Let The Wind Blow

di Ehyca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Outtake #1 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Outtake #2 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 21: *** capitolo 19 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 44: *** SuChen Extra ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Storia originariamente scritta in All Hands On Deck da:
 

 

Se c'era un'assoluta verità che Minseok avrebbe sostenuto fino alla fine dei tempi, era che sebbene avesse i voti più alti nella sua classe di cinese, non significava assolutamente che fosse competente nella lingua. Cinese era una lezione obbligatoria – dovevano farla tutti – e approssimativamente il 100% dei ragazzi a scuola la odiava. Minseok, a quanto pare, era una delle poche persone che cercava di prendere bei voti in quella materia, e, a quanto pare, era bravo a ricordarsi le regole verbali e cose così. Quindi sì, aveva il voto più alto in cinese.
Ma non lo sapeva seriamente parlare.
“Non so perché ti dia così fastidio,” gli disse Jongdae a pranzo durante il terzo giorno di scuola. La pausa pranzo era l'unico momento in cui potevano passare del tempo assieme dato che Jongdae era un anno indietro, e solitamente era lui a parlare ininterrottamente, ma oggi Minseok aveva passato tutta l'ora a lamentarsi invece che mangiare, e generalmente era una cattiva idea. Cominciò a riempirsi velocemente la bocca di cibo, controllando brevemente l'orologio.
“Perché,” disse, ingoiando il riso. “Come dovrei aiutare il ragazzo cinese quando non posso nemmeno comunicare con lui? Il mio cinese è terribile, Jongdae. Terribile.”
“Aspetta, okay, fai un passo indietro. Cosa devi fare esattamente?” chiese Jongdae, cercando di rubare qualcosa dal vassoio ancora pieno di Minseok e venendo colpito col cucchiaio dal ragazzo. Fece una smorfia di dolore.
A quanto pare arriva uno studente che si è trasferito dalla Cina,” spiegò Minseok. “E non sa una parola di Coreano. Quindi ha bisogno di, tipo, un compagno. Come l'ha chiamato Junmyeon... un compagno di adattamento. Per aiutarlo ad ambientarsi ed affrontare la barriera della lingua e non farsi bocciare in tutte le materie o qualcosa del genere. Non lo so, penso di doverlo aiutare a non morire?”
“Non sembra così male,” disse Jongdae, scrollando le spalle.
“Ma io non parlo cinese,” ribadì Minseok. “Mi hai mai sentito cercare di parlare cinese? Probabilmente no, perché non lo so fare. Il nostro insegnante non prova nemmeno più a spiegarci qualcosa perché nessuno sa una parola.”
“Non può essere così male, hyung,” insistette Jongdae, alzando gli occhi al cielo.
“Lo è,” disse solennemente Minseok. “Quel ragazzo riderà di me. E poi piangerà perché non ci sarà nessuno che lo aiuti a salvare i suoi voti.”
“Chi lo dice?” disse Jongdae, cercando di rubare ancora una volta il pranzo di Minseok ma fallendo. “Potresti rimanere sorpreso. Forse imparerai a parlare cinese per la disperazione.”
“Non voglio impararlo,” mormorò Minseok, mangiando l'ultimo chicco di riso della sua ciotola. “Perché finisco sempre immischiato in questo genere di cose?”
Jongdae rise. “Probabilmente perché sei il più grande pollo di sempre, e Junmyeon hyung lo sa benissimo.”
Minseok gli fece una smorfia, ma Jongdae aveva probabilmente ragione (aveva sempre ragione). Però a Minseok non piaceva ammetterlo, quindi disse invece, “Da quando sei così in confidenza con Junmyeon da chiamarlo ‘hyung’?” e questo fece zittire Jongdae.
Era una cosa rara, quindi Minseok se la godette finché poteva.


Minseok venne tirato fuori dalla propria classe il giorno seguente per conoscere ufficialmente il nuovo studente. Fu Junmyeon a venirlo a prendere – era sempre incaricato di cose di questo tipo – e sebbene i due non fossero propriamente in confidenza, si conoscevano abbastanza da chiacchierare durante il tragitto verso l'ufficio principale.
“Sei eccitato?” chiese piacevolmente il presidente del consiglio studentesco.
Minseok si trattenne dal fare una smorfia e invece scrollò le spalle. “Nervoso,” ammise. “Sembra un lavoro piuttosto importante, e non so quanto bene riuscirò a portarlo a termine.”
Junmyeon annuì comprensivo. “Sono sicuro che andrai bene,” disse rassicurante. “Luhan sarà contento di avere qualcuno che lo aiuti a prescindere, onestamente.”
“Luhan?”
Junmyeon annuì mentre cominciavano a scendere le scale. “È il nome dello studente che si trasferisce. Penso che Lu sia il cognome, a dire il vero, ma ci ha detto di chiamarlo così. Penso.” Sorrise leggermente imbarazzato. “Io, um, non capisco il cinese tanto bene.”
Minseok sentì la disperazione montare nel suo petto. Se nemmeno Kim Junmyeon, studente modello, riusciva a capire quel ragazzo, come avrebbe fatto lui?
Raggiunsero l'ufficio un momento dopo, e Minseok si preparò psicologicamente prima di entrare. Dopotutto, avrebbe probabilmente passato molto tempo con questo ragazzo in un prossimo futuro. Se fosse sopravvissuto, si sarebbe dovuto preparare.
“Ah, Minseok ah, sono felice ce l'abbia fatta,” disse il preside non appena Minseok entrò, lasciando fuori Junmyeon. Si inchinò leggermente come forma di saluto. “Ti presento Luhan, il tuo nuovissimo compagno di classe.”
Minseok si voltò a guardare il ragazzo ora in piedi accanto alla sua scrivania, che si inchinò a sua volta tenendo in mano la sua nuova uniforme. Quando si raddrizzò, Minseok sbatté le palpebre per la sorpresa. Era un po' più alto di lui, ma per il resto, sembrava più piccolo in ogni aspetto, dai suoi grandi occhi castani, al nasino piccolo e la pelle liscia, e il modo in cui si mordeva nervosamente il labbro. Luhan sorrise leggermente, timido, e si scostò i morbidi capelli castani da davanti agli occhi. “Ciao,” disse, in uno stentato coreano accentato e troppo formale. “Sono Luhan. Piacere di conoscerti.”
Minseok lo fissò per un momento prima di ritrovare la voce. “Um. Ciao. Io sono Minseok.”
Luhan sbatté le palpebre un paio di volte, e lo sguardo di Minseok rimase incollato alle sue ciglia. “Minseok,” ripeté il ragazzo, piano e a voce alta, come per provare. “Minseok.”
Minseok annuì stupidamente.
“Esatto,” disse il preside. “Allora, sai qual è il tuo lavoro, Minseok ah?”
“Um,” rispose lui, distogliendo lo sguardo da Luhan per guardarlo. “Più o meno? Devo solo aiutarlo ad ambientarsi e cose così, giusto?” Guardò Luhan, che sembrava un po' perso. Si chiese se stessero parlando troppo veloce per lui.
“Beh, speravamo più che altro che potessi essergli amico. Sai, oltre alle altre cose, tipo assicurarti sempre che sappia dove si trova e che capisca le sue lezioni. È abbastanza difficile essere il ragazzo nuovo, ma lo sarà ancora di più per Luhan, dato che non può parlare con gli altri studenti.”
Minseok annuì lentamente. “Sì, signore,” disse, anche se l'idea non è che lo entusiasmasse tanto. Doveva già aiutare il ragazzo con un sacco di cose, ma ora doveva prendersi cura di lui anche fuori dalla classe?
“Fantastico. Grazie mille per aver accettato, Minseok. Sono sicuro che Luhan apprezzerà davvero il tuo aiuto,” disse il preside, sorridendogli calorosamente. Minseok si limitò ad annuire ancora. “D'accordo. Beh, immagino possa tornare in classe ora. Magari puoi fargli fare un giro veloce della scuola durante la pausa.” Un altro cenno. “Potete andare, allora.”
Minseok si morse il labbro e si girò verso il ragazzo, che lo stava guardando con gli occhi spalancati e incerti. Provò a fare un piccolo sorriso, ma la preoccupazione gli attanagliava lo stomaco e probabilmente non sembrò affatto rassicurante. “Andiamo,” disse, con voce leggermente esitante. “Andiamo, Luhan-ssi.”
Luhan annuì silenziosamente, e seguì Minseok fuori dall'ufficio e lungo il corridoio. Minseok voleva dire qualcosa per rompere il silenzio imbarazzante mentre percorrevano i corridoi, ma non riusciva a pensare a niente di cui parlare (e anche se avesse parlato, non era sicuro che Luhan lo avrebbe capito). Si fermò, comunque, quando passarono davanti ad una porta. “Questo è il bagno,” disse, voltandosi verso il ragazzo e indicando la stanza in questione. “Ce n'è un altro al piano di sopra, ti mostrerò anche quello dopo, ma—” Si interruppe quando Luhan sbatté le palpebre, con le sopracciglia aggrottate. “Ti vuoi cambiare?” Indicò l'uniforme tra le sue braccia.
Luhan guardò i vestiti che aveva in mano, poi il bagno. Sembrò finalmente capire. “Ah. Sì,” disse, annuendo.
Minseok annuì stupidamente in risposta. “Uh. Ti aspetto qui.” Fece una pausa per un secondo, scavando nel cervello per trovare una certa parola, e poi ripeté la frase in un Cinese lento e probabilmente sbagliato. Ma non appena le parole lasciarono la sua bocca, il viso di Luhan si illuminò e sorrise contento.
“Ah!” esclamò, sembrando eccitato e ripetendo quello che aveva detto Minseok, prima in cinese, e poi in coreano. “Okay,” disse, annuendo e sorridendo ancora prima di entrare in bagno.
Minseok si ritrovò a fissare la porta per diversi minuti dopo che il ragazzo fu entrato.
Quando Luhan tornò, era vestito con l'uniforme, sembrando in ordine ed elegante, e stava ancora sorridendo leggermente. Lo zaino gli pendeva da una spalla, ora riempito con i vecchi vestiti.
“Hai un armadietto?” chiese lentamente Minseok, assicurandosi di scandire bene le parole. Poteva tradurre frasi semplici come questa in cinese, ma poi come avrebbe imparato Luhan? (O forse, Minseok non voleva semplicemente mettersi in ridicolo.)
Luhan sembrò capire comunque, perché annuì, ripetendo la parola armadietto piano tra sé e sé e tirò fuori un bigliettino dalla tasca. C'era un numero scritto sopra, e Minseok annuì.
“Okay,” disse. “Ti mostro dov'è.” Si diresse alle scale, e Luhan lo seguì come un cagnolino ubbidiente.
Raggiunsero il secondo piano, dove si trovava sia la loro classe che gli armadietti (visto che spesso i due corrispondevano), e Minseok passò le dita sugli armadietti mentre camminavano. “Questo è il mio,” disse, picchiettando sull'armadietto numero 2441. Continuò a camminare, gli occhi sulle targhette numerate, e si fermò qualche metro più avanti. “E questo è il tuo.” Sollevò lo sguardo e vide che Luhan stava ancora guardando l'armadietto di Minseok, concentrandosi sui numeri, come per cercare di memorizzarli. Minseok continuò a fissare il ragazzo cinese fino a che non si voltò e sorrise, raggiungendolo.
“Mio?” chiese, posando una mano sulla porta.
Minseok annuì. “Sì. Hai un lucchetto?” Finse di chiudere un lucchetto nella porta.
“Sì, sì,” rispose Luhan, annuendo e prendendolo dallo zaino. Era ancora nella confezione di plastica, quindi Minseok immaginò glielo avesse dato il preside. Dopo svariati tentativi riuscì a scartarlo e lo girò per vedere l'adesivo con la combinazione sul retro. “24. 53. 16,” mormorò in cinese. Staccando l'adesivo, lo attaccò alla confezione e aprì l'armadietto, togliendosi lo zaino e appendendolo dentro. Guardò Minseok per sicurezza, il quale sorrise leggermente e annuì incoraggiante. Luhan chiuse l'armadietto e armeggiò con il lucchetto per un momento, accigliato.
Quando non riuscì ad aprirlo ai primi due tentativi, il ragazzo emise un piccolo suono disperato e guardò Minseok imbarazzato, con le guance rosse. Minseok non poté fare a meno di ridacchiare piano, prendendo gentilmente il lucchetto e girando la manopola un paio di volte. “Devi ruotarlo più di una volta verso destra,” disse, dimostrandoglielo con dita abili. “I lucchetti sono una merda.” Si interruppe e guardò Luhan, il quale era di nuovo confuso. Giusto, probabilmente usare il gergo non andava bene per il ragazzo. “Um. Brutti. I lucchetti non sono buoni.”
“Ahh,” disse Luhan, annuendo. Un momento dopo, quando Minseok era riuscito finalmente ad aprire il lucchetto, sentì il ragazzo mormorare, “Merda.” Lo fece sorridere.
Qualche minuto dopo, si ritrovarono in piedi di fronte alla loro aula. Luhan era stato aggiunto alla sua classe, per convenienza. “Stiamo qui per la maggior parte della giornata,” spiegò lentamente Minseok. “Diversi professori arrivano in classe per diverse materie. Funziona così anche in Cina?”
Luhan annuì, e Minseok sospirò internamente per il sollievo. Non voleva doversi preoccupare anche della confusione sul sistema scolastico. “D'accordo, entriamo allora.”
Luhan dovette presentarsi alla classe non appena mise piede dentro, e Minseok vide un paio di ragazze ridacchiare e sussurrare mentre il ragazzo si inchinava e mormorava un, “Ciao, sono Luhan”. Trattenne l'istinto di alzare gli occhi al cielo. Quando Luhan finì, però, la professoressa disse, “Puoi sederti vicino a Minseok, per rendere le cose più semplici. Minhyuk, puoi spostarti nel banco vuoto dietro.” Il vecchio compagno di banco di Minseok annuì e prese le proprie cose per cambiare posto, e Minseok indicò il banco ormai vuoto.
“Vieni,” disse piano a Luhan.
Luhan annuì e lo seguì al suo nuovo posto, sedendosi e mordendosi il labbro incerto. “Um,” disse piano, e Minseok lo guardò. “Matita... non ho…uh, già.”
“Ah.” Minseok si schiarì la gola, cercando nel proprio banco per una paio di minuti prima di avvampare e dare al ragazzo la propria matita, rimanendo senza. Poi si rese conto che Luhan non aveva nemmeno niente su cui scrivere, e alzò una mano. “Professoressa,” disse, sentendosi un po' in imbarazzo. “Luhan-ssi non ha alcun libro.”
La donna guardò il nuovo studente, che faceva terribilmente pena, mentre stringeva la matita di Minseok come se la sua vita dipendesse da essa. “Oh, giusto,” disse, e si diresse agli scaffali posti in fondo alla classe, prendendo un paio di quaderni (e Minseok usò quel tempo per scovare la matita in più che sapeva di avere da qualche parte nel suo banco). Luhan li prese con un cenno di ringraziamento, e li mise tutti tranne uno dentro il banco, per poi aprire quello rimasto e guardare la lavagna mentre la professoressa continuava la sua spiegazione sui testi classici.
Minseok cercò di ascoltare cosa stava dicendo, ma venne presto distratto da dei movimenti provenienti dal banco di Luhan, e il suo sguardo si spostò verso destra dove il ragazzo era piegato sul suo foglio, e copiava con attenzione le parole scritte sulla lavagna, con tratti leggermente goffi. Quando finì, Luhan riportò la sua attenzione sulla professoressa, sbattendo le palpebre lentamente, e la sua bocca ebbe un fremito. Minseok cercò di rimettersi al lavoro, ma era difficile spostare lo sguardo quando Luhan sembrava così concentrato, con una luce negli occhi che gli stringeva il petto. Lo vide aggrottare le sopracciglia, pper oi guardare il quaderno e scrivere lentamente Chae Man…sik? Un piccolo sospiro gli uscì dalle labbra.
Il cuore di Minseok perse un battito, e allungò una mano per picchiettare sul banco del ragazzo. Luhan si voltò a guardarlo con gli occhi sgranati, e Minseok rimase temporaneamente senza parole, fino a che non riuscì a sussurrare, “È tutto okay. Ti darò i miei appunti. Non ti preoccupare.”
Luhan sembrò nervoso per un momento, con le sopracciglia aggrottate, quindi Minseok indicò il proprio quaderno e sussurrò, “Ho bisogno che qualcuno mi dica cosa mi sono perso, comunque. Possiamo condividere.”
Finalmente, la fronte del ragazzo si rilassò e in qualche modo, questo fece sentire Minseok un po' meglio. “Andrà tutto bene,” si ritrovò a dire, e per qualche ragione sentiva che lo stava dicendo più a se stesso che a Luhan.


La prima pausa fu dolorosamente imbarazzante, e Minseok si pentì profondamente di aver accettato di fare questa cosa stupida. Quando la campanella suonò, segnalando l'inizio della pausa, circa sei ragazze della classe di Minseok si alzarono in piedi e circondarono il nuovo arrivato, chiedendogli da dove venisse, se Luhan fosse il suo nome completo e cose del genere. Luhan sembrò scioccato all'inizio, e poi molto confuso, cosa che non sorprese Minseok, visto che nemmeno lui riusciva a capire cosa stessero blaterando le ragazze.
Quando Luhan rimase impassibile e in silenzio, Minseok disse, “Um, non penso sappia cosa state dicendo.”
“Davvero? Oh…” disse una delle ragazze, delusa. “Puoi tradurre per noi, allora?”
“Um, no, non proprio,” rispose Minseok, e davvero, stava dicendo la verità, ma più che altro non voleva farlo. Luhan non protestò. “Uh, Luhan-ssi? Posso farti fare un giro, se vuoi.”
Luhan lo guardò, sbattendo lentamente le palpebre, poi annuì.
“Okay. Andiamo.”
Non c'era molto da vedere in realtà. La scuola di Minseok era piuttosto piccola, quindi gli mostrò solo dove stavano la palestra, la mensa, la biblioteca e i bagni, e gli indicò le scale per salire al terrazzo, e l'infermeria e gli uffici di segreteria. E quello era tutto. Minseok mangiò qualcosa mentre camminavano per i corridoi, e si sentì in colpa per Luhan, che non sembrava avere niente da mangiare, ma non poteva esattamente dividere la propria merenda.
La conversazione fu praticamente inesistente, a parte quando Minseok gli diceva il nome di certe cose e Luhan lo ripeteva. Prima di tutto, Minseok non era ancora sicuro di quanto Luhan riuscisse a capire e quanto bene gli avrebbe saputo rispondere, e poi non sapeva nemmeno cosa dire. Solitamente era piuttosto bravo a intrattenere una conversazione, ma per qualche ragione, l'atmosfera lo metteva troppo a disagio, e alla fine della pausa, Minseok ebbe paura per il proprio destino. Ogni volta che pensava a qualcosa da dire a Luhan che non facevesse parte del tour, si voltava e vedeva il ragazzo cinese guardarsi intorno con gli occhi spalancati, mordendosi il labbro, e le parole evaporavano dalla lingua di Minseok, lasciandoli in un silenzio lungo e imbarazzante.
Minseok non era mai stato bravo a parlare con i ragazzi carini.
Le lezioni erano un continuo voler evitare qualsiasi interazione con il nuovo studente per evitare possibili momenti di imbarazzo, e allo stesso tempo sentirsi in colpa per il povero ragazzo, che sembrava così spaesato la maggior parte del tempo, cercando di capire lezioni che non solo non erano nella sua lingua madre, ma anche il continuo di qualcosa che era stato spiegato nei tre giorni precedenti al suo arrivo. Minseok si ritrovò più di una volta ad aprire la bocca, pronto ad assicurargli che lo avrebbe aiutato a recuperare e che gli avrebbe dato i suoi appunti e tutto. E poi invece la richiudeva, perché aveva sin troppe cose in ballo nella sua vita e non poteva promettere a questo ragazzo che lo avrebbe aiutato in tutto. Luhan non era una sua responsabilità. Sì, avrebbe dovuto aiutarlo ad adattarsi al nuovo ambiente, ma questo non significava provvedere ad ogni suo bisogno. Luhan aveva diciassette anni. Poteva cavarsela da solo.
Minseok continuava a ripeterselo, anche mentre, con discrezione, guardava Luhan fissare il proprio libro di scienze con sguardo terrificato. Minseok dovette mordersi la lingua per trattenersi dal promettergli che glielo avrebbe tradotto. (Non conosceva nemmeno tanto cinese.)
Quando la campanella della pausa pranzo suonò, Minseok si irrigidì per un momento, non sapendo cosa fare, prima di voltarsi verso Luhan e dire, “Devo andare in bagno, ci vediamo in mensa?”
Luhan sbatté le palpebre, poi annuì, e Minseok afferrò la propria borsa prima di correre in bagno. Ci andava sempre prima di incontrarsi con Jongdae per il pranzo. Non avrebbe incasinato quella routine per Luhan – non poteva proprio.
Quando raggiunse la mensa qualche minuto dopo, si guardò intorno velocemente in cerca di una testa dai capelli castani, e si sentì sollevato quando non la vide. Minseok pensò di doversi preoccupare probabilmente – chiedersi dove fosse Luhan o qualcosa del genere – ma spinse via il pensiero e cercò Jongdae invece. Trovò l'amico al loro solito tavolo, e scivolò al proprio posto di fronte a lui, già pronto a sfogarsi.
“Non voglio farlo,” annunciò, e Jongdae lo guardò sorpreso. “Tutta questa cosa del compagno di adattamento. È una tortura.”
“Awww, perché?” chiese Jongdae, non sembrando particolarmente comprensivo (come si era aspettato Minseok, ovviamente). “Il ragazzo cinese fa paura?”
“No,” borbottò Minseok, accigliato. “È molto carino. Come una... fata. O qualcosa del genere. Non lo so.”
“Una scusa perfetta per mollare,” concluse Jongdae, e Minseok riusciva quasi ad assaporare il sarcasmo.
“Chiudi il becco,” mormorò. “Non voglio farlo e basta. Sono già abbastanza occupato, con lo stress dell'ultimo anno e la vita e altre cose, e questo ragazzo fa compassione e ha bisogno d'aiuto per tutto e probabilmente mi starà appiccicato e io non ho tempo. Davvero. In più è tipo, super imbarazzante. Non so mai cosa dirgli e sento che sarà decisamente deluso quando capirà che non posso essergli d'aiuto e ugh.” Sospirando, tirò fuori il proprio pranzo dalla borsa e cominciò a mangiare.
“La tua vita è così difficile,” disse Jongdae, senza sentimento, e Minseok si chiese perché avesse scelto lui come miglior amico.
“Già,” grugnì Minseok. “Dico davvero. Perché proprio io? La mia vita è già abbastanza dura come unico ragazzo dichiaratamente gay della scuola.”
Jongdae gli diede una pacca consolatoria sulla spalla (e forse un po' protettiva). “Che mi dici di Chanyeol e Baekhyun?”
Ci volle un momento perché Minseok capisse di cosa stesse parlando. Il suo sguardo si spostò sui due ragazzi in questione, seduti un po' più in là, che dividevano una porzione di patatine. “Um, non penso siano davvero gay, Jongdae.”
L'amico scrollò le spalle, infilando la cannuccia nel proprio succo. “Ci vanno vicini.”
Minseok non si disturbò nemmeno a rispondere. Entrambi i ragazzi erano un anno più piccoli di lui, ma erano buoni amici di Jongdae quindi li conosceva abbastanza bene e... sì, okay, anche se non erano davvero gay, stavano un gradino sotto.
“Sai, penso che Kim Jongin possa essere bi,” aggiunse Jongdae, socchiudendo leggermente gli occhi mentre guardava il ragazzo dall'altra parte della mensa. “Qualcuno mi ha detto che potrebbe essere bi.”
Minseok alzò gli occhi al cielo. “Smettila di spettegolare come un ragazzina adolescente, Kim Jongdae.”
“Hey, sto solo cercando di farti sentire meglio,” disse Jongdae, sorseggiando il proprio succo.
“Beh, voglio dire, se stiamo parlando di persone che sono sull'orlo di essere gay, ci sei sempre tu,” disse Minseok, tanto per infastidire l'amico. “Sai, con la tua piccola cottarella per Kim Junmyeon.”
Jongdae si affogò e tossì, sputando il succo di frutta sul tavolo. “Quella non è una cotta!” protestò con decisione.
Minseok sorrise leggermente, con aria di sfida. “Ne sei sicuro?”
,” disse Jongdae, asciugandosi il mento e guardandolo male. “Semmai, è una... sana ammirazione. Per un altro ragazzo. È una cosa totalmente normale e non gay.”
“Se ti fa sentire meglio pensarla così,” canticchiò Minseok. “Ma comunque, niente di questo cambia le cose, perché mi trovo ancora in una situazione difficile e voglio uscirne. Sono serio, se continua ad essere così imbarazzante e strano, me ne tiro fuori. Lo farò fare a Junmyeon o qualcosa del genere.”
“Aw, andiamo hyung,” disse Jongdae. “Sii carino con il povero ragazzo. Sono sicuro che non sia così male come pensi.”
Minseok aprì la bocca per protestare, per insistere che lo era davvero, ma in quel preciso instante sentì una voce accentata chiamarlo, “Minseok!”
Voltò la testa di scatto, e vide Luhan avvicinarsi titubante, con le mani che giocherellavano con l'orlo della giacca. Quella stupida fitta al petto era tornata. “O-oh. Luhan-ssi. Hey.”
Il piede di Jongdae lo colpì sotto il tavolo, e Minseok sapeva che se avesse guardato l'amico ora, il più piccolo gli avrebbe fatto un cenno di ammiccamento, o qualcosa di ugualmente irritante. Tenne gli occhi su Luhan.
Luhan si fermò di fronte a lui, sembrando poco sicuro, e lo stupido cuore di Minseok cedette. “Vuoi sederti con noi?” chiese, con voce chiara.
Gli occhi di Luhan si illuminarono in un istante – il suo viso era davvero un libro aperto – e annuì grato. “Sì. Grazie.” Si sedette nella sedia vuota accanto a Minseok e guardò Jongdae con curiosità.
“Ciao!” lo salutò il ragazzo, prendendo l'iniziativa. “Io sono Jongdae. Sei nuovo qui, vero?” parlava velocemente, e Minseok voleva rimproverarlo per non aver scandito bene le parole per Luhan, ma il ragazzo cinese si illuminò ed esclamò, “Sì! Vengo dalla Cina.”
La scioltezza delle sue parole sorprese Minseok. Aveva ancora un forte accento, ma sembrava avesse fatto molto esercizio.
Jongdae annuì, sorridendo piacevolmente. “Figo. Ti sei trasferito con la tua famiglia?”
Cavolo. Jongdae era più bravo di lui in questa cosa. Luhan sembrò felice di avere finalmente incontrato qualcuno più piacevole di – beh, di Minseok. “Sì. Io, mia mamma e mio papà. Per lavoro.”
Jongdae annuì, e i suoi occhi si posarono sullo spazio vuoto davanti al ragazzo. “Non hai il pranzo?” chiese, mimando l'azione del mangiare.
Minseok si sgridò mentalmente per non aver nemmeno notato che Luhan era arrivato al tavolo a mani vuote. E non aveva mangiato niente nemmeno durante la pausa. Luhan si accigliò leggermente e poi esitò prima di scuotere la testa e dire, “No, non ce l'ho.” E non disse altro, forse non voleva o non sapeva spiegare altro.
Minseok guardò il proprio pranzo – era praticamente finito, ed era importante che mangiasse il resto. I suoi occhi si spostarono su Jongdae, che lo stava guardando con aspettativa. Fece una smorfia. “Um,” disse. “Vuoi qualcosa da mangiare? Posso comprarti qualcosa... o... già. Se vuoi.”
Luhan sorrise grato, ma scosse la testa. “È tutto okay,” disse. “Sto bene.”
Minseok si accigliò, con le dita ancora chiuse attorno al portafogli. Le ritrasse velocemente. “Sei sicuro?”
Luhan annuì, ancora sorridendo.
“Dovresti mangiare,” insistette Jongdae, scavando nella propria borsa per qualcosa in più da mangiare. Porse al maggiore un pacchetto di biscotti. “Ecco, prendili.”
Luhan annuì e li prese, e Minseok guardò la propria borsa sentendosi in colpa.
“Non disturbarti nemmeno a chiedere del cibo a Minseok hyung,” disse Jongdae, dandogli un piccolo calcio. “Non divide mai nulla. Nemmeno con me.” Minseok fece il broncio, ma prima che potesse protestare, Jongdae urlò. “Chanyeol ah, Baekhyun ah! Avete qualcosa da mangiare per il ragazzo nuovo?”
I due ragazzi sollevarono lo sguardo su di lui, poi su Luhan. Baekhyun fu il primo a sorridere amichevolmente e dire, “Certo! Probabilmente ho qualcosa.” Qualche secondo dopo, i due si avvicinarono e si sedettero accanto a Jongdae, porgendo a Luhan una mela e un muffin ai cereali. Luhan accettò con un sorriso angelico.
Minseok venne per lo più ignorato, e beh, forse non avrebbe dovuto fare poi tanto in fin dei conti.
Ma per qualche ragione, vedere altre persone aiutare il suo protetto metteva Minseok vagamente a disagio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Alla fine del primo giorno come compagno di adattamento di Luhan, Minseok era più ottimista di tutta la cosa rispetto a quando Junmyeon gli aveva chiesto di farlo. Aveva passato tutto il pomeriggio tra il sentirsi compassionevole per il povero ragazzo Cinese e cercare di non pensarci troppo, perché non era un suo problema. Minseok aveva già abbastanza problemi. Non voleva dover pensare anche a quelli di Luhan. Ma questo non impedì alla sua mente di pensare a tutte le centouno difficoltà che il ragazzo avrebbe dovuto affrontare prossimamente.
Quando l'ultima campanella suonò, Minseok si voltò verso il compagno di banco senza davvero guardarlo e chiese, “Allora vuoi, um, che ci scambiamo i numeri di telefono o qualcosa del genere?”
Luhan rimase in silenzio, e Minseok si sforzò di incrociare lo sguardo del ragazzo, e trovò Luhan con la bocca arricciata. Minseok sollevò un sopracciglio inquisitorio, confuso dal suo silenzio, e poi Luhan disse, “Non ho un cellulare.”
Minseok lo guardò sorpreso. “Davvero?” Di questi tempi, persino i bambini delle elementari avevano un telefono.
“Non ne ho uno,” disse Luhan. “Ci siamo appena trasferiti. Non l'ho ancora comprato.”
“Oh,” disse Minseok, annuendo comprensivo. “Non ne hai ancora comprato uno. Okay, beh, um... Posso comunque darti il mio numero. E se ne hai bisogno... puoi chiamarmi, immagino.” Cercò di non fare smorfie. Il pensiero di Luhan che gli chiedeva aiuto ventiquattr'ore su ventiquattro non era esattamente allettante, per quanto potesse sentirsi compassionevole nei confronti del ragazzo. Ma immaginò che facesse parte di quello che aveva accettato di fare, anche se non volontariamente.
Sospirando mentalmente, strappò un pezzo di carta dal proprio quaderno e scrisse il proprio numero, insieme al nome. Lo porse a Luhan, che lo guardò per un momento prima di infilarlo con attenzione in tasca. “Grazie,” disse, riportando lo sguardo su Minseok, gli occhi grandi e marroni incerti come sempre. Mettevano a disagio Minseok, anche quando Luhan gli sorrideva gentilmente.
“Okay. Bene. Io vado a casa. Quindi... ci vediamo domani,” disse Minseok, alzandosi e prendendo i libri da portare a casa.
Fece per voltarsi, ma un lieve tocco al gomito lo fermò. Si girò e vide le dita di Luhan posate sul suo braccio, la testa inclinata. “Grazie, Minseok. Davvero.”
Minseok sbatté le palpebre un paio di volte, sentendo la solita stretta al petto vedendo i grandi occhi sinceri di Luhan. Dovette deglutire prima di riuscire a rispondere con un semplice, “Nessun problema,” per poi fare un cenno di saluto e andarsene, dirigendosi all'armadietto. Aveva bisogno di andare a casa.

Si incontrò con Jongdae fuori da scuola, come sempre. “Dov'è il tuo ragazzo cinese?” chiese l'amico mentre si avvicinava.
Minseok lo guardò male. “Non è il mio nuovo cagnolino, sai.”
Jongdae sorrise e scrollò le spalle. “Sei sicuro che sappia come arrivare a casa, almeno? Seoul può essere piuttosto caotica, se non sei abituato alle grandi città.”
Minseok dovette resistere all'istinto di fermarsi e farsi prendere dal panico. Continuò a camminare lungo il marciapiede. “Sono sicuro che troverà la strada di casa.”
“Sei senza cuore, hyung,” disse l'amico, spingendolo leggermente con il gomito.
“Non è vero! Voglio solo andare a casa. E dubito che Luhan apprezzerebbe essere trattato come un bambino indifeso, comunque,” protestò Minseok. Si spostò lo zaino sulle spalle.
“Dovrei dire a Junmyeon hyung che non ti stai prendendo abbastanza cura del tuo compagno di adattamento,” lo prese in giro Jongdae.
“Dovrei dire a Junmyeon hyung che parli di lui tutti i giorni,” ribatté Minseok, dando un colpo di spalla all'amico mentre attraversavano insieme la strada.
Jongdae tossì, colpendolo a sua volta. “Non è vero.”
“Giuro, Kim Jongdae, hai detto qualcosa su di lui ogni giorno da quando la scuola è iniziata. Comincio a diventare sospettoso.” Minseok sollevò le sopracciglia.
Jongdae sbuffò, spingendolo abbastanza forte da farlo inciampare di lato. “Solo perché tu sei attratto dai ragazzi non significa che lo siano tutti,” disse, alzando gli occhi al cielo in maniera drammatica.
“Mi piace pensare che tutti siano un po' gay, nel profondo,” disse Minseok, sorridendo. “Serve solo incontrare l'uomo giusto e bam! Il gay che c'è in te esce fuori.”
Jongdae rise. “Ah sì? E chi è 'l'uomo giusto' per te?”
Minseok ci pensò su, evitando una donna col passeggino sul marciapiede. “No vedi, per me è il contrario. Per me, penso ci sia un po' di eterosessualità, da qualche parte. Quindi, um, se la donna giusta dovesse arrivare, allora dovrò ripensare alla mia sessualità.”
“O,” disse Jongdae con un sorriso, “un certo uomo giusto che potrebbe essere o meno insolitamente carino.”
“Cosa,” disse il maggiore, voltandosi verso di lui confuso prima di capire a chi si stesse riferendo l'amico, “Luhan?!”
Jongdae rise. “L'hai detto tu, non io.”
“No,” negò Minseok, scuotendo la testa deciso. “No no no. Quel ragazzo mi causerà solo problemi. Giuro. Non ho bisogno che mi metti strane idee in testa. E poi, quante sono le possibilità che sia gay?”
“Beh, sai hyung,” disse Jongdae, “Mi piace pensare che tutti siano un po' gay.”
Minseok grugnì. “Ti odio.”
Jongdae sorrise ampiamente. “Mi piace assicurarmi di sentirtelo dire almeno una volta al giorno.”
“Sei terribile.”
“Sei incastrato con me.”
Sfortunatamente, Jongdae aveva ragione.


Minseok aveva, comunque, un altro amico con cui condividere tutti i suoi problemi, che ascoltava molto meglio di Jongdae. E, ancora meglio, questo amico era quasi sempre disponibile per parlare.
Minseok arrivò a casa e lanciò le zaino accanto alla porta, togliendosi le scarpe e passando in cucina per prendere un muffin che non avrebbe mangiato lui. Poi si diresse dritto in camera, sfilandosi la giacca e aprendo i primi bottoni della camicia mentre si dirigeva alla portafinestra che conduceva al piccolo balcone. Chiudendosi la porta alle spalle, posizionò il muffin precariamente sul muro che divideva il proprio balcone da quello del vicino, poi si sedette a terra contro di esso, tirando fuori il cellulare nell'attesa.
Non dovette aspettare molto. Cinque minuti dopo il suo arrivo, sentì un'altra porta aprirsi, e poi il suono di qualcuno che si sedeva dall'altra parte del muro, mormorando, “Gnam, gocce di cioccolato.”
Minseok sorrise. “Ciao Kyungsoo.”
“Hey hyung. Come è andata a scuola?” chiese il ragazzo, ora schiena a schiena con Minseok, con solo il sottile metallo a separarli.
Minseok sospirò. “Ho incontrato lo studente nuovo.”
“Oh? E com'è?” Kyungsoo parlò con un pezzo di muffin in bocca. “Raccontami.”
Minseok sorrise leggermente. Poteva sempre contare sull'interesse del vicino per qualsiasi cosa di cui il maggiore volesse parlare. Una parte di lui pensava fosse perché Kyungsoo veniva istruito a casa e quindi non aveva molte persone con cui parlare, ma un'altra parte di lui pensava (sperava) che a Kyungsoo piacesse davvero parlare con lui, e ascoltare i suoi problemi. “Non è così male,” ammise. “Intendo, Luhan—si chiama così—Luhan di per sé non è male. Sembra abbastanza gentile. Ma avrà un sacco di difficoltà. Sa a malapena parlare coreano, da quanto ho visto, ed è già tre giorni indietro, e non so se riuscirà a sopravvivere senza un sacco di aiuto e io – non voglio essere quel ragazzo che ha tutta la responsabilità sulle proprie spalle. Contano su di me e io non ho idea di cosa sto facendo e sono già stressato nonostante ancora non abbia incominciato a fare nulla.”
“Non sei mai stato bravo a gestire lo stress,” disse Kyungsoo, e Minseok dovette ridere.
“No. Per niente. E quest'anno sarà già abbastanza stressante senza tutte queste responsabilità in più,” continuò.
“Quindi cosa farai?” chiese l'amico.
Minseok sospirò. “Voglio dire loro che non voglio farlo.”
“Ma?”
Minseok sorrise mestamente. “Ma... mi sento in colpa. È così indifeso.”
“Quindi non ti tiri indietro?”
“Sinceramente, non credo che potrei farlo nemmeno se volessi, non subito. È il mio compagno di banco, mi sentirei uno stronzo vedendolo in difficoltà,” confessò. “Non penso di poterlo fare.”
“Probabilmente è spaventato,” disse Kyungsoo, e sì, Minseok lo sapeva questo. “Avrà tanta paura, hyung. Anche se non lo dà a vedere.”
“Lo so,” rispose Minseok, guardandosi le dita. “Ma sono spaventato anche io. Non posso fargli da baby-sitter per tutto l'anno. Non posso.”
“Ma non puoi abbandonarlo subito,” concluse Kyungsoo.
“No,” confermò imbronciato lui. “Lo aiuterò per un po'. Fino a che non si sarà ambientato. E poi... poi basta. Ho i miei problemi di cui occuparmi.”
“Fai quello che pensi sia giusto, hyung,” disse Kyungsoo, e a volte, Minseok desiderava che il ragazzo potesse semplicemente dirgli cosa era giusto. Kyungsoo probabilmente era bravo a capire queste cose.
“Già,” sospirò. “Comunque, Soo, che mi dici di te? Cosa hai fatto oggi?”
Kyungsoo fece un suono vago. “Ho dipinto Camelopardalis sul mio soffitto,” rispose.
“Non te lo chiedo nemmeno.”
“È una costellazione.”
“Ti credo sulla parola.”
Kyungsoo rise, e Minseok sorrise scuotendo la testa. Questo, almeno, era normale. E con tutti i cambiamenti improvvisi nella sua vita, aveva bisogno di un po' di normalità per bilanciare il tutto.


Il giorno seguente, l'insegnante di coreano di Minseok assegnò loro un progetto, con scadenza alla fine dell'anno. Era abbastanza grosso – qualcosa circa la scoperta o un viaggio o qualcosa del genere, con un sacco di parti diverse e analisi da fare e presentazioni – ma non l'avrebbe dovuto consegnare per altri nove mesi, quindi Minseok non se ne preoccupò al momento. Segnò semplicemente la data nella propria agenda e lo ripose in un angolino del suo cervello.
Non gli venne in mente che non tutti potevano prendere un progetto del genere con tanta casualità fino a che la professoressa non chiamò sia lui che Luhan alla cattedra per discutere di una cosa. Minseok guardò il proprio compagno mentre camminavano di fronte alla classe; Luhan si stava nuovamente mordendo il labbro, sembrando preoccupato, e Minseok si chiese se avesse capito in cosa consistesse il compito assegnato. Faceva davvero schifo in questa cosa del compagno di aggiustamento, non è così?
“Sono sicura che immaginiate,” cominciò la professoressa quando furono di fronte a lei, “che non sarebbe giusto far fare a Luhan un lungo saggio in coreano, dato che non è la sua prima lingua, anche se dovesse migliorare per la fine dell'anno.” Minseok annuì leggermente, e Luhan sembrava vagamente imbarazzato. “Quindi ho deciso di dargli un progetto alternativo, che conterà anche al posto di tutti gli altri piccoli compiti scritti nel corso dell'anno.” La donna annuì tra sé e sé, sembrando soddisfatta.
Minseok, incerto di cosa c'entrasse lui in tutto questo, si voltò verso Luhan e mormorò, “Hai capito?”
Luhan sembrò un po' titubante, ma annuì.
“Eccellente. Luhan, visto che il progetto dovrebbe essere su una scoperta, voglio che faccia il tuo sulla tua nuova vita in Corea. Visto che il tuo coreano è limitato, però, ti permetto di usare anche delle fotografie.”
“Foto…grafie?” chiese Luhan, aggrottando le sopracciglia e guardando Minseok.
Minseok mimò l'atto di fare una foto, facendo anche il suono dello scatto. “Immagini,” disse.
“Ahh,” Luhan annuì. “Fotografie.”
L'insegnante sorrise contenta. “Sì, puoi usare immagini, e anche parole. Minseok, mi piacerebbe che lo aiutassi per quella parte, e per qualsiasi cosa avesse bisogno durante il progetto.”
Minseok aprì la bocca per protestare, insistere che non aveva davvero il tempo per occuparsi di due progetti, ma l'insegnante lo interruppe con un cenno della mano. “Se accetti di aiutare Luhan, dimezzerò la lunghezza del tuo progetto finale. Magari solo un pezzo descrittivo o qualcosa del genere. La tua partecipazione nel progetto di Luhan compenserà il resto.”
Minseok chiuse la bocca e ci pensò su. Il progetto finale sembrava richiedere davvero un bel po' di lavoro. Sarebbe stato probabilmente più facile aiutare Luhan a fare un paio di foto e scrivere qualche didascalia. E poi, era compito suo aiutare Luhan, no? “Um. D'accordo allora.”
“Perfetto. Presto ti darò qualche informazione in più, Luhan. Potete tornare ai vostri banchi.”
Mentre Minseok scivolava al proprio posto, si chiese se fosse davvero una buona idea. Un'altra cosa che lo legava a Luhan. E quando Minseok avrebbe voluto tirarsi fuori da questa cosa del compagno di adattamento? Avrebbe fatto qualche differenza?
“Ah,” Luhan disse all'improvviso accanto a lui. Minseok si voltò. “Non ho una macchina fotografica.”
“Cosa?” chiese Minseok.
“Non ho una macchina fotografica. Come faccio a fare le foto?” Luhan si morse il labbro nervosamente.
E prima ancora di accorgersene, Minseok si ritrovò a dire, “Te ne troverò una. Non preoccuparti.”
E doveva davvero smetterla di promettere che avrebbe fatto cose prima ancora di pensarci, ma davvero, quando l'espressione di Luhan mutava in un sorriso grato, non riusciva a pentirsi di aver detto qualcosa.


A pranzo quel giorno, Jongdae annunciò che si sarebbe candidato per il consiglio studentesco. Fu una sorpresa per Minseok, che non aveva mai sentito l'amico esprimere qualche interesse per una carica all'interno del consiglio prima.
“Aspetta un secondo,” disse attorno al proprio cucchiaio. “È una nuova, brillante strategia per passare più tempo con Kim Junmyeon?” chiese.
Jongdae lo guardò male e gli diede un colpo con una delle sue bacchette, e Minseok rise.
“Kim Junmyeon?” chiese una voce alla destra di Minseok, il quale sollevò lo sguardo sorpreso. A volte si dimenticava che Luhan era accanto a lui, nonostante fossero insieme tutto il giorno.
“Oh, uh, già,” disse Minseok. “L'hai conosciuto, vero? Il presidente del consiglio studentesco.”
Luhan annuì, guardando Jongdae. “Ti piace Junmyeon?”
Jongdae si strozzò. “No! Non mi piace.”
Luhan lo studiò per un momento, sembrando pensieroso. “Junmyeon è molto gentile. E molto attraente.”
“Non mi piace!” protestò Jongdae. “Minseok hyung vuole solo essere irritante.”
Luhan scrollò le spalle, sorridendo. “Okay.”
Minseok faticò a non ridere. “Comunque Jongdae, candidati. Magari qualcuno ti voterà.”
Jongdae annuì deciso. “Lo farò. Farà una bella impressione sul mio curriculum. Magari compenserà i miei voti meno che esemplari.”
Minseok cercò di non notare il modo in cui Luhan sussurrasse le parole curriculum e esemplari.
“Ma il motivo per cui te lo sto dicendo,” continuò Jongdae, “è perché se vinco le elezioni, probabilmente salterò diversi pranzi per degli incontri.”
“Oh.” Minseok si accigliò. Jongdae era sempre stato il suo compagno di pranzo. Eccetto ora, che aveva anche— “Bene. D'accordo, allora. Abbandonami.”
“Potresti candidarti anche tu,” suggerì Jongdae.
Minseok fece una smorfia. “E saltare il pranzo?” chiese. “E poi, ho già troppe cose in ballo.” Resistette all'istinto di guardare Luhan mentre lo diceva. Dopotutto, se tutto andava bene, non sarebbe più stato una sua responsabilità.
Come per ricordargli quante cose aveva da fare, Luhan sollevò lo sguardo per un momento dai propri appunti e tirò gentilmente la manica di Minseok. “Minseok,” disse piano. “Cosa è un trattato?”
Il ragazzo si voltò verso di lui e sbatté le palpebre. “È... un accordo. Tra due stati o qualcosa del genere.”
“Oh.” Luhan prese la matita e scarabocchiò qualcosa sopra la parola. “E colonnello?”
Minseok guardò la pagina che stava leggendo Luhan e vide che era quasi completamente coperta di cerchietti e punti interrogativi – domande da fare, in modo che Luhan capisse una sola lezione di storia. Sospirò. Avevano un bel po' di lavoro da fare.


Quando l'ultima campanella del giorno suonò, Minseok abbassò lo sguardo sorpreso sulla piccola pila di libri e compiti per il fine settimana, e l'enorme pila sul banco di Luhan (e l'espressione terrificata sul suo viso), e in un momento di compassione e sfortunata impulsività, chiese al ragazzo se avesse voluto studiare insieme o qualcosa del genere.
Luhan lo guardò con grandi occhi speranzosi. “Mi vuoi aiutare?” chiese, sembrando incerto (anche se poteva semplicemente essere la sua mancanza di sicurezza nelle sue abilità comunicative).
Minseok se ne stava già pentendo, ma qualcosa nella disperata speranza nella voce di Luhan gli fece scrollare le spalle e dire, “Già, voglio dire, è il mio lavoro, no? Aiutarti a recuperare e cose così. Anche io devo riprendere un paio di cose, comunque.” Evitò lo sguardo di Luhan, ma quando il cinese rimase in silenzio, si voltò a guardarlo, e vide il ragazzo mordersi il labbro e annuire nervosamente.
“Okay,” disse piano Luhan.
Minseok distolse nuovamente lo sguardo e si schiarì la gola. “Allora puoi, um, venire a casa mia. O vengo io da te?”
“Casa tua va bene,” rispose Luhan, e Minseok annuì. Sarebbe stato più a suo agio a casa propria, comunque.
“D'accordo. Prendiamo, uh, le nostre cose allora. Ci incontriamo con Jongdae.” Sussultò leggermente. Jongdae sarebbe stato terribilmente irritante, lo sapeva.
Eppure quando i due uscirono in cortile, con gli zaini in spalla, il più piccolo non era da nessuna parte. Minseok si accigliò e tirò fuori il telefono dalla tasca, trovando un messaggio dell'amico.
Jongdumb: Rimango ancora un po' per le elezioni del consiglio studentesco! Puoi aspettarmi se vuoi.
Minseok fece una smorfia e lanciò un'occhiata a Luhan, che aspettava pazientemente accanto a lui. Scrisse velocemente una risposta. Nah, preferisco tornare a casa. Buona fortuna per le tue cose. Saluta Junmyeon da parte mia ;)
Senza aspettare la risposta irritata che sapeva sarebbe arrivata, Minseok si voltò verso Luhan e disse, “Jongdae non viene alla fine. Andiamo.” Luhan annuì e cominciarono a incamminarsi verso casa di Minseok.
La prima metà del tragitto fu silenziosa, e questo mise Minseok a disagio, come tutte le altre volte in cui aveva passato del tempo con Luhan. Aveva la netta sensazione di sembrare antipatico non parlando mai con lui, ma continuò a ripetersi che probabilmente Luhan non era a suo agio a parlare in coreano, comunque, quindi gli stava solo facendo un favore. Sì, ecco cosa stava facendo.
Ma poi, quando attraversarono la strada dove solitamente Minseok e Jongdae si separavano, una voce sottile disse, “Vivere in Corea è piuttosto difficile.”
Minseok si voltò a guardare Luhan sorpreso. Il ragazzo raramente iniziava una conversazione, se mai lo faceva. Si chiese cosa lo avesse spinto a farlo ora. “U-um, già,” disse stupidamente. “Immagino.”
Luhan sorrise leggermente, tenendo le spalline del proprio zaino. “Vivevo in una piccola città in Cina,” disse, e le sue parole erano lente e ben pensate, ma la sua voce non tremava nel modo in cui aveva tremato quella di Minseok quando aveva dovuto fare una presentazione in Cinese. “Qui, è molto più…” Luhan esitò, fece una piccola smorfia, poi disse, “manglu.”
“Frenetico,” tradusse automaticamente Minseok, e Luhan gli fece un sorriso che lo fece sentire decisamente strano.
“Frenetico,” ripeté Luhan, annuendo. “È molto più frenetico qui.”
Minseok non poteva che ritenersi d'accordo. Riusciva a malapena a sentire la debole voce di Luhan a volte con tutti questi clacson e le macchine che passavano. “Sì,” disse. “Seoul è una città affollata.” Poi, quasi involontariamente, aggiunse, “Ti piace stare qui?”
Luhan fece un suono vago, guardando gli alti edifici che li circondavano. “Wo bu zhidao,” disse, poi rise e si corresse, “Non lo so.”
Minseok pensava che Luhan avesse una risata carina. Ma non lo disse.
“È molto diverso,” continuò Luhan. “Anche il cibo è differente.”
“Ti piace?” chiese Minseok.
Luhan scrollò le spalle. “Immagino.”
Minseok era tentato di portarlo in tutti i posti migliori, fargli assaggiare i piatti più buoni, ma non lo fece. Invece, rimase in silenzio per un po', ma alla fine l'atmosfera divenne troppo pesante e disse, “Hai nostalgia di casa?”
Luhan lo guardò inclinando la testa. “Ho cosa?”
“Ti manca la tua casa? La Cina?” riformulò.
“Ahh,” disse il ragazzo. “Che parola hai usato?”
“Nostalgia,” ripeté Minseok, e Luhan sorrise leggermente.
“Nostalgia,” disse. “Sì, ho un po' di nostalgia. Mi mancano... i miei amici, più che altro. Non parlo con loro da quando mi sono trasferito.” Si accigliò tristemente. “Mi manca anche il cibo. Zhenzhu naicha.” Luhan sorrise, guardando Minseok. “Sai cosa è?”
Minseok scosse la testa. Non aveva mai sentito quella parola prima.
“È una... bibita. Milk tea. Con delle... perle?”
“Perle?”
Luhan scrollò le spalle. “È buono,” disse, e Minseok non seppe come rispondere.
Per il resto del tragitto fino al suo palazzo, Luhan continuò a conversare, senza mai lasciare che il silenzio si prolungasse per più di dieci secondi. Passarono più tempo a cercare di capirsi che a parlare seriamente, usando un misto di coreano e cinese, ma era chiaro che Luhan ce la stesse mettendo tutta, davvero tutta. Fece sentire in colpa Minseok per non aver fatto lo stesso sforzo.
Ma gli ricordò anche che aveva i suoi motivi per non voler fare questa cosa, per non averlo voluto fare dal principio.
Alla fine raggiunsero l'edificio, e presero l'ascensore, e Minseok indicò i muffin che c'erano in cucina a Luhan prima di dirigersi in camera e togliersi la giacca. Per abitudine, diede uno sguardo alla portafinestra del balcone, e rimase sorpreso quando vide una sciarpa rossa legata al divisorio in metallo. “Um,” disse distrattamente a Luhan. “Un secondo, devo risolvere una cosa.” Aprendo la porta, mise la testa fuori e disse, “Hey Soo.”
Kyungsoo emise un suono sorpreso dal punto in cui era nascosto dietro il muro. “Oh, ciao hyung. Mi hai spaventato.”
“Scusa,” rise Minseok. “Ma Soo, uh, non posso chiacchierare oggi. Ho un ospite.”
“Oh? È Jongdae?” Kyungsoo aveva incontrato Jongdae un paio di volte prima, quando il più piccolo aveva fatto visita a Minseok.
“No, è – è un ragazzo che sto aiutando con qualche cosa di scuola,” disse con attenzione, perché sapeva che Luhan stava ascoltando da dietro di lui.
“Oh, quel Luhan?” chiese Kyungsoo, e Minseok sussultò. Meno male che non voleva fargli sapere che parlavano di lui.
“Sì,” disse debolmente.
“Posso conoscerlo?” chiese Kyungsoo, e prima ancora che Minseok potesse rispondere, il più piccolo si alzò in piedi, stringendo il muro in metallo che li divideva. Quando la sua faccia apparve sopra il divisorio, Minseok si ritrovò vagamente sorpreso, come al solito. Per quanto fosse strano, non vedeva il viso del vicino tanto spesso. Il 95% delle loro interazioni erano non visive. Kyungsoo lo colpiva sempre per la sua tenerezza.
“Um,” disse Minseok. “Credo di sì.” Si voltò e vide Luhan in piedi dietro di sé, che aspettava in silenzio. “Ti andrebbe di conoscere il mio vicino?” chiese.
Luhan sorrise. “Certo,” disse, e Minseok si fece da parte per lasciare passare il ragazzo. Si voltarono nuovamente verso Kyungsoo, il quale sorrise e salutò.
“Ciao Luhan-ssi,” disse Kyungsoo. “Io sono Kyungsoo.”
Luhan sembrò leggermente sorpreso che il ragazzo sapesse il suo nome, e Minseok cercò di non arrossire. “Piacere di conoscerti, Kyungsoo,” rispose Luhan, offrendogli la mano.
Kyungsoo la fissò, e Minseok si intromise velocemente. “Kyungsoo non stringe le mani,” spiegò. “Ha un disordine di immunodeficienza.” Luhan lo guardò confuso. “Si ammala molto facilmente,” chiarì Minseok.
“Già,” confermò Kyungsoo, come se fosse qualcosa di cui andare fieri. “Questo è anche il motivo per cui studio a casa. Ci sono troppi germi fuori.” Sorrise, ma Minseok sapeva che a volte era difficile per lui. Ne avevano parlato a lungo in passato.
“Ah,” disse Luhan. “Allora…” Sorrise e lo salutò imbarazzato.
Kyungsoo rise. “È un piacere anche per me,” disse. “Vieni dalla Cina, vero?”
Minseok grugnì internamente. Kyungsoo non aveva idea di come ci si comportava in situazioni sociali; probabilmente non pensava potesse essere strano il fatto che conosceva così tanto di Luhan.
Ma Luhan disse semplicemente, “Sì,” e sorrise, ed era strano che Minseok fosse infastidito da come Kyungsoo e Luhan sembrassero già meno a disagio di quanto non lo fossero loro due? O forse era solo Minseok ad essere a disagio.
Decise di non scavare più a fondo.


La sessione di studio di Luhan e Minseok non era divertente. Erano seduti nel soggiorno di Minseok, da soli, e lessero testo dopo testo, traducendolo e spiegando parole e frasi, scrivendo appunti e decifrando calligrafie incasinate (visto che Luhan aveva qualche difficoltà nel leggere hangul scritto a mano), discutendo delle lezioni, e sforzandosi di capire termini tecnici che Luhan non sembrava comprendere. Era stancante e frustrante e più passava il tempo più Luhan sembrava stressato, e Minseok sapeva di essere incline agli sbalzi d'umore, ma cercò di tenersi sotto controllo perché Luhan sembrava già abbastanza agitato.
Ma era difficile quando Minseok pensava al fatto che avrebbe già finito i propri compiti e starebbe facendo qualcosa di divertente da ore, ed era già così stanco e irritato nonostante non fossero arrivati nemmeno a metà delle cose che si era perso Luhan, e Minseok non poteva continuare ad andare in bagno o Luhan avrebbe cominciato a fare domande e—ugh. Non voleva farlo.
E voleva farlo ancora meno quando Luhan gli stava così vicino, spalla a spalla, la voce debole e calda nell'orecchio di Minseok, i suoi occhi castani su si lui. E quando la madre di Minseok tornò a casa dal lavoro e li vide insieme sul divano, così vicini, disse, “Oh, chi è lui, Minseokkie?” e la sua voce era piena di curiosità ma c'era anche quel tono, quello che usava ogni volta che il figlio nominava qualche ragazzo che lei non conosceva, e fece immediatamente sentire Minseok mille volte peggio.
“Un compagno di studio,” mormorò, tenendo gli occhi fissi sugli appunti di scienze.
Luhan si alzò in piedi e si inchinò rispettosamente, dicendo, “Salve, sono Luhan.”
“Oh,” disse la donna, evidentemente sorpresa dal suo accento. “Ciao Luhan. Io sono la mamma di Minseok.”
Luhan sorrise educatamente e si risedette, sfiorando il ginocchio di Minseok con il proprio.
“Preparo una cenetta veloce,” disse la madre di Minseok, e il ragazzo sentì la paura attanagliargli lo stomaco. “Se vuoi stare qui a studiare ancora un po', puoi rimanere a cena se ti va.”
Minseok trattenne un grugnito, ma Luhan si illuminò. “Sarebbe carino,” disse. “Grazie.”
“Vuoi chiamare i tuoi genitori per dire loro dove sei?” Chiese la donna.
Luhan scosse la testa immediatamente. “Non sono a casa.”
“Oh, okay. Beh, continuate a lavorare allora.”
Minseok sospirò e si voltò nuovamente verso i libri.


La cena consisteva nel solito miscuglio super salutare di sua madre – era un'infermiera, e teneva molto alla salute del figlio – e dopo qualche cortese scambio di parole tra i suoi genitori e Luhan, calò il silenzio. Dopodiché i due si ritirarono nella camera di Minseok per continuare a studiare, e se in salotto Minseok si era sentito a disagio, fu ancora peggio nello spazio ristretto della sua stanza. Ogni volta che il gomito di Luhan toccava il suo, oppure chiedeva il significato di una certa parola, o il suo respiro soffiava contro l'orecchio di Minseok, o faceva quel piccolo suono di disperazione quando capitava una domanda che non capiva, Minseok si agitava un po' di più. Non voleva farlo. Non voleva fare niente di tutto questo. Non aveva mai fatto niente per meritarsi tutte le cose sbagliate che ora riempivano la sua vita.
E alla fine, qualcosa in Minseok scoppiò, e disse piano, “Possiamo... smettere?”
Luhan lo guardò sorpreso. “Sei stanco?” chiese, con gli occhi scuri pieni di preoccupazione.
“Io—” Minseok era stanco, ma non intendeva questo. “No, voglio dire... posso smettere? È solo... hai quasi recuperato, giusto? Ci manca solo matematica da rivedere, e sono praticamente solo numeri, e sei molto più bravo in coreano di quanto mi aspettassi, e tu... probabilmente puoi cavartela da solo, giusto? Puoi farcela da solo, no? Posso... posso smettere ora?” Fissò intensamente i fogli sparsi di fronte a sé. “Non voglio... non voglio farlo più.”
Luhan rimase in silenzio, e Minseok sollevò con esitazione lo sguardo. Il ragazzo lo stava guardando, e i suoi occhi erano così grandi e spaesati che Minseok sentì una fitta al petto. “Io—Minseok ti prego,” disse Luhan, e ahi, che male. “Minseok non posso—non posso.”
Minseok si grattò il collo agitato. “Sono... molto impegnato, e non so se avrò sempre tutto questo tempo, e io... mi dispiace.”
E voleva finirla così – voleva che con Luhan finisse così— ma una mano gli afferrò improvvisamente il polso, e Luhan lo guardò disperato, trattenendo il fiato. “Minseok, ti prego non farlo,” disse con voce strozzata. “Non ho nessuno. Non posso—” Cominciò a blaterare un po' in Cinese, e Minseok non capì la maggior parte di quello che stava dicendo, ma il senso era chiaro, e il petto di Minseok gli si stringeva tanto forte quanto la presa di Luhan sul suo polso.
“Luhan, io—”
“Ti pago.”
Minseok si fermò a mezza frase per fissare Luhan. Aveva la mascella serrata, gli occhi sospettosamente lucidi, e no, no no no, Minseok non voleva che si mettesse a piangere. “Mi pagherai?”
Luhan annuì deciso. “Per il tuo aiuto.”
Minseok esitò. Cercò di ragionare tra sé e sé. Non hai bisogno di soldi. Continuerai a odiare la situazione. È un problema. Ma si ritrovò comunque a chiedere, “Quanto?”
“Uh—” Luhan si morse il labbro. “5,000 won?”
“Per ogni sessione di studio?” chiese Minseok.
Luhan annuì con esitazione.
5,000 won. Era quasi nulla. Minseok poteva chiederli ai genitori in cambio di buttare la spazzatura. Eppure, con gli occhi lucidi di Luhan su di sé, e le sue dita ancora attorno al suo polso, e la stupida stretta al petto, Minseok finì per dire, “Okay.”
“Davvero?” ansimò Luhan.
Minseok distolse lo sguardo e annuì. “Bene. Non dovrai pagare per le cose con cui ti aiuterò per il progetto, dato che è un mio compito. Ma per il resto...5,000 won a incontro.”
“Okay,” disse velocemente Luhan, annuendo. Lasciò andare il braccio di Minseok e cominciò a raccogliere i propri libri. “Ti lascio per oggi. Scusa se ti ho creato problemi.” Guardò Minseok per un momento. “E grazie. Io – grazie, davvero.”
La gratitudine di Luhan lo fece sentire anche peggio. “Nessun problema,” disse burberamente, e qualche minuto dopo Luhan se ne andò.
Minseok si mise a dormire sentendosi ancora più in conflitto di quando aveva iniziato.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Minseok non sentì Luhan per tutto il fine settimana, eccetto per un'unica telefonata di un minuto in cui Luhan chiese timidamente, “Come si dice ‘hetong’ in Coreano?” e Minseok cercò velocemente e rispose con un semplice, “Contratto” e poi il ragazzo Cinese chiese, “Questa... questa non conta come un sessione di studio, giusto?”
Non ci volle molto perché Minseok capisse che quello che intendeva Luhan era, “Questo non significa che ti devo pagare, giusto?” e gli fece stringere lo stomaco.
“No,” disse, deglutendo a fatica. “No, sto solo aiutando un... compagno di scuola.”
“Okay,” rispose Luhan, con voce sottile. “Grazie, Minseok.”
E finì lì.
Minseok non parlò con Luhan per tutto il fine settimana, ma parlò con Kyungsoo, attirandolo fuori con offerte di dolcetti fatti da sua madre. (Era tacita regola tra loro, che se avessero semplicemente chiacchierato senza alcuno scopo, non c'era bisogno di nessuna offerta, ma se fosse servito qualche consiglio, allora l'offerta doveva essere commestibile. Kyungsoo non aveva quasi mai bisogno di consigli. Le offerte di Minseok erano allo 80% cibo.)
“Sono una persona terribile, Kyungsoo,” era la frase che caratterizzava la maggior parte del suo discorso. “Vuole solo qualcuno che lo aiuti a sopravvivere in un paese straniero. Perché sono così cattivo con lui?”
“Dimmelo tu, hyung,” era sempre la risposta calma del più piccolo.
Minseok sbuffò. “Non lo so. È solo che – non ho niente contro di lui, personalmente. Non ha assolutamente niente che non vada. Sono solo infastidito perché devo fare uno sforzo e passare del tempo a fare qualcosa che non voglio fare.”
“Probabilmente lo capisce,” rispose Kyungsoo.
“Sì, forse, ma... ha già così tanti problemi di suo. Ricordi, me l'hai detto tu... che deve essere così spaventato. Ieri, quando gli ho detto che volevo smettere... mi è sembrato terrificato. Come posso abbandonarlo così?”
“Hai un cuore davvero grande, hyung.”
“Sono un pollo.”
Kyungsoo rise leggermente. “È vero,” confermò. “Non riesci a vedere le persone in difficoltà o che soffrono.” Fece una pausa. “Ecco perché sei mio amico.”
“Non dire cose, Soo!” esclamò velocemente Minseok. “Lo sai che non è vero. Mi piace passare il tempo con te. Sei una delle persone più belle che conosco.” Sorrise leggermente. “È per questo, però, che sono ancora amico di Jongdae, quella povera anima. Sarebbe perso senza di me.”
Kyungsoo grugnì dall'altra parte del muro. “Ad essere sinceri, hyung, sei tanto cattivo con Jongdae quanto dici di esserlo con Luhan.”
Minseok rise. “Sa che gli voglio bene, nel profondo.”
“Chi, Jongdae o Luhan?”
Jongdae,” disse velocemente Minseok. “Ovviamente.”
Kyungsoo ridacchiò. “Stavo solo scherzando, hyung. Ma comunque, Luhan... hai detto di essere incastrato con lui?”
Minseok sospirò. “Sembrerebbe di sì. Ho accettato di aiutarlo con i suoi compiti, più il grande progetto che deve fare, e siedo accanto a lui in classe, e sono il suo compagno di laboratorio di scienze, e siede al nostro tavolo a pranzo e... sì, sembra proprio che sia incastrato con lui.”
Kyungsoo rimase in silenzio per un momento, e poi disse, “Sai, hyung…quando Luhan ha detto ‘Non ho nessuno,’ penso dicesse sul serio. Pensa a quanto sarà difficile per lui farsi qualche amico. Anche se il suo coreano è migliore di quanto non lasci intendere... esporsi sarà davvero difficile. Essere il ragazzo nuovo è sempre difficile. Voglio dire, non posso dirlo per esperienza, ma è quello che ho sentito.” Kyungsoo rise amaramente. “Ma davvero, dico sul serio. Oltre ad essere spaesato e confuso, probabilmente è anche molto solo.”
Minseok si morse il labbro incerto. Non era esattamente sicuro dove Kyungsoo volesse andare a parare.
“Quello che voglio dire è…hyung, probabilmente ha bisogno di un amico tanto quanto ha bisogno del tuo aiuto. Sei la prima persona con la quale ha potuto legare da quando è arrivato qui. Ha bisogno di questo legame. Anche se è fastidioso – e sono sicuro che sappia quanto questa situazione possa esserlo – ne ha davvero bisogno.” Kyungsoo prese un profondo respiro. “Penso davvero che dovresti provare ad essergli amico. Sul serio, hyung. Sarà molto più facile passare così tanto tempo con lui se... gli offri una mano amica. E lo apprezzerà tanto.”
A volte, Kyungsoo era sin troppo saggio e nel giusto per essere vero. Minseok sospirò. “Lo so,” disse, con voce sofferente. “Lo so, Kyungsoo. È solo che... non so se siamo compatibili. Dal punto di vista dell'amicizia, dico. Non lo so e basta.”
“Come fai a dirlo?”
Minseok fece una smorfia. “Non so mai cosa dirgli,” spiegò. “Tu e Luhan siete già più a vostro agio di quanto non lo siamo noi. È stupido.”
“Soprattutto considerando che io ho praticamente zero capacità nel socializzare,” aggiunse Kyungsoo, e Minseok rise.
“È vero, però. Di solito sono abbastanza amichevole. Ma Luhan risucchia tutta la mia eloquenza. Non sono mai a mio agio con lui. Penserà che sono un perdente. O solo uno stronzo. Mi chiedo perché mi voglia ancora intorno.”
“Probabilmente il tuo inconscio sta cercando di evitare qualsiasi interazione per la tua riluttanza a fare tutto questo,” affermò Kyungsoo, e Minseok ebbe paura che il discorso stesse prendendo una brutta piega. Fortunatamente, disse solo, “Sono sicuro che se ci provi ti verrà naturale. Ti prego, provaci hyung. Per il bene di entrambi.”
Minseok sospirò pesantemente. “D'accordo,” mormorò. “Cercherò di essere più gentile con lui.”
“Grazie,” disse Kyungsoo, e sembrò leggermente fiero di sé. “E già che ci sei, smettila di rendere difficile la vita a Jongdae.”
“Whoa, whoa, è lui che rende difficile la mia vita. Io sto solo rispondendo ai suoi attacchi. È una cosa reciproca.”
A proposito di Jongdae, venne a fargli visita la domenica, e Minseok non si disturbò a condividere con lui i suoi problemi con Luhan, perché Jongdae dava consigli terribili. Gli chiese, comunque, come stesse andando la sua campagna per vincere il cuore di Kim Junmyeon – oops, il consiglio studentesco. Jongdae gli diede un colpo e disse che stava andando benissimo, grazie tante, e che sarebbe stato meglio che Minseok votasse per lui altrimenti avrebbe ritenuto chiusa la loro amicizia e sarebbe diventato il migliore amico di Kyungsoo. Minseok fece qualche altra battuta sul presidente del consiglio studentesco, Jongdae fece qualche minaccia vuota, e il maggiore riuscì a dimenticarsi del ragazzo cinese che avrebbe dovuto affrontare l'indomani a scuola.
Almeno Jongdae serviva a qualcosa.
(Beh, quello e qualche altra cosa, ma Minseok non lo avrebbe mai ammesso a voce alta.)


Minseok prese seriamente il consiglio di Kyungsoo. Davvero. Potrebbe non essere sempre la scelta migliore accettare il consiglio da un vicino recluso e più piccolo, ma Kyungsoo non lo aveva mai deluso prima, quindi tendeva a fidarsi del più piccolo e agiva di conseguenza.
Eppure quando Luhan arrivò a scuola il giorno seguente e si sedette accanto a Minseok con un sorriso e un mormorato, “Buongiorno,” Minseok non riuscì a fare quello che sapeva Kyungsoo avrebbe voluto facesse. Sapeva che avrebbe dovuto guardare Luhan negli occhi, che avrebbe dovuto salutarlo calorosamente e magari chiedergli come fosse andato il fine settimana, ma quando giunse il momento... non ci riuscì. Non quando guardando il ragazzo si ricordò dei suoi occhi disperati quando aveva pregato Minseok di non abbandonarlo, e del modo in cui la sua voce aveva tremato quando disse che lo avrebbe pagato, solo per tenerlo vicino.
Minseok sì sentì male all'improvviso, e tutto quello che riuscì a dire fu un “Giorno,” in risposta, con gli occhi fissi sul banco.
Luhan probabilmente non voleva nemmeno essere suo amico. Minseok era una persona orribile.
Eppure, a pranzo, quando Minseok era seduto da solo in mensa (perché Jongdae stava stampando i poster per la propria campagna), Luhan gli si avvicinò in silenzio e indicò il posto vuoto accanto a lui, chiedendo, “Posso sedermi qui?”
Minseok si rese conto cheil ragazzo doveva essere davvero disperato se continuava a volersi sedere con lui anche dopo tutto quello che era successo tra loro. E il fatto che Luhan sentisse ancora il bisogno di chiedere se potesse sedersi lì fece stringere ancora di più il petto a Minseok.
“Certo,” disse, riuscendo a fare un sorriso, e Luhan ricambiò grato, sedendosi vicino a lui.
Ci furono un paio di secondi di silenzio, e poi Luhan mormorò, “Prometto di non farti alcuna domanda.”
Questo fece sussultare Minseok, perché gli ricordò quanto fosse stato acido con Luhan si da quando era arrivato. Per quanto la sua presenza potesse causargli stress, odiava il modo in cui Luhan camminasse in punta di piedi attorno a lui. “È tutto okay,” gli assicurò velocemente. “Per quanto riguarda Venerdì, io—” si fermò, e deglutì a fatica. “È tutto okay,” ripeté. “Davvero. Ti aiuterò con qualsiasi cosa ti serva.”
Poteva sentire gli occhi di Luhan su di sé, quindi Minseok sollevò lo sguardo dal proprio pranzo, e vide il ragazzo distogliere gli occhi velocemente, mordendosi il labbro per nascondere un sorriso. La scena fece sentire Minseok un po' meglio.
Questa era la sua occasione, pensò. Questa era la sua occasione per provare a Luhan di non essere davvero uno stronzo patentato. Era la sua occasione per mantenere la promessa fatta a Kyungsoo di provarci almeno.
Solo che, come al solito, Minseok si ritrovò senza sapere cosa dire, e finirono per stare seduti a mangiare in silenzio per un altro, interminabile minuto imbarazzante. C'erano un sacco di cose che Minseok avrebbe potuto dire—“Oh, vedo che hai il pranzo oggi.” “Dove vivi, comunque?” “Allora, riguardo quel grande progetto…”— ma le parole sembravano sempre rimanergli incastrate in gola. Aggrottando le sopracciglia e schiarendosi la voce, Minseok aprì la bocca per dire qualcosa, ma prima che potesse parlare, Luhan chiese, “Chi è quello?”
Minseok sollevò sorpreso lo sguardo dal proprio pranzo e vide Luhan indicare dall'altra parte della stanza. Seguendo il suo dito, il suo sguardo si posò su una figura sola ad un tavolo della mensa – un ragazzo allampanato con la pelle chiara, i capelli castani e un'espressione impassibile sul volto.
“Um,” disse incerto, socchiudendo leggermente gli occhi. “Non lo so. Penso che sia nuovo qui. È uno o due anni più piccolo di noi.”
Luhan posò il mento sulla mano e guardò in silenzio il ragazzo per un momento. Minseok sbatté le palpebre confuso, e poi il cinese mormorò, “Ke ai.”
Minseok non conosceva tanto la lingua, ma sapeva sicuramente cosa significava quello. E tra tutte le cose, più che domandarsi cosa ci trovasse di carino in quell'espressione amara, Minseok si ritrovò a chiedersi cosa questo potesse implicare. Luhan intendeva carino nel senso di 'mi ricorda un cucciolo' o carino nel senso di... qualcos'altro? Luhan trovava i ragazzi carini?
A Luhan piacevano i ragazzi?
Prima che Minseok potesse saltare alle conclusioni, però, Luhan disse, “Sembra solo.”
Scuotendo la testa per allontanare certi pensieri, Minseok disse, “Non l'ho mai visto parlare con qualcuno prima.”
“Probabilmente non si è fatto tanti amici,” concluse Luhan debolmente, con occhi compassionevoli. Poi, ancora più piano, disse, “Come me.”
Per Minseok, che si sentiva già abbastanza in colpa per aver trattato Luhan così male, fu un pugno allo stomaco.
“Dovrei parlare con lui,” disse Luhan all'improvviso, e si alzò in piedi per attraversare la stanza senza guardarsi indietro. Minseok lo guardò in silenzio, con qualcosa che gli attanagliava lo stomaco.
Mentre Minseok lo guardava, Luhan si fermò davanti al ragazzo e gli disse qualcosa, e da quanto poteva vedere, il più piccolo non rispose – guardò solo Luhan in silenzio. Il cinese disse ancora qualcosa, e Minseok sentì lo strano istinto di... di assicurarsi che stesse usando la giusta grammatica, o qualcosa del genere. Lui si era già abituato al tono basso e al forte accento di Luhan. Il povero ragazzo con il quale stava parlando poteva non capire una parola di quello che stava dicendo. Non era compito di Minseok assicurarsi che Luhan potesse comunicare con gli altri?
Non si alzò dalla propria sedia.
Alla fine, Luhan si sedette di fronte al ragazzo, ma era l'unico a parlare. Il più piccolo continuava a fissare il proprio piatto vuoto e di tanto in tanto sollevava lo sguardo su Luhan, con espressione ostile e sgradevole. Minseok si chiese perché Luhan ci stesse pure provando.
Per un momento si domandò se Luhan non ritenesse quel ragazzo una migliore opzione rispetto a sé. Non fu un pensiero piacevole, però.
Con sorpresa di Minseok, Luhan finì per tornare al suo fianco dopo qualche minuto, sembrando imperturbato e non particolarmente scoraggiato. Si sedette accanto a Minseok e mormorò piano. “Il suo nome è Sehun. Oh Sehun.”
Minseok lo guardò con le sopracciglia alzate. “Te l'ha detto lui?”
Luhan scosse la testa. “L'ho letto sull'uniforme.” indicò la piccola targhetta sulla propria giacca. “Non ha detto molto.”
“Non è molto amichevole,” constatò Minseok, punzecchiando il resto del proprio pranzo. Non che io lo sia.
Luhan scrollò semplicemente le spalle e sorrise. “Si aprirà,” disse.
“Continuerai a provare?” chiese Minseok, sorpreso.
Il ragazzo fece un vago suono di assenso. “Sì. Sono molto…” Fece una pausa. “Yiguan.”
Minseok si accigliò. “Analisi?”
Luhan rise. “No, no. Uh…Non mi arrendo facilmente.”
Oh. Il cinese di Minseok era pessimo. “Ah. Persistente.”
Luhan rise ancora e annuì. Minseok pensava ancora che la sua risata fosse insolitamente carina. “Sì. Persistente.”
Minseok annuì stupidamente. Si domandò se fosse per questo che Luhan continuava a sopportare il suo comportamento meno che accogliente. Si chiese se Luhan lo avrebbe lasciato in pace se avesse convinto Oh Sehun ad aprirsi con lui.
Si chiese anche se gli sarebbe andata bene, nel caso fosse successo.


Minseok continuava a ripetersi che avrebbe chiesto a Luhan se avesse bisogno di aiuto per qualcosa, se Jongdae non avesse insistito che Minseok lo aiutasse a scrivere il discorso per la sua campagna dopo la scuola. Si ripeteva che avrebbe fatto uno sforzo per essere più amichevole. Lo avrebbe fatto. Ma anche se Minseok si lamentava di Jongdae più di ogni altra cosa, la sua lealtà rimaneva verso il proprio migliore amico piuttosto che verso il suo... compagno cinese. Ecco perché non lo aveva fatto.
Ma anche mentre ascoltava Jongdae ripetere il proprio discorso circa un centinaio di volte, la sua mente lo portava a Luhan, e a tutte le cose che potevano causargli qualche problema qui in Corea. Anche se la comprensione e il vocabolario di Luhan erano sorprendentemente buoni, aveva spesso difficoltà a capire le cose che lo circondavano. Se nella stanza c'era troppo rumore o il suo interlocutore strascicava troppo le parole o usava un gergo, era spaesato. Se troppe cose gli venivano dette tutte insieme, lo sguardo di Luhan appariva terrificato e abbandonava ogni speranza di capire. Se non poteva fermarsi e chiedere un chiarimento su qualcosa, andava nel panico e confondeva tutto il resto della frase. E non solo quello, Minseok si chiedeva anche se Luhan sapesse tutto. Capiva il sistema della metropolitana? Poteva ordinare da un menù? Sarebbe stato capace di afferrare il sarcasmo, o delle battute o... o un flirt? Luhan poteva prendersi cura di se stesso?
Minseok doveva continuamente ripetersi che Luhan non era un bambino, che poteva capire le cose da solo, che non era una sua responsabilità.
“Minseok. Hey, Minseok-ah.” Ci vollero un paio di secondi prima che Minseok si rendesse conto delle dita che schioccavano davanti al suo naso.
“Cosa? E non chiamarmi così,” disse, sbattendo le palpebre e riscuotendosi dai propri pensieri.
Jongdae rise. “Ho detto ‘hyung’ tipo quattro volte. Non hai risposto. Pensavo fossi andato in catalessi.”
Minseok fece una smorfia. “Stavo cercando di non ascoltare la tua voce irritante.”
“Non mentirmi, Kim Minseok,” rise Jongdae. “Allora, com'è il mio discorso?”
“Sinceramente ho smesso di ascoltare dopo l'ottava volta.”
“Perché, eri troppo impegnato a pensare a qualcos'altro – o dovrei dire qualcun altro?” Jongdae inarcò le sopracciglia in modo suggestivo.
Minseok sbuffò, cercando di ignorare il fatto che le sue guance si fossero arrossate all'accusa. “Sì, Kyungsoo. Probabilmente sarà preoccupato da morire chiedendosi dove sono.”
“Conoscendo Kyungsoo, probabilmente potrebbe morire per questo,” rise Jongdae. “Ma non ti ha mandato alcun messaggio per chiederti se è successo qualcosa, quindi immagino non sia così.”
“Whoa, sentiti un po', Sherlock.”
“In ogni caso,” continuò Jongdae, sollevando un sopracciglio, “la persona a cui mi stavo riferendo non era Kyungsoo, e sono sicuro che lo sapessi.”
Minseok si passò una mano tra i capelli, stanco. “Vai a casa, Jongdae.”
“Avevi quello sguardo negli occhi,” disse Jongdae, sorridendo imperterrito.
“Che sguardo,” Minseok rimase impassibile.
L'amico aggrottò le sopracciglia. “Quello sguardo da ‘Oh il mio povero Luhan, cosa dovrei fare’. Quello che ti viene ogni volta che fingi che non ti interessi se finirà o meno in un canale di scolo. Sei pessimo a nascondere le tue emozioni, hyung. O forse sono io troppo bravo a leggerti.”
L'unica risposta di Minseok fu sollevare gli occhi al cielo e dire, “Non ho uno sguardo.”
“Ma questo è quello che stavi pensando,” concluse Jongdae.
No,” disse deciso Minseok. “Perché dovrebbe importarmi di lui?”
“Lo stai facendo ancora~” canticchiò provocatorio Jongdae.
Minseok grugnì. “Okay, penso di aver finito qui,” disse, alzandosi e controllando l'orologio. “Devo tornare a casa, comunque.”
Jongdae sembrò lasciar perdere – per un volta – e si alzò a sua volta, raccogliendo i propri fogli. “Perché, chi ti aspetta? I tuoi genitori lavorano fino a tardi il lunedì, no?”
“Devo chiedere a Kyungsoo di aiutarmi con una cosa,” rispose Minseok, mettendosi lo zaino in spalla. “E poi devo cenare, sto morendo di fame.”
“Prendi qualcosa da mangiare prima di andare,” suggerì Jongdae, seguendolo.
“Nah,” rifiutò immediatamente. “Lo sai com'è mia mamma con quello che mangio.”
“Oh, giusto,” grugnì Jongdae. “Come ho fatto a dimenticarlo?”
Minseok scrollò le spalle e si affrettò alla porta e sul marciapiede. Avrebbe davvero fatto tardi. “Ci vediamo, okay? Buona fortuna con il tuo discorso. È fantastico, giuro.”
“Grazie, hyung. Ci vediamo.” Jongdae rimase alla porta del café e salutò Minseok che correva verso casa. Odiava correre tanto quanto odiava essere in ritardo. Lo metteva di malumore.
Casa sua non era tanto lontana, fortunatamente, e Minseok la raggiunse giusto in tempo per mettere la testa fuori dal balcone e dire, “Eccomi.”
“Ce l'hai fatta,” la voce di Kyungsoo giunse dall'altra parte del muro. “Per un secondo mi sono preoccupato.”
Minseok rise. “Jongdae mi ha trattenuto,” spiegò.
“Questo non ti ha mai fermato prima.”
Kyungsoo lo conosceva troppo bene. Doveva smetterla di condividere tutti i suoi segreti con il vicino. “Già, mi sono un po' distratto.”
“Facendo cosa?” chiese Kyungsoo, genuinamente curioso.
Minseok scrollò le spalle, anche se l'altro non poteva vederlo. “Solo pensando, immagino.”
Kyungsoo mormorò. “Beh, vai allora,” disse piacevolmente.
“Vado, vado,” disse Minseok, sorridendo. Si voltò per tornare in camera, poi si fermò. “Aspetta, posso chiederti un favore?”
“Certo,” disse Kyungsoo.
“Avresti – avresti una macchina fotografica da prestarmi?”


Minseok rimaneva sempre perplesso come ogni volta che parlava con Luhan, il ragazzo sembrasse comprendere la maggior parte di quello che diceva, ma quando altre persone parlavano con lui, Luhan le guardava come se non capisse una parola. Ora, Minseok era generalmente molto attento quando parlava con lui – usava un vocabolario semplice, scandiva bene le parole, e così via – ma anche quando gli parlava Jongdae, con la sua solita parlantina rapida, Luhan lo seguiva piuttosto bene.
Quindi non aveva senso per Minseok, l'espressione spaesata e confusa di Luhan quando un paio di ragazze lo avvicinarono durante la prima pausa. Tutto ciò che chiesero era dove avesse vissuto in Cina e che tipo di cinese parlasse, cose abbastanza comprensibili, ma Luhan rispose inclinando la testa di lato e accigliandosi leggermente.
“Um…hai capito la nostra domanda?” chiese una delle ragazze, sembrando preoccupata.
Luhan sbatté le palpebre un paio di volte, poi disse qualcosa in rapido cinese che nemmeno Minseok afferrò. Nonostante questo, le ragazze si voltarono verso di lui, e Minseok scrollò le spalle.
“Okay, beh, uh…è stato un piacere parlare con te,” disse la ragazza, e le due amiche tornarono al proprio posto.
Luhan riportò lo sguardo sui propri compiti di scienze senza dire una parola, e dopo qualche momento di silenzio, sussurrò, “Quali erano i mitocondri?”
Minseok lo fissò per pochi secondi, preso alla sprovvista, poi indicò la tabella davanti a lui. “Questi,” disse, puntando una parte della cellula animale.
“Ahhh,” disse Luhan, annuendo. “Xianliti.”
Minseok lo guardò scrivere la parola nella casella vuota. “Perché fingi di non capire?” mormorò all'improvviso.
Luhan lo guardò, chiaramente sorpreso. “Ma davvero non lo sapevo,” disse, sembrando leggermente imbarazzato.
“No, non quello,” spiegò Minseok, facendo un cenno verso i suoi compiti. “Intendo quando le persone parlano con te. È accaduto un paio di volte. Fai sempre finta di non capire quello che dicono, anche se so che non è così.”
“A volte parlano troppo piano,” disse Luhan, distogliendo lo sguardo.
“Stavano parlando forte e chiaro oggi,” insistette lui.
Luhan si morse il labbro per un secondo. Sembrava stanco. “Non sono davvero interessate,” spiegò alla fine. “Non fanno domande perché vogliono conoscermi. Le fanno perché sono nuovo e strano. Pensano sia eccitante.”
“Più che altro pensano tu sia carino,” mormorò sotto voce Minseok.
“Huh?”
Minseok scosse la testa. “E se volessero davvero conoscerti? Esserti amici?” chiese.
Luhan riempì un'altra casella. Le sue lettere erano ancora grandi e infantili. “Allora continueranno a provare,” disse con attenzione. “E mi chiederanno qualcos'altro oltre che come si scrive il loro nome in cinese.”
Minseok sentì una strana fitta al petto, e pensò alla custodia nella propria borsa, che gli era stata passata il giorno precedente da sopra il divisorio. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la campanella suonò, e Minseok si morse la lingua. Lo avrebbe fatto dopo. Detto dopo. Lo avrebbe fatto.


Jongdae non aveva alcun incontro per il consiglio degli studenti quel giorno, ma quando raggiunse Minseok al tavolo della mensa, il più grande era ancora solo.
“Dov'è il tuo ragazzo cinese?” chiese Jongdae, guardandosi attorno curioso.
Minseok sollevò lo sguardo dal proprio pranzo, sorpreso. “Cosa? Non è qui ancora?”
Jongdae scrollò le spalle, e Minseok si sentì all'improvviso irragionevolmente preoccupato. Guardò la porta dalla quale di solito entrava Luhan per raggiungerli, quasi aspettandosi che il ragazzo apparisse lì immediatamente. Quando non lo fece, Minseok studiò velocemente la mensa, e i suoi occhi vennero attirati automaticamente da un tavolo vagamente familiare. “Oh,” disse, sbattendo le palpebre.
Luhan era seduto nuovamente di fronte a quel ragazzo – Sehun, giusto? - e sorrideva mentre parlava con l'amico (se così si poteva chiamare). Sehun continuava a non dire niente per non incoraggiare Luhan, da quanto poteva vedere Minseok, ma il ragazzo cinese non sembrava abbattuto dalla mancanza di risposta.
“Oh, eccolo lì,” disse Jongdae, interrompendo Minseok dal suo momento di trance. “Si è fatto un amico.”
“Uh, qualcosa del genere,” disse piano Minseok.
Jongdae rise. “Si sta avvicinando all'altro ragazzo nuovo,” disse. “Che cosa carina.”
Minseok arricciò il naso, e si bloccò velocemente dal dire qualcosa di stupido tipo “Perché dovrebbe farlo quando ha già me.”
Prima che Minseok potesse dire qualcosa, Luhan si alzò e cominciò a camminare verso di loro. I loro occhi si incrociarono e Minseok sbatté le palpebre sorpreso quando Luhan sorrise timido e lo salutò. Senza pensare, Minseok ricambiò il saluto.
Jongdae gli diede una gomitata, e Minseok non si degnò nemmeno di cercare di capire cosa stesse suggerendo l'amico.
“Nessuna fortuna?” chiese Minseok quando Luhan si sedette accanto a lui. Le parole erano pesanti sulla sua lingua, ma riuscì a farle uscire.
Luhan lo guardò, gli occhi spalancati e ancora una volta sorpresi, e Minseok si chiese se fosse davvero così sconcertante che stesse cercando di fare conversazione. “Uh, no, non proprio,” disse il ragazzo. “Non ha ancora detto niente.”
“Cosa gli stavi dicendo?” chiese curioso Jongdae, dando un morso al suo pranzo.
Luhan scrollò le spalle. “Gli stavo solo parlando un po' di me,” rispose. “Dato che non vuole dirmi niente su di sé.”
“Perché così potete essere amici?” chiese Jongdae.
Luhan scrollò ancora le spalle. “Se lui vuole.”
Fece tornare in mente a Minseok la loro conversazione di prima. Non sono davvero interessati. Allora continueranno a provare. Si chiese se Luhan stesse facendo quello che sperava gli altri facessero con lui.
Si domandò se era quello che avrebbe dovuto fare per Luhan.


Per qualche stupida, incomprensibile ragione, ci volle un intero giorno perché Minseok trovasse il... coraggio, o qualcosa del genere, per voltarsi verso il compagno e dire, “Ho qualcosa per te.”
Luhan lo guardò sorpreso. Minseok cominciava a ricevere spesso quello sguardo da parte sua. “Qualcosa?” chiese incredulo.
Minseok si sentì di nuovo improvvisamente nervoso, con i palmi sudati per nessuna ragione. “Uh, già. Hai, um, non hai una macchina fotografica, giusto? Per il tuo progetto?”
Luhan annuì, con gli occhi distraentemente lucidi.
Minseok si schiarì la gola. “Beh, me lo sono ricordato all'improvviso, ieri... e ho chiesto a Kyungsoo, perché ricordavo ne avesse una. E ha detto che puoi usarla, se vuoi. Lui non la usa tanto. Dice che non c'è tanto da fotografare a casa sua.” Rise leggermente. “Comunque, sì. Ce l'ho con me, se vuoi. Possiamo cominciare a fare le foto quando vuoi tu.”
“Noi?” ripeté Luhan, e Minseok quasi sussultò.
“Um…già. Voglio dire, dovrei aiutarti, giusto? E se vuoi essere nella foto, allora deve farla qualcun altro, no?”
Un sorriso cominciò ad aprirsi sul viso di Luhan. “Sì, immagino di sì.”
Minseok si schiarì ancora la gola. “D'accordo. Allora, um, te la posso dare ora.” Si alzò e cominciò a raccogliere velocemente le proprie cose.
Luhan si alzò accanto a lui, ma non toccò i propri compiti per il giorno. “Grazie,” disse piano, e Minseok deglutì a fatica. “Non dovevi farlo per me.”
Minseok si inumidì le labbra e scrollò le spalle, gli occhi fissi sul banco. “Non è... niente,” mormorò. “Non preoccuparti.”
Si fermarono di fronte all'armadietto di Minseok un minuto più tardi, e il ragazzo tirò fuori la fotocamera dal proprio zaino e la passò con cautela a Luhan. “È piuttosto carina,” disse, con gli occhi fissi sull'oggetto per assicurarsi che Luhan non la facesse cadere. “Kyungsoo ha detto che devi starci attento, okay?”
Luhan annuì velocemente, guardando la macchina quasi con rispetto. “Lo farò,” promise. “Dì a Kyungsoo che lo ringrazio, okay?”
Minseok gli assicurò che lo avrebbe fatto. “Allora, um, vuoi andare... oggi, o più tardi? Non ho molto da fare,” disse, grattandosi il collo incerto.
Luhan lo guardò ancora, ma per sua sorpresa, scosse la testa. “Non posso, a dire il vero,” disse Luhan. “Sono impegnato.”
“O-oh,” disse Minseok, preso in contropiede. “Magari domani, allora?”
Luhan fece una smorfia. “Vediamo,” disse lentamente. “Potrei essere impegnato anche domani.”
Minseok voleva chiedere perché – moriva dalla voglia di saperlo – ma non lo fece. “Oh. Okay. Beh... proverò a cercare un altro giorno, allora. Fammi sapere quando sei libero.”
Luhan gli sorrise, e Minseok dovette sbattere le palpebre per la luminosità. “Grazie,” disse con sincerità, e Minseok riuscì a fargli solo un piccolo sorriso in risposta.
Si stava sforzando di essere più gentile e tutto, davvero, ma era difficile quando si ritrovava senza parole così spesso.


Luhan finì per non essere libero il mercoledì dopo la scuola, e poi di nuovo il giovedì, e Minseok si chiese cosa potesse fare il ragazzo tutto quel tempo (dato che per quanto ne sapeva lui, ancora non aveva amici), ma non pensava fosse suo diritto chiedere. Comunque, vedeva il ragazzo a scuola, dato che Luhan era letteralmente accanto a lui tutto il giorno, a meno che Minseok fosse in bagno o Luhan stesse parlando con Oh Sehun (che, a quanto pare, aveva risposto ad alcune delle sue domande con monosillabi, cosa che rese Luhan estremamente entusiasta).
In ogni caso, Minseok pensava di dover essere grato che Luhan non avesse mai tempo per stare con lui dopo la scuola. Dopotutto, questo significava che aveva nuovamente un po' del tempo libero che era stato così preoccupato di perdere. Stranamente, però, non si sentiva sollevato. Ogni volta che stava a casa, a lavorare su progetti scolastici o cose così, si ritrovava a domandarsi perché Luhan continuasse a rifiutare le sue offerte di aiutarlo con lo studio. Forse era davvero tanto impegnato, ma a volte Minseok si chiedeva se Luhan semplicemente non volesse più passare tanto tempo con lui di quanto non ne passasse ora. Forse si era stancato del suo comportamento e del suo essere sempre a disagio. Minseok lo sarebbe stato.
Per qualche ridicola ragione, Minseok si infastidì per questa cosa, diventando irritabile e triste fino a che il venerdì, a fine lezioni, Luhan non si voltò verso di lui e chiese titubante, “Hai tempo oggi?”
La quantità di speranza e sollievo che dilagò nel cuore di Minseok a quella stupida domanda era davvero assurda. “Sì!” esclamò un po' troppo in fretta. Si schiarì la voce. “Voglio dire, sì, ho tempo. Ho tutto il fine settimana per fare i compiti e tutto, quindi... sì.”
Luhan gli sorrise grato. “Se non sei impegnato... penso mi piacerebbe cominciare a fare foto per il mio progetto oggi. È un gran lavoro, quindi sono un po' preoccupato.”
Minseok annuì comprensivo. “Finiremo in tempo, non preoccuparti,” disse. Sbatté le palpebre sorpreso quando si rese conto con quanta facilità fosse uscito quel 'finiemo'. Non 'finirai'. Non lo stava spingendo su Luhan, così come avrebbe voluto fare la settimana precedente. Lo avrebbero fatto insieme.
“Ho portato dei vestiti per cambiarmi,” disse piano Luhan, risvegliando Minseok dai suoi pensieri. Gli tornò vagamente in mente che gli aveva insegnato lui stesso la parola 'cambiarsi' il loro primo giorno insieme. Il ragazzo indicò la propria borsa. “Non voglio indossare la divisa nelle mie foto.”
Minseok annuì. “Ha senso,” disse. “Vuoi cambiarti ora, prima di andare?”
Luhan annuì. “Devo solo prendere i compiti da fare nel fine settimana,” disse, e cominciò a prendere i libri dal banco. Gli occhi di Minseok si spalancarono quando i libri cominciarono ad impilarsi. “Io, uh…ho lasciato che si accumulassero,” disse piano, incespicando un po' con le parole. “Un po'.”
Minseok non sapeva se insegnare il verbo 'procrastinare' a Luhan o se dargli una pacca incoraggiante sulla schiena. Invece, non fece niente. Si ritrovò semplicemente a dire, “Possiamo, uh, lavorarci. Sai, nel fine settimana. Se vuoi.” Distolse lo sguardo dal compagno e si concentrò nel recuperare i propri libri.
Ci fu un breve silenzio, e poi una piccola voce disse, “Sarebbe carino.”
Minseok sorrise tra sé e sé.


Di tutti i posti in cui Minseok si aspettava Luhan lo portasse per la prima sessione di foto, l'aeroporto non era uno di quelli. Però, aveva senso, se ci pensava. Il progetto doveva essere circa la sua nuova vita in Corea, e l'aeroporto era la prima cosa che il ragazzo aveva visto appena atterrato. Era giusto cominciare da lì.
Ora vestito con dei bermuda casual e una vecchia maglietta a righe, e con indosso un grande zaino pieno zeppo di cerniere, Luhan poteva confondersi decisamente con la folla, a parte le valigie. Minseok, d'altra parte, dava nell'occhio con la sua divisa scolastica e con in mano una costosa fotocamera. Si mosse a disagio, guardando Luhan da dietro. Il ragazzo era sempre molto ordinato ed elegante con la sua uniforme, ma ora, vestito normalmente, sembrava... cordiale, in un certo senso. Amichevole, e a suo agio. Minseok si chiese se anche lui stesse così bene con indosso i vestiti di tutti i giorni.
Luhan si voltò all'improvviso, e Minseok trasalì leggermente per la sorpresa. Il ragazzo sorrise gentilmente. “Io, um, avrei un'idea, più o meno. Per come dovrebbero essere le foto.” Minseok annuì incoraggiante. “Vorrei che venisse scattata da dietro, solo la mia schiena, con l'aeroporto attorno a me…” Fece una pausa, poi indicò un cartello lì vicino. “Ecco, davanti alla sezioni dei voli internazionali. Ho pensato che... forse... tipo, le persone potrebbero essere…” Cercò la parola giusta, poi imbarazzato mosse vagamente le mani, simulando movimento. “Mohu.”
Minseok lo fissò per un momento, poi rise all'improvviso. “Sfocate?” chiese.
Luhan sorrise un po' timidamente e scrollò le spalle, con le guance rosa.
“Penso di aver capito cosa intendi,” disse rassicurante Minseok. “Ma... non sono sicuro di come farlo.”
“Nemmeno io,” ammise Luhan con vergogna.
In un secondo, Minseok tirò fuori il proprio cellulare, ancora sorridendo. “C'è il Wi-Fi in questo aeroporto, giusto? Lo cerco.”
Era più facile a dirsi che a farsi, a quanto pare. Luhan era praticamente appiccicato al fianco di Minseok, sbirciando il suo cellulare mentre controllavano diversi blog di fotografia e siti di how-to. Era abbastanza difficile fare qualsiasi cosa con Luhan così vicino, con i suoi capelli che di tanto in tanto gli sfioravano la tempia o la fronte, lo spazio tra loro così ridotto che Minseok poteva sentire il calore corporeo irradiare dalla sua pelle. Alla fine, però, Minseok riuscì a mettere insieme qualche informazione e cominciò ad armeggiare con la fotocamera di Kyungsoo, cercando di capire le impostazioni e di cambiarle senza rompere niente.
Ci vollero secoli di prove ed errori, sospiri di frustrazione e smorfie di repulsione, ma alla fine riuscirono a fare qualche foto decente. Luhan rimase con la schiena rivolta a Minseok, le mani che afferravano le spalline del suo zaino e il mento alto, mentre guardava dritto davanti a sé, come se si stesse preparando per il suo viaggio. Le luci erano un po' troppo forti, e le persone spesso camminavano davanti all'obbiettivo senza rendersi conto di star rovinando foto che sarebbero potute essere buone, ma alla fine Minseok guardò le anteprime degli scatti nel piccolo schermo e poté ritenersi soddisfatto. Non erano niente di spettacolare, ma nemmeno terribili, e quando Luhan le vide, si illuminò eccitato.
“Sono perfette,” disse senza fiato, afferrando senza pensarci il polso di Minseok. Le luci rendevano i capelli di Luhan quasi dorati, le sue guance rosse e il suo sorriso brillante.
Minseok pensò, per un breve secondo, che anche con dei vestiti casual e sotto le forti luci dell'aeroporto, Luhan fosse raggiante.
(Ed era una cosa piuttosto strana da pensare, quindi Minseok ripose il pensiero da parte.)
“Ci scriverò una didascalia sotto,” disse Luhan, con il viso ancora troppo vicino a quello di Minseok. I loro sguardi si incontrarono sopra la fotocamera. “Penso scriverò…‘Il vento era forte il giorno in cui sono volato qui. Mi sentivo come se mi stesse soffiando verso la Corea. Qui è dove il mio viaggio ha inizio. Nell'aria.’”
Minseok deglutì a fatica e annuì. “Perfetto,” disse, a voce stranamente bassa, e non era sicuro se stesse parlando della grammatica, della didascalia, o... di qualcos'altro.
Sperava si riferisse alla grammatica.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Era diventata una specie di routine, per quel ragazzo – Luhan, o qualunque fosse il suo nome – venire a far visita a Sehun all'inizio di ogni pausa pranzo. Aveva cominciato un giorno all'improvviso. Sehun stava mangiando il proprio pranzo, senza attirare alcuna attenzione su di sé, come al solito, e poi improvvisamente un ragazzo gli si era avvicinato, presentandosi in un coreano fortemente accentato. Sehun non aveva risposto, più che altro per fargli capire che non era interessato a iniziare una conversazione, ma il ragazzo era insistente. Alla fine si era seduto, sorridendo e chiacchierando amabilmente, facendo domande che non ricevettero risposta. Sehun non sapeva davvero perché continuasse a provare. Ma alla fine Luhan lo aveva lasciato in pace, cosa che a Sehun andava più che bene. Fino ad ora era riuscito a passare inosservato con successo, e sperava di continuare su questa scia.

Luhan, comunque, non sembrava volersi arrendere così facilmente. Era tornato il giorno seguente, e quello successivo, ed ogni giorno da allora. Non sembrava mai aspettarsi niente da Sehun; si sedeva semplicemente di fronte a lui e gli parlava, raccontandogli della pila di compiti che aveva da fare o dei suoi vecchi amici in Cina, tutto in un coreano mal pronunciato che Sehun avrebbe trovato affascinante se non fosse stato così fastidioso. Luhan aveva scoperto il nome di Sehun dalla sua targhetta, così come aveva fatto Sehun con lui, scoprendo anche la sua classe – era un diplomando, due anni più grande di lui. Luhan parlava con Sehun come se fossero amici o qualcosa del genere, anche se Sehun non aveva mai riconosciuto la sua presenza fino al terzo giorno, quando aveva risposto con brevi cenni della testa alle sue continue domande.
Si chiese brevemente se Luhan stesse cercando disperatamente qualcuno con cui sedersi, ma poi si rese conto che il ragazzo stava con lui solo i primi minuti del pranzo, finché il suo amico, un altro studente che sembrava essere in qualche modo vicino al ragazzo cinese, arrivava da chissà dove era prima di entrare in mensa. Quindi Luhan non aveva bisogno di sedersi con Sehun ogni giorno. Voleva semplicemente farlo.
Il che, francamente, non aveva alcun senso per Sehun, perché cercava di rendere piuttosto ovvio di non volere la stessa cosa. La determinazione di Luhan non era soltanto incomprensibile, ma anche estremamente irritante.
Il quinto giorno, un venerdì, Luhan gli si era avvicinato, come al solito, e aveva cominciato a parlare a Sehun del ragazzo con cui sedeva sempre, Minseok. Sehun era assolutamente sicuro di non aver mostrato un briciolo di interesse sull'argomento, ma Luhan continuava, dicendo che Minseok lo aveva aiutato in questo e in quello, e che Minseok gli aveva insegnato questa e quella parola, e che Minseok lo avrebbe aiutato gratuitamente nel suo progetto. (Perché avrebbe dovuto farsi pagare, comunque? Non che Sehun stesse ascoltando... o che gli importasse.)
“Accanto a chi sei seduto in classe?” chiese Luhan all'improvviso, e Sehun sollevò lo sguardo per un millesimo di secondo e vide Luhan sorridergli, con la testa inclinata di lato, la perfetta immagine di un'innocente curiosità.
Sehun non poteva rispondere a questa domanda con un cenno della testa, e a questo punto sapeva che Luhan non lo avrebbe lasciato in pace se non avesse risposto. Forse, se lo avesse fatto, Luhan se ne sarebbe andato. Forse era proprio quello che stava cercando di fare. Far dire qualcosa al ragazzo solitario. E poi avrebbe smesso di infastidirlo.
“Park Jinhyuk,” mormorò Sehun, fissando ostinatamente il proprio vassoio.
Luhan rimase in silenzio per un lungo momento, ovviamente colto di sorpresa, ma Sehun non lo guardò. “Oh. Beh, che bello. Lui – lei? - ti aiuta con i tuoi compiti?”
Non se ne era andato subito dopo, ma non fece tante altre domande prima di tornare dal suo Minseok. Un altro paio di quelle domande necessitavano una risposta verbale da parte di Sehun, cosa che fece in controvoglia, sperando che Luhan si scoraggiasse. Per come era fatto, però, il maggiore sembrava tutt'altro che scoraggiato quando si alzò e disse, “Ci vediamo lunedì, Sehun!”
Il ragazzo aveva ferventemente sperato che l'avesse detto solo per essere educato o qualcosa del genere. Sperava che Luhan si stancasse di lui e lo lasciasse in pace d'ora in poi.
Nessuna fortuna.
Lunedì, all'una, Luhan si sistemò al suo solito posto, proprio di fronte a Sehun. “Ciao, Sehun-ah,” disse il ragazzo cinese, come se fossero buoni amici. Sehun si accigliò al nomignolo, ma non si disturbò a correggerlo, perché in primo luogo, probabilmente il ragazzo non capiva le regole delle formalità coreane, e poi, avrebbe significato parlare. No, grazie.
Quando Sehun non rispose, Luhan riempì il silenzio. “Minseok ed io siamo andati a fare qualche foto all'aeroporto venerdì. È stato... carino. Sembrava quasi che... beh. È stato carino. Minseok è stato molto gentile.” Sehun cominciò a mangiare il proprio pranzo senza curarsi di guardare il maggiore. “È dovuto andare via prima di cena, però. Ha detto che a sua madre non piace quando mangia nei ristoranti. Mi andava bene, comunque, perché non avevo soldi con me, quindi non avrei potuto comprare niente.” Luhan stava storpiando la pronuncia di quasi ogni parola, ma Sehun ci si era abituato. “Sono andato a casa sua, sabato, per lavorare ai miei compiti. Ne ho tanti. Riesco a malapena a fare qualcosa in classe. Ho sempre così tanti dubbi, ma non voglio disturbare Minseok. Penso di infastidirlo comunque, facendomi aiutare dopo la scuola.” Luhan sembrava leggermente preoccupato mentre lo diceva – non che Sehun stesse prestando attenzione. “Ma Minseok è stato gentile anche sabato. Mi fa davvero felice. All'inizio pensavo mi odiasse, ma ora penso non sia così. Voglio dire, abbiamo solo fatto i compiti per tutto il tempo, e probabilmente non voleva farli. Non è stato tanto divertente. Ma almeno non mi odia. È una cosa buona.” Se Luhan stava cercando di farlo sentire in colpa, non stava funzionando. “Il suo vicino è gentile, Kyungsoo, non viene a scuola qui. Kyungsoo è amichevole. Mi ha chiesto il numero di telefono. Mi sono reso conto dopo che probabilmente intendeva il cellulare.” rise imbarazzato Luhan. “Spero non cerchi di mandare messaggi al mio telefono di casa.” Sehun continuò a mangiare in silenzio. “Forse dovrei dire a Minseok di—chi è quello?”
Sehun sollevò lo sguardo prima di riuscire a fermarsi. Luhan stava guardando dietro di lui, dall'altra parte della stanza – Sehun si sedeva sempre rivolto verso il muro – e Sehun resistette all'istinto di voltarsi. Sbattendo le palpebre una volta, tornò a guardare il proprio pranzo.
“C'è un ragazzo che ci sta guardando. Beh, te. Sta guardando te. Continua a sollevare lo sguardo, come se stesse cercando di essere furtivo,” lo informò Luhan. Sehun si rifiutò di guardare. “Dovrei andare a parlare con lui?”
“No!” esclamò il più piccolo prima di potersi fermare. Guardò Luhan, che sbatté le palpebre sorpreso. Sehun abbassò le spalle, sentendosi stranamente agitato. “No,” disse più piano. “Non farlo.”
“Perché no?” chiese Luhan, ancora guardando il ragazzo.
Sehun fece una lunga pausa prima di dire, “Non attirare l'attenzione su di me. Se tutto va bene si dimenticherà che esisto.”
Luhan annuì, e Sehun fece una smorfia perché questo era il maggior numero di parole che avesse volontariamente detto da quando aveva iniziato la scuola qui. “Voglio sapere chi è, però,” disse Luhan. “Continua a guardarti.”
“Non parlargli,” borbottò Sehun, anche se forse era giusto un po' curioso su chi fosse. In modo da... evitarlo meglio, sì.
“Ma voglio sapere—” cominciò a dire ancora Luhan, suonando leggermente petulante, e con uno sbuffo irritato Sehun si voltò a vedere chi fosse.
“Chi?” disse impaziente.
“Ha appena distolto lo sguardo. Quel ragazzo, quello attraente con i capelli scuri. La sua pelle è... marrone.”
Grugnendo mentalmente per la scelta di parole del ragazzo (probabilmente non sapeva come spiegarsi meglio), Sehun posò lo sguardo sul ragazzo in questione. Lo riconobbe in un istante. “Kim Jongin,” disse, abbastanza piano che solo Luhan potesse sentirlo. “È nella mia classe.”
“Ah,” disse Luhan, e Sehun si rivoltò per vederlo annuire pensieroso. “Interessante.”
“Per niente,” disse Sehun, riportando l'attenzione sul pranzo. Aveva già detto sin troppo. Luhan probabilmente pensava che Sehun gli stesse dando il permesso di continuare la conversazione. No. No, no, ti prego no.
“Beh, Minseok è qui. Ora vado. Ci vediamo domani, Sehun-ah,” disse Luhan, alzandosi in piedi. “Continuerò a guardare Kim Jongin.”
Sehun non si fece problemi ad alzare gli occhi al cielo esasperato.


Minseok non sapeva fosse possibile che due persone potessero essere egualmente felici per due cose che sembravano così vastamente lontane una dall'altra. Mentre Jongdae esultava per sua nuovissima ed importantissima posizione all'interno del consiglio studentesco, eletto quel giorno, Luhan era assolutamente elettrizzato perché Sehun, il ragazzo solitario quasi muto, gli aveva detto frasi complete quel giorno. Minseok non sapeva quali fossero quelle frasi, ma dubitava che meritassero il sorriso a 1000 watt che Luhan aveva in viso una volta tornato dalla loro chiacchierata giornaliera. Dopotutto, per quanto poteva vedere lui dall'altra parte della stanza, Sehun sembrava ancora burbero e impassibile come sempre.
Luhan di certo non sembrava così entusiasta quando Minseok parlava con lui. E Minseok a volte gli sorrideva persino (okay, raramente, ma era qualcosa!).
Nel frattempo, mentre il suo migliore amico e il suo, uh, Luhan sorridevano, Minseok si sentiva leggermente infastidito. Forse era perché non aveva mangiato abbastanza, ma Minseok non poteva fare a meno di provare una certa sensazione allo stomaco. Era stupido, perché non era che Jongdae lo stesse abbandonando o niente del genere. Non era nemmeno che Jongdae si fosse fatto un nuovo amico. Era solo più impegnato ora, con gli incontri del consiglio durante il pranzo e dopo la scuola, e con eventi a cui doveva partecipare, e roba del genere. Minseok non pensava che l'amico lo stesse scaricando per Kim Junmyeon (beh, Minseok non aveva ancora scartato quell'ipotesi, ma era sicuro che non fosse la sola ragione). Ma Jongdae era comunque molto più impegnato ora, il che lasciava Minseok senza un miglior amico molto più spesso di quanto non gli sarebbe piaciuto.
Jongdae aveva suggerito in diverse occasioni che anche lui avrebbe potuto iscriversi a sua volta in un club o qualcosa del genere, ma Minseok... non poteva e basta. Non aveva il tempo, continuava a dire al più piccolo. Non poteva farlo.
Per quanto riguardava Luhan, beh. Minseok aveva ancora lui, certo. E 
pensava anche di aver fatto alcuni progressi con il ragazzo – da parte sua le conversazioni erano ancora imbarazzanti e a volte forzate, ma dopo aver passato un po' di tempo con lui, Minseok aveva imparato come parlargli. Stava imparando come aiutare al meglio Luhan con le cose che gli servivano. E Luhan non camminava più in punta di piedi attorno a lui, non sembrava più spaventato di poter infastidire Minseok (cosa che lo aveva fatto sentire terribile). Non erano esattamente amici, ma Minseok non aspettava più con terrore i momenti che avrebbe dovuto passare con Luhan, e anche a lui non sembrava dispiacere la sua compagnia, anche se era tutto ciò che aveva.
Ma poi, quando Minseok aveva pensato di star gestendo piuttosto bene tutta questa faccenda di Luhan, il ragazzo se ne era andato da casa sua sabato lasciandogli una banconota da 5,000 won, incriminante e velenosa, nelle mani di Minseok. Aveva finito per nascondere i soldi sotto il materasso, così da non doverle vedere e non sentirsi lo stronzo dell'anno.
E poi c'era la storia di Oh Sehun, la ragione dell'attuale buonumore di Luhan. Non che Minseok avesse qualche problema riguardo questo. Ma la gioia di Luhan causata dal ragazzo sembrava soltanto peggiorare il suo malumore. Era stupido e ingiustificato e Minseok voleva finirla ed era ancora così affamato ed irritabile e, ugh. Perché, per una volta, le cose non potevano essere semplici per Minseok?

Le cose migliorarono leggermente nel corso della settimana. Jongdae faceva dentro e fuori dalla mensa durante la pausa pranzo, e tornava a casa con Minseok un giorno sì e uno no, ma compensava la sua assenza con le continue frecciatine al fatto che a breve sarebbe stato il suo compleanno, e che Minseok avrebbe fatto meglio ad organizzargli qualcosa. Luhan era ancora occupato con Sehun e cercava di parlare con lui durante il pranzo, ma il più piccolo sembrava essersi chiuso ancora di più da quel lunedì in cui aveva parlato più del solito.
A parte il pranzo, però, Luhan rimaneva ancora incollato al fianco di Minseok, il quale non sembrava tanto infastidito quanto lo sarebbe stato prima. Si stava quasi abituando ad avere il ragazzo sempre vicino. A questo punto si aspettava di averlo sempre accanto; ogni volta che si girava, ogni volta che il professore introduceva qualche nuova parola, ogni volta che venivano date troppe istruzioni alla volta. Minseok stava incominciando a fare il primo passo in automatico; la sua mente pensava, cercando il modo di spiegare le cose in parole semplici, traducendo in cinese quello che poteva, per sicurezza. Era più facile risolvere questi problemi prima che Luhan potesse chiedergli qualcosa.
Di certo non era perché Minseok era felice quando Luhan gli sorrideva ogni volta che lo aiutava senza che glielo chiedesse.
Kyungsoo gli aveva detto che forse si stava affezionando alla compagnia di Luhan, ma per una volta, Minseok decise di ignorare le 'perle di saggezza' del più piccolo. Dopotutto, cosa poteva saperne Kyungsoo?
(“Conosco te, hyung. Non pensare che non ti conosca. Mi dici i tuoi segreti da una vita, cavolo. Dovresti starmi ad ascoltare.” Certo certo.)
Ad ogni modo, non importava quanti progressi Minseok pensava avessero fatto, niente poteva prepararlo alla conversazione che ebbero giovedì a pranzo.
Era uno di quei giorni in cui Jongdae aveva un incontro con il consiglio degli studenti, quindi Minseok arrivò in mensa trovando il tavolo vuoto. Quando si sedette, si guardò automaticamente intorno alla ricerca di Luhan, ma il ragazzo non era al suo solito posto davanti a Oh Sehun. Non era da nessuna parte, per quanto poteva vedere Minseok. La sua reazione immediata fu quella di preoccuparsi, il che era ridicolo, perché Luhan aveva diciassette anni, non cinque. Era però difficile per Minseok ignorare i fastidiosi pensieri che gli riempirono la mente mentre tirava fuori il proprio pranzo.
Fortunatamente, il ragazzo arrivò qualche minuto dopo, prendendo posto accanto a Minseok invece che fare il solito pit stop al tavolo di Sehun. “Ciao,” disse il ragazzo, posando la busta del pranzo sul tavolo senza aprirla.
“Hey,” rispose Minseok, guardandolo ma senza fare domande. Sarebbe sembrato troppo interessato se gli avesse chiesto cosa lo avesse trattenuto? Lo avrebbe fatto sembrare una mamma iper protettiva, o solo un amico curioso, o—
“Sono stato fermato da alcune ragazze in corridoio,” disse all'improvviso Luhan, riscuotendo Minseok dai suoi pensieri.
“Oh,” disse Minseok, aggrottando automaticamente le sopracciglia, preoccupato. “Ti stavano infastidendo?”
“No,” rispose lui, aggiustandosi sulla sedia. Sembrava stranamente agitato. “Ma mi hanno detto una cosa.”
“Cos'era stavolta?” chiese Minseok, quasi tra sé e sé. “Che hai degli occhi bellissimi?”
Luhan sbatté le palpebre, visibilmente sorpreso, e Minseok voleva darsi un pugno. Certo, rendiamo le cose ancora più strane, idiota. “Pensi che abbia dei begli occhi?” domandò.
Minseok distolse lo sguardo e si concentrò sul proprio pranzo, sentendosi avvampare. “Non sapevo fosse messo in discussione,” disse, sentendosi stranamente vergognoso. “Non importa. Cosa ti hanno detto le ragazze?”
Luhan continuò a muoversi accanto a lui, e quando Minseok lo guardò ancora, il ragazzo sembrava nervoso, come se non fosse sicuro di doverlo dire a Minseok o meno. “Era più una domanda, a dire il vero,” disse, incespicando un po' con le parole, come non faceva sin dal suo primo giorno di scuola. “Io—loro—era su di te.”
Minseok si sentì improvvisamente tanto nervoso quanto Luhan. Perché le ragazze chiedevano a Luhan cose su di lui? Non è che fossero interessate a lui. Sapevano benissimo che sarebbe stato inutile. “Cosa—cos'era?” chiese, non proprio sicuro di volerlo sapere.
Luhan stava giocherellando con la manica della giacca, guardando Minseok di tanto in tanto. “Loro, um, mi hanno chiesto se sapessi che sei... che sei... gay?” Minseok gelò mentre il suo cuore perdeva un battito, qualcosa di spiacevole gli si rigirò nello stomaco. Non è che fosse un segreto o niente del genere, sapeva che tutti a scuola sapevano, ma Luhan non lo sapeva, e avrebbe preferito che fosse rimasto così, e oh merda, non avrebbe voluto che venisse a scoprirlo così. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non uscì niente, e continuò a fissare il tavolo, con la testa che gli girava leggermente. Prima che potesse pensare a come reagire, però, sentì Luhan avvicinarsi a lui, il suo petto gli sfiorò la spalla quando si voltò a guardarlo, e Minseok poté sentire il fiato di Luhan sulla propria guancia, e stava cominciando a sudare, e poi il ragazzo sussurrò, “Um, cosa significa?”
Ci volle un imbarazzante lungo momento perché Minseok si rendesse conto che Luhan si riferiva alla parola. Luhan non sapeva cosa significasse 'gay'. Non era esattamente nel vocabolario dei principianti. Minseok non era nemmeno certo dell'esatta traduzione cinese. Tossendo imbarazzato, Minseok si allontanò leggermente da lui, mettendo un po' di spazio tra loro, e riuscì a dire, “S-significa, um.” si schiarì la gola, abbassò leggermente la voce così da non essere sentito. “Significa che mi piacciono i ragazzi?”
Luhan si allontanò, e Minseok era troppo spaventato per guardarlo, per vedere come avrebbe reagito. Mantenne gli occhi sul tavolo, si infilò del cibo in bocca. Calò il silenzio per qualche momento, e poi Luhan disse, “Oh.” Minseok si sentiva male. “Tipo... solo i ragazzi? Non ti piacciono le ragazze?”
Minseok continuò a masticare, il viso accaldato e la gola secca. “È quello che significa la parola, sì.”
Ci fu un altro attimo di silenzio, e poi Luhan chiese piano, “Stavano dicendo la verità?”
Almeno, pensò Minseok, Luhan aveva avuto la decenza di chiedere conferma a lui, invece che credere ciecamente che i vari pettegolezzi raccontatigli da quelle ragazze fossero veri. Però, fu comunque difficile per Minseok aprire la bocca e dire, “Sì, è vero.”
“Oh,” ripeté, e Minseok si preparò a Luhan che se ne andava, a Luhan che lo avrebbe ignorato da adesso in poi, a tutto ciò che Luhan avrebbe potuto dirgli. Minseok non si vergognava di quello che era – era uscito allo scoperto davanti a tutta la scuola, dopotutto – ma sapeva che a volte dire la verità portava a brutte conseguenze, e a volte era difficile accettarle. Prese un profondo respiro e strinse le bacchette, serrando la mascella, e preparandosi al peggio.
Ma tutto ciò che disse Luhan fu, “Okay. Hey, quell'annuncio di stamattina, era riguardo alla squadra di calcio?”
Minseok si sentì debole all'improvviso, scioccato dal cambio di argomento di Luhan, e anche dal fatto che fosse ancora lì, seduto accanto a lui. Si rese conto più tardi che non sarebbe dovuto rimanere sorpreso, considerando che quando Minseok aveva insinuato che Jongdae avesse una cotta per Junmyeon, Luhan non aveva battuto ciglio, eppure... si voltò a guardare il ragazzo, gli occhi spalancati, e vide che Luhan lo stava osservando con sguardo sincero e un piccolo sorriso sulle labbra, le spalle rilassate, completamente a suo agio. E in questo modo, Minseok venne travolto da sollievo e gratitudine e altre calde sensazioni che lo riempirono, facendolo sentire intontito e leggero. Non si sentiva così da... probabilmente da quando lo aveva detto a Jongdae, e il suo migliore amico aveva detto, “E me lo dici solo ora? Mi sono sempre chiesto come mai non ti piacessero le Wonder Girls.”
“Io—cosa?” balbettò, fissando Luhan, che continuava a guardarlo paziente, sempre sorridente.

“Quell'annuncio,” ripeté Luhan, sebbene le parole suonassero confuse per Minseok, che doveva ancora riprendersi. “Hanno detto qualcosa sulla squadra di calcio?”
“La—squadra—oh, sì.” Minseok scosse la testa, pensando che probabilmente era sembrato un idiota. “Sì, l'annuncio. Le selezioni cominceranno presto. La nostra scuola è forte a calcio, si allenano tutto l'anno per la stagione.” Studiò il viso di Luhan per un momento. “Non—non dici niente sul fatto che mi piacciono i ragazzi?”
Luhan scrollò le spalle. “Non sono affari miei chi ti piace,” disse. “Tu giochi a calcio?”
Minseok si sentì quasi annaspare. “Sì,” disse quasi ipnotizzato. “Ero nella squadra.”
“Non più?” chiese curioso Luhan, e Minseok era ancora stupefatto per come il ragazzo fosse passato da un discorso all'altro così velocemente.
“No, io—ho dovuto smettere. Non ho il tempo di stare in squadra quest'anno,” disse, incespicando nelle parole.
Luhan annuì e cominciò finalmente a tirare fuori il proprio pranzo. “Anche io penso che non potrò unirmi alla squadra,” disse triste. “Troppe cose da fare. Troppo impegnato.” Guardò Minseok, sembrando incerto mentre aggiungeva, “Dovremmo giocare, qualche volta.”
Tutto quello che Minseok riuscì a dire in risposta fu, “Sì, certo.” E, si rese conto qualche minuto dopo, quando si fu schiarito bene le idee, che lo pensava davvero. Non gli sarebbe dispiaciuto affatto. Passare del tempo con Luhan non per necessità, non per fare i compiti o aiutarlo nel progetto o niente del genere. Passare del tempo insieme e basta. Giocando a calcio. A Minseok non dispiaceva.

Sin da quando erano diventati migliori amici, Minseok aveva avuto l'annuale compito di organizzare la festa di compleanno di Jongdae. Non era sicuro del perché, dato che non preparava mai niente di speciale o divertente, ma l'amico insisteva che fosse lui a fare qualcosa, e a Minseok non dispiaceva farlo. Quest'anno, convenientemente, il suo compleanno cadeva di sabato, quindi Minseok pensò di invitare qualche persona a casa per fare qualcosa e mangiare schifezze. Niente di stravagante, ma abbastanza da soddisfare Jongdae (purché Minseok gli facesse un regalo decente).
Si rese conto velocemente però che, oltre a lui, Jongdae non aveva poi tanti amici. Non è che non fosse un ragazzo amichevole, perché Jongdae era molto più estroverso di lui, ma la verità è che nonostante il ragazzo avesse migliaia di conoscenze, non aveva tanti amici intimi. Nessuno che Minseok pensava di dover invitare, almeno.
Avrebbe potuto invitare Kyungsoo, dato che comunque la festa sarebbe stata a casa sua. A meno che qualcuno non avesse il raffreddore o qualcosa del genere, il suo vicino avrebbe probabilmente potuto passare il pomeriggio con loro. Chi altro c'era? Chanyeol e Baekhyun, immaginò. Tra tutti i suoi compagni di classi, loro due erano quelli con cui aveva legato di più. In più, erano ragazzi amichevoli; andavano d'accordo con tutti. Oltre loro tre... di chi parlava Jongdae? Kim Junmyeon?
Oh. Jongdae lo avrebbe ucciso.
Minseok passò la pausa pranzo a guardarsi intorno in mensa, chiedendosi chi altri avrebbe potuto invitare. Aveva già contattato gli altri invitati e ricevuto conferma, e ora doveva solo assicurarsi che non stesse dimenticando nessuno. Non che fosse possibile.
“Cosa stai cercando?” chiese improvvisamente una voce accanto a lui.
Minseok si voltò sorpreso e vide Luhan seduto lì, che lo guardava. Non aveva visto il ragazzo tornare dal tavolo di Sehun. “Huh? Oh, stavo solo pensando se ci fosse qualcuno da invitare…” si fermò quando si rese conto quanto sarebbe stato brutto – ammettere di star cercando persone da invitare alla festa di Jongdae, e non invitare lui.
E poi pensò che non c'era alcun motivo per cui non invitare Luhan. Anche con i limitati collegamenti del ragazzo, conosceva abbastanza bene tutti quelli che aveva invitato... e a Minseok... non sarebbe dispiaciuto se fosse venuto.
“Hey, um. Domani è il compleanno di Jongdae,” cominciò incerto. Sarebbe voluto venire? La maggior parte del tempo, Minseok pensava che Luhan stesse con lui solo perché non aveva nessun altro. Probabilmente non gli stava nemmeno tanto simpatico – perché avrebbe dovuto, quando Minseok non aveva fatto altro che scoraggiarlo dall'avvicinarsi troppo? Si stava già pentendo di aver aperto bocca.
“Lo so,” disse Luhan. “Continua a ricordartelo ogni volta che siete insieme.”
Minseok rise un poco. “Lo so. Volevo solo dire…um, ho invitato un paio di persone a casa, per festeggiare e passare del tempo insieme. Ti, uh—” si fermò un attimo quando vide lo sguardo speranzoso con cui lo stava guardando Luhan. “Ti andrebbe di unirti a noi? Voglio dire, più siamo, meglio è, o come si dice.”
“Più siamo più cosa?” chiese Luhan, gli occhi ancora lucidi e speranzosi.
Minseok tossì. “Niente. Intendevo che se vuoi puoi venire. Alla festa.”
Luhan si morse il labbro, come se stesse cercando di non sorridere – come se non volesse sorridere prima di sapere se Minseok stesse scherzando o meno. “Vuoi che venga?” chiese.
Minseok distolse lo sguardo imbarazzato, scrollò le spalle e disse, “Certo. Se vuoi.”
“Io—sì. Mi piacerebbe,” disse Luhan, ed era solo una sua impressione o sembrava un po' commosso? “Grazie.”
Minseok fece un cenno con la mano, come per dire che non c'era problema. Lo faceva sentire troppo strano. “È a casa mia,” disse, anche se era abbastanza sicuro di averlo già detto. “Comincia alle 3, e puoi rimanere a cena e fino a quando vuoi.”
“Dovrei—dovrei portare qualcosa?” chiese Luhan, sembrando più coinvolto ed eccitato di quanto non si sarebbe aspettando Minseok. “Dovrei portare un regalo?”
Minseok guardò il ragazzo accanto a sé, e dovette sorridere per quanto sembrasse toccato. Che qualcosa di così piccolo significasse così tanto per lui... Minseok pensò che Luhan se lo meritasse. Meritava di sentire di appartenere a qualcosa, di sapere che piaceva alle persone, che era voluto. Era una cosa così semplice, un invito ad una festa di compleanno, ma per Luhan era molto più di quello, e Minseok se ne rese conto. “Porta solo te stesso,” lo rassicurò. “Non preoccuparti di altro.”
“Okay,” disse Luhan, sembrando quasi senza fiato. “Sì. Grazie.”
“Non devi ringraziarmi,” disse Minseok, e lo pensava davvero. “Voglio che tu venga.”
“Davvero?” chiese Luhan, guardandolo risolutamente.
“Io—sì,” rispose Minseok, balbettando sotto quello sguardo. “Kyungsoo ti vorrà vedere. E io – sì. Dovresti venire.” Non sapeva nemmeno più cosa stesse dicendo.
“Ci sarò,” disse velocemente Luhan, annuendo. “Voglio venire.”
Minseok abbassò lo sguardo sul tavolo e sorrise. “Okay,” disse.
Quando guardò nuovamente Luhan, il ragazzo stava sorridendo incontrollabilmente attorno alle proprie bacchette, la testa abbassata verso il tavolo per nascondere il proprio viso, arrossato per l'incredibile felicità. La scena fece riprovare a Minseok quella strana sensazione che aveva provato il giorno prima. Si chiese brevemente quando Luhan avrebbe smesso di avere quell'effetto su di lui. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Sinceramente, quando Minseok aveva chiesto a Junmyeon se fosse voluto venire alla festa di Jongdae, non si era aspettato che il ragazzo accettasse. Non era nemmeno stato completamente serio – era stato più che altro un 'hey vuoi venire alla festa del mio amico ahah non sarebbe divertente'. Ma quando aveva incrociato il presidente del consiglio studentesco in corridoio, aveva gettato la domanda così, e Junmyeon aveva detto, “Oh, Jongdae? Non sapevo fosse il suo compleanno domani.”
Minseok annuì, guardandosi intorno per assicurarsi che il migliore amico non sbucasse fuori dal nulla per chiedergli perché stesse parlando con la sua non-cotta. “Già. Faccio una piccola festa a casa mia.”
“Ti ha chiesto lui di invitarmi?” Chiese Junmyeon, visibilmente sorpreso.
Minseok rise, grattandosi il collo. “Beh, uh, non esattamente. Ho solo pensato, sai, visto che siete abbastanza vicini…”
“Non siamo così vicini,” disse Junmyeon, e Minseok sbatté le palpebre. “Ho cominciato a conoscerlo solamente dopo che si è candidato alle elezioni.”
Minseok rimase quasi a bocca aperta. “Voi - davvero?”
Junmyeon scrollò le spalle, sorridendo amabilmente. “Sì. Perché?”
Minseok venne improvvisamente travolto dall'istinto di andare a cercare Jongdae e afferrarlo in una presa di sottomissione, chiedendogli perché quell'idiota parlasse così tanto di Junmyeon se a malapena lo conosceva. Davvero, che razza di ragazzo si prendeva una cotta per qualcuno a cui non aveva nemmeno rivolto parola?
(“Non è una cotta!” gli avrebbe detto lui. “È soltanto una normale ammirazione, totalmente non gay!”)
Schiarendosi la gola a disagio, Minseok guardò Junmyeon e disse, “Niente, pensavo solo che foste un po' amici. Puoi comunque venire alla festa, se vuoi.” Non poteva di certo ritirare l'invito ora, dopotutto.
Junmyeon sembrò pensarci su. “Jongdae vorrebbe che venissi?”
“Uh…” Minseok ci pensò per un secondo. Jongdae voleva che venisse? Sì, ma anche no, perché nonostante tutta l'ammirazione che l'amico aveva per il maggiore, a quanto pare non erano nemmeno amici. Ma Minseok non era famoso per rendere le cose facili a Jongdae. “Sì, voglio dire, penso di sì. Per adesso siamo solo noi due, il mio vicino e Baekhyun e Chanyeol, quindi…”
“Byun Baekhyun?” chiese Junmyeon. “Siamo insieme al comitato per l'annuario. Se c'è anche Baek, vengo.”
E quindi Junmyeon aveva accettato l'invito di Minseok, e visto che il ragazzo ci teneva alla propria vita, si era convenientemente 'dimenticato' di dirlo a Jongdae.
Kyungsoo fu il primo ad arrivare sabato pomeriggio, sembrando nervoso ma anche un po' eccitato all'idea di conoscere così tante persone nuove in una volta. Era estremamente raro che Kyungsoo uscisse da casa propria, anche solo per andare da Minseok. Conosceva una po' Luhan, Jongdae abbastanza bene, ma non aveva mai incontrato nessuno degli altri, quindi sarebbe stata un'esperienza nuova per lui. Disse a bassa voce a Minseok che non era mai stato ad una festa di compleanno prima, e che non era sicuro di cosa fare. Minseok sorrise e gli diede una busta di palloncini da gonfiare come decorazione.
Jongdae arrivò poco dopo, giusto in tempo per osservare le decorazioni di Minseok e Kyungsoo con occhio critico. “Chi ha fatto gli striscioni?” chiese.
“Io,” rispose Minseok.
“Lo sapevo. Sono terribili,” disse Jongdae, e Minseok grugnì e gli diede un calcio. “Hey Kyungsoo, come va?”
Il ragazzo si illuminò eccitato. “Bene!” esclamò. “Buon compleanno! Questa è la prima festa di compleanno a cui sia mai venuto.”
“Davvero?” chiese Jongdae. “Che mi dici della tua?”
Kyungsoo scosse la testa. “Siamo sempre solo io e i miei genitori. Non è proprio una festa. Non credo che conti.”
Jongdae si accigliò. “L'anno prossimo ti organizziamo una festa, è deciso,” disse. Poi aggiunse, “Ma per ora, parliamo di me! È il mio compleanno!”
Baekhyun e Chanyeol arrivarono insieme, come al solito. Minseok si chiese brevemente se quei due si staccassero mai l'uno dall'altro.
“Ci siamo tutti, allora?” chiese Jongdae, guardando le persone riunite nel salotto di Minseok. Chanyeol si stava presentando con entusiasmo a Kyungsoo, il quale sembrava allo stesso tempo intrigato e allarmato dal volume della sua voce e dal suo gesticolare.
“Uh, no,” disse Minseok, sentendosi all'improvviso stranamente nervoso. Non aveva detto a Jongdae di nessuno degli altri due invitati. “Deve arrivare ancora qualcuno.”
“Oh?” disse Jongdae sorpreso. “Chi?”
“Vedrai,” si contenne Minseok, forzando un mezzo sorriso.
Qualche minuto dopo, qualcuno bussò alla porta, e Baekhyun esclamò, “Vado io!” Prima ancora che Minseok potesse dire niente, il più piccolo aprì la porta, e disse, “Oh, ciao Junmyeon hyung! Non sapevo ci saresti stato anche tu!”
In un istante, Jongdae afferrò il braccio di Minseok e lo fece voltare, sibilando, “Che cavolo, perché è qui?”
Minseok rise nervosamente. “L'ho invitato?” tentò.
Kim Minseok giuro che ti—oh, uh, ciao sunbae,” disse Jongdae, lasciando andare il braccio di Minseok e sorridendo in modo affascinante al nuovo arrivato.
Junmyeon sorrise raggiante. “Puoi chiamarmi hyung, lo sai,” disse. “Buon compleanno, Jongdae.”
Jongdae sembrava fosse sul punto di svenire. Minseok riuscì a malamente a contenere una risatina. “G-grazie, hyung. Io, um, non sapevo saresti venuto.”
“Mi ha invitato Minseok,” disse lui, e Minseok sussultò leggermente. L'amico l'avrebbe ucciso per questo. Ne era valsa la pena, però, perché per una volta Jongdae era imbambolato e timido, una cosa gloriosa. Era da anni che Minseok aspettava di vederlo così.
Ricominciarono le solite presentazioni – più che altro presentò Kyungsoo agli altri, spiegando che c'era un motivo se il ragazzo non si poteva avvicinare troppo a loro – e poi, ci fu un lungo silenzio imbarazzante, perché Jongdae sembrava ancora essere vergognoso e Kyungsoo sembrava essere stato travolto da tutti i visi nuovi e nessuno sembrava sapere cosa dire. (Di sicuro Minseok non lo sapeva.)
“Hey,” disse all'improvviso Chanyeol, la voce decisamente troppo alta nel silenzio della stanza. “Hai qualche gioco di società?”
E fu così che i sei ragazzi finirono per sedersi in cerchio sul pavimento del soggiorno, giocando a Pirates' Dice. Minseok non ci aveva mai giocato prima, ma Chanyeol e Baekhyun ne era decisamente entusiasti, spiegarono velocemente le regole e consegnarono a tutti tre dadi. Dovettero fermarsi per disinfettare quelli di Kyungsoo prima di iniziare il gioco, ma dopo di che, fu difficile fermarli. Era un gioco caratterizzato dal bluff e da decisioni che ti mettevano sotto pressione, e dopo un po', tutti i giocatori cominciarono a lanciarsi insulti per averli messi in situazioni difficili. A Minseok piaceva guardare tanto quanto giocare – Jongdae si era dimenticato di essere timido di fronte a Junmyeon e si lamentò della propria sfortuna, Kyungsoo chiamava ogni bluff come se potesse leggere nel pensiero, e Junmyeon, presidente degli studenti, passò la maggior parte del tempo a urlare invec che parlare durante i suoi turni – ma dopo un po', si ritrovò distratto da qualcos'altro. Dopotutto, era difficile prestare attenzione al gioco quando il suo sguardo continuava a posarsi sulla porta.
“Stiamo aspettando qualcun altro, hyung?” chiese Jongdae, alla terza volta che vide Minseok perso tra i propri pensieri.
“Huh? Oh, sì... ho detto a Luhan che poteva venire, se voleva, ma non è qui,” disse Minseok, accigliato.
“Hai invitato Luhan?” chiese Jongdae, inarcando le sopracciglia. “Perché?”
Minseok scrollò le spalle, evitando il suo sguardo. “Ho pensato che sarebbe voluto venire,” mormorò, ignorando anche lo sguardo che gli stava lanciando Kyungsoo.
“Il ragazzo cinese?” chiese Baekhyun, intromettendosi. “Vi vedo sempre insieme. È un tuo amico, Jongdae?”
Jongdae scosse la testa. “Non proprio. Più che altro di Minseok hyung.”
“Oh, è fantastico che stia facendo amicizia con il nuovo ragazzo,” disse Junmyeon, illuminandosi, e Jongdae cominciò a mormorare “Beh voglio dire siamo amici più o meno, immagino possa chiamarci amici,” ma Minseok era troppo distratto dall'uso di quel termine per ridere alla ridicolaggine di Jongdae.
Amici? Lui e Luhan erano amici? Avevano fatto quel passo da 'compagni di classe' a 'conoscenti' ad 'amici'? C'erano dei passi? Minseok non lo sapeva nemmeno. Si sentì improvvisamente un po' imbarazzato. (Luhan si considerava suo amico? Se no, lo avrebbe fatto dopo oggi?) Scuotendo la testa, Minseok disse, “Non importa di chi sia amico, non è qui.”
“Ti ha mandato un messaggio?” chiese Baekhyun, facendo ruotare i dadi in mano.
Minseok scosse la testa, lanciando comunque uno sguardo al telefono posato sul tavolino. “Non ha un cellulare,” disse. “Ancora,” aggiunse.
“Non è qui già da due settimane?” chiese Chanyeol, sollevando le sopracciglia.
Minseok scrollò le spalle senza dire niente, scuotendo pigramente il proprio dado. Gliene era rimasto solo uno; non era troppo bravo a questo gioco.
Chanyeol socchiuse gli occhi, sospettoso. “Curioso,” disse. “Davvero curioso.”
Baekhyun diede un piccolo schiaffo alla spalla del miglior amico. “Devi smetterla di guardare serie sullo spionaggio.”
“Avrebbe comunque potuto chiamarmi dal telefono di casa,” si intromise Minseok. “Ma non l'ha fatto.”
“Forse giace morto in un vicolo da qualche parte,” suggerì Chanyeol, con la stessa leggerezza con cui qualcuno direbbe 'Forse ha dormito troppo'.
Chanyeol,” disse severo Baekhyun, ma Jongdae stava ridendo, e anche Kyungsoo si unì dopo un po', facendo uscire la parte macabra del suo senso dell'umorismo.
Minseok cercò di sorridere e alzare gli occhi al cielo per la battuta (almeno pensava fosse una battuta – non si poteva mai dire con Chanyeol), ma sentì una strana fitta al petto al pensiero. Dopotutto, Luhan era sembrato piuttosto eccitato di venire quando Minseok lo aveva invitato il giorno prima. Ora era più di un'ora in ritardo, e Minseok non aveva notizie di lui. Cosa avrebbe dovuto pensare?
Fortunatamente, venne salvato dall'attacco di panico indotto da quel pensiero quando qualcuno bussò alla porta, e Minseok si gettò verso di essa. Aprendola, sentì un'ondata di sollievo quando vide Luhan lì in piedi, sembrando imbarazzato quando incontrò il suo sguardo, e sorrise. “Ciao,” disse piano.
“Ciao,” rispose Minseok, e la sua voce era stranamente affannata.
“Scusa il ritardo,” disse Luhan. “Avevo alcune, uh, cose da fare. Ho portato una cosa.”
Minseok guardò la mano del ragazzo e vide una piccola busta. “Per me?” chiese stupidamente.
Luhan rise. “No, ovviamente no. Per Jongdae. È il suo compleanno, dopotutto.”
Oh. Oops. “Um. Giusto, ahah.” Minseok sentì le guance avvampare. Idiota. “Ti avevo detto che non c'era bisogno che portassi qualcosa, però.”
“Lo so. Ma volevo farlo,” disse Luhan, sorridendo, e la sincerità nel suo sguardo riusciva sempre a sconcertarlo.
“Okay,” disse, pensando a qualcosa da dire per riparare all'imbarazzante domanda di prima. “Grazie. Voglio dire – non importa. Dai, entra.” Resistendo al bisogno di sventolarsi il viso, si fece finalmente da parte per lasciar entrare Luhan.
“Ciao Luhan-hyung!” disse Kyungsoo dopo un momento di silenzio.
Luhan si immobilizzò per un secondo, poi chiese piano, “Hyung?”
Minseok si accigliò leggermente, poi disse, “Sì, lui è—Kyungsoo è più piccolo di te, quindi dovrebbe chiamarti—”
“No, lo so,” disse Luhan, abbastanza piano che solo Minseok lo sentì. “Solo che – è un termine familiare, giusto? Amichevole?”
“Oh.” Minseok sbatté le palpebre un paio di volte, riportato improvvisamente al suo precedente monologo mentale circa la parola “amici.” “Sì, penso di sì. Voglio dire, a Kyungsoo piaci... nemmeno lui è il massimo in tutta questa cosa del costrutto sociale…”
Luhan all'improvviso sorrise, lo sguardo acceso da una gioia innegabile, e sussurrò, “Hyung.” Minseok deglutì a fatica per quanto sembrasse felice, ma prima che potesse pensarci troppo, il ragazzo cinese si schiarì la gola e disse con attenzione, “Ciao a tutti. Scusate il ritardo. E buon compleanno, Jongdae!”
Dopodiché, ci fu un breve momento in cui tutti parlarono tra loro, seguito da un entusiasta, “Hai mai giocato a Pirates' Dice, Luhan-ssi?” da parte di Chanyeol.
Luhan scosse la testa, e Minseok si schiarì la gola più forte di quanto non fosse necessario mentre si sedeva per terra accanto al ragazzo. “Posso spiegarti come si gioca,” disse, forse con un po' troppa autorità, ma Luhan si voltò semplicemente e gli sorrise grato, e Minseok pensò fosse giustificato. Questo è il suo lavoro, dopotutto.
Nonostante lui stesso le avesse imparate poco meno di un'ora prima, Minseok spiegò con attenzione le regole del gioco, con l'aiuto delle persone attorno a lui. Era abituato a questo – era bravo. Spiegare le cose in parole semplici, ripeterle quando capiva che Luhan ne aveva bisogno, usare i gesti oltre che le parole. Luhan annuiva, e Minseok sentì la soddisfazione scorrergli nelle vene. Poche cose facevano sentire bene Minseok come un lavoro ben svolto.
Alla fine, Luhan sembrava aver capito, e Minseok gli sorrise per un momento prima di voltarsi verso il gioco e prendere i propri dadi. “Cominciamo, allora?” chiese, guardandosi intorno. “E assicuratevi di pronunciare chiaramente le vostre scommesse, così che Luhan possa capire.”
Ci fu una serie di cenni della testa, seguita dal forte brontolio dello stomaco di qualcuno. Alcuni ragazzo ridacchiarono, e Minseok si voltò verso Luhan, il quale stava sorridendo imbarazzato.
Ridendo leggermente, Minseok disse, “Vado a prendere qualcosa da mangiare,” e si alzò in piedi.
“Vengo anche io,” cinguettò Kyungsoo, e i due si diressero in cucina.
“Perché sei venuto?” chiese Minseok mentre versava delle patatine in un contenitore enorme, guardando Kyungsoo, il quale stava aprendo il rubinetto con un tovagliolo di carta. Non poteva toccare niente in cucina, figuriamo aiutarlo con gli snack.
Il più piccolo scrollò le spalle, dando la schiena a Minseok. “Non è mai un brutto momento per lavarsi le mani,” disse, sfregando metodicamente i palmi insieme, coperti di sapone.
“Per te no, immagino,” disse Minseok, ridendo leggermente. Lavorarono in silenzio per un momento, ascoltando gli altri chiacchierare nella stanza accanto. Minseok sbirciò in soggiorno e sorrise quando vide Luhan agitare i dadi.
“Probabilmente dovresti smetterla, sai. Se vuoi che Jongdae la smetta di scocciarti.”
Minseok si voltò sorpreso e vide Kyungsoo che lo guardava da sopra la spalla. Il più piccolo stava sorridendo, con una strana luce negli occhi. “Di fare cosa?” chiese perplesso.
“Questo,” disse Kyungsoo, indicando il viso di Minseok. “Con Luhan. Dovresti vederti.”
Minseok si mise immediatamente sulla difensiva, anche se sapeva che Kyungsoo non lo stava prendendo in giro, come avrebbe invece fatto Jongdae. “Cosa faccio?” chiese, aggrottando le sopracciglia.
Kyungsoo scrollò le spalle, agitando le mani per asciugarle (“potrebbero esserci dei germi negli asciugamani, sai!”). “Sembra un po' incriminante, sai,” disse. “Guardarti. Come prima, con il gioco dei dadi. Quando stavi parlando con lui, avevi questo sorriso, così cordiale e tutto, e il tuo sguardo si era addolcito. E il modo in cui gli parlavi, così attentamente, così che non avesse problemi a capire. E se non ti conoscessi così bene direi che sembravi quasi—” Pensò alla parola giusta. “Affettuoso,” disse alla fine, annuendo. “Ed eri così assorto. Come se ti fossi dimenticato che c'erano altre persone nella stanza.”
Minseok sputacchiò leggermente. “Sei pazzo,” disse agitato. “Non ho fatto niente del genere.”
Kyungsoo scrollò le spalle, sorridendo. “Ti sto solo dicendo ciò che ho visto,” disse, “e probabilmente quello che ha visto anche Jongdae, cosa per la quale ti tormenterà.” Minseok stava per protestare, ma il vicino continuò, guardando il soggiorno e dicendo, “Forse Luhan ti sta solo contagiando, però.”
Minseok si voltò, seguendo il suo sguardo verso il ragazzo cinese sul pavimento, il quale stava sorridendo per qualcosa che aveva detto Junmyeon. “Che vuoi dire?”
“Sembra che Luhan sia sempre così,” disse il più piccolo. “Sai, con quei sorrisi e gli occhi dolci e tutto. Forse stai solo cominciando a comportarti nei suoi confronti allo stesso modo in cui lui si comporta nei tuoi. Automaticamente.”
Minseok emise un suono che sembrava più seccato di quanto non avrebbe voluto e si voltò nuovamente verso il bancone per prendere le ciotole e portarle in salotto, sistemandole tra gli ospiti. Kyungsoo lo seguì in silenzio con la propria ciotola. Per essere qualcuno che passava così poco tempo con altre persone, il suo vicino sembrava capirle si troppo bene.
Un minuto dopo, si ritrovarono mangiare e cominciare un nuovo turno del gioco, ora con sette partecipanti. “Ti aiuto per i primi turni,” disse Minseok a Luhan in automatico, poi guardò Kyungsoo, che stava sorridendo. Non era un sorriso di scherno o niente del genere, ma infastidì comunque Minseok. Distolse velocemente lo sguardo.
“Tu non mangi le patatine?” chiese Luhan un momento dopo, indicando il contenitore con le carote che gli aveva tagliato prima sua madre.
“Huh? Oh, no, non posso.” Minseok abbassò la testa, come se questo lo avrebbe aiutato ad evitare la domanda.
“Prima le mangiava,” disse Jongdae masticando. “Ma poi sua mamma è diventata super severa su quello che mangia. Non può più mangiare niente.”
Minseok scrollò le spalle, sforzandosi di sorridere e mordendo un'altra carota, tenendo lo sguardo sui dadi.
“Non le mangi nemmeno quando non è in casa?” chiese Baekhyun, con gli occhi spalancati. “Sono colpito. Non potrei mai essere così ubbidiente.”
Cocco di mamma,” sussurrò Jongdae, e Minseok gli lanciò un'occhiataccia. “Andiamo, hyung, è il mio compleanno. Vivi un po', mangia qualche schifezza.”
Minseok scosse la testa risoluto. “Mangerò già la torta più tardi,” disse. “Mi ci è voluta un'ora per convincere mia madre.”
I ragazzi lasciarono cadere l'argomento e continuarono il loro gioco, con Kyungsoo in testa, come al solito. (Minseok potrebbe aver rubato una patatina, quando nessuno stava guardando, ma questo peggiorò la situazione perché nessuno sano di mente mangerebbe solo una patatina. Cattiva idea). Passarono così il pomeriggio, a volte giocando, altre volte dividendosi in gruppetti e facendo quello che volevano. Per cena ordinarono la pizza, e Minseok aveva discusso anche di questo con la madre, ma senza alcun risultato. Non poteva vincere ogni battaglia, dopotutto. Finì per rubare qualche morso dallo spicchio di Jongdae, e finì i suoi avanzi dal frigo mentre tutti gli altri masticavano pizza unta. A volte, la vita di Kim Minseok era davvero dura.
La torta fu decisamente il momento più importante del giorno per Minseok, dato che raramente aveva il permesso di mangiarla. Jongdae aprì i regali nello stesso momento, anche se non ce n'erano tanti. Baekhyun e Chanyeol gli avevano comprato un cappello, Kyungsoo e Minseok un vecchio video gioco con il quale giocava sempre da bambino insieme al suo migliore amico, e Junmyeon non gli aveva fatto niente, dato che Minseok gli aveva detto che non ce n'era bisogno. L'ultima busta che aprì Jongdae fu quella portata da Luhan, il quale sembrò improvvisamente nervoso mentre il più piccolo prendeva un bigliettino.
“Posso leggere a voce alta?” chiese Jongdae, guardando il ragazzo.
Luhan scrollò le spalle, abbassando la testa timido. “È stupido,” disse piano.
Jongdae sorrise, aprendo il biglietto. Minseok si ritrovò inconsciamente a sporgersi per sentire meglio. “Caro Jongdae-yah,” lesse, e sorrise per il nomignolo. “So che è stato Minseok ad invitarmi al tuo compleanno, non tu, ma ti sono comunque grato. Grazie per la generosità che mi hai mostrato da quando sono arrivato in Corea. Spero potremo diventare ancora più amici in futuro. Per favore accetta il mio regalo e mangialo con gusto, okay? Sinceramente, Luhan.” Sollevò lo sguardo sul ragazzo e gli fece un grande sorriso, che Luhan ricambiò con esitazione, e Minseok li osservò senza dire niente, ma stranamente avrebbe voluto farlo. La carta regalo venne strappata via e Jongdae tirò fuori un piccolo contenitore con dei piccoli biscotti alla crema. “Wow, grazie hyung!” disse entusiasta Jongdae. “È stato carino da parte tua. Li hai fatti tu?”
Luhan si morse il labbro per nascondere un sorriso e annuì timidamente. “Sì. Spero ti piacciano.”
“Sono sicuro di sì,” rise Jongdae, guardando golosamente i dolcetti.
Minseok li guardò, e sentì di dover essere contento che Luhan stesse facendo amicizia con altre persone, e grato che Jongdae fosse così premuroso, e lo era, provava tutte quelle cose, ma per un brevissimo momento, mentre Jongdae e Luhan si sorridevano, quei sentimenti vennero offuscati da qualcos'altro, qualcosa di spiacevole, e Minseok non era sicuro di come si sentisse riguardo a quello.


Non era un segreto che Jongdae avesse una segreta affinità con i stupidi giochi che si fanno alle feste, e sapeva che sia Minseok che Kyungsoo lo sapevano, ma non era comunque sicuro di come la loro conversazione circa la volta in cui Baekhyun si era rotto il braccio si fosse evoluta in un gioco di Non Ho Mai.
“Non è difficile,” stava dicendo Minseok a Luhan mentre gli altri aspettavano per cominciare. Jongdae pensava che Minseok fosse un po' troppo impaziente di spiegare le cose al ragazzo, a volte. “Tieni alzate cinque dita, o magari dieci, visto che siamo così tanti, e una persona dice qualcosa che non ha mai fatto... tipo, viaggiato all'estero o cose così. E poi tutti quelli che hanno fatto quella cosa devono abbassare un dito. L'ultima persona con almeno un dito alzato vince.”
“Oh,” disse Luhan, sembrando leggermente confuso. “Qual è lo scopo?”
Jongdae rise. L'innocenza di Luhan non smetteva mai di divertirlo. “Imparare cose sugli altri,” disse. “O, se vi conoscete già abbastanza bene, è un modo per mettere in imbarazzo i propri amici e rivelare i loro segreti.”
Luhan sorrise un po' titubante. “D'accordo allora,” disse. “Penso di aver capito.”
“Bene,” disse Baekhyun, in un tono che diceva chiaramente Statemi tutti ad ascoltare. “Cominciamo, allora? Vado per primo.” Tutti annuirono, e Baekhyun pensò un attimo, mordendosi il labbro prima di dire, “Non ho mai…bagnato il letto dalle elementari.”
Ci fu qualche risatina imbarazzata, e Jongdae vide Luhan sporgersi verso Minseok per sussurrargli qualcosa all'orecchio – chiedendo spiegazioni, molto probabilmente, anche se non pensava che una domanda così innocente meritasse il rossore che colorò le guance dell'amico. Jongdae grugnì mentalmente alla reazione di Minseok, ma non disse niente quando anche Luhan arrossì alla spiegazione, abbassando un dito.
Passarono alcuni minuti in cui quelli che aveva ancora le dita alzate presero in giro quelli che l'avevano abbassato, e Baekhyun ricordò a gran voce a Chanyeol di quella volta, e poi tutti passarono alla persona successiva. “Non ho mai,” disse Chanyeol, “non passato un compito.” E così via.
La parte preferita di Jongdae era, senza dubbio, scoprire informazioni sugli amici che altrimenti non avrebbe mai saputo. “Non ho mai,” disse al suo primo turno, “mentito al mio migliore amico.” Si voltò teatralmente verso Minseok.
Invece di dargli una risposta diretta, però, Minseok si gettò su di lui e abbassò una delle dita di Jongdae. “Questa è una bugia, Kim Jongdae, e lo sai bene!” disse, ridendo. Jongdae sputacchiò indignato.
“Quando ti avrei mentito?” chiese, districando la mano dalla presa di Minseok.
“Hmm, lasciami pensare,” disse l'amico, fingendo di riflettere. “‘Certo che che ti prendo se cadi dalle monkey bars, hyung!’ ‘Verrò sicuramente alla tua partita di calcio stasera!’ ‘Prometto di non perdere il tuo fumetto preferito!’ E la mia preferita—” I suoi occhi si socchiusero malignamente. “‘Non ho assolutamente una cotta per—’”
Prima che potesse finire, la mano di Jongdae andò a coprire la bocca dell'amico, interrompendolo mentre il più piccolo lanciava uno sguardo a Junmyeon dall'altra parte del cerchio. Fortunatamente, nessuno sembrò cogliere il nome che Minseok aveva cercato di dire contro il palmo di Jongdae. “Okay!” disse Jongdae, ridendo a gran voce. “Ho capito. Okay. Torna a sederti ora, hyung. Abbasso il dito, cavolo!”
Sogghignando, Minseok si risedette al suo posto tra Kyungsoo e Luhan, ma a Jongdae non sfuggì il fatto che avesse solo sette dita alzate, invece delle otto che aveva prima.
Il più delle volte, le cose che dicevano di non aver mai fatto erano abbastanza semplici e noiose, tipo, “Non sono mai stato all'oceano,” oppure “Non ho mai guardato un film horror.” Altre volte era cose imbarazzanti a cui rispondere, o con lo scopo di imbarazzare qualcuno in particolare, tipo, “Non ho mai pianto a scuola,” o “Non mi si sono mai rotti i pantaloni in pubblico.” Ma le cose si fecero interessanti solo al secondo turno di Kyungsoo, che disse “Non sono mai stato ad un appuntamento.”
Ci fu un breve, pesante silenzio, e poi Junmyeon, Jongdae, Chanyeol e Luhan abbassarono un dito.
“Aspetta, cosa?” chiese Baekhyun, guardando Chanyeol con gli occhi sgranati. “Quando?”
Chanyeol si grattò la testa imbarazzato, ridendo leggermente. “Due anni fa?” disse, facendola suonare come una domanda. “Con quella ragazza... quella che mi ha dato i biscotti al White Day…”
Baekhyun aggrottò le sopracciglia. “Non mi hai mai detto di essere andato ad un appuntamento.”
“La fai sembrare come se ti avesse tradito,” commentò Junmyeon con una risata.
Baekhyun distolse lo sguardo da Chanyeol con uno sbuffo irritato. “Non è vero,” disse, sembrando infastidito. “Sono solo arrabbiato che non me lo abbia detto.”
“Aw, dai Baek,” disse Chanyeol, tirando implorante il braccio dell'amico. “Non fare così! È stato solo un appuntamento!”
Jongdae venne distratto dal piccolo battibecco quando sentì Luhan chiedere piano a Minseok, “Non sei mai stato ad un appuntamento?”
Non era una novità per Jongdae, ma era comunque curioso di cosa avrebbe detto l'amico. “Ah, no,” disse un po' imbarazzato il ragazzo. “Non mi sono mai piaciute le ragazze, quindi…” Si interruppe, con le guance rosse. “E non avrei mai chiesto ad un ragazzo di uscire, quindi... niente appuntamenti.”
Luhan annuì pensieroso, e Jongdae spostò lo sguardo su Junmyeon, per ricontare quante dita aveva ancora su. Quattro. Non cinque. Ne aveva di sicuro abbassato uno.
Non che a Jongdae importasse, o niente del genere, ovviamente.
Era il turno di Minseok, e ci pensò su solo un momento prima di dire, “Non ho mai... baciato una ragazza.”
Stronzo. Usare il suo orientamento sessuale per costringere gli altri a confessare di aver fatto qualcosa. Imbronciato, Jongdae abbassò un altro dito, e osservò come anche tutti gli altri, tranne Kyungsoo e Minseok, fecero lo stesso. “Era in prima elementare!” si difese Chanyeol, sotto lo sguardo sospettoso di Baekhyun, e l'unica risposta dell'amico fu, “Ma non me l'hai comunque mai detto! Tu sapevi del mio!” Junmyeon sembrava impassibile alla propria confessione, e Jongdae guardò male Minseok che lo stuzzicava riguardo alla ragazza che aveva avuto l'anno precedente, relazione che andò male per tutti quelli coinvolti. Ma Jongdae vide anche lo sguardo di Minseok abbassarsi sulle tre dita rimanenti di Luhan, e lo mise da parte per poi rendere la vita dell'amico difficile più tardi.
Qualche turno dopo, Jongdae decise di vendicarsi di Minseok. “Non ho mai,” disse, “baciato un ragazzo. O non sono mai stato baciato da un ragazzo,” aggiunse ripensandoci. Perché ridere sulla mancanza di vita amorosa dell'amico era sempre divertente, anche se a volte un po' crudele, considerando le circostanze.
Con assoluto shock di Jongdae, però, Minseok abbassò un dito, e poi vide ogni altra singola persona nella stanza abbassarne uno.
Jongdae sputacchiò. “Aspetta, cosa?” chiese, guardandosi attorno. “Perché sono l'unico che non è mai stato baciato da un ragazzo?” Il suo sguardo si posò su Junmyeon, che si guardava attorno imbarazzato.
“Baekhyun mi ha baciato quando eravamo piccoli,” annunciò Chanyeol, e Baekhyun arrossì.
“È stato un incidente,” insistette Baekhyun, come se avessero avuto quella conversazione molte altre volte prima. “Stavamo giocando ad acchiapparello e io sono inciampato e caduto e—”
“È convenientemente atterrato sulle mie labbra. Con le sue labbra.” rise Chanyeol.
Chiudi il becco,” disse Baekhyun, incrociando le braccia e mettendo il broncio.
Junmyeon sembrò molto meno imbarazzato dopo questa storia, e prese parola, dicendo, “Ero ad una festa di Capodanno in vacanza e c'erano alcune persone che avevano bevuto un po' troppo e un ragazzo mi ha baciato. Non lo conoscevo nemmeno. È stato decisamente strano.”
Jongdae rilasciò il fiato che non si era accorto di aver trattenuto.
“E tu, hyung?” chiese, voltandosi accusatorio verso Minseok. “Da quanto tu hai baciato un ragazzo?”
Minseok sorrise un po' a disagio, scambiandosi uno sguardo con Kyungsoo. Jongdae rimase a bocca aperta.
Io ho baciato lui, a dire il vero,” disse Kyungsoo, senza vergogna. “Quando avevo... undici anni, forse? Minseok hyung stava avendo un crollo, e ho pensato che il mio aiuto sarebbe potuto servire.”
Minseok rise imbarazzato. “Stavo passando una specie di crisi di sessualità,” ammise. “E mi stavo sfogando con Kyungsoo, perché forse mi piacevano i ragazzi. E poi mi ha baciato. È stata probabilmente la cosa più strana che mi sia mai capitata.”
“Ma ha funzionato,” puntualizzò Kyungsoo.
“Ho smesso di andare in iperventilazione,” confermò Minseok. “Penso fosse più che altro per lo shock, però. È stato il mio primo bacio e, credo, anche la prima volta che mi hai toccato.”
“Già, baciare non è esattamente sulla mia lista di Cose Che Posso Fare,” disse Kyungsoo. “Ma al tempo non ci stavo pensando. Comunque, hai smesso di dare di matto, ne abbiamo parlato a lungo, e Minseok è uscito dalla crisi.”
Minseok annuì, e Jongdae era ancora a bocca aperta. “Aspetta un secondo,” disse il più piccolo, agitando freneticamente le mani. “Kyungsoo ha saputo che sei gay prima di me?”
Minseok sussultò leggermente, come se fosse stato beccato a dire troppo. “Oh. Già. Riguardo quello...”
“Minseok hyung mi dice sempre che dai pessimi consigli,” disse Kyungsoo, sorridendo.
Jongdae stava per protestare, ma prima di poterlo fare, Baekhyun si sporse e disse, “E tu Luhan-ssi? Anche tu hai abbassato un dito.”
Luhan annuì, tanto impassibile quanto Kyungsoo. “Il mio amico Zitao mi ha baciato,” disse. “Ma Zitao bacia un sacco di persone. È molto amichevole.”
Jongdae immaginò fosse una spiegazione plausibile, ma vide nuovamente lo sguardo di Minseok posato un po' troppo a lungo sul ragazzo cinese. Per citare Chanyeol: “Curioso. Davvero curioso.”
(Ad essere sinceri, però, Minseok non conosceva nessuno oltre lui apertamente gay, quindi magari Jongdae gli avrebbe dato il beneficio del dubbio. Forse.)
Il gioco finì poco dopo, e Kyungsoo vinse con tre dita ancora alzate. Nessuno era davvero sorpreso; Kyungsoo non aveva mai fatto un sacco di cose, a quanto pare. Uscire raramente di casa poteva dare quel risultato, apparentemente. Come vincitore poté scegliere che film fuardare quella sera, e dopo un po' si sistemarono tutti di fronte alla TV per vederlo. A Kyungsoo venne offerto un posto sul divano, così come a Jongdae, dato che era il festeggiato, e rimase un posto vuoto accanto a lui. Quel posto finì per essere occupato da Junmyeon, perché Minseok era un idiota e disse, “Perché non ti siedi là, Junmyeon, sono sicuro che a Jongdae non dispiaccia.” Il che era stupido, perché per l'ultima volta, Jongdae non aveva una cotta per lui. Nonostante Junmyeon fosse ridicolmente attraente illuminato dallo schermo, perché un ragazzo non poteva apprezzare il bell'aspetto e la brillante personalità di un altro ragazzo? Accidenti! Minseok era davvero insopportabile a volte. Soprattutto quando lui stesso si sedette accanto a Luhan, dicendo che “doveva assicurarsi che Luhan capisse il film,” cosa ridicola dato che per lui misero i sottotitoli. Ipocrita. Minseok doveva davvero smetterla di rendergli così facile farsi prendere in giro, perché solo Dio sapeva che Jongdae ne avrebbe approfittato.
Quando il film finì, tutti erano addormentati o in dormiveglia. Baekhyun era svenuto, piegato contro Chanyeol nel loro puff, e Luhan sembrava a malapena cosciente, mentre ondeggiava precariamente accanto a Minseok, il quale sembrava terrorizzato dall'idea che il ragazzo potesse addormentarsi su di lui. Jongdae stesso restava sveglio a fatica, mentre i rimanenti ragazzi chiacchieravano piano, una conversazione che per lui non aveva senso fino a che Luhan non si riprese e chiese, “Qualcuno di voi sa qualcosa su Kim Jongin?”
Jongdae spalancò gli occhi – quand'è che si erano chiusi? - mentre tutti guardavano il ragazzo cinese sorpresi. Luhan non aveva detto molto durante tutto il giorno, a meno che non gli venisse chiesto qualcosa direttamente, quindi il fatto che stesse parlando era strano tanto quanto la domanda in sé.
“Kim Jongin…il ragazzo un anno indietro a noi?” chiese Chanyeol, inclinando leggermente la testa di lato e stringendo Baekhyun a sé in modo che non cadesse.
Luhan annuì, strofinandosi stancamente gli occhi. “Sì. Sai qualcosa su di lui?”
Minseok lo stava guardando in modo strano, con la bocca leggermente storta. “Perché all'improvviso ti interessa?” chiese, non proprio accusatorio, ma forse con un po' troppo interesse.
Luhan scrollò le spalle, sorridendo vagamente. “Sono solo curioso.”
“È piuttosto popolare,” disse Jongdae, dato che nessuno diceva niente. “Le ragazze parlano continuamente di lui. Su quanto sia carino e sexy e blah blah blah. Ma ho sentito dire che è abbastanza timido, non parla molto. Credo che sia uno di quei casi di 'ragazzo involontariamente carino'. Nel senso che riceve attenzioni anche se non le vuole.” Scrollò le spalle. “La mia compagna di banco ha una cotta enorme per lui, quindi ne sento parlare spesso. E,” aggiunse, “ho sentito che potrebbe essere bi.”
Ci fu un momento di silenzio, e poi Luhan si voltò e si sporse verso Minseok, il quale spalancò gli occhi e si allontanò fino a che non si rese conto cosa stesse facendo il ragazzo e rimase perfettamente immobile mentre Luhan gli sussurrava, “Cosa vuol dire?” nell'orecchio.
Uh,” disse piano Minseok, schiarendosi la gola nel silenzio opprimente della stanza. “È l'abbreviazione di 'bisessuale'. Vuol dire che gli piacciono sia le ragazze che i ragazzi.”
Gli occhi di Luhan si illuminarono all'improvviso, e sorrise. Jongdae di certo non fu l'unico a notarlo, perché Minseok lo fissò mentre il ragazzo diceva, “Ah, okay. Buono a sapersi.”
“È solo un pettegolezzo,” disse velocemente Minseok. “Solo perché Jongdae l'ha sentito da qualche ragazza non significa che sia vero.”
“Ha ragione,” disse Junmyeon, e Jongdae si sgonfiò leggermente.
“Allora perché lo direbbero?” chiese Luhan, sbattendo i grandi occhi innocentemente.
Minseok scrollò le spalle. “Perché alle ragazze adolescenti piace spettegolare.” Fece una pausa, guardò Jongdae. “Scusa, alle ragazze adolescenti e a Jongdae.”
Un paio di ragazzi risero, e Junmyeon era uno di loro. Jongdae si imbronciò. “Ho solo sentito delle cose, okay?” disse. “Comunque, nessuno sembra sapere niente circa vecchie ragazze o ragazzi o cose così, quindi non c'è niente di certo.” Decise di chiudere il becco poi, perché cominciava davvero a sembrare come se passasse tutto il tempo a scuola ad ascoltare le ragazze della sua classe che parlavano di ragazzi.
Luhan sembrò soddisfatto delle informazioni raccolte, comunque, e la conversazione si spostò su quali piani avessero per il giorno seguente. Jongdae pensò di aver sentito Kyungsoo invitare Luhan ad andare da lui, ma non poteva esserne sicuro perché i suoi occhi si stavano pian piano richiudendo, e aveva così sonno, ed era così comodo sul divano, e che male c'era se avesse fatto un piccolo pisolino e—
Si riscosse nuovamente un momento dopo quando sentì una mano calda sul ginocchio, scuotendolo leggermente. Aprì gli occhi e vide Junmyeon che lo guardava, sorridendo. “Uh,” disse intelligentemente.
“Devo andare,” disse Junmyeon, ridendo un poco. “Se ti va bene.”
“Huh?” Jongdae stava avendo qualche problema a pensare. Perché era stanco, ovviamente, non per qualche altra ragione. “Oh, sì. Certo.”
Junmyeon continuò a sorridergli, e Jongdae non era sicuro se il tempo stesse scorrendo più lento del normale perché non era completamente sveglio o cosa. La mano di Junmyeon era ancora sul suo ginocchio, però, e una parte del cervello di Jongdae stava ancora cercando di decidere se fosse normale o meno. “Grazie per avermi invitato alla festa,” disse piano il maggiore.
“Uh huh.” Jongdae probabilmente sembrava un idiota. “Voglio dire, è stato Minseok. Non io. Non che – uh, non è che non volevo che venissi. Ma non gli ho detto io di invitarti. E... uh. Già, sono contento sia venuto. Non che volevo che venissi. Aspetta, no così suona male. Non intendevo questo. Ho solo... Lascia perdere, smetto di parlare. Grazie per essere venuto.”
Junmyeon rise. “Mi sono divertito. Buon compleanno, Jongdae.”
Jongdae tenne la bocca risolutamente chiusa e si limitò ad annuire.
Il maggiore si alzò in piedi un momento dopo, togliendo finalmente la mano dal suo ginocchio. Salutò gli altri e poi scomparve oltre la porta, e Jongdae si ritrovò inconsciamente a fissarla.
Quando alla fine distolse lo sguardo, vide che Minseok lo guardava con un sorriso che a Jongdae non piaceva per niente. “Non dire una parola,” mormorò, gettandosi sul posto che Junmyeon aveva appena liberato. Era piacevolmente caldo, e odorava di... non importa, non avrebbe completato quel pensiero,
Minseok non disse niente, ma Jongdae poteva quasi sentire la sua voce irritante nella propria testa.
Avrebbe comunque ucciso il suo migliore amico per aver invitato Junmyeon oggi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


“Ciao, Sehun-ah.”
Sehun fece l'errore di sollevare lo sguardo dal proprio pranzo e guardare il ragazzo sorridente di fronte a sé. Trattenne a stento un grugnito esasperato. Siamo sinceri, qualsiasi altra persona al mondo si sarebbe ormai resa conto che la propria presenza non sarebbe mai stata ben accetta per Sehun, ma Luhan no. A questo punto, Sehun non riusciva nemmeno più a capire se il ragazzo fosse semplicemente estremamente ottuso, o se si stesse illudendo che se avesse continuato a provare, allora Sehun avrebbe cominciato a tollerarlo.
La cosa terrificante era che Sehun cominciava a pensare di stare tollerando Luhan.
“Come è andato il tuo fine settimana?” chiese allegro Luhan, e Sehun poteva dire anche senza guardare il maggiore che più che aspettarsi una risposta era eccitato di raccontargli come fosse andato il suo. Il ragazzo, ovviamente, non si degnò di rispondere. “Il mio è stato fantastico. Davvero. Venerdì Minseok mi ha invitato alla festa di compleanno di Jongdae. Ero così sorpreso. Pensavo si fosse stufato di me ormai! Ero così felice. Oh! E Kyungsoo – il vicino di Minseok – mi ha chiamato hyung! E anche Jongdae! È stato piacevole.” Fece una pausa, poi aggiunse velocemente, “Minseok mi chiama semplicemente ‘Luhan’. Ma almeno ha smesso di chiamarmi ‘Luhan-ssi’, giusto?” Un piccolo sospiro, e poi, “Tu puoi chiamarmi hyung, okay Sehun? Se vuoi.”
Sehun assottigliò le labbra con decisione. Non aveva mai chiamato Luhan in alcun modo, men che meno hyung. Non sapeva cosa Luhan stesse cercando di tirargli fuori. Se lo chiedeva da tempo ormai.
Luhan annuì, poi continuò, come se non stesse parlando a quello che era essenzialmente un muro di mattoni. “Kyungsoo mi ha invitato ad andare a casa sua domenica. Non con Minseok o niente del genere. Solo io e Kyungsoo. Ero davvero eccitato, anche se ho dovuto cancellare qualche impegno per andare.” Rise piano, imbarazzato. Sehun finse di non star ascoltando. “Kyungsoo mi ha detto che raramente ha ospiti. Mi sono dovuto lavare le mani molto bene prima di poter entrare, per precauzione. Kyungsoo si ammala molto facilmente. Camera sua è figa, però. Visto che passa molto tempo da solo a casa, ha un sacco di hobby interessanti. Guarda le stelle, e dipinge, e ha un sacco di libri di scienze e modellini. Minseok mi ha detto che ormai non si preoccupa nemmeno più quando sente rumori provenire dalla stanza di Kyungsoo.” ridacchiò Luhan.
Sehun sentì una scintilla di interesse, ma la spense subito. Era un malfunzionamento del suo cervello, niente di più. Non era abituato ad affrontare situazioni del genere.
“Kyungsoo sembra davvero intelligente. Sembra capire molto bene le persone, e Minseok mi ha detto che parla con lui di tutti i suoi problemi. Volevo fare la stessa cosa, ma... beh. È molto amico di Minseok. Non volevo che Minseok scoprisse i miei problemi.” Luhan rise un po' tristemente. “Volevo chiedere di lui a Kyungsoo, ma ho pensato che potesse essere maleducazione o qualcosa del genere. Comunque, dopo sono andato da Minseok, per fare un po' di compiti. Sembrava un po' irritato, e mi sono sentito in colpa, ma avevo davvero bisogno del suo aiuto. Ma ho pensato che forse era irritato perché stava male, perché a metà pomeriggio ha cominciato a diventare pallido e a tremare, e mi ha suggerito di tornare a casa.” Sehun sollevò lo sguardo per un momento, contro la propria volontà, e vide che Luhan si stava mordendo nervosamente il labbro. “Dovevo comunque andare, ma... mi sono sentito in colpa. Ma è tutto okay, oggi sta bene.” Luhan annuì deciso, come per rassicurarsi, e Sehun distolse nuovamente lo sguardo.
“Oh!” esclamò all'improvviso Luhan, spaventando leggermente Sehun. “Mi sono dimenticato che dovevo dirti una cosa. Ho osservato Kim Jongin—”
A questo punto, Sehun non poté trattenere il suono contrariato che gli uscì dalla bocca. Luhan non sembrò notarlo.
“—E ho chiesto ai ragazzi alla festa se sapessero qualcosa su di lui. Ma nessuno sembrava sapere molto,” continuò Luhan.
Ti prego ti prego ti prego fa che non vada a finire come Sehun immagina andrà a finire.
“Ti sta di nuovo guardando,” affermò Luhan. “Penso che andrò a parlare con lui.”
Senza pensare, la mano di Sehun afferrò il suol polso quando il ragazzo cercò di alzarsi. Sentì Luhan sussultare per la sorpresa. “Non farlo,” disse Sehun, così piano che Luhan faticò a sentirlo.
“Ma voglio fargli qualche domanda,” disse Luhan.
La presa di Sehun si rafforzò leggermente, gli occhi fissi sul tavolo. “Non farlo,” disse ancora, poi strinse i denti e aggiunse, “Per favore.” Quelle parole erano amare e velenose sulla sua lingua. Sehun non pregava nessuno da anni. Si ricordava distintamente l'ultima volta che l'aveva fatto, e non era un ricordo piacevole.
Luhan rimase immobile per un momento, poi si risistemò sulla sedia. Sehun allentò la presa sul suo polso ma non lo lasciò andare. “D'accordo,” disse Luhan, piano, come se stesse parlando con un animale volubile. “Però devi rispondere ad alcune mie domande.”
“Cosa?” chiese incredulo Sehun, socchiudendo gli occhi.
Luhan annuì compiaciuto. “Non parlerò con Jongin, ma in cambio, risponderai alle mie domande. O l'una o l'altra.”
Era un ricatto? Brontolando piano, scelse la meno peggio. “Va bene,” ruggì. “Fai le tue stupide domande.” Lasciò andare il maggiore e incrociò le braccia.
Se Luhan si era reso conto che Sehun gli stava parlando in modo informale, non ne fece parola. “Perché sei così contrario all'idea che parli con Kim Jongin?” chiese, la voce ancora debole e gentile. Non aiutava a fatto.
“Perché sì,” disse impassibile.
“Devi rispondere onestamente,” lo rimproverò Luhan. “Questa non è nemmeno una risposta.”
Sehun sospirò, forse un po' troppo drammatico. “Perché,” cominciò, “Non voglio che pensi a me.”
“Sembra che stia già pensando a te,” gli fece notare Luhan, guardando oltre la spalla del più piccolo, probabilmente verso il ragazzo in questione.
“Già, magari la smetterà se non lo calcolo,” Sehun ruggì. Non che stesse funzionando con un certo qualcuno.
“Perché non vuoi che pensi a te?” chiese poi Luhan, posando il mento sulla mano.
Sehun fece un gran respiro. “Non voglio che nessuno pensi a me,” rispose.
“Perché no?” lo incoraggiò Luhan.
Perché,” disse frustrato Sehun. “Non voglio e basta. Finisce sempre male.”
Luhan rimase in silenzio per un lungo momento, e quando Sehun lo guardò, il più grande lo stava osservando con occhi gentili. Poi disse, “Perché hai cambiato scuola?”
Sehun venne preso in contropiede per l'improvviso cambio di argomento. “Io—mi hanno trasferito. In una nuova casa.”
“Cosa?” chiese Luhan, confuso. “Intendi dire che hai traslocato?”
E Sehun non sapeva perché lo stesse facendo, dato che ogni campanello di allarme nel suo cervello gli stava dicendo di non farlo, ma scosse la testa e disse, “Mi hanno trasferito in una nuova casa famiglia.”
Luhan rimase in silenzio per un attimo, poi disse piano, “Oh.” Sehun distolse lo sguardo, con la rabbia che gli saliva in corpo, era arrabbiato con se stesso per aver detto qualcosa, disgustato e frustrato, ma poi Luhan chiese, “Che cos'è?”
Sehun rise, amaramente. “Significa che i miei genitori non possono tenermi e nessun altro mi vuole,” mormorò. “Lascia perdere. Vai via. Non voglio rispondere ad altre domande.”
Sorprendentemente, Luhan si alzò lentamente, e Sehun non lo guardò. Un momento dopo, sentì una mano posarsi sulla propria spalla, e Sehun non si disturbò a scacciarla. “Mi dispiace,” disse Luhan, e anche se non era sicuro di volerlo fare, Sehun gli credette. “Vorrei comunque diventare tuo amico, però.”
Sehun grugnì debolmente. “Io non ho amici.”
“Potresti,” fu tutto quello che disse Luhan prima di allontanarsi, tornando da Minseok.
Per qualche strana ragione, Sehun sentì freddo nel punto in cui la mano di Luhan era scivolata dalla sua spalla.


Minseok non era sicuro di cosa provare vedendo Luhan osservare Oh Sehun dall'altra parte della mensa. Non era nemmeno sicuro di come sentirsi su molte cose che riguardavano Luhan, ma questa cosa di Sehun era la più importante al momento.
“Cosa ha detto oggi?” chiese Minseok masticando il proprio pranzo.
“Huh?” disse Luhan, voltandosi verso di lui. “Oh. Uh…non molto. Penso sia personale.”
Il naso di Minseok si arricciò involontariamente. “Non sapevo foste così in confidenza,” disse.
Luhan annuì vagamente. “Non lo siamo,” disse, un po' triste. “Ancora.”
Minseok si accigliò, ma non sapeva come rispondere. Invece, disse, “Allora, come sta venendo il tuo progetto?”
“Il mio progetto?” gli occhi di Luhan si offuscarono all'improvviso. “Oh, quello. Ho ancora solo due foto - quella che hai fatto in aeroporto, e quella che mi ha fatto Kyungsoo sabato alla festa.”
“Quale hai scelto?” chiese Minseok. Sapeva che Kyungsoo ne aveva fatto un paio lungo tutta la giornata.
“Quella con tutti noi che esultiamo dietro Jongdae, mentre soffia le candeline sulla torta,” disse Luhan con un sorriso caldo. “È davvero una bella foto, e ci vediamo chiaramente io... e te.”
Minseok riuscì a fare un sorriso imbarazzato. “Cosa scriverai nella didascalia?” chiese, per distrarsi da altri sentimenti strani.
Luhan aggrottò leggermente le sopracciglia. “Stavo pensando, forse…‘Più che il luogo, sono le persone in Corea che cominciano a farmi sentire a Seoul come a casa.’” Guardò Minseok, gli occhi spalancati e sinceri. “È buona?”
Minseok annuì stupidamente, la mente leggermente offuscata sotto quello sguardo. “Sì, è buona,” disse. Poi si schiarì la gola e continuò, “Comunque, possiamo fare qualche altra foto, se vuoi. Magari a scuola? In fondo passi molto tempo qui.”
Luhan sorrise, annuendo. “È una buona idea,” disse. “Ma mi piacerebbe fare foto in diversi posti di Seoul, prima o poi. Come un vero tour della città, o qualcosa del genere.”
“Posso portarti,” biascicò Minseok senza nemmeno rendersene conto. “Voglio dire, visto che comunque dovrei fare le foto, ti ci posso portare.”
Luhan si illuminò. “Grazie, Minseok,” disse, con voce calda.
Minseok aprì la bocca per dire qualcosa – non era sicuro cosa – ma prima che potesse farlo, Jongdae apparve al loro tavolo, sorridendo. “Oh, ciao Jongdae,” disse Minseok sorpreso.
“Hey,” rispose l'amico, ma stava guardando Luhan. “Ho chiesto un po' in giro di Kim Jongin.”
“Cosa?” chiese Minseok, ma venne ignorato.
“Oh, grazie Jongdae!” disse Luhan, sorridendo. “Non mi aspettavo facessi così in fretta.”
Sedendosi accanto al ragazzo cinese invece che al solito posto vicino a Minseok, Jongdae si sporse e abbassò leggermente la voce, “Beh, la maggior parte sono solo pettegolezzi, ma da qualche parte dovranno pure arrivare, no? Comunque, ho sentito che non è il massimo a scuola, ma solo perché passa molto tempo a ballare. Ho ricevuto risposte contrastanti circa che tipo di danza, però. Ma sì, questo supporta tutta la teoria bi—”
Minseok si sporse oltre Luhan e colpì leggermente Jongdae. “Non fare stereotipi sui gay,” disse severo.
Jongdae gli fece una smorfia. “Bene. Comunque, non sembra essere coinvolto in nessuna attività extracurricolare a scuola, probabilmente per le sue cose di danza. E a quanto pare ha due sorelle maggiori, e lo sfondo del suo telefono sono i suoi cani.” Si interruppe all'improvviso. “Oh mio Dio, sembro uno stalker.”
Luhan rise, ma prima che qualcuno potesse dire altro, una voce profonda disse, “Hey, stiamo di nuovo parlando di Kim Jongin?”
Sollevarono tutti lo sguardo su Chanyeol che stava tirando via Baekhyun dal loro solito tavolo. Luhan si illuminò. “Sì, Jongdae stava raccogliendo informazioni per me.”
“Baek conosce Jongin,” disse Chanyeol, e Baekhyun annuì.
“Stavo dormendo quando ne stavate parlando,” disse Baekhyun. “Ma mio fratello ha frequentato sua sorella per un po' di tempo. Quindi ho sentito parlare di lui qualche volte. Da una fonte certa.”
Minseok rimase seduto in silenzio mentre tutti cominciavano a parlare a bassa voce di Kim Jongin, del quale lui aveva a malapena sentito parlare prima.
“Non posso dirti con sicurezza se sia bi o meno,” disse Baekhyun, poggiandosi al tavolo e arricciando il naso pensieroso. “Ma non ne sarei troppo sorpreso. All'altra sua sorella piacciono le ragazze, quindi ovviamente la sua famiglia non ha problemi al riguardo. Ma non ho mai sentito niente circa sue passate relazioni. Balla, però. Danza classica, penso, ma forse anche hip-hop. O forse lo fa solo per divertirsi. Comunque, mio fratello è stato a casa sua qualche volta, e una volta è tornato e mi ha detto che aveva sempre pensato che Jongin fosse figo e tutto, ma invece è un po' impacciato e goffo.”
Luhan annuì in modo pensieroso, voltandosi, e Minseok seguì il suo sguardo, posato sul ragazzo in questione che era seduto con altri ragazzi, e sorrideva per qualcosa. Non solo sembrava l'esatto opposto di impacciato, ma era anche dannatamente bello, e Minseok ebbe l'improvviso istinto di dire a Luhan di smettere di guardarlo
“È gentile, però?” chiese Luhan, rivoltandosi verso Baekhyun. “Devo sapere se è gentile.”
Minseok aprì la bocca per chiedere perché dovesse saperlo, ma Baekhyun stava già parlando, dicendo, “Mio fratello non ha mai detto niente di male su di lui. Sua sorella è super gentile, però, e adora Jongin. Parlava di lui tutto il tempo, sai, come fanno le sorelle. Voglio dire, per come ne parlava lei, penseresti sia la persona più dolce del mondo. Ma sono sicuro che fosse lei di parte.”
Luhan sorrise e annuì, apparentemente soddisfatto da quella risposta.
Sbuffando leggermente, Minseok riuscì finalmente a prendere parola, “Perché chiedi a tutti di Kim Jongin?”
Luhan sembrò pensarci un momento, guardando ancora il ragazzo dall'altra parte della stanza. “Sono interessato a lui,” disse, e Minseok sapeva che poteva semplicemente significare che trovava Jongin interessante, ma questo non lo fermò dal saltare ad un centinaio di conclusioni possibili, e tutte lo facevano stare leggermente male.
“Capisco,” fu tutto quello che disse, e si voltò nuovamente verso il proprio pranzo mentre Luhan continuava a guardare Jongin con occhi che lo valutavano. All'improvviso si pentì di avergli chiesto qualcosa.


