The Magic Really exists

di 20florina01
(/viewuser.php?uid=963820)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccoli imprevisti ***
Capitolo 2: *** Un vecchio con la barba molto familiare ***
Capitolo 3: *** Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 5: *** Avventure per la scuola ***
Capitolo 6: *** Un colosso bitorzoluto nel bagno delle ragazze ***
Capitolo 7: *** Il campionato ***
Capitolo 8: *** Buco nero ***
Capitolo 9: *** Sorprese ***
Capitolo 10: *** Troppi segreti e bugie ***
Capitolo 11: *** Non sapere chi fosse... ***
Capitolo 12: *** Nicolas Flamel ***
Capitolo 13: *** La foresta proibita ***
Capitolo 14: *** La cosa giusta ***
Capitolo 15: *** Tramare qualcosa ***
Capitolo 16: *** Le prove ***
Capitolo 17: *** Quel genio di Ron ***
Capitolo 18: *** Ultimi giorni ***
Capitolo 19: *** Si torna a casa ***
Capitolo 20: *** Si torna a casa ***



Capitolo 1
*** Piccoli imprevisti ***


 
 
 
1° CAPITOLO
 

Piccoli imprevisti

 
Mi girai nel mio letto e mi misi a pancia in su per guardare i disegni sul soffitto della mia camera. Spiccava, dipinto con gli acquerelli, un libro rosso dalla copertina rigida. In essa c'era una scritta in latino che diceva magicae est in vobis, cioè, la magia è in te.
Non mi ci soffermai più di tanto: sapevo a memoria ogni singolo tratto di quel dipinto da quante volte l’avevo guardato. Abbassai lo sguardo verso la parete: era di un azzurro particolare, del colore del cielo. Era semplice e non aveva poster o altro a parte un piccolo quadro con la cornice in legno di ciliegio.
Rappresentava due persone. Una bambina, cioè io più o meno cinque anni prima, dai capelli castano chiaro fino alla spalla e occhi azzurro quasi grigio. In testa avevo un cappello bianco e fucsia che mi teneva su la frangetta, una semplice maglia bianca, dei pantaloni blu e delle scarpe rosa. Avevo una margherita in mano e nell'altra stringevo la mano di mio fratello.
Lui, aveva i capelli, per il colore, uguali ai miei ma gli occhi erano marrone. Un bel marrone, ‘marrone nutella.’ Aveva una maglia blu e dei pantaloni marroni, fino al ginocchio. Con l'altra mano stringeva un bastone che, secondo quello che ricordavo, aveva trovato nel bosco.
Ci ripensai... Non lo aveva trovato lui ma io e non per terra, ma mi era volato in mano. A pensarci mi venne da ridere: non poteva essermi volato in mano, anche allora lo sapevo ma non ci avevo dato peso: ero troppo piccola, ‘avrò avuto cinque o sei anni.’
Lasciai stare quelle idee bizzarre sulla magia e mi concentrai per mettere in moto il mio corpo. Era ancora addormentato.
Dovevo alzarmi, ma non volevo. Sentii la solita scossa mattutina che partiva dal piede sinistro e si espandeva per il mio corpo riscaldandolo tutto e facendomi perdere la voglia di restare nel mio caldo lettuccio.
Guardai l'orologio.
Erano le sette e mezza di mattina del quindici settembre: il primo giorno di scuola.
Il primo giorno di scuola!
‘Perché la zia non mi aveva svegliato?!’
Forse mi ero sbagliata: forse non era oggi il primo giorno di scuola, forse era un altro giorno, forse l’orologio era impostato all’ora sbagliata.
Mi alzai e andai verso la scrivania. In mezzo ai disegni c’era un calendario tutto scarabocchiato. Lo aprii e andai alla pagina di settembre. Vidi il giorno quindici cerchiato in rosso e sotto, la scritta scuola.
Scuola!
Mi lavai e mi vestii in fretta e furia, con quello che mi capitava in mano, presi lo zaino e tutto l’occorrente per la scuola, e uscii dalla mia camera.
Corsi verso il soggiorno, presi una mela dal tavolino –assicurandomi che non fosse una di quelle finte – e corsi a prendere la mia bicicletta. Montai in sella e volai per le strade, cercando di arrivare in tempo a scuola.
Fortunatamente non c’era traffico, così arrivai a scuola in orario.
Dopo aver messo la catena alla bici, andai verso le mie amiche della scuola elementare.
«Flora!» mi salutò Beatrice.
«Oddio, oggi si inizia!» feci un urletto, anche se il fiatone me lo impedì.
«Già, come mai tua zia non c’è?» era molto agitata, stringeva i pugni e si toccava freneticamente i lunghi capelli neri raccolti in una coda.
Durante l’estate era diventata parecchio alta, però ero sempre più alta di lei. ‘Perché?!’ I suoi capelli si erano schiariti col sole estivo, e ora aveva delle ciocche bionde in mezzo alla solita massa si capelli rossicci.
«Ehi, ci sei?»
«Scusa, stavo pensando ad altro. Cos’hai detto?» dissi strofinandomi gli occhi.
«Come mai tua zia non c’è? Non che sia necessario portarsi dietro i genitori o parenti o tutori, ma avevi detto che veniva.»
«È vero!» mi battei il palmo della mano sulla fronte «Adesso la chiamo» mi tolsi una bretella dello zaino dalle spalle e lo girai, aprii la taschina più piccola e ci frugai dentro.
Niente.
Controllai di nuovo.
‘Nada.’
Guardai la mia amica. Lei mi restituì lo sguardo. «Cosa c’è?» chiese «Hai dimenticato il telefono?» continuò.
Continuai a guardarla...
«Ok» prese il suo telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni e me lo porse.
Appena lo presi digitai il numero di mia zia.
Il telefono squillò qualche volta... «Segreteria telefonica. Il cli-» premetti il tasto rosso, interrompendo quella odiosa voce.
Digitai il numero di casa e avvicinai il telefono all’orecchio. «Segreteria telefon-» attaccai.
Mi stavo irritando: perché la zia non rispondeva?
La campanella suonò.
«Mi sa che è meglio entrare» disse Beatrice.
Annuii restituendole il telefono e incamminandomi verso l’entrata della scuola.
 
La bicicletta andava veloce, abbastanza veloce da farmi fare un incidente, ma in quel momento non era importante: volevo andare a casa e dirne quattro a mia zia.
Appena arrivata misi la bicicletta nell’entrata e corsi su per le scale sperando che ci fosse.
Andai verso la cucina, dove stava di solito alla mattina, non c’era.
Andai in camera sua e la trovai lì. Era girata verso lo specchio, non mi vide entrare, anche se avrebbe dovuto vedere il mio riflesso, quindi la chiamai.
«Zia, perché non mi hai svegliato sta mattina? Oggi è il primo giorno di scuola!» nessuna risposta.
Non si muoveva nemmeno. Le misi una mano sulla spalla. Nessuna reazione. ora che ci pensavo aveva una strana posa: aveva le mani a coprire la faccia come se una luce fortissima le avesse colpito il viso. L’espressione era spaventata anzi terrorizzata. E già da questo capivo che era uno scherzo.
«Zia, dai non è un bello scherzo, non sono in vena.»
Ma lei non si mosse. ‘Devo dire che questa volta però è stata brava’: era in equilibrio precario su una gamba sola come se volesse scappare, i suoi occhi guardavano un punto fisso sullo specchio. Seguii il suo sguardo che puntava al  riflesso dietro di me.
Vidi delle squame verdi e grigie dietro di me e un enorme serpente entrò nella stanza spostando, con la sua massa, mobili e sedie.
‘Oh, cavolo!
Un basilisco!?’
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Un vecchio con la barba molto familiare ***


 
 
 
 
2° CAPITOLO
 
Un vecchio con la barba molto familiare
 
Chiusi gli occhi sperando fosse solo un incubo. Doveva esserlo. E poi... Un basilisco, ‘non esistono!’ Sentii uno spostamento d’aria alla mia destra. Qualcosa strisciò nella stanza vicino a me, e nell’aria si diffuse un odore di fogna. Cercai di restare calma... Ma come potevo? C’era un basilisco nella stanza di mia zia.
‘È tutto un incubo’, mi dissi – ed  era l’opzione più sensata; o ero impazzita, seconda ipotesi sensata; o era tutto reale, ipotesi alquanto improbabile.
Che situazione assurda! Ma la cosa più assurda era che riuscivo a pensare lucidamente con davanti un mostro che solo guardarlo negli occhi, ti uccideva. Anche se sapevo che creature del genere non potevano esistere sapevo tutto sull’argomento. Dio, sembravo la Granger. Ero proprio un caso disperato!
Aprii lentamente gli occhi guardando verso il basso.
Non lo avrei mai guardato negli occhi. Impazzita o no, sogno o no, non lo avrei mai fatto. Manco morta!
‘Appunto.’
Ad un certo punto vidi il basilisco lanciarsi verso di me.
Richiusi gli occhi. Ero terrorizzata, misi d’istinto una mano davanti al viso per difendermi. Come se potesse bastare a sconfiggere un basilisco. O anche solo a fermarlo.
Aspettai con terrore un momento che non arrivò mai.
Con molta calma aprii gli occhi, cercando di non guardare in alto.
Il basilisco era a un centimetro dalla mia mano. Fermo. Immobile. Come una statua. Mi allontanai per sicurezza e scrutai l’animale davanti a me.
Era enorme, smisurato. Incredibile che riuscisse a stare nella minuscola stanza della zia!
A quel punto mi ricordai: la zia!
Perlustrai la stanza con lo sguardo e la trovai a terra nella stessa posizione di prima. Probabilmente era stata urtata dalla massa dell’essere dietro di me.
Una lacrima mi rigò il viso e a quel punto, non mi seppi trattenere, e mi misi a piangere.
Sentii qualcuno bussare alla porta della camera. Mi girai per controllare e vidi un uomo alquanto anziano. Aveva una lunga barba bianca che  arrivava alla vita – subito dopo aver visto quella, aggrottai la fronte – ed alla fine era tenuta insieme da un codino. Indossava una lunga veste turchese che arrivava fino ai piedi, ed aveva un espressione dolce.
«Impressionante» disse ad un certo punto «certo, non si vede tutti i giorni una ragazzina ignara dei suoi poteri e del mondo al quale appartiene che sconfigge un basilisco adulto... impressionante...» continuò.
A quel punto presi coraggio e parlai «scusi, ma lei chi è?» Sapevo benissimo chi era, ma non riuscivo a crederci.
«Oh, credo lei sappia benissimo chi sono io» disse con uno sguardo cosi premuroso che mi rilassai all’istante.
«Beh...» dissi io «lei, secondo quello che ho letto, lei è Albus Silente» conclusi con un po’ d’imbarazzo. «Come-?» Ma non riuscii a terminare la frase che lui m’interruppe.
«Come faccio a sapere che lei sa del mondo magico e di me?... So che lei è un appassionata della saga di Harry Potter, signorina Silente»
«come fa a sapere il mio nome?» chiesi.
‘Ma che domande faccio? Lui è Albus Silente: il più grande mago del mondo! In casa mia!’
«Ma... Se lei è veramente qua, e credo sia alquanto improbabile, perché è venuto?» chiesi nella speranza di una risposta che non arrivò a tardare.
«Ah, si... Volevo informarla, signorina Silente, che lei è stata ammessa alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.» rispose con calma frugando nella sua tunica e tirandone fuori una lettera.
«Oh, si certo!» dissi «E mio fratello allora è il re dei dinosauri!» continuai con sarcasmo. «Lei non esiste, è solo un personaggio della storia della Rowling!»
«Ah, si... Joanne, per i suoi centoquarantacinque anni è stata una brillante scrittrice – nota a pochi – e nota strega.»
Quella frase mi sconcertò. Ma allora non era tutto un’ invenzione e Albus Silente era davvero nella camera di mia zia!
‘La zia!’
«Mia zia è stata pietrificata, può aiutarla?»
«Sono sicuro che la professoressa Sprite potrà preparare un rimedio di Mandragore» rispose con calma.
«Ma quindi andremo a Hogwarts? Cioè, veramente?» chiesi scioccata.
«Si, penso proprio di si, se lei vuole, ovviamente» rispose.
«Certo che si!»
Ero elettrizzata all’idea di poter andare ad Hogwarts. Poi ripensai che oggi era il quindici settembre.
«Ma i corsi non iniziano il primo settembre?» Come avrei potuto frequentare i corsi con due settimane di ritardo?
«Sì, io infatti ero venuto qui per controllare se andasse tutto bene» disse preoccupato.
«Cosa dovrebbe andare storto?» poi mi resi conto che quella domanda era completamente fuori luogo.
«L’ evidente non si nasconde, signorina Silente. Lei è stata attaccata da un basilisco, anche se non ero venuto qui per questo, ero venuto perché il gufo che abbiamo mandato con la sua lettera di ammissione era tornato ferito» disse con più calma del dovuto. «Stranamente qualcuno non vuole che lei venga ad Hogwarts» continuò.
«Perché qualcuno vorrebbe che io non venissi ad Hogwarts, signor Silente?» chiesi un po’ confusa.
«Oh... non chiamarmi signor Silente, chiamami... nonno.» Disse sorridendo, imbarazzato.
A quel punto sgranai gli occhi.
«C-cosa?» balbettai.
Lui annuì, per confermare.
«Ma lei non ha figli, tantomeno nipoti» dissi.
Lui si avvicinò e si sedette sul letto della zia, davanti a me.
«Non lo sa nessuno tranne te e, naturalmente, la mia famiglia. Sai Flora, Joanne era una donna molto saggia e possedeva la vista. Ma non sempre ha avuto ragione. Il futuro può sempre essere cambiato ma non il passato... Quello no... A meno che tu non abbia una Giratempo.»
Dicevo... Aveva sempre avuto troppa immaginazione secondo me, quella Rowlig. Poi ci ripensai.
«Ma quindi vuol dire che quello che ho letto o perlomeno qualcosa di quello che ho letto si avvererà!» ‘Vuol dire che un giorno lui sarebbe... morto.’
«Flora... So a cosa stai pensando, e potrebbe accadere o forse no.»
 Era troppo calmo e razionale per sapere che, un giorno, sarebbero successe tutte quelle cose, tutte quelle morti, la sua morte.
«Quindi Voldemort esiste, davvero
Lui sospirò «Sì, esiste davvero. Ed è là fuori anche nel mondo babbano.»
«Tu pensavi che la storia di Harry fosse infantile, prima di leggerla, vero?»
«Si» risposi, ma non capii dove volesse arrivare.
«Chi ti ha consigliato di leggere questa saga, anche se sapeva che non ti interessava?» chiese lui con sguardo che non tradiva emozioni.
«La zia, ma-» non finii la frase che venni interrotta.
«Flora, ma non capisci? Lei sapeva e sa tutt'ora del mondo magico, di me, ma soprattutto, di te. Tu sei una strega, Flora. Tu riesci a fare cose che gli altri maghi non possono. Vedi, tu non devi usare la bacchetta per fare magie o incantesimi. Tu sei diversa. Diversa da tutti noi. Tu... sei speciale.»
A quelle parole rimasi di stucco. Ora che ci pensavo... Era vero: riuscivo a usare la magia. Come quando a cinque anni mi era volato il bastone in mano; o quando a otto mi avevano vestita di rosa confetto per un matrimonio e i miei vestiti erano diventati azzurri.
Questo significava che almeno uno dei miei genitori apparteneva al mondo della magia, ma chi?
«Quindi uno dei miei genitori era tuo figlio...» feci una lunga pausa «Chi?» chiesi cautamente.
«Tua madre... Thalia» sussurrò.
«Una donna stupenda, le ho dato io il suo nome... come ho fatto col tuo. Sai, forse non lo sai, ma nel mondo magico il nome di un bambino lo sceglie uno dei nonni. E, sai, avevo una passione per i fiori, e non sapevo come chiamarti» fece un piccolo sorriso.
‘Ah, anni di prese in giro perché qualcuno non sapeva come chiamarmi.’
Mi lanciò uno sorriso storto.
‘Non pensare tanto quando sei vicino a lui, potrebbe usare l’Occlumanzia!’
«E... mio padre?» chiesi.
«Lui, non è stato più visto...» abbassò il capo.
«Come non è stato più visto? Ma lo avete cercato? Non può essere sparito!» ‘Non poteva!
«Quando è scomparso?» domandai grattandomi la testa, frustrata.
«Subito dopo la morte di tua madre» rispose desolato.
Quindi mi aveva lasciata sola. ‘Sola! Senza famiglia, senza figure a cui ispirarmi.’
A quel punto mi sfuggì una lacrima.
«Come- come è morta mia madre? Non è stato un incidente d’auto, vero?» domandai.
«No...» sospirò «è successo tutto parecchi anni fa, tu non avevi nemmeno tre anni.»
Sospirò di nuovo ed io capii che dovevo prepararmi per un lungo discorso.
«Quando Voldemort era in circolazione, la gente si era unita e aveva formato parecchi gruppi per combatterlo. Tua madre ed io facevamo parte di uno di questi. Dopo poco tempo che venne creato il gruppo di cui facevamo parte,  iniziammo a sentire delle voci, dicevano che Voldemort stava distruggendo ad uno ad uno questi gruppi, uccidendo, o traviando i loro componenti. Quella sera toccò a noi, eravamo in minoranza: alcuni dei nostri ci tradirono. La maggior parte di noi morì, compresa tua madre. Quando lo raccontai a tuo padre, lo vidi andare via con la testa tra le mani. Poi non lo vidi più.»
«Ti affidai a Silvia per la tua incolumità, era meglio se avessi vissuto tra i babbani.»
Così la mia vita era tutta una farsa... che bello...
Avevo sempre immaginato, un giorno, di svegliarmi e trovarmi inseguita da dei minotauri – o altre creature mitologiche – o trovare un armadio che mi porti in un altro mondo, o che so io. ‘Non pensavo, invece di svegliarmi e trovare mia zia pietrificata con un basilisco che le ronza in torno – o che sibila, è lo stesso.’
«Bene» sospirò «ora che ti ho raccontato un po’ della mia vita, dobbiamo andare» disse alzandosi dal letto di mia zia.
«Dove?» chiesi.
Lui mi guardò con un espressione sorpresa, quasi fosse logica la risposta.
«Ad Hogwarts, naturalmente. Sbaglio o abbiamo una persona da riportar al suo stato naturale?» rispose.
«Sì, ma come ci arriviamo? Con una persona pietrificata attireremo molti sguardi» replicai.
Ancora quello sguardo sorpreso.
«Sai qual è il modo più veloce e pratico per viaggiare, nel mondo dei maghi?» domandò sorridendo.
«Sì: materializzarsi, ma io non-» «Basta che ti affidi a me» mi interruppe.
Vidi che alzò il braccio, come per indicare qualcosa.
«Tocca il mio braccio e afferra quello di tua zia» disse guardandomi.
Ero terrorizzata: quasi tutti la prima volta vomitano. E non volevo vomitare davanti ad Albus Silente. Anche se era mio nonno... Ma feci come disse.
A malincuore afferrai il suo braccio, tra il polso e il gomito, e lo strinsi, non troppo però.
Afferrai la mano della zia. Era dura e fredda. Sembrava cera. La strinsi ancora più forte, quasi potesse sparire da un momento all'altro.
«Pronta?» chiese.
Non ne ero sicura ma dissi: «Si.»
Ad un certo punto non sentii più la terra sotto i piedi. Mi sentii risucchiare in un vortice sempre più veloce. Non riuscivo a respirare, ma quando fui sul punto di svenire, per la mancanza d'aria, caddi a terra.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Hogwarts ***


 
 
 
 
3° CAPITOLO
 
Hogwarts
 
Ero stordita e mi girava la testa.
Mi ritrovai stesa sull'erba umida.
Riuscire ad alzarmi senza vomitare era un’impresa, ‘ma tentar non nuoce.’ Mi girai di schiena e cercando di sostenermi con le mani, mi alzai.
Il nonno era in piedi accanto a me e non sembrava accusare nessun malore, ‘chissà quante volte si è materializzato in tutta la sua vita...’
«Molto bene, quasi tutti vomitano la prima volta, ma suppongo tu lo sappia già» disse sorridendo.
Cercai di sorridere a mia volta, ma ero ancora disorientata.
Poi ricordai: ero a Hogwarts!
Alzai lo sguardo e vidi delle torri imponenti stagliarsi sul limpido cielo, guardai alla base di esse... ed eccola lì.
La scuola in cui avrei sempre voluto andare, davanti a me.
Sentii una mano intorno alle mie spalle e guardai il nonno. Mi sorrise.
Mi accorsi di avere ancora la mano pietrificata di mia mamma stretta fra le mie, quando la sentii muoversi.
Guardai nella sua direzione e vidi che stava levitando.
Il nonno con la mano sulla mia spalla, mi incitò ad andare avanti. E così, cominciammo a camminare seguiti dalla mamma, che fluttuava dietro di noi.
Eravamo in un prato sconfinato, vicino al campo da Quidditch.
Le torrette degli spettatori erano pieno di colori: giallo e nero per Tassorosso; blu e marroncino per Corvonero; verde ed argento per Serpeverde, e rosso ed oro per Grifondoro.
Quanto avrei voluto imparare a giocare a Quidditch.
«Comunque, quando entreremo ad Hogwarts...» riformulò la frase: «Nessuno, dentro queste mura, sa del futuro di Harry Potter, a eccezione di me e te. E dovrà continuare a essere così» disse serio.
Riuscii a dire un semplice «Ok» e continuammo a camminare.
«Ah... A proposito, questo è il suo primo anno ad Hogwarts... Di Harry, intendo.»
«Cosa?» chiesi sconcertata e anche agitata.
Avrei trascorso tutto l’anno ad Hogwarts e Harry Potter avrebbe seguito i miei stessi corsi! Ci saremmo incontrati! Avrei parlato col mio idolo!
«Hai capito bene, Flora» disse tornando a sorridere.
«Ma non ci credo comunque. Questo è un sogno!» avevo un sorriso da ebete.
Lui sorrise ancora di più.
«Avrai fame» dedusse.
«In effetti...» dissi immediatamente. Poi ci ripensai «Ma prima vorrei andare a portare la mamma in infermeria» «Certamente.»
Davanti a noi si stagliò un enorme portone di legno massiccio. Sembrava indistruttibile e inaccessibile ma con un semplice segno della mano del nonno si aprì.
Studenti.
Ecco la prima cosa che vidi. Tantissimi studenti che passavano davanti a noi. Tutti avevano la loro divisa.
Andavano tutti in una direzione. La sala grande.
Mi accorsi che molti studenti mi fissavano e ricordai che ero ancora abbracciata al nonno. Certo non era una cosa da tutti i giorni vedere Albus Silente abbracciato alla nipote, che nessuno sapeva avesse.
Mi sentii improvvisamente piccola e sentii le guance avvampare.
Il nonno invece non dava segni di imbarazzo.
Lui cominciò a camminare e tutti gli facevano spazio.
Ci guardavano curiosi e dubbiosi.
Vidi i gemelli Weasley tirare fuori degli zerlini. Probabilmente per qualche scommessa.
«Deduco dalla tua espressione che vuoi evitare gli sguardi degli studenti, la strada per l'infermeria è ancora lunga» disse continuando a camminare.
«Certo» dissi senza pensare.
«Allora afferra il mio braccio e tua madre, come prima.»
Questa volta, con più sicurezza afferrai il braccio del nonno e quello della mamma.
«Tieniti forte» disse sorridendo.
 
L'infermeria era grande, ariosa e piena di luce. Vidi una ventina di letti, dei quali, solo tre erano occupati.
Madama Chips ci venne incontro con aria preoccupata.
«Albus,  cosa è successo?» disse guardando mia madre e poi me.
«Ah... Chips, vai a chiamare la professoressa Sprite e chiedile se ha delle mandragole adulte. E se così fosse, dille di preparare un rimedio per riportare allo stato naturale chi è stato pietrificato.»
Poi si rivolse a me «tu,  Flora, metti Silvia su un lettino e rilassati, tra pochi giorni Silvia potrà di nuovo muoversi» disse con tono rincuorante.
«Ma come faccio a mettere mia zia su un letto se sta levitando?»
«Credo tu riesca a farlo se ti concentri...anzi... anche senza concentrarti, ricorda quello che ti ho detto a casa, tu riesci ad usare la magia anche senza bacchetta... tu sei speciale.» E con questo si incamminò verso la porta.
«Ma tu dove vai?» chiesi senza pensarci.
«Io vado nel mio ufficio, dopotutto tu hai saltato la cerimonia di ammissione e tutt'ora non appartieni a nessuna casa. Penserò a cosa farti studiare o meno, e parlerò con qualche professore dell'accaduto. Ma tu... stai attenta e se vuoi puoi andare in giro per la scuola, anche se penso tu la conosca già e meglio di chiunque altro, dopo di me.»
Un ragazzino passò vicino al nonno e lo salutò con un «buongiorno professor Silente» detto questo uscì.
Mi ricordai che a scuola dovevo chiamarlo professor Silente... Proprio ora che mi ero abituata a chiamarlo nonno.
«Se stai pensando a come chiamarmi quando siamo in società, puoi chiamarmi nonno. È ora che qualcuno sappia della mia famiglia.»
E con questo si dileguò.
Beh l’Occlumanzia aveva dei risvolti positivi.
Mi avvicinai al corpo fluttuante di mia zia. Volevo che volasse sul letto e si adagiasse lì.
Ed esso, come avevo ordinato, si adagiò solo lettino più vicino.
‘Che bello sono una strega!’ Pensai. Non era stato difficile. Anzi era facile come bere un bicchier d'acqua.
La guardai. Era troppo ferma. Era troppo innaturale in quella posa.
Dovevo pensare a qualcos'altro. Dovevo vedere il castello.
Volevo andare per i passaggi segreti, volevo scoprire la Stanza delle Necessità, andare alla Stamberga Stillante, andare nella Foresta Proibita, vedere il Lago Nero, conoscere qualcuno, fare amicizie...
Il mio stomaco brontolò.
Forse era meglio mangiare.
Mi incamminai verso la sala grande.
I corridoi erano deserti.
Non c'era anima viva... E neanche morta.
L'unica cosa che mi intrigava di quegli spazi erano i dipinti.
Parlavano, passava da un quadro all'altro e certi mi guardavano, interessati ed incuriositi.
Io li ignorai.
Arrivai davanti ad un portone, che era la metà di quello d'ingresso.
Da lì arrivava un buonissimo odore. Ed il mio stomaco mi diceva di entrare.
‘Cosa faccio, entro o non entro?
E se entro, cosa dico? Dove vado? Con chi mi siedo? Dove mi siedo? In che casa?
Troppe domande, entra e basta!’
Non feci niente. ‘Dai Flora cosa vuoi che sia?’  Pensai.
Volevo entrare. La fame era insopportabile. Non riuscivo a reprimerla.
Feci per appoggiare la mano sulla porta che quella si aprii.
Appena fu aperta del tutto vidi tutti gli studenti ammutolirsi e guardarmi.
Persino gli insegnanti mi guardavano.
Rimasi immobile e sentii le guance diventare calde.
Una donna, anziana, mi venne incontro.
La professoressa McGranitt.
«Signorina Silente» disse. Gli studenti più vicini potevano sentire tutto e infatti rimasero a bocca aperta.
«Vuole seguirmi, prego?» Chiese gentilmente.
«Certo» dissi a bassa voce.
La seguii per la sala, tutti bisbigliavano e mi guardavano, incuriositi.
Si fermò a metà sala, vicino al tavolo dei Grifondoro.
«Per ora, signorina Silente, può sedersi qui. Più tardi le parleremo della sua permanenza ad Hogwarts.»
Mi sedetti al tavolo, con gli occhi di tutti puntati addosso.
Ero molto imbarazzata. Abbassai lo sguardo e davanti a me apparve un piatto, colmo di cibo, e un bicchiere d'acqua.
Gli studenti ricominciarono a parlare, mangiare e bere.
Ma la maggior parte di loro parlava di me o del nonno.
Sentii qualcuno toccarmi la spalla. Alzai lo sguardo dal mio piatto, avevo la faccia in fiamme.
Una ragazza dai capelli neri e ricci mi sorrise.
«Ciao» disse «io sono Claudia, sono al quinto anno, e lei è mia sorella Monica, al terzo» indicò una ragazza davanti a lei, più piccola ma che per il resto uguale a lei.
«Io mi chiamo Flora» dissi un po'imbarazzata.
«Ma è vero, che il tuo cognome è Silente?» I suoi occhi brillantano a quella domanda, erano bellissimi sembravano ossidiana.
«Si» dissi, ancora imbarazzata.
Ero la notizia del momento. Che schifo.
«Sei nata babbana?»
Wow! Io non avrei mai fatto una domanda del genera ad una persona appena incontrata!
Prima di rispondere assaggiai una coscia di pollo che era apparsa nel mio piatto.
Era buonissimo.
«No, mia madre era una strega mio padre, probabilmente, è un babbano.»
«Come probabilmente?»
«Non sono sicura che sia vivo...» sussurrai più a me che a lei.
Lei deglutì imbarazzata «Ma quindi sei imparentata con Silente?» cercò di cambiare argomento, ed io gliene fui grata.
«Ehm... si» ero troppo imbarazzata.
«Wow...» Era sconcertata.
«Ma com-» non finì la frase.
«Potete andare nelle vostre stanze» disse la professoressa McGranitt.
Tutti gli studenti si alzarono e si diressero verso la porta.
Io rimasi ferma. Dovevo aspettare la professoressa McGranitt, dovevamo parlare di Hogwarts.
Claudia mi toccò la spalla «Se vuoi io e Monica ti aspettiamo.»
Era molto gentile.
«Grazie, ma se volete andare ai dormitori non dovete aspettarmi.»
La professoressa McGranitt mi venne incontro.
«Signorina Silente?» Disse con voce non tanto decisa. «Mi segua, e lei, signorina Smith, vada nella sua sala comune»  disse con un tono più deciso di prima.
Salutai Claudia con un cenno della mano e seguii la professoressa.
Mi condusse in una stanza piena di trofei. La stanza dove, al torneo tre maghi, interrogano Harry, su come avesse fatto a mettere il nome nel Calice di Fuoco...
Lì vidi il nonno, la professoressa McGranitt e Piton...
Mi fermai al centro della stanza, mettendo il peso del corpo su un piede e poi sull'altro.
«Allora, Flora, dobbiamo parlare della tua permanenza ad Hogwarts» disse il nonno.
«Come ti ho detto molte volte tu non hai bisogno della bacchetta per compiere magie o stregonerie. E non devi imparare incantesimi, ti basta pensare al risultato della magia ed essa...  Si compie.»
«Per tanto le lezioni per imparare incantesimi non ti servivano e nemmeno trasfigurazione» disse guardando la professoressa McGranitt.
«Mi sembra un po' esagerato, Albus. La trasfigurazione è una delle materie principali e più difficoltose, non penso sia ad un livello così alto di controllare i suoi poteri» disse esasperata.
Il nonno mi mise un bicchiere davanti  «Flora,  prova a mutare questo oggetto in qualcos'altro» disse pieno di aspettative.
‘Magari di animato...’ sentii la sua voce nella testa.
Annuii guardando il bicchiere. Presi in mano l'oggetto e lo visualizzai bene nella mia mente.
Cercai di ricordare ogni minimo dettaglio, chiusi un attimo gli occhi e...  Quando li aprii in mano avevo una farfalla stupenda in mano. Guardai i professori.
La professoressa McGranitt mi guardava sbalordita e Piton, affascinato.
«Passiamo ad altri dettagli della tua permanenza qui,  la tua casa» riprese il nonno «ho portato qui il Cappello Parlante, dopo ti metterà nella casa più opportuna per te.»
«Sarebbe il caso che lo facessimo adesso» disse la professoressa.
«Così la ragazza potrà andare a riposarsi per la giornata che ha trascorso oggi» disse Piton con quel tono da... come se avesse il naso rotto.
«Si,  ha passato una giornata impegnativa ed è ora che si riposi per questo» confermò la professoressa.
«Certamente...» sospirò il nonno.
Il cappello vecchio e logoro gli volò davanti. Lui lo prese e si avvicinò a me.
Ero molto tesa. Questa storia del cappello me la sarei immaginata diversamente ma...
Poggiò il cappello sulla mia testa.
Esso non disse niente per qualche minuto di estremo silenzio.
Alla fine disse «Grifondoro» ad alta voce, poi aggiunse «Strana ragazza...»
Sentii il cuore più leggero e mi rilassai.
«Bene» concluse la professoressa.
«Mi segua.» Si incamminò fuori da quella stanza, percorse la sala grande ed uscì.
Vidi Claudia e sua sorella parlare li fuori ed appena mi videro ci seguirono, ma a distanza di qualche metro.
«Adesso la accompagnerò alla sala comune dei Grifondoro, la annuncerò agli studenti e le indicherò il suo letto» mi comunicò la professoressa.
Arrivammo all'imbocco delle scale.
Erano tantissime. Massicce e decorate.
Le vidi muoversi, creando passaggi per pini diversi e bloccando la strada a qualche studente. Percorremmo tre o quattro scalinate e alla fine ci ritrovammo davanti al quadro della Signora Grassa.
«Mimbulus mimbletonia.»
Disse la professoressa alla Signora Grassa.
Il quadro si aprì e formò un passaggio.
La professoressa proseguì e noi la seguimmo.
La sala comune era molto vivace e calda.
Molti studenti sui divanetti parlavano, altri sui tavoli stavano studiando e molti maschi, di sicuro nella squadra di Quidditch, stavano parlando di manici di scopa.
La professoressa si schiarì la voce.
Tutti gli studenti la guardarono.
«Vi presento Flora Silente, anche se con ritardo inizierà i corsi del primo anno.»
Un mormorio si diffuse per la stanza e tutti mi guardarono.
Imbarazzata, come sempre, abbassai lo sguardo e fissai le mie scarpe.
Poi si rivolse a me «i suoi effetti personali sono stari portati nella sua stanza.» Si incamminò verso il dormitorio femminile.
Io la seguii, con Claudia e Monica alle calcagna.
Si posizionò davanti ad un letto. E lo indicò.
«Questo sarà il suo letto per quest'anno scolastico.»
E detto questo se ne andò.
Io, stanchissima, non potei far altro che buttarmici sopra.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nuove conoscenze ***


