With or without you

di Baetris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio (capitolo primo) ***
Capitolo 2: *** Nuovi incontri (capitolo secondo) ***
Capitolo 3: *** Estate (capitolo terzo) ***
Capitolo 4: *** Silvia (capitolo quarto) ***
Capitolo 5: *** Meteora (capitolo quinto) ***
Capitolo 6: *** Apatia (capitolo sesto) ***
Capitolo 7: *** Sollievo (capitolo settimo) ***
Capitolo 8: *** Confessioni (capitolo ottavo) ***
Capitolo 9: *** Dichiarazioni (capitolo nono) ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio (capitolo primo) ***


28 Giugno

 

“Benvenuta nel nostro collegio, Irene.”

Il rettore di questo collegio è tutto ossuto e avrà almeno centocinquanta anni.

“Buongiorno.” dico sprezzante e senza troppo entusiasmo.

“Bene, le siamo grati di aver accolto nostra figlia in questa struttura. Ha il mio recapito, in caso qualcosa vada storto, mi chiami pure. Noi, Irene, ci vediamo tra una settimana.”

Mio padre è ancora più freddo del solito, mia madre invece mi dà un tenero bacio sulla fronte, molto strano da parte sua.

Mi manca da morire Liam. 

Mi ha detto di chiamarlo appena fossi arrivata in questa prigione, ma dubito fortemente che ci sia campo.

“Irene, segui pure la signorina Marsini, ti accompagnerà nella tua stanza.”

Signorina è una parola grossa, questa donna avrà sessant’anni e mi sembra una vecchia governante: un po’ come quella di Heidi, ma più grassa e più brutta.

Prendo la mia valigia e seguo la signorina Marsini per una scala che conduce al piano superiore.

“Questa è la tua stanza” dice fermandosi davanti ad una porta anonima “La condividerai con un’altra ragazza, è già dentro. Il pranzo è alle 12.00 nel refettorio, non sono ammessi ritardi.”

Entro nella stanza e vi trovo una ragazza magrissima, pelle e ossa, con i capelli nerissimi corti seduta sul letto.

“Ciao, devi essere Irene.” mi dice lei alzandosi in piedi e porgendomi la mano “Io mi chiamo Isabella.”

“Sei arrivata anche tu oggi?” le chiedo.

“No, sono arrivata ieri sera.”

Mi fa impressione la sua magrezza.

“Anoressia.” mi dice lei.

“Prego?”

“Anoressia. È per questo che sono qui. Tu?”

“Mi hanno bocciata.”

Credevo che questo collegio fosse solo per ragazze che avessero perso un anno, invece sembra ospitare qualunque tipo di ragazza “problematica”.

Sistemo le mie cose nell’armadio comune e nella cassettiera vicino al mio letto.

La stanza è piccola e ha una finestra che dà sul parco.

“Fumi?” mi chiede lei.

“Sì, ma non credo che sia tollerabile qui. Tu?”

“Sì. Prima di venire qui però ho fatto la scorta.” Mi mostra 10 pacchetti di sigarette tutti ben nascosti sotto il materasso.

“Sei stata previdente.”

Il mio telefono non prende e ho il disperato bisogno di sentire la voce di Liam.

“Sai se c’è un telefono?” 

“Ne ho visto uno vicino all’ufficio del rettore. Ti accompagno se vuoi.”

Usciamo dalla stanza e scendiamo la rampa di scale per cercare i vari uffici.

“Non potete stare qui.” È la voce della signorina Marsini.

“Dovrei usare il telefono.” 

“Avvertiamo noi i tuoi genitori se hai bisogno di qualcosa. Ci sono degli orari precisi invece per le telefonate personali. Dalle 17.30 alle 18.30.”

Devo aspettare fino alle 17.30 per chiamare Liam? No, non resisto.

Ritorniamo verso la nostra stanza quando Isabella ha una idea che potrebbe rivelarsi geniale. “Forse fuori da questo inferno c’è campo. Usciamo nel parco.”

Cerchiamo di non farci vedere dalla Marsini e dal custode e sgattaioliamo fuori dal collegio passando da una entrata secondaria.

“Qua va!” dico vedendo una stanghetta apparire sul mio telefono.

“Ora puoi telefonare al tuo ragazzo “ dice Isabella accendendosi una sigaretta.

“Come lo hai capito?” 

“Beh, nessuno ha un bisogno così viscerale di chiamare un amico, no?”

Digito il numero di Liam a memoria e aspetto che risponda: “Hi, italian girl

 

 

 

Ciao a tutte!

L’avventura di Irene continua nel temutissimo collegio.

Cosa ne pensate di questo inizio? Vi piace la figura di Isabella?

Fatemelo sapere e se questa storia vi piace, continuerò con altri capitoli.

Buck98

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Capitolo 2
*** Nuovi incontri (capitolo secondo) ***


“Hi, italian girl” quanto mi era mancata la sua voce.

“Ciao, Liam”

“Come stai?”

“Potrei stare meglio, tu?”

“Bene. I miss you.” La voce profonda di Liam mi fa sciogliere ogni volta.

“Mi manchi tanto anche tu.” Ed è vero, sento come un bisogno viscerale di stargli vicino, soprattutto dopo quello che è successo quella sera. A ripensarci mi vengono i brividi.

Sentiamo dei passi avvicinarsi e Isabella lancia a terra la sigaretta senza aver il tempo di finirla e io spengo immediatamente il telefono e lo rimetto in tasca in una frazione di secondo

“Cosa ci fate voi due qui?” chiede un custode con fare interrogatorio.

“Niente, una passeggiata.” risponde in modo molto naturale Isabella, ci avrei creduto anche io se non fossi stata lì con lei.

“Tornate subito dentro.” ci intima il vecchio custode.

Il collegio è davvero enorme, sembra la versione cattolica di Hogwarts.

Io e Isabella torniamo nella nostra stanza che devo ammettere, ha un odore terribile.

“Apriamo le finestre?” le chiedo.

“Certo, c’è un odore terribile.”