Era la fine del giorno successivo, durante l'ora di studio e proprio prima che suonasse la campanella, che Luhan si voltò verso Minseok all'improvviso e sussurrò, “Posso farti una domanda?”
Distogliendo lo sguardo dai suoi compiti di matematica solo per un secondo, Minseok annuì, cancellando un numero. “Certo,” sussurrò in risposta. Luhan gli faceva sempre domande durante l'ora di studio, quando aveva bisogno di chiarimenti (cosa che accadeva spesso).
Ci fu un breve silenzio, e poi il ragazzo disse, “Come sviluppi delle foto?”
Minseok si voltò verso di lui sorpreso, un sopracciglio alzato incredulamente. “Non lo sai?”
Luhan si grattò il collo imbarazzato. “Beh, so come farlo in Cina. Ma vivevamo in una cittadina davvero piccola... dovevamo farlo di persona... e io non l'ho mai fatto…” Sembrava vagamente a disagio. “Come fate in Corea?”
Minseok non poté trattenere un piccolo sorriso per l'imbarazzo del ragazzo. “Ci sono diversi posti in cui farlo,” disse. “Vai in un negozio dove ci sono diverse macchine, inserisci la scheda della macchina fotografica, scegli le foto da stampare…” Si interruppe quando Luhan lo guardò spaventato. “Okay, ti spiego passo per passo. Prima devi—”
“Ti aiuto io!” disse all'improvviso una voce, e Minseok e Luhan si voltarono e videro la ragazza seduta dietro di loro che sorrideva vincente. Minseok sbatté le palpebre. “Vuoi qualcuno che ti aiuti a sviluppare delle foto, vero? Posso aiutarti!”
Luhan si immobilizzò, tornando automaticamente alla modalità 'non ho idea di cosa stai dicendo' davanti al viso della ragazza, e nemmeno Minseok sapeva cosa dire.
“Possiamo andare dopo la scuola, hmm?” disse la ragazza, attorcigliandosi un ciuffo di capelli attorno al dito e sbattendo le ciglia. “Conosco un posto dove puoi andare, se Minseok non lo sa.”
Luhan aprì finalmente la bocca per rispondere, ma prima che potesse farlo, Minseok biascicò, “Lo porto io!”
Sia Luhan che la ragazza lo guardarono sorpresi. Minseok si sentì avvampare. “Posso portarlo io,” mormorò più piano. “Non devo fare niente dopo la scuola. Ti accompagno a sviluppare le foto.”
Ci fu un lungo momento di silenzio dove Minseok voleva nascondere il viso sotto il banco, ma poi Luhan disse, “Okay.”
Minseok si sforzò di guardare il ragazzo e lo vide sorridere. “Huh?”
“Lo apprezzerei,” disse Luhan piano, improvvisamente timido. “Se mi aiutassi.”
“Oh.” un sorriso stirò le labbra di Minseok, anche se era ancora imbarazzato per l'improvvisa esclamazione di prima. “Okay.” La campanella suonò, e Minseok finse di non vedere la ragazza dietro di loro che si imbronciava delusa. “Andiamo, allora.”
Luhan sorrise e annuì, raccogliendo i libri da portare a casa. “Grazie, Minseok.”
Fu solo quando arrivarono agli armadietti, prendendo i loro zaini, che Minseok si rese conto di una cosa. “Aspetta, Luhan. Non hai solo tre foto da sviluppare?” C'era quella dell'aeroporto, quella della festa di Jongdae, e ieri dopo le lezioni Minseok gli aveva fatto una foto in uniforme, davanti all'uscio della classe vuota, come se si stesse preparando ad entrare e sedersi al proprio posto. Perché Luhan avrebbe dovuto sviluppare tre foto?
Luhan sollevò lo sguardo da dove stava chiudendo lo zaino. “No, ne ho diverse. Non per il progetto, però. Solo per me. E Kyungsoo mi ha chiesto di svilupparne alcune per lui.”
“Oh. Okay allora.” Ora che Minseok ci pensava, aveva visto il ragazzo armeggiare con la fotocamera qualche volta, durante il pranzo e alla festa di compleanno. Aveva sempre pensato che stesse solo cercando di capire come usare la marea di impostazioni diverse, o esercitandosi per il suo progetto.
Quando uscirono da scuola e arrivarono sul marciapiede, Minseok svoltò a sinistra. “Conosco un posto dove puoi sviluppare le foto,” disse, facendo un cenno verso la direzione in cui stavano camminando. “Stai attento, così saprai come arrivarci in futuro.”
Luhan annuì, stringendo la macchina fotografica che aveva in mano. Camminarono in silenzio per uno o due minuti, e poi Minseok vide il ragazzo sollevare la fotocamera all'improvviso, inquadrare e scattare una foto velocemente. Poi la abbassò, guardò l'anteprima e sorrise. Minseok si chiese se l'avesse fatto spesso prima, senza che lo notasse.
“Allora…” disse Minseok dopo qualche minuto passato a guardare Luhan che faceva foto. “Quel Sehun... sembrava piuttosto incazzato oggi a pranzo.” Aspetta, perché stava parlando di Oh Sehun? Non gli piaceva nemmeno pensare a Oh Sehun. Quando Luhan gli lanciò uno sguardo confuso, però, Minseok si dimenticò automaticamente di quello e cambiò parola. “Agitato. Sembrava agitato.”
Luhan annuì, aggrottando le sopracciglia e lasciando che la fotocamera gli pendesse dal collo. “Sì. Penso sia arrabbiato con me.”
Ora fu lui ad accigliarsi. “Perché?” chiese, sembrando più offeso di quanto non avesse voluto.
Luhan giocherellò con il bottone della propria giacca, mordendosi il labbro. “Penso di avergli fatto troppe domande ieri.”
“Allora perché non lo lasci da solo?” chiese Minseok, aggrottando le sopracciglia. “Se si arrabbia con te solo per questo…”
Luhan scosse la testa velocemente. “No, non posso smettere di tentare ora. Significherebbe che ho fallito. Voglio aiutarlo, non peggiorare le cose.” Guardò Minseok, sorridendo leggermente. “Kyungsoo è d'accordo con me.”
Minseok cercò di non pensare al fatto che Luhan avesse discusso di queste cose con il suo vicino. Invece, scrollò le spalle e disse, “Immagino sia così, se lo dici tu…” I due si fermarono ad un incrocio.
Luhan canticchiò piano, guardando la città affollata che lo circondava. “Continua a non piacermi girare per la città,” disse casualmente. “È così diverso da dove sono cresciuto. Mi spaventa, a volte.”
“Ho vissuto in città per tutta la mia vita,” disse Minseok, guardando le macchine che gli scorrevano davanti. “Non riesco nemmeno a immaginare come sarebbe vivere altrove.”
“Le piccole città sono molto più tranquille,” disse Luhan, gli occhi fissi sul semaforo. “Oh, possiamo andare?” Fece un passo sulle strisce.
La mano di Minseok scattò d'istinto, afferrando la prima cosa che riuscì a raggiungere, e tirò Luhan indietro, esclamando, “Aspetta!” Una macchina suonò il clacson, mancando il piede di Luhan di pochi centimetri. Minseok fece un sospiro di sollievo e disse, “Controlla sempre due volte prima di attraversare una strada a Seoul. Le persone infrangono le regole della strada più volte di quanto le rispettino.”
Luhan lo fissò con gli occhi sgranati, sbattendo le palpebre un paio di volte, prima che il suo sguardo scendesse sul braccio di Minseok, il quale seguì il movimento e si rese conto che stava stringendo la mano di Luhan. Deglutendo a fatica, la lasciò andare come se si fosse scottato. “Scusa,” mormorò. “Io – non volevo che ti investissero.”
Gli occhi di Luhan tornarono al suo viso, ancora vagamente scioccato. “Grazie.”
Minseok scosse la testa velocemente, imbarazzato, e cominciò ad attraversare la strada. “Andiamo,” disse. “Il posto è proprio qui davanti.”
Qualche minuto dopo, si ritrovarono di fronte a una macchina che stampava fotografie, e Minseok spiegò la differenza tra foto lucide e foto opache. Quando Luhan dovette scegliere le foto da stampare, però, il ragazzo si posizionò in modo che Minseok non potesse più vedere lo schermo. Luhan gli lanciò uno sguardo leggermente imbarazzato e Minseok capì cosa stesse cercando di dirgli.
“Vado a, uh…guardare un paio di cose,” disse Minseok, e Luhan gli sorrise grato prima di voltarsi nuovamente verso lo schermo.
Dopo qualche minuto in cui Minseok vagava senza scopo per il negozio e Luhan sceglieva le foto, il ragazzo cinese chiamò Minseok per aiutarlo a completare l'operazione. “Ora tutto quello che devi fare è pagare, e poi le foto saranno pronte per il ritiro tra un'ora o due,” disse, indicando il prezzo sullo schermo.
“Okay,” disse allegro Luhan, tirando fuori il portafogli e aprendolo. “Kyungsoo mi ha dato i soldi per le sue, oh, e questi sono per te—” Minseok saltò per la sorpresa quando sentì Luhan premere qualcosa nella sua mano. Abbassò lo sguardo e vide una banconota stropicciata da 5,000 won. “Per il tuo aiuto oggi,” disse Luhan, con voce nervosa. “Sono sicuro che questa conti come sessione di aiuto.”
Minseok aprì la bocca per dire qualcosa, le dita attorno ai soldi, ma non uscì alcun suono. Prima che potesse anche solo capire cosa fosse successo, però, Luhan fece un piccolo suono.
“Oh,” disse piano, guardando il portafogli. “Non mi bastano.”
Minseok guardò in silenzio il ragazzo voltarsi verso lo schermo, il dito puntato contro il pulsante indietro per deselezionare qualche foto.
“Aspetta.” La parola uscì dalle labbra di Minseok prima ancora che decidesse di dirlo. Sentendo di non avere più il controllo del proprio corpo, Minseok prese gentilmente la mano di Luhan, come aveva fatto lui un momento prima. Gli restituì la banconota da 5,000 won. “Tieni,” disse, la gola secca sotto lo sguardo spalancato di Luhan. “Io—puoi tenerli. Compra le tue foto. Lo sto facendo solo... per aiutarti. Perché voglio farlo. Non c'è bisogno che mi paghi.”
Luhan lo fissò per un altro momento, gli occhi sospettosamente lucidi, come se stesse per mettersi a piangere, ma fortunatamente non lo fece. Sbatté velocemente le palpebre, chiudendo le dita attorno ai soldi, e per il più breve dei secondi, strinse la mano di Minseok nella propria. Minseok non era sicuro del perché quel piccolo gesto sembrasse significare così tanto.
Dopo che Luhan ebbe pagato, avevano un po' di tempo da ammazzare, fino a che le foto non sarebbero state pronte. Onestamente, a questo punto Minseok sarebbe potuto tornare a casa e lasciare che Luhan gestisse il resto da solo, ma... non lo fece. Invece, disse, “Andiamo in giro per negozi fino ad allora.”
Luhan sembrava piuttosto sorpreso dalla proposta, ma acconsentì prontamente. Finirono in un negozio di cappelli lì vicino, e Luhan cominciò subito a provarsene diversi, controllando il suo riflesso nei diversi specchi, aggiustandosi attentamente la frangetta che fuoriusciva dal cappello. Ad un certo punto, provò un cappellino peloso a forma di koala, e si voltò verso Minseok, chiedendo, “Come mi sta?”
Minseok sorrise per il cappello infantile. “Carino,” disse automaticamente, poi abbassò il viso per nascondere il leggero rossore quando si rese conto di cosa aveva detto.
“Prova questo,” gli disse all'improvviso Luhan, distraendolo dal proprio imbarazzo.
Il ragazzo aveva in mano un cappello con la pelliccia, e Minseok lo fissò per un momento prima di dire, “Ma non è inverno.”
“Ma lo sarà,” puntualizzò Luhan.
Minseok rise. “Penso che questo sia più il mio genere.” Afferrò uno snapback e lo indossò, mettendosi in posa.
Luhan sorrise e annuì. “Stai bene con i cappelli,” disse, con voce casuale, prima di voltarsi per provarne un altro.
Minseok sbatté le palpebre un paio di secondo prima di ricordarsi di togliersi il cappello e continuare a guardare. Un momento dopo, prese un berretto alla Sherlock Holmes e se lo mise, voltandosi verso Luhan che stava provando un cappellino blu, e disse, “Che ne dici di questo? Come mi sta?”
Luhan lo guardò e rise. Minseok scoprì che gli piaceva far ridere Luhan.
“Che ne pensi di questo?” divenne il tormentone di quell'ora, con Minseok che si provava i cappelli più ridicoli, solo per far ridere ancora Luhan. Da quello di Sherlock Holmes a un fedora viola, da un cappello da cow boy a una bombetta verde, da un berretto nero con i pompon rosa ad un colorato cappellino con le eliche, ma il più magnifico di tutti era quello giallo acceso con qualche spruzzatina di fiori rosa. Luhan fece una foto di Minseok che posava con quell'ultimo cappello, il quale lo minacciò che se qualcun altro oltre loro avesse visto quella foto sarebbe stato in Guai Davvero Seri. Luhan rise ancora un po', e Minseok non riuscì a stare serio.
Quando uscirono dal negozio, Minseok si ritrovò immerso nell'odore di qualcosa di saporito e delizioso. Stava per voltarsi nell'altra direzione, ma poi vide Luhan fissare tristemente la bancarella di udon lì vicino, e si ricordò del suo povero portafogli vuoto, e prima di accorgersene, si ritrovò a dire, “Ne vuoi un po'?”
Luhan lo guardò sorpreso. “Non ho più soldi,” disse, sembrando desolato
“È tutto okay,” disse Minseok, tirando fuori il proprio portafogli. “Offro io.”
Sul viso di Luhan passarono una serie di emozioni diverse, a partire dalla gioia e finendo con la preoccupazione. “Ma tu non puoi mangiare, vero?”
Ad essere sinceri, Minseok era sorpreso che Luhan se ne fosse ricordato. Cercò di scrollare la spalle con nonchalance. “No, ma non ho fame comunque.” Questa era una bugia bella e buona. “Facciamo così, mi devi un favore, okay?” Sorridendo, si avvicinò alla bancarella e ordinò prima che Luhan potesse protestare. Cercando di placare il ruggente vuoto del suo stomaco, portò il vassoio a Luhan, il quale sembrava alle stesso tempo eccitato e indeciso. Prima che potesse dire qualcosa, però, Minseok spinse il cibo nelle sue mani, sorridendo rassicurante. “Mangia,” gli ordinò.
Mettendo da parte l'esitazione, Luhan prese un morso e sorrise. “È buono,” disse, e Minseok annuì prima di distogliere lo sguardo, perché stava davvero morendo di fame e guardare Luhan mentre mangiava peggiorava soltanto le cose. Doveva davvero andare a casa a mangiare qualcosa.
Continuarono a passeggiare lungo le strade di Seoul mentre Luhan mangiava, guardando le vetrine ed entrando nei negozi di tanto in tanto, per vedere se c'era qualcosa di interessante. Luhan aveva l'abitudine di indicare qualcosa e dire, “Guarda!” per attirare l'attenzione di Minseok, solitamente per mostrargli qualcosa che trovava divertente o carino o esorbitantemente caro. Una volta, però, quando Minseok era impegnato a frugare tra una pila di CD in un negozio di seconda mano, la stessa voce lo chiamò, “Seok-ah!”
La testa di Minseok scattò in un istante. Nessuno lo chiamava mai ‘Seok-ah’. Aveva sentito una serie di nomignoli nel corso della propria vita, dai suoi genitori ai compagni di classe, ma nessuno lo aveva mai chiamato così, e Luhan—che lo aveva sempre e solo chiamato ‘Minseok’—sicuramente non lo aveva mai chiamato così. Si voltò, pronto a dirgli che non era mai successo che lo chiamassero in quel modo, ma si bloccò quando vide che Luhan lo stava fissando con gli occhi spalancati. Minseok aprì la bocca, ma l'unica cosa che uscì fu, “Sì?”
Luhan sbatté le palpebre un paio di volte, visibilmente imbarazzato, poi balbettò, “Scusa, non volevo dirlo—”
Minseok rise, divertito dal fatto che Luhan pensasse fosse un gran problema. “Va tutto bene,” disse. “Non mi dispiace.”
E davvero, non gli dava fastidio. Anzi, pensò che non gli sarebbe affatto dispiaciuto se Luhan fosse stato l'unico a chiamarlo così.


Minseok e Luhan stavano uscendo dal negozio di fotografia, una piccola pila di foto nelle mani di Luhan, il ragazzo stava raccontando a Minseok dei suoi vecchi compagni di scuola quando svoltarono l'angolo e Luhan smise di parlare all'improvviso, facendo un passo indietro. Guardandolo incuriosito, Minseok inarcò un sopracciglio.
Luhan non disse niente, facendogli cenno di indietreggiare, e Minseok fece un passo indietro. Quando fu al sicuro dietro di lui, Luhan si avvicinò al muro e sbirciò oltre l'angolo, e Minseok si accigliò confuso fino a che Luhan non sussurrò, “È Kim Jongin.”
“Huh?” Avvicinandosi, Minseok sbirciò a sua volta, e vide il più piccolo camminare nella loro direzione, con le cuffie attaccate all'iPod che teneva in tasca. Era da solo, e trasportava quello che sembrava un borsone da palestra, e mentre si avvicinava, Luhan afferrò la spallina dello zaino di Minseok e tirò entrambi nel negozio più vicino, in modo che quando Jongin avesse svoltato l'angolo non avrebbe visto nessuno. Minseok e Luhan guardarono il ragazzo oltrepassare la vetrina, e quando fu a una distanza sicura, Luhan uscì dal negozio e lo fissò.
“Um,” cominciò Minseok, perplesso. “Cosa sta succedendo esattamente?”
Senza avvisarlo, Luhan cominciò a seguire Jongin, gli occhi fissi sulla sua schiena. “Lo sto osservando,” disse semplicemente.
Minseok corse per tenere il passo, sentendosi molto confuso e leggermente a disagio. “Perché?” chiese.
“Perché sono interessato a lui,” disse ancora Luhan, esattamente come il giorno prima, e Minseok fece una smorfia.
“Quindi lo seguirai per tutte le strade di Seoul?” chiese Minseok, sollevando le sopracciglia.
Luhan annuì leggermente. “Non lo seguo,” disse. “Lo osservo solo per un secondo.”
“Questa è—” Minseok venne interrotto dalla risata di Luhan, il quale disse, “Guarda.”
Minseok posò lo sguardo su Jongin a qualche metro da loro, e sbatté le palpebre quando il più piccolo sollevò le braccia, ignaro delle persone intorno a lui, e fece un piccolo salto lungo il marciapiede. Mentre Minseok e Luhan lo osservavano, il ragazzo fece qualche passo, un altro salto e poi una pirouette. Poi abbassò le braccia e continuò a camminare come se non fosse successo niente.

Luhan ridacchiò leggermente, mormorando, “Ke ai.” A Minseok piacque tanto quanto la volta che glielo aveva sentito dire nei confronti di Sehun, ovvero poco.
“Hai finito?” chiese Minseok, forse un po' troppo burbero. Sarebbe potuto essere perché era incredibilmente affamato ormai.
Luhan scosse la testa. “Voglio parlare con lui.”
Minseok sbuffò piano, incrociando le braccia. “Fallo, allora,” disse. “Io devo andare a casa. Sono già in ritardo, sarei dovuto essere a casa mezz'ora fa.”
Luhan si voltò verso di lui, con gli occhi spalancati. “Puoi andare,” disse. “Posso trovare la strada di casa da qui.”
Minseok cercò di non fare troppo il broncio. “Bene,” disse.
Non accorgendosi del suo improvviso cambio di umore, Luhan sorrise allegro. “Grazie per essere venuto con me, Seok-ah,” disse, e la spiacevole sensazione nello stomaco di Minseok si placò un attimo al suono del nomignolo. “Lo apprezzo davvero. E mi sono divertito tanto.” Abbassò la testa, imbarazzato. “E grazie per avermi comprato da mangiare... e tutto. Davvero.”
Minseok mosse leggermente i piedi, gli angoli della sua bocca si sollevarono contro la sua volontà. “Non c'è problema,” disse. “Io—mi sono divertito anche io.”
Luhan si illuminò, e Minseok si sentì piacevolmente caldo per un momento, ma poi il ragazzo guardò sopra la propria spalla e disse, “Oh, lo sto perdendo. Ci vediamo, Minseok!” E senza un'altra parola, si voltò e cominciò a correre per raggiungere Kim Jongin, lasciando Minseok da solo sul marciapiede.
Sarebbe potuto rimanere lì per un tempo indefinito, ad osservare il punto in cui Luhan era svanito in mezzo alla folla, se il suo stomaco non avesse borbottato forte, seguito dalla vibrazione del suo telefono. Lo prese, sapendo già chi poteva essere.
Kyungsoo: Hey, dove sei? Non ti sei presentato per il controllo.
Facendo una smorfia, Minseok scrisse una risposta veloce, assicurandogli che era per strada, poi si voltò e cominciò ad incamminarsi verso casa, sentendosi nauseato. Non era sicuro se fosse perché non mangiava da ore o perché continuava a pensare a Luhan che diceva, “Sono interessato a lui.”
Era abbastanza sicuro che fosse per il primo motivo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


d
Minseok trovò considerevolmente più semplice parlare con Luhan dopo la loro... uscita. Non parlare in generale, perché Minseok aveva capito come comunicare 
efficacemente con lui nelle tre settimane passate, ma proprio mantenere una conversazione. Parlare con Luhan nello stesso modo in cui parlava con Jongdae o
Kyungsoo (anche se, ad essere onesti, con loro due parlava in modo completamente diverso). Provare cappelli divertenti insieme, apparentemente, era un modo
efficace di entrare in confidenza con qualcuno.
La quinta settimana di scuola segnò l'inizio dei test di fine unità, il che significava che Luhan passava molto più tempo a casa di Minseok, a rivedere appunti e
schede che non finivano mai, cercando di memorizzare termini e teorie complicate. A Minseok non dava fastidio. Lo teneva concentrato sullo studio, e in un certo
senso... gli piaceva la compagnia. Era spesso irritabile dopo tante ore di studio – riusciva proprio a sentirlo – ma Luhan era sempre allegro e paziente e ottimista, sorrideva
anche quando lui cominciava ad arrabbiarsi per tutto.
A differenza delle loro prime sessioni di studio, però, Minseok non se la prendeva mai con Luhan. Luhan, che incespicava ancora con le parole quando leggeva una domanda
a voce alta. Luhan, che mormorava ancora in cinese, sotto voce, quando eseguiva delle equazioni di matematica. Luhan, che a volte si lamentava ancora, “È così diverso,” quando
faticava a memorizzare i termini scientifici. Indipendentemente da quante volte doveva ripetersi o correggerlo, Minseok non si arrabbiava mai con Luhan.
Si scocciò un po', però, quando il ragazzo lo pagò per tutte le sessioni di studio, evitando il suo sguardo mentre gli passava le banconote. Minseok le prendeva senza dire una
parola, senza nemmeno guardarle, mentre il ragazzo lo ringraziava per la centesima volta quella settimana prima di andarsene. Nascose nuovamente i soldi sotto il materasso, come
faceva sempre, e cercò di non pensarci. Non sapeva nemmeno più verso chi sentirsi frustrato.
Non passarono tutta la settimana a studiare, ovviamente. Quando Luhan era a casa sua, facevano più che altro i compiti e rivedevano i test, con qualche pausa di tanto in tanto per
mangiare e parlare di cose non inerenti alla scuola. A volte, Kyungsoo si affacciava al bancone per chiacchierare. Solitamente, però, Luhan voleva studiare il più possibile, e questo
manteneva Minseok concentrato.
Luhan non stava mai a lungo dopo cena, comunque, dicendo che aveva delle cose da fare e scomparendo per il resto della serata. Per quanto ne sapeva Minseok, il ragazzo non aveva
altre persone con cui passare il tempo, quindi non era sicuro di dove andasse, ma non fece domande. A scuola, ad ogni modo, Luhan sembrava piuttosto popolare. Non sedevano più
da soli in mensa; Baekhyun e Chanyeol stavano sempre al loro tavolo ormai, anche quando Jongdae era assente per qualche incontro del consiglio. Quando non c'era nessuna
riunione, anche Junmyeon veniva a chiacchierare con loro, a volte. E ovviamente, Luhan passava ancora la prima parte del pranzo a parlare con Oh Sehun. Minseok non sapeva se
stesse facendo qualche progresso con il più piccolo, ma almeno Sehun sembrava rispondere di tanto in tanto, anche se il suo viso rimaneva sempre impassibile, se non irritato. Ogni
volta che Minseok gli chiedeva di cosa avessero parlato, Luhan gli rispondeva sempre in modo poco chiaro, tipo, “Solo quello che mi è venuto in mente,” o, “Non penso che Sehun
voglia te lo dica.” Mandava Minseok fuori di testa.
E poi c'era la questione di Kim Jongin. Minseok non aveva ancora idea di cosa volesse lui – o meglio, cosa Luhan volesse da lui. Luhan non diceva mai nulla al riguardo, a parte chiedere
alle persone se sapessero qualcosa sul più piccolo, e dicendo che era 'interessato a lui'. Una cosa talmente vaga che a volte Minseok voleva mettersi a urlare. Cosa significava?
Per quanto ne sapeva, non avevano nemmeno mai parlato. Luhan continuava a dire di voler parlare con Jongin, ma non lo faceva mai. E per lui era strano, perché quando voleva parlare
con Sehun, andava e lo faceva. E Sehun sembrava decisamente meno accogliente di Jongin. Quindi perché Luhan non aveva alcun problema a parlare con il primo, ma non con il
secondo? Minseok passava sin troppo tempo a cercare di capire Luhan, e non sembrava arrivare da nessuna parte.
Cominciò ad insospettirsi, comunque – se non lo fosse stato già da prima – il giorno dopo due test importanti, quando lui e Luhan stavano camminando in corridoio verso l'entrata, a
fine giornata. Minseok aveva chiesto a Luhan se voleva fare qualche altra foto per il progetto, visto che il carico di studio era decisamente più leggero ora, e Luhan stava quasi per
accettare quando voltò improvvisamente la testa, come se qualcosa l'avesse sorpreso. Minseok seguì il suo sguardo, confuso, ma non vide niente di strano oltre alla massa di studenti
impazienti di tornare a casa.
“Oh!” disse piano Luhan. “Non importa, io – non posso. Scusa, Minseok, devo—” Sembrava indeciso per un momento, poi si voltò verso di lui velocemente e gli toccò il braccio; Luhan
lo faceva sempre. Toccava. “Mi dispiace,” si scusò il ragazzo, gli occhi castani spalancati e sinceri. “Mi piacerebbe davvero. Ma devo andare a fare una cosa.”
Minseok annuì senza dire niente, anche se c'era una vocina irritante nella sua testa che gli ripeteva hai sempre qualcosa da fare, cosa fai sempre? Ma poi Luhan si voltò un'ultima volta
con un sorriso e lo salutò, e Minseok lo vide scomparire tra la folla, diretto da qualche parte – da qualcuno – in particolare.
Minseok aveva visto bene la faccia irritata di Oh Sehun voltarsi verso Luhan, e qualcosa di spiacevole gli attanagliò lo stomaco.


“Sehun-ah!”
Fu una reazione spontanea, voltarsi a guardare chiunque lo avesse chiamato in corridoio, sebbene ormai avrebbe dovuto essere abituato. Sehun si ritrovò immediatamente faccia a faccia
con Luhan, il quale gli stava sorridendo allegro. Lo prese in contropiede per un momento, perché Luhan non gli aveva mai parlato fuori dalla mensa prima. Più che altro perché Sehun
faceva del suo meglio per evitare di farsi vedere da lui.
“Sehun-ah, sei impegnato ora?” chiese Luhan, sembrando un bambino innocente mentre dondolava avanti e indietro, stringendo le spalline del proprio zaino.
Sehun scrollò le spalle in un modo che non significava né sì né no.
Luhan, a quanto pare, lo prese per un sì. “Verresti con me in un posto?”
Sehun si accigliò, teso. “Perché?” chiese, tenendo stretto lo zaino.
Ma il ragazzo continuò a sorridere felice. “Perché voglio portarti da qualche parte,” disse.
“Dove?” chiese poi il più piccolo, aggrottando le sopracciglia.
“Non ne sono ancora sicuro. Ho pensato potessi scegliere tu.”
Okay, ora Sehun era solo confuso. Cosa stava cercando di dirgli Luhan? “Che vuoi dire?” chiese deciso, perché non sarebbe andato da nessuna parte fino a che non avesse ricevuto
qualche risposta.
Luhan rise piano. “Ho solo pensato che potessimo passare un po' di tempo insieme, sai, fuori da scuola. Solo io e te, senza doverci preoccupare delle altre persone in mensa o cose
così. Che ne pensi?”
Sehun non sapeva cosa pensare, onestamente. Nessuno gli aveva mai fatto un'offerta del genere. “Perché dovrei volerlo fare?”
“Perché sei solo,” disse Luhan, e Sehun strinse le labbra.
“Non so—”
“Lo sei,” lo interruppe immediatamentelui, sembrando severo, ma comunque gentile e sincero. “Ero nella tua stessa situazione, sai. Nuovo, senza amici. So come ci si sente.”
Sehun sentì una strana sensazione allo stomaco. “No, non lo sai,” disse cupo. “Non mi conosci nemmeno. Non sai niente.”
Invece che farsi da parte, però, Luhan sorrise leggermente, un po' triste, e fece un piccolo passo avanti. “Non ancora,” ribatté. “Ma sono davvero bravo ad ascoltare.” Fece una piccola
pausa, poi aggiunse, “Non vuoi tornare a casa, no?”
Sehun si ritrovò senza parole per un lungo momento. Poi disse semplicemente, “No.”
“Allora vieni,” disse Luhan, posando una mano sul gomito di Sehun, delicatamente. “Pago io. Ti prego, vieni.”
E per qualche ragione, Sehun si lasciò trascinare fuori dalle porte e sul marciapiede, anche se i campanelli di allarme nella sua testa gli stavano dicendo di andare via.
Luhan era l'unica persona che riusciva a fargli fare qualcosa che andasse contro il suo istinto.



Parecchi minuti dopo, Sehun si ritrovò seduto di fronte a Luhan nell'angolo di una gelateria, a bere un milkshake al cioccolato in religioso silenzio. Per una volta, anche Luhan non stava
parlando, limitandosi a mangiare la propria coppetta. Il posto l'aveva scelto Sehun – sapeva che era meglio non lasciarlo fare al maggiore – ma non ci era mai stato prima. Non usciva
spesso.
“Allora…” disse alla fine Luhan, e Sehun non sapeva se sentirsi sollevato, irritato, o entrambe le cose. Sollevò velocemente lo sguardo su Luhan. “Sehun. Perché non sorridi mai?”
Sehun fece una smorfia. “Perché dovrei?”
“Perché ti farebbe sentire meglio,” disse lui semplicemente. “È scientificamente provato. E poi, penso saresti molto più carino se sorridessi.”
Sehun si accigliò leggermente. Se non lo avesse conosciuto, avrebbe pensato che Luhan stesse flirtando con lui, ma il ragazzo parlava in questo modo letteralmente con tutti. “Non
voglio essere carino,” rispose.
Luhan rise. “Lo sei già,” gli disse. “Solo un po' burbero. Un sorriso starebbe bene su di te.”
“Sorriderò quando avrò un motivo per farlo,” affermò impassibile Sehun.
“Ti ho comprato un milkshake,” gli fece notare Luhan. “Penso di meritare un sorriso.”
“Mi hai fatto venire tu qui. Non volevo nemmeno venire,” ribatté Sehun.
Il più grande sospirò. “Bene. Cosa posso fare per meritarmi un sorriso?”
“Potresti lasciarmi in pace,” rispose immediatamente Sehun.
Luhan lo guardò con occhi tristi. “Questo non ti renderebbe felice,” disse. “Non fingere che sia così.”
Sehun serrò la mascella e non disse niente.
Luhan posò il mento sulle mani e sospirò ancora. “Perché sei sempre così triste?” mormorò, così piano che il ragazzo a malapena lo sentì. Si rese conto solo un momento dopo che lo
aveva detto nella sua lingua madre; il cinese di Sehun era abbastanza buono, più che altro perché una delle sue madri affidatarie era Taiwanese.
“Posso farti una domanda?” chiese all'improvviso Sehun, rompendo il silenzio.
Luhan lo guardò sorpreso, ma annuì.
Il più piccolo si umettò le labbra, guardandolo dritto negli occhi. Non era sicuro del perché avesse parlato, ma non poteva tornare indietro ora. “Cosa vuoi da me?”
Luhan sbatté lentamente le palpebre, non lasciando trapelare niente mentre rifletteva sulla domanda. Sehun era pronto a tutto – davvero, ne aveva sentito di cose – ma sentiva che dietro
la risposta del ragazzo c'era qualcosa di grande.
Alla fine, Luhan parlò. “Voglio che ti fidi di me,” rispose, la voce tanto decisa quanto il suo sguardo. “Voglio che tu sappia che puoi parlarmi di tutto o venire da me senza avere paura.
Voglio che ti senta abbastanza a tuo agio da sorridere quando sei con me. Voglio che mi chiami hyung, e voglio che ti renda conto che non ti ferirò mai. Ecco cosa voglio da te.”
Sehun rimase in silenzio, cercando nel suo sguardo un segno, un indizio che gli facesse capire che stava mentendo, che non diceva sul serio. Ma Luhan era un libro aperto, e Sehun non
trovò nulla. “Perché?” chiese, con la gola improvvisamente secca.
Luhan inclinò la testa di lato. “Perché tutti dovrebbero avere qualcuno al proprio fianco,” rispose. “E perché sei troppo giovane per essere triste.”
“Non sono triste,” negò acidamente Sehun, abbassando lo sguardo sul proprio bicchiere. “E non ho bisogno di nessuno.”
“Sì, lo sei, e sì, ne hai bisogno,” disse Luhan, con voce gentile ma decisa. “Ma voglio che la situazione cambi.”
Sehun sbuffò e prese il milkshake, evitando lo sguardo del ragazzo. Non si sarebbe lasciato influenzare. No.
“Posso abbracciarti?” gli chiese all'improvviso Luhan.
Sehun sussultò involontariamente. “No.”
“Ti prego?”
“No.”
“Voglio farlo.”
“No.”
Luhan emise un piccolo suono frustrato. “Sarò triste se non me lo lascerai fare.”
“Non mi importa.”
“Non hai visto la mia faccia triste. Ti sentirai in colpa quando la vedrai.”
Sehun sentì le proprie labbra tremare, e le morse immediatamente per farle smettere. “Vai ad abbracciare qualcun altro. Vai ad abbracciare il tuo Minseok.”
Ci fu un attimo di silenzio prima che Luhan dicesse, “Non so se lo apprezzerebbe.” E poi, “Abbraccerò te.”
“E io urlerò.”
“No, non lo farai.” Prima che Sehun potesse dire qualcos'altro, Luhan si sedette accanto a lui, e delle braccia calde gli cinsero il corpo, avvicinandolo a sé. Sehun rimase immobile, poi
si mosse, ma non lo spinse via. Luhan premette il viso nella spalla del ragazzo e mormorò, “Puoi fingere che non ti piaccia. Non mi interessa. Ma considero questo l'inizio della nostra
amicizia.”
“Non siamo amici,” disse Sehun, ma le sue parole non contenevano veleno. Non era una cosa a cui era abituato.
Luhan lo abbracciò più forte. “Sì, lo siamo. Lo dico io. Ora lasciati abbracciare.”
Sehun non si mosse, ma mentre Luhan lo stringeva, sentì la tensione abbandonare il suo corpo, poco a poco. Smise di lottare, perché sapeva che Luhan non si sarebbe comunque
fermato. Si arrese, perché Luhan sembrava riuscire a capirlo più di chiunque altro al mondo. Sehun rimase seduto e... si lasciò abbracciare.
Rimasero così fino a che il gelato di Luhan non cominciò a sciogliersi.
“Parlerò con Jongin,” mormorò il maggiore contro la giacca di Sehun. “Non farò il tuo nome né niente, giuro. Voglio solo parlare con lui.”
Sehun si sentì all'improvviso troppo stanco per discutere ancora sulla faccenda. “Va bene,” disse stancamente, scrollandosi di dosso le braccia del ragazzo e sentendosi estremamente
a disagio. “Fai quello che vuoi. Non mi ascolti mai, comunque.”
Luhan sorrise, sporgendosi sul tavolo per salvare il proprio gelato. “Faccio solo ciò che è meglio per te,” disse, e Sehun non avrebbe dovuto credergli. Non avrebbe dovuto, perché sua
madre aveva detto la stessa cosa, anni fa, e guardate dov'era ora.
Sehun gli credette lo stesso.


“Allora, dove sei andato ieri con Sehun?” chiese il giorno dopo Minseok, punzecchiando svogliatamente il proprio pranzo. Per una volta, non aveva molta fame. Non c'era nemmeno
nessuno che lo tenesse occupato, dato che Baekhyun era a una riunione del comitato dell'annuario (e quindi c'era anche Chanyeol, nonostante non ne facesse parte) e Jongdae stava
facendo qualcosa per il consiglio studentesco.
Luhan canticchiò, sorridendo. “Siamo andati a prendere un gelato,” disse.
“Gelato,” ripeté Minseok, tenendo gli occhi fissi sul piatto. “Sembra... divertente.”
“È stato davvero…mi presti il telefono?” Minseok glielo passò senza dire niente. Luhan cliccò qualche tasto e poi disse, “Ah. Produttivo. È stato davvero produttivo.”
Riprendendo il telefono, Minseok annuì senza entusiasmo. “Mi fa piacere.”
Ci fu un piccolo silenzio, e poi Luhan chiese piano, “Sei arrabbiato con me?”
Minseok sollevò lo sguardo su Luhan, e lo vide stringersi le mani in grembo, sembrando nervoso. I suoi occhi grandi lo fecero subito sentire in colpa. “No, certo che no.”
Luhan si morse il labbro, poi disse, “Mi dispiace davvero aver cancellato i nostri piani ieri. So che vorresti finire il progetto il prima possibile. Ma era davvero importante che portassi
fuori Sehun. Di solito non lo trovo mai dopo la scuola, o sono troppo impegnato, o…” Si interruppe, sospirando. “Mi dispiace.”
Minseok sussultò. Si stava davvero comportando in modo così freddo che Luhan aveva pensato fosse arrabbiato con lui? “Non sono arrabbiato,” giurò, il più convincente
possibile. “Davvero. Sono solo... stanco.” Questo, almeno, era vero. Si accigliò e si portò le bacchette alla bocca.
“Okay,” disse piano Luhan. Mangiarono in silenzio per un po', e poi Luhan, con un'allegria palesemente forzata, disse, “È il compleanno del mio migliore amico lunedì.”
Minseok lo guardò e sbatté gli occhi. “Migliore amico?” Se non era lui, allora... Sehun?
Luhan annuì, sorridendo. “Yixing. Il mio migliore amico in Cina.”
Ohhh, ora aveva più senso. A dire il vero, Minseok era sicuro di aver sentito Luhan parlare di Yixing prima. “Oh, figo. Gli hai parlato da quando ti sei trasferito qui?”
Luhan si accigliò leggermente. “Solo un po'. L'ho chiamato quando siamo arrivati, e gli ho mandato qualche email dal computer della biblioteca, ma... beh, le chiamate verso la Cina
sono costose, e non vado così spesso in biblioteca.”
“Perché non ci parli su Skype?” chiese attorno al cucchiaio. Quando Luhan lo guardò confuso, Minseok si tolse la posata dalla bocca e ripeté la domanda.
Lo sguardo confuso rimase. “Skype?”
Minseok annuì. “Sai, con la telecamera, nel tuo computer. Video chat. È gratis.”
“Ohhhh. Quello. Yixing ce l'ha,” disse Luhan.
“Tu no?” chiese Minseok.
Il ragazzo scosse la testa. “Non ho internet.”
Oh. Ecco perché Luhan gli chiedeva sempre se poteva fare qualche ricerca a casa sua. “Puoi usare il mio,” disse automaticamente. Questa volta, però, non sentì di volersi rimangiare
le parole un momento dopo averle dette. “Manda un'email al tuo amico e decidete l'ora. Ti do il mio indirizzo Skype così mi può aggiungere. Così potrete parlare faccia a faccia per il
suo compleanno.”
Gli occhi di Luhan si illuminarono. “Davvero?”
Minseok annuì, leccando il cucchiaio. “Certo. Non sarà difficile.”
“Wow, grazie Minseok. È davvero—”
“Cosa hai detto a Jongin?”
Minseok e Luhan si voltarono sorpresi per l'interruzione e videro Sehun in piedi accanto al tavolo, accigliato. Minseok rimase a bocca aperta, non aveva mai visto il ragazzo da così
vicino prima, o sentito parlare. Non si era nemmeno reso conto fino ad adesso che Sehun non era seduto al proprio posto all'inizio del pranzo, o che Luhan lo stava aspettando al tavolo
quando Minseok era entrato in mensa.
Luhan sbatté gli occhi innocentemente. “Non gli ho detto niente.”
Il cipiglio di Sehun si trasformò in uno sguardo arrabbiato. “Hai detto che avresti parlato con lui. L'hai ammesso.”
“Ma non l'ho fatto ancora. Davvero, Sehun-ah. Chiedilo a lui, non mi ci sono nemmeno avvicinato. Probabilmente non ha idea di chi io sia,” disse sincero Luhan.
Sehun si morse il labbro per un momento, cercando di decidere se Luhan stesse mentendo o meno, poi strinse i pugni e chiese, “Allora perché mi ha parlato?”
“Kim Jongin ha parlato con te?” chiese Luhan, spalancando gli occhi.
Sehun annuì teso.
Un piccolo sorriso fiorì sul viso di Luhan, e Minseok non poteva essere più confuso. “Beh, buon per lui. Cosa ha detto?”
Sehun premette le labbra insieme per un momento, guardando brevemente Minseok, poi disse, “Mi ha chiesto se volessi sedermi con lui e i suoi amici a pranzo. E anche tu. Ha detto
che potevamo andare entrambi.”
Luhan alzò leggermente le sopracciglia, ma il suo sorriso si allargò. “Davvero? È stato carino da parte sua. Cos'hai detto tu?”
Sehun incrociò le braccia e disse, “Non ho detto niente. Sono andato a sedermi in bagno per un po', sperando che si dimenticasse della mia esistenza.”
Minseok non poté fare a meno di sollevare le sopracciglia, ma Luhan si limitò a sorridere. “Dianxing de Shixun,” disse scherzoso. Tipico di…Shixun? Era così che Luhan chiamava
Sehun? Prima che Minseok potesse chiedere, Luhan disse, “Dovresti accettare la prossima volta. Anche se mi devo ancora accertare che sia gentile.”
Sehun fece una smorfia. “Digli di lasciarmi in pace, invece,” disse.
“Questo non è sicuramente nei miei piani,” ribatté Luhan, sempre sorridente. I due sembravano così diversi che Minseok voleva quasi mettersi a ridere.
Sehun grugnì piano, irritato, e Minseok immaginava fosse una cosa che capitava spesso. “Non voglio che Kim Jongin si interessi a me,” disse. “Digli di smetterla.”
“Non posso far smettere qualcuno di interessarsi a te, Sehun-ah,” disse Luhan. “Così come tu non puoi fermarmi dall'esserti amico.”
Sehun borbottò sotto voce, poi disse, “Bene. Forse gli arriverà il messaggio meglio che a te e mi starà lontano.”
Gli occhi di Luhan si spostarono dall'altra parte della stanza, dove era seduto Jongin. Quando Minseok seguì il suo sguardo, vide il più piccolo distogliere lo sguardo velocemente. “Ne
dubito,” fu tutto quello che disse Luhan.
Sehun se ne andò un momento dopo, sbuffando irritato mentre si dirigeva al proprio tavolo per mangiare. Luhan lo guardò allontanarsi, e Minseok sbatté lentamente le palpebre, ancora
scioccato.
“Cosa è appena accaduto?” chiese stupidamente.
Luhan sorrise, riportando l'attenzione sul proprio pranzo. “Il mio piano mi sta sorpassando,” disse.
Questo non era per niente di aiuto. “Sono così confuso.”
“È tutto okay, Seok-ah,” disse calmo Luhan, dandogli una gentile pacca sulla spalla. “Non ti riguarda. Non ti preoccupare.”
Aveva ragione, ovviamente. Niente di tutto questo aveva a che fare con Minseok. Ma quando vide Luhan guardare in direzione di Kim Jongin e sorridere, capì che in qualche modo
voleva
che lo riguardasse.
Si rese conto di una cosa solo qualche minuto dopo. “Aspetta. Perché Sehun ti parla in modo così informale?”
Luhan si accigliò, sembrando più pensieroso che altro. “Non ne sono sicuro. Non me ne accorgo neanche. La formalità coreana mi confonde.”
“Beh, digli di smetterla,” borbottò Minseok. “È irrispettoso.”
Luhan scrollò le spalle indifferente. “Mi interessa di più che lui si senta a proprio agio, sinceramente. Se vuole usare il banmal che lo faccia pure. Non mi dà fastidio.”
Minseok emise un piccolo hmph, ma lasciò perdere. Non gli piaceva parlare con Sehun. Lo rendeva burbero.
Non pensava di voler approfondire il perché, però.



Kyungsoo era una persona davvero sola. Gli piaceva pensare di essere molto indipendente e tutto, ma alla fine, era ancora solo. I suoi genitori lavoravano per la maggior parte della
giornata, lasciandolo a casa da solo, il che significava che fino alla fine delle lezioni, Kyungsoo era lasciato a se stesso, fuori dal mondo. Non è che non avesse niente da fare, perché
era sempre impegnato a studiare e con la sua miriade di interessi e hobby. Ma stare solo tutto il tempo, a volte gli pesava. Ci era abituato, certo. Kyungsoo era sopravvissuto alla
solitudine per tutta la sua vita.
Detto questo, la settimana appena passata era stata particolarmente difficile per lui. Era di nuovo periodo di esami. Con Minseok impegnato a studiare e aiutare Luhan praticamente ogni
giorno dopo la scuola, Kyungsoo si ritrovò solo anche dopo la fine delle lezioni, seduto nella propria stanza; un posto che a volte lo faceva sentire al sicuro, e altre volte sembrava una
prigione. Certo, Minseok passava sempre a salutarlo in balcone la sera, quando Luhan se ne andava, ma a quel punto – a meno che non fosse andato lui stesso da loro – erano già
passate dodici ore dall'ultima volta in cui aveva avuto contatti con un altro essere umano, e lo faceva andare quasi fuori di testa. In più, i suoi genitori erano già tornati dal lavoro per
quell'ora, quindi aveva altre persone con cui parlare. In tutto e per tutto, era stata una brutta settimana, e Kyungsoo non voleva l'ora che finisse
Non è che Kyungsoo si risentisse per Luhan, però. Anzi, il ragazzo gli piaceva, e si divertiva in sua compagnia. Pensava anche che Luhan facesse bene a Minseok. Se Luhan non fosse
stato così gradevole, però, Kyungsoo era sicuro che avrebbe sicuramente cercato di disfarsene. Dopotutto, Minseok era molto probabilmente la persona più importante nella sua
vita. Non poteva permettersi di perderlo.
Quindi quando Minseok lo invitò a casa sua lunedì, mentre Luhan parlava su Skype con il suo amico in Cina, Kyungsoo si sentì sollevato. Allineò tutte le sue vitamine sulla scrivania e
 le prese una ad una – misure preventive per non ammalarsi, anche se probabilmente servivano più per sentirsi in pace con se stesso che per altro – e indossò i suoi 'vestiti per
uscire', per poi avviarsi lungo il corridoio fino alla porta del suo vicino; si tirò la manica della maglietta oltre la mano e premette il campanello con una nocca. Kyungsoo indossava
sempre le maniche lunghe, soprattutto nelle rare occasioni in cui lasciava casa propria; aveva sviluppato l'abitudine compulsiva di tirarle oltre le proprie mani così da non dover toccare
niente. Si chiese vagamente cosa significasse per il suo stato mentale mentre aspettava che qualcuno aprisse la porta. Anche se non era chiusa a chiave, per nessun motivo avrebbe
posato la mano su qualcosa di tanto sporco come una maniglia.
Pochi minuti dopo, si ritrovò seduto sul divano di Minseok a chiacchierare con Luhan, mentre il padrone di casa sistemava la web cam del proprio computer.
“—e credo che Jongin gli chieda tutti i giorni se vuole sedersi con loro ma Sehun dice sempre di no perché è testardo,” stava dicendo Luhan, sorridendo. “Quel Sehun, non so cosa
fare con lui; ho parlato con Jongin, però, venerdì. Non l'avevo programmato, ma l'ho visto mentre tornavo a casa da qui, sai, dopo aver rivisto gli appunti di matematica con Minseok.
Comunque, l'ho visto venire verso di me, e mi sono fermato per un secondo, perché ero sorpreso. Mi ha visto anche lui, e pensavo avrebbe fatto finta di non riconoscermi, ma poi mi
si è avvicinato e mi ha detto, ‘Sei l'amico di Sehun, giusto?’”
“Davvero?” chiese Kyungsoo, con le sopracciglia inarcate. Gli veniva difficile seguire Luhan quando blaterava così, dato che il suo accento diventava più forte quando era eccitato per
qualcosa.
“Sì!” disse Luhan. “Sembrava così imbarazzato, era adorabile. Ho detto di sì, e Jongin mi ha chiesto perché non piacesse a Sehun.” Ridacchiò leggermente. “Gli ho detto che Sehun
non è bravo a stringere amicizia, e che se continuerà a provare, alla fine Sehun lo accetterà.”
“Sehun non si arrabbierà con te, per questo?” chiese Kyungsoo.
Luhan agitò le mani. “Mi ringrazierà prima o poi.”
Kyungsoo sorrise leggermente. “Sei senza paura, hyung. Da come lo descrivi, Sehun sembra abbastanza spaventoso.”
“Ahh, è solo un ragazzino,” disse Luhan. “Un ragazzino carino, triste, forse un po' spaventato. Devi solo essere gentile con lui. Ma insistente. Sono sicuro sia un bravo ragazzo, in
fondo.”
Kyungsoo annuì, e stava per rispondere quando Minseok tornò e disse, “È tutto pronto, Luhan. Vieni in camera, ti mostro come chiamarlo una volta che si connette.”
Luhan si illuminò eccitato, salutando Kyungsoo prima di seguire il ragazzo nella sua stanza. Un momento dopo, Minseok uscì, sorridendo tra sé e sé.
“È stato davvero carino da parte tua, hyung,” disse Kyungsoo quando il maggiore si sedette accanto a lui, nel posto prima occupato da Luhan.
Minseok abbassò la testa timido. “Non è niente,” mormorò. “Non è stato nemmeno tanto difficile. E Luhan è comunque sempre qui.”
L’ho notato, voleva dire Kyungsoo, ma non lo fece. Lamentarsi, aveva imparato tempo fa, non serve a nulla. “È stato comunque carino,” disse. “Ti sei preoccupato di far felice
Luhan, anche se a te non viene niente in tasca. Solo perché volevi renderlo felice.” Minseok arrossì leggermente. “Sei cambiato tanto da quando è arrivato Luhan.”
“Già…” disse Minseok, grattandosi il collo imbarazzato, e in sottofondo si sentì un Luhan entusiasta, “Xing-ah!”
I due ragazzi nel salotto risero, poi continuarono la loro solita routine in cui chiacchieravano e si raccontavano cosa fosse successo nei giorni passati. Kyungsoo raccontò a Minseok
dell'articolo sui traumi psicologici che aveva letto quella mattina, Minseok gli descrisse la reazione di Jongdae quando aveva sentito alcune ragazze parlare male di Kim Junmyeon, e
le cose tornarono al loro posto. A Kyungsoo piaceva la normalità – ne aveva bisogno, davvero. Era l'unica cosa a cui poteva aggrapparsi.
“Ti vedo faccia a faccia molto più spesso in questi giorni, hyung,” disse a un certo punto Kyungsoo. Allungò una mano per fingere di punzecchiare la guancia del ragazzo, ma
non lo toccò. “Mi viene difficile capire se stai cambiando o no se ti vedo così spesso. Hai perso peso?”
Minseok fece una smorfia, fingendo di mordere il dito di Kyungsoo. “Non farlo,” disse. “Non incoraggiarmi, intendo.”
Kyungsoo fece immediatamente un passo indietro. “Oops, scusa,” disse. A volte si dimenticava quanto fosse delicato l'argomento.
Minseok scosse la testa. “È tutto okay,” lo rassicurò. “Sono solo state delle settimane stressanti.”
Kyungsoo annuì comprensivo. Sapeva l'effetto che lo stress aveva sull'amico.
“Seok-ah!” lo chiamò all'improvviso Luhan da camera sua. Kyungsoo sorrise automaticamente per il nomignolo. “Vieni qui, Yixing ti vuole conoscere!”
Il sorriso di Minseok era nervoso quando si alzò per entrare nella propria stanza, dove Kyungsoo sentì Luhan presentarlo come “Minxi”. Un minuto dopo tornò in
salotto, sembrando imbarazzato.
“Allora?” chiese Kyungsoo, ridendo. “Com'è Yixing?”
“Molto onesto,” rispose Minseok, ridacchiando. “E non parla una parola di Coreano.”
Kyungsoo sorrise, immaginando che Yixing gli avesse fatto un complimento o qualcosa del genere – Minseok non aveva mai saputo accettare i complimenti. “Non sei geloso?” lo
prese in giro.
Minseok lo guardò. “Mi tormenta già abbastanza Jongdae, grazie tante,” disse, arricciando il naso. “Apprezzerei se non ti ci mettessi anche tu.”
Kyungsoo rise. “Devo prendere il posto di Jongdae, quando lui non è qui.”
“Se fosse così, non mi disturberei a tenerti come amico,” disse Minseok, facendogli una linguaccia. “Un Jongdae basta e avanza.”
“Hai ragione,” disse Kyungsoo. “Hai bisogno di qualcuno che ti tenga coi piedi per terra quando necessario.”
Mentre Minseok alzava gli occhi al cielo, però, Kyungsoo non si lasciò sfuggire il fatto che quando lo aveva preso in giro, Minseok non aveva negato niente.

(Chiedo scusa per la brutta formattazione, ho passato un'ora a cercare di capire come sistemarla ma niente da fare /sigh)

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


a

Ottobre fu un mese abbastanza calmo per Minseok. Dopo tutta la confusione e il disagio nel conoscere Luhan, dovendo trovare quindi una nuova routine, ora si era finalmente stabilizzato. I giorni sembravano combinarsi insieme col passare delle settimane, e le giornate si facevano sempre più fredde. Alcuni giorni, Luhan andava a casa sua per studiare e lavorare al progetto, altri giorni le cose tornavano come prima che il ragazzo arrivasse; Minseok discuteva dei suoi problemi con Kyungsoo, invitava Jongdae a casa durante il fine settimana, e così via. Alcune settimane erano più impegnate di altre, ma c'era da aspettarselo. Tutto sommato, Minseok sentiva che le cose erano tornate più o meno alla normalità.
Lo stesso non si poteva dire di Luhan, però. Si stava adattando alla vita in Corea, certo, e il suo coreano migliorava ogni giorno di più. Eppure, era sempre occupato a cercare di tenere il passo dei propri compagni, soprattutto in materie come storia e letteratura. Nel frattempo, quando non era completamente concentrato nel passare tutti i test, Luhan continuava a cercare di avvicinarsi a Oh Sehun. A volte passava più tempo del solito con lui a pranzo, restando anche dopo che Minseok arrivava in mensa, e a volte Minseok vedeva il più piccolo persino rispondere, fare conversazione. Luhan annunciò orgogliosamente, una volta, che Sehun diventava ogni giorno più loquace, anche se a Minseok sembrava comunque piuttosto acido. A volte, dopo la scuola, andavano insieme a fare delle cose, e questo lo faceva sentire…
Niente. Non provava niente al riguardo. Era quello che ripeteva deciso a Kyungsoo ogni volta che capitava. I silenzi che seguivano queste affermazioni facevano pensare a Minseok che il vicino non gli credesse.
E, ancora, c'era la faccenda di Kim Jongin. Non che Minseok avesse qualche problema con lui, nello specifico, ma continuava a non avere idea di cosa centrasse. Luhan diceva di aver parlato con lui un paio di volte, per 'assicurarsi che fosse gentile', ma oltre quello non sembrava avere alcun contatto con il ragazzo, a parte guardarlo in mensa, che era ancora strano. Jongin, ad ogni modo, sembrava cercare un contatto diretto con Sehun sempre di più in questi giorni. Dopo i continui rifiuti di sedersi con lui e i suoi amici, a quanto pare Jongin si era stancato e aveva deciso di seguire il consiglio di Luhan, sedendosi di fronte ad un Sehun decisamente infastidito e sorridendo imbarazzato, mentre tirava fuori il proprio pranzo. Minseok li guardò con confusa curiosità, Jongin diceva qualche parola, faceva una risatina imbarazzata, e guardava Luhan dall'altra parte della stanza. Si voltò giusto in tempo per vedere Luhan fare un sorriso e sollevare un pollice.
Niente aveva senso per Minseok.
Intorno a metà ottobre, andò insieme a Luhan al fiume Han per fare qualche altra foto per il progetto. Minseok ci era già stato prima – era impossibile vivere a Seoul senza mai vedere il fiume Han – ma non ci era mai andato semplicemente per divertirsi. Era una giornata bellissima, con il cielo azzurro e il sole di metà autunno, e Luhan era vivace e allegro mentre faceva rimbalzare i sassi sull'acqua, con il vento che gli arruffava i capelli. Aveva le guance arrossate e gli occhi lucidi, e rise quando Minseok gli afferrò il colletto della giacca e fece finta di gettarlo in acqua, e qualche volta Minseok si distraeva dal fare le foto semplicemente fissandolo.
(Dopotutto, Minseok non era cieco. Tutti potevano vedere quanto fosse bello Luhan. Doveva solo stare attento a non farsi trascinare troppo.)
A fine mese, quando Halloween si stava avvicinando, Luhan vide la squadra di calcio allenarsi dopo la scuola e chiese a Minseok se gli andasse di giocare. E come poteva dire di no quando Luhan sembrava così impaziente? Quindi trovarono un po' di tempo nel fine settimana, mettendo da parte i libri e i compiti e prendendo invece scarpe da tennis e palle da calcio, e dirigendosi al campo. Minseok indossò la sua vecchia maglietta, quella di quando faceva parte della squadra, così come le sue scarpette da calcio, che non vedevano l'erba da più di sei mesi. Luhan le ammirò da lontano, con indosso dei semplici pantaloncini e maglietta e le sue solite scarpe, e Minseok dovette convincersi a non chiedergli se voleva fare scambio.
Luhan era una persona entusiasta in generale, Minseok lo sapeva, ma lo era ancora di più quando mise piede nel campo da calcio. Era anche bravo; Minseok aveva giocato con diversi calciatori di talento, quando era nella squadra, ma Luhan era tanto bravo – se non di più – quanto molti dei suoi vecchi compagni. Inoltre, sembrava anche avere energia infinita, calciava la palla su e giù per il campo senza dare segni di voler rallentare, correndo in cerchio quando segnava e facendo giochetti quando Minseok si fermava per bere e riposarsi.
Lui, invece, non era così instancabile. Non faceva movimento da quando aveva lasciato la squadra di calcio, ed era probabilmente fuori forma, quindi si stancava piuttosto velocemente. Si divertì, comunque, a giocare con Luhan. Gli mancava quello sport, e Luhan era un avversario eccellente, anche se un po' troppo premuroso. Pur avendo la possibilità di fare più goal, quando Minseok ne aveva bisogno, anche Luhan rallentava. Oltretutto, a Minseok piaceva guardarlo giocare. Era simile a guardare un bambino con il proprio gioco preferito; era valsa la pena andare fin lì, vedendo lo sguardo di pura gioia sul suo viso.
Minseok ebbe comunque qualche difficoltà quando si buttò sull'erba affannato, il petto che gli bruciava per la fredda aria autunnale. Cercò di rallentare il proprio battito cardiaco mentre faceva il bilancio di come stava – un po' frastornato, ma sarebbe stato bene. Proprio quando stava per chiamare Luhan, per dirgli che lui aveva finito per oggi, il viso del ragazzo apparve sopra di lui, con i capelli sudati attaccati alla fronte. “Okay?” chiese, spingendosi indietro i capelli.
Minseok lo fissò un momento senza dire niente, destabilizzato dalle sue guance arrossate, dalle gocce di sudore che gli scendevano lungo la tempia e dalla lingua con la quale si umettò le labbra. “Sì. Sto bene,” riuscì a dire, con la bocca secca, e Luhan sorrise e corse via, calciando la palla con piena potenza. Minseok osservò senza fiato la pelle liscia di Luhan che si stirava lungo i muscoli, le cosce e le ginocchia muscolose, e le braccia pallide tenute in alto per restare in equilibrio, linee eleganti e potenza controllata, e oh. Minseok aveva sperato che questo non accadesse.
Perché Minseok era ancora un ragazzo adolescente con ormoni adolescenti, che era attratto da altri ragazzi, che a volte sembravano rendergli la vita difficile. Forse tutta questa cosa del calcio non era stato una buona idea.
Sforzandosi di guardare altrove, Minseok sentì un'improvviso giramento di testa, e strisciò fino a dove aveva posato lo zaino, tirando fuori un muffin ai cereali e mangiandone metà. Quando riportò lo sguardo su Luhan, il ragazzo stava facendo palleggiare la palla sulle ginocchia, senza farle mai toccare terra.
“Hai finito?” gli chiese Luhan, distogliendo lo sguardo dalla palla per un secondo e guardando Minseok
Minseok ingoiò prima di rispondere affermativamente.
Luhan sembrava leggermente deluso, ma lasciò cadere la palla sull'erba e la fermò col piede. La calciò gentilmente, mandandola verso dove era seduto Minseok, il quale stava bevendo.
“Sei davvero bravo,” disse, sistemandosi accanto a lui e afferrando la propria bottiglia. “In che posizione giocavi nella squadra?”
“Attaccante,” rispose Minseok, cercando di non arrossire mentre decideva se mangiare o no l'altra metà del muffin. Tenne gli occhi sul terreno, sapendo per passate esperienze che guardare il proprio compagno avrebbe solo peggiorato la situazione. In fondo aveva giocato in una squadra di soli ragazzi per molti anni; aveva avuto problemi del genere prima.
“Quale?” chiese Luhan, pulendosi la scarpa da un po' di terra. Non si vergognava più di chiedere chiarimenti, aveva capito ormai che Minseok non avrebbe riso di lui.
“Attaccante di centro,” disse Minseok, facendo dei gesti con le mani che in nessun modo avrebbero potuto fargli capire attaccante di centro.
“Ahhh.” annuì Luhan. “Io giocavo in difesa.”
Minseok annuì a sua volta, posando il proprio peso sulle mani e sospirando. “Ora che non sto correndo comincio a sentire freddo,” disse, tremando leggermente. “Vuoi andare a casa?”
Luhan fece un suono vago. “D'accordo. Mi fai una foto prima?”
Minseok vide Luhan tirare fuori la fotocamera di Kyungsoo dalla custodia. Rise leggermente; la portava ovunque. “Certo,” disse, prendendola mentre il ragazzo si alzava in piedi. “Corri per il campo, ne faccio un paio.”
Non ci voleva mai molto per fare una buona foto di Luhan. A volte Minseok si chiedeva se il ragazzo avesse un lato peggiore. O se venisse mai male in foto.
Scorse tra le foto che aveva appena scattato e decise che no, non veniva mai male.
Presero le loro cose e cominciarono a incamminarsi verso casa, non volendo pagare per il biglietto dell'autobus quando il tempo era così bello. Minseok cominciò a pentirsene dopo un po', però, quando i piedi cominciarono a fargli male e sentì di nuovo la testa girargli. Mangiò la seconda metà del muffin e disse, “Hey, casa di Jongdae è più vicina. Vuoi fermarti lì, prima? Non ho niente da fare a casa.”
Luhan scrollò le spalle, e Minseok cambiò direzione, dirigendosi con facilità verso casa di Jongdae. Sperava davvero che l'amico fosse a casa.
C'era, per fortuna, e li lasciò entrare arricciando il naso. “Puzzate di brutto,” disse con una risata. “Cosa stavate facendo?”
“Calcio,” cinguettò felice Luhan. “Minseok mi aveva promesso che avrebbe giocato con me.”
Jongdae si bloccò e si voltò a guardare Minseok, alzando le sopracciglia. “Calcio?”
Minseok si grattò il collo e si buttò sul divano dell'amico, incurante di quanto fosse sudato. “Già,” disse, cercando di mantenere un tono di voce casuale.
“Cosa?” chiese Luhan, guardandoli con gli occhi sgranati. “È strano?”
“Non giocavi a calcio dall'anno scorso,” disse Jongdae, con lo sguardo fisso su Minseok. Il maggiore non disse niente.
“Ha lasciato la squadra,” disse Luhan, accigliato. “Non hai detto così, Seok-ah?”
“Sì,” rispose Minseok, sperando che Jongdae non dicesse niente.
Non succedeva mai che Jongdae 'non dicesse niente’. “Lui ha dovuto lasciare la squadra,” disse, come il pettegolo che era sempre stato. “Si è ammalato gravemente e non ha più potuto giocare.”
Minseok sospirò e rotolò verso l'angolo del divano.
“Ammalato?” ripeté Luhan, sembrando preoccupato. “Come?”
Quando Minseok non rispose, Jongdae disse, “Si è semplicemente ammalato. È finito in ospedale per una settimana. Ha perso molto peso. Dopodiché non ha più potuto giocare, e ci sta ancora male. Non giocava da allora. Ecco perché la mamma è molto severa su quello che mangia. Ora sta bene, vero hyung? Come nuovo.”
Minseok mormorò qualcosa di incomprensibile. Non gli piaceva parlarne.
L'amico rise. “Era ora che ricominciassi a comportarti come un essere umano normale. Sono contento che lo abbia fatto giocare con te, Luhan-hyung. Non dice mai niente, ma so che gli manca.”
E per una volta, Jongdae sembrava davvero troppo sincero perché Minseok potesse arrabbiarsi con lui. Idiota di un amico.
Quando alla fine si rigirò, Minseok vide lo sguardo di Luhan su di sé, preoccupato e compassionevole e affettuoso, e lo fece sentire strano dentro.


Il resto di ottobre passò in un lampo. Halloween arrivò e si concluse; una festività di cui Minseok non era propriamente appassionato, dato che non poteva mangiare nessuna delle caramelle che venivano passate in classe. Non era nemmeno un fan dei film horror che davano sempre in TV, né delle decorazioni inquietanti. Si godette però la visione di Chanyeol e Baekhyun vestiti rispettivamente da Ash Ketchum ed una Misty inaspettatamente attraente. Baekhyun era decisamente spudorato con indosso quei pantaloncini di jeans piuttosto corti e la parrucca arancione, ma anche Minseok sarebbe stato così orgoglioso se fosse stato così bene in quel costume.
Era divertente anche il fatto che Jongdae si fosse presentato a scuola vestito da Harry Potter, per poi scoprire che Kim Junmyeon indossava la stessa identica cosa, passando conseguentemente la giornata ad evitare il presidente del consiglio studentesco perché e se pensasse che l'ho fatto di proposito? Sarebbe troppo imbarazzante! Finì per nascondersi sotto il tavolo della mensa a pranzo quando Junmyeon si era avvicinato, scoprendo però che era venuto a cercare proprio lui. (“Heh heh. Ciao hyung. Stavo solo... raccogliendo la mia bacchetta.”) Minseok non avrebbe smesso di prenderlo in giro per molto tempo.

Lui andò vestito da calciatore professionista, e Luhan prese in prestito un costume da Peter Pan dal club di teatro grazie a Baekhyun, e lo indossò orgoglioso. Minseok decise di non soffermarsi su quanto stesse bene con la calzamaglia.
Novembre portò il freddo, il ghiaccio colorava ogni davanzale di Seoul tutte le notti. Minseok scambiò il proprio giubbotto autunnale con quello più pesante, ma Luhan arrivava ancora a scuola con la sua solita giacchettina leggera, tremando violentemente e sbattendo i denti.
“Perché non prendi una giacca più calda?” gli chiedeva sempre Minseok, guardandolo preoccupato.
“Nah,” era la solita risposta di Luhan. “La mia va ancora bene. È solo novembre!”
Minseok si chiese quante altre volte avrebbe dovuto ricordargli che i novembre in Corea non erano gli stessi novembre della Cina.
(Dall'espressione determinata sul viso di Luhan, probabilmente tante.)


La vita di Sehun era in generale abbastanza sopportabile. Non l'avrebbe chiamata buona, ma era tollerabile. La sua nuova madre affidataria non lo disturbava, il che era già tanto considerando le altre case in cui era stato. Non riceveva chiamate o messaggi dalla scuola che gli dicevano di alzare i propri voti. La scuola, in generale, non gli causava troppa sofferenza. Tutti miglioramenti rispetto al suo passato.
C'era, comunque, la faccenda davvero stancante di Kim Jongin. Kim accidenti-a-lui Jongin. Sehun non sembrava riuscire a liberarsi del ragazzo. Sì, okay, sopportava Luhan. Il ragazzo cinese insisteva ancora per essere suo amico, e Sehun aveva smesso di cercare di convincerlo a lasciarlo in pace. Ma Luhan era semplice, prevedibile. Stava con lui per un po' all'inizio del pranzo, gli raccontava qualcosa su Kyungsoo, Jongdae e Minseok, e gli faceva domande alle quali doveva inevitabilmente rispondere, costringendolo di tanto in tanto a fare conversazione. A volte, Luhan lo trascinava via dopo la scuola, per bere una cioccolata calda e 'fare cose da amici'. Prima Sehun ordinava sempre la cosa più costosa del menù, ma aveva smesso di farlo quando un giorno Luhan non aveva abbastanza soldi per comprare qualcosa per sé. Ad ogni modo, le loro uscite si concludevano sempre con un abbraccio non ricambiato ed un, “Sono contento che siamo amici, Sehun-ah. Sei davvero importante per me,” e poi Sehun tornava a casa, vagamente a disagio ma molto caldo. Per la cioccolata. Non per l'abbraccio.
Tollerava Luhan. Sapeva cosa aspettarsi da lui.
Jongin, invece. Jongin non era affatto come Luhan. Non aveva ancora idea del perché il ragazzo avesse cominciato a parlargli, per cominciare, ma aveva ancora dei sospetti che Luhan avesse qualcosa a che fare con tutto questo. E ora Jongin non la smetteva. Gli chiedeva di sedersi con lui e i suoi amici durante il pranzo, e quando Sehun rifiutava, andava lui a sedersi al suo tavolo, subito dopo che Luhan se ne andava. Se sapeva che Sehun avrebbe rifiutato, perché continuava a chiedere? E ogni giorno, in classe, gli mormorava un buongiorno, timido e imbarazzato mentre gli sorrideva, anche se Sehun non ricambiava mai. E a volte gli parlava anche durante le pause. E si offriva di essere suo compagno per i lavori di gruppo. Sehun era un compagno terribile; perché avrebbe dovuto volere stare con lui?
Se Luhan era costantemente allegro, solare e sicuro di sé, Jongin era un mix di assoluta autostima e goffaggine debilitante. Un secondo prima stava bene, tutto sorrisi e tono della voce affascinante, e quello dopo si nascondeva il viso dietro le mani, la voce gli si bloccava in gola e le orecchie gli diventavano completamente rosse. Che diavolo significava?
E poi. Il modo in cui parlava Jongin era completamente diverso da come parlava Luhan. Il ragazzo cinese blaterava, e sarebbe potuto andare avanti per ore senza parlare di niente in particolare, ma almeno seguiva un filo. Con Jongin, Sehun veniva travolto, cambiava argomento troppo spesso e troppo all'improvviso. “E mia sorella era tipo, ‘Jongin, il cane ha masticato di nuovo le tue scarpe.’ Oh hey, stavo pensando, quand'è il tuo compleanno?” Uh, cosa?
Se c'era una cosa che accomunava Luhan e Jongin, però, era sicuramente la loro ostinazione. Seriamente, non sembrava finire mai.
“Cosa devo fare perché la smetta di infastidirmi?” fu la prima frase completa che gli disse Sehun, a fine ottobre.
Jongin era sembrato momentaneamente scioccato, ma si riprese velocemente, e sorridendo gli disse, “Parla con me.”
Sehun si accigliò. “Quindi se parlo con te mi lascerai in pace?”
Jongin annuì.
“D'accordo. Di cosa vuoi parlare?” Sehun incrociò le braccia e si preparò alla conversazione che stava per cominciare.
“Qual è il tuo colore preferito?” chiese Jongin, posando il mento sulla mano.
“Cosa?”
“Il tuo colore preferito. Il mio è il blu. Qual è il tuo?”
Sehun sbatté le palpebre per qualche secondo. “Giallo.”
Jongin inclinò la testa di lato. “Non mi sembri un ragazzo da giallo.”
“Contiene tutta la felicità che io non ho,” rispose impassibile Sehun.
Jongin rise. Sehun non stava scherzando. “Pietanza preferita?” E così via.
Il giorno seguente, Jongin era tornato. Sehun lo guardò male. “Avevi detto che mi avresti lasciato in pace.”
Jongin sorrise e scrollò le spalle, grattandosi il collo imbarazzato. “Ho cambiato idea.”
“Perché?”
“Mi piaci troppo,” disse Jongin, poi rise e nascose il viso, imbarazzato. Sehun alzò gli occhi al cielo mentre non guardava.
“No, non è vero. Non c'è niente che possa piacere in me,” ribatté Sehun. “Non mi conosci nemmeno.”
“So che il tuo colore preferito è il giallo,” puntualizzò lui. “E che la tua pietanza preferita è la pizza al formaggio.” Fece una pausa, poi aggiunse, “Ma hai ragione.”
“Non c'è niente che possa piacere?” chiese Sehun.
“No. Che non mi piaci. Ci sto ancora lavorando. Per adesso, sono solo interessato a te.”
Era una cosa che Luhan diceva spesso. “Sono interessato a lui.” Cosa voleva dire? “Beh smettila,” disse burberamente Sehun. “Non finirò per piacerti, quindi non sprecare il tuo tempo.”
“Questo lo deciderò io,” disse Jongin sedendosi di fronte a lui.
Kim Jongin era davvero un problema.



Di solito, quando Minseok arrivava a scuola la mattina, Luhan era già lì, seduto al proprio banco. Sapeva che Luhan usava la bici in questi giorni, visto che le temperature si erano abbassate e preferiva che il tragitto fosse il più veloce possibile. Quindi arrivava sempre prima di lui, che invece andava a piedi.
Un freddo lunedì mattina di metà novembre, però, Minseok si sedette al proprio banco senza trovare il compagno. Non era troppo preoccupato, ovviamente; tutti facevano tardi di tanto in tanto, e mancavano ancora cinque minuti al suono della campanella. Luhan aveva un sacco di tempo per arrivare.
Mentre i minuti passavano, però, Minseok cominciò a preoccuparsi. Controllò il telefono, ma non c'era alcuna chiamata. Emise un piccolo suono contrariato, ma lasciò perdere e cominciò a frugare nel proprio banco per cercare un temperamatite. Mentre era ancora piegato, suonò la campanella, e un momento dopo sentì un corpo accasciarsi sulla sedia accanto a lui.
“Ah,” disse raddrizzandosi. “Eccoti, Luhan.”
“Buongiorno,” mormorò Luhan, ma quando Minseok si voltò, il ragazzo era rivolto verso il banco, con la testa piegata.
“Tutto okay?” chiese accigliato. “Hai fatto un po' tardi oggi.”
“Sto bene,” disse Luhan, ma qualcosa nella voce lo tradì.
“Luhan—” Minseok abbassò la testa, girandosi per vedere il viso del ragazzo. “Cosa—” Si interruppe quando Luhan nascose la faccia. “Luhan, guardami.”
Ci fu un momento di silenzio, e poi Luhan alzò la testa con esitazione. Minseok ansimò. “Oh, cavolo, che ti è successo?” chiese, osservando le brutte ferite sulle guance e sul mento del ragazzo, e il labbro chiaramente spaccato.
Luhan scosse la testa, evitando il suo sguardo. “Non è niente,” disse piano. “Sono caduto dalla bici.”
“Quando?” chiese Minseok, sussultando per l'escoriazione sulla sua mascella. “Stai bene?”
Il ragazzo si leccò il labbro rotto nervosamente. “L'altra notte,” rispose. “Tardi. Era buio. Sto bene.”
“Cosa stavi facendo in bici nel bel mezzo della notte?” continuò Minseok, ma non ricevette risposta mentre tirava fuori le mani di Luhan da sotto il banco. Anche quelle erano piene di tagli e lividi, e sibilò. “Merda, Luhan, devi andare in infermeria.”
“Sto bene, Minseok, davvero,” insistette lui, ma emise un piccolo suono di dolore quando il ragazzo gli afferrò il braccio. Minseok lo guardò, e Luhan sussultò. “È solo un graffio,” disse piano.
Solo un graffio,” mormorò Minseok, tenendo con delicatezza il polso di Luhan per tirargli su la manica. Non dovette nemmeno sollevarla fino al gomito per vedere la ferita, coperta da una garza quadrata imbevuta di sangue. “Cavolo, Lu.”
Quel nomignolo gli sfuggì dalle labbra con così tanta facilità che non se ne rese nemmeno conto fino a che non uscirono dalla classe, la mano ancora attorno al polso di Luhan per tirarlo con sé. Si voltò, e il ragazzo lo stava guardando con gli occhi sgranati, a sua volta sorpreso ovviamente. Minseok cercò di non arrossire.
Raggiunsero l'ufficio dell'infermiera un momento dopo, e Minseok entrò senza nemmeno bussare, con Luhan che lo seguiva. La donna sollevò lo sguardo da dove stava misurando la temperatura di un ragazzo dal viso vagamente verdastro. “Oh, ciao Minseok. Non ti vedevo da un po'.”
Minseok agitò velocemente le mani, interrompendola. “Non sono qui per me,” disse. “Il mio amico è caduto dalla bici.” Indicò Luhan, che stava nervosamente in piedi dietro di lui.
“Oh. Okay allora. Uh, sono un po' impegnata al momento, potete aspettare?” chiese l'infermiera, accigliandosi e guardando il suo paziente.
“Posso occuparmene io,” decise in quell'istante Minseok. “Ho solo bisogno di qualche cerotto.”
“Sono in quell'armadietto,” disse lei, voltandosi a controllare il termometro.
Minseok annuì e aprì l'armadietto, tirando fuori garza, cerotti e disinfettante. Poi spinse fuori Luhan e andarono in biblioteca, per sedersi ad uno dei tavoli. La bibliotecaria li guardò, ma non disse niente quando Minseok le mostrò i cerotti.
Un momento dopo, Luhan era seduto su una sedia rivolto verso Minseok, senza giacca e con le maniche della camicia risvoltate oltre i gomiti. Minseok non disse nulla mentre si occupava dei tagli sui palmi e sulle nocche, ripulendole con del cotone imbevuto di alcol.
“L'infermiera sapeva il tuo nome,” mormorò all'improvviso Luhan.
Minseok trattenne il respiro, coprendo con della garza il brutto taglio sul palmo della sua mano. “È un'amica di mia madre,” rispose. “Anche mia mamma è infermiera.”
“Ahh,” disse Luhan, annuendo e sussultando quando il ragazzo prese l'altra mano.
Minseok finì con le mani e con le braccia, poi indietreggiò. “Altro?” chiese.
“Sì,” rispose lui, sollevando l'orlo della camicia e togliendo una benda che mostrava una lunga abrasione sul suo fianco. Minseok tenne lo sguardo sulla ferita, evitando la liscia pelle bianca della pancia di Luhan. Il cerotto venne applicato in un minuto. Poi gli mostrò un brutto taglio sul ginocchio, ed ebbero finito.
“Vieni,” disse Minseok, facendolo avvicinare. “Metto un po' di pomata e qualche cerotto su quelli del viso.”
Luhan esitò, poi si sporse in avanti. Con le mani leggermente tremanti, Minseok passò le dita dietro alla testa del ragazzo, per tenerla ferma mentre passava l'unguento. Dovette prendere un profondo respiro prima di avvicinarsi al labbro spaccato di Luhan, sentendo il fiato caldo sulle proprie dita mentre lo ripuliva. Deglutendo a fatica, si fece indietro e guardò Luhan dalla testa ai piedi. “
È tutto?” chiese, e la sua voce sembrava strana persino a lui.
Luhan sbatté le palpebre un paio di volte, poi annuì.
“D'accordo,” disse Minseok, cominciando a raccogliere le cose da riportare indietro o da buttare via.
Proprio mentre si stava alzando, la voce di Luhan lo bloccò. “Mi puoi chiamare Lu, comunque,” disse piano.
Minseok lo guardò con gli occhi spalancati.
Il ragazzo sorrise leggermente, poi sussultò quando il movimento gli tirò il labbro tagliato. “I miei amici mi chiamavano così, in Cina. Mi piace.”
Minseok esitò, poi ricambiò il sorriso. “Okay,” disse, voltandosi per buttare il cotone nella pattumiera.
Solo quando si sedettero di nuovo ai loro posti Luhan gli sussurrò, “Grazie, Minseok.”
Minseok sorrise, rivolto verso i libri. “Nessun problema,” disse, cercando di ignorare le farfalle nello stomaco.



Minseok si rese conto solo a fine giornata che per farsi quelle brutte ferite, Luhan doveva aver avuto un diretto contatto della pelle con il cemento. Guardò scioccato quando l'amico tirò fuori la sua vecchia giacca dall'armadietto e se la infilò, sembrando imbarazzato. Non avrebbe potuto non vedere i buchi sui gomiti nemmeno se avesse voluto.
“Lu, non puoi più indossare quella cosa,” disse Minseok, quasi mettendosi a ridere solo all'idea.
Luhan si voltò a guardarlo, sorridendo imbarazzato. “È ancora buono,” disse, ma non sembrava crederci nemmeno lui. “Posso ancora indossarlo.”
“È ridicolo,” disse Minseok, scuotendo la testa. “Devi fare qualcosa adesso?” Luhan scosse la testa, esitante. “Vieni a casa mia. Ho un vecchio giubbotto che non uso più. Ha una tasca rotta, ma puoi usarlo fino a che non ne avrai uno nuovo. È più caldo di questo, comunque.”
Luhan sembrava titubante, ma Minseok non gli diede scelta. Arrivarono a casa sua una ventina di minuti più tardi, dopo una fredda camminata che fece tremare Luhan come una foglia al vento (e Minseok notò che il ragazzo non era andato a scuola in bici; pensò non fosse sopravvissuta alla caduta), e Minseok tirò fuori il suo vecchio giubbotto rosso dall'armadio.
“Ecco,” disse, spingendolo tra la mani di Luhan. “Le maniche erano un po' lunghe per me, quindi ti dovrebbe stare. Lo tenevo come scorta, ma non mi serve davvero.”
Luhan lo guardò per un attimo, senza parole, poi se lo infilò, lo chiuse e si tirò su il cappuccio, chiudendo i bottoni fino al mento. “È così caldo,” disse, la voce attutita dal tessuto che gli copriva la bocca.
“Bene,” disse lui ridendo. “Indossalo per un po', riscaldati.”
Luhan prese un profondo respiro, e Minseok riuscì a capire che stava sorridendo dal modo in cui i suoi occhi si incurvarono formando mezze lune. “Ha il tuo profumo.”
Minseok ridacchiò imbarazzato. “Beh, presto profumerà come te.”
“Come noi,” lo corresse Luhan, e a Minseok piaceva come suonava.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


a

Basta – basta così, Dahye. Grazie. Il prossimo!”
Chanyeol grugnì dal suo posto accanto a Baekhyun, di fronte al palco dell'auditorium. “Baek, siamo qui da secoli. Non puoi semplicemente dare la parte a qualcuno e basta?”
Baekhyun scosse la testa ostinatamente. “No. Bisogna essere perfetti per questa parte. E fin'ora, nessuno è riuscito nemmeno a tenere una nota. O a recitare in modo decente, ad essere onesti. Sarebbe un crimine dare la parte dei protagonisti a uno di loro.”
Chanyeol sbuffò frustrato, allungando una mano nella ciotola di pretzel di Baekhyun. Non aveva nemmeno potuto pranzare, dato che si era dovuto affrettare qui per le audizioni. “Chi ti ha dato il compito di scegliere gli attori, comunque?” chiese, masticando i salatini e arricciando il naso.
“Io stesso,” disse Baekhyun, controllando la propria cartelletta e scribacchiando qualcosa accanto a un nome. “Come presidente del drama club ho il diritto di scegliere tutti gli attori.”
“Volevo chiederti una cosa: come puoi essere il presidente e vice-presidente del drama club?”
“Non sono il vice-presidente. Lo sei tu,” disse Baekhyun, e Chanyeol si voltò a guardarlo incredulo.
“Lo sono?” chiese. “Da quando?”
“Da quando l'ho detto io,” disse l'amico. “Sono, però, il tesoriere e il capo organizzatore.”
“E il fondatore. E unico membro,” disse Chanyeol. “Oltre me, a quanto pare.”
Baekhyun sbuffò con aria di superiorità. “Non è colpa mia se nessun altro in questa scuola capisce la bellezza delle arti drammaturgiche.”
Chanyeol alzò gli occhi al cielo. “Oppure, non lasci che nessuno ti aiuti.”
“Lo sto lasciando fare a te,” disse Baekhyun, chiamando sul palco la persona successiva. Fece una smorfia non appena la vide, per poi mandarla via.
Chanyeol sospirò. “Okay. Chi sono esattamente i personaggi principali per cui tutti stanno facendo le audizioni?”
Gli occhi di Baekhyun si illuminarono di colpo. Oltre ad essere il presidente del club, Baekhyun era anche il direttore di scena – e cosa più importante – l'autore. “L'eroina e il principe,” disse entusiasticamente. “Partiamo dal protagonista maschile. È alto, gentile e bellissimo, anche se un po' ottuso. Inciampa e cade per tutta la durata della commedia, ma è affascinante. Tutti lo amano. E poi, la protagonista femminile. Una grande eroina. Si rifiuta di aspettare che il suo Principe Azzurro arrivi da lei; va e se lo cerca da sola. È spavalda, ha carattere, e non si lascia fermare da niente sul suo cammino. In più, canta come un angelo.”
Chanyeol grugnì. “Sembra speciale.”
“Lo è,” confermò lui. “A volte prende cattive decisioni, però. Non pensa sempre prima di agire.”
Chanyeol annuì. “Okay, allora quante persone ancora devono fare l'audizione per il principe? Finisci prima con loro, scegline uno, e poi passi alle ragazze.”
Baekhyun guardò la lista di persone che volevano fare l'audizione. “Hmm. Manca solo un altro ragazzo.”
“Chi è?”
Baekhyun si voltò verso di lui con un sorriso smagliante. Chanyeol associava sempre brutte cose a quel sorriso. “Tu.”
Il più piccolo sbatté le palpebre. “Io? Ma non mi sono messo in lista.”
“Lo so, stupido,” disse Baekhyun, colpendolo sul naso con un pretzel. “Ti ho messo io.”
“Ma non voglio far parte della commedia,” disse accigliato Chanyeol. “Non so nemmeno cantare.”
“Il protagonista maschile ha solo una canzone,” disse Baekhyun. “Andiamo, Yeol. Mio vecchio amico. Non mi vuoi aiutare? E poi sarò super mega impegnato con lo spettacolo nei prossimi mesi. E tu non potrai fare altro se non venire tutti i giorni alle prove. Quindi perché non provi semplicemente a fare l'audizione? Nessuno dice che avrai la parte.”
Chanyeol si accigliò ancora di più. “Sei tu a fare tutti i casting,” gli fece notare.
“Sono completamente imparziale,” disse solennemente Baekhyun. “Dai, Yeol, fai l'audizione. Ecco, questo è il copione. Leggi questa parte qui.” Delle mani sorprendentemente forti spinsero Chanyeol fuori dalla sedia.
Facendo un gran sospiro, Chanyeol salì le scale che portavano al palco e si mise al centro di esso. “Pronto?” domandò, chiedendosi perché finisse sempre per fare cose del genere per Baekhyun.
“Pronto!” esclamò l'amico, sollevando un pollice.
Chanyeol guardò il copione e studiò il piccolo monologo che gli aveva indicato Baekhyun, poi cominciò a recitare, lamentandosi dell'ingombrante voluminosità della sua spada. Quando ebbe finito, Baekhyun cominciò ad applaudire selvaggiamente, imitando il suono di un pubblico esultante. “Come sono andato?” chiese Chanyeol, sorridendo forzatamente.
“Perfetto!” rispose eccitato Baekhyun. “Sì, il ruolo è tuo. Congratulazioni!”
Chanyeol si illuminò orgoglioso per un momento, poi si rese conto di una cosa. “Hey, aspetta. Non la voglio nemmeno la parte!”
“Troppo tardi!” disse Baekhyun, scrivendo qualcosa sulla cartelletta. “Ho già segnato il tuo nome.”
Chanyeol borbottò qualcosa, ma scese dal palco senza troppe lamentele. Che lo volesse o meno, sapeva che alla fine avrebbe accettato la parte.
Baekhyun applaudì contento. “Oh, è fantastico. Il perfetto protagonista maschile. Ora tutto ciò che devo fare è trovare la perfetta eroina.”
Chanyeol alzò gli occhi al cielo. Baekhyun non avrebbe mai trovato qualcuno che corrispondesse esattamente all'idea che aveva in testa. “Se sei così esigente,” brontolò, “perché non prendi tu stesso il ruolo?”
Ci fu un momento di silenzio, e poi Baekhyun si voltò verso l'amico con gli occhi sgranati. “Sì.”
“Cosa?” Chanyeol fece subito marcia indietro. “No, stavo scherzando. Non puoi fare l'eroina, Baek, sei già tutto il resto! Non sei – non sei nemmeno una ragazza!”
“E quindi?” chiese con aria di sfida Baekhyun. “Stavo alla grande con il costume di Misty ad Halloween, no? Pensaci, Yeol! Sarei fantastico.”
“Baekhyun, non ci stai pensando abbastanza. Sono serio, non puoi prendere questo ruolo,” disse disperato Chanyeol.
“Posso,” disse il maggiore deciso, “e lo farò. E sarò favoloso.”
Chanyeol grugnì e gettò le braccia sugli occhi. Aveva l'ultima possibilità di difesa prima che Baekhyun decidesse di diventare la prima eroina travestita della scuola. “Baek, se tu sei l'eroina e io sono il principe, dovremo innamorarci. Mi dovrai baciare.”
Questo fece esitare Baekhyun per un secondo, e per un momento, Chanyeol pensò di aver vinto. Ma poi Baekhyun esclamò, “E allora! Niente che non abbiamo già fatto prima, no?” sorridendo.
“Avevamo sei anni,” disse debolmente Chanyeol. “Ed è stato un incidente.”
“Non ha importanza! Non obiettare, Park Chanyeol. Avremo un successo travolgente. Le prove iniziano la settimana prossima!”
Ecco qua. Dopotutto, le parole di Baekhyun erano, ed erano sempre state, legge.


Generalmente, quando Minseok diceva a Jongdae di fare delle cose, l'amico si lamentava per un po' e poi le faceva. Era a questo che servivano gli amici, no? Renderti la vita difficile per poi assecondarti comunque. In ogni caso, Jongdae aveva agito così per tutta la sua vita, e di sicuro non sarebbe cambiato ora.
E quindi, quando Minseok gli disse, “Ci vediamo davanti a scuola sabato pomeriggio,” Jongdae si lamentò di avere altre cose da fare, e poi ci andò.
Quando arrivò c'erano solo Minseok e Luhan. Tipico. In questi giorni, vedeva raramente l'uno senza l'altro. Aveva quasi pensato che il ragazzo gli stesse rubando lo status di miglior amico, ma Luhan non si lamentava mai, quindi no.
“Okay, amici,” disse Jongdae mentre si avvicinava, infilandosi le mani in tasca per ripararle dall'aria fredda di metà novembre. “Cosa facciamo oggi?”
“Non così in fretta,” rise Minseok. “Dobbiamo ancora aspettare delle persone.” Accanto a lui, Luhan annuì eccitato.
“Ah sì? Chi?” chiese Jongdae.
“Ciaoooo!” esclamò un'altra voce all'improvviso, e Jongdae si voltò per vedere Baekhyun e Chanyeol avanzare verso di loro dalla direzione opposta. Baekhyun agitò le mani vivacemente.
“Oh, è una festa,” rise Jongdae. “Hey ragazzi, hanno trascinato anche voi?”
“Chi ci ha trascinato in qualcosa?” chiese Chanyeol, sorridendo da sopra la sciarpa. “Volevamo venire, vero Baek?”
Baekhyun sembrava leggermente meno entusiasta al momento. “Ho dovuto posticipare un incontro del drama club,” disse. “Ma ho immaginato ne valesse la pena.”
Chiacchierarono per un po', discutendo dei piani di Baekhyun per la sua commedia, per la quale Chanyeol sembrava ancora estremamente esitante. Anche Jongdae lo sarebbe stato, se il direttore era Baekhyun. Gli piaceva il ragazzo, ma a volte sapeva incutere timore, nonostante la sua piccola statura e il suo viso carino.
“Okay, Luhan, cosa vuoi—hey aspetta.”
Si voltarono tutti per vedere un nuovo viso apparire, con le sopracciglia aggrottate e le labbra rivolte verso il basso.
“Sehun-ah!” esclamò Luhan, sorridendo quanto più poteva senza che si riaprisse la ferita al labbro e andando verso il ragazzo. “Sei venuto!”
“Non mi hai detto che ci sarebbero state altre persone,” disse cupo Sehun.
Luhan rise e gli passò un braccio intorno alle spalle, il suo sorriso allegro in netto contrasto con l'espressione tetra del più piccolo. Jongdae avrebbe voluto scattare una foto. “Non te l'ho detto perché volevo che venissi,” rispose Luhan. “Non te ne andrai ora, vero?”
L'espressione di Sehun non cambiò. “Ci sto pensando.”
“Awwww, non farlo ti prego,” disse Luhan, tirandogli un braccio implorante. “Voglio che tutti i miei amici siano qui oggi.”
Sehun sospirò e alzò gli occhi al cielo, ma non si mosse. Jongdae guardò Minseok per vedere come avrebbe reagito l'amico, ma sembrava che sapesse già che Sehun sarebbe venuto. Ovvio. Nessun segreto tra Luhan e Minseok.
Venne distratto dai suoi pensieri da una voce familiare e allegra. “Ciao ragazzi, sono in ritardo?”
Jongdae si voltò di scatto e vide Junmyeon avvicinarsi, sorridendo meravigliosamente (perché sorrideva sempre così? Non ne aveva alcun diritto). A bocca aperta, Jongdae si girò nuovamente verso Minseok, il quale lo stava osservando attentamente. Jongdae socchiuse gli occhi sospettoso, ma l'amico si limitò a scrollare le spalle e a indicare Luhan, come per dire, Non dare la colpa a me! L'ha invitato lui! Jongdae non era sicuro di credergli.
“Ci siamo tutti, allora?” chiese Chanyeol, la voce tonante rispetto al silenzio del parcheggio della scuola.
“Beh, abbiamo invitato anche Kyungsoo, ma ha detto che non poteva venire,” disse Luhan, sembrando dispiaciuto. “Ma lo chiameremo con il vivavoce, vero?”
Minseok annuì. “Per un po', almeno,” disse. “Non ho così tanti minuti nel telefono.”
“Possiamo usare il mio,” suggerì Junmyeon, fermandosi accanto a Jongdae – un po' troppo vicino – e tirando fuori un cellulare dall'aria costosa. “Ho le chiamate illimitate. E dati, se vogliamo videochiamarlo o qualcosa del genere.”
A volte Jongdae si chiedeva come si potesse essere così generosi.
(Non lo disse a voce alta.)
“Grazie Junmyeon,” disse Luhan, sorridendogli grato. “Ma comunque, stiamo aspettando un'altra persona ancora.”
“Davvero? Chi?” chiese Baekhyun, guardandosi intorno. “Siamo gli unici che erano al compleanno di Jongdae, più Sehun.”
Luhan continuò a sorridere, ma Jongdae notò il suo nervosismo quando il ragazzo lanciò un'occhiata a Sehun. “Oh, solo qualcuno—”
“Hey, ciao a tutti!”
Jongdae e tutti gli altri si voltarono verso la nuova voce, e sentì distintamente Oh Sehun mormorare un debole, “No.”
Era Jongin. Jongdae lo aveva riconosciuto subito; oltre ad essere il più popolare della scuola, lo aveva anche visto con Luhan e Sehun in mensa qualche volta.
“Che ci fai tu qui?” chiese freddamente Sehun mentre Jongin gli si avvicinava con un sorriso.
“Luhan-ssi mi ha invitato,” rispose felice il ragazzo. “Ha detto che avevi bisogno di un compagno.”
Jongdae si voltò allo stesso tempo di Sehun per vedere il maggiore, che stava sorridendo nervosamente. “Io, um, vi ho divisi in coppie,” disse. “Insomma, così ognuno ha un compagno. Io sono con Minseok, Baekhyun con Chanyeol, Jongdae con Junmyeon—” Jongdae si strozzò leggermente. “—e Sehun, tu sei con Jongin.”
Il ragazzo sbuffò scontento, ma Jongdae lo sentì a malapena sopra il proprio panico interiore. “Non voglio stare con Jongin,” disse. “Starò con te. Ci può stare Minseok-ssi con lui.”
“Nono!” disse allegro Luhan. “Ho già deciso le coppie. Non puoi cambiare.”
“Sei incastrato con me!” disse Jongin, egualmente entusiasta. Sehun incrociò le braccia e arricciò le labbra contrariato.
Cercando di darsi un controllo, Jongdae si voltò verso Junmyeon e disse, “Allora... sembra ci abbiano messi in coppia.”
Junmyeon gli fece un altro dei suoi sorrisi angelici. “Sembra di sì!” disse piacevolmente. “Ti dispiace?”
“Huh? Oh, no. No, certo che no. Niente affatto,” negò velocemente Jongdae, poi si rese conto che forse stava esagerando. “Voglio dire, non che—”
Fortunatamente, Luhan lo interruppe prima che potesse dire qualcosa di molto stupido. Tendeva a dire molte cose stupide di fronte a Kim Junmyeon.
Dopotutto, chi non sarebbe intimidito da un ragazzo dagli ottimi voti, benestante, generoso ed estremamente attraente come Kim Junmyeon?
Aspetta cosa?
“Oggi andiamo a Insadong,” affermò eccitato Luhan. “Vero, Seok-ah?”
Minseok annuì, sorridendo per la sua esuberanza. “Luhan voleva andare con tutti in un posto da turisti così da poter fare delle foto per il suo progetto,” disse.
“E per divertirci!” esclamò Luhan. “Finalmente non ho tanto da studiare questo fine settimana, quindi volevo fare qualcosa di divertente. Con tutti i miei amici.” Si illuminò, come se fosse fuori di sé dalla gioia avendo tutte quelle persone che poteva chiamare amici.
Ora che Jongdae ci pensava, probabilmente era così.
“In più è gratis,” aggiunse Luhan, tirandosi su il cappuccio del giubbotto per ripararsi dal vento. Jongdae era abbastanza sicuro di riconoscere quel cappotto. Minseok non ne aveva uno simile? “A parte la metro per arrivare lì.”
Minseok sollevò lo sguardo dal telefono di Junmyeon, dove stava digitando il numero di Kyungsoo. “E le cose che comprate.”
“Non sono mai stato a Insadong,” rifletté Baekhyun. “C'è più che altro roba d'arte, no?”
Luhan annuì. “Arte tradizionale coreana,” lo informò, come se stesse recitando qualcosa. “Compresi dipinti ad inchiostro e terracotta.” Sospirò. “A Kyungsoo sarebbe piaciuto.”
Una voce gracchiò all'improvviso dal telefono. “Non parlare di me come se fossi morto, hyung.”
Luhan si voltò per guardare l'apparecchio in mano di Minseok. Sorrise. “Ti ci porterò un giorno, Kyungsoo-yah,” disse. “Contaci.”
Vedremo,” fu la risposta meno che ottimista di Kyungsoo.
“Non mi piace l'arte,” brontolò Sehun, e Jongdae lo vide incrociare le braccia come un bambino petulante,
Cosa ti piace?” chiese Jongin accanto a lui, per nulla scalfito dall'atteggiamento del compagno. Tutto ciò che ricevette fu uno sbuffo aristocratico, ma non ne sembrava né troppo deluso né sorpreso.
“Io andavo spesso a Insadong,” mormorò Junmyeon accanto a Jongdae, facendolo quasi saltare per la sorpresa. “Ci sono un sacco di gallerie d'arte. Mi ci portava mia mamma.”
“Perché sei ricco?” blaterò Jongdae, per poi darsi un calcio mentalmente. Stupido. Sei così stupido.
Ma Junmyeon rise, il suo sorriso sempre smagliante. “No,” disse. “Perché mia madre è un'artista.”
“Oh.” Ora Jongdae si sentiva ancora più stupido. “È... è davvero figo, onestamente.”
Se possibile, il sorriso di Junmyeon divenne ancora più raggiante. Era quasi accecante. “Sfortunatamente non ho ereditato il suo talento per l'arte,” disse mentre il gruppo cominciava a muoversi lungo la strada, ora che c'erano tutti
“Ma hai tanti altri talenti,” disse velocemente Jongdae, e wow, doveva davvero smetterla di parlare. Tipo, ora.
Junmyeon rise ancora. “Grazie,” disse. “Penso di avere anche io i miei punti di forza.”
Tanti. Tanti punti di forza. Jongdae si chiese all'improvviso se Junmyeon fosse forte.
Si mossero in fila per due sul marciapiede, una processione di adolescenti chiacchieroni guidata da Minseok e Luhan, con l'aggiunta della voce di Kyungsoo dal telefono di Junmyeon. Li seguivano Jongdae e il compagno, Baekhyun e Chanyeol e infine Sehun e Jongin. Per la maggior parte del tempo erano tutti impegnati nelle proprie conversazioni; persino Jongdae e Junmyeon. Beh, Junmyeon parlava, con tono rilassato e accomodante, e Jongdae faceva del suo meglio per rispondere senza sembrare un idiota. Con scarso successo.
Insadong era un po' più interessante di quanto non si fosse aspettato Jongdae (forse un po' pessimisticamente). C'erano centinaia di bancarelle diverse e negozi che si affacciavano sulla via principale, tutti pieni di strana bigiotteria, dipinti, abiti tradizionali o maschere. Qualche volta Junmyeon si sporgeva verso Jongdae per dirgli le origini di qualche tipo di arte o qualche piccola storiella, che gli era stata raccontata probabilmente anni prima dalla madre, e questo riusciva a mantenere l'attenzione di Jongdae.
Perché quelle storie erano affascinanti, ovviamente. Non perché a Jongdae piacesse sentire Junmyeon così vicino, o che condividesse con lui cose così intime. E se erano quelle cose a piacergli, era solo perché Jongdae si ispirava tanto a Junmyeon. Solo per quello.
Dall'altra parte del telefono, anche Kyungsoo stava raccontando delle storie, molto probabilmente lette in uno dei mille libri che il ragazzo stava sempre studiando. Luhan faceva delle foto, la macchina fotografica non rimaneva mia ferma per più di quei pochi secondi che gli servivano per cambiare le impostazioni, e Minseok chiacchierava allegramente con lui e Kyungsoo. Dietro Jongdae, Baekhyun e Chanyeol stavano cercando di non fare troppi danni, data l'innata abilità del più alto di far cadere involontariamente le cose più costose. Ci volle un momento perché Jongdae vedesse gli ultimi membri del loro gruppetto; dopo un po' vide Jongin e Sehun che osservavano un ballerino di strada esibirsi in una qualche danza tradizionale. Gli occhi di Jongin erano spalancati e affascinati, mentre sorrideva felice, Sehun invece stava facendo del suo meglio per sembrare disinteressato ed esasperato.
Non era esattamente il giorno migliore per girare per le strade di Insadong – il cielo era coperto, e il vento era pungentemente freddo – ma Jongdae trovò la gita comunque piacevole. Gli piaceva sentire il suono della risata di Kyungsoo al telefono quando Minseok lo prendeva in giro, o guardare Chanyeol e Baekhyun provarsi delle maschere e poi cercare di andarsene senza comprarle, e vedere Oh Sehun osservare Jongin con più interesse di quanto non avesse mai mostrato prima. Gli era piaciuto quando Junmyeon aveva comprato a tutti del hotteok ad una bancarella vicina, e aveva guardato Minseok assaggiarne un po' da Luhan dopo tanto incoraggiamento. Gli piaceva quando stavano tutti insieme, così (non proprio insieme, dato che Kyungsoo era bloccato a casa). Era piacevole.
“Dobbiamo attraversare!” disse ad un certo punto Luhan, quando raggiunsero la fine della strada principale. “Prendete tutti per mano il vostro compagno!”
Jongdae sbuffò, sentendo il proprio viso avvampare nonostante il freddo. “Non siamo bambini, hyung.”
“Non voglio che vi perdiate,” disse Luhan, prendendo la mano di Minseok con cautela, per non peggiorare le ferite. Il viso di Minseok era tanto rosso quanto Jongdae sentiva il proprio (per ragioni diverse, si ripeté Jongdae).
“Meglio fare come dice lui,” disse Joonmyun, ridacchiando, e un attimo dopo la mano di Jongdae venne tirata fuori dalla tasca per essere avvolta da un'altra.
“Io—uh—okay,” disse il ragazzo, sbattendo velocemente le palpebre. Si guardò attorno freneticamente, così da non dover guardare il maggiore.
Dietro di loro, Baekhyun e Chanyeol camminavano con le dita intrecciate, sembrando perfettamente a loro agio; ma Jongdae li vedeva sempre tenersi per mano. Era una cosa normale per loro. Ancora più indietro, Jongin stava felicemente prendendo la mano di Sehun, il quale non era affatto contento della cosa. Sembrava voler interrompere la circolazione del sangue del ragazzo per quanto stava stringendo, e dall'espressione sul viso di Jongin, ci stava riuscendo.
Attraversarono la strada senza problemi, e Jongdae poteva giurare di aver sentito Junmyeon stringergli la mano un'ultima volta prima di lasciarla andare con un sorriso. La rimise velocemente in tasca. Minseok e Luhan si separarono con un po' più di riluttanza, e quando Jongdae si guardò alle spalle vide Chanyeol e Baekhyun ancora uniti, e Jongin che gridava e cercava di staccarsi dalla presa ferrea di Sehun. Jongdae vide, per la prima volta in vita sua, Sehun con un piccolo ghigno sul viso.

Allora, Jongdae,” disse all'improvviso Junmyeon, e Jongdae si voltò sorpreso. Il più grande gli sorrise allegro. “C'eri all'ultimo incontro del consiglio studentesco, vero?”
“Huh? Oh, sì, certo. Non mi perdo mai le riunioni,” rispose il ragazzo, come per affermare ancora una volta che era dedito alla propria posizione.
Junmyeon rise. “Giusto, certo. Quindi sai del festival multiculturale che farà la scuola, no?”
Jongdae annuì. “Sei il capo organizzatore, vero?”
“Già,” rispose lui, aggiustandosi la sciarpa attorno al collo. “È un bel po' di lavoro, però, organizzare tutto. Dovrei scegliere qualcuno con cui lavorare.”
“Oh. Forse puoi chiedere a Jinri. È brava in queste cose, ad organizzare e tutto,” gli consigliò Jongdae, guardando una fila di vasi decorati.
Il maggiore rise. “Volevo chiedere a te, a dire il vero.”
Jongdae si voltò a guardarlo sorpreso. “A me?” chiese, con voce imbarazzantemente strozzata. Tossì per mascherarla.
Junmyeon sorrise e annuì. “Sì, se ti va.”
“Non fa parte dei miei compiti, però,” disse Jongdae. “Io faccio annunci e cose di questo tipo. Faccio i poster.”
“Perfetto,” disse il ragazzo, con un sorriso smagliante. “Ho bisogno di qualcuno così. E qualcuno che possa ascoltare le mie idee. Pensi di poter tartassare le persone per fargli completare le esposizioni in tempo?”
Di fronte a loro, Minseok si voltò sorridendo e disse, “Tartassare? È la specialità di Jongdae.”
Jongdae si sentì andare nel panico. “Uh. Sì, voglio dire, penso di sì.”
“Fantastico,” disse Junmyeon, sembrando soddisfatto. “Penso lavoreremo bene insieme, non trovi?”
Jongdae annuì debolmente. Qualcosa gli diceva che non sarebbe stata una buona idea.


“Sai,” disse Minseok il giorno seguente, mentre lui e Luhan guardavano le foto in camera sua, per decidere quali usare per il progetto, “Non sono mai stato a casa tua.”
Luhan lo guardò da sopra la foto che avevano fatto a Insadong, tutti in posa davanti ad una bancarella di dipinti. “Mm,” disse vagamente.
“Non ho nemmeno mai incontrato i tuoi genitori,” aggiunse Minseok, pensandoci all'improvviso. “Ti conosco, da quanto, tre mesi? I miei genitori ti hanno praticamente adottato. Ma io non ho mai conosciuto i tuoi.”
Luhan sembrò a disagio per un momento, cambiando posizione sul pavimento. “Non stanno spesso a casa,” disse. “E abito più lontano dalla scuola rispetto a te, quindi ha più senso venire qui.”
“Solo quando veniamo subito dopo le lezioni. Nei fine settimana non farebbe differenza,” gli fece notare Minseok. “Potrei venire a casa tua a volte.”
Luhan scrollò le spalle, tenendo gli occhi sulle foto sparpagliate intorno. “Mi piace stare qui,” disse. “Fa... caldo.”
“Huh?” Minseok lo guardò confuso.
Luhan incrociò il suo sguardo per un secondo. “Niente. È solo che – casa mia non è... calda. Non c'è quasi mai nessuno. Non sa di... casa. Mi piace qui.” Guardò ancora Minseok, sorridendo. “E poi, qui c'è Kyungsoo. Mi piace incontrarmi con lui.”
Se Luhan stava cercando un modo di distrarre Minseok, ci era riuscito. “A proposito,” chiese accigliato. “Di cosa parlate sempre tu e Kyungsoo? Vi rintanate in camera sua per ore. Kyungsoo a malapena mi lascia entrare nella sua stanza. È troppo paranoico che possa portare germi o qualcosa del genere.”
Luhan sorrise ancora, questa volta un vero sorriso. “Sono molto attento,” Disse. “Non tocco mai niente e mi lavo sempre le mani prima di entrare.”
“Questo non risponde alla mia domanda,” borbottò Minseok. “Hai tutti questi amici, ma non mi dici mai di cosa parli con loro.”
Luhan rise piano. “Porto a Kyungsoo le sue foto,” disse. “E gliene parlo.”
“Foto?” Minseok aggrottò le sopracciglia.
“Mm,” disse Luhan, annuendo. “Mi chiede di fare delle foto per lui, e le sviluppo. Ricordi, quando mi hai portato la prima volta? Molte delle foto che ho stampato erano per lui.”
“Oh.” si accigliò Minseok. “E che foto fai?”
Luhan scrollò le spalle, sorridendo mentre incollava la foto del fiume Han sul cartellone nero. “Di tutto, davvero. Gli alberi in autunno. L'interno della metro. Il parco vicino al mio palazzo. Piccoli cani con i loro padroni. Seoul alla fine di novembre. Cose che Kyungsoo non ha mai visto.”
Un peso si formò sullo stomaco di Minseok, e non seppe cosa dire.
“Kyungsoo dice che gli piacerebbe vedere molte cose. Non è mai stato dentro un ristorante. Non ha mai visto Seoul se non da dentro la sua macchina, e solo quando era malato e doveva andare in ospedale. Non è mai stato in biblioteca o in un supermercato.” disse tristemente Luhan. “Quindi faccio delle foto per lui. Non è la stessa cosa, ma Kyungsoo dice che lo preferisce al cercare le immagini su internet. Gli do le foto, e gliene parlo. Gli dico che profumo ha il supermercato, e le cose di cui sento parlare dalla gente quando ci vado. Gli parlo dei bambini che ho visto saltare su un tappeto di foglie, e della signora il cui cane ha cercato di mordermi la scarpa. Kyungsoo scrive le cose che dico sul retro della foto, e le mette tutte sul muro della propria stanza. Dice che gli sembra quasi di esserci stato.”
Minseok fece fatica a parlare. “Lui – non sta male come sembra. La sua malattia, dico. Probabilmente potrebbe fare molte più cose di cui pensa.”
Luhan annuì. “Lo so,” disse piano.
Minseok mandò giù il magone che aveva in gola. “Ha rischiato tante volte, quando era piccolo. Da bambino è quasi morto una volta, e ci è andato molto vicino quando era più piccolo. È diventato paranoico. Quello che è adesso – come è diventato – non è solo la malattia. Di sicuro ha una grande importanza, certo, ma è sin troppo cauto ora. È ossessionato. Non si permette di fare nulla.”
“Lo so,” sussurrò Luhan.
Minseok si portò le ginocchia al petto e le cinse con le braccia, prendendo un gran respiro. “Il suo sistema immunitario è migliorato. Non si ammala seriamente da tanto tempo. Ma è convinto che se facesse qualcosa – uscire fuori per un secondo, o abbassare la guardia – allora si ritroverà da capo in quella situazione. E ha paura. Non è preparato per il mondo vero. Non è mai stato in una folla prima, e non sa come gestire troppe persone alla volta, e non sa nemmeno come gestire troppo rumore alla volta. Le macchine e i negozi e tutto, sono un mistero per lui. Non sopravvivrebbe mai là fuori da solo. Ho sempre pensato che semplicemente non volesse, ma…”
“È solo spaventato,” disse Luhan, annuendo. “Non me l'ha mai detto, davvero, ma... si capisce. Vuole fare le cose, così tanto, ma ha troppa paura. Mi dice sempre che è felice semplicemente di essere vivo.”
Minseok annuì. Kyungsoo l'aveva detto anche lui, prima. “È felice di essere vivo, perché è stato così vicino alla morte,” disse. “È quello che dice. Vivere, contro ogni previsione, è una benedizione. E io gli credo. Ma lui...”
“Non è sempre felice,” finì per lui Luhan. “Dice di esserlo, ma non è così. Vorrebbe fare tutto.”
“Voglio aiutarlo,” disse Minseok, tirando leggermente su col naso. “Ma non so come. È sempre stato Kyungsoo ad aiutarmi, ma io non so come fare lo stesso.”
Luhan si sporse all'improvviso, posando una mano sul suo ginocchio. Sorrise gentilmente. “Ti aiuterò,” promise. “ad aiutare Kyungsoo. Voglio aiutarlo anche io.”
Minseok sospirò. “Non so nemmeno di cosa abbia bisogno.”
Luhan scrollò le spalle. “La stessa cosa di cui abbiamo bisogno tutti,” disse semplicemente. “Supporto. Incoraggiamento. Amore. Il resto, deve farlo da solo.”
Minseok annuì, ma allo stesso tempo si chiese se anche Luhan avesse tutte le cose di cui aveva bisogno.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


La fine di novembre portò con sé una nevicata precoce, che coprì tutto in un sottile strato di polvere bianca. La temperatura passò dall'essere pungente all'essere glaciale, e il tragitto per andare e per tornare da scuola divenne quasi insopportabile. Minseok doveva vestirti ogni mattina come un eschimese prima di uscire.
Dentro la scuola, però, le cose erano tanto frenetiche come sempre. Anche più del solito, anzi. Baekhyun teneva Chanyeol impegnato con i preparativi per lo spettacolo; tenendo le ultime audizioni per i ruoli minori, componendo le musiche e così via. Junmyeon e Jongdae avevano cominciato a incontrarsi dopo la scuola per cominciare con i preparativi per il grande evento che stavano organizzando insieme. Luhan, Sehun e Jongin erano come sempre impegnati a cercare di conoscersi nonostante ci fosse un partecipante decisamente contrario all'idea. E Minseok sedeva al centro di tutto questo cercando di non farsi spazzare via da tutta quest'attività, di tanto in tanto tenendo il ragazzo cinese con i piedi per terra quando Luhan sembrava farsi trascinare da tutte le cose che stavano accadendo nella sua vita.
E ragazzi, Luhan sembrava avere molte cose in ballo. Minseok si considerava una persona abbastanza impegnata, con l'ultimo anno di scuola e tutti i problemi che lo accompagnavano, in più doveva aiutare Luhan con alcune cose, ma Luhan sembrava avere un milione di altre cose da fare. Oltre a cercare di stare al passo in tutte le materie e di migliorare sempre più il proprio coreano, Luhan provava ancora ad avvicinarsi a Sehun, così come passare del tempo con Jongin di tanto in tanto. Era spesso a casa di Minseok, per fare i compiti o per lavorare al progetto, e stava con Kyungsoo regolarmente. E come se non fosse abbastanza, diceva ancora di avere delle cose da fare dopo cena, e arrivava sempre a scuola con l'aspetto di uno che non aveva dormito affatto. Eppure era sempre sorridente, sempre felice di essere a scuola e con i suoi amici.
Sorrideva persino quando passava a Minseok i soldi che gli doveva per averlo aiutato con i compiti. Faceva sentire Minseok terribile, ogni singola volta, eppure finiva sempre per prenderli senza dire una parola. Kyungsoo gli diceva che aveva problemi con il confronto.
Kyungsoo solitamente aveva ragione.
“Sai cosa trovo strano?” disse un giorno Chanyeol a pranzo, in una rara occasione in cui Baekhyun non lo aveva trattenuto per leggere il copione o qualcosa del genere.
“Il fatto che non riusciresti a memorizzare le battute nemmeno se la tua vita dipendesse da questo?” lo prese in giro Baekhyun.
“Zitto tu,” Chanyeol gli lanciò un'occhiataccia infantile. “Cosa trovo strano è che Luhan sia qui in Corea da tre mesi e ancora non abbia un cellulare.”
La testa di Minseok scattò al nome del ragazzo cinese. Guardò Luhan, che stava ancora parlando con Sehun e Jongin, sorridendo.
“Immagino che sia un po' strano,” disse Baekhyun, scambiando i biscotti nel suo vassoio con il cupcake in quello di Chanyeol. “I miei hanno troppa paura che qualcuno possa rapirmi o qualcosa del genere per lasciarmi uscire senza telefono.”
Minseok si accigliò. Luhan gli aveva sempre detto che non aveva ancora comprato un cellulare, ma tre mesi erano un po' tanti. Tenne la bocca chiusa.
“E poi,” continuò Chanyeol, mordendo uno dei biscotti che Baekhyun aveva appena scambiato. “Ha detto anche di non avere internet a casa, giusto? Anche questo è strano. Come fa le ricerche per la scuola?”
Minseok si sentì in dovere di difendere Luhan. “Le fa in biblioteca,” disse, accigliato. “O a casa mia.”
“Non è questo il punto,” ribatté Chanyeol, indicandolo con un secondo biscotto. “Il punto è che la cosa è sospetta. Diventa sempre vago quando gli chiedi qualcosa al riguardo. E poi quando gli chiedi dove abita, non dà mai una risposta. Non l'hai mai notato?”
Minseok non l'aveva notato, davvero. Ma era anche sempre stato vergognosamente passivo.
“Ecco cosa penso io,” disse Chanyeol, guardando il proprio pubblico (che consisteva solo in Baekhyun e Minseok) e facendo una pausa per un effetto drammatico. “Penso stia nascondendo qualcosa.” Un'altra pausa. “O. Si sta nascondendo da qualcosa. Avete visto quei tagli sul viso e sulle mani?”
Baekhyun e Minseok sbatterono le palpebre per un secondo, e poi il migliore amico grugnì e disse, “Sembri un lunatico, Yeol. Come uno di quei cospiratori che credono che gli alieni prenderanno possesso del governo o qualcosa del genere. Perché pensi che Luhan si stia nascondendo da qualcosa?”
“Pensaci!” disse Chanyeol, spalancando gli occhi. “Niente telefono. Niente connessione a internet. Segreti. Sta rendendo molto difficile essere rintracciato, no?”
“Io ho il suo numero,” puntualizzò Minseok, accigliandosi. Non era sicuro di come si sentisse riguardo alle persone che facevano supposizioni sulla vita di Luhan.
Tu l'hai mai chiamato, però?” chiese Chanyeol, alzando le sopracciglia.
“Uh…no,” ammise Minseok. “Mi dice sempre che raramente è a casa, e di aspettare che sia lui a chiamarmi.”
“Beh, non è curioso,” disse Chanyeol, come se Minseok avesse appena confermato la sua teoria. “Ti chiama da un numero che tu non hai mai chiamato. Potrebbe essere il telefono di chiunque, davvero. Potrebbe essere un telefono pubblico.”
Baekhyun alzò gli occhi al cielo. “Okay,” disse. “Penso dovresti smetterla di parlare. Luhan sta venendo qui, comunque. Ti prego, non assillarlo.”
Chanyeol fece una smorfia, ma prima che Minseok potesse dire qualcosa in difesa dell'onore di Luhan, il ragazzo in questione si sedette accanto a lui, sorridendo come al solito. “Jongin porta Sehun a bere una cioccolata calda oggi,” disse orgoglioso. “Dato che io sono occupato.”
“Occupato a fare cosa?” chiese Chanyeol, abbassando la voce con fare inquisitore.
Luhan scrollò le spalle. “Devo solo fare qualche commissione,” disse vagamente, e Minseok si accigliò.
“Ahh,” disse Chanyeol, annuendo, poi mimò la parola 'commissioni' a Baekhyun e Minseok, con un'espressione che diceva chiaramente sì, ceeerto.
Minseok cercò di non dare peso a Chanyeol e le sue stupide idee, ma non poteva fare a meno di pensarci.


Il 27 novembre era il compleanno di Chanyeol, e anche se Baekhyun non se lo sarebbe mai dimenticato, Chanyeol si assicurava sempre di ricordarglielo un milione di volte. Ogni anno, Baekhyun gli mandava un messaggio alle 12.01 per augurargli un buon compleanno, e Chanyeol rispondeva con un'infinità di faccine sorridenti. Era una specie di rituale.
La seconda parte del rituale era, ovviamente, portare l'amico da qualche parte. Solitamente Baekhyun lo portava a mangiare qualcosa di poco consono per una cena. Quest'anno erano pancake con gelato.
“Non sono sicuro di capire,” disse Chanyeol mentre punzecchiava la fragola in cima alla sua montagna di gelato alla pesca. “Che senso hanno i pancake se non si riesce nemmeno a sentirne il sapore sotto tutto questo gelato?”
“Per far sembrare meno indecente mangiare gelato a cena?” suggerì Baekhyun, con la bocca piena di sorbetto arcobaleno.
“In questo caso è una buona idea,” decise Chanyeol abbuffandosi.
Baekhyun gli sorrise affettuoso. Questo era il dodicesimo anno che festeggiava il compleanno di Chanyeol in questo modo (sarebbe stato il tredicesimo ma ne avevano saltato uno a causa di un piccolo litigio avvenuto in quinta elementare del quale non parlavano mai). Erano migliori amici da oltre tredici anni; dall'asilo. Era stata una di quelle amicizie lampo, quelle di cui leggi nei libri o che vedi nei film. A Baekhyun piaceva. Pensava che forse avrebbero avuto anche un lieto fine da libro.
Calciò leggermente il piede di Chanyeol da sotto il tavolo, e senza sollevare la testa, Chanyeol ricambiò il calcio, e Baekhyun sorrise ancora. “Quanti di questi dovrei mangiare prima di svenire secondo te?” chiese Chanyeol, sussultando quando si mise troppo gelato in bocca tutto in una volta.
Baekhyun canticchiò, mangiando una fetta di mango. “Penso che vomiteresti prima di svenire,” disse.
“Tu dici?” chiese Chanyeol, accigliandosi. “Ho uno stomaco piuttosto forte. Ricordi la volta che ho mangiato l'intera ciotola di vermi gommosi?”
“Sì. Hai vomitato,” rispose l'amico.
“Solo dopo che ho bevuto tutta quella coca cola,” gli ricordò Chanyeol. Baekhyun rise. “Se mangiassi così tanti pancake e gelato da entrare in coma, cosa faresti tu?”
“Ti chiamerei un idiota,” gli rispose Baekhyun, alzando gli occhi al cielo.
Chanyeol si accigliò. “Hey, sono serio. Piangeresti?”
Un'altra occhiata al cielo. “Sì, Chanyeol, piangerei. Sei felice?”
“Sì,” disse Chanyeol. “Aspetta, piangeresti di più se entrassi in coma io o il tuo cane?”
“Io non ho un cane.”
“Ipoteticamente.”
“D'accordo. Tu.”
Chanyeol sorrise. “Bene. Dovevo assicurarmi di essere ancora la persona più importante per te.”
Baekhyun grugnì. “Sei sempre la persona più importante per me,” disse, osservando attentamente il viso di Chanyeol. L'amico sollevò lo sguardo dal piatto, sorrise, e riprese a mangiare.
E questo la diceva lunga sulla loro amicizia, vero? Era sempre stato così. Chanyeol diceva qualcosa di carino, Baekhyun qualcosa di sincero, e Chanyeol la prendeva nel modo più sbagliato possibile, per quanto era ottuso. Ma era così che doveva andare. Baekhyun lo sapeva.
Dopo cena – durante la quale, fortunatamente, Chanyeol non entrò in coma, anche se probabilmente ci era andato vicino – tornarono a casa di Baekhyun, nonostante il giorno successivo ci fosse scuola. Lo avevano fatto migliaia di volte. Chanyeol si portava tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno il giorno dopo. Si accoccolarono sotto le coperte nel letto di Baekhyun, ridendo e dimenandosi, poi si sistemarono per guardare un film, ascoltando il vento soffiare fuori. Baekhyun cominciò a sentire sonno a metà film, ma non era una sorpresa. Si addormentava sempre durante i film. E mentre la sua testa cominciava ad oscillare e gli occhi cominciavano a chiudersi, sentì Chanyeol tirarlo più vicino, posando la sua testa sulla propria spalla e facendolo poggiare al proprio fianco. Baekhyun aveva sempre pensato che il suo posto fosse quello.
Chanyeol e Baekhyun erano sempre stati così. Sempre. Ad essere sinceri, Baekhyun pensava che forse Chanyeol avesse passato un po' troppo tempo con la sorella da piccolo, perché lo trattava sempre nel modo in cui le ragazze trattano le migliori amiche. Lo teneva per mano, lo abbracciava, gli diceva che il nuovo taglio di capelli gli stava bene. Se le ragazze potevano trattare così le migliori amiche, perché non poteva farlo anche Chanyeol? Non era mai stato un tipo che si atteneva agli standard sociali.
Quelle abitudini non erano scomparse mentre crescevano, e a Baekhyun non dispiaceva. Era confortante, era normale, e non gli interessava cosa pensassero le altre persone. Baekhyun teneva molto a Chanyeol, e sapeva che anche per Chanyeol era lo stesso. A Baekhyun piaceva. Gli piaceva avere qualcuno così. Cosa pensassero le altre persone non erano affari suoi.
Ma poi, una volta in seconda media, una ragazza aveva detto scherzando, “Voi due fareste prima a mettervi insieme.” E Chanyeol aveva riso e non era stato niente, solo una piccola battuta, ma da allora, Baekhyun aveva cominciato a provare certi... sentimenti.
Beh, probabilmente erano sempre stati lì, se doveva essere onesto. Ma fu solo allora che cominciò a notarlo. Notò come Chanyeol si prendeva cura di lui, e il modo in cui lo guardava come se fosse la persona più importante del mondo, e il modo in cui Chanyeol lo faceva sentire caldo e... amato. Chanyeol faceva sentire Baekhyun amato, e Baekhyun amava Chanyeol.
Baekhyun amava Chanyeol.
Non era niente di che. Andò avanti con la sua vita normalmente, amando Chanyeol. Dopotutto, se ci pensava, lo aveva sempre amato. Era un po' doloroso a volte, sì, quando Chanyeol era così ottuso, o quando guardava qualcun altro. Ma a Baekhyun stava bene. Avrebbe continuato ad amare Chanyeol come aveva sempre fatto. Gli piaceva come stavano le cose, come le cose erano sempre state con lui. Pensò che sarebbe passato oltre un giorno. Quando il momento fosse arrivato.
C'era, ovviamente, il piccolo problema della commedia, e il fatto che lui e Chanyeol avrebbero dovuto interpretare i personaggi principali. I quali, ovviamente, si innamoravano. Ma Baekhyun non era troppo preoccupato. Ora che aveva trovato il principe perfetto (Chanyeol) e l'eroina perfetta (se stesso), non avrebbe lasciato che niente sul suo cammino lo fermasse. Era solo un bacio. Niente che non avessero mai fatto prima.
(Okay, avevano sei anni ed era stato un incidente, ma non fa niente! Contava lo stesso!)
Ma ci avrebbe potuto pensare un altro giorno. Ora Baekhyun aveva sonno, era accoccolato accanto a Chanyeol, e le cose andavano bene. Le cose andavano sempre bene quando era con Chanyeol. Ecco perché non poteva permettersi di perderlo.


Il primo giorno di scuola di dicembre portò altri fiocchi di neve e quel vento frigido che solitamente arrivava solo a metà inverno. Tutta la scuola si stava lamentando dell'insolito freddo, a parte i pochi ragazzi ottimisti che dicevano Forse significa che la primavera arriverà prima! Non è che fosse un freddo da record, ma nessuno era felice che l'inverno fosse arrivato in anticipo, soprattutto quelli che andavano a scuola a piedi. Minseok era uno di loro, e arrivava sempre con le guance così fredde che a malapena le sentiva.
Luhan lo salutava in classe con un sorriso raggiante e con le mani calde premute sul suo viso, rimproverandolo per non aver indossato più strati (come se Luhan avesse potuto parlare; non aveva nemmeno dei guanti). A volte, Minseok si chiedeva se Luhan si comportasse in modo così solare solo per coprire le occhiaie profonde sotto i suoi occhi.
Quel giorno a scienze, venne ricordato alla classe il progetto che aveva scadenza il giorno seguente, senza eccezioni. Era stato un progetto di coppia, una ricerca da esporre su un cartellone, e Minseok e Luhan l'avevano fatta sulle malattie genetiche. Ci avevano lavorato duramente appena era stato assegnato, ma entrambi erano stati abbastanza occupati di recente, quindi se ne erano quasi dimenticati.
Quando fu fatto l'annuncio, Luhan e Minseok si guardarono sorpresi. “Cosa ci manca da fare?” chiese Luhan.
Minseok si accigliò e cominciò a cercare la propria cartellina nel banco. “Cavolo, dobbiamo ancora stampare tutte le informazioni. Ma ho tutto nella mia pennetta. Dobbiamo solo stamparle, incollarle al cartellone e renderlo presentabile.”
Luhan annuì, sembrando sollevato. “Possiamo farlo dopo la scuola, giusto? Non devo fare niente, stanotte.”
Per una volta, disse una piccola vocina nella testa di Minseok. La ignorò. “Certo, nessun problema. Finiremo in tempo.”
Sorse un problema, però, quando Luhan aprì il proprio armadietto a fine giornata e si bloccò nel bel mezzo del racconto sulla più recente conversazione tra Sehun e Jongin. “—Oh.”
“Cosa?” chiese l'amico, guardandolo.
“Pensavo di avere il cartellone nel mio armadietto,” disse Luhan, nervoso. “Ma l'ho lasciato a casa.”
“Oh.” Minseok ci pensò per un secondo, poi disse, “Beh, possiamo semplicemente farlo a casa tua, allora.”
Luhan si morse il labbro per un secondo e disse, “No, vado a casa e lo porto da te.”
Minseok si accigliò. La voce di Chanyeol invase all'improvviso i suoi pensieri. Quando gli chiedi dove abita , non ti risponde mai. Penso stia nascondendo qualcosa. No, era pazzesco. Anche Baekhyun aveva detto che era folle. Non avrebbe dovuto pensare cose del genere.
Ma non poteva davvero farne a meno.
“È ridicolo,” disse deciso a Luhan. “Dovresti camminare molto di più, e si congela là fuori. Possiamo andare a casa tua, e quando abbiamo finito posso prendere un taxi o qualcosa del genere.”
Gli occhi di Luhan si facevano sempre più grandi e disperati. “No, no, noi... Non ho una stampante.”
“Possiamo stampare le cose qui, prima di andare via,” disse Minseok. “Gratis, persino.”
Luhan si morse il labbro ansioso. Aveva ancora la cicatrice di quando se l'era spaccato. “Possiamo... posso comprare un altro cartonato... quello che abbiamo è noioso comunque…”
Minseok si voltò a guardare Luhan, accigliato. “Lu,” cominciò, e il ragazzo sollevò lo sguardo su di lui, titubante. “Perché provi così disperatamente a tenermi lontano da casa tua?”
Luhan rimase in silenzio per un momento, tenendo un labbro tra i denti. “Non è…” disse nervosamente.
“So che è così, Luhan. Non mi ci lasci mai avvicinare. Non mi hai nemmeno mai detto dove vivi. Perché?”
Il labbro di Luhan tremò leggermente. “Io non...non voglio che ci vai.”
“Perché no?” chiese Minseok, e all'improvviso non era nemmeno così curioso, ma preoccupato. Era preoccupato per Luhan. “Chanyeol comincia a farsi strane idee. Mi fa pensare che sei un criminale o qualcosa del genere.”
Luhan sussultò, e Minseok sentì qualcosa smuoversi nello stomaco. “Io non —è solo che—” sospirò. “Dobbiamo proprio andare?”
E Minseok odiava questa cosa – odiava il modo in cui Luhan lo stava guardando – ma annuì con decisione. “È l'unica soluzione sensata,” disse, cercando di convincere se stesso. “Non so perché sia così restio a farmi venire. Voglio sapere perché.” Voglio assicurarmi che tu stia bene.
Luhan abbassò lo sguardo e si voltò, guardando l'armadietto. “Vedrai,” sussurrò, così piano che Minseok quasi non lo sentì.
Per stampare tutto quanto impiegarono molto più tempo di quanto non si fossero aspettati, perché dovettero tagliare e riformattare alcune cose, e dovettero anche cercare nuovamente tutte le fonti. Anche Luhan sembrava si stesse prendendo il suo tempo, cercando di prendersela comoda per rimandare l'inevitabile. Ma alla fine, riposero tutto al sicuro nello zaino di Minseok e si diressero ancora una volta agli armadietti, dove si infilarono i giubbotti. Nuovamente, Luhan si voltò verso Minseok, “Dobbiamo davvero andare?”
Minseok non osò guardarlo. Sapeva che Luhan aveva ancora quell'espressione. Quella che riusciva a far fare a Minseok tutto quello gli chiedeva. “Sì,” disse bruscamente, tenendo gli occhi sull'armadietto mentre lo chiudeva.
Era sembrato uno stronzo, persino a se stesso, ma Minseok non era mai stato bravo in questo tipo di cose. Preoccuparsi per qualcun altro oltre se stesso. Fare qualcosa più per il loro bene che perché lo volessero. Era difficile per lui. Non era bravo.
Un momento dopo, affrontarono il vento gelido, e Luhan rimase in silenzio mentre guidava Minseok lungo il marciapiede. Non c'erano molti pedoni a quest'ora del giorno, non con questo tempo; non c'era rumore, ma Minseok non disse niente comunque. Non pensava che Luhan fosse dell'umore per parlare
La strada era familiare all'inizio, erano tutte vie per le quali Minseok era già passato prima, negozi in cui era entrato in passato. Ma poi Luhan prese una viuzza che non aveva mai visto prima, e Minseok lo seguì ubbidiente, guardandosi intorno. Non c'era decisamente mai stato prima. Mentre si allontanavano dal traffico e dall'attività frenetica dei negozi, passarono in mezzo a palazzi residenziali, con ristoranti malandati e supermercati che rompevano la monotonia. Continuarono a camminare, e camminare, e Minseok si tirò su la sciarpa e vide Luhan tremare.
È molto sospetto, disse la voce di Chanyeol nella sua testa. Niente telefono. Niente connessione internet. Segreti.
Gli edifici che stavano oltrepassando diventavano sempre più fatiscenti e dall'aspetto nefasto, con un numero di finestre rotte, e l'immaginazione sin troppo attiva di Minseok gli regalò immagini squisite di spacciatori di droga e vagabondi con coltelli. Fortunatamente, però, Luhan svoltò in un'altra via, in qualche modo meno spaventosa, e Minseok si rilassò un po'.
Eppure quando Luhan si fermò davanti ad un edificio, Minseok si ritrovò colto di sorpresa. Non è che fosse un postaccio, ma era palesemente malmesso, anche dall'esterno. Luhan lo guidò dentro in silenzio, e la prima reazione di Minseok fu quella di tossire per il forte odore di fumo rancido e di qualcosa che assomigliava a muffa. Si morse la lingua, però, e seguì Luhan su una rampa di scale sporche e scricchiolanti. Immaginò che l'ascensore fosse rotto, perché nessuna persona sana di mente avrebbe fatto dieci rampe di scale se non fosse stato costretto. Quando raggiunsero la porta di Luhan, Minseok era ansimante e senza fiato. Luhan si fermò di fronte ad essa e, fissando il pavimento, la indicò e disse “Casa dolce casa,” , con voce sospettosamente roca. Minseok non si chiese nemmeno dove avesse imparato a dire quella frase, troppo impegnato a fissare la porta con i numeri metallici arrugginiti.
“Io—Lu—” si strozzò Minseok, non sapendo cosa dire.
Luhan non lo lasciò finire, spingendo la porta con un colpo di spalla ben assestato. Trattenendo il fiato, Minseok lo seguì dentro, guardandosi intorno scioccato. L'appartamento era piccolo, questa fu la prima cosa che notò. Non era sporco, come sembrava essere il resto del palazzo, ma era angusto e disordinato, con contenitori d'asporto che occupavano il piccolo bancone, e c'era a malapena abbastanza spazio per poter camminare senza sbattere contro degli oggetti. E non c'era nemmeno tanta roba dentro l'appartamento, perché non c'era nemmeno un tavolo o delle sedie. Solo un singolo divano, un piccolo tavolino da caffè che sembrava venisse usato come tavolo da pranzo, un vecchio frigo, qualche coperta piegata per terra. La stanza era buia – Luhan non aveva acceso le luci quando era entrato – e ci volle un momento perché Minseok si rendesse conto che c'era anche freddo, come se il riscaldamento fosse rimasto spento tutto il giorno.
“Luhan, io no—” cominciò a dire Minseok, guardandosi intorno con gli occhi spalancati.
“Fa pena, non è vero?” chiese Luhan interrompendolo. Fece una piccola risata amara. “È a malapena una casa.”
“Non me l'hai mai detto,” disse Minseok, cercando disperatamente di redimersi. “Non lo sapevo.”
“Certo che non te l'ho mai detto,” disse Luhan, abbassando le spalle e facendo cadere a terra lo zaino. “Cosa potevo dire? Ciao, Minseok, piacere di conoscerti. Sono il ragazzo nuovo che viene dalla Cina, riesco a malapena a parlare coreano, e ho bisogno che mi aiuti a sopravvivere in un nuovo paese. Comunque, la mia famiglia non può nemmeno permettersi di tenere l'appartamento al caldo d'inverno.” Fece una pausa, e poi con voce leggermente spezzata aggiunse, “Non avrei potuto dirtelo all'inizio, nemmeno se avessi voluto. Non conoscevo le parole.”
Minseok sentì l'improvviso istinto di abbracciare Luhan e non lasciarlo andare, ma si trattenne. “È – da quanto va avanti così?” chiese.
Luhan si grattò la testa, rifiutandosi di voltarsi a guardarlo. “Da quando siamo arrivati,” ammise. “Siamo arrivati con quasi nulla. Avevamo poco più della somma per pagare questo posto.”
Minseok rimase in silenzio per un momento, guardando ancora la carta da parati scollata e la lampada impolverata accanto al divano. Poi, con esitazione disse, “Noi?”
Luhan si voltò, solo leggermente, ma Minseok poté vedere l'ombra di un sorriso sulle sue labbra. “Io e i miei genitori,” disse. “Non ho mentito su tutto, sai.”
Minseok non rise. “Dove sono?” chiese. Non sembrava che qualcuno fosse stato a casa per tutto il giorno.
“A lavoro,” sospirò Luhan. “Sono sempre a lavoro.”
Minseok si morse il labbro e prese un profondo respiro. Almeno qui non c'era puzza di muffa. “Mi dispiace,” sussurrò. “Se l'avessi saputo, non ti avrei fatto—”
Luhan agitò velocemente le mani, voltandosi del tutto, anche se non incontrò il suo sguardo. “No, no, mi sarei potuto rifiutare. Mi sarei potuto rifiutare e non ti avrei fatto venire. Ma – voglio dire, è stancante, mantenere dei segreti così a lungo. Immagino fosse il momento di dirtelo, comunque.” Sorrise leggermente, ma non raggiunse i suoi occhi.
Minseok lo guardò attentamente. “Perché non me lo hai detto prima?” chiese.
Luhan si morse il labbro. “Volevo farlo,” disse. “Ma era così difficile. Non sapevo nemmeno se fossi mio amico, per molto tempo. Pensavo già di non piacerti. Perché aggiungere carne al fuoco?” Si morse ancora il labbro. “Ero già il ragazzo nuovo. Perché essere anche il ragazzo povero?”
E davvero, Minseok conosceva quella sensazione.
Aveva così tante domande, però. Così tante cose che voleva chiedere, sapere. Ma stava già camminando su del ghiaccio sottile, probabilmente aveva già superato il limite, quindi ne fece soltanto una. “Lu—perché diavolo mi hai detto che mi avresti pagato per il mio aiuto con i compiti, se puoi a malapena permetterti di... mettere del cibo in tavola?”
Luhan lo guardò, incontrando il suo sguardo per la prima volta da quando avevano lasciato la scuola. Sorrise leggermente, con occhi tristi. “Perché ero disperato,” disse piano. “Eri l'unica cosa che avessi. I miei genitori erano sempre via e non avevo amici e tu eri davvero tutto quello che avevo. A un certo punto, non ti stavo nemmeno più pagando per i compiti. Stavo pagando per il tuo tempo, perché avevo bisogno di qualcuno. Non volevo più stare da solo.”
Minseok si sentì pericolosamente vicino alle lacrime, sentiva la gola chiusa. “Non li volevo nemmeno,” disse roco. “I soldi non mi interessavano nemmeno. Volevo solo che non ti sentissi in colpa.”
Luhan gli sorrise, stavolta un po' più genuinamente. “Beh io—”
“Riprenditeli,” disse Minseok, interrompendolo. “Non li ho mai spesi. Puoi riaverli.”
Ma Luhan scosse la testa sinceramente. “No, tienili. Li hai guadagnati, sono tuoi. Mi hai dovuto sopportare per tutto questo tempo, non li rivoglio.”
“Beh, non li voglio nemmeno io,” insistette Minseok, ma Luhan era irremovibile. “Bene. Ma non pagarmi più. Ti prego. Mi sento una persona orribile ora, davvero.”
“Non farlo,” disse velocemente Luhan, con gli occhi grandi ed imploranti. “Non sentirti in colpa, non hai fatto niente di male.”
Minseok rise amaro. “Stai scherzando? Mi sono comportato in modo orribile con te. Ti ho fatto pagare per qualcosa che avrei dovuto fare per generosità. È la definizione della Persona Più Orribile Di Sempre.”
“Non ti ho mai biasimato,” insistette piano Luhan.
Minseok si coprì il viso per la vergogna. “Lo so, ed è questa la cosa peggiore. Merito il tuo risentimento.”
Luhan rise leggermente, e questo fece sentire Minseok un pelino meglio. “Se hai finito di incolparti per questa cosa, avremmo un progetto da finire,” disse piano.
Giusto. Il progetto. La ragione per cui erano venuti qui. Luhan fece strada verso camera propria, e sembrò leggermente imbarazzato quando fece entrare Minseok.
Come il resto dell'appartamento, la stanza era piccola. Non c'era nemmeno un vero e proprio letto; solo un materasso, spinto contro il muro, una grande valigia aperta sul pavimento, piena di vestiti ordinatamente piegati, e un barattolo in vetro con delle banconote accartocciate e delle monete accanto a dei libri di coreano. Sembrava così triste, così temporaneo. Non sembrava che Luhan vivesse qui da tre mesi.
Sarebbe stato così, se non per i muri. Il muro accanto alla specie di letto era coperto di foto, e Minseok le guardò a bocca aperta. Non erano tutte nuove, questo era ovvio; c'erano foto di Luhan da piccolo, e foto di un uomo e una donna che Minseok immaginò fossero i suoi genitori, e foto di Yixing e altri ragazzi che però non riconobbe. Ma era chiaro che la maggior parte delle foto fossero state scattate e sviluppate di recente, non solo per il loro stato ma anche per il fatto che Minseok stesso fosse presente in molte di esse. Non tutte, ovviamente, ma vide il proprio viso in un buon numero di foto, mentre sorrideva o rideva, mentre aggrottava le sopracciglia concentrato, senza guardare l'obbiettivo, ignaro che stesse venendo immortalato. C'erano anche altre persone nelle foto; Jongdae, Kyungsoo, gli altri loro amici. C'erano foto di Luhan con Sehun, e di Sehun con Jongin. C'erano molte foto scattate al compleanno di Jongdae o durante la pausa pranzo o a Insadong. Decine e decine di foto, tutte accuratamente attaccate al muro in un glorioso collage di ricordi.
“È imbarazzante,” stava mormorando Luhan, afferrando qualcosa accanto alla valigia e spingendo Minseok di nuovo verso la cucina-barra-soggiorno. “Lavoriamo qui.”
Minseok guardò il cartellone tra le mani di Luhan e rise. “Okay, bene,” acconsentì. “Penso sia carino, comunque.”
Luhan fece un suono vago e sparse il materiale sul pavimento. “Tieni il giubbotto,” disse. “Si gela qui.”
Minseok lo guardò per un momento, poi si sedette sulle ginocchia e iniziò a togliere le proprie cose dalla borsa. Lavorarono in silenzio per qualche minuto, tagliando paragrafi di informazioni e immagini stampate, poi Minseok disse all'improvviso, “La tua giacca.”
“Huh?” chiese Luhan, sollevando la testa
“Ecco perché avevi ancora quel vecchio giubbotto consumato. Non potevi comprarne uno nuovo.”
Luhan arrossi leggermente. “Oh. Già. Non avevo mai avuto bisogno di una giacca pesante in Cina, quindi non ce l'avevo.”
Minseok grugnì. “Sono così stupido. Anche la faccenda del telefono. Ovvio che non hai un cellulare. O un computer a casa.” Le labbra di Luhan si stirarono in un piccolo sorriso e scrollò le spalle. “Sono così idiota. È tutto così... davvero, wow. Sono stato cieco.”
“Un po',” disse Luhan con una risatina. “Pensavo l'avessi capito ormai, ad essere sinceri.”
“Beh, Chanyeol stava decisamente facendo congetture,” disse lui. “Pensa che sei un criminale o qualcosa del genere.”
Luhan fece un piccolo grugnito, ma il suo sorriso era tirato. “Non a questi livelli,” rassicurò Minseok, ma stava ovviamente nascondendo qualcos'altro.
Minseok pensò che visto che aveva costretto Luhan a confessargli così tanto oggi, il ragazzo si meritava una pausa da tutte le domande. Avrebbe potuto dirgli il resto a suo tempo.
Lavorarono al progetto insieme per molto tempo, tagliando, incollando e assicurandosi che fosse tutto allineato. Fecero una pausa alle sei per mettere insieme una merenda, cosa difficile considerando che il frigo era quasi vuoto, così come gli armadietti. Quando Minseok chiamò sua madre per dirle che non sarebbe tornato a casa per cena, la donna non era sembrata troppo felice, ma per una volta lasciò correre, dando al ragazzo un avvertimento severo. Minseok vide anche il bagno di Luhan per la prima volta, anche se non era niente di speciale. Piccolo, ma funzionale. Non è che l'appartamento di Luhan fosse terribile, dopotutto. Solo un po' malandato, un po' spoglio, e un po' troppo piccolo. A quanto pare, era tutto quello che la famiglia di Luhan poteva permettersi.
Quando ebbero finito fuori era buio, e Minseok già temeva il freddo che avrebbe dovuto affrontare una volta uscito. “Quando tornano i tuoi genitori?” chiese mentre infilava le mani fredde in tasca. “Aspetto qui fino a che non tornano, così non starai da solo.”
“Oh, è tutto okay,” gli assicurò velocemente Luhan. “Sono abituato a stare da solo.”
Minseok si accigliò. “A che ora finisce il loro turno?” chiese.
Luhan si mosse leggermente, sorridendo a disagio. “Quale dei tanti?”
“Che vuoi dire?”
Il ragazzo scrollò le spalle, distogliendo lo sguardo. “Un turno finisce e un altro inizia,” disse mestamente. “Fanno sempre turni extra a lavoro, in modo che possa portare il pranzo a scuola. Raramente sono a casa, non so mai quando aspettarli.”
Minseok sentì una fitta al petto. “Oh. Allora io... rimarrò qui, immagino.”
“Cosa?” Luhan lo guardò con gli occhi spalancati. “No, no, non devi farlo. Non vuoi passare la notte qui. Credimi. Fa molto freddo la notte.”
Minseok scrollò le spalle, già pensando se se ne sarebbe pentito il mattino seguente. “Ti terrò al caldo,” disse, poi sussultò per come era suonata quella frase. “Ci svegliamo presto e andiamo a fare colazione fuori.”
Luhan sbatté le palpebre velocemente. “Ma tua madre si arrabbierà,” gli fece notare.
Minseok fece un piccolo sorriso. “Allora non glielo diremo,” sussurrò con fare cospiratorio. “Dai, prepariamo il mio letto.”
“Minseok, dico davvero, no devi—”
“Sto già mandando un messaggio a mia mamma!” lo interruppe Minseok, dirigendosi verso la camera di Luhan. “Cosa dovrei dirle per non farla insospettire?”
“Sei pazzo!” disse Luhan, ovviamente imbarazzato.
“No,” rispose Minseok, voltandosi a guardarlo. “Per una volta, sono un buon amico.”
E questo, almeno, fece sorridere davvero Luhan.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Sfortunatamente, per Minseok, decidere all'ultimo momento di passare la notte a casa di un amico non era così semplice. Prima di poter fare qualsiasi cosa, dovette chiamare sua madre e convincerla a non andare a prenderlo o qualcosa del genere. Fu come rifare la conversazione sulla cena, ma ancora più difficile. Alla fine, però, ricevette il permesso di restare, insistendo sul fatto che Luhan non voleva passare la notte da solo, e Minseok si sentì trionfante. Non capitava spesso che riuscisse a infrangere due regole in un giorno solo.
Minseok voleva davvero farlo, però, anche solo per il fatto che Luhan, una volta passata l'iniziale riluttanza, aveva l'aspetto di una persona a cui era stata offerta la luna. All'inizio, il ragazzo sembrava titubante a lasciare che Minseok facesse questo per lui, ma dopo che l'amico insistette che voleva farlo, Luhan cominciò a correre in giro per casa per assicurarsi che l'esperienza fosse per Minseok il più sopportabile possibile.
“Non hai vestiti in più, vero?” gli chiese Luhan, sporgendosi oltre la porta di camera propria per guardare Minseok, che stava mandando un messaggio a Kyungsoo per avvisare anche lui della sua posizione. Kyungsoo si preoccupava tanto quanto sua madre, onestamente.
No,” rispose Minseok, scuotendo la testa.
“Puoi prendere alcuni dei miei,” gli assicurò Luhan, poi aggiunse, “Dovrebbero essere puliti. La maggior parte.”
Minseok rise. “Non importa,” disse, scrollando le spalle. “Purché siano caldi.”
Luhan annuì velocemente, poi scomparve nuovamente nella propria stanza. Un momento dopo uscì con dei pantaloni del pigiama in flanella, una maglia e un maglione. “Ecco,” disse, nervoso. “Sono i pantaloni che uso di più... sono i più caldi.”
Minseok sorrise grato, prendendoli. “Vado a cambiarmi, allora,” disse, alzandosi per andare in bagno e afferrando il proprio zaino. Qualche minuto dopo uscì, con indosso i vestiti di Luhan. Le maniche del maglione e le gambe dei pantaloni erano un po' lunghi per lui, ma in effetti erano abbastanza caldi, e profumavano così tanto di Luhan che Minseok si era sentito leggermente intontito quando si era infilato la maglietta. Anche Luhan si era vestito, con dei pantaloni della tuta e un altro maglione che gli davano un aspetto più tenero del solito, con i capelli mossi e le mani in tasca. Più giovane, più vulnerabile.
“Dovresti mettere una cuffietta,” disse Luhan, sembrando un po' imbarazzato. “Oppure ti si congeleranno le orecchie.”
Minseok sorrise ancora, come per rassicurare Luhan che non c'era niente di cui vergognarsi, e annuì, andando a prendere il proprio cappellino. Poi disse di essere pronto per andare a dormire.
Luhan si morse il labbro mentre guardava Minseok con un'espressione indecifrabile. “Non sono nemmeno le 10, sai,” disse. “Non è così tardi.”
Oh.” Minseok guardò l'ora nel telefono. Luhan aveva ragione. “Beh, sono piuttosto stanco. E poi, hai sempre l'aspetto di uno che non dorme mai.”
Le sue parole sembrarono colpire Luhan, che sussultò leggermente. “È così evidente?” chiese piano.
Huh?” Minseok si accigliò. “Che non dormi abbastanza? Non so, mi ci sono abituato. Ma sì, sembri sempre stanco.” Si chiese se fosse poco carino da dire.
Luhan sospirò. “Neanche a me dispiacerebbe andare subito a letto,” disse.
Minseok annuì. “Okay. Andiamo allora. Fammi strada!”
Luhan entrò in camera, e Minseok lo seguì in silenzio. C'era buio nella stanza ora, l'unica luce proveniva da fuori, e non si riuscivano più a vedere le foto appese al muro. Gli dispiaceva. Si voltò invece a guardare la figura del letto sul pavimento.
Io, um,” balbettò Luhan. “Ho pensato sarebbe meglio dividere una coperta. Sai, per mantenere il calore e tutto. Ma se vuoi, puoi averne una per te. In questo caso però ne avremmo una a testa.”
Minseok rise leggermente per il tono imbarazzato di Luhan, anche se lui stesso si sentì avvampare, nonostante il freddo della casa. “Possiamo condividerla, allora,” disse, cercando di mantenere un tono di voce normale. “Ha più senso.”
Okay,” disse velocemente Luhan. “Puoi entrare allora. Io vado a lavarmi i denti.” Sparì dietro la porta.
Minseok esitò per un momento, poi tremò e scivolò sotto le coperte, affiancandosi al muro. Il cuscino sotto la sua testa era piatto e non esattamente comodo, ma Minseok ebbe la distinta sensazione che fosse il più buono che aveva Luhan.
Il ragazzo tornò qualche momento dopo, raggiungendolo sotto le coperte senza dire una parola. Regnò il silenzio per qualche imbarazzante minuto, ma poi Luhan sospirò debolmente e si voltò, dando la schiena a Minseok, il quale finalmente si poté rilassare, sentendo il calore irradiare dalla schiena del più piccolo.
“Fa molto più caldo con due persone,” mormorò Luhan all'improvviso. “È piacevole.”
E Minseok non sapeva come rispondere, quindi non disse niente, sorridendo.
Nonostante fosse presto, Minseok cominciò ad addormentarsi velocemente, cullato dal respiro caldo e regolare di Luhan accanto a sé, dal profumo confortante che sembrava permeare su ogni oggetto di Luhan che li circondava. Si rannicchiò leggermente, portandosi la coperta al mento, e lasciò che gli occhi si chiudessero, seguendo inconsciamente il respiro dell'amico.
Era in dormiveglia quando Luhan sussurrò all'improvviso, “Lavoro la notte.”
Minseok aprì gli occhi, lasciando che le parole si ripetessero nella sua testa, cercando di dar loro un senso. “Huh?”
“Hai detto che sembro sempre stanco la mattina. È perché la notte lavoro.”
Oh. Non lo sapevo.” Minseok si accigliò, cercando di capire cosa ci fosse di sbagliato. “Io—non fa molto bene alla tua salute.”
Luhan rise piano. “Lo so,” disse. “Non va affatto bene.”
La rotellina cominciò a girare nel cervello mezzo addormentato di Minseok. “Luhan, è illegale*.”
Luhan rimase in silenzio per un lungo momento, e poi sospirò. “Lo so,” disse. “Ma non ho altra scelta. Ho un sacco di cose da pagare.”
Minseok pensò a tutte le banconote da 5,000 won nascoste sotto al proprio materasso e si sentì nauseato. “Perché non lavori dopo la scuola?” chiese.
“Perché l'altra opzione sarebbe farmi aiutare da te la notte,” sussurrò Luhan.
“Quante ore lavori?” chiese Minseok, improvvisamente non sentendosi più stanco.
Luhan fece un suono debole. “Di solito otto,” rispose, piano. “Di più il fine settimana. Il mio capo mi fa prendere un giorno di pausa se comincio ad addormentarmi sul lavoro, ma non capita spesso.”
Non fu difficile fare i calcoli. “Luhan, questo è illegale*.”
Lo so, Minseok,” sbuffò Luhan. “Ma è tutto così incasinato. Non c'è altro che possiamo fare, è tutto incasinato.”
Minseok mandò giù il magone che aveva in gola. Voleva fare altre domande, voleva sapere tutto, ma non voleva spingere ancora Luhan. “Cosa – cosa posso fare per aiutarti?” chiese invece.
“Mi stai già aiutando,” disse immediatamente Luhan, e la sua voce era sincera. “Mi hai aiutato per tutto questo tempo. Hai fatto così tanto per me.”
Non abbastanza,” sussurrò Minseok, così piano che non era sicuro se Luhan avesse sentito.
Si addormentò con centinaia di parole di scuse ancora sulle labbra.


Nonostante il naso gelato sopra le coperte, Minseok dormì bene quella notte, si svegliò solo quando il sole mattutino filtrò attraverso la finestra. Sbatté le palpebre assonnato, sentendosi eccessivamente accaldato, e stava per stiracchiarsi e alzarsi quando si rese conto
perché sentisse così caldo. C'era qualcosa che gli premeva contro il collo, e qualcosa contro le sue gambe, e qualcosa sopra il suo corpo, e quel qualcosa era decisamente vivo e ancora più decisamente Luhan.
Minseok stava ancora dalla sua parte, ancora raggomitolato contro il muro, ma ora Luhan era rivolto verso di lui e considerando il fatto che Minseok poteva sentire il suo respiro caldo sul collo, probabilmente si era accoccolato contro di lui, la fronte e le ginocchia premute contro la sua schiena e le sue gambe, e un braccio gli cingeva i fianchi. All'inizio rimase sorpreso che il ragazzo fosse riuscito ad avvicinarsi così tanto senza svegliarlo, ma poi si sorprese ancora di più per quanto fosse comoda quella posizione, specialmente contro il freddo del mattino. Qualche minuto dopo, però, Minseok si rese conto che quella posizione era anche piuttosto intima, e che doveva disperatamente cercare di uscire da lì prima che Luhan si svegliasse.
Mordendosi il labbro imbarazzato, sollevò il braccio sotto il quale Luhan sembrava si stesse scaldando la mano e rotolò verso il muro, ma si rese conto di essere troppo vicino ad esso. La mano di Luhan era ancora posata sulla sua spalla, e Minseok si stava chiedendo cosa avrebbe dovuto fare quando sentì il ragazzo muoversi e fare piccoli versi. Spaventato, Minseok si alzò a sedere, con le guance calde e certamente rosse. Osservò per un momento Luhan aprire gli occhi, ancora assonnato, e poi decise che era il momento giusto di inventarsi qualche scusa e correre in bagno prima che Luhan vedesse il suo stato.
Quando tornò in camera, passandosi una mano tra i capelli, Luhan era seduto sul letto e si stava strofinando gli occhi in modo adorabile. Distolse lo sguardo quando il ragazzo sollevò le braccia e si stiracchiò, rivelando una striscia di pelle chiara quando la maglia si alzò. “Buongiorno,” mormorò Luhan, il suo coreano ancora più incomprensibile del normale.
“Buongiorno,” mormorò in risposta Minseok, cercando il proprio zaino. “Mi sono svegliato prima che suonasse la mia sveglia. Abbiamo un po' di tempo prima di uscire per la colazione.”
Okay,” disse Luhan, buttandosi a terra. “Come hai dormito? Hai avuto freddo?”
Minseok scosse la testa velocemente, assicurandogli di aver dormito bene-
“Anche io,” disse lui, sorridendo pigramente. “Dovresti trasferirti nel mio letto in modo permanente.”
Minseok si strozzò leggermente. “Um. Sto bene così, grazie.”
Luhan rise, alzandosi finalmente in piedi e uscendo dalla stanza. “Valeva la pena provare,” disse.
Poco dopo, Minseok e Luhan si sedettero in una piccola tavola calda, e Minseok chiese gentilmente alla cameriera se avesse potuto avere i valori nutrizionali dei piatti sul menù. La donna gli lanciò uno sguardo stranito, ma andò a vedere se riusciva a trovare una tabella. Luhan non gli fece domande, però, ed era un bene. Rimase un po' sorpreso, comunque, quando vide i prezzi sul menù, e Minseok glielo rubò velocemente dalle mani dicendo, “Oggi offro io. Ho deciso io di venire a mangiare fuori.”
“Non c'era cibo in casa,” ribatté Luhan, sembrando inquieto.
“Non fa niente,” disse deciso lui. “La colazione la offro io. Ordina quello che vuoi.”
Luhan finì per ordinare la cosa meno costosa che si ricordava del menù, e Minseok aggiunse un piatto di pancake al proprio ordine di toast di grano con marmellata. Luhan sbatté le palpebre sorpreso. “Mangerai tutto quello?” chiese incredulo.
Minseok rise. “No. Lo farai tu.” Puntò un dito accusatorio verso Luhan. “Non mangi abbastanza. Sei troppo magro.”
Luhan sputacchiò, e poi ribatté, “Guardati tu! Sei—”
Minseok lo interruppe prima che potesse andare oltre. “Devo andare in bagno,” disse velocemente. “Torno subito.” Se ne andò prima che Luhan potesse protestare.
Mangiarono la colazione in silenzio, e Minseok si assicurò che Luhan mangiasse tutto quello che aveva di fronte, dicendogli che avrebbe dovuto prendere lui i pancake visto che Minseok non li poteva mangiare e non voleva che andassero sprecati. Alla fine, Luhan si arrese, e Minseok pagò con un sorriso soddisfatto.
Quando arrivarono a scuola – un po' prima di quanto fosse abituato Minseok – il ragazzo disse a Luhan di andare avanti e si diresse agli uffici, immaginando che sua madre probabilmente lo stava aspettando lì. Non si sbagliava.
La donna si stava ovviamente trattenendo quando gli passò una busta silenziosamente. Minseok sorrise e cinguettò un, “Grazie mamma!” prima di voltarsi, ma ovviamente non sarebbe stato così facile.
Una mano ferma si posò sulla sua spalla, e guardò sua madre intimidito. “Sì?”
“Hai mangiato stamattina?” chiese lei, entrando subito nel ruolo di infermiera-mamma preoccupata.
Minseok alzò gli occhi al cielo. “Sì. Dei toast.”
Sua madre gli toccò la fronte, come se avesse potuto avere la febbre. “Ti senti bene?”
“Sì,” rispose Minseok annoiato.
“Okay. Bene.” lo studiò attentamente. “Come è andata la tua notte con Luhan?”
Minseok sollevò un sopracciglio per quel tono, chiedendosi perché lo avesse detto in quel modo, per poi rendersi conto con orrore a cosa stesse pensando. “Cosa?! Mamma! Abbiamo solo dormito, oh mio dio.”
Sua madre sembrava tutt'altro che convinta. Aveva ancora indosso la sua espressione da infermiera professionale, ma unita a quella da madre protettiva. “So che sei un ragazzo cresciuto, Minseok, e non hai bisogno che te lo ricordi io ma non so come mi sento riguardo—”
Minseok contenne a malapena un urlo, bypassando il rossore e diventando direttamente un pomodoro maturo. “Mamma, sono serio. Ti prego non parliamone più o morirò dall'imbarazzo. E non farne mai e poi mai parola con Luhan, santo cielo.” Si guardò intorno velocemente per vedere se qualcuno avesse sentito. Fortunatamente la segretaria era scomparsa nel suo ufficio, e sembrava fossero soli.
Sua madre sbuffò. “Bene, ma non pensare che non parleremo a casa.”
Minseok si coprì il viso e grugnì. “Non c'è niente di cui parlare. Abbiamo finito il progetto. Abbiamo dormito. Siamo venuti a scuola. Punto.”
Per favore, Minseok, non sono un'idiota. Mi hai apertamente detto che i suoi genitori non erano in casa.”
Minseok pensò di mettersi a piangere o qualcosa del genere. “Mamma. No. Mi stai rovinando la vita. Luhan non è—no. Ti prego smettila di parlare di questo e lasciami andare in classe.”
Con suo immenso sollievo, la donna lo rilasciò, e si incamminò verso il proprio armadietto, sventolandosi furiosamente il viso. Perché. Quando arrivò, però, Luhan era lì che lo aspettava, e Minseok si sentì avvampare ancora una volta.
“Stai bene?” chiese Luhan, sembrando preoccupato.
Minseok annuì senza dire una parola, abbassando la testa sull'armadietto mentre apriva il lucchetto.
“Cosa ti ha portato tua madre?” chiese l'amico, notando la busta.
Minseok fece un suono vago. Era abituato a rispondere a domande del genere. Rispose con una mezza verità. “Il mio pranzo e vestiti puliti,” disse, scuotendo leggermente la busta. “Stamattina ho dovuto mettere quelli che avevo ieri.”
Oh,” disse Luhan. “Non ci avevo pensato.”
Minseok scrollò le spalle e si tolse lo zaino per appenderlo. “Vado a cambiarmi, ci vediamo in classe.”
Oh. D'accordo. A dopo.”
Minseok aveva ancora le guance un po' rosse quando si lavò le mani in bagno, vestito e pronto ad andare. Jongdae si sarebbe divertito con questa storia, motivo per cui Minseok se la sarebbe portata con sé nella tomba.
Sperava con tutto se stesso di riuscire ad affrontare Luhan dopo questo. O di poterlo invitare a casa quando c'era sua madre. Oddio. Stava vivendo un incubo.
(Solo dopo si ricordò che Luhan sapeva – lui sapeva che Minseok era gay – ma non ne aveva nemmeno fatto parola, non aveva avuto problemi a dividere il letto con lui. Significava molto per Minseok.)


La cosa peggiore Del Parassita, aka Kim Jongin, era che era così difficile liberarsi di lui che Sehun ci aveva rinunciato. Quando si rese conto di aver smesso di combatterlo, Sehun sentì di voler piangere (ma, per regola, Oh Sehun non piangeva mai). Sentiva di aver perso. Ma era così: Sehun aveva smesso di cercare di evitare Jongin, aveva smesso di cercare di dirgli di lasciarlo da solo, aveva smesso di resistere agli incessanti tentativi di Jongin di coinvolgerlo in una conversazione. Non funzionava mai, comunque, ma non si ricordava di aver mai preso la decisione di smettere. Con Luhan, era stato tutto molto più volontario. Ma si era ripromesso che non l'avrebbe mai lasciato accadere con Jongin
.
Eppure era accaduto, proprio sotto il suo naso. Era vergognoso.
“Allora, Sehun-ah!” Sehun voleva grugnire per il tono allegro e canticchiante di Jongin. “Dove dovrei portarti oggi?”
Sehun cercò di sembrare il più irritato possibile mentre si infilava il giubbotto. Quell'espressione era una reazione naturale ormai. “Non hai mai cose da fare?” chiese, invece di rispondere.
No!” disse allegro Jongin. “Beh, ho cose da fare il martedì e il venerdì, ma oggi è mercoledì!”
“Cose?” chiese Sehun, sollevando un sopracciglio. “Che cose?”
Jongin pensò per un secondo, poi disse, “Prove.”
“Prove di ballo,” disse Sehun, e si godette l'espressione sorpresa del ragazzo. “Luhan mi ha detto che fai danza.”
Jongin non sembrava turbato; solo sorpreso. “Come faceva a saperlo?”
Sehun scrollò le spalle vagamente. “Penso glielo abbia detto Baekhyun.”
Una luce si accese negli occhi di Jongin
. “Ahh, Baekhyun-hyung. Sì, lui probabilmente lo sa. Mia sorella usciva con il fratello.” Guardò Sehun per un momento. “Pensavo non ascoltassi quello che dice Luhan.”
Il ragazzo sbatté le palpebre scioccato, ma si riprese subito. “È difficile ignorarlo tutto il tempo.”
Jongin sorrise. “Ammettilo, ti piace la sua compagnia. Ti piace ascoltarlo.”
“Tanto quanto mi piace ascoltare te,” rispose impassibile.
Il sorriso di Jongin si allargò. “Lo sapevo!” disse, poi fece un occhiolino e scappò via prima che Sehun potesse ribattere. Ugh, quel ragazzo.
“Comunque,” disse Jongin un momento dopo, mentre camminavano lungo il marciapiede. Jongin gli camminava sempre un po' troppo vicino, quindi le loro mani si sfioravano di tanto in tanto. “Prove di ballo. Sì. È quello che faccio.”
“Tu balli,” ripeté Sehun.
“Sì,” disse. “Danza classica, per essere precisi.”
“Eri sorpreso che lo sapessi,” puntualizzò Sehun. “Di solito non ne parli con le persone.”
Jongin scrollò le spalle vagamente. “Le persone spettegolano già abbastanza. Gli piace fare supposizioni. Preferisco non dirlo.”
Nessuno sa niente di te,” disse Sehun, e Jongin gli lanciò uno sguardo. “È quello che dice Luhan. Che tutto è solo un pettegolezzo.”
“Alle persone piacciono le chiacchiere,” spiegò lui per poi sorridere. “Ma tu sai qualcosa di me!”
Sehun sospirò esasperato. “Non per scelta,” disse. “E se dicessi a tutti i tuoi segreti?”
“Non sono segreti,” ribatté allegro Jongin. “Semplicemente non confermo né nego alcun pettegolezzo. Alle persone piace così, comunque. Gli piace tirare a indovinare.”
“Così misterioso,” disse Sehun, alzando gli occhi al cielo.
No, parlo solo con chi reputo un amico vero,” replicò Jongin, guidando entrambi dentro un café. “Le opinioni degli altri non mi interessano.”
“Quindi io sono uno di quegli 'amici veri'?” chiese Sehun, guardando Jongin scettico.
Il ragazzo dovette pensarci per un momento. “Potresti esserlo,” disse. “Se mi lasciassi fare.”
Sehun sbatté le palpebre. Poi disse automaticamente, “Non voglio farlo.”
“Come puoi saperlo, se non provi nemmeno?” chiese Jongin, facendo cenno a una cameriera di avvicinarsi. “Penso che potrei piacerti se ti lasciassi andare.”
No, non credo,” disse velocemente Sehun, prima che una delle stupide idee di Jongin potesse entrargli in testa. “Non mi piace nessuno, e io non piaccio a nessuno. È una cosa reciproca.”
Non è vero,” ribatté Jongin, per poi fermarsi e ordinare due cioccolate calde al caramello. Si rivoltò verso Sehun. “Non dispiaci alle persone. O non gli dispiaceresti, se restassi meno in disparte.”
“Non puoi saperlo questo,” disse burbero Sehun, distogliendo lo sguardo dal ragazzo. “Non mi conosci nemmeno.”
Jongin sospirò e posò il mento sulle mani, poggiando i gomiti sul tavolo. “No, non ti conosco,” disse. “Ma mi piacerebbe.”
Sehun si rifiutò di dire qualcosa per il resto della loro uscita. Se diede fastidio a Jongin, il ragazzo non lo mostrò.
La pioggia cominciò a cadere sopra Seoul mentre erano nel café, lavando via il grigio che si era accumulato sul marciapiede, e le persone che entravano e uscivano dal locale lasciavano grandi pozze d'acqua all'ingresso. Quando Sehun e Jongin si alzarono per andare via, Sehun scivolò e si sbilanciò in avanti, ma delle forti braccia gli circondarono le spalle e lo tennero dritto, facendogli sbattere il viso contro il tessuto di un cappotto. La voce di Jongin risuonò da qualche parte vicino al suo orecchio. “Preso,” disse piano. “Fai attenzione. Non vorrei che ti succedesse qualcosa.”
Ci volle un momento imbarazzantemente lungo perché Sehun si riprendesse, e ancora di più perché si rendesse conto che stava disperatamente stringendo il cappotto di Jongin. Lo lasciò andare velocemente e fece un passo indietro, provando una sensazione stranamente calda allo stomaco. “Come ti pare,” mormorò, spingendo la porta e uscendo.
“Prenditi cura di te, Sehun!” gli urlò dietro Jongin. “Torna a casa sano e salvo!”
E Sehun voleva voltarsi, voleva dire a Jongin di smetterla di fingere che gli importasse, ma non lo fece.
Non lo fece.


Con l'inizio di dicembre arrivò l'inevitabile spirito natalizio a scuola e nelle strade di Seoul, come un costante promemoria di tutti i dolci che Minseok non avrebbe potuto mangiare, e anche di tutti i regali che avrebbe dovuto comprare. Aveva sempre paura di questo lato della festività, perché non aveva mai idea di cosa regalare. Cosa si potrebbe comprare ad un recluso che ha già tutto quello per cui potrebbe provare interesse, e ad un migliore amico il cui interesse al momento si concentra solo sul consiglio studentesco e il presidente di esso? Avrebbe avuto bisogno di tutto il mese per pensare a qualcosa per entrambi.

Luhan, poi. Minseok aveva il problema opposto con Luhan. Cosa avrebbe dovuto comprare a Luhan, quando c'erano così tante cose di cui aveva bisogno? Come poteva scegliere solo una cosa? E soprattutto, Luhan avrebbe accettato regali da parte sua? Il ragazzo aveva reso piuttosto chiaro, piuttosto velocemente, che la pietà era l'ultima cosa che voleva. Ma Minseok voleva davvero fare qualcosa per lui. A dire il vero era un po' travolgente; la combinazione di senso di colpa, compassione e il fatto che Minseok fosse un completo pollo resero il suo bisogno di aiutarlo quasi opprimente.
Quindi fu per quello, forse, che Minseok finì per far scivolare un paio di guanti nel banco di Luhan prima che il ragazzo arrivasse a scuola una mattina di dicembre. Non aveva davvero programmato di farlo. Aveva semplicemente visto i guanti in saldo mentre si stava dirigendo a scuola, e pensando alle mani congelate di Luhan, li aveva comprati senza pensarci due volte. E
sapeva che Luhan non li avrebbe mai accettati da lui, quindi pensò, perché non lasciarli in forma anonima? Non era difficile. E non stava nemmeno cercando gratitudine o niente del genere. Voleva solo che Luhan avesse un paio di guanti.
Ne valse la pena, vedendo gli occhi di Luhan illuminarsi quando trovò i guanti nel suo banco. Si voltò immediatamente verso Minseok, il quale fece buon uso delle sue doti da attore quando Luhan gli chiese, “Sai da dove vengono questi?”
Minseok sbatté le palpebre, poi scrollò le spalle, forse in modo un po' troppo esagerato. “Erano lì quando sono arrivato,” disse. Stava mentendo per una buona causa, si disse.
Oh. Pensi che qualcuno li abbia messi per sbaglio?” chiese Luhan, improvvisamente preoccupato.
Uh. Ne dubito,” rispose Minseok, non volendo che Luhan si mettesse a cercare il proprietario (non che ci sarebbe riuscito). “Sembrano nuovi.”
“Perché sono qui allora?” chiese il ragazzo, accigliato.
Minseok scrollò ancora le spalle, tenendo gli occhi di fronte a sé. “Forse te li ha dati qualcuno,” disse, aggiungendo poi, “Hai un sacco di ammiratori.”
Luhan rimase in silenzio per un momento poi, ridacchiando leggermente, si infilò i guanti. “Così caldi,” sussurrò piano in cinese, e Minseok trattenne a malapena il sorriso che minacciò di formarsi sul suo viso.
Forse diventò una sua piccola ossessione dopo quell'episodio. Trovare qualcosa da lasciare sul banco di Luhan senza che il ragazzo se ne accorgesse. Minseok si rese conto che magari stava esagerando, visto che lui e Luhan tecnicamente non erano così in confidenza, ma si ripeté che molto probabilmente il ragazzo non avrebbe ricevuto molto dai suoi genitori, semplicemente perché non potevano permetterselo, quindi Minseok doveva cercare di compensare in qualche modo. No? Ed erano sempre cose piccole, i regali che gli lasciava (non era ricco, dopotutto. E poi non poteva fare più di tanto, fingendosi un ammiratore segreto). Lasciava cose come un coupon per una bibita calda, o nuovi lacci per le scarpe, o cuscinetti termici per le notti più fredde. Comprò a Luhan un piccolo dizionario tascabile Coreano-Cinese, e un nuovo pacco di penne quando l'ultima che stava usando si scaricò. Quasi ogni giorno, Minseok aveva qualcosa di nuovo per lui, solo perché gli piaceva il modo in cui il viso di Luhan si illuminava quando trovava qualcos'altro ad aspettarlo. A volte il ragazzo chiedeva in giro se qualcuno sapeva chi lasciasse quelle cose sul suo banco, ma nessuno aveva mai visto Minseok, quindi era salvo. Osservava in disparte Luhan ridere felice per ogni nuovo regalo, per una volta orgoglioso di se stesso.
Aveva sviluppato anche un'altra abitudine riguardo Luhan che cercava di tenere segreta. Dopo aver dormito lì la prima volta, Minseok suggerì di andare a casa di Luhan più spesso, innanzitutto perché non voleva che il ragazzo pensasse fosse qualcosa di cui vergognarsi. E poi, non c'era mai nessuno lì, quindi poteva evitare gli sguardi penetranti di sua madre, che lo mettevano a disagio e in imbarazzo. Ma cosa più importante, a Minseok piaceva andare a casa di Luhan perché ogni volta che era lì, faceva scivolare furtivamente qualche moneta nel barattolo dei risparmi del ragazzo. Luhan si era ostinatamente rifiutato di riprendersi i soldi che gli aveva dato per il suo aiuto, ma Minseok odiava vederli sotto il materasso più di quanto odiasse fare qualcosa che andava contro la volontà di Luhan, quindi decise di ridarglieli poco a poco, quando Luhan non guardava. 500 won qui, altri 1,000 won lì. Aveva messo più di 100,000 won a questo punto, ed era fermamente deciso di ripagare tutto alla fine, in un modo o nell'altro.
Si presero qualche ora di pausa dai compiti, però, quando Minseok chiese a Luhan se gli andava di accompagnarlo al centro commerciale per comprare qualche altro regalo, sia per evitare successivamente la folla, e anche perché così Luhan avrebbe potuto fare qualche altra foto per il suo progetto, che avevano trascurato un po' troppo. Il ragazzo accettò con entusiasmo, e andarono subito dopo la scuola, il secondo venerdì del mese. Una volta dentro, a Minseok tornò subito in mente la prima volta che erano usciti, quando Luhan aveva dovuto sviluppare le foto. Sorridendo, Minseok tirò il ragazzo nel negozio di cappelli più vicino, facendogli indossare quelli più ridicoli.
Fare shopping con Luhan era divertente, non poteva negarlo. Avrebbe potuto farlo, una volta – negare che gli piacesse passare del tempo con il ragazzo – ma Minseok non era la stessa persona che era tre mesi fa. In questi giorni, Minseok passava più tempo con lui che con chiunque altro, tra la scuola e i compiti e tutto. Non erano sempre solo loro due, ovviamente. Kyungsoo o Jongdae si univano a loro a casa di Minseok, e a pranzo erano presenti quasi sempre altre persone. Ma a Minseok non dispiaceva passare tutto questo tempo con Luhan, faccia a faccia. Era... piacevole.
Era piacevole avere
Luhan intorno. Minseok lo aveva imparato abbastanza in fretta.
Fecero una pausa dagli acquisti per sedersi sul bordo della fontana del centro commerciale, e Minseok diede al ragazzo una moneta da lanciare per esprimere un desiderio. Poi lui fece lo stesso, ed era strano; era così abituato ad esprimere desideri per se stesso che gli sembrò strano farlo per qualcun altro.
“Perché vai a scuola a piedi?” chiese Luhan un minuto dopo, gli occhi fissi sull'acqua sotto di loro. “Potresti prendere l'autobus, no?”
Minseok annuì. Jongdae gli aveva fatto la stessa domanda un milione di volte da quando la temperatura si era abbassata. “Potrei,” disse, “ma non è male camminare. La distanza non è troppa. Più che altro, però, mia madre dice che mi fa bene fare esercizio, soprattutto da quando ho smesso con il calcio. Non è molto, ma almeno è qualcosa.”
Ahhh,” disse Luhan, annuendo. “Hai molta forza di volontà, allora. Fa davvero freddo là fuori.”
Minseok rise. “E tu, allora? Voglio dire, so che può essere caro prendere i mezzi tutti i giorni, ma tu usavi la bici, no?”
“Caro?” ripeté Luhan, confuso. Minseok non vedeva quell'espressione da tempo; il coreano di Luhan stava davvero migliorando così velocemente che spesso si dimenticava che aveva ancora problemi con certe parole e frasi.
“Costoso,” spiegò.
Oh. Giusto. Sì, l'autobus è costoso, ma lo è anche aggiustare la bici.” Luhan sorrise un po' amaramente. “Ricordi quando sono arrivato a scuola con tutti quei graffi?”
“Sì, giusto. Chanyeol pensava fossi stato pestato,” disse Minseok.
Luhan rise. “È così. Dalla mia bici. Stavo tornando a casa da lavoro, era davvero tardi e avevo paura, quindi stavo andando veloce. E poi—shoom!” Fece un gesto con la mano. “Pensavo di star volando per un momento.” Rise ancora, ma sussultò al ricordo. “Hai visto come ero conciato io, ma la mia bici è messa anche peggio. Non posso più usarla. Devo andare a piedi ovunque, ora.”
Minseok si accigliò. “La notte? Sembra spaventoso. Non hai nemmeno un cellulare, se dovesse succedere qualcosa.”
Luhan si morse il labbro e scrollò le spalle. “Non posso fare altrimenti,” disse triste. “Solo camminare veloce.”
Non è che la cosa piacesse tanto a Minseok, ma non c'era niente che potesse fare lui. “Dove lavori, comunque?” chiese invece.
“Prima consegnavo dei pacchi dopo cena,” disse Luhan, quasi orgoglioso. “Ma da quando la bici si è rotta, non posso più farlo. Ora sistemo la posta. Dopodiché faccio... roba noiosa. Organizzo documenti e cose così. Per un... amico di famiglia.” Scrollò le spalle. “Niente di interessante.” Poi aggiunse, “Il lavoro notturno è in una parte davvero spaventosa della città. O almeno, è spaventosa a quell'ora. Per questo stavo andando così veloce in bici.”
Minseok non riuscì a trattenere una smorfia. Non gli piaceva andare da nessuna parte da solo la notte. Specialmente senza un cellulare. L'immagine di Luhan che camminava tutto solo al buio, sulla neve, nella parte peggiore della città, fece rabbrividire Minseok. “Non ci sono molte persone che assumerebbero un adolescente dopo mezzanotte,” disse. “E poi è... un amico di famiglia.”
A
Minseok non sembrava affatto un amico, ma Luhan sembrava insistente, quindi lasciò perdere. Mormorò solo, “Beh, dovresti lasciare quel lavoro,” ma non così forte da farsi sentire. Dopotutto, non poteva essere il custode di Luhan, e non poteva di certo dirgli cosa poteva o non poteva fare, non quando Minseok non si era mai ritrovato in una situazione lontanamente simile a quella del ragazzo.
Eppure, questo non lo fermò dal voler proteggere Luhan da tutto il dolore che il mondo gli stava infliggendo.
Scattò una foto del profilo di Luhan contro il luccicare della fontana, e si meravigliò per quanto fosse cambiato da quando Luhan era entrato nella sua vita, e di come si fosse piazzato lì, e di quanto si sentisse a suo agio ora avendolo lì. Al centro di tutte le sue cose, impossibile da ignorare. A Minseok piaceva averlo lì.





Note:
*in Corea, è illegale che ragazzi tra i 15 e i 18 anni lavorino dopo le dieci di sera
**è anche illegale che lavorino più di 42 ore alla settimana

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Le ultime settimane di scuola prima delle vacanze di Natale furono caratterizzate da un pizzico di pazzia, tra gli insegnanti che cercavano di finire le unità e gli studenti che non vedevano l'ora finire e basta. Minseok veniva facilmente travolto da cose di questo genere, e non riusciva a capire come gli altri ragazzi riuscissero a trovare il tempo di fare altre cose oltre studiare in questo periodo dell'anno; Jongdae e Junmyeon, oltre che svolgere le loro mansioni all'interno del consiglio, stavano ancora lavorando ai preparativi del loro evento, Baekhyun e Chanyeol erano impegnati con le prove dello spettacolo e con i costumi di scena, Luhan stava facendo turni extra a lavoro per recuperare quelli che avrebbe perso studiando per gli ultimi test. E Minseok che pensava che essere nella squadra di calcio fosse stressante, nonostante si incontrassero solo una volta alla settimana d'inverno.
Dato che tutti gli altri erano impegnati, però, Minseok tornò alla solita soluzione per quando le cose cominciavano a farsi un po' troppo insostenibili; parlare con Kyungsoo.
Faceva molto più freddo ora in balcone, ma i due si sedettero comunque lì, schiena contro schiena, con il muro che li divideva. Minseok non poteva vederlo, ma era sicuro che Kyungsoo fosse infagottato sotto strati e strati di coperte per ripararsi dal freddo, e questo lo fece sorridere.
“Allora, hyung,” cominciò Kyungsoo, con la stessa voce allegra e piacevole di sempre. “Come stai in questi giorni?”
“Impegnato,” rispose Minseok, sospirando.
“E come ti senti al riguardo?”
Minseok rise. “Sembri un terapista, Soo.”
“Era quello che speravo,” disse il ragazzo, sembrando fiero. “Veloce, hyung, parlami di tutti i tuoi problemi.”
“Non ti stanchi ma di starmi ad ascoltare?” chiese lui. “Sono sempre problemi stupidi.”
“Nessun problema è mai stupido,” affermò deciso Kyungsoo. “Mi piace ascoltare. È la cosa che faccio meglio.”
“Già, a volte penso dovrei essere io ad ascoltare te,” ribatté il maggiore.
“Lo fai. Quando ti do fantastici consigli.”
Minseok ridacchiò, ma non lasciò cadere l'argomento. “Dico davvero, Kyungsoo. Tutto quello fai è ascoltare i miei problemi. Che mi dici dei tuoi?”
“Io non ho problemi,” gli assicurò Kyungsoo.
“È impossibile. Tutti hanno dei problemi.”
“Non io. Sono perfettamente felice.”
Kyungsoo,” disse severo Minseok.
Il ragazzo sospirò forte. “Possiamo non parlare di me, hyung? Ho abbastanza tempo per pensare a me quando sono da solo a casa tutto il giorno. A volte mi piace sentire della vita difficile degli altri, così che la mia sembri un po' più piacevole.”
Minseok sentì un nodo alla gola, una stretta al petto, ma li ignorò. “Okay. Sì. Se è quello che vuoi.”
“Grazie,” disse piano Kyungsoo. Poi, un momento dopo, “Allora, i problemi degli altri.”
E questo gli fece pensare a qualcosa. “Hey, Soo…quanto sai di Luhan?”
Kyungsoo fece un suono vago. “Se mi stai facendo questa domanda, probabilmente meno di quanto sai tu, ora.”
“Che vuoi dire?”
“Sei incredibilmente cieco, hyung. Senza offesa. Ma tutti avevano capito che Luhan-hyung nascondeva qualcosa.”
Minseok sbuffò. “Sapevo che nascondeva qualcosa. Solo che non sapevo cosa.”
“Persino Chanyeol se n'è accorto prima di te,” puntualizzò Kyungsoo.
Minseok rise. “Beh, le sue intuizioni non ci andavano per nulla vicino.”
“Penso lo siano quasi sempre. Comunque, sapevo che c'era qualcosa sotto, quindi gli ho fatto qualche domanda, ma non mi ha mai voluto dire niente. Penso fosse preoccupato che poi l'avrei riferito a te.” Kyungsoo fece una pausa, poi aggiunse, “Penso che Luhan si preoccupi molto di quello che pensi.”
Minseok sbatté le palpebre, mordendosi il labbro. “Perché?”
“Sei stato il suo primo amico qui,” disse Kyungsoo. “La tua opinione era l'unica che contasse per lui, all'inizio. Penso volesse davvero piacerti.” Un'altra pausa. “E lo vuole ancora.”
Il viso di Minseok stava congelando per il vento freddo, ma le guance cominciarono ad accaldarsi. “Quindi quanto sai di lui?” chiese ancora.
“So che la sua famiglia sta avendo qualche problema,” disse Kyungsoo, “e che lavora molto, probabilmente più di quanto sia legale.”
Minseok annuì, anche se Kyungsoo non poteva vederlo. Non voleva né confermare né negare niente, per il bene di Luhan. Probabilmente non avrebbe dovuto spettegolare su di lui.
“So anche che qualcuno ha lasciato sul suo banco qualche regalo ben pensato,” continuò Kyungsoo, e Minseok arrossì, improvvisamente grato per il muro che li divideva. Non disse niente, per paura che la voce potesse uscirgli strozzata.
“Ma comunque,” concluse Kyungsoo quando fu chiaro che Minseok non avrebbe ammesso niente, “dovevamo parlare dei tuoi problemi. Cosa farai per il resto della settimana?”
E questa era una conversazione confortante. Lamentarsi degli esami in arrivo, mormorare della crudeltà del sistema scolastico, piagnucolare per i livelli di stress e le poche ore di sonno. E Kyungsoo era sempre lì per lui, ad incoraggiarlo a studiare, a ricordargli di mangiare (come se Minseok se ne potesse dimenticare), e così via. Era confortante, questa familiarità. Kyungsoo lo era sempre stato. Confortante.
A volte, Minseok si chiedeva se Kyungsoo sapesse quanto fosse importante nella sua vita.


Jongdae non pensava di poter sopportare ancora a lungo la costante perfezione che era Kim Junmyeon. Era davvero un problema. Come poteva essere così perfetto tutto il tempo? Era inumano, ed era seccante, e gli impediva di lavorare decentemente.
Di certo non aiutava il fatto che passasse così tanto tempo da solo con Junmyeon. Si incontravano dopo la scuola una volta a settimana, dato che entrambi erano molto impegnati, per organizzare il festival multiculturale. Non si stavano ancora concentrando sui dettagli, dato che l'evento avrebbe avuto luogo solamente ad Aprile, ma dovevano cominciare a informare i partecipanti delle date di scadenza ed assegnare agli altri le varie culture. Jongdae si sentiva un po' un peso morto, dato che Junmyeon era sempre così organizzato, attivo e produttivo, mentre Jongdae non lo era affatto. Ma a Junmyeon non sembrava dispiacere, si limitava a sorridere e chiedere a Jongdae cosa pensava di questa o quella idea (erano sempre buone) e a comprargli qualcosa da bere.
Era così gentile. Lo mandava fuori di testa. Non era nemmeno un problema di fanboy, perché la generosità di Junmyeon spingeva Jongdae ad odiarlo, solo che non poteva! Non poteva odiarlo! Era assurdo!
Anche Junmyeon sembrava incapace di odiare qualcuno, incluso Jongdae, anche se a volte avrebbe davvero dovuto. Tipo oggi, quando Jongdae aveva perso la lista di tutti i loro contatti.
“È tutto okay,” disse Junmyeon, continuando a sorridere mentre frugava nella sua cartelletta. “Possiamo trovarli di nuovo.”
“Ma ci vorrà una vita,” grugnì Jongdae, nascondendo il viso tra le mani. “Mi dispiace. È tutta colpa mia. Avevo solo cinque cose di cui occuparmi e sono riuscito a incasinare una di esse nel giro di una settimana.”
“Ho detto che va tutto bene,” ripeté Junmyeon, ridendo. “Solo un po' più di lavoro extra, niente di irrecuperabile.”
“Solo un po' tanto di lavoro extra,” sospirò lui. “Puoi urlarmi contro. Me lo merito.”
“Non ti urlerò contro,” disse piacevolmente Junmyeon. “Ti sei anche scusato.”
Jongdae alzò la testa per sollevare un sopracciglio. “Come ci riesci?”
Junmyeon incrociò il suo sguardo, sbattendo le palpebre. “A fare cosa?”
“A non arrabbiarti. Mai. Come fai? Minseok-hyung dice di odiarmi praticamente ogni giorno.”
Junmyeon rise. “Non lo pensa davvero,” disse. “È il tuo migliore amico. È quello che fanno i migliori amici.”
“Secondo me lo pensa invece,” mormorò Jongdae, passandosi una mano tra i capelli. “Tu dici al tuo migliore amico che lo odi?”
Junmyeon sembrò pensarci un attimo, poi rispose, “No,”
“Lo sapevo!” esclamò Jongdae. “È quello che stavo cercando di dire. Non ti arrabbi mai.”
“Non mi hai lasciato finire,” disse Junmyeon. “Stavo dicendo, ‘No, non ho un migliore amico.’”
Jongdae si bloccò. “Non ce l'hai?”
Junmyeon scrollò le spalle. “No, non proprio. Voglio dire, ho un sacco di buoni amici, ma nessuno che sia il mio migliore amico. Ce l'avevo, ma si è trasferito. Ora ho solo amici.”
“Oh.” si accigliò Jongdae. “Niente migliore amico? Davvero?”
“Non nel modo in cui tu hai Minseok, o Baekhyun ha Chanyeol, o Luhan ha Minseok, o Kyungsoo ha…” Junmyeon rise. “Minseok è il migliore amico di un sacco di persone.”
Jongdae si sentì improvvisamente contrariato. “Ma io sono l'unico per lui,” disse deciso.
“Sono sicuro sia così,” concordò Junmyeon con un sorriso, tornando ai suoi documenti. Sembrava sospettosamente un papà che cercava di calmare il figlio brontolone. “Forse dovrei fare di Minseok anche il mio migliore amico. Che ne pensi, Jongdae-yah?”
Jongdae rimase momentaneamente sorpreso per il nomignolo, che gli fece provare una strana sensazione di calore, ma disse velocemente, “No, non dovresti, non è nemmeno un buon migliore amico. Io sono molto meglio.”
Junmyeon rise, sfogliando qualche pagina. “Dovremo cominciare a lavorare sul nostro rapporto, allora, no?” chiese. Jongdae sbatté le palpebre. “Hey, puoi cercare nuovamente il numero di Han Jisoo-ssi?”
Ci vollero alcuni secondo perché Jongdae processasse le istruzioni del maggiore. “Huh? Oh. Sì, uh, certo.” Non era nemmeno sicuro che cosa gli avesse chiesto.
Al diavolo Junmyeon e la sua incessante fantasticità.
Fu qualche minuto dopo che Junmyeon, dal nulla, gli chiese, “Cosa vuoi diventare da grande, Jongdae?’
“Huh?” il ragazzo non era famoso per la sua eloquenza. Non quando Junmyeon era coinvolto, almeno. “Uh, non so. Ora come ora sto solo cercando di alzare i miei voti per poter entrare in una buona università.”
Junmyeon annuì, studiando una pila di fogli con varie liste. “Io vorrei diventare un avvocato.”
“Oh! Mio padre è un avvocato,” esclamò Jongdae, forse un po' troppo eccitato.
Il maggiore lo guardò, con occhi accesi. “Ah sì?”
Il ragazzo annuì. “Lavora in un piccolo studio vicino a casa. Voglio dire, non è il miglior avvocato del mondo, ma gli piace il suo lavoro.”
Junmyeon aveva uno sguardo sognante negli occhi. “È il mio sogno diventare avvocato,” disse. “Per aiutare le persone, far valere i loro diritti.”
Ovviamente era questo che voleva fare. Avrebbe dovuto immaginarlo.
Junmyeon si riscosse dai suoi pensieri dopo un momento. “Comunque... è questo che studierò all'università. Tu davvero non sai cosa vuoi fare?”
Jongdae scosse la testa. “Mia madre vuole che faccia il dottore,” disse, alzando gli occhi al cielo. “Ma non ne sarei mai capace. Preferirei fare economia o qualcosa del genere.”
“Economia? Davvero?” chiese Junmyeon, sorpreso, e Jongdae scrollò le spalle. “Hai mai pensato di concorrere alla carica di presidente del consiglio studentesco?”
Jongdae sollevò lo sguardo sul ragazzo, che lo stava osservando pensieroso. “Uh, non so. Mi sono candidato quest'anno perché pensavo avrebbe fatto buona figura sul curriculum. Non so se sarei capace di fare il presidente del consiglio.”
Junmyeon gli sorrise allegro. “Non è così male come pensi,” disse. “E se sei interessato a quel campo, questo è un buon punto di partenza.”
Jongdae abbassò lo sguardo sui fogli che aveva in mano. “Non credo sarei bravo quanto te,” disse piano.
Junmyeon rise leggermente. “Ti aiuterei,” disse. “Se dovessi vincere le elezioni. Potrai chiedermi consiglio per qualsiasi cosa avrai bisogno.”
Jongdae si morse la guancia. Ora che Junmyeon ne stava parlando... beh. Non sembrava poi un'idea così malvagia.
Per il bene della sua carriera universitaria, certo.


In generale, Kyungsoo viveva un'esistenza abbastanza tranquilla. Rimaneva nella sua stanza, leggeva, studiava, dipingeva, cose del genere. L'unica cosa eccitante che gli fosse mai accaduta fu ricevere per posta qualcosa che aveva ordinato, e le occasionali gite in ospedale quando aveva contratto una malattia o l'altra. A volte sperava in qualcosa di eccitante nella sua vita. Qualsiasi cosa, davvero. Qualcosa che gli facesse pompare il sangue nelle vene, che gli desse quella scarica di adrenalina.
Cambiò leggermente idea quando ricevette una telefonata.
Era un mercoledì pomeriggio, l'ultima settimana prima delle vacanze, e Kyungsoo stava felicemente leggendo il suo libro di astrofisica quando il suo cellulare squillò accanto a lui. Controllò il nome sullo schermo; Luhan. Non era insolito. Luhan a volte lo chiamava per chiacchierare quando si sentiva solo, perché sapeva che anche lui lo era. Sorridendo, accettò la chiamata e si portò l'apparecchio all'orecchio. “Pronto?”
Kyungsoo.” Il più piccolo si accigliò quando sentì la voce di Luhan strozzata e disperata. “Kyungsoo, non so cosa fare, Minseok—”
Sentendo il nome dell'amico, Kyungsoo si morse il labbro, con la paura che gli attanagliava lo stomaco. “Cosa? Cos'è successo, hyung?”
Luhan prese un respiro profondo. “Non lo so, non lo so, lui è – stavamo solo parlando e poi lui si è bloccato e ora non si sveglia e non so cosa fare – non ho il numero di casa sua – aiutami Kyungsoo, ho paura.”
Deglutendo a fatica, Kyungsoo cominciò a pensare, per poi chiedere ulteriori informazioni. “Calmati, hyung, andrà tutto bene,” disse, cercando di mantenere un tono di voce calmo. Non avrebbe aiutato che Luhan entrasse nel panico, e se lui stesso fosse andato nel panico le cose sarebbero solo peggiorate. “Ho bisogno che mi parli, okay?”
Non so cosa sta succedendo, non si sveglia,” disse Luhan, e la sua voce gli fece stringere il petto.
“Non piangere, hyung, ti prego non piangere. Ascoltami, devi fare una cosa per me. Mi stai ascoltando?”
Luhan fece un suono di assenso.
“Bene. Gli hai controllato il polso? Assicurati che stia respirando, okay?”
Okay,” disse Luhan, con voce tremolante. Ci furono alcuni secondi di silenzio, si sentiva solo il respiro di Luhan, e poi sentì, “Respira. Il cuore batte.”
Kyungsoo rilasciò il fiato che aveva trattenuto. “Okay. Bene. Ora, uh, quando è stata l'ultima volta che ha mangiato? E cosa ha mangiato?”
Kyungsoo, cosa sta succedendo?” chiese il ragazzo, disperato.
Kyungsoo si portò una mano ai capelli, agitato. “Puoi chiederlo a Minseok quando si sveglia,” disse. “Rispondi alle mie domande, hyung.”
O-okay. Um. Abbiamo mangiato circa un'ora fa. Ha detto che non si sentiva tanto bene. Non ha finito il suo panino.”
“Cosa ha bevuto?”
Solo acqua.”
“Quando è stata l'ultima volta che è andato in bagno?”
Cosa? Un po' prima di mangiare, penso. Kyungsoo, cosa faccio?”
Kyungsoo cercò di non lasciar trapelare dalla voce quanto il suo cuore stesse correndo. “Hyung, devi fare una cosa per me, okay? È molto importante. Devi ascoltare tutto quello che ti dico e farlo, va bene?”
Okay,” la voce di Luhan era debole. “Dovrei chiamare l'ospedale?”
“Non c'è tempo. Chiamerò sua madre dopo. Ascoltami, okay? Trova la sua borsa. Ora.”
Okay,” disse Luhan, e Kyungsoo lo sentì frugare in giro. “Trovata.”
“Bene. Apri la piccola tasca esterna. C'è una custodia rossa all'interno; prendila.”
Ci fu qualche movimento, e poi, “Cosa è?”
“Non ha importanza. Aprila.” Kyungsoo si stava sporgendo così tanto che la scrivania gli premeva dolorosamente sullo stomaco. Non si mosse però; il dolore lo teneva concentrato.
Kyungsoo, perché c'è un ago?” chiese, con la voce che gli tremava.
Il ragazzo chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. “Ti prego non fare domande ora, hyung. Ho bisogno che ti concentri. Mi puoi mettere in vivavoce? Ti serviranno entrambe le mani.”
La linea gracchiò un po', poi Luhan chiese, “Funziona?”
“Sì. Ora tira fuori la siringa e la piccola boccetta.”
Okay. Fatto,” disse velocemente Luhan.
“Bene. Stai andando alla grande, hyung. Togli il tappo dalla boccetta, e dall'ago. Puoi farlo?”
Sì. Fatto.”
“Ora infila l'ago attraverso l'involucro della bottiglia.”
Luhan fece un piccolo suono. “Non ci riesco. Mi tremano le mani, Kyungsoo, non posso farlo.”
Lo stomaco di Kyungsoo si strinse dolorosamente, e voleva mettersi a piangere, ma non lo fece. “Sì che puoi, hyung. Se non lo fai, Minseok-hyung sarà nei guai, quindi ti devi concentrare. Infila l'ago nella boccetta.”
Luhan tirò su col naso, ma dopo qualche momento, disse, “Ce l'ho fatta.”
Kyungsoo respirò ancora. “Spingi giù lo stantuffo della siringa, così che il liquido esca. Tutto. Poi togli l'ago e agita la boccetta.”
Okay,” disse Luhan, la voce un sussurro. Ci fu una pausa, poi, “Fatto.”
“Bene. Ora infila di nuovo l'ago e preleva il liquido.”
Kyungsoo ho paura.”
Kyungsoo voleva dirgli che anche lui era spaventato, ma non era il momento. “Lo so, hyung, ma non devi averne. Fino a che mi ascolti, tutto andrà bene. Te lo giuro, andrà tutto bene.”
Luhan prese un profondo respiro, e poi disse, “Fatto.”
“Ora torna alla borsa di Minseok, okay? Ci sono dei piccoli pacchetti, sono solo batuffoli di cotone imbevuti d'alcol. Aprine uno.”
Cosa faccio con la siringa?” chiese Luhan.
“Se hai bisogno di posarla, rimetti il tappino e infilala nella custodia. Hai il pacchetto?” la testa di Kyungsoo cominciava a fargli male.
No. Un secondo.” Un'altra pausa, e poi, “Kyungsoo, perché ci sono così tanti aghi?”
“Hyung, niente domande. Prendi il cotone.”
Ce l’ho.”
“Controlla Minseok-hyung. Sta ancora bene?”
Tutto okay. Dorme ancora. Respira,” fu la risposta gracchiante di Luhan.
“Bene. Sollevagli la maglietta.”
Cosa? Perché?
“Perché è lì che farai l'iniezione. Attorno all'ombelico. Passa il cotone sulla pelle per pulirla.”
Ci sono altri segni di puntura qui.”
“Lo so. Evita le cicatrici. Hai pulito il punto?”
.
“Okay, tieni ancora il cotone. Prendi la siringa, togli il tappo, e premila nel punto.”
Le mani mi tremano troppo, Kyungsoo. Non posso farlo, gli farò male.
Kyungsoo premette il palmo della mano contro l'occhio e allontanò il telefono per prendere qualche respiro profondo. “Hyung. Ascoltami. Questo è l'ultimo passaggio, giuro. Tutto andrà bene, Minseok l'ha fatto un miliardo di volte. Devi solo fare questo per me. Per Minseok-hyung. Ha bisogno di te.”
Ci fu un altro attimo di silenzio, e poi Luhan sospirò e disse, “Okay. Posiziono l'ago nel punto pulito.”
“Esatto. Una volta che è entrato, premi lo stantuffo, fino in fondo. Togli la siringa, e pulisci di nuovo la pelle. Puoi farlo?”
Qualche respiro e poi, “Sì. C-ce l'ho fatta.”
Kyungsoo fece un sospiro di sollievo. “Bene. Stai andando alla grande, hyung. Dov'è Minseok-hyung, sul pavimento?”
Sì. Eravamo seduti per terra quando si è addormentato.
“Va bene. Fallo sdraiare e giralo di lato. Eviterà di soffocare.”
Starà bene?” chiese piano Luhan. “Kyungsoo?”
“Starà benissimo, lo prometto. Si sveglierà presto. Dimmi quando si sveglia. Quando può, assicurati che mangi qualcosa. Non dimenticartene.”
Luhan rimase in silenzio per un po'. “E se non si svegliasse?”
Kyungsoo deglutì a fatica. “Lo farà,” disse. “Promesso.”
Non si muove, non—Seok-ah!”
Kyungsoo trattenne il fiato. “Che succede, hyung?”
Si sta svegliando, è sveglio. Minseok!”
Tutta la tensione svanì dal corpo di Kyungsoo in un secondo, e si sentì stordito dal sollievo. “Bene. È fantastico. Chiamo sua madre, okay? Chiamami se hai bisogno. Dì a Minseok-hyung che lo picchierò per avermi spaventato così.”
Se Luhan lo aveva sentito, non ne diede segno. Kyungsoo sorrise e chiuse la chiamata.


