Ti ho sentito!

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** DEAN ***
Capitolo 2: *** .2. ***
Capitolo 3: *** .3. ***
Capitolo 4: *** .4. ***
Capitolo 5: *** SAM ***
Capitolo 6: *** .6. ***
Capitolo 7: *** .7. ***
Capitolo 8: *** .8. ***
Capitolo 9: *** .9. ***



Capitolo 1
*** DEAN ***




N.d.A: Note all’inizio. Altrimenti mi prenderete per pazza. Per i pochi o le poche che già non pensano che io lo sia!!!
E non è che l’anno nuovo abbia migliorato le cose.
Vi spiego come ho pensato questa “cosa” che all’inizio doveva essere un cosa tipo doppia drabble!!
Volevo far soffrire i due bros ( ma va là!! Che novità !!!)
Il primo sarà Dean.  Giusto perché è il maggiore e lui ci tiene tanto a ripeterlo a Sam!!
L’inizio spiegherà le condizioni del ferito.
Poi si passerà al ricordo del caso seguito.
Poi al momento “ce la fa/ non ce la fa”
E poi alla parte delle confidenze confessate (?) quando l’altro non può rispondere ( classico , no??)
E naturalmente sul finale , che poi  da’  il titolo alla “cosa”,  con  il più classico dei “chick-flick moments”  tanto odiati  da Dean (seh!! vabbè!!)  !!
 
La stessa struttura l’avrà la storia del caro Sammy.
Quindi , dopo avervi rotto le scatole  già solo con le note, vi lascio alla storia vera e propria!!
Enjoy!!
Cin!!
 
 


D E A N.

In ospedale.
“Come sta?!” chiese Sam, allarmato per le condizioni in cui aveva ritrovato suo fratello.
“Stiamo facendo tutto il possibile per salvarlo. Ha perso molto…troppo sangue. Lo stiamo reidratando. Somministriamo plasma, piastrine, fisiologica.” Spiegò il medico che aveva preso in cura Dean da quando era arrivato portata a spalla da quello che aveva scoperto essere sia fratello minore che “collega di lavoro”. “E non appena ne avremo la disponibilità, inizieremo con le trasfusioni!” precisò il sanitario.
“E quando? Perché non subito?”  domandò alterato.
“Dalla Banca del sangue della Contea è appena partito un carico. Arriverà qui entro domani mattina!”
“Posso vederlo?!”
“E’ ancora privo di conoscenza. Ma può entrare adesso se vuole, prima che lo portiamo via per altri accertamenti.”
“Sì..sì. Grazie!”

Quando Sam entrò nella stanza in cui avevano sistemato suo fratello si sentì sopraffatto dallo sconforto.
Dean era di nuovo moribondo in un letto di ospedale. Di nuovo in fin di vita.
E lui era di nuovo nell’impossibilità di salvarlo. 
Castiel era dall’altra parte del Paese perché stava seguendo una pista su delle ricerche che stava facendo per loro conto e anche se l’angelo gli aveva detto che si sarebbe messo immediatamente in viaggio , quell’immediatamente sembrava un tempo troppo lungo da aspettare.
E Crowley di certo non avrebbe risposto alla sua evocazione perché troppo impegnato a ristabilire l’Inferno.

Era da solo e l’unica cosa che poteva fare era cercare di uscire da quella situazione come un normale ….
Oh Dio!! era così strano pensare a loro come persone normali.
 
Mentre era preso da quei suoi pensieri, vide il volto di Dean reagire ad una sorta di dolore invisibile. Poi lentamente gli vide aprire a stento gli occhi. Dean era pallido. Le più che visibili occhiaie nere spiccavano ancora di più sul volto quasi diafano. Il suo corpo era stranamente abbandonato tra le lenzuola ospedaliere tanto era debole. Le mani poggiate mollemente , una sulla pancia e una poco più in basso, su di un fianco.
Non sembrava nemmeno Dean. Non quel Dean. Il suo Dean. Quel fratello costantemente forte , costantemente pronto a sorreggerlo, costantemente in lotta con il mondo naturale e soprannaturale per salvargli la vita ogni momento.
Deglutì apprensione e gli andò immediatamente vicino.
“Ehi! Dean…..sei sveglio. Come stai? Come ti senti, amico?!” chiese anche se si sentì immediatamente stupido per quella domanda così banale.
Dean abbozzò un sorriso che forse nemmeno era un sorriso quanto invece una smorfia di dolore.
“Mmmh!!” mugugnò appena. E poi guardando di nuovo Sam che gli si era fatto più vicino: “I…i ragazzi….i ragazzi…come….come stanno!?” domandò a stento.
“Stanno bene, Dean. Li hai salvati. Li hai salvati tutti. Se non fossi così malconcio credo che ti avrebbero portato in giro in pompa magna, dato le chiavi della città e proclamato eroe cittadino!” scherzò anche se nervosamente il giovane.
“E lui? il…il mostro?!” chiese ancora.
“C’ho pensato io. L’ho sistemato a modo nostro, fratello. E gli ho dato un bonus anche per quello che ha fatto a te, tranquillo.” sembrò volerlo rassicurare……..
 
 
La caccia di Sam.
Circa quattro giorni prima , i due cacciatori, erano giunti a Freemont, perché delle morti -- presumibilmente a causa di un vampiro anche se questo non fu la scusa che diedero allo sceriffo della città – erano davvero strane. Non c’era sangue nelle vittime, ma il segno della ferita che deturpava il cadavere non era nemmeno riconducibile ad un vampiro. O almeno ad un canonico vampiro!!
I due , dopo qualche ricerca , si divisero. Per la prima volta decisero di affrontare un caso su due piste diverse. Per la prima scommisero a chi l’avrebbe spuntata.
Fu da allora, da quella scommessa, che non riuscirono più a mettersi in contatto.

Pur provando a chiamare e richiamare Dean, Sam aveva seguito una pista che lo aveva portato in un vecchio caseggiato. Vi trovò i quattro ragazzi scomparsi. Erano malconci ma tutto sommato stavano bene. Quando si rese conto che non c’era traccia del mostro che stavano cercando chiese l’intervento dei soccorsi del luogo.
Chiamò ancora Dean per avvisarlo e ancora Dean non gli rispose. Un misto di rabbia e preoccupazione iniziò a contorcergli lo stomaco e giurò a se stesso che se il fratello era ben intento a farsi qualche bella barista in cambio di informazioni, lo avrebbe preso a pugni fino al bunker. Scommessa vinta o meno.
 

Raggiunse i ragazzi salvati in ospedale e chiese di poter parlare con almeno uno di loro.
“La ragazza….Laura Flinn. E’ quella messa meglio. Gli altri sono ancora in accertamento.” fece il medico che li aveva accolti.
“Grazie dottore!” e raggiunse la stanza della ragazza che gli spiegò quello che era successo, quanto orribile e assurdo era il mostro che li aveva rapiti. Che l’ultima vittima che era stata ritrovata dissanguata era morta davanti ai loro occhi.
Sam la consolò quando la ragazza iniziò a piangere , comprensibilmente turbata e sconvolta da quell’esperienza inconcepibile.
“Tranquilla , ora state bene e siete tutti e quattro salvi!”
La ragazza si asciugò gli occhi con il fazzoletto passatole da Sam, tirò su con il naso e lo guardò stranita.
“Quattro?...come quattro??!” chiese con tono allarmato.
“Sì, voi eravate in….”
“Noi eravamo in cinque lì sotto.” lo corresse immediatamente, agitandosi.
“Come …cinque?!” si allarmò Sam.
 
Possibile che avesse lasciato qualcuno indietro senza nemmeno rendersene conto?
 
“Due giorni prima che lei ci trovasse e liberasse, ci trovò un altro ragazzo. Provò anche lui a farci uscire ma quel mostro gli arrivò alle spalle talmente velocemente che lui  non ebbe modo di reagire. Lo rinchiuse con noi, ma quando venne per prendere Tim, quel ragazzo si mise in mezzo e gli disse di prendere lui. Che lui era più forte, che avrebbe resistito di più e che c’era più sangue in lui di quello che poteva essere in un ragazzino di 15 anni.” riferì quanto era accaduto al provvidenziale salvatore sconosciuto.
“Ma io non ho trovato nessuno lì sotto!” fece Sam mentre prendeva il cellulare e provava a chiamare di nuovo Dean per avvisarlo delle novità e per dirgli che sarebbe tornato al caseggiato nel bosco. “Sapresti descrivermi il ragazzo?! Forse è ancora lì nei dintorni!!” chiese mentre digitava il numero del  maggiore anche se qualcosa iniziava a contorcersi nel suo stomaco.
“Lui era alto più o meno quanto lei, forse un po’ meno. Capelli corti….” e Sam iniziò a guardarla pensieroso e quella morsa si fece più forte. “…corporatura forte…” e qualcosa iniziò ad allarmarsi nel finto agente dell’FBI.  E poi…: “…occhi verdi…”  continuò e poi ancora: “Ha detto di chiamarsi….”
“Come? Come ha detto di chiamarsi??” quasi l’aggredì Sam.
“Dean. Il suo nome era Dean!!” rispose intimidita la poverina. E allora Sam, con movenze nervose, tirò fuori dal portafoglio una foto e la mostrò alla ragazza.
“E’ lui?” chiese quasi con voce tremante, terrorizzato dal sì che avrebbe potuto sentire.
“Oddio….Sì!! è lui!!”
 
Un pauroso sgomento si impossessò di Sam che in quel momento mandò all’aria la sua copertura, dimenticando di mostrare la freddezza che di solito contraddistingueva un federale. Dean era nelle mani di quel mostro. Era da solo e chissà cosa gli era successo. E si odiò per essere stato così ingenuo e odiò Dean perché lo aveva convinto con quella stupida scommessa.
Ma doveva essere un caso semplice. Porca miseria!! Un dannatissimo caso di routine da cacciatori.
 E invece si ritrovava di nuovo a penare per la vita di Dean.
 
“Dimmi dov’è?...dimmi che hai visto dove lo ha portato?” chiese agitato a quel riconoscimento.
La ragazza si spaventò alla reazione decisamente allarmata del ragazzo.
“Io…io….non lo so. Non ho visto. So solo che ci deve essere una qualche stanza segreta in quel posto. Perché l’uscita è solo una , dalla botola, e io non l’ho visto uscire.”
 

Sam corse fuori letteralmente dalla stanza e si precipitò verso la macchina che aveva noleggiato dato che la fedele Impala era con Dean e non sapendo dove fosse Dean , non sapeva dove fosse l’Impala.
Ripercorse la strada che aveva fatto per raggiungere i ragazzi, solo che questa volta la raggiunse da nord invece che dal percorso che aveva fatto la prima volta.

Ed eccola!!
L’impala. Ben nascosta dietro un grosso arbusto.

 Sam parcheggiò sul lato opposto della statale e corse verso la loro macchina. Era chiusa e tutto era in ordine, bagagliaio compreso. Il terreno intorno alla Chevy non era smosso, niente tracce di lotta, quindi presumibilmente nessun agguato fatto ai danni di Dean. Ma anche se questo poteva essere di sollievo per il minore, il fatto che Dean fosse scomparso e che non rispondeva alle sue chiamate era ancora peggio.
Arrivò così di nuovo al vecchio caseggiato e iniziò a perlustrarlo centimetro dopo centimetro e quando l’esasperazione e la preoccupazione la fecero da padrone iniziò a chiamare il nome del fratello. A gridarlo allarmato.

“Dove sei…dove sei…dove sei…” sibilava nervoso e preoccupato, quando dopo l’ennesimo richiamo Dean non rispose.

Poi, per caso, poggiò la mano su un mattone più sporgente degli altri e un soffio di vento gli si infilò al di sotto del giaccone.
Osservò il punto. Osservò l’intera parete.
Esitante ma speranzoso provò a fare pressione su quel mattone che , anche se con un po’ di resistenza , lentamente si incassò nella parete.
Poi , un clic.
E una sorta di porta scattò davanti al giovane cacciatore. Appena aperta, la soglia , lasciava intravvedere un leggero spiraglio, segno che dall’altra parte c’era un’altra stanza.
Sam mise le mani sui bordi della porta segreta e tirò verso di lui fin quando non riuscì ad aprirla quel tanto che gli permise di guardare all’interno.
 
“NOOOOO!!!”

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Capitolo 2
*** .2. ***


La caccia di Dean.


Quando , la mattina dopo il loro arrivo, aveva lasciato Sammy alla loro stanza del motel, dopo quella loro prima scommessa di caccia, Dean era più che sicuro che l’avrebbe spuntata su quel nerd del suo fratellino. Era certo che per un mese si sarebbe scampato le pulizie del bunker. Bagno e cucina compresi.
Si infilò nel bar più in periferia della città. Offrì caffè e da bere con indifferenza a chiunque gli sembrasse sapere qualcosa. Barista carina e maggiorata inclusa.
Ma fu solo quando un tipo anonimo a cui nessuno dava retta gli fece un discreto segno di seguirlo al tavolo d’angolo, che le antenne da cacciatore si drizzarono.
 
“Questi balordi non vogliono ammettere che i ragazzi che sono spariti non sono solo stati rapiti e uccisi, ma che c’è qualcosa che se li sta….” e poi chinandosi per sussurrarlo. “…letteralmente  ciucciando fino all’osso e scusa la brutalità!”
“Tranquillo. Ho lo stomaco forte.” replicò Dean che già cominciava a rielaborare tutte le informazioni che aveva. “Hai detto “qualcosa”. Qualcosa di che tipo?!” fece Dean, senza dargli modo di capire che voleva sapere esattamente quello che lui voleva dire.
“Quei ragazzi sono stati letteralmente prosciugati se mi vuoi passare un termine più gentile! Che razza di rapitore fa una cosa del genere? Pechè fare una cosa del genere??!!....Credimi, ragazzo!” fece compiacente e convinto.  “Lì fuori c’è un mostro! Uno vero!” sussurrò con aria complice.
“Oh, amico!!” lo imitò Dean. “Non sai quanto hai ragione!” fece ironico. “Sai dirmi qualcos’altro?!”
“C’è un casolare a nord della boscaglia che costeggia la statale. Una sera ho visto un vecchio furgoncino che si infilava in quella zona. L’ho detto allo sceriffo, ma loro credono che io sia costantemente ubriaco. Beh! non è così e so quello che ho visto!” ribadì orgoglioso. “C’è qualcosa in quella zona. Fossi dell’FBI come te, io darei un occhiata!”
“FBI!?” fece Dean stupito di quella rivelazione.
“Come ti ho detto…non sono sempre ubriaco e certe cose riesco a capirle anche io e tu, amico, non mi sembri un semplice sbirro!”
Dean strinse le labbra in segno di convincimento. Tirò fuori una banconota da venti e la passò al suo interlocutore.
“Questa la offro io!” disse indicando la birra che l’altro aveva davanti. “E anche le altre!”, poi si alzò e andò via.
 
Si infilò nell’Impala e decise di seguire le indicazioni del suo informatore di turno. Una parte del suo cervello, però, agì come di conseguenza, urlandogli di chiamare Sam. Non sapeva a che cosa andava in contro ed era da stupido farlo senza una copertura. Senza Sam.
Un'altra parte del suo cervello, quella evidentemente più stupida della prima, gli ricordava che chiamare Sam , significava perdere la scommessa.
“Fanculo!! Stavolta faccio da solo. Che sarà mai?! Un vampiro strafatto!!” si rassicurò scegliendo così che scelta fare. “Non ti darò modo di dire quel tuo soddisfatto “Te l’avevo detto, Dean!”, non questa volta Sammy!!” e partì.
 
Quando raggiunse la zona nord della statale, parcheggiò la macchina dietro alcuni cespugli alti, così da….proteggerla.
“Torno al più presto, piccola!” sussurrò accarezzando la cappotta della Chevy. Poi si avviò all’interno della radura.
 