Isabella è davvero minuscola, credo che riuscirei a sollevarla con un solo braccio. Vorrei chiederle qualcosa riguardo la sua condizione, ma risulterei indelicata.

Sono le 11.45, tra poco dobbiamo andare a pranzare. 

“Chissà cosa ci sarà per pranzo.” mi dice lei, come se mi leggesse nella mente.

“Non ne ho idea, non prevedo niente di positivo però.”

Fa molto caldo, ci saranno almeno 30 gradi ma Isabella sente freddo, infatti indossa una felpona blu che le arriva fino alle ginocchia e trema comunque.

“Hai freddo? Vuoi qualcosa?”

“Un pochino, ma fa nulla. Sono abituata.” nei suoi occhi si vede la tristezza e la fatica che deve aver fatto a causa della malattia.

Scendiamo nel refettorio e troviamo posto vicino a tre ragazze: Martina, Alessandra e Silvia.

“Nuove?” ci chiede Silvia, una ragazza bionda davvero molto bella.

“Sì, io sono arrivata oggi.” rispondo con cortesia “Voi?”

“Io sono qui dall’inizio dell’anno.” mi risponde lei. Sembra la classica ragazza proveniente da una famiglia benestante della Milano bene. Non la conosco ma già la invidio.

“Io sono qui da quando sono nata.” ci informa Alessandra. Vorrei davvero sapere perché, però mi sembra poco opportuno. Lei è meno bella di Silvia e credo che sia nigeriana, o di un paese limitrofo.

“Io da tre mesi.” Martina invece è molto in carne, forse ai limiti dell’obesità, mi chiedo se il motivo della sua permanenza qui sia dovuto a quello.

Isabella sembra troppo occupata a capire cosa ci porteranno da mangiare, non riesco ad immaginare il rapporto che abbia con il cibo.

Dopo qualche minuto di conversazioni un po’ scialbe, una inserviente ci porta il primo: pasta al sugo, un classico.

Viene servita a tutti tranne che a Isabella, a lei portano degli integratori alimentari e un frullato che emana un odore disgustoso ma a cui lei sembra abituata e che beve tutto d’un sorso.

“Sono stanca di tutto ciò.” mi sussurra mentre ingerisce anche gli integratori.

Ha lo sguardo assente, probabilmente sta pensando al altro.

Finiamo tutte di mangiare e le altre ragazze informano me e Isabella che ci sarà una riunione alle 15 per i nuovi arrivati in aula magna ma che per ora possiamo stare nelle aree comuni con tutte le altre ragazze.

 “Volete unirvi a noi?” ci chiede Silvia mentre Martina ed Alessandra le stanno alle spalle.

Io ed Isabella e all’unisono rispondiamo: “Volentieri”.

Ci sediamo tutte su un divanetto mentre altre ragazze stanno chiacchierando tra loro.

“Cosa ne pensate di questo posto?” chiede Alessandra.

“Preferirei stare da un’altra parte, diciamo.” rispondo io senza pensare che il mio tono suona alterato.

“Preferiresti stare con quello con cui parlavi al telefono?” mi chiede ridendo Isabella.

“Hai un ragazzo?” mi chiede Silvia.

“Non lo definisco il mio ragazzo, ma più o meno.” 

In effetti non abbiamo avuto il tempo di parlare della nostra relazione io e Liam.

Vorrei sapere se lui ora stia uscendo con altre ragazze o si definisce il mio ragazzo.

Gli ho anche attaccato il telefono in faccia, spero non se la sia presa troppo. Controllo il telefono ma non ho ancora campo. Che palle.

“Mi accompagni fuori?” mi chiede Isabella che sventola due Camel blu e un accendino fin troppo rosa shocking.

Usciamo e accendiamo le sigarette; nella sua mano sembra enorme, le dita di Isabella sono davvero scheletriche.

“Hai un’aria strana, Irene.”

“Cosa intendi?”

“Sembra che tu non sia qui mentalmente, seppur il tuo corpo è qui.”

Ha ragione, finché non rivedrò Liam continuerò a pensare a lui.

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Capitolo 3
*** Estate (capitolo terzo) ***


Mi immaginavo questo posto come un carcere, invece alla fin non è così male… Naturalmente preferirei stare da un’atra parte, ma potevo capitare peggio.

Una cosa positiva di questa scuola è che non devo indossare una divisa.

Guardo Isabella fumare e mi immagino come sarebbe se avesse qualche kg in più, secondo me sarebbe proprio una bella ragazza, perché i suoi lineamenti sono perfetti.

Rimaniamo in silenzio  a fumare per qualche minuto, fino a quando non esce anche Silvia con una sigaretta in mano. “Non hai la faccia da fumatrice” le dico scherzando “Sai quante cose non ti immagini di me.” mi dice strizzandomi l’occhio. Sono sicura che se fossi nata uomo mi innamorerei all’istante di lei. Ora però sono estremamente curiosa di sapere perché è qui.

“Cosa ha intenzione di dirci il rettore?” chiede Isabella a Silvia.

“Come al solito vi dirà che questo collegio è molto prestigioso e che siamo qui perché abbiamo smarrito la retta via, ma è suo compito, guidato da Dio, ricondurci sulla giusta carreggiata.”

Ora questo posto assomiglia ad un carcere, decisamente.

“Dovreste andare, la riunione inizierà tra poco.”

Lasciamo Silvia fuori da sola e ci dirigiamo verso l’aula magna: entriamo in questo gigantesco interno, illuminato da cinque enormi lampadari a spiovente, con almeno duecento poltroncine bordeaux tutte perfettamente allineate e una cattedra anch’essa gigantesca dove è gia seduto il rettore, accompagnato dalla Marsini. Io e Isabella ci sediamo su due poltroncine laterali verso il fondo.

“Benvenute ragazze” il rettore si schiarisce la voce “sapete perché siete qui?” credo che sia una domanda retorica, perché si risponde da solo un secondo dopo “Dio vi ha dotato di una intelligenza, ma purtroppo l’avete adoperata male. Noi insegnanti vogliamo aiutarvi a ritrovare la retta via.” tutte le ragazze tacciono, fatta eccezione per Isabella che mi sussurra “Secondo lui il mio problema alimentare è stato colpa mia? Coglione.”

