A kind of an emotional tether

di venusmarion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Signs from the universe ***
Capitolo 2: *** Flour+milk+eggs+Lydia ***
Capitolo 3: *** Castle On The Hill ***



Capitolo 1
*** Signs from the universe ***


#prompt: "I’m a big believer in “signs from the universe”  sort of like karma, sometimes you’re nice and your jeep doesn’t break down for an entire week. Or you act like a douche and the doorbell rings as soon as you’ve got into bed, if its never happened to you, trust me when I say its infuriating in the pettiest way possible."

words: 495
 

SIGNS FROM THE UNIVERSE

«Credo fortemente nei segnali dall’universo,» disse Stiles, dondolandosi sulla sedia. «Una specie di karma. A volte ti comporti bene e la tua jeep non si sfascia per un’intera settimana. O fai lo stronzo e il campanello suona appena ti infili sotto le coperte. Se non ti è mai capitato, fidati quando dico che è esasperante nella maniera più assoluta.»
Stesa a pancia sotto sul letto, Lydia sgambettò tendendo le punte dei piedi. «Perciò io dovrei chiudere gli occhi e puntare un dito su una mappa per trovare un covo di cattivi dotati di poteri soprannaturali che rapiscono kitsune?» Sbatté le mani sulla trapunta, affondandoci tutte e dieci le dita. «Per te questo è un segnale dall’universo? Sono una banshee, non un gps.»
«Non —» Stiles scattò in piedi, recuperando il pennarello rosso dietro l’orecchio e cominciando ad agitarlo. «Il segnale dell’universo è che tu sei venuta qui, a casa mia, di tua spontanea volontà. Forse perché ieri sera ho lavato i piatti, o perché ho messo apposto la camera, non lo so.»
«Stiles. Mi hai telefonato.»
«Ma non ti ho chiesto esplicitamente di venire.»
Lydia nascose la faccia nella trapunta, esasperata. Mugugnò qualcosa contro il letto, ma le parole si persero contro il materasso.
«Che?» fece Stiles.

Lydia tirò su la faccia. «Ho detto che è colpa mia. Sono inutile. Dovrei essere davvero un gps, al posto di una banshee.»
«Inutile?» Stiles si accovacciò sul pavimento, per trovarsi faccia a faccia con lei. «Lydia, tu sei un segnale dall’universo! Chiaro? E’ roba seria, altro che lupi mannari, kitsune o tigri denti a sciabola. Tu sei l’interruttore cosmico degli eventi. E non mi importa se non ci credi, perché ci credo io. Basta e avanza. Ora chiudi gli occhi e punta il tuo bellissimo, meraviglioso dito.» Le piazzò una cartina degli Stati Uniti sotto il naso, stendendola in fretta sopra il letto. 
Lydia poté solo arrendersi con uno sbuffo. Chiuse gli occhi e preparò l'indice. La mano di Stiles arrivò per darle la direzione giusta. Lei contrasse le labbra in una smorfia, ancora scettica. «Se punto in mezzo all’oceano la tua teoria cosmica va a puttane.»
Stiles non disse niente. Lasciò la presa.
Lydia rimase con il dito a mezz’aria, formicolante per la forza di gravità. Tenendo gli occhi chiusi, lo lasciò planare sulla cartina. 

«Centro!» Stiles stappò il pennarello.
Lydia aprì gli occhi in tempo per vederlo fare una mezzaluna accanto al suo dito. «Washington?»

«Ce l’hai fatta,» replicò Stiles, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
«Ho solo indicato una città a caso,» protestò Lydia. «Come facciamo a sapere che è quella giusta?»
«Ci andiamo.» Stiles si tirò su da terra, porgendole una mano per farla alzare. «Passa a casa a prenderti un cambio —»
«Ho già una borsa in macchina,» disse Lydia. «Pensavo di andare alla casa sul lago, ma —»
«Oh!» Stiles saltò sul posto, euforico.
« E’ un segnale dell’universo!» Batté le mani, prima di porgerne di nuovo una al suo personale miracolo cosmico. «Mi fai quasi paura, Lydia Martin. Quasi paura.»