Aprii gli occhi e vidi, davanti a me, un baldacchino ricoperto di tende rosse con ghirigori dorati. Non ero nella mia stanza... Sono ad Hogwarts! Ricordai. Quanto avevo dormito? Mi alzai dal letto e mi guardai in torno: ero in una grande stanza con più di cinque letti, tutti uguali al mio, con dentro ragazze russanti. Ai piedi di ogni letto c'era un baule, tipo scrigno del tesoro, e da questi sporgevano vestiti e coperte. Sentii un letto scricchiolare. Mi voltai per vedere chi si fosse svegliato qualcuno. Claudia era a qualche letto di distanza. Quando mi vide mi salutò con un cenno della mano. «Buongiorno» disse assonnata «sei mattiniera? Saranno le sei di mattina» continuò sussurrando. «No, è che ieri ho dormito tutto il pomeriggio» sbadigliai. «Allora... Come mai hai iniziato la scuola in ritardo?» «ehm... la lettera di ammissione non è arrivata, allora il nonno è venuto a prendermi.» «Che strano sentire Albus Silente chiamato nonno...» sussurrò tra se e se «non ti sembra strano chiamarlo nonno? Cioè, Albus Silente è nonno? Nessuno ha mai scoperto che avesse famiglia. È sposato?» «Ok, sono un po' confusa. Si lo chiamo nonno... E si... sembrava strano anche a me.» «Ma quindi è sposato?» richiese. «Hei cosa mi stai facendo, il terzo grado?» «Oh... ehm... scusa, ma sei un mistero per tutti, certe persone hanno anche fatto scommesse sul tuo conto.» «Sì, lo so, ieri appena entrata ho visto i gemelli Weasley scambiarsi degli zerlini» sospirai. «Ah,si... ma come sai chi sono loro?» Oh cavolo! «Me-me lo ha detto il nonno» dissi come scusa. Credici, ti prego, credici. Pensai. «Ok.» «Bene, ormai mi sono svegliata. E quindi non torno a letto. E tu adesso mi farai compagnia in sala comune» disse con uno sguardo malizioso. «Ok, ma dove sono le mie pantofole, il pavimento è gelato!» dissi guardandomi intorno. Concentrati, concentrati: le pantofole possono volare fino da te, se lo pensi. Vidi le mie pantofole avvicinarsi fluttuando. Feci un sorriso enorme. Claudia mi guardò sconcertata. «Com-come-come hai fatto?» I suoi occhi erano spalancati. Ero nei guai. «Ne parliamo dopo, quando siamo giù» dissi, ma mene pentii subito. Mi infilai le pantofole che avevo fatto fluttuare. Avevo fatto fluttuare delle pantofole. Wow! Ci incamminammo verso le scale e sentimmo delle persone parlare, due voci maschili. Alla fine delle scale c’ erano Oliver Baston e… Harry! Miei dei! Ero su di giri. Ad un certo punto la vista mi si annebbiò e le gambe cedettero. Sentii due braccia forti sostenermi, e poi niente. Aprii gli occhi e vidi subito altri occhi che ricambiavano il mio sguardo. Non erano quelli di Claudia, i suoi erano neri. Questi erano di un verde intenso. ‘Cavolo, cavolo, cavolo!’ Era Harry! Mi alzai di scatto e andai a sbattere contro la sua fronte. «Ah!» urlammo insieme. «Scusa, Harry» dissi. «E tu come fai a sapere chi sono?» chiese. «Ehm... La cicatrice» dissi come scusa. «Ah... già» disse triste. «Cosa è successo? So che sono caduta, poi non ricordo più niente» ammisi. «Oh...ehm... sei svenuta e Oliver... Baston» indicò il ragazzone muscoloso dietro di lui «ti ha presa in tempo, prima che sbattessi la testa a terra» fu interrotto. «Come stai?» chiese Oliver. Per la divina Era! Oliver Baston mi aveva parlato! Cioè, chi non ha mai avuto una cotta segreta per Oliver Baston? «Bene, grazie» cercai di rispondere «Ma che ore sono?» «Mancano ancora venti minuti alla prima lezione.» «Ma Claudia dov'è?» mi guardai intorno ma non la trovai. «È dovuta andare giù doveva parlare con la McGranitt.» «Ah... mi vado a cambiare voi intanto... grazie» dissi a Oliver «e scusa per la testata... voi intanto andate, io vado di sopra a prepararmi» mi alzai. «Stai tranquilla, ti aspettiamo. Nel caso svenissi di nuovo» sorrise Oliver. Io arrossii un po’. «Mi devo mettere la divisa?» chiesi speranzosa. «Si» disse. «Si!» esultai mostrando tutto il mio assenso in un unico gesto della testa. Mi guardò corrugando le sopracciglia con un sorrisetto buffo. «Ho sempre sognato di indossarla, e adesso posso!» spiegai al settimo cielo. «Ok, ok. Allora vai, noi ti aspettiamo qui.» Salii di corsa le scale del dormitorio femminile e arrivai al mio baule. Mi misi la camicia, gonna, cravatta rossa e oro, calzini fino al ginocchio, le scarpe nere e la lunga divisa nera calda a morbida. Mi pettinai con una vecchia spazzola che trovai sul letto accanto al mio e sistemai bene le pieghe della gonna. Scesi le scale e trovai Harry e Oliver intenti a parlare... mi sembrava di averla già vista questa scena... «Nessun capogiro o roba del genere?» chiese Harry. «No» risposi «Niente.» «Fatto tutto?» chiese Oliver guardandomi. «Scusa?» non capivo cosa intendesse. «Ehm... le femmine di solito ci mettono molto a prepararsi» disse imbarazzato. «Beh, c’è sempre l’eccezione che conferma la regola, no?» e detto questo andai in direzione del ritratto della Signora Grassa e mi accorsi di averli al seguito. Appena usciti da passaggio, si misero a parlare di Quidditch. Harry, naturalmente, era quello che ne sapeva di meno. Aveva letto qualcosa in questi giorni e cercava di stare dietro a quello che Baston diceva, in qualche modo se la cavava. Parlammo del mio svenimento, un calo di zuccheri o roba del genere, chi lo sapeva? Arrivati davanti alla sala Grande vidi tutta quella gente seduta nei vari tavoli che parlava, mangiava, e che mi avrebbe subito guardata non appena sarei entrata in quella sala. Feci un passo indietro «io non ci entro lì dentro.» Sentii una mano grande e calda sulla schiena «Invece sì» disse Oliver convinto, incitandomi ad entrare premendo la sua mano sulla mia schiena. «Vuoi mangiare o no?» mi stuzzicò Harry. «Ok, ma, andiamo veloci» dissi a Oliver. Lui sorrise e mi spinse dietro. Come previsto, molti ci guardavano. ‘Che schifo.’ Ci sedemmo al tavolo con gli occhi di tutti puntati addosso. «Faranno sempre così?» chiesi. «No, lascia che facciano: si stancheranno» rispose Oliver con una smorfia. Mangiai qualche fetta di torta alla ricotta che, a parere mio, era incredibile, e bevvi una tazza di latte. Finita colazione, salutai Oliver visto che si stava alzando e che, sicuramente non avrei rivisto tanto facilmente. «Allora ci si vede in giro» disse sorridendo. Io ricambiai il sorriso e corsi verso la McGranitt. Stava parlando con Claudia ma quando mi vide si interruppe «Ah, signorina Silente, questo è il suo orario» disse consegnandomi un foglietto di carta. Io ringraziai e salutai. Tornai a sedermi accanto a Harry. Ma sentii una voce femminile che mi chiamò. Alzai gli occhi e vidi Monica. «Che lezioni hai?» chiese. «Alla prima ora... pozioni.» «Anche io» si intromise Harry. «Allora andiamo non vorrei fare tardi il primo giorno.» Ci incamminammo verso i sotterranei. Entrammo in una stanza fredda e umida. Quando entrai non vidi nessuno. «È ancora presto» disse Harry «se vuoi possiamo rimanere qui ad aspettare.» «Ok, grazie» risposi sinceramente. Sapevo che fra noi sarebbe nata una bella amicizia. E volevo coltivarla a pieno. Mentre eravamo in quella piccola e umida stanza dei sotterranei Harry mi fece tantissime domande. «Quindi... Silente è tuo nonno?» «Si.» «Ok... Mi sembra... Strano» concluse. «Io lo ho scoperto ieri, e credimi, se ti dico che lo ho preso per pazzo.» Rise di gusto. La sua risata mi contagiò. «Ah, oggi ho gli allenamenti di Quidditch... Mi chiedevo se volevi venire a vedere... se vuoi...» Sul mio viso si fece spazio un sorriso a trentadue denti. «Mi piacerebbe molto.» Non so come, ma riuscì a fare un sorriso più grande del mio «allora ci vediamo in sala comune alle tre e mezza.» «Ok.» A quel punto Piton entrò in classe e ci zittimmo. «Cosa ci fanno due Grifondoro nella mia classe?» ci mandò uno sguardo accusatorio. «Siamo semplicemente arrivati in anticipo, perché la signorina Silente non vedeva l'ora di iniziare la sua prima lezione» lo disse molta semplicità. ‘Come ha fatto a non balbettare? Magari avessi io questa capacità.’ «Sarà il caso che non succeda più, comunque» e si girò. Io intanto mi girai verso Harry e gli lanciai uno sguardo pieno di ammirazione. Lui rispose alzando le spalle e facendo un sorrisetto storto. Misi una mano sulla bocca per fermare o coprire la risata che in seguito sarebbe scoppiata. «Prendete posto e aspettate che arrivino gli altri studenti, tirate fuori i libri di testo.» Ci sedemmo nei primi banchi, dove mi ricordai... I libri. «Professore, io non ho i libri di testo.» «Certo che non ha i libri, il professor Silente mi ha incaricato di consegnarglieli.» Venne verso di me, con un libro alquanto grosso in mano e lo mise sul mio banco. «G-grazie» dissi imbarazzata. Tornò alla “cattedra” se così si poteva chiamare. Era ricoperta di ampolle e fialette colme di liquidi colorati. Sentimmo un brusio di voci venire dal corridoio: gli studenti erano arrivati. Vidi Ron ed Hermione sedersi dietro di noi. Harry li salutò con un cenno della mano. E la lezione iniziò. «Siete qui per imparare la delicata scienza e l'arte esatta delle pozioni» cominciò Piton. "Poiché qui non si agita insulsamente la bacchetta, molti di voi stenteranno a credere che si tratti di magia. Non mi aspetto che comprendiate a fondo la bellezza del calderone che bolle a fuoco lento, con i suoi vapori scintillanti, il delicato potere dei liquidi che scorrono nelle vene umane, ammaliando la mente, stregando i sensi... Io posso insegnarvi a imbottigliare la fama, la gloria, addirittura la morte... Sempre che non siate una manica di testa di legno, come in genere sono tutti gli allievi che mi toccano.» A questo discorso alzai le sopracciglia e cadde il silenzio. «Allora... chi sa dirmi cosa succede se verso della radice di Asfodelo in polvere dentro un infuso di Artemisia?» Alzai la mano d'istinto, sapevo tutto il libro a memoria, quindi ero avvantaggiata su quello che mi avrebbero chiesto i professori o sui compiti. ‘Almeno una volta sembrerò un’alunna modello... cosa mai successa.’ «Silente?» «Insieme fanno una pozione soporifera talmente potente da andar sotto il nome di Distillato di Morte Vivente.» Piton rimase interdetto, e la maggior parte della classe mi guardò incuriosita e sconcertata. «Non avrei saputo dirlo meglio.» Nella sua voce c'era una punta di orgoglio. «Cambiamo argomento, dove guardereste se vi dicessi di trovarmi una pietra Bezoar?» Fui ancora la prima ad alzare la mano, seguita da Hermione. «Silente?» «Un Bezoar è una pietra che si trova nella pancia delle capre e che salva da molti veleni.» Un sorriso compiaciuto apparve sulle sue labbra. «E sai dirmi quale è la differenza tra l'Aconitum Napellus e l' Aconitum Lycoctunum?» Annuii, fiera di me stessa. «L'Aconitum Napellus e l' Aconitum Lycoctunum sono la stessa pianta, nota anche con il semplice nome di Aconito.» ‘Adesso non era più compiaciuto, era molto più che compiaciuto, obiettivo niente male.’ «Beh? Perché non prendete appunti?» Ci fu un improvviso rovistare in cerca di penne e pergamene. «E alla casa di Grifondoro saranno aggiunti cinque punti.» Quella prima lezione passò in fretta, Piton ci spiegò l’utilizzo dei vari utensili, facendoci vedere gl’ingredienti che avremmo usato più frequentemente e insegnandoci i vari modi di utilizzo. Un ora dopo uscimmo dalla classe, e molti miei compagni mi fecero i complimenti. Io ringraziai imbarazzata e accompagnai Harry a lezione di trasfigurazione. Salimmo le scale per arrivare al pian terreno. Arrivammo in una grande aula, illuminata dalla luce del sole. Mi fermai all' entrata. «Che fai, non vieni? chiese corrugando la fronte. «No.» Ero dispiaciuta, volevo vedere come i maghi normali facevano le magie. «Come mai?» chiese. «È abbastanza complicato, ma adesso chiedo alla McGranitt se posso seguire Trasfigurazione comunque» dissi. Mi diressi verso la professoressa. Quando mi vide fu sorpresa. «Signorina Silente, lei non segue il corso di Trasfigurazione, cosa fa’ nella mia classe?» «Volevo chiederle se potevo seguire il corso ugualmente.» «Ma il professor Silente ha detto che non le serve» disse non tanto convinta. «Lo so, ma vorrei seguirlo comunque, per affinare la mia... tecnica?.... di trasfigurare.» «Certamente, se vorrà assistere alla lezione, non glielo impedirò, ma sa che io non potrò insegnarle niente.» «Certo» sorrisi ed andai a sedermi in uno dei banchi davanti. Harry si sedette accanto a me. «Ma come...» iniziò. «Dopo ti spiego» dissi con tono cantilenante ed esasperato. La lezione iniziò. La professoressa distribuì degli stuzzicadenti dicendoci che dovevamo trasformarli in aghi. Disse una formula che non capii e iniziò a trasformarne un intera scatola. Passando per distribuirli mi chiese se volevo provare anche io, acconsentii. Tutti tirarono fuori la bacchetta, tranne io – ‘naturalmente io sono sempre l’asociale’ – e iniziarono. Harry mi guardò storto. «Non hai una bacchetta?» «No» dissi semplicemente. «Perché?» chiese dubbioso. «Perché non ne ho bisogno» e abbassai lo sguardo sui miei stuzzicadenti. «Come, non ne hai bisogno?» domandò. «Non ne ho bisogno. Guarda.» Dissi indicando i miei stuzzicadenti. ‘Diventate aghi! Non voglio fare la figura della scema davanti ad Harry Potter! DIVENTATE AGHI!’ Pensai. Chiusi gli occhi e quando li riaprii avevo una ventina di aghi in mano. «Come hai fatto?» I suoi occhi brillavano. «Lo ho pensato. Io non ho bisogno della bacchetta, telo ho detto prima.» La lezione continuò, molti provarono, invano, a trasfigurare gli stuzzicadenti ma non ci riuscirono. Quando la professoressa vide che ce la avevo fatta diede cinque punti alla mia casa. Il tempo volò e io mi accorsi che l’ora era già finita, quando, Harry accanto a me si alzò. Andammo nella Sala Grande. Qualcuno ci guardò, ma non ci feci caso. Ci sedemmo vicino a Ron ed Hermione. Harry me li presentò e loro come tutti gli altri iniziarono a fare domande sul mio conto. Mangiai da dio. Gli elfi erano davvero bravi a cucinare. Mentre parlavamo Hermione disse che voleva andare in Sala Comune. Ci incamminammo per le scale arrivando alla Sala Comune, e Ron si buttò a peso morto sul divanetto. Restammo li a parlare e arrivarono le tre e mezza. «Io mi vado a cambiare, fuori deve fare proprio freddo.» Andai in camera, mi tosi la divisa e mi misi dei jeans una maglia a maniche lunghe e una felpa di lana nera. Scesi le scale e tornai nella sala comune. Harry era già lì, con la divisa addosso, che parlava con Ron. Osservai bene la divisa, era rossa con delle parti giallo scuro che arrivava sotto le ginocchia. Davanti aveva uno spacco che partiva dalla vita, sotto aveva dei pantaloni beige e degli... ‘stivali?’ Sembravano scarponi da snowboard. Ma erano tutti neri e aderivano molto al piede. ‘Sarebbero stati perfetti per snowboard!’ «Allora... ci siamo tutti, andiamo?» «Hermione non viene?» chiesi ad Harry. «No, lei deve studiare» disse faccia un po' dispiaciuta. «Come se ne avesse bisogno!» disse ironicamente Ron. Stavo sugli spalti dei Grifondoro, a osservare gli allenamenti. Harry era veramente bravo, sopra una scopa. E pensare che tra poco avrebbe avuto una Nimbus Duemila! Non passarono neanche dieci minuti che i gemelli Weasley colpirono un bolide che andò addosso ad Angelina Johnson e le ruppe il naso. I gemelli la accompagnarono in infermeria e gli altri giocatori decisero di finire gli allenamenti. Andai verso Harry, stava parlando con Oliver. A quanto pare lo avevo rivisto in fretta, ma cosa ne sapevo che Harry mi avrebbe invitato a vedere gli allenamenti di Grifondoro. Quando mi avvicinai Oliver mi sorrise, io feci lo stesso di rimando. «Niente svenimenti oggi?» chiese con un sorrisetto furbo. «Niente del genere» gli risposi sorridendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Avventure per la scuola ***


Passò qualche settimana. La scuola era davvero enorme. Avevo già avuto l’opportunità di fare un giretto ma non l’avevo colta. Siccome quel giorno avevo il pomeriggio libero, andai gironzolando per la scuola. Salii fino al settimo piano davanti all'arazzo di Barnaba Il Babbeo. Davanti a me c'era un muro fatto di mattoni scuri e un po' scoloriti, come del resto lo era tutta la scuola. Chiusi gli occhi e pensai: ‘voglio entrare nella stanza dove tutto nascosto.’ All'improvviso un rumore si fece largo per tutto il corridoio. Quando apri gli occhi davanti a me c'è una porta di legno. Incise su di essa c’erano molte scritte. Mi feci coraggio ed entrai. Dentro tutto era scuro e tetro, la luce faticava ad entrare. Conoscevo bene quella stanza. Il mio sguardo la perlustrò, soffermandosi su ogni dettaglio: cerano mobili ammucchiati, tantissimi i manici di scopa, una gabbia per uccelli, tante bacchette ammucchiate e molte altre cose che si perdevano a vista d’occhio. Attraversai la stanza, era un po' difficile data la quantità enorme di cianfrusaglie. Non riuscivo a vedere l’Armadio Svanitore. Eppure che era molto grande. Un rumore improvviso, alle mie spalle, mi distolse dai miei pensieri. Mi abbassai d’istinto ed andai dietro in divano, alla mia sinistra. Vidi un uccellino blu volare verso l’alto e poi tutto il silenzio che c’era prima, ritornò. Mi alzai lentamente emi guardai intorno. Niente di strano. Continuai a curiosare per quell’enorme stanza e mi avvicinai ad un tavolino che mi sapeva di familiare. Sopra di esso c’era una lampada e delle corde. Quel tavolo mi era veramente familiare... non so forse me l’ero immaginato. Sotto l’ammasso di corde c’era un cofanetto blu scuro. Lo prese in mano, era molto pesante, e lo aprii... ‘Per il naso di Voldy!’ spalancai gli occhi. Come era possibile che mi fossi dimenticata di quel tavolo, di quell’cofanetto... di quel diadema. ‘Beh, io in effetti dimentico molte cose...’ Lo sfiorai con le dita ma ritrassi subito la mano. Appena avevo aperto il cofanetto avevo sentito.... avevo avuto la stessa sensazione che pensavo ti facesse provare un Dissennatore, e appena lo avevo toccato avevo sentito una scossa per tutta la lunghezza del braccio. C’era qualcosa di oscuro nel diadema di Priscilla Corvonero, qualcosa di malvagio. Le pietre preziose che erano applicate sul diadema erano nere, un nero profondo e freddo in cui ci si perdeva. Era già un horcrux. Ma da quanto? Chi lo poteva sapere? Solo Voldemort in persona. O la Rowling. Chissà cosa sapeva quando era in vita, quella. Dovevo andare a parlare con il nonno dell’horcrux, su questo non c’era dubbio. Chiusi li coperchio del cofanetto e sentii come se... mi venisse tolta la tristezza, la rabbia, il rancore e il dolore. Tutto ciò che era racchiuso in quel diadema, tutto quello che provava lui, tutto quello che esisteva per lui. In quella piccola tiara non c’era altro che dolore... non era umano. Con tutta la calma che riuscii a trovare, uscii di lì nascondendo il cofanetto sotto le corde. Percorsi i corridoi del castello verso l’ufficio del preside. Non m importava se era impegnato, dovevo parlare con lui. Punto. L’ufficio non era distante, e ci arrivai in poco tempo. Un grande gargoyle comparve davanti a me, quando voltai l’angolo. L’ufficio del nonno. Mi avvicinai ma ricordai che serviva la parola d’ordine. Nel libro era sorbetto al limone, ma poteva averla cambiata, per quello che sapevo. «Sorbetto al limone» dissi speranzosa. Aspettai qualche secondo ma non successe niente. ‘Perché non ti apri?’ Feci per andarmene. Ma in quell’istante il gargoyle scricchiolò e si mosse, avvitandosi verso l’alto. Girando su se stesso e alzandosi formava una scala che conduceva all’ufficio. ‘Sono stata io?’ Prima di perdermi nei pensieri mi infilai nel passaggio del gargoyle e salii al piano superiore. Bussai alla porta e, siccome non ricevetti risposta, entrai. L’ufficio era grande e trasmetteva calore. Il mio sguardo fu subito catturato dalla grandissima fenice che mi stava guardando, incuriosita. «Fanny!» Non era vecchia e morente, era rinata da poco sicuramente, ma era comunque enorme e possente. I suoi colori accesi risaltavano quello spirito libero ed immortale. Gli occhi senza tempo erano nero ossidiana ed il piumaggio rosso fuoco. Mi avvicinai a lei. Volevo accarezzarla, sentire se era morbida e calda come immaginavo fosse. Lei allungò il collo nella mia direzione ed il suo volto fu a pochi centimetri dal mio. Io mi impietrii. Rimasi ferma dove ero. Fanny mi guardava con quegli occhioni grandi, profondi e stupendi. Alla fine mi diede un colpetto con il becco e si allontanò dal mio viso. A quel punto fui io ad avvicinarmi, alzai la mano, verso di lei, e accarezzai quel musetto senza tempo. Non era come avevo immaginato, era meglio. Sentivo la sua energia scorrere sotto la mia mano. Era una sensazione mai provata prima, fantastica, che mi fece dimenticare la paura e la consapevolezza che avevo riguardo quello che avevo scoperto pochi minuti prima. «Ero sicuro che appena ti avrebbe vista ti si sarebbe affezionata subito» disse la voce anziana del nonno. «Scusa se sono entrata, nonno. Ma ho scoperto una cosa, poco fa, e dovevo parlarne con te» dissi in tono di scuse. «Certamente, ma posso sapere come hai fatto ad entrare?» chiese curioso. «All’inizio ho provato con la parola d’ordine... ma non è successo niente. Sapevo che dovevo parlarti assolutamente e volevo che il passaggio si aprisse... cosi... si è aperto» dissi un po’ imbarazzata. «Non ti dovrò sopravvalutare, d’ora in poi» disse con ammirazione e stupore. «Allora, sono sicuro che vorrai raccontarmi il motivo della tua visita» disse sedendosi sulla sedia del tavolo. Io non mi mossi, preferivo stare in piedi. Continuando ad accarezzare Fanny «Stavo gironzolando e sono entrata nella stanza delle necessità e ho trovato il Diadema di Priscilla Corvonero.» «Speravo non venissi a saperlo così presto, ma d'altronde sapevo che tu eri, e sei tutt’ora, una ragazza intelligente e molto curiosa, e non ti saresti fatta scappare l’occasione di entrare nella stanza delle necessità.» Sentii le guance farsi un po’ calde e seppi che stavo arrossendo. Continuai ad accarezzare Fanny, che sembrava non averne mai abbastanza delle mie carezze. Se m’ interrompevo lei mi dava un colpetto con il becco per incitarmi a continuare. Era così tenera. «Tuttavia non interferirò in questa storia. Lascerò ad Harry questo compito» continuò. «Non capisco il perché. Potremmo salvare tante vite. Molti studenti che sono in questa scuola potrebbero continuare la loro vita.» Smisi di accarezzare Fanny, che con un verso di gola si lamentò. «Ti comprendo, Flora, ma ho giurato a Joanne che non avrei interferito con la sua profezia. Io ho giurato, tu no.» Spalancai gli occhi. Ero esterrefatta. Come poteva pensare che una ragazzina di undici anni potesse girare mezzo mondo magico, in cerca di pezzi dell’anima del Signore Oscuro? «C-c-come...?» iniziai. «Il tuo compito per ora è finire il primo anno di Hogwarts. Magari aiutando Harry con la pietra Filosofale.» «Questo lo avrei fatto comunque.» Pensavo lo sapesse già. Un sorriso apparve sul suo volto. Qualcuno bussò alla porta. «Avanti.» Dalla porta entrò la professoressa McGranitt con una pergamena in mano. «Albus...» quando mi vide si interruppe. «Ah... Flora, continueremo il nostro discorso un'altra volta» disse sorridendo. Mi aveva congedato. Non potevo ribattere. Non sapevo cosa dire per salutarlo, davanti alla McGranitt, così dissi un arrivederci e mi incamminai verso la porta. Qualcosa di pesante mi si appoggiò sulla spalla, la guardai e sopra c’era Fanny. «Ah, Flora, se vuoi portare in giro Fanny. Vedo che a lei piace molto stare con te.» «Certo.» Ero felicissima, Fanny era già diventata la mia migliore amica. Uscii dalla stanza e percorsi le scale del gargoyle. Alzai un braccio in modo che Fanny potesse appoggiarsi sopra. Era più leggera di quello che sembrava. Accarezzai il suo becco e lei fece un verso profondo, che proveniva dalla gola. Attraversando i corridoi, molte persone mi guardavano. ‘E ti pareva?’ Cercai di non badarci. Mi sentivo perforare la schiena, certi sguardi erano così intensi. Qualcuno mi mise una mano sulla spalla. Girandomi vidi che era Monica. Stava sorridendo, più che a me, a Fanny. «Ciao... come mai hai una fenice sul braccio?» chiese curiosa. «È del nonno, prima sono andata nel suo ufficio, e sembra essersi affezionata a me.» Le grattai la base del collo. «È bellissima!» guardava Fanny, affascinata. «Eh già.» Ci sedemmo sul prato a qualche metro dal platano picchiatore. «Allora... com'è essere la nipote del preside?» ‘Schifoso!’ Pensai. «Beh, non è molto bello, quando cammini o fai qualsiasi altra attività, sentire che tutti bisbigliano sul tuo conto.» «Già, so che sei diventata amica di Harry Potter, anche questo attira l'attenzione e gli sguardi di molti studenti, siete le persone più famose della scuola.» «Lo ho conosciuto, diciamo svenendogli addosso.» «Wow, che bell'incontro!» disse sarcastica. «Eh già, e pensa che quando mi sono svegliata mi sono alzata di colpo e ci siamo dati una testata.» «Non avrei saputo fare di meglio!» Scoppiò a ridere tenendosi le mani sulla pancia. «Non c'è niente da ridere!» esclamai. A quel punto Fanny fece un verso che assomigliava molto ad una risata, mi offesi. «Anche tu ti ci metti adesso?» dissi mentre gli grattavo la base del collo. Scese dal mio braccio e si accovacciò fra l'erba. Scossi la testa. ‘Nemmeno le fenici mi capiscono!’ Sbuffai e mi misi a ridere con loro. Camminavo per i corridoi verso l’infermeria, Fanny sulla mia spalla. Le Mandragore erano appena state stufare dalla professoressa Sprite e per i corridoi si sentiva l’odore di erba bruciata. Come ogni settimana in mano avevo un ‘mazzolin di rose e viole, ma il fascio dell’erba è stato stufato dalla Sprite.’ Sorrisi. Appena arrivai in infermeria notai che non c’era nessuno, così approfittai per andare subito dalla zia e cambiare i fiori vecchi con quelli appena colti. Era sempre immobile con quella posa innaturale e scomoda. Lasciai che Fanny si appollaiasse sulla sbarra alla fine del letto. Ogni volta che venivo lì e mi sedevo accanto a lei sul lettino mi chiedevo come ci si sentisse ad essere pietrificati o immobilizzati. Non che volessi provare quella sensazione, ‘ma io sono molto curiosa. Tutti lo sanno.’ «Madama Chips!» sentii gridare. Mi girai e vidi Oliver in divisa da Quidditch con un’espressione un po’ stanca e arrabbiata. «Oliver? Cosa ci fai qui?» chiesi andandogli incontro. «Tranquilla, è solo il polso, l’osso si è spostato» disse indicando il suo polso. «Quidditch?» chiesi. «Mi è arrivato un bolide sulla mano» rispose con una smorfia. Guardai bene il suo polso, l’osso era sicuramente fuori posto. Oliver sosteneva teneva il polso con l’altra mano e vedevo una piccola traccia di sangue sul suo guanto. «Dammi, dammi il polso» dissi allungando la mano. Lui fece come dissi. Appena presi il suo polso scostai la manica della divisa più in su rispetto al polso. Lui strinse un po’ i denti. «Scusa.» Le ore a disegnare lo scheletro umano erano servite, sapevo com’era fatto il polso e lì chiaramente, qualcosa non andava. Rimisi apposto Radio che probabilmente era l’osso messo male. Esso rimettendosi nella in linea, produsse uno schiocco. Appena ci fu quel rumore Oliver si prese il polso e lo strinse «Ahi!» «Scusa!» dissi mettendomi le mani sulla bocca, ‘Non avresti dovuto fare niente!’ «Wow!» disse sorpreso. «Scusa, scusa, scusa!» mi coprii gli occhi con le mani e chinai la testa. «Ehi...» sentii una mano sulla spalla. «Scusa...» dissi. «Non mi hai fatto niente.» «Come niente? Ti ha fatto male!» dissi passandomi la mano sulla fronte e poi scuotendo la base dei capelli. «Mi sono già successe cose del genere, e ti giuro che la cura di Madama Chips fa più male.» Lo guardai scettica. Sicuramente madama Chips non si faceva scrupoli con queste cose. «Veramente! Mi hai solo colto di sorpresa...» Ridacchiai. Sentii dei passi leggeri che echeggiare nei corridoi e diventare sempre più forti e vicini. «Ah, signorina Silente, cercavo proprio te, la professoressa Sprite ha stufato le mandragore, da come puoi sentire» fece con disapprovazione riferendosi all’odore che aleggiava per i corridoi e per le aule vicine. «Ti devo avvisare che chiuderemo l’infermeria per qualche ora a causa di tua zia, quindi è meglio che vada, e che si porti via la fenice» per un attimo guardò Oliver «Hai qualcosa di rotto, Oliver?» «No, non più, mi ha aiutato Flora» rispose indicandomi. «Oh, beh, meno lavoro per me.» Ero nel mio letto, Fanny vicino alla finestra che guardava la luna. Mi rattristava vederla così, sembrava in gabbia che guardava il mondo da dietro il vetro come se fossero sbarre. Alzandomi, per andarle incontro, feci attenzione a non svegliare le altre che stavano dormendo. Prima di sedermi al suo fianco, sentii dei rumori provenire dalla sala comune. «...a voi non interessa niente di Grifondoro. A voi interessa solo di voi stessi. Io non voglio che i Serpeverde vincano la coppa...» disse la voce di Hermione. Mi ricordavo di quelle parole... «Vattene» disse Ron. Scesi giù per le scale e arrivando in sala comune vidi Harry e Ron che uscivano dal ritratto della Signora Grassa, ed Hermione che li seguiva, silenziosa. ‘Cavolo!’ Mi dissi. Stavano andando al duello notturno contro Malfoy! Seguii Harry, Ron ed Hermione. La voce di quest’ultima era l’unica cosa che sentivo oltre il ritratto della Signora Grassa. Si era chiusa fuori. Dovevo aiutarli, sapevo che quel duello non ci sarebbe stato. Era solo una finta per metterli in punizione. E non era giusto. Uscii anche io e me li trovai davanti. «Non chiuder-» disse Hermione rivolta a me, ma era troppo tardi. «Scusa» feci una smorfia. ‘Bel modo di aiutarli, chiuditi fuori con loro!’ «Harry, Ron non dovete andare al duello, Malfoy...» «E tu come sai che io e Draco abbiamo un duello?» chiese dubbioso. Cercai una scusa plausibile. «Li ho sentiti parlare, e ho sentito che hanno detto a... Gazza che qualcuno si troverà nella sala dei trofei, questa notte.» «Date retta a Flora» disse Hermione. «Grazie» ringraziai Hermione. «Ma allora cosa facciamo intanto: la signora Grassa è andata a fare la sua passeggiata notturna!» disse Ron. «Se restiamo qui ci troveranno» continuò Hermione. «Andiamo comunque alla sala dei trofei, da qualche parte dovremo pur stare» continuò Harry. «Ok ma stiamo attenti, Gazza potrebbe essere ovunque» conclusi. «Sssh.... ho sentito qualcosa» disse Harry. «Mrs Purr?» Chiese Ron in un sussulto, scrutando le tenebre. Neville stava raggomitolato sul pavimento, profondamente addormentato; ma non appena ci fummo avvicinati, si svegliò di colpo e saltò su. «Meno male! Mi avete trovato! Sono ore e ore che sono qui. Non riuscivo a ricordarmi la parola d’ordine per andare a letto.» «Parla piano, Neville. La parola è grugno di porco, ma ora non ti servirà a niente: la Signora Grassa è andata a zonzo.» «Come va il braccio?» Chiese Harry. All’inizio non capii... poi ricordai che a lezione di volo Neville era “caduto” dalla scopa. «Bene» rispose Neville mostrandoglielo «Madama Chips me lo ha aggiustato in meno di un minuto.» «Bene. E ora Neville... dobbiamo andare in un certo posto. Ci vediamo più tardi...» «Non mi lasciate!» ci scongiurò lui balzando in piedi. «Non voglio rimanere qui da solo, il Barone Sanguinario è già passato due volte.» «Dai andiamo, subito!» dissi io. «Tanto non ci succederà nulle se andiamo subito» aggiunsi sotto voce. «E tu come lo sai?» Chiese Harry. «...Intuizione» dissi in fine. Harry fece cenno a tutti di procedere. Scivolammo lungo i corridoi illuminati dal chiarore della luna. In punta di piedi arrivammo alla sala dei trofei. Le teche di cristallo dei trofei luccicavano nei punti illuminati dai raggi della luna. Coppe, scudi, piatti e statue erano tutto uno scintillio d’oro e d’ argento. Malfoy non c’era. «Avevi ragione, non è venuto, era una trappola» disse Harry, esasperato. Poi, un rumore nella stanza accanto ci fece sobbalzare. «Annusa qua dentro, Ciccina, potrebbero essere nascosti in un angolo.» Era Gazza che parlava con la gatta. Harry agitò la bacchetta, facendoci segno di seguirlo. Svelti, senza far rumore, ci dirigemmo dalla parte opposta da cui proveniva la voce di Gazza. «Sono qui, da qualche parte» borbottò Gazza, «probabilmente sono nascosti.» «Da questa parte!» Harry bisbigliò a noi. In preda al panico, Harry, sgattaiolò nella galleria che riguardava le armature. D’un tratto, Neville lanciò un gridolino di terrore e si mise a correre... incespicò, afferrò Ron per la vita e andarono entrambi sopra un armatura. Il baccano e lo rimbombo furono tali da svegliare l’intero castello. «CORRETE!» gridò Harry e tutti ci mettemmo a correre per la galleria. Passammo attraverso un arazzo, lacerandolo, e ci ritrovammo in un passaggio nascosto, lo percorremmo e sbucammo vicino all’aula d’Incantesimi, che sapevamo essere lontano miglia dalla sala dei trofei. «Credo che lo abbiamo semiano» ansimò Harry appoggiandosi alla fredda parete e asciugandosi la fronte, imperlata di sudore. «Ve l’avevo detto io» mormorò Hermione. «Io, invece, vi avevo detto che non ci avrebbero scoperto» dissi. «Dobbiamo raggiungere la torre di Grifondoro» disse Harry. Non avevamo fatto neanche una decina di passi che il pomello di una porta cigolò e qualcosa schizzò come una pallottola fuori da un’aula di fronte a noi. Era Pix. Ci vide ed emise uno squittio di contentezza. «Zitto, Pix... per piacere... o ci farai espellere.» Pix ridacchiò. «In giro a mezzanotte, pivellini? Ah,ah, ah! Sciocchi e illusi, sarete espulsi!» sghignazzò. «No, se non ci fai la spia, Pix. Ti prego!» «Dovrei proprio dirlo a Gazza» disse Pix con voce serafica, ma gli occhi gli brillavano di cattiveria. «È per il vostro bene, sapete?» «Ma levati di mezzo!» Sbottò Ron colpendolo con forza... ma fu un grosso errore. «ALLIEVI FUORI DALLE CAMERATE!» Cominciò a gridare Pix «ALLIEVI FUORI DALLE CAMERATE, NEL CORRIDOIO DEGLI INCANTESIMI!» Ci tuffammo sotto di lui e corremmo con tutta la forza che avevamo in gambe, dritti verso l’estremità del corridoio, dove sbattemmo contro una porta... chiusa a chiava. «Siamo arrivati al capolinea» disse Ron, sconfortato, mentre spingeva contro la porta nel tentativo di aprirla. «Siamo perduti, è la fine!» «Vi decidete a fare qualcosa?!» sbottò Hermione. Afferrò la bacchetta di Harry, colpì il lucchetto e sussurrò: «Alohomora!» Il lucchetto si aprì, tutti ci spintonammo per entrare dentro la porta e la richiudemmo velocemente. Rimanemmo in ascolto: «Dove sono andati, Pix?» chiese gazza. «Di’ per favore.» «Non farmi perdere tempo, Pix. Dimmi dove sono andati?» «Non ti dirò un bel niente se non mi chiedi per favore» disse Pix. «E va bene... per favore!» «NIENTE! Ah-ha! Te l’ avevo detto che non ti dicevo un bel niente se non mi dicevi per favore! Ha ha! Haaaa!» udimmo Gazza allontanarsi, seguito dalla cantilene del poltergeist. «Crede che la porta sia chiusa a chiave... e piantala Neville!» era da un minuto che Neville tirava la divisa di Harry. «Che cosa c’è?» Harry si voltò... e vide chiaramente che cosa c’era. Non ci trovavamo in una stanza, ma in un corridoio. ‘Oh cavolo! ADESSO C’È FUFFY!’ Pensai. Era il corridoio proibito del terzo piano! E ora loro capivano perché fosse proibito. Stavamo fissando dritto negli occhi del cane mostruoso, un bestione che riempiva tutto lo spazio tra il soffitto e il pavimento. Aveva tre teste. Tre paia di occhi roteanti, dallo sguardo folle; tre nasi che si contraevano e vibravano in un modo inquietante; tre bocche sbavanti, con la saliva che pendeva come tante funi viscide dalle zanne giallastre facendo sentire quell’alito di fogna. Ringhiò. Harry cercò la maniglia e quando la trovò tutti cademmo all’indietro... chiuse la porta, sbattendola, e riprendemmo a correre. Arrivammo fino al ritratto della Signora Grassa, al settimo piano. «Ma dove diavolo eravate, tutti quanti?» chiese lei guardando come eravamo ridotti. «Non fa niente... grugno di porco, grugno di porco!» disse Harry. Quando fummo dall’altra parte del ritratto, ci buttammo sui divanetti della sala comune. «Cosa cavolo lo tengono a fare, un mostro come quello, dentro una scuola?» chiese Ron «se mai c’è stato un cane che ha bisogno di fare moto è proprio lui!» «Ma dite un po’, voi non avete l’ abitudine di usare gli occhi?» sbottò. «Non avete visto il pavimento?!» la precedetti. «Il pavimento?» dissero in coro Harry e Ron. «Sai ero più occupato a guardare le teste, o forse tu non te ne sei accorta, erano tre!» sbottò Ron. «Era sopra una botola, è evidente che fa la guardia a qualcosa» disse Hermione. «Spero siate soddisfatti di voi stessi. Avete corso il rischio di essere uccisi... o peggio ancora, espulsi. E ora se non vi dispiace io vado a letto, prima che vi venga in mente qualche altra idea geniale» continuò e corse al dormitorio femminile, con me alle calcagna. Arrivata di sopra mi buttai sul letto. «Sono insopportabili, vero?» chiese Hermione. «Tranquilla alla fine niente andrà male» cercai di tranquillizzarla.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Un colosso bitorzoluto nel bagno delle ragazze ***


