Sherlock, Lupin & io - Il tulipano nero

di Atenah
(/viewuser.php?uid=882280)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Articolo interessante ***
Capitolo 2: *** Antony, Josefine e Lourence ***
Capitolo 3: *** Dc. Oliver Scott ***
Capitolo 4: *** Isabell Minden ***
Capitolo 5: *** Il Tulipano Nero ***
Capitolo 6: *** Una sciarpa e un bacio ***
Capitolo 7: *** Tra veleni e il 'Tulipano Nero' ***
Capitolo 8: *** La vacanza di inizio estate ***
Capitolo 9: *** Il Tulipano Nero ***
Capitolo 10: *** Questioni personali ***
Capitolo 11: *** Domande notturne ***
Capitolo 12: *** Nuovo membro ***
Capitolo 13: *** Cambiamenti ***
Capitolo 14: *** Holmes numero 2 ***
Capitolo 15: *** Siamo in due ***



Capitolo 1
*** Articolo interessante ***


Pioveva a catinelle come tutti i giorni di quella settimana.  Io, Irene Adler, ero davanti alla finestra e guardavo le gocce d’acqua cadere a terra. Da quando eravamo tornati dalla Scozia non era cambiato niente nella mia vita, anche se sapevo che il mio vero nome era Maria von Klemniz e che ero figlia del principe Felix di Boemia. Non era cambiato niente nella mia personalità e avevo deciso, essendo stata indecisa quale nome accettare, di rimanere per sempre Irene Adler perché credevo e credo ancora, che si adatta meglio a me. Tra mezz’ora avevo appuntamento alla Shackleton con i miei amici, quindi mi pettinai in fretta i miei capelli, che non erano più così corti ma mi arrivavano più o meno alle spalle, e scesi correndo le scale.

Arrivata alla porta mi misi il mio cappotto blu e uscii di casa. Fermai una carrozza che mi portò in dieci minuti al nostro punto di incontro. Sherlock e Lupin erano già lì e sorseggiavano le loro cioccolate calde.

  “Abbiamo ordinato una cioccolata anche per te.” disse Arsène quando mi ero lasciata cadere sul divanetto mal andato, vicino al mio altro amico che era sprofondato nella lettura del Times. Io gli sorrisi e risposi: “Grazie, speriamo che non sia già fredda, potevi fare di meglio!” Lupin capendo il mio sarcasmo ribatté: “Ma certo signorina ha perfettamente ragione, mi perdoni!” poi scoppiammo a ridere entrambi. Io, che avevo già preso un sorso della cioccolata, dove trattenermi per non sputare tutto e fu una vera battaglia! Shelock, che aveva alzato lo sgardo, vedendo quella scena, scoppiò a ridere pure lui.

“C’è un articolo molto interessante nel giornale.” disse Holmes quando ci eravamo calmati e mise il Times in mezzo a tavolo.

 

Donna di mezz’età trovata morta in casa sua

 

Ieri sera nella casa numero 56a di Greenfelton Road è stato trovato il corpo della signora Isabell Minden. Aveva invitato sua cugina a cena alle 7.00 p.m. che si è presentata puntuale davanti a casa, dopo aver bussato e suonato più volte ella si è rivolta al vicino di casa che ha provato a chiamarla e a lanciare sassi contro al finestra della cucina.

Infine la cugina della signora Minden e il vicino di casa sono andati a Scotland Yard. La polizia ha forzato la porta e ha trovato il corpo morto di Isabell.

 

“Mamma mia.” fu l’unica cosa che disse Lupin.  

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Antony, Josefine e Lourence ***


“Strano veramente...” borbottò Sherlock, io, che cercavo sempre di rimanere realistica, dissi: “Potrebbe trattarsi anche di morte naturale. Forse un infarto oppure la signora era già ammalata.” Holmes mi guardò con lo sguardo che aveva sempre quando fiutava avventura: “Ipotesi da non scartare, Irene. Ma possiamo fare qualche ricerca, magari troviamo il medico della signora Minden.” “E come?” si introdusse Asène. Il mio amico neanche rispose, si alzò a uscì dal locale. Noi lo seguimmo: “Cosa hai in mente?” chiesi a Sherlock “Fare un po’ di ricerche su Isabell Minden.” rispose lui. Salimmo in una carrozza. “Dove stiamo andando?” chiese Lupin, Holmes ci guardò come se fossimo due persone provenute da un’altra galassia: “Andiamo all’archivio di stato.” ci disse poi. Uscimmo dalla carrozza e ci dirigemmo verso il grande edificio di marmo bianco. Entrammo e ci avviammo al bancone al centro della grande sala. “Desiderate?” chiese un anziano signore da dietro al grande tavolo. Oh oh! Non avevamo pensato ad una scusa per entrare qui dentro, ma per fortuna intervenne Arsène: “Siamo qui per nostra zia: Isabell Minden. Avrà di certo letto i giornali, nostra madre ci ha incaricato di recuperare alcuni dati per la lapide di sua sorella. Ah! Non ci ho neanche presentati! Io sono Antony Carrey, questa è mia sorella Josefine Carrey e lui è mio fratello Laurence Carrey.”. Il signore ci guardò strano, ma infine ci fece entrare. “Antony, Josefine e Laurence?” chiesi io al mio amico e scoppiammo a ridere tutti e tre. La prima parte era fatta: eravamo dentro.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Dc. Oliver Scott ***


