L'ascesa del Cobra

di iQuit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La caduta ***
Capitolo 2: *** Il risveglio ***
Capitolo 3: *** Pessime novità ***
Capitolo 4: *** Controllo e rimorsi ***
Capitolo 5: *** Un colloquio inaspettato ***
Capitolo 6: *** Incontri ***



Capitolo 1
*** La caduta ***


Non poteva andare tutto bene, per una volta? Il piano era semplice e non violento: modificare gli altoparlanti del centro commerciale per emanare un'onda ultrasonica in grado di assoggettare lentamente le persone al suo interno e farli sottoscrivere ad un servizio inesistente tramite il quale avrebbero donato loro tutto ciò che possedevano – niente di sospetto, nessun morto, nessun ferito, nessuna violenza, solo centinaia di milioni di yen che sarebbero fluiti nelle tasche dei Black Saints. Bruscolini, certo, ma era pur sempre il compito che le aveva affidato il Consiglio, e lo avrebbe portato a termine.
Ma se la situazione era questa, perché lei e la sua squadra di Corallo stavano, per l'ennesima volta, combattendo contro i membri della Excaforce?
Queen Cobra sospirò, o almeno le sarebbe piaciuto averne tempo, impegnata com'era a schivare i colpi di lancia di ExcaBlue. La lama le passò ad un centimetro dalla testa, sfiorandole il capo ma strappandole via l'hoodie che stava usando per nascondere il proprio volto. L'elmetto che la proteggeva venne così allo scoperto, quel casco color verde smeraldo rassomigliante al serpente che le dava il nome, che le permetteva di vedersi attorno nonostante i suoi occhi ne fossero incapaci e che copriva interamente la sua testa, lasciando scoperte soltanto il mento ed un paio di labbra scarlatte.
-Questa volta sei nostra, Queen Snake!- le intimò il suo avversario dalla tuta blu, la voce attutita dall'elmetto, scattando all'indietro e portandosi a distanza ideale per la sua naginata.
-Queen Cobra.- replicò, strappandosi di dosso il resto dei vestiti rivelando un body dello stesso colore del suo elmo coperto da una leggera armatura in cuoio, guanti artigliati, leggings squamati, stivali sopra il ginocchio -Continui a chiamarmi così solo per farmi arrabbiare, vero Blue?-
-Dopotutto siamo tra vecchi nemici, no? E poi sinceramente non credo che si ricordi il tuo nome, sai com'è, è un po' distratto. - ribatté un'altra figura maschile dalla tuta rossa, entrando nel suo campo visivo impugnando una spada in posizione di guardia.
ExcaRed ed ExcaBlue... davvero, da quanto li conosceva? Erano nemici da anni, conosceva a memoria le loro strategie, le loro tattiche e le loro armi, ma nonostante avesse cercato con tutti i suoi mezzi di scoprire le loro vere identità si era sempre trovata davanti ad un muro.
Fece per rispondere, ma fu aggredita dalla sensazione che mancasse qualcosa. Alzò istintivamente la mano sinistra e afferrò l'avambraccio di ExcaYellow, che come al solito la attaccava alle spalle cercando di infilarle un sai nel collo, e con un movimento deciso la sbatté contro lo scaffale dei latticini.
Mentre la vedeva alzarsi in preda al panico e disporsi tra i suoi due compagni in una formazione a triangolo, se lo confermò: conosceva davvero i suoi avversari a memoria.
Ma la sensazione di incompletezza continuò... fino a che non sentì qualcosa strisciarle addosso su per la gamba e disporsi sulle sue spalle.
Non dovette neanche girarsi a controllare che fosse Agni, il suo fedele cobra da compagnia - quel serpente era per lei come un altro paio di occhi. Letteralmente, a dire la verità - ma preferiva che nessuno dei suoi nemici sapesse di questa sua capacità, per evitare di giocarsi un vantaggio in combattimento.
Il suo alleato era seguito dalla sua squadra di supporto, un gruppo di quattro persone, due giovani uomini e due ragazze, anch'essi dal volto coperto, vestiti con una tuta monopezzo di colore rosso e da un'armatura simile alla sua, anche loro pronti al combattimento impugnando dei fucili d'assalto. I suoi Serpenti Corallo, l'esercito personale che la seguiva in ogni sua sortita.
Queen Cobra accarezzò la testa del suo serpente, e finalmente parlò, con una voce più onesta del solito.
-Dobbiamo proprio farlo? Tanto finirà come sempre, Blue e Yellow riempiranno di botte i miei sottoposti mentre Red mi tiene impegnata, e...-
-I tuoi Serpenti Corallo?- la aggredì la ragazza dietro l'elmo di ExcaYellow, anche lei con una voce attutita.-Lo sai quanto noi che sono persone prive di volontà a cui hai lavato il cervello!-
-E preferirei che la cosa rimanesse tale.- replicò, con voce seccata.-Avete idea di quanto ci voglia a trovare qualcuno da ipnotizzare? Tu nei sai qualcosa, vero, Aika?
Il ghigno di Queen Cobra era talmente affilato che, nel centro commerciale ormai deserto, era quasi possibile sentirlo tagliare l'aria. I suoi avversari, per niente intimiditi, mantenevano la postura di combattimento, mentre i Corallo si disponevano in formazione attorno alla loro leader.
-Sapete che vi dico? Me ne vado e basta, tanto mi avete impedito di mettere in atto il mio piano nefasto e, se devo dire la verità, mi avete fatto passare la voglia. Grazie mille, davvero. Gradirei se per una volta mi permetteste di risparmiare le perdite. Ma se proprio devo...-
Come ogni singola volta che si incontravano, Yellow, sentendosi presa in causa, si lanciò all'assalto prima degli altri. Ah, Aika. Era l'unico membro della Excaforce di cui sapesse qualcosa - non se la ricordava solo per nome e cognome, ma principalmente perché aveva militato tra i suoi Corallo. Una ragazza debole e priva di un minimo di forza di volontà, ma che per qualche motivo combatteva con l'impeto di un leone. Non si era nemmeno liberata per conto suo, la pusillanime - era stata salvata dai suoi ora compagni e si era unita a loro per vendetta contro la sua organizzazione, i Black Saints- e, di conseguenza, contro di lei. O almeno così riteneva – dopotutto, perché avrebbe dovuto continuare a battersi?
Blue fu secondo a ingaggiare, proteggendosi in modo abbastanza scenico dai proiettili dei Corallo usando la naginata, e Red, per ultimo, si lanciò proprio contro di lei brandendo la spada.
Queen Cobra stavolta trovò il tempo di lanciarsi in un sospiro, prima di deviare il fendente con l'armatura sul dorso della mano destra e di controbattere con un axe kick dal basso. Non ci mise alcuna forza, sembrava quasi un movimento di danza, eppure era perfettamente conscia della sua letalità: d'altronde, seppure gli R-Suit indossati dai suoi avversari gli permettessero di affrontarla ad armi pari, il loro misero cervello da umano non riusciva a seguire i movimenti di chi come lei era chiaramente superiore dal punto di vista evolutivo. Infatti, come da previsione, il colpo trovò il suo obiettivo: Red subì il colpo al mento, e sebbene il casco lo avesse protetto dall'impatto impedendo alcun tipo di concussione, si ritrovò scagliato in aria. Ma non si fece trovare impreparato: eseguì una perfetta giravolta e atterrò a poca distanza da lei.
-Il solito esibizionista.- ebbe il tempo di rivolgergli, prima che lui chiudesse di nuovo la distanza con una breve carica.
Si, sembrava davvero una coreografia pianificata in anticipo: lei ed il suo avversario conoscevano le mosse l'uno dell'altra, caricandosi e respingendosi con fare quasi ipnotico. Quanto avrebbe voluto che per una volta le cose andassero in modo diverso, sul serio.

Forse l'universo quella volta ascoltò la sua preghiera silenziosa, ma molto più probabilmente era solo un caso che in quell'istante si scatenasse quello che sembrava il terremoto più violento che il Giappone avesse visto negli ultimo 50 anni. Già, solo una coincidenza, come il fatto che il pavimento del centro commerciale crollasse portando nel sottosuolo metà supermercato, insieme a lei e ad ExcaRed, tagliandoli completamente da alleati e nemici.
Nel mezzo del polverone avrebbe voluto urlargli contro un bel grido di sfida, come un "finalmente soli!", ma quando la polvere si diradò e si voltò a guardarlo nella penombra, tramite il visore notturno, lui era già sepolto dai detriti, lasciando in vista soltanto la testa, semi coperta da un elmo spaccato, ed il braccio che impugnava la spada.

Fu colta alla sprovvista da diverse emozioni contrastanti che la bloccarono lì a guardare il suo avversario inerme per lunghissimi momenti. Si, da un lato era contenta che qualcosa avesse rotto la monotonia del combattimento e che il suo avversario fosse in difficoltà e completamente alla sua mercé. Anni e anni di umiliazioni e di pazienza avevano finalmente dato i suoi frutti, mettendola in una posizione dove poteva prendersela comoda e torturare il suo nemico più fastidioso a suo piacimento, al punto che la morte sarebbe sembrata solo un piacevole contrattempo. Era il suo momento.
D'altro canto, lasciare che fosse il caso a decidere l'esito di un duello durato cinque anni sarebbe stato decisamente deludente, e non ne avrebbe tratto alcun elogio.
Ma l'ultimo pensiero che ebbe prima di cedere al panico fu che, seppure provasse un piacere quasi sessuale nel torturare avversari inermi, l'idea di fare lo stesso con Red, dopo tutto ciò che avevano passato insieme, non l'avrebbe soddisfatta. Durò solo un attimo, ma non riconobbe che era un tentativo di razionalizzare qualcosa di irrazionale.
Si avvicinò rapidamente e lo afferrò per la mano ormai disarmata, cercando di tirarlo via da sotto le macerie. Il membro di Excalibur, confuso ed in preda al dolore ma ancora cosciente, accolse la presunta gentilezza nell'unico modo plausibile.
-Ma che... diavolo?-
-Che diavolo un corno!- replicò Queen Cobra, con tono disperato, mentre addirittura il suo serpente si stringeva attorno al braccio di lui nel tentativo di aiutarlo -Ho promesso di catturarti e di portarti davanti al Consiglio, e lo farò, costi quel che costi!-
Il silenzio che cadde, interrotto soltanto da frammenti che toccavano il suolo e dal crepitio delle luci del supermercato che si accendevano e spegnevano ad intermittenza, era così denso da tagliarsi con un coltello. Né i suoi occhi ciechi, né quelli del suo elmetto, né tantomeno quelli di Agni colsero il sorrisetto soddisfatto del suo avversario.

Vecchi amici, non proprio. Vecchi nemici, quello si.

-Non ti sforzare- le disse, infine, con una voce flebile.-Sembra proprio che alla fine sia il destino ad aver deciso per noi. Non ci uccideremo a vicenda.-
L'unico risultato fu quello che la donna cominciò a tirare più forte, afferrandolo con impeto tale da quasi strappare l'R-Suit, lanciando un urlo di frustrazione, per poi lasciarlo andare e sbattere i pugni sul terreno provocando dei segni visibili.
-Mi rifiuto!- urlò, colpendo il mucchio di macerie e facendo volar via qualche detrito -tutti questi sforzi, tutte queste battaglie non sono servite a niente se ad ucciderti è uno stupido sasso!-
-Hey, Cobra. Queen Cobra.- le si rivolse di nuovo, ormai solo un sussurro.-Dicono... Che sei brava con le visioni e le illusioni. Io...mi dovevo sposare, a breve, ma sembra proprio che non ci arriverò. Potresti...-
Lei lo guardò, interessata, e percepì le sue intenzioni. Si avvicinò a lui e gli alzò la testa, permettendogli di scambiare lo sguardo con lei. La visiera dell'elmo di Queen Cobra scattò, rivelando un volto su cui troneggiavano due occhi contornati di lacrime che già emanavano una debole luminescenza rossa.
-.... va bene. Esaudirò il tuo ultimo desiderio, ExcaRed.- disse -In onore della nostra rivalità. Ma solo perché sei tu a chiederlo.-
Sarebbe stata l'occasione perfetta per riempire la sua mente di illusioni orribili, ma anche se era un mostro, provava verso quell'umano un senso di familiarità che glielo avrebbe reso difficile. Lo ipnotizzò, prese il controllo della sua psiche, e cercò di fargli vivere le migliori nozze che avrebbe mai potuto desiderare, il tutto nell'arco di pochi secondi. Ma dopo nemmeno un attimo, il suo mondo si spense, e si ritrovò a terra priva di conoscenza.



"Il processo di trasformazione sta per avere inizio. Attivazione unità Agni avviata, Iniezione del fluido di modifica cellulare in 10...9..."


Queen Cobra riaprì gli occhi, trovandosi incapace di vedere. Cercò di alzarsi, scoprendosi impacciata e bloccata: era chiaro che qualcosa le stesse trattenendo il braccio destro. Che fosse rimasta anche lei vittima di una frana? Fu colta dal panico per qualche attimo, ma subito dopo le immagini dagli occhi di Agni le inondarono la mente, chiarendo la situazione. Era distesa per terra, qualcuno le stava immobilizzando il braccio con una fasciatura... e l'elmo le era stato tolto di testa e appoggiato al suo fianco.
L'insicurezza e l'esitazione svanirono, sostituiti da un flusso di adrenalina che la fece scattare a sedere e raccogliere il proprio casco in un unico, fluido movimento.
-Eh?- osservò una voce maschile al suo fianco, chiaramente sorpresa, mentre lei indossava l'elmetto, trovando la cosa stranamente difficile. Le immagini proiettate dai sensori ottici le fluirono nel cervello, permettendole di nuovo di guardarsi attorno, e, rassicurata, si girò verso il suo interlocutore, cercando di afferrarlo con la mano destra.
-Non ti permettere più di mettermi le mani addosso, miserabile umano!-
La sua voce minacciosa e lo sguardo arrabbiato coperto dalla visiera erano accompagnati dal suo avambraccio, non più coperto dai guanti in armatura, che si piegava come non doveva piegarsi, penzolando privo di alcun sostegno a metà tra il gomito e il polso.
Non fece nemmeno in tempo a scrutare il volto presumibilmente terrorizzato del giovanotto davanti a sé, presa com'era da quel dettaglio medico fuori posto.
-...oh.-
-Ti stavo steccando il braccio.- chiarì la voce che non conosceva. -L'armatura che avevi sul braccio era spaccata, quindi ti ho tolto il guanto per vedere se era tutto a posto...-
Lasciò penzolare la sua mano ancora qualche istante, più per lo stupore che per altro. Non provava alcun dolore, segno che il sistema di supporto vitale della sua tuta aveva fatto in tempo ad iniettarle gli antidolorifici. Anche se la frattura era scomposta, le nanomacchine all'interno del suo corpo l'avrebbero comunque sistemata, rimettendola in sesto nel giro di qualche giorno, a patto che tenesse il braccio fermo. Afferrò il polso destro con la mano sinistra e raddrizzò l'arto, approfittandone per passare qualche istante a guardarsi attorno. Era ancora all'interno del supermercato, ma il suo senso dell'equilibrio, complice delle dozzine di articoli caduti dagli scaffali, le faceva capire che il terreno era inclinato. I muri ed il soffitto erano molto danneggiati, ma nel locale c'era ancora corrente. Tornò ad osservarsi: le erano stati tolti stivali e parastinchi dalla gamba destra, che ora era grossolanamente immobilizzata con un paio di stecche da tenda e della garza molto stretta. Volse infine lo sguardo al ragazzo al suo fianco: sembrava essere alle porte dei trent'anni ed era vestito nel modo più generico possibile, così come il più generico possibile era il suo volto - o forse, un blocco mentale non le faceva dare alcuna importanza alla faccia di un patetico umano - quindi decise di cercare altri dettagli: indossava un cappello con la visiera a coprirgli i capelli e aveva gli occhi scuri e gli zigomi pronunciati, come il 90% degli abitanti del Giappone. Riusciva ad intravedere sulle sue spalle le cinghie di uno zaino.
No, non era un qualche tipo di blocco mentale - era la persona più generica che avesse mai visto. Due labbra generiche si aprirono, mentre due mani generiche si avvicinarono al suo gomito.
-Posso? Mi fa male il braccio solo a guardarti.-
Queen Cobra sbuffò, avvicinò l'arto rotto al suo interlocutore, e ringhiò:
-Hai fatto un grosso errore a togliermi l'elmo. Ti direi di non farlo mai più, ma stai sicuro che quando mi sarò ripresa ti ucciderò comunque, elmo o non elmo.-
Calò il silenzio mentre lui, calmo come il mare di Agosto, proseguiva nella fasciatura. Quel suo sangue freddo la lasciò perplessa.
-Non dovresti... Che ne so, implorare pietà, chiedere che ti risparmi la vita, qualcosa del genere?-
Il giovane ridacchiò sommessamente. Queen Cobra non lo trovò divertente.
-Mettiamo che tu mi uccida: rimarresti isolata qui sotto senza alcun tipo di compagnia per non so quanto tempo. Non ho idea di chi tu sia, ma credo che la solitudine dia fastidio anche a te.-
-Stai zitto e stringi quella fasciatura.- gli ordinò imbronciata, prima di rendersi conto dell'assurdità della situazione.
Rimase qualche istante ferma a pensare cosa dire, mentre il giovane continuava ad assicurare la benda attorno al suo braccio. Non era mai stata da sola con un essere umano così a lungo, tantomeno con uno che era lì di sua volontà: il suo primo istinto era quello di saltargli addosso e strappargli la gola con la mano sana, ma in fondo quello che aveva detto aveva senso, e starsene da sola sarebbe stata una noia mortale. Il suo secondo istinto era quello di dominare la sua mente e farlo suo schiavo, ma poi si sarebbe trovata comunque senza nessuno con cui fare conversazione.
-Ecco fatto. E' stata una fortuna che sia crollato anche il reparto pronto soccorso, o non avrei avuto niente con cui medicarti- ruppe lui il silenzio.
Le bende tenevano strette altri pali da tenda, che di rimando bloccavano il suo avambraccio fino al polso. Aggiunse mentalmente che era stata una fortuna che, oltre al reparto farmacia, fosse anche crollato quello per il campeggio.
Finalmente trovò qualcosa da dire.
-Io sono un membro di alto rango dei Black Saints, un'organizzazione che mira al controllo globale. Tu sei un essere umano, la mia preda naturale... e mi stai aiutando. Perché?-
-Perché no?- ribatté lui, alzandosi. -Siamo tutti e due bloccati qui sotto, non vedo perché dovrei lasciarti per terra a rantolare.-
L'assurdità dell'affermazione la colpì. Lo fissò attraverso la visiera con uno sguardo incredulo ed espresse il suo disappunto.
-Ma sei un cretino? Hai idea di chi hai davanti!? Io sono Queen Cobra, luogotenente dei Black Saints, flagello dell'umanità, e di conseguenza tua nemica!-
Adorava presentarsi in quel modo: la faceva sentire importante. Di conseguenza, si trovò abbastanza avvilita quando il giovanotto ridacchiò e ribatté:
-Mia nemica? Di sicuro non personalmente, non mi hai fatto niente. E poi non avrei mai potuto lasciare una così bella ragazza senza alcuna cura..-
Occhiolino. Ringhio di rimando. La donna serpente guardò di nuovo le sue ferite: le sarebbe bastato stare a riposo per qualche ora e sarebbe guarita completamente, quindi avrebbe potuto liberarsi di questo sciocco prima che Red venisse a...
Le balenò un'idea in mente: era chiaro! Si alzò in piedi a fatica, tra le obiezioni del suo infermiere, e gli inveì contro.
-Era tutto un tuo piano, vero, ExcaRed? Avete sacrificato un intero edificio e rischiato le vostre vite per intrappolarmi qui? -
Gli si gettò contro (per quanto una donna di media statura con due arti rotti possa farlo) e lo afferrò per la collottola con il braccio buono, spingendolo contro uno scaffale ormai vuoto, scalfendogli la pelle con le affilate unghie color carminio della mano sinistra. Il cobra le scivolò addosso fino a raggiungere le sue spalle e ad affiancarsi alla sua testa in uno sguardo colmo d'odio, il tutto mentre aggrediva verbalmente il ragazzo:
-Siamo vecchi nemici, no? Beh, allora dovresti saperlo: io odio essere presa in giro!-
Ci fu un attimo di esitazione negli occhi del giovane, poi un lampo di insicurezza mentre si rendeva conto delle circostanze. Una domanda strozzata pose fine all'alterco:
-R-Red? Vuoi dire quel tipo col casco? Quando ti ho trovata era già m-morto...-
L'impeto di rabbia che la invadeva fece arrivare quelle parole alle sue orecchie in ritardo, ma quando lo fecero Queen Cobra si trattenne dallo sventrargli la gola e mosse le labbra in modo quasi impercettibile, mentre chiedeva chiarimenti:
-...cosa stai dicendo?.-
-Ti..ho...- lei allentò la presa, permettendogli di parlare normalmente- ti ho trovato davanti a lui che gli tenevi la testa, ti sono caduti dei pezzi di intonaco addosso e hai perso conoscenza... Ti ho messa al sicuro ma quando sono tornato per provare a liberarlo, lui...-
Rabbia. Shock. Tristezza. Qualsiasi cosa fosse, le intimò di lasciare il ragazzo e di mettersi a zoppicare per il supermercato ormai diagonale, alla ricerca del suo acerrimo rivale, raggiungendo dopo pochi secondi un corpo privo di vita con ancora indosso un casco spaccato di colore rosso.
No. Non così.
Avrebbe voluto inginocchiarsi, forse per disperazione, forse per prendergli il polso, ma la gamba steccata glielo impediva. Si limitò a fissare il corpo con tutti i suoi occhi, quel poco di volto visibile contratto in una smorfia di impotenza.
-Razza di bastardo...- iniziò a mormorare, raggiunta a metà monologo dal suo nuovo accompagnatore -Anche da morto mi schernisci, eh!? Non ti bastava ridicolizzarmi davanti a tutti i miei compagni e i miei fratelli, adesso...-
Cercò qualcosa da tirare contro al corpo di Red, ma non trovò niente. Addirittura cercò di afferrare la frusta che teneva alla cintola, arma che non usava mai, senza trovarla: probabilmente era andata persa nel crollo.
Priva di qualcosa per sfogare la rabbia, strinse talmente tanto le proprie dita che le nocche della mano scoperta iniziarono a farsi bianche. Ormai al limite, inveì rivolta al soldato che giaceva privo di vita davanti a lei.
-Persino questo mi hai tolto!? Possibile che non lo hai capito!? Io ti ritenevo alla pari, morire contro di te sarebbe stata l'unica morte che io avrei accettato!! E questo... questo mi dimostra che a te non importava!-
Ansimò per qualche istante, poi si lasciò andare in un urlo terrificante, afferrò l'unica cosa a sua disposizione e la lanciò verso Red, aspettandosi chissà che reazione. Qualche attimo dopo, ritrovatasi quasi completamente cieca, si rese conto che lanciargli il proprio elmo forse non era stata un'idea azzeccata ed intimò all'unica persona ancora in vita con lei in quella stanza di aiutarla:
-Raccoglimi l'elmetto. Senza non ci vedo.-
Poi aggiunse a denti stretti, intuendo l'esitazione del ragazzo:
-Per favore.-
Il giovane dai tratti comuni, dopo un attimo di insicurezza, si fece avanti, prese da terra l'elmo a forma di cobra che era stato scagliato sul cadavere di Red e lo porse alla donna. Attratto forse dai lunghi capelli castano e dai lineamenti dolci, forse lasciò cadere lo sguardo sul volto di lei per troppo tempo.
-Dammi quell'elmo!- ordinò di nuovo lei a voce alta, porgendo la mano sinistra in avanti.
Sebbene fosse cieca riusciva chiaramente a vedere attraverso gli occhi di Agni, e quello che vedeva era un ragazzo orientale dal volto esterrefatto che teneva in mano il suo casco, sul quale era visibile una crepa - era chiaro che non le avesse mentito, qualcosa l'aveva colpita per davvero.
-I tuoi occhi...- mormorò lui.
Queen Cobra, stufa di tutta questa indecisione, gli strappò di mano il casco e se lo infilò. Il mondo assunse di nuovo una forma. Il giovane continuava ad esitare.
-Hai gli occhi di un...-
-Dimmi- lo interruppe, quasi mormorando -pensavi davvero che fossi un essere umano?-
Silenzio.
-Beh, il tuo volto é quello di una ragazza come tante, ma...-
In un'altra situazione, avrebbe approfittato della cosa. Lo avrebbe provocato, avrebbe flirtato con lui, forse lo avrebbe addirittura baciato, qualsiasi cosa pur di creare ribrezzo in quel giovane che fino a quel momento non si era accorto di avere davanti a sé qualcosa che sedeva su un gradino più alto della scala evolutiva. Ma era in piedi a malapena, zoppicava, aveva la sua mano preferita inutilizzabile e aveva appena perso l'occasione di realizzare la sua più grande aspirazione, quindi tagliò corto.
-Ho gli occhi da rettile. E allora? Non sono un essere umano, che ti aspettavi?-
Un attimo di esitazione da entrambe le parti le permise di approfittare di una delle poche cose che sapeva fare bene: dare ordini.
-Seppellisci questo poveraccio. Con tutti i grattacapi che mi ha causato in passato, è ingiusto lasciarlo lì senza neanche una tomba.-
Detto ciò, si allontanò zoppicando all'interno del complesso, non aspettandosi alcun tipo di risposta.

Passò più di un'ora prima che il ragazzo dal volto generico la raggiungesse davanti al banco della frutta su cui si era seduta. Il giovane esitò visibilmente per qualche secondo - era chiaro che avesse tante cose da chiedere e che stesse dando peso a ogni frase che formulava. Forse fattosi coraggio, iniziò a parlare, scandendo ogni parola in modo chiaro e rallentando la frase.
-Visto che probabilmente hai intenzione di uccidermi comunque e mi rimane poco da vivere...-
-Ancora la storia degli occhi, vero?- lo intercettò bruscamente.-
Altro attimo di esitazione.
-...quello, e molte altre cose. -
Il serpente sulle sue spalle ciondolò a sinistra e a destra, squadrando il ragazzo. L'istinto predatore del rettile era ben chiaro, ma l'attacco avvenne sotto forma verbale invece che fisica.
-Lascia che te la faccia io una domanda. Si può sapere cosa ti ha fatto pensare che startene nel mezzo di un supermercato durante un attacco dei Black Saints fosse la cosa migliore da fare?-
Il giovane fu chiaramente colto in castagna. Si portò la mano al mento e inserì l'indice tra i denti, mordicchiandoselo in segno di frustrazione.
-...sono il tuo capo supremo e stavo controllando il tuo operato di persona?-
Lo guardò con tutti i suoi occhi, compresi quelli che non funzionavano. Un attimo dopo, una risata fragorosa quanto frustrata si sparse in tutto il complesso.
-Bel tentativo!- si sarebbe strofinata via una lacrima, se il suo volto non fosse stato coperto dalla maschera-Ma l'ultima volta che ho visto il Santo non ti somigliava per niente!-
Il ragazzo iniziò a ridacchiare per simpatia, poi si ritrovò a pochi centimetri dal volto un paio di occhi coperti che lo fissavano. Queen Cobra, anche con una gamba rotta, era comunque molto rapida, se voleva esserlo.
-Ti ho già detto, non mi piace essere presa in giro. Lavori per qualcuno? Per Phantasm, magari? Gli ORCA? O sei un'altra spia della Excalibur?-
La tensione era così alta che qualche mosca cadde a terra fulminata. Il ragazzo strinse i denti e si mordicchiò il labbro, avvertendo l'istinto omicida che proveniva dalla donna contrariata.
-E-ero lì a rubacchiare!- cedette, alla fine- Ho visto che se ne andavano tutti e mi sono detto "ehi, nessuno si accorge che manca qualcosa se non c'è nessuno ad accorgersene"! P-poi vi ho visti combattere e mi sono nascosto...-
Silenzio. Sia gli occhi della maschera che quelli del serpente lo scrutarono con insistenza, alla ricerca di un punto debole che non trovarono.
-Un ladruncolo, eh? Ti chiamerò Kaito.- pronunciò con sufficienza.
Il ragazzo sbatté le palpebre, perplesso.
-Veramente mi chiamo...-
-Non ha senso che impari il tuo nome.- ribatté Queen Cobra impassibile, allontanandosi da lui e appoggiandosi di nuovo sul bancone -Tanto da qui in poi si possono verificare due cose: o ci trova prima la Excalibur e ti salvano da me, o arriva prima la mia squadriglia e ti catturano. Potrei anche stufarmi e ucciderti per conto mio, se mi fai arrabbiare: ringrazia che avevi ragione per quanto riguarda la compagnia. In ogni caso, non finisce bene per uno di noi e non ci incontreremo mai più, quindi non mi interessa sapere il tuo nome.-
Il ragazzo ribattezzato Kaito lasciò andare un sospiro, poi parlò:
-Va bene, va bene. E quando dovrebbero arrivare, i membri della tua squadriglia? Secondo te hanno idea che tu sia ancora viva, qui sotto?-
Queen Cobra non batté ciglio. Non dovette neanche effettuare un gesto: Agni scivolò sinuosamente giù dal suo corpo e si fece strada tra gli scaffali.
-La mia dolce metà andrà in esplorazione.- annunciò -Se esiste un modo di portarci fuori da qui lo troverà, altrimenti raggiungerà uno dei nostri contatti e farà rapporto sulla mia posizione. Se fai il bravo ti farò dare un passaggio fuori, sempre se non ti dia fastidio servirmi per tutto il resto della tua patetica vita umana.-
Kaito fece per dire qualcosa ma si trattenne: era chiaro che Queen Cobra avesse il coltello dalla parte del manico. Scosse la testa e iniziò a darsi da fare, mentre la donna serpente lo fissava con sguardo divertito.