Ed eccolo! Il caseggiato come aveva detto quel vecchio ubriacone.
Il cacciatore mise mano alla sua pistola. Tirò indietro il cane. Colpo in canna. Pronto a fare fuoco.
Controllò il perimetro del casolare e quando fu certo che non vi era nessuno, si avviò piano, intento a farvi ingresso. Oltrepassò con cautela la soglia di ingresso e si diresse con circospezione nelle altre due stanze del casale.
Vuote entrambe.
Si guardò attorno, scrutando con occhi attenti, quegli occhi a cui poche cose sfuggivano quando si trattava di caccia. Della loro caccia.
Scorse sul pavimento i segni di qualcosa che veniva spostato di sovente. Una vecchia vetrinetta. Infilò la pistola dietro la schiena e fece fare al mobile quel movimento dettato dai segni sul terreno.
Al di sotto, una botola.
Dean la aprì e vi trovò delle scale che portavano in una sorta di cantina. Scese e iniziò a controllare il posto, fin quando, arrivato quasi alla fine dell’angusto corridoio, non sentì dei gemiti. Impugnò di nuovo la pistola e con cautela si sporse verso quella che era l’ultima zona e strabuzzò gli occhi quando vide che a separarla dal resto della cantine vi erano delle sbarre di ferro piantate nel terreno , rendendola come una gabbia.
All’interno, quattro ragazzini, spauriti, sporchi, terrorizzati. I quattro ragazzini che risultavano spariti e che loro cercavano.
 
Fottiti, Sammy. Preparati alle pulizie di primavera!!” pensò soddisfatto, ma un attimo dopo la sua attenzione si focalizzò completamente sui poveri prigionieri.
 
Rinfoderò la pistola e poggiò le mani alle sbarre ferrose.
“Tranquilli, ragazzi!! Vi porto fuori!!” sussurrò sperando di tranquillizzarli e iniziando ad armeggiare con il lucchetto che serrava l’apertura della gabbia..
I ragazzi lo fissarono terrorizzati e dalla bocca dell’unica ragazza prigioniera venne fuori un tremante e impaurito : “…no…no…no…”
Dean la guardò, non capendo il senso di quel “no”. Ma i loro occhi non guardavano lui, ma qualcosa o qualcuno alle sue spalle. Dean lo capì un attimo troppo tardi.
Poi, un colpo violento e deciso arrivò alla base della nuca del cacciatore.
Un secondo dopo tutto divenne nero.
 
Quando riaprì gli occhi, Dean si rese conto di essere nella gabbia da cui aveva sperato di tirar fuori i ragazzi.
La ragazza gli stava accanto e gli premeva un fazzoletto al lato della testa.
“Mi dispiace non avevo altro di più pulito!!” fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Dean la guardò con misto di sorpresa e ringraziamento e provò a tirarsi su a sedere.
Sostituì la sua mano a quella della ragazza e la ringraziò solo con lo sguardo.
“Ma da dove è arrivato quel bastardo!?” chiese sbirciando fuori dalla cella.
Uno dei ragazzi si fece timidamente avanti , rispondendo per tutti.
“Lui è talmente veloce che a volte nemmeno lo vediamo arrivare!” riferì spaventato. “ Ci rendiamo conto che è stato qui solo perché uno di noi sparisce.”
“Ok! Vediamo di uscire fuori da qui o mi rovinerò la reputazione!” sospirò Dean cominciando a studiare il modo per uscire da quel guaio fatto di sbarre e terra.
 
“E come vorresti uscire finto sbirro?!” lo provocò una voce poco lontana. “O dovrei dire… cacciatore!”
 
Dean fece cenno ai ragazzi di allontanarsi dalle sbarre e andare contro la parete alle loro spalle e poi si sporse appena per vedere a chi appartenesse quella voce e un sorriso amaro gli piegò la bocca.
“Figlio di puttana!” esclamò con quel suo solito tono. “Spero che le birre che ti ho pagato ti siano andate tutte di traverso!”
“Invece no!” lo punzecchiò quello che era stato il suo provvidenziale informatore del bar. “Me le sono godute una dopo l’altra, pensando a come era stato facile farti finire dritto dritto nella tela del ragno.”
“Che razza di mostro sei, dì un po’!?” chiese Dean senza perderlo mai di vista mentre l’altro si avvicinava. “Mordi….succhi sangue..ma non sei un vampiro. Era pieno giorno quando ci siamo parlati! Me ne sarei accorto se tu non….”
“Hai ragione. Ti darò delle spiegazioni prima di farti fuori con questi ragazzini appetitosi. Mia madre era un Pishtaco ….” e si fermò vendendo l’espressione interdetta del cacciatore.
“Aspetta….aspetta …” lo fermò Dean. “Io so cos’è un Pishtaco e loro non sono degli assassini. Sono solo dei parassiti. Tu uccidi senza pietà, brutto bastardo!”
“Già! hai perfettamente ragione. Ma vedi…un vampiro psicopatico , una notte si è divertito con mia madre e da quell’infausta unione , beh, che dire!! Eccomi qua!!, solo che per vivere , io, invece di succhiare grasso, succhio sangue.” riferì soddisfatto e poi , sporgendo appena le braccia verso la gabbia: “Con questi!” e in quello stesso istante due tentacoli sottili ma scattanti e dall’aspetto vorace e orribile , vennero fuori dai suoi polsi.
Dean, come gli altri ragazzi, fecero istintivamente un passo indietro.
“Ma che cazzo di….” esclamò Dean preso di sorpresa.
“Vi presento Fatti…” disse indicando uno dei tentacoli e poi mostrando l’altro: “…e Ammazzare.” , e poi con il dito indice iniziò a passare da un prigioniero all’altro come se stesse facendo la conta per decidere chi sarebbe stato il suo prossimo pasto.
E infatti..
“E…tocca….a…te!!” esclamò canzonando felice quando il suo dito finì per indicare il ragazzino appena dietro Dean.
“No…no..no…ti prego!!” iniziò a balbettare il giovane.
Dean gli si parò immediatamente davanti come a proteggerlo.
“Te lo puoi scordare, amico. Non toccherai nessuno di questi ragazzi!”
“E chi me lo vieterà? Tu?” lo provocò il mostro.
“Ci puoi giurare!” imponendosi meglio verso di lui.
“Wow!!! Abbiamo un eroe!” sembrò sfotterlo l’avversario.
“No. Sono solo quello che ti farà il culo, bastardo!!” rispose strafottente il cacciatore.
“Lo sai che questa tua presa di posizione è del tutto inutile? Posso prendermi chi voglio , quando voglio, come voglio. Posso farlo sotto i tuoi occhi e tu nemmeno te ne renderesti conto. Ti ritroveresti solo con un cadavere tra i piedi e la sua puzza da morto ad impregnarti le narici!” gli ricordò sadicamente l’ibrido soprannaturale. E in quel momento Dean fece mente locale a quello che gli avevano detto i ragazzi: “Lui è talmente veloce che a volte nemmeno lo vediamo arrivare!
 
Non poteva rischiare la vita di uno solo di quei ragazzini. Aveva già fallito nel metterli in salvo , facendosi sorprendere alle spalle. Quindi l’unica cosa che poteva fare in quel momento era concedere a Sam più tempo possibile per arrivare a quel caseggiato.
 
Perché Sam sarebbe arrivato a quel caseggiato. Perché Sam doveva arrivare a quel caseggiato. Doveva!
 
“Ok! Ok! Ascolta. Ti propongo un patto.” si fece avanti senza mostrare ansia.
“Sarebbe?!” replicò il mostro alzando le sopracciglia mostrando sorpresa.
Un respiro. Un pensiero veloce ai ragazzi dietro di lui. Uno a Sam.
Poi propose il patto.
“Prendi me, d’accordo!? Sono più grande. Più in forze e di sicuro ho in circolo molto più sangue di quello che puoi prendere da uno di questi mocciosi!” si offrì allora e alle sue spalle la ragazza si agitò immediatamente.
“Allettante. Davvero allettante!” sibilò leccandosi le labbra il mostro rapitore. “Il sangue di un impavido cacciatore a mia completa disposizione!!”
“No..no…ti ucciderà!!” disse invece la ragazza.
“Abbiamo bisogno di tempo per..” fece Dean voltandosi verso di lei e afferrandola per le spalle come a volerla calmare e pensando che Sam sicuramente sarebbe arrivato anche lui al caseggiato.
“Tempo? Tempo per cosa? per chi?!” chiese istericamente la giovane.
“Io posso darvi questo tempo e voi…credetemi….uscirete di qui. Sani e salvi.” sussurrò al piccolo gruppo.
“Ehi? cacciatore??!” lo richiamò il mostro e nell’attimo esatto in cui Dean si girò verso di lui, una violenta sferzata lo colpì in pieno viso facendolo svenire.
Di nuovo!!
 
Quando , per l’ennesima volta, in quella situazione del cavolo, Dean riprese conoscenza, si rese conto di avere i polsi stretti , ognuno in un anello di ferro agganciato ad una catena saldata nella parete. Era a torso nudo e a piedi scalzi.
“Ti ho già detto che sei un figlio di puttana?!” sibilò furioso fissando davanti a lui l’essere che faceva svettare sinuosamente i due tentacoli che sembravano non aspettare altro che attaccare.
“E io ti ho detto che avrai una morte lenta e dolorosa?!” rispose sarcastico mentre le due appendici soprannaturali scattavano verso le vene pulsanti delle braccia scoperte di Dean. “Ops!! Credo di no!” fece godendo della smorfia di dolore della sua preda.
Il ragazzo grugnì un soffocato grido di dolore, quando quel morso vorace e violento gli strappò la carne e iniziò a succhiargli sangue.

Cercò di reagire, muovendo le braccia nel vano tentativo che quella morsa diminuisse, inutilmente. Anzi, ottenendo forse l’effetto contrario.  Dibatteva le gambe per cercare di trovare una posizione che potesse farlo prevalere in qualche modo, ma anche questo risultò inutile. E più andava avanti e più quella sensazione che qualcosa gli veniva strappata via dalle vene insieme al sangue si faceva pressante.
Il respiro divenne difficoltoso, gli occhi iniziarono a farsi pesanti. Dean iniziò a sentire il suo intero corpo, intorpidirsi. Iniziò a sentire le forze diminuirgli, fin quando, una leggera nebbia non lo accecò del tutto, lasciandolo privo di sensi.
Quella spaventosa tortura andò avanti per molto tempo e per quanto ci fosse una sorta di pausa tra un “prelievo” e l’altro, Dean non aveva tempo di riprendere le forze che gli servivano per cercare di reagire in qualsiasi maniera. Ogni volta quei tentacoli assetati del suo sangue colpivano su una parte diversa del suo corpo e ogni volta, prima di sentire chiaramente il sangue defluire via da lui, Dean sentiva una feroce scarica di dolore che gli attraversava tutto il corpo. Ogni volta era come se prima la pelle e poi la carne si strappassero come carta velina al tocco vorace del mostro che lo stava uccidendo così dolorosamente e così lentamente.
 
“Dio!!” fece il mostro durante una di quelle sedute. “Non avrei mai immaginato che il sangue di un cacciatore avesse un gusto così buono. Sai?! Sei fortunato?! Ti gusterò lentamente. Fino all’ultima goccia!” lo canzonò, afferrandolo per i capelli e forzandolo a farsi guardare in faccia.
Dean si lamentò , sopraffatto da quella spossatezza. Non sapeva da quanto era lì, in quelle condizioni. Ore ? Giorni? Di più?
Perché Sam non arrivava? I ragazzi erano ancora vivi? Era riuscito a salvarli? O aveva fallito del tutto? O magari anche Sam era rimasto vittima di quel mostro?
A quel solo pensiero , il cacciatore , ebbe come uno spasmo di rabbia e cercò di divincolarsi dalla presa del suo carnefice.
“Io….io…..ti…” cercò di reagire.
Il mostro allentò la presa e rise soddisfatto. Se c’era ancora quella disperazione e quell’attaccamento alla vita, c’era ancora sangue. Tanto buon sangue!
“Ma bene!! Molto molto bene. Sai che ti dico? Che queste….” fece afferrandogli i polsi e liberandolo dalle catene. “..non servono più. Vediamo di divertirci in un altro modo!”
Sentendosi libero da quelle costrizioni, Dean, stupidamente, cercò di sottrarsi alle intenzioni del mostro.  Si gettò su un fianco e poggiò la mano a terra cercando di allontanarsi da lui. Strisciò lungo il pavimento , sentendo comunque il sangue colargli lungo il braccio e anche sul corpo dove i voraci tentacoli lo avevano afferrato ogni qual volta che quell’essere aveva fame.
 Il corpo gli faceva male, sentiva bruciargli la pelle ad ogni movimento, ma non poteva arrendersi, doveva tentare. Doveva provare a scappare. Strisciò ancora e non appena fu di spalle al suo carceriere soprannaturale, lo sentì ridere sadicamente. Soddisfatto. Appagato.
“Davvero?” esclamò l’altro. “Davvero credi che riuscirai a scappare da qui….strisciando?!” lo provocò. “Non ti hanno mai detto che sei fortunato ad essere carino!?”
Dean sembrava non volerlo ascoltare. Strisciò ancora verso la porta lasciata provocatoriamente aperta. Stava per mettere fuori una mano da quella stanza, ma non appena ne sfiorò l’uscio, un dolore sferzante lo spezzò in due.
Lo aveva colpito alla schiena.
Il mostro lo teneva letteralmente legato a lui, con quei tentacoli affamati e inclementi delle sue già poche forze. Suggeva da lui voracemente senza tregua.

Il cacciatore gridò non appena quel legame lo sconfisse ancora. Gridò di dolore. Gridò di rabbia. Gridò di frustrazione.

Poi si sentì strattonare di nuovo verso il centro della stanza e vide la porta richiudersi.
Quella volta sembrò durare più a lungo. Il mostro molto probabilmente voleva farla finita. Lo avrebbe ucciso. Gli avrebbe succhiato via tutto. L’anima. La vita.
Graffiò impotente la terra del pavimento cercando una sorta di appoggio , di resistenza a ciò che gli stava accadendo.
Sentiva le unghie graffiare il terreno.
Sentiva la terra raggrumarsi con il sangue che perdeva.
Sentì il mostro avvicinarglisi.
 
“Buonanotte, cacciatore!” gli sussurrò all’orecchio. “Ci rivedremo oltre l’arcobaleno!!”
Dean si lamentò appena usando la poca ed esigua forza che sentiva. Poi sconfitto, obbedì e si addormentò.
Il suo ultimo pensiero…
 “Ok! E’ finita. Niente più risvegli. Niente più caccia. Niente più Sammy. Niente di niente.

Il Vuoto lo aspettava a braccia aperte!

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Capitolo 3
*** .3. ***


In ospedale.


Per un attimo, Sam, vedendo le condizioni del fratello si sentì in colpa. Dean aveva davvero bisogno di una trasfusione decente e non solo di plasma, salina e chissà che altro. E ripensò con amarezza al momento in cui il dottore gli aveva chiesto se voleva donare il suo sangue e lui, purtroppo, aveva dovuto declinare la richiesta.

