprii. C’erano vestiti, libricini
e dei giochi. Una cosa che mi colpì molto fu un album di fotografie. Lo presi e
passai le dita sopra alla copertina morbida.
-L’abbiamo
fatto noi, nel caso in cui ti fosse tornata la memoria e fossi venuta da noi- mi spiegò. -Ci
abbiamo sempre sperato. Così un giorno io e Louis ci siamo messi a fare delle
foto a caso al nostro gruppo e a Sheyleen. Ogni parte della sua vita la puoi
trovare qui dentro- proseguì, aprendolo e facendo comparire le prime foto
con i ragazzi in vari luoghi e con la piccola in braccio. -è tuo-
-Come?
No, non posso accettarlo- risposi prontamente, chiudendolo e
ridandoglielo.
-E
perché? Tranquilla, Brooks, abbiamo un’altra copia- rise,
alzando le spalle. Schioccai la lingua sul palato e mi tolsi poi le pellicine
dal labbro. Annuii, perdente, però l’appoggiai sul tavolino davanti a me.
-Lo
guarderò dopo-
le promisi, ringraziandola e lasciandole un piccolo bacio sulla guancia. Lei
ricambiò. Finché
non si svegliò la piccola proseguimmo nel parlare, poi Sheyleen si unì a noi,
controllando cosa avesse portato la ragazza. Era superfelice quando vide un
piccolo orsacchiotto in pezza e ci incominciò a giocarci. Mi spuntò un piccolo
sorriso soddisfatto e dolce a quella scena perché sembrava come se tutto quello
che le circondava non esistesse più.
*Louis*
Quella
mattina pareva non finire più e appesantirsi, soprattutto quando avevo dormito
si o no tre ore. Ogni volta, in cui mi posizionavo da una parte, nella mia
mente si impiantava l’immagine di mia figlia in lacrime. Era davvero inutile
dire quanto mi facesse male quel ricordo. Mi voltai un’altra volta a sinistra e
vidi i ragazzi addormentati. Il posto di Sheyleen, se non fosse per Harry e
Niall, era vuoto e si faceva sentire la solitudine e la delusione. Respirai a
pieni polmoni e socchiusi gli occhi, creandomi dell’ombra con il braccio.
Percepii un peso sui miei piedi e, alzandomi di poco, ci vidi Liam con il cuscino
sopra le mie gambe e la testa a sua volta appoggiata. Il suo viso era
completamente rilassato e ciò mi fece spuntare un piccolo sorriso divertito.
Avevo sempre trovato buffo come dormisse quel ragazzo causato forse dalle
espressioni che faceva e a qualche parolina sfuggita dalla sua bocca. Mi
ricordo perfettamente quando io e gli altri tre avevamo deciso di girare un
video e postarlo su internet, almeno il mondo sapeva come dormiva Liam Payne.
Tuttavia c’erano sempre degli imprevisti che ci fecero cambiare o
addirittura scordare dell’idea. In quel preciso momento passai a contemplare
anche il resto dei miei amici e, domandandomi in un primo momento dove fosse
Zayn, mi sollevai nel fatto che erano rimasti lì per me; che a loro modo
stavano combattendo per me. Ed io? Io
mi abbattevo solamente e li deludevo. Dovevo fare qualcosa, anzi volevo farlo:
questa volta sarà diverso. M’imposi nella mia mente. Dovevo combattere io per
una volta per me stesso. Dovevo
semplicemente reagire e sarebbe diventato il mio obbiettivo per quei giorni:
cucire quella cicatrice appena formata.
Sbuffai
leggermente e, cercando di togliermi da quella posizione alquanto scomoda per
me, me ne andai a passi lenti e felpati negli altri locali di quella casetta.
Socchiusa la porta, scesi le scale e arrivai in soggiorno. Anche li ci fu la
mia sorpresa: Megan e Lottie erano sdraiate sul divano, invece ci fu un piccolo
rumore proveniente dalla cucina. Inarcai un sopracciglio e mi diressi li per
vedere cosa stesse succedendo.
Arrivato,
notai la figura, ingrassata, di mia madre alle prese con pentole per una buona
colazione. La studiai in completo silenzio visto che non avevo ancora capito
del tutto come comportarmi con lei. Quest’ultima, nel voltarsi e vedermi,
sussultò portandosi una mano al cuore.
-Louis,
oddio, mi hai fatto spaventare- esclamò, cercando di regolarizzare
il suo battito cardiaco respirando profondamente. -Comunque buongiorno, sto
cucinando qualcosa da.. per colazione.. cosa ti andrebbe?- Non risposi. Mi
limitai a fissarla: si potevano notare delle piccole occhiaie sotto gli occhi e
il suo viso leggermente dimagrito, rispetto al corpo, il quale si era
ingrandito di più dovuto all’ottavo o nono mese di gravidanza. Mi venne in
mente la nostra litigata di qualche mese fa in cui le dissi di non considerarmi
più suo figlio. Ebbene in questo momento potevo capire quanto ci potesse essere
rimasta male. Negai la sua offerta con la testa. -Dovresti mangiare- mi
consigliò, stringendosi le spalle.
-Non
ho fame al momento-
risposi, sedendomi a tavola e portandomi le gambe al petto. Lei serrò le labbra
e annuì. Cadde un terribile silenzio e non riuscivo a sopportarlo a lungo. Così
mi feci coraggio e sospirai pesantemente. -Però potremmo parlare-
mormorai, alzando lo sguardo e incrociando i suoi occhi celesti sorpresi.
Confermò e mi raggiunse a passo lento. -Mi dispiace per ieri- cominciai,
assumendo una posizione eretta. Scosse la testa e i suoi occhi divennero
lentamente lucidi.
-Me
lo sono meritato-
affermò in un primo momento. -Tutto- aggiunse dopo. -Non dovevo farvi
una cosa del genere e ne sono consapevole, ma non c’è un giorno in cui me ne
penta- proseguì, ingoiando faticosamente e tentando di non piangere.
Istintivamente posai la mia mano tremolante sulle sue e gliele accarezzai
dolcemente. -Non sai quanto mi dispiace- scoppiò a piangere, appoggiando
la testa su quell’incrocio. Potei percepire le sue lacrime calde cadere sulla
mia mano.
-è
tutto passato-
la consolai. -Non ho mai pensato quelle parole. Ero semplicemente arrabbiato
perché insomma, mamma, Darren? Dopo tutto? Mi sono sentito preso in giro, come
se volessi che la storia si ripetesse- le spiegai, avvicinandomi a lei.
-No,
tesoro, questo mai- negò
immediatamente, alzandosi di scatto
-Lo
so-
la bloccai. -Lo so- ripetei nuovamente con un tono più innocuo e dolce.
-Mi
dispiace, Lou-
annuii e l’abbracciai di scatto.
-So
come ti senti-
commentai, aumentando la stretta. -Perdere un figlio, non è bello-
-Sheyleen
tornerà-
affermò. Scossi la testa e mi rattristai di poco.
-Non
ne sono così tanto sicuro, ormai- confessai.
-Come
hai detto te-
ribatté, staccandosi e sorridendomi in modo confortante. -è arrabbiata. Si
sente tradita dall’unica persona a lei cara. Ma dalle tempo e vedrai che sarà
di nuovo in questa casa come se non se ne fosse mai andata-
La
presi nuovamente tra le mie braccia e poggiai la testa sulla sua spalla, mentre
mia madre mi carezzava dolcemente la schiena. -Sarà così. Abbi fiducia- mi
coccolò con estrema delicatezza.
-Ho
bisogno di te, mamma-
ammisi, perdendo quell’autocontrollo.
-Resterò
fin quando mi vorrai- mi comunicò, regalandomi una sensazione di
protezione e sicurezza.
*Brooke*
Era
l’ora di pranzo ed eravamo solo io e la piccola visto che Perrie aveva avuto un
imprevisto alla casa discografica e doveva recarsi lì immediatamente; Tina e
Queen erano uscite per comprare qualcosa per il compleanno di Ginger, la
fidanzata della prima, e la bionda era stata costretta ad accompagnarla a causa
del fatto che le aveva preso nuovamente il profumo della rossa senza il suo
permesso. Insomma stava pagando pegno. Così eravamo sedute al bancone noi due e
stavamo sfogliando qualche ricettario per cucinare il pranzo. Ad ogni ricetta
scartata, si limitavano le possibilità, arrivando a decidere per una pizza a
domicilio. Non mi andava andarle contro visto che l’avevamo mangiata circa due
giorni fa, perciò l’accontentai. Subito
dopo il pranzo si mise a giocare un po’ con le sue Barbie, proponendole più
volte di uscire per svagarci un po’, ma lei aveva rifiutato. Così, mentre lei
si divertiva con la sua Sally, io ero seduta sul divano. Avevo mezza intenzione
di guardare la tv, però alle dite percepii una lieve scossa e, agendo
d’istinto, presi quell’album fotografico. Ci passai nuovamente l’indice sopra
per riavere quel contatto morbido e delicatamente lo aprii.
La
prima pagina era una lettera dei ragazzi, in cui presentavano il progetto e
veniva accompagnata da una piccola foto: era un’ecografia, probabilmente al
settimo mese. Sorrisi e istintivamente mi portai la mano alla pancia,
carezzandola. Non mi sembrava ancora vero. Ero stata incita e non me lo
ricordavo neanche. Decidi di continuare e più andavo avanti più c’erano foto
diverse e buffissime: esse andavano dal primo compleanno; i primi passi con
Louis con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta dalla sorpresa e sulle
orecchie vi erano le cuffie di registrazione dello studio; la prima parola
(papà) e sempre il povero cantante sorpreso e commosso. C’erano anche foto di
gruppo e tutti le più buffe che avevo mai visto. Ce n’era una completamente
divertente: era presente Harry e Niall sdraiati e addormentati sul divano del
tour bus e la piccola Sheyleen con un pennarello in mano, la quale colorava
sulla loro faccia. Di fianco sembrava il seguito di quella precedente con
Louis, che teneva in braccio la bimba, e i due con il viso colorato e poi
sporco di qualcosa di bianco. Scoppiai a ridere e lessi la descrizione in
basso: “Mai lasciare che Sheyleen si avvicini a Harry e a Niall mentre
dormono perché colorerà a loro la faccia e poi li sveglierà con una torta in
faccia. Beh sempre meglio che degli schiaffi! Si dovrebbero sentire onorati!
(Lou’ sta zitto che fai bella figura) (signorino Styles, questo è il mio libro
e scrivo ciò che voglio)..” quella conversazione continuò
per altre quattro righe e mi divertivo sempre di più, finché non ci fu un’altra
calligrafia, diverse delle due precedenti, che enunciò: “Se
stai leggendo la mia parte, vuol dire che Zayn e Niall hanno fatto un buon
lavoro e stanno legando i due alla sedia. Perciò faccio in fretta: ricordati,
con qualunque figlio avrai con il belloccio imbavagliato, non lasciare mai la
tua futura neonata da sola perché questo sarà l’esito finale.
Noi, 30/05/2011”
Socchiusi
leggermente gli occhi a causa di una luce, la quale mi accecò per un breve
periodo, permettendo alla mia mente di intravedere quel piccolo flashback,
ricordo.
“La solita ragazza castana camminò per
quella strada a testa bassa, lasciando che quella musica assordante la
dominasse. Si sentiva vuota, si sentiva una delusione completa. Era stata
attenta accidenti e non poteva essere così sfortunata. In mano aveva un piccolo
sacchetto, che dondolava da una parte e dall’altra; mentre l’altra era riposta
nella tasca a giocherellare con il cellulare per scaricare la tensione. Imboccò la via della casa del suo fidanzato perché in
quel periodo la sua sembrava più un inferno: i suoi genitori si stavano
trasferendo a Berlino e quindi ogni giorno c’era qualche camion del trasloco,
che si parava davanti alla sua casa. Fortunatamente lei era riuscita a
convincerli a farla rimanere dalla sua migliore amica, Perrie, a patto che si fosse
impegnata il doppio negli studi e ricevesse buoni risultati. Quel giorno lei
aveva solo bisogno di un posto tranquillo, lontano da tutti, seppur per poco.
Trasse fuori il mazzo di riserva e aprì il portone. Chiamò direttamente l’ascensore
e con aria persa e distratta cliccò sul bottone del quinto piano. Ci mise poco
e, sfregandosi gli occhi con le mani, si catapultò dentro a quell’appartamento
più velocemente possibile in modo tale da finire prima del rientro del padrone
di casa. Serrò la porta e si perse in quell’enorme spazio, ricordandosi
nostalgicamente di quella notte magica. Scosse la testa e si diresse nel bagno.
Ci impiegò un po’ e alla fine sgranò gli occhi nel guardare quel test di
gravidanza segnare che lei era incinta da quasi due settimane. Il mondo le
crollò addosso in pochi istanti. Strusciò la schiena contro la parete fino a
sedersi per terra con le gambe attaccate al petto e il suo viso in lacrime
nascosto tra di esse. Rimase lì a piangere e non si alzò neanche quando ascoltò
un vociare all’ingresso. Era tornato il
padrone di casa con i suoi amici. Uno di loro si diresse nel luogo in cui la
ragazza risiedeva e quando la vide per poco non si prese un infarto.
-Lou!- urlò Niall nome del fidanzato della
ragazza. -Abbiamo un problema- aggiunse, facendo preoccupare il diretto in
questione, il quale, seguito dagli altri tre, si avvicinarono all’irlandese. Il
castano sbarrò gli occhi ed entrò.
-Bis, che ci fai qui?- la raggiunse, ma lei
non voleva smetterla di piangere.
-Io.. io.. avevo..- balbettò, stringendosi
le gambe e facendo cadere l’oggetto a terra. Il ragazzo inarcò un sopracciglio
confuso e lo raccolse. -Mi odio così tanto- continuò lei, scuotendo la testa.
Invece Louis impallidì all’istante e spalancò gli occhi in maniera disumana.
Come era potuto succedere? Era stato così maledettamente attento.
-No- mormorò, sedendosi a terra e con i
suoi occhi blu cristallini inumiditi.
-Lou, che succede?- intervenne Zayn,
guardandolo allarmato. Non rispose, allungò solamente l’oggetto e proseguì a
darsi dell’imbecille mentalmente. Aveva rovinato due vite, forse anche tre: la
sua, quella della ragazza e quella del futuro neonato. “
Scossi
la testa per liberarmi da quel ricordo e mi concentrai esclusivamente sul
libro. Mi accorsi che la scrittura di Liam proseguiva: Ps: Se
non ci credi che quei due sono legati come dei salami, sfoglia qualche pagina
più in là e avrai la prova di ciò che dico”
Sorrisi
in modo nostalgico e andai avanti ad osservare quell’album. Arrivai quasi alla
fine e vi era realmente quella foto con quei due legati. Accennai una risata e
proseguii. Alla fine c’era una piccolissima lettera con il mio nome sopra di
esso. Mi fermai a contemplarla indecisa se aprirla oppure no. Me la passai
anche tra le mani più volte e, fissando anche Sheyleen, mi imposi di non
leggerla. Era di sicuro dedicata alla vecchia Brooke, il suo amore, non a me.
Poteva essere una stupida visione, eppure percepivo come se fossimo due persone
completamente diverse.
-Brooke- mi richiamò
la piccola, facendomi ritornare alla realtà. La intimai a continuare e lei fece
un piccolo sorriso. -Possiamo uscire?- mi domandò gentilmente. Annuii e
riposi l’album nello scatolone. Ci preparammo in pochi istanti e ce ne uscimmo
per l’intero pomeriggio.
*Louis*
Eravamo
in macchina considerando il fatto che i nostri manager dovevano comunicarci
qualcosa di importante. Non volevo farli preoccupare. Perciò anche se avevo il
morale sotto i piedi e non avevo la forza di fare qualcosa, mi slacciai la
cintura e scesi da quel veicolo, posteggiato davanti all’entrata. Una mandria
di paparazzi ci accolsero e le loro fastidiose domande non mancarono. Le
guardie del corpo ci circondarono e ci proteggevano da quei flash. Mi aggrappai
alla maglietta di Harry, il quale mi consolò, prendendomi la mano e
stringendomela di poco, poi misi la testa sulla sua spalla per non guardare
nessuno negli occhi. Erano una ventina e con estrema fatica riuscimmo ad
entrare nell’edificio. Tirammo un sospiro di sollievo e ringraziai il mio
amico, che mi sorrise gentilmente. Senza fare altre commedie giungemmo nel
nostro solito studio, in cui vi erano tutti i nostri produttori. Ci accolsero
in un grande e chiassoso applauso. Li fissammo in cerca di una spiegazione e il
grande capo, Simon Cowell, ci venne incontro con un piccolo pacchettino.
-Questo
è per voi ragazzi-
ci sorrise riconoscente. Liam lo prese e, ricevendo il nostro consenso, lo
aprì. Sgranammo gli occhi di fronte al nostro nuovo album. -Il vostro terzo
album è finalmente finito!- annunciò, applaudendo di nuovo. Sean ci
raggiunse e picchiettò la sua mano sulla sua spalla.
-Le
belle notizie non sono ancora finite- aggiunse quest’ultimo
approssimandosi accanto ad una gigantesca lavagna con un telo bianco sopra. La
nostra meraviglia aumentò quando quell’oggetto fu scoperto e una mappa del
mondo apparve a noi con tantissime puntine, le quali segnavano di solito le
tappe del nostro tour, e in basso ci fu un’enorme scritta in nero grassetto:
Where We Are Tour!
-Andremo
in tour?-
boccheggiò Niall, sbattendo più volte le palpebre. Loro confermarono con grande
enfasi.
-Partirete
questo mese!-
-Ma
il cd non è ancora uscito- fece notare Zayn, aggrottando un sopracciglio.
-Qui
vi sbagliate ragazzi!- intervenne Danny, pizzicandosi il naso. -Il
cd è uscito ieri sera su internet e stamattina in tutti i negozi. Come i
biglietti del tour-
-Vi
siete organizzati bene- costatò Harry, sorridendo. Tutti scoppiarono a
ridere e vennero a complimentarsi con noi. Strinsi tutte le loro mani. Subito
dopo udimmo un suono: ci voltammo e vidimo Simon stappare la bottiglia di
champagne per festeggiare. Allargò le braccia, facendo cadere qualche goccia di
liquore a terra, e rise.
-Voglio
fare un brindisi ai One Direction! Si siete fatti in quattro per questo album,
avete lavorato arduamente e finalmente i vostri sforzi sono ricompensati.
Dunque, congratulazioni ragazzi. Sono davvero orgoglioso di voi- si
complimentò nuovamente. Così,
con un bicchiere pieno di quella bevanda, brindammo.
La festa continuò, mentre
io mi approssimai verso la lavagna e cominciai a contemplare ogni singola tappa
di quell’interminabile tour. Sorseggiai dal bicchiere, provocandomi un bruciore
per tutta la gola, e mi persi nei miei pensieri, allontanandomi da tutto quel
vociare stridulo. Era il primo tour senza la mia piccola bambina e mi rattristava
più del dovuto: Sheyleen era la mia ancora di salvezza da tutto ciò che mi
circonda, sia nel bene che nel male. Ora come ora, invece, mi interpellavo se
fosse giusto che io continuassi senza di lei. Questa era la prima volta, in cui
stavo riflettendo come quello che amavo fare non avesse più senso per me. Emisi un sospiro e
scossi di poco la testa, girando anche di poco quel calice di vetro con qualche
goccia di champagne ancora lì dentro. Ascoltai dei passi avvicinarsi a me e una
mano stretta sulla mia spalla.
-Tutto
ok?-
la voce dell’uomo mi fece sussultare di poco perché immaginavo che fossero i
ragazzi e non lui.
-Stanco- mi limitai,
voltandomi di poco verso il mio capo.
-Non
me la dai a bere-
replicò, divertito. -Andiamo Louis, dopo quattro anni credo di conoscerti
abbastanza bene. Centra qualche donna?- azzardò Simon, facendomi l’occhiolino.
-Sheyleen
se n’è andata-
gli annunciai a bruciapelo. Lui si irrigidì e si rattristò.
-Mi
dispiace, non lo sapevo-
-Nessuno
lo sa-
mormorai, deglutendo. -Ha scoperto che Brooke è sua madre ed è andata con
lei, arrabbiandosi con me- aggiunsi con estrema difficoltà.
-Tornerà,
ci vuole tempo-
mi consolò, sfregandomi la mano sulla mia spalla. -Se hai bisogno, sappi che
io ci sarò sempre-
-Una
pausa-
risposi, immediatamente. Lui si meravigliò, pietrificandosi. -Non sto
dicendo che voglio mollare la band. Questo non lo farei mai- mi affrettai a
spiegarmi meglio. -Mi sento oppresso, stressato, depresso.. peggio della
prima volta- ammisi senza pensarci, riferendomi anche a tre anni fa quando
io e lui avevamo avuto una conversazione del genere. -Ho bisogno di
allontanarmi prima che impazzisca- conclusi.
-Capisco.
Prenditi tutto il tempo che ti serve. Sappi solo che il tour comincia il venti
marzo-
mi disse comprensivo e facendomi un piccolo occhiolino. -Sii forte. Lei vorrebbe
questo- mi consigliò in seguito. Confermai quelle parole con la testa.
-Grazie- esclamai,
sforzando un piccolo sorriso.
-Figurati- mi rispose,
ricambiando quel gesto. Fece per andarsene, ma lo bloccai nuovamente.
-Un
ultimo favore: non dirlo ai ragazzi. Non voglio che si preoccupino più di
quanto lo sono di già- lo pregai, studiando la sua corporatura muscolosa
e la testa, con quei capelli marroni scuro, abbassarsi. Si rigirò e mi regalò
un sorriso confortatore.
-Tranquillo,
segreto al sicuro. Ora vieni a festeggiare: è pur sempre per voi- terminò,
accennando con la testa quel gruppo di persone, che stava chiacchierando
allegramente e ridendo. Lo accontentai e mi buttai nella mischia con un finto
sorriso stampato sul mio viso. La mia mente, al contrario, stava programmando
qualcosa. Un’idea mi venne in mente e, studiando i ragazzi uno per uno, mi
pentii subito di averlo pensato. Eppure, se funzionasse? Sospirai e mi godetti
quell’atmosfera per il resto della mattinata.
Durante
il pomeriggio, sempre nel medesimo luogo dato che i paparazzi avevano bloccato
ogni uscita con quella cavolo di ostinazione nella mia storia, ero nella sala
relax con il computer sulle gambe e vari siti internet aperti. Stavo
controllando una cosa, ma non appena sentii dei passi avvicinarsi, chiusi di
scatto il portatile e portai il viso in direzione della porta, da cui spuntò la
figura di Niall. Ebbene si, toccava a lui a farmi da balia. Inarcai un
sopracciglio nel vederlo con una corda in mano.
-Che
stai facendo?-
domandai confuso.
-Johnny
mi ha chiesto se riuscivo a rotolarla e dato che non ho nulla da fare e mi
annoio, ho accettato-
si giustificò, portando un’estremità al gomito e iniziano a girarla intono al
suo braccio.