Vedere Kaito muoversi con attenzione nel supermercato isolato da una posizione privilegiata (per quanto potesse essere privilegiato un posto a sedere risicato tra le verdure fresche) era una gioia per i due occhi che le erano rimasti: nei Black Saints qualcuno con uno spirito di iniziativa del genere mancava proprio, specialmente perché tutti i loro sottoposti erano quasi letteralmente automi senza cervello. Nel giro di qualche minuto lo vide montare nel reparto ortofrutta una cucina da campo abbastanza solida e accennare l'inizio di una cena a base di verdure sciacquate con acqua in bottiglia.
-Mangi qualcosa?- le domandò.
-Non le verdure.- rispose lei, specificando indirettamente la sua dieta carnivora.
-La verdura fa bene.- replicò lui, affettando delle carote usando sia un tagliere che un coltello nuovi di zecca, presumibilmente presi in prestito al reparto casalinghi - Non so da che pianeta provieni, ma se sei comunque una forma di vita basata sul carbonio dovresti essere in grado di mangiarle.-
Il ragazzo ridacchiò da solo, aspettandosi una risposta. La donna rimase in silenzio.
-”Forma di vita basata sul carbonio”. Parli in modo un po strano per un ladruncolo, Kaito.- replicò lei sorniona come un gatto che gioca col topo.
-Non hai idea di come io sia finito a fare il ladruncolo.- ribatté lui, ridacchiando in modo nervoso.
Forse vederlo trafficare lo aveva reso più simpatico ai suoi occhi, forse l'idea di poter uscire da li l'aveva solo calmata: in ogni caso, il pensiero di provare a tollerarlo aveva iniziato a sfiorarla. A conti fatti, nel giro di qualche giorno si sarebbe liberata di lui o lo avrebbe reso suo schiavo, quindi tanto valeva raccontargli con chi aveva a che fare: non sarebbe mai stato testimone delle sue parole.
Decise di rispondere alla domanda che non aveva fatto.
-Beh, tanto perché tu ti faccia un'idea su di me... -
-Vuoi parlarmi dei tuoi occhi?-
Avrebbe voluto avere ancora con sé la frusta e punirlo per l'interruzione, ma lasciò correre.
-Si, i miei occhi. Non sono nata cieca, ho scambiato la mia vista per un potenziamento alle capacità innate della mia specie quando mi sono unita ai Black Saints.-
-Ti sei resa cieca per poter ipnotizzare meglio la gente?- azzardò lui. Gli arrivò una rapa sulla camicia.
-Non sai proprio cosa vuol dire stare zitto e ascoltare, vedo. Maleducato, mi auguro che tu impari prima di finire sotto il mio comando, o sarà peggio per te.- lo minacciò -Comunque no, le mie capacità ipnotiche non hanno subito alcuna modifica. L'operazione ha migliorato il mio senso del tatto e della percezione dei movimenti. Fai a pezzi un cuscino e io ti dirò esattamente quante piume stai lanciando in aria.-
-Quindi se sto fermo, tu non mi vedi?- chiese. Queen Cobra portò la mano buona all'altezza della propria tempia, indicandola.
-E' per quello che l'operazione ha anche sincronizzato la mia vista e i miei pensieri con quelli di Agni.- chiarì.
-Ecco... il serpente. -riprese lui, continuando ad affettare le verdure.-E' per una questione tematica o serve davvero a qualcosa?-
-A parte due occhi extra, mi permette di assoggettare gli umani a distanza, e mi copre le spalle quando uso l'ipnosi diretta, visto che devo usare i miei veri occhi e rimango scoperta.-
Il silenzio si fece sentire per qualche attimo, interrotto soltanto dallo sbattere del coltello sul tagliere. Poi anche quel suono si fermò. Il ragazzo iniziò a balbettare qualcosa, Queen Cobra lo invogliò.
-Allora, vuoi sapere qualche altra cosa sui miei poteri di cui cercherai di abusare durante un tentativo di fuga che si rivelerà comunque inutile?- lo provocò, un ghigno propriamente da rettile dipinto sul suo volto- Chiedi tutto quello che vuoi, avanti.-
-Perché...- iniziò Kaito con insicurezza - Perché ti sei sottoposta ad una cosa del genere? Perché sei nei Black Saints? Una ragazza giovane come te...-
Queen Cobra si spinse in avanti, cercando di cambiare posizione di seduta ma non riuscendovi a causa delle fratture, e lo neutralizzò con una semplice frase:
-Non cominciare. Non mi considerare una "ragazza" solo perché ho un viso che ritieni carino. Non siamo neanche della stessa specie.-
-...va bene.-
-In ogni caso, è una questione di famiglia.- chiarì- Mia madre, e sua madre prima di lei, hanno giurato di servire il Santo in onore di un vecchio debito. E questo è tutto quello che so, la mia memoria è stata rimossa insieme alla mia vista cinque anni fa per sincronizzarmi con Agni-
Kaito ebbe un sussulto.
-Ma è orribile!-
-Mah.- ribatté la donna in verde, scrollando le spalle -Quando non hai ricordi, non hai niente a cui legarti. E se fai un lavoro come il mio, avere qualcosa a cui sei legata può essere una debolezza.-
Lo sguardo inquisitore di Kaito si era tramutato in due occhi pieni di orrore e pietà, ma a Queen Cobra non importava: in fondo, quel ragazzo era solo un passatempo temporaneo, puntava a sconvolgerlo il più possibile e a vedere quanto durava.
Il silenzio durò ancora per qualche istante, poi lui abbassò lo sguardo e affermò:
-... Quindi, anche tu sei una vittima. Non sei diversa dalle persone che ipnotizzi.-
-Vittima?- ripeté lei con genuina curiosità, inclinando il capo da un lato e indicandosi con la mano buona -Io sono stata scelta per servire direttamente sotto il Santo, e tu credi che io sia una vittima?-
-Forse non tu...- esitò lui, per poi procedere con chiarezza- ma la ragazza che é morta il giorno che hai fatto l'operazione si. Possibile che non ti interessi sapere niente di chi fossi prima di...-
Per mancanza di parole esaurienti, la indicò con tutta la mano.
-Di essere questo?-
Lei, per tutta risposta, ridacchiò con fare sinistro. Più lui provava disagio, più soddisfazione le dava.
-Per niente.- scosse la testa con fare dolce in segno di negazione, come per far capire ad un bambino quanto sia sciocco il suo punto di vista-Un guerriero legato al passato è utile come un secchio bucato. E' lo stesso motivo per cui la prima cosa che faccio ai miei Corallo quando li ipnotizzo è dar loro una nuova identità. Neanche loro si ricordano chi sono, e infatti mi servono con una fedeltà cieca. E poi, francamente... la mia precedente personalità non doveva essere poi così importante, se hanno deciso di cancellarmela.-
Kaito cercò di rispondere per più di una volta, esitando sempre di più, ma alla fine cedette. Dopo qualche istante di indecisione, spense il fornello e si avviò fra gli scaffali.
-Dove vai?- gli domandò, delusa dall'idea che il gioco finisse lì. Lui le rispose con tono spento, ormai svanito dietro uno degli scaffali.
-A vedere se è sopravvissuta una bottiglia di liquore o qualcosa di simile. Si accompagna meglio delle verdure a quello che mi stai dicendo.-
-Prendi qualcosa pure per me!- lo provocò con aria divertita.
Infastidire la gente con la verità era la sua specialità. Il ragazzo voleva sapere? E avrebbe saputo...




"-Aaaah! Cosa é quel--ghh! Il mio.. Il mio corpo... Mi sento strana...no! Non avvicinarti! Nooooo!"

-Ugh....-
Si risvegliò ancora seduta a fianco del banco delle rape, con la testa che le girava e lo stomaco sottosopra. Davanti a lei, sul banchetto che Kaito aveva allestito per cucinare, troneggiavano due bottiglie vuote di rum.
Si ricordò che, nonostante non mangiasse come una persona normale, sostanze come l'alcol o la nicotina avevano comunque un effetto inebriante sul suo corpo, sebbene ridotto rispetto a quello di quegli stupidi, inferiori umani. Improvvisamente si rese conto di dove fosse finito quel rum.
-Quanto ho...-
-Quasi due bottiglie intere.- replicò una voce maschile dietro di lei. -Ed ero io, quello che voleva ubriacarsi.-
Le parole di lui rimbombarono nella sua cavità auricolare come una batteria da cucina che cade giù per le scale. Si portò la mano sinistra alla fronte, incontrando la crepa sul casco.
-Ugh, stai zitto Kaito. -Gli intimò. -Mi gira la testa...-
Il ragazzo spuntò da dietro il bancone, le si sedette vicino, sospirò e la guardò con due occhi pieni di pietà.
-Immagino tu non voglia sapere cosa mi hai detto, vero?-
No, non voleva saperlo, visto che ricordava più o meno ogni cosa. Lo aveva preso in giro per la sua debolezza di essere umano per qualche ora mentre lui ribatteva dicendo che i ricordi e le memorie erano importanti. Non era stata carina, ma in fondo che le importava? Lui era soltanto un essere umano e presto sarebbe stato o un cadavere o un suo schiavo, la sua opinione valeva meno di zero.
-Quanto ho dormito?- domandò.
-Credo... Otto ore.- disse lui, guardando l'orologio del cellulare. Per un attimo pensò di riprenderlo per aver avuto un telefono per tutto quel tempo senza chiedere aiuto, ma non ci voleva una vista telescopica per capire che non c'era campo. In ogni caso, era una buona notizia.
Scattò in piedi, e si strappò di dosso le bende che le coprivano la gamba, togliendosi l'imbragatura. Con qualche rapido movimento dimostrò la propria guarigione dalle ferite.
-Oh...- azzardò Kaito, chiaramente sorpreso. -guarisci in fretta.-
-Il braccio ci metterà un pò di più. La ferita è scomposta, quindi il mio corpo deve prima capire come riallineare il tutto.- replicò lei, puntando il polso destro con l'indice sinistro. -Puoi provare a scappare se vuoi, posso inseguirti ma non posso afferrarti.-
Kaito sospirò, e parlò con pura disperazione:
-Scappare dove? Parlare con te mi ha tolto la voglia di farlo. Se proprio vuoi uccidermi fallo pure. E pensare che quando ero piccolo e guardavo i tokusatsu facevo il tifo per i cattivi.-
-Mondo vero, cattivi veri. La TV umana è solo una parodia, in fondo- si limitò a rispondere lei, mentre recuperava lo stivale da terra e chiudeva la zip con qualche difficoltà, per poi tirare un paio di calci all'aria per testare la gamba. Il suo piede destro colpì uno scaffale vuoto, provocando un'ammaccatura visibile e spedendolo a terra in un accartocciarsi di metallo e plastica. Guardò il disastro con aria soddisfatta finché l'immagine secondaria che vedeva nel cervello si fece interessante, dandole finalmente la speranza di uscire da li.
-Agni ha trovato un'uscita abbastanza grande per lui. Lo manderò in avanscoperta.-
Percepì Kaito, alle sue spalle gettare una mano dietro la schiena per indicare la noncuranza del messaggio nel più completo silenzio.
Si voltò verso di lui con un ghigno dipinto sul volto e lo provocò:
-Che c'è, chiacchierone? Stanco di parlare?-
Era di umore decisamente migliore, perciò decise di dar fondo al suo carattere nel modo peggiore possibile e di divertirsi un po'.
Si avvicinò a Kaito ondeggiando i fianchi e gli si sedette in grembo, spogliandosi durante il percorso del resto dell'armatura leggera che la copriva e mettendo in mostra spalle femminili coperte appena da un sottile strato di tessuto verde iridescente, un seno piuttosto formoso pur non essendo esagerato, braccia affusolate che terminavano in unghie colorate di rosso vivido affilate come rasoi su lunghe dita da pianista. Il ragazzo era illeggibile - rassegnato, spaventato, seccato? - ma lei non dava peso alla cosa, averlo in suo potere era già da solo una ricompensa, e non lo aveva nemmeno dovuto ipnotizzare!
Gli gettò le braccia sulle spalle e iniziò a muovere i fianchi in modo sensuale, strofinandosi sul suo inguine nel tentativo di causargli un erezione.
-Tutto a posto, Kaito?- si rivolse a lui con un tono a metà tra lo scherno e l'interesse. -La cosa che questo bel faccino non sia una povera ragazza confusa ma sia genuinamente un'egoista scaltra e individualista non ti mette a tuo agio?-
Per dare enfasi alle sue parole decise di aprire la maschera che le copriva gli occhi con un semplice controllo mentale. Kaito si trovò davanti un giovane volto dal naso un po' largo e gli zigomi a malapena pronunciati, ma da un aspetto unico e una bellezza quasi occidentale, con labbra rosso carminio ben delineate e una mascella un po' a punta. Due occhi ciechi da rettile sovrastati da sopracciglia curve e adornati da ombretto multicolore lo guardavano e si facevano sempre più vicini, sempre più vicini...
-Sai, potresti diventare il mio giocattolo, se decidi di servirmi di tua spontanea volontà - gli propose lei, ad una distanza così ravvicinata da sfiorarlo con le labbra. -Verresti a vivere con me all'avamposto. Saremmo tutti e due contenti: tu te la caveresti, io avrei qualcuno a farmi compagnia in quelle lunghe e noiose notti.-
Il ragazzo scosse la testa.
-...p...per favore...- esitò, cercando di ricordare il nome con cui si era presentata -...Q-Queen Cobra...?-
-Puoi chiamarmi Reginetta se vuoi, in fondo sarò sempre la tua regina, se vuoi essere il mio schiavo.- gli sussurrò, prima di dargli un bacio a stampo sulle labbra. Ghignò, e si allontanò quasi di scatto, producendosi in una risata gelida e agghiacciante.

Pensava di averlo scosso, eccitato, o qualsiasi tipo di reazione, ma l'essere temporaneamente cieca non le fece vedere l'espressione impassibile sul volto del giovane, il che rese il commento che ne seguì ancora più fastidioso.
-Sei proprio una cattiva da operetta.-
-Eh?- replicò lei quasi immediatamente, colta alla sprovvista. Pensava di stare guidando il gioco, e invece...
Chiuse la visiera e colse finalmente il volto seccato di Kaito. Per la prima volta da quando era iniziata quella strana storia, rimase perplessa.
-Chi diavolo è cattivo solo per il gusto di esserlo?- cominciò quindi lui, seccato di trovarsi in quella situazione -Mi hai detto così tanto di te, ma non ti sei fatta qualche domanda su di me, vero? Se sapessi le persone che ho incontrato, “Reginetta”. - lo sdegno nella sua voce era quasi palpabile -Anche i peggiori sociopatici hanno una ragione per esserlo, per quanto distorta. Tu, invece... sembra che qualcuno ti abbia scritto un ruolo e tu ti sia calata nel personaggio!-
Il visino gentile da orientale perplessa si tramutò prima in una smorfia di sorpresa, poi in un'espressione di rabbia che passò subito all'attacco.
-Cattiva da operetta lo dici a tua...-
Ma i postumi della sbornia finalmente raggiunsero di nuovo Queen Cobra, che tutto d'un tratto sentì il bisogno di vomitare. Farlo a getto sul suo interlocutore sarebbe stata una bella rivincita, ma nonostante tutta la sua cattiveria "da operetta" si riteneva comunque una persona con una certa classe, e non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla in quello stato: si limitò a coprirsi la bocca, allontanarsi velocemente e scaricare un misto di alcol, succhi gastrici e resti di cibi vari sui vicini resti dello scaffale.
-...patate fritte... Perché diavolo ho mangiato patate fritte?- la sentì commentare Kaito.
Per spirito di galanteria il ragazzo si alzò e la raggiunse, ma a metà tragitto la donna dagli occhi da rettile sembrò accorgersi di qualcosa, e si alzò di scatto.
-Agni....-
Gli occhi finti di Queen Cobra si voltarono e incontrarono lo sguardo confuso di Kaito. Poggiò la mano sana sull'elmo, cercando di concentrarsi, ma...
-Non... Non riesco più a sentire Agni. Non vedo tramite i suoi occhi. Non-non percepisco la sua posizione.- constatò lei, confusa quanto lui, cedendo al panico.
Kaito sbatté le palpebre e tirò indietro la testa, stupito ma ancora non interamente conscio di cosa stava accadendo.
-Forse ha... Un raggio d'azione, o...-
-Si, di dieci chilometri!- rispose bruscamente la donna, dirigendosi verso il loro accampamento improvvisato e sedendosi per l'ennesima volta sul bancone che era diventato il suo giaciglio -no, qualcosa ha interrotto il contatto, e c'è solo un...-
Gli ingranaggi nel suo cervello finalmente arrivarono ad una conclusione. Queen Cobra si buttò in modo poco aggraziato tra le rape, una smorfia di disperazione visibile su quel poco che aveva scoperto di volto.
-Beh, sembra proprio che mi tocchi morire qui.-
Kaito cercò di dire qualcosa, con genuina preoccupazione, ma lei lo bloccò sul nascere.
-Se non riesco più a percepirlo, Agni p sicuramente morto. A questo punto gli unici che possono salvarci è la Excalibur, in tale caso finirei probabilmente sezionata nei loro laboratori o nel migliore dei casi sbattuta in una cella a prova dei miei poteri. Potremmo anche restare chiusi qui e morire di fame e sete dopo esserci mangiati tutto il supermercato, ma in ogni caso, sono finita.-
Lanciò un lungo sospiro e si voltò verso il ragazzo dal volto generico. Lo vide esitare, quindi decise che forse era meglio puntualizzare:
-Prima che tu te lo chieda no, non ho intenzione di chiederti di fare sesso un'ultima volta, frena i bollenti spiriti.-
-No, stavo pensando...- replicò lui noncurante delle parole di lei, grattandosi la testa -Magari potremmo allargare il passaggio di Agni. Tu sei più forte di un essere umano normale, no? Hai un braccio rotto, ma posso aiutarti io. Forse potremo..-
-Forse potremo bla bla bla bla.- gli fece il verso con la mano-Credi che io mi abbassi a chiedere aiuto ad un misero umano come te? Sei proprio fuori strada. Preferirei davvero che arrivasse l'Excalibur, almeno me ne andrei tranquilla in un bel laboratorio sapendo di non essere scesa a compromessi col nemico.-
Kaito la guardò strabuzzando gli occhi, ed esplose.
-Piantala con questa storia del misero umano!- urlò, la voce che rimbombava nel locale.-Ma si può sapere che hai nella testa!? Un giorno sembri sicura di te e mi deridi tutta la notte, il giorno dopo sei disfattista e decidi di lasciarti morire tra le rape! Mi correggo, non sei una cattiva da operetta, sei soltanto una codarda che fa la forte quando si trova in vantaggio!-
Le parole di Kaito, forse, arrivarono da qualche parte. Queen Cobra rimase nell'apatia più totale per qualche secondo, poi si mise a sedere lentamente.
-Come osi.- ruggì con calma la donna, la sua voce ridotta quasi ad un sibilo gelido. -Ho accettato di buttar via il mio passato per rispettare un patto stipulato prima che io nascessi. Ho combattuto i miei nemici senza tirarmi indietro per cinque lunghi anni. Mi sono sacrificata per riportare a casa dei semplici soldati sotto il mio controllo. Sono stata fedele al Santo e al Consiglio, senza mai disobbedire... E tu mi dai della codarda?-
Scattò in piedi, e coprì la distanza che li separava in meno di un istante. Afferrò Kaito per il bavero della camicia e lo sollevò, rivolgendogli un'espressione di rabbia che lui poteva leggere solo tramite quelle labbra rosse digrignanti.
-Facciamo così.- cominciò lei, tremando dal nervoso.-Andiamo a liberare quello stupido passaggio. Una volta in superficie, ti darò un minuto di vantaggio, e dopo averti raggiunto ti staccherò un braccio, lo userò per romperti il resto del corpo e poi te lo farò ingoiare. Ora seguimi, e non discutere.-
Il giovanotto si ritrovò improvvisamente di nuovo con i piedi per terra, seguito da un suono di tacchi che si allontanavano. Kaito osservò i fianchi di lei ondeggiare verso una zona più buia del supermercato, e commentò a bassa voce, ormai sicuro di non essere sentito.
-Proprio una cattiva da operetta...-


Il passaggio era effettivamente troppo stretto per permettere a qualcosa più grande di un gatto di scivolarci dentro, ma dopo diverse ore di lavoro congiunto, Kaito e Queen Cobra riuscirono a intravedere, oltre alla parete rocciosa, qualcosa di più grande.
-Io lo conosco questo posto.- commentò la donna rettile, dopo aver sfondato con un calcio gli ultimi centimetri di roccia. -E' una delle vecchie basi di Phantasm.-
-di... cosa?-
-Un'altra organizzazione che condivideva il nostro obiettivo.- rispose lei, facendosi strada tra i detriti e raggiungendo un corridoio più grande -Si sono divisi dai Black Saints una decina di anni fa e hanno cominciato ad agire per conto proprio. Vorrei sapere se hanno costruito questa base sotto il centro commerciale, o viceversa.-
Kaito fece capolino dal buco con un pò più di fatica della sua improvvisata compagna.
-Quindi c'e un modo di uscire?- domandò retoricamente.
Lei si guardò attorno dubbiosa. Da un lato c'era una lunga scalinata in discesa che portava chissà dove... L'altro lato, in salita, prometteva bene.
-Credo di si.- affermò.-Al limite avranno sigillato l'uscita, ma non dovremmo aver problemi a... problemi a...-
Queen Cobra esitò per un istante, poi iniziò a vacillare. Il suo mondo si fece sottosopra, prima che le ginocchia cedessero e si trovasse a cadere in avanti.
-Ehi, reginetta!- esclamò Kaito, lanciandosi a raccogliere al volo la giovane donna, risparmiandole l'impatto col terreno.
-Mi sento un po' stanca.- constatò, le sue parole sempre più scoordinate.- Forse dovrei mangiare qualcosa.?-
Ma la natura del suo malessere era tutt'altro che alimentare. Kaito ebbe modo di rendersene conto poggiandole la mano sul collo, cosa che lo spinse subito dopo a toglierle il casco e a metterle la mano sulla fronte.
-Ehi! Ti ho detto di non...- lo apostrofò, ma lui la interruppe.
-Stai bruciando. Hai la febbre altissima.- le spiegò.
-Non è vero, sono a sangue freddo....-
Ma le parole le mancarono, come se il suo cervello si rifiutasse di terminare la frase. Subito dopo qualcosa le rimise il casco e la sollevò da terra.
-Dobbiamo tornare nel supermercato.- spiegò Kaito, caricandosela sulle spalle a mo' di cavalluccio -Hai bisogno di... qualcosa. Riposo, medicine, qualsiasi cosa.-
-Ma ormai siamo all'uscita....- mugugnò lei.
I sobbalzi nel tunnel le provocarono ulteriore malessere. Kaito la sentì tossire e vomitare per tutto il tragitto, intervallato da tentativi di comunicazione che finivano in discorsi trascinati e privi di senso. Solo una volta tornati all'accampamento la lasciò a terra, poggiandole la testa sopra lo zaino.
-Vado a prendere degli antifebbrili, tu resisti.- le disse rialzandosi, dopo essersi assicurato di averla messa al sicuro.
-Ehi... ehi...- iniziò a dire lei, senza accorgersi di essere rimasta sola.
Non riusciva più ad interfacciarsi con i visori sul casco, e le sue percezioni potenziate si attivavano e disattivavano a casaccio come una torcia dalla batteria scarica. Ma ormai aveva trovato le parole da dire, e non sapeva se sarebbe riuscita a dirle a Kaito, quindi le rivolse nel vuoto, con il fiato che le rimaneva.
-Perché.... ti preoccupi per me...? In fondo, io sono... tua... nemica...-
Il mondo si fece più scuro, e chiuse gli occhi per l'ultima volta.

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Capitolo 2
*** Il risveglio ***



Michiru riprese conoscenza, in preda alla confusione. Non era tanto l'essere completamente nuda ed incatenata su un tavolo operatorio gelido a metterle paura, né le figure anonime nella sala, coperte solo da una tuta rossa e da un casco che sembrava quasi una maschera, né tantomeno l'uomo sulla sedia a rotelle ai piedi del tavolo accompagnato da una donna dai tratti occidentali vestita interamente di bianco: era la sensazione di qualcosa di gelido,che le scivolava sul corpo, come... come un...
Abbassò lo sguardo e lo vide: un cobra di un verde iridescente le stava scivolando sul corpo, vicino ai seni scoperti. Iniziò a dimenarsi, ma il rettile non si scollò.
-Eeeek! Cosa-cosa è quello!? Chi-chi siete!?- Urlò, mentre il terrore prendeva il posto del disorientamento.
Sentì una sommessa risata femminile, e la attribuì alla donna in bianco. L'uomo rimase in silenzio, osservandola con occhi glaciali.
-Mi piacerebbe intrattenerti raccontandoti tutto... Ma abbiamo poco tempo, e che tu sappia o meno queste cose a breve non avrà più importanza.- affermò la donna in bianco con fare compiaciuto in un Giapponese privo di accento, sorprendendola- Sappi solo che i Black Saints hanno bisogno di Queen Cobra, nel bene o nel male, e che sei molto fortunata a ricoprire questo ruolo. Corallo 12, Corallo 15, procedete con l'operazione.-
Al suono di "sissignora!" i macchinari nella stanza si accesero l'un l'altro, iniziando a riprodurre una vibrazione sommessa. Il cuore di Michiru batteva a mille - chi erano queste persone? Cosa le volevano fare? La voce elettronica diffusa nell'aria non portò chiarimenti, solo altri dubbi.

Il processo di trasformazione sta per avere inizio. Attivazione unità Agni avviata, Iniezione del fluido di modifica cellulare in 10...9...

Il conto alla rovescia non prometteva nulla di buono. Michiru si dimenò con tutta la forza che aveva in corpo, gridò, sbatté la testa sul tavolo nel tentativo di almeno svenire per risparmiarsi qualsiasi cosa le stesse per accadere. Solo quando il conto si avvicinò allo zero chiuse gli occhi per il terrore, e non appena terminò qualcosa le trafisse il collo.
Cercò di urlare, ma una sensazione fortissima la travolse interamente. Non era dolore, non era piacere, non era estasi, ma qualsiasi cosa fosse perse temporaneamente il controllo del suo corpo, dimenandosi e tremando prima di abbattersi di nuovo priva di energie sul tavolo operatorio.

Modifica cellulare in corso: stima prevista 8 ore. Compatibilità nanomacchine al 99,2%. Formazione nanotuta in corso.

-Io...il mio corpo... mi sento... strana...-
Non riusciva a vederlo, ma sul suo intero corpo si stava andando formando una sottile membrana di colore verde olivina che andava ricoprendola interamente, lasciando all'aria soltanto dalla nuca in su. La vista le si fece annebbiata, la testa le girava, ed un piacere intontito si diffuse nel suo corpo, come se tutte le sue membra stessero pizzicando allo stesso momento. Respirava affannosamente, lasciando andare ogni tanto, privi di ogni controllo, dei versi simili a risate sommesse. Il tempo si fermò, o forse accelerò tutto insieme, e non si accorse che l'operazione si stava protraendo per ore ed ore.
Poi, tutto d'un tratto, cessò. Qualsiasi cosa le stesse accadendo, era terminata. La sua vista era chiara, il suo cervello libero di pensare. Cercò di mettersi a sedere, riscoprendosi ancora incatenata... ma, stranamente, quelle pesanti manopole ora erano molto più leggere. Vide per la prima volta il suo nuovo aspetto squamato, e notò degli strani movimenti sulla membrana che copriva ora la sua pelle.
-Eeek!- Gridò, cercando di passarsi la mano sul petto per togliere l'orrore che la stava coprendo e rendendosi conto che la catena era troppo corta.
-Piano, piano, si sta assestando!- le annunciò la voce femminile -Non vorrai mica che rimanga qualche punto scoperto, no?-
Ansimando di nuovo, stavolta per il panico, si fermò a guardare il proprio torace, facendo appello a tutte le proprie forze per liberarsi dalle catene. I movimenti si andarono fermando, costruendo strani tratti sul suo corpo a mò di decorazione, tratti che assunsero colori scarlatti e dorati che si stagliavano sulle sue squame verdi.
-Cosa... Mi avete fatto!!?- trovò finalmente la forza di domandare, mentre le lacrime le si andavano accumulandosi agli angoli degli occhi.
Il suo sguardo si volse prima verso il serpente che l'aveva morsa che continuava a strisciare su di lei come per marcarne la proprietà, e dopo, forse troppo tardi, verso la donna vestita di bianco che si avvicinava a lei, tenendo qualcosa dietro la schiena.
-Oh, non ti preoccupare.- Iniziò lei con una voce calda ed un tono che lasciava intuire quanto la situazione la divertisse.-E' solo una nanotuta. Se è comparsa, vuol dire che l'operazione è andata a buon fine e che i fluidi dell'unità di controllo hanno finito di ristrutturare le tue cellule. Non ti devi spaventare, ora sei in grado di fare moltissime cose...-
La donna in bianco rivelò l'oggetto che teneva nascosto mentre un ghigno le si dipingeva sul volto: era una specie di casco dei colori della sua tuta. Come lo vide rabbrividì: non sapeva a cosa servisse, ma aveva l'impressione che se fosse finito sulla sua testa non sarebbe più potuta tornare indietro.
-Ma hai bisogno di questo per imparare ad usare il tuo nuovo corpo. Non ti preoccupare, durerà solo un attimo, poi sarai fiera di indossare quella divisa, quando il tuo piccolo cervellino sarà finalmente libero di esprimersi per quello che è.-
Michiru riprese a dimenarsi per la disperazione, finché qualcosa non le afferrò il collo, impedendole di muoversi. La donna ridacchiò e le avvicinò gradualmente il casco alla testa, prendendosela comoda solo per godersi il momento.
-No! Non ti avvicinare! Noooooo!-



La spoglia mortale di Queen Cobra scattò a sedere, urlando e ansimando, passandosi le mani sul volto e sul corpo in modo frenetico come per cercare di scacciarsi qualcosa di dosso. Sentire il rumore dei passi alle sue spalle le passò completamente di testa, così come il fatto che il ragazzo davanti a lei stesse cercando di tranquillizzarla.
-Hey, reginetta! Calmati! Calmati!-
I tentativi di lui di afferrarle le mani furono vani - era troppo veloce e si muoveva con troppa forza. D'un tratto, lui lanciò un urlo insieme a lei, una voce forte e disperata che coprì interamente la sua. Forse fu quello a farle capire l'assurdità della situazione, e pian piano si fermò, proprio nell'attimo in cui lui le afferrava le mani.
Si guardò attorno respirando con forza, in preda alla confusione. Era ancora nel supermercato, viva e in salute, soprattutto. Il suo sguardo si posò sul volto di lui, un ragazzo come tanti con un cappello a visiera e i vestiti coperti di polvere e vomito.
Poi lo riconobbe.
-K-Kaito?-
-Ti avevo data per morta.- rispose lui, sollevato - hai avuto la febbre altissima per due giorni, ti ho iniettato di tutto e di più per cercare di tenerla sotto controllo, ma come passava l'effetto della tachipirina tornavi sopra i 40... Il tuo cuore ha smesso di battere cinque minuti fa. Cos-cosa é successo?-
Cosa era successo? Bella domanda, se la stava facendo pure lei! Il suo cervello stava impazzendo per fare il punto della situazione, ma non riusciva a darvi un senso, portando alla sua bocca solo parole sconnesse.
-io... Non...-
Vide il proprio braccio ancora fasciato e vi tolse la benda con un gesto deciso, notando che era completamente guarito. Aprì e chiuse la mano per vedere se era tutto a posto... e fu solo li che si accorse che non stava indossando il casco.
-Io... io ci vedo!?- constatò esterrefatta, portandosi la mano guarita davanti al volto.
Il giovane che aveva davanti la scrutò in volto. Lei lo vide assumere un'espressione sorpresa con un po' di malinconia di sottofondo, e lo sentì pronunciare:
-Reginetta... I tuoi occhi... I tuoi occhi sono...davvero belli.-
Fu presa da un imbarazzo che era sicura di non provare da anni. Kaito prese uno specchietto segnalatore dallo zaino e glielo mise davanti. Fu li che si vide.
Non più sguardo cieco da rettile, né labbra scarlatte, né ombretto pesante. Il suo volto era completamente pulito, e i suoi occhi erano diventati due pensosi globi scuri che si osservavano nel riflesso coperti di sgomento.
Gli strappò forzatamente lo specchio e si fissò, avvicinando l'altra mano al proprio volto. Si, le unghie erano ancora rosse e affilate, ma la sua faccia aveva perso quei caratteri freddi e sembrava completamente diversa, sebbene fosse uguale a prima. Poi, lo disse.
-Michiru....io... io mi chiamo Michiru Kato....-
No, non era stata privata della sua memoria in un sacrificio a cui si era sottoposta per servire il Santo. La sua identità, la sua vera identità, era stata messa da parte per fare spazio a quella fittizia di Queen Cobra, costruita come essere di una malvagità fine a se stessa. I ricordi non le invasero la testa come una cascata, ma andarono pian piano al loro posto con delicatezza come fiocchi di neve, affiancandosi alle memorie della personalità spietata che aveva avuto il controllo del suo corpo fino a quel momento.
Rivisitò mentalmente la propria storia. Michiru Kato, 16 anni, ma questo cinque anni prima - ora doveva averne 21. Vegetariana, frequentava il liceo. Niente fidanzato, voti sopra la media, una sorella minore, madre casalinga, padre impiegato che vedeva una volta al mese e solo se l'azienda glielo permetteva. E poi, dopo il fatidico momento in cui fu sottoposta forzatamente all'operazione... Queen Cobra.
Queen Cobra...
Rivisitò senza accorgersene anche la storia della donna che era diventata. Gli scontri con Excalibur. Le crudeltà ingiustificate. L'aver ucciso la propria madre e il proprio padre mentre questi imploravano pietà ad una figlia che non c'era più. L'aver trasformato la sorella di 14 anni in un membro dei Corallo, un'operazione che aveva volutamente fatto durare più del dovuto godendo delle urla di disperazione della ragazzina, e poi anni di combattimenti, schermaglie, piani assurdi ed umiliazione, tutti in nome di una personalità che neanche esisteva. La morte di Red. L'incontro con Kaito, e le cose che si erano detti...
Michiru iniziò a piangere. Quello che le era stato fatto era mostruoso. Lei era una vittima quanto i suoi genitori, quanto sua sorella, quanto tutte le persone che aveva reso sue schiave.
Trovò Kaito, e si lasciò piangere tra le sue braccia. Forse gli incrinò un paio di costole, ma la studentessa che era morta cinque anni prima e resuscitata da neanche cinque minuti non era ancora in grado di controllare la forza di un corpo in grado di frantumare il cemento.

