La giusta via di Sophja99 (/viewuser.php?uid=845359)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non ricorderai i passi che hai fatto nel cammino ***
Capitolo 2: *** Ma le impronte che hai lasciato ***
Capitolo 3: *** The way home ***
Capitolo 1 *** Non ricorderai i passi che hai fatto nel cammino ***
1
Non
ricorderai i passi che hai fatto nel cammino
22
dicembre
Megan
diede un calcio ad un sassolino, per ingannare l'attesa e sfogare la
stizza che provava, e rimase ad osservare le nuvolette di condensa
che uscivano dalla sua booca tutte le volte che respirava. Non era
abituata ad un freddo tanto pungente; per questo, appena uscita
dall'edificio, aveva subito chiuso la cintura lampo del giacchino
fino al collo, per poi cingerlo con una pesante sciarpa e coprirsi le
mani con dei guanti. Finalmente, dopo qualche minuto, che, tuttavia,
le parvero un'eternità, vide una macchina nera svoltare
l'angolo e
fermarsi di fronte all'uscita dall'aeroporto di
Lourdes-de-Blanc-Sablon, al nord del Canada. Il mezzo si
fermò
davanti a lei e Megan, riconosciuta subito la figura che sedeva al
volante, si sbrigò a riporre le due valige che si era
portata dietro
nel portabagagli. Quindi, una volta aperta la portiera, si
fiondò
nella macchina, per proteggersi dal gelo di dicembre.
«Però,
non è male questa macchina» affermò
Megan, gettando lo sguardo sul
cruscotto e intorno a sé, mentre aspettava di scaldarsi
prima di
iniziare a spogliarsi.
«Ovvio
che lo è» ribatté la madre, Aline.
«Con quello che è costata!»
«Capirai!
Per quattro giorni... Di certo non è nulla rispetto
all'aereo»
Megan roteò gli occhi.
«Ti
ho vista. Smettila di farlo» la riprese Aline.
«Certo...»
Megan voleva bene a sua madre, naturalmente, ma certe volte il suo
comportamento la faceva proprio impazzire. Non era una di quelle
severe e rigide, che non permettevano ai propri figli di fare nulla,
ma, anzi, era l'esatto opposto. Perennemente sbadata e con la testa
fra le nuvole. Megan sapeva che non lo faceva apposta, ma talvolta
proprio non riusciva a sopportarla e puntualmente finivano ad urlarsi
contro, la madre che la sgridava e lei che la ignorava o le
rispondeva male. Ultimamente, poi, la situazione era anche
peggiorata: non riuscivano a passare una sola giornata senza
litigare. Forse era proprio quello uno dei motivi che avevano spinto
la madre a proporle un viaggio in Canada, dai suoi genitori, per
natale, da cui l'aveva portata solo una volta da quando Megan era
nata (ed ora aveva diciassette anni).
Dopo
qualche minuto l'aereoporto sparì e lasciò il
posto alle case di
Blanc-Sablon dai tetti a punta tipici di quelle zone fredde,
contornate da una lunga e desolata landa interamente ricoperta di
neve. In lontananza Megan poteva scorgere la costa e il mare, sebbene
a quella distanza non riuscisse a definirlo bene e capire se fosse
ghiacciato oppure no.
«Mamma»
la chiamò di punto in bianco Megan, rompendo l'innaturale
silenzio
che si era andato a creare nell'abitacolo.
«Sì?»
rispose quella, senza staccare gli occhi dalla strada.
«Sei
certa di ricordare la strada per il paese dei nonni? Non sarebbe
meglio comprare una mappa?»
«Credi
che mi sia scordata tutto?» ribatté l'altra, quasi
con ripicca.
«Tranquilla; la tua avveduta madre ricorda benissimo il
percorso.»
«Ok,
ok» affermò Megan, interrompendola prima che si
tuffasse in un
altro dei suoi lunghi e interminabili discorsi. «Allora
quanto è
lontano da qui?»
«Penso...»
la madre fece una pausa, riflettendo. «Due ore?»
Fantastico...
pensò
Megan. Altre
due ore da sola con mamma. Accese
la radio per colmare il silenzio che la faceva sentire a disagio.
Per
un po' trascorse il tempo a guardare il paesaggio dalla finestra, ma
presto si cominciò ad annoiare e a muovere inquieta sul
sedile, che
iniziava a sembrarle incredibilmente scomodo. Cercò di
prendere
sonno, ma tutte le volte che chiudeva gli occhi e finalmente
sprofondava nell'inconscenza, veniva puntualmente svegliata dalla
macchina sballottata dalle pietre della strada o dal minimo rumore,
come la musica della radio. Guardò l'orologio della
macchina: era
passata solo un'ora, quando le era parsa un'eternità. Rimase
quasi
delusa.
«Mi
annoio...» bofonchiò Megan, guardando
distrattamente la strada
davanti a lei.
«Dai
che siamo quasi arrivate!» affermò la madre,
stranamente euforica.
«Pensa che poi potrai darti alla pazza gioia con lo shopping
e il
divertimento, tutto con tua madre.»
«Non
vedo l'ora» mormorò la ragazza, tutt'altro che
esultante all'idea.
«Andiamo!
Sarà divertente. E così potremo passare
più tempo insieme»
affermò Aline, rivolgendole un sorriso a trentadue denti.
«Che
bello» fu l'unico, atono commento della ragazza, che si
richiuse di
nuovo nel suo mondo, guardando fuori dal finestrino e cercando di
ignorare la presenza della madre.
Non
riusciva proprio a capire perché sua madre avesse a tutti
costi
deciso di portarla in Canada per le vacanze di natale. Quando Aline
le aveva comunicato di aver comprato due biglietti per l'aereo per
Blanc-Sablon,
lei inizialmente era rimasta attonita, senza riuscire a realizzare
cosa le avesse appena detto, e, subito dopo aver capito, si era
arrabbiata, e anche molto. Si era già organizzata per
passare tutto
il suo tempo libero con le amiche e, invece, tutto a un tratto
saltava fuori sua madre, estasiata, con la ricevuta in mano del
pagamento dei biglietti. Inutile dire che aveva dato in escandescenze
e aveva minacciato di non venire con lei e far andare sprecati i
soldi spesi per il suo biglietto, ma il giorno successivo, quello che
doveva passare a casa del padre, poiché i suoi genitori
avevano
divorziato pochi anni prima, questo, sicuramente avvertito da Aline,
aveva cercato di calmarla e farla ragionare, facendole comprendere
che le avrebbe fatto bene una vacanza per riposarsi e, soprattutto,
andare ad incontrare i nonni che non vedeva ormai da troppo tempo.
Megan, alla fine, si era lasciata convincere dal padre ad accettare,
nonostante la prospettiva di passare cinque giorni sola con la madre
e con parenti che a malapena ricordava le facesse accapponare la
pelle.