-Grazie,
neh-
sbuffai.
-Non
è per te, solo che qui dentro non c’è nulla da fare-
-Lo
so-
gli diedi ragione.
-Perché
quegli stupidi giornalisti non se ne vanno?- borbottò, avvicinandosi di poco
all’enorme finestra e scrollando poi la testa infastidito. Mi limitai ad alzare
le mani per difendermi. -Ehm.. come stai?- azzardò poco dopo, mordendosi
il labbro inferiore. Mi concentrai su un posto indefinito di quella stanza.
-Potrebbe
andare meglio-
risposi, malinconico.
-Sei
più.. come dire.. tranquillo- notò, finendo il suo lavoro e
sedendosi accanto a me.
-Sto
cercando di non essere uno psicopatico- mi difesi.
-Non
lo sei-
ribatté con tono sicuro e rassicurante.
-Potrei
diventarlo-
commentai.
-Mi
dispiace per come sono andate le cose- cambiò discorso.
-Anche
a me-
lo troncai subito, stringendomi le spalle. Lui appoggiò la testa sullo
schienale del divano e socchiuse gli occhi, permettendo ad un terribile
silenzio cadere tra di noi. Mi girai i pollici prima imitare la sua posizione.
Lasciai passare dei secondi però poi sospirai. -Grazie- esclamai all’improvviso,
procurandomi la sua attenzione.
-Di
cosa?-
chiese confuso, voltando la testa verso la mia direzione.
-Per
essere qui e per la futura lattina di coca-cola che mi andrai a prendere- risposi,
allargando la bocca in un sorriso debitore.
-Sei
incredibile, Boo-
commentò, ridendo e alzandosi. Mi accontentò e se ne andò a passi lenti e con
quella corda in mano. Sospirai e subito quel sorriso se ne andò. Il tocco delle
lancette dell’orologio si fecero sentire e poi il mio cellulare vibrare. Lo
presi di scatto ed era un messaggio da uno sconosciuto. Era Elly con in braccio
suo figlio. Mi ricordai di quel pomeriggio e di come le chiesi di mandarmi una
foto di Will. Sorrisi alla loro dolcezza e rimasi a fissarli per altri secondi
finché le mie dita non andarono sull’icona di un nuovo messaggio e cominciarono
a comporne uno nuovo. Se dovevo riniziare da capo e ritrovare il mio
equilibrio, era forse giunta l’ora di slegarmi dall’unica persona, a cui ero
rimasto bruciato. Una volta finito di scriverlo, lo rilessi e con estrema forza
lo mandai. Mi pentii subito di averlo fatto anche perché non ero ancora pronto
a dirle addio. Ero il solito deficiente e proseguii a insultarmi per un sacco
di tempo, arrivando addirittura ad accettare la cosa e ad affrontarla. Forse
sarà davvero il mio passo avanti?
*Brooke*
Era
sera quando lessi quel messaggio, esattamente una mezz’ora prima dell’appuntamento,
segnato da esso. Louis voleva parlarmi. Non sapevo il motivo, ma cominciai ad
allarmarmi: avevo una terribile sensazione. Così, entrando in casa, notai che
vi erano tutti. Mi abbassai al livello di Sheyleen, la quale mi fissò per
qualche minuto confusa.
-Devo
andare a fare un piccolo lavoro. Torno subito- le
comunicai, mentre lei confermò le mie parole, tristemente. Infatti si diresse
in camera sua stancamente. Tirai un sospiro e, impugnando di nuovo le chiavi
della macchina, uscii di casa. Scesi debolmente le scale e, varcando la soglia
del portone, salii in macchina per indirizzarmi verso la rupe.
Spensi
le luci della macchina e notai la figura magra e a postura goffa appoggiata sul
cofano di una Mercedes nera metallizzata, che stava guardando l’orizzonte. Mi
appoggiai allo schienale insicura di quello che stavo per fare. Avevo una
bruttissima sensazione. Eppure avevo un dannato bisogno di rivedere i suoi
occhi azzurri, che mi trasmettevano serenità, forza e protezione. Tolsi le
chiavi e scesi. Subito il vento di marzo mi avvolse e sembrava che mi stesse
trascinando verso di lui. A passi piccoli mi parai alla sua sinistra, notando
il suo sguardo serio e stanco. Tossicchiai per segnalare la mia presenza e
Louis si voltò lentamente, alzandosi e sforzando un piccolo sorriso. Ricambiai
timidamente. Sembra che non ci conoscessimo per nulla.
-Ciao- mi salutò.
-Ciao,
Lou-
ricambiai.
Cadde
un silenzio nuovamente e non sapevamo neppure come spezzarlo. Sospirai e mi
feci coraggio per intervenire. Non me ne diede tempo perché abbassò il viso
addolorato.
-Ho
bisogno di.. di parlarti seriamente- cominciò. -E non è per nulla
semplice- aggiunse, permettendomi di vedere i suoi occhi. Mi sorpresi e non
poco. Erano rossi e gonfi.
-Che
ti sta succedendo?-
sussurrai con la paura che mi avesse sentito.
-Ho
bisogno di lasciarti andare, Brooke- affermò. Corrugai la fronte
confusa. -Ho bisogno di andare avanti.. Di ricominciare una nuova vita senza
di te- proseguì, colpendomi direttamente al cuore. Spalancai gli occhi, i
quali si stavano inumidendo. -Per tutti questi hanno sono stato fin troppo
legato a te.. E non solo per Sheyleen, per tutto. Io ti amo e lo farò per
sempre- affermò, avvicinandosi e catturando le mie mani. Le intrecciò e mi
guardò completamente negli occhi. Ero completamente scioccata. -Ed è per
questo che voglio che ti capisca quanto sia importante per me dirti una buona
volta addio-
-Io
non riesco a capire- balbettai.
-Non
mi ha mai portato nulla di buono amarti- confessò, abbassando lo sguardo. -Non
fraintendermi, farlo è stato la migliore cosa che mi stia successa. Da esso è
nata Sheyleen- si corresse poco dopo. -Ma purtroppo questo amore mi sta
distruggendo lentamente e devo salvare l’unica cosa che mi resta. Devo salvare
me stesso per una volta- mi spiegò. -E per farlo devo rompere
definitivamente con te- posò la sua fronte sopra la mia. Percepivo il suo
respiro solleticarmi le guance. Una lacrima sfuggì dal mio controllo. -Spero
che tu mi capisca- concluse, notando qualcosa brillare sulla sua guancia.
Stava piangendo anche lui. Spalancai leggermente la bocca, ma uscì solamente un
singhiozzo. Scossi la testa. -Come si fa a guardare la donna che ami e dire
che è il tempo di andare via- terminò, inumidendosi le labbra e accennando
un segno negativo con la testa.
-Ti
prego, non farlo-
lo scongiurai, chiudendo gli occhi.
-Devo,
mi dispiace Bis-
pianse, lasciandomi andare le mani e facendo dei passi all’indietro.
-No,
ti prego-
esclamai, non sentendo più la sua stretta. Lui scosse la testa e si diresse il
più velocemente al sua macchina. Lo guardai, ma non mi arresi. Gli corsi
incontro e lo bloccai, abbracciandolo da dietro. -No, ti prego- ridissi,
nascondendo il mio viso tra le sue spalle. -Non farlo.. Io ho bisogno di te.
Io..- le lacrime presero il controllo, non permettendomi più di parlare.
Restammo così per altro tempo. Poi scosse la testa e, strattonandosi dalla mia
presa, si mise in macchina. La mia sorpresa fu palese. Restai immobile. Lui mi
concesso solo l’ultimo sguardo addolorato e, ingranando le marcia se ne andò. -No,
no, no, ti prego-
mossi dei piccoli passi. -Louis! Ti prego- urlai, alla macchina. Nulla.
Non successe nulla. Mi aveva abbandonati sulla nostra rupe con il cuore a
pezzi. Mi accosciai a terra con il viso abbassato e le lacrime crebbero. -Ti
amo anch’io, Boo- mormorai, stringendomi le spalle.
Ciao a tutte :D
Voglio scusarmi per questo enorme ritardo, ma ho avuto alcune complicazioni.
Comunque, ecco a voi il 22esimo capitolo di Remember When.
Allora che dire? Voglio premettere che la data del tour so che è
sbagliata perché loro partono il 25 aprile, ma mi serviva in
quella data precisa.
Forse chi si ricorda dai capitoli precendeti: quella è la data in cui si sposerà Brooke.
In ogni caso, Louis sta cercando una soluzione per "rimettersi" e una
delle prime è lasciare definitavamente Brooke, che confessa di
amarlo D:
Non ci sarà mai tregua per quei due.
Ci sono due flashback: e devo dire che mi è piaciuto tanto
scrivere quello in cui si scopre che la ragazza è incita della
futura, Sheyleen *^*
Ma va beh.. bando alla ciance: Come vi è sembrato?
Vi è piaciuto?
FATEMELO SAPERE! Accetto di tutto :D (magari ci riusciamo a superare le 4 recensioni? Pleaaaase *^*)
Prima di sloggiare, anche perché Dante mi sta aspettando al
Purgatorio, vorrei ringraziare le persone che: la recensiscono; l'hanno
messa tra
preferite/seguite/ricordate; la leggono. Un grazie speciale anche a Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Mi piacerebbe leggere le vostre opinioni in modo tale che possa migliorare.
Ci si vede alla prossima.
Un bacio,
Ciaooo x
ps: prima delle solite foto, che ne direste di passare per l'altra mia
ff su Harry? Si chiama Night Changes (questo è il link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3049649&i=1 Non vi
deluderà, almeno questo è quello che spero. Spero anche
che vi possa piacere. Grazie a chi passa u.u)
(Vecchio zio Simon)
|
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Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
ujhyftygfnrylukhkjn
Capitolo 23:
Nobody
said it would be easy
Oh, it’s such a shame for us to part
Nobody said it would be easy
No one ever said it would be so hard
I’m going back to the start
(The Scientist by Coldplay)
Restai in quel luogo per tutta la notte con
le braccia appoggiate sul volante e lo sguardo perso al chiarore della luna.
Ero troppo stanca e distrutta per poter guidare fino a casa. Mi strinsi la
giacca e caddi nelle braccia di Morfeo dopo poche ore. Mi risvegliai intontita
la mattina verso la sei. Riprendendo le forze, ingranai la marcia e me ne andai
da lì. Alla fine Louis non era nulla per me, tranne il padre di Sheyleen e i
ragazzo che mi piaceva, eppure lui aveva deciso di andare avanti nonostante
tutto; e anch’io dovevo farlo per il mio bene e quello del mio futuro
matrimonio. Dovevo solo innamorarmi di Dylan di nuovo. Ci sarei riuscita. Infondo
lui era un ragazzo meraviglioso.
Una decina di minuti dopo arrivai di fronte
al mio palazzo e, spegnendo tutto e scendendo dalla macchina, ci entrai. Non
avevo voglia di prendere l’ascensore poiché avevo bisogno di schiarirmi un po’
la mente. Così, nonostante la stanchezza, salii ogni singolo gradino fino al
terzo piano dell’edificio. Salutai i pochi lavoratori mattinieri a causa del
fatto che dovevano andare fuori città, e tra poche ore io sarò come loro. Avevo
anche un’importante riunione quella mattina, ora che ci riflettevo. Sospirai e,
parandomi davanti alla porta del mio appartamento, l’aprii delicatamente senza
fare alcun rumore. Allo stesso modo nel chiuderla. Qualcosa attirò la mia
attenzione: Dylan era sdraiato sul divano addormentato. Dal braccio penzolante
si notava il telecomando nero sul punto di cadere per terra. Sul mio viso si
dipinse un sorriso addolcito e con passo felpato mi recai da lui. Gli tolsi
quell’oggetto e istintivamente ritrasse la mano, ponendola sul suo stomaco. Mi
sedetti nel piccolo spazio presente e mi fermai a contemplarlo: il suo viso
poco rilassato visto che la sua fronte era leggermente corrugata, una piccola
fessura tra le sue labbra rosee da cui uscivano respiri profondi, sulle sue guance
un lieve rossore fino al livello del naso. I suoi capelli marroni erano tutti
spettinati e il ciuffo alzato sempre perfetto in quel momento era abbassato e
gli tagliavano l’occhio sinistro chiuso. Sorrisi e glielo spostai con
delicatezza. Poi gli carezzai la guancia un paio di volte, facendolo quasi
svegliare. E fu così. Lui sbatté più volte le palpebre, mostrandomi la sua
vista alquanto assonnata e confusa in un primo momento.
-Brooke- mugugnò qualcosa, passandosi i polsi sopra gli occhi.
-Hey, buongiorno amore- lo salutai come se nulla fosse. Invece, nella mia mente,
i ricordi facevano a pugni per imporsi al mio autocontrollo.
-Dove sei stata?- domandò, tirandosi su con la schiena e sedendosi.
-Sono qui ora, giusto?- rigirai la domanda con un piccolo sorriso.
-Sei incorreggibile- commentò, scuotendo la testa divertito. -Mi sono
preoccupato. Cavolo hai un cellulare, una chiamata non ti costa nulla- mi
rimproverò.
-Mi dispiace-
risposi, assumendo una faccia da cucciolo. Lui sospirò e
decise di lasciar perdere. Mi attirò a sé e mi concedette
un tenero
bacio. Li adoravo e mi mandavano sempre fuori di testa. Andando avanti
di questo passo, il piano potrebbe
realmente funzionare: lui è l’amore fatto in persona.
Ricambiai molto
volentieri, avvicinandomi con il corpo e facendolo aderire con il suo.
Lui
portò la mano sulla mia guancia per approfondirlo. Durò
qualche secondo e
sembrava di essere in paradiso. La mia mente si liberò
completamente da quel
brutto ricordo, invece il mio cuore stava urlando disperatamente il
nome di Louis. Non l’avrei ascoltato. L’avrei semplicemente
ignorato. Si staccò e mi
sorriso gentilmente.
-La prossima volta, ti prego, avvisami se
stai fuori tutta la notte. Almeno eviterò di disturbare polizia-
-Hai chiamato la polizia?- chiesi, stupefatta.
-Ho cercato, ma ho sbagliato numero e ho
telefonato ad un ristorante chiamato “The Police”- ammise, grattandosi la nuca imbarazzato. Assimilai
quelle parole e scoppiai in una
fragorosa risata. -E ha risposo una che si chiamava Polizia a quanto pare-
aggiunse, aumentando il mio divertimento.
-Va bene- lo accontentai
-A proposito, dato che c’ero ho riservato un
tavolo tutto per noi per stasera. Ci andiamo, vero?-
-Mh.. perché no?- risi, ricevendo un altro bacio.
Restammo per un’altra ora a coccolarci quando
quella sveglia assordante ci segnalò che erano le sette ed era ora di alzarci.
Svogliatamente le prestammo ascolto. Lui si diresse verso il bagno visto che
sapeva che, una volta in cui ci entravano Paige e Queen, avrebbe fatto tardi.
Invece io mi diressi nella camera degli ospiti per assicurarmi del benessere di
mia figlia.
L’aprii lentamente e la chiusi nello stesso modo. Mi approssimai
verso il letto e l’osservai in quello stato dormiente. Era sempre dolcissima, però
fui in grado di intravedere del bagnato sulla sua guancia. Mi rattristai,
capendo che la scorsa notte aveva pianto ed io ero lontana da lei. Oramai
Sheyleen era mia figlia e dovevo essere una mamma perfetta, dandole tutto
l’amore e sicurezza possibile. La scossi leggermente per svegliarla.
-Tesoro, alzati- le sussurrai, dolcemente. Lei fece dei strani versi e si
coprì il viso con il lenzuolo. -Questa scena l’ho già vissuta-
commentai, ridacchiando. Era tipico di mio nipote quando non voleva andare a scuola.
-Shey, andiamo-
-Cinque minuti- si lamentò, affondando la sua faccia nel morbido cuscino
bianco. Alzai gli occhi al cielo e, posando la mano sulla sua schiena, la mossi lievemente.
-Andiamo! Se no non riusciamo a fare
colazione-
-Da Ian?- domandò con una vocina dolce, anche se da quel cuscino l’effetto voluto
non era uscito molto bene. Risi.
-Si, ma ti devi alzare- patteggiai, incrociando le braccia al petto. La piccola
si stiracchiò e mi concesse un piccolo sorriso.
-Ho voglia di pancakes- commentò, massaggiandosi il pancino.
-Sinceramente anch’io. Ian li fa?- le chiesi. Lei confermò con un piccolo sorriso e si
buttò tra le mie braccia. Rimasi un po’ interdetta, ma ricambiai lo stesso
quella stretta.
-Grazie, Brooks- mormorò al mio orecchio.
-Figurati, piccola- conclusi, lasciandole un leggero bacio sulla nuca. In
seguito, ci alzammo e ci preparammo per le rispettive giornate. Sheyleen
indossò la sua uniforme dell’asilo, anche se avevo constatato che era l’unica
pulita; all’opposto io mi ero messa dei vestiti eleganti per la riunione con i
negoziatori. Entrambe giungemmo poi il salone principale, in cui vi erano Dylan,
Tina e Paige. Queste ultime erano sdraiate sul divano devastate.
-Odio la mattina- si lagnò Paige, tirando un calcio al bracciolo del
divano. Dylan si trattenne dal ridere come noi due. Scossi la testa e,
prendendo le ultime cose, li salutammo alla solita maniera. E fu così che alle
sette e quarantacinque del mattino, Sheyleen ed io stavamo marciando verso il
bar desiderato per una buonissima colazione. Infondo la giornata sarebbe stata
lunga e intensa.
*Louis*
Non mi sentivo affatto bene in quella
mattinata, però non potevo abbandonare il mio piano così presto. Dovevo
resistere. Mancava poco e poi non pensavo più a nulla per le prossime due
settimane. In quel momento quella casa era completamente vuota, dato che i
ragazzi erano ritornati alle
proprie abitazioni per riposare un po’ e mia madre
stava dormendo nella stanza degli ospiti. Invece io ero con le cuffie
alle
orecchie, seduto sul letto e con lo sguardo perso. Ripensai
intensamente alla
serata precedente: di come avevo rotto definitivamente da lei, delle
sue
suppliche, che mi distruggevano progressivamente. Avevo dovuto
perché il mio
bene era vincolato da lei. Sospirai e, innalzando il volto, vidi quella
valigia
nera richiamarmi. Infondo mi spettava farla, ma non così presto.
Mi distolsi
da quella posizione per afferrarla. La tirai giù con quella poca
forza, che
avevo, e cercavo di non produrre nessun rumore. Non volevo svegliare
mia madre,
la quale era estremamente stanca. L’appoggiai sul letto e
l’aprii per farle
prendere un po’ d’aria. Nel frattempo mi sedetti alla
scrivania, rigirandomi un
piccolo fogliettino tra le mani. Aveva sempre detto di utilizzarlo in
caso di bisogno. Ne era realmente necessario? O meglio ero così
disperato da chiamarlo?
Impugnai il mio iphone e la musica assordante si trasformò in un
fastidioso
“tu”. Proseguì per circa quattro volte quel suono. “Tipico”
esclamai deluso. Stavo per chiudere la chiamata, quando una voce femminile e quasi
sorpresa rispose. M’infusi coraggio e gli replicai. Ebbene si, ero talmente
malato da chiedergli aiuto.
*Brooke*
Fu inutile dire che quella assemblea ebbe un gran successo. Gli imprenditori erano rimasti entusiasti di quella
progettazione di case completamente ecologiche nei pressi dei grandi parchi
londinesi tanto da offrire una bella somma per avviarlo. Anche il mio capo mi
fece le congratulazioni. Insomma ero abbastanza soddisfatta del mio lavoro.
Uscimmo da quella sala conferenze e, salutandoli e ringraziandoli per la loro
bontà, mi recai nel mio studio insieme ai miei due assistenti.
-Non posso credere che abbiano accettato- esultò euforico Carl
-Pendevano dalle tue labbra, Brooks- ridacchiò Noemi. Sia io che il ragazzo la imitammo.
-Non è vero- mi difesi, prendendo la mia borsa.
-Oh no? Carl?- convocò l’altro aiutante per confermare le sue parole.
Risi nuovamente e li salutai. Infondo la mia giornata era finita. Dovevo solo
fare delle fotocopie prima di timbrare. Così, salutando anche Karol, giunsi al
primo piano accanto alla macchina. Tirai fuori i documenti ed ero pronta per
riuscire nella mia missione, se non fosse per quel stupido oggetto, che non
voleva contribuire. Sbuffai e, legandomi i miei capelli castani in una coda di
cavallo, mi abbassai per capire cosa c’era che non andava.
-Oh, hai fatto conoscenza con Milady- una voce ironica assalii le mie orecchie. Accennai una
lieve risata e mi alzai. Notai la figura di un ragazzo in tiro: era giovane;
alto; abbastanza magrolino, ma lo smoking nero lo faceva più muscoloso; aveva i
capelli castani chiari ricci e due occhi nocciola; e sulle guance si
intravedevano delle fossette. Mi sembrava quasi Harry se non fosse per i suoi
occhi scuri.
-Come scusa?- non fui in grado di trattenere per me la risata.
-Milady. La chiamiamo così perché fa i
capricci e molto spesso non vuole collaborare- mi spiegò, avvicinandosi e indicandola.
-Oh, ora ho capito- risi, seguita da lui. Il ragazzo diede qualche colpetto
e, provocando un piccolo rumore, fu soddisfatto.
-Ecco, così va meglio- esclamò, incrociando le braccia.
-Grazie- gli dissi, tentando ancora a fare le fotocopie. Questa volta ci
riuscii. Mi voltai verso di lui, che mi sorrise alzò in alto i pollici. Non
l’avevo mai visto da quelle parti, sebbene io fossi in quella azienda da poco
tempo. Comunque dovevo ammettere che era stato davvero gentile.
-Sono Fabien- si presentò, allungando la mano, che strinsi molto
volentieri.
-Brooke- ricambiai.
-Oh, lo so chi sei. Mio padre non fa altro
che parlare di te-
-Tuo padre?- cercai una spiegazione, la quale non tardò ad arrivare.
Lui mi sorrise nuovamente.
-Si, Carl Hoon- sussultai a quel nome perché non pensavo che Carl, il
mio assistente, avesse un figlio di quell’età. Insomma avevo visto una foto e
c’erano dei bimbi piccoli e non un adolescente, anche carino. Poi non si assomigliavano
per nulla. -Scioccata? Beh, se mi concedi un caffè, ci potremmo conoscere
meglio-
-Che ci stai provando, ragazzino?- lo presi in giro.
-No, mi piace solo incontrare persone nuove- si giustificò, stringendosi le spalle. -E poi la
fidanzata ce l’ho- aggiunse con un tono alludente ad altro. Scoppiai a
ridere e gli regalai un piccolo pugno sul braccio. Mi fece la linguaccia. Era
molto buffo e dovevo ammetterlo. Un suono catturò le nostre attenzioni e notai
che la fotocopiatrice aveva concluso il suo compito. Riporsi il materiale nella
mia grande borsa e fissai Fabien indecisa sul cosa farsi, ma alla fine sorrisi.