Il giorno dopo io ed Hermione eravamo scese per fare colazione in Sala Grande. Quando ci sedemmo iniziammo a parlottare di Fuffi – anche se all’ora era solo il cane a tre teste – e della cosa a cui faceva da guardia. Vedemmo Malfoy guardare, esterrefatto, Harry e Ron. Evidentemente pensava che non li avrebbe più visti a scuola. Si sedettero vicino a noi, ed Hermione non si degnò di guardarli e in loro presenza, non mostrava il minimo interesse verso quello che il cane custodiva. A Neville tutto quello che importava era di non trovarselo più a tiro. C’era un bel po’ di confusione... Come al solito la sala fu invasa da volatili, ma l’attenzione generale fu attratta da un lungo pacco sottile, trasportato da sei barbagianni. ‘Oddio! La Nimbus Duemila di Harry!’ Tutti di sicuro si chiedevano cosa contenesse... ma solo io lo sapevo, io e i prof. I barbagianni scesero in picchiata su di noi e sganciarono il pacco, perché cadesse sul tavolo, davanti ad Harry. Si allontanarono e un altro barbagianni arrivò con una lettera nel becco, che fece cadere sopra il pacco. Harry la aprì... Sul suo volto apparve un sorriso gigantesco. Porse il biglietto a Ron e quello quasi svenne. Io diedi un pezzo di pancetta al barbagianni ancora sul tavolo, e quello mi ringraziò dandomi un piccolo e giocoso morso sulla mano. Ron porse a me il biglietto, lo sapevo già cosa c’era scritto ma, lessi comunque. NON APRIRE IL PACCO A TAVOLA Esso contiene la tua nuova Nimbus Duemila, ma non voglio che gli altri sappiano che hai ricevuto in dono un manico di scopa, altrimenti ne vorranno uno anche loro. Oliver Baston ti aspetta questa sera per un altro allenamento. M. McGranitt «Wow!» disse Ron «una Nimbus Duemila, non ne ho mai neanche toccata una!» Si alzarono velocemente salutandoci e s’incamminarono verso le scale. Io restai con Hermione, che stava finendo di mangiare la sua pancetta affumicata ma seguii Harry con lo sguardo finché non lo vidi scontrarsi con Malfoy, Tiger e Goyle. A quel punto io ed Hermione ci alzammo e andammo verso di loro. Harry stava parlando con Malfoy, finché non spuntò il professor Vitious. Risi. Era meno della metà di Ron, di statura. Sentii solo la fine della conversazione: «Beh, è proprio vero. Se non avesse rubato la ricordella a Neville, ora non sarei nella squadra...» concluse Harry. Hermione s’intromise: «e magari pensi che questa sia la ricompensa per aver infranto le regole!» «Mica starai dicendo a noi?» fece Harry. «Dai, non smettere proprio adesso» disse Ron, «ci fa talmente piacere.» Hermione li superò sdegnosa ed io la seguii, lanciando uno sguardo ai due. Non riuscii a stare attenta alle lezioni, desiderosa di provare quella Nimbus Duemila. ‘Ma io non so andare su un manico di scopa!’ Mi ero dimenticata la cosa più importante! Il nonno non mi aveva fatto praticare lezione di volo, e visto che ormai erano passati due mesi dall’ inizio delle lezioni, tutti già avevano imparato a volare. Mentre camminavo lungo i corridoi per andare a pranzare mi ricordai che potevo esercitarmi nella stanza delle Necessità. Corsi al settimo piano davanti al ritratto di Barnaba il Babbeo. ‘Voglio entrare in una stanza dove ci sono attrezzature da Quidditch e libri su come imparare a volare su un manico di scopa.’ Incrociai le dita e sperai funzionasse. Inizialmente non successe niente, come l’altra volta, poi sentii il rumore dei mattoni che si spostavano. Quando aprii gli occhi davanti a me c’era la porta della volta precedente: legno scuro, inciso di scritte. Spinsi la porta per aprirla, preparandomi al buio tetro di quella stanza, ma al posto di una stanza sconfinata e tetra davanti a me trovai una stanza con soffitto molto alto, ariosa e spaziosa. Aveva una libreria a lato, una scaffalatura di questa piena di manici di scopa, tutti diversi, in ordine. Mi misi subito a lavoro... appoggiai la borsa con i libri di scuola vicino alla libreria. E iniziai a sfogliare un libro... La sera arrivò presto... e anche la fame. Non avevo mangiato a pranzo e adesso che era sera non volevo saltare anche cena. Sarei potuta svenire sulla scopa... ‘Meglio evitare’ mi convinsi. In mensa era pieno di gente, come al solito. Quando arrivai c’era già un buonissimo profumino, ed io che non aspettavo altro che magiare, mi sedetti vicino alla mia combriccola ed iniziai a riempirmi il piatto di roba da mangiare. Ormai la gente non mi guardava più quando entravo Sala Grande o quando passavo per i corridoi, e a me andava benissimo così. Quando Harry si alzò e ci disse che andava all’allenamento mi alzai anche io. «Posso venire a vedere?» feci sporgere molto il labbro inferiore, per imitare un bambino implorante. «Ok... io adesso vado a prendere la scopa» s’incamminò verso il settimo piano dove c’era il ritratto della Signora Grassa. Io e Ron lo seguimmo. Loro andarono nel dormitorio maschile, io in quello femminile. Mi tolsi da divisa e mi misi la mia maglia di lana preferita. Il tempo era davvero volato, mi sembrava solo ieri quando il nonno era entrato in casa mia. E adesso erano passati due mesi, due mesi di lezioni, divertimento, scappatine notturne, visite alla zia – che zia non era neanche – e corse per i prati. Ed era già Halloween. Ritornai con i pensieri sulla Nimbus Duemila, scesi le scale ed aspettai che Harry e Ron scendessero. Non vedevo l’ora di provare quel manico di scopa... se Harry me l’avesse concesso... Ero sugli spalti di Grifondoro con Ron, a guardare Harry e Oliver che si allenavano. Harry era davvero veloce ed agile con la sua Nimbus Duemila, molto più che con la scopa che aveva usato per l’allenamento precedente. All’inizio della partita Oliver aveva liberato il Boccino d’Oro, una pallina alata, tutta d’oro. Ogni tanto in mezzo al campo da Quidditch si intravedevano dei riflessi dorati che attiravano la mia attenzione. Il boccino era estremamente veloce, ma Harry lo aveva acchiappato già tre volte in mezz’ora. Con lui in squadra nessuno poteva batterli. Era incredibile, era da soli due mesi che lui era ad Hogwarts e aveva scoperto di essere un mago ma a vederlo era come se lo fosse stato da sempre. Quando era in aria, si muoveva come se fosse tutt’uno con la scopa. Come se la conoscesse da quando era nato. Pensandoci bene ricordai che anche io era da poco che conoscevo la mia natura magica, e l’avevo accolta a braccia aperte. Ormai le cose per me erano diventate normali, a parte gli sguardi di certi studenti. Tutto era stupendo, con il nonno avevamo chiarito la faccenda del diadema e avevo imparato ad usare bene la magia. Immersa nei miei pensieri, non mi ero accorta che l’allenamento era giunto al termine. Così scesi dagli spalti con Ron e raggiunsi Harry. «Harry?» cominciai. «Si?» chiese lui. «Non è che potrei... mi faresti fare un giro sulla tua Nimbus?» chiesi. «Certo, perché tanto imbarazzo a chiedere?» disse porgendomi il manico di scopa. «Non sapevo come chiedertelo» dissi imbarazzata. Mi sorrise. Mi misi a cavalcioni della scopa, pronta a partire. Mi diedi una bella spinta con i piedi e partii… Il giorno di Halloween mi svegliai tutta sudata. Era il giorno di Halloween: il giorno dell’attacco del mostro! Naturalmente sarebbe andato tutto bene, ma ero comunque preoccupata. Mi alzai pigramente dal mio letto caldo e indossai la divisa. Scendendo le scale sentii un buonissimo odore di zucca al forno che aleggiava per i corridoi. E per giunta il professor Vitious aveva annunciato che ci – li – aveva ritenuti pronti per far levitare gli oggetti. Per l’ esercitazione il professor Vitious divise la scolaresca in coppie. Io ero in coppia con Neville, e non era una buona cosa perché aveva già cercato cavarmi un occhio. A Ron, come già sapevo, toccò Hermione. «Non dimenticate quel grazioso movimento del polso che ci siamo esercitati a ripetere!» strillò il professor Vitious, arrampicato, come al solito, sopra la sua pila di libri. «Agitare e colpire, agitare e colpire. Ed enunciate le parole magiche… non dimenticate il Mago Baruffio che disse ‘s’ invece di ‘z’ e si ritrovò steso a tessa, con un orso steso sul petto.» Per tutti era molto difficile, ‘a parte me.’ Molti agitarono e colpirono ma la piuma rimase ferma. Questa era una delle mie parti preferite del loro primo anno. Infatti,come previsto, Seamus appiccò fuoco ed Harry dovette spegnerlo col cappello. Mi soffermai su Ron ed Hermione che stavano parlando. «Wingardium Leviosà!» disse Ron agitando le braccia da tutte le parti. «Fermo, fermo, fermo. Così caverai l’occhio a qualcuno. E per di più sbagli pronuncia: è Leviòsa, non Leviosà!» fece Hermione esasperata. «Fallo tu, visto che sei una sapientona» rispose acido. Hermione si rimboccò le maniche della divisa, agitò la bacchetta e disse: «Wingardium Leviosa.» La piuma si sollevò dal banco e rimase sospesa in aria circa ad un metro e mezzo dalle loro teste. «Molto bene!» gridò il professore. Io intanto facevo levitare la mia piuma di qua e là con un movimento del dito, la feci andare sotto il mento del professor Vitious, facendogli il solletico. Lui appena agguantò la piuma si guardò il giro verso di me. «Brava signorina Silente, le verranno aggiunti cinque punti per l’impegno, ma gliene verranno tolti dieci per questo scherzo sfacciato» detto fece lievitare la piuma verso di me e abbassai lo sguardo. Alla fine della lezione Ron era di pessimo umore. «Non c’è da stupirsi che nessuno la sopporti!» lo sentii dire a Harry e gli altri ragazzi, mentre si facevano largo nel corridoio sovraffollato «quella ragazza è un incubo!» Vidi Harry essere urtato da Hermione, che lo superò frettolosamente. Era in lacrime. «Mi sa che ti ha sentito.» «E allora? Deve essersi accorta di non avere amici.» ‘Che acido!’ pensai. Hermione non si presentò alla lezione successiva e neanche a pranzo. Sapevo che era nel bagno delle ragazze, ma ero comunque in pensiero. Entrando in sala Grande le decorazioni mi distolsero dai pensieri rivolti a Hermione. Un migliaio di pipistrelli di carta, appesi al soffitto, presero vita ed iniziarono a sorvolare i tavoli. Ad un cero punto su questi ultimi apparsero del piatti d’oro come era avvenuto al banchetto d’inizio anno, al quale non avevo partecipato fisicamente ma sapevo cos’era successo. Vidi che Harry si stava servendo da un vassoio una patata farcita e ricordai che di li a poco sarebbe dovuto entrare il Professor Raptor con la notizia del mostro. La storia che un mostro era nei sotterranei, che era entrato da solo e che il professore era svenuto davanti a tutti per la paura… ‘Tutte balle!’ Era lui il cattivo della situazione, era lui ad aver fatto entrare il mostro, era lui che portava la faccia deformata di Voldemort sulla nuca! Guardai verso il tavolo degli insegnanti e cercai lo sguardo del nonno, quando lo trovai gli rivolsi un sorrisetto. Lui mi rispose con sguardo malizioso, del genere “adesso dirò la mia battuta, come da copione.” Scossi leggermente la testa. Eravamo un caso disperato. Come avevo detto prima li professore entrò e fece la sua scenata. Tutto dopo fu confuso: le urla, tutti si alzavano, tutto nel panico. Non io però. Io pensavo solo ad Hermione. Il nonno raccolse l’attenzione su di se lanciando dei petardi viola dalla bacchetta. Disse ai prefetti di riaccompagnare gli alunni nei dormitori e agli insegnanti di andare con lui nelle segrete. Detto questo mi fece un occhiolino. «Ma come ha fatto ad entrare un mostro?» ci disse Harry. «Non chiederlo a me!» dissi nascondendo un risolino. «Mi è venuto in mente solo adesso… Hermione» disse Harry. «Tu resta qui!» mi ordinò Harry. «Sarà meglio che Percy non ci veda» disse Ron. Si acquattarono e si mischiarono ai Tassorosso. Io naturalmente li seguii. Vidi Piton andare nella loro stessa direzione. Harry e Ron stavano bisbigliando fra di loro, ed io non capii e non ricordai cosa si stessero dicendo ma, seppi che si trattava di Piton. Percorsero furtivi i corridoi seguendo l’eco dei passi di Piton. «Si sta dirigendo al terzo piano» disse Harry, ma Ron non gli diede ascolto. «Non senti uno strano odore?» Sentii i loro discorsi. Annusai l’odore del mostro. ‘Bleah… che schifo!’ Harry aveva ragione, nel libro diceva che sapeva di calzini sporchi e gabinetto pubblico non pulito da tempo. E poi una visione orripilante. Vidi un colosso, bitorzoluto e grigio, alto più di tre metri con, in cima al corpo tozzo, una testa molto piccola. Aveva in una mano una clava che strisciava sul pavimento, a causa delle braccia troppo lunghe. Il mostro si diresse verso il bagno delle ragazze che era nel corridoio. «Hermione!» sentii dire da Ron. Era l’ultima cosa che volevano fare di sicuro, perché quando li vidi andare verso il bagno avevano una camminata molto indecisa. Li seguii ma rimasi fuori dalla porta del bagno a guardare. Vidi Hermione sotto un lavandino e aveva tutta l’aria di una che sta per svenire. «Maledizione!» dissero i ragazzi insieme. Ron raccolse un pezzo di lavandino e lo tirò con tutta la forza che aveva in corpo contro il mostro. Quest’ultimo si girò per vedere chi aveva provocato quel rumore. Li vide e si diresse verso Harry. D’istinto presi un sasso e glielo tirai in testa. Questo fece spostare l’attenzione di tutti su di me. «Ti avevo detto di restare con Percy!» disse Harry furioso. «Ora hai capito che non ti ho ascoltato!» gli dissi in tono ironico, schivando la mazza del mostro. «Ehi, tu, cervello di gallina!» sentii Ron gridare dal lato opposto della stanza, ma il mostro non si accorse di lui. «Hermione!» urlai. La ragazze era paralizzata. A quel punto Harry si lanciò sul mostro aggrappandosi al suo collo. Il mostro non si accorse di lui, ma del pezzo di legno che gli venne infilato su per il naso, sì… insieme alla bacchetta di Harry. Il mostro gridò per il dolore e cominciò a roteare la clava in aria e a menare colpi. Ron tirò fuori la bacchetta e disse: «Wingardium Leviosa!» La clava scivolò tra le mani del mostro. E rimase ferma in aria… poi lentamente ricadde e andò a colpire il mostro in testa. Quest’ultimo cadde a muso in avanti stordito dal colpo e perse i sensi. Tutti rimanemmo fermi immobili, la prima a rompere il silenzio fu Hermione «È… morto?» «Non credo» disse Harry «credo che l’abbiamo messo a KO» concluse. Si chinò sul mostro ed estrasse la sua bacchetta dal naso del mostro. La bacchetta era ricoperta di una sostanza melmosa ed appiccicosa che sembrava colla. «Bleah! Caccole di mostro!» disse disgustato. All’improvviso dalla porta del bagno entrarono la McGranitt, Piton, e Raptor. L’ultimo emise un gridolino appena vide il mostro. ‘Imbroglione!’ pensai. Piton si chinò sul mostro e la McGranitt ci guardò sbalordita. «Che cosa diavolo credevate di fare?» chiese lei, glaciale. «Avete corso il rischio di essere ammazzati! Perché non eravate nel vostro dormitorio?» il suo sguardo ci trafisse. «La prego professoressa… erano venuti a cercare me.» «Signorina Granger!» «Ero andata in cerca del mostro, da sola, avevo letto molto sull’argomento… ma a quanto pare non abbastanza…» A Ron cadde la bacchetta di mano. «Se non mi avessero trovata, sarei morta.» «Beh, in questo caso…» disse squadrandoci tutti. «Come hai potuto pensare di affrontare da sola un mostro di montagna?!» continuò «per questa volta a Grifondoro verranno tolti cinque punti. Mi hai molto delusa. Torna immediatamente al dormitorio.» Quando Hermione fu uscita la professoressa si riferì a noi. «Siete stati fortunati, vi verranno assegnati cinque punti ciascuno» detto questo uscì seguita dagli insegnanti. «Avremo meritato dieci punti a testa!» brontolò Ron. «Ma si… recupereremo nel corso dell’anno» dissi uscendo dal bagno. Gli altro mi seguirono su per le scale fino ad arrivare al dipinto della Signora Grassa. «Grugno di porco» dissi. Ed anche questa era fatta.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Il campionato ***


La stagione del Quidditch era iniziata e novembre era cominciato con una folata di vento gelido. Le montagne si erano ricoperte di un candido bianco e il lago era diventato una lastra di gelido ghiaccio. Sabato ci sarebbe stata la prima partita della stagione: Grifondoro contro Serpeverde. Harry era agitatissimo, quasi nessuno lo aveva ancora visto giocare, essendo l’arma segreta della squadra non si doveva sapere della sua futura presenza in campo. Con tutti gli allenamenti che Baston gli faceva fare, senza preavviso, io ed Hermione lo aiutavamo con i compiti. Da quando la avevamo salvata dal mostro era diventata un po’ meno rigida per quanto riguardava l’osservazione delle regole. Era sempre utile avere una ragazza così studiosa come Hermione, ti stupiva sempre con incantesimi nuovi e utili. In effetti ero un po’ meschina… a volte parlavo di lei come se fosse un oggetto… «Che cosa nascondi là dietro, Potter?» sentii la voce viscida di Piton alle mie spalle. Eravamo in cortile e, visto che faceva molto freddo e che avevo perso la sensibilità delle mani da un pezzo, ci stavamo scaldando con una fiamma azzurra che Hermione aveva creato e messo dentro una barattolo di marmellata per trasportarlo. Non so come mai, ma Harry gli mostrò il volume Il Quidditch attraverso i secoli. Piton lo prese e se lo mise nelle pieghe del caldo mantello invernale. che, dato l’unto che c’era cosparso sopra, non avrei mai voluto indossare. «È proibito portare fuori dagli edifici scolastici i libri della biblioteca» disse Piton. «Dammelo. Cinque punti in meno per Grifondoro.» «Questa regola se l'è inventata» borbottò Harry mentre Piton si allontanava zoppicando. Soffocai una risatina. «Che poi, prima si prendono le cose, naturalmente in modo molto sgarbato, e poi si dice: dammelo, per poi andare via senza una parola… interessante, lo utilizzerò con mio fratello…» assunsi un espressione malvagia. O almeno, così credevo fino a che Hermione non scoppiò a ridere, rovinando la mia scena e facendo cadere la mia autostima molto in basso. La trafissi con lo sguardo, ma lei continuò a ridere. Dovevo allenarmi sulle espressioni malefiche o che incutono timore. «Mi chiedo cosa si sia fatto alla gamba» continuò Harry. Ron lo guardò amareggiato «Non lo so, ma spero che gli faccia molto male.» Quella sera ero seduta vicino ad una finestra a correggere i compiti di Harry e Ron, con Hermione. Ron era davvero negato! Come faceva a non sapere niente di quello che avevamo fatto a incantesimi? ‘O è un cretino; o non ha mai sfiorato un libro; o qualche “genio” usa le sue sembianze sotto effetto della pozione Polisucco.’ Mi irritava davvero... «Io vado a riprendermi il mio libro» Disse Harry. «Meglio te che io» dissero Hermione e Ron in coro. ‘Che amici!’ penso io. «Buona fortuna» cercai di rassicurarlo anche se sapevo che Piton non gli avrebbe restituito il libro. Tornai a correggere i compiti di Ron. ‘Quanto mi irrita correggere i compiti di Ron!’ «Possiamo fare cambio?» implorai Hermione «Non c’è la faccio più a leggere queste scemate.» «Ti ho sentita!» gridò Ron. Noi lo ignorammo «continuiamo domani, ok?» mi rincuorò Hermione. Tirai un sospiro di sollievo. «‘Notte» salutai incamminandomi verso il dormitorio femminile. L’indomani mi alzai con un forte mal di testa. ‘Uffa! Che bell’inizio giornata!’ pensai. La Sala Grande era piena di colori e gente che cantava gli inni delle squadre, solo due accostamenti di colori erano visibili: rosso-oro e verde-argento. Era il giorno della prima partita del campionato di Quidditch. Il mio gruppetto era seduto a metà del tavolo di Grifondoro ma un po’ in disparte dagli altri maghi della casata. Mentre mi avvicinai sentii: «devi mangiare qualcosa» Hermione gli mostrò un piatto con sopra un toast molto invitante. «Non voglio niente» Harry respinse il piatto. «Che succede?» domandai sedendomi al tavolo accanto a Ron. «Harry ha troppa fifa di giocare alla partita, e così non ha neanche fame!» mi rispose Ron, sputandomi sulla guancia. «Bleah che schifo, mi hai sputato!» mi pulii la guancia. «Scusa... non volevo...» cercò di scusarsi. «Niente scuse, dovresti andare a farti una visita dai genitori di Hermione, magari ti mettono l’apparecchio per non sputare.» «Cos’è l’apparacchio?» chiese Ron dubbioso. Pensavo sapesse qualcosa di più sui Babbani dato che suo padre, Arthur Weasley, lavora al ministero all’Ufficio Uso improprio dei manufatti dei babbani. «Si dice apparecchio e comunque tu come fai a sapere che lavoro fanno i miei genitori?» chiese Hermione dubbiosa. ‘Bella trovata, Flora! E adesso come glielo spieghi?! In che guai ti cacci?!’ mi rimproverai. «Allora?» chiese impaziente. «Ehm... ti ho sentita parlare di notte e parlavi dei tuoi genitori... ma comunque, Harry, devi mangiare! Se no svieni sulla scopa!» cercai di sviare il discorso. «Non ho fame!» rispose. Seamus si sedette affianco a me «Hai bisogno di tutte le tue forze, i cercatori sono quelli che vengono sempre presi di mira dall’altra squadra.» «Grazie per il conforto morale, Seamus.» «Hei... guardami» dissi «oggi tu salirai su quel manico di scopa e prenderai quel boccino. Capito?» lo guardai dritto negli occhi. «Ok...» «Ma mangia qualcosa» dissi porgendogli una salsiccia. «Nooo!» Per le undici tutti i maghi e le streghe delle case erano sugli spalti della rispettiva squadra. Harry non aveva mangiato niente e questo non mi piaceva, nel libro non c’era scritto se mangiava o no qualcosa, e a me dava fastidio questa cosa… ‘Ti dà fastidio il non sapere se Harry ha mangiato? Flora, stiamo peggiorando!’ Che cavolo pensavo, e poi mica sviene sulla scopa. Lo striscione che avevamo fatto io, Hermione, Ron, Seamus e Dean spiccava sugli spalti di Grifondoro, grazie ad Hermione che ci aveva applicato un incantesimo che rendeva i colori di qualsiasi cosa più brillanti. ‘Come fa Hermione a trovare questi incantesimi insulsi, e poi chi li ha inventati?’ Ma a pensarci bene, io ero sugli spalti a pensare chi ha inventato incantesimi così stupidi e Harry era nello spogliatoio con il resto della squadra ad ascoltare Oliver che faceva il suo solito discorso. Chissà quanto agitato era… Pensando ad altro… ad arbitrare la Partita sarebbe stata Madama Bumb che era ritta in mezzo al campo, in attesa dei giocatori, che non tardarono ad entrare in campo e posizionarsi in posti strategici. Harry era dalla parte opposta del campo alla mia, affiancato da Fred e George. Di sicuro dovevano proteggerlo dalla squadra avversaria durante la partita e cercare di parare più bolidi possibili. «Mi raccomando a tutti, voglio una partita senza scorrettezze» disse con voce amplificata, Madama Bumb. ‘Senza scorrettezze… col cavolo che Serpeverde giocava senza scorrettezze!’ Infatti notai più tardi che si stava rivolgendo in modo particolare al capitano di Serpeverde, Marcus Flit, del quinto anno. ‘Speriamo che lo striscione dia, ad Harry, un po’ di coraggio...’ pensai tra me e me. Una folata di vento mi investì e la mia sciarpa volò in mezzo al campo. ‘Anche questa?! Ma devono capitare tutte a me?! Cimbali!’ «La pluffa viene liberata! E viene intercettata da Angelina Johnson del Grifondoro… che brava Cacciatrice è questa ragazza, e anche piuttosto carina…» «GORDAN!» «Chiedo scusa, professoressa.» «…La ragazza si muove davvero veloce, lassù. Effettua un passaggio puntuale a Alicia Spinnet, un ottima scoperta di Oliver Baton, che l’anno scorso ha giocato solo come riserva… indietro alla Johnson e… no, la pluffa è stata intercettata dal capitano del serpe verde Marcus Flitt, che se la porta via: eccolo che vola alto come un aquila… sta per… no, bloccato da un’ottima azione del portiere del Grifondoro Baston, e il Grifondoro è di nuovo in possesso della Pluffa. Ed ecco la cacciatrice del Grifondoro Katie Bell… bella picchiata intorno a Flitt, poi di nuovo su… AHI!...deve averle fatto male quel colpo di Bolide dietro la testa! La Pluffa ritorna al Serpeverde. Ecco Adrian Pucey che parte a tutta birra verso i pali della porta, ma è bloccato da un secondo Bolide lanciatogli contro da Fred o George Weasley, non riesco a distinguere chi dei due… comunque, davanti a lei il campo è sgombero, e si allontana e lentamente vola via- schiva un micidiale Bolide… è davanti alla porta – vai, Angelina! Il portiere Bletchley si tuffa… manca il bersaglio… IL GROFONDORO HA SEGNATO!» L’aria si riempì di cori e voci dei Grifondoro. Tutt’intorno a me c’erano solo grida e fischi di ammirazione. Venni urtata in avanti e quasi caddi addosso a Seamus, prima che Ron mi acchiappasse per un braccio. Feci per ringraziarlo ma mi trovai di fronte una specie di montagna pelosa. ‘Il mio Mezzo Gigante preferito!’ Stava discutendo animatamente con Ron ed Hermione. «Ah… Hagrid, questa è una mia amica si chiama Flora» disse Hermione indicandomi. «Ah sì, ho sentito parlare di te… sei la nipote del professor Silente, vero?» inclinò la testa in modo da squadrarmi tutta… era un po’ inquietante… «Ehi, non è mica solo amica tua… è anche mia amica!» disse Ron. «oooo!! Ora è tutto chiaro…» Seamus si esibì in una serie di fischi. «Che rompi che sei Seamus…» dissi. «Solo per voi, ragazzi» ammiccò. Gli feci la linguaccia. Intanto Hermione e Ron stavano litigando sul fatto che… boh… chi lo sapeva?…non si capiva. «Chissà cosa pensa di fare Harry» bofonchiò Hagrid. ‘Oh, no. Wow, Flora, ma tu ti distrai per tutto? Non riesci a concentrarti su una cosa sola? Ad esempio… che Harry sta quasi per cadere dalla scopa? Noooo… naturalmente no e quindi cosa fai? Ti insulti da sola? Bel modo di risolvere le cose! Continua così… vedrai che vai avanti… (all’altra via).’ Troppi pensieri. Scacciai via i miei pensieri agitando una mano come per scacciare una mosca… era una cosa che facevo spesso. Ritornando ad Harry… Gli occhi di tutti erano puntati su di lui, sembrava che la scopa lo volesse disarcionare: lo sbatteva di qua e di là ed aveva iniziato a fare le capriole. Ad un certo punto la scopa diede uno strattone e Harry si ritrovò a penzolare ad un’altezza di venti metri attaccato alla scopa con una mano sola. «Lo sapevo!» Hermione indicò gli spalti di fronte a loro. «Piton… guarda!» Ron afferrò il binocolo e la sua bocca si spalancò a mo’ di Sebastian. Gli presi il binocolo dalle mani per guardare meglio: Piton stava sugli spalti di fronte a noi e sussurrava qualcosa sottovoce. Naturalmente sapevo che stava cercando di proteggere Harry, ma aveva un sorrisetto sulla faccia che non premetteva niente di buono. Hermione scese dagli spalti per andare a incendiare il mantello di Piton e intanto ci furono dei gridolini delle ragazze del primo anno. Quelle del Harry Potter’s Fun Club. ‘Forza Hermione!’ Harry era riuscito ad aggrapparsi anche con l’altra mano… sbaglio o Hermione ci metteva troppo? Dovevo fare qualcosa… ma cosa? ‘Flora, hai tantissima magia in te’ cominciai ‘Tu sei speciale, diversa… da tutti loro’ ripensai alle parole del nonno. Guardai la scopa di Harry con decisione, mi aveva stufato: nessuno può sbattere qua e là i miei amici. Mi concentrai al massimo sulla scopa di Harry e cercai di controllarla… C’era qualcosa che me lo impediva: una voce… che sussurrava… ma cosa? Non si capiva. Era un maleficio, probabilmente il malocchio che Raptor stava mandando alla scopa. Mi scoppiava la testa. La afferri con le mani, per cercare di tenerla ferma: stava andando per i fati suoi. «Flora, stai bene?» Ron mi posò la mano sul braccio destro. ‘NO, non sto bene!’ il mal di testa era troppo forte. Quella voce, quella voce… cercai di scacciarla dalla testa ma invano. Cercai di concentrarmi ma l’unica cosa che riuscivo a fare era tenermi la testa con le mani. Dovevo mandare via quella voce, era l’unica cosa che riuscivo a pensare, doveva esserci un modo. Ma quando guardai Harry capii che lui era più in pericolo di me. Io cosa rischiavo? ‘Un emicrania?’ E lui? ‘Di cadere e rompersi l’osso del collo? Si.’ E poi… ma si! Quella voce era entrata nella mia tesa tramite la scopa. Se toglievo il malocchio a quest’ultima forse la voce se ne sarebbe andata… non ero tanto sicura. Ma tanto valeva provare. Mi riconcentrai bene sulla Nimbus Duemila di Harry che stava ancora facendo le capriole. Cercai di possederla, controllarla, ma una forza mi respingeva. Quando pensai a come descriverla mi venne in mente solo una cosa: ‘amaro.’ Era amara quella forza. Non saprei come altro descriverla. Quella forza mi respingeva ma non era tanto forte, ma quella voce che mi frullava ancora in testa non mi faceva ragionare tanto bene e non riuscii a respingerla facilmente. Ero stremata, sulla ringhiera dello spalto, aggrappata ad essa per non cadere e stavo cercando di respingere una forza che molte persone di questa scuola non riuscirebbero neanche a sentire. ‘Bella immagine.’ Ad un certo punto riuscii a far andare via quella dalla mia testa e sentii delle grida di gioia da parte di Ron. Harry stava bene. Ce la avevo fatta. Sentii le gambe cedere e caddi in avanti. Ma davanti a me non c’era niente. La lucidità mi lasciò e caddi nel vuoto.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Buco nero ***


