Come profumo sulla mia pelle

di Iaiasdream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perdersi in amari ricordi ***
Capitolo 2: *** Era tutto per me ***



Capitolo 1
*** Perdersi in amari ricordi ***


AVVISO IMPORTANTE:
La storia che andrete per leggere, è la terza della serie A QUEL PUNTO… MI SAREI FERMATO; quindi vi pregerei –per chi non l’avesse fatto- di soffermarvi a leggere le prime due (A quel punto… mi sarei fermato e I tuoi occhi come i suoi), per renderla – almeno spero- interessante.
Questa non sarà raccontata in prima persona, come le altre, e man mano che proseguirà, capirete il perché. Qualunque cosa andrete a leggere, non giudicatemi male, ma aspettate, perché spero di non deludere le vostre aspettative.
BUONA LETTURA
Iaiasdream
 
 

 
1° Capitolo: PERDERSI IN AMARI RICORDI
 
 
TRE ANNI DOPO
 
 
 
Castiel fissa distratto lo schermo del pc, che dopo qualche secondo dalla sua accensione, ha mostrato quella foto che Rea impostò anni addietro come sfondo, e che ritrae loro due insieme, felici, che camminano lungo la riva del lago al tramonto e con il piccolo Etienne a corrergli incontro, accompagnato dal vecchio Damon.
Castiel lo ricorda perfettamente. Quel giorno stesso, si erano recati in Chiesa per fissare la data del matrimonio, e la sera i loro amici avevano organizzato una festa a casa di Nathaniel, con Kim che si era data alla fotografia.
Com’eravamo felici, pensa Castiel strofinandosi gli occhi e sospirando a fondo, poi ritorna a guardare lo schermo e riprendendosi da quei ricordi, muove il mouse sulla barra delle applicazioni, attivando la pagina di Word su cui stava lavorando.
A un tratto squilla il telefono, e com’è diventata sua abitudine, attende quattro-cinque squilli prima di rispondere, poi afferra la cornetta e con voce roca si annuncia a chi lo infastidisce.
<< Ehi, paparino! >> esclama una voce beffarda, dall’altro capo.
<< Alain, sai che quando lavoro non devi rompermi le palle. >> risponde seccato.
<< Non avere quei toni con me, ok? Chiedimi piuttosto perché ti sto rompendo! >>
<< Che cosa vuoi? >>
<< Mi ha chiamato la maestra di tuo figlio. >>
<< Chi? >>
<< Quella mora, con una tavola da surf al posto delle tette e un melone marcio al posto del sedere. >> risponde Alain sarcastico.
<< Si chiama Barrel… >> lo rimprovera accennando un sorriso ironico.
<< Questo poco importa. >>
<< Cosa voleva? >>
<< Si tratta di Etienne… >>, la voce di Alain cambia repentinamente tono, dal beffardo al serio, e altrettanto fa Castiel: la sua mascella si contrae e le sue labbra diventano una linea severa.
<< Cosa ha fatto? >> chiede intuendo la risposta.
 
 
Gli pneumatici stridulano sull’asfalto, non appena l’automobile sportiva frena per fermarsi. Castiel scende con aria seria, chiude bruscamente lo sportello e sorpassa il cancello della sua villa, lasciandolo aperto. Alain, accortosi del suo arrivo, gli apre la porta, presentandosi al suo cospetto con le braccia incrociate al petto e un cipiglio di fastidio disegnato sul suo affascinante volto. Adesso ha ventun anni, ma la sua bellezza non è cambiata per niente.
<< Dov’è? >> chiede suo cugino togliendosi il giubbotto di pelle e lanciandolo sulla poltrona più vicina.
<< Nella sua stanza. Si rifiuta di obbedirmi e mi ha solo detto che aspettava te per parlare. >>
Castiel ignora le sue parole e deciso, sale le scale recandosi al piano di sopra, quando giunge davanti alla porta della camera da letto del bambino, la trova socchiusa. Esita e prima di entrare sospira accennando un sorriso affettuoso.
<< Etienne… >> mormora, cercando di scorgerlo. La stanza è completamente al buio, il bambino ha serrato la tapparella e chiuso la finestra. Suo padre si avvicina a un mobile, tastando il piano per trovare l’interruttore dell’abatjour a forma di minions e quando la luce impregna l’abitacolo come i raggi del sole nella nebbia, la figura del piccolo compare davanti ai suoi occhi, rannicchiata sul letto. Non appena si è accorto della luce, ha affondato la testa nelle spalle, come un cucciolo impaurito.
<< Etienne, sei sveglio? >> chiede suo padre facendo finta di non aver visto quel movimento. Il bambino non risponde, e com’è d’abitudine, Castiel si avvicina a lui, capendo che ha bisogno di una carezza. Allunga la mano verso la sua testa e si prepara a brizzolargli i capelli, ma questa volta Etienne lo ferma, << Non farlo, papà. >> gli dice, con voce roca e offesa.
Il Rosso si blocca all’istante e inarca le sopracciglia completamente sorpreso.
<< Che hai? >>
<< Zio Alain te l’ha detto, non è vero? >>
<< Sì. >>
<< Perché non mi sgridi, allora? >> insiste poi, voltandosi per guardarlo in faccia. Castiel rimane interdetto. << La maestra dice che non mi comporto bene; perché, invece, tu che sei mio padre, non mi rimproveri mai? >>
<< Hai picchiato un tuo compagno? >> gli domanda il padre sedendosi accanto a lui. Il bambino annuisce, sollevandosi e appoggiandosi sui gomiti. << Non è una cosa buona da fare, ma sei mio figlio, e so per certo che non l’hai fatto senza alcun motivo. >>
Gli occhi di Etienne si illuminano e la sua aria da cane bastonato scompare come nuvole al vento.
<< Vuoi dirmi che cosa è successo? >> riprende il Rosso, accarezzandogli la testa.
<< È per via della mamma… ogni volta che c’è educazione civile, la maestra Barrel dice sempre parole allusive sulla famiglia e c’è questo mio compagno che fa battutacce poco piacevoli. >>
Castiel sospira, stanco di sentire sempre la stessa storia.
È da quando Etienne ha iniziato a frequentare la scuola elementare che almeno tre volte a settimana, viene richiamato dai maestri per via del suo comportamento ribelle che ha nei confronti dei suoi compagni. Il più delle volte di limita a picchiarli, e altre, riesce a scappare, fortunatamente facendosi trovare sempre nello stesso punto.
Castiel non riesce a rimproverarlo, in fin dei conti, anche lui era così da piccolo e non ricorda neanche una volta in cui i suoi genitori si sono interessati alla sua educazione. Tutto gli veniva concesso, non c’erano limiti, e per questo alla fine si comportava come un bulletto. Ma Etienne, no. Non avrebbe permesso che a causa di quelle situazioni, avrebbe fatto i suoi stessi errori.
<< Etienne, quante volte ti ho detto che devi ignorarlo? >>
<< Ma io lo faccio! >> esclama il bambino balzando dal letto << è la maestra che continua a stuzzicarmi. >>
<< E se non vado errato, adesso vorrà parlare con me? >>
Etienne annuisce.
Suo padre accenna un sorriso, e dandogli un piccolo colpo affettuoso sulla guancia gli dice di non preoccuparsi e di rimanere buono con Alain, dopodiché esce dalla stanza, scendendo al piano inferiore.
<< Scommetto che ti ha raccontato la solita storia. >> interviene suo cugino appoggiato al passamano delle scale. Castiel lo ignora.
<< Pff… adesso dovremmo sorbirci quella vacca da latte… >>
<< Dovremmo? >>
<< Ti sei dimenticato che abito anch’io qui? >>
<< Non ti farà di certo male qualche rimprovero disciplinare. >>
<< Ho voltato quella pagina tre anni fa… ne ho abbastanza di scuole e di rimproveri. >> dice infine Alain  andandosene.
Castiel scuote il capo e riafferra il suo giubbotto di pelle, poi volgendo un ultimo sguardo alle scale, sorride ed esce.
 