Come darle torto, nessuno decide di ammalarsi volontariamente.

“Non ascoltarlo, è talmente vecchio che non sente neanche cosa dice.” 

Isabella ride compiaciuta della mia risposta ed entrambe volgiamo l’attenzione al rettore che sta ancora parlando.

“Nei prossimi giorni farete la conoscenza del nostro corpo docente e vi ambienterete bene, il collegio Sacro Spirito vi accoglie e vi augura una buona permanenza.” applaudiamo senza un minimo di convinzione ci alziamo.

Alessandra ci viene incontro e ci chiede come sia andata la presentazione.

“Questo posto non mi piace, non mi piaceva prima che mi iscrivessero e sicuramente non mi piacerà. Il rettore mi sembra un essere disumano, per non parlare della Marsini.” sbotta Isabella.

“Beh, mi sembra che abbiate capito tutto.” Alessandra scoppia a ridere. “Però la Marsini è molto umana, può non sembrarlo ma lo è. Dovete solo conoscerla meglio. Ha dato la vita a questo collegio.”

Ci raggiunge anche Martina, paonazza in volto perché deve aver corso.

“Silvia ha trovato un modo per accedere alla piscina della vila di fianco al collegio.” sta boccheggiando “ha detto di trovarci tra 15 minuti davanti alla sua stanza e di portare un costume. Anche voi due.”

Io so che è sbagliato e che probabilmente è un reato, ma ci sono 30 gradi e fa caldissimo, un bagno in piscina è la cosa che più desidero ora.

“Ci sto.” dico senza pensarci due volte.

“Io pure.” dice Alessandra.

“Io credo che passerò, non ho abbastanza caldo per fare il bagno.” Isabella è l’unica ragazza che indossa una felpa, noi tutte siamo in shorts e maglietta/canottiera.

15 minuti dopo mi ritrovo dentro alla camera di Silvia, con Martina ed Alessandra. Riesco a sbirciare all’interno del suo armadio, ha solo vestiti firmati.

“Quanto tempo abbiamo a disposizione?” chiedo, senza smettere di fissare un abitino stupendo verde acqua.

“Fino alle 16.30, più o meno.” Silvia ha la mentalità da leader e si capisce da come parla che non ha mai chiesto, le è sempre stato dato. Probabilmente se andassimo nella stessa scuola la odierei, ma ora la ammiro e vorrei essere come lei. Strano da dire, di solito me ne fregavo altamente di queste cose.

Usciamo tutte e quattro dalla camera di Silvia e ci dirigiamo verso questa villa, che ho scoperto essere proprio attaccata al collegio. Basta scavalcare un muro di due metri e ci si ritrova nel parco di questa villa che, a quanto dice Silvia, appartiene ad una famiglia amica dei suoi genitori che per tutta l’estate è via.

“Bagno?” chiede, togliendosi la canottiera. Ok, è in assoluto la ragazza più bella che abbia mai visto. Ha un fisico da modella e il costume che indossa sembra disegnato apposta per lei.

La piscina è molto grande, c’è anche un trampolino da dove Alessandra si sta per tuffare. Entro in acqua anche io, con un poco elegante tutto di testa e ci troviamo tutte al centro. “Certo che si sta proprio bene” esordisce Martina.

“Non dovete parlarne con le altre ragazze. Mi raccomando.”

“Certo, Silvia.”

Proprio mentre stavo per fare qualche vasca, sento la suoneria del mio telefono.

Dev’essere Liam.

Esco dall’acqua di corsa, e proprio come pensavo, dall’altra parte c’è proprio Liam.

“Hi, italian girl. Mi hai dimenticato?”

“No, scusami. Qui non c’è campo.”

“I understand. But, quando torni qui?”

“Tra una settimana.”

“I have to kiss you, Irene.”

“Me too.”

Mi mancano tantissimo anche le sue labbra, quanto darei per baciarle.

“Se vengo lì?”

“Non credo sia possibile, e poi come arriveresti?”

“In America io ho la- how to say in italian- the license to drive.”

È vero, in America si può fare la patente a 16 anni.

“Mi piacerebbe tanto, lo sai. Ma ho paura che non ti facciano rimanere.”

“Never mind, io vengo comunque. Miss you, italian girl. See you tomorrow.”

“A domani.”

Inizio a saltellare come una dodicenne sul bordo della piscina e finisco per sbaglio in acqua con un tuffo sgraziato.

“Ti sei fatta male Irene?” mi chiede preoccupata Martina.

“No, non sono mai stata così bene in vita mia.” dico tossendo un po’ d’acqua.

 

Buonsalve a tutti i miei lettori.

Spero che la storia vi piaccia e sono contenta di riuscire a pubblicare i capitoli così frequentemente. Non perdetevi il prossimo capitolo, sarà breve ma molto intenso. Tengo a ringraziare anche Izayoi kizu per le recensioni dei primi capitoli.

Un bacio,

Buck98 aka Beatrice

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Capitolo 4
*** Silvia (capitolo quarto) ***


 

“Era il tuo ragazzo?” mi chiede Silvia.

“Sì, domani viene qui. Secondo voi riesco a farlo rimanere qua una notte?”

“No.” Ho capito che l’ottimismo non è proprio la qualità principale di Alessandra.

“Vedrai che ci riusciremo, forse posso aiutarti.”

Sto amando ancora di più Silvia, forse grazie a lei riuscirò a stare un’intera notte con Liam. Dio, quanto sarebbe bello. 

“Ora però sarebbe meglio andare, non voglio che ci scoprano qui. Marti, Ale, andate pure avanti. Devo parlare un attimo con Irene.”

Silvia riesce ad essere autoritaria ma benevola nello stesso momento, più la conosco, più la vorrei conoscere ancora meglio.

“Da quanto state insieme?” mi chiede lei mentre si infila gli shorts.

“In realtà non stiamo insieme. È molto complicato.”