 
“Il corriere sanitario sta facendo il prima possibile, ma voi siete fratelli, nel frattempo potrebbe donare il sangue a Dean e poi interverremo noi con…”, e Sam non potè non notare la sorpresa sul volto del medico quando lo interruppe dicendo di no.
“No. Mi dispiace. Ma io…io non posso donare sangue. A nessuno, tanto meno a mio fratello.” rispose con un colpevole imbarazzo.
Il medico storse appena le labbra in segno di disapprovazione. Una disapprovazione che provò a giustificare.
“Sam, non voglio mancarle di rispetto ma non crede che questo non sia il momento adatto per le sue credenze religiose?!”
“Mi creda dottore, qui le credenze religiose, o almeno quelle che intende lei non c’entrano niente.” spiegò il giovane Winchester.
“E allora perché non…”
“Non posso. Io ho….cioè…” cercando il modo giusto per dire ciò che lo frenava nell’aiutare il fratello.  “Il mio sangue è malato. Non posso donarlo.”
Il dottore cambiò immediatamente espressione e sembrò quasi chiedere scusa per quell’errato giudizio. “Mi scusi. Non potevo immaginare. Che tipo di malattia ha?” chiese per  deformazione professionale.
Sam, colto di sorpresa, lavorò velocemente una risposta ma l’unica che gli venne in mente era l’unica che poteva dare ad un medico.
“Mi creda, per me e la mia famiglia è come una maledizione!” sperando di interrompere in quel modo quella conversazione.
Ci riuscì grazie alla discrezione del medico.
“Va bene. Vado a sollecitare il corriere sanitario!” e il medico andò via.

Sam restò qualche secondo immobile davanti alla porta della stanza di suo fratello. Per quanto in quegli ultimi anni si voleva convincere che le Prove o il soggiorno nella Gabbia potessero averlo puificato, una paura insita nella sua anima continuava a dirgli che lui , Sam Winchester, aveva ancora un qualcosa di demoniaco a scorrergli dentro.
Mille paure. Mille pensieri.

 
“Maledetto Azazel. Maledetto il suo piano. Maledetto il mio maledetto sangue. Maledetta questa maledetta vita.”
 
Poi entrò.
 

“Il mostro?!” quasi sussurrò Dean.
“C’ho pensato io. L’ho sistemato a modo nostro, fratello. Quando ti ho trovato in quella sorta di camera segreta, il bastardo ha cercato di farmi fuori. Ma non c’è riuscito. Sai come vanno questa cose?!” disse quasi con innocenza. “E’ volata qualche parola grossa. Qualche pugno, un po’ di calci ma poi un paio di pallottole con la punta piena di sangue di uomo morto e un bel machete hanno fatto il resto. E gli ho dato un bonus anche per quello che ha fatto a te, tranquillo. Credo che sia ancora nel bosco a riscaldare Yoghi e Bubu!!” sembrò volerlo rassicurare Sam con aria tranquilla anche se dentro di lui, sentì ancora quella morsa allo stomaco ricordando le condizioni in cui aveva trovato Dean: riverso a terra. Pallido da spavento. Il torace e le braccia lacerati in più punti a causa delle aggressioni del mostro. Gli occhi chiusi e paurosamente segnati da scure occhiaie livide. Chiazze rossastre e asciutte del suo sangue sul pavimento.
E poi , quasi si risentì chiamarlo terrorizzato senza avere nessuna risposta. Scuoterlo con vigore mentre il corpo del fratello non aveva nessuna reazione ai suoi richiami angosciati.

I suoi ricordi vennero, però, fermati dalla più assurda delle domande di Dean. Ma poi era davvero assurda?
“Tu stai…stai bene?!” e questo spiazzò il minore per un po’. Ma solo per un po’, perché quanto mai Dean Winchester non si preoccupava per il piccolo Sammy?!

Il giovane cacciatore gli sorrise e volle, questa volta, davvero rassicurarlo.
“Io sto bene, Dean. Sto benone, tranquillo. Perciò vedi di rimetterti al più presto anche tu, perché in questo posto c’è il club delle single che ha già tirato su le antenne da quando abbiamo messo piede in città!” scherzò , perfino.
Dean sorrise, soddisfatto del lavoro fatto dal fratello. Felice di aver saputo di aver salvato delle altre vite e che Sam era al sicuro.
“Bene….bene…” sussurrò flebilmente, deglutendo a fatica. “…bene…” e poi, come se fosse infinitamente stanco, chiuse di nuovo gli occhi.

Un attimo.
Un solo brevissimo attimo.

La testa si abbandonò appena da un lato. La mano che teneva sul fianco scivolò mollemente verso il materasso e un secondo dopo i macchinari a cui era collegato iniziarono a trillare tutti rumorosamente. Il cuore, la pressione, l’ossigeno. Tutto sembrò impazzire.
Sam sobbalzò e preso alla sprovvista, per un attimo andò nel panico. Poi, ripresosi immediatamente, chiamò aiuto.
Non poteva perderlo. Non era concepibile perdere Dean.
 

Quando il medico e gli assistenti che erano intervenuti, ebbero portato a Dean le cure dovute, fu il medico stesso a  mettere al corrente Sam della situazione clinica del fratello.
“Dottore…che è successo? lui era sveglio…stavamo parlando. Lui…lui…”
Il dottore comprese naturalmente l’ansia del fratello minore. Gli poggiò una mano sul braccio e lo spostò dalla porta da cui uscivano ancora gli infermieri che si stavano prendendo cura di Dean.
“Mi ascolti, Sam. Suo fratello ha avuto un collasso.”
“Un …collasso?”
“Sì, ma nelle condizioni in cui era , ce lo aspettavamo. Eravamo pronti e abbiamo agito immediatamente nell’unico modo possibile.”
“Che cosa …come sta adesso?! Che gli avete fatto?” chiese, ansioso.
“L’unica cosa che potevamo fare per evitare al fisico ogni tipo di stress era metterlo in coma farmacologico!”
“Dean è….in coma?”
“Era l’unica soluzione, Sam. Mi creda. Ogni sforzo, ogni forte emozione, ogni stress possono fare andare in tilt i suoi valori. Suo fratello è molto debole, fortemente provato fisicamente. Se andrà incontro ad un’altra crisi come quella che ha avuto prima, potrebbe non  superarla!” gli spiegò con calma, per cercare di…indorare la pillola.
“Quindi lui non è ancora fuori pericolo?!”
Il medico strinse le labbra perplesso, lanciò uno sguardo alla cartella clinica del suo paziente.
La chiuse e fissò il giovane davanti a lui.
“Aspettiamo  che passi la notte e vediamo come va nelle prossime ore e giorni. Domani, comunque, decideremo se mantenere lo stato di sedazione o somministrare un’altra terapia.” e poi vedendo che Sam lo guardava quasi con aria spaventata, volle provare a rassicurarlo. “Sam, Dean è comunque un ragazzo forte. Vedrà che ne verrà fuori. Ora, perché non se ne torna in albergo e cerca di riposare. Ha un aria distrutta!”
“In albergo!?” ripetè stranito il giovane.
“Sì. L’avviseranno se ci sono delle….” ma non riuscì a finire.
“Dottore, io non mi muovo dalla stanza di mio fratello.” e lo disse con un tono e un espressione talmente decisa che il medico non ebbe il coraggio di controbattere.
“Come vuole!” e lo lasciò rientrare nella stanza di Dean.
 

Quando l’ennesima infermiera uscì dalla camera dopo aver preso, consultato, controllato e registrato tutti i valori di Dean, Sam prese una sedia e si mise accanto al letto del fratello dormiente.
Lo guardò a lungo. In silenzio.
Sembrava quasi come se stesse memorizzando ogni lineamento di quel fratello ferito.
Lanciò uno sguardo veloce ai macchinari che sibilavano inclementi.
“Sai, Dean?!” fece ad un certo punto. “Hai presente quella frase di circostanza che si dice … “Ho perso il conto di quante volte….”, beh!...” e sospirò frustrato. “E’ un emerita stronzata.” esclamò come se si fosse levato un peso dal cuore.  “Io mi ricordo ogni stramaledettissima volta in cui ti ho dovuto vegliare in un letto di ospedale. Ricordo ogni dannata volta in cui temevo che ti avrei perso. Ricordo ogni singola goccia di sudore che mi colava lungo la schiena ogni volta che un medico scuoteva la testa dopo averti visitato. Quel mostro che ti fermò il cuore e che mi portò a cercare quel guaritore…” iniziò a ricordare quei momenti drammaticamente tristi. “…le torture di Occhi Gialli per mano di papà e poi l’incidente subito dopo che ti mandò in coma. Quel caso al Mistery Spot e tutte le volte che tu…che ti ho visto….” e mandò giù un groppo amaro rammentando le svariate morti di Dean a cui aveva assistito impotente. “ Oddio….e poi i cerberi e tu che venivi massacrato davanti ai miei occhi e poi ancora quello che ti fece Alastair quando Uriel ti portò via…Metatron…Dio!, Metatron!” sussurrò ricordando l’ultima volta che Dean gli era morto letteralmente tra le braccia. “E tutte le altre volte…tutte le altre stramaledettissime volte. Le ricordo tutte!” disse quasi con tono rabbioso.

Si passò una mano sul volto come se avesse voluto riprendere il controllo. Guardò ancora i vari monitor e poi di nuovo suo fratello.
Strinse le labbra in mezzo ai denti, quasi volesse trattenersi nel dire qualcosa.
Sospirò pesantemente.
Allungò una mano per toccare quella di Dean. Si fermò.
Non voleva disturbarlo, pensò stupidamente.
 
Invece no! Sapeva che se lo avesse toccato, solo sfiorato, Dean comunque non avrebbe accennato a muoversi e per l’ennesima volta tutto sarebbe stato dolorosamente vero.
Dean poteva lasciarlo. Poteva morire.
 
“Per favore…per favore, Dean. Non mollare. Non morire.” sussurrò esasperato, a tratti frustrato da quella sua impotenza nel poterlo aiutare. “Resisti. Non puoi lasciarmi solo in questa assurda vita. Lo sai che finirei nei guai.” provò anche a provocarlo.
Sapeva che se Castiel era  per Dean un angelo custode, Dean stesso lo era per lui. Per il suo fratellino. Per il suo Sammy. 
“Una volta , in uno stupido film sentii dire che quando tutto va male, bisogna aggrapparsi a quello che resta.” ricordò con un tono quasi imbarazzato.
Sam alzò lo sguardo verso quello addormentato di Dean. “Dean…” sembrò chiamarlo come se Dean avesse potuto rispondergli. “.. sta andando tutto in malora. E tu sei quello a cui io mi sono sempre aggrappato. Sempre. Nonostante non volessi ammetterlo a te o a me stesso. Ma se ti arrendi, se tu muori, se te ne vai e mi lasci qui a combattere da solo…io…io non avrò più niente. Niente per cui lottare, vivere. Niente a cui aggrapparmi. Niente di talmente forte che abbia la forza di sostenermi. Tu sei quello che “resta dopo”. Perciò, fratello…” fece , trovando invece, adesso, il coraggio di stringere la mano del maggiore. “….resisti. Aggrappati a me. Torna da me. Torna a sostenermi e ad essere il mio “ciò che resta!”.”

La notte passò così.  
E così il giorno dopo.
Con Sam che parlava a Dean del suo enorme bisogno di averlo accanto. Di avere una guida costantemente presente diversa da quella che era stata John. Il padre, per quanto Sam avesse ormai accettato che lo avrebbe amato comunque, era un tipo alla “E’ così perché lo dico io. Si fa così perché è così che si deve fare!
Dean, con lui, a modo suo, era stato diverso. Aveva sempre cercato di spiegare il perché di certe azioni e di alcune decisioni e quando, ogni tanto, quel lato di John Winchester si palesava anche nel maggiore, Sam obbediva, anche se poi sapeva che Dean avrebbe chiesto scusa.
Ed era così. Era così ogni volta.
 
Sam gli chiese scusa ancora per il Purgatorio, per aver solo pensato di rifarsi una vita con Amelia rinunciando a lui. Per non aver compreso il suo legame con Benny, per aver giudicato così duramente il suo agire con Gadreel. Gli chiese scusa ancora e ancora di aver scelto Ruby.
Dio!! gli chiese scusa perfino di aver fatto salire un cane sull’Impala.
Sam chiese scusa.
Su ogni cosa.
Per ogni azione che credeva o pensava aver commesso. E ogni volta che chiedeva scusa, chiedeva anche a Dean di resistere, così il maggiore avrebbe potuto compiacersi soddisfatto guardandolo negli occhi.
Sam lo avrebbe fatto fare. Lo avrebbe accettato, pur di riaverlo con lui. Sano e salvo.

 
La seconda notte, verso le tre, vide un infermiera armeggiare con i macchinari che somministravano il sedativo a Dean.
“Che succede? Cosa…” chiese allarmato, temendo in un peggioramento.
“Tranquillo. Ho portato gli ultimi controlli al dottor  Norton. I valori di suo fratello sono in lieve miglioramento e continuano a migliorare, così ha deciso di diminuire il dosaggio del sedativo.”
“Da….davvero?!” fece sentendo dentro di lui una speranza che però voleva tenere ancora a bada.
“Davvero, Sam. Vedrà…Dean si riprenderà.” e rassicurandolo in quella maniera così calma, uscì dalla stanza e lasciò di nuovo i due fratelli da soli.
“Andiamo….andiamo….andiamo….” prese a sussurrare Sam, riprendendo il suo posto accanto al letto del maggiore.
 
 
Arrivò l’alba e Sam, stanco fisicamente, sfinito mentalmente a causa di tutti quei ricordi, si sedette di nuovo sulla sedia accanto al letto del fratello.
Lo guardò, forse dolcemente. Forse con un pizzico di rassegnazione.
“Sono stanco, Dean. Ora mi metto qui. Chiudo solo un attimo gli occhi e quando li riapro voglio vedere anche i tuoi aperti. Ok!, fratello?!” chiese retoricamente.
Aspettò comunque una risposta.
Dean nemmeno si mosse. Non un fremito. Non una contrazione nervosa.
Immobile. Dannatamente immobile.

L’infermiera gli aveva detto che stava migliorando, allora perché era ancora così immobile?!

Sam sospirò e tirò la testa indietro fino ad appoggiarla al bordo della sedia. Fece appena in tempo a rilassarsi e a socchiudere gli occhi, sfinito, che il sonno ebbe il sopravvento su di lui.






N.d.A.: Che dite è plausibile la paura di Sam nella questione del dover o meno donare il sangue a Dean?
Fatemi sapere!

Baci, Cin!

 

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Capitolo 4
*** .4. ***


Dean aprì lentamente gli occhi e già quella poca luce che riuscì ad intravvedere gli fece male tanto da farglieli richiudere , mugugnando appena.
Ci provò di nuovo e questa volta sembrò andare meglio. Per un attimo restò a fissare il soffitto imbiancato. A godere dell’odore di pulito. Del silenzio e la calma che non erano affatto fastidiosi.

Un attimo!, pensò, soffitto imbiancato? Niente puzza di sangue?Niente lamenti o dolore?Niente buio? Niente Vuoto?

Voleva dire che non era morto. Che era ancora vivo!!
Guardò ancora.
Guardò lentamente in giro fin quando i suoi occhi non si posarono su un ragazzo di quasi due metri che dormiva su una sedia su cui perfino un bambino sarebbe stato stretto.
Il suo sguardo non andò oltre. Era salvo e sapeva di star guardando la persona a cui avrebbe dovuto dire grazie. Ancora!
 
Sam aveva gli occhi chiusi che ogni tanto stringeva come se stesse sognando o solo sopportando un qualche dolore dovuto a quella posizione assurda. Il viso appena coperto da un sottile velo di barba. Addosso ancora i vestiti da federale.
In quel preciso momento , un’infermiera entrò nella stanza e si accorse che Dean era sveglio. Stava per dire qualcosa quando Dean alzò una mano in segno di tacere.
L’infermiera che per un attimo restò perplessa, capì, quando il cacciatore fece spostare la sua attenzione al ragazzo che dormiva accanto al suo letto.
Sorrise dolcemente e si avvicinò senza fare rumore al letto del suo assistito.