Quando Minseok si risvegliò, tutto sembrava confuso e strano. Sbatté le palpebre, facendo una smorfia quando si accorse che era sdraiato sul pavimento, e cercò di girarsi e mettersi a sedere.
Sentì la voce di Luhan solo un minuto dopo. “Seok-ah! Stai bene? Dì qualcosa.
Minseok sbatté ancora le palpebre, e mise a fuoco il viso del ragazzo, accanto a lui. “Lu,” iniziò Minseok, con la gola secca. Si schiarì la voce. “Che è successo?” Guardò Luhan e notò le sue guance umide. “Perché stai piangendo?”
Invece di rispondere, Luhan singhiozzò e gli buttò le braccia al collo, stringendolo e nascondendo il viso nella sua spalla. Minseok si immobilizzò, confuso e sorpreso, poi gli diede qualche pacca sulla schiena guardandosi intorno. Erano ancora nel salotto del ragazzo, con gli appunti per il test del giorno seguente attorno a loro, ma c'erano anche altre cose nel pavimento ora. Vide una custodia rossa familiare e una boccetta vuota. “Oh,” disse stupidamente. “Lu, io—”
“Ero così spaventato, Seok-ah,” singhiozzò Luhan contro la sua spalla. “Pensavo fossi – pensavo non ti saresti più svegliato. Non sapevo cosa fare. Avevo così paura.”
Minseok sentì un nodo in gola, ma lo mandò giù. “Hey, è tutto okay,” disse piano, continuando ad accarezzare la schiena di Luhan. “Sto bene ora, vedi? Va tutto bene.”
Luhan fece un paio di respiri, poi si ritrasse e guardò il viso di Minseok. Posò le mani calde sulle sue guance e lo guardò negli occhi. “Stai bene? Ti fa male qualcosa?”
Minseok scosse leggermente la testa. “No, io— sto bene. Un po' stordito. Davvero, Lu, sto bene.”
Luhan non lo lasciò, sbatté le palpebre e accarezzò le sue guance come per asciugare delle lacrime che non erano lì. Si morse il labbro e serrò la mascella, cercando di trattenere un altro singhiozzo. “Minseok, io—”
La sua voce venne interrotta dalla suoneria di Minseok. Il maggiore fece una smorfia, e Luhan lo lasciò andare a prendere il telefono. Era sua madre. “Pronto?”
Il tono di voce della donna faceva intendere che ovviamente sapeva già tutto. Minseok si portò le ginocchia al petto, rispondendo pazientemente a tutte le sue domande, assicurandole che aveva tutto sotto controllo e che l'avrebbe richiamata dopo aver mangiato qualcosa. Sì, avrebbe chiamato l'ospedale se fosse successo qualcosa. Sì, avrebbe rifatto il controllo ogni ora. Sto bene, sto bene, sto bene. Fine chiamata.
Luhan lo stava ancora guardando quando mise via il telefono. Minseok evitò il suo sguardo, alzandosi in piedi con cautela. “Devo mangiare qualcosa,” disse, dirigendosi in cucina. “Dammi un minuto.”
Non poteva evitare le domande di Luhan per sempre, però, e dopo aver mangiato, essere andato in bagno, ed aver richiamato la madre per dirle che andava tutto bene, si sedette con un sospiro. Luhan stava risistemando con attenzione il contenuto del kit rosso. Incrociò lo sguardo di Minseok quando il ragazzo si sedette sul divano, mordicchiandosi nervosamente il labbro.
“Cos'è successo, Minseok?” gli chiese, con uno sguardo disperato negli occhi. “Perché non ti svegliavi? Hai qualche problema?”
Minseok prese un respiro profondo. “Io—sono diabetico, Luhan.”
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. “Non conosco questa parola. Cosa vuol dire?”
Minseok si grattò il collo e sospirò. “Il mio corpo non produce abbastanza insulina. E lo zucchero nel sangue impazzisce. Devo fare iniezioni di insulina ogni giorno per tenerlo sotto controllo.”
Luhan sbatté gli occhi, e poi si accigliò ancora. “È quello che ho appena fatto?”
Minseok guardò la custodia rossa e scosse la testa. “No. Ho—ho avuto una crisi. Ho preso troppa insulina per quanto ho mangiato, e i livelli di zucchero nel mio sangue si sono abbassati troppo. Tu mi hai fatto un'iniezione di glucagone, che ha rialzato i livelli abbastanza da farmi svegliare, e sono andato a mangiare per bilanciare le cose. Sto bene ora.”
Luhan fece un respiro, sembrando ancora confuso. “Quando scompari prima di pranzo ogni giorno…”
Minseok annuì, guardando il pavimento. “Vado in bagno per fare un esame del sangue e prendere l'insulina. Poi posso mangiare.”
“E sei sempre così attento…”
Minseok fece un piccolo sorriso e si grattò la testa. “A quello che mangio,” disse, annuendo. “Dico sempre che mia madre è severa, ed è vero. Probabilmente potrei essere un po' più libero con la mia dieta. Ma è meglio prevenire che curare, e mia madre è davvero severa con quello che mangio per... alcuni motivi. Tutti i miei pasti devono essere mangiati in tempo, devono contenere un certo numero di carboidrati, e devo sempre fare qualche spuntino. Oggi non ho finito il mio panino... e avrei dovuto bere un bicchiere di succo o qualcosa del genere, ma non mi sentivo tanto bene. Probabilmente perché il livello di zucchero era già basso. Me ne sarei dovuto accorgere. Sono stato stupido.”
Luhan sembrava stesse cercando di mettere insieme tutti i pezzi. Minseok non poteva biasimarlo. “E il calcio... hai smesso di giocare.”
Minseok annuì, sorpreso che Luhan avesse fatto quel collegamento. “È stato quando me l'hanno diagnosticato,” disse piano. “Mi sono ammalato, ho perso molto peso, e sono finito in ospedale. Mi dissero che ho il diabete di tipo 1. I miei livelli di zucchero erano completamente sballati, e l'esercizio li aveva fatti scendere ancora di più. Dovetti lasciare la squadra. Quest'anno non mi sono potuto unire perché gli allenamenti mi portano via troppo tempo e lo sforzo fisico è troppo intenso. Anche lo stress interferisce con i livelli di zucchero nel sangue.”
Luhan rilasciò un piccolo respiro depresso. “Non lo sapevo,” disse piano.
Minseok sussultò, umettandosi le labbra. “Non sono in molti a saperlo,” confessò.
Il ragazzo lo guardò, con sguardo intenso. “Non lo sa nemmeno Jongdae” disse, e Minseok annuì imbarazzato. “Perché non glielo hai detto?”
“Non volevo dirlo per un paio di motivi,” disse, giocherellando con una cucitura dei jeans. “Ma soprattutto non a Jongdae. Suo nonno... ce l'aveva anche lui. Di tipo 2. Ci furono varie complicazioni, e alla fine morì. Ne rimase molto turbato, aveva otto o nove anni all'epoca. Non volevo che... non volevo che Jongdae si preoccupasse per me. Esagera a volte. Non voglio che pensi che la stessa cosa capiterà a me.” Sospirò, incontrando lo sguardo di Luhan per un momento. “Volevo dirglielo, ma all'inizio era tutto incasinato. Stavo cercando di accettarlo io stesso. E poi ho continuato a rimandare, ancora e ancora, e alla fine era troppo tardi. Come potevo dirglielo sei mesi dopo l'accaduto?” rise amaramente. “‘Hey, Jongdae, ho la stessa malattia che ha ucciso tuo nonno. Oh, e ce l'ho segretamente da quasi un anno. Scusa, ho dimenticato di dirtelo.’”
Luhan rimase in silenzio, guardandolo da dove era seduto sul pavimento, gli occhi spalancati e indecifrabili.
Minseok sospirò lentamente. “E poi... non volevo dirlo a nessuno. Non volevo che mi compatissero. Lo hai detto anche tu, no? Non volevi dire a nessuno che non hai soldi perché non volevi essere escluso e visto in modo differente. Sono già diverso. Sono l'unico ragazzo gay della scuola. Mi basta. Perché dire a tutti che ho anche una malattia incurabile?”
Ci fu silenzio per qualche momento, e poi Luhan sussurrò, “Ti ucciderà?”
Minseok sbatté le palpebre e incontrò il suo guardo, e sembrava così spaventato che gli si strinse il petto. “No, no,” disse velocemente. “Fino a che lo terrò sotto controllo starò bene. Devo solo stare attento. Giuro, non morirò.”
“Lo prometti?” chiese Luhan, con la voce che gli tremava leggermente.
Minseok annuì sincero. “Lo prometto, Lu. Non vado da nessuna parte.”
Luhan fece un sospiro di sollievo, e Minseok non poté fare a meno di sorridere. “Chi altri lo sa?” chiese.
“Beh, Kyungsoo, naturalmente,” rispose, sorridendo leggermente. Luhan lo aveva chiamato mentre lui era al telefono con la madre; ovviamente, Kyungsoo aveva saputo cosa fare. “Giuro che quel ragazzo sa tutto di me. Mi ha aiutato a superare i primi mesi, quando mi era appena stato diagnosticato. Poi... i miei genitori, l'infermiera della scuola – ecco perché conosce il mio nome – e i miei insegnanti. I miei genitori lo avranno probabilmente detto ad altri miei parenti ormai. Fine.”
Luhan annuì lentamente. “E ora io,” disse.
“Sì. E ora tu.”
Rimasero entrambi in silenzio per un po', e Luhan chiuse con cautela il kit rosso e lo ripose nello zaino. Passò le dita sul contenuto della tasca esterna. “Questi sono per l'insulina?” chiese piano.
Minseok annuì. “La piccola cosa grigia serve per misurare il sangue. Le bottigliette contengono l'insulina.”
Luhan si morse il labbro prima di chiudere la cerniera. “Capisco perché non volevi dirlo a nessuno,” disse piano. “Lo capisco. Fa schifo, essere il ragazzo con un sacco di problemi. Le persone ti guardano in modo diverso.” Sollevò lo sguardo su Minseok, e con occhi imploranti supplicò. “Ma non tenermi più nascoste cose del genere. Ero così spaventato, Seok-ah. Mi sono messo a piangere.”
Minseok premette le labbra in una linea sottile e annuì in silenzio. “Mi dispiace,” sussurrò poi.
Luhan si avvicinò a dove era seduto Minseok e si sistemò accanto a lui. Un momento dopo, delle braccia calde gli circondarono il corpo e Luhan lo abbracciò ancora, tenendolo stretto. “Sono contento che stia bene,” disse con voce strozzata. “Non spaventarmi più in questo modo.”
Minseok sorrise e ricambiò l'abbraccio, rassicurandolo. “Non lo farò,” promise. “Mai più.”
Luhan non lo lasciò andare per molto tempo, e a Minseok non dispiacque per niente.

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Capitolo 13
*** Outtake #1 ***


Okay, allora quando dico Ma è un viaggio di quattro giorni! allora tu—”
Whap!
“—arrivi dalla sinistra del palco e—”
Whap!
“—ti metti sull'attenti e—”
Whap!
“—CHANYEOL LA VUOI FINIRE.”
Chanyeol nascose velocemente la spada in schiuma con la quale stava colpendo la schiena di Baekhyun, come se nascondere la prova avrebbe reso meno evidente che era stato lui. “Cosa?”
“Non fare l'innocente, Park Chanyeol. Solo perché non stiamo lavorando su una delle tue scene non significa che devi essere super irritante,” gli disse Baekhyun con un'occhiataccia.
Chanyeol fece un sospiro esagerato. “Ma Baek. Mi annoio.”
“Beh, smettila di disturbarmi,” scattò Baekhyun.
Chanyeol sbuffò in modo drammatico. Baekhyun pensava che aver fatto di lui il protagonista maschile avesse reso il migliore amico una drama queen in generale. Proprio quello di cui aveva bisogno. Prendendo la spada da dietro, Chanyeol uso la punta per punzecchiare la guancia di Baekhyun. “Non essere arrabbiato con me, Baekkie.”
Baekhyun alzò gli occhi al cielo. “Non sono arrabbiato con te. Vai via.”
“Come puoi essere così cattivo con me, Baekkie? Pensavo mi amassi.”
Baekhyun deglutì a fatica e lo guardò male. “Se sei così annoiato, usa il tuo tempo per fare qualcosa di utile.”
“Ovviamente non mi ami abbastanza. Amami di più,” disse l'amico, con un broncio infantile.
Baekhyun serrò la mascella. “Non credo sia necessario,” affermò. “Vai a provare le tue battute.”
Il viso di Chanyeol si illuminò, e si affrettò al centro del palco, agitando la spada. “Non riesco a contenere il mio cuore,” professò a gran voce, voltandosi verso Baekhyun mentre la sua voce profonda riempiva l'auditorium. “Byun Baekhyun, sono profondamente, irreversibilmente innamorato di te.” Baekhyun gelò, trattenendo il fiato. “Ogni giorno, ogni minuto, penso di non poterti amare più di così, ma poi mi ricordo dei tuoi occhi e delle tue labbra e del modo in cui pronunci il mio nome, e mi ritrovo ad inciampare sui miei piedi ancora una volta.” Ci volle un momento imbarazzantemente lungo perché Baekhyun si rendesse conto che Chanyeol stava recitando il suo monologo, dove il protagonista si esercitava a confessare il proprio amore, anche se con qualche errore e qualche battuta mancata. Si pentì all'improvviso di aver scritto qualcosa di così stupido. “So che non puoi sentire la mia voce al momento, ma ti prego, ascolta il mio cuore. Ti ho amato ieri, ti amo oggi, e ti amerò in eterno.” Chanyeol fece un grande inchino in direzione delle attrici che ridacchiavano lì vicino.
Baekhyun mandò giù il nodo che aveva in gola e sbatté rapidamente le palpebre, mordendosi il labbro così forte da farsi male. “Per favore non usare il mio nome al posto del personaggio quando provi le battute, Yeol,” disse, con voce straordinariamente stabile nonostante il caos che aveva in testa al momento. “Finirai per sbagliarlo al momento dello spettacolo.”
Chanyeol rise forte. “Quanto sarebbe imbarazzante? Tutta la scuola sarebbe scandalizzata.”
Per qualche ragione, quelle parole ferirono il povero cuore debole di Baekhyun, e improvvisamente sentì di non riuscire più a respirare. “Okay,” disse, dando le spalle all'amico. “Le prove sono finite per oggi. Ci vediamo lunedì.” Afferrando il proprio copione e le altre cose dal pavimento, scese dal palco e cominciò a dirigersi alla porta.
Chanyeol lo raggiunse fuori dall'auditorium dopo aver messo via la spada ed aver raccolto le proprie cose. “Baeeeeeek,” disse, con voce lagnosa, mentre camminava dietro di lui. “Sei arrabbiato con me?”
“No,” rispose, ma persino lui sapeva che il suo tono non era stato molto convincente.
“Sì, invece. Non essere arrabbiato con me, Baekhyunnie.”
Baekhyun non disse niente e continuò a camminare, diretto alla porta principale della scuola.
“Baek, dove stai andando? Non hai nemmeno il giubbotto. Aspettami, non essere arrabbiato. Baeeeeek.” Ci fu silenzio per qualche lungo secondo, e Baekhyun aveva quasi pensato che l'amico avesse smesso di seguirlo, ma poteva ancora sentire dei passi che non erano i suoi. Alla fine una mano sulla sua spalla lo fece fermare, e la voce di Chanyeol era bassa e seria quando disse, “Baek.”
Baekhyun sospirò e strinse i fogli. “Cosa?”
“Mi dispiace.” E Chanyeol sembrava così onesto e sincero che Baekhyun non poteva rifiutare la sua tacita richiesta di voltarsi. Si girò lentamente verso di lui, incontrando il suo sguardo dispiaciuto. “Mi dispiace, Baek.”
“Lo so,” sospirò Baekhyun.
“Ti prego non essere arrabbiato con me. So di risultare davvero fastidioso quando sono annoiato. Cercherò di essere meno irritante. Basta che me lo dici e ci proverò di più.”
Ad essere sinceri, l'essere fastidioso di Chanyeol era il minore dei problemi. Baekhyun lo conosceva abbastanza bene da capire come diventava quando non aveva niente che lo tenesse occupato. Lo sopportava da anni; questo non significava che non si infastidiva, ma non rimaneva mai arrabbiato troppo a lungo. Ma Baekhyun era stressato, oberato di lavoro, stanco, e Chanyeol era così ottuso e Baekhyun lo amava. Era davvero tanto dura, a volte.
“Scusa se ti ho urlato addosso,” mormorò Baekhyun, guardandosi i piedi. “So che lo odi.”
“Già,” disse piano l'amico. “È tutto okay. Me lo meritavo.” Fece una pausa, poi aggiunse, “Scusa se ho incasinato le mie battute.”
Baekhyun si morse il labbro quando Chanyeol menzionò il sul piccolo monologo improvvisato. Preferiva non pensarci. “Va tutto bene. Non dirlo nemmeno.” Seriamente.
Chanyeol aprì le braccia invitante, e Baekhyun ci si buttò dentro. Le braccia di Chanyeol erano calde e forti attorno a lui, confortanti e familiari, e Baekhyun posò l'orecchio contro il suo petto per ascoltare il battito ritmico del suo cuore. Chanyeol posò il mento sulla sua testa e mormorò, “Mi impegnerò di più.”
“Ti impegni già tanto,” sospirò Baekhyun contro la sua maglietta. “Ti faccio molte pressioni senza mai dirti che stai facendo un buon lavoro.”
“Questo perché non sto facendo un buon lavoro,” rise Chanyeol, un po' sprezzante. “Faccio sempre casini.”
“È solo Dicembre,” sbuffò Baekhyun. “Lo spettacolo sarà ad Aprile. Se fossi già perfetto, sarei estremamente impressionato.”
“Ma voglio fare un buon lavoro per te. È la tua commedia. Non voglio rovinarla.”
Baekhyun si rifiutò di staccarsi, preoccupato che tutti quei sentimenti problematici sarebbero esplosi se avesse guardato il viso di Chanyeol. Gli strinse la maglietta e disse, “L'unico modo in cui potresti rovinarla è se non partecipassi. Non sarebbe giusto senza di te.”
Chanyeol lo strinse leggermente, facendolo sorridere. “Allora dovremo semplicemente lavorare insieme per renderla perfetta.”
“Giusto,” rise piano. “Ma per ora, dovresti comprarmi una cioccolata calda.”
Chanyeol lo lasciò andare alla fine, tenendolo per le spalle e sorridendo. “Per farmi perdonare per averti colpito con la spada?”
“Sì,” rise Baekhyun. “Solo allora ti perdonerò.”
“Affare fatto,” disse. “Vado a prenderti il giubbotto, aspetta qui.”
Baekhyun si appoggiò al muro accanto alla porta d'ingresso, osservando il suo migliore amico mentre quasi inciampava su se stesso per correre a prendere il suo giubbotto nell'auditorium ormai vuoto. A volte, Baekhyun non riusciva a capire se il leggero dolore che sentiva nel petto era solo un eccesso di affetto, o la vaga consapevolezza che si stava solo preparando a provare ancora più dolore.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Di solito a Minseok non piaceva parlare Della Malattia, come la chiamavano lui e Kyungsoo. L'avevano chiamata così prima ancora di sapere cosa fosse, quando Minseok aveva cominciato a stancarsi molto, a perdere peso e a voler mangiare tutto il tempo sebbene avesse la nausea. Poi gli diedero la diagnosi e scoprirono che era davvero una malattia, qualcosa con la quale Minseok avrebbe dovuto convivere per il resto della sua vita, e per sopportarlo avevano cominciato a trattarla come un gioco. Sapeva che non doveva, era una faccenda seria, ma all'epoca gli veniva davvero difficile accettarlo. Non gli piaceva parlarne – rendeva tutto troppo reale – ma era più semplice quando la trattava come se non fosse niente, come se fosse divertente. A volte rideva per non piangere. Era più facile fingere quando non la chiamava per nome. “La Malattia” era molto più rassicurante.
Kyungsoo gli andava dietro, fino a un certo punto, sia perché sapeva cosa stesse passando Minseok, ma anche perché in questo modo l'avrebbe potuta trattare come un progetto di ricerca, e dire al ragazzo tutto quello che c'era bisogno di sapere. “Allora, stavo leggendo qualcosa sulla Malattia,” diceva, “e apparentemente può peggiorare il tuo sistema immunitario. Come il mio, ma non così tanto, penso.” Non era difficile ascoltare quando parlava in questo modo. Quando non ruotava tutto intorno a Minseok – ruotava intorno alla Malattia.

Allo stesso modo, chiamavano l'immunodeficienza di Kyungsoo Il Rammollito. “Non posso venire. Colpa del Rammollito.” Ma a volte Kyungsoo confondeva se stesso e il Rammollito. Minseok non aveva mai quel problema.
A Minseok non piaceva parlare della Malattia, ma scoprì che non gli dispiaceva rispondere a tutte le domande di Luhan.
“Ti causa molti problemi?” gli chiese mentre lo riaccompagnava a casa. Sarebbe potuto andare da solo, ma Luhan non voleva che rimanesse solo troppo a lungo.
Minseok scrollò le spalle, guardando i guanti che aveva indosso il ragazzo. Gli faceva piacere che li usasse. “Sì,” disse, “e no.”
“Come può essere entrambe?”
“Causa molti problemi. Ma allo stesso tempo no. Posso ancora fare la maggior parte delle cose che voglio. Posso andare a scuola e uscire con gli amici; un giorno potrò avere un lavoro e avere una famiglia. Posso fare così tante cose che Jongdae non si è nemmeno accorto che c'è qualcosa che non va. Posso fare un sacco di cose che Kyungsoo non può fare, e che tu non puoi fare.”
Luhan calciò una pietrolina sul marciapiede. “È vero.”
Minseok rabbrividì quando il vento gelido gli entrò nel cappuccio e scese lungo la schiena. “Ma causa comunque dei problemi. Devo stare attento al cibo e all'ora in cui mangio. Mi sembra di doverci pensare costantemente. Non posso dimenticarmene, oppure potrebbe accadere qualcosa – tipo oggi. E altre cose. Cose brutte.”
“Oggi non era brutto?” chiese Luhan.
“Lo è stato,” ammise Minseok, “ma sono accadute cose peggiori.”
Luhan rimase in silenzio per un momento, e poi disse, “Non riesco a immagine cose peggiori.”
“E non vorresti neanche farlo, credimi,” gli assicurò Minseok. “Ma non è questo il punto. Non sono nemmeno le cose brutte che rendono tutto difficile. È l'insieme delle piccole cose. I cambi di umore e non essere in grado di concentrarmi perché ho calcolato male i carboidrati, e passare dall'essere stordito all'essere arrabbiato, all'essere triste. Non sono mai sicuro se sono semplicemente arrabbiato o se devo controllare nuovamente il livello di zucchero. E lo stress rende tutto un milione di volte peggio. Vengo travolto con così tanta facilità.”
Luhan rimase in silenzio per un momento, e poi disse, “Deve essere dura.”
“A volte sì,” ammise. “Altre volte no. A volte penso di essere io a renderla dura. Kyungsoo mi dice che è la Malattia a farmi comportare così – arrabbiato, ostile e cattivo – ma spesso sono io, e cerco solo di dare la colpa a qualcos'altro.”
“Non è vero.”
È quello che dice Kyungsoo.”
“Dovresti credergli. Di solito ha ragione.”
Minseok rise. “Come lo sai tu, però?”
“Perché ti conosco,” rispose Luhan, camminando così vicino a lui che le loro braccia si sfioravano. “E non sei così.”
“A volte lo sono.”
“Ma cerchi di non esserlo. E questo è già qualcosa.”
Minseok scrollò le spalle, ma sorrise leggermente.
Luhan faceva molte domande. Voleva sapere tutto. “Cosa fai quando i valori sono troppo alti?” Minseok gli aveva parlato dei numeri sul suo misuratore del sangue. “E se sono troppo bassi? Come puoi saperlo, senza fare il test? Come fai a sapere cosa è cosa?” Minseok rispose a tutto, anche se Luhan gli aveva detto che non doveva se non voleva. Minseok voleva farlo. Non l'aveva mai detto a nessuno; era sempre stato lui ad ascoltare gli altri che gliene parlavano. Per una volta era lui ad avere il controllo, a dirigere la conversazione, a dare informazioni. Gli sembrava quasi di avere anche il controllo sulla Malattia.
Quando arrivarono al palazzo di Minseok, si fermarono sul marciapiede di fronte alla porta. “Puoi rimanere per cena, se vuoi,” disse Minseok, anche se sapeva già la risposta.
“Devo andare a lavoro,” disse Luhan, sospirando triste. “Non torno nemmeno a casa.”
Minseok si tolse lo zaino e tirò fuori il portafogli, prendendo velocemente un paio di banconote. Le porse a Luhan, che le guardò sorpreso. “Prendi un taxi,” spiegò Minseok, guardandosi la punta dei piedi. “Fa freddo. Non mi avresti dovuto accompagnare.”
“Volevo farlo,” protestò velocemente Luhan, cercando di rendergli i soldi.
No,” insistette Minseok, facendo un passo indietro. “Prendi un taxi. Mangia qualcosa. Per favore?” Sollevò lo sguardo su Luhan. “Hai fatto tanto per me oggi. Ti devo almeno questo.”
Luhan deglutì e si infilò i soldi nella tasca del giubbotto. Rimasero in silenzio per un momento, poi all'improvviso Luhan chiese, “Posso ascoltare il tuo battito?”
Minseok sbatté le palpebre scioccato. “Cosa?”
Luhan arrossì, ovviamente imbarazzato per la sua stessa domanda. “Il tuo battito,” disse piano. “Quando non ti svegliavi, mi sono spaventato. Ma Kyungsoo mi ha detto di ascoltare il tuo cuore. Mi ha ricordato che eri ancora vivo. Mi ha aiutato a sentirmi meglio.”
“Ma perché vuoi sentirlo ora?” chiese Minseok, sentendosi avvampare.
Luhan scrollò le spalle. “Voglio farlo e basta,” disse. “Scusa, è—”
“Puoi farlo,” disse velocemente Minseok, interrompendolo. “Voglio dire, se vuoi.”
Luhan gli sorrise, e Minseok ricambiò, anche se la situazione lo stava mettendo leggermente a disagio. Con mani tremanti aprì la cerniera del proprio giubbotto, lasciando entrare l'aria fredda, e poi lì apparve una testa, e delle braccia gli cinsero i fianchi (cosa che rendeva la scena un po' meno strana, pensò Minseok), e l'orecchio di Luhan era premuto contro il suo petto. Faceva ridere Minseok, per qualche ragione, come una risatina nervosa che minacciava di uscire da un momento all'altro, ma la represse. Trattenne il fiato fino a che Luhan non indietreggiò, sembrando imbarazzato. “Batte ancora,” disse, la voce un sussurro.
“Buono a sapersi,” rispose Minseok, perché non sapeva che altro dire.
“Grazie, Seok-ah.”
Minseok sbatté le palpebre. “Per cosa?” Semmai, Minseok aveva migliaia di cose per cui scusarsi.
Luhan sorrise, stringendo le labbra in una linea sottile. “Non lo so. Per molte cose. Per stare bene.”
E allora Minseok rise, perché non sapeva che altra reazione sarebbe stata appropriata, e si grattò il collo dicendo, “È un piacere.”
Il sorriso di Luhan si fece più genuino, “Vai dentro. Tua madre ti sta probabilmente aspettando.”
Minseok annuì lentamente. “Ci vediamo domani,” lo salutò.
“A domani,” confermò Luhan, e poi Minseok fece un cenno con la mano ed entrò nell'edificio.
Si addormentò quella notte chiedendosi se Luhan avesse notato che il suo cuore stava correndo, quando aveva posato l'orecchio sul suo petto.


Ad essere onesti, la cosa che spaventava di più Minseok del fatto che Luhan avesse scoperto che era diabetico, era che il ragazzo potesse dirlo, intenzionalmente o no, a Jongdae. Perché una cosa era ammetterlo con qualcuno conosciuto solo tre mesi e mezzo fa, un'altra era confessare al proprio migliore amico da non si sa quanti anni di avere una malattia incurabile della quale non gli aveva mai parlato. Se Jongdae lo avesse mai scoperto – e Minseok non era ancora sicuro come e se glielo avrebbe mai detto – di certo non voleva che fosse perché Luhan se lo era lasciato sfuggire. Quindi si sentiva un po' più che preoccupato mentre si dirigeva a scuola il giorno seguente, preoccupato di vedere Luhan, e di vedere Jongdae, e di vederli insieme.
Ma non accadde niente. Era quasi scioccante, a dire il vero, come tutto fosse esattamente uguale. Davvero, solo una persona lo sapeva, ma Minseok si era aspettato che avrebbe fatto una grande differenza. E invece niente. Andò in bagno prima di pranzo, come sempre, non condivise con nessuno il proprio cibo, come sempre, e nessuno disse una parola, perché era normale. Luhan non disse una parola, perché era normale e perché conosceva la ragione che c'era dietro. Non era cambiato niente.
Luhan non lo trattava come una persona malata – non gli lanciava occhiate preoccupate e non gli chiedeva del livello di zucchero nel sangue o niente del genere – e Minseok si chiese se lo facesse perché sapeva come ci si sentiva a non voler essere compatiti. In ogni caso, lo fece sentire bene.
Gli ultimi due giorni di scuola passarono in un turbinio di attività, e Minseok si rese conto solo alla fine del venerdì che, potenzialmente, sarebbero potute passare due settimane senza vedere per niente Luhan. Durante le vacanze, tecnicamente, non aveva alcun obbligo di vederlo. E sebbene questo valesse per tutti i suoi amici, Minseok realizzò all'improvviso che sin da quando Luhan si era presentato a scuola a Settembre, non erano mai passati più di due giorni senza che si vedessero, ed era anche raro che accadesse, tra le sessioni di studio e il ripasso per i vari test. Il pensiero che potesse passare così tanto prima di rivederlo era... piuttosto strano, davvero. Si era così abituato ad averlo sempre intorno.
Minseok stava giusto pensando a queste cose quando sentì un leggero tocco alla spalla che lo riscosse dai suoi pensieri. “Huh?”
Luhan gli sorrise timidamente, con indosso il vecchio giubbotto rosso di Minseok e i guanti che il ragazzo gli aveva segretamente regalato (quella mattina gli aveva lasciato una confezione di banana milk sul banco). “Cosa farai durante le vacanze?” chiese.
Minseok sbatté le palpebre un paio di volte prima di chiudersi il giubbotto e dire, “Uh, non molto, a dire il vero. Starò a casa, immagino, e passerò un po' di tempo con Kyungsoo.”
Luhan strinse le labbra e annuì. “Ti darebbe fastidio se ti chiamassi?” domandò, titubante. “Voglio dire, lavorerò tutto il giorno per la maggior parte delle vacanze, ma oltre quello…”
Minseok annuì ancora prima di comprendere del tutto la domanda. “No, sì, certo,” rispose. “Puoi chiamare quando vuoi. Sarò sempre libero a parte a Natale e a Capodanno.”
“Cosa farai a Capodanno?” chiese Luhan, tenendo le spalline dello zaino.
Minseok scrollò vagamente le spalle, ripulendo l'armadietto da alcune lattine vuote. “Non ne sono sicuro,” disse. “Non ne ho ancora parlato con Jongdae o nessun altro. Probabilmente staremo a casa mia, però, perché a mia madre non piace quando —” Fece una pausa, sollevando lo sguardo sul ragazzo. “Beh, sai. I soliti problemi.”
Luhan annuì comprensivo. “Sembra divertente,” disse, mordendosi il labbro.
“Sei invitato, ovviamente,” aggiunse Minseok, forse un po' troppo in fretta. “Non appena avremo deciso cosa fare.”
Luhan sorrise, felice. “Okay,” disse velocemente.
Minseok si tirò il cappello sulle orecchie. “Allora, uh, cosa fai dopo—”
Oh!” esclamò Luhan, interrompendolo e guardando oltre la sua spalla. “È Jongin, devo andare a parlargli.” Sorrise dispiaciuto. “Scusa, devo andare. Ti chiamo, ok? Ciao Seok-ah!” Detto questo sparì.
Minseok lo guardò allontanarsi e non sapeva come sentirsi.


Luhan non chiamò affatto il venerdì, né il sabato. Non che desse fastidio a Minseok, perché non era preoccupato o sospettoso di cosa stesse facendo senza di lui. Minseok passò il tempo con Jongdae e parlò molto con Kyungsoo, e di tanto in tanto controllava il telefono per vedere se ci fossero chiamate perse. Non ce n'erano, ma gli andava bene, perché Minseok non sarebbe stato quell'amico che ha bisogno di sapere costantemente dove sei e cosa stai facendo. E poi, Luhan stesso lo aveva detto – avrebbe lavorato molto quella settimana. Minseok lo capiva.
Questo, però, gli diede molto tempo per pensare a cosa avrebbe potuto fare per lui per Natale. Gli aveva dato già molte cose, con tutti i piccoli regali che aveva lasciato sul suo banco, ma nessuno di loro era stato da parte sua, che Luhan sapesse, e poi al 90% lo stava solo ripagando dei soldi che non avrebbe mai dovuto dargli. Quindi Minseok voleva fare qualcosa per Luhan. Davvero.
Farsi venire in mente qualcosa da fare per lui era più difficile di quando non si fosse aspettato, rispetto a quanto era stato facile dargli quei regali in forma anonima. Prima di tutto, questo sarebbe stato da Minseok, quindi c'era la possibilità che si mettesse in ridicolo se a Luhan non fosse piaciuto o qualcosa del genere. In più, non poteva essere niente di troppo costoso o elegante, perché il ragazzo avrebbe potuto vederlo come un gesto di compassione, e Minseok non voleva che accadesse. Voleva che Luhan apprezzasse qualsiasi cosa gli avesse regalato.
Mentre ragionava su tutte queste cose, Minseok si ricordò di una conversazione che lui e Luhan avevano avuto tempo fa, quando il ragazzo era appena arrivato.
“Senti nostalgia di casa?”
“Sento cosa?”
“Ti manca casa tua? La Cina?”
Ahh. Sì, ho un po' di nostalgia. Mi mancano... i miei amici, più che altro. Non parlo con loro da quando mi sono trasferito qui. Mi manca anche il cibo. Zhenzhu naicha. Sai cosa è? È una bibita. Milk tea. Con... delle perle.”
Milk tea con delle perle. Cosa diavolo era? Se era una cosa cinese, probabilmente la vendevano a Chinatown, giusto? Improvvisamente impaziente, Minseok corse al computer e digitò tutte le parole chiave che gli vennero in mente, incluso il nome cinese che gli aveva detto Luhan. Bibita cinese milk tea perle zhenzhu naicha. Google fece il resto, e dopo pochi minuti, Minseok stampò una mappa e si infilò il giubbotto per andare a cercare il posto.
Proprio mentre stava per uscire, però, gli vibrò il cellulare. Lo tirò fuori dalla tasca entusiasta, anche se sapeva che non poteva essere Luhan – non poteva nemmeno mandare messaggi. Rimase comunque deluso quando vide il nome di Jongdae sul display.
Jongdumb: hey, devi fare qualcosa oggi? Mi annoio
Minseok scrisse velocemente una risposta. A dire il vero sto uscendo di casa. Chinatown? Puoi venire se vuoi.
E quindi, alle tre circa di domenica pomeriggio, Minseok si ritrovò a vagare per le strade di Chinatown insieme a Jongdae, cercando di non lasciarsi distrarre da tutti gli odori invitanti delle bancarelle di cibo e dando uno sguardo alla mappa di tanto in tanto per assicurarsi di non perdersi.
“Quindi perché stai cercando un oscuro negozio a Chinatown, di preciso?” Chiese l'amico, osservando una piccola bancarella che vendeva dim sum.
Minseok si accigliò e si chiese quanto lo avrebbe preso in giro Jongdae se avesse risposto 'Per Luhan'. Invece, disse, “Per il regalo di Natale di Luhan. È cinese, sai.”
Anche con la rivisitazione delle parole, l'amico rise e disse, “Oooooh, per Luhaaaaaaan.”
“Chiudi il becco,” Minseok alzò gli occhi al cielo. “Hey, tu cosa prendi a Junmyeon?”
Jongdae grugnì in modo drammatico. “Niente,” affermò. “Perché, come ben saprai, non fai regali di Natale alle persone che ammiri.”
“Sì, invece,” replicò Minseok, dandogli una piccola gomitata. “Per questo si chiamano ammiratori segreti.”
Jongdae grugnì ancora, spingendolo. “Sei fastidioso. Credo che il fatto che non farò il regalo a Junmyeon dimostri che non ho alcun desiderio di conquistarlo.”
Oppure che sei un amico di merda che non fa i regali nemmeno alle persone gentili,” puntualizzò Minseok, sorridendo tra sé e sé per la frustrazione dell'amico.
Niente affatto! Non siamo nemmeno amici!” protestò a gran voce il più piccolo.
Ouch. E questo l'hai detto a Junmyeon? Passate molto tempo insieme, voi due.”
“Solo per delle questioni accademiche!” insistette Jongdae, sbuffando e incrociando le braccia. “Junmyeon-hyung non comprerà alcun regalo di Natale per me.”
“Non ne sarei tanto sicuro,” disse Minseok, guardandosi intorno quando si avvicinarono al punto che aveva segnato sulla mappa. “Junmyeon è sin troppo buono. È quel tipo di ragazzo che fa il regalo ad ogni professore e al preside e dà un bigliettino di Natale a tutti i propri compagni di classe. Letteralmente.”
Jongdae emise un piccolo suono disperato, ma Minseok non gli stava più prestando attenzione.
Ah! Eccolo! Bubble Tea Express,” esclamò, sorridendo. “Non è stato troppo difficile trovarlo.”
“Allora perché Luhan-hyung ancora non l'ha trovato?” chiese Jongdae, sembrando ancora irritato.
“In cinese ha un nome diverso,” disse Minseok, mentre guardava felice l'insegna del negozio, in piedi sul marciapiede. “E dubito abbia pensato di cercare la traduzione.”
Jongdae si strofinò le mani fredde. “Allora... entriamo?”
Huh? Oh, no, non penso. Non posso ordinare niente comunque, quindi non sarebbe divertente per me,” disse.
Jongdae grugnì. “Sei la persona peggiore con cui uscire. Sarei dovuto rimanere a casa.”
Minseok si voltò per strizzare le guance dell'amico, anche se si sentiva davvero in colpa per essere sempre il rovina piani. “D'accordo, ti compro qualcosa da una bancarella per ripagarti per essere venuto con me, anche se hai deciso tu e non ti ho costretto io.”
Jongdae si illuminò e cinse i fianchi di Minseok con un braccio, tirandolo via dal negozio e guidandolo verso la bancarella di dim sum. “Sai, hyung, non sei così male dopotutto,” fu l'ultima cosa che sentì prima di ritrovarsi in fila per del cibo che non avrebbe potuto mangiare. Il mondo era così ingiusto.


Il lunedì, due giorni prima di Natale, Luhan finalmente chiamò, e il fatto che Minseok avesse accettato la chiamata prima ancora che il primo squillo terminasse era probabilmente molto imbarazzante. “Pronto?”
Seok-ah!” lo salutò allegro Luhan. Sei impegnato ora?”
Minseok non lo era. Erano appena passate le dieci di lunedì mattina; non aveva ancora nemmeno iniziato a pensare a cosa fare. “No,” disse.
“Bene! Ho bisogno di un consiglio.”
Oh?”
Già. Questo è l'ultimo giorno prima di Natale in cui posso fare qualcosa per i miei genitori. Mi hanno detto che non ho il permesso di comprare niente, visto che io ho detto loro la stessa cosa, ma voglio comunque fare qualcosa. Cosa dovrei fare?” chiese Luhan, e Minseok riusciva quasi a vederlo aggrottare le sopracciglia.
Ah, non lo so,” rispose lui, affondando nelle coperte. Non si era ancora alzato. “Quando voglio che mia madre mi perdoni per qualcosa di solito lavo i piatti o qualcosa del genere.”
“Non abbiamo piatti,” disse Luhan, ridendo. “Solo contenitori d'asporto.”
Accoccolato a letto con il telefono premuto contro l'orecchio, Minseok si sentiva stranamente come la protagonista di un drama, che parlava con la propria cotta. Si alzò a sedere velocemente. “Allora buttali,” gli suggerì.
Ci fu silenzio per un momento, poi Luhan disse, “Potrei farlo, vero?
Huh?”
“Potrei pulire la casa. Pensi che ai miei farebbe piacere? È sempre tutto così in disordine qui, perché nessuno ha mai il tempo di pulire.”
Minseok fece un suono vago. Anche se l'appartamento del ragazzo non era esattamente una baracca, era comunque messo piuttosto male, con tutto quello sporco accumulatosi negli anni che nessuno si era mai disturbato a scrostare. “Potresti pulirla a fondo,” propose. “Tipo farla brillare. Se tua madre è come la mia, ne sarebbe contentissima.” Onestamente, alla madre di Minseok sarebbe venuto un infarto vedendo quella casa.
“Pensi?” chiese Luhan.
“Sì, penso che lo apprezzerebbero davvero. E farà piacere anche a te,” disse sincero. “La sentiresti più casa tua, non trovi?”
Luhan rimase in silenzio per un secondo, poi disse, “Sì, credo di sì.”
“Posso aiutarti,” si ritrovò a dire Minseok senza pensarci. “Con le pulizie, dico.”
“Davvero?” chiese Luhan, con voce sorpresa ed esitante. “Non devi per forza…”
“Voglio farlo,” disse Minseok. “In fondo sarebbe davvero noioso farlo da solo, no? Sarà più divertente in due. E poi posso portare tutte le cose per pulire di mia madre. E oggi non devo fare niente.”
“Sicuro di volerlo fare?” chiese sinceramente Luhan. “Pulire non è divertente.”
“Sarò lì tra venti minuti,” rispose Minseok con voce ferma, sorridendo. “E porto il pranzo,” aggiunse, perché dubitava che Luhan avesse cibo salutare in casa.
Poco dopo, Minseok uscì di casa e cominciò ad attraversare le strade di Seoul con un grande secchio riempito con ogni sorta di prodotto per la pulizia della casa, sentendosi leggermente a disagio.
Per distrarsi, Minseok pensò a quanto sarebbe stato eccitato Luhan quando lo avrebbe portato al negozio del Bubble Tea. Onestamente, Luhan diventava assurdamente entusiasta quando chiunque faceva qualsiasi cosa per lui, quindi Minseok non vedeva l'ora di vedere come avrebbe reagito alla sorpresa. Era il motivo principale per cui a Minseok piaceva fare i regali, e Luhan era sempre così espressivo.
Questo venne confermato quando Luhan si illuminò mentre faceva entrare Minseok nell'appartamento, aiutandolo entusiasta a scaricare le sue cose sul pavimento. Bottiglie spray, spazzole, spugne, praticamente tutto quello che Minseok era riuscito a trovare nell'armadietto del bagno o sotto il lavandino in cucina. Luhan non sapeva nemmeno cosa fosse la maggior parte di quella roba, a parte quelli con un'immagine sull'etichetta, ma questo non gli impedì di sentirsi eccitato. Ricordò a Minseok del perché avesse voluto farlo.
Cominciarono togliendo tutta l'immondizia dal bancone e dal pavimento. Luhan aveva già iniziato prima che arrivasse Minseok, e alla fine buttarono tutto in grandi sacchi di plastica che poi portarono in strada. Poi iniziarono le pulizie comuni: spazzare, spolverare, lavare ogni bancone e finestra e mobile che c'era (non molti in realtà). Fecero una pausa per pranzare, e poi Minseok andò dal vicino di casa di Luhan per chiedergli se poteva riempire il secchio per lavare in terra, cercando di non ridere mentre Luhan gli sibilava torna qui, stavo scherzando, ho l'acqua corrente! Minseok non voleva essere la causa per la loro stratosferica bolletta dell'acqua, però, e poi ne valeva la pena, vedendo Luhan che si copriva il viso per l'imbarazzo.
Dopo aver riempito il secchio, Minseok versò un po' di detersivo nell'acqua e poi si sollevò le maniche del maglione, dicendo, “Strofineremo tutto.”
“Tutto?” ripeté Luhan, sembrando scoraggiato.
Minseok sorrise. “Tutto.”
E diceva davvero. Cominciarono da un angolo del salotto per poi spostarsi a quello opposto, a quattro zampe, mentre strofinavano via la sporcizia dalle mattonelle, fino a che non sentirono le spalle indolenzite e i loro jeans non furono fradici di acqua insaponata. Luhan si occupò del piccolo tavolino da caffè mentre Minseok sfregava i muri con un vecchio straccio bagnato. Per la cucina ci misero più tempo; oltre al pavimento e ai muri, c'erano anche tutti gli scaffali, l'interno e l'esterno del frigo, i fornelli, i banconi, il microonde e le tapparelle. L'acqua divenne troppo sporca, quindi Minseok andò da un altro vicino per riempire nuovamente il secchio. Il bagno era piccolo, ma sembrò volerci una vita, per quanto dovettero strofinare il lavandino, la doccia e il gabinetto. Luhan pulì la camera dei genitori mentre Minseok si occupava delle plafoniere e dei condotti di aerazione. Quando arrivarono alla camera di Luhan, erano entrambi esausti e indolenziti, ma Luhan sembrava così soddisfatto dai progressi che avevano fatto che Minseok non riuscì nemmeno a pentirsi di avergli chiesto se voleva aiuto. Spostarono tutte le poche cose di Luhan nel salotto per fare un po' di posto, poi cominciarono con i muri, lasciando solo quello con appese le foto.
Sospirando stanco, Minseok si allontanò dalla parete e lasciò cadere lo straccio dentro al secchio. Onestamente, l'acqua era di nuovo così sporca che non sapeva se stava pulendo o peggiorando la situazione. “Vado a riempire ancora il secchio,” disse, stirando le braccia sopra la testa e flettendo le dita indolenzite.
Luhan fece un suono vago dall'altra parte della stanza, accasciandosi esausto contro il muro. “Okay,” rispose, dopo essersi arreso dal persuadere Minseok a non rubare l'acqua calda dei vicini.
Minseok sollevò il secchio pesante e si avviò lentamente verso la porta, guardando brevemente Luhan, il quale si stava spostando la frangia ormai un po' troppo lunga dagli occhi e guardava accigliato la stanza vuota, pulita a metà. “Hey,” disse Minseok, incerto su cosa avrebbe detto fino a che dalle labbra non uscì un “Ha un aspetto fantastico.”
Luhan sollevò lo sguardo su di lui. “Trovi?”
Minseok sorrise rassicurante. “Sì. I tuoi genitori saranno davvero contenti.”
Luhan si illuminò, tutti i segni della stanchezza sparirono in un istante, e Minseok si diresse verso il bagno per scaricare l'acqua sporca. Mentre passava davanti alla roba del ragazzo in salotto, fece una pausa per lasciare una moneta da 500 won nel contenitore dei risparmi. Poi continuò per la sua strada.
Questa volta riempì il secchio solo a metà, dato che avevano quasi finito, e poi lo riportò nella camera di Luhan. Fece cenno al ragazzo di versare un po' di detersivo e si voltò per prendere la spugna, ma si girò velocemente quando sentì l'urlo di Luhan. Il ragazzo lo guardò con gli occhi spalancati, accovacciato accanto al secchio. “Per sbaglio ne ho versato troppo,” disse, con le labbra che gli tremavano come se stesse cercando di non ridere.
Minseok trattenne un sorriso e guardò il secchio, dove Luhan stava facendo un vortice nell'acqua con la mano. Diverse bolle stavano già cominciando a formarsi, e Minseok sentì una risata risalirgli dal petto. “Il tuo pavimento sarà decisamente pulito,” disse, ridacchiando alla fine. Onestamente, a questo punto era così stanco che tutto gli sembrava divertente.
“Bene,” rise a sua volta Luhan. Continuò a girare l'acqua con la mano, e le bolle cominciarono a traboccare dal secchio.
“Non c'è nemmeno più acqua da mettere sul pavimento,” rise Minseok, guardando la crescente montagna di schiuma. “Ci sono così tante bolle.”
“Allora dovremo semplicemente—” Luhan cominciò a inclinare il secchio da un lato, lasciando che le bolle scivolassero sul pavimento, ma un momento dopo perse la presa e all'improvviso c'erano acqua e schiuma ovunque, i pantaloni e la maglietta di Luhan erano completamente fradici, e Luhan guardava a bocca aperta il disastro che aveva appena creato. Poi scoppiò a ridere, e Minseok lo seguì, con Luhan che gli lanciava manciate di schiuma dicendogli di chiudere il becco, cosa che lo fece ridere ancora di più, ed era tutto così ridicolo che nessuno dei due riusciva a smettere. Luhan era seduto in mezzo ad un'enorme pozzanghera di sapone, e aveva l'aspetto di un piccolo gattino infradiciato, e Minseok gli si sedette accanto, senza curarsi dei pantaloni bagnati perché era tutto troppo divertente e non poteva a fare a meno di ridere.
“Non ridere di me,” riuscì a dire Luhan, asciugandosi le lacrime dalle guance con le mani bagnate. “Sei cattivo.”
“Hai fatto davvero un bel casino,” disse Minseok tra una risata e l'altra.
“Zitto,” Luhan gli lanciò altra schiuma.
“Tu zitto,” rise Minseok, lanciandola a sua volta.
Luhan cercò di impilare quante più bolle poteva sulla testa dell'amico, e Minseok lo lasciò fare, strizzando gli occhi per evitare che il sapone gli bruciasse. “Questo è per aver riso di me,” disse Luhan in modo infantile, prima di accasciarsi sul pavimento bagnato e scivoloso, sospirando. “Ora abbiamo ancora più cose da pulire.”
Minseok spazzò le bolle dalla propria testa alla pancia di Luhan. “È tutto okay,” rispose. “È stato divertente.”
“Ma sei stanco,” disse Luhan, facendo una smorfia. “Dovremo lavorare ancora di più.”
“Sto bene,” replicò Minseok, anche se sapeva che il giorno seguente sarebbe stato tutto dolorante. “Non mi dispiace.”
Luhan sorrise guardando il soffitto, anche se Minseok era sicuro che non gli credesse.
“Andiamo,” disse Minseok, mettendosi a quattro zampe. “Questa è l'ultima cosa. Strofinare il tuo pavimento. Poi abbiamo finito e possiamo cenare.”
Luhan si tirò su con un grugnito e prese la propria spugnetta, mettendosi silenziosamente a lavoro in un angolo della sua piccola stanza. Minseok si mise dall'altro lato, spingendo l'acqua sul pavimento con le mani, ma si ritrovò più di una volta a guardare Luhan e a sorridere alla vista del ragazzo, tutto concentrato nel portare a termine il proprio compito, con le labbra sottili e gli occhi luminosi.
Finirono una mezz'oretta più tardi, giusto in tempo perché Minseok andasse in bagno per prendere l'insulina. Non aveva portato la cena, ma tra gli snack che gli erano avanzati e le cose che trovarono nel frigo e negli scaffali di Luhan, riuscirono a mettere insieme qualcosa, anche se aveva un sapore strano.
“E se i tuoi genitori fossero rientrati quando c'era tutta quell'acqua sul pavimento?,” chiese Minseok, mangiando uno spicchio di mela.
Luhan rise. “Sarebbero svenuti.”
“Era un'esplosione di bolle,” ridacchiò Minseok.
Luhan sorrise attorno al proprio cucchiaio di riso, poi sbatté improvvisamente le palpebre. “Oh! Mi sono appena ricordato che dovevo dirti una cosa!”
Huh?”
Luhan sorrise eccitato. “Ora che hai parlato di bolle, mi sono ricordato. Indovina dove mi porta Sehun?”
Sehun?” Il sorriso scivolò dalle labbra di Minseok. “Ti porta da qualche parte?”
Luhan annuì contento, sembrando decisamente euforico. “Già! Beh, più o meno. Ha suggerito che ci possiamo andare insieme. Non è stato carino da parte sua?”
Uh, sì, immagino di sì.” Minseok non riusciva nemmeno a immaginare che Sehun portasse volontariamente qualcuno in qualsiasi posto. “Dove ti porta?”
“A prendere il zhenzhu naicha!” esclamò Luhan, con gli occhi luccicanti. Minseok si irrigidì immediatamente. “A quanto pare qui viene chiamato bubble tea. Non è strano? Ne ho parlato con Sehun, di quanto mi mancasse, e lui mi ha detto che c'è un posto che lo vende vicino a casa sua! Non è fantastico?”
Minseok cercò di ritrovare la voce. “Io—sì. È—è fantastico.”
Sehun avrebbe portato Luhan a prendere il bubble tea. Sehun, il ragazzo più scontroso del mondo, stava rubando il regalo di Minseok.
Luhan non sembrò notare la sua reazione meno che entusiasta. “Andiamo il giorno dopo Natale, visto che mia mamma non lavora per i prossimi due giorni e mio padre non lavora a Natale e starò a casa con loro. Ah, sono così eccitato! Non bevo il zhenzhu naicha da quasi quattro mesi.
Minseok fece fatica a deglutire e cercò di non sembrare troppo adirato. Non c'era motivo di arrabbiarsi. Perché si sentiva così arrabbiato? “Sembra divertente,” disse, con voce più cupa di quanto non avesse voluto. Provò a sorridere, ma gli uscì più che altro una smorfia.
Luhan lo guardò e si accigliò. “Ti avrei invitato a venire con noi,” disse, arricciando le labbra, “ma dato che non pensavo che comunque tua madre te lo avrebbe lasciato bere…”
No, va bene,” lo interruppe velocemente Minseok. “Non mi dà fastidio.” Solo che era tutto il contrario.
Luhan sorrise leggermente, sembrando imbarazzato. “Questa è la prima volta che Sehun fa qualcosa per me,” disse, sembrando orgoglioso. “Voglio dire, ha semplicemente suggerito di mostrarmi dove si trova, ma sono comunque felice.”
Minseok annuì in silenzio, fissando il resto della sua mela e sentendosi improvvisamente nauseato. “Penso che andrò a casa,” disse, forse un po' troppo brusco.
Huh? Oh, okay. Sì, sei stato qui per molto tempo. Probabilmente sei stanco.” Luhan si alzò per cominciare a ripulire.
“Già,” disse lui, alzandosi e raccogliendo tutte le cose per pulire della madre. Tenne lo sguardo sulle proprie mani, mordendosi il labbro per evitare di dire qualcosa. Non sapeva nemmeno cosa voleva dire, ma era abbastanza sicuro che non sarebbe stato rivolto a Luhan.
Qualche minuto dopo, si vestì e fu pronto ad andare. “Ciao, Seok-ah,” lo salutò Luhan, sorridendo gentilmente. “Grazie per avermi aiutato oggi. Davvero, lo apprezzo.”
Minseok emise un piccolo suono e guardò la porta. “Nessun problema,” disse, con le braccia stanche che protestavano per il peso del secchio. “Spero che piaccia ai tuoi genitori.”
“Sono sicuro di sì,” rispose Luhan, illuminandosi. “Ci sentiamo presto, okay?”
“Sì,” disse Minseok. “Io, uh, volevo chiederti se ti andava di fare qualcosa giovedì, ma visto che devi uscire con Sehun…”
Oh, ma possiamo comunque vederci! Io e Sehun andiamo di pomeriggio, possiamo fare qualcosa dopo, se vuoi.”
Sehun e io,” lo corresse lui.
Huh?”
Minseok aprì la bocca per ripetere, ma la richiuse. Stava facendo lo stronzo. Luhan non era un madrelingua, Dio Santo. E se Minseok si stava comportando da stronzo, significava che era tempo di andare, ora. “Niente, scusa. Ora vado. Ti chiamo,” disse, dirigendosi alla porta. “Se non ci sentiamo prima... Ti auguro un felice Natale con i tuoi genitori.”
Luhan annuì, poggiandosi allo stipite della porta mentre Minseok usciva in corridoio. “Anche a te,” rispose, sorridendo calorosamente. “Ciao.”
“Ciao,” mormorò Minseok, voltandosi verso le scale.


Il tragitto per tornare a casa fu terribile, e non solo perché i pantaloni ancora bagnati di Minseok si stavano congelando a contatto con l'aria fredda. Camminò il più in fretta possibile, sentendo la delusione, la frustrazione e l'irritazione montare nel suo petto, fino a che non raggiunse casa e non si buttò sul letto, grugnendo contro il cuscino. Si cambiò con dei vestiti più caldi e asciutti e uscì in balcone, accendendo la luce prima di sedersi contro il muro.
La porta di Kyungsoo si aprì dopo un minuto. “Hyung?” chiamò.
“Sì,” disse Minseok, sollevando la cerniera fino al mento.
Probabilmente la sua voce aveva trasmesso il suo malumore, perché l'amico si andò a sedere dall'altra parte del divisorio e chiese, “Che c'è che non va?”
Minseok diede un calcio alla sedia che c'era in balcone e sbuffò. “Non lo so nemmeno io,” rispose. “Solo semplicemente arrabbiato.”
“Perché?” chiese con cautela Kyungsoo. Sinceramente, era raro che Minseok si arrabbiasse. Si irritava e infastidiva spesso, se non faceva attenzione ai livelli di zucchero, ma raramente si arrabbiava.
È stupido,” mormorò Minseok, infilandosi le mani in tasca. “Tutto è stupido.”
“Riguarda Luhan-hyung?” chiese ancora Kyungsoo.
No. Beh, sì. Più che altro riguarda quello stupido di Sehun. Ugh, sono così arrabbiato.” Diede un altro calcio alla sedia.
“Cosa ha fatto Sehun?” domandò calmo l'amico.
Minseok sospirò e spiegò brevemente la situazione, di come fosse stato così eccitato di sorprendere Luhan con il proprio regalo di Natale, e di come Sehun fosse arrivato prima di lui, e di come non fosse giusto. “Non so nemmeno perché sia così agitato,” disse, portandosi le ginocchia al petto. “Non è che Sehun lo sapesse. Non è che non abbia il permesso di fare qualcosa per Luhan o niente del genere. Sono amici, possono fare cose da amici. È solo che... non voglio che faccia cose da amici con Luhan. Luhan è il mio amico, e avrei dovuto portarlo io a prendere il bubble tea. Ma Luhan può avere altri amici. Perché sono così arrabbiato?”
Kyungsoo rimase in silenzio per un lungo momento, e poi disse, “Perché tu pensi di sentirti così, hyung?”
Minseok scrollò le spalle, anche se Kyungsoo non poteva vederlo, e tremò. “Non lo so. Sono solo... geloso o qualcosa del genere. Non lo so.”
Kyungsoo fece un suono vago. “Geloso,” ripeté. “E cosa ti dice questo?”
“Che sono idiota,” mormorò Minseok.
Il più piccolo rise piano. “Tra le altre cose. Perché pensi che il fatto che Luhan passi così tanto tempo con Sehun ti renda geloso?”
E Minseok sapeva cosa stava cercando di dire Kyungsoo. Certo che lo sapeva, non era stupido. Ma si rifiutava anche solo di pensarci, anche solo per un secondo. “Non ho una cotta per lui,” disse burberamente.
Kyungsoo stette in silenzio, probabilmente cercando una buona risposta. Poi chiese, “Ne sei sicuro?”
No, Minseok non lo era. Ma la ragione per cui non era sicuro era perché non avrebbe considerato quell'ipotesi. Non lo avrebbe fatto. Sarebbe stato troppo pericoloso, troppo... troppo rischioso. Luhan era suo amico, un amico che a Minseok piaceva e che non voleva perdere, e Minseok non avrebbe avuto una cotta per lui, perché sarebbe solamente finita in un disastro. Non avrebbe rovinato la propria amicizia con Luhan. E la cosa era spaventosa, molto più spaventosa di tutte le altre cotte che aveva avuto per ragazzi etero. Minseok non aveva mai negato quelle cotte, non a se stesso. Sapeva più che bene di aver avuto una cotta per alcuni compagni di squadra e per quel ragazzo che lavorava al supermercato, e aveva riconosciuto quella piccola cotta che aveva avuto per Kyungsoo una volta, così come quelle sporadiche cotte della durata di circa un'ora che aveva avuto per Jongdae in passato (e mai più). Ma questa faceva più paura, era più rischiosa, e Minseok non l'avrebbe fatto.
“Non ne voglio parlare,” disse, con voce leggermente tremante.
Kyungsoo non parlò, e Minseok sapeva che lo stava frustrando, e si sentì in colpa. Ma cosa avrebbe potuto fare? Pensarci stava solo peggiorando la situazione, e anche tanto.
Alla fine, Kyungsoo disse, “Bene,” e la sua voce era calma e neutrale, e Minseok sapeva che aveva capito. “Non ne parleremo.”
“Grazie,” disse piano Minseok.
“Adesso quindi,” riprese all'improvviso Kyungsoo, spostandosi leggermente. “Cosa farai per Luhan? Penso sia un buon punto da cui cominciare.”
Minseok sorrise delicatamente, abbracciandosi le ginocchia. “Cominciamo da qui.”
Questo, almeno, era sicuro.

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Capitolo 15
*** Outtake #2 ***


Kyungsoo non aveva idea di cosa facessero le altre persone la Vigilia di Natale, ma per lui il 24 Dicembre era sempre stato Natale Con Minseok. O almeno, lo era stato per i passati otto anni. Se la memoria non lo ingannava, era incominciato quando Minseok era andato a trovarlo in ospedale una Vigilia, portando con sé un bigliettino fai-da-te di Buon Natale e Buona Guarigione. Quello era stato un anno davvero duro per Kyungsoo, essendosi ammalato a Natale e tutto, e Minseok l'aveva aiutato tanto. Per il Kyungsoo di sette anni, malato e debole, quel biglietto aveva significato molto.
Quest'anno, però, Kyungsoo si sentiva bene. Forse la sua recente buona salute lo aveva reso un po' troppo sicuro, ma decise di invitare Minseok a casa la sera del 24 per guardare un film e passare un po' di tempo assieme, mentre i loro genitori chiacchieravano davanti a un bicchiere di vino a casa del maggiore.
“Scusa se osservo tutte le tue cose,” disse Minseok mentre studiava la camera di Kyungsoo, notando tutte le cose che erano cambiate dall'ultima volta che ci era stato. “Devo assicurarmi che non abbia già quello che ti ho preso per Natale.”
Kyungsoo si tenne occupato trascinando il carrellino della TV più vicino al letto e sistemando il lettore DVD. “Basta che non tocchi niente,” canticchiò, e il suo tono era leggero ma il cuore gli batteva forte, come faceva sempre quando lasciava entrare altre persone in camera propria. Cercava di non darlo a vedere, ma la reazione era automatica e involontaria a questo punto.
“Non lo farò,” rispose Minseok con lo stesso tono, guardando le stelle dipinte sul soffitto del più piccolo.
Kyungsoo stava armeggiando con il lettore DVD quando Minseok disse all'improvviso, “Hey, aspetta un secondo. Sono io questo?”
Kyungsoo si voltò e vide il vicino osservare le foto che aveva appeso sul muro dietro la scrivania. Guardò quella che stava indicando e rispose, “Oh. Sì.”
Minseok si avvicinò alla foto e sbatté gli occhi sorpreso. Mentre la maggior parte delle foto era di panorami e vaghe immagini di qualche folla, o dell'intero gruppo ad Insadong, questa era solo di Minseok, che sorrideva affettuosamente ma senza guardare l'obiettivo, con le guance arrossate dal vento e i capelli schiariti dal sole. Luhan aveva detto a Kyungsoo di averla fatta al fiume Han, quando Minseok lo aveva portato per il progetto. “Perché hai questa?” chiese.
Kyungsoo fece un suono vago, studiando il menù principale del film che avrebbero visto. “Luhan-hyung ha detto che era la sua foto preferita del giorno.” Si ricordava ancora il sorriso del ragazzo quando stava guardando le foto insieme a lui, parlando di ogni scatto singolarmente.
Minseok sputacchiò imbarazzato. “È solo la mia faccia!” protestò.
“La tua faccia adorabile,” lo prese in giro Kyungsoo. “Ma davvero, hyung, non pensi che sia una bella foto? Non l'avrei appesa se non pensassi sia così.” Sollevò lo sguardo su di lui e sorrise. “Se sei in imbarazzo solo per questo, dovresti vedere cosa Luhan-hyung ha detto al riguardo.” Probabilmente avrebbe potuto ripetere parola per parola cosa aveva scritto sul retro.
“Cosa ha detto?” chiese Minseok, e Kyungsoo era abbastanza certo che le sue guance si fossero arrossate. Si sentiva un po' in colpa per aver tirato in ballo Luhan, però, considerando che era passato solamente un giorno da quando avevano acconsentito a non parlare di certe cose. E Kyungsoo non era sicuro se Minseok fosse ancora arrabbiato per la faccenda del bubble tea, per quanto ne avessero parlato la notte precedente.
Ma Minseok non sembrava irritato o frustrato, solo un po' imbarazzato, quindi Kyungsoo si limitò a sorridere e a darsi un colpetto al naso. “È un segreto,” disse. “Luhan-hyung me l'ha detto in confidenza.”
Minseok sbuffò agitato, ma Kyungsoo non si smosse, spostandosi invece sul letto e avvolgendosi in un'enorme coperta come un bozzolo. Aveva il suo profumo, e non quello del detersivo come accadeva quando era stata appena lavata, e questo lo faceva sentire un po' a disagio, ma Minseok gli aveva sempre detto di stare attento a non lasciare che il suo OCD gli sfuggisse di mano, e Kyungsoo sapeva che aveva ragione. Quindi rimase seduto e odorò lentamente la coperta, e si concentrò su Minseok che alzò gli occhi al cielo irritato prima di prendere la propria coperta – portata da casa, perché non poteva usare quelle di Kyungsoo – avvolgendosi in essa e andandosi a sedere accanto a lui sul letto. Ad essere onesti, Minseok (né nessun altro) si era mai avvicinato così tanto a Kyungsoo – premuti relativamente vicino, con solo gli spessi strati di coperte a dividerli. Era una sensazione strana, per Kyungsoo. Contemporaneamente confortante e stressante. La vicinanza lo innervosiva, ma allo stesso tempo voleva avvicinarsi di più, sentire il calore corporeo di qualcun altro, respirare l'odore di qualcun altro e vedere cosa si provava a sentire la pelle di qualcuno contro la propria. Il pensiero era tanto terrificante quanto invitante.
Kyungsoo decise di concentrarsi sul film invece.
“Non l'hai mai visto questo, vero hyung?”chiese, stringendo la coperta tra le dita.
No,” rispose Minseok, e non c'era da sorprendersi. “Guardi molti più film rispetto a me.”
“Questo parla di pinguini,” gli disse Kyungsoo.
È un documentario?” lo prese in giro il maggiore.
“No,” disse ridendo. “Ma mi piacciono anche quelli.”
“Lo so che ti piacciono,” rise Minseok. “Ho imparato più guardando documentari con te che seguendo le lezioni di biologia.”
Kyungsoo ridacchiò. “Ti faccio bene allora,” disse. “Ma questo non è un documentario. Parla di—” Guardò la copertina. “Pinguini di Natale. O qualcosa del genere.”
Minseok rise e scrollò le spalle. “Non importa,” rispose. “Fallo partire.”
“D'accordo,” disse, e poi calò il silenzio mentre il film iniziava.
Non rimanevano mai zitti a lungo, però. Cinque minuti dall'inizio, e Minseok fece un commento sulla canzone introduttiva, e Kyungsoo imitò il modo in cui un personaggio aveva detto qualcosa, ed entrambi ridacchiavano per battute infantili, e per un po' Kyungsoo si dimenticò delle sue paure. Minseok sembrava aver fatto lo stesso, dimenticandosi di tutti i suoi problemi per il bene proprio e anche di Kyungsoo. Lo apprezzava davvero.
Quando il film finì, Minseok dichiarò che era l'ora del karaoke, e chi era Kyungsoo per rifiutare? Facevano sempre il karaoke alla Vigilia. Non aveva più il vero gioco per il karaoke – poteva o meno essersene liberato dopo essersi ammalato una volta – ma non era difficile trovare le canzoni su YouTube e crearsi dei microfoni sotto forma di un telecomando e di una spazzola (Kyungsoo avrebbe dovuto disinfettarli dopo, ma ora non aveva tempo per pensarci). Fecero a turno o qualche volta cantavano un duetto, e Kyungsoo non aveva mai cantato per nessuno se non Minseok, ma alla Vigilia era senza vergogna. Nemmeno quando era l'amico a cantare e lui si metteva a saltellare per la stanza, più che altro ridendo e cercando di distrarre Minseok. Seguì la scia di Oh Holy Night del maggiore, con la sua interpretazione straziante di una ballad natalizia, e quando stava arrivando alla fine, Minseok lo prese in giro, “Stai piangendo, Soo?”
Kyungsoo aveva tirato esageratamente su col naso e finto di asciugarsi gli occhi lucidi. “Sono commosso dalla bellezza della mia stessa voce,”disse.
Minseok grugnì. “È stato davvero speciale,” rispose. “Ora, sei pronto per il tuo regalo? Presto dovrò tornare a casa per prendere l'insulina.”
“Sono sempre pronto per i regali,” replicò Kyungsoo con un sorriso, sedendosi sul letto per aspettare.
“Certo che lo sei,” rise Minseok, raccogliendo la busta che aveva lasciato accanto alla porta quando era entrato. “Ecco. Ti faccio vedere prima il biglietto.”
Anche se era sicuro che a questo punto fosse solo per abitudine, apprezzava che Minseok capisse e accettasse il fatto che Kyungsoo non avrebbe toccato niente di quello gli porgeva. “Guarda, l'ho fatto io stesso,” disse il vicino, mostrandogli il davanti di un bigliettino rosso ritagliato. “Quello al centro sei tu.”
Kyungsoo sbirciò la figura. “Cosa ho in mano?”
“Cuori,” rise Minseok. “Perché tutti ti amano così tanto.”
Ah,” disse il ragazzo. “Certo.”
“Vedi, a volte ho come l'impressione che tu pensi che le persone si dimentichino di te quando non sei con loro. E non è vero. Quindi ho fatto questo biglietto promemoria di quanto tutti ti adorino,” disse Minseok con una risatina incerta. Lo aprì e mostrò a Kyungsoo cosa c'era all'interno. “Su questo lato, ci sono delle frasi che qualcuno ha detto su di te. È un po' strano ma, beh. Vediamo... questo dice ‘A Kyungsoo piacciono questo tipo di patatine ai gamberi, giusto? Dovrei lasciarne un paio da dividere con lui.’ Chanyeol l'ha detto l'altro giorno a pranzo. Questo invece ‘Nessuno ascolta meglio di Kyungsoo. È un amico davvero importante.’ L'ha detto Luhan. E ce ne sono altri, da parte di tutti. Anche Junmyeon aveva qualcosa da dire.” Minseok lo guardò, sorridendo incerto. “Spero ti piaccia.”
All'improvviso Kyungsoo sentì la gola troppo stretta per riuscire a parlare, quindi si limitò a sbattere velocemente le palpebre e annuire.
“Comunque,” riprese il maggiore, “ecco il messaggio. Non ridere! Dice Caro Sooseongong**. Ti ricordi quando ti chiamavo così? Quando eravamo ancora dei bambini e io provavo a farti sorridere. O quando cercavo di farmi perdonare per qualcosa. Ora ha ancora più importanza di prima, non trovi? Mi manca chiamarti in questo modo. Comunque, volevo solo che sapessi che per quanto tutti ti vogliano bene, io ti ho voluto bene per primo! Suona strano. Ma hai capito che intendo, no? Sai che ci tengo tanto a te, vero? Come tuo hyung, voglio che sappia che sono sempre orgoglioso di te e ti supporterò sempre ad ogni costo, e sono sempre felice quando ti vedo felice. E, come tuo hyung, mi dispiace ti debba sempre prendere cura di me quando dovrebbe essere il contrario. Ti prego, prenditi cura anche di te stesso. E! Non dimenticare che sono sempre qui se hai bisogno di me~ Buon Natale, mio caro dongsaeng. Con affetto, Minseok.” Minseok si schiarì la voce imbarazzato e disse, “Quindi, questo è per te. Scusa, alla fine è risultato un po' smielato.”
Kyungsoo non disse nulla, deglutendo a fatica.
Um.” continuò il maggiore. “E scusa anche se è troppo, tipo. Gay.” Ridacchiò nervosamente.
“Non essere stupido,” riuscì a dire alla fine Kyungsoo, stringendosi di più nella coperta. “Lo sai che mi piace tutto quello che mi dai.”
Minseok sorrise e disse, “Questo era solo il biglietto! Ecco il vero regalo.” Posando il biglietto sulla scrivania di Kyungsoo – cominciava a perdere il conto di tutto quello che avrebbe dovuto disinfettare quella notte – tirò fuori qualcosa dalla busta. “Ta-da!”
Kyungsoo sbatté le palpebre sorpreso. “Quello è un—”
“DVD per gli esercizi?” rise Minseok. “Sì, lo è.”
Um.” Kyungsoo lo fissò a lungo, studiando i vestiti orribili che indossavano le persone in copertina. “Perché?”
Minseok continuò a ridere, senza riuscire a smettere. “Perché sono preoccupato per la tua salute,” disse, ma Kyungsoo lo guardò con un'espressione per nulla impressionata. “Cosa? Non fai abbastanza movimento, sempre rinchiuso in questa piccola casa!” Il più piccolo sollevò un sopracciglio, e Minseok disse, “Okay, penso anche che sarebbe divertente vederti fare uno di questi video. Andiamo Soo, non dirmi che non sarebbe esilarante!”
“Guarda i loro vestiti, hyung,” disse Kyungsoo, con un sorriso che gli tirava le labbra. “So di non essere un guru della moda, ma i body. Con gli scaldamuscoli. Preferirei morire.”
Awwww, io penso sarebbe adorabile!” protestò Minseok, guardando la copertina. “Guarda, dice Due ore di divertimento ed esercizio non-stop! Non sembra eccitante?”
Kyungsoo grugnì. “Lo farò solo se lo fai con me,” decise. “E dovrai indossare gli scaldamuscoli.”
Minseok emise un suono che era un misto tra una risata e un lamento. “Stai attento, potrei anche accettare,” disse. “Purché li indossi anche tu.”
Hey, io non ho nessuno su cui fare colpo,” ribatté Kyungsoo con una risata. “Andiamo hyung, anche a te servirebbe fare un po' di movimento!”
Minseok si accigliò leggermente. “Oh. Penso abbia ragione.”
Il più piccolo rise liberamente. “Prima che te ne accorga, ci incontreremo settimanalmente per fare gli esercizi. Vestiti con i nostri piccoli body e le fascette. Oddio, riesci a immaginarlo?”
“Sarebbe bellissimo.”
“Hai una strana concezione di cosa è bello,” grugnì Kyungsoo.
“Forse,” disse Minseok, sorridendo mentre posava il DVD. “In ogni caso, farai bene a usarlo! Ho usato soldi veri per comprarlo.”
“Spero non abbia speso troppo,” rispose Kyungsoo alzando gli occhi al cielo. “Comunque, anche io ho un regalo per te.”
Urrà!”
“Ecco.” Kyungsoo pescò un pacco rettangolare da sotto il letto e lo passò a Minseok, guardando il biglietto che l'amico aveva posato sulla scrivania. Avrebbe voluto guardarlo, leggere ancora tutto quello che c'era scritto, ma non riuscì a trovare la forza di toccarlo. Con un piccolo sospiro, si voltò verso il vicino.
“Un biglietto!” canticchiò Minseok, staccandolo dal regalo impacchettato. “Oh, è così carino!” Kyungsoo sorrise; lo aveva fatto lui stesso, usando del cartoncino e degli acquerelli, e aveva disegnato due piccoli gatti con dei cappelli da babbo natale e con fiocchi di neve glitterati tutto intorno. Poi Minseok lo aprì, squittendo piano per le figure all'interno, gli stessi due gatti che facevano gli angeli di natale sulla neve (che Kyungsoo non aveva mai fatto prima, ma immaginava fosse divertente). “Caro Minseokkie-hyung,” lesse a voce alta, e per qualche ragione Kyungsoo si sentì timido. “Sai di essere il mio hyung preferito, vero? Non puoi mai dimenticarlo. Sono sempre grato quando vieni a passare del tempo con me, anche quando probabilmente ti divertiresti di più da qualche altra parte. E grazie di tenere a me, perché anche io tengo a te! Inoltre, non sono sicuro del perché abbia disegnato dei gatti sul biglietto. Forse mi piace semplicemente disegnarli. Quello nero sono io e quello marrone sei tu, nel caso te lo stessi chiedendo. Buon Natale, hyung! Prenditi cura di te, okay? È importante. Se non lo fai, mi arrabbierò! Con affetto~ Kyungsoo.” Minseok ridacchiò e sollevò lo sguardo. “Sei davvero adorabile, lo sai Kyungsoo?”
Il ragazzo rise e abbassò la testa. “Il tuo era peggio.”
“Il tuo sembra molto più 'da hyung' rispetto al mio. Non va bene.” Minseok sorrise e cominciò a scartare il regalo. “Lo appenderò al muro, okay? E i tuoi gatti sono adorabili.” Alla fine vide il regalo e calò il silenzio. “Oh wow.”
Scusa, è la sola cosa che so fare,” biascicò Kyungsoo immediatamente, sentendosi imbarazzato.
Minseok prese in mano il quadro e passò delicatamente le dita sulla tela, con gli occhi luccicanti. “È fantastico, Soo,” disse. “Mi sento così inferiore.”
Kyungsoo rise imbarazzato, sporgendosi per guardare ancora una volta il dipinto. I suoi regali erano sempre fatti a mano, perché così aveva qualcosa per occupare il tempo e anche perché non aveva molti soldi suoi, e poi gli piaceva dipingere. Gli piaceva qualsiasi tipo di arte, ma la pittura era la sua preferita. Il quadro tra le mani di Minseok ritraeva due ragazzi, uno con i capelli neri e un altro con i capelli castano chiaro, seduti schiena a schiena ai lati opposti di un muro in metallo. Anche se i ragazzi non erano la loro copia esatta, Minseok non ebbe difficoltà a capire chi fossero. Il brunetto aveva le braccia sollevate in aria, sorrideva allegramente, mentre il ragazzo con i capelli neri sedeva molto più contegnosamente, un sorriso affettuoso sulle labbra, e le braccia incrociate sopra le ginocchia. L'intero dipinto era illuminato dai caldi raggi solari, e tutti i colori erano caldi e piacevoli: un arancione caldo, un bell'azzurro, un rosa chiaro. Kyungsoo ci aveva messo settimane a finirlo.
“Dimentica i tuoi gatti natalizi,” disse Minseok, con voce calma e meravigliata. “Sopra il mio letto ci metto questo.”
“Non è così bello,” mormorò Kyungsoo, sorridendo felice sentendosi piacevolmente caldo.
“Non prendermi in giro, Do Kyungsoo,” disse deciso l'amico. “Ora mi sento in colpa per averti fatto un regalo stupido.”
“Non farlo,” disse velocemente Kyungsoo con un risata. “Ti ho detto che mi piace tutto quello che mi dai, no?”
“Ma il tuo regalo è molto più carino del mio,” mormorò Minseok.
“Mi ha fatto ridere,” disse Kyungsoo. “È molto... da te. Mi piace.”
Minseok sbuffò, ma sorrise, riprendendo a guardare il dipinto. “È davvero bellissimo, Soo. Anche se il mio 'io' che hai disegnato è molto più carino del mio 'io' reale.”
Impossibile,” lo rimproverò scherzosamente Kyungsoo, e Minseok rise.
Fu un minuto dopo che Minseok disse con esitazione, “Devo davvero andare,” la sua voce era piena di rimorso. “Si sta facendo tardi e avrei dovuto prendere l'insulina due minuti fa.”
Kyungsoo cercò di non sospirare troppo tristemente. “Okay,” rispose, scacciando gentilmente l'amico. “Riposati. Ci vediamo domani?”
Minseok annuì entusiasta. “A domani. Buona Vigilia, Kyungsoo!”
Kyungsoo sorrise. “Buona Vigilia, hyung,” canticchiò in risposta, mentre il maggiore raccoglieva velocemente le proprie cose.
“Ti voglio bene~” cinguettò Minseok. “Ciao!”
Kyungsoo rise mentre l'amico usciva dalla porta per tornare a casa. Quando sentì la porta d'ingresso chiudersi, il ragazzo si sedette in silenzio sul letto per qualche momento, gli occhi puntati sul bigliettino che Minseok aveva lasciato sulla sua scrivania. Dopo un lungo, intenso minuto però, si alzò con un sorriso e afferrò le salviettine anti-batteriche dallo scaffale, tirandone fuori una. Era una routine a cui era troppo abituato.
A volte, nei suoi momenti più tranquilli e privati, Kyungsoo sognava un tempo in cui quelle routine non sarebbero state altro che un ricordo.
Ma a Kyungsoo non piaceva essere irrealista.




**
수선공 (sooseongong) si traduce grossomodo come "riparatore" o "tecnico". Minseok sta facendo un gioco di parole con la fine del nome di Kyungsoo, ma c'è anche un significato dietro :)

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


Sinceramente, Sehun non era del tutto sicuro del perché avesse finito per portare Luhan a prendere il bubble tea. Era piuttosto sicuro di non aver mai acconsentito a tutto questo. Tutto ciò che ricordava era Luhan che nominava la bibita venerdì dopo la scuola, e Sehun aveva riconosciuto il nome cinese perché c'era un piccolo negozio che lo vendeva vicino alla sua vecchia casa; ci andava spesso perché a l'ahjumma—se poteva chiamarla così, dato che era cinese— non dava fastidio che rimanesse lì senza comprare niente quando non voleva tornare a casa. E capitava spesso. Quindi Sehun aveva riconosciuto il nome, e per qualche ragione lo aveva detto a Luhan. E non aveva senso, perché di solito Sehun non rispondeva mai agli sproloqui di Luhan su quanto gli mancasse la Cina o cose così. Ma il ragazzo era sembrato davvero triste, mentre parlava del suo amato zhenzhu naicha, e Sehun sapeva che Luhan si sarebbe rallegrato sapendo di poterlo bere anche qui, quindi l'aveva... semplicemente detto. “So dove puoi comprarlo,” aveva biascicato, quasi contro la propria volontà. Gli occhi del maggiore si erano illuminati di speranza ed eccitazione, e aveva fatto sentire Sehun... caldo, in un certo senso. “C'è un posto vicino a casa mia. Lo gestisce una signora cinese.”
E poi, tipo due minuti dopo, aveva accettato di portare Luhan lì il giorno dopo Natale, o forse era stato Luhan ad accettare per lui, non riusciva davvero a ricordare. Tutto ciò che sapeva era che oggi era il 26 Dicembre, ed era seduto ad un tavolino con il ragazzo cinese, guardandolo mentre sorseggiava felice un bubble tea alla fragola. Luhan aveva passato dieci minuti a parlare animatamente in cinese con la proprietaria, su dove fossero nati o qualcosa del genere, se il mandarino di Sehun non lo ingannava, e ora il maggiore sospirava contento, guardando tutti i caratteri cinese sul menù e sul muro e sembrando pensieroso.
“Allora,” disse Luhan, voltandosi verso di lui. “Com'è stato il tuo Natale, Sehun-ah?”
Sehun rimase immobile e si rifiutò di lasciar trapelare qualsiasi emozione dal proprio viso. “È andato bene,” rispose. “Ho persino ricevuto un regalo.”
Luhan inclinò la testa di lato. “È così strano?” chiese.
“Per me sì,” disse Sehun. Solo una delle sue precedenti madri affidatarie si era disturbata a comprargli un regalo. Aveva imparato a non aspettarsene. “Ho ricevuto delle scarpe nuove.”
Oooh, che fortuna!” esclamò Luhan, e sembrava che lo pensasse davvero. Sehun non aveva bisogno di guardare le scarpe del ragazzo per sapere che non ne riceveva un paio nuovo da tanto tempo. “Io ho detto ai miei genitori di non comprarmi niente. Ma abbiamo fatto una bella cena, ed è stato un regalo fantastico.” Si illuminò. “È successo qualcosa di speciale?”
Sehun fece uno scatto involontario, ma non disse nulla. “No,” rispose.
Di solito non mentiva a Luhan. Non gli diceva mai la completa verità, se mai gli diceva qualcosa, ma non mentiva. Oggi fu un'eccezione. Non se la sentiva di dire la verità.
Perché la verità era che il giorno della Vigilia, la madre affidataria di Sehun aveva bussato alla sua porta, dicendo piano, “Sehun? C'è qualcuno per te alla porta.”
Il che era decisamente strano. Sehun si era accigliato, dirigendosi alla porta, dove aveva trovato il suo fratellastro di 7 anni, che bofonchiava qualcosa a chiunque fosse dall'altra parte. “Il mio nome è Taewoon! Ho sette anni! Sapevi che i gatti atterrano sempre sulle zampe quando cadono? Ma mio padre dice che non posso lanciare il gatto fuori dalla finestra.”
E una voce molto divertita, e terribilmente familiare, aveva risposto, “Sì, penso di averlo sentito una volta.”
Facendo una smorfia, Sehun aveva spinto via il fratello (ma non troppo forte, oppure si sarebbe messo nei guai) e si era messo davanti a Jongin, ruggendo, “Cosa ci fai qui?”
Jongin gli sorrise felice. “Buon Natale, Sehun!”
“Non è Natale,” disse impassibile lui. “Cosa fai qui, Jongin?”
“Non sapevo se avrei avuto tempo di venire domani, quindi sono passato oggi! Ecco, ho portato qualcosa per te.” Detto questo, sollevò una piccola bustina rossa, riempita di carta velina bianca. Quando Sehun si era limitato a fissarla, Jongin aveva riso imbarazzato e l'aveva scossa, dicendo, “Prendila.”
Sehun allungò una mano e prese la busta, ma non diede alcun segno di volerla aprire. “Come facevi a sapere che vivo qui, comunque?”
Il sorriso di Jongin cadde per un secondo. “Io, uh, ho chiesto in giro. A scuola, a dire il vero. L'ho chiesto venerdì alla nostra coordinatrice di classe, le ho detto che dovevo portarti una cosa che ti eri dimenticato.” Cercò di guardare oltre Sehun, dentro casa. “Era tuo fratello quello? Non ti assomiglia affatto. Nemmeno nel comportamento.”
“Va' via, Jongin,” disse Sehun.
Jongin diede un piccolo calcio al terreno, timido, e guardò Sehun attraversò le sue folte ciglia. “Puoi aprire il regalo prima? L'ho preso apposta per te.”
Sehun sbuffò e tirò fuori la carta dalla busta. Dentro c'era un bigliettino, che però ignorò, e una piccola scatolina. La aprì e guardò dentro, bloccandosi quando vide le figure di due ballerini in ceramica dipinta a mano, un ragazzo e una ragazza, su un piedistallo bianco. La riconobbe subito—o meglio, riconobbe lo stile. Avevano visto svariate statuette come questa ad Insadong, quella volta che Luhan lo aveva trascinato in autunno. Sehun sapeva che se avesse girato una piccola manovella alla base, i ballerini avrebbero cominciato a volteggiare e una musichetta da carillon avrebbe cominciato a suonare.
Riportò lo sguardo su Jongin, che lo stava guardando con occhi timidi ed impazienti. Sehun deglutì e mantenne un tono di voce saldo quando disse, “Ecco, l'ho aperto.”
Il sorriso di Jongin non svanì, ma Sehun vide il modo in cui i suoi occhi si indurirono e come le sue labbra si assottigliarono. Sentì qualcosa pesargli sullo stomaco. “Grazie,” disse piano Jongin. “Comunque, ora vado. Spero ti piaccia. Buon Natale, Sehun.”
“Già,” rispose lui, guardando Jongin voltarsi e allontanarsi.
Era tornato in camera subito dopo, e aveva posato la statuetta sulla cassettiera, non sapendo dove altro metterla. La fissò per qualche minuto, poi si ricordò del bigliettino e lo tirò fuori, aprendolo e vedendo un messaggio scritto a mano.
Caro Sehun,
Ricordi quando siamo andati ad Insadong insieme agli altri? Probabilmente sì. Quel giorno mi sono distratto guardando un artista di strada, e quando ti ho ritrovato, ti ho visto guardare una di queste statuette. È stata la prima volta che ti ho visto davvero interessato a qualcosa. Hai sempre un aspetto serio e annoiato, quindi ero felice quando ti ho visto interessato in qualcosa. Ho comprato questa statuetta per me, quando ci sono tornato la settimana scorsa, ma poi ho pensato che ti sarebbe potuta piacere. Ho scelto questa perché sono dei ballerini di danza classica, vedi? La maggior parte delle statuette erano danzatori tradizionali, ma questa mi piaceva di più perché io faccio danza classica. Il ragazzo sta facendo una “pirouette à la séconde,” che è davvero difficile. Non riesco a farla molto bene ancora, ma ci sto lavorando. Comunque, volevo semplicemente dartela. Speravo che forse quando la guarderai, penserai a me quel giorno ad Insadong. Buon Natale, Sehun!
Con amo affetto
Jongin
Sehun aveva fissato quella lettera a lungo prima di gettarla sotto al letto, dove metteva tutta la roba alla quale non voleva pensare. Poi aveva caricato la statuetta, ma senza guardare mentre cominciava a muoversi.
A Luhan non disse niente di tutto questo, però. Non ne voleva parlare. Non voleva che Luhan gli facesse domande al riguardo. Non ci voleva nemmeno pensare. Quindi gli aveva mentito, dicendo che non era successo niente di significante. Sperò che Jongin non ne parlasse con lui.
Fortunatamente, Luhan non fece altre domande, e passarono a parlare di come Minseok lo avesse aiutato a pulire il suo appartamento e di come fossero stati contenti i suoi genitori, e Sehun in qualche modo finì per parlare del suo fratellastro, che era riuscito a mettere le mani nel dolce che aveva preparato la madre prima di cena, e Luhan assaggiò il suo bubble tea al cioccolato senza chiedere, e fece una foto per il suo progetto, ed era... diverso.
Okay, non diverso, perché Luhan era sempre così, così come le loro uscite, ma Sehun si sentiva diverso. Si sentiva... caldo, e non aveva più le spalle rigide. Non sentiva di voler chiedere a Luhan quando se ne sarebbe potuto andare, come faceva di solito. Oppure sì? Quando era stata l'ultima volta che aveva detto quelle parole a Luhan da quando uscivano dopo la scuola? Non riusciva nemmeno a ricordarlo. Ora che ci pensava, non faceva altro che stare seduto ad ascoltare Luhan parlare, bevendo qualsiasi cosa avesse davanti, qualche volta rispondeva alle domande che gli venivano poste, a volte erano risposte formate da più di una frase. E altre volte, quando Luhan rideva per qualcosa di cui stava parlando, le labbra di Sehun si ribellavano, incurvandosi contro la sua volontà.
E la cosa che sembrava più diversa era che a Sehun non dispiaceva. Non si arrabbiava nemmeno quando le sue labbra lo tradivano, o quando si ritrovava a parlare più di quanto non avrebbe fatto prima. A volte, se ci pensava troppo, lo infastidiva, ma non si odiava più per questo. Ad essere onesti, questa era la cosa più vicina alla felicità che Sehun avesse mai provato, e anche se molto probabilmente non sarebbe durata, perché non godersela per un po'?
Anche se se ne sarebbe pentito, per una volta nella vita, perché non poteva essere così vicino all'essere felice?
(No, disse quella fastidiosa voce nella sua testa. Non durerà. Ti porterà solo dolore e delusione. Te la stai cercando. Non farti questo. Ma Sehun non l'ascoltò, anche se probabilmente avrebbe dovuto. Lasciò che la risata di Luhan coprisse quella voce, solo per un po'.)
Un'ora dopo, Luhan chiese a Sehun se volesse andare a casa, e Sehun disse di no. Non c'era niente a casa per lui.
“Grazie per aver fatto questo per me,” disse Luhan, facendo un sorriso vincente. “È stato carino da parte tua. Sono felice che siamo amici.”
Amici. Luhan era suo amico?
Tu non hai amici, disse la vocina irritante.
Per una volta, Sehun si chiese se quella voce dovesse per forza avere ragione.


Minseok non era sicuro di come sentirsi quando Luhan si presentò in ritardo al loro punto di incontro mercoledì prima di cena, ed era ancora meno sicuro di come sentirsi quando Luhan arrivò dicendo, “Scusa, non volevo andarmene fino a che Sehun non fosse tornato a casa.”
“Eri con Sehun?” chiese accigliato. “Pensavo vi doveste vedere nel primo pomeriggio.”
Luhan scrollò le spalle, sorridendo. “Siamo rimasti nel posto del bubble tea per molto tempo,” rispose.
Minseok si rifiutò di arrabbiarsi ancora. Si era ripromesso che non sarebbe più stato così ridicolo. “Oh. Beh, è tutto okay. Dobbiamo solo affrettarci al ristorante, perché devo prendere l'insulina e mangiare presto.” Wow, era bello poterlo ammettere per una volta.
Ristorante?” chiese Luhan, anche se era ovvio che avrebbero mangiato, considerata l'ora.
Minseok sorrise e cominciò a guidarlo in fondo alla strada. “Già. Ti porto fuori a mangiare.”
“Davvero?” domandò Luhan, aumentando il passo per non rimanere indietro. “Perché?”
“Per Natale,” rispose lui, sorridendo leggermente quando vide gli occhi di Luhan illuminarsi. “È il mio regalo per te.”
Ah, ma io non ho niente per te ancora!” esclamò Luhan, in un misto di eccitazione e agitazione. “Non pensavo avresti accettato un regalo da parte mia se lo avessi comprato e non ho ancora avuto tempo di pensare a qualcosa e—”
Minseok lo interruppe con una risata. “È tutto okay, Lu,” disse. “Volevo semplicemente portarti a mangiare fuori per Natale. E hai ragione, non hai il permesso di spendere soldi per me.” Lanciò a Luhan un'occhiataccia scherzosa.
Luhan si imbronciò. “Ma è difficile pensare a qualcosa che non costi niente,” si lamentò.
“Beh, hai tempo fino a Capodanno per pensare a qualcosa,” Minseok sorrise.
Oh, cosa farai a Capodanno?” chiese eccitato l'amico.
“Organizzo una festa a casa mia,” gli disse Minseok, svoltando in un angolo e dando un colpetto alla spalla del ragazzo per far svoltare anche lui. “Solo il nostro piccolo gruppetto. Le stesse persone che sono venute al compleanno di Jongdae, a dire il vero. Non volevo invitare Junmyeon, perché Jongdae mi avrebbe probabilmente ucciso, ma Baekhyun mi ha chiesto se poteva invitarlo e ha detto che verrà. Quindi di nuovo noi sette. Giusto per passare un po' di tempo insieme e fare qualcosa, e se vuoi puoi anche rimanere a dormire.” Si voltò e gli fece un sorriso incerto.
“Sembra divertente,” disse Luhan, illuminandosi. “Verrò di certo.”
“Bene,” continuò Minseok, annuendo e sentendosi sollevato. “Per un secondo ho avuto paura che mi scaricassi per Sehun.” Oh, sembrava decisamente geloso ora.
“Scaricassi?” ripeté Luhan.
Minseok cercò un'altra parola. “Abbandonassi,” chiarì.
Ah.” Luhan sembrò improvvisamente preoccupato. “Mi chiedo cosa farà Sehun…”
Minseok fece una piccola smorfia.
“Ma,” sospirò Luhan, “Non credo che verrebbe se lo invitassi. Anche se accetta di venire con me in alcuni posti, le altre persone non gli piacciono tanto.”
Minseok fece un suono vago.
Seok-ah…posso invitarlo comunque? Non penso che verrà, ma voglio invitarlo, così che sappia che vorrei che ci fosse. Ti andrebbe bene?” chiese Luhan, guardandolo con gli occhi sgranati.
Il maggiore lo guardò, poi distolse lo sguardo. Come poteva dire di no quando Luhan lo guardava in quel modo? Non avrebbe mai potuto resistere a quello sguardo. “Sì, certo,” disse, guardando i negozi che costeggiavano la strada. “Fai pure.”
Luhan gli sorrise grato. “Grazie,” canticchiò.
Ah,” disse Minseok, fermandosi all'improvviso. “Ecco il posto. Entriamo.”
Luhan riuscì a vedere l'insegna prima di venire spinto dentro. “È cinese!” esclamò.
Minseok sorrise per quanto sembrasse contento. “Già. Non pensavi che ti avrei portato in qualche vecchio, noioso ristorante coreano, vero?”
Luhan non rispose, troppo impegnato ad osservare i dipinti tradizionali cinesi che riempivano il ristorante. “Tai hao le!” sussurrò. Fantastico!
Minseok ridacchiò. “Andiamo, sediamoci al tavolo e ordiniamo velocemente, devo mangiare subito.”
Il ragazzo annuì impaziente, e lasciarono che una cameriera li accompagnasse ad un tavolo in un angolo, mentre Luhan chiacchierava in cinese con lei. Ricevettero i loro menù, e Minseok cominciò a studiarlo con attenzione. Quella mattina ne aveva portato una copia a casa, e lo aveva controllato con Kyungsoo, per portarsi avanti. Riso bianco, niente di fritto, evita le salse, punta ai piatti semplici. “Puoi ordinare un piatto vegetariano e uno di carne,” disse a Luhan, “e io farò lo stesso. E puoi portare a casa quello che avanza.”
Luhan acconsentì felice, ridacchiando leggermente mentre leggeva tutte le opzioni. “Beijing kaoya,” mormorò. “Sichuan huoguo, gnam.”
Ordinarono i propri piatti, e Minseok mosse nervosamente il ginocchio, perché avrebbe dovuto cominciare a mangiare cinque minuti fa. Non voleva che Luhan si sentisse in colpa o si preoccupasse, però, quindi non disse niente, controllando discretamente il cellulare ogni trenta secondi e vedendo i minuti passare.
Per fortuna, le prime portate arrivarono poco dopo, e Minseok si affrettò in bagno per prendere l'insulina. Quando tornò, Luhan lo stava aspettando pazientemente, sembrando preoccupato ma senza dire niente. Minseok lo apprezzò.
“Odio i ristoranti,” disse con una piccola risata, sedendosi e guardando i piatti sul tavolo. Cominciò a servirsi, cercando di ricordarsi che cosa gli avesse detto Kyungsoo circa le porzioni. “Così tante tentazioni.”
Luhan iniziò a mettere a sua volta il cibo nel proprio piatto, ma Minseok riusciva a sentire i suoi occhi su di sé, e si agitò leggermente. Contò i piselli verdi al vapore nel proprio piatto ossessivamente, poi ne aggiunse un altro.
“Stavo facendo qualche ricerca,” disse il ragazzo all'improvviso, prendendo un pezzo di anatra speziata.
Huh?” chiese Minseok, sollevando lo sguardo dal piatto.
“In biblioteca,” aggiunse Luhan, portandosi le bacchette alla bocca. Guardò intensamente l'amico. “Ci sono andato dopo che sei andato via Lunedì.”
Oh.” Minseok era leggermente distratto dai calcoli mentali che stava facendo, contando i carboidrati e le calorie. “Cosa stavi cercando?”
“Il diabete,” rispose lui, e la testa di Minseok si alzò di scatto. Luhan sembrava leggermente imbarazzato. “Ero curioso di alcune cose.”
Minseok annuì lentamente. Non lo biasimava per questo. “Avresti potuto chiedere a me se avevi qualche domanda,” disse. “Probabilmente avrei saputo risponderti. O a Kyungsoo.”
Luhan annuì, poi disse, “Volevo cercarlo in cinese. È più facile per me capire.” Minseok pensava che questa non fosse la sola ragione. “Ho imparato alcune cose.”
“Tipo?” chiese, cercando di misurare a occhio quanti grammi fosse un pezzo di pollo.
“Tipo che la maggior parte delle persone con il diabete non sono così attente alla loro dieta.”
Minseok sussultò, e cominciò nuovamente a muovere il ginocchio inconsciamente. “Oh.”
Luhan spostò la salsa dalla sua anatra sopra il riso. “Il sito diceva che molte persone possono mangiare quasi tutto quello che vogliono, purché non esagerino.”
“Già,” mormorò Minseok, masticando lentamente il proprio cibo.
“Ero un po' confuso, perché tu sei sempre così rigido con la tua dieta. Ma non devi esserlo per forza?”
Mia mamma è un'infermiera,” disse Minseok, mettendo in fila i propri piselli verdi.
“Ma Jongdae una volta ha detto che è diventata rigida con il tuo cibo solo dopo che ti sei ammalato,” puntualizzò Luhan, e Minseok sussultò. Maledetto Jongdae.
Ah…sì, lei, um, è diventava più severa dopo l'accaduto. Per il diabete, sai. È diventata stra-attenta.”
“Ma lo è anche Kyungsoo,” continuò lui, e il ginocchio di Minseok cominciò a muoversi più veloce. “Perché anche Kyungsoo è sempre così attento?”
Uno strano, piccolo suono uscì dalle sue labbra, sembrava quasi un lamento. “Perché…um…”
Luhan diede un colpo al tavolo all'improvviso, facendogli sollevare lo sguardo. I suoi occhi erano inquietantemente intensi. “Seok-ah,” disse piano. “Basta inventare scuse.”
Minseok si morse il labbro e prese un profondo respiro. “È solo che—mi dispiace. Non mi piace parlarne. A casa cerchiamo di parlarne il meno possibile, e anche Kyungsoo.”
“Perché?” chiese gentilmente Luhan.
“Perché mi riporta alla mente cose a cui non dovrei pensare,” mormorò. “È solo che ho avuto qualche problema dopo che mi è stato diagnosticato il diabete ed era davvero, davvero brutta, ma ora sto bene e nessuno ne parla così che non ci pensi e... è più facile gestirla in questo modo. Ho solo convinto me stesso e tutti gli altri che è per mia mamma ed è più sicuro che le cose rimangano così. Fino a che non ci penso, tutto andrà bene.” Cercò di fare un sorriso rassicurante, ma era abbastanza sicuro che fosse uscito forzato. Sbuffò e riportò l'attenzione al proprio piatto. “I ristoranti sono terribili,” mormorò. “Troppo cibo.”
Luhan rimase a lungo in silenzio, e Minseok non lo biasimò. Non gli aveva detto nulla in pratica, sempre che Luhan avesse capito metà del suo discorso. Ma quando alla fine parlò, disse, “Non dovevi portarmi a cena fuori.”
Oh, cacchio. Ora Luhan si sentiva in colpa. “No, no, volevo farlo,” disse velocemente Minseok. “Davvero, volevo farlo. È solo difficile per me, ma volevo fare qualcosa di carino per te. Scusa, sto rovinando tutto.”
No, scusami tu,” ribatté Luhan. “Ho iniziato io il discorso. Non avrei dovuto farti tutte quelle domande.”
Minseok scosse la testa, rifiutandosi di lasciare che si prendesse la colpa. “No. Avevi un buon motivo per chiedere. Sono poco chiaro, non rispondo mai a niente. Stavi solo cercando di capire le cose, e io sto solo rendendo le cose più difficili perché ho dei problemi. Ti prego non pensare che sia colpa tua, perché è solo mia.” Guardò l'ora nel proprio telefono. “E ora devo davvero mangiare oppure sarò nei guai, quindi possiamo non parlarne più?”
Luhan deglutì visibilmente. “Sì,” disse. “Certo. Mangiamo.”
Dopodiché ci fu silenzio per un minuto, e Minseok si impegnò a fare altri calcoli mentre si riempiva la bocca. Era noioso e stancante fare tutti quei calcoli, ma almeno lo distraevano dal pensare ad altre cose. Quando fu sicuro di non essere più in pericolo, riprese a parlare. “Allora, com'è andata a Natale?” chiese, mantenendo un tono di voce casuale.
Luhan fece una pausa di un secondo, per poi lanciarsi in un dettagliato racconto, pregno del suo solito entusiasmo, e Minseok lo apprezzava. Era tipico di Luhan. Era quello di cui aveva bisogno al momento.
Il resto della loro cena fu beatamente rilassato. A turno si raccontarono storie circa i Natali passati e riunioni di famiglia, e Luhan tirò fuori la macchina fotografica di Kyungsoo per farsi fare una foto con il cibo e il ristorante alle spalle per il progetto, e Minseok gli parlò dei piani suoi e di Jongdae per Capodanno, e Luhan era raggiante. Luhan era sempre raggiante.
Più tardi, mentre si incamminavano verso casa, Luhan abbracciò Minseok senza preavviso, e il ragazzo si irrigidì per la sorpresa. Si ritrasse prima ancora che Minseok potesse reagire. “Grazie per oggi,” disse, improvvisamente timido. “L'ho apprezzato davvero.”
Minseok sorrise imbarazzato. “È stato un piacere,” disse sincero. Ad essere onesti, nonostante quella breve conversazione che aveva incasinato le cose, la gratitudine di Luhan compensava tutto. “Sono felice ti sia piaciuto.”
“Tanto,” disse Luhan, sorridendo. “È stato il regalo perfetto.”
“Bene,” concluse Minseok. “Vai a lavoro ora?”
Il ragazzo annuì. “Prima passo a casa per lasciare gli avanzi,” disse, sollevando la busta con i contenitori d'asporto che aveva in mano.
“Fai attenzione,” disse Minseok. “Ci vediamo a Capodanno.”
Luhan annuì. “Sì. Ci vediamo.”
Detto questo, presero strade diverse. Mentre Minseok tornava a casa, le mani in tasca, pensò che nonostante tutto, oggi era stato un successo. Sarebbe potuta andare meglio – era ancora un po' arrabbiato per la storia del bubble tea – ma a Luhan era piaciuto. Era quello l'importante, no?
Che Luhan fosse felice.


Capodanno era sempre una specie di avventura, non importava chi ci fosse o cosa facessero. Minseok non era mai stato il tipo di persona che amava le feste scatenate, e ora che aveva scoperto la diagnosi non aveva nemmeno il permesso di bere (così come Kyungsoo), ma questo non impedì che le cose prendessero una piega pazza la sera del 31 Dicembre. I suoi genitori sarebbero stati fuori tutta la notte, e in casa di Minseok c'era un pieno di attività, con Baekhyun, Chanyeol e Jongdae che mandavano giù shottini di soda, e con Luhan e Junmyeon che avevano cominciato a costruire una fortezza di coperte utilizzando le sedie della cucina e i mobili del salotto, mentre Kyungsoo cercava di aiutare Minseok a sistemare la TV vicino al muro senza però toccare niente. Tutti indossavano già il proprio pigiama – alcuni di loro erano arrivati indossandolo – e Chanyeol aveva portato un paio di quelle irritantissime trombette da festa, e c'erano contenitori con schifezze ovunque. Come c'era da aspettarsi, Sehun aveva declinato l'invito di Luhan, ma forse era meglio così, perché non c'era molto altro spazio. Minseok non aveva mai organizzato una festa di Capodanno così grande prima, ma sapeva già che sarebbe stata memorabile.
No, non mettere ancora il film,” disse Baekhyun a voce alta, per farsi sentire sopra il rumore che stava facendo Chanyeol mentre recitava il suo monologo per la commedia. “Non finirà prima di mezzanotte e dovremo mettere in pausa per il conto alla rovescia.”
“Facciamo qualche gioco di società!” suggerì eccitato Jongdae.
Giocarono a Sorry! dentro alla gigantesca fortezza di coperte per circa un'ora, fermandosi solo per sistemare il soffitto che aveva cominciato a cedere. Durante il turno di Junmyeon, Kyungsoo esclamò all'improvviso, “Sono le 11:58!”
Ci fu una corsa verso il telecomando, e accesero la TV sul canale che faceva il conto alla rovescia. Jongdae riempì i bicchieri da vino di tutti con della Sprite (e Minseok si prese un po' d'acqua) e Chanyeol distribuì le varie trombette. Tutti gridarono gli ultimi secondi dell'anno—“Tre, due, uno!”—e poi sette trombette cominciarono a suonare all'unisono, e i bicchieri a tintinnare mentre le bibite venivano bevute, Baekhyun e Chanyeol si abbracciarono, Jongdae si buttò su Minseok, il quale non poté fare a meno di ridere per tutto e niente allo stesso tempo. Cinque minuti dopo ripresero a giocare a Sorry!
Successivamente guardarono un film, anche se Baekhyun e Jongdae si addormentarono a metà di esso. Baekhyun si era raggomitolato a terra con la testa sopra le gambe di Chanyeol, il quale gli accarezzava delicatamente i capelli mentre continuava a guardare lo schermo, e Jongdae era poggiato su Minseok. Luhan si era allontanato un attimo per parlare con Yixing su skype; Minseok l'aveva aiutato a sistemare tutto prima. Quando tornò alla fortezza, il film era finito, e Junmyeon si era addormentato contro il divano, mentre Minseok, Chanyeol e Kyungsoo discutevano su quale film della Disney fosse migliore. Quando l'orologio segnò le 3 del mattino, Kyungsoo si trovò un posticino sotto al tavolino in cui passare la notte, a distanza di sicurezza da tutti gli altri, e Chanyeol spostò gentilmente la testa di Baekhyun dalle proprie gambe al cuscino, posando una coperta sul suo corpo e poi sistemandosi accanto a lui. Minseok svegliò Jongdae per farlo sdraiare vicino a Junmyeon, il quale si svegliò e accettò il cuscino che gli stava offrendo Luhan, per poi stiracchiarsi e rimettersi a dormire. Minseok si allontanò per prendere il tanto di insulina che gli serviva per il resto della notte, e poi lui e Luhan si sistemarono nell'unico spazio del salotto rimasto disponibile, proprio al centro della loro fortezza, premuti l'uno contro l'altro per la mancanza di spazio. Questa fortezza non era stata fatta per contenere sette ragazzi addormentati (specialmente se uno di quei sette ragazzi era Chanyeol).
Minseok di solito prendeva sonno facilmente, soprattutto dopo una giornata e una notte così lunga, ma per qualche ragione, il sonno gli sfuggì quella volta. Rimase sveglio sul pavimento, a fissare il soffitto di coperte che non riusciva a vedere al buio, e sentì il braccio di Luhan premere contro il proprio, e forse la spalla di Jongdae contro il proprio piede. Ascoltò il respiro di tutti, delicati ma rumorosi per il silenzio del soggiorno. Chiuse gli occhi e cercò di addormentarsi, ma il suo cervello rimase testardamente sveglio. Non dormire non era una cosa buona, perché significava che presto gli sarebbe venuta fame e non avrebbe potuto mangiare, ma non poteva farci niente. Pensando che potesse essere colpa della poca aria che circolava là dentro, o forse solo l'adrenalina che si rifiutava di lasciare il suo corpo, si alzò in piedi con attenzione e andò in cucina, versandosi un bicchiere d'acqua e sedendosi sul bancone perché avevano usato tutte le sedie per costruire il forte.
Si sentì leggermente meglio ora, poteva respirare e rilassarsi in completo silenzio e al buio, mentre fissava il tavolo di cucina senza vederlo realmente e chiedendosi che ora fosse senza però disturbarsi a controllare. Probabilmente erano le quattro circa. Avrebbe dovuto fare colazione tra tre ore e mezzo. Il brontolare del suo stomaco gli fece capire che sarebbe stato difficile aspettare tanto.
Sentì i passi prima di vedere la persona che li aveva fatti. “Stai bene?” chiese piano Luhan, la voce poco più di un sussurro.
Mmm,” Minseok annuì. “Non riuscivo a dormire.”
Luhan rise piano. “Nemmeno io. Non mi sorprende. È stata una nottata pazzesca. Frenetica.”
Minseok non poté fare a meno di ridere. Si ricordava ancora il momento in cui aveva insegnato quella parola al ragazzo, quasi quattro mesi prima.
Luhan si avvicinò a Minseok, poi fece un cenno verso il bancone. “Posso sedermi?”
“Certo,” rispose lui, facendogli un po' di spazio così che potesse saltare su accanto a lui, così vicino che le loro gambe si toccavano. A Minseok non dispiaceva quella vicinanza.
“Non ho ancora il tuo regalo di Natale,” disse Luhan, a voce bassa e vergognandosi. “Hai detto che avevo fino a Capodanno.”
Minseok ridacchiò. Sinceramente non ci aveva nemmeno pensato, mentre Luhan pensava di aver commesso un vero crimine. “Ti do più tempo,” disse. “So che sei impegnato. Non preoccuparti.”
“Te lo darò presto,” promise Luhan. “Appena possibile.”
Minseok si limitò ad annuire, e rimasero seduti in silenzio per un po', ad ascoltare il ticchettio dell'orologio. Minseok contò i secondi fino a che Luhan non parlò ancora.
“Mi sono divertito oggi,” disse piano, con la voce piena di ciò che sembrava affetto. “È stato bello, avere tutti riuniti di nuovo.”
“Già,” confermò lui. Non si vedevano tutti insieme da quella famosa gita ad Insadong. Ci fu un altro silenzio e poi Minseok chiese, “Come passavi di solito il Capodanno in Cina?”
Luhan scrollò le spalle. “Di solito con Yixing e qualche altro nostro amico. Oggi c'erano Zitao e Wufan lì, stavano mangiando la torta.” Sospirò. “Mi piace davvero stare qui, ma mi mancano.”
Per quanto a Minseok potesse far piacere che a Luhan piacesse la Corea, nonostante le circostanze, era sempre stato curioso di una cosa. “Perché tu e i tuoi genitori ve ne siete andati?”
Luhan sospirò piano, muovendosi leggermente. “Anche in Cina eravamo poveri,” ammise. “Mio padre perse il lavoro, e comunque non avevamo mai avuto tanti soldi. Noi... ah, qual è la parola? Siamo stati costretti a lasciare la casa.”
Qualcosa si strinse nel petto di Minseok. “‘Sfrattati,’” gli disse automaticamente.
“Già, quello. Quindi ci siamo dovuti trasferire,” continuò Luhan, sembrando triste.
“Ma perché in Corea? Hai detto che i tuoi genitori non sapevano una parola di coreano,” evidenziò Minseok.
Luhan rimase in silenzio per un secondo prima di rispondere, “C'erano delle opportunità qui.”
Minseok si accigliò, sussultando leggermente quando Luhan si poggiò al suo braccio. “Ma il lavoro dei tuoi genitori…”
Luhan sbuffò. “Le cose si sono incasinate,” disse piano.
Minseok si ricordò di avergli sentito dire la stessa cosa la notte che aveva dormito a casa sua. Tutto è così incasinato.
Non fece altre domande. Sapeva cosa si provava a non voler condividere tutti i propri problemi con qualcun altro.
“Beh,” disse deciso. “So che è stata difficile per te, ma io sono contento che sia venuto qui.”
“Davvero?” chiese Luhan, e la sua voce era così sincera e speranzosa che Minseok sentì una stretta al cuore.
“Sì,” riuscì a dire, nonostante la gola secca. “Lo sono davvero.”
Luhan posò la testa sulla sua spalla allora, e i capelli scompigliati gli solleticarono il mento, e sussurrò, “Grazie, Minseok.”
Minseok deglutì a fatica, poi inclinò la testa per posarla su quella del ragazzo, sentendo che potesse significare qualcosa, ma non potendo essere sicuro di nulla a quest'ora della notte, quando tutto sembrava un sogno. “Quando vuoi, Lu,” sussurrò in risposta.
Non si ricordava di essere sceso dal bancone, o di essere tornato alla fortezza di coperte, ma diverse ore dopo si svegliò al suono della sua sveglia, che gli diceva che era ora di andare a mangiare, e Luhan era lì, il viso a pochi centimetri di distanza, e ci volle qualche momento perché il suo cervello ancora mezzo assopito si ricordasse che non era un angelo.
A volte, era così facile sbagliarsi.

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


Minseok aveva una relazione di amore-odio con l'inizio della scuola dopo le vacanze. Una parte di lui se la faceva addosso, perché sapeva che ci sarebbero stati altri esami per cui studiare e altri compiti da fare, e in generale tanto stress e sofferenza. Ma a un'altra parte di lui piaceva quella routine; la certezza dei pranzi programmati e delle pause per la merenda, il sapere sempre dove essere e cosa fare. E poi a scuola c'erano tutti i suoi amici, quindi un punto in più. E comunque, non è che anche durante le vacanze avesse potuto dormire fino a tardi, dato che doveva svegliarsi presto per fare colazione. Quest'anno era un po' più impaziente di tornare a scuola perché lì ci sarebbe stato Luhan, e non lo vedeva da quando il ragazzo aveva lasciato casa sua a Capodanno. Si sentiva un po' in colpa a lasciare Kyungsoo, però. Il più piccolo aspettava sempre con impazienza l'inizio delle vacanze perché significava che avrebbe passato meno tempo da solo.
La mattina del primo giorno di scuola fu probabilmente il più freddo di quell'inverno, e Minseok pensò che il naso gli si sarebbe potuto congelare mentre camminava verso scuola, ma era più che altro preoccupato del fatto che Luhan non aveva una sciarpa, e di sicuro ne aveva bisogno. Si chiese vagamente se fosse troppo tardi per continuare a mettere regali nel banco del ragazzo.
Quando arrivò in classe, però, Luhan era già lì (fortunatamente non ibernato), e ancora più sorprendentemente, c'era una piccola scatolina sul banco di Minseok. Scivolò al proprio posto e la guardò impassibile. “Cos'è questa?” chiese.
Luhan ridacchiò piano. “È un regalo di Natale.”
Minseok lo guardò. “Da parte tua?”
Luhan sorrise timidamente, annuendo. “Perché non lo apri e vedi cos'è?”
Senza dire una parola, Minseok disfò il fiocco e strappò la carta da regalo argentata, poi aprì la scatola e finalmente guardò dentro. Lì, in mezzo a qualche foglio di carta velina, c'era una tazza, coperta da scritte nere e scarabocchi. La sollevò e se la rigirò lentamente tra le mani. Il caffè fa bene all'anima, diceva in inglese, sotto ad un disegnino carino di una persona che teneva in mano una tazza fumante. Era circondato da piccoli cuori neri e scarabocchi, e dall'altra parte, c'era un breve messaggio scritto con una calligrafia familiare. Buon Natale, Seok-ah! Ho sentito dire che ti piace il caffè, hehe ^^ Usala spesso! ~Luhan
Minseok guardò Luhan sorpreso. “Come facevi a sapere che mi piace il caffè?” chiese.
Luhan sorrise timido. “Me l'ha detto Kyungsoo,” rispose. “Mi ha anche fatto da sponsor per il regalo. Ma è costato solo 1,000 won, giuro! E mi ha aiutato a cuocere la tazza, ma io ho fatto i disegni e la scritta!”
Minseok sorrise per la sua sincera spiegazione. “Il caffè era una delle poche cose che mi piacevano e che potevo bere dopo aver ricevuto la diagnosi,” disse. “Ma quando hai visto Kyungsoo?”
Luhan abbassò la testa con una risatina nervosa. “Sabato,” ammise. “L'ho chiamato per chiedergli cosa potessi fare per te, e mi ha invitato a casa sua.”
Minseok sputacchiò leggermente. “Sei stato a casa di Kyungsoo e non lo sapevo?”
“Doveva restare un segreto,” rise Luhan. “Non avresti dovuto saperlo.” Guardò la tazza. “Ti piace?”
Minseok se la portò al petto. “La userò ogni giorno,” promise drammaticamente. Poi, più seriamente, aggiunse, “È fantastica, Lu. Davvero, grazie.”
Luhan si illuminò felice. “Prego,” cinguettò, per poi voltarsi sembrando orgoglioso.
Minseok non poté fare a meno di sorridere mentre riponeva con attenzione l'oggetto nella scatola per poi posarla dentro al banco. “Cos'altro hai fatto alle mie spalle?” chiese scherzando.
Luhan rise. “Cose terribili,” disse. “Lavoro, più che altro. Una volta mi sono incontrato con Jongin.”
Jongin?” Minseok si accigliò leggermente. “Voi due vi incontrate fuori da scuola? Non sapevo foste così amici.”
È stata la prima volta. Non siamo così in confidenza in realtà, sai, ma mi piacerebbe.” Sorrise, scarabocchiando sul quaderno. “Vorrei poterlo conoscere meglio. Sembra davvero interessante.”
“Sembri una delle sue fangirls,” borbottò Minseok senza pensarci.
Luhan rise. “Sembro Jongdae che parla di Junmyeon,” lo corresse. Alzò di un tono la propria voce, lamentandosi, “È solo ammirazione, hyung!”
Minseok sapeva che avrebbe dovuto ridere per quell'imitazione, ma la risata gli rimase bloccata in gola. Invece forzò un sorriso. “Quindi stai dicendo che hai una strana cotta adolescenziale, ma per Kim Jongin?” chiese, e la sua voce era scherzosa, ma attese la risposta senza fiato.
Tutto ciò che Luhan disse, però, fu, “Ahh, chi sa davvero cosa prova Jongdae? Quel ragazzo, anche se avesse una cotta, non lo ammetterebbe mai.”
Minseok sentì l'istinto di chiedere ancora a Luhan (“Ma che mi dici di te? Ti ho fatto una domanda.”) ma immaginò che probabilmente non avrebbe dovuto. A dire il vero, improvvisamente non era nemmeno più sicuro di voler sapere la risposta.
L'irritante vocina di Jongdae si infiltrò nei suoi pensieri. Solo perché tu sei attratto dai ragazzi non significano che anche gli altri lo siano.”
Ovvio. Minseok doveva smettere di pensare che lo fossero. Gli rendeva solo tutto più difficile.


Sehun aveva imparato tempo fa che era più o meno impossibile evitare Kim Jongin. Erano nella stessa classe, tanto per cominciare, il che significava che, che gli piacesse o meno, sarebbe stato costretto a stare nella stessa stanza con lui per la maggior parte della giornata. Poteva scappare durante le pause, ma pranzava sempre nello stesso posto, e non ne voleva cercare un altro solo perché Jongin aveva invaso questo (perché Sehun si rifiutava di mostrare quel tipo di debolezza). Persino durante le vacanze, quando pensava di potersi prendere una pausa da Jongin, il ragazzo si era presentato a casa sua, con i suoi infiniti sorrisi e la sua voce allegra e i suoi continui sforzi di contrattaccare l'irritabilità di Sehun. Non era tornato dopo la Vigilia di Natale, ma non appena rientrarono a scuola, continuò con la sua solita routine, cercando di fare qualsiasi cosa stesse facendo con lui.
Di solito, Sehun riusciva almeno a filarsela da scuola prima che Jongin (o Luhan, anche se ormai non cercava più di evitarlo) lo raggiungesse e lo costringesse a fare qualcosa insieme. Ci era riuscito per i primi due giorni dopo le vacanze, ma il giovedì dopo scuola, Sehun sentì una mano afferrargli il gomito mentre prendeva le proprie cose dall'armadietto.
La sua reazione fu istintiva e istantanea, girando su se stesso e sottraendo il braccio dalla presa del suo assalitore, prima di sollevare le mani in difesa. Quando vide che era Jongin, però, le abbassò e si voltò nuovamente verso l'armadietto. “Cosa,” disse impassibile.
Jongin rimase in silenzio per un momento, ovviamente colto di sorpresa dalla sua reazione. “Um. Scusa, non volevo spaventarti così.”
Sehun si limitò a fare un suono vago, avvolgendosi la sciarpa al collo.
“Comunque. Hey! Mi stavo chiedendo se ti andrebbe di andare da qualche parte con me.” Sehun riusciva a immaginare il sorrisetto sghembo di Jongin ancora prima di vederlo.
Non proprio,” rispose Sehun.
Awww, andiamo, Sehun,” lo implorò Jongin. “Non ci vediamo da quanto, due settimane? Dobbiamo recuperare.”
Niente affatto,” disse Sehun, mettendosi lo zaino in spalla e sperando di colpire Jongin (non ci riuscì).
“Certo che dobbiamo!” ribatté deciso il ragazzo. “Voglio sapere come sono andate le tue vacanze. Non ti sei ammalato, vero? Mia sorella è stata male a Natale, stava malissimo. Ma tu non ti sei ammalato vero? Ti ho detto di prenderti cura di te stesso.”
Sehun alzò gli occhi al cielo e chiese, “Continuerai a stare qui e a blaterare di niente per sempre?”
No,” negò lui. “Ti porterò a bere qualcosa, e poi blatererò di niente, e tu mi racconterai delle tue vacanze.”
E forse Sehun sapeva che sarebbe stato inutile rifiutare, o qualcosa del genere, perché si ritrovò a voltarsi verso Jongin sospirando, “D'accordo.”
“Fantastico!” esclamò il ragazzo, allungando una mano e afferrando il gomito di Sehun proprio come aveva fatto prima. Sehun si irrigidì ancora per il tocco improvviso, ma questa volta non si ritrasse. “Andiamo!”
Finirono in uno di quei piccoli café in cui erano già stati qualche volta, e Jongin disse che gli piaceva perché non c'era quasi mai nessuno, quindi gli sembrava più intimo. Sehun non lo disse, ma anche a lui piaceva per lo stesso motivo. Ordinarono due cioccolate calde alla cannella e Jongin, come al solito, posò il mento sulla mano e sorrise. “Allora, come hai passato il Natale?”
Sehun odiava i minuti che doveva aspettare per ricevere la propria ordinazione. Non aveva niente con cui tenere le mani e gli occhi occupati. “Bene,” rispose, muovendosi leggermente sulla sedia. “Tranquillo.”
Luhan-ssi mi ha detto qualcosa circa tuo fratello e il dolce di Natale,” disse Jongin.
Sehun si bloccò leggermente, aggrottando le sopracciglia. Quando avevano parlato lui e Luhan? E perché avevano parlato di lui? Invece di fargli quelle domande, o rispondere a quella di Jongin, disse, “Non è mio fratello.”
Jongin sbatté le palpebre sorpreso. “Ah no?” chiese. “Era lui alla porta quando sono passato da te, giusto? Pensavo fosse tuo fratello.”
“Beh, non lo è,” rispose secco Sehun.
Jongin annuì. “Non pensavo ti assomigliasse,” riprese, sembrando orgoglioso di averlo notato. “Chi è allora?”
E se Jongin fosse stato Luhan, allora Sehun avrebbe semplicemente detto la verità, avrebbe semplicemente ammesso quello che Luhan già sapeva ma sembrava dimenticarsi o fingere di dimenticarsi, ma questo era Jongin. E Sehun sentiva un profondo, inspiegabile rancore nei suoi confronti, nonostante fosse sempre così paziente e dicesse sempre cose carine e gli offrisse da bere e gli dicesse di prendersi cura di sé; Jongin, che era stata l'unica persona oltre alla sua madre affidataria e a Luhan ad avergli fatto un regalo di Natale, e l'unica altra persona che gli aveva chiesto come fossero andate le sua vacanze, e l'unica altra persona a cui interessasse qualcosa di lui. Luhan era un conto – non aveva avuto altri amici quando aveva cominciato a conoscere Sehun, aveva detto di sapere cosa si provasse a non avere amici – ma Jongin era diverso. Jongin era popolare, Jongin non aveva bisogno di Sehun. Quindi perché era sempre così fantastico e gentile mentre lui era il completo opposto? Faceva arrabbiare Sehun semplicemente per il fatto di essere se stesso.
“Non ha importanza,” mormorò, sentendo il desiderio di nascondersi dietro la tazza. Perché oggi ci stavano mettendo così tanto a portare le ordinazioni?
Oh. Okay,” disse Jongin, e Sehun lo odiò per non aver insistito. Odiava Jongin per non aver cercato di farglielo dire, così come odiava Jongin per averlo chiesto. “Allora cosa hai fatto a Capodanno?”
Continuò così a lungo – Jongin faceva le domande, Sehun non rispondeva e Jongin riempiva il silenzio con storie vivaci e risatine imbarazzate e altre domande. Cosa hai fatto con tutto quel tempo libero? Hai letto qualche buon libro? Hai visto qualche film? Che tipo di film ti piacciono? Hai fatto un po' di ripasso durante le vacanze? Io no. Eri un bravo studente nella tua vecchia scuola? Le risposte di Sehun erano sempre vaghe, non dicevano mai nulla, e non erano mai più di qualche parola. Quando Jongin gli lanciò un'occhiataccia scherzosa dopo l'ennesima risposta insoddisfacente, qualcosa in Sehun scattò.
“Perché vuoi sempre sapere cose su di me?” chiese, con un tono un po' più brusco di quanto non avrebbe voluto.
Jongin rimase un attimo scioccato. “Perché è questo quello che fai con gli amici. Impari a conoscerli,” rispose, come se fosse ovvio.
Sehun fece una smorfia. “Noi non siamo amici.”
“Beh, è per questo che continuo a provare,” disse Jongin, con voce allegra ma chiaramente forzata.
“Quindi cosa vuoi che faccia?” chiese Sehun, stringendo la tazza fra le mani. “Che ti dica tutto su di me? È così che le persone si fanno degli amici?”
Jongin scrollò le spalle, ancora sorridente. “Immagino di sì.”
“E poi cosa succede?” continuò Sehun. “Menti, ti fai passare per una persona completamente diversa? Se dici la verità, se ne andranno.”
Il sorriso di Jongin si spense, e aggrottò le sopracciglia. “Io non me ne andrò.”
Nemmeno quando te lo chiedo,” grugnì Sehun, abbastanza forte che Jongin lo sentì. Poi aggiunse, “Non ti piacerò quando mi conoscerai.”
Jongin piegò la testa di lato. “Mettimi alla prova.”
Non ti piacerò,” ripeté Sehun. “Ti pentirai di avermelo chiesto. Non vorrai essermi amico se te lo dirò.”
“Non penso sia così,” disse Jongin con voce ferma. “Penso di conoscerti abbastanza bene da sapere se mi piacerai o meno.”
E qualcosa nel modo in cui Jongin sembrava così sicuro, e nel modo in cui probabilmente aveva supposto cose su di lui che erano lontane dall'essere vere, fece esplodere Sehun. Sembrava che tutto si riversasse dalla sua bocca in una valanga di emozioni represse, e fu tutto incasinato e disastroso. “Tu non sai niente di me, Kim Jongin. Pensi di sì, ma non è così. Non sono così senza ragione. Non sono così perché voglio esserlo. Ma a chi potrebbe piacere il ragazzino che nessuno vuole – che nessuno ha mai voluto? Non essere amico di Sehun. È un bambino adottato. Suo padre l'ha lasciato e sua madre è in galera. È strambo e indossa vestiti brutti, non si lava abbastanza e ha un difetto di pronuncia. Nessuno vuole Sehun.” Qualcosa cominciò a bruciare negli occhi di Sehun, e sbatté velocemente le palpebre. “Sai per quanti anni sono stato preso di mira e bullizzato? Sai quante volte sono stato mandato a casa con un naso sanguinante, solo per essere sgridato da persone che non erano i miei veri genitori? Nessuno mi vuole, Jongin, quindi smettila di fingere che tu sia diverso.”
Jongin lo fissò, ovviamente scioccato e senza sapere cosa dire. Sehun deglutì a fatica, sentendosi improvvisamente esausto e scarico, e quando Jongin si allungò per toccargli un braccio, si ritrasse e si asciugò gli occhi. Sehun non piangeva da anni. Si era ripromesso che non avrebbe più pianto. Odiava piangere. “Non mi toccare,” singhiozzò.
Sehun…” disse piano Jongin, con gli occhi spalancati e lucidi. “Non lo sapevo—”
Sehun sbuffò. “Lo so che non lo sapevi. Non te l'ho detto per un motivo.” Distolse lo sguardo, posandolo sul muro accanto a sé. “Puoi andartene ora, sai. Non mi importa. Ci sono abituato.” Jongin fece un suono, come se stesse per iniziare a parlare, ma Sehun lo interruppe. “È più facile passare inosservato. Erano sempre le persone come te che mi notavano, comunque. Quelli popolari, con tutta la scuola alle spalle. Quelli con una specie di immunità sociale. Erano sempre le persone come te, qualunque fosse la scuola che frequentavo. Ecco perché le evito.”
Quando Sehun sollevò lo sguardo, Jongin aveva la bocca spalancata. “Io—Io non sono così,” insistette con sincerità. “Sehun, non sono così. Non farei mai, mai, una cosa del genere. E,” aggiunse deciso, “Non me ne andrò. Su questo ci puoi contare.”
Sehun fece una risata amara. “Sì certo,” disse. “Non devi mentire. So cosa succederà ora.”
“Non me ne andrò,” ripeté Jongin, così seriamente che Sehun quasi gli credette, per un secondo. “Lo prometto.”
“Non fare promesse che non puoi mantenere,” ribatté Sehun, alzandosi e infilandosi il cappotto. “E ti prego di lasciarmi in pace.”
Una mano afferrò il braccio di Sehun per la terza volta quel giorno. Il ragazzo sussultò ma si fermò, fissando il pavimento. “Non deve essere per forza così,” disse disperato Jongin. “Non me ne voglio andare. Dico davvero, non vado da nessuna parte.”
Sehun sfilò il braccio dalla presa di Jongin, senza sollevare lo sguardo. “Questo è quello che dici ora,” rispose, e poi oltrepassò la porta, lasciando Jongin solo nel café.


Ci volle un'intera settimana perché Minseok pensasse a dove avrebbe potuto portare Luhan per un'altra escursione relativa al progetto. Luhan non sapeva molto di Seoul, quindi gli chiedeva sempre suggerimenti su dove fare le foto, ma era difficile farsi venire qualche idea, specialmente in inverno. Minseok sentiva che sarebbero dovuti essere posti unicamente coreani, visto che era su questo che si basava il progetto di Luhan, ma la maggior parte dei luoghi turistici a Seoul erano all'aperto o bisognava pagare per entrare. Era determinato a farsi venire qualcosa in mente però, e quando la scuola finì quel giovedì, era ben preparato.
“Da questa parte, da questa parte,” gli disse mentre saltellava sul marciapiede davanti a Luhan, il quale lo stava riprendendo con la fotocamera di Kyungsoo. Non avrebbe potuto usarlo per il progetto, quindi Minseok non era sicuro del perché lo stesse facendo, ma si voltò e gli sorrise comunque, con il respiro che si trasformava in piccole nuvolette.
“Arrivo,” rise Luhan, raggiungendolo. “Dove stiamo andando?”
“Vedrai,” gli assicurò Minseok, camminando all'indietro così da poterlo guardare e sperando di non scontrarsi con nessuno. “È qui da qualche parte, ne sono sicuro.”
“Non sai nemmeno dov'è di certo?” chiese lui.
Minseok fece una smorfia. “Non ci sono mai stato ad essere sinceri,” ammise. “Ma lo vedo ogni volta che passo. Penso che sia vicino alla bancarella di ddeokbokki dove andavo sempre.” Fece una pausa, poi disse, “O forse vicino a quella di odeng …”
Luhan rise. “Beh sbrigati a trovarlo, fa davvero freddo.”
“Si congela!” canticchiò Minseok, perché sapeva che Luhan stava cercando di imparare nuove parole.
“Si congela!” ripeté Luhan, copiando l'esatta intonazione e facendo ridacchiare l'amico.
Oh!” disse Minseok un momento dopo, voltatosi per guardare davanti a sé. “Eccolo!”
Il negozio in cui lo aveva portato Minseok era piccolo e caratteristico, con una luce soffusa e una dolce musica. C'era un acquario con dei pesci rossi in un angolo, e la tappezzeria ricopriva i muri tra gli scaffali di vasi e altra ceramica. Invece di normali tavoli e sedie, il pavimento era ricoperta da cuscini e piccoli tavolini in legno.
“Cos'è questo posto?” chiese Luhan, abbassando la voce come se spaventato di poter disturbare la quiete.
Minseok sorrise. “È una casa da tè,” rispose. “Tradizionalmente coreana. Sono sicuro che solo gli anziani e gli hipsters ci vengano, ma ho pensato sarebbe potuto essere figo, no? Come un'autentica esperienza coreana o qualcosa del genere.”
Luhan si guardò intorno meravigliato, gli occhi spalancati, e un'anziana signora gentile venne a chiedere loro di togliersi le scarpe e di sedersi, indicando un menù scritto in bianco su una lavagna.
“Ordina tu,” disse Minseok, sorridendo. In passato, aveva sempre ordinato per entrambi, dato che Luhan non era sicuro del proprio coreano al di fuori della scuola. “Leggimi il menù.”
“Ma le lettere sono tutte strane,” disse Luhan, socchiudendo gli occhi e accigliandosi.
“Prova,” lo incoraggiò Minseok.
Tè allo zenzero?” lesse incerto Luhan. Minseok annuì. “È jiang cha?”
Minseok annuì ancora, sorridendo. “Esatto,” disse orgoglioso.
Luhan annuì e sorrise. “Tè alla prugna,” disse poi. “Non so cosa sia.”
“Un piccolo frutto rotondo,” spiegò Minseok. “Viola, dolce.”
Ah!” esclamò lui. “Lizi.”
Luhan lesse l'intero menù – non c'erano tante cose – e fece del suo meglio per tradurlo, e poi ordinarono una tazza ciascuno, dopo che Minseok gli assicurò che aveva il permesso di berlo, purché non ci mettesse troppo zucchero. Quando ricevettero i loro tè qualche minuto più tardi, servito in tazze pesanti e con delle tortine di riso, Luhan tirò fuori la macchina fotografica per fare qualche foto.
“Perché stai fotografando me?” chiese Minseok quando vide l'obiettivo puntato su di sé, mentre sorseggiava dalla propria tazza. “Il progetto dovrebbe essere su di te.”
Luhan sorrise, guardando il piccolo schermo. “Non tutti gli scatti che faccio sono per il progetto,” rispose. “Alcuni sono per me.”
Minseok tenne la tazza vicino alle labbra anche dopo aver preso un sorso per nascondere il rossore che gli tingeva le guance.
Erano le uniche persone nel negozio, ma a nessuno dei due sembrava dar fastidio, mentre bevevano il loro tè e Luhan mangiava i dolcetti. Il tavolo che li separava era piccolo, e qualche volta i piedi del ragazzo si scontravano con Minseok quando si muoveva, ma nemmeno quello gli dispiaceva.
Tra una storia stupida e l'altra e tra varie risatine, però, Luhan posò il mento su una mano, chiudendo l'altra attorno al manico della tazza, e guardò Minseok con un sorriso prima di dire, “Mi sembra di essere ad un appuntamento.”
Minseok si bloccò immediatamente, sentendo le guance avvampare. “Cosa?” chiese.
Luhan rise e scrollò le spalle. “Halmeoni!” chiamò la proprietaria del negozio, che stava innaffiando le piante lì intorno. “Sembriamo una coppia carina?”
L'anziana donna sollevò lo sguardo e sorrise con indulgenza.
Luhan ridacchiò, e Minseok sentì il viso diventare sempre più rosso. Sinceramente non sapeva davvero come rispondere. Il suo cervello doveva essersi ammutinato, perché non riusciva a pensare ad una sola cosa da dire, e Luhan tornò semplicemente a bere il proprio tè come se niente fosse successo, mentre Minseok boccheggiava come un pesce.
“Una volta io e i miei genitori siamo andati al mare insieme alla famiglia di Yixing…” stava dicendo lui, ma Minseok lo stava a malapena ascoltando perché ora che ci pensava, sembrava davvero un appuntamento. La musica leggera e le luci soffuse, l'intimità del luogo, le chiacchiere sussurrate, il modo in cui Luhan si era arreso al fatto che le loro gambe si scontrassero e ora teneva i piedi posati contro le sue ginocchia. Ora che Minseok stava osservando, notò il modo in cui Luhan gli stava sorridendo da sopra la tazza, e il modo in cui le sue dita calde sfiorarono la mano di Minseok quando silenziosamente prese il suo tè senza chiedere se poteva prenderne un sorso, gli occhi socchiusi in scherzose mezze lune. E ora la parte del cervello di Minseok che non era sotto il suo controllo stava cercando disperatamente di capire se Luhan si comportasse o meno così anche con le altre persone, se trattasse gli altri suoi amici nello stesso modo in cui trattava lui, e sapeva di doversi fermare prima di perdere la testa, ma per qualche ragione non ci riuscì. (Non aveva mai toccato Kyungsoo – non poteva farlo – ma toccava Sehun? Minseok non lo sapeva, di solito evitava di guardarli quando parlavano in mensa, e fuori da scuola non li aveva mai visti interagire. Luhan sorrideva sempre così? Sorrideva sempre per tutto, sì, ma sorrideva in questo modo? Minseok doveva davvero smetterla.)
Non tutti sono attratti dai ragazzi, si ripeté Minseok più e più volte. C'è differenza tra l'essere a proprio agio avendo un amico gay e l'essere interessato a lui. Una grande differenza.
Ad essere sinceri, dopo che Minseok aveva ammesso a Luhan di essere gay, non ne avevano più parlato, a parte quando aveva spiegato perché non fosse mai uscito con qualcuno al compleanno di Jongdae. Luhan non aveva mai tirato fuori l'argomento, e di certo non lo avrebbe fatto lui. A volte, Minseok si chiedeva persino se se ne ricordasse. Ci pensava quando lo abbracciava o gli toccava il braccio o gli faceva un complimento? Ci pensava dopo, realizzando che forse non avrebbe dovuto fare tutte quelle cose, per poi sentirsi a disagio? Era una delle cose per cui Minseok provava più ansia, essendo un ragazzo gay con tanti amici maschi. Sapeva di non doversi preoccupare di Jongdae o Kyungsoo, ma era diverso con Luhan, tutto era diverso con lui. Era terrificante.
Ma Luhan non era sembrato a disagio dopo aver fatto quella battuta (era una battuta?), e forse era quello, più di tutto, a mandare fuori di testa Minseok. Mentre il ragazzo continuava a raccontare la storia del mare, sorridendo e facendo varie esclamazioni in cinese, punzecchiando la gamba di Minseok con un piede, Minseok sentiva di voler urlare, Lo sai che sono gay, vero? Perché ti comporti in questo modo quando io sono gay e tu sei perfetto? Non è giusto, non va bene, la devi smettere, mi rende le cose difficili.
Ma non disse niente, come sempre. Infatti, spiccicò a malapena parola per il resto del tempo che passarono alla casa da tè, e se Luhan l'aveva notato, non disse niente al riguardo.
Più tardi, quando lasciarono il negozio, Luhan guardò le foto scattate e commentò alcune di esse, continuando a sorridere. “Guarda questa,” disse, mostrando lo schermo a Minseok, che diede uno sguardo. “Il pesce continuava a fissarmi. Sembrava così sorpreso, come se non entrassero mai clienti o qualcosa del genere.” Rise, e Minseok forzò una risatina semi-normale. “Ohh, questa è carina. Guarda, Seok-ah, sei venuto così bene qui. La luce che passava dalla finestra ti colpiva proprio nel modo giusto, non credi?”
Non dire queste cose. È sin troppo facile per me fraintendere.
“Che ne pensi di—oh, è Jongin.”
La testa di Minseok scattò in alto, e vide Jongin dall'altra parte della strada, e a quanto pare anche lui li aveva appena notati. Sembrava un po' ansioso, guardò il marciapiede e si morse il labbro, ma poi sembrò prendere una decisione e li salutò prima di attraversare velocemente la strada e chiamare Luhan.
“Hai bisogno di qualcosa, Jongin?” chiese Luhan quando il più piccolo si avvicinò.
Jongin guardò in fondo alla strada, poi si voltò e annuì. “Sì, um… posso parlarti un attimo?”
“Certo,” rispose Luhan, mettendosi la fotocamera al collo.
Jongin lanciò uno sguardo a Minseok, che stava fingendo di non fissarlo. Poi si rigirò verso Luhan. “Possiamo andare in un posto un po' più privato?”
Il maggiore guardò Minseok con occhi grandi. “Um. Ti va bene se vado con lui, Seok-ah?” chiese.
Minseok non riusciva nemmeno a capire cosa fosse quella sensazione che gli aveva invaso lo stomaco, vuoto e pieno allo stesso tempo. “Sì, certo,” rispose, e la sua voce suonò stranamente cupa. “Fai come ti pare.”
Il sorriso di Luhan era allegro e pieno di gratitudine. “Okay. Possiamo andare, allora. Ciao, Minseok. Grazie per avermi portato alla casa da tè, è stato carino.”
Minseok distolse lo sguardo e scrollò le spalle. “Era per il progetto,” disse, senza nemmeno sapere il perché.
“Lo so, ma è stato comunque carino,” continuò Luhan. “Ci vediamo domani, okay?”
“Sì,” disse Minseok, e fece un cenno di saluto mentre Luhan si allontanava con Jongin. Li guardò camminare per un momento, e proprio prima di voltarsi, vide Luhan toccare il gomito del più piccolo.
Beh. Questo rispondeva alle sue domande, allora.


Sehun davvero, davvero, non voleva vedere Jongin dopo essere scoppiato giovedì pomeriggio. Infatti, non voleva vederlo mai più. Ma sfortunatamente, aveva ancora scuola il venerdì (e ci doveva andare, oppure sua madre adottiva si sarebbe arrabbiata), e Jongin era ancora nella sua classe.
Apparentemente, però, anche Jongin non voleva più vedere Sehun, o aveva davvero gettato la spugna – che era quello che aveva sempre voluto lui, no? - perché quella mattina non andò a salutarlo, non cercò di intercettarlo prima che scomparisse per la pausa, non si offrì di essere suo compagno per geografia, e non apparve nemmeno sulla linea visiva di Sehun, dato che sedeva nel banco dietro di lui. Non importava quale fosse il motivo per cui lo stesse lasciando in pace, ma Sehun provò un mix di emozioni, la più forte tra le quali era il sollievo. Aveva passato l'intera serata precedente a maledirsi per essersi fatto sfuggire così tanto, soprattutto quando la maggior parte delle cose che aveva detto potevano essere usate contro di lui, quindi il fatto che Jongin gli stesse lontano lo faceva sentire un po' meglio. Davvero, era così.
Solo che il fatto che Jongin si fosse davvero arreso gli faceva sentire anche altre cose, ed erano molto meno piacevoli del sollievo. Gli hai detto tu di lasciarti in pace, si ripeté acidamente. Sapevi che se ne sarebbe andato. Eri pronto a questo, ti è già capitato in passato, se ne vanno sempre, Jongin non è l'eccezione. Volevi che se ne andasse.
Ma aveva promesso che non l'avrebbe fatto.
Quando Sehun si sedette al solito tavolo, a pranzo, non c'era nessuno ad aspettarlo. Certo che non c'era. Tirò fuori il proprio pranzo, fissò il muro, bloccò il suono degli studenti che lo circondavano. Anche se sembrava uno di loro, era spontaneamente separato. Non era parte di loro, non lo sarebbe mai stato.
Jongin non venne a sedersi con lui, e Sehun non si voltò per guardarlo.
Erano passati ben dieci minuti dall'inizio della pausa pranzo quando qualcuno chiamò il suo nome. “Sehun-ah?”
Sehun non distolse lo sguardo dal muro quando Luhan prese posto davanti a lui con esitazione. Non vide il modo in cui il maggiore si stava mordendo il labbro, o come lo stava guardando con gli occhi spalancati. “Sehun-ah?” lo chiamò ancora
“Cosa,” rispose Sehun, masticando lentamente. Anche Luhan se ne andrà alla fine. È solo una questione di tempo, davvero.
Io—ho parlato con Jongin, ieri,” disse piano Luhan.
Sehun si irrigidì immediatamente, serrando la mascella sentendo la paura attanagliargli lo stocamco. Non disse niente, non guardò il ragazzo di fronte a sé, aspettò semplicemente che continuasse.
“Lui... mi ha raccontato cosa gli hai detto.”
L'indignazione scorreva nelle vene di Sehun. Chiuse i pugni così forte che le unghie gli scavarono i palmi delle mani. “Non aveva alcun diritto,” disse con voce roca e strozzata. “Non aveva alcun diritto di dirlo a te, o a nessun altro.”
No, Sehun, ascolta—”
No, stai zitto. Lo sapevo che sarebbe successo. Sono un idiota, io – ovvio che l'ha detto a tutti. Sapevo che non avrei dovuto parlargliene, non avrei nemmeno mai dovuto lasciare che lui parlasse con me, succede sempre. Ma è così che deve andare, no?” Ancora una volta le lacrime gli scesero lungo il viso, e questo rendeva Sehun così arrabbiato. “Sapevo che l'avrebbe detto ad altre persone, è quello che fanno i tipi come lui. Non appena scoprono che genere di persona sei lo dicono a tutti, e tu finisci per essere il più grande perdente della scuola. Accade. Ogni. Volta. Sono tutti uguali, no? Sapevo che non avrei mai dovuto lasciare che si avvicinasse a me.” Si asciugò con forza le lacrime, prese un profondo respiro e fece per alzarsi.
Sehun, no,” disse Luhan, e il suo tono era così severo e feroce che Sehun si bloccò. “Siediti e lasciami parlare.” Per qualche ragione Sehun lo fece, singhiozzando leggermente. Luhan si allungò oltre il tavolo e gli accarezzò la guancia, solo leggermente, prima di ritrarsi. “Ascoltami, Oh Sehun,” disse con voce decisa. “Ieri, dopo che te ne sei andato, ho visto Jongin in strada e mi ha chiesto se potevamo parlare. La prima cosa che ha detto è stata, ‘Sapevi di Sehun?’ e io gli ho detto che sapevo che sei un ragazzo adottato, punto. E poi sai cosa mi ha detto? Ha detto, ‘Ti devo dire una cosa, ma non puoi raccontarla a nessuno. Non ai tuoi genitori, non ai tuoi amici, né a nessuno. Se lo dici a qualcuno, giuro che te ne pentirai.’ E solo allora mi ha detto di cosa avete parlato, e ha detto, ‘Ho bisogno del tuo aiuto, perché non so come aiutarlo.’ E ha pianto, Sehun-ah. Ha pianto, perché era così turbato dalla tua situazione.”
Sehun rimase seduto a fissarlo, a bocca aperta. “Davvero?” sussurrò rocamente.
,” rispose Luhan. “Vuole solo aiutarti, Sehun.”
Il ragazzo deglutì a fatica. “Non ho bisogno del suo aiuto,” disse.
“Ma hai bisogno di qualcuno,” ribatté Luhan, “e Jongin vuole essere quella persona.”
“Non ho bisogno di lui,” gracchiò Sehun. “Non è riuscito a mantenere un segreto nemmeno per una dannata ora.”
“L'ha detto solo a me, perché sapeva che tutto quello che voglio è che tu stia bene,” continuò severamente il maggiore.
“Non sei mia madre,” disse Sehun. “Perché ti importa?”
Luhan sospirò. “Pensavo avessimo già superato questa storia, Sehun. Sai che ci tengo a te.”
“Questo è quello che dici,” abbaiò Sehun.
“Dagli solo una possibilità,” disse Luhan. “Ti prego.”
Sehun tirò su col naso, poi si voltò sulla sedia, guardando la mensa. “Dov'è?” chiese, con la testa piena di emozioni confuse.
Ci volle un momento perché Luhan rispondesse, sicuramente stava pensando a cosa volesse fare Sehun. “Seduto vicino a Minseok.”
Il suo sguardo si spostò al solito tavolo di Luhan, e notò immediatamente il ragazzo, seduto accanto a Minseok. Si irrigidì visibilmente quando incontrò il suo sguardo. Sehun si alzò, e Jongin sussultò.
Sehun, cosa stai—”
Sehun non si disturbò ad ascoltare il resto della domanda del maggiore, dirigendosi a grandi passi verso Jongin, poi gli afferrò il braccio e lo fece alzare. “Sehun—” guaì il ragazzo.
“Andiamo,” ruggì Sehun, trascinandolo verso la porta della mensa.
“Cosa—Sehun—” disse nervosamente Jongin, ma lasciò che il ragazzo lo tirasse fuori e in fondo al corridoio. “Sehun, mi—”
Sta' zitto,” lo interruppe lui, tirandolo nel bagno più vicino. C'era qualcuno al lavandino, ma se ne andò velocemente non appena Sehun spinse Jongin dentro, per poi chiudere la porta con un calcio.
Jongin rimase in piedi in mezzo al bagno e guardò Sehun con un misto di apprensione e sincerità. “Sehun, giuro che—”
Sehun gli diede un pugno sul naso.

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Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


Jongin indietreggiò quando il pugno di Sehun entrò in contatto con il suo naso, portandosi le mani al viso per coprirlo. “Mi sa che mi hai rotto il naso.”
“Sei un idiota,” disse Sehun.
Oh cavoli, penso di star sanguinando. Mi hai colpito davvero forte. Ah, non sopporto la vista del sangue.” Gli occhi di Jongin erano socchiusi sopra le mani.
“Perché hai detto tutte quelle cose a Luhan?” chiese piano Sehun, flettendo le dita e guardando il ragazzo.
Jongin aprì un occhio. “Quali cose?” domandò.
“Tutto. Perché gliele hai dette?” ripeté Sehun.
Jongin lo guardò per un momento, poi disse, “Perché le pensavo.” Allontanò le mani dal viso, poi grugnì quando vide il sangue sulle dita, macchiandogli la pelle di rosso. Chiuse gli occhi.
Sehun sbuffò e si diresse velocemente in un cubicolo, staccando un pezzo di carta igienica prima di tornare davanti a Jongin e spostargli le mani per fermare la fuoriuscita di sangue. La mano libera si posò sulla nuca del ragazzo per tenerla ferma, e Jongin aprì gli occhi e lo fissò. “Cosa pensavi?” continuò Sehun, gli occhi puntati sul naso sanguinante.
“Come?” chiese stupidamente Jongin.
“Hai detto che pensavi quelle cose. Cosa pensavi?” ripeté lui.
Jongin deglutì rumorosamente. “Che... che sarebbe stato nei guai se lo avesse detto a qualcuno,” rispose piano. “E che avevo bisogno del suo aiuto.”
“Aiuto per cosa?”
“Mi serviva il suo aiuto per... sapere come aiutarti,” sussurrò il ragazzo
Sehun serrò la mascella. “Chi dice che ho bisogno del tuo aiuto? O che lo voglio?”
Nessuno,” gli concesse Jongin. “Ma voglio farlo comunque.”
“Perché,” chiese Sehun, premendo la mano sul naso di Jongin un po' troppo forte, che continuò a sanguinare. Jongin sussultò. “Perché, Jongin?”
“Perché ci tengo, okay? È così difficile da capire?” rispose Jongin, sembrando esasperato e disperato.
“Sì, Jongin, lo è. Scusa se trovo difficile credere che ti importi di me, quando a nessun altro è mai importato,” sbottò Sehun.
“Beh a me importa,” insistette Jongin. “E anche a Luhan-hyung. E sono sicuro che sarebbe così anche per molte altre persone se solo glielo lasciassi fare. Quindi lasciami fare.”
“Perché? Così da sentirmi ancora peggio quando poi smetterà di importarti?” chiese Sehun, premendo nuovamente troppo forte sul naso.
“Puoi lasciare almeno che ti spieghi o qualcosa del genere?” lo pregò Jongin, con la voce improvvisamente debole.
Sehun rimase in silenzio per un momento, osservando l'espressione del ragazzo – il suo viso era molto più vicino di quanto non si fosse accorto – poi disse, “D'accordo.”
Jongin sospirò pesantemente. “Okay. Semplicemente – quando ti ho visto la prima volta, all'inizio dell'anno, volevo solo conoscerti, sai? Perché eri così attraente e—” Jongin arrossì all'improvviso e tossì. “E non parlavi mai con nessuno né lasciavi che qualcuno ti si avvicinasse e volevo sapere il perché.”
“Ero qualcosa da capire,” disse Sehun, cercando di non lasciarsi distrarre dal complimento inaspettato.
No, zitto. È solo che... mi ricordavi me stesso,” disse piano Jongin.
Sehun grugnì. “Sì, perché tu sei esattamente così.”
“Lo ero,” ribatté lui e Sehun rimase in silenzio. “Quando ero più piccolo, ero così. Alle elementari ero quel bambino con i capelli lunghi che faceva danza classica. Pensi che non venissi preso in giro per quello? Ho cambiato scuola alle medie, quando la mia famiglia si è trasferita a Seoul. Non parlavo con nessuno, perché non volevo essere preso ancora in giro. Non avevo detto a nessuno che ballavo, e non lasciavo che nessuno mi diventasse amico perché non volevo che lo scoprissero e lo dicessero in giro. Quando ti ho visto all'inizio dell'anno, ho pensato fossi nella stessa situazione.” Sehun non disse niente, e Jongin fece una smorfia e aggiunse, “Il naso mi sta uccidendo.”
“Te lo sei meritato,” disse burberamente Sehun. “Non è rotto.”
“Sarà meglio,” borbottò lui. “Comunque. Ero uno solitario fino a che Taemin non mi ha parlato.”
Taemin?”
“Il mio migliore amico. È in un'altra classe. Un giorno è venuto a parlare con me in mensa, e non mi ha lasciato in pace fino a che non ho incominciato a rispondergli.” Jongin fece un sorriso sghembo. “Ti suona familiare?”
“Decisamente,” mormorò Sehun.
“Per farla breve,” continuò lui, “molte cose sono cambiate per me dopo. Scoprii che anche Taemin ballava, anche se non danza classica. Mi disse che era figo, sai, che continuassi a farlo nonostante rendesse la mia vita difficile. Mi insegna anche l'hip-hop, ed è l'unico a cui permetto di venire a vedermi. E attraverso di lui mi sono fatto anche degli altri amici. Amici a cui piaccio nonostante tutto. Probabilmente ha anche aiutato il fatto che poco dopo sono entrato nella fase della pubertà, e sono diventato molto più attraente.” Rise imbarazzato. “Rimasi piuttosto sorpreso quando entrai alle superiori e all'improvviso piacevo a tutti. La cosa non mi piaceva, perché non mi conoscevano nemmeno. Sono rimasto con i miei vecchi amici, perché a loro piacevo per dei motivi validi. E mi rende davvero felice, perché sono davvero fighi e... veri? Ma comunque, già, poi ti ho visto ed ero tipo... voglio conoscerlo. Ma ero troppo timido per avvicinarmi all'inizio. E quando l'ho fatto, non sembrava davvero che ti piacessi.”
“Non mi piace nessuno,” disse Sehun, e per qualche ragione sembrava come se stesse rassicurando Jongin.
“Lo so. Ma ho provato davvero tanto a farmi piacere da te. Luhan-hyung mi diceva di continuare a provare, però,” confessò Jongin.
“Quell'idiota,” borbottò Sehun, e Jongin sorrise.
“Penso di non averlo capito fino a che non me lo hai detto tu, che i tuoi problemi non erano gli stessi che avevo avuto io,” disse Jongin, e Sehun serrò la mascella. “Avrei dovuto immaginarlo, ma... beh. Posso essere un po' ottuso.” Sehun non sorrise. Non lo fece. “Ma sapendo che hai passato situazioni ben peggiori delle mie voglio aiutarti ancora di più, perché a questo punto... mi piaci, sai? Non so nemmeno perché, dato che sei parecchio burbero e un po' meschino e—” Si interruppe quando Sehun si accigliò, e Jongin rise leggermente. “Ma sì, voglio dire, mi sono abituato. E ora mi sono affezionato a te e voglio aiutarti, perché è questo che fanno gli amici. Ma ho bisogno che me lo lasci fare. Lo farai?”
Sehun non disse nulla per molto tempo. Rimase lì in piedi, ad incontrare lo sguardo del ragazzo da sopra il fazzoletto sporco di sangue, e lasciando che il silenzio li circondasse. Poi, alla fine, disse, “Non lo so.”
Jongin si sgonfiò visibilmente, abbassando le spalle. “Allora,” rispose. “Allora immagino che dovrò continuare a provare.”
E Sehun non sapeva perché, ma per qualche ragione, sentiva che quella era esattamente la risposta che sperava di sentire.
Lentamente, allontanò la mano dal viso di Jongin e studiò il danno. Il naso aveva smesso di sanguinare, almeno. Facendo un passo indietro, gettò il fazzoletto nella pattumiera, poi prese una salviettina dal dispenser accanto al lavandino e lo bagnò prima di riavvicinarsi a Jongin e ripulirlo dal sangue secco. Il ragazzo lo guardò in silenzio per un po', e Sehun evitò il suo sguardo, osservando invece il livido che si stava già formando sul ponte del naso.
“È quasi il mio compleanno,” mormorò all'improvviso Jongin, e Sehun lo guardò per un secondo, sollevando un sopracciglio. Il ragazzo deglutì. “Farò una festa. Con i miei amici. Tu... dovresti venire.”
“Vuoi che venga alla tua festa di compleanno,” ripeté lui, mantenendo un tono di voce piatto e impassibile.
Jongin annuì esitante all'inizio, e poi con più decisione. “Sì. Esatto. Mi piacerebbe davvero che venissi. Puoi portare Luhan-hyung, se vuoi.”
La sensazione di calore nel petto di Sehun che si era piazzata sin da quando Luhan gli aveva detto di cosa avessero parlato lui e Jongin si fece più forte. Cercò di ignorarla. “Ci penserò,” fu tutto quello che riuscì a dire.
Jongin sorrise come se gli fosse stato promesso il mondo.
“Vado a finire il mio pranzo,” disse Sehun, indietreggiando. “Probabilmente tu dovresti andare a mettere un po' di pomata su quel livido, comincia a gonfiarsi.”
“Lo farò,” rispose Jongin, sorridendo.
“Bene. Ciao.” Sehun girò sui tacchi e si avviò alla porta.
“Aspetta, Sehun!” si fermò. “Perché mi hai dato un pugno?”
Sehun ci pensò per un momento. “Perché hai spifferato i miei segreti a Luhan,” disse, “e non mi lasciavi in pace.” E poi, qualche secondo dopo, “E perché se continuerai a provare anche dopo che ti ho picchiato, significa che sei davvero serio.”
La risata di Jongin riempì la stanza. “Lo so,” rispose, e Sehun uscì dal bagno prima che il ragazzo potesse vedere il sorriso che gli tirava le labbra.


Kyungsoo era sempre felice quando Minseok lo invitava ad andare a casa sua. Non è che non fosse sicuro della loro amicizia o niente del genere, ma... beh, non faceva mai male essere rassicurati. Kyungsoo non era mai il primo a proporre le loro visite, perché non voleva sembrare appiccicoso o invadente, quindi era sempre bello quando era Minseok a chiedergli se voleva passare a casa o qualcosa del genere. Non è che Kyungsoo fosse impegnato, d'altronde. Aveva sempre tempo per lui.
Quindi sì, quando Minseok gli chiese di andare a casa sua sabato pomeriggio, Kyungsoo era contento.
Si preparò come faceva sempre, prendendo le sue vitamine e indossando dei vestiti più carini, e poi percorse il breve tragitto che portava alla porta di Minseok. Premette il campanello con la nocca coperta, poi aspettò pazientemente che qualcuno rispondesse. Quando nessuno lo fece, Kyungsoo si accigliò e suonò ancora, sbirciando dallo spioncino fino a che non sentì dei movimenti dall'altra parte, e qualche risata camuffata, e poi la porta si aprì rivelando un Minseok sorridente. “Ciao Kyungsoo.”
Kyungsoo sollevò leggermente un sopracciglio. “Ciao hyung,” lo salutò. “Come mai questa strana musica—”
SORPRESA!”
Kyungsoo spalancò la bocca quando una dozzina di voci esultarono in coro, e i proprietari di quelle voci sbucarono da creativi nascondigli nel salotto di Minseok. “Buon compleanno, Kyungsoo!”
Il ragazzo non riuscì a trovare la voce per un minuto. “Io—non è ancora il mio compleanno,” disse alla fine.
Baekhyun rise mentre sbucava da dietro la TV. “Siamo solo un giorno in anticipo,” disse. “E poi, se lo avessimo fatto per il tuo compleanno, l'avresti capito.”
Kyungsoo si guardò intorno meravigliato. Le lampade sul soffitto erano ricoperte da una pellicola verde, che illuminava il soggiorno con una luce smeraldina, e qualcosa riempiva la casa di uno strano odore dolciastro che Kyungsoo non riusciva a riconoscere. Lievi suoni uscivano dalle casse – qualcosa simile a vento e fruscii e cinguettio di uccelli – e c'erano degli alberi di Natale non decorati in due angoli della stanza, che era stata spogliata dal solito arredamento per fare spazio ad una piccola piscina di sabbia, insieme a qualche manciata di pigne. “Che diavolo hai fatto a casa tua?” chiese incredulo a Minseok.
Il maggiore rise, guardando Luhan e Jongdae orgogliosamente. “L'abbiamo trasformata in un campeggio,” disse.
“Perché?” chiese Kyungsoo.
Jongdae fece su e giù in punta di piedi eccitato. “Perché abbiamo sentito che non sei mai stato in campeggio prima,” rispose. “E dato che non pensavamo ti sarebbe piaciuto andare in una vera foresta, abbiamo pensato di portare la foresta da te.”
Kyungsoo pensava di essere in una specie di sogno. “Avete fatto questo per me?” chiese piano.
Luhan annuì sincero. “È stata un'idea di Jongdae, a dire il vero,” disse.
Ricordi quando al mio compleanno hai detto di non aver mai festeggiato il tuo prima?” chiese Jongdae. “Beh, ti avevo promesso che ti avrei organizzato una festa, e dato che le nostre opzioni erano limitate…”
Luhan ci ha ricordato che c'erano un sacco di cose che non hai mai fatto,” continuò Minseok. “Allora abbiamo deciso di portarti in campeggio per il tuo compleanno.”
Kyungsoo deglutì a fatica, sbattendo velocemente le palpebre mentre cercava di parlare. “Io—io—” Sentì una lacrima calda scivolargli sulla guancia.
Minseok saltò in avanti immediatamente, gli occhi spalancati e preoccupati. “Soo! Mi dispiace, abbiamo solo pensato—”
Il ragazzo tirò su col naso e si asciugò gli occhi con una manica. “Nessuno mi ha mai organizzato una festa di compleanno prima,” singhiozzò.
La stanza rimase silenziosa per un momento, e poi Minseok sorrise e disse, “Beh, allora questa è un'altra cosa da spuntare dalla tua lista.”
Kyungsoo gli lanciò un sorriso tremolante. “Grazie,” sussurrò.
Ah!” esclamò all'improvviso Chanyeol dal suo vecchio nascondiglio dentro allo sgabuzzino delle scope. “Ho qualcosa per te!”
Kyungsoo lo guardò sbattendo le palpebre, e Chanyeol sorrise sventolando un grande cappello color cachi. “Per il vero campeggiatore,” disse il ragazzo.
Kyungsoo indietreggiò leggermente. “Io—”
“L'abbiamo lavato,” si intromise velocemente Minseok, rassicurandolo. “Mia mamma ci ha aiutato. È pulito.”
Kyungsoo guardò il cappello, poi Minseok, mordendosi il labbro titubante. “Tua mamma ha aiutato?”
Minseok annuì. “E conosci mia madre. Sa come disinfettare le cose. Ci ha dato la sua approvazione.” Poi aggiunse, “Ci ha dato la sua approvazione per tutto. Letteralmente tutto, in questa stanza. Garantita per la sicurezza di Kyungsoo.”
Il più piccolo non poté fermare il sorriso che si aprì sul suo viso, prendendo felice il cappello da Chanyeol con dita tremanti – niente guanti, né maniche che gli coprivano le mani – e se lo mise in testa. La visiera quasi gli copriva gli occhi.
“Anche io ho qualcosa per te,” disse felice Baekhyun. Gli porse un paio di piccoli binocoli, e Kyungsoo guardò ancora una volta Minseok, il quale annuì incoraggiante. Il ragazzo li prese e se li appese al collo.
“Anche questo è per te,” aggiunse Junmyeon, dopo essersi spostato da dietro uno degli alberi. In mano aveva una tuta mimetica.
Kyungsoo la prese, infilandosela sopra la maglietta e ridendo, “È così brutta.”
“La foresta non è una passerella,” rise Minseok, agitando le braccia per ricordare all'amico la loro posizione.
“Non riesco a credere a quello che sta accadendo,” disse Kyungsoo, guardandosi intorno con meraviglia. “Dove avete trovato tutta questa roba? E perché c'è della sabbia in una piscina per bambini?”
“Perché è impossibile sterilizzare lo sporco,” rispose Jongdae, ridendo. “E perché Luhan-hyung ci ha fatto notare che non hai mai toccato la sabbia.”
Kyungsoo si morse il labbro e rise ancora, ricacciando altre lacrime. “È vero,” confessò. “Posso toccarla, ora?”
“Certo,” disse Minseok, facendo un gesto verso la piscina. Kyungsoo si avvicinò e lentamente si sporse, affondando le dita nei piccoli granuli. Ne raccolse un po' e la lasciò scorrere tra le dita, meravigliandosi per come fosse morbida nonostante fossero solo piccoli pezzettini di roccia. Sapeva che probabilmente era strano, che tutti erano là in piedi in silenzio mentre lui faceva scivolare le dita sulla sabbia per la prima volta, ma al momento non c'era niente che volesse di più.
Quando finì di toccarla, Kyungsoo alzò lo sguardo sulle persone che lo stavano guardando e disse, “Allora quali altri piani ci sono per oggi?”
“Un picnic!” esclamò Baekhyun eccitato.
“E giochi da campeggio!” aggiunse Chanyeol.
“E un falò,” disse Minseok.
“Dentro?” chiese incredulo Kyungsoo.
Minseok gli fece un occhiolino con fare cospiratorio.
Alla fine, i 'giochi da campeggio' (versione al chiuso) non erano altro che bocce e il tiro degli anelli, ed entrambi furono leggermente disastrosi nello spazio limitato che era il soggiorno di Minseok, ma Kyungsoo si ritrovò comunque a divertirsi un mondo. Quando arrivò l'ora di cena, Minseok e Luhan sistemarono una coperta sul pavimento sulla quale si sedettero tutti, aprendo vaschette di kimbap e panini (alcuni dei quali erano stato preparati solamente per Kyungsoo, separati dagli altri per evitare qualsiasi tipo di contaminazione). Quando fuori cominciò a fare buio, Minseok spense tutte le luci della stanza e consegnò una torcia a Kyungsoo per una partita a Strega di Mezzanotte che risultò in una serie di nascondigli assurdi, urla isteriche e risate irrefrenabili.
Più tardi quella sera, Minseok e Jongdae tirarono fuori il loro 'falò', ovvero un vassoio con candele al profumo di pino (Kyungsoo non aveva mai odorato un pino prima – a quanto pare era questo l'odore che c'era in tutta la casa), tutte accese per creare un mare di piccole lucine. Chanyeol e Baekhyun portarono dei marshmallows e del cioccolato e dei crackers integrali dalla cucina, e fecero degli s'mores con il loro piccolo fuoco, infilzando i marshmallows con degli spiedini di metallo per arrostirli. Minseok cambiò la musica di sottofondo con quella dei grilli che frinivano, e Junmyeon dovette convincere Chanyeol a non raccontare storie di fantasmi un bel po' di volte. Mentre la serata andava avanti, Baekhyun, Chanyeol e Junmyeon tornarono a casa, lasciando soli Kyungsoo, Minseok, Luhan e Jongdae. Le candele erano state spente, la piscina di sabbia spinta in un angolo e i sacchi a peli erano stati srotolati mentre Minseok sistemava una piccola lampada che creava l'effetto di un cielo stellato sul soffitto.
Mentre Kyungsoo era sdraiato nel suo sacco a pelo, ascoltando il lieve frinire dei grilli e osservando le stelle sul soffitto, si chiese come avesse fatto ad essere così fortunato quando si trattava di amici.
Minseok-hyung?” sussurrò piano, non sapendo se il ragazzo a fianco a lui fosse ancora sveglio.
“Sì?” rispose Minseok dopo un momento.
Kyungsoo si avvicinò a lui, sospirando, “Grazie per oggi.”
“Non ho fatto tutto io,” disse lui, con una risatina. “È stata un'idea di Jongdae.”
“Fa lo stesso,” sussurrò Kyungsoo. “Non avrei nemmeno conosciuto Jongdae, se non fosse stato per te. Tutto questo... significa tanto per me, sai? Grazie.”
“Sono contento ti sia piaciuto,” rispose piano Minseok. “Mi rende felice vederti felice.”
Kyungsoo sorrise. “Vorrei poter davvero andare in campeggio, un giorno,” confessò.
Minseok si mosse accanto a lui, e Kyungsoo sapeva che si era voltato per guardarlo. “Ti ci porterò un giorno,” promise sincero. “Dico davvero.”
Kyungsoo sospirò, perdendo il sorriso per un momento. “È più facile a dirsi che a farsi.”
“Ci lavoreremo su,” disse Minseok. “Un giorno, ce la faremo.”
Kyungsoo voleva potergli credere.


Dopo il loro piccolo incidente 'dell'appuntamento' alla casa del tè, Minseok aveva cercato in ogni modo di evitare di fare cose che sarebbero potute essere mal interpretate quando era con Luhan. Se doveva essere sincero con se stesso, era più per il proprio bene che per la paura che Luhan potesse fraintendere. Era particolarmente attento, calcolava quanto fosse vicino al ragazzo cinese, pensava alle cose che diceva, alle cose che faceva. Questo però lo rendeva anche decisamente sensibile alle cose che Luhan faceva quando erano insieme, e a volte gli rendeva la vita un po' difficile, ma almeno stava provando.
In qualche modo, però, nonostante tutte le sue precauzioni, non realizzò in tempo quanto sarebbe stato strano conoscere i genitori di Luhan.
Ad essere onesti, non è che li avesse incontrati di proposito. Solo che a volte si dimenticava che Luhan aveva dei genitori, erano così assenti. Il ragazzo ne parlava di tanto in tanto, ma anche in quel caso, c'era sempre un piccolo pensiero nella testa di Minseok che queste persone non esistevano davvero, come una specie di favola o qualcosa del genere. Ma il giorno dopo la festa di compleanno di Kyungsoo, Minseok era andato a casa di Luhan per lavorare a qualche lettura insieme, e proprio quando avevano finito, la porta d'ingresso si aprì e due adulti entrarono.
Luhan saltò in piedi immediatamente. “Mama!” esclamò eccitato. “Baba!”
I due adulti – i suoi genitori, ovviamente – lo guardarono e sorrisero, e la madre lo tirò in un abbraccio per poi cominciare a parlare in rapido cinese. Anche Minseok si alzò, e non appena Luhan ebbe finito di dire qualsiasi cosa stesse dicendo ai genitori, fece un giro intorno a lui e lo spinse in avanti. “Zhe shi Minxi,” disse contento. Insisteva sempre a presentare Minseok con il suo nome cinese quando parlava con altre persone cinesi.
Minseok si inchinò con rispetto, mormorando un, “Ni hao…” e cercando qualcos'altro da dire ma ritrovandosi con la mente vuota.
I genitori di Luhan gli sorrisero, poi si voltarono verso il figlio e dissero qualcosa troppo in fretta perché Minseok potesse afferrarlo. Alla fine, però, dissero, “Ta hen ke ai.” È molto carino.
Minseok arrossì immediatamente, ma Luhan si limitò a ridere e a circondargli le spalle con una braccio, stringendo e concordando con loro. Continuarono a parlare poi, e Minseok afferrò solo qualche parola qui e là (la sua mente era decisamente limitata dalla sensazione del braccio di Luhan che scese a cingergli i fianchi), ma era abbastanza sicuro che stessero parlando di lui. Ne ebbe la conferma quando Luhan rise ancora e si voltò verso di lui, il viso troppo vicino a quello di Minseok, e mormorò, “I miei genitori dicono che ti approvano.”
Minseok arrossì ancora di più, senza riuscire a fare un sorriso normale, e l'amico rise. E poi disse, “Ah! Nimen mang ma?” Siete impegnati?
Entrambi i genitori scossero la testa, sorridendo come se sapessero già cosa avrebbe detto il figlio, e Minseok sapeva che Luhan sarebbe dovuto andare a lavoro tra mezz'ora, ma aveva come la sensazione che quella sera si sarebbe dato malato.
Seok-ah,” disse sincero Luhan. “È da tanto che vorrei andare in un posto con i miei genitori.” Minseok era già pronto a salutare educatamente. “Verresti con noi per fare delle foto per il mio progetto?”
Minseok sbatté le palpebre sorpreso. “Huh?”
Luhan si illuminò. “Fa parte della mia esperienza coreana, no? Esplorare la città con i miei genitori. Voglio metterlo nel mio album.”
“Ma... non vorrei intromettermi,” obiettò Minseok, mordendosi il labbro.
Oh, non lo farai, non preoccuparti,” gli assicurò Luhan. “Voglio che venga! Voglio che conosca i miei genitori.”
Minseok si sentì stranamente come il fidanzato imbarazzato che cerca di evitare di passare del tempo con i futuri suoceri. Il che era un male. “Lu,” disse, abbassando la voce. “Posso a malapena comunicare con loro.”
“Il loro coreano sta migliorando!” insistette Luhan. “Vero, mamma? Vero, papà?”
Minseok li vide annuire in modo incerto, come se non fossero sicuri di cosa avessero appena confermato. Luhan sembrò comunque soddisfatto. “Vedi? Comunque, voglio che venga. Ti prego?”
Il ragazzo sospirò. Era mai riuscito a negargli qualcosa? “D'accordo, vengo,” mormorò, e Luhan gli strinse leggermente i fianchi, felice. Minseok sussultò e si morse il labbro.
E fu così che finì per seguire Luhan e i suoi genitori lungo il fiume Cheonggyecheon, con la fotocamera di Kyungsoo in mano, scattando foto alle tre figure contro le luci della città e ascoltando le affettuose e felici chiacchiere in cinese che si mischiavano con quelle in coreano attorno a loro. I genitori di Luhan erano ovviamente stanchi, dopo chissà quante ore di lavoro, e il freddo era pungente anche attraverso gli spessi strati di vestiti, ma sembravano contenti di poter passare del tempo con il figlio, semplicemente visitando la Corea e lasciando che fosse lui a parlare. A Minseok piaceva guardarli, anche se non capiva la maggior parte delle cose che si dicevano.
Dopo un po', però, fu chiaro che non fosse stato invitato solo per fare le foto, e Luhan si voltò e gli fece cenno di avvicinarsi. Minseok scosse velocemente la testa, mormorando No vai avanti, non voglio intromettermi, ma Luhan non volle sentire ragioni. Quando Minseok non acconsentì subito ai suoi desideri, il ragazzo alzò scherzosamente gli occhi al cielo e camminò all'indietro fino a che non riuscì ad afferrare il polso di Minseok, tirandolo in avanti per stare in mezzo ai genitori. Minseok irrigidì le spalle e abbassò la testa, sentendosi a disagio, e cercò furtivamente di liberarsi dalla presa di Luhan. Proprio quando pensava di esserci riuscito, le dita guantate dell'amico scivolarono ad afferrargli la mano, con una presa abbastanza salda dalla quale Minseok non riuscì a staccarsi, e che lo fece avvampare. Perché doveva sempre fare cose del genere? Sembrava come se ogni volta che vedeva Luhan, il ragazzo trovasse metodi nuovi e originali per rendergli la vita difficile.
Il padre di Luhan fece una domanda al figlio, il quale si voltò subito verso Minseok, “Mio padre vuole sapere cosa pensi di fare dopo. Tipo, per l'università.”
Minseok si sentì vagamente distratto dalle loro mani che dondolavano tra loro. “Io, um. Sto progettando di fare domanda a diverse università. Per ingegneria urbana.”
Luhan annuì. “Cos'è?”
Ci volle un po' più del normale perché riuscisse a semplificare le parole per lui. “È, uh, costruzione e design. In città.”
Ahhh,” disse Luhan, annuendo saggiamente. “Figo.” Si voltò nuovamente verso il padre per tradurre in cinese. Quando l'uomo rispose, Luhan sorrise e si rivolse a Minseok, “Dice che è bello avere una carriera pianificata così presto.”
Minseok rise, ma all'improvviso gli sembrò di essere interrogato da qualche possibile pretendente. Doveva davvero riportare i piedi per terra. “E tu cosa progetti di fare?” chiese velocemente, cercando ancora di liberarsi dalla presa di Luhan.
Il ragazzo si accigliò, abbassando la testa un po' mentre i suoi genitori parlavano. “Non ne sono sicuro,” disse. “Non so se avrò abbastanza soldi per andare all'università quest'anno.”
Oh.” I genitori di Minseok avevano risparmiato per il suo fondo universitario sin da quando era bambino. “È... è un vero peccato. Cosa ti piacerebbe fare, allora?”
“Se potessi andare all'università?” Minseok annuì. “Ah, non lo so. Ci sono così tante opzioni. Forse andrei semplicemente in ingegneria urbana, insieme a te.” Luhan sorrise, e Minseok era abbastanza sicuro di star superando il suo limite di imbarazzo quella notte.
Luhan chiaramente non conosceva nessun limite, perché qualche minuto dopo, dopo una piccola conversazione con i genitori, il ragazzo gli disse, “Mia mamma ti ringrazia per essere venuto a letto con me.”
Minseok si strozzò e tossì, il viso completamente rosso mentre staccava la mano da Luhan e se la portava alla bocca. “Cosa?!” sputacchiò.
Luhan sembrò più che perplesso, guardandolo con gli occhi spalancati. “Stavamo parlando di quella volta in cui hai dormito a casa e mi hai tenuto al caldo.”
OH,” disse Minseok, sventolandosi furiosamente la faccia. “Oh. Okay. Quello – nessun problema.” Wow, forse Minseok doveva investire più tempo nell'insegnare a Luhan i modi di dire pericolosi.
Luhan lo guardò in modo strano. “Cosa pensavi avessi detto?”
Okay, ora non era il momento per la prima lezione. Il ragazzo scosse la testa, dicendo, “Niente, niente, ho solo... sentito male. Dimenticalo.” Si mise le mani in tasca. “Magari, dovresti evitare di andare in giro a dirlo alla gente.”
“Perché dovrei farlo?” chiese Luhan, confuso, e Minseok scosse nuovamente la testa sperando che l'amico lasciasse cadere l'argomento.
Fortunatamente lo fece, lasciando che Minseok si riprendesse dal suo piccolo attacco di cuore. Non lo stava nemmeno più tenendo per mano – Minseok si assicurò che fosse impossibile – quindi questa era un'altra cosa che non gli pesava più sul petto. Luhan parlò ancora un po' con i genitori, qualcosa circa un prossimo compito di chimica a quanto era riuscito a capire, e Minseok da una parte ascoltava e dall'altra imprecava contro Luhan che gli faceva provare cose problematiche e che in pratica esisteva solamente per incasinare la sua, altrimenti tranquilla, vita. O almeno era quello che sembrava.
Eppure Minseok non riusciva ad avercela con lui, in parte perché era nella sua natura, ma soprattutto perché gli occhi di Luhan si illuminavano quando era così felice, e perché Luhan era sempre affettuoso e sincero, e perché Luhan si prendeva sempre più cura degli altri prima di se stesso. In più, quando i denti di Luhan cominciarono a battere per il freddo, nonostante tutto, Minseok si sfilò silenziosamente la sciarpa dal collo per metterla intorno a quello dell'amico, e non era sicuro se quella fosse una ragione, ma quando Luhan si voltò a sorridergli, pensò che di sicuro lo era.
Fecero il giro e ormai erano quasi tornati al punto di partenza, e uno o due minuti più tardi, Luhan disse all'improvviso, “Oh! Minseok, mi sono dimenticato di dirti una cosa.”
“Cosa?” chiese Minseok, abbassandosi il cappello sulle orecchie.
È il compleanno di Jongin martedì.”
Minseok sbatté le palpebre, poi si accigliò. “Sai quand'è il compleanno di Jongin?” chiese, stranamente infastidito.
“Sì. Me l'ha detto lui,” disse Luhan.
“Sai quando è il mio compleanno?” domandò, nemmeno sicuro del perché.
Luhan ci pensò. “No.” A Minseok non piacque quella risposta. “Quand'è?”
“Il 26 Marzo,” mormorò.
“Me ne ricorderò,” disse l'amico, sorridendo. “Comunque, è il suo compleanno martedì, e vado alla sua festa.”
Le sopracciglia di Minseok si aggrottarono contra la sua volontà. “Ti ha chiesto di andare?”
“Beh, tecnicamente doveva essere Sehun a chiedermelo, ma Jongin mi ha chiamato per assicurarsi che lo avesse fatto, e non era così,” disse Luhan ridendo.
Jongin ti ha chiamato?” chiese incredulo.
“Sì, ha il mio numero di telefono. Mi ha chiamato stamattina. Comunque, devo far sì che Sehun vada.” ridacchiò lui. “Avevo quasi pensato che Sehun lo avesse ucciso venerdì a pranzo, quando lui è tornato in mensa e Jongin no, e non volevo dire niente, ma a quanto pare non l'ha fatto. Sehun non vuole dirmi cosa è successo tra loro, ma Jongin vuole davvero che vada alla sua festa, quindi sarà andata bene, no?”
A questo punto, Minseok era indeciso se essere molto infastidito o molto, molto confuso. Ogni volta che cercava di capire che relazione ci fosse tra Sehun, Luhan e Jongin, pensava a teorie sempre più bizzarre. Luhan gli aveva sempre detto “Sono interessato a lui,” quando gli aveva fatto qualche domanda su Jongin (e la cosa lo irritava, quindi aveva smesso di chiederglielo) e Jongin sembrava interessato perlopiù a Sehun e Sehun sembrava tollerare solo Luhan, ed era una specie di strano triangolo di... stranezza. Jongin poi passava un bel po' di tempo a discutere di cose segrete con Luhan, il che rendeva tutto ancora più strano? E ovviamente Luhan era ancora intenzionato a diventare amico di Sehun (per Jongin? Forse?), e si agitava per qualsiasi passo avanti facesse.
E poi venerdì Jongin si era seduto con Minseok al loro tavolo (la prima volta che stavano così vicini e la sua impressionante bellezza lo infastidiva più di quanto non avrebbe dovuto) mentre Luhan andava a parlare con Sehun di qualcosa, e poi Sehun si era precipitato da loro e aveva tirato via Jongin e??? Niente aveva senso per Minseok. Quando aveva chiesto a Luhan cosa stesse succedendo, il ragazzo gli aveva assicurato che non lo riguardava, e questo infastidì ancora di più Minseok perché voleva solo una spiegazione. Chiaramente, però, non ne avrebbe ricevuto una.
Lasciarono cadere la questione del compleanno poco dopo, più che altro perché Minseok non ne voleva discutere, e si avviarono verso casa di Luhan, dove avrebbe dovuto raccogliere le proprie cose e tornare a casa propria. Salutò sia Luhan che i genitori prima di andare via, e mentre Luhan e il padre si limitarono a fare un gesto con la mano, la madre tirò Minseok in un abbraccio, cosa estremamente inaspettata, considerando che si erano visti per la prima volta qualche ora fa ed erano stati capaci di scambiarsi cinque parole in croce. In qualche modo spiegava la tendenza di Luhan a toccarlo in ogni momento. In ogni caso, gli abbracci della madre erano tanto affettuosi quanto quelli del figlio, e non era una sensazione tanto strana come si sarebbe immaginato.
Il tragitto in autobus fu silenzioso e tranquillo, e la guancia di Minseok era fredda dove la poggiava contro il finestrino, ma poteva ancora sentire il calore della mano di Luhan intorno alla propria e questo, pensò, probabilmente doveva dirgli qualcosa.
Tipo che forse c'era già dentro fino al collo.