Cominciai a incamminarmi verso gli ascensori e, vedendo che non mi seguiva, mi
voltai. Lui era rimasto a fissarmi interdetto.
-Allora questo caffè?- obiettai, facendogli spuntare un sorriso sulle labbra.
Mi raggiunse e insieme andammo nella caffetteria.
*Louis*
Stavo riponendo alcuni vestiti in quel
borsone. Non avevo bisogno di tanti cambi in quelle settimane di svago. Dopo la
mia telefonata, avevo comunicato a Simon la mia decisione ed era stato molto
cortese nell’accettarla e rispettarla, raccomandandomi solo di essere puntuale
per il tour e di studiare la scaletta non appena me la mandavano. Era l’ora
di pranzo e la casa pullulava di persone. Ero a conoscenza del fatto che
sarebbe stato meglio fare la valigia quando non c’era nessuno, eppure non
riuscivo più a resistere. Percepivo di essere soffocato sempre di più da quelle
pareti colorate. Dovevo cambiare aria al più presto. Ero vicino alla scrivania
quando bussarono alla porta. Spalancai gli occhi e, come un flash, nascosi
quella sacca sotto il letto prima che Harry riuscisse ad entrare. Tirai un
sospiro di sollievo perché non volevo che loro lo sapessero. Almeno non ora.
Secondo il mio piano era più facile dirlo attraverso uno stupido bigliettino,
che a parole. Poi con il primo metodo, io ero già lontano e loro non potevano
impedirlo. Harry entrò e sfoggiò un piccolo sorriso, al quale ricambiai.
-Sotto è pronto- mi comunicò. Annuii.
-Certo, arrivo. Devo solo finire di fare una
cosa-
-Stai bene?- mi domandò su due piedi, bloccandomi. Spalancai di poco
gli occhi e sbattei più volte le palpebre, sorpreso.
-Si, o meglio, come al solito.. perché?-
-Tua madre ci ha detto che sei tornato a casa
piangendo e.. insomma.. ci siamo preoccupati- mi mise al corrente. -Mi sono preoccupato- aggiunse, scrutandomi
da capo a piedi.
-Sto bene. Ieri ho dovuto risolvere una cosa
e..- mi fermai da solo nel constatare quell’espressione
disillusa.
-Certo, non mi devi dare spiegazioni. Io te
l’ho chiesto per capire se avevi bisogno del nostro aiuto, ma a quanto pare no-
-Harry- lo richiamai, gentilmente.
-Scusa- mi disse solamente, dandomi le spalle. -Appena hai finito scendi.
Stiamo aspettando solo te-
-Hazza, io..-
-Non devi confidarti per forza se non vuoi- mi consolò con un piccolo sorriso amaro e malinconico. -Io
e i ragazzi ne abbiamo parlato stamattina sai- cominciò. -Noi ci siamo
per ogni cosa, e questo lo sai, ma non ti stresseremo più. Sarai tu a cercarci.
Anche se dubito che lo farai- proseguì, scuotendo la testa.
-Non puoi dire così- mormorai.
-Non possiamo obbligarti a sputare fuori la
verità. Non siamo così meschini da farlo-
-Non ho detto questo- ribattei, alzando di poco la voce.
-Lo so, te lo sto dicendo io- mi appoggiò.
-Non capisco cosa vuoi sentirti dire- affermai, guardando da un’altra parte. -Che sto di
merda e che peggioro sempre di più? O che ieri ho rivisto Brooke e, dopo averla
lasciata, confessando tutto, sto ancora peggio? Dimmelo, Harry! Così ti
accontento e non vedo più la tua palese delusione nei miei confronti-
urlai, perdendo leggermente il controllo.
-Lou-
sussurrò, meravigliato.
-Sai cosa, ho cambiato idea. Non ho più fame- conclusi, avvicinandomi a lui e spingendolo fuori dalla
stanza. Serrando la porta, mi accosciai a terra e nascosi il mio viso ferito
tra le mie ginocchia. Non avevo bisogno che ci si mettesse anche lui. Avevo retto
fin troppo espressioni deluse e ferite in quei giorni ed ero giunto al limite. Mi
sollevai e di fretta e furia, tentai di terminare quella stupida valigia. Prima
me ne sarei andato e prima sarebbe stato meglio per tutti. Almeno non
avevano più uno psicopatico a cui badare ed io potevo ritrovare me stesso. Buttai alla
rinfusa tutte le cose con quelle lacrime, le quali stavano popolando sul mio
viso e schiacciavano progressivamente il mio autocontrollo. Aprii ogni singolo
cassetto, che poteva essermi utile, e, afferrando le cuffie, sbattei il piede
contro il letto. Imprecai nella mia mente, finendo quella scenata col sdraiarmi
sul pavimento freddo. Ansimavo e posai le mani sui miei occhi gonfi.
-Non è possibile!- mi lamentai tra di me. -Oh, fanculo, cazzo. Fanculo a
tutti- continuai, maledicendo nessuno in particolare. -Cosa cazzo ho
fatto per meritarmelo? Dimmi cosa ho fatto! Rendete partecipe anche me della
mia schifosa vita!- sbottai contro il soffitto. -Fatelo! Almeno per una
volta in questi anni di sofferenza capisco una buona volta il motivo!- mi
portai le mani ai capelli e me li strattonai di poco. -Avrò mai un attimo di
pace in questa agonia?- finii, battendo un pugno sul petto e piangendo in
silenzio. Oramai ero morto. Non ero più sicuro che ero in grado di riprendermi.
Questa sensazione di vuoto e oppressione si stava allargando sempre di più e
non c’era modo per fermarla. Bloccarla. Annientarla. “Ti prego, basta”
supplicai nella mia mente, cedendo il volto a terra e socchiudendo gli occhi,
cadendo tra le braccia di Morfeo.
*Brooke*
-La vuoi smettere?- mi spazientii a quella cristallina risata di Fabien. Gli
avevo raccontato un piccolo scherzo che mia sorella mi aveva fatto da piccola e
lui non smise più di ridere. Roteai gli occhi e schioccai la lingua al palato
per fargli intendere il mio disappunto; eppure persistette per altri cinque
minuti, prima di asciugarsi le lacrime.
-Mi fa male la pancia- si lamentò, massaggiandosi il suo punto dolente. Alzai
le spalle e gli feci la linguaccia.
-Povero piccolo-
-Hey, non sono piccolo- continuò con la lamentela.
-Avrai si o no diciotto anni. Per me sei
piccolo- obiettai, annuendo con la testa, mentre
assunse un’espressione sadica.
-In realtà ne ho ventiquattro- rivelò, sorseggiando la sua bevanda tranquillamente.
Sbarrai gli occhi.
-Che?-
urlai, cedendomi la mascella dallo stupore. Tutti quei clienti di Starbucks si
voltano verso di noi confusi. Avevamo cambiato locale perché secondo lui le
pietanze della nostra caffetteria erano disgustose, aggiungendo poi il fatto
che voleva un milk-shake al cioccolato e quindi eccoci qua. Fabien li intimò a
dissentire da quella conversazione e tutti seguirono il suo consiglio. -Non
posso credere che tu abbia la mia età-
-Significa che li porto bene- si pavoneggiò. Scossi la testa e gli lanciai una
briciola di cookie condiviso. -Poi tu ne hai ventitré, non ventiquattro-
-Li compio tra un paio di giorni- ammisi, grattandomi la nuca.
-Davvero? Cosa farai di bello? Voglio essere
invitato, sappilo- scoppiai a ridere a tutte quelle parole e
lui si unì a me.
-Non penso di festeggiarlo. Insomma, ho il
lavoro, un matrimonio alle porte e una figlia a cui badare. Non riesco a farci
entrare anche la mia festa di compleanno. Sarà per la prossima volta- -Figlia? Sei mamma?- mi domandò, interdetto.
-Già. Si chiama Sheyleen e ha quattro anni- risposi con un timido sorriso.
-Seriamente? Che bello- si congratulò, strofinando la sua mani tra i miei
capelli. -Sai, anche la mia fidanzata vorrebbe un figlio. Io le ho detto che
mi sembrava un po’ troppo presto, ma non era molto convinta. Ora ogni volta che
lo facciamo, ho terrore che potrebbe capire realmente- confessò con una
punta di imbarazzo.
-Grazie per avermi reso partecipe alla tua
vita sessuale- commentai, ridendoci su. -Ma
ciononostante, sono certa che sarai un fantastico padre. Non importa l’età. Lo
sarai-
-Come tu un’ottima madre-
-Speriamo- ribattei,
guardando davanti a me. In quel momento passò una chioma
dorata familiare. Ella era in compagnia di un’altra ragazza.
Erano Megan e
Lottie. Quest’ultima aveva uno sguardo afflitto, assente. Per un
secondo mi
passò per la mente l’immagine malinconica di Louis
dell’altra sera e ciò mi
fece rattristare sul colpo. Lui non meritava tutta quella sofferenza.
Anzi, necessitava
il meglio. Era un ragazzo solare, vivace, sempre con il suo splendido
sorriso
sul volto; e l’espressione triste e cupa non gli donava per
nulla. Tuttavia,
ognuno di noi aveva sempre un momento negativo nella vita. Speravo solo
che il suo durasse realmente poco. Abbassai la testa e mi
ricordai dei tre anni precedenti. Aveva ragione: ero io principalmente la causa
del suo malessere. Tutto era iniziato con il mio incidente e la perdita di
memoria. Quindi aveva fatto bene ad allontanarmi, ma il mio cuore non
accettava. Avevo un bisogno assurdo di lui; delle sue parole di conforto; dei
suoi tocchi leggeri e delicati; dei suo meravigliosi abbracci e di quel profumo
annebbiante e rassicurante, infondendomi ogni volta coraggio e benessere con me
stessa. Purtroppo, dovevo rispettare la sua decisione: dovevo, solo, riuscire
conviverci e lui sarebbe stato meglio.
Da quei pensieri mi risvegliò Fabien,
schioccandomi le dita di fronte a me. Mi ripresi completamente, passandomi
anche una mano sugli occhi per eliminare quelle piccole lacrime solitarie.
-Stai bene?-
-Certo. Ora però devo andare. Ci vediamo
domani, ok? Vieni in ufficio con tuo padre. Ti accetteremo molto volentieri
nella nostra squadra- dissi, sorridendogli. Lui rise.
-Lavorare con mio padre non mi entusiasma
molto- commentò divertito.
-Ma ci sarò io- conclusi, regalandogli un occhiolino e salutandolo con
un bacio a guancia. Lui ridacchiò nuovamente e mi guardò andar via.
Mi
diressi velocemente in macchina visto che
erano le tre e se non mi fossi sbrigata, sarei stata in ritardo nel
recuperare
Sheyleen all’asilo. Ci arrivai in una quindicina di minuti e
restai ad
aspettare per i minuti successivi finché i grandi portoni si
spalancarono e i
diversi bimbi uscirono. Scesi dall’auto e feci un segno a
Sheyleen per farmi subito riconoscere. Fu così e si
allargò un
piccolo sorriso sul suo dolce viso. Corse da me e le diedi un piccolo
bacio
sulla guancia. Lei ricambiò molto volentieri e ritornammo a
casa, dove ci
stemmo tutto il giorno a giocherellare un po’ e a guardare dei
film, finché
Dylan e Paige non ritornarono in casa. Io cominciai a prepararmi per la
magica
serata che mi attendeva. Sarebbe stata magica se non fosse per quella
mancanza
e tristezza per Louis. Dovevo dimenticarmelo e basta. Ma ci sarei
riuscita
realmente?
*Louis*
Erano
le dieci di sera oramai e avevo un po’ di pace. Presi il borsone
e il resto dell’occorrente. Girai cautamente la
chiave per sbloccare la porta e uscirne dopo tutto quel pomeriggio
devastante.
Per un attimo fui accecato dalla luce proveniente dalla stanza degli
ospiti.
Inizialmente avevo pensato che fosse Zayn giacché aveva
l'irritante abitudine di
lasciare le luci accese ovunque. Quando mi avvicinai, non facendo alcun
rumore, costatai invece la presenza di mia madre addormentata con
Lottie tra le braccia.
Mi paralizzai a quella dolce scena considerando il fatto che la ragazza
non le
aveva rivolto parole per un lungo periodo, e sorrisi intenerito. O
forse più
malinconico: me ne stavo andando senza aver avvertito. Appoggiai per
qualche
secondo la borsa a terra ed entrai nella stanza. Non sapevo esattamente
cosa
stessi facendo, tuttavia mi cedetti trasportare dall’istinto. A
prossimità del
letto spensi l’abat jour e regalai a
loro un piccolo bacio sulla guancia. Fortunatamente per me, non si svegliarono.
-Mi dispiace per tutto, mamma- sussurrai, mordendomi il labbro inferiore e congedandomi
in fretta. Se fossi rimasto un altro po’, avrei di sicuro cambiato idea. E non
potevo farlo!
Socchiusi la porta e, riafferrando l’oggetto,
corsi giù per le scale, affacciandomi poi alla sala in cui sul divano erano
strapazzati Harry e Niall, anch’essi addormentati. Era stata una giornata dura
per tutti. Frugai nella tasca della felpa e vi trovai le chiavi della macchina
e un piccolo bigliettino di carta. Avevo scritto giusto due righe per scusarmi
e informarli della mia data del ritorno, ossia direttamente in aeroporto il
venti dello stesso mese. Lo appoggiai sulla mensola, dove erano presenti anche
gli affari di Harry, in modo tale che lo leggessero subito. Li degnai di alcuni
minuti della mia attenzione e intesi il mio dovere non appena mi cadde una
lacrima sulla guancia. -Ciao ragazzi- mormorai, uscendo dalla porta
d’ingresso. Un venticello primaverile mi levò il cappuccio e mi soffiò sul
viso. Respirai a pieni polmoni e, immergendomi nel paesaggio londinese
notturno, mi recai alla macchina, sistemando la valigia nei sedili posteriori e
caricandomi su per partire. Guidai per quasi tre ore per giungere al paesino
sperduto della Gran Bretagna in cui viveva quell’uomo. La radio mi fece
compagnia anche se per quella stazione passarono canzoni, le quali non
favorivano affatto il miglioramento del mio umore. Anzi lo abbattevano
lentamente, però non riuscii a farne a meno. Svoltai a sinistra e una serie di
casette a schiera si mostrarono. Raggiunsi, secondo le indicazioni, la quarta
di esse. Spensi il motore e mi appoggiai con la schiena al sedile per
riacquistare la lucidità. Notai che vi era la finestra illuminata. Era davvero
un buon segno? Sospirai e, munendomi di tutto ciò di cui avevo bisogno, scesi
dalla macchina. A passi lenti poi mi recai verso quella porta nera traslucida,
grazie anche alla fonte luminosa dei lampioni, e ci bussai un paio di volte. La
figura di un uomo sulla cinquantina, calvo e con un viso assonnato però poi abbastanza sorpreso,
sottolineati dai suoi occhi azzurri, si presentò alla porta. Lui non era del
tutto a conoscenza di quella visita anche perché avevo parlato con la sua nuova
moglie. Dovevo ammettere che era una donna davvero dolce e comprensiva. Mi
aveva chiesto di non dirlo all’uomo perché voleva che fosse una sorpresa. Perciò eccomi qua a salutarlo con un sorriso
educato dopo un abbandono non perdonato.
-Louis- esclamò, sbattendo un po’ le ciglia e sorridendomi ampiamente. I suoi
occhi azzurri erano lucidi e questo sollevò il mio cuore pesante. Finalmente
un’espressione di non pietà nei miei confronti.
Ciao a tutti!
Oddio non mi sembra vero. Dopo mesi e mesi di studio, finalmente estate! *^*
Ovviamente con il mio solito ritardo, vi presento il ventitreesimo capito di Remember When :D
Devo dire che è stato un parto D:
Però si può vedere i sentimenti contrastanti tra i due
personaggi: Brooke, che è sempre più convinta e
agguerrita nel rinnamorarsi di Dylan, invece Louis che si lascia
trasportare dalla tristezza e delusione tanto che se ne va D:
Beh, da chi lo scoprirete nel prossimo capito anche se penso che abbiate già capito di chi sto parlando u.u
Poi, che dovevo dire? Ah Si! 6 recensioni per lo scorso capitolo! *^*
O mio dio! Non so che dire! Siete davvero gentilissime!
Vorrei davvero rignraziare tutte! (sia quelle che la leggono, che
l'hanno messa tra preferite/seguite/ricordate, e che la recensisce) :*
Comunque, vi lascio in pace. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi vorrei scusare per gli eventuali errori D:
Fatemi sapere ciò che pensate e magari anche da chi è andato Louis ;)
Grazie mille a tutte per l'attenzione :)
Alla prossima xx
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Capitolo 24 *** capitolo 24 ***
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Capitolo
24:
Now I’m searching every lonely place
Every corner calling out your
name
Trying to
find you but I just don’t know
Where do
broken hearts go?
(Where do broken hearts go by One Direction)
*Autrice*
Louis venne subito accolto dal suo padre
naturale, Troy, eppure la sua titubanza nel aver scelto lui e non Mark
rimaneva. Infondo il secondo era molto più rintracciabile e intuibile, al
contrario del primo. Nessuno avrebbe mai sospettato che avesse chiesto aiuto a
lui, ovviamente non direttamente. Il ragazzo venne indirizzato verso la sua
stanza, sistemata accuratamente dalla moglie di lui, Hester, con la quale si
era messa d’accordo. Ebbene si, lui aveva cercato l’uomo, però non era a conoscenza
del fatto che quel giorno avesse dimenticato il telefono a casa. Perciò la donna senza
storie aveva risposto. Ella sapeva quanto Louis fosse importante per il marito
e non poteva negargli questo approccio, anche solo per qualche giorno. Così
accettò. Forse era la buona volta che lo perdonava.
Louis appoggiò il borsone su una poltrona
accanto al letto e osservò un po’ la sua nuova abitazione. Non era male.
-Dovresti essere stanco- constatò Troy con le mani in tasca. Il castano non fece
altro che annuire. -Allora, buona notte- gli disse con un ultimo sorriso
e, dandogli le spalle, stava per ritornarsene in camera. Fu interrotto subito.
-Grazie- esclamò Louis, imbarazzato. -Per tutto. Siete davvero molto gentili
nell’ospitarmi per qualche giorno-
-Sei mio figlio. Questa è anche casa tua- gli annunciò. -Puoi stare per quanto ti pare-
aggiunse, concedendogli la sua privacy. L’altro non fece altro che acconsentire
e poi chiudere la porta. Era più dolce di quanto si ricordasse. Nonostante
questo, si accomodò sul suo letto e si lasciò trasportare dalle cattive emozioni.
Era già partito male, eppure due settimane erano lunghe e lui era sicuro di
ritrovare se stesso e il suo equilibrio. Afferrò quel cellulare per spegnerlo
definitivamente, però la foto di sfondo lo fece ragionare. Doveva mentire anche
a lei? Oramai non provava nulla e starci insieme non era una cosa giusta da
fare. Prese un sospiro e compose il numero, non importandosi che fosse
mezzanotte. Ci impiegò poco a rispondere e questo era un chiaro segno che lei
non stava dormendo.
“Hey, Lou” rispose con allegria.
-Ciao, El. Disturbo per caso?- chiese, mentre lei scosse la testa. Infondo era da sola
in quella stanza d’albergo nel aspettare che il suo migliore amico ritornasse
dalla sua scampagnata amorosa.
“Affatto. Poi volevo sentirti. Mi manchi
troppo” ammise lei, giocherellando con le lenzuola. Louis
sorrise di poco però poi sospirò pesantemente: era giunta l’ora.
-Ti devo parlare- le disse a bruciapelo, alzandosi e andando in balcone
per non disturbare i padroni di casa. Era inutile anche sottolineare la
preoccupazione di Eleanor a quel tono serio.
Il sole risplendette su Londra e i suoi raggi
fastidiosi accecarono i poveri occhi dei ragazzi e delle due donne, presenti
nella casa di Louis. Harry fu il primo a stiracchiarsi per bene e sussultò
anche per il viso troppo ravvicinato dell’irlandese. Infatti gli diede un
piccolo pugno per svegliarlo. Fu così, accompagnato anche da un insulto da
parte di Niall. Si resero conto di essersi addormentati su quel divano scomodo a
casa del loro migliore amico, ma la scorsa notte erano troppo stanchi per
recarsi nelle proprie abitazioni.
-Buongiorno- esclamarono altre due voci assonnate, dietro di loro.
-Buongiorno- risposero in seguito a un piccolo sorriso. Lottie si
avvicinò al fidanzato per dargli un bacio, anzi egli la prese tra le sue
braccia per coccolarla un po’. Dopo quei giorni, sembrava essere la cura
prescritta dal medico. Così il ricciolino si sdraiò di nuovo con lei al suo
fianco. Le accarezzava dolcemente i suoi lunghi capelli biondi arruffati, e poi
le diede qualche bacio. Al contrario della bionda, che si strinse e cominciò a
giocherellare con la sua maglia. A quella scena diabetica, Niall perse la sua
postura comoda e raggiunse Johannah in cucina per sgranocchiare qualcosa. Aveva
sempre odiato essere il terzo incomodo in una coppietta. Poi tutto quel
romanticismo di prima mattina gli faceva venire solo voglia di vomitare. Così
nel giungere il locale desiderato, passò accanto a una mensola, in cui vi erano
tutti gli oggetti preziosi di Harry, quale cellulare, orologio, anelli,
bracciali, eppure un piccolo foglio a quadretti piegato catturò l’attenzione
del ragazzo. Assonnato e con la vista sfocata, lo prese e lo lesse tanto velocemente
da non comprendere nulla del contenuto. Tuttavia, non appena vide la firma di
Louis, spalancò gli occhi e lo rilesse con più cura. La sua sorpresa fu palese
e cacciò un urlo, da allarmare tutti.
-Cazzo!- corse verso la camera dell’amico e vi entrò senza problemi. Gli
cedettero le braccia appena la notò vuota e senza la presenza del diretto in
questione. Come cavolo era potuto succedere? Erano stati maledettamente
attenti!
-Niall- urlò Harry, inseguendolo.
-Chiama gli altri. Abbiamo un problema- lo informò, scuotendo la testa e tirando un pugno sulla
porta. Harry non capiva nulla di quello che stava succedendo, ma prima di
andarsene il suo amico gli mollò duramente il bigliettino sul petto. Udì solamente
i passi pesanti e infuriati scendere e poi le urla al telefono. Non se lo fece
ripetere due volte dalla sua coscienza di leggerlo. Voleva essere messo al
corrente di ciò che aveva scatenato così tanta ira:
“Ho bisogno di ritrovare il mio equilibrio e, stando in quella
casa, non credo che ci riuscirò. So per certo che mi starete odiando, ma
tranquilli non lo farete più di quanto lo faccia io in questo momento. Spero
che capiate questa fuga improvvisa e mi perdoniate un giorno. Ci si vede in
aeroporto il venti. Io ci sarò e sarò di nuovo me stesso. E voi?