Si
chiese quando il rapporto con Aline fosse diventato così
complicato:
lei aveva sempre avuto un legame più forte con il padre e il
divorzio non aveva fatto altro che dividerla ancora di più
da sua
madre. Certo, da piccola non aveva sentito tanto il distacco, sebbene
si fosse ben resa conto che i suoi genitori non vivevano più
insieme
e avesse sofferto molto per questo, mentre con il passare degli anni
la frattura che si era creata con la madre si era ingigantita sempre
di più e il loro rapporto era andato a rotoli. Una parte di
lei si
dispiaceva per questo, ma non riusciva proprio a farci nulla e
certamente la madre non le rendeva le cose più facili, con
il suo
carattere a tratti un po' infantile e difficile.
Mentre
guardava le lande imbiancate fuori dalla macchina, contornate dai
colori arancioni, rosa e viola del tramonto inoltrato, cercò
di
distogliere la mente da quel sofferto argomento e si chiese, invece,
come mai i nonni avessero deciso di andare a vivere proprio
lì, a
Red bay, uno dei pochi centri abitati della zona. Nulla a che vedere
con le metropoli degli Stati Uniti che da sempre sognava di visitare;
le veniva quasi da piangere a pensare a quanto queste fossero vicine
al Canada e a lei, - molto più dell'Inghilterra -, quando,
invece,
lei era costretta ad andare in un paese dimenticato da tutti,
probabilmente anche dai suoi stessi abitanti.
Dopo
un quarto d'ora, del sole non rimanevano altro che pochi raggi, che
ancora mandavano barlumi di luce sulle tonalità
dell'arancione, ma,
tuttavia, questi già lasciavano il passo all'azzurro e il
blu del
cielo, in più punti coperto da grandi nuvole che facevano
presagire
maltempo. Man mano che i minuti passavano, la luce del sole si faceva
sempre più debole, mentre l'oscurità della notte
avanzava senza
tregua. Nonostante Megan non avesse alcun interesse a rimenere in
quelle terre fredde e sperdute, doveva ammettere che il panorama
fosse meraviglioso: l'orizzonte non era coperto da case o montagne e
poteva vedere chiaramente ogni passaggio del sole, che sembrava
letteralmente tuffarsi sotto la terra.
«Quanto
manca?» domandò Megan, assonnata, ma attenta a
qualunque cartone
stradale che potesse indicare quanto ancora fossero distanti dalla
città, sebbene questi non sembrassero esserci.
«Dovremmo
arrivare tra mezz'ora» rispose Aline, mentre mandava la
macchina a
tutta birra sulla strada. All'improvviso i fanali accesi illuminarono
un cartello molto più piccolo rispetto a quelli che si
trovavano in
Inghilterra, ma Megan riuscì solo a vedere che indicava
un'altra
strada di un bivio che la madre, nella velocità a cui andava
la
macchina e per l'oscurità, non aveva notato, e a leggere la
parola
Red.
“Red
di Red
Bay? La città dei nonni?” si chiese Megan,
nonostante il sonno
accumulato dal giorno di viaggio in aereo. «Mamma»
la chiamò,
subito allarmata.
«Sì,
tesoro?»
«Credo
che abbiamo sbagliato strada.»
«Ma
cosa dici?» ribatté la madre, sorridendo.
«Ho
visto il cartello di Red Bay che indicava dall'altra parte. Come
cavolo hai fatto a non accorgertene?»
«Megan,
ricordo bene la strada per Red Bay ed è tutta dritta.
Sarà stato il
sonno a fartelo immaginare. E poi non dire certe parole davanti a
me.»
«Perché
non mi credi mai?» Megan alzò la voce.
«Abbiamo sbagliato strada!
E, tanto per la cronaca, cavolo
non è
una parolaccia e penso che a diciassette anni posso anche usare
parole da adulta, come caz...»
«Non
ci provare!» la interruppe la madre, coprendo con voce
imperiosa la
fine della frase. «Fino a prova contraria sei ancora
minorenne e
sotto la mia autorità: perciò, in mia presenza,
non si dicono
parolacce e si fa quello che dico io, capito?»
Megan
sbuffò. Quando sua madre si impuntava, non c'era verso di
convincerla del contrario. «Capito» disse, suo
malgrado. «E allora
come la mettiamo con il cartello?»
«Continuiamo
finché non arriviamo a Red Bay.»
«Toglimi
una curiosità: quando è stata di preciso l'ultima
volta che sei
venuta qui?»
«Quando
ci ho portato te: tredici anni fa.»
«Grandioso»
rispose la figlia, che aveva solo pochissimi ricordi di quella
vacanza, poiché allora aveva cinque anni. I pochi che
rammentava li
aveva recuperati guardando le foto scattate con i nonni.
«Avremmo
fatto meglio a comprare la mappa.»
Stranamente,
la madre non commentò; si limitò a gettarle uno
sguardo scocciato,
prima di volgere nuovamente la sua attenzione alla strada. Megan
chiuse di scatto la radio, che già da un po' non mandava
più
segnale e aveva iniziato a trasmettere solo un rumore fastidioso.
«Potresti almeno rallentare?» domandò
poi, irritata, la ragazza.
«Così magari riesco a vedere qualcosa.»
Aline
emise uno sbuffo, anch'essa piccata, ma la velocità a cui
andava la
macchina diminuì leggermente. I minuti passavano e di Red
Bay non
c'era nemmeno l'ombra. Dopo un'altra mezz'ora di viaggio, a Megan
sembrava ovvio che avessero sbagliato strada, per colpa della
cocciutaggine della madre, ed ora non c'era più verso di
tornare
indietro, poiché si stava facendo tardi e anche la benzina
si stava
iniziando ad esaurire. Non potevano far altro che continuare e
sperare di trovare un distributore e un albergo di fortuna, ma quella
strada e i d'intorni sembravano totalmente deserti. Non c'era neanche
l'ombra di centri abitati. Mentre Megan era impegnata in questi
pensieri, si accorse da lontano che sul ciglio della strada c'era un
piccolo cartello, sebbene parecchio rovinato soprattutto sui lati,
con su scritto Whitby
Habour
e che indicava per una stradina laterale.
«Mamma,
gira! Prendi per quella via» affermò, afferrando
la spalla di
Aline.
«Ma
non sappiamo dove porti!»
«Non
abbiamo altra scelta» si sbrigò a spiegare Megan,
prima che la
macchina oltrepassasse il bivio e che non ci fosse più
speranza di
trovare un posto dove passare la notte. «Devi ammetterlo: ci
siamo
perse. Inoltre, stiamo per finire la benzina e questo è
l'unico
paese nelle vicinanze dove poter fare rifornimento.»
La
macchina rallentò, mentre Aline prendeva in considerazione
le
riflessioni della figlia. Guardò, indecisa, il cartellone
logoro che
indicava la presenza del paese, ma, infine, premette il pedale
del'acceleratore e svoltò nella stradina.
Passarono
per una strada circondata da un fitto bosco, stretta e sterrata, in
cui la macchina sobbalzava continuamente per la presenza di grandi
sassi e buche mai coperte o asfaltate. «Vai piano!»
Megan avvertì
la madre. «Rischi di bucare una gomma. E poi su una strada
ricoperta
di neve bisogna sempre andare piano.»