Praeceptum. Aprii gli occhi ed una luce mi abbagliò. Per ripararmi da essa feci per coprirmi il viso con una mano ma quando cercai di alzarla non rispose, o almeno, incontrò resistenza. Ero stanchissima e non volevo aprire gli occhi per essere nuovamente accecata, ma la tentazione di sapere chi mi stava tenendo il polso era fortissima. A quel punto la persona parlò: «Finalmente, pensavo ti saresti svegliata in più tempo ma l’attesa era estenuante» il nonno! Finalmente aprii gli occhi e vidi la sua lunghissima barba bianca. Ero stesa su un lettino con coperte e lenzuola bianche. Alzando lo sguardo osservai dove mi trovavo: l’infermeria. Ci avevo passato molto tempo, per via della zia, ma da quando era andata a casa non ci ero più entrata e non ne avevo avuto intenzione. «Quan-quanto-per quanto sono rimasta incosciente?» balbettai timidamente. «Due giorni» disse. «Cosa?! due giorni?!» cercai di ricordare cosa era successo ma ricordavo solo quella parola: Praeceptum, e non sapevo cosa volesse dire. Quindi non ricordavo nulla. ‘Benissimo!’ «Cosa è successo?» gli chiesi con voce insicura. «Tu cosa ricordi?» chiese con aria curiosa. «Ricordo che una strana parola mi rimbombava in testa in continuazione… e poi la sensazione di cadere» mi massaggiai bene le tempie, c’era ancora un residuo di quell’emicrania. «Evidentemente ti ho sottovalutata, come al solito. Ma non sappiamo ancora niente del vostro modo di essere streghe e maghi, se non che imparate molto velocemente a usare e controllare la magia, ma nient’…» «Quindi ce ne sono altri!» lo interruppi. «Non ne sono sicuro. Ma potrebbe essere…» ci pensò un attimo «ma non dobbiamo cambiare discorso» scosse la testa. «Ok...» dissi insoddisfatta «Cosa è successo, quindi?» «Beh, alla partita di Quidditch hai respinto il malocchio che il professor Raptor aveva lanciato sulla scopa di Harry e per lo sforzo sei svenuta, sei caduta dagli spalti e toccando il suolo sei affondata nel terreno e quest’ultimo si è modellato facendoti riemergere senza neanche un graffio. Sicuramente sei stata tu a plasmare il suolo, probabilmente una parte di te era ancora cosciente durante la caduta.» ‘Davvero ho fatto tutto questo?!’ Non ricordavo niente, nella mia mente c’era un buco nero. Provai ad alzarmi e stranamente ci riuscii, il mio corpo ebbe uno scatto e dei brividi mi percorsero la schiena. «Davvero ho fatto tutto questo?» chiesi rabbrividendo. «Sì, e direi che ora la storia di due giorni fa, sia sulla bocca di tutti, e quindi tu.» «Fantastico!» feci una smorfia alzando gli occhi al cielo. Il rumore di passi che sentii all’improvviso provenire dal corridoio fu l’unico rumore che udii prima che un gruppo di ragazzi e ragazze entrassero in infermeria. Si sentì un coretto di «Professor Silente» rivolti al nonno come saluto. «Allora… quando ti dimettono dall’infermeria sistemati e cerca di tornare alla normalità, per quanta tu possa averne…» sembrò pensieroso «e quando vuoi vieni nel mio ufficio, la parola d’ordine la sai già.» E con questo concluse la conversazione e se ne andò. Hermione si avvicinò al mio lettino, vedendo la mia espressione confusa, e si sedette su di esso. «È stato un po’ brusco oggi, non ti ha neanche salutato… hai un espressione strana, cosa ti ha detto?» «Davvero ho…» non potevano sapere che avevo annullato il malocchio «davvero sono caduta dagli spalti?» cercai un’alternativa alla domanda iniziata. «E non solo, al posto di spiaccicarti a terra il terreno ti ha inghiottito e risputato fuori come nuova» si intromise Ron. «Dai Ron!» s’intromise Harry. «Spiaccicata a terra… molto delicato, Ron» Hermione si rivolse a Ron «per te sarebbe finita spiaccicata a terra.» «Beh, dai… era un modo di dire, sai che dico la prima cosa che mi passa per la testa!» «Ragazzi, non le avete ancora chiesto come sta’» fece notare una voce più bassa dei miei amici. Dalla folla emerse Oliver con un piccolo fiore nero in mano. «Ti volevo dare questo» disse rivolgendosi al fiore «quando sei caduta e il terreno ti ha “risputato” come ha detto Ron, è uscito questo fiore, non potevo lasciarlo lì, Madama Bumb ogni mese controlla il campo e toglie ogni tipo di pianta, dice che non servono al campo da Quidditch, quindi lo ho portato a te, sarebbe stato strappato altrimenti.» Presi il fiore in mano «E tu cos’hai fatto?» chiesi. Corrugò la fronte «Beh, te lo ho port... intendevo che sarebbe stato buttato via...» riflettendo sulla sua azione. «Aaaa» dissi alzando le sopracciglia. ‘Adesso ho capito tutto.’ «Dopo ti spiego io...» mi lasciai nel vago. «Comunque sto bene, un po’ scossa, ho un po’ di emicrania e non ricordo quasi niente della caduta.» «Allora va’ proprio tutto bene...» disse Oliver sarcastico. Hermione fece una smorfia. Aveva gli occhi rossi e gonfi. L’abbracciai e affondai la il naso nei suoi capelli, profumavano di vaniglia. «Non sai che paura ho avuto» mi strinse a se. Mi buttai sul mio letto. ‘Finalmente.’ Non ce la facevo più a stare in quel lettino scomodo e troppo piccolo. E ora che ero sul mio letto mi accorgevo che era ancora più comodo di quello che ricordavo: le lenzuola di flanella e il piumino lo rendevano morbidissimo, tanto da sprofondavici. «Si sta bene, vero?» chiese una voce familiare alle mie spalle. Mi girai e vidi Monica che mi guardava. Le sorrisi e annuii. «È mille volte meglio del lettino dell’infermeria.» «Ci credo» si sedette sul letto vicino al mio. «Ricordi niente di quello che è successo?» «Sinceramente no. So solo che ero sugli spalti di Grifondoro e sono caduta ma il terreno mi ha inghiottito e robe del genere…» non potevo dire neanche a lei di Raptor e del malocchio. «Devo dirti una cosa» la sua espressione diventò seria all’improvviso. «Ok, dimmi pure.» «… tornando dalla partita ho sentito due persone che parlavano nello studio di Piton… e parlavano di te.» Corrugai la fronte «cosa dicevano?» «Non è che abbia capito molto, ma ho sentito che vogliono andare al terzo piano, nel reparto proibito, e hanno detto che tu ci devi stare alla larga.» Mi balenò in mente l’idea di chi fossero. «Ti ricordi se uno dei due aveva una voce roca o… beh, strana?» ‘non può essere! Non deve essere!’ «Si. L’altra era molto familiare, di un professore penso. Non Piton però, era come se quella voce fosse mascherata come se quella che avevo sentito tutte le altre volte, non fosse la stessa ma mancasse qualcosa. È difficile da spiegare.» Sospirai «come se mancasse un balbettio...» sussurrai. «Si è proprio vero... » si interruppe e mi guardò con occhi sgranati. «T-tu pensi che sia Raptor?» chiese. Non potevo risponderle o forse non volevo. Ma aveva già inteso le mie preoccupazioni. «Potrei stare un po’ da sola, ho bisogno di riflettere» feci un sorriso incerto che probabilmente a lei era parso una smorfia. Annuì e se ne andò. Io mi sedetti sul pavimento, misi le braccia attorno alle ginocchia e abbandonai la testa tra di esse. «Flora!» ‘Uffa! Stavo dormendo!’ Ordinai alla coperta di togliersi e al mio corpo di girarsi e sedersi. Solo a quel punto aprii gli occhi ancora impastati di sonno. Hermione mi guardava con occhi sgranati. «Che c’è?» chiesi perplessa. Lei guardò prima me e poi la coperta. «Lascia perdere, che ore sono?» mi sa che l’avevo spaventata un pochino. «Le cinque del pomeriggio, hai dormito per due orette, te la meritavi una bella dormita, ma non era di questo che ti volevo parlare» si sedette sul letto accanto a me «abbiamo scoperto che un certo Nicolas Flamel centra con quello che protegge Fuffi.» «Chi è Fuffi?» sperai che il tremolio nella mia voce non mi tradisse. «Quel bellissimo cagnolone, bavoso, a tre teste» fece con una smorfia «è di Hagrid» concluse. «E dove ha reso un cane a tre teste!?» ‘dai voce non abbandonarmi!’ cercai di fare l’espressione più sorpresa del mio repertorio. «Al Pub da un tizio greco, l’anno scorso per la precisione... ma questo non ha importanza, tu potresti chiedere a tuo nonno chi è Nicolas Flamel?» chiese implorando. «Non so, penso di si, ma mi sentirei un po’ a disagio... e se mi chiedesse come mai? Cosa gli dico?» ‘una buona scusa per non chiederlo? Trova una scusa!’ «Digli che lo hai trovato su un libro e non c’era scritto chi era con precisione» disse gesticolando. ‘Cavolo, oggi non hai fantasia! Non sai trovare una scusa per questo casino?!’ mi auto incolpai. «Ok, glielo chiederò, ma non essere certa che melo dica» sbuffai. «Grazie, andiamo in Sala Comune, Harry e Ron non possono entrare nel dormitorio femminile così sono rimasti giù» annuii sbadigliando. Mi stiracchiai e mi ristesi sul letto. «Dai! Ci stanno aspettando!» mi spinse giù dal letto. Io che non me lo aspettavo, caddi di faccia. «Ai!» Mi massaggiai il naso. ‘Certo che più piano no, eh?’ «Vai!» mi esortò Hermione. «Ok, va bene» percorsi il corridoio che portava all’ufficio del nonno e mi fermai davanti al gargoyle di marmo bianco. ‘Quale può essere la parola d’ordine?’ provai quella dell’ultima volta. «Sorbetto al limone...» ma mi interruppi. ‘Che genio! L’altra volta non ho usato la parola d’ordine!’ Guardai intensamente la porta ed essa si aprì automaticamente. «Sta’ diventando sempre più facile!» Mi infilai nella fessura del gargoyle prima che si chiudesse ed aspettai che mi portasse all’ufficio del preside. Feci per bussare alla porta ma questa si aprì prima che il mio pugno toccasse il legno della porta. Feci un passo avanti, un po’ spaesata e vidi il nonno alla scrivani, se così si può chiamare, intento a leggere la Gazzetta del Profeta. «Non sei l’unica che sa qualche trucchetto» sorrise. «Di cosa mi dovevi parlare?» mi avvicinai al tavolo. Mi indicò la sedia davanti a se, come invito a sedermi. «Allora, come stai?» mi chiese in tono paterno. Mi stupii di quanto quel tono fosse familiare, mi ricordava la voce calda di papà. O almeno, il tono che usava. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che avevo sentito quella voce. Troppo. Annuii «Bene, a parte per una cosa.» la sua fronte si aggrottò. «Quando sono andata in camera una mia amica ha detto di aver sentito due presone nello studio di Piton che parlavano. E ha sentito che volevano andare al terzo piano, nella sezione proibita e non volevano che io gli stessi intorno» continuai «Ho cercato di capire quanto più possibile a chi appartenessero quelle voci, ha detto che una era molto roca e strana... l’altra ha detto che era molto familiare, di un professore, secondo lei. Ma mancava qualcosa a quella voce, come se quella che la mia amica che sentisse di solito fosse mascherata diversa, e non riuscisse a riconoscerla...» il nonno mi ascoltò fino alla fine con interesse e non mi interruppe mai. «Quando le ho suggerito “un balbettio” lei ha capito di chi era la voce ed io ne ho avuto conferma.» Sospirai «Cosa centro io?» Guardai il nonno cercando una risposta, ma il suo sguardo si era fermato sulla scrivania. Cercai di guardare cosa aveva attirato la sua attenzione. Guardava una piccola cornice con dentro una foto. Magica, naturalmente. Raffigurava mia madre e mio padre quando erano essere molto giovani, mia madre aveva il pancione e un fiocchetto azzurro attaccato su di esso. Luca. In questi giorni non ci avevo mai pensato e solo ora mi accorgevo che mi mancava molto. Chissà se Luca sapeva che ero una strega? Sapeva che il papà era un mago? E lui cos’era? Un pensiero m’investì: e se anche Luca fosse un mago? Percorrevo i corridoi per tornare al dormitorio di Grifondoro, non c’era tanta gente, quelli dal terzo anno il su probabilmente erano ad Hogsmeade al Pub a bere una burroburra. Incontrai qualche conoscente, ma non mi fermai a parlarci, non ne avevo voglia. Mi fermai solo vedendo una persona. «Stai meglio?» chiese con quella sua voce profonda. «Sì, va molto meglio» annuii. «Posso chiederti una cosa?» quando vide che io, annuii continuò «Cosa intendevi per dopo ti spiego io?» chiese dubbioso. «Ah» sorrisi. «Madama Bumb ha già fatto questo famoso controllo del campo?» domandai. «No, perc-» lo interruppi prendendolo per il braccio e cominciai a correre verso il campo di Quidditch. Lui mi stava dietro senza fare domande. Si fidava. Quasi inciampai dopo averlo pensato. Wow. Si fidava di me. Dopo soli tre mesi che mi conosceva, si fidava di me. Si fidava perché mi considerava un’amica. E quando si considera amica una persona, gli si vuole bene, la si aiuterebbe se fosse in difficoltà, la si sosterrebbe se stesse per cedere, gli si confiderebbero segreti, essendo certi che l’altro non li sperpererebbe a chiunque. Essendo certi che l’uno farebbe le stesse cose per l’altro. Era la prima volta che una persona si fidava così intensamente di me. O almeno, che me lo dimostrava. Era una bellissima sensazione. Quasi rinciampai ma Oliver questa volta mi prese e mi fece fermare. «Ehi, cos’hai? È già la seconda volta che inciampi...» disse preoccupato. «Tranquillo, non è niente» sorrisi più che mai. Lo tirai ancora per il braccio fino ad arrivare al campo da Quidditch. «Dove era questo fiore nero?» chiesi. Lui mi condusse sotto gli spalti di Grifondoro e mi indicò il gambo del fiore nero. Mi avvicinai ad esso, inginocchiandomi con le gambe incrociate. Oliver mi seguì e si sedette vicino a me. Tirai fuori dalla tasca il grazioso fiore nero, non lo avevo lasciato in camera, e adesso era tutto spiaccicato. Povero fiore. Lo avvicinai al suo gambo e attaccai le due parti, in modo che i bordi combaciassero. Non sapevo cosa stavo facendo – non sapevo quasi mai cosa stavo facendo – ma misi un dito sul punto di giunzione dei due pezzi. Da quel punto partì una scintilla dorata, poi un'altra e un’altra. Le scintille continuarono a schizzare di qua e là per qualche momento. Sentii Oliver prendere un bel respiro e con la coda dell’occhio lo vidi girarsi verso di me. Io scostai le mani dal fiore e constatai che era tornato come nuovo. «Flora, ti rendi conto di quello che hai fatto?» disse sgomento. Non aspettò una mia e continuò «Hai riportato in vita un fiore!» ‘wow detta così è proprio forte’, quasi mi misi a ridere. «Cos’hai?» chiese vedendomi. «Da come lo hai detto non sembra gran ché...» «Non capisci! Hai ridato la vita, ad una cosa che era morta, lo hai riportato un vita! Hai- hai...» era troppo emozionato. «Calmati!» gli misi una mano sulla spalla. «Come posso calmarmi, hai-» gli tolsi la voce. Lui continuò a muovere le labbra, dalle quali però non proveniva alcun suono. Lui spalancò la bocca. Cercai di leggere il suo labiale e capii solo ‘crudele’. Sghignazzai. Era davvero buffo. «Non serve che continui a parlare in questo momento, non produrrai alcun suono» alzai le sopracciglia e storsi la bocca. «E adesso...» iniziai a scavare intorno al piccolo fiore «troviamo un posto migliore per questo fiore.»

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Sorprese ***


«Allora, di cosa avete parlato?» Harry si sedette al tavolo dei Grifondoro. «Praticamente di nulla, è arrivata la MaGranitt e sono dovuta uscire.» ammisi sbuffando. «Ah, mi dispiace.» fece una smorfia. Cercai di sorridere facendo un’espressione, a quanto pare, parecchio strana. «Quindi di Nicolas Flamel non si sa ancora niente?» domandò dubbioso. ‘Beh, in effetti saprei qualcosina riguardo Nicolas Flamel, ma non voglio ancora dire niente, per il momento. Aspetto che la storia si compia da sola, senza che io influisca in modo evidente. Magari darò qualche aiuto ad Hermione per ricordare la lettura leggiera dove aveva trovato l’argomento.’ «Non ho avuto tempo di chiederglielo» cercai una scappatoia. «Ci proverai la prossima volta» mi sorrise e io pensai di essere molto fortunata ad avere amici così, non solo perché erano i miei idoli, ma perché adesso che ero diventata una loro coetanea e amica capivo la loro bellezza e mi compiacevo del fatto che queste persone stavano diventando i miei migliori amici. Quella mattina mi alzai presto, era come se fosse già Natale: quando ti alzi presto anche se non hai voglia solo per i regali. Quel giorno sarebbe stato diverso: non avrei ricevuto regali, anche se era il mio compleanno. Tutte dormivano, chi con un braccio a penzoloni, chi con le tende del baldacchino tutte chiuse per il freddo... in effetti in quei giorni era veramente freddo, il castello si era completamente ricoperto di neve, e non mancavano le battaglie di neve. Alcuni erano partiti in anticipo per le vacanze di natale, e con alcuni, intendo i più ricchi Serpeverde. Intanto le lezioni continuavano, io iniziavo a chiedermi perché dovessi studiare Storia della Magia, Hermione continuava a studiare con una matta, Harry era sempre impegnato nei suoi allenamenti e Ron... beh, Ron stava lì a guardarlo, come d'altronde facevo io. Ad ogni allenamento incontravo Oliver, e ad ogni incontro diventavamo sempre più amici, era come avere un fratello maggiore, ma uno di quelli che ti protegge, ti capisce e ti ascolta. Poi, la differenza d’età tra me e lui, era la stessa che c’era tra me e mio fratello, mese più, mese meno. Avevo sempre qualcosa per la testa in quei giorni e figurarsi di dire agli altri che quel giorno era il mio compleanno. Da tutti questi pensieri, mi distolse un rumore che proveniva dal piano di sotto, dalla Sala Comune. Io naturalmente scesi, ma prima feci volare le pantofole verso di me. La sala era poco illuminata, visto che in quei giorni l’alba arrivava molto tardi, le uniche cose che emanavano luce erano alcune lanterne disposte ai lati della stanza. Sul divanetto davanti al fuoco acceso c’era una figura. Non riuscivo a vederla, ma era sicuramente un Grifondoro. Mi avvicinai lentamente e lo vidi girarsi con sguardo corrucciato. «Cosa ci fai qui?» appena me lo chiese il suo sguardo si ammorbidì. «Non riesco a dormire...» risposi sottovoce. «C’è un motivo?» chiese Oliver. «... no, niente» risposi sospirando. Lui batté la mano sul divano, nel posto vicino al suo invitandomi a sedermi. Con calma attraversai la stanza e mi sedetti al suo fianco. «Sicura?» chiese nuovamente vedendo la mia espressione triste. «Sì, è che oggi è un giorno importante per me...» sospirai. Lo vidi un po’ pensieroso e poi scattò «oddio, dimmi che oggi non è il tuo compleanno!» esclamò. Io storsi la testa ‘io dico due parole e questo capisce tutto! Bene!’ «Perché non lo hai detto a nessuno, perché non me lo hai detto?» chiese corrucciato. «Ma io te lo ho detto... adesso...» dissi in mia difesa. Lui mi guardò molto male in quel momento. Davvero, molto male. Dovrei imparare a fare sguardi come i suoi, i miei dicono che facciano ridere. Alzò le sopracciglia e si prese la testa fra le mani ridendo. «Sei incredibile!» disse scuotendo la testa. «In senso buono o cattivo?» domandai curiosa. «Non lo so» mi guardò annuendo con la bocca storta «te lo dirò quando ne sarò sicuro...» Una buona aranciata e del bacon furono l’ideale per iniziare la giornata. Mi tirarono su di morale. Quel giorno era domenica, quindi avrei potuto girare per il castello ed essendo domenica, gli studenti non erano tenuti a presentarsi all’orario dei giorni settimanali di conseguenza la Sala Grande non era piena come di consueto e nemmeno Hermione era presente al tavolo di Grifondoro. «Oggi avete un altro allenamento?» chiesi ad Harry. «No, Oliver lo ha annullato questa mattina, strano, lui non perde mai l’occasione per fare un allenamento...» sussurrò fra sé e sé. «Magari si è sentito male» dissi ripensando all’espressione che aveva stamattina prima di vedermi. Lui sospirò, indicando che ne sapeva quanto me. Tornando al dormitorio vidi un lampo rosso passarmi vicino e scattai subito guardandomi indietro. Se fossi stata una strega normale, avrei tirato fuori la mia ipotetica bacchetta, ma non lo ero, e quindi mi adattavo. Fanny stava appollaiata su di una sporgenza e mi guardava con i suoi grandi e profondi occhi neri. «Fanny!» dissi correndole incontro. Lei, appena mi feci vicina mi volò sul braccio e si appollaiò su di esso. Le sorrisi accarezzando le sue calde e fulve piume. Dopo averle fatto un po’ di grattini e coccole, alzò la zampa sinistra dove vidi un piccolo foglietto. Lo presi e lo lessi, era molto breve. Vieni nel mio ufficio quando puoi, io ci sarò. Bussai al portone dell’ufficio del nonno con Fanny sul braccio. Appena il portone si aprì, vidi il nonno seduto alla sua scrivania con in mano una Cioccorana. «Cos’è, fai la collezione?» scherzai. Lui sorrise «Se la facessi, la avrei finita già quattro volte...» Mi dimenticavo a volte che il nonno aveva cento – quasi – cinquant’anni. Era una bella età, e se li portava bene, con quel codino sulla barba. «Cosa volevi?» chiesi dopo un po’. «Siediti» rispose indicando la sedia al lato opposto della scrivania. Io feci come mi disse, e quando mi fui accomodata, tirò fuori da sotto il tavolo un pacchetto regalo. «Buon compleanno.» Per un attimo rimasi interdetta, «oh dei, grazie nonno!» sorrisi sinceramente. «Aprilo.» Non me lo feci ripetere due volte e scartai il regalo senza strappare la bellissima carta cobalto, come era mio solito fare. Un album. Un album fotografico rifinito in cuoio con dentro foto della mamma e del papà. Era il regalo più bello che qualcuno potesse farmi. Mi misi a sfogliarlo velocemente e vidi moltissime foto in cui c’ero anch’io. Da piccola avevo delle belle guanciotte da stringere... A casa mia non c’erano foto di me da piccola, fino ai quattro anni circa, non avevo neanche una foto, e adesso trovare tutte queste me era sconvolgente: me con il ciuccio, me con delle scarpette rosa, me in braccio a papà... Quella foto era davvero bella, lui mi toccava il naso con l’indice e sorrideva della mia reazione, ed in effetti ero veramente buffa con il naso arricciato. Girando le pagine continuavo a vedere foto su foto a memorizzare luoghi, cose, indumenti... ‘Scarpette rosa?! Qui mi devono aver costretto, io non metterei mai delle scarpette rosa! Mai in assoluto!’ «Penso che tu voglia guardare le foto in un posto tranquillo, puoi andare in camera tua se vuoi... ma prima, sarei felice se portassi Fanny fuori, a fare una passeggiata, se tu vuoi naturalmente.» «Certamente» dissi alzandomi e scostandomi i capelli dalla spalla, facendoci appollaiare Fanny. Lui si alzò per accompagnarmi alla porta. «Ah, una cosa» dissi girandomi verso di lui. Gli venni incontro e lo abbracciai. Lui colto alla sprovvista all’inizio si irrigidì, ma dopo qualche secondo si rilassò ricambiando il mio abbraccio. «Buon compleanno» disse stringendomi. «Grazie» risposi sorridendo fra le pieghe della sua lunga veste. Passeggiando fra i corridoi con Fanny sulla spalla, mi diressi fuori verso i prati ormai innevati. Non c’era anima viva, e neanche morta, c’eravamo solo io e Fanny. I piccoli fiocchi di neve che cadevano sul piumaggio fulvo di Fanny, si scioglievano al solo contato, svanendo. In effetti, Fanny era molto calda, accarezzando il suo piumaggio si sentiva il forte battito cardiaco, l’energia che fluiva nelle vene del rapace... probabilmente era quella ad emanare calore. Era veramente bella, il becco era nero come la pece, le piume alla base di esso erano di diverse gradazioni del blu, tutto il piumaggio era rosso, con la punta di ogni piuma dorata, c’erano due piume sulla testa e sulla coda, blu e argento, rendevano tutto ancora più colorato. Mi incantai per un bel po’ a guardare Fanny, ad accarezzarla, farle le coccole. Era così morbida. «Flora!» Mi girai, Neville stava correndo verso di me. «Ti ho cercata ovunque! Devi venire in Sala Comune! vieni!» disse con il fiato corto. Io mi alzai immediatamente con l’album in mano, questo momento mi ricordava tanto il secondo anno di Harry, quando Ginny gli distrugge la camera per trovare il diario di Tom. Quindi non era molto rassicurante. Corremmo subito al settimo piano passando per il ritratto della Signora Grassa. Appena passato il ritratto mi ritrovai sommersa da tanti coriandoli. ‘Coriandoli? Possibile che qua festeggino il Carnevale pre-Natalizio?’ «Buon compleanno!» ‘Ah, non è il Carnevale pre-Natalizio...’ Mi guardai intorno, c’era la maggior parte dei Grifondoro attorno ad un tavolo pieno di dolci e Burro birre. Davanti a tutti c’era Oliver. Mi girai verso Neville che era ancora con il fiato corto, gli porsi l’album «Tienimelo un attimo.» Subito dopo avergli consegnato l’album, corsi verso il centro della stanza, dove si trovava Oliver, e gli saltai addosso abbracciandolo. «Grazie, grazie, grazie!» gli sussurrai. Lui mi abbracciò di rimando tirandomi su da terra, vista la differenza d’altezza. «È solo una festa...» rispose noncurante. «Grazie comunque.» «Flora, svelta, alzati! È Natale!» Mi rigirai nel letto e misi la testa sotto il cuscino. «Dai, ci sono i regali!» Il cuscino che mi copriva la testa volò via, seguito a ruota dalle coperte. Io mi alzai e corsi verso la sala Comune. Vicino al caminetto spiccava un abete di un verde bottiglia, molto brillante. Era decorato con palline di natale e dolcetti, ma la cosa più bella era la stella in cima: era una vera e propria palla di luce che illuminava le palline di vetro sul resto dell’albero e le faceva risplendere e luccicare. Sotto l’albero c’era un tripudio di regali di tutte le dimensioni e colori. Tutti gli studenti di Grifondoro che erano rimasti a scuola nelle vacanze di Natale erano lì, attorno a quell’albero, a scartare regali e augurarsi buon Natale a vicenda. Vidi Harry e Ron intenti a leggere un biglietto dove il nonno aveva scritto: “Questo me l’ha affidato tuo padre prima di morire. È giunto il momento che ritorni a te. Fanne buon uso. Buon Natale” Ripensai a quando nel quinto o nel sesto libro il nonno aveva detto che era stato lui a consegnargli il mantello. Feci una piccola corsa per arrivare da Ron e Harry, ma inciampai in qualcosa e scivolai. Guardai attentamente il punto dove avevo appoggiato il piede in precedenza, ma niente... ‘Forse ho appoggiato male il piede. O forse qualcuno mi ha fatto lo sgambetto.’ Pensai. ‘No, non credo, e poi chi avrebbe potuto farmi lo sgambetto?’ Pesare al chi avrebbe potuto farmi lo sgambetto mi fece venire in mente un’altra cosa: ‘chi mi ha chiamato per dirmi di svegliarmi?’ Cercai di ricordare la voce ma era come se quel ricordo fosse annebbiato, come se fosse trascorso così tanto tempo da non riuscire a ricordare. Pensano a quella voce andai a sbattere contro Harry. «Ehi» mi tenne le spalle per non farmi cadere «Buon Natale!» mo abbracciò. «Scusa... Grazie, anche a te» lo strinsi a me. Quando ci staccammo fu il turno di Ron, che mi sollevò di qualche centimetro da terra. «Hei! Buon Natale!» gli dissi. «Mia mamma ha fatto una cosa per voi, ecco qua» ci consegnò un pacchetto a testa, il mio era azzurro e quello di Harry rosso. «Grazie!» lo riabbracciai. Anche Harry lo ringraziò e, al posto di un abbraccio, si presero la mano e scontrarono le spalle. «Io non ho mai capito perché voi maschi non vi abbracciate mai» dissi rivolta ai due. «È una questione di principio, non vogliamo dimostrarci femminucce.» «Ah, wow, adesso si spiega tutto!» sbuffai ironica. «Dai, aprite i Regali!» ci incitò Ron. Mi sedetti per terra e scartai il regalo. Dentro c’era una sciarpa del medesimo colore del pacchetto. Era stupenda non solo perché era del mio colore preferito, ma perché aveva dei ricami in blu scuro che raffiguravano dei fiocchi di neve, un pupazzo di neve e una F piena di ghirigori. «È stupenda! Hai detto tu a tua mamma che il mio colore preferito è l’azzurro?» chiesi osservando il regalo di Harry. Lui aveva ricevuto un maglione verde e una scatola di caramelle mou fatte in casa. «Wow, che gentile!» disse Harry. Io gli sorrisi. «Cosa avete ricevuto voi?» chiesi. «Da Hermione abbiamo ricevuto entrambi dei dolcetti, dovresti aver ricevuto anche tu qualcosa da parte sua» perlustrò lo spazio sotto l’albero e andò a prendere tre pacchetti con su scritto il mio nome. «E da chi sono tutti questi regali?» chiesi a Ron. Lui li guardò bene «Uno è da tua zia, uno da Hermione e... quest’ altro non ha mittente.» Mi porse tutti e tre i regali. Scartai per primo quello di Hermione, dove trovai un pacchetto di gelatine tutti i gusti+uno. Finito di assaggiare le gelatine aprii il regalo della zia. Ci trovai un libro con su scritto storia delle Isole. Era ricoperto da scaglie rosse, sembra pelle di coccodrillo! a quel pensiero rabbrividii. Lo aprii e vidi un bigliettino. «Fammi vedere» disse Ron. Gli passai il libro e aprii il bigliettino. Non sembrava per niente la scrittura della zia. Buon Natale, ora che sai che sei una maga, hai scoperto metà della tua natura. Grazie a questo libro scoprirai un’altra parte di te, ugualmente importante, che non capirai fino a fondo. Io non ti dirò niente fino ai tuoi sedici anni, ma per ora sappi solo che non sei una comune strega. La parte di te che ancora non conosci è la spiegazione dei tuoi poteri. Mamma P.S. non ti spaventare se sei la sola a saper leggere il libro. ‘Mamma...’ Come era possibile, la mamma non poteva avermi spedito un regalo, non avrebbe potuto spedirmi niente... «Che lingua è?» chiese Ron. Sfogliando il libro. «Come, che lingua è? È la tua lingua, come la mia e quella di Harry» risposi prendendo il libro e sfogliandolo. Pesi la prima pagina che trovai. «Non riesci a leggere?» chiesi indicandogli la prima riga? «N-no io vedo solo una serie di linee e simboli. Però qui vedo il simbolo di un fuoco. E qui una piantina.» disse indicando i due simboli, che per me erano: crateri e caverne. ‘Come è possibile? Non devo spaventarmi, non devo spaventarmi!’ «Ma davvero tu riesci a leggere questi segni?» domandò Harry. «Si, sulla lettera c’è scritto di non spaventarmi se fossi stata l’unica a riuscire a leggere il libro» gli mostrai la lettera. Ron e Harry guardarono la lettera e si scambiarono un occhiata: «Ehm... Flora, anche questa è scritta in quel modo...» riguardai la lettera ma non ci vidi niente di strano. ‘Come è possibile una cosa del genere?!’ Ero nel mio letto al calduccio, a ripensare alla lettera della mamma. La presi dal comodino, ma mi scivolò e cadde sotto il letto. ‘Stupida maldestra!’ Scesi dal letto e mi inginocchiai per terra. Sotto il letto non c’era solo la lettera, ma anche un regalo che non avevo ancora scartato. Presi sia il biglietto della mamma sia il regalo e mi sedetti sul letto. Sciolsi il mastro e aprii la scatola, dentro c’era un draghetto in miniatura addormentato, come quelli che avrebbero usato per il Torneo Tre Maghi. Era dei colori del tramonto: le scaglie rosse sul dorso avevano riflessi dorati che sfumavano fino al viola; munito di quattro corna, dalle quali partiva una cresta percorsa da aculei affilati, e la testa, piccola ma aggraziata, era punteggiata di blu. Lo tirai fuori dalla scatolina in cui era stato posto, e lo tenni sul palmo della mano. A quel punto si svegliò e cominciò a stendere le ali e sgranchire le zampe anteriori. Quando mi vide, mi scrutò e dopo un accurata analisi, strofinò la testa sul mio pollice. Abbassò la testa fino a toccare una zampa, afferrò un nastrino e da esso apparve un biglietto. Il draghetto si librò in aria e si appoggiò sulla mia spalla. Aprii il biglietto, era stato scritto da una mano sicura a precisa, di mia conoscenza. Buon natale, Flora, spero che il regalo ti piaccia. So che hai aperto il regalo prima di leggere la lettera, quindi passo alle spiegazioni: è un esemplare di drago Crepuscolo maschio, è stato allevato in Romania fino a qualche mese fa e ci tenevo lo avessi tu visto che non hai ne un gufo ne un rospo (e nessuno voglia, un topo). Se devo darti il mio parere, è molto più comodo e facile avere e mantenere un drago che un gufo. Stai tranquilla, questo draghetto non dovrà tornare nel suo paese quando diventerà grande. Perché semplicemente non succederà. Albus P. W. B. Silente P.s. Hanno la stessa funzione dei gufi e anche se più piccoli, possono trasportare carici molto pesanti. ‘Non ci credo! Ho un draghetto personale!’ ora dovevo trovargli un nome... Un nome... mi alzai e misi il draghetto sulla testiera del letto. Gironzolai un po’ per la stanza, pensando a un nome da dare a questo drago. Quando mi girai mi ritrovai il muso del mio drago davanti. «Hei! Cos’è, mi seguirai come un ombra?» chiesi. Il drago in risposta mosse la testa su e giù. ‘I draghi annuiscono, questa è nuova!’ «Allora, ti piace il nome Drake?» Il draghetto scosse la testa «E il nome Ladone? Sai, a me piace molto la mitologia Greca e Ladone era il drago che proteggeva i Pomi D’Oro nel giardino delle Esperidi sul monte Otri... allora?» il draghetto scosse la testa. «Certo che tu sei davvero difficile!» Andai nella sala comune e mi sedetti davanti al caminetto. «Ephestus? È un altro drago dei miei libri... no?» Il draghetto si spostava nell’ ombra per non fare troppo riflessi con le sue scaglie rosso e dorate. Mi fece un po’ ridere, era troppa la prudenza che usava, anche solo per spostarsi. Ma in quel modo riuscì a non farsi vedere da nessuno. «Ho un idea! Ti chiamerò Shadow, sarai la mia ombra!» il draghetto ci pensò un po’ e poi annuì. Era ancora presto e nella sala comune c’era ancora tanta gente. Mi venne in mente che Harry quella sera doveva andare a vedere lo specchio delle brame. Volevo vederlo anche io. «Shadow» tenni il palmo della mano rivolto verso l’alto, in modo che si potesse appoggiare «ti va se andiamo nel reparto proibito, io e te?» chiesi. Lui mi guardò come per dire “Ma che senso ha andare, se è proibito?” storse il musetto. «Voglio essere trasgressiva, oggi, e voglio scoprire la verità riguardo ai miei poteri» Shade sbuffò e dalle narici uscì un po’ di fumo. «Ok, ma prima aspettiamo che vada via un po’ di gente» presi il libro che mi aveva regalato la mamma. Lo aprii ad una pagina qualsiasi, e cominciai a leggerlo. Parlava di queste isole che erano popolate da Draghi e Domatori. Spiegava che c’erano cinque tipi di Domatori. Quelli dei Crateri, quelli delle Alte Vette, quelli delle Profondità, quelli delle Caverne e quelli dei Cieli. Per ogni tipo di Domatore c’erano varie specie di Draghi. Venivano mostrate tutte in modo molto accurato, e scorrendo sui Draghi dei Crateri, vidi il disegno di un drago identico a Shade. Guardai bene il mio draghetto e poi il disegno, per parecchie volte e constatai che erano della stessa specie. Affianco al disegno del drago Crepuscolo, trovai l’immagine di un drago tutto nero, con gli occhi gialli, come quelli dei gatti. Guardai la definizione e lessi il nome: drago Nero. ‘Che fantasia!’ Scorsi un po’ le pagine e trovai uno strano vocabolo scritto in grassetto: «Obscurari» lo pronunciai a bassa voce. All’improvviso, Shade, si agitò e mosse la tesa in ogni direzione. «Shade, che c’è?» chiesi. Il draghetto guardò nella mia direzione e sgranò gli occhi. Chiusi il libro e nel farlo mi guardai le mani. Non le vedevo più! Ricercai nel libro quella definizione e quando la trovai lessi tutta la parte che le riguardava: Dei domatori dei crateri solo pochi riescono ad utilizzare questo complicato impiego del Fuoco Interiore: esso consiste nell’ estendere proprio Fulcro e immaginare che ci avvolga. Questo processo richiede molta pratica, ma il risultato ci farà apparire invisibili, e quindi nel non apparire.... Saltai qualche riga, per arrivare alla parte dove spiegava come tornare visibili. Per tornare ad essere visti, basta pensare di voler riassorbire il proprio Fuoco Interiore. Non sarà difficile, dato che il fuoco continuerà a far pressione per tornare all’interno del corpo. Questo processo di riassorbimento viene chiamato Anulum. «Anulum» dissi. Shade appena mi rivide mi si poggiò sulla spalla e si strofinò con vigore sulla mia guancia. Mi diede persino un morsetto sullo zigomo, come per dire che non lo devo far spaventare ancora. «Vieni qui, Shade.» indicai il palmo della mia mano. Lui si rannicchiò contro di essa, e io lo accarezzai, «Non prendere paura, ok?» lo toccai con un dito e dissi «Obscurari» il piccolo Shade scomparì dalla mia mano. Guardai i due vocaboli ‘Questi mi saranno di aiuto.’ Dopo un’ora scarsa io e Shadow ci avviammo in biblioteca, al terzo piano. Quando fummo davanti alla porta del reparto proibito, mi guardai intorno, per controllare che non ci fosse nessuno, e che i quadri non stessero guardando. Quando ne fui certa aprii la porta ed entrai. Non mi soffermai nella biblioteca, volevo andare subito nella stanza dello specchio. Ma prima... «Vieni qui Shade, adesso resta sempre sulla mia spalla.» lui si appollaiò tra i miei capelli e si creò un giaciglio. «Hei, non penserai mica di dormire?!» lui come risposta sbuffò. «Obscurari» dissi. «Fico!» Shade mi guardò storto e scosse la testa. Io alzai gli occhi al cielo. Gli puntai un dito contro «Obscurari». Sentivo ancora la leggera pressione sulla spalla, ma per il resto, il mio draghetto non si vedeva. Percorsi un corridoio e mi fermai all’armatura che c’è di solito vicino al passaggio per le cucine. Più avanti, qualche metro più in là, c’era una porta socchiusa. Controllai nei dintorni ed entrai nella stanza. «Anulum» questa volta pensai anche a Shade, nel tentativo di annullare l’incantesimo di tutti e due. Quando guardai la mia spalla il mio drago emise una serie di gorgoglii. Davanti a me c’era uno specchi antico, alto fino al soffitto con una cornice d’oro finemente lavorata. Si sorreggeva su due zampe dalla forma di quelle di un leone, e in alto una splendida incisione: Erouc li amotlov li ottelfirnon cioè non rifletto il volto ma il cuore. Mi avvicinai allo specchio e guardai il mio riflesso... Mi vidi in groppa ad un drago come Shade, solo molto più grande, stavamo volando sopra delle isole piene di vegetazione. Quell’immagine si ripeteva all’infinito, io mi stendevo sul dorso del drago, e mi lasciavo trasportare. «E tu che ci fai qua?» disse una voce dietro di me.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Troppi segreti e bugie ***