La mattina dopo mi svegliai perché qualcuno bussava alla porta della mia stanza “Avanti.” dissi ancora mezza addormentata. Entrò Orazio: “Buongiorno signorina Irene! Sono già le dieci!” io, che non avevo per niente voglia di alzarmi dal letto mormorai solo un “sì sì”, ma pochi secondi dopo ero completamente sveglia. Dieci e mezza appuntamento con Lupin e Sherlock alla Shackleton! Dovevo sbrigarmi! “Signor Nelson! Può farmi preparare un sacchetto con dei biscotti o qualcos’altro per fare colazione. Ho un appuntamento e non voglio tardare!” il signor Nelson sorrise: “Scommetto che questo appuntamento così importante si svolgerà alla Shackleton Coffee House, ma non voglio impicciarmi negli affari vostri. Lascerò la colazione sul tavolo.”. Mi vestii in fretta e furia con un vestito verde smeraldo di seta e mi spazzolai i miei capelli. Per poco non caddi giù dalle scale, visto che correvo. Sul tavolo come promesso c’era un sacchettino di carta con la mia colazione. Uscii di casa e fermai una carrozza, dentro aprii il mio sacchettino e ingoiai in un baleno tutti i biscotti, di conseguenza mi venne una gran sete, ma pensai di comprare una cioccolata calda alla Shackleton. Quando entrai nel locale Sherlock e Lupin erano già là “Signorina Irene! La devo rimproverare! E’ già la seconda volta che arriva in ritardo!” disse Holmes ridendo quando mi sedetti al nostro solito tavolo. Io ordinai subito una cioccolata e dopo ci mettemmo a parlare “Scusate, ma mi sono svegliata tardi stamattina.” mi giustificai, Lupin mi sorrise: “Non fa niente. Capita a tutti!” a quel punto intervenne Sherlock: “Non volete sapere le novità? Ho fatto qualche ricerca su Isabell Minden e così ho scoperto il nome del suo medico: Scott Oliver, il suo laboratorio si trova al numero 39 della Woodland Terrace, mi sa che dovremo chiedere qualche informazione.”. I miei amici aspettarono che io ebbi finito di bere la mia cioccolata e subito dopo uscimmo dal locale e prendemmo una carrozza. Il viaggio durò abbastanza, visto che il quartiere Chalton, là dove si trovava la Woodland Terrace, era dall’altra parte di Londra. Dovemmo attraversare l’intero quartiere di Greenwich, ma infine arrivammo a destinazione. Il laboratorio del Dc. Scott si trovava in una grande casa bianca e sembrava essere abbastanza lussurioso. Entrammo e chiedemmo di parlare con il dottore, questo ci fu acconsentito e venimmo portati in un ufficio. Dietro ad una scrivania era seduto un uomo sui sessant’anni con la faccia da furetto, degli occhiali tondi e dei baffi: tutto sommato sembrava essere simpatico. “Buongiorno dottore.” lo salutò Lupin, mentre Sherlock faceva un cenno con il capo e io facevo un leggero inchino. “Il mio nome è Antony Carrey e questo è il mio fratello: Laurence, mia sorella: Josefine. Siamo qui per via di nostra zia: Isabell Minden, lei era il suo dottore personale, vero?”. Il Dc. Scott, che sembrava essere veramente simpatico, aveva fatto cenno di accomodarci, e ora ci stava sorridendo gentilmente: “Ah! I nipoti della signorina Minden! Mi dispiace molto per vostra zia, deve essere stato un colpo duro per la vostra famiglia! Posso sapere il motivo della visita?” intervenni io: “Ecco… la zia Isabell era sempre così gentile con noi! E la sua morte improvvisa è stata, come ha detto lei, un colpo molto duro per noi. Perciò volevamo sapere il motivo della sua morte… ma era ammalata?”. Il signor Oliver Scott mi guardò compiaciuto: “Mi dispiace, ma anche per me la morte della signorina Minden è un mistero: era in piena salute vostra zia.” io feci finta di trattenere le lacrime, mentre Sherlock mi prese alla mano e salutò il dottore: “Grazie mille dottore! Le saremo sempre grati!” con queste parole lasciammo il laboratorio.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Isabell Minden ***


Meno male che avevamo Sherlock con noi, sennò, probabilmente, ci avremo messo ore a trovare il registro giusto. Isabell Minden Nata il: 16.09.1830 A: Liverpool Genitori: Freya Minden (madre), Lenni Minden (padre) Occhi: verde-acqua Capelli: nero Altezza all’età di 18 anni: 169 cm Professione: commessa Morte: 11.03.1868 La data della morte era stata scritta a mano, forse non era previsto l’improvviso decesso. Uscimmo soddisfatti dall’archivio e decidemmo di fare un giro a Hyde park. Finalmente aveva smesso di piovere e stava addirittura spuntando il sole! Alle 06.00 p.m. ci salutammo ed io presi una carrozza. Arrivata a casa mi feci un bagno e mi cambiai d’abito. Non sapevo perché, ma ero felice: forse perché avevo passato un bel pomeriggio con i miei amici, ma l’ipotesi più probabile era che fiutavo avventura. Scesi a cena da mio padre. Come al solito ci fu servito un pasto delizioso: Pollo al Marsala con patate arrosto. “Hai passato un pomeriggio gradevole con i tuoi amici Irene?” mi chiese mio padre “Sì, siamo stati come al solito alla Shackleton e poi abbiamo fatto una passeggiata a Hyde park.” risposi io “Mi fa piacere.”. Terminammo la cena e subito dopo i mi ritirai in camera mia per leggere un libro che mi aveva dato Orazio: “Il gatto nero” di Poe.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il Tulipano Nero ***


Ecco il mio prossimo capitolo…
Saluti Detective :-)>
 
 
 
Usciti dall’ambulatorio del dottor Scott, Sherlock fermò una carrozza.
“Dove stiamo andando?” chiesi “All’appartamento della signora Minden, credo che dovemmo dare un’occhiata.” mi rispose Holmes.
Ci mettemmo quasi tre quarti d’ora per arrivare a destinazione. Entrare non fu un problema, visto che Lupin aveva con se la sua “attrezzatura”.
L’appartamento era piccolo, ma ben arredato. “Dividiamoci.” propose Arsené e così io guardai in camera da letto, Sherlock in cucina e Lupin in sala.
Dopo neanche cinque minuti Holmes ci chiamò: “Ragazzi! Ho trovato qualcosa che meriterebbe la vostra attenzione!” subito io e Arsené fummo da lui.
Sotto il tavolo della cucina c’era un foglietto fermato da un sasso nero, su cui era inciso un tulipano. 
 