«Si
può sapere quanto è lontana questa fantomatica
Whitby Harbour?»
domandò Aline, sfastidiata dali consigli della figlia.
«Pensi
che io lo sappia?» rispose con una domanda a sua volta la
figlia,
proprio con l'intento di irritarla. La madre non rispose, ma era
evidentemente piccata dall'atteggiamento di Megan.
Dopo
dieci minuti, che, tuttavia, parvero ad entrambe
un'eternità,
finalmente il bosco si aprì e la macchina sbucò
in un enorme
spiazzo che dava direttamente sul mare. Megan tirò un
sospiro di
sollievo come vide delle case, sebbene queste non fossero illuminate
da nulla che rasentasse un lampione. L'unica fonte di luce proveniva
dalle finestre di poche case, i cui abitanti, nonostante l'ora,
dovevano essere ancora svegli. Aline parcheggiò l'auto dove
non
avrebbe dato problemi a nessuno e spense i motori. «Andiamo a
vedere
se qualcuno potrà aiutarci» affermò la
madre, mentre Megan si
infilava e allacciava di nuovo il giacchino con le varie coperture e
usciva dalla macchina.
Madre
e figlia si avviarono verso il centro abitato poco distante da dove
avevano lasciato l'automobile. Da quel poco che riuscivano a vedere,
non doveva essere troppo popolato; le case erano davvero poche e di
certo mancava degli elementi moderni che erano divenuti ormai
indispensabili per molte città, come i lampioni. Si
diressero dove
si trovava la maggiore concentrazione di abitazioni, a formare
un'unico stradone solitario, e lo percorsero gettando continuamente
occhiate verso destra e sinistra, alla ricerca di un albergo o almeno
di un bed and breakfast. Mentre camminavano, Megan sentì
qualcosa di
soffice e umido posarsi sulla sua mano e, inizialmente, credette che
si trattasse di pioggia. Tuttavia, quando andò a guardare
meglio e
sollevò il viso verso l'alto, vide che in realtà
aveva iniziato a
nevicare. Mentre era intenta ad osservare i fiocchi che lentamente si
calavano sul paese, il suo sguardo cadde su un edificio su cui
capeggiava un cartello in legno evidentemente corroso dal tempo. Qui
vi era iscritto e, in seguito, pitturato con la tinta nera Whitby
Harbour's Hostel.
Toccò il braccio della madre e le indicò
l'ostello. «Non è
granché, ma, visto come è ridotto questo paese,
credo che sia il
massimo che potremo trovare qua.»
«Proviamo»
disse Aline e si affrettò verso l'edificio. Tirò
la porta, che si
aprì scricchiolando e facendo suonare un piccolo campanello
attaccato sopra le loro teste. Entrarono e rischiusero la porta
dietro di loro. La stanza in cui era entrata era illuminata solo da
una piccola stufa che ben poco riusciva a constrastare il freddo
della notte. Le pareti e il pavimento erano di legno e l'unico mobile
visibile era una scrivania piena di scartoffie, insieme ad una sedia.
Megan notò che la pareti erano piene di quadri e foto, molte
delle
quali in bianco e nero, altre più recenti e a colori, che
raffiguravano principalmente pescatori sulle loro barche che
mostravano fieri le loro prede. Intuì che quello dovesse
essere un
paese che viveva principalmente di pesca, data la vicinanza del mare
e la distanza da ogni altro centro abitato.
«C'è
nessuno?» domandò Aline e dovettero attendere
qualche minuto prima
di sentire dei movimenti al piano superiore e, poco dopo, la luce
spuntare dalle scale collegate alla stanza, da dove scese con non
poca fatica un'anziana donna con una torcia in mano. Quindi, la
spense e accese invece la luce di una lampadina infissa sul soffitto,
che, seppur debole, aiutò a rendere la stanza un poco
più visibile.
«Posso
aiutarvi?» domandò la donna in un inglese meno
marcato di quello
parlato da Megan e la madre. «Io sono Olivia, la proprietaria
dell'ostello.»
«Buonasera»
affermò educatamente Aline, presentando a sua volta lei e la
figlia.
«Vorremmo prendere una stanza per la notte. Stavamo andando
verso
Red Bay, ma abbiamo sbagliato strada...»
«Red
bay?» chiese quella, aggrottando la fronte.
«L'avete oltrepassata
diversi chilometri prima.»
Megan
lanciò uno sguardo acusatore alla madre, che questa
ignorò.
«L'abbiamo intuito, ma temo che non potremo ripartire prima
di
domani mattina. Per questo abbiamo bisogno di una stanza per la
notte.»
«Naturalmente!»
esclamò l'arzilla anziana, affrettandosi verso il bancone.
«Tutte
le stanze sono libere. Forse saranno un po' impolverate, ma non tanto
da dare fastidio. Sapete, in questo periodo non c'è
praticamente
nessun turista.»
«Non
si preoccupi. Tanto rimarremo solo per questa notte»
ribatté Aline,
afferrando le chiavi che la signora le aveva teso e su cui capeggiava
la scritta 20.
Aline
si occupò poi del pagamento e, in seguito, tornò
fuori a prendere
le valigie dalla macchina. «Mamma, come faremo a contattare i
nonni?» chiese Megan, quando Aline fu rientrata all'ingresso
dell'ostello. La ragazza mostrava il suo antiquato telefono di fronte
alla madre, indicando il segnale praticamente assente. Un'altra
questione su cui più e più volte Megan aveva
litigato con lei era
proprio per il cellulare: la ragazza aveva sempre desiderato avere un
iPhone moderno, come quello che avevano tutti i suoi coetanei, ma la
madre si era categoricamente opposta, rifilandole un telefono con cui
era impossibile fare qualcos'altro oltre a chiamare e mandare
sporadici messaggi.
«Mi
scusi» disse, quindi, la madre, richiamando l'attenzione
della
signora che si era seduta dietro il bancone ad occuparsi di vari
fogli spiegazzati. Quella sollevò il capo, guardandola con
un lieve
sorriso in volto. «C'è un modo per contattare i
nostri parenti? Un
telefono?»
«Sfortunatamente
nessuno di noi lo possiede in casa. È
inutile dato che non funzionano. Però, ne possediamo uno,
messo a
disposizione di tutta la comunità.»
«Dov'è?»
domandò Megan.
«Di
fuori, ma vi consiglio di andare domani mattina perché ha
iniziato a
nevicare e si preannuncia una bufera.»
«No,
devo avvertirli subito, altrimenti si preoccuperanno da
morire»
sostenne Aline. «Megan, tu, intanto, porta le valigie nella
stanza»
aggiunse, passando le chiavi alla figlia, prima di uscire
dall'ostello ed essere inghiottita dalla nevicata.
«Vieni»
disse Olivia con un sorriso, indicandole le scale. «Ti mostro
la
camera.»
Megan
si infilò la maglietta di lana del pesante pigiama, alla
ricerca di
un po' di calore, per poi gettare lo sguardo alla stanza e al
mobilio. In fondo, non era poi così male: aveva due letti a
castello, due comodini, un armadio e un bagno. Di certo, nulla in
confronto agli alberghi in cui era solita alloggiare durante i suoi
viaggi in Inghilterra e in Europa. Alla fine, la polvere non si era
rivelata un grosso problema: ricopriva gli angoli più remoti
del
pavimento della stanza e alcuni mobili, ma nulla che rendesse la
permanenza invivibile.
