Doctor who?

di adorvlou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


22 gennaio 2011
Ospedale psichiatrico St. Joseph, Oregon, Stati Uniti d'America

-Avanti, entra dentro senza fare storie.- l'uomo prese di forza la ragazza spingendola all'interno di quella che sarebbe diventata la sua stanza. -Non so se ti hanno spiegato come funziona qui, perciò ci penserò io.- un sorriso maligno comparve sul suo viso. -Mangerai solo e soltanto quando ti sarà concesso farlo, farai la doccia una volta al giorno e quando sarà il tuo turno, non potrai uscire dalla stanza senza essere sorvegliata, a meno che non sia, così come mi piace chiamarlo, l'orario dello "svago". Potrai ricevere visite ma non potranno durare più di mezz'ora, dovrai prendere tutte le pillole che ti verranno prescritte e se dovessi mai beccarti a nasconderle, passerai dei guai. Non farti trovare fuori dalla stanza quando non dovresti far altro che rimanervici dentro, credimi se ti dico che ti farò rimpiangere la tua vecchia e lurida cella di prigione. Se hai pensato anche solo per un attimo che qui avresti ricevuto un trattamento diverso, hai sbagliato del tutto. Ti converrà comportarti bene con me, non sono quel tipo di persona a cui piace scherzare.- Ethan Fisher era uno degli infermieri più bastardi che potessero trovarsi in quell'ospedale psichiatrico, anzi, il peggiore. Un uomo burbero, bugiardo, manipolatore e violento. Un metro e settanta di pura e meschina cattiveria. I suoi occhi erano neri come il petrolio e solo a guardarli, potevi sentire un brivido che percorreva tutta la schiena. -Spero di essere stato ben chiaro con te. Sta attenta ragazzina, qui dentro non sarà dei matti che dovrai avere paura.- il rumore della porta che veniva chiusa con violenza, fece trasalire Grace. 
La ragazza, che aveva trattenuto le lacrime dal momento in cui aveva varcato la soglia dell'inferno, si accasciò sul pavimento gelido della stanza e coprì il volto con le mani, scoppiando in un pianto carico di disperazione. I capelli biondi le ricaddero davanti al viso ormai rigato dalle lacrime. I suoi occhi, una volta di un azzurro intenso, adesso erano spenti, privi della luce che li aveva sempre resi meravigliosi. 
-Avanti Grace, smettila, non piangere. Non puoi dargliela vinta, non ancora. Tu sei forte, tu puoi farcela. E' solo questione di tempo e tutto tornerà come prima. Devi essere coraggiosa.- asciugandosi gli occhi con la manica della maglietta, si alzò dal pavimento e si diresse verso la piccola finestrella della stanza. Vi si affacciò, ma tutto quello che vide, fu una recinzione e al di là, solo il mare. Rimase a guardarlo per un po', sognando di potervisi tuffare dentro ancora una volta, come i vecchi tempi, quando la sua più grande preoccupazione era la verifica in classe su un argomento in cui era un frana. Ricordare quei momenti la fece ricadere in una profonda tristezza e decise così di aprire la finestra per inspirare la brezza marina. Passò una mano sull'inferriata che le impediva di fuggire da quel maledetto ospedale e al tatto risultò talmente gelida da farle venire la pelle d'oca, ma questo non le importava. Il vento che entrava nella stanza era freddo, ma poterlo sentire sulla pelle, sapere che anche le persone che amava potevano essere toccate da quella stessa brezza, la fece sentire meno sola e distante dal mondo esterno. Ma nonostante continuasse a ripetere a sé stessa che ce l'avrebbe fatta, che quell'incubo sarebbe finito e che era una ragazza forte, sapeva bene che nulla sarebbe stato facile come una volta.
Grace non avrebbe mai potuto immaginare che quel patto le sarebbe costato così caro, che avrebbe fatto sì che la sua vita precipitasse dritta in un burrone. 
Tutto quello che stava vivendo era troppo difficile da sopportare per una ragazza di appena diciotto anni. Aveva perso la sua dignità, la sua integrità morale, l'identità, la famiglia, gli amici e persino l'amore. Tutto quello che le rimaneva da fare era aspettare e sperare in qualcosa che avrebbe cambiato del tutto le regole del gioco.

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NB: Tutti i nomi e i luoghi descritti in questa storia sono inventati o si avvicinano leggermente alla realtà. 

Personaggi: Harry Styles as Harry Styles
                    Ashley Benson as Grace Bennett

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


"Se non ricordi che amore t'abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai mai amato."

(W. Shakespeare)
 

