Quel limite più sottile di un filo

di chitta97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tenera ***
Capitolo 2: *** Quasi bugiardi ***
Capitolo 3: *** Ma è Domenica ***
Capitolo 4: *** Troppi conigli ***
Capitolo 5: *** Ti aspetto ***
Capitolo 6: *** La madrina ***
Capitolo 7: *** Il colore delle carote ***
Capitolo 8: *** (Don't) Call Me ***
Capitolo 9: *** Can we? ***
Capitolo 10: *** Yes, I do ***



Capitolo 1
*** Tenera ***


Tenera


 

Non sapevano come fossero giunti a quella conversazione, forse era colpa della stanchezza dopo una giornata intera di lavoro, o del tramonto che impregnava tutto di uno strano alone nostalgico che faceva solo venir voglia di immergersi nei ricordi, o forse di entrambi. Fatto sta che Judy Hopps e Nick Wilde stavano rievocando quel loro primo incontro. Come erano diversi allora, lei un’ingenua novella poliziotta e lui un delinquente alquanto astuto. Nick si era finto padre di un cucciolo -che poi cucciolo non era- e lei aveva abboccato completamente all’amo pagando quel ghiacciolo jumbo per il piccolo che si credeva un elefante.

“Che soddisfazione vederti totalmente sommersa dalle mie bugie senza che tu ne avessi captato neanche l’ombra della presenza”
“Non è stato leale da parte tua. Per niente. Anzi, mi devi ancora quei 15 dollari.”
“Non è colpa mia se eri -e sei- una coniglietta ottusa.”
“Perché mi sono fatta ingannare da un bugiardo di professione come te?”
“No, perché avresti potuto tranquillamente farti dare gratis quel ghiacciolo. Ergo, sei una coniglietta ottusa.”
“E secondo te come avrei potuto farmi dare un ghiacciolo jumbo gratis se neanche te con la tua finta storia strappalacrime c’eri riuscito!”
“Io sono una volpe.”
“E io una coniglietta, che avrei dovuto fare?”
“Incantarli con i tuoi dolci occhioni da coniglietta?”
“Non essere stupido, Nick, non avrebbero mai funzionato, non sono così tenera.”
“Ma se sei più tenera di qualsiasi animale io conosca. E io conosco tutti.”

L’aveva detto con una tale semplicità, con una tale spontaneità, da farla sembrare la cosa più ovvia del mondo. Ma non lo era, niente affatto. Come poteva esserlo?
Distrattamente rispose al saluto del partner che intanto era arrivato a destinazione e aveva chiuso la porta di casa sua proprio in quel momento.
Perché non le dava fastidio?
Ricordava ancora il suo primo giorno di servizio in polizia. Judy Hopps era entrata, saltellando per l’eccitazione -e beh, anche perché era un coniglio- e subito aveva visto quel ghepardo sovrappeso di Clawhauser. Lui si era dimostrato gentile e sinceramente contento del suo arrivo, anche se aveva commesso l’errore di definirla “Tenera”. Una bazzecola, certo, ma lei non aveva mai apprezzato quell’aggettivo che sembrava mettere ancora più in luce il suo essere “preda” e di conseguenza più debole di tutti i predatori che normalmente si arruolavano in polizia. Ora, dopo neanche un anno dal suo ingresso al ZTP, tutto era cambiato o quasi. Adesso tutti riconoscevano il suo valore di agente, la rispettavano e ammiravano; inoltre era riuscita a far capire e a rimarcare quanto davvero tutti potessero essere quel che volevano, tanto che anche Nick, una volpe, razza solitamente considerata disonesta, si era arruolato facendogli da partner. Lo stesso Nick che la chiamava Carotina -cosa che già di per sé avrebbe dovuto darle fastidio e che invece aveva finito per divenire un vezzeggiativo che la rendeva speciale- e che l’aveva appena definita Tenera.
La cosa avrebbe dovuto infastidirla almeno un poco e sarebbe stato naturale ribattere come a sua volta aveva fatto con Benjamin tempo addietro. Eppure le parole le erano venute meno. Non perché non sapesse cosa dire o fosse troppo timida per farlo, semplicemente perché non ne sentiva il bisogno. Perché quell’aggettivo, per la prima volta forse in tutta la sua vita da coniglietta, l’aveva fatta sentire bene. Sapeva che Nick non l’aveva usato perché lei faceva parte di una razza solitamente considerata adorabile e mansueta, piuttosto perché davvero la trovava tenera. E questa consapevolezza la stava facendo sciogliere come un ghiacciolo al sole, come uno di quegli enormi ghiaccioli jumbo della gelateria dove si erano incontrati la prima volta lei e Nick.
E invece no no no, dannazione no, non doveva sentirsi così! Insomma, Judy Hopps non doveva essere tenera. Mai. Per nessuno. Neanche per Nick. E quel neanche implicava tante di quelle cose... Da quand’era che Nick aveva costituito un’eccezione nella sua piccola testolina? Provò a ricordare esattamente in che momento quella volpe si era insinuata nel suo cervello -per non dire il nome di un altro organo vitale che preferiva evitare perché no, la tachicardia doveva essere dovuta al troppo caffè- e non aveva più saputo o potuto lasciarlo. Si insinuava nei suoi pensieri più spesso di quel che avrebbe dovuto, annebbiandoli col suo sorrisino strafottente e così irresistibile insieme. Sospirò. Ma perché i suoi neuroni non ne volevano sapere di collaborare?
Non era nemmeno riuscita a rispondergli per le rime per sottolineare quanto lei non fosse tenera. Non doveva esserlo. Non doveva voler essere considerata tale, non avrebbe dovuto volerlo. Invece continuava a ripetersi quella frase “Ma se sei più tenera di qualsiasi animale io conosca. E io conosco tutti.”quasi fosse registrata sulla sua penna-registratore. Quella penna che, almeno in parte, le aveva permesso di conoscere davvero Nick Wilde. Okay, magari l’arma del ricatto non era forse la cosa più romantica- ma perché poi doveva essere romantica? Erano lei e Nick dopotutto. Solo lei e Nick. Partner, amici, solo amici.
Scosse la testa. In un modo o nell’altro c’era sempre qualcosa, che fosse un gesto, una parola o un oggetto non importava, ma c’era sempre quel qualcosa che la faceva pensare a quella dannata volpe.
E giusto perché era in vena di ricordi non poté non ricordare il primo giorno di servizio di Nick, il loro primo giorno insieme come colleghi.

Lo so che mi adori”
Se lo so? Sì, sì lo so.”

E in fondo che importava se la riteneva tenera, adorabile, perché mai avrebbe dovuto darle fastidio se anche lei lo considerava in quei termini, dopotutto? Perché non importava che Nick fosse un predatore, Nick sapeva essere così tenero quando cercava di fare l’indifferente o il duro con lei ma senza troppa convinzione e con scarsi risultati; ed era così adorabile quando sorrideva, quando l’abbracciava, quando sapeva consolarla o scuoterla, a seconda dei casi. Lui sapeva come prenderla, era come se ci fosse un legame, un qualcosa che li univa e che faceva sì che sempre riuscissero a tirare fuori il meglio l’uno dell’altra. Così lei aveva capito che davvero tutto non era rose e fiori, che non bastava una frase ad effetto per descrivere la realtà; e lui aveva capito che non c’era nulla di male a provare ad essere quello che si vuole, anche se tutti ti dicono che non ce la farai mai.

Sorrise sotto i baffi. Era appena ritornata a casa e già sentiva i vicini con le loro urla assordanti. Si mise alla scrivania, pronta alla solita videochiamata con i genitori. Ma questa volta quando la madre la definì tenera non si stizzì come al solito.
Forse da quel giorno in poi non le sarebbe poi dispiaciuto molto essere considerata in quei termini. Soprattutto non se così la vedeva una certa volpe.

Volpe acuta.
E ottusa, terribilmente ottusa.


Note dell'autrice: Salve a tutti! Sono approdata anche in questo fandom e poco importa che abbia altre storie in corso che piangono; perché non potevo, non era materialmente possibile non scrivere qualcosa su questi due dopo aver visto Zootropolis una cosa tipo una settimana fa. Li ho adorati da morire, molto più di quel che pensavo e questi sono i risultati: io che rientro su efp, scrivo ff anche se sì, è dopodomani che avrò il mio primo esame universitario. Ma bando alle ciance: il capitolo è una delle tante idee che la mia testolina ha partorito in questi giorni -e se tutto va bene anche le altre piano piano vedranno la luce-. Se lo trovate un poco confusionario sappiate che è una cosa voluta. Mi spiego, se risulta incomprensibile vuol dire che faccio schifo e basta, ma se riuscite a capirlo ma vi sembra che si passi da un pensiero ad un altro, beh, quello era l'intento. E' un po' come se fossi voluta entrare nella testa di Judy e analizzare i suoi pensieri in quel frangente e si sa, la nostra mente è logica solo fino ad un certo punto, soprattutto se piena di dubbi e sentimenti malcelati come quella di una certa coniglietta. Detto ciò vi lascio, mi auguro vi sia piaciuta e, anche se così non fosse, a lasciare una recensione, positiva o negativa (purché costruttiva).
Grazie mille a tutti
chitta97 

 

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Capitolo 2
*** Quasi bugiardi ***


Quasi bugiardi

 

“E quindi io e Nick abbiamo arrestato quel furfante.” Concluse soddisfatta Judy Hopps. Quando la madre si voltò sperò, e forse credette, che la domanda che le stava per porre riguardasse particolari del caso. Non vedeva l’ora di dire, con aria professionale, che i dettagli non potevano essere divulgati. Invece il suo sorriso inorgoglito sfumò presto in un’espressione smarrita perché Bonnie, con aria allusiva, sviò il discorso. “Ma quindi tu e Nick….” Non era neanche una domanda. Sembrava quasi una constatazione, un’ovvietà. Ma lei quell’ovvietà sottesa proprio non riusciva a coglierla.
“Io e Nick cosa, mamma?” Era sinceramente confusa e le lunghe orecchie assecondarono il movimento delle sue sopracciglia.
“Beh, insomma, siete fidanzati no?”
Se prima era confusa ora Judy Hopps era sicura di non aver capito bene. Davvero sua mamma stava insinuando che lei e Nick, quel Nick, erano… Neanche riusciva a pensarlo!
“No! Certo che no, io e Nick siamo solo amici. E partner. Ma solo di lavoro! Come ti è venuta in mente una cosa simile?”
“Beh, tu ne parli sempre tesoro; non ho ancora sentito una tua frase senza il suo nome.”
“Non è vero, non ne parlo così spesso.
Va bene, forse sì. Ma siamo colleghi e amici, passiamo un sacco di tempo insieme, è normale che la maggior parte delle cose che mi accadono avvengano in sua presenza.”
“Tesoro, guarda che non c’è nulla di male. Ne sarei davvero felice se tu ti costruissi una famiglia, ormai sei abbastanza grande e matura. E poi da come ne parli è innegabile che tra te e questo Nick ci sia qualcosa.”
“E come ne dovrei parlar-?” La domanda le morì in gola perché il suo cellulare aveva preso a suonare. Una chiamata. Ed era Nick.
“E’ lui? Dai, tesoro rispondi, così mi presenti al tuo fidanzato.”
“Ti ho già detto che lui non è il mio-”
Quella doveva essere la giornata delle frasi mai terminate perché, come se non bastasse, ad interromperla ci pensò il padre che era appena entrato nella cucina dove si stava svolgendo quel quadretto madre e figlia tutt’altro che idilliaco.
“Vedi, è arrivato anche tuo padre, così ci puoi presentare entrambi.”
“Presentare a chi?”
“Al suo fidanzato, tesoro.”
“Oh, a Nick! In effetti ero curioso di vederlo.” Affermò Stu, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Ormai Judy non sapeva davvero più che dire. Persino suo padre credeva davvero che lei e Nick fossero una coppia. Intanto il cellulare continuava a vibrare e mai aveva desiderato così tanto che quella volpe non fosse così tempestiva.
“Dai tesoro, non fare la timida e rispondi.”La incoraggiò Bonnie che, nel mentre, si era pericolosamente avvicinata al cellulare. Judy, con l’intento di allontanare il telefono dalle zampe della madre, fece per prenderlo ma, inavvertitamente, accettò la chiamata.
“Ehi, Carotina! Ce ne hai messo di tempo per rispondere.” Esordì, passando abilmente dall’entusiasmo ad un tono fintamente seccato Wilde. Alla coniglietta quasi cadde il telefono di mano.
“Nick, non è un buon momento questo...” Caricò quella frase con tutto il rammarico che provava. Era davvero dispiaciuta di non poter chiacchierare con lui perché, in fondo, era vero che sentiva la sua mancanza. Passare dal vedersi quasi 24 ore al giorno per 6, facciamo anche 6 giorni e mezzo, su 7 a stare distanti per settimane cominciava a pesarle. E nonostante fosse davvero contenta di riabbracciare la sua famiglia e trascorrere del tempo nella sua città natale, l’assenza di Nick rappresentava un vuoto davvero difficile da ignorare. Lanciò di sottecchi uno sguardo ai genitori che ancora non desistevano dal loro proposito. Ma Nick continuò imperterrito. Forse anche lui sentiva la sua mancanza…
“Cos’è Carotina, ti manco così tanto che vedermi attraverso uno schermo fa male al tuo povero cuoricino da coniglietta?” Nick sapeva di aver esagerato ed infarcito quella frase di termini troppo arditi. Sapeva anche che probabilmente Judy si sarebbe solo arrabbiata e, con un po’ di fortuna, si sarebbe limitate a rispondergli con del sarcasmo. Sarcasmo che probabilmente avrebbe finito per essere più veritiero di quel che avrebbe dovuto. Perché a lui, in fondo, faceva davvero male vederla solo tramite uno schermo.
Ma non fu Judy a rispondergli, bensì altri due conigli che avevano preso il suo posto nella webcam. E non sembrava che Judy l’avesse esattamente permesso.
Stu fu il primo a parlare. “Non ci avevi detto che il tuo fidanzato era una volpe.”
“Ho già detto che non è il mio fidanzato! E ora ridatemi quel cellulare.” Judy Hopps fece valere tutta la sua autorità da poliziotta, si riappropriò del telefonino e, prima che i genitori s’intromettessero nuovamente, si rifugiò nella sua stanza. Le sembrava di essere ritornata un’adolescente, ma quella situazione stava rischiando davvero di diventare troppo imbarazzante. Se già non lo era diventata.
“Mi sono perso qualcosa Carotina?” Chiese Nick, a cui ora poteva finalmente parlare normalmente.
“Scusami scusami, mi dispiace. Vedi, i miei genitori si sono messi in testa che io e te siamo fidanzati e non c’è verso di far cambiare loro idea e-”
“Stop stop stop. E come mai pensano una cosa simile?”
“Beh, racconto spesso delle nostre peripezie per risolvere i casi e sentendoti nominare sempre hanno creduto che fossimo qualcosa di più che dei partner di lavoro. Quindi quando hai chiamato hanno pensato bene di presentarsi e non c’è stato verso di convincerli. Mi dispiace, ho paura che sarà dura far cambiare loro idea, sanno essere molto cocciuti nelle loro convinzioni.”
“Mi ricordano qualcuno...”
“Spiritoso.”
Risero insieme e quel suono riempì i loro cuori di una dolce sensazione. Com’era bello ritrovare quella complicità intatta. Era come tornare a casa e ritrovare tutto immutato. Ed era buffo pensare ad un simile paragone quando Judy in realtà si trovava già a casa.
“Comunque… Potresti assecondarli.”
“Cosa?”
“Beh, se i tuoi genitori sono convinti che noi siamo fidanzata lasciaglielo credere.”
“Mi stai proponendo di mentire?”
“Sarebbe solo una bugia innocente. E poi tu ci hai provato a dire loro la verità.”
“Ma-”
“Ascolta Carotina, i tuoi genitori non vedono l’ora che tu ti sistemi, giusto? Sono conigli, è normale che ti vogliano vedere costruire una tua famiglia. Quindi non credo sarà loro molto semplice convincersi del contrario, senza contare che se ciò accadesse potrebbero pensare loro a trovarti un vero fidanzato.” -Aveva quasi sputato quelle ultime due parole- “Quindi tanto vale che tu dia loro ciò che vogliono. Ti reggerò il gioco, non preoccuparti.”
“Ma… A te non dispiace?”
“Te l’ho proposto io mi sembra. E poi non dovrò mica fingere chissà quanto.”
Rendendosi conto dell’ambiguità insita in quella frase aggiunse subito un “Tanto i tuoi genitori non vivono mica a Zootropolis.”
“Mh… Va bene.” Accondiscese, cercando di celare quel lieve brivido. Insomma, Nick si era appena prestato a fingersi il suo fidanzato e lei, lei davvero non sapeva come sentirsi. Grata per l’aiuto che le stava offrendo? Indispettita per la bugia che la invitava a dire? E poi cos’era quel pizzicorino strano, quella sensazione che sembrava sottolineare altri mille sottintesi? Nick sembrava completamente a suo agio e non riusciva a capire se la cosa le desse fastidio o meno. Forse perché si aspettava un po’ più d’imbarazzo. Oppure era contenta di vedere tanta naturalezza per una cosa che poteva essere… No, okay, stava divagando e non andava bene.
“Ehi, Carotina, ma quand'è che ritorni? No sai, avrei una voglia matta di quei deliziosi mirtilli che coltivano i tuoi genitori...” Non c’era dubbio che Nick Wilde sapesse mentire davvero bene. Peccato che non riusciva ad autoingannarsi, non ancora. Sapeva bene che non era dei mirtilli ad aver voglia, ma non l’avrebbe mai ammesso a nessuno. Sicuramente non a lei.
“Sarò a Zootropolis la settimana prossima.”
“Mh, posso resistere.” Affermò la volpe, con aria di uno che avesse appena calcolato quanti giorni e ore avrebbe dovuto aspettare ancora.
“Nick?”
“Sì?”
“Mi manchi anche tu.”
Lo salutò così e si beò della sicurezza di averlo messo in imbarazzo. Era una di quelle piccole soddisfazioni che la riempivano di un’insolita sensazione di calore.