Dopo
pochi minuti la porta si aprì e la madre fece capolino
all'interno
della stanza. «Allora?» domandò Megan,
che si era già immersa
nelle coperte del letto.
«Sono
riuscita a trovare il telefono e chiamare mamma e
papà» disse,
mentre si toglieva il cappotto e andava ad aprire la cerniera della
valigia per prendere il suo pigiama. «Gli ho spiegato la
situazione
e hanno detto che ci verranno a prendere il prima possibile.
Cioè,
domani mattina.»
«Mi
chiedo come è possibile che in tutto il paese ci sia solo un
telefono» rifletté Megan. «So che non
è molto grande, ma,
addirittura, uno solo? Non è scomodo?»
«Non
lo so, ma a loro non sembra dare fastidio. Certo, non che quel
telefono sia molto moderno... Anzi, è in condizioni peggiori
delle
nostre cabine telefoniche più dissestate.»
«Beh,
se loro si trovano meglio così...»
mormorò la ragazza, poco prima
di socchiudere gli occhi. «Buona notte.»
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Capitolo 2 *** Ma le impronte che hai lasciato ***
2
Ma
le impronte che hai lasciato
23
dicembre
«Mamma,
cosa hanno detto?» domandò Megan, ancora a letto,
stroppicciandosi
gli occhi assonnati. La madre era uscita presto dall'ostello per
telefonare ai genitori e avere notizie ed era appena rientrata nella
stanza, con in viso un'espressione mogia.
«Hanno
detto che oggi non potranno venirci a prendere. Hanno saputo
stamattina che la strada che collega Whitby Harbour a Red Bay
è
impraticabile a causa della tempesta di neve di stanotte. Dicono che
nevicate del genere sono molto frequenti da queste parti e per la
grande quantità di neve sulla strada sono stati costretti a
chiuderla momentaneamente, fin quando non inizieranno i lavori per
rastrellarla via.»
«Mamma!
Domani è la vigilia di Natale e noi rischiamo di passarla
qua,
sperdute in un paesino dimenticato da Dio!» trillò
Megan, alzandosi
e iniziando a rivestirsi.
«Lo
so bene, Megan, ma non posso farci nulla.»
«Invece
sì!» le urlò contro la figlia.
«Sì, c'era qualcosa che potevi
fare. Ascoltare me per almeno una volta e prendere la strada giusta.
O magari non costringermi a venire qui con te.»
«Non
parlarmi in questo modo» la ammonì Aline.
«Vorresti
dirmi che non è vero? Che non è colpa tua? Se non
ti fossi fatta
venire in testa la strana idea di andare nel nord del Canada per le
vacanze di Natale, io ora starei a casa, con papà e le mie
amiche,
con cui di certo mi divertirei molto di più che qui insieme
a te»
Megan tirò fuori tutto ciò che sentiva dentro,
tutto il disprezzo,
l'incomprensione e le sue paure che si ra tenuta per mesi.
«Sai,
forse se non avessi chiuso con papà e chiesto il divorzio,
noi
saremmo ancora una famiglia unita e felice. Invece, sono costretta a
rimbalzare ogni giorno da casa tua a quella di papà, il che
mi fa
sentire come se non ne avessi effettivamente una. E tutto questo a
causa tua» sibilò e, quando ebbe terminato di
vestirsi e si fu
messa il cappotto e la sciarpa, uscì dalla stanza sotto lo
sguardo
stupefatto e addolorato della madre.
Aline
rimase per diversi minuti immobile a fissare la porta spalancata
dalla figlia, che nella furia della corsa si era dimenticata di
richiudere, come covando la speranza che quella la varcasse da un
momento all'altro e tornasse per chiederle scusa. Eppure, conosceva
bene Megan e sapeva per esperienza che era fin troppo orgogliosa per
arrivare a pentirsi di un suo comportamento e scusarsi. Dopo poco,
capì che non sarebbe tornata e si decise ad uscire e fare le
scale,
per poi, tuttavia, bloccarsi nuovamente nell'atrio dell'ostello,
realizzando di non sapere dove andare, se era meglio uscire a
cercarla e parlarle o rimanere dentro.
«C'è
qualche problema?» chiese Olivia, della cui presenza Aline
non si
era nemmeno accorta. La sua improvvisa domanda destò con
violenza la
donna dalla marea di pensieri che rischiavano di farle scoppiare la
testa e la fece sussultare. «Scusa, cara. Non era mia
intenzione
spaventarti, né impicciarmi delle vostre faccende.»
«Oh,
non si preoccupi» esclamò subito Aline, cercando
di darsi un po' di
contegno. «Non è assolutamente impertinente. Il
fatto è che non
riesco proprio a capire mia figlia. L'ho cresciuta con tutto l'amore
di cui sono stata capace, ma ora questo non sembra più
bastare.
Ormai
non è più una bambina, - lo so bene -, ma
talvolta è difficile
ricordarsi che Megan è diventata una ragazza, che ha bisogno
dei
suoi spazi. Non so... Mi sembra che tutto nella mia vita mi stia
sfuggendo dalle mani e non riesca più a controllarlo, sin da
quando
ho capito che il mio matrimonio stava andando a rotoli e ho chiesto
il divorzio.»
Aline parlò velocemente, come se questo bastasse a svuotarle
la
testa e liberarla da tutti i suoi problemi. Guardò la donna,
temendo
che quella si stesse annoiando o la guardasse scocciata, ma si rese
conto che, invece, la stava osservando, annuendo interessata.
«Ecco... Io non so più come comportarmi con
lei.»
«I
figli sono meravigliosi e allevarne uno è ciò che
di più bello
possa capitare, ma allo stesso tempo portano con sé miliardi
di pesi
e responsabilità. Non conosco bene tua figlia, ma da
ciò che ho
potuto vedere, ho capito che è una ragazza risoluta e piena
di
risorse. Sta diventando grande, come accade ed è accaduto ad
ognuno
di noi, e tu, -se posso permettermi di darti del tu-, devi
semplicemente imparare ad accettarlo e trattarla non più
come una
bambina, ma come una piccola donna.»
«Come?»
chiese Aline, sospirando, per nulla infastidita che Olivia le si
fosse rivolta in seconda persona.
«Ascoltandola.
Accogliendo i suoi consigli e guardandola sotto un'altra prospettiva,
per ciò che sta davvero diventando: una donna.»
Aline
si prese qualche secondo per rimurginare sulle parole dell'anziana,
per poi guardarla con riconoscenza. «Grazie.»
Quella
le rivolse un sorriso.
Megan
percorse di corsa il corridoio e le scale che portavano al pianoterra
e, senza rivolgere la parola alla proprietaria dell'ostello,
uscì
fuori. Prese una grande boccata d'aria e respirò
profondamente,
prima di ricominciare a correre, ma stavolta verso la spiaggia.