-Come puoi chiedermi di fare una cosa del genere?- Grace non poteva credere alle sue orecchie. Il ragazzo che tanto amava le stava chiedendo troppo questa volta, e lei non era certa di poterlo fare.
-E' solo per un paio di mesi, non per sempre. Te lo sto chiedendo con il cuore in mano, piccola. Aiutami, ti prego. 
Gli occhi di lui la fissavano intensamente e Grace sapeva di non poter resistere a quello sguardo, non ci era mai riuscita e le cose non sarebbero cambiate nemmeno in quel momento, lo amava troppo. -D'accordo, lo farò, ma devi promettermi che non durerà per molto. 
-Tesoro, te l'ho detto, saranno solo pochi mesi, poi potremo finalmente essere solo tu ed io.- la ragazza teneva gli occhi bassi, cercando di non mostrarsi debole davanti al ragazzo che amava da sempre. Lui le sollevò il viso con un dito e i loro sguardi s'incrociarono. -Ti amo, Grace Bennett.- sussurrò al suo orecchio.
-Ti amo anche io, tanto.
La ragazza si svegliò di soprassalto sentendo bussare alla porta. Si accorse di essere tutta sudata e guardandosi attorno, capì di essere ancora rinchiusa fra quelle quattro mura di un bianco sporco e sentì un profondo senso di vuoto. -Mi fidavo di te, mi fidavo ciecamente e guarda dove sono ora. Trattata come una matta, privata della mia identità, costretta a seguire regole come chiunque altro che si trovi chiuso in questo posto. Non sono nessuno qui se non una pazza da curare.- mentre Grace parlava fra se e se, notò la maniglia della porta abbassarsi.
-Con chi stai parlando?- Ethan entrò nella stanza guardandola come avevano fatto tutte le persone presenti all'udienza in cui era stata confermata la sua infermità mentale.
-Sono pazza, parlo da sola. Ti sembra strana come cosa?- il tono di Grace era aspro, duro, voleva sfidare quell'infermiere che aveva tentato di terrorizzarla.
L'uomo non rispose, limitandosi a scuotere la testa. -C'è una persona che è venuta a farti visita. Se hai così tanta voglia di parlare, almeno fallo con qualcuno che potrà risponderti.- ribattè lui lasciandola di stucco.
-E' così che trattate i pazienti qui dentro?- chiese la ragazza alzandosi dal letto e andando verso l'infermiere.
L'uomo le si avvicinò così da poterla guardare meglio negli occhi. -Non giocare con il fuoco, ragazzina, potresti scottarti.- un sorriso compiaciuto comparve sul volto di Ethan quando si accorse dell'espressione sul viso di Grace. -Adesso sbrigati, ti stanno aspettando.
Grace seguì l'infermiere lungo il corridoio che si apriva sulla sala principale dell'ospedale, dove i pazienti si riunivano durante l'ora di "svago". -Da questa parte.- Ethan la accompagnò nella stanza in cui i visitatori potevano parlare con i pazienti. Quando la ragazza entrò, rimase stupita nel vedere quanto fosse diversa rispetto al resto della struttura; sembrava più curata, più accogliente e pulita. C'erano grandi brocche contenenti caffè, te e latte fumante. Tazze e tazzine si trovano sistemate accanto, e dei vassoi pieni di biscotti attirarono particolarmente l'attenzione di Grace. -Sta qui e aspetta, fra poco arriverà la persona che ha tanto insistito per incontrarti. 
La ragazza non se lo fece ripetere due volte, quella stanza era così confortevole che le ricordava il salotto di casa sua, e per un attimo si sentì meglio. 
-Grace, amore mio...- al suono della sua voce, la ragazza si voltò di scatto, alzandosi dal divano. Era passato un mese dall'ultima volta che aveva visto il suo volto e sentito la sua voce.
-Cosa sei venuta a fare qui?- la voce di Grace era carica di disprezzo verso la donna che le si trovava di fronte. -Pensavo non ci saremmo più riviste avendo notato la tua assenza in tribunale durante l'ultima udienza. Cos'è che ti ha spinta a venire fin qui, in questa gabbia di matti?
-Perchè mi tratti così? Le tue parole sono dure, mi fanno del male e lo sai bene.- la donna era molto bella. Alta, formosa, con delle gambe snelle. I suoi occhi color ghiaccio, in netto contrasto con il colore nero corvino dei suoi capelli, avrebbero incantato chiunque. Il rossetto rosso fuoco sulle sue labbra faceva risaltare i suoi lineamenti semplici ma freddi allo stesso tempo. Indossava un lungo cappotto nero che la copriva fino le ginocchia, un vestito e delle scarpe con un tacco a spillo fin troppo vertiginoso.
-Perchè non meriti un trattamento diverso. Quale madre amorevole lascerebbe la propria figlia in balia di tutto questo, senza un briciolo di supporto morale? Guardami!- urlò Grace indicando i suoi vestiti. -Sembro una stracciona. Non ho nemmeno ricevuto una maledetta borsa con dentro i miei vestiti e sono costretta a indossare questa roba logora e sudicia. Chissà a chi è appartenuta in precedenza. Hai lasciato che affrontassi da sola tutta questa situazione, sto passando le pene dell'inferno e questo non ti tocca minimamente. Hai ben visto dove mi hanno sbattuta? Mi ritengono matta da legare. Prima ero un'assassina, ora sono un'assassina folle. Mangio quando decidono loro, faccio la doccia solo quando ne ho il permesso, mi imbottiscono di pillole dalla sera alla mattina e sono rinchiusa per la maggior parte del tempo in una stanza fredda, anonima e sono sola. L'ultima volta che ti ho vista è stato il giorno in cui mi hanno sbattuta in prigione. Nemmeno una visita, una telefonata, una lettera. Sei scomparsa, siete scomparsi tutti. Persino Jake e Maddie non vogliono più vedermi.- adesso le sue parole si erano trasformate in lacrime, fredde e amare. -Avevo bisogno del vostro aiuto, della vostra fiducia e tutto quello che avete fatto è stato voltarmi le spalle e cancellare qualsiasi cosa vi ricordasse la mia presenza. Sono qui da appena una settimana, eppure, ogni sera guardo fuori dalla finestra, sperando di poter tornare indietro a quando tutto era facile, quando voi eravate la mia famiglia e mi amavate.
-Grace, calmati e lascia che ti spieghi.- disse la madre tendendo le mani verso la figlia. La guardava con occhi tristi, contrariamente alla ragazza, che teneva uno sguardo duro e carico di delusione verso una delle poche persone che amava.
-Calmarmi? Come puoi chiedermi una cosa simile? Sono stata per tre mesi in prigione e adesso sono rinchiusa qui e sono da sola. Non c'è nessuno che viene a trovarmi ogni giorno per rassicurarmi che le cose cambieranno, che mi porterà fuori da questo incubo.- Grace guardò la donna e si allontanò asciugandosi il viso. -Adesso è troppo tardi per fare la cosa giusta, per comportarti da madre, lasciami marcire qui dentro, forse sarà più facile che accettare di essere giudicata un mostro da chiunque mi incroci per strada. So che per te sono solo una grande vergogna che dovrai sopportare per tutta la vita, ma perdonami mamma, non tutti sono perfetti, la follia cambia la gente.
-Ho sbagliato, lo so. Ho commesso tanti errori nella mia vita, ma non avrei mai voluto accadesse tutto questo. Sei mia figlia, sangue del mio sangue. Ti amo con tutta me stessa e mi pento di tutto ciò che ti ho fatto, ma è stato difficile per me, prova a comprendermi.- la donna non faceva altro che supplicare la figlia, persino con lo sguardo la pregava di darle un'altra possibilità. - So che stare qui non è bello, ma Grace, tu hai bisogno di guarire, ciò che hai fatto, le cose che hai detto in passato, quello che è successo poi in prigione, sono tutte cose che si collegano in un unico punto, generate da un solo problema che si trova qui- la madre indicò la propria testa con un dito e la sua voce si fece più bassa -e finché non riuscirai a sistemare tutta la confusione che si è creata nella tua mente, non ti lasceranno andar via di qui.
-Hai ragione.- rispose Grace dopo un lungo, strano e angosciante silenzio. -Il problema proviene tutto dalla mia pazza testolina. Insomma, dopo tutto quello che ho visto nel corso dei miei anni sotto lo sesso tetto di quelli che si definiscono miei genitori, era impossibile che non impazzissi. Fossi in te mi preoccuperei di Jake e Maddie, potrebbero essere i prossimi.- una risata inquietante rimbombò nella stanza, tanto da far accapponare la pelle alla donna. -Ti va del caffè? O se preferisci c'è anche del tè.- la voce di Grace era cambiata in pochi attimi, come se al suo posto ci fosse qualcun altro che aveva preso il controllo della ragazza. -Non posso consigliarti quale scegliere, a noi queste cose non le danno.- Grace rise come aveva fatto qualche secondo prima, e la madre, che si era avvicinata di qualche passo, si avviò lentamente verso la porta. -Già vai via? Peccato.
-Grace, tornerò presto, te lo prometto.- la madre pronunciò quelle parole senza dar troppo peso all'importanza della promessa che aveva fatto, perché in cuor suo sapeva che non sarebbe tornata fra qualche giorno né fra qualche settimana. Sua figlia le faceva paura e non riusciva a combattere tutto quello che provava nel vederla così.
-Non promettere ciò che non puoi mantenere. Lui l'ha fatto e adesso è scomparso. 
-Smettila di dire queste cose, non fai altro che peggiorare la tua situazione!- il tono della madre fu duro, tanto da far infuriare Grace.
La ragazza si voltò, posando la tazzina sul mobile accanto a tutte le altre, e guardò la madre con due occhi rossi fuoco. -Non permetterti mai più di dirmi cosa devo fare!- urlò scagliandosi verso la donna che cercò di proteggersi il viso dalle unghie della figlia. La ragazza aveva totalmente perso il controllo, agitava le mani come se non lo stesse facendo di sua volontà e urlava con una tale forza che sembrava le stessero incidendo qualcosa con il ferro bollente. 
-Aiuto! Qualcuno mi aiuti.- urlò la donna terrorizzata. -Infermiere, la prego, mi dia una mano con mia figlia.- alla richiesta disperata della donna, arrivò Ethan, che prese di forza Grace, le iniettò un tranquillante e la strinse fra le sue braccia per sorreggerla. 
-Mi dispiace, sono quasi certo che questa sua reazione sia dovuta al fatto che Grace non ha preso tutte le pillole e questo l'ha portata a scagliarsi così violentemente contro di lei, signora Bennett.- rispose Ethan affannato a causa dello sforzo. 
-Non si preoccupi, sto bene. La prego di portarla nella sua stanza. Ha bisogno di essere controllata maggiormente, non ha fatto altro che farfugliare cose strane come l'ultima volta che l'ho vista.- negli occhi della Bennett si potevano leggere la paura e l'orrore che aveva provato nel vedere la figlia lanciarlesi contro con una violenza e una rabbia inaudita.
-Certamente, lo faremo. Mi scusi ancora, riporterò sua figlia in stanza e le assicuro che da oggi non accadranno più cose del genere. Fra qualche ora verrà il medico a visitarla, le faremo sapere.- la donna non disse niente, non riuscì nemmeno a fare una carezza alla figlia talmente grande era stato lo shock, uscì dalla stanza salutando l'infermiere e scomparve nel buio del corridoio.

-Aiuto! Aiuto! Cosa sta succedendo?- Grace urlò talmente forte che due infermiere entrarono subito nella stanza, seguite da Ethan. -Cosa diavolo mi avete messo?- strattonò forte le braccia e le gambe, notando che erano bloccate al letto con delle cinghie. -Toglietemi subito questa roba.
-Ragazzina, sta calma o sarò costretto a sedarti di nuovo.- disse Ethan avvicinandosi al letto.
-Allora sei stato tu, lurido- l'infermiere le mise una mano davanti la bocca per non farla parlare.
-Christina, Marissa, potreste lasciarmi solo con lei?- le due donne senza proferire parola, fecero un cenno con il capo e uscirono chiudendosi la porta alle spalle. -Forse non ti è ben chiaro che non sei stata mandata in questo ospedale per fare la bella vita. Sei stata mandata qui perché hai ucciso una persona e sei stata ritenuta inferma mentalmente. Quindi, se nessuno ti aveva spiegato il reale motivo della tua permanenza in questo posto, adesso l'ho fatto io. Inoltre, ci tenevo a dirti che le medicine che ti diamo, non sono facoltative, ma ti vengono somministrate per tenere a bada il tuo disturbo. Non cercare più di fare la furba e nasconderle sotto il cuscino, perché se dovessi scoprire nuovamente che non le hai prese, passerai davvero dei guai.- quando finì di parlare, Ethan tolse la mano dalla bocca di Grace e la lasciò parlare.
-Pensi di farmi paura? Ho visto tante di quelle cose in questi ultimi anni che le tue stupide minacce non mi toccano nemmeno un po'. Non ho paura di tornare in prigione, non ho paura di te e non ho paura dei tuoi superiori.- il suo tono era talmente sicuro che l'infermiere non rispose, rimanendo a guardarla dall'alto. -Sono capace di urlare e lamentarmi a lungo perciò ti consiglio di togliermi immediatamente queste cose.- strattonò nuovamente le cinghie e lo guardò socchiudendo gli occhi.
Ethan fece una piccola risata, passando la mano sul mento. -Puoi urlare quanto vuoi. Sarai solo una voce insieme a tutte le altre, nessuno ti può sentire davvero.- l'uomo si girò e uscì dalla stanza sbattendo la porta a tal punto da far trasalire Grace.