Ci misero poco a decidere che era il momento di andarsene. Fu cosi che, zaino in spalla e torce alla mano, Kaito e Michiru si avviarono di nuovo nel passaggio.
-Questo posto è più piccolo di quanto mi aspettassi.- constatò lui, sorpreso del fatto che avevano girato il capannone alla ricerca dell'uscita quasi per intero e si erano trovati a ripercorrere le loro tracce più di una volta.
-Era un avamposto secondario, serviva solo a tenere munizioni e armi, niente di più.- rispose Michiru agitando la torcia, attingendo a ciò che aveva imparato quando era Queen Cobra.-io... quella donna ne ha stanato più di un paio, in passato. Sono costruiti tutti con la stessa pianta. Forse nell'armeria troveremo degli esplosivi per aprirci la strada, ma visto che qui non c'è più nessuno ho paura che sia stata svuotata.-
-Tentar non nuoce.- rispose la voce di Kaito dal buio. -Guidami tu.-
I loro passi risuonarono nel buio del corridoio. Michiru andava avanti a memoria: indossare il casco le avrebbe permesso di vedere al buio, ma la prima cosa che aveva fatto dopo averlo ripreso in mano era stata spaccarlo in mille pezzettini e poi spaccare quei pezzettini in altri mille pezzettini. Volendo l'avrebbe spaccato fino ad arrivare ai singoli atomi e poi avrebbe diviso quelli, ma a) ciò avrebbe provocato una fusione nucleare e b) aveva paura di riuscirci, vista la sua forza.
La sua forza... Il suo corpo era in grado di spaccare i muri come se fossero di cartapesta e di piegare l'acciaio a mani nude. Le sue unghie affettavano il pane. Mangiare verdure la faceva vomitare. Poteva scolarsi una bottiglia di rum e accusare solo un leggero mal di testa. Cosa... era rimasto di umano in lei?
Il divagare le fece sbagliare strada, e si trovarono davanti ad un muro. Avrebbe dovuto fare dietrofront e basta, ma pensò fosse un buon momento per parlare.
-Kaito....-
-Soichiro. Mi chiamo Soichiro, Kato-san.- rispose la voce dal buio.
La ragazza si voltò, quasi puntandogli la torcia in volto. Soichiro. Si, era meglio di Kaito.
-Soichiro-san...- lo chiamò con il nome che aveva appena imparato.-Forse... Dovresti uscire solo tu.-
-Uh?- mugugnò lui, confuso. Michiru si morse il labbro e cercò di evitare il suo sguardo, per quanto fosse scontato visto che si trovavano in un'assenza quasi totale di luce.
-Non credo di poter vivere come una persona normale.- constatò, rassegnata- Il mio corpo è un'arma... L'unica alternativa che ho è andare alla Excalibur e sperare che mi aiutino a tornare normale, ma... ho paura che approfittino della mia condizione per farmi combattere contro i Black Saints, com'è successo con ExcaYellow. Loro...- scosse la testa -non sono buoni come dicono di essere.-
-Non ha senso.- replicò lui, mettendosi in mostra con la luce della torcia -Devi solo imparare a controllarti, e...-
-E cosa, cercare di riprendere la mia vita come se non fosse successo niente?!- esclamò, stizzita.- Non potrei mai tornare ad essere Michiru Kato! Guarda, guarda cosa mi hanno fatto! Io... ricordo tutto! Ogni cosa che ha fatto Queen Cobra, io la vedo come se l'avessi svolta in prima persona! Non, non posso pretendere di tornare alla mia vecchia vita con questo rimorso. L'unica cosa che posso fare è... sparire...-
Il tocco della mano di Kaito-ora-Soichiro sulla propria fu gentile, ma lei non si degnò neanche di guardarlo.
-Michiru-san... Quello é passato. Tu sei una vittima della situazione... Ma non puoi essere una vittima per sempre. Hai la possibilità di cambiare le cose. Se non vuoi essere un'arma... Sii uno scudo, e usa quello che hai- quello che sei, per proteggere chi ne ha bisogno.-
I pensieri di Michiru andarono immediatamente a sua sorella. Marina... era ancora tra le grinfie dei Black Saints, non poteva lasciarla da sola.
Ma non era il momento. Lasciò andare la mano del ragazzo e lo fissò negli occhi appena illuminati dalla torcia.
Quei toni, le cose che aveva detto sia a lei che a Queen Cobra... cominciavano a far nascere in lei il sospetto che lui la sapesse più lunga di quello che dava a vedere.
-Sai dire tante cose belle, Soichiro. Ogni cosa che dici... la dici come se lo avessi vissuto in prima persona.-
-E' perché l'ho vissuta in prima persona, Michiru-san.- ribatté lui con tono rassegnato. -Avessi un'idea di come io sia arrivato qui....-

Gli si avvicinò, ma non per cercare affetto o sicurezza: l'aria tra i due si fece quasi tagliente. Lasciò andare la domanda, non sicura di essere pronta a gestire la risposta.
-Si può sapere chi sei, in realtà?-
Soichiro ghignò in modo poco rassicurante. Era chiaro che si stava tenendo la cosa dentro da un po' e moriva dalla voglia di farla uscire. Michiru rabbrividì.
-Se proprio vuoi saperlo...-

Ma i suoi sensi potenziati rovinarono l'attimo.
-Spegni la torcia!- pronunciò quasi meccanicamente, un'esclamazione sussurrata.
-Eh?-
-Sento rumore di passi!-
La mente di lui mise velocemente insieme i pezzi, e spense la luce di istinto. I due ragazzi si accucciarono nell'angolo a poca distanza l'una dall'altro, Michiru completamente concentrata sul rumore di passi in lontananza.
Quattro... Cinque persone. Cinque paia di stivali, uno decisamente più alto, a detta del suono più acuto. Un cigolio di ruote annunciava la presenza di lampade di emergenza su carrelli, uno schiocco d'aria sospetto le fece capire che una delle persone utilizzava una frusta, ed un sibilo sommesso la portò ad una conclusione a cui avrebbe preferito non giungere.
-Oh no.- commentò, cercando di trattenere il panico.
-Che succede?- chiese il suo accompagnatore, al quale i sensi aumentati mancavano e che non aveva percepito il pericolo.
-Ka--Soichiro, torna nel passaggio e nasconditi.- gli raccomandò, sottovoce - sono venuti a cercarmi.... ma ho paura che non siano qui per prendermi.-
-Cosa vuoi...- iniziò il ragazzo, prima che Michiru lo strattonasse in avanti per la camicia e gli si rivolgesse di nuovo, fissandolo al buio con uno sguardo rassegnato.
-Rimani li, non farti vedere. Esci quando sarà finita la confusione. Almeno tu, salvati...-
-Non vado da nessuna parte se non mi spieghi...-
Due lampade di emergenza si accesero, illuminando il corridoio alla loro destra e portando loro abbastanza luce riflessa da permettere di vedersi. Una voce femminile, decisa quanto gelida, annunciò la sua presenza.
-So che ci siete. Fatevi avanti e rimettetevi al giudizio di Queen Cobra, luogotenente dei Black Saints, flagello dell'umanità.-
Qualcosa fece click nella mente di Soichiro, ma quando si allontanò si trovò bloccato dalla mano di Michiru. I due cominciarono a discutere sottovoce.
-Che c'è ora--
La voce di lei tremò, ed uscì a fatica.
-...no, no, resta, ti prego!-
-Non volevi che me ne andassi?- Domandò di rimando, perplesso.
-Ho... ho paura!- annunciò la ragazza, tra le lacrime, senza nemmeno sapere cosa volesse. -Voglio che tu ti salvi, ma ho paura! Non voglio restare sola! Il... Il momento che mi vedranno, mi uccideranno. Io non voglio morire, ma...-
Soichiro si mise una mano in fronte.
-Due minuti fa volevi esattamente l'opposto.-
Michiru si trovò spiazzata. Si, era esattamente quello che era successo: la paura e la conoscenza in prima persona delle crudeltà che Queen Cobra era in grado di compiere le impedivano di pensare chiaramente, e qualsiasi cosa formulasse usciva confusa e priva di senso nel momento in cui cercava di metterla a parole.
La mano di Soichiro calò lentamente sul braccio di lei con fare rassicurante, e le sue parole seguirono subito:
-Calmati. Analizza la situazione. Se li c'è davvero un'altra Queen Cobra, sei l'unica che può affrontarla ad armi pari.-
Calmati e analizza la situazione...
Ecco cosa era successo ad Agni. Non era morto: l'aveva abbandonata per salvarsi e cercare un'altra Queen Cobra per rimpiazzarla. I malori, il vomito... probabilmente erano i sintomi di una crisi di astinenza. Lei era stata lasciata li a morire, ed erano venuti a cercare il corpo.
Agni. Agni l'aveva trasformata. Agni era interfacciato direttamente con il suo corpo... col suo cervello. Agni era la chiave di tutto. La confusione si trasformò in decisione, e riuscì a mantenere il sangue freddo abbastanza a lungo per formulare una strategia disperata.
-V-vai nel passaggio. Torna nel supermercato, prendi i coltelli che hai usato per cucinare. La-la mannaia dovrebbe andare bene.- ordinò, con un tocco di esitazione -Attirerò Queen Cobra lì, e la terrò impegnata. Appena hai occasione... Stacca la testa ad Agni.-
Soichiro strabuzzò gli occhi, sorpreso. Era ovvio che aveva bisogno di chiarimenti, cosa che fu pronta a dare:
-Agni. E' lui che la controlla. E' lui che controllava me... E' lui Queen Cobra. Vai, fa quello che ti ho chiesto. E muoviti con molta cautela... se riesco a ottenere la sua attenzione dovrebbe non sentirti, ma ha pur sempre i sensi più sviluppati di un essere umano normale.-
Soichiro si guardò attorno perplesso, mentre cercava di unire i puntini, poi annuì con fare non molto deciso, prima di alzarsi e allontanarsi con cautela. Lei, invece, scattò in piedi e girò l'angolo con decisione, cercando di fare quanto più rumore possibile.

Che accidenti stava facendo!? Non era il tipo da azioni eroiche, infatti se la stava facendo sotto dal terrore. In una situazione del genere, Michiru Kato si sarebbe chiusa in posizione fetale in un angolo sperando in una morte rapida, ma in quei due giorni - no, in quei cinque anni - avevano avuto un effetto terrificante sulla sua psiche e non sapeva più se si conosceva o meno.
Dopotutto, non aveva più scuse. Non poteva tornare alla vita di prima, non poteva più essere né una studentessa del liceo, timida, volenterosa e desiderosa di un fidanzato, né Queen Cobra, una vigliacca che si faceva forte sulle debolezze altrui e che letteralmente provava piacere a dare ordini. Non aveva più posto in nessuno di quei mondi. L'unica persona di cui si fidava in quel momento le aveva detto due cose chiare, ma vere : non fare più la vittima, e sii uno scudo. E visto che ormai la sua vita non valeva più niente, avrebbe potuto mettere in pratica entrambe le cose.
Avanzò con spavalderia a braccia conserte, nascondendo il terrore, al centro del corridoio, trascinando i piedi rumorosamente per coprire la ritirata di Soichiro e fissando i suoi avversari con un broncio di finta decisione.
Erano quattro Corallo, tre uomini e una donna, armati con il fucile d'assalto standard dei Black Saints. Avrebbe potuto sopraffarli tranquillamente in un combattimento corpo a corpo, se non fosse che, in mezzo a loro, si presentava Queen Cobra.
La nanotuta era uguale alla sua, un body verde olivina decorato a squame e dei leggings con un motivo simile. Dall'elmo, uguale a quello andato in pezzi, spuntavano lunghi capelli castani come i suoi, e un volto di donna con gli occhi coperti da una visiera e le labbra color rosso scarlatto. Non indossava l'armatura da combattimento, probabilmente sicura di non incontrare alcuna resistenza: la sua divisa si limitava alla tuta e agli stivali sopra il ginocchio, completamente privi di qualsiasi piastra o parastinchi. Stringeva tra le mani una frusta di cuoio, ben diversa dal frusta a catena che era solita tenere alla cintola. Sarebbero sembrate indistinguibili se la nuova Queen Cobra non avesse avuto un piccolo neo al lato della bocca.
Avvinghiato attorno al suo torso era Agni, che svettava dalle sue spalle come una seconda testa.
Il sangue le raggelo nelle vene. Le gambe le intimavano di correre il più possibile nella direzione opposta, ma Soichiro contava su di lei. E mentre nella testa testa di Michiru stava avendo vita un acceso dibattito sul fuggire o sul provare quell'ultima disperata azione, Queen Cobra la guardava con una leggera smorfia di sorpresa.
-Dunque... Sei viva, sorella.-
-Non sono tua sorella.- rispose, all'inizio esitando, poi il ricordo di Soichiro la riportò all'ordine. -Fammi indovinare, ti hanno detto che sono stata uccisa in combattimento e che dovevi recuperare il mio corpo?-
Le labbra della nuova Queen Cobra si imbronciarono. Sbatté la frusta arrotolata sul palmo della mano libera un paio di volte, formulando una risposta adeguata.
-Osi schernirmi?- scandì, trascinando le lettere sibilate non per questione tematica, ma perché aveva chiaramente un difetto di pronuncia. -E' da quando hai preso il posto di nostra madre che aspettavo il momento per sostituirti, e-
-E' tutto finto!- la interruppe Michiru, una voce straziata, rompendo finalmente la postura saccente-Io e te non siamo sorelle, non ti ho mai visto in vita mia! E' quel- quel COSO a fartelo credere!-
Stava per indicare Agni, ma si corresse all'ultimo istante e indicò l'elmo che la sua controparte aveva in testa. Non doveva insospettire il serpente, specialmente se, come supponeva, aveva davvero una volontà propria e controllava la giovane davanti ai suoi occhi. Meglio non dare l'impressione di aver capito tutto.
Queen Cobra strinse entrambi le mani attorno alla frusta, che cigolò dallo sforzo, prima di ruggirle addosso.
-Allora mi stai prendendo in giro! Io detesto essere presa in giro! E il fatto che tu sia mia sorella non mi impedirà di dare l'ordine di ucciderti, sciocca!-
La donna con l'elmo alzò la mano destra per fare cenno ai propri subordinati, ma fu troppo lenta. Michiru ricordava bene quelle parole, e, mentre pronunciava il suo cenno di sfida, sperò che anche questa Queen Cobra fosse davvero un cattivo da operetta come lo era stato lei.
-Vigliacca.-
L'effetto che ebbe su sua "sorella" fu lasciarla di sasso, completamente immobile. Le labbra scarlatte si mossero con fare confuso, prima di riuscire a pronunciare qualcosa.
-Come diavolo ti permetti...-
Le rivolse un ghigno nervoso: aveva funzionato. Ora doveva solo toccare tutti i tasti sbagliati.
-Sei qui davanti a me, armata, in vantaggio... E lasci che siano i tuoi soldati a fare il lavoro sporco? Mi aspettavo tutto questo “coraggio” da te.- Continuò con fare sarcastico, cercando di reprimere il panico nella voce. -Eppure ti nascondi dietro ai tuoi uomini. Vigliacca.-


E quella era stata la prima parte, quella facile. La seconda parte, ovvero rispondere al fuoco ad un avversario con le sue stesse abilità, ma meglio armato e meglio protetto, era decisamente più impegnativa.
Michiru e la nuova Queen Cobra si stavano affrontando a duello - o meglio, in un due contro uno, in quanto Agni continuava ad interferire avvinghiandosi, stritolando e mordendo ad ogni occasione. L'unica sicurezza che aveva contro di lui era l'immunità al veleno, ma la cosa non la aiutava, visto che non appena riusciva a togliersi il serpente di dosso la sua controparte con l'elmo iniziava a far piovere frustate, che seppur causassero più dolore che ferite le facevano perdere la concentrazione.
Era stata una pessima idea: lo sapeva che Queen Cobra e Agni combattevano insieme, in fondo era sempre stata parte di quel duetto. L'esperienza maturata a schivare attacchi multipli da parte dei tre Excarangers la aiutava, ma quella ormai era quasi una coreografia imparata a memoria: ora doveva improvvisare, e come aveva sempre detto il professor Miyamoto, era sempre stata pessima ad improvvisare.
Ecco, il fatto che le stessero tornando in mente le lezioni di violino le fece capire quanto fosse spacciata: forse era vero che prima di morire si rivede la propria vita scorrere davanti agli occhi.
Continuò a retrocedere verso il passaggio, non seguita dai Corallo, cercando di tenersi abbastanza alla luce per riuscire a vedere cosa stava accadendo. Rimaneva una rampa di scale e...
Si accorse di aver calcolato male le misure quando Queen Cobra, con un calcio, la fece ruzzolare di sotto. Si alzò: niente di rotto, per fortuna. Una luce proveniente da dietro le sue spalle le aveva fatto capire di essere al posto giusto, ma fu colta alla sprovvista e placcata dalla sua controparte, che le afferrò i polsi e bloccò le caviglie, assicurandola al suolo. I tentativi di dimenarsi erano inutili - la sua avversaria era forte quanto lei, e aveva anche il peso dalla sua parte.
-E' stato divertente, sorellina, ma la corsa termina qui.-
Non la stava ascoltando - si stava solo preoccupando che Agni seguisse la sua "padrona" giù per le scale, e sperava che Soichiro fosse in posizione. Questa sua noncuranza fu notata - Queen Cobra le strattonò le braccia in alto, bloccandole entrambe con una mano sola, e si rivolse direttamente a lei, a pochi centimetri dal suo volto... Mentre la visiera dell'elmetto si apriva, non promettendo niente di buono.
-Ascoltami quando ti parlo! Sai, consideravo l'idea di ucciderti, ma poi ho pensato... Sai di cosa abbiamo bisogno alla base? Di Serpenti Corallo.-
I suoi occhi iniziarono a produrre una luminescenza rossa che Michiru conosceva troppo bene. Cercò di controbattere con i propri poteri nel tentativo di costruirsi una protezione mentale, ma aveva dato troppo tempo alla sua avversaria per prepararsi e si trovò in netto svantaggio.
-Ma non voglio farti diventare un Corallo qualunque, oh no! Non mi limiterò a lavarti il cervello! Ti cancellerò ogni singola memoria, una per una, dovessero volerci delle ore! Tu... Non sei degna neanche di avere la possibilità di ricordarti di essere stata Queen Cobra!-
Il suo volto venne travolto da una potentissima onda ipnotica, dando via ad una battaglia mentale che si svolse per quelle che sembravano ore, sebbene fossero pochi attimi: Michiru aveva dalla sua parte l'esperienza e ciò le permetteva di difendersi egregiamente, ma la sua avversaria aveva iniziato in anticipo, e non doveva sperare che qualcuno venisse a salvarla. La situazione volgeva davvero al peggio: Queen Cobra stava facendo breccia nelle sue difese, e, seppure combattesse con tutti i suoi sforzi, ancora qualche istante e Michiru Kato si sarebbe fatta da parte per fare spazio all'ennesimo Serpente Corallo.
La sua barriera si infranse, ed il suo mondo si spense.


Non aveva più idea di cosa la circondasse. Non sapeva dove fossero né Agni né Soichiro, né tanto meno le importava. Tutto quello che voleva era il non staccarsi più dai quei bellissimi occhi dalla luce vermiglia che la fissavano...
Occhi che un attimo dopo guardavano altrove, facendola tornare improvvisamente a mente chiara. Ci mise un attimo prima di riprendersi, abbastanza a lungo per farle intravedere le due mani che avevano afferrato la testa di Queen Cobra deviando lo sguardo ipnotico, poi l'istinto la fece rotolare di lato, sbilanciando sia lei che la sua controparte, facendole cadere entrambe per una lunga rampa di scale nell'oscurità... e nel buco che c'era alla fine, dove il pavimento crollato dava spazio ad una caduta di diversi metri.

Era la seconda volta che cadeva nel giro di pochi giorni, stava sperando che non fosse diventata un'abitudine. Fortunatamente non aveva perso conoscenza, quindi si concentrò immediatamente, alla ricerca di movimenti... che non trovò.
Afferrò la torcia che aveva ancora appesa alla cinta. Il vetro si era rotto, ma la luce funzionava. Trovò vicino a sé uno scintillio verde, e, seguendolo, il corpo immobile della nuova Queen Cobra.
-Oh no.- mormorò, mentre si rendeva conto di cosa fosse appena successo.
In un attimo le fu addosso e le tolse l'elmo, puntandole la torcia negli occhi, prima di rendersi conto che erano comunque ciechi e che probabilmente non avrebbero comunque avuto alcuna reazione. Il preda all'indecisione, cercò di metterla sul fianco, ma il collo di lei si piegò in modo innaturale.
-No, no, no!- imprecò, scuotendola per cercare di svegliarla.
Il lavaggio del cervello aveva reso, ai suoi occhi, la vita umana priva di valore, un mezzo per un fine, e, anche se Michiru ormai era di nuovo padrone di sé, nel corso di quegli anni aveva assistito ad abbastanza caduti in combattimento, morti accidentali e omicidi (alcuni effettuati di sua mano) da desensibilizzare quella parte di sé che dava importanza all'esistenza altrui, rendendola stoica, seppur rammaricata, di fronte alla morte di qualcuno per propria responsabilità.
Ma, data la situazione, quella parte si svegliò dal torpore tutta insieme, dando vita ad un improvviso brivido gelido che le partì dalla base del collo diffondendosi in tutto il corpo accompagnato da una sensazione di orrore e di vergogna che le scosse le membra.
Voleva salvarla. Voleva togliere di mezzo quel maledetto serpente che la controllava e salvarle la vita... e ora giaceva li davanti a lei, morta con il collo spezzato dalla caduta.

La fissò in volto. Era anche lei una ragazza del liceo, che per giunta le somigliava un po'. Anche lei aveva dei sogni, delle ambizioni, dei dubbi e delle certezze... ed era morta per la seconda volta, per mano sua. Poggiò quella povera ragazza senza nome per terra, e si lasciò andare.
-Non... Non volevo questo... Mi dispiace....-
Le tornarono in mente come un torrente tutte le vittime innocenti che si era lasciata dietro quando portava il nome di Queen Cobra, e di come se ne fosse poco curata. Adesso, avrebbe dovuto aggiungerne una sotto il nome di Michiru Kato, e non riuscì a trattenere le lacrime.
Non era possibile. Per una volta che aveva provato a fare del bene...
Voleva che tutto ciò non fosse accaduto, che tutto se ne andasse via, dimenticare di essersi risvegliata. Poco importava se per farlo si sarebbe giocata di nuovo la propria volontà: avrebbe davvero preferito non avere più alcun tipo di sentimento, piuttosto che...
Si fermò. Ma che diavolo stava pensando? Mica stava desiderando di essere di nuovo un mostro senza rimorso? Le ci volle un attimo prima di rendersi conto che quei pensieri non erano suoi.
FALLO ANDARE VIA.
Una voce maschile profonda e melliflua che non aveva mai sentito fino a quel momento le parlò dritta nella testa – la sorpresa la fece cadere seduta. Si guardò attorno ondeggiando la torcia, confusa, ed era lì: Agni la guardava dalle ombre. Si sentiva mesmerizzata e tranquillizzata dalla presenza del serpente, ma ora che conosceva la sua vera natura rimase sul chi vive: non sarebbe caduta facilmente nello stesso tranello.
-Tu... Che cosa hai fatto a Soichiro!?- gli urlò, in preda all'ira.
CHI? IL RAGAZZO DEL SUPERMERCATO? NON MI SEMBRA DI AVERLO VISTO, CREDO CHE SE NE SIA ANDATO.
-Bugiardo!- riprese, sempre da alta voce -Se non era lui, chi credi che ti abbia...-
Agni sibilò furioso, scattando in avanti. Michiru si trovò costretta al silenzio, impaurita dall'improvvisa reazione quasi umana.
NON E' NE' IL LUOGO NE' IL MOMENTO, MICHIRU KATO. proseguì il rettile, avvicinandosi a lei con fare circospetto. HAI APPENA UCCISO QUEEN COBRA. QUALCUNO DEVE RIMPIAZZARLA.
Quel termine: ucciso. Il gelo la attraversò di nuovo da capo a piedi, mentre distoglieva lo sguardo facendosi piccola piccola, in preda al rammarico. Poi, realizzò, e fu di nuovo travolta da un impeto di energia che le fece di nuovo sfidare lo sguardo del rettile.
-No, mai più!- annunciò con forza, prima che il nodo alla gola le strozzasse la voce -Non...non voglio...-
PREFERISCI VIVERE IL RESTO DELLA TUA VITA COME UN PESCE FUOR D'ACQUA, VIVENDO SUL RIMORSO DI TUTTE LE VITTIME CHE HAI CAUSATO? era l'alternativa. Agni rincarò:
GUARDATI. IL TUO CORPO E' STATO DISTRUTTO E RICOSTRUITO PER SERVIRE I BLACK SAINTS, NON HAI ALTRO SCOPO. PER QUANTO TU POSSA CONVINCERTI CHE NON SIA VERO, TU NON SEI ALTRO CHE UN'ARMA. IL TUO SCOPO E' USARE, APPROFITTARE ED UCCIDERE GLI ALTRI A TUO PIACIMENTO, LA COMPASSIONE NON TI SERVE. FORZA. ARRENDITI A ME, LASCIA DI NUOVO CHE IL TUO LATO SELVAGGIO ABBIA IL SOPRAVVENTO E ANDRA' TUTTO VIA.
Un pensiero le attraversò la testa come un serpente: aveva ragione. Avrebbe dovuto passare il resto della sua vita ad affrontare le memorie di Queen Cobra, rivedendo ogni giorno tutto il male che aveva fatto. L'unico modo che aveva per combattere quei ricordi orribili... era dimenticare. Volse lo sguardo verso l'elmo: ormai le era chiaro che era un dispositivo di controllo, probabilmente, rendere cieca chi lo indossava era solo un metodo per sviluppare dipendenza, ponendola ulteriormente tra le grinfie di Agni. L'oblio era a portata di mano, e non era mai stato così attraente come in quell'istante...
Il suo braccio si avvicinò al casco a forma di cobra quasi da solo, e lo afferrò senza esitazione. Stava per indossarlo, quando ricordò.

Non essere un'arma. Non essere una vittima.

Le parole del ragazzo dal volto comune risuonarono di nuovo nella sua testa, dandole per un attimo la forza di reagire, ma si rese conto quasi immediatamente che, per lei, erano solo quello.
Parole.
-Avevi ragione tu, Soichiro...- sussurrò, calando lentamente il casco sul proprio capo, le mani tremolanti dal terrore e dalla consapevolezza della sua decisione -Ma io non sono abbastanza forte per farlo...-
La visiera si chiuse come uno scatto. Una sensazione intensa risuonò nel suo corpo, facendole perdere il controllo motorio e costringendola al suolo. Come l'elmo fu nuovamente sulla sua testa, un'infinita serie di immagini e di parole le inondarono la mente in un lunghissimo istante nel quale cercò di perdersi di nuovo nell'identità di Queen Cobra, di dimenticare il rimorso ed il senso di colpa, di farsi da parte, mettersi in un angolino, spegnersi e lasciare che un carattere più adatto alla vita che era stata scelta per lei prendesse il suo posto.
E SIA. TI LIBERERO' DA TUTTE LE CATENE CHE STRINGONO GLI ESSERI UMANI: LE LORO REGOLE NON HANNO PRESA SU DI TE. ETICA, GIUSTIZIA, QUESTE PAROLE PER TE NON AVRANNO SIGNIFICATO – L'UNICA COSA CHE AVRA' SIGNIFICATO SARANNO I TUOI DESIDERI PIU' OSCURI E IL MODO PER REALIZZARLI. TU SEI QUEEN COBRA, LUOGOTENENTE DEI BLACK SAINTS, FLAGELLO DELL'UMANITA'.
L'ultima frase continuò a risuonare nella sua mente, ripetuta come una litania, nel tentativo di farle perdere quel poco di presa che aveva sulla propria coscienza e spingerla di nuovo oltre il bordo, ma si trovò davanti una forza altrettanto impetuosa e ostinata: il rimorso. Le parole di Soichiro continuavano a rimbombare di sottofondo, combattendo in qualche modo gli impulsi ipnotici ed impedendole di abbandonarsi. Quelle parole le erano rimaste attaccate addosso in modo quasi innaturale, e seppure continuasse a trovarle assurde, idealistiche ed irragionevoli, ogni pensiero che Agni cercava di introdurle nella mente veniva respinto.

Non essere un'arma.

Diventa uno scudo.

Hai la possibilità di cambiare le cose.

Non essere una vittima.

Frasi aperte che potevano essere solo un'ispirazione per qualcosa, che potevano dare vita ad un estro creativo in un soggetto ricettivo. Ma una come lei, a cui la vita aveva tolto tutto, cos'altro poteva ambire ad essere, se non una vittima?

E poi capì: per quanto crudele, era lampante.

Non essere una vittima.
Se non vuoi essere una vittima...
Diventa il carnefice.

La conclusione a cui giunse la sconvolse totalmente. Se ci pensava bene, era una cosa naturale: al mondo esistono le prede ed i predatori – doveva abbandonare la sua natura di preda e diventare un predatore, anche solo se fosse stato per proteggere qualcuno.
-Io sono....-
La mente persa nel tentato lavaggio del cervello, un rivolo di bava che le colava dalla bocca, quelle parole furono così sussurrate che addirittura Agni fece fatica a sentirle.
Tu sei Queen Cobra, si. Quelle parole avrebbero dovuto riscrivere di nuovo la sua personalità, nascondere la sua memoria dietro ad un velo di nebbia e rimuovere ogni inibizione per renderla spietata, sadica e priva di qualsiasi morale, ma dopo aver vissuto per cinque anni una vita illusoria, dopo averne visto gli effetti e dopo aver incontrato il rimorso, si era resa finalmente conto della verità.
Tutto ciò che Queen Cobra aveva fatto in quegli anni... lo aveva fatto per mano sua – e lei non aveva provato nemmeno a fermarla, o meglio, a fermarsi. Queen Cobra non era una personalità alternativa - era lei stessa, la lei stessa che, sopra ogni regola degli umani, dava sfogo ai suoi desideri più reconditi e al suo lato selvaggio, alla parte di sé a cui era stata data sia la possibilità che il potere di fuggire dalle proprie responsabilità bruciando tutti i ponti e a cui era stata tolto l'obbligo di provare qualsiasi tipo di compassione umana.
Scappare non serviva a niente, non poteva fuggire da qualcosa che portava dentro: l'unica cosa da fare era affrontarlo, e l'unica che poteva farlo era sé stessa, tristemente ricca di quel bagaglio di esperienze che aveva vissuto in quegli anni.
Sè stessa, che era Queen Cobra. Sé stessa.

Si mise a sedere in modo quasi innaturale, pulendosi la bava dal volto strofinando la mano vicino a due labbra rosse come una mela ben lucidata.
DIMMI CHI SEI. IL TUO NOME. Le ordinò Agni. Passò qualche secondo, prima che la sua voce annunciasse, quasi esitando:
-Io...-
Ma la visiera del suo elmo si aprì, rivelando due palpebre chiuse, adornati da un make up colorato e pesante, trucco che iniziò a svanire pian piano. Le labbra assunsero un colore naturale, la pelle delle guance passò da un rossore fittizio al leggero rosato di una carnagione che rifugge il sole eccessivo, e gli occhi si aprirono, rivelando due globi marroni che fissarono il serpente con uno sguardo di sfida.
Poi quella frase, che definiva tutto il suo essere.
-Io sono... Michiru Kato. Nessun altro.-




INTERESSANTE... SEMBRI AVER SVILUPPATO UNA RESISTENZA ALLA MIA INFLUENZA.
-Nessuna resistenza.- replicò Michiru, togliendosi il casco e scuotendo la testa, dando aria ai propri capelli- Ho solo deciso di non scappare.- SCIOCCA. FINO A POCHI ISTANTI FA ERI DISPOSTA A GETTARE LA TUA RITROVATA LIBERTA' PER NON AFFRONTARE IL RIMORSO. COSA TI FA CREDERE DI POTERLO FARE ADESSO?
-Non è il poter fare... è il dover fare. E' una responsabilità, non una possibilità.- rispose con fare greve dopo qualche istante di silenzio.
Singhiozzò mentre le labbra le si stringevano, quasi una linea, mentre il serpente iniziava a ondeggiare, probabilmente dalla rabbia.
TU.... COME TI PERMETTI DI....
-Di cambiare il tuo piano perfetto?- domandò a voce strozzata. -Lo provavo anche quando ero Queen Cobra, lo sai? Era tutto perfetto, funzionava tutto a dovere, e non c'era una virgola fuori posto. Ma non era rassicurante, era una sensazione di ristagno, opprimente. Il vivere ogni giorno come il precedente, come un gruppo teatrale che prova ogni mattina la recita per lo spettacolo della sera. Io.... sono disposta a farmi carico degli orrori che Queen C-no, che io ho commesso per l'opportunità di rompere questo ciclo.-
Agni si fermò.