~

Alla fine una settimana era trascorsa. Lentamente, ma era trascorsa.
Nick Wilde e Judy Hopps stavano facendo il loro ingresso al dipartimento di polizia chiacchierando allegramente. Tutto era tornato alla normalità. O forse no, considerando la concitazione con cui Clawhauser si apprestava a parlare a Judy. Sembrava una cosa piuttosto urgente.
“Judy, sono arr-” Probabilmente il ghepardo si sarebbe comunque interrotto per riprendere fiato, ma lo anticiparono due voci squillanti. Voci che Judy conosceva bene.
“Tesoro!”
“Mamma, papà ch-che ci fa te qui?” Balbettò la coniglietta.
“Beh, dovevamo conoscere il tuo fidanzato.”
“Ma non dovevate venire fin qui...”
“Oh, era il minimo dopo che ti sei aperta con noi. Non che ce ne fosse bisogno, era così evidente quanto fossi innamorata.” Judy voleva tanto bene a sua madre, ma in quel momento avrebbe davvero voluto che scomparisse. O che almeno qualcuno avesse avuto la decenza di far scomparire lei, magari in una buca molto molto profonda in cui l’imbarazzo si sarebbe mimetizzato sotto la sabbia.
Nick cercò di deviare l’attenzione tossicchiando. Pessima idea, ora Bonnie e Stu si rivolsero direttamente a lui e, come se non bastasse, sentiva su di sé l’ira di Judy che gli gridava quanto la sua fosse stata una pessima pessima idea.
“Tu devi essere Nick, giusto? Piacere, io sono Bonnie e lui è mio marito Stu.”
“Piacere mio. Judy parla davvero tanto di voi.” Cercò di apparire naturale e rilassato ma sentiva che forse non ci stava riuscendo troppo bene. O perlomeno sembrava che la cosa gli costasse più fatica di quel che avrebbe dovuto. Insomma non doveva mica conoscere i genitori della sua fidanzata, Judy non era la sua fidanzata, non realmente. Era la prima volta che per mentire doveva ricordarsi di star mentendo. E con una certa riluttanza.
Judy fissò preoccupata i genitori farsi incontro alla volpe. Nick aveva dalla sua una spontaneità innata nel fingere, ma aveva anche il vizio di farsi prendere la mano. E vista la situazione non era certo il caso. Con i suoi genitori anche una sola parola di troppo avrebbe potuta farla finire in un abito bianco pronta per sposarsi in meno di un secondo. Cercò di ricordarselo, ma la cosa le uscì meno spiacevole di quel che avrebbe dovuto.
“Mamma, papà, dovreste andare… Sapete, mi fa davvero piacere che voi siate venuti fin qua ma dobbiamo lavorare, sai a Zootropolis i poliziotti lavorano tanto e-” Stava cercando di far leva su tutta la sua eloquenza infilzando una frase dopo l’altra mentre sospingeva lievemente i due conigli verso la porta.
“Certo tesoro ce ne andiamo subito, ma prima...” Stu si avvicinò con aria compita verso la volpe, la quale cosa aveva un che di comico considerando quando svettasse Nick in confronto a lui.
“Figliolo, sono davvero felice che tu stia rendendo la mia cucciola così felice, MA” E qui Nick bloccò il suo gesto di cortesia sul nascere “Sappi che se farai soffrire mia figlia in un qualsiasi modo e per un qualsiasi motivo non ci saranno più prede e predatori, ma solo io con il mio Teaser per volpi.”
“Un ch-?” Nick era sicuro di aver sentito male. Lo sperava almeno, anche se ricordava amaramente che in effetti Judy aveva un repellente con volpi con sé la prima volta che si erano incontrati.
“Bene, papà hai parlato abbastanza.” La coniglietta intervenne spingendo con più decisione il padre verso l’uscita. Quindi salutò i genitori promettendo che si sarebbero visti quella sera prima della loro partenza per un saluto veloce. Sembrava finalmente fatta. E invece Nick riaprì bocca, e Judy non poté non chiedersi che cavolo dovesse mai dire quella volpe ora che finalmente quell’incubo sembrava star volgendo alla sua fine.
“Stia tranquillo signor Hopps, mi prenderò cura di sua figlia. Anche se considerando il carattere di Judy è più facile che lei si prenda cura di me.”
Stu sembrò sinceramente convinto e rassicurato da quelle parole. Bonnie, poi, mancava poco si mettesse a piangere. E lei, lei cavolo non sarebbe dovuta arrossire così. Non doveva sentirsi sciogliere, non doveva sentirsi felice, così felice. Era una frase presa da un film, sicuramente, e Nick l’aveva riutilizzata ai suoi scopi da consumato attore qual era.
E allora perché quel cuore non voleva smettere di battere così, neanche fosse stato un cavallo al trotto?
Bonnie e Stu se ne andarono, dicendole qualcosa che doveva essere una sorta di approvazione per il fidanzato scelto. Il cuore ancora in gola, Judy si diresse verso il proprio partner ripetendosi che era solo una frase ad effetto di quelle che Nick non riusciva a non sparare. Ora i suoi genitori se ne erano andati e tutto poteva tornare alla normalità. Stava quasi per convincersene finché Clawhauser, rimasto insolitamente silenzioso, incominciò a parlare.
“Ma allora è vero, è successo! Ah, finalmente! Sapevo che sarebbe successo! Siete fidanzati! Ho fatto bene a scommettere su di voi!”
I due risposero contemporaneamente.
“No no no, non siamo davvero fidanzati…!”
“Avete scommesso su di noi?”
Judy si voltò risentita verso il partner con un’espressione che voleva sottolineare quanto non fosse certo quella la priorità.
“Che c’è Carotina, non ti scandalizza sapere che c’è gente che lucra su di noi?”
La coniglietta cercò di rammentare che non era né il luogo né il momento giusto per prendere a calci quella volpe, salvo poi segnare sulla sua agenda mentale quando avrebbe potuto farlo. Clawhauser passò repentinamente dall’entusiasmo più sfrenato alla delusione più nera. “Come sarebbe a dire? Ero sicuro che aveste detto che-”
È complicato… Ma non siamo fidanzati.”
Il ghepardo sembrò recepire la notizia non troppo bene. Nick era sicuro che si sarebbe quasi messo a piangere il che lasciava entrambi increduli. Davvero sembravano così tanto una coppia?
Passarono oltre in direzione dell’arena in modo da ricevere i loro incarichi del giorno. Sembrava che tutto si indirizzasse verso il solito tram tram: il Capitano Bogo entrava in aula imponendo il silenzio, tutti si sedevano, lui prendeva gli occhiali e incominciava ad assegnare i vari compiti.
“Bene, prima ho un annuncio da fare. Hopps, Wilde.”
I diretti interessati si alzarono nascondendo a stento la preoccupazione. Bogo aveva davvero un tono grave.
“Auguri per il vostro fidanzamento! Lo sapevo che scommettere su di voi mi avrebbe fruttato un po’ di soldini!”
Schiamazzi, urla, auguri imperversarono nella stanza e ci volle tutto il loro impegno perché si facesse silenzio e potessero chiarire l’equivoco. Nick non si smentì neanche questa volta, scandalizzandosi per quel giro di scommesse di cui non sapeva nulla.
Judy ci tenne a chiarire l’equivoco. “Non siamo fidanzati. Era solo una piccola bugia per i miei genitori perché-” Non le fecero mai finire la frase sommersa come si trovò dalle lamentele dei colleghi che sembravano tutti davvero delusi dal fatto che non fossero finalmente diventati una coppia.

~

L’incarico del giorno era una semplice perlustrazione della periferia di Zootropolis, cosa che di fatto si risolveva per lo più in una passeggiata per i quartieri più malfamati rivelatisi peraltro piuttosto tranquilli.
“Nick?”
“Mh?”
“Come ci comportiamo?”
“Che vuoi dire Carotina?”
“Tutti dicono che ci comportiamo come una coppia. Pensavo che i miei genitori lo pensassero perché non vedono l’ora che metta su famiglia ma… Oggi a lavoro sembravano tutti convinti che davvero fossimo fidanzati. Sembrava fosse una cosa...naturale.”
“Ehi, Carotina?”
Si fermò e la bloccò prendendola per le spalle, in modo che i loro occhi potessero scrutarsi. Non fu un’idea geniale visto che in quegli occhi ci sarebbe volentieri perso. Tossicchiò cercando di riprendere il filo del discorso.
“Ti da noia il modo in cui ci comportiamo? Il modo in cui stiamo insieme? C’è qualcosa che cambieresti nel nostro rapporto?”
Era serio, terribilmente serio. Il fatto era che neanche lui sapeva che risposte avrebbe voluto sentirsi dare. Che tutto andava bene così com’era? Eppure c’era qualcosa che davvero cozzava nel loro rapporto, come un pezzo mancante che non riuscivano a trovare. Ma d’altronde se le avesse detto di no che cosa avrebbero dovuto cambiare? Il No avrebbe implicato un distaccamento perché se volevano essere amici… Beh, avrebbe dovuto smettere di chiamarla Carotina probabilmente; e poi non si sarebbero dovuti vedere così spesso anche fuori dall’orario lavorativo. E poi forse certe confidenze sarebbero state inappropriate.
Ma allora, se tante cose dovevano essere ridimensionate affinché la loro fosse una vera amicizia loro ora cos’erano?
Judy scacciò via tutti i pensieri della volpe scuotendo la testa di qua e di là.
“No, cioè, non lo so.”
Nick si vide costretto ad esternare i suoi pensieri, sperando con tutto il cuore che lei li smentisse.
“Vuoi che smettiamo di vederci?”
“No!” La risposta della coniglietta arrivò fulminea e, senza neanche rendersene conto, nella foga strinse la camicia di lui tra le zampine. Se ne accorse e si allontanò un poco sentendosi terribilmente imbarazzata. Non sapeva come rispondere perché tutto ciò che le veniva in mente suonava così sciocco, così patetico. Non voleva che si allontanassero, voleva semmai che stessero più vicini.
La volpe sembrò percepire quei pensieri perché mosse un passo nella sua direzione. Ora erano davvero, davvero vicini.
“Ti mette a disagio starmi vicina?”
Il fiato del partner le inondò il viso e non poteva non ammettere che sì, era a disagio. Eppure non avrebbe voluto che lui si allontanasse per nessuna cosa al mondo.
“Carotina, non sono gli altri a dover dirci cosa essere o no, è la prima cosa che mi hai insegnato. Quindi sta solo a noi decidere cosa siamo, se siamo grandi amici, colleghi di lavoro o altro. E non per forza dobbiamo deciderlo ora, ti pare? Insomma se stavano scommettendo su di noi da tanto tempo come sembra potranno aspettare ancora un po’.”
C’era riuscito, le aveva strappato un sorriso.
“Credo che tu abbia ragione.”
“Naturale Carotina.”
“Non intendevo per quello che hai detto. Cioè non solo.”
Ora la volpe era sicura di essersi persa qualche passaggio. Di che diavolo stava parlando?
“Io non so mentire.”
“Beh, bella rivelazione, pensavo che questo fosse assodato.”
“Non hai capito!”
“In effetti no.”
“Se non so mentire e se tutti pensano la stessa cosa, se tutto questo è-”
“Carotina frena, non ti seguo.”
Ma Judy aveva afferrato quell’intuizione e ormai doveva seguirla.
“Vuol dire che sono innamorata di te.”
Lo disse e nell’istante stesso in cui lo disse lo realizzò. Il tempo sembrò letteralmente fermarsi.
Sapeva di essere stata avventata, come quella volta all’intervista per il caso dei predatori impazziti. E cosa ancor peggiore, non sapeva se questa volta il loro legame sarebbe stato scisso irrimediabilmente. Il panico l’aggredì e le lacrime iniziarono a scenderle, come quella volta al ponte quando stava cercando di scusarsi con Nick. Era davvero una coniglietta emotiva.
“Sai, credo che per una volta i nostri colleghi siano stati molto più acuti di noi Carotina.”
Si chinò alla sua altezza e l’avvolse in un abbraccio.
“Quindi non è tutto finito?” Riuscì a chiedere tra i singhiozzi lei.
“Sei proprio una coniglietta ottusa. Ti pare che possa esserci una fine se non abbiamo neanche cominciato?”
E quel noi sottinteso lasciava intendere quanto erano stati sciocchi. L’amore era davvero ottuso, ma forse stava tutto lì il bello. Che in quel mare sconfinato di sentimenti ci si potesse incontrare con qualcuno che ti guardava come tu guardavi lui, che ti capiva meglio ancora di quanto tu capissi te stessa e che, per quanto assurdo potesse essere, ti completava come nessun altro avrebbe mai potuto fare.
Le venne quasi da ridere se ripensava a quanto si era scandalizzata per quella che doveva essere una piccola bugia per i suoi genitori e che invece si era rivelata essere una grande verità. In fondo era stata per tanto tempo una bugiarda e non se ne era neanche resa conto.
Poi Wilde emise un sospiro seccato.
“Cavolo, ora davvero faremo guadagnare un po’ di soldi a Capitan bufalo muschiato! Secondo te quanto avrà scommesso?”
Judy rise e basta. In fondo avrebbe potuto picchiarlo un’altra volta.

 

 

Note dell’autrice: Eccomi di nuovo qua! E sì, sono sopravvissuta all’esame xD
Comunque, bando alle ciance, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Mi scuso per eventuali errori, ho cercato di revisionarlo più che ho potuto ma lo studio credo mi stia fondendo il cervello e quindi trovo abbastanza probabile che qualcosa mi sia sfuggito.
Grazie per aver letto, per le recensioni che mi avete lasciato e per quelle che -spero- mi lascerete; al solito non importa se negative, le critiche costruttive sono ben accette ;)
chitta97

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Capitolo 3
*** Ma è Domenica ***


Ma è Domenica

 

 

Sentiva un suono, come un eco lontano, fastidioso, decisamente fastidioso. Soprattutto perché era ancora notte, doveva essere ancora notte, e lui stava dormendo così bene nel suo lettuccio sotto strati di coperte.
“Svegliati pigrone! E’ ora di alzarsi!”
Ed ecco un altro suono acuto che però non riusciva proprio ad odiare. Anche se in quel momento ci andò molto vicino.
“Mh… Ma che ore sono?”
“Sono le 7.30 Volpe dormigliona che non sei altro!”
“Spero tu stia scherzando Carotina...”
“Non sono mica le 5 di mattina Nick, non essere così tragico.”
“Ma è Domenica!”
Judy Hopps per tutta risposta roteò i grandi occhi viola, mentre continuava a far battere la zampetta sul pavimento, un movimento che le veniva naturale quando aspettava qualcuno o qualcosa.
“Arrivo, dammi solo un attimo per riprendermi dallo shock.”
La coniglietta mugugnò un “esagerato” mentre si dirigeva verso la cucina.
Nick si prese un momento per mettersi seduto sul letto. Mentre ancora accarezzava l’idea di rintanarsi sotto quel piumone tanto caldo non poté fare a meno di chiedersi che diavolo gli fosse saltato in mente. Per quale assurdo motivo aveva proposto a Judy di prendere un appartamento insieme? Forse perché viveva in un tugurio, si autorispose. Ricordò ancora quando aveva visto per la prima volta quella cosa che Judy si ostinava a chiamare appartamento, ma che a malapena era una stanza accettabile.
 

“Pareti sudicie, letto scadente, vicini pazzi, davvero Carotina come fai a vivere qui?” Nick era scandalizzato. Certo non si aspettava un loft di lusso, ma neanche quel buco!
“Ci si fa l’abitudine. E poi non vedo molta alternativa, a Zootropolis i monolocali sono tutti troppo cari per una semplice poliziotta come me.”
“E allora vieni a vivere con me!”
Come cavolo gli era uscita una cosa simile? Insomma, non ci aveva neanche pensato, l’aveva detto e basta, come se quel pensiero fosse stato lì, in attesa di essere svelato non appena si fosse presentata l’occasione. Per fortuna Nicholas Wilde aveva il dono della dissimulazione.
“In due sarebbe più semplice trovare un appartamento che non costi troppo, non ti sembra?” Così aveva risposto alla confusione, più che legittima, che aveva attraversato il musetto della collega.
Lei sembrò pensarci sopra. Non sembrava una cattiva idea, anzi. Era vero che in due sarebbe stato più semplice trovare qualcosa di più accettabile, soprattutto visto l’abilità di Nick nel contrattare e le sue numerose conoscenze. Inoltre erano partner quindi avevano pressoché gli stessi orari lavorativi. Per quanto tentasse non riusciva a trovare qualcosa in contrario. E neanche voleva in realtà.
Il fatto era che ormai passava così tanto tempo insieme a quella volpe che non le era difficile pensare di viverci insieme. Incominciava già a carezzare l’idea delle serate in compagnia a vedere un film, sprofondati nel divano a mangiare schifezze, per non parlare della solitudine che ogni tanto la sopraffaceva e che con Nick così vicino sarebbe volata via in un lampo. E d’un tratto si trovò a constatare come Nick fosse diventato una parte così importante della sua vita, tanto da affacciarsi ad ogni suo pensiero senza mai apparire davvero un intruso.
Si riscosse sentendo lo sguardo dell’amico scrutarla alla ricerca di una risposta.
“Va bene.”
“Coniglietta acuta.” Disse di rimando lui con quel solito sorriso sornione sul volto.
E sapeva che Judy ci avrebbe visto anche quello che non mostrava. Perché anche per lui era diventato così assurdamente difficile immaginare la sua vita senza quella coniglietta.

 