Vi voglio bene, il vostro Lou”
La parola sgranare in quel momento era poco
rappresentativa poiché gli occhi gli uscirono dalle orbite. Nella sua mente si
formulavano una serie di insulti e di domande senza una risposta. Quel
bigliettino venne stropicciato e buttato a terra. Harry non era mai stato più
deluso e infuriato di così. A passi lunghi, andò al pian terreno, in cui Niall
stava chiamando gli altri, mentre le due donne lo fissarono senza proferire
parole: preferivano non infierire. Lottie si fiondò subito dal lui, appena lo
vide e gli posò una mano sul petto.
-Che è successo?- mormorò timorosa e con i suoi occhi chiari lucidi. La
guardò in modo cagnesco, eppure la ragazza intese che non era per lei tutta
quella rabbia.
-Se n’è andato- le rispose a voce morta, uscendo da quella casa visto che
non rispondeva più delle sue ragioni.
Vicino al cancelletto, scatenò la sua ira:
prese a calci quel povero oggetto insieme al bidone del vetro lì vicino. Terminò
sedendosi sulle scale con il respiro accelerato e il viso tra le mani, bagnate
dalle lacrime, che gocciolavano su di esse. Era stufo di quella maledettissima
situazione. Avevano fatto tutto il possibile per svagarlo, tirarlo su di morale
e farlo addirittura sfogare e come li aveva ringraziati? Andandosene via! Non
gli poteva sembrare vero.
Scosse ripetutamente la testa e non si accorse della
presenza della fidanzata distrutta dietro di sé, la quale aveva assistito a
tutta la scena. Era la prima volta che lo vedeva in quello stato e la sua
preoccupazione s’incrementava progressivamente. E fu un bene che ci fosse
perché il respiro di Harry non rallentò affatto, anzi aumentò finendo per
bloccargli l’aria alla gola. Sbarrarono gli occhi e tentò di calmarsi, ma fu
del tutto inutile.
-Harry!- urlò la bionda, raggiungendolo. Gli posò le mani sulla schiena e si
paralizzò. Stava avendo un attacco di panico. Non sapeva e non poteva lasciarlo solo. -Mamma, Niall.
Aiuto- strillò più forte per farsi ascoltare. Poi riposò l’attenzione sul
riccio, il quale non era in grado di respirare. -Sta calmo. Arrivano,
arrivano- ripeté, tentando di convincere se stessa. Finalmente sentì dei passi
frettolosi approssimarsi a loro. Doveva agire, se no il ragazzo non ce
l’avrebbe fatta. Ma come? Si disperava. Si guardava intorno con gli occhi
lucidi prima di arrivare alla soluzione. Si avvicinò a lui e lo baciò
intensamente. Portò a termine con successo l’impresa dato che Harry ricominciò
a respirare normalmente. Tirarono un sospiro di sollievo entrambi poiché furono
i minuti più ardui della loro vita. Il paziente l’abbracciò e la ringraziò di
cuore. Lottie, invece, si strinse a lui bisognosa di avere la conferma che
tutto fosse finito.
-Che succede?- domandarono allarmati Johannah e Niall dietro di loro.
Gli altri si guardarono a vicenda per capire che fare. Lui voleva mentire per
non farli preoccupare ulteriormente, al contrario di lei, la quale disse la
verità prima che Harry potesse aprire bocca.
-Harry ha avuto un attacco di panico- annunciò, disperata.
-Che?-
urlò il biondo scioccato. Era a conoscenza di questa malattia però sapeva anche
che l’ultimo attacco di panico avuto fu molti anni orsono, circa quando i
genitori si separarono. -Ora stai bene?- s’interessò, avvicinandosi e
abbassandosi al suo livello.
-Se n’è andato, Niall. Come ha potuto farlo?- rispose, cambiando completamente discorso e svelando i
suoi occhi lucidi e arrossati. -Perché non si poteva confidare invece che
abbandonarci-
-Non lo so.. ma.. hey, guardami- gli tirò su quel viso bagnato e triste. Accennò un
piccolo sorriso confortatore. -Tornerà. Tra due settimane sarà di nuovo qui
con noi. Con la sua famiglia-
-E se non tornerà?- fu pessimista il minore.
-L’ha promesso sul biglietto, no? Può essere
depresso quanto vuoi, ma mantiene sempre le sue promesse. Lui tornerà da noi a
romperci le scatole come al solito. Con i suoi stupidi giochetti, battute
pessime, la sua risata contagiosa e quel sorriso.. oddio.. lo vorrei prendere a
calci quando fa quel sorriso-
spiegò l’irlandese con una lieve risata infondo. -Sarà di nuovo il nostro
Lou- tintinnò poiché non era completamente certo del fatto che s sarebbe
rimesso in sesto, però ci sperava davvero. Almeno questa fuga servirebbe a
qualcosa, oltre a far saltare i nervi a loro.
-Come fai a non essere arrabbiato-
-Amico, lo sono. Però non è essere infuriati
il modo per aiutarti- esclamò, ridendo seguito dagli altri. -Ora,
andiamo a cercare dov’è andato quell’imbecille. Così appena lo prendo lo uccido
con le mie stesse mani- aggiunse, sollevandosi dal terreno e allungando le
mani verso il suo migliore amico. Le fissò con titubanza, ma le accettò
comunque. Una volta su, lo abbracciò.
-Grazie, Nialler- gli sussurrò, battendogli qualche pacca.
-Non devi neanche dirlo- rispose, sfregandogli la mano sulla schiena. Dovevano
stare uniti e aiutarsi a vicenda in quella situazione sgradevole. Infine
insieme alle due donne rientrarono per attendere i loro amici, i quali
arrivarono una mezzora dopo, e cominciarono il loro giro di ricerche, non
tenendo neppure in considerazione Troy e la sua famiglia.
*Brooke*
La serata precedente era stata piacevole.
Finalmente dopo tanto tempo eravamo solo io e Dylan in un’atmosfera romantica e
leggera. Si era comportato come un vero gentiluomo e ciò gli fece guadagnare
più punti. Adoravo i suo lato dolce e rispettoso. Cosa che anche Louis lo era,
però aveva un certo fascino sfoggiato dalla figura del mio futuro marito. O
almeno così m’imponevo ogni volta che mi veniva in mente il viso, le parole del
cantante. La serata continuò al meglio: andammo a fare una passeggiata sotto le
luci serali delle strade londinesi e, tornando a casa, ci baciammo con
intensità fino ad andare in camera nostra sul letto, oggetto su cui mi
risvegliai in quel preciso istante a causa della suoneria del mio cellulare. Mi
lamentai e mi portai il cuscino sulla testa per non udirlo più. Tuttavia non
funzionò poiché quel coso persistette. Sbuffai e risposi senza neanche vedere
chi fosse il destinatario.
-Sarà meglio per te che sia importante perché
se no ti uccido con le mie stesse mani chiunque tu sia- lo minacciai, sentendo anche la risata cristallina del
mio fidanzato di fianco a me.
“Irascibile come al solito cara sorella” rise Elizabeth al di là del telefono.
-Che c’è?- sbottai, stiracchiandomi e strofinandomi gli occhi con le mani per
svegliarmi meglio.
“Ti volevo invitare al barbecue della
famiglia Miller” la mise al corrente, urlando a tono teatrale
l’ultime due parole.
-Passo- rispose subito, notando il chiaro disaccordo di Dylan.
“Ma, ma.. o andiamo, che hai da fare per
saltare questa tradizione?” si
lamentò. Avevo mezza intenzione di urlarle in faccia tutta la verità e stavo
anche per farlo se non fosse per il ragazzo, che scosse la testa e mi rubò il
telefono.
-Ciao Elly, sono Dylan. Diciamo che ci hai
preso in un momento per nulla facile: il matrimonio sta arrivando e dobbiamo
scegliere ancora tante cose, però la prossima volta accettiamo volentieri- mentì, lanciandomi un’occhiata fugace. Si, va bene, lui
era molto più bravo di me a restare calmo, eppure non sopportavo più il fatto
che continuassero a mentirmi senza pudore. Perché farlo? Mi voltai completamente dall’altra parte,
coprendomi bene con il lenzuolo blu il mio corpo nudo. -Certo, ci si vede.
Ciao- terminò la chiamata, voltandosi verso di me. Mi prese tra le sue
braccia, posando il telefono sul mio comodino. -Lo so che non ci vuoi
andare, ma trattarla male non ti servirà a nulla-
-Loro mi stanno nascondendo la verità da tre
fottuti anni- borbottai, sbattendo un pugno sul materasso.
-Hai completamente ragione e.. o merda!- esclamò, alzandosi di scatto. -Sono le otto- mi
annunciò, facendomi spalancare gli occhi in maniera disumana. Dovevo essere al
lavoro poiché il mio capo passava per ogni singoli uffici per esaminare i
progetti. E dato che il mio era stato approvato, di sicuro non mancherà le sue
raccomandazioni e sarà anche uno dei primi che farà. Poi dovevo anche
accompagnare Sheyleen all’asilo. Cavolo, quella mattina la mia salute celebrale
non ce la faceva.
-Cazzo- imprecai, alzandoci completamente e iniziandoci a preparare in fretta e
furia. Con i pantaloni addosso e in reggiseno, andai nella camera della piccola
per svegliarla, ma non ce ne fu bisogno visto che era già pronta e stava
guardando la tv.
-Ciao Brooke- mi salutò con un piccolo sorriso.
-Come fai.. ok, non importa. Dai, andiamo che
è tardissimo-
-L’accompagno io, tu vai tranquilla- ci fu una voce femminile dietro di me, la quale mi fece
sussultare. Mi girai e ci trovai Paige divertita. -Oggi sono a casa e ieri
sera le ho detto che l’accompagnavo io-
-Grazie, mi stai salvando- dichiarai, baciandole la guancia e finendo di
prepararmi. Ci impiegai cinque minuti e corsi immediatamente verso la macchina,
salutando mia figlia con un bacio volante. Dovevo dire che si erano divertite
tanto a vedermi scattare da una parte all’altra di quell’appartamento come una
squilibrata mentale. In ogni caso, ero riuscita ad arrivare in azienda proprio
nell’esatto momento in cui il dirigente dell’azienda stava per dirigersi nel
mio ufficio. Sospirai e mi sistemai per bene, anche psicologicamente. Lo
salutai cordialmente e quella visita di una quindicina di minuti poteva
incominciare.
*Autrice*
I ragazzi avevano provato in quelle ore a
informarsi su ogni possibile hotel nelle vicinanze di Londra. Avevano anche
azzardato a chiamare Mark e tutti i suoi amici di Doncaster, facendoli
allarmare di poco. Soprattutto Stan. Egli non si capacitava di quella fuga. Era
anche vero che in quei mesi aveva ricevuto di rado sue notizie e venire adesso
a conoscenza del malessere del suo migliore amico non lo calmava affatto. Così
cominciò anche lui le sue ricerche.
I quattro cantanti con le quattro donne
provarono di tutto, ma fu del tutto inutile: Louis pareva essere stato
inghiottito dalla terra.
-Nulla- sbuffò Zayn, sedendosi sul divano. -Abbiamo passato le ultime due
ore a chiamare ogni singolo hotel e tutti i suoi amici per nulla- aggiunse
sconfortato.
-Ci sono ancora due possibilità- azzardò Liam all’estremo delle forze.
-Brooke ed Eleanor- capì Megan, guardandolo e mordendosi la guancia interne
indecisa sul che fare. Non era completamente sicura che fosse da loro, eppure
tentare non costava nulla.
-Io provo Brooke- si offrì Perrie, munendosi del suo iphone.
-Ed io, Eleanor- annunciò Lottie. Fu lei la prima a chiamare, azionando
il vivavoce. -Ciao, El. Sono Lottie-
“Ciao” mormorò la castana, soffiandosi il naso. Non stava affatto bene. Era
seduta su quel divano dell’hotel norvegese con lo sguardo del tutto assente e
stanco. Aveva speso la notte a piangere e ora era stremata.
-Tutto ok?- tentò di chiedere, però il risultato non fu quello voluto perché
ricominciò a piangere e la cornetta fu presa dal suo migliore amico Max, che
era abbastanza infuriato con Louis per averla lasciata su due piedi senza uno
straccio di spiegazione.
“Lottie, sono io Max. Sappi che io ti voglio
bene, ma non appena trovo tuo fratello lo uccido! Come ha potuto lasciarla in
quella maniera?” urlò il ragazzo, facendo spalancare gli occhi a tutti.
-Lasciarla? Max, che dici?-
“Si, l’ha mollata. Ora Eleanor è qui
distrutta. Non poteva che tornasse a Londra? E che diamine” esplose, concedendo uno sguardo malinconico alla
ragazza.
-Max.. io non ne sapevo proprio nulla.
Infatti l’ho chiamata per chiederle se Lou fosse lì con lei..- la sua voce si spense, rassegnandosi al fatto che non
era neanche il quel posto. E allora dove, maledizione? S’infuriò di nuovo. -Mi
dispiace ancora, Max. Salutami Eleanor- terminò la chiamata, mollando il
suo corpo esausto sul divano.
-Perfetto. Opzione due, tocca a te- esclamò ironicamente Harry, indicando Perrie, la quale
acconsentì, seguendo la stessa procedura. Appoggiò il telefono con
l’autoparlante sul tavolino e attesero pazientemente. Ci dovette provare anche
una seconda volta a causa della segreteria telefonica.
“Pezz, ho da fare” rispose Brooke, allontanandosi da quella sala poiché
aveva attirato fin troppi sguardi su di sé.
-Un secondo, Bis- la pregò, cinghiando le gambe del fidanzato
istintivamente. L’altra ragazza a quel tono disperato sospirò e concesse uno
sguardo ai suoi assistenti, che stavano parlottando tra di loro.
“Non puoi proprio aspettare fino a questo
pomeriggio. Facciamo così vieni da me e me lo dici diret..”
-Riguarda Louis- l’interruppe, seminando silenzio tra tutti. Brooke si
immobilizzò sul posto e il suo cuore perse addirittura un battito a quel tono
serio e cupo.
“Che è successo?” bisbigliò. “Pezz, che gli è successo?” ripeté
con più coraggio, allarmandosi. A quella preoccupazione tutti compresero che
non si nascondeva neppure da lei.
-Nulla- sussurrò delusa
“Mi hai lanciato una bomba simile e mi dici
nulla? Perrie che diamine sta succedendo?” s’arrabbiò.
-è scappato e pensavamo che fosse da te- confessò, scuotendo la testa sconsolata.
“Perché?” balbettò, imponente. Provava un rimorso interno, tanto
da incolparsi di quell’azione sconsiderata. Si sentiva colpevole.
-Non lo sappiamo- le affermò.
“Hai provato a chiedere a sua madre?” tentò.
-è qui con noi- replicò la bionda, fissando la donna incinta, seduta
alla poltrona con le braccia sulle ginocchia e le labbra, posate sulle dita,
racchiuse a pugno. I suoi occhi studiavano quel telefono speranzosa.
“Oh.. aspetta non sono in vivavoce, vero?”
-No, tranquilla- la ingannò e si beccò anche una piccola sberla da parte
di Megan per quella menzogna.
“O gra.. aspetta, i ragazzi non hanno un tour
questo mese?”
-Si, il venti partono. Perché?- confermò Perrie, annuendo.
“Ragiona con me: se hai un importante lavoro
per cui hai bisogno di provare e stai male, per esonerarti, a chi lo devi
chiedere?” la spronò, incamminandosi verso il suo
ufficio.
-Al capo- rispose immediatamente.
“Esatto! Se Louis vuole allontanarsi, deve per
forza chiedere a Simon giorni di riposo. Soprattutto se hanno un importante
tour tra qualche giorno. Perciò rintraccia lui” le spiegò, sentendosi più leggera e orgogliosa di quella
deduzione corretta.
-Bis, sei un fottuto genio- urlò Niall, scattando in piedi. Anche gli altri tre
copiarono e non appena ne recuperarono un mazzo, si fiondarono in casa
discografica in un batter di ciglia.
“Grazie.. aspetta.. era Niall.. Perrie!” le urlò contro, realizzando che la bionda le aveva
mentito. La diretta in questione assunse una faccia colpevole e rise
leggermente. Si scusò e terminò quella chiamata. In quella casa regnavano solo
le donne e confidavano specialmente in buone notizie.
I quattro ragazzi arrivarono davanti l’edificio
della SYCO e non si fecero problemi a raggiungere l’ufficio del loro capo.
Bussarono parecchie volte e vennero accolti con un leggero fastidio. Simon
ritornò alla sua scrivania, intendo di programmare i suoi impegni in modo
perfetto e coinciso.
-Tu lo sapevi- lo accusò Harry, intimato dagli altri tre a stare calmo.
-Sapere cosa, di preciso?- s’informò dubbioso l’uomo, smettendo di lavorare. Li
fissò con le sopracciglia incurvate, anche se era a conoscenza di dove stavano
andando a parare.
-Louis se n’è andato- gli annunciò Liam con più tranquillità, eppure la parola
non si addiceva a nessuno dei quattro in quella situazione. -Volevamo sapere
dove, ovviamente se lo sai- gli richiese, gentile. L’uomo annuì,
comprendendo lo stato d’animo dei suoi ragazzi, ma aveva promesso all’altro di
non proferire parola e preferiva eseguire.
-Lo so- rispose, lasciando la frase in sospeso.
-Ma?-
chiese per l’appunto Niall, comprendendo quel proseguimento.
-Venite a sedervi- li propose, indicando le sedie di fronte a lui. I
diretti in questione rifiutarono quell’invito e stavano leggermente perdendo la
pazienza. Di questo, Simon lo constatava dai pugni chiusi lungo le braccia di
Harry. Così sospirò e si recò da loro. -So, dov’è, ma mi ha chiesto di non
dirvelo-
-Simon, siamo preoccupati-
-Lo so- lo interruppe bruscamente. -Lo so, ragazzi, eppure dovete mettervi
anche nei suoi panni. Lui vuole davvero essere trovato?- rigirò la domanda,
facendoli riflettere. La risposta era chiara a tutti, ma ciononostante non
ammettevano la cruda realtà. -Sentite, Louis in questi anni ha passato di
tutto e voi ne siete a conoscenza meglio di chiunque.. Anche in questi giorni, in cui ha perso il suo mondo- fece
una piccola pausa. -Perché non cominciate a riflettere che questa “fuga”,
chiamiamola così, possa avere un aspetto positivo? Si è allontanato da quel
clima teso e oppressivo. Da quella malinconia che si è portato dietro per fin
troppo tempo. Aggiungiamo anche che non voleva più farvi preoccupare. Perciò,
ragazzi, io non vi sto dicendo di non cercarlo e trovarlo, anzi sto chiedendo
di rispettare questa decisione improvvisa e sperare come me che non appena
tornerà, sarà il vecchio Louis, che conosciamo tutti- concluse con un tono
bonario. I quattro rimasero stupiti da quel discorso profondo e cominciarono a
ragionare. Guardandosi tra di loro, intesero che non potevano fare nulla, che
accettarla e aspettare come tutti.
-Sei sicuro che tornerà come prima?- boccheggiò Zayn, indeciso.
-Dobbiamo confidare in questa probabilità- rispose Simon, riappropriandosi del suo posto. Egli
prese un pezzetto di carta e ci scrisse qualcosa sopra. In un secondo momento
lo passò a Zayn. -Se volete aiutarlo e fargli del bene, sono sicuro che lo
butterete in quel cestino raggrinzito là, senza neppure leggerlo- li mise
alla prova. Il moro lo accettò e se lo passò tra le mani. Si voltò verso i suoi
amici, titubanti anche loro. Cosa dovevano fare? Si interpellarono tutti. Loro
erano in cerca di una risposta per essere utili in una situazione completamente
opposta. Ringraziandolo, se ne andarono lentamente e con la medesima decisione,
Zayn buttò il foglietto dentro il cestino, proprio come era stato predetto.
Avevano voglia di aiutarlo? Allora avevano svolto il loro compito. Simon
sorrise soddisfatto e si riconcentrò sul suo lavoro. Invece i tre ragazzi con
un piccolo rimorso, si avviarono verso casa per informare le donne.
*Brooke*
Ero ancora allarmata per la questione di
Louis, nonostante Perrie mi avesse calmata, affermandomi di averlo ritrovato.
Il suo tono mi infondeva una sensazione di menzogna, però lasciai perdere.
Così, quel pomeriggio, dopo aver terminato il mio compito lì in azienda, uscii in
tempo per recarmi a prendere mia figlia. La caricai sulla macchina e ce ne
ritornammo a casa, in cui per mia sorpresa vi erano il mio fidanzato e la mia
amica Queen sul divano a chiacchierare allegramente.
-Buon pomeriggio a tutti- salutai con enorme sorriso, concedendo un bacio a fior di
labbra a Dylan, che ricambiò molto volentieri, e uno sulla guancia alla mia
amica. Mi stravaccai sulla poltrona e la piccola Sheyleen mi raggiunse poco
dopo, sedendosi sulle mie gambe con il suo pupazzo bianco, intenta a vedere i
cartoni animati. Accennammo una piccola risata e l’accontentammo.
-Glielo diciamo?- mormorò la bionda, catturando la mia attenzione. Inarcai
un sopracciglio.
-Dirmi cosa?- domandai, leggermente confusa. I due si scambiarono
un’ennesima occhiata loquace e sospirarono.
-Tua sorella ha richiamato e ha chiesto se
volevi andare li- m’informò timorosa la mia amica.
-Non si è rassegnata- commentai infastidita, pizzicandomi il naso.
-Amore- mi richiamò dolcemente Dylan, avvicinandosi e impossessandosi della mia
mano. Constatai in un primo momento lo sguardo seccato di Queen tanto che
distolse lo sguardo in pochi istanti. Forse era solo una mia immaginazione. -Dovresti
andarci e chiarire una volta per tutte- mi consigliò. -è pur sempre la
tua famiglia-
-Che mi ha mentito. Non riesco più nemmeno
considerarla tale-
-Ma comunque devono avere la possibilità di
giustificarsi, no?- rigirò la domanda, facendomi riflettere.
Infondo aveva ragione, io non sapevo il motivo per cui mi avevano ingannata in
questi tre anni. Sbuffai e portai lo sguardo su Sheyleen, la quale era
concentrata sulla televisione. Mi morsi la lingua e appoggiai il viso sopra la
spalla della piccola.
-Odio quando hai ragione- commentai, facendolo ridere. -Tesoro, ti va di venire
con me?- mi rivolsi a mia figlia.
-Dove?- mi chiese ingenuamente.
-Intenti portartela seriamente?- mi domandò invece Queen, alzando un sopracciglio. Riportai
lo sguardo a lei, confusa.
-Perché no? Almeno non possono scappare di
fronte alla realtà- mi giustificai, alzandomi. Dovevo partire subito se volevo
arrivare presto a Broomfields. -Shey, vieni- ordinai gentilmente alla
piccola, rifugiandoci un attimo in camera per riempire una borsa, la quale
conteneva il cambio di un giorno, e poi ci dirigemmo alla porta. Lei l’aprì e
ne uscì, contenta; al contrario di me, che mi fermai a salutare il mio futuro
marito. -Tornerò presto- gli annunciai, tra le sue braccia muscolose.