TI RITIENI DAVVERO RESPONSABILE DI TUTTO CIO' CHE HAI FATTO MENTRE NON AVEVI IL CONTROLLO DI TE?
Le parole le vennero su da sole. Ammise finalmente con tono sicuro, chinando il capo per la sconfitta.
-Responsabile, si, ma di non avere neanche provato a fermarmi.-
Agni sibilò, e sibilò ancora. Chiuse infine la distanza che lo separava da Michiru, e si avvolse attorno al suo corpo con fare quasi materno. Lei si fece coraggio e non reagì, sebbene il suo corpo volesse tirarsi indietro per il ribrezzo.
TI PRENDI CARICO DELLE COLPE DEL TUO LATO DISINIBITO... E' UN MODO INTERESSANTE DI GUARDARE LA SITUAZIONE. QUINDI... TU VORRESTI “ROMPERE IL CICLO?”
-Si.- affermò, decisa.
Il serpente si sporse dalle sue spalle, e la fissò in volto da pochi centimetri di distanza. I loro occhi si incontrarono nella penombra, senza esprimere alcuna esitazione.
HO SERVITO I BLACK SAINTS PER ANNI, IN UNA FORMA O NELL'ALTRA. affermò. HO INCONTRATO TANTI CHE LA PENSAVANO COME TE... E NESSUNO DI LORO E' MAI RIUSCITO A CAMBIARE LE COSE. COSA CREDI DI AVERE DI PIU' DI LORO?
Cercò di non distogliere lo sguardo, ma gli occhi inquisitori del serpente iniziavano a farsi pesanti, scalfendo pian piano la sua determinazione. Per non affrontarli chiuse le palpebre, approfittandone per pensare a mente libera.
Cosa aveva più degli altri? A parte il controllo sul proprio corpo, ovviamente. Ci mise qualche secondo, prima di arrivare all'unica conclusione plausibile.
-Non credo di avere niente.- constatò, prima di tornare a fissare il suo avversario con occhi di fuoco- Ma è una questione di tempo prima che io riesca a scoprire se ho i numeri. E se dovessi fallire... tu potrai avermi.-
Agni sibilò. La lingua del serpente le toccò il naso, ma riuscì a combattere la repulsione abbastanza a lungo per non tirarsi indietro. Alla fine, il cobra le si posò sulla spalla con fare rilassato.
SEI PIU' MODESTA DI TANTI ALTI PAPAVERI. MOLTO BENE, MICHIRU KATO. TI DARO' IL MIO AIUTO. DIMOSTRAMI DI ESSERNE DEGNA.
-Non ti deluderò.-

Il senso di incredulità e di pesantezza la accompagnarono mentre risaliva le scale, tenendo in una mano l'elmo a forma di serpente e reggendo sull'altra spalla il corpo privo di vita del suo successore. Aveva appena giurato a sé stessa di farsi carico di tutte le malefatte commesse dal suo alter ego, e ciò le aveva permesso di evitare il controllo mentale e di mantenere la propria identità. Ma era un bagaglio pesante da portare, e per quanto ostentasse il contrario non sapeva se ce l'avrebbe fatta. Ormai non aveva più alcun dubbio: avrebbe dovuto veramente cambiare i Black Saints, o quel peso l'avrebbe schiacciata. Era il cammino che doveva percorrere, e in un modo o nell'altro ne avrebbe dovuto vedere la fine.
Lei era Queen Cobra. E di rimando, Queen Cobra era lei. Tutto ciò che il suo alter ego aveva realizzato erano sue perversioni e fantasie più oscure, atti che la sua empatia non le avrebbe mai permesso di svolgere, ma che, libera dai limiti dell'empatia umana, aveva portato a termine, senza alcun significato apparente per Queen Cobra ma pieni di significato per Michiru Kato. Agni le aveva soltanto dato il mezzo, tutto l'operato della donna serpente in quei cinque anni era la sua anima che si scatenava.
Era dura da accettare, ma era sicura che con il tempo lo avrebbe fatto.
Si fermò a guardare nel passaggio che portava ai resti del supermercato. Soichiro era ancora lì ad aspettarla, o era scappato per davvero? Avrebbe potuto estendere i propri sensi oltre i limiti del proprio corpo per scoprirlo, ma voleva davvero saperlo? Forse sarebbe bastato chiamarlo, chiarire, raccontargli tutto?
No. Non avrebbe visto altro che Queen Cobra che si portava dietro un cadavere. Non avrebbe reagito bene.
-Soichiro-san...- sussurrò, sapendo che non era lì a sentirla.-Quando questa storia sarà finita, andiamoci a prendere qualcosa insieme. Un gelato, un hamburger, qualcosa. Guardiamoci un film. Ascoltiamo un disco insieme. Qualsiasi.. qualsiasi cosa. Fatti rivedere, ok?-
E si avviò, indossando il casco e attivandolo con un semplice impulso mentale. All'entrata, i Serpenti Corallo la avrebbero riconosciuta come leader per la presenza di Agni, credendo che il corpo tra le sue braccia fosse quello della disertrice che aveva sfidato il suo onore con parole di sdegno.
Nessuno avrebbe saputo che la donna che avanzava zoppicando in realtà era una minaccia per l'ordine dei Black Saints, per il Consiglio, per il Santo, e per sé stessa.
Nessuno.
Mai.



Almeno nelle intenzioni.





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Ecco, ho messo i primi due capitoli, che sono effettivamente solo un'introduzione. Ho sparato, ho mancato, poi ho sparato, e ho mancato di nuovo, la cosa è andata avanti per diverse ore. 

N.d.A: la storia è completa e in fase di rilettura/correzione. Spero di pubblicarla nella sua interezza in tempo umano, ma se vi è piaciuta e vi interessa considerate l'idea di farmi da beta reader e aiutarmi nella correzione, in modo da permettermi di pubblicare il resto dei capitoli il prima possibile. Nel caso, fatevi vivi nei commenti.

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Capitolo 3
*** Pessime novità ***


cap3

Non era andata bene neanche quella volta, ma dov'era il bello se tutto filava liscio? D'altronde, si era già preparata. Un singolo scambio di pacco con uno dei suoi fedeli subordinati, e Queen Cobra spariva per fare posto a Michiru Kato. Armatura ed elmo se ne tornavano in base ad aspettarla, mentre lei - dopo un veloce cambio di abiti - assumeva l'aspetto ora di una scolaretta, ora di una donna di affari, ora di una turista, con un'abilità da trasformista che anche se lungi dall'essere perfetta risultava piuttosto convincente . Imparare a controllare la nanotuta per farla sparire sottopelle era stato facile - si chiedeva perché, nei suoi cinque anni sotto il controllo di Agni, non si ricordasse di aver mai usato quella capacità, imparare a nascondere Agni un po' meno, ma i cappotti che il gelo invernale la costringeva ad indossare si erano rivelati alleati preziosi tanto quanto il serpente. Ne valeva la pena, però: il vedere i due Excaranger arrivare sul posto e perdersi il grande combattimento perché i loro avversari avevano abbandonato il tavolo portandosi dietro tutte le fiches era uno spettacolo, almeno per cinque minuti; quando vide Excayellow piantare i sai per terra dalla frustrazione, cadere in ginocchio e mettersi a piangere il rimorso la soverchiò, conscia dell'astio portato verso di lei dall'amica della giustizia vestita di giallo.

Povera Aika.
Non erano le uniche cose che aveva imparato. Agni stesso, ad esempio, non era un normale serpente né tanto meno un serpente alieno, ma un'unità di controllo biomeccanica in grado di trasformare chiunque in Queen Cobra con un singolo morso nel giro di qualche ora, ed il suo nucleo di Intelligenza Artificiale esisteva da ancor prima che lei nascesse. Gli stessi Black Saints, ugualmente, non erano né alieni, né mostri, né esseri sovrannaturali, ma una “semplice” cospirazione contro l'ordine del mondo che andava avanti da secoli, che cessava di essere “semplice” nel momento in cui ci si accorgeva che aveva sempre a disposizione mezzi tecnologici fantascientifici rispetto all'era in cui operavano.
Quei mesi passati in prima persona al loro servizio le aveva fatto inoltre capire quanto effettivamente fossero campati in aria i piani che le venivano affidati, e come - infallibilmente - finissero sempre con una battaglia campale dove gli Excaranger combattevano a orde i suoi Serpenti Corallo, la affrontavano, riuscivano a metterla in minoranza e la scacciavano via. Un combattimento senza vittime, insomma, anche se l'esito si faceva sempre più incerto da quando i suoi nemici giurati erano rimasti solo in due.
"Questa volta vi siete salvati, ma la prossima volta..." si era allenata a dirlo in modo sempre più minaccioso, poi più canzonatorio, l'ultima volta li aveva addirittura invitati ad andare a prendere il ramen insieme e a giocarsi la vittoria a carte.
Aveva imparato a prenderla alla leggera, perché in realtà a nessuno importava chi vincesse quelle schermaglie, tranne a ExcaYellow per ovvi motivi.
Non era sempre stato così - cinque anni prima i loro piani erano davvero diabolici, non sembravano scritti da un bambino di cinque anni. Qualcosa era cambiato, e gli unici a non essersene accorti, apparentemente, era proprio l'Excalibur, ma il dimostrare la propria esistenza all'organizzazione che gestiva la Excaforce sembrava cruciale per qualche motivo quindi aveva deciso di fregarsene e di stare al gioco.
Una suono di metallo contro metallo accompagnato da dei passi molto veloci le arrivò all'orecchio, facendosi sempre più vicino.
-Michiru!- esclamò una Corallo spuntato dal vicolo affiancandola, mentre lei, dall'angolo, osservava la scena.
Riconobbe la voce, ma non sarebbe stato necessario, in quanto era l'unica della sua squadra a chiamarla per nome. Riconobbe immediatamente la silhouette di una ragazza poco più bassa di lei con a tracolla di armi da fuoco di ogni tipo, e la riprese, il volto una smorfia di disappunto.
-Ventise-ehm, Marina! Ti ho già detto di starmi lontana, quando sei in uniforme! O ti devo ricordare cosa vuol dire incognito?!-
-P-perdonami, Micchan...- riprese la voce della ragazza, un po' meno spavalda di prima -ma credo che questa volta dovresti affrontarli.-
-E perché?- Domandò con calma-Non abbiamo fatto alcun tipo di progresso né impostato alcun tipo di installazione, andare in battaglia adesso sarebbe davvero fine a sé stesso.-
Si sporse di nuovo oltre l'angolo, e sospirò. In realtà, avrebbe voluto farsi vedere in un altro modo, andare lì e consolare Excayellow in modo sincero, ma l'unico modo che aveva per farlo era mettersi elmo e armatura, impugnare la frusta, guidare un piccolo manipolo di Corallo ad affrontarli dando così senso alla loro giornata. Ci ripensò: si, valeva la pena di affrontarli quella volta, almeno per dare un po' di soddisfazione ad ExcaYellow; forse avrebbe anche approfittato della schermaglia per lasciarsi dietro qualche soldato permettendo così alla Excalibur di riportarli alle loro famiglie.
-D'accordo, facciamolo. -ordinò a Marina.- Ce l'hai tu il mio equipaggiamento, no? Passa qua.-
Non poteva liberare l'intero corpo dei Serpenti Corallo, ma non era stata una cattiva idea far uscire dal trance sua sorella. Le aveva raccontato tutto, ogni cosa, senza trattenersi né mentirle. Dopotutto non era giusto tenerla all'oscuro, non dopo quello che aveva passato, e dopo due schiaffi con la forza di impatto di un treno e molte urla si erano ritrovate. Ora Marina era la sua luogotenente ufficiosa, e la prima a suggerirle come affrontare l'Excalibur. Una persona di cui fidarsi in un mondo dove tutti la guadavano con disprezzo o con terrore.
Michiru Kato sparì, e al suo posto comparve Queen Cobra. Una piccola riconfigurazione del suo sistema in nanomacchine per coprire le labbra naturali e far apparire un piccolo neo al lato della bocca, e via, a scalare la parete per raggiungere il tetto del palazzo da cui annunciare la propria presenza con una risata fastidiosissima che aveva passato settimane a perfezionare.
Era una cosa orribile – si sentiva orribile - ma visto che era costretta a salire sul treno, tanto valeva godersi il viaggio.

-Yellow, in piedi! Quella è Queen Cobra!-
In posa drammatica sul tetto di un piccolo complesso di uffici di appena due piani, stava ripassando tutte le battute sarcastiche che si era preparata come risposta, ma perse la calma. La risata fu sincera. Marina, al suo fianco, si trattenne molto meglio, probabilmente perchè prendeva la cosa più sul serio.
-C-come ti permetti di riderci in faccia?- le ringhiò contro ExcaYellow, con una voce straziata, mentre si alzava dalla posizione inginocchiata ed estraeva le armi dal suolo.
Le bastò sentirla così per ritrovare la facciata: il morso al cuore durò pochi attimi, il tempo di ricordarsi che se doveva comportarsi da cattiva era anche per lei. Si schiarì la voce, poi si ricordò di un dettaglio che voleva portare alla loro attenzione, ma che continuava a dimenticare. Trattenne le risate.
-E' da un po' che mi chiami così, Blue.-
La frase spiazzò entrambi i ranger, che si guardarono con fare confuso. Il soldati in blu avanzò, stringendo la naginata tra le mani, e le chiese con fare nervoso:
-Di che parli?-
-Non ero Queen Snake?- domandò subito lei, sorniona.- Vai piano con le confidenze, non ti ho mica permesso di chiamarmi per nome.-
ExcaYellow colse l'esitazione di ExcaBlue a rispondere, prendendo parola; la sua postura si fece molto più aggressiva.
-Confidenze un corno! Vieni qui, puttana, te la farò pagare per Red!-
-Piano con il linguaggio, Yellow! Ci sono dei bambini a guardarvi in televisione.-
ExcaYellow lanciò un urlo che sembrava un ruggito, e, nonostante i tentativi di ExcaBlue di trattenerla, si lanciò in un unico salto in alto per raggiungerla sul tetto. Michiru si portò la mano al mento, senza distogliere lo sguardo dalla sua avversaria.
-Forse ho tirato troppo la corda.-
VUOI ESSERE SERIA PER UN MOMENTO? La voce di Agni risuonò nella sua testa.
La ragazza cobra si limitò ad estrarre la frusta con pigrizia e ad avvolgere le armi del ranger giallo senza fatica, per poi lanciare il tutto fuori portata. Ne seguì un calcio rotante che colpì la ranger in giallo al fianco, facendola ruzzolare sulla terrazza, mentre il suo collega in blu aveva appena fatto il suo ingresso arrampicandosi rapidamente sulla facciata del palazzo.
-Non ci riesco!- replicò lei, completamente presa dalla conversazione con il suo serpente da compagnia pur avendo la mente da un'altra parte.- -Immagino che anche tu te ne sia reso conto, questi tipi parlano e combattono sempre allo stesso modo! “Te la farò pagare”?! Sembra un manga, è tristis--
Fu interrotta, o meglio, l'intera schermaglia fu interrotta dal suono di un motore jet a breve distanza che fischiò nelle orecchie di tutti. Michiru si voltò verso la fonte del suono giusto per vedere qualcosa allontanarsi nel cielo, ed una figura nera alzarsi dal pavimento – letteralmente, iniziando a fluttuare a pochi centimetri dalla superficie del tetto.
Portava il chiaro marchio di fabbrica di Excalibur, ma non era un Excaranger: era chiaramente un umanoide, ma indossava un'armatura molto più pesante del resto della squadra, insieme ad una serie di grossi propulsori sulle spalle che lo tenevano sollevato dal suolo.
Tutti i presenti - Excaranger inclusi - si fermarono a guardarlo, intimoriti. Marina si avvicinò discretamente a Michiru, e sussurrò.
-Forse... dovremmo ritirarci.-
CONCORDO.
I suggerimenti di tutti e due i suoi alleati arrivarono alla ragazza serpente in verde quasi simultaneamente. Avevano entrambi ragione, ma sebbene la figura scura le mettesse soggezione, la guardava con occhi scintillanti: era una cosa nuova. Una scarica di adrenalina la prese in pieno, e mise un ghigno soddisfatto.
Disarmò ExcaYellow, che aveva nel frattempo tirato fuori altri due coltelli dalla cintura, la afferrò, la scagliò di nuovo lontano e si rivolse alla propria sorella.
-Evacuiamo in sessanta secondi. E' la prima volta che vedo questo affare, e non ho intenzione di andarmene senza metterlo alla prova.- commentò - 26, 51, 33, tenete sotto controllo questi buffoni in calzamaglia. Agni, raccolta dat--
Qualcosa la colpì in pieno stomaco, e riuscì a mantenersi in piedi e a non cadere giù dal tetto solo facendo appello a tutte le proprie forze, rimanendone trascinata e fermandosi a pochi centimetri dal cornicione. Voltandosi finalmente a guardare, si accorse che il misterioso avversario era ancora fermo al suo posto, e tutto ciò che aveva fatto era stato alzare un braccio contro di lei. Stava per esprimere la propria curiosità, ma il serpente spiegò in modo abbastanza chiaro.
PUGNO A RAZZO. MASSA 21KG, VELOCITA' DI IMPATTO 110KM/H, ANALISI COMPLETATA. IL SECONDO E' MIRATO AL TUO VOLTO ED E' IN ARRIVO. SCHIVA A DESTRA.
L'avviso di Agni le permise di evitare il secondo pugno, che le sfiorò l'elmetto.
-Pugno a razzo, eh... mi sbagliavo, questo non sembra un manga: questo è un manga!- osservò con un ghigno nervoso -Non riescono proprio a fare i seri alla Excalibur, eh? Vediamo che succede se lo rispedisco al mittente!-
Afferrò la massa di acciaio che aveva ancora sulla pancia, mettendo in mostra la piastra di armatura visibilmente ammaccata, e la lanciò con tutte le sue forze contro l'avversario in nero. Era sicura che il suo lancio più veloce andasse ben oltre quella velocità, quindi quando vide l'oggetto girarsi a mezz'aria e attaccarsi dolcemente al moncone dell'uomo in armatura provò un po' di disappunto.
-Oh. Me lo dovevo aspettare.- Rimase fissa a guardarlo riprendendo fiato in mezzo alla schermaglia. Intercettò il secondo pugno, che volava lentamente in traiettoria di rientro, e lo scagliò per terra.
-Ma e' dalla nostra parte!?- sentì urlare ExcaYellow. La risposta di ExcaBlue si perse in mezzo ai rumori, ma lo stemma della Excalibur dipinto crudemente sull'armatura del petto non lasciava dubbi.
Capì immediatamente che pugni e calci non sarebbero bastati, questa volta.
-Sei tosto, eh? Vediamo se questo ti piace. 26, il lanciagranate.-
Marina, senza interrompere il suo duello con Yellow, si slacciò un fucile da dosso e lo lanciò con precisione alla sorella che lo raccolse al volo, il tutto in un singolo fluido movimento che avrebbe fatto impallidire un artista di circo. Michiru fu più diretta e meno spettacolare, avanzando e scaricando rapidamente tutte e sei le granate sull'armatura in nero e lasciando cadere a terra l'arma ormai vuota lasciandosi andare in una breve provocazione solo a lavoro fatto.
-Ecco, problema risol...-
Per un attimo la personalità che aveva abbandonato, la ragazzina impaurita, tornò a farsi viva più forte che mai, quando, ormai diradato il polverone, il cavaliere in nero era ancora al suo posto. Poi, non fu più li: lo scatto in avanti fu quasi immediato, e lo spostamento d'aria della lama che le sfiorò il viso durante la sua schivata laterale fu talmente rapido da provocarle un piccolo taglio sulla guancia.
ARMATURA A PROVA DI ESPLOSIONE. DALL'ANALISI DELLA FORZA CINETICA DELLE GRANATE PIU' DELLA DETONAZIONE, DIREI CHE HAI BISOGNO DI UN CANNONE ANTICARRO.
-Tante grazie, e io dove lo trovo?!- ribatté, riacquistando l'equilibrio e scattando all'indietro.
Si trovò sul cornicione, senza posto per indietreggiare. Il secondo attacco fu rapido come il primo, e lei si preparò a subirlo, quando un lampo rosso si frappose tra lei ed il suo avversario, spingendola via.
-M-milady...-
Davanti ai piedi del cavaliere nero giaceva ora il Numero 33 in una pozza di sangue che si andava allargando.
Ebbe un flashback. Una ragazza innocente in verde, vittima delle circostanze, con lo sguardo vacuo ed il collo spezzato. Un'altra ragazza, vestita allo stesso modo, che nello stesso momento perdeva quel poco che rimaneva della sua innocenza.
-N...no...razza di idiota...- mormorò, scioccata. Poi, lo spirito del comando si fece di nuovo sentire in lei, forte come prima.
-Non siamo equipaggiati per affrontarlo al momento. Corallo, evacuiamo ora! Recuperate i feriti e disperdetevi!!! Rendevouz al punto d'incontro!-
Marina ed il numero 51 cessarono immediatamente l'ingaggio, raccolsero il numero 33 e sparirono tra gli edifici, lasciando Michiru sola sul tetto con ExcaYellow atterrata, ExcaBlue disarmato ed il suo misterioso inseguitore che la stava fissando in attesa di una mossa.
No. Non doveva mostrare paura – era Queen Cobra, luogotenente dei Black Saints, flagello dell'umanità. Ma allora, perché stava indietreggiando? Il cavaliere nero fluttuò lentamente verso di lei, mantenendo una distanza di qualche metro, non abbastanza per darle il tempo di reagire in caso di attacco ma abbastanza per provare un'ultima azione per salvarsi la pelle.
Il suo tacco sbatté contro il bordo dell'edificio, segnalandole che era il momento. Gettò lo sguardo oltre il tetto, facendole rendere conto della posizione giusta.
-Bene...- mise un piede sul cornicione-Sembra proprio che debba andare a prendere un'arma più grossa. Non disturbatevi, mi faccio viva io. Ciao!-
Non saltò nemmeno - si lasciò semplicemente cadere, aggrappandosi al balcone sotto di lei e attraversando la finestra del piano terra, sfasciandone il vetro. Fu una manovra da maestro - un suono quasi inesistente, il minor numero di cocci possibile ed una veloce rotolata sul pavimento di un ufficio vuoto, i computer ancora accesi dopo l'improvvisa evacuazione.
-Beh, è andata meglio del previsto.- commentò, rialzandosi e togliendosi le schegge dalla nanotuta, per poi rimuovere la piastra di armatura danneggiata che le copriva lo stomaco. Il suo pensiero andò subito al numero 33. Era un convertito della precedente Queen Cobra, un soldato di Excalibur, se non errava. Si chiese se avrebbe agito allo stesso modo, se non fosse stato costretto a proteggerla dal controllo mentale.
-Che domanda stupida.- si rispose a voce. -No che non lo avrebbe fatto. Era un mio nemi-
Abbassò gli occhi sulla lastra di metallo che le aveva attraversato l'addome da parte a parte. Presa dalla preoccupazione, non si era accorta che il misterioso guerriero dall'armatura nera l'aveva seguita durante la caduta e che ora si trovava alle sue spalle, da dove l'aveva trafitta con una lama spuntata dall'avambraccio.
-Qu-questo...- mormorò, mentre il sangue le usciva copioso dalla bocca -domani lo sento...-
Si sentì sollevata da terra, scivolare lungo la lama e lasciata cadere. Sbatté sul pavimento senza trovare nemmeno il tempo di lamentarsi. Durante tutto l'accaduto non provò alcun dolore, segno che la sua nanotuta aveva avviato il trattamento medico di emergenza e che era già piena di antidolorifici, ma era sicura che non sarebbe bastata per una ferita del genere, e l'emostatico non sarebbe servito a niente per la spina dorsale spezzata. Spasmi muscolari le attraversarono il corpo, mentre il suo nemico se ne tornava da dove era venuto.

Le venne sonno, e chiuse gli occhi, ma si lasciò andare in un ultimo pensiero per la sorella, che sarebbe rimasta senza di lei.
Beh, era stato un bel giro, ma prima o poi tocca scendere a tutti.

La pace post battaglia degli uffici della Excalibur fu rotta da un ragazzo in uniforme disordinata che mirava dritto all'uffici del comandante, ignorando ogni livello di sicurezza e facendosi strada facilmente tra tutti quelli che cercavano di fermarlo.
Arrivato all'ingresso dello studio del capo in comando non gli fece neanche il favore di bussare o di annunciarsi - aprì la porta in stile saloon, trovandovi seduto dietro la scrivania un uomo di mezza eta con i capelli corti che iniziavano ad ingrigirsi, i baffi e gli occhiali scuri, che lo fissò senza un minimo di sorpresa negli occhi.
Si avvicinò al tavolo e vi sbatté sopra le mani, sporgendosi in avanti fino a trovarsi a pochi centimetri di distanza dal comandante.
-Si può sapere perché hai scatenato quel coso, papà !?-
Chiamarlo così al lavoro gli sembrava strano, ma aveva già scavalcato la catena del comando, tanto valeva smembrarla anello per anello. -In mezzo ad una zona urbana, tra l'altro! Ti immagini che conseguenze poteva avere per-
Il comandante non si scompose, rispondendo freddamente.
-Il tono, tenente Mitsubishi. Masaru. E finché sono il comandante di questa base, ti annuncerai e mi saluterai in modo adeguato per il tuo rango.-
Prima che potesse dire qualcosa, tre guardie gli furono addosso e lo trascinarono fuori dall'ufficio, chiudendo la porta, poi lo lasciarono andare – era chiaro che non era agli arresti, ma si trattava soltanto di uno dei soliti giochetti del padre. Li guardò confuso, ansimò per qualche secondo dalla rabbia, poi bussò con forza. La voce dell'occupante dell'ufficio rispose dall'interfono:
-Si?-
-Tenente Masaru Mitsubishi, sezione 4. Ho bisogno di parlarle.- affermò seccamente.
Odiava tutta questa storia di etichetta militare. Il padre aveva provato ad attaccargliela fin da bambino e non ci era riuscito, ottenendo un figlio che saltava da anello ad anello della catena di comando senza la minima preoccupazione: materiale non destinato alla vita militare, ma che per qualche motivo era riuscito ad ottenere un lavoro sul campo.
-Avanti.- rispose la voce del comandante all'interno, autorizzandolo.
La scena si ripeté, ma con molta più pacatezza e protocollo. Marcia, saluto, scambio di autorizzazioni.
-Adesso, posso avere una risposta, signore?- domandò, trattenendo il nervoso. -Il prototipo ExChaser era stato dichiarato inusabile in aree urbane in quanto il sistema di puntamento non faceva distinzione tra ostili e civili in movimento, signore. Posso sapere perché lo avete impiegato nell'operazione di oggi?-
Il comandante Kenzo Mitsubishi, ricevuta la domanda, mise mano al telefono.
-Vedo che hai fatto i compiti, tenente. Qual'é il tuo livello di autorizzazione?-
-B1.- Rispose, sentendo il bisogno di puntualizzare.- Lo stesso del mese scorso, papà . Lo stesso da tre anni. Continui a dimenticarlo.-
Kenzo fissò il figlio per qualche secondo e riattaccò la cornetta. Non aveva composto alcun numero.
-Il tuo livello ti autorizza a richiedere materiale alla sezione R&D di persona, non capisco perché dovresti disturbare il comandante nello svolgimento dei suoi compiti ufficiali.- le ultime parole furono scandite per fargli capire la gravità del suo atto.-In ogni caso, i fascicoli contenenti i nuovi sviluppi sul progetto ExChaser sono consultabili solo dal livello A3 in su.-
Non era tanto il messaggio quanto il modo di fare, un educato e formale modo di "vattelo a fare da solo" che provenendo dal suo vecchio sembrava ancora più irritante. Il problema principale, però, era molto più vistoso.
-Livello... A3? Il resto del dossier è B2. Nemmeno il Primo Ministro può consultare quei fascicoli!-
-Esatto, sono consultabili da me, dal capo della sezione e da una ristretta cerchia di scienziati coinvolti che hanno ottenuto un permesso speciale.- chiarì -E credimi, Masaru, c'è un motivo.-
-Ovvero?- richiese lui, esigendo informazioni.
Il capo in comando della Excalibur parve tormentato, poi si alzò e, con una flemma invidiabile, si diresse verso uno dei quadri appesi al muro, un autentico Monet donato dal governo francese,lo tolse dalla parete e con un sonoro schiocco ne spaccò la cornice all'altezza dell'angolo in alto a destra. Masaru rabbrividì, e la sua sensazione di inquietudine non migliorò quando il padre raggiunse di nuovo la scrivania, appoggiò con delicatezza la tela su una sedia degli ospiti e scagliò i resti della cornice sul piano di lavoro.
-Sei specializzato in Elettronica, vero? Dimmi cosa vedi.- gli ordinò.
Volse lentamente lo sguardo dal padre ai resti sulla scrivania. Tra le schegge di legno c'era un oggetto che riconobbe facilmente: lo prese in mano per esaminarlo più da vicino,
-E' un congegno composto da un microfono direzionale ed una videocamera appartenenti ad un cellulare di fascia alta. La batteria è una Samsung standard a lunga durata.... una cimice, e pure nascosta male. - constatò. Kenzo annuì, e rispose.
-Quando ci è arrivato questo quadro il nostro reparto ha pensato benissimo di controllarlo insieme alla cornice. I nostri ispettori non sono degli incapaci, quindi l'unica soluzione è che questa cimice sia stata installata nella cornice proprio da uno di loro.-
La cosa lo lasciò confuso.
-Ma... chi rischierebbe mai di...-
-Hamada della sezione 6.- rispose subito il comandante -E' una spia degli ORCA. Abbiamo finto ignoranza per cercare di arrivare ai suoi contatti, ma le indagini sono ferme da giorni, quindi l'ho fatto arrestare. E quella cornice non mi piaceva per niente.-
Kenzo girò attorno alla scrivania e vi sedette di nuovo, poi iniziò a chiarire.
-Volevi sapere il motivo per cui i livelli di sicurezza del personale sono bloccati da mesi, il motivo per cui tutte le conversazioni sono effettuate in ambienti sicuri lontano dalla base, il motivo per cui tutti i nostri server sono decentrati, e soprattutto il motivo per cui il progetto ExChaser è così segreto che nemmeno il buon vecchio ministro Abe può accedervi? Spie, figliolo, spie. Mentre tu sei lì fuori impegnato in schermaglie futili con quei ridicoli Black Saints, Phantasm ed ORCA hanno infiltrato il personale della base alla ricerca dei nostri segreti. Ed è per questo motivo che abbiamo scatenato l'ExChaser: eliminerà uno ad uno i membri dei Black Saints quando si faranno vivi e ci permetterà di concentrarci su minacce serie.-
La notizia lo colpì come un treno in corsa. Balbettò per qualche istante, poi gli sfuggì qualche parola.
-m...ma... Allora gli Excaranger...-
Capì perché nessuno aveva preso il posto di Shiro. Oh, no. La mano gli si portò da sola al medaglione di attivazione dell'R-Suit che portava al collo.
-Stavo giusto compilando i documenti per revocare a te e a Kitaki il permesso di agire in combattimento. L'ExChaser, da solo, ha abbattuto quella ridicola Queen Snake dopo nemmeno trenta secondi dall'ingaggio, e le ha inferto ferite letali. Non sappiamo se al momento sia viva o meno, ma anche se fosse, ci penserà due volte prima di farsi vedere di nuovo in giro. Inoltre, l'ExChaser può spostarsi velocemente per tutto l'est asiatico intercettando qualsiasi minaccia. Voi, in cinque anni ed in tre, avete eliminato la bellezza di tre- sentì il bisogno di evidenziare la cosa mettendo in mostra tre dita- cyborg bestia appartenenti ai Black Saints, dopo mesi di schermaglie e di danni all'arredo urbano, senza contare le spese di sviluppo per quel robot gigantesco che abbiamo iniziato a programmare tre mesi fa. Trentacinque miliardi di yen bruciati.-
Ah, quello. C'era stata una fuga di notizie che i Black Saints stessero sviluppando la tecnologia per rendere i loro cyborg bestia giganteschi, cosa che aveva gettato nel panico la Excalibur. Il progetto era stato iniziato in fretta e furia per tenersi al passo insieme ad un massiccio rafforzamento dell'aviazione, ma qualche settimana dopo l'unico mostro gigante era un pallone pieno di gas che ritraeva vagamente Blood Dragon, il cyborg bestia di punta dell'esercito dei Black Saints. Come ciliegina sulla torta, durante uno dei loro ultimi ingaggi contro Queen Cobra questa gli aveva raccontato di averla sparso lei la notizia per vedere come avrebbero reagito, prima di iniziare a ridere come una cretina.
Ripensandoci, era abbastanza divertente, ma una vera e propria mossa da stronzi: in un'altra situazione le avrebbe dedicato un brindisi per averli fregati tutti, e a distanza di mesi continuava a chiedersi come fosse riuscita a procurarsi un pallone simile.
No, non era il momento – doveva convincere suo padre che valeva la pena di tenere attivi gli ExcaRangers, e che non erano solo uno spreco di soldi e di tempo. Cercò di far valere i loro obiettivi raggiunti.
-M-ma abbiamo recuperato e salvato dal controllo mentale
centinaia di persone, inclusa Aika!-
-Si, ExcaYellow.- replicò lui senza batter ciglio.-La sua vendetta personale contro Queen Cobra già la rendeva difficile da controllare, ma dopo la morte del tenente Murasaki é diventata una mina vagante.-
-Una mina...-accennò, poi lo rimproverò-Lei e Shiro dovevano sposarsi, papà ! Dovresti cercare di capire...-
-Lo capisco benissimo, Masaru. Nelle sue condizioni non dovrebbe combattere. L'hai vista anche tu, no? Si lancia in battaglia senza alcun tipo di freno né riguardo per la propria persona. Ormai per lei è più che personale. Non riusciva già a tenere la testa sulle spalle, ora è diventato impossibile.-
Gli dispiaceva ammetterlo, ma aveva ragione. Aika era diventata sempre più distruttiva e violenta da quando era morto Shiro, ormai viveva soltanto per distruggere Queen Cobra. Fissò il padre negli occhi, e vide la sua espressione assumere improvvisamente tutti gli anni che sembrava aver messo da parte fino a quel momento.
-Tu sei mio figlio. Sono stato orgoglioso di te sia come padre che come superiore quando hai deciso di combattere come ExcaBlue, e sono fiero che tu sia venuto qui a difendere la tua amica. Ma... E' proprio come padre che non posso permetterti di entrare in un campo di battaglia in queste condizioni.-
-Ma io posso ancora combattere!- esclamò, mettendosi la mano sul petto. Kenzo lo fissò, sospirò, e rispose, dandogli gli ultimi ordini.
-Esatto, tu puoi combattere. Aika Kitaki no, ed io non posso mandare mio figlio a rischiare di morire da solo. La squadra ExcaRanger resterà lontano dalle prime linee fino a nuovo ordine, valuteremo se è il caso di ricercare nuovi membri se il progetto ExChaser non dovesse fornire i risultati sperati. I vostri R-Medal vi resteranno in affidamento, ma utilizzarli per ingaggiare in battaglia sarà considerata una violazione di livello 4. E questo è un'ordine. Puoi andare.-
No, non poteva accettarlo. Suo padre gli stava dicendo che combattere per il bene degli innocenti, la causa per cui si era dedicato per sette anni, era passibile di corte marziale con una gravità appena inferiore allo spionaggio. Ma era il suo comandante a dirglielo... e in quella base, la sua parola era legge.
-...signorsì, signore.- rispose, mettendosi sull'attenti e facendo il saluto.