“Ti ascolto.”

“Per farla breve, lui era fidanzato quando ci siamo conosciuti. Dopo qualche tempo si è lasciato con la sua ex e ci siamo baciati. La settimana prima che io partissi poi…” taccio, non so come verrei giudicata da lei.

“Siete stati a letto insieme?” mi chiede lei, quasi sapesse già tutto. Non lo fa con tono accusatorio, anzi, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Cosa che alla fine è.

“Esatto.”

“Capisco. Ti deve piacere proprio tanto, e si vede anche da come ne parli. Ti si sono illuminati gli occhi.

Credo di riuscire ad aiutarti, ma devi mantenere il segreto su cosa ti dirò.”

“Certo. Però, perché mi aiuti? Rischi grosso in questo posto e ci conosciamo solo da poche ore.”

“Ho fatto tante cazzate prima di venire qui.”

Rimango zitta, aspetto che vada avanti con il discorso.

“Prima che mio padre mi mandasse in questo collegio ne ho davvero passate tante. Sono stata tirata in mezzo in cose più grandi di me, da persone più grandi di me. Ero egoista, pensavo solo a farmi e a sballarmi. Mi è stata data una seconda occasione e voglio aiutare le persone, non fotterle come facevo prima.”

“Ed è per questo che sei qui?”

“In parte. Vedi, mia madre è morta un anno fa. Un mese dopo la sua morte, non provavo assolutamente niente: né tristezza, né rabbia, nulla. Incontrai un ragazzo, Federico, aveva 26 anni, era il buttafuori di una discoteca di Roma. Mi piaceva: era il classico cattivo ragazzo e io all’epoca ero la classica perfettina, non bevevo, né fumavo, ero ancora vergine. Mi misi insieme a lui e solo poco dopo scoprii che era invischiato in dei circoli strani di cocaina ed ecstasy. Provai entrambe e andai avanti così per mesi; fino a quando una notte, erano le 4 ed eravamo appena usciti da un locale entrambi in condizioni pessime, salimmo sulla sua macchina per andare a casa sua. Non ci arrivammo mai, lui sbagliò corsia e ci schiantammo contro un’altra macchina. 

Era una famiglia che tornava a casa da un compleanno, morirono tutti: madre, padre e una bambina di 5 anni, che guarda caso, si chiamava Silvia. Federico entrò in coma e tutt’oggi è ancora in ospedale, attaccato ad una macchina per farlo respirare.”

Il racconto di Silvia mi fa gelare il sangue e mi fa venire la pelle d’oca. Le scende una lacrima sulle guance, ha uno sguardo mesto, le parole le uscivano con amarezza.

“Mi dispiace per quello che hai dovuto passare.”

“È solo colpa mia. Non me la posso prendere con nessuno.”

“Non è colpa tua, non c’eri tu al volante.”

“Ero io però in discoteca a bere e a far bere Federico. Ho sulla coscienza tre persone, tra cui una bambina.

Ogni notte la sogno. È da quella sera che non tocco più alcol o droghe. Quant’ero stupida.”

Non so cosa rispondere, così mi viene naturale abbracciarla.

Restiamo abbracciate per un po’, poi decidiamo di tornare dalle altre e cercare di pensare un po’ ad altro.

 

Questo capitolo è corto, lo so, ma volevo ritagliare uno spazio anche per Silvia, personaggio che mi sta molto a cuore. Spero che nonostante la brevità, vi sia piaciuto.

Alla prossima

Buck98 aka Beatrice

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Capitolo 5
*** Meteora (capitolo quinto) ***


Ripenso tutta notte alle parole di Silvia.

Non so quanto riuscirei a convivere avendo sulla coscienza tre persone.

Immagino che ogni giorno ripensi a Federico, che è praticamente morto, da quel che ho capito.

Sono così fortunata ad avere Liam, mi manca da impazzire ma prossimamente lo rivedrò.

La notte è silenziosa, si sentono solo le cicale e i gufi che rendono queste ore ancora più surreali.

Sono stanca, vorrei dormire, ma il racconto di Silvia mi ha davvero shoccata e le immagini che ho in testa non mi permettono di chiudere gli occhi.

Sono le tre e un quarto, Isabella dorme già da un pezzo. Il suo corpo rannicchiato sembra ancora più piccolo e facilmente distruttibile. Volendo, con un dito le farei male. Se esiste un Dio, non capisco come faccia a guardare senza agire. Non mi reputo atea, ma né religiosa. Una sorta di agnosticismo e deismo.

Che strano, ora potrei essere coi miei amici del mare in spiaggia, attorno ad un fuoco a due passi dal mare. 

Sento il telefono squillare e sussulto, ero soprappensiero. 

Guardo il numero sullo schermo, non lo riconosco.

“Pronto?”

“Irene?” è un accento strano, non lo identifico subito.

“Sì, chi parla?”

“I’m the father of Liam.” 

Scommetto che Liam è a qualche festa ed è troppo ubriaco per rispondere al telefono.

“Oh, buonasera. Cosa succede?”

“He had an accident with the car. He crashed into a bridge. If you can, come to the hospital, room 397, third floor. The doctors are going to operate him.”

Mi si gela immediatamente il sangue, non riesco neanche a rispondere. Ho la bocca aperta ma non esce nessun suono. Vorrei piangere ma le lacrime si rifiutano di uscire. Liam ha fatto un incidente in auto. Non riesco a realizzarlo, provo a dirlo ad alta voce ma niente. Le mie gambe sono paralizzate.

Isabella si sveglia e accende la luce: “Irene, tutto okay?” 

Non rispondo, mi limito a guardarla.

“Irene, ti senti bene?”

“Liam… Liam ha fatto un incidente.”

Alza di scatto in piedi e si avvicina.

“È ricoverato?”

“Stanno per operarlo.”

“Vestiti, chiamo un taxi.”

Prendo a caso una maglietta e dei pantaloni, metto nella borsa il telefono e il portafoglio, spero di avere abbastanza soldi.

Sento Isabella che sta parlando al telefono, probabilmente con un tassista.