Quel giorno era la loro prima Domenica in quell’appartamento, nel loro appartamento. Certo l’ultima cosa che Nick avrebbe pensato era di dover lasciare il suo amato letto ad un’ora così indecente. Perché mai Judy Hopps doveva essere così maledettamente mattiniera?
Certo in ben altri modi aveva pensato di trascorrere quel giorno festivo. Magari svegliandosi con calma, dando il buongiorno alla sua adorata Carotina e preparare insieme una colazione con i fiocchi e controfiocchi che avrebbe fatto anche da pranzo probabilmente.
A ripensarci era una scena un po’ troppo sdolcinata per due amici, anche per loro. Però l’idea della colazione non era affatto male.
Possibile che ci avesse pensato così intensamente da sentire un certo profumino che ricordava quello delle frittelle appena fatte?
Beh, non erano neanche le 8 di Domenica mattina, per Wilde poteva anche essere che fosse vittima di qualche sorta di delirio misto al dormiveglia.
Qualunque cosa fosse ora Nick aveva irrevocabilmente deciso che avrebbe mangiato frittelle. Magari con dei mirtilli sopra, di quelli che Judy aveva portato da casa. Certo non si aspettava, però, ti trovarle già in tavola, impilate l’una sull’altra e ancora fumanti.
“Ma cosa…?” Riuscì ad articolare con la bocca ancora impastata.
“Non ti piacciono le frittelle?” Domandò con un’ingenuità disarmante lei. Quegli occhioni viola si posarono su di lui e sembravano interrogarlo sulla sua reazione, ma lui seppe solo perdersi in quello sguardo. Era troppo da sostenere di Domenica mattina.
Il suo piccolo cervello di Volpe non poteva, non riusciva ad elaborare quella figurina infiocchettata in un grembiule rosa -e per giunta riportante due piccole carotine all’altezza del petto- con in mano ancora un piatto di frittelle presumibilmente appena cucinate.
Il suo cuore perse un battito prima che riuscisse a darsi un contegno e rispondere con una parvenza di logica a quell’innocente domanda.
“Certo che mi piacciono! Ma come… Come mai tutto questo?” Accompagnò la domanda con un largo gesto della mano ad indicare quella ricca colazione.
Judy fece spallucce mentre posava il piatto sul tavolo.
“Pensavo fosse un modo carino per sdebitarmi.”
Nick ci pensò su ma proprio non riuscì a ricordare. Per cosa doveva sdebitarsi con lui? Era strano che non si ricordasse una cosa del genere, di solito se le appuntava tutte mentalmente come arma di ricatto qualora ne avesse bisogno. D’altronde con quella coniglietta non si poteva mai sapere, ricordava fin troppo bene come lo aveva tenuto in pugno all’inizio della loro avventura insieme. E per fortuna.
“E per cosa dovresti sdebitarti Carotina?”
“Beh, per tutto questo.”
“Sai che questa colazione l’hai fatta te, vero?”
“Dai, sai che intendevo l’appartamento. Se non era per te sarei ancora in quel-”
“Buco? Tugurio?”
“Te lo concedo. Comunque il punto è che sarei ancora lì e quindi… grazie.” Sorrise, di uno di quei sorrisi dolci, caldi e sinceri che solo lei riusciva a fare.
“Carotina, non dovresti ringraziarmi per una cosa tanto banale, non ho dovuto fare poi molto per trovare questo appartamento.” Cercò di deviare Nick perché se i conigli erano emotivi, le volpi non sarebbero dovuto esserlo. E lui stava seriamente per...commuoversi? Neanche lui ci credeva ma era una sensazione che si avvicinava pericolosamente al suo cuore e che già aveva mosso i primi passi quel giorno, il giorno in cui era diventato ufficialmente l’agente Wilde. Non che lo avrebbe mai ammesso a qualcuno, ovviamente.
“Non è solo per l’appartamento.”
“Incredibile, hai così tanti debiti con me di cui io non sono neanche a conoscenza. Seriamente Carotina, la tua compagnia non mi fa un bel effetto.”
Lei si limitò ad ignorarlo. Sapeva com’era fatto, sapeva quanto rifuggisse i sentimentalismi solo per proteggersi, per non mostrare quel lato debole della cui esistenza ormai solo lei era a conoscenza. Prima o poi avrebbe contraccambiato quel privilegio di cui sentiva investita, magari facendogli comprendere come le emozioni non fossero sempre una fragilità, come il far cadere la maschera per svelare il proprio volto non dovesse essere considerato un punto debole.
“Vedi, quando sono arrivata qui a Zootropolis ho visto le mie aspettative sgretolarsi. Tutto era diverso, era ingiusto e io, una poliziotta, non potevo fare niente per cambiarlo, anzi, ero una vittima. Quando la sera ritornavo nel mio… insomma, in quella stanza, sentivo la solitudine e la nostalgia assalirmi come non mai. Poi ho conosciuto te, Zootropolis è cambiata e sta cambiando e ritornare in quel tugurio era sempre meno deprimente se pensavo che il giorno dopo sarei venuta al distretto, avrei fatto il lavoro che amo e insieme a te. Ma ora… Ora non ho bisogno di pensare al domani, non ho nostalgia di casa perché… Perché ora mi sento a casa. Qui, con te.”
Troppo, decisamente troppo per il suo povero cuore che aveva deciso di passare rapidamente dal Passo al Galoppo. Insomma, era Domenica mattina, si era appena svegliato e neanche aveva avuto il tempo di sintonizzare il cervello che si trovava investito da tutto quello. Non sapeva neanche lui come denominarlo; un ammasso di emozioni indistinte che solo quella coniglietta riusciva inspiegabilmente a suscitargli.
Così, non riuscendo a ragionare su una risposta che avesse una qualche logica si abbandonò all’istinto.
Spostò la sedia, sui cui si era già seduto, si alzò, si avvicinò, si chinò e… l’abbracciò. La sentì tremare dalla sorpresa per poi rilassarsi e abbandonarsi a quel calore che creavano i loro corpi così vicini.
“Grazie a te, Carotina.”
Per avermi dato una casa che non fosse solo un tetto sopra la testa. Per essere sempre con me a stupirmi una volta di più di come la vita possa essere… bella, semplicemente bella. Soprattutto se la posso condividere con la mia Carotina preferita.
Tutto questo non lo disse, non avrebbe mai potuto farlo, era troppo da far uscire da quella gabbia dove aveva relegato i sentimentalismi e le emozioni più compromettenti. Una gabbia che, ne era sempre più convinto, Judy sarebbe riuscita presto o tardi ad aprire. E questo lo spaventava perché allora tutto quello che lui e il suo cuore provavano sarebbe emerso. Lo spaventava non perché avesse paura di apparire vulnerabile agli occhi di quella coniglietta, ma perché non voleva che si allontanasse da lui per un qualsiasi motivo. Nick Wilde aveva paura di quello che provava per lei; era tutto troppo intenso e sconosciuto per non fargli paura. Eppure anche terribilmente piacevole ogni qualvolta quel calore lo invadeva; ad ogni suo sorriso, ad ogni gesto, ad ogni parola della sua Carotina.
Judy Hopps avvertì tutto quel calore e lo fece suo. È come tornare a casa, si trovò a pensare, per poi correggersi mentalmente. Non era come quando ritornava a Bunnyburrow e riabbracciava i suoi genitori, era una sensazione simile ma al contempo così totalmente diversa. Più intima forse, ma non avrebbe saputo spiegare bene neanche lei il perché. Sapeva solo che stava bene tra quelle braccia e con l’odore di Nick che le pervadeva le narici.
Si staccarono dopo un tempo che non riuscirono a quantificare e si sorrisero con complicità.
“Bene, sarà meglio mangiare quelle frittelle o si raffredderanno.” Fece Nick seppur in realtà non fosse poi molto più attratto dalle frittelle rispetto alla coniglietta. Non aveva potuto far a meno di notare quanto Judy fosse morbida. Beh, ma forse tornare alla colazione era una buona idea in effetti.
“Sì hai ragione, anche perché sennò non facciamo in tempo per gli allenamenti mattutini.”
“I che?? Carotina, è Domenica mattina -mi sembrava di averlo già ribadito ma forse sbaglio- e tu mi hai buttato giù dal letto prima delle 8, non puoi dirmi che pretendi che mi metta anche a fare un’attività sportiva più impegnativa di una passeggiata al parco!”
Lo sguardo di Judy fu un misto tra tenerezza e supplica e lui aveva già esaurito gran parte delle sue forze.
“Va bene… Ma non prenderci l’abitudine Carotina.”
Lei sorrise ed entrambi non poterono non pensare che immaginare una vita senza una volpe e una coniglietta ottusa che bisticciavano a suon di sarcasmo sarebbe stata molto molto triste. E vuota, assurdamente vuota. 




Note dell'autrice: E niente, eccomi di nuovo qui! Un capitolo forse un po' più corto dei precedenti -o forse è una mia impressione perché l'ho scritto in molto meno tempo, non saprei- ma spero che sia comunque di vostro gradimento. Ho scoperto che mettermi a scrivere ff mi aiuta con lo stress pre-esame quindi ci sto dando sotto xD A parte ciò, devo fare due puntualizzazioni per quanto riguarda la one-shot in questione:
1) Per il breve flashback ho usato un carattere diverso giusto per sottolineare in maniera un po' più netta il distacco temporale
2) Il discorso di Judy potrebbe sembrare non orchestrato magistralmente per quanto riguarda la sintassi. Il fatto è che ho preferito trasporre esattamente ciò che mi sono immaginata che Judy dicesse, contando come fosse una cosa improvvisata, spontanea e suscettibile di emozioni. Spero che la cosa non disturbi, nel caso mi scuso.
Al solito, se ci sono errori e/o sviste mi scuso in anticipo ma purtroppo non si ricontrolla mai abbastanza, senza contare che sto andando molto a braccio, tra una pausa di studio e l'altra. Bene, ringrazio tutti quelli che hanno recensito gli scorsi capitoli e chi recensirà -spero- questo. Grazie per il tempo che dedicate a questa raccolta e a presto! 
chitta97

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Capitolo 4
*** Troppi conigli ***


Troppi conigli

 

Nick si lasciò scappare un verso interpretabile con un qualche pensiero irritante che gli doveva essere sopravvenuto. E Judy lo sentì da cui, ovvia conseguenza, la sua domanda: “Che c’è che non va, Nick?”
“Nulla.” Cercò di glissare lui. Ma sapeva che sarebbe stato un tentativo vano con quella poliziotta testarda che si ritrovava come partner.

“Avanti, dimmi cosa c’è Volpe ottusa.”
Appunto.
“Mh… È solo che… Ci sono troppi conigli a Zootropolis.”
Decisamente Judy non si aspettava quella risposta. E neanche se la spiegava in realtà.
“Come mai questa improvvisa avversione per i conigli?”
“Non è avversione per i conigli, è solo che… stanno aumentando. Quelli che vivono qua a Zootropolis intendo. E stanno diventando troppi. Tutto qui.”
“Lo sai che la sottoscritta, nonché tua partner e amica, è una coniglietta, vero?”
“Infatti non parlo di te. Intendo gli altri.”
Judy si stava sforzando, ma davvero non riusciva a capire quale fosse il punto. Che cosa poteva dare noia a Nick nel fatto che sempre più conigli venivano a vivere nella grande città?
“Ma dovresti essere contento che grazie anche ai nostri sforzi di abbattere i pregiudizi sulle varie specie anche i conigli vogliano venire a vivere in una metropoli come questa.”
Nick non parve troppo convinto della risposta.
“Beh, se ti da tanto fastidio vedere tanti conigli tutti insieme allora forse non dovresti venire a Bunnyburrow con me per Natale.”
Aveva centrato il bersaglio.
Ormai si stava avvicinando il Natale e i due erano riusciti ad ottenere le ferie proprio in concomitanza con le festività in modo da passarle insieme. Soprattutto Judy aveva insistito su questo; non vedeva l’ora di presentare Nick alla sua famiglia, di accoglierlo in quella che era stata la sua casa fino all’anno scorso, la casa che l’aveva vista crescere, la sua vita prima di Zootropolis e di lui. Era elettrizzata dalla possibilità di far congiungere quei due mondi, la sua famiglia e Nick. Così non aveva voluto sentire scuse da parte della volpe che, d’altronde, non aveva neanche fatto in tempo a formularle. Sarebbero partiti per Bunnyburrow e avrebbero trascorso là il Natale nel modo migliore possibile, in un’atmosfera che aveva l’odore dei dolci appena sfornati, il suono dei regali scartati e il calore dello stare insieme.
Inoltre Wilde sembrava aver particolarmente gradito quella proposta. A dirla tutta si sentiva quasi onorato. D’altronde lui, una volpe, invitato a festeggiare il Natale in una casa straripante conigli, era una prova d’amicizia piuttosto notevole. Non c’entrava tanto che lui fosse un predatore e loro prede, piuttosto il dover spiegare a tutta quella numerosa famiglia chi fosse e cosa fosse per Judy. Amici sembrava una parola troppo banale per loro ed era davvero curioso di vedere all’opera Judy Hopps per spiegare il loro legame che, a dirla tutta, neanche lui riusciva a spiegarsi.
Fatto sta che Nick si sentì punto sul vivo e cercò di rimediare smozzicando parole un po’ più sensate, per quanto quel pensiero ridicolo avrebbe potuto contenere una qualche logica espressa verbalmente.
“Non è di tutti i conigli che mi preoccupo.”
“Ah no? E di quali allora?”
Judy era ormai fermamente decisa ad arrivare in fondo a quella questione.
Se Nick non fosse già stato rosso per natura probabilmente ora lo sarebbe diventato.
“Per esempio… tipo quello.”
Indicò un coniglio dall’altra parte della strada che faceva proprio al caso suo.
“Cioè un normale coniglio che potrà avere più o meno la mia età? Sappi che ho dei fratelli e dei cugini che hanno esattamente queste caratteristiche. E poi a quel punto perché sopporti la mia vista? Solo perché sono una femmina?”
“È che loro sono maschi.”
L’aveva detto. E con un tale ribrezzo che sembrava avesse appena annunciato che erano portatori di rabbia.
Judy ci pensò su un attimo. L’idea era troppo strana però poteva essere che…
“Non sarai geloso?”
A Nick si rizzarono tutti i peli a quella parola. No, certo che no, lui non poteva essere geloso. Geloso di cosa poi? Una domanda che si poneva e a cui preferiva non rispondere perché subito gli balzavano alla mente quegli occhioni viola, quel piccolo nasino tremante, quel sorriso radioso…
Per fortuna non dovette rispondere neanche a Judy perché in quel preciso momento arrivò la metro che doveva portarlo a casa. Ignorò la domanda, salutò con un semplice “A domani Carotina” e la lasciò lì insieme a quella domanda senza risposta.

~

Ormai erano passati giorni da quel breve quanto insolito dialogo su cui nessuno dei due era più ritornato. In fondo non aveva poi molta importanza, non se tutto continuava comunque come sempre, con loro due che si parlavano come sempre, che scherzavano, battibeccavano e si sorridevano con aria complice come sempre. In confronto a tutto ciò, davvero quella domanda non aveva importanza. Questo si ripeteva Judy Hopps e Nick con lei. E poi ormai era arrivato quel giorno. Erano già sul treno e tra non molto sarebbero arrivati a Bunnyburrow. Alla coniglietta sembrava di fare un salto nel passato, quando ancora tornare a casa era una gioia immensa.
Non che poi la vista del paese natale la disturbasse, ma lasciare Zootropolis, lasciare Nick… Era un po’ come se un vuoto le facesse compagnia in tutti i ritorni a casa.
Ora invece, con Nick lì con lei, a pervaderle il cuore c’era solo un crescente entusiasmo che le rendeva quasi insopportabile l’attesa.
“Quindi ripetimi un po’ Carotina, quanti saremo?”
“Meno di un migliaio. Credo.”
“Una cosa intima insomma.”
“Beh, dovresti vedere quando ci sono le feste del paese...”
“Mi piacerebbe.”
“E non avresti paura di perderti tra tutti quei conigli?”
Nick fece spallucce.
“Nah, tanto tu non potresti perdere me, visto che sarei l’unica Volpe.”
Sorrisero. Quello era il bello di loro, quella sensazione di benessere persistente nel sapere che tutto andava bene finché loro due rimanevano così, semplicemente insieme anche solo senza conversare su chissà che cosa.
Judy intravide un panorama più conosciuto. Il treno si fermò, finalmente erano arrivati.
Ad aspettarli alla stazione non c’era nessuno. Judy aveva chiesto ai suoi genitori di non venire; sapeva che tanto sarebbero stati abbastanza indaffarati nei preparativi da non restarci male e soprattutto preferiva presentare Nick direttamente a casa. L’idea di ritrovarsi così, faccia a faccia coi suoi genitori, sola insieme a Nick, le metteva addosso un certo nervosismo che faticava a spiegarsi.
Arrivarono presto a destinazione. Nick Wilde si guardava intorno; quel posto era così diverso da Zootropolis. La grande città era caotica, sempre in fermento e tutto appariva sempre troppo grande. Lì invece l’atmosfera campagnola la faceva da padrone rendendo tutto più intimo e regalando un senso di pace.
A Bunnyburrow non nevicava praticamente mai o i raccolti di tutti quei coltivatori sarebbero stati perlopiù distrutti o deteriorati. Questo non voleva dire che non si respirasse un’aria natalizia, anzi. Con tutte quelle famiglie così numerose si poteva dire che il clima festoso salisse a livelli esponenziali ed era pressoché impossibile non percepirlo. E Nick lo percepiva infatti e ne era come stordito. D’altronde lui non era proprio avvezzo a quel genere di cose; i tempi delle feste in famiglia risalivano a quando era ancora un cucciolo, senza contare che i Natali successivi spesso e volentieri si riducevano ad una fetta di dolce comprata al supermercato dopo il suo quotidiano commercio di ghiaccioli che sì, come aveva detto a Judy quella che sembrava un’eternità fa, continuava giorno dopo giorno per 366 giorni all’anno. Dal paesaggio lo sguardo di Nick si posò sulla sua compagna. La osservò, come ormai sempre più spesso gli capitava di fare, e constatò quanto quella coniglietta avesse cambiato la sua vita, avesse cambiato lui. Una creatura così piccola, così maledettamente adorabile, l’aveva sconvolto scardinandolo da tutto ciò che dava per scontato e mostrandogli quanto di bello ci fosse al mondo da scoprire, da costruire, dandogli un motivo in più ogni giorno per sorridere di un sorriso sempre meno superficiale.
“Siamo arrivati. Benvenuto a casa mia.” Annunciò con un certo fremito nella voce la coniglietta.
Non si curò di bussare e aprì la porta. Quello che Nick si trovò di fronte ricordava la casa di Babbo Natale considerando la moltitudine di conigli che l’animavano, l’aria di feste che invadeva ogni singolo angolo e la frenesia degli ultimi preparativi. Senza contare quel profumino di dolcetti appena sfornati così dannatamente invitante.
Judy sorrise a quella vista che ebbe il potere di farla ritornare cucciola, quando ancora cercava di svelare il mistero di Babbo Natale e dei biscotti scomparsi.
“Ehi, sono tornata.” Annunciò per attirare l’attenzione di quella moltitudine di coniglietti euforici.
Tutte quelle piccole, lunghe orecchie si drizzarono alla voce della sorella.
“Judyyy!” Il coro fu unanime e la poliziotta si trovò circondata da fratellini e sorelline saltellanti.
“Ci sei mancata tanto!” “Hai risolto altri casi?” “Ti abbiamo vista in TV!”
Esclamazioni e domande la sommersero senza darle il tempo di dire alcunché. Almeno fino a quando uno dei suoi numerosi fratelli non osservò che Judy non era l’unica ad essere entrata da quella porta.
“Chi è lui?”
“Lui è Nick. È un mio grande amico e siamo partner di lavoro. È stato lui ad aiutarmi a risolvere il mio primo caso.”
La volpe non poté non notare come quella parola, amico, fosse stata pronunciata con titubanza, quasi non fosse quello il termine più adeguato. Ma certo Judy non poteva filosofeggiare sul loro rapporto con quella moltitudine di orecchie frementi e a cui poco importava in realtà se fossero amici o colleghi o entrambi. Probabilmente la loro curiosità si focalizzava innanzitutto sul suo essere volpe. O piuttosto sul suo non essere un coniglio.
Nick, in effetti, spiccava così arancione tra quella marea di grigio in tutte le sue gradazioni.
“Troppo buona Carotina.” Fece in direzione della collega, alludendo all’aiuto per quel caso che così tante cose aveva cambiato. E anche se il suo tono era scherzoso c’era così tanta verità in quelle parole. Perché era lui che doveva ringraziarla. Lui, lui che aveva fatto? Sì, aveva avuto qualche illuminazione qua e là ma alla fine era lei a non essersi mai arresa, era stata lei a far riemergere quella parte che lui aveva cercato di occultare nella rassegnazione di un mondo ipocrita.
Carotina?” Quella domanda si propagò tra una boccuccia e l’altra di quei mille e mila coniglietti. Ops. Non ci aveva pensato, in fondo era diventato tanto naturale per lui chiamarla così che non faceva caso a quanto dovesse suonare strano ad orecchie di estranei.
“È solo un vezzeggiativo.” Tentò di spiegare Judy senza sapere in realtà cosa dire. Era complicato spiegare come quel nomignolo da motivo di derisione fosse diventato un soprannome così dolce alle sue orecchie.
“È il tuo fidanzato?” Ops numero 2. Il cuore di Judy fece un salto e le orecchie si tesero all’inverosimile. “No, ve l’ho detto, Nick è un mio amico e il mio partner e...”
Nick non poté fare a meno di notare come quella volta avesse insistito maggiormente su quella parola, amico, quasi dovesse convincere anche se stessa che quello fosse il termine giusto per definirlo.
“E…?” Chiesero insistenti quei piccoli curiosi.
E Ops numero 3.Mai lasciare una frase in sospeso, Judy.
A salvarla da quella situazione senza uscita ci pensarono i suoi genitori che, in
 quel momento, fecero ingresso nella grande sala. Bonnie aveva tra le mani un vassoio colmo di pasticcini che, a giudicare dal profumino, dovevano essere al cioccolato e carote; Stu, invece, le veniva dietro incespicando tra ghirlande varie che, una volta disbrogliate, avrebbero abbellito la casa.
“Oh, tesoro! Sei tornata!”
“Judy non deludi!”
“Questa me la devo appuntare...” Disse Nick con tono sarcastico, abbastanza piano da essere udito solo da Judy che, in risposta, gli rifilò un’occhiataccia.
“Mamma, papà!” Si tuffò tra le loro braccia, quasi facendo cadere quei dolcetti. Scioltasi dall’abbraccio iniziò le presentazioni.
“Lui è Nick, è-” Non le fecero mai finire la frase.
“Oh, sei il famoso Nick! Judy non fa che parlare di te!”
Un sorrisino compiaciuto nacque sul muso della volpe. Quella rivelazione -quindi Judy parlava di lui- lo rese più sicuro e con fare teatrale e la sua solita faccia tosta si avvicinò a Bonnie e le fece un elegante baciazampa. “È un piacere conoscerla, ora capisco da chi Judy abbia preso quegli occhi.”
Judy sarebbe voluta sprofondare. Era rossa come i pomodori che coltivavano i suoi genitori, ne era sicura. E si ripeteva che quel colorito fosse dovuto solo ed esclusivamente alla sfacciataggine del suo collega che, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si era presentato a quel modo a sua madre. E non perché sbagliava o Nick aveva implicitamente affermato che aveva dei begli occhi?
“Oh, grazie mille caro!” Rispose imbarazzata e compiaciuta la signora Hopps.
Poi Nick tese la zampa a Stu che nel protendere la propria s’ingarbugliò ancora di più tra le decorazioni. “Vuole un aiuto Signor Hopps?”
“Chiamami Stu, figliolo. E comunque non mi farebbe male una zampa in effetti.”
Così Judy vide la volpe prendere e srotolare i festoni accanto a suo padre che, intanto, gli spiegava dove andavano posizionati e in che modo. Non seppe dire cosa quella visione le suscitò. Era semplicemente strano, strano e bellissimo vedere Nick così a suo agio tra la sua famiglia. Doveva confessare di aver temuto che si venisse a creare del disagio visto che Nick sarebbe stata l’unica volpe tra una marea di conigli. E invece appurava, con un misto di sollievo e felicità, che si era sbagliata e che tutto stava andando per il meglio. E il sorriso che si dipinse sul suo musetto non l’abbandonò per tutta la serata. Come avrebbe potuto? Nick chiacchierava tranquillamente, si complimentava per il cibo e giocava con i suoi fratellini pazientando ogni qual volta si buttavano sulla sua coda così morbida e folta. E d’altronde anche Wilde non smise di sorridere per tutta la serata. Si sentiva così a casa e non poteva che sorprendersene visto che era attorniato da leporidi. Ma ripensandoci non era così strano. Quella sensazione di casa, di serenità, si era fatta man mano largo nel suo cuore e ora la stava semplicemente accogliendo in tutta la sua pienezza. Perché in fondo bastava che Judy, la sua Carotina, fosse con lui perché si sentisse così.
La guardò di sottecchi mentre Stu annunciava che era l’ora di scartare i regali.
Con imbarazzo Nick ne ricevette uno da parte dei genitori di Judy, più che per il regalo in sé -un maglione verde con un enorme carota al centro cosa che non poté non gradire visto quanto le ricordava la sua Carotina- perché lui aveva portato solo un panettone alle carote e dei semi di una qualche pianta che, a detta di Judy, i suoi genitori avrebbero gradito molto -cosa che di fatto accadde-.
Poi approfittò del caos generale, dato da tutti i fratellini e le sorelline di Judy che scartavano regali e saltellavano entusiasti dei nuovi giochi, per dare il suo regalo alla sua coniglietta preferita. Anche lei gli diede il suo.
“Che fai non lo scarti?”
“Prima voglio godermi la tua reazione, Carotina.”
Lei non se lo fece ripetere, d’altronde era sempre stata molto curiosa.
“Ma cosa…?”
“Così avrai anche l’odore di una carotina, non pensi?”
Quello che Judy aveva davanti agli occhi era un set di shampoo e profumi tutti rigorosamente alla carota.
“Solo tu potevi pensare ad una cosa del genere.” Rise prima di affermare con tono convinto “L’adoro.” Gli occhi le brillavano e a quello sguardo Nick sfuggì abilmente scartando il suo regalo. Quella che si ritrovò davanti era una tazza dal cui sfondo bianco spiccava una fantasia di mirtilli e una scritta Officer Dumb Fox.
“Questo è molto sleale da parte tua.”
“Di che ti lamenti? Volevi una tazza da tenere in ufficio e io te l’ho procurata.”
Non c’era che dire, quella coniglietta stava imparando fin troppo bene da lui in materia di sarcasmo.