-Io sarò qui- mi rispose tranquillamente, concedendomi un bacio sulla
nuca. Annuii e, salutando anche la mia amica, raggiunsi Sheyleen in ascensore. Dentro,
premetti il pulsante del piano terra e sbuffai leggermente. Ci impiegò un breve
istante e in seguito ci dirigemmo in macchina. Eravamo pronte a partire.
Il viaggio comprese quelle due solite ore
abbondanti visto che non vi era coda. E quando fui all’inizio del paese, le mie
mani cominciarono a sudare sul volante e il cuore accelererò di qualche
battito. Sospirai, rilassandomi, e concessi qualche sguardo alla bambina, che
osservava il panorama affascinata.
-Louis non ti aveva mai portata da queste
parti?- domandai curiosa. La piccola mi degnò
immediatamente di uno sguardo triste e negò con la testa, scompigliandosi i
capelli biondi. -Beh, non ti sei persa nulla- commentai con un piccolo sorriso.
Lei acconsentii e ritornò ad affascinarsi del panorama. Svoltai in una piccola
strada e una serie di casette conosciutissime si pararono davanti ai nostri
occhi. La tensione e l’ansia stavano crescendo sempre di più, in particolar
modo quando parcheggiai davanti alla mia villetta. Spensi il motore e sbuffai. Prima
si affrontavano le cose e prima sarei stata meglio, ottenendo anche le
risposte. A questo proposito anche un senso di rabbia si aggiunse al mio stato
d’animo. Afferrata la borsa, scesi dal veicolo insieme alla piccola e,
prendendola per mano, giungemmo alla porta. Bussai un paio di volte,
perlustrando il territorio. C’erano delle macchine, probabilmente dei miei
soliti parenti per quel famoso avvenimento. Passi frettolosi si udirono
approssimare sempre di più finché la figura di mia sorella non spalancò la
porta e il suo sorriso si spense non appena mi vide con la bimba. Non pareva
più cosi entusiasmata di vedermi. In quell’esatto momento capii l’immensa
delusione inflitta da mia sorella: l’unica persona di cui mi fidavo ciecamente.
Ciaoo :)
Eccovi dopo secoli il 24esimo capitolo di Remember When.
Non mi fermerò tanto su questo spazio autrice perché i compiti delle vacanze mi stanno chiamando disperatamente D:
Comunque, vorrei ringraziare le solite persone: chi la legge,
recensisce; chi l'ha messa tra preferite/seguite/ricordate e a
Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Spero che vi sia piaciuto e se è così me lo fareste
sapere attraverso una piccolissima recensione? Così da sapere le
vostre opinioni u.u
Ci si vede :D
Ciaooo xx
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Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
cap 25
Capitolo
25:
Passi frettolosi si udirono approssimare
sempre di più finché la figura di mia sorella non spalancò la porta e il suo
sorriso si spense. Non pareva più cosi entusiasmata di vedermi. In quell’esatto
momento capii l’immensa delusione inflitta da mia sorella: l’unica persona di
cui mi fidavo ciecamente.
Restammo qualche secondo in silenzio e poi
con poca forza, feci un sorriso ironico e portai le mani sulle spalle di
Sheyleen, la quale non stava capendo ciò che stava accadendo.
-Ho portato un’ospite in più. Non dà
fastidio, vero?- fui strafottente, mentre i suoi occhi si
inumidirono. Negò con la testa e si ricompose immediatamente.
-Mi dispiace- disse solamente.
-Non me ne faccio nulla delle tue scuse,
Elisabeth- affermai duramente. Si rattristì
maggiormente. Percepii la stretta della bimba e i suoi capelli biondi mi
solleticavano lo stomaco. Abbassai lo sguardo e lo incrociai con quello di mia
figlia, che fece una smorfia triste. La rassicurai e, catturandole la mano,
voltammo le spalle a mia sorella per dirigerci alla macchina.
-Non l’ho mai abbandonata. Mamma e papà forse
si, ma ne io ne Seth l’abbiamo fatto. Chiedi a Louis!- urlò, difendosi. M’innervosii di più e, lasciando la
presa, mi rigirai malamente e la gelai sul posto.
-Io sono la madre, Elisabeth!- la tuonai, facendola spaventare. Ella non era l’unica,
persino la piccola sobbalzò. -Non tu. Come ti sentiresti se avesti fatto la
stessa cosa con Will?- regolai il tono della voce per non incutere paura a
Shey visto che non se lo meritava.
-Non sono argomenti da trattare per strada.
Entra e chiariamo- mi pregò bonariamente, indicandomi
l’ingresso. Scossi la testa e aumentai la distanza tra di noi.
-Non voglio chiarire con te- sbottai.
-Non fare la bambina ed entra- m’impose, scendendo quei gradini -Ti prego-
aggiunse, allungandomi la mano. Mi morsi il labbro inferiore con le parole di
Dylan, che mi passarono per la mente. Poco prese in considerazione ad essere
sincera. Non riuscivo proprio a darle la possibilità di spiegarsi. Era una cosa
inconcepibile e lei lo sapeva benissimo.
-Sto imponendo a me stessa di non prenderti a
schiaffi, Eli. Come pretendi d..-
-Ma che sta succedendo qui?- intervenne la voce di mia madre, raggiungendo la porta.
Si congelò sul posto quando notò la bimba. E fu proprio quest’ultima mi
sorprese.
-Nonna Clare- urlò, divincolandosi da me e correndo da lei per
cingerle le gambe. Io e l’altra ragazze la fissammo senza parole. Si
conoscevano, vuol dire che era andata a casa da Louis. Sbattei le palpebre più
volte, tentando di assimilare quella scena. Soprattutto quando il mio familiare
si abbassò e la prese in braccio, accarezzandole la schiena per
tranquillizzarla. Non potevo biasimare Sheyleen se fosse impaurita e non potevo
non ammettere che era stata colpa mia.
-Sta calma, piccola. Mamma ha il brutto vizio
di urlare in mezzo alla strada- mi
fulminò. -Però adesso entriamo e ti facciamo una bella tazza di thé. Ok?-
la piccola annuii. -Vero, Brooke?- mi interpellò con uno sguardo poco
gentile, gli stessi che le regalavo anch’io senza esitazioni. Dovevo concedermi
per mia figlia e fu per questo che annuii sconfortata e mi avvicinai alle
donne.
-Mi dispiace, Shey- mormorai alla piccola, prendendola in braccio.
-Non fa nulla- ricambiò, baciandomi la guancia. Quello fu il segno che
era passata il suo timore.
Così tutte rientrammo e Elisabeth chiuse la porta
d’ingresso alle nostre spalle. Al contrario di ciò che mi aspettavo, a
quell’evento presero parte soltanto la famiglia di Seth e mi rallegrava poiché
codesta non era per nulla pettegola e non si impicciava negli affari degli
altri. Quando entrammo in salone fu palese la sorpresa di tutti, persino dei
miei zii. Voleva dire che loro erano a conoscenza di tutto? Mi sentivo sempre
più tradita.
-Brooke..- tentò di proferire parola mio cugino.
-Non ti conviene parlare, Seth! Anzi a
nessuno in questa casa conviene- borbottai,
ponendo la piccola a terra e dirigendoci in cucina per la bevanda richiesta.
Nel luogo in questione, Sheyleen si sedette
al tavolo dopo il mio consenso, al contrario di me che accesi il fuoco con
sopra un pentolino di acqua per il thé.
-Zia-
urlò una voce familiare, facendomi sobbalzare. Sorrisi istintivamente e mi
abbassai al suo livello per abbracciarlo e baciarlo sulla guancia. E non fu
l’unico ad entrare. Scocciata portai lo sguardo su mia sorella e mio cugino.
-Tesoro, perché non giochi un po’ con questa
bimba? Si chiama Sheyleen e sono sicura che vorrebbe tanto giocare con te- disse Elisabeth a suo figlio. Infatti pochi secondi dopo
Will portò mia figlia in giardino. Questa fu l’unica cosa di cui le ero grata. -Ora
parliamo!- mi annunciò con un tono fermo e leggermente pacato.
-Aspetta ci devono essere anche mamma e papà
all’appello. Almeno le cazzate sono al completo!- ribattei con acidità.
-Brooke, smettila. Noi..-
-Noi cosa, avanti?-
-Senti- prese la parola Seth. -Secondo te, ti nascondevamo davvero una cosa
del genere se non fosse per qualcosa di importante? Soprattutto quando c’era
una piccola creatura indifesa che aveva bisogno della sua mamma? Andiamo,
Brooke, ci conosci..-
-è proprio perché vi conosco che non mi sarei
mai aspettata una cosa del genere da parte vostra!- l’interruppi innervosita.
-Non potevamo allontanarti ancora- intervenne Elisabeth, triste.
-Ancora?- domandai confusa. Che diavolo stava farneticando?
-Anche se tu non sapevi nulla di Sheyleen, io
e Seth cercavamo di aiutare Louis da lontano- soggiunse. Roteai
gli occhi e mi morsi la lingua per evitare di gridarle in faccia.
-Poi non riguarda solo quello, ma anche le
tue condizioni: se te lo avessimo detto, avrebbe influito negativamente sulle
tue condizioni- aggiunse mio cugino lentamente.
-Brooke- mi richiamarono entrambi i miei genitori, entrando in cucina. Feci una
risata amara e incrociai le braccia al petto.
-Perfetto! Famiglia di bugiardi al completo-
-Non ti permetto di parlarci cosi!- mi strigliò mia madre con un tono serio.
-Ne ho il diritto. Eccome se ce l’ho!- replicai, alzando il tono della voce. -Eravate l’unico
scoglio d’appoggio per me. L’unica cosa certa tra tutte e mi avete tradito.
Come avete potuto?- sbottai.
-Non volevamo- replicò bonariamente mio padre, avanzando di un passo.
Istintivamente indietreggiai, andando a sbattere con la schiena contro il
lavello. Non volevo essere toccata da loro. Già stare nella stessa stanza era
una tortura per il mio autocontrollo, il tocco avrebbe peggiorato le cose ,
oltre il fatto che provavo disgusto e disprezzo per loro.
-Certo come no- intervenne mia sorella irata. -Sei stato il primo ad
allontanarla da Louis solo perché lui non era alla tua portata. Lui non era
Jeff!- sbottò, rivolgendosi completamente a lui. Nel mio cervello si
formulò una serie di immagini fino ad arrivare al volto del diretto
interessato. Chi poteva mai essere di così tanto importante da spingere mio
padre in un comportamento simile? -Non fare il santarellino, quando sei
stato il primo a obbligarlo a rinchiuderla in orfanotrofio-
Sbarrai in modo disumano gli occhi,
liberandomi di ogni singola domanda. La mia sorpresa era palese per tutti, i
quali si rivolsero a vicenda uno sguardo per nulla confortatore. Erano tutti
preoccupati dalla piega che stava prendendo quella situazione.
-Cosa?- soffiai con voce priva di tono e con il respiro diminuito.
-Sta’ zitta!- la gelò sul posto l’uomo. Mia sorella scosse la
testa e strinse le sue mani, lungo i fianchi, a pugno per evitare di
utilizzarle.
-Cosa? Mi fai schifo e mi faccio schifo io in
questo momento ad averle mentito per coprire voi!- sibilò, tremolante. Non era un bel segno: stava per
perdere il suo controllo. E lei era l’ultima a farlo. Al contrario, io non ci
stavo più capendo nulla anche perché la mia mente era rimasta bloccata alla
frase precedente. Non poteva dire sul serio Elisabeth. Insomma non lo avrebbe
mai fatto.. o si?
Intesi all’istante che non conoscevo affatto
la mia famiglia e che in quei maledettissimi anni si erano solo rivelati come
li faceva comodo. Perlustrai il territorio disperata, tentando di connettere i
fili del mio cervello per capire meglio la situazione. Tuttavia mi confondevo e
impazzivo sempre di più. Cosa significava coprire? Perché ancora? Significava
che me n’ero andata di casa per un motivo, ma quale?
-Smettila, immediatamente!- proseguì autoritario, avanzando metri.
-Questo è il momento della verità e di certo
non me ne starò zitta!-
-Ti ho detto di smetterla- urlò, spingendola di poco. Seth si mise tra di loro per
impedirgli di toccarla di nuovo e il suo sguardo parlava per sé. Non doveva
azzardarsi a sfiorarla nuovamente. Mentre mia madre se ne stava in un angolo
con la mano sulla bocca e gli occhi lucidi. Si era allarmata quando il marito
aveva avanzato passi verso la figlia maggiore come se fosse un déjàvu.
“Brooke stava andando in giro per quei
corridoi bianchi e poco affollati. Era un bene che non erano in tanti nel
reparto ospedaliero. La ragazza vagava
senza una meta precisa: ella voleva solo sgranchirsi un po’ le gambe. Era stata
per troppo tempo sdraiata su quel maledettissimo letto ad ascoltare gli inutili
pettegolezzi della madre. Ne era grata di averle raccontato cosa era successo
nei suoi anni di assenza da casa, ma stava assimilando troppe cose in poco
tempo. La sua mente cercava di collegare a qualche ricordo esistente, ma non ci
furono grandi risultati. Così per evitare di deludere la madre fingeva di
esserselo ricordato e di interessarsi. Lei non voleva questo. Non voleva solo
delle stupide parole pronunciate da una persona estranea. No, certo che no, lei
voleva riviverli uno per uno! Svoltò l’angolo, che la imbucò nel corridoio
della sua stanza. Con lieve stupore vide dei ragazzi dinnanzi alla sua porta.
Inarcò un sopracciglio e avanzò di un passo, però il vociare la fermò.
-Andiamo, Lou, non possiamo stare qui- gli
ricordò il ricciolino, nervoso. Il diretto interessato, era il castano tra i
tre, annuì. Brooke rimase leggermente intrappolata dalla piccola creatura che
aveva in braccio. Era meravigliosa. Era la più bella bimba che aveva mai visto.
Come di incanto, i suoi piedi si mossero e raggiunse quel piccolo gruppetto. La
bimba, la quale si accorse della ragazza, fece un piccolo sogghigno e un
sorriso si allargò sulla sua tenera e paffutella faccina. Brooke la salutò.
-Che bella bimba!- esclamò, facendo sussultare
quei tre, che si voltarono. Avevano entrambi i visi sbalorditi e gli occhi
spalancati. Non se lo sarebbero mai aspettato.
Il cuore di Louis accelerò e scoppiò dalla
felicità con enorme speranza. Magari si era ricordata di loro. Proseguiva a
pronunciare nella sua mente.
-Si chiama..- tentò di pronunciare il nome,
ma non gli fu data l’occasione. Infondo al corridoio apparvero due adulti
sorpresi e preoccupati.
-Brooke!- la sgridò il padre della ragazza.
-Che ci fai qui?-
-Ave..-
-Non importa, entra!- l’obbligò senza
esitazioni e repliche. Anche se la ragazza voleva ribattere qualcosa, però la
madre si avvicinò di fretta e con un piccolo sorriso la fece rientrare. Una
volta dentro, la donna più anziana parlò e le andò a sistemare il letto, ma la
figlia non la seguì: ella rimase dietro alla porta ad ascoltare la
conversazione.
-Brooke!- la chiamò la madre, sconvolta. La
bionda l’intimò di fare silenzio , ma venne trascinata via. Ebbene si, la donna
aveva paura che la fanciulla potesse ascoltare qualcosa di troppo.
-Perché papà sta discutendo con quei
ragazzi? Non hanno fatto nulla di male- disse ingenuamente, mentre udiva delle
urla e un improvviso pianto. Era la bimba!
-Non lo so, cara- mentì, rimboccandole le
coperte. Pochi secondi dopo entrò l’uomo irritato.
-E che diamine! Clare, dobbiamo cambiare
ospedale. Prepara le cose di Brooke-
-Ma perché?- chiese confusa, notando che la
madre eseguì l’ordine del marito.
-Perché si, tesoro. È meglio per tutti-
Brooke voleva insistere, eppure tacque
nell’osservare gli occhi del padre pieni di odio e disprezzo. Ma che gli era
capitato con quei ragazzi?”
Mi
portai una mano alla testa e la vista si sfocava leggermente, ma fortunatamente
mi ripresi quasi subito, focalizzando ciò che mi circondava.
-Tu
hai fatto tutto questo! Prenditi le tue responsabilità per una volta-
-Non
verrò criticato da una puttana come te-
-Davis!-
lo
richiamò sconcertata mia madre. Ora era troppo!
-Questa
puttana ha il tuo stesso sangue, razza di deficiente- intervenne
mia sorella con quella poca forza e i suoi occhi cominciarono a inumidirsi.
Seth, il quale fu il più vicino, le mise un braccio sul fianco e una mano sulla
spalla per calmarla. -In confronto a Trevor o Louis, tu non sei neanche uno
sputo che si calpesta- sibilò, distaccandosi dal ragazzo e correndo fuori
dalla stanza. Il silenzio s’impadronì di noi per qualche istante, permettendoci
di udire solo i respiri accelerati dei due uomini e le lacrime represse di mia
madre. La tensione era così affilata che ci si poteva tagliare.
-Sarai
contenta ora?-
mi chiese retoricamente con uno sguardo glaciale.
-Oh
non dare la colpa a me. è tutta colpa tua. E lo è sempre stata! Ora mi è più
chiara la situazione e tu mi fai schifo- affermai, avanzando qualche
passo. -Congratulazioni, hai perso le tue uniche figlie- conclusi,
uscendo dalla stanza per recarmi da Elisabeth. Mi dispiaceva così tanto che si
era dovuta assorbire delle inutili offese per causa mia.
Guardai prima in
giardino e non c’era. Poi nell’angolo della mia mente si disegnò un probabile
posto e i miei muscoli lo seguirono. Salii le scale fino in camera sua e
persino da fuori si potevano ascoltare dei singhiozzi ripetuti. Mi rattristai
e, bussando alla porta, entrai lentamente. -Apple?-
-Bis- disse
solamente, pulendosi dalle stupide lacrime e aprendo una valigia. Non dicemmo
più nulla nei secondi successivi: lei trattenne i singhiozzi e intanto buttava
dentro quell’oggetto tutti i vestiti suoi e del figlio. Invece io la fissai
impotente però poi, infondendomi coraggio, mi avvicinai a lei e l’abbracciai di
scatto. -Mi dispiace così tanto- scoppiò, piangendo sulla mia spalla.
-Non
è colpa tua-
mormorai, carezzandole la schiena e i capelli.
-Si,
che lo è-
replicò, disperatamente. Scossi la testa e l’allontanai di poco per issare un
contatto visivo. Le tolsi la ciocca davanti ai suoi occhi rossi e le accarezzai
la guancia.
-Non
è assolutamente vero. Magari me l’avresti dovuto dire prima, però non è mai stata
una tua intenzione allontanarmi da Louis e Sheyleen- affermai,
abbozzando un mezzo sorriso.
-Ti
spiegherò tutto, promesso-
-Magari
dopo, adesso dobbiamo fare questa valigia, no?- chiesi,
retoricamente, con piccolo sorriso. Lei sospirò e confermò le mie parole. Ci
riabbracciammo poiché ne avevamo bisogno entrambe in quel brutto momento. Ci
impiegammo una mezzoretta e una volta terminata, scendemmo al piano inferiore.
Nostra madre ci venne incontro e con poca delicatezza mi diressi alla pota,
bloccata dalla figura di Seth. Deglutii e, respirando profondamente, mi
approssimai a lui, concedendogli la borsa e il mazzo di chiavi della mia
macchina. -Mettila nel bagagliaio e aspettaci là. Prendiamo Sheyleen e Will
e arriviamo anche noi-
-Vuoi
anche me?-
chiese speranzoso.
-Se
no non ti avrei detto di aspettarmi là, no?- risposi retoricamente, facendolo
sorridere ampiamente. Scossi la testa e mi recai in giardino per recuperare i
due bambini. Per mia grande fortuna furono disponibilissimi a venire da me.
Salutai in fretta i miei zii e mi parai davanti a mia madre.
-Non
volevo che andassero così le cose- ammise.
-Avevi
una scelta da fare. E ovviamente hai preso quella sbagliata-
-Volevo
fare la cosa giusta per la famiglia- ribatté.
-No,
volevi fare quello che ti era più comodo per negare l’esistenza di un problema.
Hai sempre scelto la parte sbagliata con cui schierarti-
-Avevo
sempre fatto il bene della famiglia. Quando saprai, capirai-
-Questo
non cambia il fatto che siete stati due egoisti. Lascia perdere Louis, ma
Sheyleen. Come avete potuto farlo?-insistetti nel gesto malvagio
eseguito.
-Dopo
tutto quel casino volevamo solo riaverti a casa come prima-
-Eliminando
la possibilità ad una bambina di avere una madre- soggiunsi
irritata. Abbassò lo sguardo ed io schioccai la lingua al palato. -Quanto
vorrei essere stata io nei suoi panni- conclusi superandola. Si irrigidì
sul posto.
-Brooke!- mi richiamò
mia madre sconcertata, voltandosi. Mi bloccai alla sua richiesta disperata di
chiarire tutto, ma ciononostante non la esaudii. Non era più mia madre per
quello che mi interessava.
Giunta alla porta, feci un piccolo sorriso sia a mia
sorella che a mia figlia, le quali capirono quanto fosse stirato e contro ogni
volontà. Sheyleen si avvicinò a me e mi prese la mano. Annuii e uscimmo tutte
di casa. Attraversato il vialetto, ci mettemmo in macchina per raggiungere la
casa di Seth senza alcuna esitazione. Era sempre stato un rifugio per tutti e
tre e ne avevamo bisogno.
-Voglio
la verità-
sussurrai ai diretti in questione, ingranando la marcia spediti a
quell’abitazione. Seth e Elisabeth, la quale aveva tra le braccia suo figlio,
acconsentirono alle mie parole.
Dopo
tre anni, avrei scoperto la verità e delle risposte definitive alle domande
infernali e interminabili, che mi frullavano nel cervello? Speravo proprio di
si!
Heilà, eccovi il 25esimo capitolo.
è molto veloce e abbastanza corto, rispetto agli altri,
però l'ho inteso come uno dei tanti capitoli di passaggio.
In ogni caso, spero che vi sia piaciuto e fatemelo sapere attraverso una piccola recensione :D
Vorrei ringraziare le fantastiche persone che: la leggono, recensiscono e l'hanno messa tra preferiti/seguiti/ricordate.
Un ringraziamento particolare a Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Detto questo, vi lascio con le solite foto. Fatemi sapere che ne pensate.
A presto, ciaoo :D x
(lasciate stare la scritta D:)
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Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
ehbcje vcjecje
Capitolo
26:
I can’t believe that I had to see
The girl of my dreams cheating on me
The pain you cause has left me dead inside
I’m gonna make sure you regret that night
I feel you close, I fell you breath
And now it’s like you’re here
You’re haunting me
You’re out of line
You’re out of sight
You’re the reason that we started this fight!