 
<< È inaccettabile questo suo comportamento! È la terza volta che lo rimprovero nel giro di una giornata. Picchiare un compagno di classe, roba da animali! >>, la signora Barrel si agita sulla poltrona scuotendo all’aria un quaderno arrotolato a tipo binocolo. Castiel di fronte ad essa, si fuma una sigaretta, spensierato.
<< Si tratta di uno sfottò, o cosa? Etienne lo fa sempre ogni qual volta c’è la mia lezione, non… >>
<< Ha provato a cambiarla? >> la interrompe facendosi notare spazientito.
<< Come? Può ripetere, per favore? >>
<< Ha capito bene, Signora Barrel. >> risponde malevolo, pestando il mozzicone consunto nel posacenere come si fa con gli insetti. << Per l’ennesima volta mio figlio viene rimproverato per il suo atto ineducato, ma è anche vero che per l’ennesima volta, mi racconta lo stesso motivo per cui lo fa, e la colpa è sua signora Barrel! >>
<< Ma che cosa sta dicendo? Quale fandonia è venuto a raccontarle? >>
<< Non si azzardi ad offendere Etienne! >> esclama il Rosso ormai furioso << Mio figlio non è bugiardo. >>
<< Suo figlio è maleducato! >>
<< Pensi a fare bene il suo lavoro, signora Barrel, se ci tiene tanto; perché all’educazione di mio figlio ci penso io… >> Castiel si alza, fa il giro della poltrona e raggiunge la porta, ma prima di uscire si volta verso la donna e con strafottenza, aggiunge << Invece di criticare le famiglie degli altri, se ne faccia una. >>, in fine se ne va, lasciando la maestra in preda a un’ira silenziosa.
Entrato in macchina, Castiel sbatte lo sportello, furioso; tira un pugno sullo sterzo e per non lanciare un grido, si morde le labbra, lasciando che gli ansimi prendano il posto del suo vero stato d’animo.
<< Maledetta arpia! >> urla poi tirando un calcio sul pedale della frizione. Fortunatamente per i suoi nervi, qualcuno dal tempismo perfetto, lo allontana da quei pensieri, chiamandolo al cellulare. Lo estrae dalla tasca e risponde svogliatamente.
<< Ciao Castiel, sono Kentin… >>
Il Rosso rimane scettico nel sentire quel nome << Kentin? >> chiede ancora incredulo.
<< Scusami se ti disturbo, ma ho bisogno di parlarti. >>
<< Che cosa c’è? >>
<< Potresti passare dal commissariato? >>
<< Ti raggiungo fra qualche minuto. >> chiude la chiamata appoggiando il cellulare sul sedile passeggeri, poi accende l’auto e s’immette nel traffico.
Kentin, il vecchio fungo occhialuto, come soleva chiamarlo Rea, quello che aveva minacciato ai tempi del liceo, perché si era innamorato della ragazza che lui voleva, è diventato un ispettore di polizia. Dopo essersi trasferito –per ordine del padre- in una scuola per militari, decise di proseguire in quel ramo, diventando alla fine anche un bel ragazzo. Non che per Castiel questo importi qualcosa, ma è sempre stato convinto che se a scuola avesse avuto quelle sembianze da brutto anatroccolo tramutato in cigno, avrebbe dovuto competere anche con lui per avere il cuore di Rea. Armin bastava e avanzava, ma comunque, non si sarebbe preoccupato più di tanto. Alla fine, anche se ne avevano passate di cotte e di crude, aveva vinto lui.
Inconsciamente, il Rosso sorride al ricordo di quei momenti, ma quando poi ritorna alla realtà e alla reminiscenza di due anni addietro, cerca in ogni modo di distrarsi, e fortunatamente, il palazzo del commissariato compare davanti ai suoi occhi.
Parcheggia l’auto, scende e si avvicina velocemente al portone d’entrata. Alla reception chiede dell’ispettore Kentin e quando l’ufficiale gli dà una risposta, non perde tempo a raggiungere quell’ufficio che ormai da due anni, conosce alla perfezione.
Trova la porta spalancata e l’ex fungo alle prese con dei registri. Per attirare la sua attenzione, bussa comunque. Lo vede trasalire e far scivolare dalle mani dei fogli.
Sì, è cambiato di bellezza, ma rimane pur sempre un idiota. Si dice varcando la soglia.
<< E-ehi, Castiel, hai fatto in fretta. >>
<< Cosa c’è? >>
<< Chiudi la porta, per favore. >>
Castiel si appresta a fare come gli è stato chiesto, poi senza permesso e con la sua eterna aria da arrogante, va a sedersi di fronte alla scrivania, aspettando che l’amico faccia lo stesso.
<< Allora? >> chiede frettoloso.
Kentin accenna qualche colpo di tosse, poi preso posto di fronte a lui, esordisce, dicendo: << Castiel, questa mattina si è presentata una certa Leila Scarlet, e ha sporto denuncia nei… >>
<< Ehi, ehi… un momento. >> lo ferma il Rosso. << Di chi stai parlando? Chi è questa Leila-come si chiama? >>
<< Leila è una… uhm… come posso dire… una che lavora in quelle case dai facili costumi… >>
<< Si dice: prostituta. >> lo interrompe ancora una volta accennando un sorriso beffardo, divertito dal suo comportamento da bambino ingenuo.
<< Ecco, sì… a-appunto. >>
<< Allora, che cosa può importarmi di una prostituta? >>
<< Stavo dicendo che ha sporto denuncia nei confronti di Nathaniel. >>
<< Che cosa?! >> esclama Castiel scattando in piedi, incredulo a quelle parole. << perché mai lo avrebbe fatto? Che cosa c’entra Nathaniel con una puttana? >>
<< Ti prego Castiel, sta calmo e siediti, così ch’io possa spiegarti. >>
<< Che cazzo sta succedendo, Kentin? >>
<< Da quanto tempo non vedi Nath? >>
<< Da un bel po’… cazzo, non ricordo l’ultima volta, mi chiese un periodo di pausa dal suo lavoro… >>
<< E non sai cosa fa? >>
<< Non m’immischio nella sua vita privata. >>
Kentin lo guarda, e per un attimo deglutisce impedito nel continuare a parlare. Così, infastidito da quell’esitazione, Castiel, bruscamente, lo sprona a proseguire, facendolo trasalire dallo spavento.
<< Cass, Nath si è messo nei guai… >>
 