«Obscurari!» gridai. Sia io che Shade diventammo invisibili, e quel punto mi girai per vedere chi c’era dietro di me. Vidi il nonno che scrutava la stanza, in cerca di me. «Anulum. Nonno, che ci fai qui?» chiesi quando ridiventai visibile ai suoi occhi. «Stavo per farti la stessa domanda» disse con aria corrucciata. «Ehm, io volevo vedere nello specchio...» risposi prendendo Shadow dalla spalla e tendendolo sul palmo della mano. «Flora...» cominciò, io non gli diedi il tempo di continuare. «Lo so che non è una cosa giusta, ma la curiosità era troppa. E poi, con la lettera che mi ha mandato la zia, Shadow» cominciai a parlare a vanvera «il drago che ho visto nello specchio, che tra l’altro è uguale a Shade...» «Calmati, Flora.» Mi si avvicinò e mise una mano sulla mia spalla. «Tra poco arriverà Harry, penso che non riusciremo a concludere un discorso prima di essere interrotti.» Sospirai «Allora, che magia era quella di prima, non credo di averla mai sentita nominare...» «La zia mi ha dato come regalo un libro, dove c’è scritto questo incantesimo, ma, ne Harry ne Ron riescono a leggerlo» sbuffai rumorosamente «dicono che vedono solo degli strani simboli... ah, no Ron ha detto che ha visto anche una piantina e un fuoco!» sbuffai ancora e mi misi a braccia conserte. «Vorrei vedere questo libro, se per te non è un problema.» «No, certo... Adesso?» feci una smorfia. «Se per te non è un problema...» annuì. Non avevo mai fatto un incantesimo di Appello, non ero sicura di riuscire a farne uno, e per di più non volevo fare una figuraccia davanti al nonno. «Non ho mai fatto un incantesimo di Appello... non ci ho mai provato» dissi con un po’ di timidezza. «Tentar non nuoce» mi sorrise. «Ok» Chiusi gli occhi. Mi concentrai sul libro: la copertina fatta con quella strana pelle di coccodrillo, le pagine ingiallite piene di disegni di ogni tipo di drago, cercai di immaginarlo che fluttuava per i corridoi, attraverso la biblioteca, che passava tra le porte e le finestre, nel reparto Proibito e entrava dalla porta della stanza, fino a fermarsi a mezz’aria davanti a me. «Notevole» quando sentii quelle parole, pronunciate dal nonno, aprii gli occhi e trovai il libro davanti a me, a mezz’aria, che fluttuava. Sorrisi, ‘Che bello! È facilissimo!’ Compiaciuta dalla facilità di quel gesto, feci fluttuare il libro nelle mie mani, e sentii quelle strane scaglie sui polpastrelli: che emettevano riflessi rossastri sulle pareti. Porsi il libro al nonno, che lo prese con estrema delicatezza. Lo rigirò tra le mani, osservandolo in tutti i dettagli. Si soffermò sulla rilegatura e infine, dopo un’accurata analisi lo aprì. Appena guardò la prima pagina e non rimase sorpreso, come mi aspettavo. Sfogliò le pagine annuendo e facendo versi si approvazione. Sperai che anche lui sapesse leggere quel libro. «Sai leggerlo?» pregai di si. «No» ‘e te pareva...’ «Però, so che lingua è...» continuò senza staccare gli occhi dal libro. Aspettai che continuasse ma invano. «Ehm... Cioè? Che lingua è?» chiesi sperando in una risposta. «Kruziih» corrugai la fronte «Kruziih» ripeté «la lingua che più gli si avvicina è l’arabo, per certi versi, e per altri il bulgaro, significa antico» ero ancora più confusa di prima, come potevo saper leggere una lingua, se non la conoscevo neanche? ‘Non è che magari è come il serpentese per Harry?’ No, non poteva essere, nessuno mi aveva passato dei poteri attraverso una cicatrice. «Ma parliamo di qualcos’altro: ti piace l’esemplare di drago Crepuscolo?» cambiò discorso e indicò Shade. «Oh, si, è bellissimo! Ma si possono davvero tenere come animali da compagnia?» chiesi. Poi ripensai a quello che avevo appena detto: ‘certo che si possono tenere come animali da compagnia, se no non me lo avrebbe regalato. Che stupida!’ mi battei il palmo della mano sulla fronte. Il nonno fece un sorrisetto. Il sorrisetto di chi la sa lunga. Abbassai il capo, e cominciai ad avere grande interesse per le punte delle mie ciabatte. Il nonno sorvolò il mio momento di smarrimento, ‘Grazie a Dio!’ «Allora, come hai chiamato il tuo Drago: mi pare che tu l’abbia detto prima, ma è sfuggito al mio orecchio» il nonno sporse la mano verso Shade, quest’ultimo ci saltò sopra e strofinò vigorosamente la testa sul pollice, rugoso, del nonno. «Shade... cioè.... Shadow. Shade è il suo soprannome.» Shade si alzò in volo e si posizionò davanti alla faccia del nonno, facendo uno strano verso, che, a parer mio era un saluto. «C’è un motivo, per questo nome?» chiese curioso. «Beh, mi segue ovunque, come un ombra, e poi è il protagonista di un libro che mi piace molto.» Affinai lo sguardo facendo un’espressione un po’ teatrale. Annuì. Tra di noi calò un silenzio deprimente. Ma poco dopo, un rumore ci fece sobbalzare, guardai il nonno che mi fece ancora quel sorrisetto. Sorrisi a mia vota. «Obscurari» sussurrai, diventando invisibile al nonno e facendomi volare il libro della mamma in mano. Mi lavai e rimasi in accappatoio, menomale che i maschi non potevano entrare nel dormitorio femminile. Sia lodato Grifondoro. Shade mi seguiva ovunque, e mentre io mi lavavo, lui se ne stava dentro ad un recipiente a mollo, facendo ogni tanto qualche sbuffo per riscaldare l’acqua. Finito il momento di relax mi sedetti sul letto e presi Shade in mano, pensando a nuovi incantesimi da provare. Al un certo punto mi venne in mente l’incantesimo perfetto: un incantesimo di estensione. Ricordavo che Malocchio, o almeno, il finto Malocchio lo aveva usato per una dimostrazione delle Maledizioni Senza Perdono. «Fermo, Shade» di che dimensioni voglio farlo diventare? Volevo farlo diventare grande come me... no, forse un po’ più piccolo... ‘Engorgio’ pensai, e subito Shade divenne dell’altezza delle mie gambe. Subito mi misi a fremere per l’entusiasmo. Cercai di sollevarlo ma era troppo pesante per me. ‘Diminuendo.’ Shade divenne più piccolo di una decina di centimetri. Provai ancora a prenderlo in braccio e questa volta, anche se con un po’ di fatica, ci riuscii e lo accarezzai. Vidi la luce della luna proiettata dalla finestra, essere interrotta da un ombra. Non capii di cosa fosse. ‘Sarà un Thestral’ pensai. Continuai ad accarezzare Shade per un po’, raccontandogli delle lezioni, della differenza tra me e gli altri maghi e dei miei amici... soprattutto di Oliver, Harry, Ron ed Hermione. Alla fine feci ritornare Shade alla sua dimensione naturale a malavoglia: era bello poterlo stringere tra le braccia. «Questo trucchetto ci tornerà utile per le lezioni, così potrò metterti dentro all’astuccio, così che nessuno ti veda: non penso si possano portare i propri amici animali a lezione, soprattutto con la McGranitt» lo posai sul comodino e sbadigliai. «Ok, Shade, ora dobbiamo trovarti una sistemazione: cosa ti piacerebbe come... cuccia? Vuoi stare sul mio comodino? Una coperta?» Shadow volò verso il letto e si appoggiò sul cuscino, girò su se stesso più volte e si raggomitolò, mettendo la coda sugli occhi in modo da ripararli dalla luce. «Oh, non ci pensare nemmeno!» lo minacciai con fare scherzoso «Quello è il mio letto.» Lui, in tutta risposta, si raggomitolò meglio, in modo da essere al sicuro sotto la coperta. Io infilai il pigiama e visto che era inverno misi i calzetti di lana. Mi infilai nel letto e spintonai Shade in modo che scivolasse dal letto. Sentii il suo sbuffo sonoro. Sghignazzai. Lo vidi sollevarsi da terra e volare a mezz’aria. «’Notte, Shade» sorrisi e spensi la luce con un gesto della mano. Qualche secondo dopo sentii il cuscino abbassarsi sotto una leggera pressione. Risi un'altra volta mentre lo avvicinavo a me e lui seppelliva il muso tra i miei capelli. «’Notte» dissi, e prima di cadere nel sonno, vidi ancora la luce della luna venir interrotta da un’ombra, e mi parve di sentire una voce profonda che sussurrava «Vokun, ménir-ar kiir nahul [Dormi, mia piccola bambina].» Tre giorni dopo andai dal nonno per parlare del libro della mamma. Lo portai con me e dentro ci misi anche la lettera, sapevo che erano scritti in quel modo, ma magari il nonno riusciva a leggerli, in qualche modo. E poi, la lettera era stata probabilmente scritta dalla mamma, e la mamma restava sempre la figlia del nonno. Naturalmente Shade venne con me. Quella sera il nonno doveva parlare con Harry riguardo allo specchi delle Brame, ed io sarei stata presente che il nonno lo sapesse o meno. Passando per i corridoi arrivai davanti al passaggio del Gargoyle senza fermarmi e lo aprii, aspettai che mi portasse all’ufficio del nonno e bussai. La porta si aprì e il nonno dalla scrivania, mi fece un cenno come invito ad entrare. Stava parlando con il ritratto di Phineas, il preside precedente, al momento non ricordavo quale fosse il suo nome per intero. Terminò la conversazione e si rivolse a me «Flora, siediti pure. Stavo parlando con Phineas, ma ormai se ne è andato nel suo ritratto gemello a Grimmauld Place, mi sarebbe piaciuto fartelo conoscere.» «Non fa niente...» sospirai e mi sedetti «Dobbiamo parlare» il nonno fece un cenno del capo, e mi invitò a parlare «A me sembra che tu e la zia sappiate qualcosa che io non so e me lo teniate nascosto.» Cercai di dire il tutto con voce sicura, ma arrossii poco dopo. Avevo accusato il nonno e la mamma di qualcosa che non sapevo neanche se fosse vero. «È vero.» ‘Cosa!? E lo dici così!?’ strabuzzai gli occhi. «Cosa!? Ed è questo il modo di dirlo!?» «Lo so, ma i tuoi genitori ti avrebbero dovuto spiegare tutto a sedici anni, e penso che tua madre avesse già preparato un discorso, me ne aveva parlato tante volte...» «Cosa? Anche tu ti ci metti con questa storia?» mi alzai dalla sedia e gesticolai. «Come, anche tu?» chiese perplesso. «Ecco, era un’altra cosa di cui ti volevo parlare... la zia mi ha regalato il libro. Con il libro c’era anche una lettera, ma non è scritta con la sua calligrafia, e alla fine c’è scritto che il mittente era la mamma...» la mia voce a mano a mano che procedevo con il discorso, si era affievolita, e alla fine era solo un sussurro. Per un secondo nel suo sguardo passò qualcosa, non capii bene cosa: stupore? Tristezza? Disorientamento? «Cosa ti ha scritto Thalia sulla lettera a riguardo?» presi la lettera e gliela porsi. Lui senza neanche prenderla disse «Sei l’unica qui dentro che riesce a leggere quella lettera» io sbuffai e presi la lettera. Possibile che riuscissi a leggerla solo io? «Buon Natale, ora che sai che sei una maga, hai scoperto metà della tua natura...Molto poetica... Grazie a questo libro scoprirai un’altra parte di te, ugualmente importante, che non capirai fino a fondo. Io non ti dirò niente fino ai tuoi sedici anni ...e te pareva... ma per ora sappi solo che non sei una comune strega. La parte di te che ancora non conosci è la spiegazione dei tuoi poteri. Mamma P.S. non ti spaventare se sei la sola a saper leggere il libro. » Sbuffai nuovamente «Non poteva essere un po’ più chiara? Mica è una poetessa! Ma adesso tu mi spieghi tutto, sia ben chiaro» esasperata mi risedetti. «Non posso dirti nient’altro che non ti abbia già detto tua madre, vuole che tu non sappia fino al compimento dei sedici anni, e secondo me ha ragione.» Spalancai la bocca, sconcertata. Mi ripresi la lettera e il libro, e andai verso la porta. Volevo fare “L’uscita” così rivolsi uno sguardo al pomello della maniglia ed essa scattò e la porta si aprì. Prima che mi potessi chiudere la porta alle spalle, il nonno mi chiamò «Flora...» io mi fermai. «Solo tu puoi usare gli... incantesimi del libro. Volevo che lo sapessi.» Sospirai e mi chiusi la porta alle spalle. Attraversai i corridoi con una cera velocità, e arrivai al dormitorio. La Signora Grassa stava cantando... di nuovo! «Vacanze natalizie...» sperai che non mi tenesse li, ad ascoltarla. Shade per sfuggire a questa straziante musica. «No, no, no, no, aspetta...» disse con quella sue vocina fina. Io mi domando come possa avere una voce così... graziosa... in confronto all’immagine... «Vacanze natalizie!» continuò a cantare. Ero già arrabbiata di mio, adesso, se ci si metteva anche lei mi infuriavo veramente... mi correggo, ero già infuriata veramente. Ad un certo punto mi sentii smarrita, non riuscii a controllarmi e camminai verso il quadro, senza curarmi della Signora Grassa... riuscii in qualche modo ad attraversare il quadro e mi ritrovai nella Sala Comune dei Grifondoro. Mi guardai in torno, spaesata. Nessuno mi aveva vista. Tutte le persone che c’erano, erano raggruppate intorno ad un tavolo a guardare qualcosa. Quando mi videro mi vennero tutti in contro. Di sicuro era successo qualcosa. «Sei ancora più famosa del solito da oggi» disse Seamus alla mia destra. «Come scusa? Io non sono famosa...» esclamai. «Guarda qui» mi porse la Gazzetta del Profeta... la Gazzetta del Profeta?! Gliela strappai dalle mani e la controllai... «La giovane strega Flora Silente, al primo anno della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, ha dimostrato di avere capacità ben oltre la norma non solo dei ragazzi della sua età, ma dell’intera scuola. Per essere nipoti del famoso preside Albus Silente bisogna avere qualcosa di speciale, e direi che Flora ha superato le aspettative. La cosa più stupefacente è che non deve usare la nostra comune bacchetta magica e neanche usare incantesimi, attraversa muri e quadri, parla una lingua che anche al nonno è sconosciuta, apre qualsiasi serratura, persino il Gargoyle che fa da passaggio all’ufficio del preside, usa perfettamente la trasfigurazione, incantesimi di appello e di tempo. È figlia di una Strega e di un babbano. Il madre, Thalia Silente, è morta in uno spiacevole “incidente” insieme alla madre e moglie di Albus Silente. Suo padre, Caleb Flanigan, è scomparso subito dopo la morte della moglie, molti dicono che si sia suicidato. Il fratello, Luca, anch’esso babbano, vive in un collegio a qualche ora dalla sua città. Flora è entrata a scuola due settimane dopo dell’inizio delle lezioni e si è ambientata subito. Ha fatto amicizia con il famoso Harry Potter che ha iniziato anche lui il suo primo anno ad Hogwarts. Pare che come animale domestico abbia un Draghetto, delle dimensioni di una mano, di nome Shadow che le ha regalato il nonno. Come mai fino ad ora il nostro preside ci ha tenuta nascosta la sua famiglia? E come ha fatto a nasconderlo a me, soprattutto? Questo è tutto per oggi, dalla vostra Rita Skeeter. I pettegolezzi non finiscono mai.» Quando finii di leggerlo calò il silenzio. «Hai davvero un drago personale?» chiese Dean. Shade si mosse nella tasca ed uscì, si mise a svolazzare davanti a me e poi si appollaiò sulla mia spalla. Cominciò a strofinarsi energicamente contro la mia guancia. «Wow, che forte!» disse Dean. Gli lanciai un occhiataccia. «Come è possibile? Non ci ho mai parlato con lei, e poi mio madre non è morta in un “incidente”!» Shade strofinò il muso contro la mia guancia per attirare la mia attenzione. «Si, Shade?» Sospirai. Lui indicò con la testa un coleottero con sfumature viola intorno agli occhi come fossero occhiali, che era appena entrato nella stanza. A quel punto ricordai: Rita Skeeter era un Animagus non registrato che sapeva assumere la forma di un coleottero verde. Lo fermai a mezz’aria senza che nessuno lo vedesse «Vado in camera» dissi, e andai verso le scale che conducevano al dormitorio femminile facendo fluttuare il coleottero dietro di me. Shade restò in mezzo al gruppo di ragazzi per intrattenerli. Io dovevo fare un discorsetto con un coleottero.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Non sapere chi fosse... ***


Quando arrivai in camera mi sedetti sul letto e non so come feci, ma feci ritornare il coleottero a persona, e davanti a me apparve quella pettegola di Rita Skeeter. Era un po’ spaesata e barcollava, cadde per terra e si massaggiò il fondoschiena. Quando si riprese mi guardò stralunata. «Come hai fatto? E come sapevi che ero io quel coleottero?» chiese con tono accusatorio. «È un’abitudine fare domande per te o puoi sopravvivere anche senza?» cercai di avere un tono deciso. Lei spalancò gli occhi, sicuramente sorpresa. Non so da dove fosse uscita tutta quell’acidità, ma ero proprio arrabbiata con questa chiacchierona. «Allora partiamo dal presupposto, che tu sei un Animagus non registrato, e che hai spiato me e i miei compagni... cosa dovrei fare, io?» chiesi. «come sai questo? Non peso che Silente lo abbia mai saputo...» cercò di mettersi in piedi, la aiutai io con un gesto della mano «Oh, credimi, Silente lo sa. Ma non lo ho saputo da lui e non lo ho riferito a lui. Però se tu fai un altro articolo su di me la tua carriera da coleottero spia è finita, chiaro?» Lei non fece in tempo a rispondere che sentii dei passi sulle scale. Non poteva, chiunque fosse, vedere Rita Skeeter nel dormitorio femminile dei Grifondoro. Cosa avrebbero pensato, che volessi un’altra intervista? No, grazie. Trasformai la Skeeter in un coleottero e aprii la finestra, prima che se ne andasse le lanciai un occhiataccia «Bada a cosa fai...» le suggerii. Hermione entrò nella stanza «Flora....» appena mi vide mi venne in contro «Flora, perché sei scappata così?» mi disse avvicinandosi. Shade era sulla sua spalla e per volare fino a me si diede un bello slancio, che fece barcollare Hermione. «Non mi andava che mi facessero troppe domande...» cercai di inventare una scusa credibile, tutti mi hanno sempre detto che non ero brava a mentire, speravo che non se ne accorgesse anche Hermione. Lei annuì. Ero riuscita nella mia impresa ma adesso lei veramente mi avrebbe fatto il terzo grado, ed io non ero preparata a mentire su tutto. Soprattutto se dovevo mentire ad Hermione. Aspettai che cominciasse a fare domande ma lei non parlò e continuò a guardare i suoi piedi. Dopo un po’ disse «Tra poco c’è la cena, ti va se ci incamminiamo...» Io annuii felice che non avesse iniziato a fare domande. Prima di uscire dal dormitorio femminile mi fermò «Davvero sai diventare invisibile?» chiese con voce tremante. «Si...» risposi un po’ in imbarazzo. «Ah, ok» mi sorrise e scese le scale con me al seguito. Ci incamminammo per andare a mangiare nella Sala Grande e lì fui assalita da studenti che avevano letto l’articolo e volevano sapere la verità, c’erano i tipi come Malfoy che passavano e ti mandavano in bestia, e poi c’erano la Maggior parte dei ragazzi, maschi, che volevano vedere Shadow. Le ragazze invece dicevano che avere un drago come compagno era una cosa da maschiaccio: loro infatti avevano quei gatti da concorso o dei bellissimi pappagallini senza cervello,che sanno solo fare la corte agli altri pappagallini. Insomma, la mia cena andò a rotoli. Shade invece era tutto bel bello tra un gruppetto di ragazzi di tutte le età – tra cui c’erano anche Oliver, Harry e Ron – che svolazzava e si metteva in mostra. Ah, io se fossi in lui mi sarei divertita tantissimo! Sogghignai. «Ma chi si crede di essere?» sentii dire alle mie spalle. Mi girai per capire di chi si trattasse e indovina indovinello... Pansy Parkinson con tutto il gruppetto delle ragazze di Serpeverde. Dietrofront! Cominciai a tagliuzzare la mia cotoletta in pezzettini piccolissimi: ero agitata. Non ero una persona che riesce a tener testa alle altre con delle parole... non in velocità almeno... insomma, non riuscivo a tener testa alle persone, punto. «Ehm, scusami Flora... » disse Pansy alle mie spalle con una vocina ridicola. Pensa a qualcosa per chiuderle la bocca.... «No, non ti scuso, sto mangiando» dissi girandomi, ghignai «Ehm, scusa come ti chiami? Sai con tutti i nomi da conoscere i meno importanti non li ricordo...» bevvi un sorso di succo. Flora: uno, schifosa Serpeverde: zero. ‘Continua così, Flo!’ Spalancò la bocca «Come: i meno importanti?» «Scusami un attimo...» guardai in direzione del gruppetto di maschi «Shade!» lo chiamai, “Geh?[Si?]” sentii, e quando lo vidi alzarsi e dirigersi verso di me gli lanciai un occhiata piena di significato, e lui capì che stavo per fargli un incantesimo. Mi sembrò di sentire un “Oh, nid... [Oh, no...]” provenire da Shade. Risi: gli avevo fatto così tanti incantesimi che ormai vedendo questo sguardo si era abituato, secondo me. “Tol factemun fen dreh-i?[Che incantesimo vuoi farmi?]” sentii. Mi parve che anche quello provenisse da Shade, sgranai gli occhi cercando di non farlo vedere alla schifosa e al suo gruppetto. Potevo sentire i pensieri di Shade! La cosa strana era che sapevo che erano in un’altra lingua, ma riuscivo a comprenderla. Forse anche lui poteva sentire i miei, così cercai di comunicargli “Aan factemun do ahtem, kales dreh-ia zok aht, ful nol faasektiz aan zi rek jakii ahts va. [Un incantesimo di dimensione, voglio farti diventare più grande, così da spaventare un po’ la tipa davanti a me.]” “Suleyk hon-i?[Mi puoi sentire?]” chiese Shade. “Geh, los citz zusa pii ,loost shisez nu [Sì, ne sono stupita anche io, lo ho scoperto ora]” sorrisi. Si appoggiò sul mio ginocchio ed io lo feci diventare più grande, all’incirca alto quaranta centimetri. Lo strinsi a me e mi rigirai verso Pansy che aveva uno sguardo impaurito e disgustato allo stesso tempo. «Allora?» chiesi con frustrazione, alzando le sopracciglia. Benedetti siano i libri, sempre siano benedetti: hai sempre la risposta pronta grazie a loro. «Ma chi ti credi di essere?» si mise a braccia conserte. «Io? Io sono Flora Silente» dissi guardandola negli occhi, che occhi sprecati, erano molto belli di un verde smeraldo. Volevo fare un'altra “uscita” e quindi dissi sotto voce: «Obscurari» pensando anche a Shade, e scomparii alla sua vista. Quella sera andai a vedere lo specchio, diciamo un'oretta prima che venisse Harry, e mi persi a guardare in esso: spazzi pieni di verde, circondati da una calma distesa di blu intenso; cieli notturni pieni di stelle e selve colme di lucciole che illuminavano il paesaggio a giorno; enormi draghi colorati – Shade mi sembrava sempre e comunque il più bello – che riflettevano la luce con le loro scaglie argentee; un grande mercato pieno di bambini che correvano qua e la, e commercianti che mostravano i loro prodotti. Di tutto ciò, quello che attirò la mia attenzione fu un venditore che dava ad un suo cliente un uovo, un uovo di drago. Come sapevo che era un uovo di drago? Nel libro della zia c'ara ogni tipo di drago possibile e la sua evoluzione: da uovo ad adulto. E quello era sicuramente un uovo di Chermes delle profondità, lo capivo dalla tonalità di blu e dalle macchie bianche dalla forma ellittica che lo decoravano. (C’erano vari tipi di Chermes: delle profondità, delle alte vette, dei crateri, delle caverne e dei cieli, ma quello era di sicuro un uovo delle profondità. Erano una razza comune.) Non fu l'uovo ad attirarmi, ma colui che lo teneva in mano, il commerciante. Aveva un aspetto familiare, troppo familiare, ma non riuscivo a ricordarlo. Volevo sapere di più, sapere chi era e cosa c’entrava con me, sapere perché anche solo guardandolo mi sentivo così tremendamente al sicuro... a casa. Mi avvicinai sempre di più allo specchio e appoggiai una mano sopra l'enorme lastra cristallina. Appena la mia mano venne in contatto con la superficie fredda il vetro si mosse, come se fosse acqua. Ritirai di scatto la mano, sussultando. La guardai e constatai che non c'era nulla di strano o diverso dal solito. Volsi la mia attenzione verso lo specchio che ancora continuava ad incresparsi nel punto in cui avevo appoggiato il dito in precedenza. Provai a ritoccare il vetro ed accadde la stessa cosa, altre piccole increspature si incontrarono e si scontrarono formando altre onde più grandi. A quel punto affondai la mano nel vetro e sentii che la parte che era dentro lo specchio era diventata calda, come se la luce del sole di mezzogiorno la illuminasse e scaldasse. Ritirai indietro la mano e constatai un'altra volta che era normale, e capii... potevo attraversare lo specchio, andare nei posti che avevo sempre visto attraverso un vetro, poter osservare quel verde smeraldo così intenso che si estendeva per chilometri, circondato da un mare che neanche le isole dei Caraibi avrebbero potuto imitare. Immersi totalmente il braccio e poi continuai ad affondare nello specchio, sognando di arrivare a quella persona, che speravo mi avrebbe raccontato del nostro rapporto e... e... ed essere avvolta da quelle braccia, ricordavo il calore di quelle braccia, così confortante, così vivo. Ormai avevo immerso anche la testa e, a mano a mano che mi immergevo sempre di più nello specchio, quella superficie diventava sempre più densa e difficile da attraversare, ma io continuavo ad attraversarla, e sentivo il caldo sulla mia pelle un caldo afoso, che sicuramente non c’era ad Hogwarts e pareva di un’altra dimensione. Avevo quasi attraversato per intero lo specchio quando due braccia forti mi afferrarono e mi tirarono indietro, riportandomi allo specchio ed a quella stanza buia e fredda, privandomi del calore di quel luogo tanto familiare quanto sconosciuto. Cercai di divincolarmi, ma invano. Fui avvolta da un abbraccio, quell’abbraccio. «Shh, buona, è tutto a posto...» i miei singhiozzi vennero attutiti dal petto di lui, che continuava ad accarezzarmi i capelli. Perché non mi aveva lasciato attraversare lo specchio? «Chi sei? Io...»singhiozzai «Sssh, va tutto bene, sssh...» cercai di divincolarmi nuovamente: dovevo vederlo in faccia. Ma quando riuscii a scostarmi lui mi mise una mano sulla fronte ed io caddi nell’oblio. Sentii due braccia calde che mi avvolsero, e nuovamente avvertii quella sensazione familiare. Non riuscivo a muovere nessuna parte del corpo. Ero immobilizzata, non sapevo da cosa: un incantesimo o altro, ma non riuscivo nemmeno ad aprire gli occhi. «Ni Kodras ezu vrida-i, nahul menir-ar [Non devi mai provare a cercarmi, bambina mia].» Capii il significato di quelle parole, ma non era la lingua del libro della mamma, e neanche la mia lingua. Era la lingua che usavo con Shade. Sentii una leggera pressione sulla mia fronte e delle labbra si posarono su di essa, facendomi tornare la sensibilità e la possibilità di muovere gli arti... Dovevo vederlo, dovevo capire chi era. Ma quando aprii gli occhi se ne era già andato, lasciandomi dentro un incolmabile vuoto. Il non saper chi fosse, mi dava sui nervi: sentivo ancora sulla fronte la leggera pressione delle sue labbra, che mi infondevano calore, e non sapere chi fosse la persona che mi faceva sentire così... mi mandava veramente in bestia. Quando mi ero alzata dal letto avevo pensato che fosse tutto un sogno, ma Shade diceva che eravamo andati nella stanza dello specchio e che lui era stato nella mia tasca per tutto il tempo, ma quando ero svenuta lui era uscito da essa e aveva interagito con lo strano uomo come lo chiamava lui. A detta di Shade, l’uomo poteva parlare con lui, come facevo io da poco e che aveva detto che era un amico. Shade gli credeva, si sentiva legato anche lui a quell’uomo. “Shistu tol baledi? [Ma sai di chi si tratta?]” gli chiesi. lui negò, disse che si sentiva legato al lui in un modo che non comprendeva. “Shistu krein tol suleyk gahole-o-yyo.[So solo che ci possiamo fidare di lui.]” Era serio, lo si capiva dal tono della sua voce. “Shistu zusa pii tol suleyk gahole-o-yyo, zusa pii hon come hon ai jakii yyo [Lo so anche io che ci possiamo fidare di lui, anche io mi sento come ti senti tu nei suoi confronti].” Mi sentivo legata con lui a livello... cellulare. Non sapevo come fosse possibile, ma era così: lo sentivo, dal modo in cui mi aveva abbracciata (o trattenuta) prima, supponevo che ci tenesse a me, almeno un pochino. Ci speravo. Shade in tutta risposta si raggomitolò fra i miei capelli e mi diede un buffetto. Lo accarezzai, il fatto che nessuno dei due sapesse in cosa fosse accomunato con quell’uomo e soprattutto chi fosse quell’ uomo, mi irritava veramente tanto. Speravo che dormire portasse a galla ricordi o comunque indizi, così cercai di dormire ma ancora la voce di quell’uomo mi venne in mente ‘Non devi mai provare a cercarmi, bambina mia...’ ‘Bambina mia...’ «Vokun, nuact tu deh vokez hide [Dormi, spero tu faccia sogni felici]» ancora quella voce...

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Nicolas Flamel ***


Passò qualche giorno ed io ogni sera prima di addormentarmi, sentivo sempre quella voce. All’inizio lo trovai inquietante perché se sapeva quando mi mettevo a dormire, mi controllava ogni secondo... ‘oddio, ogni secondo non proprio, ma quasi sempre;’ poi col passare dei giorni, lo trovai “bello”: non mi sentivo mai sola – anche se Shade era sempre con me – voleva dire che mi voleva bene (in qualche modo), e poi sembrava che mi proteggesse: anche se stavo per cadere, lui mi prendeva al volo, ma quando mi giravo era già sparito. Così mi rassegnai ad avercelo in torno. Sempre in quei giorni il nonno riuscì a convincere Harry a non andare più a vedere lo specchio delle Brame. Non che fossi convinta del contrario, ma forse, visto che il nonno sapeva come sarebbe andata, avrebbe usato altre parole, e quindi avrebbe potuto cambiare le cose... ‘ma che dico!’ Il nonno non avrebbe mai cambiato nulla di quello che sapeva giusto. Io intanto dovevo assistere ad una delle battute più esilaranti fatte da Ron al primo anno, anche se era infantile e molto cretina, mi aveva sempre fatto ridere. Perciò ero nella sala comune con Ron ed Hermione, ad aspettare che Harry tornasse dagli allenamenti. Io, come al solito, stavo leggendo un libro. Quando finii di leggere il capitolo, il dipinto della Signora Grassa si aprì ed Harry entrò nella sala di ritrovo con espressione torva in viso. ‘Siii! Adesso c’era la mia battuta cretina!’ «Aspetta un attimo prima di parlare» disse Ron, probabilmente voleva finire la partita di scacchi «Ho bisogno di concen...» guardò Harry per un secondo e capì che quello che voleva dire era più importante di una partita di Scacchi Magici. «Ma che ti prende? Hai una faccia spaventosa!» alzò le sopracciglia. «Che c’è, Harry?» chiesi a voce bassa. «Baston ha detto che l’arbitrò sarà Piton!» disse infuriato. «Non giocare» Disse subito Hermione. «Datti malato» aggiunse Ron. «Fa’ finta di esserti rotto una gamba» suggerì Hermione. «Rompitela davvero!» rincarò Ron. Sghignazzai sotto i baffi. ‘Eccola, lo so è demenziale!’ «Wow, che bel consiglio...» mi rivolsi a Ron ridacchiando. Lui alzò le spalle. «Non posso, non c’è un Cercatore di riserva. Se io mi ritiro, il Grifondoro non può proprio giocare.» Aspettai qualche secondo: doveva entrare Neville dal quadro, e così fece pochi secondi dopo. Aveva le gambe bloccate dall’incantesimo delle Pastoie che provoca una paralisi ad una o più parti del corpo... o forse mi confondevo con la maledizione delle Pastoie... ‘nomi troppo uguali...’ Era un po’ ridicolo e quindi tutti si misero a ridere tranne Hermione che puntò la bacchetta contro le sue gambe e disse il contro incantesimo. «Che cosa ti è successo?» Hermione lo aiutò a sedersi su una delle poltrone. «Malfoy, l’ho incontrato fuori dalla biblioteca. Ha detto che stava cercando qualcuno su cui sperimentare il trucco» disse Neville con voce tremante. Iniziarono una serie di suggerimenti del tipo: “Vai dalla McGranitt! Raccontale tutto” e Neville diceva che non voleva avere altri guai. Quel ragazzo era davvero cocciuto. «Non hai bisogno di dirmi che non sono abbastanza coraggioso per far parte della squadra del Grifondoro: ci ha già pensato Malfoy» disse sconsolato. ‘Siamo molto in basso con l’autostima, eh?’ «E tu gli credi?» dissi io. Neville non rispose. «Tu vali dodici Malfoy, è stato il Cappello Parlante ad assegnarti a Grifondoro, non è vero? E Malfoy dove è finito? In quella fogna di Serpeverde» disse Harry porgendogli una Cioccorana. Neville cercò di fare un sorriso, facendolo risultare una smorfia. «Grazie, Harry... credo me ne andrò a letto. Vuoi la figurina? Tu fai la collezione, no?» Harry guardò la Figurina «Un’altra volta Silente, è stato il primo che ho mai...» si ammutolì e ci fissò. «L’ho trovato! Ho trovato Flamel! Ve l’avevo detto che quel nome lo avevo già letto da qualche parte! È stato sul treno, venendo qui a Hogwarts. State a sentire: Il professor Silente è noto soprattutto per aver sconfitto nel millenovecentoquarantacinque il mago del male Grindelwald, per avere scoperto i dodici modi per utilizzare sangue di drago e per i suoi esperimenti di alchimia insieme al collega Nicolas Flamel!» Ecco. Adesso, Hermione, vai di sopra a prendere il tuo bel libro che tratta l’argomento. Infatti Hermione saltò in piedi «Restate lì!» corse di sopra. Volevo farle un piccolo scherzetto. Così appellai il libro che lei cercava e lo feci arrivare davanti a me in un batter d’occhio. Era davvero enorme quel libro! «Flora!» sentii gridare dal dormitorio femminile. Sghignazzai seguita da Ron e Harry, se l’era fatta tutta per poi tornare giù a mani vuote. Non appena si sedette le feci la linguaccia, lei ricambiò. «Non è stato bello: arrivare di sopra prendere il libro, e questo che scappava e se ne andava giù dalle scale fluttuando a mezz’aria, non è stato bello!» si imbronciò e si mise a braccia conserte. «Comunque, non avevo mai pensato di guardare qui dentro! Questo lo ho preso in biblioteca qualche settimana fa, quando cercavo una lettura un po’ leggera...» disse tutta eccitata. «Leggero, quello?» esclamò Ron, Hermione gli intimò di stare zitto. Cominciò a sfogliare le grosse pagine borbottando qualcosa. Ad un certo punto si fermò su una pagina. «Lo sapevo! Lo sapevo!» gridò. «Abbassa la voce!» le coprii la bocca con una mano. «Adesso posso parlare?» chiese Ron, sarcastico. Lei lo ignorò. «Nicolas Flamel alchimista di cui si sappia che ha fabbricato la Pietra Filosofale!» esclamò entusiasta. «La che?» chiesero Harry e Ron ad una voce. «Uffa, ma voi due non sapete leggere? Guardate: leggete cosa dice qua!» presi io il libro per fare prima, e lessi il paragrafo: «L'antica disciplina dell'alchimia si occupa di fabbricare la Pietra Filosofale, una sostanza leggendaria dai poteri sbalorditivi. La pietra è in grado di trasformare qualsiasi metallo in oro puro e per giunta produce l'Elisir di Lugna... Scusate la mia dislessia, lunga Vita, che rende immortale chi lo beve. Nel corso dei secoli si è parlato molto della Pietra Filosofale, ma l'unica che esista attualmente appartiene a Nicolas Flamel, noto alchimista e appassionato di opera lirica. Flamel, che l'anno scorso ha festeggiato il suo seicentosessanta...» ripresi fiato «...cinquesimo compleanno, conduce una vita tranquilla nel Devon insieme alla moglie, Peronella, che ha seicentocinquantotto anni.» «Capito?» disse Hermione appena ebbi terminato «Di certo il cane fa la guardia alla Pietra Filosofale di Flamel! Scommetto che ha chiesto a Silente di custodirla, perché sono amici e lui sapeva che qualcuno ne era in caccia. Ecco perché ha voluto portar via la pietra dalla Gringott!» «Una pietra che fabbrica oro e rende immortali!» esclamò Harry a bassa voce «Ci credo che Piton le dà la caccia! Chiunque vorrebbe possederla!» «E ci credo che non trovavamo Flamel in quella rassegna dei recenti sviluppi della magia, se ha seicentosessantacinque anni, non è poi tanto recente! Voi che ne dite?» aggiunse Ron. Il giorno successivo a Difesa Contro le Arti Oscure preparammo diverse ricette per la cura del morso di Lupo Mannaro, in cui pensavo di aver messo qualche grammo di pungiglione di Celestino essiccato di troppo... dovevo fermare quasi tutti i Funghi Saltellanti che andavano da una parte all’altra dei sotterranei visto che Piton non faceva niente e gli altri non potevano usare le bacchette. Però mi vergognavo di essere tra i suoi allievi preferiti... Shade era sempre nella tasca della mia divisa che dormiva, era proprio pigro, ma non come qualcun altro... Harry e Ron parlarono per tutta l’ora della partita, ed alla fine dovetti aiutarli a preparare la pozione insieme ad Hermione, visto che avevano solo frantumato con il pestello il Bezoar nel mortaio, ed aggiunto gli ingredienti nel calderone... tra cui le Milze di Ratto al posto delle Milze di Pipistrello e l’edera al posto dell’edera velenosa. Solo i bruchi pelosi erano giusti... anche se nel caderone di Ron, ce ne erano quattro al posto di tre... uno – a detta loro – lo avevano perso da qualche parte... io non li capisco i maschi, sempre a giocare con gli insetti. Tolsi tutti gli ingredienti dai loro calderoni e ci misi quelli giusti, dissi loro di far cuocere a fuoco lento il tutto per trenta secondi e lasciarlo fermentare per altri dieci minuti. «Cosa fareste se io non ci fossi...» sospirai. «Però ci sei» disse Harry sorridendo. Fecero come detto ed alla fine fummo i pochi che riuscirono a preparare correttamente la pozione, ed in poco tempo. Fortunati loro che io ed Hermione c’eravamo. «Scenderò in campo, altrimenti, tutti quelli del Serpeverde penseranno che io ho troppa paura per affrontare Piton. Gliela farò vedere... se vinciamo, gli cancellerò il sorriso dalla faccia.» «Sempre che loro non cancellino te dal campo da gioco!» commentò Hermione acida. Mano a mano che si avvicinava la partita, Harry si innervosiva sempre di più, ma non era l’unico, anche gli altri giocatori del Grifondoro la pensavano come lui: Piton non sarebbe stato un arbitro imparziale. Erano sette anni che Grifondoro arrivava dopo Serpeverde, ma con Harry pensavano di farcela... Il giorno della partita gli augurai insieme a Ron ed Hermione buona fortuna, prima che entrasse in spogliatoio e lo abbracciammo come incoraggiamento. Io e gli altri ci incamminammo verso gli spalti del Grifondoro. Shade era uscito dalla mia tasca e si era appollaiato sulla mia spalla, troppa fatica a volare... in questi giorni avevo spiegato a Shade tutta la storia di Harry, e del perché io non potessi dirlo a nessuno. Lui ascoltò tutto e disse... pensò solo due cose. «Davvero nel quarto anno ci saranno dei draghi?» e «Mi dispiace per Barba Bianca...» lui dava soprannomi a tutti, e Barba Bianca era il nonno. «Allora, tieni bene a mente la formula magica: Locomotor Mortis» disse Hermione all’orecchio di Ron. «Lo so, piantala di tormentarmi!» ribatté Ron seccato, evidentemente glielo ripeteva molte volte. Trovammo posto vicino a Neville che non capì perché Hermione e Ron avessero quelle facce da funerale. In effetti avevano un’aria proprio lugubre. Mi avevano spiegato che si erano esercitati nel fare l’incantesimo delle Pastoie, ed erano pronti ad usarla anche su Piton, se necessario. ‘Cavolo’, mi ero dimenticata di questi allenamenti segreti, potevano risparmiarsi la fatica, bastava che lo dicessero a me. Guardai gli spalti dei Professori per cercare Piton, ma incontrai lo sguardo vispo del nonno. Mi sorride ed io ricambio. Non avevo mai capito perché Piton avesse quell’espressione, nel libro non lo spiegavano, e di sicuro non era perché voleva fare del male a Harry senza che il nonno lo venisse a sapere. «Non gli ho mai visto un’espressione tanto feroce» ci confidò Hermione. «Hei , guarda, partono. Ahi!» disse Ron. Ci girammo, naturalmente sapevo che era stato Malfoy a dare a Ron uno schiaffo sulla nuca, ma non potevo dire loro che sapevo gli eventi futuri. Malfoy ci guardava con disprezzo «Uh, Weasley, scusa tanto, non ti avevo visto» rivolse un sorriso maligno a Tiger e Goyle «Mi chiedo quanto a lungo resterà in sella Potter questa volta. Si accettano scommesse! Tu che ne dici, Weasley?» noi non rispondemmo, ma mi venne una gran voglia di buttarlo giù dagli spalti. La partita iniziò con i soliti avvertimenti, che sta volta disse Piton. ‘Non penso che lui li rispetterà, ma comunque...’ Dopo cinque minuti dall’inizio, Piton aveva segnato un rigore per Tassorosso, solo perché George aveva spedito un Bolide addosso ad un Cacciatore. Ron ed Hermione guardavano Harry preoccupati, che descriveva cerchi nell’aria in cerca del Boccino d’Oro. Piton diede un altro rigore al Tassorosso. «Sai come penso che facciano, per scegliere chi gioca per il Grifondoro?» chiese Malfoy «Scelgono quelli che fanno pena. E di fatti ci gioca Potter, che non ha i genitori, ci giocano i Weasley, che non hanno il becco di un quattrino... anche tu dovresti far parte della squadra, Paciock, visto che non hai cervello.» Neville era furibondo, guardò Malfoy dritto in faccia «Io ne valgo dodici di te, Malfoy» sarebbe stato molto coraggioso, se lo avesse detto con sicurezza, ma visto che balbettò quella piccola frase, Malfoy, Tiger e Goyle si misero a ridere, Ron senza togliere lo sguardo dal gioco «Cantagliele, Neville!» sibilò tra i denti. «Ehi, Paciock, se il cervello valesse tanto oro quanto pesa, saresti più povero di Weasley... ed è tutto dire!» «Ti avverto, Malfoy: un’altra parola e...» «Ron!» esclamò Hermione «Harry....!» «Eh? Cosa, dove?» chiese lui. Io, che avevo seguito tutto il loro discorso, ma senza togliere gli occhi dal campo, avevo visto Harry fare una picchiata veramente sconvolgente e aveva planato a tutta velocità senza scontrarsi per un soffio con il terreno. «Sei fortunato Weasley: Potter deve aver visto una monetina caduta in terra!» disse Malfoy aspro. A quel punto Ron non si trattenne più e saltò su Malfoy seguito con un po’ di esitazione da Neville. Hermione invece affianco a me, non si era accorta di niente, e si era alzata in piedi, continuando a guardare la partita, incitando Harry. Io seguii Harry con lo sguardo e vidi che riemergeva da un’altra picchiata con il braccio alzato in segno di vittoria: aveva preso il boccino. Lo stadio esplose in urla di gioia: questo era un record, non si ricordava nessuno che avesse preso il boccino così velocemente. I giocatori del Grifondoro sfilavano per il campo facendo versi di scherno a Piton. Quest’ultimo aveva le labbra strette, sicuramente infuriato. Mi girai vero Hermione «Ce la abbiamo fatta!» dissi abbracciandola. I giocatori andarono negli spogliatoi, e noi aspettammo Harry fuori da quelli del Grifondoro. Appena uscì dagli spogliatoi io ed Hermione andammo ad abbracciarlo, Ron invece gli diede una pacca sulla spalla. ‘Sempre questa abitudine fra maschi, lo ho detto e lo ripeto: io veramente non li capisco.’  