 

La serata ormai volgeva al termine. Per fortuna i conigli non sono animali notturni e alla fine anche i cuccioli più tenaci si lasciarono avvolgere dalle braccia di Morfeo. Nick aiutò Judy a trasportare nei lettini quelli che cadevano addormentati, ormai esausti, sui divani o sotto l’albero di Natale con ancora tra le zampe l’ultimo gioco ricevuto.
“Sono finiti o ce ne sono ancora?” Chiese Wilde con un accento ironico.
“No, sono tutti.”
Erano rimasti sulla soglia dell’ultima stanza da letto e ancora guardavano quei piccolini che dormivano beati sotto le coperte.
Si sorrisero di un sorriso stanco ma soddisfatto. Poi a Nick cascò l’occhio su qualcosa. Qualcosa che gli fece distogliere lo sguardo con un certo imbarazzo.
Judy si sorprese di quel repentino cambio di espressione e diresse lo sguardo nel punto in cui prima era focalizzato quello di Nick. E capì quell’imbarazzo.
Vischio. Sopra le loro teste c’era un dannato rametto di vischio.
Nick emise un risolino nervoso. “Beh, è solo una stupida tradizione non dobbiamo farlo per forza.” Mugugnò accorgendosi con sorpresa come stesse rivalutando quell’usanza che aveva sempre trovato un po’ stupida.
Judy era stanca -d’altronde era un coniglio anche lei, non era fatta per stare sveglia di notte- e forse per quello i suoi freni inibitori si erano ritirati momentaneamente in letargo. O perlomeno si erano andati a fare un pisolino nel momento in cui le scappò detto “Ma qua a Bunnyburrow le tradizioni sono importanti.”
Si pentì subito dopo aver detto quelle parole. Insomma, che le saltava in mente? Stava forse dicendo che lei, Judy Hopps, avrebbe dovuto, voleva, baciare Nick Wilde? E il fatto era che non voleva credere quanto non solo da un angolo remoto del suo cervello una vocina stesse gridando un sonoro Sì, quanto che anche il suo corpo lo voleva.
Nick la guardò, non troppo sicuro che quelle parole provenissero davvero dalla bocca di Judy quanto dal suo subconscio che a quanto pareva aveva deciso che la frase pronunciata poco prima era totalmente insensata. E quando vide quegli occhioni spalancarsi, quel nasino tremare e le orecchie abbassarsi, seppe che no, non se l’era immaginato. E a quel punto decise che se Judy Hopps aveva innescato in lui un cambiamento così drastico, spettava a lui portarlo a termine. Perché il cambiamento nasceva anche da lui e da quella parte di lui in cui tutte le emozioni sfuggivano, si ribellavano e facevano battere il suo cuore così velocemente.
“Vieni qui.” Sussurrò poco prima di avvicinarsi sempre di più finché le sue labbra non toccarono le sue. In quel breve istante il suo cervello sembrò sfoderare tutti i pensieri più catastrofici esistenti, sicuro che quella fosse stata solo una grande sciocchezza, che cavolo era un animale evoluto e non doveva lasciarsi andare all’istinto così… Ma tutti quei pensieri ebbero vita breve quando sentì che la coniglietta non si stava scansando ma che anzi, rispondeva a quel bacio. Un bacio timido e insicuro, un inizio che voleva dire molto più di qualsiasi bacio teatralmente passionale.
Quando si staccarono fu Nick il primo a parlare.
“Sì, sono geloso.”
“Cosa?”
“Sto rispondendo alla tua domanda.”
Judy rise. Quella volpe era incredibile, stava dando una risposta ad una domanda posta giorni fa e lasciata sospesa come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ma in quel momento a Judy importava poco della logica di quella affermazione. Perché in realtà quello era il modo di Nick di aprirsi con lei. Con frasi dubbie, irrazionali e scardinate che, un tassello alla volta, costruivano un puzzle che solo lei era in grado di vedere nella sua interezza. E non avrebbe mai smesso di ringraziarlo per questo, per la sua fiducia e il suo amore.
“Volpe ottusa, lo sai che ti amo.”
“Se lo so? Sì, sì lo so.”
E quella volta stavano dichiarando un amore autentico che non si nascondeva dietro maschere dubbie e parole non adatte.
E a ben guardare… Il vischio era davvero una bella pianta.


Note dell'autrice: Eccomi qua! Un po' più in ritardo del solito ma sapete già il motivo: esami. Ma veniamo al dunque, ho qualche appunto da fare:
1) Sì, lo so, non siamo in periodo natalizio. Ma il fatto è che questo capitolo è nato da una mescolanza di suggestioni date da fanart varie che mi sono capitate a tiro -perché sì, sono davvero tanto in fissa con questi due- e l'idea del vischio mi piaceva troppo. Spero non disturbi il fatto che il Natale sia già bello che passato, prendetelo un po' come il gelato in inverno, è buono comunque -sempre ammesso che il capitolo/gelato sia decente ovviamente-.
2) So che avevo detto a qualcuno di voi che avrei messo una sorta di prequel del giro di scommesse del capitolo 2. Tranquilli, non me lo sono scordato, solo che la mia mente partorisce tremila idee, soprattutto in questo periodo di studio accanito -non chiedetemi perché, forse la mia mente cerca di evadere in qualche modo ma considerando i risultati (un 30 e lode e un 30) la lascio fare volentieri- e quindi, dicevo, ho dovuto ordinarle in una qualche logica. Il capitolo in questione è progettato e vedrà la luce se non erro nel capitolo 7.
3) Prima o poi recensirò anch'io le storie di questo fandom. Mi dispiace davvero tanto di non essere riuscita ancora a farlo, ma per me lasciare una recensione è una cosa importante, ci tengo a spiegare le mie motivazioni e quindi, anziché scrivere 4 parole messe in croce, preferisco aspettare e commentare con calma.
E niente, credo di aver finito. Spero che il capitolo vi piaccia, che non ci siano errori (nel caso, al solito, mi scuso) e che lascerete una recensione per farmi sapere il vostro parere ;)

Un bacione e grazie a tutti quelli che mi seguono e a quelli che mi seguiranno <3
chitta97

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Capitolo 5
*** Ti aspetto ***


Ti Aspetto

 

Prima di cominciare: Solitamente le note sono solo a fine storia, ma questa volta è d'obbligo anche una all'inizio. Se non altro per ringraziare Freez shad che mi ha proposto questa sorta di collaborazione. L'idea e la prima bozza del capitolo sono sue, io l'ho solo riadattato al mio stile e vi ho aggiunto qualche digressione in più che mi sembrava pertinente. Spero di non aver rovinato in alcun modo l'idea originale che ho trovato davvero bella, nel caso mi scuso con i lettori, ma soprattutto con Freez shad ovviamente.
P.s. Consideratelo un capitolo bonus, anche per questo ho deciso che un carattere di scrittura diverso sarebbe stato più adatto :)

 



“Nick, non possiamo più andare avanti in questo modo!” Fece seriamente contrariata la coniglietta, squadrando con severità il proprio partner seduto di fronte a lei che in risposta, comprendendo il motivo di tale rimprovero, non poté fare a meno di ghignare divertito.
“Devi essere più chiara, Carotina, in questo modo, come?”
“Così, con te che arrivi perennemente in ritardo! Fosse la prima volta, ma è da quando abbiamo deciso di incontrarci in questo posto per fare colazione insieme che lo fai. E sono passati 255 giorni, 12 ore, 32 minuti e....”
“Un attimo...57, 58, 59 e....adesso sono 33 minuti esatti!” La interruppe sarcasticamente, fingendo di controllare lo scorrere del tempo su un orologio da polso immaginario.
“Spiritoso. Comunque sai cosa vuol dire?”
“Che forse è arrivato il momento di trovarti un hobby, Carotina?”
"Che sarebbe il caso di incominciare a cambiare. Adesso sei un poliziotto Nick e perciò, come tale, devi dare l'esempio.”
“Ma perché dovrebbero osservare me quando accanto a me ci sei tu: una dolce, laboriosa e meravigliosamente esemplare coniglietta toot-toot!” Puntualizzò la volpe, rivolgendole uno di quei suoi sicuri e sensuali sguardi che riuscivano immancabilmente a farla lievemente arrossire.
“Nick, non puoi farmi...” Balbettò imbarazzata prima che la sua combattività riuscisse ad avere nuovamente la meglio. “Eh no, stavolta non ci casco, tu lo fai apposta, vero?”
“Così mi ferisci! Mettere in dubbio la mia considerazione per te, che cosa triste!”
“Sarà anche triste, ma non insopportabile quanto doverti sempre aspettare minimo un quarto d'ora seduta qui come una stupida. Insomma, ci eravamo messi d'accordo che avremo fatto colazione insieme alle 8:00 prima di entrare al lavoro, ma non c'è mai stata una volta che tu sia arrivato puntuale!”
“Lo so che è difficile da credere, ma nessuno è perfetto, neppure io.”
A differenza della ben più ligia ed energica partner, Nick affrontava ogni giorno con la stessa rilassante pacatezza e strafottenza verso le più serie norme comportamentali che lo aveva contraddistinto durante il periodo buio della sua vita, preferibilmente da lui definito come un “divertente e lucroso sbandamento”, in cui esercitava insieme al suo degno compare “l'onesta” vendita di ghiaccioli...con reddito non dichiarato; comportamento frequentemente rimproverato dalla coniglietta che, oltre a ricordargli di come disponesse per natura di ogni potenzialità per poter dare molto di più rispetto al limite che sembrava essersi auto-imposto e a cui ostinatamente si rifaceva, cercava di migliorare alcune delle sue mancanze.
Una di queste era appunto la puntualità, la stessa che ogni mattina Nick, seppur di pochi minuti, si preoccupava di non rispettare indugiando nel letto, nel vestirsi e nell'incamminarsi con aria beata fino al raggiungimento della sua meta mattutina: la piccola pasticceria del panciuto maiale Antoine, detto “le Plume”, dove sapeva benissimo che Judy già lo attendeva, accomodata sulla piccola sedia di uno dei tavolini color cremisi del locale.
“Questa non è una scusa, è solo un modo di dire usato da quelli che non vogliono impegnarsi in...in...in qualsiasi cosa!” Fece Judy, stizzita da tanta noncuranza e arrendevolezza manifestata dalla volpe che ormai si sentiva prossima ad una nuova mattinata di rimproveri.
“Ti prego Carotina non vorrai ricominciare, vero? Adesso che ci hanno portato l'ordinazione, poi? Lo so che mi adori, ma così mi potresti far ricredere.” Ironizzò non appena il cameriere del locale li servì quanto la coniglietta aveva ordinato in sua attesa, comprendente un'enorme fetta di torta d'arancia e carota che mentalmente Nick ritenne troppo abbondante per la sua corporatura, insieme ad una classica crostata ai mirtilli per il proprio partner. Ormai conosceva fin troppo bene i suoi gusti, non che fosse complicato in effetti. Ma era comunque una bella sensazione constatare come quell’implicita complicità si manifestasse anche in quei piccoli gesti.
“Mi dispiace, ma è proprio per questo che te lo dico.” Rincominciò seria e imperterrita lei senza lasciarsi bloccare dall'invitante dolce al quale, d’altro canto, non riuscì a resistere troppo. E ogni assaggio era accompagnato da un’enfasi che dava edito ad equivoci un tantino imbarazzanti. Soprattutto data l’ingenuità con cui lasciavano la bocca della coniglietta.
“Ho provato a vedere la cosa dal tuo punto di vista, ma ora basta, adesso sono veramente -
mmmh, buonissima- devi cambiare la tua posizione, per quanto tu sia -eccezionale, non potrei fare a meno di te- infine ti ricordo che il nostro compito è rendere il mondo un posto migliore e mi farebbe piacere che tu -oh, mi fai impazzire, lo vorrei a tutte le ore- insomma, hai capito cosa devi fare?” Chiese infine, seriamente convinta che il proprio discorso avesse una logica chiara e lineare.
“Carotina, riavvolgi il nastro, ripetiti tutto quello che mi hai detto e poi dimmi cosa dovrei aver inteso.” Fu la sorniona risposta che ottenne e che all'inizio la lasciò perplessa finché, una volta eseguito quanto proposto, una terribile chiarezza si fece largo in lei, accompagnata da una violenta vampata di calore che le imporporò le gote.
“Non ti sembra una proposta terribilmente indecente da fare ad una volpe?” Rimarcò lui godendosi la vergogna farsi largo nell’espressione della coniglietta. Era sempre uno spettacolo vedere Judy in quelle condizioni, soprattutto quando vi ci si metteva da sola senza che lui avesse dovuto fare alcunché.
“Scusa scusa scusa, non volevo dire questo! È solo che quel dolce è davvero buono… e mi sono distratta e non pensavo a quello che-” rispose incalzando una parola dietro l’altra nella fretta di spiegarsi. E per quanto Nick adorasse vederla in difficoltà ebbe pena di lei e la interruppe.
“Non ti preoccupare, non è la prima volta che la tua innocente ingenuità ti fa sconfinare nelle frasi più ambigue. O che una fetta di torta ti fa perdere la testa. Con due cose che adori così tanto di fronte a te capisco che sia difficile gestire le emozioni. Voi coniglietti siete così emotivi dopotutto.”
“Stupido, smettila di scherzare!”
“Ma io non sto scherzando, al massimo potrei mentire, ma non è questo il caso.”
“A proposito, vorrei parlarti anche di questo!”Attaccò con rinnovata energia, contenta e sollevata di aver trovato un appiglio per salvarsi da quella che era diventata una situazione decisamente svantaggiosa per lei. “Secondo te un poliziotto dovrebbe men-” nonostante l'impegno e la foga con cui Judy parlava e cercava di mettere ben in luce i suoi più che logici ragionamenti -mantenendo una certa distanza dal peccaminoso dolce- da quel momento la volpe non sentì più niente, rimanendo però concentrato sulla figura che aveva di fronte e che una voce nella sua testa definì automaticamente meravigliosa.
Il suo non era un gesto maleducato con lo scopo d'ignorare quanto Judy voleva raccomandargli. Sapeva che la coniglietta continuava inesorabilmente con tutte quelle prediche e quei consigli solo perché teneva davvero a lui. Voleva davvero che lui migliorasse o, piuttosto, che quel muro che si era costruito, fatto di noncuranza e sarcasmo, sparisse per lasciare il posto al suo vero Io e a quella bontà che lei vi vedeva. Per questo ripeteva gli stessi discorsi, imperturbabile, giorno dopo giorno. Quella coniglietta era davvero testarda e inarrestabile. E Nick Wilde poteva davvero poco di fronte a lei, poco importava che lei doveva essere la preda e lui il predatore. Semplicemente veniva disarmato dalla sua tenacia. Oppure, come quella volta, si perdeva a contemplare quei due violacei soli che lo avevano accompagnato, similmente a due stelle polari, ad avere un nuovo ed onesto scopo nella vita. Così si ritrovava a riflettere su cosa provava per lei, o meglio, sui sentimenti che si scatenavano ogni volta che erano insieme -molto molto spesso a dirla tutta- e che lasciavano una scia, come un odore persistente che si insidiava nelle narici, quando si separavano.
Benché fossero molto diversi fra loro, escludendo ovviamente l'anatomia e la specie a cui appartenevano, potevano essere paragonati a due facce della stessa medaglia, con intenti concentrati ad un solo obbiettivo. Entrambi, in momenti diversi, erano entrati a far parte della polizia di Zootropolis finendo, come giusto che fosse dato il legame che si era venuto a creare dopo il caso Bellwether, per divenire colleghi e partner.
Certo, dato il loro carattere, ognuno svolgeva il suo compito e mansione seguendo la propria etica professionale. Il che equivaleva a dire che Judy esibiva la sua professionalità letteralmente da manuale e Nick prendeva le cose decisamente con meno rigorosità. Cosa che Judy non mancava di rinfacciargli, ovviamente. Come ogni qualvolta Nick si concedeva una delle tante e troppo lunghe pause caffè, oppure quando faceva scorta di leccornie mentre erano di pattuglia. Allora Judy lo seguiva, imbronciata per la sua poca professionalità, ma lo seguiva. Non solo durante l'orario di lavoro, cosa che l'avrebbe minimamente giustificata, ma anche fuori di esso come in quel caso.
E anche di questo Nick dovette stranamente e forzatamente tenere conto. Ma il perché ancora gli sfuggiva, come ancora non capiva il motivo per cui si stava ponendo quella domanda; la sua presenza, che occupava praticamente quasi l'intera giornata, non lo disturbava minimamente dato il piacere che provava nel sapere di avere accanto a sé qualcuno che lo sapeva comprendere, che riusciva a vedere oltre quel fatidico muro, che esternava perfettamente quelle emozioni a cui cercava di non accostarsi troppo, quasi timoroso di scottarsi, che non lo giudicava mai né per cosa era né per chi era stato e che sapeva reggere il suo sarcasmo con astuzia volpina.
Un piacere strano, insolito, di cui sapeva e al contempo rifuggiva il nome. Un nome troppo chiaro, quasi abbagliante e a cui, forse, un giorno avrebbe fatto l’abitudine e sarebbe riuscito a fissarlo direttamente. Magari con i suoi occhiali da sole preferiti.