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Capitolo 2
*** Flour+milk+eggs+Lydia ***


#prompt: When all she wants is sleep Lydia some how gets roped into spending her night trying to help Stiles bake a cake.
words: 684

FLOUR+MILK+EGGS+LYDIA

L’orologio analogico batteva le tre e venti di mattina. Con gli occhi appiccicati dal sonno, Lydia mise a fuoco i numeri a fatica. Poi corrugò la fronte. Lei non aveva un orologio analogico. Quella non era camera sua. Quello non era il suo letto. 
Le bastò respirare l’odore sui cuscini per capire dove fosse. Per conferma, cercò la lavagna tappezzata di fili rossi al centro della stanza.
Sì, era da Stiles. Sì, avevano continuato a studiare fino a tardi. No, non si ricordava di essersi addormentata. No, non sapeva come aveva raggiunto il letto. 

Si alzò, scrollandosi i capelli dalle spalle. «Stiles?» 
Silenzio. Nessuna risposta. 
«Stiles?»
Ancora intorpidita dal sonno, Lydia attraversò la stanza a piedi nudi, fino a raggiungere la porta.
Il corridoio era illuminato da una debole penombra e invaso da rumori metallici amplificati dal silenzio della notte. 
Lei avanzò fino in cucina. Il lampadario acceso la abbagliò, costringendola a strizzare gli occhi. «Stiles, che diavolo stai facendo?»
Con la faccia ricoperta di farina, una frusta per montare la panna in una mano e una scodella piena di cioccolata fusa nell’altra, Stiles fece un sorriso a trentadue denti. «Hey! Ti sei addormentata mentre ripetevo la Guerra Civile, e le cose sono due: o ho un tono di voce soporifero, o eri veramente stanca. Ho optato per la seconda, e ti ho lasciata dormire. Ti ho spostata sul letto, in verità. Scusa, non — non volevo toccarti senza permesso, ma sulla scrivania eri troppo scomoda, tutta accartocciata, così.» Mimò la posizione, rovesciando parte della cioccolata sul pavimento. «Oh, merda.»
Tramortita dal breve monologo, Lydia incrociò le braccia al petto. 
Stiles non era in grado di fare più cose contemporaneamente: pulire, guardare l'interlocutore e tenere la frusta. Quest'ultima gli sfuggì di mano, cadendo sul pavimento. 
Il tintinnio scosse del tutto Lydia dal sonno. «Stiles, che stai facendo?» ripeté.
Stiles recuperò la frusta, lanciandola sul tavolo. Pulì alla bell’e meglio il pavimento. «Una torta.»
«Una —» Lydia era basita. «Stiles, sono le tre di notte!»
Stiles si voltò verso tutte e quattro le pareti della cucina, come in cerca di un orologio che non c’era. «Davvero? E’ che… Domani è il compleanno di mio papà.  Di solito compriamo la torta in pasticceria, ma quest’anno siamo in bolletta e lui ha deciso di farne a meno. E non esiste. Che compleanno è senza una torta?»
Prese un recipiente dove stava a riposare uno strano impasto giallognolo. «Ho cercato su google “come fare una torta di compleanno” ma ho trovato così tante ricette che non mi ricordo più quale sto seguendo.»
Lydia si avvicinò al piano di lavoro, scrutando con sospetto i traguardi culinari raggiunti da Stiles fino a quel momento. Indicò l’impasto. «Che ci hai messo qui dentro?»
«Ehm…» Stiles si grattò la testa. 
Lydia svuotò la il recipiente nel secchio. «Farina, latte e uova,» disse. 
Stiles ci mise qualche secondo per capire che lo stava aiutando, ma appena realizzò scattò sull’attenti. Rovesciandole addosso metà confezione di farina. 
Lydia trattenne il fiato, per evitare di ritrovarsela anche dentro le narici. «STILES.» 
Dopo un centinaio di scuse sputate una dietro l’altra, a Stiles scappò un sorriso. «Come fai a essere bella anche in versione biscotto-ancora-da-cuocere?»
Lydia gli lanciò un’occhiata perforante. «Questo biscotto-ancora-da-cuocere ha molto sonno, perciò vedi almeno di collaborare.» 
«Ti assaggerei, ma te lo dico solo perché è notte fonda e ho i freni inibitori compromessi.» Stiles spalancò la bocca, subito dopo averla chiusa. «L’ho detto sul serio?»
Lydia fece del proprio meglio per rimanere seria, ma non riuscì a trattenere un accenno di sorriso. «Se i tuoi freni inibitori sono come quelli della tua Jeep allora siamo messi bene.»
Stiles le schioccò un’occhio, puntandole contro un dito. «Quello era sarcasmo?»
«Dici che non ci va, nella torta?» Lydia aggrottò le sopracciglia. «Peccato, è l’unico ingrediente che ho a disposizione finché non mi dai farina, latte e uova.»
Stiles tornò sull’attenti. «Farina, latte e uova,» prese a ripetere ad alta voce, «farina, latte e uova.»Distrusse la cucina. Svuotò il frigorifero. Sporcò ogni superficie libera. 
«Farina, latte, uova e Lydia,» disse alla fine, mentre la torta cuoceva nel forno. «Ricetta speciale.»
Lydia gli schioccò un sorriso soddisfatto. «Questa non la trovi su google.»