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Capitolo 19
*** Capitolo 17 ***


Sehun non aveva mai pensato al fatto che il Jongin che vedeva regolarmente non era lo stesso Jongin che vedevano le altre persone. Non lo aveva mai sfiorato l'idea che Jongin potesse comportarsi in modo differente con lui rispetto ad altri. Sehun aveva interagito con lui solo faccia a faccia o con Luhan vicino, quindi fu una sorpresa come il ragazzo alla festa di Jongin fosse... non fosse esattamente la stessa persona.
Non lo notò subito. Entrò nel luogo della festa, un piccolo ristorante nel quale potevi accomodarti da solo al tavolo, con Luhan che lo seguiva come una sorta di chaperone, e nel momento in cui lo vide, Jongin saltò su dalla sedia ed esclamò, “Sei venuto!”
Sehun fece una smorfia, cercando di non mostrare alcuna reazione a quanto sembrasse soddisfatto Jongin. “Luhan mi ha costretto,” disse, anche se non era del tutto vero. Sehun sarebbe semplicemente potuto restare a casa e non incontrare Luhan all'angolo di strada che gli aveva detto il maggiore. Si sarebbe potuto rifiutare di andare. Eppure era qui. Non era nemmeno sicuro del perché. Ma lui non aveva bisogno di saperlo.
Jongin sorrise come se lo avesse saputo, comunque. Il suo naso era ancora un po' gonfio e livido da quando lo aveva colpito. Sehun lo aveva sentito dire in giro che aveva sbattuto contro una porta. “Mi fa davvero piacere che sia venuto,” disse lui, sembrando un po' timido. “Anche tu, Luhan-hyung,” aggiunse poco dopo. “Grazie per essere venuto.”
Luhan rise e disse, “Piacere mio.”
“Come è andato il tuo weekend, Sehun?” chiese allegro Jongin, ma prima che Sehun potesse rispondere (o non rispondere, che era quello che faceva di solito), un gomito colpì il ragazzo, facendolo sussultare. “Oh! Giusto. Um, Sehun, questi sono i miei amici.”
Sehun fece un passo avanti per guardare il tavolo, dove erano già seduti quattro ragazzi. Sehun li riconobbe immediatamente come i ragazzi con cui Jongin sedeva sempre a pranzo, ma non disse niente.
“Questo è Taemin,” cominciò Jongin, indicando il ragazzo che gli aveva appena dato la gomitata. Quindi questo era il ragazzo che a quanto pare lo aveva cambiato così tanto, anni fa? Non sembrava nessuno di speciale. “Questi sono Kibum-hyung, Jinki-hyung, e Jonghyun-hyung. Minho-hyung non è riuscito a venire, è a qualche cosa sportiva.”
“Quindi questo è l'Oh Sehun di cui abbiamo sentito taaaanto parlare,” disse Taemin, guardando Jongin e sorridendo.
Sehun si aspettava che Jongin abbassasse la testa e si coprisse il viso, come faceva sempre quando si sentiva in imbarazzo parlando con lui, ma la prima sorpresa della serata fu quando, invece, Jongin diede un calcio all'amico e gli fece una boccaccia, facendo ridere Taemin che rispose a sua volta con una smorfia.
È un piacere conoscerti finalmente,” disse Jonghyun, ignorando i due. “Di persona, intendo. Jongin parla così tanto di te che è come se ti conoscessimo già.”
Ora era Sehun che voleva abbassare la testa e coprirsi il viso. Invece lottò contro il rossore che minacciava di colorargli le guance e disse, “Di voi non parla mai.”
I ragazzi risero, inclusi Jongin e Luhan, e Sehun non seppe come reagire. Stavano ridendo di lui? Nessuno rideva mai alle cose che diceva Sehun se non per ridere di lui.
Alla fine si sedettero, e Jongin spinse Taemin sulla panca in modo che Sehun potesse stringersi accanto a lui. Luhan si sedette di fronte a loro, troppo lontano. Le gambe di Jongin e Sehun e premute insieme, dal ginocchio al fianco, e le loro spalle continuavano a sfiorarsi, e Sehun si rese conto che non erano mai stati così vicini per tanto tempo. Di solito, Sehun odiava stare così vicino ad altre persone, odiava toccare le persone, ma... beh, non aveva altra scelta in uno spazio così ristretto, no? E Jongin era così... caldo.
Cosa che avrebbe dovuto metterlo ancora più a disagio, perché mancava già l'aria nel ristorante, ma per qualche ragione non fu così.
Venne fuori che il ristorante era della madre di qualcuno – Sehun pensava di Taemin – e venne loro assicurato che il conto oggi era offerto dalla casa, e fu un sollievo per lui perché non aveva davvero soldi. Poté vedere un nuovo lato di Jongin mentre battibeccava con i suoi amici su cosa ordinare, lamentandosi e dando ordini testardi tra le risate che sorprendevano sempre Sehun. Jongin non aveva mai riso così quando era con lui. Era tutto così diverso fino a che il ragazzo non si voltò verso di lui, con un sorriso sincero sulle labbra, e gli chiese cosa lui volesse mangiare. Questo era il Jongin al quale era abituato Sehun, ma l'improvviso cambiamento lo colse di sorpresa e riuscì a malapena a mormorare una risposta, dicendo che non gli importava e cercando di ignorare gli sguardi che gli amici di Jongin stavano lanciando al festeggiato. Sehun non aveva idea di cosa quegli sguardi potessero significare, comunque.
Jongin fece così per tutto il tempo, e Sehun non poté fare a meno di osservarlo mentre scherzava e rideva con i suoi amici, mordendo il pollo fritto e facendo stupide imitazioni e penosi riferimenti a qualche film. Qualche volta tornava il solito Jongin a cui Sehun era abituato, coprendosi il viso imbarazzato quando faceva qualcosa di eccezionalmente stupido, ma per la maggior parte del tempo sembrava semplicemente... a suo agio. Come se non avesse dovuto forzare niente, o nascondere niente. Si comportava in modo diverso rispetto a quando era con Sehun, e questo lo confondeva, lo infastidiva.
Luhan fu il primo ad andarsene, dicendo che doveva essere da qualche parte e salutando tutti, in particolare Sehun, in modo affettuoso. Il ragazzo voleva quasi chiedergli di restare. Almeno Luhan era qualcosa di familiare in un oceano di diversità. Ma se ne andò, e Sehun rimase, e si chiese se forse fosse rimasto solo perché sapeva quanto sarebbe sembrato deluso Jongin se non l'avesse fatto. Poco dopo qualcuno portò una torta, e Jongin sorrise e soffiò le candeline, chiudendo gli occhi ed esprimendo un desiderio.
“Beh sappiamo tutti cosa ha desiderato,” disse Kibum, alzando gli occhi al cielo e facendo un sorrisino malizioso. Gli altri ragazzi risero, e Sehun era abbastanza sicuro di aver visto un paio di sguardi voltarsi verso di lui. Lo resero stranamente inquieto.
Quando arrivò il momento dei regali, Sehun scoprì di essere l'unico ad essere arrivato a mani vuote. Persino Luhan aveva lasciato una scatolina di biscottini alla crema fatti in casa prima di andare via. Jongin non disse niente sul fatto che Sehun non gli avesse regalato niente, ma Jonghyun si sporse sul tavolo e chiese, “Cos'hai preso al nostro Jongin-ah, Sehun?”
“Sono venuto alla sua festa,” mormorò Sehun, e tutti risero ancora. Sorprese Sehun tanto quanto la prima volta.
“Solo in fatto che Sehun si sia presentato è un regalo per Jongin,” disse Taemin, e Jongin sorrise imbarazzato.
Sembrava che tutti gli amici di Jongin facessero battute segrete di cui Sehun non faceva parte. Non che Sehun si aspettasse di venire incluso. Non erano i suoi amici.
Sehun non era mai stato incluso in una battuta segreta.
Le persone cominciarono ad andarsene poco a poco. Jinki se ne andò per studiare per un compito, Kibum e Jonghyun andarono a lavorare ad un progetto, Taemin scivolò via subito dopo con un saluto e un occhiolino che gli costò un calcio da parte di Jongin. Lasciarono Jongin e Sehun da soli al tavolo, e c'era un sacco di spazio ora sulla panca, ma Jongin sedeva ancora troppo vicino a Sehun, il quale era troppo preoccupato a pensare a questo nuovo lato del ragazzo per dirgli di spostarsi.
“Allora…” disse lentamente Jongin, strofinandosi i palmi sui jeans e sorridendo allegro. Il Jongin a cui era abituato Sehun era tornato. “Che ne pensi dei miei amici?”
E di solito Sehun non avrebbe risposto, non era così facile farlo conversare, ma oggi aveva davvero qualcosa da dire. “Ti comporti in modo diverso quando sei con loro.”
“Cosa?” Jongin sbatté le palpebre sorpreso.
Sehun tenne lo sguardo sul tavolo davanti a loro. “Non sei lo stesso con loro rispetto a quando sei con me. Ti comporti come un'altra persona. Allora qual è il vero te?”
Jongin rimase in silenzio per qualche minuto, e Sehun sollevò lo sguardo su di lui, trovandolo pensieroso. “Um…entrambi?”
“Com'è possibile?” chiese Sehun, sentendosi stranamente agitato per la faccenda.
“Non lo so? Voglio dire, non ti comporti anche tu in modo diverso quando sei con certe persone? Tipo a casa con i tuoi genitori, o…” Jongin si bloccò, sussultando. “No, voglio dire—scusa—”
No,” rispose Sehun, ignorando l'errore di Jongin. “Non lo faccio.”
Jongin si morse il labbro, guardando Sehun, poi continuò, “Nemmeno con Luhan-hyung?”
Ci pensò un secondo. “Non proprio. Semplicemente lo sopporto più della maggior parte delle persone.”
“Anche me,” disse Jongin, quasi orgoglioso. Poi, “Beh, non so... la maggior parte delle persone si comporta in modo diverso a seconda di chi ha intorno. Tipo, mi comporto in modo diverso anche quando sono solo con Taemin rispetto a quando sono con tutti gli altri ragazzi. Di sicuro mi comporto in modo diverso a casa e a scuola. Immagino dipenda da quanto conosci le persone con cui stai, e da quanto ti conoscano loro?”
“Questo non ti rende falso?” Chiese Sehun, e gli uscì più tagliente di quanto non avesse voluto.
Jongin si accigliò. “No, non penso. Penso sia solo... un gesto di fiducia, o qualcosa del genere. Puoi decidere quali persone possono vedere un certo lato di te. Quando ti fidi completamente di qualcuno, puoi mostrare loro anche le parti peggiori di te che non piacerebbero a nessuno sano di mente. Ma visto che ti conoscono così bene, a loro non importa. O qualcosa del genere.” Annuì pensoso. “Ad esempio, quando incontri qualcuno per la prima volta, cerchi di mostrare le parti migliori di te, in modo che possa piacere. E poi quando incominci a conoscerlo meglio, ti senti più a tuo agio a mostrare altri lati di te, e a seconda della persona, le mostri parti diverse.” Guardò Sehun con un sorriso. “Penso che tu faccia al contrario.”
Sehun sapeva che era una battuta, ma non rise. “Non è vero,” disse. “Questi sono i miei lati migliori. Da qui in poi peggiora soltanto.”
Gli occhi di Jongin si oscurarono un poco. “Non dire così,” ribatté piano, sorprendentemente deciso. “Più ti conosco, più mi piaci. Quindi non dirlo.”
Sehun non sapeva come rispondere.
“Non voglio che pensi che indosso una maschera quando sono con te, o con qualcun altro,” disse alla fine il ragazzo. “Voglio dire, è più come se stessi vedendo un lato speciale di me? Che nessun altro può vedere. Non sono nessun altro se non me stesso. Questo è solo l'io che esiste quando sono con te.” Jongin ridacchiò imbarazzato. “Non so se ha senso. Ma... non pensare che ti stia mentendo, perché non lo farei mai. Piuttosto, lavoro ogni giorno di più per essere più onesto.”
Sehun trovava difficile incontrare lo sguardo di Jongin. “Beh allora perché io mi comporto allo stesso modo con tutti?” chiese.
Jongin rimase in silenzio per qualche momento. “Perché…non lasci che nessuno veda oltre il primo strato. Come ho detto, lasci che le persone vedano qualcosa in più di te man mano che il rapporto cresce, ma tu sei bloccato alla prima fase con tutti. Devi... aprirti con le persone.”
“Più ti apri con le persone, più è facile per loro ferirti,” disse Sehun, e voleva smettere di parlarne, desiderava non aver mai cominciato questa conversazione.
“Questo è quello che intendevo con gesto di fiducia,” rispose piano Jongin. “Devi fidarti delle persone.”
“Sì, beh, scusa se trovo difficile farlo,” mormorò Sehun, fissando il tavolo.
Io ci sto lavorando,” fu tutto quello che disse Jongin, e quando Sehun lo guardò, stava sorridendo gentilmente.
Sehun deglutì e cominciò ad infilarsi il cappotto. “Devo andare a casa,” disse.
“Aspetta!” esclamò Jongin, spaventando Sehun. Il ragazzo lo guardò mestamente. “Devo chiederti una cosa.”
“Cosa?” Sehun si infilò il cappello.
Io…ah, è difficile per me dirlo.” Jongin stava sorridendo imbarazzato, grattandosi il collo. “Ho una... cosa fra poco.”
“Una cosa,” ripeté lui impassibile.
“Già. Una cosa di danza. Un recital di danza classica.” Jongin si morse il labbro, guardando Sehun e abbozzando un sorriso. “Mi stavo solo chiedendo... se ti andrebbe di venire?”
“Al tuo recital?” chiese, sollevando le sopracciglia. “Non hai detto che permetti solo a Taemin di vederti ballare?”
Jongin annuì timido, passandosi una mano tra i capelli. “Sì ma, voglio dire... mi piacerebbe se venissi.”
Questo sì che colse Sehun di sorpresa, perché Jongin conosceva i suoi altri amici da molto più tempo, quindi perché lui? “Perché?” chiese.
Jongin sembrava stesse lottando contro l'istinto di nascondersi dietro alle mani. “Solo perché... la danza è una cosa che considero davvero privata. E tu... hai condiviso qualcosa di provato con me. Della tua famiglia e tutto.” Guardò Sehun, sorridendo leggermente. “Quindi anche io volevo condividere qualcosa con te.”
Ci volle un bel po' perché Sehun si riprendesse. “Davvero?”
“Sì,” disse Jongin, giocherellando con le dita e guardandolo attraverso la frangia. “Quindi verrai?”
La sensazione martellante nelle orecchie di Sehun gli rendeva difficile concentrarsi. “Io—io—”
“Ti prego dì di sì,” disse piano Jongin. “Altrimenti mi sentirò davvero stupido per averlo chiesto.”
Questo lato timido e insicuro di Jongin era nuovo e sorprendente e Sehun... Sehun si chiese se questo fosse un altro di quegli 'atti di fiducia'. Sentiva davvero che era così. “Okay.”
“Davvero?” Jongin lo guardò, le guance rosse e gli occhi luccicanti. “Verrai?”
Sehun annuì lentamente, guardandolo. “Sì. Se vuoi.” Era passato tanto, tanto tempo dall'ultima volta che aveva fatto qualcosa solo perché glielo aveva chiesto qualcuno. Era strano.
Jongin si illuminò. “Sì! Lo voglio. Mi eserciterò davvero tanto per te, okay?”
Sehun annuì, cercando di mantenere un'espressione neutrale. “Ora vado,” disse.
Okay. Grazie per essere venuto oggi, Sehun. E per aver parlato con me e... per tutto. Grazie.”
Se la gratitudine di Jongin non era stata abbastanza da travolgere Sehun, di sicuro lo era stata la sua sincerità. “Ciao,” disse, chiudendosi il cappotto.
“Ciao. Torna sano e salvo. Ci vediamo domani a scuola.”
E poi Sehun se ne andò, uscendo dalla porta e andando incontro all'aria fredda della sera, premendo una mano contro la bocca per evitare che le labbra gli si sollevassero agli angoli. Lo facevano spesso negli ultimi tempi, ed era tutta colpa di Jongin.
Non era sicuro di come si sentisse al riguardo.


C'erano davvero poche cose piacevoli dell'inverno, ma Minseok in qualche modo si era dimenticato della Cosa Peggiore #1 dei mesi più freddi dell'anno, fino a che Luhan non fu assente a scuola il lunedì, una settimana dopo il compleanno di Kyungsoo e di Jongin. Minseok lo aveva visto sabato, quando era venuto a casa sua per vedere Yixing su Skype e portare a Kyungsoo qualche altra foto che aveva sviluppato. Ma era stato impegnato la domenica, quindi Minseok non lo aveva sentito, e ora era lunedì e non aveva idea di dove fosse il ragazzo. Non lo aveva chiamato stamattina, quindi pensò che potesse semplicemente essere in ritardo, ma mentre il giorno andava avanti il posto accanto a lui rimaneva vuoto. Chiamò casa di Luhan ad ogni pausa, ma non rispose nessuno. A pranzo, Minseok mise da parte l'orgoglio e andò a chiedere a Sehun e Jongin se lo avessero sentito, ma nessuno dei due sapeva niente, e a questo punto non sapeva se sentirsi preoccupato o sollevato. (Cosa? Si sarebbe sentito offeso se Luhan avesse chiamato uno di loro, e non lui.)
Il nodo che gli attanagliava lo stomaco si fece sempre più stretto con il passare della giornata, che sembrava durare più del solito, e quando l'ultima campanella suonò, era mezzo convinto che Luhan giacesse morto in qualche canale (le pazze teorie di Chanyeol a pranzo di certo non avevano aiutato). Con quell'immagine in testa, Minseok corse da scuola fino a casa di Luhan, con il petto che gli bruciava mentre respirava l'aria fredda, ma si rifiutò di rallentare, anche quando cominciò a sentire la testa girare. Dovette fermarsi un attimo all'interno del palazzo di Luhan per riprendere fiato prima di fare le dieci rampe di scale, ma alla fine raggiunse la porta dell'appartamento ed aveva quasi paura di bussare. Se Luhan era a casa, perché non aveva chiamato o risposto al telefono? Mordicchiandosi il labbro ansioso, alzò il pugno e bussò.
All'inizio dall'altra parte della porta c'era il completo silenzio, e lo stomaco di Minseok si strinse così tanto che pensò di poter vomitare da un momento all'altro, ma poi sentì un lieve fruscio, e dei deboli passi, e la porta si aprì.
Lu,” ansimò Minseok sollevato quando vide il ragazzo in piedi davanti alla porta, vivo.
Il gracchiare che uscì dalle labbra di Luhan poteva essere un tentativo di dire il suo nome, ma non poteva esserne sicuro, perché venne interrotto subito da una serie di colpi di tosse, e Minseok si rese conto finalmente che il ragazzo aveva un aspetto terribile. Era infagottato in una coperta, per iniziare, che sarebbe stato una palese indizio se Minseok avesse prestato attenzione. I suoi capelli erano umidi e scompigliati, come se non si fosse mosso dal letto per tutto il giorno, i suoi occhi erano un po' lucidi e le guance arrossate, aveva delle profonde occhiaie e all'improvviso il panico cominciò ad artigliare Minseok da dentro.
Malattia. Era praticamente un tabù a casa di Minseok, ed era per questo che odiava così tanto l'inverno. Ogni malattia conosciuta dall'uomo cominciava a girare ed era abbastanza da instillare il terrore in chiunque, e Minseok non era semplicemente chiunque.
Tre pensieri gli invasero la mente, ognuno dei quali lo tirava in una direzione diversa. Per un lungo momento rimase là in piedi, con la bocca spalancata e in silenzio, mentre Luhan tossiva ed emetteva suoni pietosi e rochi. Poi il ragazzo lo guardò, portandosi una mano alla gola e rabbrividendo, e Minseok entrò in azione, coprendosi la bocca e chiedendo strozzato, “Oh cavoli, stai bene Lu?”
Luhan scosse la testa, sembrando depresso mentre Minseok faceva un passo indietro. Si diede un colpetto alla gola e scosse ancora la testa, aprendo la bocca ma senza che uscisse alcun suono, e oh, quindi era per questo che non aveva chiamato né risposto al telefono.
Minseok si sentì andare in iperventilazione, non sapendo cosa fare. “Io—mi dispiace,” disse, deglutendo a fatica. “Io non—non posso, non posso aiutarti. È solo che,” prese un profondo respiro. “il diabete mi incasina tutto il sistema immunitario quindi non posso stare troppo vicino alle persone malate e non posso essere contagiato e—”
Gli occhi di Luhan si spalancarono all'improvviso, e cacciò via Minseok velocemente, dicendogli di andare, allora. Anche con il suo permesso, Minseok si sentì il più grande stronzo di sempre, e disse, “Torno subito, giuro. Devo solo... devo chiamare Kyungsoo, lui—” Si morse il labbro. “Stai bene?”
Luhan annuì insistentemente, anche se Minseok vedeva benissimo che non era così, ma annuì comunque, indietreggiando e cercando di calmare il proprio battito. Sentì la porta chiudersi dietro di sé mentre percorreva il corridoio, prendendo il telefono dalla tasca. Le dita gli tremavano mentre cercava il numero di Kyungsoo tra i contatti. Doveva controllare come stava. Aveva visto Luhan solo due giorni prima.
Il più piccolo rispose al terzo squillo. “Pronto?”
Soo,” disse Minseok, mandando giù il nodo che aveva in gola. “Stai bene?”
Kyungsoo fece una pausa, chiaramente confuso dalla domanda improvvisa. “…Sì?”
La sua risposta non lo fece sentire meglio. “Sei sicuro? Al cento per cento?”
Kyungsoo rise leggermente. “Beh, non sono sicuro di sentirmi mai al cento per cento bene... Tu stai bene?”
Minseok fece un respiro profondo. Non proprio. “Sì, sto bene,” disse comunque. “Solo che... Luhan è malato.”
Ci fu un lungo silenzio sull'altra linea. “Quanto malato?” chiese alla fine Kyungsoo.
“Abbastanza,” fu tutto quello che poté rispondere.
Che tipo di malattia?”
“Non te lo dico,”.
Hyung,” sbuffò Kyungsoo.
Soo, lo sai come diventi quando pensi di poterti ammalare,” disse Minseok, quasi disperato. “Reagisci ammalandoti davvero, senza ragione. Non te lo dirò, perché in quel caso, se ti ammalerai, sapremo che è vero.”
Kyungsoo sospirò, facendo arrivare rumori statitici sulla sua linea. “Fammi parlare con Luhan-hyung.”
No.”
Voglio solo assicurarmi che stia bene.”
“Sta bene. Lo so che gli farai delle domande, Kyungsoo. Solo... prendi tante vitamine e tutto, okay?” Minseok di certo lo avrebbe fatto.
Kyungsoo sospirò ancora, più forte. “D'accordo. Sto bene.
“Stai bene,” ripeté Minseok, per assicurare se stesso.
Non ammalarti.”
“Ci proverò.”
Farai meglio.”
Minseok sorrise leggermente. “Prenditi cura di te, okay?”
Lo farò,” disse Kyungsoo, e la sua voce era debole, e gli faceva venire voglia di piangere più di quanta già non ne avesse. “Ciao, hyung.”
“Ciao,” sussurrò Minseok, per poi chiudere la chiamata. Facendo un paio lunghi, profondi respiri, tornò verso la porta di Luhan e bussò ancora.
Luhan rispose quasi immediatamente stavolta, sembrando nervoso e titubante.
“Sei andato dal dottore?” chiese subito Minseok, tenendosi a un metro buono di distanza.
Luhan scosse la testa lentamente.
“Per i soldi?” chiese, sperando di non sembrare troppo maleducato o qualcosa del genere. Doveva semplicemente andare via da lì il prima possibile, ma allo stesso tempo non voleva lasciare Luhan da solo – non voleva che rimanesse solo quando era malato, ma soprattutto non nella sua fredda casa vuota.
Luhan esitò, poi annuì.
Minseok sospirò, strofinandosi il collo agitato. “Vuoi che venga mia madre? Potrebbe aiutarti.”
Luhan scosse la testa velocemente, facendo un cenno verso casa propria. Diede un calcio al muro a fianco a sé sembrando imbarazzato.
Ovviamente. Non voleva che altre persone vedessero dove viveva. Minseok sussultò e poi disse, “Allora, uh... la chiamo, immagino. Un secondo.” Tirò di nuovo fuori il cellulare, lanciando uno sguardo dispiaciuto a Luhan quando il ragazzo ricominciò a tossire.
Hey, mamma?” disse quando la donna accettò la chiamata. “Hai un secondo?”
Dove sei?” chiese lei. “Non dovresti già essere a casa ormai?”
“Sì, sono da Luhan,” rispose accigliato. “Non è venuto a scuola oggi... è malato.”
Se è malato non dovresti stare a casa sua, Minseok,” lo interruppe subito la madre, severa. “Lo sai questo.”
“Lo so mamma, ma non sapevo che fosse malato. Comunque, voleva... uh, sapere come fare per star meglio.”
La donna sospirò, non sapendo se preoccuparsi per il figlio o se fare il suo lavoro da infermiera. “Beh, quali sono i sintomi?”
Minseok guardò Luhan, che osservava in silenzio la scena dalla porta. “Um, tosse?” Sposto leggermente il telefono dall'orecchio e disse, “Quali sono i tuoi sintomi, Lu?”
Luhan si indicò la gola e fece una smorfia.
Beh, Minseok l'aveva intuito. “Mal di gola. Ha perso la voce.”
Febbre, naso che cola, starnuti?” continuò la madre.
No per le ultime due,” rispose immediatamente. “Lu, hai la febbre?” Il ragazzo fece una faccia confusa, e Minseok si portò una mano alla fronte e disse, “Caldo?” Luhan annuì, stringendosi la coperta intorno alle spalle. “Sì per la febbre.”
Fecero una lista dei sintomi – tosse secca, gola infiammata ecc ecc – e sua madre gli disse che Luhan sarebbe dovuto andare in ospedale per fare un esame per la faringite, ma—“Sembra un'infezione virale.”
Minseok sussultò. “E quindi cosa dovrebbe fare?”
Non c'è molto che può fare, sfortunatamente. Bisogna semplicemente aspettare che passi. Digli di riposarsi, di bere tanto e di prendere qualche anti-infiammatorio. E poi vai via di lì, giovanotto. Non voglio che ti ammali.”
Minseok sospirò e mormorò una risposta, poi chiuse la chiamata e si voltò verso Luhan, che era poggiato allo stipite con gli occhi chiusi. La scena gli fece stringere il petto. “Vado a prenderti qualche medicina, okay?” disse.
Gli occhi del ragazzo si aprirono e annuì, senza nemmeno discutere.
“Torno subito. Tu vai a letto, okay? Bevi tanta acqua e dormi.”
Luhan annuì ancora, e cominciò a dirigersi verso camera sua mentre Minseok chiudeva la porta e scendeva le scale per andare alla farmacia più vicina, dove prese qualche farmaco da banco prima di tornare a casa del ragazzo e dargli tutto. “Prendine due adesso, e poi una ogni sei ore,” gli disse Minseok, perché non pensava che Luhan fosse dell'umore per leggere il bugiardino. Il ragazzo annuì, aprendo la scatola. “Mi dispiace davvero non poter restare, Lu.”
Luhan scosse la testa, cercando di sorridere. Sto bene, mimò con le labbra.
Minseok rise leggermente. “No, non è vero,” disse, e il ragazzo scrollò le spalle tristemente. “Riprenditi, okay? Io... prenderò gli appunti per te, a scuola. E ti chiamerò. Non devi parlare, ma almeno rispondi così che sappia che sei vivo, okay?” Luhan annuì ancora. “Che brutta situazione.”
Luhan fece una piccola risatina, poi tossì ed emise un lamento. Minseok si coprì la bocca con la manica e sussultò.
Se ne andò qualche minuto dopo, scusandosi ancora e augurandogli di riprendersi presto, e si diresse a casa, sentendo il cuore pesante.


Minseok riuscì a malapena a fare i suoi compiti quella sera, troppo preoccupato sia per Luhan che per Kyungsoo. Questa era davvero la peggiore situazione di sempre. Chiamò entrambi prima di andare a dormire – Luhan aveva risposto, ma tutto quello che fece fu tossire, e Kyungsoo gli giurò che non si stava ammalando, né psicosomaticamente né nella realtà – e quando si svegliò la mattina seguente, dopo una notte piena di orribili incubi, chiamò ancora. Luhan ebbe la stessa risposta della prima volta, ma Kyungsoo sembrava strano mentre Minseok gli chiedeva come si sentisse.
“Stai bene?” chiese, sentendosi già esausto dallo stress e dai suoi livelli di zucchero sfasati.
Io... sì, sto bene,” disse Kyungsoo con voce debole.
Cinque o sei ore dopo, Minseok ricevette un messaggio dal vicino, di sole due parole. Non bene.
Minseok sentì di poter rimettere da un momento all'altro.


Con Luhan bloccato a casa e Kyungsoo all'ospedale, Minseok aveva troppo, sin troppo tempo per pensare a quanto tutto facesse schifo. Tipo, c'erano così tante cose a fare schifo nell'attuale situazione. Stare male era già abbastanza brutto, ma stare male e da soli praticamente sempre, in una casa a malapena riscaldata – i genitori di Luhan avevano stretto i denti e comprato una piccola stufetta dopo che i tubi di un altro inquilino erano esplosi lasciando al freddo tutto l'edificio
era anche peggio. E Minseok non poteva nemmeno andare a fargli visita o controllare come stesse, perché sua madre gli aveva proibito di avvicinarsi a Luhan.
E Kyungsoo. Pensare a Kyungsoo gli faceva seriamente venir voglia di piangere (anche se forse era perché lo stress faceva fare cose strane ai livelli di zucchero nel suo sangue rendendolo decisamente emotivo). Kyungsoo stava andando così bene, non si era ammalato in così tanto tempo, era rimasto lontano dall'ospedale per oltre un anno, finalmente aveva fatto qualche progresso. Minseok aveva mantenuto alte le speranze per lui, aveva pensato che finalmente Kyungsoo stesse migliorando, ma questo episodio aveva rovinato tutto. Non solo malattie di questo genere erano davvero pericolose per Kyungsoo, perché anche un semplice raffreddore poteva diventare qualcosa di molto più grande, portando ad infezioni e tanti altri tipi di problemi, ma le cose si facevano sempre più difficili per Kyungsoo dopo essersi ammalato. Paranoia, OCD, a volte depressione. Minseok soffriva vedendolo così – non che potesse vederlo quando raggiungeva quella fase. Quando era più piccolo, Kyungsoo si liberava di tutte le sue cose, per la paura che potessero essere infette. Tutti i suoi libri, tutti i suoi vestiti, tutto. Non faceva mai in tempo ad accumulare tanta roba, prima che un'altra malattia lo colpisse. Ma era passato così tanto tempo ora, e Kyungsoo aveva davvero tanta roba in camera sua; Minseok sperava solo che avrebbe lasciato che la disinfettassero invece di buttare via tutto.
E anche se sapeva di non aver alcun diritto di provare pena per se stesso a questo punto, Minseok si sentiva terribilmente solo senza Luhan a scuola, o Kyungsoo a casa, e capì ancora una volta quanto dipendesse da loro, quanto importanti fossero per lui.
Aveva ancora Jongdae, certo. E Jongdae svolse con lealtà il suo ruolo di migliore amico, notando immediatamente che Minseok era turbato e facendo tutto ciò che aveva in potere (seppur limitato) per farlo sentire meglio. Saltò l'incontro che avrebbe dovuto avere a pranzo e invece lo accompagnò nell'auditorium, dove Baekhyun e Chanyeol stavano provando la loro commedia. Questo lo aiutò a pensare ad altro, guardando Chanyeol inciampare per il palco e recitare a gran voce il suo monologo che non aveva mai senso perché continuava a dimenticarsi le battute; Baekhyun cercava di fare cinque o sei lavori contemporaneamente, dicendo alle persone dove dovevano stare o quando entrare in scena o come dire o fare certe cose, mentre lui stesso provava le battute. Jongdae poi ridacchiava ogni volta che uno degli attori si riferiva al personaggio di Baekhyun come un lui, e Baekhyun rispondeva urlando , “Per l'amor del cielo, sono una ragazzaSe non altro, l'intera cosa era estremamente divertente, e Minseok avrebbe mentito se avesse detto che non aspettava con impazienza il risultato finale.
Jongdae gli promise che sarebbe passato da lui mercoledì sera per fargli un po' di compagnia, dopo il suo incontro per il progetto con Junmyeon. Questo significava che Minseok sarebbe tornato a casa da solo, che non era molto divertente, ma non importava troppo. A fine giornata si infilò il giubbotto e il cappello, preparandosi al freddo del tragitto, ma proprio quando stava prendendo lo zaino dall'armadietto, sentì qualcuno picchiettargli la spalle e si voltò.
Sehun era di fronte a lui, l'espressione impassibile se non per gli angoli della bocca leggermente tesi. Minseok lo guardò sorpreso. “Sì?”
Il ragazzo sembrava stesse per cambiare idea e andare via, ma poi chiese, “Dov'è Luhan?”
Oh. Giusto. Sehun non aveva idea di dove fosse il ragazzo. Il fatto che lo stesse davvero chiedendo a lui, però, era abbastanza scioccante. “Sei preoccupato per lui?” gli chiese incredulo.
Sehun sbuffò, evitando il suo sguardo. “No. Sono solo... curioso. Di dove sia. Non viene a disturbarmi da venerdì.”
Minseok dovette sforzarsi di mantenere un'espressione seria. “È a casa. Malato.”
Sehun rimase in silenzio per un momento. “Non me l'ha detto.”
Ha perso la voce. Non può dirlo a nessuno,” rispose lui.
“Allora come fai tu a saperlo?” continuò il ragazzo, accigliato.
Minseok non poté fare a meno di sorridere a questo punto, e pensò che fosse abbastanza infantile sentirsi arrogante per questa cosa, ma lo fece comunque. “Sono andato a casa sua per controllare.”
“Non mi ha mai detto dove abita,” borbottò Sehun, poi sembrò rendersi conto di quanto fosse sembrato preso e chiuse la bocca.
Minseok cercò davvero di non sembrare troppo soddisfatto. “Hmm,” fu tutto quello che disse, trattenendosi dal sbatterglielo in faccia ancora un po', come se la preferenza di Luhan fosse una specie di premio che entrambi stavano cercando di vincere.
“Beh,” riprese Sehun, tirando leggermente su con il naso. “Fa niente. Mi stavo solo chiedendo dove fosse.” E girò sui tacchi per andare via.
Minseok rise leggermente, trovando divertente come Sehun avesse cercato di non dar a vedere quanto fosse preoccupato per il bene di Luhan – o per Luhan in generale. Lo avrebbe di certo dovuto dire al ragazzo la prossima volta che lo avesse visto.
Poi si fermò e penso che forse non avrebbe dovuto.
No, doveva farlo. Luhan sarebbe stato felice di sentire che Sehun era preoccupato per lui. Minseok doveva fare le cose che avrebbero reso felice Luhan. Giusto? Anche se si trattava di Sehun.
Per una volta, Minseok era leggermente felice che Kyungsoo non fosse lì per dirgli cosa significassero i suoi sentimenti. Pensava fosse meglio non pensarci.

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Capitolo 20
*** Capitolo 18 ***


C'era un buon numero di cose di cui Jongdae era fiero di aver raggiunto a questo punto del penultimo anno di scuola. Era stato eletto per il consiglio degli studenti, ad esempio, cosa piuttosto notevole. Stava anche aiutando nell'organizzazione del festival multiculturale, sebbene fosse stata più una cosa alla 'ho avuto questo lavoro tramite raccomandazione di un amico'. Ma era fiero anche di altre cose. Aveva ottenuto un punteggio di 90 nel suo ultimo compito di matematica, e fino ad ora aveva un record di zero assenze. Erano risultati abbastanza buoni.
Ma una delle cose più importanti era che ora poteva passare diverse ore da solo con Kim Junmyeon senza voler morire dall'imbarazzo. Ci era voluto del tempo, ma era riuscito a raggiungere un livello normale di comfort con il presidente del consiglio, e per Jongdae, era una specie di miracolo.
Si affrettò verso la biblioteca della scuola subito dopo l'ultima campanella mercoledì, ma quando arrivò Junmyeon era già seduto ad un tavolo, tagliando piccole stelle bianche per il loro collage. Sollevò lo sguardo quando Jongdae entrò e sorrise allegro, salutandolo.
“Come sei arrivato qui così in fretta?” chiese Jongdae, mollando lo zaino su una sedia e sedendosi di fronte al maggiore. “La campanella è appena suonata.”
Junmyeon rise, facendo cadere una stella sulla pila che stava incominciando. “Sai tenere un segreto?”
Jongdae alzò un sopracciglio.
Il maggiore si sporse in avanti, parlando a bassa voce. “Non sono più tornato in classe dopo aver svolto qualche commissione per il professore. Sono venuto direttamente qui, anche se mancavano ancora un paio di minuti prima che finisse la lezione.”
Jongdae rimase in silenzio per un momento, e poi rise. “Wow, hyung, sei un ribelle.”
“Lo so,” rispose lui, sedendosi bene e sorridendo arrogante. Jongdae grugnì sporgendosi sul tavolo per prendere qualche foglio con delle stelle disegnate sopra, e Junmyeon rise con lui.
Allora, Jongdae-yah,” disse il maggiore dopo qualche minuto, iniziando una normale conversazione come sempre. Junmyeon era sempre stato un abile conversatore; ora, Jongdae non aveva troppi problemi a rispondergli. “Stai ancora pensando di candidarti a presidente del consiglio l'anno prossimo?”
Jongdae confermò, gli occhi sulle forbici mentre faceva degli tagli precisi. Trovava più facile parlare con Junmyeon quando non lo guardava. “Solo se mi aiuterai,” disse, con voce leggera.
“Ti aiuterò solo se sei serio,” ribatté lui con una risata. “Come presidente del consiglio studentesco in carica, devo mantenere l'integrità della posizione.”
“Ma hyung, se facessi come te, comincerei a saltare le lezioni,” lo prese in giro Jongdae.
Junmyeon sputacchiò leggermente. “Era solo una lezione!” esclamò. “E non l'ho nemmeno saltata. Semplicemente non l'ho finita.”
“Questo è quello che dicono tutti all'inizio,” canticchiò Jongdae, e il maggiore rise. A Jongdae piaceva farlo ridere.
Rimasero in silenzio per un lungo momento, si sentiva solo il rumore delle forbici di Jongdae, il quale alzò lo sguardo e trovò Junmyeon che lo guardava con un sorriso affettuoso sul viso. Il peso di quello sguardo lo fece arrossire come una scolaretta, ed era assolutamente ridicolo. “Sto davvero pensando di concorrere alla carica di presidente,” disse, tornando a lavoro. C'era un motivo se evitava di guardare Junmyeon. “Voglio dire, anche se non vinco, non fa male provare, no? Potrebbe essere divertente. E Minseok hyung dice che mi farebbe bene.”
Minseok,” ripeté Junmyeon, e Jongdae pensò che fosse strano che quello era tutto quello che aveva colto del suo discorso. “Sai, stavo parlando con Minseok l'altro giorno.”
Jongdae sbatté le palpebre, sorpreso, e sollevò ancora una volta lo sguardo, e Junmyeon lo stava ancora guardando, sorridendo. Lo rendeva nervoso. “Ah sì?” disse, ma la sua voce uscì imbarazzantemente stridula, quindi si schiarì la gola e riprovò. “Voglio dire, ah sì?”
Il maggiore annuì, e Jongdae notò per la prima volta che il piede di Junmyeon si scontrava gentilmente con il suo, sotto il tavolo. Lo faceva così spesso che ormai nemmeno se ne accorgeva più? “Sì, alla sua festa di Capodanno. Mentre voi giocavate a Yahtzee.”
Oh,” disse Jongdae, accigliandosi. Se ne ricordava, più o meno; aveva visto Minseok e Junmyeon chiacchierare come vecchi amici in un angolo. Beh, tecnicamente, lo erano. Erano stati in classe insieme prima. Ma Jongdae non era proprio sicuro di come si sentisse vedendoli così amichevoli. “Cosa ha detto?”
“Qualcosa di molto interessante,” rispose lui, sorridendo, e Jongdae si sentì ancora più nervoso. “Circa una sua teoria.”
“Davvero,” disse debolmente Jongdae. Non gli piaceva affatto la piega che stava prendendo.
Junmyeon annuì. “L'ha chiamata la sua 'Teoria Gay-Etero.’”
Oh no,” sentì il sangue congelarsi nelle vene. “Non ancora quella storia.”
“Te ne ha parlato?”
Solo un centinaio di volte, quando cercava di convincermi che sono gay per te. “Uh, sì, lo ha fatto.”
Junmyeon rise leggermente, senza riprendere a tagliare le stelle. “Chiunque è un po' gay, ha detto.” Il suo sguardo era intenso, e Jongdae voleva abbassare la testa e magari nascondersi da qualche parte. “Nelle giuste circostanze. Cosa ne pensi?”
Oh no. Minseok era passato dal cercare di convincere lui al cercare di impiantare le sue stupide idee nella testa di Junmyeon. Ora Junmyeon probabilmente pensava che Jongdae fosse gay per lui! Probabilmente questo era un test, per vedere se avrebbe confessato o meno!
E per l'ultima volta, Jongdae non era gay.
Sentendo il sudore formarsi sulla fronte, Jongdae cercò di rimanere calmo e non rendere la situazione peggiore di quanto già non fosse. “Haha,” disse, fingendo un sorriso e asciugandosi i palmi sui pantaloni. “Minseok-hyung è pazzo, non dovresti stare ad ascoltarlo. Ha un sacco di idee strambe.”
“Quindi non gli credi?” Junmyeon lo guardò con attenzione.
Pffffft, no,” disse velocemente. “Voglio dire, gay è gay e etero è etero, no? Voglio dire so che si può essere bi o che so io ma devi essere una cosa o l'altra. Nessuno spazio grigio. Non per me. No no.” Scosse la testa deciso. “Ti può piacere chi vuoi ma, uh, già. Minseok-hyung è pazzo. Ti prego non ascoltare niente di quello che dice. Mai. Soprattutto se riguarda me.”
Oh.” Junmyeon distolse lo sguardo per la prima volta da quando aveva iniziato l'argomento, prendendo nuovamente le forbici. “Pensavo potesse avere ragione.”
Jongdae era ancora certo che fosse un test. E se non era così, non poteva lasciare il seme del dubbio nella mente di Junmyeon. “Nah, non penso,” disse deciso, tagliando furiosamente una stella. “Penso semplicemente che non voglia essere l'unico ragazzo gay della scuola, quindi si fa venire strane idee in testa, senza alcun fondamento dietro.”
Oh,” disse ancora il maggiore, la voce estremamente bassa anche per la biblioteca. “Okay.”
Junmyeon rimase insolitamente in silenzio per il resto dell'incontro, e non colpì più il piede di Jongdae sotto al tavolo. Il più piccolo si chiese se forse avrebbe dovuto formulare in un altro modo la propria risposta.


“Sono qui per porre fine alle tue sofferenze!” fu la prima cosa che esclamò Jongdae non appena Minseok lo fece entrare in casa mercoledì sera. Il maggiore rise, anche se si sentiva una schifezza.
Hey, Jongdae,” disse, chiudendo la porta dietro di sé e guardando il migliore amico prendere le proprie ciabatte dalla scarpiera. Era passato così tanto dall'ultima volta che le aveva usate. “Come è andato il tuo appuntamento con Junmyeon?”
Jongdae si voltò e gli diede un colpo alla spalla con una delle ciabatte. “Darò fuoco a tutto ciò che ami.”
“Allora dovrai dare fuoco a te stesso,” canticchiò Minseok, stringendo il viso del più piccolo tra le mani prima di scappare via con una risata. “Cosa, ha rotto con te?”
Jongdae continuò a colpirlo con la ciabatta. “Sta' zitto. Cosa gli hai detto di me?”
“Cosa?” chiese Minseok, ridendo e cercando di difendersi. “Cosa ha detto?”
“Hai cercato di convincerlo che sono gay, non è così.”
“Cosa?” Ci volle un momento perché Minseok si rendesse conto di cosa stesse parlando, e non poté fare a meno di scoppiare a ridere. “Oh! No, giuro che non l'ho fatto. Davvero!” insistette, alzando le mani in difesa allo sguardo accusatore dell'amico. “Volevo solo sapere cosa pensasse della mia teoria. Ero curioso, okay?” Fece un sorrisetto sghembo. “Perché ti stava guardando durante la festa.”
Jongdae gelò. “Mi guardava?” Minseok grugnì e annuì, poi l'amico si riscosse e lo guardò nuovamente male. “Chi se ne frega. Mi ha chiesto qualcosa al riguardo oggi, ed è stato parecchio strano, quindi ti prego smettila, o altrimenti ti retrocederò davvero dal tuo grado di migliore amico.”
Pshh, sì certo,” disse Minseok, sorridendo. “Cosa hai detto quando te lo ha chiesto?”
“Gli ho detto che sei un idiota,” rispose l'amico, infilandosi finalmente la ciabatta e dirigendosi in salotto. “E di non ascoltarti più. Ora, cosa guardiamo?”
Il maggiore alzò gli occhi al cielo per l'ostinazione di Jongdae. “Scegli tu,” disse, decidendo di lasciar perdere per quel giorno (o almeno per i prossimi minuti). “Scegli qualcosa di stupido, non mi va di pensare oggi.”
Jongdae tirò fuori una vecchia VHS dallo scaffale. “Che ne dici di Jimmy Neutron: Ragazzo prodigio?”
“Certo,” rispose Minseok, sorridendo. “Non si può mai sbagliare con i classici.”
Mezz'ora dopo, erano spaparanzati sul divano di fronte allo schermo acceso, Minseok con i propri gambi di sedano e Jongdae con i pop-corn. Il maggiore tenne gli occhi fissi sul film, ma si rese conto dopo un po' che non lo stava davvero guardando, e che il suo sorriso era svanito nel momento in cui Jongdae aveva distolto lo sguardo. Sospirando leggermente, si accasciò sull'amico e posò la testa sulla spalla ossuta di Jongdae.
Jongdae si mosse immediatamente, per farlo stare più comodo. “Hey,” disse piano, posando una guancia sulla testa di Minseok. Anche dopo che l'amico gli aveva detto di essere gay, Jongdae non aveva mai rifiutato il contatto fisico. “Stai bene?”
Non proprio,” mormorò lui, sbattendo le palpebre. “Ho avuto una giornata davvero di merda.”
Jongdae fece un suono di assenso, il respiro arruffava leggermente i capelli di Minseok. “Che mi dici delle prove dello spettacolo di Baekhyun e Chanyeol?”
“Quello è stato divertente,” ammise ridacchiando. “Ma a parte quello, ha fatto davvero schifo.”
“Ma va meglio ora che sono qui, vero?” chiese Jongdae.
Minseok grugnì. “Un po'.” Strinse forte il braccio dell'amico.
Jongdae rimase in silenzio per un momento, per poi dire, “Non ti stai ammalando, vero? Voglio dire, come l'anno scorso. Non accadrà ancora, giusto?”
Minseok deglutì a fatica. Raramente Jongdae parlava della sua malattia, perché sapeva che a Minseok non piaceva parlarne, ma il maggiore sapeva che anche se non ne parlava, Jongdae si era davvero spaventato. Sapeva che aveva ancora paura, a volte, che sarebbe accaduto nuovamente. Minseok non gli aveva mai detto il vero motivo della sua ospedalizzazione. E questo lo rendeva ancora più ansioso, facendo sentire Minseok terribile. “No,” promise. “Non accadrà ancora.”
“Meglio che sia così,” borbottò Jongdae. “Faceva davvero schifo.”
Minseok rise un po', amaramente. “Già. Se mi dovessi ammalare, comunque, sarebbe la stessa cosa che hanno Lu e Kyungsoo.”
Jongdae annuì. “Come stanno?”
Kyungsoo non vuole dirmelo,” sospirò Minseok. “A volte mi manda qualche messaggio, ma solo perché sa che mi preoccupo. Non vuole parlare di come sta. Più che altro si lamenta di quanto odi gli ospedali.”
Immagino sia abbastanza stufo degli ospedali ormai.”
“Già.” Minseok ricacciò indietro le lacrime.
“Digli che può mandarmi un messaggio ogni volta che si annoia,” gli disse Jongdae, e l'amico annuì leggermente. “E Luhan-hyung?”
“Non so molto nemmeno di lui,” disse Minseok, con voce improvvisamente strozzata. “Non sono potuto andare a controllare.”
Jongdae staccò il braccio dalla presa di Minseok e lo portò attorno alle sue spalle. “Sono sicuro che stiano entrambi bene,” rispose piano. “Kyungsoo è forte. Non ha mai lasciato che una piccola influenza lo buttasse giù, giusto? E se Kyungsoo può sopravvivere, può farlo anche Luhan.”
“Lo so,” disse Minseok, senza nemmeno più fingere di guardare il film e nascondendo il viso nella spalla di Jongdae. “Ma mi sento così male per loro. Luhan è a casa da solo e malato e Kyungsoo è in ospedale e non ho nemmeno detto a Luhan che più o meno è colpa sua. Ci resterà malissimo quando lo scoprirà. Continuo a pensarci e mi fa sentire una merda.”
Hey, è tutto okay,” lo confortò Jongdae, stringendogli la spalla. “Non hai fatto niente di male, e non c'era niente che potessi fare. Andrà tutto bene.”
Minseok annuì in silenzio, mordendosi il labbro e cercando di trarre conforto dal tono caldo e rassicurante dell'amico. Per quanto Jongdae potesse essere fastidioso e costantemente sarcastico, conosceva anche l'amico più di chiunque altro, e a volte Minseok aveva bisogno più di parole di conforto vuote che della logica e dell'onestà di Kyungsoo. A volte, Minseok aveva solo bisogno del suo migliore amico.
“Saresti un buon fidanzato,” gli disse Minseok qualche minuto dopo, dando qualche pacca alla gamba dell'amico.
Jongdae grugnì forte. “Ew.”
“Dico, sai, in generale. Per chiunque.”
“Dici sempre che mi odi,” puntualizzò Jongdae.
Minseok rise. “Questo è vero. Ma sono il tuo migliore amico. Saresti un buon ragazzo per qualcuno che non sono io.”
“Non uscirei mai con te,” disse Jongdae, come per mettere le cose in chiaro.
“Nemmeno io uscirei mai con te.”
“Bene.”
“Sai chi altro sarebbe un buon fidanzato, soprattutto per te?” chiese Minseok, con tono stuzzicante.
“Non dirlo, altrimenti mi rimangio tutte le cose carine che ti ho detto oggi.”
Minseok ridacchiò leggermente, attaccandosi in modo fastidioso al fianco dell'amico. Niente lo faceva sentire meglio che rendere difficile la vita di Jongdae. “No, davvero, conosco il ragazzo perfetto per te.”
“Sì, beh anche io conosco il ragazzo perfetto per te,” ribatté Jongdae, e Minseok chiuse subito il becco. “Non lo vedo da un paio di giorni, ma è tutto sorrisi e straniero e carino e si fa chiamare L—”
“No,” disse velocemente Minseok, interrompendolo. “Non dirlo.”
“Che c'è, non vuoi assaggiare un po' della tua stessa medicina?” lo prese in giro Jongdae.
“Solo…” Minseok si mordicchiò una pellicina del pollice. “Non dirlo e basta. Ti prego.”
Jongdae rimase in silenzio per qualche momento, guardando il film, e poi disse, “Okay.” Minseok rilasciò il respiro che stava trattenendo. “Ma allora tu non puoi più dire niente su Junmyeon-hyung.”
Minseok rise leggermente. “Chi ha detto che ora stavo parlando di Junmyeon?”
Hyung.”
“D'accordo, d'accordo,” ridacchiò Minseok. “Penso comunque che sareste carini insieme.”
Sta' zitto, hyung. Guarda il film.”


Minseok si svegliò presto giovedì mattina sentendosi come se qualcuno gli avesse strofinato la gola con della carta vetrata mentre dormiva, e capì che le cose potevano davvero andare peggio di come erano.
Mamma,” gracchiò, grugnendo pietosamente.
Il padre si affacciò dalla porta. “Mamma è stata chiamata a lavoro. Che succede?”
Minseok si lamentò e si indicò la gola. “Sto morendo.”
Oh cielo,” sospirò il padre. Oh cielo seriamente. “Vestiti, andiamo al pronto soccorso.”
“Evviva,” gracchiò ancora dolorosamente, sussultando quando lo sforzo di parlare gli bruciò la gola.
Una gita al pronto soccorso non era così semplice. Mentre il padre di Minseok chiamava a lavoro per avvisare che avrebbe lavorato da casa, Minseok doveva vestirsi e preparare la colazione perché, malato o meno, doveva comunque mangiare alle 7.00. Poi il padre avrebbe chiamato a scuola per spiegare perché Minseok sarebbe stato assente, mentre lui avvisava Jongdae e sistemava l'insulina. Poi si misero in macchina, dove rimasero bloccati nel traffico, quindi Minseok dovette sia prendere l'insulina che mangiare in macchina, ed era un problema, dato che suo padre aveva sempre avuto una fobia per gli aghi. Alla fine arrivarono in ospedale e si sedettero nella sala d'attesa del pronto soccorso, dove li raggiunse la madre per controllargli la gola, e per dirgli di chiedere ai dottori di fare due esami per la laringite, per sicurezza.
“Sapevo che non avresti dovuto passare così tanto tempo a casa di Luhan quando stava male,” sbuffò la donna, sentendogli la fronte per la febbre.
“Mezza scuola è ammalata, mamma,” gracchiò Minseok. “Sta semplicemente girando.”
“Saresti dovuto stare a casa, allora,” disse lei, accigliandosi.
“Non può saltare la scuola senza ragione,” Ribatté calmo il padre. Era l'unica cosa che tratteneva la madre dal preoccuparsi a morte, a volte. “Era inevitabile. Anche Kyungsoo si è ammalato, e non va nemmeno a scuola.”
“Lo so, lo so,” borbottò la donna. “Devo tornare a lavoro ora. Vai a casa e dormi quando hai finito, okay? Prenditi cura di te, io sarò a casa appena possibile.”
“Lo so,” sospirò Minseok, poi tossì dolorosamente. Wow, si sentiva malissimo. E stava velocemente perdendo la voce. “Starò bene.”
“Certo che starai bene,” disse sbrigativa la mamma, poi gli diede un bacio sulla fronte prima di scappare via.
Il padre rimase con lui al pronto soccorso fino a che non fu il suo turno. Fece i suoi test per la laringite – due, dato che sua madre aveva insistito – e ricevette i risultati in dieci minuti. Negativi, come c'era da aspettarsi. Poi gli vennero dati degli avvertimenti e le istruzioni per la cura, e fu libero di andare.
Sarebbe dovuto tornare subito a casa, per riposarsi e tutto, ma anche se Minseok voleva davvero raggomitolarsi sotto le coperte, c'era una cosa che voleva fare prima. “Papà, posso andare a far visita a Kyungsoo?”
Ora, non avrebbe potuto far visita a Kyungsoo. Nessuno poteva, ma specialmente non delle persone malate. Però poteva andare al vetro della porta della stanza da quarantena di Kyungsoo e sbirciare dentro, bussando fino a che il ragazzo nel letto non alzò lo sguardo confuso. Minseok sorrise e lo salutò.
Kyungsoo ricambiò il saluto incerto, come se non fosse stato sicuro che Minseok fosse davvero lì e non avesse le allucinazioni. C'era una flebo attaccata al suo braccio e indossava un pigiama; i suoi capelli era scompigliati ed era circondato da libri. Quando Minseok non scomparve, o qualsiasi cosa si fosse aspettato accadesse, il più piccolo indicò prima lui e poi il pavimento, prima di sollevare la mani domandando silenziosamente Cosa ci fai qui?
Minseok fece un sorriso sghembo e si indicò la gola, poi imitò un colpo di tosse. Scrollò le spalle tristemente.
Kyungsoo sembrò rattristarsi e si morse il labbro. Mi dispiace, disse.
Minseok scosse la testa e si strinse ancora nelle spalle. Succede. Poi fece un gesto verso la fine del corridoio, da dove era arrivato. Devo andare. Mi manchi.
Kyungsoo sorrise triste e sollevò e abbassò le spalle in un sospiro silenzioso. Salutò Minseok e mimò l'atto di dormire. Riposati.
Minseok annuì, sbattendo velocemente le palpebre e sollevando il telefono davanti al vetro. Scrivimi.
Kyungsoo annuì in risposta, sollevando il proprio cellulare.
Ciao, disse Minseok, facendo un cuore con le mani e mandandolo in direzione dell'amico. Kyungsoo rise piano, poi cominciò a tossire. Minseok aspettò che finisse, guardandolo mandare giù un bicchiere d'acqua, e cercò di non fare qualcosa di stupido, tipo mettersi a piangere. Il più piccolo lo salutò un momento dopo, mandandogli a sua volta qualche cuore, poi Minseok sospirò e si voltò, uscendo dall'ospedale e sentendosi anche peggio di quando si era svegliato. Almeno Kyungsoo non sembrava fosse ancora sul letto di morte, anche se il colore giallastro della sua pelle e il modo in cui le sue braccia magre sbucavano dalla maglietta l'avevano fatto sentire leggermente male. Beh, più male di quanto non stesse già.
Essere malati faceva schifo, ed essere Minseok faceva schifo, ma essere Minseok ed essere malati faceva decisamente ancora più schifo. E mentre moriva lentamente per la febbre sul divano decise che la gola irritata era il peggio del peggio. Mentre la maggior parte delle persone con la gola arrossata potevano mangiare ghiaccioli e gelato tutto il giorno per alleviare il dolore, Minseok doveva comunque mangiare del normale cibo solido per mantenere i livelli di zucchero il più normale possibile, cosa che era di per sé praticamente impossibile quando si ammalava. Ingoiare era difficile, e ogni morso faceva protestare la sua gola, e suo padre doveva continuare a svegliarlo per assicurarsi che prendesse l'insulina, che mangiasse e che controllasse i valori, perché potevano essere imprevedibili. Proprio quando la sua febbre raggiunse i 38° C, i suoi livelli di zucchero nel sangue precipitarono, rendendolo disorientato e facendogli girare la testa. A un certo punto non riusciva nemmeno più a capire cosa lo facesse stare più male, e cercò più che altro di dormire nonostante i bizzarri sogni febbrili, fino a che il padre non dovette svegliarlo di nuovo per un ulteriore controllo.
Per farla breve, Minseok aveva avuto una giornata davvero, davvero brutta.
Dopo scuola, Jongdae si fermò per controllare come stesse, cercando ovviamente di non far trapelare la propria preoccupazione dall'espressione. “Pensavo avessi detto che non ti saresti ammalato ancora,” disse, e la sua voce era leggera, ma con un sottotono di serietà.
No, ho detto che non mi sarei più ammalato come l'anno scorso,” ribatté Minseok, con voce poco più alta di un sussurro roco. Non avrebbe davvero dovuto parlare. “E infatti è così. Ho solo una stupida infezione alla gola. Ora vai a casa, prima di prenderla anche tu.”
“Non la prenderò,” disse Jongdae, con uno sbuffo. “Ho un sistema immunitario robusto.”
“Vediamo quanto resisterà il tuo sistema immunitario se ti tossisco addosso,” gracchiò Minseok, e l'amico indietreggiò e gli lanciò un'occhiataccia. “Davvero, comunque, sto bene, giuro. Vai a casa. Ti mando un messaggio se dovesse peggiorare. Lo prometto.”
Jongdae sbuffò ancora. “D'accordo. Vado da Baekhyun e Chanyeol, loro non sono malati. Voi siete solo dei rammolliti.”
Minseok rise, per poi pentirsene immediatamente, premendo le dita contro la propria gola con un lamento. “Non prendere in giro i più sfortunati. Vai a sventolare la tua salute da qualche altra parte.”
Jongdae se ne andò dopo qualche minuto, con un severo avvertimento di non ammalarsi, e Minseok rimase nuovamente da solo, con suo padre che lavorava in un'altra stanza e come unica compagnia il telefono e la TV, fino a che non tornò sua madre. Quando la donna arrivò, passò metà del suo tempo a prendersi cura di Minseok, e l'altra a chiedersi come avrebbero fatto per il resto della settimana.
Né io né tuo padre possiamo prendere tanti giorni da lavoro,” si agitò, sedendosi sul bordo del divano accanto al figlio, accarezzandogli i capelli mentre lui ascoltava di sfuggita. “Ma non possiamo lasciarti a casa da solo, non quando i tuoi valori sono così sballati. Non voglio che la nonna stia qui, probabilmente finirebbe per ammalarsi anche lei. Tutti quelli che potrebbero venire rischierebbero di ammalarsi,” sospirò.
Lascia che si ammalino,” gracchiò Minseok. “Possiamo soffrire insieme.”
“Non sarebbe molto carino.” si accigliò la madre.
“Manda Kyungsoo, è già malato.” Minseok sgranò improvvisamente gli occhi, e cercò di alzarsi a sedere. “Aspetta, ci sono!”
La donna lo guardò in modo strano. “Sai che non possiamo farlo,” disse.
No, voglio dire—Luhan. È già malato, può venire a stare con me, giusto?” Minseok sentì una scintilla di ottimismo per la prima volta quel giorno. “Sono un genio.”
La madre lo rispinse sul divano, sembrando severa. “Non sarebbe più comodo a casa sua?” chiese.
Minseok per poco non si mise a ridere. “No, non penso proprio.” La guardò implorante. “Ti prego, Luhan può venire a stare con me? Per i suoi non ci sarebbero problemi se venisse a vivere con noi per un po'. Può dormire sul divano e guarderebbe film con me e potremmo ripagarlo per farmi da baby-sitter con il cibo gratis.” Tirò la manica della donna implorante.
La madre sembrò titubante per un momento, e poi disse, “Beh, immagino sia l'opzione migliore al momento. Se vuole venire, può farlo. Sarebbe d'aiuto.”
Minseok sorrise e afferrò il telefono. A dire il vero non aveva chiamato Luhan in tutto il giorno; gli era completamente passato di mente. Trovando il numero tra i contatti, aspettò e incrociò le dita.
Qualcuno rispose al quarto squillo. “Lu?” chiese Minseok, costringendo la propria voce a resistere per un altro minuto. “Mettiti il giubbotto e chiama un taxi, vieni a stare da me.”


Minseok non pensava che nella sua vita fosse mai stato così grato per la malattia di un'altra persona. Quando Luhan apparve alla sua porta, con un aspetto assolutamente terribile, Minseok dovette trattenersi dal sorridere troppo.
“Benvenuto,” sussurrò roco, dando qualche pacca al divano accanto a sé.
Il labbro inferiore di Luhan tremò leggermente mentre entrava, rabbrividendo in un mix che Minseok immaginava fosse dovuto alla febbre e al freddo. “Mi dispiace,” disse, ed era la prima volta che sentiva la sua voce in quasi una settimana – era debole, ma era qualcosa almeno.
“Cosa?” Minseok sbatté le palpebre confuso.
“Ti sei ammalato,” sussurrò Luhan, indicandolo. “Ed è colpa mia.”
No, non è così,” disse velocemente lui, scuotendo la testa. Pensò che questo non fosse il momento adatto per dirgli che probabilmente aveva contagiato anche Kyungsoo. “Si stanno ammalando tutti. Potrei averla presa da chiunque.”
“Ma probabilmente l'hai presa da me,” ribatté Luhan, abbassando la testa per la vergogna.
“Non ha importanza,” insistette Minseok. “Vieni qui, hai un aspetto orribile.”
Luhan sollevò lo sguardo e sorrise leggermente, sfilandosi la giacca e avvicinandosi con lo zaino in mano. Minseok immaginò che dentro ci fossero il pigiama e cose del genere; Minseok gli aveva esplicitamente detto che sarebbe rimasto per almeno un paio di notti. Si sedette entusiasta accanto a lui sul divano.
“Ecco,” disse Minseok, afferrando una coperta dal bracciolo del divano. La spiegò e la avvolse attorno alle spalle di Luhan, praticamente abbracciandolo. Proprio come lui, anche Luhan irradiava calore. “Come ti senti?”
“Male,” sussurrò il ragazzo, accasciandosi contro il suo fianco come Minseok aveva fatto il giorno prima con Jongdae. E come Jongdae, Minseok si mosse automaticamente in modo che Luhan fosse più comodo. “A quanto pare un appartamento freddo non è il posto migliore per riprendersi.”
Minseok rise piano, sollevando lo sguardo per assicurarsi che la madre non stesse ascoltando. “Mi dispiace che sia dovuto restare lì.”
Luhan scrollò le spalle debolmente. “Mi sei mancato.”
Minseok cercò di ignorare il modo in cui quelle parole gli avessero stretto il cuore. “Mi sei mancato anche tu,” sussurrò in risposta.
Luhan faticò a deglutire, e Minseok sussultò. “Non prenderla nel modo sbagliato, ma sono davvero contento che ti sia ammalato.”
Minseok rise rocamente. “Stavo per dire la stessa cosa,” confessò. “Beh, che fossi già malato.”
“Ero così solo,” disse Luhan, avvicinando la testa a quella di Minseok. “Pensavo di star per impazzire.”
“Sono felice che sia qui ora,” disse sincero Minseok. “O anche la mia settimana sarebbe stata terribile.”
“Anche io sono felice di essere qui.” tossì Luhan.
Okay, basta parlare,” si intromise la madre di Minseok, arrivando con le braccia piene di coperte e cuscini per il letto di Luhan. “Voi due parlerete il meno possibile per i prossimi giorni, intesi? Scrivete appunti o giocate ai mimi o qualcosa del genere se dovete, ma date tregua alle vostre povere gole. La cena sarà pronta tra cinque minuti, prendi l'insulina.”
Minseok grugnì, e sua madre gli lanciò un'occhiataccia per zittirlo. Alzandosi dal divano, lontano dal calore di Luhan, si trascinò in bagno come gli era stato detto. Quando tornò, però, Luhan era ancora lì sul divano, e accettava con gratitudine la ciotola di zuppa calda dalla madre. Sembrava a suo agio, lì nel salotto di Minseok, sul divano di Minseok, avvolto nella coperta di Minseok.
Forse questa settimana non sarebbe stata così male, dopotutto.

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Capitolo 21
*** capitolo 19 ***


In un gesto di solidarietà, o qualcosa del genere, Luhan si rifiutò di fare qualsiasi cosa che Minseok non poteva fare, e allo stesso modo, patì ogni cosa che Minseok doveva patire. Questo significava svegliarsi ogni due ore per controllare il livelli di zucchero nel sangue (non che Luhan controllasse davvero i propri), e bere tè al limone senza zucchero, e mangiare cibi solidi nonostante quanto facesse male ad entrambi. Minseok gli aveva detto mille volte che non era necessario, ma Luhan insisteva a volerlo fare. Insistette anche sul prendere il letto per terra invece del divano, affermando che 1) stava già ricevendo più di quanto non meritasse dalla famiglia di Minseok (cosa ridicola secondo Minseok, considerando che aveva praticamente pregato la madre di lasciare che Luhan rimanesse con lui), e 2) Minseok avrebbe già avuto una settimana di merda senza dover dormire sul pavimento.
Non che nessuno dei due finì per dormire per terra, la prima notte. Dopo cena, si sistemarono sul divano, uno accanto all'altro e avvolti nelle coperte, davanti alla TV per fare una maratona della vecchia collezione di cartoni Disney di Minseok. Rimasero sul divano per tutta la sera, senza muoversi se non per cambiare cartone o per controllare la glicemia di Minseok, e succhiarono cubetti di ghiaccio per alleviare il mal di gola. Erano partiti stando a qualche centimetro di distanza, ma quando La Sirenetta cambiò in Pocahontas e poi in Red e Toby, qualcuno cominciò ad avvicinarsi all'altro, e Minseok era sicuro di non essere stato lui. Come che sia andata, ad un certo punto si ritrovarono premuti vicino con una barriera di coperte tra loro, ed era estremamente intimo. La posizione era confortevole, però, poggiati l'uno contro l'altro davanti alla TV, con una ciotola di ghiaccio in grembo a Minseok, caldi e comodi e uniti nella piccola sofferenza. Negli spasimi di una febbre che si alzava oltre i 39°C, a Minseok non dispiacque nemmeno quando Luhan intrecciò la propria caviglia con la sua; infatti, trovò la cosa tenera. O qualcosa del genere. Era difficile dare un nome a certe emozioni.
Minseok si addormentò a metà di Alla Ricerca di Nemo, e si svegliò solo quando la sveglia del telefono che aveva in mano suonò, avvertendolo che doveva fare un altro stupido controllo. La spense prima che potesse fare il secondo squillo, tenendo gli occhi chiusi e fingendo di non doversi alzare in un minuto. Era troppo stanco, troppo malato e febbricitante, e troppo caldo e comodo. Forse si era anche riaddormentato per un secondo, ma poi qualcosa – qualcuno - si mosse contro il suo fianco e un ciuffo di capelli gli solleticò il mento, e Minseok si costrinse ad aprire gli occhi, vagamente confuso. La luce bluastra della TV e il bagliore proveniente dalla cucina gli permisero di vedere, ma non fu difficile per Minseok riconoscere che la figura accanto a lui era di Luhan, molto più vicino di quando si era addormentato Minseok.
Il ragazzo cinese era accoccolato contro di lui ora, la testa premuta contro il suo petto e una gamba gettata sopra quella di Minseok, la coperta stava per cadergli dalle spalle, una mano era posata pericolosamente vicino al suo inguine, l'altra sopra il suo petto. Il braccio di Minseok – quello che non stringeva il cellulare – cingeva protettivamente i fianchi di Luhan, per evitare che cadesse, e Minseok pensò brevemente alla scena di una coppia felice che si coccola sul divano in un fredda notte invernale. E dato che si era appena svegliato ed era sicuro di avere la febbre alta e il suo cervello non lavorava al massimo delle sue capacità, Minseok lasciò che quell'immagine si ripetesse nella sua testa ancora un paio di secondi.
E poi Luhan emise un debole suono, tossendo piano nel sonno, e Minseok si ricordò che Luhan non era qui per le coccole, che Luhan non era il suo ragazzo, e che Minseok avrebbe dovuto fare il controllo del sangue non immaginare Luhan come proprio partner coccoloso. Oops. Era colpa di Luhan, comunque, a pensarci bene.
Sbuffando e mettendo da parte sentimenti ai quali era troppo malato e addormentato per pensare al momento, Minseok scosse gentilmente Luhan e cercò contemporaneamente di spostare la mano del ragazzo dal proprio interno coscia. Luhan grugnì piano, sollevando la testa dal petto di Minseok, ma stringendo il pugno attorno ai pantaloni del suo pigiama, facendo tossire il maggiore. Questo, almeno, lo fece svegliare, perché si allontanò ancora un po' e fece qualche suono.
“Ti devi alzare,” disse rocamente Minseok. Si chiese se Luhan fosse ancora abbastanza semi-addormentato da poter fisicamente spostare la sua mano dalla propria coscia senza che se ne accorgesse.
“Perché?” si lamentò l'amico.
“Il controllo,” disse semplicemente Minseok, scuotendo la gamba per togliere quella di Luhan. “E poi devo fare pipì.”
Oh,” disse penosamente Luhan. “Okay.” Alla fine, si spostò da Minseok, il quale poté riprendere a respirare normalmente.
Quando tornò in salotto, la TV era stata spenta, e Luhan era sdraiato sul divano con la mano dentro ad una nuova ciotola di ghiaccio. Minseok non sapeva nemmeno come avesse fatto a trovarlo. Si fermò davanti al divano e osservò il ragazzo, che sembrava così piccolo e vulnerabile nella luce soffusa, mentre guardava Minseok con i suoi occhioni che brillavano. “Io, um,” cominciò Minseok, senza sapere cosa dire. “Dormi. Probabilmente dovremmo andare a dormire ora.”
Oh! Giusto,” esclamò Luhan, posando la ciotola sul tavolino e sistemandosi sul pavimento, dove il suo letto era stato preparato accanto al divano. Continuò a guardare Minseok dal suo posto.
“Giusto,” gli fece eco stupidamente lui, scivolando sul divano e voltandosi su un fianco, fissando la TV senza guardarla davvero. “Buonanotte.”
“Buonanotte,” sussurrò Luhan, e tutto rimase silenzioso per un po'.
Minseok fissò la lucina del suo vecchio videoregistratore. Non aveva più sonno ormai. Malato, sì, ma assonnato, no. Continuò a pensare alla mano di Luhan in mezzo alle proprie gambe, a pochi centimetri da un Territorio Molto Pericoloso. Che cavolo.
All'improvviso, Luhan sussurrò il suo nome. “Seok-ah?”
Hmm?” rispose Minseok, continuando a fissare la lucina.
“Posso dormire con te nel divano?”
Minseok aprì la bocca, ma non uscì alcun suono. Cosa? No, quella gli sembrava una cattiva idea. Non sapeva nemmeno perché sembrasse una così cattiva idea, ma era abbastanza sicuro che avesse qualcosa a che fare con il fatto che i divani non sono fatti per accomodare due ragazzi addormentati, anche se Luhan era piuttosto magro, e Minseok piuttosto basso. Sì, sembrava una cattiva idea. Ma come cavolo avrebbe potuto rifiutare? No, non mi piace quest'idea. Suonava piuttosto meschino anche per qualcuno con un cervello poco funzionante come Minseok al momento. Quindi invece disse semplicemente, “Se vuoi.”
E a quanto pare Luhan voleva – probabilmente perché lo aveva chiesto – dato che un momento dopo, il ragazzo lanciò il proprio cuscino e la propria coperta sul divano accanto a Minseok, per poi abbandonare entrambi e condividere quello dell'amico, scivolando sotto le coperte e mettendosi comodo sul cuscino di Minseok. Si sdraiò con la schiena rivolta a Minseok, bilanciandosi precariamente sul bordo del divano, e Minseok finì per avere i suoi capelli castani in faccia, ma non gli dava troppo fastidio. Luhan sospirò contento.
“Questo mi ricorda la prima volta che hai dormito a casa mia,” sussurrò il ragazzo un momento dopo. “Il condividere la coperta e tutto.”
“Già,” fu l'unica risposta che riuscì a dare Minseok.
“Casa tua è molto più calda, però,” Continuò Luhan. “È così bello.”
Minseok fece un suono di assenso, non sapendo cosa avrebbe dovuto dire.
Ci fu un lungo silenzio dopo, non imbarazzante o niente del genere, solo silenzio. I respiri di luhan erano un po' rauchi, così come quelli di Minseok, e avrebbe voluto fare un po' di tè ma non si sarebbe alzato ancora. E non si ricordava nemmeno quando era stata l'ultima volta che aveva preso la medicina. Oh beh. L'avrebbe presa una volta sveglio. Chiuse gli occhi e si concentrò sul calore irradiato dalla schiena di Luhan e sul profumo familiare dei suoi capelli.
Passò ancora qualche minuto prima che Luhan sussurrasse, “Ho un segreto.”
Huh?” chiese Minseok, aprendo gli occhi. Tutto ciò che vide fu il vago profilo della testa del ragazzo.
“Un segreto,” ripeté lui. “Vuoi sentirlo?”
“Certo,” rispose Minseok, anche se forse sarebbe stato meglio dirgli di smettere di parlare e di andare a dormire.
Luhan fece un lento respiro. “Conto i miei soldi ogni notte.” Una pausa. “I soldi nel mio barattolo, a casa. Se posso, lo faccio ogni notte.”
Oh.” Minseok non era sicuro del perché fosse un segreto. Molte persone contavano i propri soldi, anche se magari non quotidianamente.
“So che ci metti dei soldi,” sussurrò Luhan, e oh. Oh. “Sin dalla tua prima notte a casa mia, ogni volta che vieni, c'è un po' più della notte precedente.”
Oops. Luhan non avrebbe mai dovuto scoprirlo. Minseok non sapeva cosa dire.
All'inizio mi infastidiva, perché pensavo provassi così tanta pena per me da darmi i tuoi spiccioli. Volevo dirti di smetterla, che non avevo bisogno del tuo aiuto. Ma poi ho capito cosa stavi facendo.” Minseok trattenne il fiato. “Ti avevo detto che non c'era bisogno che mi rendessi tutti i soldi che ti avevo dato per il tuo aiuto. Ma lo hai fatto lo stesso.”
Minseok non era sicuro di doversi scusare o meno. La voce di Luhan era così bassa che non riusciva a capire come si sentisse al riguardo. Voleva toccargli la spalla, ma non ne ebbe il coraggio.
Ma invece di una ramanzina, i successivi sussurri di Luhan furono, “Sei così buono con me. Sei così buono e continui a dare e dare mentre io ti causo solo problemi.”
Minseok sentì la gola chiudersi completamente. “Lu,” disse con voce strozzata. “Questo non è vero. Non dirlo nemmeno.”
“Ma è vero,” insistette il ragazzo. “Mi hai dato così tanto, e hai fatto così tanto per me, e tutto quello che ti ho dato in cambio è stata una stupida infezione alla gola. E anche dopo questo, mi hai chiesto di venire a stare a casa tua, nella tua casa calda e accogliente, e mi dai da mangiare e ti prendi cura di me, e tutto quello che ti chiedo è di dividere il divano. Sono terribile.”
“Non è vero.” La disperazione che trapelava dalla voce di Minseok era quasi palpabile. “Non lo sei, Lu, non dire così. Non penso tu sia terribile, penso sia—” Minseok si morse la lingua prima che la parola meraviglioso potesse sfuggirgli dalle labbra. Decise di prendere un'altra strada. “Non ho mai pensato di averti dato più di quanto ti meriti.”
In questo caso, hai davvero una strana idea di cosa io meriti.”
“Non penso affatto,” disse immediatamente Minseok.
Luhan sospirò. “Ti ripagherò,” promise. “Un giorno.”
“Non devi farlo,” gli assicurò lui.
“Voglio farlo. Ne ho bisogno.”
Non esistono debiti tra amici,” dichiarò Minseok. “A meno che non sia Jongdae e mi devi dei soldi.” Luhan rise piano, e Minseok sorrise. “Dico davvero, però. Non voglio che ti senti in colpa, solo perché la mia situazione sembra essere migliore della tua. Voglio darti delle cose, e voglio fare delle cose per te. Lavori già abbastanza con poco guadagno in cambio.”
Luhan sospirò ancora. “Mi sdebiterò un giorno,” sussurrò.
“Penso che un semplice 'grazie' vada più che bene.”
Luhan fece una piccola risata. “Beh, allora, grazie Kim Minseok.”
“Prego, Lu,” sussurrò in risposta Minseok, sorridendo. “Ora vai a dormire.”
E mentre i respiri di Luhan si facevano regolari, Minseok ripeté la loro conversazione, pensando a quanto ogni parola fosse stata vera, e pensò che sebbene nessuna parte di lui stesse toccando Luhan, non si era mai sentito così vicino a lui in tutta la sua vita.


Dopo quel primo giorno, Luhan affrontò il compito di prendersi cura di Minseok con tutto il vigore che poteva avere essendo lui stesso malato. Con entrambi i genitori del maggiore via per la maggior parte della giornata, Luhan insistette a cucinare tutto, seguendo i pasti programmati dalla madre di Minseok, metteva di continuo l'acqua per il tè a bollire e riempiva ciotole di cubetti di ghiaccio, cambiava i canali in TV, studiava le tabelle che aveva preparato la madre di Minseok per mantenere i valori del figlio sotto controllo. Si fece spiegare da Minseok – su un foglio, dato che non potevano parlare e il maggiore aveva perso completamente la voce ormai – cosa significassero tutti quei numeri, e cosa dovessero cercare.
Minseok descrisse la serie di valori alla quale puntavano, il pericolo di livelli troppo alti durante la malattia, il rischio di chetosi e infezioni secondarie. Gli spiegò come i sintomi della febbre fossero molto simili a quelli di un livello troppo basso di zucchero e perché questo fosse un problema, e perché dovesse contare i carboidrati e le calorie.
“Ma perché c'è il tuo peso qui?” chiese Luhan, indicando l'ultima colonna.
Minseok si era preparato a rispondere a quella domanda per i precedenti quindici minuti. Solo un altro valore che a mia madre piace tenere in considerazione per assicurarsi che sia tutto normale, scribacchiò sul foglio. Cerchiamo di mantenere i numeri il più constanti possibile. Coprì casualmente la colonna con un braccio.
Jongdae era passato il primo giorno, portando una sgradita pila di compiti da parte dei loro insegnanti. Rise un po' troppo gioiosamente vedendo l'espressione tetra di Minseok. Arrivò, comunque, portando anche alcune notizie.
“Indovinate chi mi ha chiesto di voi due oggi?”
Minseok gli lanciò un'occhiata annoiata da sopra i libri – molti dei quali erano per Luhan, povero ragazzo – e Luhan si prese la libertà di chiedere, “Chi?” la sua voce stava tornando tanto rapidamente quanto era sparita quella di Minseok.
Jongdae fece una pausa drammatica prima di dire finalmente, “Oh Sehun.”
Minseok sbatté gli occhi per la sorpresa, ma Luhan si illuminò visibilmente. “L'ha fatto davvero? Cosa ha detto?”
Jongdae scrollò le spalle, poggiandosi allo stipite della porta. “Si chiedeva solo cosa vi fosse successo. Era più un ‘cosa è successo a Luhan, non posso chiedere a Minseok dato che non è qui.’”
“Davvero?” chiese Luhan eccitato, facendo un gran sorriso mentre Minseok si imbronciava leggermente.
“Davvero,” rispose Jongdae con un sorriso. “Gli ho detto che eri piuttosto malato, ma ora che ti vedo, hai un aspetto migliore di quanto mi aspettassi.”
Luhan sorrise e disse, “Ho preso qualche medicina prima. Sarò sul pavimento fra una o due ore, non ti preoccupare.”
Jongdae rise, e i due parlarono ancora un po' di Sehun, e anche di Jongin (“Si sta sedendo con Jongin a pranzo? Jongin era con lui quando ti ha chiesto di me? Ti sembrava preoccupato per me?”), mentre Minseok si poggiava al muro e guardava in silenzio, sentendosi intontito, malato e scorbutico. Alla fine, Jongdae si rivolse a lui, chiedendo, “Che mi dici di te, hyung? Luhan-hyung si sta prendendo cura di te bene?” e mettendogli una mano sulla fronte come una madre amorevole.
Minseok gli scacciò via la mano e gli fece una smorfia.
“Certo che sì,” rispose Luhan con una risata.
“Bene, bene,” disse allegro il più piccolo. “Potresti trasformare questa casa in una casa di cura. Luhan-hyung potrebbe essere la caposala.”
“Caposala?” ripeté Luhan, confuso.
“La capo infermiera,” rise Jongdae, e Minseok alzò gli occhi al cielo. “Puoi invitare anche Kyungsoo, quando uscirà dall'ospedale.”
Ci fu un momento di terrore quando quelle parole gli lasciarono le labbra, e Luhan si voltò verso Minseok con gli occhi sgranati, senza nessuna traccia di un sorriso. “Ospedale?” chiese piano, come se dicendolo a bassa voce sarebbe potuto essere meno vero.
Minseok si morse il labbro e guardò Jongdae, che sembrò essersi reso conto dell'errore commesso e ora si copriva la bocca con entrambe le mani. Minseok si voltò nuovamente verso Luhan, il quale sembrava devastato, e annuì lentamente.
Le labbra del ragazzo tremarono. “Per colpa mia?” chiese, con voce debole.
Minseok scosse la testa, ma ci fu un momento di esitazione prima, e Luhan lo colse.
È colpa mia,” sussurrò, cominciando a tremare.
Minseok voleva poter dire qualcosa, assicurare Luhan che non era così, ma non poteva farlo, letteralmente. Lanciò a Jongdae un'occhiata ardente, e il più piccolo parlò subito.
“Non è colpa tua, hyung,” disse velocemente. “Non sapevi di essere malato quando eri con lui. Non è colpa di nessuno.”
“Sarei dovuto essere più attento,” piagnucolò Luhan. “Mi sarei dovuto rendere conto che non stavo bene. L'ho fatto ammalare.”
Minseok gli posò una mano sulla spalla, cercando di confortarlo, ma Luhan gli diede le spalle. Minseok guardò implorante Jongdae, non potendo fare nulla, ma il più piccolo si limitò a scrollare le spalle senza sapere cosa fare. Mordendosi il labbro, il maggiore mise da parte la pila di compiti prendendo un foglio che stava in cima, e senza curarsi di cosa fosse scrisse velocemente. Kyungsoo sta bene, si sta riprendendo. Non vorrebbe che ti sentissi in colpa. Mise il foglio davanti al viso di Luhan.
Il ragazzo lo lesse con gli occhi lucidi, poi lo fece cadere. “Ma è colpa mia,” disse, evitando lo sguardo di entrambi. “Probabilmente non mi vorrà più avere vicino.”

Onestamente, Minseok poteva dire con relativa sicurezza che Kyungsoo non avrebbe voluto nessuno d loro vicino per un bel po' dopo essere tornato dall'ospedale, ma non l'avrebbe detto. Toccò ancora una volta la spalla di Luhan e aspettò che il ragazzo lo guardasse, poi scosse la testa con sincerità. Luhan sospirò e si voltò.
“Mi dispiace,” sussurrò Jongdae quando Minseok si girò verso di lui con le spalle basse.
Il maggiore scosse ancora la testa. Luhan l'avrebbe comunque scoperta prima o poi, e avrebbe avuto la stessa reazione. Facendo un sorriso rassicurante al migliore amico e salutandolo, accompagnò Jongdae alla porta e tornò in salotto, trovando Luhan seduto sul divano con le gambe contro il petto. La scena gli fece venire il magone, e si sedette accanto a lui, abbastanza vicino da dargli conforto, ma non da occupare il suo spazio personale. Guardò il ragazzo, che sospirò e tirò su col naso, prima di poggiarsi alla spalla di Minseok.
“Te l'ho detto,” disse piano. “Non faccio altro che causare problemi.”
E Minseok non aveva la voce per dire a Luhan che si sbagliava, ma gli cinse la spalle con un braccio e lo strinse, sperando che il messaggio gli arrivasse comunque.


Sehun non sapeva molto circa la danza classica. Seriamente, non sapeva niente, aveva giusto qualche immagine mentale di ragazze con un tutù e scarpette di raso. Prima di scoprire che Jongin era un ballerino, non sapeva nemmeno che i ragazzi potessero fare danza classica. Pensava fosse uno sport solo da ragazze o qualcosa del genere.
Quindi non sapeva cosa aspettarsi quando arrivò al teatro dove Jongin gli aveva detto si sarebbe tenuto il recital. Sehun non sapeva fosse un occasione in cui vestirsi eleganti. Indossava dei jeans e una maglietta. Si sentiva un idiota.
Sehun!”
La testa di Sehun scattò al suono del proprio nome. Notò immediatamente Taemin che si faceva strada tra la folla per raggiungerlo. “Oh. Ciao.”
Hey,” disse Taemin, sorridendo. “Jongin mi ha detto che saresti venuto. Mi ha detto di tenerti un posto.”
Oh. Okay.” Lo seguì lungo i tappeti rossi fino ai posti della sezioni centrale, abbastanza vicini al palco.
“Vuoi un po' di noccioline sovrapprezzate?” chiese Taemin, offrendogli una bustina.
Sehun scosse la testa, e Taemin disse, “Oh, va bene. Accetti il cibo solo da Jonginnie.”
Sehun si accigliò, ma non disse nulla. Non era vero! Accettava il cibo anche da Luhan, e solo perché lo costringevano! Più o meno. Non proprio. Ma a malapena conosceva Taemin, non era sicuro di sentirsi abbastanza a suo agio da prendere il suo cibo.
Jonginnie ha una delle parti principali nel recital,” disse Taemin, tirando fuori un programma ripiegato e leggendolo. “Non è lo studente più bravo nei suoi corsi, ma a quanto pare è molto talentuoso e impara in fretta.’ Qualsiasi cosa significhi. Dice che questo è quello che gli ha detto la sua insegnante, ma non sono sicuro di credergli.” Sehun si stava rendendo conto velocemente che oltre ad essere estremamente simile a Jongin, condivideva con il ragazzo anche la tendenza a riempire i suoi silenzi. “È anche uno dei pochi ballerini maschi nella sua classe. Quindi non avevano molta scelta.”
Sehun controllò velocemente l'ora. Dieci minuti all'inizio dello spettacolo. Perché era venuto così presto?
Oh guarda, eccolo.” Sehun sollevò velocemente lo sguardo e vide Taemin indicare verso il palco, dove alcuni visi sbucavano da dietro il sipario rosso, e Jongin era tra quelli. Taemin sventolò la mano, attirando la sua attenzione, e Jongin gli sorrise, poi sembrò notare Sehun e il suo viso si illuminò in modo quasi accecante, sollevando una mano e salutandolo con entusiasmo. Sehun sollevò leggermente una mano, ricambiando il saluto, e Jongin si coprì il viso con la tenda del sipario in quello che sembrava un misto di frivolezza e timidezza.
“Buon Dio,” borbottò Taemin accanto a lui. “Non è mai così felice di vedere me.”
Sehun non gli prestò attenzione.
Il viso di Jongin scomparve un momento dopo, insieme a quello degli altri ballerini, e nell'auditorium calò pian piano il silenzio, fino a che le luci non si affievolirono. Poi, lentamente, il sipario si aprì e un paio di riflettori illuminarono il palco, vuoto se non per la scenografia degli alberi illuminati da luci blu e viola. Poi una musica lenta e dolce cominciò a suonare, e diverse ballerine balzarono sul palco, tutte ragazze, che volteggiavano e volteggiavano leggiadre sulle punte dei piedi per stare sotto ai riflettori. Indossavano tutte dei body ricamati elaboratamente, e i loro visi erano truccati con straordinari disegni e brillantini, e si muovevano come se fossero fatte di acqua e piume, ma nessuna di loro era Jongin quindi Sehun non era così interessato. Non era qui per vedere il balletto. Era qui perché Jongin gli aveva chiesto di venire.
Jongin non apparve che nove o dieci minuti dopo, quando saltò all'improvviso dalla sinistra. Stava al centro del palco, in posa con le braccia tese in aria, e poi si lanciò nella propria sequenza di passi. Sehun lo fissò, in qualche modo preso alla sprovvista anche dopo aver visto diverse persone esibirsi prima di Jongin. Era vestito con una calzamaglia e una semplice camicia nera, con le maniche sollevate all'altezza dei gomiti, e i suoi occhi erano delineati da eyeliner nero, sotto i capelli mossi. E Sehun non sapeva niente della danza classica, non sapeva niente sulla tecnica e sugli intricati passi, ma Jongin si muoveva con assoluta certezza e grazia, Jongin si muoveva come se fosse nato per fare questo, come se si sarebbe potuto uccidere danzando ed essere comunque perfettamente felice, eseguiva volteggi e salti impossibili e ampie flessioni, e Jongin era…
Jongin era la cosa più bella che Sehun avesse mai visto.
Non appena Jongin era salito sul palco, Sehun si era dimenticato di tutti gli altri nella sala. In un bizzarro caso di visione tubolare, Sehun vide Jongin e solo Jongin, mentre il ballerino faceva volteggiare diverse ballerine prima di unirsi a un gruppo di altri ragazzi e girare velocemente per poi cadere in una spaccata che lasciò Sehun a bocca aperta. Poi i ragazzi si misero di schiena, curvandosi in perfetti archi identici prima di alzarsi in piedi e percorrere tutto il palco per sollevare in aria le ballerine. Quando Jongin scomparve dal palco per un po', Sehun sentì di essere in trance, fissava impassibile i ballerini ancora sul palco senza guardarli davvero. Anche quando Jongin non era in scena, Sehun vedeva solo le linee lunghe e aggraziate del suo corpo, che si piegava e girava come se non fosse fatto di ossa. Continuò a non prestare attenzione fino a che Jongin non tornò sotto al riflettore.
L'intera performance andò avanti in un confuso turbinio tra il guardare Jongin e aspettare che Jongin riapparisse. Sehun pensava ci fosse una specie di trama per l'intero spettacolo, ma senza una parola e senza guardare gli altri ballerini, non poté seguirla. Nell'atto finale, però, Jongin dovette fare un assolo, con una musica veloce e allegra, le luci accecanti, la camicia nera sbottonata per mettere in mostra più pelle color caramello di quanto Sehun non avrebbe potuto sopportare, e finì in una serie di veloci pirouette impeccabili e un ampio inchino che lasciarono Sehun senza fiato. Poi il sipario calò, e le luci si accesero mentre il pubblico scoppiava in fragorosi applausi. Sehun si unì meccanicamente, mentre Taemin si alzava in piedi e urlava e batteva le mani, il suo entusiasmo raddoppiò quando Jongin tornò sul palco per i saluti. Gli applausi sembrarono continuare all'infinito, mentre i ballerini si inchinavano ancora e ancora, sorridendo allegri, ma alla fine tornarono tutti dietro le quinte e il pubblico cominciò a disperdersi, alcuni per andarsene altri per parlare. Sehun rimase seduto al suo posto in silenzio fino a che Taemin non lo fece alzare e lo tirò in mezzo alla folla, senza sapere dove lo stesse trascinando fino a che una voce familiare non li chiamò, “Taemin-ah, Sehun!”
Sehun si guardò intorno e vide Jongin che si avvicina il più velocemente possibile, i capelli fradici per il sudore e la pelle luminosa sotto le luci del teatro. Taemin lo salutò felice, ma gli occhi di Jongin rimasero incollati al viso di Sehun. Il ballerino stava sorridendo ampiamente, gli occhi socchiusi in due mezze lune mentre si passava una mano tra i capelli disordinati, fermandosi davanti a Sehun e guardandolo quasi con aspettativa. “Allora?” disse un po' senza fiato. “Com'ero?”
E se Sehun si fosse fermato a pensare, probabilmente avrebbe potuto rispondere con un commento sarcastico, magari sul fatto che Jongin lo avesse costretto a venire, o magari avrebbe potuto dire qualcosa che fosse mezzo-complimento e mezzo-insulto, ma Sehun aveva ancora la testa frastornata dalla pura e semplice bellezza di tutto ciò di cui era appena stato testimone, era ancora confuso dall'inaspettata sensazione di meraviglia e stupore, e quando aprì la bocca, l'unica parola che uscì fu, “Fantastico.”
Jongin si immobilizzò e lo guardò a bocca aperta, ovviamente sbalordito. In pratica rimase lì in piedi a fissare Sehun, come se si aspettasse che dicesse qualcos'altro, o che se lo rimangiasse, ma Sehun non lo fece. All'improvviso pensò di aver detto troppo, solo con quella semplice parola; come se avesse svelato troppo della propria anima, come se avesse rivelato troppo di quello che aveva tenuto nascosto così a lungo. Ma non se lo rimangiò.
“Lo pensi davvero?” chiese Jongin, l'incredulità chiara nella sua voce.
Al loro fianco, Taemin stava borbottando, “Wow, non reagisci mai così quando io ti faccio i complimenti,” ma nessuno dei due stava ascoltando e Sehun si limitò ad annuire, e fu allora che Jongin gli fece il sorriso più bello e irresistibilmente raggiante che Sehun avesse mai visto, facendogli sentire strane cose dentro.
Il tempo sembrò fermarsi per un momento, come se il sorriso di Jongin lo avesse bloccato, ma poi qualcuno lo chiamò – chiamò Jongin – e il ragazzo si riscosse dalla sua trance euforica e disse, “Devo andare a fare le foto.”
“Allora vai,” disse piano Sehun.
Jongin sembrava estremamente titubante ad andare via. Guardò la donna che gli stava indicano il palco, poi di nuovo Sehun, mordendosi il labbro. Alla fine, disse, “Torno subito, non andare via ancora,” e posò una mano sul braccio di Sehun prima di scappare via, perdendo tutta la grazia e la fluidità precedente.
Jongin aveva già toccato Sehun in questo modo prima, un breve contatto con il suo braccio o la spalla, gli aveva tirato il gomito per trascinarlo da qualche parte, ma mai prima d'ora un gesto così semplice aveva avuto quell'effetto su Sehun.
“Perdente,” mormorò Taemin a fianco a Sehun, ma lui era troppo impegnato a guardare Jongin salire sul palco e inginocchiarsi di fronte al gruppo riunito di ballerini. Guardò Jongin mettersi in posa su un ginocchio, poi fare una spaccata che sorprese ancora Sehun, come fa a farla? Poi il ballerino si alzò, facendo un gran sorriso per una foto di gruppo informale, passando le braccia intorno alle spalle dei suoi colleghi e ridendo per qualcosa che aveva detto qualcuno, e Sehun sentì una strana ondata di qualcosa che sembrava affetto, e lo fece quasi vacillare per l'intensità. Quella sensazione sarebbe dovuta essere il chiaro segno che era ora di andare per Sehun. Ma rimase. Jongin gli aveva chiesto di rimanere.
Quando Jongin tornò, stava ancora sorridendo, con il trucco drammatico che accentuava ogni sua espressione. Sehun non poté fare a meno di fissarlo, persino ora. “Hai cenato?” gli chiese, stringendo la propria borsa sportiva e il cappotto.
Okay, sì. Io... vado. Ci vediamo,” disse Taemin, alzando gli occhi al cielo e allontanandosi. Jongin si girò un attimo per salutarlo, e poi si rivolse ancora a Sehun, aspettando una risposta.
Um, sì,” rispose Sehun. “Sono quasi le nove. Ho mangiato prima di venire.”
Oh. Beh, ti va di mangiare qualcos'altro? Io muoio di fame.” Come se da copione, il suo stomaco brontolò forte, e Jongin abbassò la testa imbarazzato.
Io…penso di sì?” disse Sehun.
“Fantasticò!” Jongin si illuminò, lasciando cadere a terra la borsa e aprendola. “Devo solo... mettermi un paio di pantaloni e sistemarmi.” Si sedette lì sul pavimento dell'auditorium, ignorando le persone intorno a loro, e si piegò per togliersi le scarpette nere in tela, chiudendo e piegando le dita dei piedi per rilassarle mentre toglieva un paio di pantaloni di una tuta dalla borsa. Se li infilò velocemente, poi si mise un paio di sneakers prima di alzarsi in piedi. “Pronto!” cinguettò, infilandosi il cappotto e sorridendo.
Sehun aveva pensato che forse era il costume che aveva reso Jongin così bello sul palco, così come dopo lo spettacolo. A quanto pare no. Forse era il trucco? “Quello non lo togli?” chiese, indicandogli il viso.
Jongin fece una smorfia. “Nah, devo usare un detergente per il trucco, è tutto waterproof. Lo farò a casa.” Sbatté le ciglia sfacciatamente. “Ti piace? L'ho fatto io.”
“Davvero?” chiese Sehun, ignorando la prima domanda.
“Già,” rise Jongin. “Tutte le truccatrici erano troppo impegnate con le ragazze. Quindi il mio l'ho fatto da solo. Non male, vero?”
Sehun non rispose, ma non distolse nemmeno lo sguardo.
“Comunque,” continuò Jongin, ancora una volta timido, “andiamo. Conosco un posto qui vicino che vende dei galbitang davvero buoni. Ti piace il galbitang?”
Sehun scrollò le spalle, e Jongin lo spinse al freddo e lungo la strada, chiacchierando circa cose che erano successe dietro le quinte durante lo spettacolo. “Sooyoung ha dovuto cambiare il costume durante la pausa ma uno dei fiocchi delle sue scarpette blu si è staccato quindi abbiamo dovuto cucirne un altro velocemente ma era una tonalità di blu più scuro e tutte le ragazze erano così scandalizzate, come se qualcuno lo avesse potuto notare. Tu l'hai notato?”
Non ho notato nessuno se non te, Sehun per poco non lo disse. Si trattenne prima che potesse scappargli. Aveva già detto sin troppo oggi. “No,” disse invece.
“Come pensavo,” rispose presuntuoso Jongin. “Oh, siamo arrivati.” Guidò Sehun oltre la porta e dentro un ristorante che faceva venire l'acquolina in bocca. Se prima non aveva fame, di sicuro ora sì.
Si sedettero ad un piccolo tavolo in fondo, ordinarono due ciotole di zuppa e chiacchierarono mentre aspettavano. E di solito , 'chiacchierare' significava che Jongin riempiva i lunghi silenzi con chiacchiere allegre e grandi risate, ma oggi Sehun si ritrovò a parlare, anche senza sollecito. Era strano. “Da quanto fai danza classica?” gli chiese mentre i loro piatti venivano serviti. La sua domanda sembrò sorprendere Jongin – aveva sorpreso persino Sehun – perché il ragazzo sollevò lo sguardo con gli occhi spalancati, sbattendoli prima di rispondere.
“Da quando ho quattro anni,” rispose. “Fu allora che presi la mia prima lezione.”
Sehun annuì lentamente. Quando lui aveva quattro anni, sua madre aveva speso tutti i soldi in alcol, e lui era andato a scuola senza pranzo. La sua insegnante aveva chiamato a casa. Poi i servizi sociali. Sehun non aveva più partecipato ad alcuna attività dopo-scuola.
Dopo che ebbero mangiato, Jongin si offrì di accompagnare Sehun a casa. Lui pensava fosse ridicolo, perché non aveva bisogno di protezione, ma Jongin insistette che voleva farlo e Sehun aveva imparato molto prima che era impossibile convincere Jongin a non fare qualcosa che voleva fare. Quindi si incamminarono verso casa di Sehun, l'aria notturna fredda contro i loro visi.
“Perché fai danza classica?” chiese Sehun, dopo che Jongin gli raccontò della volta che si era lesionato un tendine ed era caduto durante un esibizione.
Jongin sembrò pensarci su un momento, il respiro che si trasformava in nuvolette. “Ho cominciato perché entrambe le mie sorelle lo facevano,” disse. “Ma quando loro hanno smesso dopo un paio di anni, io ho continuato. Ero bravo, e mi piaceva essere bravo in qualcosa. Mi piaceva stare sul palco, il fervore e l'eccitazione e gli applausi, ma mi piaceva anche allenarmi. Mi piaceva allenarmi così tanto che tutto faceva male, perché significava che stavo migliorando. Guardavo i ballerini professionisti, e volevo essere come loro, un giorno. Non sono mai stato uno di quei ballerini che provano tutto il giorno tutti i giorni senza alcuna pausa, semplicemente amavo ballare. Quando ero triste o frustrato o anche molto felice, ballare era la prima cosa che mi veniva in mente. È solo qualcosa di molto importante per me. Non penso sarei capace di smettere.”
Sehun annuì, guardandosi i piedi mentre camminavano sul marciapiede. “È davvero... figo,” disse, quasi con riluttanza.
“Davvero?” chiese Jongin, sollevandosi visibilmente.
Sehun scrollò le spalle. “Sì. Voglio dire. Hai detto che venivi preso in giro per questo quando eri più piccolo. È bello che non abbia smesso, dato che significava così tanto per te. Io probabilmente non ne sarei stato capace.” Non che Sehun avrebbe semplicemente potuto smettere di essere un bambino adottato.
“Quando venivo preso in giro, andavo semplicemente in studio e mi esercitavo di più. Mi aiutava,” disse Jongin. “Devi semplicemente trovare il giusto sfogo, invece di tenere tutto dentro.”
L'aveva detto deliberatamente, come se stesse cercando di dire qualcosa a Sehun senza dirlo direttamente. Non era difficile capire cosa fosse. “Sì, penso sia così,” fu tutto quello che disse Sehun.
Raggiunsero casa sua pochi minuti dopo. Sehun aprì la porta ed entrò, ma si voltò quando Jongin lo chiamò.
Il ragazzo era sulla soglia, con la borsa sportiva sulla spalla, e sorrideva timidamente. “Grazie per essere venuto oggi,” disse. “Sono davvero contento sia venuto. E... grazie per essere stato con me dopo, e tutto. È stato... davvero bello.”
“Già,” disse Sehun guardando Jongin sorridere nervoso.
Magari la prossima volta posso insegnarti qualche passo,” suggerì, giocherellando con la spallina della borsa. “Sai, se vuoi. Qualcosa di semplice, come una pirouette.” Come per dimostrarlo, sollevò un piede da terra, girando velocemente sull'altro, ma il peso della borsa sulla spalla lo sbilanciò, e fece il giro del suo corpo colpendolo allo stomaco; inciampò e agitò le braccia per evitare di cadere infondo alle scale. Stabilizzandosi, arrossì visibilmente e mormorò, “È stato davvero imbarazzante.”
Le labbra di Sehun si sollevarono di loro volontà.
“Ti prego non dirlo a nessuno. Soprattutto non a Taemin.” Jongin cercò alla cieca il primo gradino con un piede, e per poco non inciampò di nuovo, squittendo forte. “Cosa sto facendo? È meglio che vada prima che mi uccida da solo. Ciao. Voglio dire, buonanotte. Dormi buono. Beh. Dormi bene. Non guardarmi.”
E in qualche modo, vedere Jongin inciampare e arrossire e balbettare imbarazzato mentre cercava di dargli la buonanotte, fece fare a Sehun una cosa che inconsapevolmente aveva voluto fare per tutta la serata, e forse anche di più, forse da quando aveva conosciuto Luhan e Jongin, le uniche due persone che gli avessero mai fatto venire voglia di farlo.
Sehun sorrise. E non uno di quei piccoli atti ribelli delle sue labbra che gli sfuggivano di tanto in tanto. Sentì le sue labbra tirare in un sorriso quasi sconosciuto per lui, abbastanza largo da fargli socchiudere gli occhi, e la sensazione gli riempì il petto di bolle, e Jongin si fermò e lo fissò per la seconda volta quella notte. Lo guardava a bocca aperta, e Sehun sorrise e si morse il labbro e disse, “Buonanotte,” prima di chiudere la porta e correre in camera, senza sapere come gestire la situazione. Era tutto così nuovo per lui.
Luhan una volta gli aveva chiesto perché non sorridesse mai. Sehun aveva risposto che avrebbe sorriso quando avesse avuto una ragione per farlo. Non si era aspettato che questa ragione si presentasse. Non si era aspettato Jongin.
Sehun si sdraiò sul letto dopo aver afferrato la statuetta dei ballerini che stava sulla cassettiera. Li guardò volteggiare sulla loro base e pensò che non era stato nemmeno il trucco a rendere Jongin così bello quella sera.

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Capitolo 22
*** Capitolo 20 ***


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Faceva un po' paura, quanto velocemente Minseok si fosse abituato alla presenza di Luhan accanto a lui, 24 ore su 24. Quando si svegliava la mattina, Luhan era lì, a volte ancora addormentato sul pavimento vicino a lui, altre volte lo trovava seduto a sfogliare uno dei suoi libri o gli sorrideva mentre lui si alzava pigramente dal divano. Luhan era l'ultima cosa che vedeva prima di addormentarsi. Ogni volta che si svegliava per controllare i valori, Luhan era proprio accanto a lui, sveglio anche quando Minseok insisteva che tornasse a dormire. Era lì tutto il giorno, lavorando ai compiti insieme a Minseok, facendogli compagnia e preparandogli da mangiare. Sebbene Minseok a volte si sentisse frustrato e irritato da Luhan, il tipo di frustrazione che uno prova quando è a stretto contatto con una persona per troppo tempo, (specialmente con lo stress aggiuntivo della malattia e dei continui valori sballati), a Minseok in un certo senso... piaceva davvero avere Luhan lì. O meglio, ovviamente era bello non essere solo tutto il giorno e avere qualcosa con cui distogliere i pensieri da come si sentisse, ma a Minseok... piaceva davvero stare insieme a Luhan tutto il tempo. Essere al centro della sua attenzione. Era... piacevole.
Anche Luhan sembrava godersi il tempo passato a casa di Minseok. Era divertente, come fosse praticamente diventato parte della famiglia in quel periodo. Quando arrivò il fine settimana era tanto familiare quanto Minseok con la disposizione della casa e sapeva esattamente dove trovare le cose in cucina. Chiacchierava animatamente con i genitori di Minseok a cena, e riceveva tanta attenzione quanta ne riceveva Minseok. Vedere sua madre sentire la fronte di Luhan era diventato ormai un evento quotidiano, così come sentire suo padre chiedergli come se la stesse cavando con il carico di compiti.
Un giorno, Minseok uscì dal bagno e vide sua madre e Luhan seduti sul divano, chinati su qualcosa sulle loro gambe. “Cosa state facendo?” chiese, con sua voce roca, ma almeno era di nuovo lì.
“Oh, stavo cercando una vecchia foto nel nostro album, e Luhan mi ha chiesto se poteva guardare anche lui,” rispose la donna, sollevando lo sguardo per un momento prima di voltare pagina.
Minseok si sentì immediatamente insicuro. “Quanto vecchie?” chiese, avvicinandosi velocemente.
“Questa è di quando avevi... nove o dieci anni, penso.”
Minseok fece uno strano suono. “Non fargliele vedere!” esclamò, con voce rotta. “Erano i miei anni più imbarazzanti!”
“Perché?” disse Luhan con una risata, guardandolo. “Non sono così male.”
“Sono orribili,” grugnì Minseok, senza nemmeno guardarle. “I miei capelli erano troppo lunghi e avevo gli occhiali più brutti di sempre ed ero così goffo e poco fotogenico.”
Luhan ridacchiò, sbirciando le foto sulle sue gambe. “Non sono così male,” ripeté. “Eri adorabile! Le tue guance erano molto più piene prima.”
Minseok sussultò, e sua madre si schiarì leggermente la gola.
“Sembrano ravioli al vapore,” rise Luhan. “Adorabili.”
“Non sono adorabili,” mormorò Minseok, guardando ostinatamente il pavimento.
Odiava le sue vecchie foto.
“Sai cosa,” disse all'improvviso sua madre, chiudendo l'album con un tonfo. “Penso di aver preso l'album sbagliato. Magari la cercherò un altro giorno.”
Luhan sembrò sorpreso, e Minseok rimase lì in piedi a disagio mentre sua madre scompariva per mettere via l'album.
Luhan di solito sembrava felice, insieme a lui a casa sua, ma a volte Minseok lo vedeva mordersi il labbro e guardare il pavimento con occhi tristi, e sapeva che stava pensando a Kyungsoo, sentendosi in colpa per qualcosa che non avrebbe potuto evitare, ma Minseok non sapeva mai cosa fare per farlo sentire meglio. Non era mai stato bravo in queste cose. Questo era sempre stato compito di Kyungsoo.
Un lato negativo del fatto che Luhan fosse sempre lì era che Luhan lo
toccava sempre. Lo toccava sempre, e mandava Minseok fuori di testa. “Ti senti meglio?” Una mano sulla sua fronte. “Mi puoi passare quello?” Gli toccava il ginocchio. “Guarda questo!” Dita intorno al suo braccio. “Mi puoi aiutare con questa domanda?” Una mano sulla sua coscia. Toccava sempre Minseok, come se attirato da lui magneticamente. E non è che Minseok potesse semplicemente dirgli di smetterla, senza dargli alcuna motivazione. Smettila di farlo, mi fai provare strane cose. Perché questo non avrebbe sollevato sospetti.
Sabato sera, mentre i suoi genitori erano fuori, i valori di Minseok calarono inaspettatamente e si dovette sdraiare per qualche minuto mentre aspettava che il bicchiere di succo che aveva appena bevuto ribilanciasse tutto, e che la nausea e le vertigini passassero. Luhan si inginocchiò accanto al divano, con gli occhi spalancati e spaventati, e Minseok avrebbe voluto dirgli di non preoccuparsi ma le parole continuavano a perdersi nella strada tra il suo cervello e la sua bocca. Proprio mentre aveva aperto la bocca per dire qualcosa, però, Luhan mormorò, “Posso ascoltare il battito del tuo cuore?”
Gli ci volle un lungo, lungo momento per processare le sue parole e perché avessero un senso. E anche allora, non era proprio sicuro di cosa intendesse Luhan, sebbene quella domanda fosse familiare. “Cosa?”
La voce di Luhan tremò leggermente quando disse, “Quella... quella volta che non ti svegliavi a casa mia. Kyungsoo mi ha detto di ascoltare il tuo battito.” Minseok se ne ricordava. “Mi stavo chiedendo se potrei farlo ancora.”
“Sto bene, Lu,” gli assicurò Minseok, con mente leggermente più lucida mentre lo zucchero cominciava a scorrergli nelle vene.
“Voglio comunque farlo,” sussurrò Luhan.
E che male avrebbe fatto, giusto? Se questo avresse fatto sentire meglio Luhan, tanto valeva lasciarglielo fare. “Voglio dire, penso di sì,” mormorò Minseok, sentendo il viso leggermente accaldato. “Sta battendo un po' veloce pero', ora”
Luhan non rispose, e invece si mise in piedi e si avvicinò a Minseok in modo da inchinarsi e poggiare l'orecchio sul suo petto. Minseok trattenne il fiato, sentendo il cuore accelerare ancora di più, quando Luhan rimase in posizione un po' più del necessario, i suoi soffici capelli gli solleticavano il mento. Finalmente si ritrasse, con un sorriso ansioso sulle labbra. “Batte ancora,” sussurrò, proprio come la prima volta che gli aveva chiesto di ascoltare il suo cuore.
A differenza della prima volta, però, Minseok non aveva niente da dire in risposta. Si limitò a fissare il viso di Luhan, stranamente senza fiato, fino a che il ragazzo non si alzò lentamente, dicendo che andava a prendere un po' di crackers e il suo misuratore del sangue. Minseok continuò a guardarlo, anche dopo che scomparve in cucina, e aspettò che il suo cuore smettesse di galoppare. Ci volle un bel po' di tempo.
Quella notte, Minseok si svegliò boccheggiante e sudato, e i dettagli del suo sogno stavano svanendo in fretta, ma si ricordava mani delicate sulla sua pelle, sul suo petto e che scendevano lungo le cosce, e si ricordava labbra voraci e caldi respiri, e una calda pelle sotto i propri palmi. E gli bastò una veloce occhiata alla figura che dormiva sul pavimento accanto a lui per sapere chi fosse l'altra persona nel suo sogno, e se ci pensava davvero, il suo sogno era stato più un incubo. Ci mise molto tempo a riaddormentarsi.
Lunedì mattina, Minseok decise che era ora che Luhan tornasse a scuola senza di lui.
“Ma sarai solo tutto il giorno,” disse il ragazzo, sbattendo gli occhi grandi.
“Starò bene,” gli assicurò Minseok, così come la madre. “Mi sto riprendendo, posso prendermi cura di me ormai.”
“E se succedesse qualcosa?” chiese Luhan.
“Non accadrà nulla,” rispose deciso Minseok.
“Ha ragione,” confermò la madre, e Minseok le fu grato. “Purché ci sia qualcuno che lo controlli ogni tot ore, dovrebbe stare bene. E non dovresti continuare a saltare la scuola, Luhan.”
Minseok annuì velocemente. “Già, Lu. Hai perso una settimana intera, non voglio che manchi ancora per colpa mia.”
Luhan si mosse ansioso. “Sono ancora un po' malato…” disse, tossendo per dare enfasi.
Minseok rise, solo un poco. “Non abbastanza malato da restare a casa con me,” disse. “Davvero, Lu, penso dovresti tornare a scuola. Così puoi imparare tutto e tornare a casa per ripetermi le lezioni.” Fece una pausa, poi disse, “Voglio dire, tornare a casa
mia. Non... a casa. Questa non è casa tua.”
Luhan ignorò il suo errore per dire, “Non sono mai andato a scuola senza che ci fossi anche tu! E se non dovessi capire qualcosa?”
“Ci sono un sacco di persone che avrebbero piacere di aiutarti,” rispose calmo Minseok.
“E se qualcuno cercasse di approfittarsi di me?”
Minseok rise ancora, e sentì un bruciore alla gola. “Dirò a Jongdae di tenerti d'occhio,” promise, anche se ora che Luhan lo aveva detto, sembrava una bella preoccupazione per Minseok.
Alla fine, Minseok e sua madre riuscirono a convincere Luhan ad andare, spingendolo oltre la porta perché non facesse tardi, vestito con l'uniforme di Minseok dato che la sua era a casa sua. I pantaloni e le maniche erano un po' corti per lui, ma a parte quello gli stava bene, anche se nella targhetta c'era il nome di Minseok. Un po' più tardi, la madre andò a lavoro, e suo padre era già uscito, quindi Minseok rimase tutto solo nella casa silenziosa.
Si scoprì che a Minseok non
piaceva davvero stare da solo. Infatti, dopo la prima ora, cominciava ad odiarlo. Era noioso e molto più facile irritarsi per essere malato quando Luhan non era lì a distrarlo. Gli dava anche molto più tempo per pensare. E la sua mente si dirigeva troppo spesso verso cose alle quali non avrebbe dovuto pensare.
Sua madre e suo padre lo controllavano di continuo, ma alle 10.00 ricevette una serie di messaggi da un altro mittente.
Jongdumb: Luhan-hyung mi ha chiesto quattro volte nell'ultimo minuto di controllare come stai.
Jongdumb: La fa sembrare come se stessi morendo.
Jongdumb: Sarà meglio che non stia morendo.
Minseok rise rocamente. Non sto morendo, scrisse in risposta. Dì a Luhan che me la sto cavando perfettamente da solo.
Jongdumb: Non ti crede.
Minseok alzò gli occhi al cielo. Digli che è ridicolo.
Jongdumb: Dice che è solo preoccupato per te.
Sto bene, scrisse con un sorriso. Ma apprezzo la preoccupazione.
Ricevette messaggi simili a pranzo e anche durante la pausa pomeridiana. Almeno significava che Luhan pensava a lui?
Minseok aveva lo stesso problema.


Circa venti minuti dopo la fine della scuola, Jongdae e Luhan si presentarono alla porta di Minseok, portandogli i compiti da recuperare. Minseok grugnì, ma rispose alle domande preoccupate di Luhan circa la propria salute e ignorò gli sguardi vagamente confusi di Jongdae.
“Non sei nemmeno così malato,” disse Jongdae. “Voglio dire, sei ovviamente malato, ma non stai
morendo.”
E come poteva, Minseok, spiegargli che il suo era un caso speciale; che stava nascondendo a Jongdae cosa gli stava impedendo di guarire come gli altri? Quindi si limitò a scrollare le spalle e dire che era peggio di quanto non sembrasse.
Entrambi i suoi visitatori se ne andarono meno di un'ora dopo, comunque. I genitori di Luhan erano a casa, per una volta, quindi il ragazzo avrebbe passato un po' di tempo con loro prima che tornassero a lavoro, e Jongdae doveva studiare per un test, lasciando Minseok di nuovo da solo. Proprio quando aveva deciso di mettersi al lavoro con i compiti, però, qualcun altro bussò alla sua porta.
Minseok rimase un po' più che sorpreso quando la aprì e trovò Baekhyun dall'altra parte. “Ciao,” disse il più piccolo, sorridendo allegro ma leggermente incerto.
“Um,” disse Minseok. “Ciao.”
“Sei impegnato?” chiese Baekhyun, infilando le mani guantate nelle tasche del cappotto.
“Uh, no,” rispose lui, perché aveva davvero tutto il tempo del mondo. Si guardò intorno curioso. “C'è anche Chanyeol?”
Baekhyun scosse la testa lentamente. “No…?”
“Oh.” Minseok non aveva mi visto Baekhyun senza Chanyeol prima d'ora. Certo, ovviamente non stavano insieme
tutto il giorno, considerando che vivevano in case diverse, ma... Minseok non aveva mai visto l'uno senza l'altro, letteralmente. Mai. “Allora…”
“Posso entrare?” chiese Baekhyun, sembrando un po' incerto. Minseok non aveva nemmeno mai visto Baekhyun insicuro.
“Sì, certo,” disse lui immediatamente. “Entra.”
Baekhyun entrò e si tolse zaino e cappotto, poi seguì Minseok in salotto e si buttò sul letto di Luhan per terra. Minseok si sedette sul divano, guardandolo stranamente. Non aveva mai passato del tempo da solo con Baekhyun prima. Non erano così amici.
“Allora,” cominciò il più piccolo, guardandosi intorno come se non fosse mai stato lì. “Come va?”
“Um, non male,” rispose lui. “Voglio dire, sono stato meglio, ma...”
Baekhyun rise leggermente. “Immagino,” disse. “Ti senti meglio?”
“Beh, ora posso parlare,” disse Minseok. “Quindi è già un passo avanti.”
“Io impazzirei se perdessi la voce,” disse serio Baekhyun, e Minseok non lo metteva in dubbio.
“Già, fa schifo.”
Baekhyun annuì lentamente, guardando ancora la stanza. Minseok non aveva idea del perché fosse qui. “Allora... come sta Kyungsoo?”
“Okay, penso,” rispose lui. Il vicino gli aveva mandato un messaggio quella mattina, aggiornandolo su quanti libri aveva letto (quattro) e quanti film aveva visto (dodici). Non aveva fatto parola su come stesse. Kyungsoo non parlava mai di come stava; non voleva mai credere di star migliorando, nel caso non fosse così. “Ho parlato con sua madre oggi, ha detto che potrebbe tornare a casa nel giro di una settimana.”
“Così tanto?” chiese Baekhyun, con le sopracciglia inarcate. “Sta lì da quasi una settimana ormai, vero?”
Minseok scrollò le spalle, mettendosi una coperta intorno alle spalle. “Penso che dipenda più da quando Kyungsoo si sentirà pronto a tornare. Non vuole mai fino a che non è completamente guarito. È difficile per lui.”
Baekhyun annuì. “Che peccato. Dovrei mandargli un messaggio.”
“Sì, dovresti farlo,” disse Minseok. “Non chiedergli come si sente, però. Parla semplicemente con lui. Penso si senta solo.”
Baekhyun annuì ancora, fissando il vuoto per un po', in silenzio. Minseok immaginò si stesse preparando a dire qualcosa, quindi non lo interruppe quando Baekhyun si picchiettò leggermente il ginocchio. Alla fine, però, aprì la bocca e disse, “Sei gay, giusto hyung?”
Minseok lo guardò sorpreso. Beh, non si aspettava questo. “Uh. Sì,” rispose. Praticamente lo sapevano tutti a scuola.
Baekhyun annuì ancora. “Lo so,” disse. “Solo che non volevo dire,
Allora, ho sentito dire che sei gay.
Minseok non sapeva come rispondere. Non sapeva cosa stesse cercando di dire Baekhyun.
“Ti senti a disagio a parlarne?” chiese poi il ragazzo, guardandolo e inclinando la testa.
“Non proprio,” rispose lui, scrollando le spalle. “Voglio dire, non vado in giro a parlarne con chiunque, ma non è che sono imbarazzato o niente del genere. Perché?”
“Nessuna ragione,” disse Baekhyun, ma Minseok aveva la sensazione che quella fosse una bugia. “Ero solo curioso. Voglio dire,” Fece una pausa e poi continuò, “Com'è?”
Minseok davvero,
davvero non sapeva dove Baekhyun volesse andare a parare. Ma era una domanda abbastanza innocente, quindi rispose, al meglio che poté. “Non lo so? Nel senso, per quanto ne sappia non sono mai stato etero, quindi... Non so davvero a cosa comparare l'essere gay.”
“Ma è difficile?” chiese Baekhyun, guardandolo. “Essere gay, quando nessun altro lo è?”
Minseok sbatté le palpebre. “Non lo so,” disse ancora. “Voglio dire, immagino sia un po' difficile. Perché nessuno capisce davvero e cose così. Ma ci sono abituato.” Si stava abituando ad essere qualcosa che non era nessun altro.
Baekhyun si avvicinò un po'. “Qualcuno ha reagito in modo davvero drammatico quando glielo hai detto?” chiese.
Minseok ci pensò per un secondo, poi scosse la testa. “Non proprio. Sia Kyungsoo che Jongdae l'hanno presa davvero bene. I miei genitori erano abbastanza scioccati, ma non sono impazziti o nulla del genere. Ho sentito che mia nonna ha riso davvero tanto quando mia madre le ha parlato, però.” rise piano. “Nessuno è uscito di testa, però. Per fortuna.”
Baekhyun si morse il labbro, poi disse, “Bene.”
Minseok scrollò le spalle.
Rimasero in silenzio per qualche momento, e Baekhyun continuò a picchiettarsi il ginocchio, per poi dire, “Hai mai avuto una cotta per un ragazzo etero?”
Minseok si irrigidì per un momento, improvvisamente terrorizzato all'idea che Baekhyun lo avesse scoperto e lo accusasse di qualcosa, ma poi si riscosse perché era stupido. Come poteva avere senso? “Sì,” confessò. “Un paio di volte.”
“Cosa hai fatto?”
Minseok scrollò le spalle. “Ho aspettato che mi passasse,” disse. “Più o meno quello che fai se hai una cotta per qualcuno fuori dalla tua portata. O totalmente irraggiungibile. Come un insegnante.” Fece una smorfia. “Ma meno inquietante.”
Baekhyun rise gentilmente. “E ha funzionato?”
“Sì. Voglio dire, non erano mai delle vere cotte, comunque. Sapevo sempre che non avrebbero portato a niente, quindi ho tenuto le distanze.”
Baekhyun sospirò pesantemente, sdraiandosi sul letto di Luhan e fissando il soffitto. “Ma ti è mai, tipo.” Si morse il labbro. “Hai mai avuto una
cotta davvero gigantesca per un ragazzo etero? Il tipo di cotta che ti fa correre il cuore e ti si attorcigliano le interiora e il cervello va in tilt? Il tipo di cotta che in realtà potrebbe essere amore?”
Minseok fissò Baekhyun a lungo, senza parole, e finse che un certo viso non gli fosse improvvisamente venuto in mente. Invece di rispondere, chiese, “Um, Baekhyun? C'è qualcosa che vorresti dirmi?”
Il viso di Baekhyun si fece immediatamente rosso, e i suoi occhi non si mossero dal soffitto. “No,” disse velocemente. “Niente affatto. Sto solo chiedendo.”
“Uh…huh…” Minseok continuò a fissarlo.
“Mi stavo solo chiedendo cosa faresti se avessi, tipo, una cotta enorme che potrebbe essere amore per un ragazzo etero,” disse Baekhyun.
“Ti stavi solo chiedendo quello?”
“Sì.”
Minseok non era una persona estremamente perspicace, ma chiunque avrebbe capito che Baekhyun non si stava
solo chiedendo questo. Invece di impicciarsi, però, disse, “Non ho idea di cosa farei.”
“Glielo diresti?” chiese Baekhyun, con il viso ancora rosso e gli occhi incollati al soffitto.
“Non lo so,” rispose ancora lui.
“E se questa gigantesca cotta durasse da tanto tempo? Voglio dire, ipoteticamente parlando, se dovesse succedere, sarebbe davvero stancante tenerlo per te, giusto? Glielo diresti?”
“Non lo so.” Minseok non pensava nemmeno che Baekhyun stesse ancora ascoltando.
“Sarebbe piuttosto spaventoso, no? Probabilmente rovinerebbe il tuo rapporto con quella persona, vero?”
Gli fece davvero male dover dire, “Sì, probabilmente sì.” Minseok ci aveva pensato tantissimo in passato.
Baekhyun sospirò e si seppellì sotto la coperta di Luhan. “Già,” disse. “Mi dispiace debba passare tutto questo.”
Minseok si sentì immensamente dispiaciuto per se stesso per un momento fino a che non si ricordò di non aver mai detto che lui
stava vivendo quella situazione. “Cosa?”
“Niente,” mormorò Baekhyun. “È solo che fa schifo.”
Minseok immaginò che la conversazione – di qualsiasi cosa avessero parlato – fosse conclusa. “Già, immagino di sì.”
Ci fu un lungo silenzio, e Minseok si mise più comodo sul divano mentre aspettava che Baekhyun lo salutasse e se ne andasse o qualcosa del genere, ma poi il più piccolo riprese, “Ma se proprio non riuscissi a fartela passare?”
“Huh?”
“E se fosse davvero tanto fantastico e perfetto e tu non riesci assolutamente a fartela passare nonostante lui sia etero e pensi che uscirai fuori di testa se lo tieni per te ancora a lungo?”
Minseok guardò Baekhyun che rotolava agitato sul pavimento. “Onestamente?” chiese. “Lo porterei con me nella tomba, perché sono un gran codardo.”
“Questa è davvero una risposta del cavolo, hyung,” grugnì Baekhyun.
Minseok rise leggermente, con un pizzico di biasimo. “Ma onesta.” Baekhyun si imbronciò. “Questo sono io, però. Non sto dicendo che tu devi fare così.”
Baekhyun distolse lo sguardo. “Non stavamo parlando di me.”
“Giusto,” disse Minseok. “Mi ero dimenticato.”
Sospirando, Baekhyun si alzò a sedere, con i capelli scompigliati e l'uniforme sgualcita. “Sarà meglio che vada ora,” disse. “Devo andare a cena da Chanyeol.”
Minseok lo guardò con attenzione mentre si alzava in piedi e sistemava il letto di Luhan. “Okay.”
“Scusa per il disturbo.”
“Non mi hai disturbato,” gli assicurò velocemente Minseok. “Davvero.”
Baekhyun lo guardò titubante. “Hyung?” disse. “Ti... darebbe fastidio se ogni tanto tornassi a farti qualche altra, uh, ipotetica domanda?”
Minseok sorrise rassicurante. “Certo che no,” rispose. “Anche se non posso assicurarti che saprò risponderti meglio di quanto non ho fatto oggi.”
“Va tutto bene,” disse il più piccolo. “Voglio solo, sai, farti qualche domanda.”
“Sei il benvenuto quando vuoi,” disse Minseok.
Baekhyun sorrise leggermente. “Grazie.”
Minseok annuì e salutò Baekhyun mentre lo accompagnava alla porta.
Domande ipotetiche. Certo.


“Noona, questo è il mio amico Sehun. Può sedersi e guardare oggi, vero?”
Sehun saltò per la sorpresa quando un mano delicata gli sollevò il viso, e una giovane donna gli sorrise in modo affascinante. Sehun pensò di averla vista al recital. “Quindi questo è il Sehun di cui continui a parlare?” chiese, con voce scherzosa.
Jongin rise imbarazzato. “Non parlo di lui
così tanto,” disse sulla difensiva.
“Parli di lui abbastanza,” disse la donna, lasciando il mento di Sehun e scompigliando invece i capelli di Jongin. “Certo che può guardare. Non sei un ballerino, Sehun?”
“Huh?” gli occhi del ragazzo si spostarono su di lei da un gruppo di ragazze in body che si stavano legando le scarpette. “Oh. No.”
La donna guardò ancora Jongin, le labbra incurvate in un sorriso malizioso. “Non mi guarda nemmeno per più di pochi secondi.”
“Non tutti sono incantati dalla tua bellezza, noona,” la prese in giro Jongin con un sorriso.
“A quanto pare,” disse con un sospiro la donna, ma Sehun stava di nuovo già guardando Jongin.
Era martedì, e di solito Sehun non passava tempo con lui dopo la scuola il martedì, perché Jongin aveva le prove. Oggi, però, il ragazzo gli aveva chiesto se fosse voluto andare a guardarlo, e in passato, Sehun avrebbe detto di no, ma oggi accettò. Erano passati solo tre giorni da quando lo aveva visto esibirsi, ma si stava già chiedendo se avrebbe provato le stesse emozioni, se sarebbe stato ancora così stranamente magico.
“Puoi sederti lì, Sehun,” disse Jongin, riscuotendolo dai suoi pensieri. Indicò un punto vicino alla porta da cui erano entrati, dove alcune persone avevano lanciato le borse. “Fatti un po' di posto.”
Sehun annuì in silenzio, ma Jongin lo fermò prima che potesse allontanarsi. Il suo sorriso era incerto e titubante. “Dimmi se ti annoi, okay? Non devi restare per tutto il tempo, lo capisco se te ne vorrai andare.”
“Okay,” rispose Sehun.
“Per i primi minuti faremo solo stretching, ma dopo diventa più interessante, lo giuro,” disse Jongin, subito prima di venire chiamato in posizione alla sbarra.
Sehun si tolse il cappotto e lo sistemò in un spazio che si era creato tra le borse dei ballerini, per poi sedercisi sopra e appoggiarsi al muro. Guardò mentre Jongin si toglieva le sneakers e si infilava le scarpette da ballo, saltando e mettendosi sulle punte per scaldare i muscoli delle gambe e dei piedi. Chiacchierò con alcuni dei suoi compagni mentre si scaldava, seguendoli quando si misero a terra e si piegarono sulle gambe allungate per toccare le punte dei piedi, ma dopo un minuto si voltò verso Sehun e gli lanciò un sorriso grande e imbarazzato quando vide che lo stava guardando. Gli angoli della bocca di Sehun si alzarono in risposta.
Era qualcosa a cui Sehun non era ancora abituato, e gli contorceva ancora lo stomaco per l'ansia, ma in questi giorni stava imparando ad ignorarlo.
(In un certo senso gli piaceva il modo in cui il viso di Jongin si illuminava quando Sehun lo graziava con un sorriso.)
Mentre Jongin e gli latri ballerini continuavano con i loro esercizi di riscaldamento e con lo stretching, Sehun ripensò al giorno precedente. Luhan era finalmente tornato a scuola, dopo una settimana di assenza, e a quanto pare Jongin gli aveva già detto del recital prima che andasse a parlare con lui a pranzo, perché il maggiore aveva un sorrisetto
intenditore, come se gli avessero rivelato un grande segreto. Non ebbe la possibilità di dire niente, comunque, prima che Jongin li raggiungesse – e non solo li raggiunse, ma portò con sé anche tutti i suoi amici, Taemin e gli altri della festa. “Ti va bene?” aveva chiesto, incerto e speranzoso. “Non ti dispiace, vero Sehun?”
E Sehun aveva semplicemente scrollato le spalle, e Jongin si era illuminato, tutti si erano seduti e fine. Avevano chiacchierato e riso tutti insieme, e Sehun aveva detto qualche parola qui e là, più che altro quando Jongin o Luhan gli facevano qualche domanda, ed era andata... bene. Non era stato al centro dell'attenzione, ma non era nemmeno stato ignorato, e di solito lo avrebbe preferito, ma per una volta non gli dispiacque davvero.
Luhan se ne era andato subito dopo scuola, dicendo che doveva andare a controllare Minseok, ma nel pomeriggio, dopo aver fatto qualcosa con i genitori, invitò Sehun ad andare a prendere un bubble tea, e Sehun aveva accettato perché chi mai avrebbe rifiutato un bubble tea? In più, non aveva visto Luhan per tutta la settimana. E... beh, non gli era
mancato, perché le persone non gli mancavano per principio, ma... beh... non era stato triste nel rivedere Luhan. Il maggiore era allegro come sempre, nonostante la voce leggermente roca, e aveva fatto a Sehun milioni di domande su cosa avesse fatto mentre lui era stato malato, ed era stato familiare.
L'unica volta che Luhan aveva smesso di sorridere fu quando confessò di aver fatto ammalare un amico a lui molto caro – un amico che non era Minseok – e che non riusciva a smettere di pensarci. Disse a Sehun che a volte non riusciva a dormire per ore, pensando a questo, perché aveva paura di avergli causato molti più danni di una semplice malattia. Sehun non aveva saputo cosa dire.
La melodia che suonava dal pianoforte dall'altra parte dello studio cambiò in un ritmo più elegante, e Sehun vide metà dei ballerini allontanarsi dalla sbarra per sistemarsi nella sala spaziosa, davanti allo specchio e alla loro insegnante. Jongin catturò ancora una volta lo sguardo di Sehun e gli sorrise interrogativo, come per dire,
Tutto okay? Sehun annuì in risposta, e Jongin sorrise riportando l'attenzione sulla giovane donna di prima, la quale stava dimostrano una serie di piegamenti e volteggi (un giorno, Sehun avrebbe imparato i termini giusti). Gli studenti copiarono i pochi passi, poi indietreggiarono al muro per lasciare che l'altra metà dei ballerini facesse lo stesso.
A Sehun piaceva guardare Jongin ballare così. Mentre l'esibizione di sabato era stata intensa e da togliere il fiato, guardare le prove era molto più informale, e molto più rilassante. Il costume di Jongin era stato rimpiazzato da dei semplici pantaloni della tuta grigi e una maglia nera, e il suo viso era al naturale e i capelli spettinati. I suoi movimenti erano curati e precisi, per quanto poteva saperne Sehun, ma non era in perfetta sincronia con quelli che lo circondavano, e questo dava al tutto un'aria di piacevole leggerezza. Eppure, tutto ciò che faceva Jongin sembrava così semplice, dal modo in cui sollevava un gamba parallela al pavimento, ai rapidi giri consecutivi che eseguiva con semplicità. Anche senza il trucco di scena e i riflettori, Jongin aveva una certa grazia in sé, in quello che faceva, persino nel modo in cui camminava, e Sehun non avrebbe potuto distogliere lo sguardo nemmeno se ci avesse provato.
Jongin aveva detto a Sehun che oggi le prove sarebbero durate meno del solito, dato che avevano appena fatto il recital e che non avevano altre esibizioni né nuove coreografie da imparare. Andarono comunque avanti per più di due ore, perfezionando tecniche e ricevendo attente correzioni per difetti che Sehun non era nemmeno sicuro esistessero. Passò dall'osservare il modo in cui il corpo di Jongin si piegava e si muoveva, al lasciare che la sua mente vagasse, sfrenata, di pensiero in pensiero. Jongin gli si era avvicinato, qualche volta, solitamente con la scusa di prendere un sorso d'acqua, e ogni volta aveva chiesto a Sehun se si stesse annoiando, ma lui rispondeva sempre di no. Non era esattamente uno spettacolo entusiasmante, ma forse era per questo che gli piaceva. Vedere Jongin nel suo elemento, con nessuno da impressionare se non se stesso. E sapere che questo era un lato di Jongin che nessun altro aveva visto prima, se non gli altri ballerini in sala. A Sehun piaceva.
Alla fine delle prove, i ballerini eseguirono alcuni passi del recital passato, e a Sehun piacque ancora di più. Jongin fece il suo solo finale, e anche senza l'abbigliamento di scena, la sua esecuzione lasciò Sehun senza fiato. Girò rapidamente sul posto, le braccia e le gambe tenute vicino al corpo mentre la testa si muoveva con ogni giro, e poi allargò le braccia e alzò una gamba, il tutto mentre continuava a volteggiare, così tante volte che
Sehun si sentiva intontito, e il suo sorriso era così grande e luminoso che Sehun a malapena riusciva a guardarlo, ma allo stesso tempo non poteva distogliere lo sguardo. Finì con un inchino, e i suoi compagni e l'insegnante applaudirono, e Sehun si unì automaticamente. Jongin sollevò lo sguardo dal suo inchino per guardarlo, e Sehun continuò ad applaudire, con le labbra che si sollevarono ancora una volta, e Jongin sembrava decisamente raggiante.
Le prove finirono qualche minuto dopo, e le persone si riversarono all'improvviso attorno a Sehun, afferrando le borse dal pavimento e chiacchierando tra loro. Alcuni di loro lo salutarono, altri ancora sapevano il suo nome (Jongin parlava davvero così tanto di lui? Cosa diceva?) ma poi Jongin venne a salvarlo, guidandolo attraverso una massa di ballerini per mettersi da una parte.
“Non ti cambi?” chiese Sehun, indicando le sue scarpette.
Jongin scosse la testa, sorridendo leggermente. “Volevo chiedere una cosa a Soojin-noona.”
“Ho sentito il mio nome.” La giovane insegnante sbucò al loro fianco, il body ora coperto da un pensante cappotto invernale e la borsa in spalla. “Stavate spettegolando su di me?”
Jongin rise. “Certo che no, noona,” disse. “Mi stavo solo chiedendo se io e Sehun potessimo restare ancora un po' quando tutti se ne saranno andati.”
Questa era la prima volta che Sehun sentì dei suoi piani, ma non obiettò quando Soojin guardò prima lui, poi Jongin, per poi fare un occhiolino e dire, “Certo.”
Jongin rise imbarazzato, le guance arrossate (o forse erano ancora rosse dallo sforzo), e promise di chiudere tutto quando avrebbero finito.
Lo studiò si svuotò dopo pochi minuti, lasciando solo Sehun e Jongin all'interno. La sala sembrava molto più grande con solo loro due ad occuparla.
“Togliti la camicia,” disse all'improvviso Jongin.
“Cosa?” chiese Sehun, guardandolo sorpreso.
Jongin arrossì. “Scusa, mi è uscito male. Volevo dire solo che... probabilmente è meglio se togli la camicia dell'uniforme. Hai qualcosa sotto, vero?”
Sehun indossava sempre una canottiera sotto all'uniforme, ma non era esattamente sicuro del perché avrebbe dovuto svestirsi. “Per?”
Jongin sorrise timido, guardando il pavimento e piegando un piede avanti e indietro. “Stavo solo pensando che... dato che sei già qui, magari potrei insegnarti qualche passo. Se ti va, ovviamente.”
Sehun ripensò a tutte le tecniche che aveva visto quel giorno e aggrottò le sopracciglia dubbioso. “Non penso sarò capace di fare molto…”
“Ti mostrerò solo le basi,” gli promise Jongin. “Letteralmente, la base di tutto. Le cose che ti insegnano al primo giorno di corso.”
E sembrava così entusiasta e sincero che Sehun non poté fare altro che scrollare le spalle e dire, “Okay,” cominciando poi a sbottonarsi la camicia. Jongin distolse velocemente lo sguardo.
Alla fine Sehun si ritrovò con la canottiera, i pantaloni dell'uniforme e le calze, e Jongin lo squadrò dalla testa ai piedi, accigliato, per poi dire, “Non sono sicuro di quanto bene riuscirai a muoverti con quei pantaloni.”
“Vorresti che mi tolga anche questi?” chiese Sehun, e Jongin lo guardò sorpreso per poi ridere.
“Hai appena fatto una battuta?” gli chiese con voce incredula.
Sehun sbatté le palpebre. “Io…non lo so.”
Jongin scosse la testa, ancora sorridendo, e andò a prendere un altro paio di pantaloni dalla sua borsa. Sehun si cambiò velocemente, con l'insistenza del ragazzo, e poi fu pronto a ballare. Non sapeva nemmeno perché avesse acconsentito, a dire il vero. Non era un ballerino. Non aveva mai ballato
in vita sua.
Jongin non sembrava troppo preoccupato, però. Guidò Sehun alla sbarra, mettendosi di fronte a lui, e poi disse, “Questa è la prima posizione.” Mosse i piedi in modo che i talloni si toccassero, con le punte rivolte ai lati opposti, perfettamente allineati con il suo corpo. “Prova.”
Sehun si sentiva leggermente imbarazzato mentre provava a copiare la posizione, ma le sue gambe non giravano così tanto, e i suoi piedi finirono per formare un angolo piuttosto che una linea dritta. “Sembra doloroso,” disse per coprire la vergogna.
Jongin rise leggermente, ma non con tono di scherno. “Ci vogliono anni di pratica,” gli assicurò. “Tutti iniziano come te.”
“Certo,” borbottò Sehun.
“Tieni la schiena dritta,” disse Jongin, sorridendo. “Questa è la seconda.” Allargò le gambe, mantenendo i piedi paralleli. Sehun lo copiò ancora, accigliandosi leggermente, e Jongin rise ancora.
“Cosa?” domandò lui.
“Stai troppo scomposto,” rispose. “Tieni le spalle indietro.”
Sehun sbuffò, ma fece come gli era stato detto. Effettivamente, sembrava più una posizione da ballerino in quel modo.
Successivamente gli mostrò la terza, la quarta e la quinta posizione, e Sehun faceva sempre più pena con ognuna di esse, faticando a sistemare i piedi in un modo anche solo vagamente simile a quelli di Jongin, ma il ballerino gli assicurò più e più volte che era difficile per tutti i principianti. Poi gli mostrò un demi-plié—un leggero piegamento delle ginocchia, con i piedi in prima posizione—e un grand plié—un piegamento più profondo, con i talloni sollevati da terra. Sehun si tenne stretto alla sbarra per evitare di cadere in avanti, ed era abbastanza sicuro di sembrare ridicolo, ma Jongin sembrava soddisfatto, quindi continuò a seguire le sue parole.
“Ancora una,” gli disse, allontanandosi dalla sbarra. Sehun fece lo stesso. “Una pirouette è un tipo di giro fatto su un piede. La conoscevi questa, vero?”
Sehun annuì. Sapeva che era un cosa del genere, almeno.
“Si parte in quarta posizione.” Jongin mise i piedi in modo che fossero quasi paralleli, uno di poco più avanti dell'altro. Sehun faceva schifo in quella posizione, ma cercò comunque di copiarlo al meglio delle sue capacità. “Demi-plié,” continuò, piegando leggermente le ginocchia. Sehun fece lo stesso. “Braccia in avanti.” Jongin sollevò le braccia in un cerchio, come se stesse abbracciando un albero invisibile. Sehun si sentiva stupido, ma lo fece comunque. “Guardami e basta. Ti dai la spinta con la gamba di dietro, sollevi il piede al ginocchio, fai un giro completo e poi atterri allo stesso modo in cui sei partito.” Sehun guardò mezzo meravigliato e mezzo confuso mentre Jongin eseguiva una piroetta perfetta, girando sulle punte di un piede per poi atterrare nuovamente in quarta posizione. Sorrise a Sehun quando si fermò. “Capito?”
“No,” grugnì lui.
Jongin rise. “Prova. Non riderò.”
Sehun sospirò e sollevò le braccia. Non appena lo fece, però, Jongin gli si avvicinò e gli alzò leggermente i gomiti, dando la giusta forma alle braccia. Sehun sbatté le palpebre e il ragazzo gli sorrise. “Così,” disse piano, poi posò una mano sulla sua schiena. Rimasero così immobili per un momento, fino a che il ballerino non disse, “Raddrizza la schiena,” e Sehun si rese conto che non lo stava toccando senza motivo. Corresse la postura imbarazzato.
“Vuoi che ti tenga?” gli chiese Jongin. Quando Sehun lo guardò stranito, spiegò, “In un
pas de deux, un ballo di coppia, ti terrei i fianchi mentre giri in modo da non cadere. Posso farlo se vuoi.”
Sehun pensò alle mani di Jongin sui propri fianchi, e scosse immediatamente la testa. “No, va bene così.”
“Okay,” rispose lui, facendo un passo indietro. “Pronto?”
“No.”
“Demi-plié. Ora... gira!”
Trattenendo il fiato, Sehun provò a copiare il giro di Jongin, ma il suo equilibrio non era buono sin dall'inizio e si agitò per restare in piedi, sentendo immediatamente delle braccia forti afferrarlo. Si voltò e vide Jongin che lo teneva con un sorriso.
“Preso,” disse, e Sehun si sentì improvvisamente accaldato.
“Ho fatto un casino,” mormorò, raddrizzandosi e tirandosi via dalla presa del ballerino.
“Va tutto bene,” disse Jongin, sempre sorridendo. “Puoi provare ancora.”
“Non penso di essere adatto alla danza classica,” sbuffò.
“Forse no,” rispose lui, “ma stai imparando da... meno di mezz'ora. Se fossi già perfetto, sarei piuttosto impressionato.”
Sehun si morse il labbro. “Dovrei provare ancora?”
“Mi piacerebbe se lo facessi.”
Sehun avrebbe voluto dirgli che non faceva le cose solo perché lui voleva che le facesse, ma se ci pensava su, per tutto il giorno aveva fatto cose proprio perché Jongin voleva che le facesse. Quindi tenne la bocca chiusa e si rimise in posizione.
Dal momento in cui aveva dato la spinta, Sehun aveva sentito che era giusto. Non era perfetta, e lo sapeva, ma qualcosa nella forza con cui aveva spinto e nel modo in cui si era tenuto aveva
funzionato, e probabilmente sarebbe sembrato goffo e sbilanciato a chiunque altro, ma riuscì ad atterrare in una sembianza di eleganza, senza cadere, ed era la prima volta in tutta la lezione in cui sentiva di aver fatto qualcosa bene. Guardò Jongin, e il ragazzo si illuminò, come se Sehun avesse fatto qualcosa di spettacolare, e senza pensarci, Sehun ricambiò il sorriso, soddisfatto.
Raramente si sentiva così.
Soddisfatto. Era una sensazione quasi estranea, si sentiva caldo e formicolante sotto la superficie della pelle. Il sorriso di Jongin si allargò, gli occhi luccicanti, e Sehun si godette la scena per un momento.
Ultimamente lo faceva spesso. Non era sicuro di quanta paura avrebbe dovuto avere.

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Capitolo 23
*** Capitolo 21 ***


Kyungsoo non disse mai, mai, a Minseok come stesse quando era in ospedale, o di quando si aspettasse di tornare a casa. Minseok sapeva che non era per le proprie ragioni egoistiche. Sapeva che nemmeno Kyungsoo sapeva dare risposta a quelle domande. Riceveva tutti gli aggiornamenti sulle sue condizioni dai suoi genitori, perché anche se Kyungsoo avesse voluto condividerli con lui non avrebbe potuto. Kyungsoo non chiedeva mai ai medici se stesse bene, se avessero trovato qualcosa di nuovo, nemmeno quale fosse la sua diagnosi. Sapeva come si sentiva ovviamente, ma a quanto pare Kyungsoo sapeva di non potersi affidare solo su quello quando si trattava della sua salute. E non chiedeva mai quando sarebbe potuto tornare a casa. Non voleva saperlo.
Non voleva mantenere le speranze troppo alte, perché troppo spesso quando era più piccolo, gli avevano detto una cosa, per poi informarlo il giorno seguente che le cose erano cambiate.
Nonostante questo, a Minseok faceva piacere sapere, anche solo per alleggerire la propria coscienza, quindi riceveva aggiornamenti regolari dai genitori di Kyungsoo. Sapeva che le cose sarebbero potute cambiare nel giro di un'ora o anche meno, ma voleva sapere almeno come stavano andando le cose. Quindi sapeva che Kyungsoo stava leggermente migliorando quando lui tornò a scuola quel mercoledì (ancora malato e debole ma abbastanza lucido da poter lasciare la casa), e che lo avrebbero dovuto dimettere sabato; quando però ebbe una ricaduta il giovedì, rimandarono la data almeno fino al martedì successivo. Aveva sentito che Kyungsoo aveva cominciato a tossire sangue a un certo punto, ma che per fortuna aveva smesso qualche giorno fa. Aveva sentito che Kyungsoo, debole e fragile, era così esausto per la ricaduta improvvisa e per il costante sforzo fisico di tossire che aveva dormito per diciannove ore di fila (ed era per questo che non aveva mandato messaggi a Minseok per tanto tempo, facendolo preoccupare tantissimo). Ma sapeva anche che Kyungsoo si era ripreso rapidamente dall'infezione secondaria, molto più in fretta di quanto non fosse abituato, e che la data di dimissione del martedì rimase programmata.
Questo rendeva la sua permanenza in ospedale di esattamente due settimane, e paragonato alle volte in cui ci era rimansto per mesi quando era più piccolo, sembrava quasi un miracolo, e Minseok li considerò estremamente fortunati.
Kyungsoo tornò a casa martedì, ma se i suoi genitori non glielo avessero detto esplicitamente, non lo avrebbe mai saputo. Kyungsoo non gli disse nulla, nemmeno quando era già a casa, ma Minseok sapeva di non doversi aspettare altrimenti, ma lo stomaco gli si strinse comunque per l'ansia. Mandò un messaggio all'amico, dandogli il bentornato a casa, ma non ricevette risposta. C'era da aspettarselo. Non ebbe il coraggio di dire nulla a Luhan; sapeva che il ragazzo voleva vedere Kyungsoo, e non voleva dirgli che non poteva farlo.
Oltre all'impressionante guarigione rapida di Kyungsoo, l'unica notizia ottimista a cui Minseok poté appigliarsi fu che Kyungsoo non chiese ai genitori di distruggere tutte le cose della sua stanza, come era abituato a fare. La madre di Minseok era andata nella sua stanza lunedì notte per aiutare a disinfettare ogni minimo centimetro – come infermiera, era l'unica persona della quale Kyungsoo si fidasse. Quello, almeno, fece sentire Minseok leggermente meglio. Avevano affrontato di peggio in passato. Questo potevano superarlo.
Mercoledì non sembrò andare meglio di martedì. Dopo la scuola, Minseok era tornato a casa e aveva gettato la propria sciarpa gialla sopra il muro che divideva i loro balconi, un segnale, e aspettò li fuori al freddo per ore, nonostante lui stesso si fosse appena ripreso dalla malattia. Kyungsoo non aprì mai la sua porta.
Quella notte, Minseok pensò per più di un'ora prima di mandare un altro messaggio al vicino. Mi piacerebbe davvero parlare con te, Soo.
Ci volle un'altra ora prima che ricevesse risposta.
Kyungsoo: Non posso, hyung.
Minseok si morse il labbro e prese un profondo respiro. Ti prego, Kyungsoo. Ho bisogno di te.
Kyungsoo: Per favore non rendermi tutto più difficile. Non posso.
Minseok si ritrovò a cacciare indietro le lacrime. Ti prego, prenditi cura di te, fu tutto quello che poté rispondere.
Giovedì si costrinse ad andare a casa di Kyungsoo e bussare alla sua porta, anche se aveva paura di peggiorare le cose. Rispose il padre, e confermò quello che Minseok aveva già immaginato: Kyungsoo non usciva dalla propria stanza, né per Minseok né per nient'altro se non andare in bagno, e anche allora solo dopo essersi assicurato che fosse stato pulito. Minseok annuì triste e tornò a casa.
Venerdì, Minseok ne ebbe abbastanza della reclusione di Kyungsoo, e decise che un approccio più diretto fosse ovviamente necessario. Lo aveva fatto solo una volta prima, quando erano considerevolmente più piccoli, ma aveva funzionato allora, e Minseok non si sarebbe arreso fino a che non avesse funzionato anche stavolta. Non avrebbe lasciato che accadesse ancora.
Quindi si mise il giubbotto, la sciarpa e il cappello, e uscì in balcone, scavalcò goffamente il muro che li divideva e bussò al vetro di Kyungsoo.
Le tende erano chiuse, quindi non poteva vedere Kyungsoo o sapere se avesse sentito, ma a meno che non fosse stato in bagno, doveva per forza averlo sentito. “Kyungsoo,” disse, cercando di non lasciare che la voce gli tremasse. “Kyungsoo, posso parlarti un secondo, per favore?”
Non ci fu risposta. Minseok non se ne aspettava una. “Kyungsoo, ho davvero bisogno di parlarti. Ho bisogno che esci.”
Il silenzio si prolungò, e Minseok era piuttosto sicuro di star provando uno di quei cambi d'umore dati dal diabete, e probabilmente se ne sarebbe dovuto preoccupare, ma al momento non gli importava, quindi sbatté i piedi e disse, “Kyungsoo, esci in questo momento,” cominciando poi a gridare per la rabbia, la paura e lo stress e un milione di altre emozioni travolgenti. Si voltò e si sedette con la schiena poggiata alla porta, sbattendo la testa sul vetro un paio di volte mentre cercava di darsi una calmata, prendendo dei profondi respiri e asciugandosi gli occhi quando il dolore alla testa cominciò a farsi sentire. Si rese conto che la stava ancora sbattendo contro la finestra e si fermò, pensando che si sarebbe procurato una commozione cerebrale e questo sicuramente non avrebbe migliorato le cose. “Kyungsoo ti prego,” disse, con voce debole. “Sono preoccupato per te e mi manchi e so cosa ti stai facendo, e non deve andare per forza così, e ho bisogno che esci. Ti prego, esci.”
Tutto rimase perfettamente immobile e silenzioso, e Minseok sentì il bisogno di ricominciare a sbattere la testa alla porta. Prese un profondo respiro e si asciugò ancora le guance, immaginandosi Kyungsoo seduto nella sua stanza, probabilmente sul letto, raggomitolato e spaventato e solo, e cercò di ricomporsi. “Kyungsoo,” disse ancora, con voce più ferma. “Ne abbiamo già parlato prima, no? Non puoi lasciare che la tua paura abbia la meglio su di te. So che sei spaventato, e so che sei stravolto, che senti di non poterne fare a meno, ma io so che puoi. So che sei forte, e che non hai mai lasciato che qualcosa del genere ti sconfiggesse prima. So che è terrificante, che senti che sia troppo, ma ho bisogno che pensi un secondo all'anno appena trascorso, okay? Ascoltami e basta. Pensa a tutte le cose che hai fatto quest'anno. Ti sei fatto dei nuovi amici, giusto? Luhan e Baekhyun e Chanyeol e Junmyeon. Sei venuto a casa mia, hai dormito qui. Ti sei seduto sul mio divano e hai mangiato marshmallow arrostiti al tuo compleanno, e hai toccato la sabbia. Te lo ricordi? E hai lasciato che io e Luhan entrassimo in camera tua. E so che ti sei ammalato, e so che è stato spaventoso, difficile e doloroso, ma pensa a tutte le cose che hai fatto. E a quanto in fretta ti sei ripreso. Nonostante tutto, Kyungsoo, sono così orgoglioso di te. Sei così forte, più forte di quanto non potrei mai essere io, e so che uscire dalla tua stanza e affrontare ancora il mondo sembra pericoloso e terrificante, lo capisco, ma tu sei più forte di così. So che lo sei. So che è un rischio, ma Kyungsoo, a volte devi correre dei rischi per essere felice. Voglio solo che tu sia felice.”
Prese un gran respiro e chiuse gli occhi. “E pensa a me, Soo. Come pensi che sopravvivrò senza di te? Sai che non farei mai niente che penso possa farti male, vero? Sai che voglio solo il meglio per te. E io... non so nemmeno cosa fare senza di te. E pensa a Luhan. Sai come si sente in questo momento? È così preoccupato per te. Mi chiede di te cento volte al giorno. Non so mai cosa dirgli. Vorrei dirgli che supererai tutto questo, che tornerai ad essere quello di prima, ma ho bisogno che tu mi dica che ci proverai. Dipende tutto da te, Kyungsoo, e questo non significa che noi non ti aiuteremo e supporteremo, ma tu devi fare il primo passo. Luhan vuole parlare con te, vuole assicurarsi che stia bene, si sente così in colpa per tutto e vuole solo che le cose migliorino. Tutti vogliamo che le cose migliorino. Rivoglio indietro il mio Sooseongong. Quindi ti prego, ti prego, vieni fuori.”
Detto questo, Minseok si sporse in avanti e chiuse gli occhi, rabbrividendo per il freddo e contando indietro da cento, aspettando, sperando. Novantotto. Novantasette. Probabilmente sarebbe arrivato a zero e avrebbe ricominciato. Novantacinque. Novantaquattro. Sentiva come se il freddo gli stesse circolando nel sangue. Novantadue. Novantuno.
La porta si aprì. Minseok sussultò, girandosi e sollevando lo sguardo per vedere Kyungsoo sulla soglia, che sbirciava dai quattro o cinque centimetri di porta aperta, vestito con il pigiama e dall'aspetto fragile ma vivo. Minseok sbatté le palpebre, gli occhi gonfi e rossi.
“Ho paura,” sussurrò, con voce così sottile che quasi si perse nel vento invernale.
“Lo so,” rispose Minseok, alzandosi in piedi. “Ma lo supereremo.”
“Ho paura,” ripeté Kyungsoo, con le lacrime che gli scendevano sulle guance.
Io credo in te,” disse lui, deglutendo a fatica. “Devi fidarti di me.”
E lentamente, con esitazione, Kyungsoo annuì. Era un inizio.


Kyungsoo sapeva molto sui meccanismi di coping. Aveva letto un sacco di libri e di ricerche, e sopratutto li aveva sperimentati in prima persona. Crescere e capire lentamente sempre più circa la sua condizione lo aveva portato a conoscere diversi modi di gestire tutto per evitare di essere travolto, che ovviamente era la sua prima reazione. Aveva attraversato diversi periodi di negazione, regredendo ad inaccettabili comportamenti infantili, dissociandosi da tutto e praticamente chiudendo tutti fuori, e rendendo tutto una specie di grande gioco malato. Aveva un terapista quando era più piccolo, qualcuno che veniva a casa sua per lavorare con lui un paio di volte a settimana, ma a un certo punto aveva sviluppato una terribile fobia delle persone che entravano a casa sua, e di lasciarla lui stesso, quindi la cosa si era conclusa abbastanza in fretta.
Aveva passato un periodo di profonda depressione per circa un anno, ed era stato davvero difficile per lui uscirne; si richiudeva in passatempi oscuri e faceva delle ricerche su argomenti strani per distrarsi dalla negatività della propria vita. La distrazione era diventata la sua ultima spiaggia, per evitare di pensare troppo a tutto. Minseok era diventato una distrazione. Un amico certo, ma anche una distrazione. Minseok era sempre stato suo amico, ma per la maggior parte del tempo, Kyungsoo gli aveva tenuto nascoste tutte le sue difficoltà, per paura di perdere l'unico amico che avesse mai avuto. Minseok lo aveva aiutato molto, anche senza accorgersene. Era sempre stato infinitamente di sostegno, infinitamente di supporto, e infinitamente orgoglioso di lui. Come se Kyungsoo meritasse il suo orgoglio.
Kyungsoo aveva lavorato duramente per meritarlo, anche solo un poco.
Ora, e in questi ultimi anni, Kyungsoo stava molto meglio. Lo sapeva. Aveva ancora dei giorni difficili, e dei giorni tristi, ma aveva imparato a gestirli. Aveva alterato il proprio modo di pensare, ed era diventato molto più ottimista, in qualche modo. Per altre cose, Minseok gli aveva detto che doveva ancora lavorarci su. Kyungsoo sapeva di aver sviluppato irrazionali fobie e un disturbo ossessivo compulsivo, e sapeva che erano quelle le aree in cui aveva ancora bisogno di lavorare, ma erano chiamate irrazionali per un motivo. Anche se Kyungsoo sapeva di essere troppo paranoico, e che molte delle cose di cui aveva paura non erano nemmeno reali, a volte gli sembravano terribilmente, insopportabilmente reali.
Era migliorato, ma ammalarsi di nuovo aveva cambiato molte cose.
Ammalarsi significava molte cose per Kyungsoo, che era stato nella stessa situazione innumerevoli volte prima. Ammalarsi significava stare davanti alla porta della morte, con le dita che a volte sfioravano il suo campanello. Ammalarsi significava avere paura della morte, averne così tanta paura da non riuscire ad aprire gli occhi perché forse, se li avesse tenuti chiusi, questo significava che non era mai stato vivo dopotutto. Ma allo stesso tempo in cui temeva la morte, Kyungsoo lottava contro l'istinto di accettarla, perché accettarla come possibilità sembrava così invitante, gli avrebbe sollevato un bel macigno dal petto; ma dopo l'accettazione arriva il desiderio. Il desiderio di scomparire. Il desiderio di essere libero dal dolore, libero dal terrore, libero dalla sofferenza. La morte lo stava aspettando da molto tempo. Sin dal giorno in cui era nato. Sarebbe stato così facile arrendersi semplicemente.
A volte, il desiderio era tanto spaventoso quanto la paura iniziale.
E poi era migliorato. A volte, nei suoi momenti più bui, Kyungsoo biasimava il processo di guarigione. Era una speranza, ma a quale prezzo? Un altro paio di mesi di paranoia e solitudine prima di ammalarsi di nuovo? E la paranoia era sempre così forte quando stava meglio. Tutto sembrava una minaccia. Gli sembrava come se la sua pelle bruciasse per i batteri, come se tutto quello che toccava fosse infetto, come se niente e nessuno fosse sicuro. Non poteva lasciare la sua stanza perché tutto era pericoloso, persino la sua stanza era pericolosa, raramente si muoveva dal letto, perché l'ultima volta che l'aveva fatto si era ammalato, e guardate dove l'aveva portato.
E poi era arrivato Minseok. Come sempre, era arrivato Minseok, e gli aveva ricordato perché avesse lasciato la sua stanza. I suoi amici. Nuove esperienze. Quella luminosa e distante possibilità di felicità, anche se effimera. Le cose per le quali valeva la pena vivere, persino per Kyungsoo. E Minseok era così orgoglioso. Come se Kyungsoo meritasse quell'orgoglio.
Kyungsoo voleva meritarlo, quindi mercoledì pomeriggio era uscito da camera sua e si era seduto in cucina, dove Minseok lo aveva raggiunto.
Hey Soo,” disse piano il maggiore, sedendosi di fronte a lui e sorridendogli gentilmente. “Come stai?”
Kyungsoo dovette fermarsi e prendere dei profondi respiri, perché Minseok si era seduto a pochi centimetri da lui e Kyungsoo sapeva che fino alla settimana scorsa era malato e anche se lui sapeva che non era più contagioso, il suo cuore aveva cominciato a correre perché il suo cuore non sapeva nulla di scienza e medicina. Minseok aspettò pazientemente, e alla fine Kyungsoo disse, “Sto bene.”
Minseok aveva chiamato la cucina di Kyungsoo una 'zona neutrale'. Non doveva lasciare casa sua, ma nessuno doveva entrare nella sua stanza. Era meglio di qualsiasi altra opzione, se non altro. Gli piaceva di più rispetto al salotto. I divani lo rendevano nervoso; i materiali morbidi erano molto più difficili da pulire e disinfettare rispetto a quelli duri. “Te la senti ancora?” Gli chiese con cautela Minseok.
Kyungsoo annuì lentamente. Erano passate tre settimane da quando era stato ricoverato in ospedale. Era decisamente arrivato il momento di farlo (Minseok sarebbe stato orgoglioso di lui). “Sì. Puoi... puoi dirgli di entrare.”
“Ne sei assolutamente certo? Potrebbe agitarsi. Potrebbe agitare te.”
Kyungsoo annuì ancora. Onestamente, non sapeva come avrebbe reagito. Non aveva mai conosciuto le persone che lo avevano contagiato prima. Non sapeva come si sarebbe sentito. “Voglio parlargli.”
Okay,” rispose piano Minseok, poi si alzò in piedi e andò alla porta, aprendola per far entrare Luhan. La prima reazione automatica di Kyungsoo fu quella di balzare in piedi e andarsene, ma si costrinse a rimanere seduto mentre i due ragazzi tornavano al tavolo e si sedevano di fronte a lui. Luhan lo guardò con gli occhi spalancati e lucidi, e Kyungsoo deglutì e usò tutto l'autocontrollo che possedeva per incontrare il suo sguardo invece che guardare dove le mani del ragazzo stavano lasciando sudore, batteri e germi sul suo tavolo.
“Ciao Kyungsoo,” sussurrò Luhan.
“Ciao hyung,” sussurrò lui in risposta, mordendosi il labbro.
Io—tu—sembri... stare bene.” la voce di Luhan tremava pericolosamente, e Kyungsoo dovette sorridere per la scelta delle sue parole.
“Sto bene,” rispose. “Più o meno.”
“Questo—mi fa davvero piacere,” disse sinceramente Luhan. Kyungsoo non dubitò nemmeno un secondo di quelle parole. “Sono davvero contento, Kyungsoo, non ne hai idea.”
“Lo so, hyung,” disse Kyungsoo. E lo sapeva davvero.
“Mi dispiace non averti potuto mai mandare un messaggio personalmente,” si scusò il ragazzo. “Non ho un cellulare, quindi dovevo sempre chiedere a Minseok di dirti le cose, e mi dispiace, volevo parlare con te ma non potevo e avevo così paura e—”
“Lo so, hyung,” disse ancora Kyungsoo, sorridendo leggermente. Luhan chiuse la bocca, gli occhi grandi spalancati. “È tutto okay. Non ti do la colpa.”
“Tu—no?”
Kyungsoo scosse la testa lentamente. “Per nulla. Penso di averlo fatto un po', subito dopo essermi ammalato. Ma non più. Pensavo che l'avrei fatto, quando ti avessi visto. Ma non è così.”
Nemmeno un po'?” chiese Luhan, con la gola secca. “Ma io – era colpa mia, dovresti incolparmi.”
No, non dovrei,” disse Kyungsoo. “So molte cose sulle malattie, hyung. So che le persone diventano contagiose prima che sentano loro stesse i sintomi. Ecco perché sono sempre così paranoico. Ma non era colpa tua. Non ti biasimo.”
Luhan lo fissò a lungo, e poi il suo labbro cominciò a tremare e le lacrime cominciarono a scendergli lungo le guance. “Mi dispiace così tanto, Kyungsoo,” singhiozzò.
“Non piangere, hyung,” disse Kyungsoo, con gli occhi che gli bruciavano, sorridendo per evitare di crollare del tutto. “Comincerò a piangere se non la smetti. Ti prego non piangere, non è stata colpa tua. Mi ammalo e basta a volte, è così che va.”
Luhan tirò su col naso e si asciugò velocemente le guance, cercando di darsi un contegno. “Scusa,” mormorò.
E Kyungsoo rise, per la prima volta in tre settimane. “Non scusarti più,” disse. “Da ora in poi, basta più scuse e... si va avanti.”
Luhan sbatté le palpebre, asciugandosi l'ultima lacrima. “Sì?” chiese titubante.
Kyungsoo esitò, poi annuì deciso. “Sì. Ci proveremo.”
Guardò Minseok, e il ragazzo stava sorridendo e annuendo leggermente.
Kyungsoo avrebbe reso Minseok orgoglioso, e se stesso felice, non importava quanto ci sarebbe voluto.


Le settimane passate erano state strane per Minseok. Essere malato gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo, intrappolato nel suo piccolo mondo fatto di tosse, febbre e Luhan. E poi, dopo la malattia, c'erano state due settimane di niente se non scuola e Kyungsoo. Era rimasto terribilmente indietro con la scuola, e dovette rimanere quasi ogni giorno dopo le lezioni per fare test di recupero e ricevere aiuto dagli insegnanti o dai compagni, e Luhan non poteva aiutarlo perché lavorava letteralmente ogni ora che non passava a scuola, per recuperare tutti i giorni che aveva perso quando era stato male. Non diceva mai nulla, ma Minseok sapeva che a malapena dormiva, arrivava a scuola con delle profonde occhiaie, lavorava talmente tanto che probabilmente si sarebbe ammalato ancora. E tra tutti i test e i compiti, Minseok si preoccupava anche per Kyungsoo, pensando a come poter migliorare la situazione, lavorando insieme al vicino, facendo i passi necessari verso il progresso.
Era stato così impegnato con la sua vita e a tenere sotto controllo lo stress che non si era nemmeno accorto che periodo dell'anno fosse. Senza che se ne rendesse conto, Gennaio era diventato Febbraio e, entrando in cucina dopo l'incontro con Kyungsoo, seguito da Luhan, vide il piccolo calendario sul bancone: 12 Febbraio.
“È quasi San Valentino,” disse sorpreso, alzandosi in punta di piedi per prendere un bicchiere dallo scaffale alto.
“Lo so,” disse Luhan, da qualche parte dietro di lui. “Il mio capo – quello di giorno, non quello di notte – mi ha dato venerdì libero. Ha detto che dovrei uscire invece che lavorare tutto il tempo.” rise esausto; Minseok sapeva che tutta questa cosa di Kyungsoo lo aveva stancato tanto quanto le lunghe ore di lavoro. Doveva comunque andare fra un paio d'ore, dopo cena.
Minseok si concentrò nel prendere un altro bicchiere. “Un appuntamento?” chiese, mantenendo un tono di voce leggero.
“Già,” rispose Luhan. “Credo pensi che abbia una ragazza.” Rise ancora, come se solo il pensiero fosse ridicolo (o come se fosse davvero esausto e trovasse tutto divertente).
“E cosa le hai detto?” chiese Minseok, portando i bicchieri al frigo per riempirli d'acqua. Non guardò Luhan.
“Le ho detto che lo avrei fatto, perché volevo un giorno libero,” rise lui. “Ho così sonno.”
“Allora dormi,” gli disse, concentrandosi nel liquido che si riversava nel bicchiere invece che sull'immagine di Luhan che usciva con una delle tante ragazze che a scuola continuavano a sorridergli. “Manca ancora poco più di un'ora a cena. Puoi fare un sonnellino se vuoi.”
Mmmh,” acconsentì, e poi all'improvviso delle braccia circondarono i fianchi di Minseok, delle mani si chiusero sulla sua pancia, un petto premette contro la sua schiena, e una testa si posò sulle sue spalle. Si irrigidì subito, facendo quasi cadere il bicchiere a terra.
“Co-cosa stai facendo?” gli chiese, arrossendo e balbettando per poi schiarirsi la gola.
“Un sonnellino,” mormorò Luhan, con la voce che vibrava lungo il suo corpo, facendolo arrossire ancora di più.
“Su di me?” chiese, con voce quasi roca.
“Esatto,” rispose lui, per poi rimanere in silenzio per un momento. “Sei così caldo e profumato.” Minseok tossicchiò nervoso. “E in più ricevo un abbraccio così. Mi piacciono gli abbracci.”
“Ho notato,” mormorò lui, anche se era impossibile dire qualcosa senza che Luhan lo sentisse, data la vicinanza. A Luhan piacevano davvero gli abbracci, però. Ultimamente abbracciava tutti, soprattutto quando aveva sonno come oggi; Sehun, quando lo vedeva in corridoio dopo le lezioni, o Jongdae a pranzo, persino la madre di Minseok, quando andava a casa sua. Di tanto in tanto ne era vittima anche lui, quando non prestava abbastanza attenzione da evitarlo. Gli abbracci non erano una cosa buona. Gli abbracci gli facevano provare cose. (Luhan abbracciava tutti. Non significavano niente).
Luhan sospirò, soffiando aria calda contro la schiena di Minseok. “Volevo abbracciare Kyungsoo,” disse piano. “Ma non potevo. È stata dura.”
Minseok annuì. Conosceva quella sensazione. “Ecco, vuoi un po' d'acqua?” chiese, per distrarsi dal regolare battito dell'amico contro la sua schiena, e dal suo profumo.
Luhan scosse la testa. “Berrò dopo essermi svegliato,” mormorò.
Okay,” disse, bevendo anche l'acqua dell'amico, perché si sentiva ancora piuttosto accaldato (e forse avrebbe potuto usare la scusa del bagno se avesse bevuto abbastanza).
Le dita di Luhan gli solleticarono la pancia da sopra il maglione, e Minseok le schiaffeggiò via imbarazzato, “Ti va di vedere un film con me venerdì?”
Minseok sbatté le palpebre sorpreso. “Un film? Dove?”
“Al cinema,” sbadigliò lui. “Sono sempre voluto andare in un cinema.”
“Non ci sei mai stato?” chiese incredulo Minseok, quasi dimenticandosi che i fianchi di Luhan erano a pochi centimetri dal suo fondoschiena.
No, non ne avevamo uno nel mio piccolo paese in Cina, e costava troppo andare in quello della città,” mormorò l'amico. “Volevo andare, per fare delle foto per il mio progetto.”
Ci volle un po' prima che il suo cervello connettesse. “Vuoi che venga con te a San Valentino?”
Mmph,” disse vagamente Luhan. “È il mio giorno libero. E sei il mio compagno per il progetto. E il mio migliore amico.”
Minseok non sapeva come sentirsi per quei titoli, e per quelle ragioni. Lusingato? Sollevato? Deluso? Provò tutte e tre le emozioni. “Non lo so…” disse lentamente, perché non era sicuro fosse una buona idea.
“Ti preeego?” piagnucolò piano Luhan, scuotendo leggermente il corpo del maggiore. “Non voglio andarci da solo. Voglio che vieni con me.”
Il cervello di Minseok stava per abbandonarlo completamente, quindi disse semplicemente, “D'accordo.” Non era nello stato migliore per pensare bene alla cosa e per soppesare i pro e i contro delle possibili conseguenze. Ed era piuttosto sicuro che Luhan sarebbe comunque stato capace di convincerlo, in un modo o nell'altro. Quindi tanto valeva accettare subito.
Luhan emise un suono compiaciuto e lo strinse più forte, e Minseok arrossì, grato che l'amico non potesse vederlo.
Fu ancora più grato per il fatto che quando la madre entrò in cucina un minuto dopo, era riuscito a darsi un contegno. Eppure, quando vide il figlio in piedi con un ragazzo che lo abbracciava da dietro, tutto comodo e mezzo addormentato, sembrava piuttosto sospettosa. Minseok cercò di comunicare la propria impotenza con lo sguardo. “Sta facendo un sonnellino, a quanto pare,” disse.
“Lo vedo,” disse la donna, guardandoli attentamente. Lo faceva spesso ultimamente – Minseok era abbastanza sicuro che avesse qualcosa a che fare con tutte le volte che li aveva beccati accoccolati insieme (o meglio, Luhan si accoccolava su Minseok) mentre l'amico stava da loro.
Luhan annuì e disse, “Salve mamma di Minseok. Sto rubando suo figlio.”
“Capisco…,” disse lei, sollevando un sopracciglio. Minseok fece un'espressione sconfitta. “Luhan, perché non vai a riposarti sul divano?”
Okay,” rispose il ragazzo, ma non si mosse. “Posso portare Minseok con me?”
La donna guardò il figlio, che la implorò di dire no. “Um, ho bisogno che Minseok mi aiuti con una cosa. Vai a sdraiarti per un po'.”
Ah. Okay.” Alla fine le braccia di Luhan caddero da attorni ai suoi fianchi, e si diresse assonnato, con gli occhi mezzo chiusi, in salotto. Minseok fece un sospiro di sollievo.
Vide la madre lanciargli uno sguardo, e scosse la testa. Non ne voleva parlare. Aveva già abbastanza problemi così; riconoscerne un altro gli avrebbe solo causato più dolore.


Junmyeon era davvero il più grande enigma di Jongdae. Non capiva davvero come funzionasse quel ragazzo. Sembrava avere solamente un'emozione: piacevole e amabile. Lo aveva visto sempre e solo in questo modo. Jongdae di solito era un ragazzo spensierato, ma a volte si arrabbiava e altre volte era di malumore, triste, turbato o frustrato. Junmyeon no. Era come se fosse permanentemente programmato per essere sempre piacevole e amabile, e tutto il resto fosse una variazione di quei tratti.
Silenziosamente piacevole e amabile. Cupamente piacevole e amabile. Entusiasticamente piacevole e amabile. Distantemente piacevole e amabile.
Jongdae non lo capiva. Era così difficile capire come il maggiore si sentisse davvero, perché sorrideva sempre e la sua voce era sempre leggera, gentile e allegra. Gli ricordava la sua insegnante delle materne o l'infermiera o qualcosa del genere. Le uniche volte che non aveva sorriso era quando parlavano di Kyungsoo (aveva chiesto a Jongdae dell'amico spesso, mentre Kyungsoo era in ospedale) o di altri argomenti ugualmente tristi o seri. Ma non appena l'argomento cambiava, tornava il suo solito lato allegro.
Era quasi impossibile dire come si sentisse Junmyeon, ma allora perché a Jongdae sembrava che di recente si fosse allontanato e fosse diventato freddo con lui? Continuava a sorridere, a chiacchierare e fare battute, come sempre, ma c'era qualcosa di diverso e Jongdae non riusciva capire cosa, ma sin dal giorno in cui Junmyeon gli aveva chiesto della teoria di Minseok, aveva sentito il cambiamento. Se lo sentiva nelle ossa. Qualcosa era diverso, e non in senso buono.
Per un po', Jongdae aveva considerato la spaventosa ipotesi che Junmyeon pensasse ancora che fosse gay e che questo lo mettesse a disagio. Ma Junmyeon non gli sembrava il tipo che si preoccupa per qualcosa del genere. A meno che non pensasse che Jongdae fosse innamorato di lui, probabilmente per qualcosa che gli aveva detto Minseok (quell'idiota). Ma non sembrava nemmeno a disagio, a dire il vero. Solo un po'... scoraggiato. O deluso da lui.
Oh merda, e se avesse detto qualcosa con la quale Junmyeon non era stato d'accordo, ma era troppo educato per affrontarlo? Jongdae non si ricordava nemmeno cosa gli avesse detto durante quella conversazione, ma si era sentito piuttosto agitato quindi era possibile che avesse detto qualcosa di molto stupido e possibilmente offensivo. E se ora Junmyeon stesse evitando Jongdae perché pensava che fosse un completo idiota e non voleva essere associato a lui?
Non andava affatto bene. Jongdae aveva il più alto rispetto per l'opinione di Junmyeon; per lui aveva molta importanza cosa pensasse il maggiore. Per ragioni di... ammirazione e cose così, ovviamente. Perché Kim Junmyeon era una persona fantastica e Jongdae voleva che pensasse che anche lui fosse fantastico!
Ed era per questo che, durante il loro incontro dopo le lezioni di giovedì, Jongdae sollevò lo sguardo dal poster pubblicitario che stava facendo e mormorò, “Che fai domani?” (Era importante che Jongdae distruggesse ogni traccia di ostilità con il maggiore.)
Junmyeon lo guardò sorpreso. “Domani? È San Valentino.”
Oh. Questo cambiava le cose. “Oh, giusto. Heh, quasi me ne dimenticavo. Ma ancora meglio! Perché tutti quelli che conosco fanno qualcosa domani, ne sono sicuro. Tipo, Minseok-hyung a quanto pare va da qualche parte con Luhan-hyung, come amici dice lui, ma vabbè. E Chanyeol e Baekhyun hanno le prove della commedia. Quindi sì! Tu sei libero?”
Um—” Cominciò il ragazzo.
“Solo per sapere!” disse velocemente Jongdae, sentendo il bisogno di spiegarsi prima che Junmyeon lo fraintendesse. “Voglio dire. Non ho niente da fare. E io sono un ragazzo, tu sei un ragazzo, dico, se entrambi non abbiamo niente da fare potremmo semplicemente sfuggire a tutte quelle disgustose coppiette che fanno cose disgustose e magari passare un po' di tempo insieme, se ti va. Per divertirci, sai, se non sei impegnato.”
Junmyeon sbatté le palpebre per un momento, chiaramente colto di sorpresa ma anche qualcos'altro, qualcosa che, per una volta, non era piacevole e amabile. Fissò Jongdae per un po'. Poi disse, “Scusa, Jongdae-yah, sono impegnato domani.”
“Ah... ah sì?” Jongdae non l'aveva considerata una vera possibilità.
“Già,” disse Junmyeon. “È San Valentino. Esco con la mia ragazza.”
La mente di Jongdae si annebbiò per pochi secondi o minuti o ore. Non ne era sicuro. Fissò il ragazzo fino a che il maggiore probabilmente non si sentì a disagio, e poi alla fine disse, “Cosa?”
“Sì” rispose lui lentamente. “Questo... questo è quello che si fa il giorno di San Valentino. Si esce con la propria ragazza.”
“Tu... non sapevo avessi una ragazza,” disse debolmente Jongdae. Si sentiva frastornato e sconquassato.
Junmyeon sorrise leggermente, un po' imbarazzato. “È una cosa recente,” disse. “E va in un'altra scuola. Si è dichiarata e io... beh, mi sono buttato, no? È... è molto gentile, e carina, e sembra che le piaccia. Sai, in quel modo. Non come certe persone.”
Jongdae ormai a malapena lo stava ascoltando. C'era una sensazione spiacevole che lo riempiva, e il suo cervello aveva finalmente ripreso a funzionare. Una ragazza. Certo. Ovvio che Junmyeon aveva una ragazza. Era un ragazzo attraente, stra-gentile, fantastico e etero. Aveva senso che avesse una ragazza. Jongdae era... felice per lui. E glielo avrebbe detto. Arrivò a dire 'Sono' ma poi il resto gli rimase bloccato in gola e tossì e disse semplicemente, “Ah.”
Junmyeon annuì lentamente. “Scusa,” disse.
Jongdae sapeva che si stava scusando per non averglielo detto prima, o forse per non poter uscire con lui, ma sentiva che si stava scusando anche per qualcos'altro. Jongdae non voleva accettarlo. Ma alla fine, disse, “Oh, no, non c'è problema, sto bene. Assolutamente bene.” E proprio in quel momento, tirò fuori il cellulare, “Oh, è mia mamma, devo andare. Scusa hyung, devo tornare a casa. È un'emergenza. Ciao.” E lasciò la biblioteca senza guardarsi indietro perché solo pensarci gli faceva male, e non doveva davvero andare a casa, e sua madre gli avrebbe chiesto perché fosse tornato così presto, quindi cambiò direzione e andò dritto a casa di Minseok.
Il suo migliore amico era agonizzante su qualche equazione matematica o qualcosa del genere quando entrò. Sollevò lo sguardo e lo guardò. “Che ci fai qui?”
“Volevo solo stare qui per un po',” rispose Jongdae, con voce debole. Si sdraiò sul divano dell'amico e fissò il soffitto.
“Non dovresti essere con Junmyeon, a pianificare l'evento o qualcosa del genere?”
Jongdae emise un piccolo suono al nome del ragazzo. “Me ne sono dovuto andare,” disse onestamente.
“E sei venuto qui?” gli chiese incredulo Minseok. “Perché?”
Jongdae si voltò verso lo schienale del divano. Lo fissò per un po'. “Junmyeon ha una ragazza. Lo sapevi? Me l'ha appena detto.”
Ci fu un lungo silenzio. Poi, alla fine, Minseok chiese, “Stai bene?”
Jongdae rise, anche se era doloroso. “Sì, certo. Non è che... non che mi piacesse, o niente del genere. Chi se ne frega. Ero solo sorpreso.”
Sentì Minseok avvicinarsi. “Hai bisogno che ti consoli?” chiese.
Il più piccolo si strinse nelle spalle e grugnì. “Chiudi il becco,” disse. “Il tuo scherzo non è più divertente.”
L'amico rimase in silenzio per un po', prima di dire, “Sono serio, Jongdae.”
Jongdae strinse gli occhi e non si girò. “Beh, chiaramente non ce n'è bisogno,” disse, ma lasciò comunque che Minseok gli accarezzasse la schiena, che gli passasse le dita tra i capelli e che gli portasse qualcosa da mangiare. Minseok non fece altre domande, né insinuazioni, e Jongdae era grato per il fatto che, almeno, il migliore amico sapeva quando doveva smetterla di parlare.

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Capitolo 24
*** Capitolo 22 ***


Sehun era abbastanza sicuro che San Valentino fosse la festa più stupida di sempre. Innanzitutto, era un completo spreco di soldi, che costringeva le persone a comprare cioccolato sovrapprezzato e altri regali penosi da dare alla propria metà per evitare drammi o cose così. In secondo luogo, a Sehun davvero non piaceva guardare le coppiette smielate e affettuose, e di solito queste cose venivano tenute sotto controllo a scuola, ma il giorno di San Valentino erano ovunque ed era impossibile evitarle anche se ci provavi. E terzo, tutto era coperto di frivoli cuoricini rosa e piccoli Cupidi e cose così, ed era stupido. C'erano infinite ragioni per cui Sehun odiava San Valentino.
Le elencò tutte in un foglio bianco del quaderno invece che prendere appunti durante la lezione, perché quelle erano le ragioni per cui era così eccezionalmente  infastidito oggi. Quelle ragioni, e nient'altro.
Continuava a ripeterselo, perché ogni cinque minuti si ritrovava sul punto di aggiungere Perché le persone continuano a regalare cioccolato a Jongin alla sua lista. E quello non poteva finire sulla sua lista. Perché non era una vera ragione. Perché non aveva affatto senso.
La prima volta che vide Jongin con del cioccolato in mano, fu quando entrò in classe quella mattina. Non vide chi glielo avesse regalato, ma non aveva importanza perché a Sehun non interessava, comunque. Jongin non disse niente, si avvicinò semplicemente al suo banco come sempre per dargli il buongiorno e per chiedere se avesse dormito bene e se avesse fatto colazione. E quando l'insegnante arrivò, Jongin tornò al proprio banco in fondo alla classe, portando con sé il cioccolato.
A un certo punto, durante la prima ora, l'insegnante disse, “Per favore, potete evitare di consegnare cioccolato nel mezzo della mia lezione?” e tutti, incluso Sehun, si voltarono per vedere una timida ragazza ritrarre la mano dal banco di Jongin, una piccola scatolina di dolcetti stretta fra le dita. Sehun si rivoltò velocemente.
Jongin ne ricevette altri durante la prima pausa, gli venne chiesto se poteva parlare in privato con due diverse ragazze durante l'ora di pranzo, e tornò in classe trovando altre piccole scatoline sul banco. Non diceva mai nulla al riguardo, le infilava semplicemente sotto il banco o in borsa senza dire una parola, e sorrideva allegro ma senza mai incoraggiare davvero le ragazze che gliele davano. Non disse mai cosa le ragazze gli dicevano quando gli chiedevano di parlare con lui in corridoio, ma Sehun se lo immaginò quando una ragazza si avvicinò al suo banco durante una pausa, dove Jongin era seduto insieme a lui a mangiare delle patatine, e disse, “Kim Jongin, mi piaci da tanto tempo,” per poi arrossire, ma rimanendo lì, con tutti gli occhi dei compagni che passavano da lei a Jongin.
Sehun guardò brevemente la ragazza, senza provare assolutamente niente quando la riconobbe come una delle ragazze più carine della classe, carina e amichevole e completamente diversa da Sehun (non che si stesse paragonando a lei). Poi guardò Jongin, che stava guardando la ragazza leggermente sorpreso. E sentì qualcosa che era probabilmente piacere sadico e non soddisfazione (e soprattutto non sollievo) quando Jongin disse fermamente, ma gentilmente, che era lusingato ma non interessato. Quelle parole suonavano provate, come se le avesse dette spesso di recente. Sehun non ne dubitava.
Sehun odiava San Valentino per diversi motivi, ma di certo non era perché Jongin passò più tempo a ricevere cioccolatini e dichiarazioni d'amore che a parlare con lui.
Jongin, nel tempo che passò con Sehun a scuola, fece innumerevoli tentativi di farlo sorridere, ma a questo punto Sehun era così irritato e di malumore che non volle dargli quel piacere.
Dopo l'ultima campanella della giornata, Luhan in qualche modo riuscì a trovare Sehun prima che potesse arrivare agli armadietti, e cominciò a chiacchierare allegro. In questi giorni, Luhan non portava più Sehun a bere bubble tea o niente, diceva sempre che doveva lavorare dopo la scuola, ma trovava sempre il tempo per parlare con lui quando erano a scuola.
“Esco con Minseok, più tardi,” disse, mentre camminavano nei corridoi pieni di studenti.
Sehun si bloccò e guardò il ragazzo da sopra la spalla, un sopracciglio alzato. “Esci con lui?”
“Sì, andiamo al cinema per il mio progetto e per divertirci,” rispose Luhan, sembrando eccitato.
Sehun continuò a guardarlo scettico, facendosi strada tra un gruppetto di ragazze. “Il... giorno di San Valentino?”
“Sì,” disse lui, ovviamente confuso dall'incredulità di Sehun. “È il mio unico giorno libero questa settimana.”
“Ma... è San Valentino. E hai detto uscire. Sai cosa significa uscire con qualcuno?” gli chiese Sehun, senza sapere perché si stesse disturbando, ma improvvisamente preoccupato che Luhan si stesse mettendo in qualcosa di cui poi si sarebbe pentito.
Luhan lo guardò in modo strano, gli occhi leggermente sgranati. “Vuol dire che andiamo da qualche parte... insieme... giusto?”
Sehun alzò gli occhi al cielo, raggiungendo il proprio armadietto. “Voglio dire, immagino di sì, ma... è San Valentino. Uscire insieme, generalmente, implica un appuntamento. Io pensavo dovessi andare ad un appuntamento con lui.”
Luhan arrossì all'improvviso mentre Sehun inseriva la combinazione nel lucchetto. “Questo – questo non è quello che intendevo. Andiamo solo come amici.”
Sehun grugnì leggermente, aprendo l'armadietto. “Lo sai che Minseok è gay, vero? Tutta la scuola lo sa. Persino io lo so. Esci con il tuo amico gay a San Valentino. Non potresti essere più fuorviante.
Luhan rimase a lungo in silenzio, e quando Sehun lo guardò, sembrava scosso, aveva la bocca leggermente aperta, come se volesse dire qualcosa ma non sapendo cosa. “Ma Minseok…lo sa che non intendo…”
Sehun stava per scrollare le spalle in risposta, ma poi sullo scaffale centrale vide una piccola scatolina rosa con un post-it verde, con le parole Per Sehun scritte sopra con una calligrafia che riconobbe subito grazie a tutti i progetti fatti in coppia. Si fermò e lo guardò, senza dire niente, e si sentì inspiegabilmente... caldo.
Oh, da parte di chi è?” chiese Luhan, sembrando tanto sorpreso quanto Sehun.
Sehun non disse niente.
“Aspetta, stai... stai arrossendo?”
No!” esclamò immediatamente lui, un po' più forte di quanto non avrebbe voluto.
“Stai arrossendo!” Luhan sembrava fin troppo contento. “Oh mio Dio, è da parte di Jongin?”
No!” esclamò ancora Sehun, sentendo le guance ancora più calde di prima. Era una sensazione strana.
“Sì invece! È di Jongin, oddio, non muoverti voglio fare una foto. Il mio Sehunnie sta arrossendo perché ha ricevuto i cioccolatini di San Valentino da Jongin.”
Alla fine Sehun saltò in azione, riscuotendosi e dicendo, “Non sto arrossendo! Smettila!” e buttandosi su Luhan, che stava tirando fuori la fotocamera dalla borsa. Luhan ridacchiò allegro, riuscendo a scattare una foto del viso ancora rosso di Sehun, mentre il ragazzo sbuffava e minacciava di rompere la macchina fotografica se non l'avesse cancellata.
“Non puoi, non è mia! È di—oh, ciao Jongin.”
Sehun si morse la lingua per non squittire mentre si girava e sbatteva la porta dell'armadietto, abbastanza forte da far sussultare Jongin. Sehun si ricomposo velocemente e tirò su col naso. “Che vuoi?” chiese graffiante.
Jongin lo guardò leggermente confuso, poi guardò Luhan, che stava ridacchiando coprendosi la bocca. “Um. Volevo solo chiederti una cosa.”
“Cosa?” chiese Sehun, rendendosi conto che doveva ancora prendere lo zaino e il cappotto dall'armadietto prima di andare a casa.
Jongin guardò l'armadietto, e un sorriso gli tirò le labbra. Poi si rivolse nuovamente a Sehun e disse, “Mi stavo solo chiedendo se dovessi fare qualcosa oggi.”
Luhan stava ancora ridacchiando. Sehun gli avrebbe dato un pugno. “Hai danza oggi,” disse asciutto.
Le sopracciglia di Jongin si sollevarono, come se sorpreso che Sehun lo sapesse. “Lo so. Ma dopo sono libero.”
Sehun non era mai impegnato, soprattutto il venerdì, e sapeva che Jongin lo sapeva, quindi non aveva scuse per evitare qualsiasi cosa il ragazzo avrebbe proposto. Probabilmente avrebbe potuto mentire, ma... non lo fece. “E?” disse.
“E…mi chiedevo se ti andrebbe di passare un po' di tempo assieme più tardi,” rispose Jongin, guardando il suo armadietto e sorridendo ancora. Sehun si accigliò.
“Dove?” chiese.
A casa mia!” esclamò il ragazzo, facendogli un sorriso allegro. “Ho chiesto a mia madre se potevi venire a cena magari, e ha detto di sì quindi... già. Ti va di venire a casa mia?”
Sehun lo guardò per dieci lunghi secondi. “Vuoi che venga... a casa tua?”
“Sì,” disse Jongin, nervoso ma sempre sorridente. “Voglio dire, se vuoi. Ho pensato che, visto che ovunque sarà pieno di coppiette e tutto, saresti potuto venire a casa per conoscere i miei cani e cose così.”
Sehun si sentì nuovamente stranamente caldo. Alla fine, disse semplicemente, “D'accordo, sì, certo.”
“Davvero?” Jongin si illuminò. “Fantastico! Ti lascio il mio indirizzo, e puoi venire verso le 18,30, okay? Perché prima ho danza.” Prese lo zaino e frugò per qualche secondo, tirando fuori un pezzo di carta e scribacchiando il proprio indirizzo e qualche direzione prima di passarglielo. La calligrafia era decisamente familiare. “Devo andare, altrimenti farò tardi alle prove, ma ci vediamo dopo, okay? Ciao Sehun! Ciao Luhan-hyung!” Sorrise, poi si voltò e si allontanò lungo il corridoio.
Sehun lo guardò per qualche secondo, poi scosse la testa e si girò verso l'armadietto. “Strambo,” mormorò, aprendo la porta e infilando la scatolina nello zaino.
“Vuoi due siete adorabili,” ridacchiò Luhan. Sehun odiava San Valentino.


Un piano sopra di lui Jongdae stava provando un simile sentimento. Stupido San Valentino, con tutte le sue ragazzine ridacchianti e i ragazzini timidi e le stupide coppiette e copiose quantità di cioccolatini che non erano per lui. Anche l'anno precedente, quando Jongdae aveva avuto una breve storia con una ragazza (della quale nessuno parlava mai perché non era finita affatto bene), aveva odiato San Valentino perché aveva dovuto spendere dei soldi, e non veniva nemmeno dal cuore, perché era stato obbligato a farlo, cosa davvero stupida. E quest'anno lo odiava anche di più perché era ancora di malumore dal giorno prima e tutti sembravano così felici e innamorati che gli veniva voglia di vomitare, e perché Minseok sarebbe andato da qualche parte con Luhan, e Baekhyun e Chanyeol avrebbero fatto le loro cose, e Jongdae era da solo come un perdente, ed era davvero di cattivo umore.
Quindi ovviamente, la cosa possibilmente peggiore doveva accadere, ovvero scontrarsi con Junmyeon a fine giornata mentre si dirigeva all'armedietto.
Jongdae avrebbe girato sui tacchi e sarebbe scappato immediatamente, ma Junmyeon lo notò prima che potesse scomparire e lo chiamò, “Oh, Jongdae-yah!”
Jongdae sussultò e si schiaffò in viso un sorriso dall'aspetto genuino, voltandosi verso il maggiore e dicendo, “Ah, hyung! Ciao.”
Junmyeon gli si avvicinò velocemente, e Jongdae notò immediatamente le scatole di cioccolatini che aveva in mano. Seriamente, ce n'erano almeno sei, tutte diverse per colore e decorazioni. Chi aveva bisogno di così tanto cioccolato? “Mi fa piacere averti incontrato,” disse il ragazzo, sembrando così allegro da far soffrire Jongdae. Si sentiva ancora piuttosto sensibile per delle ragioni di cui non avrebbe parlato (né con Minseok, né con nessuno).
“Già,” rispose lui debolmente, guardandosi attorno. “Um, a dire il vero dovrei, uh, andare—”
“Aspetta, solo – prendi queste, okay?”
Jongdae lo guardò sorpreso mentre il maggiore gli porgeva tutte le scatole di cioccolata. “Huh?”
Junmyeon sorrise imbarazzato, e Jongdae non riuscì ad incontrare il suo sguardo. “Ho ricevuto diversi cioccolatini da persone che non sapevano che ho un ragazza. O almeno immagino non lo sapessero. Ma mi sentirei in colpa a renderli, e sarebbe uno spreco gettarli via, ma non penso che alla mia fidanzata piacerebbe che li tenessi, quindi... li prenderesti tu?”
Jongdae deglutì a fatica, gli occhi sulle scatole. Sarebbero stati gli unici cioccolatini che avrebbe ricevuto quell'anno. L'ironia. “Uh…certo, hyung. Se tu non puoi tenerli.”
“Grazie, Jongdae-yah.” Il nomignolo non suonava più così affettuoso, pensò Jongdae mentre prendeva le scatole dalle sue braccia. Rimasero in silenzio per qualche momento, e finalmente Jongdae sollevò lo sguardo su Junmyeon, che lo stava osservando silenziosamente, sembrando piacevole e amabile e... qualcos'altro. Jongdae non si sarebbe disturbato a pensarci troppo. Alla fine, però, il maggiore disse, “Immagina semplicemente che siano da parte di qualcuno a cui piaci tanto, okay?”
Jongdae sbatté le palpebre, incontrò il suo sguardo per un secondo, e poi guardò altrove. “Sì... d'accordo. Grazie, hyung. Divertiti al tuo... appuntamento.” Detto questo lo salutò e scappò via, non volendo sentire la risposta di Junmyeon. Raggiunse il proprio armadietto e tenne in equilibrio le scatole in una mano mentre con l'altra apriva il lucchetto, buttandole poi distrattamente dentro allo zaino e tirando fuori il cellulare. Trovò velocemente il nome di Kyungsoo tra i contatti. Hey, saresti interessato ad un po' di cioccolato e un po' di compagnia?
La sua risposta arrivò solo quando Jongdae si era messo lo zaino in spalla e si stava preparando a lasciare la scuola.
Kyungsoo: Solo se non ti dispiace sederti abbastanza lontano da me e dal mio OCD.
Jongdae sorrise leggermente, compassionevole. Niente affatto, scrisse. Non se la sentiva di stare vicino a nessuno, comunque. In più, Minseok gli aveva detto che Kyungsoo era davvero bravo ad ascoltare i problemi delle persone. A Jongdae serviva davvero in questo momento.