 
Tipo di morte: omicidio
Arma: veleno (canderidus spyris)
Movente:-
Posizione di morte: probabilmente da seduta.
 
Vostro Tulipano Nero
 
  
 
“Ma…” fu tutto quello che riuscii a dire, anche Lupin era senza parole: “Ma questi…” “…sono indizi per risolvere il caso.” completò la frase Sherlock. In quel momento sentimmo un rumore felpato, come quello di un gatto. In un momento fummo di sotto e fuori dalla casa che era stata scena di un delitto, poi vidimo un piccione volare via dal pianerottolo della finestra della cucina. “Era solo un piccione! Ci siamo spaventati per un piccione!” disse Arsené e ci minimo a ridere, ma non era un ridere sciolto, era un  ridacchiare nervoso, come per convincersi che non c’era niente in quella casa, ma sapevo che Sherlock non la pensava così.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Una sciarpa e un bacio ***


~~Scusate se il mio nuovo capitolo arriva solo adesso, ma non ho avuto a disposizione un computer per molto tempo!
Baci Detective

 

Quella sera salutai tardi i miei amici. Eravamo ritornati alla Shackleton dopo essere stati alla casa della signora Minden e avevamo passato il resto del pomeriggio a pensare a tutte le spiegazioni possibili per quel biglietto fermato dal sasso con il tulipano. Sherlock aveva preso con se il fermaglio.
Quando tornai a casa ero esausta, a quanto pare girare per Londra tutto il giorno era stato più faticoso di quanto pensavo.
Cenai in fretta in compagnia di mio padre Leopoldo e subito dopo mi ritirai in camera mia. Mi spogliai e mi misi la mia camicia da notte, poi mi infilai sotto alle coperte.
Erano passati più o meno dieci minuti quando sentii un rumore alla finestra, doveva essere qualcuno che lanciava dei sassi contro il vetro. Mi alzai e aprii la finestra. Sotto nel giardino buio c’era la figura di Arsène. Si arrampico con una velocità impressionante e quando fu in camera mia mi sorrise.
“Che ci fai qui?” chiesi, lui frugò nella sua tasca e tirò fuori la mia sciarpa, l’avevo dimenticata alla Shackleton! “Pensavo che ti avrebbe fatto piacere riaverla.” disse con un sorriso fin troppo largo. Anche io mi misi a ridere piano e sussurrai: “Non c’era bisogno che venissi qui subito.”.
Lupin mi guardò per un istante negli occhi, poi disse: “Per te farei qualunque cosa.” a quel punto non seppi cosa fare o dire, perciò gli augurai la buona notte.
“Buona notte Irene.” mi disse anche lui e fece per andarsene, ma poi si rigirò: “Ah Irene?” “Sì?” risposi, lui mi si avvicino e poi… poi mi diede un bacio sulle labbra che mi tolse il respiro, subito dopo risparì nella notte.
Passai il resto della notte a pensare a Lupin e a cosa provavo per lui. Era quello strano sentimento chiamato “amore” o semplicemente una forte amicizia? Proprio non lo sapevo, anche se il mio cuore mi diceva che era giusta la prima ipotesi, la testa, il mio cervello, era per la seconda.   

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Tra veleni e il 'Tulipano Nero' ***


La mattina seguente, dopo aver fatto colazione, rincontrai i miei amici alla Shackleton. Appena entrai Sherlock si alzò e mi venne in contro insieme a Lupin: “Non ti togliere neanche il cappotto. Dobbiamo andare.”. Io rimasi un po’ stupita, ma seguii i due fuori. Lupin fermò una carrozza e urlò al cocchiere: “Al magazzino di Lewsham.” io guardai con una faccia interrogativa Sherlock: “Che ci andiamo a fare a Lewsham?”. Il mio amico, che guardava fuori dal finestrino, non si girò neanche: “Andiamo al magazzino. Voglio verificare se il veleno indicato sul foglietto del ‘Tulipano Nero’ si vende anche qui a Londra.”. Quando arrivammo al magazzino ci intrufolammo dal retro. La gente che lavorava in questo posto non era molto gentile e di sicuro non volevano di mezzo tre ragazzini. Ero stata in questo posto una volta con Leopoldo per controllare un suo carico di ferro, avevamo quasi rischiato essere buttati fuori. Appena entrati, Sherlock si diresse subito verso gli scaffali con i veleni. Cercammo per minimo tre quarti d’ora, ma non trovammo il veleno descritto sul foglio. Ad un certo punto sentimmo dei passi. Lupin si girò di scatto e urtò una bottiglia che cadde a terra frantumandosi. “Chi va la?” una voce minacciosa risuonò dentro al magazzino. Vidi Sherlock guardarsi intorno per trovare una via d’uscita, ma eravamo bloccati da tre lati da degli scaffali e correndo dritto saremo finiti esattamente nelle braccia del nemico. Poco dopo il signore che ci aveva sentito ci vide: “Ehi! Che ci fanno dei ragazzini in un posto così?”. Iniziò a correrci incontro e noi indietreggiammo fino a toccare con la schiena lo scaffale dietro di noi. “Siamo fritti!” sussurrò Arséne, ma in quel momento qualcosa, o meglio qualcuno saltò addosso al tipo e lo buttò a terra con un colpo secco un secondo dopo quel ‘qualcuno’ era sparito, ma mente saltava via gli cadde qualcosa dalla tasca: era un sasso con un tulipano nero inciso… “Di nuovo lui…” disse Sherlock piano e raccolse il sasso. “Meglio andare.” ribadii io. “Non voglio essere vista da un altro tipo.” Lupin annuì. Di nuovo alla Shackleton discutemmo su quello che ci era successo. “Non riesco a capire che ruolo occupa il ‘Tulipano Nero’ i tutta questa storia.” disse Sherlock. Anch’io la pensavo come lui: “Già… E’ nostro amico o nemico? Comunque sia ci ha salvato.”. “A me più che altro è sembrato un ninja volante, come nelle fiabe.” aggiunse Arséne: “Avete visto come ha buttato a terra quel tipo? Un colpo solo!”. “Sì. Deve essere qualcuno di molto abile e con una grande esperienza.” disse Holmes. Io guardai l’orologio e mi spaventai: erano già la sette di sera! “Devo andare io.” dissi mentre mi alzavo, ai miei amici. E così finì anche quel giorno.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La vacanza di inizio estate ***