Non
riuscì a capire dove finiva il terriccio della strada e
iniziava la
sabbia, sempre se c'era, poiché tutto era ricoperto da uno
spesso
strato di neve, in cui Megan affondò gli stivali. Per lei fu
un
sollievo trovarsi di fronte al mare, cullata dalle potenti onde che
si andavano a infrangere sulla spiaggia e sferzata dal vento. Eppure,
tutto questo ancora non sembrava bastare a calmarla. Vide accanto a
sé alcune rocce e sassi che spuntavano sulla neve e
tentò di
placare la rabbia che sentiva dentro, dandogli un calcio. La pietra
non si mosse di molto, poiché impedita dalla neve, e Megan
si
guadagnò anche un lieve dolore all'alluce del piede.
«Così
ti farai male» esclamò una voce da ragazzo dietro
di lei, in un
inglese simile a quello con cui aveva già sentito parlare
Olivia.
Megan si voltò e si trovò davanti un giovane dai
capelli castani e
coperto solo da un giacchino sbottonato fino alla metà, da
cui si
intravedeva sotto un maglione di lana, e da un cappello. La ragazza
lo paragonò al modo in cui era vestita lei e si
sentì quasi
ridicola, sebbene non potesse farci nulla. Infatti, Megan aveva
indossato qualsiasi indumento si era portata e che poteva darle un
po' di sollievo dal gelo di quelle terre. Non era abituata ad un
freddo tanto pungente e la sua poca resistenza era evidente, mentre
il ragazzo doveva essersi ormai adattato a quelle temperature basse.
«Cosa?»
domandò, interdetta.
«Che
ti ha fatto di male quel sasso per meritarsi un tuo calcio?»
Il
ragazzo sorrise, mettendosi le mani in tasca.
«Lui
niente» ribatté Megan, volgendo lo sguardo verso
il mare azzurro.
«Mia madre, d'altro canto...»
«Qualche
problema? Se hai voglia di parlarne, io ho del tempo libero»
disse,
indicando delle grandi rocce poco vicino a loro, in cui si sarebbero
potuti mettere seduti. «Sono appena tornato dalla battuta di
pesca
di stamattina.»
«Sei
andato a pescare?»
«Già,
con gli altri del paese. È
il mio lavoro:
qui viviamo di pesca» puntualizzò. «Come
ho già detto, se vuoi
qualcuno con cui sfogarti, io ci sono.»
Megan
rifletté per un attimo sulla proposta. Quel ragazzo era uno
sconosciuto, ma non le sembrava cattivo, né un possibile
criminale.
E poi le avrebbe fatto bene parlare con qualcuno dei suoi problemi.
Si
avvicinò alla roccia, seguita dal ragazzo, e con le mani
coperte dai
guanti scansò la neve che vi si era depositata. Entrambi vi
si
sedettero, l'uno accanto all'altra, gli sguardi rivolti verso il
mare. «Comunque, io sono Cole» si
presentò.
«Megan»
rispose la ragazza, prima di lasciarsi andare a un lieve sorriso.
«Come Megan Fox, anche se non ho neanche la metà
della sua
bellezza.»
«Ehm...
Chi è Megan Fox?» domandò il ragazzo,
inarcando un sopracciglio.
Megan
si voltò a guardarlo, incredula. «Come fai a non
conoscerla? È
una famosissima modella e attrice.»
«Qua
non abbiamo i cellulari, i computer e le televisioni avanzate come
quelle che avete voi in Europa» rispose il ragazzo, facendole
anche
comprendere che aveva riconosciuto il suo accento e capito che
proveniva dall'Inghilterra.
«Nemmeno
le televisioni? Come riuscite a vivere così... fuori dal
mondo?»
«Le
abbiamo, ma ovviamente non moderne quanto quelle a cui tu devi essere
abituata. Di certo non ci guardiamo i film o le sfilate: al massimo
il telegiornale, ma abbiamo cose più importanti da fare che
stare
davanti ad uno schermo» affermò Cole, per poi
cambiare argomento.
«Tornando a te, cosa è successo con tua
madre?»
La
calma raggiunta da Megan durante la breve discussione con Cole si
dissipò al solo nominare della fonte di tutti i suoi
problemi e
l'indignazione le rimontò nel petto.
«Il
nostro rapporto è così... incasinato»
iniziò, passandosi una mano tra i capelli castani.
«Mamma e papà
hanno divorziato quando io avevo dieci anni. Ero solo una bambina e
l'unica cosa che ero riuscita a capire di ciò che era
successo era
che da quel giorno in poi non avrei vissuto più insieme a
entrambi i
miei genitori. La loro relazione era ormai definitivamente terminata,
ma loro continuarono a tenere un atteggiamento cortese l'uno con
l'altro, scegliendo l'affidamento condiviso, per cercare di rendermi
lo shock del divorzio meno tremendo. Da quel momento in poi le mie
giornate sono diventate un continuo spostamento dalla casa di mamma a
quella di papà.»
«Deve
essere stato difficile sopportarlo, soprattutto per una
bambina.»
«Già,
ma alla fine ci ho fatto l'abitudine. Il difficile non è
stato tanto
l'accettazione di questa situazione o la separazione, quanto
più il
fatto che mamma e papà non sarebbero più stati
gli stessi di una
volta. Non si sarebbero più amati. Insomma, non eravamo
più una
famiglia perfetta» rivelò Megan, le labbra che si
sollevavano in un
sorriso amaro. «Mia madre mi ha chiesto di venire qui per le
vacanze
di Natale per incontrare i miei nonni, ma la verità
è che cercava
solo un pretesto per allontanarsi da papà e dal resto della
nostra
famiglia in Inghilterra. Mi ha praticamente costretta a partire,
impedendomi di passare queste giornate con le mie
amiche nella mia
città. Invece ora ci troviamo in un paese sperduto, sempre a
causa
di mia madre, perché ha sbagliato strada venendo qui, e non
possiamo
nemmeno sapere se riusciremo a raggiungere Red Bay e incontrare i
nonni.»
«Non
dovresti abbatterti così» disse il ragazzo,
guardandola dritta
negli occhi. «Non tutti gli errori sono un male: alcuni
insegnano,
rimarginano e possono anche aiutare. Qui c'è un detto
anonimo molto
celebre: Non
ricorderai i passi che hai fatto nel cammino, ma le impronte che hai
lasciato.
Forse questo vostro viaggio qui in Canada e anche lo sbaglio commesso
nella strada da prendere è un bene. Magari alla fine vi
accorgerete
che, invece, inconsciamente vi ha aiutate a trovare la giusta
via.»
Megan
sembrò riflettere sulle parole del ragazzo, senza, tuttavia,
riuscire a comprendere cosa lei e sua madre potessero trarre di utile
da tutta quella situazione.
«Ad
ogni modo, come festeggiate il Natale in Inghilterra?» chiese
lui,
cambiando nuovamente argomento tutto a un tratto.
«Beh...
Come tutti. Cenone in famiglia, compere nella città
ricoperta di
addobbi, la decorazione della casa, luci, regali, alberi di Natale e
a volte anche vacanza in montagna» disse, sorridendo al
pensiero di
tutti I suoi Natali passati.