Chanyeol, generalmente, non riceveva cioccolato a San Valentino. Probabilmente c'erano diverse ragioni. Era amichevole e abbastanza affascinante, pensava, ma passava il 99% del suo tempo insieme a Baekhyun quindi probabilmente le ragazze presumevano che non fosse interessato o qualcosa del genere. In più non era tanto bravo a socializzare, e le persone potevano essere facilmente travolte dalla sua personalità. O almeno, questo era quello che gli aveva detto Baekhyun una volta. In ogni caso, Chanyeol non era proprio un rubacuori.
Era, comunque, il protagonista maschile nella commedia scolastica, e passava un numero regolare di ore con le attrici che Baekhyun aveva ingaggiato, le quali a volte ridacchiavano e gli sorridevano mentre provava le battute. A Chanyeol piaceva quell'attenzione. Lo entusiasmava quando recitava, e alcune delle ragazze erano amichevoli e andavano a parlare con lui quando non era il suo turno, e non si spaventavano per il suo parlare a voce troppo alta e le sue conversazioni imbarazzanti. Quindi a Chanyeol piacevano, soprattutto quando Baekhyun era troppo impegnato durante le prove per prestargli attenzione, ovvero spesso.
Lo colse comunque di sorpresa però, quando durante le prove del 14, mentre Chanyeol stava discutendo di alcune modifiche del costume con Baekhyun, una delle attrici gli picchiettò la spalla e gli porse timidamente una piccola scatolina rosa con il suo nome sopra. “Per me?” chiese Chanyeol, sollevando le sopracciglia.
La ragazza annuì e ridacchiò, poi fuggì verso un gruppetto di ragazze che stavano da una parte. Chanyeol guardò la scatola che aveva in mano, poi di nuovo il gruppo di ragazze, e poi di nuovo la scatola, e sorrise gridando, “Grazie!”
Baekhyun sbuffò irritato, e Chanyeol si voltò verso di lui, ancora sorridendo. “Chanyeol. Potresti prestare attenzione per favore, sto parlando con te.”
“Sto ascoltando,” disse l'amico, sorridendo tra sé e sé mentre apriva con attenzione la scatola e trovando 4 cioccolatini bianchi fatti in casa. La scosse leggermente, sembrando felice.
Baekhyun sbuffò ancora, colpendo il pavimento con la spada di schiuma che aveva in mano. “Come vuoi, lascia perdere, vado a parlare con Minjoo delle luci.” Si voltò e si allontanò.
Chanyeol sollevò lo sguardo dal cioccolato e lo guardò andare. Baekhyun era stato di malumore per tutto il giorno, e all'inizio Chanyeol pensava che fosse perché non aveva ricevuto niente da nessuno, ma ora che erano alle prove aveva capito che non era così. L'intero corpo di Baekhyun era teso, Chanyeol lo vedeva dal modo in cui si muoveva, e i suoi occhi erano tanto stanchi quanto in allerta, in qualche modo. Vedeva che si stava sforzando di rimenere concentrato su tutto. E Chanyeol sapeva quanto Baekhyun fosse agitato e stressato. Era stato così per la maggior parte della settimana, provando ad occuparsi di più cose di quante non ne potesse gestire e insistendo che stava bene e non aveva bisogno di aiuto. Chanyeol sapeva che Baekhyun era arrabbiato con se stesso perché non sapeva le proprio battute bene come avrebbe dovuto, e che era travolto da tutte le cose che doveva fare (con il gruppo dell'annuario oltre a tutte le mansioni della commedia, e in più cercava di mantenere una media alta a scuola). Ma oggi era anche peggio, Baekhyun era sull'orlo di una crisi, e Chanyeol non sapeva come aiutarlo senza peggiorare le cose.
(E poi, essendo abbastanza lunatico di natura, Baekhyun risultava accanitamente independente, odiava essere compatito. Aiutarlo con qualsiasi cosa era un affronto al suo orgoglio.)
La maggior parte delle prove quel giorno consistevano nel fuggire dallo sguardo minaccioso di Baekhyun e cercare di non dargli sui nervi, con Chanyeol che cercava di placarlo senza essere però troppo ovvio. Le persone lavoravano sulla scenografia mentre altri provavano le loro scene, e Baekhyun stava controllando i pezzi musicali con il pianista (Baekhyun avrebbe fatto anche quello lui stesso, se fosse stato possibile), e Chanyeol lo guardò da dove stava discutendo le direzioni del palco con l'attrice che avrebbe impersonato sua madre. Le prove andarono avanti per diverse ore, ma quel giorno sembrarono anche più lunghe, e quando Baekhyun sbatté gli spartiti e fuggì nel backstage per sbollire la rabbia o qualcosa del genere, Chanyeol decise che era ora di mandare tutti a casa.
“Mi dispiace, mi dispiace,” disse prima di seguire Baekhyun. “Me ne occupo io, voi potete andare a casa. Grazie per essere venuti, avete lavorato bene oggi.” Per poi scomparire a sua volta dietro le quinte.
Baekhyun era seduto dietro una tenda, sul pavimento e con le ginocchia al petto, sembrando molto più fragile e vulnerabile rispetto al ragazzo che aveva appena lasciato il palco. Chanyeol si avvicinò e si rannicchiò accanto a lui. “Hey,” disse piano.
Baekhyun tirò su col naso, evitando il suo sguardo. “Hey,” mormorò in risposta.
“Stai bene?” chiese Chanyeol, circondandogli le spalle con un braccio. Baekhyun si poggiò contro di lui.
“Non lo so,” disse, chiudendo gli occhi. “Sono così stanco. Scatto con tutti e mi fa sentire in colpa ma non posso farne a meno.”
“Lo so,” lo consolò l'amico. “Hai molto sulle spalle.”
“Mi odiano tutti,” mormorò Baekhyun, sospirando. “Probabilente mi sparlano alle spalle. Probabilmente abbandoneranno tutti la commedia perché sono ridicolo e una drama queen e tutto.”
“Non ti odiano,” gli assicurò piano Chanyeol.
“Invece sì. Dovrebbero. Io non sono... non sono gentile o bello o affascinante come te. Tu piaci a tutti. Probabilmente si chiedono anche perché passi tutto il tempo con me, quando sono sempre terribile.”
“Non sei terribile,” Chanyeol si accigliò. “Sei una persona fantastica, e se loro non riescono a vederlo, peggio per loro. Preferisco passare il mio tempo con te che con qualcuno di loro, ogni giorno.”
Baekhyun rise, stanco. “Non quando mi comporto così,” disse, facendo un cenno verso il palco.
“Sei solo stressato, Baek. Penso che ti sia... preso troppe responsabilità stavolta.”
Il ragazzo rimase in silenzio per un po', e Chanyeol aveva paura che se la sarebbe presa con lui per averlo detto, ma alla fine disse, “Si, forse hai ragione.”
Chanyeol era leggermente scioccato da quella risposta. “Davvero?”
Baekhyun sospirò. “Già. Non posso gestire tutto. Sento di poter morire.”
Chanyeol gli strinse le spalle per confortarlo. “Non è un gran problema,” disse. “Hai fatto del tuo meglio – letteralmente – solo che era un po' troppo, possiamo trovare qualcun altro che prenda alcune delle tue occupazioni, no? E ci assicureremo che facciano un lavoro tanto buono quanto lo faresti tu. Magari possiamo trovare un altro direttore di scena, così che tu ti possa occupare delle tue parti invece che di quelle di tutti gli altri. E magari potresti lasciare che qualcun altro si occupi della scenografia, così avrai più tempo per concentrarti su altre cose, giusto?”
Baekhyun sospirò. “Sì, immagino di sì. È solo che odio... essere così debole.”
“Non sei debole, Baek. Sei solo umano. E hai solo 24 ore in un giorno, esattamente come il resto di noi.”
Baekhyun rise e scrollò le spalle.
Hey, sai che ti dico,” disse Chanyeol, passando le dita tra i capelli dell'amico e grattandogli leggermente la testa. “Ho mandato gli altri a casa dato che erano tutti stanchi, che ne dici se usciamo e andiamo a mangiare da qualche parte, offro io, così ti rilassi un po' prima di cercare qualcuno che ti aiuti con tutto?”
Baekhyun lasciò che la testa gli dondolasse sul collo, con la mano di Chanyeol ancora tra i capelli. Sembrava davvero esausto. “Offri tu?” chiese.
L'amico sorrise. “Sì, offro io.”
Okay,” mormorò Baekhyun. “Portami in braccio.”
Chanyeol grugnì, ma passò un braccio sotto le ginocchia di Baekhyun, e il ragazzo si agitò e strillò, “Stavo scherzando, non prendermi, smettila!” Chanyeol rise, e Baekhyun sbuffò e si alzò in piedi, spolverandosi il davanti della maglietta e mormorando, “Ti ho già causato abbastanza problemi oggi.”
“Mai,” disse Chanyeol, sorridendo e scompigliandogli i capelli. “Andiamo principessa, compriamo un po' di cibo di conforto da qualche parte.”
Chanyeol non si rese conto, ovviamente, che oggi non era esattamente il giorno ideale per andare a mangiare fuori fino a che lui e Baekhyun non entrarono nel loro ristorante preferito trovandolo pieno zeppo di coppiette felici e decorazioni rosa e rosse. “Oh,” disse stupidamente. “Giusto. San Valentino.”
Oh, giusto,” gli fece eco Baekhyun, con le guance rosse.
Chanyeol guardò la cameriera che accompagnava ai tavoli. “Possiamo, um, avere un tavolo per due?”
La donna li guardò, sollevando un sopracciglio, poi studiò il ristorante. “Abbiamo un separé per le coppie libero.”
“Ma noi non siamo—” cominciò a dire Baekhyun, ma Chanyeol lo interruppe velocemente.
È perfetto,” disse, trascindando l'amico dietro di sé mentre la cameriera li portava ai loro posti.
Chanyeol,” sibilò Baekhyun. “La gente penserà che—”
“E allora?” rise Chanyeol. “Questo è l'unico tavolo disponibile. E poi, non ci sta guardando nessuno.” Si sedettero uno di fronte all'altro, grandi cuori di carta penzolavano sopra le loro teste, appesi al soffito. Baekhyun li colpì, irritato e Chanyeol rise. “Sono il tuo principe azzurro, no?” chiese, sorridendo. “Considerala una prova per lo spettacolo.”
Baekhyun avvampò, e Chanyeol pensò fosse adorabile. “Non stiamo provando però…” disse piano, guardando il tavolo imbarazzato.
“Va tutto bene,” rispose Chanyeol, facendo un occhiolino. “Puoi essere comunque il mio appuntamento di San Valentino. Dobbiamo anche renderlo convincente, altrimenti ci manderanno via dal separé. Forse dovremmo tenerci per mano.” Baekhyun tossì e sputacchiò, Chanyeol rise. “Sto scherzando!” esclamò. “Forse. Ma sarebbe un buon esercizio per quando ci dovremo innamorare nella commedia, non pensi?”
“Sì, certo,” disse Baekhyun, prendendo il bicchiere d'acqua e bevendo tutto d'un fiato.
“Il miglior appuntamento di San Valentinto che abbia mai avuto,” continuò Chanyeol, e poi la cameriera arrivò per prendere le loro ordinazioni, e Chanyeol si prese la libertà di ordinare anche per l'amico perché sapeva già cosa avrebbe voluto, e sorrise quando Baekhyun lo guardò sorpreso, e disse, “Lascia che mi prenda cura di te, caro.”
Baekhyun sembrò scioccato per un momento, ma poi scoppiò a ridere, scuotendo la testa. “Sei terribile,” disse quando la cameriera se ne andò. “Cerchi di mettermi in imbarazzo.”
“Sta funzionando?” gli chiese malizioso Chanyeol.
Baekhyun non rispose, e invece gli lanciò uno sguardo in parte affettuoso e in parte paziente. Forse un po' imbarazzato. Chanyeol lo considerò un successo. (Considerava tutto un successo se significava che Baekhyun si dimenticasse di quanto fosse stressato per un po'.)
Chanyeol aveva pianificato di fare molte cose perché sembrassero una vera coppia, sia per convincere lo staff del ristorante che erano davvero qui per la cena di San Valentino, sia per mettere in imbarazzo Baekhyun, ma si rese conto ben presto che... aveva già fatto la maggior parte delle cose a cui aveva pensato. Chiamare la cameriera quando Baekhyun stava finendo la propria bibita, imboccare Baekhyun con il proprio cibo, intrecciare le loro gambe sotto il tavolo (anche se questa era più che altro perché le gambe di Chanyeol erano troppo lunghe per evitarlo). Baekhyun non batté ciglio per questi gesti, perché erano una routine per Chanyeol, e anche per lui. Anche cose come pulire la guancia di Baekhyun dalla salsa quando mangiava troppo distrattamente erano così comuni che nemmeno se ne rendevano conto. Hmm. Curioso..
Dopo che mangiarono, Chanyeol accompagnò Baekhyun a casa, dicendo che era suo compito in quanto Principe Azzurro e suo Appuntamento. Baekhyun alzò gli occhi al cielo ma glielo lasciò fare, dicendo, “Mi accompagni comunque sempre a casa, è di passaggio.” Vabbè. Era il pensiero che contava.
Si separarono all'ingresso del palazzo di Baekhyun. Il ragazzo si voltò verso Chanyeol, le guance rosse per il freddo, e sorrise gentilmente. “Grazie per oggi, Yeol. Sei sempre più gentile di quanto non mi meriti.”
Non è vero, non dirlo,” disse Chanyeol, facendo una smorfia. “Sono una persona giusta. Do solo quello che è meritato. Mi hai sopportato per tanti, tanti anni, quindi ti sto solo ripagando piano piano.”
Baekhyun gli sorrise e si mise le mani in tasca. “Se lo dici tu,” disse piano.
“Ho sempre ragione,” affermò Chanyeol. “Comunque, devo tornare a casa. Ci sentiamo dopo, Baek. Voglio dire, amore mio. Sei ancora il mio appuntamento per il resto della giornata.”
“Certo, giusto,” disse Baekhyun.
Chanyeol lo guardò per un paio di secondi, poi disse, “Questa è la parte dove ci diamo il bacio della buonanotte, giusto?”
Baekhyun sbatté le palpebre. “Cosa?”

Non è così che va?” sorrise lui. “Ti accompagno a casa, bacio della buonanotte, titoli di coda? Forse dovremmo cominciare a esercitarci per l'ultima scena della commedia, non pensi?”
Baekhyun non rise, non sorrise nemmeno, non fece niente. Guardò Chanyeol in silenzio, gli occhi sgranati ma indecifrabili, fino a che l'amico non tossì e giunse alla conclusione che forse aveva involontariamente detto qualcosa di inappropriato e/o stupido. Tendeva a farlo spesso. Di solito Bekhyun lo rimproverava, ma stavolta si limitò a fissarlo, quindi Chanyeol disse velocemente, “Beh, devo andare, ci vediamo Baek,” per poi voltarsi e andarsene, sentendosi in qualche modo turbato per la reazione dell'amico alla sua battuta. Aveva capito che era una battua, vero?
Si guardò indietro una volta mentre si allontanava sul marciapiede, e vide Baekhyun ancora sulla porta, poggiato contro il muro e con il telefono in mano, che mandava un messaggio a qualcuno. Le spalle abbassate lo facevano sembrare un po' sconfitto, ma Chanyeol era troppo distante per dirlo con sicurezza.

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Capitolo 25
*** Capitolo 23 ***


Minseok realizzò solo quando lui e Luhan erano proprio fuori dal cinema che non era permesso portare macchine fotografiche dentro.
“Cosa vuol dire che non è permesso?” chiese Luhan, sembrato scandalizzato e tenendo stretta la fotocamera di Kyungsoo. Aveva avuto una reazione simile quando Minseok gli aveva detto che nemmeno il cibo portato da fuori era permesso.
“Già, non puoi portare in sala una macchina fotografica. Perché alcune persone registrano il film e lo mettono online o cose così.” Minseok scrollò le spalle.
Luhan sbatté un piede a terra in modo infantile. “Ma ho bisogno della fotocamera per fare le foto per il mio progetto! Il mio progetto è tipo al san shi per cento la ragione per cui sono venuto qui oggi.”
Minseok cercò di non ridere per la sua indignazione. “Trenta,” tradusse invece. Luhan spesso aveva ancora problemi con il sistema numerico coreano, quindi quando non aveva voglia di pensarci troppo li diceva in cinese. Minseok non lo biasimava. “E lo so che era così. Ma te la porteranno via se la trovano.”
Luhan sbuffò, e Minseok non era sicuro se gli piacesse il pericoloso luccichio nei suoi occhi. “D'accordo, allora,” disse. “Immagino dovremo semplicemente assicurarci che non la trovino.”
E fu così che Minseok finì per aiutare Luhan a legarsi la macchina fotografica attorno ai fianchi, e a scambiarsi i giubbotti in mezzo al marciapiede in modo che quello più largo di Minseok coprisse la protuberanza che si vedeva sotto la maglietta di Luhan. Entrarono al cinema insieme, cercando di non ridere o sembrare sospetti mentre Luhan si poggiava alla macchina dei biglietti per evitare che la fotocamera gli scivolasse. Cercò di fischiettare innocentemente mentre Minseok comprava i biglietti, e il maggiore rise e gli diede un colpetto, sussurrandogli di smetterla di farli sembrare sospetti.
“Come osi!” esclamò Luhan, e trattennero le risate mentre si mettevano in fila per entrare in sala.
“Continua a scivolare,” sussurrò Luhan, avvicinandosi pericolosamente perché nessuno lo sentisse, “ma non voglio tenerla, sarebbe troppo ovvio.”
“Non hai fianchi,” ridacchiò Minseok.
“Fianchi?”
“Qui.” si picchiettò il bacino. “E il tuo sedere è troppo piatto per tenerla su.”
“Il mio sedere non è piatto!” protestò Luhan, mancando completamente il punto. “Solo che questi pantaloni non lo valorizzano.”
Minseok diede una veloce occhiata. (Guardare il sedere non era esattamente nella sua lista di cose che poteva fare con Luhan.) “Se lo dici tu,” disse.
“Abbracciami i fianchi.”
“Cosa?” tossì Minseok.
“Per tenerla su!” sibilò Luhan, muovendosi come se stesse usando un hula hoop. “Io non posso tenerla, quindi devi farlo tu.”
Neanche per idea!” squittì Minseok, cercando di trovare qualche scusa ragionevole.
Ma Luhan si fermò, sbatté le palpebre, e disse all'improvviso, “A dire il vero, lascia perdere, non devi farlo.”
Minseok era sorpreso (e sollevato) dall'improvviso cambio di idea. “Ah no?”
No,” disse il ragazzo, con espressione stranamente impassibile. “Era una richiesta stupida.” Sbatté le palpebre, e Minseok lo fissò, poi Luhan sembrò riscuotersi e ridacchiò. “Pensi che se la berrebbero se mi tenessi la pancia come se stessi aspettando un bambino?”
Minseok scoppiò a ridere.
Alla fine riuscirono a superare i controllori dei biglietti senza essere beccati, ed era un miracolo perché Luhan continuava a mordersi il labbro per evitare di sorridere e Minseok voleva ridere ogni volta che vedeva l'altro aggiustarsi la protuberanza sotto il suo (di Minseok) giubbotto. Entrarono in sala, ridacchiando come dei bambini che se la sono svignata dopo uno scherzo, ed era ragionevolmente vuota dato che stavano guardando un film d'azione il giorno di San Valentino. Fortunatamente, Luhan non aveva insistito a prenotare uno di quei posti per le coppie (che Minseok pensava potesse essere una delle crudeli cose che il ragazzo gli avrebbe involontariamente potuto fare), e si sedettero nei posti vicino al centro, continuando a sussurrare sulla la macchina fotografica.
Mancavano ancora quindici minuti buoni prima che il film iniziasse, e passarono quel tempo a chiacchierare e ridere per delle battute stupide, come non erano riusciti a fare per settimane. E mentre Luhan si voltava verso di lui, con un grande sorriso, Minseok ripensò a cosa gli aveva detto Kyungsoo quando gli aveva raccontato di questa uscita.
“Non sono un esperto in questo genere di cose,” gli aveva detto il vicino dall'altra parte del muro, “ma penso sarebbe meglio se glielo dicessi, hyung.”
“Dirgli cosa?” aveva chiesto Minseok, irragionevolmente nervoso.
“Penso sappia a cosa mi riferisco,” fu tutto quello che aveva detto Kyungsoo. “Potrebbe rendere le cose più semplici. Sai, se foste entrambi sulla stessa lunghezza d'onda. Anche se lui non – beh.”
“Non ho idea di cosa tu stia parlando,” aveva risposto Minseok, con le mani sudate, e Kyungsoo aveva sospirato.
Minseok aveva detto di non sapere cosa Kyungsoo volesse che dicesse a Luhan, ma mentre Luhan lo guardava sorridendogli e faceva finta di scattargli una foto, colpendogli il gomito poggiato sul bracciolo, Minseok sentì qualcosa risalirgli in gola. Forse erano le luci soffuse del cinema, o il modo in cui gli occhi di Luhan luccicavano, o il modo in cui ridacchiava per niente in particolare, ma qualcosa gli stava montando dal petto, posandosi sulla sua lingua, minacciando di uscire ancor prima che Minseok sapesse cosa fosse, stava minacciando di consumarlo, di diventare insopportabile e incontenibile, e poi—
E poi Luhan aprì la bocca e disse qualcosa per primo. “Hey, Seok-ah?” iniziò piano, con espressione seria. Minseok lo guardò in silenzio, il cuore gli batteva forte, come se si aspettasse qualcosa. E poi Luhan disse, “Volevo solo, um. Rassicurarti che questo non è... questo non è un appuntamento. Sai?”
Minseok sentì come se qualcuno gli avesse gettato un secchio di acqua gelida in testa. Lo aveva sentito dire innumerevoli volte nella sua vita, ma non immaginava che questa sensazione potesse essere così incredibilmente spiacevole. Sentiva di non riuscire a respirare. “Cosa?”
Niente. Solo che,” Luhan deglutì visibilmente. “Non volevo che pensassi che questo fosse un appuntamento o qualcosa del genere. Non che... pensi che lo pensassi. Ma giusto in caso ci fosse un po' di confusione.”
Minseok non era sicuro di come fosse riuscito ad aprire la bocca per dire, “Io…okay.”
È solo che non volevo spaventarti, o farti sentire a disagio, o niente del genere. Lo capisci, vero?”
Minseok si sentiva tanto, tanto nauseato al momento. Pensava di poter vomitare da un momento all'altro, lo stomaco gli si stringeva per la vergogna e l'imbarazzo e il rimorso e quel tipo di delusione che ti colpisce come un pugno allo stomaco. Non si sarebbe dovuto sentire deluso. Non avrebbe dovuto, perché non si era nemmeno mai permesso di pensare che ci fosse una possibilità. Non poteva, non doveva, non era giusto. Aprì la bocca, pronto a scusarsi e tornare a casa perché non pensava di poter restare lì per un altro secondo, ma quanto sarebbe stato ovvio? Era impossibile che Luhan fraintendesse le implicazioni di quello. Quindi, invece, in qualche modo riuscì a dire, “No, sì, certo. Io non... non pensavo che lo fosse, o cose così. Stiamo solo... guardando un film. Per il progetto.”
Era la verità, almeno, anche se dolorosa. Minseok non aveva mai pensato che questo fosse un appuntamento. Ma questo non rendeva le parole di Luhan meno significative. Luhan si morse il labbro, ma sorrise leggermente. “E come amici,” aggiunse.
Minseok voleva disperatamente che la smettesse. “Già,” gracchiò.
Okay. Era solo una cosa che mi ha detto oggi Sehun. Non volevo che fraintendessi e ti sentissi a disagio,” spiegò il ragazzo.
No, certo.” Sehun. Ovvio che era Sehun. Dannato Oh Sehun. “Perché non hai portato lui?”
Huh?”
“Non so,” disse Minseok, l'amarezza gli risaliva la gola come bile. “Solo che... forse avresti dovuto portare Sehun invece che me.”
Oh. Deve fare qualcosa con Jongin.” Luhan lo guardò e sorrise, come se Minseok non stesse pregando ogni santo di poter scomparire completamente. “Volevo venire con te, comunque. Mi piace passare il tempo con te. Volevo passare il mio giorno libero con te, perché mi sei mancato.” E poi, come per strofinare il sale sulle ferite, aggiunse, “Ma non è un appuntamento.” Come se Minseok avesse avuto bisogno del promemoria. E poi, “Non voglio che ti senti sotto pressione.”
Cosa? Seriamente, cosa? Sapeva almeno di cosa stesse parlando? Era questo il problema con Luhan. Non lo potevi mai sapere, perché la metà delle volte Luhan ripeteva semplicemente parole che aveva sentito in TV o nei corridoi della scuola, senza mai essere sicuro del vero significato ma presumendo che fosse la cosa giusta da dire, e come cavolo faceva Minseok o chiunque altro a sapere se era davvero quello che stava cercando di dire? Minseok stava ricevendo così tanti segnali contrastanti, Luhan gli mandava sempre segnali contrastanti, lo stava uccidendo.
Ignaro della lotta interiore che stava avvenendo accanto, Luhan si voltò nuovamente verso lo schermo quando le anteprime cominciarono ad essere mostrate. Minseok continuò a guardarlo, senza sapere o fregandosene che Luhan lo avesse notato, e osservò il modo in cui le luci dello schermo gli illuminavano il profilo e il modo in cui le sue labbra si incurvarono piacevolmente e i suoi occhi si spalancavano per la curiosità e l'intensità mentre si concentrava per dare un senso a tutto quel coreano, e il cuore di Minseok saltò un battito e sospirò tristemente, senza sapere cosa stesse succedendo o cosa provare. E il cervello di Minseok faceva lo stesso.
Proprio in quel momento, il cellulare gli vibrò in tasca, e lo prese meccanicamente. Un messaggio da parte di Baekhyun illuminò lo schermo. Cosa faresti, ipoteticamente, se un ragazzo etero che ti piace e che probabilmente ami ti portasse fuori a San Valentino e si facesse amare ancora di più?
E Minseok lanciò uno sguardo a Luhan, le cui labbra si muovevano ripetendo silenziosamente quello che il personaggio stava dicendo, e poi scrisse una risposta, Vorrei farti la stessa domanda.
E lo colpì solo un secondo dopo, cosa avesse appena detto. Cosa avesse appena ammesso, non solo a Baekhyun, ma a se stesso. E si era ripromesso che non avrebbe lasciato che accadesse, se lo era promesso, ma ormai ci era già troppo dentro, e se doveva essere onesto, ci era dentro già da un bel po'.
Lo so
, fu la risposta semplice di Baekhyun, ed era divertente, in un modo davvero privo di umorismo, come tutti sembrassero averlo saputo prima di lui.
(Ma non era colpa di Minseok; loro non avevano nulla da perdere.)


Sehun rimase fuori dall'edificio in cui Jongin gli aveva detto di andare molto più del necessario, tremando per il freddo ma titubante ad entrare. Spostò il peso da un piede all'altro, controllando due – tre volte l'indirizzo scritto sul foglietto che gli aveva dato Jongin, e si sistemò la sciarpa attorno al collo, accigliandosi. Non era mai passato in questa parte della città. Era troppo... ricca. Non, tipo, super-ricca o niente del genere, ma tutti gli edifici erano nuovi e ben tenuti, e le macchine parcheggiate era scintillanti e mai più vecchie di tre o quattro anni, ed era tutto così... diverso dalla zona in cui viveva la sua famiglia adottiva, dove tutto aveva un aspetto un po' malandato e trascurato. Ed era decisamente diverso dal posto da cui era arrivato Sehun, originariamente. La casa dove aveva passato i primi anni della sua vita, sempre che se la ricordasse correttamente ormai.
Dimostrava solo quanto fossero davvero diversi lui e Jongin. Quanto poco avessero in comune. Non aveva senso per Sehun, come Jongin avesse potuto vedere qualcosa in lui.
Alla fine raddrizzò le spalle e si girò verso l'ingresso dell'edificio, per poi marciare dentro, perché Oh Sehun non era un codardo. Premette il campanello senza esitazione e ricevette subito una risposta, la voce entusiasta di Jongin che chiedeva chi fosse sopra l'abbaiare dei suoi cani. “Io,” disse piattamente Sehun, e Jongin gli disse di salire.
Era chiaro che lo stesse aspettando alla porta, perché il dito di Sehun aveva a malapena sfiorato il campanello quando la porta si aprì. A giudicare dalla sua reazione al citofono, Sehun si sarebbe aspettato un saluto animato, ma Jongin sembrava sorprendentemente controllato mentre sorrideva tutto timido con gli occhi che passavano da Sehun al pavimento. “Hey,” disse.
“Ciao,” rispose Sehun, sentendosi stranamente... agitato dal comportamento del ragazzo.
“Sei venuto,” disse, come faceva sempre quando Sehun si faceva davvero vedere da qualche parte in cui Jongin non l'aveva portato fisicamente.
“Già.”
“Fantastico. Um…entra. Questa, uh…benvenuto a casa mia.” Jongin lo fece entrare, indicandogli lo scaffale dove Sehun avrebbe potuto lasciare le scarpe, e poi fece un gesto verso tutta la casa, sorridendo. Sehun si guardò attorno lentamente, osservando le decorazioni moderne e le mattonelle del pavimento pulite e immacolate. Solo il fatto che ci fossero dei paralumi, invece che i semplici bulbi delle lampadine, rendeva questo posto molto più accogliente di qualsiasi casa in cui Sehun fosse mai stato.
Prima che potesse pensare a qualcosa da dire, una testa sbucò da una porta lì vicino. “Oooh, ciao. Tu devi essere Sehun.”
Sehun guardò la ragazza che lo stava studiando con un grande sorriso sapientino – assomigliava davvero a quello di Jongin, se ci pensava bene – e annuì.
Jongin sospirò. “Sì, noona, questo è Sehun. Sehun, questa è mia sorella maggiore, Hyojung.”
È un piacere conoscerti finalmente,” disse Hyojung, illuminandosi, e sembrava volesse dire qualcos'altro, ma venne interrotta da altri due visi che apparvero da un'altra porta – la cucina, probabilmente, perché l'uomo indossava un grembiule e aveva in mano una spatola.
Sehun, questi sono mia madre e mio padre. Mamma e papà, questo è Sehun.”
“Certo, certo,” disse il padre, avvicinandosi per stringergli la mano, come un uomo d'affari. “Sehun. Abbiamo sentito parlare tanto di te.”
Anche la madre di Jongin gli strinse la mano, e disse, “Questa è la prima volta che Jonginnie porta un ragazzo a casa.”
Sehun sbatté silenziosamente le palpebre, ma Jongin tossì forte, protestando, “Mamma! Questo – questo non è vero, invito sempre Taemin a casa, e anche gli altri ragazzi!”
Tutti e tre i membri della famiglia di Jongin lo guardarono con sguardi penetranti, ma tutto quello che dissero fu, “Certo.”
“Allora, chi è pronto a mangiare?” chiese all'improvviso il ragazzo, sorridendo allegro.
Nessuno, spero,” rispose il padre. “La cena non è ancora pronta.”
Oh.” Jongin si imbronciò. “Okay, allora…oh! Puoi conoscere i miei cani se vuoi. Li ho messi in camera mia perché stavano facendo un casino, e non volevo che ti spaventassi. Ti piacciono i cani, vero Sehun?”
No, a dire il vero; più che alto perché la sua prima madre adottiva aveva un cane davvero grande che gli ringhiava contro e aveva cercato di mordergli la mano una volta. Ma non voleva dirlo a Jongin, quindi si limitò a scrollare le spalle, e il ragazzo si illuminò e lo guidò via. Da dietro, sentì Hyojung sussurrare ai genitori, “È... non come me lo aspettavo.”
“Non sorride molto, vero?” fu la risposta a malapena udibile della madre, e una sensazione spiacevole gli invase lo stomaco.
In ogni caso, Jongin stava sorridendo abbastanza per entrambi mentre guidava Sehun nella propria stanza. Quando arrivò, però, si avvicinò alla porta e poggiò entrambi i palmi su di essa, mormorando, “Siate gentili con Sehun okay? Non saltate.” Poi la aprì lentamente, e Sehun fece un passo avanti per guardare dentro.
Tutti in fila sul pavimento, c'erano tre piccoli cani, che scodinzolavano felici e abbaiavano occasionalmente, sembrando estremamente eccitati di vedere Jongin, come se fosse stato via per ore invece che pochi minuti. Il più piccolo dei tre si avventò felice sul padrone, mordendogli i pantaloni, e poi sembrò notare Sehun e abbaiò forte prima di saltargli intorno, graffiandogli le gambe e annusandogli i piedi.
Jjangah!” la rimproverò leggermente Jongin. “Ti ho detto di non saltare.”
Sehun cercò di non scappare dal piccolo animale che gli stava attaccando le gambe. Ai gatti ci era abituato. Mai i cani erano molto più energici dei gatti, e nonostante la loro taglia fosse quasi uguale, aveva comunque dei denti ed era ancora un cane e Sehun non aveva molta esperienza con loro.
Scusa,” disse Jongin, abbassandosi per prendere il cagnolino in braccio, lontano da Sehun. Si mosse e cercò disperatamente di fuggire, ma Jongin la tenne stretta. “È ancora piccola, non l'abbiamo ancora addestrata bene. Quelli più grandi sono buoni, visto?”
Sehun si morse il labbro in silenzio e guardò gli altri due cani, ancora seduti sul pavimento. Più addestrati, ma con denti più aguzzi? Forse? Sehun non voleva scoprirlo.
“Quello è Monggu, e quello è Jjanggu,” disse Jongin, indicando prima uno e poi l'altro. “Sono carini, vero?”
Sehun fece un suono vago. Erano carini, se smetteva di pensare ai denti aguzzi per pochi secondi. “Immagino,” rispose piano.
“Li vuoi accarezzare?” chiese poi. “Sono davvero amichevoli, lo giuro. Non mordono.”
Sehun lo guardò, poi si abbassò sul pavimento di fronte ai cagnolini eccitati. Guardò ancora Jongin, il quale stava tenendo Jjangah lontano, e che gli sorrise incoraggiante. Alla fine, Sehun allunagò una mano con esitazione, ed entrambi i cani saltarono in avanti così velocemente che Sehun emise uno squittio e ritrasse velocemente il braccio. Pensava che Jongin avrebbe riso di lui, ma invece si inginocchiò accanto a lui, tenendo la cagnolina con un braccio e usando l'altra mano per prendere quella di Sehun e muoverla lentamente verso i cani più grandi. “Vogliono solo annusare,” disse, e tenne il polso di Sehun mentre lo facevano, annusando il suo palmo e leccandogli le dita. Sehun fece un piccolo sorriso.
“Visto?” disse Jongin, lasciando andare Jjangah alla fine, la quale si unì al processo di familiarizzazione. “Gli piaci.”
“Sarebbe la prima volta,” mormorò Sehun in automatico, e le dita di Jongin si strinsero attorno al suo polso.
Entrarono nella camera dopo, e Sehun guardò tutta la roba che c'era. C'era... così tanta roba. Sehun non aveva mai visto tante cose appartenere ad una sola persona in vita sua. Ma non era nemmeno mai stato in tante stanze prima. Poster, certificati e premi allineati sulle pareti, la maggior parte dei quali legata al mondo della danza. I suoi scaffali erano pieni zeppi di fumetti, libri, e altri premi, così come di alcune foto di lui con la sua famiglia e i suoi amici. La sua borsa sportiva era poggiata sulla sedia della scrivania, accanto alle tre cuccette dei cani, e sulla scrivania c'era un portatile insieme ad altri accessori, e dietro c'era uno specchio. Era la cosa attaccata allo specchio che catturò l'attenzione di Sehun, però. “Sono io quello?” chiese sorpreso.
Huh?” Jongin seguì il suo sguardo fino alla foto attaccata alla cornice dello specchio. “Oh,” disse, con le guance improvvisamente rosse. “Um, sì, sei tu.”
Sehun si avvicinò alla foto e la guardò meglio. Erano loro due, camminavano mano nella mano, e Sehun non stava guardando l'obiettivo, il suo sguardo era diretto verso qualcosa fuori campo, e Jongin stava guardando lui, e... cosa? Sehun non si ricordava che questa foto fosse mai stata scattata.
È di Insadong,” disse velocemente Jongin, sembrando imbarazzato. “Ricordi, Luhan ci aveva fatto tenere per mano per attraversare la strada? Ha fatto questa foto. L'ha sviluppata e me l'ha data, e io l'ho... messa lì, immagino.”
Normalmente, Sehun gli avrebbe ordinato di toglierla e distruggerla, preferibilmente, ma oggi... non lo fece. La fissò ancora per qualche secondo, poi si voltò, senza perdersi il modo in cui Jongin abbassò le spalle sollevato.
Si guardò intorno ancora un po', facendo attenzione a non calpestare i cagnolini curiosi, e si fermò davanti a una foto di Jongin, con i suoi genitori e la sorella, messi in posa accanto ad una ragazza con l'abito del diploma. “Chi è lei?” chiese, indicandola.
Jongin si avvicinò per guardare. “Oh, è l'altra mia sorella. Non è qui oggi, è uscita con la ragazza.”
Le sopracciglia di Sehun si alzarono contro la sua volontà. “Ragazza?” chiese sorpreso.
Jongin era proprio dietro di lui quindi Sehun sentì il modo in cui si irrigidì immediatamente. “Um…sì. A lei... piacciono le ragazze.”
Oh.” Ci fu una pausa, e Sehun capì che Jongin stava aspettando che continuasse, quindi disse solo, “Okay.”
Jongin esitò ancora, e Sehun sapeva che stava cercando le parole adatte. Poi disse, “Questo è... non hai un'opinione su questo, o qualcosa del genere? Sul fatto che, sì, a mia sorella piacciano le ragazze?”
Sehun sbatté lentamente le palpebre, continuando a guardare il muro perché Jongin era troppo vicino e se si fosse girato sarebbero stati faccia a faccia. Aveva un'opinione su questo? Sapeva che Minseok era gay, ovviamente, e non aveva un problema con quello. Non si era mai sentito, tipo, disgustato o niente del genere. Non ci aveva mai pensato davvero, onestamente. “Uh, no? Non proprio. Semplicemente... contenta lei!” Fece una pausa, poi aggiunse, “Non ci ho mai dovuto pensare tanto, sai, alla sessualità e tutto, perché comunque non sono mai piaciuto a nessuno. E a me non piace nessuno.”
Ci fu un altro lungo silenzio, e poi Jongin disse timidamente, “Che mi dici di me?”
Sehun tirò su col naso. “Sei okay.”
Quando alla fine Jongin si spostò per lasciare un po' di spazio a Sehun, il quale si voltò per guardarlo, il ragazzo stava provando con poco successo a nascondere un grande sorriso.
La cena fu pronta qualche minuto dopo, e Jongin lo accompagnò in bagno in modo che potessero lavarsi le mani, e poi si sedettero intorno al tavolo insieme alla famiglia di Jongin. Il tavolo era abbastanza grande da accomodare sei persone, dato che i Kim erano cinque, e Sehun si sarebbe potuto sedere da solo a capotavola, ma invece prese il posto accanto a Jongin, davanti alla madre e alla sorella, e Jongin sorrise. Quando la cena venne servita, cominciò anche una casuale conversazione, alla quale lui non partecipò, ma ascoltò. Sehun non aveva mai fatto una cena così prima d'ora. A casa, i suoi genitori adottivi parlavano piano, e il suo fratellastro parlava a voce alta quando era annoiato e voleva la loro attenzione, ma non era mai questo chiacchiericcio unito e felice. Hyojung parlò di un qualche evento di San Valentino alla sua università, i suoi genitori raccontarono alcuni ricordi di eventi simili di quando erano giovani, e Jongin parlò di scuola. Hyojung chiese al fratello quanto cioccolato avesse ricevuto quest'anno, e Jongin arrossì e mormorò qualcosa tipo Non lo so, abbastanza. Quando gli venne chiesto se avesse ricevuto qualche dichiarazione, scrollò le spalle e guardò il piatto, e la sorella alzò gli occhi cielo.
“E tu, Sehun?” chiese il padre di Jongin, facendolo sobbalzare. Era stato piuttosto piacevole passare inosservato fino a quel momento. “Hai ricevuto del cioccolato oggi?”
Sehun si rifiutò di guardare Jongin quando disse, “Solo uno, a fine giornata.”
Oooh, da chi?” chiese Hyojung.
Sehun scrollò le spalle, punzecchiando il cibo nel suo piatto. “Nessun nome,” disse, e quella era la verità almeno.
“Hai un'idea?” chiese la madre.
Sehun arricciò leggermente il naso. “Penso di sì.”
Hyojung rise. “L'hai mangiato?”
Il ragazzo annuì lentamente. “Certo.”
“Penso significhi che accetti l'amore di quella persona, allora,” disse il padre di Jongin, indicandolo con le bacchette.
Sehun si accigliò, poi disse, “E se quella persona mi avesse dato il cioccolato come amico?”
I genitori e la sorella di Jongin lo guardarono in silenzio, e poi la madre disse, “Immagino significhi che hai accettato la sua amicizia, allora?”
Sehun si accigliò un po' di più, perché quello non era stato esattamente il suo intento. Ad ogni modo, guardò Jongin, e lo vide fissare il proprio piatto, le orecchie in fiamme. Non stava sorridendo, però, come avrebbe immaginato Sehun.
Tornarono in camera sua dopo che finirono di mangiare, insieme ai cani di Jongin, e Jongin gli mostrò alcune foto di quando ballava da piccolo, forse a cinque o sei anni, e anche alcune foto di lui con Taemin di quando si erano appena conosciuti (ed entrambi avevano un aspetto tanto imbranato quanto gli aveva raccontato Jongin), e poi fece ascoltare a Sehun alcune delle sue canzoni preferite, Sehun seduto sul letto e Jongin per terra accanto ai suoi cani. Muoveva la testa al ritmo della musica, cantando alcuni versi di tanto in tanto, e poi prese Monggu per le zampe anteriori, facendolo ballare e sorridendo divertito. Sehun lo guardò in silenzio, passando inosservato mentre Jongin era perso nel suo piccolo mondo, e una sensazione strana gli scaldò il petto quando vide il sorriso sul viso di Jongin e... Jongin in generale, ed era abbastanza sicuro che quella sensazione gli portasse cattive notizie, ma mise da parte quel pensiero perché si sentiva...bene. Gli faceva male il petto, ma in senso buono, e Sehun decise che almeno per oggi si sarebbe potuto godere questa sensazione, e al resto avrebbe pensato domani. Quali erano le possibilità che accadesse qualcosa di terribile oggi? No, ci avrebbe pensato domani o qualche altro giorno.
(Sehun non aveva mai fatto questo scommessa con risultati positivi prima, ma ci sarebbe passato sopra per oggi. Solo oggi, si sarebbe lasciato andare un po'. Aveva avuto una brutta giornata fino ad adesso; solo un paio d'ore di sensazioni piacevoli, poteva concedersi almeno questo, no?)
Jongin cominciò a bisticciare con Jjanggu, che non voleva stare seduto bene accanto a Monggu come avrebbe dovuto, e Sehun sorrise senza vergogna alla scena, perché Jongin non stava guardando e non sarebbe successo niente se avesse sorriso quando nessuno guardava. Giusto? E il suo sorriso si fece un po' più grande quando Jongin cercò di convincere Jjangah ad indossare un orribile maglioncino, ma la cagnolina sembrava essere interessata solo ad annusare i piedi di Sehun e ad abbaiare dal suo posto accanto al letto, facendo sbuffare e lamentare il padrone.
Hey, perché sei interessata solo a lui? Anche io sono interessante, sai. Hai dimenticato chi ti dà da mangiare, chi ti porta a fare le passeggiate e chi ti dà i biscottini? E chi ti fa dormire sul letto quando fai da brava? Sì, sono io. Quindi dovresti amare me,” disse Jongin, allungando un braccio verso il cane e nascondendo il maglioncino dietro la schiena con l'altro. “Smettila di leccare Sehun! Probabilmente non gli piaci nemmeno così tanto. Guarda, non ti farò indossare il maglioncino, anche se ci perdi tu perché è fantastico. Visto come sono gentile? Ora vieni qui.” Sehun sorrise per l'espressione di pura offesa sul viso di Jongin quando il cane continuò ad ignorarlo. “D'accordo! Allora ti darò un biscottino e poi vedremo chi ti piacerà di più.” Si allungò per prendere un contenitore a forma di osso dalla scrivania e aprì il coperchio, ma nel momento in cui sentirono i croccantini muoversi, tutti e tre i cani si avventarono su di lui, e Jongin emise uno strano squittio mentre cadeva all'indietro e tre lingue gli leccavano la faccia.
L'intera situazione era così ridicola che una risata sfuggì dalla gola di Sehun, forte e inconfondibile, e lo sorprese così tanto che si schiaffò una mano davanti alla bocca. Jongin lottò per rialzarsi, abbandonando il contenitore di biscotti sul pavimento per guardarlo con gli occhi spalancati, ugualmente scioccato. Sehun voleva fingere che non fosse successo niente, come se fosse stato un suono della loro immaginazione, ma non riusciva nemmeno a smettere di sorridere ed era imbarazzante e stupido e Jongin continuava a fissarlo. Sehun provò a coprirsi tutto il viso con le mani, sentendo le guance avvampare, ma quando sbirciò tra le dita un momento dopo, Jongin era in ginocchio sul pavimento che gli si avvicinava, per poi spostargli le mani.
“Non farlo,” disse, quasi senza fiato. “Voglio vedere.”
Sehun a malapena lo sentì mentre lasciava cadere le mani perché questo suono bizzarro gli stava risalendo in gola, qualcosa che era un misto tra un gorgoglio e una risatina e Sehun non avrebbe lasciato che abbandonasse le sue labbra senza lottare perché era abbastanza sicuro di non aver mai emesso un suono del genere prima d'ora, e di sicuro non avrebbe iniziato ora.
“Voglio vedere,” disse ancora Jongin, e quando Sehun lo guardò, lo stava fissando con un sorriso felice e gli occhi lucidi, e sembrava volesse dir qualcos'altro, qualcosa di importante, e per qualche ragione questo rendeva Sehun nervoso. Stava provando migliaia di emozioni che non si era mai permesso di provare nei passati dieci anni, ed era tanto esilarante quando terrificante, e per un attimo pensò di rimanere a sentire cosa Jongin avesse da dire, ma all'ultimo secondo si alzò in piedi e disse qualcosa circa il bagno prima di fuggire via. Erano abbastanza cose nuove per oggi. Abbastanza rischi. Il cuore di Sehun gli batteva contro il petto e si sentì in pericolo, quindi si appoggiò al lavandino e aspettò che le sue labbra riprendessero ad obbedirgli, e che lo stomaco smettesse di contorcersi. Era stato un giorno davvero... problematico. Presto avrebbe dovuto gestire la cosa.
O forse avrebbe potuto rimandare, ancora per un po'.

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Capitolo 26
*** Capitolo 24 ***


Come regola, Minseok cercava di aprirsi e di essere completamente onesto con Kyungsoo. Di solito non si apriva in generale, tendeva a tenersi le cose per sé e a pensare tanto e con attenzione prima di condividerle con qualcuno, e aveva la sua buona parte di segreti, ma con Kyungsoo era diverso. Minseok sapeva di potersi fidare di Kyungsoo. Non è che non potesse fidarsi di Jongdae o dei suoi genitori, solo che... Kyungsoo era diverso. Kyungsoo era un recipiente senza fondo di informazioni, raccoglieva tutto e lo processava senza però ripetere niente a meno che la situazione non lo richiedesse. Kyungsoo non giudicava mai, non metteva mai pressione e non presumeva mai niente, era sempre incondizionatamente comprensivo e accettava tutto. E, sebbene Minseok odiasse che fosse un fattore che contribuiva, Kyungsoo aveva un contatto davvero limitato con chiunque a parte lui, e quindi non poteva dire a nessuno quello che gli veniva confessato.

Minseok aveva scoperto presto che dire tutto a Kyungsoo era un gran beneficio per lui, perché poteva togliersi un gran peso dalle spalle e gli dava anche l'occasione di analizzare le cose con il vicino, che sembrava sapere sempre la cosa giusta da fare. Era tanto liberatorio quanto produttivo, ed era passato tanto tempo dall'ultima volta in cui Minseok aveva tenuto qualcosa segreto al più piccolo.

Eppure, gli ci volle un bel po' per trovare il coraggio di lasciare la propria stanza e gettare la sciarpa gialla sul divisorio tra i due balconi, sedendosi con la schiena contro il muro, coperto da vestiti caldi per ripararsi dal freddo invernale. Era sabato, il giorno dopo San Valentino, e di solito avrebbe detto a Kyungsoo il prima possibile qualcosa di importante, ma questa volta... ci volle un po' per autoconvincersi che fosse una buona idea.

Kyungsoo ci mise un paio di minuti a raggiungerlo, sedendosi al solito posto, e Minseok passò tutto il tempo a chiedersi se fosse troppo tardi per cambiare idea e fuggire via. Anche se gli piaceva essere onesto con Kyungsoo, a volte aveva qualche problema ad essere onesto con se stesso.

Ciao hyung,” disse caldamente il vicino, e Minseok si prese un momento per apprezzare quanto suonasse più forte la voce dell'amico, quanto più velocemente fosse uscito rispetto a qualche giorno fa. Niente faceva sentire Minseok una persona migliore e più forte quanto vedere Kyungsoo fare progressi positivi dopo la regressione. “Come è andata ieri?”

Minseok aprì la bocca per raccontare a Kyungsoo tutta la storia, ma poi andò nel panico e disse, “Bene. Tu sei stato con Jongdae, vero? Come è stato?” Aveva bisogno di un momento per ricomporsi.

Kyungsoo fece un suono vago. “È stato piacevole,” disse. “È venuto qui, ci siamo seduti in salotto e mi ha fatto scegliere la scatola di cioccolatini che preferivo e li ha scartati per me. E ha anche pulito l'esterno così che potessi aprirla da solo. È stato molto premuroso.”

Minseok sorrise orgoglioso. Jongdae poteva essere fastidioso, ma almeno sapeva comportarsi. “Si è lamentato molto?” chiese.

Più che altro ha tenuto il broncio,” disse Kyungsoo. “Sembrava piuttosto agitato, a dire il vero.”

Minseok si accigliò. Non aveva avuto l'opportunità di vedere o parlare con Jongdae ieri, si erano giusto mandati qualche messaggio. Gli avrebbe chiesto cosa c'era che non andava se avesse notato il migliore amico comportarsi così. Jongdae era spesso drammatico, ma era raro che si turbasse così. “Ti ha detto il perché?”

No, ha detto che non ne voleva parlare. Ma tutti i cioccolatini avevano dei bigliettini sopra, ed erano ‘Da persona-e-persona, per Junmyeon-oppa,’ e Jongdae ha passato tipo un'ora a stracciarli. E mi ha anche accennato tutti i difetti di Junmyeon-hyung.”

Le sopracciglia di Minseok si sollevarono leggermente. “Ne ha davvero trovato qualcuno? Non gli ho mai sentito dire una singola cosa negativa della vita di Junmyeon.”

Ne ha pensate solo cinque in tutte le tre ore che è stato a casa mia. Ed erano tutte cose tipo troppo gentile e troppo attraente. Quindi. Tutto qua.”

Minseok ridacchiò leggermente, ma sentì una fitta di compassione per il proprio migliore amico. Qualsiasi cosa Jongdae dicesse di avere (e quale che fosse il vero problema), era davvero forte. Minseok avrebbe dovuto passare più tempo con lui per distrarlo nell'immediato futuro. Il povero ragazzo doveva stare ancora con Junmyeon faccia a faccia per i preparativi del festival multiculturale. “Ti ha chiesto qualche consiglio?”

Non proprio, ma mi ha chiesto qualche diagnosi medica,” rispose il ragazzo.

Qualche cosa?”

È così che le ha chiamate. Mi ha detto di sentirsi ‘malaticcio e disgustosoe cosa avrebbe dovuto fare al riguardo. Mi ha anche detto qualche altro vago sintomo, ma probabilmente in confidenza. Si è rifiutato di scendere nei dettagli.”

Quindi cosa gli hai detto?” chiese Minseok, tirando a indovinare su quali potessero essere questi sintomi (includendo dolori al petto e un inspiegabile senso di delusione).

Gli ho detto che non mangiare quattro scatole di cioccolatini sarebbe stato un buon punto di partenza. E poi di individuare la radice del problema e fare piccoli passi per risolverlo. Ad esempio, il confronto.”

E ha pensato che fosse una buona idea?”

No, non penso. Ha solo mangiato altro cioccolato.”

Probabilmente starà malissimo oggi,” disse Minseok, scuotendo la testa.

Forse è meglio che lo controlli più tardi.”

Minseok era d'accordo.

Allora, hyung,” riprese Kyungsoo, passando da un tono colloquiale ad uno più diretto. “Jongdae è l'unica ragione per cui volevi parlarmi oggi?”

Minseok si irrigidì e si morse il labbro. “Io—no,” ammise, deglutendo.

È successo qualcosa ieri?” continuò gentilmente Kyungsoo, sempre intuitivo.

Minseok giocherellò nervosamente con le dita, grato che il vicino non potesse vederlo. Era molto più semplice così. (Ma comunque difficile.) “Io—sono andato a vedere un film con Luhan.”

Giusto, hai detto che i piani erano quelli,” disse Kyungsoo, con voce delicata, come se stesse cercando di calmare un animale spaventato. Minseok lo apprezzò.

Già. E semplicemente... non lo so. Dovevamo far entrare la tua fotocamera, sai, dato che non sono permesse. Ed è stato davvero divertente, e Luhan continuava a ridacchiare.” Minseok deglutì ancora. “E lui – io – stavo provando diverse emozioni—”

?”

. E poi lui mi ha fatto tipo…‘Hey, Minseok, volevo solo ricordarti che questo non è un appuntamento. Nel caso pensavi che lo fosse.’ E io – lui era—”

Hyung.”

Minseok prese un respiro profondo, cominciando a sentirsi accaldato e di nuovo nauseato. “Perché ha dovuto dirlo, Kyungsoo?” Il vicino rimase in silenzio. “Non è che pensassi che lo fosse. Quindi perché ha dovuto dirlo? Ero così imbarazzato, pensavo di poter vomitare. Ed era preoccupato che io mi sentissi a disagio. E lui? Se tu – se senti il bisogno di ricordare al tuo amico gay che non siete ad un appuntamento... sento di poter morire, Kyungsoo.”

Hyung—”

Ho detto a me stesso che non mi sarei mai vergognato di essere gay, e tutto, ma è così difficile. Non capisci quanto è difficile. Non posso avere nemmeno un'amicizia normale. Come posso vivere con me stesso, sapendo che i miei amici pensano che ci sia bisogno di ricordarmi—”

Hyung—

Ricacciò indietro le lacrime che gli bruciavano gli occhi. “Penso di essere innamorato di lui, Kyungsoo.”

Kyungsoo rimase in silenzio per qualche momento, e Minseok boccheggiò, ma poi l'amico disse, “Lo so, hyung.”

Minseok lasciò andare la testa all'indietro contro il muro. “È la cosa peggiore,” disse, con voce debole. “Non dovevo lasciare che accadesse.”

Non è una cosa che puoi decidere,” disse piano Kyungsoo. “Sono cose che capitano, che tu lo voglia o no.”

Minseok voleva gridare qualcosa tipo cosa ne sai tu dell'amore? Ma non lo fece, perché sarebbe stato meschino, e perché sapeva che Kyungsoo aveva ragione. Non aiutava la sua situazione, però. “Mi odio così tanto in questo momento,” disse piano.

Non dire così, hyung,” disse immediatamente l'amico, un po' duramente. “Ti ho detto che non volevo mai più, mai più sentirtelo dire.”

Minseok si morse il labbro dolorosamente, portando indietro la testa per guardare il cielo grigio. “Lo so,” disse.

Ascoltami, okay?” disse Kyungsoo, con voce decisa. “Io sono orgoglioso di te, per aver finalmente ammesso i tuoi sentimenti per Luhan-hyung. Non fingere nemmeno che siano nati ieri. So che è stato difficile per te, ed è stato un grande passo, e sono orgoglioso che l'abbia fatto. Credimi, so cosa significare fare dei passi. So che mi frustrava leggermente il fatto che non l'abbia ammesso prima, ma capisco che non è stato semplice, e che non diventerà improvvisamente più semplice. Ma questa è come tutte le altre cose. Come essere gay e come essere diabetico. Prima, devi accettarlo, e poi puoi pensare a come gestirlo. L'abbiamo già fatto prima.”

Ma questo è diverso,” disse disperato Minseok. “Per quelle cose... per quelle cose sapevo cosa avrei dovuto fare. Sapevo che dovevo dirlo alle persone e sapevo cosa fare. Questa volta... non so cosa fare. Non so qual è il prossimo passo.”

Kyungsoo sospirò piano, muovendosi leggermente contro il muro. “Beh,” cominciò. “Sostanzialmente, devi scegliere se dirlo a Luhan o non dirglielo. Quello che succede dopo dipende da lui. È stato lo stesso anche quando hai fatto coming out, no? Potevi tenerlo segreto o potevi dirlo a tutti, e se lo avessi fatto, come le persone avessero reagito avrebbe influenzato il tuo passo successivo.”

Minseok mugolò leggermente. Kyungsoo aveva ragione, ovviamente. Quando si era trattato di dire a Jongdae di essere gay, era stato lo stesso; Minseok poteva dire la verità, ma se avrebbero continuato ad essere amici dopo, quello dipendeva solo da Jongdae. Ma Minseok non aveva mai seriamente pensato che l'amico lo avrebbe odiato o qualcosa del genere dopo la confessione.

Con Luhan, e dirgli che lo amava, Minseok non aveva davvero idea di cosa aspettarsi, soprattutto non dopo quello che Luhan gli aveva detto al cinema.

Vuoi che usi la logica, hyung?” chiese gentilmente Kyungsoo.

,” rispose debolmente lui.

D'accordo. Allora. La tua prima decisione è se dirglielo o meno, giusto? Puoi pensare a diversi modi. Potresti dirglielo per principio, semplicemente perché essere onesti e diretti è il miglior approccio. Potresti anche dirglielo o non dirglielo basandoti sul fatto che pensi che le cose sarebbero più semplici per te, ad esempio se pensi che se lo sapesse ti sentiresti meglio, o che smetterebbe di fare cose che ti confondono o cose così. E infine, potresti fare la tua decisione basandoti sul fatto che pensi o meno che potrebbe ricambiare. In questo caso dovresti considerare, prima di tutto, se a Luhan-hyung piacciono i ragazzi. E poi se gli piaci tu, o se potresti piacergli prima o poi. Immagino che debba tenere in considerazione anche le influenze sociali, ad esempio se i suoi genitori approverebbero e cose così. Dopo aver riflettuto su tutte queste cose, puoi decidere se dirglielo.”

Minseok deglutì. “Queste sono tutte le mie opzioni?”

Non sono sicuro. Immagino possa anche decidere basandoti sull'istinto, o sul fatto che pensi che in qualche modo potrebbe comunque venire a saperlo. Ma queste sono le opzioni che mi vengono in mente al momento.”

Minseok seppellì il viso tra le mani e cercò di non buttarsi dal balcone o qualcosa del genere. Sentiva di essere travolto, ed entrambi sapevano da passate esperienze che un Minseok travolto non era un Minseok funzionale. “Io—cosa mi suggerisci, Soo?”

Kyungsoo fece un suono vago. “Sai che non ho esperienza in queste cose, hyung,” disse. “Non ho mai dovuto gestire niente del genere. E tu conosci Luhan molto meglio di me. Solo tu sai come si comporta quando siete voi due soli, e cose così.”

Minseok si stava ancora mordendo il labbro. Ma mentre ci pensava, gli venne in mente un piccolo pezzo di conversazione della prima volta che aveva parlato con Baekhyun, ipoteticamente, di essere innamorato di un ragazzo etero e non sapere se dirlo o meno. Allora, aveva detto a Baekhyun cosa avrebbe fatto lui in quella situazione. “Probabilmente me lo porterei nella tomba, perché sono un gran codardo.” Ecco cosa aveva detto.

Gli sembrava ancora giusto oggi.

Non glielo dirò,” disse a Kyungsoo, abbassando la testa. “Io—non posso farlo. Sapendo così poco circa... circa cosa prova lui, e cosa pensa... non ne vale la pena. Penso che a questo punto i contro prevalgano di gran lunga su i pro. Troppe cose potrebbero andare male, e io – non sarei in grado di farlo. Non nella situazione attuale.”

Sei sicuro?” chiese con cautela Kyungsoo.

Minseok sospirò. “Sì. Sono sicuro.”

Puoi sempre cambiare idea,” disse l'amico. “E puoi sempre venire a parlarmene, lo sai questo, vero hyung?”

Certo,” mormorò Minseok. “Grazie, Kyungsoo. Sei il migliore.”

Cerco solo di ripagarti per tutto l'aiuto che mi hai dato, sai.”

Minseok sorrise leggermente. Come se Kyungsoo non lo avesse aiutato anni fa. “So che vuoi che glielo dica,” disse piano. “Scusa se ti deludo sempre.”

Kyungsoo non lo confermò, ma non negò neanche, disse semplicemente, “Sono solo qui per darti supporto, hyung. Non dichiaro di sapere cosa sia meglio per tutti.”

Minseok si strofinò le mani sul viso. “Non lo dirai a nessuno, vero Soo?”

Nemmeno per sogno,” lo rassicurò l'amico.

Dovrei semplicemente innamorarmi di te, invece,” sospirò tristemente.

Kyungsoo rise. “Non vorresti,” disse. “Non ne vale la pena, per tutti i problemi che ho.”

Questo non è vero,” ribatté Minseok, accigliandosi. “Se qualcuno ha sin troppi problemi, quello sono io.” Poi ci pensò, e aggiunse, “E forse Sehun.”

L'amico di Luhan-hyung?” chiese Kyungsoo. “Ho sentito che ha diversi problemi.”

Minseok tirò su col naso e sospirò. “Luhan sembra adorarlo, comunque,” borbottò.

Non tanto quanto adora te,” disse il vicino, e Minseok non riusciva a decidere se questo lo facesse sentire meglio o no. In ogni caso, faceva un po' male.

Luhan adorava un sacco di persone. Chi poteva dire che Minseok non fosse semplicemente uno dei tanti?


La settimana che seguì San Valentino fu piuttosto strana per Minseok. Prima di tutto, rivedere Luhan dopo la sua rivelazione al cinema e la successiva conversazione con Kyungsoo era stato estremamente snervante. Lunedì prima di scuola, aveva mandato un messaggio al vicino, già mezzo convinto di dover restare a casa perché non pensava che sarebbe stato in grado di affrontare Luhan. Ma Kyungsoo gli aveva risposto con parole di conforto, dicendogli che non sarebbe cambiato niente, che non si sarebbe dovuto comportare in modo diverso, e che Luhan aveva detto che non voleva che
Minseok si sentisse a disagio, non che lui si sentiva così. Questo lo aiutò. E in effetti, Luhan era sempre lo stesso, non aveva fatto alcun commento sul fatto che Minseok si comportasse in modo strano, e non era successo davvero niente.
Eppure, Minseok aveva passato l'intera settimana cercando di sopprimere gli improvvisi rossori, le ondate di imbarazzo e il travolgente desiderio di scomparire per sempre, così come il semplice atto di
pensare. Minseok semplicemente pensava troppo. Pensava a cosa aveva detto Kyungsoo, a cosa aveva detto Luhan, a quali fossero le sue opzioni e le sue possibilità. Passò molto tempo ad analizzare ogni singola cosa che Luhan aveva detto o fatto, e mandava Minseok fuori di testa, ma non poteva farne a meno.
E di certo non aiutava il fatto che Luhan fosse così, così fuorviante. Un giorno, annunciava che niente lo avrebbe potuto salvare da una morte di travolgente stress se non sentire Minseok cantare (cosa che Minseok aveva finito per fare, timido e con il viso rosso, mentre Luhan squittiva deliziato per tutto il tempo), e quello successivo arrivava in classe leggermente in ritardo e assolutamente
luminoso perché Sehun gli aveva sorriso. Seriamente, che cavolo? Minseok passava metà del suo tempo sperando amaramente che a Luhan non piacessero i ragazzi, in modo che non gli potesse piacere Sehun (o Jongin, se per questo, con il quale si incontrava ancora di tanto in tanto e che gli sorrideva in corridoio o in mensa), e l'altra metà a sperare disperatamente che gli piacessero davvero i ragazzi, perché almeno Minseok avrebbe avuto una chance. Era estremamente difficile stare al passo con i propri sentimenti.
A quanto pare non era l'unico ad avere problemi in questi giorni, perché Baekhyun gli mandava un messaggio almeno una o due volte al giorno, preoccupato per ipotetiche difficoltà dell'essere ipoteticamente innamorato di un ragazzo etero. Minseok non era sicuro del perché Baekhyun continuasse a fingere che le sue domande e speculazioni fossero puramente teeoriche, quando era più che ovvio che fossero molto di più, ma in effetti Minseok
stesso conosceva il terrore di ammettere qualcosa ad alta voce. Lo conosceva molto bene, e sapeva che anche se Baekhyun avesse ammesso qualcosa a se stesso, non sarebbe comunque stato semplice esprimerlo a parole. Quindi lasciava che Baekhyun continuasse con la sua piccola sciarada, e rispondeva ai suoi messaggi con onestà, e per esperienza.
A volte, Minseok desiderava di poter fingere che anche le proprie risposte fossero puramente ipotetiche.
Forse l'apice della sofferenza interiore e della confusione di Minseok arrivò il successivo sabato mattina, all'alba, quando si svegliò al suono del suo nome sussurrato dalla porta. “Seok-ah. Minseok-ah. Svegliati.
Minseok sbatté le palpebre e sollevò la testa, che sembrava pesare dieci chili, e vide Luhan sbirciare dentro la sua stanza. Gli ci volle un lungo, silenzioso momento per processare quel singolo fatto. “Luhan?” mormorò, voce roca dal sonno. Seriamente, che ora era?. “Cosa—che—” Si arrese al tentativo di parlare, ancora troppo addormentato per formare delle parole, figuriamoci frasi di senso compiuto. Strizzò gli occhi verso la figura sull'uscio della sua porta e cercò di capire se stesse sognando o no.

Hey, ciao,” disse Luhan, sorridendo dolcemente. “Buongiorno. Um, posso chiederti un favore?”

Cheoraè?” chiese Minseok intontito, troppo stanco per guardare la propria sveglia.

Cosa?” domandò Luhan, e Minseok grugnì perché era troppo presto per pronunciare parole vere.

Che. Ora. È?” ripeté, facendo del proprio meglio per pronunciare bene ogni parola.

Oh. Um. Vedi, è questo il problema. Sono le sei del mattino. E pensavo di dover essere a lavoro ora, ma a quanto pare non inizio fino alle otto.” Luhan disse i suoi orari in uno strano mix di cinese e coreano, e Minseok ci mise quasi trenta secondi per capire cosa volesse dire. Poi guardò Luhan per qualche momento, ancora confuso.

Allora cosa ci fai qui?” chiese.

Sarei tornato a casa mia, ma la tua è più vicina,” rispose lui. “Andrebbe bene se restassi qui per un po', fino a che non dovrò davvero andare a lavoro? Sarebbe meglio che tornare a casa mia, per poi rifare tutta la strada fra due ore. Fa freddo fuori.”

Minseok pensò alle parole che stavano uscendo dalla bocca dell'amico, praticamente analizzandole una ad una, e poi chiese, “Come sei entrato qui?”

Luhan rise imbarazzanto. “Ho aperto la porta,” disse. “Tua madre mi aveva dato il codice di sicurezza quando eravamo malati e vivevo qui. Ho pensato fosse meglio entrare direttamente, piuttosto che suonare il campanello e svegliare tutti.”

Oh.” Minseok si ricordò improvvisamente la richiesta di Luhan e disse, “Puoi restare, se vuoi.”

Luhan si illuminò. “Grazie, Seok-ah!” Entrò nella stanza e lasciò cadere lo zaino sul pavimento, togliendosi anche giubbotto e cappellino.

Minseok mormorò qualcosa di incoerente, poi disse, “Posso tornare a dormire?” Non doveva svegliare che tra un'ora e mezzo. Era sabato, per l'amor del cielo.

Certo!” esclamò Luhan, con la voce un po' troppo forte per le sei del mattino. “Ti dispiace se mi unisco a te?”

Minseok sbatté le palpebre. “Huh?”

Tanto vale che dorma ancora un po', no? Non ho altro da fare,” rispose Luhan. Minseok lo guardò, e anche nel suo stato mezzo assonnato, poteva vedere le profonde occhiaie sotto gli occhi del ragazzo, e il modo in cui teneva le spalle abbassate, esausto.

Sì, certo,” disse. “Puoi prendere il—”

Fatti più in là.”

Minseok si accigliò. “Cosa?”

Vai più in là, prendi troppo spazio. Non ci sto,” affermò Luhan.

Ci volle un po' perché Minseok capisse cosa intendeva. “Oh, vuoi—oh. Okay. Um. Certo, puoi semplicemente... stare sul mio letto, immagino.” Qualcosa gli diceva che questa era una cattiva, cattivissima idea. Ma erano le sei del mattino, ovvero l'ora in cui le cattive idee sembravano molto più ragionevoli. Quindi si spostò di lato per lasciare un po' di spazio a Luhan.

Vuoi che mi tolga i pantaloni?”

Okay, anche nei suoi sogni, una domanda del genere l'avrebbe spiazzato. “Cosa?

Luhan scrollò le spalle. “Indossare i jeans a letto è un po' scomodo.”

Minseok fissò a lungo Luhan. Probabilmente più di quanto fosse accettabile. Luhan lo stava facendo di proposito. Doveva farlo di proposito. Com'era possibile essere così ingenui? Ma Minseok era troppo stanco per pensare ad una scusa o qualcosa del genere, quindi disse semplicemente, “No, tienili,” e si voltò verso il muro.

Giusto. Okay. Scusa,” disse Luhan, e Minseok strizzò gli occhi. Questo non era quello che voleva sentire. Un momento dopo, il materasso si piegò da un lato mentre Luhan saliva sul letto, e Minseok poteva sentire il calore del suo corpo contro la propria schiena, ma non si voltò. “Dormi bene, Seok-ah…”

Un piccolo sorriso tirò le labbra di Minseok, e poi lasciò che il proprio corpo si rilassasse, improvvisamente grato di aver indossato il pigiama quella notte, e aspettò di riprendere sonno, con il suono familiare del respiro regolare di Luhan come sottofondo.

Ma dormire con Luhan non era domire con Luhan se non c'era almeno un po' di contatto fisico non necessario, ovviamente, e se Minseok fosse stato leggermente più sveglio quando aveva accettato che Luhan dormisse nel suo letto, se ne sarebbe reso conto e si sarebbe preparato al fatto che mentre dormiva, sarebbe stato alla completa mercé del ragazzo. Ed era ancora peggio rispetto a quando Luhan era cosciente, perché un Luhan addormentato non conosceva assolutamente alcun concetto di spazio personale (mentre da cosciente si manteneva almeno nei limiti).

Quindi non sarebbe dovuta essere una sorpresa, ma in qualche modo lo fu comunque, quando Minseok si svegliò con molto di Luhan che toccava molto di lui, e con il vago pensiero che forse avrebbe dovuto lasciare che Luhan si togliesse in jeans dopo tutto, perché il tessuto era piuttosto scomodo contro le sue gambe. Cosa che gli fece rendere conto che una delle gambe del ragazzo era in mezzo a quelle di Minseok, dalla coscia alla caviglia, e se Luhan avesse piegato anche solo di un minimo il ginocchio, la sua coscia avrebbe premuto proprio contro le parti basse di Minseok. E, se un Minseok addormentato probabilmente non gli avrebbe dato importanza, un Minseok sveglio gliene dava tanta. Oltre a questo sfortunato posizionamento della gamba, una mano di Luhan era chiusa attorno al retro della maglietta di Minseok, mentre l'altra stava cercando di arrivare in seconda base da davanti, e seriamente, perché Luhan continuava a toccarlo in modo inappropriato mentre dormiva? (Penserete che Minseok avesse imparato la lezione dopo la prima volta, sul divano. Aveva imparato. Questa era colpa di Luhan!)

Proprio in quel momento la sveglia suonò, e Minseok si preparò al momento in cui Luhan si sarebbe svegliato, peggiorando ancora di più la situazione, ma il ragazzo non si mosse. Dopo un paio di secondi, Minseok emise un suono forte ed esasperato, probabilmente perché era presto, aveva la glicemia bassa, stava venendo toccato in modi leggermente intimi dal ragazzo che gli piaceva sin troppo ma che probabilmente era etero, doveva alzarsi per spegnere la sveglia prima che sua madre venisse a controllare, trovandolo in una posizione molto compromettente con un ragazzo che non sarebbe dovuto essere lì, e Minseok ne aveva abbastanza.

Lu,” disse deciso, girando la testa. Poteva sentire il respiro del ragazzo sul collo. “Luhan.”

Il ragazzo dietro di lui si mosse leggermente, grugnendo, e Minseok approfittò di quel momento di semi-coscienza per spingere via la gamba di Luhan. La mano sulle sue costole si mosse di un centimetro, e Minseok trattenne il fiato mentre Luhan mormorava, “Huh?”

E di solito Minseok avrebbe avuto più tatto, e sarebbe stato più riservato, ma al momento era frustrato e leggermente incazzato con Luhan per essere Luhan, e scattò, “Smettila di toccarmi.”

Tutto rimase immobile e in silenzio per un momento, e poi Luhan disse, “Oh cielo mi dispiace così tanto,” e ritrasse immediatamente le mani, allontandandosi in un attimo da Minseok. Questa era stata la prima volta che Luhan aveva chiesto scusa per averlo toccato, ma era anche la prima volta che Minseok aveva espresso il suo malcontento, ed era troppo presto per pensarci, quindi Minseok si alzò e spense la sveglia. Luhan era seduto sul bordo del letto, sembrando contrito, e Minseok lo guardò duramente, fino a che non sorrise imbarazzato e disse, “Scusa, è solo che sei così caldo e profumato!”

E all'improvviso Minseok doveva saperlo. Doveva sapere, proprio ora, se questo era il modo in cui Luhan cercava di far passare per normale qualcosa di troppo gay per i suoi gusti, o se questo era il modo in cui Luhan esprimeva il proprio interesse per un ragazzo (per Minseok, specificamente), e Minseok glielo avrebbe chiesto, aprì persino la bocca e disse “Tu—” e poi il suo cervello (e il suo senso di pudore) lo trattennero, ed entrò nel panico per un momento, per poi dire, “—rimani per colazione?’

Luhan sbatté le palpebre sorpreso, poi sorrise e rispose, “Certo! Se offri tu.”

Minseok era un imbarazzo persino per se stesso.



Dieci minuti dopo Minseok e Luhan si ritrovarono al tavolo di cucina, e ricevettero sguardi straniti dai genitori del maggiore anche dopo che Luhan spiegò loro cosa ci facesse lì, mentre mangiava dei toast al grano. Quando i genitori di Minseok uscirono per andare a lavoro, Luhan si mise a sfogliare gli appunti di biologia di Minseok senza però leggerli davvero, e Minseok continuava a guardarlo fregandosene che il ragazzo potesse notarlo, fino a che Luhan non sollevò lo sguardo su di lui, per poi distoglierlo subito dopo. Si stava avvicinando il momento in cui Luhan sarebbe dovuto andare a lavoro, e un senso di disperazione stava crescendo nel petto di Minseok, perché era ancora sotto gli effetti degli eventi delle passate ore, e doveva ancora sapere, ma se avesse lasciato che Luhan se ne andasse senza chiedergli nulla, non l'avrebbe mai fatto. Doveva dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma la prospettiva era troppo spaventosa.

Ma il bisogno di dire qualcosa era così forte che, senza nemmeno rendersene conto, aprì la bocca e disse, “Hey.”

Luhan lo guardò, sorridendo leggermente, per poi tornare agli appunti. “Hm?”

Minseok entrò nel panico. Non aveva ancora pensato a cosa dire. “Io, um.” Si schiarì la gola nervosamente. “Io—” Era così tentato di dire semplicemente Lascia perdere, mi sono dimenticato, ma no! Era già arrivato così lontano (anche se, ad essere onesti, non era poi così lontano). Si agitò internamente, cercando le parole, per poi blaterare, “Stavo dicendo una cosa a Jongdae l'altro giorno.”

Luhan annuì, poi lo guardò e alzò la mano, come se fosse in classe.

Minseok sbatté le palpebre. “Sì?”

Cosa vuol dire 'l'altro giorno'? Le persone lo dicono tutto il tempo ma non ho idea di cosa significhi. Quale altro giorno?” chiese Luhan, con gli occhi grandi e sinceri.

Questo... non era così che Minseok si aspettava andassero le cose. Ma almeno gli dava un po' più di tempo per pensare a cosa avrebbe davvero detto? “Significa, tipo. Un po' di tempo fa. Non ricordo il giorno specifico... quindi dico semplicemente 'l'altro giorno'.”

Ahhhh,” disse Luhan, annuendo. “È uno strano modo di dire.”

Io…immagino di sì.”

Comunque, cosa stavi dicendo a Jongdae l'altro giorno?”

Minseok deglutì a fatica. Forse avrebbero semplicemente dovuto parlare dei strani modi di dire coreani, invece. “Io…beh, sai com'è strano con Junmyeon e tutto. E dice sempre di non essere gay. E non è che non gli creda, ma... gli stavo solo parlando di una teoria che ho io.” In tempi disperati (specialmente quando metti in dubbio la sessualità degli altri), torna sempre alla Teoria.

Oh?” esclamò Luhan, guardando l'orologio sul muro e cominciando a raccogliere le proprie cose.

Minseok annuì deciso, lo stomaco contratto perché Luhan se ne sarebbe andato presto e lui non aveva ancora raggiunto nulla. “Sì. La chiamo la mia Teoria Gay-Etero.”

Luhan rise piano, chiudendo lo zaino. “Molto creativo.”

Grazie.” Minseok prese un profondo respiro. Se Luhan si identificava davvero come etero, allora la sua opinione sulla teoria di Minseok sarebbe stata estremamente importante. “È solo – gli dico sempre che tutti... tutti potrebbero essere gay, sai, se trovassero la persona giusta. Tipo, se a Jongdae piace davvero Junmyeon, non significa per forza che sia gay. È solo che... magari è un po' gay, no??” Minseok si costrinse a guardare Luhan, trattenendo il fiato.

Luhan non sembrò notare il nervosismo di Minseok, o l'intensità del suo sguardo, perché continuò a mettersi le scarpe e il giubbotto e fece un suono vago. “Capisco cosa intendi,” disse, che era sempre quello che diceva Luhan quando voleva che qualcuno sapesse che aveva capito cosa stavano cercando di dire. Minseok non era sicuro dove lo avesse imparato.

“…E?” chiese Minseok, cercando di non far tremare la voce.

Luhan si abbassò per allacciare uno stivale. “Forse la preferenza sessuale e l'amore sono cose diverse, e non puoi decidere di chi ti innamori, che siano del sesso a cui solitamente vai dietro o no.”

Minseok rimase immobile, sbattendo le palpebre e cercando di non tenere le speranze troppo alte. “È questo quello che pensi?”

E Luhan scrollò le spalle, continuando ad allacciarsi lo stivale e dicendo, “Non penso che l'amore sia una cosa che può essere controllata. Succede e basta.”

Minseok si morse il labbro, guardando Luhan alzarsi e abbassarsi il berretto sopra le orecchie, controllando ancora l'ora. La sua reazione iniziale fu di esultanza, perché se questo era davvero il pensiero di Luhan sull'amore, questo significava che Minseok poteva davvero avere una possibilità. Ma allo stesso tempo... e se Luhan voleva dire che sarebbe potuto capitare, ma che non stava capitando tra loro? Per un lungo, terrificante momento, Minseok fu pazzamente tentato di dirlo, di dire tutto, di dire a Luhan che era innamorato di lui solo per sapere se Luhan pensava di poter provare le stesse cose, ma le parole gli si bloccarono in gola, e non disse niente, come al solito. Luhan lo guardò e lo salutò allegro, ringraziandolo per avergli permesso di passare la mattina lì, e Minseok annuì e lo salutò e non disse assolutamente niente, così come non disse niente a Kyungsoo quando si incontrarono più tardi.

Minseok rimase in silenzio, come faceva sempre, ed ebbe difficoltà a trovare una linea d'azione perché Luhan era sempre così affettuoso, sempre adorante, e Minseok non sapeva dove fosse il confine tra amicizia e qualcosa di più, o come quello che Luhan provava per Sehun e Jongin fosse diverso da quello che provava per Minseok. Non sapeva niente, e a volte, era semplicemente troppo difficile essere innamorato di Luhan.

Ma Luhan aveva ragione – Minseok sapeva di per certo per esperienza che l'amore non poteva essere controllato. E a volte, questo incasinava davvero le cose.

*******

Ciao a tutte :3 Volevo solo ringraziarvi per le recensioni che avete lasciato fino ad ora, e scusarmi per non aver ancora risposto, ma in questi giorni non sono quasi mai a casa, e quando ci sono ho la connessione che va una chiavica ;___; spero di riuscire e rispondere nei prossimi giorni, ma nel caso non dovessi farcela sappiate che comunque leggo tutto e apprezzo ogni singolo commento ♡ Alla prossima ~

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Capitolo 27
*** Capitolo 25 ***


A volte, Baekhyun trovava che il suo problema più grande non era essere innamorato del suo migliore amico, ma che Chanyeol era troppo perfetto. Dopotutto, non era colpa di Baekhyun se si era innamorato di lui! Era colpa di Chanyeol perché era troppo amabile. Baekhyun poteva gestire l'essere innamorato di lui; si era esercitato per tanti anni, era bravo a nasconderlo, era fattibile. Era Chanyeol che lo rendeva difficile.
Non era che Chanyeol non avesse difetti, perché ne aveva, e a Baekhyun non piaceva nemmeno pensare che non li avesse. Chanyeol era troppo rumoroso, a volte troppo insensibile, troppo ottuso e troppo irrazionale, e per metà del tempo infastidiva a morte Baekhyun. Ma in qualche modo, tutte queste caratteristiche sembravano rendere i momenti di assoluta perfezione di Chanyeol ancora più insopportabili. Come poteva qualcuno che faceva regolarmente venire voglia a Baekhyun di strangolarlo essere così inspiegabilmente fantastico?
A volte rendeva Baekhyun un po' acido, il modo in cui Chanyeol riusciva ad essere così e farsi amare così tanto, e fu per questo che, la domenica pomeriggio, si trovò ad aggrottare le sopracciglia al diorama che lui e Chanyeol stavano mettendo insieme per un progetto.
“Stai bene, Baek?” gli chiese Chanyeol, probabilmente già per la quinta o sesta volta quel giorno. “Non hai freddo, vero? So che senti freddo molto più facilmente di me. Posso procurarti un maglione o qualcosa del genere.”
Baekhyun scrollò le spalle miseramente, e Chanyeol lasciò il tavolo della cucina per correre in camera, tornando un momento dopo con una delle proprie felpe e aiutando Baekhyun ad indossarla. Era enorme, perché Chanyeol era già molto più alto di Baekhyun, e poi comprava sempre le felpe di una misura più grande, per qualche motivo, ma Baekhyun era abituato ad indossarle. Aveva perfezionato l'arte di arrotolare le maniche, a questo punto.
“Così va meglio, vero?” disse Chanyeol, sorridendo mentre sollevava il cappuccio e stringeva i lacci in modo che coprisse gli occhi di Baekhyun.
Il ragazzo rise, togliendosi il cappuccio e appiattendosi i capelli. “Sì. Grazie, Yeol.”
“Vuoi qualcosa da bere?” chiese Chanyeol, toccando un pezzo del loro diorama per assicurarsi che fosse attaccato bene. “Abbiamo quasi finito tanto. Dobbiamo solo dipingere una paio di cose, posso farlo da solo.”
“Non devi farlo,” disse Baekhyun, sospirando. “Hai già fatto tutto il lavoro più difficile.”
“Voglio farlo!” esclamò Chanyeol. “Dipingere non è nemmeno un lavoro. E poi, sei già abbastanza impegnato con tutte le tue cose. Posso farlo io.” Si rialzò e disse, “Vado a fare un po' di cioccolata calda. Stai seduto!”
Baekhyun sbuffò e diede un colpetto ad un filatoio del loro diorama mentre Chanyeol spadellava in cucina. Poteva sentire l'acqua che riempiva il pentolino, e quando sollevò lo sguardo, vide Chanyeol prendere due tazze – una completamente bianca, e l'altra con dei cagnolini disegnati sul bordo. Quella era la tazza preferita di Baekhyun. Chanyeol versava sempre le sue bevande in quella tazza, sebbene Baekhyun avesse fatto quel commento solo una o due volte. Mentre Baekhyun guardava, Chanyeol mise la polverina di cioccolata calda in entrambe le tazze, e poi mise un piccolo bastoncino di caramella alla menta rossa e bianca in quella dell'amico, e un po' di latte e sei o sette mini marshmallows. Non mise niente di speciale nella propria tazza.
Baekhyun non aveva mai detto a Chanyeol come gli piacesse la cioccolata calda. Poteva solo presupporre che l'amico lo avesse visto prepararla una volta, e avesse messo da parte quelle informazioni con lo scopo di essere dolorosamente fantastico in futuro.
Chanyeol tornò con le loro bevande qualche minuto dopo, e Baekhyun sorseggiò dalla propria tazza mentre l'amico toccava diverse parti del diorama per assicurarsi che fossero ben fissate e gli diceva di quanti problemi gli avesse causato quel filatoio la notte precedente.
“Funziona perfettamente ora che sei qui, però,” disse Chanyeol con un sorriso. “Ora capisco che tutto quello che mi serviva per aggiustare tutto era un Baekhyun. Non dovrebbe essere una sorpresa. Ho imparato che i Baekhyun sono gli aggiusta-tutto della vita.”
Baekhyun grugnì, sentendo un stretta particolarmente dolorosa al cuore. “Ah sì?”
Chanyeol annuì deciso. “Davvero e veramente.”
“Che mi dici di quando rovinano tutto e hanno attacchi di panico perché si sono iscritti a troppe attività extra-scolastiche?”
Hmm.” Chanyeol si picchiettò il mento pensieroso. “Allora è perché Chanyeol non sta facendo correttamente il proprio lavoro.”
“E quale sarebbe il lavoro di Chanyeol, esattamente?”
“Rendere perfettamente felici i Baekhyun tutto il tempo!” dichiarò il ragazzo. “Tutti sanno che i Baekhyun non funzionano bene senza i propri Chanyeol, e viceversa.”
Chanyeol era tutto ciò di cui Baekhyun aveva bisogno, e tutto ciò che Baekhyun non poteva avere. Non nel modo in cui voleva. “Già,” disse debolmente.
Hey, ti va di guardare un film? Ti lascio scegliere quale,” suggerì allegro l'amico.
Baekhyun si morse il labbro e per un minuto pensò egoisticamente al proprio cuore. “A dire il vero, Yeol, io…pensò che andrò da Minseok-hyung oggi.”
Le sopracciglia di Chanyeol si alzarono per la sorpresa, e Baekhyun trattenne il fiato, aspettando una risposta. Forse, se Chanyeol avesse voluto che restasse, questo avrebbe significato— “Oh. Okay, penso. Non sapevo foste così amici, ma... voglio dire, se vuoi andare, fai pure. Chi sono io per fermarti?” rise piano.
Baekhyun deglutì a fatica. Non si sarebbe dovuto aspettare un'altra risposta. “Già. Ho solo... voglia di stare un po' con Minseok-hyung oggi.”
“D'accordo. Posso finire di dipingere questo, allora, e sarà pronto per essere consegnato domani!”
Baekhyun desiderava non facesse così male. “Posso stare, se vuoi,” disse, cercando disperatamente qualcosa che lo trattenesse dall'andare, un segno positivo, qualsiasi cosa.
Ma Chanyeol disse semplicemente, “Nah, vai pure! Se vuoi stare con Minseok-hyung, allora... vai e fallo. Non è che sono il tuo solo amico!”
Baekhyun dovette usare tutto il proprio autocontrollo per non sussultare. “Okay. Allora... io vado. Grazie per tutto, sai, il progetto e la cioccolata calda e tutto.”
Chanyeol sorrise. “Tutto per il mio Baekhyun!”
Perché doveva fare così male?
Baekhyun non aveva davvero pianificato di andare da Minseok quel giorno, ma a questo punto, pensava davvero di averne bisogno. Minseok era l'unica persona che capiva. Oltre ad aver fatto in effetti coming out, Minseok non era proprio in una situazione migliore di quella di Baekhyun, e a volte aveva semplicemente bisogno di qualcuno tanto miserabile e perso quanto lui.
Sperando di non interrompere niente, Baekhyun andò dritto da casa di Chanyeol a casa di Minseok, affrontando il freddo invece di prendere l'autobus perché pensava che l'aria fresca lo avrebbe aiutato a sentirsi meglio. Tutto ciò che fece fu deprimerlo ancora di più.
Minseok rispose alla porta, sembrando un po' più che sorpreso di vederlo. “Oh, hey. Che succede?”
Baekhyun scrollò tristemente le spalle. “Non lo so. Mi sento una merda. Tu ti senti una merda?”
Minseok lo fissò per un lungo momento, poi disse, “Sì, più o meno. Ti va di entrare?”
“Mi piacerebbe.” Baekhyun lo seguì dentro e si tolse il giubbotto, sfilandosi le scarpe mentre diceva, “Scusa se ti disturbo tutto il tempo.”
Minseok rise leggermente e disse, “Non è un problema, essere triste con qualcun altro piuttosto che essere triste da solo.”
“Sono felice la pensi così,” sospirò Baekhyun. Entrò in camera di Minseok seguendo il maggiore.
“Ti va di parlarne, o metto un po' di musica?” chiese Minseok, attaccando già l'iPod alle casse.
Mi farebbe piacere un po' di musica,” disse lui, e si sdraiò sul pavimento, sollevando la gambe per poggiarle sul letto di Minseok. Il maggiore finì di far partire la musica, e si voltò a guardarlo, fissandolo a lungo prima di raggiungerlo senza dire una parola. Baekhyun sorrise leggermente. Il pavimento era il miglior posto per compatirsi, ed era sempre piacevole avere qualcuno che si compativa volontariamente con te.
Rimasero a lungo in silenzio, semplicemente ascoltando la musica e pensando, e Baekhyun sentiva come se Minseok stesse aspettando che dicesse qualcosa, ma non lo stava spingendo a parlare, e lo apprezzava. Chiaramente, Minseok aveva molta esperienza col non essere pronto a dire qualcosa ancora.


In effetti, Minseok aveva davvero esperienza, ed era per questo che aspettò in silenzio che Baekhyun fosse pronto, anche se non fosse stato oggi, ammirava il più piccolo per essere stato in grado di amare qualcuno così a lungo senza dire niente. Ovviamente era molto più bravo con tutta questa cosa dei sentimenti rispetto a Minseok.
Ma tutti avevano i propri limiti, e Baekhyun sembrava aver raggiunto il proprio, perché le prime parole che lasciarono la sua bocca da quando Minseok aveva messo la musica furono, “Essere innamorati è così difficile.”
Minseok fece un suono vago, guardando il ragazzo accanto a sé, e disse gentilmente, “Non sapevo che fossi innamorato,” perché Baekhyun non aveva mai ammesso nulla, e Minseok non lo avrebbe forzato a fare niente.
Baekhyun lo guardò, sorridendo grato, e poi disse, “Potrei esserlo.”
“Vuoi dirmi di chi si tratta?” chiese Minseok. “O preferisci di no?” Minseok sapeva chi era, comunque (perché non poteva essere nessun altro), ma se Baekhyun voleva tenerlo anonimo, era una scelta sua.
Il più piccolo sospirò. “Non l'ho mai detto a nessuno prima.”
“Non devi farlo. Fa molta paura. Io lo so bene.”
Baekhyun rimase in silenzio per molto tempo, e poi disse, “Sono innamorato di Chanyeol.”
“Sono innamorato di Luhan.”
Baekhyun lo guardò. “Lo sapevo.”
Minseok sorrise. “Anche io.”
Ci fu un breve momento di assoluto silenzio quando cambiò canzone nell'iPod, e poi Baekhyun mugolò e chiese, “Quanto è ovvio?”
“Non lo è,” gli assicurò il maggiore. “A meno che non lo sappia già. Mi hai dato un sacco di indizi, però. Non ti preoccupare, non è che lo sappiano tutti. Non come tutti sanno di me.”
Baekhyun sbuffò una piccola risatina triste. “Siamo un po' patetici, non è così?”
“Forse.” Minseok fissò il soffitto. “Non è una situazione facile, comunque.”
“Non dirlo a me,” mormorò Baekhyun. “Più il tempo passa, più diventa difficile.”
Minseok grugnì. Non era quello che avrebbe voluto sentire. “Come posso uscirne?”
Baekhyun rise amaramente. “Se ci fosse un modo, l'avrei fatto tipo sei anni fa.”
“Sei una leggenda nel mondo dell'amore non corrisposto.”
Baekhyun sospirò pesantemente. “Non pensi sia strano, però? Che sia innamorato di Chanyeol?”
Minseok scrollò le spalle. “Non proprio. Voglio dire, se devo essere onesto al 100%, mi rende un po' egoisticamente felice, perché sono stato l'unico ragazzo gay della scuola per anni. Diventa stancante.”
Io non sono gay,” mormorò Baekhyun.
“Lo so,” gli assicurò Minseok. “Ma il fatto che ti piaccia un altro ragazzo mi fa sentire un po' meglio per me stesso. In ogni caso, non lo trovo strano.” Sorrise, poi disse, “Mi piace pensare che tutti siano un po' gay.”
Baekhyun rise. “Jongdae dice che glielo dici tutto il tempo.”
È vero,” rise Minseok. “E lo credo fermamente.”
“Dovrei chiederlo a Chanyeol,” disse un po' amaramente Baekhyun. “Vedere cosa ne pensa.”
“Potrebbe essere una buona idea, onestamente,” disse Minseok. “Potrebbe aiutarti a capire come gestire le cose, se sei stanco della posizione in cui ti trovi.”
“Sono davvero stanco,” si lamentò il ragazzo, e Minseok non soffriva nemmeno lontanamente da tanto quanto Baekhyun, ma in un certo senso capiva.
Regnò il silenzio, ancora, ma a Minseok non dispiaceva. Ascoltò la musica che usciva dalle casse, pensando ai suoi sentimenti, all'amore e a tutte le cose che Luhan gli aveva detto la mattina precedente.
Quando alla fine Baekhyun riprese a parlare, fu per dire, “Non sarebbe da pazzi se tu dicessi a Luhan che usciamo insieme e io dicessi a Chanyeol la stessa cosa? Sarebbe pazzesco, vero? Mi chiedo cosa farebbero.”
Minseok grugnì. “È un'idea terribile.”
“Lo so,” disse Baekhyun. “Ma ci stavo solo pensando.”
Ora ci stava pensando anche Minseok, e sì, era ancora una cattiva idea, ma era comunque qualcosa da chiedersi. Cosa avrebbero fatto? Avrebbe risposto a un paio di domande, no? Come avessero reagito ad una cosa del genere avrebbe detto un bel po' su cosa provassero. (Fu un'idea allettante, per un secondo, prima che Minseok si ricordasse quanto sarebbe potuta finire male.)
Hey hyung,” disse Baekhyun un minuto dopo. “Come ti sentiresti se ci tenessimo per mano per un po'?”
Minseok si voltò verso di lui con un sopracciglio alzato incredulamente. “Cominci a sembrare Luhan.”
Baekhyun rise. “È solo che – Chanyeol si offre sempre di tenermi la mano quando sono in un momento difficile. E ho pensato che forse sarebbe una buona idea tenere la mano di qualcun altro, per cambiare.” Si morse il labbro per un momento, poi aggiunse, “A volte mi chiedo com'è tenere la mano di qualcuno che non sia Chanyeol.”
Minseok osservò il ragazzo per un momento, e davvero, quest'idea era nettamente migliore rispetto alla precedente, quindi disse, “Certo.”
Baekhyun intrecciò le loro dita immediatamente, lasciando cadere le mani tra di loro sul pavimento, i loro palmi premuti insieme ma non troppo stretti. Non era intimo o niente del genere, più confortante che altro, come se stessero prendendo forza e supporto l'uno dall'altro. Nonostante questo, era... strano. Certo, Baekhyun e Minseok non erano gli amici più stretti, nonostante le simili circostanze, ma tenere la mano di Baekhyun non sembrava... giusto.
“La tua mano è troppo piccola,” disse piano Baekhyun. “La mano di Chanyeol è molto più grande. E calda. Le nostre mani stanno meglio insieme rispetto alla mia e a quella di Chanyeol, ma non è... la grandezza giusta.”
“Già,” disse Minseok, perché sapeva cosa volesse dire il più piccolo.
Ma nessuno dei due lasciò la presa, e Minseok alzò il volume della musica, e non parlarono più, si limitarono a rimanere sdraiati sul pavimento di Minseok, tenendosi per mano, in una domenica pomeriggio, con la musica un po' troppo alta e autocommiserandosi, perché questa era l'unica cosa che potessero fare. Probabilmente era strano – probabilmente molto strano – ma a Minseok non dispiaceva, e nemmeno a Baekhyun, quindi questo era quello che fecero.
E avrebbero continuato a farlo per molto tempo, se la porta di Minseok non fosse stata aperta all'improvviso e Luhan non fosse entrato nella stanza. Minseok dovette inclinare la testa in modo scomodo per vederlo, e lo guardò sorpreso, perché cosa ci faceva lì Luhan? Il ragazzo ricambiò lo sguardo, vedendo Minseok con Baekhyun accanto, e Minseok non sapeva assolutamente cosa dire.
Uhhhh,” disse stupidamente Luhan, gli occhi si spostarono sulle mani unite dei due ragazzi.
Minseok si rese conto all'improvviso di quanto strano potesse sembrare e cercò immediatamente di ritrarre la mano, ma Baekhyun strinse la presa, sorprendentemente forte e testardo. Minseok cercò nervosamente di trovare un modo per spiegare la situazione (senza che sembrasse sospetto). “Hey, uh—”
“Ero a casa di Kyungsoo,” disse lentamente Luhan, continuando a guardare Minseok e Baekhyun con le sopracciglia leggermente aggrottate. “E ho sentito la musica. Ho bussato, ma non ha risposto nessuno, quindi sono entrato.”
Minseok deglutì, provando a mettersi a sedere nonostante Baekhyun si rifiutasse ancora di lasciargli andare la mano. Il più piccolo si spostò in modo che potessero rimanere attaccati, sedendosi accanto a lui, e Luhan seguì il movimento con gli occhi. “Già, uh, scusa,” balbettò Minseok. “Non sapevo saresti passato.”
“Non sapevo che Baekhyun sarebbe stato qui,” disse Luhan. “Non sapevo che voi due foste così... intimi.”
Minseok aprì la bocca per dire qualcosa (probabilmente qualcosa di stupido), ma prima che potesse farlo, parlò Baekhyun, “Solo ultimamente mi sono interessato ad avvicinarmi a Minseok-hyung.” Il suo tono era deciso e sicuro, non lasciava spazio alla conversazione.
Luhan lo fissò per un momento, poi chiese, “Che mi dici di Chanyeol?”
Minseok guardò velocemente Baekhyun, giusto in tempo per vedere la sua espressione incupirsi e il suo mento sollevarsi in un gesto di sfida, anche se nei suoi occhi ci fu un breve lampo di paura. “Cosa dovrei dirti di Chanyeol?” chiese con fervore.
Luhan abbassò immediatamente la testa, tirandosi indietro. “Niente. Ho solo... pensato—”
“Il rapporto che ho con Chanyeol è molto diverso da quello che ho con Minseok-hyung,” puntualizzò Baekhyun.
Oh,” disse piano Luhan, e tornò a guardare Minseok, il quale distolse lo sguardo velocemente.
Alla fine, Baekhyun lasciò la presa ferrea che aveva sulla mano di Minseok e si alzò in piedi. “Devo andare,” disse. “Ciao, Minseok-hyung.” Lo guardò e gli sorrise leggermente, gli occhi si addolcirono per un momento mentre diceva, “Grazie per avermi ospitato oggi.” Minseok annuì stupidamente, e Baekhyun spostò lo sguardo su Luhan. “Ciao, Luhan-hyung.”
“Ciao,” ricambiò Luhan, sembrando ancora confuso e turbato, ma comunque impassibile.
Baekhyun uscì lanciando uno sguardo a Minseok, il quale però non lo comprese, e lasciò il maggiore e Luhan nella stanza, in silenzio e ovviamente a disagio. Minseok non sapeva dove guardare e cosa dire, quindi si tenne impegnato alzandosi da terra e abbassando la musica, e spolverandosi i pantaloni.
Luhan rimase al suo posto sulla porta, guardando Minseok senza dire una parola, fino a che all'improvviso non disse, “Baekhyun è gay?”
Minseok si irrigidì, il cuore gli batteva nervoso, e non aveva idea di come rispondere. Cosa avrebbe voluto che dicesse Baekhyun? Alla fine disse semplicemente, “Sai cosa ti ho detto sulle persone che fanno un'eccezione per la persona giusta? Credo che Baekhyun sia così.”
E Luhan continuò a fissarlo, le dita si stringevano attorno al giubbotto che aveva tra le braccia, e disse, “Oh.”
Minseok deglutì e si strofinò i palmi sudati sulle cosce. “Allora, uh, stai qui per un po'?”
Luhan ci mise stranamente tanto a rispondere, “No, devo andare. Volevo solo passare a vederti.”
Oh. Okay. Fra – fra un po' faccio merenda, se vuoi rimanere almeno per quello,” disse Minseok, innervosito da quanto Luhan sembrasse passivo al momento.
È tutto okay,” rispose Luhan. “Devo davvero andare. Ci vediamo a scuola. Ciao, Seok-ah.”
“Ciao,” disse debolmente Minseok, e Luhan si voltò e si diresse alla porta.
Non appena se ne fu andato, Minseok si sdraiò sul letto e ripensò ai minuti appena passati, confuso, turbato e incerto. Minseok era terribile a leggere le persone – il peggiore, davvero - ma non sapeva nemmeno cosa Luhan pensasse che lui avesse voluto dire. Pensava che significasse che a Baekhyun piaceva Minseok, o aveva automaticamente presupposto che si riferisse a Chanyeol?
Minseok voleva fingere che non gli importasse cosa pensava Luhan, perché per lui non avrebbe fatto alcuna differenza, ma avrebbe solo mentito a se stesso.
Ci pensò molto, per il resto della giornata. Ripensò alla prima, cattiva idea di Baekhyun. Cosa avrebbe detto Luhan se Minseok gli avesse detto che stava uscendo con Baekhyun. Gli sarebbe importato? Avrebbe reagito con la stessa espressione impassibile? Si sarebbe congratulato? E l'avrebbe fatto con sincerità?
Minseok aveva il presentimento che Kyungsoo lo avrebbe rimproverato per averci pensato per più di pochi minuti. Di solito, questo significava che doveva smetterla di pensarci. Ma Minseok non era mai stato sveglio per queste cose quanto Kyungsoo.


Sehun non aveva un lungo trascorso di felicità. C'era stato davvero poco spazio per la felicità nella sua vita, non quando aveva passato i suoi primi anni in custodia del suo terrificante vicino spacciatore di droga mentre sua madre lavorava per comprarsi una dose, non nei suoi anni alle elementari e alle medie in cui passava da una famiglia adottiva ad un'altra, bullizzato o rifiutato a scuola e ignorato o usato a casa. Sehun aveva smesso di sperare nella felicità, e aveva imparato a sopravvivere senza di essa. Era diventato qualcosa di cui non aveva bisogno, qualcosa che avrebbe portato solo delusione e rimorsi in futuro, qualcosa per cui non c'era spazio nella sua vita.
Ma le cose erano diverse ora. Il primo assaggio di Sehun di quello che sarebbe potuto essere felicità era stato quando lui e Luhan erano andati a prendere il bubble tea, e Luhan si era comportato come... come un amico. Come se gli fosse piaciuto Sehun. Luhan si era sempre comportato così, ma quel giorno era stato la prima volta in cui Sehun, forse, gli aveva creduto. Ed era successo così tanto da allora. Per la prima volta in tutta la sua vita, Sehun aveva sentito di piacere, di essere apprezzato e ben voluto. Aveva condiviso qualcosa della propria vita con qualcuno, e in cambio quel qualcuno aveva condiviso qualcosa della propria. Era stato spaventoso, e ci era voluto tanto perché Sehun si sentisse a proprio agio con l'idea, ma aveva imparato che sorridere di tanto in tanto non faceva male a nessuno, e aveva imparato che ridere era un'emozione incredibilmente liberatoria,
Sin dal giorno di San Valentino, Jongin era diventato... diverso. Solo un po', ma Sehun l'aveva notato. Guardava Sehun, lo guardava e basta, e non diceva davvero niente ma l'espressione sul suo viso era diversa. Cercava di far ridere Sehun con ogni mezzo, e sebbene non avesse successo molto spesso, riusciva comunque a farlo sorridere di frequente. Sehun non cercava più di trattenersi. Jongin era diventato anche più intraprendente con il contatto fisico, gettando un braccio sopra le sue spalle o guidandolo con un braccio attorno ai fianchi. Una mattina, sorprese Sehun abbracciandolo da dietro davanti agli armadietti, posando la testa sopra la sua spalla, e Luhan lo aveva abbracciato qualche volta, ma questo gli era sembrato... molto diverso. Sehun non era sicuro in che modo fosse stato diverso, ma era così, e forse non in modo negativo. Pensava avesse qualcosa a che fare con il modo in cui il suo cuore avesse accelerato, e di come si fosse sentito freddo quando Jongin lo aveva lasciato andare.
Febbraio diventò Marzo, e il tempo si fece lentamente un po' meno terribile, e con ogni giorno che passava, Sehun sorrideva di più, e si sentiva più leggero. Cominciava a sentire come se la felicità non fosso proprio fuori questione, dopotutto.
Avrebbe dovuto sapere bene che non era così.
Come parte del suo programma adottivo, Sehun di tanto in tanto doveva stare a scuola dopo le lezioni per parlare con il consulente scolastico e con il preside, e doveva essere visitato dall'infermiera per controllare che andasse tutto bene sia a scuola che a casa. Di solito questo avveniva di venerdì, quindi Jongin non poteva aspettarlo perché aveva le lezioni di danza, ma questo volta era un giovedì, perché il giorno seguente sarebbe stato vacanza, e Jongin aveva detto a Sehun di incontrarlo subito dopo in modo da poter fare qualcosa insieme. L'incontro andò esattamente come tutte le altre volte, forse un po' meglio del solito perché Sehun disse loro le cose senza essere costretto, e uscì in meno di un'ora.
Uscì dall'ufficio e si guardò intorno, rendendosi conto all'improvviso che non aveva idea di dove avrebbe dovuto incontrare Jongin. Probabilmente da qualche parte dentro la scuola, dato che c'era troppo freddo per aspettare fuori così a lungo. Scrollando le spalle, si diresse verso la propria classe, immaginando che il ragazzo potesse essere lì.
Jongin non era in classe, non era agli armadietti, e non era nemmeno ai bagni del secondo piano. Sospirando con un piccolo sorriso che gli tirava le labbra, Sehun si diresse verso le scale per vedere se Jongin lo stesse aspettando da qualche parte al piano di sotto, e passò vicino ad un paio di ragazzi che si lamentavano dei turni delle pulizie.
Sehun era riuscito a non farsi notare da nessuno tranne Luhan e Jongin fino ad ora, e avrebbe dovuto sapere che non sarebbe potuta durare a lungo.
Superò il gruppetto di ragazzi rumorosi senza guardarli due volte, ma quando raggiunse il pianerottolo tra la prima e la seconda rampa di scale, un ragazzo con dei capelli neri e scompigliati e un'espressione irritata sul viso gli passò davanti dandogli una spallata, e per istinto, Sehun fece lo stesso; il ragazzo inciampò di lato. Immediatamente, il ragazzo si fermò e si voltò verso di lui, e una familiare sensazione di terrore fece gelare Sehun.
Non chiedi scusa, huh?” abbaiò il ragazzo, e Sehun cominciò ad ansimare. Non poteva accadere di nuovo. Non poteva ricominciare, quando Sehun aveva finalmente pensato di essere riuscito a scamparla.
“Mi vuoi spingere ancora?” gli chiese, spingendo violentemente Sehun con un gomito. Era considerevolmente più grande di lui, fisicamente, e Sehun indietreggiò, evitando il suo sguardo mentre rimbalzava leggermente contro il muro. “Non sei più tanto coraggioso ora, vero? Pensi di poter spingere le persone sulle scale, e poi scappare via prima di affrontare le conseguenze?”
Sehun non fece niente, non reagì, non alzò la testa e non si mosse o parlò. Tutto quello che fece fu sussultare quando il ragazzo gli afferrò l'uniforme e lo tirò in avanti leggermente prima di sbatterlo nuovamente contro il muro, abbastanza forte da fargli sbattere la testa e renderlo vagamente intontito prima che il dolore cominciasse a pulsare. Trattenne un lamento di dolore.
“Non ti ribelli, ragazzino? Non riesci nemmeno a difenderti, huh? Andiamo, colpiscimi,” lo derise il ragazzo, spingendo Sehun di lato e colpendolo leggermente sulla guancia. “Colpiscimi, vediamo cosa possono fare quelle braccina magre.” Lo spinse ancora contro il muro, e Sehun ansimò quando la testa gli pulsò. Si guardò intorno disperato, tremante, sentendosi nauseato mentre il ragazzo lo scuoteva, cercando di farlo reagire. Riusciva a sentire vagamente i ragazzi di prima chiamare il ragazzo che lo stava mettendo all'angolo, ma a malapena sentiva qualcosa sopra il proprio battito. Tremava violentemente a questo punto, l'unico movimento permesso dal suo terrore agghiacciante, e sapeva di non dover lottare, o dire niente, ma doveva fare qualcosa perché sentiva di poter svenire da un momento all'altro.
E proprio mentre pensava che il panico gli avrebbe fatto fare qualcosa di cui si sarebbe davvero pentito, con la coda dell'occhio vide un movimento alla fine delle scale, e guardò in basso vedendo Jongin che lo fissava.
Il ragazzo che gli stava punzecchiando il petto smise quando notò gli occhi spalancati di Sehun, e si voltò verso Jongin. Grugnì forte. “Oh, hai chiamato quella femminuccia di Kim Jongin per venire a salvarti?” sghignazzò.
Sehun aspettò che Jongin facesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma il ragazzo rimase lì, immobile, e qualcosa si strinse e morì nel petto di Sehun. Un altro ragazzo apparve in cima alle scale, richiamando quello che lo stava infastidendo, il quale sbuffò e gli diede un'ultima spinta per poi andare a raggiungere gli amici. Risero mentre si allontanavano, abbastanza forte perché Sehun capisse che stavano ridendo di lui, e la sensazione di vergogna e disgusto erano tanto forti quanto il dolore che provava alla testa. Sehun non riusciva a muoversi dal suo posto all'angolo del pianerottolo; continuò a fissare Jongin, il quale ricambiava lo sguardo con occhi sgranati e spaventati.
Alla fine, Sehun prese un profondo respiro, e poi scese le scale e superò Jongin, scrollando via la mano che cercò di afferrargli il braccio, e si diresse in fondo al corridoio.
Sehun!” lo chiamò Jongin, come se si fosse risvegliato dalla sua trance.
Sehun continuò a camminare, a malapena riusciva a respirare mentre la gola gli si chiudeva e gli occhi cominciavano a bruciargli; non si voltò e aumentò il passo.
Sehun, aspetta!” lo chiamò ancora Jongin, e Sehun cominciò a correre.
Una mano si posò sulla sua spalla, e Sehun la colpì forte, per poi aprire per la prima volta la bocca e urlare, “Non toccarmi! Ti odio!”
Sehun, ti prego, lasciami – lasciami solo—” disse disperatamente il ragazzo.
Ma Sehun non si fermò, nemmeno per un secondo, continuò a cercare di allontanarsi da Jongin, non era sicuro di volere che Jongin lo seguisse. Ma ovviamente, Jongin lo fece, fermandolo e dicendo, “Mi dispiace, Sehun, io—”
E Sehun lo interruppe, rifiutandosi di guardarlo, e disse, “Non hai nemmeno fatto niente! Non hai nemmeno finto che ti importasse.” La sua voce era pericolosamente vicina al punto di rottura, e Sehun era così arrabbiato, così umiliato, così incredibilmente distrutto.
“Mi dispiace, Sehun, non sapevo cosa fare, mi sono bloccato, ti prego lasciami parlare,” disse Jongin, e sembrava stesse per mettersi a piangere, ma a Sehun non importava.
“Non voglio parlare con te,” scattò Sehun. “Non voglio parlare con nessuno. Lasciami—”
Prima che potesse finire, delle forti mani lo fecero voltare e lo tirarono in avanti, e Sehun inciampò e cadde contro un robusto petto mentre delle braccia calde lo circondavano. Sehun lottò per districarsi, gridando contro Jongin, ma il ragazzo non lo lasciò andare, stringendolo più forte e nascondendo il viso nella sua spalla. “Mi dispiace,” singhiozzò. “Mi dispiace, mi dispiace, volevo aiutarti.”
E qualcosa in Sehun si ruppe, e si lasciò andare, completamente e senza riserva, collassando contro Jongin e singhiozzando forte. Il ragazzo lo abbracciò, poggiandosi contro il muro e scivolando sul pavimento mentre Sehun si aggrappava a lui disperatamente, incapace di fermarsi mentre crollava del tutto. “Dico davvero,” disse rocamente, “Mi dispiace, non vorrei mai che ti facessi male.”
E tutto quello che Sehun poté fare fu attaccarsi a lui, nascondere il viso contro il petto di Jongin mentre piangeva. “Non hai il permesso di smettere di tenere a me. Non puoi.”
Jongin lo strinse più forte, chiudendo i pugni attorno alla sua camicia. “Non potrei mai, mi importa sempre, mi importerà sempre di te, lo giuro.”
Sehun pianse fino a non avere più lacrime. Le lasciò cadere liberamente, con i singhiozzi che gli dilaniavano il petto; pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto per anni, pianse per il bambino che non aveva mai avuto un'infanzia normale e per il ragazzino che non aveva mai saputo cosa significasse essere amati. Ci volle molto tempo perché si calmasse, probabilmente troppo, ma Jongin lo tenne semplicemente stretto e non disse nulla, lasciando che Sehun si sedesse sulle sue gambe e si poggiasse contro il suo petto mentre piangeva. Anche Sehun non disse niente, ma nella sua testa, ogni singhiozzo inespresso era un'altra spiegazione, un altro 'nessuno ha mai voluto aiutarmi, a nessuno è mai importato di me, nessuno mi ha mai voluto'. E nella sua testa, immaginava Jongin che gli sussurrava, “Io sì, io si, io sì.”
E forse, se l'avesse lasciata, la voce interiore di Sehun avrebbe detto, 'Nessuno mi ha mai amato,' e la voce di Jongin nella sua testa avrebbe sussurrato, “Io sì.”
Alla fine, i singhiozzi di Sehun si placarono fino a diventare respiri interrotti, e Jongin lo tenne contro il proprio petto e gli accarezzò i capelli, confortandolo in silenzio. Con un ultimo respiro tremante, Sehun si strofinò gli occhi, poi sollevò con esitazione la testa per guardare Jongin. Il ragazzo incontrò il suo sguardo senza riserva, la sua espressione era completamente sincera e aperta, e Sehun non riusciva a respirare, e non riusciva a distogliere lo sguardo, e quella cosa che gli era morta nel petto tornò in vita in un istante.
Sehun,” sussurrò Jongin, e lo sguardo che gli lanciò era troppo lungo, troppo intenso, significava troppo. E poi si chinò in avanti, e Sehun era completamente immobile mentre Jongin lentamente – terribilmente lento – eliminò i pochi centimetri che li separavano e premette le loro labbra insieme.
Il bacio fu abbastanza lungo e deciso da scioccare Sehun nel profondo. Jongin si ritrasse un momento dopo, continuando a guardarlo, e Sehun ricambiò lo sguardo, non sapendo cosa dire mentre Jongin sembrava diventare sempre più nervoso e insicuro.
Sehun?” disse Jongin, con voce piccola e titubante.
Ci volle un altro momento perché Sehun ritrovasse la voce. “Perché l'hai fatto?”
Jongin deglutì a fatica, tutto il coraggio di prima evaporato. “Sehun, io ti piaccio?”
“Perché l'hai fatto, Jongin?”
Un profondo respiro, e poi, “Perché volevo farlo.”
“Perché?” Premette Sehun.
Jongin emise un suono di frustrazione, e alla fine rispose, “Perché mi piaci, e a volte è difficile non baciare la persona che ti piace.”
“Io ti piaccio.” Più che una domanda, era un'affermazione incredula.
“Davvero tanto.”
“Perché?”
Jongin rise leggermente. “Non lo so di preciso nemmeno io. Queste cose accadono e basta a volte. Tu mi piaci da tanto, però.”
Sehun deglutì, la testa gli girava. “Ti piaccio senza motivo.”
“Mi piaci per diversi motivi,” ribatté Jongin.
“Hai appena detto che non sai perché.”
Jongin si morse il labbro, guardando Sehun con intensità, poi disse, “Mi piaci perché sono sempre felice quando ti vedo, e perché sono triste quando non posso. Mi piaci perché ogni volta che ti guardo, provo quest'intensa ondata di emozioni e affetto e il mio cuore palpita per tutte queste sensazioni. E quando mi sorridi, vorrei davvero baciarti. Praticamente vorrei baciarti tutto il tempo. È per questo che so che mi piaci.”
Sehun lo fissò, senza fiato e totalmente scioccato. Non sapeva come rispondere. “Non sono mai piaciuto a nessuno prima,” disse debolmente.
“Beh, a me sì.”
Ricordò a Sehun la conversazione immaginaria di pochi minuti fa nella sua testa. “Non so cosa fare,” disse onestamente.
Jongin lo guardò con occhi gentili. “Puoi fare quello che vuoi.”
“Non ti interessa?”
“Mi interessa molto. Ci sono un paio di cose che spero farai, e altre che spero vivamente non farai. Ma non ti voglio pressare,” disse deciso Jongin.
Sehun si sentiva frastornato. Era troppo, aveva provato sin troppe emozioni nell'ora passata ed era stravolto e non sapeva cosa fare, o cosa provare. “Cosa speri che faccia?” chiese, perché voleva sapere a cosa puntasse Jongin. Sehun sapeva più di chiunque altro che alcune persone avevano idee diverse circa le relazioni, che fossero romantiche o no.
Jongin si leccò le labbra nervosamente. “In tutta onestà?”
“In tutta onestà.”
“Speravo ricambiassi il mio bacio,” ammise Jongin, abbassando la testa imbarazzato. “E che mi dicessi che anche io ti piaccio. E poi speravo che avremmo potuto avere alcuni appuntamenti davvero smielati e che ti avrei potuto tenere per mano in corridoio e magari baciarti qualche volta, e avrei potuto aiutarti con tutti i tuoi problemi e tu avresti potuto ridere alle mie battute e, sai, cose così. Ma, voglio dire, non sono troppo esigente.” Sorrise leggermente, le guance rosse mentre abbracciava Sehun gentilmente, così delicatamente, ma abbastanza stretto da far sentire Sehun al sicuro. Un senso di sicurezza non era qualcosa a cui Sehun era abituato.
Un sorriso tirò le labbra di Sehun – qualcosa che, fino a pochi minuti fa, non pensava sarebbe successo di nuovo così velocemente, se mai fosse successo ancora. “Ci hai pensato davvero tanto.”
“Già,” ammise Jongin.
Il cuore di Sehun cominciò a battere velocemente, e qualcosa gli si strinse nel petto, ma qualcosa di positivo. Sehun conosceva il dolore, e questo era esattamente l'opposto. (Questa era la cura) “Devo prendere la mia decisione ora?”
Gli occhi di Jongin si spalancarono immediatamente, e scosse la testa. “No! No, certo che no. Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno. Io posso aspettare. Posso aspettare per sempre.”
Nessuno dei due si mosse, e Sehun guardò a lungo Jongin, lo guardò dritto negli occhi, e vide sincerità e onestà senza confini, e qualcos'altro, qualcosa come affetto, qualcosa che forse Sehun avrebbe dovuto vedere tempo fa. Sehun lo guardò, semplicemente provando, e la sua testa era troppo confusa per gestire le cose, quindi si affidò solo all'istinto. Sehun non aveva mai lasciato che fosse il suo cuore a pensare per lui, perché il cuore dimenticava il dolore e il rimorso troppo facilmente, ma in questo momento, Sehun pensava che il suo cuore conoscesse la risposta migliore. “Okay,” sussurrò, e si chinò molto lentamente, come Jongin aveva fatto poco prima. Gli occhi del ragazzo si spalancarono, e Sehun gettò al vento l'apprensione e la paranoia, perché sentiva che questo era giusto, sentiva che era una buona idea, e lo sentì ancora di più quando prese il viso di Jongin tra le mani per baciarlo gentilmente. Le cose erano davvero incasinate, e davvero confuse nella testa di Sehun, ma questo era davvero semplice. A volte, Jongin era l'unica cosa che brillava luminosa e chiara nella vita offuscata di Sehun.
Quando Sehun si ritrasse un momento dopo, Jongin lo stava guardando con occhi meravigliati, come se non riuscisse a credere che questo stava succedendo. Sinceramente, Sehun conosceva quella sensazione. “Sai,” disse Jongin, fermandosi per schiarirsi la voce. “Spero tu sappia che questo significa che non ti libererai mai più di me.”
E Sehun sorrise, luminoso e non trattenuto (rotto, ma curato), e Jongin lo tirò in un altro bacio. “Non mi è mai piaciuto nessuno prima,” sussurrò Sehun contro le sue labbra calde.
Jongin annuì, e la sensazione travolse Sehun come un brivido di felicità. “Penso mi piacerebbe essere il tuo primo.”
Sehun rise, troppo stravolto per trattenersi (o forse non ne aveva semplicemente bisogno), e sussurrò, “Sì, forse.”

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Capitolo 28
*** Capitolo 26 ***


Minseok, ho bisogno che mi porti alla Namsan Tower oggi.”
Luhan diceva sempre così, quando era di un certo umore. Ho bisogno che faccia questo o quello. Come un bambino esasperante di 3 anni o giù di lì. Minseok non era sicuro dove l'avesse sentito, ma aveva imparato che quando Luhan cominciava la conversazione con quelle parole, con quell'intonazione, avrebbe finito per fare qualsiasi cosa Luhan avesse bisogno che facesse, che lo volesse o no.
“E perché hai bisogno che lo faccia, esattamente?” chiese comunque, poggiandosi allo stipite della porta e sollevando un sopracciglio. Luhan si era presentato ancora una volta senza preavviso, vestito con degli abiti caldi e con le mani sui fianchi, ma almeno oggi non aveva semplicemente fatto irruzione in casa. Era un miglioramento.
“Perché,” rispose Luhan, “è vacanza. O qualcosa del genere. E non inizio a lavorare prima delle 15, il che è fantastico! Un sacco di tempo libero!”
Onestamente, avere così tanto tempo libero era fantastico, a questo punto. Luhan aveva lavorato davvero troppe ore recentemente, specialmente nei fine settimana. Che avesse ottenuto la mattina e buona parte del pomeriggio di riposo era un piccolo miracolo, per quanto ne sapeva Minseok. “Ma questo cosa ha a che fare con me?” chiese. “E con Namsan Tower?”
“Beh, io devo andare a Namsan Tower, è la regola. Vivo in Corea da sei mesi e ancora non ci sono stato! E poi ho letto che non è così costoso se prendiamo l'autobus invece della funivia e non andiamo in cima.” Luhan sorrise come se fosse stato molto fiero di sé. “E tu devi venire con me perché prima di tutto, sei il mio aiutante per il progetto ed è il tuo lavoro, e in secondo luogo, finalmente ho del tempo libero! Non vuoi passare un po' di tempo con me, Seok-ah?”
Sinceramente, Minseok non lo sapeva nemmeno più. Con i pazzi orari di lavoro, Minseok non aveva potuto vedere l'amico fuori da scuola sin dal giorno in cui era entrato in camera sua, quando c'era Baekhyun. Minseok aveva pensato che allontanarsi leggermente da Luhan gli avrebbe fatto bene, dato che il ragazzo gli stava causando tutti quei problemi emotivi. Ma Minseok non si era mai davvero allontanato da lui. Quando Luhan stava lavorando, Minseok pensava a lui, preoccupandosi se stesse mangiando abbastanza o dormendo abbastanza. E la notte, quando Minseok cercava di sfuggire ai pensieri su Luhan dormendo, il ragazzo gli faceva visita nei suoi sogni, ogni singola notte. (Alcuni sogni erano imbarazzantemente sdolcinati e banali, mentre altri erano estremamente intimi e sporchi, e quelli erano difficili da dimenticare.) Ad ogni modo, Minseok dubitava che passare più tempo con Luhan avrebbe risolto il problema.
Ma Minseok era innamorato di Luhan per una ragione – per diverse ragioni – e anche se non lo fosse stato, gli mancava semplicemente uno dei suoi migliori amici. Innamorato o no, a Minseok piaceva semplicemente stare con Luhan.
“Beh e se io volessi passare la giornata di vacanza con qualcun altro?” chiese comunque, più che altro perché Luhan reagiva sempre bene agli scherzi, ma anche perché a volte Minseok si irritava per non riuscire mai a dirgli di no.
“Tipo chi?” domandò Luhan, sembrando scandalizzato e sospettoso.
“Potresti conoscerlo, il suo nome è Jongdae, ed è il mio migliore amico,” disse Minseok, con un ghigno sulle labbra.
L'espressione di Luhan si fece più chiara, e disse, “Oh, lui. Puoi stare con lui dopo! Devi passare del tempo con me!
Minseok grugnì, alzando gli occhi al cielo. “D'accordo, d'accordo. Ti porterò alla Namsan Tower. Porto anche da mangiare, visto come sono gentile?”
L'unica risposta che ricevette fu un suono felice ed eccitato mentre il cipiglio di Luhan si trasformava in un sorriso allegro.
Luhan era di umore eccezionalmente buono mentre lui e Minseok prendevano la metro verso la fermata dell'autobus che li avrebbe portati a Namsan, parlava di quanto fosse felice che la neve stesse finalmente cominciando a sciogliersi e di quanto fosse eccitato di visitare una grande attrazione turistica. Minseok si limitò a sorridere e ascoltare, godendosi l'infallibile entusiasmo dell'amico.
“Quante volte sei stato alla Namsan Tower, Seok-ah?” chiese Luhan, dando uno sguardo allo schermo che indicava a quale stazione stessero arrivando.
Zero, a dire il vero,” rispose Minseok, ridacchiando per l'espressione scioccata del ragazzo. “Non ci sono mai stato. Non sono sicuro del perché. È più una cosa da coppie, no? Non ho mai avuto nessuno con cui andare prima.”
“Lo è?” chiese Luhan, illuminandosi.
Minseok scrollò le spalle. “Penso di sì,” disse, e cercò di non arrossire. Stava diventando più bravo a controllarsi, ultimamente.
Arrivarono alla fermata dell'autobus poco dopo, e dovettero aspettare pochi minuti prima che arrivasse il successivo. “Sei sicuro di non voler prendere la funivia?” chiese Minseok. “Sono più fighe dell'autobus. Posso pagare il tuo biglietto, se vuoi andare.”
Luhan scosse la testa sinceramente. “Io a dire il vero…non voglio prendere la funivia,” disse, mordendosi il labbro imbarazzato. “Non mi piace, sai, stare così in alto.”
“Hai paura dell'altezza?” chiese Minseok, sorpreso.
Il ragazzo scrollò le spalle, dando un calcio all'asfalto e chiudendo il giubbotto. “Solo un po',” mormorò. “Mi rende nervoso.”
Così adorabile, sussurrò la vocina nella testa di Minseok. Come fa ad essere così adorabile? A voce alta, invece, disse, “Va tutto bene, non dobbiamo salire sulla funivia se non vuoi,” e sorrise per l'imbarazzo di Luhan.
Il tragitto in autobus non durò molto, e li portò dritti al primo osservatorio prima della salita alla torre. Luhan squittì mentre Minseok lo tirava ad osservare la città che si estendeva sotto di loro. “Guarda che vista!” esclamò senza fiato. “È così grande e bella.”
Minseok sorrise, raggiungendolo accanto al muro. “Vuoi che ti faccia una foto?” chiese.
Con sua sorpresa, Luhan scosse la testa. “No, voglio che ci sia anche tu,” disse.
Minseok deglutì. “Sì?”
“Certo!” disse Luhan, e cominciò a guardarsi intorno per cercare qualcuno che potesse scattare la foto. Era ancora troppo presto nell'anno perché ci fossero tanti turisti o visitatori casuali, e troppo presto nella mattina perché ci fossero grandi gruppi, quindi erano praticamente soli alla fermata, ma Luhan trovò un'anziana signora dall'aria gentile che facesse la foto, e poi andò a mettersi in posa accanto a Minseok, portandogli un braccio attorno al collo e tirandolo vicino. Minseok si irrigidì per un momento, poi si rilassò e sorrise allegramente. Non c'era bisogno di comportarsi in modo strano. Era solo una foto.
Dopodiché, dovettero semplicemente fare una piccola salita lungo la montagna, attraverso una foresta di alberi ancora spogli, per raggiungere la torre. Luhan era tanto energico come sempre, saltava e guardava allegramente nonostante il vento freddo e la salita estenuante.
“Sbrigati, Seok-ah, è proprio qui!” lo chiamò, agitando la fotocamera.
È troppo dura,” si lamentò Minseok, facendo una pausa per strofinarsi le cosce indolenzite. “Posso aspettare qui?”
Luhan rise forte. “No, e ora andiamo, ci sono solo un paio di scale e poi ci siamo.”
Per qualche miracolo, Minseok riuscì ad arrivare senza collassare (doveva davvero rimettersi in forma), e onestamente, non pensava che la torre fosse così impressionante, ma Luhan sembrava trovarla fantastica. Si fece fare un sacco di foto da Minseok, sembrando un turista nonostante vivesse a Seoul, e sebbene non sarebbero saliti sulla torre, c'erano comunque un sacco di cose da vedere.
“Guarda, Seok-ah!” esclamò Luhan da sopra una rampa di scale che portava ad un altro piano. “È il Muro dei Love Lock!”
Minseok sorrise mentre lo raggiungeva. “Ne vuoi mettere uno?” chiese.
Luhan fece un suono vago, leggendo uno dei lucchetti che era scritto in cinese. “Magari la prossima volta,” rispose. “Non credo sia il momento ora.”
Minseok forzò una risata, e si castigò per aver chiesto qualcosa di così stupido.
“Guarda qui!” esclamò Luhan, probabilmente per la nona volta quel giorno, mentre correva verso qualcos'altro che aveva attirato la sua attenzione. Sotto il berretto, la sua frangetta era madida di sudore, sebbene si gelasse fuori. Come era riuscito a sudare con questa temperatura? “Guarda quelle panchine!”
Minseok lo seguì fino ad una lunga fila di panchine che, invece di avere il sedile piatto, erano state costruite in modo che si piegassero al centro, come se qualcuno di molto pesante ci si fosse seduto sopra e avesse ceduto. “Panchine dell'Amore?” Minseok lesse il cartello, grugnendo. “Seriamente?”
“Sono per le coppie timide,” rise Luhan, andandosi a sedere su un lato e scivolando al centro. “Ti costringono a stare vicini.”
È ridicolo.”
“Vieni a sederti con me!”
Minseok non si sarebbe dovuto sorprendere per quella richiesta. “Sono per le coppie, Lu,” disse, alzando gli occhi al cielo.
Minseok, ho bisogno che venga a sederti con me.”
Minseok andò. Perché andava sempre?
Luhan ridacchiò quando l'inclinazione della panchina li spinse insieme, sollevò la macchina fotografica puntandola su di loro. “Pronto?”
“Tutto questo è ridicolo,” disse Minseok.
“Zitto, ci stiamo avvicinando!” insistette Luhan. Cinse il collo di Minseok con un braccio e lo tirò vicino, fino a che le loro teste non si toccarono.
“Così è molto vicino,” disse Minseok, ma non pensava che Luhan lo avesse sentito.
1, 2, 3, cheese!” cinguettò il ragazzo, e premette la propria guancia contro quella di Minseok proprio un secondo prima che la macchina scattasse.
Minseok si schiarì la gola e si alzò non appena la fotocamera fu abbassata. “Okay, e ora?”
Luhan vacillò, poi si alzò a sua volta. “Um, cibo? Probabilmente è ora di mangiare per te, no?”
Minseok guardò l'ora nel telefono e sussultò. Avrebbe dovuto mangiare quindici minuti fa – ecco perché si sentiva così stordito, soprattutto dopo quella salita. “Già, dovremmo farlo il prima possibile,” disse. “Dove ti vuoi sedere? A parte le Panchine dell'Amore, ovviamente.”
Il sorriso di Luhan sembrava un po' forzato. “Certo,” rispose. “Che ne dici delle scale?”
Non ci voleva mai molto perché Minseok si ricordasse perché gli piacesse così tanto passare del tempo con Luhan. Il ragazzo passò tutta la loro pausa merenda a lanciare pezzettini del suo muffin ai mirtilli agli uccellini e a ridere di cuore per la propria imitazione del loro insegnante di biologia, afferrando il braccio di Minseok per supporto mentre si asciugava le lacrime. Faceva terribilmente freddo fuori, anche se la primavera si stava avvicinando velocemente, ma Minseok a malapena ci pensò mentre Luhan lo coinvolgeva in una conversazione circa le sue opinioni sulla stagione calcistica di quell'anno. Era facile capire perché si fosse innamorato. Non rendeva la sua situazione più semplice, ovviamente, ma poteva consolarsi con il pensiero che fosse una cotta ben fondata, almeno.
Luhan si annoiò di Namsan Tower dopo un po', dopo aver osservato tutta la città e aver sorriso e sospirato felice, e cominciarono a ridiscendere la montagna. Minseok tenne gli occhi sui propri piedi, per paura di poter inciampare su qualcosa sul cammino, quindi rimase sorpreso quando Luhan fece scivolare gentilmente la mano nella sua, come se pensasse che non se ne sarebbe accorto se non l'avesse reso troppo ovvio.
Minseok si voltò a guardarlo, e vide che Luhan stava fissando i propri piedi, con espressione impassibile. “Cosa stai facendo?” chiese stupidamente.
Luhan continuò a camminare come se non ci fosse niente di strano. “Ti tengo per mano,” disse semplicemente.
Beh, ovviamente. “…Perché?”
Luhan scrollò le spalle. “Non lo so. Perché voglio farlo?” Tirò Minseok in avanti, lungo il sentiero. Poi disse, “Baekhyun ti stava tenendo per mano.”
Minseok si irrigidì, e inciampò quando Luhan lo tirò ancora. “Oh. Beh.” Si schiarì la gola. “Quello era diverso.”
Oh.” Luhan non lo guardò, e gli lasciò andare la mano quando raggiunsero la fermata dell'autobus.
Minseok era abbastanza sicuro di aver detto qualcosa di sbagliato.


Dopo la loro gita a Namsan, Minseok non vide Luhan per il resto del fine settimana, e invece passò del tempo con Jongdae, Kyungsoo e Baekhyun. A quanto pare, Jongdae era passato dal lamentarsi di Junmyeon a fingere che non esistesse, rimanendo impassibile quando il suo nome veniva pronunciato. Quando Minseok gli chiese come stessero andando i preparativi per l'evento, disse solo, “Bene,” e quando gli chiese se stava ancora progettando di candidarsi alla carica di presidente del consiglio studentesco, disse con decisione, “Sì, e lo farò senza l'aiuto di nessuno!” Cotta o non cotta, era ovvio che questa cosa di Junmyeon gli stesse causando più dolore di quanto non fosse pronto ad ammettere, e Minseok desiderava fosse un po' più aperto mentalmente riguardo la cosa.
Tra il fervente rifiuto di Jongdae di ammettere che ci fosse qualcosa che non andava in lui, l'incapacità persistente di Kyungsoo di uscire di casa, e i problemi con Chanyeol di Baekhyun, Minseok si era quasi dimenticato dei propri problemi per un po'. Quasi. Erano riposti da qualche parte, almeno.
Tornarono, con piena potenza, quando si avvicinò al proprio armadietto il lunedì mattina e vide Jongin trascinare un Luhan confuso e sorpreso dentro la stanza vuota più vicina. Immediatamente infastidito e di malumore, Minseok gettò le proprie cose dentro l'armadietto e si andò a sedere in classe, rifiutandosi di guardare il posto di Luhan accanto a sé. Il ragazzo si presentò un secondo prima che suonasse la campanella, rosso in viso e sorridente, e Minseok gli lanciò uno sguardo probabilmente più ostile di quanto non avrebbe voluto e gli chiese, “Che hai?
Luhan ridacchiò, sedendosi al proprio posto e tirando fuori i libri. “Niente,” disse.
“Sono serio, Lu, che ti succede?” chiese Minseok, aggrottando le sopracciglia. “Sei arrivato quasi in ritardo.”
“Non è niente!” insistette Luhan, ma il modo in cui stava sorridendo diceva il contrario. “Sono solo felice.”
“Perché?” chiese scorbuticamente Minseok.
Luhan fece un sono vago, guardando l'insegnante, che stava lanciando loro occhiate severe mentre si preparava ad iniziare la lezione. “Te lo dico alla pausa,” sussurrò, e Minseok si voleva strappare i capelli per la frustrazione.
Luhan continuò a sorridere incontrollabilmente per la maggior parte della mattinata, persino disegnando faccine sorridenti sui bordi dei propri quaderni per esprimere quanto fosse infinitamente contento per qualsiasi cosa fosse successa, e Minseok passò dalla fase di devo sapere a cercare di convincersi che non gli importava affatto. Si calmò leggermente quando arrivò l'intervallo, però, il suo feroce desiderio di sapere si mutò in una forte curiosità, più che altro perché aveva passato buona parte della mattina a pensare ad ogni sorta di teoria riguardo cosa gli avrebbe detto Luhan (alcune buone, altre molto brutte).
Quando la campanella suonò, Luhan fece alzare impazientemente Minseok dal suo posto e lo spinse in un angolo dell'aula, usando il chiacchiericcio dei compagni per coprire la propria voce mentre si chinava in avanti, continuando a ridacchiare, e alla fine sussurrò, “Sehun e Jongin escono insieme.”
Diverse emozioni esplosero tutte in una volta nella testa di Minseok. La prima, stranamente, era incredulità; un grido mentale di Seriamente?! Come cavolo ha fatto Oh Sehun a fidanzarsi prima di me? E con Kim Jongin, adolescente rubacuori? Ha un sacco di problemi e probabilmente non è nemmeno gay! Quella successiva fu confusione; perché cavolo Luhan era così follemente contento? E dopo, un enorme miscuglio di emozioni che Minseok non riuscì a distinguere.
“Sei serio?” fu tutto quello che riuscì a dire, nel suo strano stato di shock.
“Sì!” Luhan praticamente squittì, scuotendo leggermente Minseok nella sua eccitazione.
“Loro – come cavolo è successo?” chiese, quasi senza fiato.
“Sono stato io!” rise Luhan. “Il mio grande piano ha funzionato! Ho cercato di far sì che accadesse per tutto l'anno!”
Diverse cose si collegarono nel cervello di Minseok. “Aspetta, aspetta un momento,” disse, sbattendo velocemente le palpebre. “È per questo che eri così interessato a loro per tutto questo tempo?”
Luhan lo guardò stranito. “Uh, sì? Perché pensavi che fossi così interessato a Jongin?”
Ci volle un momento perché Minseok riprendesse fiato. “Io—io non lo so,” disse, ma il cuore gli batteva forte nel petto, e sperava che Luhan non potesse sentirlo. Era stupido, perché questo non significava nulla necessariamente, ma tutto quello a cui riusciva a pensare era che se Luhan non era interessato né a Sehun né a Jongin (almeno non in quel senso), allora forse, solo forse, sarebbe potuto essere interessato a Minseoko almeno aveva una buona possibilità. Perché Luhan era sempre stato il più attento nei confronti di Minseok e dei due ragazzi più piccoli, e di certo non stava cercando di far mettere Minseok con nessuno, quindi forse... forse... stava tenendo Minseok per—
No, no, doveva fermarsi subito. Stava perdendo il controllo, era sin troppo stranamente felice per tutto al momento per pensare razionalmente. E poi, l'ondata emotiva lo stava stordendo e travolgendo. Aveva bisogno di parlare con qualcuno che non fosse estremamente di parte. “Devo andare a chiedere una cosa a Baekhyun,” disse all'improvviso.
Immediatamente, le dita di Luhan si chiusero attorno al suo braccio. “Cosa?” chiese, aggrottando le sopracciglia.
Minseok lo guardò sorpreso. “Cosa?”
“Cosa devi chiedere a Baekhyun?” domandò Luhan.
Io—” Minseok non sapeva cosa pensare del modo possessivo in cui Luhan gli stava tenendo il braccio. “Solo, uh. Roba... sulle relazioni?”
L'espressione di Luhan si incupì ancora di più. “Perché devi chiederla a lui?”
Minseok era sorpreso dal tono della sua voce. “Perché vuoi saperlo?”
“Beh—” il viso di Luhan si fece più gentile, e le sue dita allentarono la presa sul suo braccio. “Io…è solo che pensavo fossimo intimi.”
Luhan era pieno di sorprese oggi. Il cuore di Minseok saltò un battito. “Lo siamo,” gli assicurò velocemente, “ma devo davvero andare a chiedere una cosa a Baekhyun.”
Okay,” disse piano Luhan lasciandolo andare completamente. “Torna in fretta, okay? E non... non farti piacere Baekhyun più di me, d'accordo?”
Minseok sentiva che il cuore gli sarebbe potuto uscire dal petto. Luhan era un libro aperto quando si trattava di gelosia – glielo si leggeva in faccia – ma Minseok non aveva idea di dove finisse la gelosia per un amico e dove iniziasse qualcos'altro. Ma le possibilità erano illimitate, erano lì che aspettavano di essere esplorate, e Minseok aveva bisogno di qualcuno che lo tenesse sotto controllo mentre lo faceva. Avrebbe anche dovuto chiamare Kyungsoo per incontrarlo, sembrava. “Non lo farò,” promise velocemente a Luhan, e poi si affrettò verso la classe di Baekhyun.


Minseok era pienamente cosciente di starsi comportando come una ragazzina adolescente più tardi quel giorno (o per tutto il giorno, se doveva essere onesto) mentre si sedeva nel salotto di Kyungsoo, dato che il più piccolo ancora non poteva uscire, con il vicino e Baekhyun che sedevano di fronte a lui. Lo sapeva, ma non gli importava mentre raccontava ogni singola cosa che Luhan aveva detto e fatto nelle passate settimane, a cominciare dalla sua reazione alla Teoria, e finendo con tutto quello che era successo a scuola quel giorno. Si sentì un po' in colpa per aver rivelato a tutti il nuovo status di coppia di Sehun e Jongin (per quanto fosse vago), ma lo riguardava personalmente, quindi era per una buona causa.
Quando concluse il proprio monologo, i due ragazzi di fronte a lui lo fissarono in silenzio per qualche momento, e poi Kyungsoo disse, “Sono così contento per Sehun e Jongin. Luhan-hyung mi ha parlato molto di loro.”
Minseok sbuffò forte. “Kyungsoo,” si lamentò. “Siamo qui per parlare di me.”
“Ma non avevi detto che nessuno si sarebbe mai innamorato di Sehun, perché ha troppi problemi perché ne valga la pena?” chiese Kyungsoo, sorridendo leggermente.
Minseok ci pensò per un momento. “Forse dovrei chiedere a Jongin. Cosa ha fatto di giusto Sehun?”
“Probabilmente è stato Jongin,” rispose Kyungsoo. “E quel qualcosa di giusto è chiamato 'dichiararsi', hyung.”
Il cuore di Minseok accelerò un poco. “Sì. Okay, è per questo che sono qui. Dovete dirmi quali sono le mie possibilità, così che possa decidere se sarebbe una terribile idea o meno dirlo a Luhan.”
Sia Baekhyun che Kyungsoo risero leggermente per la sua impazienza, e Minseok fece loro una smorfia. “Non prendetemi in giro,” disse. “Fino ad ora, il più grande scoglio che mi ha impedito di dirlo a Luhan era la sua ossessione con Sehun e Jongin, e ora questo si è risolto, devo fare il bilancio delle cose!”
Kyungsoo sorrise, scuotendo la testa. “Okay, okay. Dobbiamo discutere sui possibili motivi di Luhan, o siamo qui solo per votare?”
Minseok si passò una mano tra i capelli. “Datemi solo le vostre sagge opinioni,” disse. “Gestirò le varie teorie da solo, grazie.”
“D'accordo,” rispose Kyungsoo. “Ti ho detto che avresti dovuto dirglielo, a prescindere da quello che prova lui, sin dall'inizio. Lo penso ancora. Ma a questo punto, penso che abbia buone probabilità.”
Minseok sorrise. Se Kyungsoo la pensava così, allora doveva essere vero! (Ignorò convenientemente il fatto che Kyungsoo non sapeva assolutamente nulla di queste cose a parte quello che aveva letto nei libri.) “Tu che dici, Baek?”
Baekhyun lo guardò e sorrise, ma i suoi occhi castani erano un po' tristi. “Sì, sto con Kyungsoo,” disse. “A me sembra un segno positivo.” E non disse altro, ma l'espressione sul suo viso diceva a Minseok che lui stava ancora aspettando un segno positivo da Chanyeol.
“Sì?” disse senza fiato Minseok, tutto il suo corpo vibrava di anticipazione e nervosismo ed eccitazione.
“Sì,” rispose Baekhyun, e Minseok emise un suono che non era decisamente umano.
Oh cielo, non so nemmeno cosa fare,” disse, sventolandosi il viso. “Non ho nemmeno mai pensato di dichiararmi prima. E se mi rifiutasse?” Impallidì all'improvviso, il sangue gli si gelò nelle vene. Poi, quasi spaventato, “E se accettasse?”
Baekhyun rise. “Allora lo baci,” disse.
“Ma se invece non accettasse?” chiese ancora Minseok, decidendo che era finito dopotutto.
“Allora dovrai rendere la tua dichiarazione così bella che dovrà accettare,” disse Kyungsoo con un sorriso.
“E se accetta solo perché faccio pena ma in realtà non gli piaccio?” chiese Minseok, sentendosi nauseato.
“Allora dovrai fare in modo di piacergli,” continuò Baekhyun, annuendo con assoluta sicurezza.
Minseok sbatté le palpebre. “E funziona?”
Baekhyun e Kyungsoo si guardarono, poi scrollarono le spalle. “Forse?”
Minseok grugnì e si coprì il viso con le mani. “È più complicato di quanto pensassi. Non posso farlo.”
“Non è che glielo devi dire subito,” lo rassicurò gentilmente Kyungsoo. “Pensaci un po', hyung. Ma considera quello che ti abbiamo detto, okay?”
Okay,” mormorò Minseok tra le mani. “Grazie, ragazzi.”
“Quando vuoi,” rise Baekhyun.
Minseok cominciava seriamente a pensare che tutta questa faccenda amorosa fosse più problematica di quanto valesse la pena.


Sehun aveva avuto una ragazza una volta. Quando aveva quattro anni, alle materne, quando viveva ancora con la madre (se vederla a casa ogni tanto si poteva chiamare 'vivere con lei'). All'epoca, il piccolo e solo Sehun era stato disperato per l'affetto di chiunque, che fosse sua madre, un'insegnante o una piccola bambina a caso nella sua classe. Quella piccola bambina – Sehun non si ricordava nemmeno il nome – era stata l'unica persona a cui non importava dell'aspetto consunto e trasandato dei suoi vestiti o dei suoi capelli non lavati o del suo fisico ossuto. Questo era tutto quello che un Sehun di quattro anni desiderava. Non si ricordava i dettagli, ma si ricordava che le aveva permesso di trascinarlo da una parte all'altra e di fargli fare tutto quello che voleva lei, come pulire il suo banco e prendersi la colpa per lei quando finiva nei guai. Avrebbe fatto di tutto per quella piccola bambina, solo per essere voluto. Alla fine, venne mandato in una famiglia adottiva e non la vide mai più, il che era un bene, perché quella relazione era stata tanto malata quanto tutte le altre.
In breve, Sehun aveva ben poca esperienza con le relazioni (romantiche o no), e quella poca che aveva era negativa. Jongin aveva descritto cosa cercava in questa relazione, o qualunque cosa fosse, ma Sehun non era ancora sicuro di come avrebbero dovuto funzionare le cose. In passato, Sehun aveva evitato con tutto se stesso tutto ciò che era legato alla sfera romantica. Non aveva mai visto film con storie d'amore, saltava le parti romantiche nei libri e nei videogiochi, cercava persino di non guardare le coppiette felici nei corridoi di scuola. L'amore non era qualcosa a cui era interessato, che lo riguardasse o meno.
Ma molte cose erano cambiate quando Jongin lo aveva baciato in corridoio, inclusa l'opinione di Sehun sulla questione. Era stato uno shock per lui scoprire di essere nervoso, tra tutte le cose, mentre andava a casa di Jongin quel venerdì. Nervoso, e rosso per l'imbarazzo, e agitato ma anche terrorizzato. Non sapeva cosa sarebbe stato diverso ora, se Jongin sarebbe cambiato, e in un certo senso lo spaventava. Le cose non potevano restare uguali? Era troppo tardi per chiederlo?
(Allo stesso tempo, ogni volta che ripensava alla timida dichiarazione di Jongin, e alle sue promesse sincere, Sehun sentiva di voler ridacchiare come una scolaretta.)
Quando raggiunse il palazzo di Jongin, il ragazzo lo stava già aspettando fuori, e sorrise quando lo notò, un sorriso grande che Sehun avrebbe visto da lontano, e si affrettò verso di lui per abbracciarlo forte, come se non si fossero visti per una settimana, invece che meno di 24 ore prima. Sehun si era aspettato che Jongin lo baciasse, ma un abbraccio fu tutto quello che ricevette, insieme ad un caldo, “Hey.”
Hey,” rispose Sehun, e per istinto, ricambiò l'abbraccio.
Jongin emise un suono felice, come se Sehun avesse appena fatto qualcosa di straordinario per lui, e lo fece sorridere. “Cosa vuoi fare oggi, Sehun-ah?”
Per Sehun, la cui sola ed unica ragazza precedente aveva sempre preso ogni decisione, quella domanda fu una sorpresa. “Vuoi che scelga io?”
“Certo!” aveva detto Jongin. “Io non ho preferenze. Voglio solo, sai. Renderti felice.” Era arrossito e aveva riso imbarazzato.
E Sehun aveva provato una sensazione calda al petto, e questa era praticamente stata un'introduzione ufficiale di come sarebbe stato essere in una relazione con Jongin.
(Erano andati a vedere un film, e Jongin gli aveva infilato i pop-corn in bocca, e aveva riso più per lui che per il film. Poi erano andati alle prove di danza del ragazzo, e Jongin aveva chiesto ancora una volta di poter restare dopo la lezione, ma questa volta, non appena tutti se ne furono andati, Jongin aveva preso il viso di Sehun tra le mani e lo aveva baciato, un bacio lungo e dolce, e gli aveva sussurrato di essersi ripetuto che avrebbe chiesto prima di presupporre che fosse okay baciarlo, ma che la tentazione era stata troppo forte. Sehun aveva ricambiato il bacio, esitante, incerto e un po' imbarazzato, e gli assicurò che non era necessario chiedere.)
Lunedì fu completamente diverso, però. Da venerdì a domenica, erano solo Jongin e Sehun, e nessun altro. A scuola, c'erano più decisioni da prendere.
“Posso dirlo a Luhan?” chiese Jongin prima di entrare nell'edificio.
“Dire cosa a Luhan?” chiese Sehun, solo perché voleva sentirglielo dire.
“Lo sai,” disse lui, con le guance rosse. “Che siamo…già.”
“Che siamo cosa?”
Jongin si passò una mano tra i capelli agitato. “Solo che, sai... stiamo... insie... me?”
È una domanda o un'affermazione?” chiese Sehun, cercando di non sorridere per quanto si stesse agitando Jongin.
“Un'affermazione?” squittì.
Sehun rise leggermente, e Jongin sorrise nonostante tutto. “Allora certo. Lo scoprirà comunque. Non puoi tenergli nascosto nulla.”
“Fantastico!” Jongin si illuminò felice, poi vacillò. “Oh, e poi, um. Non so se ti vada, uh. Tipo, se non vuoi che nessun altro lo sappia, voglio dire capirei benissimo, non dobbiamo dirlo se tu non ti senti a tuo agio col fatto che gli altri lo sappiano…”
Sehun chinò la testa di lato. “Sei tu quello che verrà visto con il perdente della scuola,” disse. “Sei tu quello che si dovrebbe vergognare della cosa.”
Gli occhi di Jongin si spalancarono immediatamente. “No, non è vero!” disse velocemente. “Non è che sono impaziente di mantenere la mia reputazione. Non che – non che la rovineresti. Sarei felice di farmi vedere con te, in qualsiasi posto, a qualunque ora, e che tutti sapessero, se questo significasse che potremmo, sai. Stare insieme... sempre.”
Sehun non poté non sorridere. “Okay,” disse piano.
Okay?” Jongin sembrava genuinamente sorpreso.
“Già,” rispose Sehun, e allungò una mano. Jongin la fissò per un momento, scioccato, poi guardò Sehun e fece un grande sorriso, prendendo la sua mano con fermezza.
Le persone cominciarono a sussurrare nel momento in cui attraversarono le porte, e sebbene Jongin provasse a distrarlo dagli sguardi che venivano lanciati verso di loro, Sehun li notò tutti. Forse questa non era stata una così buona idea in fondo, tenersi per mano in corridoio e tutto. Ma Sehun era determinato a non essere più un codardo. A non scappare dalle cose che lo spaventavano. Non lo stava facendo per se stesso. Lo stava facendo perché era quello che voleva Jongin.
Quando Jongin andò a cercare Luhan, però, lasciando Sehun da solo in classe e alla mercé di decine di ragazze deluse che avevano rincorso il cuore di Jongin, si sentì un po' più nervoso. All'inizio erano solo occhiate incredule e commenti infelici, ma alla fine una ragazza gli si avvicinò e chiese, “Che c'è tra te e Jongin, huh?”
Sehun scrollò le spalle, desiderando improvvisamente di essersi attenuto al suo iniziale piano di non farsi notare.
“Lo stai usando perché prova pena per te?” chiese un'altra ragazza dietro di lei.
Qualcosa bruciava nello stomaco di Sehun, ma si calmò con il ricordo delle labbra di Jongin sulle proprie. Non era pena.
“Già, cosa hai fatto per convincerlo a fare questo
È andata al contrario, a dire il vero,” disse una voce dalla porta, e Sehun si voltò di scatto per vedere Jongin che camminava verso di loro, sorridendo dolcemente ma con aria di sfida. Si fermò dietro la sedia di Sehun e gli cinse le spalle con le braccia, lasciando che le mani scivolassero sotto la sua giaccia e si posassero sul suo petto. “E mi ci è voluto molto tempo, quindi vi prego di non rovinarmelo.”
La maggior parte delle ragazze arrossirono per la vergogna e si voltarono, ma una di loro sbuffò e disse, “Ti piace davvero?”
Sehun sussultò, ma Jongin rispose, “Già! È carino, vero? Mi piace tanto. Proprio il mio tipo.”
La ragazza sembrava visibilmente a disagio. “Non sapevo fossi...gay.”
“Non sapevo fossi estremamente maleducata,” disse Jongin, con voce chiara e allegra, e la ragazza avvampò e si girò.
Sehun inclinò la testa all'indietro per guardare Jongin, il quale gli sorrise. “Non preoccuparti,” disse gentilmente. “Ti copro le spalle.”
Sehun non poté non ricambiare il sorriso, ancora un po' tremolante ma anche fantasticamente felice e caldo e grato. Tutto ciò che riguardava Jongin era un rischio, ma per una volta, Sehun pensava che fosse un rischio che valesse la pena correre.

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Capitolo 29
*** Capitolo 27 ***


Quando Minseok aveva detto a Kyungsoo che avrebbe gestito da solo tutte le teorie era davvero serio. Era diventata quasi un'ossessione, se doveva essere sincero, ma era deciso a trovare l'esatto numero di possibilità che aveva di avere successo con la propria dichiarazione prima del grande passo (se lo avesse fatto). Nelle due settimane che seguirono l'annunciata relazione di Sehun e Jongin, trovò un numero di possibilità che riguardavano la vera natura dei sentimenti di Luhan nei suoi confronti, e ogni volta che Luhan respirava accanto a lui, pensava ferventemente a quale sua teoria potesse supportare. Era brutto specialmente la notte, quando rimaneva sveglio sdraiato sul letto, ripetendo nella sua mente le conversazione e le interazioni passate, quasi impazzendo per la mancanza di sonno. Seriamente, cominciava a sembrare tanto esausto quanto Luhan.
Non vuole che Baekhyun mi piaccia più di lui, si disse Minseok.
Ma forse è perché sono il suo migliore amico, e non vuole che me ne trovi un altro.
Ma Jongdae è già il mio migliore amico! Non gli dispiace Jongdae.
Forse non vuole che abbia altri due migliori amici.
È ridicolo.
O no?
Voleva tenermi per mano.
Luhan probabilmente vuole tenere tutti per mano. Ama questo genere di cose.
L'ho mai visto tenere per mano qualcuno?
Inconcludente.
Ricordi quanto era felice quando Sehun gli aveva sorriso?
Ma stava cercando di sistemare Sehun con Jongin.
Comunque strano.
Ovviamente piaci tanto a Luhan. Vuole sempre stare con te e fa sempre roba strana da coppiette e tutto. Ricordi quella volta alla casa del tè quando ha detto che gli sembrava di essere ad un appuntamento?
Ma ricordi quella volta al cinema quando ti ha ricordato che quello non era un appuntamento?
Odio Luhan.
Ma in realtà sono innamorato di lui.
Solo non al momento.
Non era una sorpresa che non riuscisse mai a giungere ad una conclusione definitiva per più di qualche minuto. Un altro segno, continuava a ripetersi. Un altro segno che Luhan non lo avrebbe rifiutato brutalmente, e Minseok lo avrebbe fatto. Giurava che lo avrebbe fatto.
Sarebbe stato meglio che succedesse presto però, prima che Minseok andasse completamente fuori di testa.

“Allora, Baek, come sto?”
Baekhyun distolse lo sguardo dallo specchio in cui si stava studiando per vedere Chanyeol accanto a sé, vestito per la prima volta con gli abiti di scena completati. Aveva provato diversi pezzi dei costumi mentre li preparavano, comprandone alcuni e assumendo qualcuno che facesse gli altri da zero, ma un bel po' di articoli di vestiario e di accessori erano stati portati dalla costumista proprio alla fine delle prove quel martedì pomeriggio, e alcune persone, come Chanyeol e Baekhyun, stavano provando l'intero costume per la prima volta.
Oh, wow,” sospirò, guardando l'amico dalla testa ai piedi. “Sei fantastico, Yeol.” E lo era davvero. I suoi pantaloni in pelle marrone erano attillati e gli stavano bene, la tunica bianca ricamata era proprio il giusto mix di pratico e decorato, la cintura con la spada che gli scendeva su un fianco lo faceva sembrare affascinante ed eroico, e la corona sulla sua testa faceva provare a Baekhyun sin troppe cose. Davvero, si era innamorato di Chanyeol per la sua personalità, ma il suo aspetto era decisamente un bonus. E Chanyeol in abiti medievali regali? Sì, grazie.
“Questi stivali vanno molto meglio rispetto ai precedenti,” disse Chanyeol, senza notare lo sguardo eccessivamente affascinato di Baekhyun. “I piedi non mi fanno più male, quindi è un miglioramento.”
“Bene,” disse debolmente Baekhyun, cercando di non fissare troppo quelle cosce così invitanti. “Ci sono anche un mantello e una tunica, giusto?”
“Sì, quelli sono per un'altra scena,” rispose Chanyeol, ruotando le spalle per assicurarsi di avere abbastanza spazio per brandire la spada. “Li ho provati, vanno bene.”
“Bene, fantastico,” continuò Baekhyun, deglutendo e riscuotendosi. “E io, come sto?”
Prima che Chanyeol potesse dire qualcosa, però, qualcuno lì vicino gridò, “Come un ragazzo che indossa abiti da donna!”
Baekhyun si accigliò, guardando i propri vestiti. Il piano all'inizio era stato che l'eroina indossasse vestiti leggermente maschili, dato il carattere del personaggio, ma con un ragazzo che recitava il ruolo di una ragazza, sarebbe stato tutto un po' troppo confuso. Quindi avevano cambiato gli abiti di scena per renderli un po' più femminili, con una camicia ricamata stretta in vita e una gonna corta sopra dei pratici leggings, e Baekhyun non aveva alcun problema ad indossare vestiti da donna, ma questa non era la prima volta che veniva preso in giro per questo.
Chanyeol gli posò una mano di conforto sulla spalla. “Stai bene,” gli assicurò. “Sembrerai più il personaggio quando sarai truccato.”
“Ne sei sicuro?” chiese seriamente Baekhyun.
“Al centodieci per cento,” rispose Chanyeol con un sorriso. “Ora andiamo, proviamo una scena insieme.”
Provavano da tre mesi e mezzo ormai, ed erano tutti abbastanza sicuri delle proprie battute. Chanyeol aveva lavorato davvero sodo, e ora faceva a malapena qualche errore, e aveva comunque imparato a coprirli. Baekhyun aveva avuto più tempo per concentrarsi su di sé dopo aver delegato alcuni compiti ad altre persone, e tutto sommato era soddisfatto di come procedevano le cose. La maggior parte dei giorni, era assolutamente certo che questa commedia sarebbe stata un grande successo.
Andarono sul palco per cominciare a provare l'inizio del II Atto. Chanyeol si muoveva sul palco con la propria spada, colpendo accidentalmente le persone, Baekhyun recitò le battute che provava da settimane con sicurezza, e complessivamente, tutto sembrava andare bene. Ma quando si avvicinarono alla seconda scena del secondo atto, Baekhyun aveva un breve assolo, e proprio quando si stava buttando sul bridge, la sua voce si spezzò terribilmente su una nota alta.
Le prove si interruppero immediatamente mentre Baekhyun avvampava per l'imbarazzo e alcune persone ridevano o scuotevano la testa. “Scusate,” disse Baekhyun a nessuno in particolare. “Scusate, scusate, è stata colpa mia.”
“Puoi scommetterci,” mormorò qualcuno dalla parte sinistra del palco, abbastanza forte perché il ragazzo lo sentisse. “È colpa tua per aver dato un ruolo femminile ad un ragazzo.”
Baekhyun sussultò, già abbastanza sensibile all'argomento, e sentì qualcun altro sussurrare, “Tutto questo spettacolo sarà una barzelletta perché il direttore si è preso la parte dell'eroina.”
“Ma non si vergogna?” giunse una terza voce.
Baekhyun fissò il pavimento e si morse il labbro, l'umiliazione gli stringeva lo stomaco, ma un secondo dopo una mano calda gli spinse la schiena e la voce gentile di Chanyeol disse, “Andiamo, Baek.”
Baekhyun scosse la testa leggermente, troppo spaventato che la voce gli si spezzasse per parlare, ma Chanyeol continuò a spingere, e alla fine si arrese e lasciò che il migliore amico lo guidasse dietro le quinte, dove c'erano meno persone che potessero sentire.
Hey,” disse il più piccolo, accarezzandogli la spalla. “Non stare ad ascoltarli. Sei un'eroina fantastica.”
Baekhyun deglutì. “L'intera scuola riderà di me,” gracchiò.
“No, non lo faranno. Rimarranno senza parole, perché sarai fantastico.”
Baekhyun strinse la gonna e disse, “Mi avevi avvertito che sarebbe successo. Mi avevi detto che era una cattiva idea. Perché non ti ho dato retta? Sono un idiota.”
Hey,” disse piano Chanyeol, sollevandogli il mento per guardarlo. “Ti ho detto di non prendere la parte, ma non perché mi sarei sentito in imbarazzo. Semplicemente non volevo che te ne pentissi. Quindi non pentirtene, okay? Non ascoltare quello che dice la gente.” Fece un sorriso caldo, e Baekhyun sbatté le palpebre. “Fai quello che vuoi, esattamente come hai sempre fatto. Sarai fantastico, lo so. E lo sai che mi piacerai qualsiasi cosa faccia. Non mi importa se vuoi recitare la parte dell'eroina nella tua stessa commedia. Mi piaci comunque.”
Baekhyun prese un profondo respiro, il cuore gli martellava nel petto, e uno degli aiutanti di scena passò accanto a loro un momento dopo e gridò, “Mettetevi insieme e basta!”
Baekhyun rimase immobile, ma Chanyeol si voltò e rise, gridando in risposta, “Magari lo faremo!”
L'aiutante rise e andò via, e Chanyeol si rivoltò verso l'amico e sorrise, e Baekhyun rimase lì in piedi, con il cuore che correva, e pensò che forse questo era il suo segno positivo.
Chanyeol non disse niente per un momento, limitandosi a sorridergli, gli occhi affettuosi e confortanti, ma quando alla fine aprì ancora una volta la bocca, Baekhyun biascicò, “Ti amo.”
Chanyeol sbatté le palpebre, sorpreso, poi rise e disse, “Sì, anche io ti amo. È per questo che sei il mio migliore amico.”
Baekhyun deglutì a fatica. “No, Chanyeol. Ti amo. Per davvero. Sono innamorato di te.”
E all'improvviso Chanyeol non sorrideva più. “Cosa stai dicendo, Baek?”
“Ti amo da tanto tempo,” continuò Baekhyun, un nodo di disperazione gli chiudeva lo stomaco. “Ho pensato che questo fosse un buon momento per dirtelo, ma ora comincio a pensare che non sia così.”
Chanyeol stava scuotendo la testa, e Baekhyun sentiva di poter crollare. “Io non sono—Baek, non siamo—non posso—”
“Non deve cambiare nulla,” disse velocemente Baekhyun, mentre le mani di Chanyeol scivolavano dalle sue spalle e lui faceva un passo indietro. “Voglio dire, non fa niente, no? So che non mi ami in quel senso, mi va bene. È solo che – voglio dire, era diventato stancante tenerlo segreto. Niente deve cambiare. Voglio dire, è come se stessimo già insieme, no?” Forzò una risata, ma Chanyeol sembrava sempre più a disagio, indietreggiava, e Baekhyun stava cadendo a pezzi. “Chanyeol, ti prego non fare così. Possiamo semplicemente fingere che non ho mai detto niente, okay? Dimenticalo e basta. Possiamo ancora essere amici, giusto?”
E Chanyeol disse semplicemente, “Io—io non lo so, Baekhyun. Non lo so.”
Le lacrime cominciarono a scivolare lungo le guance di Baekhyun, e il suo corpo tremò mentre singhiozzava, “Ti prego non fare così, mi dispiace.”
Ma Chanyeol stava ancora scuotendo la testa, sembrava ancora terrificato e agitato e nauseato, e invece di restare e assicurarsi che l'amico stesse bene, nello stesso modo in cui aveva fatto per i precedenti dodici anni, si voltò e andò via.
Con un suono che era più di un animale ferito che di un umano, Baekhyun crollò a terra e pianse.


Il giorno prima del compleanno di Minseok, Luhan era giunto alla conclusione che dato che non c'era più neve sul terreno, allora era il momento perfetto per uscire e giocare a calcio. Sinceramente, Minseok era un po' sorpreso che avesse aspettato così tanto; Luhan era stato eccitato per la stagione di calcio per tutto l'inverno, chiedendo a Minseok quando era il tempo migliore per giocare in Corea. Minseok gli aveva detto Aprile, dato che a Marzo di solito faceva ancora freddo anche se non c'era neve, e i campi da calcio erano ancora fangosi, ma a quanto pare il 25 Marzo era abbastanza vicino ad Aprile da contare, secondo la mente di Luhan. In effetti, quel particolare martedì pomeriggio era più caldo del solito, ma mentre Minseok si faceva trascinare da Luhan verso il campo dopo la scuola, sentendo il vento freddo soffiargli sotto la giacca pesante, era abbastanza sicuro che se ne sarebbe pentito.
Lu, si gela!” esclamò Minseok, guardando scetticamente i pantaloncini del ragazzo.
Luhan rise. “Allora comincia a correre!” disse lui, lasciando cadere la palla a terra per stringere i lacci delle scarpe.
È il mio compleanno domani!” protestò Minseok. “Non posso ammalarmi per il mio compleanno.
“Non ti ammalerai, Seok-ah,” ridacchiò l'amico. “E poi, è troppo tardi per cambiare idea ora, siamo già qui!”
“Non sapevo sarebbe stato così fangoso, però,” disse Minseok, guardando il campo. Aveva piovuto il giorno prima, e sebbene si fosse asciugato quasi del tutto, c'erano ancora delle pozzanghere qua e là.
“Questo lo rende divertente!” insistette Luhan. “Sbrigati, o farò goal!”
Minseok sbuffò, ma un secondo dopo Luhan scattò in mezzo al campo, con la palla che rotolava davanti a lui, e per istinto Minseok gli corse dietro, dimenticandosi del freddo e del fango, mentre si concentrava nell'evitare che Luhan raggiungesse la sua porta.
Luhan strillò quando Minseok fece il primo tentativo di rubargli la palla, sporcandosi di fango le calze fino allo stinco, e scivolò leggermente sull'erba bagnata. “È pericoloso!” rise mentre ritrovava l'equilibrio.
“Te l'ho detto!” esclamò Minseok, prendendo un lungo respiro.
“Fortuna che amo le sfide!” dichiarò Luhan, riprendendo a correre.
Scuotendo la testa con una risata, Minseok gli andò dietro.
Ci volle solo mezz'ora perché entrambi si ritrovassero coperti di fango, ansimanti e sudati mentre scivolavano sull'erba e calciavano più loro stessi che la palla. Entrambi caddero di faccia più di una volta, ridendo a crepapelle mentre si rialzavano da terra a vicenda, e fare punto divenne secondario rispetto al cercare di non uccidersi. Il vento forte poi non aiutava, soffiava via la palla quando veniva calciata in aria e alla fine era abbastanza inutile cercare di allenarsi seriamente, ma Minseok si divertì comunque, nonostante il brutto tempo e tutto.
Anche sudato e coperto di fango dalla testa ai piedi, Luhan era raggiante, correva instancabile da una parte all'altra del campo e rideva e imprecava in cinese ogni volta che cadeva. Quando Minseok dovette fermarsi per mangiare qualcosa, guardò Luhan con un sorriso, mentre il ragazzo dimostrava come poteva usare il fango a suo vantaggio, per poi inveire quando perse l'equilibrio e scivolò.
Minseok smise si sorridere quando Luhan non si rialzò subito dopo. “Lu?” gridò sopra il vento. “Stai bene?”
“Sì,” gridò in risposta Luhan, sedendosi e accigliandosi. “Mi sa che sto sanguinando però.”
Oh cavolo, davvero?” Minseok si alzò in piedi, afferrando la propria borsa e portandola con sé mentre si dirigeva verso Luhan, il quale si stava studiando il ginocchio. In effetti, il sangue rosso si stava mescolando con il fango marrone sulla sua pelle, e Minseok si inginocchiò accanto a lui e aprì la propria bottiglietta d'acqua. “Sta fermo, devo sciacquarlo,” disse.
“Ma il fango la sta chiudendo,” disse Luhan, ridendo.
“Dobbiamo vedere quanto è grave, però,” insistette Minseok, versando l'acqua sul ginocchio. “E non penso che sia igienico. Sai su cosa ti sei tagliato? Se era un chiodo o qualcosa del genere, probabilmente dovrai fare l'antitetanica.”
Ah, no,” disse velocemente Luhan, sussultando quando l'acqua lavò via il sangue e il fango. “Penso fosse una pietra.”
“Sei sicuro?” chiese lui, usando l'orlo della maglietta – che era pulita solo perché sopra aveva la felpa – per asciugare la pelle di Luhan. “Non è il caso che ti prenda il tetano.”
“Sono sicuro,” insistette Luhan. Guardò come Minseok gli controllava il ginocchio in silenzio.
“Beh, non è così grave,” disse Minseok, allontanandosi. “Solo un graffio.”
Luhan sorrise. “Allora posso continuare a giocare?”
Minseok gli lanciò un'occhiata. “Ti farebbe male, quindi no,” disse. “Ecco, mangia qualcosa. Ti ho portato dei biscotti.”
Luhan alzò le mani sporche, e Minseok versò l'acqua su di esse per pulirle. “Non puoi nemmeno mangiarli, i biscotti,” disse.
No, ma mio padre sì, e li tiene sempre nascosti in casa. Non dirlo a mia madre,” rispose con una risatina. “Ne ho rubato un po' solo per te.”
Luhan sorrise. “Grazie, Seok-ah.”
Minseok ricambiò il sorriso, inchinandosi, e continuò a mangiare la propria barretta ai cereali in silenzio. Non appena ebbe finito, però, sentì qualcosa di freddo colargli lungo il collo, e sollevò lo sguardo per vedere uno sfacciato Luhan che faceva scivolare del fango dalla propria mano al suo collo e sul retro della sua felpa. “Hey!” esclamò, e Luhan scoppiò a ridere. “Brutto-!”
Luhan gli fece una linguaccia in modo infantile, e Minseok si allungò per afferrarlo per il colletto, prendendo un pugno di fango e lasciandolo cadere dentro la maglietta di Luhan. Il ragazzo squittì e rise, lottando con lui per un momento, e Minseok cercò di spingerlo sull'erba, ma Luhan gli afferrò la maglietta e lo portò giù con sé. Minseok si mosse subito per tenerlo fermo a terra, ma l'erba era scivolosa e fu facile per Luhan invertire le posizioni, sedendosi sulla sua pancia e fermandogli le mani con le ginocchia. Minseok si agitò e gridò, ma tutto quello che cercò di fare l'amico fu lavargli i capelli con il fango.
“Questa roba non se ne andrà più via!” si lamentò Minseok, cercando di liberare le braccia per reagire.
Chiudi gli occhi!” fu la sola risposta di Luhan, tenendo una manciata di fango sopra il suo viso.
“Non osare Luhan, io—” nel panico, Minseok si interruppe e chiuse occhi e bocca, e un momento dopo qualcosa di freddo e bagnato gli colò sulla faccia, scivolando lungo il naso e fermandosi sopra le sue labbra. Sputacchiò, scuotendo la testa, e disse, “Lu, mi accecherai!”
Luhan rise istericamente. “Chiudi la bocca, Seok-ah, o te lo farò mangiare!”
Minseok emise un suono seccato, ma fece come gli era stato detto. Delle dita fredde sparsero il fango sopra le sue labbra, e Minseok si lamentò.
“Ammetti la sconfitta?” chiese Luhan, godendosi chiaramente la vittoria. “Hmm, Seok-ah?”
Non potendo parlare o aprire gli occhi, il ragazzo annuì.
Luhan rise soddisfatto. “Okay, stai fermo, te lo tolgo.” Si mosse sopra di lui, liberandogli le mani, ma dato che erano tanto sporche quanto il resto, non gli furono di molto aiuto. Cercò di togliersi un po' di fango dagli occhi, ma Luhan gli spinse via le mani e le rimpiazzò con le proprie, prendendogli il viso con una mano e usando il pollice dell'altra per pulire via il fango. Il suo tocco era gentile, quasi riverente, e Minseok voleva aprire gli occhi per guardarlo, ma non osò farlo. Dell'acqua fredda gli gocciolo sugli occhi, lavando via lo sporco, e poi pulì il resto del viso, fino alla bocca. Un pollice attento passò lentamente sulle sue labbra, e gli occhi di Minseok si aprirono di loro volontà per vedere Luhan che lo guardava, lo sguardo fisso sulla sua bocca. Minseok deglutì, e gli occhi di Luhan si spostarono ad incontrare i suoi, e sorrise all'improvviso.
È finita l'acqua,” disse, sollevando la bottiglia. “Quindi non ti posso pulire più di così.”
Minseok rabbrividì, e non solo per il freddo. Annuì in silenzio.
“I tuoi capelli sono un disastro,” rise Luhan, e sollevò una gamba in modo da potersi inginocchiare accanto a Minseok, invece che sopra di lui. Un secondo dopo, si buttò a terra accanto al ragazzo, con le loro spalle che si toccavano. “Non sei arrabbiato con me, vero Seok-ah?”
Minseok trovò difficile staccare la lingua dal palato, ancora stordito dalla sensazione delle dita di Luhan sulle labbra. “Nah,” riuscì a dire. “Certo che no.”
“Bene,” disse Luhan, “perché avrò bisogno di una lunga doccia, e speravo mi lasciassi usare la tua.”
Minseok rise, ancora senza fiato. “È colpa tua se siamo così,” ribatté.
“Già,” rispose Luhan, senza sembrare nemmeno un minimo pentito. Una mano fredda e bagnata scivolo in quella di Minseok, il quale deglutì. “L'ho fatto per te, sai. Tutto per te.”
E non è che Luhan stesse dicendo qualcosa di importante o significativo – tutto quello che aveva fatto era stato riempire di fango i suoi capelli e i suoi vestiti – ma qualcosa nel tono della sua voce e la sensazione del suo palmo contro quello di Minseok, gli fecero chiedere, “Hey, che fai domani?”
Huh?”
“Domani. Sei impegnato dopo la scuola?”
Luhan annuì. “Credo di avere un turno a lavoro. Perché?”
“Puoi metterti in malattia? Volevo fare qualcosa con te, dato che è il mio compleanno.” il cuore di Minseok batteva all'impazzata.
Luhan sembrò pensarci. “Penso di sì,” disse. “Ma non festeggi sabato?”
“Sì,” disse Minseok senza fiato. “Ma pensavo potessimo fare qualcosa insieme, solo io e te.”
La mano di Luhan si strinse attorno alla sua. “Sì, sarebbe carino,” rispose gentilmente.
“Perfetto,” sussurrò Minseok, con il cuore in gola.
Ci fu un lungo silenzio, e poi Luhan disse, “Una lunga doccia è quello che ci vuole al momento.”
Minseok rise, tremando violentemente. C'era davvero freddo se non ci si muoveva. “Sì, andiamo.”
Luhan si alzò in piedi, tirando su Minseok per la mano e abbassando le spalle contro il vento forte. “C'è così tanto vento!” rise. “È come il giorno che sono arrivato in Corea. Sento come se potessi essere spazzato via!”
Minseok sorrise, guardando Luhan correre per prendere la palla e la propria borsa. Era terrificato, letteralmente terrificato, all'idea di portare avanti il suo piano. Ma quando Luhan si voltò e gli sorrise allegramente, facendogli segno di raggiungerlo, era piuttosto sicuro di aver preso la giusta decisione.


Erano più o meno le due di notte del 26 Marzo quando il telefono di Minseok cominciò a squillare. Ci volle un po' perché il ragazzo registrasse il suono, svegliandosi lentamente e grugnendo mentre il suono incessante continuava accanto alla sua testa. Sbatté le palpebre, prendendo un profondo respiro, afferrò il telefono dal comodino. Lo schermo era accecante e luminoso al buio, gli bruciava gli occhi, ma riuscì a leggere il nome e il numero di Luhan e sorrise assonnato. Era proprio da Luhan chiamare qualcuno in profonda notte per essere il primo ad augurare buon compleanno. Umettandosi le labbra, accettò la chiamata e si portò il telefono all'orecchio. “Pronto?” disse rocamente.
Minseok.” C'era qualcosa di strano nella voce di Luhan, ma Minseok non ci pensò troppo.
“Sì?”
“Devo tornare in Cina per un po', okay?”
Ci volle molto, molto tempo perché Minseok capisse cosa stava dicendo Luhan. “…Huh?” Si riscosse e sbatté le palpebre nel buio della sua stanza. Stava sognando o qualcosa del genere, vero?
“Devo tornare in Cina,” disse ancora Luhan, con voce tremante, e Minseok ancora non riusciva a capire. “Loro... penso ci sia qualcosa che non vada con i nostri documenti. Penso che ci deporteranno.”
Il cuore di Minseok gli martellava contro il petto mentre cercava di processare quell'informazione. “Quando... quando tornerai?”
La voce di Luhan era decisamente spezzata quando disse, “Non lo so,” e Minseok si rese conto con terrificante chiarezza che sarebbe potuto non tornare mai più. La paura gli gelò il sangue nelle vene. “Potrei... forse non ti potrò chiamare per un po'. Non so cosa accadrà. Ma cercherò di scriverti una lettera o qualcosa del genere, okay? Ti spiegherò tutto, lo prometto. Ora – devo andare.”
A Minseok girava la testa, e tutto quello che riuscì a dire fu, “Okay.”
“Ciao, Seok-ah. Buon compleanno.”
Minseok sentiva di essere sul punto di scoppiare a piangere. “Ciao,” disse con voce strozzata.
“Ciao,” sussurrò ancora Luhan, e la linea cadde.

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Oddio, vi prego non uccidetemi ahahah odio dovervi lasciare così, ma ho voluto postare un ultimo capitolo prima di partire per le vacanze domani, dove purtroppo non avrò internet e non so quindi se e quando riuscirò ad aggiornare ;__; La buona notizia, però, è che non vado troppo lontano quindi se riesco a scroccare un passaggio a qualcuno, ogni tanto potrò tornare a casa e postare *incrocia le dita* Spero che questo capitolo non vi abbia lasciato troppo con l'amaro in bocca ahahah A presto  (spero)
 

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Capitolo 30
*** Capitolo 28 ***


gf

Minseok aveva pianificato bene come sarebbe andato il suo compleanno. Sarebbe andato a scuola, e i suoi amici gli avrebbero augurato buon compleanno, e sarebbe stato come qualsiasi altro giorno di scuola a parte il fatto che era il suo compleanno, e questo avrebbe reso tutto migliore. E dopo la scuola, lui e Luhan sarebbero andati a fare qualcosa di carino e più o meno romantico, e Minseok avrebbe aspettato il momento giusto, e poi avrebbe confessato tutto e Luhan avrebbe accettato la sua dichiarazione, magari si sarebbe dichiarato a sua volta, e ci sarebbero stati dei baci e sarebbero stati felici e tutto sarebbe andato bene.
Ma invece, Minseok non dormì affatto quella notte, preoccupato da morire, e la mattina la madre dovette praticamente costringerlo ad alzarsi da letto per fare colazione e prendere l'insulina. Le disse che stava male, e lei lo fece rimanere a casa, purché le promettesse di chiamarla se fosse peggiorato. Quando gli chiese se avesse preso un altro virus da Luhan, Minseok si mise quasi a piangere. Era terribile.
Un'ora dopo, Jongdae gli mandò un messaggio, chiedendogli dove fossero tutti. A quanto pare, nemmeno Chanyeol e Baekhyun erano in classe, così come Luhan.
Jongdumb: Ero seduto tutto solo in mensa, e il Presidente del Consiglio Studentesco si è venuto a sedere con me, perché 'sembravo solo'. Che cavolo??
Minseok gli assicurò che non aveva idea di dove fossero Baekhyun o Chanyeol, e che Luhan stava risolvendo qualche problema, e che lui... beh, lui non poteva andare a scuola oggi.
Jongdumb: Ma è il tuo compleanno! Ti ho portato un bigliettino!
Minseok sospirò. Mi dispiace, rispose. Le cose sono abbastanza incasinate al momento.
Jongdumb: Hai bisogno che passi da te?
No,
scrisse velocemente Minseok. Dammi un po' di tempo per gestire le cose.
Jongdumb: Sono qui se hai bisogno di me.
Anche se Jongdae non avrebbe certo potuto aiutarlo nella situazione attuale, Minseok apprezzò l'offerta.
Nel pomeriggio, poco prima che finisse la scuola, qualcuno bussò alla porta, e Minseok sperò stupidamente che potesse essere lui, ma invece era Baekhyun, che probabilmente aveva saputo da Jongdae che anche lui non era andato a scuola. Baekhyun si accucciò sul divano di Minseok e singhiozzò e gli disse tutto, delle prove del giorno precedente e della reazione di Chanyeol alla sua dichiarazione, e il petto di Minseok faceva male per la compassione e il rimorso del più piccolo. Passò un braccio attorno alle spalle del ragazzo e finse di non sentirlo tirare su col naso, e voleva dire qualcosa di incoraggiante o confortante, ma tutto quello a cui riuscì a pensare fu, “Luhan è stato deportato.”
Baekhyun si sedette immediatamente, gli occhi sgranati. “Cosa?”
Minseok scrollò le spalle impotente, con la gola chiusa. “Non lo so. Se n'è dovuto andare ieri notte. Non se lo aspettava nessuno. È tornato in Cina.” Faceva ancora più male, dirlo a voce alta.
Per il resto del pomeriggio, Baekhyun e Minseok rimasero seduti in salotto a dispiacersi per se stessi e per Luhan e Chanyeol, e il compleanno di Minseok fece davvero, davvero schifo.
Alla fine, Minseok decise che era giusto dire a Kyungsoo cosa stesse succedendo, perché era compito di Kyungsoo consolarlo in questo tipo di situazioni. Cominciava a sentirsi travolto, e solo Kyungsoo sapeva come rimettere tutto a posto. Baekhyun andò con lui, mormorando che non se la sentiva di stare solo, e bussarono insieme alla porta del più piccolo, probabilmente con un aspetto terribile; Minseok ancora in pigiama alle tre del pomeriggio e Baekhyun con gli occhi rossi e i capelli scompigliati. Kyungsoo aprì la porta e lanciò loro uno sguardo confuso.
“Ragazzi, cosa ci fate qui? Non dovreste essere ancora a scuola?” I suoi occhi si spalancarono, e fece un passo indietro. “Siete malati?”
No,” sospirò Minseok. “È solo il peggior giorno di sempre.”
Disse a Kyungsoo tutto quello che sapeva, che onestamente non era tanto. Quando il vicino gli chiese cosa non andasse in Baekhyun, il quale si nascose contro la spalla di Minseok e che si lamentò quando Minseok cercò di rimuovere il proprio braccio da dietro la sua schiena, disse soltanto, “Ha qualche serio problema di cuore spezzato.

Kyungsoo non sembrava nemmeno lontanamente tanto devastato dalla notizia di Minseok quanto lui, ma immaginò che fosse perché Kyungsoo sapeva che lo avrebbe solamente fatto sentire peggio. Il più piccolo rimase in silenzio per un po', poi disse, molto lentamente, “Non so cosa dirti, hyung.”
“Dimmi che tornerà,” disse Minseok, mordendosi il labbro e cercando di mantenere il respiro regolare. “Devono lasciarlo tornare, giusto?”
Kyungsoo non fece nulla per un lungo momento, poi distolse lo sguardo e scosse la testa. “Non penso,” disse piano. “Dopo una cosa del genere... Non penso che lo lasceranno tornare in Corea per il resto della sua vita.”
“Non sappiamo nemmeno cosa c'è che non vada,” insistette Minseok, quasi implorante. “Potrà tornare, vero?”
Kyungsoo scrollò semplicemente le spalle e disse, “Non lo so, hyung.”
A volte, Kyungsoo era troppo bravo a dire la dura verità.


Quando Minseok era stato male, il tempo era passato in modo veloce e confuso, dove giorno e notte sembravano scontrarsi l'uno con l'altro. Era così anche ora, solo che Minseok aveva Luhan, prima, mentre adesso non ce l'aveva più. Senza Luhan, il tempo passava più lentamente, fino a che Minseok non sentì di volersi strappare i capelli per la frustrazione.
Tornò a scuola il secondo giorno, e dovette affrontare il banco vuoto di Luhan accanto al proprio, così come le domande che facevano tutti circa dove fosse andato il ragazzo cinese (inclusi Sehun, Jongin e gli insegnanti di Minseok e praticamente tutti quelli che avevano notato la sua assenza, e che a quanto pare si aspettavano che Minseok conoscesse la risposta). Disse alla maggior parte delle persone che non sapeva dove fosse, e disse a Sehun e Jongin e ai suoi amici quello che aveva detto a Kyungsoo – che Luhan era tornato in Cina, a tempo indeterminato. Tutti erano rimasti scioccati, ma persino nel suo stato semi-cosciente, Minseok rimase sorpreso per quanto Sehun sembrasse turbato dalla cosa.
Jongdae prese il braccio di Minseok e sussurrò, “Stai bene?”
Minseok rise, breve e amaro, e disse, “Tanto bene quanto te quando Junmyeon si è trovato una ragazza.”
Jongdae si irrigidì, poi accarezzò gentilmente la schiena dell'amico. “Mi dispiace.”
Minseok si voltò, desiderando che tutti smettessero di parlarne.
Quel giorno, quando Minseok tornò da scuola, esausto oltre ogni limite, trovò una lettera indirizzata a lui, scritta con un familiare hangul infantile. Squarciò la busta così velocemente che quasi strappò anche il suo contenuto. Le mani gli tremavano mentre apriva il foglio.

Caro Minseok,
Sono sulla strada per l'aeroporto al momento. Mi ero dimenticato quanto fosse lungo il tragitto! Imbucherò questa lettera all'aeroporto, prima di andarcene, così che ti arriverà presto. Voglio davvero che sappia cosa sta succedendo il prima possibile. Anche io sono confuso, lo sono davvero, ma non voglio che ci siano più segreti. Non potevo dirtelo prima – giuro che non potevo – ma ora ho bisogno che tu sappia. Non ha più senso tenerlo nascosto, comunque.
Immagino tutto abbia avuto inizio in Cina. Eravamo già poveri, te l'ho detto questo, vero? Mio padre è uno specialista, è ben istruito, ma non riusciva a trovare un lavoro per le sue abilità, non dove vivevamo. Aveva un lavoretto in città, ma non pagava molto. Mia mamma faceva quello che poteva per supportarci. Ma poi mio padre perse il lavoro, e non riuscì a trovarne un altro in tempo, e venimmo sfrattati da casa nostra. Avevamo davvero pochissimo tempo per trovare un altro posto in cui stare. È stato davvero spaventoso. Mio padre fece qualche ricerca, e si trovò un lavoro in Corea. Un lavoro che avrebbe pagato bene, un lavoro per cui aveva le qualifiche. Era davvero una buona opportunità. Ma avevamo bisogno di alcuni documenti per poter lavorare in Corea. E ne avevamo bisogno velocemente. Eravamo... davvero disperati.
Trovammo qualcuno che poteva aiutarci con i documenti, in fretta. Sapevamo, mentre lo facevamo, che era sospetto. Ma non avevamo altra scelta. Ci costò tutto quello che avevamo, ma arrivammo in Corea, e pensammo che saremmo stati bene. Mio padre avrebbe potuto cominciare a lavorare, e avremmo potuto ripagare il nostro debito. Ma non andò così. Quando arrivammo in Corea, scoprimmo velocemente che tutto quello che avevamo era solo un enorme debito, e una documentazione incompleta. Mio padre non poté avere quel lavoro, non avremmo potuto ricevere il resto dei documenti fino a che non avessimo saldato il debito (questo è quello che avevano detto), e avevamo a malapena abbastanza denaro per tirare avanti. Quindi facemmo quel che potevamo. I miei genitori trovarono dei lavori dove poterono, solo per riuscire ad affittare quel piccolo appartamento e per mettere un po' di cibo in tavola, e io lavoravo più che potevo per aiutarli. Durante il giorno, avevo un lavoro normale. La notte, lavoravo per un 'amico' delle persone che ci avrebbero dovuto dare la documentazione. Non pagava molto, e gli orari erano terribili, ma era qualcosa, e il lavoro che facevo toglieva direttamente i soldi dal nostro debito, quindi feci quello che dovevo fare.
Quindi per tutto questo tempo, abbiamo vissuto in Corea illegalmente, senza una giusta documentazione, il che significava che non potevamo avere dei lavori decenti o un'assicurazione sanitaria o niente del genere. Pensavamo che, se qualcuno lo avesse scoperto, avremmo semplicemente potuto dire, “Sentite! Abbiamo quasi fatto, staremo qui solo fino a che i nostri documenti non saranno a posto!” Ma quando qualcuno lo scoprì davvero, a quanto pare scoprì anche che i nostri documenti – quelli che avevamo – erano falsi. Ci hanno permesso di fare una telefonata a testa prima di essere deportati. Mio padre ha chiamato l'ufficio immigrazioni. Il nome e il numero che ci avevano dato non esistevano. Fu allora che capimmo di essere in trappola. Mia madre ha chiamato la famiglia di Yixing, per assicurarsi che potessimo stare da loro non appena saremmo arrivati in Cina, solo per un po'. Io ho chiamato te.
Quindi questa è la mia storia. Mi dispiace davvero non avertelo mai detto, Seok-ah. Era tutto... così confuso. Così incasinato. E immagino volessi semplicemente fingere... se non l'avessi detto a nessuno, allora magari avrei potuto fingere che non era vero. E non è davvero qualcosa che vorresti raccontare a qualcuno. Che sei un immigrato clandestino.
Presto dovrò andare, quindi voglio dirti giusto un paio di cose. Mi dispiace per averti fatto preoccupare. Andrà tutto bene, te lo prometto. Staremo con la famiglia di Yixing, almeno per un po'. Ti chiamerò non appena avremo risolto qualche cosa, okay? Prenditi cura di te, Seok-ah. Scusa se ti ho rovinato il compleanno. Mi mancherai.
Con amore,
Luhan

PS. sai dov'è la chiave di riserva del nostro appartamento, vero? Potresti andare e prendere alcune delle nostre cose? L'affitto è fra una settimana – ti prego metti da parte alcune delle nostre cose prima di allora. Significherebbe tanto!
PPS. Ti darò il numero di Yixing, in caso di emergenza, okay? Le chiamate internazionali sono costose, quindi non chiamare a meno che non sia molto importante!

