Nome in codice: G. E. L.

di emylee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X + EPILOGO ***



Capitolo 1
*** I ***




Nome in codice: G. E. L.


I


Il sesto anno ad Hogwarts non era cominciato nel migliore dei modi.
Non che Harry stesse bene comunque: gli incubi non lo facevano riposare e per una volta non c'entrava Voldemort – o meglio, non direttamente. Continuava a sognare Sirius che gli sorrideva, Sirius che si trasformava, Sirius che muoveva con grazia un calice di vino, Sirius che cadeva nel velo. Sirius, Sirius, Sirius. Ormai Harry non pensava ad altro, non sognava altro.
E l'incubo più ricorrente era quello che succedeva quando si svegliava, quando si rendeva conto che era solo un sogno e Sirius non era ad aspettarlo a Grimmauld Place, quando si rendeva effettivamente conto che Sirius davvero non c'era più.
Voldemort si era portato via anche l'ultimo pezzo della sua famiglia. E non era giusto, era durato tutto così poco...
In ogni caso, ora Harry era lì, nel suo letto del dormitorio di Grifondoro. Dati gli incubi, non era riuscito a dormire, ovviamente, e fissava con insistenza le spesse tende che, nella penombra della notte, non erano del rosso scargiante che decorava l'intero dormitorio, ma solo di un nero oscuro che gli ricordava fin troppo nitidamente un Dissennatore.
Certo che neanche lui si impegnava più di tanto nel rilassarsi.
Sbuffando, si girò di lato. Le tende erano chiuse, quindi continuava a vedere i drappeggi oscillare dai pochi spifferi che entravano dalle finestre socchiuse – era ancora piuttosto caldo, infondo era appena l'inizio di Settembre – ma almeno non li vedeva aleggiare sopra la sua testa, che era decisamente molto più inquietante. No, non era iniziato affatto bene quell'anno, sentiva nelle viscere che qualcosa sarebbe irrimediabilmente successo – e purtroppo, il suo istinto di rado faceva cilecca, soprattutto quando sentiva che sarebbe successo qualcosa di spiacevole. Spiacevole per lui, almeno.
Se quel giorno era partito male e tutto ciò che era successo si limitava al suo pessimo umore e alla poca sopportazione per quello che lo circondava, non si prospettava un anno facile.
Senza contare il ritorno di Voldemort.
E ascoltando il lento russare di Ron, chiuse gli occhi aspettando l'alba.


Alba che non tardò ad arrivare, per fortuna. Avendo passato la notte in bianco, vide chiaramente, anche se attraverso le spesse tende finalmente diventate rosse, i tenui raggi arancioni della sua prima alba del suo sesto anno ad Hogwarts. Fu il primo ad entrare in bagno, e con tutta la calma del mondo si fece una doccia che anche se non lo rimise al mondo, ci andò vicina. Uscì che era già pronto, lindo e pinto, ma con l'umore a terra quando si rese conto che i suoi amici erano ancora profondamente addormentati.
Guardò l'ora sulla sua sveglia babbana – che non aveva usato perché, beh, non aveva dormito – e, scoraggiato, si rese conto che erano appena le sei e mezzo.
Decise di andare in Sala Grande in ogni caso, attendendo i suoi amici lì. Hermione era sempre la prima a svegliarsi e spesso aveva fatto la stessa cosa, magari portandosi dietro dei compiti o qualche libro in attesa della colazione, quindi non sarebbe stata la fine del mondo se l'avesse fatto pure lui.
Hogwarts era invasa dal silenzio, mentre attraversava i lunghi e vuoti corridoi. Gli piaceva, era calmo e rilassate. Sapeva di casa. La sua unica casa, ormai. Se solo aveva vagamente pensato di andare a vivere con Sirius a Grimmauld Place e avere finalmente una casa l'anno prima, adesso l'unica cosa che voleva pensare era che non voleva metterci più piede là dentro, nonostante fosse stata lasciata a lui nel testamento. Che l'Ordine ci facesse quello che voleva, poco importava.
Sirius non c'era comunque.
Quindi la sua unica casa era e sarebbe sempre rimasta Hogwarts, nonostante, quell'anno, non sopportasse neanche di sentire gli schiamazzi di quelli del primo anno.
Entrò in Sala Grande a testa bassa, arrivando con passo svelto al tavolo dei Grifondoro e, dopo essersi seduto più o meno nello stesso posto di sempre – da vuoto era difficile capire quale fosse comunque – si spalmò con un gemito sul tavolo, nascondendo la testa arruffata sotto le braccia. Si infilò persino le mani nei capelli, tirandoli leggermente, non sapendo neanche lui perché. Forse per riuscire a sentire qualcosa, chissà.
Ignorò per pochi minuti uno strano senso di disagio, come quando cammini per strada e senti di essere seguito da qualcuno. Ma poi alzò di poco il viso e guardò di fronte a sé e, sbattendo le palpebre e credendo, per un attimo, che forse le tirate di capelli autoinflitte non erano bastate per poter restare lucido nonostante il sonno, si scontrò con gli occhi di niente di meno che Draco Malfoy, ad un tavolo di distanza – quello di Corvonero? – che ricambiava fisso lo sguardo con un solo fine sopracciglio alzato.
Restarono lì a fissarsi per un po', Harry non seppe dire quanto, forse troppo assonnato e stanco per poter fare alcunché, persino pensare. Poi ad un certo punto, Malfoy si alzò e marciò verso la porta per potersene andare.
Non seppe perché, ma lo fermò. «Puoi restare, Malfoy.»
E Malfoy, effettivamente, si fermò. Harry, stanco com'era, non si era aspettato niente, forse... forse giusto lui che lo ignorava bellamente e continuava per la sua strada, ma quando lo vide fermarsi e persino girarsi a fissarlo di nuovo, si sentì un po' a disagio e si pentì un po' di averlo fermato.
«Non devi darmi mica il permesso. In effetti,» disse lui, che nonostante il vuoto della Sala, anche se parlava piano e continuava ad esserci un tavolo di distanza, lo sentiva chiaro e tondo, con quella sua odiosa voce strascicata. Con la poca pazienza che Harry aveva quell'anno, era già tanto che non si fosse coperto le orecchie, «c'ero prima io, qui, Potter. Sloggia, non voglio respirare la tua stessa aria.»
Ma non gli rispose. Mentre parlava, aveva di nuovo assunto la posizione di prima, con la faccia schiacciata al legno del tavolo e le braccia a coprirlo. Non si addormentò, non ci sarebbe riuscito con quella fastidiosissima voce che gli trapanava il cervello, ma era... era tranquillo. Quasi in dormiveglia. Cosciente, ma allo stesso tempo no.
«Potter? Mi hai sentito?»
Ma non aveva più spirito di autoconservazione? O di sopravvivenza? No, forse quello non l'aveva mai avuto, però di solito aveva sempre cercato di non addormentarsi davanti a qualcuno di potenzialmente pericoloso per la sua incolumità.
«Hey, Sfregiato! Non osare ignorarmi!»
Poteva fargli qualsiasi cosa! Qualsiasi scherzo di pessimo gusto che persino negli anni scorsi, quando era attivo e, soprattutto, sveglio, gli avevano fatto piuttosto male. Figurarsi ora che gli aveva dato deliberatamente le spalle! E se si sarebbe vendicato per aver sbattuto suo padre ad Azkaban?
Dei passi decisi sbatterono sul pavimento sempre più vicino a lui e sentì due tonfi molto vicini alla sua povera testa. Probabilmente le sue mani. «POTTER!»
Harry sobbalzò. Alzò il viso e vide quello vicino di Malfoy fare una smorfia. Probabilmente i suoi occhi da principino viziato non riuscivano a sopportare la vista di un viso assonnato e con la bava alla bocca come il suo. Oh, beh. Chissene frega?
«Ma che vuoi?»
Malfoy sgranò teatralmente gli occhi. «Che tu te ne vada, te l'ho già detto che non voglio stare qui con te e respirare la tua stessa aria sporca.»
«Beh, pensavo ti fossi abituato dopo sei anni.»
«A certe cose non ci si abitua mai.»
«Senti,» Harry sospirò e si portò le mani sul viso, tentando di riprendere il controllo dei suoi muscoli facciali – soprattutto quelli delle palpebre, Merlino, continuavano a chiudersi! «so che è un oltraggio per te stare nella stessa stanza con me, lo capisco credimi, ma almeno per le prossime due ore io non avrò la forza di alzarmi e forse neanche di aprire gli occhi. Quindi, Malfoy, mi spiace darti questo dispiacere, ma dovrai sopportare il dolore della mia presenza.»
Detto questo, riprese la sua posizione che forse non era comoda, ma il collo ancora non faceva male quindi andava bene per il momento.
Malfoy non si mosse subito. «Salazar, Potter, sei messo alquanto male» disse, ma il tono non era canzonatorio. Più disinteressato, oserebbe dire.
Sentì un fruscìo di qualcosa e dei passi allontanarsi.
Harry si addormentò con uno strano pizzicorio ad irritargli il naso.


A svegliarlo, fu Hermione. «Harry! Che ci fai, qui? Ma stai dormendo?»
«Stavo» sbadigliò, stiracchiandosi e sentendo le ossa della schiena e del collo scricchiolare sinistramente. Era indolenzito, ma non faceva ancora male – ma avrebbe fatto male, sicuro come il ritorno di Voldemort. «Che ore sono?» chiese all'amica.
Hermione si stava sedendo in quel preciso momento accanto a lui. La Sala Grande non era più vuota come prima, c'erano appena qualche coppia di studenti per ogni tavolo. Con la coda dell'occhio, vide la testa platinata di Malfoy e si chiese distrattamente se prima se ne fosse andato per "non dover respirare la sua stessa aria", oppure si fosse soltanto rimesso a sedere al suo posto.
Qualsiasi cosa avesse fatto, Harry capì che non gliene fregava niente.
«Le otto» Hermione afferrò fette biscottate e marmellata dai vassoi pieni di cibo appena spuntati e iniziò a mangiare, «Ancora non riesci a dormire, Harry?»
Harry la imitò, ma senza altrettanta voglia. Non aveva molto appetito, era solo stanco. «Già. Sai che sono riuscito persino a vedere i Dissennatori al posto delle tende in dormitorio? Credi sia normale?»
«Per uno stanco, sì»
«No, Hermione. Non è normale.»
«Harry, da quanto tempo non dormi?»
Staccò gli occhi dalla sua fetta biscottata non ancora addentata per poter concentrarsi bene nel contare i giorni. «Due settimane, più o meno. L'ultima volta che ho dormito l'ho fatto per cinque ore, quello sì che era riposo. Ora, qui in Sala Grande, avrò dormito credo un'ora.»
«Due settimane!» Hermione scosse la testa, e i ricci crespi sobbalzarono intorno al suo viso crucciato, «Allora è normalissimo che vedi cose che non ci sono, Harry.»
Lasciò perdere la sua colazione e si passò di nuovo le mani sul viso. La tentazione di prendersi a schiaffi c'era, e anche di versarsi la brocca d'acqua dritta in testa, ma forse non era il luogo adatto. Merlino, era così stanco e l'ora di sonno non ha fatto altro che distruggerlo di più.
«Hermione! Harry!» La voce lamentosa di Ron arrivò prima di lui e Harry ebbe di nuovo la tentazione di portarsi le mani a coprirsi le orecchie. Perché tutti, in quella scuola, avevano delle voci terribilmente fastidiose? «Ma non mi avete aspettato?»
Avrebbe passato delle lunghe giornate.


Le ore si dividevano in: due ore di Difesa Contro le Arti Oscure con Piton – Harry, leggendo l'orario e il nome dell'insegnante, fece una smorfia – un'ora di Incantesimi con Flitwick, poi la pausa pranzo, infine un'ora di Trasfigurazione con la McGranitt e due di Pozioni con Lumacorno.
Tutte lezioni con Serpeverde, come se non fosse abbastanza. Harry già sentiva dietro di sé Ron lamentarsi sia per il triste destino di dover passare tutte le ore – tutte – con quelle serpi, sia per la sfiga di essere stati costretti dalla McGranitt a frequentare Pozioni.
L'unica cosa della quale Harry vorrebbe lamentarsi, in quel momento, erano i lamenti di Ron.
Dormì – per quanto potesse essere definito "dormire" lo stare ad occhi chiusi appoggiato su una qualsiasi superficie piana – per tutte le lezioni. Essendo il primo giorno, nessun insegnante fece fare niente di particolare agli studenti, se non ritirare i compiti delle vacanze e prepararli a cosa li aspettava durante l'anno. Nonché il classico discorso già fatto da Silente il giorno prima riguardo il ritorno di Voldemort, raccomandazioni su quanto dovessero stare attenti e tenere gli occhi aperti.
Tranne Piton, che fece fare teoria e tolse dieci punti ogni volta che beccò Harry addormentato. Alla fine della giornata, Grifondoro, a causa sua, perse settanta punti. Fu un po' guardato male dai suoi amici di casa, sorbì i lamenti di Ron e lo sguardo preoccupato di Hermione. Nonché le risate dei Serpeverde – tranne Malfoy, che non lo degnò neanche di uno sguardo.


Passarono più o meno così le prime giornate ad Hogwarts. Tranne Piton, la maggior parte degli insegnanti sembrarono chiudere entrambi gli occhi sulla stanchezza di Harry – e normalmente gli avrebbe dato piuttosto fastidio farsi trattare in modo privilegiato rispetto agli altri, ma chiuse anche lui entrambi gli occhi e non ci pensò. Nessuno osò comunque lamentarsi con lui, non dopo quello che era successo al Ministero.
Tranne Piton e i Serpeverde, ovviamente.
Ma Harry se ne curò poco. Era stanco, stanco sempre e di tutto.
Ogni mattina, puntuale, entrava nella Sala Grande e cercava di recuperare almeno un'ora di sonno, dato che nel suo letto proprio non ci riusciva. E ogni mattina, Draco Malfoy era lì. Riposava bene, quando era lì con Malfoy. Era tranquillo e sapere che lo sguardo di ghiaccio dell'altro era puntato sulla sua testa riversa sul tavolo non lo faceva sentire in pericolo, come aveva pensato le prime volte, a parte il sempre più frequente pizzicorio al naso. Ma era leggero, non ci faceva caso più di tanto.
Fino ad una mattina, però.
Era già passato Settembre, ma Harry non sapeva che giorno fosse. Le sue giornate erano tutte uguali, con notti insonni e giornate opache, quindi non sapeva effettivamente quanto tempo fosse passato da quando era tornato a casa. Come al solito si era alzato dal letto all'alba e tempo un'ora camminava già verso la Sala Grande, ciondolante e con un cerchio alla testa terribile per la mancanza di sonno.
Prima o poi sarebbe impazzito. C'era chi impazziva per carenza di sonno, no? Altro che Voldemort, Mangiamorte e Dissennatori, il Ragazzo Sopravvissuto sarebbe morto per... sonno.
Davanti alla porta, però, si scontrò proprio con Malfoy, che era appena uscito dai sotterranei e stava anche lui per prendere il solito posto che occupava da un mese a quella parte. Aveva fatto tardi, a quanto pareva, perché di solito quando arrivava lui, Malfoy era già placidamente seduto al tavolo dei Serpeverde a scrivere su una pergamena, mentre invece quella mattina correva, anche se, come sempre, aveva un aspetto impeccabile.
E fu proprio per quello scontro che le sue giornate si trasformarono e non erano più opache.
Perché fu in quel momento, nell'istante in cui i capelli perfettamente pettinati di Malfoy solleticarono le sue narici, che iniziò a starnutire.
E starnutire.

E starnutire.
E starnutire ancora.




Spazio Autrice:
Ho cominciato questa storiella un po' così, perché mi annoiavo e avevo voglia di ridere. So che al momento non fa ridere molto, ma posso assicurare che in futuro lo farà XD
E' da un po' che non pubblico qualcosa scritto da me, e sono alquanto emozionata, spero vi piaccia! Non anticipo niente, solo che non seguirà per niente niente Il Principe Mezzosangue. Spero mi facciate sapere cosa ne pensate, per ora ho scritto soltanto due capitoli, ma in ogni caso non ne saranno molti.
Grazie mille in anticipo! <3

Emily


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Capitolo 2
*** II ***





II


«Che vuol dire che sono allergico a... al gel per capelli?»
«Ad un tipo di gel per capelli, a quanto pare» precisò Madama Chips, porgendogli con i suoi soliti modi frettolosi una boccetta contenente del liquido chiaro. «Probabilmente alcuni gel per capelli contengono delle sostanze che hanno odori che ti fanno star male. È normale, signor Potter.»
«No,» sospirò stanco, «non è normale mai niente quel che riguarda me.»
Madama Chips addolcì lo sguardo di solito duro a quelle parole e tornò nel suo ufficio, mentre Harry pensava a quanto la vita facesse schifo. Certo, i suoi capelli dimostravano ampiamente che quella robaccia puzzolente non l'avevano neanche mai vista da lontano – se non dai capelli di altre persone.
Era tutta colpa di Malfoy, sua e dei suoi maledetti capelli impomatati.
Non che la sua vita sarebbe cambiata di molto. Non frequentava nessuno che usava gel per capelli, l'unico che "conosceva" era, appunto, Malfoy, ma a parte la mattina che si trovavano nella stessa Sala – una Sala gigantesca, tra l'altro – non aveva particolari contatti. Anche durante le lezioni, Malfoy gli stava per fortuna decisamente alla larga, mettendosi dalla parte più lontana e opposta a dove sedeva lui. Quindi era al sicuro.
Era al sicuro? Davvero? Malfoy ora sapeva, sapeva il suo ennesimo punto debole! L'avrebbe usato contro di lui, quant'è vero che Voldemort lo voleva morto. Si sarebbe vendicato per quello successo a suo padre, avrebbe sicuramente messo il suo maledetto gel nel suo succo di zucca, o peggio, in una delle sue pozioni a lezione, così sarebbe esplosa e avrebbe avuto detriti di gel addosso e... sarebbe morto.
Sonno? Nah, non sarebbe stata neanche la mancanza di sonno ad ucciderlo, sarebbe stato il gel di Malfoy.
«Hai bevuto la pozione, Harry?» Hermione entrò in infermeria con un cipiglio preoccupato, seguito da un Ron altrettanto incupito.
«Sì» grugnì, «Sono allergico al gel per capelli.»
«Al gel per capelli?» ripeté Ron, grattandosi la nuca, «E come mai hai usato del gel per capelli? I tuoi, senza offesa amico, ma sono indomabili persino con l'uso della magia, figurati.»
«Non l'ho usato io! Ce l'aveva Malfoy, l'ho scontrato in corridoio e quella puzza orribile mi entrata nel naso, così ho cominciato a starnutire fino alle lacrime.»
«E Malfoy che ha fatto?» chiese Hermione.
Harry scrollò le spalle. «E che ne so? Mi ha portato qui e se n'è andato.»
«Ti ha portato qui e se n'è andato?!»
Il coro che i suoi due amici fecero lo lasciarono perplesso, ma poi rifletté per bene su cosa aveva appena detto e, accidenti. Doppio accidenti, Malfoy l'aveva portato in infermeria senza infierire? Senza lasciarlo lì a morire?
Guardò negli occhi sia Ron che Hermione, e vide proprio quello che stava passando anche nella sua testa: negli occhi cristallini di Ron vide che probabilmente era la fine del mondo per davvero e il Prescelto ormai non poteva farci più niente; in quelli di Hermione, invece, vedeva vendetta, la vendetta di Malfoy che temeva ma che sarebbe stata di gran lunga peggiore di quanto avesse immaginato. L'aveva aiutato per fargli male, molto male, dopo. La vendetta è un piatto che va servito freddo, era un detto Babbano, no?
Non sapeva se era una cosa da Serpeverde, ma non era una cosa da Malfoy. Evidentemente, era in modo particolare irritato dal fatto che suo padre fosse rinchiuso ad Azkaban.
«Harry,» Ron gli posò una mano sulla spalla e gli diede tre pacche in modo consolatorio, ma che gli fecero solo male, «sei fregato, amico.»
E il brutto era che sì, Ron aveva ragione. Harry era fregato.
Anzi, no. Era proprio fottuto.
Ma non nel modo che temeva.