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** La foresta proibita ***


Quando arrivammo ai dormitori io andai a lavarmi, ma fui interrotta da Hermione. «Flora. Flora!» lei stava salendo le scale, e mancava poco che cadesse in avanti di faccia. «Harry, Ron ed io vogliono andare a parlare con Hagrid riguardo Nicolas Flamel. Tu... vieni?» chiese speranzosa. Come potevo averlo dimenticato? Quel giorno nasceva Norberto, il Dorso Rugoso di Norvegia. “Drako?[Drago?]” sentii la voce di Shade. Sorrisi, quando gli parlavo lui non mi ascoltava, ma bastava dire la parola “drago” e lui si interessava subito all’argomento. “Geh, Drako... [Sì, Drago...]” pensai. Shadow svolazzò dal mio cuscino fino alla spalla di Hermione e ci si appollaiò, sistemandosi bene tra i suoi capelli. Lei lo accarezzò «Beh, tu allora vieni?» si rivolse di nuovo a me. «Si... lascia che mi prepari e sono da voi in cinque minuti» le sorrisi. «Ok, ti aspetto giù» disse ed uscì dalla stanza. “Zusa los drako?[Che drago è?]” pensò Shade. “Aan Dubro kvirr do Norvegia, los aan zi-ok do ia, zusa bostvia j... caitop migwit [Un Dorso Rugoso Di Norvegia, è un po’ più grande di te, anche se nascerà tra circa... venti minuti]” dissi alzando le spalle e mettendomi la sciarpa ed il berretto. Shade si sistemò sulla mia spalla sinistra e si strofinò vigorosamente contro di me, come faceva di solito. Scesi le scale di corsa, quasi cadendo all’ultimo gradino. «Eccomi!» sussurrai. Harry Ron ed Hermione si girarono verso di me. «Tu puoi diventare invisibile. Vero?» chiese Harry. «Sì, perché?» chiesi dubbiosa. «Puoi rendere anche le altre persone invisibili?» lo disse quasi come una supplica. «Si...» dissi ancora ignara del loro piano. «Non è che... per comodità... potresti far diventare invisibile uno di noi? Così sotto il mantello gli altri due stanno più comodi... e non ci pestiamo i piedi a vicenda...» balbettò insicuro. «Ah, si certo» ‘anche se loro sotto il mantello ci stanno.’ «Chi vuole essere invisibile?» chiesi a loro, poi ci ripensai «Hermione: preferisco una femmina, voi maschi state sotto il mantello» feci la linguaccia ai ragazzi. «Ok...» risposero sconsolati. Sghignazzai. «Allora, andiamo?» misi Shade in tasca. «Ok» disse Hermione «Allora...» continuò con aria sognante. «Ah, si... Obscurari» appena lo sussurrai Harry e Ron trattennero il respiro: di sicuro non ci vedevano più. Risi nuovamente, mi avvicinai ad Harry di soppiatto e gli tirai delicatamente i capelli. «Ahi! Che male!» si guardò attorno disorientato. «Ma se non li ho neanche tirati forte!» mi difesi. «Ah, sei tu Flora! Giuro che dopo me paghi!» cercò di fare un’espressione seria, ma si mise a ridere. «Si, certo, come no...» incrociai le braccia. Lui che non sapeva dove ero, si orientava con il suono della mia voce. «Vedrai...» fece un sorriso furbo. Hermione cercò la mia mano, orientandosi anche lei con la mia voce «Dai andiamo» disse ridendo. Appena usciti dal castello ci incamminammo verso la casetta di Hagrid, al confine con la Foresta Proibita. Era un grande bosco, con sequoie gigantesche, maestose, ma molto tetre... tutta la foresta era tetra con una nebbiolina bassa che ti arrivava fino alle ginocchia e impronte molto profonde, stranissime. Ero quasi in procinto di andarmene, tanto i miei amici non se ne sarebbero accorti: ero invisibile anche al loro... Poi ci ripensai: non potevo fare una cosa così, non a loro, non dopo aver fatto diventare invisibile Hermione. Così continuammo a costeggiare la foresta lungo quello stretto sentiero sassoso. Cercando di non guardare troppo verso la foresta. Appena davanti alla casa, Harry e Ron si tolsero il mantello. «Anulum» Hermione apparve davanti a me, e anche io dovevo essere apparsa davanti a lei perché saltò per lo spavento con una mano sul petto. «Che colpo...» respirò affannosamente. Io sghignazzai. «Ehi» Harry attirò la nostra attenzione perché aveva già bussato alla porta. Si sentirono dei rumori di pentole e dei passi pensanti provenire da dentro la capanna, e un omone barbuto che riconobbi come Hagrid ci venne ad aprire. «Oh, siete voi... sentite è tardi e non ho voglia di vedere gente» stava per chiudere la porta. «Sappiamo della pietra Filosofale!» gridammo. Hagrid riaprì la porta «Oh» disse e ci fece entrare. «Per noi Piton sta cercando di rubarla...» cominciò Harry. «Piton? Per dinci, non ce l’avrete ancora con lui, eh?» ci fece accomodare sulle panche che contornavano il camino. «Hagrid, sappiamo che vuole la Pietra, ma non sappiamo il perché» continuò Harry. «Piton è uno degli insegnanti che protegge la pietra» precisò Hagrid «Non ci pensa nemmeno a rubarla» continuò. «Che cosa?» chiese Harry confuso. «Mi hai sentito. Beh, adesso andate: sono un po’ preoccupato oggi» mosse le braccia in direzione della porta. «Aspetta: uno degli insegnanti?» chiese nuovamente Harry. «Ma sicuro, ci sono altre cose che proteggono la pietra: incantesimi, magie, dico bene?» lo interruppe Hermione. «Proprio così, una gran perdita di tempo, secondo me» disse Hagrid. Io ero molto concentrata su Ron, anzi no, su Thor che stava annusando e leccando la faccia di Ron. E l’espressione di Ron era impagabile! «Nessuno riuscirà a tenere buono Fuffi» continuò Hagrid «Nessuno sa farlo, solo il sottoscritto e Silente» disse fiero. ‘Anche io so come farlo...’ «Questo non dovevo dirlo, non dovevo proprio dirlo...» sospirò. A quel punto qualcosa nel calderone appeso al fuoco si mosse producendo uno scoppiettio. Hagrid corse verso il fuoco e prese l’oggetto da dentro il calderone. «Oh-oh-oh!» fece Hagrid ero sicura che quell’uovo fosse bollente. Lo posò sul tavolo mettendo da parte le tazze da tè. Era come descritto nel libro – quello della zia – marrone, con delle sfumature più chiare del medesimo colore ed altre verde muschio. Aveva circa le dimensioni della testa di Hermione, capelli a parte. Tutti corremmo intorno al tavolo. «Ehm, Hagrid, cos’è esattamente?» chiese Harry. Quante domande che faceva! «Questo?» chiese Hagrid togliendosi i guanti «È un...» «Io lo so cos’è!» disse Ron eccitato «Ma, Hagrid, dove lo hai preso?» lo guardò incuriosito. «Lo ho vinto, ad uno straniero al Pub... sembrava contento di liberarsene, per la verità...» disse pensieroso. A quel punto l’uovo iniziò a tremare, una parte del guscio schizzò via, seguita da altri pezzettini. L’uovo si schiuse completamente, rivelando un draghetto... draghetto non proprio: era abbastanza grande per i miei gusti, dai colori invernali, ma non troppo spenti, della sfumatura del verde. «Questo è... un drago...» disse Hermione. Alla parola Drago, una cosa nella mia tasca si mosse e Shade volò fino al tavolo, per arrivare davanti a Norberto. «Questo non è un semplice Drago, questo è un Dorso Rugoso di Norvegia! Mio fratello Charlie, li sta studiando in Romania» Ron lo guardò con occhi spalancati. «Non è un amore? Dio lo benedica, guardate, riconosce la mamma!» Hagrid lo guardò giocare con Shade. «Ciao Norberto» disse accarezzandolo. «Norberto?» chiese Harry stupito. «Beh, deve pur avere un nome, no? Non è vero Norberto?» disse Hagrid accarezzandogli il collo. Norberto “tossì” e fece qualche scintilla di fuoco che colpì la barba di Hagrid e la incendiò. «Oddio!» dissi spostandomi. Me lo aspettavo, ma visto che ero vicina ad Hagrid, presi paura per le scintille che mi sfiorarono. Lo guardammo tutti sbalorditi e impauriti. «Ha bisogno di un po’ di addestramento» si batté uno straccio sulla barba per spegnere le scintille ancora accese. La sua espressione cambiò e indicò la finestra con un cenno del capo. «E quello chi è?» chiese. Ci girammo per vedere la chiome bionda di Draco. «Malfoy» dicemmo in coro. «Oddio» Ci incamminammo verso il dormitorio, dopo aver parlato ancora con Hagrid e cercato di staccare Norberto e Shade, per capire se Malfoy aveva fatto la spiata... sicuramente si. Ma visto che era tardi, ed Hermione voleva andare a dormire, camminammo per i corridoi, parlando a bassa voce di cosa avremmo fatto se Malfoy ci avesse fatto la spiata. «Non si possono tenere Draghi a scuola... me lo ha detto il nonno, il mio è piccolo non può causare problemi, ma quello di Hagrid diventerà grande e potrebbe anche diventare pericoloso...» dissi. «È pazzesco, e peggio ancora: Malfoy lo sa» Ron fece una smorfia. «Non capisco, è così grave?» chiese Hermione. Guardai avanti e vidi la McGranitt con una candela in mano guardarci severa. Dietro di lei vidi ancora quei capelli biondi, odiosi. «È un guaio...» dicemmo io e Ron in coro con voce tramante. Malfoy fece un sorrisetto di sfida. «Siete pregati di seguirmi, prego» la McGranitt era arrabbiata, lo si capiva dal tono della voce, era alterata e più acuta del solito. Ci condusse fino all’aula più vicina e si sedette dietro la grande cattedra, su una sedia molto comoda, a parere mio. Noi restammo in piedi davanti alla cattedra, guardandoci i piedi. «Nulla, ripeto, nulla da ad uno studente il diritto o addirittura il permesso di girovagare per la scuola di notte» disse severa «Perciò, come punizione per le vostre azioni, vi saranno tolti cinquanta punti.» Rimanemmo a bocca aperta: «Cinquanta?!» disse Harry sconcertato. «A testa» rimarcò la McGranitt. Quindi non sono centocinquanta punti in meno, ma duecento, per colpa mia. «... E per essere ceti che non capiti più, tutti e cinque sarete messi in castigo» ‘quindi anche io, tutti e cinque, uffa che barba.’ «Scusi Professoressa, forse ho sentito male, per caso ha detto: tutti e cinque?» chiese Malfoy un po’ scombussolato. «No, mi hai sentito benissimo, signor Malfoy» la McGranitt fece un sorrisetto, e sul volto di Malfoy scomparve quel ghigno di sfida «Vedi, per quanto nobili fossero le tue intenzioni, anche tu eri fuori stanza oltre l’orario. Ti unirai ai tuoi compagno in castigo» concluse, ‘quanto la stimo!’ Malfoy su girò verso di noi, che gli sorridemmo malefici e fece una smorfia. «Mi ha chiamato, Professoressa?» chiese qualcuno alle nostre spalle. Mi girai e vidi Gazza, con la sua gatta in mano, quella gatta aveva un pelo stupendo, tutto da accarezzare, chissà quanto era morbido... «Si, Mastro Gazza, accompagni questi studenti a scontare la loro punizione insieme ad Hagrid, sa il lavoro che deve fare sta sera...» disse in tono calmo e controllato. «Ah, certamente... niente segrete?» chiese tristemente. «No, quei tempi sono finiti.» «Certamente» continuò Gazza avvilito «Seguitemi.» Lo seguimmo fino alla capanna di Hagrid, dove, quest’ultimo, era già pronto per andare nella Foresta Proibita. «La Foresta? Credevo fosse uno scherzo, non possiamo andarci!» esclamò Malfoy «È vietato agli studenti... e-e ci sono... i Lupi Mannari...» deglutì nervosamente. «Ah, c’è peggio dei lupi mannari tra quegli alberi... puoi starne certo. ‘Notte ‘notte...» Gazza se ne andò salutandoci così. Hagrid si parò davanti a noi «Bene, andiamo.» Ci inoltrammo nella foresta seguendo la luce emanata dalla lanterna di Hagrid. Era buio pesto e non riuscivo a vedere ad i miei piedi con la nebbia, e questo era molto rassicurante... Ad un certo punto Hagrid si fermò vicino ad una bozza di colore argento. Sangue d’Unicorno. Era davvero... ‘non posso dire bello riferito a del sangue’, ma era davvero strano. Aveva delle sfumature azzurre, ma per il resto sembrava mercurio, solo che non formava tutte le goccioline. «Hagrid, che cos’è?» Harry deglutì. «Perciò siamo qui. Questo, è Sangue d’Unicorno. Ne ho trovato uno morto qualche settimana fa. Ora, questo è stato ferito gravemente da qualcosa. Perciò è nostro compito cercare quella povera bestia» si pulì la mano su un fazzoletto «Ron, Hermione, voi venite con me.» «Va bene» dissero. «Flora ed Harry, voi andrete con Malfoy» annuii. «Va bene, allora prendo Thor» disse deciso. «D’accordo, ma ti avverto: è un gran vigliacco» si girò e, seguito da Ron ed Hermione, se ne andò. «Andiamo Thor» dissi. Ci incamminammo e costeggiammo le sequoie giganti. «Aspettate che lo venga a sapere mio padre: questa è roba da domestici!» disse spezzante. Sbuffai. «Se non ti conoscessi bene, Draco, direi che hai una gran fifa...» cominciò Harry. «Fifa, Potter?» chiese. Un rumore sinistro provenne dalle nostre spalle. «Avete sentito?» Draco deglutì. «Nessuna fifa, vero Malfoy?» sogghignai. «Andiamo Thor» si incamminò «Fifa...» lo sentii bisbigliare. Camminammo ancora per dieci minuti buoni fino a quando vidi altro Sangue d’Unicorno vicino alla mia scarpa. «Siamo sulla pista giusta: guardate» indicai li sangue. «Bene» disse Harry, non sapendo se essere sollevato o meno. «Cosa c’è Thor?» chiese Harry. Alzai lo sguardo e vidi il suo mantello nero e logoro, chino su un unicorno dalla criniera dorata. Era davvero inquietante. Draco urlò ed in meno di due secondi era già a dieci metri da noi, Harry invece cominciò a toccarsi la cicatrice. «Harry? Harry, che hai?» lo sapevo benissimo cosa aveva. «La cicatrice...» Thor cominciò ad abbaiare e seguì Draco, attirando la sua attenzione. Lui cominciò a muoversi verso di noi, strisciando, ma senza toccare terra, il mantello che lo conteneva era a pochi millimetri dal suolo. La sola cosa corporea e fisica era il capo, coperto dal cappuccio. «Harry! Harry, dobbiamo andarcene!» lui annuì, ma camminando all’indietro cademmo su un tronco. ‘Cavolo, lo avevo dimenticato!’ Guardai intorno, cercando una possibile arma: c’erano rami, rami e rami... perché non ci avevo pensato? Sollevai un ramo che era dietro Voldemort e lo feci andare dritto addosso al soggetto. Lui continuò ad avanzare, fermando il ramo a pochi centimetri dal viso. «La Domatrice...» disse con voce roca per poi indietreggiare. Qualcosa saltò sopra le nostre teste e atterrò nel punto esatto in cui prima c’era Voldemort. Quest’ultimo indietreggiò ancora sussurrando qualcosa e volò via. «Harry Potter e Flora Silente, dovete andarvene: molte creature vi conoscono qui. La foresta non è un luogo sicuro a quest’ora, per voi in particolare» disse un centauro che sbucò dai cespugli. «Fiorenzo» bisbigliai tra me e me. Ma visto che attirai l’attenzione di Fiorenzo,capii di averlo detto a voce un po’ troppo alta. «Veggente?» mi chiese. Io scossi la testa. «Letto i libri di Joanne?» spalancai la bocca. Come faceva a sapere? «C-come...?» dissi. «Noi centauri non interverremmo mai nella storia dei maghi» disse calmo. «È un crimine orribile uccidere un Unicorno, bere il Sangue di un Unicorno ti tiene in vita anche se sei ad un passo dalla morte. Ma ad un prezzo spaventoso: hai ucciso una cosa purissima, e dal momento che il suo sangue tocca le tue labbra vivrai una vita a metà, una vita dannata.» «Ma chi sceglierebbe una vita così?» disse Harry. «Non ti viene in mente proprio nessuno?» chiese Fiorenzo. «Intendi dire: che quella cosa che aveva ucciso l’unicorno e che beveva il suo sangue... quello era Voldemort?» «Sapete cosa è nascosto nella scuola in questo preciso momento?» disse avvicinandosi. «La Pietra Filosofale...» sussurrò. Si sentì abbaiare e da dietro un sequoia comparve Hagrid con la sua balestra in mano, seguito a ruota dagli altri. «Flora! Harry!» disse Hermione sollevata. «Salve Fiorenzo, vedo che hai conosciuto il nostro signor Potter e la signorina Silente... tutto a posto voi due?» Hagrid abbassò la balestra. Annuimmo. «Qui io vi lascio» cominciò Fiorenzo «Siete al sicuro, ora. Buona fortuna.» E con questo si dileguò al trotto.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** La cosa giusta ***


Dovevamo andare nella botola. Era un’affermazione, ma non ne ero tanto sicura. Non avevo nemmeno mangiato, tanta era la preoccupazione. Non volevo ammetterlo, ma avevo paura, molta paura. Non di Voldemort o di Raptor... e neppure di farmi male: avevo paura di intralciarli, di cambiare il futuro. ‘Per colpa mia, Voldemort potrebbe prendere la pietra Filosofale! O per fino uccidere qualcuno’ pensai fra me e me. Non potevo permetterlo. Era troppo rischioso. E poi, non ce l’avrei fatta a sopportare lo sguardo che mi avrebbe riservato il nonno. Sarebbe stato... deluso, sicuramente. Ed io non volevo deluderlo. «Allora, ci vediamo sta sera nella sala comune alle dieci in punto. Non un minuto di più» disse Harry entrando nella nostra Sala Comune dal ritratto urlante della Signora Grassa. Stavamo facendo i preparativi per sta sera, o almeno, loro stavano facendo i preparativi per sta sera. Io ero immersa nei miei pensieri, come di consueto. «ok...» dicemmo insieme. Ci dividemmo, i maschi andarono al rispettivo dormitorio e le femmine altrettanto. Quando arrivammo in cima alle scale Hermione si voltò verso di me «Flora, cosa hai? Sembri pensierosa...» chiese lei accarezzandomi un braccio. «No, niente...» feci un lungo respiro «Mi da solo fastidio che il nonno non ci sia oggi. Proprio quando Piton tenterà di prendere la pietra...» ed in effetti era vero. Speravo veramente che il nonno cancellasse ogni impegno all’ultimo secondo e restasse a scuola per porre rimedio ai vari casini che avremmo combinato. ‘Che combineranno!’ mi ricordai ‘Ergo, loro. Ergo, Io non ci andrò!’ Hermione sospirò rassegnata e si girò verso il proprio letto. Molti letti avevano le tende rosse del baldacchino già tirate, e ne dedussi che dovevo muovermi silenziosamente per non essere colpite da ciabatte volani o da un Incantesimo delle Pastoie... ‘No, Maledizione delle Pastoie! Quanto odio questi nomi: tutti uguali!’ “Shade” lo chiamai mentalmente. “Mmm-mmm” rispose con voce assonnata. Probabilmente lo avevo svegliato... ‘peggio per lui’ mi dissi. Lo tirai fuori dalla tasca della mia divisa. Era così tenero! Stava tutto acciambellato su se stesso, con la coda sugli occhi per coprirli dalla fioca luce della stanza. Le sue squame riflettevano la luce, e sulle pareti della stanza e sulle tende dei letti c’erano riflessi dorati e rossastri. “Dai dobbiamo trovare una scusa per non andare giù nella botola” gli ricordai. Lui si srotolò in un modo divertentissimo e si stiracchiò. Avevo imparato in quei giorni, a capire Shade direttamente nella mia lingua, prima sentivo la differenza tra la lingua che ci accomunava e la mia, e traducevo dall’una all’altra. Capire direttamente quello che scade diceva però, mi faceva un po’ scervellare. “Ma non fai prima ad andarci?” Chiese con voce ancora impastata dal sonno. “Non posso, se vado, potrei cambiare qualche evento futuro e Voldemort, potrebbe impossessarsi della pietra per colpa mia!” gli dissi. Ma non gli importava proprio di niente a questo draghetto? “O potresti anche modificare qualcosa in meglio, potresti evitare che Ron si ferisca...” cominciò. Beh, dai, se si ricordava della partita a scacchi dei maghi, voleva dire che qualcosa gli importava, no? “Sono una schiappa a scacchi, sia quelli babbani sia a quelli dei maghi, a meno che non inizi per prima...” ci ripensai “non lo salverei da niente, piuttosto peggiorerei la situazione” sospirai. “Va bene, ma potresti comunque andare con Harry nella stanza dello specchio. È sempre meglio essere in tre che da soli” disse nuovamente. “E il proverbio meglio soli che male accompagnati, dove lo mettiamo? E poi, scusa, chi sarebbe il terzo? Mi sono persa qualche passaggio?” chiesi confusa. “Io, naturalmente, e quindi non sarebbe male accompagnato” rispose lui, come se fosse ovvio. “Ah, scusa...” Mi sedetti e misi Shade sul mio ginocchio sinistro. Lui si acciambellò nuovamente. «Flora» sentii la voce di Hermione «Cosa ti metti per scendere nella botola?» sussurrò sedendosi vicino a me. “Ma dico io, ti metti a pensare ai vestiti da mettere per scendere in una botola sorvegliata da un cane a tre teste, dove dentro non sai cosa troverai e neanche se ne uscirai?” «Boh, non so, dei jeans e un maglione?» chiesi ancora sorpresa dalla domanda precedente «Perché? Tu cosa ti metti?» «Ah, non lo so, non vorrei avere freddo...» “adesso si spiega tutto...” Avevo riflettuto così tanto alla strana domanda che non avevo pensato alla botola: “io-non-ci-andrò!” dovevo mettermelo in testa. Diede una carezza a Shade, che si strofinò energicamente contro la sua mano, e si girò verso di me «Cosa hai?» era preoccupata. Sospirai «È-è che...» cercai di iniziare. «Dobbiamo essere in forze per scendere nella botola, andiamo a mangiare qualcosa?» chiese. In quel momento la mia pancia brontolò, come a volerle dare ragione. E poi, sospirai. ‘Sono proprio incorreggibile...’ «Sì, penso che la mia pancia dica tutto» scherzai mentre quest’ultima brontolò nuovamente «Dobbiamo essere in forze per scendere nella botola...» «Siamo pronte?» mi chiese Hermione. Si era messa la gonna dell’uniforme femminile con sotto delle calze nere di lana, una maglia a collo alto e un pullover colorato. ‘Non penso soffrirà di freddo.’ «Sì» risposi «Hai preso il flauto?» chiesi. Lei annuì «Allora andiamo alla base delle scale, mancano cinque minuti ma penso che siano già lì, conoscendo Harry... quindi non facciamoli aspettare» disse facendo la fiocca ai lacci delle scarpe. Quando si tirò su, mi prese per il gomito e mi trascinò giù per le scale facendomi quasi cadere con i denti. Quasi. Dovemmo aspettarli per cinque minuti e più, ‘menomale che era alle dieci in punto e non un minuto di più... e poi sono le femmine che ci mettono tanto...’ «Scusateci!» sussurrò Harry col fiatone. Alzai un sopracciglio in risposta. Lui mimò uno ‘scusa’ con il labiale e si girò verso Ron «Allora, ci mettiamo il mantello adesso, o appena usciti dalla Sala Comune?» chiese tirando fuori il mantello da non so dove. «Meglio metterlo adesso, se Gazza vede anche solo un piede che se ne va a spasso per conto suo...» cominciò Ron. «In effetti» annuii. «Che cosa state facendo?» chiese una voce dall’angolo più lontano della stanza. Da dietro una poltrona emerse Neville con in mano Oscar che aveva sicuramente tentato la fuga, un’altra vota. «Niente, Neville, niente» disse Harry spostando il mantello dietro alla schiena. Neville ci fissò molto attentamente «State uscendo un’altra volta» confermò. «No, no» disse Hermione. «Macché uscendo. Senti, Neville, perché non te ne torni a letto?» «Non potete uscire. Vi pescheranno un’altra vota, e Grifondoro sarà nei guai più di prima» insisté lui. «Non capisci, è importante» ribatté Harry. «Non vi permetterò di farlo!» esclamò alzandosi dalla sedia. «Neville!» sbottò Ron. «Togliti da là e non fare il cretino...» «Non darmi del cretino!» ribatté Neville. «Credo proprio che non dovresti violare le regole un’altra volta. Guarda che sei stato proprio tu a insegnarmi a tener testa agli altri!» «Sì, ma non a noi» disse Ron esasperato «Neville, non sai quel che fai.» Fece un passo avanti e Neville lasciò cadere il rospo Oscar, che si allontanò a grandi balzi. «E allora dai, prova a picchiarmi!» esclamò Neville alzando i pugni. «Sono pronto!» Harry si volse verso Hermione. «Fa’ qualcosa» le disse in tono disperato. Hermione si fece avanti. «Neville, scusami, scusami tanto» disse in tono supplichevole. In quel momento alzò la sua bacchetta magica «Petrificus Totalus!» gridò puntandola contro Neville. Le braccia di Neville in un istante furono lungo i fianchi, rigide, le gambe scattarono e si unirono. Prima che il tonfo del suo peso sul pavimento si sentisse io cercai di rendergli la caduta più “piacevole”. Gli altri mi guardarono storto. Io spalancai gli occhi «Che c’è? Speravo di non farlo cadere a terra come un salame!» in effetti mi dispiaceva per Neville, chi sa cosa si prova ad essere sotto effetto dell’incantesimo delle Pastoie... «Tranquilla, lo avrei fatto anch’io se fossi stata più sveglia» mi rassicurò Hermione. «Ma che cosa gli hai fatto?» bisbigliò Harry con la bocca spalancata. «È l’Incantesimo delle Pastoie Total-Body» rispose sconsolata. «Mi dispiace tanto, Neville» «Abbiamo dovuto farlo, Neville, non c’è tempo di spiegare» si giustificò Harry. «Capirai dopo, Neville» disse Ron scavalcandolo per andare verso il buco del ritratto. Andò vicino ad Harry e si misero il mantello. «Scusa» dissi imitando Ron. «Obscurari.» Percorremmo i corridoi del castello cercando di fare il meno rumore possibile e sussultando ad ogni rumore. Speravamo di non incontrare ne Gazza e ne Pix, quel poltergeist rompiscatole vestito da giullare. Ad un certo punto, ai piedi della grande scalinata che portava alla biblioteca vidi Mrs Purr. Era un una gatta stupenda per essere di Gazza, e non perché lui fosse un Maganò, non avevo niente contro i Maganò, solo che ero invidiosa. Puntò lo sguardo su di noi con quegli occhi rosso sangue. Okay, forse era un po’ inquietante. «Oh senti, diamole un bel calcio, per una volta» sentii Ron sussurrare. Passammo oltre. Scendemmo un’altra rampa e alla fine di questa c’era Pix che fluttuava nell'aria, che si abbassava per scostare il tappeto, nella speranza che qualcuno ci inciampasse. Sentendo i nostri passi si raddrizzò i scatto «Chi è là?» chiese mentre noi salivamo per una scala alla sua destra. Quanto era contorta questa scuola. Soprattutto per le scale che cambiavano direzione, ma non dormivano anche le scale? «Anche se non vi vedo, lo so che siete lì. Siete mostricini, fantasmi o insulsi studenti?» chiese socchiudendo quegli occhi malvagi. «Qua c’è qualcuno che non si vede, dovrei chiamare Gazza. Già, proprio così.» «Pix» disse Harry piano, con voce roca, imitando quella del fantasma tanto temuto da Pix «il Barone Sanguinario ha le sue buone ragioni per rendersi invisibile». Pix rimase tanto scioccato che stava per cadere giù dall’aria. Ma si riprese in tempo e rimase a galleggiare a trenta centimetri dai gradini. Io sogghignai, non avevo mai sentito parlare il Barone Sanguinario, ma da come ci era cascato Pix, Harry doveva averlo imitato proprio bene. «Oh, mi scusi tanto, Eccellenza Sanguinaria!» disse con voce untuosa. «È stato un deplorevole errore... non l’avevo vista... E per forza non l’avevo vista: lei è invisibile... Signore, perdoni l’innocente scherzetto di un povero vecchietto...!» «Ho da fare qui, Pix» fece Harry sempre gracchiando. «Per questa notte, veda di starsene alla larga.» «Ma certo, signore, ci conti, signore» rispose Pix levandosi in alto. «Spero che passi una buona nottata, barone: io non la disturberò.» E se la filò senza guardarsi indietro. «Geniale, Harry!» sentii bisbigliare Ron. Giungemmo di li a poco tempo al corridoio del terzo piano dove la porta era già aperta. «Ecco: ci siamo» quasi non sentii Harry, parlava a voce molto bassa «Piton è già riuscito a entrare evitando Fuffi.» si rivolse a noi «Se volete tornare indietro, non vi darò torto» disse. «Potete anche prendervi il mantello, tanto io non ne ho più bisogno». «Non fare lo scemo» disse Ron. «Veniamo con te» rincarò Hermione. «Non ti lasciamo andare li sotto da solo, ha ragione Hermione» continuai io. Harry spinse la porta. Mentre questa scricchiolava, sentii un brontolio sordo. L’enorme cane si mise a fiutare nella nostra direzione con tutti e tre i nasi, anche senza vedere di chi si trattava. Allargò la grande bocca e aprì gli occhi. «Che cos’è quella cosa ai suoi piedi?» bisbigliò Hermione. «Sembra un’arpa» fece Ron. «Deve averla lasciata qui Piton.» «Probabilmente, quella bestia si sveglia quando uno smette di suonare» commentò Harry. «Beh, cominciamo...» Harry si portò l’imboccatura del flauto alla bocca e cominciò a suonare. Non era un motivetto, erano note buttate a caso, ma appena iniziò, le palpebre del grande cane cominciarono ad abbassarsi fino a chiudersi. «Continua a suonare» disse Ron uscendo da sotto il mantello . «Anulum» sussurrai. Ci avvicinammo alle zampe del cane da dove si sentiva il suo alito mortale. «In quattro dovremmo riuscire ad aprirla, volete andare voi per prime?» chiese rivolgendosi a me ed Hermione. «Neanche per sogno!» disse lei. «No, no. Non voglio toglierti l’onore...» dissi io, non volevo andare laggiù per prima. Manco morta. Prendemmo l’anello della botola e con un po’ di fatica lo tirammo su. «Che cosa vedi?» chiese Hermione a Ron. «Niente, solo buio... non c’è modo di scendere, dovremo saltare giù. Ok, allora vado io.» «Sicuro?» chiesi, nel libro non andava così, stavo già cambiano le cose. Lui annuì. «Ci vediamo tra poco, o almeno spero...» disse buttandosi nella botola. «Tutto a posto!» lo sentii dire dopo poco «Si atterra sul morbido, potete saltare!» Hermione saltò e dopo qualche secondo sentii un tonfo. Harry andò subito dopo. «Vieni!» lo sentii dire. dovevo sperare di non cadere addosso a nessuno di loro. Presi un bel respiro e mi buttai nel buio.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Tramare qualcosa ***