Minseok prese un profondo, tremolante respiro e passò un pollice sulle parole Con amore sopra il nome di Luhan. Era una cosa stupida su cui soffermarsi, considerando tutto quello che aveva appena letto, ma Minseok era un persona stupida. Sapeva che c'erano cose che Luhan non gli aveva detto, certo che lo sapeva, ma perché non aveva mai chiesto? Non sarebbe stato in grado di aiutare, certo, ma avrebbe potuto fare qualcosa. Perché non l'aveva capito? C'erano stati così tanti indizi. Il fatto che la famiglia di Luhan continuasse ad avere quasi niente, nonostante lavorassero tanto quanto era umanamente possibile. Il fatto che Luhan si rifiutasse di dirgli qualcosa circa il suo lavoro notturno a parte che lavorava per un 'amico' di famiglia. Il suo rifiuto di andare dal dottore, nonostante avesse dovuto avere la tessera sanitaria. Ora aveva tutto molto più senso, e Minseok era così stupido.
Il cervello di Minseok gli diceva di darsi un contegno, di portare la lettera a Kyungsoo così che il più piccolo potesse dirgli cosa sarebbe accaduto, ma Minseok sentiva troppo dolore anche solo per considerare l'idea di fare qualsiasi cosa se non trascinarsi in camera e crollare sul letto. Rilesse la lettera un bel po' di volte, sebbene gli facesse ancora più male, e cercò di concentrarsi sulla parte in cui Luhan gli diceva che sarebbe andato tutto bene, ma non riusciva a crederci, e dubitava che anche Luhan ci credesse davvero. Sapeva che non avevano soldi, non avevano un lavoro, non avevano un posto in cui andare se non la casa del suo amico generoso (e Minseok sapeva che anche la famiglia di Yixing non era esattamente benestante).
Erano passati solo due giorni dall'ultima volta che aveva visto Luhan, e già gli mancava da impazzire. C'erano state altre volte in cui erano stati separati prima, ma questa volta, Minseok non aveva idea di quando sarebbe riuscito a rivederlo. Non sapeva nemmeno se lo avrebbe mai rivisto.
Gli faceva male il cuore. Non era nemmeno riuscito a dire a Luhan che lo amava.
Minseok non aveva idea di quanto tempo fosse passato quando sentì qualcuno bussare, e poi la porta si aprì. (Luhan entrava sempre così, sussurrò il cervello di Minseok, come se Luhan fosse morto o qualcosa del genere.) “C'è qualcuno?” chiamò una voce che Minseok riconobbe subito come quella di Jongdae.
Hey,” gracchiò Minseok, senza fare cenno di volersi alzare a sedere sul letto.
Jongdae entrò nella stanza, indossava dei vestiti normali – doveva essere passato a casa a cambiarsi – e aveva qualcosa in mano. “Sono venuto a controllare come stai,” disse gentilmente.
Minseok tirò su col naso. “Sto bene,” disse, ma non sembrava convincente nemmeno a se stesso.
“Lo so,” disse comunque Jongdae, sedendosi sul bordo del suo letto e accarezzandogli la schiena confortante. “Qualche notizia?”
Minseok annuì debolmente, porgendo la lettera all'amico. “Luhan mi ha mandato questa.”
Jongdae rimase in silenzio per un po', studiando il foglio. Poi disse semplicemente, “Wow. Questo è – non ne avevo idea. Spero stia bene.”
Minseok scrollò le spalle e nascose il viso nel cuscino.
Hey,” disse piano Jongdae. “Tu starai bene? È mio compito assicurarmi che stia bene, sai. È mio dovere come migliore amico. Hai bisogno che faccia qualcosa?”
Minseok sospirò, scuotendo la testa. Non è che Jongdae potesse fare qualcosa per aiutare, comunque. Nessuno poteva. “Mi sento una merda,” mormorò. “Sono solo preoccupato, e – vorrei soltanto – vorrei che fosse qui.”
“Lo so,” disse gentilmente Jongdae. “Hey, guarda, ti ho portato una cosa.”
Minseok rotolò per vedere cosa avesse in mano l'amico. Era una scatola di cioccolatini assortiti, probabilmente ancora dal giorno di San Valentino, e grugnì. “Jongdae, lo sai che non posso mangiarli.”
Hey,” disse severamente Jongdae. “Solo perché tua madre è una maniaca della salute non significa che debba esserlo anche tu. Sei depresso, e il cioccolato è il miglior rimedio. Non lo dirò a nessuno.”
Minseok si passò una mano sul viso, frustrato. Tutto questo era troppo. Era troppo e Minseok non poteva gestirlo e voleva semplicemente smettere di pensare, per cinque secondi. Voleva smettere di pensare a come sarebbe stato aggiustare la propria vita senza Luhan, e preoccuparsi se sarebbe stato bene, oltre che a preoccuparsi se Minseok stesso stesse bene. Voleva essere un adolescente normale, per una volta, e mangiare i propri problemi e non interessarsi a niente se non a quanto fosse triste. Voleva soffrire come soffrivano le persone normali, e vivere come vivevano le persone normali, e solo. Voleva semplicemente smettere di avere tutti questi problemi tutto il tempo. Era chiedere troppo?
“D'accordo,” disse, l'amarezza e il risentimento crebbero nel suo stomaco prima di collassare in qualcosa di molto più semplice, e molto più terrificante se ci pensava un secondo. Ma Minseok aveva smesso di pensare. “Lasciali.”
“Questo è il mio ragazzo,” rise Jongdae, scompigliandogli i capelli prima di alzarsi. “Comunque, hyung, vado a dare questa lettera a Kyungsoo. Prenditi cura di te, ok?”
Minseok deglutì e annuì. Nel momento in cui Jongdae se ne andò, però, aprì la scatola e si infilò due cioccolatini in bocca, per poi gettare la scatola sotto il letto. Il sapore di cioccolato sulla lingua era stucchevolmente dolce, quasi sconosciuto a questo punto, e sapeva di peccato e ribellione e rimorso e liberazione, tutto allo stesso tempo.
Nessuno doveva sapere.


Sin da quando era bambino, Sehun aveva imparato i vantaggi di saper nascondere le proprie emozioni. Rifiutarsi di mostrare un sentimento era equivalente a rifiutarsi di mostrare una debolezza, perché lasciare che un'emozione ti controllasse era una debolezza. Paura, rabbia, delusione, dolore, persino felicità – erano tutte debolezze, e il piccolo Sehun conosceva le conseguenze del mostrarle. Le persone che le conoscevano potevano ferirti con molta più facilità, e molto più in profondità. Rimanendo impassibile e imperturbabile nonostante le circostanze, Sehun era riuscito a proteggersi.
Ma Jongin aveva tirato fuori diverse cose dal passato di Sehun, dal più piccolo dei sorrisi ad un completo scioglimento, e forse Sehun aveva anche imparato i vantaggi di lasciarsi andare, di tanto in tanto. Non significava che l'avrebbe fatto senza lottare, però.
Sehun…” la voce di Jongin era debole ed esitante, come se non fosse sicuro di dover continuare. “Stai bene?”
Sehun non avrebbe mentito, quindi non disse nulla, fissando il muro accanto a sé invece del ragazzo che aveva davanti. Erano nella sala prove, anche se Jongin non aveva lezione oggi; Sehun aveva detto che gli sarebbe piaciuto andare in un posto silenzioso, e questo era il miglior posto che Jongin conoscesse. C'erano solo loro due, ma Jongin era in piedi da un lato, mentre Sehun era seduto in un angolo, con le ginocchia tirate al petto, e si rifiutava di guardarlo.
Sehun, che c'è che non va?” chiese il ragazzo, sembrando così triste e preoccupato, e Sehun non riusciva a guardarlo, non sapeva cosa fare, non sapeva come gestire queste situazioni. “È per Luhan-hyung?”
Sebbene Sehun non volesse mostrare niente, non riuscì a contenere il piccolo suono che sfuggì dalle sue labbra, e c'era troppo silenzio nella sala perché Jongin non lo sentisse.
Hey,” disse gentilmente, avvicinandosi a Sehun e accovacciandosi accanto a lui. Sehun si ostinò a fissare il muro. “Andrà tutto bene. Lui starà bene. Non sappiamo nemmeno perché è stato deportato, giusto? Potrebbe tornare presto.”
Sehun voleva spingere via Jongin, dirgli di smetterla di mentire, dirgli che Luhan sarebbe potuto essere bandito dal Paese per sempre, ma invece strinse i denti e tenne la bocca chiusa.
Sehun, ti prego,” disse Jongin, sembrando leggermente disperato mentre posava una mano sul ginocchio del ragazzo. “Ti prego, parla con me. Se non dici mai niente, come posso aiutarti?”
Sehun spinse via la mano, e sapeva che c'era qualcosa di seriamente sbagliato in lui quando volle immediatamente che Jongin provasse ancora, come un gioco malato di Toccami Non Toccarmi. Jongin non lo fece, però, indietreggiò leggermente, e Sehun ruggì e sbatté la testa al muro abbastanza forte da farlo sussultare, perché voleva sempre che Jongin sapesse quello che Sehun voleva e che facesse sempre quello di cui aveva bisogno, ma non sapeva come dirglielo. La metà delle volte, nemmeno Sehun sapeva che cavolo voleva.
Prese un profondo respiro e disse, con esitazione, “È solo che – non se ne sarebbe dovuto andare.”
“Chi? Luhan?” chiese Jongin.
Sehun deglutì e annuì.
“Non se ne voleva andare, Sehun,” disse piano Jongin. “Non se ne sarebbe andato se non fosse stato costretto, lo sai questo.”
“Lo so,” sputò Sehun, e non era arrabbiato con Jongin, era arrabbiato con se stesso, ma Jongin questo non lo sapeva e si allontanò da lui, sembrando ferito. Sehun si odiava. “Ma ho solo due persone, Jongin,” disse, prendendo un respiro e sentendosi terribilmente vicino ad un altro crollo. “Ho solo te e Luhan. Ed entrambi avete promesso che non ve ne sareste andati e ora Luhan non c'è più e io – non so – non me l'ha nemmeno detto.”
Ha fatto quel che poteva, Sehun,” gli disse velocemente Jongin, e Sehun lo sapeva questo, ma non cambiava nulla. “Ha detto a Minseok quello che poteva dirgli, e Minseok lo ha detto a te. Non voleva andarsene.”
“Ma lo ha fatto, Jongin,” disse Sehun. “Anche se non voleva, lo ha fatto, e come faccio a sapere che anche tu non te ne andrai?” Si morse immediatamente la lingua, sentendosi nauseato. Aveva detto troppo.
Ci fu un lungo, pesante silenzio, e Sehun deglutì a fatica, aspettando. Ma Jongin non disse niente, e invece si alzò e si allontanò, e Sehun si sentì tremare leggermente. Jongin prese quattro o cinque passi di distanza e fissò il soffitto passandosi una mano tra i capelli sembrando perso, poi si voltò e offrì una mano a Sehun. “Alzati.”
Sehun sbatté le palpebre, ancora tremante. “Cosa?”
Jongin fece qualche passo verso di lui. “Alzati.”
Con esitazione, Sehun prese la mano offerta dal ragazzo, il quale lo aiutò ad alzarsi e lo guidò al centro della stanza. Con le mani sulle spalle, Jongin lo fece voltare verso uno dei muri coperto di specchi e lo rispinse giù. Confuso e titubante, Sehun si sedette, gli occhi sulla figura di Jongin nello specchio mentre si sedeva direttamente dietro di lui, il petto contro la sua schiena. “Così va bene?” chiese Jongin. Sehun annuì lentamente, e Jongin fece scivolare le braccia attorno ai suoi fianchi. “Così?” Sehun annuì ancora. Jongin posò il mento sulla spalla di Sehun. “Così?”
“Sì,” sussurrò Sehun. Jongin non sorrise, invece rimase seduto lì, avvinghiato attorno a lui a fissare le loro figure nello specchio.
“Non posso prometterti che non mi accadrà qualcosa come è accaduto a Luhan,” disse alla fine Jongin, e Sehun trattenne il fiato. “Sarebbe una promessa stupida da fare, perché a volte non puoi controllare queste cose.”
“Lo so,” disse piano Sehun.
Jongin rimase in silenzio per un momento, e poi girò la testa per premere un bacio sul collo del ragazzo, e Sehun era imbarazzato per come le sue guance arrossirono. “Lo sai che ci tengo a te, vero?”
Sehun esitò, deglutendo prima di mormorare, “Sì.”
Jongin sorrise allo specchio. “Bene. E sai che anche Luhan-hyung tiene a te, vero?”
Sehun si fermò un attimo a pensare a tutte le volte che Luhan lo aveva raggiunto al suo tavolo, alle volte in cui gli aveva parlato nonostante lui non volesse parlare, a quando lo aveva presentato ad altre persone, a quando gli aveva sorriso, lo aveva abbracciato. “Sì.”
“Bene, perché è così. Ora chiudi gli occhi.”
“Cosa?”
Chiudi gli occhi,” ripeté Jongin, guardandolo severamente dallo specchio.
Mordendosi il labbro, Sehun fece quello che gli era stato detto. “E ora?”
Jongin fece un suono vago e lo strinse ancora più forte. “Riesci ancora a sentire che tengo a te”
Sehun aggrottò le sopracciglia confuso, ma non aprì gli occhi. “…Sì?”
“E quando torno a casa e non puoi sentirmi o toccarmi? Potrai ancora percepirlo?”
Io—sì, penso di sì.”
“E se andassi in Cina? Crederesti ancora che abbia tenuto a te se dovessi andare in Cina?” chiese piano Jongin.
Sehun prese un profondo respiro e si lasciò andare contro il petto caldo di Jongin. “Non lo so.”
Altri baci contro il suo collo e lungo suo profilo. “La risposta esatta è sì,” gli disse gentilmente Jongin. “Perché sarebbe così, terrei a te tanto quanto qui e ora. Proprio come Luhan.”
Sehun sospirò e piegò la testa per esporre di più il collo, perché non sapeva come dire a Jongin che gli piaceva quando lo baciava lì. Il ragazzo sembrò capire, comunque, allo stesso modo in cui sembrò capire quando Sehun disse, “È solo che – non so perché sia così difficile per me.”
Jongin annuì contro la sua pelle. “Nemmeno io,” confessò. “Ma ci stiamo lavorando.”
“Sì?” chiese Sehun, con voce piccola.
“Sì,” sussurrò Jongin. “Lentamente.”


Baekhyun, possiamo andare a casa per favore?”
No.” Baekhyun si accigliò e si alzò in piedi. “Non abbiamo finito nemmeno l'Atto I ancora.”
“Forse perché nessuno dei nostri protagonisti sa le battute,” disse il direttore di scena, alzando gli occhi al cielo. “Andiamo, Baek, siamo qui da ore, tutti cominciano ad andare fuori di testa. Forse dovremmo semplicemente tornare lunedì, quando voi due avrete avuto tempo di riguardare meglio le battute.”
Baekhyun trattenne il fiato e si premette le mani sugli occhi. Gli bruciavano ferocemente sotto le palpebre. “Finiamo – finiamo solo il primo atto e poi possiamo andare a casa,” disse.
“Riuscirai a mettere insieme un costume in tempo per lo spettacolo?” chiese scetticamente il pianista. “Ci sono voluti mesi per creare quello di Chanyeol—”
“Non—” lo interruppe velocemente Baekhyun, prendendo un profondo respiro. “Non... parlarne. Mi inventerò qualcosa. Riproviamo questa scena.”
Jung Eunji gli lanciò un'occhiata stanca dal centro del palco. “Sei sicuro che sia una buona idea?” chiese. “Perché non trovi semplicemente un nuovo protagonista maschile, e tu tieni il tuo ruolo? Almeno così qualcosa sarebbe decente.”
Baekhyun rifiutò immediatamente la proposta, facendo una smorfia. “No. Non - non voglio nemmeno essere l'eroina. Possiamo solo – possiamo solo finire di provare per oggi? Vi prego?”
Ci fu un mormorio scontento di assenso, e tutti tornarono lentamente ai propri posti. Baekhyun prese il copione e lo fissò, fingendo di non sentire quando qualcuno mormorò, “Byun Baekhyun, ridotto ad implorare senza Chanyeol intorno.”
Il suono del suo nome gli faceva ancora venire voglia di vomitare.
Erano passati quattro giorni dalla dichiarazione di Baekhyun. Quattro terribili giorni spaccacuore da quando Chanyeol era uscito dall'auditorium lasciandolo solo. Il primo giorno, Baekhyun era rimasto a casa, troppo distrutto per andare a scuola, ma il secondo giorno era tornato, spaventato ma anche un pizzico speranzoso.
Non avrebbe dovuto esserlo. La prima cosa che notò fu un bigliettino nel suo armadietto, coperto dalla calligrafia familiare di Chanyeol. Il cuore di Baekhyun si era gonfiato, in quel modo pericoloso proprio prima che qualcosa potesse riempirlo o distruggerlo. Stupidamente – Baekhyun era così stupido – aveva sperato che il biglietto iniziasse con un “Mi dispiacee si concludesse con un “Ti amo anche io.”
In effetti, era iniziato con delle scuse, ma la sua fantasia finì lì.

Baekhyun,
Mi dispiace davvero, davvero tanto per quello che sta succedendo al momento. So che probabilmente non vorrai sentirlo, ma è così, e voglio che lo sappia. Sono solo... sono così... dispiaciuto. Non so cos'altro dire. Per prima cosa, immagino, mi dispiace per averti lasciato in quel modo. Sapevo di non doverlo fare, anche mentre lo stavo facendo. Ma non sapevo davvero cosa fare. Ero così confuso e perso e spaventato e sono stato un codardo, sono scappato invece di gestire la cosa, e mi dispiace.
Non ho mai saputo, giuro sulla mia vita, non ho mai immaginato che provassi quelle cose, nemmeno per un secondo. Forse sono uno stupido per non averlo saputo, non lo so, ma ero così scioccato. Lo sono ancora.
Prima di tutto, voglio che sappia che non ti odio. Non sono disgustato e non penso tu faccia schifo e davvero non ti odio, non potrei mai e mai lo farò. È solo che... non posso. Non posso, Baekhyun. Lo capisci, vero? Sei il mio migliore amico, lo sei stato per più di quanto io ricordi, e mi conosci più di chiunque altro. Quindi capisci perché non posso, vero? E non posso semplicemente dimenticare, o fingere che non cambi nulla. Vorrei che non cambiasse nulla, ma non è così, e potrei essere un bravo attore, ma recitare non è credere, o sentire.
Non so nemmeno più cosa sto dicendo. Sono solo dispiaciuto per così tante cose. Mi dispiace per non averlo notato, per averti reso le cose difficili, per averlo reso strano per te, per non essere in grado di gestirlo. Ho solo... bisogno di un po' di spazio. Ho bisogno di capire un po' di cose. E voglio che tu sappia che questo non significa che non tenga più a te, okay? Perché ci tengo, questo non è cambiato. Penso che la colpa sia mia qui, e mi dispiace davvero, davvero tanto.
-Chanyeol

Baekhyun aveva pianto ancora, la prima volta che aveva letto la lettera. Era arrivato tardi in classe, perché era stato impegnato a nascondersi in bagno e a strofinarsi gli occhi per farli smettere di lacrimare. La seconda volta che l'aveva letta, aveva usato una penna rossa per cerchiare tutte le volte che Chanyeol aveva detto scusa. Sette volte. Baekhyun non riusciva a decidere se fossero troppe o troppo poche.
Le lezioni erano state un incubo. Chanyeol si era seduto davanti invece che al solito posto accanto a Baekhyun, dicendo all'insegnante che gli si erano rotti gli occhiali e aveva perso le lenti a contatto e non riusciva a vedere (era già successo prima, ma Baekhyun dubitava che questa fosse una coincidenza). Non era andato a parlare con Baekhyun durante la pausa, non si era fatto vedere al loro triste tavolo solitario a pranzo – sapeva almeno che Luhan se n'era andato? Jongdae gli aveva chiesto se avessero litigato, e Baekhyun aveva risposto semplicemente, “Qualcosa del genere.” E dopo la scuola, quando Baekhyun aveva fatto l'appello per le prove dello spettacolo, Chanyeol non si era presentato. Avevano fatto ciò che potevano senza di lui, e Baekhyun aveva accettato di parlare con il loro principe assente. Non lo aveva contattato.
Chanyeol non si presentò neanche alle prove del venerdì. Sabato, Baekhyun aveva chiamato Jung Eunji del coro per chiederle se avesse voluto prendere il ruolo dell'eroina, così che lui potesse riempire il vuoto che Chanyeol aveva lasciato nel cast. Non voleva essere l'eroina se Chanyeol non era il protagonista, comunque.
Imparare un'intera parte nuova – un'enorme parte nuova – avrebbe portato via a Baekhyun un sacco di tempo per poterla recitare perfettamente dopo un mese. Ma a Baekhyun non dispiaceva. Avrebbe fatto di tutto per tenersi occupato, davvero. Avrebbe fatto di tutto pur di non pensare a Chanyeol, che era stato un presenza quasi costante nella sua vita per i precedenti tredici anni, solo per andarsene completamente per una stupida cosa che aveva detto Baekhyun. Penso che la colpa sia mia qui, aveva scritto Chanyeol.
Ma era stato Baekhyun ad innamorarsi di lui. Stupido, stupido Baekhyun.


Jongdae conosceva Minseok meglio di chiunque altro al mondo. Conosceva tutte le sue piccole strane abitudini, tutte le sue stranezze, i suoi difetti e i suoi punti di forza. Sapeva cosa piaceva a Minseok, e le cose che fingeva gli piacessero ma che in realtà odiava. Conosceva Minseok.
Quindi sapeva quando c'era qualcosa che non andava nel migliore amico.
All'inizio, quando Minseok era rimasto a casa il giorno del suo compleanno, Jongdae aveva pensato che fosse davvero malato. Ma poi si era scoperto che era solo l'effetto di tutta la situazione di Luhan, che era spaventosa e dolorosa per tutti, ma specialmente per Minseok. Jongdae sapeva che Minseok non reagiva bene ai cambiamenti. Non gli piaceva quando le cose si incasinavano, ed era per questo che all'inizio era stato così restio all'arrivo di Luhan. (Divertente, come fosse andata a finire.) E Jongdae non era stupido. Sapeva che Minseok era più che leggermente affezionato a Luhan. Quindi capì perché avesse avuto un impatto così grande sul migliore amico, quando Luhan se ne fu dovuto andare, forse per sempre. Lo capiva.
Ma dopo un paio di giorni in cui vedette di più Minseok, Jongdae cominciò a pensare che quello non fosse l'unico problema. Minseok si stava semplicemente... comportando in modo strano. Faceva cose che non aveva mai fatto. Tipo spazzare via il pranzo di Jongdae, chiedendogli se poteva mangiare alcuni dei suoi snack. Scambiava le sue mele e le barrette ai cereali con biscotti e altri cibi poco salutari. Jongdae glielo lasciava fare, perché sapeva che non aveva quel tipo di cose a casa e forse sarebbe stato un bene per Minseok lasciarsi un po' andare, ma dopo un po' cominciò a farlo preoccupare. Cominciò anche a non seguire più la sua routine. A pranzo arrivava sempre in mensa prima di Jongdae, il che significava che non andava in bagno, e questo non era un grande problema o niente del genere, ma era comunque strano. E poi mandava giù litri d'acqua, come se la sua vita dipendesse da quello. Rendeva Jongdae un po' nervoso, perché Minseok non si comportava normalmente ed era difficile non notarlo.
Non si preoccupò seriamente fino a sabato, però, quando Minseok cancellò la propria festa di compleanno – non che fosse una grande cosa comunque – e invece chiese a Jongdae di aiutarlo a pulire la casa di Luhan. Non appena arrivò a casa di Minseok, notò quanto sembrasse stanco e letargico l'amico, anche se si comportava come se stesse perfettamente bene davanti alla madre. Subito dopo essere usciti, però, le sue spalle si abbassarono e il suo sguardo si spense immediatamente.
“Ti senti bene?” chiese con cautela Jongdae. “Sembri un po'... sotto tono.”
Minseok scosse la testa stancamente. “Sto bene,” rispose. “Solo stanco.”
“Sembri un po' malaticcio,” Jongdae misurò le parole.
Minseok si accigliò. “Potrei starmi ammalando un pochino,” disse. “Non dirlo a Kyungsoo, uscirebbe di testa.”
Jongdae allungò una mano per sentirgli la fronte, e Minseok si scansò al contatto, poi sbatté le palpebre e fece una smorfia. Sorpreso, Jongdae gli sentì ancora la fronte, e Minseok gli lasciò fare, ma non sembrava avesse la febbre. Decise di lasciar perdere.
Jongdae non era mai stato a casa di Luhan prima – non aveva mai avuto un motivo per farlo – ma dopo la lettera del ragazzo, si aspettava che fosse un po' malmessa. Non rimase deluso. Sentiva che avrebbe avuto una reazione più grande, però, se il loro arrivo non fosse stato interrotto da Minseok che insisteva di dover fare la pipì, spingendolo via per dirigersi nel bagno di Luhan. E anche quello non sarebbe stato strano, se Minseok non avesse fatto la stessa identica cosa prima di uscire da casa sua. Forse se avesse smesso di bere così tanta acqua
Non c'era tanto da mettere da parte nell'appartamento di Luhan. Era ovvio che se ne fossero andati di fretta, afferrando poche cose ciascuno prima di essere costretti a uscire. Minseok nominò alcune cose che aveva notato mancassero – il barattolo dei risparmi di Luhan, il suo zaino, qualche libro e alcuni dei suoi vestiti. I suoi vestiti invernali erano ancora lì, però, il suo giubbotto rosso e i guanti, e Minseok li raccolse e li fissò a lungo prima di infilarli in una grande busta nera della spazzatura che avrebbe riportato a casa.
Non sapevano davvero cosa prendere e cosa lasciare, quindi passarono la maggior parte del tempo ad aprire cassetti e guardare dentro gli armadi per poi allontanarsi senza toccare niente. Jongdae passò molto tempo a recupare libri cinesi dalla camera dei genitori di Luhan, poi tornò in camera del ragazzo trovando Minseok seduto sul pavimento, staccando con attenzione le foto dal muro e guardandole per poi metterle sulla pila accanto a sé. Jongdae rimase sull'uscio e guardò in silenzio per un momento mentre il migliore amico staccava una foto di sé e Luhan con i visi piuttosto vicini, guancia a guancia, seduti su una panchina da qualche parte. Minseok la fissò per venti secondi buoni, poi sospirò all'improvviso e si buttò sul materasso di Luhan, coprendosi il viso e grugnendo piano. Jongdae se ne andò velocemente, pensando di lasciare un po' di spazio all'amico.
Nelle due ore che Minseok e Jongdae usarono per raccogliere tutto ciò che potevano dal piccolo appartamento, il maggiore andò in bagno tre volte, e fu allora che il cervello di Jongdae registrò qualcosa. “Hyung,” disse mentre trasportavano le loro buste verso la fermata della metro più vicina. “Non ti stai ammalando come l'anno scorso, vero?”
La testa di Minseok scattò su e lo guardò con occhi ardenti. “No,” disse con decisione. “Non è così. Sto bene.”
Jongdae lo guardò a lungo, poi disse semplicemente, “Se lo dici tu.”
Minseok era un ragazzo grande. Poteva prendersi cura di se stesso. Vero?

**********

Nuovo capitolo! Come previsto sono riuscita a trovare un passaggio, quindi rimarrò a casa per uno o due giorni... prevedo già ore e ore passate al pc per recuperare il tempo perduto senza internet ahahah Il capitolo successivo verrà postato questo fine settimana, spero ;___; Alla prossima 

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Capitolo 31
*** Capitolo 29 ***


La scuola era una problema per Minseok in questi giorni. Sembrava che ogni giorno diventasse più difficile concentrarsi e interessarsi. Sapeva che avrebbe dovuto, perché aveva già fatto domanda a diverse università e doveva mantenere una media alta per essere accettato, ma ogni giorno che passava, diventava un po' più indifferente, un po' meno interessato a tutto ciò che non riguardasse il benessere di Luhan. Per la maggior parte della sua vita, Minseok era stato la più grande preoccupazione di tutti – dei sui genitori, di Kyungsoo – e si era abituato a questo, lo aveva interiorizzato, ma ora all'improvviso Minseok non voleva più preoccuparsi per se stesso, quindi utilizzò tutto il suo tempo e gli sforzi che prima avrebbe usato per pensare a sé, per pensare a Luhan invece. Non aveva senso, perché non c'era nulla che potesse fare circa la situazione dell'amico, non poteva nemmeno parlare con Luhan, ma Minseok aveva abbandonato la razionalità.
Sarebbe potuto essere spaventoso, se Minseok avesse avuto la forza di interessarsi per più di cinque secondi.
Aveva anche Baekhyun di cui preoccuparsi. Il più piccolo andava spesso da lui quando si sentiva travolto, facendo capire a Minseok, senza dirlo, che senza Chanyeol non aveva nessun altro da cui andare, che nessun altro avrebbe capito. A Minseok piaceva passare del tempo con Baekhyun, perché Baekhyun era troppo impegnato con i propri problemi per preoccuparsi per Minseok. Baekhyun non lo guardava allarmato, non gli chiedeva se si sentisse bene, non se Minseok faceva un buon lavoro a nasconderlo. Passava una gran quantità di tempo a ripassare le battute da solo, chiedendo a Minseok di aiutarlo quando poteva, e Minseok andava spesso alle prove dello spettacolo ora, per supportarlo e aiutarlo dove poteva. Era meglio che essere da qualsiasi altra parte, comunque. Lo teneva lontano da persone che gli avrebbero fatto delle domande.
Il 2 Aprile, una settimana dopo l'inaspettata partenza di Luhan, Minseok rimase dopo le lezioni per altre prove della commedia, sotto richiesta di Baekhyun. Il più piccolo sembrava esausto, quasi quanto Minseok, ma cercò di sorridere mentre diceva a Eunji che aveva fatto un buon lavoro con le sue battute e mentre combatteva con l'ingombrante spada di Chanyeol. Minseok ammirava la sua forza, sebbene il sorriso non raggiungesse mai i suoi occhi.
Quando raggiunsero la scena in cui Baekhyun doveva cantare una canzone pensata precedentemente per Chanyeol, però, il ragazzo crollò visibilmente, la sua voce si spezzò a metà del secondo verso, e non appena finì disse agli altri attori che aveva bisogno di una pausa. Minseok si alzò immediatamente, seguendo il ragazzo dietro le quinte e alle scale che portavano fuori in corridoio. La porta era aperta, ma stavolta non c'era nessuno nei corridoi, e rimasero seduto fianco a fianco sugli scalini, e Minseok circondò le spalle esili di Baekhyun con un braccio.
Il più piccolo prese un profondo respiro. “Sto bene,” disse, ma la sua voce tremolante lo tradì. “Ho solo paura che non saremo pronti in tempo.”
“Non devi mentire con me, sai,” disse piano Minseok, lasciando che il più piccolo si appoggiasse a lui.
“È solo che è così difficile,” rispose Baekhyun, perdendo il fiato per un secondo prima di riprendersi. “Perché ho lavorato così duramente a questo spettacolo e voglio che sia bello perché significa tanto per me, ma tutto mi ricorda lui e ho creato questo personaggio per
lui e io non posso farlo bene, nemmeno se imparassi le battute e le direzioni di scena, e vorrei solo che tutto tornasse come era prima.”
“Ma anche prima era difficile,” gli disse gentilmente Minseok. “Ricordi?”
Baekhyun tirò leggermente su col naso. “Vorrei che tornasse tutto come era prima, tranne la parte in cui ero innamorato di lui.”
“Ero?”
Baekhyun si morse il labbro. “Sono,” ammise. “La parte in cui
sono innamorato di lui.”
“Già,” disse con un sospiro Minseok, accarezzando la spalla del più piccolo. Anche a lui non sarebbe dispiaciuto poter tornare indietro nel tempo. “Sei pronto a rientrare?”
“Penso di sì.” Baekhyun si alzò, pronto a scendere le scale per tornare sul palco. “Grazie, hyung. Sei... sei un rimpiazzo di Chanyeol abbastanza buono.” Sorrise leggermente, ma il suo labbro tremò, e Minseok aprì le braccia invitante, e Baekhyun ci si tuffò dentro per nascondere il viso nella sua spalla. La forza dell'abbraccio lo fece vacillare leggermente, e dopo un attimo di silenzio, Baekhyun mormorò, “Non sei soffice come al solito. Hai perso peso?”
Il commento era casuale, fatto per distrarlo dal fatto che Baekhyun stava per mettersi a piangere sull'uniforme del maggiore, ma ottenne una reazione forte da parte di Minseok – un terrificante mix di paura e ansia e irritazione e trionfo. Spaventava Minseok, più di un po', ma la scacciò via velocemente. “Ah sì?” disse casualmente, e spostò un po' del suo peso su Baekhyun perché si sentiva leggermente instabile sui suoi piedi.
Un attimo di movimento distrasse Minseok dai propri pensieri, e sollevò lo sguardo vedendo un'inaspettata figura in piedi in corridoio, che li guardava con gli occhi spalancati. Chanyeol sembrava tanto sorpreso quanto Minseok ad essere stati beccati, e li guardò solo per un attimo prima di girare sui tacchi e tornare da dove era venuto. Minseok si era irrigidito, e Baekhyun sembrò notarlo, perché si mosse tra le sue braccia e chiese, “Cosa?”
“Niente,” disse velocemente Minseok, distogliendo lo sguardo dalla figura del più piccolo che si allontanava, e tenendogli le spalle in modo che non si voltasse. “Andiamo, torniamo dentro.”
Baekhyun sospirò e accettò, e Minseok gli posò una mano sulla schiena per guidarlo sul palco. Baekhyun riprese le prove, ma Minseok non riuscì a non pensare all'espressione di Chanyeol quando li aveva visti. Era sembrato così scioccato, all'inizio, come se non si fosse aspettato di vederli lì (cosa ci faceva
Chanyeol lì?), ma poi era anche sembrato... tradito, in un certo senso. Agitato. Confuso. Minseok non riusciva a capirlo.
Cinque minuti dopo, Minseok uscì dall'auditorium per riempire la bottiglietta d'acqua e andare in bagno, e in qualche modo, non fu sorpreso quando Chanyeol sbucò da dietro l'angolo per affrontarlo. Rimase decisamente sorpreso, però, quando Chanyeol lo intrappolò contro gli armadietti e piantò una mano decisa accanto alla sua testa, usando il vantaggio della propria altezza per guardarlo dall'alto in basso con sguardo accusatore mentre ruggiva, “Cosa stavi facendo con Baekhyun?”
Per Minseok, che aveva solo visto Chanyeol ridere, sorridere e fare brutte battute, lo sguardo nei suoi occhi era decisamente intimidatorio, e indietreggiò per un momento, spostandosi da un piede all'altro per poi guardare Chanyeol e dire, senza nemmeno pensarci, “E a te cosa interessa?”
Il proprio coraggio lo sorprese, e sembrò sorprendere anche Chanyeol, solo per un momento, prima che il suo cipiglio tornasse e dicesse, “Ti vedo sempre con lui.
Perché?”
Minseok non si arrabbiava spesso, non seriamente, ma era sul filo del rasoio in questi giorni, e aveva passato diverso tempo con un Baekhyun davvero instabile ultimamente, ed era colpa di Chanyeol, e Minseok
non era contento. “Senti, Chanyeol,” sputò, la testa gli girava leggermente. “Non so se la tua memoria riesce ad andare così indietro, ma questa è colpa tua. Nemmeno in parte. Tutta. È colpa tua per essere stato tutto quello che voleva Baekhyun, senza essere stato in grado di fermarti. È colpa tua per avergli spezzato il cuore, e per averlo lasciato con il nulla assoluto. Perché sono sempre con lui? Oh, non lo so. Forse sto solo facendo del mio meglio per raccogliere i pezzi del suo cuore infranto, perché tu eri troppo spaventato e codardo per fermarti e aiutarlo a farlo. Tu non hai il diritto di dire niente. Non hai nemmeno il diritto di guardarlo, perché hai rovinato il suo spettacolo e tutto il suo duro lavoro e lui nemmeno ti odia, anche se dovrebbe farlo perché non meriti Baekhyun, nemmeno per un secondo.”
Chanyeol sembrò colpito, gli occhi sgranati mentre arretrava leggermente. “Ma io—” balbettò. “Lui è il mio—”
“No, Chanyeol, lui è il tuo
niente. Non è un tuo possedimento. Pensi di poter fare quello che vuoi, usarlo per quello che ti serve, per poi gettarlo via quando le cose si complicano? Pensi che sia giusto? Hai avuto la tua chance, e hai rovinato tutto. Gravemente. Quindi non chiamare Baekhyun il tuo niente.” Minseok spinse debolmente il petto di Chanyeol, sentendo di dover far provare al più alto qualche tipo di dolore ma senza riuscire a trovare la forza.
Chanyeol non si mosse, ogni minaccia svanita dal suo viso mentre guardava Minseok con gli occhi spalancati. “Ero solo—sono solo—” Deglutì. “Spaventato.”
Minseok prese un profondo respiro. “Lo so,” disse, ed era vero. “Lo capisco, Chanyeol. Ma questo non rende giusto quello che hai fatto.”
“Non sapevo cosa fare,” continuò Chanyeol, con la voce più debole che Minseok gli avesse mai sentito usare.
“Beh, vedi di pensarci bene,” mormorò Minseok, stringendo con forza la propria bottiglietta.
“Volevo solo—” Chanyeol si morse la lingua, interrompendosi.
“Volevi solo che le cose fossero qualcos'altro rispetto a ciò che sono,” finì per lui Minseok. “Ma non funzionano così le cose, quindi comincia a reagire alla situazione, e cerca di non essere uno stronzo già che ci sei, perché Baekhyun vale tanto quanto te.” Sbatté le palpebre, sentendosi estremamente stordito per un secondo, poi disse, “Penso che vomiterò.”
“Cosa?” Chanyeol lo fissò.
“Devo vomitare.” Quasi inciampando sui propri piedi, Minseok spinse via Chanyeol e si affrettò verso il bagno.
Qualche minuto dopo, la voce esitante di Chanyeol lo raggiunse da dietro la porta. “Stai bene?”
Minseok deglutì a fatica, sentendo il sapore di bile sulla lingua mentre si sedeva sulla tavoletta, chiedendosi se sarebbe riuscito ad arrivare al proprio armadietto senza vomitare ancora. “Sto bene,” disse debolmente. “È tutto sotto controllo.”
“Cosa?”
“Niente. Sto bene. Puoi andare.” Minseok prese un profondo respiro. Aveva solo fatto male i calcoli. Aveva tutto sotto controllo. Non c'era niente che non andasse.
Davvero.


La vita era piuttosto calma per Kyungsoo ultimamente. Praticamente piatta, davvero. Cercava di tenersi impegnato, con niente con cui distrarsi se non qualche sentore di preoccupazione per alcuni dei suoi amici. Luhan era in Cina, Baekhyun aveva il cuore spezzato, Chanyeol era completamente scomparso, e Minseok era sia preoccupato per Luhan che sempre introvabile. Nessuno andava a fare visita a Kyungsoo, quindi era abbastanza solo, ma immaginò che fossero tutti impegnati, o avessero le loro ragioni per non passare. Kyungsoo aveva iniziato a lavorare ai ferri nel frattempo, per tenere la mente lontana dalle cose, ed era ridicolo, intrecciare sciarpe e cappelli proprio mentre le temperature si alzavano, ma se ne fregò.
A volte, Kyungsoo si chiedeva se le persone – in particolare Minseok – lo stessero evitando di proposito, ma poi si diceva che era assurdo. Cosa aveva fatto di sbagliato Kyungsoo? Niente. Erano solo impegnati. Non lo avrebbero evitato di proposito.
(Ma si sarebbero dimenticati di lui? No, anche questo era assurdo. Doveva smetterla di pensare a queste cose.)
Sabato, per la prima volta in quasi una settimana, Kyungsoo ricevette una visita. Non era chi si era aspettato di vedere, però. “Oh, ciao Jongdae.”
“Hey, ciao Soo.” Jongdae sembrava a disagio, come se non fosse sicuro di dover essere lì, o ci avesse ripensato all'ultimo momento. Rese Kyungsoo leggermente agitato.
“Hai... bisogno di qualcosa?” gli chiese Kyungsoo, accigliato.
Jongdae fece una piccola smorfia. “Hai visto Minseok-hyung di recente?” chiese all'improvviso.
“Huh? Uh, no, non proprio. Ha detto di sentirsi un po' giù, quindi non pensava fosse un bene venire a farmi visita.” Kyungsoo cercò di fare un sorriso convincente. Era una ragione logica.
Jongdae si accigliò ancora di più. “È quello che ha detto anche a me,” disse.
“Non... non gli credi?” chiese cautamente Kyungsoo.
Jongdae si grattò il collo agitato. “Non lo so. È solo che... Minseok-hyung non ti mente mai, vero?”
Kyungsoo sorrise leggermente. “Cerca di non farlo.”
“Quindi te lo direbbe se ci fosse qualcosa che non va, giusto?”
Il sorriso cadde dalle labbra di Kyungsoo in un istante. “Che vuoi dire?”
Jongdae si morse il labbro per un secondo, poi disse, “Si sta comportando in modo strano ultimamente. Comincio seriamente a preoccuparmi. Continua a dire di stare bene e che è solo preoccupato per Luhan e tutto, ma non penso sia così.”
“Come è che si comporta in modo strano?” Insistette Kyungsoo. “Cosa sta facendo?”
“Non lo so,” rispose Jongdae, sospirando frustrato. “Mangia molto cibo. E beve molta acqua.”
La paura attanagliò Kyungsoo come un pugno di ferro. No. No no no. Non poteva accadere ancora. “Sta bene a parte questo?” chiese debolmente.
“Per niente,” negò il ragazzo, e Kyungsoo si sentì male. “Sembra stare molto più male di quanto non voglia mostrare. Ha continui sbalzi d'umore e sembra non riuscire mai a prestare attenzione a lungo quando qualcuno dice qualcosa e ti risponde male se glielo fai notare. Sembra... assomiglia tanto a come era quella volta, sai, e comincio ad avere paura.”
Kyungsoo poté sentire il sangue abbandonargli il viso, e anche lui era spaventato, era improvvisamente terrificato, ma allo stesso tempo era
arrabbiato. Era arrabbiato per non averlo notato, per non aver fatto lo sforzo di controllare Minseok quando l'amico non era proprio stabile al momento, per aver lasciato che le cose arrivassero a questo punto e per non aver notato che forse era per questo che il vicino non gli aveva fatto visita. Era arrabbiato con Minseok per aver messo ancora tutti in questa situazione. “Vai a casa, Jongdae,” disse, guardando dritto davanti a sé.
“Cosa?” Jongdae lo guardò stranito. “Cosa?”
“Devo solo – devo risolvere una cosa.”
“Sai cosa c'è che non va?” chiese Jongdae, quasi implorante.
“Io—ti prego, va' a casa.”
“Kyungsoo, se sai che succede devi dirmelo. È il mio migliore amico, andiamo,” insistette il ragazzo, alzando leggermente la voce.
“Jongdae,
non ora. Devi andare a casa e lasciarmi fare, e dopo potrai parlare con Minseok e farti dire tutto. Okay? Ti prego.”
Jongdae sembrò sorpreso dalla fermezza nella voce di Kyungsoo, e i suoi occhi ebbero un guizzo pericoloso, ma poi sospirò e si passò una mano tra i capelli prima di dire, “D'accordo. Vado.”
“Grazie,” disse Kyungsoo, e a malapena lo vide andarsene perché riusciva a pensare solo ad una cosa. Non appena il ragazzo se ne fu andato, Kyungsoo marciò dritto fuori dalla porta chiudendosela alle spalle – lasciando per la prima volta casa da quando era tornato dall'ospedale, anche se non ci pensò nemmeno – e ignorò il campanello, decidendo invece di sbattere i pugni contro la porta di Minseok. Si aprì un momento dopo, e Minseok lo guardò sorpreso.
“Kyungsoo,” disse, gli occhi sgranati. “Cosa—”
“Hyung.” Kyungsoo strinse i denti.
“Cosa stai facendo?”
Minseok lo guardò a bocca aperta per un secondo, e Kyungsoo odiò quanto spaventato sembrasse. “Io—sono malato, dovresti—”
“Oh, io
lo so che sei malato,” sputò Kyungsoo. “Ma tu?”
Minseok deglutì e fece un passo indietro, e sembrava stesse per chiudere la porta, quindi Kyungsoo si fece avanti per bloccarla. Guardò il vicino dalla testa ai piedi, e faceva
male vedere tutti gli indizi che si era perso nella settimana passata. Quanto fosse magro e pallido il viso di Minseok, e come indossasse vestiti larghi e spessi nonostante ci fosse caldo in casa, e come il suo aspetto fosse stanco, instabile e fragile. Faceva male, e turbava Kyungsoo, e lo faceva arrabbiare, perché pensava che l'avessero superata.
“Sto bene, Kyungsoo, ho solo—”
“No, hyung, non stai bene,” disse Kyungsoo, facendo un altro passo avanti e facendo arretrare l'amico. “Non
osare dire di stare bene. Ci siamo già passati prima, lo sai che non stai bene.”
“Non sono—” disse disperato Minseok, tremando leggermente. “Non è così, non sono—”
“Non mentirmi, Kim Minseok,” Kyungsoo era furioso. “Sono
così. Arrabbiato con te. Non riesco a credere quanto egoista tu sia in questo momento.” Minseok lo fissò e scosse la testa, ma Kyungsoo si rifiutò di lasciarlo parlare. “Non provare a negarlo, hyung. Sei così egoista, e così stupido, e come osi lasciare che Jongdae si preoccupi per te? Sai quanto si è spaventato l'ultima volta. Pensi che sia giusto? Pensi di essere l'unica persona a cui stai facendo del male adesso? Come osi metterti in pericolo, quando sei – quando sei l'unica persona che io ho.” Singhiozzò leggermente, e poteva sentire le lacrime bruciargli gli occhi e il petto gli faceva male, ma si rifiutò di piangere. “Come puoi fare questo quando non ho nessun altro? Cosa dovrei fare senza di te, huh? E pensi – pensi di essere l'unico a preoccuparsi per Luhan? Cosa credi che penserebbe lui? Minseok, mi stai ascoltando? Non puoi farlo ancora, non puoi, non te lo permetterò.”
Gli occhi di Minseok erano rossi e lucidi a questo punto, ma se li asciugò furiosamente, distogliendo lo sguardo da Kyungsoo, e disse, “Sto bene.”
Kyungsoo voleva prenderlo a schiaffi, o
scuoterlo o qualcosa del genere. “Non stai BENE, hyung! Non riesci a vederlo?”
Minseok continuava ad asciugarsi gli occhi, senza guardarlo, e a indietreggiare, passo dopo passo. Scosse la testa ostinatamente. “Preoccupati per qualcuno che lo merita, Kyungsoo,” disse, con voce roca. “Preoccupati per Luhan.”
E fu quella la cosa che fece scivolare le lacrime lungo le guance di Kyungsoo, perché Minseok non aveva idea, Minseok non capiva cosa stesse facendo, non capiva mai. “Hyung, Luhan è in Cina,” disse, e per qualche ragione sembrava implorante. “È semplicemente in Cina, non si sta
uccidendo.”
Minseok si morse il labbro e si diresse in camera, scuotendo la testa. “Non lo sto facendo, sto bene,” disse, inciampando sui propri piedi prima di arrivare alla porta. “Lasciami in pace.” Poi scomparve dentro la stanza.
Kyungsoo si accovacciò a terra e si mise le mani tra i capelli, chiudendo gli occhi mentre le lacrime gli cadevano dal mento al pavimento. Tutto faceva male e la testa gli pulsava per la pressione e le emozioni travolgenti, e non poteva farlo, non poteva lasciare che accadesse, doveva fare qualcosa. Doveva far capire a Minseok.
Non sapeva quanto tempo ci volle, ma riuscì a tornare in camera propria più tardi, tremando e prendendo dei lunghi respiri, e gli ci vollero solo altri pochi minuti per vedere il foglio di carta attaccato alla sua lavagna, con un numero scritto sopra. Deglutì e afferrò il telefono.
Questa contava come emergenza.


Minseok rimase seduto nel balcone di camera sua per molto tempo, le ginocchia poggiate sulla sua piccola sedia pieghevole, a guardare le macchine che passavano sulla strada. Staccava i pelucchi attaccati al proprio maglione, e non pensò a nulla, perché la testa gli pulsava e stava avendo qualche problema a concentrarsi su qualsiasi cosa oltre che
Non sto male, Non sto male, Non sto male. L'immagine di Kyungsoo che gli urlava contro, di Kyungsoo che stava chiaramente raggiungendo il punto di rottura, gli balenò in testa, e si sentì nauseato per il senso di colpa e la paura e la fervente negazione. Non sto male.
Non sapeva nemmeno come si sentiva circa tutto questo. Si sentiva semplicemente terribile, in ogni significato della parola. Tutto sembrava terribile, e Minseok non sapeva nemmeno cosa fare.
Tornò dentro solo quando nuvole grige oscurarono il cielo e cominciò a piovergli sopra, e i suoi capelli si bagnarono troppo per essere confortanti. Considerò brevemente di restare lì, e lasciare che l'acqua gli si riversasse addosso, che magari lo affogasse, o almeno che lo lavasse via, ma poi cominciò a tremare e Minseok non riusciva nemmeno a punirsi in modo appropriato.
È solo in Cina, non si sta uccidendo!”
Non lo sto facendo.
Minseok si asciugò con la manica il naso che colava ed entrò nella stanza, sfilandosi il maglione bagnato e lasciandolo cadere a terra mentre lui si stendeva sul letto e allungava un braccio sotto di esso per prendere una scatolina di cioccolatini. La fissò per qualche momento, e la sua mano si sollevò d'istinto sul proprio stomaco. Si morse il labbro, guardando con incertezza il cioccolatino incartato, e poi rimise il coperchio, proprio quando il telefono cominciò a squillare con insistenza. Minseok lo guardò sorpreso, poi lo prese per controllare lo schermo. Il numero era sconosciuto, e aveva quasi rifiutato la chiamata, ma alla fine accettò e si portò l'apparecchio all'orecchio. “Pronto?”
Seok-ah.”
Minseok si sedette immediatamente, gli occhi sgranati, e sentì il fiato mancargli. “Luhan?”
La voce sull'altra linea fece un suono di assenso, e la qualità del suono non era eccezionale ed era solo una voce, solo una piccola voce lontana, ma il cuore di Minseok sussultò come non faceva da oltre una settimana.
“Lu, oddio. Come stai? Stai bene? Tu – non hai mai chiamato, e stavo incominciando a preoccuparmi, pensavo che forse—”
Mi ha chiamato Kyungsoo.”
Minseok chiuse la bocca. Gli ci volle un momento per processare quelle parole, e quando lo fece, deglutì a fatica. “Lui – l'ha fatto?”
Ci fu un momento in cui tutto quello che si sentiva dall'altra parte era un debole respiro, e poi Luhan disse, “
Minseok, cosa stai facendo?”
Immediatamente, la gola di Minseok si chiuse di nuovo, e la testa gli pulsava e gli occhi gli bruciavano, e premette il telefono all'orecchio desiderando di poter semplicemente sentire il suono della voce di Luhan, e di non doversi preoccupare di quello che avrebbe detto o di nient'altro. “Io non—non lo so,” singhiozzò.
Kyungsoo mi ha detto alcune cose.”
Minseok stava andando in iperventilazione, era come se i suoi polmoni non si espandessero abbastanza e non riuscisse a riempirli con abbastanza ossigeno e continuava a fare dei piccoli respiri veloci che sembravano piccoli singhiozzi. “Che tipo di cose?”
“Cose che avrei preferito mi dicessi tu stesso,” disse Luhan, e la sua voce era così triste, così delusa, e Minseok per un momento desiderò spegnere il telefono. Ma questo avrebbe significato non poter parlare con Luhan, e questo avrebbe fatto ancora più male.
“Cosa ti ha detto?” Non voleva sentirlo e sapeva che
doveva sentirlo allo stesso tempo.
Riuscì a sentire Luhan prendere un profondo respiro.
“Mi ha detto che ti stai facendo del male, e mi ha detto di chiederti di spiegarmi. Perché. Perché è accaduto la prima volta.”
Minseok voleva piangere. Non voleva dirlo, non voleva nemmeno
pensarci, ma sapeva che doveva farlo. Ma questo non lo rendeva meno doloroso.
“Una volta mi hai detto di aver avuto qualche problema dopo la diagnosi,” disse Luhan con cautela. “Che è stato davvero brutto.”
Era stato Kyungsoo a dirgli che questo era quello che era accaduto la prima volta, o aveva fatto quel collegamento da solo? “Già,” sussurrò Minseok, chiudendo gli occhi.
“Cosa è successo, Minseok?”
Si morse il labbro così forte da sentire il sangue sulla lingua. “Il – il problema è cominciato molto prima,” disse, e la sua voce era tremante e sembrava terrificata, persino a se stesso, ma forse non era una cosa negativa.
“Quando?”
Minseok ci mise un lungo momento per prendere il coraggio dire, “Ero un bambino grassoccio.”
“Lo so, ho visto le foto.”
Minseok sussultò. “L'ho odiato. Per tutta la mia vita. Ma ero così... di costituzione. Avevo una dieta normale e tutto, ed ero grasso. Mia madre non mi ha mai fatto mettere a dieta, diceva che non era salutare per un bambino in crescita o che so io. Ero insicuro, però, non lo so. Ero solo... odiavo chi ero.” Prese un altro lungo respiro. “Proprio prima che mi venisse diagnosticato il diabete, persi molto peso. Dimagrii spaventosamente tanto, perché la mia glicemia era altissima. Influenzò tantissimo il mio peso, ma era solo uno dei sintomi. Dovevo andare spesso al bagno, bevevo come un matto, avevo sempre fame, e perdevo molto peso. Non lo facevo di proposito. Ma immagino che... che mi piacesse. Essere magro. Mi piaceva non essere più ciccione.”
Deglutì a fatica, si abbracciò le ginocchia e chiuse gli occhi, facendo una pausa per ascoltare il respiro regolare di Luhan. Avrebbe voluto che il ragazzo fosse lì con lui. “Quando ho cominciato a controllare la mia insulina e tutto, però, l'ho ripreso. All'inizio non mi dispiaceva, perché ero praticamente scheletrico. Ma continuavo a riprendere peso, perché è un comune effetto collaterale della terapia con l'insulina. E poi, non giocavo nemmeno più a calcio, e dovevo mangiare molto. E le persone continuavano a fare commenti.
Oh, stai riprendendo peso! Tutto quello che hai perso! Lo dicevano in maniera positiva, perché la perdita di peso era stata spaventosa, ma mi fece solo pensare che stessi ingrassando. Mi spaventò tanto quanto la velocità con cui l'avevo perso. Volevo perderlo di nuovo, ma non c'era molto che potessi fare al riguardo. Non potevo mangiare meno, e non potevo fare più esercizio. Ma poi mi ricordai come avevo perso tutto quel peso quando mi ero ammalato all'inizio, perché i miei livelli di zucchero nel sangue erano stati altissimi. Quindi smisi di prendere tutta quell'insulina.”
Minseok—” disse Luhan, sembrando spaventato. Minseok emise un debole suono di lamento, e cercò di darsi un contegno.
“Pensavo di essere intelligente,” confessò tremando. “Mentivo a mia madre sulle cifre, fingevo che andasse tutto bene. Era molto pericoloso, però. Non controllavo la mia glicemia, e c'erano molte cose che potevano andare male. Non ci pensavo, però. Stavo perdendo peso. Ero ossessionato con il contare le calorie e tutto. È davvero facile per le persone con il diabete diventare ossessionati con cose di questo genere, dato che il cibo e tutto sono così importanti. Ma mi ammalai di nuovo, dopo un po'. Cercai di nasconderlo, ma ovviamente alla fine le persone lo notarono. I miei genitori si arrabbiarono molto, ovviamente, ma anche Kyungsoo. Non l'avevo mai visto così arrabbiato in vita mia; pianse per ore, a malapena
respirava per quanto singhiozzò. Fu – immagino che fosse la scossa di cui avevo bisogno.”
Ci fu un lungo silenzio, e poi Luhan chiese,
“E poi cosa è successo?”
Minseok si strofinò il collo e si sforzò di prendere profondi respiri, anche se il petto gli faceva male. “Immagino che... molte cose siano cambiate. Mia madre e Kyungsoo divennero molto protettivi. Kyungsoo mi controllava un paio di volte al giorno – mi controlla ancora dopo la scuola. Mia madre divenne molto rigida circa quello che mangiavo. Dovemmo fare molti compromessi, e fu difficile. Dovevo mangiare una certa quantità di cose, ma dovevo stare attento, molto attento, perché eravamo spaventati che se avessi ripreso peso, ci sarei caduto un'altra volta. Ero molto sensibile all'argomento. Mia mamma divenne una sorta di specialista del regime, e io mi convinsi che fosse solo perché mi voleva in salute. Il peso divenne una cosa di cui nessuno parlava mai. Non volevamo nemmeno pensarci. Tutto ruotava attorno alla salute, invece; cibo salutare, quantità salutare di esercizio, e controllo della glicemia. Se avessi seguito le regole, il peso non sarebbe stato un problema. Sia perdere che prendere peso sarebbe stato pericoloso a quel punto, quindi divenne importante mantenere lo stesso peso il più possibile. Kyungsoo mi fece ogni sorta di tabella, ed erano davvero drastiche, ma mi tenevano la mente lontana da... altre cose.”
“Non l'ho mai saputo…” disse Luhan, con voce piccola e spaventata. Minseok odiava quanto sembrasse spaventato. Era per questo che non lo diceva mai a nessuno.
“Lo so,” rispose. “Ancora oggi evitiamo di parlarne più che possiamo. Te l'ho detto, no? Parlarne mi fa pensare a cose brutte, quindi non pensarci è l'opzione più sicura per noi. Sono migliorato molto da allora, certo. Non sono più così sensibile. A volte faccio un così buon lavoro a non pensarci che quasi me ne dimentico. Faccio cose che non avrei mai fatto in passato, come assaggiare cibi non proprio salutari. Purché ne discuta con mia madre. Riusciamo ad infilarlo nel regime. Questo è sicuro. In un certo senso, il diabete è una buona scusa – tutto può ruotare attorno al diabete, e non attorno al peso. Sono migliorato davvero.”
Ma ora stai peggiorando.”
Minseok mandò giù il magone che aveva in gola. Se n'era quasi dimenticato. “Già. Ma non è la stessa cosa. Ultimamente, ho semplicemente... non mi importa più. È stupido. Sono così stupido. Ho smesso di controllare i miei valori e ho vagamente basato tutto solo su come mi sentivo, non mi importava se le cose andavano fuori controllo. Più la mia glicemia diventava incostante, più il mio umore cambiava, e smetteva di importarmi ancora di più. E mi arrabbiavo ogni volta che a
qualcun altro cominciava ad importare, perché io non volevo. E poi ho ricominciato a prendere peso per tutte le schifezze che stavo mangiando, e la mia reazione è stata estrema, e ho lasciato che accadessero cose che solitamente non avrei lasciato che accadessero. Ho convinto me stesso che non ci fosse niente che non andava. Non so nemmeno più quale dei miei problemi è causato da cosa ormai, e la cosa è davvero andata fuori controllo e non – non so come rimettere le cose a posto. Non so come rimettere me a posto.” Prese un profondo respiro, sentendo di poter ricominciare ad annaspare da un momento all'altro. “Sono così stanco di fingere che sto bene, che posso essere forte abbastanza. Voglio solo poter smettere di pensare che abbia importanza, come tutti. Non voglio più dovermi preoccupare di nulla.” La sua voce si era fatta sempre più piccola con ogni parola, e alla fine della frase si ritrovò a piangere, le sue guance erano di nuovo bagnate, e sapeva di sembrare e suonare ridicolo, raggomitolato sul suo letto a tirare su col naso e dire quelle cose, ma allo stesso tempo, sentiva di non essere ridicolo affatto.
Minseok, io – non so cosa fare,” disse Luhan, sembrando tanto spaventato quanto Minseok. “Cosa dovrei fare?”
“Non lo so,” mormorò pietosamente Minseok. “Non so nemmeno cosa dovrei fare
io.”
“Vorrei essere lì,” disse Luhan. “Vorrei potermi prendere cura di te.”
Le labbra di Minseok si tirarono in un piccolo sorriso, nonostante il cuore gli facesse male. “Anche io vorrei che fossi qui.”
“Ma non posso esserci,” riprese il ragazzo, e faceva ancora più male. “E so che non vuoi che ti importi, Seok-ah, ma devi farlo. Lo sai, vero? Non puoi lasciare che siano gli altri a farlo per te. So che è più facile fingere che non ci sia niente che non vada, ma non puoi cambiare chi sei. Devi... affrontare la realtà, lo sai?”
Minseok sussultò. Solo qualche giorno fa aveva detto con rabbia a Chanyeol di smetterla di fuggire dalla verità e di reagire alla situazione, e solo ora colpì Minseok che lui per tutto questo tempo aveva fatto la stessa identica cosa. “Lo so,” sussurrò.
“Ma non devi neanche farlo da solo. Kyungsoo vuole aiutarti, i tuoi genitori vogliono aiutarti, e sono sicuro che lo voglia anche Jongdae. Devi essere responsabile, ma non devi esserlo da solo. È importante parlare con le persone quando diventa difficile, sai. Ci sono un sacco di persone che vorrebbero ascoltare.”
“Lo so.” Ed era così – Minseok
lo sapeva – ma questo non lo rendeva facile. Era difficile, essere sempre quello debole.
“Non è niente di cui vergognarsi, Seok-ah,” continuò Luhan, come se potesse leggere la mente dell'amico. “Hai un enorme peso sulle spalle. E lo capiscono tutti.”
“Ce l'hai anche tu,” mormorò Minseok. “Ce l'ha anche Kyungsoo.”
Io ho i miei genitori, e ho Yixing e ho te. E anche Kyungsoo conta su di te, lo sai questo. Conta su di te più di ogni altra cosa, anche se non lo dice mai a voce alta. Tutti gestiscono le cose in modo diverso. Stiamo tutti lavorando sulle nostre cose. Anche tu devi lavorare sulle tue.”
Minseok deglutì a fatica. “Lo farò,” disse.
“Quindi cosa pensi di fare?” chiese Luhan, sembrando deciso e controllato, ma Minseok poté sentire il tremolio nella sua voce.
Minseok spazzò via polvere invisibile dalla sua coperta. “Andrò all'ospedale,” mormorò.
È così grave?” chiese Luhan, sembrando immediatamente preoccupato.
“No,” gli assicurò Minseok. “Ma probabilmente sono disidratato e di sicuro ho bisogno di un controllo medico. Non è inconsueto, onestamente. È successo altre volte in passato, per sbaglio.”
Okay,” disse Luhan, più per rassicurare se stesso. “E dopo?”
“Io... ascolterò Kyungsoo. E mia madre. E i dottori.”
“Che mi dici di te?”
Le labbra di Minseok si sollevarono ancora. “Dipende da quello che dico,” rispose. “Non è sempre una buona idea ascoltare quello che dico. Guarda dove sono ora.”
“Ma non puoi sempre aspettarti che gli altri ti controllino. A volte devi prenderti tu cura di te stesso. Gli altri possono aiutarti, ma ti devi anche aiutare da solo.”
Minseok sospirò. “Lo so.”
“Non osare smettere di prenderti cura di te stesso Kim Minseok,” lo avvertì Luhan, e il suo tono era leggero ma Minseok sapeva che era serio. “Altrimenti non ti chiamerò più e Kyungsoo non ti parlerà più e sarà colpa tua. Hai capito?”
Minseok annuì, poi si rese conto che Luhan non poteva vederlo e disse, “Sì.”
“Bene. Perché dico sul serio. So che è difficile e che fa paura ma devi davvero, davvero prenderti cura di te. Se Kyungsoo mi dovesse chiamare ancora per dirmi che non lo stai facendo, dovrò arrivare dalla Cina per colpirti.”
Minseok rise piano. “Non credo che sarei contrario a quest'idea,” disse piano.
Luhan rimase in silenzio per un lungo momento, e poi disse,
“Mi manchi.”
Minseok si morse il labbro. “Mi manchi anche tu.”
“Ora devo andare, okay?”
“Aspetta!” Minseok si sedette di scatto. “Questa è la prima volta che mi chiami e l'unica cosa di cui abbiamo parlato è quanto io sia incasinato. Volevo parlare con te.”
Luhan rise leggermente.
“Non era così che immaginavo sarebbe andata la nostra prima chiamata,” ammise.
“Mi dispiace.”
No, no, non scusarti. È solo che – devo andare davvero. Questa chiamata mi costerà un sacco sai, e non sono proprio ricco.”
“Un altro minuto?” implorò Minseok.
Luhan rise deliziato, e Minseok sentì una sensazione calda allo stomaco.
“Un altro minuto. Faccio partire il timer!”
Minseok emise un piccolo suono impanicato. Sessanta secondi per dire tutto quello che voleva dire a Luhan? Da dove cominciare? “Ah, okay, um. Come stai?”
Luhan prese tempo, e Minseok voleva quasi dirgli di parlare più in fretta.
“Sto bene. In un certo senso è piacevole essere di nuovo in Cina. Non mi devo preoccupare di dire sempre la cosa sbagliata. Posso rivedere i miei vecchi amici. Ma è stato tutto molto... frenetico. E stressante. Non proprio divertente.”
“Cosa pensi di fare? Sono preoccupato per te…”
“Non preoccuparti per me!” esclamò allegramente, ma non lo aiutò. “Siamo solo... non siamo ancora sicuri. Perché non sappiamo quanto durerà questa situazione.”
Minseok deglutì. “Tornerai, vero?” chiese, con voce debole.
Ah, Seok-ah…” Luhan sembrò distintamente nervoso. “Non lo so. Non lo so davvero.”
Minseok prese un profondo respiro. “Devi tornare se puoi, okay?”
“Lo farò. Lo prometto.”
Minseok si morse il labbro. “Quanto tempo mi manca?”
Huh?”
“Al mio minuto.”
Luhan rise.
“Venti secondi.”
Minseok deglutì ancora, e le parole
Ti amo danzarono sulla sua lingua, ma le mandò giù. Non ora. Non era il momento. “Parlami.”
“Cosa?”
“Voglio... voglio solo sentire la tua voce. Parlami.”
Luhan fece un suono vago, e Minseok sarebbe voluto rimanere a parlare con lui per ore.
“Continuo a pensare che mi piacerebbe portarti in Cina un giorno,” disse, e il cuore di Minseok perse un battito. “Fa caldo qui in questi giorni. Davvero caldo. Voglio farti conoscere i miei amici, voglio farti assaggiare il cibo cinese. Vorrei fossi qui con me.” Fece una pausa. “Otto secondi!”
“Chiama ancora presto,” disse velocemente Minseok.
“Ci proverò. Mi manchi! Ciao, Minseok! Prenditi cura di te!”
Minseok ebbe a malapena il tempo di dire, “Ciao,” che la linea cadde. Fissò sconsolatamente il telefono, poi vacillò quando un'ondata di nausea lo colpì. Oh, giusto.
Gli ci volle un lungo minuto per decidere cosa fare prima. Poi, con mani leggermente tremanti, si alzò dal letto e uscì di casa, andando da Kyungsoo. Bussò piano, poi entrò.
Kyungsoo era seduto in cucina, con la schiena rivolta verso di lui, e non si girò quando Minseok entrò nella stanza. Il maggiore prese un profondo respiro. “Hey, Soo,” disse gentilmente, e il ragazzo rimase immobile. “Io—sono... mi dispiace davvero, Kyungsoo. Non so cos'altro dire. Mi dispiace così tanto.”
Kyungsoo tirò leggermente su col naso. “Avevi promesso che non l'avresti più fatto.”
“Lo so,” disse piano Minseok, fissando il pavimento. “Mi dispiace.”
“L'avevi
promesso.”
“Mi dispiace. Vuoi... vuoi che me ne vada?” chiese piano.
Kyungsoo scosse la testa immediatamente, asciugandosi gli occhi con la manica. “Vieni qui.”
Minseok si fece avanti, ogni passo era leggermente esitante, e si mise proprio dietro Kyungsoo, facendogli capire che era lì.
Kyungsoo si alzò, si voltò, e guardò Minseok per la prima volta. I suoi occhi erano rossi e gonfi, e si morse violentemente il labbro, e gli faceva male vederlo così, sapere che era colpa sua. Ma poi Kyungsoo sollevò le braccia, aperte in una preghiera silenziosa, e Minseok sbatté le palpebre sorpreso.
“Soo—” disse, scioccato.
“Ho bisogno di un abbraccio, hyung,” mugolò Kyungsoo, con gli occhi lucidi. “Per una volta nella vita. Un abbraccio. Ti prego.”
D'istinto, Minseok si lanciò in avanti, chiudendo le braccia attorno all'amico per la prima volta in tutta la sua vita. Il più piccolo tremò contro di lui, ma lo strinse forte, premendo il viso contro la spalla di Minseok, e Minseok sapeva che questo abbraccio significa molto di più per Kyungsoo. Questo era qualcosa di grande.
“Non puoi farti questo,” mormorò contro la maglietta di Minseok, senza fiato. “Sei la cosa più importante al mondo per me. Devi pensare anche a me.”
Minseok deglutì a fatica, sentendo Kyungsoo stringere i pugni, e il suo cuore battere velocemente contro il proprio petto. “Mi dispiace,” mormorò, chiudendo gli occhi.
“Non lasciarmi andare,” sussurrò Kyungsoo, e Minseok sentiva che non parlava solo dell'abbraccio.
Come che fosse, la promessa di Minseok fu, “Non lo farò.”

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Capitolo 32
*** Capitolo 30 ***


Passare la notte in ospedale non era esattamente qualcosa che Minseok voleva fare – aveva passato più che abbastanza tempo in ospedale l'anno precedente, grazie tante – ma riuscì decisamente a sentirne i benefici dopo circa dodici ore. Era andato non appena sua madre fu tornata da lavoro, e fece promettere a Kyungsoo di non dirle quanto esattamente fosse grave il problema a meno che le cose non andassero davvero fuori controllo. La donna era già abbastanza autoritaria di suo, e darle altre ragioni per esserlo avrebbe solo peggiorato la situazione di Minseok. Invece, le disse semplicemente che non si sentiva bene, forse aveva preso qualche virus, e che la sua glicemia si era alzata pericolosamente. Era andato all'ospedale anche per meno in passato.
Per fortuna, la sua diagnosi non era grave. Era disidratato, mostrava i sintomi dello chetoacidosi—una concentrazione pericolosa di chetoni tossici nel suo sangue dovuta ad una prolungata glicemia alta—e aveva perso peso, ma il vero problema era stato quando Minseok aveva cominciato a vomitare mercoledì. Aveva gestito tutto da solo, probabilmente poco saggiamente, ma doveva comunque passare del tempo prima che si rimettesse completamente. Fisicamente, una notte di flebo per reidratarlo e riportare la glicemia a livelli normali sarebbe bastata, e poi un'altra settimana di attenti controlli lo avrebbe rimesso in sesto. Ma mentalmente... beh, c'era del lavoro da fare.
Minseok era una persona che si faceva travolgere facilmente dalle situazioni, lo era sempre stato, e l'avergli diagnosticato il diabete aveva solamente amplificato la cosa. Situazioni come quella in cui si trovava al momento gli sembravano sempre insormontabili, ed era per questo che tendeva a chiudersi ed ignorarle invece di affrontarle, cosa che ovviamente le rendeva ancora più gravi.
Questo era quello che gli diceva sempre Kyungsoo. A Minseok sembrava semplicemente di annegare, tutto il tempo, mentre fingeva di saper nuotare.
Quando sua madre se ne andò quella notte dicendogli di dormire, Minseok chiamò il dottore per parlare in privato. Era lo stesso dottore che aveva lavorato con lui sin dalla diagnosi, e Minseok apprezzava questa cosa. Nervoso e con esitazione, cercò di spiegare all'uomo come si sentisse, questa terribile sensazione di annegamento, e disse, “Posso nuotare per un po', sa? Ma diventa... diventa stancante tenersi a galla così a lungo. Perché non c'è una riva. Sono in mezzo all'oceano, e rimango a galla e non c'è modo di riposarsi. E non so come fare a resistere per sempre. Come potete aspettarvi che stia sopra il pelo dell'acqua per tutta la mia vita?” Le parole gli uscirono dalla bocca in un miscuglio confuso, e ce n'erano altre, voleva dire di più, sul dover affrontare acque agitate e onde altissime e sull'avere amici che si trovavano su delle zattere che non capivano cosa significasse non averne una, ma invece si interruppe e fissò il liquido che gli scorreva nelle vene, con la testa che gli pulsava.
Il suo dottore lo guardò a lungo, pensieroso, e poi disse, “Sai, Minseok, anche se pensi di star affogando da solo, ci sono anche altre persone che annegano. Devi solo imparare a chiedere se ti puoi appoggiare a loro per un po' mentre riprendi fiato.”
Minseok lo guardò e abbozzò un sorriso. “E se dovessero stufarsi di tenermi su?”
“Allora dovresti cercarti amici diversi. Ma so per certo che hai due genitori davvero presenti, e ho parlato anche con il tuo vicino in passato.”
Minseok rise leggermente, poi si adombrò. “Ma se... se io non volessi che sappiano che non so nuotare?”
Il dottore sospirò piano. “Non è niente di cui vergognarsi, Minseok.”
“Lo so,” rispose lui con voce strozzata. “È quello che ha detto il mio amico.”
“Ragazzo intelligente,” disse l'uomo con un sorriso. “Ha completamente ragione.”
Minseok si morse il labbro e pensò a Jongdae, che non sapeva niente, che probabilmente era preoccupato da morire, che probabilmente sarebbe andato andrebbe fuori di testa ora se avesse saputo. Non era solo la vergogna che lo tratteneva dal dirlo al migliore amico.
“Un passo necessario per risolvere i problemi e ammettere che ce li hai, Minseok, e ammetterlo agli altri è una parte importante.”
Minseok non sapeva nemmeno se stesse parlando del diabete o della sua incapacità a gestirlo, o forse di entrambi. Come che fosse, sapeva che aveva ragione. “Io... ci proverò.”
“È tutto quello che chiedo,” disse il dottore, sorridendo incoraggiante mentre si alzava. “Ora riposati e rimettiti, okay? Vado a chiamare l'infermiera della tua scuola, così che ti possa tenere d'occhio per la prossima settimana. Vai a farle visita se dovessi avere qualche problema, un paio di volte alla settimana giusto per precauzione. E non esitare a parlarne con i tuoi genitori e amici, okay? O con me, ovviamente. Siamo tutti qui per... aiutarti a stare a galla.”
Minseok sorrise. “Grazie,” disse piano.


Lasciò l'ospedale domenica mattina presto, e si fermò a casa di Kyungsoo subito dopo colazione per mettere insieme un piano. Per la prossima settimana o giù di lì, lo avrebbe dovuto seguire religiosamente, fino all'ultima caloria, per il bene sia del suo stato mentale che di quello fisico. Kyungsoo gli parlò di ogni pasto, ogni controllo della glicemia, ogni verifica del peso, rendendo tutto il più preciso e diretto possibile. Al momento, quello di cui aveva davvero bisogno Minseok era sapere che poteva gestirlo.
“Devi evitare lo stress esterno il più possibile, okay?” lo avvertì Kyungsoo, guardando i fogli coperti dalla sua calligrafia precisa. Sembrava esattamente il dottore di Minseok. “Questo sarà più che sufficiente. Parla con i tuoi insegnanti se ne hai bisogno, abbandona tutto quello che non è assolutamente necessario tu faccia. Non voglio che abbia attacchi di panico per la scuola, renderebbe tutto mille volte peggio.”
Minseok si morse il labbro. “Ma i miei voti... stanno già calando…”
“La tua salute è più importante che entrare nella migliore università in Corea, hyung,” disse seriamente Kyungsoo. “Evita lo stress. Promettimelo.”
Certo, Minseok promise.
Ma Minseok non poteva controllare nessuno oltre se stesso, e anche quello era messo in discussione. Tornò a casa propria verso le dieci del mattino, per prepararsi la prima merenda del giorno, e passò il resto della mattinata cercando di riprendere in mano alcuni compiti che aveva rimandato troppo a lungo. La sveglia del telefono suonò intorno a mezzogiorno meno un quarto, e si alzò per controllare la glicemia e prendere una dose di insulina, più alta rispetto al solito per bilanciare i livelli ancora sfasati. Canticchiando una canzone che usciva dalle casse del suo iPod, entrò in cucina per tirare fuori del cibo, per poi rendersi conto che non sapeva nemmeno cosa ci fosse oggi sul menù. Sbuffando, passò un altro minuto o due a controllare negli armadietti, cercando di ricordare, poi tornò in camera per guardare il suo programma.
Dovette frugare tra tutti i fogli sparsi nella stanza per trovarlo, accigliandosi quando iniziò a sentire l'insulina fare effetto troppo in fretta. Avrebbe dovuto mangiare tra i cinque e i dieci minuti dopo averla presa, altrimenti la glicemia sarebbe scesa a piombo. Ne erano già passati più di cinque, e ancora non aveva nemmeno trovato il foglio, figuriamoci preparare il cibo e mangiarlo. Quando finalmente lo trovò sotto il libro di matematica, stava cominciando a sentire l'indicativa irritabilità e le vertigini. Minseok grugnì. Ne 
aveva già abbastanza di questa glicemia pazza.
Proprio quando si stava alzando per tornare in cucina, però, qualcuno bussò violentemente alla porta, e Minseok alzò gli occhi al cielo e andò a vedere chi fosse.
“Jongdae?” chiese sorpreso, aprendo la porta per vedere il migliore amico, che sembrava piuttosto agitato.
“Hyung,” disse duramente Jongdae, entrando e facendo indietreggiare l'amico. “Cosa diavolo ti sta
succedendo?”
Minseok lo guardò a bocca aperta per un momento. “Io—cosa?”
Jongdae si passò le dita tra i capelli agitato, mandandoli in tutte le direzioni.
“Ti prego dimmi solo cosa sta succedendo. Ieri, dopo che sono stato da te, sono passato da Kyungsoo per dirgli che mi sembravi malato, e lui mi ha detto di andare a casa. Cosa sa che io non so? Perché gli dici cose che a me non dici? Pensavo di essere il tuo migliore amico!”
Minseok si fece sempre più piccolo mano a mano che la voce di Jongdae si alzava. No, non poteva accadere adesso. Aveva passato dei giorni follemente difficili, aveva già ammesso un numero di cose spaventose, e non voleva dover affrontare anche questo, adesso. Era troppo per lui, aveva bisogno di tempo per riprendersi. Kyungsoo gli aveva detto di evitare lo stress, e questo stava già cominciando a sopraffare Minseok. “Io—non c'è niente che non vada, Jongdae, stava solo—”
“Cazzate!” scattò Jongdae, e Minseok fece un altro passo indietro per la sorpresa. “Non – non mentirmi, okay? È già chiaro che mi tieni nascosto qualcosa, non devi anche mentirmi.” Prese un profondo respiro arrabbiato. “Ieri sera, ho provato a chiamarti, e il tuo telefono era spento. Ho provato a chiamare Kyungsoo, e mi ha detto che eri all'ospedale. L'ospedale, hyung, questo è l'esatto opposto di non c'è niente che non vada. E la parte peggiore è che me lo ha dovuto dire Kyungsoo. Non me l'hai nemmeno detto tu!”
Minseok stava tremando ora, una combinazione di glicemia bassa e il fatto che non si fosse ancora ripreso dalle settimane passate e di una terribile, paralizzante
paura, e riuscì a malapena a respirare per dire, “Ti prego Jongdae, devo solo andare a mangiare qualcosa—”
Jongdae si mise ostinatamente tra Minseok e la cucina. “Non inventare scuse, hyung,” disse cupamente. “Ho parlato con Chanyeol oggi. Ha detto che mercoledì hai
vomitato. Persino Chanyeol sa più di me. Dimmi solo cos'hai che non va! Sto impazzendo, senza sapere che c'è! Perché non me lo vuoi dire?”
“Jongdae non posso—non posso—” continuò Minseok, prendendo piccoli respiri profondi.
“Dimmi. Che c'è. Che non va.” Jongdae diede una piccola spinta a Minseok, per la frustrazione, e non lo fece smuovere di un millimetro, ma fu abbastanza da farlo crollare.
“Sono diabetico, Jongdae!”
Il più piccolo si irrigidì immediatamente, gli occhi sgranati. “Cosa?”
Minseok fece un altro respiro profondo, era prossimo alle lacrime, e un anno di segreti si riversò come una valanga dalle sue labbra. “Sono
diabetico cazzo, e non te l'ho detto perché saresti andato fuori di testa e ho un potenziale disturbo alimentare e non mi prendo cura di me stesso al punto da dover passare la notte in ospedale ed è già abbastanza dura senza che tu mi urli addosso, okay? E devo mangiare qualcosa adesso prima di svenire quindi fatti da parte per favore, d'accordo, so che sono il peggiore amico al mondo e mi dispiace ma mi odio già abbastanza senza che ci sia tu a ricordarmelo.”
Jongdae rimase immobile, a fissarlo, e Minseok gli passò davanti per andare in cucina, con il menù del giorno stretto in pugno. Prese il cibo dagli scaffali e dal frigo e sbatté le ante, sapendo benissimo di essere così di malumore solo perché doveva mangiare, ma sapendo anche di non poter gestire tutto questo al momento. Si infilò il cibo in bocca mentre fissava i numeri sul suo foglio.
Sembrò volerci una vita prima che Jongdae entrasse in cucina, il viso bianco e impassibile, e dicesse, “Stai mentendo.”
Il cuore di Minseok fece un tonfo, ed evitò lo sguardo del migliore amico. Lentamente, con esitazione, scosse la testa.
“Dimmi che stai mentendo, hyung.”
Minseok non disse niente.
“Devi star mentendo,” continuò Jongdae, e la sua voce si spezzò leggermente. “Perché non mi avresti tenuto nascosto qualcosa del genere. Io sono – sono il tuo migliore amico. Non puoi – non puoi—”
“Mi dispiace, Jongdae,” sussurrò Minseok guardando la propria ciotola.
“Non puoi essere diabetico,” disse Jongdae, con voce roca. “Mio nonno era diabetico. Lui era – lui – e tu non sei—”
Minseok deglutì, chiudendo gli occhi. “Aveva un diverso tipo di diabete,” disse piano. “Il mio è un po' più estremo.”
Non avrebbe dovuto dirlo così, non avrebbe dovuto, ma lo fece, e Jongdae emise un suono stridulo, come un urlo strozzato. “Tu—tu—lo sanno tutti tranne me?”
“No!” esclamò velocemente Minseok. “Oltre ai miei genitori, solo Kyungsoo e Luhan.”
Luhan?” chiese Jongdae, la voce alta in un misto di incredulità e panico crescente. “L'hai detto a Luhan, ma non l'hai detto a me, il tuo migliore amico?”
“Jongdae, io—”
“Da quando ce l'hai?”
Minseok mandò giù a fatica quello che aveva in bocca. Non aveva ancora finito di mangiare. “Io—un anno. Quella volta che mi sono ammalato…?”
“Un
anno?” strillò Jongdae, chiaramente distrutto tanto quanto Minseok. “Lo sai da un anno e non me lo hai mai detto?”
“Mi
dispiace, Jongdae, mi dispiace davvero ma avevo paura che saresti andato fuori di testa, come stai facendo, e io – non sapevo cosa fare, ero spaventato, io—”
“Mi avevi promesso che non stavi morendo, hyung,” lo interruppe Jongdae, e sembrava così fragile, così devastato, e Minseok voleva alzarsi e abbracciarlo, ma non riusciva a muoversi.
“Non è così,” sospirò. “Giuro che non sto morendo, Jongdae, e sapevo che l'avresti presa così ed è per questo che non te l'ho detto, non volevo che ti preoccupassi per me.”
Jongdae sbuffò forte e lo guardò, con sguardo duro. “Beh ovviamente è qualcosa di cui preoccuparsi, hyung! Le persone
muoiono per cose come questa! L'ho visto accadere! E io non – non posso – non posso sopportare di vederlo ancora. Non posso sopportare di vedere che accada a te.”
L'unica lacrima che scivolò sulla guancia di Jongdae fu abbastanza da far finalmente alzare Minseok dalla sedia, che si affrettò ad andare ad abbracciare l'amico, il quale crollò contro di lui per nascondere il viso nella sua spalla. Minseok non era abbastanza forte da reggere entrambi, non nello stato attuale, ma si appoggiò al muro della cucina e strinse il migliore amico, che tremava contro di lui con singhiozzi silenziosi.
“Non mi accadrà niente,” sussurrò confortante Minseok. “Non vado da nessuna parte. Lo prometto.”
“Sei andato all'ospedale,” singhiozzò Jongdae.
Minseok sussultò. “Già, quello è stato – ho avuta qualche difficoltà.”
“Perché non me l'hai
detto?”
“Io ho—” sospirò, accarezzando la schiena di Jongdae. “Ho avuto dei giorni davvero duri, immagino. Non l'ho detto a nessuno, sai, fino a ieri.”
“Ti avrei potuto aiutare,” tirò su col naso. “Se me l'avessi detto.”
Minseok pensò a quello che avevano detto Luhan, e il suo dottore, e Kyungsoo. E sapeva che avevano ragione. Lo aveva sempre saputo. Ma ora, Jongdae era qui, pronto ad aiutarlo, e tutto quello che doveva fare Minseok era fidarsi di lui e lasciare che lo tenesse a galla quando le acque si agitavano troppo. “Immagino di avere molto da spiegarti,” sussurrò contro i capelli dell'amico. “Ma puoi almeno lasciarmi finire di mangiare prima?”
Jongdae ridacchiò contro la sua spalla. “Immagino di poterlo fare.”


Il 9 Aprile cadde di mercoledì, esattamente due settimane dopo la partenza di Luhan in Cina, e sebbene Minseok avesse una tonnellata di compiti e di pagine di studio da recuperare, non sembrò riuscire a trovare abbastanza cose con cui occupare il tempo fino alle otto di sera. Era rimasto sulle spine praticamente tutto il giorno, durante le lezioni e le prove dello spettacolo di Baekhyun e mentre cercava di prepararsi per il compito di chimica che avrebbe avuto il giorno seguente. Quando si sedette davanti al computer quella sera, si sentiva pronto ad esplodere. Si mise subito a cliccare ovunque, fissando con il fiato sospeso il proprio schermo nero.
Senti la voce prima di riuscire a vedere il viso. “Heeeeey? Oh, non funziona. Yixing—” Ci fu un chiacchiericcio in cinese, e poi qualche risatina. “Riesco a vedere la
tua faccia, Minseok, saluta!”
Minseok sentì di aver dimenticato come si respirava. “H…hey.”
E poi un'immagine si materializzò sullo schermo, sgranata e rallentata, ma era lì. Luhan gli sorrise da 600 miglia di distanza, e Minseok ricambiò con un sorriso così grande che gli faceva male il viso.
“Wow, è bello rivedere il tuo viso,” disse Luhan, e sembrava tanto senza fiato quanto Minseok. Erano passate solo due settimane, solo quattordici giorni, dall'ultima volta che si erano visti, ma era sembrata una vita.
“Già,” rispose Minseok.
Rimasero entrambi in silenzio, ed era strano, perché Minseok sentiva di avere un sacco di cose da dire ma sembrava non ricordarne nemmeno una ora che vedeva il viso sorridente di Luhan dal vivo – anche se attraverso uno schermo. Anche Luhan sembrava essere perfettamente contento di restare seduto lì a sorridere, sollevando i gomiti sulla scrivania davanti a sé e posando il mento sulle mani, il petto che si gonfiava con un sospiro felice. Minseok avrebbe voluto attraversare lo schermo e toccare il viso di Luhan e passare le dita tra i suoi capelli e forse – magari – togliergli il fiato con un bacio. Ma era qui, in Corea, e Luhan era lì, in Cina, e anche se non fosse stato così, non avrebbe mai avuto il coraggio di fare nessuna di quelle cose, comunque. Eppure, gli piaceva fantasticare di tanto in tanto.
Minseok poteva quasi sentire il proprio amore uscire da ogni poro, solo guardando Luhan, ed era contento che la qualità video fosse bassa, perché pensava che altrimenti il ragazzo sarebbe riuscito a vederlo.
All'improvviso, una debole voce disse qualcosa in cinese in sottofondo, e Luhan si spostò dallo schermò per colpire qualcosa fuori dalla sua visuale, dicendo qualcosa che probabilmente conteneva uno e due insulti. Poi ci fu qualche risata, e un'altra testa apparve davanti allo schermo, sorridendo a Minseok. “
Ni hao!”
“Um…ciao ancora, Yixing,” disse Minseok, ridendo imbarazzato. Sentiva che qualsiasi cosa Yixing avesse detto a Luhan fosse stata a sue spese. Non chiese una traduzione.
Luhan sventolò le mani davanti a Yixing, scacciandolo via mentre si lamentava in cinese. Ma tutto ciò che fece l'amico fu buttarsi sulla sedia accanto a Luhan, mettendosi comodo. Luhan sbuffò. “Yixing dice che vuole vedere anche lui,” disse, alzando gli occhi al cielo.
“Oh,” disse Minseok, ridendo un po'. “Perché?”
Luhan scrollò le spalle. “È strano,” rispose. “Ma non può capire niente tanto, quindi ignoralo. Promette di non essere fastidioso.”
Yixing annuì, come se avesse capito cosa stessero dicendo. Luhan si voltò verso di lui e gli disse qualcosa con voce stucchevolmente dolce, e Yixing rise di cuore.
“Cosa hai detto?” chiese Minseok, avendo afferrato solo una parola o due. Yixing e Luhan parlavano troppo velocemente per lui, e avevano qualche accento a cui Minseok non era abituato. Il cinese di Luhan era molto più accentato quando parlava con il migliore amico.
Luhan grugnì. “Gli ho detto che lo stavamo insultando in coreano.”
“Oh, in questo caso, digli che concordo con tutto quello che dici,” disse Minseok, e Luhan ridacchiò.
“Allora,” riprese il ragazzo, riportando il mento sulla mano e sorridendo. “Come stai, Seok-ah?”
Minseok fece un suono vago, copiando la posizione dell'amico. Notò per la prima volta che la maglietta che stava indossando Luhan era sbracciata, mettendo in mostra le spalle pallide e le clavicole, i suoi capelli continuavano a scompigliarsi, come se ci fosse vento o un ventilatore. Si era dimenticato che faceva molto più caldo dove stava Luhan, e non sapeva se ringraziare o meno per l'esistenza di quella maglietta. (Ad ogni modo, fece uno screenshot dell'immagine.) “Sto... meglio. Decisamente meglio.”
Il sorriso di Luhan si fece più grande. “Bene. Mi fa piacere. Hai ascoltato Kyungsoo e i dottori, come ti ho detto di fare?”
“Sì,” rispose Minseok con una risatina. Era piacevole riderci su, anche un poco, considerando quanto fosse difficile a volte. “La mia glicemia è tornata normale, quindi è un bene, e non mi sento più malato. E – ho preso un po' di peso.” Si fermò, deglutendo a fatica.
“Bene!” esclamò velocemente Luhan, illuminandosi. “Questo mi rende felice. Niente mi rende più felice di un Minseok in salute.”
Minseok rise un po' insicuro. “Devi avere davvero poche gioie nella vita, allora.”
Luhan scrollò le spalle, ancora sorridente. “Sei semplicemente molto in alto nella mia lista,” disse, e Minseok sperò che la qualità del video fosse abbastanza bassa da nascondere il rossore delle sue guance.
“Kyungsoo e Jongdae mi aiutano molto,” disse, schiarendosi la gola. “Loro – o meglio, Jongdae era piuttosto turbato all'inizio. Voglio dire, sapevo che era arrabbiato con me per non averglielo detto, e per aver finto di stare bene, e... tutto. Aveva ogni diritto di essere arrabbiato. Ma alla fine, penso che abbia vinto la sua preoccupazione. Sta ancora uscendo dalla fase della paranoia, ma fa del suo meglio per aiutarmi. Parla molto con Kyungsoo, si assicura di essere allo stesso livello di tutti gli altri. Non vuole più essere lasciato fuori, immagino. Cerco di non pensare a tutte le cose che si dicono dietro le mie spalle.” Rise imbarazzato. “E ovviamente Kyungsoo è il mio regolare salvavita. Ormai è un esperto in questo. A prendersi cura di me, e tutto.”
“Anche tu ti prendi cura di lui, lo sai,” gli ricordò gentilmente Luhan, come se avesse potuto vedere il senso di colpa sul suo viso. “Quando mi ha chiamato sabato... beh. Sai quanto sei importante per lui.”
Minseok sospirò e si passò una mano sul viso. “Lo so…” disse piano.
“Beh, sono davvero felice di sentire che stia meglio,” disse Luhan, “soprattutto grazie al loro aiuto. Mi sento così inutile, relegato qui, a non fare niente.”
“Non è colpa tua, stupido” rispose piano Minseok. “E poi, hai già fatto più che abbastanza, e comunque, penso di essere più felice a non averti intorno ora che sono così... incasinato.”
“Sei più felice senza di me?” chiese indignato Luhan. “Stai dicendo che non ti manco, Kim Minseok?”
“Non intendevo dire quello!” disse Minseok, ridendo mentre agitava le mani. “Solo – lascia perdere. Mi manchi. Davvero.” Così tanto da far male, davvero.
Luhan sorrise compiaciuto. “Bene.”
“E tu?”
“Oh, io sto bene…” rispose Luhan, sbattendo gli occhi innocentemente.
“Lu
han,” si lamentò Minseok, ora imbarazzato.
L'amico rise. “Sto scherzando, sto scherzando. Certo che mi manchi.”
Minseok sorrise, nonostante la stretta al cuore. “Sarà meglio,” mormorò. “Ma comunque, come
stai?”
Luhan fece un suono vago, e Minseok cercò con tutto se stesso di non notare il modo in cui avesse mosso la mano per prendere distrattamente quella di Yixing, intrecciando le loro dita come se fosse la cosa più naturale al mondo. “Sto bene,” rispose. “Voglio dire... le cose potrebbero andare peggio.”
“Stai andando a scuola?” chiese lui.
Luhan scosse la testa. “Ho trovato un lavoro. Un lavoro vero. Lavoro a tempo pieno, sistemo degli scaffali la notte.” Rise leggermente, privo di umorismo, “È molto meglio rispetto al mio vecchio lavoro notturno, almeno. Non devo stare sveglio durante il giorno, ad esempio. E, sai, è legale. Pressoché.”
“Pressoché?” ripeté Minseok, accigliato.
Luhan si agitò leggermente. “Beh, tecnicamente sono troppo giovane per essere un impiegato a tempo pieno, quindi vengo pagato…” Fece una pausa, cercando la parola. “Segretamente?”
Minseok grugnì. Persino in Cina, Luhan doveva essere pagato sottobanco.
“Quindi non ho uno stipendio completo,” spiegò Luhan, facendo spallucce come se non fosse un gran problema. “Ma qualcosa. Tutti i soldi vanno in cibo e cose così. Non possiamo vivere sempre di carità.”
Passandosi una mano tra i capelli frustrato, Minseok chiese, “E i tuoi genitori?”
“Anche loro hanno trovato dei lavori,” rispose. “Non sono buoni, ma, beh, è meglio di niente. Per ora.”
“E dopo?” indagò Minseok.
Luhan scrollò ancora le spalle. “Immagino che... si vedrà.”
Non era molto incoraggiante.
“Ma sto bene!” disse velocemente Luhan, in un debole tentativo di risollevargli il morale. “Posso dormire durante il giorno, che è strano ma piacevole. Sai, dormire. Mi sono svegliato poco fa.” Sorrise allegro. “E posso vedere i miei amici prima di andare a lavoro. E poi, dormendo di giorno posso usare il letto di Yixing! Se dormissi di notte, dovrei stare sul pavimento. Quindi così e meglio, penso.”
Tipico di Luhan cercare un modo di essere ottimista nell'avere un lavoro notturno penoso e sottopagato.
“Davvero, Minseok, non preoccuparti per me,” insistette Luhan. “Preoccupati per te, d'accordo? Io posso cavarmela.”
Minseok sospirò pesantemente. “Sono solo... vorrei che fossi qui,” disse piano, così piano che il suo microfono quasi non lo registrò.
Le labbra di Luhan si curvarono in un sorriso gentile. “Anche io,” disse. “O che tu fossi qui. Sarebbe solo... carino, sai, essere dovunque sia tu.”
Carino era dire poco. Eppure, le sue parole mandarono tanti brividi al sistema di Minseok quanto dolore. Il desiderio di Luhan era semplicemente agrodolce.
Parlarono ancora un po', combattendo con la scarsa connessione ad internet e i brevi periodi di silenzio imbarazzante tra le storie sugli amici di Luhan e gli avvenimenti a scuola in Corea. Minseok raccontò a Luhan dei progressi della commedia di Baekhyun, cercando di non tradire la fiducia del più piccolo ed evitando di scendere nei dettagli, e Luhan raccontò a Minseok della sua disperazione nello scoprire che la sua vecchia bancarella preferita di dim sum aveva chiuso. Nel frattempo, Minseok fingeva di non notare come Luhan giocherellasse con le dita di una mano di Yixing, mentre l'altro ragazzo usava la mano libera per scarabocchiare qualcosa su un pezzo di carta. Dopo circa venti minuti, Yixing alzò il foglio, e Minseok vide uno schizzo della propria faccia, con un'espressione in parte felice, in parte triste e assorta. Era una rappresentazione accurata, doveva ammetterlo.
L'unica reazione di Luhan al disegno fu un broncio ed un'unica frase in cinese, che poi tradusse in coreano. “Non è abbastanza carino.”
Minseok rise timidamente, e Luhan punzecchiò l'amico con la mano libera, chiedendo qualcosa imbronciato, e Yixing obbedì immediatamente, aggiungendo qualcosa allo schizzo con abili tratti di matita e cancellando qualcos'altro. Lo mostrò a Luhan, che rise deliziato, e poi alla telecamera. “Gli ho detto di disegnare anche me,” disse, e Minseok vide che lo schermo nel disegno era stato allargato per far spazio ad un altro viso, proprio accanto al primo, sorridente e con i pugni alzati, con delle piccole corna di cervo che gli sbucavano dalla testa. Anche il primo viso era stato leggermente modificato, e ora sembrava molto più sorridente.
Prima che Minseok potesse commentare, il suo telefono vibrò e lo tirò fuori per vedere il nome di Kyungsoo illuminare lo schermo. “Oh, Soo vuole sapere se può venire anche lui a parlare con te.”
“Certo!” esclamò entusiasta Luhan, illuminandosi. “Digli di venire.”
E anche mentre Minseok lo faceva, non poteva fare a meno di pensare di non aver avuto abbastanza tempo da solo con l'amico.


Kyungsoo avrebbe mentito se avesse detto che non gli mancava Luhan. Infatti, il maggiore gli mancava davvero tanto. Gli mancava il suo incessante ottimismo e il suo calore e il suo entusiasmo, e gli mancavano le foto che gli portava sempre, e le storie che gli raccontava. Non era tanto distrutto dall'improvvisa partenza di Luhan quanto Minseok, ma si ritrovò spesso a pensare al ragazzo cinese, ed era rimasto tanto deluso quanto tutti che il loro primo contatto da quando Luhan era tornato in Cina fosse stato per affrontare un problema piuttosto serio.
Ed era anche preoccupato, e non vedeva l'ora di parlare ancora con Luhan. Per davvero stavolta.
Uscì in corridoio e si diresse a casa di Minseok per poi suonare il campanello. Nel momento in cui lo fece, ansimò e ritrasse il dito come se si fosse scottato. L'aveva toccato. Aveva toccato il campanello con il dito. Mai, in tutti i suoi sedici anni di vita, Kyungsoo aveva toccato un pulsante fuori da camera sua con le dita nude. Per un momento entrò nel panico, guardandosi intorno freneticamente mentre scuoteva la mano come se questo avesse potuto mandare via i batteri e i germi. Considerò brevemente di tornare dritto a casa, ma poi Minseok aprì la porta, e Kyungsoo squittì,
“Cosa faccio?”
Minseok lo fissò, gli occhi sgranati. “Cosa? Che è successo?”
Kyungsoo emise un suono strozzato. “L'ho toccato l'ho toccato l'hotoccatol'hotoccatol'hotoccato cosa faccio?”
“Cosa hai toccato?” chiese Minseok, e Kyungsoo quasi non lo sentì sopra le proprie urla interiori.
“Il campanello,” rispose Kyungsoo, indicandolo come se lo avesse personalmente offeso.
Fortunatamente, Minseok non rise di lui, e invece lo fece entrare velocemente e lo guidò al lavandino con una mano gentile sulla schiena. Kyungsoo lo sentì, sentì la sua mano contro il tessuto della maglietta, ma nemmeno ci pensò mentre si versava il sapone antibatterico sulla mano.
Qualche minuto dopo, si ritrovò seduto davanti al computer di Minseok. “Uh, ciao hyung,” disse imbarazzato. “Ho avuto un piccolo attacco di panico.”
Luhan gli sorrise dolcemente. C'era un ragazzo seduto accanto a lui, un ragazzo con dei capelli neri che Kyungsoo non aveva mai visto prima, ma aveva la testa abbassata, impegnato a disegnare su un pezzo di carta, quindi Kyungsoo non gli prestò attenzione. “È tutto okay,” cinguettò Luhan. “Purché stia bene ora!”
Il dito di Kyungsoo bruciava ancora un po' da quando l'aveva lavato con acqua quasi bollente, ma il suo cuore aveva ripreso a battere normalmente, quindi disse, “Sì, sto bene.”
“Bene! Ho sentito che ti stai prendendo buona cura del mio Minseok,” disse allegro Luhan, e Kyungsoo sorrise per il vezzeggiativo, e si voltò per vedere se Minseok stava arrossendo. Senza alcun dubbio era avvampato.
“Già,” promise Kyungsoo, facendo una croce sul cuore. “Stiamo facendo molti progressi, vero Minseok-hyung?”
Minseok fece un suono vago. “Possiamo non parlare di me?” pregò. “Ultimamente ne parlo già abbastanza.”
Kyungsoo rise e lasciò cadere l'argomento, per adesso almeno, e si rivolse a Luhan, che gli stava chiedendo se gli andava bene che avesse accidentalmente portato con sé in Cina la sua macchina fotografica. Mentre Luhan gli prometteva che avrebbe fatto bellissime foto della Cina per lui, però, il ragazzo accanto al maggiore sollevò all'improvviso lo sguardo, e Kyungsoo si ritrovò a guardare un viso sincero e degli occhi allegri. I capelli neri gli caddero sulla fronte quando inclinò la testa di lato, e Kyungsoo sbatté le palpebre e lo fissò.
“E ti piacerebbe una foto del lago vicino al mio paese? Soo? Ci sei?”
Kyungsoo riportò lo sguardo su Luhan, anche se con la coda dell'occhio poteva ancora vedere gli occhi curiosi del ragazzo dai capelli neri. “Scusa, sì. Mi piacerebbe.”
“È un bel lago, anche se un po' sporco. A volte andiamo lì a nuotare, anche se non penso dovremmo farlo perché potrebbe esserci qualcosa nell'acqua, ma lo facciamo lo stesso quando fa molto caldo. E a volte—” Luhan si interruppe all'improvviso, voltandosi verso il ragazzo accanto a lui, che gli stava tirando la maglietta con insistenza, gli occhi ancora fissi sullo schermo. “Hm?”
Il ragazzo disse qualcosa in cinese – Kyungsoo studiava molte cose, ma il cinese non era una di esse – e Luhan rise. “Kyungsoo,” rispose lui.
“Cosa?” Kyungsoo si accigliò leggermente.
Luhan sorrise. “Yixing mi stava chiedendo chi fosse il ragazzo carino.”
Kyungsoo potrebbe essere arrossito. “Io?” squittì, indicandosi. Accanto a lui, Minseok rise piano.
Luhan annuì, sorridendo, e Yixing gli sorrise dolcemente e lo salutò. Stupidamente, Kyungsoo ricambiò il saluto.
“Allora, um,” disse Kyungsoo, distogliendo lo sguardo da Yixing. “Stavi dicendo qualcosa prima?”
“Oh, giusto. Stavo solo parlando del lago…a dire il vero ci andremo domani, se non piove! Per andare—” Si interruppe ancora quando Yixing continuò a tirargli la maglietta. Una delle bretelle gli scivolò lungo il braccio, e Luhan la lasciò lì invece di rimetterla a posto mentre si voltava a guardare l'amico.
Yixing fece una piccola richiesta, e sia Luhan che Minseok risero, sebbene Minseok sembrasse decisamente
distratto. “Cosa ha detto?” chiese Kyungsoo, accigliandosi confuso mentre si voltava verso il vicino, che a quanto pare per una volta aveva capito.
“Yixing mi ha detto di dirti che sei carino, Kyungsoo,” tradusse Luhan.
“Davvero?” Ora Kyungsoo stava
decisamente arrossendo.
Luhan annuì, mordendosi il labbro per trattenere un sorriso. “Penso nessuno vi abbia mai presentato formalmente. Kyungsoo, questo è il mio migliore amico Yixing.
Yixing, zhe shi…Jiangxiu.”
Kyungsoo voleva chiedergli se quello era il suo nome cinese o qualcosa del genere, ma prima che potesse farlo, Yixing chiese qualcosa a Luhan, il quale disse lentamente, “
Kyung. Soo.”
Yixing ripeté il suo nome con attenzione, con un forte accento, e poi gli fece un sorriso smagliante. Kyungsoo non era mai arrossito tanto in vita sua. Era imbarazzante e non era sicuro gli piacesse.
Kyungsoo, Luhan e Minseok continuarono a parlare per un po', della Cina e cose così, ma Yixing li interrompeva di frequente per chiedere a Luhan di tradurgli qualcosa, cosa che il miglior amico faceva con piacere, gli occhi allegri. “Yixing dice che gli piacerebbe che visitassi la Cina un giorno, Kyungsoo,” disse una volta.
“Oh,” rispose Kyungsoo, sbattendo le palpebre e abbassando le spalle timidamente. “Beh, digli che non credo succederà mai…”
Luhan diede una breve spiegazione in cinese ad Yixing, e mentre lo faceva, Minseok si voltò a guardare Kyungsoo con sguardo malizioso. Kyungsoo scosse rapidamente la testa e si rifiutò di dire qualcosa, il viso in fiamme. Riportando gli occhi sullo schermo, Kyungsoo vide l'espressione di Yixing cadere visibilmente, e poi il ragazzo disse qualcosa a Luhan, che tradusse velocemente.
“Yixing dice che dovrà venire lui da te, allora,” disse, e Kyungsoo rise leggermente per coprire quanto fossero diventate rosse le sue guance.
Pochi minuti dopo, Yixing mostrò un nuovo disegno, sorridendo orgoglioso, e Kyungsoo riuscì ad individuare un viso tondo con degli occhi grandi, un sorriso timido e guance colorate con la matita. Yixing lo indicò e disse attentamente, “Kyungsoo.”
Kyungsoo disse che doveva andare in bagno, ma in realtà tutto quello che fece fu uscire in corridoio e rimanere lì fino a che le sue guance non ripresero un colorito normale.
Quando tornò, Minseok gli diede il cambio, e Kyungsoo approfittò di quel momento per schiarirsi la gola e chiedere a Luhan, con molta esitazione, se Yixing fosse gay.
“Non lo so,” cinguettò Luhan. “Lascia che glielo chieda.”
“Cosa, no—!” esclamò velocemente Kyungsoo, spalancando gli occhi, ma Luhan stava già traducendo la domanda. Yixing rise immediatamente, e Kyungsoo considerò l'idea di lasciare ancora la stanza, fino a che Luhan non tradusse la sua risposta.
“Yixing dice,
‘Potrei esserlo.’”
Il più piccolo tossì forte e sperò che Minseok tornasse in fretta.
Poco dopo, Kyungsoo lasciò che Minseok e Luhan si salutassero in privato, e lanciò un ultimo sguardo a Yixing prima di andare. Il ragazzo cinese gli sorrise e fece un cenno di saluto, e Kyungsoo ricambiò velocemente prima di voltarsi. Il passato romantico di Kyungsoo consisteva nell'unico bacio sulle labbra del vicino impanicato, e non aveva in programma di allungarlo presto. Non che fosse possibile, comunque.

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Capitolo 33
*** Capitolo 31 ***


Sehun, come regola, non si eccitava per il proprio compleanno. Non l'aveva mai fatto, davvero. Era cresciuto senza che nessuno se ne ricordasse mai, a parte qualche maestra delle elementari, e non si era mai aspettato niente. La prima volta che una sua madre adottiva gli aveva chiesto quando fosse il suo compleanno, Sehun era stato quasi scioccato, non sapendo perché le interessasse. Ma era arrivata troppo tardi – il suo compleanno era già passato da oltre un mese – e non era successo niente. L'anno successivo però, ricevette un nuovo paio di calze e altre cose, e del cibo extra a cena, e quella era stata la prima volta che Sehun avesse festeggiato il proprio compleanno.
Da allora, aveva ricevuto un altro regalo di compleanno, e si considerava piuttosto fortunato.
E quindi, anche quando la metà di Aprile si stava avvicinando portando con sé il compleanno di Sehun, lui non disse niente. A malapena osò pensarci, perché se si fosse aspettato qualcosa sarebbe solamente rimasto ancora più deluso.
Il 10 Aprile, però, due giorni prima il non-proprio-grande-giorno, Sehun stava uscendo di casa per andare a scuola quando la madre adottiva chiamò il suo nome all'improvviso. Si fermò e si voltò, aspettando, e la donna apparve sull'uscio, con qualcosa in mano.
“Me ne ero quasi dimenticata,” disse, sorridendo leggermente. “Ieri è arrivato questo per te.”
“Per me?” Sehun si accigliò. Non aveva mai ricevuto
niente per posta prima.
“Sin dalla Cina, sembrerebbe,” disse la madre adottiva, annuendo e porgendoglielo.
Quasi troppo spaventato per guardarlo, per paura di rimanere terribilmente deluso, Sehun prese il pacchetto e guardò il davanti. C'erano il suo nome e un indirizzo, scritto in hangul stentato, e nell'angolo c'era l'indirizzo del mittente scritto tutto in cinese. Sehun trattenne il fiato e lo aprì.
All'interno c'era un singolo foglio, coperto di inchiostro blu e piccoli disegnini.

Sehunnie!
Buon compleannoooo!!!!!!! In realtà non ho idea di quando ti arriverà questa lettera, ma spero non troppo presto o troppo tardi. Pensavi me ne sarei dimenticato, vero? Beh, invece no! Persino in Cina, questo hyung pensa a te ^^ Sono triste che mi perderò il tuo compleanno. Volevo darti un regalo, ma sembra che non potrò farlo. Dì a Minseok di darti un abbraccio di compleanno da parte mia, okay? kekeke Probabilmente non lo farai. Sono sicuro che Jongin te ne darà tanti, comunque. Immagina solo che uno di quelli sia da parte mia!
Hmmmm hmmmm cosa dovrei dire? Sono passati solo pochi giorni da quando ti ho visto! Ma quando leggerai questa lettera, sarà passato più tempo, quindi sono sicuro che sentirò la tua mancanza keke. Sei un dongsaeng davvero importante per me, lo sai vero? Penso tanto a te, se stai bene e se Jongin ti rende felice e si prende cura di te. Non pensare che le cose siano cambiate solo perché sono in Cina! So che lo stai pensando, quindi smettila! Ora che sono così lontano, posso dire quello che voglio senza che tu possa farci niente, ke. Quindi ecco quello che penso di te, Oh Sehun:
Sprechi troppo tempo ed energia a fingere di essere qualcosa che non sei. Sei una persona davvero buona, anche se cerchi di nasconderlo. Fingi che non ti importi di nessuno, ma io lo vedo che non è così. Tieni a me, e tieni a Jongin, e questo significa molto per me. E mi rende pieno di gioia vederti sorridere di più, e lasciarti andare alla felicità, e lasciare che le persone tengano a te. Capisco che il tuo passato sia stato davvero difficile, Sehun, e ti ammiro per la tua forza. È vero, non hai sempre gestito le cose nel migliore dei modi, ma nemmeno nel peggiore. Riesco a vedere quanto tu sia estremamente coraggioso e forte e di buon cuore. Continua così, Sehun, e continua a crescere come stai facendo. Questo hyung è così fiero di te, lo sai vero?
Oh Sehun, il mio piccolo fratellino, che ora è un anno più grande! Spero che quest'anno sarà ancora migliore del precedente. Ti prego prenditi cura di te mentre sono via, e lascia che anche Jongin si prenda cura di te. Studia bene, cresci tanto e sorridi di più :D E lascia che le persone ti amino! Il prossimo anno, dovrai lavorare tanto su questo. Sul lasciare che le persone ti amino.
Spero di poterti parlare presto, al telefono o attraverso una video chiamata. Non sentire troppo la mia mancanza~ e non dimenticare che ci tengo a te, ti voglio bene, e non ti libererai di me così facilmente! Buon compleanno, Sehunnie~!
Con amore, il tuo hyung preferito,
Luhan ^^

Quando Sehun raggiunse la fine della lettera – dopo essersi fermato a rileggere diverse parti per assicurarsi di aver visto bene – c'era qualcosa di caldo che gli bruciava gli occhi e che assomigliava pericolosamente a lacrime, e sarebbe arrivato tardi a scuola. Schiarendosi la gola, rimise la lettera nella busta e corse fuori, sapendo che Jongin probabilmente lo stava già aspettando alla solita intersezione dove si incontravano per andare insieme. Anche Jongin sarebbe arrivato in ritardo se non fosse andato senza di lui, ma in qualche modo, Sehun sapeva che sarebbe stato comunque lì.
In effetti, Jongin lo stava aspettando esattamente dove sapeva sarebbe stato, e anche quando Sehun lo oltrepassò dicendo “È tardi!”, Jongin gli prese il braccio e la velocità di Sehun li fece girare entrambi.
“Hey tu,” disse allegramente Jongin, nascondendo il viso nella spalla del ragazzo. “Cosa ti ha trattenuto?”
Sehun esitò, la gola secca, e Jongin approfittò dell'opportunità per premere un veloce bacio sulla sua guancia. Il gesto lo fece sentire ancora più stranamente... emotivo. “Luhan mi ha mandato una lettera,” disse alla fine, con voce leggermente roca.
“Davvero?” chiese Jongin, lasciando andare Sehun e facendo scivolare la mano lungo il suo braccio per prendere la sua, tirandolo in avanti. “Aveva altre novità, oltre quelle che ha mandato a Minseok?”
Sehun scosse la testa, correndo leggermente. “Per il mio compleanno,” rispose.
Jongin si fermò, così all'improvviso che Sehun gli passò davanti, per poi girarsi a guardarlo sorpreso. Gli occhi di Jongin erano spalancati. “Oh, cavolo, è fra un paio di giorni, vero!”
Sehun si agitò, riprendendo a correre. “Um, già.”
“Mi ero completamente dimenticato che giorno fosse!” esclamò Jongin, sembrando leggermente nel panico. “Dico, oggi! È il 10, vero?”
Sehun annuì.
“Cavolo, cavolo, il tuo compleanno è tra due giorni.” Lo stomaco di Sehun fece un tonfo piacevole. Jongin gli aveva chiesto quando era il suo compleanno
mesi fa. “Hai qualche programma?”
“No,” rispose lui, ansimando in un misto di aspettativa e sforzo, dopo aver preso a correre più forte per paura di mancare la prima campanella.
“Bene, bene. Lascia così. Oh cielo, mi ha preso completamente alla sprovvista, avrei potuto
giurare che fosse ancora inizio Aprile.” anche Jongin stava ansimando, ma Sehun era abbastanza sicuro non fosse per la fatica.
Raggiunsero l'ingresso della scuola un minuto dopo, e prima che potessero entrare, Jongin tirò Sehun verso di sé per premere un bacio sulle sue labbra. Sapeva che a Sehun non piacevano le manifestazioni eccessive di affetto in pubblico, quindi approfittava sempre dei loro momenti fuori dalle mura scolastiche. Poi, con un ultimo sorriso affettuoso, corsero dentro, arrivando in classe giusto in tempo.
Sehun non lo avrebbe mai ammesso, ma passò la maggior parte della giornata ad allisciare la lettera di Luhan sotto il banco e a cerchiare specifiche parole.
Ti ammiro. Sono orgoglioso. Tengo a te. Ti voglio bene. Nessuno prima d'ora gli aveva mai detto che gli voleva bene. Nessuno.
Sehun si chiese se Luhan lo sapesse. Si chiese se sapesse quanto gli si stringesse il cuore per quel sentimento.


A pranzo quel giorno, prima ancora che Sehun potesse riprendersi da quella lettera, Minseok gli si avvicinò con un sorriso cordiale. Sembrava molto più allegro rispetto alle settimane passate, più in salute e più vivo. Sehun non fece alcun commento, però. “Hey, Sehun.”
“Hey,” rispose. Lui e Minseok non erano amici. Le uniche parole che si erano mai scambiati erano state su dove si trovasse Luhan.
Prevedibilmente, le prime parole del maggiore furono, “Ho parlato con Luhan ieri.” Minseok inclinò la testa di lato. “Su Skype. Mi ha chiesto di te.”
Sehun deglutì. “Ah sì?”
Minseok annuì, continuando a sorridere. A dire il vero era diventato molto più amichevole con Sehun in generale, ultimamente. “Mi ha chiesto come stessi e cose così. E anche se hai ricevuto la sua lettera.”
Sehun si morse il labbro per nascondere quello sentiva essere un sorriso. “L'ho ricevuta solo oggi.”
“Oh, perfetto! Era preoccupato che non ti arrivasse prima di sabato.” Rise leggermente Minseok. “Comunque, ti vuole parlare quel giorno.”
“Sabato?” chiese Sehun, e Minseok annuì. “Su Skype? Perché io non ho—”
Minseok agitò le mani velocemente. “Puoi venire a casa mia, tanto vale parlarci tutti se possiamo. Ecco, ti do il mio indirizzo—”
“Ma Sehun,” si intromise Jongin, tirandogli la manica con insistenza. “
Io avevo qualche programma per sabato.”
Sehun ghignò leggermente, e Minseok disse, “Puoi averlo per tutto il giorno prima di allora, sarà solo la sera. Condividilo un po'.”
“Ma lo volevo
io,” rispose in modo petulante. Le guance di Sehun si scaldarono.
Minseok rise semplicemente. “Allora dovrai vedertela con Luhan per lui,” disse, passando il proprio indirizzo su un foglietto di carta. “Ecco, ricontrollo l'ora e ti faccio sapere domani. Ci vediamo?”
“Sì,” disse Sehun senza fiato.
Quando Minseok se ne fu andato, Sehun sentì le dita di Jongin intrecciarsi con le proprie, stringendo leggermente. “E avevi paura che si dimenticasse di te,” disse piano, guadagnandosi un sorriso da parte di Sehun.


Il 12 Aprile arrivò con una sorta di maltempo freddo e grigio, che prometteva pioggia, e che sembrava chiaramente dire, “Non voglio che passi una bella giornata.” Sehun si sedette sul letto e guardò fuori dalla finestra, grugnendo. Ovviamente, tra tutti i giorni, proprio oggi.
Jongin gli aveva detto di incontrarlo alla stazione della metro alle 11, e per le 10 la pioggia aveva cominciato a cadere fitta e ininterrotta. Sehun frugò nell'armadio accanto alla porta alla ricerca di un ombrello, sospirando.
Quando raggiunse l'altro ragazzo, seduto sulle scale dell'uscita 4, la pioggia non aveva dato segno di voler smettere di cadere, e i capelli di Jongin erano fradici. Mentre Sehun si avvicinava, alzò lo sguardo dallo zaino sulle proprie gambe e sorrise imbarazzato. “Non ho controllato le previsioni del tempo.”
Sehun rise leggermente, scuotendo la testa. “Passeremo la giornata fuori?”
Jongin annuì, sospirando mentre si alzava. “Questi erano i piani…” posò lo zaino e aprì le braccia. “Vieni qui.”
Sehun si morse il labbro ansioso, guardando le altre persone che girovagavano per la stazione. Alla fine, si fece avanti tra le sue braccia, ricevendo un abbraccio affettuoso.
“Buon compleanno, Hun,” gli sussurrò all'orecchio Jongin, ed era la prima volta che lo chiamava in un altro modo rispetto al solito, vecchio 'Sehun'. Lo fece sorridere contro la sua spalla. “Scusa per averlo già quasi rovinato.”
“Non l'hai rovinato,” mormorò Sehun. Anzi, Jongin aveva già reso questo compleanno cento volte migliore rispetto a quelli passati.
Con un'ultima stretta, Jongin si ritrasse, sorridendo leggermente. “Quanto odieresti andare al parco con questo tempo, comunque?”
Sehun trattenne un sorriso. “Dipende da cosa faremo lì?”
“Ho preparato il pranzo,” disse orgoglioso Jongin, indicando lo zaino. “Avremmo dovuto fare un picnic. Ma poi, beh... ha cominciato a piovere.”
Sehun fece un suono pensieroso. “Beh, se andiamo in quel parco con la nave pirata,” cominciò. “Ho sentito dire che c'è una bella cambusa sotto coperta.”
“Davvero?” rise Jongin. “Non è il parco in cui avevo pensato di portarti, ma possiamo farcela.”
Ci volle un po' per arrivare lì; dovettero prendere la metro nella direzione opposta e poi si ripararono sotto l'ombrello di Sehun mentre si affrettavano sul marciapiede quasi vuoto, ma quando arrivarono, la pioggia era diminuita notevolmente. Non c'era comunque nessuno al parco oltre loro, e questo andava più che bene a Sehun.
Il tavolo e le panchine sotto la prua della nave – o almeno, Sehun pensava fosse la prua – erano, a tutti gli effetti, per bambini. E nemmeno bambini grandi. Sehun e Jongin dovettero incastrare le gambe sotto al tavolo, strette e intrecciate insieme, e l'acqua gocciolava sopra le loro teste nonostante il riparo abbastanza solido. Ad ogni modo, Jongin sembrava assolutamente deliziato mentre sistemava diversi contenitori sul piccolo ripiano che li divideva, dicendo a Sehun cosa ci fosse in ognuno di essi e quali avesse fatto lui stesso, e Sehun non poté non sorridere per il suo entusiasmo.
Il pranzo era semplice ma piacevole e soddisfacente, e Sehun se lo godette. Alla fine, c'era un cupcake per lui, con una singola candelina al centro che Jongin accese con un fiammifero. “Esprimi un desiderio,” disse, tirando fuori una Polaroid rosa acceso dallo zaino. Sehun la fissò.
“Cosa è
quella?”
Jongin sorrise mestamente. “L'ho rubata a mia sorella. Ora esprimi un desiderio, prima che la cera della candela coli sul tuo cupcake di compleanno!”
Sehun sbuffò, scuotendo la testa divertito, poi chiuse gli occhi ed espresse il desiderio prima di soffiare la candelina. Un rivolo di fumo gli solleticò il naso, e la macchina fotografica di Jongin scattò.
“Cos'hai desiderato?” chiese subito dopo Jongin, scuotendo la foto mentre aspettava che si sviluppasse.
Sehun schioccò la lingua, sollevando le sopracciglia scherzosamente. “È un segreto.”
“Includeva un bacio sotto la pioggia, perché posso far sì che si avveri.”
Il tono serio di Jongin strappò una risata a Sehun, la fotocamera scattò ancora. Jongin guardò le due foto e sorrise, mormorando, “Bellissimo.” Sehun avvampò.
Poco dopo, Jongin annunciò che aveva pianificato di fare una passeggiata nel parco dopo pranzo, ma dato che stava ancora piovendo, avrebbero fatto un sonnellino invece.
“E se non volessi dormire?” chiese Sehun, guardando Jongin stendere la coperta del picnic sul cippato bagnato accanto al loro tavolo.
“Allora io dormo e tu puoi guardarmi,” rispose Jongin, facendo un occhiolino sfacciato. “Oppure, sai, potremmo fare qualcos'altro quaggiù.”
Sehun grugnì per nascondere quanto rosse fossero le sue guance. “D'accordo, faremo un pisolino,” disse, e Jongin picchiettò la coperta accanto a sé, felice. Sehun si sedette e si lasciò portare giù da Jongin, usando il braccio del ragazzo come cuscino.
“È ora del pisolino,” sussurrò lui, la voce bassa ma vicina all'orecchio di Sehun. Sehun fissò il soffitto, ma poteva sentire gli occhi di Jongin su di sé. “È ora del pisolino di compleanno.” Sehun sorrise leggermente, e Jongin si avvicinò fino che non sentì il suo fiato sul collo. “Hey, Sehun.”
La voce del ragazzo era più profonda, ora, più seria. “Hm?”
“È passato più di un mese da quando mi sono dichiarato. Lo sapevi?”
Sehun deglutì a fatica. “Così tanto?” chiese piano, lasciando che gli occhi si chiudessero mentre i respiri regolari di Jongin gli solleticavano la pelle.
“Già. Un mese e... sei giorni. Sta andando piuttosto bene fino ad ora, non pensi?” Nel suo tono c'era esitazione, come se non fosse sicuro di voler sentire la sua risposta.
“Sì. Già, lo penso anche io,” rispose piano Sehun.
Una fredda goccia cadde direttamente sulla guancia di Sehun, e un pollice gentile la asciugò. “Bene,” sussurrò Jongin. “Hey, ti ricordi quando... quando hai detto, quel giorno, che non ti era mai piaciuto nessuno prima?”
Sehun strinse i pugni attorno all'orlo della felpa e tenne gli occhi chiusi. “Sì.”
“Beh, um. È passato un mese da allora. Nessuna pressione, o niente del genere, ma mi stavo chiedendo se... se la situazione sia... cambiata?”
Sehun prese un profondo respiro e trattenne il fiato. Jongin sembrava così nervoso, così speranzoso, e Sehun non aveva mai osato pensarci, mai nella sua vita. Non sapeva nemmeno cosa si
provasse quando ti piaceva qualcuno. “Tu cosa pensi?” chiese piano.
Jongin rimase a lungo in silenzio, e Sehun era terrorizzato, assolutamente terrorizzato, di aver detto qualcosa di terribilmente sbagliato. Poi Jongin si mosse, il suo respiro forte contro l'orecchio di Sehun, e disse, “Non lo so. So che mi comporto come se sapessi esattamente quello che sto facendo, Sehun, ma per la verità faccio tutto come mi viene. Non so niente. Non c'è bisogno che dica qualcosa, non ti costringerò a farlo, ma spero solo che... un giorno... ti piacerò tanto quanto tu piaci a me.”
Il respiro di Sehun gli si bloccò in gola e si morse violentemente il labbro. “Io non... ho paura di fare... promesse.” O in generale di parlare, se doveva essere sincero, ma ci stava lavorando. Ma le promesse erano qualcosa di completamente diverso. Le promesse erano bugie, se Sehun non avesse potuto mantenerle.
Jongin non si prese gioco di lui, non gli disse che dirgli che gli piaceva non era una promessa (perché Sehun sapeva che non lo era – ma allo stesso tempo, lo era). Disse solo, “Lo so.”
“Mi dispiace,” sussurrò Sehun.
“Non esserlo,” insistette Jongin. “Te l'ho già detto, no? Posso aspettare. Posso aspettare per sempre.” Si voltò, premette un bacio sulla guancia di Sehun. “Il che mi ricorda che ho un regalo per te.”
Sehun si sedette immediatamente, guardandolo sorpreso. “Davvero?”
Jongin lo guardò stranito, voltandosi a prendere lo zaino dal tavolo. “Sì, certo. Voglio dire, non è nulla, davvero, ma... dovevo prenderti
qualcosa. Perché sei così scioccato?”
Sehun deglutì. “Non è un avvenimento normale per me,” ammise piano.
“Oh.” Jongin si morse il labbro dispiaciuto. “Beh, um. Scusa se il mio regalo fa così schifo, allora.”
Sehun scosse velocemente la testa. “Non mi aspettavo
nulla, quindi... semplicemente il fatto di ricevere qualcosa è fantastico.”
Sorridendo un po' timido, Jongin gli porse un regalo piatto e rettangolare. “Tieni, allora,” disse piano.
Sehun lo prese con mani attente. Strappò la carta lentamente, assicurandosi di non rovinare niente, e scoprì un piccolo libricino dalla copertina rigida, rilegato con finta pelle nera. Sbattendo le palpebre per la sorpresa, Sehun lo aprì e vide che tutte le pagine erano vuote tranne una.

Caro Sehun,
Prima di tutto, buon compleanno! Se qualche mese fa mi avessi detto che avrei passato il tuo compleanno con te, come ho programmato, ti avrei chiamato pazzo, haha. Sono così fortunato ad avere questa opportunità, onestamente. Sono stato molto felice, queste cinque settimane passate. Spero davvero che anche tu sia stato felice <3 So che è davvero difficile per te dire cose come questa ad alta voce, o dire qualcosa in generale, ed è per questo che ti ho preso questo quaderno, immagino.
Ne abbiamo parlato prima, vero? Di quanto tu non sia bravo a comunicare con le persone. Capisco perché sei così, e lo accetto, ma sono anche una persona che si affida molto alla comunicazione, quindi questo causa dei problemi a volte. Comunque, non ti costringerò a dire cose che non vuoi dire. Non lo farei mai. Ma stavo solo pensando che forse, per cominciare, avresti potuto scrivere i tuoi pensieri. Non mi importa cosa scrivi qui sopra. Non devi mostrarlo a me, o a nessun altro, se non vuoi. Ma penso sarebbe una buona idea scrivere qui sopra ogni giorno, almeno un po', giusto per esercitarti. Ho letto alcune ricerche sull'uso della scrittura come terapia. Non sto dicendo che hai bisogno di andare in terapia, Hun, ma penso sarebbe carino che ti togliessi qualche peso dal petto di tanto in tanto, non credi anche tu? Impara a scaricarti, prima, e trasforma i tuoi pensieri in parole. Poi, se vorrai, potrai cominciare a condividerli con altre persone.
Sai che voglio solo che tu sia felice, vero Sehun? Voglio che tu sia felice, e voglio che noi siamo felici, insieme. Continuiamo a lavorare insieme per essere felici, okay? E non dimenticare che tengo molto a te, e che mi piaci così tanto che a volte fa letteralmente male. E questo non cambierà nel giro di poco tempo.
Con amore, amore, amoreamoreamore,
Jongin

Sehun mandò giù il magone che aveva in gola mentre finiva di leggere la lettera di Jongin. Perché aveva dovuto scrivere tutte questa cose, rendendo Sehun così emotivo? Non era giusto, gli auguri di compleanno non avrebbero dovuto far piangere nessuno. Schiarendosi la gola, sollevò lo sguardo su Jongin, che lo stava guardando incerto. Senza dire una parola, Sehun allungò un braccio, chiudendo il pugno attorno al maglione di Jongin.
“Cosa?” chiese Jongin, sgranando gli occhi.
Sehun non rispose, scuotendo leggermente la testa lo tirò gentilmente in avanti.
“Cosa?” chiese ancora, ma si mosse ubbidientemente. “Tu—”
Sehun lo interruppe con un bacio deciso, lasciando cadere il libro per posare una mano sulla guancia di Jongin. Il ragazzo emise un piccolo suono stupefatto, e Sehun non ne rimase sorpreso – sin da quel primo giorno in corridoio, Sehun non aveva mai iniziato
alcun contatto, specialmente non un bacio. Ma Jongin reagì velocemente, posando una mano sui fianchi e l'altra sulla spalla di Sehun mentre si chinava in avanti e ricambiava il bacio, lento e dolce.
“Questo significa che ti piace, allora?” chiese Jongin mentre si ritraeva, sembrando meravigliato, con lo sguardo assorto.
Sehun sorrise semplicemente e lo tirò in un altro bacio.


Sehun passò l'intero pomeriggio con Jongin, facendo quel pisolino alla fine, facendo una passeggiata quando smise di piovere, prendendo un gelato in una piccola gelateria per strada. Jongin lo tenne costantemente per mano, lo baciò quando nessuno guardava (“Bacio di Compleanno,” diceva sempre con un sorriso), e cercò di farlo ridere più che poteva. Sehun non si trattenne mai, e per un po' si dimenticò di essere un ragazzino adottato con fin troppi problemi. Jongin lo aiutò a dimenticare.
Per cena, però, Sehun tornò a casa. Glielo aveva chiesto la madre adottiva, e Jongin aveva richiesto la sua presenza solo fino ad allora (anche se disse che avrebbe festeggiato con piacere il suo compleanno con lui per sempre). Sehun immaginava che il suo assistente sociale gli avrebbe fatto visita o qualcosa del genere, ma invece quando arrivò a casa trovò solo i tre membri della famiglia seduti attorno al tavolo (quattro, se contava il gatto che faceva le fusa sulle gambe di Taewoon), e la cena tra loro, stranamente stravagante rispetto ai soliti piatti, con diversi contorni e manzo bollito da servire insieme al riso. Sehun sbatté le palpebre sorpreso.
“Buon compleanno, Sehun-ah,” disse la donna, sorridendo dolcemente. “Ti va di sederti? C'è una torta in cucina, se ti va un po' di dolce. È fatta in casa, ma... spero ti piaccia.”
Sehun non riusciva a trovare la voce. Deglutì piano.
“Ti abbiamo anche preso un regalo. È piccolo, ma volevamo fare qualcosa per te,” disse il padre adottivo, un uomo di poche parole. Sia lui che la moglie sembravano nervosi, come se avessero avuto paura che Sehun avrebbe potuto odiare tutto quello, avrebbe potuto odiare
loro per averci provato. Qualche mese fa, forse l'avrebbe fatto.
“Anche io ti ho fatto qualcosa!” esclamò eccitato Taewoon. “Per il tuo compleanno!”
Sehun deglutì ancora. Poi, con voce roca, disse, “Grazie.”
La sua famiglia sorrise allegramente, e Sehun si sedette a mangiare.


Sehun non era mai stato a casa di Minseok prima – o a casa di Luhan, ora che ci pensava – ma aveva la sensazione che sarebbe stata bella, come quella di Jongin. Luhan una volta aveva detto che la madre del maggiore era un'infermiera, che era un lavoro ben pagato, e suo padre faceva un lavoro d'ufficio per quanto ne sapeva Sehun. Raggiunse il palazzo seguendo le indicazione che gli aveva dato Minseok, e trovò Jongin che lo aspettava lì davanti, ma Sehun non si guardò nemmeno intorno, troppo impaziente di entrare e vedere Luhan. Minseok aveva promesso che Luhan sarebbe già stato ad aspettarlo. Mentre prendevano l'ascensore, Jongin gli fece qualche domanda sulla cena, ma Sehun era troppo distratto per rispondere in modo decente. Pregò mentalmente che l'ascensore andasse più veloce.
Sentì la voce di Luhan nel momento in cui entrò nell'appartamento. Stava parlando in cinese – dicendo a qualcuno di smetterla di disturbare i suoi amici, se il suo cinese non lo tradiva – ma Sehun avrebbe riconosciuto quella voce ovunque, anche se erano passate più di tre settimane dall'ultima volta che l'aveva sentita. Guardò Minseok, che l'aveva fatto entrare, con gli occhi sgranati. Il maggiore sorrise e indicò una porta aperta, e Jongin lo spinse leggermente in avanti. Inciampando, Sehun entrò, giusto in tempo per vedere Luhan che colpiva un ragazzo dai capelli neri accanto a lui, ridendo.
Quasi incantato, Sehun si fece avanti, avvicinandosi ad un ragazzo che non aveva mai visto prima, e Luhan smise immediatamente di ridere. “Sehun-ah!” esclamò, illuminandosi.
Sehun sentì una stretta al petto, quella piacevole sensazione a cui solo recentemente si era abituato. “Hyung!”
Luhan si fermò e lo guardò a bocca aperta, e ci volle un momento perché Sehun si rendesse conto del perché. Quando lo fece, anche lui ansimò. Gli occhi di Luhan si fecero lucidi, e sbatté velocemente le palpebre come per trattenere le lacrime. “Scusa, scusa,” disse, cominciando a sorridere. “Ero solo sorpreso. Sorpreso e felice.”
Sehun si morse il labbro e si godette il suono della voce del maggiore, si godette la sua presenza confortante, e si rese conto di quanto gli fosse mancato tutto questo.
“Buon compleanno, Sehun-ah,” disse emozionato Luhan.
“Grazie, hyung,” disse piano Sehun, e quell'appellativo non era familiare sulla sua lingua, ma in qualche modo era un sollievo dirlo. Sentì Jongin al suo fianco e intrecciò le loro dita, stringendo leggermente.
“Vi lascio soli,” disse gentilmente Jongin, e Sehun riuscì a percepire il suo sorriso. Un leggero bacio sulla sua tempia e poi se ne andò, come tutti gli altri nella stanza, che Luhan salutò per poi tradurre i saluti dell'amico.
“Mi ha fatto piacere rivederti, Jonginnie! Dobbiamo parlare più tardi, prima che vada a lavoro! Ciao Kyungsoo, Yixing dice ciao e che puoi chiamarlo quando vuoi! Ciao Baekhyunnie, ciao Seok-ah! Mi mancate!” E poi, silenzio, evidenziato dal grande sorriso di Luhan, luminoso anche attraverso lo schermo. “Hey, Sehunnie. Mi sei mancato.”
Sehun prese un profondo respiro. Era ora di essere onesti. “Mi sei mancato anche tu.” Luhan aspettò. “Hyung.”
Il maggiore sembrò nuovamente sul punto di scoppiare in lacrime. “Sono così fiero di te,” disse, e sì, anche Sehun era piuttosto orgoglioso di sé.
Più tardi quella notte, a letto, dopo essere stato riaccompagnato a casa da Jongin e aver ricevuto il suo ultimo bacio di compleanno e un sussurrato, “Sei stato fantastico oggi,” Sehun avrebbe aperto la prima pagina bianca del suo nuovo quaderno e avrebbe scritto
“Non ho mai chiamato nessuno hyung prima.” Poi, sotto, con dita tremanti ed esitanti, “Penso che potrei essere innamorato di Kim Jongin.” Avrebbe immediatamente cancellato quella seconda frase, ancora e ancora, fino a che non sarebbe stato impossibile leggerla.
Aveva ancora molta strada da fare.


Seguendo i veloci saluti di Luhan dopo l'arrivo di Sehun (che era stato il motivo principale per l'incontro di oggi, quindi era scusato), le persone che prima occupavano la stanza di Minseok si spostarono in salotto, sistemandosi sui divani. Kyungsoo se la cavava meglio con dei piccoli gruppi, ma era ancora diffidente delle persone che non aveva mai incontrato prima, quindi Minseok gli lasciò la poltrona. Minseok si strinse tra Jongdae e Baekhyun sul divano, e Jongin si sedette su una sedia della cucina, sembrando leggermente perso senza il suo ragazzo intorno.
“Cavoli, comincia davvero a mancarmi Luhan,” Jongdae sospirò pesantemente.
Minseok si morse il labbro per la fitta di dolore al petto quando sentì una risata familiare e allegra provenire dalla propria stanza. Non era geloso di Sehun – davvero – ma in un certo senso lo era. Non era nemmeno sicuro del
perché, esattamente. Perché non era più preoccupato che Luhan avesse qualche interesse amoroso nei confronti del ragazzo. Vedere Sehun con Jongin tutto il tempo lo aveva aiutato. Non era sicuro se fosse perché Sehun stava monopolizzando tutta l'attenzione di Luhan (che in effetti era una cosa piuttosto infantile di cui essere gelosi), o perché Luhan sembrava sempre così estremamente entusiasta nel parlare con Sehun o nel sentire novità di Sehun o nel parlare di Sehun, o forse era per quella piccola, irritante sensazione che Luhan sentisse più la mancanza di Sehun piuttosto che di Minseok. Era ridicolo, perché sapeva il tipo di relazione che c'era tra Luhan e il più piccolo (a grandi linee, almeno), e quanto Luhan ci tenesse e si preoccupasse per lui, ma forse era questo il problema. Egoisticamente, Minseok voleva che Luhan si preoccupasse così tanto anche per lui.
Luhan chiedeva regolarmente aggiornamenti sulla salute di Minseok (meglio, sempre meglio, anche se i progressi erano dolorosamente lenti a volte) e solo Dio sapeva cosa dicesse a Kyungsoo e Jongdae alle sue spalle, ma quella piccola vocina nella sua testa si chiedeva se avrebbe fatto tutte quelle domande se non si fosse sentito costretto.
Forse Minseok era semplicemente rancoroso perché mentre Sehun aveva ricevuto una lettera, dei nomignoli e dei sorrisi per il suo compleanno, tutto ciò che aveva ricevuto Minseok era stata una chiamata di venti secondi in cui Luhan gli diceva che stava partendo.
Si riscosse dai propri pensieri quando Jongdae grugnì forte al suo fianco e disse, “Non riesco a credere che il festival multiculturale inizi lunedì. Ci stiamo preparando da
mesi e non siamo ancora pronti. Non riesco a credere che si aspettassero che due persone potessero gestire il tutto.”
“Mancano solo due giorni. Sarete pronti in tempo?” chiese Kyungsoo, sembrando preoccupato.
Jongdae scrollò le spalle cupamente. “Siamo quasi pronti, rimangono solo un paio di piccole cose da fare. Penso che ci vorrà tutta la notte per finire in tempo.”
Minseok fece schioccare la lingua con aria di rimprovero. “Non sareste a questo punto se non avessi evitato Junmyeon per tutto questo tempo, sai. Hai avuto un sacco di tempo nelle scorse settimane.”
Jongdae abbassò lo sguardo e curvò le spalle. “Sono stato impegnato con altre cose,” borbottò, e Minseok sapeva che era una bugia. Sospirò e gli diede qualche pacca sulla gamba per confortarlo. Solo Jongdae riusciva a complicarsi tanto le cose.
“Beh grazie a te,” disse Baekhyun, guardando Jongdae, “Dovrò fare le ultime prove dei costumi domani invece che prima dello spettacolo perché il tuo stupido festival occuperà tutto l'auditorium fino al giorno della prima.” Fece un smorfia.
“E tu sei pronto per
quello?” chiese Kyungsoo.
Baekhyun sospirò e scosse la testa. “Nemmeno lontanamente. C'è così tanto da fare, non ci voglio nemmeno pensare. Devo ancora cambiare la chiave delle mie canzoni. E mettere insieme un nuovo costume per me.”
Minseok provò un'ondata di compassione e frustrazione perché Baekhyun doveva passare tutto questo, tutto da solo. Jongdae, però, sempre fuori dal giro, si sporse oltre Minseok per guardare Baekhyun e chiese, “Quanto è grave questo litigio con Chanyeol, comunque? Voi due non litigate
mai così a lungo.”
Baekhyun deglutì visibilmente e fece spallucce, abbassando gli occhi e rimanendo il silenzio.
“Chanyeol non sembra nemmeno arrabbiato,” continuò Jongdae, e Minseok voleva schiacciargli un piede perché non sapeva mai quando era ora di smetterla di parlare, e perché non diceva mai le cose giuste. “Sembra solo triste e confuso.”
Minseok soffrì sentendo questo, perché era così diverso dal solito atteggiamento di Chanyeol, ma soffrì ancora di più nel vedere Baekhyun sospirare e scrollare ancora le spalle. Perché tutti dovevano essere così depressi, mentre poteva ancora sentire Luhan ridere attraverso le casse del computer?
“Comunque, uh,” disse velocemente Minseok, impaziente di cambiare argomento. “Kyungsoo! Non hai mai conosciuto Jongin prima, vero?”
Kyungsoo sollevò lo sguardo sorpreso, così come Jongin quando sentì il proprio nome. “Uh, no non mi pare,” disse piano Kyungsoo.
“Eri al telefono durante la gita a Insadong, giusto?” chiese esitante Jongin, sorridendo quando Kyungsoo lo guardò, sembrando sorpreso che se ne ricordasse.
“Sì, è così,” rispose lui. “Sono Kyungsoo, il vicino di Minseok-hyung.” Minseok sentiva di essere un po' più che solo
“Il vicino di Kyungsoo.”
Jongin sorrise gentilmente. “Io sono Jongin,” disse allegramente. “È bello incontrarti di persona.”
“Ho sentito molto su di te,” disse Kyungsoo, sempre un po' perso quando si trattava di condividere qualcosa con qualcuno appena incontrato. “Luhan mi ha parlato molto di te e Sehun.”
Jongin rise leggermente. “Cose belle, spero,” disse nervoso.
“Cose molto belle,” gli assicurò lui.
“Bene,” rispose Jongin, visibilmente sollevato. “Allora, uh, perché non vieni a scuola con noi, Kyungsoo-ssi? Non ti ho mai visto lì…”
Minseok aprì la bocca immediatamente, pronto a recitare la solita solfa per il comportamento dell'amico e per la sua generale assenza, ma Kyungsoo lo batté sul tempo. “Ah, ecco,” cominciò con un piccolo sorriso. “Ho problemi piuttosto gravi di paranoia e OCD.”
Minseok si voltò a guardare il vicino, scioccato. Questa era la prima volta, in tutti gli anni in cui Minseok aveva conosciuto il più piccolo, che Kyungsoo ammetteva ad alta voce che i suoi problemi erano tanto psicologici quanto fisici. Sì, Kyungsoo aveva un disturbo di immunodeficienza, ma questa non era l'unica cosa che lo tratteneva dal vivere una vita normale, e Minseok cercava di dirglielo da anni.
Kyungsoo parlava sempre di fare piccoli passi, ma questo era un passo enorme per lui.
“Oh,” disse Jongin, sembrando sorpreso. “Dovrei—c'è qualcosa che dovrei fare, allora...? O non fare—”
Kyungsoo sorrise semplicemente. “No, vai bene così,” disse allegro, e Minseok lo stava ancora fissando, sentiva ancora ondate di orgoglio per la precedente dichiarazione del ragazzo. “Semplicemente non tocco, uh, niente. E, sai, non esco di casa.”
Jongin annuì lentamente, simpateticamente. “Deve essere dura,” mormorò. “Non esci mai di casa?”
Kyungsoo scosse la testa, e Minseok si stava già chiedendo se fosse il caso di cambiare nuovamente argomento, ma poi il ragazzo disse, “Ma ci stiamo lavorando.”
Ancora, Minseok si ritrovò a bocca aperta. “Lo stiamo facendo?” chiese.
Kyungsoo lo guardò e sorrise, esitante ma coraggioso. “Sì.”
E questo era tutto quello che Minseok avesse mai chiesto, davvero.

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Capitolo 34
*** Capitolo 32 ***


Baekhyun, non so se ho perso peso o se il tessuto si è allargato, ma penso che questa gonna sia troppo grande per me ora.”
“Questi sono i soli stivali che sono riuscito a trovarti... sono di una misura più piccola ma li devi indossare solo per qualche ora al giorno, giusto?”
“Mi hai mai dato il nuovo spartito per la tua seconda canzone? Ho solo la versione vecchia, e non riesco a trovare la nuova da nessuna parte.”
“Eunji continua a dimenticarsi le parole del suo monologo nell'Atto II, dovremmo semplicemente tagliarne una parte?”
Baekhyun grugnì e si strofinò le tempie, ignorando le lamentele di tutti e le richieste di aiuto nel disperato tentativo di evitare un piccolo crollo mentale. Essere il protagonista
e il direttore dello spettacolo non era in alcun modo semplice, ma il fatto che avessero dovuto cercare nuovi attori per i personaggi principali in così poco tempo – uno dei quali era lui stesso – aveva gettato tutti nel caos, e Baekhyun si era ritrovato tutto sulle spalle, che ora stava crollando per la pressione. Non c'era niente di pronto, tutti erano nel panico, e Baekhyun non era nemmeno sicuro di sapere tutte le sue nuove battute. Poteva recitare le vecchie battute senza problemi, ma provò all'improvviso un nuovo apprezzamento per come Chanyeol avesse imparato e recitato bene la sua parte. Ma in fondo, Baekhyun aveva cucito questo ruolo per Chanyeol.
“Potete semplicemente... stare tutti in silenzio mentre cerco di trovare una soluzione?” supplicò Baekhyun.
La maggior parte del cast si zittì immediatamente, riconoscendo un imminente attacco di panico quando ne vedevano uno, ma il suo direttore di scena-barra-assistente si fece avanti e disse, “Okay, ma poi dovremo trovare un modo per rendere la tua spada abbastanza leggera da essere sfoderata con facilità, e riprendere la seconda canzone dell'eroina per capire chi deve stare dove, e vedere se possiamo rendere la corona di Eunji un po ' più piccola perché a quanto pare tu hai una testa gigante.”
Un suono che non era propriamente umano sfuggì dalle labbra di Baekhyun. “È troppo tardi per disdire tutto?” mugolò.
“Beh, abbiamo già venduto una tonnellata di biglietti, e ci abbiamo lavorato per cinque mesi, quindi direi che no, non possiamo disdire,” disse un aiutante di scena, impassibile.
Baekhyun sospirò pesantemente. Non è che volesse
davvero cancellare lo spettacolo. Voleva solo... essere pronto. Voleva risolvere le cose prima. Voleva risolvere la propria vita, prima. Ma non era possibile, perché questa era la loro ultima possibilità di provare sul palco dell'auditorium prima di esibirsi tra poco più di una settimana. Passandosi una mano tra i capelli già scompigliati, disse, “Bene, allora potreste almeno farmi fare le cose una alla volta? Penso di poter letteralmente morire se continuate ad elencarmi le cose da fare.” Avrebbe davvero voluto che Minseok fosse lì per confortarlo, per farlo sfogare, ma il maggiore era da Junmyeon oggi, per aiutare lui e Jongdae a finire le ultime cose per il festival che sarebbe iniziato domani.
Baekhyun aveva finalmente smesso di disturbarsi a pensare a qualcun altro.
Si prese qualche minuto per ascoltare le lamentele degli attori e per trovare delle soluzioni per quelle che avevano
davvero delle soluzioni, ed era sul punto di crollare definitivamente quando Eunji lo colpì leggermente e disse, “Baekhyun. Guarda chi c'è qui.”
“Huh?” chiese lui, strofinandosi il viso stancamente. L'attrice fece un cenno verso la porta, e Baekhyun sollevò lo sguardo e si immobilizzò.
Là, davanti alla porta dell'auditorium, c'era Chanyeol, con le mani chiuse di fronte a sé e gli occhi bassi, sembrando dolorosamente titubante e incerto mentre stringeva una pila di fogli. I suoi capelli erano scompigliati, l'uniforme sgualcita, le sopracciglia aggrottate verso il pavimento, e Baekhyun non lo aveva guardato seriamente in
settimane.
Deglutì a fatica, con la gola secca, combattuto tra una nuova ondata di dolore e rimorso alla vista del migliore amico, e il più stupido e inutile istinto di correre immediatamente verso di lui. Alla fine, aprì la bocca, umettandosi le labbra, e disse, “Che ci fai qui?” La voce gli uscì sorprendentemente stabile, ed era leggermente fiero di questo.
Chanyeol lo guardò, poi distolse nuovamente lo sguardo, mordendosi il labbro. “Io... sono qui per le prove. Sai... se mi vuoi ancora.”
Immediatamente, tutti cominciarono a mormorare attorno a Baekhyun, sospirando per il sollievo. Accanto a lui, Eunji disse “Oh, grazie a Dio.” Baekhyun, comunque, era senza parole, e fissò semplicemente Chanyeol dall'altra parte della stanza.
“Lascerai che partecipi allo spettacolo, vero Baekhyun?” chiese con aspettativa il direttore di scena. “Voglio dire, andarsene è stato un gesto da stronzi, ma abbiamo davvero bisogno di lui.”
Baekhyun non rispose, non reagì nemmeno.
Chanyeol lo guardò nervosamente, con i capelli che gli cadevano sugli occhi. “Baek?” disse piano.
Baekhyun strinse i denti, ritrovando la voce. “Dobbiamo parlare.”
“Lo so…” rispose Chanyeol, guardando nuovamente il pavimento.
“Ora. Andiamo.” Girando sui tacchi, Baekhyun si diresse verso lo stanzino degli oggetti di scena, e un momento dopo, Chanyeol apparve sulla soglia, sembrando nervoso. “Chiudi la porta.”
Deglutendo sonoramente, Chanyeol fece un passo avanti e si chiuse la porta alle spalle. Si girò verso Baekhyun ma non sollevò gli occhi.
Baekhyun incrociò le braccia e lo fissò, con sguardo duro, cercando di non sputargli in faccia tutte le cose che voleva dirgli. “Perché sei tornato, Chanyeol?” chiese freddamente.
Il ragazzo sollevò lo sguardo per un momento, senza mai guardare Baekhyun per più di qualche secondo. Il maggiore notò che in mano aveva il copione della commedia, sgualcito e coperto da appunti e indicazioni di scena. “Io…non potevo abbandonare lo spettacolo, Baek. Non quando... non quando ci abbiamo lavorato così tanto. Non quanto tu ci hai lavorato così duramente. Non potevo rovinartelo.”
Baekhyun mandò giù i propri sentimenti. “Non ti lascerei tornare se non avessimo bisogno di te.”
“Lo so. Mi dispiace,” disse lui piano.
“Ti dispiace per
cosa, Chanyeol?” lo sfidò Baekhyun, con la rabbia che gli risaliva in gola come bile.
Chanyeol lo guardò con gli occhi castani tristi. “Mi dispiace davvero, Baek.”
“Questo non risponde alla mia domanda,” sputò Baekhyun. “Tu—sono così incazzato con te per così tante cose, Chanyeol. Ti odio per—per essere tornato tanto quanto ti odio per essertene andato. Te ne sei
andato, Chanyeol, non hai nemmeno detto niente e te ne sei semplicemente andato e io ho dovuto gestire tutto e non avevo mai, mai, dovuto gestire tutto da solo perché tu ci sei sempre stato ma ora no, ora tu eri il problema e io ti odio così tanto, sei un bastardo Park Chanyeol, all'inizio ero solo triste ma ora sono arrabbiato, sono così arrabbiato, io—” Si bloccò per singhiozzare leggermente.
E prima che potesse continuare, Chanyeol si allungò verso di lui, e Baekhyun indietreggiò leggermente ma Chanyeol avanzò ancora e afferrò il suo braccio per tirarlo avanti in un abbraccio. Baekhyun oppose resistenza, lottando contro la presa di Chanyeol, ma lui era molto più grande e molto più forte, ed era così caldo, familiare e profumava così tanto di Chanyeol, e a Baekhyun era mancato
così tanto. “Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace,” ripeté Chanyeol contro i suoi capelli, tenendolo stretto.
“Non ti perdono,” singhiozzò Baekhyun, ma smise di resistere quando le lacrime si formarono nei suoi occhi e si lasciò andare sconfitto contro il petto solido di Chanyeol.
“Lo so,” sussurrò lui.
“Non ti perdono.”
“Mi dispiace davvero, Baek. Mi dispiace
così tanto.”
“Sei terribile,” disse Baekhyun, strizzando gli occhi.
“Lo so. Ma sei il mio migliore amico, Baekhyun. Non potevo abbandonarti. Io—mi sei mancato. Tanto.” Chanyeol deglutì e continuò. “Sono venuto – sono venuto a vederti provare, qualche volta. Perché mi mancavi. Minseok-hyung mi ha beccato una volta.” Baekhyun non lo sapeva. “Mi ha rimproverato severamente.” Fece una piccola risatina nervosa. “Ma io non ero... non ero pronto... ancora. Ma penso di esserlo adesso.”
Baekhyun tirò su col naso, il cuore gli faceva male, e si ritrasse, rifiutandosi di incontrare lo sguardo di Chanyeol. “Ti lascio partecipare allo spettacolo, ma solo perché abbiamo bisogno di te. Non ti ho perdonato per
niente.”
“Lo so,” rispose umilmente Chanyeol, abbassando le braccia e guardando ancora a terra.
“Dobbiamo andare alle prove costumi ora, ma non abbiamo finito, Park Chanyeol. Io non – non so cosa tu voglia, ma se vuoi davvero che continuiamo ad essere amici, tu – hai molte cose da spiegarmi. E molto da recuperare. E anche allora, potrei non perdonarti.”
“Lo so.”
Baekhyun si rifiutò di arrendersi alle spalle basse di Chanyeol e ai suoi occhioni tristi. Si
rifiutò. “Ora andremo a provare, e tu farai del tuo meglio, ma questo non cambia nulla.”
“Lo so,” sussurrò Chanyeol.
Eppure, mentre Chanyeol sorrideva dispiaciuto al resto del cast e parlava animatamente con Eunji circa il proprio ruolo e sventolava la spada, vestito con i suoi abiti medievali e recitando il proprio monologo, Baekhyun sapeva che le cose erano
già cambiate. Non erano tornate come erano prima – probabilmente quello non sarebbe mai successo – ma erano decisamente diverse. Baekhyun non era mai stato bravo a provare rancore contro Chanyeol così a lungo, ed era solo…
Chanyeol gli era mancato così tanto.
Le prove andarono bene, molto meglio di quanto nessuno avesse sperato. Baekhyun aveva esitato a riprendere il proprio ruolo, con Chanyeol che interpretava di nuovo il protagonista maschile, ma Eunji si era praticamente rifiutata di rimanere come eroina, augurandogli buona fortuna mentre usciva dall'auditorium con un sospiro sollevato. Quindi Baekhyun indossò ancora una volta il vecchio costume, riprendendo la parte della protagonista femminile, affrontando Chanyeol senza paura mentre ricominciarono dal punto esatto in cui si erano fermati due settimane e mezzo prima.
Baekhyun riusciva a vedere l'esitazione negli occhi di Chanyeol mentre interagivano sul palco, le sue mani era titubanti quando doveva toccarlo, i suoi sorrisi tanto incerti quanto quelli di Baekhyun erano forzati. Ma non vacillò mai nella sua recitazione, non fece mai errori mentre eseguivano l'intera commedia dall'inizio alla fine, e Baekhyun non poté non apprezzare tutto l'impegno che ci stava ovviamente mettendo.
Lo sto facendo per te, gli occhi di Chanyeol dicevano questo mentre Baekhyun lo guardava recitare il suo piccolo soliloquio.
Baekhyun strinse i denti e incrociò le braccia, costringendo il proprio cuore a smettere di correre così veloce per la speranza. Baekhyun si rifiutava di essere ancora speranzoso.
Eppure il suo cuore accelerò ancora nell'ultima scena dell'ultimo atto, quando Chanyeol percorse a grandi passi il palco e lo fece avvicinare cingendogli i fianchi, la sua mano grande così calda e terribilmente familiare sul fianco di Baekhyun, il quale lo guardò con gli occhi sgranati e le labbra leggermente socchiuse mentre Chanyeol recitava la sua battuta sdolcinata, e il respiro si bloccò nella gola di Baekhyun perché era così vicino. E poi Chanyeol si chinò, e Baekhyun lo vide deglutire nervosamente – e poi si ritrasse, voltandosi verso il centro del palco. “Com'era?” chiese, con voce stranamente alta.
Il loro piccolo pubblico di assistenti e attori applaudì entusiasta, sovrastando il pulsare del cuore di Baekhyun mentre si ripeteva mentalmente
Non sei deluso, non ti aspettavi nient'altro, non sei così stupido, ovvio che non ti darà il bacio se non deve.
Quella era l'ultima scena dello spettacolo, il gran finale, ma Chanyeol volle riprovare ancora il suo assolo, quindi Baekhyun lo lasciò da solo sul palco e osservò dal pavimento dell'auditorium mentre il loro principe muoveva la spada e cantava versi che Baekhyun aveva scritto mesi e mesi prima, quando era stato ispirato nel scrivere la commedia, con in mente Chanyeol come protagonista maschile.
Colpì Baekhyun piuttosto all'improvviso, l'ondata di emozioni che lo travolse guardando Chanyeol esibirsi così perfettamente. Era esattamente come lo aveva visualizzato in origine. Proprio
tutto. Ed era semplicemente... così incredibilmente sollevato, e contento, perché il suo spettacolo non era rovinato, era fantastico, e Chanyeol era tornato e anche se Baekhyun più o meno lo odiava ancora, gli era anche mancato più di quanto non si sarebbe mai immaginato.
La fine della canzone richiedeva che Baekhyun arrivasse sul palco e vedesse il principe, e lo fece, unendosi a Chanyeol negli ultimi versi della canzone mentre si avvicinavano lentamente. La loro ultima nota armonizzata risuonò nell'aria, e Chanyeol sorrise largamente, tirando d'impulso Baekhyun in un abbraccio. Il ragazzo cadde contro il suo petto, sorpreso, e gli ci volle un momento per lasciarsi andare, godendosi il suo calore, e automaticamente sollevò le braccia per ricambiare l'abbraccio. Non ci pensò nemmeno, per i primi secondi, semplicemente respirando il profumo di Chanyeol e ascoltando il battito del suo cuore, perché sembrava così
giusto. Ma anche così, niente poteva cancellare l'agonia delle due settimane e mezzo scorse, e Baekhyun si ritrasse nello stesso momento in cui Chanyeol lo lasciò andare. Si fissarono, il silenzio pesante e opprimente tra loro, e poi Chanyeol disse, “Devo andare.”
Baekhyun deglutì e annuì, e il suo cuore emise un piccolo e inaudibile
oh. Perché anche se Chanyeol era tornato, anche se Chanyeol non lo odiava, Baekhyun si ricordava ancora il modo in cui il migliore amico aveva reagito alla sua dichiarazione inaspettata e, chiaramente, niente era cambiato.
“Ma siamo... tra noi è tutto okay, vero Baek?” chiese piano Chanyeol.
Baekhyun strinse i pugni, trattenne il respiro, e si voltò. Non voleva rispondere.
“Oh,” disse piano Chanyeol dietro di lui. “Io—non importa. Vado.”
Baekhyun non si mosse fino a che non sentì i passi di Chanyeol allontanarsi.
Okay non era la parola che Baekhyun avrebbe usato attualmente per descrivere la sua vita personale. Avevano ancora un bel po' di strada da fare prima che tutto potesse essere okay.


Minseok probabilmente si era addormentato da una o due ore quando il suo telefono vibrò sul comodino. Non lo metteva più in silenzioso – non dalla telefonata in piena notte di Luhan prima che ripartisse per la Cina.
Gli ci volle comunque un bel po' per svegliarsi abbastanza per rispondere, grugnendo leggermente. Per poco non si fece cadere il cellulare in faccia mentre lo sollevava per guardare il numero. Internazionale. Rispose subito.
“Pronto?” gracchiò, schiarendosi la gola e poi sbadigliando.
“Hey, Minseok-ah,” disse una voce debole. “Scusa se ti ho svegliato.”
Minseok non riuscì a trattenere il sorriso quando sentì la voce di Luhan, nonostante fosse confuso e assonnato. “È tutto okay,” mormorò. “Che succede?”
Ci fu una lunga pausa, e poi Luhan disse, “Volevo solo mostrarti una cosa, tutto qui.”
“Alle…” Minseok allontanò il telefono dall'orecchio per guardare lo schermo. “Quasi all'una di notte?”
Luhan rise piano. “Già. Non lo so. Puoi tornare a dormire se vuoi. Non so perché ho chiamato.”
“No, va bene,” rispose Minseok, sedendosi. “Vuoi che accenda il computer?”
“Non devi per forza,” disse ancora Luhan, ma Minseok capiva che voleva che lo facesse. “Ma sì, um, le chiamate internazionali sono davvero costose.”
Minseok rise. “Un secondo.” Si trascinò fuori dal letto, le gambe pesanti per il sonno, e accese la lucina. “Sarò online fra un minuto. Ci sentiamo fra un po'?”
“Okay,” sussurrò Luhan, e la linea cadde.
Minseok si stiracchiò assonnato e spinse il pulsante di accensione del computer, abbassando le casse per non svegliare tutta la casa. Si sistemò sulla sedia mentre il computer caricava, riappisolandosi leggermente fino a che non sentì il suono di avvio. Sbattendo le palpebre per la luminosità dello schermo, fece l'accesso a Skype digitando distrattamente sulla tastiera, e trovò il nome di Yixing tra i suoi contatti. Forse Luhan avrebbe dovuto crearsi un account personale.
La chiamata ci impiegò solo un secondo ad essere accettata, e poi un'immagine scura apparve sullo schermo, un Luhan dai capelli scompigliati e con indosso una canotta nera. Doveva davvero smettere di indossare quelle cose in presenza di Minseok. “A malapena riesco a vederti,” borbottò piano Luhan.
Minseok rise, socchiudendo gli occhi. “Non posso accendere la luce grande, mi accecherei.”
“D'accordo,” sbuffò il ragazzo.
“Cosa volevi mostrarmi?” chiese Minseok, combattuto tra il voler continuare a parlare con Luhan per sempre e voler tornare a letto a dormire.
Luhan fece una pausa di un secondo, poi disse, “Ho scritto una canzone per te…”
Minseok alzò le sopracciglia, sorpreso. “Cosa? Davvero?”
“Già…” rispose Luhan con un sorriso timido, allungandosi fuori dalla visuale per prendere una chitarra che si posizionò in grembo. “Non è niente di speciale, ma. Non lo so.”
“Non sapevo sapessi scrivere canzoni,” disse Minseok, leggermente accigliato.
“Infatti,” disse il ragazzo, strimpellando piano. “Solo questa volta.”
“Non sapevo nemmeno che sapessi suonare la chitarra.”
Il sorriso di Luhan si allargò leggermente. “Yixing mi ha insegnato un po'. Posso farti sentire ora?”
“Sì, certo,” disse Minseok, sorridendo assonnato.
Luhan fu improvvisamente di nuovo timido, abbassò la testa e strimpellò qualche corda della chitarra. “È tutta in cinese,” disse mestamente, e poi prese un profondo respiro e cominciò a cantare con esitazione mentre Minseok si metteva comodo e ascoltava.
La voce di Luhan era delicata e dolce, niente di eccezionale ma Minseok l'avrebbe potuta ascoltare per tutto il giorno. Per il resto della sua vita. Rimase seduto ed ascoltò in silenzio Luhan cantare, e Minseok non era mai riuscito a decifrare il cinese cantato, perché mancava dei toni e della grammatica del parlato, ed era ancora più disorientato a quest'ora della notte, quando il suo cervello non lavorava propriamente. Quindi invece si godette semplicemente il tono della voce di Luhan, e il suo sorriso gentile e le sue occhiate timide allo schermo, e il modo in cui la sua lingua nativa lasciava la sua bocca in un modo completamente diverso rispetto al coreano, e Minseok desiderò non per la prima volta di poter attraversare lo schermo e toccarlo. Voleva accarezzare quelle braccia nude, e passare i pollici sulle sue guance, e assaggiare quella bocca delicata, e oh, Minseok si stava lasciando trasportare ancora una volta.
Quando Luhan finì, con la voce che si affievolì nella semi oscurità, abbassò la testa e guardò Minseok attraverso le ciglia folte, sembrando timido. “Ecco qua,” disse con un piccolo sorriso.
Minseok fece un sorrisetto sghembo, costringendosi a tenere gli occhi aperti. “Cosa dice il testo?”
Luhan ricambiò il sorriso. “Non ha importanza.”
Minseok sbatté ancora le palpebre, la mente offuscata dalla stanchezza. “Mi è piaciuta.”
“Davvero?”
“Sì,” disse con sicurezza Minseok. “È davvero bella, Lu. Quando l'hai scritta?”
“Mi annoio a lavoro,” rispose Luhan con una risatina debole. “Ma ci stavo pensando già da un po' ormai.”
Qualcosa assillava la mente di Minseok. Dovette fermarsi un secondo per capire cosa fosse. “Aspetta, che ci fai a casa? Non dovresti essere a lavoro?”
Luhan sorrise mortificato. “Mi hanno mandato a casa malato.”
Le sue parole accesero un campanello di allarme nella mente offuscata di Minseok.
“Cosa?”
“È successo ieri. Sto bene,” gli assicurò Luhan.
“Sei
di nuovo malato?” chiese Minseok, frustrato e preoccupato.
Luhan rise. “È solo una cosa allo stomaco. Ho rimesso a lavoro e mi hanno mandato a casa. Mi hanno detto di tornare quando mi sarei sentito meglio. Tornerò domani.”
“Cavolo, Lu…” Minseok si passò una mano tra i capelli, preoccupato.
“Il mio orologio biologico è così sfasato che continuo a dormire di giorno e svegliarmi la notte, comunque,” rise leggermente Luhan. “Ma immagino sia una bene. Sarà più facile tornare.” Gli sorrise con così tanto affetto che Minseok trovò difficile deglutire. “Sto bene. Probabilmente ce l'avranno tutti presto.”
“Questo non è rassicurante,” mormorò lui.
Luhan rise ancora. “Non preoccuparti per me.”
“Mi preoccupo sempre per te…” disse Minseok, sentendo le guance accaldarsi.
“Beh, non farlo. È tutto okay. Sto... sto buono.”
Minseok sospirò piano. “Sto
bene.”
“Huh?”
Minseok sorrise. “Niente. Cantami ancora quella canzone.”
“Solo una volta,” disse Luhan, ricambiando il sorriso.
“Canta per farmi addormentare,” gli chiese.
“Okay,” acconsentì prontamente Luhan. “Vai a letto.”
Minseok andò, lanciando un ultimo sorriso al ragazzo prima di spegnere la lucina e mettersi sotto le coperte. “Sono pronto,” lo avvisò.
Luhan ridacchiò dallo schermo. “Okay,” disse, e ricominciò a cantare, con voce lenta e confortante. Minseok sospirò contento contro il cuscino. Quando Luhan raggiunse la fine della canzone, riprese dall'inizio e Minseok sorrise mentre cedeva al sonno, pensando che così, solo per pochi minuti, avrebbe potuto fingere che Luhan fosse lì con lui.


Da un'altra parte di Seoul, Minseok non era l'unico che si stava addormentando. L'unica differenza era che Jongdae
non avrebbe dovuto dormire. Sospirando frustrato, si strofinò gli occhi e cercò di concentrarsi sui brillantini che stava versando sulla colla fresca.
“Che ora è?” chiese Junmyeon dal suo posto sul pavimento del proprio soggiorno, a pochi metri da lui. In mano aveva un paio di forbici, ma non le muoveva da un po'.
“Nemmeno le due,” rispose Jongdae, dando uno sguardo all'orologio. “Il che è un bene, perché ci manca un bel po' per finire.”
“Ti prego uccidimi e basta,” grugnì il maggiore, e Jongdae sorrise leggermente, scuotendo il contenitore con i brillantini. “Non dormo da tipo... quarantatré ore.”
Jongdae si voltò a fissarlo con gli occhi spalancati. “Dici sul serio?”
Junmyeon sorrise assonnato. “Penso di essermi addormentato durante la lezione di storia per una mezz'oretta?”
“Come fai – come fai ad essere ancora
vivo? E perché non dormi da così tanto?” chiese incredulo Jongdae, squittendo quando per sbaglio rovesciò un po' di brillantini sul pavimento. Non se ne sarebbe andato per molto, molto tempo. Tolse l'eccesso con un pezzo di carta che trovò per terra.
“Bevande energetiche e pura forza di volontà,” gli disse Junmyeon. “E sono rimasto alzato tutta la notte anche ieri, per preparare le diapositive per qualcuno che a quanto pare si era 'dimenticato' che l'evento sarebbe iniziato domani.”
“Oh, cavolo, mi dispiace. Me l'avresti potuto dire, sai, ti avrei aiutato,” disse Jongdae, sentendosi in colpa.
“Non ti ho visto spesso in giro ultimamente,” mormorò il maggiore, riprendendo finalmente a tagliare con le forbici. “Non volevo disturbarti.”
Jongdae sussultò, abbassando la testa per la vergogna. “Mi dispiace,” disse piano.
“Va tutto bene,” disse Junmyeon, scuotendo la testa. “Solo che domani potrebbe esserci bisogno che mi tenga letteralmente in piedi al festival.”
Jongdae annuì, guardando la loro lista di Cose da Fare. Erano lì, accampati nel salotto e nella cucina di Junmyeon, dalle due di quel pomeriggio, con Minseok che li aveva raggiunti per dare una mano fino alle nove circa. Da allora erano rimasti solo loro due, a combattere il sonno con bevande alla caffeina e pause occasionali per alzarsi e fare un po' di movimento o mangiare qualcosa. Era la prima volta che Jongdae passava del tempo con Junmyeon in due mesi, ed era... strano. Prima erano così a loro agio, ma ora c'era ovviamente della tensione, e Jongdae a malapena riusciva a guardarlo senza provare un certo dolore, e tutto era così stupido. Jongdae odiava quanto tutto fosse stupido..
Sospirando, contò le cose che dovevano ancora essere cancellate dalla lista. “Hyung, puoi—puoi dormire un po', se vuoi. Posso occuparmi da solo di un paio di queste cose.”
“Davvero?” chiese il maggiore, guardandolo sorpreso.
“Certo,” annuì Jongdae. “Non saranno belle come se le avessi fatte tu, ma... posso provarci. Dormi, prima di collassare.”
Joonmyun sorrise vagamente. “Grazie, Jongdae-yah,” disse piano, e il nomignolo sembrava quasi sconosciuto ormai. Si sistemò su un divano lì vicino, spingendo per terra un po' di materiale. “Svegliami quando non ce la fai più, okay?”
“Nessun problema,” mormorò lui. Guardò i brillantini che stava ancora cercando di staccare dal tappeto. “È il minimo che possa fare.”
Junmyeon fece un piccolo suono, e quando Jongdae gli lanciò un'occhiata, i suoi occhi erano chiusi e stava respirando profondamente. Si rivoltò, immaginando che si fosse già addormentato, e sussultò quando una voce gentile disse, “Mi stavi evitando.”
Jongdae deglutì, la gola secca, ma quando sollevò lo sguardo, gli occhi di Jongdae erano ancora chiusi.
“Jongdae-yah, perché non mi parli più? Pensavo fossimo amici,” mormorò il maggiore, con voce assopita.
“Scusa,” sussurrò Jongdae, nemmeno sicuro che Junmyeon fosse abbastanza sveglio da sentirlo.
“Sono passati due mesi. Mi odi?” continuò, con voce triste. Jongdae non aveva mai visto il ragazzo così vulnerabile, gli faceva male vederlo così.
“No,” rispose, deglutendo a fatica. “Mi piaci, hyung.”
Junmyeon aggrottò la fronte, gli occhi ancora chiusi. “Sta' zitto,” disse, quasi rudemente, girandosi immediatamente verso lo schienale del divano.
Jongdae lo fissò, gli occhi sgranati, perché Junmyeon non era mai stato,
mai, nient'altro che piacevole e dolce con lui, sorrisi amichevoli e parole gentili, e questo suo nuovo lato era assolutamente scioccante. “Hyung?” disse piano, un po' spaventato.
Ma Junmyeon non rispose, rimase in assoluto silenzio, e alla fine Jongdae tornò a lavoro, guardando di tanto in tanto il maggiore sul divano mentre cercava disperatamente di finire tutto in tempo. Non voleva davvero doverlo svegliare.


Junmyeon si svegliò da solo intorno alle cinque del mattino, riuscendo in qualche modo ad essere allegro e solare dopo sole tre ore e mezzo di sonno. Jongdae avrebbe potuto giurare che non era umano, guardando il presidente del consiglio studentesco entrare in cucina per preparare dei pancake con le gocce di cioccolato per colazione e rimproverandolo scherzosamente per aver cercato di usurpare l'intero festival. Non fece alcun commento sulla loro piccola conversazione di quella notte.
Jongdae era riuscito a finire quasi tutto quello che c'era da fare, e Junmyeon lo aiutò a completare le ultime poche cose, stando vicino a lui al tavolo mentre coloravano le lettere dei cartelloni. “Hai fatto un buon lavoro,” mormorò, con gli occhi fissi sul pennarello. “E grazie per avermi lasciato dormire un po'.”
“Non è niente,” rispose Jongdae, leggermente nervoso per la sensazione della spalla del ragazzo contro la propria. Era passato così tanto da quando erano stati così vicini.
“Lo apprezzo davvero,” disse comunque Junmyeon, e quando Jongdae lo guardò, il maggiore stava sorridendo affettuosamente. Jongdae non riuscì a guardarlo a lungo.
Un'ora prima che uscissero per andare a scuola, Junmyeon disse all'improvviso, “Hai ancora intenzione di concorrere come presidente del consiglio? Le elezioni saranno a breve.”
Jongdae per poco non saltò per la sorpresa. Non ne parlavano da mesi. “Uh…sì, a dire il vero,” rispose. “Ti ho già detto che mi piacerebbe. Le elezioni non sono che tra un mese però.”
Junmyeon annuì lentamente. “Beh, posso sempre aiutarti, se ne avessi bisogno,” disse piano. “Se... vuoi.”
Jongdae deglutì a fatica. “Grazie, hyung,” rispose. Aveva la sensazione che non avrebbe chiesto alcun aiuto.
“Forse sto solo sperando che offrendomi di aiutarti, allora mi lascerai fare a tuo padre milioni di domande sul diventare avvocato,” disse il maggiore, sorridendo gentilmente. “Vorrei ancora parlare con lui qualche volta.”
“Oh, giusto,” Jongdae sbatté le palpebre. “Me ne ero dimenticato.”
“Studierò legge l'anno prossimo,” gli disse Junmyeon. “Ma vorrei comunque sentire un po' cos'ha da dire un vero avvocato. Sai, per avere un vantaggio.”
“Certo,” annuì ancora Jongdae. “Io... gliene parlerò. In questi giorni è piuttosto impegnato, ma... cercherò di inventarmi qualcosa.”
“Grazie, Jongdae-yah,” disse piano Junmyeon, e il cuore di Jongdae sospirò esausto.


In qualche modo, magicamente – ma anche, come c'era da aspettarsi – il festival multiculturale andò liscio come l'olio. A pranzo e ogni giorno dopo scuola, Jongdae rimaneva lì in piedi meravigliato mentre tutto il loro duro lavoro veniva ripagato. Jongdae e Junmyeon non avevano un vero e proprio ruolo nel festival in sé, a parte assicurarsi che niente fosse fuori posto e improvvisato, ma dovevano comunque essere presenti durante tutto l'evento, e a Jongdae non dispiaceva affatto. Era piacevole, vedere il risultato finale delle loro sofferenze e vedere quanto tutto fosse perfetto.
“Siamo stati bravi, huh?”
Si voltò per vedere Junmyeon che gli si affiancava mentre guardava l'auditorium, ora pieno di espositori e schermi, il terzo giorno. Sorrise, cercando di non notare come il maggiore avesse posato una mano gentile sulla sua schiena. “Già,” rispose. “Proprio così.”
“Volevo solo dirti, Jongdae—grazie per avermi aiutato con tutto questo. Avrei potuto scegliere chiunque per essere mio compagno in questo evento, ma sono felice di aver scelto te. Lo ammetto, l'ho fatto più che altro per motivi egoistici, ma sono contento di averlo fatto. Hai fatto un lavoro fantastico.”
Jongdae si morse il labbro per il complimento. “Grazie, hyung. Scusa se... se sono stato un compagno schifoso alla fine.”
Junmyeon scosse la testa, senza mai perdere il sorriso. “Sei tornato alla fine,” disse. “Acqua passata.”
Jongdae rise piano. “Sono onorato di aver lavorato con qualcuno come te,” disse. “Io – mi ha fatto davvero piacere passare del tempo con te.”
“Davvero?” chiese il maggiore, guardandolo con uno sguardo che Jongdae non riuscì a decifrare. “Perché anche a me ha fatto davvero piacere passare del tempo con te.”
Jongdae deglutì nervosamente, sentendo di aver detto più di quanto non avrebbe dovuto dire. Sentì, in modo molto acuto, il palmo della mano di Junmyeon ancora sulla propria schiena. Il cuore gli batteva forte, e si costrinse a distogliere lo sguardo. “Come sta – come sta la tua ragazza, hyung?”
Junmyeon rimase perfettamente immobile e in silenzio per un momento, e Jongdae avrebbe voluto sbattere la testa contro il muro più vicino. “Lei – lei sta bene. Abbiamo festeggiato l'anniversario dei due mesi qualche tempo fa.”
Jongdae annuì, sentendo lo stomaco attorcigliarsi. Perché aveva tirato fuori l'argomento? Perché doveva sempre dire così tante cose stupide? “Bene,” sussurrò. “Sono contento che tu sia – felice.”
“Io…lo sono,” rispose Junmyeon, annuendo.
Il cuore di Jongdae palpitò. Era un bugiardo tremendo. “Devo andare in bagno,” disse velocemente, facendo un passo indietro dal maggiore, la cui mano cadde. “Torno fra un po'.”
Junmyeon lo guardò andare, e Jongdae si chiese perché diavolo qualcosa di così stupido dovesse fare così male.

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Capitolo 35
*** Capitolo 33 ***


Minseok si stava abbottonando la camicia dell'uniforme quella mattina quando il campanello suonò e la voce di Kyungsoo lo chiamò, “Hyung! Vieni ad aprire qualcosa per me!”
Minseok rise gentilmente, chiudendo gli ultimi bottoni e cercando la cravatta. “Un secondo, arrivo!”
“È una lettera di Luhan!” Gridò ancora Kyungsoo, e Minseok si immaginava già il sorrisetto dell'amico quando la porta si aprì un attimo dopo.
“Sarà meglio che non l'abbia detto solo per farmi uscire,” disse, socchiudendo gli occhi sospettosamente.
Kyungsoo rise, porgendogli la busta spessa. “No, lo è davvero. Non sono
così cattivo. Sono le foto che avevo chiesto, penso. Aprimela! E poi leggimela, per favore e grazie.”
“Certo, ma dobbiamo fare in fretta. Devo andare a scuola, sai,” rispose Minseok, prendendo la busta e infilando un'unghia sotto la linguetta.
Kyungsoo agitò le mani. “Non è importante.”
Aprendo la busta, Minseok prese una pila di foto e un foglio piegato. “Non potevi aprirla da solo?” chiese, guardando il vicino attraverso la frangetta. “L'hai portata sin qui.”
Kyungsoo si leccò nervosamente le labbra. “Già, e mi ci sono voluti venti minuti solo per convincermi a prenderla in mano. Non è aprirla il problema, è toccare quello che c'è dentro.” Cominciò a piegare le dita compulsivamente, e Minseok capì che stava ancora una volta pensando troppo, tipo a quanti germi potessero esserci nella busta e ora sulle sue mani. Minseok non perse tempo.
“Va bene, posso leggerti la lettera,” disse, aprendola velocemente.
“E anche il retro delle foto,” aggiunse Kyungsoo, vedendo le spiegazioni scritte su ogni scatto.
“Magari un paio,” concesse Minseok, combattuto tra il voler arrivare a scuola in tempo e voler leggere ogni singola parola scritta da Luhan. “Okay, ecco qua.
Caro Kyungsoo (e gli altri, haha). Finalmente ho sviluppato le foto! Alcune sono ancora della Corea, mi sono assicurato di scrivere dove ognuna di esse è stata scattata. So che te le avrei potute mandare per email, ma ho pensato che così sarebbe stato più personale, e più divertente! E poi, in questo modo, posso scrivere su ognuna di esse. Spero ti piacciano. Mi sono davvero divertito a fare foto della Cina per te! Vedrai il mondo più dei tuoi amici, keke. Comunque, non scriverò troppo, dato che possiamo parlare su Skype. Sappi solo che penso a te, qui in Cina! Anche Yixing parla tanto di te. Vuole sapere se hai mai provato i jiaozi. Sono un tipo di ravioli cinesi che a Yixing piacciono tanto, ne mangiamo tanti intorno al periodo del Capodanno Cinese. Sappi anche che mi ha chiesto se ti piacciono le magliette a righe. Gli ho detto di sì. Spero non ti dispiaccia, ke.” Minseok sollevò lo sguardo e vide Kyungsoo abbassare la testa imbarazzato, con le guance rosse. “Comunque, spero stia bene, e che ti stia prendendo cura di te, e prenditi anche cura di Minseok per me!” Ora fu Minseok ad arrossire.
“Questa parte è per Minseok, già che ci sono. Caro Minseok. Ciao! A dire il vero non ho molto da dirti. Semplicemente non volevo che ti ingelosissi, ke. Spero di non mancarti trooooppo! (Ma devi sentire almeno un po' la mia mancanza.) Continua a migliorare, Seok-ah, okay? Mi rende così felice quando Kyungsoo e Jongdae mi dicono che stai sempre meglio, quindi continua a migliorare per me, d'accordo? Ci sentiamo presto~” Minseok si morse il labbro e passò il pollice sopra le parole scritte per lui su quel foglio, sentendo una dolorosa stretta al petto.
“Le foto, hyung,” gli ricordò Kyungsoo gentilmente, muovendosi impaziente.
“Mi ha scritto una canzone, Soo,” disse pietosamente Minseok.
“Lo so, me l'hai detto tipo diciotto volte. Per favore puoi leggermi un paio di foto prima di andare a scuola?”
“Mi ha scritto una
canzone. Perché deve essere così perfetto?”
Kyungsoo gli fece un sorriso dolce. “Perché altrimenti non saresti innamorato di lui. Ora sbrigati, prima di andartene.”
Minseok sospirò pesantemente, ripiegando il foglio e posandolo per poi riprendere la pila di foto. Quella in cima era un lago scintillante al tramonto, il cielo scuro sbiadiva in arancione e magenta sui bordi, l'acqua era illuminata dai colori, e una figura alta si stava lanciando dal pontile, le gambe lunghe in aria mentre si incurvava, immobile, sopra l'acqua. Minseok la girò verso Kyungsoo, che la guardò da vicino, curioso. “
10 Aprile. Questo è il lago vicino al nostro paese di cui ti ho parlato! È bello, vero? Quello è il mio amico Yifan che si tuffa in acqua. Siamo andati tutti quella sera, prima che io andassi a lavoro e dopo che loro furono tornati da scuola. Il tramonto era bellissimo quella sera. Non sei mai andato a nuotare, vero Kyungsoo? È davvero una sensazione rinfrescante. Ti senti leggero in acqua, perché galleggi. Non c'è davvero niente che ti tiene su. È liberatorio. L'acqua di questo lago puzza, però, haha. Di inquinamento e di pesce. È troppo sporca per vedere se ci sono pesci intorno a te. Ma a volte penso di sentirli mentre mi mordicchiano i piedi. Non fa male però! Se dovessi mai portarti a nuotare, non sarebbe in questo lago, kekeke…” Minseok sollevò lo sguardo e vide gli occhi di Kyungsoo sgranati per la meraviglia.
“Sembra davvero di fluttuare, hyung?” chiese piano.
Minseok deglutì piano. “Sì, un po'.”
“Wow…”
A volte era difficile per Minseok vedere Kyungsoo così stupito per qualcosa che gli altri davano per scontato.
La foto successiva ritraeva Luhan e uno dei suoi amici, con i capelli e la pelle scuri paragonati al molto più pallido Luhan, entrambi e petto nudo mentre sedevano sul pontile, il lago come sfondo dietro di loro; avevano i capelli bagnati e scompigliati, gli occhiali da sole poggiati sul naso mentre sorridevano fianco a fianco. Minseok non avrebbe mai ammesso quanto fosse arrossito vedendo Luhan senza maglietta, con tutta la pelle in vista e i muscoli e
wow, Minseok aveva pensato che le canottiere fossero il peggio. Girò la foto velocemente per farla vedere a Kyungsoo. “10 Aprile. Questo è il mio amico Zitao, ha la tua stessa età! Dopo aver nuotato, ci siamo semplicemente seduti sul pontile per asciugarci. Era tardi, ma faceva ancora caldo. Il calore fa puzzare il lago durante il giorno, ma il venticello è piacevole la sera. C'erano molti insetti. Il lago è abbastanza lontano dal paese quindi c'è silenzio qui, e tutto quello che riesci a sentire è il verso degli insetti e le onde del lago e le rane e gli uccelli e tutto. Più ascolti, più il rumore diventa forte. Il pontile è vecchio e cade a pezzi. Mi è entrata una scheggia nella mano. Ho dovuto chiedere ad Yixing di toglierla, kekeke. Stai attento alle schegge, Kyungsoo!”
La terza foto era solo di Yixing, che sorrideva allegro, la fossetta sulla guancia, mentre sollevava due dita in segno di pace da dove era seduto sul letto. “
4 Aprile. Yixing ha richiesto che ti mandassi questa foto, kekeke. Ha detto che pensava fosse una bella foto. Gli ho detto che sembrava avesse dodici anni e mi ha fatto il broncio. Ha detto che dovresti guardarlo come un uomo.” Minseok guardò ancora Kyungsoo, completamente rosso in viso, che agitava la mano per dirgli di cambiare foto. “Aspetta! Dice anche, Yixing mi ha detto inoltre di chiederti di mandargli una tua foto.”
“Prossima foto, prossima foto,” disse agitato Kyungsoo, e Minseok rise.
“Okay, okay.” Minseok cambiò foto, e sbatté le palpebre sorpreso quando vide il proprio viso. Beh, non proprio. Nella foto, era seduto sull'erba, coperto di fango dalla testa ai piedi, sorrideva gentilmente mentre si chinava per allacciarsi le scarpette da calcio, e la palla accanto a lui. Facendo un profondo respiro, Minseok la girò e lesse.
“25 Marzo. Questo è stato il mio ultimo giorno in Corea. Ricordi, io e Minseok eravamo andati a giocare ancora a calcio? È stato molto diverso rispetto a quando avevamo giovato a Ottobre. Anche il campo sembra diverso, vero? Aveva piovuto, quindi era tutto fangoso. E freddo. E scivoloso. È davvero difficile correre in mezzo al fango, riesci a malapena a stare in equilibrio per poco più di qualche passo. Siamo caduti molte volte. Io continuavo ad imprecare, e Minseok continuava a ridere di me, kekeke. Ci siamo sporcati così tanto, e tutto odorava di pioggia e sporco, erba e sudore. Verso la fine, abbiamo fatto una lotta nel fango. (Ho vinto io. Minseok probabilmente non te l'ha mai detto.) Mi ricordo tutto così bene di quel giorno. Il fango era dello stesso colore dei capelli di Minseok. Era freddo contro la sua pelle calda. Non si è arrabbiato con me quando gliel'ho cosparso sul viso. Faceva davvero freddo e c'era vento, e non c'era il sole, ma mi sentivo comunque caldo. Spesso vorrei tornare indietro a quel giorno.” Minseok deglutì a fatica, il petto gli faceva male, e Kyungsoo gli posò una mano sulla spalla. Minseok sollevò lo sguardo, e la mano dell'amico tremava leggermente ma il suo sorriso era sicuro e confortante. Riuscì a ricambiare con un sorriso tremante.
La quinta foto era dell'aeroporto in Cina, quasi deserto nel bel mezzo della notte, i corridoi bui e i posti vuoti.
“26 Marzo. Il mio primo assaggio della mia madrepatria in sette mesi. C'era così silenzio, e noi eravamo così stanchi e ancora così scioccati, quasi non sembrava reale. Ma gli aeroporti non sono sempre spaventosi. La maggior parte delle volte, sono davvero emozionanti. Una nuova avventura. Nuove cose da vedere. Tutti dentro sono sempre ansiosi di andare, di partire, di visitare posti nuovi. Non mi piacciono gli aerei, perché vanno così in alto e mi rendono nervoso, ma so che devo buttarmi per affrontare una nuova avventura. Devi affrontare le tue paure prima di andare avanti con la tua vita, devi vedere cose nuove e fare esperienza di cose nuove. Fa paura, ma è eccitante, perché ci sono cose che ti aspettano dall'altra parte. Persino durante il mio viaggio lontano dalla Corea, ero un po' emozionato. Sapevo che il fatto che ci stessero rispedendo in Cina non fosse positivo, ma mi aspettavano un sacco di cose. Rivedere i miei amici, parlare in cinese, essere di nuovo nella mia città natale. Questo lo ha reso meno spaventoso. Guardare con aspettativa cose positive. Una nuova avventura. Per me, più della paura, aeroporto significa questo.”
Quando Minseok guardò ancora Kyungsoo, il ragazzo stava assottigliando le labbra, i pugni chiusi intorno all'orlo della sua maglietta, e fissava le foto sparpagliate sul tavolo per lui. “Hyung,” disse piano, con voce debole. “Pensi che un giorno potrei andare fuori?”
Minseok esitò prima di aprire la bocca. “I medici hanno detto che puoi, purché stia attento.”
Kyungsoo lo guardò con gli occhi spalancati e terrorizzati. “No, hyung. Pensi che
potrei?”
E Minseok sapeva che non stava chiedendo se avesse il
permesso. Voleva sapere se lui, Do Kyungsoo, sarebbe stato in grado di uscire un giorno, di sua spontanea volontà. “Penso che potresti, Soo,” disse piano. “Penso che potresti fare tutto, se solo lo volessi.”
Kyungsoo deglutì e annuì, ma non disse niente.
Minseok guardò l'orologio e quasi sobbalzò. “Cacchio, devo andare! Ci vediamo dopo, okay? Prenditi cura di te, Soo, ti riporterò le foto dopo la scuola d'accordo? Ciao!” Afferrò lo zaino dalla maniglia della porta, si mise in fretta le scarpe e si infilò la giaccia dell'uniforme per poi correre fuori dalla porta.