“Nick! Tutto bene?” Lo richiamò improvvisamente la coniglietta, facendolo ritornare in sé. Quella voce aveva il potere di cancellare ogni elucubrazione che lei stessa aveva creato. “Perché mi guardi così? È successo qualcosa?” Gli domandò allarmata.
“No, assolutamente nulla.” Fu l'atona risposta di un Nick non ancora pienamente ripreso.
“Sei sicuro? Lo sai che puoi dirmi tutto.” Riprovò la coniglietta, rizzandosi sulla sedia e portandoglisi terribilmente vicino. Come se non bastasse posò pure la zampina grigia sul braccio rossastro della volpe.
Toglila toglila toglila togli quella morbida, delicata e gentile zampa, Carotina, o potrei non rispondere dei miei istinti
“No, sto benissimo. Sul serio.” Ribadì cercando di essere più convincente.
“Meglio, non farmi impensierire così.” La coniglietta era visibilmente sollevata. Si allontanò, ritornando al suo posto.
Perché l'hai tolta? Chi ti ha detto di toglierla?
Si ritrovò a pensare, pur rendendosi conto di quanto tutto quello fosse contraddittorio. Quella coniglietta rischiava seriamente di farlo impazzire se solo per una zampina accusava sintomi di bipolarismo.
“In verità stavo solo pensando a quante preoccupazioni mi dai, Carotina.” Disse Nick con tono fintamente serio, deciso più che mai a mantenere una discussione logica e, soprattutto, che lui sapesse condurre.
“Preoccupazioni?! E sentiamo, quali preoccupazioni ti darei?” Chiese indispettita la coniglietta, puntandogli la piccola forchetta per dolci che aveva in mano.
“Per esempio, quelle che riguardano i tuoi modi di fare. Sei talmente tanto tenera quando mangi, ti preoccupi per me o perfino quando mi rimproveri che prima o poi a qualcuno verrà la malaugurata voglia di portarti via. E dopo io che farò? Non avrò più nessuno da punzecchiare o con cui passare il tempo, sarebbe una vera disgrazia.”
“Beh....ecco, spero di no....cioè, io non vorrei lasciar-” Balbettò Judy visibilmente imbarazzata da quei complimenti, anche se detti in una maniera tanto insolita, tanto alla Nick.
“Oh, insomma! Non devi dire certe cose e soprattutto non puoi dirmi che sono tenera. Lo sai come funziona, giusto?”
“Ma Carotina, non è colpa mia se lo sei. E non sei sempre te che ogni volta mi ricordi l'importanza dell'onestà? Come vedi sono stato attento.”
“Ok, ma ci sono verità e verità.” Tentò di spiegare la leporide, titubante su quanto stesse dicendo dato che, doveva ammetterlo, il ragionamento di Nick non faceva una piega. E lei lo odiava quando faceva così, quando riusciva ad averla vinta usando le armi che lei stessa gli forniva inconsapevolmente. Lo odiava e lo apprezzava al tempo stesso, per tutti quei complimenti velati da una naturalezza e una spontaneità che la lasciavano sempre spiazzata di fronte alla verità emergente. Una verità che la metteva a disagio perché non riusciva a definirla. O meglio, appena le si affacciava alla mente una definizione più calzante la scansava, convinta che fosse inadatta, eccedente i limiti del rapporto che credeva legasse lei e Nick. E lei, lei che predicava l’onestà e la verità, ne era spaventata.
“Vuoi forse dire che ci sono anche delle verità cattive e che consideri la mia una di queste?”
“No, certo che no! Solo che...alcune verità potrebbero turbare la persona a cui le stai rivelando.”
“E a te causerebbe turbamento se ti dicessi che sei la creatura più fantastica che abbia mai visto? Che non riuscirei e né potrei immaginarmi un giorno senza la tua presenza? Che sei tanto dolce, determinata e mille altre cose ancora da non poterti stare lontano? Che hai la facoltà di rendere unico ogni momento, anche il più banale e quotidiano? E che non posso fare a meno di ringraziare il fato o il destino o qualsiasi altra cosa che ha fatto sì che ti conoscessi?”
La volpe aveva detto tutto questo con una semplicità e noncuranza sconvolgente, come se quelle affermazioni fossero una cosa talmente scontata da non richiedere alcuno sforzo per emergere. Perché in fondo il suo cuore le racchiudeva tutte, tutte le conosceva e le considerava imprescindibili. Ma da lì a far sì che anche il cervello le accettasse con altrettanta naturalezza ce ne passava. Così, nonostante il tono rilassato che Wilde aveva ostentato, tra una domanda e l’altra c’era stato uno sforzo indicibile per lasciare andare quei pensieri. Aveva dovuto scavare dentro di sé e ritrovare quella tranquillità nell’esternare ciò che provava che possedeva solo da cucciolo. Prima che tutto crollasse, i suoi sogni, le sue convinzioni… E Judy proprio quelli stava cercando di ricostruire. Non gli stessi sogni, non le stesse convinzioni dell’infanzia, ma delle nuove speranze e dei nuovi progetti. Era come se lo stesse aiutando a reimparare a camminare, un passo alla volta.
Certo, ancora non era in grado, non era pronto a mostrare tutto ciò che provava. Così si manteneva sul vago, lasciando la coniglietta, ormai color pomodoro, immersa nel verde del suo sguardo, incerta se ciò che il suo partner le avesse detto fosse la realtà o un semplice ennesimo scherzo. E sperava tanto, benché nemmeno lei sapesse il perché, che non fosse uno scherzo.
“Nick...I-io...Accidenti!” Esclamò improvvisamente, sfuggendo al suo sguardo ma non all'imbarazzo che l'aveva colta fin dall'inizio della frase. Fingendo di aver notato l'ora su di un orologio a parete inesistente cambiò discorso. “Ma è tardissimo! Dobbiamo muoverci se non vogliamo arrivare in ritardo!”
“Rilassati Carotina, siamo ancora in tempo e non hai ancora finito il tuo dolce.” La corresse dopo aver controllato sul proprio cellulare, senza però alcun risultato.
Sinceramente non gli importava granché che Judy lo avesse ignorato in quanto, anche se poteva sembrare il contrario, quella per lui era una semplice frase di circostanza e detta senza un vero interesse dietro...Se non quello di informarla di come la sua reazione, oltre che perfettamente smascherata, fosse senza alcuna logica, cosa che -ne era sicuro- aveva contribuito a farla sentire ancora più impacciata di quanto già non fosse.
Nick si divertì tremendamente nel vederla allontanarsi a piccoli e svelti passettini, con le zampine strette a pugno saldamente ancorate lungo il corpicino irrigidito e uno sguardo sconvolto che, nonostante ciò, non riusciva a nascondere una certa gioia per quanto le aveva detto; il suo comportamento assomigliava incredibilmente a quello di una cucciola che, combinata una marachella, cercava di allontanarsi il più possibile per non essere scoperta. Una visione a dir poco memorabile, soprattutto considerando il soggetto.
Ma nonostante questo la volpe non poteva sapere se Judy avesse in realtà compreso pienamente il messaggio che aveva volutamente celato dietro i suoi complimenti, né tanto meno se fossero minimamente apprezzati o corrisposti; ma in fondo la cosa che più li stava a cuore era che adesso lei sapesse, o almeno così sperava, quanto fosse importante per lui.
Sì, forse si era esposto un po' troppo, ma ne valeva la pena. Ne era convinto, Judy valeva anche quel rischio. E d’altro canto, a parte lei, nessuno poteva aver fatto caso alla rivelazione nascosta dietro quelle parole.

 

Ma quella rassicurazione non ebbe vita lunga perché una massiccia sagoma a chiazze, seduta nel tavolinetto dietro di lui, si lasciò sfuggire uno squittio tanto forte da farsi scoprire e riconoscere.
“Clawhauser?? Cosa ci fai tu qui?” Fece stupito, facendo spaventare tanto il felino da fargli quasi -ma solo quasi- sfuggire la ciambella che si apprestava a divorare, per poi riprendere con un tono più severo. “Ci stavi origliando?”
“E-ehi, Wilde! N-no, non mi sognerei mai di farlo! Perché mai avrei dovuto...Sì. Sì va bene ho origliato ma-” Confessò con tono e fare colpevole, interrompendosi solo per ingoiare la suddetta ciambella.
“E tu ci hai seguiti fin qui solo per ascoltare le nostre conversazioni?”
“Affatto, in verità questa è la mia pasticceria preferita e anch'io vengo sempre qui a fare colazione...come voi.” Aggiunse con un sorrisetto deliziato che ben faceva intendere quello che aveva in mente.
“E allora mi vuoi spiegare perché non ti ho mai visto qui? E c'è solo una possibilità su un miliardo che questo possa accadere...e riguarderebbe una cecità di cui non soffro.”
“Non lo so, probabilmente perché sei troppo intento a divorartela con gli occhi. E non venire a dirmi che non è vero, che stavi solo scherzando o che mi sono sbagliato perché non è così! Ti ho visto bene e ho visto la reazione di Hopps, non mi posso assolutamente sbagliare e anche se lei se n'è andata, il suo imbarazzo e il modo in cui ti ha guardato è stato fin troppo chiaro...anche per me!” Fece il ghepardo, senza alcuna malizia nelle parole, per poi scoppiare in un nuovo squittio d'entusiasmo. “Oh ciambella mia, che storia! Tu e Hopps insieme come due piccioncini, è bellissimo! E poi siete così teneri...a voi volpi posso dirlo o vi offendete?”
“No, Clawhauser, non ci offendiamo.” Fu la risposta sibilata a denti stretti.
In tutto quel suo parlare, Nick aveva mostrato più pazienza e sopportazione di quanto avesse fatto con Finnick il giorno in cui dovettero accordarsi sulle percentuali da dividersi dalla vendita di ghiaccioli...e la discussione era andata avanti per ore. Quella grossa, grassa e adiposa palla di pelo e cioccolata non solo gli aveva origliati, ma si era persino fatto chissà quali film mentali su di un rapporto che non lo riguardava né esisteva.
Non ancora almeno.
“Non fare così, non dirò niente a nessuno.” Aggiunse infine, capendo quale arrovellamento stava avendo luogo nel cervello di Nick. “In fondo sono cose vostre. E poi mi dispiacerebbe non poter più assistere a spettacoli simili solo perché vi sentireste a disagio con i colleghi, considerando poi che lo sono anche io.”
“Che nobiltà d'animo, senza doppi fini a quanto pare.” Ironizzò la volpe. “Comunque ti ringrazio.”
“Non c'è di che, ma ora ti conviene raggiungerla! Una dolce coniglietta come lei non passa tanto inosservata, qualcuno potrebbe portartela via.” Aggiunse con un’allusione non troppo velata.
“Grazie del consiglio, Clawhauser detto il sordo.”
Concluse Nick, salutando il collega intento ad ultimare la nona ciambella di una confezione da dodici, seguendo il suo consiglio e guadagnando l'uscita con una certa fretta, prima di udire la sua voce ancora una volta.
“E non preoccuparti, Wilde, neanche lei vuole farsi portare via....Ma non farla aspettare ancora per molto, sai che odia quando ritardi troppo.”
Quel ghepardo era un perfetto origliatore -sempre che questo termine esistesse-. Un origliatore inaspettatamente perspicace, si ritrovò a pensare Nick mentre cercava la coniglietta per raggiungerla. Doveva darsi una mossa.



Note dell'autrice: E ora le note consuete. Come detto sopra, questo capitolo non è interamente opera mia, anzi, io gli ho solo dato un tocco finale personalizzandolo un po'. Ringrazio per l'ennesima volta Freez shad per la fiducia, a costo di essere ripetitiva mi sento in dovere di sottolinearlo perché è l'idea a fare il capitolo e l'idea è stupenda ** Quindi nulla, grazie per chi leggerà e un ringraziamento speciale a chi recensierà e a chi ha recensito le scorse one-shot <3
chitta97

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Capitolo 6
*** La madrina ***


La madrina

 

La guardò. Era così strano vederla così. Da che conosceva Judy Hopps, quasi un anno ormai, non l’aveva mai vista con qualcosa di diverso dalla divisa da poliziotta o da un abbigliamento casual. Di sicuro non l’aveva mai vista con un vestito. E quello che ora Judy indossava era proprio un vestito. Ed elegante per giunta.
Non che fosse strano vista la situazione. Erano al battesimo della figlia di Fru fru -che avrebbe chiamato Judy, oltretutto- e la coniglietta era stata eletta a madrina. E com’era conveniente per una madrina si era premurata di apparire più graziosa indossando quell’abito color indaco con un motivo di fiori violacei che non faceva che risaltarle gli occhioni. Non che Nick ci avesse fatto caso, ovviamente.
E poi di cosa si stupiva? Era ovvio che per un evento del genere Judy si fosse messa in ghingheri, d’altronde era una femmina anche lei. Senza contare che quello era il battesimo della nipotina di Mr. Big, essere eleganti era sottinteso e lui stesso si era premurato di affittare un abito più adeguato.
Per l’ennesima volta si sorprese a fissare Judy. La cerimonia stava volgendo al termine e lei aveva appena pronunciato la formula di rito della madrina. Il suo musetto si voltò appena e incrociò i suoi occhi verdi. Improvvisamente quella cravatta sembrò davvero troppo stretta.


Non ci volle molto perché la sala del ricevimento si riempisse di toporagni. Come per il matrimonio di Fru fru, erano stati allestiti degli appositi rialzi per far sì che i mastodontici orsi insieme a Nick e Judy non rischiassero di calpestare nessun ospite.
La coniglietta si avvicinò a Nick.
“Hai visto la piccola? È così carina!” Judy Hopps era entusiasta. Le piacevano le feste, era contenta di essere la madrina della piccola e che nulla stesse andando storto.
“Mi sorprende che tu sia riuscita a vederla, è così minuscola.” Fece notare ironicamente lui.
“Non ti facevo così cinico, Nick.”
Lui alzò le spalle, regalandole uno di quei suoi sorrisi sornioni.
Intanto Mr. Big li osservava. Erano davvero una strana coppia quei due. E non perché fossero una volpe ed una coniglietta, piuttosto perché non si rendevano conto di quanto fossero una coppia. Non se ne capacitava. In fondo erano due eccellenti agenti, avevano risolto casi al limite dell’impossibile e non riuscivano ad arrivare ad una conclusione talmente ovvia. Bastava guardarli per capire. Sospirò appena e proprio in quel momento gli si avvicinò sua figlia che aveva appena lasciato la piccola nelle braccia del padre, attorniata dagli sguardi amorevoli di tutti i parenti.
“Che c’è che non va papino?”
In risposta il boss fece un gesto verso Nick e Judy che, intanto, continuavano a chiacchierare come se nulla fosse, come se non si stessero scambiando degli sguardi persi. Alla toporagno non ci volle molto per capire a cosa alludesse il padre. Non serviva certo il suo intuito femminile per capire quanto fossero cotti l’uno dell’altra. Senza contare, poi, che lei stessa aveva sperato che si sarebbero dati una mossa in modo da poter celebrare un doppio battesimo. O se non un battesimo, magari un matrimonio. Fru fru decise che non avrebbe aspettato ancora, a lei non piaceva aspettare. E poi ci teneva che quella coniglietta così gentile si godesse quella felicità che si meritava e che così inspiegabilmente si negava. Prese il microfono, si schiarì lo voce affinché tutti prestassero attenzione e poi fece un annuncio.
“È il momento di dare inizio al ballo della madrina!”
Judy le rivolse uno sguardo interrogativo. Che diavolo era il ballo della madrina? A dire il vero anche gli ospiti sembravano piuttosto perplessi. Per giustificare quanto detto la toporagno aggiunse subito:
“È una tradizione della nostra famiglia. La madrina del battesimo deve aprire le danze, vero papino?”
“Oh, già, esattamente, una nostra tradizione. E noi teniamo molto alle tradizioni.”
Confermò Mr. Big aggiungendovi un’aria vagamente minacciosa.
Judy si guardò attorno. Non ci volle molto per capire che l’unico con cui avrebbe potuto ballare era…
“Mi concede questo ballo, Madame?”
Fu abbastanza certa che il suo cuore mancò un battito. Eppure non c’era motivo, insomma, Nick non la stava davvero invitando a ballare, era solo la circostanza che faceva sì che un ballo con lui fosse inevitabile. E poi anche se l’avesse invitata a ballare che ci sarebbe stato di straordinario? Erano amici, giusto?
Se lo ripeté cercando di convincersene, ma fece l’errore di posare lo sguardo su quella volpe che le sorrideva, un sorriso sincero, uno dei rari sorrisi sinceri che Nick elargiva e che, non poteva non constatare con un certo orgoglio, la maggior parte delle volte erano rivolti a lei. E Wilde non poteva immaginare quanto riuscisse a farla sciogliere quando faceva così.
Non rispose alla sua domanda -aveva come l’impressione che la voce le sarebbe tremata e già controllare il tremito del nasino stava diventando difficile-, semplicemente rispose al sorriso e accettò la zampa che lui le porgeva con studiata disinvoltura.
Ed improvvisamente si ritrovarono così vicini, forse troppo. Percepiva la zampa di Nick sulla schiena, sentiva il suo respiro ma soprattutto era assordata dal battito del suo cuore che, per qualche inspiegabile motivo, aveva deciso che il sangue doveva fluire più in fretta e tutto in direzione delle guance.