“Andiamo.” Mi dice in piedi davanti alla porta, anche lei si è vestita a caso.

Scendiamo le scale senza pensare al rumore che avremmo causato.

Il taxi arriva dieci minuti dopo la chiamata e per raggiungere l’ospedale ci mettiamo all’incirca venti minuti.

Arriviamo all’ospedale e Isabella si ferma a parlare con il tassista, io corro dentro e chiedo alla prima infermiera che trovo indicazioni.

“Credo che lo stiano portando su per operarlo, comunque la stanza è da quella parte, prendi l’ascensore.”

Mi precipito e vedo che l’ascensore è al quinto piano, prendo allora le scale e in neanche 30 secondi sono nella stanza di Liam, dove ci sono i genitori.

Ho il fiatone, li guardo entrambi negli occhi nella speranza che mi sappiano dire qualcosa, ma si nota nel loro sguardo la più totale disperazione.

“È grave?”

“Irene, non sappiamo se uscirà dalla sala vivo.”

 

 

 

 

Scusate se non ho pubblicato il nuovo capitolo subito e ho aspettato tanto, ma sono stata malata e questo capitolo non è stato facile da scrivere.

È quello a cui tengo di più e ci terrei che piacesse anche a voi.

Alla prossima

Buck98 aka Beatrice

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Capitolo 6
*** Apatia (capitolo sesto) ***


Non sento più niente, una apatia totale mi stringe e mi strozza il respiro in gola. I genitori di Liam hanno la mia stessa espressione, la madre un istante dopo scoppia in lacrime e il padre la stringe a sè.

“Com’è successo?” chiedo.

“Stava guidando per venire da te e un pazzo fatto di cocaina gli ha tagliato la strada, Liam lo ha evitato ma si è schiantato contro un muretto. Si è spezzato quattro costole, ha una emorragia interna a livello del polmone sinistro.”

Rimango in silenzio, le lacrime mi colano sulle guance e non posso fare niente per fermarle. È tutta colpa mia, se non fossi venuta in questo posto di merda, Liam non sarebbe in quella sala operatoria. Mi odio, mi odio da impazzire.

Crollo in ginocchio e sento due mani sulle mie spalle, è Isabella.

“Vieni, sediamoci.” 

Ci sediamo su due seggiole in un grande stanza, tappezzata di poster che inneggiano a esami del sangue vari per prevenire malattie.

“È colpa mia”

“Non è vero, lo sai. Non darti colpe che non ti appartengono. Poteva capitare in qualsiasi momento.”

Inizio a singhiozzare, l’idea di perderlo mi fa mancare l’aria. Ho bisogno di uscire a respirare.

Usciamo dall’ospedale e il caldo afoso ci travolge, sono le 4.30 e si vedono benissimo le stelle. Mi ricorda la sera in cui io e Liam lo abbiamo fatto per la prima volta, vorrei tornare a quei momenti e stringerlo forte a me. 

Isabella mi allunga una sigaretta e un accendino.

Le mormoro un grazie e la accendo, aspirando il primo tiro come se non fumassi da anni.

Il fumo grigio e denso esce dalla mia bocca e si dissolve nell’aria, tiro dopo tiro.

“Starà bene, sono sicura che andrà tutto bene.” cerca di rassicurarmi lei.

“Se potessi, prenderei il suo posto. Hai mai provato un sentimento simile?”

“Mio fratello è morto mentre andava a prendere da mangiare, glielo avevo chiesto io. È da quel momento che, beh, ecco.” dice indicandosi il corpo.

Credo che un trauma del genere non sia facile da superare e la reazione psicologica di Isabella sia comprensibile, ma totalmente distruttiva.

“Io non mi ero mai trovata in una situazione del genere, così tanto affezionata ad una persona. Lui è davvero perfetto, se gli dovesse succedere qualcosa di male penso che morirei dentro. Ho una paura fottuta.” 

Non so cosa succederà quando tra poche ore non troveranno né me né Isabella in stanza, e francamente non me ne frega assolutamente niente. Che mi espellano, che chiamino i miei genitori. L’unica cosa di cui mi interessa ora come ora è che Liam esca vivo da quella sala.

L’ultima volta che sono stata in ospedale era per un’operazione di mia madre, nulla di grave, ma l’ansia mi attanagliava lo stomaco; ora, è come se mi trovassi in un sogno, non sento assolutamente niente ed è come se tutto questo non fosse reale. Liam, cazzo, è la persona migliore che conosca. 

Isabella mi guarda ma non sa cosa dire, non so nemmeno io cosa direi. Fa caldo, caldissimo, ma io ho i brividi. 

“Parlami di lui.” mi dice lei, aspirando la sua camel.

Rimango un po’ in silenzio, ci sarebbero così tante cose da dire a riguardo.

“Beh, Liam è bello, di quella bellezza da togliere il fiato. Ogni volta che lo guardavo mi andava via il respiro e sentivo il cuore in gola. È bello al mattino, al pomeriggio e di sera, ma è particolarmente bello di notte; mi ricordo, quand’eravamo a casa mia e lui ci cingeva i fianchi, sul mio letto, che lo fissai per diversi minuti, incantata.” mi metto a ridere. 

“Perché ti fa ridere?”

“Perché lo fissavo mentre lo stavamo facendo, avevo un’espressione ambigua forse e lui pensava che non mi piacesse. Non gli ho mai detto quant’è stato bello per me.” 

“Era la tua prima volta?”

“No… Ho perso la verginità con il mio ex, Davide, uno stronzo che si vantava di quanto scopassimo. In effetti lo facevamo per ore e ore, più volte al giorno come gli animali. Un sesso grezzo, sporco e incentrato solamente al godimento. Quando finivamo non mi baciava neanche, si alzava e giocava alla play e mi lasciava nuda sul letto, da sola. Con Liam è stato totalmente diverso, lo abbiamo fatto solo una volta ma sembrava che lo facessimo da sempre, i nostri corpi e le nostre menti erano in totale sintonia. È stato pazzesco, sia fisicamente che psicologicamente.” 