Dean seguì i suoi movimenti e quando la ragazza gli fu vicino , controllò i suoi parametri da ogni macchinario.
“Andiamo bene! Andiamo più che bene!” asserì sorridendo soddisfatta tenendo un tono di voce basso.
Dean l’assecondò con un sorriso appena accennato e poi indicando il fratello si ritrovò a chiedere: “Scommetto…. che non ha messo piede fuori….. di qui, vero?!”
“Piede, mano, braccia, testa. Incollato a quella sedia da quando sei arrivato. O meglio da quando ti ci ha portato qui!” rispose lei.
“Quanto…”
“Solo qualche giorno, tranquillo. Ma sono stati davvero duri e tu te la sei vista brutta. E per lui è stato lo stesso!” confessò abbassando di un po’ la voce, come se stesse rivelando un segreto. “So che oltre ad essere colleghi, siete anche fratelli. E che una stupida scommessa vi ha portato ad affrontare questo caso separatamente.”
“Wow!! Il moccioso ha vuotato il sacco!” sbottò anche se silenziosamente Dean.
“Ho parlato con lui per un po’ , ma giusto per tenerlo fuori dalla stanza quando i dottori ti dovevano visitare. E sai cosa penso?!”
“Cosa?!” chiese curioso.
“Che fate delle scommesse del cavolo e dovreste smetterla!” sembrò quasi rimproverarlo. “I colleghe , soprattutto se fratelli, devono guardarsi le spalle. Sempre!!” asserì convinta e con un certo tono severo.
“Ci crederesti che è la prima scommessa del genere?!”
“Sul serio?!” fece lei poco convinta.
“Scommetti?!” la provocò Dean.
“Ok! Ho capito chi è l’irresponsabile tra i due!” convenne la ragazza con aria sarcastica.
 
“Ci può scommettere che è lui.”
 
La ragazza spostò immediatamente lo sguardo su Sam che si era appena risvegliato da quel suo sonno decisamente poco comodo e rinvigorente e si alzava per avvicinarsi al letto del fratello.
Aprì la bocca per controbattere ma Dean la precedette.
“Mi dispiace tesoro…vizio di famiglia!”
“Già. Lo vedo!” fece lei con aria di disapprovazione. “Vado a chiamare il dott. Norton.” e andò via.
 
Sam sovrastava, per forza di cose, Dean. I due fratelli per un attimo restarono in silenzio a fissarsi.
 
Sei vivo…..   Grazie a te, Sammy.
Ce l’hai fatta…..   Grazie a te, Sammy!
Non provare mai più a farmi una cosa simile….  Puoi scommetterci, Sammy!!
 
Questo fu quello che vorticò entusiasta nelle loro menti. Ma in effetti nessuno dei due proferì parola in quel momento fatto di soli sguardi.
Tipico dei Winchester!!! Perché usare le parole quando ci si può solo guardare?!
 
 

Qualche giorno dopo, con un tesserino federale e la giustificazione che gli agenti feriti ma fuori pericolo dovevano rientrare alla sede principale, Sam riuscì a far dimettere Dean.  Anche grazie all’aiuto del dottore che aveva intuito che i due non erano propriamente dei federali, ma a dirla tutta non gli importava, dato che avevano comunque salvato delle vite umane rischiando drasticamente la loro.
 
I due andarono direttamente al bunker dove, il mattino dopo, vennero raggiunti finalmente da Castiel che come prima cosa si assicurò di rimettere a posto completamente quello che era rimasto da aggiustare nel fisico di Dean. Anche se si premunì di avvertirlo che almeno per un po’ sarebbe stato comunque debole.
Dean abbozzò lo stesso un “Grazie , amico!” e lo rassicurò che in quei giorni di riposo se la sarebbe goduta a vedere Sam in versione Cenerentola.
“Sul serio?” aveva replicato il minore.
“Cavolo, se sono serio!! Una scommessa è una scommessa. E io l’ho vinta. Li ho trovati per primo quei ragazzi!” asserì deciso e orgoglioso.
“Già! e ti sei fatto quasi ammazzare!”
“Beh! la scommessa era su chi li avesse trovati per primo, non chi si sarebbe fatto accoppare per primo. Quindi Samerentola, zitto e lucida l’argenteria!!” lo provocò il maggiore, bevendo un altro sorso di birra , mentre si risistemava sul suo letto.
 
Quello che invece, Sam sperava non dovesse accadere, accadde quella sera stessa.
Andò verso la camera di suo fratello per dirgli che sarebbe uscito per andare a prendere qualche pizza o altre cose del genere e quando entrò nella stanza del maggiore lo trovò seduto sul bordo del letto. Pensieroso. Decisamente assorto.
“Ehi Dean!!? Tutto bene?!” domandò preoccupato.
Dean alzò lo sguardo verso di lui. Sembrava volesse dire tanto riuscendo solo a dire niente. Le sue labbra si muovevano nel vano tentativo di dare una spiegazione a quel suo stato d’animo.
Guardò per un attimo la foto di sua madre appoggiata alla piccola lampada da scrivania e poi senza distogliere lo sguardo da quell’immagina cara, quasi sussurrò:
“Ti ho sentito!”
Sam strinse gli occhi , perplesso da quello che aveva appena detto, no, sussurrato il fratello.
“Sì..ti ho chiesto se …se stai bene!!” replicò il più giovane.
“Ti ho sentito!” ripetè Dean. “In ospedale.” disse ancora e solo in quel momento alzò il viso per guardarlo di nuovo. “Quando ero privo di conoscenza!” e inspirò affondo quando vide il volto sul minore palesarsi un espressione mista a sorpresa e panico.
“Come…tu….hai….mi hai…sentito?!” fece quasi spaventato.
 
Quello che aveva detto. Il modo, le parole, il cuore che c’aveva messo.
Non c’era niente di male, questo Sam lo sapeva, ma si sentiva lo stesso terribilmente scoperto e imbarazzato.
Loro erano abituati a parlarsi a cuore aperto, ma sorte voleva che questa cosa accadesse sistematicamente quando erano con un piede nella fossa. Poi , la crisi passava e loro si costringevano a buttarsi tutto alle spalle.
Troppi sentimenti. Troppe emozioni. Troppo cuore esposto a quella vita assurda.
Una vita che doveva essere vissuta con più forza e freddezza.
 
“Dean, io ero….e tu..tu stavi …insomma….quello che ho detto, io…io…volevo….”
“Grazie!” fece , fermandolo Dean.
“Cosa?!” sibilò sbalordito e colpito da quel ringraziamento inatteso. Almeno in quel momento.
“Grazie per avermi parlato. Per non esserti arreso. Per non avermi abbandonato.”
“Non lo avrei mai fatto. Non un'altra volta!” sussurrò ancora in colpa.
“Sam, non era questo che intendevo e non mi riferivo a qualcosa del nostro passato!” sembrò volerlo rassicurare il maggiore. “Molti avrebbero fatto affidamento solo alle cure mediche, tu…tu, invece, mi hai assillato. Letteralmente. Mi hai costretto a non mollare, a non lasciarmi andare a quello che mi stava accadendo.”
“E lo farei altre mille volte ancora!” ci tenne a precisare con fermezza il più giovane.
“Eravamo nella merda, Sammy, e tu mi hai convinto ad essere ancora quello che resta dopo!”
 
E a quell’affermazione Sam strabuzzò letteralmente gli occhi.
Era vero! Era tutto vero!
Dean lo aveva sentito. Il fratello aveva sentito ogni sua singola parola che faceva parte di quegli incoraggiamenti a resistere e a combattere.
Deglutì a vuoto. Sorpreso. Sconvolto. Commosso.
 
Gli occhi dei due fratelli si legarono in un tacito sguardo di complicità e amore fraterno.
“E lo sarai ancora?”
“Lo sarò sempre!”
Un sorriso. Timido. Complice. Rivelatore.
“Ok!” sussurrò a stento Sam.
“Ok!” gli fece eco Dean nel suo stesso stato d’animo.
 
Il minore fece per uscire dalla stanza del fratello, poi si girò di nuovo e gli sorrise ormai tranquillo.
“Comunque , ero venuto qui per dirti che esco per prendere qualcosa da mangiare, Jerk!”
“Non dimenticare la mia torta, Bitch!”








N.d.A.: E Dean è andato!!!
In settimana , appena possibile, arriverà il momento di Sammy!!!

Baci baci|||

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Capitolo 5
*** SAM ***


SAM
 

In ospedale

Quando il dott. Lewis uscì dalla stanza di Sam, dopo che il fratello era stato sottoposto ad ogni tipo di visita sia fisica che radiologica, quello che Dean gli lesse in volto non aveva niente di rassicurante.
“Allora?!” chiese ansioso, il cacciatore.
“Dean, avete salvato la vita di mia figlia e io sarò in debito con voi per tutta la vita e farò per voi tutto quello che è nelle mia possibilità per aiutarvi…” fu il criptico preambolo del medico.
“Venga al dunque, Lewis. Come sta Sammy?!” quasi lo aggredì Dean.
Il medico gli mise una mano sulla spalla e lo invitò a mettersi in disparte , per evitare di intralciare il passaggio del personale medico.
“Gli abbiamo fatto dei controlli e lo abbiamo sottoposto ad una total body…” disse il sanitario.
“E allora?!”
Lewis sospirò, decisamente in colpa. Tanto da non riuscire ad andare avanti e dare quella triste notizia.
“E allora??!” e questa volta lo aggredì decisamente.
“Tumore!” esclamò alla fine il medico.
Il respiro di Dean si gelò nei polmoni. Per un attimo che sembrò essere fatto dell’eternità intera , la parola tumore riecheggiò feroce nella sua testa.
“Come…tumore?!” sibilò sconvolto.
“Gliobastoma multiforme. Terribilmente comune. Terribilmente letale.”
“Cazzo!!”
“Mi hai detto che quando avete lottato con il mostro a cui davate la caccia, quell’essere ha afferrato Sam alla testa?!”
“Sì…sì….ma lui….non…”
“Il tumore è lì ed è esteso. Deve averglielo trasmesso quando lo ha afferrato.”
Dean deglutì. Un tumore. Alla testa. Sam…malato…in un modo che lui non poteva guarire.
“Esteso….Ha detto esteso?” Ripetè sperando di aver inteso male.
“Sì!” e il cacciatore chiuse gli occhi. La sua mascella si contrasse dalla frustrazione.
“Esteso come? Quanto?!”
“Molto. Purtroppo.”
“E cosa potete fare fin quando il mio amico non risolve la situazione?!”
“Farò per Sam tutto quello che posso, ma ci tengo a dirti che in casi come questo, in situazioni cliniche come quella in cui si trova Sam, tutto ciò che faremmo è una terapia antidolorifica.” Furono le parole incredibilmente dolorose che Dean fu costretto a sentire.
Poi, in un attimo, il suo volto divenne di nuovo glaciale.
“Beh! Sam non è una normale situazione clinica….quindi faccia tutto quello che può! Intesi?!” ringhiò rabbioso.
Il medico inspirò colpito da quelle parole e dal tono usato. Ma comprendeva. Come non avrebbe potuto.
“Naturalmente!” esclamò in risposta, ma senza astio.
Quindi fece per andarsene ma Dean gli afferrò un braccio e lo trattenne costringendo il medico a voltarsi verso di lui.
Lewis fissò i suoi occhi verdi brillanti disperati, poi la mano stretta intorno al suo bicipite  e poi ancora il volto del ragazzo di fronte a lui.
Dean mollò immediatamente la presa e deglutì apprensione e imbarazzo.
“Mi…mi dispiace!” sussurrò.
“Lo so!” convenne il medico.
“Ma non posso perderlo, dottore. La prego, lo tenga in vita. Mi dia il tempo….dia il tempo a Castiel di trovare quel bastardo. La supplico!” e stava davvero implorando.
“Non uscirò da questo ospedale fin quando le cose non saranno risolte. Te lo giuro, Dean!” fu la solenne promessa. “Te lo devo. Lo devo a Sam. E lo farò!” e andò via mentre Dean si ritrovò a sussurrare un timido grazie alle spalle del medico che lo aveva appena lasciato solo.
 
Il cacciatore, poi, dopo aver ripreso almeno per quello che poteva il controllo delle sue emozioni, si stirò la giacca ancora e in parte sporca della lotta, si accinse ad entrare nella stanza del fratello.
Quando ne varcò la soglia, Sam era disteso a letto. La piccola tv della stanza accesa su un canale a caso.
Un paio di flebo gli erano state applicate per sostenerlo e aiutarlo. Sul volto i segni della lotta contro il mostro.
Negli occhi , ora rivolti al fratello maggiore, la consapevolezza di essere di nuovo nei guai fino al collo.

“Ehi, Dean!!” fu il saluto flebile.
“Ehi, Sammy! Come stai , come ti senti?!” chiese diplomaticamente.
“Dimmelo tu! Tanto in tv,  la mattina, non c’è niente di bello. Dovresti saperlo!!?” disse lanciando uno sguardo sarcastico al piccolo televisore.
“Cosa?!” fece fingendo perplessità.
“Andiamo. Non sono stupido e so che cosa è capace di fare quel mostro. E lo so bene quanto te, che il fatto che mi abbia afferrato in quel modo non è niente di buono. Quindi, sputa il rospo. Di che morte devo morire se Cas non lo ferma in tempo?!”
“Sam…Sammy non dire così!” lo richiama il maggiore.
“E come devo dirlo, Dean?! Non prendiamoci in giro. Avanti. Dimmelo!” lo spronò Sam, vedendo palesemente quanto fosse frustrato il fratello.
No! Non doveva essere davvero niente di buono!
“Sammy!!” esalò demoralizzato il maggiore.
“Dimmelo!!” insistette l’altro anche se a fatica.
“Tumore.” fu la risposta. Assurda. Scioccante.
“Cosa?!” quasi sussurrò Sam. Si aspettava una qualche violenta infezione, o danno agli organi. Qualcosa che comunque , era convinto, poteva combattere.
“Tumore al cervello. Quel bastardo quando ti ha afferrato …lui ti ha….”
“…bruciato il cervello!” finì sarcastico, per lui, Sam. “E’ finita!” convenne poi, con un ‘assurda convinzione.
“No! No!!” si arrabbiò Dean e gli andò vicino. “Niente è finito fin quando non è finito. Cas gli sta attaccato al culo e vedrai che fra qualche ora chiamerà per dirci che lo ha fatto fuori e per vantarsi con me e sbattermi in faccia che non è più un cacciatore alle prime armi.” si sforzò di scherzare , Dean.
“Perché?!” chiese inaspettatamente Sam e Dean lo guardò un attimo stranito.
“Perché , cosa?!”
“Perché lo hai fatto andare da solo? Perché sei rimasto qui e lo hai lasciato senza copertura?” sembrò rimproverarlo per quella mancanza tattica.
“Sam..andiamo. Io….”
“Se la cosa è risolvibile come hai detto tu, non c’era bisogno di mandare Cas allo scoperto da solo. Non lo avresti mai fatto almeno che la cosa, qui….” indicando se stesso. “…non fosse ormai al limite.”
“Sammy stai esagerando.”
“Davvero?!”
“Sì. Lo so, si tratta di uno stramaledettissimo tumore. Al cervello.” precisò. “ Ma io non avrei potuto niente contro il mostro. Lo sai. Cas, invece , sì e lo farà. E tu hai bisogno di aiuto. Quindi io non mi schiodo da qui. La questione è chiusa. Fattene una ragione!” asserì autoritario.

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Capitolo 6
*** .6. ***


La caccia.

Ne avevano incontrati a centinaia di mostri strani. E sì!, anche decisamente bastardi.
Qualcosa del genere gli era capitato tra le mani quando ebbero il loro primo contatto con un mietitore. Lo stesso che agiva per conto della moglie del guaritore LaGrange e che salvò Dean, uccidendo un altro ragazzo al posto suo.
Ma questo , decisamente, non era un mietitore. Era un mostro sadico e crudele , in carne  e ossa, se così si poteva dire, che se ne andava in giro a passare malattie mortali alle vittime designate. Malattie che non lasciavano alcuno scampo e che uccidevano in pochi giorni. Una settimana al massimo.
Il suo passaggio nella città di Salina , all’inizio, era stato associato ad una qualche sconosciuta epidemia, ma poi, il Distretto Sanitario l’avevo escluso. Un epidemia non portava infarti fulminanti, fasciti necrotizzanti senza scampo, infezioni all’ultimo stadio e altre situazioni incontrollabili del genere.