(Warzone
by The Wanted)
Per
tutto il pomeriggio avevo ascoltato la loro storia, anche se molti dettagli
decisero di emetterli per il mio bene. All’inizio mi ero opposta, ma poi avevo
lasciato perdere: era una guerra persa quando si impuntavano su qualcosa.
Tuttavia ero abbastanza entusiasta nell’intendere il loro volere di mettermi
all’occorrente della mia vecchia vita. Mi parlarono della mia relazione di
Louis e di come di nostro padre l’ebbe disprezzato fin dall’inizio; della mia
amicizia con Perrie e in essa fecero un nome abbastanza familiare: Amelia. In
un primo momento la mia mente portò a galla la ragazza della casa discografica
di qualche mese fa, eppure non ci diedi tanto peso. In aggiunta anche cosa
avevano fatto dopo il mio incidente. Elisabeth confessò di aver aiutato il
cantante ad entrare nella mia camera d’ospedale nel momento in cui stavo
dormendo e non c’era nessuno a controllarmi. Non ci riuscì poiché i miei
decisero di restare perciò il piano non arrivava mai al fine.
Comunque
il pomeriggio proseguì normalmente visto che ci eravamo chiariti per bene.
In
quel momento Seth ed io eravamo al supermercato per comprare qualcosa per la
cena. Io e mia figlia avevamo proposto la pizza, però Elisabeth si era fissata
sul fatto che doveva cucinare lei. Così con una lista della spesa alla mano,
cercammo i vari ingredienti. Ci dividemmo il compito: lui carne e affettati,
invece io frutta e verdura.
Stavo
raccogliendo qualche pomodoro, quando udii un sono sbuffo di fronte a me. Alzai
gli occhi e li incrociai con quelli chiari sbalorditi della ragazza. Sorrisi e
le allungai il cetriolo, che era finito nella cassa dei pomodori
-Questo
è incredibile-
mormorò stupita, accettandolo. -Non è possibile! Ti incontro ovunque-
-La
pazienza non ti si addice proprio- scherzai, ricordando la faccenda
delle macchinette.
-Già..
forse è questo che ha rovinato le cose tra di noi- sussurrò
sconsolata. Inarcai un sopracciglio confusa. Io e lei eravamo amiche? -Senti,
io non posso portarmi avanti questa cosa. Louis è stato molto chiaro l’altra
volta e lo capisco anche.. però, Brooke, non mi sembra giusto. Lui ti ha dato
la sua versione, ed è ora che anch’io ti dica la mia.. sempre se mi vorrai
ascoltare- esclamò, raddrizzandosi e inspirando bene. Non capivo un
accidente di ciò che stava parlando. Lei e Louis erano stati insieme alle mie
spalle? Impossibile poiché con quel poco che mi ero ricordata insieme alle cose
raccontate da Perrie ed Elisabeth, lui non mi aveva mai tradito. Mi interruppe
dal formulare altre domande il suo tremolio. -Quando tu e tua madre ci avete
scoperti, Davis ha rotto definitivamente con me. Ha scelto voi e io l’ho
rispettato. Anzi, è stato meglio perché adesso sono sposata con un uomo che mi
ama seriamente e.. mi dispiace di come sono andate le cose tra di noi: ho
distrutto i nostri anni di amicizia in un giro di due mesi.. Mi dispiace- concluse,
scuotendo la testa e lanciandomi un’ultima occhiata. Al contrario io ero basita
sul posto. Forse era per questo che mi ero trasferita a Londra, allontanandomi
da tutti. Le mani mi cominciarono a tremare e il sacchetto con la verdura mi
cadde da esse. Delle persone mi fissarono impotenti e arrivò pochi istanti dopo
anche mio cugino Seth, il quale mi svolazzò una mano davanti agli occhi per
farmi riprendere.
-Brooks,
tutto ok?-
mi chiese gentilmente. Posai lo sguardo su di lui intontita.
-Esco
a prendere un po’ d’aria- mormorai, mollando il sacchetto e impugnandomi
bene la borsa.
L’aria primaverile serale soffiò sul mio viso dolcemente per
farmi riprendere, e fu cosi. Sbuffai e rifocalizzai le parole di Amelia, si
l’avevo riconosciuta, nella mia mente, collegandola con qualche possibile
ricordo. Ripensai istintivamente ai miei litigi con lui e ai pianti di mia
madre. Ecco perché si rinchiudeva sempre in camera.
Mi
mordicchiai il labbro e sospirai. Ora capivo molte cose e mi dispiaceva un
sacco per averla trattata in quel modo: non se lo meritava.
-Brooke,
che ti prende?-
mi domandò Seth, raggiungendomi con una piccola busta di carne e affettato.
-L’aveva
tradita, vero?-
bisbigliai con lo sguardo fisso davanti a me.
-Come?- boccheggiò,
non capendo.
-Davis
aveva tradito la mamma con Amelia. Ecco perché me ne sono andata- mi spiegai
meglio e lui si rattristì, annuendo semplicemente.
-Meglio
andare-
si limitò, appoggiandomi una mano sulla schiena e dandomi un leggero colpetto
per incitarmi a muovermi. Mi misi sotto il suo braccio e con un dispiacere
immenso ci allontanammo. Salimmo subito in macchina e ci dirigemmo a casa,
impiegandoci una quindicina di minuti.
Una
volta arrivati, Seth si occupò di scaricare le borse, invece io mi fiondai
dentro. Avevo bisogno di tranquillità per qualche secondo, tuttavia il destino
pareva contro di me quel giorno. Svoltando l’angolo per la cucina, notai la
figura di mia madre bere il thé con mia sorella, la quale non appena mi vide mi
fece un sorriso intenditore: non era colpa sua. Mi volle trasmettere.
-Brooke- mi chiamò,
attirando l’attenzione di Clare, che si alzò e giocherellò nervosamente con le
dita.
-Senti..
so che non mi vuoi parlare e, fai anche bene, ma..-
Non
la feci terminare visto che l’abbracciai di scatto, nascondendo il viso nella
scapola. Non aveva più senso darle contro dato che lei non era mai stata
l’artefice di tutto ciò. O meglio lei aveva un fine giustificato: voleva avere
le sue due figlie vicino a lei. Al contrario di Davis, il quale aveva agito
solo per disprezzo verso una persona.
-Mi
dispiace-
esclamai, stringendola.
-No,
a me-
singhiozzò. -è stato un gesto talmente egoista.. e..-
-Facciamo
una cosa, ok?-
le proposi, staccandomi e sorridendole leggermente. -Non ci pensiamo più. È
passato-
-Va
bene-
acconsentì, carezzandomi dolcemente il viso.
-Ora
che è tutto apposto, mi date una mano?- sdrammatizzò Seth dietro di noi con
tante buste alla mano. Ridemmo e lo aiutammo.
In
fin dei conti non passammo una brutta serata, anzi tutto il contrario. La parte
più bella, secondo me, fu quando mia madre iniziò a giocherellare con Sheyleen,
trattandola come Will, ossia da sua nipote e membro ufficiale della famiglia.
Passammo
altri due giorni con loro. Ci divertimmo molto e mi dispiacque un sacco
lasciarle, però in cuor mio sapevo che le avrei riviste molto presto: infondo
il matrimonio era solamente tra dodici giorni!
*Louis*
Mi
svegliai svogliatamente quella mattina a causa del cane dei vicini, che
continuava ad abbaiare probabilmente al postino. Mi girai, nascondendo la testa
sotto il cucino per ricavare un po’ d’oscurità, però non dirò molto la
tranquillità della mia stanza poiché udii la porta della camera aprirsi
completamente e qualcosa di pesante salirmi sul fianco.
-Fanny- mi lamentai
del gatto di Georgia. Schioccai la lingua sul palato e, sbarazzandomi del
soffice oggetto, l’accarezzai. -Sei una bellissima micetta, ma non venirmi a
rompere le scatole alle..- mi allungai per vedere l’ora sul comodino. -Nove
di mattina- terminai. Lei mi fissò intensamente con i suoi occhi azzurri
cristallini. Scossi la testa e mi alzai definitivamente. Sistemai velocemente
la stanza visto che Troy era stato fin troppo gentile ad ospitarmi in quei tre
giorni. Non volevo passare da sfruttatore.
Dovevo
ammettere che lentamente mi stavo rimettendo anche perché il cellulare per
contattare i ragazzi l’avevo nascosto e i ricordi dei giorni precedenti erano
sempre meno vivi. Ad eccezione della frase di Sheyleen, la quale mi uccideva
ancora. Tentavo di non pensarci tanto e di svagarmi, passeggiando oppure
guardando qualche film. Tuttavia, nel profondo, mi sentivo solo impotente.
Sistemato
il letto, scesi le scale per andare in cucina e con mia grande sorpresa ci
trovai la mia sorellastra.
-E
tu che ci fai qui?-
domandai, facendola sobbalzare. Non si aspettava di trovarmi lì poiché ieri
avevo annunciato che sarei andato a comprare qualcosa nella cittadina affianco.
-Non devi essere a scuola?- aggiunsi.
-T’importa
qualcosa?-
rigirò la domanda con strafottenza.
-No,
però sono molto curioso- ribattei, entrando e dirigendomi ai fornelli
per farmi un po’di thé.
-Non
sono affari tuoi-
rispose, terminando la sua merenda al cioccolato e concedendomi un piccolo
sorriso sfacciato.
-Diciamo
che Troy..-
-Non
riesci proprio a chiamarlo papà- esclamò, lasciando un pugno sul
tavolo. -Ti sta ospitando dopotutto-
-Fai
quel che vuoi-
la liquidai in pochi secondi, ritornando a trovare una bustina per la bevanda.
Cadde il silenzio e di certo non mi andava spezzarlo. L’acqua bollì e la versai
in una tazza con qualche cucchiaino di zucchero e l’infuso. Lo pucciai per
qualche secondo, mentre udii un sospiro da parte della ragazza.
-Farai
la spia?-
mi chiese, lasciando il cellulare sul tavolo.
-Come
hai detto tu: non sono affari miei- risposi, gettandolo e andandomene
dalla stanza.
-Louis- mi chiamò
prima di salire le scale. Mi girai e constatai la sua figura nascosta dallo
stipite e un piccolo sorriso riconoscente sul volto. -Grazie- aggiunse,
mutando subito espressione in una tosta. Scossi la testa e annuii, salendo in
camera mia. -E per chiarire: se avessi detto qualcosa, ti avrei tolto la possibilità
di procrearti!- urlò, facendomi ridere. Era proprio una ragazza strana.
Ero
uscito per fare un po’ di spesa visto che il frigo era quasi vuoto a causa del
fatto che i due adulti erano sempre al lavoro e non avevano avuto tempo.
Passeggiavo camuffato poiché se le fans mi avessero riconosciuto, i ragazzi
avrebbero scoperto il mio rifugio. Ci misi più o meno un’oretta a comprare la
spesa e fortunatamente nessuno mi riconobbe. Avevo cercato di seguire l’istinto
e comprare più o meno quello che potrebbe piacere ad ogni persona e,
soprattutto, quello che avevano cucinato durati quei tre giorni. Così a piedi,
ritornai lentamente a casa per il pranzo. Dato che Georgia era a casa, m’imposi
di cucinare qualcosa per entrambi, sebbene avrei passata molto volentieri. Non
avevo fame, però sapevo era una cosa giusta da fare. Ci impiegai circa un
quarto d’ora poiché il supermercato era nel centro della cittadina e la casa
era in periferia. Entrai dalla porta secondaria, la quale dava al garage, che a
sua volta portava nel corridoio alla cucina. Salito l’ultimo gradino e sulla
soglia, sgranai gli occhi e mi paralizzai alla scena imbarazzante e poco
appropriata a cui fui obbligato ad assistere: vi era la mia sorellastra quasi
mezza nuda sopra un ragazzo senza maglietta.
-Per
l’amor del cielo, Georgia!- urlai, voltandomi immediatamente.
-Louis!- mi imitò
stupita, riponendosi la maglia davanti al corpo.
-è
per questo che sei stata a casa? O santo cielo!- continuai,
proseguendo il percorso verso la cucina per mollare le borse sul tavolo. Feci
un sospiro profondo e provai a cacciare dalla mia mente la scena, ma non fu
possibile poiché la ragazza entrò in reggiseno e si parò davanti a me. -Oddio-
mormorai, abbassando il viso.
-Non
è come sembra.. aspetta mi sto giustificando?-
s’interpellò da sola, drizzando la schiena.
-Vai
a indossare qualcosa, per piacere- la pregai, deviando lo sguardo sul
suo corpo snello. Mi portai le dita sugli occhi per sfregarmeli lentamente.
-No,
vai via tu. Hai interrott..-
-So
benissimo cosa ho interrotto! Avrai neanche sedici anni, cazzo- strillai,
rimbambito. Sollevai il viso e lo incrociai con i suoi occhi seri.
-Ne
ho sedici e mezzo-
precisò con un tono fastidioso. -Sono abbastanza grande- si giustificò,
gonfiando il petto e incrociando le braccia al petto, le quali, posizionandosi
sotto il seno, lo sollevò.
-Che
mi tocca sentire-
farfugliai, scuotendo la testa. -Vai subito a vestirti- imposi,
indicandole le scale.
-Chi
sei tu per darmi ordini?- dichiarò con disgusto. Incassai velocemente il
colpo, e strinsi i pugni. Comprendevo benissimo la sua ira e ammettevo che
aveva ragione a dirmi quelle parole, però percepivo che dovevo intervenire in
qualche modo. Infondo, per quanto possa essere scorbutica, maleducata e acida
nei miei confronti, lei meritava di meglio.
-Chi
cavolo è quello? Oddio, ma l’hai visto? Pensi davvero che non appena ha
ottenuto quello che vuole, resterà a tuo fianco?-
-Mi
ama-
sibilò duramente.
-Certo
come no! Da quanto tempo state insieme?-
-Due
mesi-
rispose con fierezza. Ciò mi fece intendere o che non aveva mai avuto una reale
storia d’amore, oppure che ne aveva avute troppe di poco tempo che le
considerava come un record. Mi dispiacque per lei poiché non aveva ancora
compreso cosa fosse realmente l’amore. Un ragazzo, seriamente innamorato, non
avrebbe mai osato così tanto in poco tempo.
-Due
cosa?-
urlai ancora più meravigliato. -Motivo in più per andare di sopra a metterti
qualcosa- affermai.
-Amico,
lei fa quello che vuole- ci interruppe il ragazzo del salotto, però con
la decenza di essersi messo la sua t-shirt nera. Lo fulminai sul posto per quel
tono per nulla appropriato.
-Amico
lo dici a qualcun altro. E vattene prima che ti mostri davvero dov’è la porta- lo minacciai
senza indulgenza.
-Amico,
tranquillo. Non stavamo facendo nulla di male- si difese,
posando uno sguardo compiaciuto su Georgia, la quale si strinse meccanicamente
spalle imbarazzata.
-Stai
giocando con il fuoco, ragazzino. Vai fuori di qui- sibilai,
avanzando un passo.
-è
arrivato a rompere le palle- commentò, sbattendosi delicatamente
il palmo della mano sulla coscia.
-Come
scusa?-
chiesi con le mie mani, le quali iniziarono a prudermi dalla rabbia. Come si
permetteva a parlarmi così?
-Smettetela
entrambi!-
sbraitò la ragazza, sbattendo un bicchiere per catturare la nostra attenzione.
L’oggetto si ruppe in mille pezzi e la sua mano fu ferita, facendo colare
qualche goccia di sangue vivo. Ella assunse una smorfia dolorante, sebbene si
dimostrò più forte. Spalancai gli occhi e mi avvicinai subito per esaminare
quanto fosse grave. Tuttavia non me ne diede la possibilità perché si ritrasse
immediatamente. -Cole, vai- congedò bonariamente il suo ragazzo, il
quale alzò gli occhi al cielo e eseguì le sue parole. “Quanto amore”
commentai aspramente nella mia mente. Pochi secondi dopo, udimmo la porta
sbattere. -Sarai contento adesso?- mi disprezzò ironicamente.
-Smettila
e fammi vedere la mano- cercai di essere autoritario.
-Cosa?
Vuoi fare il fratello protettivo e preoccupato per me? Beh, scordatelo! Hai
perso l’occasione sedici anni fa per essere considerato tale- sbottò,
facendomi rimanere da solo in quella stanza da poco silenziosa. Sbattei un
pugno sul ripiano. Odiavo quando le persone criticavano senza una valida
motivazione: lei non ne aveva il diritto dato che non era a conoscenza di
nulla. Ma comunque non riuscii a sentirmi in colpa per ciò che era successo.
Abbassai
la testa, inspirando profondamente per tranquillizzarmi, e la posi tra le
braccia. Dei passi silenziosi si approssimarono dietro di me, facendomi
sussultare.
-Mi
puoi accompagnare in ospedale?- mi chiese la mia sorellastra con la
mano avvolta in un asciugamano, evitando il mio sguardo. In quel breve lasso di
tempo aveva indossato qualcosa e gliene fui molto grato. Almeno non vi era più
dell’imbarazzo.
-Certo- riuscii a
dire in un sospiro. Impugnai le chiavi della mia macchina dalla tasca del jeans
e uscimmo di casa, diretti in ospedale seguendo le sue indicazioni visto che
non ero del posto.
Spendemmo
un’ora e mezza in ospedale, tra l’attesa e la visita in cui il dottore le mise
dei punti sulla mano, rassicurandoci che non fosse nulla di grave. Così eravamo
in tragitto verso casa. Nessuno dei due toccò l’argomento e permettemmo al
silenzio. Non lo sopportai più di tanto; di conseguenza accesi la radio su
qualche stazione decente. Ne avevo scartate quasi cinque prima di trovarne una
decente.
-Ed
ecco a voi i One Direcion- annunciano su Radio1. -Salve ragazzi-
aggiunsero, bloccandomi nel cambiare. Avevamo un’intervista oggi? Avevo letto
il programma mandatomi da Simon e non vi era nessuna citazione di incontro in
radio. Perché l’aveva omesso? Forse voleva che mi concentrai solo su me stesso.
In ogni caso rimasi con il braccio penzolante assorto nei miei pensieri. -Ma
aspettate, ne manca uno! Che fine ha fatto Louis?- e fu in quell’esatto
momento che rimossi l’intervista e passai su un’altra stazione, dalla quale
partì una canzone di Elle Goulding. Non feci trasparire la mia tristezza e
delusione. Mi concentrai sulla strada, cinghiando fortemente il volante.
Perseguivo a sentire lo sguardo curioso e confuso di Georgia, la quale
reimpostò Radio1.
-Aveva
delle cosa da fare. Si dispiace molto per non essere qui con noi- rispose
Zayn con tono sicuro. Fulminai la ragazza accanto a me e girai di nuovo. Però
lei persistette nell’ascoltare quell’intervista.
-Senti,
macchina mia e decido io- mi opposi
-Non
capisco perché ti scaldi tanto. Infondo è..-
-Oh,
capisco. Sheyleen da molto da fare- l’interruppe e mi derise il
presentatore, facendomi sbarrare gli occhi, i quali si inumidirono prontamente.
Accostai la macchina e abbassai lo sguardo. Le parole, le lacrime di mia figlia
annebbiarono la mia mente. “Non posso! Devo reagire” m’imposi
nella mia mente, scuotendo la testa e respirando profondamente. Mi diedi dei
lievi pizzicotti alla gamba per smettere di pensarci. -Ma ditemi, è vero che
Brooke è venuta a riprendersela?- aggiunse con curiosità. Anche la bionda accanto
a me spalancò gli occhi, passandoli su di me impotenti e con compassione.
-Affatto!- intervenne
con tono serio Harry, attirando la mia attenzione. -Tanto per mettere in
chiaro, questi non sono affari in cui i giornalisti si devono impicciare e
siamo perennemente stanchi di ascoltare queste enormi stupidante- cominci.
Probabilmente si stava torturando i lembi della sua maglietta a causa del suo
nervosismo. E molto probabilmente i ragazzi, in particolare Liam, lo stavano
intimando di calmarsi. -Ma comunque, Brooke è in città per alcune
commissioni e hanno deciso, insieme, che era meglio che la bimba passasse del
tempo con lei. Tutto qui! nessuno è venuto a prendersi nessun altro- mentì
per me, sottolineando in modo atroce l’aggettivo insieme. Non riuscivo a non
essergli grato e aumentò il mio senso di colpevolezza nel non averli avvertiti
della mia fuga. Provavo una sensazione di rimorso e non era per nulla buona.
-Che
stai facendo, Hazza?-
mormorai privo di voce. Aprii la portiera e uscii dalla macchina per assumere
dell’aria buona per il mio cervello così che smettesse di meditare
sull’accaduto. Maledizione a me e a quando avevo acceso la radio. Posai le mani
sulla faccia, ripulendomi gli occhi dalle lacrime solitarie. “Forte,
forte! Dovevo essere forte!” mi calmai.
-Non
capisco perché non sei li con loro?- mi chiese cautamente.
-Non
sono affari tuoi-
ringhiai, mollando un pugno tettuccio.
-Ah
ma davvero? Neanche Cole era un tuo affare, ma ti sei impicciato lo stesso- dichiarò
duramente.
-è
diverso-
replicai prontamente con voce roca e con il nervosismo, il quale cresceva
sempre di più. Strinsi addirittura i pugni per rilassarmi.
-Non
credo proprio. Stessa c..-
-Mia
figlia mi odia, ok?-
esclamai, voltandomi verso di lei con uno sguardo infuocato. -Ho avuto un
fottuto crollo nervoso e mi sentivo troppo oppresso. Contenta ora?- chiesi
sarcasticamente, strillando.
-Mi
dispiace-
mormorò, sciogliendo la postura rigida e allungando le mani sui fianchi.
-Provi
pena, non dispiacere- chiarii, appoggiandomi sul veicolo.
-So
come ti senti-
mormorò, raggiungendomi e posandosi sulla portiera al mio fianco con lo sguardo
vago. -Prova ad essere all’altezza di un fratello superstar al quale tuo
padre vuole più bene che a te-
-E
tu prova ad essere sotto esame in ogni minima cosa che fai: non puoi scontentare
nessuno, non puoi commettere nessun errore. Prova a rimanere costantemente
perfetto in tutto ciò che fai- replicai, incrociando le braccia al
petto. -Si talmente perfetto che ho una bimba, la quale non mi parla più-
ripresi dopo una pausa amara.
-Sento
come se lo stessi deludere ogni volta- dichiarò apertamente, osservando la
fascia sulla sua mano.
Era
divento un momento di sfogo per entrambi e poteva essere anche ultimo visto che
aveva un carattere simile al mio. Quindi non avremmo mai più confessato certe
cose.
-è
per questo che ti conci in questo modo e ti comporti così?- mi
focalizzai su di lei per capire
-Delusione
rendiamola realtà-
rispose semplicemente, alzando le spalle. Scossi la testa e le diedi
un’occhiata fugace.
-Indossare
la maschera da dura non ti porterà da nessuna parte. Libera te stessa perché
sono sicuro che la vera Georgia vale molto di più rispetto a quella che ti ostini
a mostrare- dichiarai
sinceramente
-Non
credo. Sono una delusione per tutti- farfugliò con occhi lucidi.