 
Quando Castiel spalanca bruscamente la porta della cucina, Alain, indaffarato a riempirsi un bicchiere di coca cola, trasalisce, perdendo l’equilibrio sulla presa delle mani, e quando si accorge di quello che sta per combinare, non fa in tempo a fermare il calice di vetro, che si frantuma in mille pezzi sul pavimento.
<< Ma che cazzo! >> esclama infastidito nel guardare la cola, macchiargli il jeans chiaro, poi incavolato, lancia uno sguardo fulmineo verso suo cugino imprecando a voce alta. << Si può sapere che cazzo ti prende? Per poco non mi facevi prendere un infarto! >>
<< Coglione patentato! >> esclama il Rosso sbattendo un pugno sul piano del tavolo.
<< Ehi, hai intenzione di litigare? Perché s’è così, ti accontento subito. >>
<< Sta’ zitto Alain, non farmi incazzare! >> gli urla contro scaraventando la sedia verso il tavolo.
<< Ma che diavolo ti prende? >>
<< Si tratta di Nathaniel! >>
<< Il delegato? >>
<< Quella testa di cazzo! Si è fumato il cervello! >>
<< Che cos’ha fatto? >>
Castiel lo guarda, ma non risponde. No, non vuole dirgli che cosa ha scoperto sul biondino, anche se non ha mai avuto dei rapporti di grande amicizia con lui, non vuole che le persone possano in un certo qual modo giudicare i suoi errori, l’unica cosa che in quel momento desidera, è riuscire a trovarlo; anche se Kentin gli ha detto che è impossibile farlo.
Lo ha cercato in lungo e in largo, ma senza successo. Ha il cellulare spento ormai da un mese, e l’ultimo posto in cui è stato registrato è casa sua, ma lì, oltre alla sua gatta dal pelo folto e candido, non c’è nessuno.
“Dove cazzo è andato a finire?” si chiede il Rosso, sprofondando sulla sedia e massaggiandosi nervosamente gli occhi con il pollice e il medio della mano destra.
Sapeva dall’inizio, da quel fatidico giorno, che non stava bene, ma dannazione, neanche lui stava meglio, nonostante la sua forza di volontà, nemmeno lui si è del tutto ripreso in due fottutissimi anni. Il pensiero ritorna sempre lì, sempre a lei e la notte non lo fa dormire.
“Nath è più debole di te…” gli ha sempre detto il suo avatar mentale “…tu lo sapevi, l’hai sempre saputo, e non te n’è mai importato nulla!”
Castiel sospira afflitto e una lacrima bollente gli scivola dall’occhio, rigandogli la guancia, mentre si perde nel ricordo di quel maledetto giorno.
 