A metà ottobre ci fu la prima partita di Quiddich. Grifondoro contro Corvonero, e Ron era pimpante e terrorizzato nello stesso momento, avendo paura di sfigurare nel suo nuovo ruolo di portiere.
Harry, nonostante all'inizio si fosse tirato indietro per via della sua stanchezza cronica, alla fine aveva accettato il ruolo di capitano della squadra – dopo lo spiacevole incontro ravvicinato con i capelli di Malfoy, Harry era riuscito a recuperare un po' di sonno grazie, soprattutto, alla pozione contro l'allergia che metteva sonnolenza, quindi aggiunta a quella che aveva già, riusciva a farsi qualche ora in santa pace senza incubi di nessun tipo.
Aveva smesso persino di andare in Sala Grande. E non perché avesse paura di Malfoy – o meglio, dei suoi capelli, ma semplicemente perché, adesso, riusciva a svegliarsi ad un orario abbastanza decente da permettergli di aspettare gli altri in Sala Comune. O alla peggio solo Hermione.
In ogni caso, la partita fu grandiosa.
Era da tanto che non saliva sulla sua Firebolt e risentire il vento fresco tra i capelli l'aveva quasi rimesso al mondo. Aggiunta la contentezza all'adrenalina che sentiva mentre volava inseguendo il Boccino, quella fu una delle sue partite preferite, quella dove si divertì di più. E non perché fu particolare o qualcosa del genere, era solo... felice. Felice di volare, felice di vincere e stringere ancora una volta il Boccino d'oro tra le dita.
Sperava di poter fare tutte le partite dell'anno così, dato che il resto sembrava andare tutto a rotoli.
Mentre lui e la sua squadra si avviavano verso gli spogliatoi, un odore fresco e pungente gli pizzicò il naso. E starnutì.
«Malfoy è passato di qui!»
Ron e Ginny, che erano di fronte a lui, si fermarono e lo guardarono perplessi.
Fu Ginny a parlargli per prima. «Cosa?»
«Malfoy,» starnutì, «è stato qui. Il mio naso lo sente.»
«Aah. Per l'allergia?» chiese Ron, guardando un po' preoccupato il naso che si stava pericolosamente arrossando.
«Allergia?»
«Te lo spiego dopo, Ginny.»
Harry si passò una mano sugli occhi spostando di lato gli occhiali per potersi asciugare le lacrime, «Ma quanto schifo si mette in testa per riuscire a lasciare una scia del genere?! Che sia maledetto, dovrò tornare da Madama Chips a farmi dare...»
«Ragazzi?» un ragazzo basso che Harry, purtroppo, dato che si era tolto gli occhiali, non riuscì bene a vedere di chi fosse, lo interruppe «I Serpeverde hanno fatto una piccola capatina del nostro spogliatoio» Gli sembrò che si stesse girando verso Ron, «Soprattutto tu dovresti venire a vedere.»
Non li seguì, decidendo di farsi la doccia solo dopo essere andato in infermeria, dove Madama Chips lo accolse con un sospiro e una mezza imprecazione verso nessuno in particolare.


Il giorno dopo, Ron era ancora nero di rabbia per quello che era successo il pomeriggio prima.
Gli aveva raccontato, livido, che lo spogliatoio di Grifondoro era stato imbrattato di scritte magiche – hanno dovuto perderci dietro un bel po' di tempo per toglierle – le quali prendevano palesemente per il didietro Ron. "Perché Weasley è il nostro re"; "Blocchi le palle solo perché tu non ne hai"; "Weasley raccattapalle!" e cose del genere.
Anche Harry era piuttosto infastidito. Ma che volevano? Ron era stato bravo, ma non avevano neanche giocato contro di loro, che problemi avevano?
«Sono solo invidiosi della tua bravura, Ron» gli disse dolcemente Hermione, mentre camminavano verso le due ore di Pozioni che li attendevano, «Sei stato bravo, e ora temono ancora di più quando dovranno giocare contro di te.»
A quelle parole, l'amico si rilassò un po', ma era ancora scuro in volto.
Presero posto tutti e tre davanti ad un calderone e attesero che il professor Lumacorno arrivasse per cominciare la lezione. E proprio come era successo nelle ore precedenti, bisbigli fatti a voce alta – non ci provavano neanche a non volersi far sentire, maledette serpi! – si inalzarono dai tavoli Serpeverde. Ron respirava a fondo, con le orecchie rosse almeno quanto i suoi capelli, ma la mano di Hermione dietro la sua schiena lo teneva fermo senza rischiare, al momento almeno, di correre minaccioso contro un Serpeverde ridacchiante qualsiasi e spaccargli il muso.
«Salve, ragazzi!» entrò il buffo professore, posizionandosi alla cattedra. «Avete fatto i compiti assegnati?»
I tavoli Grifondoro si zittirono, tranne Hermione che stava già rovistando nella sua borsa per prendere il plico di fogli. Harry quasi ebbe la tentazione di spostare il calderone e stendersi sul tavolo per riposare, se questo non fosse cocente per via del fuoco sotto. I Serpeverde, invece, avevano anche loro già preso i loro compiti per consegnarli, anche se non con lo stesso entusiasmo di Hermione.
«Mhh,» sospirò Lumacorno, ritirando i pochi fogli, «Dato che non tutti voi avete fatto il compito assegnato, ve ne assegno uno da fare adesso. Sarà valutato, ragazzi, per favore mettetevi d'impegno.» Tutti annuirono, «Bene, chi ha fatto il compito saprà bene come fare, in ogni caso. Chi l'ha fatto, spieghi cosa è l'Amortentia
Come volevasi dimostrare, fu Hermione l'unica Grifondoro che alzò diligentemente la mano e a rispondere alla domanda del professore. Harry sbuffò, già immaginando quale orribile fine avrebbe fatto la sua pozione. «Hey, Ron? Dividiamo il libro, io non ce l'ho.»
Il ragazzo annuì, «A me l'ha dato Dean, pensa. Prima o poi dovremmo andare a comprarcelo.»
Si limitò a rispondergli con una scrollata di spalle.
Dopo la spiegazione, e dopo aver ignorato i versi dei Serpeverde che imitavano la petulanza di Hermione, tutti si misero a lavoro.
E fu lì che accadde di nuovo. O almeno, quando capì di essere effettivamente fottuto, e non come temeva lui all'inizio. La sua pozione non aveva il colore giusto, ma ci si avvicinava molto per fortuna... quindi funzionava. Riusciva a sentire l'odore delle cose che amava di più.
E starnutì.
E starnutì.
E starnutì ancora.
«Oh, no» gracchiò, con le lacrime agli occhi.
Starnutì una quarta e anche una quinta volta, e non aveva intenzione di fermarsi. Il suo naso e la sua testa gli sembrarono sul punto di scoppiare. Nonostante fosse, beh, decisamente occupato a non morire soffocato dalle sue stesse lacrime, sentì chiaramente lo sguardo di Malfoy proveniente da un angolo della stanza puntellare dritto sulla sua nuca. Erano giorni che non lo sentiva, un po' gli mancava.
Ma questo era veramente il momento meno opportuno per pensarci.
«Adesso basta!» urlò Ron, rosso in viso, era arrivato al limite, a quanto pareva. «Mi sono stancato dei vosti giochetti! Chi di voi ha messo gel per capelli nella pozione di Harry?»
Merlino.
Ron, senza offesa amico, ma sei un idiota.






Spazio Autrice:
Ecco il secondo capitolo! Preparatevi che sarà una storia piena zeppa di cliché (proprio come questo dell'Amortentia), sono arrivata ad un bel po' di capitoli già pronti e, sì, ne ho aggiunti un bel po' XD e tutti voluti eh!
Più la rileggo e più mi accorgo che non fa proprio sbellicare dalle risate, ma spero di essere rimasta sull'ironico abbastanza per strapparvi almeno un sorriso :)
Ringrazio tutte le persone che hanno aggiunto la storia tra le preferite e le seguite e tutti i lettori silenziosi - che se vi fate sentire non è che mangio, ma in ogni caso mi fa piacere anche solo che appreziate in silenzio,
Grazie a tutti! <3

Emily


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Capitolo 3
*** III ***





III


Hermione e Ron lo avevano accompagnato in infermeria assumendo due espressioni decisamente differenti: la prima era rossa come un pomodoro maturo – o come i capelli di Ron – e si mordeva con ansia il labbro inferiore; Ron, invece, era bianco come un comune Babbano che vedeva un fantasma gironzolare per un cimitero. Lui, invece, era un misto tra i due.
Non voleva crederci. Cioè, non ci credeva, era ovvio, ma poteva sbagliare..? L'Amortetia poteva far sentire qualcosa che invece odiava con tutto il cuore? Dopotutto la pozione che aveva fatto lui non era perfetta, anzi.
Doveva esserci un errore. Per forza.
Dopo che Madama Chips gli diede la sua pozione, senza evitare di alzare gli occhi al cielo alla sua vista – e in effetti, Harry non poteva darle torto, in infermeria era più presente lui che lei stessa che ci lavorava! – Hermione prese posto accanto a lui, seduta su un lettino.
Ron restò in piedi, ancora terribilmente pallido.
«Harry,» lo chiamò la ragazza, con un tono che preannunciava guai. O imbarazzo, in quel caso, «ti piace Malfoy?»
«No» alzò le mani in segno di resa, per farle capire che no, non aveva nulla da nascondere. Merlino, no, certo che non gli piaceva Malfoy, sapeva che dopo quello che aveva detto l'Amortentia qualche dubbio era nato, ma non credeva che Hermione lo temesse sul serio. «Hermione, giuro su chi vuoi che io Malfoy non lo sopporto proprio come non lo sopportavo al primo anno. Nulla è cambiato, ok?»
Hermione continuò a mordersi il labbro inferiore.
«Oh, avanti! Stiamo parlando di Malfoy! Che vuol dire che mi piace? Non può sbagliarsi quell'intruglio maledetto?! Non era neanche fatto bene!»
«Harry, mi dispiace deluderti, ma l'Amortentia non sbaglia mai. È capitato a volte che... che faccia sentire odori che non abbiamo mai sentito, ad esempio, perché la pozione sa... sa prima di te.»
«Sa prima di me cosa
«Chi ti piace.»
«No» scosse la testa, respirando a fondo per calmarsi e non andare nel panico. «Hermione, Malfoy. Non. Mi. Piace. E mai mi piacerà. Prima di tutto perché è un maschio e fino a prova contraria non ho mai provato niente per un maschio – a proposito, grazie a te, Ron, ora tutta la scuola saprà che mi piace un maschio perché il gel per capelli lo usano i maschi, anche se non è assolutamente vero – e poi... avrei accettato tutti, capito, tutti tranne Malfoy. Non Malfoy. Proprio no.»
Hermione sospirò, e si torturò le mani, oltre al labbro inferiore che ormai era gonfio quanto i suoi capelli. «Non ci sarebbe niente di male, naturalmente, se ti piacesse un maschio...»
«Certo che no,» la interruppe Ron, improvvisamente rinsavito. «Non è questo il problema, Harry, anche se probabilmente lo sarà per il restante corpo studentesco femminile, ma è... è Malfoy il problema.»
«Ed io, infatti, ho già detto che non mi piace. L'Amortentia ha sbagliato.»
«Harry, non può...»
«Ha sbagliato» concluse, senza aggiungere altro.
Si stese per bene sul lettino e chiuse gli occhi. Sopravvivere ad una pozione era sempre così stancante.
Sentì Ron dargli una leggera pacca sulla spalla, poi i passi suoi e di Hermione allontanarsi. Harry ormai aveva deciso di passare il tempo – almeno fino a cena – lì in infermeria, così da posticipare quanto possibile i bisbigli e i sussurri dietro le spalle su quello appena successo.
Mai che gliene andasse bene una.
Stava quasi per prendere finalmente sonno e recuperare quello mancato di quella notte, quando dei nuovi passi si avvicinarono al suo letto e una voce orribilmente strascicata lo allontanò da quella meraviglia che era il mondo onirico.
«Potter, spiegami
«Spiegarti cosa?»
Lo sentiva proprio dietro alle spalle, era vicino. I suoi occhi continuavano a perforargli la nuca, come sempre, e non era affatto fastidioso, come sempre, appunto. Il naso, però, non pizzicava, forse perché aveva preso da poco la pozione contro l'allergia.
«Spiegami perché hai sentito il mio gel per capelli nella tua schifosa pozione.»
«Proprio perché era una schifosa pozione.»
Malfoy tirò la coperta che era attorcigliata sotto di lui e, con un gesto secco, riuscì a far rotolare via Harry facendolo quasi cadere per terra.
«Ma sei scemo?!»
«No, sono Draco Malfoy. Piacere, Sfregiato. Ora, rispondimi seriamente!»
Rimettendosi seduto di nuovo, Harry alzò lo sguardo su Malfoy che gli era davanti, in piedi, con le braccia incrociate e un piede che sbatteva ritmicamente, e con un po' di nervosismo, a terra. Gli occhi gli caddero per un attimo sui suoi capelli e... ed erano lisci, liberi da qualsiasi costrinzione, gli ricadevano con dolcezza sulla fronte e sui lati del viso.
Senza il gel.
Malfoy si era tolto il gel prima di andare da lui.
«L'hai tolto?»
Malfoy chiuse gli occhi, esasperato. «Cosa
«Il gel! Stamattina lo ricordo bene, avevi i capelli pieni di quello schifo, e ora no. L'hai tolto!»
Il silenzio scese tra loro, come allo stesso istante il sangue iniziò ad imporporare il viso pallido di Malfoy. «Mi hanno costretto! Il fottuto Prescelto non sopporta l'odore del mio gel? Malfoy, vai a lavarti immediatamente i capelli
Harry capì subito che era stata la McGranitt ad ordinarglielo, l'aveva imitata – forse involontariamente – fin troppo bene. E fu per questo che non riuscì a trattenere una risatina, immaginandosi per bene la scena. «Stai molto meglio così!»
Tentennò prima di rispondere. «Potter, mi sto veramente stancando. Sono venuto qui perché volevo che rispondessi ad una mia semplicissima domanda, non a farti sbellicare dalle risate.»
«Va bene, va bene,» tirò sul col naso e Malfoy fece una smorfia disgustata, «l'Amortentia si è sbagliata.»
«Le pozioni non sbagliano, Potter.»
«Le mie sì, a quanto pare.»
«Sono d'accordo, ma non è questo il caso. La tua pozione faceva schifo, ma non più del solito. Per poco, ma avrebbe funzionato lo stesso, persino il colore era vagamente quello giusto!»
«Come fai a sapere come era la mia pozione?»
«Ho guardato personalmente nella tua pozione per vedere – per sperare – se fosse sbagliata. Non lo era, Potter. Non lo era.»
Mentre parlava, Malfoy aveva iniziato anche a muovere le dita sul suo braccio, sempre più innervosito. Ma che risposta voleva, adesso? L'unica cosa sensata che gli veniva in mente per giustificare quell'odore era che la pozione era sbagliata. Ma non lo era. L'aveva detto Hermione, la strega più brillante di Hogwarts, e l'aveva detto Malfoy, il mago più brillante di Hogwarts in pozioni.
Perché la vita faceva sempre più schifo?
«Cosa hai sentito?» chiese invece, guardando Malfoy dritto negli occhi.
«Salazar, Potter, mi sembra di parlare con un decerebrato. Puoi mettere dei soggetti, o chiedo troppo alla tua testolina troppo confusa?»
«Hai annusato la mia pozione, giusto? Cosa hai sentito?»
E di nuovo calò il silenzio. In quel giorno di Ottobre – non sapeva bene quale, ma si sarebbe informato – Harry Potter era riuscito a zittire Draco Malfoy per ben due volte. Un record. Era un record anche quando ci era riuscito la prima volta.
Quando Malfoy aprì la bocca arricciata ancora in una smorfia disgustata, lo interruppe, «Se dici uno schifo, o niente, o non te ne frega, vuol dire che la mia pozione ha semplicemente sbagliato e la chiudiamo lì.»
«Era giusta, ho sentito la stessa cosa che c'era nella mia. Che ti basti questo.»
«Eddai, sai che sento quel nauseabondo odore del tuo gel nella mia pozione, quindi ormai, nonostante sia ancora convinto che non sia vero, a quanto pare ho una cotta per te» fece una smorfia nel dirlo, forse arrossì anche ma non ne era del tutto sicuro, «Il minimo che devi fare dopo avermi estorto quest'informazione con la tua sgradevole presenza, è dirmi cosa hai sentito tu.»
Malfoy rimase a bocca aperta. Zittito la terza volta, e in più averlo lasciato sbalordito? Era davvero la fine del mondo, quindi!
«Io non devo proprio niente!»
Harry alzò un sopracciglio, in una pallida imitazione di come faceva di solito il ragazzo di fronte a lui, «Se non me lo dici, ti darò il tormento come hai appena finito di fare tu. Sai che ne sono capace. E se mi menti e vengo a saperlo – ho i miei metodi, non sottovalutarmi – ti darò il tormento a scoppio ritardato.»
«Sei tu un ritardato.»
«Malfoy, sto aspettando» e sorrise.
Hey, era piuttosto divertente interagire con Malfoy senza dover finire per forza a scazzottate. Era imbarazzante solo perché stavano trattando, dopotutto, di un argomento imbarazzante, ma non si trovava a disagio. Così come non si era sentito tutte le mattine con il suo sguardo fisso in Sala Grande, anzi, lo trovava piuttosto... piacevole? Davvero?
«Ho sentito...» e si morse il labbro inferiore imporporandosi, ma non come faceva Hermione. Quando lo faceva lei, non aveva mai sentito il tuffo al cuore come in quel preciso istante. «...l'odore dei tavoli della Sala Grande.»