Rimaniamo in silenzio, il vento che viene dal mare mi scompiglia i capelli già arruffati. 

Sono le 6.00, sta iniziando ad albeggiare. 

Rientriamo in ospedale e vedo la madre di Liam che piange, abbracciata al padre che la stringe a sé e il medico di lato, immobile.

No, non può essere. Non può essere morto. Perché sta piangendo? Mi si gela il sangue, stringo i pugni e le nocche diventano bianche, mi sento svenire. 

La madre di Liam si volta verso di me e mi abbraccia, sussurrandomi all’orecchio piangendo: “He’s fine. L’operazione è andata bene.”

 

Buon pomeriggio a tutti, so che sono passati più di 20 giorni dall’ultimo capitolo, non uccidetemi, ma non sapevo davvero come continuare la storia.

Sono un’inguaribile romantica, e ho scelto di lasciare in vita Liam (personaggio di cui mi sono piano piano innamorata anche io ahah

Sooo, cosa ne pensate? Spero che la storia vi piaccia e che stia continuando bene; se avete consigli, domande o critiche, scrivetemi in posta privata

o lasciate un commento qui sotto. 

Buona vita a tutte/i

Beatrice

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Capitolo 7
*** Sollievo (capitolo settimo) ***


Io e la madre di Liam rimaniamo abbracciate per qualche istante, il suo profumo mi inebria totalmente, forse mi dà anche un po’ alla testa, ma il sollievo che provo ora come ora è ineguagliabile e vale la pena sopportare. Ci stacchiamo e lei mi guarda negli occhi che suppongo essere arrossati dalle troppe lacrime versate, proprio come i suoi, verdi intenso.

“Ha chiesto di te” mi dice, asciugandosi una lacrima piena di mascara.

Non riesco a rispondere, mi esce un suono soffocato dalla gola.

Ci incamminiamo verso la sua stanza: è sdraiato a letto con mille tubi che gli escono dal corpo e dal naso, è pallidissimo e pieno di lividi, ne ha uno enorme sul sopracciglio.

“Ehi” gli dico, afferrandogli la mano delicatamente, ho paura di fargli male.

“Ehi” mi risponde lui, con molta fatica. Ha appena affrontato una operazione durata due ore e mezzo, è un miracolo che sia cosciente.

Inizio a piangere di nuovo, ma questa volta le lacrime sono di gioia e lo bacio in fronte.

“Perché piangi, home, non è morto nessuno” mi dice sorridendo e con una smorfia di dolore.

“Mi hai fatta preoccupare tantissimo, non ci provare mai più.”

“Scusa, le mie costole sono molto dispiaciute.”

Rido alla sua battuta però mi immagino anche quanto gli faccia male.

Dalla porta entra il medico con una cartella in mano e saluta i genitori di Liam con una stretta di mano calda.

“Vostro figlio è un ragazzo molto fortunato, se così si può dire. Ora però devo aumentare il dosaggio dei sedativi perché deve riposarsi, la morfina tra poco smetterà di fare effetto e il dolore sarà acuto.”

La madre di Liam si stringe al marito che mi guarda: “Irene, dovresti riposarti anche tu. Noi abbiamo preso una stanza nell’hotel qui vicino, vuoi dormire qui tu?”

“Mum, dad, she’s in a college now, she can’t stay there tonight.”

“Okay, but if she wants she can sleep in hotel with us tonight.”

Rispondo in italiano: “Il collegio è qui vicino, quando si sveglia chiamatemi e arrivo.”

Isabella mi tocca la spalla e mi indica l’orologio, sono le 6.25, tra poco passeranno a controllare le camere.

Liam si è addormentato e noi usciamo dalla stanza, in silenzio.

“È un ragazzo forte, si rimetterà presto.” mi dice il padre, dandomi un buffetto sulla spalla.

“Lo so, lo spero.”

I genitori di Liam accompagnano me e Isabella al collegio con il loro nuovo suv.

“So, why are you there?” mi chiede la madre.

“È una lunga storia, scelta dei miei genitori.”

“Capito. Ci sentiamo più tardi, quando Liam si risveglierà. Non ti preoccupare.”

Li saluto e li ringrazio.

“Come stai?” mi chiede Isabella.

“Sono esausta, davvero. È come se una macchina mi fosse passata sul petto e avesse fatto anche avanti e indietro.”

“Lui starà bene, se no lo ammazzo io, ti giuro.”

Rido e lei con me. 

Questo posto mi fa schifo, ma sono grata di aver trovato l’amicizia di Isabella.

 

 

Beh, buonasera ragazze.

Lo so lo so, sono una persona incostante e sono passati mesi dall’ultimo capitolo ma è stato un anno molto pieno, per me. Ho deciso di iniziare di nuovo ad aggiornare la storia perché mi mancava scrivere, mi mancava Irene. Spero che comunque, passati 10 mesi, qualcuna abbia ancora la voglia di leggere questa mia strana storia e sarei grata se commentaste, anche solo per farmi sapere che siete ancora qui. Domani per farmi perdonare pubblicherò ancora e, parola di scout, questa volta è quella buona, riuscirò a rimanere costante con le pubblicazioni.

Beatrice

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Capitolo 8
*** Confessioni (capitolo ottavo) ***


“Cerca di non fare troppo rumore, se la Marsini ci becca fuori dalle stanze a quest’ora ci fa il mazzo.” mi dice Isabella, davanti a me che cammina sulle punte dei piedi per fare meno rumore possibile.

Riusciamo miracolosamente ad arrivare in stanza senza che nessuno ci scopra e affondo nel letto, sono esausta.

“Sono le 7.00, tra poco dovremo scendere per la colazione.”

Mi cambio i vestiti, questi sanno troppo d’ospedale e fumo di sigaretta.

“Bella la camicia” nota Isabella. Ho comprato questa camicia di cotone ultraleggero qualche anno fa e mi ero totalmente dimenticata di averla.

“Grazie, se vuoi uno di questi giorni te la presto.”