Questi giorni, per Baekhyun, ogni giorno era uguale. Svegliati, spegni la sveglia, controlla il telefono. Un messaggio da Chanyeol. Non leggerlo.
Cancella. Alzati, fai le tue cose, vai a scuola. Cammina veloce, prima che possa incontrarlo per andare insieme. Arriva a scuola. Prendi i libri. “Hey, Baek.” Non guardare. Non rispondere. Non siamo amici.
“Buongiorno, Baekhyun.”
“Buongiorno, hyung. Hai parlato con Luhan-hyung di recente?”
Minseok lo guardò, e poi i suoi occhi si spostarono a fianco a lui, vedendo l'alto ragazzo sconsolato là vicino. “Ha mandato qualche foto stamattina. Le stavo guardando con Kyungsoo.”
“Oh, bello. Mi piacerebbe vederle qualche volta.” La campanella suonò, giusto in tempo. “Beh, devo andare.”
Arriva in classe e siediti in fondo. Lui si siederà accanto a te, ma tu non lo guarderai. Non parlerà, perché sa che non risponderai. Stai seduto, prendi gli appunti, cerca di imparare qualcosa. Vai via durante la pausa. Trova Minseok. Torna. Risciacquare e ripetere.
A pranzo, vai dritto in mensa. Non aspettarlo. Siediti accanto a Minseok, comincia una conversazione, sorridi, fai sì che raggiunga i tuoi occhi. Stai bene. Ce l'hai fatta senza di lui per settimane.
“Hey, Baek, possiamo p—”
“Cos'hai oggi a pranzo, hyung?” lo interruppe velocemente Baekhyun, un po' troppo a voce alta. Non dovette guardare per sapere che Chanyeol si stava facendo piccolo piccolo per il suo rifiuto.
Minseok lo guardò, e Baekhyun tornò al proprio cibo. “Baekhyun.”
Incurvando le spalle per il tono di rimprovero nella voce del maggiore, Baekhyun si avvicinò a lui, premendosi vicino, implorante, e Minseok si mosse per farlo stare più comodo.
Ma il ragazzo non aveva finito. “Baek, ti posso parlare un secondo?”
Lo stomaco di Baekhyun fece un tonfo. “Certo, hyung, fai pure.”
“In privato,” disse severamente Minseok, e Baekhyun sospirò.
Non fecero in tempo ad arrivare in corridoio che Minseok si voltò e disse, “Non puoi dare un possibilità a Chanyeol, Baek?”
Sul viso di Baekhyun passarono un miscuglio di emozioni diverse. “Non si è nemmeno scusato per nulla, hyung.”
“Forse perché non gli hai dato nemmeno il tempo di dire più di tre parole da quando è tornato! Perché non lasci che parli con te?”
“Non so se posso,” disse Baekhyun. “Non so cosa fare. Non so cosa Chanyeol
prova o cosa pensa e non so se voglio scoprirlo. Non... non penso di essere ancora pronto ad affrontare un altro rifiuto.” Non era pronto ad esporre ancora una volta il proprio cuore, quando non era nemmeno ancora guarito del tutto.
Minseok sospirò. “Dovresti parlarne con lui,” disse. “Lui vuole farlo, e dovresti anche tu. Altrimenti non lo saprai mai.”
“Lo so,” rispose piano.
“Non pensi che abbiate già sofferto abbastanza entrambi?” chiese gentilmente Minseok.
Baekhyun non era sicuro.
Tornarono indietro un momento dopo, e Baekhyun sentì il peso della rassegnazione. Ci fu un attimo di silenzio, e poi una voce esitante lo chiamò, “Baek?”
Per la prima volta da quando Chanyeol si era riunito al gruppo, Baekhyun sollevò lo sguardo su di lui. Gli occhi del ragazzo si illuminarono immediatamente, speranzosi. Sembrava stanco. “Cosa,” disse Baekhyun, quasi strozzandosi con quella parola.
“Possiamo – posso parlarti? Per favore?” chiese Chanyeol, e i suoi occhi erano così luccicanti, così imploranti.
“D'accordo,” disse Baekhyun, e Chanyeol gli fece un piccolo sorriso.
Minseok gli diede una pacca incoraggiante sulla schiena mentre si allontanavano.
“Baek,” disse impaziente Chanyeol non appena furono soli in un'aula vuota. “Hey. Ciao. Wow, sono così contento che stia davvero parlando con me, mi sono dimenticato cosa dovevo dire.”
Baekhyun incrociò le braccia al petto e cercò di non farsi scuotere dal sincero entusiasmo di Chanyeol.
“Allora. Um. Senti. Io—non ti biasimo se mi odi.” Fece una pausa, aspettò, come se stesse sperando che Baekhyun negasse. Ma rimase in silenzio. “Ma. Vorrei solo che non mi odiassi per le ragioni sbagliate, sai?”
Baekhyun deglutì. “Per quali motivi dovrei odiarti, allora?” chiese, con tono leggermente tagliente. Voleva che Chanyeol lo ammettesse. Voleva che Chanyeol sapesse cosa aveva fatto di sbagliato.
Chanyeol si morse il labbro, aprendo e chiudendo i pugni. “Per – solo per essermene andato. È stato davvero terribile da parte mia. Lo so. Eri turbato, e io non sono nemmeno rimasto per provare a spiegare o a confortarti e questo dovrebbe essere compito mio, ma io – sono andato fuori di testa, e me ne sono andato e non sono tornato ed è stato orribile. Non ti biasimo se mi odi per essermene andato.” Baekhyun annuì una volta, solo leggermente. “E mi dispiace per aver abbandonato lo spettacolo. Ci hai lavorato davvero, davvero duramente e io avevo preso un impegno per poi abbandonarlo, e anche questo è stato terribile. Merito di essere odiato anche per questo.” Un altro cenno con la testa, breve e senza sentimento. Chanyeol fissò il pavimento, spostando il peso da un piede all'altro. “E puoi odiarmi perché sono geloso di tutto il tempo che tu e Minseok-hyung passate assieme. È ingiusto. Tu puoi – ti può piacere chi vuoi. Chiunque vuoi.”
Baekhyun deglutì, gli occhi e la gola gli bruciavano. “Non mi piace Minseok-hyung.”
Chanyeol lo guardò velocemente. “Ah no?”
“Non—non in quel modo. Non sono gay, Chanyeol. Io—solo—te. Solo te.” Baekhyun girò la testa, incapace di incontrare lo sguardo di Chanyeol. Si sentiva così stupido, così incasinato, e così fragile e lo
odiava.
“Io—io—non mi darebbe fastidio se lo fossi, sai. Non mi darebbe fastidio se fossi gay, Baekhyun, lo giuro.” la voce di Chanyeol uscì di fretta, sincera e dolorosa per le orecchie del maggiore. “Era questo che volevo dirti. Quel giorno non me ne sono andato perché sono, tipo, un enorme stronzo omofobo. Giuro, non è per quello. Voglio dire, non è che abbia un problema con il fatto che Minseok-hyung sia gay, o con il fatto che Jongin e Sehun stiano insieme, giusto? Non ho alcun problema con quello. Mi sarebbe andato completamente bene se mi avessi detto di essere gay.”
“E quindi?” chiese Baekhyun, incontrando lo sguardo di Chanyeol e trattenendo il cipiglio. Era sollevato, ovviamente, che Chanyeol non fosse disgustato dal fatto che gli piacesse un altro ragazzo, ma questo non risolveva niente. “Ti sta bene che a dei ragazzi piacciano altri ragazzi, purché a loro non piaccia
tu?”
“No, Baek, non è questo che intendevo,” rispose Chanyeol, alzando le mani implorante.
“Beh, come ti sentiresti se all'improvviso Minseok-hyung ti dicesse di avere una cotta per te?” chiese Baekhyun.
Chanyeol si accigliò leggermente. “Non lo so. Un po' strano. Ma non – non necessariamente perché è un ragazzo. Solo perché è, sai, un amico abbastanza vicino. E non provo lo stesso e già, sarebbe imbarazzante e non saprei cosa fare. Ma con te, Baek—sei il mio migliore amico. Sei il mio migliore amico da
tredici anni. È diverso.” Si passò una mano tra i capelli, facendoli stare in piedi. “Senti, Baek. Lo capisco che ho rovinato tutto. Tanto, ma davvero tanto. E mi dispiace di non – non sentirmi in quel modo nei tuoi confronti. Ma non voglio continuare così, con te che continui a fingere che non esisto, ed io che continuo a venirti dietro, sperando che le cose possano essere solo... come erano un tempo. So che queste scorse settimane sono state l'inferno per te, Baek, ma non sono state semplici nemmeno per me. Ero turbato, e confuso, e spaventato, e mi mancavi così tanto. Sei il mio migliore amico. Il mio unico migliore amico. Mi mancavi, Baek. Non possiamo tornare come eravamo prima?”
Baekhyun strinse i denti e i pugni, sentendosi sul punto di piangere ma non volendolo fare di fronte a Chanyeol. “Come possiamo semplicemente dimenticare tutto quello che è successo in queste tre settimane, Chanyeol?” disse, strozzato. “Come possiamo semplicemente tornare a come eravamo, dopo questo?”
“Hai detto che era quello volevi!” esclamò Chanyeol, tirandosi i capelli agitato. “Hai detto che avremmo semplicemente dovuto dimenticare quello che avevi detto!”
“Quello era
prima, Chanyeol. Quello era prima che te ne andassi e che io passassi settimane a cercare di andare avanti. Come possiamo semplicemente dimenticare il presente e tornare ad essere amici?” chiese Baekhyun, con voce leggermente rotta.
“Non lo so, Baek,” rispose disperato Chanyeol. “Ma io davvero – non voglio perderti. Di nuovo. Ho già fatto molti sbagli. Non voglio perdere il mio migliore amico.”
Baekhyun deglutì piano, strofinandosi gli occhi per evitare che le lacrime cadessero. “Nemmeno io,” sussurrò, nauseato dal desiderio e dal dolore e dal terribile vuoto che aveva dentro.
Anche dopo tutto, tutto il dolore e le lacrime e le settimane di sofferenza, Baekhyun non voleva perdere Chanyeol. Forse era solo masochista.
Chanyeol si allungò per un secondo, come se avesse voluto tirare Baekhyun in un abbraccio, per poi ritrarsi velocemente. “Farò del mio meglio,” promise piano. “Lo giuro, farò del mio meglio per non rendere le cose strane, e per farmi perdonare, e per essere migliore. Giuro che lo farò.”
“Non farlo,” disse Baekhyun, strofinandosi gli occhi. “Non voglio che lo faccia.” Chanyeol era già così perfetto, aveva già sempre fatto così tanto per Baekhyun. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era innamorarsi di lui ancora di più, persino dopo il torto che gli aveva fatto.
“Lo farò,” insistette lui, e Baekhyun sospirò pesantemente.
“D'accordo,” disse, sconfitto.
“Sì?” chiese piano Chanyeol.
“Sì,” sussurrò Baekhyun.
Chanyeol fece un largo sorriso. “Grazie, Baek.” Poi, dopo una lunga pausa, “Ma... davvero non ti piace Minseok-hyung in quel senso, vero? Perché passi un bel po' di tempo con lui…”
Baekhyun si accigliò. “Questo perché è l'unica persona che
capisca davvero, Chanyeol. Con chi altri avrei dovuto parlare? Con te?”
Chanyeol sussultò, sfregandosi il collo. “Volevo solo essere sicuro,” disse piano, imbarazzato.
“Beh, non è così. E comunque sarebbe una scelta migliore di te, probabilmente,” borbottò Baekhyun, e Chanyeol si morse il labbro, distogliendo lo sguardo.
“Scusa,” disse piano.
“Figurati,” disse rapidamente, riscuotendosi. “Siamo di nuovo amici ora, giusto?”
Chanyeol annuì impaziente, speranzoso.
“Bene. Allora... basta. Solo che, Yeol—” Fece una pausa, prendendo un profondo respiro. “Non puoi – le cose non possono essere esattamente come erano prima. Lo sai questo, vero? Le cose erano... non erano facili per me, prima. Le cose facevano
davvero schifo per me, prima. Non puoi essere esattamente come sei sempre stato.” Si morse la lingua, non sapendo come andare avanti, come dire non puoi toccarmi come facevi prima, abbracciarmi come facevi prima, farmi innamorare di te come facevi prima.
Chanyeol annuì semplicemente, gli occhi sgranati. “Non lo sarò,” promise. “Sarò migliore, Baekhyun. Sarò il migliore miglior amico al mondo.”
Baekhyun chiuse gli occhi e sospirò. Non voleva un migliore amico migliore. Ne voleva uno di cui non era innamorato. (Ne voleva uno che fosse innamorato di lui. Ma non lo avrebbe ammesso, nemmeno nella sua testa.)
“Quindi siamo a posto?” chiese Chanyeol, mordendosi il labbro speranzoso.
Baekhyun esitò, poi annuì. “Sì. A posto.” Era mai riuscito a negare qualcosa a Chanyeol?
Il ragazzo sorrise. “Fantastico,” disse, sembrando senza fiato. Fece una pausa, poi allungò una mano, e Baekhyun la prese. Chanyeol la strinse, scuotendola leggermente, e lo tirò un passo più vicino. Baekhyun odiava quanto amasse sentire il calore della mano di Chanyeol di nuovo attorno alla propria.
Tornarono in mensa un minuto dopo, fianco a fianco, e si sedettero. Chanyeol prese la sedia accanto alla sua ora e avvicinò il proprio vassoio. Lo spinse immediatamente verso Baekhyun, offrendogli quello che era rimasto delle sue patatine. Il cuore di Baekhyun correva, ma non poté trattenere il sorriso che gli si aprì sul viso mentre ne prendeva una, ringraziandolo piano. Minseok guardò entrambi con l'ombra di un cipiglio.
“Bene?” chiese incerto il maggiore.
“Fantastico!” esclamò Chanyeol, cingendo le spalle di Baekhyun con un lungo braccio familiare.
Baekhyun lanciò semplicemente a Minseok un piccolo sorriso leggermente triste, incapace di rispondere.


Era qualcosa tipo un'ora prima che la sveglia di Minseok suonasse il 20 Aprile quando il suo telefono cominciò a squillare sul suo comodino. Si svegliò abbastanza in fretta, sorridendo mentre lo prendeva, perché sapeva già chi sarebbe stato. “Pronto?”
KIM MINSEOK,” arrivò la voce di Luhan, sin troppo forte ed entusiasta per le 6 di mattina.
Minseok sorrise assonnato. “Hey Lu. Buon Compleanno.”
“NON DIRMI ‘HEY LU’ . TU—IO—” Luhan si interruppe facendo un lungo sospiro.
“Hai ricevuto il tuo regalo?” chiese divertito Minseok, chiudendo gli occhi mentre si premeva il telefono all'orecchio.
“Sono così – tu sei – come osi mandarmi delle scarpette da calcio per il mio compleanno, ti odio,” disse Luhan, lamentandosi, e Minseok sorrise largamente.
“Ti piacciono?”
“Mi stanno perfettamente,” mugolò Luhan. “Come facevi a sapere la mia misura?”
“Ho chiesto a Yixing,” ammise lui, ridendo. Era stata una email tradotta in cinese con un duro lavoro, ma ne era valsa la pena, anche solo per questa reazione.
“Quell'idiota. Ha anche messo la scatola davanti alla porta in modo che la trovassi non appena fossi tornato da lavoro, non è vero?chiese Luhan, e Minseok sorrise per il broncio che riusciva a sentire attraverso la sua voce.
“Gliel'ho chiesto io,” rispose. “Allora ti piacciono le scarpe?”
“Penso di potermi mettere a piangere,” disse Luhan, e da come parlava, non stava mentendo. “Volevo delle scarpe da calcio da tipo. Tutta la vita.”
“Lo so,” disse gentilmente Minseok, sorridendo. “Sono contento ti piacciano.”
“Sei la mia somma persona preferita in tutto il mondo,” dichiarò Luhan. “Sei letteralmente perfetto.”
Minseok sorrise, arrossendo mentre il suo cuore accelerava, e disse, “Hai letto la lettera, vero?”
“Sì sì, so che hanno contribuito tutti al regalo, ma sappiamo entrambi chi sia il vero responsabile. E ora mi sento davvero terribile per non aver fatto assolutamente nulla per il tuo compleanno. Anzi, non ho fatto altro che renderlo orribile.”
Minseok si accigliò. Quella
era la verità, ma—“Non è stata colpa tua, Lu. Ti hanno rimandato in Cina.”
“Non cambia nulla. Anche se non fosse stato così, non sarei stato in grado di regalarti qualcosa di fantastico. Sono un cattivo amico.”
“No non lo sei,” disse piano Minseok, accoccolandosi di lato e strofinando stanco il viso contro il cuscino. “Avresti reso il mio compleanno fantastico.”
Semplicemente stando qui. Lasciando che mi dichiarassi. Accettandomi.
“Magari,” sbuffò Luhan. “Comunque, Seok-ah, devo andare, ma ci sentiamo più tardi, sì? Stasera. Skype. Vedi di esserci.”
Minseok rise. “Sì. Ci sarò. Stai andando a letto?”
“Già. Più tardi io, Xing e Yifan e Taozi mangeremo la torta! Sarà divertente.”
“Sembra di sì.”
. Vorrei che potessi esserci anche tu, però.”
Minseok si morse il labbro, con il cuore che palpitava. “Già.”
Okay, ora vado, per sbaglio ho svegliato Yixing. Ciao, Seok-ah!”
“Ciao, Lu. Buon Compleanno.”
“Ciao~” La chiamata si disconnesse con un click, e Minseok sospirò posando il telefono sul comodino. Luhan era amorevole, Luhan era fantastico, ma non gli rendeva mai semplice affrontare il fatto che fosse così lontano.


Era una domenica, quindi Minseok aveva poco con cui tenersi occupato fino alla chiamata su Skype programmata da lui e Luhan (e tutti gli altri). Jongdae era impegnato a disfare tutte le cose del festival multiculturale, che si era concluso il giorno prima, e Baekhyun e Chanyeol erano a delle prove informali dello spettacolo a casa di Baekhyun, a ripetere tutte le loro battute prima dello spettacolo del giorno seguente. I due avevano pian piano ricominciato a sentirsi a proprio agio tra loro, con ogni giorno che passava, sorridevano di più e parlavano con più semplicità e non esitavano più prima di toccarsi casualmente, ma Minseok riusciva a vedere che Baekhyun soffriva ancora, a volte. Eppure, Chanyeol era così sincero e impaziente nell'essere un amico migliore che Minseok non ce la faceva a dire al più piccolo di essere un po' meno sconsiderato.
Minseok finì per passare la giornata con Kyungsoo, usando il 50% del tempo per fare i compiti, il 20% a chiacchierare con il vicino, e il restante 30% a lamentarsi per quanto Luhan fosse troppo perfetto e troppo attraente e troppo stupendo. Sapeva che era irritante, ma almeno distraeva Kyungsoo dall'andare nel panico mentre lasciava che Minseok posasse la testa sulle sue gambe e gli passava nervosamente le dita tra i capelli (Minseok non ebbe il cuore di dirgli che quella era una cosa piuttosto strana da fare tra amici).
“Non mi sento bene, hyung,” si lamentò Kyungsoo nel tardo pomeriggio.
Minseok gli sorrise incoraggiante. “Stai andando alla grande, Soo. Sono davvero fiero di te.”
“Penso di aver bisogno di andare a fare una doccia,” disse Kyungsoo, con mani tremanti.
Minseok si sedette immediatamente. “Vai a farla, allora,” disse gentilmente. “Ma non usare niente di troppo forte, okay? Sai che non ti fa bene.”
Kyungsoo annuì ferventemente e si alzò per correre verso la porta, e Minseok sospirò leggermente. Almeno stavano facendo progressi.
Finalmente, quella sera, otto persone si strinsero nella piccola camera di Minseok – insieme a Minseok e ai suoi amici, si erano aggiunti ai festeggiamenti anche Jongin e Sehun, e persino Junmyeon—e aspettarono col fiato trattenuto che la chiamata venisse accettata. Passò un momento, e poi un'immagine sgranata e distorta apparve. “Minseok! Tutti! Ciao!”
“Buon compleanno!” dissero tutti in coro, e Luhan rise felice.
“Grazie! Wow, ci siete davvero tutti. Ciao Junmyeon! È passato tanto dall'ultima volta che abbiamo parlato. Anche tu, Chanyeol-ah!”
Junmyeon sorrise amabilmente, salutandolo, e Chanyeol abbassò la testa dalla vergogna per la sua lunga assenza, premendosi di più contro Baekhyun nello spazio limitato della stanza di Minseok.
Dajia hao!” cinguettò una voce sconosciuta mentre un ragazzo con i capelli scuri che non era Yixing sbucava davanti alla telecamera.
Luhan gli fece una smorfia, spingendolo di nuovo via. “Questo è il mio amico Zitao,” disse Luhan. “Ma lui non è importante, perché non è il suo compleanno.”
“Non è lui quello che ti ha baciato?” chiese Baekhyun, e Minseok sbatté le palpebre.
Luhan fece una pausa, confuso, poi scoppiò a ridere. “Oh! Ve l'ho raccontato alla festa di Jongdae. Sì, è lui. Mi ha baciato anche oggi, per il mio compleanno.”
Il gruppo di ragazzi rise intorno a Minseok, e lui fece del suo meglio per unirsi a loro nonostante la gelosia che gli attanagliava lo stomaco.
Yixing lo raggiunse davanti allo schermo un momento dopo, porgendogli una fetta di torta con della glassa bianca sopra, e salutò allegramente Kyungsoo (si era assicurato di rivolgersi proprio a lui, pronunciando il suo nome coreano con un forte accento), il quale arrossì e ricambiò il saluto. Sullo sfondo, Yifan e Zitao erano seduti sul letto di Yixing, mentre mangiavano la torta e chiacchieravano in cinese, suonando occasionalmente una trombetta. Dieci minuti dopo l'inizio della conversazione di gruppo, Yixing tirò fuori dal nulla un cappellino da festa e lo posizionò sulla testa di Luhan, il quale si accigliò ma non fece niente per fermarlo. Minseok pensava fosse adorabile.
Tutti ebbero la possibilità di parlare, incluso Sehun, il quale stava sorridendo molto più di quanto Minseok non gli avesse mai visto fare, e
rideva. Minseok si godette la video chiamata, gli piaceva ascoltare mentre parlavano tutti l'uno sull'altro, richiedendo l'attenzione di Luhan, e vide Kyungsoo sorridere timidamente e salutare Yixing di tanto in tanto, il quale si illuminava e ricambiava il gesto entusiasta. Gli faceva piacere vedere Luhan riunirsi con molti amici che non aveva visto da tanto tempo, e conoscere alcuni amici di Luhan per la prima volta. Ma nel profondo, Minseok avrebbe voluto passare più tempo solo con Luhan.
E poi, proprio quando tutti stavano cominciando a salutare dopo la lunga conversazione, Luhan disse, “Oh, Minseok! Hai Skype sul tuo telefono?”
“Huh? No, ma potrei,” rispose lui, accigliandosi.
“Yixing non ha un telefono bello come il tuo, tipo con il touchscreen e tutto – com'è che si chiama? - ma Yifan sì! Ha detto che posso prenderlo in prestito la notte. E in questo modo potrei chiamarti, giusto? Gratuitamente?”
Minseok sbatté le palpebre sorpreso. “Non so se il tuo internet sia abbastanza buono per una video chiamata, ma con una chiamata vocale probabilmente dovrebbe funzionare.”
“Già, è quello che ha detto Yifan! Oggi non lavoro fino a tardi, tipo fino a dopo mezzanotte, quindi posso chiamarti dopo?”
Le guance di Minseok si arrossarono un poco al pensiero che Luhan
volesse chiamarlo più tardi. Solo lui. “Sì. Sì, sarebbe bello.”
Luhan si illuminò. “Fantastico. Ci sentiamo dopo allora.”
“Okay.”
“Ciao a tutti!” E la chiamata si disconnesse.
Immediatamente, un fianco gli colpì la spalla, e sollevò lo sguardo vedendo Jongdae che gli sorrideva malizioso. Minseok arrossì subito e lo spinse via. Non l'aveva mai detto davvero a Jongdae, non direttamente, che Luhan gli piaceva più che come amico, ma aveva l'impressione che l'amico lo sapesse da molto prima che Minseok lo ammettesse anche solo a se stesso.
Gli ospiti cominciarono ad andarsene poco a poco, o da soli o in coppia, fino a che non rimase solo Kyungsoo, che sorrideva a Minseok con fare cospiratorio.
“Smettila,” si lamentò Minseok. “Mi stai facendo pensare a cose strane. Probabilmente vuole – che ne so – parlarmi di qualche ragazza carina che lavora con lui o qualcosa del genere.”
Kyungsoo grugnì. “Quante ragazze carine potrebbero fare il turno di notte durante l'anno scolastico?”
“Chiudi il becco!” esclamò Minseok, accigliandosi. “Potrebbe accadere!”
“Ne dubito!” canticchiò Kyungsoo. “Comunque, ora vado allora. Divertiti al tuo appuntamento – voglio dire telefonata privata, hyung!”
Minseok mugolò e lo cacciò via velocemente, gridando, “Almeno io non ridacchio e non arrossisco davanti a lui attraverso la webcam ogni giorno!”
Ridacchiò e arrossì un bel po' quella notte, però, mentre scaricava l'app di Skype sul telefono, si metteva il pigiama e gattonava sotto le coperte, tenendo il telefono vicino alla testa mentre aspettava la chiamata. Si era anche quasi addormentato, ma poi l'apparecchio cominciò a vibrare sul suo cuscino, e rispose velocemente portandoselo all'orecchio. “Pronto?”
Ha funzionato!” esultò Luhan. “Hey Seok-ah.”
Minseok rise, accoccolandosi sotto le coperte e rimettendo il telefono sul cuscino, accanto alla propria testa. “Hey Lu.”
“Sei a letto?” chiese il ragazzo.
Minseok fece un suono affermativo. “Sono sveglio per te,” disse, scherzosamente acido.
Luhan rise piano.
“Non ti va di stare con me?”
“Certo che mi va,” mormorò lui, chiudendo gli occhi mentre ascoltava il suono della voce di Luhan. “Hai passato un bel compleanno?”
“Sì,” mormorò Luhan. “Ho potuto passare del tempo con tutti i miei amici. Seriamente tutti.”
Minseok rise. “Sono contento ti sia divertito. Quando inaugurerai le scarpette da calcio?”
“Il prima possibile. Probabilmente domani prima del lavoro. Trascinerò Yixing a giocare con me.”
Minseok sospirò. “Sono geloso,” ammise.
Yixing non è un grande fan del calcio. Preferirei che giocassi tu con me.”
“Anche io,” disse piano Minseok.
Parlarono per un po', sottovoce e al buio, di qualsiasi cosa venisse loro in mente, e Minseok aveva sonno ma allo stesso tempo non voleva dormire, avrebbe voluto parlare con Luhan per sempre. Voleva solo stare con Luhan. Per sempre. Luhan gli piaceva troppo.
“Vorrei potessi essere qui in Cina,” gli disse piano Luhan, come già tante altre volte prima. “Ci sono così tante cose che voglio mostrarti. E voglio che tu sia... qui.”
“Sono a scuola,” disse Minseok, con una stretta al cuore. “E mia madre non me lo lascerebbe mai fare, comunque. Viaggiare con il diabete è una scocciatura.”
“Lo so. Ma voglio comunque che venga,” sospirò Luhan.
A Minseok piaceva così tanto Luhan.
“E se saltassi semplicemente sul primo aereo per la Cina? Penso sarebbe una buona idea.”
A Minseok Luhan piaceva
troppo.
“Questa sarebbe un'idea terribile. Non entrerei mai all'università.”
Perché doveva piacergli così tanto?
“Mi manchi davvero tanto.”
Minseok sentì il cuore in gola. “Io—anche tu mi manchi, Lu.”
Hey, c'è questo bambino che vive in fondo alla strada, ha tipo 7 anni, ti assomiglia tanto, lo voglio sempre chiamare Minseok, è davvero carino, e—”
“Ti amo.”
Le parole uscirono dalla bocca di Minseok prima che potesse rimandarle giù, prima che potesse rifletterci e rendersi conto che non era il momento giusto, non era giusto, non era appropriato. Deglutì, con il cuore che galoppava.
“…Cosa?”
Minseok deglutì ancora, gli occhi spalancati nel buio della stanza, e disse, “Ti amo.”
Io—Minseok-ah—”
“Ti amo,” sussurrò Minseok, chiudendo la chiamata, completamente paralizzato. Il telefono squillò il momento successivo, e Minseok lo girò e tolse la batteria con dita tremanti, poi si sdraiò sul letto e fissò il soffitto senza vedere niente, con il cuore che gli batteva contro il petto, e finalmente realizzò quanto gravemente avesse incasinato tutto.

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Capitolo 36
*** Capitolo 34 ***


Minseok non sapeva se si fosse addormentato dopo la sua inaspettata dichiarazione d'amore. Tutto quello che riusciva a ricordare dopo aver tolto la batteria del telefono era di aver fissato il soffitto nell'oscurità, e davvero, era difficile trovare le differenze tra quello e dormire. Si ricordava di essere scattato al suono della sveglia, però, quindi ad un certo punto doveva essere caduto almeno in uno stato di semi coscienza.
Con un gran sospiro e strofinandosi gli occhi, si alzò in piedi, sentendosi uno zombie, completamente intorpidito e senza vita, e si diresse in cucina.
Sua madre era lì, si preparava per andare a lavoro. Gli lanciò uno sguardo, accigliandosi. “Ti senti bene, tesoro?”
Minseok fece un suono vago. “Non ho dormito bene,” mormorò, senza incontrare i suoi occhi.
“Fai molta attenzione alla glicemia, allora,” gli ricordò la madre, e lui annuì, sedendosi al tavolo.
La donna se ne andò un minuto dopo, mentre Minseok masticava tristemente un toast al burro, e mentre usciva la sentì dire, “Oh, ciao Kyungsoo. Minseok si è appena svegliato.”
Per qualche ragione, il nome del suo vicino fece fare un tonfo al suo stomaco. “Okay, volevo solo fargli qualche domanda,” disse Kyungsoo dal corridoio, e Minseok stava seriamente prendendo in considerazione l'idea di nascondersi in bagno finché non se ne fosse andato.
Prima che potesse fuggire, però, la madre di Minseok sparì in fondo al corridoio, e Kyungsoo avanzò con uno scopo preciso in mente, chiudendo la porta con un calcio. Si piazzò di fronte al tavolo, e Minseok non lo stava guardando, ma poté comunque sentire gli occhi del vicino bruciare sulla sua pelle. “Hyung. Ti dispiacerebbe spiegarmi perché Luhan mi ha chiamato alle 6 del mattino, chiedendomi di parlare con te?”
Minseok mugolò, scuotendo violentemente la testa. “No.”
“Hyung. Cosa hai fatto?”
La sua testa continuò a muoversi, come se non avesse il controllo di essa. “Non posso farlo. Non posso. Non posso parlare con lui adesso.”
Kyungsoo prese un profondo respiro. “È successo qualcosa ieri notte?”
Minseok immaginò che fosse ovvio, ma annuì comunque leggermente. “Penso di sì.”
“Pensi di sì?”
“È successo decisamente qualcosa.”
Una pausa, e poi, “Mi dirai che cosa?”
“No, non penso,” squittì Minseok, il viso rosso per l'umiliazione e la vergogna.
Kyungsoo sospirò, facendo qualche passo avanti. “Beh, lui vuole davvero parlare con te.
'Disperatamente' a detta sua.”
Minseok si morse il labbro, poi prese un altro morso di toast per guadagnare più tempo, anche se si sentiva nauseato. “Cosa gli hai detto?” chiese, quasi con paura.
“Gli ho detto che stavi dormendo, e che ti avrei detto di richiamarlo. Lo farai?” chiese Kyungsoo severamente.
Il ginocchio di Minseok andava su e giù nervosamente. “Io... non lo so.”
“Lo eviterai per sempre, allora?” chiese il più piccolo, sembrando davvero deluso da lui.
Minseok scrollò le spalle, facendosi piccolo piccolo. Non era ancora riuscito a guardarlo. “Forse,” mugugnò.
“Oh, hyung,” disse Kyungsoo, come una mamma chioccia esausta, e Minseok posò la testa sul tavolo. “Sei così drammatico, lo sai questo?”
“No, sai cosa sono? Sono davvero bravo a rovinare le cose,” disse Minseok, parlando con il tavolo. “Quando muoio, e potrebbe accadere molto presto, sulla mia lapide ci sarà scritto 'Kim Minseok: Il Ragazzo Che Ha Rovinato Tutto.”
Kyungsoo rise poco divertito. “Questo è esattamente quello di cui stavo parlando. Perché non gli parli e basta?”
“Non posso,” sussurrò Minseok. “Non posso, Kyungsoo. Puoi dirgli semplicemente questo? Se ti chiede di parlare con me, digli che non posso. Tutto qua.”
“Dovrei dirgli che hai bisogno di più tempo?”
Minseok si lamentò. “No. Se ti chiede perché, dì solo 'Minseok dice che non può' e poi riattacca. Okay?”
Kyungsoo fece una pausa, poi disse, “Gli dirò che hai bisogno di più tempo.”
Minseok sentiva di potersi mettere a piangere. “Kyungsoo?” Si voltò a guardare il vicino per la prima volta, sussultando per il suo sguardo severo. “Kyungsoo, se dovessi morire o sparire per sempre, dì a Luhan che mi dispiace, d'accordo?”
“…glielo dirò,” rispose Kyungsoo, con occhi più gentili. “Ma penso sarebbe meglio se glielo dicessi tu stesso, sai.”
“Non penso proprio,” sussurrò lui.
“Sei fortunato che Luhan non possa mettere piede in questo paese. Sembrava pronto a strangolarti.”
Minseok mugolò ancora. Questo
non era ciò che voleva sentire al momento. Proprio per niente.
“Torno a casa. Tu vai a scuola. Ma spero sappia che evitare il problema non lo risolverà,” disse Kyungsoo, sbattendo il piede a terra.
“Sì. Lo so,” disse piano Minseok, riportando lo sguardo sul toast.
“Bene. E prenditi cura di te, okay? Ti terrò sotto stretto controllo.”
“Lo farò,” sussurrò.
“Okay. Ciao, hyung.”
Minseok non si sentì affatto meglio mentre Kyungsoo lasciava la stanza. Come poteva? Aveva davvero,
davvero rovinato le cose stavolta. Come aveva potuto dichiararsi in quel modo, fuori dal nulla, al telefono, quando Luhan era bloccato in Cina e Minseok in Corea? Come aveva potuto dichiararsi in quel modo, quando Baekhyun aveva fatto la stessa identica cosa poche settimane prima, e stava ancora soffrendo per le conseguenze? Non aveva nemmeno detto che gli piaceva Luhan. Gli aveva detto, chiaro e tondo, di amarlo. Perché l'aveva detto? E Minseok... Minseok non avrebbe potuto sopportare un rifiuto ora. Non poteva. Non era nemmeno sicuro di poter sopportare di essere accettato al momento, con Luhan così, così lontano, preoccupato ad occuparsi di altre cose, e Minseok gli stava solo causando più problemi, ed era una persona orribile. Non avrebbe mai dovuto dire niente.
Ma non poteva tornare indietro ora.


Era orribile, estremamente e spiacevolmente ironico, il modo in cui Minseok avesse pensato semplicemente
Wow, sono contento che Luhan non abbia anche il numero di Jongdae, quando arrivò all'armadietto e il suo migliore amico marciò verso di lui, dicendo, “Hyung, cosa hai fatto al povero Luhan-hyung?”
“Cosa?” squittì Minseok, sperando che Jongdae stesse parlando di un'
altra cosa terribile che avesse fatto.
“Mi ha chiamato stamattina, davvero molto presto, e mi ha detto di dirti di rispondere al telefono, penso abbia usato anche qualche parolaccia, ma erano in cinese.” Jongdae incrociò le braccia, sembrando davvero poco impressionato.
Minseok grugnì forte, attirando su di sé l'attenzione di alcuni curiosi. “Come fa ad avere il tuo
numero?”
Jongdae si accigliò. “Gliel'ho dato io,” disse. “Non è importante. Ciò che è importante è che mi stai nascondendo qualcosa, di nuovo

“Jongdae, ascolta, puoi smetterla? Ho passato una nottata e una mattina terribile. Ti posso già garantire che passerò una giornata terribile e probabilmente una settimana terribile e possibilmente il resto della mia vita. Lasciami preservare almeno un briciolo della mia dignità, anche solo per un paio d'ore? Ti prego?” si lamentò Minseok, sperando che la campanella suonasse presto.
Jongdae continuò a guardarlo male, ma alla fine sbuffò e disse, “D'accordo. Hai fino a pranzo.”
Minseok mugolò.
“E non causare a Chanyeol o Baekhyun alcuno stress non necessario. Stanno già andando fuori di testa per lo spettacolo di stasera.”
Oh, cavolo, Minseok non aveva nemmeno pensato che oggi ci fosse la prima. “Sì. Giusto. Okay,” mormorò, sospirando.
“Bene. E non pensare di potertela cavare senza dirmi niente, hyung.” Jongdae lo guardò deciso.
“Abbi un po' di pietà,” si lamentò Minseok. “Sei cattivo con me. Sto soffrendo.”
“Sono stato svegliato alle 6 del mattino da un ragazzo cinese molto persistente e molto arrabbiato. Ho avuto un piccolo attacco di cuore, pensando che il governo cinese gli stesse di nuovo respirando sul collo o qualcosa del genere. Non ho la forza di avere pietà.”
Fortunatamente, Minseok venne finalmente salvato dalla campanella, e Jongdae se ne andò quasi riluttante, lanciando a Minseok un ultimo sguardo severo prima di dirigersi in classe. Sapeva perché Jongdae si stesse comportando così, davvero – aveva tenuto l'amico all'oscuro di tante cose cruciali, e questo lo aveva scosso molto più di quanto non desse a vedere – ma di certo questo non rendeva le cose più facili.
Il resto della giornata fu, in effetti, tanto terribile quanto aveva predetto Minseok. Come succedeva sempre quando era stressato, passò tutte le lezioni sentendo di poter vomitare e addormentarsi da un momento all'altro. Dovette mangiare alla pausa, ma quello lo rese ancora più nauseato, e continuò a pensare che prima o poi avrebbe dovuto
dirlo a tutti e tutto era davvero tanto terribile.
Arrivò il pranzo, e Minseok si gettò sul proprio cibo, accigliandosi mentre fissava i broccoli mentre Chanyeol e Baekhyun discutevano sull'
esatta intonazione di questa o quella battuta e sul preciso arco nel sfoderare la spada. Una volta, però, sollevò lo sguardo e vide Chanyeol ridere e scompigliare in modo affettuoso i capelli dell'amico, il quale abbassò la testa e fece un sorriso che non raggiunse gli occhi, e Minseok voleva piangere, perché non voleva essere anche lui quel ragazzo. Baekhyun e Chanyeol erano praticamente l'esempio perfetto, a questo punto, e Baekhyun era felice?
“Stai bene, hyung?” chiese all'improvviso il più piccolo, guardandolo, e Minseok emise uno strano suono disperato.
“No,” si lamentò, alzandosi per uscire dalla sala. Non voleva che
altre persone gli facessero domande, e che ci fossero altre persone intorno a lui quando avesse cominciato ad esplodere.
Jongdae si alzò immediatamente per seguirlo, urlando, “Hyung, torna qui e mangia il tuo pranzo!”
“No!” esclamò Minseok, solo per essere contrario, anche se non aveva pensato davvero di
non mangiare.
“Hyung, torna immediatamente qui e finisci di mangiare,” lo rimproverò Jongdae, e Minseok continuò a camminare fino a che non raggiunse il corridoio vuoto, dove si sedette contro gli armadietti e sospirò. Un momento dopo, Jongdae si sedette accanto a lui, posandogli una mano sulla spalla. “Stai bene?”
“No,” gracchiò Minseok, strofinando la fronte contro il ginocchio. Ormai sembrava essere l'unica parola che conoscesse.
Un momento dopo, un braccio gli cinse le spalle, e Minseok sospirò e si posò sul migliore amico, grato, almeno, per il suo calore e il suo profumo familiare, e per il fatto che tenne la bocca chiusa per quasi trenta secondi. “Mi dirai cosa è successo, hyung?”
Minseok si avvicinò di più, mordendosi il labbro. “Io non ti chiedo mai di Junmyeon,” rispose piano. “Non più.”
Jongdae fece una pausa, come se stesse considerando la cosa, e alla fine disse, “D'accordo. Vuoi stare semplicemente seduto qui e tirare su col naso con me, allora?”
“Sì,” disse Minseok, premendo quanto più fisicamente possibile, quasi sedendosi in grembo a Jongdae. L'amico gli passò le dita tra i capelli, confortante.
“Solo un paio di minuti, e poi devi tornare a finire di mangiare,” rispose piano Jongdae. “Altrimenti dovrò picchiarti. E quando Luhan-hyung tornerà, dovrà picchiarti anche lui.”
Minseok tirò su col naso piano. “Non dirlo come se sapessi che tornerà.”
Jongdae fece una pausa, poi disse, “Okay,
se.”
“Non mi stai aiutando,” si lamentò Minseok.
Jongdae rimase in silenzio per un po', accarezzando gentilmente la testa di Minseok, fino a che non disse, “Hyung, ti piace Luhan? In quel modo?”
“Jongdae, dobbiamo
davvero parlare di questo? Ora?” chiese Minseok. “Non sai già la risposta, comunque?”
“Voglio che sia tu a dirmelo,” disse.
Minseok tirò ancora su col naso. “Sì.”
“Lo ami?”
Minseok deglutì a fatica. “Sì,” sussurrò.
“Okay.” Jongdae lo strinse forte. “È tutto okay, lo sai, vero?”
“Forse,” sospirò piano lui, lasciando poi che Jongdae lo consolasse sul pavimento, fino a che non dovette davvero tornare a mangiare. Era stato piacevole finché era durato, almeno.


Solitamente, Chanyeol non era il tipo di persona socialmente nervosa. Riusciva a parlare senza problemi con gli sconosciuti, poteva suonare la chitarra di fronte ad un locale pieno di persone, poteva sfacciatamente togliere i metaforici pantaloni agli insegnanti più intimidatori (anche se non aveva sempre successo). Aveva fatto discorsi davanti al corpo studentesco durante competizioni di dibattito, e gli piaceva fare presentazioni. Se qualcuno avesse guardato Chanyeol e avesse detto 'Sembra un tipo con una grave ansia da palcoscenico' la maggior parte delle persone gli avrebbe riso in faccia.
Eppure ecco Chanyeol, che andava avanti e indietro nel backstage, completamente vestito e truccato, mentre ascoltava l'auditorium riempirsi, e sudava profusamente e si chiedeva se avesse potuto rimandare ancora per un po'. Non era nemmeno il pubblico che lo rendeva nervoso per lo spettacolo, ma solo... la
pressione. Da quando era tornato avevano fatto solo una vera e propria prova completa, con costumi e tutto, su questo palco. E se si fosse dimenticato qualcosa? E se si fosse dimenticato dove doveva stare? E se si fosse dimenticato a chi passare gli oggetti di scena tra un atto e l'altro? E se – e se si fosse dimenticato le battute, improvvisando, e avesse rovinato tutto?
Chanyeol non aveva paura di rendersi ridicolo. Chanyeol si rendeva ridicolo regolarmente, di fronte a tutti i tipi di persone. No, Chanyeol aveva paura di rovinare lo spettacolo, perché questo era lo
spettacolo di Baekhyun, era qualcosa su cui Baekhyun aveva messo anima e corpo per mesi, questo spettacolo era la vita di Baekhyun. Chanyeol non voleva rovinarlo. Non voleva deludere Baekhyun.
Lo aveva già deluso così tanto ultimamente.
“Non posso farlo,” mormorò Chanyeol, continuando ad andare avanti e indietro. Le persone lo circondavano da ogni lato, sbirciando da dietro il sipario e parlando rapidamente di decisioni dell'ultimo minuto, ma Chanyeol non guardava nessuno. “Non posso farlo. Non posso.” Si mise le mani tra i capelli, tirando nervosamente, rovinando l'acconciatura che gli avevano fatto le assistenti poco prima. “Cosa sto facendo?”
“Cosa
stai facendo?” chiese all'improvviso una voce, e Chanyeol si voltò e vide Baekhyun lì in piedi, che lo guardava in un misto di preoccupazione e dispiacere. “Ti stai rovinando i capelli.”
“Sto—” Chanyeol si strozzò con l'aria. “Penso potrei avere un leggero attacco di panico.”
Tutto ciò di negativo che poteva esserci nello sguardo di Baekhyun si dissolse, rimpiazzato da compassione e comprensione. “Starai bene?”
“Um. Non sono sicuro?” deglutì Chanyeol.
Baekhyun si accigliò preoccupato, facendo un passo verso di lui. “Potrai—sarai in grado di recitare nello spettacolo?” chiese.
Immediatamente, Chanyeol annuì ferventemente. “Sì! Certo! Io – posso decisamente farlo. Di sicuro.”
Baekhyun non sembrava molto convinto. “Ne sei sicuro? Stai grondando di sudore, Yeol.”
“È solo – ho solo molto caldo. Ah ah.” Si allargò il colletto della camicia. “Sto bene. Posso recitare.” Deglutì forte, poi disse, “Sono solo... un po' nervoso.”
Baekhyun si morse il labbro, più rosa del solito per il trucco di scena, poi guardò l'orologio più vicino. “Dai, vieni qui.” Allungò un braccio, chiudendo le dita attorno al polso di Chanyeol, e lo tirò di lato, dove era meno frenetico e caotico. Chanyeol dovette stargli vicino e abbassare leggermente la testa per sentire quando l'amico cominciò a parlare, a voce bassa. “Senti, Chanyeol, non sono completamente certo per cosa tu sia nervoso, perché tu non sei
mai nervoso, ma – non esserlo e basta, okay? Tu – sarai fantastico. Assolutamente fantastico. Se devi preoccuparti di qualcosa, preoccupato per me, che rovini tutto o qualcosa del genere. Tu. Tu eri la scelta perfetta per questo ruolo, l'ho detto quando ti ho dato la parte e lo dico ancora. Puoi andare lì e improvvisare tutto e sarebbe comunque perfetto.”
Chanyeol strinse i denti, guardando il migliore amico, e piegò le dita, il polso ancora stretto nella sua mano. Baekhyun lo fissò – dritto negli occhi, senza distogliere lo sguardo – con espressione aperta e onesta.
“Tra cinque minuti andremo là fuori, e ci esibiremo
esattamente come abbiamo provato nei cinque mesi passati, e anche se commetterai errori, andremo avanti e ci rideremo su dietro le quinte e tutto andrà bene. Tu sarai fantastico, io probabilmente sarò decente. E tutto andrà per il meglio. Lo giuro.”
Chanyeol deglutì e annuì. Aveva sempre avuto problemi a prestare attenzione a quello che diceva Baekhyun quando entrava in questo mood, quando il suo sguardo diventava così intenso e i suoi occhi così grandi e accesi e luminosi. E non aiutava il fatto che ora Baekhyun fosse tutto imbellettato per lo spettacolo, con linee di eyeliner drammatiche e le labbra rosa e i capelli scompigliati ad arte che gli ricadevano sulla fronte. Prese Chanyeol leggermente in contropiede. Lo fece fissare un po' troppo.
“D'accordo,” disse Baekhyun, lasciandogli andare il polso. A Chanyeol mancava quel calore. “Ora, ho qualcosa da, ah, chiederti.”
“Cosa?” chiese stupidamente Chanyeol.
“Io—è solo che... ci ho pensato. E, Yeol, noi – non dobbiamo fare il bacio, sai. Non è davvero un problema. Voglio dire, so che dovrebbe essere il gran finale e tutto, ma non dobbiamo farlo, davvero. Possiamo fare finta. Non sarà difficile.”
Chanyeol sbatté le palpebre, sorpreso, e finse che le sue guance non si fossero arrossate alla parola
Bacio. “No!” esclamò velocemente, quasi in automatico. “No, posso farlo!” Non voleva rovinare lo spettacolo a Baekhyun. Non lo avrebbe rovinato, solo per un piccolo bacio ed un grande errore. “Giuro, Baek, posso farlo!”
Le sopracciglia di Baekhyun si aggrottarono immediatamente. “No, Chanyeol, io—”
“Farò un buon lavoro!” insistette lui. “È solo un bacio, giusto? Voglio dire, ripeteremo lo spettacolo più di una volta, ma va bene! Posso farlo!”
“Chanyeol,
no,” disse Baekhyun, con voce improvvisamente alta e irritata. “Non capisci, io non voglio fare il bacio.”
Chanyeol rimase leggermente a bocca aperta. “Tu – non vuoi farlo?”
No!” esclamò Baekhyun. “Tu sei così – così stupido.”
“Ma pensavo che—” Le parole
che ti piacessi gli morirono in gola quando qualcuno li chiamò, dicendo che avevano tre minuti prima che il sipario si alzasse.
Non. Voglio,” sibilò Baekhyun, voltandosi. “Okay, andiamo! In posizione, tutti!”
Chanyeol barcollò stupidamente al proprio posto, non ancora sul palco ma sull'ala sinistra. Baekhyun si mise in posizione, poggiandosi ad un albero finto, e mentre aspettava che le luci calassero e che il sipario si alzasse, Chanyeol guardò il suo migliore amico scambiare qualche parola con un altro attore e ridere piano, gli occhi incurvati in mezze lune per un secondo prima di ricomporsi, e Chanyeol non riusciva a smettere di fissarlo.
Baekhyun non voleva fare il bacio?
E poi, così semplicemente, se ne dimenticò del tutto perché in quel momento, le luci si spensero, e una lunga nota alta riecheggiò nell'auditorium, e Chanyeol smise brevemente di respirare. Le luci si riaccesero, un riflettore puntato su Baekhyun, il quale sorrise largamente mentre cominciava a cantare, chiaro e allegro, e si faceva avanti verso il pubblico, e Chanyeol rimase stupidamente colpito per un secondo, per quanto fosse bello.
Ma poi, pensò Chanyeol, Baekhyun era sempre bello. Baekhyun era sempre stato bello, si da quando erano bambini, e Chanyeol lo aveva sempre ammirato così tanto. Erano amici da così tanti anni che, sinceramente, Chanyeol non riusciva a ricordare come fosse successo, ma c'era stato un momento in cui si era chiesto come potesse piacere a Baekhyun, quando Baekhyun era così fantastico e Chanyeol solo... Chanyeol. Baekhyun era sempre stato sin troppo buono per Chanyeol, che era fastidioso e insensibile e troppo strano e così tante altre cose, e Chanyeol aveva sempre provato davvero duramente a meritarsi l'amicizia dell'amico. Baekhyun, che andava d'accordo con tutti, che era intelligente e talentuoso e amichevole e fantastico, che avrebbe potuto scegliere chiunque come migliore amico, e che aveva scelto
Chanyeol. Chanyeol aveva lavorato tanto per meritare il titolo di Migliore Amico di Baekhyun.
Falliva costantemente.
Ma ci aveva pensato così tanto nelle scorse settimane. A tutto. Baekhyun – Baekhyun lo
amava. Baekhyun aveva detto di amarlo. Amava Chanyeol. Come se Chanyeol, stupido e pieno di difetti, meritasse il suo amore. Non meritava nemmeno la tolleranza di Baekhyun. Ma ci stava provando, davvero tanto.
E poi... Baekhyun gli era mancato così tanto, in quelle due settimane e mezzo in cui non si erano parlati. Baekhyun gli era mancato
così tanto. Si era sentito solo, ovviamente, con nessun altro con cui parlare oltre Jongdae, che a volte aveva provato pena per lui, ma più di tutto gli era mancato l'amico. Il suo migliore amico. All'inizio, in un certo senso aveva dato la colpa a Baekhyun, per essersi dichiarato in quel modo, rendendolo confuso e spaventato, ma con il passare del tempo, Chanyeol aveva smesso di chiedersi di chi fosse la colpa. Perché Chanyeol avrebbe voluto semplicemente che le cose tornassero come erano sempre state, che tornassero ad essere amici, perché aveva bisogno di Baekhyun, ma mai prima d'ora se l'era meritato così poco. Non solo Chanyeol era stato uno stronzo, non solo aveva abbandonato Baekhyun nel momento in cui aveva più bisogno di lui, rovinando tutto, ma non era nemmeno stato in grado di dare a Baekhyun la cosa che voleva di più. Come aveva potuto tornare da Baekhyun implorando il suo perdono, quando non sarebbe mai potuto essere quello che Baekhyun voleva che fosse?
Ma Baekhyun non voleva fare il bacio.
Perché non voleva fare il bacio?
“Chanyeol, tra un minuto tocca a te,” disse qualcuno, e Chanyeol si riscosse e guardò la scena familiare di fronte a sé, mentre il suo grande ingresso si avvicinava. Strinse forte la spada.
La dichiarazione di Baekhyun era stata un grande shock per Chanyeol. Non si sarebbe mai,
mai aspettato, nei loro tredici anni di amicizia, che Baekhyun potesse sentirsi in quel modo. E non era che provasse... disgusto, o niente del genere. Era stato semplicemente sorpreso. E così spaventato. Perché Baekhyun era il suo migliore amico, il suo unico migliore amico, e questo avrebbe cambiato le cose? Non voleva che cambiasse niente. Non voleva che le cose fossero strane. Perché Baekhyun aveva dovuto rendere le cose strane, quando erano sempre state perfette?
Alla sua scena, Chanyeol avanzò sul palco, muovendo selvaggiamente la spada, cercando di non colpire accidentalmente qualcuno. Poteva sentire se stesso recitare le battute, poteva sentire se stesso reagire agli atri attori e attrici sul palco, ma la sua mente era lì solo in parte. “Bella fanciulla!” esclamò, e Baekhyun si voltò a guardarlo, e sorrise, e Chanyeol si sentì avvampare. Ma poi Baekhyun corse via dal palco, e Chanyeol rimase solo a recitare il suo primo monologo, fronteggiando il pubblico, le parole radicate nella sua mente bruciavano sulla sua lingua, e prima che potesse rendersene conto, completò la scena e seguì Baekhyun dietro le quinte, sorpreso da quanto facilmente le battute avessero lasciato la sua bocca.
“Fantastico, Yeol!” esclamò Baekhyun, avvicinandosi a lui e illuminandosi. “Sei stato bravissimo. Assolutamente bravissimo.”
“Grazie,” sospirò Chanyeol, e rimase perfettamente immobile quando Baekhyun gli abbracciò brevemente i fianchi.
“Sapevo che ce l'avresti fatta,” disse, sorridendo prima di voltarsi nuovamente verso il placo. “D'accordo, tocca di nuovo a me!” E si avviò, a testa alta, per recitare la scena successiva. Chanyeol lo guardò andare con gli occhi spalancati, e il cuore che batteva forte per l'adrenalina e sentimenti confusi.
Ma Chanyeol non aveva tempo per pensare a questi sentimenti. Non ne aveva. C'era troppo da fare; correre dietro le quinte, cercare gli oggetti di scena, cambiare i costumi, riapplicare il trucco, riprendere fiato prima di scappare via da qualche altra parte. Eppure, la sua mente non smise di correre per il resto dello spettacolo, che fosse sul palco o no, e nessuno di quei pensieri aveva qualcosa a che fare con principi stupidi ed eroine bellissime (o forse solo in senso metaforico).
Alla fine dell'Atto I, proprio prima dell'intervallo, Chanyeol salì sul palco per cantare il suo unico assolo, serio e alto e per la prima volta da quando il sipario si era alzato, mise tutto se stesso per non sbagliare. Chanyeol non era affatto un cantante, anche se Baekhyun gli diceva che aveva davvero una bella voce, e non aveva nemmeno un talento innato come Baekhyun. Dovette concentrarsi e sforzarsi per raggiungere ogni nota e ricordarsi ogni parola. E ci provò,
davvero tanto.
Alla fine della canzone, Baekhyun lo raggiunse sul palco, come da copione, e cantò insieme a lui l'ultimo verso, armonizzando senza problemi. Poi il sipario calò, e Chanyeol si voltò verso l'amico, ansimando. “Come – com'ero?” chiese senza fiato, incollato sul posto mentre gli assistenti di scena cominciavano a spostare la scenografia dietro di loro.
Baekhyun gli sorrise, gli occhi luminosi e le guance rosse, e disse, “Sei fantastico.”
Tutto ad un tratto, Chanyeol si ritrovò senza parole, preso alla sprovvista da quanto carino fosse Baekhyun, mentre gli sorrideva in quel modo, lo
guardava in quel modo, e allo stesso tempo preso in contropiede perché sapeva cosa significava quello sguardo, ora. Sapeva perché Baekhyun lo guardasse in quel modo. (Lo sapeva? Baekhyun era ancora – giusto? Ma il bacio…)
In ogni caso, quando Chanyeol aprì la bocca, quello che uscì fu un automatico e sentito,
“Tu sei fantastico.”
Baekhyun si immobilizzò, gli occhi sgranati, e Chanyeol sussultò. Aveva di nuovo detto qualcosa di stupido? Perché doveva sempre rovinare tutto?
“Io—voglio dire. No, no, voglio dire, non volevo dire niente.” Chanyeol voleva tirarsi i capelli. “Voglio dire, lo penso davvero. Tu
sei fantastico. Posso dirlo.”
Baekhyun non disse niente, ma le sue sopracciglia si aggrottarono leggermente, e strinse i denti, e Chanyeol conosceva quell'espressione. Dolore, delusione, frustrazione. Non sapeva come fare niente. Tutto ciò che voleva era poter fare liberamente dei complimenti a Baekhyun. Baekhyun
era fantastico. Doveva saperlo. Doveva sapere che Chanyeol lo sapeva.
“Io... mi dispiace,” sussurrò Chanyeol, abbassando la testa.
Baekhyun sospirò, forte e chiaro anche sopra tutto il rumore degli assistenti e degli attori attorno a loro. “No, no, va bene. Solo... andiamo a prepararci. Scusa.”
Prima che Chanyeol potesse assicurargli che niente di tutto questo era colpa di Baekhyun, ma
sua, l'amico si fece trascinare via da una truccatrice, e Chanyeol andò a mettersi un'altra camicia. Prima che se ne accorgesse, l'intervallo era finito, e tornò sul palco, la mente piena di parole che avrebbe dovuto dire, e di un discorso completamente diverso che avrebbe voluto fare al ragazzo di fronte a lui.
Sarebbe stata una bugia bella e buona dire che Chanyeol non avesse pensato di baciare Baekhyun prima. Con la
Scena Del Bacio che si avvicinava rapidamente – mancavano solo poche scene, solo poche scene brevi – Chanyeol ci aveva pensato quasi costantemente. Anche prima che Baekhyun si dichiarasse, Chanyeol ci aveva pensato molto. Troppo, forse. Come sarebbe stato? Chanyeol non aveva mi baciato nessuno prima, davvero. Anzi, se contava quella volta in cui l'amico lo aveva accidentalmente baciato quando erano bambini, allora Baekhyun era il suo unico bacio. Ma non se lo ricordava. Non proprio. Non si ricordava come fosse stato.
Probabilmente bello. Ultimamente Chanyeol aveva fissato spesso la bocca di Baekhyun. I suoi sorrisi, e i suoi bronci, le smorfie, e il modo in cui si mordeva il labbro inferiore quando era preoccupato. Aveva delle labbra davvero rosa. E sembravano morbide. E probabilmente calde. Come sarebbe stato baciare Baekhyun? Baciare un ragazzo sarebbe stato orribilmente sbagliato? Baciare
Baekhyun sarebbe stato sbagliato?
Baekhyun non voleva nemmeno farlo il bacio. Eppure la scena si stava avvicinando, con ogni momento che passava, e Chanyeol non riusciva a pensare ad altro, le parole uscivano dalle sue labbra con l'autopilota. Il bacio. Il
Bacio. Il—
“—bacio.” Aspetta, cosa? Chanyeol rimase di sasso, sapendo non appena la parola uscì dalla sua bocca che non era quella giusta. Che cosa stava dicendo? Che scena era? Fissò Baekhyun, che ricambiò lo sguardo con occhi leggermente sgranati e sorpresi, e lo implorò silenziosamente di dirgli cosa fare.
E poi l'espressione scioccata di Baekhyun si dissolse, e rise leggermente. “Buon Dio, mio caro Principe!” disse. “Non pensi di star andando un po' troppo veloce? A malapena ci conosciamo.”
Chanyeol chiuse la bocca, deglutendo, poi la riaprì. Il pubblico rise affabilmente, e Chanyeol dovette lottare per rimanere nel personaggio, sorridendo un poco mentre diceva, “Certo, certo. Tutto per te. Ciò che intendo è—” e continuò con le proprie battute, e le spalle di Baekhyun si rilassarono.
Ovviamente Baekhyun lo avrebbe salvato. Quante volte Baekhyun era intervenuto, durante la loro amicizia, per salvargli il sedere? Baekhyun impavido, Baekhyun leale, Baekhyun fantastico, senza cui Chanyeol non poteva vivere. Chanyeol non sarebbe sopravvissuto se Baekhyun lo avesse odiato, se Baekhyun lo avesse evitato per il resto delle loro vite. Forse Chanyeol era egoista, ma aveva bisogno di Baekhyun, che il suo migliore amico lo amasse o meno.
Baekhyun lo amava. Baekhyun aveva detto di amarlo, e Chanyeol. Chanyeol aveva sempre amato Baekhyun, anche se non allo stesso modo.
E se invece
? Se fosse stato in quel modo? Onestamente, più Chanyeol ci pensava – più pensava a quanto ammirasse Baekhyun, a quanto lo volesse vicino tutto il tempo, a quanto avesse bisogno di lui e non poteva sopportare il pensiero di perderlo, più pensava a baciarlo nello spettacolo, baciarlo fuori dallo spettacolo, a baciarlo solo perché voleva farlo – e se l'avesse davvero amato? E se... e se Chanyeol fosse semplicemente stato troppo stupido per capirlo?
E se lui
non l'avesse amato?
(E se Baekhyun non lo avesse amato più?)
Chanyeol lanciò uno sguardo all'amico dall'altra parte del palco, che gli sorrideva con le guance rosa e gli occhi luccicanti, e si rese conto che questa era l'ultima scena.
La scena. Chanyeol deglutì, avanzò. Baekhyun si avvicinò, e i piedi di Chanyeol si mossero di testa loro, portandolo al centro del palco, verso il migliore amico. La sua mano si allungò, posandosi sul fianco di Baekhyun, tirandolo vicino. Baekhyun lo fissò, col respiro corto, e aspettò. Gli occhi di Chanyeol si fermarono sulle sue labbra. Aveva pensato così tanto a baciarlo. Aveva pensato così tanto a Baekhyun.
E se lo avesse amato?
Con un incompreso e ribelle pensiero di “beh, c'è solo un modo per scoprirlo,” Chanyeol si sentì recitare la sua battuta, e poi si chinò in avanti, e gli occhi di Baekhyun si stavano spalancando, e Chanyeol non poteva più vederli perché premette con decisione le loro labbra insieme.
Ci fu un coro di urla e incitazioni, e sopra di loro, Chanyeol sentì vagamente il debole suono che Baekhyun fece prima che lui premesse ancora di più e muovesse incerto le labbra, e sentì il migliore amico stringergli le maniche rimanendo però in posizione, barcollando leggermente sui piedi. Chanyeol tenne gli occhi chiusi e si limitò a
sentire – quanto fossero davvero morbide le labbra di Baekhyun, quanto fossero calde e umide, e... piacevoli. Era bello.
Il pubblico esplose improvvisamente in un applauso e, sorpreso, Chanyeol si rese conto che il sipario era calato. In quel momento, Baekhyun si ritrasse, districandosi dal suo abbraccio, e lo fissò con occhi grandi e sconvolti. Chanyeol deglutì a fatica, aspettando che l'amico dicesse qualcosa, ma non lo fece. Continuò a fissarlo, e Chanyeol ricambiò lo sguardo, e poi il sipario si alzò di nuovo, e si inchinarono al pubblico che continuò ad applaudire. I ringraziamenti passarono offuscati, mentre Chanyeol cercava di guardare Baekhyun, cercava di spiegarsi, cercava di capire come
Baekhyun si sentisse, ma non ci riuscì. Alla fine, il sipario calò ancora, e Chanyeol andò a cercare il migliore amico.
“Baek!”
“Hey, Chanyeol,” disse un altro attore con un sorriso. “Bel lavoro, amico. Non hai lasciato che quel bacio ti intimidisse affatto.”
“Già, non pensavo l'avresti fatto,” disse il loro pianista.
Chanyeol rise nervosamente, gli occhi studiavano ancora il cast attorno a loro.
“Hey, Lover Boy—”
“Baek!” Chanyeol lo vide alla fine, il viso rosso e le mani che tremavano. “Baekhyun!”
Non riuscì a beccarlo fino a un momento dopo, quando lo costrinse a seguirlo in un angolo silenzioso e lo fece voltare, con il cuore che gli batteva forte. “Senti, Baek, io—”
“Tu cosa, Chanyeol?” scattò Baekhyun, e Chanyeol sentì il sangue gelarsi nelle vene. “Sei un idiota? Perché sì, lo
sei.”
“Mi dispiace,” mugolò Chanyeol, lasciando andare il suo braccio. “Sono solo—”
“Sei uno
stronzo,” disse Baekhyun, e Chanyeol si spaventò per quanto stesse tremando. “Io—ugh.” Gli occhi gli luccicavano pericolosamente.
“Baek—”
Ma prima che Chanyeol potesse dire qualcosa, Baekhyun scappò via, ancora vestito con il costume, sulle scale e poi in corridoio. Chanyeol lo guardò andare, tirandosi i capelli, ignorando le persone che si congratulavano con lui e gli facevano complimenti mentre provava a pensare cosa fare. Non poteva nemmeno
pensare ai propri sentimenti confusi al momento, non quando Baekhyun era chiaramente così arrabbiato con lui. Di nuovo. Perché Chanyeol non riusciva a fare nulla di giusto?
Con un sospiro disperato, Chanyeol scese le scale dopo Baekhyun, non sapendo nemmeno cosa avrebbe fatto, e si guardò intorno. Trovò il migliore amico un momento dopo, in piedi in corridoio, e c'era una mano sulla sua spalla. La mano di Minseok. Minseok stava parlando con lui, la preoccupazione chiara sul suo viso, e mentre Chanyeol guardava, Baekhyun scoppiò a piangere, coprendosi il viso con le mani mentre le spalle gli tremavano.
Chanyeol si sentì male.
Come se i sentimenti confusi di Chanyeol non fossero abbastanza, ora si sentiva in colpa
e terrorizzato che Baekhyun potesse davvero, sinceramente odiarlo. E Chanyeol lo meritava assolutamente.

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Capitolo 37
*** Capitolo 35 ***


Sehun non aveva mai pensato che sarebbe stato il tipo di ragazzo che esce con qualcuno e che lo tiene per mano. Ma in effetti, non aveva nemmeno mai pensato che sarebbe stato il tipo di persona che ha una relazione, punto. Jongin aveva tirato fuori un bel po' di cose inaspettate da Sehun onestamente.
“Hai visto quel bacio?” chiese Jongin, inciampando contro Sehun per la terza volta da quando aveva deciso di camminare proprio dietro di lui, con le braccia strette intorno ai suoi fianchi. Sehun non aveva il cuore di dirgli di camminare in un altro modo. “Ci stavano davvero dando dentro.”
“Al pubblico di sicuro è piaciuto,” disse Sehun, annuendo. Sentì Jongin posare un bacio contro la sua nuca, coperto dall'ombra quando entrarono nel vicolo che portava al suo palazzo. La notte era fresca, e apprezzò il calore delle braccia di Jongin. “Non penso se lo stessero aspettando, dato che sia Chanyeol che Baekhyun sono ragazzi. Ma la reazione è stata buona.”
“Senza scherzi. Pensi che le persone sarebbero entusiaste se
noi ci baciassimo nei corridoi?”
Sehun grugnì leggermente, sorridendo. “Probabilmente no.”
“Potremmo provare per vedere,” suggerì Jongin, strofinando il naso contro l'attaccatura dei capelli e mordicchiandolo leggermente.
Sehun grugnì ancora. “No,” disse.
“Guastafeste,” sussurrò il ragazzo contro il suo collo, e Sehun rise per coprire l'imbarazzo.
“Vai a casa,” rispose gentilmente. “Non hai nient'altro da fare che darmi fastidio?”
Jongin grugnì. “Solo un compito di cinese,” si lamentò. “Faccio davvero schifo in cinese, Sehun. Non voglio farlo.”
Sehun annuì e giocherellò con le dita di Jongin chiuse sulla sua pancia. “Potrei aiutarti,” disse piano. “Se vuoi.”
Jongin rimase in silenzio per un momento, inciampando ancora, e poi disse, “Davvero?”
“Certo,” rispose Sehun scrollando le spalle. “Il mio cinese è piuttosto buono.”
Non poteva vedere Jongin, ma immaginò il sorriso che si aprì sul suo viso. “Ti stai davvero offrendo di aiutarmi?”
“Sì,” disse, annuendo lentamente e chiedendosi quando avessero smesso di muoversi.
“Beh mamma mia, Oh Sehun,” disse Jongin, facendolo voltare e chinandosi per baciarlo dolcemente. “Mi piacerebbe.”
Sehun rise leggermente. “La fai sembrare come se ti avessi appena chiesto di accompagnarmi al ballo o qualcosa del genere,” disse, abbassando la testa imbarazzato.
È un appuntamento per i compiti,” disse Jongin. “Conta.” Baciò ancora Sehun.
Il ragazzo sorrise e gli spinse le spalle. “Dai, mi farai tornare a casa tardi.”
“Sono solo le 10!” esclamò Jongin.
“Ho detto a mia madre che sarei tornato per le 10,” insistette Sehun. “Quindi smettila di distrarmi.”
Jongin sorrise impertinente, ma permise a Sehun di riprendere a camminare verso l'appartamento, prendendolo per mano e camminando accanto a lui.
Sehun non si rese conto fino a che non raggiunsero la porta che Jongin non aveva mai visto dove abitava. Tutte le sue vecchie case erano state sciatte, e questa non era diversa, ma non se n'era mai vergognato prima – o almeno, non da quando era bambino.
Ma Jongin non fece alcun commento, si voltò verso Sehun e sorridendo disse, “Immagino che qui sia dove ci separiamo.”
“Già,” disse Sehun, ma il suo saluto rimase bloccato in gola. “Vai dritto a casa?”
Jongin annuì. “Potrei fermarmi a prendere qualche odeng per strada,” rispose.
“Solo geloso,” disse, strofinando la punta del piede a terra. Si chiese se fosse ovvio che stava prendendo tempo. I buonanotte erano sempre così smielati.
“Grazie per essere venuto con me stanotte, Hun,” disse Jongin con un sorriso. “È stato bello.”
“Grazie per aver pagato per me,” mormorò Sehun, guardando il terreno.
È stato un piacere,” rispose allegro Jongin. “Vorrei—”
Venne interrotto all'improvviso quando la porta si aprì e la madre adottiva di Sehun si affacciò. “Sehun! Hai una chiamata. A dire il vero, ha già chiamato prima, e gli ho detto che saresti tornato alla 10. Sei in ritardo.” Stava sorridendo mentre lo diceva, porgendogli il telefono. Era una buona cosa che abitassero al primo piano, o altrimenti non ci sarebbe stata ricezione lì.
“Chi è?” chiese Sehun, più che altro a se stesso, mentre prendeva il telefono.
È internazionale,” disse la donna. “Chi è?” Guardò Jongin, sorridendo.
Nessuno!” disse velocemente Sehun, e chiuse la porta il più rapidamente possibile senza sembrare scortese, spingendo Jongin verso il muro e lontano dalla finestra. Avvicinandosi a lui, si portò il telefono all'orecchio, e cercò di ignorare Jongin che gli soffiava sul collo. “P-pronto?” disse, colpendo Jongin.
“Ciao Sehunnie!” disse una voce familiare. “È passato un po', vero?”
“Solo un giorno,” disse Sehun, trattenendo un sorriso al suono della voce di Luhan.
Hmph, d'accordo. Sei, ahem, molto impegnato al momento?”
Sehun quasi non lo sentì, preoccupato a colpire ancora il ragazzo, che stava posando dei baci sul suo collo. “No.”
Jongin, abbastanza vicino da sentire entrambi i lati della conversazione, disse immediatamente, “Oh, siamo estremamente impegnati al momento, hyung,” con voce profonda e sensuale. Sehun lo spinse, guardandolo male con le guance rosse.
Luhan rise. “Ciao Jonginnie.”
“Ciao hyung,” disse Jongin, con voce ancora imbarazzantemente maliziosa.
Luhan rise ancora, poi divenne improvvisamente serio. “Comunque, uno di voi ha visto Minseok oggi?”
Uh, l'ho visto a scuola e allo spettacolo,” rispose Sehun, accigliato.
“Lui – è andato ad uno spettacolo!? Come osa uscire e divertirsi, quando mi sta causando tutti questi problemi,” disse Luhan, sembrando irritato.
Sehun era confuso dalle parole di Luhan, ma sorrise leggermente. “Era lo spettacolo di Baekhyun,” spiegò.
“Penso che lui e Baekhyun si siano avvicinati davvero tanto in questi giorni,” aggiunse Jongin.
Luhan emise un suono allarmato e contrariato. “Quanto vicini?”
Um. Abbastanza?” disse Jongin.
Luhan sbuffò frustrato, mandando suoni statici sul telefono. “Beh digli che dovrebbe passare meno tempo a parlare con Baekhyun, e più tempo a rispondere al telefono.”
“Perché?” chiese Sehun. “Che è successo?”
Luhan esitò. Um. Solo. Delle cose. E ora non risponde al telefono! Ma ho davvero bisogno di parlargli!”
“Allora cosa dovrei fare?” chiese Sehun. “Non lo assillerò per te. Sembra il tipo di ragazzo che è carino fino a che non lo infastidisci e allora ti dà un pugno in faccia.”
Luhan rise leggermente. “Già, immagino sia così. Non lo so. Dammi solo qualche consiglio, allora!”
Sehun sbatté le palpebre sorpreso. Lui? Doveva dargli un consiglio? Nessuno gli aveva mai chiesto consigli prima. Lo fece sentire... un po' caldo, e importante.
“Sii persistente,” disse saggiamente Jongin accanto a lui. “La persistenza è la chiave. Vero, Sehun?” Sehun sorrise leggermente. “E la pazienza, sai. Persistenza e pazienza. I fiori non nascono in un giorno. Devi continuare ad innaffiarli.”
“Spero che questa non sia una metafora per qualcos'altro,” disse Luhan, e Jongin rise forte. Sehun avvampò.
Sehun sta arrossendo!” esclamò immediatamente Jongin. “Sta arrossendo, hyung. L'ho fatto arrossire.”
Io l'ho fatto arrossire,” ribatté Luhan, sembrando compiaciuto, e Sehun abbassò la testa per nascondere le guance rosse, che continuavano a bruciare, e la sua bocca, che continuava a sorridere.
Sehun, Sehun, ho ancora bisogno di un tuo consiglio. È successo qualcosa e ora Minseok mi sta evitando e non so cosa fare. È arrabbiato con me?”
“Non lo so, hyung,” rispose Sehun.
“Non so cosa fare. Perché devo essere in Cina?” si lamentò Luhan.
Magari dovresti semplicemente lasciar perdere,” suggerì Sehun. “Perché è chiaramente una testa di cazzo.”
Sehun!” urlò Luhan.
“Beh è vero! Se è successo qualcosa e ha semplicemente iniziato ad ignorarti, allora probabilmente è perché è una testa di cazzo. Mollalo finché sei in tempo,” lo avvisò Sehun.
Luhan mugolò. “Ma…”
“Mi hai chiesto un consiglio e te l'ho dato!” esclamò lui.
Jongin, non stai facendo un buon lavoro nel rendere Sehun più carino con me. Penso debba innaffiare i suoi fiori di più.”
Hyung,” protestò Sehun. Jongin si limitò a ridere. “Sto riattaccando, hyung.”
“D'accordo! Devo chiamare altre persone, tanto. Buonanotte, Sehunnie. Buonanotte, Jonginnie. Continua ad innaffiare quel fiore.”
“Buonanotte, hyung.” Sehun riattaccò, alzando gli occhi al cielo.
Jongin rise deliziato, e Sehun dovette resistere all'istinto di sorridere.
La porta si aprì ancora accanto a loro, e Sehun si allontanò velocemente da Jongin, imbarazzato. “Dovresti entrare se hai finito, fa freddo qui fuori,” disse la madre.
“Sì, un secondo,” rispose Sehun. La donna scomparve velocemente dietro la porta, ancora sorridendo.
“Devo andare a casa comunque,” disse piano Jongin, sorridendo gentilmente. “Buonanotte, Sehun.”
“Buonanotte,” mormorò Sehun, con le guance ancora accaldate, e sollevò la testa mentre Jongin posava un bacio sulle sue labbra. Poi se ne andò, salutandolo mentre si allontanava in fondo alla strada, e Sehun entrò in casa.
“Chi era quello?” chiese la madre adottiva, nel momento in cui entrò.
Jongin,” disse Sehun, guardando il pavimento.
Ahhh. Sembra gentile. Dovrebbe venire qui qualche volta.”
Sehun annuì vagamente e si affrettò nella propria stanza, schiacciandosi la frangetta sulla fronte. Onestamente, non sapeva se avrebbe sopportato l'imbarazzo di portare Jongin a casa. Forse un giorno... se Jongin avesse voluto.


In un altro appartamento a Seoul, Jongdae era appena arrivato a casa, aveva appena messo piede in casa quando il telefono squillò. “Rispondo io!” gridò a chiunque fosse lì vicino, togliendosi le scarpe ed entrando in cucina per prendere il telefono. “Pronto?”
“Ciao Jongdae,” giunse la voce piuttosto sconfortata di Luhan.
Oh, ciao hyung. Scusa, sono appena arrivato. Hai chiamato prima?”
“Già, ma nessuno ha risposto. Eri allo spettacolo anche tu?” chiese il ragazzo, con voce decisamente triste.
Uh, sì, ero lì. Come lo sapevi?” chiese sorpreso Jongdae.
“Ho appena parlato al telefono con Sehun,” sospirò lui. “Come è andata?”
“Davvero bene. Tipo, super bene. Sono rimasto davvero impressionato. Chanyeol ha anche baciato Baekhyun alla fine,” gli rispose Jongdae. Aveva davvero pensato che non l'avrebbero fatto, considerando quanto fosse stata al limite la loro relazione negli ultimi tempi.
“L'ha fatto davvero?” chiese lui. “Seriamente?”
“Già. Ma Baek sembrava piuttosto sorpreso, quindi non sono sicuro fosse pianificato. Sembrava piuttosto agitato subito dopo. Minseok-hyung è andato a parlare con lui dopo lo spettacolo.”
Al suono del nome di Minseok, Luhan emise un piccolo suono, e Jongdae si ricordò perché avesse chiamato. “Ci hai- Ci hai parlato? Con Minseok?”
Ripensando alla sua conversazione con il migliore amico prima, Jongdae decise che probabilmente avrebbe dovuto fare molta attenzione alle parole. “Io—l'ho fatto, sì.”
“Cosa ha detto?” chiese Luhan, sembrando spaventato.
Se Jongdae ci pensava, tutto quello che Minseok aveva davvero fatto era stato confessare di essere innamorato di Luhan. “Io—non credo di potertelo dire, hyung. Scusa.”
Significa che è grave?” chiese disperato Luhan. “Mi odia? È molto arrabbiato?”
“Non penso... no. No, arrabbiato non è la parola giusta. O almeno... non è arrabbiato con te.” Piuttosto, Minseok sembrava arrabbiato con se stesso.
“Cosa ha detto, Jongdae?” lo implorò Luhan.
Jongdae sospirò. “Non molto, in realtà. Non mi ha nemmeno detto cosa c'è che non va. Ma era decisamente agitato, se questo... ti aiuta.” Seriamente, come faceva Jongdae a sapere cosa Luhan volesse sentire?
Ma Luhan si lamentò tristemente. “Gli hai detto di rispondere al telefono?” chiese.
“Penso fosse implicito. Non ne voleva parlare, però. E poi ero più impegnato a cercare di fargli mangiare il pranzo.”
Luhan emise un suono spaventato. “Non sta mangiando?”
“Voleva solo essere testardo a pranzo,” rispose velocemente Jongdae, rassicurandolo. “Tutti lo stanno tenendo d'occhio, non ti preoccupare. Sta bene.”
Luhan rilasciò una lungo sospiro triste. “Cosa dovrei fare, Jongdae? Sei il suo migliore amico. Dimmi cosa fare.”
“Non conosco nemmeno la situazione, hyung…” disse Jongdae, accigliato.
Considerando che ho davvero bisogno di parlare con lui, ma sono bloccato in Cina, cosa dovrei fare?”
Jongdae si pizzicò il naso e prese un profondo respiro. “Onestamente, hyung, credo dovresti semplicemente essere più convincente con lui. Minseok è estremamente testardo. Se potessi, ti direi di venire dritto qui e buttare giù la sua porta. È così grave.”
Ma non posso,” si lamentò Luhan. “Ed è per questo che ho bisogno che risponda al telefono.”
“Lo assillerò se vuoi che lo faccia, ma non posso fare molto oltre questo,” disse Jongdae scrollando le spalle. “Scusa, hyung.”
È tutto okay…” rispose Luhan, sembrando però tutt'altro che okay. “Ma spero che sappia quanto mi stiano costando queste chiamate internazionali. Dovrò farmi ripagare.”
“Ci penseremo noi, hyung, non ti preoccupare,” disse piano Jongdae. “Come sta tua madre, comunque? È tornata a lavoro?”
No…sta ancora male, non può tornare. Non l'hai detto a Minseok, vero?” chiese preoccupato.
No, non l'ho fatto. Dille di guarire presto, okay?”
Lo farò. È solo una cosa allo stomaco, ma ha lavorato così tanto che le ci vuole di più per rimettersi. Ha solo bisogno di riposare.”
“Capita,” lo rassicurò Jongdae. “Sono sicuro che andrà tutto bene.”
Lo spero…” sospirò Luhan. “Le cose... non stanno andando molto bene, al momento.”
“Lo so.”
Non dirlo a Minseok però, okay? Non voglio che si preoccupi.”
“Non lo farò,” gli promise Jongdae. Minseok non aveva bisogno di altre cose di cui preoccuparsi.
Comunque, devo chiamare Kyungsoo prima di andare a lavoro. Ciao, Jongdae.”
“Ciao, hyung. Stammi bene.”
Luhan fece un suono vago di assenso prima di riattaccare, e poi Jongdae mise giù il telefono, facendo schioccare la lingua. Stava imparando davvero velocemente che essere il tramite, senza sapere nulla della situazione, non era affatto divertente.


Kyungsoo, niente sta migliorando e tutto sta solo peggiorando.”
Kyungsoo sospirò profondamente. Aveva paura. “Beh se hai provato a chiamare Minseok a casa, non era lì. È andato allo spettacolo di Baekhyun.” Kyungsoo era stato l'unico a non essere presente, sembrava – Jongdae aveva filmato tutto per lui.
Lo so. Penso che potrebbe aver bloccato il mio numero, comunque. È cattivo con me, Kyungsoo, non so cosa fare.”
Kyungsoo riusciva a sentire Yixing chiacchierare dietro Luhan, e resistette all'istinto di chiedergli cosa stesse dicendo. “Onestamente, hyung, non so cosa dirti,” disse stancamente. “Minseok non è mai stato bravo a gestire le situazioni stressanti. Lo conosci. Le evita. È così che va avanti.”
Quindi cosa dovrei fare?” mugolò Luhan. “Gli hai parlato?”
“Sì, ma tutto quello che mi ha detto è stato letteralmente Non posso, Kyungsoo, dì a Luhan che non posso. Tutto qui.” Sorrise leggermente. “È davvero drammatico.”
Mi sta facendo uscire fuori di testa,” disse frustrato Luhan. “Mi sto davvero arrabbiando con lui.”
“Penso abbia solo bisogno di più tempo, hyung,” disse gentilmente Kyungsoo. “Per riprendersi da... qualsiasi cosa abbia bisogno di riprendersi. Forse dovresti lasciarlo solo per un po' prima di riprovare.”
Luhan grugnì forte. “Tutti mi danno consigli diversi!” si lamentò. “Come posso sapere cosa fare se tutti mi danno consigli diversi?”
Kyungsoo poté sentire il proprio nome essere pronunciato in sottofondo, in un coreano davvero accentato, e continuava a distrarlo. “Non posso aiutarti con questo, hyung.”
Jongdae ha detto che sembrava agitato quando ha parlato con lui. A te è sembrato agitato?” Poi disse qualcosa in cinese, presumibilmente non per lui, seguito da, “Scusa, Yixing continua a infastidirmi. Dice che vuole parlare con te, ma io sto parlando con te.”
Kyungsoo era imbarazzato del rossore che gli colorì le guance. “Va bene,” disse velocemente. “Lui, um. Sì, sembrava decisamente agitato.”
Beh allora dovrebbe rispondere al telefono!” esclamò Luhan, e Kyungsoo sospirò.
Beh, la sola cosa che mi ha detto è che non poteva, quindi... mi dispiace,” disse. Si mise improvvisamente a sedere. “Oh, quasi dimenticavo. L'unica altra cosa che mi ha detto è stata – a dire il vero, non mi ha specificatamente detto di dirtelo, ma nel caso ti aiuti, beh. Ha detto che gli dispiace. Quindi... già.”
Luhan rimase in silenzio per un momento e poi disse, “Aspetta, gli dispiace per cosa? Non mi aiuta affatto. Peggiora soltanto le cose!”
Tutto ciò che poté fare Kyungsoo fu scrollare le spalle. “Questo è tutto quello che mi ha detto. Non so nemmeno cosa sta succedendo, hyung, quindi è tutto quello che posso dirti. Gli dispiace.”
Beh dì a Minseok che ho detto—” E Luhan si gettò in un discorso in cinese che sembrava piuttosto arrabbiato, e che strappò una risata a Yixing. “Yixing mi dà ragione.”
Um…non penso sarò in grado di ripeterlo,” disse Kyungsoo, sorridendo.
Meglio, perché era cattivo,” disse tristemente Luhan. “Oggi è davvero una brutta giornata.”
“Anche per Minseok, se può fare differenza,” offrì Kyungsoo.
Luhan sospirò pesantemente, poi disse, “Yixing vuole parlare con te. Devo andare a lavoro.”
“Cosa?” disse Kyungsoo, entrando improvvisamente nel panico mentre Luhan lo salutava e passava il telefono.
Ciao!” disse all'improvviso una nuova voce, nel peggiore coreano accentato che avesse mai sentito.
Kyungsoo arrossì. “Uh…ciao,” disse. “Non sapevo parlassi coreano.”
Ci fu una pausa, e poi Yixing disse qualcosa in cinese, e Luhan gridò, “Dice che non sa cosa stai dicendo, ma che imparerà!”
Oh,” disse Kyungsoo, sventolandosi il viso imbarazzato. Un paio di parole in cinese che aveva appena imparato gli danzarono sulla lingua, ma le mandò giù velocemente, troppo timido e insicuro per dire qualcosa.
Più cinese, e una traduzione gridata. “Dice che il coreano è difficile, ma vuole imparare per parlare con te! E poi, parla di più così può sentire la tua voce!”
Kyungsoo rise a disagio, e Yixing emise un suono di adorazione. “Non so... non so cosa dire,” disse.
Ci fu una lunga pausa, e poi Yixing disse, Ciao, Kyungsoo!”
“Ciao,” rispose Kyungsoo, sorridendo timido, e la linea cadde. Dovette ridere leggermente per la ridicolaggine della situazione, anche mentre arrossiva. Onestamente, non sapeva che senso avesse essere così... amichevole con Yixing, ma... gli piaceva. Era piacevole, anche se passava troppo tempo ad arrossire e sentirsi imbarazzato. Era diversa, l'attenzione e tutto, ma gli piaceva comunque. E Minseok gli diceva sempre di provare cose diverse.
Kyungsoo non poté fare a meno di sentirsi costretto a provare davvero per questa cosa.


Baekhyun aveva sempre voluto che Chanyeol lo baciasse. Era stato uno di quei suoi segreti, una di quelle sue fantasie vergognose per anni ormai. Ci aveva pensato, lo aveva sognato, si era chiesto come sarebbe stato, si era chiesto che tipo di baciatore sarebbe stato Chanyeol. Aveva provato a mantenere basse le sue fantasie, però, dato che Chanyeol era il suo migliore amico e tutto. Non voleva che le cose diventassero strane. A volte si faceva trasportare, pensando a Chanyeol che lo baciava, desiderando che lo baciasse (che avesse voluto baciarlo), ma tutto sommato, Baekhyun non aveva lasciato che la situazione gli sfuggisse di mano. Sapeva qual era il suo posto.
Ma ora …Chanyeol lo aveva baciato. Chanyeol lo aveva baciato. Sulle labbra. Di fronte a centinaia di persone. Ed era stato fantastico, e stupendo, era stato un sogno divenuto realtà, se non per il fatto che per Chanyeol non aveva significato nulla. Nel momento in cui le labbra di Chanyeol avevano toccato le sue, Baekhyun si era dimenticato di tutto il resto, godendosi il calore della sua bocca, il modo in cui sembrava perfetta contro la propria, e poi si era ritratto e la realtà aveva colpito Baekhyun come un muro di mattoni.
Era rimasto così scioccato. Aveva detto a Chanyeol di non eseguire il bacio, ma lui lo aveva fatto lo stesso. E poi lo aveva colpito – l'imbarazzo, la vergogna, la furia. Chanyeol lo aveva baciato, anche se Baekhyun gli aveva detto di non farlo, e Baekhyun lo amava così tanto, ma Chanyeol non ricambiava.
Era riuscito a trattenersi fino a che Minseok non era andato a chiedergli se stesse bene. E poi era scoppiato in lacrime, così sopraffatto e arrabbiato e agitato, singhiozzando contro la spalla del maggiore perché era stato così bello e è così stupido e perché non può amarmi? Minseok lo aveva portato a casa, una volta che si era calmato, e Baekhyun aveva passato l'intera notte a prepararsi per quello che sarebbe successo. Avevano ancora un sacco di esibizioni da fare, un sacco di baci da fingere, e Baekhyun doveva ancora passare del tempo con Chanyeol, ogni giorno, fino a che non fosse finito. Non sapeva come avrebbe potuto fare.
E ora era il giorno seguente, e Baekhyun non stava facendo un buon lavoro. A malapena riusciva a stare nella stessa stanza con Chanyeol, figuriamoci interpretare la parte del suo amante durante le loro prove veloci a pranzo. Come poteva, quando Chanyeol continuava a guardarlo, ma non si avvicinava, e rimaneva sempre a qualche metro di distanza, semplicemente guardandolo? Chanyeol recitò la propria parte a dovere durante le prove, ma Baekhyun non riusciva nemmeno a incontrare il suo sguardo, gli fissava sempre la spalla quando doveva stargli davanti, deglutendo a fatica e recitando le battute.
Non aiutava il fatto che le persone continuassero a ridacchiare e sussurrare tra loro, e dicessero a Baekhyun che lo spettacolo era andato alla grande, e che – e questa era la parte peggiore – il bacio aveva superato le loro aspettative, e che era il punto forte di tutta la commedia.
Baekhyun stava cominciando a pensare che lui e Chanyeol si sarebbero dovuti baciare ancora, per davvero, ogni volta che si fossero esibiti, e non era sicuro di poterci riuscire senza perdere la testa.


Chanyeol cominciava a diventare familiare con la sensazione di odio per se stesso. Si era odiato spesso nelle settimane passate. Si era odiato quando aveva lasciato Baekhyun da solo dopo la confessione, si era odiato quando aveva visto Baekhyun appoggiarsi a Minseok per avere la forza, si era odiato quando Baekhyun era stato così titubante ad essere nuovamente amici. Ma Chanyeol non era sicuro di essersi mai odiato tanto quanto si odiava adesso.
Solo ieri era stato convinto che non sarebbe mai potuto sopravvivere se Baekhyun lo avesse odiato, e come l'idiota che era, Chanyeol glielo aveva reso davvero facile. Aveva solo – Chanyeol non aveva pensato. E lo aveva semplicemente baciato, perché lo aveva voluto fare, perché aveva bisogno di sapere cosa significassero questi sentimenti che provava, ma Baekhyun chiaramente non voleva essere baciato. Baekhyun probabilmente non lo amava nemmeno più (non era una sorpresa – cosa c'era da amare in fondo?). E ora... era Chanyeol ad amare Baekhyun. Quanto era incasinata la situazione?
Ma questo non era nemmeno il problema più grande. Il problema più grande era che Chanyeol stava rovinando la vita di Baekhyun, e non sapeva come aggiustare le cose. Aveva rovinato la vita amorosa del migliore amico, aveva rovinato la loro amicizia, e Baekhyun era chiaramente triste, e ora non riusciva nemmeno a concentrarsi sulla commedia. Chanyeol voleva almeno che Baekhyun avesse il piacere di mettere su un grande spettacolo, che avesse la soddisfazione di sapere che tutto il suo duro lavoro non era stato per nulla, e Chanyeol stava facendo del suo meglio per far sì che accadesse, ma ora Baekhyun non riusciva a concentrarsi, non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi, sembrava così a disagio e triste, ed era colpa di Chanyeol. Chanyeol aveva la colpa di tutto.
Ed era così stupido, era così stupido eppure così da Chanyeol, quanto si arrabbiò quando alla fine della giornata scolastica, Baekhyun non riuscì a guardarlo negli occhi e invece guardò Minseok.
Baekhyun,” disse, avvicinandosi al migliore amico (erano ancora amici?).
Baekhyun lo guardò sorpreso, e poi distolse velocemente lo sguardo, puntandolo sul muro dietro di lui. “Cosa?”
Chanyeol dovette prendere un profondo respiro, assicurarsi che non stesse facendo niente di stupido, prima di dire, “Penso che forse dovremmo provare ancora, sai. Solo noi due. Per essere sicuri di essere pronti.”
Il viso del ragazzo rimase impassibile. “Perché pensi questo?”
“Perché,” cominciò con attenzione Chanyeol, “Ho la sensazione che ci siano alcune pieghe da stirare. Non pensi?”
Il pomo di Baekhyun si mosse quando deglutì, e poi i suoi occhi si spostarono, non su Chanyeol, ma su Minseok accanto a lui. A Chanyeol non piacque.
Minseok scrollò semplicemente le spalle, sembrando inerme, e Baekhyun sospirò e disse, “Sì. Sicuro. D'accordo.”
E fu così che finirono sul palco dell'auditorium vuoto, a ripassare le battute, ancora vestiti con le uniformi scolastiche, sembrando non un principe e un'eroina ma Chanyeol e Baekhyun, due ragazzi che, ad un certo punto, si erano amati o si amavano.
Ma Baekhyun continuava a rifiutarsi di guardarlo. Stava mandando Chanyeol fuori di testa, il modo in cui distoglieva lo sguardo, fissando l'aria alla sua sinistra, forzando sorrisi alla spalla di Chanyeol. Continuava a sbagliare le parole, esitava prima di toccarlo, vacillava con ogni passo in avanti.
Baek,” disse alla fine Chanyeol, con voce implorante. “Tu – dobbiamo concentrarci. Io – mi dispiace.” Baekhyun si irrigidì, il suo sguardo si indurì. Chanyeol sussultò, ma continuò. “Davvero. Mi dispiace. Ma devi farlo, okay, altrimenti te ne pentirai.”
Baekhyun fissò l'albero alla destra di Chanyeol. “Non dirmi cosa fare, Park Chanyeol,” disse, con voce provata.
Baek, mi puoi guardare?” chiese Chanyeol, con il cuore che batteva. “Guardami. Guarda solo me. Voglio che guardi solo me.”
La scossa nel respiro di Baekhyun era inequivocabile. “Non dirlo.”
Chanyeol lottò per mantenere la voce stabile, ma fallì. “Guarda solo me, perché io guardo solo te.”
Baekhyun si voltò allora, con gli occhi infiammati. “Chanyeol, sta' zitto. Non so cosa ti aspetti da me, o cosa vuoi da me, ma puoi per favore chiudere il becco e lasciarmi in pace? Sei davvero il peggiore. Sto cercando con tutto me stesso di concentrarmi qui, e tu mi guardi, mi parli e mi baci maledizione, e dici cose stupide come guardo solo te e onestamente, qual è il tuo fottuto problema?” Chanyeol tremò quando le lacrime caddero dagli occhi di Baekhyun. “Ti diverti a giocare con me? Perché sembra davvero che—” E non poté finire, perché prima ancora che Chanyeol si rendesse conto di cosa stava facendo, si chinò e lo baciò ancora.
Durò solo un secondo, prima che Chanyeol si ritraesse e Baekhyun saltasse indietro, gli occhi grandi spalancati. E poi, dopo un momento di silenzio gelido, scattò, “Ma che cazzo, Chanyeol?! Perché lo hai fatto?”
Chanyeol deglutì, aprì la bocca, e per la prima volta nella sua vita, disse la verità. “Perché,” disse con un nodo in gola. “Volevo farlo.”
Baekhyun lo fissò con gli occhi spalancati.
“Perché non voglio che guardi nessun altro che non sia io. Perché voglio che tu sia felice, con me. Perché sei fantastico e bellissimo e non posso vivere senza di te e penso – penso che potrei essere innamorato di te.”
Gli occhi di Baekhyun si riempirono di lacrime, e quando sbatté le palpebre, una gli scivolò sulla guancia. “Mi stai prendendo in giro, Park Chanyeol?” disse, con voce strozzata. “Mi stai prendendo in giro? Non voglio il tuo – il tuo stupido amore per pena.”
“Non è – non è così. Baekhyun, io—”
“Come puoi amare—” la voce di Baekhyun si ruppe sull'ultima parola. “Come puoi dire di amarmi quando mi hai ferito così tanto? Ti ho amato per così tanti anni, Chanyeol, perché stai facendo questo ora?”
Chanyeol deglutì a fatica, e resistette all'istinto di asciugare le lacrime dalle guance di Baekhyun. “Perché sono un idiota.”
“Puoi scommetterci che sei un idiota,” singhiozzò Baekhyun. “Come posso crederti? Dopo tutto questo, come posso credere che tu davvero, all'improvviso, sia innamorato di me?” Altre lacrime caddero, e le sue spalle cominciarono a tremare, e Chanyeol fece un passo avanti per tirarlo più vicino, con il cuore che correva, e gli tenne la testa contro la propria spalla. “Smettila, vai via, ti odio,” disse Baekhyun, dimenandosi.
No, Baek, ascoltami. Lasciami solo – lasciami parlare.” Baekhyun rimase in silenzio, accasciandosi contro di lui. “Lasciami solo spiegare. Io – sono stato così stupido. Lo so. Ma non è - l'amore non è semplicemente qualcosa che arriva all'improvviso, okay? Non so niente sull'amore, Baek, ma io – penso che per me sia stato un processo lungo e prolisso che mi ha portato dall'amarti... ad amarti. Ad essere innamorato di te. Ti ho sempre amato, sai, ma non ero innamorato di te... non mi ero accorto di esserlo perché sono un grande idiota. E so che non mi credi – cavoli a malapena ci credo io – ma sono davvero serio ora.”
Fece una pausa, aspettò, ma Baekhyun rimase immobile e in silenzio, quindi Chanyeol continuò, svuotandosi completamente. “Stare senza di te... anche solo per due settimane... è stato terribile, Baekhyun. È stato come. Come se mancasse un parte della mia anima. E per tutta la mia vita – beh, da quando ti ho incontrato – mi sono sempre sentito come se meritassi la tua attenzione. Sai come ci si sente? Penso che tu sia fantastico, Baek. E ho provato così tanto a meritare il tuo tempo. Non pensavo nemmeno di valerne la pena, quindi come potevo comprendere qualcosa come l'amore? Che tu fossi innamorato di me, o che io lo fossi di te. Non avevo nemmeno mai pensato di poter riuscire a farmi piacere da te.”
“Sei così stupido,” Baekhyun singhiozzò contro la sua spalla, la voce camuffata, e Chanyeol lo abbracciò.
“E c'è – mi ci è voluto così tanto, e ti ha causato così tanto dolore, e sono così stupido, so di esserlo, ma io – voglio aggiustare le cose, Baek. A un certo punto, ho realizzato che non mi sarebbe dispiaciuto... passare il resto della mia vita con te, sai? Ho realizzato che forse c'era qualcosa in più oltre all'ammirazione. E so di essere egoista, ma voglio che mi ami ancora.” Chanyeol abbassò la testa per posare la fronte contro i capelli di Baekhyun, con il cuore che gli batteva forte nel petto.
Ci volle un po' perché Baekhyun dicesse qualcosa, il silenzio regnava nell'auditorium vuoto, i suoi respiri erano lenti e tremanti. E poi, alla fine, disse, “Non ho mai smesso.” Il cuore di Chanyeol perse un battito. “Non so perché, dato che sei – sei stato terribile.”
“Lo so,” sospirò Chanyeol.
“Non è facile disinnamorarsi.”
Chanyeol rise. “Non è facile nemmeno innamorarsi.”
Baekhyun si ritrasse alla fine, guardando Chanyeol con gli occhi spalancati, speranzosi e spaventati e incerti. “Tu – davvero? Mi ami?”
Chanyeol deglutì, guardandolo, e riuscì a fare un piccolo sorriso. “Sarei pazzo a non farlo.”
“Il tipo di amore dove ti bacio e a te non dà fastidio?” chiese Baekhyun.
“Penso che sarei un terribile... fidanzato, se semplicemente non mi desse fastidio,” rispose Chanyeol.
Baekhyun lo fissò. “Fidanzato,” ripeté piano, come se spaventato di dirlo ad alta voce.
Chanyeol si rigirò la parola in testa. Era... strano. Decisamente strano. Ma non sbagliato. “Già.”
E poi, semplicemente così, Baekhyun lo baciò – con esitazione all'inizio, come per assicurarsi che Chanyeol non avrebbe cambiato idea, e Chanyeol sospirò contro le sue labbra, perché erano così belle, così morbide e calde e perfette, così giuste. Eppure quel bacio era anche così incerto, così spaventato, e Chanyeol era terrorizzato di superare il limite, non voleva fare pressioni su Baekhyun, ma voleva davvero che il ragazzo sapesse che era sicuro al cento per cento di questo, che voleva questo. Era strano, Chanyeol non avrebbe negato che era strano baciare il proprio migliore amico, il proprio migliore amico maschio, ma c'erano delle sensazioni che gli risalivano il petto, sensazioni piacevoli, e lo voleva. Lentamente, così lentamente, cercò di comunicarlo a Baekhyun, con ogni tocco, premendo più vicino, abbassando la testa per rendergli più facile approfondire il bacio, con più sicurezza. E Baekhyun lo fece, alla fine. Le loro labbra di separarono e unirono ancora, e la mano di Baekhyun si posò sulla nuca di Chanyeol, tirandolo, tenendolo fermo mentre inclinava la testa, premendo le loro bocche insieme.
Chanyeol era travolto dalla sensazione, vacillava leggermente mentre Baekhyun lo baciava in un modo in cui Chanyeol non aveva mai pensato di voler essere baciato. Ricambiò ubbidiente, cercando di dare esattamente quanto stava ricevendo, e per poco con inciampò sui propri piedi mentre Baekhyun cadeva all'indietro contro un albero dipinto. Ritrovarono l'equilibrio, ridendo gentilmente l'uno contro le labbra dell'altro, e Chanyeol lo baciò ancora, e avrebbe voluto che i polmoni smettessero di bruciargli perché non voleva fermarsi. Quando Baekhyun cercò di ritrarsi, Chanyeol non poté fare a meno di seguirlo per dargli altri due baci, già dipendente dalla sensazione della bocca di Baekhyun contro la propria, e poi indietreggiò per guardarlo. Il viso di Baekhyun si aprì in un sorriso, accecante per la sua intensità, le labbra rosse e umide e bellissime. Chanyeol non poté fare a meno di ricambiare il sorriso.
Nessuno dei due disse nulla fino a che Chanyeol non ruppe il piacevole silenzio per dire, “Quindi questo conta come prove per lo spettacolo o…?”
Baekhyun rise, allegro e senza freni, e Chanyeol non si era mai sentito tanto felice in vita sua. Pensò che forse aveva qualcosa a che fare con il fatto che non aveva mai visto nemmeno Baekhyun così felice.

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Capitolo 38
*** Capitolo 36 ***


Kim Jongdae non era una persona gelosa. Quando suo fratello videochiamava dal Giappone e chiedeva immediatamente di parlare da solo con i suoi genitori, Jongdae capiva che aveva bisogno di consigli e di essere consolato, e che avrebbe potuto parlare con lui dopo, e gli andava bene. Quando Minseok aveva cominciato a passare più tempo con Luhan, Jongdae aveva capito che Luhan aveva bisogno di un amico in questo paese nuovo, e che Minseok lo considerava ancora il suo migliore amico e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, e gli andava bene. Quando Chanyeol e Baekhyun si mettevano in coppia per lavorare a un progetto lasciando Jongdae a trovarsi un compagno, Jongdae capiva che lavoravano meglio insieme, e che non era niente di personale, e gli andava bene.
Eppure quando Jongdae si imbatté in Junmyeon in corridoio dopo le lezioni e cominciarono a parlare della prima dello spettacolo di Chanyeol e Baekhyun, solo per essere interrotti dalla suoneria del telefono del maggiore e un mormorato, “Oh, è la mia ragazza,” a Jongdae non andava bene.
Oh, hyung,” disse forte Jongdae, riattirando l'attenzione del ragazzo. Sentì un terribile senso di soddisfazione quando Junmyeon sollevò gli occhi dal telefono per guardarlo. “Stavo parlando con mio padre ieri. Di tutta la cosa dell'avvocato, e di come avresti voluto fargli qualche domanda.”
Gli occhi di Junmyeon si illuminarono immediatamente. “Oh, davvero? Cosa ha detto?” Fece cadere le mani al proprio fianco, il telefono dimenticato.
Ha detto che è impegnato in questi giorni, ma gli piacerebbe chiacchierare con te qualche volta. Posso chiamarlo ora, e vedere se è occupato.”
Junmyeon sorrise, un po' timidamente. “Sarebbe davvero fantastico, Jongdae.”
La chiamata durò un minuto, e per qualche miracolo, il padre disse, “Sai cosa, può fermarsi questo pomeriggio, se vuole! Potrei ritagliargli un po' di tempo, prima di stasera.”
Jongdae non poté trattenere il sorriso quando riferì la notizia a Junmyeon, il quale si illuminò. “È fantastico! Quindi posso venire, tipo, ora?”
“Sì, certo,” rispose Jongdae, annuendo. Guardò il telefono di Junmyeon. La spia delle notifiche stava lampeggiando, ma non l'aveva nemmeno notata.
Si misero in marcia qualche minuto dopo, fianco a fianco lungo la strada, respirando l'aria fresca (per quanto potesse essere fresca l'aria di Seoul) e chiacchierando amabilmente di qualsiasi cosa venisse loro in mente. Junmyeon gli chiese ancora della cosa del presidente del consiglio studentesco, e Jongdae confermò ancora una volta che si sarebbe candidato alla posizione, e che stava già pensando al suo discorso per la campagna e a come sarebbero stati i manifesti. Junmyeon gli diede qualche pacca orgogliosa sul braccio. Jongdae non si sentiva così soddisfatto di se stesso da anni.
Raggiunsero casa di Jongdae, e Jongdae lo fece entrare rapidamente, togliendosi le scarpe e chiamando il padre. A volte passava molto tempo in ufficio, ma ultimamente stava gestendo numerosi casi da casa. Un momento dopo, bussò alla porta dell'ufficio del padre e sbirciò dentro. “Papà? Ho portato il mio amico a farti visita.”
L'uomo sollevò lo sguardo dallo schermo del computer e sorrise. “Oh! Certo. Entrate, sedetevi.”
Jongdae si voltò e fece cenno di entrare al maggiore, che oltrepassò la porta e si inchinò più volte di quanto non fosse necessario. “Buon pomeriggio, signore,” disse, sembrando nervoso. “Sono Kim Junmyeon.”
Il padre di Jongdae rise. “Non c'è bisogno di essere così formale,” disse, indicando le sedie che correvano lungo il muro. “Kim Junmyeon, hmm? Jongdae ci ha parlato di te.”
Jongdae tossì imbarazzato, il viso avvampò leggermente, e finse di non vedere lo sguardo che gli lanciò Junmyeon.
Si sedettero, e il padre sorrise da dietro la scrivania. “Allora, ti piacerebbe diventare avvocato, huh?”
Junmyeon annuì vigorosamente, sembrando più entusiasta di quanto Jongdae non lo avesse mai visto. Era affascinante. “Già! È quello che ho sempre voluto per tutta la mia vita praticamente.”
“Un'eccellente scelta di carriera. Estremamente necessaria,” disse l'uomo, annuendo. “Molti studi difficili, però.”
Oh, lo so,” rispose Junmyeon. “Ma penso di potercela fare.”
“Può farcela,” disse Jongdae, senza nemmeno pensarci. “Se c'è qualcuno che può farlo, questo è Junmyeon.”
Il ragazzo si voltò a sorridergli, e il padre sembrava divertito dai due. “Così ho sentito,” commentò. “Ora, cosa volevi sapere del processo per diventare avvocato?”
Junmyeon voleva sapere tutto. Chiese delle università, degli esami, del trovare un lavoro, che tipo di lavori si potevano fare, che tipo di lavoro faceva il padre di Jongdae, i tipi di casi che aveva avuto in passato, soprattutto i primissimi e i più recenti. Chiese del salario e lavorare in proprio rispetto a lavorare per uno studio, e onestamente, a Jongdae non poteva fregare di meno di questa conversazione, sapeva già tutto quello che c'era da sapere sulla carriera del padre, eppure non riuscì a lasciare la stanza, gli occhi fissi sullo sguardo acceso e il sorriso entusiasta di Junmyeon.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato prima che il padre dicesse, “D'accordo ragazzi, per quanto mi abbia fatto piacere questa chiacchierata, devo davvero concludere un paio di cose prima dell'incontro di stasera. Se mi potete scusare…”
“Certo!” rispose velocemente Junmyeon, alzandosi in piedi e inchinandosi di nuovo, ma meno esageratamente stavolta. “Grazie mille per aver accettato di parlare con me oggi, Signor Kim.”
È stato un piacere!” disse il padre di Jongdae con un sorriso. “Mi piacerebbe continuare il discorso qualche volta, magari il prossimo anno quando comincerai gli studi. Anche se non sono sicuro se mi farà sentire di nuovo giovane o più vecchio,” aggiunse con una risata. “In ogni caso, mi porta tanti ricordi.”
Junmyeon sorrise e abbassò ancora la testa, poi salutò allegramente e lasciò la stanza, con Jongdae dietro. Rimasero lì in corridoio, entrambi chiaramente non sapevano cosa fare.
“Allora, uh,” disse Jongdae. “Ti va di, uh, rimanere un po' qui?”
Junmyeon sorrise, ancora deliziato dall'ora appena passata. “Certo, sarebbe carino.”
Andarono in camera di Jongdae, proprio in fondo al corridoio, e Jongdae si sedette sul letto mentre indicava la sedia a Junmyeon, guardandosi intorno silenziosamente per assicurarsi che non fosse troppo in disordine o imbarazzante. Fortunatamente, non era nessuna delle due, non troppo almeno.
“Allora...” cominciò Jongdae, giocherellando con la manica della camicia. Gli sarebbe davvero piaciuto togliersi l'uniforme, ma non lo avrebbe fatto con Junmyeon nella stessa stanza. Il che era strano, dato che erano entrambi ragazzi, ma...non lo fece e basta.
“Cavolo, sono così contento di essere riuscito a parlare con tuo padre oggi,” disse il maggiore, illuminandosi ancora e ruotando leggermente a destra e sinistra sulla sedia. “Ero un po' preoccupato per la mia carriera, sai, solo perché so che c'è molto studio da fare, ma mi sento meglio sapendo che persone normali l'hanno fatto e hanno avuto successo.” Rise leggermente amareggiato.
“Già,” disse Jongdae, sorridendo.
“Ed è stato davvero gentile a rispondere a tutte le mie stupide domande. Tuo padre è davvero fantastico.”
Immagino di sì. Hey, hai mai scoperto di chi fosse il poster che è caduto durante il festival e ha colpito la signorina Song sul viso?” chiese Jongdae. Era stata la parte più eccitante di tutto l'evento.
“Sì, era di quella Seungyeon, lo ha confessato il giorno dopo,” sorrise Junmyeon. Una pausa, e poi, “Non sarebbe fantastico se un giorno potessi usare tuo padre come referenza per la borsa di studio e tutto? Voglio dire, certamente mi dovrà conoscere di più ma sarebbe perfetto.”
Jongdae lottò per trattenere un cipiglio. “Già,” disse vagamente. Parliamo di qualcos'altro, sussurrò una voce nella testa di Jongdae, che però si rifiutò di ascoltare. Parliamo di me. Parliamo di noi. Siamo amici, vero? Ti piaccio, non solo perché sono il figlio di una potenziale referenza futura, vero?
“Scusa, sono solo molto eccitato per questa cosa,” disse Junmyeon, ridendo imbarazzato. “È stato gentile da parte tua fare questo per me, sai. Grazie ancora.”
Jongdae scrollò le spalle, abbassando la testa timido. “Non è niente.”
No, sono serio. Sono davvero felice che tu abbia.... fatto questo per me.”
Jongdae sollevò gli occhi per incontrare quelli di Junmyeon, all'improvviso stupidamente speranzoso. Il suo stomaco brontolò, e si rese conto che non aveva fatto la solita merenda del dopo scuola. “Hey, uh, c'è una piccola bancarella di mandu non lontano—”
La vibrazione di un telefono lo interruppe per la seconda volta quel giorno, e gli occhi di Junmyeon si spalancarono. “Merda!” esclamò, tirando fuori il telefono dalla tasca. “Non ho mai risposto!”
Jongdae si sentì stranamente compiaciuto per un momento, fino a che Junmyeon non si alzò rapidamente. “Oh, te ne vai?” chiese con voce debole.
“Già, scusa, devo davvero andare. Dovrei incontrarla tra dieci minuti per cena.” Si guardò intorno brevemente prima di ricordarsi che le sue cose erano all'ingresso.
Oh. Stavo pensando che magari saremmo potuti andare a mangiare qualcosa…” disse Jongdae, odiando come fosse sembrato penoso, disperato.
Scusa, Jongdae-yah,” disse Junmyeon, e si fermò a guardarlo leggermente negli occhi. “Ma lei è la mia ragazza, e tu—” Si fermò, interrompendosi, e cercò di sorridere. “Scusa.”
Jongdae non rispose, non riusciva a pensare a qualcosa che non sembrasse acido o implorante. Qualcosa di nauseante e caldo gli invase lo stomaco, gli fece stringere il cuore.
“Vado,” disse con leggerezza Junmyeon, nel tentativo di sembrare allegro, e uscì dalla porta, socchiudendosela alle spalle, come se stesse cercando di creare una barriera tra sé e Jongdae.
Jongdae deglutì a fatica, rimanendo immobile fino a che non sentì la porta d'ingresso chiudersi. Poi, con le mani che si muovevano di loro spontanea volontà, prese il cuscino dalla testa del letto e lo lanciò contro la porta, chiudendola del tutto. “Sì, beh fottiti, Kim Junmyeon,” abbaiò, buttandosi sul letto e voltandosi verso il muro.
Jongdae non era mai stato una persona gelosa prima.


Se c'era una cosa positiva di tutta la terribile, orribile situazione che era la vita di Minseok al momento, era che riuscì davvero a finire tutti i suoi compiti in tempo. In un atto di disperazione per trovare qualcosa con cui distrarsi da tutte le cose relative alla sua dichiarazione andata terribilmente male, aveva cominciato a tornare direttamente a casa dopo la scuola e lavorare immediatamente sui suoi progetti e compiti ed equazioni di matematica, e a studiare per i test che non sarebbero stati prima della settimana successiva. Era ridicolo, Minseok lo sapeva che era ridicolo, perché fra poco sarebbe stato così produttivo da non avere più niente da fare e si sarebbe dovuto cercare qualcos'altro (forse avrebbe potuto riorganizzare i libri di cucina della madre in ordine alfabetico?), ma lo fece comunque perché non voleva davvero pensare ad altre cose al momento. Non voleva pensare a Luhan, o a tutti i numeri bloccati sul suo cellulare, o a quanto avesse pianto Baekhyun la notte precedente dopo che Chanyeol lo aveva baciato. Minseok non voleva essere quel ragazzo che piange ogni notte perché la persona di cui era innamorato lo aveva rifiutato.
Quindi stava semplicemente evitando di essere rifiutato. 
E stava andando anche piuttosto bene, se poteva dirlo da solo. Probabilmente non avrebbe mai più potuto parlare con Luhan, e quindi? Questo lo avrebbe reso quasi tanto miserabile quanto il pensiero stesso di essere rifiutato, e quindi? Almeno in questo modo, Minseok poteva evitare stupide scuse, e conversazioni imbarazzanti e l'eventuale allontanamento che alla fine sarebbe giunto. Lui e Luhan non erano come Baekhyun e Chanyeol. Non erano migliori amici di una vita. Non vivevano nemmeno nello stesso paese, al momento. Non sarebbero stati in grado di 'rimanere amici'. Minseok non voleva nemmeno che 'rimanessero amici'. Non sapeva nemmeno cosa volesse. Voleva non essere innamorato di Luhan. Perché doveva essere innamorato di Luhan?
Grugnendo, Minseok si accasciò in avanti piantando la fronte sui suoi libri di matematica. Questo era esattamente quello a cui non doveva pensare. Ma era difficile, ovviamente, quando più di ogni altra cosa, Minseok sentiva da impazzire la mancanza di Luhan. Pensava che fosse dannatamente ingiusto.
Era sdraiato là da qualche minuto, o forse da un'ora, quando sentì qualcuno bussare violentemente alla porta d'ingresso. Sollevando la testa dal tavolo di cucina, Minseok considerò brevemente di fingere di non essere a casa, perché adesso non aveva davvero l'energia per fare niente, ma poi la voce di Kyungsoo attraversò il muro, forte e decisa. “Hyung! So che sei a casa.”
Minseok sussultò, alzandosi lentamente. “Che c'è?” chiese con esitazione. L'ultima volta che Kyungsoo aveva fatto irruzione in casa sua, era stato per urlargli che era un idiota. “C'è qualcosa che non va?”
“Sì, c'è qualcosa che non va,” rispose Kyungsoo, “perché pensi che busserei alla tua porta?”
Immediatamente, il corpo di Minseok venne invaso dal panico, e si affrettò verso l'ingresso. “Stai bene?” chiese, con gli occhi spalancati mentre apriva la porta. “Sei mala—”
“Vieni con me,” disse Kyungsoo subito, interrompendolo e afferrandogli il polso.
Minseok inciampò dietro di lui mentre veniva trascinato in fondo al corridoio, con la mente che correva. Cosa stava succedendo? Perché Kyungsoo lo stava toccando? Cosa poteva esserci di così grave che Kyungsoo rischiava il contatto pelle-a-pelle? Stava morendo? Il cuore di Minseok batteva all'impazzata, ma non riusciva a trovare la voce.
Kyungsoo lo tirò alla fine del corridoio e oltre la porta, dentro casa sua, e dritto nella sua stanza. “Tu starai qui,” disse deciso, “e parlerai con lui, e non mi importa se la cosa ti ucciderà perché al momento stai uccidendo lui.”
“Cosa?” chiese Minseok, con il petto che si stringeva per un altro tipo di terrore.
L'unica risposta che ricevette Minseok fu una spinta sorprendentemente forte, e il rumore di una porta che si chiudeva dietro di lui. “Non toccare troppe cose, e non piangere su qualcosa difficile da disinfettare!”
Soo!” esclamò Minseok, con il fiato corto mentre si voltava verso la porta. “Soo, aspetta, non posso—”
La voce di Kyungsoo era attutita dalla porta e disse, “Puoi, hyung, e lo farai, perché sei l'unico che sappia cosa sta succedendo e cosa fare per confortarlo quando piange mentre tutto quello che posso dire io è, ‘Beh, sì, Minseok-hyung è un codardo.’”
“Cosa?” chiese ancora Minseok, con tutto il corpo che tremava. “Perché sta piangendo?”
“Non lo so, perché non glielo chiedi tu?” rispose Kyungsoo, sembrando più irritato di quanto Minseok non lo avesse sentito da tempo.
“Ma io—”
Seok-ah?”
Minseok si irrigidì al debole, esitante suono del suo nome. Il respiro gli si bloccò in gola e il cuore gli batté contro il petto come un ariete. Per poco – poco – non scappò sul balcone, ma poi il suo corpo si voltò, di propria volontà, lentamente e con esitazione, per guardare il computer sulla scrivania di Kyungsoo. Non era di fronte a lui, ma perpendicolare alla porta e rivolto verso il letto, ma Minseok riuscì a vedere un viso sullo schermo, un viso che conosceva estremamente bene e che gli era mancato così stupidamente tanto per i passati giorni, e non riusciva a vedere i dettagli da quest'angolazione, ma gli occhi di Luhan erano sospettosamente rossi e gonfi mentre sollevava una mano per strofinarli.
Minseok?” disse Luhan, con voce un po' tremante, e Minseok fece un passo involontario verso di lui, poi si bloccò e si accucciò a terra, prendendo un grande respiro. No, no, non poteva farlo, era esattamente per questo che non poteva farlo.
Ma Luhan stava piangendo – Minseok riusciva a sentirlo tirare su col naso e riprendere fiato ora – non sapeva perché. “Luhan…”
L'improvviso ansimo da parte di Luhan fu udibile. “Minseok, oddio, non mi aspettavo che venissi, ora, sono – non riesco a credere che sia qui e sto piangendo ed è un disastro, io—”
Lu, che succede?” chiese Minseok, ed era ancora accucciato a terra, ancora fuori dalla visuale di Luhan, sbirciava ancora il suo viso sconvolto mentre il ragazzo continuava ad asciugarsi le guance. “Perché stai piangendo?”
Luhan rise allora, un po' isterico, e Minseok sentì il terrore crescergli nello stomaco. “Beh, considerando che non dormo da due giorni e ho quasi perso il mio lavoro e il mio migliore amico si è dichiarato il giorno del mio compleanno per poi cercare di cancellarmi completamente dalla sua vita e ho speso tutti i miei soldi cercando di contattarlo comunque e la mia vita è un casino, immagino possa dire che ci sono un bel po' di cose che non vanno al momento.” tirò su col naso rumorosamente e si passò la manica sugli occhi umidi. “E non so nemmeno perché sto piangendo ora ma non riesco a smettere ed è così STUPIDO,” disse aspramente.
Minseok trattenne un lamento, il cuore gli si stringeva pericolosamente. “Mi dispiace,” disse, sedendosi e tirandosi i capelli. “Mi dispiace, io non – ho rovinato tutto, e mi dispiace, sono così stupido, non so perché l'ho detto, in quel momento poi, e non avrei dovuto dirlo proprio, sono così idiota, ed era tardi e non riuscivo a pensare bene e l'ho detto e basta, e non so perché, ma non sapevo cosa fare e sono così stupido e mi dispiace, davvero tanto.”
Ci fu una lunga pausa, e poi Luhan disse, “Dove sei, vieni qui stupido. Idiota.
Minseok davvero, davvero, non voleva farlo, ma il tono di Luhan non lasciava spazio a discussioni, persino dall'altra parte di uno schermo, quindi Minseok si alzò lentamente e con gambe tremanti entrò nella visuale, sistemandosi sulla sedia di Kyungsoo e abbassando la testa per non guardare lo schermo.
Minseok. Guardami.” singhiozzò Luhan, ma la sua voce era così imponente che Minseok lo fece comunque, incontrando i suoi occhi pieni di emozione, con lo stomaco attorcigliato. “Guardami, e dimmi almeno se dicevi davvero. Sai quanto è stata dura senza nemmeno sapere se fossi serio? Come mi sarei dovuto sentire? Non mi parlavi nemmeno, idiota.” I suoi occhi cominciarono a lacrimare ancora. “E questo è l'unico insulto che conosco e non è abbastanza forte.”
Minseok deglutì a fatica, guardandolo. Pensò a Baekhyun, sapeva esattamente quanto faceva male rovinare un'amicizia con dei sentimenti. Pensò a Jongdae, e quanto fosse sembrato devastato, il giorno che aveva scoperto che Junmyeon aveva una ragazza.
Aprì la bocca. “Ero serio,” singhiozzò. “Dicevo davvero. La verità è che ti amo, ti ho amato per tanto tempo, anche se non volevo, e ho cercato con tutto me stesso di negarlo. E volevo – volevo dirtelo, il giorno del mio compleanno. Avevo pianificato di dirtelo. Ma poi te ne sei andato ed è – è stato così pazzesco, tutta questa faccenda era così stupida, voglio dire, pensavo che, anche se tu non avessi ricambiato, lo avremmo potuto superare in qualche modo. Magari, se non mi avessi odiato, un giorno ti sarei potuto piacere. Ma ora tu sei lì e io sono qui e sono così stupido per avertelo detto, perché non voglio nemmeno conoscere la tua risposta. Non voglio saperlo. Ti prego, non dirmelo, perché se non dovessi provare lo stesso farebbe troppo male, ma nell'eventualità che invece non sia così farebbe comunque male perché tu sei ancora lì e io sono ancora qui. Ti prego non dirmelo e basta. Va tutto già abbastanza male così. Ti prego, dimenticalo, e lascia che le cose tornino come erano. Ti prego non farmelo fare. Non posso farlo.”
Nel silenzio che seguì lo sfogo di Minseok, Luhan lo fissò con gli occhi spalancati, e Minseok sentì il bruciante desiderio di spegnere il computer e scomparire ancora. Prima che potesse farlo, però, Luhan aprì la bocca e disse, “Cosa? No, devo decisamente dirtelo.”
No, ti prego no,” disse Minseok, scuotendo vigorosamente la testa. “Non dire niente. Ti prego, Luhan.”
Minseok, ho bisogno di dirtelo,” disse Luhan, aggrappandosi al bordo della scrivania.
No, no, davvero, non devi,” ripeté Minseok, spingendo indietro la sedia e coprendosi le orecchie disperatamente. “Penso di dover semplicemente andare, questa è stata una cattiva idea, io—”
Luhan imprecò forte in cinese, così forte che Minseok riuscì a sentirlo anche con le orecchie tappate. “Kim Minseok non OSARE andartene prima che ti possa dire che ti amo anche io!”
Minseok si pietrificò, gli occhi spalancati mentre le mani cadevano al suo fianco. “Cosa?”
Luhan sembrava combattuto tra il voler rompere qualcosa e il voler ridere istericamente. “Sei un completo idiota. Ti amo da secoli cavolo, e sono—” E si gettò nel cinese, sembrando in parte frustrato e in parte sollevato, e Minseok a malapena riusciva a sentirlo, sopra il battito del proprio cuore.
Gli ci volle un momento per trovare la voce. “Da – da quando?” si strozzò.
Luhan rise, così allegro e felice che, in quel momento, Minseok avrebbe prenotato il primo volo per la Cina solo per baciarlo. “Non è stata un cosa improvvisa,” disse, sorridendo. “Onestamente, non sono nemmeno sicuro se mi piacessi all'inizio. Ero semplicemente così disperato di trovare un amico, quando ero appena arrivato, ed ero così grato che mi tollerassi, che non riuscivo davvero a capire se mi piacessi o meno. Ma poi ho imparato a conoscerti di più, quanto gentile tu sia una volta che ti avvicini a qualcuno, e quanto ti prenda cura dei tuoi amici, e quanto ti piaccia il calcio, e mi sei piaciuto sempre di più con ogni giorno che passava. Come amico, dico. Ma poi continuavi a piacermi, ancore e ancora, e ancora, e poi un giorno ero tipo…wow, lo amo.” Rise ancora, coprendosi il viso, e disse, “Ah, è così imbarazzante.”
Minseok ebbe la sensazione di essere a bocca aperta, con le guance in fiamme. “Tu – dici sul serio? Mi ami davvero?”
Ovviamente,” rispose Luhan, alzando gli occhi al cielo.
No, non è ovvio!” esclamò Minseok. “Non è affatto ovvio!”
“Ti prego, Minseok, prima che me ne andassi ho passato ogni minuto possibile a guardarti con le stelle negli occhi,” rise Luhan.
No, no tu—” Minseok sputacchiò, arrossendo. “Mi hai mandato così tanti segnali contrastanti. Sei stato assolutamente terribile. Non pensi che abbia passato ogni ora a cercare di decidere se ti piacessi o meno?”
“Non è vero!” protestò Luhan. “Tu—”
“Sì invece! Ti ricordi – ricordi al cinema? Il giorno di San Valentino?” Minseok si raddrizzò all'improvviso, stringendo i pugni, con l'indignazione che gli montava nel petto. “Questo non è un appuntamento, Minseok! Non farti strane idee! Che cavolo, Lu?”
No, okay, se dobbiamo parlare di segnali contrastati, che mi dici di te,” disse Luhan, con gli occhi sgranati. “Ho fatto così tanti sforzi per cercare di capire se forse ti piacessi come più di un amico. Ma ti comportavi come se fossi terrorizzato da me. Ogni volta che ti toccavo, ti ritraevi così velocemente che per poco non cadevi. Ti comportavi come se l'ultima cosa che volessi fosse piacermi! Cercavo con tutto me stesso di rendere la cosa invitante per te. Tipo, guarda Minseok, se stessi con me, ti coccolerei sul divano. Mi prenderei cura di te quando sei malato. Ti terrei per mano. Ma sembravi così a disagio con l'idea che sentivo di starti facendo troppa pressione, quindi ho provato a rassicurarti che essere solo amici mi sarebbe andato bene lo stesso! Stupido.”
Minseok lo guardò a bocca aperta. Aveva passato così tanto tempo a preoccuparsi di non mettere Luhan a disagio che non aveva mai nemmeno pensato a che tipo di messaggio potessero inviare le proprie azioni. “Io—sono solo timido!” esclamò. “Sono timido e paranoico e sono gay e non sapevo nemmeno se ti piacessero i ragazzi!”
“Sinceramente, Minseok, chi cavolo toccherebbe un ragazzo così tanto come ho fatto io se quel ragazzo non gli piacesse?” sbuffò Luhan.
“Tu!” protestò Minseok. “Tu tocchi tutti! Tocchi Yixing tutto il tempo!”
Luhan rise. “Questo perché è il mio migliore amico.”
“Beh lo sono anche io, a quanto pare,” disse Minseok, avvampando. “Quindi non osare darmi la colpa per non sapere se ti piacessero i ragazzi o meno. Neanche tu mi hai mai dato un segnale chiaro.”
“Beh non mi piacciono i ragazzi, nello specifico. Ma sono abbastanza aperto a farmi piacere chiunque. E mi piaci tu, ecco,” disse Luhan.
Minseok stava ancora cercando di processare quel dettaglio. “Ne sei sicuro?” chiese intontito.
“Sicurissimo,” disse Luhan con un sorriso.
“Beh,” rispose Minseok, prendendo fiato. “Che schifo.”
Il sorriso cadde immediatamente dal viso di Luhan. “Che vuoi dire?”
Minseok deglutì, incontrando lo sguardo ansioso del ragazzo. “Beh, io ti piaccio—”
“Ti amo,” lo corresse con sincerità Luhan, facendo saltare un battito al suo povero cuore.
“Mi ami,” continuò lui. “E io... amo te.” Wow, era strano da dire. Ma allo stesso tempo così bello. “Ma tu sei ancora in Cina, e io sono ancora in Corea, e questo... fa davvero schifo.”
Oh.” Luhan abbassò le spalle. “Già.”
“Non sappiamo nemmeno se tornerai mai,” disse pietosamente Minseok. “E io devo stare qui. Kyungsoo ha bisogno che stia qui. Mia mamma ha bisogno che stia qui. E sai che non gestisco bene i cambiamenti.”
Luhan sospirò. “Io—non so cosa dire, Minseok.”
È per questo che non volevo sapere,” sussurrò. “Sono felice – sono tanto, ridicolmente felice – che tu... provi le stesse cose, ma allo stesso tempo fa male. Tanto. È ancora dura. Perché sei così lontano.”
Luhan lo fissò in silenzio per un momento, e poi allungò una mano, presumibilmente per toccare lo schermo. “Ma ti amo lo stesso,” disse piano.
Il cuore di Minseok palpitava. Voleva essere allegro, voleva semplicemente stare seduto lì e ridacchiare e dire, 'Sta davvero accadendo?' ancora e ancora, ma non poteva, perché faceva male. “Già,” disse, perché non riusciva a dire queste cose con tanta semplicità come Luhan. “Anche io.”
“Posso semplicemente spedirmi in Corea per posta?” chiese Luhan. “Pensi potrebbe funzionare? Perché lo farei.”
Minseok rise gentilmente, e voleva baciare Luhan così tanto, o anche solo toccarlo, e gli faceva male fisicamente non poterlo fare, né ora né in futuro. “Non penso, Lu.”
“Già,” Luhan sospirò tristemente, con la mano ancora sollevata. “Comunque, sono ancora arrabbiato con te per essere stato così stupido.”
Minseok rise, anche se i suoi occhi cominciavano a bruciare per le lacrime. “Anche io sono arrabbiato con me,” disse. “Lo sono spesso. Ma anche tu sei stato stupido.”
“Sì,” rispose Luhan, scrollando le spalle. “Immagino sia così.”
“Questa cosa dell'amore è davvero difficile,” sussurrò Minseok.
Luhan posò il mento sulle mani, i gomiti sulla scrivania. “Stupidamente difficile. Sapevo che avrei semplicemente dovuto seguire l'esempio di Jongin.”
“Beh, io stavo cercando di non seguire quello di Baekhyun,” ammise Minseok.
“Cosa ha fatto Baekhyun?” chiese Luhan, e oops, Minseok non avrebbe dovuto dirlo in giro. “E parlando di Baekhyun, questa è un'altra cosa stupida che hai fatto! Tenere per mano Baekhyun e passare così tanto tempo con lui e non con me.”
Proprio in quel momento, il telefono di Minseok squillò nella sua tasca, e lo tirò fuori trovando un messaggio dello stesso Baekhyun, con una foto allegata. GRANDI NOTIZIE, CHIAMAMI APPENA PUOI, diceva il messaggio, e l'immagine era del ragazzo che sorrideva largamente, con un Chanyeol davvero compiaciuto che posava un bacio sulla sua guancia, sospettosamente vicino alle labbra. Minseok rise, scioccato ma non proprio sorpreso dall'evoluzione degli eventi. “Beh, non ti devi preoccupare di quello,” disse, girando il telefono per mostrarlo a Luhan. “Sta con qualcun altro.”
Luhan sbirciò da vicino lo schermo, poi rise deliziato. “Lo sapevo! Mi chiedevo perché si stesse avvicinando così tanto a te, quando era così ovviamente innamorato di Chanyeol.”
Minseok sorrise mestamente. “Ero il suo sistema di supporto, a dire il vero,” ammise.
“Beh non sono sicuro perché questo implicasse tenergli la mano,” ribatté Luhan, sembrando offeso.
È stata una sua idea,” rispose Minseok scrollando le spalle. “E poi, anche lui stava supportando me. Eravamo entrambi innamorati dei nostri migliori amici.”
Luhan sorrise all'improvviso, anche se i suoi occhi erano ancora un po' tristi. “Ti ho scritto una canzone,” disse. “Ti ho scritto una canzone d'amore. Non riesco a credere che non sapessi di piacermi.”
Minseok sputacchiò. “Come avrei dovuto sapere che era una canzone d'amore? Era in cinese.”
“Dovresti studiare di più,” disse Luhan, scuotendo la testa con finta delusione.
Immagino sia così,” rispose Minseok, sorridendo. Era così felice. Era così felice, e scioccato, e stupito e stravolto e un centinaio di altre cose, e avrebbe voluto che una di esse non fosse amarezza. Perché avevano aspettato così tanto per fare questo? Avrebbe fatto più o meno male se lo avessero saputo prima che Luhan fosse mandato via?
Rimasero in silenzio per pochi momenti, si guardavano, godendosi l'istante. Poi Minseok vide le occhiaie sotto gli occhi del ragazzo, e mormorò, “Dovresti dormire. Perché non stai dormendo?”
Luhan ridacchiò leggermente. “Non riuscivo a dormire. Ero troppo triste. Non rispondevi al telefono.”
Minseok abbassò la testa, colpevole. “Scusa…”
È tutto okay,” disse lui, sorridendo tristemente. “Sto parlando con te adesso.”
“Dovresti andare a letto,” disse Minseok, le sopracciglia aggrottate per la preoccupazione.
“Già,” disse Luhan. Ma nessuno dei due si mosse, e caddero nuovamente nel silenzio. Poi, alla fine, Luhan disse, “Mi manchi.”
Minseok trattenne il fiato. “Mi manchi anche tu,” disse. “Da impazzire.”
“Vorrei essere con te.”
“Anche io.”
“Non voglio andare a letto.”
“Hai bisogno di dormire, Lu.”
“Lo so. Ma non voglio.”
Minseok sospirò. “Ora esco,” disse, sorridendo leggermente per addolcire la cosa. “Dormi un po'. Chiamami domani.”
Okay. Mi mancherai,” disse Luhan, facendo un piccolo sorriso.
“Anche tu. Ciao, Lu.”
“Ciao, Seok-ah. Ti amo.”
Minseok sentì una stretta al cuore, il cursore sopra il pulsante termina chiamata. “Ti amo anche io,” mormorò prima di cliccare, chiedendosi perché doveva fare tanto male e allo stesso tempo mandargli un brivido lungo la schiena.
Diversi minuti più tardi, dopo aver preso profondi respiri e provato a processare tutte le informazioni che gli erano state riversate addosso nei passati minuti, uscì dalla camera di Kyungsoo, trovando l'amico in cucina mentre mangiava delle carote. “Hey, Soo,” disse, abbassando la testa imbarazzato. “Non hai sentito niente, vero?”
Kyungsoo scosse la testa. “Ho pensato voleste un po' di privacy. Avete risolto tutto, allora?”
Minseok scrollò le spalle, forzando un sorriso. “Per quanto potesse essere risolto.”
“Sei... felice o triste?” chiese il ragazzo, sembrando incerto.
“Un po' entrambi,” ammise Minseok. “Quanto obietteresti ad un abbraccio al momento?”
Kyungsoo sembrò pensarci su. “Penso di poterlo fare.”
“Bene.” Minseok gli si avvicinò, e Kyungsoo si alzò per circondare il corpo dell'amico con le braccia, premendo il viso nell'incavo della sua spalla. “Grazie per avermi costretto a farlo,” disse.
Kyungsoo rise gentilmente. “Era il minimo che potessi fare, per entrambi.” Fece una pausa, poi disse, “Mi dirai cosa è successo ora?”
“Fra un po',” rispose lui, stringendolo. “Per ora, lasciami abbracciarti ancora un po'. Sei fantastico, lo sai questo vero?”
“Faccio del mio meglio,” ridacchiò Kyungsoo, lasciando che Minseok lo abbracciasse tanto quanto ne avesse bisogno.

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Capitolo 39
*** Capitolo 37 ***


Kyungsoo non era rimasto sorpreso di sentire che Minseok aveva rivelato la verità sui propri sentimenti il giorno del compleanno di Luhan. Onestamente, in un certo senso lo aveva sospettato quando il giorno seguente aveva ricevuta la chiamata isterica di Luhan, e aveva parlato ad un egualmente isterico Minseok subito dopo. Era decisamente stata una delle sue più grandi teorie su che cavolo stesse succedendo. Ma non era saltato alle conclusioni, nel caso fosse stato qualcos'altro. Ad ogni modo, non era rimasto scioccato quando dopo la video chiamata con Luhan, Minseok gli aveva chiarito tutto – la sua confessione accidentale, la conseguente incertezza opprimente, e poi la verità che alla fine era venuta a galla e la dichiarazione di Luhan. Nemmeno questo aveva sorpreso Kyungsoo. Non era mai stato sicuro dei sentimenti del ragazzo, non aveva mai passato abbastanza tempo con lui per saperlo con certezza, ma di certo non era stato uno shock.
Non era sicuro di aspettare con impazienza quello che sarebbe successo dopo la dichiarazione, però. Nei libri e nei film, quando i protagonisti confessavano il loro amore, questo significava che tutto sarebbe andato per il meglio e avrebbero vissuto felici e contenti. Ma invece di ridere e sorridere e arrossire, quello che fece Minseok mentre diceva tutto circa la sua nuova storia d'amore a Kyungsoo fu ridere, sorridere, arrossire e piangere. Sedeva al tavolo della cucina di Kyungsoo e si copriva il viso imbarazzato mentre ridacchiava come una scolaretta, e poi all'improvviso si asciugò le lacrime, e le sue spalle cominciarono a tremare, e disse, “Non so nemmeno quando potrò rivederlo. E se fosse mai?”
Il che era un po' drammatico, considerando tutto, perché anche se Luhan non fosse mai tornato in Corea, non è che venisse loro impedito legalmente di vedersi. Ma nella situazione attuale – con Luhan bloccato in Cina, e Minseok legato alla Corea – Kyungsoo poteva capire il dolore dell'incertezza. Era meno un e se fosse mai? e più un e se fosse troppo lontano? Minseok non lo disse in modo diretto, ma Kyungsoo sapeva che stava pensando e se decidesse che non ne vale la pena?
Minseok era sempre stato propenso all'incertezza, e questo non sarebbe cambiato all'improvviso.
Superarono bene il primo giorno, con Minseok che tornò a casa propria per gestire da solo la cosa e riprendersi, con la consapevolezza che Luhan lo avrebbe richiamato il giorno successivo quando Minseok fosse tornato da scuola. E anche se sapeva che Minseok e Luhan avrebbero avuto bisogno di un po' di tempo solo per loro, Kyungsoo non poté trattenersi dal chiedere, con esitazione, se Yixing forse sarebbe stato lì.
Minseok lo guardò sollevando le sopracciglia, e Kyungsoo agitò le mani e disse, “Solo per sapere, okay? Non ho così tanti amici, sai!”
Fortunatamente, Minseok lasciò perdere le battute e disse che avrebbe chiesto a Luhan.
Kyungsoo andò a casa di Minseok subito dopo che il vicino tornò da scuola il giorno successivo, sapendo che Luhan avrebbe chiamato solo dopo cena e che Minseok sarebbe uscito fuori di testa se fosse rimasto solo fino ad allora.
“Sto bene,” disse Minseok senza alzare lo sguardo non appena Kyungsoo entrò nella sua stanza, accompagnato dalla madre. L'incessante 'tap tap' della sua penna contro i compiti di matematica e il rimbalzare del suo ginocchio dicevano il contrario, però. “Sto proprio bene.”
“Sono sicuro sia così,” rispose accondiscendente Kyungsoo, sorridendo un poco. Minseok diventava così irrequieto solo quando era davvero agitato – cosa che, se doveva ammetterlo, non era rara. “Sei impaziente di parlargli?”
Minseok grugnì forte, accasciandosi sui fogli e dicendo, “Sono nervoso. Perché sono nervoso? È solo Luhan. Gli ho parlato un trilione di volte prima. Ha vissuto con me per una settimana.”
Kyungsoo rise gentilmente, avvicinandosi. “Lo sai perché sei nervoso. Le cose sono cambiate. Il cambiamento è spaventoso, anche se positivo.”
Minseok emise un altro suono sofferente dalla scrivania. “E se avesse cambiato idea, Kyungsoo?”
Questo lo fece ridere apertamente. “Ti prego, hyung. Se avesse dovuto cambiare idea sul fatto che gli piacessi, lo avrebbe fatto tempo fa.”
Minseok sospirò forte, voltandosi finalmente a guardarlo. Quando lo fece, però, si bloccò, socchiudendo gli occhi.
“Cosa?” chiese Kyungsoo, accigliandosi per come lo stava osservando.
“Cosa stai indossando?”
Kyungsoo guardò il proprio outfit piuttosto ordinario. “Vestiti…?”
“Non avevo mai visto quella maglietta prima. Ha delle... strisce.”
Kyungsoo arrossì improvvisamente, tirando l'orlo. “Quindi?” disse. “Ho il permesso di indossare strisce.”
Un sorriso si stava aprendo sul viso di Minseok. “Yixing ha detto che gli piacciono le magliette a strisce, non è vero?”
“L'ha fatto?” mormorò Kyungsoo, cercando senza successo di sembrare innocentemente sorpreso. “Hm.”
“Che coincidenza che l'abbia detto e, meno di una settimana dopo, ti sia improvvisamente procurato una maglietta a strisce,” commentò il vicino, sollevando la testa, con gli occhi allegri.
Kyungsoo combatté furiosamente contro il rossore, accigliandosi. “Chiudi il becco, hyung! Come se tu non ti sistemerai i capelli meticolosamente prima della chiamata di Luhan.”
Minseok non lo negò nemmeno. “Già ma io sono innamorato. La tua scusa qual è?”
Kyungsoo mugugnò in modo infantile. “Zitto,” borbottò. “Sei cattivo con me.”
Minseok ridacchiò, ma non premette oltre. Kyungsoo immaginò di aver stuzzicato il vicino sulla sua cotta abbastanza da meritare almeno un po' della stessa medicina.
Non che... Kyungsoo avesse una cotta per Yixing. Semplicemente... gli piaceva quella maglietta. Già.
Kyungsoo mantenne Minseok occupato fino a cena, aiutandolo a studiare per un test e poi rimanendo a mangiare con la famiglia, usando orgogliosamente lo stesso cucchiaio che usavano tutti per servirsi il cibo nel piatto (e poi andando velocemente a lavarsi le mani, ma dettagli!). Poco dopo essere tornati in camera di Minseok, però, una notifica apparve sul computer del ragazzo, il quale cominciò a sistemarsi freneticamente i capelli, ignorando la risata di Kyungsoo, e disse, “Soo, vai in soggiorno o qualcosa del genere, solo—”
“E come dovrei spiegarlo a tua madre?” chiese lui, ridendo. “Starò seduto qui. Fingi che non ci sia, sii sdolcinato quanto vuoi, non ascolterò.” E si sistemò sul letto, mettendosi comodo.
Minseok grugnì, ma poi ricevette la chiamata e accettò subito, trattenendo il fiato.
Kyungsoo non prestò davvero attenzione. Fece anche del suo meglio per non sentire nessuna delle loro parole, distraendosi con un gioco sul telefono. Ma questo non gli impedì di sentire come parlavano tra loro, il timbro delle loro voci, la timidezza delle loro risate. Cercò di evitare di sentire le parole, immaginando di dover lasciar loro almeno un po' di privacy, ma questo non gli impedì di sentire la tristezza nella voce di Minseok, il desiderio in quella di Luhan, le pause che sembravano significative, in qualche modo, nei loro silenzi. E occasionalmente Kyungsoo catturava qualche parola qui e là, inavvertitamente. “Ti ho sognato,” disse Luhan. “Puoi cantarmi ancora la canzone che hai scritto per me?” chiese Minseok. (Luhan lo fece – era carina, ma tutta in cinese.) “Mi manchi,” ripeterono entrambi, ancora e ancora; sospiri leggeri, tristi confessioni, commenti malinconici. Il cuore di Kyungsoo soffriva per entrambi. Non riusciva nemmeno a immaginare come loro potessero sentirsi.
Ma poi una nuova voce lo chiamò, “Kyungsoo?” e improvvisamente non pensò più al proprio vicino. Si alzò immediatamente sul letto.
“Eeeeeed ecco Yixing.” sorrise mestamente Luhan, mormorando qualcosa in cinese. “Kyungsoo è là?”
Minseok rise leggermente. “Sì, è proprio qui,” rispose lui, indicando dietro di sé.
Luhan arrossì immediatamente. “Sei stato lì per tutto il tempo?”
Kyungsoo rise, camminando verso la sedia accanto a quella di Minseok. “Non preoccuparti, hyung, non stavo ascoltando.” I suoi occhi si spostarono sullo schermo in cerca di Yixing, ma non ce n'era traccia. “Bella canzone, comunque.”
Kyungsoo!” si lamentò Luhan, facendolo ridere.
Kyungsoo!” esclamò una voce diversa, e finalmente Yixing comparve sullo schermo, sorridendo allegramente, con i capelli scuri che gli cadevano sugli occhi. “Ni hao ma?”
“Chiede come stai,” tradusse Luhan, alzando gli occhi al cielo.
Kyungsoo si morse il labbro per trattenere un sorriso. “Lo so,” disse piano. “Sto bene.” Sapeva le parole in cinese – le conosceva, aveva fatto pratica – ma all'improvviso era troppo timido per dirle a voce alta.
Ma Yixing sorrise e ripeté le parole, in coreano, dopo di lui, e Luhan alzò ancora gli occhi al cielo e disse, “Si sta esercitando.”
Kyungsoo non era nel pieno controllo del rossore che gli colorò le guance, o del sorriso che alla fine si aprì sul suo viso. “Ni hao ma?” era quasi un sussurro.
Yixing rise deliziato. “Bene,” rispose con attenzione. Poi indicò Kyungsoo, e dopo la propria maglietta. “Ni de chenyi,” disse. “Mi piace.”
Kyungsoo guardò la propria camicia a righe bianche e nere, rise, arrossì, abbassò la testa. “Grazie,” mormorò. Era ridicolo.
Sapeva che era ridicolo. Kyungsoo non aveva cotte. Era un diciassettenne paranoico, affetto da OCD e da un disturbo di immunodeficienza, che non aveva mai messo piede fuori di casa se non per andare all'ospedale. Leggeva libri sulle persone che si innamoravano, guardava film, guardava persino persone reali innamorarsi davanti ai propri occhi, ma Kyungsoo non si innamorava. Era assurdo. Assolutamente assurdo.
Eppure eccolo qui, tutto palpitazioni e stupide risatine, con le guance accaldate mentre si muoveva agitato sulla sedia accanto ad un Minseok davvero divertito, il quale continuava a lanciare occhiate maliziose a Luhan. Non poteva farne a meno. Le persone gli avevano sempre dato tante attenzioni in passato, i suoi genitori e i dottori e Minseok, persino i genitori del vicino e i suoi amici, ma mai questo tipo di attenzioni. E difficilmente aveva senso, perché tutto ciò che faceva Yixing era chiedergli come stesse, e Minseok lo faceva un milione di volte, ogni volta che si vedevano, ma era comunque... diverso. Kyungsoo si sentiva diverso.
Era esilarante e, allo stesso tempo, terrificante. (Forse era così che si sentiva Minseok, un po'.)
Loro quattro parlarono per un po', tutti insieme. Kyungsoo e Yixing comunicavano con frasi semplici e interrotte in entrambe le lingue, con gesti e con le utili traduzioni degli amici, e Minseok e Luhan sorridevano e alzavano gli occhi al cielo e chiacchieravano tra loro quando gli altri due restavano in silenzio. Ora che era il loro turno, però, sembravano entrambi abbastanza felici di guardarsi e basta, sorridere, e scambiarsi occhiate significative una volta ogni tanto. Kyungsoo pensava fosse adorabile, anche se doloroso da guardare.
Conclusero la conversazione quando cominciò a farsi tardi, e Minseok si ricordò che doveva ancora finire i compiti di matematica. Yixing salutò e si allontanò dal computer, lanciandogli un ultimo sorriso, e anche Kyungsoo si spostò, lasciando Minseok e Luhan da soli. Era appena rientrato in camera dopo essersi lavato le mani per salutare quando sentì un altro sussurrato 'Mi manchi' e un egualmente debole, intimo 'Ti amo'. Uscì prima di poter sentire la risposta di Minseok.
Quando tornò un momento dopo, la chiamata era stata disconnessa, ma Minseok era ancora un po' rosso, e i suoi occhi ancora un po' lucidi. “Stai bene?” Chiese gentilmente Kyungsoo.
“Sì,” sospirò lui, prendendo i compiti. “Solo un po' incerto su come dovrei sentirmi al momento.”
“Lo so,” disse Kyungsoo, e anche se si sarebbe dovuto lavare nuovamente le mani, passò le dita tra i capelli del vicino per confortarlo fino a che le sue spalle non si rilassarono. “Ci vediamo domani, okay hyung?”
Okay. Ciao, Soo. Grazie.”
Kyungsoo non dovette chiedergli per cosa lo stesse ringraziando. Lui e il suo vicino avevano sempre avuto un rapporto do ut des, e questa volta, era il turno di Kyungsoo di dare, anche se tutto quello che poteva offrire era una pacca sulla spalla.


Baekhyun aveva sempre voluto che Chanyeol lo baciasse.
Si era innamorato del migliore amico tanto, tanto tempo fa, e ovviamente come ogni altro ragazzo con un cotta, aveva voluto che Chanyeol lo baciasse. Aveva provato a toglierselo dalla testa, per la maggior parte del tempo, ma questo non gli aveva impedito di volerlo. Era solo che Baekhyun pensava che le labbra di Chanyeol sarebbero state perfette contro le proprie, calde e soffici e fantastiche, e Baekhyun lo amava così tanto. Il bacio non era stato il motivo per il quale aveva dato a Chanyeol e se stesso il ruolo di protagonisti nella commedia, ma di certo ne era stato impaziente, anche se non avrebbe significato nulla. E di certo non aveva mai pensato che Chanyeol lo avrebbe baciato sentendolo veramente.
Continuò a trovarlo davvero incredibile, anche dopo la confessione di Chanyeol.
Era giovedì ora, due giorni dopo la dichiarazione, e la quarta esibizione dello spettacolo, e Baekhyun era ancora in uno stato di semi trance. Poteva avere qualcosa a che fare con quanto fosse esausto per tutte le performance, ma continuava ad avere momenti in cui pensava di star sognando, o che Chanyeol lo stesse solo prendendo in giro, o qualcosa del genere. Perché come poteva essere che qualcosa che aveva sempre sognato, ma etichettato come completamente irraggiungibile, fosse improvvisamente diventato realtà?
E non è che fosse tutto rose e fiori dopo la dichiarazione di Chanyeol. Nonostante la volontà dell'amico di baciarlo e di essere baciato, era stato comunque un cambiamento improvviso per lui, ed era stato considerevolmente più controllato dopo, quando si trattava di... roba da fidanzati. Aveva senso, certo. Per quanto ne sapesse Baekhyun, Chanyeol non aveva passato notte dopo notte ad immaginarsi come sarebbe stato frequentarlo, come aveva fatto lui. Baekhyun si era abituato ad amare Chanyeol in modo romantico, alla fine. Chanyeol aveva fatto un salto nel buio, e Baekhyun comprendeva lo shock di fare una cosa del genere. Quindi stava dando a Chanyeol un po' di spazio. Non affrettava le cose. Sperava che quando Chanyeol si fosse abituato, l'idea gli sarebbe piaciuta tanto quanto a Baekhyun.
Sperava che Chanyeol non avrebbe cambiato idea, o peggio, che non l'avesse mai pensato davvero.
Era difficile trovare un equilibrio, per Baekhyun, tra lasciare un po' d'aria a Chanyeol e cercare di calmare le proprie insicurezze. Onestamente, se fosse stato per lui, avrebbe praticamente baciato Chanyeol tutto il tempo. Ovviamente, questo non era possibile, ma sarebbe stato bello fare qualcosa. Sin dalla dichiarazione, però, c'erano stati ben pochi baci, a parte la scena alla fine di ogni spettacolo. Il che era piacevole, ovviamente, perché stava baciando Chanyeol, ma non era esattamente reale.
Oltre quello, Baekhyun poteva contare sulle dita di una mano quanti baci avesse ricevuto dal suo nuovo fidanzato. Ed erano sempre leggeri, effimeri, nervosi, non sempre direttamente sulle labbra, perché Baekhyun non voleva spingere Chanyeol e Chanyeol probabilmente non aveva idea di quello che stava facendo. Ma tra gli spettacoli ogni notte e cercare di seguire la scuola e i compiti e la famiglia, non avevano avuto molto tempo per parlare di niente. Soprattutto non del numero di baci che si aspettavano l'uno dall'altro.

Baek?”
Baekhyun si fermò, si voltò per vedere Chanyeol che sbirciava da dietro la tenda di un camerino. Si stavano preparando per lo spettacolo del giorno, indossando i costumi per il primo atto, e Baekhyun non si era reso conto che Chanyeol era dentro già da un bel po' ormai. “Huh?”
“Potresti venire qui un attimo?” chiese titubante il ragazzo.
Baekhyun si guardò intorno per assicurarsi che nessun altro lo chiamasse, poi scivolò dentro il camerino. “Hey, che succe—” Si interruppe quando sollevò lo sguardo e vide quanto Chanyeol fosse vicino a lui, solo a pochi centimetri nello spazio limitato del cubicolo. “Um,” disse. Chanyeol lo stava guardando, indossando solo i pantaloni in pelle e una canottiera, gli occhi spalancati e le labbra leggermente schiuse. Baekhyun deglutì. “Sì?” riuscì a dire.
Invece di rispondere, Chanyeol si chinò e lo baciò, deciso ma esitante. Qualcosa di caldo e stupendo riempì il corpo di Baekhyun, dalla punta dei piedi alla testa che gli girava, come se qualcuno stesse versando un liquido caldo dentro le sue ossa, e ricambiò in un istante, impaziente.
Ma Chanyeol si ritrasse un momento dopo, sembrando scioccato. “Scusa,” disse senza fiato.
“Per cosa ti stai scusando?” chiese piano Baekhyun, rendendosi conto per la prima volta di aver chiuso il pugno attorno alla maglia dell'amico.
“Non lo so,” rispose lui, senza spostare lo sguardo, e Baekhyun si sollevò per premere insieme le loro labbra, spingendo gentilmente Chanyeol contro il muro per baciarlo ancora, e ancora.
“Non ti ho chiamato per questo,” ansimò Chanyeol quando Baekhyun indietreggiò per prendere aria. “La maglietta si è incastrata nella cerniera.”
Baekhyun rise. “Ovviamente.”
“Ma eri così bello, e non avevi il trucco per una volta, e non lo so, un bacio per la buona fortuna, io—”
“Chiudi il becco, Yeol,” disse Baekhyun, zittendolo con un bacio.
Riuscì ad uscire da lì un minuto dopo, con la maglietta di Chanyeol libera ed entrambi i loro visi arrossati e con uno stupido sorriso. Se qualcuno lo notò, nessuno disse niente, e nonostante fosse assolutamente esausto, Baekhyun si esibì nel loro quarto spettacolo con un forte spirito, baciando Chanyeol con un po' più di zelo nell'ultima scena. Si inchinò agli applausi, sorridendo, tenendo stretta la mano di Chanyeol mentre si inchinavano insieme.
Sprizzava ancora adrenalina dopo che il sipario calò per l'ultima volta, mentre si struccava e chiacchierava animatamente con la ragazza che interpretava una cameriera. Non riusciva a togliersi il sorriso dalle labbra mentre strofinava via il rossetto, pensava ancora a quel bacio. Davvero un bel bacio. Pensava già a quello di domani.
Hey, Baekhyun?”
Baekhyun si voltò e vide Chanyeol da una parte, con i soliti vestiti addosso. “Hey,” disse, cercando di non squadrare palesemente il ragazzo.
“Sei, uh, impegnato stanotte?” chiese lui, tirandosi la manica della felpa.
Baekhyun finse di pensarci, arricciando le labbra, ma la sua mente stava semplicemente cercando ogni ragione per cui Chanyeol avrebbe potuto chiederlo, sia buona che cattiva. “Non penso,” rispose alla fine. “Perché?”
Chanyeol scrollò le spalle, guardando le altre persone nella stanza. “Volevo solo sapere se ti andava di stare un po' con me o qualcosa del genere.”
Baekhyun forse aveva annuito troppo velocemente. “Certo! Sì, facciamo... qualcosa.” Onestamente, non erano stati in grado di passare semplicemente del tempo insieme da secoli, non con l'assenza di Chanyeol e poi con Baekhyun che lo evitava e l'inizio dello spettacolo. Come sarebbe stato? Le cose erano così... diverse, adesso.
Okay,” disse Chanyeol, aprendosi in un sorriso. “Già. Non appena hai finito qui.”
Baekhyun non si era mai preparato ad andare via così in fretta. Non sapeva nemmeno perché si sentisse così agitato. Era solo Chanyeol. Solo il suo migliore amico, con in quale era stato milioni di volte prima.
Solo Chanyeol, che era anche il suo ragazzo ora.
Era buio fuori quando Baekhyun e Chanyeol uscirono sul marciapiede, le strade illuminate dai lampioni e dalle vetrine dei negozi, ma faceva abbastanza caldo da non far tremare Baekhyun. Nonostante questo, premette comunque contro il fianco di Chanyeol, godendosi il modo in cui il più alto sembrava emanare calore. “Dove andiamo?” chiese leggermente.
Chanyeol scrollò le spalle, il braccio contro cui era poggiato Baekhyun si mosse indietro, si sollevò, e poi tornò al suo fianco. “A fare uno spuntino.”
“Mi piacciono gli spuntini,” disse Baekhyun con un sorriso, respirando il profumo familiare della giacca di Chanyeol.
“Lo so,” disse il più alto continuando a fare strada.
Finirono per prendere spiedini di odeng e della carne in diverse bancarelle lungo la strada, e Chanyeol pagò per tutto senza dire una parola, e non era una cosa insolita, ma lo fece comunque sorridere. Continuarono semplicemente a camminare, vagando in un parco che era praticamente vuoto a quell'ora della sera. Baekhyun finì di mangiare, e subito dopo Chanyeol gli porse il proprio spiedino, senza dire nulla ma scuotendolo fino a che Baekhyun non prese un pezzo di pollo con i denti e gli sorrise. Chanyeol ricambiò il sorriso, brevemente, prima di distogliere lo sguardo, timido.
“Sei stato bravo oggi,” disse piano, un po' a scatti. “Nello spettacolo.”
Baekhyun si illuminò. “Grazie, Yeol,” rispose. “Anche tu. Nessun errore.”
“Ho fatto cadere la spada e ci sono inciampato sopra…” mormorò Chanyeol.
Baekhyun rise. “Pensavo volessi farlo. Era molto dal personaggio.”
“Più che altro molto da Chanyeol,” sbuffò lui.
“Mi è piaciuto. È stato adorabile,” gli assicurò Baekhyun, sorridendo. “Proprio come te.”
Chanyeol non disse nulla in risposta, buttando lo spiedino finito in una pattumiera mentre camminavano, ma un momento dopo Baekhyun sentì la mano di Chanyeol sfiorare la propria, esitante, supplicante, e gli ci volle un momento perché capisse cosa stava cercando di fare. Trattenendo il fiato, Baekhyun allungò il braccio e gli prese la mano, intrecciando debolmente le loro dita. Fu Chanyeol a stringere la presa. Il cuore di Baekhyun perse un battito, ma nessuno dei due disse niente.
E poi Chanyeol si fermò, le loro mani unite trattennero Baekhyun tirandolo indietro, e abbassò la testa per premere leggermente le labbra sulla guancia di Baekhyun.
Baekhyun si voltò, sbatté le palpebre, e cercò di non arrossire. “Yeol?” disse. “Che fai?”
Chanyeol evitò il suo sguardo, agitandosi, e disse, “Sto provando a fare una cosa.”
“Cosa?” chiese con cautela Baekhyun.
“Sai. Tipo. Un appuntamento,” rispose Chanyeol, stringendo la presa sulla mano di Baekhyun.
Il ragazzo si irrigidì, trattenne il fiato, osò sperare. “Un appuntamento?”
“Già.” Chanyeol ancora non incontrava il suo sguardo.
“E? Che ne pensi?” chiese Baekhyun, sentendosi leggermente senza fiato.
La mano di Chanyeol si strinse ancora attorno alla sua, nervosamente. “È. Um. Un po' strano.”
Il cuore di Baekhyun fece un tonfo nello stomaco, la delusione dilagò fredda nelle sue vene. “O-oh. Beh. Non dobbiamo—”
Cominciò a ritrarre la mano, ma Chanyeol la strinse forte. “No, voglio dire. Tipo. Strano, perché sei il mio migliore amico. E i migliori amici... non vanno ad un appuntamento.”
Baekhyun cominciava a sentirsi male. “No, lo capisco, è—”
“Ma anche piacevole?”
Baekhyun smise di cercare di ritrarsi, e il suo cuore perse un altro battito. “Piacevole?”
“Sì. È come passare del tempo insieme, il che è fantastico, ma anche... altre cose. Strano, ma piacevole, penso. Semplicemente non sono molto bravo in queste cose,” disse Chanyeol, facendo oscillare le mani tra di loro.
“Bravo in quali cose?” chiese piano Baekhyun.
“Non lo so. Solo, cose... romantiche. Non so come essere... romantico. Non ho mai... prima... Sei il mio primo, sai?” Baekhyun avvampò. “E sei anche il mio migliore amico, quindi non so se sono imbarazzato per questo, o perché non ho mai avuto una ragazza... o un ragazzo... non lo so. Non so mai cosa fare.” Sembrava imbarazzato e timido, e fece male a Baekhyun, perché Chanyeol era onestamente così dolce, e così sincero, in tutto quello che faceva.
Gli strinse la mano. “Stai facendo un lavoro grandioso,” sussurrò.
“Sì?” Chanyeol lo guardò con occhi grandi e speranzosi, illuminati dai lampioni.
Assolutamente. Nessuna sorpresa, considerando che mi hai fatto innamorare di te senza nemmeno provarci,” disse Baekhyun, offrendogli un sorriso.
Chanyeol arrossì leggermente. “Ad essere sinceri, ci stavo provando... solo non per questo. Ho provato davvero tanto, per farmi piacere da te.”
“Penso ci abbia provato troppo,” rise Baekhyun, con il cuore leggero.
Immagino di sì,” disse timido Chanyeol.
“Continua semplicemente a fare quello che hai sempre fatto,” gli disse gentilmente Baekhyun. “Sei stato un ragazzo perfetto per tutto il tempo.”
“Meno la parte romantica,” grugnì pietosamente Chanyeol. “Questa è la parte difficile.”
Baekhyun rise ancora. “Beh questo è un inizio,” disse, facendo ondeggiare le loro mani. “E poi ci sono le lettere d'amore. Le poesie. I fiori. Sai, queste cose.”
Chanyeol impallidì. “Davvero?”
No, sto scherzando,” rispose, sorridendo e dandogli un colpetto alla spalla. “Qualche bacio dovrebbe bastare.”
Chanyeol arrossì. “Non so mai quando...baciarti,” confessò.
Baekhyun lo guardò e sorrise, sentendo affetto riempirgli il petto. “Ora potrebbe andare bene.”
“Sì?” chiese Chanyeol, mordendosi il labbro.
Baekhyun annuì, e Chanyeol si abbassò nello stesso momento in cui lui si sollevò per incontrarlo a metà strada. Il bacio fu breve e dolce, ma fece comunque rabbrividire Baekhyun, così tanto che quando Chanyeol si ritrasse, Baekhyun lo afferrò e sussurrò, “Un altro.” Le loro labbra si incontrarono ancora, un po' più a lungo. “Un altro. Un altro.” Chanyeol gli posò una mano sulla nuca, e Baekhyun strinse le dita attorno alla giacca del ragazzo. “Ancora uno.”
Chanyeol si ritrasse dal loro ultimo bacio con un piccolo sospiro. “Come andava?” chiese con un sussurro.
Baekhyun gli sorrise tranquillo. “Molto bene,” disse. “Ci prenderai la mano.”
Sarebbe potuto servire un po' perché Chanyeol si abituasse a tutta questa cosa, ma Baekhyun era disposto a dargli tutto il tempo di cui aveva bisogno. Aveva aspettato così tanto, dopotutto, no?


Sehun non aveva più giornate brutte così spesso. Non come prima. Certo, aveva giornate stressanti, grige e cupe, ma non raggiungeva più il punto in cui si chiudeva in se stesso nel disperato tentativo di bloccare fuori il resto del mondo, perché prima che potesse farlo, Jongin lo riportava fuori, lo faceva sorridere e parlare, anche se non parlavano di quello che stava infastidendo Sehun.
Ma Sehun non sapeva cosa fare quando era Jongin ad infastidirlo.
Era cominciato nel momento in cui aveva visto il ragazzo quella mattina. Jongin di solito lo salutava con un sorriso, un abbraccio, magari un breve bacio. Ma oggi Jongin non stava sorridendo, e la sua voce era piatta quando disse, “Hey, Sehun.” Gli porse la mano perché Sehun potesse prenderla, ma lì finì. E Sehun sapeva che poteva non essere niente, sapeva che poteva essere qualsiasi cosa, ma questo non gli impedì di pensare che fosse colpa sua. Cosa aveva fatto stavolta?
Sehun aveva una lunga storia come causa dell'infelicità degli altri.
Camminarono verso scuola in silenzio, e Sehun voleva chiedere a Jongin se stesse bene, ma aveva paura della risposta, o peggio, di non riceverne una. Quindi non disse niente. Arrivarono a scuola, si avviarono agli armadietti, e Sehun si sentì sollevato quando Jongin non lasciò andare la sua mano fino a che non arrivarono lì. Scrollò via lo zaino, lo appese, tirò fuori i libri, e quando si voltò, Jongin era poggiato contro l'armadietto accanto al suo, che aspettava in silenzio. I suoi occhi erano vuoti, stanchi, un po' tristi. “Jongin?” riuscì a dire Sehun.
Huh?” Jongin si voltò verso di lui, facendogli un piccolo sorriso. “Oh, scusa. Sono solo stanco.”
Sono solo stanco. La scusa più famosa nei libri. “Okay,” rispose Sehun, cercando di ricambiare il sorriso. Se Jongin aveva notato che non era genuino, non disse niente.
Arrivato mezzogiorno, Sehun era di umore peggiore persino di Jongin. A malapena si parlarono, tra le lezioni e tutto, e Jongin venne rimproverato per aver posato la testa sul banco durante la lezione, e Sehun sentì come se le parole severe dell'insegnante fossero dirette a lui invece.
Più tardi, durante l'ora di studio mentre l'insegnante non era in classe, Jongin posò nuovamente la testa, e Sehun lo osservò con attenzione, senza sapere se avesse dovuto parlargli o meno. Non è che nessun altro stesse sussurrando.
Dietro di lui, due ragazze stavano chiacchierando tra loro, e le loro parole catturarono subito la sua attenzione. “Guarda Jongin,” disse piano una di loro. “È tutto il giorno che sembra esausto.”
“Beh non sono sorpresa, con un ragazzo come il suo,” rispose l'altra, e Sehun sentì un'ondata di nausea.
“Penso si senta in colpa,” disse la prima ragazza. “Ecco perché se lo tiene intorno, sai? Si è immischiato in tutto questo, e ora non può uscirne perché Sehun è così…” Non finì la frase, ma Sehun poteva farlo da solo. Penoso. Disperato. Dipendente.
“Non credo nemmeno che a Jongin piaccia così tanto,” continuò la seconda ragazza, e Sehun cercò di smettere di ascoltare, ma non poteva. “Semplicemente non può liberarsi di lui.”
Sehun abbassò le spalle, fissò il proprio banco, e spostò le mani per coprirsi le orecchie. Non voleva ascoltare. Non voleva pensarci. Perché la cosa orribile era che ci avrebbe creduto. Non voleva crederci, ma lo avrebbe fatto, se avesse cominciato a pensarci. Sehun era sempre stato bravo a convincere se stesso delle cose alle quali non voleva credere.
Ma mentre il giorno andava avanti, anche mentre Jongin lentamente si rallegrava e diventava più loquace durante le pause, Sehun continuò a pensare alle cose che avevano detto quelle ragazze. Non penso nemmeno che Sehun gli piaccia così tanto. Ma Jongin aveva detto che era così. Lo aveva fatto. Diceva davvero, giusto? Jongin non avrebbe detto qualcosa che non pensava seriamente, vero? Si è immischiato in tutto questo, e ora non può uscirne. E se a Jongin fosse piaciuto, quando lo aveva detto, ma ora non era più così? E se Jongin provasse davvero solo pena per lui? E se Jongin lo avesse lasciato presto, troppo stanco di Sehun e dei suoi continui problemi? Non era forse questa la linea generale della sua vita? Un padre che non voleva occuparsi del figlio. Una madre a cui importava più di bere che di prendersi cura di lui. Ogni famiglia adottiva, una dopo l'altra, non sopportava i suoi continui problemi a scuola, la sua incapacità di funzionare senza farsi odiare dagli altri. Aveva davvero pensato di potercela fare stavolta. Forse si era sbagliato.
“Stai bene, Sehun?” chiese Jongin quel pomeriggio, mentre si preparavano a tornare a casa davanti agli armadietti. “Sei piuttosto silenzioso.”
Sehun non lo guardò. “Anche tu sei stato silenzioso oggi,” mormorò.
“Già, ho avuto una nottataccia,” rispose Jongin, grattandosi la testa. “Tu stai bene?”
“Bene,” disse frettolosamente Sehun. Chiuse l'armadietto con un po' più di forza del necessario, sentendosi frustrato con se stesso, con Jongin, con tutto. Si sentiva ancora nauseato.
“Sei sicuro?” Jongin allungò un braccio, le dita sfiorarono la mano di Sehun, una palese richiesta di permesso. Sehun tirò via la mano, mettendosela in tasca. “Sehun?”
“Lascia perdere, Jongin,” disse scorbuticamente Sehun, avviandosi alla porta.
Sehun,” disse Jongin, e sembrava... irritato. Sembrava irritato, e Sehun non poteva nemmeno biasimarlo, perché Sehun era una persona irritante. Poi, con più gentilezza, “Ti va di dirmi cosa c'è che non va?”
Non c'è niente che non vada,” rispose Sehun, continuando a camminare senza sollevare lo sguardo.
“Sei sicuro? Sei arrabbiato con me? Non voglio che ce l'abbia con me, quindi dimmelo semplicemente e risolveremo il problema,” affermò Jongin, deciso e inesorabile.
“No,” scattò Sehun, non sapendo più se fosse triste o stanco o solo completamente stupido.
“Allora perché non lasci che ti tenga per mano?” Jongin provò ancora, e ancora una volta Sehun si ritrasse, uscendo dall'edificio e dirigendosi in fondo alla strada. “Non posso leggerti nella mente, Sehun. Perché non me lo dici?”
“Ho detto lascia perdere, Jongin,” disse duramente Sehun, con una stretta allo stomaco.
“Non voglio lasciar perdere. Lascio sempre perdere. Ma niente si risolve così,” disse Jongin, e non sembrava arrabbiato, ma testardo, quasi arrogante, e diede sui nervi a Sehun.
“Non puoi semplicemente lasciarmi in pace?” chiese, deglutendo e guardando il marciapiede davanti a sé.
No,” rispose Jongin.
“Perché no?” domandò Sehun.
“Perché no!” esclamò Jongin, decisamente esasperato ora. “È importante che mi dica delle cose a volte!”
“Non voglio farlo,” disse.
“Allora dimmi almeno perché non vuoi dirmelo.”
“Non voglio e basta!” Sehun stava cominciando ad alzare la voce, quando l'unica cosa che voleva fare era smettere di parlare.
“Beh allora dovresti farlo comunque, perché ti farebbe bene!” insistette Jongin.
Sehun non aveva più il controllo delle cose che uscivano dalla sua bocca. “Cosa ne sai di cosa mi fa bene?” abbaiò, voltandosi verso di lui. Cosa ne sapevano tutti di cosa gli faceva bene? Luhan gli aveva detto che farsi degli amici gli avrebbe fatto bene, e guardate dove era ora.
“Perché fa bene a tutti!” esclamò Jongin, guardandolo dritto in faccia, rivolti uno contro l'altro sul marciapiede. “Dimmelo e basta, Sehun!”
No!” continuò Sehun, gli occhi cominciavano a bruciargli. Si voltò ancora una volta. “Lasciami in pace!”
“Cosa vuoi da me?” chiese Jongin, disperato, frustrato.
“Voglio che te ne vada,” disse Sehun, anche se sapeva, nel profondo, che voleva che Jongin rimanesse.
“Hai almeno usato il quaderno che ti ho regalato per il compleanno?” lo accusò lui.
“Era un'idea stupida!”
“D'accordo, allora ridammelo!” Prima che Sehun potesse accorgersene, Jongin si lanciò in avanti, afferrando il suo zaino. D'istinto, Sehun lo spinse via, guardandolo inciampare all'indietro, per poi prendere lo zaino.
“Non è nemmeno qui!” disse, lanciandolo a Jongin con rabbia, sentendo di poter crollare da un momento all'altro.
Con un movimento, Jongin afferrò la borsa, la girò e la rilanciò indietro, colpendo Sehun alla pancia e facendogli fare un passo indietro. Non fece tanto male, ma Sehun barcollò, qualcosa dentro di lui urlò. Una voce disperata gli diceva che Jongin non aveva voluto, Jongin non gli avrebbe mai fatto del male, Jongin non era come loro, ma il panico e la rabbia e il dolore la sovrastarono in un istante.
“Vattene via!” gridò, abbastanza forte da attirare l'attenzione di una donna sull'uscio di una porta.
“D'accordo!” gridò a sua volta Jongin, con espressione cupa e le mani che gli tremavano.
“Sei proprio come loro, Kim Jongin!” esclamò Sehun, e non sembrava nemmeno più lui la persona che parlava. “Come tutti gli altri.”
È questo quello che pensi?” chiese Jongin, e all'improvviso sembra ferito, impossibilmente ferito, e tradito. “Dici un sacco di cazzate, Sehun.”
“Lasciami in pace e basta,” disse Sehun, evitando il suo sguardo.
È questo quello che vuoi?” chiese.
Sehun non lo sapeva nemmeno più. “Sì!” gridò il mostro nel suo petto.
“E quindi? Per tutto questo tempo ho solo sprecato il mio tempo?” chiese arrabbiato Jongin.
“Sì!” esclamò Sehun, perché era chiaro che nonostante ciò che pensasse Jongin, Sehun non era riparabile.
“Beh, bel modo di illudere le persone, Sehun,” sputò Jongin, e i suoi occhi erano umidi adesso, li asciugò bruscamente con un braccio.
L'intero colpo di Sehun sembrava andare a fuoco. “Non mi sei nemmeno mai piaciuto!” gridò.
Jongin si asciugò ancora gli occhi, ma altre lacrime scivolarono sulle sue guance. “Sì beh, a me piacevi!” esclamò, e girò sui tacchi per andarsene, attraversando la strada senza guardare ed evitando per un pelo di essere investito da un motociclista.
Sehun si permise di guardarlo solo per pochi minuti prima di distogliere lo sguardo, la vista offuscata, per poi correre verso casa.

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Capitolo 40
*** Capitolo 38 ***


Sehun non smise di correre fino a che non raggiunse casa, il petto gli faceva male mentre spalancava la porta e andava dritto in camera. Gettando via lo zaino, si guardò attorno, trovò il quaderno che gli aveva dato Jongin sul comodino, e lo afferrò per lanciarlo nel cestino. Girò sui tacchi notando la statuetta dei ballerini di Natale e la strinse tra le dita, lanciando anche quella in direzione del cestino. Sentì un crack, ma non se ne curò, improvvisamente esausto mentre si gettava sul letto, a faccia in giù. Avrebbe voluto gridare, ma non uscì alcun suono, quindi rilasciò un lungo respiro interrotto, sentendo che tutto crollava attorno a lui, dentro di lui.
E poi in un secondo, il calore che gli scorreva nelle vene si raffreddò, e il fuoco nel suo stomaco si trasformò in un ghiacciato pugno di dolore, e si rese conto che c'erano delle lacrime che gli bagnavano il cuscino. Prendendo un respiro, ripeté l'intera giornata nella sua testa, cercando disperatamente di aggrapparsi alla rabbia, perché la rabbia era qualcosa che poteva sopportare. Il dolore no.
Jongin che gli nascondeva qualcosa. Jongin che gli urlava contro. Jongin che gli lanciava cose addosso. Jongin che lo forzava a fare cose che non voleva fare – non poteva fare. Voleva essere arrabbiato con Jongin.
Eppure più ci pensava, peggio si sentiva. La sola rabbia che riusciva a provare era per quello stupido di Jongin, che... che pensava sempre a Sehun prima di se stesso. Jongin, che era sempre stato completamente onesto con lui, che non gli aveva mai nascosto nulla, solo per ricevere in cambio il trattamento esattamente opposto. Sehun gli aveva mentito così tanto, gli aveva tenuto nascoste così tante cose. Soprattutto oggi. Sehun era sempre stato ingiusto con lui. Non c'era da meravigliarsi che Jongin si fosse comportato come aveva fatto. Sehun era stato terribile con lui.
Tutto ciò che aveva fatto Jongin era stato mettercela tutta con Sehun, nonostante la sua ostinatezza a non cambiare. E nonostante tutto quello che gli aveva detto Sehun, Jongin gli piaceva veramente. Non era soltanto un bisogno quello che provava – qualcosa di cui Sehun aveva lentamente cominciato a rendersi conto. Ma Sehun voleva stare con lui.
La porta della sua camera si aprì, e Sehun non si mosse quando la madre adottiva disse piano, “Sehun? Stai bene?”
Sehun fece una pausa, deglutì, e scosse la testa contro il cuscino.
La porta si aprì di più, e la donna entrò, sedendosi con cautela su bordo del suo letto. Una mano gentile, esitante, si posò sulla sua schiena, dandogli un po' di forza. “Brutta giornata?” chiese delicatamente.
Tirando su col naso, Sehun si alzò a sedere lentamente, raggiungendola sul bordo del letto e strofinandosi gli occhi con una mano annuì.
“Succede a tutti,” disse. “Ti va di parlarne?”
Il petto di Sehun tremò quando prese un respiro, e scosse la testa, ma quando la mano della madre adottiva si posò ancora sulla sua schiena, Sehun si appoggiò a lei, lasciando che la testa cadesse sulla sua spalla, esausto. Forse Jongin non era stato l'unico a provare per tutto questo tempo. E la donna non era familiare, ma era affettuosa, e disponibile, e Sehun ne aveva bisogno. “Ho rovinato qualcosa,” disse, con voce roca.
La madre si fermò, e allungò un piede per toccare un pezzo rotto di porcellana sul pavimento. Era la sua statuetta dei ballerini, separata dalla base. “Allora forse dovresti provare a ripararla,” disse.
Sehun tirò ancora su col naso, chiudendo i pugni sulle gambe. “Non so come riparare le cose,” disse. “So solo romperle.”
“Forse dovresti provare comunque,” disse la donna, “se per te è importante. Per alcune cose vale la pena provare, sai?”
Sehun rimase a lungo in silenzio, pensandoci su. Sehun aveva rovinato molte cose nella sua vita, di proposito e no, e molte volte se ne era pentito. Quando era stata l'ultima volta che aveva cercato di rimettere insieme i pezzi?
“Devo andare a prendere Taewoon da scuola,” disse gentilmente la madre. “Tu fai quello che devi, okay?” la sua mano gli accarezzò la schiena per confortarlo mentre si alzava.
Okay,” rispose piano Sehun, fissando la statuetta rotta.
Diversi minuti dopo, Sehun era seduto al tavolo di cucina con un tubetto di colla, mentre riattaccava meticolosamente il ballerino alla base in porcellana, vicino alla sua partner. Soffiò leggermente sul punto di rottura, asciugando la colla, e poi pigiò il pulsante e guardò i ballerini ruotare ancora. C'era una sbecco nel tutù della ballerina, ma per il resto era difficile dire che qualcosa era mai accaduto.
Venti minuti dopo, si ritrovò davanti alla porta di Jongin, il cuore gli batteva forte mentre suonava il campanello. Fu il padre a rispondere. “Oh, ciao Sehun. È passato un po' da quando ti ho visto.”
Sehun deglutì. “Jongin è qui?” chiese.
No, non è ancora tornato. Pensavo fosse con te,” disse l'uomo, accigliandosi. “Ha chiamato e ha detto che sarebbe tornato più tardi, se vuoi aspettare.”
Il cuore di Sehun accelerò, l'ansia gli attanagliò lo stomaco. “No, va bene. Vado a cercarlo,” disse.
Una volta, Jongin gli aveva detto che era importante trovare un punto di sfogo quando si era agitati, piuttosto che interiorizzare tutto. Era sempre stato più intelligente di Sehun.
Lo studio di danza non era così lontano da casa di Jongin, e Sehun arrivò in meno di cinque minuti, i piedi sbattevano sul marciapiede mentre correva. Aveva paura che se non lo avesse trovato in fretta, avrebbe perso il coraggio, e non avrebbe mai riaggiustato le cose – o non ci avrebbe mai provato. E per una volta, Sehun voleva provare.
Trovò Jongin nella stessa sala prove in cui erano stati il giorno dopo la deportazione di Luhan. Sehun guardò attraverso la finestrella della porta mentre il ragazzo eseguiva piroetta dopo piroetta, ancora e ancora, fino a che persino a Sehun girava la testa, e poi cadde a terra, ansimante, con il sudore che gli bagnava la canottiera bianca e i capelli. Gattonò fino alla borsa, poggiandosi su di essa e tirando fuori una bottiglia d'acqua per prenderne un grande sorso.
Sehun prese un profondo respiro, si preparò, e spinse la porta, cercando di non lasciare che le sue gambe tremanti lo fermassero.
Jongin non sollevò lo sguardo quando Sehun entrò nella stanza. Non sollevò lo sguardo quando Sehun fece qualche passo esitante per sedersi accanto a lui, lasciando un po' di spazio tra di loro. Non sollevò lo sguardo nemmeno quando Sehun gli porse la statuetta dei ballerini; la prese in silenzio e la fissò.
“Per sbaglio l'ho rotta,” disse Sehun, con voce instabile. “Sembra che lo faccia spesso.” Jongin non parlò. “Ma ho provato a rimetterla insieme.” Poi gli porse qualcos'altro, il quaderno nero, e Jongin prese anche quello, fissando la copertina. “Aprilo,” Sussurrò Sehun.
Jongin lo fece, sfogliando oltre la prima pagina dove aveva scritto la lettera per il compleanno di Sehun, e trovò pagine e pagine di scrittura distratta, inchiostro nero contro il bianco del foglio, verso dopo verso di confessioni silenziose.
Non ho mai chiamato nessuno hyung prima, era il primo, scritto all'inizio della seconda pagina.
Spesso ho degli incubi, ma non li ricordo mai quando mi sveglio.
Il dito che mi sono rotto alle elementari mi fa ancora male. Sarei dovuto andare all'ospedale, ma avevo troppa paura.
A volte sento le persone urlare e sento che sia colpa mia anche se non sono per niente coinvolto.
Voglio parlare con Luhan.
Sono un peso per Jongin.
E alla fine di ogni pagina, solo, Kim Jongin.
Aveva scritto circa sette pagine dal suo compleanno, sette pagine di segreti che Sehun non aveva mai detto a nessuno. E lì nell'ultima pagina, nella calligrafia più ordinata di Sehun, Mi piace davvero Kim Jongin. Sono innamorato di Kim Jongin.
Non l'aveva cancellato stavolta.
Jongin guardò quell'ultima pagina in silenzio, le dita si muovevano lentamente sull'inchiostro nero. Sehun poteva sentire ogni suo respiro.
“Mi dispiace,” disse, le parole gli uscirono dalle labbra. “Mi dispiace. Io – non so cosa ci sia di sbagliato in me. Vorrei spiegarmi, ma non c'è una scusante per il modo in cui sono. Sono solo molto incasinato, e ho molti problemi, e non ho idea di come tu abbia fatto a sopportarmi per tutto questo tempo. Non ho fatto niente per te. Hai provato così tanto, e io non ho provato affatto, e mi dispiace di essere così. Non te lo meriti. Tu – sei stato fantastico. Sei la persona più fantastica che conosca. E per qualche ragione hai sprecato questo con me.”
Jongin non si era ancora mosso, né aveva detto qualcosa, gli occhi ancora fissi sulla pagina del quaderno. Sehun prese un altro respiro profondo, e continuò. “Ma non sono... non sono qui per farmi compatire o niente del genere. Voglio solo... ringraziarti. Per aver provato così tanto. E voglio scusarmi per averti mentito, e non essermi mai fidato di te, o non aver creduto in te, o per non essere... mai stato buono con te. Buono per te. Sei stato così paziente, e mi hai dato così tanto, e in cambio io non ti ho mai dato niente. Quindi. Anche se mi odi, voglio darti questo, ora. Voglio dirti la verità, proprio ora. Ti ho mentito. Ti ho detto che non mi sei mai piaciuto, ma non è così. Mi piaci. Mi piaci tanto. E mi dispiace che abbia scelto una persona davvero cattiva da farti piacere.”
Il pollice di Jongin si mosse ancora sulle parole della pagina. Poi, alla fine, aprì la bocca. “Ho a malapena chiuso occhio la notte scorsa,” disse, sorprendendo Sehun. “Ho fatto delle prove davvero brutte ieri. Continuavo a sbagliare, ed ero stressato, e l'insegnante di danza mi ha rimproverato. E poi sono tornato a casa e ho urlato addosso a mia sorella per qualcosa di davvero stupido, e mio padre ha urlato contro di me per averla fatta piangere. Non sono riuscito a dormire dopo. Ho dormito forse due o tre ore. Quando ho sonno divento piuttosto silenzioso, ed ero ancora un po' di cattivo umore da ieri. Non te l'ho detto, perché hai già abbastanza cose di cui preoccuparti, ho pensato. Non volevo farti preoccupare per me. Ma l'ho fatto comunque.”
“Pensavo ti fossi stancato di me,” sussurrò Sehun.
“Incolpi sempre te stesso,” disse Jongin, sospirando leggermente.
“Di solito è colpa mia.”
No, Sehun, non lo è,” disse gentilmente Jongin. “Dovrai capirlo prima o poi. Ci sono molte cose per le quali ti biasimi che non dipendono da te.” Sehun non disse niente, deglutì a fatica. “Mi dispiace per aver urlato oggi. Questo è stato colpa mia. Ti stavo spingendo a fare qualcosa, e non sono stato comprensivo. Cerco davvero di capire come ti senti, e tutto, ma a volte sbaglio, o non provo abbastanza. Mi dispiace. ”
È stata anche colpa mia,” disse Sehun. “Sono stato testardo e meschino, e mi sono arrabbiato senza motivo. E non avrei dovuto credere alle cose che hanno detto gli altri. E non avrei dovuto mentire.”
Jongin deglutì. “Ho davvero pensato che non ti fossi mai piaciuto.”
“Certo che mi piacevi,” disse piano Sehun. “Mi sei sempre piaciuto. Ero solo troppo spaventato e stupido per ammetterlo.”
Jongin allungò una mano, e Sehun la incontrò a metà strada, intrecciando le loro dita. La mano di Jongin era calda, familiare, confortante. “Volevo davvero piacerti,” disse.
“Mi piaci,” rispose, ed era così bello dirlo, finalmente.
“Grazie per essere venuto a cercarmi,” disse Jongin, stringendogli la mano. “Ho davvero pensato... perché come mi sono comportato oggi…”
“Mi sono comportato in modo decisamente peggiore,” disse Sehun. “E sei sempre stato tu quello che veniva a cercarmi. Penso fosse ora che la cosa cambiasse.”
Alla fine, Jongin sollevò lo sguardo, lo guardò con occhi lucidi mentre sorrideva. “Grazie,” sussurrò.
Sehun gli tirò la mano, tirando Jongin più vicino. Non appena poté, si chinò per premere un bacio casto sulle sue labbra – per scusarsi e per perdonarlo, tutto in un bacio. Jongin ricambiò, provando lo stesso.
“Fai un sonnellino,” disse gentilmente Sehun, tirando Jongin per fargli posare la testa in grembo. “Sei stanco. Ne hai bisogno.”
Jongin si sdraiò senza opporre resistenza, ma si voltò per guardarlo, sorridendo. “Grazie.”
Sehun gli accarezzò i capelli scuri, e disse, “Te lo meriti.”


“Mi ha scritto una canzone, Kyungsoo. Quanto smielato può essere?”
Hyung, possiamo tornare indietro?”
“Ancora un po', Soo. È solo che... non so perché gli piaccia. Perché gli piaccio? Non lo sa che ho molti più problemi di quanto non ne valga la pena?”
Hyung, voglio davvero tornare indietro.”
“Forse si è dimenticato di come sono davvero da quando è in Cina. Forse si è dimenticato che ho cambi d'umore e problemi di salute fisica e mentale e—”
“Davvero non voglio andare avanti, hyung. E poi, smettila di buttarti giù. Ovviamente Luhan si ricorda, perché me lo chiede ogni volta che parla con me. In più, gli piacevi già prima che se ne andasse, quindi chiudi il becco. Onestamente, questo è tutto quelli di cui parlate—di voi. Luhan e Minseok. Luhan ama Minseok. Minseok ama Luhan.
Minseok si voltò verso di lui con un sorriso imbarazzato. “Lo sai che lo sto facendo per un motivo, Soo.”
Kyungsoo sbuffò, riaggiustandosi la mascherina che gli copriva il naso e la bocca. Tantissime persone le indossano, non ti preoccupare, aveva detto Minseok. Tutto il suo corpo tremò leggermente. “Perché sei ossessionato?” disse.
No, perché più ti irriti per le mie sfuriate amorose, meno penserai a dove sei. Guarda, siamo a metà strada dalla porta! La parte peggiore è finita.”
Kyungsoo guardò, e cominciò nuovamente a tremare, chiudendo gli occhi. “Penso di dover tornare su ora.”
Ancora un po' e basta, Soo, lo giuro. Non vuoi uscire fuori?”
Kyungsoo lo voleva. Lo voleva davvero. Ed aveva persino pensato di essere pronto a farlo. Ma poi erano entrati in ascensore, con il pavimento sporco e le luci cupe, e aveva cominciato a sentire un formicolio sulla pelle. E ora erano all'ingresso, e le persone gli passavano accanto, gli lanciavano sguardi straniti mentre tremava e pregava Minseok di tornare su, e tutto era rumoroso e strano e sconosciuto e lo spaventava.
Ma c'era Minseok accanto a lui, parlava a voce bassa, sicura e familiare, gli parlava di cose familiari, gli ricordava perché fosse lì. Sarebbe andato fuori. Solo per un po', gli aveva promesso Minseok. Solo piccoli passi.
Non vuoi mettere piede fuori?
Kyungsoo sapeva molte cose su fuori, ma non le aveva mai conosciute di prima persona.
La folata di vento dalla porta aperta spaventò Kyungsoo. Non è che non fosse mai stato fuori prima, aveva passato un bel po' di tempo nel suo balcone, ma la brezza lo sorprese comunque, nello stato ipersensibile in cui si ritrovava. “Andiamo,” disse Minseok, guidandolo con una mano gentile appena poggiata sulla sua schiena.
Kyungsoo annuì deciso, tenendo le braccia attaccate al corpo, le maniche tirate sopra le mani. Avrebbe voluto avere dei guanti. Avrebbe voluto avere una tuta che gli coprisse tutto il corpo. Sarebbe voluto tornare nella propria camera.
Minseok si fermò proprio davanti alla porta, voltandosi a guardarlo. “Respira profondamente, Soo,” disse. “Conta fino a dieci. Qualunque cosa tu stia immaginando ora, non esiste, ricordi?”
Kyungsoo voleva protestare, voleva dire che non stava immaginando niente, ma anche quando aprì la bocca, la sua mente era invasa da immagini di batteri che strisciavano su ogni superficie per arrivare alla sua pelle, cercando un modo di entrare nel suo corpo, e sapeva che non era così che funzionava, ma non gli impedì di immaginarlo. Annuì, chiuse gli occhi, e contò fino a dieci. Pensò a cose confortanti. Cose pulite. La sua camicia lavata. La sua mascherina sterilizzata. Era al sicuro.
“Pronto?” chiese Minseok quando aprì gli occhi.
Kyungsoo deglutì, ancora e ancora, e poi disse, “Sì.”
“Bene. Andiamo. Vuoi che ti racconti una storia?”
Kyungsoo prese un altro respiro e fece un passo avanti, oltre la porta che Minseok stava tenendo aperta per lui. “Sì.”
“D'accordo. Ecco una storia cinese che mi ha raccontato una volta Luhan…”
Kyungsoo ascoltò solo in parte, concentrandosi nel vedere dove stesse mettendo i piedi, dove stesse andando. Il loro palazzo era in una piccola via, non una grande strada, quindi non c'era molto da vedere mentre camminavano, non c'erano nemmeno troppe persone, ma Kyungsoo tenne gli occhi aperti, osservando. Il cemento sotto le sue suole era sporco, i muri degli edifici su entrambi i lati erano meno che puliti, e l'aria era pesante per lo smog, i gas di scarico delle macchine e altre esalazioni che sentiva gli macchiavano i polmoni mentre respirava, anche attraverso la mascherina. Ma almeno c'era abbastanza silenzio, qui in questa via.
Questo durò solo per un altro minuto, quando Minseok smise di parlare e salirono entrambi sul marciapiede che costeggiava la strada principale. Kyungsoo si ritrasse istintivamente. C'erano macchine che sfrecciavano, uomini che discutevano davanti a ristoranti, donne che contrattavano sul prezzo delle verdure alle bancarelle vicine, bambini che ridevano e correvano intorno ai loro genitori, piccioni che tubavano da sopra le insegne dei negozi, c'era rumore ovunque. Era travolgente, tutto il rumore e l'attività e gli odori e le scene e
Hey, va tutto bene,” lo rassicurò Minseok, con voce bassa e confortante. “Guarda, Kyungsoo, questo è l'esterno. È piuttosto frenetico, vero? È abbastanza affollato al momento, sono tutti tornati da lavoro, non ci avevo pensato…”
Kyungsoo tremò e cercò di non vacillare sui piedi. “Possiamo sederci?” chiese.
“Certo, Soo,” rispose immediatamente Minseok, guidandolo in avanti, oltre la sicurezza della loro via. Kyungsoo tremò incontrollabilmente. “Ecco, ci possiamo sedere su questa panchina. Qui è dove le persone aspettano l'autobus, ma possiamo semplicemente fingere di star aspettando il prossimo.” Si fermò accanto alla panchina, togliendosi il giubbotto e stendendolo sulla superficie del legno. Anche Kyungsoo indossava un giubbotto, perché c'era ancora un po' di freddo, e Minseok ora aveva solo una maglietta, ma non disse niente e gli fece semplicemente cenno di sedersi. Trattenendo il fiato, Kyungsoo lo fece.
“Perché non provi a chiudere gli occhi?” suggerì Minseok. “E ascolta solo per un po'. Un passo alla volta, giusto?”
Kyungsoo annuì, serrò la mascella e strinse gli occhi. In un certo senso, questo lo rese ancora più nervoso, non essere in grado di vedere mentre la automobili rumorose sfrecciavano in un soffio di vento, e le voci si facevano più alte e poi più basse attorno a lui, ma poteva anche sentire Minseok accanto a sé, che continuava a guardare per lui, e si fidava di Minseok. Tenne gli occhi chiusi, ascoltò e basta. I clacson delle macchine, il suono dei semafori, i venditori che urlavano, le persone che conversavano attorno a lui. Affollato, così affollato, troppo affollato. Il cuore di Kyungsoo batteva al ritmo della città che lo circondava.
Ma alla fine si calmò, i suoni si attutirono in una sorta di rumore bianco, forte ma meno stridente. Prese lenti respiri controllati. Assaporò i gas di scarico. Aprì gli occhi.
Vedere fu tanto inquietante quanto prima. Cominciò a tremare ancora, gli occhi si spostarono su tutte le cose che passavano lungo la sua linea visiva, si ritrasse quando un autobus si fermò davanti a loro per far salire i passeggeri. Il rombo del motore lo terrorizzava, e sollevò le mani per coprirsi le orecchie, bloccandolo. Minseok glielo lasciò fare.
“Ora guarda e basta,” disse, avvicinandosi in modo che Kyungsoo potesse sentirlo. “Guarda, e non ascoltare. Respiri profondi, Kyungsoo.”
Kyungsoo inspirò lentamente, tenendo le mani sopra le orecchie, gli occhi passavano da un punto all'altro. L'autobus ripartì. Le auto continuarono a scorrere di fronte a lui. Le persone continuarono a camminare lungo il marciapiede. Gli uccellini continuarono a spiccare il volo e atterrare. Era caotico, ma c'era una sorta di ritmo, e Kyungsoo cominciò a sentirlo mentre osservava. Poteva ancora sentire i suoni attutiti, ma erano sovrastati dal battito del suo cuore, dal suo respiro tremante. Canticchiò un po' per bloccarlo ancora di più, e Minseok non fece commenti.
Alla fine, liberò le orecchie, e i suoni lo inondarono di nuovo, in un istante. Prese dei respiri profondi, cercando di placare il panico che cominciò a riaffiorare, provando a rallentare il battito del cuore. Il suo respirò continuò ad essere affannato, ma per il momento stava bene, controllava tutto, cercava di dare un senso a tutto quel caos travolgente.
“Penso possiamo tornare indietro ora, Kyungsoo,” disse gentilmente Minseok, alzandosi.
Kyungsoo annuì frettolosamente, alzandosi con le gambe tremanti, costringendo le ginocchia a non cedere. Strinse l'orlo della camicia, solo per avere qualcosa a cui tenersi.
“Rientriamo velocemente, okay? Whoa, attento—” Minseok allungò un braccio, e Kyungsoo si voltò rapidamente e vide qualcuno che correva vicino, troppo vicino a lui, e fece un passo indietro per evitare di venire travolto, ma le gambe colpirono la panchina e cadde, sedendosi sul legno consunto e poggiando una mano sul bordo. La spostò immediatamente, con la sensazione di essersi scottato, e si rialzò mordendosi la lingua abbastanza forte da farla sanguinare. “Stai bene?” chiese ansioso Minseok, gli occhi spalancati.
Kyungsoo annuì in silenzio, sforzandosi di non cedere al panico. Non poteva parlare, non poteva nemmeno aprire la bocca, poteva sentire il sapore di sangue sulla lingua e la pelle gli formicolava. Aveva davvero, davvero bisogno di tornare dentro ora.
Tornarono velocemente nella loro via, sfuggendo alla frenesia e al viavai della strada principale, e Minseok si voltò e gli sorrise. “Sei stato davvero bravo oggi, Kyungsoo. Fantastico. Sono così orgoglioso di te.”
Kyungsoo si costrinse a sorridere e annuì per il complimento. Anche lui era orgoglioso di se stesso, ma allo stesso tempo si sentiva nel panico e malato e spaventato e travolto e voleva farsi una doccia per strofinarsi la pelle e prendere tutte le sue vitamine anche se le aveva già prese quella mattina e—
“Stai bene, Soo?”
Kyungsoo rallentò il respiro e cercò di rilassarsi. Stava tremando così tanto che probabilmente Minseok lo aveva visto. “È tutto okay,” rispose, con voce falsamente calma. “Sto bene.”
“Ti sta sanguinando la lingua,” disse Minseok, aggrottando le sopracciglia.
“Me la sono morsa quando sono caduto. Sto bene,” disse deciso Kyungsoo.
Sarebbe stato bene, perché voleva che Minseok fosse orgoglioso di lui. Voleva meritarsi l'orgoglio di Minseok.
“Vado a farmi una doccia,” disse nel momento in cui rientrò in casa, le mani tremanti mentre le teneva lontane dal proprio corpo. “Mi laverò le mani, mi toglierò i vestiti e poi farò la doccia, okay?”
Okay,” disse piano Minseok. “Solo non—”
Usare niente di troppo forte, lo so, hyung. Non lo faccio più ormai.” Kyungsoo deglutì a fatica.
“Bene.” Minseok sorrise incoraggiante. “Vai pure. Luhan chiamerà fra poco, vuoi unirti a noi? Probabilmente ci sarà anche Yixing.”
Kyungsoo annuì in automatico, spostandosi verso il lavandino più vicino.
“D'accordo. Ti mando un messaggio più tardi allora, okay?”
Un altro cenno di assenso, la concentrazione di Kyungsoo era più che altro sulla quantità di sapone che si stava versando sulla mano.
Okay. A dopo, Soo.”
“A dopo,” lo salutò Kyungsoo. La porta si chiuse dietro il vicino quando se ne andò. Poi, piano, tra sé e sé ripeté, “Non ti ammalerai, Do Kyungsoo. Sarai una persona normale. Una persona normale che va fuori e ha un rapporto normale con le persone.” Annuì, e continuò a strofinarsi le mani.