L'odore dei tavoli della Sala Grande.
Dopo averglielo confessato, Draco Malfoy si era passato una mano tra i biondissimi capelli – e ancora si chiedeva perché, in quel momento, aveva pensato che dovessero essere lisci come seta – si era voltato e, senza salutare, se n'era andato, lasciandolo lì a guardare la sua schiena dritta allontanarsi come uno stoccafisso.
L'odore dei tavoli della Sala Grande.
Ma che significava? Perché aveva sentito quell'odore? Perché era arrossito e si mordeva le labbra mentre glielo diceva? E perché gliene stava fregando qualcosa? Dio, come si sentiva stanco, aveva proprio bisogno di farsi una dormita.
«Tutto bene, Harry?»
Rispose ad Hermione con un grugnito, ignorando le prelibatezze appena spuntate davanti a lui e concentrandosi su ogni venatura del tavolo. Il tavolo della Sala Grande. Inspirò a fondo, ma non riusciva a sentire altro che l'odore del porridge nel vassoio che aveva di fronte. Che odore avevano i tavoli? Non era che Malfoy gli avesse mentito? No perché, se era così...
Ma non gli aveva mentito. Lo sentiva, non si sarebbe mostrato così a disagio e in imbarazzo nel confessargli quell'odore, se avesse usato le sue doti da mentitore esperto. Certo, non si sarebbe mostrato tranquillo, giusto per fargli sembrare che stesse dicendo la verità, ma non sarebbe arrossito.
Malfoy era arrossito. Non poteva crederci.
Lo fissò di sottecchi, ma non incontrò il suo sguardo. Malfoy stava guardando nel suo piatto vuoto, muovendo le dita nervosamente sul legno del tavolo e, tuffo al cuore, si stava mordendo il labbro inferiore.
Ma perché sentiva un tuffo al cuore?
Ora oltre a cercare di ucciderlo con quella diavoleria di gel per capelli, voleva provare a farlo secco tramite un infarto? Non era troppo banale, per uno che stava tramando una fredda, una gelida vendetta? Troppe domande, troppe domande e Malfoy, maledetto, stava continuando a torturarsi quel labbro...
«Hey, amico, ma sei sicuro di star bene?»
Portò lo sguardo su Ron e incontrò gli occhi del suo migliore amico pieni di apprensione. Cosa rara, di solito era Hermione quella che si preoccupava e Ron quello che si accorgeva troppo tardi che qualcosa non andava. In quel momento, sembrava se ne fossero accorti entrambi. Rispose anche a lui con un grugnito, mettendosi una generosa dose di porridge nel piatto e incominciando a mangiare di gusto.
Al diavolo tutto.
Al diavolo Malfoy.
E i suoi capelli.






Spazio Autrice:
Eccomi piuttosto puntuale! Salvo imprevisti, avendo abbastanza capitoli già pronti, dovrei pubblicare ogni due giorni :)
Ringrazio ancora tutte le persone che seguono, che preferiscono e che ricordano. Ricordo anche io che se mi lasciate qualche commento, continuo a non mordere XD
Grazie <3

Emily


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Capitolo 4
*** IV ***





IV


Le voci non si erano sprecate, proprio come si era aspettato. Ormai conosceva Hogwarts e i suoi abitanti come le sue tasche, e sapeva quanto veloce i pettegolezzi volavano. Eccome se volavano. "Il Prescelto è innamorato"; "Il Ragazzo Sopravvissuto è gay"; "Harry Potter ha una cotta per un ragazzo". Nessuno, però, per caso o per fortuna, aveva collegato il gel per capelli sentito nella pozione al gel per capelli di Malfoy – tranne di chi sapeva dell'allergia, quindi Hermione, Ron, Ginny, la McGranitt, Madama Chips e, ovviamente, Malfoy.
Tutti loro, tutti!, credevano che avesse una cotta per Malfoy. Persino la McGranitt, anche se era rimasta piuttosto discreta a riguardo, ma gli sguardi che gli lanciava erano piuttosto eloquenti. Persino Malfoy, anche se in quel caso, beh, non era una sua idea. Gliel'aveva confessato.
L'odore dei tavoli della Sala Grande.
E anche lui aveva confessato qualcosa, ma... non sapeva bene cosa voleva dire.
Mentre Flitwick parlava, decise che la sua testa era già pesante per il sonno mancato, quindi chiuse gli occhi e li nascose dietro le braccia incrociate sul banco – poteva avere una cotta per chicchessia, ma il sonno, la notte, continuava ad essere irrequieto. Almeno gli incubi non c'erano, finché non dormiva.

Socchiuse gli occhi, e proprio davanti a lui, con cinque banchi a dividerli, c'era Malfoy. Stava prendendo appunti, con la testa china su una pergamena e la piuma nera che gli carezzava la guancia sinistra ad ogni lettera scritta. Malfoy era mancino. Non ci aveva mai fatto caso.
Quando si prendevano a cazzotti che pugno usava? Forse era ambidestro.
Senza effettivamente pensarci – con molte probabilità Harry era più là nel mondo dei sogni che lì nell'aula di Incantesimi – allungò un braccio verso di lui e immaginò di affondare le dita in quei capelli chiari, lisci e, soprattutto, liberi da ogni costrinzione gelatinosa. Stava decisamente meglio senza gel ad indurirgli i capelli, Harry per un attimo sperò che non usasse più quello schifo e che lasciasse per il resto della sua vita che i ciuffi biondi gli circondassero il viso pallido.
Anche perché, Dio, se continuava a mettersi quello schifo sarebbe morto. E poco importava il fatto che, probabilmente, era proprio quello che Malfoy voleva.
All'improvviso, Ron entrò nel suo campo visivo. Aveva dimenticato che il banco accanto al suo fosse quello dell'amico, e che il braccio allungato aveva occupato gran parte del suo spazio. Se ci aveva messo così tanto ad accorgersene era solo perché, evidentemente, non stava prendendo appunti.
Ron, perplesso, seguì la direzione del suo braccio, vedendo subito che stava indicando l'unica testa così bionda da non passare mai inosservata. Il ragazzo arrossì, ma prima che potesse dire qualcosa, Harry gli sorrise quando riportò lo sguardo su di lui, e la mano del braccio allungato, da carezza che era partita, si trasformò e divenne un dito medio alzato contro Malfoy.
Ron scoppiò a ridere, tappandosi la bocca con una mano per non farsi sentire dall'insegnante.
E si rese appena conto che, con quel gesto, aveva appena riassunto tutto ciò che provava per Malfoy.
Compresa la carezza di prima.


Harry riuscì finalmente a capire che giorno fosse solo quando arrivò Halloween – giusto perché vide le decorazioni arricchire la Sala Grande e la Sala Comune e, poteva giurare, persino i bagni avevano una piccola zucca illuminata al posto del portasapone. Era così tutti gli anni? Forse sì, e solo durante quel sesto e già troppo lungo anno quelle piccole cose riuscivano ad urtargli il sistema nervoso già abbastanza distrutto.
Quella notte Harry aveva dormito, e aveva avuto incubi su incubi. Aveva sognato Sirius, i suoi genitori, Voldemort. I Dissennatori che vorticavano sopra la sua testa al posto delle tende in dormitorio iniziarono a succhiargli via l'anima, e nemmeno Ramoso riuscì a mandarli via.
Si svegliò che non era neanche l'alba che era sudato e già stanco.
Si passò una mano sulla fronte, asciugò il viso imbrattato. Non si sentiva molto bene, quel giorno era iniziato male e la testa gli faceva male – non sapeva bene se era una fortuna o no che la cicatrice restava lì tranquilla e indolente, segno che Voldemort ancora sperava che Malfoy lo uccidesse con il suo gel per capelli.
Gel per capelli che, però, non aveva più usato, costretto o no.
Scese in Sala Grande proprio come aveva fatto all'inizio dell'anno, strusciando i piedi per terra e con le occhiaie che gli arrivavano alle ginocchia. La Sala era vuota, se non per le decorazioni di Halloween che la illuminavano, altrimenti avvolta nel buio più totale.
Le notti incominciavano ad allungarsi e ciò non faceva altro che deprimerlo di più. Le notti si allungavano così come si allungava il tempo che avrebbe passato a scappare dalle tende della sua stanza. Merlino, probabilmente avrebbe dovuto iniziare a cercare di dormire con la luce accesa come i bambini di tre anni che cominciavano ad addormentarsi senza la ninna nanna della mamma.
Ciondolò verso il suo solito posto e si mise nella sua tipica posizione, chiudendo gli occhi ma rabbrividendo rendendosi conto che le immagini dei suoi incubi erano ancora lì, impresse nel buio dietro le palpebre, pronte a balzargli davanti appena avrebbe abbassato la guardia.
La grande porta della Sala Grande si aprì di nuovo dopo che fu passata mezz'ora dal suo arrivo o poco più. Il rumore della porta sbattuta fu seguito da dei passi meccanici che si fermarono qualche secondo, prima di avvicinarsi con appena meno sicurezza.
«Sei finalmente morto, Potter?»
Fu automatico respirare a fondo, dopo aver sentito quella voce strascicata e odiosa echeggiare nel vuoto della Sala. L'odore dei tavoli della Sala Grande. Lui non sentiva niente, se non un vago odore di legno e lucido. E qualcos'altro di non ben identificato. Ma non era un buon odore, perché era l'odore dell'Amortentia di Draco? Cioè, di Malfoy. Di Draco Malfoy. Ecco, molto meglio.
Non gli rispose, concentrandosi sugli odori che sentiva. Il naso non pizzicava, segno che Malfoy anche quel giorno non aveva distrutto i suoi bei capelli con quella gelatina del diavolo. E con "bei capelli", Harry lo intendeva in modo del tutto oggettivo.
Sentì uno sbuffo. «Per quanto la tua morte mi faccia piacere, Potter, non vorrei che succeda davanti a me e che venga così identificato come tuo presunto assassino. Non me la sento proprio di autoinfliggermi la pena capitale per aver ammazzato il Prescelto.»
«Credevo che fosse il tuo intento fin dall'inizio dell'anno.»
Un altro sbuffo, stavolta però sembrava vagamente sollevato. «In realtà è il mio intento fin dall'inizio del primo anno, ma sto quasi temendo che tu sia immortale. Se non ci sono riusciti il Signore Oscuro, Dissennatori, Basilischi e mio padre, che speranze ho io di farti fuori?»
«Direi nulle.»
«Lo pensavo anche io. Fino a quando...»
Harry alzò di scatto la testa, guardando cupo la sua figura illuminata dalle decorazioni arancioni. I capelli sembravano piccole fiammelle che bruciavano lente una bambola di porcellana. Non un bello spettacolo, soprattutto grazie alla sua mente stanca che gli faceva vedere cose che non c'erano e, per di più, spaventose, ma in ogni caso non riuscì a staccargli gli occhi di dosso.
Lo vede ghignare. «Sto scherzando, Potter. Sei particolamente disgustoso quando l'allergia fa effetto.»
«Ti prego, mai più. Soffocare nel mio muco non è il miglior modo per andarsene, per quanto mi riguarda.»
Fece una smorfia schifata alla parola "muco" ed era piuttosto buffo che ripugnava ogni cosa disgustosa che vedeva o che solo immaginava. Il suo viso perfettino non aveva mai avuto neanche un brufolo? Il suo naso non aveva mai colato? La mattina non si era mai trovato con il cuscino pieno di bava? O con le mutande imbrattate dopo qualche sogno particolarmente spinto?
Dio, era un maschio pure lui, era normale.
Harry però arrossì comunque al pensiero di Malfoy in quei frangenti. Prima di rabbrividire immaginandosi la scena. Ma perché era così stanco, non ne poteva più di vedere cose che non voleva vedere.
«Stasera vieni alla festa?»
Ripresosi dallo shock, Harry aggrottò le sopracciglia, perplesso. «Quale festa?»
Fu il turno di Malfoy di copiare la sua stessa espressione scettica. Poi indicò teatralmente le decorazioni di Halloween che li circondavano. «Come quale festa? Quella di Natale, no?» rispose, caricandosi di tutto il sarcasmo che riuscì ad usare. «Se non vieni mi fai un favore, non ne posso più di avere questi capelli in modo così... sciatto. Mi vanno negli occhi! Ed è tutta colpa tua!»
«C'è una festa stasera?»
Malfoy sbatté le palpebre. «Oh, povero, piccolo Potty. Non dormi solo a lezione, adesso, ma anche nella tua orribilmente grifondoresca Sala Comune?»
Harry cercò di ricordare, ma nulla gli venne in mente. Che aveva fatto in quei giorni, dopo le lezioni? Aveva giocato a Quiddich, questo lo ricordava, e aveva giocato agli Scacchi Magici con Ron. Aveva fatto i compiti distrattamente con Hermione... ma non ricordava neanche una parola uscita dalle loro bocche. E neanche dalla sua. Quindi gli avevano parlato, gli avevano detto della festa, lui aveva persino risposto ma... ma niente. Non c'era proprio con la testa.
Crollò di nuovo con la testa sul tavolo, sbattendoci anche la fronte con un tonfo sordo. Gemette, infilandosi le mani nei capelli e tirandoli leggermente. Sveglia, Harry Potter, il mondo va avanti.
La voce della sua coscienza somigliava pericolosamente a quella di Voldemort.
«Allora, Potter? Ci vieni o no? Vorrei essere presentabile, almeno stasera.»
«Stai molto meglio senza quello schifo.»
Tentennò di nuovo, proprio come la prima volta. «Allora?»
«Ci vengo, Malfoy.»
«Eddai, lo fai apposta, Sfregiato?!»
Alzò di nuovo il viso e sorrise al cipiglio esasperato che era il volto di Malfoy. «Non lo faccio apposta, ci vengo perché probabilmente ho già detto a Ron e a Hermione che sarei venuto, e tu non hai idea di quanto possa essere pesante Ron quando crede che una persona gli stia dando buca.»
«E non ci tengo a saperlo.»
«E non lo saprai, tranquillo. Quindi, mi presenterò. Non sarà la fine del mondo, probabilmente sto salvando i tuoi capelli da una calvizia certa.»
Malfoy s'impettì. «I Malfoy non perdono mai i capelli.»
«Ma con quello schifo sì.»
Lo vide alzare gli occhi al cielo, mentre i raggi del sole iniziarono a fare capolino dalle ampie vetrate colorate della Sala Grande, facendogli vedere, con la coda dell'occhio, quanto effettivamente la Sala fosse decorata. Zucche, fantasmi, pipistrelli e ragnatele. C'era di tutto.
La luce illuminò anche Malfoy, e l'immagine della bambola di porcellana che prendeva fuoco sparì – al suo posto, solo un ragazzo dalle fattezze fin troppo belle.
Una mano pallida e affusolata – che no, non faceva parte della decorazione – s'infilò tra i suoi ricci e spinse la testa verso il legno, facendogli cozzare, per la seconda volta in pochi minuti, la fronte contro il tavolo. «Dormi, Potter» disse Malfoy.
Staccò la mano pochi secondi dopo, e camminò verso il suo tavolo.
La sensazione di quella quasi carezza rimase tra i suoi capelli per tutta la giornata.


«Me lo avevate detto?»
«Certo, Harry!» rispose Ginny, «Te lo... te lo avevo detto io, chiedendoti se avresti voluto venire con me.»
Aveva aspettato la pausa pranzo, prima di mettere l'argomento nel mezzo, sperando di non addormentarsi nel pieno del discorso. Fu Hermione a parlarne per prima, chiedendo a Ron cosa avrebbe indossato – ci sarebbero andati insieme, quei due. Come amici, Harry.
Ora la sua coscienza aveva la voce di Hermione.
«E io ho risposto di sì, vero?»
«Eh, direi di sì.»
Ginny sorrise, intenerita. Probabilmente pensava a quanto fosse patetico, anche se era assurdo che Ginny pensasse proprio questo. Le voleva un sacco bene, gli avrebbe fatto piacere passare una serata in sua compagnia, poco tempo prima credeva persino di avere una cotta per lei – ma l'Amortentia, a quanto pareva, non era d'accordo.
«Ginny, non usi gel per capelli tu, giusto?»
«No, Harry» ridacchiò, «Non starnutisci in mia presenza. Sarà la quinta volta questa settimana me lo chiedi!»
Se non ci fosse stato il piatto pieno di cosce di pollo pronto per essere divorato, avrebbe di nuovo sbattuto la testa contro il tavolo. Così, giusto perché non c'è due senza tre. Si limitò a poggiare il mento su una mano e con l'altra ad afferrare una coscia, addentandola con malavoglia.
Se lo avesse visto, Malfoy gli avrebbe mostrato tutto il suo disgusto con una smorfia delle sue.
Guardò al tavolo dei Serpeverde, e lo vide mentre stava elegantemente tagliando il pollo con forchetta e coltello. Bah. Da che mondo e mondo, il pollo, così come la pizza e la torta, si mangiava con le mani, era inutile che facesse così tanto il sofisticato. Pure i suoi amichetti serpenti avevano lasciato le posate abbandonate ai lati!
Beh, non proprio tutti... ma va beh.
«Tu come ti vesti, Harry?» gli chiese Hermione.
«Non ho ancora deciso,» mugugnò a bocca piena. Lanciò un'ultima occhiata al tavolo Serpeverde, ed incontrò gli occhi di Draco che, appena vide in che condizioni era, fece proprio la smorfia che si era aspettato. Gli sorrise e lui distolse lo sguardo, lanciando improvvisamente le posate e pulendosi le labbra con il tovagliolo. Gran bel modo di dirgli che gli stava facendo schifo. «forse mi vestirò da tubetto di gel per capelli.»
Ron scoppiò a ridere, quasi strozzandosi con la coscia di pollo ancora in bocca.