Quando fummo arrivati al dormitorio, ci sedemmo un attimo sulla comode poltrone della Sala Comune a parlare. Harry ed io spiegammo a Ron ed Hermione cosa era successo nella foresta. «Ed allora si mise a camminare verso di noi...» disse Harry. Non volevo che dicesse cosa avesse detto Voldemort della chiacchierata con Fiorenzo. “Non dirlo, ti prego Harry” dissi nei suoi pensieri “Lasciamolo tra noi... fino a che non sappiamo di cosa si tratta. Ti prego!” lo supplicai. Lui stupefatto si girò verso di me con gli occhi spalancati. “Sì, posso sentire i tuoi pensieri e posso interferire con essi, adesso non dirlo però...” «Allora Harry? Si avvicinava a voi...» chiese Hermione. «Io gli ho tirato un ramo addosso che, tra l’altro, non lo ha neanche sfiorato, e poi è arrivato Fiorenzo» dissi tutto d’un fiato, sperando di non far vedere che mentivo. «Con Fiorenzo abbiamo parlato, ci ha fatto capire che quell’essere era Voldemort e che vuole la Pietra...» i nostri amici continuavano a guardarci. «Ma non capite? Piton vuole rubare la Pietra per conto di Voldemort... e Voldemort aspetta nella foresta... e pensare che per tutto questo tempo abbiamo creduto che Piton volesse soltanto arricchirsi...» disse Harry continuando a camminare su e giù per la stanza. «Piantala di pronunciare quel nome!» sussurrò Ron terrorizzato. Ma Harry non lo ascoltava. «Quindi, adesso non mi resta che aspettare che Piton rubi la Pietra, e a quel punto Voldemort potrà venire a farmi fuori...» disse febbrilmente. «Non devi neanche pensare una cosa del genere» dissi arrabbiata. «Harry, tutti dicono che Silente è l’unica persona di cui Tu-Sai-Chi abbia mai avuto paura. Se c’è in giro Silente, Tu-Sai-Chi non ti torcerà un capello» lei ne era sicura, chissà che anche Harry se ne fosse convinto. Nella seguente settimana non parlammo molto, ed io superai gli esami con molta facilità. Visto che non dovevo farli tutti, ebbi un po’ di tempo libero da passare leggendo, come era mio solito fare. L’esame di Pozione però fu estenuante: c’era Piton che ti fiatava sul collo e molti per l’agitazione non riuscirono a preparare adeguatamente la loro Pozione. Io riuscii a capire qualcosa dai pensieri di Piton e non sbagliai la mia pozione, anche se disse che avevo aggiunto un milligrammo in più di Polvere di Tritato di Bezoar. “Chi se ne frega!” Hermione era tutta concentrata sugli esami e non si interessava della Pietra Filosofale, come Ron, d’altronde. A me ed Harry invece continuava a venire in mente quell’episodio. Cosa voleva dire con: “La Domatrice”? Dopo aver detto quelle parole era indietreggiato, quasi fosse impaurito... ero immersa nei miei pensieri, mentre camminavo a fianco di Hermione nella piazzetta in onore di Tassorosso. «È stato molto più facile di quanto credessi» mi disse Hermione mentre giravamo l’angolo e ci ritrovavamo sul prato assolato «Era perfettamente inutile imparare a memoria il Codice di Comportamento dei Lupi Mannari del 1637, e anche studiare la rivolta di Elfric l’Avido.» «Ti prego, non ne parlare» Sbuffò Ron imbronciato. «Oh, suvvia, non è stato così male...» lei sorrise. Ci sedemmo sull’erba sotto un grande albero. Shade uscì dalla mia tasca e lo feci tornare alla sua grandezza originale. «Parla per te...» rispose lui stiracchiandosi. «Niente più ripassi!» era sicuramente sollevato. Mise le mani dietro alla testa e si mise a guardare il cielo poi si girò «Potresti anche smetterla di fare quel muso, Harry! Abbiamo davanti una settimana intera, prima di scoprire quanto siamo andati male. Inutile preoccuparsi adesso!» Ma Harry aveva un’espressione sofferente in viso «Cosa c’è, Harry?» chiesi preoccupata. «Questa cicatrice non la smette di farmi male... mi è già capitato, ma mai tanto spesso. Quanto vorrei sapere cosa significa!» «Va’ da Madama Chips» suggerimmo. «Non sono mica malato» sbuffò «Credo che sia una specie di avvertimento... significa pericolo incombente.» «Rilassati, Harry, la pietra è al sicuro, fino a che c’è in giro Silente. In ogni caso, non abbiamo mai avuto alcuna prova che Piton abbia scoperto come raggirare Fuffi. Una volta si è quasi fatto stappare una gamba: vedrai che aspetterà prima di riprovarci. E prima che Hagrid abbandoni Silente, Neville avrà fatto in tempo ad entrare nella Nazionale di Quidditch.» Harry annuì. Poi tutto ad un tratto, Harry saltò in piedi. «Ma dove vai?» chiese Ron. Tutti ci alzammo e seguimmo Harry. «Mi è venuta in mente una cosa, dobbiamo andare immediatamente da Hagrid!» disse impallidendo. «E perché?» Hermione cercava di tenere il passo. «A voi non sembra un po’ strano, che la cosa che Hagrid desideri di più sia un drago, e che si presenti uno sconosciuto che per caso si ritrova un uovo di drago in tasca?» «Ehm, io giro con un drago in tasca...» dissi. «Ma tu sei un caso a parte» sostenne Ron. «Quanta gente gira con un uovo di Drago in tasca, visto che è vietato dalla legge dei maghi? È stato fortunato ad incontrare Hagrid, non vi pare? Oh, ma perché non ci ho pensato prima?!» «Oddio...» dissi cercando di sembrare stupita. Ron mi rivolse un espressione smarrita. Hagrid stava sugli scalini della capanna a suonare un flauto, probabilmente intagliato da lui. «Salve, finiti gli esami?» chiese sorridendo «Avete tempo di fermarvi a bere qualcosa?» «No, abbiamo fretta. Hagrid, devo chiederti una cosa. Sai quella notte che hai vinto Norberto? Che aspetto aveva lo straniero con cui hai giocato a carte?» «Boh, non si è mai tolto il mantello» rispose sbuffando. Alzò un sopracciglio nel vederci allibiti. «Non è mica una cosa strana, di gente bizzarra ce ne è tanta al pub della Testa di Porco, giù al villaggio. Poteva essere un trafficante di Draghi, no? Comunque in faccia non lo ho mai visto, si è sempre tenuto il cappuccio» cercò di giustificarsi. «E avete parlato di Fuffi?» chiesi, se Harry avesse iniziato con tutte quelle domande, saremmo rimasti lì per mezz’ora. «Beh, sì... ci abbiamo parlato» disse pensieroso. «E sembrava interessato a lui?» chiesi. «Beh, sì... insomma, anche dalle parti di Hogwarts, non è che capiti spesso di incontrare cani e tre teste, no? Allora gli ho detto che Fuffi era buono come il pane, se uno sapeva calmarlo. Bastava un po’ di musica, e lui si addormentava come un angioletto...» di colpo la sua espressione cambiò, e si capì che u pentito di quello che aveva detto. «Accidenti, non ve lo dovevo dire!» Farfugliò. Io guardai gli altri e corremmo via. «Ehi... ma dove andate?» chiese, ma quello che sentii fu solo un sussurro, alle mie orecchie. Corremmo a più non posso verso la scuola, risalendo la collina e ci fermammo nel salone d’ingresso. «Dobbiamo andare da Silente» disse Harry «Hagrid ha spiegato allo straniero come tenere a bada Fuffi, e scommetto che lo straniero era Piton! Dobbiamo dirlo subito a Silente, dove è il suo studio?» tutti si voltarono verso di me. Dovevo trovare una scusa. «Lo studio ha bisogno della parola d’ordine, per aprirsi, ed io non la so...» cercai di sembrare convinta e avvilita allo stesso tempo, non era una cosa facile. «Io avevo letto nell’articolo della Skeeter che sapevi aprirlo, anche senza parola d’ordine...» corrugò la fronte. ‘Maledetta spiona di quella skeeter! Mi ha rovinato la scusante.’ ‘Trovato!’ «E va bene, il nonno oggi andava via... ma ha detto che tornava... prima di pranzo... ma... è meglio se chiediamo alla McGranitt...» “ti prego: fa che funzioni!” «Ah, ok... allora si va nell’ufficio della McGranitt?» chiese Ron. «Si» concordai. Corremmo nuovamente per i corridoi a per di fiato, fino ad arrivare all’ufficio della prof. Era seduta alla cattedra,come era suo consueto fare, a scribacchiare su una pergamena. In mano aveva una penna stupenda, abbinata con l’elegante vestito verde che indossava solitamente, la piuma era nera, con qualche brillante alla base, da cui spuntavano sfumature verdastre, tendenti all’azzurro. Corremmo fino alla cattedra «Professoressa, dovremo vedere il professor Silente, immediatamente!» disse Harry con il fiato pesante. «E perché?» chiese sospettosa. «Beh, sarebbe un segreto...» continuò Harry. Io gli diedi una gomitata. «Il professor Silente è uscito dieci minuti fa, ha ricevuto un gufo molto importane dal ministero della magia e si è subito materializzato a Londra.» «Se ne è andato?! Proprio adesso!?» chiese Harry disperato. «Potter, il Professor Silente è un grandissimo mago, la sua presenza è richiesta da molte parti...» «Ma questo è importante!» «Quel che avete da dirgli sarebbe più importane del Ministero della Magia, Potter» chiese in tono di sfida. «Senta, professoressa, è a proposito della Pietra Filosofale...» «E voi come lo sapete?» lo interruppe farfugliando. «Professoressa, noi pensiamo, anzi siamo sicuri che Pit... qualcuno cercherà di rubare la Pietra. Dobbiamo parlare con il professor Silente» disse in fine schiarendosi la gola. «Il Professor Silente sarà di ritorno domani, non so proprio come abbiate fatto a scoprirlo, ma la Pietra è protetta benissimo, nessuno potrà rubarla.» «Ma prof...» dicemmo. «So quel che dico. E adesso vi consiglio di tornarvene tutti fuori a godervi questo bel sole» non c’era modo di farle cambiare idea. “Dai, Harry, non cambierà idea, andiamo.” Ci girammo seguiti da Ron ed Hermione. «Ora che Silente è andato via cosa si fa?» «Buon pomeriggio» disse una voce grave dietro di noi. ‘Oh, no..’ Ci girammo verso di lui, che aveva un sopracciglio alzato. «Allora, cosa ci fanno quattro giovani Grifondoro come voi, al chiuso in una giornata come questa?» chiese Piton rivolgendosi ad Hermione. «A-a. No-no-noi stavamo solo...» cominciò lei balbettando. «Dovreste stare attenti, qualcuno potrebbe pensare... che stiate tramando qualcosa» e con questo si voltò e se ne andò. Aspettammo un attimo. «E adesso che si fa?» chiese Hermione. Tutti guardammo Harry. «Scendiamo nella botola, sta notte» disse con tono deciso. Questo includeva anche me! ‘Cavolo!’ 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Le prove ***


Quando atterrai su qualcosa di morbido sentii un imprecazione. «Ahi!» ero atterrata su Ron. «Ops» feci un sorriso tirato e mi spostai. «Per fortuna che c’è questa specie di pianta...» disse lui tastandola. A quel punto quella iniziò ad avvolgersi intorno al suo polso e a risalire su per il braccio. «Fortuna?» chiese Hermione stupita. In quel momento sentii sotto di me, quella strana pianta muoversi e circondarmi le caviglie. Altre diramazioni mi avvolsero i polsi e cominciarono a fasciarmi tutto il corpo. La pianta iniziò ad avvolgere braccia e gambe dei miei amici, fino ad arrivare al collo, immobilizzandoli. Io non mi divincolai, sapendo l’effetto della pianta e cercando di allentare la presa di essa. «Fermi!» disse Hermione «Io lo so che cos’è questo: è il Tranello del Diavolo!» «Oh, ma quanto sono contento che sappiamo come si chiama: è davvero molto utile!» rispose Ron in tono sarcastico, schivando una parte della pianta che voleva avvolgergli la testa. «Zitto! Sto cercando di ricordare come ammazzarla!» ribatte Hermione al mio fianco. «Il calore e la luce, Hermione!» cercai di dire, dovevo velocizzare un po’ le cose: la pianta mi stava stritolando il petto. «Ma certo! Ma... non abbiamo la legna!» disse sconsolata. «Ma porca vacca! Sei una strega, a cosa ti serve la legna se hai una bacchetta?!» Lei spalancò gli occhi e cercò la bacchetta nelle pieghe della gonna, cercando di utilizzare quel poco di spazio che aveva per muoversi. Quando la trovò, la puntò verso il centro della grotta, dove usciva la pianta «Lumus Solem!» dalla punta del piccolo legnetto scaturì una luce calda, accogliente, che avvolse tutto per qualche istante. Sentii la pianta ritirarsi e caddi nuovamente. Mi fermai in aria a qualche centimetro dal suolo umido e feci arrestare anche gli altri a pochi centimetri da terra. Mi appoggiai delicatamente al terreno sassoso. «Grazie» disse Hermione con la voce molto flebile. Mi alzai e massaggiai i polsi e il collo. Quella pianta non scherzava... «State bene?» chiese Harry rivolgendosi a noi. «Sì, un po’ traumatizzati, ma va tutto bene» sorrisi. «Da questa parte» riprese Harry, indicando un passaggio tra due pareti di pietra. In quell’istante sentii uno strano fruscio provenire dall’alto. «Non sentite niente?» chiese Ron. «A parte il rumore dei nostri passi, niente, perché?» Hermione rispose con un’altra domanda. «Tu, Harry?» chiese Ron. Harry annuì. «Pensi che sia un fantasma?» chiese nuovamente. «Non saprei... dal rumore sembra un battito d’ali.» «In fondo c’è una luce... vedo qualcosa che si muove.» C’erano molti riflessi colorati sulle pareti che provenivano dall’estremità opposta della stanza. Ci avvicinammo e arrivammo in una stanza circolare tutta illuminata con il soffitto a vota. Nella cupola era pieno di piccole chiavi dorate e argentate, con ali dai mille colori. Dalla parte opposta della stanza c’era un portone di legno massiccio scuro, dall’aria molto antica. «Pensate che ci attaccheranno se attraversiamo la camera?» chiese Ron dubbioso. «Probabilmente» rispose Harry. «Non sembrano molto cattivi, ma immagino che se scendessero tutti insieme in picchiata... Beh, non c’è altro da fare... parto io.» Fece passi incerti e arrivato al lato opposto della stanza si girò e ci sorrise rassicurante. Lo raggiungemmo con prudenza, guardandoci intorno intimoriti. Mi accorsi che la grande porta da vicino era molto più elaborata, con arabeschi e arzigogoli vari che componevano molte costellazioni tra le quali riconobbi il sagittario, il mio segno zodiacale... Dovevo chiedere a Ron se anche i maghi avevano i segni dello zodiaco... ‘Uffa perché mi distraggo così facilmente?’ Harry mi passò vicino e si avvicinò alla porta cercando di aprirla, ma sfortunatamente – o volutamente – era chiusa. La porta non si apriva, persino Hermione non riuscì ad aprirla usando l’ incantesimo alohomora. «Provaci tu, Flora» sentii dire Hermione. «Cosa?» domandai. «Provaci tu, magari con te funziona...» indicò la serratura della porta. «O-ok...» mi avvicinai alla porta, tremante. Focalizzai tutta la mia attenzione sulla serratura, entrai in ogni ingranaggio e capii che, se avessi voluto, avrei potuto aprirla all’istante. ‘È meglio di no, non devo alterare gli eventi’ mi dissi. Dovevo mentire, un’altra volta. Non mi sembrava tanto giusto nei loro confronti. Anzi, non era giusto, punto. Feci una faccia corrucciata per entrare nel personaggio. «Flora, cosa c’è?» chiese Hermione, preoccupata. «N-non» balbettai, stupendomi delle pie capacità di attrice «n-non ce la faccio» continuai facendo una faccia avvilita. «Questi uccelli non devono essere qui solo per bellezza» sbuffò Hermione. «Ma questi non sono uccelli!» disse Harry dopo un po’. «Sono chiavi! Chiavi alate! Guardate bene!» indicò il luccichio che le chiavi emettevano svolazzando «Allora, questo vuol dire che...» si guardò intorno esaminando bene la stanza «Ma si: guardate! Prendiamo i manici di scopa, dobbiamo acchiappare la chiave che apre il protone!» concluse indicando i manici di scopa nell’angolo più remoto della stanza. «Ma queste sono centinaia!» Ron si avvicinò alla porta ed esaminò attentamente la serratura «Quella che cerchiamo dev’essere una grossa chiave, vecchio tipo... probabilmente di argento come la maniglia.» «Aspettate!» disse Hermione, improvvisamente. «Cosa c’è?» dissi. «Flora, non è che riesci a immobilizzare tutte le chiavi? Così Shade va e prende la chiave giusta, senza sforzo... e poi lo hai fatto prima con noi, quando siamo caduti dal Tranello del Diavolo...» disse annuendo, come per confermare la propria teoria. «C-ci posso provare... dopotutto noi siamo quattro, delle chiavi sono centinaia... Ma, posso provarci...» forzai un sorriso. Sembrava cercassero di mettermi in difficoltà! Questa volta non avrei potuto far finta di non farcela... non potevo mentire loro un’altra volta. Mi misi al centro della sala e guardai in alto, chiudendo gli occhi. Mi concentrai sul suono che quelle migliaia di alette producevano vibrando all’unisono. Quando chiudevo gli occhi, una parte di me, era come se lasciasse il mio corpo, diventando inconsistente, e vagasse... potevo lasciala libera a vagare per la stanza, per la scuola, fino ad arrivare, ogni volta, al Lago Nero e inabissarsi nelle profondità più oscure, tra le quali trovava Avvincini e Maridi, e perfino ippocampi giganti, che anche se passavo loro vicina, non mi vedevano; oppure potevo controllarla e dirle dove andare, cosa fare... se fare qualcosa. Questa sensazione la sentivo anche in quel momento, dissi alla me incorporea di passare in mezzo alle chiavi, di fermarle all’istante preciso del nostro passaggio. Il fruscio d’ali cominciò a dissiparsi sempre di più, fino a cessare. A quel puto aprii gli occhi vedendo davanti a me uno sciame di colori e luccichii fermi, immobili. «Grande!» disse Ron ammirato. «Adesso ci rimane solo trovare la chiave...» disse Hermione. “Shade!” “Si?” rispose Shadow muovendosi nella mia tasca. “Esci dalla tasca e trova una chiave argentata con le piume azzurre, arruffate a sinistra... per favore?” dissi in fine. “Ok...” pensò dopo un po’ uscendo dalla tasca e iniziando a svolazzare verso l’alto. «Cercate anche voi, così facciamo prima» dissi, pensavo fosse ovvio, ma gli altri stavano facendo i cavoli loro. Tutti tranne Hermione. Io guardai il mucchio di chiavi, ma mi persi nei miei pensieri: era quasi la fine dell’anno, cos’avrei fatto quando sarei tornata a casa? Sarei tornata a casa? ‘È reale quello che sto vivendo?’ Me l’ero fatta tante volte questa domanda, ma non riuscivo a dare una risposta. Tutti questi pensieri mi assillavano, impedendomi di pensare ad altro. ‘Flora, l’ho trovata!’ disse Shade nella mia mente e spazzando via i pensieri precedenti. Alzai lo sguardo verso la volta della stanza, cercando quel minuscolo punto dai colori del crepuscolo. Lo vidi dimenarsi nella parte più alta della stanza, vicino ad una chiave molto grande e argentata. “Ok, prendila e portala giù” gli dissi annuendo per fargli capire che l’avevo visto. Lui con le zampe anteriori prese lo stelo della chiave e, con molta calma, planò in direzione della mia spalla, fino ad appollaiarvisi sopra. “Bravo draghetto” gli dissi. «Menomale che abbiamo te e Shade, Flora, senza di voi non ce l’avremo mai fatta» sostenne Harry. ‘Si che ce l’avreste fatta! Senza di me, tutto andrebbe secondo i piani, ed io non vi starei fra i piedi!’ Presi la chiave che Shadow mi porse e la diedi, con espressione scettica, ad Harry. Lui la prese e, senza troppi se e ma, la infilò nella serratura e la girò, facendo scattare la quest’ultima. Vidi il volto dei miei tre compagni illuminarsi di gioia e trionfo. Spinse la porta, dando ai nostri occhi la possibilità di vedere la stanza accanto. In essa improvvisamente ci fu un esplosione di luce, che la invase tutta, permettendoci di vederne il contenuto. Il retro dei pezzi bianchi, molto più alti di me, fu la prima cosa che vidi. Poggiati sull’enorme scacchiera dominavano la stanza, facendomi sentire molto piccola. Dall’altra parte di quest’ultima, vi erano i neri – anche questi altissimi – che proteggevano un’altra porta, molto simile a quella precedente. Quando alzai lo sguardo vidi che non avevano volto, e questo li rese ancora più inquietanti. ‘Un attimo... pezzi bianchi? Non erano neri?’ «Cosa facciamo?» chiese Harry. «Ma è chiaro, no?» rispose Ron «Dobbiamo iniziare a giocare e quando avremo vinto potremo attraversare la stanza fino ad arrivare dall’altra parte.» «E come facciamo?» chiese Hermione dubbiosa. «Io penso» cominciò Ron «Che dovremo far finta di essere anche noi dei pezzi degli scacchi...» si diresse verso un cavallo bianco e non appena lo toccò, questo si animò e volse lo sguardo – diciamo, il volto senza espressione – in direzione di Ron. «Dobbiamo... ehm... venire con voi per attraversare la stanza?» chiese esitante. Il cavaliere annuì. «Qua bisogna pensarci bene...» disse pensieroso «Credo che dovremo prendere il posto di quattro pezzi bianchi...» Io lo guardai con una smorfia: aveva aggiunto anche me. La partita in questo modo cambierà. «Beh, non vi offendete, eh? Ma nessuno di voi tre è molto bravo a scacchi...» disse confondendo la mia smorfia e le facce confuse degli altri. «Io non ho detto niente» replicai. «Figurati se ci offendiamo» ribatté Harry «Dicci solo cosa dobbiamo fare.» «Allora, Harry, tu prendi il posto di quell’alfiere, tu, Hermione, mettiti vicino ad Harry, nel posto di quella torre, e tu, Flora... mettiti al posto della regina.» Perfetto... sbuffai. «E tu?» «Io farò il cavallo» rispose Ron. I pezzi appena nominati da Ron si animarono e scesero dalla scacchiera, lasciandoci il loro posto. Io molto lentamente mi sistemai al posto della regina – o donna, come volete – e gli altri al loro posto. «I bianchi muovono per primi, quindi suppongo dovremo iniziare...» sospirò «Cominciamo... E2 in E4!» gridò. Il pedone cominciò a camminare, spostandosi di due posizioni. Il pedone corrispondente, E7, fece la stessa mossa, posizionandosi il E5. «Aspetta, Ron, la sai la strategia delle sette?» sussurrai. Lui ghignò divertito e annuì. «F2 in F4!» il pedone si sistemò nella casella a lui assegnata. «Ma cosa fate? Così sarà mangiato!» strillò Hermione. «Tranquilla» disse Ron. «Tutta strategia...» conclusi io. Mio fratello per un periodo era stato un patito degli scacchi, guardava le partite storiche e leggeva anche libri sull’argomento. Ogni volta che scopriva qualcosa di nuovo me lo diceva subito e si esercitava. Era asfissiante! Beh, almeno avevo imparato questa cosa delle sette mosse. Sentii il rumore dei passi pesanti del pedone E5 che si spostava in F4, mangiando il nostro pedone. «Cavallo» e indicò l’altro cavallo bianco «In F3!» Un pedone sulla D7 si mosse e andò in D5. Stava andando tutto alla perfezione. «Cavallo in C3!» urlò Ron spostandosi nella posizione dichiarata. Il nostro pedone, in E4, fu mangiato da un pedone nero in diagonale con esso. «Cavallo in E4!» si spostò e mangiò il pedone che precedentemente aveva mangiato il nostro. L’alfiere in C si mosse di cinque caselle fino ad arrivare in G4. «Regina in E2!» io mi mossi in diagonale di una casella, posizionandomi al mio posto, davanti al re. L’alfiere che in precedenza si era spostato, mangiò il cavallo che non era Ron. Era andato tutto liscio, era arrivato il momento dell’ultima mossa. «Cavallo in F6!» disse trionfante spostandosi nella casella vincente «Scacco matto!» esclamò trionfante. Il re nero si tolse la corona sempre con la sua – non – espressione e la lanciò per terra davanti a Ron. Subito partimmo verso la porta «La Sprite il suo tiro lo ha già fatto, anche la McGranitt, con gli scacchi... ci manca Piton» disse Hermione convinta. Quando arrivammo alla porta tutti prendemmo la maniglia e vidi le espressioni spaventate degli altri. Sicuramente pensavano a quali cose spaventose ci sarebbero potute essere nell’altra stanza. Beh, sarebbe stata una sorpresa per loro. Infatti quando aprimmo la porta vidi le sette bottiglie ben allineate sul tavolo con vicino la pergamena arrotolata dell’indovinello. Ognuna era diversa, alte e strette, rotonde e basse, di forma quadrata... Sentii una vampata di calore sulla schiena e constatai che il fuoco viola era arso alle mie spalle, attivando anche le fiamme nere per arrivare alla Pietra. «Cosa dobbiamo fare?» chiese Ron. «Qui c’è lo zampino di Piton...» fece Hermione. Ci avvicinammo al tavolo dove Hermione prese la pergamena. «Guardate qua: Davanti a voi è il pericolo, dietro la sicurezza Due tra di noi vi aiutano, usate la destrezza Una sola, di sette, vi lascerà avanzare Se un'altra ne berrete, vi farebbe arretrare Due son piene soltanto di nettare d'ortica Tre, assassine, s'apprestano alla loro fatica. Scegliete o resterete per sempre tra i supplizi. Per aiutarvi a scegliere, vi diamo quattro indizi: Primo, seppur subdolamente il velen non si svela, Il vino delle ortiche alla sinistra cela; Secondo, differenti sono quelle agli estremi Ma per andare avanti rimangono problemi; Terzo, come vedete, non ve n'è una uguale Sol di nana e gigante il vin non è letale; Quarto, la seconda a dritta e la seconda a sinistra Sono gemelle al gusto, ma diverse alla vista.» Lesse il tutto moto lentamente, come per assaporarne le parole. «Geniale!» disse la mia amica «Questa non è magia: è logica. Si tratta di una sciarada. Ci sono tanti grandi maghi che non hanno un briciolo di logica: loro sì che resterebbero bloccati qui in eterno.» «E anche noi, vero?» chiese Harry. «Certo che no! Su questa pergamena c’è tutto quello di qui abbiamo bisogno. Lasciatemi un secondo...» ci diede le spalle e si mise a borbottare. Dopo quasi un minuto si girò raggiante «Ci sono!» esclamò «Quella più piccola azzurra ci farà attraversare le fiamme nere per andare a prendere la Pietra. E quella viola rotonda ci farà tornare indietro» disse fiera di se. «Dentro non c’è abbastanza pozione per tutti e quattro... non è neanche un sorso...» osservò Harry. Tutti ci guardammo. «Vado io» disse Harry «Voi prendete quella per tornare indietro, chiamate i professori e avvisateli che devono venire... io me la caverò» sospirò. «Ma Harry, che farai se con lui c’è... Tu-Sai-chi?» chiese Hermione preoccupata. «Beh, ho avuto fortuna una volta, non è vero?» indicò la sua fronte «Potrei avere fortuna di nuovo.» Tutti lo abbracciammo. «Stai attento» dissi forzando un sorriso. Speravo che niente sarebbe cambiato. Già gli scacchi erano cambiati, cos’altro sarebbe accaduto?

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Quel genio di Ron ***


«Bevete voi per primi, siete sicuri sia quella giusta?» chiese Harry. «Certo che lo è!» rispose Hermione indignata. Harry alzò le mani in sua difesa. «Allora, Ron, bevi tu per primo?» chiesi io. Lui annuì e si diresse verso il tavolo, afferrando una pozione. «Ce la puoi fare» disse Hermione e Harry. «Hermione ha ragione, Har-» fui interrotta da un tonfo. Mi girai e vidi Ron a terra. Mi si mozzò il respiro. «Ron!» Tutti gli corremmo in contro e lo tirammo su. «Ron ha bevuto la bottiglia sbagliata!» disse Hermione disperata. «Dobbiamo portarlo subito indietro, Hermione!» gridai io. «Harry, tu và, ci pensiamo noi... veloce!» dissi, non potevamo perdere tempo. Harry bevve la sua pozione e corse attraverso il fuoco nero, guardando Ron prima di attraversarlo. «Prendi la pozione giusta!» disse Hermione. Presi dal tavolo una bottiglia viola e panciuta. «Dobbiamo fargliela bere. Prima noi.» dissi bevendo un sorso di pozione. Era asprigna e al tempo stesso amara. E calda, molto calda. «Bevi» dissi ad Hermione. Io intanto sostenevo Ron per le braccia. Quando Hermione ebbe finito mise la bottiglia davanti alla faccia di Ron e la appoggiò alle sue labbra. «Avanti, Ron, bevi!» gli fece colare un po’ di liquido in bocca, facendolo tossire. «Si!» «Prendilo per i piedi!» dissi in preda al panico. «Cosa? Ma... puzzano...» disse schifata. «Non è il momento di fare dell’ironia...» la guardai severa. «Ok» prese i piedi per le la caviglia e se li portò al fianco destro. «Andiamo» dissi. Corremmo, con Ron in braccio, attraverso il fuoco, e andammo verso la scacchiera. «Oddio, che pesante!» disse Hermione. Quando arrivammo alla scacchiera, gli scacchi magici ci si pararono contro. «Cosa?!» gridai «Non potete farci rifare la partita! Spostatevi!» urlai senza contegno. I pezzi, stranamente, mi ascoltarono e si spostarono ai lati della scacchiera per lasciarci il passaggio libero. ‘Strano, molto strano...’ «Grande!» disse Hermione ammirata «Dai andiamo.» Mi accorsi solo dopo un po’ Ron era veramente pesante... con tutte le cosce di pollo che si mangiava! Facevamo un po’ di fatica a portarlo, io ed Hermione. Qualche volta Ron sbatté la testa contro un muro o altro, ‘ops...’ Arrivammo alla stanza delle chiavi «Prendiamo le scope, ci serviranno per attraversare il Tranello del Diavolo e la botola... ma come facciamo con Ron?» chiese scoraggiata. «A quello ci penso io» annuii «Andiamo.» «E le scope?» «Ci penso io.» Attraversammo il corridoio molto stretto ed arrivammo sotto il Tranello del Diavolo e appoggiammo Ron per terra. Feci fluttuare due scope verso di noi, prendendo per il manico di una Twigger 90, sicuramente non presa di recente, ci salii. Hermione fece lo stesso su una Comet 1000... beh, non riuscii a vedere il nome, era molto sbiadito. «Allora, noi ci alziamo, fai un altro lumus solem, passiamo e faccio passare Ron dietro di noi. Guardiamo che Fuffi sia a debita distanza dalla botola e passiamo. Domande? Pensaci bene: dobbiamo fare presto» dissi tutto d’un fiato e sempre più agitata. Si alzò di poco con la scopa ed io la seguii. «Lumus solem!» Alcuni pezzi di pianta mi caddero vicini, mentre cercai di passare per il buco creato da Hermione, ma non mi presero. Cercai anche di non farli cadere su Ron, visto che era incosciente. Attraversammo la fenditura e feci volare Ron vicino a noi, cercando di proteggerci dalla pianta, che si ostinava ad avvolgere le nostre scope. Hermione guardò fuori dalla botola e salì, dandomi la conferma che il passaggio era libero. Salii lentamente, con Ron al seguito, e uscimmo dalla porta, ritrovandoci nel reparto proibito della biblioteca. Dovevamo fare in fretta: la respirazione di Ron era sempre meno regolare, anzi, stava cessando di respirare. Continuammo a volare sulle scope scendendo le scale. «Cosa facciamo adesso?» chiesi perplessa: dovevamo andare dalla McGranitt? Dal nonno? «Andiamo dalla McGranitt» rispose con il fiatone. «Ok, ma dov’è che dorme?» non me l’ero mai chiesta, non è che fosse tanto importante per me... fino a quel momento. «Vicino all’aula di trasfigurazione c’è una stanza, è il suo appartamento» disse sicura. Non le chiesi neanche come facesse a saperlo, Hermione era in grado di pedinarla, solo per sapere se aveva preso un altro bel voto in Trasfigurazione. Intanto Ron era ancora dietro di noi, ansimante e bianco in viso, quasi fosse un fantasma. «Allora andiamo al piano terra.» Ci dirigemmo, come appena detto al piano terra, volammo per la piazzetta e arrivammo all’aula di Trasfigurazione, scendemmo dalle scope e bussammo pesantemente alla porta della McGranitt. Si sentirono dei rumori provenire dall’interno della stanza, e dopo qualche secondo una Minerva stanca, in vestaglia da notte e irritata ci aprì. «Cosa ci fate qui, signorine, dovreste essere nella vostra sala comune a dormire!» sussurrò infuriata. L’eco della sua voce risuonò per la piazzetta. «Professoressa...» ci spostammo per farle vedere Ron ce fluttuava. «Oh... per tutti i folletti! Cosa è successo al signor Weasley?» disse avvicinandosi. «Ha ingerito un veleno...» dissi io abbassando il mio sguardo. Non ne fui certa, ma mi parve di sentire un: «per la sottana di Morgana!» detta sottovoce. «Ha un Bezoar sotto mano?» chiesi speranzosa. «... un Bezoar... certo!» esclamò aprendo completamente la porta per lasciarci entrare «Entrate svelte. Da quanto lo ha ingerito? Il veleno...» domandò indicandoci un divano dove appoggiare Ron. «Da qualche minuto... professoressa, erano veleni molto potenti quelli...» Hermione prese un bel respiro mentre la professoressa frugava fra le pieghe della vestaglia, probabilmente in cerca della bacchetta «Quelli nella sciarada delle pozioni, prima di arrivare alla P-Pietra?» Ci fu un attimo di silenzio, la professoressa aveva smesso di cercare la sua bacchetta e ci guardava sbalordite. «E voi come-» «Ci sarà tempo per le spiegazioni, professoressa, ma prima dobbiamo pensare a Ron» la guardai negli occhi decisa, e lei abbassò le spalle, quasi a volersi fare piccola. Come se le facessi paura. «Certamente...» disse infine. Dovevamo trovare subito un Bezoar, altrimenti non penso che Ron ce l’avrebbe fatta. Così appellai a me un Bezoar, non sapendo dove fosse, non sapendone le dimensioni, ma un Bezoar mi ritrovai tra le mani. «Professoressa, ho il Bezoar» dissi porgendoglielo. Lei si inginocchiò vicino a Ron, accostandoglielo alla bocca. «Dai, apri la bocca, Ron...» lo implorò Hermione. Dopo vari tentativi di fargli aprire la bocca gli pestai un piede, lui aprì la bocca per fare un gridolino, che fu soffocato dal Bezoar che gli veniva ficcato un bocca dalla McGranitt. Aspettammo un attimo e finalmente Ron tossì e si mosse. «Oddio...» sospirò Hermione. Ce l’avevamo fatta. Ron stava bene, il pallore dal suo viso stava sparendo. «Cosa... cosa è successo?» chiese Ron con voce flebile. «Tu!» lo indicai «sei un Genio... stupido... di un Wesaley!» gli diedi uno schiaffo e strinsi le mani a pugno per non dargliene un altro. «Cos’ho fatto? » chiese di nuovo con voce roca. «Cos’hai fatto? Cosa hai fatto!» mi coprii la faccia con le mani. «Credo che dovremo rimandare questi discorsi a dopo, dovremo controllare se il signor Weasley sta effettivamente bene, poi potrete continuare. E mi dovete spiegare cosa avete fatto questa sera... credo ci sia di mezzo anche il signor Potter, immagino il giusto?» chiese sospirando e sapendo già la risposta. Abbassai il capo. «Come immaginavo...» «Signor Weasley, riesce a camminare?» chiese poi alzandosi dalla posizione in cui era precedentemente, vicino al divano. «Credo di si...» «Bene, seguitemi... in infermeria» si sistemò la vestaglia e si incamminò verso la porta. «Dai Ron, vieni, ti aiutiamo.» Lo prendemmo per le braccia, nel caso cadesse – cosa molto probabile – e lo tirammo su. Lui si accasciò un po’ su se stesso, ma si raddrizzò subito. Seguimmo la McGranitt per i corridoi con Ron che arrancava, arrivando il infermeria. Lo conoscevo troppo bene quel posto, ci avevo passato un po’ di tempo a inizio anno. In quel momento c’era solo un ragazzino con la divisa da Quidditch ancora addosso, che ci guardava frastornato. Probabilmente avevamo interrotto il suo momento di pace. ‘Ops.’ Madama Chips ci venne in contro. «Cosa è successo?» chiese guardando Ron. «Un veleno...» le rispose la McGranitt rimando sul vano. Madama Chips rimase sorpresa comunque, anche se ogni giorno vedeva di tutto, un ragazzino del primo anno non veniva nel cuore della notte perché avvelenato – e non da un siero d’amore, che di sicuro era più comune. «Stendetelo suo questo lettino» indicò il più vicino a lei. La professoressa ci prese da parte «Adesso, voi due signorine, mentre Madama Chips si accerta che il signor Weasley stia bene, voi mi spiegherete cos’è successo» disse, e di sicuro non le si poteva disobbedire. Le spiegammo – soprattutto Hermione – cos’era successo nella botola, lei ci ascoltò e ci interruppe molte volte, naturalmente. Rimase un po’ scioccata quando capì che avevamo superato tutte le prove, ci sottovalutava. Grazie a Hermione convincemmo la professoressa che qualcuno, secondo noi – non me – Piton, era la sotto e cercava di rubare la pietra. «Quello che mi state dicendo, signorine, è disastroso. E che il signor Potter sia lì, da solo con questa persona di cui non sappiamo niente, è molto pericoloso.» Le porte dell’infermeria si aprirono e il nonno venne verso di noi con una camminata abbastanza veloce. «Albus, per quale motivo sei a scuola? Non eri al ministero?» chiese sorpresa. «Hanno annullato la riunione, e date alcune circostanze sono tornato» rispose con tanta facilità, che gli credetti subito. Poi, non sapevo se stava mentendo, da quanto ne sapevo io, lui poteva veramente essere andato ad una riunione del Ministero che in seguito era stata annullata. ‘Come non credergli.’ «Come mai la signorina Granger e mia nipote sono qui?» domandò alla professoressa «E il signor Weasley?» chiese dopo aver guardato alle nostre spalle. «Albus, ti dobbiamo spiegare delle cose...» E così dopo un’altra lunga spiegazione, il nonno inviò alcuni professori a controllare dentro la botola, tra i quali anche la McGranitt. Rimanemmo io, il nonno ed Hermione a girarci i pollici, aspettando che Madama Chips finisse di controllare Ron. «Signorina Granger, le dispiace se parlo un attimo con Flora?» sentii la voce del nonno porre questa domanda, e mi sentii persa. Non sapevo cosa dirgli, di sicuro, non si aspettava un Ron mezzo svenuto. Hermione si congedò e andò vicino a Ron. Io rimasi ferma, guardandomi le punte delle scarpe. «Flora, vuoi seguirmi?» chiese gentilmente. Io scossi la testa, non avrei potuto rimandare la conversazione per sempre, ma potevo provarci... «Per favore» mi richiamò calmo «Puoi seguirmi fuori dall’infermeria?» concluse guardandomi negli occhi. Non potevo resistere, quando mi osservava così era come se il gatto con gli stivali mi guardasse con i suoi occhioni immensi e persuasivi. Con riluttanza mi avviai verso la porta con il nonno al seguito, fermandomi appena varcato l’architrave del portone. Restai ferma, inoperosa e con le braccia incrociate al petto. Non volevo vedere lo sguardo del nonno, così mi concentrai sull’elaborato intreccio del maglione... ‘molto interessante...’ «Allora...» sentii la sua voce «Cos’è successo nel percorso per arrivare alla pietra?» Io sospirai sconsolata «Sapevi anche tu, che visto che c’ero anch’io, in qualche modo, anche inconsapevolmente, avrei cambiato le cose...» «Raccontami...» «Beh... innanzi tutto, ho dovuto velocizzare le cose nella prova del Tranello del Diavolo...» cominciai. «Per quale motivo?» Io mostrai il livido violaceo che avevo sul collo «La pianta mi stava strangolando...» «In questo caso era necessario» dichiarò. «Si, ma ho comunque modificato le cose dal primo momento...» Aspettammo un attimo. «Continua.» «Quando è arrivata la prova delle chiavi, hanno iniziato a dirmi di provare ad aprire la porta, e io sentivo di potercela fare... ma non lo ho fatto» aspettai un attimo «Mi hanno chiesto se riuscivo a fermare tutte le chiavi, visto che precedentemente ero riuscita a fermare i nostri corpi prima dell’impatto con il pavimento. A quel puto lo ho fatto, non volevo mentire loro un’altra volta» inspirai «anche negli scacchi, Ron mi ha assegnato il posto della regina, e abbiamo vinto la partita i sette mosse, ergo, Ron non doveva andare in infermeria, quindi siamo andati tutti avanti senza problemi.» «Cosa è accaduto quando siete arrivati alla Sciarada?» chiese interessato. «Abbiamo deciso di lasciare che Harry proseguisse e che Ron bevesse per primo la pozione.» Sbuffai «Ron però ha preso la pozione sbagliata.» «Non è stata colpa tua, se tu non ci fossi stata, lui avrebbe sbagliato comunque...» «Chi te lo dice?!» sibilai «Lui adesso potrebbe stare bene, essere vicino ad Hermione, che parlano di Harry... o del tempo, che ne so! So che potrebbe non essere steso su un lettino che respira a fatica!» mentre gridai quest’ultima frase mi alzai di qualche centimetro da terra e intorno a me ci fu un esplosione c’aria che sbilanciò il nonno e spostò di qualche centimetro un letto li vicino. Mi girai e andai vicino ad Hermione. Il nonno non mi fermò, e gliene fui grata. Madama Chips, dopo essersi accertata che Ron stesse bene, con una serie di test, ci diede il permesso di parlargli, anche se, a detta sua, doveva riposare. Quando ci sedemmo sul suo letto lui abbassò il capo. «Ho sbagliato, vero?» bisbigliò «Pozione, intendo.» Tutte e due stemmo in silenzio. «Mi dispiace... veramente» continuò. «Ci credo bene che di dispiace!» fece Hermione sarcastica. «Tanto saremmo dovuti tornare indietro. Solo... non con te incosciente...» dissi io. Adesso mi ero calmata, ma prima avrei potuto picchiarlo, quel deficiente. «Adesso speriamo che Harry stia bene» sentii Hermione sviare l’argomento. Incrociai le dita: speravo di non aver cambiato niente. ‘Ti prego, fa che non abbia cambiato niente, ti prego.’