“Allora anche te ogni tanto ti vesti come una femmina?”
“Cosa?”
“È la prima volta che ti vedo con un vestito da quando ci conosciamo.”
Perché glielo aveva detto? Insomma, davvero non aveva importanza, non avrebbe neanche dovuto notarlo. Ma la verità era che quello stava diventando un silenzio imbarazzante e la prima cosa che gli era saltata in mente, la stessa che gli ronzava in testa da tutta la serata, era quella. Certo con qualche piccola omissione, come il fatto che con quell’abito Judy Hopps era… davvero incantevole.
“B-beh, è un battesimo dopo tutto. E poi Fru fru è sempre così attenta al look che non potevo certo mettere i miei soliti vestiti. E poi… Anche tu sei elegante.”
Aveva balbettato. Ed era arrossita, ne era sicura. Inoltre era quasi certa che le zampe avessero preso a sudarle e temeva che Nick se ne sarebbe accorto. E probabilmente sarebbe stato così se anche lui non fosse stato nella stessa penosa situazione.
Ma era pur sempre Nick Wilde e, gola secca o meno, avrebbe risposto decentemente cercando di salvare quel briciolo di autocontrollo che ancora gli rimaneva.
“Avanti, mi vedi tutti i giorni in camicia e cravatta, una giacca nera non fa tutta questa differenza.”
Forse per la prima volta Judy Hopps avrebbe voluto dar ragione a quella dannata volpe. E per la prima volta non ci riusciva. Non poteva negare che nel complesso Nick fosse un esemplare di volpe… diciamo piacente. E non poteva non notare come un abito formale come quello valorizzasse questo suo lato.
“Ma è strano vederti anche con una cravatta allacciata decentemente.” Controbatté debolmente lei.
“Se tu ti impressioni per una cravatta io che dovrei dire allora? Dalla professionale poliziotta a… a quel vestito!”
“Sì, lo so, sono ridicola vero?” Ora il suo tono era decisamente sconsolato, quasi avesse pronunciato un’ amara verità.
“No, sei bellissima!” Aveva ribattuto con fin troppa enfasi Nick. Le parole gli erano uscite senza che lui veramente avesse dato un qualche permesso alla sua lingua di pronunciarle. D’altronde aveva sempre detestato le assurdità e aveva come un istinto recondito che non gli permetteva di tacere qualora ne avvistasse una. Così era successo quando ancora credeva che Judy non sarebbe mai diventata una vera poliziotta e così ora succedeva, ma con decisamente minore autocontrollo, perché era un’assurdità abnorme poter anche solo pensare che quella coniglietta potesse essere definita con un qualche aggettivo che non rientrasse nel campo semantico della bellezza.
Ma dopo quelle parole tutto si fermò, anche loro. Non si allontanarono, rimasero semplicemente lì impalati a fissarsi. La situazione aveva del surreale, da qualsiasi punto la si guardasse. Dal punto di vista di Mr. Big e Fru fru perché cavolo, che aspettavano a baciarsi? E dal punto di vista dei due interessati perché si sarebbero dovuti allontanare presto, subito, immediatamente. E invece restavano così, a guardarsi, forse cercando negli occhi dell’altro qualcosa che facesse capire loro che cosa avrebbero dovuto fare o dire per salvarsi da quell’assurda situazione che, più si prolungava e più diventava imbarazzante. Allora Nick fece quello che faceva ogni qualvolta il suo cuore veniva scosso troppo da emozioni che sapeva non sarebbe riuscito a governare a lungo: cercò una scappatoia.
“Sai, credo che sia l’ora della torta e la madrina non può essere assente alla torta, quindi...” Disse mentre già si allontanava in direzione del banchetto. Quella scena sapeva di déjà vu per Judy. E aveva un sapore amaro, come di sconfitta. Perché ogni volta che credeva di avvicinarsi un po’ di più a quelli che erano i reali sentimenti della volpe, lui sembrava fare un passo indietro per riaffermare le distanze. Come quando le aveva rivelato il suo passato. La coniglietta avrebbe voluto fargli capire quanto importante fosse per lei quella confidenza a cui si era concesso, quanto tenesse in conto la sua fiducia e quanto ne fosse lusingata. Ma lui cambiava sempre discorso, cercando di distoglierla dalla realtà, da quel suo vero Io che continuava a mantenere relegato. Quella volta, alla funivia, c’erano questioni più urgenti in ballo e ciò l’aveva facilmente distratta. Ma questa volta non si sarebbe lasciata abbindolare così facilmente. Così, contravvenendo a tutti i pregiudizi che ritenevano il coniglio il simbolo della codardia, afferrò Nick per la zampa, decisa a non lasciarlo scappare.
Prima che la volpe potesse dire alcunché, Judy affermò perentoria “Non puoi sempre scappare Nick.”
“Quindi era meglio rimanere lì imbambolati a fissarci?” Fece, ostentando un tono ironico.
“No, ma… Potresti parlarmi.”
“Mi sembra di aver già detto abbastanza.”
“E invece no! Tu butti il sasso e poi nascondi la mano. Non puoi pensare di lasciarmi intravedere quello che pensi per poi continuare a tenermelo ostinatamente nascosto. Ti ho sempre detto che puoi dirmi tutto Nick. E ora ti dico che vorrei mi dicessi tutto.”
Ormai era chiaro che non fosse più quel complimento spontaneo ad essere al centro della conversazione. In ballo c’era molto di più. C’erano tutte quelle rivelazioni sottese, quelle frasi lasciate a metà, tutti quegli sguardi carichi di una complicità che lasciava intravedere quel qualcosa di più.
“E che ti dovrei dire Carotina? Che ti trovo splendida con quell’abito? È così, va bene? Sei contenta adesso?”
Tentò con una piccola verità. Sperava che quella sincera rivelazione e conferma bastassero a disbrogliarlo da una situazione che cominciava a scottare.
E lei era contenta? Beh, sicuramente quel complimento le faceva piacere. Un piacere insolito, che non si limitava ad un leggero imbarazzo misto a soddisfazione. Eppure al tempo stesso si domandava se davvero era quello che voleva sentirsi dire. E se non era quello, che cosa voleva davvero sentirsi dire? Perché a dirla tutta, Judy aveva cominciato un discorso che non sapeva neanche lei come condurre. Aveva accusato Nick di scappare dalle emozioni, ma in fondo lei stessa non si decideva mai a mettere ordine tra quell’accozzaglia di sensazioni e pensieri che popolava il suo cervello.
“Davvero mi trovi… bella? ” In tutto quell’ammasso di emozioni sembrava l’unica domanda logica e non eccessivamente rischiosa da porre. Questo non voleva dire che Nick non ne rimase sorpreso.
“Oh, avanti Carotina, gli occhi ce li ho anch’io, cosa credi?”
“Sarebbe un sì?”
La volpe sospirò. “Certo che è un sì.”
Nick non sarebbe fuggito, non dopo che lei lo aveva redarguito in quel modo. Così, trovandosi di fronte all’ennesimo silenzio imbarazzante, si trovò costretto a passare alla controffensiva.
“Comunque te dici che sono io a non parlare, ma neanche tu mi sembra che ti sbilanci troppo.”
“Cosa?” Chiese di riflesso Judy, ancora confusa.
“Ti sei sempre limitata ad ascoltare e a sostenermi, ma non ti sei mai aperta veramente con me. Il fatto che tu sia più emotiva non vuol dire che tu sia anche più loquace, non in tutto almeno.”
“Cosa vorresti che ti dicessi?”
“Per esempio se ti da noia che io ti abbia fatto un complimento visto che la stai prendendo tanto a cuore!”
“Volpe ottusa, certo che non mi da noia! A te darebbe noia se ti dicessi che vestito così sei-”
Si bloccò, consapevole che quello che sarebbe saltato fuori sarebbe stato troppo… ardito.
“Sono cosa Carotina?” Il solito sorriso malizioso era comparso sul volto della volpe e non accennava a svanire. Finalmente quella situazione si stava capovolgendo a proprio vantaggio.
“Sì, insomma, stai bene vestito così.” Cercò di cavarsela Judy, ormai bordeaux. La parola che bussava alla sua mente era decisamente più esplicita, ma era fermamente decisa a non permetterle di passare dal cervello alla lingua.
“Sei sicura che fosse proprio quello che stavi per dire Carotina?” Disse mellifluamente la volpe, abbassandosi per trovarsi con la faccia proprio davanti alla sua, così pericolosamente vicino. E Judy dovette impegnarsi per trattenere quell’impulso, tanto forte quanto sconosciuto, di afferrarlo per quella dannata cravatta e…
Quello che Judy non poteva sapere era che l’espressione che stava assumendo mentre lottava internamente tra tutte quelle sensazioni contrastanti, era qualcosa di impagabile. Cosa che Nick si stava godendo appieno. Salvo poi considerare, per una serie di associazioni inconsce, quanto poco bastasse affinché quel musetto adorabile si scontrasse col suo. O per meglio dire, a quanto poco bastasse affinché le loro labbra si “scontrassero”. Una volta realizzatolo, Nick decise che una fuga era inevitabile. Così fece per ritracciare le distanze ma Judy, captando il movimento della volpe, seguendo quell’istinto che aveva cercato di reprimere, lo afferrò per la cravatta. Ma il gesto fu troppo improvviso, la forza non calibrata e il risultato non fu quello originario di impedire l’allontanamento della volpe. Certo, Nick non era riuscito ad allontanarsi, in compenso si era decisamente avvicinato. E le sue labbra, ora, erano ad un soffio dalle sue. Ma quel millimetro di distanza ancora caparbiamente esistente, non tardò ad essere colmato. Non era chiaro chi dei due si impegnò affinché quella distanza irrisoria si estinguesse definitivamente. Quello che era lampante era che quelle labbra erano finalmente unite, dopo tanto cercarsi e fuggirsi, neanche stessero giocando a guardia e ladri.
Poco più in là, 
Fru fru si godeva quel sospirato lieto fine, come un film giunto alla sua più felice conclusione, e quasi si lasciò scappare un gridolino di entusiasmo. Mr Big, seduto al suo fianco, sorrideva soddisfatto, similmente quando un affare andava in porto come programmato. Probabilmente non si sarebbe mai immaginato che tutto sarebbe cambiato così drasticamente da quando li aveva incontrati, insieme, per la prima volta. Soprattutto visto che le sue intenzioni originarie erano di "freddarli"... 
Ma d'altronde neanche Nick e Judy davvero si aspettavano tutto quello. Non si aspettavano di passare dalla scarsa sopportazione che si concedevano per casi di forza maggiore, a quel sentimento così dolce che li legava stretti l'uno all'altra come un filo invisibile.

 

“Carotina, oggi ho imparato due cose importanti.” 
“Cioè?”
“Uno: i battesimi non sono affatto male e a quanto pare sorpassano i matrimoni come cerimonia per fare conquiste.”
“E Due?” Chiese con una certa curiosità, accompagnata da un sorriso complice e quasi sarcastico.
“D’ora in poi mi premurerò di allacciare a dovere la cravatta.”
Judy arrossì mentre mugugnava un Volpe ottusa assestandogli un pugno alla spalla.




Note dell'autrice:  Eccomi qui con un altro capitolo! Spero che sia di vostro gradimento ^^ Al solito, ringrazio per le recensioni ricevute e per quelle che vorrete lasciarmi :)
Mi devo scusare, invece, per le recensioni che dovrei lasciare io a voi, ma appena mi sembra di avere un attimo di respiro qualcosa sopraggiunge e mi porta via ulteriore tempo :( Spero di riuscire a rimediare quanto prima, ma non vi prometto nulla per correttezza. 
P.S. Non so se sia chiaro o no -nella mia testa lo è, ma questo è tutto un altro discorso-, comunque l'ultimo dialogo è messo a mo' di conclusione come uno spezzone di dialogo tra Judy e Nick avvenuto durante la serata, ovviamente dopo il bacio. Non ho messo volutamente delle "didascalie" perché mi sembrava gli togliessero quella fluidità e semplicità un pelo ironica che volevo dargli. Non so se ci sono riuscita, ma l'intento era quello.
Grazie ancora a tutti,
chitta97

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Capitolo 7
*** Il colore delle carote ***


Il colore delle carote

 

Judy sospirò per l’ennesima volta in quel giorno. O forse era meglio dire in quella settimana. Già, perché ormai era passata una settimana, una lunga lunghissima settimana da che era ritornata a Bunnyburrow. D’altronde aveva accumulato un po’ di giorni di ferie e i suoi genitori si erano fatti parecchio insistenti affinché lei tornasse un po’ a casa a passare del tempo con loro. Non che avessero tutti i torti, era davvero tanto che non li vedeva e anche a lei talvolta sopraggiungeva quella leggera e naturale nostalgia. Eppure, da un po’ di tempo a quella parte, la lontananza le pesava sempre meno. Complice l’accettamento complessivo del suo ruolo da poliziotta, sicuramente un fattore tutt’altro che irrilevante e che le permetteva di svolgere il suo lavoro con tutto l’amore e la passione che provava. Però… però non era quello il motivo principale per cui così poco sentiva la mancanza della sua vita alla Tana dei Conigli. Il fatto era che la sua mente veniva quotidianamente, notte e giorno, sommersa da altri pensieri che lasciavano davvero poco spazio ad altro.
Diede uno sguardo fuori dalla finestra. Suo padre stava raccogliendo le carote, ormai pronte per passare dal terreno alla tavola o alla bancarella da cui sarebbero passate alla tavola di qualche altro coniglio. Ma c’era un qualcosa che stava rapendo il suo sguardo ben più del dovuto in quelle carote e non si trattava di fame. Un lembo della felpa che portava indosso si interpose nel suo campo visivo. Arancione.
La felpa era arancione, le carote erano arancioni. E qualcun altro era arancione.
No, non era possibile che quella volpe riuscisse ad intrufolarsi nei suoi pensieri anche per vie traverse come quello stupido colore.
Era così impegnata ad autorimproverarsi per quei pensieri senza senso che sempre più spesso minacciavano la sua sanità mentale, che quasi saltò al suono improvviso del suo cellulare. E ovviamente chi poteva essere se non proprio Nick? L’apparizione del nome della volpe sullo schermo -e di una sua foto con quell’inestinguibile sorriso sornione- non poterono non strapparle un sorriso. Ma in fondo non c’era niente di male se sentiva la mancanza di un suo amico, giusto?
“Ehi Carotina, come va la vita senza la tua volpe preferita?”
Decisamente peggio di quel che immaginavo.
“Non darti troppa importanza, volpe ottusa. E poi chi ti dice che tu sia la mia volpe preferita?” Lo provocò un poco lei. Sapeva che con lui l’arma del sarcasmo funzionava sempre. In fondo i loro dialoghi erano inframmezzati da battute ironiche e frecciatine sottese ed era bello così.
“Forse perché sono l’unica volpe nella tua vita, coniglietta ottusa.” Disse, marcando su quell’aggettivo.
“Questo non è vero. Conosco anche un’altra volpe oltre a te.”
Non poteva negare che provava un certo divertimento nel vedere il sorriso strafottente di Nick svanire per lasciare posto ad un’aria decisamente più perplessa. Cosa più unica che rara, ma che qualche volta riusciva ad ottenere: stupire Nick Wilde.
“Come sarebbe a dire un’altra volpe?” Aveva cercato di trattenere quello che poteva a tutti gli effetti definirsi un ringhio, ma le ultime due parole erano risultate comunque qualcosa di più simile ad un rantolo che ad altro. Certo Nick non si aspettava che lei lo contraddicesse. La verità era che dava per scontato, almeno in quello, di avere la priorità nella vita di Judy. E invece ora scopriva che non era così. Sentì dentro di sé un qualcosa che assomigliava molto al suono di un muro che crollava.
“Oh, non fare quella faccia. Qua a Bunnyburrow ci sono anche predatori seppur in numero minore rispetto a Zootropolis. E Gideon Grey è uno di quei pochi ed è una volpe.”
“Va bene, e perché tu lo conosci?”
“Perché era un mio compagno di classe.”
“E perché non me ne hai mai parlato?”
“È un interrogatorio Agente Wilde?”
“E la tua è resistenza ad un pubblico ufficiale? Avanti Carotina, rispondi.”
Cercava di non farlo trapelare troppo, ma in realtà sentiva una certa quanto inspiegabile urgenza di sapere tutto su quel fantomatico Gideon Grey.
Judy sospirò. “Perché non avevo esattamente dei bei ricordi legati a lui.”
“Cos’è, era il tuo ex fidanzato?” Cercò di ironizzare la volpe mentre, al contempo, poneva domande che gli stavano più a cuore del dovuto.
“Cosa…? No!” Si affrettò ad esclamare, per poi spiegarsi meglio. “Gideon era un bulletto che faceva sempre il prepotente con tutti. Una volta sono intervenuta per difendere una mia amica a cui aveva rubato dei biglietti e lui mi ha graffiato.” Notando come l’espressione di Nick si stesse rapidamente trasformando in un qualcosa tra lo sconcertato e il furioso decise che farlo stare ulteriormente sulle spine sarebbe stato deleterio. “Ma ora è tutto a posto, Gideon era solo molto insicuro e cercava di mascherare questo suo lato con l’aggressività. Ora ha capito quanto male si comportasse. Pensa che è diventato un eccellente pasticcere, lavora persino con la mia famiglia!”
Per qualche strano motivo quella notizia non lo sollevava poi molto. Se all’inizio era arrabbiato con quel Gideon per aver ferito la sua Carotina -seppur ormai fosse successo parecchi anni fa-, ora sentiva dentro di sé una certa inquietudine al sapere che quella volpe fosse così vicina alla famiglia della sua Carotina.
Ad interrompere quella conversazione -e quell’implicita tensione che stava creando con una mescolanza di non detti ed emozioni represse- fu una voce squillante.
“Ehilà Wilde!”
Judy lo riconobbe subito, non poteva che essere Clawhauser. Ecco perché Nick non era ancora in divisa. Probabilmente l’aveva chiamata mentre era sulla strada per andare al lavoro ed ora era arrivato a destinazione.
“Sei al telefono con Hopps? Fammela salutare!” Incalzò il ghepardo con enfasi, dando totalmente per scontato che Nick non poteva che star parlando con lei.
Vedendo che la volpe era decisamente restia a condividere la videochiamata con quel ghepardo sovrappeso, Judy intervenne. “Dai, Nick, fai il bravo, sarà un saluto veloce te lo prometto.” Nel dire ciò aveva adottato un tono molto simile a quello utilizzato da una mamma con un cucciolo particolarmente cocciuto. Al tempo stesso, aveva implicato quanto neanche lei fosse entusiasta di interrompere la chiacchierata con Nick, concedendo al ghepardo solo pochi minuti.
Nick, come era prevedibile, accondiscese alla sue richieste. D’altronde non sarebbe riuscito a resistere a quegli occhi viola che lo supplicavano per molto. Quindi girò il cellulare in direzione di Clawhauser.
“Salve Hopps! Allora come va? Ti stai rilassando? Tra quanto torni? Alla centrale sentiamo tutti la tua mancanza!” Dopo quella valanga di domande ed esclamazioni, abbassò il tono fino ad un sussurro -ma non abbastanza sussurrato da non essere sentito dalla volpe-. “Soprattutto Wilde...”
“Ehi!” Reagì Nick, punto sul vivo.
“Beh sì, sembra un cucciolo smarrito senza di te Hopps.”
“Un cucciolo smarrito...” Ripeté Judy con un certo piacere velato dal tono sarcastico.
“Dammi quel coso Clawhauser!” Quasi gridò Nick, mentre già metteva un braccio davanti al ghepardo nel tentativo di riprendere possesso del suo cellulare.
Ci riuscì, anche perché Benjamin sembrò notare un particolare nel momento in cui la manica grigiastra della felpa di Nick era entrata nel suo campo visivo, interposta alla coniglietta ancora visibile sullo schermo.
“Aww, ma guarda che teneri!”
Sia la volpe che la sua partner -nonostante questa non fosse più visibile al ghepardo- fecero degli sguardi interrogativi. Esattamente cosa c’era di tenero in tutto quello?
“Avete le felpe del colore del pelo dell’altro!”
Istintivamente guardarono le rispettive felpe e… quel ghepardo aveva ragione. Nick indossava una felpa grigia e Judy la fantomatica felpa arancione. Nessuno dei due ci aveva fatto realmente caso. Eppure, in modo del tutto inconscio, avevano indossato quegli indumenti di quel colore. Forse la nostalgia veniva fuori anche così, col subconscio che suscitava le associazioni più imprevedibili. O forse era solo una maledettissima e stranissima coincidenza.
Entrambi decisero che sicuramente doveva essere quello il motivo e lo esclamarono all’unisono.
“È solo una coincidenza!”
“Che carini, parlate anche all’unisono!”
Clawhauser aveva assunto una di quelle sue solite espressioni che non si capiva se erano più di entusiasmo, tenerezza o complicità.
“È meglio che mi vada a cambiare.”
Concluse Nick, capendo quanto fosse inutile cercare di convincere il ghepardo che rimaneva incrollabilmente ancorato alle proprie assolutamente assurde convinzioni.
“Ci sentiamo dopo Carotina.”
“A dopo, Nick.”
Chiuse la chiamata. E di nuovo quel magone la colse, quel senso di vuoto, di qualcosa che se ne andava e veniva abbandonato da qualche parte lontano da lei. Abbassò il musetto per trovarsi a fissare la stoffa arancione. Sorrise appena mentre si accoccolava di più in quella felpa. Nessuno lo avrebbe mai saputo, ma aveva incominciato ad adorare davvero tanto quell’indumento del colore delle carote.