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Capitolo 3
*** Castle On The Hill ***


CAsTLE ON ThE HiLL
 

I found my heart and broke it here
Made friends and lost them through the years
And I've not seen the roaring fields in so long,
I know I've grown
And I can't wait to go home

 

I margini del portale vibravano di energia soprannaturale e condensa. Fumavano, bruciavano, carta avviluppata in fiamme verdi.
Stiles mosse un passo in avanti, attratto e terrorizzato dalla prospettiva del passaggio. La stazione dei Ghost Riders alle spalle gli mandava brividi gelidi lungo la schiena, ma non era intenzionato a voltarsi. Voleva tornare a casa. Voleva riabbracciare suo padre. Voleva chiedere scusa a Malia, per qualcosa che le doveva. Voleva rivedere Scott. E respirare Beacon Hills, e girare di nuovo le chiavi della sua Jeep. Voleva Lydia.
C'era qualcosa di soprannaturale, in quel desiderio? Qualcosa di abbastanza soprannaturale da permettergli di attraversare il portale e sopravvivere? Se c'era una certezza che Stiles aveva raggiunto negli ultimi anni questa era che lui di soprannaturale non aveva un bel niente. Era carne, ossa e sarcasmo, e si sarebbe liquefatto appena avesse mosso un passo, o sarebbe esploso, in ogni caso sarebbe morto. Eppure doveva tentare. Restare lì era peggio che essere morto.
Gli venne un'idea. Un'idea disperata, ma l'unica che sembrasse avere senso in quel momento, mentre il portale crepitava, prossimo a chiudersi.
Gli serviva una connessione. Se fosse riuscito ad entrare in contatto con qualcosa di soprannaturale, sarebbe stato contagiato dal magnetismo di quelle forze per il tempo necessario ad attraversare il passaggio. Poteva funzionare? Doveva tentare. Connessione... connessione... Come poteva crearla?
Chiuse gli occhi, serrò i pugni. Visualizzò di fronte a lui un filo rosso. Uno di quelli che usava sempre sulla sua lavagna. Era un filo che aveva attaccato al cuore, e conduceva ad una sola persona.
Oltre il portale c'era Lydia, l'estremità del filo arrotolata intorno all'indice, lo sguardo sgranato da Banshee.
Stiles la chiamò per nome, lei sussultò. Il portale crepitò su se stesso, prossimo al collasso.
Il filo era stato tirato abbastanza? C'era possibilità di riuscita?
Stiles non aveva tempo per cercare risposte. Il momento era arrivato. Nella sua mente urlò di nuovo il nome di Lydia, sulla sua bocca si formarono le sillabe di quel suono, una dopo l'altra.
Lydia strattonò il filo. Stiles si tuffò nel portale. Trattenne il fiato, strizzò gli occhi, urlò ancora.
Atterrò su asfalto ruvido, sbucciandosi i palmi delle mani. Un'auto sfrecciò vicino al suo orecchio, costringendolo a rimettersi in piedi. Era vivo, e questo era tanto. Si guardò attorno. Era ad una mezz'ora massimo da Beacon Hills. Si sistemò la felpa bruciacchiata dai margini del portale, e cominciò a camminare.
Stava andando a casa. 



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