La ragazza rimase a fissare il soffitto bianco sporco per oltre mezz'ora, ripensando a tutte le cose che aveva urlato a sua madre e alle parole dette dall'uomo poco prima che uscisse lasciandola sola, legata ad un lurido letto e con la testa piena di domande, pensieri e voci.
Beh, quelle c'erano da sempre, ogni volta che si trovava da sola, sapeva di non esserlo mai davvero. Ma non era pazza, di questo ne era certa e se si trovava richiusa in una gabbia di matti, era solo per colpa di quel ragazzo, dell'amore della sua vita.
Guardò fuori dalla finestra, per quanto le fosse possibile, e si accorse che il sole stava ormai per tramontare. Avrebbe voluto alzarsi e guardare al di fuori di quelle quattro mura come faceva ogni giorno, ma non le fu possibile. Si sentiva ancora più imprigionata di prima, senza una via di fuga dal mondo reale, un mondo che lei detestava da troppo tempo, ormai. 
-Uscirò di qui, uscirò...- sospirando cercò di convincersi che prima o poi ce l'avrebbe fatta e tutto questo sarebbe stato solo un vago ricordo, uno di quelli che accantoni in un angolo buio e polveroso della tua mente, nel quale non tornerai a guardare facilmente.

Mentre ascoltava il rumore delle onde, lasciandosi cullare, qualcosa le fece volgere lo sguardo verso la porta. Qualcuno si trovava lì dietro in procinto di entrare, poteva notarlo dall'ombra che vedeva nel piccolo spazio che c'era fra il pavimento e la porta stessa. Era Ethan? O qualche altra infermiera pronta a sedarla o imbottirla di farmaci? O magari erano venuti a toglierle quelle stupide cinghie, alla fine era stata in silenzio per molto tempo, se lo meritava. 
-Chi c'è lì dietro?- il suo tono di voce risultò più acuto del normale. Non ricevette alcuna risposta, ma la maniglia si abbassò lentamente. Nell'ombra della stanza, scorse una figura; era alta, i capelli erano corti e indossava quello che a prima vista sembrava essere un camice da dottore. -Chi è? Perché non risponde?- l'essere legata a quel letto, impotente di copiare qualsiasi movimento, fece agitare Grace sempre di più. Perché quella persona stava ferma nel buio a fissarla? Perché non entrava e non rispondeva alle sue domande? Forse stava solo sognando, anzi, ne era convinta a tal punto che si diede un morso al labbro nel tentativo di svegliarsi da quello che sembrava l'inizio di un incubo, ma quando emise un gemito di dolore e sentì il sapore metallico del sangue, si accorse che quella era la realtà. -Dimmi chi sei o giuro che comincio a urlare.- disse cercando di non far notare alla figura che stesse tremando di paura.
A quelle parole, qualcosa si mosse nel buio, entrando nella stanza e posizionandosi sotto la leggera luce del sole. Grace strabuzzò gli occhi, non era possibile. Lo fissò intensamente finché lui non parlò. 
-Ciao piccola, ne è passato di tempo.- sul viso del ragazzo comparve un sorrisetto.
-Non p...posso crederci.- disse la ragazza balbettando. -Harry, sei proprio tu?

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Ecco a voi il primo capitolo di questa storia che spero vi possa intrigare abbastanza. Commentate, stellinate, fatemi sapere cosa ve ne pare. Il vostro parere è molto importante per me. Per eventuali errori correggerò il prima possibile. 
Inoltre, se può interessarvi sto scrivendo altre due storie: "The day we met" e "1987". A quest'ultima ci tengo molto perché quando sarà finita, manderò il manoscritto ad una casa editrice che lo controllerà e deciderà se pubblicarlo o meno. Detto questo vi auguro una buona serata.
Vi aspetto al prossimo capitolo xx

-Vals💕

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


"Solo io posso giudicarmi. Io so il mio passato, io so il motivo delle mie scelte, io so quello che ho dentro. Io so quanto ho sofferto, io so quanto posso essere forte e fragile, io e nessun altro."

(O. Wilde)

Quella giornata al lago era stata bellissima, Grace se lo ricordava bene. Il suo ragazzo l'aveva portata in un posto isolato dal caos della città, dalle auto strombazzanti e dal continuo correre avanti e indietro delle persone. Bend non era piccola, ma nemmeno così grande. Ciò che la rendeva davvero bella era i suoi boschi e lui li conosceva bene. Quella mattina l'aveva sorpresa portandola in un piccolo paradiso terrestre. Era metà luglio e faceva molto caldo, il sole splendeva nel cielo azzurro. I due percorsero un piccolo sentiero e  quando superarono gli alti ed imponenti alberi, il panorama che Grace trovò danti ai suoi occhi la lasciò senza fiato; gli arbusti creavano una barriera tutto intorno ad una piccola ma bellissima piscina naturale, rendendo quel posto ancora più magico e tranquillo. L'acqua, di un azzurro meraviglioso, era limpida, tanto da poterne vedere il basso fondale e la ragazza non vedeva l'ora di immergersi e rilassarsi per un pò. Tutt'attorno regnavano un tale silenzio e una tale pace, che a Grace non sembrò vero.
-Allora, cosa ne pensi?- lui le si avvicinò cingendole i fianchi mentre era ancora intenta a fissare a bocca aperta quello spettacolo naturale.
-É meraviglioso. Non credo esistano altre parole per descrivere questo posto.- rispose Grace guardandolo e sorridendo. -Come lo hai trovato?
-Mio padre mi portava qui quando ero bambino, era il nostro posto segreto. Venivamo qui quando avevamo bisogno di parlare e confrontarci. Se uno dei due aveva qualche problema, sapevamo che questo era l'unico posto sicuro in cui ne avremmo potuto discutere.- rispose guardando altrove, come se stesse ricordando i momenti passati in quel luogo con il padre. -Poi le cose sono cambiate; io sono cresciuto, lui non aveva più tempo a causa del lavoro, e così non sono più tornato qui, fino ad oggi.
-Se questo posto è così speciale per te e tuo padre, perché hai deciso di portarmi?
-Perché ti amo, e volevo condividere tutto questo con una persona speciale.- Grace rimase stupita. Non pensava di essere così importante nella vita del suo ragazzo, nonostante stessero insieme da qualche mese.
-Wow...non so davvero cosa dire.- sentì le guance accaldarsi, le succedeva spesso quando era accanto a lui. 
-Non devi dire niente, mi basta questo.- si chinò e prese il suo viso fra le mani baciandola  delicatamente. Non fu intenso e passionale, ma dolce e rilassante, uno di quei baci in cui ti perderesti per ore. Le labbra di lui sapevano di miele e i suoi capelli di camomilla, il profumo della sua pelle era sempre lo stesso, quello che Grace tanto amava, delicato ma allo stesso tempo impossibile da dimenticare. Ogni volta che lui  la stringeva a sé, il cuore della ragazza batteva sempre più forte. Aveva sempre desiderato un ragazzo più alto, che con un solo abbraccio la facesse sentire al sicuro. Quando la strinse al suo petto, si sentì a casa e il rumore del cuore di lui che batteva, la cullava dolcemente.
-Potrei rimanere così per tutto il giorno, lo sai questo, vero?- Grace sollevò lo sguardo incrociando gli occhi di lui che la guardavo sorridenti e sentì un nodo allo stomaco, fu in quel momento che si accorse di quanto fosse forte il suo amore per quel ragazzo. -Harry, non puoi nemmeno immaginare quanto io possa amarti.
I suoi occhi verde smeraldo brillarono sotto la luce del sole e sul suo voltò si formò un sorriso che fece tremare il cuore della ragazza. Era così bello e ogni giorno Grace si chiedeva come fosse stato possibile che tra tutte le ragazze, lui aveva scelto proprio lei. Harry era così dolce, intelligente e spiritoso. La sua non era una bellezza convenzionale e quando sorrideva, era come se il mondo intero si fermasse a guardarlo ma lei non era gelosa, perché sapeva che quello che c'era tra loro, era un legame diverso da tutti gli altri e non aveva paura di poter perdere quel ragazzo. Sapeva che in qualunque modo fossero andate le cose, lui sarebbe sempre rimasto suo e lei sarebbe sempre rimasta sua.