«Qui
non si sente molto l'atmosfera natalizia» ribatté
Cole. «Sono anni
che non vedo più decorazioni; forse, ne avevo viste alcune
da
bambino, ma ormai nessuno ha più interesse nel metterle e
abbellire
questo microscopico paese.»
Megan
rimase stupefatta per quell'affermazione. Non aveva mai preso in
considerazione l'idea che in qualsiasi parte del mondo, nel Canada
del nord in particolare, il Natale non venisse festeggiato. Se
gliel'avesse detto chiunque altro, probabilmente non gli avrebbe
creduto, ma Cole era di lì e conosceva bene le tradizioni
della sua
comunità.
«Perché?
Insomma, non lo celebrate?»
«Sì,
ma con una cena normale, come fosse un giorno qualsiasi. Non facciamo
grandi cose nel periodo natalizio.»
«Beh,
ma questo è davvero... triste» affermò
Megan.
«Già,
ma che vuoi farci? Questo posto sta diventando sempre più
solitario.
Io sono uno dei pochi giovani ad aver deciso di rimanere. Tutti gli
altri sono andati in altre parti del Canada o addirittura in
tutt'altri posti.» Detto questo, Cole iniziò a
guardarsi intorno e
dire: «Credo sia ora di andare. Devo aiutare gli altri
pescatori con
la pesca di oggi.» Si alzò e, dopo averle rivolto
un ultimo
caloroso sorriso, si allontanò da Megan, ancora stordita da
quella
chiacchierata.
La
ragazza si perse per diversi minuti a contemplare il mare, mentre la
sua testa veniva attraversata da milioni di pensieri e lei
rimurginava sulla conversazione avuta con Cole. In particolare, si
soffermò sull'ultimo argomento affrontato dai due ragazzi:
il Natale
a Whitby Harbour. Non riusciva a credere che lì non venisse
festeggiato e che gli abitati del paese si perdessero la magia e le
luci di quel meraviglioso periodo dell'anno. Si alzò di
scatto,
improvvisamente folgorata da un'idea, e corse quanto più
rapidamente
poteva verso il centro abitato. Si diresse verso il palo
dell'elettricità dove il giorno prima sua madre le aveva
detto che
si trovava infisso il telefono. Come lo raggiunse, sollevò
la
cornetta e compose il numero della casa dei nonni. Sebbene non
telefonasse loro spesso, aveva una fervida memoria e fortunatamente
ricordava il numero. Si portò la cornetta all'orecchio, ma
all'inizio sentì solo il familiare tu
tu e
dopo un po' cominciò a temere che nessuno avrebbe risposto,
fin
quando finalmente non rispose la voce inconfondibile di sua nonna:
«Pronto.»
«Nonna,
sono io! Megan.»
«Tesoro!
Stai bene? Come mai mi hai chiamata?»
«Benissimo!
Vorrei solo che mi portaste alcune cose, quando passerete a
prenderci...» disse Megan, iniziando ad elencare tutto
ciò che le
serviva e spiegando alla nonna il suo progetto.
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Capitolo 3 *** The way home ***
3
The
way home
Megan
non aveva fatto parola a nessuno oltre ai nonni di ciò che
aveva in
mente: né a sua madre, né ad Olivia,
né a Cole, le uniche persone
che conosceva di Whitby Harbour. Voleva che quella rimanesse una
sorpresa per tutti.
Nel
frattempo, mentre attendeva che la strada tra il paese e Red Bay
divenisse di nuovo praticabile e la neve venisse spalata per
permettere ai nonni di partire, sfruttò quella giornata per
conoscere meglio Whitby Harbour e i suoi abitanti. Durante la
mattina, infatti, mentre stava facendo un giro nei d'intorni e
all'interno del paese per osservarlo nella sua interezza,
incontrò
di nuovo Cole, impegnato a uccidere i pesci che avevano catturato con
la rete insieme agli altri pescatori. All'inizio Megan provò
grande
pietà per quei poveri animali, ma in seguito comprese che
quegli
uomini non lo stavano facendo per divertimento, bensì per la
necessità di sfamare la loro comunità. Cole la
accolse con calore e
le presentò gli altri, che si mostrarono tutti molto gentili
e
affabili con lei, rispondendo a tutte le domande che Megan poneva
loro. Le spiegarono, infatti, i tipi di pesci che avevano pescato e
le dissero che successivamente gli animali sarebbero andati al
piccolo mercatino del paese, dove le persone si sarebbero recate per
comprarli. Megan mostrò grande interesse e
curiosità per il loro
mestiere, a cui non aveva mai dato tanta importanza prima di allora,
e le loro tradizioni, poiché, a quanto loro le rivelarono,
sin dalla
nascita di Whitby Harbour la pesca era sempre stata fondamentale per
il loro sostentamento e, ancora prima, dei loro antenati.
Quando
Megan gettò un'occhiata all'ororologio che aveva al polso e
si
accorse che era arrivata l'ora di pranzo, salutò i pescatori
e Cole
e fece ritorno all'ostello, dove sperava di incontrare sua madre. La
chiacchierata con il ragazzo le aveva fatto salire la voglia di
parlare con lei e chiarirsi. Ripercorse la strada a ritroso e
tornò
al locale. Come mise piede dentro, incontrò Aline, che
doveva stare
uscendo proprio in quel momento, forse per cercarla.
«Megan!»
esclamò la madre, appena la vide. La ragazza non ebbe tempo
di
formulare alcuna frase, che quella la abbracciò, lasciandola
senza
parole.
«Mamma...»
sussurrò, mentre quella la stringeva più forte a
sé e la baciava
tra i capelli.
«Mi
dispiace» la precedette Aline. «Tesoro, mi
dispiace. Non ti ho
trattata come avrei dovuto e con il mio comportamento sbagliato non
ho fatto altro che allontanarti da me. Finora ti ho sempre
considerata come una bambina, non perché tu apparissi
realmente
così, ma perché che io non riuscivo a realizzare
il fatto che tu
stessi crescendo. Mi spaventa pensare che stai diventando un'adulta,
che presto andai per la tua strada e non ti servirà
più il mio
aiuto.»
«No,
a me dispiace di essermi comportata da vera egoista. Ho pensato solo
alla mia sofferenza per il tuo divorzio da papà, senza
prendere in
considerazione quanto tu abbia patito nel prendere quella decisione.
Non avrei dovuto darti tutte le colpe per ciò che
è successo: è
stato davvero crudele da parte mia e tu non lo meriti.»
Megan
affondò la faccia tra i capelli della madre, come faceva
sempre da
piccola. Quel gesto le indondeva protezione come se la sola vicinanza
della madre bastasse a farla sentire al sicuro da tutto e tutti.
«Ti
voglio bene.»
«Anch'io»
disse Aline, mentre una piccola lacrima le rigava la guancia.