E fu per questo che i due cacciatori si erano messi in viaggio.
“Un lavoretto stuzzicante. Per altro, vicino casa. Meno di due ore da qui”!, questo era stato l’incoraggiamento di Sam, nel convincere il maggiore a passare un caso di shapeshifter a dei loro colleghi cacciatori ed evitare per una volta di attraversare l’intera nazione.
 
Quando arrivarono a Salina, la situazione sembrava calma. Nessun accenno di panico o altro. Evidentemente quella gente era brava a tenere tutto sottocontrollo.
“No! Non teniamo tutto sottocontrollo, agente!” riferì stizzito il dott. Lewis, responsabile sanitario della città. “Il fatto è che non sappiamo cosa aspettarci. Ci sono giorni in cui non accade niente e giorni in cui, invece, un numero imprecisato di persone sparisce senza lasciare traccia e poi il pronto soccorso si riempie di casi che dopo poche ore sono tutti da registrare come decessi.”
“A quando risale l’ultima….. ondata?!” azzardò Dean.
“Cinque giorni fa. E prima ancora..circa altri cinque. Fino ad arretrare di quasi due mesi. In questo lasso di tempo abbiamo avuto trenta decessi. Nemmeno quando ci fu l’epidemia di influenza di tre anni fa, mettemmo insieme un simile numero di decessi.”
I due cacciatori si guardarono perplessi e poi arrivarono alla stessa conclusione.
“Ok! Dott. Lewis. Faremo le nostre ricerche e vedremo di venirne a capo. Se ci saranno sviluppi le faremo sapere!” fece con tono professionale Sam.
“Certo. Sarebbe apprezzato!” rispose cordiale il medico.
 
La notte che seguì fu la classica notte fatta di birre, pizza e un assurdo numero di pagine  e siti e libri consultati per capire che razza di mostro o maledizione avesse preso di mira la città e i suoi abitanti.
La mattina verso le nove, Sam, stava ancora scartabellando carte e digitando sul suo pc. Dean era crollato dopo l’ennesimo sito che mostrava mostri mitologici in grado di fare qualcosa di simile a quello che accadeva a Salina. Quando, ad un certo punto, il cellulare del maggiore squillò e Dean, mugugnando infastidito, si girò su un lato per raggiungere il comodino e afferrare il telefono.
“Agente Ackles!” si presentò al suo interlocutore.  “Cosa??!” esclamò scattando seduto e riacquistando immediatamente la lucidità.
Sam si girò verso il fratello ancora al telefono e lo guardò con aria perplessa.
“Ok! Dott. Lewis, ci dia il tempo di arrivare!” e mise giù.
“Che succede?!” chiese Sam, mentre imitava il fratello e si apprestava ad uscire dalla stanza del motel.
“Era il dott. Lewis. Ha detto che lo sceriffo lo ha chiamato per avvisarlo che ci sono state cinque comunicazioni di sparizioni. E ora teme che sia iniziato un nuovo….evento!” fece virgolettando l’ultima parola.
“Cazzo!!” esclamò Sam, frustrato. “Senti io qui ho trovato qualcosa!” fece poi indicando il pc ancora acceso sul tavolo.
“Cosa?” e si avvicinò al minore.
“Una sorta di mostro mitologico malato. Letteralmente…malato. Da quello che c’è scritto qui, fu il frutto di un tradimento e il cornuto di turno si vendicò sul neonato con una maledizione, infettandogli il corpo e l’organismo con ogni malattia che il nostro amico può tenere sottocontrollo solo se, dopo un certo lasso di tempo, con una cadenza alternata di cinque giorni può infettare le sue vittime.”
“Alleggerisce il carico, in pratica!” ironizzò Dean.
“In pratica.” convenne Sam.
“E suppongo che Salina si sia trovata nella sua traiettoria giusto dopo quel suo lasso di tempo.” azzardò.
“Bingo. Ogni 50 anni.”

Dean guardò per un altro attimo lo schermo che mostrava il povero, mica tanto, mostro da sconfiggere. Poi , battè il palmo sul tavolo , pronto all’azione.
“Ok, fratellino. Mi basta. Prendiamo questo virus in carne ed ossa e vacciniamolo per bene!!”
“Mi piacerebbe ma sfortunatamente , a quanto leggo qui, noi, poveri umani,  non possiamo niente contro di lui.” intervenne Sam con un certo disappunto.
“Come scusa?!” rimanendo con la giacca infilata a metà e a penzoloni a mezz’aria.
“Qui c’è scritto che è uno dei pochi esseri soprannaturali che può essere ucciso da un altro essere soprannaturale e che fin quando non viene ucciso , l’effetto del suo tocco  e di conseguenza della malattia , non svanisce!” fece Sam leggendo direttamente dall’articolo del sito rivelatore.
“Stai scherzando?!”
“Ho la faccia di uno che scherza?!” lo rimproverò il giovane.
“E dove diavolo lo prendiamo un essere soprannaturale che lo faccia fuori solo per farci un favore ?! Siamo dei cacciatori, non abbiamo molti mostri amichevoli dalla nostra!! ” esclamò frustrato e in quel momento gli squillò il telefono e i suoi occhi rivelarono al minore che c’era una possibilità di sfangarla anche questa volta.
“Cas?” fu il richiamo sollevato ma deciso. “Leva il culo dagli archivi angelici del bunker e raggiungici a Salina.”
Ma Dean…” fece l’amico dall’altro capo del telefono.
“ORA!!” fece autoritario. “O ti brucio l’abbonamento a Netflix!!” e riattaccò.
 
Presero, poi, le loro cose pronti a raggiungere l’ospedale e Dean vide il volto preoccupato del più giovane.
Il maggiore sospirò pesantemente e comprese la frustrazione del fratello, ma non potevano arrendersi.
“Ascolta, Sam. Ti capisco. Quello che sappiamo potrebbe essere tutto o forse è solo un buco nell’acqua. Per adesso andiamo in ospedale e vediamo se è davvero l’inizio di qualcosa o è solo una coincidenza!” e andarono entrambi.
 
 
Quando arrivarono in ospedale, vennero accolti proprio dal dott. Lewis che era decisamente agitato.
“Allora?!” fece Sam.
“Ne hanno appena portato uno, agente Padalecki. Risultava scomparso da ieri pomeriggio. Un ora fa lo hanno portato qui da noi con una diagnosi di leucemia fulminante.” riferì.
“Dov’è adesso?!” chiese Dean. “Potrebbe darci qualche informazione se ci parliamo subito!” e nel mentre un’infermiera porse al dottore una cartella e i due cacciatori videro il medico mutare immediatamente espressione.
“Che è successo?” chiese Dean.
“Buona fortuna con le informazioni!”
“Che significa?!” fecero all’unisono.
“Carter Jones, il paziente con cui volevate parlare, è appena morto.”
I tre rimasero per un attimo in silenzio, come spaesati nel non sapere cosa fare in quella situazione.
 
Ad interrompere quel loro stato pensieroso, fu l’allarmato richiamo da parte di altri due paramedici che facevano ingresso nel pronto soccorso con un altro paziente che faceva parte della lista degli scomparsi.
“Che Dio mi perdoni per quello che sto per dire ma, prima che anche questo muoia, fate tutte le domande che potete e tirateci fuori da questo incubo!” asserì con imbarazzo e colpa il medico, raggiungendo con i due cacciatori l’uomo appena soccorso.
Dopo di lui , altre due persone vennero ricoverate in situazione critica. Ma i due fratelli non facevano in tempo a parlare con l’ultimo arrivato che il primo moriva senza avere la possibilità di ricevere altre cure.
 
Sam e Dean, appena fuori dalla stanza dell’ultimo con cui avevano parlato si guardarono e cercarono di fare mente locale con tutto quello che erano riusciti a sapere dalle vittime.
“Che altro sappiamo?!” fece Dean.
“Che prende le sue vittime qualche ora prima di infettarle con la malattia che lo sta affliggendo in quel momento. Che si prende tempo come…come se…”
“Una volta “guarito” dovesse aspettare per guarirsi di nuovo da un'altra malattia!” finì Dean per lui.
 
“Dean? Sam??” fece la voce di Castiel alle loro spalle.
 
I due si voltarono immediatamente a quel richiamo.
“Cavolo, Cas! Sei davvero stato veloce!” fece il maggiore compiaciuto.
L’angelo lo guardò nel suo solito modo non capendo perché il cacciatore fosse sorpreso, dato che aveva fatto esattamente quello che gli aveva chiesto di fare. Essere veloce.
“Salina è a meno di due ore dal bunker, Dean. E tu sembravi parecchio esigente.”
“Esigente non è la parola esatta, amico. Sono incazzato nero perché qui c’è un mostro che se ne va in giro ad elargire malattie mortali a chiunque gli capiti a tiro.” spiegò in breve. “E doveva essere un caso di routine!” sussurrò ancora, frustrato.
“Come posso aiutarvi?!” fece pronto all’azione l’angelo.
“Purtroppo , da quello che abbiamo scoperto e che almeno per adesso dobbiamo prendere per vero, l’unica cosa che può ucciderlo è un essere soprannaturale. E tu, amico mio, sei l’unico che ci può aiutare!” gli spiegò in breve Sam.
Castiel non esitò un attimo. Annuì deciso.
“Ditemi dov’è e lo purgherò fin quando non diventerà polvere!” fece risoluto.

Sam guardò sconcertato l’angelo e poi il maggiore accanto a lui che invece sorrideva soddisfatto. Quasi orgoglioso.
Scosse deluso la testa e si rivolse preoccupato a Dean.
“Devi smetterla di assecondarlo quando dice certe cose!”
“Ehi??!” fece Dean a quel rimprovero. “Che c’è?” quasi con tono offeso.
“Non è da lui. Tu dici certe cose. Non lui. Lui è un angelo. E non dovrebbe continuare a parlare così!” lo rimproverò ancora Sam, mentre l’angelo in questione assisteva con aria confusa a quello scambio
“Già!! Ma l’angioletto qui ha un bel curriculum di soprannaturali stronzate e si è anche scopato una mietitrice decisamente strafiga e più di una volta da quello che mi ha raccontato. Quindi la sua boccuccia celeste si può permettere di dire questo e altro!!”
“Io non credo di aver mai fatto alcuna pulizia nella casa di quella mietitrice!” si intromise innocentemente Castiel.
Dean lo fissò sconvolto. “No! Hai capito male, Cas. Vedi!! Scop….”
“Per l’amor di Dio, Dean!!” lo fermò Sam.  “Non vorrai mica  spiegargli davvero cosa significa ? Adesso???” e lo disse con palese disappunto , visto la situazione in cui si trovavano.
Dean sbuffò. Comprese che non era né il caso né il momento. “Ok! Rimandiamo la lezione di educazione sessuale a quando il mostro sarà bello che andato!”
 
Qualche momento dopo, però, il maggiore  vide Sam pensieroso, come se stesse calcolando qualcosa.
“A che stai pensando?!”
“Al numero!” disse, guardando le cartelle che aveva tra le mani.
“Al numero? Quale numero?!”
“Il dott. Lewis stamattina quando ha chiamato ha detto che gli erano state segnalate cinque sparizioni. Qui ne sono arrivati quattro di cui tre sono già morti e chissà quanto durerà l’altro.” rese conto Sam ai due che lo ascoltavano.
“Ne manca uno! Le vittime però, avevano una cosa tutte in comune.” convenne Dean guardando i fogli di appunti che aveva.
“Cosa?!” chiese Castiel.
“Il cinque.”
“Il cinque?” replicò interdetto l’angelo.
“ 35, 54, 25, 45 anni.” fece elencando l’età di ogni persona coinvolta. “E cinque sono anche le persone che gli servono prima che scadano i cinque giorni nel lasso di tempo dei 50 anni.”
“Hai ragione. Dobbiamo trovare l’ultima possibile vittima!” asserì Sam e in quel momento si fece loro vicino il dott. Lewis con accanto una donna visibilmente sconvolta.
“So chi è!” disse l’uomo , anche lui decisamente provato.
“Chi?” chiese Dean avvicinandosi ai due.
“Nostra figlia. Sharon.”e a quel nome la donna iniziò a singhiozzare.
“Come fa a dire che…”
“Vi ho sentiti. Il discorso del …cinque. Nostra figlia ha 15 anni.  E per il momento è l’unica che risulta scomparsa. Pensavamo che fosse ancora dall’amica da cui ha dormito. Invece no. E non sappiamo dove sia adesso! Il suo cellulare non..non..” li informò il medico che ora, onestamente, agli occhi dei due cacciatori, aveva più l’aspetto di un padre disperato. “Vi prego…vi prego…salvate mia figlia.”

I tre si guardarono. E decisero all’unisono cosa fare. Guidarono i due genitori in una stanza vuota e li misero al corrente di quello che stava accadendo.
 
Mostro, assassino, soprannaturale, trasmissione di malattie per puro piacere di uccidere o per cibarsi o chissà per qual altro motivo assurdo e inspiegabile.
I due genitori ascoltarono annichiliti quella spiegazione e la reale identità dei due giovani davanti a loro che però sorvolarono su quella dell’angelo, indicandolo solo come “uno specialista del settore”. Poi, fu la donna a parlare.
“Non mi interessa di chi voi siate, di cosa fate.  Ma se, per l’amor di Dio, tutto quello che avete detto è vero, vi prego, vi supplico , salvate la mia bambina.” supplicò affranta.
“Faremo di tutto per riportarvi vostra figlia!” fu la promessa di Sam. “Ora, diteci quali erano gli appuntamenti di Sharon. In fondo è sparita da poco e ancora non è stata trovata e portata in ospedale, quindi dobbiamo e possiamo sperare che lui ancora non l’abbia presa e se lo ha fatto, ancora non le abbia fatto del male!”
“Oddio!!” esalò la donna. “La mia Sharon!” piagnucolò.
“Lei…lei doveva andare in palestra. Fa’ ginnastica artistica e dalle cinque fino alle nove  si ferma al palazzetto dello sport!” fece il padre.
“Cena lì?!”
“Sì , hanno una mensa nella struttura. Perché?”
“Possiamo capire se ci è andata e se è sparita, quando è sparita!” fece Dean.
I due cacciatori fecero per uscire dalla stanza quando il dott. Lewis afferrò Dean per un braccio.
“Vi prego!” e si convinse di essere stato convincente in quella sola supplica.
“Fosse l’ultima cosa che faccio, glielo giuro. Le riporterò sua figlia!” e poi andarono via.
 

Mentre raggiungevano l’Impala , Sam guardò Dean e il maggiore capì tutto.
“Lo so. Lo so. Ma cazzo Sammy, dobbiamo farlo. Dobbiamo trovare e salvare quella ragazzina.”
“Ma se non…” provò a fargli capire il più giovane.
“Se arriveremo tardi, me ne assumerò ogni responsabilità.”
“Non tu.” lo corresse Sam e Dean lo guardò. “Noi.” concluse il minore e Dean sorrise complice e grato.
Entrarono in macchina. Castiel, come al solito , sul sedile di dietro.
Un attimo dopo l’Impala sfrecciava verso il palazzetto dello sport.

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Capitolo 7
*** .7. ***


I due cacciatori e l’angelo riuscirono a seguire le tracce della giovane Sharon, grazie a quello che uno degli istruttori disse di aver visto: la ragazza che saliva su una macchina e che si dirigeva verso la periferia della città.
Salina non era una città grande. La sua periferia ancora meno.
Ritracciarono, quindi, la macchina del mostro presso un vecchio edificio industriale e appena dentro, sentirono quelli che erano evidenti singhiozzi di pianto. Corsero veloci ma sempre con molta attenzione fino a quei lamenti e trovarono la ragazza legata ad un travetto di acciaio.
 