Sentiamo dei rumori fuori dalla porta e qualche istante dopo entra la Marsini: “Buongiorno, signorine. È un piacere trovarvi già sveglie. La colazione sarà servita tra qualche minuto e alle 8 ci sarà, per così dire, una sorpresa del rettore. Vi aspettiamo in aula magna, non tardate.” esce accostando la porta.

“Che pensi che sia?” le chiedo.

“Non ne ho assolutamente idea e non ho neanche voglia di scoprirlo.”

Scendiamo a fare colazione, Silvia ci ha tenuto due posti vicino a lei.

“Buongiorno ragazze, dormito bene?”

“Beh, dormito è una parola grossa.” le dico, accennando un sorriso.

Silvia mi fissa negli occhi, poi quando passa la cameriera a portarci il caffè con le brioche, distoglie lo sguardo.

Ad Isabella si illuminano gli occhi a vedere il croissant al cioccolato davanti a lei, sono felice che abbia questa reazione.

Lo mangia tutto d’un fiato e sorseggia il caffè, forse questo posto le sta facendo davvero bene.

Iniziamo a chiacchierare del più e del meno ma io tengo gli occhi fissi sul telefono, aspettando una chiamata dai genitori di Liam.

“La Marsini ha detto anche a voi della sorpresa?” chiede Silvia.

“Già, tu hai idea di cosa sia?”

“Zero proprio. So solo che riguarda un tizio, un certo professore di non so quale università di Milano. Spero che non sia uno stupido test attitudinale o roba del genere.”

Solo ora noto dei graffi sul polso sinistro di Silvia, paralleli, che proseguono anche sull’avambraccio.

Lei nota che li sto fissando e nasconde il braccio sotto al tavolo. Abbasso gli occhi, spero che non siano ciò che penso.

Ci alziamo da tavola e sono le 7.50, non ho tempo di tornare in camera e cambiarmi, così esco in giardino nella speranza che il telefono squilli.

“È stato il gatto.” è la voce di Silvia alle mie spalle.

“Uhm?”

“È la scusa che usano gli autolesionisti più spesso, oppure il cane o un incidente da bambini. Nessuno ti dirà mai la verità. Beh, a meno che non sia palese e direi che nel mio caso è così.”

Le guardo il braccio, alla luce del Sole si vedono anche delle cicatrici più vecchie su tutto il braccio, fino alle spalle.

“Prima non volevo fissarti, scusa.”

“Tranquilla, sono abituata agli occhi increduli della gente. Non è un problema, sono cose passate.”

“Mi dispiace comunque, avevo un’amica che…”

“Si tagliava? Puoi dirlo, tranquilla, è la verità. E a pensarci dopo è anche una cazzata. Perché farsi del male da soli quando la gente ne fa già abbastanza?”

Non so che dire.

“Sai, Irene, i motivi per cui la gente arriva a farsi del male sono molteplici. C’è chi lo fa perché si sente apatico, chi per distrarsi da altro.”

“Tu perché lo facevi?” appena finisco la frase mi rendo conto di quanto sia invadente e cerco di renderla meno personale, senza risultato perché Silvia mi risponde prima che possa dire altro: “Senso di colpa, principalmente. Pensavo di dover soffrire come hanno sofferto le persone che ho ucciso. Ma la sofferenza che hanno provato loro e tutti quelli che volevano loro bene non è paragonabile a qualche taglio sulle braccia. Purtroppo l’ho capito dopo, dopo aver ridotto il mio braccio così.” Mi mostra le cicatrici che ha, alcune sono molto più marcate, altre sembrano davvero graffi di un gatto.

“Che schifo è?” mi dice lei.

“Non dire così. Io non lo penso.”

“Tu sei una persona buona, l’ho capito da quando ti ho parlato la prima volta. Ma sai, non tutti sono come te. Non sai quante volte mi hanno detto che sono pazza, perché solo una pazza può infliggersi tagli da sola. Sai la cosa più brutta? Alla fine pensavo anche io di essere pazza.”

“Non lo sei, anzi. Ti trovo molto razionale.”

“Ci sono voluti mesi per essere così, appena arrivai qui ero fuori di me. Ancora sotto effetto di tutta quella droga che avevo preso e dell’alcol che avevo bevuto. Ero isterica, nevrotica e non dormivo. Penso di aver mandato a fanculo la Marsini un milione di volte, ma ciononostante non mi ha mai cacciato. Devo tanto a quella donna, dopotutto.”

Si sono fatte le 8, è tempo di andare.

È impressionante come ogni giorno scopra cose nuove di Silvia. Se prima la invidiavo, beh, ora provo tenerezza nei suoi confronti. 

 

 

Buonasera ragazze. So di essere in ritardo perché è passata la mezzanotte, ma il lupo perde il pelo ma non il vizio. Devo essere sincera, questo capitolo è stato facile da scrivere ma il post scriptum è molto più duro.

Non voglio che fraintendiate le parole di Silvia, ovvero le mie, perché ritengo essere l’autolesionismo un argomento fin troppo ridicolizzato e vi faccio una confessione, Silvia sono io. Non per la droga o la morte della famiglia, sia ben chiaro, ma per il suo modo di combattere il dolore. Già, anche io, la vostra amata (e anche odiata, lo so lo so) autrice è, o meglio dire era, un’autolesionista. Tranquille, è un capitolo chiuso e la chiave è stata buttata tempo fa.

Ora capite perché tengo così tanto a Silvia come personaggio.

Buona notte e a domani

Beatrice

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Capitolo 9
*** Dichiarazioni (capitolo nono) ***


La “sorpresa” del rettore non è altro che una conferenza di un’ora e mezza sull’impatto che ha avuto Dio su quest’uomo, un ex criminale che ora fa il missionario in Africa e lavora a stretto contatto con i bambini del Camerun. Devo ammettere che è stata abbastanza interessante se non per l’ultima parte in cui la Marsini ha iniziato a chiedere quale passo della Bibbia lo avesse maggiormente influenzato.

Ci alziamo e ci dirigiamo verso le classi: oggi ci verrà detto che cosa faremo in questi giorni di reclusione.