Spazio Autrice:
Premetto che qui Ginny non sarà né odiosa, né stronza, né niente - e non cercherà di rubare Harry a Draco. Ovviamente questo Draco però non lo sa ;)
Wow, mi ha fatto piacere che finalmente mi avete fatto sapere cosa pensate di questa storiella! Sono rimasta particolarmente contenta di sapere che vi piace il tono usato e la scorrevolezza del testo. Spero che continuiate a ripetermelo perché non mi farà altro che piacere!
Grazie <3

Emily


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Capitolo 5
*** V ***





V


Dato che c'erano state le lezioni, Harry si rese conto che Halloween, quell'anno, non era caduto in un weekend. Quando avvistò in Sala Grande i troppi dolciumi e le varie bevande apparentemente analcoliche, fu felice di sapere che, in ogni caso, il giorno dopo sarebbe stata comunque una festività.
Non che gli cambiasse di molto la vita. Le ore di lezione le passava comunque a dormire.
Alla fine, era stata Hermione a preparargli un costume, con quello che aveva. Poco, in realtà. Alla fine aveva solo indossato una camicia bianca, un pantalone nero, e un cappello.
«Sarà il trucco il tuo travestimento. Cosa preferisci? Sei cresciuto tra i Babbani, saprai qualche film. Cosa vuoi? Joker? Arancia Meccanica? Zombie? Te lo dico, Harry, il trucco da zombie non mi riesce molto bene.»
«Hermione, io non ho neanche una tv a casa dei Dursley, so giusto cosa sono gli zombie.»
La ragazza, alla fine, ha finito con il solo piastricciargli un occhio cercando di somigliare vagamente ad un tizio di un film che aveva visto tempo prima. Ok, grandioso, l'aveva anche ringraziata perché il risultato non era neanche peggio di quello che si era aspettato, ma si era raccomandato più e più volte di tenersi libera la sera per togliergli quella roba.
Così come l'aveva messa lei, era suo compito anche toglierlo. Un po' come un dio che dà e toglie la vita.
Merlino, come era stanco. Sentiva ancora gli incubi di quella notte strisciargli lungo la schiena.
«Com'è che la McGranitt ha accettato... tutto questo?»
«Solo per il sesto e settimo anno. Un'idea di Silente, per non far sentire la tensione, credo. Sai, per Tu-Sai-Chi e il resto...» chiarì Ron, lanciandogli uno sguardo che sembrava dirgli che quella doveva essere una cosa che avrebbe dovuto sapere. Probabilmente Silente aveva persino fatto un annuncio in Sala Grande durante un pranzo o una cena, mentre lui stava dormendo sul suo piatto vuoto.
La musica era assordante, le luci psichedeliche e le bevande già corrette. Gli era bastato un sorso di quello che doveva essere succo di zucca ma che in realtà era un'altra cosa per capirlo. Già gli girava la testa, maledizione.
Ginny lo prese a braccetto e lo avvicinò ad un banchetto. Lei era vestita da sposa, una sposa fantasma, o zombie, o boh, Harry non ne era molto sicuro, ma stava divinamente. I capelli rossi macchiavano il vestito bianco già sporco come fosse sangue. Gli tolse con delicatezza il calice con quella roba che non era assolutamente succo di zucca e lo posò su un tavolo lì vicino. «Questa è roba dei gemelli. Non so come, ma hanno fatto in modo che entrasse qui per la festa. Già non dormi bene di tuo, Harry, è meglio che non bevi.»
«Che Voldemort mi fulminasse se non hai ragione» gracchiò, posando una mano – gelida, lui non aveva mai le mani gelide – sulla fronte, dandosi un po' di sollievo.
Ron e Hermione erano poco lontano, anche loro non molto originali nei loro costumi: una strega e un cavaliere. Wow. Morgana e Artù, Harry.
Riecco Hermione sotto forma di coscienza.
La stessa voce, però, forse un po' più maligna, sussurrò all'orecchio che forse Ron stava meglio come Merlino, che come Artù. Neanche nella sua mente Harry osò contraddire Hermione.
Cercò distrattamente per la Sala dei capelli biondi di sua conoscenza, ma non vide nessuno che anche solo si avvicinasse al colore che cercava. Era sempre un biondo troppo scuro, o troppo brutto, o troppo ruvido. Vide i Serpeverde, però, vestiti in modo osceno – la Parkinson vestita da infermiera fin troppo navigata avrebbe sostituito presto i Dissennatori che invadevano il suo letto – ma di Malfoy neanche l'ombra.
Forse era troppo per lui presentarsi ad una festa senza usare il suo amatissimo schifo di gel, quindi aveva dato forfait. O meglio, gli aveva dato buca.
Alla Parkinson, voleva dire.
Aveva dato buca alla Parkinson.
«Harry,» il tono apprensivo di Ginny riportò la sua attenzione su di lei, «sicuro di star bene?»
«Vuoi la verità, Ginny?» Lei annuì. «Sto da schifo.»
«Non dovevi bere.»
«Quello è stato il meno, credimi» si passò una mano dietro la nuca, «Ho passato una delle nottate peggiori della mia vita. Sono solo... stanco.»
«Come lo sei dall'inizio dell'anno.»
«Sì ma oggi un po' di più» Le sorrise stirando le labbra stanche, sperando di poterla tranquillizzare in quel modo. Odiava che la gente si preoccupasse per lui, non voleva essere un problema. Non più del solito, almeno. «Sei davvero bella, stasera.»
Lei si illuminò, nonostante non perse, però, il leggero cipiglio preoccupato. «Grazie, Harry. Fossi in te, adesso, andrei a darmi una rinfrescata lontano dalla musica,» indicò il tavolo, «e da quello.»
Sospirò, dandole ragione. Si sentiva proprio una mezza sega, fatta pure male, mentre con il suo ormai solito passo ciondolante, camminava verso i bagni del primo piano. Uscì dalla Sala Grande che si sentiva già meglio – quella musica alta e quelle luci malefiche, forse, non facevano molto bene al suo sistema nervoso già particolarmente provato – ma si infilò lo stesso in bagno, aprendo l'acqua di un lavandino e buttandoci la testa come un assetato davanti ad un'oasi nel deserto.
Stette subito meglio, con il forte getto a bagnargli la testa e la nuca. Rinsavì, quasi. La testa, almeno, smise di pulsare come un martello pneumatico. E divenne particolarmente leggera.
Rimase così per un po', immobile, senza neanche respirare, e ci sarebbe rimasto ancora di più se qualcuno non gli avesse tirato il colletto molle della camicia, facendogli perdere l'equilibrio e facendolo, irrimediabilmente, cadere sulle mattonelle fredde del bagno.
«Ma che... Malfoy?»
«In persona, Potter» rispose, scrollando la mano che aveva usato per buttarlo per terra, in modo che piccole gocce d'acqua schizzassero ovunque. Chiuse il lavandino. «Si può sapere perché stavi cercando di farti fuori? Quando mi avevi detto che morire soffocato con il... muco... non era nei tuoi piani, non avevo capito che stavi cercato un altro modo per soffocare. Avrei qualche idea, ti piacerebbe ascoltarle?»
Harry sbatté le palpebre, ma quando non riuscì a vedere chiaramente, si rese conto di avere ancora addosso gli occhiali bagnati che gli coprivano la visuale con le gocce d'acqua. Come ad averlo letto nella mente, Malfoy pronunciò un incantesimo asciugante che lo fece tornare lindo e pinto proprio come stava prima di entrare in bagno.
Fu lì che lo vide.

E che diamine. La prima cosa che pensò, alla sua vista, fu che l'Amortentia non aveva poi tutti i torti.
«Da che ti sei vestito?» gli chiese, chiudendo la bocca che probabilmente aveva spalancato nel momento esatto che i suoi occhi si erano posati su di lui. Era imbarazzante sentire la bocca secca... per Malfoy.
«Da Casanova, Potter. Nella tua ignoranza, non mi aspettavo che l'avresti riconosciuto.»
Gli abiti che indossava sembravano fatti con gli stessi ricami del divano di zia Petunia, quello nuovo sul quale Harry non aveva mai avuto il permesso neanche di guardare da lontano. Color panna dai ghirigori dorati. I capelli erano magicamente – supponeva almeno – allungati e tenuti in una stretta e bassa coda. In mano aveva ancora la bacchetta che aveva usato per asciugare Harry, ma all'estremità che non usava per lanciare incantesimi ci aveva attaccato una maschera veneziana dello stesso colore e decorazione dei vestiti.
«Da Casanova.»
«Da Casanova, esatto.»
«Da Casanova.»
«Potter, hai per caso battuto la testa?»
«No. Non sei Casanova,» scosse la testa, per enfatizzare le sue parole, e vide appena Draco sollevare le sopracciglia, divertito. «Sei un dio greco.»
Draco lo fissò per pochi istanti, poi sogghignò. «Non so se esserne lusingato, Potter, ma i greci non indossavano tali vestiti.» Si piegò sui talloni, per essere alla sua stessa altezza, e Harry non era per niente pronto a guardarlo da così vicino.
Ma eravamo sicuri che l'Amortentia non l'aveva per sbaglio bevuta?!
«E tu cosa saresti, di grazia?»
«Non lo so. Un film Babbano.»
«Un che?»
«Un qualcosa Babbano, non preoccuparti.»
«Non sapevo che i Babbani maschi usassero il trucco» disse, come se stesse parlando di una razza animale, «Sei già sulla via per andare sull'altra sponda?»
«Sicuro quanto il ritorno di Voldemort.»
Vide Draco rabbrividire a sentire quel nome, ma prima che potesse lamentarsi perché no, non si diceva ad alta voce, si bloccò quando metabolizzò a pieno cosa le parole dette significassero. Harry ricambiava semplicemente il suo sguardo sgranato, sentendosi troppo stanco e troppo imbarazzato. Poggiò con delicatezza la testa sul muro di pietra dietro di sé, socchiudendo gli occhi.
«Cosa?»
Sospirò, prima di rispondergli. «Sono stanco, Draco, voglio solo dormire. Non voglio pensare al fatto che in questo momento, probabilmente, sono più sull'altra sponda che qui, voglio solo... dormire. Riposare senza avere gli incubi e non avere paura di poter passare un'altra notte terribile come quella appena passata. Sono stanco e, nonostante adesso capisco a pieno cosa l'Amortentia mi stesse dicendo qualche settimana fa, l'unica cosa che davvero voglio adesso è chiudere gli occhi e svegliarmi minimo tra qualche anno.»
Si fissarono per minuti interminabili. Harry tranquillamente poggiato al muro, con le palpebre che lo stavano per tradire e chiudersi per non aprirsi mai più; Draco, invece, aveva il viso totalmente libero da qualsiasi emozione, più pallido del solito ma bello come sempre. Lo guardava dritto negli occhi.
Ad un tratto, Draco si sedette al suo fianco, molto vicino, così tanto vicino che le spalle non solo si toccavano, sembrava che si stessero per amalgamare come una ciambella con la sua glassa. E lui si sentiva proprio come la glassa, voleva scivolare lungo la sua spalla e giacere lì finché morte non l'avrebbe separato dalla sua ciambella.
E così fece. La testa cadde quasi a peso morto sulla sua spalla, che si incastrò perfettamente nell'incavo del collo teso di Draco. Chiuse gli occhi e la mente divenne all'improvviso sgombra da qualsiasi pensiero.
Un movimento veloce della spalla di Draco lo disturbò, ma non poi troppo. «Che hai fatto?» mugugnò, con voce impastata e la gola ancora secca.
Un click, simile ad una serratura appena chiusa, e tutto tornò come prima. «Niente,» una mano leggera tra i capelli, «dormi, Potter.»
Ed Harry dormì.


Draco Malfoy aveva un solo punto debole.
Ormai non gli importava più niente di nessuno: se appena l'anno prima avrebbe dato la vita per quella dei suoi genitori, dopo che l'avevano ripudiato – o meglio, che suo padre l'aveva ripudiato e sua madre aveva finto di farlo solo per poter salvare sia lei che Draco stesso – quando aveva rifiutato il Marchio, aveva deciso che, alla fine, non gli importava niente neanche di loro due. Erano salvi, dopotutto. Il Signore Oscuro non sembrava essersela presa con sua madre per il fallimento di Lucius, ancora rinchiuso ad Azkaban, e per il suo abbandono.
Finché Narcissa Malfoy lo nascondeva nella sua stessa casa, in fondo andava bene. Era lui che ormai non sapeva più dove andare, ma poco importava anche questo, al momento.
Aveva paura del Signore Oscuro, ma quello non era un vero e proprio punto debole, dato che chiunque con un po' di sale in zucca ne aveva paura. Gli facevano impressione i serpenti – per quanto questo fosse ironico – e rabbrividiva quando vedeva delle bambole di porcellana tra le mani delle bambine purosangue del primo anno, ma neanche questi potevano essere definiti punti deboli. Poteva andare avanti anche se gli avrebbe attraversato la strada un serpente. Magari avrebbe urlato un po', ma sarebbe riuscito ad addormentarsi anche se nel suo letto si fosse misteriosamente materializzata una bambola di porcellana che l'avrebbe fissato con i suoi occhi vitrei.
Alla fine di tutto questo ragionamento, Draco era arrivato all'unica conclusione di avere un solo, piccolo punto debole.
E quel punto debole era proprio niente di meno che Harry Potter.
L'aveva capito una volta per tutte quando era entrato in quel bagno soltanto per ammirarsi un'ultima volta prima di andare alla festa e l'aveva visto con la faccia affondata in una pozza d'acqua in uno dei lavandini, la schiena immobile segno che non stava neanche respirando. Aveva sentito una sensazione strana alla bocca dello stomaco, come quando da bambino volava sulla scopa e cadeva in picchiata per nascondersi dietro agli alberi in modo da non farsi vedere da suo padre. Non era piacevole, era paura mista a terrore e vertigine.
Si rese conto in quel momento che – nonostante i precedenti e nonostante neanche ci fosse molto altro tra loro se non sporadiche conversazioni vagamente civili – se Potter non c'era, non sarebbe riuscito ad andare avanti.
Quella sera di Halloween, Draco rimase a fissarlo tutto il tempo, vegliando sul suo sonno tranquillo. Stranamente gli importò poco della nottata insonne, o che Potter gli stesse imbrattando il costume con il trucco sull'occhio, o che restavano in ogni caso sul pavimento del bagno del primo piano e, nonostante avesse chiuso la porta poco prima che l'altro si addormentasse – dopo che l'aveva chiamato per nome –, non era molto sicuro restare lì. Ma ci rimasero. Tutta la notte.
Draco non si mosse mai.
L'unica cosa che mosse, fu la sua mano ancora affondata in quella chioma informe che Potter aveva al posto dei capelli, dando carezze lente e delicate come ali di farfalla. Di solito non usava tanta delicatezza, con Potter men che mai, ma quella notte avrebbe fatto qualche strappo alla regola.
Affondò anche il naso nella matassa di capelli e inspirò a fondo.

Da domani, avrebbe sentito un altro odore nella sua Amortentia che parlava di Potter.



Spazio Autrice:
Questo è uno dei capitoli che più ho adorato scrivere, il "colpo di fulmine" di Harry è stato divertentissimo da immaginare!
Tra l'altro, questo, almeno per ora, sarà l'unico punto di vista di Draco. Mi serviva, così più o meno abbiamo un quadro generale di lui sulla sua vita e su cosa frulla in quella testolina. La paura delle bambole l'ho presa dalla fobia di una mia amica, sembrava azzeccata XD
Ovviamente, Harry ha il trucco di Alex di Arancia Meccanica, anche se il costume era alla meno peggio perché non si era preparato per tempo.
Ringrazio tutte le persone che hanno messo tra i preferiti/seguite/ricordate (siete in tanti, grazie!), quelle carine che recensiscono e anche quelle che leggono in silenzio. Ricordo sempre che una recensione non la disdegno mai XD
Grazie <3