-Perchè non parli? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma.- le parole furono seguite da una risata. -Mi aspettavo un'accoglienza diversa, sai?
-Che ci fai qui? Chi ti ha fatto entrare?- Grace si affrettò nel fare domande a quello che un tempo era stato il suo ragazzo. -Oggi è il giorno delle visite, deduco.- disse successivamente riferendosi alla madre. 
-Chi altro è venuto qui?- chiese Harry senza rispondere alla domande fattegli poco prima. Sul suo viso comparve una strana espressione ma Grace non ci fece molto caso, era ancora confusa dal perché lui fosse in quella stanza, di fronte al suo letto dopo che era scomparso da tempo, ormai. -Ehi, mi senti?- Harry sventolò una mano davanti al viso della ragazza. -Chi è venuto a farti visita, Grace?
-Mia madre. É venuta qui farfugliando le solite stupide parole che per me non hanno alcun senso. Dopo tutti questi mesi senza vederla né sentirla, non trovo ragione per cui dovrei ascoltarla quando mi promette cose che non farà mai.- il suo tono era molto alterato. Succedeva sempre così quando parlava della madre. -Harry, non hai risposto alla domanda che ti ho fatto prima. Cosa sei venuto a fare qui?
-Se te lo dico mi prometti che manterrai il segreto?- il ragazzo si avvicinò al letto di Grace sussurrando.
-Non faccio più promesse, soprattutto a te. Guarda che fine ho fatto.- alzò mani e piedi ancora bloccati al letto e gli rivolse uno sguardo carico di rabbia. -Parla o urlerò, e credimi, non ti conviene, ci mettono un attimo ad arrivare.
-Gracie, ti prego...- i suoi occhi verde smeraldo la fissarono intensamente e qualcosa smosse la ragazza nel profondo. -Non posso dirti niente se non mi prometti che rimarrai zitta.
-Non chiamarmi in quel modo, lo facevi quando stavamo insieme e ora le cose sono cambiate completamente.- disse acidamente. -Harry, te l'ho detto, non mi fido più di te.
-D'accordo, allora andrò via. Se non hai fiducia in me, è inutile rimanere qui a perdere tempo quando potrei fare molte altre cose.- il ragazzo si allontanò dal letto e si diresse verso la porta. Quando mise la mano sulla maniglia per uscire, Grace pensò che forse averlo lì era un segno del destino, forse le cose stavano per cambiare, per tornare come una volta. 
-Aspetta!- esclamò provando ad alzarsi. -Aspetta, Harry. Se ti prometto di mantenere il segreto, tu mi aiuterai? Non voglio stare qui, non è posto per me.- Grace sospirò profondamente e guardò prima fuori dalla finestra e poi tornò sugli occhi di lui. -Lì fuori c'è un mondo che mi aspetta e io non vedo l'ora di poter assaporare di nuovo il profumo della libertà. 
Lui fece una leggera risatina e tornò verso la ragazza. -Grace, secondo te per quale motivo sono qui?- lei lo guardò confusa. -Sono tornato per te, te l'avevo promesso.- a quelle parole il viso della ragazza si illuminò, carico di speranza, come se l'odio nei suoi confronti, maturato durante tutto il tempo in cui erano stati distanti, non esistesse più. -Dovevo far passare del tempo e destare ogni sospetto che la polizia aveva verso me. Non potevo farmi vedere in carcere o alle udienze, nessuno doveva sapere che eri importante per me ed è per questo che sono scomparso del tutto. Sono andato via da qui e per un periodo mi sono trasferito a Washington da un amico. Non appena ho saputo che eri stata trasferita in questo ospedale, ho approfittato della vicinanza e sono venuto qui da te.- raccontò Harry sedendosi vicino al letto di Grace. -Ma prima di poterti venire a trovare, dovevo escogitare qualcosa che mi avrebbe permesso di starti vicino il più possibile e di poter interagire con te senza che nessuno facesse troppe domande o si facesse idee sbagliate e così ho avuto un'illuminazione! Ho pensato che l'unico modo per starti vicino era entrare qui come psichiatra, d'altronde ho conseguito la laurea da un anno. A quel punto era fatta, insomma, chi vorrebbe lavorare in un ospedale psichiatrico? Si corre il rischio di diventare folli, soprattutto qui al St. Joseph, dove la gente più che sperare di essere assunta, cerca di fuggire. L'unico problema è che non mi hanno voluto affidare il tuo di caso, perciò tu avrai un altro dottore, io verrò qui ogni tanto a darti un'occhiata e nel giro di qualche mese, sarai fuori da questo maledetto posto. Niente andrà storto se mi prometterai che non dirai niente a nessuno.- gli occhi di lei lo fissavano nel tentativo di elaborare tutto quello che era appena successo. Le sembrava impossibile che Harry fosse davvero lì, pronto a rischiare tutto pur di salvarla da quell'inferno. -Grace, tu non hai fatto nulla di male, non è stata colpa tua e io ti aiuterò a dimostrarlo. Devi solo avere fiducia e pazienza e anche tu potrai tornare a guardare il mare senza trovarti delle sbarre davanti.
-Me lo prometti? Voglio sapere solo questo. Se mi prometterai di riuscirci davvero, allora ti darò la mia parola.
-Te lo prometto Grace, uscirai di qui.- le parole di Harry risuonarono nella mente di Grace per qualche minuto, durante il quale la stanza ripiombò nel silenzio che c'era prima che il ragazzo entrasse. 
-Come faremo?- chiese lei. -Come faremo con la gente? Anche se aderiamo siamo a Washington e non a Bend, niente impedirà a qualcuno di venire a sapere chi sei, o addirittura di sapere che un tempo stavamo insieme.
-Sta tranquilla, nessun sospetterà nulla, ci ho già pensato io. Tu devi solo preoccuparti di fare la tua parte.- rispose Harry con totale sicurezza.
-D'accordo, allora quella che ti faccio è una promessa. Dalla mia bocca non uscirà una parola su di te o sulla tua  visita. Io non ti conosco e non ti ho mai visto e se qualcuno dovesse chiedermi di te e di quando stavamo insieme, negherò tutto. Noi non ci siamo mai conosciuti.- nel sentire quelle parole, Harry si sentì decisamente più leggero, come se un macigno che prima gli impediva di respirare, fosse appena stato distrutto.
-Grace, voglio che tu sappia che non ho mai smesso di pensare a te nemmeno per un istante. Saperti in questo posto e sentirmi impotente mi ha distrutto per la maggior parte del tempo. L'unica cosa che mi ha dato una mano per andare avanti era il continuo pesare a te e a quanto sarebbe stato bello poterti vedere di nuovo, poterti tenere fra le mie braccia e ancora una volta. Io ti amo Grace e non ho mai smesso di farlo. 
La ragazza rimase stupita da quelle parole e anche molto confusa. Non poteva lasciarsi andare, doveva tenere duro o avrebbe commesso lo stesso errore di qualche mese prima. Tirò un sospiro e si voltò verso il mare. -A piccoli passi, Harry, a piccoli passi.

La luce del sole entrava dalla piccola finestra della stanza. Grace era abituata, non le dava granché fastidio. Quando sua sorella Maddie era più piccola dormivano nella stessa camera e lei non riusciva a chiudere occhio se non aveva almeno una lucina accesa, perciò, con il passare del tempo Grace non ci faceva quasi più caso. In quel momento era talmente stanca che avrebbe dormito persino con una lampada puntata in faccia. La notte precedente lei e Harry avevano parlato molto, sia del loro passato, che del loro futuro. Grace non era ancora del tutto certa se potersi fidare o meno del ragazzo, ma sapeva di amarlo ancora, nonostante tutto, solo che preferiva tenerlo per sé, perché se gli avesse fatto capre qualcosa lui ne avrebbe approfittato per manipolarla come meglio credeva. Non sapeva se credere o meno a tutto quello che Harry le aveva raccontato, ma aveva deciso di promettergli di tenere la bocca chiusa perché voleva scoprire cosa aveva in mente quel ragazzo tanto bello quanto calcolatore.