Il giorno seguente mi rincontrai con i miei amici alla Shackleton e Sherlock ci raccontò di un’informazione che era riuscito ad avere.
“La signora Minden aveva origini tedesche e proveniva, precisamente, da un piccolo paesino nelle Alpi tedesche chiamato Mittenwald.” .
Lupin lo guardò perplesso: “E noi dovremo andare in quel paesino?”, il mio altro amico scrollò le spalle: “Fin ora è l’unico indizio valido che abbiamo, in più so che da quelle parti è in commercio il veleno che stiamo cercando.”.
Toccò a me parlare: “E io come farò ad arrivare là, mica posso dire a mio padre che vado a fare un viaggio con i miei amici e state sicuri che da soli non vi lascio andare!”. Con questo l’argomento fu chiuso e non ne parlammo più fino a mezzogiorno, quando dovetti tornare a casa.
Appena entrata sentii l’odore di arrosto di pollo venirmi incontro e io mi affrettai ad andare a tavola.
Dopo la prima portata io e Leopoldo iniziammo a chiacchierare e, non so se fu destino o semplicemente fortuna, mio padre mi propose di fare una vacanza di inizio estate e mi chiese se avessi qualche idea di dove andare. A quel punto non ci pensai due volte e dissi decisa: “Andiamo a Mittenwald! E’ un paesino nelle Alpi tedesche, ho sentito che è bellissimo là! E si dice che l’aria sia così buona!”. Continuai a raccontare del paesino a mio padre che dopo il squisito dessert della nostra cuoca, mi accontentò sorridendo: “Da quel che dici, Mittenwald, mi fa una buona impressione e sono sicuro che sarà bello ritornare nel mio paese nativo!”.
Quella sera quando mi infilai sotto le coperte ero agitatissima: saremo partiti dopo domani e Leopoldo mi aveva addirittura concesso di portare con me i miei due grandi amici se avessero voluto!
La prossima mattina mi svegliai prestissimo: non vedevo l’ora di vedere Arséne e Sherlock e raccontare loro del viaggio che presto avremo intrapreso assieme. Uscii di casa appena possibile e arrivai al nostro solito punto di incontro in tempo di record.
“Si va a Mittenwald!” urlai appena entrata nel locale e Lupin si alzò sorridente per poi farmi un baciamano: “Come sei riuscita a convincere tuo padre sta volta?”, appena mi fui seduta, incominciai a raccontare: “Al dire il vero non l’ho convinto… è stato lui stesso a propormi di fare una vacanza di inizio estate e io ho chiesto di visitare Mittenwald. Ma non è ancora tutto! Mi ha dato il permesso di invitarvi per la vacanza!”. Sherlock che non aveva detto niente fino allora sorrise: “Allora si va a Mittenwald! Quando si parte?”.            