24
dicembre
Finalmente
la vigilia tanto attesa era giunta, ma Megan non poté non
provare un
filo di ansia, oltre che di gioia per la sorpresa che attendeva
tutti, perché non era certa che i nonni sarebbero riusciti
ad
arrivare in tempo e che non si sarebbero verificati altri
impedimenti.
Digitò
il numero di telefono della casa dei nonni e aspettò che
rispondessero. Lo fecero dopo pochi secondi e fortunatamente le
diedero la notizia che la strada era nuovamente percorribile e
sarebbero partiti mezz'ora dopo, per avere tutto il tempo di radunare
le cose e prepararsi. La ragazza esultò, felice che tutto
stesse
andando secondo i suoi piani, e, dopo aver riattaccato, si
lasciò
sfuggire un gridolino di gioia. Lei stessa si stupì nel
farlo: non
era solita manifestare le sue emozioni in modo così
esplicito, ma il
Natale risvegliava parti di lei che spesso nella vita di tutti i
giorni era costretta a sopprimere.
Fece
nuovamente ritorno alla camera dell'ostello, dove sua madre si stava
ancora lavando i denti e vestendo, cercando di togliersi di dosso il
sonno restante della mattina presto. Quando fu pronta, scesero
all'ingresso, dove Olivia le aspettava per la colazione. In quegli
ultimi giorni, questa si era gentilmente offerta di dare loro anche
vitto nella sua casa accanto all'ostello, cucinando colazione, pranzo
e cena, in mancanza in un vero ristorante dove andare a mangiare.
Nonostante le opposizioni di Olivia, Aline aveva insistito
perché
questi suoi servizi venissero aggiunti al pagamento complessivo
insieme alla camera d'ostello, data l'immensa disponibilità
e
gentilezza con cui questa le aveva aiutate.
Durante
il pasto nella piccola, ma accogliente casa di Olivia, Megan, mentre
intingeva un biscotto nel latte, disse all'anziana: «Senta,
avrei
una domanda da farle.»
«Dimmi
tutto» affermò l'altra, cordiale come sempre.
«Non
è che per caso in paese tenete un albero da qualche parte?
Sradicato, intendo.»
La
donna aggrottò la fronte, mostrandosi leggermente perplessa.
«Un
albero sdradicato? E a cosa ti serve?»
Naturalmente
l'intento di Megan era quello di fare un albero di Natale, ma era
impensabile sfruttare i grandi alberi che circondavano Whitby
Harbour, proprio perché troppo alti. Cercò una
scusa plausibile,
senza, però, trovarla. «Per pura
curiosità.»
«Beh,
ci sono gli alberi appena tagliati dai boscaioli. Non penso che li
abbiano spezzettati, perché abbiamo già legna in
abbondanza per
l'inverno, e dovrebbero essere ancora integri.»
Megan
sorrise. «Grazie per l'informazione» disse, per poi
aggiungere:
«Quasi dimenticavo: oggi vi andrebbe di cucinare
qualcosa?»
«Meggy,
oggi ti comporti in modo davvero strano» affermò
la madre, stupita.
«Mi
piacerebbe moltissimo!» esultò Olivia.
«Cosa vorresti fare? Torte,
crostate, dolcetti, biscotti...»
«Dei
biscotti natalizi» rispose Megan.
Megan
si sedette sulla panchina appena fuori l'ostello, sfinita. Aveva
fatto davvero una gran fatica perché tutto fosse pronto per
quella
sera: aveva cucinato i biscotti con Olivia e la madre e, dato che ci
aveva preso la mano, aveva anche fatto una crostata, si era fatta
accompagnare da Cole a prendere un piccolo alberello dai taglialegna
e aveva fatto il giro per le poche case di Whitby Harbour per
avvertire tutti che quella sera vi sarebbe stato un evento speciale
in paese poco prima di cena e che si sarebbero dovuti radunare in
piazza per assistere.
All'improvviso
sentì in lontananza un rombo di motori assai inusuale, dato
che a
Whitby Harbour nessuno si muoveva in macchina durante il giorno,
poiché gli abitanti avevano tutto il necessario a portata di
mano.
Seppur stanca, Megan si alzò di scatto e si
precipitò a vedere.
Fece un sospiro di sollievo quando riconobbe la vecchia e spaziosa
jeep dei nonni. La macchina parcheggiò e, come i parenti
scesero, la
ragazza corse ad abbracciarli, per compensare tutto il tempo che
avevano passato distanti.
«La
nostra cara Megan» affermò la nonna, baciandole la
fronte. «Fai
vedere che bella signorina che sei diventata!»
«Già,
ne è passato di tempo da quando eri una bambina»
disse il nonno,
salutandola e stringendola a sé a sua volta.
«Quanto
mi siete mancati!» Megan quasi gridò per la
felicità.
«Tesoro,
abbiamo portato tutto quello che ci hai chiesto. Sono certa che
queste persone festeggieranno un Natale da favola e tutto grazie a
te.»
«Senza
di voi non avrei potuto fare nulla» disse la ragazza, mentre
i nonni
aprivano il portabagagli della jeep, pieno di addobbi, palline, cibi
e qualsiasi altra cosa potesse servire. «Se qui non
c'è il Natale,
allora il Natale verrà a Whitby Harbour»
commentò Megan, con un
grande sorriso in volto.
«Andiamo
da tua madre, abbiamo bisogno di aiuto per montare tutto»
affermò
suo nonno e la ragazza annuì. Era ora di rivelare ogni cosa
ad Aline
e Olivia.
«Vuoi
addobbare un paese che non festeggia più il Natale da anni
all'insaputa dei suoi abitanti? Beh, questa è un'idea
davvero...»
iniziò Aline, dopo aver ascoltato ciò che Megan
aveva in mente.
«Geniale.
Insomma, è difficile, ma ce la possiamo fare.»
La
ragazza esultò: non aveva dubitato nemmeno per un istante
che la
madre l'avrebbe aiutata nel portare a termine il progetto. Conosceva
fin troppo bene il suo carattere per avere qualche tipo di incertezza
su di lei, ma era comunque felice che questa fosse dalla sua parte.
«Ecco
spiegata la domanda sull'albero e l'improvvisa voglia di
cucinare»
affermò l'anziana. Megan temette che non avrebbe accettato o
reputato fattibile il suo piano, ma, invece, sorrise. «Questo
paese
ormai è diventato smorto, povero. I pochi giovani che ci
sono non
bastano per risollevare la situazione e non si fanno più
iniziative
da chissà quanto tempo. Ci voleva proprio una ragazza
sveglia come
te per dare una spinta a questa comunità di
pigroni!»
Megan
rise, sollevata e anche lusingata dalle parole di Olivia. Tuttavia,
c'era ancora molto da fare e dovevano sbrigarsi se volevano riuscirci
in tempo per la sera. «Bene, allora a
lavoro!»
Prima
di tutto si occuparono di fissare e fare in modo che l'albero si
regesse in piedi. Quindi, passarono alla decorazione: per
comodità,
Megan aveva deciso di non usare luci elettriche e, al loro posto,
riempirono i rami di palline di tutti i colori e i tipi, festoni e
fili perlati, con cui avvolsero l'albero. Infine, Megan mise sulla
sua punta un lungo e bellissimo puntale dorato.