-Provaci:
ti sentirai meglio essere te stessa- la consolai.
-E
te? è per questo che sei venuto a bussare alla nostra porta? Hai pensato che nessuno
ti potesse cercare qui- mi chiese, seppure conosceva benissimo la
risposta. Sospirai e mi strinsi le spalle.
-Sembra
aver funzionato-
annunciai amaramente.
-Scappare
non serve a molto-
mormorò e si posizionò davanti a me. -So che può essere difficile reagire,
ma a volte per stare meglio devi scendere tutto l’inferno per comprendere ciò
che si deve realmente sconfiggere- esclamò, accennandomi un piccolo sorriso
confortatore. Risi leggermente e sorrisi a mia volta.
-Visto?
La vera Georgia è migliore di quella vecchia- esclamai, allargando le
braccia. Lei incurvò un sopracciglio per intendere il mio gesto. Quando lo
fece, spalancò gli occhi e indietreggiò di un passo.
-Oh,
non ci provare-
disse, timorosa.
-Non
ne avrai di seconde possibilità- l’avvertì, provando ad essere serio,
eppure non durò per molto: la sua paura mi divertiva. -Andiamo, Austin, so
che lo vuoi- la provocai, avanzando un passo, al contrario di lei che si
ritrasse automaticamente.
-Ti
stai sbagliando di grosso, Tomlinson- negò con la testa e s’issò nel terreno.
Accennai una lieve risata nel notare che si stava mordicchiando il suo labbro
inferiore.
-E
perché ti stai mordendo il labbro?- le chiesi, facendole sbarrare di
poco la bocca.
-Per
non riderti in faccia. Ma guardati, sembri un pagliaccio- mi rispose,
passandosi la lingua sulle labbra. Assunsi un’espressione scherzosa.
-Vediamo
cosa può fare un pagliaccio- dichiarai, tirandomi su le maniche
di poco.
-Non
oserai- balbettò,
allontanandosi ancora di più da me.
-O
si che lo farò- approvai,
molto divertito dalla situazione. Non capivo perché faceva tutte queste storie
per un semplice abbraccio. E lo otterrò. Così, cominciammo a rincorrerci,
terminando a terra come due stupidi. Ma ciononostante ottenni ciò che
desideravo anche se ci sporcammo tutti i vestiti di fango a causa delle
pozzanghere di qualche giorno fa.
-Louis!-
strillò,
ridendo e toccandosi i suoi capelli biondi completamente bagnati. Gesto che
incrementò la mia risata. Restammo così finché non si parò di fianco a me a gambe
incrociate. Mi sollevai e mi sorressi con i polsi.
-Non
sei affatto male- confessò
con un piccolo sorriso.
-Neanche
te- l’appoggiai,
imitandola.
-Sheyleen
è molto fortunata ad avere un padre come te-
-E
qualsiasi ragazzo sarà onorato ad essere al tuo fianco.. solo.. non Cole-
Accennammo
una risata.
-Avevi
ragione su di lui-
-Come?-
-Non
lo ripeterò una seconda volta, sappilo-
-Sono
felice che tu l’abbia capito-
-Sono
semplicemente stanca di stare da sola- sbuffò.
-Il
principe azzurro arriverà quando meno te l’aspetti- la consolai,
sfregandole la mano sulla schiena, sporcando ulteriormente la maglia. Mi fucilò
con lo sguardo, però il secondo dopo scosse la testa
-Che
frase fatta!- esclamò,
facendomi ridere.
-Lo
so, ma è la verità-
-Scusa,
ho un tantino fame- cambiò argomento.
-Ho
visto un McDrive sulla strada di casa. Vuoi andarci?- l’interpellai,
alzandomi e poi aiutandola. Le accettò l’aiuto e si guardò intorno.
-Ma..-
-Perfetto
lo prenderò come un si-
-Però
la musica la scelgo io!- mise in chiaro, raggiungendo la mia macchina.
Feci un’espressine sconvolta e aprii la portiera del guidatore per mettermi al
volante.
-O
te lo scordi. Macchina mia, musica mia- replicai, continuando la
conversazione e la mezza litigata fino al luogo voluto. Era inutile aggiungere
la sorpresa dei commessi nel vederci in quello stato, però ce ne fregammo
altamente e ci dedicammo al nostro pranzo.
*Brooke*
Erano
le cinque quando io e Sheyleen varcammo la soglia del portone di casa. Ero
stremata; tuttavia dovevo ammettere che erano stati dei giorni, a parte il litigio
con mio padre, divertenti.
L’appartamento
era completamente vuoto, probabilmente non avevano ancora finito di lavorare
oppure erano semplicemente usciti. Mi stiracchiai e entrambe giungemmo nelle
proprie camere. Io mi buttai sul mio letto comodo. Quanto mi era mancato. Feci
le fusa e stavo per chiudere gli occhi se non fosse per un rumore proveniente
dal salone. Era rincasato qualcuno! Svogliatamente mi alzai e, liberandomi
dalle mie scarpe nere, aprii cautamente la porta, andando in giro per il
corridoio a piedi nudi. Speravo con tutto il cuore che fosse Dylan in quanto
avevo una voglia matta di abbracciarlo. Ovviamente non quanto volessi rivedere
Louis, però era abbastanza per me. Nel legarmi i capelli, innalzai il viso e mi
cedettero le braccia a quella scena tragica. Sbarrai gli occhi e le mie mani si
abbassarono, colpendo una fotografia sul comodino, attirando l’attenzione dei
due protagonisti. Dylan e Queen si stavano baciando e, non appena udirono il
rumore, si staccarono e si irrigidirono. Come aveva potuto? Come avevo fatto a
non accorgermene? Non avevo davvero più parole.
Ciaoo a tutti!
Okay, con il mio solito ritardo, vi presento il capitolo 26 :D
Ma mi stanno riempiendo come non ci fosse un domani D:
Comunque, si è scoperta l'importanza di Amelia, finalmente, dopo un'eternità ahah
Ebbene si, il padre ha tradito la famiglia e Brooke ha deciso
saggiamente di perdonare la madre. Tuttavia non ha un buon finale D:
Invece Louis nei panni del fratello protettivo, anche se non rionosce Troy come padre u.u
Mi sono divertita a scrivere la parte tra Louis e Georgia.
Spero che vi sia piaciuto, e se fosse cosi, mi lascereste un piccolo commento? Grazie a chi lo fa :D
A proposito, vorrei ringraziare le fantastiche persone che:
-l'hanno messe tra preferite/seguite/ricordate;
-l'ha recensita;
-la legge;
-Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Alla prossima!
Ciaoooo :D xx
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Capitolo 27 *** capitolo 27 ***
jjjjjj
Capitolo 27:
Don’t talk, let me think it over
How we gonna fix it?
How we gotta undo all the pain?
Tell me, is it even worth it?
(The only reason by 5 seconds of summer)
Erano
passati circa due giorni da quando mi ero rinchiusa in camera senza parlare con
nessuno. Dylan tentava tutti i modi di chiarire, eppure io mi rinchiudevo a
guscio, ponendomi dei tappi nelle orecchie finché non avesse finito. Era un
atteggiamento da bambini, ne ero a conoscenza, ma non ero proprio in grado di
affrontare la situazione. Anche perché iniziai a rimuginare sulle cose passate
e la mia mente mi approdò a quando avevo baciato Louis e a come lui l’aveva
presa fin troppo alla leggera. Voleva significare la storia tra i due non era
una cosa recente. Ciò mi faceva infuriare ancora di più. In quei giorni, l’unica
persona che poteva accedere e che volevo vedere, era Sheyleen, la quale si
metteva tra la mie braccia e ci coccolavamo a vicenda. Dovevo ammettere che il
dolore sembrava alleggerirsi, però poi ripiombava in maniera peggiore. In
quelle quarantotto ore, l’uniche attività, che svolgevo, erano il lavoro e
uscire con mia figlia. Non degnavo di uno sguardo a nessuno in quella casa
anche perché ne farlo mi sentivo ancora più male. Tutti erano a conoscenza di
quanto odiavo essere presa in giro e di quanto non concepissi il tradimento.
Ognuno, per circostanze diverse, lo sapeva e, ciononostante, avevano deciso di
compiere l’unica azione imperdonabile.
Ero appena entrata in ufficio, dopo aver
accompagnato la piccola all’asilo, e con grande sorpresa ci vidi dentro Fabien
con in mano delle squadre e due matite: una sull’orecchio sinistro e l’altra in
bocca, che poi venne presa per tracciare una linea perfetta.
-E
tu che ci fai qui?-
chiesi, posando il cappotto sull’attaccapanni e la borsa su una poltroncina di
fianco.
-Oh
buongiorno capo- mi
rispose, sfoggiando un sorriso.
-Capo?- ripetei,
leggermente confusa. Lui sollevò le spalle e mi indicò la porta dietro di me.
Interdetta, eseguii il suo volere e sussultai nel vedere il mio reale capo di
fronte a me.
-Esattamente!- ci
interruppe il mio capo. -Signorina Miller, lei e il presente signorino Hoon
lavorerete alla ricostruzione di alcuni edifici a Sheffield, attendendo che il
suo progetto definitivo sia approvato da altri imprenditori- mi informò,
sistemandosi la giacca.
-Ma,
signore.. noi siamo a Londra.. come..- provai a informarmi.
-Qui
arriva il bello-
partecipò con entusiasmo Fabien alla conversazione, incrociando le braccia al
petto. -Andremo a Sheffield per qualche giorno in modo da capire quali sono
da tenere e quali sono da ricostruire-
-Precisamente- acconsentì
il direttore. Ci impiegai qualche minuto per assimilare la fantastica
opportunità: mi avrebbe tenuta alla larga da Dylan per qualche giorno, tempo
giusto per riflettere e prendere delle decisioni.
-E
quando dovremmo partire?- domandai con un lieve sorriso.
-Domani
mattina dovrete essere subito in viaggio- concluse il mio capo,
lasciando la stanza. Fabien si avvicinò a me e mi posò una mano sulla spalla.
-Con
Sheyleen come farai?-
mi sussurrò, cautamente. Nessuno in quell’edificio era a conoscenza del fatto
che avessi una figlia. Ora che ci riflettevo lui aveva ragione. Egoisticamente
avevo pensato solo a me e mi pentii immediatamente. Non potevo lasciarla da
sola in una casa, che a malapena conosceva con persone a cui non sarebbe
importato nulla. No, non era giusto. Fortunatamente la soluzione era chiara ed
evidente. Era finalmente un modo per farla riavvicinare ai suoi familiari. Mi
rivolsi verso il mio amico e fissai gentilmente.
-Sarà
in buone mani-
risposi e lo abbracciai di scatto. Un’azione stupida fatta di istinto, forse
dettata da un bisogno matto di un conforto. Fortunatamente, anche se non era a
conoscenza di ciò che mi stava succedendo, lui m’accontentò, cullandomi per un
po’. Mi fece sollevare l’umore.
-Guido
io-
mi mormorò all’orecchio, facendomi sbarrare gli occhi e distanziare subito. Il
mio terrore era dovuto al fatto che una volta suo padre, Carl, ci aveva
incaricato il recupero dei materiali e, nella strada di ritorno, lui stava per
ammazzare un povero cane.
-Io
non salirò in macchina con un pericolo pubblico-
-Oh
andiamo, Brooks, non è colpa mia se quel cane è comparso all’improvviso-
-E
con la signora Ferman, come la mettiamo?- intervenne Carl, entrando
nella stanza con due caffè e una cassetta sotto il braccio. Dietro vidimo anche
Noemi nascondere un ghigno divertito.
-Hai
investito una persona?- chiesi avvilita, aumentando la mia
preoccupazione.
-Non
investito. Leggermente sfiorata-
-Sfiorata
nel senso di averla messa sotto, allora si. Ma sfiorata nell’averle fatto fare
una macedonia per strada, in quel caso no-
Il
ragazzo s’imbronciò mentre nella stanza si sollevò una risata collettiva.
Dovevo ammettere che quelle persone, seppur da poco tempo che lo conoscevo,
erano diventate come una seconda famiglia per me. Così tra chiacchiere, squadre
e risate proseguimmo quasi tutta la mattinata.
Erano le tre quando mi avviai presso
l’asilo per prendere la piccola. Non avevo bene in mente come darle la notizia,
ma infondo erano solo tre giorni. La soluzione era Perrie, dato che i ragazzi
non mi parlavano, e non era del tutto sbagliata come cosa: ero il la causa del
malessere di Louis, lo ammettevo. Stessa motivazione valeva anche per Lottie e
sua madre. Perrie era l’unica con cui mi confidavo e che mi era stata accanto
in questo periodo nero. Inoltre, Shey era cresciuta con tutti loro e, dunque,
sarebbe stata più a suo agio. Tamburellai le dita sul volante per far passare
quei cinque minuti, che mancavano al termine delle lezioni. Lanciai uno sguardo
sul telefono e mi morsi il labbro. Erano giorni oramai per cui nutrivo l’insana
speranza di ricevere un messaggio di Louise. Dalla sua “scomparsa”, il mio
cuore non si era ancora rassegnato del suo definitivo addio, anche se avevo
fatto di tutto per levarmelo dalla testa. Però poi si era aggiunto anche Dylan
e non potevo essere che divisa a metà per entrambi i dolori. Non ero in grado
di classificare quale dei due era peggio. Mi indeboliva progressivamente. Mi
passai lei mie dita magre sui miei stanchi occhi prima di intravedere la chioma
bionda di Sheyleen correre verso la mia macchina e salirci. Si disfò della
cartella, riponendola sul sedile posteriore e, tutta eccitata, si voltò verso
di me con un sorrisone, che mi contagiò.
-Guarda
cosa ci ha fatto fare la maestra- mi
mostrò un piccolo cerchio di das con la scritta “Home” incisa nel mezzo.
Sorrisi. -è per te- continuò, riponendolo nella mia mano. -L’ho
sempre conservato per la mia mamma. E tu lo sei- mi paralizzai sul posto,
incredula.
-Non
so che cosa dire- mi
commossi, toccandolo leggermente con un lieve timore di romperlo. -Grazie,
piccola- conclusi, dandole un altro bacio. Lo appesi allo specchietto e
sorrisi istintivamente. Lei era l’unica cosa che mi rallegrava. Impostai la
marcia e mi diressi verso casa. Durante il percorso le spiegai la faccenda e
non mi parve così turbata nel stare per qualche giorno a casa di Perrie. Anzi,
ne fu sollevata. Parcheggiai davanti al portone.
-Tesoro,
intanto io vado ad avvisare Perrie, tu sali e fai merenda. Poi quando torno
prepariamo la borsa-
l’ordinai, gentilmente. Lei confermò le mie parole e, baciandomi la guancia,
corse verso il portone. -Ora, arriva il peggio- mormorai, mettendo in
moto la macchina.
Non
intesi di preciso dove Perrie voleva che l’incontrassi perché non ero molto
brava con le vie. Dunque non ricollegai immediatamente l’indirizzo datomi con
quello della casa di Louis. O se vogliamo metterla sul personale, con quello
della nostra casa. Solo una volta avvertita dal navigatore, realizzai dove
fossi. E ne fui sorpresa. Che cosa aveva intenzione di fare? Sapeva benissimo
che non ero ben accolta li dentro. Era come se entrassi nella tana del lupo. E
inoltre, da quando era successa tutta questa storia con Louis, non ero più
tranquilla ad andarci. Era come un brutto ricordo indelebile. Non ero più in grado
di considerarla come qualcosa di positivo visto che era come una dimostrazione
costante del fallimento della mia vita passata e, anche presente. Mi ero persa
così tante così in quegli anni e il rimorso mi stava contorcendo lo stomaco. Con
titubanza, scesi dalla macchina, ma non mi allontanai, anzi rimasi a fissarla
per una bella manciata di minuti e con il timore, che cominciava ad assalirmi. Abbassai
la testa e mi rigirai le chiavi tra le mani finché una voce non catturò la mia
attenzione.
-Brooke?- mi chiamò
Niall. -Che ci fai qui?-
-Perrie
mi ha detto di venire qui per parlare-
-Ah,
okay-
si limitò, superandomi. Fece qualche passo per poi bloccarsi, probabilmente non
vedendomi dietro. -Penserai di entrare?- mi interpellò, confuso.
-Non
ne sono sicura-
ammisi.
-Perché?-
-Louis
se n’è andato ed è colpa mia-
-Brooke-
mi
richiamò, tristemente.
-Lo
so che mi odiate, non c’è bisogno di compassione- lo
anticipai, posando lo sguardo sui suoi occhi azzurri. Il biondo scrollò la
testa.
-Nessuno
ti odia per quello che è successo- controbatté con un tono pacato.
-Ognuno di noi si incolpa di tutto. Noi per non essergli stati abbastanza
vicini..-
-Ed
io per averlo abbandonato per così tanti anni- soggiunsi,
stringendomi le spalle. Sentii un nodo alla gola e gli occhi mi pizzicavano.
Non volevo dimostrarmi debole, ma quella casa mi trasmetteva un senso di
tristezza assurdo e, inoltre, avere lui davanti non migliorava la situazione
visto che lui mi conosceva meglio. -Come ho fatto a dimenticarmi di mia
figlia, Niall.. Come ho fatto a dimenticarmi di lui e di tutti voi?- scoppiai,
nascondendomi il viso tra le mani. Al contrario, Niall sospirò e si avvicinò a
me. Posò le buste sulla macchina e mi intrappolò in un abbraccio. Mi strofinò
dolcemente la schiena e poi mi passò una mano sui capelli. Mi calmò lentamente.
-Non
continuare a pensare a ciò che è successo. Ora hai una tua vita. Hai tua figlia
accanto e ti stai per sposare. Tutto sta andando nel verso giusto- mi sussurrò
dolcemente senza smettere.
-Louis
non sta affatto bene- ribattei, staccandomi lievemente e ripulirmi da
quelle stupide lacrime. Il mascara mi era colato e con la manica della maglia
me lo tolsi velocemente.
-Tornerà
anche lui a star meglio- una leggera incertezza trapelò dal tono e,
accorgendosene, rimediò quasi subito. -Poi non è andato tutto storto- cominciò,
accennandomi un piccolo sorriso. -Lui ha sempre sperato in un tuo ritorno. Ha
sempre creduto che un giorno Sheyleen potesse riavere sua madre accanto,
nonostante noi lo scongiuravamo di cambiare casa e ricominciare da capo.. E
invece, eccoti qua- continuò, portandomi una ciocca di capelli dietro
l’orecchio e passandomi la sua manica sulle guance. Aveva un tocco cosi
delicato. Nella mia mente si formularono tantissimi e brevissimi flash tra me e
il biondo, che mi permisero intendere che non era la prima volta. Mi rattristai
maggiormente. -Lui ha sempre avuto ragione e fiducia in ciò che vi legava- concluse,
alzando le spalle. Mi rispecchiai nei suoi occhi sinceri e feci una smorfia.
-Lui
mi ama- mormorai
con estrema fatica.
-Non
hai mai smesso di farlo-
-Tutto
sarebbe più semplice se l’amassi anch’io-
-Non
eliminerei l’opzione che tu già lo faccia- dichiarò, recuperando le
borse dalla mia macchina. Raggelai sul posto. Sapevo di provare qualcosa per
Louis, eppure udendolo ad alta voce e da un’altra persona faceva abbastanza
effetto.
-Devo
sposarmi con Dylan.. lui..- Lui cosa? proseguii nella mia mente.
Dovevo ancora sposarlo dopo ciò che aveva fatto? Era più che chiaro che oramai
il nostro rapporto non era più come gli inizi. Io avevo tradito lui con Louis e
lui aveva fatto lo stesso con Queen. Ci eravamo allontanati fin troppo da
prendere per scontato la presenza e l’affetto di uno nei confronti dell’altro.
Il nostro amore era una completa abitudine e niente di più. Nessuno dei due
guardava l’altro con ammirazione, dolcezza o cose così. Ci comportavamo più
come amici. E allora che dovevo fare?
-Hai
sempre seguito il volere dei tuoi genitori in questi anni. Per una volta perché
non puoi seguire ciò che ti fa realmente felice- mi riportò
alla realtà Niall. L’osservai per pochi secondi prima di emettere un sonoro
sospiro.
-Niall,
è complicato- mi
limitai.
-Complicato
si, impossibile no. Comunque, dai.. Ora, vieni dentro con me. Pezz ti sta
aspettando- mi
incoraggiò, indicandomi la strada.
-Va
bene-
mi arresi completamente e mi sollevai. L’aiutai anche, prendendo una busta, e a
piccoli passi ci avvicinammo alla porta d’ingresso. Nel contempo che lui stava
suonando il campanello, nella mia mente ci furono delle leggeri fitte.
“Stava piovendo quella sera di febbraio e
la giovano coppia di fidanzatini stava correndo per tutta la via per cercare di
trovare un posto per ripararsi. Era un temporale bello e buono e i due avevano
abbandonato l’ombrello nella macchina dei loro amici. Inoltre, il caso voleva
che era anche un appuntamento galante tra i due tanto che la ragazza correva
tra le strade londinesi a piedi nudi per evitare una bella caduta da quei
tacchi vertiginosi. Il castano era davanti e per mano la trascinava di fianco a
tutte quelle case finché non intravide una porta di tutte quelle ville
semichiusa. Le luci della casa erano completamente spente e l’assenza di
macchine nel vialetto mostrava che non vi era nessuno al suo interno. Senza
esitazioni il castano vi entrò. La ragazza, dall’altro canto lo seguì, ma la
sua titubanza era onnipresente.
-Col cavolo che resto qui- sbottò, al primo
rumore, e si avvicinò alla porta.
-Andiamo, amore, finché non finisce il
temporale- la persuase, prendendola tra le sue braccia e cullandola un po’. La
ragazza fece una smorfia e perlustrò il perimetro.
-E se è infestata?- mormorò, intimorita. In
quei giorni la sua migliore amica l’aveva costretta a guardare fin troppi film
horror e quello sembrava la classica ambientazione e, forse, anche la classica
trama.
-Ma davvero?- trattenne un ghigno il
ragazzo. -Ed io che pensavo ai roditori che ti mangiavano i piedi-
-Boo, e che cavolo!!- strillò, sussultando
al tocco del fidanzato. Quest’ultimo scoppiò a ridere e andò ad accendere la
luce per mostrarle che si stava preoccupando fin troppo. A luce accesa, era
anche un’altra situazione: la casa era anche abbastanza grande e l’arredo era
in stile contemporaneo. La poltrona rossa a forma di mano ne era l’orrida
prova. La fanciulla si strofinò le braccia dal freddo e un piccolo stranuto le
scappò, attirando l’attenzione di lui. Sorrise dolcemente e, prima di
avvicinarsi a lei per riscaldarla, tirò fuori dalla sua tasca un accendino per
appiccare il fuoco nel camino. Ci volle abbastanza affinché il fuoco prese la
giusta consistenza e cominciò a emanare calore.