 
 
BAKA TIME: ciao ragazze. Sono tornata, finalmente, e con me ho portato ciò che vi avevo promesso nell’ultimo capitolo de I TUOI OCCHI COME I SUOI.
Cosa ne pensate? So che essendo ancora all’inizio, non c’è un vero e proprio giudizio, ma vorrei comunque sapere com’è stato il primo capitolo, se per caso vi abbia concesso almeno un po’ di curiosità.
Vi ringrazio già da adesso.
Ah, me n’ero quasi dimenticata:
 
La vostra Iaiasdream, vi augura un FELICE ANNO NUOVO! :*

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Capitolo 2
*** Era tutto per me ***


2° Capitolo: ERA TUTTO PER ME
 


Quando il barista del night club porge l'ennesimo bicchierino di Midori sul bancone di legno, i suoi occhi piccoli e spioventi segnati dalle linee del tempo e da quel lavoro che svolge ormai da anni, si soffermano qualche istante sul viso del cliente che ha preteso quell'ordinazione in maniera brusca.
L'uomo si accorge fin da subito che quel teppista dal volto angelico, presto o tardi -in base alla sua corporatura e a quanto possa sopportare tutto quell'alcol- verrà scaraventato fuori, dalla sicurezza come si fa con i cani rognosi. Perciò, prima che possa fermare quella serata con degli uomini d'affari a farle da protagonisti, decide di nascondere la bottiglia mezza piena e di intercettare con il suo discretissimo sguardo, il primo bodyguard presente e disponibile.
Non è certo la prima volta che ha a che fare con quelle "spiacevoli" situazioni, soprattutto da quando quel ragazzo che, nello stesso istante in cui i suoi occhi si sono poggiati sul gorilla, ha sbattuto con forza il bicchierino vuoto sul piano di legno, ha iniziato a frequentare il locale e a cambiare ogni sera una delle cocotte ballerine e spogliarelliste; scopandosele e facendole scappare in preda ai pianti e alla paura.
Il barista sa il fatto suo e la prima cosa che gli viene in mente, è farsi da parte e lasciare il lavoro sporco a chi di dovere.
Senza farsene accorgere, si allontana dal bancone lasciando il biondino dal viso angelico solo, mentre quest'ultimo, completamente ignaro, poggia la fronte sull'avambraccio, cercando -ormai al limite- di resistere al sapore del forte liquido entratogli in circolazione nel cervello.
Nathaniel, si sente chiamare. Una voce forte, sicura, sorridente e... femmina, ma sa benissimo che non deve assolutamente dar retta alla sua coscienza, nonostante la sbornia, sa che quella voce non esiste... più.
"Solo frutto di un fottutissimo ricordo!" Pensa, riaprendo gli occhi e guardando -o almeno cerca di farlo, data la vista annebbiata- il bicchierino trasparente.
Si era detto che forse annegare la sua frustrazione nell'alcol, avrebbe cancellato quella voce e chi la possedeva, dalla sua mente. "Tutte scuse de cazzo!" Alla fine era stata quella l'unica risposta.
No, nonostante siano passati due anni da quel maledetto giorno, niente è cambiato e quel fantasma sembra farsi beffe della sua ragione.
Neanche il sesso lo ha cambiato granché.
Fare l'amore... ecco, quello è un'opzione che due anni fa aveva subito cancellato come sentimento. Non che Nathaniel non desiderasse più soddisfare le sue voglie di uomo, ma, come dire? Iniziò a non accontentarsi più del semplice... volle altro, cose che in poche potevano dargli.
L'uomo che è sempre stato, il pilastro del liceo dove ha passato un quarto della sua vita a far sì che il Dolce Amoris continuasse a fiorire nel miglior modo possibile, si è sgretolato nel giro di una notte... di una notte cupa e priva di stelle.
Quei ricordi continuano a dilaniarlo e a ferirgli il cuore, li sente più forti di quel potente liquido, tanto che ormai non lo riesce più a sentire nelle vene.
Male... si dice drizzando la schiena per inquadrare l'inserviente.
<< Barman... >> biascica non riuscendo a sentire la propria voce << ...un altro! >>, cerca di alzare i toni, ma la musica è troppo alta e la confusione non è da meno. Si guarda intorno, vedendosi la stanza girare vorticosamente.
Strano, pensa cercando uno spiraglio di lucidità. Nessuna delle puttanelle gli si è avvicinata per cercare di convincerlo a scoparsele.
"Forse non sono più accettabile... cazzo, dovrei guardarmi allo specchio, non ricordo l'ultima volta che l'ho fatto!" Si dice sorridendo sarcastico, poi si gira ancora una volta verso il bar per reclamare il suo ordine e non vedendo ancora nessuno, scaraventa il bicchierino sul pavimento mandandolo in frantumi. L'unica cosa buona di quel danno, è che il rumore non viene percepito da nessuno a causa della musica, ma, per quanto riguarda il gesto, quello sì. Dopo qualche istante il delegato si sente afferrare da sotto le braccia e allontanarsi dal bancone.
Talmente gli gira la testa che non riesce a ribellarsi, l'unica cosa che sente dopo, è il violento contatto con l'umido asfalto, poi il freddo e la pizzicante pioggia che lo sovrasta come un getto d'acqua ghiacciata.
Nathaniel prova a voltarsi ritrovandosi a fissare il lampione acceso della strada. Sembra che quella frescura lo abbia fatto riprendere.
Ride, udendo il suo biascicare, unico rumore intorno a sé. << Vaffanculo... >> sussurra, per poi ripetere quella parolaccia tra una risata e l'altra.
In quel momento gli viene in mente suo padre, se solo lo avesse visto in quelle condizioni, lo avrebbe di sicuro diseredato senza troppi pensieri, e sua madre? Si sarebbe di certo rinchiusa in casa per nascondersi dagli sguardi ipocriti della società.
Come se aver aperto le gambe per fregarsi la proprietà di qualcun altro, fosse una cosa normale e quotidiana*.
<< A fanculo tutti >>, già... non prova interesse per nessuno ormai; l'unica che aveva quel privilegio, lo lasciò due anni fa.
 