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Capitolo 4
*** Controllo e rimorsi ***


cap3



Un ronzio sommesso le raggiunse le orecchie, svegliandola. Riconobbe il suono e la sensazione di essere immersa in un fluido appiccicoso: era la capsula rigenerativa dell'avamposto. La nanotuta si era dissolta automaticamente per permettere alla macchina di fare il suo lavoro, ma l'elmo era ancora al suo posto - per fortuna, constatò, altrimenti si sarebbe dovuta inventare velocemente una scusa sul perché i suoi occhi reagissero alla luce. Poi si ricordò che gran parte del personale all'interno di quell'unità era composto da Corallo, e tirò un sospiro di sollievo. Erano tutti dalla sua parte, non doveva spiegare niente a nessuno.
BEN SVEGLIATA. HAI RISCHIATO GROSSO. Annunciò la voce di Agni nella sua testa. Dall'altro lato del vetro intravide il serpente che la guardava acciambellato su una scrivania. SPINA DORSALE SPEZZATA ALL'ALTEZZA DELLA COSTOLA PIU' IN BASSO, ED IL DISSANGUAMENTO TI HA QUASI UCCISA. SEI FORTUNATA CHE IL TAGLIO SIA STATO COSI' NETTO E CHE NON TI ABBIA SPAPPOLATO QUALCHE ORGANO, ALTRIMENTI NEMMENO LA CAPSULA RIGENERATIVA SAREBBE STATA IN GRADO DI AIUTARTI.
Sospirò. Una massa di bolle le sfuggirono dal respiratore e si persero nel liquido. Iniziò a pensare una risposta, ma Agni la fermò sul momento:

NON PROVARE A RISPONDERMI CON LA TELEPATIA. SEI TROPPO DEBOLE, E COMUNQUE NON CI RIESCI ANCORA AD USARLA.
Diamine. Erano mesi che ci tentava, ma nonostante la padronanza sui propri poteri continuasse a migliorare, la telepatia a due vie era ancora troppo per lei. Lei ed Agni facevano pratica quotidianamente, ma le loro comunicazioni non duravano mai più di pochi secondi.
-Da quanto sono a mollo? E...chi mi ha recuperata? Si merita una promozione.- si limitò a muovere le labbra, senza effettivamente parlare. Agni la vide attraverso la capsula ed interpretò i movimenti, rispondendole telepaticamente.
E' STATO IL NUMERO 26. TUA SORELLA, MARINA. APPENA HA VISTO QUEL ROBOT SEGUIRTI HA ROTTO LA FORMAZIONE E TI HA RAGGIUNTA.
-Brava ragazza. Dove si trova adesso?-
HA SVOLTO LE OPERAZIONI DI DEBRIEFING PER TE, POI TI HA RAGGIUNTA QUI IN SALA MEDICA. SEI RIMASTA QUI QUASI 18 ORE, E ANCHE LEI LO AVREBBE FATTO SE NON LE AVESSI DATO UNA SUGGESTIONE IPNOTICA PER MANDARLA IN CAMERA SUA A DORMIRE. TORNANDO A NOI, SECONDO LE ANALISI DOVRESTI RECUPERARE IL 99.6% DELLA TUA MOBILITA' AL TERMINE DELL'OPERAZIONE. OVERCLOCKEREMO LE NANOMACCHINE ALL'INTERNO DEL TUO CORPO PER COMPENSARE LO 0.4% MANCANTE.
Recupero completo, insomma. Era stata fortunata.
I TUOI SUPERIORI HANNO RICHIESTO RAPPORTO. HAI DUE ORE PRIMA DELLA FINE DELL'OPERAZIONE, INIZIA A PREPARARTELO.
...ma non troppo.
Desiderò ardentemente che quello che aveva detto a Soichiro mesi prima fosse vero. Servire direttamente sotto il Santo... aveva visto quell'uomo una volta sola, il giorno della sua prima operazione e del suo primo risveglio come Queen Cobra. In realtà era solo uno dei tanti anelli di una catena di comando che, pur vedendola fare rapporto diretto a membri di alto rango, non la elevavano oltre una posizione intermedia. Si, il Male aveva il middle management, e lei ne faceva parte.
Smise di divagare, e tornò ad altri problemi.
-Il numero 33?-
E' STABILIZZATO E FUORI PERICOLO. PER ORA LO ABBIAMO SISTEMATO AL LIMITE DELLE NOSTRE CAPACITA', APPENA USCIRAI PRENDERA' IL TUO POSTO NELLA CAPSULA E POTRA' TORNARE IN AZIONE NEL GIRO DI QUALCHE ORA.
-No. Segnalalo come morto sul campo e cancella tutti i dati relativi alla sua identità .-
Riusciva quasi a sentire il cervello bionico di Agni mettere insieme i pezzi, seppure tra di loro ci fosse il vetro.
VUOI LIBERARLO.
-Ho letto i dossier di tutti i membri della mia squadra, Agni. Quell'uomo serve i Black Saints da 10 anni. Ho indagato sul suo conto, ha una moglie e una figlia che sono rimaste da sole. Mi ha servito bene, è il momento che torni alla sua famiglia.-
Il ronzio sommesso della macchina sembrò dominare completamente il silenzio fra i due.
MOLTO BENE, PREPARERO'LA SUA RICONVERSIONE A NORMALE UMANO. VUOI OCCUPARTI TU DELLA SUA LIBERAZIONE, SUPPONGO.
-Sempre se torno da questa riunione. Lasciami pensare, devo mettere insieme qualcosa per il Consiglio.-
D'ACCORDO.
Percepì il segnale di Agni allontanarsi, e rimase da sola nella capsula, sola nella stanza. Avrebbe voluto togliersi l'elmo, ma sia lo spazio ristretto che il respiratore che aveva sul volto glielo rendevano difficile, quindi si limitò ad aprire il visore. Il fluido curativo le rinfrescò la fronte senza darle alcun fastidio agli occhi. Iniziava a trovare il vedere tramite le telecamere sul casco una cosa innaturale e avrebbe preferito una visiera trasparente invece della chiusa che aveva al momento, ma pur nascondendo i suoi veri occhi con l'uso delle nanomacchine non avrebbe mai potuto nascondere il fatto di non essere cieca, quindi teneva sempre giù la visiera ed approfittava di ogni momento propizio per scoprirsi la faccia. E poi vedere al buio le faceva comodo, visto che senza casco non poteva farlo, a differenza dei suoi subordinati.
Il numero 33.... No, Jack Carpenter, un soldato americano stazionato alla base di Nagano, rapito durante un attentato al presidente americano dieci anni prima. Sarebbe stato il decimo Corallo liberato di persona, un buon Corallo, per giunta.
Ma non poteva dire tutto ciò ai suoi superiori. Già, i suoi superiori. Una convenzione standard all'interno dei Black Saints imponeva che tutti gli operativi, inclusi i leader, utilizzassero un animale come nome in codice, accompagnandolo spesso con un aggettivo. Solo lei, o meglio, la sua alter ego aveva qualche rimostranza a riguardo, storpiando il proprio in Queen e facendosi chiamare regina da tutti i propri subordinati. Ma da lì a due ore avrebbe di nuovo incontrato qualcuno per cui era Green Cobra e che la considerava poco più di un'arma, e la cosa non le piaceva.
No, non le piaceva, come non le piaceva quella dannata organizzazione, come non le piaceva il ruolo del cattivo, come non le piaceva dover sfruttare degli innocenti per proteggersi: ma a forza di interpretare Queen Cobra tutto ciò le era rimasto attaccato come una pessima abitudine, al punto che le veniva quasi naturale.

Quei comportamenti, nati per proteggere sé stessa e Marina, avevano fatto nascere in lei una pazza ambizione che aveva inizialmente cercato di reprimere, ma che più passava il tempo più sembrava l'unica opzione possibile.
Forse avrebbe dovuto rendere partecipe anche i diretti interessati.

Il sistema di collegamento a rotaia elettromagnetica tra le varie basi dei Black Saints sarebbe stato l'invidia del ministero dei
trasporti svizzeri, ed il motivo per cui i loro avversari gli erano sempre ad un passo indietro. Michiru, accompagnata come al solito da Agni, e Marina salirono a bordo del vagone vuoto, si sedettero l'una di fronte all'altra tra i numerosi sedili e nel giro di pochi attimi si ritrovarono a viaggiare oltre la velocità del suono senza accusare il minimo fastidio.
Dal loro avamposto nella prefettura di Mie non ci voleva neanche mezz'ora per raggiungere la sede principale. Non erano ancora riuscite a calcolarne la posizione precisa, ma da velocità , orientamento e tempo di percorrenza erano sicure che il quartier generale dei Black Saints si trovasse da qualche parte nell'oceano Pacifico – se in un paradiso tropicale non segnato sulla mappa o sepolto da tonnellate d'acqua ancora non lo sapevano, ma Marina aveva già espresso il desiderio, nel primo caso, di andare a prendere il sole in bikini sulla spiaggia.
Il convoglio, tra l'altro, era uno dei pochi posti dove era effettivamente possibile parlare liberamente, libero da qualsiasi sistema di sorveglianza, quindi le due donne ne approfittarono per discutere tra di loro.
-Micchan, sei... sei quasi morta ieri.- esordì Marina con fare incerto, mani poggiate sul tablet che aveva portato con sé, pugni stretti-Sei... sei sicura di voler continuare così?-
La ragazza con l'elmo da cobra esitò a rispondere. Aprì la visiera del casco, preferendo parlare a quattr'occhi con sua sorella, senza finti volti, e dopo qualche attimo cercò di chiarire.
-E'... per cambiare le cose, Marina.-
-Cambiare cosa?- le domandò la giovane in rosso, di rimando -Sono mesi che siamo volontariamente nell'organizzazione. Tutto quello che ti ho visto fare è stato tormentare quei due ragazzi, far sprecare tempo e soldi alla Excalibur e liberare qualche soldato dal tuo controllo mentale. Mi sento male solo a pensarci.-

Non aveva tutti i torti, non erano stati mesi produttivi. Marina le si avvicinò sporgendosi in avanti, e fece un'altra domanda:
-A cosa punti, me lo vuoi dire? Perché siamo ancora qui?-
Michiru guardò il tunnel dall'oblò, cercando le parole giuste. La monorotaia andava così veloce che vedere l'esterno era impossibile, quindi nessuno si era preso la briga di installare vetri per vedere il paesaggio – ma gli oblò erano necessari come uscite di emergenza.

No, stava divagando. Poteva dirglielo, adesso. Nessuno poteva sentirle.
-Continui a non leggere i dossier, vero? Ti sei chiesta chi siano le persone che sto liberando?-
Marina avrebbe voluto rivolgerle uno sguardo curioso, ma l'elmetto rosso glielo impediva. Se lo tolse, rivelando i suoi capelli a caschetto dello stesso colore di quelli della sorella ed un volto che le mostrava chiaramente imparentate, e la guardò finalmente con lo sguardo che meritava. Michiru proseguì:
-Non sto solo liberando chi si è opposto chiaramente ai Black Saints, Marina, ma anche chi ha una famiglia, chi ha qualcuno che aspetta il suo ritorno... le persone meno disposte a seguirmi.-
Sospiro. Era un piano campato per aria, ma aveva più senso di quelli attuati dal suo alter ego negli ultimi 5 anni.
-Nel frattempo... sto cercando nuove truppe.-
Marina deglutì.
-...cosa?-
-Sto utilizzando i mezzi a mia disposizione per cercare persone in grado di seguirmi fedelmente senza alcun tipo di controllo mentale.- chiarì -Dentro e fuori la base, ovviamente: nelle scuole locali ho già trovato una ventina di persone che promettono bene.-
Si voltò di nuovo a guardare sua sorella in volto: era disgustata, ma pensava fosse così solo perché non fosse al corrente delle sue intenzioni.
-Michiru... ma che ti passa per la testa!?- le chiese, domandandosi se la sua sorella maggiore avesse dato di matto.

Era il momento: qualsiasi cosa avrebbe detto, non si tornava indietro. Trasse un profondo respiro, e pronunciò:
-Voglio cambiare le cose dall'interno, Mari. Voglio ribellarmi al consiglio e prendere il controllo dell'organizzazione.-
Vide chiaramente la faccia di Marina attraversare diversi stati d'animo nel giro di pochi attimi prima di attestarsi su qualcosa in mezzo tra l'incredulo e il davvero furente:
-Sei impazzita?-
SEI IMPAZZITA?
Agni le fece, senza accorgersene, il verso. Ringraziò di poterlo sentire solo lei, altrimenti si sarebbe sentita davvero in minoranza. Scrollò le spalle.
-Sinceramente... credo che sia colpa degli ultimi cinque anni, hanno avuto una brutta influenza sulla mia psiche. Ma pensaci bene. Gran parte dei combattenti dei Black Saints sono controllati mentalmente. Io mastico controllo mentale a colazione, pranzo e cena, posso fare e disfare la loro ipnosi con uno schiocco. Tutto quello che c'è in realtà tra me ed il controllo dei Black Saints sono tre imbecilli con le manie di grandezza ed un vecchio su una sedia a rotelle. Tolti quelli di mezzo, avrò l'organizzazione nelle mie mani, e a quel punto potrò preoccuparmi di cosa farne. Ma sono sicura che anche loro sono pronti a questa eventualità, e per evitare qualche brutta sorpresa ho bisogno di qualcuno ad aiutarmi, qualcuno di cui mi possa fidare. E voglio che queste persone siano con me di loro spontanea decisione.-
Calò il silenzio. Si aspettava che Marina producesse una risposta spiazzante che le facesse capire come si sbagliasse e che fosse un piano idiota, che la facesse desistere e che le desse quell'iter per fingere la propria morte e andarsene a vivere una vita normale tra le campagne, ma la risposta rese chiaro che aveva giudicato la propria sorella molto, molto male.
-Che piano idiota.- iniziò Marina , esattamente come da previsione.

Poi, partì per la tangente.
-Hai la padronanza totale di uno sguardo ipnotico, puoi porre chiunque sotto il tuo controllo semplicemente guardandolo... e non ti è venuto in mente che puoi fare lo stesso al Santo?-
Ulteriore silenzio. Corrucciò le labbra, cercando una risposta, ma ci pensò prima Agni.
TUA SORELLA E' MENO SPROVVEDUTA DI QUANTO SEMBRI. CERTO, I MEMBRI DEL CONSIGLIO SONO ALLENATI PER RESISTERE AL CONTROLLO MENTALE, MA NON SONO IMMUNI.
-Oh, zitti, tutti e due. - si portò le mani al volto- Non ci avevo pensato.-

Marina sogghignò in modo mesto.
-Se è davvero quello che vuoi fare, non vedo perché non dovresti arrivarci per vie traverse. Sei sempre la solita, ti impegni più di tutti ma quando si tratta di fare la furba sei sempre l'ultima.-
Michiru si rilassò sul sedile, sbuffando.
-Hai ragione- ammise- ma per arrivare a lui dovrei comunque passare per i tre Generali, e anche in quel caso non è detto che non abbia qualche contromisura contro di me. La mia ipnosi non funziona immediatamente su certi soggetti, ho sempre bisogno di qualcuno a coprirmi le spalle.
-Beh, la prima parte è semplice.- iniziò Marina, incuriosendola -Fai carriera. Porta successi. Distruggi i tuoi nemici, dimostra la tua forza, diventa qualcuno, e assicura il tuo posto nell'organizzazione. Quando avrai abbastanza presa, metti qualcuno dei tuoi superiori sotto il tuo potere e comincia da li.-
Inarcò un sopracciglio, mentre associava le parole che aveva appena sentito al volto simpatico di Marina. No, non era ciò che si aspettava che dicesse.
-Diamine, Marina. Sei... credevo di essere io, la sociopatica.- constatò.
-Non sono io ad aver scelto di intraprendere la carriera del terrorista. Io sono solo una tua sottoposta- chiuse Marina, rimettendosi il casco -per me bene e male sono indifferenti, importano solo i tuoi ordini.-
La ragazza in verde si morse il labbro, perplessa. Era brutto che sua sorella si considerasse così – in fondo, erano sempre parenti. Ma d'altronde, riusciva sempre a trovare la soluzione più diretta ai problemi, e anche questa volta si era dimostrata preziosa, come quando la aiutava nei compiti di matematica nonostante stesse due anni indietro.
-Dovresti smetterla di frequentarmi.- le disse, rassegnata - Sono una pessima influenza.-

Si sarebbe dovuta fare strada creando vittime su vittime? Chissà se era quello che Soichiro avrebbe voluto. Ma, dopotutto, era diventata il carnefice, i rimorsi dovevano essere carburante per andare avanti, non ostacoli per fermarsi.



CAP.4

-...e questo è quanto. Sono stata recuperata dalla qui presente Corallo 26 e riportata alla base. Corallo 33 è deceduto in seguito alle ferite riportate.-
Non si poteva dire che i suoi superiori non avessero senso scenico. Il suo debriefing, invece di essere svolto in privato come al solito, era stato effettuato nella sala delle udienze, un grosso salone dall'architettura austera ed immerso nella penombra, diviso in spalti sui quali gli altri membri dei Black Saints, principalmente cyborg bestia
suoi pari, sedevano e la osservavano in silenzio. I tre Generali - Gray Shark, Black Viper e Holy Gull (non poteva ripetere quel nome mentalmente senza iniziare a ridere) trovavano posto su dei troni disposti su una struttura a forma di podio in fondo alla sala, e lì, a sovrastarli, appena visibile, la sagoma del Santo. Poi c'erano lei e Marina al centro della stanza, inginocchiate in segno di rispetto con una luce puntata addosso che rendeva il tutto più difficile da vedere.
Sembrava davvero il Consiglio del Male, ma non era intimidita. Un giorno si sarebbe seduta lei lì in alto in mezzo alle ombre. Già pensava a come rendere il posto più allegro – magari dei fiori avrebbero aiutato.
Gray Shark, situato più in alto, tambureggiò le dita sul bracciolo del trono. Riconosceva solo la sagoma, ma sapeva a memoria che era un uomo sulla quarantina dalla chioma folta e dalla barbetta incolta, dal volto scolpito e apparentemente così fiero dei propri muscoli al punto da metterli in mostra indossando semplicemente i pantaloni di una divisa militare ed un gilet. Aveva un occhio solo, ma la cicatrice dall'altro lato era appena visibile sotto la benda; attorno al collo, forse solo per tenere fede al suo nome in codice, un dente di squalo come ciondolo. Ricordava che il suo alter ego aveva un debole per lui, e ne capiva benissimo il perché: non per la personalità, ovviamente, ma per una pura questione di lussuria animalesca.
-Un robot da combattimento?- domandò, con una voce stentorea ed un accento occidentale, tradendo le sue origini europee -Ne abbiamo eliminati a bizzeffe. Ricordate durante gli anni novanta? Sembrava che ogni cosa dovesse essere un robot.-
Una voce da donna, alla posizione più bassa del podio, ridacchiò, forse solo per simpatia, visto che Holy Gull (haha) era troppo giovane per ricordarsi quel periodo - avrà avuto al massimo una decina di anni in più di lei. Quella donna era impressa nella sua memoria come quella che le aveva infilato il casco ridendo, beffandosi della sua impotenza, e già la odiava per questo. Capelli biondo platino ed occhi grigi, era un tipo di bellezza più androgina che femminile, adornata con l'uniforme peggiore che avesse mai visto, un turbinio di piume bianche e veli trasparenti che metteva in mostra delle forme femminili abbastanza sottili. Era chiaro che si divertiva a svolgere il ruolo della cattiva, e come biasimarla, con un'intera organizzazione ai propri piedi?
Né Gray Shark né Black Viper si unirono alla risata, però – avendo vissuto quel periodo in prima persona, era chiaro che non lo trovassero divertente. Black Viper in particolare: sapeva che era il fratello molto maggiore di Gray Shark, ma i due non si somigliavano molto. Giusto in altezza, entrambi sopra la media, ma Black Viper aveva uno stile tutto suo: taglio lungo a codino tirato indietro che lasciava intravedere qualche capello grigio in mezzo alla massa corvina, vestito con pantaloni scuri e una giacca dello stesso colore abbottonata di lato, una versione modificata della divisa standard del settore Ricerca e Sviluppo. Dei lineamenti che seppur simili a quelli del fratello dimostravano che di risate in vita sua se ne era fatte poche, accompagnati da una mancanza totale di peli facciali fatta eccezione per delle folte sopracciglia.
E poi c'era il Santo, quel vecchiaccio sulla sedia a rotelle che aveva assistito personalmente alla sua trasformazione con aspetto compiaciuto e che non aveva nemmeno la faccia di farsi vedere, nascosto completamente nelle ombre al punto che era una sagoma appena distinguibile. Rabbrividiva al ricordo, ma non era il momento di mostrarsi impaurita.
-Il qui presente Corallo 26 ha comparato i dati raccolti in archivio e ha trovato una corrispondenza.- annunciò, con fredda professionalità , per poi chinare il capo -Chiedo umilmente perdono per aver disonorato i Black Saints con la mia sconfitta.-
-Non ce n'è bisogno di chiedere perdono, né tanto meno di tutta questa formalità .- replicò Viper con tono unto-Hai dimostrato di essere un membro di valore durante la tua recente guerra di attrito con la Excalibur, seppure un po'... peculiare. Alzati pure.-
Se n'erano accorti che si stava divertendo un mondo? Ma obbedì.
-Se avessimo avuto intenzione di farti pagare il tuo errore, ti avremmo negato le cure necessarie a rimetterti in piedi così velocemente, Green Cobra.- proseguì Viper, articolando le frasi in modo da risultar chiaro, sembrando così logorroico. Dall'ombra non riusciva a vederlo muoversi, ma capì che la minaccia appena accennata era più che tangibile.
-Capisco.-rispose, con una goccia di sudore che le sfuggiva dalla fronte, nascosta dall'elmo. Stava andando bene, no? E allora perché era così tesa?
-In ogni caso, se avete qualcosa da mostrarci, hai l'autorizzazione a procedere.- terminò l'uomo in nero.
Fece un cenno a Marina, la ragazza si alzò, armeggiò con il tablet, ed un ologramma del cavaliere nero le comparve davanti, trasmesso nella sala tramite un proiettore tridimensionale. Il corpo di Michiru ricordò la sensazione indolore della lama che le scivolava dentro le budella, e meccanicamente si portò una mano allo stomaco. Subito dopo, l'immagine fu affiancata da un'altra sagoma, piuttosto simile, ma di colore diverso e dall'aspetto più rozzo.
-Apparentemente abbiamo incontrato una versione avanzata del progetto Chaser, originariamente sviluppato dal governo giapponese tra gli anni 80 e 90.- spiegò Marina con un tono fermo e privo di qualsiasi tipo di emozione ed intonazione, cercando di imitare i suoi commilitoni privi di volontà propria-Dalle informazioni in nostro possesso sappiamo che era progettato per inseguire un bersaglio fino alla sua totale distruzione, ma che il progetto è stato abbandonato perché il sistema di puntamento tendeva a fare confusione e ad inseguire bersagli secondari, civili inclusi.-
-Non dev'essere poi così avanzato.- commentò Gull in tono canzonatorio, sporgendosi in avanti con i gomiti sulle ginocchia ed il mento sulle mani-Non ha portato a termine il lavoro, Green Cobra è sopravvissuta.-
Stava cominciando a trovarla fastidiosa.
-In 18 di 22 test effettuati, oltre ai bersagli destinati ha colpito animali, mezzi , personale, e addirittura un aereo da turismo che sorvolava la zona a 500 metri di altezza.- terminò Marina seccamente. La donna in bianco che sedeva sul trono ciondolò la testa da sinistra a destra, pensierosa, e domandò, rigirando ulteriormente il dito nella piaga:
-Cobra, hai davvero perso contro un rottame simile? E' anni indietro rispetto alla nostra tecnologia.-

Era deciso: una volta salita al potere, le avrebbe strappato tutti i capelli uno ad uno, ne avrebbe fatto una parrucca e gliel'avrebbe regalata solo per dargli fuoco. Ma non era il momento di immaginare vendette personali: come avrebbe reagito la Queen Cobra di qualche mese prima ad un'insinuazione del genere? Agni le diede un suggerimento a livello inconscio, che colse al volo.
-Di nuovo, chiedo perdono. Datemi l'opportunità di rifarmi e laverò via quest'onta.- pronunciò chinando la testa per rispetto.
-Non è necessario.- replicò la voce di Shark dall'alto-Ricordo questo modello, le nostre spie osservarono personalmente otto test prima di renderci conto che non era il caso di preoccuparci. Disponeva di una capacità offensiva invidiabile, ma i problemi portati alla luce dalla vostra analisi lo rendevano utile come un cucchiaio bucato. Tra l'altro, lavoro ammirevole, Corallo 26.-
Marina scattò sull'attenti e salutò il superiore senza proferire parola. Michiru sperò che fosse quello il protocollo, non si aspettava un elogio.
-In ogni caso- riprese Shark- Se questa versione è effettivamente operativa, un'unità di infiltrazione e guerriglia come la tua non dispone dei mezzi necessari per affrontarla, Green Cobra. Sebbene tu abbia dimostrato abilità in combattimento ben sopra le tue capacità, in quanto consigliere militare del Consiglio ritengo che la tua unità abbia bisogno di più potenza di fuoco.-
Diretto come un pugno alla mascella: questo sarebbe stato un bello smacco per la sua “carriera”. Sentì un fruscio provenire dalla seconda postazione più alta, seguita dalla voce di Viper, che parlò interagendo con un PDA.
-Ospiterai nell'avamposto un'unità specializzata in combattimento con la quale coopererai, mettendo a disposizione tutti i mezzi disponibili nella tua base. Nel frattempo, ti asterrai dall'ingaggiare le forze di Excalibur e ti limiterai alla raccolta di dati. Abbiamo preparato una lista di candidati adatti alla situazione: poniamo fiducia nelle tue capacità di stratega e di conseguenza lasciamo a te la scelta. L'ho appena inviata al tablet di Corallo 26, ti consiglio di guardarla a fine debriefing. Ci aspettiamo la tua risposta entro domani. -
E dopo lo smacco, un'improvvisa riconferma di fiducia. Anzi, era quasi paragonabile ad una promozione immediata. O magari era tutta una manovra per farla fallire. Tolse il tablet dalle mani di Marina e vi diede una rapida occhiata: i nomi in codice che si presentarono sullo schermo erano tutti di guerrieri di alto rango dei Black Saints: Tiger Wasp, Red Robin... cyborg che negli anni di servizio avevano accumulato un numero di uccisioni confermate oltre le tre cifre, alcuni dei quali ritirati perché la loro esagerata violenza avrebbe portato troppa attenzione alla loro minaccia.
Non era una manovra né una promozione: le stavano dando qualcuno in grado di finire il lavoro dato che non la ritenevano in grado. Non sapeva come sentirsi, ma la cosa non finì lì.
Holy Gull si sporse in avanti, interagendo con un pulsante al lato del proprio trono. La luce che la illuminava si fece più forte, mettendola completamente in mostra. Fatto ciò, si rilassò sulla seduta, scosse i propri capelli e scandì bene le parole:
-Ovviamente, hai una terza opzione.-
-Cosa?- rispose, senza rendersi conto che sia Shark che Viper avevano reagito con la stessa incredulità. Fu il primo ad interrogare la sua collega:
-Ga-Gull, cosa stai...-
-Dai dati di sortita degli ultimi tre mesi, risultano chiare due cose.- continuò la donna in bianco, incrociando sia le gambe che le dita delle mani-La prima cosa è che alla nostra signorina Cobra, qui, ha un debole per il Numero 26.-
Strabuzzò gli occhi dietro l'elmo. Era davvero così ovvio? Si trattenne dal mostrare alcuna emozione, ma stava urlando internamente. Marina sembrò un'attrice altrettanto brava, ma anche lei sotto la visiera si stava guardando attorno in preda al terrore.

-Gabriela- la interruppe Viper, chiamandola con nome quasi per sdegno -Non abbiamo discusso di queste cose durante la riunione, ti intimo di...-
-La seconda cosa- lo interruppe Gull, portando in vista alcuni dati tramite il proiettore olografico- è che Corallo 26 è una combattente visibilmente più capace dei suoi colleghi: in più di un'occasione è stata capace di atterrare un Excaranger in combattimento diretto senza alcun aiuto, e ha una percentuale di colpi andati a segno del 98% percento. Ma qui esce fuori un dato molto strano: non ha alcuna uccisione confermata. Dopo aver analizzato le riprese dei droni, ho notato che tutti i colpi che hanno trovato il bersaglio hanno colpito in modo da causare ferite dolorose e debilitanti, ma non letali.-
Michiru rabbrividì. Agni si voltò verso Marina, e tramite i suoi occhi la vide mimare la parola "aiuto" con le labbra, ma era solo un accenno che sfuggì al resto della sala. Anche gli altri due generali si limitarono a fissare la loro pari con sguardi perplessi. Cercò di dire qualcosa, ma Gull non aveva finito.
La donna in bianco finalmente si alzò e, con fare suadente, scese dal trono, avvicinandosi alle due ragazze. Sotto la visiera, Marina chiuse gli occhi per il terrore, mentre Holy Gull la raggiungeva e le accarezzava il mento con il tocco di un'amante.
-E pensare che questo supersoldato fino a pochi mesi fa era confinato al settore di analisi dati.- constatò in tono compiaciuto - Un vero caso, no? Esprimerei un giudizio negativo sulla sua capacità di giudizio, miss Cobra... ma so che il numero 26 è entrato in servizio sotto il tuo predecessore, quindi credo che in realtà sia un elogio...-
E' MOLTO PIU' SVEGLIA DI QUANTO CI ASPETTASSIMO.
Si, aveva ragione, ed era una conclusione che non piaceva neanche a lei. Avrebbe voluto restare calma, ma il timore che quello per cui si era abbassata a fare in quei mesi andasse a carte quarantotto ancor prima di iniziare fu abbastanza per scuoterla: l'attenzione di tutti era su di Gull, quindi nessuno poteva vederla tremare dall'indecisione, né tanto meno mettere mano alla frusta che aveva appesa alla cintola, decisa a separare la sua comandante da Marina, un atto di chiaro tradimento che, in fondo, non sarebbe stato più grave dei suoi piani.
Ma ancor prima che potesse farla schioccare, accadde l'imprevisto. Più il panico e l'indecisione salivano, meno controllo aveva sul suo corpo. La mano lasciò la frusta appesa alla cintura, la sua postura cambiò, e Michiru, accortasi di cosa stava succedendo, capì che era meglio farsi da parte come spettatrice.
LASCIAMI GUIDARE PER UN PO'. SISTEMO IO, SE NON TI DISPIACE. Risuonò la voce di Agni nella sua testa.

-Il numero 26 é un piccolo... esperimento che sto effettuando nel tempo libero.- uscì dalla sua bocca, senza che fosse lei a dirlo.
-Oh?- rispose Gull, fingendo interesse voltando lo sguardo in sua direzione, ma tenendo la mano fissa sul mento di Marina.