-È ora di alzarsi.- con tono rude Ethan entrò nella stanza di Grace sbattendo la porta. -Devi prendere le pillole ed io aspetterò qui con te.- le porse un piccolo contenitore di plastica dentro al quale vi erano due compresse. Grace lo guardò di traverso e poi scosse le mani.
-A meno che non mi spunti un terzo braccio, non credo di poterle prendere.- Ethan posò il bicchierino sulla scrivania accanto al letto e le slacciò un braccio. -Fai sul serio? Cosa sono, un animale in gabbia? È da ieri che mi tenete incatenata a questo letto, non ce la faccio più, dovrei anche andare in bagno.
-Prima prendi queste, poi potrai andare al bagno e quando avrai fatto, deciderò se rimetterti queste- disse indicando le fasce -o lasciarti tranquilla per un po'.- Ethan si divertiva ad essere così stronzo e Grace era sicura che quell'uomo amasse fare quel lavoro, gli dava un certo potere e lui sembrava amare questa cosa. La ragazza prese il bicchierino dalla scrivania e ingoiò le pillole. 
-Contento?- aprì la bocca per far notare all'infermiere che non le aveva nascosto sotto la lingua come aveva fatto le altre volte. Quando Ethan fece cenno di sì con la testa, la ragazza richiuse la bocca. -Ora puoi togliermi queste cose?- l'uomo la guardò e lei fece lo stesso. Non le faceva paura, aveva incontrato gente più terrificante. Lui era solo un fallito che si divertiva a torturare gente impotente di reagire. 
-Sarei tentato a lasciarti lì e fartela fare a letto. Fra qualche ora dovrai fare la doccia e sarai di nuovo pulita, d'altronde te lo meriteresti di sguazzare nei tuoi bisogni, ma oggi sei fortunata- ammise Ethan -perchè fra circa un'ora verrà il medico a visitarti.- liberò mani e piedi della ragazza e si rimise in piedi.
-Che inaspettato gesto di gentilezza.- Grace massaggiò i polsi sui quali erano ben evidenti i segni provocati dalle fasce troppo strette. -Le mie povere caviglie.- massaggiò anche quelle prima di infilarsi un paio di ciabatte vecchie  e logore e avviarsi verso il bagno accompagnata dall'infermiere.

Quando Grace rientrò in stanza, si rimise sotto le coperte e cominciò a pensare a quanto fosse difficile stare rinchiusi in quel posto. Non aveva niente da leggere o qualcuno con cui poter parlare, sempre reclusa fra quelle quattro mura. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ammazzare il tempo, persino pitturare tutte e quattro le pareti ormai piene di muffa. In più, odiava il fatto che non ci fossero specchi in quel posto. Era da tempo che non si sistemava, e ogni giorno pensava a quanto dovesse essere brutto il suo aspetto; ai suoi capelli biondi tutti arruffati, gli occhi senza un tocco di colore, le unghie tutte rovinate. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di potersi pettinare anche solo per una volta quella massa informe che si ritrovava in testa. Le mancava la sua casa, la sua stanza e la toletta dove ogni mattina si sedeva per sistemarsi e prepararsi per una nuova giornata. Le mancavano tutti i suoi vestiti puliti e caldi e le sue scarpe belle quanto dannatamente scomode. Grace amava Washington molto più di quanto le piacesse abitare a Bend, ma in quel caso, avrebbe preferito di gran lunga la sua tranquilla città, perché se trovarsi nella capitale voleva significare rimanere rinchiusi in un ospedale psichiatrico, tornare nella sua noiosa cittadina era ciò che di più bello potesse accaderle in quel momento. 

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Buonasera :) sto letteralmente morendo dal sonno, ma avevo il necessario bisogno di aggiornare. Probabilmente ci saranno errori ma ora come ora non sono in grado di intendere e volere, quindi, sistemerò tutto domani mattina. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi aspetto al prossimo xx 

Ps: fatemi sapere cosa ne pensate se vi va, sono aperta a tutti i tipi di consigli e o critiche. Vi auguro buona notte  😘

-Vals💕

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


"Capì perché la gente si teneva per mano. Aveva sempre pensato che fosse questione di possesività, un modo per dire: 'Questa è mia proprietà'. Invece era un modo per mantenere il contatto. Un modo di comunicare senza parole. Un modo per dire 'Ti voglio con me e non te ne andare.' "
(Cassandra Clare) 
 

-Grace, svegliati.- la ragazza sentì un sussurro, seguito da uno strano calore all'orecchio.
Si stiracchiò, strofinò gli occhi e quando li aprì, si accorse che qualcuno le stava seduto accanto al letto. -Harry, che ci fai qui?- la voce era ancora roca e sentiva la testa pesante, come se avesse dormito con un macigno sopra la fronte. -Che ore sono?- chiese poi guardando fuori dalla finestra.
-Pomeriggio inoltrato.- rispose lui sospirando e distogliendo lo sguardo dagli occhi della ragazza.
-Com'è possibile che io abbia dormito così tanto?- Grace era confusa. Ricordava di essere andata in bagno per poi ritornare dritta in camera e dopo il vuoto più totale. -È passato un giorno intero, non mi è mai successa una cosa del genere.
-Non ricordi nulla?- Harry sembrava preoccupato, e la sua espressione non rassicurava di certo la ragazza.
-Cosa dovrei ricordare se ho dormito così a lungo?
-Dici davvero, Gracie?- la ragazza sussultò nel sentire quel nome. Non era più abituata a sentirsi chiamare così, soprattutto da Harry.
-Si, dico davvero. Adesso puoi dirmi cosa diavolo mi è successo?- il tono di Grace fu duro, era arrabbiata e Harry non stava migliorando la situazione con tutto quel mistero.
-Ieri è venuto il medico a visitarti. All'inizio andava tutto bene, eri tranquilla, rispondevi alle domande, a volte anche in modo sarcastico. Poi qualcosa dentro te si è...smosso. Da quel momento, sei impazzita. Hai cominciato a urlare e dimenarti, nonostante gli infermieri ti tenessero. Oltre Ethan sono dovuti venire altri due uomini per riuscire a spostarti dalla sedia al letto. Poi ti hanno messo quelle- disse Harry indicando le fibbie tanto odiate da Grace che pendevano ai lati del letto -e dopo ti hanno iniettato un tranquillante e sei crollata.- concluse il ragazzo. -Ho avuto davvero paura, non ti avevo mai vista così. Era come se qualcun altro fosse in possesso del tuo corpo. Urlavi così forte e i tuoi occhi erano come quelli di una pazza, per non parlare dei versi che facevi. Grace, cosa ti sta succedendo? Perché io non riesco a darmi una spiegazione ragionevole. Non sei mai stata così...- il ragazzo sembrava davvero terrorizzato.
-Io...io non ne ho idea. Non ricordo davvero nulla, nemmeno ora che me lo hai raccontato. È come se il mio cervello fosse andato in stand-bye. Non ho idea di quale fosse l'aspetto del dottore, né di chi ci fosse in camera con me. E queste- Grace si mise a sedere e toccò le fibbie -me le hai tolte tu o...- le parole le si ruppero in gola.
-No, tranquilla, le ho tolte io, ma nessuno sa che sono qui, perciò, quando andrò via dovrò rimettertele.- Harry le fece una leggera carezza sulla guancia, fu un gesto istintivo e Grace lo capì dal modo in cui la guardò e ritrasse subito la mano. 
-Harry- sussurrò la ragazza -rimani con me ancora per un po'? Ho paura e non so perché. 
-Certo, fin quando vuoi tu.- lui le sorrise e Grace tornò indietro nel tempo, ricordando quei momenti in cui il suo cuore batteva più forte ad ogni sorriso che le rivolgeva il ragazzo e si accorse che anche in quell'istante le successe la stessa cosa. -A cosa pensi?
-A noi. A come eravamo prima che succedesse tutto questo. C'è una parte di me che prova ancora una marea di emozioni e di sentimenti, ma l'altra parte, non riesce ad accettare quello che mi hai fatto, quello che continui a farmi. Io ti ho aiutato perché ti amavo e tu mi hai abbandonata, lasciando che le accuse ricadessero su di me. Ci sono momenti in cui vorrei carezzarti il viso, abbracciarti, baciarti, e altri in cui vorrei non aver mai acconsentito quella sera. Vorrei prenderti a schiaffi e urlare a tutti la verità, ma chi crederebbe ad una pazza?- Grace si sentiva più leggera, come se quelle parole l'avessero liberata da un peso che portava dentro da troppo tempo, ormai.
-Non so cosa dire se non che sono stato uno stronzo e merito tutto quello che vorresti farmi passare.- Harry sembrava davvero convinto di quella risposta. Non stava facendo finta, non stava recitando una parte, o almeno così le aveva fatto credere. Ma quel ragazzo era stato un grande attore da sempre e bastava pensare a quella notte per rendersene conto.
-Harry, tu credi che io sia pazza? Sii sincero, per favore, perché non sopporterei altre bugie.
-No, non lo sei, non per me.- rispose il ragazzo dopo qualche secondo. 
-Perchè gli altri credono che lo sia? Cos'hanno di differente da te?- sul viso di Grace comparve una lacrima.
-Loro non ti capiscono, non sanno chi sei realmente. In questo posto è inevitabile non impazzire, ma tu sei sana di mente, senza alcun dubbio. Il problema è che loro non riescono a guardarti come ti guardo io, è come se avessero delle lenti che gli impedissero di vedere la realtà, ma in qualche modo, preferiscono non toglierle perché rendono tutto più facile. A volte le persone preferiscono rifugiarsi in una bugia più che affrontare la realtà.
-Vorrei poterlo fare anche io. Vorrei riuscire a fuggire da questo mondo, ogni tanto.- rispose Grace alzandosi e guardando fuori dalla finestra. -Mi manca così tanto...- il suo sguardo era malinconico e questo faceva stare male Harry, lo faceva sentire ancora più in colpa.
-La tua vita?- chiese mentre Grace continuava a guardare il mondo all'esterno. 
-Sentirmi libera.- rispose lei. -Ricordi quella giornata al lago?
Harry sorrise al pensiero. Eccome se la ricordava, era impossibile non farlo. Lui era così felice di averla portata in quel posto ed era rimasto ancora più felice quando aveva visto lo stupore negli occhi della sua ragazza. -Non potrei mai dimenticarla.- sorrise e si alzò andandole vicino. -Ricordo i tuoi occhi e il tuo sorriso, non smettevi di ridere, era come se fossi in paradiso. Ricordo anche quando ci baciammo in acqua, e a come ogni tuo tocco mandasse piccole scosse lungo la mia spina dorsale. Ti strinsi a me a tal punto da poter sentire il tuo respiro, e ad ogni bacio speravo non fosse mai l'ultimo, sarei rimasto a baciare le tue labbra per ore.- le mani di Harry erano sulle spalle di Grace e la sua bocca sfiorava l'orecchio della ragazza. -La sera ti riaccompagnai a casa e ti baciai sull'uscio della porta nonostante tuo padre ci fissasse da dietro la finestra. Presi il tuo viso fra le mani e ti baciai nuovamente, poi tu sorridesti e rientrasti in casa dandomi la buonanotte, a quel punto tuo padre mi lanciò uno sguardo minaccioso e quando scomparve non potei far altro che ridere. Per quanto potesse essere alto e robusto, non riusciva a incutermi terrore, perché quello che provavo per te mi aiutava a battere ogni tipo di paura.- la voce di Harry era diventata un sussurro. Doveva rimanere tutto fra loro, nessuno poteva conoscere la loro storia d'amore. Era un segreto fra Harry e Grace, e chiunque sarebbe stato geloso se ne avesse assaporato anche un solo istante.
-Provavi davvero tutte queste cose?- la ragazza quasi non poteva crederci. Sapeva che lui l'amava, ma non fin questo punto. -Non mi hai mai detto nulla. Ho sempre pensato che fra i due fossi io quella che più ci teneva.
-Beh, hai sempre pensato male. So di non averti mai dimostrato molto, ma speravo lo capissi ugualmente. Ti ho sempre amata, Grace.- rispose lui dandole un leggero bacio sulla guancia. La ragazza sussultò e si scostò tornando verso il letto. 
-Credo sia arrivata l'ora che tu vada. Fra poco arriverà l'infermiere per darmi le pillole e non credo tu voglia farti trovare qui.- Harry la guardò intristito, non pensava che un innocuo bacio sulla guancia, potesse rovinare quel momento. 
-Si, hai ragione. Allora, a dopo, credo.- le si avvicinò per farle una carezza, ma lei si scansò. -Va bene Grace, ho capito.- girò i tacchi e deluso uscì dalla stanza cercando di non farsi notare dagli inservienti.