 
DUE ANNI PRIMA
 
Il forte odore di caffè lo destò da quel sonno leggero. Di solito bastava anche un soffio per svegliarlo, ma quella mattina non si era accorto che la sua "coinquilina" si era adoperata a preparare la colazione, forse perché non l'aveva mai fatto prima d'ora.
Nathaniel scostò le coltri ricamate, per mettersi a sedere sul letto, poi si guardò intorno per incrociare la figura bruna e snella di Kim. Avevano fatto l'amore, la sera prima e come ormai d'abitudine, l'insaziabilità e la maniera sfrenata con cui lo facevano, lo lasciava sempre privo di forze, così, al contrario della ragazza, il delegato perfettino del Dolce Amoris, finiva sempre con l'addormentarsi come mamma lo aveva fatto. Nonostante avessero festeggiato un anno di fidanzamento e convivenza, Nathaniel preferiva comunque non presentarsi nudo davanti a lei tranne se le circostanze non lo obbligavano.
Afferrò i suoi boxer dalla poltrona, l'infilo in fretta e con passo silenzioso uscì dalla camera per recarsi nel luogo da cui affluiva quell'odore penetrante di caffè.
Trovò Kim alle prese con la moka e due tazzine.
Indossava un top e delle generosissime brasiliane dal colore crema che risaltavano in maniera seducente su quel corpo atletico e perfetto.
Il biondino sorrise e sempre silenziosamente, si avvicinò a lei con l'intenzione di prenderla alla sprovvista; quest'ultima, però, aveva l'olfatto talmente sensibile che gli fece notare di avere ancora addosso l'odore di cioccolato che gli aveva spalmato sulla linea dei quadricipiti e leccato con affamata veemenza, la sera precedente.
<< Va' a lavarti, se non vuoi che ti salti addosso e ti faccia fare tardi a scuola. >> minacciò seducente, voltandosi come un felino a contatto con la sua preda.
Nathaniel maliziò il suo sguardo e completamente indifferente a quella minaccia, continuò ad avvicinarsi. << Insaziabile con sempre >> sussurrò a due centimetri dalla sua bocca.
<< Vai Nath. Non sto scherzando. >> lo provocò Kim spingendolo lontano da sé, con un dito sul petto.
Il biondino la guardò scettico, poi sbuffando un sorriso, riprese le distanze. << Dimmi un po'? >> esordì poi, per cambiare discorso. << Devi farti perdonare qualcosa? >>
Kim si volse inarcando le sopracciglia << No. Perché? >>
<< Non mi hai mai preparato il caffè >> rispose lui tutto d'un fiato.
<< Infatti non è per te. >> ribatté la mora, accennando un sorriso sornione. Conosceva la tipica gelosia appaiata dalle indiscrete domande del delegato, e non si sarebbe di certo risparmiata il gusto di stuzzicarlo.
Come da copione, la fatidica domanda giunse dopo qualche istante di esitazione.
<< E... per chi? >>
Kim sorrise senza farsene accorgere e con voce seria rispose: << Per uno dei miei sex friend. >>
<< Ah! >> fu la replica di Nathaniel, breve ma piena di delusione; poi il silenzio. Era giunto il momento di gettare via la maschera delle beffe per ritornare seri e in quel preciso istante, Kim si volse per mostrare sul suo volto la sua espressione divertita, ma Nathaniel era già andato via.
Nonostante la sua assenza, la bruna rise alzando il tono di voce per farsi sentire, poi raggiunse il suo ragazzo nella camera da letto.
Il delegato stava preparando il necessario per farsi il bagno e sembrava disposto a ignorare le sue prese in giro.
<< Non ci credo! >> esclamò allora, non riuscendo più a continuare il suo gioco. << Dopo un anno, credi ancora alle cazzate che ti dico? >>
Nathaniel non rispose e né le volse uno sguardo; prese tutto ciò che aveva estratto dal comò e la sorpassò continuando a ignorarla.
A quel punto Kim, spazientita da quel comportamento infantile, lo bloccò afferrandolo per un braccio. << Ehi, Nath, ok adesso basta! >>
Nel brusco movimento, il ragazzo si ritrovò a perdere l'equilibrio e a bloccarsi in tempo imprigionando la sua ragazza contro l'armadio. Si guardarono per qualche istante, << Ti prendevo in giro, idiota... >> gli sussurrò, soffiandogli sulle labbra, data la loro stessa altezza.
<< Lo so. >> rispose Nathaniel allungando le labbra in un sorriso sensuale. << Anch'io stavo scherzando. >>
Kim sbruffò << Uno a cento per te, allora >> sibilò prima di avvinghiargli la nuca e tirarlo contro le sue avide labbra.
Il ragazzo non si fece pregare: mollò la presa sui suoi indumenti e le artigliò i glutei per sollevarla e spingerla contro l'anta dell'armadio, rubandole un gemito di piacere.
Fecero di nuovo l'amore, dimenticandosi del caffè bollente che aveva ormai perso il suo aroma e del tempo che scorreva inesorabile e che aveva decretato un ritardo di venti minuti.
Adagiati su quelle coperte spiegazzate e umide del loro inesauribile amore, iniziarono a parlare del futuro.
<< Tra qualche giorno Rea e Castiel si sposeranno... >> disse il biondino accarezzandole la pelle liscia del braccio.
<< Già. >> rispose lei sospirando.
<< Che ne dici se... >> provò dopo qualche istante d'esitazione.
<< Cosa? >>
<< No, niente. Lascia perdere. >>
<< Oh, Nath! Parla! >> esclamò Kim sollevandosi sui gomiti.
<< È una domanda idiota. Non ha nessuna importanza. >> rispose lui alzandosi dal letto e dandole le spalle.
<< Quindi pensi che anche la mia risposta sia poco importante? >>
Nath si volse lentamente per guardarla negli occhi, fece il giro del letto e andò a sedersi accanto, le portò una mano sul viso liberandolo da una ciocca ribelle e con un sorriso affettuoso, le chiese: << Non pensi che anche noi meritiamo di essere felici? >>
La bruna, dal canto suo, non ritenne serio quel ragionamento, e presa dalla sue abitudini, si alzò ridendo e cominciando a prenderlo in giro, ma questa volta Nathaniel non la lasciò fare, l'afferrò per un braccio e le disse seriamente: << Devi promettermi una cosa, Kim. >>
Si guardarono profondamente, << Promettimi che ci ameremo per sempre e che non ci lasceremo mai. >>
La strafottenza che regnava sul viso della ragazza, si abbacò in un istante, si avvicinò al giovane e stampatogli un bacio sulle labbra, rispose: << Sì. Te lo prometto. >>
Ma quella promessa, non fu mai mantenuta.
 