La ragazza stralunò quando li vide, pensando al peggio, ma quando Dean le corse vicino rassicurandola e dicendole che i suoi genitori la stavano aspettando, i singhiozzi divennero un pianto quasi liberatorio.
“Ok! Ora calmati. Dobbiamo andarcene da qui. Lui dov’è?!” chiese mentre lanciò uno sguardo veloce a Sam che , attento si guardava intorno, come a fare la guardia a quel salvataggio. Castiel, lo stesso.
“ Mi ha presa al palazzetto. Ha detto che era un collega di mio padre, mi ha mostrato il tesserino. Mi ha detto che papà voleva che andassi in ospedale per sicurezza dato quello che stava succedendo. Gli ho creduto. Dio!! come sono stata stupida!!” si rimproverò severa  mentre si apprestava a seguire i tre inaspettati salvatori.
“Dov’è adesso?!” chiese Sam mentre faceva strada con la pistola sempre ad altezza uomo. Dietro di lui , Dean e la ragazza. Dietro ancora , a protezione, Castiel, che teneva impugnata la sua lama angelica.
“Lui mi ha portata qui e mi ha legata a quel palo. È da ore che sono qui. È andato via perché diceva che doveva risolvere prima alcune cose e poi sarebbe tornato per il pranzo!” disse anche se lei stessa non sembrava convinta di ciò che il suo rapitore volesse dire.
“Ascoltami. E non fraintendere la mia domanda!” preambolò il maggiore.
“Ma cosa…”
“Ti ha …toccata?!”
“Cosa??!!” esclamò sorpresa la giovane arrossendo appena.
“Senti, ne va’ della tua vita. A dopo  le rimostranze verginali. Ti ha toccata in qualche modo? In qualsiasi modo?!” insistette indicando alla rinfusa parti del corpo della ragazza.
“No…no!!” asserì decisa. “Lui mi ha solo portata qui e legata!”
“Sicura?!” si intromise Sam. “Se ti ha legata ti ha anche toccata!” precisò.
“Lui… lui indossava dei guanti.” spiegò la giovane Sharon. “Ha detto che non era ancora il momento per me!”
“Cas, puoi darle un occhiata?!” volle essere certo il cacciatore.
L’angelo gli si affiancò sempre con circospezione e pose due dita sulla fronte della ragazza che lo guardava spaesata.
“Ma cosa sta facendo?!” chiese quando vide quell’uomo chiudere gli occhi e concentrarsi.
“Tranquilla! Prendilo come un check-up medico gratuito!” fece ironico Dean.
“E’ pulita!” li assicurò l’angelo.
 
I due fratelli si guardarono soddisfatti. Avrebbero potuto mantenere la loro promessa e poi si sarebbero fatti in quattro per fermare quel bastardo virulento.
 
“Ok! Allora diamoci una mossa!” fece Dean accelerando il passo così da lasciare quel posto il prima possibile, ma non fece in tempo a fare un altro passo, portandosi dietro la ragazza , che vide un ombra veloce avventarsi addosso a Sam, appena avanti a lui.
Vide il fratello venir spinto via per poi atterrare lontano da loro, coperto da quella figura sconosciuta.
“Saaaammyy!!” gridò in allarme. Lasciò la ragazza vicino a Cas e corse in aiuto del minore , ma il mostro , si girò, forse sentendolo solo arrivare, e con un violento e potente manrovescio,  colpì Dean che si ritrovò a terra dal lato opposto.
“Figlio di…” ringhiò il cacciatore quando rialzò la testa dal pavimento su cui era appena sbattuto. 

Poi, fu tutto un attimo. Anche se sembrò infinito. Tragicamente infinito.

Dean rialzò lo sguardo verso il fratello, mise a fuoco ciò che aveva davanti: Sam ancora a terra visibilmente intontito, sovrastato dal nemico. Il mostro sopra di lui che lo teneva fermo contro la dura parete di cemento. E poi vide la mano dell’essere avanzare lenta e inesorabile verso la testa del fratello. Fissò gli occhi di Sam che fissavano la mano del mostro e che piano si aprivano, visibilmente allarmati.
Il minore aveva circa 35 anni, quindi poteva essere una preda appetibile per il mostro!!
“No..no…no….Sammy!” prima sussurrò e poi gridò quando la mano nemica si strinse intorno al capo, appena un po’ più su del collo del giovane Winchester. “Caaasss!! Ammazza quel figlio di puttana!” e immediatamente l’angelo partì all’attacco, anche se il tutto era appena durato un a manciata di momenti. “ORAAAA!!!!”
Castiel spinse la ragazza in un angolo e corse velocemente verso Sam e il mostro sopra di lui.
Nella sua corsa, impugnò stretta la sua lama angelica ma il mostro non appena la vide, si alzò dalla sua vittima e gettando per terra uno scaffale pieno di vecchi attrezzi edili, così da intralciargli la strada, corse dalla parte opposta.

L’angelo raggiunse lo stesso Sam, il quale anche se stordito dal tocco dell’avversario incitò l’amico a dargli la caccia. “Sto….sto bene, Castiel. Prendilo. Prendi quel bastardo e fallo fuori!” e trovò anche la forza di sorridergli.
“Lo farò a pezzi!!” promise l’angelo e in quel momento vennero raggiunti anche da Dean e la ragazza.
“Sam…Sammy!” fece Dean aiutando il fratello a rimettersi in piedi. “Ti ha…ti ha….” Ma non aveva il coraggio di dirlo.
“Sì!” disse solo il minore.
Dean deglutì e guardò immediatamente l’amico angelo al suo fianco. Poi guardò la ragazza. “Aiuta mio fratello a salire sulla macchina di quel bastardo. Io arrivo fra cinque minuti!”
Sam, che in quel momento si sentiva , stranamente ma fortemente stanco, non se la sentì di replicare. Accettò l’aiuto di Sharon e si avviò all’uscita dell’edificio.
 
Quando Dean fu da solo con Castiel, si infilò la mano in tasca e ne tirò fuori le chiavi dell’Impala. Le porse all’angelo.
Castiel le fissò per un attimo. Le guardò e poi guardò Dean.
Si sentiva come se Dio in persona gli stesse donando il Sacro Graal.
“Ma…” fece appena.
“Prendile. Lo sai!, lei ha tutto quello che ti può servire per ammazzare quel figlio di puttana. Trovalo. Uccidilo. Puoi farlo solo tu. E devi farlo, Cas. Corri, prendi la mia macchina, trova quel bastardo il prima possibile e fallo fuori. O Sam è morto!” disse tutto di un fiato.
“Ma tu non…”
“Non posso, Cas. Non posso venire. Non questa volta. Non posso ucciderlo e Sam avrà sicuramente bisogno di me. Non posso lasciarlo solo. Non posso.” spiegò intuendo la perplessità dell’amico.
“Giurò che lo ammazzerò!” giurò anche a lui , Castiel, prendendo le chiavi della macchina e fece per andare via, ma Dean lo afferrò per un braccio facendolo girare di nuovo verso di lui.
L’angelo lo fissò interdetto.
“Se me l’ammacchi o solo me la graffi, ti spiumo senza usare antidolorifico, ci siamo capiti?!” lo minacciò a suo modo.
“ Te la riporterò anche con il pieno!!” rispose l’angelo e si allontanò da lui.
Prima di uscire dalle porte opposte, il cacciatore si girò di nuovo.
“Ehi, Cas??!” e l’angelo si girò verso di lui. “Sta’ attento, amico.”
“Lo farò. Tu prenditi cura di Sam. Dovrete offrirmi più di una birra quando festeggeremo al mio ritorno!” ricambiò, incoraggiandolo facendoli capire che tutto sarebbe andato per il verso giusto e poi entrambi corsero via.

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Capitolo 8
*** .8. ***


In ospedale

Quando il dott. Lewis visitò per l’ennesima volta Sam, si sentì decisamente in colpa a dover riferire al maggiore che le condizioni del fratello non facevano che peggiorare e a farlo anche in un modo maledettamente veloce.
Se quel loro amico esperto non fosse stato veloce, Sam, avrebbe avuto al massimo qualche giorno. Non di più.
Il male che lo affliggeva avanzava con una velocità inesorabile, fuori dal comune. Il suo giovane assistito, più passava il tempo e più mostrava i segni di una malattia terminale. Affaticamento, difficoltà a respirare, nel parlare,  ipersensibilità alla luce e ai suoni circostanti. E poi quello più straziante, il dolore. Ovunque nel corpo. Persistente e senza tregua.
 
“Allora?!” fece Dean quando lo vide uscire dalla stanza.
“Mi dispiace, ma al punto in cui è il tumore….nel modo inverosimile con cui si sta metastatizzando non possiamo fare molto!” , spiegò amareggiato.
“Cosa?!” riuscì a malapena a dire il cacciatore. “Non …non potete fare niente per….”
“L’unica cosa che possiamo fare è cercare di somministrargli morfina e provare a tenerlo stabile il più possibile così da dare più tempo al vostro amico di ….” ma si fermò poiché gli si affiancò un infermiera per fargli firmare dei documenti.
Quando , questa , se ne fu andata, fu Dean a riprendere il discorso.
“Che potete dargli allora?!”
“Lo sederemo così da fargli spendere meno energie possibili. Il cuore rallenterà affaticandosi di meno. Terremo costantemente sotto controllo la pressione e la saturazione. Gli daremo tutto il tempo che riusciremo a dargli!”
“Ma…ma…lei sta parlando come se Sam stesse ormai per….”
Il dottore deglutì scosso dalle parole di Dean. Forse, solo in quel momento, si rese conto che quel ragazzo , inconsciamente, non aveva ancora accettato o solo considerato il fatto suo fratello era legato ad un filo sottilissimo.
Un filo che si sarebbe spezzato molto presto.
“Dean, mi rincresce davvero tanto doverlo dire soprattutto sapendo che Sam è in queste condizioni per aver salvato mia figlia, ma è di questo che stiamo parlando. Sam non ha molto tempo ancora e per quanto voglio credere ardentemente che il vostro amico riesca nella sua impresa, io, fossi in te…..”
“Cosa…cosa dovrei fare?” disse o forse sussurro appena, l’altro.
“Va’ lì dentro. Sta’ con lui,  rassicuralo ma se puoi, se ci riesci …digli  anche addio!”
 
Un pugno più reale, dopo quello che Dean aveva sentito alla bocca del suo stomaco, arrivò immediatamente dopo.
 
Dean colpì il medico, dritto sotto il mento facendolo andare a sbattere contro il muro alle sue spalle.
Il cacciatore, nella sua vita, aveva affrontato di tutto e questo era innegabile. Ma c’era una cosa che non riusciva ad accettare. Una sola. L’unico suo punto debole. Il suo tallone d’Achille come lui stesso lo definiva.
Sam.
Non poteva accettare la sua morte e non ci sarebbe mai riuscito.
E ora quel dottore, dopo che gli avevano salvato la figlia, gli stava dicendo che doveva dire addio al suo fratellino.
No! Non esisteva.
“Sam non sta per morire. Sammy è un fottutissimo cacciatore che ha tenuto sottoscacco Satana in carne ed ossa e non sarà un assurda malattia a portarmelo via. Castiel, lo so, a costo della sua vita, farà tutto quello che deve fare. Lei faccia lo stesso. Tenga in vita mio fratello!!” gridò alla fine della frase.
Subito dopo , un assoluto silenzio calò tra i due.
 
Dean si passò le mani sul viso ancora furente e sconvolto. Cercò di riprendere il controllo di quel poco su cui poteva ancora averlo ed entrò nella stanza del fratello.
Il dottore non reagì. Non poteva, non se la sentiva.
Poteva solo capire e comprendere la disperazione e la paura che aveva visto sul volto di quel ragazzo a cui aveva appena detto che stava per perdere, a quanto pareva, la persona più importante della sua vita.
Si tirò su dritto dalla parete, si riassettò il camice e dopo essersi massaggiato la parte dolorante del volto, entrò anche lui nella stanza di Sam.
 
Il maggiore era accanto al letto. Il più piccolo, almeno di età, lo guardava perplesso.
“Che hai ….combinato… Dean?!” gli chiese con la voce flebile e stanca.
“Niente, fratellino. E’ tutto ok. Vedrai che tra un po’ metterai fuori il culo da questo letto e ce ne torneremo a casa.” rispose sorridendogli nervosamente.
Sam annuì appena e poi spostò lo sguardo al dottore che gli si era avvicinato per controllare i suoi valori.
“Sul serio?” fece ancora. “Allora che cosa è …successo…al viso del dott. Lewis?!” lo spiazzò.
Dean deglutì, colpevole e scoperto, ma il medico parlò per lui.
“Tranquillo, Sam. Questa non è opera di tuo fratello!” mentì sorridendogli gentilmente. “Ma di una stupida svista da parte mia.”
“Già!!” convenne poco convito il giovane. “La stessa svista…. su cui si è imbattuta la mano di…. mio fratello!” fece Sam indicando solo con un minimo cenno le nocche arrossate della mano destra di Dean. Quella stessa mano che il maggiore si premunì velocemente di nascondere. “Dean!!” lo ammonì il minore.
“Mi…mi dispiace!” riuscì solo a dire in quel momento. Forse lo diceva a Sam per giustificare quella sua reazione ormai palese, forse , anche se non direttamente , lo diceva al medico che aveva colpito.
“E’ tutto a posto, Sam. Davvero, ma ora dovremmo parlare di cose più importanti!” riprese il medico.
“Sì, del tempo…che…che mi rimane!” provò ad essere ironico Sam.
“Sammy, smettila. Dannazione!”  imprecò Dean.
“Sam…” si intromise il medico. “… come spiegavo a tuo fratello poco fa, io…..”
“Non deve essere….stata una bella notizia…..se l’ha presa a…a pugni!”
“In effetti, no. Non era una bella notizia!” fu sincero il medico e fissò il maggiore sul cui volto vide una scintilla di panico e rabbia.  La stessa che aveva visto un attimo prima che il suo pugno lo colpisse. “Il tumore si sta evolvendo velocemente. Troppo velocemente. I miei colleghi non riescono a farsene una ragione, ma loro non sanno quello che sappiamo noi.”
“Ok! Allora che cosa …vuole fare… lei?!” chiese Sam, anche se ogni tanto lanciava delle occhiate al fratello accanto a lui e che vedeva preoccupato.
No! Non era preoccupato.  Dean era terrorizzato.
 
Conosceva lo sguardo di suo fratello quando capiva di avere le spalle al muro. Guardò Dean e vide nei suoi occhi quello che vide quando i cerberi stavano per prenderlo, quello che vide quando era consapevole che sarebbe saltato con Lucifero, quello che vide quando stava per combattere con Caino o mentre Metatron gli squarciava il petto, o un attimo prima che Rowena lo facesse diventare una bomba nucleare soprannaturale.
Solo lui conosceva quella sfumatura di panico, paura, rabbia e coraggio che facevano brillare gli occhi di suo fratello Dean quando la situazione era , come dire…..di merda!!!
 
“Voglio sedarti. Ridurre al minimo il tuo dispendio di energie. Darti più tempo possibile e darne il più possibile al vostro amico Castiel perché risolva la situazione!”
“Sedarmi?!”
“Sì. E’ l’unico modo per rallentare questo assurdo processo della malattia.”
Il giovane restò in silenzio, per un attimo. Respirò affondo anche se quel respiro fu come una coltellata in pieno petto. Tutto gli faceva male. Tutto il corpo gli doleva.
“Voglio…voglio parlare con mio fratello.” disse guardando il medico.
“Naturalmente! Vi lascio soli. Torno fra un po’.”  e andò via.
Dean non si mosse dalla posizione in cui era. Guardava fisso suo fratello. Era come se stesse memorizzandosi ogni particolare di quella persona che già conosceva perfettamente.
“Credi ….tu credi che sia una…. buona idea, Dean?!” chiese.
 