Queen Cobra si avvicinò alla sua interlocutrice, girandole attorno, mentre chiariva la situazione:
-Sappiamo tutti che, di norma, i nostri soldati possono utilizzare soltanto il 25% del loro potenziale combattivo. E' una misura di controllo che imponiamo loro durante la fase di lavaggio del cervello per poterli controllare più facilmente. Con il numero 26 ho fatto le cose diversamente.-
La donna in bianco ghignò, e tornò a guardare la giovane Corallo, che rispose allo sguardo con una smorfia di preoccupazione nascosta dalla visiera.
-Avevi un segretuccio, Miss Cobra? Perché non ce ne rendi partecipi?- domandò Gull. Il sorriso di Queen Cobra la fulminò.
-Perché disturbarmi? Chiedilo direttamente a lei, è in grado di risponderti.-
Le dita di Gull accarezzarono le gote di Corallo 26 in modo dolce, scatenando in lei il terrore più nero.
-Allora? Vuoi farlo tu?- le intimò, quasi un sussurro.
Marina percepì qualcosa di sbagliato in Michiru. Non la stava vendendo per salvarsi la pelle, si fidava di lei. Ma allora, perché quella scenata? Era come se tutto d'un tratto esitazione e panico fossero spariti per lasciare il posto ad una mente fredda e calcolatrice.
Si ricordò che Agni, e di conseguenza Queen Cobra, era considerabile come una personalità distinta, e capì: Michiru era in difficoltà, ed il serpente aveva preso il controllo per coprirla. Rimpianse di non avere anche lei il pilota automatico.
Il tocco di Holy Gull sul suo volto era soffice e privo di cattiveria, ma l'atteggiamento della donna faceva presagire una malizia senza pari. Non poteva dirle così all'improvviso di non essere sotto il controllo mentale di Queen Cobra, specie se l'opzione era quella di dimostrare di essere una diciannovenne confusa ritrovatasi in un gioco più grande di lei. No, se doveva farlo, doveva farlo bene – Michiru, anzi, la sua Queen Cobra non si sarebbe aspettata altro.
Fece un passo indietro, liberandosi da quel tocco che le stava mettendo inquietudine. La donna in bianco la fissava incuriosita, e non cercò trattenerla.
Si augurò che sia Agni che Michiru sapessero cosa stavano facendo, mentre avvicinava le mani al casco e se lo sfilava, scuotendo poi la testa per liberarsi i capelli. Sentì qualcuno sulle tribune sospirare: forse avevano capito.
Si inchinò Holy Gull in segno di fedeltà , e dichiarò, mentre una piccola parte di lei moriva:
-Corallo 26, Marina Kato. Sono a sua completa disposizione, Lady Gull.-
Era stata abbastanza brava? Probabilmente si: gli spalti erano in subbuglio, Holy Gull rideva compiaciuta e l'espressione fiera di Queen Cobra parlava più di mille parole. Su dal podio si sentiva una voce profonda ridacchiare, mentre una più melliflua esprimeva incredulità:
-Lei.... ricorda!?-
-Dopo aver visto il suo dossier sono arrivata alla conclusione che Marina mi avrebbe seguito, quindi le ho restituito memoria e controllo sul proprio corpo in cambio di totale fedeltà alla nostra causa, e mi sto occupando personalmente del suo addestramento.- riprese Queen Cobra, affiancandosi a Marina e mettendole una mano sulla spalla -Al momento può usare il suo corpo al massimo del proprio potenziale. Stimo che si trovi appena sotto il livello di un Excaranger, ma con ulteriore esperienza dovrebbe superarlo facilmente.

Lasciò passare qualche secondo per assicurarsi che i presenti avessero recepito il messaggio. Fece a Marina cenno di alzarsi, e poi riprese a spiegare.
-Vedete, è esattamente questo il punto: non è una macchina che esegue gli ordini - può agire in modo imprevedibile, intuire le intenzioni del nemico ed agire di conseguenza, ma soprattutto imparare dai propri errori e migliorare. Lady Gull ha omesso, di sicuro non volutamente, dei dettagli importanti quando parlava delle mie precedenti sortite. Sono sicura che ha capito di cosa parlo.-
Gull fu colta alla sprovvista: era incuriosita dalla presenza di Marina e a ciò che significava, fissandola in volto compiaciuta in preda a mille pensieri. Forse, per un attimo, aveva ricordato cosa voleva dire essere sorpresa.
-Ti riferisci per caso alle perdite?- domandò un'altra voce stentorea, dall'alto.
-Corretto. -annuì, accompagnando la parola con il capo -Sappiamo tutti che le schiere dei nostri soldati sono una porta girevole: dobbiamo reclutarne di continuo per mantenere un esercito capace in grado di contrastare i nostri avversari, in quanto ne perdiamo spesso contro Excalibur, molti dei quali vengono riportati al semplice stato di umani sviluppando di rimando una resistenza alla conversione. Cercare continuamente gente nuova e compatibile con la Conversione richiede tempo, risorse ed energie che non solo i nostri soldati, ma anche noi unità di livello Elite potremmo utilizzare per realizzare e portare a termine i nostri piani con maggiore precisione, portando a risultati migliori.-
Una voce che Agni riconobbe provenne dagli spalti. Un piccolo faretto si accese sopra la figura per mostrarla a tutti: una donna di piccola taglia dalla pelle viola, i capelli castani sotto un elmo con sei occhi ed un'armatura organica dalla quale spuntavano, dalle spalle e dai fianchi, due coppie di braccia, ciascuna delle quali terminava in dita affilate. La riconobbe subito: si trattava di Tarantula, una cyborg bestia stanziata in Sudafrica.
-Dei soldati così provano paura, confusione e timore. Sono deboli.- azzardò la donna ragno con fermezza.
-Ed è questo che separa noi elite da loro.- replicò senza perdere colpo, allontanandosi da Gull e da Marina e rivolgendosi ai suoi pari -Hanno una qualità che noi non abbiamo: sono umani. E gli umani, oltre alla paura, hanno anche altre cose che noi abbiamo dimenticato. Iniziativa, senso del dovere, spirito di squadra: si guardano le spalle a vicenda e si aiutano. I nostri subordinati si lancerebbero in un burrone fino a riempirlo se ciò permettesse anche a solo uno di loro di oltrepassarlo, ma un piccolo gruppo di umani riuscirebbe a trovare il modo senza lasciarsi nessuno dietro. E' per questo motivo che Excalibur è un nemico così persistente: sono esseri umani. Deboli ma coraggiosi esseri umani.-
Un attimo di silenzio, poi di nuovo un vociare sugli spalti, accompagnato dalla risata sommessa di Shark. Viper era poco convinto, mentre Gull....

-Che bel discorso, Miss Cobra. Forse dovresti pulirti più spesso la divisa, ti è rimasto un po' di Excaranger attaccato. In ogni caso, dimentichi la cosa più importante: come facciamo a convincere l'uomo della strada ad unirsi a noi?-
-E' per questo che è un esperimento in piccolo, milady.- rispose il corpo di Michiru guidato dalla volontà di Agni - Marina è motivata e disposta a servirci, ma se non dovesse dimostrarsi all'altezza, ci vorrebbe poco a porla di nuovo sotto il nostro controllo e a cercare elementi più capaci. Nel caso della mia ipnosi, i soggetti risvegliati non sviluppano alcun tipo di resistenza. Lasciate che ve lo dimostri...-
La distanza tra Queen Cobra e Marina si chiuse rapidamente. La Corallo, dopo le parole di Agni, era inquieta. Non aveva mica intenzione di...
-Mi dispiace, Mari...- mormorò la voce di Michiru da dietro la copertura di Agni, così bassa da poterla sentire solo lei. Quindi si... stava per succede di nuovo. Avrebbe voluto opporsi, ma facendolo avrebbe messo non solo sé stessa, ma anche sua sorella nei guai, e la posta in gioco era troppo alta. La visiera di Queen Cobra si aprì, e si trovò di nuovo a fissare quegli occhi ipnotici.
Iniziava con gli arti che ti abbandonavano, e si muoveva su piano piano fino a raggiungerti la testa. Il suo battito cardiaco, schizzato a mille dopo essersi resa conto della situazione, si normalizzò, così come la sua respirazione. Sentì la propria mente andare a posto, quel magnifico caos del suo cervello infilarsi in tanti piccoli compartimenti che sembravano fatti apposta. Un orribile quanto inarrestabile senso di beatitudine la pervase: stava per perdere, di nuovo, il controllo della sua volontà, ed il fatto che le sembrasse bellissimo era la sensazione peggiore che avesse mai provato.
Cercò di aggrapparsi a quel poco di umanità che le restava, ma le ritornò alla mente solo il suo processo di conversione. Ricordò otto ore incatenata ad un tavolo da laboratorio, ricordò un mostro con il volto di sua sorella che le iniettava di persona piccole fiale di fluidi multicolori ridendo quando il suo corpo mutava, si apriva e si trasformava solo per tornare come prima dopo infiniti istanti in preda a sensazioni indescrivibili tra il dolore e il sollievo quando le veniva somministrata una dose di antidoto, ricordò quell'orribile marchingegno che le passava sopra la pelle risvegliando nel suo corpo processi che la privavano lentamente della sua umanità. Ricordò muscoli che si contraevano, ricordò un corpo che si contorceva, ricordò urla che chiedevano pietà ,e ricordò sé stessa, che da protagonista della sua vita diventava prima spettatrice e poi abbandonava completamente la scena, sostituita da un'identità fittizia che pensava e agiva per lei.
Era ad un passo dalla trance totale, e l'unica cosa che la teneva aggrappata alla realtà erano i ricordi dei peggiori attimi della sua vita. Le lacrime iniziarono ad accumularsi, così come un rivolo di bava iniziò a colarle dal lato della bocca. Avrebbe voluto cedere solo per farla finita, ma non sapeva se sarebbe potuta tornare indietro, quindi si aggrappò con unghie e denti a quel terribile ricordo, quel poco di sé stessa che le rimaneva. Finché...
-Non ce n'è bisogno. Mi hai convinto.- interruppe Gull, tappando gli occhi di Marina in modo molto diretto -E anche il Santo pare approvare.-
Tutti gli occhi della sala si voltarono verso la figura più in alto, ancora nascosta nell'ombra. Videro un movimento minimo che esprimeva assenso. Qualcuno provò a commentare, ma fu subito zittito.
Agni richiuse la visiera, e lasciò di nuovo il corpo a Michiru, che come prima cosa si avvicinò a Marina ancora in trance, un gesto che passò curiosamente inosservato.
-E' un peccato che un soldato così fedele non si sia reso disponibile per la conversione in cyborg, però.- proseguì Gull, di nuovo in tono canzonatorio, allontanandosi dalle due giovani mantenendo il contatto visivo -Questa ragazza mi piace, farei tutto il possibile per trasformarla in una cyborg bestia senza farle perdere il suo bell'aspetto. Mi dica, Miss Kato, c'é qualche animale che apprezza particolarmente? Qualche insetto, magari? Trovo i carapaci molto eleganti, non credo che pelo e corna le si addicano.-
-Uuug...- mugugnò Marina, che stava ancora uscendo dal trance. Michiru, di nuovo in controllo di sé ma avendo assistito a tutto lo scambio, si intromise.
-Per quanto mi fidi ciecamente della mia subordinata... preferirei che rimanga a questo livello. Se e quando ci saranno conversioni da effettuare, sarò io stessa ad occuparmene. Ricordiamoci che stiamo parlando di una persona con il completo controllo delle sue facoltà mentali – se diventasse un cyborg bestia, potrebbe causare molti più danni di un qualsiasi soldato potenziato in caso di ribellione.-
Gull sembrava poco convinta, ma fece buon viso a cattivo gioco e se ne tornò al proprio posto. Viper riportò velocemente l'ordine nella sala e permise a Michiru di tornare al proprio posto sugli spalti, accompagnata da una terrorizzata Marina.

Se l'erano cavata.

-Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...-
Marina pianse per tutto il viaggio di ritorno, abbracciata dalla sorella. Entrambi si sentivano orribili: Michiru era mortificata dal non essere riuscita ad impedire ad Agni di mettere in mostra quella dimostrazione così mostruosa. Marina, invece, si sentiva sporca, usata e gettata via, come se la sua vita non avesse importanza e fosse davvero soltanto il numero 26. Non volò una parola tra le due, solo la litania di Michiru ed un abbraccio fraterno che fece molto di più che qualsiasi parola.
Agni non fece alcun commento. Sapeva che il suo intervento aveva salvato la situazione, e non si era pentito di aver abusato di Marina per darsi credibilità. Dopotutto, dopo tutti quegli anni passati da serpente non si faceva domande sulla natura umana, e, francamente, la cosa nemmeno gli interessava.


Michiru si lasciò andare sulla sedia girevole, finalmente in grado di rilassarsi, quando si ricordò di dover controllare la lista di Viper e mise mano al tablet. Era riuscita a calmare Marina e l'aveva messa a letto - nel proprio letto nelle sue stanze private, preoccupata della possibilità che potesse avere degli incubi e intenzionata a tenerla lontano dagli altri Corallo, almeno per un pò. Settimane di terapia buttati per colpa di Agni, che ora era acciambellato beatamente su un'altra sedia.
-Si, sto pensando male di te.- si rivolse al serpente.-Era davvero necessario?-
IL CONSIGLIO VOLEVA UNA DIMOSTRAZIONE DI FORZA E DI DECISIONE. SI, ERA NECESSARIO.
Sbuffò, togliendosi il casco e appoggiandolo sulla scrivania, aggiungendovi subito a fianco il tablet.
-La psiche di Marina é ancora instabile, Agni, e per quanto si faccia coraggio é piena di ferite che non guariranno,-
TUA SORELLA HA UNA FORZA DI VOLONTA' RAGGUARDEVOLE. NON MI SONO TRATTENUTO QUANDO HO CERCATO DI IPNOTIZZARLA, OGGI, CIONONOSTANTE E' RIUSCITA A MANTENERE LA COSCIENZA DI SE'. ONDE IPNOTICHE DI QUELLA INTENSITA' AVREBBERO FRITTO UN CERVELLO QUALUNQUE.
-Non é quello il punto!- si fece in avanti, stringendo i pugni.-Sappiamo entrambi quello che ha subi-- che le ho fatto subire quattro anni fa! Ci sono volute due settimane solo per farle accettare il fatto che l'unica voce nel cervello che le diceva cosa fare fosse la sua, ricordi!?-Per quello, e per riconquistare almeno in parte la sua fiducia.-E tu la prima cosa che fai é andare lì e ricordargli che possiamo spegnerla in qualsiasi momento!-
NON AVEVO ALTRO MODO DI DIMOSTRARE LA NOSTRA FEDELTA'. INOLTRE, ERO DISPOSTO A CEDERTI IL CONTROLLO IN QUALSIASI MOMENTO SE AVESSI AVUTO UN'IDEA. SEI STATA IN SILENZIO A GUARDARE, QUINDI HO AGITO.
Purtroppo aveva ragione. Era andata nel panico, e non aveva fatto niente per fermare le azioni di Agni. Avrebbe potuto approfittare del timeout per pensare a qualcosa, ma era troppo impaurita per fare qualcos'altro che non fosse chiedere scusa a sua sorella mentre le lavava il cervello di nuovo.

Non si era fermata. Lo stesso errore in cui era incappata in quegli anni. Lo stesso errore che si era promessa di non ripetere più.
Fare la signora del male era facile, essere una lady di ferro era molto più difficile. Ed il non essere stata all'altezza le era costato ulteriori ferite spirituali a sua sorella, nonchè un nuovo rimorso.
Si abbatté sulla sedia, la testa tra le mani. Cercò di pensare ad una soluzione al problema, ripensando a tutte le scappatoie che si era preparata in quei mesi.
-Forse dovrei portare Marina lontano dalla base per un pò, approfittando del trasferimento dell'unità di combattimento.-affermò, arrivata ad una conclusione.- Stavo pensando di tirar fuori Ryuuko e Satsuki.-

Agni abbandonò la posizione acciambellata di scatto e finalmente la degnò di uno sguardo.
RYUUKO E SATSUKI? MICHIRU, DOVRAI COMUNQUE ESSERE PRESENTE IN BASE COME CONSULENTE STRATEGICO. NON PUOI PRENDERE TUA SORELLA E FAR FINTA DI ESSERE UNA CIVILE INSIEME A LEI.
-Devo racimolare informazioni, no? Sarei comunque fuori per la maggior parte della giornata. Il consulente strategico posso farlo da fuori in Sound Only.- ribattè. -E poi, ho già trovato un alloggio. Da lì la base é raggiungibile in cinque minuti: se si dovesse presentare l'occasione, contattami telepaticamente e sarò da te in in batter d'occhio.-

Il serpente sibilò, sbattè le palpebre e si riacciambellò.
NON E' LA PRIMA IDEA STUPIDA CHE HAI OGGI.
-Il consiglio mi vuole fuori dal combattimento a raccogliere dati.- rispose, chiarendo la propria decisione.-Come Satsuki posso muovermi indisturbata e svolgere ricerche sul campo senza che la Excalibur mi trovi. Non ho lasciato nulla al caso: ho un lavoro come copertura, risultiamo entrambi all'anagrafe e abbiamo documenti validi. Se qualcuno dovesse fare ricerche, troverebbe che Ryuuko e Satsuki Norimizu sono due ragazze come tante.-
Agni si alzò una seconda volta e guardò Michiru tramite i suoi occhi a fessura. Se avesse potuto mostrare sorpresa l'avrebbe fatto.
UN LAVORO? CURIOSO.

Lei mise un'espressione saccente, seguita da una smorfia perplessa. Come faceva a non saperlo?
-...ah, é vero, non c'eri.- si ricordò .-Beh, usa la tua immaginazione. Posso ipnotizzare a lungo termine chiunque nel giro di pochi secondi, non ci vuole molto a far credere al capo di un ramen shop che ti presenti tutti i giorni in orario, no?-
UTILIZZARE IL TUO POTERE PER SCOPI PERSONALI E' UNA VIOLAZIONE DELLA TUA ALLEANZA AI BLACK SAINTS. E POI, UN NEGOZIO DI RAMEN? UN LAVORO UMILE. POTEVI FAR FINTA DI ESSERE UN'IMPIEGATA O UNA MANAGER.
Sospirò.
-Tutto quello che stiamo facendo è una violazione della nostra alleanza ai Black Saints, Agni. E poi, davvero? Mi avete preso che andavo al liceo, non ho un minimo di istruzione: so cucinare e suonare il violino, basta. Non ho bisogno di ipnotizzare qualcuno per convincerlo che sono una brava cuoca, mi preparo da mangiare da quando ho 12 anni.-
A ME PREOCCUPA IL FATTO CHE IL TUO SENSO DEL GUSTO SIA ALTERATO. SE MANGI QUALCOSA CHE NON SIA DI ORIGINE ANIMALE TI VIENE DA VOMITARE. NON E' ESATTAMENTE UN BUON REQUISITO PER UNA CUOCA.

La giovane ridacchiò.
-Si vede che non sai niente di cucina! La carne é importante nel ramen.- chiarì, poi indicò sé stessa con la mano ed un pizzico di orgoglio.-E dopo cinque anni da carnivora sono un'autorità a riguardo.-

IL SENSO DEL GUSTO DEI CARNIVORI E' MOLTO PIU' DEBOLE DI QUELLO DEGLI ONNIVORI, MICHIRU. O DEGLI ESSERI UMANI.
Tra donna e serpente calò il silenzio e volo' qualche scintilla: se c'era una cosa di cui era andata sempre fiera era la propria cucina, e, da un po' di tempo, le proprie capacità ipnotiche. Ma come queste le tornarono in mente furono accompagnate dal ricordo delle azioni di Agni di quel pomeriggio, ed il buon umore svanì tutto d'un tratto. Richiudendo il sorriso, si rivolse al serpente con tono secco.
-Era un test per Marina, vero? Vo
levi vedere come avrebbe reagito in una situazione di stress?-
MARINA SI FIDA DI TE, MA NON ERAVAMO A CONOSCENZA SE LA SUA FEDELTA' FINISSE CON TE, O SE SI TRATTASSE DAVVERO DI DEDIZIONE ALLA CAUSA CHE LE HAI PROPOSTO. chiarì Agni. Michiru, braccia incrociate e sguardo di fuoco, incalzò, chiaramente infastidita dalla risposta:
-Lei non vuole servire i Black Saints, vuole solo un po' di pace. Almeno credo.-
DANDOLE IL PERMESSO DI RIVELARSI LE HO IMPEDITO DI FARLO DA SE', CHE SAREBBE POTUTO ESSERE INTERPRETATO COME UN TRADIMENTO, COSI' COME L'ALLONTANARSI O IL REAGIRE QUANDO L'HO AVVICINATA. HA FATTO TUTTO CIO'PER PROTEGGERTI, QUINDI ANCORA NON HO CAPITO FINO A DOVE SI SPINGE LA SUA FEDELTA', MA SONO SICURO CHE COME MINIMO, SARA' LA TUA PIU' GRANDE ALLEATA.
-Bene. Tu invece, non spingerti oltre. Rimetti le mani...- si corresse -gli occhi addosso a mia sorella e te ne pentirai.-
Donna e serpente si scambiarono uno sguardo di diffidenza, le loro pupille bloccate a fissarsi in un duello di volontà contrapposte. Sorprendentemente, fu il rettile a cedere per primo, tornando ad acciambellarsi con fare pacifico.
CAPISCO. LA PROSSIMA VOLTA TI AVVISERO'PRIMA DI EFFETTUARE AZIONI AVVENTATE.
-Forse non mi sono spiegata bene, non ci sarà una prossima volta...- iniziò, ma il tablet ormai dimenticato sul tavolo fece di nuovo nota la sua presenza con un suono improvviso. Ragazza e rettile lo fissarono entrambi, poi la prima osservò in modo infastidito, sporgendosi per raggiungere il dispositivo:
-Salvato dalla campana. Ne riparleremo, non ti illudere di essertela cavata.-
Michiru afferrò l'oggetto e osservò con sorpresa la notifica che lampeggiava sullo schermo. L'espressione sorpresa e rammaricata allo stesso tempo, senza proferire ulteriore parola si alzò, indossò di nuovo il casco per nascondere la propria identità e si diresse verso la propria camera da letto per dare un ultimo sguardo a Marina prima di rispondere alla convocazione privata con uno dei tre Leader che aveva appena ricevuto. Sembrava proprio che non sarebbe stata con lei neanche quella notte.

-Pare che la nostra serata non sia finita. Vieni, abbiamo da fare.- ordinò perentoria al rettile, mentre chiudeva con uno scatto la porta a scorrimento. Agni, senza perdere tempo, si fece strada sul pavimento e raggiunse le sue spalle, avvinghiandosi attorno al suo corpo come era solito fare.

Aveva davvero bisogno di una pausa. Forse era il momento giusto.



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Capitolo 5
*** Un colloquio inaspettato ***


cap3

Aika sedeva composta su un austero divanetto in una delle tante sale d'aspetto della base della Excalibur, la testa china unico segno di scomforto, e Masaru era a fianco a lei anche se dava l'impressione di voler essere da un'altra parte. La ragazza capiva la sua inquietudine: in fondo, non aveva solo fatto altro che dargli la terza notizia più brutta della sua vita, dopo "Hanno trovato il corpo di Shiro" e "Congratulazioni, sei stata scelta per servire i Black Saints".
Qualche mese prima sarebbe esplosa in un turbine di rabbia, alla base avrebbero dichiarato almeno un DEFCON 3 e chiuso le paratie di protezione come misura preventiva, ma ormai aveva accettato che la sua vita avesse preso una direzione sbagliata e aveva sopportato la notizia con disperata rassegnazione.
-Tutto qui?- rispose all'annuncio del suo commilitone, a testa china.
-...no.- riprese Masaru, impegnato a scegliere le parole giuste -ci hanno permesso di tenere le R-Medal a patto che non le attiviamo.-
-Non ha senso.- replicò, finalmente voltandosi lentamente verso il suo collega, in un lento movimento di capelli rosso volpe tagliati a pixie che incorniciavano un volto con gli occhi da cerbiatta abbastanza piacevole, ignorando la mascella mascolina e le occhiaie marcate -Il comandante non vuole che io combatta, ma mi lascia le armi? Finché avrò il mio R-medal a disposizione non...-
-E' una violazione di livello quattro.- ribatté il giovane con gli occhiali, scuotendo il capo -E non credo che utilizzarla in una condizione critica sia un'attenuante. L'intenzione è quella di tenerci fuori dai combattimenti. Mi dispiace, Aika.-
Silenzio. L'espressione della ragazza era priva di alcuna emozione, mentre si voltava di nuovo a guardare davanti a sé.
-Non fa niente.- affermò lei, nonostante la mano che stritolava il bracciolo del divano con forza desse un'altra idea.-Ero stanca di essere presa in giro da quella vipera, dopotutto. Spero davvero che sia morta.-
In fondo era vero, solo che non era quel tipo di stanchezza che ti fa mollare tutto - era il tipo che ti faceva venir voglia di spingere il tuo pugno nello stomaco dell'avversario finché non capiva quanto eri stanco, ma ormai non aveva più senso.
Strinse il bracciolo così forte che, senza accorgersene, lo accartocciò. Purtroppo, la tecnologia usata per invertire il processo di conversione era ancora imperfetta quando era stata salvata dalle grinfie dei Black Saints anni prima, e tra il rischiare la vita per tornare un comune essere umano ed il tenere i propri superpoteri aveva scelto la seconda opzione: di conseguenza, nonostante sembrasse un'universitaria come tante, era forte come un Excaranger in piena tenuta da battaglia, e soprattutto come quella ragazza Corallo con i capelli corti e carica di armi da fuoco che le aveva piegato i sai come se fossero fatti di gomma e che da settimane le stava dando dei grattacapi, ingaggiandola ad ogni occasione per impedirle di affrontare Queen Cobra. Ancora non capiva come un soldato privo di cervello potesse combattere alla pari con lei che indossava l'R-Suit, poi si ricordò che la sua tuta di combattimento, creata apposta per lei, era meno mirata a potenziare le sue già esistenti abilità e più indirizzata al supporto, con aggiunte tipo cammuffamento visivo, aderenza a pareti, e...
-Aika?- la voce di Masaru finalmente la raggiunse, facendola uscire dalla piccola trance autoindotta che continuava a presentarsi a causa della sua conversione e che le riempiva la testa di pensieri tattici, analisi e strategie.
-Eh?!- esclamò, cadendo dalle nuvole. Osservò prima il suo commilitone, che si era appiattito contro la sedia nel tentativo di allontanarsi, poi la propria mano ed il bracciolo distrutto -Oh,no. E' la terza volta questo mese. Shiro sarà fur...-
Si rimangiò immediatamente le parole. Non riusciva ad accettare che il suo fidanzato fosse morto proprio per mano di Queen Cobra. Nascose la mano incriminata con l'altra e singhiozzò. Masaru immaginò il proprio collo al posto del bracciolo e scelse le successive parole con cura.
-Forse...era davvero il caso di prenderci una pausa. E' stato un periodo orribile per gli Excaranger, la squadra ha bisogno di un aggiornamento. Tu che hai intenzione di fare?-
-Bella domanda.- commentò, il volto contratto in una smorfia di amarezza -Prima tu.-
-Aika, lo sai.- rispose lui – Io il mio lavoro alla Excalibur ce l'ho sempre, ma tu... onestamente, sono preoccupato per te. Sei una civile, ma da quando ti conosco non ti ho mai vista tornare a casa, o abbandonare la base. Non hai davvero nessuno?-
-Shiro era tutto quello che avevo.- tagliò corto.
Ulteriore silenzio. Aika guardò l'orologio sulla parete: erano le dieci di sera, e sapeva cosa significasse per lei. Tirò fuori da una tasca sulla giacchetta un piccolo barattolo di farmaci, ne estrasse due pasticche e le mandò giù senz'acqua, il tutto mentre Masaru la guardava con sguardo dispiaciuto ed intimorito allo stesso momento.
Non gli faceva una colpa neanche di quello - se indossati gli R-Suit erano alla pari, in borghese lei lo superava in forza, destrezza e riflessi, e sebbene da soldato addestrato potesse affrontare un normale Serpente Corallo anche a mani nude, rispetto a lei era come una gazzella contro un leone.
-S-Sai... ho un po' di licenza da parte, posso prendermi qualche giorno di pausa, se hai bisogno di compagnia.- azzardò il ragazzo, balbettando - A-andiamoci a bere qualcosa. Non pensiamo alle cose brutte per un po', ok?-

-...bere qualcosa?-
Una convocazione nel mezzo della notte poteva essere qualsiasi cosa: un rendez-vous per un piano segreto, un rapporto fuori orario, una situazione di emergenza. Ma arrivare alla base principale dei Black Saints e farsi scortare dai soldati di Gray Shark fino alle sue camere private alla sommità dell'ala nord del complesso era già una cosa fuori dal normale (scoprendo peraltro che si, la base si trovava in un'isola nel mezzo del pacifico, e che c'era una visuale molto piacevole dai piani più alti, una splendida foresta tropicale circondata dal mare), il trovarsi da sola davanti il generale di bell'aspetto e dalla voce roca e stentorea che le proponeva un drink era l'ultima cosa che si aspettava. Agni, dalla sua spalla destra, taceva e osservava.
-Non so se la cosa le conviene, signore.- rispose all'invito con tono freddo ma sincero -Reggo molto bene l'alcol.-
Il bel comandante con la benda sull'occhio si mise a ridere, una risata di cuore. Il movimento sussultorio mise in mostra i muscoli del torace: quegli addominali erano così scolpiti che ci si poteva affettare il pane sopra.
-Ma certo, ma certo.- iniziò lui, versando comunque due calici di vino e porgendogliene uno -Avrei dovuto aspettarmelo che la tua particolare struttura fisica ti permettesse di bere senza ubriacarti e non sono neanche sicuro che tu possa provare i sapori, ma è solo per rilassarsi. Su, fammi compagnia.-
Già, non sentiva il gusto dell'alcol e aveva tuttavia un limite a quanto poteva bere prima che le girasse la testa, ma preferiva tenere per sé entrambe le informazioni: non aveva idea del motivo della convocazione, e non era il caso di fargli capire che poteva farla ubriacare. Accettò il drink e si assicurò che lui sorseggiasse per primo, dopo averlo visto sedersi su un divano in quel loft piuttosto lussuoso, facendole cenno di sedersi sulla poltrona davanti a lui.
Obbedì, non troppo convinta: il cuscino era straordinariamente comodo, o forse era lei ad aver dimenticato cosa volesse quel termine, abituata alle sedie utilitaristiche, prive di fronzoli e dure come il marmo che aveva nell'avamposto.
-Allora, Cobra- iniziò lui- allora, che ne pensi del mio appartamento?-
-E'... non sono abituata a questo lusso, signore.- rispose, onesta, domandandosi mentalmente cosa volesse da lei il suo superiore.
-Neanche io, lo detesto, infatti.- replicò l'uomo, reclinandosi sul divano e decantando il vino -Detesto questo divano, detesto questo arredamento e detesto questo vino: 1200 dollari a bottiglia, e sa di tappo. Lo stavo tenendo per un'occasione, forse avrei dovuto berlo prima insieme ai miei uomini. Il letto mi piace però, ci si dorme molto bene, dovresti provarlo.-
Stava forse flirtando con lei? No, non era il momento di farsi quelle domande. Sviò il discorso.
-Un'occasione?-
-Ho finalmente incontrato qualcuno che la pensa come me.- chiarì lui, abbassando il bicchiere- Immagino tu abbia notato che i membri della mia guardia personale non sono soldati potenziati, non hanno alcun aumento cibernetico né sono sotto controllo mentale. Sono comuni soldati con un ottimo addestramento.-
Davvero? Chiederselo era inutile, se ne era accorta, principalmente dal fatto che indossassero normali uniformi e non strani vestiti a tema, e li avesse sentiti chiacchierare tra di loro e fare battute sconce alle sue spalle sul fatto che il suo sedere fosse in bella vista: l'unica cosa che ne mostrava l'affiliazione ai Black Saints era lo stemma con lo squalo sulla manica delle loro casacche.
-Come li tiene in riga?- domandò giustamente, cercando di darsi un tono -La cosa potrebbe tornarmi utile.-
-Li pago bene.- rispose lui- Inoltre, gestisco i loro contratti da mercenari e li mando dove richiesto, quindi sanno che con me hanno sia lavoro che soldi. Ed è di questo che volevo parlarti, Cobra. O vuoi che ti chiami con il tuo vero nome?-
L'universo doveva aver cospirato contro di lei, in quanto, proprio in quel momento, aveva portato il calice alle labbra. Agni prese il controllo del suo corpo di quanto bastava per farla apparire calma e distaccata invece di farle andare il vino di traverso o di farglielo sputar fuori, ma il cuore le schizzò comunque fuori controllo e andò nel panico per qualche istante.
Trattenne il bicchiere alle labbra per qualche istante, giusto il tempo di nascondere il proprio stato d'animo e inventarsi una reazione sensata.
-Il mio nome non ha importanza, l'ho abbandonato.- la giocò così, abbassando il calice dopo aver preso un breve sorso di cui sentì a malapena il sapore -Quando...-
-Non recitare.- le intimò Shark, l'aria di benevolenza svanita tutta di un tratto, rimpiazzata dalla freddezza di chi non era abituato a sentirsi dire di no -So benissimo che non sei sotto il nostro controllo. Togliti il casco, voglio vederti in faccia.-
Cercò di mantenere la facciata, sebbene all'apparenza sembrava stesse per crollare tutto:
-Non capi...-
Ma fu immediatamente interrotta:
-Oggi, durante la riunione, quando il tuo subordinato ha acceso l'ologramma ti sei portata la mano alla ferita. Se fossi stata sotto controllo non avresti avuto quel tipo di reazione. L'ho visto, sai? Come ho visto che le hai sussurrato qualcosa quando l'hai ipnotizzata, e che hai messo mano alla frusta quando Gull ha iniziato quel simpatico teatrino.- si portò una mano al volto indicando l'occhio buono - Ottantanove uccisioni confermate come cecchino: ho un occhio solo, ma ci vede bene.-
TI HA BECCATA, commentò il serpente senza muoversi.