-Forse, non era l’appuntamento che volevi,
ma possiamo rimediare- annunciò da lì e la guardò con uno sguardo seduce. E fu
anche così. Guardarono ogni spazio della casa per trovare qualche cosa da mangiare
e da bere. Riuscirono a scovare un buon vino e dei salati ancora buoni. Non era
il massimo, ma l’atmosfera migliorò con la musica. Lenta. Tipica per un ballo,
come piaceva a lei.
Mentre danzarono, la castana appoggiò la
testa sulla spalla del ragazzo.
-Fin troppo perfetto, te lo concedo- ammise
con un sorriso soddisfatto. Ci un momento di silenzio. -Abbiamo bruciato le
tappe, vero?-
-Siamo stati più veloci, questo si-
-Le ragazze alla mia età dovrebbero essere
entusiaste per il college, e invece io sto per diventare madre. Poi ti immagini
me come madre? Sarei l’esempio peggiore-
-Tra noi due, sei tu quella più portata-
-Non ho avuto un modello di riferimento.
Insomma, che potrei dire a mia figlia? Tua nonna mi ha sbattuto fuori di casa,
ma tranquilla, non lo farò con te.. Non so che pensare..-
-Pensi che sarà una femmina?- trasse in
conclusione lui, per sdrammatizzare.
-Se me la immagino, si.. Me la immagino,
alla nostra età, scendere quegli scalini con un perfetto vestito, lasciando a
bocca aperta il suo accompagnatore per il ballo-
-Non è ancora nata e già pensi al suo primo
ballo-
-Un po’ di immaginazione non fa male-
ribeccò, ridendo.
-Sai cosa mi immagino io?- la sfidò,
sfiorandole le guance. La tirò a sé fino alle scale e sorrise. -Vedervi scendere
da queste scale ogni mattina e rendermi conto di quanto sia felice e orgoglioso
di avervi nella mia vita- le sussurrò, abbracciandola da dietro. Le loro mani
erano incrociate sul grembo di lei.
-Voglio questa, Boo- affermò con gli occhi lucidi
di gioia. -Questa è perfetta per noi-
-Ma non sappiamo neanche se è in vendita-
replicò in un primo momento, ma quando incrociò i suoi occhi verdi si bloccò.
Rimase completamente in silenzio e, in seguito, la baciò. -Benvenuta nella
nostra nuova casa- concluse, ridendo. La ragazza tirò un piccolo urletto e gli
saltò addosso. Si strinsero entrambi forte. Finalmente avevano un posto da
chiamare casa.”
Sbattei
più volte le palpebre per assimilare ciò che stava capitando, mentre davanti a
me c’era Lottie, la quale mi osservava confusa e sorpresa contemporaneamente,
passando lo sguardo da me al biondino e viceversa. Indietreggiai di un piccolo
passetto, nascondendomi quasi dietro Niall, il quale si fece spazio e mi
trascinò con sé. L’atmosfera, che arieggiava in quella casa, si mutò al mio
ingresso. Perlustrai in giro e mi soffermai sulle scale. Mi venne in mente come
nei mesi precedenti, Sheyleen correva giù ogni volta per venirmi a salutare. In
quel momento fu Perrie a sostituirla. Finalmente un faccia rassicurante, anche
se anche il sorriso gentile di Liam e Megan mi confortò. Nella casa erano
presenti anche Harry, Zayn e la madre di Louis, Johannah. Quest’ultima si portò
una mano sulla bocca dallo stupore e un piccolo luccichio passò nei suoi occhi
azzurri. Probabilmente eravamo abbastanza legate prima dell’incidente. Tuttavia,
la mia attenzione fu attirata da un ciondolo d’oro al suo collo, infondendomi
una sensazione famigliare.
“I due soliti protagonisti stavano
camminando per la strada principale della cittadina natale del ragazzo,
Doncaster, e stavano oltrepassando il più veloce possibile dei gruppetti di
ragazzine, accostate di fianco ad un piccolo bar. Louis era solito ad andare a
prendere qualche dolce alla madre e alle sorelle in quel bar, eppure la presenza
delle fan lo fece rinunciare all’idea. Lui aveva addosso un cappuccio con una
sciarpa di lana bianca, che lo proteggeva sia dal freddo di gennaio sia dalla
possibilità di essere riconosciuto immediatamente. A lui non dispiaceva stare
con le fan, anzi adorava scambiarci qualche chiacchiera, eppure in quel momento
la sua unica preoccupazione era il modo per dare alla sua famiglia la notizia.
D’altro canto Brooke si sistemò il cappello e si avvicinò ancora di più al
fidanzato per recuperare più calore possibile. Erano usciti con l’intenzione di
comprare qualcosa per la cena di quella sera, eppure il freddo li impedì di
stare in giro ancora per molto. La castana frugò all’interno della borsa per
controllare la condizione dei vari regali e ne fu sollevata nel vedere che
erano ancora intatti. Così, a braccetto si diressero verso la calda dimora. Ci
misero circa una ventina di minuti ad arrivare a casa e la ragazza notò due
ragazzine giocare con la neve. Stavano costruendo l’ennesimo pupazzo di neve,
ma appena videro la figura del fratello si lanciarono addosso. Egli era
felicissimo nel riabbracciarle di nuovo e dimenticò per un attimo anche la
presenza della fidanzata. Seppure le due poi passarono anche a salutare la
nuova arrivata. Si spostarono in casa e Brooke si tolse il cappello per
educazione. Il suo naso gelato incominciò a gocciolare al caldo e le sue mani a
surriscaldarsi.
-Brooke- esclamò qualcuno alla sua destra,
direzione della cucina, con un tono felice e allargando le braccia. Lei sorrise
a notare la figura di Johannah e le corse incontro per il solito caloroso
abbraccio. In quel tempo passato insieme, lei la considerava come una madre e
la cosa era reciproca anche per la donna. -Sto facendo i biscotti, vuoi
aiutarmi?-
-Siamo appena arrivati e già me la rubi?-
intervenne il figlio, dando un dolce bacio sulla guancia della madre.
Quest’ultima ridacchiò e ricambiò il gesto. La castana si allontanò e,
salutando anche l’ultima ragazza rimasta, Fizzy, prese dalla borsa un piccolo
cofanetto bordeaux e si riavvicinò alla prima. Louis sorrise dolcemente e
intimò la madre ad afferrarlo.
-Brooke, ma non dovevi-
-Lo so, ma è stato un piacere- alzò le
spalle e concesse un sorriso.
-Ed è per questo che mi sono preparata
anch’io- annunciò Johannah, tirando fuori dalla tasca una busta gialla. La
ragazza fissò il fidanzato per capire cosa significasse e Louis scosse la testa
per farle capire che non c’entrava nulla e che non ne sapeva assolutamente
nulla.
-Apriteli
insieme- commentò Lottie dietro di loro, appoggiata con il gomito alla sorella
Fizzy. -E sbrigatevi, vogliamo sapere cosa sono- aggiunse, facendo ridere
tutti. Le due donne seguirono il consiglio e si meravigliarono dal gesto
dell’altra. La quarantenne aveva ricevuto un piccolo ciondolo oro a forma di
piccolo cuore con una piccola incisione “I love you”. Invece la ragazza
ricevette un piccolo quadretto con una foto, risalente al natale passato. Si
ricordò perfettamente quel momento in cui si scattarono la foto e la giovane ragazza
ammise che la donna era come una madre per lei e che non la poteva ringraziare
abbastanza. Come, d’altronde, Johannah si ricordò perfettamente del momento in
cui loro due, qualche anno fa, erano di fronte alla gioielleria londinese e la
più anziana ne ammise subito la volontà di quel ciondolo, che ora era nel suo
possesso. Erano entrambe con un piccolo luccichio agli occhi e commosse dal
gesto fatto.
-Grazie- dissero all’unisono,
abbracciandosi.
-Guai a te se te la fai scappare, Louis
William Tomlinson- lo minacciò la madre, con la ragazza tra le braccia.
-Non lo farò- rispose il diretto in
questione, ridendo e facendo un occhiolino alla fidanzata. Le vacanze natalizie
non potevano iniziare in maniera migliore.”
-Bis,
dimmi-
mi disse Perrie, appoggiandomi una mano sulla spalla. Scossi la testa e mi
concentrai su di lei. Voleva che parlassi davanti a tutti? Boccheggiai varie
volte e intesi la sua testardaggine.
-Potresti
tenere Sheyleen per qualche giorno? Devo partire per lavoro e non posso proprio
portarla-
-Perché
non hai chiesto a Dylan?- s’intromise Zayn, confuso. In effetti era una
domanda lecita.
-Perché
lui non è la sua famiglia. Voi lo siete- risposi e notai la lieve sorpresa
nei loro occhi. -Poi, le mancate tanto e non vede l’ora di stare con voi..
Puoi?- mi riferii ancora alla mia amica, che acconsentì felicemente. Ci fu
un silenzio imbarazzante visto che non avevo visto nessuno di loro da un po’ di
tempo. Erano abbastanza cambiati, soprattutto Harry. Era più magro dell’ultima
volta e aveva delle occhiaie sotto i suoi bellissimi occhi verdi. Ora che
notavo meglio, constatai delle occhiaie sotto gli occhi di tutti. Stavano
attendendo il ritorno di Louis, dedussi. Mi morsi un labbro e la mia amica mi
tirò un piccolo schiaffetto per farmi riprendere. I suoi occhi azzurri erano
seri e mi incitavano al contempo di fare qualcosa. Okay, ma che cosa?
Fortunatamente, ci fu un altro che intervenne.
-Vuoi
rimanere con noi?-
mi chiese Niall, raggiungendoci dalla cucina. Probabilmente aveva sistemato le
cibarie in quel lasso di tempo. Era così naturale che mi fece rasserenare per
poco. Malgrado ciò, scossi la testa automaticamente e giocherellai con le dita.
-No,
grazie.. A proposito, la porto da te..-
-Portala
qui.. Ormai stiamo tutti qui- disse Harry, sospirando. Nascosi la
mia sorpresa e confermai le sue parole, indietreggiando fino alla porta di
ingresso. La mia amica mi venne dietro e, salutando in modo imbarazzante tutti,
mi recai con la bionda verso la mia macchina.
-Poteva
andare peggio, no?-
sospirò lei, appoggiandosi sulla macchina.
-Poco
ma sicuro.. ora devo andare, Pezz.. Ci vediamo domani mattina presto-
-Fammi
uno squillo quando sei fuori, che vengo a recuperare Shey-
-Grazie
mille per tutto- conclusi,
regalandole un forte abbraccio e un bacio sulla guancia. Ricambiò con molto
piacere e si diresse verso la porta. Accesi la macchina e, salutandola
un’ultima volta, me ne ritornai a casa.
Era stranamente silenzioso l’appartamento, ma
meglio così. Mollai i vari oggetti sul tavoli e mi affondai sul divano. Non ero
esausta, ma semplicemente avevo bisogno di un po’ di comfort prima che
arrivassero delle persone indesiderate. Ci furono dei rumori di sottofondo,
derivanti dalla camera di mia figlia, e capii che stava preparando le sue cose.
Mi strofinai gli occhi e sbadigliai leggermente.
-Sei
tornata-
annunciò qualcuno di fianco a me. Indirizzai lo sguardo verso la voce e notai
la figura di Dylan in piedi e a braccia conserte. Sospirai pesantemente.
-Non
voglio parlarti-
risposi stancamente.
-Dovrai
farlo prima o poi-
-Come
tu hai fatto nel dirmi delle tue scappatelle con Queen, la mia migliore amica?- gli
ricordai, acidamente, il suo errore. Si ammutolì per qualche secondo, prima di
avanzare un passo in avanti verso di me.
-Non
era pianificato e non significa assolutamente nulla, devi credermi- titubò un
secondo nella seconda parte della frase e la sua incertezza la colsi
immediatamente. Mi raddrizzai e posai gli occhi tristi e stanchi su di lui, il
quale era inginocchiato davanti a me. Voleva affrontare la situazione e
gliel’avrei concesso. Era inutile continuare a scappare. Era giunto il momento
di affrontarlo.
-Ora
ho capito come la guardi, Dy- dissi in un primo momento,
lasciando che mi accarezzasse la mano. -A te piace e non poco- confessai
e lui ne sembrò sorpreso. Ci impiegò un bel po’ di tempo per obiettare qualche
parola balbettata. -Sii sincero- lo fermai e lui distolse lo sguardo. -Come
pensavo-
-Va
bene-
si arrese, sedendosi accanto a me. -Si, provo qualcosa per Queen e ho
cercato reprimere questo impulso, ma non è andato a buon fine. Lei mi ama da
ben quattro anni, Brooke- dichiarò con un’espressione afflitta. -Tutto è
successo quando è tornata a Broomfields a dicembre- incominciò a
raccontarmi con un tono cupo e deluso. -Ci siamo incontrati, abbiamo preso
un caffè e abbiamo parlato. È stato terribile.. mi ha raccontato di come tu
fossi presa da un ragazzo e di come lui ti aiutava a fare cose che dovevo fare
io.. Mi sono sentito a pezzi, tradito- fece una piccola pausa per poi
proseguire. -Mi ha proposto di andare in giro con la comitiva ed io ho
accettato. La stessa sera lei si è dichiarata e mi ha baciato.. aveva sfruttato
l’unico momento di irrazionalità e poi.. tutto in discesa.. Ogni volta che le
dicevo che volevo te, lei ritornava sempre al discorso Louis e.. poi con la
continua sensazione che tu mi allontanavi freddamente perché era come se
preferivi loro a noi, mi sono lasciato andare..- confessò e provai
immediatamente una fitta di rimorso allo stomaco dato che non me ne ero neanche
resa conto del suo malessere. E intesi quanto ero stata ingiusta, cieca, in
quei mesi. Sul suo viso comparve un sorriso sarcastico, amaro. -Ma vedo che si
era sbagliata.. A te piace Louis più di quanto tu non vuoi ammettere-
sussultai e abbassai la testa. -A me sta bene così, Bi, perché ho sempre
saputo che era inevitabile. Lui ti trattava come io avrei dovuto..-
-Cosa
ci è capitato, Dy?-
sussurrai, togliendomi i capelli dagli occhi.
-Io
ti amo, Bi- soggiunse,
catturandomi di nuovo le mani e accarezzandomi la guancia. -Si, i miei
sentimenti per Queen saranno pure diversi, ma quelli per te sono sempre gli
stessi perché mi ricorderò sempre della prima volta che ci siamo incontrati e
di come quel tubino rosa ti stesse malissimo-
-Perché
la cravatta rossa a righe bianche era meglio?- ribattei.
Accennammo
una piccola risata.
-E
di come mi sento completo con te. Queen potrà darmi qualunque cosa, si, ma tu
mi completi. Perciò, te lo chiedo a te.. Ora cosa facciamo?-
-Io..
non lo so..-
ammisi, guardandolo negli occhi. Lui annuì solamente e, baciandomi la fronte,
si alzò e s’incamminò verso la cucina. Però prima di entrarvi, mi degnò ancora
della sua presenza. -Qualunque cosa tu deciderai di fare, io l’accetterò-
terminò, sparendo dalla mia vista. Una lacrima scese sulla mia guancia e,
sospirando, raggiunsi mia figlia in camera per preparare la borsa. Come avevo
già previsto, aveva appoggiato pile di vestiti e giochi sul suo letto. Mi
avvicinai a lei e la baciai dolcemente sulla guancia. Poi, lei si mise a
colorare delle figure sul suo libro, al contrario io le sistemavo la roba
scelta in un grosso borsone nero, datomi da Perrie il giorno seguente alla
litigata con Louis. Ad ogni maglietta che piegavo, rimuginai sulle parole di
Dylan. Ero solo più confusa e avrei voluto che avesse preso lui la decisione
finale su questa situazione. Eppure sapevo che era difficile anche per lui
poiché entrambi eravamo innamorati di due persone contemporaneamente. Si,
nonostante tutto, provavo ancora dei sentimenti per lui, anche perché tre anni
passati insieme non si possono cancellare in un giorno solo, ma non erano più
cosi forti. Cosa dovevo fare?
Forse
in quei giorni di pausa a Sheffield mi porteranno qualche saggia decisione.
La
notte passò velocemente e la mattina seguente feci di corsa per prepararmi in
quanto Fabien sarebbe passato a minuti a prendermi. Ebbene si, dopo una lunga
ed esausta conversazione gli avevo concesso di guidare all’andata, mentre io lo
farò al ritorno. Sheyleen era ben che preparata davanti all’ingresso con il suo
piccolo peluche tra le braccia e uno zainetto sulle spalle. Io mi misi in
fretta il giubbotto visto che il mio amico era giù ad aspettare e inviai il
messaggio a Perrie, come stabilito. Afferrai la mia borsa.
-Dove
vai?-
mi interpellò una voce dietro di me. Mi
voltai e notai Tina in pigiama, interdetta dalle due valigie.
-Devo
andare via per qualche giorno per lavoro- mi limitai, prendendo anche
il borsone della bimba e prima che potesse rispondere con qualche altra domanda,
io e lei ci fiondammo verso l’ascensore. Salimmo in macchina e, salutando il
guidatore, partimmo per la casa di Louis. Come previsto Perrie era fuori a
parlare con Zayn, il quale stava fumando una sigaretta. Appena la macchina si
fermò vicino al marciapiede, la piccola tirò un piccolo urletto e scese quasi
immediatamente dalla macchina per gettarsi tra le braccia del ragazzo. Il
diretto in questione rise e l’abbracciò forte a se. Sapevo di aver preso la
giusta opinione. Li raggiunsi con il borsone.
-Te
l’avevo detto-
mormorai a Perrie, che annuì ridendo. Almeno un po’ di felicitò entrava anche
in quella casa. Le passai il borsone e l’abbracciai.
-Riposati-
-Sai
che dovrò ispezionare ogni edificio storico e valutare se va ristrutturata o
completamente demolita, vero?- accennai un lieve risata e lei si
unì a me. -Ma posso provarci-
-Portami
qualcosa-
-Lo
farò-
conclusi. Intanto Zayn era di fronte a noi, regalandomi un piccolo sorriso al
quale ricambiai più che volentieri. Shey, che aveva la testa appoggiata sulla
sua spalla, mi salutò con la mano e un bacio volante. -Divertiti- mi
rivolsi a mia figlia, la quale annuì felicemente. Concedendo un ultimo saliti a
tutti e tre, raggiunsi Fabien in macchina. Lui girò la chiave e mi fissò con un
sorriso malizioso.
-Andiamo?- mi domandò.
-Andiamo- confermai,
con sicurezza e allacciandomi la cintura.
Ci mettemmo in viaggio, che durò un tre ore
abbondanti per quella cittadina. Ascoltammo della musica e, appena passò per la
radio la sua canzone preferita, si mise a cantarla a squarcia gola. E non
sarebbe stato male, se non fosse che egli era stonatissimo. Faceva delle mosse
stupide e non potei trattenermi da non ridergli in faccia. Parlammo anche di
vari argomenti, toccandone anche dei personali. Arrivammo in centro per l’ora
di pranzo.
-Che
ti va di fare?- domandai,
slacciandomi la cintura, mentre lui parcheggiò la macchina. Si guardò intorno.
-Piano:
uno di noi cerca qualcosa da mangiare, l’altro va in albergo per ritirare le
chiavi. Poi pomeriggio ci mettiamo al lavoro.. Okay?- propose,
guardandomi.
-Va
bene, ma io cerco da mangiare.. Ho bisogno di aria-
-Ma
certo, Milady- sorrise,
riaccendendo il motore. -Ti mando un messaggio con tutte le informazioni che ti
servono per arrivare all’hotel- mi informò. Acconsentii, afferrando la borsa,
scesi dalla macchina e, salutandolo, mi diedi ad una camminata lungo quella
grande strada. L’atmosfera di quella cittadina mi piaceva. Non era molto grande
e infondeva tranquillità e sicurezza. Passai vicino a tantissime boutique e
altri piccoli negozietti. Sinceramente non ero molto sicura su cosa prendere,
ma infondo una semplice pizza metteva d’accordo tutti. Il problema era che non
sapevo come muovermi giacché ero una semplice turista; e chiedere qualche
indicazione era l’ideale. Mi guardai attorno e mi bloccai di scatto alla
visuale di un ragazzo poco più avanti a me. Aveva una figura abbastanza
familiare. Avanzai qualche passo e sembrava che.. Non era possibile. Ebbi un
tonfo al cuore, il quale ricominciò a battere ancora più velocemente. -Louis?-
mormorai, insicura a quel ragazzo volto di profilo e intento a guardare la
vetrina di una piccola caffetteria del centro. Lui sussultò e si girò verso la
mia voce. Sgranò gli occhi in maniera disumana e si dovette reggere per non
cadere. Mi scrutava da capo a piedi e la sua meraviglia non volle scomparire.
-Brooke,
che ci fai qui?-
domandò, impietrito. Mi portai una mano alla bocca con quelle lacrime che si
imputavano per uscire dai miei occhi. Mi avvicinai lentamente, però poi corsi e
mi buttai tra le sue braccia, crollando. Avevo aspettato troppo quel momento.
-Non
mi abbandonare ancora, Lou- lo scongiurai, stringendomi a lui,
il quale era leggermente sorpreso e poi, ricomponendosi, ricambiò la stretta,
accarezzandomi dolcemente i miei capelli castani.
-Non
lo farò, Bis-
rispose, appoggiando il suo mento sulla mia spalla. Finalmente dopo quasi due
settimane lo stavo riabbracciando. Non mi sembrava vero.
Ciaoo :)
No, non è un'illusione. Ho veramente aggiornato con il 27esimo capitolo di Remember When dopo un lunghissimo periodo.
Vorrei scusarmi per l'emminso ritardo.
Ma comunque, vorrei dire che in questi giorni ho riletto quasi tutta la
storia fino adesso e vorrei scusarmi per i terribili errori
grammaticali/di battitura, che ci sono. Quando rileggo, propbabilmente
leggo direttamente la cosa giusta e non noto l'errore. Perciò
perdonate. Appena sarà finita, la rincontrollerò tutta e
la correggerò. Mi scuso se ci sono anche in questo capitolo u.u
Comunque, in ogni caso, che ne pensate?
Sinceramente, non avendola ripresa per un po', non sono completamente
entusiasta. Ma va beh, cercherò di riprendere bene il tocco ahah
è molto concentrato su Brooke e su questa opportunità di lavoro, per cui incontra LOUIS **
Potrà accadere qualcosa tra i due? Insomma Brooke è molto
fragile per la situazione con Dylan.. Si vedrà ahah
A proposito di Dylan, non so come, ma non riesco ad odiarlo, perciò ho cercato di renderlo meno odiato possibile :')
E, dato che ho letto la terribile notizia, ho voluto concedere anche un
piccolo spazio alla mamma di Louis, Johannah. Spero che sia in un posto
migliore u.u
Comunque, vorrei ringrazare di cuore:
-chi l'ha messa tra preferite/seguite/ricordate
-chi l'ha recensita
-chi la legge e chi ha aspettato così tanto per il nuovo capitolo :')
-E Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Spero di poter aggiornare con il ventottesimo il prima possibile.
Spero che vi sia piaciuto e che me lo facciate sapere con un piccolo commento.
A presto, ciaooo xx
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