 
PRESENTE
 
Nathaniel barcolla per le vie buie e piovigginose del paesello. Ha ancora nella mente quel lontano ricordo, e l’effetto del troppo alcol lo ha praticamente assuefatto al suo dolore.
“Bugiarda!” continua a ripetersi trascinandosi sull’asfalto come se fosse ferito gravemente. “Sei una maledetta bugiarda!”, e mentre quelle parole vagano nella sua testa, risente ancora quel forte dolore che gli attanaglia il cuore ogni qualvolta il pensiero gli porta in maniera vivida quella ragazza che lui ha tanto amato, e che nonostante i rimorsi, forse, l’ama ancora.
Biascicando qualche parola incomprensibile, si ferma di fronte a una porta illuminata dal neon posto in alto. Guardando attentamente il quartiere e convinto di non aver sbagliato, suona al campanello per poi appoggiarsi all’infisso e deglutire un rigurgito traditore.
Dopo qualche secondo di attesa, sente una voce risuonare dall’altra parte.
<< Sono io. Apri. >> strascica le parole, esausto.
<< N-Nath… >> la voce, dietro la porta, risuona tanto sorpresa, quanto allarmata, ma invece di aprire, si accinge a porre domande. << Che cosa ci fai qui? >>
Il delegato sbuffa un sorriso << Che cazzo di domande fai? Apri questa porta. >>
<< No. Va’ via Nathaniel. Noi due non abbiamo più nulla da dirci! >>
<< Invece sì. Non farmi incazzare, apri >> lancia un pugno sul legno chiudendo gli occhi per resistere al dolore che troneggia nella sua testa.
<< Chiamo la polizia. >>
<< Chi cazzo vuoi chiamare, brutta puttana! Hai avuto i miei soldi; t’ho dato più di quanto valessi… devi soddisfarmi fino a quando te lo dico io! >>
Un istante di silenzio segue quelle urla sguaiate, e dopo questo, lo scatto della serratura risuona nell’aria come un colpo secco. La luce soffusa di un abatjour compare dietro quella porta illuminando in contro luce l’immagine piccola di una ragazza dai capelli blu e gli occhi vispi ma intimoriti alla vista del giovane.
<< Spostati. >> gli ordina quest’ultimo, spalancando la porta e inciampando per entrare.
La ragazza, dal canto suo, decide di assecondarlo senza opporsi, e non appena chiude la porta, viene invasa da un forte odore di alcol, tanto che, senza farsene accorgere, si porta una mano sulla bocca, approfittando per coprirsi anche il naso.
<< Perché sei qui? Una settimana fa dicesti che non ti saresti più fatto vivo. >> esordisce poi stringendosi nelle spalle e mantenendo una certa distanza da lui.
<< Mi sono ricordato di averti dato di più… >> risponde quest’ultimo cercando di rimanere in piedi e di girarsi per inquadrarla meglio.
<< Non farò sesso con te, se è questo che vuoi! >> esclama tutto d’un fiato, interrompendolo.
Nath la guarda inebetito da quella replica, poi scoppia a ridere e passandosi una mano fra i capelli, aggiunge: << Non farai sesso con me?! >> le si avvicina barcollando e la blocca alla porta da cui è entrato << Sei una puttana, Lety. Ed è solo questo che fanno quelle come te. Per che cazzo pensi che sia venuto a fare qui? >>
Lety incassa quelle parole a testa alta, senza alcuna espressione di offesa sul volto. Potrebbe sembrare un paradosso, ma nonostante a lei piacciano gli uomini e il lavoro che scelse alcuni anni fa, sa che i maschi sono tutti uguali e che in tal maniera bisogna trattarli. Tutti tranne quell’arrogante e dispotico ragazzo che le sta di fronte. Quel volto angelico che possiede l’aveva colpita, ma soprattutto all’inizio, quando lo conobbe in quel nightclub dove lavora come hostess, la sorprese ciò che le disse: “Ti prego, fammi dimenticare.” Quella supplica le impregnò il cuore di una sensazione che mai avrebbe immaginato potesse scaturire in una come lei, eppure… Nath ci era riuscito. Malgrado tutte le volte in cui si presentava in casa sua per “dimenticare” lui gli aveva insegnato a non fare sesso, e lei aveva imparato a fare l’amore.
Ma il passare del tempo non ha voluto portarle fortuna, e Nathaniel oltre a non aver mai capito i suoi sentimenti –perché oppresso dal passato-, è cambiato totalmente.
<< Sei ubriaco, Nathaniel. Ed io non voglio avere più nulla a che fare con te. >> mormora a denti stretti cercando di allontanarlo.
<< Credi che m’importi quello che vuoi? >> chiede il biondino afferrandola dai glutei.
<< No, lasciami! >> esclama la ragazza, riuscendo a piantargli una ginocchiata nello stomaco.
Nathaniel si accascia mollando la presa, non solo per il dolore ma anche per la sbornia che è proprio decisa a metterlo a tappeto.
<< Maledizione! >> impreca inginocchiandosi sul pavimento; poi all’improvviso il suono della sirena infesta l’aria facendolo sussultare.
<< Non stavo scherzando quando ho detto che avrei chiamato la polizia. >> dice Lety, sorridendo soddisfatta e avvicinandosi velocemente alla porta per aprirla.
Da risposta il giovane sbuffa un sorriso. << Sei una piccola sciocca Lety. >>
<< Che cosa hai fatto a Leila? >> chiede tutt’a un tratto la ragazza, impostando ancora quella distanza di sicurezza.
Nathaniel scatta, sollevando la testa e trattenendo il fiato. << Che cosa stai dicendo? >> replica massaggiandosi la parte colpita.
<< Non fare il finto tonto. Sono tre giorni che manca dal lavoro. >>
<< Non le ho fatto niente. >>
<< Sì che hai fatto qualcosa. Altrimenti non ti avrebbe denunciato! >>
Gli occhi lucidi del delegato si spalancano in un’espressione di sorpresa. Anche se in maniera faticosa, alla fine, riesce a sollevarsi da terra e a riavvicinarsi alla ragazza, la quale, intimorita da quell’atteggiamento poco sicuro, rialza la guardia, preparandosi a colpirlo, in caso di bisogno.
<< Che cos’ha fatto?! >> riesce solo ad urlare il biondino.
<< Perché ti meravigli? Sei tu che dovresti spiegare che cosa le hai fatto? >>
<< Ma sei idiota?! Oltre al sesso non c’è stato più nulla! >>
<< Non è quello che dice Leila, e non è quello che ricordo io… >> mormora Lety abbassando lo sguardo afflitta.
E prima che il biondino possa replicare, due agenti lo afferrano portandogli le braccia dietro la schiena e bloccandogliele con le manette. << Che stai dicendo? Cosa ti avrei fatto? Lasciatemi! >> urla trascinato fuori con la forza.
<< Al contrario di me, Leila era stanca dei tuoi giochetti sadici… >> sussurra la ragazza, mentre lo vede allontanarsi da casa sua. Rinchiuso nell’auto della polizia. << Mi dispiace Nath… >> aggiunge infine scoppiando in lacrime.
 