Ok, probabilmente aveva più di un modo per cavarsela, ma perché rischiare di peggiorare la situazione? Se sapeva così tanto su di lei tanto valeva mettere le carte sul tavolo – nel peggiore dei casi, un veloce lavaggio mentale gli avrebbe fatto dimenticare tutto.
Poggiò il vino sul tavolo da caffè davanti a sé, approfittando di un poggiabicchiere, e si sfilò il casco, scuotendo la testa per liberare i capelli.
-D'accordo, parliamo a viso aperto. Letteralmente.- annunciò, separandosi la frangia con una mano.
Shark parve più sorpreso che contrariato. Si sporse dalla seduta, appoggiandosi sul tavolino, e si avvicinò a lei lentamente, guardandola negli occhi. Il cuore di Michiru le salì in gola mentre l'uomo scrutava ogni singolo anfratto del suo volto.
Poi lui parlò.
-Sai... mi aspettavo un viso diverso. Non sei quella ragazza... Reika, mi pare. Tu sei Michiru Kato.-
Prima che potesse rispondere, l'uomo si portò una mano sul volto e si tirò indietro, mollando di nuovo quella risata di cuore.
FACEVI IN TEMPO AD IPNOTIZZARLO, LO SAI. TI HA DATO QUASI UN MINUTO.
Lei si voltò verso Agni e gli soffiò un cenno di silenzio, anche se poteva sentirlo solo lei, mentre si rendeva conto di aver perso un'occasione d'oro. La risata di Shark, invece, non accennava a zittirsi. Cosa c'era di così divertente?
-Oh, cielo.- continuò, togliendosi le lacrime dall'occhio buono.-Scusa la risata, ma... questo cambia tutto. Pensavo che si trattasse del tuo successore, non di... ma aspetta, se tu sei qui, vuol dire che hai mentito sul rapporto della tua morte.-
Si era fatto improvvisamente serio.

-Si, è lei ad essere morta.- rispose con tono dispiaciuto -Abbiamo combattuto. E' stato un incidente, non volevo ucciderla.-
Forse non era la cosa giusta da dire, visto che aveva appena scoperto il nome della ragazza senza nome che si era rotta il collo nel tentativo di toglierla di mezzo, ma era la verità, e cercare di addolcirla non avrebbe cambiato nulla. Shark si sedette di nuovo sul divano davanti a lei, rilassandosi sul cuscino, mentre iniziava a formulare ipotesi ad alta voce:
-Quindi, si parla di sei mesi fa... di conseguenza... tu sei tornata dai Black Saints nonostante potessi andartene e sparire per sempre, e ci hai passato mesi e mesi combattendo contro gli Excarangers, interpretando il ruolo di Green Cobra.... vuol dire che avevi un motivo per cui tornare. E'... quella ragazza, Marina Kato, vero? Avete lo stesso cognome e vi assomigliate. Siete parenti. Sorelle, forse?-
-Esatto.- confermò solo a voce, senza seguire le parole con la testa, gli occhi fissati sul suo interlocutore - cosa che lui non fece, annuendo con fare soddisfatto
-Avrei dovuto capirlo prima, i tuoi piani erano migliorati da qualche mese a questa parte: una certa creatività di cui chi ha solo l'autonomia per decidere come fare le cose non dispone. A proposito... spiegami perché non hai mollato tutto insieme a Marina alla prima occasione.- le ordinò in modo fermo ma accomodante -Voglio capire. E non tentare quel trucchetto con gli occhi ipnotici, sono allenato a resistere.-
Il cervello di Michiru andò in panne. Si voltò mentalmente verso Agni, ma il serpente non accennò alcun consiglio. E adesso? Forse essere onesta era davvero la cosa migliore da fare, in fondo aveva già cominciato.
Sospirò, e annunciò nel modo più serio possibile le proprie intenzioni:
-Voglio spodestare il Santo e prendere il controllo dell'organizzazione.-
Si aspettava un'altra risata provocatoria, ma Shark rimase nel silenzio assoluto per qualche istante, per poi pronunciare una singola parola.
-Davvero?-
-Si.- rispose fermamente -E' tutto quello che ho da dire sull'argomento.-
-Oh, ma è chiaro.- riprese lui, altrettanto deciso -Volevi far colpo su noi Generali per guadagnarti la fiducia nostra e quella del Santo, e poi provare ad ipnotizzarci uno ad uno. Nel frattempo, puntavi a costruirti un piccolo esercito di soldati fedeli nel caso la situazione precipitasse. E' per questo che hai liberato tua sorella.-
Ma come lo sapeva? O era solo una strategia inventata sul momento uscitagli senza sforzo, tanto era abituato a mettere su carta piani di battaglia? Lui si produsse in un piccolo ghigno, lei non negò né confermò: gli rivolse semplicemente uno sguardo di sfida, mettendo alla prova la sua fedeltà all'organizzazione:
-E ora? Ha intenzione di farmi rapporto su queste congetture? Perché se sono queste le tue intenzioni, dubito che arriverai a quella porta.-
Fu là che arrivò la risata che si aspettava già qualche paragrafo, ma più sottile e meno marcata, quasi sotto i baffi. La cosa la metteva a disagio: che aveva quell'uomo?
-Sei una tipa tosta, ma le minacce non servono. Sei liberissima di fare quello che vuoi.- chiarì finalmente Shark -Seppure ti manchi l'esperienza hai dimostrato di essere intelligente e di saper gestire le truppe, farti rapporto o sostituirti ti impedirebbe di raggiungere il tuo potenziale e, di conseguenza, porterebbe soltanto danno, qualunque siano le tue vere intenzioni. E poi, francamente... sono interessato di vedere quello che combini. Non ti metterò i bastoni tra le ruote, a patto che tu lasci in pace me e i miei uomini. Ma non chiederci di combattere per te... se non sei disposta a pagarci prima, ovviamente.-
-Davvero?- domandò, sorpresa. Agni le fece il verso mentalmente:
DAVVERO?
-Lascia che ti spieghi, Michiru.- iniziò -Io e il mio gruppo siamo mercenari. Siamo in collaborazione con i Black Saints da diversi anni, ma siamo un'entità separata. Il Santo ci fornisce lavori in modo costante e anonimo, noi andiamo lì, spariamo al problema finché non sparisce, prendiamo il nostro compenso e ci ritiriamo nel nostro paradiso tropicale con collegamenti in tutto il mondo, semplice. L'unica cosa di cui ti devi preoccupare è il tenerci contenti e stipendiati una volta in alto e non alzeremo un'arma contro di te o i tuoi uomini.-
La cosa aveva sempre meno senso. Michiru strabuzzò gli occhi e cercò più volte di trovare qualcosa da dire, prima di atterrare su un:
-Ma... lei è un Generale! Non dovrebbe...-
-Oh, quello?- approfittò della sua esitazione e la interruppe - La carica è stata proposta al Santo da Black Viper per farmi obbedire dai tuoi colleghi sul campo, lui ha accettato. Ho visto un'occasione e ho preso la palla al balzo. Non hai idea di quanti contratti sono riuscito a portare a termine solo perché potevo contare su un cyborg bestia. In realtà non mi interessa del destino dei Black Saints né di avere una carica al loro interno, ma la mia etica professionale mi vieta di alzare le armi contro un cliente pagante, è per questo che il nostro rapporto è in piedi da quasi venti anni.-
Detto ciò, cambiò postura sulla seduta e le porse la mano, presentandosi:
-Comunque, mi chiamo Russell Stern. Piacere di conoscerti, Michiru Kato. E dammi pure del tu.-
Così tante informazioni in così poco tempo... il suo cervellino da ventenne stava veramente rischia di andare in tilt, mentre rispondeva meccanicamente alla stretta di mano nonostante fosse abituata agli inchini. C'era da fidarsi? L'esperienza non la aiutava e il prendere le informazioni date come vere senza alcuna garanzia poteva essere un errore, e poi c'era sempre un dettaglio piuttosto visibile che lasciava intendere che non fosse una persona affidabile:
-Quindi... tradiresti Black Viper per coprirti le spalle?- gli domandò, diretta, lasciando la stretta.
-Chiamalo Barrett, si chiama così.- esordì, trattenendo la risposta -E poi, anche se non andiamo molto d'accordo è pur sempre uno scienziato che ha dato vita ad un progetto di supersoldati di cui abbiamo approfittato per anni, non credo che tu sia così stupida da volerlo togliere di mezzo. Ma mettiamo in chiaro una cosa: se gli torci un solo capello, tutti i nostri accordi saltano, e farò ogni cosa in mio potere per fermarti.-
Probabilmente la temperatura della stanza, nonostante il clima tropicale, si era abbassata di qualche grado. Di una cosa era sicura: forse Russell e Barrett non andavano molto d'accordo, ma erano pur sempre fratelli, e nessuno dei due voleva tradire un legame di sangue.
Si voltò verso Agni, in cerca di consiglio. Non dovette nemmeno porre alcuna domanda, il serpente le si rivolse immediatamente: probabilmente avevano pensato la stessa cosa.
NON STA MENTENDO. O E' UN OTTIMO BUGIARDO. HO MONITORATO IL SUO BATTITO CARDIACO ED IL SUO LINGUAGGIO CORPOREO PER TUTTO IL VOSTRO DIALOGO. SEMBRA SINCERO.
-Coraggio, sono un uomo d'affari, e la prima regola degli affari è di non inimicarsi potenziali clienti.- disse Russell, notando la sua indecisione e abbassando di nuovo la tensione -Se punti davvero ad essere il mio capo, metterti contro di te può essere fonte di problemi. Anche se...-
-Anche se?-
L'uomo si sedette in modo più o meno composto, era chiaro che volesse parlare di affari.
-Suppongo che tu trovi tutta questa gentilezza come sospetta, o mi sbaglio? Possiamo fare un accordo bilaterale, se la cosa ti rende più sicura. Io mi impegno a mantenere il segreto, a coprire le tue tracce e a giustificarti davanti al resto del Consiglio, ma tu... mi devi offrire qualcosa in cambio.-
Rabbrividì. Il suo esitare nell'accettare le intenzioni oneste del suo superiore l'aveva forse portata ad una di quelle offerte che non si possono rifiutare? Si sentì come un cervo illuminato dai fari di un'auto, completamente spiazzata e indecisa sul da farsi. Davanti a sé aveva un potenziale signore della guerra al quale bastava un gesto per prendersi tutto ciò che le apparteneva senza chiederle il permesso - o meglio, era lecito dire che tutto ciò che lei aveva già apparteneva di rimando a lui, in quanto suo superiore. Lei era solo una giovane ragazza giapponese dall'altezza sopra la media con due occhioni marroni, i capelli nocciola ed il visino carino che si atteggiava a signora del male usando i ricordi di una persona ormai morta, lui era un soldato sulla quarantina di bell'aspetto, col volto marcato, i pettorali scolpiti, capelli scuri folti, i pettorali scolpiti, due bicipiti spessi come le sue cosce, i pettorali scolpiti, la voce stentorea e mascolina, i pettorali scolpiti che stava tanto desiderando di accarezzare...
Oh, al diavolo. Voleva qualcosa in cambio? Glielo avrebbe dato.
-Qualcosa in cambio?- anticipò, annullando qualsiasi indecisione nella propria voce nonostante il cervello le stesse dicendo che stava per fare un errore.
Si alzò avvicinandosi a lui con fare sinuoso, come solo un serpente sapeva fare, e si sedette sul suo grembo cingendogli il collo con gli avambracci, mentre lui la guardava con sguardo incuriosito e divertito. Avrebbe potuto ipnotizzarlo, renderlo in suo potere e averlo suo per sempre, inserendosi così a forza nel Consiglio... ma non lo fece. Invece, le sue labbra si avvicinarono a quelle di lui senza nemmeno che se ne accorgesse e gli diede un lungo bacio al quale lui rispose con limitata passione.
Un ricordo di Queen Cobra si fece di nuovo sentire, rivelandole che lo ambiva dal primo momento in cui lo aveva visto e sperava che il suo desiderio fosse corrisposto. Michiru si sentì rassicurata dalla brama della sua vecchia identità ed ogni esitazione sparì, mentre faceva scendere la propria mano sui pettorali di lui e li accarezzava con fare voglioso, allontanandosi nel contempo e rivolgendogli uno sguardo languido.
-Pensavo... che magari....-
E poi lo sentì ridacchiare.
-Veramente, speravo che tu o tua sorella poteste aiutarmi in qualche operazione. - chiarì senza imbarazzo, evidentemente abituato al tocco di una donna -In incognito, ovviamente, niente di ufficiale. Mi sareste davvero utili.-
I residui di Queen Cobra svanirono tutti insieme, e Michiru fu di nuovo al volante. Rendendosi conto di cosa aveva fatto, arrossì come una scolaretta sia dentro che fuori. Che stupida era stata! Sentì Agni darsi una figurativa pacca sulla fronte mentre la sua testa cercava di portare ordine.
-N-non posso parlare per mia sorella, quindi pensavo che potessi...- accennò, la sua voce priva di alcuna sicurezza-... oh, era da parecchio che volevo farlo. Mi... mi scusi, ho-ho frainteso e mi sono lasciata prendere.- ammise, finendo, sistemandogli il colletto del corpetto che aveva inavvertitamente sgualcito, accompagnando il tutto con un risolino insicuro su un volto color peperone.
-C-Cielo. Sono pessima, vero?- domandò balbettando, cercando di distogliere lo sguardo. Russell rispose, stavolta non con una risata sguaiata ma con un semplice accenno, mentre le portava una mano alla gota.
-Che carina che sei. Non ti ho detto di fermarti, possiamo parlare di affari più tardi.-
Si fissarono di nuovo, le mani di lei ancora ferme sui vestiti di lui. Si perse nell'occhio del generale di bell'aspetto, dimenticandosi di nuovo di avere poteri ipnotici e giocandosi un'ulteriore possibilità di plagiarne la mente.
Oh, al diavolo.
Si fece avanti, un gesto che stavolta fu ricambiato. Il secondo bacio fu molto più onesto da entrambe le parti, così come ciò che venne dopo. Quello che ne seguì fu totalmente naturale nel senso più diretto del termine.
Non era certo il miglior risultato, ma almeno era riuscita a riportare indietro pelle e squame. Se la cosa avrebbe portato guai, ancora non lo sapeva, e francamente non era il momento di curarsene.

-...Micchan? Sei-sei tu?-
Trovò Marina sveglia, seduta al buio sul letto in quella stanza austera e priva di personalità che era diventato il suo alloggio per quelle poche ore di sonno che il corpo le concedeva. Le si sedette accanto e la prese per mano per rassicurarla.
-Scusami, Gray Shark mi ha convocato per un colloquio privato. Non ti avrei lasciata da sola se non fosse stato urgente.-
Marina annuì con fare incerto. Michiru aveva un'idea di quello che aveva passato: anche lei, i primi tempi, si svegliava di soprassalto, perseguitata da sogni di quei cinque anni in cui era senz'anima e, infine, da quei lunghi momenti in cui il suo io gocciava fuori pian piano lasciando posto a qualcosa che non sarebbe mai dovuto esistere. Si, un'esperienza condivisa con Marina, che però era stata costretta a riviverla al termine di dei lunghi mesi in cui cercava di recuperare sé stessa. Era un miracolo che l'avesse trovata solo rannicchiata sul letto con la testa appoggiata sulle ginocchia e non in posizione fetale sul pavimento a piangere urlando.
-Che cosa è successo?- domandò la giovane dai capelli corti, voltandosi a guardarla nella penombra. Michiru cercò di dire quelle parole nel modo giusto, con tatto e delicatezza, ma dalla sua bocca uscì ben altro:
-Ci ha scoperto.-
Le tappò le labbra istintivamente: fece bene, in quanto lo strillo che le arrivò, pure se sommesso, era decisamente terrificante. Chiarì, portandosi la mano libera sotto il naso in un gesto molto chiaro:
-Shhh! Stai calma, fammi spiegare!-
Due occhi come i suoi, ma molto più arrabbiati, la fissarono da sopra le dita. Passarono dieci secondi e uno sbuffo e liberò sua sorella, che si produsse in una smorfia di disappunto che riusciva appena a vedere.
-Beh, addio segreto. Tanto vale dirlo a tutti, domani vado al Consiglio e racconto tutto a quella pervertita piumata.- annunciò in tono sconfitto.
Michiru ribatté con fare tranquillo:
-No, non ha intenzione di farlo sapere agli altri. E' dalla nostra parte, ma gli dobbiamo un favore se vogliamo che ci aiuti.-
-C'entra il succhiotto che hai sul collo?-
Sussultò. Si ricordò che sua sorella, a differenza sua, poteva vedere al buio senza l'ausilio di accessori esterni. Istintivamente portò la mano a coprire il segno.
-Che--si vede attraverso la nanotuta?- si domandò, sorpresa -Ma quanto forte ha--
-Micchan... lo hai sedotto?- Le chiese a sua volta Marina in tono incerto. La ragazza serpente arrossì, vista chiaramente dalla sorella, e cercò di giustificarsi.
-N-no! O meglio--no, lasciami spiegare!-
Spese i minuti successivi a chiarire la situazione, divagando di tanto in tanto sul fatto che avrebbe dovuto aggiungere un foulard alla divisa per coprire le tracce dei propri misfatti. Al termine della spiegazione la giovane soldatessa dai capelli corti si guardò attorno pensierosa ed espresse il proprio dubbio:
-Quindi... vuole che ci uniamo alla sua squadra di mercenari.- constatò - Andiamo a sparare ad altra gente, insomma. Grande.-
-Ha promesso di aiutarci a coprire le nostre tracce. Volevo sapere che ne pensavi prima di dire che eri disponibile ad aiutarlo, altrimenti cercherò qualcos'altro da dargli. E' una persona ragionevole, o almeno così sembra.- si giustificò.
Il silenzio si fece sentire più rumoroso che mai, mentre le due sorelle distoglievano lo sguardo l'una dall'altra, ognuna immersa nei propri pensieri. Marina fu la prima a riuscire a mettere a parole i dubbi, chiedendo in modo coscienzioso:
-Ti fermi mai a chiederti se stai andando troppo oltre? -
-Oltre quanto?- replicò Michiru senza battere ciglio, anche lei resasi conto di fin dove si fosse spinta -In una sola giornata ti ho svuotato il cervello e sono andata a letto col generale per mantenere il nostro segreto. Forse... dovremmo fermarci un attimo e rivalutare cosa stiamo facendo.-
Marina le rivolse uno sguardo spazientito che la ragazza serpente non colse, e ribatté:
-Fermarci? Col cavolo! Sono rimasta un mostro, e sono diventata una criminale. L'ho fatto per te - vi diede enfasi indicandola - perché sei tutto quello che mi è rimasto e perché pensavo avessi un piano. Poi oggi vieni e mi dici che il tuo piano è metterti a capo di questa gabbia di matti, cerco di fare la pace con me stessa per tutta la serata che quello che hai fatto oggi è stato per il nostro bene e poi tu vieni qui e mi dici queste stronzate?-
-Mari...- la chiamò, ma lei non aveva finito:
-Vuoi diventare il nuovo Santo? Ci diverrai, e io ti aiuterò finché non lo sarai. Punto. Penserò dopo a fermarmi.-
Ah, la cara Marina. Agni aveva ragione, sua sorella aveva una forza di volontà e di sopportazione fuori dal comune, il che andava in netto contrasto con la ragazza sovrappeso e pigra che era qualche anno prima. Forse la disperazione di non avere più niente ed il sapere che per rifarsi una vita avrebbe dovuto risolvere questa situazione l'aveva cambiata, o forse la conversione aveva solo fatto uscire un lato di lei che non conosceva, proprio come le era capitato dopo essersi risvegliata.
Ma se c'era una cosa che non voleva era che facesse le spese della propria ambizione, e aveva imparato cosa poteva capitarle solo poche ore prima, vedendo in prima persona la sua mente sciogliersi come il burro in una pozza di servitù è inconsapevolezza. Decise che era il momento di dare una stretta.
-No.- affermò con tono fermo, dopo qualche attimo di esitazione.-Hai fatto fin troppo, Mari. Domani comunicherò al Consiglio la mia decisione su chi insediare alla base, ce ne andremo da qui, e mi farò aiutare da Shark a coprire le nostre tracce. Dopo quello che è successo oggi, hai bisogno di fermarti.-
-Lo so io, quello di cui ho bisog-- iniziò lei, ma la interruppe:
-E' un ordine del tuo diretto superiore. Non si discute.-
Marina rimase interdetta per un attimo, poi abbassò la testa con fare dispiaciuto..
-Se lo dici tu.-
-Ci è comunque proibito ingaggiare in combattimento, quindi resteremmo a marcire qui sotto- continuò - Cambiare aria per un po' farà bene a tutte e due, credimi.-
Calò di nuovo un imbarazzato silenzio, rotto, ancora una volta, da Marina.
-Ne è valsa la pena di andare a letto con Shark? Cioè, è un buon amante?-
Oooh, si. Forse era solo una questione di inesperienza, ma le sensazioni che era stato in grado di risvegliare in lei non se ne sarebbero andate presto, e probabilmente sarebbero sempre state nella sua mente nei momenti in cui era da sola. Era stato in grado di farle dimenticare il proprio essere razionale e aveva risvegliato in lei l'istinto animale più puro. La dominava facilmente nonostante non avesse un corpo potenziato come il suo, e ciò, in una persona come lei, non solo abituata ma anche programmata a stare al comando, l'aveva gettata in in panico da cui non voleva uscire. Aveva avuto occasioni ripetute di entrare nella sua testa approfittando della sua distrazione, ma ogni volta lui la spingeva verso un nuovo limite, e la sua curiosità posponeva continuamente quel piano, interessata com'era a scoprire fin dove poteva arrivare. Quelle ore spese pelle su pelle, labbra su labbra e desiderio su desiderio erano passate come momenti, ma di sicuro erano stati i momenti più intensi della sua vita.
Ridacchiò sommessamente, stringendo le gambe per trattenere l'eccitazione nata dal ricordo, poi commentò.
-Così così.-

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Capitolo 6
*** Incontri ***


cap3

Era passata una settimana da quel giorno nefasto.
Nonostante i tentativi di Masaru di aiutarla, Aika sentiva sempre di più la vita sfuggirle tra le mani. Andarsene a bere con lui, la settimana prima, non aveva aiutato, e il nemmeno i tentativi di ripetere la cosa per conto proprio nei giorni successivi: a causa del suo corpo potenziato scolarsi mezzo stipendio le bastava per mantenere uno stato di ebbrezza della durata di appena pochi minuti. Aveva tenuto per sé la cosa mentre lui continuava, da amico e collega, a passare tempo con lei nel tentativo di a cercare di scacciare la tristezza. I suoi sforzi erano stati ripagati, era riuscito a tirarla su di morale, ma bastava una parola di troppo, un suono familiare o uno sguardo fugace ad posto che per lei significava qualcosa per buttarla di nuovo nella depressione più nera.
Era passata una settimana da quando era tornata, dopo mesi, in una casa che era sua solo su carta, quel monolocale già dimenticato nella speranza di andare a vivere a casa con Shiro, ed era passata una settimana da quando lo aveva trovato con la corrente staccata e pieno di polvere.
Era passata una settimana da quando aveva iniziato a cercare un lavoro temporaneo, un'occupazione necessaria solo a tenersi occupata per scacciare i brutti pensieri, ma nessuno voleva assumere una diciannovenne priva di alcun tipo di diploma, e si era giocata l'unica posizione in cui le avevano dato una possibilità, lavapiatti in un ristorante, dopo aver spaccato tre ciotole a causa della sua forza ed essere crollata in ginocchio a piangere.
E ora, dopo una settimana, era lì, seduta sul tatami ad osservare la busta con il logo della Excalibur che giaceva sul tavolo basso davanti a sé, al termine di una scia di polvere smossa che era comparsa quando la aveva gettata senza cura sul mobile.
La sua letterale busta paga: il suo ultimo stipendio da Excaranger.
Non c'era neanche bisogno di aprirla, le sue dita erano così sensibili che le bastava passare la mano sulla carta per leggere il testo impresso sulla lettera come se fosse scrittura braille: 800.000 yen.
800.000 yen al mese per sentirsi un'emarginata, 800.000 yen al mese che non aveva mai speso e che sedevano a maturare da cinque anni un un conto che non usava mai, una piccola fortuna con il quale avrebbe potuto godersi il tempo che le rimaneva.
Tempo... tempo... fissò l'orologio alla parete, l'unica cosa che ancora funzionava in quanto a pile: le dieci di mattina. Afferrò il solito barattolo e mandò giù le solite due pillole. Un rito che doveva compiere due volte al giorno per combattere i soliti effetti negativi causati dalla conversione a soldato potenziato, sintomi assolutamente privi di alcuna importanza come mal di gola, bruciore di stomaco, giramenti di testa ed emorragie interne causate dagli organi che le si sbucciavano come mandarini.
Più andava avanti, più iniziava a maledirsi di essere stata salvata dalla Excalibur quando la tecnologia di riconversione non era ancora perfetta: cinque anni prima era stata costretta a scegliere tra riempirsi quotidianamente di così tante sostanze chimiche da stendere un elefante nel tentativo di prolungare la propria vita e permettere agli scienziati di studiare la sua condizione o sottoporsi immediatamente ad un trattamento sperimentale che avrebbe rischiato di ucciderla. Ora, grazie anche a lei, riportare alla normalità un combattente dei Black Saints era un'operazione di routine: solo il mese prima avevano salvato una dozzina di soldati potenziati dalle loro grinfie e il peggior effetto collaterale riscontrato era in un ragazzo di diciotto anni, un aumento dei riflessi del 25% rispetto alla norma. Lei, invece, aveva un corpo così danneggiato sia dalla conversione che dai medicinali che non era più in grado di affrontare il processo di riconversione senza rischiare morte certa.
Perché il destino non le aveva permesso tornare ad una vita normale? Forse sarebbe stato meglio restare a servire sotto Queen Cobra e aspettare di venire salvata, magari qualcun altro si sarebbe fatto avanti al posto suo e avrebbero studiato un metodo per...
Il cellulare squillò, interrompendo i suoi pensieri, e si ritrovò ad afferrare il dispositivo dallo schermo scheggiato quasi istintivamente. Aveva rotto due telefoni solo quella settimana: non aveva più provato il bisogno di averne uno da quando era stata rapita a 14 anni, e da quando aveva riaperto gli occhi si era accorta che il flip phone era passato di moda e andavano tutti in giro con degli apparecchi dal touch screen così grande che sembrava di portarsi un televisore in tasca, e che a lei bastava guardare storto per piegarli in due.
Sollevò il cellulare con cautela e lesse il numero sul display, riconoscendo si trattasse del suo commilitone con gli occhiali: non lo aveva nella memoria del telefono, ma lo ricordava alla perfezione. Fece scorrere il dito sul display con estrema delicatezza, cercando di controllarsi: per qualche attimo il suo indice ipersensibile riuscì a delineare esattamente le crepe nel vetro che scorrevano sotto il polpastrello, ma le bastò un istante di distrazione per rovinare tutto: un movimento di troppo ed il telefono era accartocciato tra le sue mani.
-Fanculo!-
Imprecò, gettando i resti dell'apparecchio al muro di cartongesso, incastrandoveli dentro e provocandovi una piccola crepa.
Ansimò dalla rabbia. Perché, perché non era normale? Perché, da quando era morto Shiro, aveva perso completamente il controllo della propria forza? La risposta era chiarissima: mesi prima, dopo aver scoperto che l'effetto dei farmaci si stava facendo sempre più flebile, si era rassegnata al destino di morire tra atroci sofferenze, e Shiro era arrivato da lei proponendole il matrimonio dopo due anni di fidanzamento. Sapevano entrambi che se ne sarebbe andata da lì a poco e non le importava che quel gesto fosse soltanto per vivere un breve periodo di felicità, ma la scomparsa del suo fidanzato le aveva dato la forza di tirare avanti, un vita mirata solo al farla pagare a quella vipera che le aveva tolto l'unica persona che le voleva bene davvero. Ormai l'unica cosa che teneva insieme il suo corpo in rovina era la pura forza di volontà, aiutata da una dose di farmaci che era quadruplicata rispetto ad un anno prima.
Indossò il cappotto, afferrò la busta paga e uscì nella fredda mattinata invernale, sbattendosi la porta dietro non scardinandola per pura fortuna. Doveva togliersi quei pensieri dalla testa, non aiutavano affatto; forse buttare soldi in cose che non le servivano avrebbe aiutato. Era indecisa se comprare anche un telefono nuovo: in fondo, non le era mai servito.