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il Tulipano Nero ***


Un giorno passò in fretta e lo usai per preparare le valigie.
La mattina dopo uscimmo di casa alle sette e mezza, avevamo appuntamento alla stazione di Waterloo alle otto con Sherlock e “Monsieur Papon”, come conosceva mio padre Lupin.
Naturalmente il nostro fedele maggiordomo ci accompagnò nella nostra vacanza e io ne fui contenta.
Alla stazione trovai i miei due amici vestiti come dei “gentleman” e fui salutata da entrambi con un cortese baciamano.
Salimmo sul treno che ci avrebbe portato fino a Dover, da dove avremo preso il battello a vapore che ci avrebbe portato fino a Calais.
Mi ricordo che il viaggio fu lungo, ma non ci annoiammo mai. Spesso passavamo ore a guardare i paesaggi fuori dal finestrino o a sognare ad occhi aperti dell’avventura che avremo vissuto.
Arrivammo a Mittenwald presto di mattina: alle nove in punto. La pensione in cui avremo pernottato si chiamava Vodlerpassler e i proprietari ci diedero un caloroso benvenuto.
Sherlock e Lupin avevano detto che avrebbero dormito in una locanda meno costosa, ma Leopoldo aveva insistito a pagare per loro la stanza al Vodlerpassler.
Visto che avevamo ancora tanto tempo prima di pranzo, io e i miei amici, decidemmo di fare una passeggiata… o meglio: questo fu quello che dicemmo a mio padre e a Orazio, in verità eravamo diretti verso al magazzino dei commerci della città per verificare se qui si vendesse veramente il veleno che stavamo cercando.
Non ci mettemmo molto a trovarlo, grazie al tedesco di Sherlock, che chiese qualche informazione alla gente.
Ci intrufolammo dal retro come al solito e iniziammo la nostra ricerca. Ad un certo punto si sentì un rumore di cose che rotolavano e ci girammo di scatto… Giacca nera con cappuccio e pantaloni, sempre neri, attillati: riconobbi subito il “Tulipano Nero” e non fui l’unica, Sherlock e Lupin si buttarono all’inseguimento e io mi affrettai a corrergli dietro.
Il “Tulipano Nero” era veloce, molto veloce e per più o meno dieci minuti non riuscimmo a prenderlo, ma lui era da solo, mentre noi eravamo in tre.
Quando fummo in mezzo ad un prato, la nostra “preda” inciampò e i miei amici lo tirarono su e lo tennero stretto.
Quando Arséne tolse il cappuccio al misterioso personaggio, rimanemmo di stucco: da sotto al cappuccio uscirono una massa di capelli ramati e ondulati… Il “Tulipano Nero” era una ragazza!
Vidi che per sorpresa Lupin mollò la presa intorno al braccio della ragazza che con un movimento rapido si scansò anche da Sherlock.
“Ok, ce l’avete fatta, mi avete preso.” disse con un tono sarcastico l’inseguita.
Io osservai il “Tulipano Nero”: aveva più o meno la nostra età, era magra, ma non gracile, un po’ più alta di me e aveva la pelle molto chiara, ma quello che mi colpì di più di quella ragazza furono i suoi occhi, verdi e accesi che portavano con se un non so che di pericoloso o misterioso, ma allo stesso tempo di affascinante.
Il primo a parlare fu Holmes: “Perché cerchi di nasconderci qualcosa?” la ragazza lo guardò: “Non vi nascondo proprio un bel niente.” il mio amico rispose con lo stesso tono acido: “No, sicuro. Allora perché scappi?” l’ex inseguita lo guardò con uno sguardo di sfida: “Senti un po’ signorino “Io so tutto meglio degli altri”, Isabell Minden era mia zia, la sorella di mia madre. Quindi credo di saperne di più di te, poi perché dovrei nascondervi qualcosa se vi ho dato indizi fin ora.”. A quel punto Sherlock non replicò più e, per caso, iniziammo a camminare assieme, fino ad arrivare ad un picco con una vista splendida sulle montagne ancora ricoperte di neve.
Decisi di conoscere un po’ meglio quella ragazza tanto abile e astuta, che in verità iniziava a starmi simpatica, perciò chiesi: “Come ti chiami?” il “Tulipano Nero” neanche si voltò: “Anna Scheele.” annuii: “Io Irene Adler.”.
Dopo una pausa di silenzio decisi di riprovare: “E dove vivi? Da i tuoi genitori?” a quel punto la ragazza si girò e mi guardò: “I miei genitori sono stati uccisi stamattina in un combattimento contro degli agenti del servizio segreto francese.”.             

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Questioni personali ***


Sherlock e Lupin si girarono verso la ragazza che fino a poco tempo fa avevamo rincorso. Io guardai Anna sperando che fosse uno scherzo. Già il fatto era grave, ma il tono con cui aveva parlato mi aveva fatto paura. Il Tulipano Nero aveva parlato come se fosse una cosa normale.
Cercai di trovare una giustificazione a questo comportamento, magari i genitori di Anna erano stati crudeli lei e non c’era stato alcun rapporto amorevole tra loro.
“Non volevi bene ai tuoi genitori?” chiesi con un filo di voce che quasi non riconobbi. “Credo di avere avuto un rapporto con i miei genitori, simile a quello che avete voi con i vostri.” Fu la risposta calmissima di Anna.
Io continuavo a non voler credere a cosa sentivo: “E…E sei triste? Hai pianto?” dopo quelle parole il Tulipano Nero si girò di scatto verso me: “E che cosa cambia se piango?! I miei genitori tornano in questo mondo se piango?! Dimmelo è così?!” mi disse queste parole con tanta rabbia, che ebbi l’impressione di poter sentire il sangue ribollire nelle sue vene.
Non so esattamente perché successe, ma delle lacrime iniziarono a scendermi lungo le guance. Forse era perché ero invidiosa di Anna, quando era morta mia madre addottiva, Geneviève, io ero stata malissimo, mentre lei riusciva a far sembrare tutto a posto.
Appena Lupin si accorse che stavo piangendo si diresse subito verso di me: “Cosa le hai fatto? Vattene!” urlò ad Anna “Nessun problema monsieur Lupin.” rispose lei acida, prima di andarsene. Mi dispiacque per lei di essere stata scacciata così da Arséne, ma il mio flusso di pensieri fu interrotto dalla voce di Sherlock: “Perfetto! Ora se ne è andata! Hai un’idea di quante cose ci poteva dire?” disse rivolto verso Lupin.
Lui sembrava capire, di aver fatto un errore solo in quell’istante, perché poco dopo rispose: “Scusatemi, mi ero fatto prendere dalla paura per Irene.” alle ultime parole mi guardo e mi sorrise dolcemente.
Sherlock sospirò: “Vuol dire che la andrò a cercare io stanotte, non credo che si farà più vede con la luce del giorno.”. Io notai subito che aveva parlato per se: “Ti devo correggere Sherlock: noi andremo a cercarla, tutti insieme.”.
Holmes annuì: “Mi dovete promette che non farete domande personali al Tulipano Nero, da quanto ho visto non è una persona a cui piace parlare di argomenti delicati.”.
Era vero e come al solito il mio amico se ne era accorto subito.
A quanto pareva ci eravamo trovati davanti ad una ragazza molto intelligente e soprattutto ben informata, solo così mi riuscivo a spiegare il fatto che ella aveva saputo il nome del mio amico francese.      