Emily


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Capitolo 6
*** VI ***





VI


«Harry! Ma dove eri finito?! Prima mi dici che dovevo toglierti il trucco prima di andare a dormire, e poi invece sparisci e non ti fai vedere per tutta la notte! Si può sapere che hai combinato?»
Harry deglutì, dopo la sfuriata di Hermione. «Mi sono addormentato in bagno» ammise.
La ragazza, seduta sulla poltrona rossa della Sala Comune, lo fissò apprensiva, mettendo da parte il libro che stava sfogliando in sua attesa. «Stai bene, Harry?»
«Vuoi la verità, Hermione?» Lei annuì, e lui sentì un vago senso di déjà-vu. «Non sono mai stato meglio. Ho dormito almeno otto ore di fila senza neanche avere un misero incubo. Non mi sono svegliato urlando, né in una pozza di sudore, né sanguinando dalla bocca perché mi sono morso la lingua. Ho dormito... normalmente.»
Hermione sorrise e gli fece posto sul bracciolo della poltrona, in modo che si sedesse accanto a lei. «Era l'ora, Harry, che ti decidessi a farti una bella dormita. Certo, magari sarebbe stato meglio se ti fossi trovato un posto un po' più comodo, ma...»
«Sono stato comodo» la interruppe, per poi arrossire al ricordo di quello che era successo poco prima che cadesse addormentato come il peggiore degli amanti.
Dio, si era addormentato sulla spalla di Malfoy! Di Draco Malfoy! E la cosa strana era che si sentiva benissimo, vivo e vegeto, e non solo per la nottata passata a dormire come non la passava da mesi, ma soprattutto perché era sopravvissuto, era incolume, dopo una notte passata con Draco Malfoy.
Una notte passata con Draco Malfoy.
Merlino, come suonava male come frase.
Sentiva vagamente lo sguardo indagatore di Hermione sul suo viso che, ne era sicuro, stava andando a fuoco.
«Harry? Devi dirmi qualcosa?»
«Vorrei ma... uhm, non so come la prenderesti.»
Hermione sbuffò. «Non devi avere paura di dirmi niente, lo sai. Sono o non sono tua amica? Sono qui per aiutarti, ascoltarti e consigliarti, se vuoi.»
«Sei la mia migliore amica, Herm.»
La ragazza si intenerì – e capì anche che quello era un pallido tentativo di sviare il discorso, inutilmente perché lei, anche se con più dolcezza, lo ignorò e continuò con il terzo grado. «Cosa devi dirmi, Harry?»
«Ecco...» si grattò la nuca, nervoso. «Ecco, mi sono addormentato in bagno con... ehm, uh, qualcuno, e, vedi, ero con... uh.»
«Con Malfoy, Harry?»
«Sì, esatto... eh?» Harry sgranò gli occhi e si disse che riusciva sempre a stupirsi, ogni volta, della sagacia di Hermione. Soprattutto quando Hermione sembrava decifrare i suoi balbettii con quello che voleva effettivamente dire. «Ok, non ti chiederò come diamine tu sia riuscita a capirlo, e passerò direttamente alla parte dove ti dico: non so che mi è preso. Lui era in bagno, e io mi sono addormentato sulla sua spalla, tutto qui, nulla di eclatante.»
«Hai dormito sulla sua spalla?»
«Sì, io...» si fermò, rendendosi conto della gaffe. «Ho detto più di quello che volevo dire. Essere amici con Hagrid ha i suoi difetti.»
Hermione scoppiò a ridere, finendo con persino asciugarsi delle finte lacrime ai lati degli occhi, mentre Harry voleva soltanto venir inghiottito dal pavimento e sparire dalla circolazione una volta per tutte. Il mondo avrebbe dovuto aspettare un altro Prescelto – forse avevano tempo, dato che Voldemort sembrava davvero essersi preso un anno sabbatico – perché lui aveva appena deciso di vivere come gli struzzi. Trovarsi un pezzettino di terra abbastanza confortevole dove infilarci la testa e restarci per tutto il tempo che gli restava.
«Harry,» lo chiamò Hermione, posandogli una mano su una gamba e distraendolo nei suoi tentativi di organizzare un viaggio per intraprendere la carriera da eremita, «va tutto bene, Harry. So che ti piace Malfoy dall'episodio dell'Amortentia, questo non ha fatto altro che confermare i miei dubbi.»
«Perché li chiami dubbi?» sbuffò Harry, leggermente più tranquillo, «I tuoi dubbi vengono sempre, sempre confermati. È frustrante, ma non saprei come andare avanti senza di te.»
«Arruffianarmi non cambierà la situazione.»
«Lo so» sospirò, «Ma è comunque la verità.»
«Quindi? Cosa vuoi fare in proposito? Hai finalmente capito che hai una cotta stratosferica per il tuo nemico numero due – il numero uno sappiamo benissimo chi è – il quale, dubito fortemente, ma è un potenziale Mangiamorte?» Prima che potesse risponderle, Hermione continuò, «E che probabilmente ce l'ha a morte con te perché hai sbattuto ad Azkaban suo padre e che, non dimentichiamolo perché è un dettaglio essenziale, lui è un Purosangue e tu, ahimé, un Mezzosangue che lui ripudia con tutto il suo intero ed egocentrico essere?» Riaprì di nuovo le labbra, ma lei lo interruppe di nuovo, «Anche se devo ammettere che se non ti ha schiantato ripetutamente dopo che gli hai dormito sulla spalla, mi dà a pensare che, forse, ma forse, non ti odia poi così tanto. O gli hai fatto solo fin troppa pena. Cosa ha fatto quando ti sei svegliato?»
Quando alla fine Hermione aspettò una risposta e gli diede il permesso di parlare, Harry non seppe che dire. Cosa aveva fatto quando si era svegliato? Beh. Niente. Non aveva fatto niente.
«Niente,» ribadì ad alta voce, «non c'era quando mi sono svegliato.»
E ci era rimasto anche piuttosto male quando, solo appena mezz'ora prima, si era svegliato infreddolito sul pavimento del bagno del primo piano senza il calore e la morbidezza che lo aveva accompagnato per tutta la notte. Per un piccolo attimo temette di essersi sognato tutto – anche perché lo aveva pure sognato, perdinci, aveva sognato Malfoy che gli accarezzava i capelli! – ma subito scacciò quel pensiero, perché ricordava tutto fin troppo nitidamente, nonostante durante la loro conversazione non fosse poi così sveglio. Le sensazioni provate, purtroppo, le sentiva ancora attaccate alla pelle come il sudore dopo una partita di Quiddich.
Ora che era riposato e sveglio, l'imbarazzo per tutta la situazione con l'altro ragazzo gli piovve addosso con violenza come il getto freddo e forte dell'acqua della doccia. Come aveva fatto, nei giorni scorsi, a non curarsene molto? Adesso non sapeva neanche come guardarlo negli occhi.
Soprattutto dopo quello che gli aveva detto il giorno prima.
Quale poteva essere un buon posto per poter vivere a tutti gli effetti come uno struzzo? Uno zoo?
«Non vorrei fare la saccente come al mio solito, ma credo che dovresti parlargli.»
«Certo, Hermione, lo farò.»
Magari tra qualche anno.


Hermione lo aveva mandato subito a fare una doccia, dicendogli di strofinarsi per bene il viso perché gli erano rimasti dei residui di trucco. Poco, ma c'era ancora. Non ricordava di esserselo tolto, ma forse era stato lo stesso Malfoy, quando l'aveva asciugato dopo il suo poco consono bagno, ad avergli tolto quella roba alla meno peggio.
Infondo, non avrebbe permesso di appoggiarglisi contro con il rischio di lasciargli un qualsiasi stupido segno, che fosse indelebile o no.
In ogni caso, si fece una veloce doccia, notando subito un odore differente che, però, subito scomparve non appena il getto d'acqua l'aveva colpito. Era l'odore di Malfoy, un misto tra vaniglia e menta, un odore fresco e dolce. Aveva avuto l'odore di Malfoy addosso e si sentiva terribilmente a suo agio. Ci aveva dormito. Ci aveva dormito bene.
Un po' gli dispiacque notare che l'odore se n'era andato, una volta uscito dalla doccia. Adesso sentiva solo quello del suo bagnoschiuma, quello di una sottomarca Babbana con il quale a malapena ne spiccava l'odore.
Si sentì un po' scemo, mentre si asciugava, ad annusarsi. Chissà se anche Malfoy, la sera prima e la notte appena trascorsa, aveva avuto il suo odore addosso per tutto il tempo.
Affiancò Hermione, Ron – il quale era stato l'ultimo a svegliarsi – e Ginny per andare in Sala Grande.
«Ginny, mi dispiace per ieri sera. Mi sono addormentato in bagno... non volevo abbandonarti da sola alla festa, te lo assicuro!»
«Harry, calmo» ridacchiò Ginny, e mentre entrarono nella Sala Grande gli avvolse il braccio intorno alle spalle, «va tutto bene, anzi, sono contenta che tu sia riuscito finalmente a dormire, anche se si tratta pur sempre del pavimento di un bagno.»
«Oh, ma non è stato così male, vero Harry?»
Guardò male Hermione, imporporandosi senza alcun pudore. Forse era un segno che doveva dirlo anche a Ron e a Ginny? Dire poi, cosa? Della cotta? Proprio come Hermione, anche loro due credevano già dall'episodio dell'Amortentia che avesse una cotta per Malfoy, quindi, forse, doveva solo dar loro la conferma.
Anche se Ron non l'avrebbe presa molto bene. Come gli aveva già detto, appunto, il problema non era che la sua cotta fosse un maschio, ma che fosse proprio Malfoy.
Sentì pizzicare piacevolmente dietro la schiena, e riconobbe subito lo sguardo di Malfoy perforargli la nuca. Ormai riusciva a sentirli proprio fisicamente i suoi occhi, quando si posavano su di lui. All'improvviso, non li sentì più, e decise di lanciargli un'occhiata solo dopo essersi seduto al suo posto al tavolo dei Grifondoro. Lo vide chino sul suo piatto, le posate ancora intatte. Non riusciva a vederlo dritto in volto, ma sembrava teso. Anche da quella distanza riusciva a vedere i pugni stretti delle mani e immaginare le unghie conficcate nei palmi.
Ecco, lo sapeva. Si era pentito di avergli prestato la spalla. Magari adesso si sentiva male perché sentiva i suoi germi da Mezzosangue attaccati sulla pelle, o forse era rinsavito e si stava mentalmente cruciando per non avergli lanciato qualche Maledizione Senza Perdono quando ne aveva avuto l'occasione. Lo capiva, più o meno. Per quel poco che lo conosceva, era strano che non fosse già al cospetto di Voldemort con un Draco gongolante accanto pronto a ricevere la sua ricompensa.
«Harry, mi passi il latte?»
Sbatté le palpebre, tornando al suo tavolo e dando attenzione a Ginny. «Che? Il latte?»
«Sì, Harry, accanto a te. Me lo passi?»
Harry annuì, ricambiando il sorriso con il quale Ginny lo ringraziò.
Un rumore di stoviglie sbattute zittì metà degli studenti della Sala Grande – Corvonero, per di più, i Serpeverde semplicemente ignorarono la faccenda nata proprio al loro tavolo. Harry se ne accorse perché ormai tendeva ad avere sempre la sua attenzione in quel preciso punto del tavolo Serpeverde e vide subito Draco in piedi, con le mani tremanti che stringevano il legno – l'odore dei tavoli della Sala Grande – e guardava con occhi di fuoco i suoi compagni. La Parkinson e Zabini ridacchiavano sottovoce e lui tremava di rabbia.
Incomprensioni tra serpi, eh?
Quando ormai nessuno più badava allo scatto d'ira di Draco, questi scavalcò la panca senza aver toccato cibo e marciò fumante verso la porta.
Hermione gli sfiorò un braccio, «Lo insegui? Io gli porterei una mela.»
Fissò Hermione come un bambino fisserebbe i genitori che gli stavano dicendo che quell'anno era sulla lista dei bambini buoni di Babbo Natale e che poteva aprire i suoi regali. Felice come una Pasqua.
E saltellando come il coniglio pasquale, afferrò una mela e corse dietro Draco.




Spazio Autrice:
Salve! Eccomi con un nuovo capitolo, decisamente di passaggio perché non succede niente di particolare.
Ma è comunque importante perché, proprio come i precedenti capitoli, ci sono delle piccole cose che torneranno più avanti. Seguite che poi vedrete XD
Ringrazio chi segue/precerisce/ricorda e ovviamente sottolineo di nuovo che se mi lasciate qualche commentino non fa male né a voi né tantomeno a me XD
Grazie <3

Emily


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Capitolo 7
*** VII ***





VII


Non trovò Malfoy da nessuna parte, nonostante l'avesse cercato in ogni angolo della scuola. Probabilmente si era infilato in qualche cunicolo che non conosceva dei sotterranei – aveva lasciato la Mappa del Malandrino in camera sua, abbandonata nel baule, non aveva avuto molto da usarla nell'ultimo periodo – quindi, quella mela, finì con l'essere mangiata solo da lui.
Abbattuto, si avviò con aria teatralmente mogia in Sala Comune. Essendo festa, non c'erano lezioni, quindi non aveva modo neanche di vederlo in aula. Quando si decise ad usare la Mappa del Malandrino, vide che si stava nascondendo nei dormitori di Serpeverde, probabilmente la sua stanza. Vide distrattamente che in quel momento, Parkinson e Zabini si stavano avviando proprio dov'era Draco.
Comunque fosse andata la loro discussione, Malfoy non si presentò neanche a pranzo e a cena. Non ebbe modo mai di parlargli e sebbene lo guardasse spesso durante le lezioni, i giorni a seguire, Draco non ricambiò il suo sguardo neanche una volta. E dire che nei giorni scorsi era stato lui a sentire sempre lo sguardo perenne dell'altro sulla nuca, almeno adesso poteva capire come ci si sentisse ad essere dall'altra parte.
Non che ci avesse provato sul serio, Harry, ad avere un confronto con lui. Hermione gli mandava degli sguardi perplessi e probabilmente si stava chiedendo perché non stesse approfittando di un tal momento per parlargli.
Il motivo era tanto semplice quanto stupido.
Si vergognava. Terribilmente.
Un po' per quello che era successo la sera di Halloween, ma essendo quello l'argomento principale che avrebbero affrontato importava poco. Era sempre stato Malfoy, d'altronde, ogni volta che qualcosa non gli tornava o non gli andava bene, ad andare da lui, a cercarlo, e a disturbarlo con la sua fastidiosissima voce. Che, ovviamente, non trovava neanche più così tanto fastidiosa. Non così tanto, ecco.
Si vergognava ad andargli vicino perché Harry aveva capito, cos'era che non andava. Benché non spiccasse d'intelligenza – era seccante ammetterlo, ma si reputava giusto più sveglio di Ron –, l'odio lo riconosceva da lontano. E Malfoy aveva iniziato ad odiarlo ancora più di quanto facesse prima.
Oh, certo. Si era ricordato all'improvviso che era Harry Potter? Gli avrebbe fatto un applauso per il suo acuto senso di osservazione. Dopo una notte passata insiem... no, dopo che lo aveva aiutato ad andare a lett... piano, piano. La sua mente stava per implodere per i troppi pensieri sbagliati.
Insomma, dopo la notte di Halloween, era l'ora che si accorgesse di aver fatto qualcosa di carino nei confronti di chi odiava. Forse questo gli aveva fatto guadagnare un posticino in Purgatorio e, chissà, magari dopo poi ambire anche al Paradiso.
Quando, però, si mise sotto le coperte del suo letto nel dormitorio, Harry capì una cosa.
Affondò il viso nel cuscino e chiuse gli occhi, per poi aprirli appena mezz'ora dopo, già in una pozza di sudore, per vedere per l'ennesima volta i Dissennatori volteggiare con inquietante grazia sopra la sua testa – in effetti, avrebbe preferito vedere mille Pansy Parkinson armate di termometro e siringa, piuttosto che avere ancora gli incubi.
Ma li ebbe. Per tutta la notte.
Per tutti gli dèi, senza un bagno non riusciva a dormire.
...
Senza Draco Malfoy non riusciva a dormire.


Passò qualche giorno e qualche settimana, e Harry tornò al punto di partenza. Le sue notti erano popolate sempre dagli incubi su Sirius, ma la paura che provava a stare nel suo letto circondato dai Dissennatori era la parte decisamente peggiore.
Ma ci fece così tanto l'abitudine che, ormai, decise soltanto di stare lì e farsi risucchiare ogni notte un pezzo d'anima.
Fu così che lo trovò Ron una mattina. Era rimasto sveglio ad osservare la tenda davanti a sé, anche dopo l'alba, lo sguardo fisso e gli occhi secchi – sicuramente vitrei. Si spaventò, e anche di brutto.
«Amico, fai davvero paura così. Almeno rispondimi, vuoi?»
Gli chiese scusa, quando si alzò. Ci mise un po' a racimolare abbastanza energie per andare a farsi la doccia, ma non voleva rischiare che Ron si sentisse in dovere di accompagnarlo perché aveva paura che svenisse e sbattesse la testa contro il soffione della doccia. Il mondo non era pronto a dire addio al Prescelto. Harry rise tra sé e sé sotto il getto dell'acqua calda, pensando che forse dovevano inizare a prepararsi.
I giorni in cui era potuto stare sveglio durante le lezioni erano ben presto dimenticati, e aveva ripreso a dormire, o meglio, sonnecchiare. A parte sempre Piton, gli altri insegnanti continuavano a non dire niente della sua mancata attenzione – e, Merlino, non riusciva a fregarsene più di tanto.


Fu circa a metà del mese di Novembre, che Lumacorno ritornò sul compito che, proprio a causa di Harry, aveva dovuto interrompere
«Ragazzi, dato che... ehm, ora è possibile rifare l'Amortentia senza avere problemi di vario tipo perché lo studente incapacitato in questo momento è...» e fece un gesto eloquente verso Harry che, appoggiato sulla spalla di Ron, stava facendo senza troppa fatica finta di dormire. Questo fece nascere dei lamenti dal lato Serpeverde della stanza, osando ammettere che il Ragazzo Sopravvissuto stesse ricevendo fin troppi trattamenti di favore – e non avevano neanche torto, ma in quel momento a chi importava? A loro, non ad Harry. «... quindi possiamo riprendere il compito lasciato a mezzo. Vi avevo detto che l'avrei valutato e lo valuterò. Ora, su, preparatelo e dopo rispondete alle mie domande.»
Quando ebbe finito di parlare, Harry sentì con molta chiarezza i passi pesanti del professore avvicinarsi a dove lui e Ron si erano seduto – non aveva bisogno di aprire gli occhi per accertarsene. «Ragazzo, non svegliare Harry. Sappiamo... cos'ha, e dà decisamente meno problemi da addormentato in questo momento, data l'allergia.»
Harry evitò di fare qualsiasi smorfia infastidita, costringendosi a far finta di mugugnare nel sonno. Dare meno problemi? E quando Harry potrà avere meno problemi? Sempre tutti troppo egoisti, in questo mondo. Neanche Harry faceva eccezione, chiaro.
Sentì Ron annuire veemente, prima di aprire il libro. Non era molto sicuro se avesse intenzione di fare la pozione o no, ma l'unica fortuna che in quel momento sembrava sorridere a Harry era che, se Ron l'avesse preparata, non sarebbe mai stata perfetta e per sentirne l'odore avrebbe dovuto avvicinarsi quasi infilandoci la testa.
Passò così almeno un'ora di sicuro, seguendo i leggeri movimenti goffi di Ron – che usò principalmente la bacchetta anche per rigirare la pozione, in modo che Harry non dovesse muoversi né avvicinarsi più di tanto. Lo ringraziò mentalmente, decidendo di dirgli che, durante la prossima gita ad Hogsmeade, gli avrebbe offerto tutte le Cioccorane che avesse voluto.
Lumacorno cominciò a fare domande in generale alla classe.
«Nott, cosa sente nella sua pozione?»
«Non ne sono sicuro, professore. Credo siano frutti di bosco, e forse... fragole?»
«Bene. Signorina Granger?»
«Inchiostro e pergamena e... odore di erba appena tagliata.»
«Perfetto! Meraviglioso. E lei, Malfoy?»
Malfoy non rispose subito. Harry già sapeva la risposta, quindi non si curò di svegliarsi e mostrarsi interessato. Anche perché, perché avrebbe dovuto? Quel borioso, viziato, platinato idiota non lo considerava da giorni, se non settimane – ed era troppo stanco per rendersi conto che la cosa era stata più o meno reciproca – quindi non avrebbe dovuto sentire la voglia di vedere se lo avrebbe guardato negli occhi ripetendogli...
«...l'odore dei tavoli della Sala Grande,»
Appunto. Già lo sapeva. Nulla di nuovo, poteva tornare in balia dei suoi incubi.
«...e olio di Argan.»
L'odore dei tavoli della Sala Grande e olio di Argan.
Olio di Argan.
...olio di Argan?