 
A notte fonda, il suo cellulare inizia a vibrare freneticamente, destandolo da quel sonno carico di incubi e ricordi dolorosi.
Castiel si alza velocemente, cercando alla cieca di accendere il lume sul suo comodino, ma non riuscendo a trovarlo, afferra senza perder tempo l’aggeggio in funzione, guidato dalla sua luce.
<< Pronto? >> chiede con voce roca.
<< Castiel… >>
<< Kentin, sei tu? >> esclama, sentendosi il cuore in gola.
<< Lo abbiamo trovato, Cass. È qui da noi. >>
Senza altri indugi, il Rosso chiude la chiamata e si accinge a prepararsi per uscire.
Nel salotto incontra suo cugino che con il telecomando ben stretto fra le mani e la tv accesa su un canale adatto solo ed esclusivamente agli adulti, dorme beato, sovrastando l’intero abitacolo con il rumore del suo respiro.
<< Idiota! >> sussurra Castiel avvicinandosi a lui, spegnendo il televisore e destandolo bruscamente.
Alain si sveglia di soprassalto, guardando suo cugino in cagnesco. << quando la finirai di svegliarmi in questo modo? >> chiede stiracchiandosi e sbadigliando.
<< E tu quando la finirai di vedere queste schifezze qui in sala? Hai un televisore a trentadue pollici in camera tua. Ti ricordo che qui abita anche mio figlio! >>
<< Sappi una cosa, mio caro cugino… il sottoscritto prima di fare le cose, tiene tutto sotto controllo. Etienne non si sveglierà se non alle otto… >>
Ma le convinzioni del moro, vengono subito contradette dal diretto interessato che si presenta in sala dicendo che ha bisogno di bere.
Dopo aver guardato suo figlio, Castiel volge lo sguardo verso suo cugino sollevando un sopracciglio e divertito dall’espressione che gli si è subito disegnata sul volto.
<< Tutto sotto controllo, e? >>
Alain lo guarda indifferente, poi accortosi del suo abbigliamento per niente consono a chi sta per andare a dormire, trova subito un nuovo argomento, per deviare quello attuale e risparmiarsi un’altra sconfitta da parte del bambino.
<< Dove vai? >>
<< Ho ricevuto una telefonata. >> risponde il Rosso sbrigativo. << Hanno preso Nathaniel. >>
 