Sono nella stessa classe di Silvia e Isabella, mentre Alessandra e Martina sono in un’altra.

“Buongiorno, ragazze.” a parlare è un uomo giovane, meglio dire un ragazzo, avrà sì e no 30 anni.

“Che figo.” è il commento di Isabella. In effetti Marco, questo è il suo nome, è un bel ragazzo: biondo, abbastanza alto e muscolo con gli occhi scurissimi e un accenno di barba sul viso che, senza, sembrerebbe appartenere a un 20enne. Sembra il classico professore che si vede nei film americani, con un cardigan verde scuro e dei pantaloni marroni ma con le scarpe da ginnastica.

“Io sono Marco Feltri, insegno pedagogia all’università di Milano e in questi giorni vi accompagnerò nei centri di accoglienza affiliati all’istituto. Domani ci recheremo in un orfanotrofio dove vi verrà affidato un bambino col quale dovete giocare e se possibile, cercate di imparare qualcosa da lui. Mercoledì invece faremo visita al carcere femminile di Sesto e potrete parlare con le detenute. I giorni che seguiranno invece sono ancora da decidere. È tutto chiaro, avete delle domande?”

Tacciamo e Marco ci saluta, dicendo che ha un importante impegno e deve scappare.

“Beh, niente male il professorino, no?” chiede Isabella, ammiccando.

“Non chiedere a Giulietta, è molto presa dal suo Romeo.” scherza Silvia.

Cazzp, devo controllare se ho ricevuto delle chiamate dai genitori di Liam, saluto di fretta le ragazze e corro in cortile.

Una chiamata persa.

Richiamo subito il numero.

“Hello.”

“Buongiorno, sono Irene.”

“Oh, goodmorning. Liam si è svegliato mezz’ora fa. Sta bene, l’operazione non ha avuto complicazioni e dovrebbe essere rimesso tra una settimana. Riesci a raggiungerci in ospedale? Noi avremmo un impegno and he’s asking about you.”

“Sì, sì, credo di riuscire a venire.”

“Vuoi che ti venga a prendere, darling?”

“No, si figuri, devo solo chiamare un taxi.”

“No, insisto. Sarò lì tra meno di quindici minuti. Wait for me.”

“Grazie, grazie.”

Il padre di Liam attacca e corro in camera a prendere la borsa, ma prima lascio un biglietto a Isabella.

Sono in ospedale da Liam, coprimi

Spero che nessuno si accorga della mia assenza o che Isabella sia così brava da coprirmi.

Il padre di Liam arriva qualche minuto min ritardo e salto sulla loro nerissima auto.

“So, how are you doing?”

“Si sopravvive, grazie.”

“Ma tu puoi uscire dal collegio quando vuoi?”

“Beh, non proprio…”

“Quindi io ti sto rapendo in teoria?”

“Se vuole vederla così… Però io sono consenziente, lei non finirebbe in galera?”

“Se finissi in galera mia moglie impazzirebbe: figlio in ospedale e marito in carcere. Not a good story to tell.”

Arriviamo in fretta in ospedale e nel parcheggio c’è la madre di Liam, pronta a salire in macchina.

“Buongiorno signora.”

“Good morning, Irene.”

“Grazie del passaggio.”

Saluto, scendo dal veicolo e mi dirigo verso la stanza di Liam.

“Ehi, italian girl.”

“Ciao, Liam.”

“Sei bellissima.”

“Sono gli anestetici che parlano, non mi sono truccata né pettinata.”

“You’re so cute, Irene.”

Gli do un bacio sulle labbra, poi i baci diventano due, tre, quattro.

“Mi sei mancato.”

“Anche tu, davvero. Non vedo l’ora di uscire da qui e portarti al mare.”

“Io tra una settimana sono fuori dal collegio e tu dovresti essere dimesso, poi possiamo fare quello che vuoi.”

“So, primo cosa andiamo al mare perché io sono pallido as fuck e tu sei molto abbronzata, non va bene. Poi torniamo in città e andiamo ad una festa organizzata da un amico dei miei che lavora per Vogue Men, però non devi guardare gli altri modelli.”

“Bel programma, ma tu devi stare a letto un po’ prima di tornare ad uscire. Io intanto posso andare dai modelli.”

“Che stronza.” ridiamo entrambi.

“Ah, ho dimenticato una cosa, honey.”

“Cosa?”

“Non so se è la medicina o cosa, ma ho voglia di fare sesso. A lot of sex.”

Arrossisco e lo bacio ancora.

“Beh, è un sì?”

“Vediamo che dice il medico.” gli faccio l’occhiolino.

“You are so fucking sexy.”

“Thank you, you too.”

“Anche quando parli inglese con la pronuncia italiana. Sai, ho ripensato tanto a quella notte, non riesco a togliermela dalla testa. Non so se è stato anche per te così, ma non mi sono mai sentito così prima.”

“Neanch’io, Liam.”

“Il tuo corpo, la tua mente. Mi piace tutto di te e averti per me, nuda, su quel letto… Beh, it was  a dream came true.”

Lo guardo negli occhi, intensi e stanchi allo stesso tempo.

“Ho una domanda, Liam.”

“Ask.”

“Io e te, insomma, cosa… Intendo dire, c’è un legame ormai, ma non so…”

“Vuoi sapere se sei la mia ragazza?”

“Beh, sarebbe carino.”

“Irene, non faccio sesso con una ragazza solo per avere del piacere. Se con te è successo quello che è successo è perché mi piaci tanto. Ti consideravo la mia ragazza anche prima, ma ora direi che è ufficiale. I’m so lucky.”

Dentro di me sto urlando dalla felicità ma non posso mostrarmi così davanti a lui, per di più in un ospedale, quindi mi limito a sorridere e a baciarlo, ancora e ancora.

 

 

Buona sera ragazze, finalmente un capitolo un po’ più lungo degli altri. Che dite, vi piace come sta proseguendo la storia? Avete consigli o critiche da fare? Sono tutta orecchie. Spero che il capitolo vi piaccia.

B

 

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