Spalancò gli occhi e si scontrò con gli occhi azzurri e confusi di Ron. «Tutto bene, Harry?»
Si grattò la testa, probabilmente più confuso di lui, mentre flash di immagini di se stesso sotto la doccia sopprimevano quello dei suoi incubi. Non era un qualche narcisistico fetish, stava solo cercando di ricordare qualcosa. Qualcosa che, sentiva, avrebbe dovuto cogliere già da un bel po'.
«Benissimo. Thomas?»
Non ascoltò più il resto della lezione, anche perché all'improvviso ebbe la terribile voglia di correre verso il suo dormitorio. E lo fece. Senza neanche chiedere il permesso, senza guardare nessuno negli occhi, né Ron, né Hermione e né tantomeno Malfoy. Lumacorno sicuramente troverà qualche scusa alla quale crederà anche lui come "avrà annusato la pozione e si sarà sentito male di nuovo", cosa assolutamente non vera – perché probabilmente avrebbe sì sentito l'odore del maledetto gel per capelli, ma che Voldemort lo fulmini se non era convinto di sentire anche l'odore di Malfoy che spiccava in maniera decisamente maggiore – quella vaniglia stucchevole e quella menta gelida che era il suo odore.
Corse a perdifiato, improvvisamente più che sveglio, sebbene ogni parte del suo corpo e del suo essere bruciassero di stanchezza. Entrò in dormitorio e scattò verso la doccia, dove ogni studente del sesto anno aveva messo la propria roba – spazzolino, dentifricio, crema da barba e bagnoschiuma. Fu proprio quello che Harry prese, il suo noioso bagnoschiuma che usava da quando aveva undici anni ed era entrato in quel mondo lì ad Hogwarts, quello che costava poco e che comprava nel supermarket non troppo lontano da Privet Drive, quello che gli bastava appena un pomeriggio di agosto speso là dentro e prendeva tutto il necessario per l'anno scolastico – all'infuori di libri e quant'altro di magico.
Quello stesso bagnoschiuma da quattro soldi che aveva sempre usato, nel quale l'odore se ne sentiva appena ma che l'etichetta ne vezzeggiava il buon profumo.
Olio di Argan.
Sull'etichetta c'era proprio scritto bagnoschiuma all'olio di Argan.
Forse l'odore si sentiva, dopotutto.


Fu Seamus, che era tornato in dormitorio per prendere il libro di Trasfigurazione che aveva dimenticato, a trovarlo ancora seduto ai piedi della doccia in bagno con il flacone del bagnoschiuma stretto tra le dita.
Forse lo chiamò più volte, ma non si accorse di lui fino a che non lo scosse con forza. «Harry? Oddio, amico, Ron e Hermione ti stanno cercando ovunque e tu eri qui a dormire? Devono proprio piacerti i bagni.»
«Già,» rispose, distrattamente «mi piacciono.»
«Stai bene? Domanda scema lo so, non stai bene, ma...»
«Sto bene.»
«Devo chiamare Hermione e Ron? Solo Ron?»
«Solo Hermione.»
«...solo Hermione?»
Annuì, sempre senza staccare gli occhi dall'etichetta del bagnoschiuma. Seamus, non senza avergli prima passato una mano sulla fronte per misurargli alla meno peggio la febbre, si alzò e sparì dal bagno per qualche minuto, socchiudendo la porta.
Poi tornò di nuovo, seguito da una Hermione vestita di un cipiglio preoccupatissimo. Più del solito, almeno. «Harry? Ron è alquanto offeso che tu non l'abbia voluto qui in bagno, ma ti perdonerà solo se è a rischio la tua vita. È a rischio la tua vita?»
Fu solo allora che staccò gli occhi dall'etichetta e li posò in quelli di Hermione. «Devo parlarti,» poi guardò Seamus, «da solo.»
Seamus capì subito l'antifona, sorrise e sussurrò alla ragazza un melodrammatico «Salvalo da se stesso» molto ironico, uscendo dal bagno.
Hermione lo ignorò, concentrandosi pienamente su Harry. Chissà che faccia aveva in quel momento. Si sentiva tutto il sangue alle ginocchia, quindi probabilmente era pallido come Ron quando trova per caso un ragno tra le lenzuola del suo letto. Si sedette di fronte a lui, e gli scostò le ciocche di capelli dagli occhi con tutta la dolcezza che aveva – ed Hermione era una delle persone più dolci che conosceva.
«Che succede, Harry?»
Lui non rispose. Anzi, non le disse proprio niente. Si limitò semplicemente a metterle tra le mani il suo bagnoschiuma e a indicarle l'etichetta che durante l'appena passata ora non aveva fatto altro che fissare, con il terrore che scomparisse.
Non si stupì quando Hermione sgranò leggermente gli occhi, quando lo lesse. Aveva capito subito, lei. Harry, probabilmente, se non fosse stato suo il bagnoschiuma non avrebbe capito fino a che non gli avessero fatto bere ogni singolo centilitro di quella roba.
«Wow. A quanto pare sei ricambiato.»
Fu un attimo. La stanchezza gli cadde addosso come dieci Bolidi contemporaneamente e sentì all'improvviso la gravità aumentare un po' troppo per la sua debole forza fisica.
In poche parole, svenne come una femminuccia.




Spazio Autrice:
Eccomi qui! Con questo capitolo (che ho adorato scrivere, credo sia uno dei miei preferiti) ho finito quelli che ho pronti da quando ho appena iniziato a pubblicare la storia, quindi forse (ma forse) gli aggiornamenti non saranno più ogni due giorni, ma in ogni caso non passerà comunque troppo tempo.
Ebbene, eccola qui, di nuovo l'Amortentia! Alcuni l'hanno richiesta e mi era sfuggito che sarebbe tornarta, e in effetti è arrivata XD
Ringrazio chi preferisce/ricorda/segue. Siete in molti a seguire questa storia, e non me lo aspettavo, e nonostante ringrazio anche i lettori silenziosi, ecco, mi farebbe piacere ricevere qualche recensione.
Grazie <3

Emily


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Capitolo 8
*** VIII ***





VIII


«Allora, ricapitoliamo, sapete che sono particolarmente lento su queste cose: l'Amortentia di Malfoy ha, a quanto pare, l'odore del bagnoschiuma di Harry. E secondo te, Hermione, anche l'altro odore che Malfoy sente – cos'era? I tavoli della Sala Grande? Che miseriaccia di odore è?! – è collegato ad Harry perché all'inizio dell'anno si incontravano sempre in Sala Grande, quindi, correggetemi se sbaglio, e perdiana spero di sbagliarmi, tutto ciò significa che Malfoy ha una cotta per Harry?»
«Salazar, Weasley, non è difficile,» disse Malfoy – Malfoy? – , «e hai dimenticato la parte dove Granger ha dichiarato che anche lo Sfregiato ha una cotta per me. Quindi non guardarmi come se fossi l'unica checca qua dentro!»
Un tonfo che Harry non capì bene da dove provenne, «Questo lo sapevo già da un bel po', brutto viziatello del cazzo, ma speravo che se non fosse ricambiato prima o poi si sarebbe messo l'anima in pace!»
«Ron!»
«Ah, che peccato, non hai idea di quanto mi dispiaccia aver rovinato i tuoi piani di famigliola felice con Harry Potter! Volevi accasare tua sorella? Mi sa che la Piattola ha qualcosa in meno che potrebbe non piacergli. Qualcosa in più non credo, non vedo particolari forme prorompenti nel suo fisico da sciacquetta.
«Malfoy, per favore!»
Un altro tonfo e il rumore di una sedia che strusciava sul pavimento, «Ti avverto, Malfoy, un'altra parola e ti spacco la faccia.»
Stanco di sentire i loro battibecchi, Harry afferrò la prima cosa che ebbe sotto mano – il cuscino sotto la sua testa e fu una fortuna rendersi conto di averne due, così sarebbe potuto ritornare a dormire – e lo lanciò alla cieca, senza neanche riaprire gli occhi.
Si girò su un lato e abbracciò il cuscino rimasto, cercando di mettersi più comodo possibile e continuare quel meraviglioso sonno senza sogni. Intorno a lui calò il silenzio, ma se ne curò poco.
Almeno, fino a che Malfoy non parlò. «Sua grazia vuole dormire. Donnola, Castorino, non siete i benvenuti, sciò.»
«Perché dovremmo andarcene noi?!»
Non ci fu risposta, ma dai rumori e dai fruscii che distrattamente Harry sentì, con molte probabilità Malfoy aveva mostrato qualcosa. Il dito medio, scommise con se stesso.
«Va bene, sì, devi parlarci da solo per ovvie ragioni, ma...»
«Ron, mi scoccia ammetterlo, ma credo davvero che dovremmo andarcene.»
«Ma Hermione...»
«Torniamo dopo, non lo lasceremo in sua balìa tutto il tempo!»
Sentì Malfoy sogghignare, «Venite a salvare il Salvatore, mi raccomando.»
«Ti diamo un'ora, Malfoy!» ringhiò Ron, la voce sempre più distante, fino a sparire dopo un tonfo sordo che, suppose, era una porta che si chiudeva.


In realtà, Harry non stava più dormendo e non aveva neanche più sonno. Non sentiva molto la stanchezza, ma sapeva di non aver dormito quanto bastava per recuperare le ore passate sveglio a guardare le tende del suo letto, ma capì che quelle poche ore – o minuti, boh – che aveva passato svenuto erano bastate per farlo pensare lucidamente.
E dato che stava decisamente pensando con lucidità in quel momento, si irrigidì pensando che adesso era da solo in una stanza con Malfoy. Era da solo con lui dopo quello che era successo nel bagno ad Halloween, e dopo l'ennesimo episodio con l'Amortentia – l'odore dei tavoli della Sala Grande e olio di Argan – era decisamente poco a suo agio. Non sapeva cosa aspettarsi da lui: una fattura? Una maledizione? Una dichiarazione?
Non voleva essere banale, ma Harry sperava nell'ultima opzione.
«Potter, fossi in te io mi darei una mossa e smetterei di far finta di essere nel mondo dei sogni. La Donnola ha detto che tra un'ora sarà già qui, e vorrei evitare di parlare di certe cose con lui presente.»
Harry sbuffò, col cuore in gola ma, appellando tutto il suo coraggio Grifondoro, si alzò e puntò gli occhi ancora appannati sul viso di Draco. Che era più vicino di quanto si aspettasse.
Erano in infermeria, si accorse distrattamente. Con molte probabilità, dopo il suo virile svenimento, Hermione e Ron l'avevano fatto levitare fino a farlo atterrare nelle amorevoli cure di Madama Chips.
«Non chiamarlo a quel modo, altrimenti lo giustificherei se iniziasse a chiamarti Furetto.»
Un fine sopracciglio volò fino all'attaccatura dei capelli. «Non lo fa già?»
Harry non seppe rispondergli. Si limitò a fissarlo in faccia, seppur con gli occhi appannati, vedendo come i capelli privi di gel cadevano in morbide ciocche intorno al viso e un po' sugli occhi, quegli occhi che lo stavano guardando divertiti ma con una scintilla strana che illuminava ancora di più il grigio delle iridi.
Brillavano così tanto che riusciva a vederli pure senza occhiali.
«Malfoy, spiegami.»
«Spiegarti cosa?»
Il déjà-vu colpì entrambi, ed entrambi sorrisero imbarazzati. O meglio, Harry sorrise e Draco ghignò come al suo solito – ma con qualcosa in più, che si illuminava un po' di più nei suoi occhi.
«Cosa vuoi che ti dica, Potter? Tu senti il mio gel nella tua Amortentia, e io sento il tuo orribile bagnoschiuma nella mia. Entrambi sentiamo qualcosa che ci fa terribilmente schifo. Di conseguenza, ad entrambi piace qualcosa che ci fa terribilmente schifo. Semplice.»
Cadde il silenzio, mentre Harry assorbiva appieno cosa significassero le sue parole.
«Io ti piaccio, Malfoy?»
Una smorfia. «Mi piace qualcosa che mi fa terribilmente schifo, ripeto.»
«Quindi io?»
Due smorfie, una seguita subito dall'altra. «Mi fai schifo, ma a quanto pare mi piace il tuo bagnoschiuma.»
«Merlino, ti costa tanto rispondere di sì?!» Harry sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. Sentì lo sguardo di Draco seguirgli la mano per tutta la durata del gesto. «Senti, io non so cosa sia successo, devi credermi. Prima arriva quello stupido gel per capelli che, oltre ad attentare alla mia vita in vari modi poco ortodossi, spunta come un ingrediente di troppo niente di meno che nella mia Amortentia. Poi tu che mi dici che nella tua hai sentito l'odore dei tavoli della Sala Grande e io penso, penso, penso e sebbene non sia abituato a pensare così tanto, l'unica cosa che mi veniva in mente era che l'unica volta che ho sentito un odore in Sala Grande che non fosse quello dell'arrosto che avevo davanti a pranzo e a cena era quando ero in Sala Grande la mattina con te. Ma continuavo a non capire, anche perché ero sempre stanco e ciò mi rendeva più tardo del solito. Poi è arrivato Halloween, dopo una delle peggiori nottate mai vissute, e ti sei presentato con quel costume, con quei capelli, con quegli occhi e io ci cado come una pera cotta e finalmente capisco perché l'Amortentia puzzava come i tuoi capelli. E sai la cosa che ha bruciato di più, però, quel è stata? Che tu dal giorno dopo non hai fatto altro che ignorarmi come fa una cacca nei confronti della mosca che gli ronza intorno, mentre io non facevo altro che sentire il tuo odore addosso anche quando quell'odore non c'era più. E ora questo.»
Gli occhi avevano vagato ovunque tranne che sul viso di Draco, mentre sfogava tutto quello che da mesi a quella parte teneva dentro. Vagando, fermò lo sguardo sul suo bagnoschiuma che era abbandonato sul comodino al suo fianco, accanto ai suoi occhiali, che con un gesto secco ed imbarazzato inforcò, riuscendo finalmente a vedere nitidamente ogni contorno di ogni figura.
Scommise che gli occhi di Draco, se li avesse guardati, avrebbero brillato ancora di più.
«Cioè, quello» precisò, indicando con un gesto il flacone, arrossendo fino alle punte dei piedi.
Draco non rispose subito e Harry, ad ogni minuto passato in silenzio, iniziava ad agitarsi un po' di più. Muovendosi a disagio, allungando le gambe lungo il letto, con coraggio alzò gli occhi su Draco e lo vide sospettosamente tranquillo, sul viso un espressione che sembrava più quella di uno che stesse riflettendo a lungo su qualcosa, piuttosto che quella di uno che aveva appena ricevuto una sottospecie di dichiarazione dal suo peggior nemico.
Aveva sperato di riceverla, invece era stato lui a fare una delle più brutte dichiarazioni di tutti i tempi.
Harry Potter, il Ragazzo-Che-Faceva-Schifo-A-Dichiararsi.
«Mi hai dato della cacca, Potter?»
«Hai capito altro in quel cazzo di discorso di merda che ho fatto oltre al fatto di averti paragonato ad una cacca?!» Si prese la testa tra le mani, sbuffando, con una strana voglia di piangere. «Lascia perdere, non importa.»
Cosa poteva pretendere, d'altronde? Era Malfoy! E Malfoy era un idiota.
Un bell'idiota. Uno spocchioso, antipatico, fastidioso, profumato idiota.
Per tutti gli dèi, era davvero, davvero, davvero fottuto. E non capiva neanche perché! Draco Malfoy rappresentava tutto quello che odiava, o non sopportava, o che non voleva per niente avere a che fare, eppure...
Eppure.
Eppure stava per piangere – e lui piangeva solo di notte, solo quando le ombre lo circondavano e gli strappavano via la sanità mentale – perché Malfoy pensava alla sua inesistenze somiglianza ad una cacca piuttosto che a... che a tutto il resto.
All'improvviso si sentì afferrare per il colletto della camicia e fu sollevato di poco, arrivando alla stessa altezza di Malfoy che troneggiava accanto al suo letto. Era scuro in volto, i denti appena digrignati dietro alle labbra socchiuse, gli occhi che brillavano lucenti puntati dritto nei suoi. «Non importa, eh?»
«Lasciami, maledizione!»
E ci fu il bacio.
Non il bacio che aveva desiderato, o immaginato. Un piccolo bacio a stampo, della durata di tre secondi netti. I tre secondi più lunghi e più belli di tutta la sua vita. Le labbra vibravano e pizzicavano anche quando quelle di Draco – morbide, terribilmente morbide e dal sapore di vaniglia – si allontanarono. Si stirarono, rosee, in una smorfia. Poi in qualcosa che somigliava ad un sorriso, ad un sorriso vero. Non un ghigno, non un sogghigno, non una smorfia. Proprio un sorriso.
Rimase a guardargli la bocca incantato ed estasiato.
«Non importa, dici? Bene. Sappi che non mi abbasserò di nuovo a baciare quella tua bocca disgustosamente bagnata di saliva. Se proprio ne vuoi un altro, fai tu.»
Lasciò il colletto e lui ricadde tra le lenzuola del lettino come un peso morto, senza ancora staccare gli occhi da quelle labbra, le stesse labbra che tempo fa l'avevano quasi fatto impazzire quando lui le mordeva mentre l'imbarazzo e il nervosismo lo coglievano.
«Ciao, Potter.»
Alzando delicatamente una mano, lo salutò con grazia e con altrettanta grazia lasciò l'infermeria.
Dèi.
Voleva baciare ancora quelle labbra.