 
La sbornia gli è passata da un pezzo, ormai. Nathaniel l’ha capito dalla mancanza di sonno e dalla mente più lucida. Guarda nel vuoto ripensando alle gravi parole di Lety: Leila l’ha denunciato perché stanca dei suoi esagerati atteggiamenti.
Sospira stringendo gli occhi e poggiando la testa sul muro di quella cella angusta. Si sente in colpa, ma anche infuriato con quella ragazza. Mai avrebbe pensato che proprio Lety, la cocotte che aveva scelto lui come cliente, lo avesse potuto anche tradire.
Nath si guarda intorno, lancia qualche occhiata verso la porta di ferro dal finestrino sbarrato. A metterlo lì dentro è stato proprio il suo compagno di scuola, quel ragazzo impacciato e sfigato che tutti lasciavano in disparte per il suo carattere appiccicoso e insopportabile.
Ed è proprio lo stesso che alla fine, lo riporta ai vecchi ricordi, in cui Kim gli fa da protagonista.
Sbuffa, volgendosi a guardare quelle manette di acciaio che gli abbracciano con una stretta forte i polsi. “Leila era stanca dei tuoi giochetti sadici…”
<< Ah, vaffanculo… >> sussurra infine passandosi le mani agli occhi, poi finalmente qualcuno lo distrae, attirando la sua attenzione con un rumore secco dato alle sbarre della porta.
Il biondino si vota di scatto, curioso. Vede entrare Kentin con lo sguardo afflitto; si alza e aspetta il suo verdetto.
L’ispettore gli si avvicina liberandolo dalle manette, e con voce sommessa ma allo stesso tempo rilassata, annuncia. << Sei libero, Nath. >>
<< C-come? >> chiede il delegato sorpreso.
<< Hanno pagato la cauzione. >>
<< Chi? >>
Kentin non risponde, lo invita solo ad uscire dalla cella e non appena varcano la soglia del suo ufficio, l’immagine autoritaria e strafottente di Castiel, fa trasalire il ragazzo dal viso angelico che rimane frastornato da quella situazione.
Escono dal commissariato in silenzio e in tal maniera entrano nell’auto sportiva del Rosso. A spezzare quel silenzio è proprio il biondino che senza volgere lo sguardo al suo salvatore, chiede: << Perché? >>
<< Perché, cosa? >> ribatte Castiel cambiando marcia.
<< La cauzione… >>
<< Beh… >> mormora il Rosso beffardo << Ho un sacco di soldi e non sapendo che farmene ho deciso di investirli per diventare il tuo salvatore. >>
Nath non proferisce parola, abituato ormai da tempo alle battute strafottenti di chi gli sta affianco.
<< Sono io a doverti chiedere il perché! >> interviene dopo un po’ quest’ultimo cambiando tono di voce.
<< Non ho nulla da dire… >> si affretta a risponde il biondino.
<< Che cosa diavolo ti sei messo a fare in questo periodo? Guardati, sembri un barbone e puzzi di alcol. Mi stai facendo pentire di averti dato del tempo libero dal tuo lavoro al liceo. >>
<< Non avere rimorsi per uno come me. Impicciati degli affari tuoi e lasciami in pace. >>
Castiel lo guarda incavolato, poi persa la pazienza, sterza in direzione di uno spazio libero dal traffico e frena di botto per poi uscire dall’auto, invitando bruscamente l’amico a fare lo stesso.
<< Ok, adesso basta. Che cosa hai fatto a quella ragazza? >> gli chiede piazzandoglisi davanti.
<< Non sono affari che ti riguardano. >>
<< Ti ho tirato dalla merda, quindi mi riguardano e come! >>
<< Avresti potuto fregartene e lasciarmi affogare! >>
I loro sguardi mantengono la stessa linea di sopportazione e di sfida, quando a un tratto a reagire male è naturalmente Castiel che in preda alla furia gli sferra un cazzotto facendolo barcollare, ma prontamente lo afferra per il colletto risollevandolo per guardarlo negli occhi << Ascoltami bene, testa di cazzo… se vuoi giocare a quel coglione di Christian Grey, fa’ pure, questi non sono affari miei; ma non permetterti di tirare in ballo persone che non c’entrano. Le tue frustrazioni, sfogatele come cazzo ti pare, ma Kim, lasciala stare dov’è! >>, e con uno strattone lo sbatte contro lo sportello dell’auto.
Nathaniel incassa il colpo, trattenendo a stento dei mugugni di dolore, poi sputando la saliva in eccesso rialza lo sguardo, convinto di riuscire a sfidare l’amico. << Chi cazzo sei tu? Come fai a comportarti da indifferente? Non sai quanto mi stia dando fastidio questa tua aria da onnipotente… come cazzo fai a non sentire lo stesso male che ho dentro?! >> scatta verso di lui e lo spinge lontano. << Come cazzo fai?! >> urla disperato. << Siamo sulla stessa onda, eppure tu… dopo due anni, riesci ancora a stare a galla! Perché? ... che n’è stato del tuo amore per Rea? >>
<< Sta’ zitto! >> lo interrompe Castiel sferrandogli un altro pugno e questa volta lasciandolo cadere per terra. << Che cazzo ne sai tu di quello che ho passato, di ciò che sto passando? Non ti permetto di pensare che per me tutto questo dolore non ci sia stato. C’è! C’è ancora… come tu ha perso Kim, nello stesso identico modo io ho perso Rea… e lei era tutto per me! >>
La pioggia fredda e irrefrenabile interrompe la loro discussione, entrando in scena e colpendoli ovunque. Al suo rumore, si aggiunge quello del pianto di Nathaniel.
 
 
I primi raggi di sole infilzano le plumbee nubi aiutati dal vento per scacciarle e scoprire l’immenso cielo. Castiel ferma la sua auto, affiancandola al guardavia sradicato dal terreno roccioso e rimpiazzato da una fascia anti accesso. A pochi metri di distanza, un triangolo piazzato sull’asfalto, avverte i lavori in corso.
Castiel scende dall’auto reggendo un mazzo di fiori e Nathaniel lo segue, avvicinandosi insieme allo strapiombo.
L’albero dal tronco spezzato, non è stato ancora tolto e la parte sdrucciolevole che conduce al dirupo, presenta ancora i segni dell’incidente.
Dopo qualche istante di esitazione, il Rosso afferra una rosa bianca dalla serie e la porge al biondino, poi senza aggiungere nulla si inginocchia su una grossa pietra, poggiandovi il mazzo.
<< In due anni, non ho mai perso l’abitudine di recarmi in questo posto. >> esordisce poi, infilandosi le mani nelle tasche. << È qui che l’ho persa… che le abbiamo perse. >>
 
 
 
 
 
*nella prima storia: A quel punto… mi sarei fermato, c’è un capitolo dedicato all’astio tra Castiel e Nathaniel, per chi non dovesse ricordarlo il titolo del capitolo si intitola appunto “L’astio tra Nath e Cass”.
 
 
 
BAKA TIME:
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Beh… so cosa state pensando di questo capitolo… sono diabolica, lo so me lo avete già detto e forse (ma sicuramente) qualcuna mi sta anche maledicendo o criticando, vedo già un recensione con su scritto che questi due (maledetti personaggi) non riescono a stare insieme che subito vengono divisi dalle mie follie, o ancora peggio avrà deciso di eliminare definitivamente questa serie dalle preferite o seguite…
Naturalmente, come vi avevo accennato nel precedente capitolo, ho scritto questa storia con uno scopo ben preciso: quello di rendervi la vita difficile sfidare la mia fantasia e costatare fin dove possa giungere… in poche parole ho voluto mettermi alla prova.
Spero ( mio malgrado ) che la storia fra Castiel e Rea possa ancora continuare a interessarvi.
Buonanotte.
E un abbraccio a tutte,
Iaiasdream.

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