Per Grace diventava sempre più difficile accettare la situazione generale. Era come se il mondo intero si fosse accanito su di lei, ponendole davanti prove sempre più complicate da affrontare. Nonostante fosse felice del fatto che Harry ricordasse ancora quella giornata che per lei era stata tanto importante, una piccola parte di se, sperava che il ragazzo avesse cancellato tutto, almeno sarebbe stato più facile odiarlo. Purtroppo, non era andata così e questo distruggeva Grace. Sapeva che tutto ciò che stava passando era solo colpa di Harry ma nonostante tutto non riusciva ad odiarlo e questo la faceva stare male, a tal punto che avrebbe preferito non rivederlo mai più, forse le cose sarebbero state più semplici. 
I suoi pensieri vennero interrotti quando la porta si aprì. Una figura alta di nascondeva fra le ombre del corridoio. -Come diavolo hai fatto?- la voce del burbero Ethan pervase la stanza. -Le tue mani...
In un attimo Grace si accorse di non essere più legata al letto e cercò di trovare una scusa plausibile, ma nulla le sembrava abbastanza credibile. -Io...Io.- cominciò a balbettare e sentì le mani sudaticce mentre gli occhi dell'uomo la fissavano sconvolti e furiosi. -É stato il dottor- si interruppe prima di commettere il secondo errore più grande della sua vita.
-Il dottor chi?- l'uomo si diresse verso la ragazza con tale furia da farla terrorizzare sempre di più. Grace sentiva tutto il corpo talmente pesante da non riuscire a muovere nemmeno un dito. -Rispondi!- urlò Ethan prendendola per le spalle e scuotendola. 
-Io...ehm, io non...non lo so.- a quelle parole gli occhi dell'infermiere sembrarono ardere come il fuoco. L'uomo la spinse sul letto e la paura di Grace aumentò sempre di più. -Aiu...- cercò di urlare ma Ethan le mise una mano sulla bocca.
-A nessuno importa di te, non lo vedi? I tuoi genitori non sono venuti a farti visita, hanno paura di te, non hanno voluto nemmeno sapere come fosse andato l'incontro con il medico. Ormai sei in trappola, non ci sarà nemmeno una persona disposta a venire qui per portarti indietro.- Grace si morse la lingua per evitare di piangere. Quelle parole furono dure e in parte sapeva che non erano delle bugie. Nessuno l'avrebbe riportata a casa, nessuno a parte Harry, ma anche quella piccola sicurezza cominciava a barcollare. -Ascoltami bene, io non ho idea di come tu sia riuscita a toglierti quelle- disse indicando le cinghie -e non lo voglio nemmeno sapere, ma tieni bene a mente che se dovesse riaccadere non sarà del dolore delle fibbie che ti dovrai preoccupare.- tenne ben salda la presa sulle spalle della ragazza prima di legarla di nuovo al letto. -Per oggi rimarrai qui, non meriti di uscire da questa stanza e probabilmente non meriti nemmeno la cena.- disse l'uomo ridendo. 
-Tu non mi fai paura.- le parole di Grace furono interpretate come una sfida da Ethan che subito la fulminò con lo sguardo. -Nè tu né nessun altro in questo lurido posto mi fate paura. Potete farmi quello che volete; lasciarmi a digiuno per giorni, imbottirmi di pillole, farmi fare docce ghiacciate quando mi comporto male, non farmi uscire da questa stanza o persino legarmi a questo letto, ma niente mi farà mai avere un briciolo di terrore nei vostri confronti. Non sono debole, non come tutti quelli che subiscono le stesse angherie che devo sopportare io. Potrò non avere nessuno al dì fuori di queste mura, ma avrò sempre fiducia in me stessa, di questo non può farmi dubitare anima viva. Io so di cosa sono capace, so come sono fatta e cosa può e non può ferirmi, ed è per questo che sono sempre un passo avanti a tutti voi, stupidi animali.- sputò quelle ultime parole come fossero veleno e Ethan non ne fu felice. 
-Credi ciò che vuoi, ragazzina, ma sappi che dopo oggi ti sei assicurata un ingresso gratuito all'inferno.- la porta venne chiusa con tale violenza che le sembrò potesse creparsi il muro.