Harry lasciò l'infermeria qualche ora dopo con una scorta di Pozioni Senza Sogno da usare con moderazione, quando ne aveva più bisogno. Camminando verso la Sala Comune, affiancato dagli immancabili migliori amici, cercava in tutti i modi di evitare di rispondere alle scomode domande di Ron.
«Si può sapere cosa ti ha detto quel Furetto maledetto? Quando siamo venuti a prenderti avevi una faccia! Sembrava che avessi sentito il canto di una Sirena!»
Beh, più o meno. «Eh.»
«Sembravi con la testa da tutt'altra parte!» E lo era. «Secondo me gli ha fatto qualcosa, 'Mione, guarda, anche adesso è incantato da non si sa che cosa!»
Harry sapeva bene, però, su cosa era incantato. Quel bacio aveva rappresentato i pochi minuti che ci volevano affinché Harry fosse cotto a puntino! E lo era! Cotto e stracotto! Ma come ci era finito in quella situazione? Come aveva fatto a finire con una cotta per Draco Malfoy, proprio lui tra tutti gli studenti di Hogwarts? Più ci pensava, e più capiva che se si fosse innamorato di Mirtilla Malcontenta, di certo la cosa peggiore che gli sarebbe potuta capitare era piangersi addosso per l'eternità nel bagno del settimo piano. Ora, per essere positivi, la migliore cosa che gli sarebbe potuta capitare stando con Malfoy era testimoniare a favore di suo padre e liberarlo dalla prigione.
E no. Mai. Cascasse il mondo, Lucius Malfoy non si sarebbe mosso da Azkaban.
In fin dei conti, però, Harry non riusciva a sentire vibrazioni negative nei confronti di Draco. A parte le loro solite vibrazioni negative.
Non sentiva, stando con lui, di essere in pericolo. E non voleva credere che Draco stesse facendo tutto quello solo per proprio tornaconto e liberare suo padre. Avanti, chi flirterebbe con il proprio nemico, soprattutto se tale nemico gli faceva ribrezzo, solo per mettere a piede libero un pazzo? Anche con le idee che gli avevano inculcato, Malfoy doveva aver capito che, arrivati a quel punto, era meglio stesse là dentro. Vero? Sperava. Sperava che non fosse anche lui un Mangiamorte come suo padre, almeno.
Però, cazzo, se ripensava alle sue labbra pensava spaventosamente che avrebbe fatto tutto quello che lui gli avrebbe chiesto, pur di ribaciarle.
«Vedi, Hermione? Non è qui! Non... non c'è, non con la testa, che diamine gli ha fatto Malfoy?! Giuro che se lo incrocio anche solo per sbaglio...»
«Vuoi sapere cosa ha fatto, Ron?» spazientito, Harry si fermò e guardò l'amico dritto negli occhi. «Mi ha baciato, ecco cosa mi ha fatto!»
E tutta la Sala Comune cadde in un silenzio profondo.




Spazio Autrice:
Ok, sono miracolosamente riuscita a finire il capitolo per tempo, però per il prossimo, dato che non sarò a casa questo fine settimana, probabilmente arriverà lunedì sera o martedì.
Allora? Che ve ne pare di questo capitolo? Ho adorato scriverlo, giuro XD
Ringrazio ancora le buone anime che hanno recensito <3 e le carissime persone che preferiscono/ricordano/seguono. Siete sempre di più! Ricordo che se lasciate una recensione non mi farete altro che piacere!
Grazie <3

Emily


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Capitolo 9
*** IX ***





IX


Invece di studiare, dato che le ore libere del pomeriggio servivano a quello dopotutto, Harry stava chiuso nel suo dormitorio, steso nel suo letto, a rigirarsi distrattamente la sua bacchetta tra le dita, mentre gli altri Grifondoro erano nel caos.
«Ragazzi, tutto questo è un complotto.»
«Sì! Un attentato contro Harry!»
«Probabilmente stiamo esagerando, non c'è niente di male, sono pur sempre ragazzi...»
«Hermione, non capisci la gravità della situazione. Sai bene che Harry è tonto per quanto riguarda i rapporti sociali, specialmente quelli amorosi, e Malfoy ne sta approfittando!»
«Certo, perché te ne sai di cose a riguardo, vero?»
«Zitto Seamus, è una cosa seria, Harry è in pericolo.»
«Di tutti i pericoli che inseguono Harry tutti i giorni, credo che Malfoy sia quello più innocuo.»
«Sei seria?! Stiamo parlando di Malfoy.»
«So chi è Malfoy, e ti ricordo che c'ero anche io in aula quando ha detto cosa sentiva nella sua Amortentia. Sono sicurissima che Malfoy non è indifferente ad Harry.»
«Mentiva, sono sicuro che mentiva.»
«Ragazzi,» Neville bloccò Hermione e Ron nel loro battibecco, indicando qualcuno dietro di loro, «credo che a Harry non piaccia granché che noi parliamo di questa cosa in questo modo.»
«No, assolutamente.»
Harry si era alzato e aveva assistito con un cipiglio spazientito almeno metà della discussione. Sapeva anche lui che probabilmente Malfoy lo stava prendendo in giro, o forse no, non lo sapeva neanche lui in realtà, però gli stava dando terribilmente fastidio sentir parlare di lui – di loro – in quel modo. Merlino, l'aveva solo baciato, no? Poco importava che lui non riuscisse ormai a pensare ad altro, e che stava già pensando ad un modo per poterne rubare degli altri – fai tu, gli aveva detto – non erano comunque affari loro. Sapeva come non cadere nelle trappole... più o meno.
L'anno scorso, nell'Ufficio Misteri, era caduto in una trappola con tutte le scarpe.
Ecco, ora era depresso.
Al diavolo tutti, «Sapete cosa? Non sono affari vostri.»
Detto quello, girò i tacchi e uscì dal dormitorio, attraversando veloce, inciampando a tratti, la Sala Comune e fermandosi subito dopo aver chiuso dietro di sé il ritratto della Signora Grassa.
Affranto e con il morale a terra – sembrava già fossero passate ere da quel bacio e dalla felicità che lo aveva travolto – si sedette sulle scale lì vicine, prendendosi la testa tra le mani e tirando leggermente le ciocche corvine strette tra le dita.
«Harry.»
Alzò il viso di poco, giusto appena per poter vedere il viso di Ginny e farle un sorriso tirato, per poi farlo ricadere di nuovo tra le ginocchia.
Non disse niente, Ginny. Si limitò a sederglisi accanto e ad abbracciarlo con un braccio sottile, senza aggiungere parole fuori luogo. Era così diversa da suo fratello. C'era anche lei, in Sala Comune, quando lui stupidamente si era lasciato sfuggire quel particolare che non voleva affatto rivelare, perché era una cosa privata. Una cosa che riguardava solo lui e Draco.
Se ne stettero in silenzio per un bel po' di minuti, forse mezz'ora. Ginny non se ne lamentò, e lui continuò a godersi le leggere carezze della ragazza. Ecco, non poteva innamorarsi di Ginny? Lei era perfetta per lui. Perfetta. L'adorava. Perché non poteva essere lei?
Semplice. Lei non era Draco.
Sbuffò, irritato, e stava per dire a Ginny che non importava, che stava meglio e che non c'era bisogno che stesse lì accanto a lui per tutto il tempo, perché ormai la fase "depressione" si era appena attivata e di certo non sarebbe passata in fretta.
Voleva cercare Malfoy, voleva trovarlo e voleva ancora parlargli, perché avevano ancora un sacco di cose da dirsi, e magari strappargli anche qualche bacio – meglio ancora se proprio un bacio come Merlino comanda – ma fu lui a trovarlo, alla fine.
«Ehw. Disgustoso.»
«Malfoy,» lo salutò Ginny, apparentemente tranquilla, mentre Harry si irrigidì tra le sue braccia – doveva preoccuparsi? Godric divino, l'aveva per caso sentito mentre lo chiamava nella sua mente? Era un po' inquietante pensare a lui, volerlo vedere, e farlo puntualmente apparire, «come mai sei arrivato adesso? Era almeno da mezz'ora che eri nascosto dietro quella colonna.»
«Non volevo disturbare il vostro rendezvous, ma devo ammettere che più passavano i secondi e più mi stavo per sentire male a guardarvi, quindi ho voluto esternarvi tutto il mio disgusto.»
«Be', allora direi che dovresti proprio prendere il mio posto» gli rispose Ginny, lasciando la presa su di lui per alzarsi, spolverandosi la gonna. La sua voce sembrava spazientita – Ginny odiava Malfoy, come tutti gli Weasley d'altronde – ma sembrò ingoiare il rospo.
Forse lo faceva per lui.
Ed infatti, «Non gongolare, Furetto, non lo faccio di certo per te» aggiunse sottovoce quando gli fu accanto, tanto che Harry fece fatica a sentirla. Ma la sentì lo stesso.
Quando Ginny non fu più in vista, Harry alzò infine lo sguardo e si scontrò con la smorfia schifata di Draco, nello stesso istante in cui la Signora Grassa stava per far uscire qualcuno dalla sua Sala Comune.
Draco stava per dire qualcosa, ma Harry non gliene diede modo. Non seppe neanche lui cosa gli prese, ma balzò in piedi e gli si buttò letteralmente addosso, facendogli battere la schiena contro la ringhiera delle scale dietro di lui e appiccicando le labbra alle sue. Be', voleva baciarlo, era il suo desiderio più grande da due ore a quella parte – e forse inconsciamente anche di più – ma quando lui gli aveva detto fai tu, sicuramente non si riferiva ad un attacco improvviso davanti al dormitorio Grifondoro.
Ma trovò la bocca di Draco morbida e aperta per lui, e che Voldemort lo uccidesse seduta stante se non ne avesse approfittato. Non lo stava neanche scacciando via di malagrazia, anzi, per un attimo sembrò quasi che lo stesse stringendo di più a sé e le sue labbra, decisamente occupate, tendersi in un sorriso. O meglio, un ghigno.
Si staccò da lui con uno schiocco. Vide che guardava alle sue spalle, «Cosa stai...»
«Shh» lo zittì, e riprese a baciarlo di sua spontanea volontà, affondando le mani tra i suoi improponibili capelli e la lingua nella sua bocca.
Avrebbe continuato a baciarlo e a farsi baciare per sempre, dimentico del nervosismo di poco prima, dimentico di tutti i dubbi che nutriva per Draco, dimentico di dove si trovasse e, soprattutto, di chi era appena uscito dal suo dormitorio. Non gli importava più niente.
Draco smise di baciarlo infiniti attimi dopo, «Hai sonno, Potter?»
«Non hai neanche idea quanto.»
«Bene allora,» Draco lasciò completamente la presa su di lui – le sue mani erano nei suoi capelli, nei suoi vestiti, e non sentiva alcun disagio quindi dedusse che non erano infilate in altri posti per ora proibiti – e sogghignò, squadrando qualcuno alle sue spalle, «andiamo a prendere in prestito un'aula in disuso, con i giusti incantesimi Gazza e quel gatto pulcioso non ci daranno problemi. Il bagno per ora lasciamolo solo per i tuoi problemi di incontinenza.»
«Ma non ho problemi di incontinenza..!»
Seguì Draco senza badare alla folla di Grifondoro che aveva avuto come spettatrice al suo assalto.


Trovarono una stanza abbandonata al terzo piano. Draco castò un paio di incantesimi per silenziare l'aula e chiudere la porta, nonché per tenere lontano chi non era gradito al momento – Gazza, suppose Harry, era forse l'ultimo dei suoi pensieri; non era propriamente lui che lo preoccupava.
Ne castò distrattamente altri per trasfigurare un tavolo e una sedia in un materasso e in un cuscino. Sembrò rendersi conto solo ora di quanto Draco fosse bravo in quasi tutte le materie. Più bravo di lui, almeno. Difesa Contro le Arti Oscure forse era l'unica eccezione, ma era l'eccezione che confermava la regola che Malfoy era molto più bravo di lui in tutto.
Era deprimente.
Harry rimase tutto il tempo a fissare i movimenti dell'altro in un angolo, seguendo il braccio dondolare e castare incantesimi come il pendolo di uno di quei vecchi orologi che una volta vide in un negozio di antiquariato, quelle rare volte che i Dursley lo portavano via da Privet Drive.
Quando ebbe finito, Draco si limitò a fissarlo in silenzio, indicandogli con un cenno il materasso.
«Non riuscirò a dormire.»
«Prova.»
«Non è un bagno, questo.»
«Ma ci sono lo stesso io» sorrise, «Non ti lascerò dormire di nuovo in un bagno, Potter, è meglio che tu inizi ad abituarti ad un letto. Tra l'altro, ora che mi ci fai pensare, ricordami che devo darti la fattura della mia lavanderia: ho dovuto portarci il mio costume di Halloween perché il tuo orribile trucco da altra sponda me l'ha imbrattato, e mi è costato un occhio. Non che non possa permettermelo, ma il minimo che tu possa fare è pagare con i tuoi bei galeoni.»
Harry annuì soltanto, avvicinandosi al materasso e stendendocisi sopra. Chiuse gli occhi.
Si addormentò solo quando sentì Draco stendersi al suo fianco.
Dormì per tutta la notte.


Si svegliò solo perché aveva una fame allucinante. Dopo essere uscito dall'infermeria e dopo aver discusso con i suoi compagni di casa, si era direttamente addormentato in quel letto improvvisato con Malfoy e saltando, così, la cena.
Anche Malfoy non doveva aver mangiato. Si guardò intorno e lo vide disteso di lato su quel materasso, con un braccio sotto al cuscino e l'altro a cingersi l'addome. Durante la notte doveva aver tirato tutte le coperte, perché le aveva tutte aggrovigliate intorno alle gambe e al busto. Solo distrattamente Harry si rese conto di avere un freddo cane.
«Maledetto, pure da addormentato tenti di farmi fuori.»
Si mise a sedere, passandosi una mano tra i capelli, suppose, più spettinati del solito. Lui e Draco dovevano parlare, ma parlare sul serio. Niente battutine, niente giri di parole, e ora non aveva neanche la stanchezza che lo faceva sembrare un ritardato, quindi decise che era il momento giusto per fare Il Discorso.
Non sapeva bene cosa aspettarsi da Draco. Se avesse avuto cattive intenzioni, gliel'avrebbe detto? Così a mente lucida, Harry avrebbe di gran lunga preferito che se Draco lo stesse prendendo in giro, avrebbe preferito saperlo, anche se ci sarebbe rimasto male.
Non molto, però. Era pur sempre Malfoy.
No, ok. Gli avrebbe spezzato probabilmente il cuore. Ma tanto il suo cuore aveva avuto già abbastanza batoste da poterne resistere un'altra, no? Prima Cedric, poi Sirius. Almeno Malfoy l'avrebbe abbandonato come loro, ma non sarebbe morto.
Represse un brivido, mentre lo scosse malamente per svegliarlo. «Malfoy!»
Era agitato e non sapeva bene per quale motivo. O per quale suo pensiero.
Draco mugugnò una parolaccia, mentre si metteva a sedere accanto a lui, con gli occhi ancora chiusi. Una bocca tanto bella quanto sboccata dovrebbe essere illegale. «Merlino, Potter, sei una piaga fin dalle prime ore del mattino.»
«Dobbiamo parlare.»
Aprì gli occhi e gli scoccò uno sguardo scocciato, «Ancora?»
«Seriamente però!» sbottò, mordendosi l'interno delle guance, «Sono serio, mi stai prendendo in giro? Ho avuto modo di pensare in infermeria, da solo, prima che Ron ed Hermione venissero a prendermi e iniziassero a tartassarmi l'esistenza, e se questo è un modo per farmi testimoniare a favore di tuo padre hai sbagliato di brutto. Loro non hanno ovviamente aiutato, mi hanno messo più ansia! Vuoi consegnarmi a Voldemort? Hai saputo che cado facilmente nelle trappole? Hai saputo che ho un cuore tenero e mi affeziono facilmente, non appena mi si mostra un po' di affetto? Cosa hai...»
«Ma hai sempre parlato così tanto?! È mattina presto, per Salazar, dove la trovi tutta questa voglia di parlare?!»
«Draco, per favore, ti sto chiedendo delucidazioni...»
E lo zittì.
Solitamente si sarebbe infuriato. Perdinci, voleva delle risposte! Voleva essere tranquillizzato, come quelle donne delle telenovelas che vedeva zia Petunia quando temevano che il marito le stesse tradendo e volevano che lui negasse. Ecco, Harry voleva proprio che Malfoy negasse ogni cattiva intenzione che aveva verso di lui, e che evidenziasse quelle buone. Se ce n'erano, di buone.
Ma, ecco, lui si sarebbe arrabbiato se l'avesse zittito con una mano, con un urlo, con una testata.
Non con un bacio, però.

Dio, si sentiva un debole. Un sottone. Ecco, già immaginava che ruolo avrebbe avuto semmai avrebbe fatto l'amor... fatto sesso con Malf... con un uomo.
Draco lo baciò con dolcezza. Non era né come il bacio a stampo dato in infermeria, né come quello irruento e bagnato dato fuori dal dormitorio Grifondoro. Era dolce, lento, dato perché voleva tenergli la bocca occupata in qualcosa di più piacevole del dire stupidaggini. La lingua di Draco gli carezzava prima le labbra, poi il palato, per poi intrecciarla con la sua.
Le sue labbra pizzicavano e nella sua pancia sentì come una vertigine. Ma era piacevole. Piacevolissimo. Sarebbe rimasto a baciarlo per sempre – e lo avrebbe sempre pensato, ogni volta che si sarebbero baciati, ogni volta che lo avrebbe immaginato, ogni volta.
Però dovevano parlare, eddai, dovevano! Non poteva restare con quei dubbi per sempre, aveva bisogno di risposte, e ne aveva bisogno subito!
Quindi mise fine al bacio dopo essersi goduto un ultimo morso leggero, poi poggiò le mani sulle spalle di Draco e lo allontanò. Ma non troppo.
Le parole che aveva bloccate in gola non uscirono subito perché rimase incantato dal rossore sulle guance di Draco e dalle sue labbra gonfie e lucide. Lui sbuffò e decise di parlare lui, «Se serve per tornare a velocemente a pomiciare, no, Potter, puoi stare tranquillo. Non voglio che mio padre esca da Azkaban, non ho ormai più nulla a che fare con lui. E non ti consegnerò al Signore Oscuro perché non ho nulla a che fare neanche con lui – e mai vorrò, sia ben chiaro. Se non mi credi, puoi spogliarmi e guardarmi il braccio» e ghignò.
Si spinse di nuovo verso Harry, ma lo fermò di nuovo. «Allora perché?»
«Perché cosa?»
«Perché stai... perché hai... perché me...»
«Perché mio padre è ad Azkaban,» rispose solo, accarezzandogli la leggera peluria nascente sulla sua mandibola con due dita, «e ora sono libero io. Adesso scelgo con la mia testa, non con la sua.»
Harry lo guardò a bocca aperta, la testa completamente vuota.
«Anche se devo ammettere che mi hai aiutato molto ad avvicinarmi a te. Mi aspettavo prima qualche altra scazzottata, prima di finire insieme a letto,» rise, e rise davvero di cuore, indicando dov'erano seduti in quel momento, «mi hai stupito con l'odore della tua Amortentia, ma... ammetto... a malincuore, che mi ha fatto molto piacere.»
Harry gli saltò completamente addosso, baciandolo con la testa ancora leggera ma con il cuore che urlava felice.
E non parlarono più.