Minseok non si innervosiva più prima di chiamare Luhan. Lo era le prime volte dopo la confessione di Luhan, solo perché non era stato sicuro di cosa aspettarsi e di come gestire tutta questa... cosa. Qualsiasi cosa fosse. Ma era passata più di una settimana da allora, e aveva persino detto a Jongdae di lui e Luhan (solo per scoprire che Luhan glielo aveva già raccontato – quanto parlavano quei due, comunque?!). Ad ogni modo, dirlo al migliore amico in qualche modo aveva solidificato l'idea nella mente di Minseok, l'aveva resa più reale.
Quella settimana non aveva, però, reso la cosa meno dolorosa. Sì, Minseok era felice, e sì, era estatico del fatto di poter guardare Luhan in faccia e dirgli che lo amava (quando trovava il coraggio – Luhan era molto più bravo di lui), ma faceva ancora male che in faccia significasse ad uno schermo. Faceva male non poter tenere la mano di Luhan, o baciarlo, come avrebbe così disperatamente voluto fare. Faceva male sognare di fare cose come quelle, stare con Luhan e poterlo sentire senza interruzioni della connessione e poter vedere il suo corpo intero e non solo le sue spalle e il suo viso e poterlo toccare. Faceva così male doversi sempre svegliare.
E faceva male anche che Minseok poteva sempre vedere le profonde borse sotto gli occhi di Luhan, nonostante il ragazzo cercasse di nasconderlo. Poteva vedere quanto fosse stanco, riusciva a sentire quanto fosse roca la sua voce a causa della tosse che aveva sviluppato nei giorni precedenti. E sapeva che stavano succedendo delle cose nella vita di Luhan delle quali non parlava con Minseok. Cose di cui non voleva parlargli, perché Minseok si sarebbe preoccupato. E Minseok in effetti si stava preoccupando. Solo che non sapeva di cosa preoccuparsi, di preciso.
“Ciao, ti amo,” disse un Luhan assonnato non appena la chiamata si connesse quella sera.
Minseok avvampò, nascondendo le guance dietro le mani. “Oddio, Lu, sei così tremendamente sdolcinato.”
Luhan rise felice, spostandosi la frangia dagli occhi. Sembrava si fosse appena alzato dal letto. “È solo che non voglio che te ne dimentichi.”
“Non lo farò,” mormorò Minseok imbarazzato, ma il suo cuore palpitò compiaciuto. Poi Luhan si appoggiò allo schienale della sedia, più lontano dallo schermo, e Minseok poté vedere delle spalle e un petto nudo. Arrossì ancora di più. “Um. Perché non indossi una maglietta?”
Hm?” Luhan abbassò lo sguardo, come se si fosse dimenticato. “Oh. Stavo dormendo. E durante il giorno fa così caldo in camera di Yixing. Di solito dormo nudo.”
Beh. Questo presentò a Minseok molte immagini mentali che non avrebbe dovuto avere. “Beh, ti metterai dei vestiti?
“Perché, non ti piace?” chiese Luhan, sorridendo malizioso. Si allontanò ancora, dando a Minseok una visuale migliore del suo petto nudo.
Minseok sputacchiò. “No, stavo solo – voglio dire, è – mi distrae!” protestò.
Luhan ridacchiò, stiracchiandosi in quella che Minseok pensava fosse una combinazione di sonno ed esibizionismo intenzionale. Bastardo. “D'accordo, d'accordo,” disse. “Vado a cercare una maglietta.”
Si alzò troppo velocemente perché Minseok potesse coprirsi gli occhi, ma fortunatamente indossava almeno dei pantaloncini. (Minseok, comunque, riuscì a vedere un sentiero di peli scuri che andava dall'ombelico all'orlo dei boxers, e deglutì a fatica.) Un momento dopo si infilò una felpa che Minseok era abbastanza sicuro fosse di Yixing (non che fosse geloso), e poi si risedette, posando il mento sulle mani. “Meglio?”
“Sì,” Minseok tirò su col naso. “Allora. Qualcosa di nuovo?”
Luhan fece un suono vagamente assonnato. Le borse sotto ai suoi occhi erano più marcate del solito oggi. “Lavoro lavoro lavoro,” rispose. “Come al solito.”
Minseok aveva la sensazione che stesse lavorando più del solito. Ma non disse niente, perché immaginò che Luhan non ne volesse parlare. “Stai dormendo abbastanza?” chiese invece, accigliandosi per la preoccupazione.
“Lo faccio mai?” ribatté Luhan sorridendo sarcasticamente. “Ma sto bene. Davvero, Seok-ah.” Però tossì leggermente alla fine, e Minseok scosse la testa e sospirò.
“Ti senti meglio, almeno?” chiese, facendo un cenno alla gola.
“Un po',” rispose Luhan scrollando le spalle. “Non è niente, Seok-ah, solo un po' malato.”
“Sei sempre solo un po' malato,” mormorò Minseok imbronciato. “Dovresti prenderti più cura di te stesso.”
“Lo farò quando potrò,” gli promise Luhan, poi cambiò argomento. “Che hai fatto oggi?”
Minseok si illuminò. “Beh, sono andato a scuola,” cominciò. “E proprio ora, poco fa, io e Kyungsoo siamo andati fuori!”
Le sopracciglia di Luhan si sollevarono. “Kyungsoo? Fuori?”
Minseok annuì vigorosamente, sentendo nuovamente l'orgoglio riempirgli il petto. “Già! Siamo andati in fondo alla strada, e ci siamo seduti alla fermata dell'autobus per qualche minuto. È stato davvero bravo!”
“Non si è nemmeno spaventato?” chiese Luhan.
“Beh, sì,” ammise Minseok. “Siamo dovuti tornare dopo un po'. Ma è stato bravo per essere la prima volta! Sono davvero felice.”
Luhan sorrise. “Yixing sarà felice di sentirlo.”
Minseok rise. “Possiamo chiamarli entrambi dopo.” Poi, in fretta, “Ma per ora parliamo, io e te.”
Luhan annuì, posando ancora il mento sulle mani e sorridendo affettuosamente. “Già,” disse piano.
Quindi parlarono. Luhan raccontò a Minseok dei suoi colleghi, del suo capo, dei suoi amici, della sua città, e in risposta, Minseok gli parlò della scuola, dei professori di cui Luhan si lamentava, del test che aveva fatto quel giorno, e di Baekhyun e Chanyeol che all'ora di pranzo avevano fatto i piccioncini. (Non entrò nel dettaglio, non gli disse che si erano tenuti per mano sotto al tavolo quando pensavano che nessuno stesse guardando, o di come si toccassero e tendessero a poggiarsi l'uno all'altro, perché Minseok non poteva farlo con Luhan, e non voleva che la gelosia o l'amarezza prendessero il sopravvento. Era felice per Chanyeol e Baekhyun. Lo era.)
Minseok disse a Kyungsoo di raggiungerli solo quando apparve Yixing, sbucando sullo schermo e dicendo, “Kyungsoo?” Onestamente, lui e Luhan probabilmente avrebbero potuto continuare a cianciare fino a che Luhan non fosse dovuto andare a lavoro, quindi probabilmente era stato un bene che Yixing li avesse interrotti, prima che si facessero trasportare.
Kyungsoo arrivò circa cinque minuti dopo, i pugni coperti dalle maniche della maglietta. Si sedette accanto a Minseok con cautela e, automaticamente, Minseok disse, “Mani.”
Kyungsoo scosse via le maniche e mostro i palmi a Minseok. Sembravano stranamente rosa, e Minseok guardò con attenzione il vicino, cercando di decifrare la sua espressione, prima di dire, “L'altro lato.”
Kyungsoo sospirò e girò le mani, mostrando le nocche arrossate e screpolate.
Soo…” cominciò Minseok, preoccupato ma anche severo.
“Ho solo strofinato troppo forte,” gli disse il ragazzo, abbassando la testa con vergogna. “Non ho usato nulla.”
Minseok rilasciò un piccolo sospiro di sollievo. “Stai bene?”
Kyungsoo esitò, poi annuì. “Sì.”
“Bene. Ora saluta Yixing, se la sta praticamente facendo addosso per l'eccitazione di vederti.”
A Minseok piaceva il modo in cui il viso di Kyungsoo si illuminava quando parlava con Yixing. Non ero lo stesso rispetto a quando parlava con lui o qualcun altro. I suoi occhi erano più accesi del solito, il suo sorriso più timido – sembrava più vivo di qualsiasi altro momento. E se c'era una cosa di cui Kyungsoo aveva bisogno, era l'incentivo a vivere di più.
Oggi, però, Kyungsoo era in qualche modo più riservato del solito, la sua voce leggermente provata, il suo sorriso forzato. “Sono uscito oggi,” disse Kyungsoo a Yixing, e sembrava fiero di se stesso, e questo rese Minseok felice, ma sembrava anche un po' spaventato.
Luhan tradusse per l'amico, il quale si illuminò. “Davvero?” disse in coreano, con un forte accento. “Fantastico!”
Kyungsoo ridacchiò leggermente. “C'è davvero tanto rumore,” disse. “E molto traffico. Ero nervoso.”
Gli occhi di Yixing si spalancarono quando Luhan tradusse ancora, e poi disse qualcosa in cinese, che Minseok tradusse per il vicino. “Dice che sei molto coraggioso.”
Bu shi,” ribatté Kyungsoo, abbassando la testa. Non lo sono. “Avevo davvero paura.”
“Puoi avere paura ed essere comunque coraggioso,” fu la risposta di Yixing, gli occhi grandi e sinceri.
“Avevo davvero paura,” ripeté Kyungsoo, e Minseok poté vedere il leggero tremolio delle sue braccia. “Qualcuno mi è quasi venuto addosso, e ho avuto un piccolo crollo. Non mi ha nemmeno toccato. Ma ho poggiato la mano sulla panchina. E riesco ancora a sentirlo. L'ho sfregata più forte che potevo. Ma non mi sembra ancora pulita.”
Hey, è tutto okay,” disse velocemente Minseok, anche se in sottofondo sentì Yixing chiedere a Luhan cosa non andasse e se Kyungsoo stesse bene. “Era la tua prima volta. Migliorerai.”
“Il mondo sembra troppo grande, e troppo pericoloso. Io sono troppo piccolo, e troppo fragile,” disse Kyungsoo, tremando.
No, no, va bene,” continuò Minseok, sentendo una stretta al cuore. “Sei stato davvero bravo oggi, Soo. Da qui in poi migliorerai soltanto. Starai bene, lo prometto.”
Ha terribilmente paura di ammalarsi,” Minseok riusciva a sentire Luhan che spiegava in cinese dall'altra parte. “Perché ha paura che non migliorerà.” Minseok sapeva che Yixing sapeva dell'immunodeficienza di Kyungsoo, ma chiaramente non conosceva gli effetti psicologici di questa condizione.
“Cosa sta dicendo?” chiese Kyungsoo, facendo un cenno verso lo schermo. Sembrava imbarazzato, e rassegnato, e turbato.
“Gli sta solo parlando un po' della tua condizione,” gli assicurò Minseok, col desiderio di poter posare una mano di conforto sulla spalla di Kyungsoo. “E perché oggi è stata così dura per te.”
Il corpo del ragazzo tremò leggermente, e si morse il labbro. “Perché sono un casino,” disse.
Yixing dice che sei fantastico, Kyungsoo,” li interruppe all'improvviso Luhan, e si voltarono per vedere Yixing che lo guardava con occhi sinceri. “Dice che ti ammira davvero, e che anche lui lavorerà tanto per diventare una persona migliore.”
Kyungsoo sbatté le palpebre una, due volte e poi disse, “Ha detto questo?”
Luhan annuì. “Dice che sei davvero coraggioso per aver affrontato le tue paure, e che sa che non ti ammalerai, perché il tuo spirito è troppo forte.”
Minseok sorrise, e Kyungsoo prese un profondo respiro. “Grazie,” disse piano.
Yixing sorrise gentilmente. “Fighting!” disse, alzando un pugno d'incoraggiamento.
Kyungsoo sorrise in risposta, e sussurrò, “Fighting.”

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Capitolo 41
*** Capitolo 39 ***


A volte, Jongdae faceva semplicemente un passo indietro e pensava al fatto che il suo gruppo di amici era diventato molto gay molto velocemente. Sembrava quasi un'epidemia che si espandeva per la scuola. Prima, diversi anni fa, Minseok aveva detto a Jongdae di essere gay. Okay, d'accordo, un ragazzo gay a scuola, ed era il suo migliore amico. Andava bene.
Poi Sehun e Jongin si erano messi insieme – ma Jongdae aveva già sentito dire che Jongin era bisessuale. Era comunque stato strano, perché Sehun sembrava la persona più fredda e disinteressata del mondo – disinteressato sia dei ragazzi
e delle ragazze – ma Jongdae aveva visto dalle retrovie come Sehun avesse cominciato ad accettare sempre di più le avances di Jongin, e onestamente sembravano una bella coppia. Jongdae non conosceva bene nessuno dei due, sembravano felici insieme, e Luhan era sempre stato estasiato per quanto fossero adorabili insieme, e complessivamente aumentava il livello di omosessualità nella vicinanza generale di Jongdae.
Ed era rimasto tutto così per un bel po' di tempo. Ma poi, all'improvviso, Baekhyun e Chanyeol. Tra tutte le cose, proprio
Baekhyun e Chanyeol. Migliori amici da sempre, che di recente erano entrati in conflitto e si erano ignorati per un po', e poi erano tornati amici, e poi si erano messi insieme. Jongdae non se lo aspettava. Per niente. Insomma, erano sempre stati molto uniti, attaccati e affettuosi, ma Jongdae non aveva mai pensato ci fosse nulla di strano. Non che... essere gay fosse strano. Il suo migliore amico era gay. Ma Baekhyun e Chanyeol non erano gay. Vero? Jongdae era abbastanza sicuro che non lo fossero, perché glielo avrebbero detto altrimenti. Nessuno dei due aveva mai espresso interesse in un altro ragazzo. Anzi, non avevano mai espresso interesse in nessuno, se non tra loro..
Il che era... comprensibile in un certo senso, considerando che a quanto pare stavano
insieme ora. Quindi forse erano sempre stati gay? O bisessuali, o qualcosa del genere? Perché le persone non diventano improvvisamente gay per qualcuno. Giusto?
E poi, in quello stesso giorno, Jongdae aveva parlato con un Luhan estremamente entusiasta, che gli aveva orgogliosamente detto che lui e Minseok erano, per citarlo, “Ufficialmente mutualmente innamorati e tutto.” E questo era fantastico, certo. Jongdae voleva che Minseok fosse felice, e Luhan meno stressato per il fatto che l'amico lo stesse ignorando, e tutto il resto. Era contento che avessero smesso di fare gli idioti e ammesso la verità (non che Jongdae avesse saputo, per certo, come si sentisse Luhan prima).
Ma ovviamente, con Minseok felicemente innamorato del suo ragazzo cinese, e Baekhyun e Chanyeol felicemente innamorati tra loro,
e Sehun e Jongin che facevano felicemente quello che facevano e che occasionalmente venivano a sedersi con loro in mensa, questo ora significava che Jongdae era praticamente circondato da persone gay. Onestamente, come era successo? Era stata colpa di Minseok, che era uscito allo scoperto nella loro scuola? Era in una missione per ottenere solidarietà? Persino Kyungsoo, che viveva nella propria stanza e non aveva contatti con quasi nessuno, aveva una sorta di cotta per un ragazzo. Kyungsoo! Era assurdo. Jongdae era l'ultimo etero rimasto.
Non che Minseok non ci avesse
provato. Jongdae semplicemente. Non era gay. Non lo era.
E anche se lo fosse stato, Junmyeon non lo era. Aveva una ragazza.
In ogni caso, l'unico sollievo che ebbe Jongdae fu il fatto che la dolce metà di Minseok non era nel paese. Il che significava che poteva avere il migliore amico tutto per sé, quando ne aveva bisogno. Certo, Minseok era sempre occupato la sera, quando Luhan lo chiamava, e anche Jongdae era occupato intorno a quell'ora, ma dopo scuola e nei fine settimana era solitamente libero, e anche se stavano insieme solo per fare i compiti era piacevole. A Jongdae era mancato Minseok negli ultimi tempi. Gli era mancato il proprio migliore amico. Le cose si erano un po' incasinate con Minseok che si era ammalato e poi il festival multiculturale e dopo Minseok che evitava Luhan e tutto il resto, ma ora erano tornati più o meno alla normalità, e potevano semplicemente... stare insieme.
E questo significava anche che Jongdae poteva osservare Minseok più da vicino. Semplicemente... come stava, e come stava gestendo le cose. Era più in salute, questo era ovvio. Mangiava tutto quello che doveva mangiare, teneva sotto controllo i valori come doveva fare, era onesto su come si sentiva. Ora parlava molto più apertamente con Jongdae delle cose relative al diabete, si scusava per i cambi di umore e si lamentava di come la sua glicemia occasionalmente si alzasse quando parlava con Luhan (“
Dannati ormoni,” diceva sempre). Jongdae era felice di questo.
Ma da così vicino Jongdae poteva vedere anche come Minseok si sentiva per tutta la situazione di Luhan. Non che il migliore amico si lamentasse troppo, davvero. Non con Jongdae. Ma lui lo vedeva lo stesso. L'espressione triste nei suoi occhi ogni volta che si faceva il nome di Luhan. Il modo rassegnato in cui abbassava le spalle quando si menzionava la distanza tra loro. Ovviamente, Minseok amava alla
follia Luhan, ma era anche chiaro che questo non rendeva affatto più semplice essere in una relazione con lui. Anzi, a volte Jongdae aveva la sensazione che lo rendesse ancora più difficile.
Nel frattempo, mentre tutti attorno a lui erano gay e tutto, Jongdae era impegnato a prepararsi per le imminenti elezioni del presidente del consiglio studentesco. Stava progettando e appendendo i poster, scrivendo i discorsi, preparava la campagna, e a volte, occasionalmente, Junmyeon lo avvicinava per parlarne, e Jongdae lo faceva, perché faceva sempre comodo avere notizie dall'interno. Non parlava con Junmyeon perché erano amici. Parlava con Junmyeon per strategia. Così come Jongdae era una strategia per Junmyeon.
Era molto, molto impegnato, e dovette re-imparare e parlare con Junmyeon, ma lo considerò come un esercizio per il futuro, quando sarebbe stato ancora più impegnato, e avrebbe dovuto parlare di più con lui. Si stava preparando al futuro. Proprio come Junmyeon.


Se c'era una cosa che Minseok aveva imparato nelle settimane seguenti alla confessione di Luhan, era che il tempo non rendeva le cose più semplici. Pensava davvero sarebbe stato così, e invece no. Affatto. Certo, si abituò di più all'idea, e riuscirono a trovare una specie di programma, e in un certo senso accettò il loro destino, ma allo stesso tempo, mentre le settimane passavano, e le temperature si facevano sempre più calde, Minseok sembrava innamorarsi ancora
di più di Luhan, e diventava ancora più depresso per il fatto che mentre tutti avevano trovato il loro lieto fine, lui ancora non aveva baciato il proprio ragazzo.
Per quanto sembrassero romantiche nei film le relazioni a distanza, nonostante tutta quella merda di 'l'assenza rende il cuore più forte', era comunque ridicolmente difficile, scoprì Minseok. Comunicare era difficile. Le loro giornate erano così terribilmente diverse, e a volte proprio non riuscivano a far combaciare i programmi, oppure la connessione a internet era scarsa e a malapena riuscivano a vedersi e sentirsi, o ancora finivano le storie da raccontarsi e si limitavano a fissarsi, sprecando i minuti in cui potevano stare da soli. Non potevano uscire insieme, o comprarsi regali stupidi, o accucciarsi sul divano e addormentarsi in quella posizione. Non potevano fare nessuna delle cose che Minseok aveva sognato di fare, notte dopo notte. Tutto ciò che potevano fare era guardarsi, e parlare, e bramare.
E di certo,
di certo non aiutava il fatto che mentre il mese andava avanti, tutti sembravano diventare più impegnati. Anche Minseok era impegnato, ovvio, con la scuola e ad aiutare Jongdae con la sua campagna e a spingere Kyungsoo ad uscire dalla sua stanza giorno dopo giorno. E Luhan sembrava sempre esausto e distratto, senza dare mai un motivo specifico, interrompeva sempre prima le loro sessioni di skype la sera. Jongdae era impegnato, con la campagna e chissà che altro. Persino Kyungsoo sembrava essere più impegnato del solito, anche se forse era semplicemente Minseok che proiettava il proprio stress sul vicino. Più Minseok cercava qualcosa che lo distraesse dagli aspetti più deprimenti della sua vita, meno le persone avevano tempo per tenerlo occupato.
Ma forse la cosa peggiore di tutta la situazione era che Minseok sapeva che le cose non andavano bene per Luhan, là in Cina, eppure sembrava che più passava il tempo, più Luhan diventava silenzioso. Cambiava argomento, o forzava una risata e faceva una battuta, ed era ovvio che Luhan non dicesse
tutto a Minseok. Non manteneva segreti – non avevano più segreti, ne era certo – ma era sempre vago, girava attorno al problema.
“Mio padre ha qualche altra responsabilità la sera,” diceva, sorridendo in modo distante. “È piuttosto impegnato.”
“Impegnato con cosa?” chiese Minseok, accigliandosi.
“Solo... cose.” Luhan vide l'espressione di Minseok e rise. “Niente di illegale, lo giuro.”
Anche Minseok rise, ma onestamente sospirò di sollievo dentro. Con il passato della famiglia di Luhan, non si poteva mai essere sicuri di nulla.
“Parlami del lavoro?” gli chiedeva spesso Minseok, sia perché gli piaceva sentire dei colleghi di Luhan e tutto, ma anche perché era una delle cose di cui parlava apertamente.
“Nel giorno di paga…” cominciava Luhan, e Minseok sapeva che veniva ancora pagato.
“Il mio capo la settimana scorsa mi ha detto…” diceva, e Minseok sapeva che
aveva ancora un lavoro.
Minseok si preoccupava di continuo, ed erano le piccole cose che lo rassicuravano che Luhan non fosse in immediato pericolo. Voleva solo sapere che Luhan stava bene, ed era difficile saperlo quando il ragazzo non parlava di così tante cose.
E questa non era l'unica cosa di cui si preoccupava Minseok, ovviamente. Quasi ogni volta che parlavano, Minseok era tentato di chiedere, e a volte
gli chiedeva, “Ti piaccio ancora?” La notte tardi, con la guancia premuta contro la scrivania perché non era sicuro di poter guardare Luhan in viso, le palpebre pesanti, il petto dolorante, la voce debole. “Sei sicuro che ti piaccia ancora? Sono passati, quanti, due mesi?”
“Indovina,” disse Luhan.
“Cosa?”
“Indovina qual è la mia risposta,” spiegò Luhan, con voce giocosa.
Minseok sbuffò, le guance accaldate. “Sì?”
“Sbagliato,” cinguettò Luhan.
“Cosa?” la testa di Minseok scattò su immediatamente, gli occhi spalancati.
Luhan gli sorrise, inclinando la testa. “Ho detto
sbagliato. Non hai indovinato. Prova ancora.”
“Cosa vuoi dire che ho
sbagliato?” chiese Minseok, metà indignato e metà terrorizzato, perché era chiaro che Luhan lo stesse prendendo in giro, ma ancora non era sicuro di poter sopportare di aver sbagliato.
“Non mi
piaci,” canticchiò Luhan. “Io ti amoooooo.”
“Lu
han,” si lamentò, coprendosi le guance imbarazzato. “È la stessa cosa!”
“Non è la stessa cosa! Piacere, amare, sono due parole diverse, due cose diverse. Mi piacciono molte persone. Mi piace Yixing. Mi lascia vivere nella sua stanza.” Fece una pausa, poi aggiunse, “E dormire nel suo letto. E mi presta i suoi vestiti. A dire il vero, Yixing mi piace proprio tanto.”
Minseok grugnì. “Yixing è un fidanzato decisamente migliore di me.”
Luhan esitò, poi disse, “Primo, credo che questa sia la prima volta che usi la parola
fidanzato con me, e ti amo. Secondo, il fatto che tu sia così lontano non è colpa di nessuno dei due. E tre, se fossi voluto stare con Yixing, lo avrei fatto tanto tempo fa. Ma non l'ho fatto, perché…?” Alzò un sopracciglio, aspettando.
“Luhan…” disse Minseok, arrossendo.
“La risposta è
‘Ti amo’” continuò Luhan, e persino un mese dopo, rese Minseok formicolante e gli fece provare belle sensazioni. “Ti amo, ti amo, ti amo. Ancora, ora, sempre, anche se fossi dall'altro capo del mondo.” Fece una pausa, sorrise dolce, poi disse, “E tu?”
E persino un mese dopo, Minseok aveva problemi a dar voce alle sue emozioni, troppo timido e insicuro della maggior parte dei suoi pensieri. Luhan doveva ancora tirarglieli fuori. Abbassò le spalle, trattenne un sorriso timido, ed evitò il suo sguardo mentre debolmente diceva, “Ancora innamorato di te.”
“Come? Cosa hai detto? Non ti ho sentito!” esclamò Luhan, e Minseok rise.
“Ti amo,” disse, forte e chiaro, e Luhan sorrise compiaciuto, risistemandosi sulla sedia.
“Bene,” disse.
Una pausa, un sorriso, e poi, dato che Minseok non riusciva mai a non rovinare il momento, disse piano, “Allora quando torni?”
Il silenzio di risposta di Luhan e il modo in cui distolse lo sguardo dissero a Minseok tutto quello che aveva bisogno di sapere.


Nei giorni seguenti, Luhan divenne ancora più silenzioso, più chiuso, più evasivo. E Minseok aveva paura. Minseok aveva paura, perché lui e Luhan aveva già passato così tanto insieme, avevano condiviso così tanto, quindi il fatto che Luhan gli stesse tenendo nascosto qualcosa, ora, era spaventoso. Perché dopo tutto quello che aveva sopportato in passato, se Luhan non voleva dirgli qualcosa ora, significava che doveva essere peggio di quello che Minseok avesse mai condiviso con Luhan, o che Luhan avesse condiviso con lui. E questo doveva significare che era molto grave.
Minseok aveva troppa paura di chiedere.
“Com'è andata la tua giornata?” chiese il primo giorno di Giugno, poggiandosi ad una mano.
Luhan sorrise tristemente, copiando la sua posizione. “Indaffarata, molto indaffarata,” disse. “Sono rimasto sveglio... fino a tardi? Quindi non ho dormito molto.”
Si vedeva. Luhan sembrava non aver dormito affatto, le sue occhiaie erano scure contro la luce dello schermo, il suo accento più marcato del solito, le sua parole impacciate. Il suo coreano peggiorava quando era stanco. “E a lavoro?”
Scrollò le spalle in modo vago. “Il solito. Il capo è stato piuttosto gentile con me, almeno. Mi ha lasciato fare qualche foto, e non pensavo l'avrebbe fatto, haha.”
“Perché hai fatto foto a lavoro?” chiese Minseok, accigliandosi.
Luhan fece ancora spallucce. “Faccio foto ad ogni parte della mia vita. Sistemare gli scaffali nel turno di mezzanotte è una di quelle.”
Non era giusto che lo fosse. “Manderai altre foto presto?”
Luhan confermò. “Prima o poi,” rispose. “Ne ho un bel po'.”
Minseok rise, un po' amaramente. “Tutto quello che fai è lavorare e dormire e parlare con me. A cosa puoi aver fatto delle foto?”
“Magari sono semplicemente foto di me, in diverse posizioni provocanti,” disse Luhan, sorridendo pigramente.
Minseok si strozzò leggermente, tossendo per l'immediata immagine mentale. “Onestamente, Lu, dove hai imparato queste parole?”
Luhan rise. “Le cerco specificatamente per frasi di questo tipo,” disse, e Minseok non lo mise in dubbio. “Dovresti vedere i miei fogli di esercizio.”
“Sei ridicolo e terribile,” gli disse, scuotendo la testa con affetto. Gli piaceva sentire Luhan ridere. Lo faceva sentire come se forse tutto andava bene.
“Ci provo,” rispose Luhan, con un largo sorriso. “Ma voglio un pagamento in cambio di quelle foto, giusto per fartelo sapere.”
“Chiudi il becco, prima che mia madre ti senta e pensi che sei serio,” disse, il viso rosso. Non aveva
detto ai genitori, in modo diretto, di lui e Luhan, ma senza dubbio ormai lo avevano capito. Si parlavano quasi ogni giorno. Un po' troppo per essere solo amici.
“E se
fossi serio?” chiese Luhan, muovendo le sopracciglia.
“Zitto! La incoraggerai a pensare cose strane su di noi, più di quanto non faccia già.”
“Ah sì?” chiese Luhan, sollevandosi. “Davvero?”
Minseok annuì, arrossendo al ricordo. “Già da tempo. Tipo, sin da prima che capissi che mi piacevi. Ricordi quando sono venuto a casa tua la prima volta? Pensava fossimo andati a letto insieme.”
Luhan sbatté le palpebre, poi disse, “Ma lo abbiamo fatto.”
Minseok agitò le mani, scuotendo la testa freneticamente. “No, no, non significa quello che pensi voglia dire.”
“È un'altra cosa che dovrei cercare?” chiese Luhan, un sorrisino malizioso gli incurvò le labbra.
“Lu
han,” Minseok sospirò insofferente.
“Te la sei cercata, Minseok!” rise il ragazzo. “Ti imbarazzi troppo facilmente, ed è adorabile.”
Minseok borbottò, abbassando la testa per nascondere una sorriso. Luhan sembrava felice. Minseok sperava fosse davvero felice, che non stesse semplicemente fingendo.
Dopo un po', però, qualcuno bussò alla porta di Luhan, il quale si accigliò. “Oh, devo andare ora, Seok-ah.”
“Ci sentiamo domani?” chiese Minseok, cercando di non sembrare troppo triste.
Luhan si fermò, esitò, poi disse, “Sì. Ci sentiamo domani.”
“Stessa ora?”
“Stessa ora. Io – devo dirti una cosa domani, okay?”
Minseok sbatté le palpebre, dentro aveva un miscuglio di ansia e curiosità. “Oh. Okay.”
“Allora ci vediamo,” disse Luhan.
“Okay. Ciao, Lu.” Minseok deglutì.
“Ciao, Minseok. Ti amo.”
Un piccolo sospiro, le spalle abbassate, e un debole, “Ti amo anche io.”
Lo schermo si spense.


Minseok, nel corso di tutta la durata della loro amicizia, aveva imparato che Jongdae aveva un impeccabile brutto tempismo. Aveva anche la tendenza a dimenticarsi le cose quando era di buon umore. E questo generalmente portava a risultati negativi.
Il migliore amico era nel mezzo di fingere di volare via per il vento mentre tornavano a casa da scuola, vantandosi di come avesse praticamente distrutto il suo più grande rivale della campagna elettorale nell'incontro di quel giorno, quando all'improvviso disse, “Oh, hyung! Indovina che giorno è oggi?”
“Cosa,” rispose piatto Minseok, alzando gli occhi al cielo mentre il più piccolo agitava le braccia.
“Jongdeok-hyung torna dal Giappone oggi. Vieni a prenderlo all'aeroporto, vero?”
“Oggi?” chiese Minseok, sbattendo le palpebre sorpreso.
“Già! Te l'ho detto, tipo, già un mese fa. Ma certo, tu non ti ricordi mai
niente di quello che ti dico.” Jongdae si imbronciò esageratamente. “Ma verrai con noi, vero? Non voglio andare solo con i miei genitori, mi farebbero troppe domande sui miei progetti di vita e tutto. E poi, a Jongdeok-hyung manchi. Non ti vede da secoli.”
Onestamente, anche a Minseok mancava il fratello maggiore di Jongdae. Aveva solo due anni più di lui, e quando erano più piccoli avevano passato molto tempo assieme, si univa ai loro 'pigiama party' e li accompagnava al cinema quando erano troppo piccoli per andare da soli. Era passato un po' dall'ultima volta che aveva parlato con il maggiore, ora che era sempre fuori per la scuola, o più recentemente, in Giappone. “A che ora?” chiese, accigliandosi. “Alle 7 mi devo sentire con Luhan su Skype.”
Hyuuuuung,” Jongdae si lamentò in modo infantile. “Parli con Luhan ogni giorno. Puoi perdere una chiamata per venire con me all'aeroporto per prendere mio fratello. Gli ho detto che ci saresti stato.”
“Ma Luhan ha detto che mi doveva dire una cosa oggi,” protestò Minseok.
“Possiamo fermarci a casa tua per mandargli un messaggio dicendo che potresti fare tardi. Il suo volo dovrebbe arrivare intorno alle 18, quindi a meno che non ci siano ritardi, non dovresti avere problemi. Ora andiamo, chiamo mio padre e gli dico di venirci a prendere a casa tua.” Jongdae cominciò ad affrettarsi davanti a lui, agitando nuovamente le braccia.
“Perché non mi dai mai un buon preavviso quando mi trascini in cose del genere?” si lamentò Minseok, la voce attutita dal vento. Jongdae rise. “Sei il peggiore!”
Ma un'ora dopo si ritrovò nel van dei genitori di Jongdae, a lamentarsi leggermente mentre l'amico ciarlava spensierato. “Non fare quella faccia, altrimenti hyung penserà che non sei felice di vederlo,” lo avvertì Jongdae. Minseok si imbronciò ancora di più, e i genitori di Jongdae sorrisero divertiti dai sedili anteriori.
Raggiunsero l'aeroporto un'ora dopo, e i genitori dell'amico andarono a controllare che non ci fossero ritardi sul volo o niente del genere. Jongdae e Minseok si sistemarono sui divanetti vicino all'area degli arrivi, tirando fuori i compiti per passare il tempo.
Non che Jongdae li stesse facendo davvero. “Allora,” cominciò, picchiettando con la penna il libro di scienze. “Come sta Luhan-hyung?”
Minseok si accigliò, tenendo gli occhi sul libro di inglese. “Bene, penso?”
“Pensi?”
“Già, non lo so,” Minseok sospirò con una stretta al petto. “È solo... molto impegnato tutto il tempo. E sembra davvero stanco. E ha una nuova malattia minore al giorno, sembra.”
“Sì, è piuttosto sovraccarico di lavoro,” disse Jongdae, sembrando compatirlo. “Ma pensi vada bene?”
“Onestamente, non lo so nemmeno più,” ammise Minseok, abbassando le spalle. “È sempre così silenzioso per quanto riguarda i suoi problemi. Pensavo avessimo smesso di fingere di non aver problemi, ma a quanto pare no. Non lo so. Potrebbe non essere nulla. Probabilmente sto pensando troppo.”
“Probabilmente è semplicemente complicato, hyung. Magari non vuole che rimanga immischiato in tutto questo. Non mi preoccuperei troppo,” lo consolò Jongdae, e Minseok scrollò le spalle cercando di leggere la pagina che stava guardando da dieci minuti.
Il volo sarebbe dovuto arrivare alle 18, ma l'ora giunse e passò, i minuti ticchettavano e si fece quasi e mezza. Minseok dovette comprare da mangiare al ristorante più vicino e costoso dell'aeroporto e prendere l'insulina in bagno, e
non gli fece piacere. “Jongdae, farò tardi per la mia chiamata Skype,” grugnì mentre gettava via l'involucro del panino.
“Oh zitto, lo hai avvisato che sarebbe potuto succedere. Non inizia a lavorare solo a mezzanotte? Hai un sacco di tempo per parlare con lui.” Jongdae tenne gli occhi fissi sull'uscita degli arrivi, ovviamente eccitato.
“Volare è un modo stupido di viaggiare,” borbottò Minseok. “Fanno sempre tardi quando hai fretta. Ora so perché Luhan odia così tanto gli aerei.”
“Non penso sia questo il motivo,” rise Jongdae.
“Arriva?” sbuffò lui.
“Sarà qui presto,” disse l'amico, dandogli una pacca sul ginocchio.
“Mi sta venendo l'ansia, e la mia glicemia salirà alle stelle e poi morirò, è questo quello che vuoi?” chiese Minseok, imbronciandosi. Jongdae gli lanciò un'occhiata di rimprovero, e il maggiore abbassò la testa e si scusò tristemente. “Scusa. Non dicevo davvero.”
“Sarà meglio per te,” sbuffò Jongdae. “Solo perché finalmente mi hai detto che sei diabetico non significa che puoi usarlo contro di me.”
“Non lo farò più, giuro,” disse Minseok con una mano sul cuore. “Seriamente però, la mia glicemia
salirà e io diventerò irritabile.”
Jongdae si alzò quando le persone cominciarono ad uscire dal gate più vicino a loro, mettendosi in punta di piedi per guardare sopra le loro teste. “Beh penso sia fortunato,” disse, cominciando a sorridere. “Perché penso sia qui.”
Finalmente,” rispose Minseok, chiudendo il libro e mettendolo nello zaino. “Lo vedi?”
“Sì, lo vedo,” disse Jongdae, mentre agitava un braccio con un largo sorriso sul viso. “Guarda, hyung.”
Minseok si alzò e guardò il gruppo di persone che passava, cercando un viso familiare. “Dove, non lo vedo. È con i tuoi genitori?”
Jongdae non rispose, ma non ce n'era bisogno, perché un secondo dopo una voce allegra e familiare lo chiamò, “Seok-ah!”
Minseok gelò.
“Seok-ah!” il viso di Luhan apparve in mezzo alla folla, e Minseok pensò di star sognando. Stava
per forza sognando.
Ma un momento dopo Luhan corse verso di lui, abbandonando il carrello con le valigie mentre evitava le persone, e Minseok non si mosse fino a che un solido corpo non sbatté contro il proprio, facendolo quasi cadere mentre delle braccia lo cingevano e un viso si nascondeva contro la sua spalla. “Ce l'ho fatta,” sussurrò Luhan, quasi incredulo.
“Cosa,” gracchiò Minseok, con la mente che turbinava. “Cosa ci fai qui?”
Luhan lo strinse forte. “Sta' zitto e abbracciami, stupido.”
E finalmente Minseok lo fece, sollevò le braccia per un secondo prima di chiuderle attorno al corpo di Luhan, caldo e familiare e
reale. Luhan era davvero qui. Con gli occhi che gli bruciavano, Minseok premette il viso contro la spalla del ragazzo e per un secondo sentì e basta, sentì Luhan contro di sé, mentre quasi gli toglieva il fiato per quanto forte lo stava abbracciando. “Sono così confuso,” mormorò contro la sua maglietta.
Luhan rise, e la sua voce sembrava tanto strozzata quanto quella di Minseok. “È una lunga, lunga storia,” rispose, ritraendosi alla fine. Minseok non voleva lasciarlo andare, voleva stringere Luhan per l'eternità. Voleva baciarlo fino a renderlo senza fiato, ma erano in mezzo ad un aeroporto, e le persone li stavano fissando, e Luhan si stava districando dalla sua presa, gli occhi ancora fissi in quelli di Minseok, un po' umidi ma felici.
“Jongdae-yah,” disse, voltandosi verso il ragazzo, e aprendo le braccia. Jongdae scivolo tra di loro, ridendo, e lo abbracciò forte, e a questo punto i genitori di Jongdae li raggiunsero e Luhan abbracciò anche loro. Il che era... un po' strano, pensò Minseok, ma in fondo Luhan aveva sempre avuto un debole per gli abbracci.
I genitori di Luhan erano poco dietro di loro, sembrando stanchi ma felici, e Minseok abbassò la testa in un timido saluto. Dopotutto, quelli erano... potenziali suoceri, o qualcosa del genere.
“Sono ancora davvero confuso,” disse debolmente Minseok mentre Luhan tornava al suo fianco, guardandolo con un sorriso. “Cosa sta succedendo? Perché – come siete
qui?”
“Te lo spiegheremo dopo,” disse la madre di Jongdae, spingendo il carrello delle valigie verso di loro. “Per ora, penso che Luhan e i suoi genitori vogliano andare a casa. Immagino ne abbiano abbastanza degli aeroporti per un po'.”
Minseok seguì tutti ancora intontito, guardando in una silenziosa confusione Jongdae che parlava con i genitori di Luhan come se li conoscesse, in un coreano lento e semplice. Anche Luhan era piuttosto silenzioso, guardava tutto – specialmente Minseok – con occhi luccicanti.
Caricarono velocemente i bagagli nel cofano del van, e Luhan, Minseok e Jongdae scivolarono nei sedili posteriori. Si misero la cintura, e nel momento in cui si sistemò, Minseok sentì una mano calda e familiare scivolare nella propria, stringendola forte. Si voltò verso Luhan, che gli sorrise beatamente. Minseok era troppo travolto da tutto per trovare le parole.
“Non riesco a credere che abbia davvero pensato che fosse Jongdeok-hyung a tornare oggi,” Jongdae stava ridendo dall'altra parte di Luhan. “Il semestre finisce solo il mese prossimo.”
Minseok non rispose, strinse semplicemente la mano di Luhan e sorrise. Avrebbe ucciso l'amico, un giorno, per avergli mentito, ma pensò che l'omicidio poteva aspettare.
Luhan si addormentò sulla spalla di Minseok nel tragitto verso casa, chiaramente troppo esausto per tenere gli occhi aperti un minuto di più. Minseok avrebbe voluto fargli un milione di domande, ciascuna delle quali gli ronzava in testa caoticamente, ma lo lasciò dormire, tenendogli la mano e accarezzandogli la pelle calda con il pollice, accontentandosi del fatto che Luhan fosse
qui, con lui, così felice da poter esplodere.
Minseok era allo stesso tempo scioccato e per niente sorpreso di trovare casa propria totalmente piena di persone quando arrivarono lì, una dozzina di persone esultarono quando Luhan e i suoi genitori entrarono. Il ragazzo cinese, ancora assonnato, rise di cuore, abbracciando chiunque nella stanza. C'era Sehun, che sembrava più felice di quanto Minseok non lo avesse mai visto, e c'erano Jongin, Chanyeol e Baekhyun, e Kyungsoo e i suoi genitori, e Junmyeon e i
suoi genitori, e Luhan abbracciò ogni singola persona, incluso Kyungsoo, che ricambiò il gesto con occhi orgogliosi e lucidi. Chiaramente, ogni persona a Seoul a parte lui lo aveva saputo, e Minseok non era sicuro se sentirsi impressionato o indignato.
“Non volevamo dirtelo,” rise Jongdae quando Minseok sbuffò incredulo. “Niente era definitivo fino a che non sono usciti dalla dogana all'aeroporto. Avresti voluto che ti dessimo una falsa speranza?”
Onestamente, Minseok non ne era sicuro. “Qualcuno ora può per favore spiegarmi cosa sta succedendo?” si lamentò invece, lanciando un'occhiata ai genitori di Junmyeon in un angolo. Seriamente, cosa ci facevano
loro qui?
“È stato Jongdae,” disse Luhan, illuminandosi da dove stava studiando Sehun dalla testa ai piedi, come per controllare che non ci fossero danni o niente del genere.
“Non
proprio io,” ribatté Jongdae, abbassando la testa. “E lo sai che non sono una persona modesta, hyung.”
Minseok grugnì. “Allora chi è stato?”
“Okay, d'accordo, te lo spiegheremo mentre consegno a tutti dei souvenir,” disse Luhan, portando la valigia al centro della stanza e aprendola.
“Hai comprato a tutti dei
souvenir?” chiese incredulo Minseok. “Non eri in vacanza, Lu.”
“Dovevo farlo!” esclamò Luhan con una risata, scavando tra vestiti arrotolati per tirare fuori una piccola scatola. “Questo è per Sehun!” La porse al più piccolo, il quale la aprì in silenzio e trovò un piccolo amuleto in oro con un carattere cinese inciso sopra. “Dovrebbe rappresentare Protezione,” disse, sorridendo. “Significa che mi prenderò cura di te, a qualunque costo.” Sehun sorrise e lo ringraziò piano, per poi indietreggiare e mostrarlo a Jongin.
“Allora, ecco la storia,” cominciò Jongdae mentre Luhan tirava fuori un altro regalo, porgendolo alla madre del ragazzo. “Circa due mesi fa Luhan ti ha inviato una lettera. Ricordi?”
Minseok annuì vagamente, confuso. “Sì, per spiegarmi perché fosse stato deportato.”
“Esattamente. Quel giorno, l'ho portata via con me, e ti ho detto che l'avrei data a Kyungsoo. Ma mia madre mi ha chiamato, e sono andato dritto a casa, dimenticandomi di dargliela. L'ho portata a casa, e ho spiegato la situazione ai miei a cena. Ho mostrato la lettera a mio padre.”
“E io ho detto a Jongdae,
Se mai volessero tornare in Corea, dovranno trovarsi un avvocato,” disse il padre del ragazzo, sorridendo calorosamente. “Jongdae mi ha ricordato che, nella loro situazione attuale, non se ne sarebbero mai potuti permettere uno. E poi mi ha guardato con quell'espressione. Sai quale.” Guardò Minseok, come per marcare il punto. “E ha detto, Conosco un avvocato davvero bravo, a dire il vero. Quel marmocchio.”
Jongdae rise. “Papà è sempre stato debole per i casi dei meno fortunati.”
Il cuore di Minseok si riempì di gratitudine per il migliore amico. Luhan guardò il signor Kim con le stelle negli occhi.
“Ho preso il caso gratuitamente. L'abbiamo trasformato in una cosa di famiglia, sai?” Il padre di Jongdae guardò la moglie e il figlio con un sorriso affettuoso. “Abbiamo chiamato i genitori di Luhan per avere informazioni sui falsi agenti dell'immigrazione, li abbiamo rintracciati attraverso il vecchio capo di Luhan, che era legato a loro. Grandi incontri via Skype con tutti noi sei la sera.”
Minseok spalancò gli occhi. “Quindi è
per questo che sapevi sempre così tanto sulla vita di Luhan!” accusò, indicando Jongdae.
Il migliore amico ridacchiò. “È stato difficile non farmi scoprire. Ma non potevo parlarne. Luhan me lo aveva proibito.”
Minseok guardò male Luhan, il quale sorrise timido, scrollando le spalle.
“Avevamo abbastanza prove da denunciare chiunque fosse coinvolto nella contraffazione della cittadinanza. Ma dovevamo ancora convincere il governo che Luhan e la sua famiglia non erano stati al corrente, mentre procedevano, che fosse illegale. La barriera di comunicazione ci ha decisamente dato una mano, così come la testimonianza di altre persone vittime dello stesso imbroglio. Così abbiamo potuto riavere i soldi che aveva usato per pagare quei documenti fraudolenti, ma abbiamo anche dovuto convincere l'immigrazione a riammetterli nel Paese.”
“Questo è stato difficile,” si intromise Jongdae. “Abbiamo dovuto trovare così tante referenze.”
“Il capo di mio padre,” disse Luhan, contando sulle dita. “I capi dei miei genitori. I miei insegnanti, il nostro padrone di casa, i vicini, il presidente della compagnia in cui mio padre
avrebbe dovuto lavorare, se solo avesse avuto la cittadinanza. Abbiamo dovuto provare di essere stati buoni cittadini durante la nostra permanenza qui, pagando i debiti in tempo e tutto. E dimostrare che saremmo stati cittadini ancora migliori, se ci avessero permesso di entrare.”
“Ho scoperto del caso quando ho fatto visita al padre di Jongdae per parlare di legge,” disse Junmyeon. “A quel punto, tutto ciò di cui avevano bisogno era qualcuno che si offrisse di fare da sponsor alla famiglia per i loro primi cinque anni qui, nel caso non fossero in grado di mantenersi da soli. Sono tornato a casa e ne ho parlato con mio padre, e ha detto che lo avrebbe fatto, se il padre di Luhan avesse garantito di trovare un lavoro.” Beh, questo spiegava perché fossero lì, almeno, e perché Luhan li avesse abbracciato così forte.
“E avrebbe potuto farlo, ricevendo la cittadinanza,” continuò Luhan. “Era un circolo vizioso. Cittadinanza significava lavoro che significava sponsor che significava cittadinanza. C'è voluto un po' per capirlo.”
“Fino a poco tempo fa, era tutto piuttosto... teorico?” disse il padre di Jongdae. “In pratica avevamo tutto quello di cui avevamo bisogno, ma non era sicuro che potessero arrivare qui ed essere ammessi nel paese. Anche se sembrava che avessimo tutti i semafori verdi, qualcosa sarebbe potuto andare storto. Gli ufficiali dell'immigrazione non sono sempre ragionevoli. Se sospettano qualcosa, possono rigirare tutto e rispedirti a casa, e inserire il tuo nome nella lista nera. La domanda era se valesse o meno la pena rischiare questo.”
“E allora abbiamo deciso di... farlo e basta,” disse Luhan, finendo di distribuire i regali. “Non avremmo mai avuto un'occasione migliore, e se non lo avessimo fatto presto, mio padre non avrebbe più avuto un'opportunità di lavoro qui. E le cose si stavano facendo davvero difficili in Cina, eravamo un peso piuttosto grande per la famiglia di Yixing, cercavano di supportare noi quando a malapena potevano mantenere se stessi, quindi abbiamo semplicemente comprato i biglietti dell'aereo. Nessuno di noi ha dormito quella notte, cercando di assicurarci che avessimo tutto quello che ci serviva e sperando di non essere rimandati indietro.”
“Eravamo abbastanza sicuri che sarebbe andato tutto bene,” disse il padre di Jongdae. “Anche se penso che Jongdae fosse un po'
troppo sicuro,” aggiunse, guardando il figlio.
“Avevo un buon presentimento!” protestò il ragazzo. “E avevo ragione!”
“Avevamo quasi deciso di non portarti con noi, Minseok. Ma Jongdae ci ha convinto,” disse la madre dell'amico, sorridendo affettuosa.
“Non sopportavo l'idea di perdermi la faccia di Minseok-hyung quando l'avrebbe visto,” disse Jongdae, sorridendo. “Ed è stato così facile fargli pensare che stessimo andando a prendere qualcun altro.”
“Sei il peggiore,” disse Minseok, ma non c'era veleno nella sua voce. Onestamente, la sua mente stava turbinando ancora, cercando di raccogliere tutte le nuove informazioni. Tutto all'improvviso acquistava un senso – come Luhan fosse stato più silenzioso e impegnato del solito, il fatto che Jongdae fosse sempre più occupato ogni sera, come parlasse così tanto con Junmyeon e tutto. Anche il fatto che la madre lo avesse lasciato andare all'aeroporto per l'ora di cena, senza niente più di un promemoria di prendere l'insulina per tempo. Minseok
era davvero facile da giostrare.
“Siamo stati trattenuti alla dogana per un po',” ammise Luhan. “Il nostro volo è arrivato alle 17, ed è per questo che siete venuti così presto.” Minseok era davvero stupido. “E il signor Kim è venuto a prenderci lì, per presentare tutte le referenze e i documenti. Abbiamo dovuto chiamare un bel po' di persone, come il padre di Junmyeon e il nuovo capo di mio padre. E poi,
alla fine, ci hanno lasciato passare. Ero così eccitato, per poco non piangevo.”
“Non riesco a credere che tutto questo sia avvenuto alle mie spalle,” disse Minseok intontito.
Luhan gli sorrise affettuoso, poi disse all'improvviso, “Oh! Ho un regalo anche per Minseok. Ma voglio darglielo in privato.”
Minseok sbatté le palpebre sorpreso, guardando Luhan frugare nella valigia ormai quasi vuota e tirare fuori una scatolina. “Okay?” rispose. “Non avresti dovuto.”
“No, invece sì,” ribatté Luhan con un sorriso, alzandosi e afferrando il ragazzo per il polso. “Torniamo subito,” cinguettò, trascinando Minseok nella sua stanza, e chiudendo gentilmente la porta con un calcio.
Minseok si voltò verso Luhan curiosamente, osservando la scatolina nella sua mano. “Allora cosa mi hai—”
Prima che potesse finire la domanda, le dita attorno al suo polso si strinsero e lo tirarono in avanti, e all'improvviso Luhan lo stava baciando. Luhan
lo stava baciando. Lo shock pervase il corpo di Minseok – era come se, prima di ora, non si fosse mai davvero reso conto di piacere a Luhan tanto quanto Luhan piaceva a lui, di piacere a Luhan in quel senso. Le soffici labbra di Luhan contro le proprie erano quasi troppo, mandavano scariche di piacere ed eccitazione lungo tutto il corpo di Minseok, ma era ancora troppo sorpreso per muovere un muscolo.
Luhan si ritrasse troppo velocemente, lasciando solo pochi centimetri tra loro, e osservò il viso di Minseok con una punta di apprensione. “…Andava bene?” chiese piano, preoccupato.
Minseok sbatté ancora le palpebre, poi annuì senza una parola.
Luhan sembrava meno che convinto. “Sei sicuro?”
E Luhan stava chiaramente ricevendo un'idea
molto sbagliata, quindi Minseok si sporse, chiudendo le dita attorno alla maglietta del ragazzo, e lo tirò in avanti, premendo le loro labbra insieme con decisione, senza lasciare spazio all'incertezza. Luhan rispose immediatamente e con impazienza, prendendo il viso di Minseok tra le mani mentre lo baciava con un fervore che Minseok non si era aspettato, facendolo indietreggiare fino a sbattere contro il muro, ed emettere un suono sorpreso contro le labbra di Luhan. Luhan rise piano in risposta prima di baciarlo ancora, avvicinandosi a lui in modo che i loro petti si toccassero. Stravolto, Minseok strinse forte la maglietta del ragazzo e cercò di assorbire la sensazione delle labbra di Luhan contro le proprie, Luhan lo stava baciando. Aveva sognato questa situazione per così tanto, ma non si era mai davvero permesso di credere che sarebbe mai successo. Non fino ad ora.
La bocca di Luhan era soffice e insistente e fantastica contro quella di Minseok, ed era un bacio piuttosto casto, solo labbra su labbra e mani gentili, ma era abbastanza da lasciarlo senza fiato.
Si ritrasse solo quando si rese conto che avevano ancora degli ospiti – molti ospiti – dall'altra parte della porta, e Luhan ridacchiò e inseguì le sue labbra, rubando baci che Minseok non respinse fino a che non si convinse che la madre sarebbe venuta a bussare alla sua porta presto. “Lu, Lu, smettila, dobbiamo uscire.”
“Mi sei mancato,” sussurrò Luhan contro la sua bocca. “Ti amo.”
Il cuore di Minseok si sciolse in un istante. “Ti amo anche io,” sospirò in risposta, baciandolo dolcemente. Sarebbero potuti uscire tra qualche secondo. Per ora, Minseok voleva solo crogiolarsi nel fatto che Luhan fosse
qui. E Minseok non lo avrebbe mai lasciato andare.

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Capitolo 42
*** Capitolo 40 ***


Il resto della festa di bentornato passò un po' offuscata. C'era cibo, cortesia delle varie madri, ed era un bene perché Luhan e i suoi genitori non mangiavano da quando avevano preso l'aereo, ma Minseok non poteva mangiare niente di tutto quello, purtroppo. La sua glicemia era già abbastanza sfasata, per tutta quell'eccitazione. (Era piuttosto sicuro che quel bacio l'avesse fatta alzare più di quanto non pensava fosse possibile). Si ricordava di aver abbracciato Jongdae per un bel po', ringraziandolo per aver fatto così tanto pur di far tornare Luhan nel paese.
“Cosa, pensi lo abbia fatto per te?” disse Jongdae giocoso. “Niente affatto. Luhan-hyung è anche un mio amico, sai. Sto considerando di rimpiazzarti con lui.”
Ma ricambiò comunque il suo abbraccio, accettando in silenzio la sua gratitudine, anche se mal riposta.
Lo shock e l'incredulità non lo abbandonarono per lungo tempo, e Minseok spostava costantemente lo sguardo su Luhan man mano che la serata andava avanti, a volte si allungava per toccarlo, solo per assicurarsi che Luhan fosse lì, che fosse
reale e che fosse lì. Luhan andava eccitato dal salotto alla cucina, parlava animatamente con le persone, ma finiva sempre accanto a Minseok, gli afferrava la mano e sorrideva luminoso.
La stanchezza di Luhan cominciò a farsi sentire intorno alle 22 però, il suo corpo cominciò ad accasciarsi, le palpebre cominciarono a calare. I suoi genitori erano andati a casa prima di lui, ma Luhan si rifiutava di andare giù senza lottare, forzando sorrisi e cercando di stare al passo con le conversazioni nonostante non chiudesse occhio da quasi due giorni. L'adrenalina era l'unica cosa che lo teneva sveglio, immaginò Minseok.
“Devi andare a casa,” disse gentilmente, sorridendo affettuosamente per i palesi tentativi di Luhan di stare in piedi. “Dormi.”
“Non voglio,” borbottò in modo infantile lui. “Voglio stare con te.”
Minseok sentì una stretta al cuore, e prese nuovamente la mano di Luhan tra le proprie. “So come ti senti,” mormorò.
“Vuoi venire a casa mia?” gli chiese il ragazzo pietosamente. “Puoi dormire da me, Seok-ah?”
Minseok considerò l'idea, poi disse, “Aspetta, chiedo a mia mamma.”
Luhan si alzò con lui, ma rimase lì quando il maggiore andò a cercare la madre in cucina, dove la donna stava lavando qualche piatto. “Hey, mamma? Posso passare la notte da Luhan?” Si agitò leggermente, incrociando le dita.
La madre si voltò a guardarlo con attenzione. “È questo... che vuoi fare?”
Minseok la guardò confuso. “Uh…sì? Per questo l'ho chiesto.”
“È la sua prima notte qui, Minseok,” disse lei.
“Mi ha invitato lui,” rispose Minseok, accigliandosi. “Ovviamente gli va bene. E poi, è così stanco che si addormenterà non appena arriveremo. Dormirò e basta, e poi mi alzerò e andrò a scuola come sempre.”
La madre lo osservò scettica. “Dormirai... e basta,” ripeté.
Minseok la guardò per un lungo momento, e poi avvampò quando si rese conto di cose stesse insinuando. “Oh mio Dio,
mamma!” Quasi gridò. “Non dormirò con lui!”
In quel momento, Luhan si affacciò da dietro la porta, sorridendo innocentemente, e chiese, “Ah no?”
Minseok si voltò con gli occhi sgranati. “Non fingere di non sapere cosa significhi, tu!” esclamò con veemenza, indicandolo con fare accusatorio, e Luhan rise assonnato. “Sei tu che volevi che venissi a letto con te!” Aspetta. “Voglio dire! Non era questo che volevo dire! Tu – noi non—”
Luhan entrò in cucina, prendendolo per il polso e trascinandolo verso la porta. “Prometto di controllarlo e di assicurarmi che mangi tutto, Signora Kim! Non deve preoccuparsi di niente!” Detto questo, Luhan afferrò lo zaino di Minseok dal gancio accanto alla porta, dandogli a malapena il tempo di infilarsi le scarpe prima di affrettarsi fuori, salutando e ringraziando da sopra la spalla. Minseok sputacchiò nel tragitto, cercando di ricordarsi se avesse abbastanza insulina nello zaino per quella notte e la mattina seguente. Fortunatamente, non aveva avuto bisogno di usare quella della sua scorta di emergenza per molto tempo.
Minseok non si accorse che erano nella linea della metro sbagliata fino a che non si sedettero, accigliandosi confuso. “Uh, Lu? Casa tua è sulla linea blu.”
Luhan ridacchiò. “Non più.”
“Che vuoi dire?” chiese Minseok, perplesso.
“Ne abbiamo una nuova. Un appartamento diverso. Era parte del contratto per tornare qui, o qualcosa del genere. Grazie al nuovo lavoro di mio padre, penso.” Luhan sbadigliò assonnato. “Non l'ho mai visto prima, ma scommetto che è carino.”
Minseok sperava solo che Luhan fosse abbastanza sveglio da ricordarsi come arrivarci.
Poco dopo, però, si ritrovarono a camminare lungo una via silenziosa e illuminata dai lampioni, leggendo i numeri dei palazzi. “Eccolo qua,” disse alla fine Luhan, indicando un edificio alto. Minseok lo guardò – aveva un aspetto decisamente migliore rispetto a quello vecchio, almeno, anche se non era nuovo. “Siamo al numero... aspetta, fammi controllare. Sì, 306.” Si allungò per prendere nuovamente la mano di Minseok, e lo guidò su tre rampe di scale, inciampando una volta ogni tanto. Minseok lo teneva su con un sorriso, trascinandolo fino a che non raggiunsero la porta giusta e Luhan premette goffamente il codice sulla tastierina, illuminandosi visibilmente quando si aprì davvero. Poi entrarono, mano nella mano.
Il nuovo appartamento di Luhan era piccolo, vuoto, buio... e un netto miglioramento rispetto al vecchio. Lo ammirarono insieme per un secondo, e poi Luhan sussurrò, “Andiamo, camera mia è in fondo al corridoio, penso.” Trovarono il bagno prima, e poi un armadio, ma alla fine aprirono la porta di una piccola camera, vuota se non per la valigia di Luhan, un armadio, e un letto ben ordinato. “Guarda, Seok-ah,” sussurrò Luhan. “Un letto tutto mio.”
Minseok si rese conto con sorpresa che questo era più di quanto Luhan non avesse avuto per molto tempo, e strinse forte la mano del ragazzo. “Dai, dormiamo un po'.”
“Già. Vai a prendere la tua insulina.” Minseok sorrise per quanto Luhan pensasse ancora a lui, anche in un momento come questo.
Tornò dopo pochi minuti, e all'improvviso si rese conto che non aveva nulla con sé oltre alle cose per la scuola e i vestiti che aveva indosso. “Uh, Lu? Non ho portato un pigiama.”
Luhan sorrise vagamente, scrollando le spalle. “I miei sono da qualche parte in fondo alla valigia,” disse, indicando il bagaglio. “Possiamo entrambi dormire senza.”
Minseok arrossì imbarazzato, ma Luhan stava già tirando fuori delle soffici magliette per entrambi, per poi cominciare a sbottonare la camicia di Minseok al suo posto quando non si mosse anche dopo aver preso l'indumento. Minseok gli schiaffò via le mani, imbarazzato. “Posso farlo io!” esclamò, voltandosi per infilarsi la maglietta che gli era stata prestata. Quando si rigirò, Luhan era in piedi con solo una maglietta grande e i suoi boxers, e gli sorrideva un po' timido.
“Pronto?”
Minseok deglutì e annuì, lottando con il bottone dei pantaloni.
Luhan ridacchiò, poi si voltò per scivolare sotto le coperte, e Minseok sfruttò l'occasione per togliersi pantaloni e calze e spegnere la luce prima che Luhan potesse guardarlo bene. Il ragazzo rise, chiamandolo piano, “Vieni qui, Seok-ah.”
“Arrivo,” mormorò Minseok, camminando lentamente verso il letto e sdraiandosi sotto le coperte, sforzandosi di non sussultare quando sentì il proprio braccio sfiorare quello di Luhan. Dopotutto, Luhan era il suo
ragazzo. Tutto questo era perfettamente accettabile. Solo che... non era proprio abituato a tutta questa storia del toccarsi, non ancora.
Questo non sembrava essere un problema per Luhan però, - come se lo fosse mai stato – mentre posava una mano attorno al busto del ragazzo per avvicinarlo a sé, facendolo rotolare per averlo di fronte nella semi-oscurità. La luce del panorama di Seoul filtrava attraverso la finestra, e Minseok riusciva a distinguere nell'ombra i tratti sereni di Luhan, che gli sorrideva gentilmente, a pochi centimetri di distanza. Luhan, che al momento stava intrecciando le loro gambe quasi nude, una sensazione sorprendentemente intima per quanto fosse innocente. C'era semplicemente troppa pelle che toccava altra pelle. Minseok sentiva quasi di aver bisogno di un attimo di fiato.
“Hey,” sussurrò piano Luhan, quasi un sospiro. Sorrise e sollevò una mano sulla guancia di Minseok, tracciandola con un dito, e Minseok trattenne il respiro, il cuore batteva abbastanza forte da riempire la stanza.
“Hey,” sussurrò in risposta lui, un sorriso timido gli tirava le labbra. La mano era posata delicatamente sopra un fianco di Luhan – quando era successo? (Sembrava... paurosamente naturale.)
“Sverrò tra tipo, trenta secondi,” gli disse piano Luhan, ancora sorridente. “Ma prima, voglio solo dire che... sono così felice di essere qui, con te, di nuovo.”
Minseok deglutì a fatica, con un stretta al petto che gli impediva di parlare.
“Mi sei mancato davvero così tanto,” sospirò Luhan, quasi incredulo. “Così tanto.”
“Mi sei mancato anche tu,” riuscì a tirar fuori Minseok, con lo stomaco che gli si attorcigliava nel migliore dei modi.
Gli occhi di Luhan si chiusero, probabilmente contro la sua volontà, e poi si chinò per posare le proprie labbra su quelle di Minseok, in modo casto, dolce, un po' decentrato. Minseok ricambiò, chiudendo gli occhi a sua volta mentre il cuore minacciava di uscirgli dal petto. Onestamente, poteva... avrebbe potuto baciare Luhan all'infinito. Ci aveva pensato per così tanto tempo, e ora finalmente
poteva farlo. Ma Luhan era stanco, e aveva bisogno di dormire, quindi Minseok si ritrasse – dopo un secondo e bellissimo terzo bacio che sinceramente non avrebbe potuto rifiutare - e sussurrò, “Dormi.”
Luhan sorrise assonnato, senza nemmeno aprire gli occhi. “Ti amo,” mormorò.
Minseok strinse la presa attorno ai fianchi del ragazzo, con la gola secca. “Ti amo anche io. Buonanotte.”


Luhan tornò a scuola due giorni dopo, indossando un grande sorriso e con la speranza di riuscire a salvare almeno uno o due crediti, in modo da poter seguire un corso un po' più leggero il seguente anno (dato che lo avrebbe dovuto ripetere, inevitabilmente) e lavorare part-time – legalmente- allo stesso tempo. A quel punto, tutti gli insegnati erano venuti a sapere della sua situazione, molti dei quali erano stati contattati come referenza nel loro caso, e alcuni di loro avevano avuto pietà per Luhan, assegnandogli progetti alternativi per recuperare i due mesi in cui erano stato via. Per la maggior parte delle materie, però, non c'era possibilità che passasse. Luhan lavorava ai progetti di recupero durante quelle ore.
Una delle poche materie cui gli era stata data la possibilità di venire promosso era Coreano, ad una condizione – che avesse finito e consegnato il suo progetto fotografico.
“Seriamente non me lo lascerai vedere fino a che non sarà finito?” Chiese Minseok, sdraiato a pancia in giù sul letto di Luhan mentre fissava la testa del ragazzo che lavorava al progetto sul pavimento.
“No!” cinguettò Luhan, sfogliando una pila di fotografie. “È un segreto.”
Minseok sbuffò, picchiettando con una matita sul libro di scienze, lasciando piccoli segni di grafite sulla pagina. Riusciva a sentire Sehun e Jongin discutere su quanto zucchero aggiungere alla caraffa di limonata in cucina – Luhan li invitava ogni volta che poteva, dicendo che era il suo lavoro 'essere un buon hyung dopo essere stato via così a lungo.’ “Pensavo non avessimo più segreti,” si imbronciò.
Luhan ridacchiò. “Eccetto questo.”
“Ma ti dovrei aiutare!” protestò Minseok. “Era parte dell'accordo, all'inizio dell'anno!”
“Hmmmm,” mormorò pensierosamente Luhan, e Minseok pensò quasi di averla avuta vinta, fino a che non disse, “beh, mi puoi aiutare dicendomi come si scrive
favolosamente.”
Minseok grugnì, ma recitò la parola lettera per lettera comunque. “Non penso fosse questo quello che intendeva,” disse, fingendo di leggere i propri appunti per un po'.
Luhan rimase in silenzio per qualche momento, poi esclamò, “Oh! Ci sono!”
“Cosa?”
“Puoi aiutarmi facendomi divertire,” rispose Luhan, voltandosi per sorridergli.
“Lu
haaaaan,” Minseok sospirò.
“Sono serio,” disse il ragazzo, la risata che gli risaliva la gola però diceva il contrario. “Non sono una persona artistica, fare i collage mi annoia e mi mette di malumore. Intrattienimi. Puoi essere il mio fattore distraente ufficiale.”
Minseok grugnì. “Non lo sono già?”
Luhan inclinò la testa. “Immagino di sì,” rispose. “Ma non ci provi abbastanza.”
Minseok si allungò per spingergli la testa, scuotendo la propria. “So già dove andrà finire tutto questo, e non ci casco.” La sensazione dei capelli di Luhan – di
Luhan - sotto alle proprie dita era ancora sorprendente a volte. Il fatto che potesse davvero allungare una mano e toccarlo. “Fai i tuoi compiti, ne hai una tonnellata.”
Luhan si girò con facilità e afferrò il polso della mano che gli stava spingendo la testa, e prima che potesse accorgersene, Minseok venne tirato giù dal letto e sopra Luhan, strillando e poi ridendo quando il più piccolo si lamentò a gran voce per la gomitata allo stomaco. Un momento dopo, Luhan ridacchiò in mezzo ad un bacio, le dita intrecciate tra i capelli di Minseok, il quale sospirò felice. Entrambi si dimenticarono momentaneamente di tutto il lavoro che avevano da fare.
“Non penso dovremmo entrare là dentro,” la voce soffocata di Sehun arrivò dall'altra parte della porta. “Sembra stiano facendo qualcosa di disgustoso.”


Alla madre adottiva di Sehun di solito non importava dove Sehun andasse e quando, purché tornasse a casa prima delle 10 quando c'era scuola e si tenesse fuori dai guai. Era più di quanto le sue vecchie famiglie avessero fatto – la maggior parte di esse andava da un estremo all'altro, o non gli importava affatto di dove fosse, o volevano sapere dove fosse ad ogni ora e gli dava regole molto rigide. Poteva dire di essere grato per questa situazione.
Rimase comunque sorpreso quando la madre lo fermò mentre stava per uscire dopo cena una sera. “Dove stai andando?” chiese, sorridendo gentilmente.
“Mi vedo con Jongin,” rispose semplicemente Sehun, appiattendosi la frangetta sulla fronte.
La donna fece un suono vago. “Mi piacerebbe conoscere questo Jongin qualche volta,” disse. “Ufficialmente.”
Sehun si accigliò contro la propria volontà, automaticamente sospettoso. “Perché?”
“Perché,” cominciò la donna con un sorriso. “Sono curiosa di questo misterioso ragazzo che ha sciolto il cuore di mio figlio.”
Sehun si irrigidì, fissandola. Qualche mese fa, avrebbe trovato questa frase sbagliata per diversi motivi. Prima di tutto, che qualcuno avesse
sciolto il suo cuore. E cosa più importante, la parola 'figlio'. Perché Sehun era solo una ragazzo adottato. Un caso di pietà, o una fonte di guadagno. Qualche mese fa, sarebbe sbottato contro la donna che fingeva di essere la sua vera madre, ma... molte cose erano cambiate da allora. Lui era cambiato. Quindi invece di farlo notare alla madre, disse semplicemente, “Gli chiederò se gli va di venire a casa qualche volta, allora.”
La donna sorrise calorosamente.
Jongin, ovviamente, disse a Sehun che avrebbe
amato incontrare la sua famiglia adottiva. Anzi, sembrava piuttosto estasiato anche solo per la richiesta. Sehun, d'altra parte, era stranamente nervoso. È solo che... Jongin non era mai stato a casa di Sehun prima, nonostante l'avesse vista esternamente un paio di volte, alla Vigilia di Natale quando gli aveva portato il regalo e qualche volta quando lo aveva riaccompagnato a casa. Ma non aveva mai visto l'interno prima, né aveva mai conosciuto formalmente i membri della sua famiglia adottiva, avevano giusto scambiato qualche parola sull'uscio della porta. Sembrava una cosa stupidamente grande invitare Jongin a casa per cena. Spaventosa e snervante.
Ma Jongin sembrava così felice di essere stato invitato che Sehun non riuscì a ritrarre l'offerta.
“Jongin,
davvero non devi portare un regalo,” Sehun sospirò esasperato mentre si avviavano da casa di Jongin, essendosi fermati lì dopo le prove di danza.
“Sì che devo!” insistette Jongin con un sorriso, sollevando il piccolo cestino regalo pieno di frutta e cioccolatini. “È buona educazione!”
“Io non ho portato niente quando sono venuto a casa
tua,” grugnì Sehun.
“Ahh, non mi aspettavo che lo facessi,” gli assicurò Jongin, anche se Sehun pensò che forse
sarebbe stato educato farlo. Nessuno gli aveva mai insegnato le regole della buona etichetta. “E poi, non stavamo nemmeno insieme allora.”
Sehun arrossì leggermente, abbassando la testa. “Immagino sia così,” borbottò.
“Non è nemmeno un cestino grande,” continuò Jongin, “quindi non sentirti a disagio o niente del genere.”
Sehun rise burberamente, pensando già a quanto sarebbero sembrati fuori luogo quegli eleganti cioccolatini nel suo appartamento consunto. Un'altra ragione per cui non voleva portare Jongin là dentro.
Prima che potesse accorgersene, però, arrivarono, e Sehun fece strada oltre la porta con esitazione, togliendosi le scarpe. “Siamo qui,” disse piano.
La madre adottiva apparve immediatamente dalla cucina, il fratellino uscì dalla cameretta un momento dopo. “Ciao,” disse la donna, sorridendo accogliente. “Tu devi essere Jongin.”
Jongin sorrise accanto a Sehun, facendo un profondo inchino. “È un piacere incontrarla,” disse, e sembrava davvero così. “Sehun mi ha parlato tanto di lei.” Le porse il cestino regalo, e Sehun arrossì ancora. “Ecco, ho portato questo per voi.”
Il sorriso della madre si allargò, chiaramente incantata. “Beh, grazie Jongin,” disse, avvicinandosi per prenderlo. “È stato carino da parte tua.”
“Io sono Taewoon!” esclamò forte il fratellino adottivo di Sehun, il quale grugnì piano. “Ho sette anni!”
“Me lo ricordo!” esclamò Jongin, sorridendogli. “Mi fa piacere incontrarti di nuovo.” Sehun si ricordava vagamente che i due avevano parlato per qualche momento alla Vigilia prima che fosse potuto intervenire.
E poi, forte e chiaro, Taewoon chiese, “È il tuo ragazzo, Sehun?”
All'improvviso, tutti gli occhi furono su di lui,
inclusi quelli di Jongin, e Sehun avvampò. Avrebbe voluto che Jongin dicesse qualcosa, ti prego, ma rimase in silenzio insieme agli altri, quindi Sehun deglutì a fatica e annuì a scatti.
La mano di Jongin si chiuse immediatamente intorno alla sua, il suo sorriso accecante, e anche la madre adottiva sorrise contenta, non sembrando affatto sorpresa. “Okay!” cinguettò Taewoon.
Un gran sospiro di sollievo lasciò i polmoni di Sehun, lasciandolo un po' stordito.
Il padre adottivo di Sehun tornò dal lavoro qualche momento più tardi, e ripeterono ancora una volta le presentazioni, con Taewoon che disse orgogliosamente al padre, “Questo è il ragazzo di Sehun!” Così come la moglie, l'uomo non sembrò sorpreso dalla notizia, anche se non sembrava proprio gioire per la cosa. Pochi minuti dopo, però, si ritrovarono tutti seduti attorno al tavolo, e sebbene la cena fosse semplice e niente di straordinario, Jongin mangiò con entusiasmo, così solare e affascinante mentre chiacchierava con la famiglia di Sehun che ben presto anche il padre iniziò a ridere insieme agli altri.
Non sollevò mai lo sguardo sulla lampadina nuda sul soffitto, o sulla carta da parati che si stava staccando accanto alla finestra.
Fuggirono in camera di Sehun subito dopo aver finito di mangiare, con Jongin che si sdraiò sul suo letto e Sehun che si sedette accanto a lui, con le guance ancora rosse, forse per sempre. Jongin allungò una mano e afferrò quella che Sehun aveva posato su una coscia per portarsela al viso e posare la calde labbra sul palmo. “Allora,” disse piano, guardando Sehun e baciandogli il polso. “Il tuo ragazzo, huh?”
Sehun avvampò ancora, evitando il suo sguardo. Se n'era quasi dimenticato. “Beh, ha sette anni,” commentò, schiarendosi la gola. “Non comprende termini che vadano oltre amico, fidanzato e marito.”
Jongin continuò a baciarlo lungo il braccio, tirandolo lentamente più vicino. “Quindi non sono il tuo ragazzo?”
Sehun scrollò le spalle, senza guardarlo. “Non ne abbiamo mai parlato. Voglio dire, non dobbiamo usare parole come quelle. Se non ti va.” Si morse la lingua.
Jongin lo stava ancora guardando; Sehun riusciva a sentire il suo sguardo. “A
te piacerebbe?”
Sehun scrollò ancora le spalle, il cuore batteva debolmente.
Jongin gli morse gentilmente la pelle. “Non fare il vago con me, Oh Sehun,” disse, con tono gentile.
Sehun si rifiutava di guardarlo, ma alla fine, dopo un profondo respiro rispose piano, “Non mi dispiacerebbe.”
“Bene,” disse Jongin, e Sehun si voltò e lo vide sorridere prima di essere tirato giù, un bacio posato sulle sue labbra. “Piacerebbe anche a me.”
Sehun sorrise contro le sua labbra, riempito da un calore piacevole, e Jongin gli passò una mano tra i capelli, sollevandogli il mento per approfondire il bacio, quando uno squittio proveniente dalla porta li distrasse.
Sehun saltò su e vide Taewoon sull'uscio, che sbirciava attraverso le dita con cui si copriva il viso.
Diventando di mille colori fino alla punta dei capelli, Sehun si mise in piedi e disse, “Vattene!” prima di sbattere la porta. Taewoon però si mise immediatamente a singhiozzare dall'altra parte, e Sehun sibilò sottovoce prima di riaprire la porta. “Hey,” disse piano, inginocchiandosi davanti al bambino. “Scusa, non volevo spaventarti. Ero solo sorpreso di vederti lì. Dovresti bussare prima.”
“Mi dispiace,” piagnucolò Taewoon.
“Hey, è tutto okay,” rispose Sehun, in quello che sperava fosse un tono rassicurante. Asciugò le lacrime dalle guance tonde di Taewoon. “Non volevo, lo giuro.”
“Okay,” mormorò Taewoon, strofinando il viso contro il palmo di Sehun.
“Solo non, uh… non dirlo a tua madre, okay?”
Incluso il fatto che ci hai visto baciarci sul mio letto.
Taewoon tirò sul col naso, guardandolo, e l'unica cosa che disse fu, “È anche tua mamma, sai.”
Il cuore di Sehun perse un battito, per poi palpitare leggermente, ma non in modo doloroso. “Io—sì, lo so,” disse piano.
Taewoon se ne andò un momento dopo, e Sehun chiuse la porta piano prima di buttarsi sul letto con un grugnito.
Jongin ridacchiò, passandogli una mano tra i capelli. “Sei adorabile con i bambini,” disse piano. “Dico, davvero adorabile.”
“Quanto ti stai pentendo di essere venuto qui?” chiese Sehun, sospirando.
Jongin si scostò la frangia, poi si voltò a guardarlo, con quel sorriso affettuoso che Sehun conosceva così bene. “Per niente,” rispose. “Sono davvero felice.”
Sehun ricambiò il sorriso, gonfiando il petto.
“Sono soltanto davvero felice, Sehun,” disse piano Jongin. “Che tu mi abbia…lasciato entrare.”
“Anche io,” sussurrò il ragazzo, ed ebbe la sensazione che non stessero più parlando della casa.


“Tieni gli occhi chiusi, Seok-ah, deve essere una sorpresa.”
“Ho sentito a quale fermata siamo scesi, Lu, non ci sono molti posti in cui potremmo andare.”
“Minseooooook. Stai rovinando tutto.”
“Dovremmo
studiare, sai.”
“Si chiama
fare una pausa. Hey, non sbirciare.”
Minseok sospirò e cercò di evitare che le sue labbra si aprissero in un sorriso. Avrebbero davvero dovuto studiare, ma Luhan era arrivato per tirarlo fuori dalla sua stanza, insistendo che chiudesse gli occhi non appena ebbero raggiunto la stazione della metro. E come avrebbe potuto dire no, quando Luhan era così entusiasta per quella sua piccola 'sorpresa'?
Non che fosse una sorpresa, considerando che Minseok aveva passato praticamente ogni minuto libero del suo tempo sul campo da calcio prima di scoprire di essere diabetico. Conosceva la strada da casa sua come il palmo della sua mano.
Tenne comunque gli occhi chiusi, lasciando che Luhan lo guidasse per mano, ascoltandolo parlare. “Ah, ci siamo!”
Minseok sorrise, sollevando il viso verso il sole che splendeva sopra di loro senza aprire gli occhi. “Oh? E dove siamo?” chiese, tenendo il gioco.
Luhan prese entrambe le mani di Minseok tra le proprie, facendolo avvicinare a sé, e si schiarì la gola. “Tempo fa,” disse, “Ho portato un ragazzo carino a guardare un film per San Valentino.”
Minseok rise.
“Zitto. Ho portato un ragazzo carino al cinema, e stupidamente ho detto, ‘Questo non è un appuntamento!’ Anche se avrei voluto che lo fosse. E questo ha causato un bel po' di problemi tra noi.” Luhan sorrise tristemente. “Ma comunque. Oggi, vorrei solo chiarire che questo
è un appuntamento. Un vero appuntamento.”
Minseok strinse le mani di Luhan e sorrise affettuoso. “Posso aprire gli occhi ora?”
“Sì.”
Minseok lo fece, sorridendo mentre si guardava intorno. “Ahhh, quindi giochiamo a calcio oggi?”
“Lo sapevi già,” disse Luhan imbronciandosi.
“Hai preso le mie scarpette da calcio dalla scarpiera,” rispose lui con un sorriso, scuotendo leggermente la mano del ragazzo. “Ora andiamo, giochiamo.”
Luhan indossò velocemente le scarpette che Minseok gli aveva mandato per il compleanno e gliele mostrò con orgoglio, vantandosi amichevolmente mentre Minseok si riscaldava. “Nessuno può battermi quando indosso queste scarpe! Potrai anche essere il mio ragazzo, ma ti distruggerò!” Minseok si limitò a grugnire in risposta, e finse di non guardare le braccia di Luhan mentre faceva stretching.
Nonostante le precedenti parole di Luhan, il ragazzo finì per non essere tanto spietato quanto aveva detto – anzi, era quasi imbarazzantemente educato sul campo. Minseok correva veloce e faceva del suo meglio, ma veniva spesso distratto da bordi di pelle e muscoli che si flettevano. Luhan, invece, non stava
affatto facendo del suo meglio, lasciava che delle palle facili entrassero in rete, e permetteva a Minseok di rubargli la palla senza troppi sforzi.
“Lu
haaaaan,” Minseok si lamentò, affannato. “Mi stai facendo vincere.”
Luhan rise timidamente. “Non è quello che fanno i fidanzati?”
Minseok gli diede un calcetto guardandolo male. “Questo mi fa sembrare il ragazzo cattivo, che fa del suo meglio da solo. Smettila. O ti do un calcio in faccia.”
Luhan rise sorpreso. “Questo è un abuso!” protestò.
“Smettila di lasciarmi vincere, e non lo farò!” esclamò Minseok, sorridendo.
“Stavo solo cercando di essere carino,” sbuffò Luhan, ma si stava già preparando.
“Meno carinerie, più sforzo,” disse Minseok, riprendendo a correre.
“D'accordo!” gridò in risposta Luhan, rincorrendolo.
Fedele alla parola data, Luhan si sforzò decisamente di più, e con la terribile resistenza di Minseok, presto si ritrovò quasi a danzare attorno a lui, dribblando la palla tra i suoi piedi. A Minseok non importava, rideva per i tentativi del ragazzo di dimostrare quanto fosse bravo quando ci provava davvero.
Troppo presto, però, Minseok si sentì esausto e intontito, e sapendo che era dato dall'ipoglicemia grugnì frustrato. Come rovinare il divertimento. Smise di correre e posò le mani sulle ginocchia, cercando di capire a che livello le vertigini fossero causate dall'aver corso troppo, e un momento dopo, Luhan si scontrò con lui, mandando entrambi a terra. Minseok stava per rimproverarlo quando Luhan cominciò a ridere, ed era così contagioso che Minseok non poté fare a meno di unirsi a lui, sentendo il petto del ragazzo sollevarsi e abbassarsi contro di lui, i loro cuori tamburellavano.
“Scusa, Seok-ah,” canticchiò Luhan, e si spostò per bloccargli i fianchi, scostando affettuosamente i capelli di Minseok prima di avvicinarsi e posare un bacio sulle sue labbra, calde e morbide.
Il respiro di Minseok si bloccò in gola mentre le mani si muovevano automaticamente ai fianchi della maglia di Luhan, formicolanti per il desiderio di premere i palmi sulla calda striscia di pelle sotto l'orlo. Luhan gli prese il mento e lo baciò ancora, più a fondo, e Minseok ricambiò entusiasta, rabbrividendo quando una lingua calda scivolò lungo il suo labbro inferiore prima di scomparire. Poi Luhan scostò le labbra da quelle di Minseok, spostandosi invece sotto il mento, premendo baci umidi sulla pelle sudata, scendendo lungo il collo mentre Minseok annaspava e la sua schiena si inarcava inconsciamente. Non avevano mai fatto
questo prima, e il piacere scuoteva il corpo di Minseok, facendolo reagire in modi fantastici e terribili allo stesso tempo.
Quando la bocca di Luhan trovò la sua clavicola, con la mano che abbassava il colletto della maglietta, Minseok sentì la mente pericolosamente offuscata, la sua vista si annebbiava.
“Lu, fermo, fermo,” si affannò, spingendolo via controvoglia. “Stai facendo fare cose strane alla mia glicemia, penso che sverrò.”
Luhan si ritrasse immediatamente, imprecando sottovoce e spostandosi da sopra di lui. Aveva il viso rosso, le labbra umide e gonfie, e Minseok si sentì un idiota. “Alta o bassa?” chiese con sincerità Luhan.
“Bassa,” grugnì Minseok, sentendosi scosso e disorientato e imbarazzato. Quanto poco sexy poteva essere
Penso che sverrò?
Luhan si allontanò, e un minuto dopo tornò, aiutando Minseok ad alzarsi a sedere e portandogli una lattina di succo alle labbra. Cominciò a sentirsi meglio nel momento in cui lo zuccherò iniziò a circolare nel sangue, ma si sentiva ancora stupido, allo stesso tempo grato per le mani confortanti e la voce rassicurante di Luhan e imbarazzato per il fatto che ne avesse bisogno.
“Mi dispiace,” grugnì, sdraiandosi sull'erba e chiudendo gli occhi, sentendo il sole battere sul suo viso sudato. “È stato stupido.”
Luhan grugnì leggermente sopra di lui. “Sfortuna, più che altro.”
Minseok sospirò e si coprì il viso con le braccia, lo stomaco sottosopra. “Perché mi ami,” mormorò. “Perché hai fatto tutto questo per stare con una persona con così tanti problemi.”
Regnò il silenzio per un momento, e poi Luhan disse, “Non l'ho fatto. Ci sono tante ragioni per cui ho fatto tutto questo.” Afferrò le braccia di Minseok, spostandole dal suo viso per piegarsi su di lui, a testa in giù e sorridente. “Ma nessuna di esse era per sentirti buttarti giù in questo modo. Sto con te perché ti amo, quindi chiudi il becco.” Passò gentilmente un pollice sulla guancia di Minseok. “Pensi che io non abbia problemi? Pensi che non mi chieda perché stai ancora con me nonostante faccia ancora errori in coreano, nonostante debba ripetere l'ultimo anno e nonostante sia stato deportato? Ma confido nel fatto che tu stia con me perché mi ami davvero, nonostante tutto. Spero tu faccia lo stesso con me.”
Minseok si mordicchiò il labbro e lo guardò. “È così, lo sai,” sussurrò. “Ti amo.”
Il viso di Luhan si aprì in un sorriso, e diede uno schiaffetto al braccio di Minseok. “Lo so che mi ami, stupido. Ora andiamo, torniamo a casa se ti senti meglio. Dovremmo
davvero studiare.”
La mano di Minseok si chiuse sulla maglietta di Luhan per evitare che si alzasse prima che si accorgesse di cosa stesse facendo. “Aspetta,” disse, poi arrossì quando si rese conto di cosa stava per dire.
“Cosa?”
“Non abbiamo... finito…” mormorò, tirando giù Luhan gentilmente.
Luhan rise allegro. “Certo, come ho fatto a dimenticarmene,” disse, per poi avvicinarsi e catturare le labbra di Minseok con le proprie.

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Capitolo 43
*** Capitolo 41 ***


Jongdae vinse le elezioni. Ovviamente vinse le elezioni. Sapeva che le avrebbe vinte, perché era un ragazzo che piaceva a tutti, che parlava bene in pubblico e che aveva ricevuto suggerimenti dal migliore. Aveva una campagna solida, e sapeva che avrebbe ottenuto molti voti. Eppure, quando il suo nome venne fatto durante l'assemblea, lo shock gli pervase il corpo, e per poco non si dimenticò di alzarsi e dirigersi sul palco. Fece un inchino profondo, ringraziò il preside e gli insegnanti e il corpo studentesco che aveva votato per lui, e accettò il certificato da Junmyeon – il vecchio presidente del consiglio, che passava il testimone a quello nuovo. Junmyeon sorrise calorosamente, in modo genuino, e gli diede una pacca sulla spalla, e Jongdae sorrise immediatamente in risposta, sopraffatto dagli applausi e tutto.
E poi, all'improvviso, tutto fu finito e si ritrovò a vagare intorno senza uno scopo, uno studente come gli altri. Il suo lavoro non sarebbe iniziato fino all'anno successivo, anche se aveva il titolo ora, e la giornata era finita, e passò dal ricevere applausi e congratulazioni ad essere il solito vecchio Jongdae, in piedi in corridoio, da solo.
Dovette restare fino a tardi per avere qualche delucidazione sulle sue future mansioni e tutto, quindi i corridoi erano vuoti mentre si dirigeva all'armadietto per raccogliere le proprie cose. Minseok lo aveva intercettato dopo l'assemblea per dirgli di andare da lui quando avrebbe finito, quindi era lì che si sarebbe diretto una volta uscito da lì.
Stava per arrivare all'ingresso quando una voce familiare lo chiamò, “Jongdae-yah!” La sua eccitazione lasciò il suo corpo in un secondo, e si voltò lentamente, cercando di mantenere il sorriso sul viso.
“Oh, Junmyeon-hyung!” disse, cercando di
sembrare almeno sincero. “Hai bisogno di qualcosa?”
“No, no,” rispose il ragazzo, sorridendo mentre si avvicinava e gli dava una pacca sulla spalla. “Volevo solo congratularmi ancora, sai, in privato. Per aver vinto le elezioni. Sapevo che ce l'avresti fatta, davvero.”
Jongdae abbassò la testa, sperando che passasse come timidezza e non che stesse cercando di evitare il suo sguardo. Era stupido, forse, che si sentisse ancora rancoroso e ferito dopo tutto quel tempo. Ma era così. “Grazie, hyung,” disse. Odiava il fatto che Junmyeon fosse ancora gentile, quando Jongdae a malapena sopportava di parlare con lui. Voleva essere arrabbiato con Junmyeon, ma il maggiore glielo rendeva così difficile.
“Ero così orgogliosi di te,” disse Junmyeon, illuminandosi, ed eccolo di nuovo. Così perfetto. Così piacevole. “Sono stato terribilmente di parte in queste elezioni.”
Jongdae si morse la lingua e desiderò che per una volta Junmyeon potesse fare lo stronzo, per ricordargli perché lo odiasse così tanto. Jongdae
voleva odiarlo. Quindi disse, “Come sta la tua ragazza, hyung?”
Alzò lo sguardo e vide Junmyeon guardarlo sorpreso, per poi grattarsi la testa timidamente. “Ah,” disse a disagio. “Abbiamo rotto.”
Jongdae lo fissò. “Voi—ah sì?”
“Già,” rispose lui con una piccola risata. “Non... non stava funzionando e basta. Mi sono reso conto che non mi piaceva davvero... così tanto. Non era giusto nei suoi confronti, o nei miei, sai?”
“Oh, che... peccato,” disse Jongdae, ma non provava alcuna pietà. Anzi, all'improvviso si sentiva davvero, ridicolmente felice. Dovette concentrarsi per evitare che un sorriso gli si aprisse sul viso, ed era davvero terribile. Junmyeon non aveva una ragazza. Non gli era nemmeno
piaciuta la sua ragazza quando erano stati insieme. Non aveva alcun senso, ma Jongdae era così stupidamente felice. La sua voce uscì leggermente affannata quando chiese, “Allora chi ti piace?” E tutto ad un tratto si rese conto, con sorprendente chiarezza, che ogni battito del suo cuore era un'altra ripetizione di dì me, dì me, dì me. Lo travolse completamente. Ma allo stesso tempo... non l'aveva provato per tutto questo tempo?
Ma Junmyeon si limitò a sorridere tristemente e disse, “Nessuno, immagino.”
Jongdae deglutì a fatica, e le parole gli stavano risalendo la gola, danzavano sulla sua lingua, ma nemmeno lui sapeva quali fossero mentre apriva la bocca per pronunciarle.
Prima che potesse emettere alcun suono, però, Junmyeon disse, “Comunque, devo andare a finire un paio di cose. Ci vediamo in giro!” E si allontanò con un cenno di saluto e un sorriso.
“Hyung!” lo chiamò Jongdae, con il cuore che batteva all'impazzata.
Junmyeon si voltò, gli occhi sgranati. “Cosa?”
Il nodo che aveva in gola era difficile da mandar giù. “Posso... è ancora valida l'offerta? Posso chiederti consigli sulla carica di presidente del consiglio studentesco?”
Le labbra di Junmyeon si tesero in un sorriso caloroso. “Certamente, Jongdae-yah.”
Il cuore di Jongdae palpitò stupidamente al nomignolo familiare mentre sorrideva in risposta, salutando Junmyeon quando si voltò ancora.
Okay, quindi forse Minseok aveva sempre avuto ragione. Forse tutti
sono un po' gay. Magari Jongdae, forse, era un po' tanto gay. Forse tutto quello che ci voleva era la persona giusta.
Jongdae sperava solamente che la cosa valesse anche per Junmyeon.


Minseok aveva programmato di dare una festa per Jongdae sia che avesse vinto le elezione sia che avesse perso, onestamente. Pianificava tutto da mesi, riorganizzando la propria agenda e invitando i loro amici. Se Jongdae avesse perso, sarebbe stata una festa da 'hey è tutto okay, quella carica fa schifo comunque', e se avesse vinto, sarebbe stata una festa di congratulazioni. Fortunatamente andò a finire bene, quindi Minseok gli aveva chiesto di andare da lui con tono allegro, e aveva chiamato tutti per ricordar loro che avevano promesso di essere lì.
E intendeva davvero
tutti i loro amici. Persino Sehun e Jongin sarebbero venuti, sotto richiesta di Luhan. Anche Baekhyun e Chanyeol erano tornati a casa con Minseok, e Kyungsoo si incontrò con loro davanti alla porta, vestito e pronto ad andare. Organizzarono la festa sul tetto del palazzo, dove il sole splendeva, una fresca brezza soffiava e, cosa più importante di tutte, c'era abbastanza spazio per accogliere otto chiassosi ragazzi (con il vantaggio di essere un posto isolato e abbastanza vicino a casa in modo che Kyungsoo non si sentisse troppo intimidito). Sistemarono le sedie e i palloncini e un tavolo ripiegabile da picnic, bloccando la tovaglia con lattine di soda, e Minseok andò a prendere Jongdae fuori dall'ascensore.
“Hyung,” disse Jongdae quando Minseok entrò nel cubicolo una volta che le porte si furono aperte, senza nemmeno notare che sarebbe dovuto essere lui ad uscire. “Ho delle notizie davvero importanti, ma devi promettere di non ridere di me.”
Minseok lo studiò con attenzione. Doveva essere importante, se Jongdae non aveva nemmeno notato che avevano superato il loro piano. “Okay…?”
“Penso di essere innamorato di Junmyeon-hyung.”
Minseok grugnì forte, un solo sbuffo prima di coprirsi la bocca con la mano. Jongdae lo guardò male, e Minseok si costrinse a ricomporsi, ma stava ancora ridacchiando quando disse, “Oh davvero? Pensi questo?”
“Hai detto che non avresti riso! Sono serio, hyung! Si è lasciato con la ragazza.”
“Per te?” chiese Minseok, inarcando un sopracciglio. Sinceramente, non era rimasto sorpreso dalla confessione di Jongdae (anche se si era aspettato che ci volesse un po' di più prima che se ne rendesse conto), ma questa rottura era una novità.
Jongdae si mosse a disagio. “Beh... no. Ha solo detto che non le piaceva poi tanto.”
“Perché... gli piaci tu?” Minseok non riusciva a capire perché l'amico sembrasse così felice in quel momento.
“Beh lui non l'ha
detto... pensi che potrebbe?” chiese Jongdae, sembrando stupidamente speranzoso.
“Non lo so, Jongdae! Mi ci sono voluti nove mesi e diverse dichiarazioni molto chiare per rendermi conto di piacere a Luhan!” esclamò Minseok, scuotendo la testa. “Quindi ora andrai dietro a Junmyeon? Dovrei invitarlo a casa?”
All'improvviso, gli occhi di Jongdae si spalancarono per la paura. “Oh, no. No no no. Io non... non so come avere una cotta per un ragazzo. Come fai a capire se gli piacciono i ragazzi? Come flirti con loro? E poi ha appena rotto con la ragazza, non è appropriato provarci subito con lui, o no? E poi, ho paura. Ecco, l'ho detto. A quanto pare sono improvvisamente gay e innamorato di Kim Junmyeon, il quale parla con me più che altro perché mio padre è un avvocato e perché ora sono il presidente del consiglio studentesco e ho paura.”
Minseok sorrise sarcasticamente, dando qualche pacca sulla spalla dell'amico. “Beh ho qualcosa per distrarti un po',” disse, facendo un cenno verso la porta alla quale si stavano ora avvicinando. Dubitava che Jongdae si fosse anche solo reso conto che avevano lasciato l'ascensore.
“Ah sì? Che succede?”
Come da copione, la porta che conduceva al tetto si aprì di scatto, e un coro di voci gridò, “Sorpresa!”
Jongdae rimase a bocca aperta. “Ma che – è il mio compleanno?”
Minseok rise, dandogli un colpo. “Idiota, da quando il tuo compleanno è a metà giugno? Stiamo festeggiando la tua vittoria nella campagna, ovviamente.”
“Oh. Oh, giusto, quella! Viva me!” Jongdae fece un gran sorriso, e Minseok immaginò fossero salvi dall'ansia sulla sua sessualità per il momento.
Ad essere sinceri, la festa non era un grande evento. Non c'erano tante cose che si potevano fare sul tetto del palazzo di Minseok. Ma era piacevole essere riuniti tutti insieme, e c'erano cibo, giochi di società e spazio per sedersi e parlare di altre cose che non fossero gli imminenti esami. A Jongdae piaceva essere al centro dell'attenzione, non importava quale fosse l'occasione, quindi si stava davvero divertendo, ed era bello da vedere.
Finirono per giocare a Non Ho Mai, in memoria dei vecchi tempi. Spiegarono in breve le regole a Jongin e Sehun, che la volta precedente non erano stati presenti, e poi iniziarono, con delle affermazioni che diventavano sempre più assurde mano a mano che il gioco procedeva. Alla fine, cominciarono ad elencare cose che
avevano fatto, per vedere chi invece non le aveva fatte.
“Mi sono ubriacato,” disse Jongdae.
Nessuno abbassò un dito. “L'hai fatto davvero?” chiese scettico Minseok.
“No,” confessò il ragazzo, prendendo un sorso dalla sua lattina di succo di mela. “Ma volevo vedere se qualcuno avrebbe confessato. Sono stato piuttosto brillo alla scorsa festa di Natale, però. Non sapevo ci fosse dell'alcol nel punch.”
“Che tipo di Natale passa la tua famiglia?” chiese Baekhyun, ridendo. Minseok fingeva di non vedere la sua mano sotto la maglia di Chanyeol, anche se era semplicemente posata sul suo fianco.
“Selvaggio,” rispose Jongdae, muovendo le sopracciglia. “Davvero però, è stato mio zio. Apprezza un po' troppo il rum.”
“È un pirata?” chiese Chanyeol, e per qualche ragione tutti risero.
“Ho ucciso qualcosa,” disse Jongin, e tutti gli lanciarono sguardi che variavano dall'incredulo all'allarmato. “Era un pesce!” spiegò velocemente. “Stavo pescando con mio padre!” Poi, a bassa voce, “Ho pianto solo un po'.” Sehun sorrise accanto a lui.
Luhan abbassò un dito. “Ho accidentalmente ucciso il mio pesce rosso quando ero un bambino,” confessò. “È stato tragico, e non scenderò nei dettagli.”
“In questo caso,” si aggiunse Chanyeol, abbassando un dito timidamente.
“Immagino che gli insetti non contino,” disse Sehun.
“Ho ucciso diverse piante,” disse solennemente Kyungsoo, e Minseok ridacchiò.
“Ho baciato un ragazzo,” disse Minseok, solo per ridere per il fatto che Jongdae fu l'unico a non abbassare il dito. Il più piccolo gli fece una linguaccia in modo infantile. “Jongdae ci sta lavorando.”
“Hyung!” protestò l'amico, arrossendo, e oh, questa era una cosa nuova. Minseok si stava proprio divertendo.
“Ho baciato un ragazzo nelle
ultime 24 ore,” chiarì Minseok, guardando Kyungsoo risollevare un dito, sembrando imbarazzato. “Puoi baciare Jongdae, Soo, così non sarai più lasciato fuori.”
Jongdae squittì, e Kyungsoo disse pacatamente, “È disgustoso, hyung.”
“Scusa tanto!” esclamò Jongdae. “Ti
piacerebbe potermi baciare.”
“Ew,” ribatté Kyungsoo, facendo una smorfia. “Non sei il mio tipo.”
“Ma Minseok lo è?” chiese Luhan, sollevando un sopracciglio sospettoso. “Lo hai baciato.”
“Quello è successo tipo cinque anni fa! E non era perché mi piacesse!” si difese Kyungsoo. “Aiutami, hyung,” disse, guardando Minseok.
Minseok rise. “Hey,
tu hai baciato me, non ho parte in tutto questo. E poi, non mi importa se sono il tuo tipo.” Sorrise.
“Sarebbe come un
incesto, hyung,” disse Kyungsoo, rabbrividendo, e Minseok ridacchiò.
“Sappiamo tutti qual è il tipo di Kyungsoo, comunque,” si intromise Jongdae. “Sapete, capelli neri, occhi assonnati, parla cinese—”
Kyungsoo urlò e schiaffò una mano sulla bocca del ragazzo, mortificato, e Minseok a malapena notò la reazione del vicino per il troppo orgoglio che provò quando Kyungsoo toccò il
viso di Jongdae, senza correre poi al lavandino più vicino per lavarsi le mani. Un momento dopo tirò fuori una boccetta di antibatterico per le mani, ma lo fece con calma, senza urgenza. Minseok sprizzava felicità.
“Parlando di Yixing,” riprese Luhan, ignorando le guance rosse di Kyungsoo. “Continua a ricordarmi di ricordarti che puoi chiamarlo quando vuoi, o lasciargli un messaggio, o mandargli qualche foto, o quello che vuoi. Lo hai fatto, vero?”
“Sì, hyung,” mormorò Kyungsoo, abbassando la testa imbarazzato. “Parlo con lui ogni giorno, cosa vuole di più?”
“Vuole che parli con lui
tutto il giorno,” rise Luhan. “E poi vuole migliorare il proprio coreano. Sai, nel caso dovesse mai venire qui.”
Kyungsoo sbatté le palpebre. “È davvero una possibilità fattibile?”
“Non so cosa significhi 'fattibile', ma ne ha sicuramente parlato,” disse Luhan, sorridendo. “Gli piacerebbe venire a trovarti. Voglio dire trovarmi. Ha.”
Kyungsoo nascose immediatamente il viso.
“Smettila,” disse Minseok ridendo e dando una leggera gomitata a Luhan. “Lo farai esplodere.”
“Mi sento personalmente attaccato,” mormorò Kyungsoo.
“Forse dovremmo cambiare gioco,” suggerì Baekhyun. “Chanyeol mi ha fatto perdere il conto di quante dita avessi ancora su.”
“Giochiamo a Trova Le Differenze,” disse Jongdae, e sollevò una mano per contare sulle dita. “Uno: a Minseok-hyung sono cresciute le palle e alla fine ha davvero chiesto di uscire ad un ragazzo.”
Minseok gli fece una linguaccia. “Due: Kyungsoo è uscito di casa.”
Kyungsoo si illuminò. “Tre: Luhan-hyung è un cittadino legale.”
“Quattro,” continuò Luhan, “Sehun si è fatto qualche amico,
e un fidanzato.”
“Cinque,” disse Sehun, “Non sono l'unico.”
Baekhyun rise. “Sei: mi sono finalmente dichiarato al ragazzo mi è piaciuto per anni.”
“Sette,” si aggiunse Chanyeol, “Ho colto un'occasione.”
“Otto,” disse Jongin, “Ho lasciato che qualcun altro oltre Taemin venisse a vedermi ballare.”
“Nove,” concluse Jongdae con un sorriso triste, “Ho finalmente ammesso a me stesso qualcosa che non avrei mai pensato di ammettere.”
Minseok gli arruffò i capelli. “Sono stati dieci mesi difficili,” disse, improvvisamente un po' nostalgico. “Un pazzo anno scolastico, penso siamo tutti d'accordo.”
“Ma decisamente buono,” cinguettò Luhan.
“Certo, questo è sicuro,” mormorò Minseok, strofinando il ginocchio di Luhan. Decisamente duro, per tutti loro. Certamente pazzo, in una dozzina di modi diversi. Ma buono.
“Ad un anno ancora migliore,” disse Jongdae, sollevando la sua lattina di succo per brindare.
“Cin Cin!” esclamò Minseok, sorridendo e alzando il proprio bicchiere d'acqua. Il resto del gruppo li seguì, e dopo risero tutti, ma il cuore di Minseok era gonfio di felicità, e speranza per il futuro.


Il progetto finale di coreano di Luhan aveva scadenza due settimane prima degli esami, e si rifiutò di lasciare che Minseok lo vedesse fino a quel giorno, abbracciando stretto il proprio album mentre camminavano nei corridoi per andare a consegnarlo. “Lo vedrai quando farò la mia presentazione,” insistette.
“Comincio a pensare che hai un bel po' di cose imbarazzanti su di me là dentro,” rise Minseok, ma gli lasciò fare, visto che aveva ragione in teoria. Lo avrebbe visto tra qualche ora.
Quando il momento arrivò, Luhan si posizionò davanti a tutta la classe con sicurezza, inserendo la pennina USB nel proiettore per mostrare le foto. Aveva l'album con il collage di fronte a sé, con tutte le descrizioni
scritte con una calligrafia ordinata sotto ogni foto. Minseok era seduto al proprio posto e osservava affettuosamente mentre il ragazzo si schiariva lo gola e raddrizzava la schiena, preparandosi a pronunciare il proprio discorso.
La prima immagine apparve sullo schermo, e Minseok sospirò piano. Era la prima foto che aveva fatto a Luhan, all'aeroporto, con la folla che si muoveva attorno a lui.
“Il vento era forte il giorno che sono volato qui,” Lesse Luhan dalla pagina. Mi sentivo come se mi stesse soffiando verso la Corea. Qui è dove il mio viaggio ha inizio. Nell'aria. Sollevò lo sguardo sui compagni, sorridendo. “Mi aspettavo un viaggio, all'epoca. È questo quello che ti aspetti, quando ti trasferisci all'improvviso in un nuovo paese. Ma non mi aspettavo certamente quello che ho ottenuto.”
Apparve una seconda immagine: erano tutti riuniti dietro Jongdae ed esultavano mentre lui spegneva le candeline sulla sua torta di compleanno. C'era Minseok, sullo sfondo, e Luhan proprio accanto a lui, il quale sembrava felicissimo di far parte di qualcosa.
“Più che il luogo,” disse, “sono le persone in Corea che cominciano a farmi sentire a Seoul come a casa. Sollevò nuovamente lo sguardo. “All'inizio, la mia famiglia ebbe diversi problemi ad ambientarsi in Corea. Non conoscevamo la lingua, e tutto era molto più difficile di quanto non ci fossimo aspettati. Ma una delle cose più difficili per me era non avere amici. I miei genitori di solito erano sempre impegnati a lavorare, quindi spesso rimanevo da solo. La Corea non mi è sembrata casa fino a che questo non è cambiato.” Guardò Minseok e sorrise, e Minseok ricambiò illuminandosi.
Sembrava quasi un po' intimo, guardare la storia di Luhan –
la loro storia – apparire sullo schermo di fronte a sé, un'immagine alla volta. Minseok riconobbe quasi ogni foto, e lui stesso era presente in molte di esse, o citato nelle descrizioni, anche se non direttamente. Vide i mesi farsi più freddi, mentre le loro foto di Halloween passavano, vide loro due giocare a calcio per la prima volta, e poi Insadong, con Luhan nel giubbotto rosso di Minseok. Vide Sehun apparire sempre più spesso nelle foto di Luhan, e poi Jongin. C'erano loro due nel ristorante cinese dopo Natale, solo poche settimane dopo che Minseok aveva detto a Luhan di essere diabetico. L'anno nuovo, la casa del tè, il compleanno di Jongin e quello di Kyungsoo. Loro due imbacuccati sul divano di Minseok quando erano stati male (“Anche nella malattia, i miei amici mi hanno supportato. Per come stavano le cose, non c'era nessun altro posto in cui avrei preferito essere”). Il loro appuntamento al cinema per San Valentino (“Molte cose sarebbero potute cambiare per me quel giorno, ma non ho mai saputo le giuste parole da dire”). Sehun e Jongin, che si tenevano per mano nei corridoi per la prima volta. Luhan alla torre di Namsan, che osservava la città che si estendeva sotto di lui (“Ho detto che non sapevo che la torre di Namsan era una nota meta romantica. Potrei aver mentito. Nessuno ha mai detto che non sono soggetto ad una futile gelosia”).
E poi, ancora, loro che giocavano a calcio, questa volta coperti di fango dalla testa ai piedi.
“Il vento soffiava ancora, il giorno che sono stato rispedito in Cina. In passato sarei voluto tornare un bel po' di volte, quando le cose erano difficili e non sentivo di appartenere alla Corea. Ma penso di poter dire che non potesse esserci momento in cui sarei stato più triste di andarmene.” Successivamente, la foto dell'aeroporto cinese vuoto, quella notte. “Questa è stata certamente una parte inaspettata del mio viaggio. Avevamo paura, e non eravamo certi cosa ne sarebbe stato del nostro futuro. A quel tempo, ti volevo davvero con me, per dirmi che tutto si sarebbe risolto.”
Poi apparve lo screenshot di una video chiamata Skype, con Minseok che sorrideva pigramente, e un Luhan assonnato che posava nello schermo più piccolo all'angolo.
“All'improvviso divenne più difficile stare lontano dalla Corea che viverci. Mi stavo perdendo delle cose mentre ero via, non potevo essere lì quando i miei amici avevano bisogno di me. Mi hai insegnato una parola una volta, quando ero ancora nuovo qui. Nostalgia. Non avrei mai pensato che quella parola potesse essere più adeguata riferita alla Corea piuttosto che alla Cina.”
C'erano alcune foto della Cina, delle nuotate al lago e delle cene al night market e della festa di compleanno di Luhan. Ma Minseok era comunque sempre presente, citato in alcune descrizioni, nascosto nella varietà di foto fatte con la webcam, ed era lui oppure sembrava sempre più cotto ad ogni foto che passava? Cominciava a sentirsi imbarazzato. Luhan non lo disse mai apertamente, che avevano una storia, ma a lui sembrava piuttosto ovvio.
Ed ecco il giorno della dichiarazione di Luhan, entrambi sorridevano stancamente, amaramente; una nuova speranza e la rassegnazione in un unico sorriso. Non c'era una descrizione per quella foto, ma Luhan gli lanciò un sorriso, e Minseok rise, abbassando il viso per nascondere le guance rosse.
E poi, alla fine, un'ultima foto dell'aeroporto, affollato e frenetico, e proprio lì al centro, Luhan con le braccia strette intorno al corpo di Minseok, come se non avesse più voluto lasciarlo andare. “Il vento soffiava davvero forte il giorno in cui sono tornato in Corea. E mi sono reso conto che non aveva importanza dove mi portasse, perché in qualunque posto tu vada, è sempre una nuova avventura. A volte è spaventoso, e a volte penserete che il vento sia contro di voi, altre volte ancora dovrete persino lottare contro una burrasca per ottenere quello che volete. Ma c'è un proverbio cinese che conosco, che è diventato molto importante per me in quest'ultimo anno. Dice, ‘Lascio che il vento soffi, purché alla fine mi riporti a casa.’ Questo è esattamente quello che è successo a me.”
Minseok non si rese conto che aveva iniziato a piangere fino a che non sbatté le palpebre e sentì gli occhi bruciare. Applaudì insieme al resto della classe, e Luhan si illuminò, inchinandosi leggermente prima di restituire il collage alla professoressa e sedersi al proprio posto. Minseok unì le loro mani sotto il banco e strinse, e fu Luhan a rifiutarsi di lasciarlo andare.
“Non hai voluto mostrarmi quella cosa perché sapevi che mi sarei imbarazzato?” chiese piano, guardando dritto davanti a sé e sorridendo.
Luhan rise. “No, volevo che fosse una sorpresa. Ma mi fa piacere che ti sia imbarazzato.”
E più tardi, quando la lezione finì, Minseok si voltò verso Luhan e chiese, “Esiste davvero un proverbio cinese come quello? Sul vento?”
Luhan rise ancora, a gran voce. “No,” rispose, senza vergogna. “Ma
esiste una canzone con quelle parole.”
“Davvero? Quale canzone?”
Luhan sorrise e cominciò a canticchiare un motivetto, subito familiare per Minseok, il quale si era addormentato ascoltandolo più di una volta, senza mai sapere cosa avessero significato quelle parole. Luhan cantò due versi, sembrando fiero di sé. “Lascio che il vento soffi, purché mi riporti a casa. Lascio che il vento soffi, purché mi riporti da te.”
Minseok lo spinse, arrossendo leggermente. “Sei ridicolo,” sbuffò. “La persona più sdolcinata che conosca.”
“Mi ami,” cinguettò Luhan, e Minseok si limitò a grugnire, perché sì, lo amava davvero.


Minseok si ricordò che anche lui aveva un progetto da finire, la sua parte individuale, solo la notte prima della scadenza. Lo scrisse in un'ora, sputando sul foglio una marea di cazzate con parole colorite su delle figure letterarie, sulla scoperta e su degli obiettivi, ma alla fine, aggiunse qualcosa che gli era rimasto impresso da un bel po'.
“All'inizio dell'anno scolastico,” disse, quando lo rilesse il giorno seguente per assicurarsi che avesse davvero senso, “Avevo una visione piuttosto chiara di come sarebbero andate le cose. C'era un sentiero dritto dal punto A al punto B, e lo avrei seguito. Ma la vita non funziona così, e di certo non funzionò così per me. Sin dall'inizio, il mio sentiero dritto è stato deviato, intercettato e ricostruito, con diversi scarabocchi e svolte sul percorso, segreti che non ho saputo mantenere, promesse che ho spezzato, persone che ho incontrato, ostacoli che sono stato costretto ad affrontare. La vita non ha linee dritte, l'ho scoperto troppo tardi. Ha problemi di salute e OCD, leggi di immigrazione e diversi livelli di negazione. Ha cambiamenti di umore e scarse connessioni internet, litigi futili e incomprensioni. Ma ha anche amici meravigliosi, timide confessioni, visite a sorpresa all'aeroporto, decisioni coraggiose, canzoni d'amore nel bel mezzo della notte. E questo, io penso, è quello che si definisce scoperta.”

******************************

Mi dispiace annunciarvi che con quest'ultimo capitolo si conclude questa meravigliosa storia che ho avuto il piacere di tradurre per voi. Ma non temete! So che molti di voi speravano in un qualche risvolto positivo per la SuChen e ovviamente l'autrice non ci avrebbe mai lasciato con l'amaro in bocca ahahah Infatti ha scritto diversi spin-off /drabble con i diversi pairing presenti in questa storia, tra cui ovviamente suchen e laysoo. Purtroppo per me è riniziata l'università, quindi tra lezioni, studio e tutto non so quanto tempo avrò per tradurre, ma vi prometto che non appena avrò un attimo libero mi metterò al lavoro. Vi avviso già che tra queste drabble ce ne sono alcune rated R che però io non tradurrò (non ho problemi a leggere certe cose, ANZI, ma scriverle è tutta un'altra cosa AHAHAH), nel caso vogliate leggere non esitate a farmelo sapere e vi farò avere il link :3
Bene, per ora vi lascio qui, spero che questa fanfiction vi sia piaciuta tanto quanto è piaciuta a me. A presto
~

P.s.
Per tirarvi un po' su di morale vi dico che lo spin-off della suchen è lungo ben 20 pagine di Word (mentre ogni capitolo di questa ff era mediamente 9-10 pagine) e che sono già a metà dell'opera. Yay!

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Capitolo 44
*** SuChen Extra ***


Jongdae si considerava un amico eccellente. Era attento ai dettagli, faceva bei regali, non si dimenticava mai un compleanno, ed era anche pronto a perdonare facilmente (sentiti preso in causa tu, Kim Minseok e il tuo segreto di un anno).

Era andato alla cerimonia del diploma solo per Minseok, ovviamente. Perché era un buon amico. Perché voleva supportare ed esultare per il miglior amico.

Ma questo non gli impedì di fissare Kim Junmyeon per tutto il tempo in cui stava pronunciando il proprio discorso di commiato, sorridendo vincente al pubblico.

“Sei così evidente,” ridacchiò al suo fianco Luhan.

“Chiudi il becco, hyung, ti ho visto mandare bacini a Minseok tipo quattro minuti fa,” sibilò Jongdae, cercando di non arrossire.

“È il mio ragazzo, ho il permesso di essere imbarazzante,” rise Luhan. “Tu sei solo inquietante.”

“Non è vero!” ribatté Jongdae con fervore. Ma un secondo dopo, si ritrovò nuovamente a fissarlo.

Non aveva più parlato con Junmyeon dal giorno delle elezioni. Erano stati tutti travolti dagli esami e dai progetti di fine corso, e Jongdae aveva a malapena avuto il tempo di vedere qualcuno, men che meno un ragazzo che tecnicamente non aveva alcun motivo di vedere. Ora che lo vedeva, però, poteva sentire le proprie guance scaldarsi e i palmi sudare. Questa era probabilmente l'ultima occasione che avrebbe avuto per parlare con Junmyeon. Dopo il diploma ognuno avrebbe passato le vacanze estive per conto proprio, e poi Junmyeon sarebbe andato all'università e Jongdae sarebbe rimasto indietro, e oltre ad una inconsistente promessa di dargli qualche consiglio per la carica di presidente del consiglio studentesco, non avevano nessun motivo per parlare tra loro.

Va tutto bene, sussurrò il cervello di Jongdae. Se riesci a passare tutta l'estate senza sentire il bisogno di parlare con lui significa che ovviamente non ti piace poi così tanto e non dovrai affrontare l'essere un po' gay o niente del genere.

Il suo cuore palpitava nel petto, la sua pelle era fredda e appiccicosa, e Jongdae si sentiva nauseato.

La cerimonia del diploma fu lunga e laboriosa. Se non fosse stato per Minseok, sinceramente, Jongdae non ce l'avrebbe fatta a sorbirsela tutta. Invece fu obbligato ad ascoltare discorsi noiosi e liste di nomi che non conosceva o di cui non gli importava affatto, e non vedeva l'ora che finisse, solo perché pensava sarebbe stato piacevole tornare a casa e buttarsi sul letto e smettere di pensare se davvero, sinceramente, avesse o meno un'enorme cotta per Kim Junmyeon. La sua vita sarebbe davvero stata molto più semplice se non l'avesse avuta. Jongdae non sapeva come avere cotte per i ragazzi. Non sapeva come flirtare con loro o come capire se ricambiassero. Perché non poteva essere etero al 100%?

Quando il nome di Minseok venne pronunciato, Jongdae si alzò ubbidientemente dal proprio posto e si avvicinò per scattare qualche foto mentre l'amico attraversava il palco, stringeva la mano al preside, e riceveva il proprio diploma. Jongdae esultò e batté le mani insieme agli altri, facendo qualche altra foto con la fidata macchina fotografica di Kyungsoo, e andò incontro a Minseok dall'altra parte del palco per abbracciarlo velocemente e ridacchiare dicendo Wow, hyung, alla fine ce l'hai fatta davvero a diplomarti. Era sul punto di tornare al proprio posto quando l'annunciatore disse, “Kim Junmyeon.”

Si immobilizzò sul posto, voltandosi per vedere il maggiore attraversare il palco, sorridere, prendere il diploma. Jongdae lo fissò, e per un millesimo di secondo, i loro sguardi si incontrarono. Riscuotendosi, Jongdae gli lanciò un sorriso e sollevò la macchina fotografica per scattare una foto veloce, e poi si affrettò a posto.

Non gli piaceva il sorrisetto idiota sul viso di Luhan quando si risedette.

Alla fine, un millennio dopo, la cerimonia si concluse, e tutti i diplomati cominciarono a disperdersi per cercare i propri familiari e amici. Jongdae vide Luhan tirare Minseok in un bacio prima di voltarsi e camminare dalla parte opposta, sollevando la fotocamera per guardare le foto che aveva scattato.

“La mia è venuta bene?”

Jongdae sollevò la testa di scatto. “Oh, hyung!” esclamò, troppo forte, con il cuore che batteva. Junmyeon sorrise. “Uh, voglio dire, sì, è uscita bene.”

“Bene, bene. Non sono molto fotogenico.” rise piacevolmente Junmyeon.

Jongdae sentì la pelle d'oca su tutto il corpo, lo stomaco sottosopra. Davvero, sarebbe stato molto più facile capire se avesse o meno un'enorme cotta per Junmyeon se i sintomi che provava quando era nelle sue vicinanze non fossero così simili al terrore. “Beh, sei uscito benissimo nella mia foto,” disse, cercando di mantenere un tono di voce stabile e che non suonasse spaventato. “Congratulazioni, comunque. Per, uh. Il diploma.”

Junmyeon sorrise. “Grazie,” disse. Si appoggiò al muro accanto a loro, sembrando informale e piacevole. “Allora, quali sono i tuoi progetti per l'estate, Jongdae-yah?”

“Oh, niente di che,” ammise lui, deglutendo a fatica. Il sorriso di Junmyeon gli faceva uno strano effetto. “Minseok e Luhan probabilmente saranno impegnati a fare... qualsiasi cosa facciano insieme, e anche Baekhyun e Chanyeol, quindi. Sono solo.”

“Ahhh, roba divertente,” rise Junmyeon. “Io lavorerò tutta l'estate, e forse studierò per l'università.”

“Dove lavori?” chiese Jongdae, e non certo perché lo avrebbe spiato. Era solo curioso.

“In una piccola gelateria vicino al fiume Han,” rispose Junmyeon, sorridendo. “Mia madre conosce il proprietario, quindi ho ottenuto un lavoretto. Sarà super noioso, mi hanno dato tutti i turni morti.”

“Oh, bello,” rise Jongdae, asciugandosi i palmi sui pantaloni. “Ti dispiace se vengo a trovarti?”

Le sopracciglia di Junmyeon si inarcarono. “Uh—”

“Per chiedere consigli sull'incarico!” aggiunse velocemente Jongdae, col cuore che palpitava. “Hai detto che me ne avresti dato alcuni, quindi, uh.”

Junmyeon rise piano, addolcendo l'espressione. “Sì, certo. Probabilmente starò seduto per la maggior parte del tempo. Non c'è problema.”

“Okay,” sospirò Jongdae.

“Dae!” lo chiamò da dietro Minseok. “Andiamo, torniamo a casa per la torta!”

Jongdae si guardò alle spalle, poi di nuovo Junmyeon. “Immagino di dover—”

“Sì, ci vediamo,” disse Junmyeon, sorridendo e salutandolo.

“Ci vediamo,” disse Jongdae, lasciando che Minseok lo trascinasse via.

“Ti abbiamo salvato prima che ti rendessi ridicolo,” lo informò Minseok qualche minuto dopo, quando Jongdae si calmò leggermente e smise di tremare. “Perché sembrava stessi facendo quello.”

Jongdae si limitò a grugnire e provare pietà per se stesso.




Una settimana dopo, Jongdae non aveva ancora fatto... nulla. Passava la maggior parte del suo tempo a casa, facendo commissioni per sua madre, giocando coi videogiochi o guardando Netflix, occasionalmente usciva con Minseok, Baekhyun o Chanyeol, a volte andava da Kyungsoo. Passava anche la maggior parte del proprio tempo ad autoconvincersi che non aveva bisogno di andare da Junmyeon, perché non gli piaceva così tanto, e non lo avrebbe disturbato andandogli dietro per questa o quella ragione. È appena uscito da una relazione, si disse il lunedì. Ovviamente gli piacciono le ragazze, si disse il martedì. Fa troppa paura; non posso farcela, continuò coraggiosamente il mercoledì. E così via.

Eppure ogni volta che pensava a Junmyeon o qualcuno pronunciava il suo nome, Jongdae sentiva di sudare e arrossire, e aveva già passato fin troppo tempo a fingere che non significasse niente. Arrivò alla conclusione che fosse tempo di affrontare la situazione in un modo o nell'altro.

Sentendosi un po' spaventato, un po' incerto, e molto spaesato, Jongdae decise di andare dal Maestro dell'amore non corrisposto.

“Oh, ciao Jongdae,” disse la madre di Minseok quando aprì la porta, sorridendo. “Minseok ti stava aspettando?”

“Uh, no,” ammise Jongdae. “È qui?” Immaginò di poter andare da Kyungsoo se non fosse stato in casa.

“Sì, lui e Luhan sono nella sua stanza. Entra, ma, lo sai, procedi con cautela.” Sorrise ammiccante. “Non li sento parlare da un po'.”

Jongdae si tolse le scarpe e si avvicinò alla porta di Minseok, bussando con esitazione. Non ricevette risposta, quindi socchiuse la porta e sbirciò dentro.

Fu sollevato nello scoprire che non si stavano baciando (o peggio), ma che invece erano nel bel mezzo di un sonnellino, le gambe intrecciate sulla coperta di Minseok, i visi vicini ma fortunatamente non attaccati. Luhan aveva una coscia fermamente bloccata tra quelle di Minseok, e la gamba del maggiore era sistemata sul fianco di Luhan.

“Sveglia sveglia~” disse, entrando e scuotendo gentilmente la spalla di Minseok, l'amico si mosse e mormorò qualcosa di indecifrabile. “Andiamo, hyung, hai un ospite. Perché dormi nel bel mezzo della giornata?”

Minseok  aggrottò le sopracciglia e sbuffò come un cagnolino. “Che vuoi, Jongdae?” grugnì.

“Ho bisogno di un consiglio da ragazzo,” ammise imbarazzato Jongdae, scuotendolo con un po'  più di forza. Luhan cominciò a svegliarsi accanto a lui. “O, sai, un consiglio da gay. O qualcosa del genere. Svegliati e basta!”

“Sono sveglio, sono sveglio,” mormorò Minseok, sbattendo le palpebre e ruotandosi leggermente per guardarlo.

“Che ne dici di sonnecchiare con noi?” chiese Luhan, sbadigliando. “Dimenticati dei ragazzi e dormi.”

A dire il vero, Jongdae avrebbe dato un rene per poter fare esattamente quello.

“Magari staremo un po' stretti, ma sembri aver bisogno di un po' di coccole,” confermò Minseok.

Jongdae sospirò pesantemente, poi salì sul letto e si buttò sopra di loro. Minseok e Luhan risero, ma si separarono per lasciar spazio a Jongdae tra loro, il quale si girò sulla schiena per guardare il soffitto.

“Tutto questo è così gay,” disse Jongdae, sbuffando. “Non osate iniziare a baciarvi sopra la mia testa o niente del genere.”

Luhan rise forte, e Minseok superò Jongdae per seppellire la mano nei capelli del proprio ragazzo, ma oltre quello non fecero nient'altro. “Allora di cosa hai bisogno?” chiese assonnato Minseok.

Jongdae scrollò le spalle, lasciando che il calore degli amici si riversasse su di lui lentamente, un po' opprimente ma confortante. “Non lo so nemmeno io,” mormorò. “Sono solo molto insicuro su certe cose.”

“Dimmi cosa ti angoscia,” disse Minseok, sbadigliando e gettando una gamba sulla sua. “Hyung ti farà sentire meglio.”

Jongdae borbottò senza dire niente per un momento, agitandosi e incrociando le braccia in modo infantile, e poi disse, “Quando hai capito di essere gay?”

“Io?” Minseok ci pensò. “Avevo... non lo so... dodici anni? Tredici? Giù di lì. E tu e tutti gli altri ragazzi avevate sempre delle cotte per delle ragazze e cose così mentre io, sai, non ero interessato. Alle ragazze. Ma a quel tempo pensavo di provare qualcosa per un ragazzo della mia classe.”

“Che ragazzo?” Si intromise Luhan, assonnato. “Che aspetto aveva? Mi batterò con lui.”

Minseok rise. “Ti farò vedere il mio annuario delle elementari dopo,” disse, poi riportò la propria attenzione su Jongdae. “Comunque, sono andato nel panico per un po', ne ho parlato con Kyungsoo, e alla fine siamo arrivati a quella conclusione.”

“Quando Kyungsoo ti ha baciato?” chiese Jongdae.

“Speravo non tirassi fuori l'argomento,” disse asciutto Minseok.

“Mi batterò anche con lui,” disse Luhan, la voce camuffata dalla spalla di Jongdae.

“Questa è la mia storia,” concluse Minseok. “Piuttosto normale. Un giovanotto che ha una crisi di sessualità e scopre che le ragazze non fanno per lui. E lentamente lo accetta.”

“Non hai mai avuto dubbi, però?” chiese Jongdae, accigliandosi. “Non hai mai pensato che forse non eri gay?”

“Certo che sì,” disse Minseok, scrollando le spalle. “Quando cercavo di autoconvincermi di non esserlo. Ma dopo un po' fu piuttosto chiaro. Ragazzi? Batticuore. Ragazze? No batticuore. Piuttosto gay.”

Jongdae rise, sentendosi un po' dispiaciuto per se stesso. Perché non poteva essere così semplice per lui? Non era giusto. (Anche se lo era stato, pensò, fino a Kim Junmyeon.)

“Vorrei solo sapere come capire se a un ragazzo piaci più che come un amico,” disse mestamente. “O se sia anche solo disposto a prenderlo in considerazione.”

Sia Minseok che Luhan risero, anche se non in modo derisorio. “Già, non guardare noi,” disse Luhan.

“Non ne siamo stati capaci nemmeno noi,” confermò Minseok. Beh, quello era vero. “Alla fine, però, dovrai semplicemente fartelo dire in modo diretto.”

Jongdae grugnì, scalciando leggermente come un bambino capriccioso. “Ma non lo so se a me piace al 100%,” borbottò.

“Lo capirai,” gli assicurò Minseok, dandogli qualche patta confortante sul petto. “Comincia pensando a come batte il tuo cuore quando ti sorride e alla fine arriverai a pensare a quanto tu voglia vederlo senza vestiti addosso.”

Hyung, che schifo,” si lamentò Jongdae, cercando di dargli una gomitata. Il miglior amico rise.

“È quello che hai fatto tu?” chiese Luhan, tirandosi su per guardare Minseok con un sorrisetto malizioso e un sopracciglio inarcato.

Jongdae non voleva saperlo, davvero non voleva, ma Minseok mosse le sopracciglia e rise, e Luhan scoppiò a ridere e ricadde sul letto, oltrepassando Jongdae per far scivolare la mano dietro il collo di Minseok.

“Voi due fate schifo,” si lamentò Jongdae. “Mi dovreste aiutare.”

“Ha cominciato lui!” esclamò Luhan.

“Ti aiuto, ti aiuto,” disse Minseok. “Su cos'altro ti serve un consiglio?”

“Non lo so,” mormorò Jongdae. “È solo che non so come provarci con un ragazzo forse-etero.”

Minseok rise. “Beh, i miei metodi non hanno funzionato,” disse, e Luhan fece un suono di assenso. “Sta' zitto, Lu, nemmeno i tuoi hanno funzionato. E tu ci stavi provando con un ragazzo apertamente gay.”

“Ma vi siete messi insieme alla fine,” puntualizzò Jongdae.

“Vero. Ma sono stati dei tremendi, quanti, sette mesi? Otto?” Minseok fece una smorfia. “I metodi di Baekhyun per approcciare un ragazzo etero sono durati anni, ed è stato anche peggio di me.”

Jongdae sospirò forte.

“Dovresti parlare con Jongin,” suggerì Luhan. “Ha conquistato un ragazzo forse-etero. E Sehun aveva anche altri problemi. E la loro relazione sembra procedere piuttosto bene.”

“Ancora vero.” annuì Minseok. “Jongin sembra aver fatto tutto bene. Parla con lui, non con due idioti come noi.”

“Ma a malapena lo conosco,” ribatté Jongdae, imbronciandosi. “Non potete chiedere voi per me?”

“No,” risposero immediatamente Luhan e Minseok.

“Ma posso darti il suo numero,” gli propose Luhan, e Jongdae si limitò a sbuffare e accoccolarsi di più contro Minseok.

Un minuto dopo Luhan disse, “Possiamo scambiarci di posto? La bocca di Minseok sembra così morbida e umida,” e Jongdae decise che era ora di andar via.




Casa di Chanyeol non era poi così lontana da quella di Minseok, quindi senza pensarci due volte, gli mandò un messaggio chiedendogli se fosse a casa. Chanyeol era, dopotutto, un ex ragazzo etero, come lui.

Chanyeol: sì! Anche Baek è qui, ma fra un po' va via

Jongdae tirò un sospiro di sollievo. Luhan e Minseok lo avevano quasi soffocato con il loro schifoso essere fidanzati.

Si presentò a casa dei Park dieci minuti dopo, proprio quando Baekhyun stava uscendo. “Ciao Yeollie!” disse allegramente il ragazzo mentre si infilava le scarpe, lanciando un sorriso a Jongdae. “Ci vediamo dopo.”

“Ci vediamo, Baek,” rispose Chanyeol, appoggiandosi al muro dietro di lui.

Baekhyun si voltò e posò un veloce bacio casto sulle sue labbra, tirandolo giù per il collo, poi fece un cenno di saluto e oltrepassò la porta. Chanyeol continuò a sorridere guardandolo.

“Ciao, sono ancora qui,” disse Jongdae, alzando gli occhi al cielo.

“Lo so!” esclamò immediatamente Chanyeol. “Hey, Dae. Che succede?”

Jongdae scrollò le spalle cupamente. “Vuoi giocare a Smash Bros o qualcosa del genere?”

Chanyeol sbatté le palpebre, poi disse, “Certo. Perché no.”

Si sistemarono in camera di Chanyeol, controller tra le mani, e mangiarono patatine cercando di battersi l'un l'altro. Parlarono poco, solo dei loro piani per l'estate e cose così, ma niente di più. Era rilassante, in un certo senso. Non c'era pressione. Nessuna tensione. Solo una semplice conversazione e stupidi videogiochi.

Alla fine, però, Jongdae sospirò e disse, “Hey, Yeol?”

“Hmm?” Chanyeol premeva i pulsanti violentemente.

“Lo so che questo probabilmente farà tornare a galla brutti ricordi, ma... come si supera il fatto di essere possibilmente-gay?”

Chanyeol abbaiò una risata, colorandosi leggermente sopra il colletto e tenendo gli occhi fissi sullo schermo. “Beh, mi ci è voluto un po' per capirlo, non credi?”

“Beh, sì, ma l'hai capito alla fine. Voglio dire, non è che ti senti ancora a disagio all'idea, vero?”

“No, no,” gli assicurò Chanyeol. Lo guardò non appena il loro round si concluse. “Ecco una dritta: smettila di pensare alla parola gay, e comincia a pensare alla parola cotta. Una normale cotta. Lui ti piace. Fine della storia.”

Jongdae s'imbronciò in modo infantile. Era d'aiuto, immaginò. “Ma non so come essere innamorato di un ragazzo,” disse tristemente.

Chanyeol ridacchiò. “Ho avuto lo stesso problema. Ma ecco quello che devi fare – fallo sorridere. Rendilo felice. Tienilo per mano. Sei felice quando lo vedi. Apprezzi la sua esistenza. Fai delle cose per lui. Lo... ami e basta. Perché è lui.” Fece una pausa. “E poi, quando dice che puoi, cerchi di entrare nelle sue mutande.”

“CHANYEOL.”

Il ragazzo scoppiò a ridere rumorosamente. “Sto scherzando, sto scherzando. Però davvero.”

“Tutti i miei amici sono inappropriati e immaturi,” mormorò Jongdae, colpendo leggermente Chanyeol con la punta del controller.

“Siamo un branco di adolescenti che cercano di dare consigli in amore, cosa ti aspetti?” Chanyeol sorrise sfacciato.

“Lascia perdere, ho finito di parlare con te,” sbuffò Jongdae. “Scelti il tuo giocatore, ti distruggerò questa volta.”

“Certo certo,” lo schernì Chanyeol, piegando i propri pollici.




Jongdae alla fine si arrese e andò a parlare con Jongin in seguito ad un sogno incriminante del quale avrebbe preferito non parlare. Mandò un messaggio al numero che gli aveva dato Luhan, chiedendo a Jongin se fosse libero, e ricevette un allegro, Certo, hyung! Sehunnie è qui, ma non stiamo facendo niente ^^ in risposta.

“Ma tutti qui passano ogni momento possibile con il proprio compagno?” mormorò Jongdae mentre si dirigeva verso la casa.

Un minuto dopo si ritrovò ad immaginare come sarebbe stato passare così tanto tempo con Junmyeon, e pose velocemente un freno a quel filo di pensiero.

Quando Jongdae arrivò a casa di Jongin, si ritrovò ancora una volta incapace di ammettere subito il motivo della sua visita. Parlò nervosamente del più e del meno, ammirò Sehun quando il più piccolo gli disse che aveva passato il pomeriggio precedente a fare shopping con la madre adottiva e a giocare con il fratellino al parco, rise quando la sorella di Jongin fece capolino dalla porta per chiedere al fratello se avesse portato un altro ragazzo a casa. Lo stesso Jongin sembrava molto rilassato, a suo agio in sua presenza, cosa che aiutò. Forse era questo che mancava a Jongdae…

“Allora, hyung,” disse all'improvviso Jongin, e Jongdae sussultò, guardandolo con occhi colpevoli. Jongin sorrise. “Questa è una visita casuale, o…?”

Jongdae avvampò. “Oh, um…”

“Se ti aiuta,” continuò il ragazzo, “Luhan mi ha già detto che stavi avendo problemi da ragazzo.

Questo fece arrossire Jongdae ancora di più, il viso accaldato per l'imbarazzo. “Quel cretino,” disse amaramente.

“Se vuoi farmi domande o qualcosa del genere, puoi farlo,” disse allegramente Jongin. “Non è che sia un esperto o niente del genere, ho avuto un solo ragazzo, ma sono molto aperto.”

Jongdae borbottò per qualche altro secondo, guardando Sehun, il quale era seduto sul letto accanto a Jongin e ascoltava in silenzio. Alla fine, disse solo, “Come fai a conquistare un ragazzo forse-etero?”

Jongin rise. “Hmmm, bella domanda.” Anche lui guardò Sehun, sembrando pensieroso. Sehun ricambiò il suo sguardo. “Ancora una volta, non sono un esperto, ma ti suggerirei... di spianarti la strada.”

“E come?” grugnì Jongdae. Sembrava un bel po' di lavoro. Non gli piaceva.

Jongin scrollò le spalle. “Avvicinati a lui sempre di più – in senso figurato, dico, non spaventarlo – fino a che non attirerai la sua attenzione su di te. Continua a tentare fino a che non capisci che potresti piacergli. Sii paziente.”

Sehun osservò il proprio ragazzo. “È questo che hai fatto con me?”

Jongin rise. “Sì.”

“Stavi valutando se fossi attratto da te?” Sehun sollevò le sopracciglia.

“Beh, ci stavo provando.”

“E cosa hai deciso?”

“Mmh, sei stato insidioso,” ammise Jongin, storcendo il naso. “Non eri attratto da nulla. Non ti piaceva nessuno.”

“Questo è vero.”

“Quindi riuscivo a vedere che con me era diverso.” Jongin sembrava immensamente fiero di quel fatto.

“Allora ti sei semplicemente buttato?”

Jongin ridacchiò imbarazzato. “Già. È stato un incidente. Non aveva programmato di baciarti quella volta.”

“Qual era il tuo piano?” chiese Sehun, con la testa inclinata di lato.

“Prima di tutto capire se fossi attratto da me, poi baciarti. Mi sono un po' confuso.”

Sehun rise. “Sei fortunato che abbia funzionato.”

Qui, Jongdae si intromise. “Cosa ha funzionato?”

Sehun lo guardò sorpreso, come se si fosse dimenticato della sua presenza Scrollò le spalle. “Non lo so. Non mi era mai piaciuto nessuno prima. Ma mi piaceva Jongin. Il fatto che fosse un ragazzo non era davvero rilevante. Mi piaceva semplicemente perché era lui. Mi ha chiesto se volessi baciarlo, e volevo, quindi l'ho baciato.”

Jongdae fece una smorfia. “Questo è schifosamente adorabile.”

Jongin rise. A volte Jongdae pensava che ridesse abbastanza per se stesso e Sehun. “Quindi il mio suggerimento sarebbe di far sì di piacere al tuo ragazzo, non per o a discapito del tuo sesso, ma perché siete anime gemelle o roba così. Continua ad avvicinarti a lui, e se comincia ad allontanarsi, allora non gli piaci, che sia come persona o come ragazzo.”

Jongdae grugnì. “Sembra terrificante.”

“Le cotte lo sono di solito,” disse Jongin con un cenno sapiente della testa.

Jongdae sospirò. “Beh, grazie per la dritta. Ora vado, penso. Così voi due potrete pomiciare o quello che volete.”

“Non stavamo facendo quello!” obiettò immediatamente Jongin.

“Ma avremmo potuto farlo,” aggiunse asciutto Sehun. Jongin lo fissò.

“Già, io vado,” disse Jongdae, e li salutò prima che qualcos'altro di strano potesse accadere. Aveva ottenuto quello per cui era venuto, comunque. Più o meno.



Lasciò che i consigli combinati dei suoi amici venissero assimilati per qualche giorno, pensandoci svogliatamente solo quando la sua mente tornava sul territorio di Potrei essere gay. Ovvero spesso, ad essere sinceri. Non aveva molto da fare.

Si agitò un bel po', forse sognò ad occhi aperti qualche volta, provò davvero tanto a decidere quali fossero i suoi sentimenti e cosa dovesse fare con essi. Non è che avesse qualcosa contro l'essere gay, ovviamente, ma sarebbe stato d'aiuto anche solo sapere. Sarebbe anche stato fantastico se tutta questa situazione non avesse riguardato Kim Junmyeon dato che si era appena lasciato con la ragazza.

Alla fine, il suo essere giù di morale gli sfuggì di mano, perché sua madre entrò in soggiorno trovandolo buttato sul divano nel mezzo del pomeriggio e gli chiese, “D'accordo, Jongdae, che succede? È da una settimana che continui a sospirare ormai. Confessa.”

Jongdae sospirò ancora, solo per dare un effetto drammatico. Immaginò che questo fosse il momento giusto per raccontare alla madre della propria vita incasinata. Di solito non le teneva nascosto molto. “Mamma,” disse mestamente, “cosa diresti se ti dicessi che sto cercando di conquistare un ragazzo?”

La donna lo guardò per qualche secondo, sguardo indecifrabile come sempre. Poi disse, “È quel presidente del consiglio studentesco?”

Jongdae non era nemmeno sorpreso che lo sapesse. Tutti sembravano saperlo. Comunque, chiese “Cosa mi ha tradito?”

La madre rise. “Beh, è il ragazzo di cui parli di più oltre Minseok, e non pensavo stessi andando dietro a lui.

Jongdae fece una smorfia. “Ew, no, ha un ragazzo e poi no. No.”

“Non lo pensavo, tesoro.” La madre sorrise indulgente. “Il ragazzo del consiglio studentesco era la scelta più ovvia. Allora, dimmi di più dei tuoi piani.”

“Vieni a confortarmi prima,” si lamentò Jongdae.

La madre di sedette sul bordo del divano e passò le dita tra i capelli del ragazzo. “Stai avendo una crisi di sessualità, tesoro?”

Jongdae scrollò le spalle, posando la testa sul suo grembo. “Non proprio. Non lo so. È solo che non so se voglio che mi piaccia. È complicato. E sembra troppo difficile.”

“Povero piccolo,” lo coccolò la madre. “È arrivato il momento di fare l'uomo e chiedere di uscire al tuo primo ragazzo?”

“Ma non so se gli piaccio!” esclamò Jongdae. “O se gli piacciono i ragazzi!

“Beh, cosa farai allora?”

“Non lo so,” grugnì Jongdae. “So dove lavora, quindi…”

“Perfetto,” disse la donna. “Vai a trovarlo. Un passo al giorno, okay?”

Jongdae mormorò qualcosa di insensato contro la sua gamba. “D'accordo.”

“Bravo ragazzo. Fammi sapere come va a finire, okay? E se non farai niente e continuerai ad abbatterti tutto il giorno, sarò costretta a chiamare sua madre o qualcosa del genere.”

Mamma!

“Ti sto avvertendo,” fu tutto quello che disse mentre si alzava, facendogli un piccolo sorriso un po' malvagio e un po' affettuoso.

Quando Jongdeok tornò a casa dal lavoro, la madre disse immediatamente, “Jongdae conquisterà un ragazzo.”

Il fratello rise forte e chiese, “Quello del consiglio studentesco?”

Jongdae fece una smorfia.

A cena invece lo disse al marito, il quale non indovinò subito il ragazzo, e almeno quello fu di conforto, ma quando venne a sapere che il ragazzo in questione era in realtà Kim Junmyeon, fece un cenno di assenso verso Jongdae e disse, “Buona scelta, figliolo.”

Jongdae scomparve sbuffando (in modo imbarazzato) in camera propria alla prima occasione per riflettere ancora un po'.




Ad essere sinceri, più Jongdae aspettava ad andare a trovare Junmyeon a lavoro, più difficile sarebbe stato andare davvero. Andava a finire sempre così, eppure non imparava mai. Un giorno, si sarebbe dovuto rendere conto che se voleva fare qualcosa, doveva semplicemente buttarsi senza pensarci due volte. Un giorno.

Dopo diversi altri giorni che Jongdae passò a lamentarsi, sospirare e agonizzare su ogni conversazione e interazione che si ricordava di aver fatto con Junmyeon e analizzare quali fossero state le proprie reazioni, Minseok si coalizzò con la madre dell'amico e lo ricattarono perché 'alzasse il sedere' e facesse qualcosa.

"Fidati di me, Jongdae," disse Minseok mentre spingeva Jongdae fuori dalla porta. Come osava entrare in casa sua e strattonarlo così. "Se sei così tormentato dalla cosa, è giusto andarci a fondo. Ci stai pensando ininterrottamente da settimane. Provi sicuramente qualcosa, quindi vai a capire di cosa si tratta, e se lui prova lo stesso."

Jongdae emise un suono deprimente, ma sembrava non avesse altra scelta, quindi si sistemò i capelli e si lisciò la maglietta imprecando contro Minseok, che non gli aveva nemmeno lasciato il tempo di cambiarsi, mentre si dirigeva alla fermata dell'autobus. Forse avrebbe potuto far venire i sensi di colpa a Minseok per farsi ripagare la corsa in autobus se fosse andata abbastanza male.

Sin troppo presto, arrivò alla gelateria vicino al fiume Han di cui gli aveva parlato Junmyeon, un negozio piccolino con due tavoli piccolini accanto al bancone. Jongdae riusciva a vedere Junmyeon dietro di esso, piegato a fianco al registratore di cassa con un libro tra le mani, e prese un profondo respiro per calmare i nervi e far smettere al proprio cuore di palpitare. Questa era solo... una visita amichevole. Per... sinceramente, non lo sapeva nemmeno lui. Non aveva nemmeno un piano. E questa era ovviamente un'idea terribile, perché Jongdae aveva passato la maggior parte del tempo con Junmyeon a balbettare e a cercare di non arrossire. Sarebbe stato anche peggio ora. Si sarebbe reso completamente ridicolo.

Prima che potesse girare sui tacchi e correre a casa con la scusa che Junmyeon non era là, il maggiore sollevò lo sguardo e lo vide attraverso la vetrina. Per un momento, sembrò scioccato, poi nervoso, e alla fine sorrise e lo salutò. Sbattendo le palpebre, Jongdae riuscì a ricambiare il sorriso e si costrinse ad entrare. La campanella sopra la porta tintinnò, e Jongdae prese un respiro profondo.

"Ciao," disse, cercando con tutto se stesso di sembrare disinvolto. "Che fai?"

"Uh," rispose Junmyeon, inclinando leggermente la testa ma continuando a sorridere. "Lavoro?"

"Oh, haha. Certo."

"Che ci fai qui?" chiese piacevolmente il maggiore. Era così bravo a farlo. Rendeva Jongdae invidioso.

"Oh, volevo solo, um. Venire a trovarti." Deglutì, preoccupandosi di sembrare troppo ovvio, e aggiunse velocemente, "E prendere un gelato! Ne avevo una voglia matta e non avevo niente da fare quindi... e mi avevi detto che lavoravi qui... comunque."

Junmyeon rise piano. "Cosa ti piacerebbe?" chiese affabilmente, poggiando il libro e spostandosi verso le vaschette di gelato esposte. "I coni piccoli sono piuttosto economici."

"Prenderò quello," disse Jongdae. "All'uva." Guardò Junmyeon, poi blaterò, "Ne vuoi uno anche tu?"

"Huh?" il maggiore sollevò lo sguardo da dove stava prendendo un cono con un fazzoletto. Fece una pausa, poi chiese, "Stai offrendo... di comprarne uno anche per me?"

Jongdae avvampò, pentendosi di aver aperto bocca. Perché era sempre così stupido attorno a questo ragazzo? Perché non poteva comportarsi in modo naturale almeno per una volta? "Uh, sì?"

Il sorriso permanente di Junmyeon vacillò per mezzo secondo, e Jongdae si immobilizzò, ma poi sorrise ancora, sembrando un po' timido. Cos'era quella? Attrazione? chiese quella vocina irritante nella sua testa. Poi, velocemente, No. Stupido. Era solo sorpreso. E ora è contento perché gli stai comprando qualcosa. "Probabilmente non dovrei mangiare sul lavoro," rispose. "Ma se insisti..."

Jongdae forzò una piccola risata. "Insisto."

"Allora dovresti sapere che mi piace il cioccolato caramellato."

"Ah." Molto più maturo dell'uva. Sei un bambino, Kim Jongdae? "Anche uno di quello, allora."

Sorridendo, Junmyeon preparò i due coni, e li porse entrambi a Jongdae da sopra il bancone. Jongdae restituì quello al cioccolato caramellato al maggiore, il quale lo sbatté gentilmente contro l'altro, come se stessero brindando. "Grazie," disse, incontrando lo sguardo di Jongdae con gratitudine prima di procedere con il pagamento.

Un minuto dopo si sedettero insieme ad uno dei piccoli tavolini, mangiando i loro gelati, e Jongdae si rifiutò di guardare la lingua di Junmyeon che sbucava per leccare il cioccolato che si stava sciogliendo.

"Allora," cominciò alla fine Junmyeon, e Jongdae sussultò. La mancanza di conversazione, sebbene imbarazzante, era stata in fondo piacevole. "Cosa hai fatto da quando ti ho visto alla cerimonia?"

"Oh, non molto davvero," ammise Jongdae, abbassando le spalle. Ho pensato tanto a te, disse la vocina irritante. E nemmeno in uno di quei modi sdolcinati.

O almeno, non del tutto.

"Stai uscendo con Minseok?"

Jongdae scrollò le spalle. "Ogni tanto, quando non cerca di portarsi a letto il suo ragazzo."

Junmyeon rise, un suono ricco e caloroso. "Purché continui ad essere un buon amico."

"È a posto. Mi ha fatto—" Jongdae si bloccò, tossicchiando.

"Ti ha fatto?"

"Uh. Mi ha fatto vedere un stupido film insieme a lui e Luhan-hyung. Ho fatto il reggi moccolo." Jongdae rise nervosamente.

Junmyeon lo osservò per un momento. "Stai bene, Jongdae-yah?" Oh no. "Sembri un po' strano."

"Io—" rise ancora, solo per prendere tempo. "No, sto bene. Scusa."

"Sei sicuro? Perché sembri un po'... spaventato da me."

Jongdae spalancò gli occhi. "Cosa? No, non è— Certo che no, hyung."

Junmyeon scrollò le spalle, ma sembrò rilassarsi all'insistenza di Jongdae, tornando a sorridere. "Scusa, ora sono io quello strano."

La situazione stava peggiorando più di quanto Jongdae non si sarebbe aspettato. Il maggiore aveva reagito in modo strano quando gli aveva offerto di comprargli un gelato, la loro conversazione era forzata e stentata, e se Jongdae stava cercando di conquistare Junmyeon, stava facendo un pessimo lavoro. Jongin gli aveva suggerito di avvicinarsi a lui, ma prima di fare quello, Minseok gli aveva suggerito di capire se gli piaceva davvero Junmyeon. Facile da dire. Comincia pensando a quanto veloce ti batte il cuore quando ti sorride.

"Jongdae? Ci sei~ Se non lo mangi, lo leccherò dalle tue mani."

Jongdae si riscosse, sollevando lo sguardo su Junmyeon, il quale sorrise e indicò il suo gelato che si stava sciogliendo. Lo pulì velocemente con la lingua e qualche fazzoletto, ascoltando il proprio cuore battere mentre Junmyeon rideva. Beh. Forse aveva davvero una vera cotta.

(Ma non avrebbe cominciato a pensare a Junmyeon senza in vestiti addosso per molto tempo ancora, assicurò a se stesso.)




"È stato terribile, grazie," disse Jongdae mentre entrava in camera di Minseok. Per una volta non era con Luhan, anche se aveva il cellulare tra le mani. "E poi, potrebbe esserci stato un breve momento in cui forse avrei voluto baciarlo. È grave?"

Minseok sorrise. "Fantastico." 

 

 

 

 

Jongdae finì per andare a trovare Junmyeon tre volte quella settimana, e sapeva che era eccessivo e probabilmente sospetto ma Minseok continuava a ricordargli che aveva già sprecato buona parte dell'estate rimanendo seduto a non fare niente e Jongdae continuava ad avere strani bisogni di parlare con Junmyeon per 'fare meglio della volta precedente'. Da quanto fosse stato pessimo il suo primo incontro con il maggiore, non appena era tornato a casa, aveva cominciato a pensare a come fare meglio la volta successiva. Cosa avrebbe potuto fare per riscattarsi. Il che richiedeva una volta successiva.

Quindi andò. Entrò nel negozio e fece un cenno di saluto, mordendosi la guancia per evitare di balbettare e mostrare quanto fosse nervoso, e salutò Junmyeon come un vecchio amico. “Esplosione alla Banana,” disse, indicando il gelato giallo e marrone. “Ne vuoi uno?”

Junmyeon sembrò sorpreso dalla sua ricomparsa e dalla sua schiettezza, ma disse semplicemente, “Oh, certo. Se offri tu.”

“Scegli quello che vuoi, allora,” disse Jongdae con un sorriso per il quale si era esercitato davanti allo specchio più di quanto non avrebbe voluto ammettere. Disinvolto e rilassato. Forse un pizzico provocante, ma solo se ci avesse fatto caso.

“D'accordo. Grazie, Jongdae-yah,” disse Junmyeon, prendendo una pallina dalla vaschetta di gelato al gusto noce pecan.

Si sedettero ancora insieme, come l'ultima volta, e parlarono pigramente di un film che era appena uscito ma che nessuno dei due aveva visto (Jongdae non riusciva a trovare il coraggio di chiedere a Junmyeon di andare a vederlo con lui – non ancora) e dell'imminente trasferimento di Junmyeon all'università. Mancavano ancora cinque settimane, ma sembrava insofferentemente vicino a Jongdae, che ancora non aveva fatto alcun progresso.

Anzi, sembrava stesse facendo marcia indietro, quando cercava di conquistare in modo sottile Junmyeon con un sorriso affascinante e una pacca amichevole sul braccio, e tutto quello che faceva Junmyeon era guardarlo per un momento, con il sorriso che vacillava, prima di ridere velocemente.

Quella era la seconda volta nel giro di pochi giorni che il sorriso sempre presente del maggiore svaniva di fronte a Jongdae, e questo lo tormentava. Jongin gli aveva detto di avvicinarsi a lui, ma era difficile farlo quando Junmyeon si comportava in modo così strano. Non gli piaceva quando Jongdae cercava di essere amichevole con lui? Aveva qualche sospetto sui suoi veri motivi, oppure non gli piaceva Jongdae e basta? Jongdae era troppo imbarazzante senza rendersene conto? O forse Jongdae era semplicemente ridicolo e pensava troppo alle cose.

Il loro terzo incontro fu più o meno uguale, se non peggio. La conversazione era più sciolta, ma Junmyeon gli lanciava strane occhiate quando si presentava, e quando Jongdae gli sorrideva sussultava prima di ricambiare il sorriso. “Non ho molto da fare,” gli disse Jongdae, come scusa per il fatto che continuasse a tornare. “Tutti i miei amici sono impegnati a pomiciare con i rispettivi ragazzi. Mi rimani solo tu.”

Junmyeon ridacchiò, leccando il proprio cono al gusto cookies and cream, ed esitò per il più breve dei momenti prima di dire, “Beh, sei il benvenuto a venire quando vuoi, ovviamente. Come vedi, sei il mio cliente più importante.”

Jongdae si illuminò orgoglioso, incoraggiato dal tono caloroso del ragazzo. Sembrava affettuoso. Forse stava funzionando.

“Ma non devi continuare a comprarmi il gelato, Jongdae,” aggiunse il ragazzo, gli angoli della bocca incurvati verso il basso. “Non sei il mio— voglio dire...”

E il cuore di Jongdae fece un tonfo ancora una volta. Forse non stava funzionando come aveva sperato. “No, mi fa piacere, hyung,” insistette, trattenendo un sospiro.

Durante la sua quarta visita alla gelateria, d'istinto, Jongdae decise di portare i suoi tentativi di conquista/flirt/qualsiasi cosa stesse facendo ad un altro livello e chiese, “Quando finisce il tuo turno?”

“Huh?” Junmyeon lo guardò sorpreso mentre finiva di preparare il suo cono alla nocciola. “Alle cinque…”

“Fai qualcosa dopo?” chiese Jongdae, e il cuore gli batteva all'impazzata. Osservò il viso di Junmyeon con occhi di falco.

Il sorriso del maggiore vacillò per mezzo secondo, e questo bastò a far perdere a Jongdae ogni briciolo di coraggio. Anche quando Junmyeon rispose cortesemente, “No, non proprio,” Jongdae non riuscì a trovare il fegato per proseguire col suo piano e chiedergli di andare a vedere quel film con lui.

“Già, nemmeno io,” rise nervosamente, tremando leggermente. “Comunque devo andare, mia madre vuole che vada a... fare qualcosa. Ciao hyung.”

E se ne andò, evitando lo sguardo di Junmyeon, come il codardo che era. La prossima volta avrebbe fatto meglio.

Solo che, davvero, non lo fece. Non fece meglio. Non peggiorò nemmeno, ma per quanto volesse seguire il consiglio di Minseok, o di chiunque altro, sgattaiolava sempre via all'ultimo secondo. Faceva davvero schifo in tutta questa cosa del flirtare. Non era mai stato bravo, in realtà, ma era anche peggio quando si trattava di ragazzi, o di Junmyeon in modo specifico. Non era sicuro. Non era coraggioso. Era spaventato e codardo e onestamente un completo cagasotto (così lo aveva chiamato Minseok, e Jongdae non aveva negato).

E ogni volta che succedeva, ogni volta che Jongdae si interrompeva velocemente, ritraeva le proprie parole o rideva dei propri penosi tentativi di 'avvicinarsi' a lui, Junmyeon faceva quell'espressione. Jongdae non era bravo a leggere i volti delle persone, ma pensava che quella sembrasse... confusa, più che altro, e preoccupata, ma forse anche delusa, e forse turbata, e irritataz
Jongdae stava rovinando tutto, lo sapeva, ma Junmyeon continuava a sorridere e dirgli di tornare presto, per stare ancora con lui, e questo era un buon segno, giusto?

Minseok e Luhan e la famiglia di Jongdae lo guardavano sempre in modo indifferente quando li aggiornava, e cercava di convincere loro (e se stesso) che le cose erano ancora riparabili.

A questo punto, Jongdae non era sicuro se i suoi frequenti istinti di baciare Junmyeon fuori dal nulla fossero un segno positivo o negativo.




Non accadde niente di produttivo o che valesse la pena raccontare, però, fino ad uno specifico incidente che non aveva niente a che fare con Jongdae a dire la verità.

Era intorno alla fine della seconda settimana, e Jongdae stava mangiando il proprio cono mango e pesca e cercando di trovare il coraggio per chiedere seriamente a Junmyeon di passare un po' di tempo insieme dopo il suo turno, quando un ragazzo che sembrava avere qualche anno più di lui entrò nella gelateria. Di solito non arrivavano molte persone quando c'era Jongdae, perché a Junmyeon erano stati dati davvero i turni morti, ma non pensava che l'apparizione del ragazzo valesse il sorriso sin troppo amichevole che gli fece Junmyeon. “Hey ciao, come posso aiutarti?”

Il ragazzo si fermò, lo guardò, e poi squadrò lentamente Junmyeon dalla testa ai piedi. Jongdae si immobilizzò e guardò il maggiore, gli occhi spalancati, e per poco non gli si fermò il cuore quando Junmyeon inarcò le sopracciglia in modo quasi di sfida in risposta allo sguardo di apprezzamento del cliente. Il ragazzo sorrise. “Hey,” disse, voce profonda e liscia. “Prendo quello che hai preso tu.”

Il cuore di Jongdae batteva forte, e si aspettava che Junmyeon arrossisse e si arrabbiasse, o mettesse in chiaro di non essere interessato a... beh, qualsiasi cosa quel ragazzo inquietante avesse in mente. Ma invece, Junmyeon si limitò a guardare il cono che aveva in mano e disse, “Cioccolato alla menta,” aggiungendo un piccolo sorriso alla fine.

Il respiro di Jongdae si bloccò in gola. Cosa stava succedendo qui? Stava guardando troppo a fondo la cosa in modo completamente inappropriato?

“Prenderò quello allora,” disse il ragazzo. Junmyeon si spostò verso la vetrina con i gusti, posando con attenzione il proprio cono per preparare quello del cliente, chiedendogli che tipo di cono volesse e quanto grande. Glielo passò, poi tornò al registratore di cassa, immettendo la vendita.

“3000 won,” disse Junmyeon, prendendo il biglietto da 5000 won dalla mano del ragazzo e dandogli il resto. “Passa una buona giornata.”

Il sorriso del ragazzo si allargò. “Posso sapere il tuo nome prima?”

Junmyeon sollevò ancora una volta le sopracciglia. “Junmyeon.”

“Piacere di conoscerti, Junmyeon,” disse il ragazzo. Afferrò improvvisamente un fazzoletto e ci scrisse sopra qualcosa con una penna trovata lì vicino. “Ecco il mio numero. Chiamami qualche volta, okay?” Lanciò una breve occhiata a Jongdae. “A meno che…”

Jongdae poteva giurare che tutti là dentro riuscissero a sentire quanto forte il suo cuore stesse battendo in un misto di shock, panico e confusione, e peggiorò notevolmente quando, invece di rifiutare, Junmyeon annuì leggermente prendendo il fazzoletto dalle mani del ragazzo. Il suo piccolo sorriso era amichevole, come sempre, e Jongdae non aveva idea se fosse genuino o meno.

Il ragazzo sorrise e salutò, voltandosi per andarsene. “Ci vediamo,” disse prima di scomparire oltre la porta.

Jongdae per poco non ansimò per riprendere fiato quando la porta si chiuse dietro di lui. Guardò Junmyeon con gli occhi sgranati, il quale stava osservando il fazzoletto con un'espressione indecifrabile, riprendendo il proprio cono.

“Uh,” mormorò Jongdae.

“Sai,” disse  il più casualmente possibile Junmyeon, “anche se non è una cosa che mi attrae molto, ti fa risparmiare davvero un sacco di tempo quando sono così diretti.”

Jongdae sentì di poter svenire da un momento all'altro. “C-cosa?” chiese incredulo, con voce un po' affannata.

Junmyeon lo guardò, il sorriso si spense leggermente. “I ragazzi, a quanto pare, sono molto più difficili da capire delle ragazze.”

Jongdae deglutì forte. Il gelato gli stava colando sulla mano. Aveva la vista un po' appannata. Non respirava bene. “A te…” fece una pausa, prese coraggio per quello che stava per dire, per quella che sarebbe stata la risposta di Junmyeon. “piacciono i ragazzi?”

Junmyeon gli lanciò un sorriso vagamente timido dal bancone. Sarebbe stato adorabile, se Jongdae non fosse stato sul punto di implodere.

“Sono serio!” insistette Jongdae quasi squittendo.

“Ti farebbe strano se dicessi di sì?” chiese Junmyeon, con le guance rosse.

“Hyung!” esclamò Jongdae, il cuore gli rimbalzava contro le costole. “Praticamente il 100% dei miei amici è ad un certo stadio dell'essere gay!” Deglutì a fatica, cercando di darsi un contegno. “È solo che – non hai mai – non ti ho mai visto esprimere interesse per un ragazzo?”

Junmyeon si grattò la testa con la mano che non teneva il gelato, sembrando imbarazzato. “Beh, voglio dire, non sono completamente interessato ai ragazzi.”

“E questo che significa?” chiese Jongdae, cercando disperatamente di non sembrare sul punto di impazzire.

Il maggiore rise piano. “Sai, in termini di chi mi piace... immagino se la giochino sia le ragazze che i ragazzi, ad essere onesti.”

“Vuoi dire, tipo, bisessuale?” Jongdae a malapena riuscì a tirare fuori quelle parole. “Jongin è bisessuale.”

“Sì, credo di averlo sentito dire,” mormorò Junmyeon. “Penso di esserlo, sì.”

Jongdae aveva ancora una volta dimenticato come si respira. Prese una profonda boccata d'ossigeno. “Non ho davvero mai notato che fossi interessato ad un ragazzo,” disse, cercando di non usare un tono d'accusa. A questo punto era persino sorpreso di riuscire ancora a parlare. Forse la realtà di questa conversazione lo avrebbe colpito più tardi.

Junmyeon rise, e Jongdae pensò sembrasse una risata amara. Non incontrava il suo sguardo. “Sai, è divertente, perché se un ragazzo dà a un ragazzo e a una ragazza lo stesso tipo di attenzione, il ragazzo pensa che sei semplicemente amichevole, mentre la ragazza sa che ci stai provando con lei. Alla fine le ragazze sono molto più intuitive dei ragazzi a cui vado dietro.”

Ed ecco di nuovo il cuore di Jongdae che se ne va per i fatti propri, facendolo sudare freddo. “Sei andato dietro a dei ragazzi?” Si sentì chiedere. Oddio, risultava troppo ovvio? Era invadente?

Ma Junmyeon scrollò semplicemente le spalle. “Di solito non lo faccio, a causa dei giudizio degli altri e tutto. Ero presidente del consiglio studentesco, e anche a casa ricevo un sacco di pressioni, non mi sembrava ne valesse la pena, anche se fossi stato interessato ad una ragazza. Ma ho sempre pensato, sai, che se il ragazzo giusto fosse arrivato, se non fosse valsa la pena... Ma non ha funzionato.”

Ci volle un momento perché Jongdae riuscisse a far uscire le parole. “Perché no?”

Junmyeon lanciò un sorriso tirato nella sua direzione. “Beh, io pensavo di piacergli, forse, possibilmente, ma alla fine è venuto fuori che era del tutto etero.”

E Jongdae sapeva che non avrebbe dovuto, Jongdae sapeva che non aveva alcun diritto, ma stupidamente la piccola voce nella sua testa sussurrò, Parla di me? Potrei essere io?

Ma ovviamente era terrificato anche solo di chiedere.

“Io, uh.” Jongdae cercò qualcosa da dire, qualsiasi cosa. Junmyeon sembrava davvero a disagio, ancora dietro il bancone con il gelato in mano che si scioglieva.
“Che... peccato.”

Junmyeon fece una piccola risata, in un modo tagliente che Jongdae gli aveva raramente, se non mai, sentito usare. “Comunque,” disse, rendendo chiaro che non aveva intenzione di continuare quella conversazione. “Questo è tutto. A quanto pare i ragazzi sono davvero idioti, e andarci dietro è troppo frustrante.”

Non dirlo a me, voleva dire Jongdae.
Invece tirò fuori un misero, “Già.”

“Almeno le ragazze sanno quando stai flirtando con loro,” disse Junmyeon, guardandolo e sorridendogli. Il suo sguardo era ancora un po’ duro, ma sembrava infinitamente più amichevole.

Jongdae tossì. “Quindi non chiamerai come-si-chiama?” chiese, facendo un cenno al fazzoletto con il numero del ragazzo.

“Huh? Oh, nah.” Il maggiore fece una risatina imbarazzata. “Non è il mio tipo.”

Sfacciatamente, Jongdae cominciò a cercare di ricordare quale fosse il suo aspetto per paragonarlo a se stesso. Alto, voce profonda, sicuro di sé, non brutto. Jongdae di sicuro non era niente delle prime tre cose.
Era una cosa buona? “Quale è il tuo tipo?”

Desiderò subito rimangiarsi quella domanda, ma Junmyeon scrollò le spalle. “Non lo so. Non lui.” Rise, gettando il tovagliolo nel cestino lì vicino. “Comunque, di cosa stavamo parlando prima di tutto questo?”

Jongdae si sforzò di ricordare mentre ancora pensava a quello che era appena successo. “Uh...di telefoni?”

“Giusto!
Il mio è vecchio. La fotocamera è terribile e si blocca come non mai.”

Jongdae annuì vagamente, con la testa che ancora gli girava. Ne avrebbe dovuto discutere con Minseok. Senza rivelare troppo della sessualità di Junmyeon, ovviamente.
Probabilmente non sarebbe stato carino.




“Amico. Jongdae. Datti una mossa.

“Tutto ciò che ti ho detto è che un ragazzo è entrato e lui ha preso il suo numero.”

“Esattamente! È fantastico. Chiedigli se vuole uscire con te. E se dice di no, sparisci per sempre dalla sua vita.”

“La fai sembrare molto più semplice di quanto non sia in realtà, hyung.
E meno patetico.”

“Fallo e basta, ti prego, prima che diventi pazzo guardando voi due.”

“Jongin mi ha detto che dovrei provare a vedere se potrebbe essere attratto da me…”

“Beh allora fallo. Per amore del cielo, Jongdae.”

“Sta’ zitto, hyung, ti ci è voluto quasi il quintuplo del tempo per dichiararti a Luhan.”

“Già, ed è stato uno schifo. Sii più uomo, Dae.”

“Non mi fido per niente dei tuoi consigli.”

“Sei tu quello che è venuto da me!”




Jongdae ci provò. Davvero. Dopo la confessione di Junmyeon, si sentiva molto più sicuro quando si trattava di flirtare, allungava di più le mani e lanciava qua e là complimenti e occhiolini dei quali si pentiva poco dopo. Rubava i coni gelato di Junmyeon per assaggiarli e offriva in cambio il proprio, scherzava sul fatto che quei loro incontri fossero appuntamenti, suggerì che gli sarebbe mancato Junmyeon quando sarebbe andato all’università in autunno. Disse a Junmyeon che il nuovo taglio di capelli gli stava bene e gli chiese se avesse comprato una nuova acqua di colonia, perché aveva un profumo buonissimo.

Non era particolarmente bravo, ad essere onesti. Si sentiva a disagio e rideva un po’ troppo e a volte si impappinava con le parole. Non era sicuro se fosse per questo o per qualche altra ragione che Junmyeon sembrava sempre preso un po’ in contropiede dal comportamento di Jongdae, un po’ incerto su come reagire, le sue sopracciglia si incurvavano leggermente.
Significava che Jongdae non gli piaceva? O semplicemente che Jongdae… non era proprio portato per questo?

“Quindi quel ragazzo a cui andavi dietro,” chiese alla fine della terza settimana, cercando di sembrare indifferente.
Il viso del maggiore rimase cautamente neutrale. “Com’era? Solo perché sono curioso di quale sia il tuo ‘tipo.’

Junmyeon rise imbarazzato. “Oh, era… non saprei. Mi piaceva davvero. Eravamo piuttosto amici. Ma era etero, e anche un po’ cattivo con me, quindi. Vabbè.”

Questo non era per niente d’aiuto.
Junmyeon era piuttosto amico di tutti. Sarebbe potuto essere un ragazzo qualsiasi del consiglio studentesco. O della sua classe. Sarebbe potuto essere Minseok, per quanto ne sapesse (se non fosse stato per il fatto dell’eterossessualità). “Ahhh,” rispose vagamente Jongdae, deglutendo.

“Ad essere sinceri,” continuò Junymeon con una risatina, “dopo ho frequentato una ragazza per provare a, sai, farmi piacere ancore le ragazze. Quella relazione non ha funzionato alla perfezione, ma ho fatto un tentativo audace.” Si passò una mano tra i capelli, sorridendo mestamente. “Comunque, basta parlare di me.”

Jongdae gli offrì un sorriso che sperava fosse comprensivo e confortante, ma più che altro stava cercando di capire se quel ragazzo potesse essere lui. E se fosse stato lui? Erano stati uniti, più o meno. E Jongdae era etero. Era stato etero. E poi Junmyeon aveva frequentato quella ragazza, senza successo. E se quel ragazzo fosse stato lui?

Ne parlò con Minseok quella notte, quando sorprendentemente l’amico aveva cancellato i propri programmi con Luhan per stare solamente con lui, e l'amico lo scosse per le spalle. “Chiedigli di uscire!” quasi gridò. “Fallo e basta, idiota, o non lo saprai mai! L’estate è quasi finita!”

Jongdae lo sapeva. Sapeva di dover fare qualcosa. Presto.
Ma perché doveva essere così spaventoso?




Alla fine della quarta settimana, Jongdae fece il punto della situazione. Era seduto al tavolino vicino al bancone, mangiava il suo gelato al gusto torta di compleanno mentre guardava Junmyeon servire una giovane donna e sua figlia con un sorriso, e pensò alla propria posizione all’inizio di tutta questa… storia.

Minseok gli aveva detto di capire se Junmyeon gli piaceva abbastanza da andargli dietro. La risposta a questo, decise Jongdae, era un sonoro sì. Non lo avrebbe più negato. Probabilmente i palmi sudati, il battito impazzito del suo cuore e i giramenti di testa erano ancora dovuti al terrore, ma era abbastanza sicuro che fossero per lo più causati da genuini sentimenti. Sentiva il desiderio di baciare Junmyeon troppo spesso. Il desiderio di stare con lui praticamente tutto il tempo. Pensava che Junmyeon fosse fantastico. Era imbarazzante, davvero.

Chanyeol gli aveva detto di smettere di pensare alla cosa come una cotta per un ragazzo, e cominciare invece a vederla come una semplice, vecchia cotta. Jongdae pensava di star facendo un buon lavoro ormai. Non aveva dimenticato che Junmyeon era un ragazzo, ovviamente, ma adesso si era arreso al fatto che probabilmente era selettivamente gay o qualcosa del genere. Gay nelle giuste circostanze. Quello che era. Non ne era più infastidito. (Ancora non pensava ad entrargli nelle mutande però. Non sempre. Non che l’idea fosse… particolarmente malvagia.)

Era il consiglio di Jongin che Jongdae non riusciva a seguire. Avrebbe dovuto capire se Junmyeon ricambiasse i suoi sentimenti, ma era molto più difficile di quanto non sembrasse. Nonostante, alla fine, avesse scoperto che Junmyeon era aperto all’idea di frequentare un ragazzo, ancora non sapeva se a Junmyeon piacesse lui, come più di un amico. Era infinitamente gentile con Jongdae, non si era mai lamentato quando lo aveva disturbato più volte alla settimana, sorrideva sempre e intratteneva allegre conversazioni con lui. Ma non aveva mai reagito molto bene quando Jongdae aveva tentato di avvicinarsi a lui. Non lo aveva mai direttamente rifiutato, ma non era nemmeno particolarmente ricettivo. Non aveva mai flirtato con lui. Non era mai arrossito né niente del genere. Ma come avrebbe dovuto fare Jongdae a capire cosa significava? Come avrebbe dovuto fare a sapere se il ragazzo di cui aveva parlato Junmyeon era lui o meno?

“Yoohoo~ Jongdae?”

La testa di Jongdae scattò su e guardò Junmyeon, il quale stava ridendo e agitava la mano per attirare la sua attenzione. “Scusa, cosa?”

“Ti sei incantato,” ridacchiò Junmyeon. “A cosa stavi pensando così intensamente?”

Jongdae deglutì forte. “A te~” canticchiò, aggiungendo un sorriso sfacciato per far sembrare che stava scherzando, o forse no.

Il sorriso scivolò dal viso di Junmyeon, e aprì la bocca per dire qualcosa, ma la campanella sopra la porta suonò ancora prima che potesse farlo.

Il ragazzo di due settimane prima, quello che aveva dato il numero a Junmyeon, entrò. “Hey,” disse, sorridendo quando divenne ovvio che anche Junmyeon lo aveva riconosciuto. “Junmyeon, giusto?”

Jongdae non si sforzò nemmeno di non fissarlo con gli occhi socchiusi. Junmyeon fece un sorriso. “Già, ciao ancora.”

“Posso avere lo stesso gelato dell’altra volta? Cioccolato alla menta?”

“Certo.” Junmyeon si spostò. “Anche se io non mangio mai la stessa cosa due volte di fila.”

“No?”

(Jongdae sentì uno stupido brivido di orgoglio per il fatto che neanche lui lo faceva.)

Junmyeon porse al ragazzo il cono e si diresse alla cassa. Il ragazzo lo guardò attentamente. “Non hai mai chiamato.”

Junmyeon annuì. “Già, credo di non averlo fatto.”

“Come mai?”

Il registratore di cassa si aprì. Junmyeon sollevò lo sguardo su di lui. “Non ne ho mai avuto occasione, immagino.”

“Beh, l’offerta è ancora valida!” Il ragazzo accettò il cambio, facendolo cadere nel barattolo della mancia. “Hai ancora il mio numero?”

“Sì,” mentì spudoratamente lui.

“Bene. Ci vediamo.” Il ragazzo fece un occhiolino prima di andarsene. Jongdae continuò a guardarlo male.

“Non lo chiamerai, vero?” chiese, anche se sapeva già la risposta.

“Nah,” rispose il maggiore senza guardarlo, mentre faceva il giro per sedersi. Sorrideva ancora, ma sembrava un po’ forzato.

“Oh, bene,” disse Jongdae, le parole lasciarono la sua bocca prima che potesse fermarle. “Potrei ingelosirmi.”

Junmyeon si girò a guardarlo bruscamente. Il cuore di Jongdae scalpitava, e rubò il suo cono mezzo mangiato per dare una leccata sfacciata.

E alla fine, Junmyeon scoppiò. Spinse indietro la sedia leggermente, le gambe che graffiarono il pavimento, e Jongdae lo guardò con gli occhi spalancati mentre diceva, “Wow, potresti smetterla?

Jongdae ansimò. “C-cosa?”

“Ti ho anche detto di essere bisessuale, ti ho detto che faccio schifo a leggere le persone, ti ho detto di aver avuto l’idea sbagliata prima, cazzo!”

Jongdae non aveva mai sentito Junmyeon così arrabbiato prima, non lo aveva mai visto così agitato e con gli occhi così ardenti. “Io—”

Ma Junmyeon non lo lasciò parlare. Allargò le narici mentre cominciava la sua sfuriata. “Sono qui, cerco di fare il bravo hyung, cerco di salvare un’amicizia che ho quasi rovinato con i miei sentimenti, e tu continui a fare cose stupide come questa e incasini di nuovo tutto. Voglio dire sì. Mi piacevi. Sì, più o meno mi piaci ancora cazzo. Ma volevo fare la persona matura. È etero? Figo! Potete ancora essere amici, Junmyeon. Potete ancora passare del tempo insieme e puoi dargli qualche consiglio fraterno. Puoi sopportare un cuore spezzato. Non è colpa sua se è etero. Ma sai cosa, è colpa tua se sei così crudele, facendomi credere che ci stai provando con me quando in realtà non è così. Quindi per favore smettila.

Jongdae spalancò la bocca. Rimase seduto lì a bocca aperta, cercando disperatamente di assorbire quello che Junmyeon aveva appena detto. Lui… cosa? Cosa era appena successo? “Io—” Si interruppe, ma Junmyeon sospirò forte e lo lasciò continuare. La voce di Jongdae si abbassò fino ad un sussurro spaventato e incerto. “Io ci sto provando con te.”

La rabbia scomparve in un istante dal viso di Junmyeon, e fu lui stavolta a rimanere a bocca aperta. “Cosa?”

Jongdae scrollò le spalle. “Mi piaci? Tanto?”

Ora Junmyeon sembrava tanto scioccato e confuso quanto si sentiva Jongdae. Il che era piacevole, in un certo senso. “Tu… cosa? E da quando?”

Jongdae rise nervosamente, un po’ delirante, giocherellando con il cono che aveva in mano. “Questa è  una domanda difficile. Il processo di accettazione è durato un bel po’. Minseok ha cercato di convincermi dall’inizio dell’anno scolastico, però.” Sbatté le palpebre, poi chiese, “Da quando io piaccio a te?

Junmyeon sembrava sul punto di perdere i sensi, e Jongdae poteva capirlo. “Da… tanto tempo. Ho iniziato ad avere una cotta per te da… dalla tua festa di compleanno, probabilmente. Secoli fa.”

“Oh mio Dio.” Jongdae avvampò. “Perché non hai… perché non hai detto niente, o—”

“L’ho fatto!” anche il viso del maggiore era rosso, con un misto di quello che sembrava imbarazzo e irritazione. “Tu— ti ho chiesto se pensassi che si possa essere un po’ gay, sai, e tu hai detto no. E poi mi hai evitato! Bastardo!”

Questa era la prima volta che Jongdae sentiva Junmyeon parlare così. Era un po’ eccitante, sotto tutte le altre sensazioni che sentiva risalirgli il petto. “Ero nella fase di fervente negazione!” protestò. “E ti ho evitato solo dopo che tu mi hai detto di avere una ragazza!

“Ho trovato una ragazza perché a te non piacevano i ragazzi! Pensavo mi odiassi!”

Jongdae voleva ridere, ma anche piangere e strapparsi i capelli per la frustrazione. “Ero così arrabbiato,” disse senza fiato, un sorriso che probabilmente risultava inappropriato cominciò ad aprirsi sul suo viso. “Hai trovato una ragazza e io ero così arrabbiato, anche se dicevo che non mi piacevi.”

Junmyeon sembrava incredibilmente imbarazzato. “Questa è tutta colpa tua, Kim Jongdae,” disse. “Sai quanto è stato difficile per me? Colpa tua.

“Lo so,” disse velocemente Jongdae. “Lo so che è colpa mia. Dovresti essere arrabbiato con me.”

“Io sono arrabbiato con te.” Sbuffò forte Junmyeon. “Non riesco a crederci – mi ci è voluto così tanto per farmela passare, e volevo ancora essere tuo amico. Cosa stupida, ma lo volevo comunque. E non mi aspettavo niente da te. Volevo solo che fossimo amici platonici. Ed eri cattivo con me, e poi super confusionario e sei venuto qui ed eri tutto…ugh. Ero così deluso all’inizio, deluso da te per avermi fatto credere che ti piacessi per poi rifiutarmi, ed evitarmi, ma finalmente mi era passata. Per lo più. E poi sei tornato e hai reso le cose ancora più confuse! Stavi intenzionalmente flirtando con me per tutto questo tempo?”

Jongdae si fece piccolo piccolo. Okay, la situazione sembrava più brutta messa in questi termini. “Sì?”

Junmyeon lo guardò male, il completo opposto rispetto al suo solito sorriso caldo e piacevole. “Non posso nemmeno essere completamente arrabbiato con te, perché mi piaci troppo. Sai quanto è esasperante?”

Una piccola scintilla di speranza fiorì nel cuore di Jongdae. “Scusa,” sussurrò.

Junmyeon aggrottò le sopracciglia. Era stranamente affascinante. Jongdae voleva baciarlo. “Credo te ne debba andare.”

“Cosa?” Jongdae sbatté le palpebre. “Perché?”

“Perché al momento sono troppo irritato per essere entusiasta della notizia.”

“O-oh. Okay.” Jongdae si alzò lentamente. Aveva ancora il gelato di Junmyeon, ma decise di tenerlo.

Il maggiore incrociò le braccia. “Torna quando finisce il mo turno.”

“Okay.” Jongdae non riuscì a trattenere il sorriso che apparve sul suo viso. “Ci vediamo dopo, allora.”

Per la prima volta, Junmyeon ricambiò il sorriso, anche se solo per un secondo. “Sì. Ci vediamo.”




Jongdae tornò alla gelateria alle 17 in punto. Sbirciò dentro, con il cuore che batteva all’impazzata, e vide Junmyeon sollevare lo sguardo su di lui mentre si sfilava il grembiule e parlava con la donna che probabilmente possedeva il negozio. Gli fece un piccolo sorriso attraverso il vetro, e il petto di Jongdae si gonfiò.

Uscì un momento dopo, senza guardarlo in faccia. “Allora,” disse.

“Sei ancora arrabbiato con me?” chiese Jongdae, giocherellando con l’orlo della camicia.

Junmyeon rise piano. “Un po’,” disse. “Ma più che altro felice.”

“Sì?”

“Sì.” Junmyeon lo guardò, sorridendogli. “Eccitato.”

“Anche io,” sussurrò Jongdae, sentendosi come una scolaretta con una cotta. Si schiarì la gola. “Vuoi… fare qualcosa?”

Junmyeon si infilò le mani in tasca e scrollò le spalle, ancora sorridente. “Mi stai chiedendo di uscire, Kim Jongdae?”

“U-um.” Jongdae deglutì forte. “Sì?”

“Bene. Allora certo.”

Percorsero la breve distanza fino al fiume Han, fianco a fianco e in silenzio, senza guardarsi se non per occhiate timide ed imbarazzate. Trovarono un posticino sull’erba e si sedettero, a pochi centrimetri l’uno dall’altro. Jongdae voleva prendere la mano del maggiore, ma si rese presto conto che era troppo nervoso per farlo, e poi le sue mani stavano sudando.

“Allora,” disse, guardando ancora Junmyeon. “Io, uh…” si interruppe, incerto su cosa dire, sperando che il maggiore prendesse le redini.

“Hm,” fu la sola risposta di Junmyeon, e ricalò il silenzio.

Jongdae lo guardò implorante, senza poi distogliere lo sguardo. Il momento era quasi surreale, ora che ci pensava. Era ad un appuntamento, più o meno, con Kim Junmyeon. Al fiume Han. E sembrava così bello senza nemmeno sforzarsi, con il vento che gli scompigliava i capelli e un sorriso che gli incurvava le labbra mentre guardava l’acqua. E Jongdae aveva voluto tutto questo per così tanto tempo. E Junmyeon gli piaceva sin troppo.

“Um,” disse Jongdae, perché nessuno diceva niente e cominciava ad essere strano. Junmyeon lo guardò, con quel suo piccolo sorriso adorabile. Quindi Jongdae si allungò e lo baciò.

Fu molto leggero, e molto breve. Non aveva nemmeno voluto farlo davvero. Si era semplicemente avvicinato e lo aveva baciato, perché era troppo nervoso e non sapeva cosa fare, e poi si era ritratto.

Junmyeon lo fissò per un secondo carico di tensione, e poi la sua mano fu attorno al collo di Jongdae e lo tirò a sé per premere le loro labbra insieme. Il più piccolo emise un suono di sorpresa, ma Junmyeon si limitò ad inclinare la testa leggermente e a premere ancora, labbra calde ed insistenti, e le mani di Jongdae si agitarono ai propri fianchi prima di posarli su quelli del maggiore. I suoi occhi si chiusero in automatico, e ricambiò non appena si rese conto di quello che stava accadendo. Junmyeon lo stava baciando. E non era lieve e dolce, come quello di Jongdae. Questo bacio era lungo e profondo, percorreva tutto il suo corpo, accendeva ogni suo nervo mentre Junmyeon mordicchiava gentilmente il suo labbro inferiore.

Junmyeon baciava cento volte con più aggressività di quanto Jongdae non si sarebbe immaginato. Junmyeon era delicato e dolce e mite, ma baciava come se avesse a malapena controllo di se stesso, spingendo indietro Jongdae per la potenza. Non che a Jongdae dispiacesse, certo, ansimante con i pugni chiusi attorno alla maglietta del maggiore. Non c’era lingua, ma i respiri di Junmyeon erano caldi contro la sua bocca e le mani sul suo collo e sul suo mento, e il suo corpo era tiepido e solido sopra di lui, e Jongdae era positivamente intontito da tutte quelle sensazioni.

“Scusa,” Junmyeon ansimò quando si ritrasse, tanto senza fiato quanto Jongdae. “Mi dispiace tanto, era—”

Jongdae rise, solare e irragionevolmente contento. “È così che ti comporti ad un primo appuntamento?”

Junmyeon rise in risposta. “No,” gli assicurò, indietreggiando leggermente, ma non del tutto, non abbastanza da lasciare spazio a Jongdae per rialzarsi. “Ma scusami se sono così impaziente, dopo aver aspettato così a lungo, dopo averlo voluto così a lungo, figlio di—”

Jongdae si sollevò e posò un casto bacio sulle sue labbra, interrompendolo. “Perdonato,” disse frettolosamente.

Junmyeon rimase in silenzio, poi si alzò, lasciando che Jongdae si raddrizzasse accanto a sé. In qualche modo, la sua mano si ritrovò intrecciata a quella del più piccolo, e nessuno dei due lasciò la presa.

“Tutti saranno così fieri di me,” disse all’improvviso Jongdae, non appena gli venne in mente. Sorrise. “Ho conquistato il mio primo ragazzo con successo.”

Junmyeon gli lanciò un’occhiataccia scherzosa. “Primo di quanti?”

Jongdae rise. “Spero solo uno. È stato anche più difficile di quanto non mi aspettassi.”

“Visto? Te l’ho detto.” Junmyeon sorrise, stringendo la presa attorno alla mano di Jongdae. Ci fu silenzio per qualche momento, e poi disse, “Posso baciarti ancora?”

Jongdae arrossì. “Stiamo insieme ora?”

“Uh, sì? Penso di sì?” Junmyeon sbatté le palpebre confuso.

Jongdae si illuminò. “Allora non devi chiedermelo.”

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/Sbuca fuori dal nulla dopo 3 mesi/ Vi chiedo infinitamente scusa per questa lunghissima attesa ;___; La verità è che avevo già tradotto il 75% di questo capitolo tempo fa, ma per un motivo o per un altro (semplicemente quei pochi momenti liberi che avevo li ho usati per soddisfare la mia dipendenza da serie TV lol) non l'ho mai finito x3 Finalmente ieri mi ci sono messa e mi sono resa conto che effettivamente mancavano solo pochi paragrafi ahah
Quindi ecco qua l'extra della Suchen che vi avevo promesso, prima o poi posterò anche quello della Laysoo ma, nonostante sia considerevolmente più corto rispetto a questo, non aspettatevi di vederlo entro breve perché sono in piena sessione d'esami ;__; ahah
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, a presto ~

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