-Harry...sei tu?- Grace era ancora assonnata e con gli occhi chiusi, ma riuscì ugualmente a riconoscere il suo tocco quando le sfiorò la guancia con il dorso della mano.
-Non sei da sola, non lo sarai mai finché avrai me al tuo fianco.
-Non ne sono più così certa. Sento che tutti nella mia vita continuano a voltarmi le spalle.- teneva gli occhi a fessura, ma riusciva a scorgere qualche parte del viso del ragazzo. Ne vedeva la mascella, perfettamente delineata e una parte delle labbra, quelle che un tempo amava baciare, poteva notare anche l'espressione preoccupata sul suo viso, come se avesse paura per quello che le avrebbero potuto fare. -Cosa c'è?- chiese strofinandosi gli occhi.
-So che sei coraggiosa e che non vuoi mai mostrarti debole, ma devi smetterla di provocare quel tizio, è un folle e chissà cosa potrebbe farti!- Grace capì che Harry era arrabbiato con lei per quello che aveva detto ad Ethan e non aveva tutti i torti. -Che tu ci creda o meno, sei importante per me e non voglio ti capiti niente di brutto. Devi comportarti meglio o non sarà facile portarti via di qui, lo capisci?
Grace lo capiva bene, sapeva che quel suo comportamento non l'avrebbe aiutata, ma non sopportava che qualcuno le mettesse i piedi in testa. Era abituata a scacciare la tristezza, la sofferenza, ma questa volta faceva ancora più male. Ad Harry bastò uno sguardo per accorgersi che la ragazza stava cercando di non piangere, sapeva bene che odiava farlo in presenza di persone, ma quando era con lui non si tratteneva mai, e vederla così lo faceva soffrire perché sentiva di essere troppo distante dalla ragazza di cui era sempre stato innamorato. Allungò una mano e prese quella di Grace; era fredda, fin troppo e tremava leggermente. -Sai che con me non devi fingere, puoi piangere, sfogarti. Fa ciò che senti, io rimarrò al tuo fianco.- lei lo guardò e il ragazzo, d'istinto, ritirò la mano, quasi come sapesse già che lei lo avrebbe respinto.
-No, non farlo, non andare via anche tu.- le parole di Grace lasciarono Harry sorpreso. -Tienimi la mano, mi fa stare meglio sentirti vicino.
-Sono qui con te.- strinse forte la mano della ragazza nella sua e lei si sentì subito meglio, come se il tocco del ragazzo fosse un calmante.
-Harry?
-Si, Gracie?- chiamarla in quel modo gli venne naturale, non lo fece di proposito. In momenti come questi usava sempre questo nomignolo.
-Rimani a dormire con me? Se ci sei tu, è tutto meno difficile, lo sai. Nonostante tutti i sentimenti che in questo momento provo per te, contrastanti e non, so che tu sei l'unica cosa e persona in grado di far passare il dolore.
Il ragazzo sorrise ma cercò di nascondere il fatto che la richiesta e le parole da lei dette, lo avevano reso l'uomo più felice della terra. Forse non erano poi così distanti. -Senza dubbio.- rispose. -Io non ti lascio sola, non più.

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Buonasera :) finalmente ce l'ho fatta ad aggiornare ahah
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate della storia finora. Come ho sempre detto, sono aperta a tutti i tipi di consigli/critiche😘

Ci tenevo inoltre a dire che sto scrivendo una storia a cui tengo molto intitolata 1987 (è un thriller) nel caso vi andasse, passate a dare un'occhiata. 
Nel caso ci fossero errori l correggerò il prima possibile👍🏼
Well, detto questo, vi auguro un buon fine settimana :) 
Ps: dicembre è alle porte e sono felicissimaaa

-Vals💕

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


"Facevano talmente parte l'uno dell'altra che non avevano modo di liberarsi, nemmeno ora, neanche se avessero voluto farlo."

(Cassandra Clare)

Il parcheggio dietro il bar dove si riunivano tutti i ragazzi nel weekend era vuoto quella sera. C'erano solo due macchine posteggiate e sui parabrezza si rifletteva la luce della luna e di tutte le stelle che splendevano meravigliose nel cielo. 
Il vento soffiava sulla chioma bionda della ragazza che, immobile, teneva la stretta ben salda sulla pistola. 
-Grace, non farlo. Ti prego, ascoltami, metti giù la pistola.- il ragazzo la pregava quasi con le lacrime agli occhi, mentre lei non distoglieva lo sguardo dalla figura davanti a se. -Perchè vuoi farmi questo? Abbassa la pistola e parliamone.- nonostante tutti i tentativi di dissuaderla, Grace teneva il dito fermo sul grilletto, pronta a sparare dritto nel cuore del ragazzo. Un solo colpo, ne bastava solo uno e lui sarebbe morto. I suoi occhi di ghiaccio erano impassibili e anche lui aveva capito che le sue preghiere sarebbero state inutili, gli bastava guardarla per capire che la ragazza che conosceva da tempo, la bimba con le treccine, non era più quella di una volta. -D'accordo, so che per me non c'è più speranza, qui non ci sentirà nessuno, ma prima di spararmi, voglio sapere perché, perché lo stai facendo? Perché...proprio me?- la consapevolezza di ciò che sarebbe successo di lì a poco, si faceva sempre più strada nella testa del ragazzo, tanto che le ultime parole gli si ruppero in gola. 
A quella domanda seguirono dei secondi di silenzio. -Io...io non lo so.- rispose infine Grace mandandolo ancora di più nel panico. 
Sapere di dover morire solo perché qualcuno, alzandosi dal letto una mattina, aveva deciso di stroncare una giovane vita senza alcun motivo, gli faceva venir una gran voglia di piangere e urlare, ma in cuor suo sperava di poter cambiare i piani che il destino aveva in serbo per lui. 
-E allora non farlo, non uccidermi Grace, non ho fatto nulla di male. Sono un tuo amico, ci conosciamo da una vita, giocavamo sempre insieme da bambini. Sai bene che non farei del male ad una mosca. Sono una persona buona. Il pomeriggio aiuto gli anziani alla casa di cura, porto i cani a passeggio per racimolare qualche dollaro e la sera, di tanto in tanto, lavoro qui al bar, quindi, perché proprio io?
Grace non sapeva cosa rispondere, sentiva solo il continuo battere del cuore. Per un attimo pensò al ragazzo che aveva di fronte a se. Pensò alle sue parole, al modo in cui le pronunciava, con la paura di commettere un passo falso, quello che lo avrebbe portato alla morte, e fu in quel momento che ebbe un attimo di ripensamento e allentò la presa sull'arma e tolse il dito dal grilletto. Distolse gli occhi da quelli del ragazzo e fissò la mano con la quale teneva la pistola, poi tornò a guardare il suo amico e gli sembrò di notare un espressione leggermente più rilassata sul suo volto.
-Grace, va tutto bene- pronunciò quella frase lentamente e senza muovere un muscolo per paura di farla agitare -adesso mettila giù.
Lei lo guardava come se tutto stesse accadendo a rallentatore. Fissò ancora una volta la sua mano e la pistola, e si abbassò per poggiarla sull'asfalto, ma qualcosa la bloccò.
-No!- esclamò rialzandosi e puntandogli di nuovo l'arma contro. Il ragazzo si immobilizzò nuovamente e sentì il cuore fermarsi per un secondo. -Non posso.
Questa volta la presa sulla pistola non era più salda, sicura, ma le sue mani tremavano come delle foglie e il suo petto si alzava e abbassava troppo velocemente. I suoi occhi azzurri non fissavano più la figura di fronte a se con aria del tutto assente, quasi come se le conseguenze non le incutessero paura, ma si guardavano attorno con fare agitato. 
-Ti prego, ascoltami.- la implorò il ragazzo piangendo.
-Ho detto di no!-urlò agitando la pistola. -Sta zitto e smettila di piagnucolare.- il suo tono di voce era fin troppo agitato, di quell'agitazione che non puoi calmare facilmente, soprattutto se quella persona tiene una pistola puntata verso il tuo cuore. 
Grace fece qualche passo in avanti e si mise davanti al ragazzo. -Mettiti in ginocchio.- gli ordinò e questa volta l'arma salì verso la testa e lui scoppiò in un pianto disperato. -In ginocchio!- urlò sempre più forte. Il ragazzo trasalì e tremando, obbedì alle sue parole con titubanza. -Adesso conterò fino a tre e poi premerò il grilletto, c'è qualcosa che vuoi dirmi prima di morire?
A quel punto il ragazzo capì che era davvero finita, che non c'era più niente da fare e si impose di piangere, non voleva darle anche questa soddisfazione. Si morse il labbro e prese un grande respiro prima di sollevare la testa per guardarla un'ultima volta. -Anche se adesso premerai quel grilletto, voglio che tu sappia che io non ho più paura. Che morirò senza temerti Grace Bennet, ma avrò solo un rimpianto: aver perso una delle mie più grandi amiche.- gli occhi di lui erano fissi nei suoi e dopo le sue parole riuscì a notare una punta di confusione nello sguardo della ragazza, come se si aspettasse altre preghiere, altre richieste disperate.
-Bene, se quello che volevi dire era solo questo, credo si arrivata l'ora.- rispose lei senza dargli troppe soddisfazioni. -Uno, due...
-Grace, non farlo!- qualcuno urlò quelle parole alle sue spalle cogliendola di sorpresa e a quel punto spaventata e agitata, Grace sparò. 