Dio!! quanto faceva male vedere Sam in quelle condizioni. Sentirlo faticare anche solo per pronunciare meno di dieci parole, quando invece , a volte, doveva supplicarlo di tenere la bocca chiusa!!
Dean si morse un labbro, indeciso su cosa dire, ma poi, inspirò ed espirò e capì che per l’ennesima volta in quella sua vita, doveva prendersi cura del suo fratellino e comportarsi da fratello maggiore.
 
“Sì che lo è. Ci serve più tempo possibile , Sammy. Ho parlato a Cas poco fa. È attaccato al culo di quel bastardo e tra un po’ vedrai che ci chiamerà per dirci che è tutto a posto. Che è tutto finito. Perciò diamo all’angioletto tutto il tempo che gli serve. Fatti questa bella dormita e vedrai che quando ti sveglierai sarai di nuovo Capitan Meraviglia!” disse convinto. O almeno cercò di sembrare convinto.
Sam ascoltò ogni sua parola. Dean era suo fratello maggiore  e per quanto lui lo detestasse, sapeva che il maggiore agiva sempre per il meglio. O si sforzava di farlo, specie quando si trattava di lui.
“Ok! Se tu dici che è la cosa… migliore da fare, allora è…. la cosa….migliore da fare!”
Dean annuì compiaciuto di quell’accordo e disse al giovane che stava per andare a chiamare Lewis, ma un attimo prima di uscire, si girò di nuovo verso Sam.
“Ascolta, Sammy. Andrà tutto bene, ok! Tu sei sempre stato uno forte, uno testardo….Dio!! se non lo so io che sei testardo!!” fece avvicinandosi di nuovo. “Quindi sii forte ancora una volta, fratellino. Ma voglio che tu sappia anche che sono orgoglioso di te, di quello che sei, della persona che sei diventata, del cacciatore che sei diventato. Tu non hai mai perso il vero senso di questo lavoro: dare la caccia al male, salvare le persone. Sei sempre stato tu a tenermi sulla giusta strada, quindi…” ma rimase in sospeso, perché quel : “…ti prego, non morire!”, si rifiutò di uscire dalle sue labbra.
Sam, sorpreso da quella specie di sfogo del maggiore, lo guardò e provò perfino a sorridergli, cercando di fargli capire che aveva inteso sia quello che gli aveva detto che quello che non era riuscito a dirgli.
“Ehi, fratellone??? Mi stai…forse….dicendo addio?!” lo provocò, perfino.
“Cosa??” rispose Dean esasperando la sua voce. “Affatto!! Vedi che cosa ci si guadagna a fare un discorso serio?? Fottiti, Sammy!” e andò via il più veloce possibile dalla stanza, così da avere il tempo di mandare giù quel groppo in gola che lo stava soffocando.
 
Dieci minuti dopo, il dott. Lewis e due suoi assistenti si preparavano ad addormentare Sam.
“Ok! Sam. Questo che ti sto per somministrare è Propofol. E’ un sedativo che ti addormenterà e che terrà i tuoi parametri vitali stabili, speriamo per più tempo possibile.” spiegò il medico mostrano la siringa che aveva tra le mani. Poi infilò l’ago nella farfallina della flebo che Sam aveva nel braccio e spinse lo stantuffo.
Sam seguì tutto, ma nel momento in cui vide il liquido sedante scivolare lungo il tubo che era collegato al suo braccio, voltò lo sguardo verso Dean che era, naturalmente, al suo fianco.
“Dean…io…io” sussurrò e il maggiore notò quello che forse sembrava imbarazzo.
“Sammy?!” lo chiamò come per incitarlo a parlare prima che fosse troppo tardi.
“Ho…ho paura!” sussurrò il più giovane. “Mi…mi dispiace…ma ho…ho paura!!”
 
Il cuore di Dean si spezzò. Per l’ennesima volta in quella sua vita.
Ma doveva essere , per l’ennesima volta, forte e lucido.
Per l’ennesima volta, doveva essere il fratello maggiore.
 
“Non devi, Sammy. Non devi. Ma anche se hai paura va bene. La paura non è debolezza per noi cacciatori, lo sai!! La paura ci fa stare con i sensi allertati e ci fa capire che abbiamo ancora qualcosa da perdere. Io sono quel tuo “qualcosa da perdere”, ok, Sammy? Quindi non perdermi. Va tutto bene. Io sarò qui. Io starò sempre qui. Non andrò mai via. Non ti lascerò mai solo. I Winchester vanno avanti sempre insieme. Io e te, Sammy. Io e te contro il mondo. Qualunque cosa accada. È sempre stato così e sarà ancora così.” ripeteva Dean mentre vedeva la confusione, data dal farmaco, farsi strada sul volto del fratello.
“De…ean….”  biascicò ancora, Sam, mentre lentamente, chiudeva gli occhi.
“Sono qui, Sammy. Sono qui, Sammy…” ripeteva, ripeteva, ripeteva.
E lo stava ancora ripetendo , quando il dott. Lewis, facendo il giro del letto, gli posò una mano sulla spalla e con calma, richiamò il maggiore.
“Dean, si è addormentato. Per adesso è stabile. Non può più sentirti ormai.”
Dean non si voltò a guardarlo, ma rimase con gli occhi fissi sul volto addormentato di Sam.
Sentì il medico uscire dalla stanza e si rese conto di essere da solo.
Uno sguardo fugace al resto della stanza. Uno alla mano che stava stringendo nella sua. Uno agli occhi ormai chiusi di Sam.
Poi…
“Sono qui, Sammy. Sono qui, Sammy. Sono qui, Sammy!!”

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Capitolo 9
*** .9. ***


Restare accanto ad un Sam così profondamente addormentato e paradossalmente sereno, sarebbe stato rilassante per Dean se non fosse stato consapevole, però, del motivo di quel sonno così profondo.
Il cacciatore non riusciva a distogliere lo sguardo dal fratello.
L’ultima volta che si era trovato in quelle condizioni così drastiche, le Tre Prove avevano quasi ucciso Sam e lo avrebbero fatto se lui non lo avesse ingannato con l’espediente di Gadreel.

Tirò un respiro profondo, si chinò in avanti , sporgendosi verso il letto e allontanando la schiena dalla spalliera della sedia su cui era seduto. Poggiò i gomiti sul bordo del letto di Sam. Congiunse le mani come se stesse per pregare. Posò il mento sulle dita, come a voler sostenere il peso dei pensieri che gli affollavano la mente in quel momento.
“Ti prego, non morire. Non morire, Sammy!” e questa volta lo disse forse aiutato dal fatto che Sam non poteva sentirlo. Forse, frustrato dalla consapevolezza che questa volta Sam avrebbe davvero potuto morire.

Poi come se si fosse reso conto che almeno lui non poteva cedere e doveva essere forte, si tirò di nuovo su dritto, contro la sedia.
“Sai?!…Lewis dice che non puoi sentirmi e forse è vero. Forse è meglio così perché questo significa che quello che sto per dirti rimarrà tra me e questa stanza e mi servirà solo per non impazzire fin quando Cas non mi chiamerà per dirmi che quel figlio di puttana è in viaggio di sola andata per il purgatorio.” iniziò a parlare.
“Ricordi quando dissi a Chuck o Dio o…insomma a Lui, che io ti mentivo e ti chiedevo scusa ogni volta che ne  combinavo una e che ormai era diventata una cosa normale per me?” chiese e poi tacque come se Sam dovesse rispondergli da un momento all’altro.
 
Niente!
Ok!, pensò ironicamente. Sam davvero non lo sentiva. Quindi poteva continuare.
 
“Beh! non è vero. Mentii anche allora.” confessò. “Io non ti mento perché ormai per me è normalità farlo, ma perché voglio proteggerti o perché a volte mi vergogno talmente tanto di quello che fatto che non ho ….che non trovo il coraggio per dirti la verità.” fece ancora. “So che se tu adesso fossi sveglio a questo punto mi chiederesti una spiegazione e so che io mentirei pur di non dartela. Ma tu non sei sveglio e quindi approfitterò di questo momento di grazia….” disse sorridendo, sperando ancora che un minimo segno di disapprovazione per quella battuta , fosse visibile sul volto del fratello.
 
Niente! Ancora!
Forse davvero Sam non si sarebbe mai più svegliato.
 
Ma Dean non voleva, non poteva crederci e quindi andò avanti con quella sua confidenza credendo solo alle parole di Lewis.
“Ok!...mesi fa, quando quel lupo mannaro ti sparò, quando poi tutta quella storia ebbe fine e tu in macchina mi chiedesti cosa avevo fatto quando ti credevo morto? Ti ricordi, Sammy?....io…io ti dissi che pensai solo a come sistemare a sala per gli hobby la tua stanza. Perché…perché sapevo che non eri morto.” e inspirò, ricordando la disperazione di quel momento. Di quando uscì da quella baita credendo di aver perso per sempre Sam.
“Ti ho mentito, Sammy. Non lo sapevo. Io ero certo che fossi morto. Ti ho lasciato su quel pavimento, credendoti morto e giurandoti che sarei tornato a prenderti.  Ma non volevo andarmene, ero già pronto ad affrontare da solo il resto del branco fregandomene di come poteva finire, se non fosse stato che nella mia testa ti sentivo dire “Salva i due innocenti. E’ questo che facciamo noi, Dean. Salviamo le persone!” Così feci e portai quella coppia in salvo. Quello che non sai ancora è che lo sceriffo mi mise ko con un teaser e quando mi svegliai in ospedale non riuscivo ancora a capacitarmi di averti perso e allora andai nella farmacia ospedaliera e buttai giù non so quante pillole. Avevo deciso che se fossi morto o almeno andato vicino, di certo, un mietitore si sarebbe palesato e indovina un po’??!!” domandò retoricamente. “Billie !!!, in tutto il suo splendore di Miss Mietitrice del mese, venne a riscuotere il premio. La pregai, la supplicai di prendere me al tuo posto. Che era uno scambio vantaggioso data la situazione con Amara che c’era allora. Che tu potevi fare molto più di quello che avrei potuto fare io. Ma lei mi spiazzò dicendomi che tu non eri morto ma che io lo sarei stato molto presto e lo ero quasi ormai, se non fosse stato per quella dottoressa che non mi lasciò andare!” e raccontò tutto di un fiato questo suo ricordo. Come se avesse bisogno di coraggio a confessare tutto anche ad un Sam incosciente.
“Non potevo perderti, Sammy. Non potevo lasciare che tu morissi così. Non potevo accettarlo e credo che non lo accetterò mai.” parve concludere quel suo racconto.

Restò per un attimo in silenzio, fissando suo fratello dormiente.  Sapeva che se Sam avesse mai saputo quella storia , sarebbe andato su tutte le furie. Perché Sam era così e glielo aveva urlato infinite volte in faccia: “Smettila di voler essere per forza la vittima sacrificale della storia!!
“So che ti incazzeresti a morte per quello che ho fatto ed è per questo che non ti ho mai detto la verità, ma tu devi cercare di capirmi, Sammy.” cercò una giustificazione plausibile a quel suo gesto insano. “Tu sei tutto quello che ho. Tutto quello che mi rimane di umano in una vita fatta di mostri. Tu sei quello forte tra noi due, non io. Quello capace di rifarsi una vita senza l’altro. So che odi, che mi odi, quando faccio questi discorsi, ma non mi stancherò mai di pensarlo e ripeterlo ma….tu sei quello che merita di vivere tra noi due. Io posso ridere, fare lo stronzo, andare a ragazze in ogni posto che ci fermiamo, ma sono…sono rotto dentro Sammy, in un modo che non riuscirò mai risanare. Tu…tu invece …..tu invece ….” e si fermò a causa dell’emozione che gli seccava la gola. “Cazzo!! Perfino Morte si è complimentato con te per come hai vissuto la tua vita, quindi…quindi fratellino, stringi i denti. Resisti. Resisti!!!” e a quel punto, sfinito , per la prima volta, dall’estrema sincerità che aveva usato per confessare quei suoi sentimenti, Dean poggiò la testa sul materasso e in una silenziosa nenia, continuava a ripetere a Sam di resistere, di non morire, di dare tempo a Castiel di compiere la sua missione.

Passò la notte e anche la mattinata e il pomeriggio non fu diverso. Infermieri che andavano e venivano. Controlli continui. Il dott. Lewis che scuoteva il capo in modo affranto ogni volta che controllava i parametri di Sam e Dean che quasi ogni ora chiamava Castiel, prima urlandogli contro e poi quasi supplicandolo di darsi una mossa. Spiegandogli che Sam non aveva più tempo. Che se non avesse fatto fuori quel mostro per Sam sarebbe finita prima di sera.
Poi finalmente….
 
“L’ho bloccato in un edificio, Dean. Entro qualche ora sarà tutto finito.”
“Castiel, Sam non ha qualche ora. Trova quel bastardo e fallo fuori adesso!!” gli rispose Dean con un tono esasperato, no…disperato, in un modo che l’angelo non aveva mai sentito, non in quel modo.
 
Quando Dean rientrò nella stanza del fratello, si rese immediatamente conto che qualcosa non andava. Lewis era molto agitato e intorno al letto di Sam, quattro infermieri si avvicendavano quasi freneticamente per obbedire agli ordini impartiti dal medico.
“Che succede?!” chiese il maggiore dei fratelli.
Il dottore lo fissò preoccupato. “Non risponde più alla terapia. La saturazione sta scendendo e la pressione è in calo. Se continua così, lo perdiamo.” disse senza mezzi termini e continuando a  somministrare tutto quello che poteva per tenere Sam in vita.
“No..no..no…” biascicò Dean. “Non ora! Non ora! Non adesso che Castiel lo ha trovato.” esclamò Dean e il medico lo guardò sconcertato.
“Lo ha trovato?” chiese.
“Sì..sì….deve solo….” stava per dire ucciderlo, ma non erano soli in quella stanza e quindi decise di scegliere un più diplomatico fermarlo.
Il dott. Lewis allora si voltò verso i suoi assistenti e li guardò con ritrovata fiducia.
“Ok! Ascoltatemi bene. Sospendete il Propofol, tenete pronta una fiala di adrenalina e portate qui il carrello delle emergenze. Pronti con il defibrillatore.” ordinò e gli assistenti scattarono veloci.
“Cosa vuole fare?!”
“Dobbiamo essere pronti a tutto. Il corpo di Sam sta cedendo e dobbiamo agire in fretta se dovesse collassare.” gli spiegò il medico, anche se Dean lo osservava e lo ascoltava in piena apprensione.
 
In quello stesso momento, i macchinari di Sam iniziarono a suonare in allarme. Prima la pressione, poi la saturazione e infine anche quello che controllava il battito cardiaco. Sembrava di essere finiti in un Luna Park impazzito.
 
Il mostro facendo ricorso a tutte le sue forze, cercò di colpire Castiel.
O meglio di poterlo quanto meno afferrare e infettarlo in qualche modo.
 
“Che succede? Che succede?” gridò Dean cercando di avvicinarsi al letto, ma fu prontamente fermato da due dei quattro infermieri.
 
“Pressione  50 su 70. In calo!”
 
Quando il mostro si era sfilato i guanti, l’angelo aveva potuto vedere l’oscura energia
con cui quell’assurda maledizione riusciva a propagarsi
e allora impugnò saldamente la sua lama angelica e si preparò allo scontro.
Non poteva fallire. C’era la vita di Sam in gioco e non solo quella di Sam.
 
“Si allontani, signore. Non intralci il lavoro del dottore.” fece l’addetto mentre lo teneva saldamente per le spalle.
 
“Saturazione al 60 %. In diminuzione!”
 
“Lasciami andare, figlio di puttana. Quello è mio fratello!!” gli ringhiò contro Dean.
“Lo so e se vuole che suo fratello abbia una qualche possibilità, stia lontano e cerchi di calmarsi!!” ribattè , l’altro.
 