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Domande notturne ***


ATTENZIONE: CAPITOLO SCRITTO IN TERZA PERSONA, NON DA IRENE, MA DA NARRATORE ESTERNO.
 
Irene, Sherlock e Lupin passarono quasi tutto il pomeriggio a esplorare le loro stanze. Di sera salirono in soffitta, nella camera di Holmes e Arséne e si misero a giocare a carte al lume di candela, aspettando che tutti fossero andati a dormire per andare a cercare il Tulipano Nero.
Quando anche l’ultimo mozzicone di cera della candela si spense, Sherlock si offrì di andarne a prenderne un’altra: “Vado di sotto a prendere un’altra candela, intanto controllo se c’è ancora qualcuno sveglio.”  disse avviandosi per le scale.
Quando ritornò per dire ai suoi amici che tutti erano andati a dormire e che potevano andare, trovò Irene e Lupin abbracciati che dormivano beati su un letto. Sherlock sospirò: sarebbe andato da solo. Stette ad osservare i suoi due amici, era ormai sicuro che provavano più di amicizia l’un per l’altra, ma non era invidioso. Qualche mese fa lo sarebbe stato, ma aveva capito che Irene era per lui semplicemente una carissima amica, la sua migliore amica. Certo, le voleva bene e avrebbe fatto quasi tutto per Irene, ma le voleva bene in un modo diverso da Arséne.
Fuori faceva abbastanza freddo e tirava una leggera aria, il giovane Holmes non sapeva esattamente dove iniziare a cercare il Tulipano Nero, ma era quasi sicuro che sarebbe stata in giro.
Dopo mezzora senza successo Sherlock si sedette sopra un muretto vicino ad un lampione. “Non direi che è l’ora adatta per te, per girare per le strade.” Sherlock riconobbe subito la voce della ragazza che avevano incontrato la stessa mattina. “Più adatta di quanto tu creda.” rispose acido, ma subito si ricordò di non essere scortese: voleva delle informazioni e non voleva rischiare che Anna se ne andasse un’altra volta. “Volevo parlarti.” disse poi cambiando tono, Anna uscì dall’ombra della casa in cui era nascosta: “Quello l’avevo capito, ma chi ti ha detto che io voglia parlare con te?”. Era schietta e non aveva peli sulla lingua, questo Sherlock lo doveva ammettere, ma di certo anche lui lo sapeva fare: “Hai perso, ricordatelo. Ti abbiamo preso e ti abbiamo anche lasciato andare, potevamo portarti benissimo portarti dai francesi. Non pensare che non abbia capito che i tuoi genitori lavoravano per il servizio segreto tedesco, esattamente come tua zia: Isabell Minden. A quanto pare momentaneamente si sta svolgendo un conflitto tra i due servizi segreti e per questo tua zia è stata uccisa.”. Il labbro superiore del Tulipano Nero si increspò in un mezzo sorriso da sfida: “Non l’avreste fatto, io vi ho salvato o ti sei già dimenticato del magazzino a Lewsham?” Sherlock si alzò dal muretto: “E’ vero. Quella volta ci hai fatto un favore, noi te l’abbiamo fatto stamattina, ora tocca di nuovo a te.”.
Anna incrociò le braccia: “Va bene, ma non qua.” detto questo si avviò per un passaggio buio e stretto, seguita da Sherlock. Camminarono fino al picco dove erano stati anche la mattina e lì la ragazza si fermò. “Forza, dimmi cosa vuoi sapere e muoviti.” Sherlock pensò a cosa chiederle per primo: “Perché i servizi segreti francesi e tedeschi sono in conflitto?” Anna sbadigliò: “Non lo so esattamente, so che non si tratta di qualcosa di statale, ma credo che sia una nuova invenzione che la Francia sta cercando di rubare alla Germania. A proposito, perché sei venuto da solo dove sono gli altri?” questa volta Sherlock non riuscì a trattenersi: “E a te cosa interessa?”. Il Tulipano Nero roteò gli occhi: “Prossima domanda?” Holmes ci pensò un attimo: “Perché tua zia viveva a Londra? Che ruolo aveva?”  Anna era girata verso il vuoto sotto al picco, dove scorreva un fiume e Sherlock notò che aveva i lineamenti del viso di una bellezza straordinaria “Ogni servizio segreto è organizzato in modo che sia in ogni città importante un collegamento esterno, per Londra era mia zia. Hai altre domande?” il giovane Holmes ci pensò: “No direi che per ora è tutto.” disse e fece per andarsene, ma poi si girò: “Tu dove dormi stanotte?” Anna si girò verso di lui: “E a te cosa interessa?” chiese imitando cosa aveva detto Sherlock prima.
Sherlock ignorò quel commento: “Fa freddo se non hai un posto dove stare… potresti… potresti venire a dormire da noi.” il Tulipano Nero fissò per un attimo Holmes, come per valutare se fidarsi, ma poi seguì colui che sarebbe diventato una volta il più grande investigatore di tutti i tempi, al Vodlerpassler.
Entrarono nella stanza e trovarono Lupin e Irene così come Sherlock li aveva lasciati. Holmes indicò ad Anna il suo letto: “Se vuoi…” la ragazza alzò un sopracciglio: “Non diventare troppo gentile.” sussurrò per non svegliare Arséne e Irene, mentre si accovacciava sul tappeto. “Come vuoi.” disse Sherlock e le lanciò una coperta.
                   
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Nuovo membro ***


Ecco il mio prossimo capitolo, stavolta di nuovo dal punto di vista di Irene.
 