-A cosa pensi?- Harry si sedette al fianco della ragazza.
In quei giorni avevano passato molto tempo insieme, cercando di riscoprirsi a vicenda. Ogni sera, dopo che Ethan finiva il suo giro di ronda, Harry si intrufolava nella stanza di Grace e stavano lì a parlare finché le pillole non facevano effetto su di lei, facendola addormentare. 
Dopo l'ultima visita, il medico le aveva prescritto dei sonniferi molto pesanti, dal momento che ogni notte si svegliava urlando sempre lo stesso nome. 
-Ogni tanto comincio a credere che forse il posto in cui merito di stare è propio questo. So che se dovessi tornare alla mia solita vita, nulla sarebbe più come prima. I miei amici mi odiano, non vogliono nemmeno sentire il mio nome. Ho mandato loro diverse lettere, ma non ho mai ricevuto una risposta. Non sono venuti a trovarmi, né qui né in carcere. L'ultima volta che li ho visti è stato all'udienza durante la quale il giudice ha confermato la mia instabilità mentale, ma erano lì solo per il piacere di vedermi finire dentro un ospedale dal quale sperano io non esca mai. La mia famiglia mi ha abbandonata, quindi non avrei nessuno da cui tornare. La gente per strada mi guarderebbe con occhi pieni di disprezzo, a meno che non decida di cambiare direttamente strada il più veloce possibile. Tutti fuggirebbero da me e non credo di essere pronta a sopportarlo. 
-Io no, non fuggirei mai da te. Non ho paura, so chi sei veramente e non riesco a fare altro se non amarti.- Grace lo guardò e sorrise ma dietro quel gesto c'erano malinconia e sofferenza. -Non riesco a vederti così. Dov'è finita quella ragazza combattiva che fino a qualche giorno fa non voleva far altro che fuggire da questo posto?
Grace sapeva bene che fine aveva fatto. Nonostante la notte dormisse, la mattina non faceva altro che pensare a come sarebbe stato tornare a Bend, a tutti i giudizi che avrebbe dovuto sopportare, a quanta gente l'avrebbe guardata con disprezzo, denominandola "l'assassina", alla solitudine, alla tristezza, al dolore. -Non ho più il coraggio che avevo prima. Ho affrontato i miei demoni e mi sono resa conto che il mondo che si trova al di fuori di questo edificio, non mi vuole più, non mi appartiene più.- rispose lei alzandosi e dirigendosi verso la finestra.
-E se scappassimo definitivamente? Se andassimo in un altro stato, con dei nuovi nomi? Potremmo ricominciare tutto da zero e nessuno saprebbe chi siamo e col tempo anche noi finiremo col dimenticarcene. Potremmo finalmente avere la vita che ti ho sempre promesso.- disse il ragazzo guardandola negli occhi e stringendole le mani in modo affettuoso.
-Harry, ti prego... Non voglio che tu mi metta in testa cose che non potrei mai fare con te. La verità è che non lascerò mai più questo posto, forse nemmeno quando morirò.- Grace si mise con le spalle contro la parete e lentamente si accasciò sul pavimento. Coprì il viso con le mani e cominciò a piangere.
-No, piccola, non farlo.- Harry le fu accanto in un attimo, e la appoggiò sul suo petto. -Non devi mollare, non finché hai me al tuo fianco.
-Andrai via, lo farai e a quel punto sarò di nuovo sola e non so se riuscirò a gestire il tutto. Ci riesco a mala pena adesso.- ammise fra un singhiozzo e l'altro. 
-Non andrò da nessuna parte. Ti ho fatto una promessa e intendo mantenerla. Ti amo e non permetterò a niente e nessuno di separarci di nuovo.- a quelle parole, Grace si strinse sempre di più al petto del ragazzo, inspirandone tutti i profumi che si mescolavano in lui, gli stessi di qualche mese prima, quelli di sempre e si rese conto che in quel momento, non le importava più di nulla se non di Harry. Sollevò lo sguardo e si accorse che lui la stava già fissando con gli occhi di chi guarda qualcosa di fragile. Entrambi sorrisero e senza rendersene conto, in un istante le loro bocche si incontrarono. Grace sentì una strana sensazione, come delle piccole scosse che le facevano pizzicare le labbra, ma dal giorno in cui era arrivata al St. Joseph, questa era l'unica volta in cui il dolore era l'unica cosa in grado di farla stare bene. Quel bacio le riportò alla memoria tutti quei ricordi felici che condivideva con Harry, gli stessi ricordi di cui nessuno sapeva niente, perché la loro storia, nonostante chiunque in città sapesse che della loro relazione, era sempre stata un segreto, anche per i più curiosi. Il loro era quell'amore che capita una sola volta nella vita e che nessuno, a parte chi lo vive, può capirlo o vederlo. -So che quello che stiamo facendo è totalmente sbagliato, ma a me sembra così giusto che ti giuro, sbaglierei altre mille volte se questo significasse averti ancora al mio fianco.- Grace schiuse la bocca lasciando che la lingua calda di Harry incontrasse la sua. Le sue dita si affondarono nei capelli del ragazzo e le mani di lui toccavano ogni centimetro del suo corpo mentre le loro lingue continuavano a scontrarsi l'una con l'altra. Lei si sollevò dal pavimento e si mise sopra le gambe di Harry senza mai smettere di baciarlo, senza prendere un attimo di respiro, perché lì, fra le braccia del suo primo unico e vero amore, con le labbra contro le sue, e le mani di Harry che le cingevano i fianchi, aveva tutto l'ossigeno necessario. 
E in quell'istante, Grace si accorse che non riusciva a ricordare quando era stata l'ultima volta in cui si erano baciati così, con tutta quella passione, e forse, pensandoci bene, non era mai successo, perché nessuno dei due si era mai sentito talmente vuoto come in quel momento. Ad ogni bacio era come se si stessero restituendo tutto quel tempo che avevano passato separati, come se si stessero raccontando una delle loro storie, una di quelle che nessuno conosceva, e rimasero a baciarsi sotto la luce della luna che creava una cornice perfetta per il loro quadro.

Quando Grace si svegliò, non era più distesa sul gelido pavimento della stanza, ma sul letto. Le bastò dare un'occhiata veloce per capire che Harry era andato via. Sul suo volto prese vita un sorriso quando ripensò al loro bacio e proprio in quell'istante, il ragazzo comparve ai piedi del suo letto. 
-Ero talmente assorta nei miei pensieri che non ti ho nemmeno visto entrare.- disse Grace guardandolo con il sorriso ancora stampato sul volto. 
-Dalla tua espressione deduco fossero dei bei pensieri.- Harry si avvicinò a lei, sedendosi sul letto. -Anche io pensavo a quello che è successo prima, ma la cosa che più mi ronza in testa sono le tue parole.
Lei lo guardò nuovamente e le si contorse lo stomaco. Lo guardava e si rendeva conto che era sempre stato lui, era lui quell'amore di cui parlavano sempre i poeti nelle loro poesie. Harry era quell'amore che non finiva mai, quello che ti struggeva cuore e anima e corpo e che con un bacio, un sorriso, una carezza, era in grado di curare tutti i dolori. Lui era quell'amore che avrebbe scelto sempre, che se fosse tornato indietro per la decima, centesima, millesima volta, lei lo avrebbe scelto. Lo avrebbe fatto per tutti quei piccoli particolari, quei difetti e pregi che lo rendevano perfetto per riempire ogni vuoto che Grace provava quando lui la faceva soffrire o quando la vita la colpiva sempre più forte. Lui era veleno e antidoto, era lo sbaglio più grande della sua vita, l'unico che avrebbe rifatto all'infinito senza mai pentirsene.
-Harry, posso farti una domanda?- Grace avrebbe voluto dirgli tante, tantissime cose, ma prima di tutto aveva bisogno di sapere la verità su una cosa che la tormentava da tempo. 
Il ragazzo le fece un semplice cenno con il capo e le si mise più vicino.
-Se...se è vero che mi ami così tanto...perché quella notte mi hai chiesto di togliere la vita ad un ragazzo innocente?

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Dopo non so quanto, ho finalmente trovate del tempo per aggiornare la storia. 
Ci ho messo davvero molto a scrivere questo capitolo e devo ammettere che è quello che fino ad ora mi è piaciuto di più realizzare. Spero che anche per voi sia così. 
Mi piacerebbe sapere se la storia vi sta piacendo, cosa ne pensate dei personaggi, se shippate Harry e Grace, insomma, qualsiasi cosa vi passi per la testa, scrivetela, sarebbe carino scambiarci dei pareri. 

Colgo l'occasione per dirvi anche che non so quante volte potrò aggiornare a settimana, perché quest'anno ho la maturità e lo studio occupa gran parte del mio tempo. 

Vi ricordo inoltre che sto scrivendo una nuova storia per gli amanti del fantasy intitolata "Il mistero di Kremlin", perciò, se vi va di passare a leggerla, fate pure. 
Detto questo, come sempre, vi auguro un buon fine settimana. Lots of love x.

-Vals💕

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