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Ultimi giorni ***


Quel giorno io ed Hermione sgranocchiammo un po’ dei dolcetti degli ammiratori di Harry – nell’attesa che lui si svegliasse – dando la colpa a Ron. In proposito, avevo scopeto che le Cioccorane erano molto meglio della Nutella. Madama Chips aveva detto che quel giorno si sarebbe dovuto svegliare, probabilmente. ‘Probabilmente.’ Dopo aver parlato con i professori in infermeria, eravamo rimaste un po’ con Ron che si era decisamente ripreso. Era passata molta gente tra i quali anche Thomas, Seamus, Monica e Oliver. Quest’ultimo entrò dal portone dell’infermeria correndo, appena ci vide venne verso di noi guardandoci... guardandomi, dritto negli occhi. Appena fu davanti a me scosse la testa con uno strano sorriso e mi abbracciò. «Siete state delle stupide incoscienti!» mi strinse forte a se in u abbraccio fraterno. Sorrisi e ricambiai il suo abbraccio. ‘Che dolce, si è preoccupato per me.’ Quando si staccò si girò verso Hermione «Ma anche tu, pensavo che aveste un po’ di sale in zucca!» Dopo qualche ramanzina da parte di Oliver, lo convincemmo che in quel momento stavamo bene e non contava se eravamo andate dentro la botola. «L’importante è che non vi siate fatte male» disse in fine sospirando. «Ah, finalmente lo hai capito...» feci io esasperata. Ero impaziente di sapere cos’era successo la sotto. I professori avevano detto di aver trovato Harry svenuto e con la pietra in mano. Nient’altro. Quando ce lo dissero io scoppiai di gioia e non fu difficile capire che feci una figura del cavolo. Non me ne importava un fico secco. Dovevo sapere la storia direttamente da Harry. Per questo ero nella Sala Grande a magiare la mia fetta enorme di pasticcio. Dovevo lasciare che prima parlasse con il nonno. Con quest’ultimo, non ci avevo ancora parlato. Le rare volte che ci incontravamo per la scuola lo guardavo con la coda dell’occhio, vedendo che anche lui guardava me, e me ne andavo dalla parte opposta. Non volevo ammetterlo, ma dovevo scusarmi con lui, non dovevo scaricare la mia rabbia su di lui, ma ero troppo orgogliosa per dirglielo. «Oggi pomeriggio andiamo a trovare Harry?» domandò Hermione al mi fianco. Come se su Hermione fosse stata usata l’Occlumanzia, Neville entrò nella Sala Grande venendo verso di noi correndo e ansimando. «Si è svegliato, si è svegliato!» disse col respiro affannoso. Ron si alzò subito dal tavolo, seguito da me ed Hermione. Percorremmo i corridoi correndo. Pensai al povero Neville che doveva farsela un’altra volta di corsa ma... «Ehi!» sentii gridare qualcuno. Mi fermai bruscamente e Ron, dietro di me, mi venne addosso. Girai la testa e vidi alcuni capelli corvini coprire degli occhi verdi che guardavano nella nostra direzione. ‘Occhi di Lily’ pensai sghignazzando. «Harry!» Gli corsi in contro e lo abbracciai forte. Mi ero preoccupata così tanto... Meno male che stava bene, non so cos'avrei fatto se si fosse fatto del male, o peggio. Mentalmente pensai ‘Espulso’. Risi nuovamente. Lasciai che gli altri lo abbracciassero e poi iniziai con le domande. Lui rispose a ogni cosa. Era un po’ imbarazzato, lo si capiva dal quasi impercettibile rossore che aveva sulle guance. Disse che Voldemort – appena pronunciò il nome, Ron quasi svenne, di nuovo – lo aveva deriso perché era andato lì tutto soletto. «Beh, non penso riderà più alle tue spalle d’ora in poi» Ron tirò fuori quel sorriso da scapestrato. «In effetti...» Passò del tempo, non saprei dire quanto, ma gli studenti e i fantasmi che ci passavano accanto a poco a poco divennero meno, e capii, o meglio: il mio stomaco capì, che era ora di cena. Passammo vicino alle clessidre che segnavano i punti delle case. La clessidra di Serpeverde era quella con più cristalli nella parte inferiore, e quella di Grifondoro era quella con meno, ma non per molto. La Sala Grande era già addobbata con i colori di Serpeverde: verde e argento. Non mi erano mai piaciuti quei colori, erano troppo freddi. Non che non mi piacesse il freddo, l’inverno era la mia stagione preferita, ma quei colori non esprimevano niente, se non l’anima vuota della maggior parte dei Serpeverde. Quando fummo seduti ai nostri posti di Grifondoro, molti ragazzi vennero a congratularsi con noi. Io ringraziai tutti, ma rimasi un po’ in parte. Come aveva detto il nonno, quello che era successo nella botola era segretissimo e quindi, naturalmente, tutta la scuola lo sapeva. ‘Naturalmente. Troppi avverbi!’ Nella vita c’erano troppi avverbi. Perché doveva esserci quel naturalmente? Anzi, perché esisteva la parola naturalmente? Non aveva senso. Era una parola insignificante, con un significato altrettanto futile, e... «Un altro anno è passato!» la voce del nonno rimbombò nella Sala Grande «E io devo tediarvi con una chiacchierata da vecchio bacucco, prima che possiamo affondare i denti nelle nostre deliziose leccornie. Che anno è stato questo! Si spera che adesso abbiate la testa un po' meno vuota di quando siete arrivati... E ora, avete tutta l'estate davanti a voi per tornare a vuotarvela, prima che cominci il nuovo anno...» fece una lunga pausa «Ora, se ho ben capito, deve essere assegnata la Coppa delle Case, e la classifica è la seguente: al quarto posto Grifondoro, con trecentododici punti; al terzo posto Tassorosso, con trecentocinquantadue punti; al secondo posto Corvonero, con quattrocentoventisette punti e al primo posto, con quattrocentosettantadue punti... Serpeverde!» Tutti i Serpeverde cominciarono a gridare e a battere le mani gioiosi, molti cappelli furono lanciati in aria. Alzai gli occhi al cielo, gioivano troppo presto. «Sì, sì, molto bene, Serpeverde» continuò il nonno «ma ci sono alcuni recenti avvenimenti che vanno presi in considerazione.» Per alcuni secondi la stanza piombò nel silenzio. «Primo, al signor Ronald Weasley...» Guardai Ron che era arrossito, fino a confondere il suo volto con i capelli. «Per la migliore partita a scacchi che si sia vista a Hogwarts da molti anni a questa parte, attribuisco al Grifondoro cinquanta punti.» Dal nostro tavolo partirono fischi d’ammirazione, e Ron divenne ancora più rosso. Dopo applausi e un Percy molto orgoglioso che si vantava di Ron, calò di nuovo il silenzio. «Secondo, alla signorina Hermione Granger... per avere usato freddamente la sua logica di fronte al fuoco, attribuisco alla casa di Grifondoro cinquanta punti.» Altri fischi ed esclamazioni. «Terzo, alla signorina Flora Silente...» cominciò. Spalancai la bocca. Avrebbe dato dei punti anche a me? «Per la sua scaltrezza, mentre altri erano in pericolo, attribuisco al dormitorio di Grifondoro cinquanta punti.» Sentii altri fischi e molte pacche sulle spalle ma non ci badai: non avevo ancora realizzato il tutto. Non mi aspettavo che il nonno mi assegnasse dei punti. «Esistono molti tipi di coraggio» disse il nonno sorridendo. «Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici. E pertanto... attribuisco dieci punti al signor Neville Paciock.» «Grande Neville!» sentii dire da Ron. Ok, non me l’aspettavo, ma dovevo riprendermi! «E per ultimo, ma non meno importante, al signor Harry Potter...» nella sala non si udì più volare una mosca. Ok, mi ero ripresa. «...per il suo sangue freddo e l'eccezionale coraggio, attribuisco al Grifondoro altri sessanta punti!» Tutta la tavolata si alzò in piedi, me compresa – anche se un po’ in ritardo – ed esultò. Avevamo vinto, ed io avevo contribuito! Il frastuono divenne sempre più assordante. Molti studenti ci davano pacche sulla schiena, congratulandosi. Io abbracciai forte Hermione. «Ciò significa» la voce del nonno sovrastò nuovamente tutto il baccano che facevamo «Ciò significa» ripeté «che un cambio di... arredamento – possiamo dire – è d’obbligo.» Alzò una mano verso le decorazioni verdi-argento che cambiarono, diventando di colorii caldi. Molto comuni per me: oro e rosso. Un gargoyle. Era solo una statua che si girava... perché mi spaventava così tanto? Feci un passo avanti, un passo molto incerto. Ne era conferma la mia gamba tremante. ‘Apriti.’ Non successe niente. ‘APRITI.’ Stesso risultato del precedente. Forse il nonno aveva messo un incantesimo per bloccare l’entrata. No, non era possibile. Forse ero io che non mi stavo concentrando abbastanza. Ci riprovai più e più volte. Risultato nullo. Devo decidermi o apro la porta o me ne vado via: oggi è l’ultimo giorno, se non lo faccio ora non lo farò prima del prossimo anno pensai. Rimasi ancora ferma per qualche secondo e poi girai su me stessa per tornare nel dormitorio dei Grifondoro. La mia tasca si mosse, Shade si mosse. Uscì velocemente da quello che era stato il suo nascondiglio per tutto l’anno, e mi si piazzò davanti, impedendomi di proseguire. Scosse il minuscolo capo in segno di dissenso. “Devi andarci.” “No.” “Si. “ “Non voglio. E non riesco.” “Ma devi...” Sentii un rumore di passi provenire a dietro di me. Dalla camminata era una sola persona. La persona non era impacciata o altro, e sicuramente la persona non era uno studente. La persona si schiarì la voce. ‘Oddio, no!’ La persona si fermò. ‘Ce la posso fare. Ce la posso fare.’ “Ce la puoi fare.” Shade entrò lentamente nella mia tasca sistemandosi per bene, com’era suo solito fare. Mi girai lentamente. ‘Per tutti i folletti, non ce la posso fare!’ “Sì, invece.” «Flora.» Disse solo una parola, che però mi fece tremare le gambe. «Ciao» dissi abbassando la sguardo sulle punte delle mie scarpe. Lui non rispose. Dovevo iniziare io la conversazione, avrei preferito essere interrogata in storia della Magia su tutto il Comportamento dei Lupi Mannari del 1965. «Volevo parlarti» cominciai iniziando a giocare con i miei capelli. «Come mai non sei venuta nel mio studio?» chiese perplesso. «Non sono riuscita ad entrare...» risposi e poi aggiunsi sottovoce «penso che centrasse con il fatto che non avevo tanta voglia di venire.» «Beh, adesso puoi parlarmi, cosa volevi dirmi?» «Volevo dirti che mi dispiace» poche e semplici parole. «Per cosa?» mi domandò. «Per essermela presa con te, quella sera: non dovevo. Ero arrabbiata con me stessa e non riuscivo a... controllarmi.» Me ne ero accorta solo in quel momento. Avevo avuto un momento di crisi e non ero riuscita a controllarmi. Non avevo pensato a niente, se non altro che ero arrabbiata con me stessa e quindi con il mondo intero. «Flora, tutti abbiamo dei momenti di cedimento. Tu eri arrabbiata con te stessa, e hai avuto un crollo emotivo. Magari non sei avvezza ad avere questi momenti di debolezza, ma – e non per sconsolarti – ma ne avrai altri. Sei ancora giovane e hai una lunga vita davanti. Forse più lunga della mia...» ‘Quanta comprensione.’ Non me l’aspettavo. «Se fossi stata io, non mi sarei comportata così...» «Ma io invero, non sono te. Se fossi te, starei tutto il giorno a saggiare le risorse dei miei poteri» spiegò con un sorrisetto divertito, mettendomi una mano sulla spalla. In quel momento seppi che mi aveva perdonato. Feci un passo verso di lui e lo abbracciai. Lui, a mi abbracciò a sua volta. Perché non riuscivo mai a coglierlo alla sprovvista? Mi sarebbe piaciuto vederlo sorpreso almeno una volta. «Aspetta... forse hai una giratempo. Ecco come fai a non sorprenderti mai...» sussurrai quel pensiero. Avevo sussurrato troppo forte, quindi soffocai le ultime parole nelle pieghe della tunica del nonno. «Non ti chiederò in che modo sei arrivata a questa deduzione, ma sappi che sono molto intuitivo.» Cavolo, aveva sentito. ‘Me e la mia stupida boccaccia che non sa sussurrare.’

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Si torna a casa ***


Stavo seduta in uno scompartimento del treno con la testa china e gli occhi chiusi, sbuffando ogni due minuti: non volevo andare a casa. Certo, mi mancava la zia, ma preferivo stare ad Hogwarts, quale ragazzino non l’avrebbe desiderato. Anche Harry, al mio fianco, era molto silenzioso e ogni tanto guardava fuori dal finestrino sperando di non essere troppo vicino a King’s Cross. Stava pensando a come svignarsela quando i suoi zii lo avessero visto... Mi sentivo un po’ impicciona a leggere i pensieri altrui. E poi, era scomodo chiudere sempre gli occhi per farlo. Ah, sì. Sapevo fare anche questo. Non avrei potuto chiamarla Occlumanzia, non pensavo lo fosse. Per ora leggevo – o quello che era – i pensieri correnti delle persone. Era strano, ti ritrovavi in una mente non tua, ad aprire dei cassetti immaginari con dentro pensieri. E, come ho detto, mi sentivo un’impicciona. Però... a volte i pensieri delle persone erano così... forti, o meglio, gridati. E io non riuscivo ad ignorarli. All’inizio non l’avevo intuito, poi sentendo sempre questo brusio continuo, ho pensato di sentire delle voci – e sappiamo tutti che non è una bella cosa, neanche nel mondo magico – così ho cercato di capire cosa dicessero questi sussurri, e ho scoperto che erano i pensieri delle persone che mi stavano accanto. Soprattutto di Harry: quel ragazzo pensava davvero tanto, troppo per la sua età. ‘Non che io sappia a che età si inizia a pensare così tanto, le mie sono tutte ipotesi.’ «Che asociali che siete voi due oggi» sibilò Hermione rivolta a me ed Harry. Dovevo trascorrere tutto il tempo restante con i miei amici divertendomi. Non avrei sprecato altre ore. E ne avevo sprecate già due a impicciarmi nei pensieri altrui. «Hai ragione. Parliamo un po’» dissi io sistemandomi sul sedile. «Allora, Ron... dimmi qualcosa di strano del mondo della magia.» «In che senso?» «Qualcosa che hai sempre trovato strano del mondo magico. Ci dev’essere. Capisco che ci sei sempre vissuto e quindi trovi tutto normale, ma qualcosa un po’ strano per te?» speravo in una risposta almeno un po’ sensata. Non da una persona del quoziente intellettivo di un bradipo o di un cucchiaino. «Beh, qualcosa ci sarebbe, ma è una cavolata...» «Dimmi tutto» lo anticipai. «I babbani usano delle penne da scrivere che non serve l’inchiostro: lo hanno già... non capisco come mai noi maghi e streghe non usiamo quelle.» ‘In effetti, cavolata sì. Ma almeno qualcosa di... logico lo ha tirato fuori.’ «Ok. Almeno qualcosa lo hai detto.» «Adesso tocca a me» si intromise Hermione «se non avete un frigorifero, come conservate i cibi?» «Beh, con un incantesimo, no? E poi cos’è un frigorifero?» «Non ci avevo pensato... è una cosa che tiene al fresco gli alimenti» rispose Hermione prontamente. «Sai cos’è la televisione?» chiesi. «Oh, papà una volta me lo ha spiegato: è una scatola in cui appaiono delle immagini... no, aspetta, era qualcosa che centrava con le notizie...» continuò a borbottare qualcosa di insensato per un po’, e poi «facciamo che è qualcosa che centra con le notizie e con le immagini» concluse. Hermione scosse la testa e se la prese tra le mani massaggiandosi le tempie. Non potevo biasimarla. «Qualcosa del genere...» rassicurai Ron. «E che cos’è un...pennilatore?» domandò grattandosi la nuca. “Speriamo non abbia i pidocchi...” I pensieri di Hermione mi offuscarono la mente. Furono interrotti dalla risata di Harry. Una risata! «Pennilatore?» sghignazzò. «Perché, ho detto qualcosa di male?» chiese Ron fissandolo un po’ intimidito. La sua espressione fece ridere anche me: la sua faccia era un misto tra l’imbarazzato, il preoccupato e l’intimidito. «Si dice ventilatore, e serve per fare aria» disse Hermione scuotendo ripetutamente la testa. «Per creare aria?!» «No» rispose lei sconsolata come se volesse dire: ‘Non si può ragionare con certi maghi.’ Che rottura, capisco che Ron a volte le cose non le capisce proprio, ma neanche criticarlo ogni secondo. Non mi sembra tanto bello nei suoi confronti. ‘Tanto poi lo sappiamo come finisce...’ Andammo avanti a parlare di cose senza senso del mondo magico e delle cose che Ron non sapeva del mondo babbano. A queste discussioni si aggiunse anche Harry, e mi parve di capire che anche lui voleva godersi questi momenti insieme. Dopo esserci scambiati i numeri e con numeri, intendo numeri di telefono – non cose magiche o quant’altro – scendemmo dal treno. Non ero mai stata a King’s Cross. ‘A dirla tutta non sono mai stata fuori dall’Italia, ma questi sono solo dettagli.’ Appena scesi dal treno vidi il cartello: binario Nove e Tre Quarti. Avevo sempre desiderato vederlo, ma non a tutti viene concesso questo onore. Un noto movimento nella mia tasca, mi avvertì che Shade si era svegliato. A confermare la mia teoria fu il mio stesso draghetto, che uscì starnutendo dalla mia tasca. La prima volta che lo vidi starnutire, pensai che avesse un pezzo di topolino ancora su per la gola. Avevo preso una paura... Avevo sempre avuto paura che Shade si mettesse nei guai... come stava facendo in quel momento. «Shadow, scendi dal cappello di quella strega!» gridai verso il mio draghetto. Stava appollaiato sul cappello di una strega, giocando con gli abbellimenti di piume colorate. Lui avvilito volò fino a me molto lentamente e si appoggiò alla mia spalla. «Non puoi svolazzare di qua e di là e metterti dove vuoi. Non penso che a te piaccia quando le mosche ti vengono in testa!» gli puntai il dito contro. Lui in compenso, me lo leccò. «Come osi!» cercai di mantenere un’espressione seria ma non ci riuscii «Io ti sto facendo una... strigliata di squame, e tu mi lecchi un dito? Sei un fenomeno, Shade.» “Hillink tol ni schistu? [pensi che non lo sappia?]” rispose arrogante. «Ah, è così? Allor-» «Ron! Dobbiamo andare, altrimenti rischiamo di restare bloccati qui!» Hermione gridava forte verso Ron, che era rimasto a parlare con Seamus. Ron salutò velocemente e corse verso di noi, o almeno ci provò –tutti i bagagli che aveva in mano lo facevano perdere a tratti l’equilibrio. «Flora!» Mi girai. «Pensavi di andartene senza salutarmi?» chiese sorridendo e alzando un sopracciglio. «In verità...» cercai di trovare una scusa per non averlo salutato «Io prima ti-» «Non mi va di sentire le tue scuse» mi interruppe abbracciandomi. «Scusa...» dissi ricambiando l’abbraccio. Ci mettemmo un po’ di tempo per uscire perché c’era una specie di Buttafuori solo che ti buffava fuori a copie o a trii per non attirare l’attenzione di babbani curiosi. Prima di oltrepassare il muro, Hermione mi batté la spalla indicandomi Shade. «Oh, giusto. Ko trast-esli [dentro la tasca]» sussurrai a Shadow prima di spingere il mio carrello contro alla colonna con scritto nove e tre quarti. Infransi quella superficie e mi ritrovai immediatamente in una normale stazione, con normali treni e normali babbani. Era come essersi svegliati, svegliata dal mio sogno più bello. Beh, non ne ero sicura, anche essere una Nephilim o trovare un armadio magico o essere una Semidea sarebbe stato bellissimo, non ero quindi sicura che essere una strega fosse... ‘questo non centra. Troppi libri!’ Dovevo concentrarmi sul dove andavo, altrimenti sarei andata addosso a qualcuno. «Eccolo, mamma, è lì, guarda!» la vocina di Ginny era di sicuro un’ottava sopra al naturale. Naturalmente indicava Harry. «Guarda mamma, vedo...» «Sta’ zitta Ginny, è maleducazione segnare a dito la gente.» Fecero un varco tra le persone fino ad arrivare a noi. «Allora, è stato un anno impegnativo?» chiese la signora Weasley. «Molto» rispose Harry «Signora, volevo dirle grazie per le caramelle e il maglione.» «Oh, anche io volevo ringraziarla» mi intromisi «Per la sciarpa.» Mi ero dimenticata che mi aveva fatto un regalo di natale. “Grazie Harry” pensai mentalmente. «Figuratevi, ragazzi.» Vidi un ombra calare e da dietro di me venne una voce bassa «Siete pronti?» Zio Vernon. Dietro di lui c’erano anche Zia Petunia e Dudley, sempre vestiti perfettamente, e perfettamente irritanti. Feci una smorfia, non dovevo chiamare Vernon, Zio Vernon. Non era mica mio zio. Però l’abitudine era troppa... «Voi dovete essere i parenti di Harry!» fece la signora Weasley. «In un certo senso» rispose zio Vernon, seccato. «Spicciati, ragazzo, non abbiamo mica tempo da perdere» detto questo andò via. Harry sospirò «Allora, ci vediamo quest'estate.» «Spero che tu abbia una bella estate» disse Hermione guardando Zio Vernon. «Flora, quella è tua zia?» chiese d’un tratto. Mi girai cercando tra tutte quelle persone la chioma bionda di mia zia, la trovai dietro zio Vernon. «Bene, ragazzi, ci si vede il prossimo anno!» salutai tutti con un abbraccio – comprese la signora Weasley e Ginny- e corsi verso mia zia. A metà strada mi fermai e mi girai. I miei amici erano ancora là che parlavano. «Ron!» gridai. Lui si girò a guardarmi con aria perplessa. «Avete i simboli zodiacali?» chiesi semplicemente. «Sì!» Gli sorrisi e mi girai, correndo verso mia zia.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Si torna a casa ***


Stavo seduta in uno scompartimento del treno con la testa china e gli occhi chiusi, sbuffando ogni due minuti: non volevo andare a casa. Certo, mi mancava la zia, ma preferivo stare ad Hogwarts, quale ragazzino non l’avrebbe desiderato. Anche Harry, al mio fianco, era molto silenzioso e ogni tanto guardava fuori dal finestrino sperando di non essere troppo vicino a King’s Cross. Stava pensando a come svignarsela quando i suoi zii lo avessero visto... Mi sentivo un po’ impicciona a leggere i pensieri altrui. E poi, era scomodo chiudere sempre gli occhi per farlo. Ah, sì. Sapevo fare anche questo. Non avrei potuto chiamarla Occlumanzia, non pensavo lo fosse. Per ora leggevo – o quello che era – i pensieri correnti delle persone. Era strano, ti ritrovavi in una mente non tua, ad aprire dei cassetti immaginari con dentro pensieri. E, come ho detto, mi sentivo un’impicciona. Però... a volte i pensieri delle persone erano così... forti, o meglio, gridati. E io non riuscivo ad ignorarli. All’inizio non l’avevo intuito, poi sentendo sempre questo brusio continuo, ho pensato di sentire delle voci – e sappiamo tutti che non è una bella cosa, neanche nel mondo magico – così ho cercato di capire cosa dicessero questi sussurri, e ho scoperto che erano i pensieri delle persone che mi stavano accanto. Soprattutto di Harry: quel ragazzo pensava davvero tanto, troppo per la sua età. ‘Non che io sappia a che età si inizia a pensare così tanto, le mie sono tutte ipotesi.’ «Che asociali che siete voi due oggi» sibilò Hermione rivolta a me ed Harry. Dovevo trascorrere tutto il tempo restante con i miei amici divertendomi. Non avrei sprecato altre ore. E ne avevo sprecate già due a impicciarmi nei pensieri altrui. «Hai ragione. Parliamo un po’» dissi io sistemandomi sul sedile. «Allora, Ron... dimmi qualcosa di strano del mondo della magia.» «In che senso?» «Qualcosa che hai sempre trovato strano del mondo magico. Ci dev’essere. Capisco che ci sei sempre vissuto e quindi trovi tutto normale, ma qualcosa un po’ strano per te?» speravo in una risposta almeno un po’ sensata. Non da una persona del quoziente intellettivo di un bradipo o di un cucchiaino. «Beh, qualcosa ci sarebbe, ma è una cavolata...» «Dimmi tutto» lo anticipai. «I babbani usano delle penne da scrivere che non serve l’inchiostro: lo hanno già... non capisco come mai noi maghi e streghe non usiamo quelle.» ‘In effetti, cavolata sì. Ma almeno qualcosa di... logico lo ha tirato fuori.’ «Ok. Almeno qualcosa lo hai detto.» «Adesso tocca a me» si intromise Hermione «se non avete un frigorifero, come conservate i cibi?» «Beh, con un incantesimo, no? E poi cos’è un frigorifero?» «Non ci avevo pensato... è una cosa che tiene al fresco gli alimenti» rispose Hermione prontamente. «Sai cos’è la televisione?» chiesi. «Oh, papà una volta me lo ha spiegato: è una scatola in cui appaiono delle immagini... no, aspetta, era qualcosa che centrava con le notizie...» continuò a borbottare qualcosa di insensato per un po’, e poi «facciamo che è qualcosa che centra con le notizie e con le immagini» concluse. Hermione scosse la testa e se la prese tra le mani massaggiandosi le tempie. Non potevo biasimarla. «Qualcosa del genere...» rassicurai Ron. «E che cos’è un...pennilatore?» domandò grattandosi la nuca. “Speriamo non abbia i pidocchi...” I pensieri di Hermione mi offuscarono la mente. Furono interrotti dalla risata di Harry. Una risata! «Pennilatore?» sghignazzò. «Perché, ho detto qualcosa di male?» chiese Ron fissandolo un po’ intimidito. La sua espressione fece ridere anche me: la sua faccia era un misto tra l’imbarazzato, il preoccupato e l’intimidito. «Si dice ventilatore, e serve per fare aria» disse Hermione scuotendo ripetutamente la testa. «Per creare aria?!» «No» rispose lei sconsolata come se volesse dire: ‘Non si può ragionare con certi maghi.’ Che rottura, capisco che Ron a volte le cose non le capisce proprio, ma neanche criticarlo ogni secondo. Non mi sembra tanto bello nei suoi confronti. ‘Tanto poi lo sappiamo come finisce...’ Andammo avanti a parlare di cose senza senso del mondo magico e delle cose che Ron non sapeva del mondo babbano. A queste discussioni si aggiunse anche Harry, e mi parve di capire che anche lui voleva godersi questi momenti insieme. Dopo esserci scambiati i numeri e con numeri, intendo numeri di telefono – non cose magiche o quant’altro – scendemmo dal treno. Non ero mai stata a King’s Cross. ‘A dirla tutta non sono mai stata fuori dall’Italia, ma questi sono solo dettagli.’ Appena scesi dal treno vidi il cartello: binario Nove e Tre Quarti. Avevo sempre desiderato vederlo, ma non a tutti viene concesso questo onore. Un noto movimento nella mia tasca, mi avvertì che Shade si era svegliato. A confermare la mia teoria fu il mio stesso draghetto, che uscì starnutendo dalla mia tasca. La prima volta che lo vidi starnutire, pensai che avesse un pezzo di topolino ancora su per la gola. Avevo preso una paura... Avevo sempre avuto paura che Shade si mettesse nei guai... come stava facendo in quel momento. «Shadow, scendi dal cappello di quella strega!» gridai verso il mio draghetto. Stava appollaiato sul cappello di una strega, giocando con gli abbellimenti di piume colorate. Lui avvilito volò fino a me molto lentamente e si appoggiò alla mia spalla. «Non puoi svolazzare di qua e di là e metterti dove vuoi. Non penso che a te piaccia quando le mosche ti vengono in testa!» gli puntai il dito contro. Lui in compenso, me lo leccò. «Come osi!» cercai di mantenere un’espressione seria ma non ci riuscii «Io ti sto facendo una... strigliata di squame, e tu mi lecchi un dito? Sei un fenomeno, Shade.» “Hillink tol ni schistu? [pensi che non lo sappia?]” rispose arrogante. «Ah, è così? Allor-» «Ron! Dobbiamo andare, altrimenti rischiamo di restare bloccati qui!» Hermione gridava forte verso Ron, che era rimasto a parlare con Seamus. Ron salutò velocemente e corse verso di noi, o almeno ci provò –tutti i bagagli che aveva in mano lo facevano perdere a tratti l’equilibrio. «Flora!» Mi girai. «Pensavi di andartene senza salutarmi?» chiese sorridendo e alzando un sopracciglio. «In verità...» cercai di trovare una scusa per non averlo salutato «Io prima ti-» «Non mi va di sentire le tue scuse» mi interruppe abbracciandomi. «Scusa...» dissi ricambiando l’abbraccio. Ci mettemmo un po’ di tempo per uscire perché c’era una specie di Buttafuori solo che ti buffava fuori a copie o a trii per non attirare l’attenzione di babbani curiosi. Prima di oltrepassare il muro, Hermione mi batté la spalla indicandomi Shade. «Oh, giusto. Ko trast-esli [dentro la tasca]» sussurrai a Shadow prima di spingere il mio carrello contro alla colonna con scritto nove e tre quarti. Infransi quella superficie e mi ritrovai immediatamente in una normale stazione, con normali treni e normali babbani. Era come essersi svegliati, svegliata dal mio sogno più bello. Beh, non ne ero sicura, anche essere una Nephilim o trovare un armadio magico o essere una Semidea sarebbe stato bellissimo, non ero quindi sicura che essere una strega fosse... ‘questo non centra. Troppi libri!’ Dovevo concentrarmi sul dove andavo, altrimenti sarei andata addosso a qualcuno. «Eccolo, mamma, è lì, guarda!» la vocina di Ginny era di sicuro un’ottava sopra al naturale. Naturalmente indicava Harry. «Guarda mamma, vedo...» «Sta’ zitta Ginny, è maleducazione segnare a dito la gente.» Fecero un varco tra le persone fino ad arrivare a noi. «Allora, è stato un anno impegnativo?» chiese la signora Weasley. «Molto» rispose Harry «Signora, volevo dirle grazie per le caramelle e il maglione.» «Oh, anche io volevo ringraziarla» mi intromisi «Per la sciarpa.» Mi ero dimenticata che mi aveva fatto un regalo di natale. “Grazie Harry” pensai mentalmente. «Figuratevi, ragazzi.» Vidi un ombra calare e da dietro di me venne una voce bassa «Siete pronti?» Zio Vernon. Dietro di lui c’erano anche Zia Petunia e Dudley, sempre vestiti perfettamente, e perfettamente irritanti. Feci una smorfia, non dovevo chiamare Vernon, Zio Vernon. Non era mica mio zio. Però l’abitudine era troppa... «Voi dovete essere i parenti di Harry!» fece la signora Weasley. «In un certo senso» rispose zio Vernon, seccato. «Spicciati, ragazzo, non abbiamo mica tempo da perdere» detto questo andò via. Harry sospirò «Allora, ci vediamo quest'estate.» «Spero che tu abbia una bella estate» disse Hermione guardando Zio Vernon. «Flora, quella è tua zia?» chiese d’un tratto. Mi girai cercando tra tutte quelle persone la chioma bionda di mia zia, la trovai dietro zio Vernon. «Bene, ragazzi, ci si vede il prossimo anno!» salutai tutti con un abbraccio – comprese la signora Weasley e Ginny- e corsi verso mia zia. A metà strada mi fermai e mi girai. I miei amici erano ancora là che parlavano. «Ron!» gridai. Lui si girò a guardarmi con aria perplessa. «Avete i simboli zodiacali?» chiesi semplicemente. «Sì!» Gli sorrisi e mi girai, correndo verso mia zia.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3525021