 
La prima cosa che vidi la mattina quando mi svegliai, furono le labbra di Lupin a pochi centimetri dalle mie. Arséne dormiva ancora abbracciato a me e io mi alzai piano per non svegliarlo. La seconda cosa che vidi fu il Tulipano Nero che dormiva accovacciato sul tappeto e sorrisi: allora il mio amico inglese era andato da solo e l’aveva trovata, a quanto pare era anche riuscito a convincerla a passare la notte da noi. Mi ricordo ancora esattamente del momento dopo, perché fui affascinata dalla coordinazione con cui i due, Sherlock e Anna, aprirono gli occhi e mi guardarono.
Il giovane Holmes si mise a sedere lentamente sul letto, mentre Anna balzò in piedi e si stiracchiò, in quel momento si svegliò anche Lupin che lanciò un occhiata interrogativa alla nostra ospite, ma poi sembrò ricordarsi di averla scacciata in malo modo il giorno prima e la sua espressione cambiò: “Volevo… bè…ecco…scusami per ieri, non…non intendevo essere così maleducato con te.”. Il Tulipano Nero sembrò accettare la scusa con un cenno di capo, poi si guardò intorno: “Devo essere stata pazza ad accettare di seguirti.” disse al mio amico londinese. Prese la sua giacca e fece per andarsene, io non capivo mi sembrava che avesse accettato di stare con noi, di far parte di noi… invece ora se ne andava. “Ti va di restare con noi?” chiesi allora a bruciapelo. Anna si girò lentamente verso di noi e noi la guardammo. Per la prima volta vidi sulle sue labbra un sorriso che poi si trasformò in una fragorosa risata: “Mi sa che mi è presa veramente la pazzia… però…ci sto!”.
“Be allora: ben venuta nel trio, ora è un quartetto, della dama nera!” disse Arséne sorridendo, Anna riappoggiò la sua giacca sulla sedia da dove l’aveva presa: “Hmm… il Tulipano Nero nel quartetto della Dama Nera: sta bene!” disse pensosa e tutti ci mettemmo a ridere.
“Irene?” si sentì la voce di Leopoldo, noi ci zittimmo tutti di colpo e guardammo Anna, lei con l’agilità di una pantera aprì la finestra e salto su ramo di un albero che arrivava molto vicino alla casa: “A mezzogiorno in piazza ci sussurrò prima di sparire.
Giusto in tempo, perché in quel momento entrò il mio padre adottivo: “Mi era sembrato di sentire delle voci strane.” io cercai in tutti gli angoli del mio cervello una scusa proponibile e per fortuna la trovai: “No, no papà! Stavamo solo giocando a fare voci strane!” Leopoldo rise: “Ah è un gioco che giocavo anch’io spesso quando avevo la vostra età!” disse prima di uscire.
Espirammo: avevamo avuto fortuna. “Andiamo a fare colazione e poi prepariamoci, dobbiamo essere puntuali all’appuntamento con Anna.” dissi e mi diressi di sotto.
Dopo una buonissima colazione ci vestimmo e uscimmo di casa per una “passeggiata nel bosco” come dicemmo a Leopoldo e Orazio.
Il nuovo membro del nostro gruppo aspettava vicino alla fontana. Anche lei si era cambiata d’abito, ma portava di nuovo dei pantaloni, probabilmente erano il suo abbigliamento abituale.
“Eccoci.” disse Lupin: “Che si fa ora?” Anna scrollò le spalle, toccò a me a parlare: “Io stavo pensando che se non hai un posto dove stare potresti venire al Vodlerpassler, dobbiamo solo trovare un modo per presentarti a mio padre…”. Tutti ci pensammo come poter “intrufolare” il Tulipano Nero da noi e infine fu Sherlock a rompere il silenzio: “Che dite se Anna, fosse una sorta di guida turistica?” disse e tutti ci scambiammo un’occhiata complice.
“Venite, voglio mostrarvi dove stavano gli agenti segreti tedeschi, magari hanno lasciato qualcosa di utile.”. Mentre ci dirigevamo nel bosco Anna ci spiegò che gli agenti stavano in una capanna nella boscaglia per non dare all’occhio.
Quando la baracca già era in vista, ad un certo punto si sentirono dei rumori, subito ci acquattammo dietro ad un cespuglio: “Sono i francesi.” sussurrò la nostra nuova amica: “Ma non ha senso…cosa ci fanno ancora qui? Perché non hanno seguito quelli del servizio tedesco?”.
Poco dopo i due agenti se ne andarono e noi uscimmo dal nostro nascondiglio: “Ora?” chiesi io. “Voi li seguite, noi due stiamo qua nel caso che dovessero ritornare.” disse Sherlock ed io e Arséne annuimmo.                   

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Cambiamenti ***


CAPITOLO È DI NUOVO SCRITTO IN TERZA PERSONA. Sherlock e Anna rimasero vicino alla capanna e si sedettero su un sasso: "Aspettiamo un po'per essere sicuri che se ne siano andati veramente, poi diamo un'occhiata." disse il giovane Holmes al Tulipano Nero che annuì. Dopo dieci minuti di attesa i due si alzarono e si diressero verso la capanna. Aprirono piano la porta e diedero un'occhiata all'interno, non era rimasto quasi niente, ma tra le poche cose che erano state lasciate indietro, era stato frugato. "Hanno cercato qualcosa." orrsevó Anna, Sherlock annuì. In quel momento il Tulipano Nero scivolò su dell'olio che era caduto per terra insieme alla bottiglia e per poco non cadde. Holmes la afferrò nell'ultimo momento per i fianchi e la rialzò, Anna si girò: "Grazie." sussurrò a sguardo basso. Non trovando niente di utile nella baracca, i due uscirono e aspettarono i loro amici. QUESTA PARTE SARÀ DI NUOVO SCRITTA DA PARTE DI IRENE! :) "Maledizione!" disse Arsène: "Gli abbiamo presi!". Io appoggiai una mano sulla sua spalla: "Abbiamo dato del nostro meglio.", lui si girò e mi sorrise accarezzandomi dolcemente la guancia: "Hai ragione.". Poi appoggiò le sue labbra sulle mie e mi baciò passionalmente e fu proprio quel bacio che cambiò tutto. "Senti Lupin..." dissi quanto si staccò da me: "Io... io..." non sapevo come spiegarglielo, ma dovevo fare questo discorso una volta per tutte. "Lupin credo di essermi innamorata di te!" dissi infine a bruciapelo. Lui mi osservó prendendomi il viso fra le mani: "Ho paura che a me é capitata la stessa cosa. Ti amo Irene." poi mi ribació e con questo fu chiaro che eravamo fidanzati. "Quando lo diciamo agli altri?" chiesi al ritorno, mentre Arsène mi teneva la mano "Nel primo momento buono che ci capita." mi rispose.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Holmes numero 2 ***