Mentre
Olivia e i nonni si occupavano di trascinare fuori un tavolo, munito
di tovaglia, e preparare sia i cibi preparati poco prima sia quelli
portati da Red Bay, Megan e Aline passarono per le strade del paese a
lasciare addobbi, come stelline, piccoli babbi natali e festoni,
sulle facciate delle case e sulle panchine, a cominciare dallo stesso
ostello. Quando conclusero, Whitby Harbour appariva completamente
diversa da prima, molto più bella, festosa e piena di vita.
Poi
fecero ritorno al locale e trasportarono l'albero nella piccola
piazza del paese, fortunatamente poco lontana dall'ostello, dove
già
si trovavano gli altri a preparare il tutto. Proprio mentre erano
impegnati a portare le ultime cose, iniziarono ad arrivare le prime
persone, che subito si mostrarono curiose per la presenza dell'albero
di Natale, del tavolo imandito e delle decorazioni sparse per il
paese. Eppure, Megan non voleva che si rovinassero la sorpresa:
dovevano ancora attendere il resto degli abitanti.
Bastò
aspettare una manciata di minuti e la ragazza vide arrivare tutte le
persone che aveva imparato a conoscere e a volere bene in
così pochi
giorni. Scorse da lontano Cole, che, accortosi di lei, le rivolse uno
sguardo perplesso, a cui Megan rispose con un occhiolino.
Si
avvicinò alla folla, che, tuttavia, rimaneva pur sempre
piccola per
raccogliere un intero paese, e disse a voce alta per farsi ascoltare
da tutti: «Oggi è la vigilia di Natale e ho saputo
che non viene
celebrata qui da voi da fin troppo tempo. Il Natale è una
delle
feste più belle dell'anno, che insegna le gioie della
condivisione e
del tempo trascorso insieme, in famiglia e con le persone a noi
più
care, non solo ai bambini, ma anche ai grandi. Tutti possiamo
imparare qualcosa da questa splendida festa e anche cogliere
l'occasione per passare del tempo insieme, con gioia e
serenità.»
Fece una pausa, gettando uno sguardo a sua madre e i nonni.
«Questo
è solo un nostro pensiero che spero voi apprezzerete, per
mostrarvi
che non servono sfarzosi luci e costosi regali per festeggiare il
natale. Basta la presenza delle persone a cui si vuole più
bene.»
Andò a prendere una scatola che aveva lasciato accanto al
tavolo.
«Proprio per questo, qui vi sono delle candele. Ognuno ne
può
prendere una, per scaldarsi e usarla al posto della luce elettrica.
E, se volete, poco prima di accenderla, potete esprimere un
desiderio, nella speranza che prima e o poi si realizzi.»
Si
avvicinò alle persone radunate e iniziò a offrire
una candela ad
ognuno. Riconobbe tutti coloro che aveva conosciuto in quel breve
viaggio: i pescatori, le famiglie a cui aveva fatto visita e i
negozianti come Olivia. Ciascuno, quando passava, la guardava con
riconoscenza e la ringraziava, non solo per la candela che gli
porgeva, ma soprattutto per l'impegno con cui aveva organizzato tutto
quell'evento, senza chiedere nulla in cambio.
«È
incredibile quello che hai fatto»
disse una voce familiare vicino a lei.
«Cole»
esclamò Megan, sorridendo. «Davvero, non
è nulla di che. Ho voluto
solo che anche voi provaste la magia del Natale.»
«Sei
davvero una ragazza tenace. Sono sicuro che tu ti sia messa all'opera
poco dopo la nostra chiacchierata, senza aspettare neanche un
secondo» disse, prendendo anche lui la candela che gli stava
porgendo Megan.
«Non
potevo starmene lì senza fare niente dopo quello che mi
avevi detto.
Non sarebbe stato giusto per tutti voi.»
«Sono
certo che diventerai una donna meravigliosa»
affermò, guardandola
tanto intensamente da farla arrossire.
«Beh...
grazie» rise, poiché le sue parole la avevano
completamente
ammutolita e non riusciva a trovare nulla di più efficace da
dire.
Era
ormai passata un'ora e, con somma gioia di Megan, le persone avevano
finito tutti i biscotti e le crostate, lasciando solo le molliche.
Molti si erano già ritirati, soprattutto chi doveva portare
i
bambini a dormire e chi doveva andarsene presto perché la
mattina
dopo lo aspettava il lavoro. Megan era seduta su una panchina,
accanto alla madre, che sorseggiava un bicchiere di cioccolata calda.
La ragaza, invece, se ne stava a osservare la fiamma della candela,
avvicinando le dita della mano per scaldarle.
«Quel
ragazzo non ha smesso nemmeno un attimo di fissarti»
osservò la
madre, facendo un cenno quasi impercettibile verso Cole, per non
farsi vedere dal ragazzo, dato che non si trovavano troppo distanti
da lui. «Sai, ho visto come tu lo guardi spesso e volentieri.
Ti
piace?»
«Mamma!»
esclamò Megan, imbarazzata dall'argomento. «Ovvio
che no. E poi non
potrebbe mai funzionare: viviamo in due continenti troppo
lontani.»
Sospirò; il giorno dopo avrebbero fatto ritorno a Red Bay
per
festeggiare nella casa dei nonni la notte di Natale. Le venne l'amaro
in bocca al pensiero che molto probabilmente non avrebbe più
fatto
ritorno a Whitby Harbour, né rivisto Cole.
«Tesoro,
non puoi mai sapere cosa ti riserva la vita. Guarda me: per trovare
tuo padre sono dovuta arrivare in Inghilterra.»
«Sì,
ma con lui non è finita bene: avete divorziato.»
«Quella
è semplicemente stata la triste conseguenza di una
situazione non
del tutto felice, ma pensa a ciò che di bello ha portato:
sei nata
te, il mio più grande amore.» Megan non
poté che annuire e la
madre continuò: «La vita è un po' come
delle immense montagne
russe, piene di alti e di bassi, ma anche di incredibili sorprese.
Non puoi mai sapere dove ti farà arrivare e cosa ti
porterà, ma tu
sappi sempre cogliere al volo l'opportunità che ti viene
offerta. In
fondo, se abbiamo sbagliato strada e siamo finite a Whitby Harbour,
ci sarà anche un motivo: forse il destino voleva che tu
incontrassi
quel bel ragazzo.»
Megan
rise davanti a quella assurdità, ma guardò sua
madre come si scoprì
di aver fatto ben poche volte in quegli ultimi tempi: con puro
affetto, privo di alcun risentimento o fastidio. Voleva immensamente
bene a sua madre e si dispiacque di come la aveva trattata in molti
casi. Aline la aveva cresciuta con tutto l'amore di cui era stata
capace e lei spesso lo aveva rifiutato in malo modo. Adesso,
tuttavia, era arrivata l'ora di rimediare al suo comportamento
passato e lo avrebbe fatto godendosi fino in fondo ogni momento che
avrebbe avuto la fortuna di trascorrere con lei. Buon
Natale, mamma pensò,
sorridendole.
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