Spazio Autrice:
Perdonatemi il ritardo, ma ho finito di correggerlo adesso e ho subito pubblicato! Se mi è sfuggito qualche errore, fatemelo sapere!
Che ve be pare del capitolo? Vi avviso subito che è previsto solo un altro capitolo + epilogo (l'avevo detto che non sarebbe stata molto lunga come storia!) un po' mi spiace terminarla, mi è piaciuto molto scriverla.
Ringrazio tutti! Chi preferisce, segue e ricorda! Aumentate sempre di più!
Ricordo, proprio perché siete in molti, di farvi sentire talvolta, per dirmi cosa pensate della storia! Mi farebbe piacere sentire le vostre opinioni!
Grazie <3

Emily


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Capitolo 10
*** X + EPILOGO ***



X


Saltarono le lezioni del mattino, quel giorno. Rimasero tutto il tempo a parlare, Harry aveva troppe domande e Draco, scocciato, prendendolo a male parole, aveva tutte le risposte. Arrivarono all'ora di pranzo che erano affamati ma soddisfatti, almeno sul piano psicologico, e finalmente tutto aveva un senso.
La parte più difficile fu, però, andare in Sala Grande.
«Insieme?»
«No,» Draco scosse la testa e incrociò le braccia al petto, «niente mano nella mano, Potter.»
«Ma no, dico... insieme? Cioè, intendevo, entriamo contemporaneamente o prima uno e poi l'altro?»
Draco alzò anche le sopracciglia, mostrandosi come un quadro di un bellissimo uomo scettico, «Scusa, Potter, perché dovremmo farlo dato che tutti i Grifondoro, tutti, hanno visto come mi hai baciato davanti al tuo dormitorio?»
«Ah, già.»
«E poi ne staranno già parlando, no? Non ci hanno visto per tutta la mattina, quindi: o stanno pensando che ti ho ucciso in qualche angolo buio di Hogwarts, oppure che ti ho scopato in qualche angolo buio di Hogwarts.»
«E tanto vale confermare?»
«Tanto vale confermare che non ti ho ucciso.»
Harry scosse il capo, senza però evitare di sorridere. Merlino, si sentiva così felice, felicissimo come mai era stato. Voleva dormire tutte le notte con Draco perché erano le notti più belle della sua vita, senza Dissennatori né incubi, ma solo il suo caldo respiro tra i capelli. Voleva sentire sempre nella sua Amortentia l'odore di Draco, ed essere sicuro che Draco sentisse il suo. Voleva inebriarsi della vaniglia e della menta che era la pelle di Draco, e voleva che Draco sentisse il desiderio di lavarsi con il suo economico bagnoschiuma Babbano.
Sorridendo largamente, aprì il portone della Sala Grande, e tutti gli occhi di tutta la scuola si posarono su di loro.
Che vedessero pure, non gli importava.
Che guardassero pure quanto era felice.


«Volevo parlarvi.»
Ron ed Hermione alzarono lo sguardo in contemporanea dalle loro pergamene. Intorno a loro, la biblioteca era in un silenzio tombale. Alcuni Tassorosso lì vicino affondarono il naso nei loro libri, mentre altri Serpeverde – seppur in silenzio – guardavano sfacciatamente cosa stava per accadere.
Draco non c'era. Non lo vedeva da dopo la lezione di Pozioni.
Hermione gli sorrise calorosamente e gli fece posto. Ron, invece, mise da parte da sua pergamena e lo guardo fisso con gli occhi cristallini.
«In realtà dobbiamo parlarti noi.»
«Tu, Ron,» lo corresse Hermione, «devi parlargli tu.»
«Io, sì» sbuffò. «Ecco, Harry... volevo chiederti scusa. Ero arrabbiato fino a stamattina, ma... ho visto a pranzo com'eri, ed eri riposato e felice. Non ti vedevamo così da mesi, nonostante le Pozioni tranquillanti che ti mettevamo nel succ...»
«Ron!» Hermione lo schiaffeggiò.
«Miseriaccia.»
«Voi cosa?!»
Non gli risposero. Harry, mantenendo la calma, aggiustandosi con un tic nervoso gli occhiali, portò lo sguardo su Hermione e fece: «Hermione, parla.»
«Ti vedevamo sempre stanco e non riuscivi a dormire, così durante la colazione e il pranzo ti mettevamo un po' di Pozione calmante nel succo di zucca così potevi riposare durante le lezioni, avevamo il permesso dei professori e di Silente, però!»
«Tranne Piton, ovviamente» aggiunse Ron. Poi sembrò rendersi conto di qualcosa, «Hey! Picchi me perché mi lascio scappare le cose e poi te gliele riveli così come se nulla fosse!»
«Se tu non ti fossi lasciato scappare niente, magari!»
«Ok, ok,» fermò il bisticcio, sorridendo, «grazie, ragazzi. Magari avrei preferito sapere cosa stavo bevendo, ma immagino fosse a fin di bene.»
«Era a fin di bene, Harry!»
«Quindi, per il mio bene, accetterete anche la mia... il mio... la mia... relaz... conoscenza con Draco?»
Non avevano ancora parlato su cosa erano, Harry aveva dato precedenza a cose che gli premevano di più. Infondo, etichettare Draco come suo ragazzo, fidanzato o chissà altro, poteva aspettare, no? Avevano tutto il tempo.
Ron fece una smorfia, «Draco?»
«Malfoy, Draco Malfoy» si corresse Harry, arrossendo.
«Certo che lo accettiamo. Lo accettiamo entrambi. Vero, Ron?»
Ron non rispose subito, ma dopo una gomitata di Hermione, sbuffò e annuì. «Ma appena ti fa qualcosa gli spacco la faccia tante volte quanto ho voluto farlo in questi giorni!»
I Tassorosso risero ancora nascosti dietro i loro libri, mentre i Serpeverde, indignati, smisero di prestare loro attenzione.
Li abbracciò in modo goffo e stava per dire loro quanto li adorasse e quanto sarebbe perso senza di loro, ma ovviamente doveva immaginarsi che non avrebbe potuto essere felice per più di qualche giorno.
Perché Piton li interruppe, sul viso un'espressione disgustata ma negli occhi una scintilla di preoccupazione brillava senza pudore. «Mi dispiace interrompere questo teatrino insulso, ma il Signor Potter è atteso nell'ufficio del Preside» si girò per andare via, ma prima di sparire aggiunse, «Da solo.»
E come si era aspettato... non erano buone notizie.
Non per l'Harry felice che voleva passare ancora un po' di tempo con Draco.


Doveva andarsene.
Dopo la discussione avuta con Silente, aveva deciso insieme a lui di partire e andare alla ricerca degli Horcrux e distruggerli, così avrebbero indebolito Voldemort. E avrebbero finalmente vinto.
Era per il bene superiore. Harry non poteva fare l'egoista, non in questo contesto, e nonostante l'unica cosa che desiderava fosse restare lì con Draco – e dannazione, proprio in quel momento, proprio quando si erano chiariti, avevano sprecato così tanto tempo! – doveva andarsene.
Ron ed Hermione sarebbero potuti venire con lui, aveva il permesso di Silente di dir loro tutto.
Ma Draco no. Draco sarebbe stato trattato come un traditore, e non poteva permettersi di metterlo in pericolo solo perché non voleva allontanarsi da lui.
E non aveva tempo neanche per salutarlo.
Scrisse un biglietto e qualche lacrima traditrice bagnò la pergamena, poi la diede ad Edvige. «Portala a Draco Malfoy» le disse, dandole un biscotto.
Dietro di lui, Hermione e Ron si stavano abbracciando e lo guardavano tristi.
Si girò verso di loro e sorrise con le guance bagnate. «Andiamo a vincere.»


Quando torno, quando, giuro che ti darò tutto ciò che vuoi.
Sì, Draco, anche il culo.
Ti prego, aspettami.

HP.



EPILOGO


Due anni.
Due fottutissimi anni.
In quei due anni, era successo di tutto – Draco non sapeva da dove iniziare. Be', principalmente i suoi problemi erano iniziati proprio quando il fottuto Salvatore del Mondo Magico – ribattezzato così da qualche mese a questa parte – aveva deciso di lasciarlo senza dirgli nulla.
O meglio, dicendo qualcosa. Tre frasi striminzite scritte in un foglietto.
Foglietto che tutt'ora Draco stringeva tra le dita, lo faceva ormai tutte le sere, aspettando il suo ritorno.
Non era perché gli avesse promesso sesso sfrenato – gli aveva promesso qualsiasi cosa – e quello era come un contratto firmato al quale, quando sarebbe arrivato il momento, non avrebbe potuto sottarsi. O almeno, non solo. Lo rincuorava un po' leggere ogni volta il quando torno, e non il se torno.
Si sarebbe avadakevadrizzato piuttosto che ammettere l'ingiustizia della cosa, e che Harry, infondo... infondo gli mancava. Ok, senza infondo, gli mancava da morire, e bruciava così tanto aver avuto così poco tempo a disposizione! Quando sarebbe tornato, gli doveva molto più del culo.
Gli doveva del tempo.
Il Signore Oscuro era morto definitivamente due mesi prima, ma Draco ancora non aveva ricevuto notizie di Harry Potter. Suo padre era ancora in carcere e sua madre, quando le cose avevano iniziato a mettersi male, se n'era andata in Francia. Draco era rimasto da solo al Malfoy Manor, buio, vuoto e spettrale, mai stato così spaventoso.
Eppure neanche gli toccava, quel posto, come eredità. Suo padre l'aveva rinnegato, ma continuando a tenere il suo cognome, dopo la dipartita del Signore Oscuro, tutti i suoi averi gli erano toccati di diritto. Grazie anche al fatto che si era tenuto lontano dalla guerra, da vigliacco che era, altrimenti sarebbe andato tutto in beneficenza. Rabbrividì a quel pensiero.
Erano due mesi che si era stabilito lì. Prima aveva continuato la scuola, allontanandosi da tutto e tutti, non parlando neanche più con Pansy e Blaise. Si era diplomato con il massimo dei voti, rinfacciando ad un fantasma di Harry di come lui fosse riuscito a finire la scuola e lui non era stato capace neanche di far quello.
E poi il non fantasma aveva vinto la guerra, chissà come.
Lui e i suoi amichetti, però, chissà che fine avevano fatto. Forse stavano festeggiando in qualche tugurio degno degli Weasley – mentre Potter si era dimenticato che Draco lo stava aspettando, e lo aveva sempre aspettato. Salzar, non voleva essere sdolcinato ma lo avrebbe, probabilmente, aspettato per sempre.
Dei tonfi leggeri echeggiarono nel salone.
«Padron Malfoy, c'è un ospite.»
Senza rispondere all'elfo domestico, marciò verso il portone. Fuori pioveva a dirotto, non dando tregua a nessuno. Tirava vento, tanto vento. Ma avrebbe scacciato di malo modo lo stesso lo scocciatore di turno, perché ne aveva abbastanza degli scherzetti stupidi che continuavano a rifilargli.
Come volevasi dimostrare, alla porta c'era Harry.
Indossava un lungo mantello nero, e il cappuccio dello stesso colore era alzato per coprirlo dalle forti intemperie. Nulla che non avesse visto già.
«Draco!»
«Potter.»
Harry sospirò, tormentandosi le dita. Anche quella era una scena già ripetuta. «Mi... mi dispiace. Del ritardo, dico. Ho fatto prima che ho potuto, lo giuro! Dovevo solo, uhm, mettere a posto determinate cose, ma ora... sono venuto. A cercarti, dico. Sono tornato.»
La barba era cresciuta, probabilmente era da tanto che non se la radeva. Anche i capelli morbidi ma orribili erano lunghi almeno fino alla spalla. Non li tagliava da mesi, sicuramente.
Non gli rispose, ma gli chiuse la porta in faccia.
Fece pochi passi per tornare al salone, per affogare ancora negli stessi pensieri che gli stavano facendo compagnia da due anni a quella parte, quando, di nuovo, qualcuno picchiò sul legno del portone. Stavolta più forte, però.
«Draco! Apri, per favore! So che sei arrabbiato, ma...»
«Arrabbiato?» aprì il portone, gli occhi rossi di rabbia repressa. Harry lo guardò fisso, arretrando di un passo. «Non sono arrabbiato. Sono stufo. Stufo di voi che vi presentate davanti alla mia porta con le sue sembianze e alimentate stupidamente le mie speranze, per poi prendermi solo in giro!»
«Cosa?»
«Sono mesi che puntualmente un Harry Potter si presenta da me, sorridendo, dicendo che è tornato. Mi considerate così stupido? Credete che non riesca a riconoscere l'originale da una sua pallida imitazione con la trasfigurazione umana? Idioti. Idioti e vigliacchi!» urlò.
Harry si scurì in volto, e fece un passo verso di lui.
«Draco, sono davvero io.»
«Lo dicono sempre tutti. Ma non ci sono mai caduto.»
«Posso provarti che sono io.»
Ghignò, «Prego.»
Harry si morse il labbro inferiore, poi sospirò. «Durante la guerra... avevo un nome in codice.»
«Un nome in codice.»
«Sì. Questo non lo sa nessuno, se non i miei più stretti amici, che non farebbero mai una cosa del genere come prendere le mie sembianze – ma che idiozia è?! Draco, giuro che dirò a Ron di castare un po' di Incantesimi Urticanti per loro! – per tenersi in contatto con me, sai. Per dirmi cosa stava succedendo in mia assenza, cosa Voldemort stesse facendo, senza però far capire ai Mangiamorte che li intercettavano chi fossi in realtà. Il nome in codice era... gel per capelli.»
«Gel per capelli.»
«Il tuo gel per capelli. Me lo facevano capire, che intendessero proprio quello» ridacchiò.
Nessuno di loro gli aveva mai detto una cosa del genere. Di solito, i falsi Harry Potter gli rivelavano cose che sapeva già, che sapevano tutti. Erano degli imbroglioni che andavano ad imbrogliare senza una buona scusa da usare.
Ma il ragazzo davanti a lui era davvero Harry Potter. Le labbra piene erano le sue, i falsi non riuscivano mai a trasfigurarle così bene. E anche gli occhi, nascosti dietro gli spessi occhiali, erano grandi e brillanti, di un verde che non aveva mai visto se non su di lui. Sul vero Harry Potter. Sul suo Harry.
«Potter... Harry.»
Harry sorrise, e le guance si tinsero di rosa, nel grigiore di quella giornata fredda e piovosa. «Sì.»
«Era l'ora! Ci hai messo troppo!»
Lo baciò mordendogli le labbra per fargliela pagare, pagare per tutto. Per l'abbandono, per non avergli mai scritto, per non essersi presentato subito da lui, per tutto il tempo perso, per gli scherzi di pessimo gusto e per la solitudine che adesso stava pian piano andando via per, sperando, non tornare mai più. Lo baciò mangiandogli la bocca e succhiandogli la lingua, e i gemiti di Harry non li aveva mai sentiti ma sembravano dire "sono io e sono tornato".
Lo lasciò andare solo per trascinarlo dentro casa, tirandolo verso una delle camere degli ospiti del primo piano – non aveva voglia di salire le scale e perdere ancora del tempo prezioso.
«Draco?» Il suo respiro era affannato.
«Mi devi il culo, Potter. Te ne sei dimenticato?»
Harry rise, «No. Ti ho promesso qualunque cosa. Ti darò qualunque cosa.»
«Merlino, come sei stucchevole.»
Lo lanciò sul letto fresco e profumato, baciandogli la mandibola e il collo. Era leggermente sudato, e il suo odore spiccava buono e salato sulla sua lingua. Rischiava seriamente di innamorarsi senza neanche vergognarsi! Suo padre, se fosse morto, si starebbe rivoltando nella tomba.
Ma Lucius non era morto, e a Draco non fregava più niente di quello che lui pensava.
«Sai che quel tipo di gel l'ho usato solo al sesto anno? Prima ne usavo un altro. Mi ha portato così tanta fortuna che ne ho comprate venti confezioni. Nel secondo cassetto ne ho un tubetto, potremmo usarlo come lubrificante.»
«Scordatelo, Malfoy!»
Lo guardò ed era bello, purtroppo. Lo vedeva bello pure con la barba poco curata, i capelli spettinati riversi sul cuscino e gli occhiali storti sul naso. Era bello e non era giusto che lo vedesse così bello anche dopo due anni. Non è giusto che gli fosse mancato così tanto.

Lo guardò. Poi ghignò e si leccò le labbra. «Allora useremo altri mezzi per aprirti, Potter.»
Harry rise, anche se sbiancò preoccupato.
Ma era felice, Draco lo vedeva. Era felice così come era felice lui.
Gli avrebbe ridato tutto il tempo perso.
Fecero l'amore, quella notte.
Per tutta la notte.




Spazio Autrice:
E siamo arrivati alla fine.
Questa storia - e il titolo - è praticamente nata dal epilogo. Ho scritto prima quello che il primo capitolo XD
Questo capitolo + epilogo dovrebbe riempire tutti i buchi di trama, più o meno. Se qualcosa non vi torna, sarei ben felice di poter rispondere alle vostre domande!
Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita in questo piccolo e breve viaggetto. Ho amato scrivere questa storia, perché era leggera, non ho dovuto penare per scriverla. E' stata divertente e spero di aver divertito anche voi.
Ringrazio anche le tantissime persone che l'hanno seguita, e le altrettante che hanno messo tra i preferiti e le ricordate.
Grazie mille di cuore <3

Emily


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