Intanto una volpe esitava appena a riporre quel capo grigiastro nell’armadietto apposito. Si era cambiato in fretta e furia, quasi per rimarcare il suo non attaccamento o comunque un qualsiasi sentimentalismo con quella felpa. Ma ora che la guardava, che si perdeva in quel colore così familiare, non poté non trattenere un sorriso. Eppure lui era quello delle camice dai colori sgargianti, com’era finito con una felpa di un colore opaco? Nello stesso modo in cui era finito a fare il poliziotto.
Trascinato, guidato, seguendo una certa coniglietta.
“Vedi di tornare presto, Carotina.” Mormorò tra sé mentre chiudeva l’armadietto.



Note dell'autrice: Eccomi qua con un altro capitolo! Sono riuscita a scriverlo piuttosto velocemente e non so se questo sia un bene o un male. Cioè, ho paura di aver scritto una cavolata, non capisco neanche se sia una cosa banale e insignificante e quindi boh, mi direte voi se le mie paure sono fondate o meno. Spero vivamente di sbagliarmi, anche perché ci tengo a pubblicare qualcosa che non vi deluda, considerando il tempo che spendete per leggere e lasciarmi una recensione <3 E a tal proposito grazie davvero di cuore, per i vostri complimenti e il vostro sostegno.
Alla prossima!
chitta97

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Capitolo 8
*** (Don't) Call Me ***


(Don’t) Call Me


Il liquido ambrato dentro il bicchiere prendeva sfumature più chiare in prossimità dei cubetti di ghiaccio. Ed era ancora lì, intatto nel suo bicchiere di vetro. D’altronde come avrebbe potuto bere Nick se il suo interlocutore continuava a porre domande e insinuazioni affatto velate? E dire che sperava che passare una serata con il suo vecchio compagno in affari -non esattamente legali ma erano dettagli- lo avrebbe distratto dal solito tram tram lavorativo. Certo non aveva ben pensato a quanto potesse essere invadente Finnick con le sue battute perlopiù esplicitamente canzonatorie.
“E alla fine quella coniglietta ti ha proprio fregato, amico! E in più di un senso!” Esclamò per poi irrompere in una risata sguaiata.
“Per l’ennesima volta, Finnick, non è come pensi tu.” Replicò la volpe con l’aria di chi aveva ripetuto la solita frase già una decina di volte senza successo.
“Avevo capito che quella coniglietta era un bel tipetto, ma non pensavo ti avrebbe incastrato fino a questo punto! Chi l’avrebbe mai pensato che Nick Wilde si sarebbe innamorato! E di una coniglietta oltretutto!”
Quella coniglietta si chiama Judy. E in ogni caso chi ha mai detto che io ne sia innamorato?”
“Avanti! E vorresti farmi credere che tutto d’un tratto sei diventato un poliziotto solo perché hai ritrovato la retta via?”
Non poteva dargli torto né ragione. In fondo era vero che aveva trovato la retta via, ma solo perché quella coniglietta gliela aveva indicata. Illuminata piuttosto. Sembrava che Judy avesse portato il sole nella sua fosca vita rendendogli chiaro ciò che prima era indistinguibile.
Il fenneck continuò imperterrito senza attendere la risposta dell’amico che, d’altra parte, tardava ad arrivare.
“D’altronde c’era da immaginarselo, quando è venuta a chiedermi dove poteva trovarti con aria supplichevole ha quasi intenerito anche me. Certo rimane un mistero sapere che cosa lei abbia mai trovato in te.”
“Primo, sono un raro esemplare di affascinante e astuta volpe. Secondo, non è interessata a me in quel modo. E io nemmeno.”
Disse celando a stento quella strana soddisfazione che era sopraggiunta quando Finnick aveva implicitamente affermato che, non solo credeva che lui fosse innamorato della sua partner, ma che anche lei lo fosse. Cosa ovviamente assurda e priva di fondamento.
Come ad incrinare la veridicità di quelle parole un nome apparve sulla schermata del suo cellulare.
Carotina?” Chiese con marcata ironia Finnick quando, insieme al nome, apparve l’immagine di Judy. Era una foto scattata a tradimento dalla stessa volpe. In realtà Judy gli aveva chiesto -o intimato, dipende dai punti di vista- di cancellarla. Non che ci fosse niente di comico o scandaloso in quella foto, semplicemente la coniglietta sorrideva tra sé immersa in chissà quali pensieri. Nick, però, non ne aveva voluto sapere di eliminarla. Un po’ perché si divertiva a vedere la sua partner imbronciata, un po’ perché trovava quell’immagine davvero adorabile. Certo l’aveva detto anche a Judy, ma giocando sul suo inspiegabile -almeno per lui- odio per quell’aggettivo. Non certo esternando il suo sincero pensiero: ossia che davvero quella coniglietta era adorabile, sempre, perfino quando si arrabbiava, quando lo ammoniva per i suoi criticabili comportamenti o semplicemente quando compiva i gesti più naturali come quel sorriso. Ed essere riuscito ad immortalare la spontaneità e la dolcezza di quella fantastica creatura che era Judy Hopps, beh, la considerava una vittoria personale, personalissima.
Ma considerato pure tutta l’adorazione che poteva provare per Judy, rimaneva il fatto che in quel momento quasi desiderò che non l’avesse chiamato. Quasi, perché in fondo non c’era un vero e proprio momento in cui l’intrusione di Judy nella sua vita diventasse un peso o una scocciatura. Di sicuro, però, la chiamata non contribuiva a rendere più facile il suo estenuante tentativo di spiegare a Finnick che davvero loro due non erano nulla, se non colleghi e amici. E chissà perché ma quando pensava a quella verità -perché di questo si trattava- c’era sempre quel “purtroppo” che invadeva la sua mente e premeva per completare la frase.
“Beh, non rispondi Romeo?”
Nick sospirò per poi afferrare il cellulare che aveva posato sul bancone del bar e accettare la chiamata.
“Tu non lo sai Judy ma hai un tempismo assurdo.”
Gli era costato un notevole sforzo il non chiamarla Carotina, ma non poteva darla vinta così tanto a Finnick. Sebbene dovesse ammettere a sé stesso che lo turbava chiamarla col suo nome, non perché non gli piacesse ma perché lo rendeva simile a tutti i disparati conoscenti, membro di quella massa indistinta di animali che popolavano la vita della coniglietta. E lui non poteva essere come gli altri, per orgoglio personale si diceva. O più esattamente, perché gli piaceva pensare di essere speciale se poteva vantarsi di avere per lei un nomignolo personale.
Judy?”
“Non ti chiami più così?”
“No, ma mi chiami così solo se c’è qualcosa che non va… C’è qualcosa che non va?” Chiese con aria preoccupata. E quanto poteva essere tenera quando faceva così? Ma no, doveva mantenere il controllo della situazione -e di se stesso- anche perché Finnick lo fissava con un’espressione canzonatoria che sembrava rimarcare quanto avesse assolutamente ragione riguardo a loro due. O peggio, quanto fosse stupido lui a voler convincersi del contrario.
“No, non c’è nulla che non va. Te invece? Come mai questa chiamata improvvisa, ti manco così tanto?”
Okay, era troppo difficile non incorrere in quel tipo di sarcasmo con lei. Non poteva resistere anche a quello, persino se quella domanda gli faceva guadagnare un certo sorriso comparso sul muso di Finnick che cercò d’ignorare.
“Ovvio che no.” Rispose fin troppo velocemente la coniglietta. “In realtà ti dovrei chiedere un favore...” Disse con una certa titubanza. Judy odiava chiedere favori. Certo, la cosa aveva un che di ironico considerando che la loro amicizia era nata proprio da una serie di favori -estorti con l’arma del ricatto oltretutto- che lei aveva chiesto ed ottenuto dalla volpe in questione. Ma ora era diverso. Tutto era estremamente diverso, ora Nick non era più quella volpe bugiarda che aveva conosciuto al Jumbeaux’s Café. Nick ora era molto di più.
“Sarebbe a dire?”
“Credo di aver dimenticato di mettere sulla scrivania di Bogo quelle pratiche sullo scorso caso. Non è che potresti andarle a consegnare te? Sempre che tu sia ancora lì vicino...”
No, non era lì vicino. Il bar distava almeno mezz’ora di cammino dalla centrale, ma la coniglietta non poteva saperlo.
“L’Agente modello Judy Hopps che si dimentica delle pratiche...”
“Sì lo so, è imperdonabile ma c’era quell’altro caso e poi-”
“Carotina stavo scherzando.” La fermò prima che cominciasse a sciorinare tutti gli impegni che si prendeva. Quella coniglietta era incredibile. Non riusciva mai a dire di no, a nessuno. Aveva preso fin troppo seriamente il suo “voler fare del mondo un posto migliore” e così si trovava ripetutamente oberata di lavoro. Non capiva come facesse a sopportare tutto quello stress e a mantenere pressoché intatto un entusiasmo contagioso.
“Quindi ci puoi andare…?”
“Certo, vado subito.”
“Grazie grazie grazie”
“Piano con i ringraziamenti Carotina. Anche se potresti sempre portarmi qualche muffin al mirtillo del tuo borghetto.”
“Borghetto è nella contea dei Cervi, io vengo da-”
“Dalla Tana dei Conigli, lo so. Era per dire. Ora rilassati, fatti una bella dormita e domattina ti sdebiterai a dovere con un muffin al mirtillo.” Precisò vedendo come Finnick stesse pensando a chissà quale modo indecente per sdebitarsi.
“Va bene. Grazie Nick.” Quasi poté sentire quel suo sorriso farsi largo sul musetto grigio.
“A domani, Carotina.”
Chiuse la chiamata, consapevole di quanto materiale avesse dato al fenneck per prenderlo in giro almeno per i prossimi vent’anni. Ma in fondo che ci poteva fare? Davvero Judy continuava a tenerlo in pugno e senza alcuna particolare arma, senza nessuna penna-carota-registratore.
“Quindi Carotina ti tiene proprio in pugno, eh?” Appunto.
“Oh, falla finita. Ha solo dimenticato di finire un lavoro e mi ha chiesto, in qualità di partner, di finirlo io.”
“Una volta ci sarebbe voluto ben più di un muffin al mirtillo per convincerti ad andare a piedi ad una centrale così vicina da volerci mezz’ora di cammino per arrivarci.”
“Non avevo mai assaggiato i muffin al mirtillo di Bunnyburrow prima.”
Ovviamente Finnick non ci cascò e lo stesso Nick sapeva quanto quella fosse una risposta piuttosto debole così, per evitare, ulteriori dibattiti, felice di avere una scusa a portata di mano, la utilizzò. Anche perché aveva l’impressione che, se avesse continuato ancora per molto a sentirsi ripetere che lui e Judy erano praticamente una coppia nel senso più intimo della parola, forse avrebbe incominciato a crederci anche lui.
“Comunque, come sicuramente saprai visto che hai origliato tutta la conversazione, io ora devo andare. Ci vediamo in giro, Finn.”
Non sentì la risposta dell’amico, probabilmente un qualcosa sul non aver origliato una conversazione che, d’altronde, si svolgeva a un passo da lui e dalle sue grandi orecchie.


Sinceramente Nick si chiese più di una volta che cosa gli fosse preso, perché si trovasse a tarda sera per le strade di Zootropolis per andare dove, poi? Alla centrale di polizia dove lavorava da qualche mese ormai. Se qualcuno un anno fa gli avesse detto che si sarebbe trovato in una situazione simile, e solo per fare un favore ad una coniglietta, di sicuro avrebbe sfoderato uno dei suoi sorrisi più ironici e canzonatori per poi elargire una battuta qualsiasi per rimarcare l’assurdità di quell’affermazione. Questo perché al tempo non poteva sapere e neanche lontanamente immaginare che al mondo esistesse una creatura come Judy Hopps. E chissà perché si ritrovava sempre a quel punto, sempre a pensare a lei quasi la sua esistenza, ormai, ruotasse intorno ad una coniglietta.
Dopo aver passato tutto il tragitto a cercare di smentire quelle constatazioni inconsce, senza successo, arrivò a destinazione. Con sua grande sorpresa il dipartimento era decisamente più deserto di quel che immaginava. Persino Clawhauser non si trovava alla sua solita postazione. Eppure qualcuno doveva pur esserci.
Decise che però, tutto considerato, non era così importante indagare sul perché di quell’assenza di personale. Non che avesse nulla di particolare contro i suoi colleghi, ma quella non era la serata giusta per sorbirsi le farneticazioni di un ghepardo sovrappeso o le battute scontate degli altri colleghi, per non parlare delle massime di Capitan Bufalo Muschiato. Così andò a prendere quei documenti per depositarli nell’ufficio di Bogo salvo accorgersi di un chiacchiericcio concitato da dietro una porta del corridoio.


Sopraffatto dalla curiosità spinse la porta socchiusa per ritrovarsi sotto gli occhi la centrale di polizia quasi al completo attorno ad un grande tavolo sul quale rimaneva ancora qualche ciambella salvatasi -almeno per il momento- dallo stomaco senza fondo di Clawhauser.
“Ma che succede qui?” Non poté fare a meno di chiedere.
“Wilde, che ci fa qui a quest’ora?” Disse Bogo ostentando un tono perentorio.
“Questo dovrei chiederlo io a voi. Per quel che mi riguarda sono venuto a consegnare le pratiche dell’agente Hopps.” Indicò i fogli che aveva ancora tra le zampe e assunse un’espressione che pretendeva una risposta alla sua legittima domanda.
I mammiferi si scambiarono degli sguardi che trasudavano disagio. E Nick non riusciva davvero a capire quella situazione. Insomma, che potevano mai combinare là dentro?
“Stavamo discutendo su… un caso… sì, un caso.” Farfugliò l’agente Wolfard.
“E perché ne siete tutti al corrente tranne me e l’agente Hopps?”
“Perché è un caso minore e voi avevate già tanti altri lavori.” Fece con un tono un poco più convincente Jackson. Ma Nick non ne era per nulla convinto. Ciononostante decise di lasciar perdere. Avrebbe sempre potuto andare più a fondo un’altra volta, magari coinvolgendo anche la sua Carotina. Sarebbe stato divertente vederla combattuta se accettare un’indagine del genere, totalmente fuori dai suoi doveri da poliziotta.
“Come dite voi. Io me ne vado, a domani.”
“A domani Wilde.”


La volpe richiuse la porta dietro di sé e, passato qualche minuto, i poliziotti ricominciarono a parlare. Il primo fu Clawhauser.
“Aww, avete sentito? È venuto a posta per finire il lavoro di Hopps, che carino! È palese che sia cotto e stracotto. E scommetto che è stata Hopps a chiederlo proprio a lui.”
“Sì, confermo la mia puntata su quei due. Generalmente sono contrario alle scommesse, ma in questo caso è andare incontro ad una vittoria sicura.” Affermò con più ponderatezza il Capitano.
“Dite? Secondo me Wilde non avrà mai il coraggio di dichiararsi.”
“E Hopps è troppo presa dal suo lavoro per pensare davvero a quanto sia innamorata.”
Fecero eco l’orso polare e l’elefante.
“Io scommetto che, tempo ancora qualche mese, e quei due annunciano il fidanzamento.” Affermò Jackson sicuro.
La cosa andò avanti ancora per molto, tra quanto puntare e su cosa scommettere: quei due avrebbero avuto il coraggio di dichiararsi? Si sarebbero messi insieme? E se sì, entro quanto tempo?
L’unica cosa che sembrava certa e scontata era che Judy Hopps e Nick Wilde erano persi l’uno dell’altra. E nonostante fossero forse gli agenti migliori di tutto il dipartimento erano irrimediabilmente ottusi al riguardo. Decisamente troppo.


Intanto quella volpe ottusa tornava soddisfatta verso la sua abitazione, ripetendosi che quel sorriso era dovuto solo ed esclusivamente al muffin al mirtillo che avrebbe mangiato per colazione e non per un’altra dolcezza, per colei che glielo avrebbe senz'altro portato.
E quella coniglietta ottusa era già sotto le coperte sommersa dai pupazzi e immersa nel mondo dei sogni. E quei sogni chissà che non avessero una vaporosa coda rossa e un sorriso ironico.


Note dell'autrice: Eccomi qui con un altro capitolo! Ho cercato di inserire anche quella sorta di prequel del secondo capitolo che avevo promesso -la parte del giro di scommesse per intenderci-. Basarci un capitolo intero mi sarebbe sembrato inappropriato, sia perché noioso sia perché sarebbero stati assenti sia Judy che Nick, quindi ho preferito inserirlo in questo modo... Spero solo che l'idea -e soprattutto il risultato- piaccia anche a voi. Detto ciò, al solito ringrazio tutti quelli che continuano a seguirmi e quelli che hanno incominciato da poco, chi mi lascerà delle recensioni e anche chi solo si soffermerà a leggere dedicando un po' del suo tempo a questa raccolta. Grazie a tutti di cuore, davvero!
chitta97

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Capitolo 9
*** Can we? ***


Can we?

 