Era passata una settimana da quel giorno nefasto.
Satsuki Norimizu, già Queen Cobra già Michiru Kato, si avvicinò alla soglia di casa con aria esausta: per quanto fosse potenziato il suo corpo non riusciva a tenere il ritmo del ramen shop, specialmente da quando aveva accidentalmente creato una ricetta così misteriosamente buona da decuplicare da un giorno all'altro il numero dei clienti abituali. Ironia della sorte, lei ne trovava l'odore intenso e paradisiaco, ma il sapore disgustoso. Agni aveva ragione su entrambi i fronti: il suo senso del gusto era troppo alterato per farla lavorare in cucina, ed il suo olfatto era così accentuato da farle indossare la mascherina in cucina per evitare che un aroma troppo forte la facesse starnutire nella zuppa. Tutto ciò non le impediva comunque di sapere quando aveva seguito la ricetta alla lettera: quando l'odore del brodo le faceva girare la testa e nel contempo sapeva di piedi e morte aveva raggiunto un bilanciamento di sapori che per il palato umano era apparentemente irresistibile, un sapore ricercato che nel giro di pochi giorni aveva rigirato completamente le sorti di quel minuscolo e sporco locale che aveva scelto come copertura proprio perché nessuno lo frequentava. Il tutto senza ipnosi o controllo mentale: per una volta era stata la buona sorte a metterle i bastoni tra le ruote.
Infilò la chiave nella toppa con qualche difficoltà: il freddo della sera la intorpidiva, probabilmente le modifiche al suo corpo l'avevano veramente resa a sangue freddo o qualcosa del genere, quindi quando non indossava la nanotuta o non era adeguatamente coperta il minimo raffreddamento la rendeva più lenta e imprecisa. Aprì la porta, appese il cappotto all'attaccapanni, si beò nel riscaldamento centralizzato, si tolse le scarpe e afferrò al volo la ciotola che le sfiorò il volto.
-Non ti avevo detto di smetterla di tirare piatti in giro per casa?- domandò all'aria.
-Sto facendo pratica.- rispose Ryuuko, alias di Marina, intenta al lavello a ripulire i resti di una cena abbondante. -Riesco a farla atterrare dritta senza rompersi nove volte su dieci. Voglio arrivare a dieci su dieci.-
-E perché stai indossando i miei vestiti?- domandò, accorgendosi effettivamente che sua sorella indossava la magliettina rosa che aveva comprato appena il giorno prima.
-I miei sono sporchi.- replicò subito, lanciando una ciotola che non fu intercettata e atterrò sul tavolo in posizione dritta.
La donna serpente si guardò attorno: il bilocale sembrava accogliente, ma c'era una chiara impressione che qualcosa non andasse, a cominciare dall'enorme pila di ciotole sul tavolo.
-Marina, lo so che odi il fast food, ma devi smetterla di cucinare riso per quattro, io non posso aiutarti a finirlo. - commentò - Vatti a fare un hamburger di tanto in tanto.-
-Non posso mangiare hamburger tutti i giorni, non fa bene, anche se brucio 3000kcal al giorno.- rispose subito la sorella -Quando ero alla base non me ne accorgevo, ma ora che sono fuori è chiaro che il mio metabolismo è accelerato.-
Aveva perfettamente ragione, non stava ferma un attimo: la ragazzina quattordicenne pigra ma intelligente era diventata un tornado di energia che riusciva a controllarsi a fatica. L'aveva vista sedersi a giocare con la vecchia console che avevano in un angolo un paio di volte, ma il resto del tempo lo passava a spendere le forze in eccesso svolgendo lavori domestici. Ecco da dove veniva il senso di inquietudine: l'unico dettaglio fuori posto in quel piccolo bilocale erano i cocci sul pavimento dovuti ad un lancio sfortunato; niente polvere, né sporco, né alcun tipo di oggetto fuori ordine. Persino i piatti puliti sul tavolo avrebbero presto e sicuramente trovato posto nella credenza, togliendosi dalla vista. Insomma, la casa era abitata da due donne single che erano quasi sempre fuori, e risplendeva come un albergo.
Un'altra ciotola le volò sopra la testa e atterrò sul tavolo, questa volta rovesciata.
-Devi usarne per forza una diversa ogni volta? Usa un'insalatiera.- commentò.
Per tutta risposta, un grosso recipiente di plastica la sfiorò e si fermò sul ripiano con un tonfo secco.
-Già fatto, ma anche quella è piccola.-
La situazione stava diventando ridicola. Si sedette al tavolo, trovò un po' di spazio per poggiare i gomiti, e chiese:
-Hai fatto la tua iniezione? Dovrebbe combattere questi impulsi.-
-L'iniezione è per non farmi avere effetti collaterali, Micchan, non per trattenermi.- fu la replica.
La ragazza serpente sospirò, sconfitta.
-Contatterò la base e vedrò se riescono a sviluppare qualcosa per privarti temporaneamente delle tue abilità. Metti inquietudine, Mari.-
-Ryu-u-ko.- ribatté lei, scandendo le sillabe -Hai scelto questi nomi, tanto vale usarli. Ma se la devo dire tutta... mi piace sentirmi così.-
Si voltò dal lavandino con un ghigno sul volto, facendo roteare un piatto sul dito come una palla da basket, dimostrando un controllo che lasciò la sorella sorpresa.
-Già, alla base era tutto proporzionato alle mie abilità e alla mia forza, quindi non mi ero resa conto di quanto sono diventata forte. Adesso che sono tornata in una dimensione umana... mi sento alla grande. Come un supereroe!-
Lanciò il piatto sul tavolo, che scivolò sulla superficie girando su sé stesso fino a fermarsi. Era ragguardevole: Marina aveva un controllo sui propri poteri che andava ben oltre le sue aspettative, dall'ultimo test effettuato all'avamposto era ben sopra gli altri soldati sia in forza che in precisione. Anzi, era più forte addirittura di lei, arrivando quasi a sfiorare i cyborg bestia di livello A; il potenziale dei soldati dei Black Saints era decisamente sopra le previsioni dei suoi superiori.
-Forse potrei farlo davvero, il supereroe, nel tempo libero.- azzardò la giovane col caschetto-Mi faccio un costume e vado in giro a picchiare i delinquenti. Di tanto in tanto poi organizziamo una battaglia tra me e gli altri Corallo tanto per tenere su la facciata, così divento famosa, mi danno le chiavi della città e vi faccio da infiltrato. Sempre meglio che starmene qui tutto il giorno.-
Michiru non la buttò sullo scherzo, rispondendo invece con la massima serietà:
-Sarebbe una buona scusa per liberare altri Corallo, ma è meglio se non attiri l'attenzione. Nell'ultima settimana abbiamo avuto avvistamenti di quel robot in tutto l'est asiatico, ha addirittura interferito con un'operazione di Shark in uno di quei paesi sperduti nel nord Europa. Vorrei evitare che se la prenda con te vedendoti una minaccia.-
-Aaah, Shark.- incalzò Marina, slacciandosi il grembiule e appoggiando il sedere contro il bancone dell'angolo cottura-Come sta il tuo fidanzato?-
Era un colpo basso. Si, era andata di nuovo a letto con lui due volte quella settimana, a giorni alterni. Lui le permetteva di scappare dai propri pensieri e dalle proprie colpe, lei gli aveva fatto trovare qualcuno in grado di stare al suo passo non solo fisicamente, ma anche per arguzia e spirito. Nonostante nessuno dei due lo considerasse effettivamente un rapporto era nata un'intesa, ed era facile fraintendere.
-Non siamo fidanzati.- commentò, imbarazzata – Ci... piacciamo fisicamente e basta, tutto qui.-
-E' difficile trovare qualcuno che non sia attratto da te, Sacchin.- ribatté la giovane dai capelli corti- Sei alta, hai i capelli chiari, le tette grosse e un visino da idol, e come se non bastasse sei anche una donna serpente che non ipnotizza solo con lo sguardo ma anche con i modi di fare. E io sono...- sbuffò - tua sorella.-
-Oh, piantala di leccarmi il culo, non sei divertente.- replicò con fare più rilassato - E poi anche tu sei una bella ragazza, dovresti avere più fiducia in te stessa.-
-Dovresti insegnarmi, sai. Potrei approfittarne e provare a sedurre Black Viper, forse ci aiuterebbe. O anche Gull, dà l'impressione della bisessuale repressa.- rispose in tono canzonatorio.
Le rivolse uno sguardo dubbioso. Il tono sarcastico dell'ultima affermazione le aveva confermato una certa ostilità repressa, e vide immediatamente sotto nuova luce le parole che si erano scambiate da quando era rientrata in casa.
-... Mari, c'è qualcosa che devi dirmi?- le chiese, sperando che non fosse niente di grave.
Sua sorella assunse una smorfia di sorpresa, poi di diffidenza. Passò qualche secondo e proferì parola:
-Sai... trovo rassicurante che almeno tu non prenda questa cosa sul serio come me. Io mi faccio un sacco di dubbi su quello che è rimasto di noi, e tu ti vai a scoparti il capo per puro divertimento. Non è bello. Pure questa storia delle identità segrete... e'... stupida. Essere Ryuuko é come essere Corallo 26. Io voglio essere Marina, Micchan, se volevo fingermi qualcun altro tanto valeva fare davvero il supereroe. -
Michiru cercò di rispondere, ma le parole le morirono in gola, dando ancora spazio a Marina.
-Ma... beh, te l'ho detto. Avrò tempo per esserlo a cose fatte.-
Il silenzio proseguì per qualche altro istante, mentre considerava tutte le opzioni. Quel discorso non le era piaciuto nemmeno la prima volta, e sebbene pensasse di aver raggiunto un punto comune era chiaro che Marina le portasse rancore. Ma era il momento di darci un taglio: se non poteva rassicurarla in quanto sorella maggiore, si sarebbe fatta sentire come suo superiore.
Si alzò, portando con sé il tono della discussione.
-.... per l'amor di Dio, Mari. Ti ho tolto da quella base per toglierti dalla testa queste idee, non per fartici pensare tutto il giorno!-
-Che devo fare!?- esclamò la sorella minore, con la voce che si faceva sempre più forte- Anche se non ci penso, mi basta sedermi a pranzare per ricordarmi che non sono una persona normale! Sono mesi che mi nascondo, Michiru, e ora che sono uscita allo scoperto e che posso andare in giro con il mio nome tu prendi e mi porti in un bilocale sfigato dicendo di far finta, di nuovo, di essere qualcun altro! Ma lo sai come mi sento?!-
-Che... siamo nella stessa barca, non lo capisci?- ribatté, anche lei quasi abbandonandosi alle urla -Ed io non solo devo nascondermi come te, ma non ho neanche il lusso di far sapere a tutti che faccia ho, anzi, devo far credere di essere una ragazza che è morta per colpa mia!-
-Tu sei in una posizione di comando! Puoi fare quello che vuoi!- fu la replica di Marina.
Michiru rimase interdetta, muovendo la bocca senza alcun suono, finché le parole non le scesero dal cervello alle corde vocali:
-Fare quello che... E' una responsabilità, Marina! Se io dovessi fare un errore, non ricadrebbe solo su di me, ma su di te e su tutti quei Corallo in attesa di essere liberati per tornare dai propri cari!! E non si parla di essere rimproverati dal capo o licenziati, oh no: io vi sto tenendo in vita, non lo capisci?-
Fu in quella che si accorse che anche i pantaloni che indossava erano i suoi. La sua lingua divagò da sola:
-E poi, perché indossi anche i miei pantaloni?!-
-I miei vestiti sono sporchi! La lavatrice è rotta, era già rotta quando ci siamo trasferite!-
-E tu vai in lavanderia, o usa quella tua dannata energia per lavare quelli, invece di consumare i piatti!-
Avevano ormai entrambe ceduto al nervoso e si rivolgevano sguardi poco amichevoli, ansimando come animali. Gli occhi di Michiru lampeggiavano di rosso, segno che da lì ad un attimo avrebbe perso il controllo e travolto il vicinato con onde di influenza empatica che avrebbero provocato in tutti i presenti un'incontenibile voglia di azzuffarsi. Il fiato di Marina, invece, aveva iniziato a fare le nuvolette per quanto era accaldata, cosa accentuata dal riscaldamento che faceva le bizze.
Si fissarono per dei lunghi istanti, durante i quali cercarono qualcosa da dirsi per rassicurarsi o abbassare il tono della discussione, ma fallirono entrambi.
-Va bene!- esclamò per prima Michiru, gettando le mani in aria con un movimento secco e dando le spalle a Marina -Torna alla base, resta qui, vai in strada a picchiare i borseggiatori, fai quello che ti pare!!! E pensare che io volevo solo proteggerti!-
-Proteggermi!?- avanzò la sorella minore raggiungendola, ormai in preda ad un raptus combattivo - Rovescio le auto a calci, e tu vuoi proteggere me?-
-Da te stessa, Marina!- chiarì Michiru, voltandosi - Hai idea di cosa potrebbe succedere se perdessi il controllo della tua forza!?-
Il fiato di Marina si raffreddò pian piano, mentre la sua immaginazione creava la risposta alla domanda retorica di Michiru. Lo spirito combattivo si spense lentamente, mentre si accorgeva che per quanto banali le parole della sorella fossero, avevano un senso.
-Grazie per la cena, pane e sensi di colpa.- affermò con sarcasmo -E dire che stanotte volevo dormire.-
Si avviò verso l'uscita, fissata dalla sorella.
-Vado a sbollire. Non ti preoccupare, ritorno.- annunciò, indossando cappotto e scarpe - Non ho altro posto dove andare, dopotutto. Cercherò di non fare danni esistendo.-
-Lo faccio per te, Marina....- iniziò la ragazza serpente con fare mortificato, venendo interrotta:
-Non... non ho dubbi, Micchan. Ma è difficile. So di essere infantile, ma ho il cervello fermo a cinque anni fa. Forse... col tempo crescerò. Ci vediamo più tardi.-
La ragazza dai capelli corti aprì la porta e si avviò. Michiru sospirò, cercando di calmarsi. Forse era lei ad aver sbagliato, forse era stato davvero un errore uscire dalla base, o forse il suo errore risaliva a molto più in alto, quando aveva dato vita a quel folle piano invece di prendere sua sorella e scappare. Il suo cervello divagò, e arrivò ad accorgersi di un altro dettaglio.
-Ehi! Quelli erano il mio cappotto e le mie scarpe!-

Stupida Michiru. Stupida Queen Cobra. Stupidi Black Saints.
O forse era stupida lei, una quattordicenne intrappolata in un corpo più adulto in grado di trasformare il carbone in diamante semplicemente stringendolo tra le mani (o almeno credeva, avrebbe tanto voluto provarci per vedere se era un modo di rimediarsi da vivere). Il piano della sorella era davvero l'unico modo che aveva per renderla libera, e lei era lì, un attimo a caricarsi di responsabilità , l'altro a volerle fuggire. Certo, non era un buon piano, ma lei non aveva altro da proporre. Ripensandoci, il proprio comportamento non aveva senso, si sentiva davvero una ragazzina confusa. Senza saperlo, aveva detto una delle cose più vere che avesse mai pensato: forse un giorno sarebbe cresciuta.
Avanzò in mezzo al freddo sul ponte che passava sopra il bacino artificiale che tagliava a metà la città, una città che conosceva come la sua mano dopo averci vissuto 19 anni. All'inizio trovava curioso come gran parte degli scontri tra i Black Saints e gli Excaranger si svolgessero sempre in quel posto, ma alla fine ci era arrivata: avere forze a piede libero vicino alla sede principale della Excalibur era sia una sfida che una dimostrazione di forza militare, un'affermazione che per quanto fossero forti e superiori le forze dell'organizzazione governativa loro non avevano paura di affrontarli nel loro stesso territorio. E, come tutta la hubris, alla fine era stata punita, in questo caso con un androide nero tra capo e collo.
In quei pochi mesi le era capitato, sotto il comando della sorella ovviamente, di partecipare a dei veri ingaggi in situazioni di guerriglia in giro per il mondo contro altre organizzazioni a loro nemiche, ed i duelli con gli Excaranger, a confronto, erano battaglie di addestramento. Ne aveva viste parecchie: quella che aveva lasciato di più il segno era quando avevano dovuto recuperare un ostaggio in un ufficio in Italia in mano a Phantasm senza far accorgere alla polizia locale che pochi metri sopra le loro teste stava avendo luogo uno scontro a fuoco, il tutto meno di una settimana dopo aver superato la paura di premere il grilletto: ancora sentiva le urla del ragazzo che aveva colpito alll'occhio e che si rotolava in agonia sul pavimento.
Tutto quello che accadeva nella prefettura di Mie, al confronto, sembrava davvero un super sentai: appena si usciva da lì iniziava una guerra vera, con strategie, feriti e vittime collaterali. Il fatto che anche la Excalibur avesse deciso di darci un taglio e di scatenare quel robot contro di loro era segno che si erano tolti i guanti bianchi, e che avevano iniziato a prenderli sul serio.
Avanzando sul ponte trovò due paia di scarpe, un paio di mocassini da uomo e dei décolleté dal tacco basso, con due nomi segnati sopra con un marker bianco. Fissò i flutti alla ricerca dei proprietari, ma niente: nemmeno la sua vista al buio le permise di scorrere qualcosa. Probabilmente, la signora Yamada e il signor Akinori si erano buttati per motivi amorosi, ma non lo avrebbe mai scoperto.
Considerò brevemente l'idea di farla finita anche lei, ma molto probabilmente sarebbe semplicemente riemersa cinquecento metri più a valle, con i vestiti bagnati come unico danno: una perdita di tempo, insomma, e Michiru avrebbe avuto un'ulteriore scusa per arrabbiarsi visto che il cappotto che aveva addosso era il suo.
Distolse lo sguardo dai flutti e continuò la passeggiata. Il sapere che probabilmente poche ore prima lì si fosse consumata una tragedia non la scosse più di tanto: la violenza che affrontava giornalmente l'aveva desensibilizzata a quel tipo di eventi. Dedicò comunque un attimo di raccoglimento ai due sconosciuti prima di rimettersi in cammino.
Poco più avanti qualcuno sembrava stesse avendo la stessa idea dei due misteriosi innamorati: una giovane donna aveva appoggiato gli stivali sul marciapiede e scavalcato la ringhiera, ringhiera sulla quale era seduta sopra a fissare il fiume nel buio, scalciando con fare apparentemente giocoso ma che mettevano in mostra un certo nervosismo indeciso.
Poco prima aveva scherzato con Michiru, annunciando di voler diventare una supereroina. Beh, era il momento di dimostrare a sé stessa di non essere buona soltanto a combattere, e che valeva di più di quello che sembrava. Un atto egoista, certo, ma da qualche parte doveva cominciare.
La sua corsa fu silenziosa, e nel giro di pochi attimi fu vicino alla ragazza che stava seduta sul parapetto. Fece per parlare, ma si accorse di non sapere cosa dire: non era mai stata in una situazione simile, né le era stato insegnato come comportarsi.
-Non.... non farlo. Pensa ai tuoi cari.- accennò.
La donna non si voltò neanche a guardarla e parlò:
-Fare cosa? Ho solo un piccolo dubbio, niente di che.-
Marina la osservò da dietro. Era alta quanto lei e portava i capelli in un taglio un po' più corto del suo, con un colore rosso volpe decisamente poco comune. Il cappotto che indossava sembrava costoso, così come gli stivali appoggiati a terra e le buste dai loghi prestigiosi che vi giacevano vicino. Aveva l'aria di qualcuno che aveva appena buttato l'intero stipendio in un pomeriggio di shopping e si era appena resa conto della vacuità della cosa.
Si avvicinò alla ringhiera, affiancandola. Doveva almeno avvicinarsi: se avesse cercato di gettarsi, sarebbe bastato afferrarla per un braccio e l'avrebbe tirata sulla strada senza problemi. Alla peggio se la sarebbe cavata con una slogatura: non era così forte da strappare gli arti di una persona, non senza slancio almeno.
-E... quale sarebbe, questo dubbio?- le chiese, cercando di guadagnare tempo.
-Mi stavo chiedendo- rispose la donna, senza batter ciglio- se mi buttassi da questa altezza, che mi succederebbe? Morirei, o riemergerei più a valle senza alcun danno e con l'intero stipendio che ho buttato in vestiti rovinato?-
Non riuscì a trattenersi: ridacchiò. Forse era fuori luogo, ma trovava la coincidenza curiosa.
-Ti fa ridere?-
-Eh? No, no...mi stavo facendo la stessa domanda anche io, ma non vale la pena darci una risposta solo per un brutto periodo.-
-Non è un brutto periodo. La mia vita è un inferno da anni. Pensa ai tuoi cari? Non mi è rimasto più nessuno. Tanto vale farla finita e affrettare la nostra riunione.- replicò la ragazza al suo fianco, un'intonazione monotona e priva di spirito.
Marina si ritrovò di nuovo senza sapere cosa dire, ma non poteva permetterle di chiudere il discorso: ogni secondo che passava in bilico sopra il fiume era un secondo verso l'inevitabile. Si ritrovò a ripetere le sue stesse parole nel tentativo di rallentarla:
-Non ti è rimasto più nessuno?-
-Vorrei parlartene, ma non ho tutta la notte per provare questa teoria.- evitò di rispondere la giovane sulla ringhiera con tono rassegnato -Dammi cinque minuti. Se sopravvivo, mi sentirò molto stupida per averci provato, tornerò qui e ti racconterò tutto. Se non torno, beh, prenditi le mie buste. Pure gli stivali, se ti stanno bene: sono Louis Vuitton nuovi di zecca, li ho pagati 200,000 yen. Mi stavano comunque scomodi, il tacco è troppo alto.-
Poi si sporse dalla ringhiera, appoggiando i piedi sul bordo e piegando le ginocchia, una chiara posizione per saltare giù.
-Aspetta!-
Marina fu rapida al massimo delle sue potenzialità, afferrandola per la spalla nemmeno una frazione di secondo dopo. Sapeva esattamente quanta forza mettere nel braccio per tirarla sulla strada, ma fu colta alla sprovvista dall'impeto del salto, e la sua presa ferrea si rivelò un'arma a doppio taglio in quanto venne trascinata contro la propria volontà. Nemmeno il parapetto riuscì a trattenerla, facendola ribaltare e finire giù dal ponte.
Si voltarono a guardarsi, ed i loro sguardi si incontrarono nel buio, trovando l'una le pupille dell'altra in una notte che per entrambe era chiara come il giorno. Fu un momento lunghissimo in cui i loro cervelli fecero a gara a chi ci arrivava per prima, e la sconosciuta vinse il confronto:
-M-Marina?-
-...Aika-chan?!- replicò lei di rimando, a pochi metri dall'acqua.
Gli occhi della ragazza dai capelli rossi assunsero immediatamente un'espressione affranta, mentre attirava a sé Marina e la stringeva nel tentativo di farle da scudo all'impatto. Marina cercò di fare lo stesso, poi il loro mondo si fece bagnato e gelido.

Cinquecento metri più a valle riemersero entrambe, toccando le sponde del fiume artificiale in un punto dove era possibile l'accesso a piedi. Marina fu la prima a rialzarsi, tossendo fuori l'acqua che le era entrata nei polmoni.
-Oh, mia sorella mi ucciderà!- fu il suo primo commento, prima di ricordarsi che non aveva fatto il tuffo da sola. -A-Aika?-
-Beh, mi sento molto stupida ora.- la sentì commentare.- Me lo dovevo...-
I loro sguardi si incrociarono e si trovarono senza parole, entrambe in preda alla sorpresa e alla preoccupazione. Marina fu la prima a scuotersi da quella situazione, tirando su col naso e lanciando un ulteriore colpo di tosse prima di parlare.
-Sei fuori di testa!? Potevi ammazzarti!- le urlò, in preda all'adrenalina, mentre le metteva le mani sulle spalle come per riportarla alla realtà mettendo tutta la cura possibile per non stritolarla-Ma si può sapere che ti è preso!?-
-E' una storia lunga, io...-
Fu in quella che Aika, alla vista dell'espressione incollerita della sua amica, si rese conto di quello che era appena successo. Il suo volto si aprì in una smorfia di sollievo, e parlò con un tono che non avrebbe mai più pensato di usare:
-....santo cielo, Mari. E' bello vederti, è da quando abbiamo finito le elementari che...-
-Non cambiare discors--
Aika le si gettò addosso, stringendola. La sentì singhiozzare. L'adrenalina calò, e si accorse anche lei della situazione: la sua amica d'infanzia aveva appena cercato di suicidarsi per un motivo che ancora non riusciva a capire. Le sue mani si mossero da sole oltre le spalle di lei, cingendola in un abbraccio consolatorio.

Marina aveva ragione, non era stata la sua idea migliore. Doveva essere un periodo di pausa per ripensare al piano senza sentire l'alito del drago sul collo, ma tutto quello che erano riuscite a fare era stato accumulare altro stress. Quello, e spendere in una settimana i soldi che aveva accumulato per il mese, sia per chi mangiava solo pesce e uova che per chi mangiava riso in quantità . Se continuava così avrebbe dovuto ipnotizzare di nuovo l'impiegato della banca, e c'era un limite a quante volte poteva farlo prima di iniziare a destare sospetti.
Una vibrazione sospetta dalla sua borsa le fece tirar fuori un cellulare, ma non l'allegro dello smartphone di una ventenne giapponese: era invece uno di quei vecchi telefono ripiegabili in stile Star-TAC. Ovviamente era tutta un'apparenza: la tecnologia contenuta nel comunicatore portatile dei Black Saints era anni luce avanti rispetto ai telefoni commerciali, e aspetto datato era dovuto solo al fatto che il modello, seppure molto più potente di un computer attuale, le fosse stato dato in donazione da qualche anno. Aveva preso l'abitudine di portarselo dietro in ogni momento dopo l'incidente del supermercato mesi prima, e poi il tempo che sia lei che Queen Cobra avevano passato giocandoci a Tetris durante le attese equivaleva ad una piccola eternità, quindi era uno degli apparecchi più importanti a sua disposizione.
Considerò se tirar fuori il casco dall'armadio e rispondere in modalità videochiamata, ma alla fine decise di lasciare la conversazione in Sound Only e si ritirò nella camera adiacente, chiudendosi la porta alle spalle. Si sedette sul letto, indossò gli auricolari e rispose alla chiamata, appoggiando poi il telefono sul materasso vicino a sé.
-Parla Green Cobra.- annunciò all'altro capo della linea, abbassando improvvisamente la voce di mezza ottava per dare un'impressione autoritaria. Non che dovesse, sapendo chi si trovava all'altro capo: per quanto potesse darsi un tono, il suo interlocutore era decenni avanti.
-Dire Wolf.- rispose lentamente una voce così maschile che faceva impallidire quella di Russell, mentre l'immagine di un umanoide con i tratti canini e la faccia piena di escrescenze ossee compariva sul display, ritrovandosi a guardare il vuoto. -I miei sottoposti non sono riusciti a raggiungerti, Cobra. Dove ti trovi?-
-Ricognizione. Scusa il Sound Only, ma non posso farmi vedere al momento, sono sotto copertura.- replicò con tono fermo.
-Sei sempre in ricognizione. Hai preso il tuo impegno seriamente, vedo.-
Sogghignò. Non sapeva neanche quanto.
-La potenza non è tutto in combattimento, bisogna anche conoscere il contesto.- rispose con tono compiaciuto. Il suo interlocutore fu più diretto e meno simpatico:
-Ne deduco che tu abbia raccolto dati utili?-
Si, lo aveva fatto. Aveva solo graffiato un po' la superficie del filone che aveva individuato, ma non poteva andare troppo oltre tutto insieme. Era il momento di farsi bella di fronte al suo collega.
-Ho raccolto informazioni sul fondatore originario del progetto ExChaser.-
-Ottimo. Cosa sai di lui?-
-Morto di cause naturali.-
-Cause naturali?-
-Si, non sarebbe naturale essere ancora in vita dopo che i tuoi organi sono stati sparsi per tutte le campagne fuori Kimura.-
Battuta. Se l'era preparata da giorni. Il ringhio sommesso di Wolf le fece capire che non aveva altrettanto senso dell'umorismo, quindi fu rapida a delucidare:
-E' rimasto ucciso dall'ExChaser durante l'ultimo test del progetto originale. Hanno cercato di insabbiare tutto, ma sai benissimo che per me rimediare informazioni non è un problema. Al momento stiamo individuando chi nel team di sviluppo sa più cose possibile e può sparire senza destare troppi sospetti per farlo parlare, ma si tratta di membri di alto profilo della Excalibur, quindi dobbiamo andarci molto piano.-
-Sono davvero così importanti, tutte queste informazioni?- si lamentò Wolf -Sono il terzo guerriero più forte dei Black Saints, e non credo che quel patetico robottino sia in grado di starmi al passo. Non vedo l'ora di farlo a pezzi, finalmente Wasp e Dragon capiranno che gli sono superiore.-
-Da quello che sappiamo è tutt'altro che patetico.- spiegò -Le mie squadre di raccolta dati hanno ricavato dai video delle sue sortite abbastanza dati da stimare il suo potenziale. La sua unità di supporto aereo raggiunge i Mach 2, le armi da fuoco gli fanno un baffo ed è carico di così tanti sistemi di armamento che non abbiamo idea se siamo riusciti a vederli tutti. Armatura spessa come quella di un carro armato leggero, troppo veloce per essere colpito dagli RPG e dai cannoni anticarro, resiste ai campi EMP. Le mie spie stanno cercando di ottenerne i progetti, ma le informazioni sono state decentrate in diversi centri di dati sparsi per tutto il Giappone, ognuno dei quali con il proprio livello di sicurezza, e non abbiamo nemmeno una lista completa delle loro locazioni. E' una bella sfida, ma sono sicura che in tempo utile riusciremo a trovare tutti i dati che ci servono.-
Wolf rimase in silenzio con un'espressione indecifrabile sul volto, poi parlò a metà tra il sibilo e il ruggito.
-Sfida. Lascia perdere la tua raccolta dati. Voglio sfidarlo.-
Michiru inarcò un sopracciglio e strinse le labbra, sorpresa. Afferrò il comunicatore, sicura di vedere un sorriso giocoso sul volto di Wolf, ma quando trovò uno sguardo serissimo capì che non stava scherzando.
-Contro di lui abbiamo perso tre operativi di classe A, diversi sottoposti e gran parte della squadriglia di mercenari stanziata nelle Filippine. Affrontarlo non è una passeggiata.- affermò, cercando di scoraggiarlo.
-Tu sei sopravvissuta ad un suo attacco, e la tua classe di combattimento non raggiunge nemmeno la A.- la riprese lui -Non deve essere poi così difficile.-
Si, ancora non spiegava perché l'ExChaser l'avesse semplicemente lasciata a dissanguarsi sul terreno quando aveva dimostrato una brutalità inaudita contro gli altri avversari, al punto da non lasciare alcuna traccia della loro esistenza. Aveva ancora i brividi al ricordo che ciò che restava di Red Raven, secondo in classe A, poteva essere conservato dentro una ciotola.
D'altro canto, Dire Wolf era di livello S, e sebbene non fosse primo né per forza, destrezza o resistenza aveva dato dimostrazione di poter affrontare fino a tre cyborg bestia di classe A, quindi forse era uno scontro alla pari.
Si stese, mani dietro la nuca e passò qualche istante immersa nei propri pensieri, lasciando andare un sospiro di insicurezza. Era quello il motivo per cui lei e Russell erano sulla stessa lunghezza d'onda per quanto riguardava il libero arbitrio dei propri sottoposti: sovrascrivere le loro personalità con una serie di direttive che dovevano seguire ad ogni costo era la cosa migliore da fare se volevi che eseguissero ogni tuo ordine, ma non per farli arrivare vivi a fine giornata. Dare un carattere prevedibile agli cyborg bestia li rendeva più facili da controllare, ma questi finivano inevitabilmente costretti in uno stereotipo: Dire Wolf il berserker assetato di sangue, Blood Dragon il guerriero onorevole, Tiger Wasp l'omicida sadica, Tarantula l'assassina infida...
E poi c'era Queen Cobra. Aveva studiato il condizionamento a cui erano sottoposti i suoi colleghi e l'aveva comparato con il proprio, rimanendone sorpresa. Gli altri cyborg bestia erano diversi da lei sotto più di un fattore: oltre ad un processo di rimodellamento molecolare completamente diverso, i suoi colleghi non erano sotto il controllo di un'unità esterna che dava loro suggerimenti indotti, ma di una riscrittura della personalità e dei ricordi non diversa da quella a cui sottoponeva i Corallo. A pensarci bene, era chiaro perché lei fosse diversa: un guerriero imbattibile con un allineamento fisso è prevedibile e più facile da controllare, ma sono le persone che sanno pensare una soluzione e metterla in atto a risolvere un problema, non quelle la cui prima reazione ad un ostacolo è di picchiarlo forte finché non si rompe.
Ma stava divagando, e Wolf era impaziente.
-In quanto tua consulente in combattimento ti proibisco di affrontare l'ExChaser senza un'analisi accurata delle sue capacità , ma...-
-Proibisci un corno.- la interruppe.-Voglio affrontarlo domani stesso. Se sei davvero così preoccupata, torna ad analizzare quei tuoi dati e dimmi qualcosa in grado di darmi un vantaggio tattico.-
Era il suo funerale. Ripassò mentalmente i posti visitati quei giorni ed i dati raccolti, cercando di trovare una qualche scappatoia per permettere a Wolf di tornare alla base tutto d'un pezzo. Era arrivata alla conclusione che l'ExChaser era progettato per inseguire il proprio bersaglio fino allo sfinimento, quindi aveva bisogno di una locazione dove l'estrazione potesse essere estremamente rapida, nel caso in cui le cose andassero male. La copertura era indifferente - se ti nascondevi dietro ad un muro, dopo qualche istante nel muro c'era un buco a forma di ExChaser - e aveva dato dimostrazione di potersi muovere negli spazi urbani senza problemi, di conseguenza che si trovassero in città, in campagna o al mare non cambiava niente. Inoltre... non voleva perdite tra i civili. Aveva passato la sua infanzia in quella città , e non voleva diventasse un campo di battaglia, come.... come... come la considerava il suo alter ego.
Sospirò e scosse la testa. Riusciva a rimanere concentrata per più di dieci secondi? Il suo interlocutore voleva una risposta, e l'avrebbe avuta. Interagì con il comunicatore e chiarì a voce.
-Ti ho inviato delle coordinate, è un punto fuori città dove si è svolto uno dei test del progetto ExChaser originale. E' vicino ad una sede dell'Excalibur abbandonata e, dal database, priva di sorveglianza. Ci sono diversi punti rialzati da cui puoi far intervenire il tuo supporto. Terrò un'unità pronta per estrarti nel caso avessi---
-Non ce ne sarà alcun bisogno.- la interruppe di nuovo -Quel posto sarà la sua tomba.-
-Sarà la tua tomba. -cercò di nuovo di chiarire quanto fosse pericoloso ciò che voleva intraprendere. -Te lo ripeto: non ingaggiare, Wolf. Stai agendo senza autorizzazione del Consi--.-
-Noi abbiamo già l'autorizzazione del Consiglio, Cobra: posso agire non appena ritengo sia il momento. Rispetta i ranghi: sei una consulente, non un mio superiore, e anche se tale ti sbagli di grosso sull'esito della battaglia: affronterò questo ExChaser domani alle sei, lo farò a pezzi, farò colazione con i suoi resti e porterò quel che rimane al Consiglio per fargli vedere che nella vita bisogna agire, non pensare. Chiudo.-
Comunicazione chiusa. Rabbrividì. Forse era stata troppo pretenziosa nel credere che il numero di uccisioni sul ruolino fosse direttamente proporzionale alle capacità in battaglia.
Ma chi voleva prendere in giro? Aveva scelto Dire Wolf perché se avesse scelto Blood Dragon, l'operativo da combattimento più potente a disposizione dei Black Saints, e questo fosse stato sconfitto, nessuno avrebbe più voluto avvicinarsi all'ExChaser, e aveva evitato di contattare Tiger Wasp perché il suo hobby era fare di tutto per non farti sentire a tuo agio, nonostante avesse così tante uccisioni confermate da far impallidire il resto della classe S. Wolf, strategicamente, era una pedina sacrificabile, ma doveva cercare a tutti i costi di riportarlo indietro – anche se, in realtà, in cuor suo sperava che l'ExChaser avrebbe fatto pesare a Wolf tutte le vittime che aveva causato ponendo fine alle sofferenze dell'essere umano che si nascondeva dietro a quel grugno canino ricoperto di ossa.
La cosa le lasciò l'amaro in bocca: non erano bei pensieri. Era tornata a questionarsi da qualche giorno, dopo aver ripreso una sembianza di vita normale. Forse il tornare a guardare le cose dall'esterno le aveva dato un po' di prospettiva? Forse era la mancanza di Agni che la riportava all'ordine e le ricordava il suo obiettivo? O forse il serpente la influenzava più di quello che pensasse, dandole solo una parvenza di libero arbitrio?
Avrebbe dovuto parlarne con qualcuno, forse con Russell, o con...
-Micchan, sono tornata! Scusa, ho portato un ospite!-
La voce proveniente dall'altra stanza la riportò alla realtà. L'aveva chiamata per il suo vero nome e aveva portato un'ospite!? Ma la parola incognito aveva qualche significato per lei?
Scattò in piedi e attraversò rapidamente la stanza, aprendo la porta.
-Noi due dobbiamo oh dio perché sei fradicia-
Il suo sguardo incrociò quello di Aika, spuntata dietro a sua sorella, e il suo cervello si arrese. Aveva bisogno di una spiegazione.

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