Il mostro riuscì ad afferrare quasi per fortuna il trench dell’angelo che però
fu agile e svelto a divincolarsi e in un attimo fu lui
a bloccare il polso e la mano alzati su di lui e pronti a colpirlo.
 
Nel frattempo, il dott. Lewis iniziava a praticare il massaggio cardiaco a Sam che sembrava non rispondere alle medicine che gli stavano somministrando.
“Battito ancora assente!” comunicò una delle infermiere.
Il medico la fissò quasi con aria truce. “Preparate il defibrillatore.” si affannò ad ordinare.
Uno dei suoi assistenti corse a prendere il carrello e lo avvicinò al letto, premendo e schiacciando tutti i tasti che lo avrebbero messo in funzione.
“Controllo!” fece Lewis.
Un infermiera si avvicinò a Sam e gli auscultò il cuore sia dalla carotide che dal polso.
“Assente!” riferì mentre fissava il medico. “Valori ancora non rilevabili!” comunicò inoltre.
 
Lo scontro tra i due esseri soprannaturali, per quanto uno fosse il Bene e l’altro il Male,
continuava senza esclusioni di colpi.
Castiel sperava che la mancanza di “cibo” da parte del suo avversario fosse tale da metterlo in difficoltà,
mentre invece ,la rabbia  e di certo il naturale istinto di sopravvivenza che l’altro provava,
lo rendevano ancora forte e più che abile al combattimento. Ma ormai, pensò Castiel, il tutto stava durando troppo.
Sam era al limite e il mostro non poteva più permettersi il lusso di respirare.
 
“Cosa? Cosa???” sibilò terrorizzato Dean.
“Va bene. Defibrillatore. Carica a 300!” ordinò deciso.
L’addetto al macchinario obbedì e regolò la macchina come gli era stato detto e poi passò le due piastre al dottore che ne posizionò una al centro del petto di Sam e l’altra appena sotto il pettorale sinistro. Dritto sul cuore.
“Pronto!” fece quello al macchinario.
“Libera!!” fece Lewis e premette.
 
Un pugno da parte del mostro che fortunatamente mancò il bersaglio.
 
Un rumore secco, poi un leggero sibilo e il corpo di Sam si inarcò da solo, attraversato da quella scarica elettrica che avrebbe dovuto salvarlo.
“Dati!”
“Nessun cambiamento!” fece l’infermiera , dopo un veloce controllo.
“Oddio!!” esalò Dean poco distante.
“Di nuovo! Carica a 300!” ordinò ancora.
“Pronto !!” Confermò l’addetto.
“Libera!!” e di nuovo il corpo di Sam venne scosso dalla potente scossa.
 
L’affondo dell’angelo colpì l’avversario al fianco,
facendolo gridare di dolore ma non tanto da sottometterlo e sconfiggerlo.
 
Istintivamente Dean si ritrovò a chiudere gli occhi non riuscendo a sopportare quello che vedeva e se ne vergognò. Lui un cacciatore, uno che aveva visto più volte la morte in faccia. La vera Morte. Lui che aveva affrontato Inferno, Purgatorio e Paradiso, che aveva sfidato a muso duro Dio e Lucifero, ora si ritrovava a non sopportare la vista di suo fratello in quel letto. In quelle condizioni.
Certo che era così!! Quello era Sammy e Dean sapeva che in quel momento stava rischiando di perderlo. Ed era quello che non riusciva a sopportare. O solo concepire.
 
“Aggiornamento!” gridò Lewis.
“E’ ancora in asistolia!”
“Carica a 350!” ordinò allora.
“Ma dottore…”
“Carica a 350. ORA!!” gridò duramente e prima di prendere di nuovo le placche elettriche , mise la mano sulla carotide di Sam. Chiuse gli occhi come per concentrarsi per poter sentire un qualsiasi segnale.
 
Il mostro reagì ancora , con più rabbia ed esasperazione, riuscendo perfino a bloccare l’angelo con le spalle al muro, premendogli la mano sul petto e provando con l’altra, prontamente intercettata da Cas,
a raggiungere un lembo di pelle scoperta così da poter infettarlo.
 
“Sammy…”
 
“Carica a 350, pronta!” comunicò l’infermiere al carrello d’emergenza, ma Lewis non si mosse. Era ancora fermo con il dito indice e quello medio sulla gola di Sam.
 
La mano del mostro quasi sulla gola di Castiel. La sua lama angelica che non riusciva a raggiungerlo.
In quel momento Castiel capì che stava per finire tutto e infatti….
 

“Dottore?!” fece un infermiere come a richiamarlo.
“Che ….che succede!?” si intromise Dean, temendo il peggio.
“Silenzio!” disse solo il medico.
“Ma cosa….” insistette Dean.
“Ho detto :SILENZIO!!” replicò seccato e prendendo velocemente lo stetoscopio dal carrello a lui vicino. Lo sistemò alle orecchie e poi mise la piccola campana metallica al centro del torace di Sam. “C’è il battito. Ho un battito sinusoidale!” esclamò e un attimo dopo anche il macchinario confermò la diagnosi medica.
 
Gli infermieri si affannarono con diligenza a portare a Sam tutte le assistenze della situazione, mentre Dean poggiava pesantemente la schiena al muro dietro di lui, sfinito, sconvolto, forse sollevato, poiché sentiva il gruppo che si comunicava che i parametri vitali di Sam erano straordinariamente in miglioramento costante e veloce. Chiuse appena gli occhi, quando un respiro strozzato come se fosse in cerca d’aria , spezzò la litania di cosa da fare impartite da Lewis.
Dean scattò quasi sull’attenti e guardò sbalordito suo fratello che riapriva gli occhi e che riprendeva fiato come se fosse risalito da una lunga apnea.
Lo sguardo confuso e stranito di Sam vagava in ogni parte della stanza , si posava su ogni figura che aveva di fianco a letto. Riconobbe un infermiera. Riconobbe Lewis che gli sorrideva sollevato. Poi spostò  ancora di un po’ gli occhi che , anche se di meno, continuavano a bruciargli e trovò finalmente quelli stravolti di suo fratello.
Il maggiore non riusciva a muovere un muscolo. Era come paralizzato. Non sapeva se quello che vedeva fosse vero oppure stava vedendo quello che disperatamente voleva accadesse.
 
Ma tutto divenne vero quando sentì quel semplice : “Ehi! Dean!!...a quanto pare…Castiel ce l’ha fatta!!”
 
Dean annuì appena, ancora incredulo e solo quando Sam poggiò rilassato la testa sul cuscino e sospirò sollevato, si lasciò andare anche lui e scivolò a terra lungo la parete, ritrovandosi seduto sul pavimento.
 
Uno squillò resettò quei minuti assurdi.
Il maggiore trovò a tentoni nel suo giaccone il cellulare e attivò la comunicazione.
E’ fatta, Dean! Il mostro è morto.” fece la voce di Castiel dall’altro capo del telefono.
“Lo so, amico. Lo so!”
Lo…sai? Come fai a saperlo?!” chiese ingenuamente.
“Sam è sveglio e  si sta riprendendo. Sembra che starà bene!”
Grandioso!” esclamò con voce soddisfatta l’angelo.

Per un attimo silenzio tra i due.
Poi….

“Cas?!”
Non devi dirlo, Dean.
“Invece sì, amico. Devo.” insistette il cacciatore.
Dean non devi dirmi…
“Riportami immediatamente la mia Piccola!”  fece Dean, spiazzandolo. Sapendo che lo avrebbe spiazzato.
Ohw!!” balbettò Castiel.
“Senza un graffio e con il pieno.”
Sì…sì. Certo!!
“E, Cas ?!”
Sì?
“Grazie infinite , amico!” disse finalmente. “Oggi non hai salvato solo Sam!”
L’angelo sorrise appena anche se la frase di Dean lo turbò. Capì amaramente ciò intendeva l’amico e non rispose altro.
Torno immediatamente!” disse solo e mise giù.
 
Dean ripose il cellulare e dopo aver fissato un ultima volta medico e infermieri che sistemavano le ultime cose con Sam, distese le gambe e poggiò la testa al muro.
“Che strizza!!” sussurrò, sperando che nessuno lo avesse sentito.
 
Qualche ora dopo, nella stanza di Sam , entrò il dott. Lewis e comunicò ai due fratelli che non vi era più traccia di alcun tumore nel corpo o nella testa del minore. E che anche l’unico paziente che ancora non moriva, si era miracolosamente ristabilito.
I due cacciatori , dissero al medico che doveva coprire il più possibile quella situazione e che loro sarebbero spariti il prima possibile e Lewis comprese e disse loro non appena possibile, potevano lasciare l’ospedale.
Naturalmente non mancò di ringraziarli ancora di aver salvato sua figlia e poi andò via.
 

Anche i due , dopo un po’ lasciarono l’ospedale e andarono dritti al bunker dove avevano dato appuntamento anche a Castiel.
Tirarono entrambi un respiro di sollievo quando varcarono le porte di quella loro casa così particolare.
“La prossima volta che dici che è un caso facile ti rinchiudo nella tua stanza, Sammy!” lo rimproverò bonariamente il maggiore, mentre posava il suo borsone sulla prima poltroncina della grande sala del rifugio del Letterati.
Fece appena in tempo a voltarsi verso il minore, sorpreso dalla mancanza di una pronta replica, che un pugno lo raggiunse dritto al mento, facendolo barcollare vistosamente all’indietro fino a quando una delle colonne della stanza non lo fermò , impedendogli di cadere.
“Ma che …” grugnì sorpreso, portandosi una mano sul punto dolorante.
“Tu sei un grandissimo figlio di puttana!!” gli ringhiò contro Sam, ormai completamente in forze e lucido.
“Ma cosa ti prende?! Che ho fatto?!”
“Ti ho sentito, Dean!!” esclamò infuriato e sconvolto Sam.
“Come ? Che …che significa che mi hai sentito?!” chiese basito.
“Tu, Billie, le pillole, il tuo….tentato suicidio pur di salvarmi il culo.” gli elencò quasi con sarcasmo il giovane, mentre vedeva il fratello strabuzzare gli occhi a quella rivelazione. "Lo scontro da kamikaze che volevi fare con quei lupimannari!!"
“Sammy!”
“Non chiamarmi Sammy!! A questo? A questo sei arrivato? Cos’è, i patti non ti bastavano più? Ora sei passato al suicidio pur di essere tu quello a morire? Pur di salvarmi la vita? Trattare con Billie ? Cazzo, Dean!!” lo accusò, esasperato. “Quando finirà questo tuo : “Prendi me al posto di Sam!!
“ Sam, tu non…”
“Quando??!” gridò infuriato.
“Sam, ascolta. Io…”
“QUANDO????” gli gridò contro.
“MAI!!” ribattè allora con la stessa furia il maggiore, trattenendo subito dopo il fiato. Ed espirando solo alcuni lunghissimi momenti dopo. “Non finirà mai, Sam. Puoi incazzarti quanto vuoi, puoi gridarmi addosso quanto vuoi, puoi mollarmi qui e andartene offeso o rimanere e iniziare ad odiarmi. Puoi prendermi a pugni fino a farti sanguinare le mani. Ma non cambierà mai, Sam. Non finirà mai!” fece quasi sfinito , Dean.
“Non puoi….tu, non puoi…” cercò di replicare Sam, colpito, però da quelle parole dette con esasperazione.
Sembrava come se Dean c’avesse provato in qualche modo, ma che ogni volta, avesse perso.
“Tu vieni prima, Sam. Prima di questo lavoro, prima della vita degli altri, prima della mia stessa vita. È sempre stato così per me e per quanto io provi a combattere questo mio essere così nei tuoi confronti, per quanto io mi impegni a metterti allo stesso livello degli altri, non cambierà mai. Tu vieni prima!” disse risoluto. “E’ stato sempre così…” ripetè con più calma. “E sarà sempre così!” concluse.

Sam lo fissò talmente intensamente che a Dean parve gli stesse leggendo dentro. Quando faceva così, Sam era alla stregua degli sguardi di Cas.

“Quante altre volte lo hai fatto?!” chiese sottovoce come se volesse ritrovare la calma.
“Cosa?!” fece eco il maggiore.
“Quante altre volte hai…cercato…la morte a causa mia?!”
Dean deglutì. Cavolo se Sam gli leggeva dentro. Talmente dentro che aveva intuito che non era la prima volta. Non in quel modo.
Gli disse la verità.

“Hope Spring. Quando Amara colpì con la sua Oscurità e alla fine trovammo Chuck!” confessò anche se vide sul volto di Sam una certa confusione e quindi gli rammentò le cose. “Tu eri stato infettato e stavi per soccombere alla nebbia. Ti sono venuto vicino e quando mi resi conto che non potevo fare niente per salvarti, che ti stavo per perdere, invece di raggiungere gli altri nella stanza accanto, inspirai a fondo la nebbia. Pensai che se era la fine per te, lo sarebbe stata anche per me.”
 
Poi si mise di fronte al fratello che lo fissava sconvolto e attese una sua reazione. Sapeva che avrebbe accettato tutto. Dall’estenuante discorso alla Dott. Phil, alla pura e semplice scazzottata.
Ma quello che fece Sam, invece, lo sorprese. Ma ripensandoci, quanto mai, Sam, non riusciva a sorprenderlo??!!
Il giovane avanzò con poche falcate verso di lui e quasi a fotocopia dell’esatto momento in cui Dean lo abbracciò dopo aver salvato Charlie dallo shapeshifter, Sam, abbracciò Dean.

Un abbraccio forte, sentito, protettivo, consolatore.

“Sammy, ma…io…credevo …che tu…” balbettò il maggiore, che comunque rispose con vigore a quell’abbraccio inatteso.
“Cosa credi che provi io , Dean?” rispose l’altro. “Chi credi che venga per primo per me? Questo posto?, la sua conoscenza? Il lavoro di merda che facciamo da tutta una vita?” chiese retoricamente.
“Ma…”
“Tu. Stupido incosciente. Tu, vieni prima. Tu vieni prima di tutto e tutti e fanculo la regola di famiglia: salvare le persone. Non riuscirei a salvare nessuno se non avessi te al mio fianco. Se non avessi te a coprirmi le spalle e a rialzarmi da terra ogni volta che cado!”
“No, Sam. Tu puoi…tu puoi farlo da solo! Puoi farcela da solo!!”
“Ma io non voglio farlo da solo e non voglio farcela da solo. Io e te, fratello. Io e te contro il mondo. Qualunque cosa accada. È questo il nuovo motto di famiglia!” gli disse orgoglio e deciso, guardandolo dritto negli occhi.
“Un nuovo motto di famiglia?!” replicò il maggiore.
“Esatto!” asserì sicuro. “Ci stai?!”
“Ci sto….Bitch!” fece il maggiore.
“Ok!....Jerk!”
 
Un attimo dopo, quando i fratelli avevano appena sigillato quel nuovo patto tra loro, risanando almeno per il momento quel rancore fraterno, le porte del bunker si aprirono e si richiusero velocemente.
“Sam?? Dean??” fu il richiamo amichevole e accorato.
L’angelo si fermò a metà scala e fissò i due che ancora si stringevano la mano.
“Mi sono perso qualcosa?!” chiese ingenuamente.

 
 
 
 




N.d.A.: Note finali, dopo le note iniziali. Credo proprio che questa sia la mia prima long sui bros. E pensare che l’idea iniziale era qualcosa tipo drabble. Prima Sam e poi Dean, giusto qualche pensiero!!!
L’ho sempre detto che io e la sintesi non andiamo d’accordo.
 
Ok! Ditemi che ne pensate , o voi tutti …o tutte, che avete avuto la pazienza di arrivare fin qui!!
 
Ps: per la gioia di Summer, Dean finalmente ha avuto il suo bel “cartone” da Sammy!!
Contenta?
 
Baci, Cin!!

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