“Non posso farcela.”
“Avanti Carotina, sarai bravissima.”
“Lo dici solo perché sei contento di non dover essere te a farlo.”
“Beccato. Ma sono contento solo perché so che tu sei la più indicata a farlo.”
“Non è vero, non sono per nulla adatta a parlare davanti a tutti quei cuccioli!”
Nick si chinò per trovarsi esattamente alla sua altezza.
“Carotina, se te, te che ti sei battuta così tanto per diventare una poliziotta nonostante fossi la prima della tua razza, non sei adatta a dire a quei cuccioli che davvero a Zootropolis tutti possono essere ciò che vogliono con un po’ d’impegno e buona volontà, beh, non so proprio chi lo potrebbe essere.”
Per tutti i cracker al formaggio, quando avrebbe mai capito Nick che non poteva fare così, dire...quelle cose! Insomma, lo sapeva che i coniglietti erano emotivi…
Nonostante ciò, Judy non pareva ancora convinta.
“Entra con me. In fondo anche te sei il primo della tua razza a diventare poliziotto!”
“Mi è stato affidato questo incarico? No, non mi è stato affidato.”
Judy sospirò rassegnata. Se la sarebbe dovuta cavare da sola. Quasi malediceva il Capitano Bogo per averle affidato quel compito. Non perché lo trovasse degradante o altro -anche se probabilmente era stata scelta anche perché una tenera coniglietta era più rassicurante e sicuramente meno intimidatoria di un grande e grosso predatore-. In realtà, lo trovava un incarico particolarmente importante. L’essere la rappresentante del dipartimento di polizia di Zootropolis in una scuola di giovani e forse futuri poliziotti era un onore per lei. Il problema stava proprio nella sua convinzione dell’importanza dell’incarico.
Far capire a dei cuccioli qualcosa di quell’intricato mondo che, lei per prima, non aveva ancora completamente compreso, era un compito arduo. Ovviamente doveva promuovere il mestiere da poliziotto e Zootropolis in generale, la città dove tutti potevano essere quel che volevano. Al tempo stesso, però, non voleva illuderli su una semplicità che non c’era. Non bastava desiderare di diventare qualcosa perché ciò avvenisse automaticamente. Ci voleva impegno e una buona dose di determinazione. E come spiegare a quei cuccioli che Zootropolis non era quel mondo fantastico che si aspettavano?
Judy non lo sapeva e sperava soltanto di riuscire bene nel suo lavoro anche in questa occasione.
Fece un profondo respiro e poi aprì la porta dell’aula dove l’attendevano.
I cuccioli erano non più di una trentina, ma a Judy sembravano molti di più. E ciò aveva un che di ironico se si pensava che il numero totale dei suoi fratelli e sorelle era almeno il nonuplo.
La maestra, un castoro dall’aria affabile, la presentò alla classe, per poi lasciarle la parola.
Si trovò nella stessa imbarazzante situazione di quella volta dell’intervista per il caso dei predatori scomparsi. Solo che questa volta non c’era Nick che la incoraggiava con lo sguardo. C’erano solo tutti quei cuccioli che la guardavano pieni di aspettativa. Deglutì per poi incominciare con voce tremante.
“S-salve a tutti. Come sapete già sono l’Agente Hopps, ma potete chiamarmi Judy.” Breve pausa, interrotta solo da un flash momentaneo di Nick che la incoraggiava ad andare avanti. Incredibile come dovesse essere grata a quella volpe nonostante non fosse neanche presente. “Sono qui per parlarvi del mio lavoro. Come sapete fino a poco tempo fa era impensabile che una coniglietta diventasse una poliziotta. In base alla razza, all’essere predatori o prede, si formano pregiudizi, idee sbagliate su che cosa sia normale o no. Il fatto è… che la normalità è un concetto difficile. Sappiamo tutti che un tempo eravamo selvaggi, sia prede che predatori, e convivere era impossibile. Poi ci siamo evoluti ed ecco nascere città come Zootropolis, dove ognuno può essere ciò che vuole. Eppure ancora dobbiamo evolverci, ci stiamo evolvendo. Ogni giorno è un passo in più verso un equilibrio più sicuro, dove davvero tutti non solo possiamo essere ciò che vogliamo, ma possiamo desiderarlo senza che a nessuno venga in mente di deriderci per questo. E ognuno può contribuire a questa evoluzione collettiva seguendo e perseguendo i suoi obbiettivi. Per me il modo migliore per fare del mondo un posto migliore era fare la poliziotta. Per questo mi sono rimboccata le maniche e… ce l’ho fatta.”
“Tutta da sola?”
Una timida domanda era sorta tra i cuccioli che avevano seguito il discorso della coniglietta, rapiti come erano dalla speranza e dall’incoraggiamento che implicavano quelle parole. A porla era stato un piccolo di zebra.
Judy sorrise. “No. Non si fa mai tutto da soli. I miei genitori, anche se non erano entusiasti della mia scelta, mi hanno permesso di realizzarla consentendomi di andare in accademia e poi di trasferirmi a Zootropolis. E poi… Poi lungo il mio cammino ho conosciuto persone che mi hanno spronato a continuare e mi hanno insegnato quanto valesse la pena di provare, di cambiare.” Il suo sguardo si addolcì mentre i ricordi di quel caso turbolento, affrontato in compagnia di una volpe che le era sembrata sempre meno ottusa, sopraggiungevano.
Era buffo come a volte fossero quelle cose, quegli ostacoli disseminati lungo il tuo percorso, quelle frasi che dovrebbero scoraggiare ed offendere, a spingerti ad andare avanti. Nick era stato questo, ma anche il primo animale che davvero aveva capito quanto valessero lei e i suoi sogni. E forse era stato ancora più importante proprio perché il tutto era partito da una truffa e da una verità cinica che le era stata sbattuta in faccia senza ritegno. Eppure, ora che conosceva Nick abbastanza bene, forse più di chiunque altro, anche quelle parole che l’avevano fatta stare tanto male al tempo, erano state quasi un atto di gentilezza da parte della volpe.
Perché Nick si era illuso -almeno così credeva lui- da piccolo di poter diventare ciò che voleva, venendo poi brutalmente schiacciato dalla realtà impietosa. Per certi versi le stava risparmiando una delusione. A modo suo Nick l’aveva aiutata sin dall’inizio, mettendole davanti anche quel lato più intimo ed ipocrita di Zootropolis che non aveva mai preso in considerazione davvero.
“E per l’amore?”
“Cosa?” Judy non si aspettava quella domanda. E forse il fatto che quella parola fosse stata pronunciata proprio mentre pensava a quella volpe, beh, aveva contribuito a quel rossore improvviso.
La tigrotta che aveva posto la domanda continuò. “Hai parlato di quanto ognuno possa costruirsi la vita che vuole quindi mi chiedevo se… Se anche in amore non ci sono limiti.”
“Intendi limiti di razza?”
“Sì, insomma, una preda e un predatore possono innamorarsi? E avere una famiglia?”
Aveva fatto ipotesi su mille e più domande che potevano farle e a cui lei si era mentalmente preparata su come rispondere. Ma si era immaginata quelle domande basandosi sulla sua personale esperienza, su ciò che la incuriosiva o la spaventava di Zootropolis e di quel lavoro quando ancora era una piccola coniglietta. E lei non aveva mai davvero pensato all’amore. Cosa abbastanza strana per la sua razza, nota per le famiglie numerosissime e sempre in espansione. Si era focalizzata così tanto sul suo sogno da non aver contemplato le altre sfumature della vita adulta, tra le quali un fidanzato. O meglio, fino ad allora non ci aveva mai realmente pensato. Perché tutto d’un tratto la sua mente venne bombardata da emozioni febbrili e ripetute immagini semi-idilliache che cercavano di prendere il sopravvento in tutta quella accozzaglia. E chissà perché Nick compariva sempre. Quella volpe era sempre lì, che sorrideva con quel sorriso così incredibilmente dolce e che sembrava gridarle qualcosa, qualcosa che lei non voleva ascoltare ma che al contempo le stuzzicava le lunghe orecchie. Se già era diventata rossa, ora lo era certamente di più, conformandosi al colore del pelo dell’oggetto dei suoi pensieri.
Notò come quei grandi occhioni continuavano a fissarla, in attesa di una risposta. Così cercò di pensare davvero a quella domanda. Eppure più che schiarirsi le idee, semplicemente quella domanda se la autoponeva. Davvero una preda e un predatore potevano… avere una famiglia? Non solo aveva dei dubbi da un punto di vista genetico, soprattutto l’assillava il dubbio di un amore possibile tra specie così diverse. Certo Zootropolis era migliorata e la convivenza era pacifica e quasi paritaria, ma da lì al considerare normale una cosa del genere ce ne passava. Ma qualcosa doveva pur dire a quei cuccioli; prese coraggio, ingoiò saliva cercando inutilmente di rendere meno secca la gola, e cercò di mettere insieme una risposta sensata.
“Io credo… Io credo che l’amore non sia una cosa che dipende dalla razza cui noi apparteniamo. L’amore è un sentimento. È il sentimento più bello e più profondo che possiamo provare e non può essere fermato da una cosa tanto superficiale come la differenza di specie. Quindi… Sì, io credo che, se si è davvero innamorati, l’amore può esistere anche tra prede e predatori.”
La piccola tigre parve soddisfatta della risposta. Chissà, magari aveva qualche cotta segreta per un suo coetaneo-preda. Per esempio quella pecora qualche fila più indietro a cui il suo sguardo sembrava sempre indirizzato.
Ad interrompere qualsiasi altra domanda fu il suono della campanella che annunciava la ricreazione. La maestra ringraziò caldamente Judy per la disponibilità e la pazienza. Inoltre si scusò per le domande forse un po’ scomode che le erano state poste. Ma Judy replicò. “Non si deve scusare. In realtà mi hanno aiutato a riflettere su qualcosa che non avevo mai preso in considerazione. E forse, invece, avrei dovuto.”
S’incamminò verso l’uscita e, intanto, rifletteva. Una famiglia… Con chi ne avrebbe voluta avere una? E soprattutto, voleva davvero una famiglia? In fondo non ci aveva mai davvero pensato. Certo, il lavoro da poliziotta non era il più facile da coniugarsi ad una vita da moglie e potenziale madre. Però… Però non le sarebbe dispiaciuto avere qualcuno da cui tornare la sera. Anche se, a ben pensarci, c’era già un qualcuno che assomigliava davvero tanto a quella che poteva definirsi una famiglia.
Nick era diventato il suo pensiero fisso, il suo mantra. E quando non pensava a lui ci era insieme. Il che succedeva spesso a dire la verità. Tra lavoro e svago poteva davvero dire che Nick riempisse una considerevole percentuale della sua vita. E la famiglia cos’era se non qualcuno che ti restava sempre a fianco e con cui ti sentivi sempre a casa? Con Nick era così. Ma pian piano quella loro vita quotidiana stava diventando un qualcosa di incompleto. C’era un pezzo mancante che lei non riusciva a individuare e più ci pensava più i conti non tornavano.
Ormai era giunta nel cortile scolastico e la luce del sole le fece sbattere le palpebre e distogliere lo sguardo. I suoi occhi, però, videro qualcos’altro. Nick era lì nel cortile, attorniato da cuccioli e… sembrava proprio che stesse giocando con loro. Era una scena a dir poco adorabile. In realtà non si capiva bene chi fosse più immaturo tra la volpe e i piccoli; Nick stava al gioco e s’imbronciava od esaltava peggio dei cuccioli. Sarebbe stato un padre fantastico, si trovò a pensare Judy. E d’un tratto la sua mente fece due + due. Ora aveva la risposta.
Se avrebbe voluto una famiglia?
Sì, sì l’avrebbe voluta.
E con chi?

“Ehi, Carotina! Sapevo che saresti stata bravissima, ma… potresti aiutarmi a staccarli dalla mia coda?”
La coniglietta sorrise divertita, per poi accorrere in suo soccorso.

 

“Sei la mia salvezza.” Le disse scherzosamente una volta seduti in macchina.
Nick però non scherzava, non lo faceva più da molto tempo con lei. E… perché la vista di lei che convinceva quei cuccioli a desistere dalla presa sulla sua coda gli aveva provocato una strana stretta al cuore?
Sembravano tanto una famiglia loro due. E quel verbo incominciava ad essere d’intralcio.


Note dell'autrice: Rieccomi qui! Spero che anche questa one shot non vi deluda <3 Ho cercato di condensare in un capitolo -e nei discorsi di Judy in particolare- dei temi che mi stanno molto a cuore; a cominciare dalla determinazione nel voler seguire i propri sogni contro pregiudizi e scoraggiamenti vari, per finire con l'idea di amore e di famiglia. Non so se sono riuscita a renderli al meglio, ma ammetto che questo capitolo dal punto di vista tematico è più personale di altri. E non potevo non cogliere l'occasione con un personaggio come Judy, in cui mi riconosco per molti aspetti. E niente, spero di essere riuscita nei miei intenti e che il capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima!
chitta97

 

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Capitolo 10
*** Yes, I do ***


Yes, I do

 

Quello strascico era davvero lungo. Bianco, con un velo di tulle. Nick si era seriamente chiesto come facesse a non inciampare. In realtà in quel momento parecchie domande esistenziali si affollavano nel suo cervello, come quella che rivolse direttamente alla sua partner.
“Secondo te gli abiti da sposa per elefanti costano di più? Insomma, guarda quanto tessuto ci vuole!”
La coniglietta gli rifilò un’occhiataccia. Non poteva credere che Nick avesse il potere di rovinare anche momenti così romantici e commuoventi. Non che si aspettasse che quella volpe scoppiasse a piangere come invece aveva fatto lei, ma credeva che almeno la dolcezza che si percepiva da quella coppia di elefanti così innamorata lo toccasse un minimo, quel tanto che bastava perché le sue solite battute sarcastiche cessassero. E invece no, quel sorrisino strafottente non spariva per nulla. E, cosa ancor peggiore, a lei sembrava dare meno fastidio di quel che avrebbe dovuto…
“Dovresti smetterla Nick anche perché, mi duole ricordartelo, ma Francine ed Edward sono più giovani di te e sono già sposati.”
“Che vorresti dire Carotina? No perché ti vorrei ricordare che Francine ha solo qualche anno più di te quindi neanche te sei messa troppo bene.”
Odiava quando aveva ragione.
Non che morisse dalla voglia di sposarsi, ma di certo non poteva negare che se aveva una qualche intenzione di farsi una famiglia il tempo cominciava a scorrere troppo velocemente. Si lasciò scappare un sospiro.
Nick la guardava di sottecchi. Quando Francine aveva annunciato il suo matrimonio, invitandoli tutti, non aveva avuto dubbi su chi sarebbe stata la sua accompagnatrice. Insomma, non che avesse troppa scelta. In fondo al distretto le femmine si contavano sulle dita di una zampa e, oltretutto, Judy erano l’unica con cui si poteva dire che avesse davvero legato. Ed era single -almeno da quel che sapeva lui-. Ora che ci pensava, non avevano mai parlato della loro vita sentimentale. Parlavano tanto e ormai non solo tramite il sarcasmo. Ma di fidanzati e matrimoni mai. E visto che lui non lo faceva perché effettivamente non c’era niente di cui parlare per quanto lo riguardava, aveva dato per scontato che anche per la coniglietta valesse lo stesso. Ma niente vietava che lei invece si frequentasse con qualcuno senza che lui lo sapesse. Che poteva saperne lui se magari a Bunnyburrow un coniglio aspettava impaziente il suo ritorno? Rabbrividì al solo pensiero. Judy lo notò e non poté evitare di punzecchiarlo un poco.
“Che c’è, l’idea di sposarti ti fa addirittura rabbrividire?”
“Cosa? No! Cioè, non lo so, a dire la verità non ci ho mai pensato.”
“Oh avanti, vuoi dirmi che con tutte quelle che ti muoiono dietro non hai mai pensato a sistemarti?”
Non sapeva neanche lei perché aveva tirato in ballo le spasimanti di Nick che, si era dovuta presto rendere conto, erano più numerose di quel che credeva e di quel che avrebbe voluto. Sì, beh, la irritavano, in un modo che assomigliava pericolosamente alla gelosia. Che poi gelosa di cosa? Come amica avrebbe dovuto essere contenta per lui… giusto?
“Credi davvero che qualcuna di loro mi interessi così tanto?”
“Non lo so. Tu non mi dici mai niente quindi potrebbe anche essere che tu ti sia innamorato e io non lo sappia.”
“Senti chi parla! Come se tu mi descrivessi la tua vita sentimentale!”
“Io? E come potrei averla se sono sempre insieme a te?”
“Beh, lo stesso si può dire per me. E poi che vorresti dire, che è colpa mia se non hai un fidanzato?”
Pensò più del dovuto a quella domanda e Nick parve accorgersene. Ma lei proprio non poteva fare a meno di chiedersi se davvero la colpa fosse della volpe. Perché in effetti era colpa sua, sua se lei non pensava ad altri mammiferi del sesso opposto in quel modo. Non poteva farci nulla, semplicemente non le veniva spontaneo. Quando era con Nick -ed era quasi sempre con lui- stava bene, semplicemente bene e non trovava motivo né modo per pensare a qualcun altro.
“Davvero Carotina? Pensi che sia io la causa dell’assenza della tua vita sentimentale?”
“Cosa? No! Dico solo che siamo così legati e stiamo così tanto insieme che...”
“Che pensi che altri mammiferi a cui potresti essere interessata pensino che tu non sia disponibile?”
“No, penso che la nostra sia già una relazione sentimentale!”
Per la fretta di controbattere non aveva calibrato bene le parole e così le era uscita fuori quella frase che sconfinava ampiamente nell’ambiguità. Cercò di rimediare ritrattando subito. “Insomma, stiamo sempre insieme e io… Io sto bene quando stiamo insieme quindi… quindi non ho il tempo di pensare a quanto quel coniglio sia carino o se quel mammifero mi sta fissando perché mi trova carina o qualsiasi altra cosa. Forse non è colpa tua se non ho una vita sentimentale, ma sicuramente è a causa tua. Almeno in parte.”
“Lo stai dicendo per farmi piacere o… o… Sei sicura che magari non è solo perché non vuoi un legame?”
“Che vuoi dire? Ti ho appena detto che tu sei un legame.”
“Intendo al di fuori del lavoro. So quanto sia importante per te il lavoro e… mi chiedevo se magari avessi paura di farti distrarre da persone esterne.”
“Nick… Tu non sei importante per me solo perché sei il mio partner e perché abbiamo condiviso avventure folli che ci hanno fatto avvicinare. Lo sei perché sei tu.”
Il bouquet. La sposa stava per lanciare il bouquet e tutte le ragazze erano invitate per cercare di prenderlo al volo. Judy si alzò per partecipare anche perché sapeva che, probabilmente, se non fosse andata di sua spontanea volontà l’avrebbero trascinata e vista la mole dei suoi colleghi ci sarebbe voluto davvero poco per sollevarla. Soprattutto visto che quel tubino che indossava, blu scuro, era semplice, incantevole, ma soprattutto scomodo.
Prima però, si voltò un’ultima volta.
“E te invece, Nick? Scelta troppo difficile tra tutte le single che ti corrono dietro?”
“Sai, sono un predatore dopotutto… Preferisco correre io dietro alla mia preda.”
Judy non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni. E ne avrebbe volute. Perché quella frase sembrava implicare un qualche speciale sentimento che Nick evidentemente provava per qualcuno. Qualcuno che non gli moriva dietro così esplicitamente. Ma chi poteva essere? In fondo l’aveva detto anche lui che praticamente passava tutto il tempo con lei e che per questo la sua vita sentimentale era pressoché inesistente.
In ogni caso avrebbe dovuto pensarci dopo. Francine era pronta a lanciare quell’incantevole bouquet di fiori variopinti. Judy poteva facilmente riconoscerli, dai narcisi ai tulipani ai giacinti. Erano davvero dei bei fiori. Non le sarebbe dispiaciuto averli su un vaso nella sua spoglia stanza. Sì, magari avrebbe afferrato quel bouquet solo per quello, per dare un po’ di colore e vita a quelle pareti ammuffite. Non per quelle stupide credenze, ovviamente, non perché desiderasse sposarsi.
Prese al volo quel mazzo di fiori. Non fu difficile, da brava coniglietta riusciva a saltare molto in alto. Sentì gli sbuffi e i gridolini delle altre pretendenti al bouquet, ma era tutto molto ovattato. Judy non riusciva a smettere di fissare la composizione floreale, quasi potesse rispondere a tutte quelle domande inespresse che affollavano la sua mente.
Davvero non voleva sposarsi?
Sì, sì lo voleva in realtà. Anche lei avrebbe voluto indossare un principesco abito bianco, costruirsi una famiglia, avere qualcuno ad aspettarla a casa a braccia aperte.
Ma la vera domanda era… quanto Nick c’entrava con tutto quello?
Sorrise alla volpe sperando di apparire vittoriosa, ma il suo sguardo fu solo… dolce.
E realizzò che in realtà aveva qualcuno che faceva molto più che aspettarla a casa a braccia aperte, ma la accompagnava nel suo cammino. E desiderava davvero tanto che continuasse a farlo sempre. Finché morte non li separi. 



Note dell'autrice: Eccomi qui! Spero che anche questo capitolo vi piaccia, anche se so che è più corto degli altri. Probabilmente anche perché è più riflessivo/discorsivo. Inizialmente volevo descrivere anche qualcosa di più dello scenario ecc, ma poi è venito fuori così e non mi convinceva cambiare ciò che era venmuto fuori spontaneamente perché, per esperienza, credo che le idee e gli spunti più naturali siano quelli che poi risultano più coerenti ed adatti. Ovviamente con questo non voglio dire che il capitolo sia perfetto così com'è, solo che modificarlo l'avrebbe reso peggiore. 
Per quanto riguarda il titolo è in inglese -per rispondere ad una domanda che magari vi siete fatti- perché funzionava meglio, aveva più implicazioni, più significati; in questo caso "Yes, I do" si riferisce a: 1) la battuta finale in originale di Judy a Nick, la sua risposta quando Nick le dice che sa che lo adora -che poi in inglese è pure ambigua con quel Love, ma qua si sfocia nel fangirlismo e non è il caso-. 2) La risposta tipica dei matrimoni, il nostro "Lo voglio" insomma. 3) La risposta di Judy alla domanda che fa a se stessa in questo capitolo, quindi sia se vuole sposarsi, sia in senso più ampio se Nick è davvero così importante nella sua vita.
Per quanto riguarda il resto del capitolo, sentitevi liberi di farmi tutte le domande che volete se avete dubbi o perplessità, sarò felice di rispondervi ^^
Detto questo finisco lo sproloquio, solo mi scuso per il leggero ritardo.
Alla prossima!
chitta97

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