SI RITORNA AL PUNTO DI VISTA DI IRENE! ;)
 
 
Quando ritornammo trovammo i nostri due amici chinati per terra, impegnati ad osservare qualcosa.
“Cosa fate?” chiesi, nessuno dei due si girò, ma Sherlock ci fece un cenno col capo di venire.
Anna aveva in mano un foglietto stropicciato.
 
0594162738
 
“Cos’è?” disse Lupin, Holmes e il Tulipano Nero si alzarono da terra: “Credo che sia la combinazione di una cassaforte. Probabilmente quella in cui c’è dentro la cosa che vogliono i francesi.” ci spiegò quest’ultima.
“Dobbiamo custodirla bene, allora.” dissi e ci mettemmo sul cammino verso il Vodlerpassler.
 
“Ecco papà, ti presento Elsa Zechner: lei è di qui e si è offerta di farci da guida turistica.” spiegai la sera stessa a mio padre, lui sorrise cortesemente a quella che in realtà era Anna: “E’ molto gentile da parte sua signorina.”. Con questa era fatta e il nostro nuovo membro aveva un letto nella mia camera, che, ovviamente, non avremo mai usato, visto che saremo andati tutti nella camera in soffitta di Sherlock e Arséne.
Quella sera di nuovo al lume di candela, questa volta con una scorta di altre due, discutemmo sulle nostre scoperte. “Avremo anche la combinazione, ma non sappiamo dove si trova la cassaforte.” obbiettò Lupin, Sherlock prese un sorso di succo di mela dalla bottiglia che avevamo portato con noi: “E invece secondo me lo sappiamo.” Anna gli mandò un ghigno complice: “I servizi segreti sfruttano sempre al massimo le combinazioni… Se prendete questa cartina della zona…” e prese una mappa geografica: “…e si seguite le linee di coordinazione 0;5, 9;4, 1;6, 2;7 e 3;8, esse si incrociano in un punto in mezzo al bosco.” concluse sorridendo il Tulipano Nero. Arséne sospirò: “Fantastico! Abbiamo la Holmes numero due!” disse e ci mettemmo tutti a ridere.
Decidemmo di aspettare ancora un po’ prima di uscire, per essere sicuri che tutti dormissero nella casa e io pensai se fosse quello il momento giusto per parlare ai miei amici della nuova relazione che avevo con il mio amico francese, ma non mi sembrò così. Perciò stetti in silenzio a guardare la fiamma della candela, finché non Guidati dalla nostra nuova amica, ci inoltrammo nel bosco per arrivare al punto giusto. Giungemmo ad un bivio, sulla deviazione destra c’era un cartello:
 ACHTUNG!
“Attenzione!” tradusse Sherlock, il Tulipano nero annuì: “Quel sentiero è il più corto, ma c’è pericolo di caduta di massi. Prendiamo l’altro.” fummo tutti d’accordo a prende il sentiero di sinistra.
Ad un certo punto se sentirono dei rumori e un secondo dopo ci trovammo accerchiati da cinque uomini: “Dove è la combinazione?” ringhiò uno di loro con un accento fortemente francese.
“Aria.” sibilò Anna, un altro uomo ridacchiò: “Tss non ci facciamo dare ordini e sicuramente non da un ragazzina.” sulle labbra della nostra amica ritornò un sorriso di sfida: “Non vi hanno educato ed essere sempre cortesi con delle signorine?” disse ironica: “Vorrà dire che dovrò insegnarvelo.”. Con un calcio buttò a terra un uomo, altri due con un tocco quasi innocuo sul collo, un altro cerco di prenderla per il collo, ma lei si scansò e lo scaraventò per terra, l’ultimo subì la stessa sorte. Noi la guardammo a bocca aperta: “Dove hai imparato                                               tutte queste cose?” sussurrò Lupin mentre di dirigevamo in fretta verso il punto indicato dalle coordinate: “Le ho imparate quando facevo ancora parte del servizio segreto tedesco.” fu la risposta.
Quando arrivammo tutto successe molto in fretta: vidimo due agenti che si caricavano in spalla una cassa. “La cassaforte!” urlai, questo fu un errore perché, sentendoci i due uomini se la diedero alle gambe per il sentiero da cui noi eravamo venuti.
“Ci scappano!” gridò Lupin, Sherlock si girò verso l’altro sentiero con il pericolo di caduta massi e Anna annuì: “Non abbiamo altra scelta se vogliamo prenderli!”.       
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Siamo in due ***


Ci avviammo correndo per il sentiero, mentre vedevamo gli agenti francesi paralleli a noi sull’altro percorso.
Li sentii urlare qualcosa: “Nous allons à 3; 7!” io parlando il francese capii immediatamente: ‘Andiamo a 3;7!’ erano coordinate di un punto dove volevano andare, ma quale punto? 
    
Sherlock che correva di fianco a me sembrò capire, perché i suoi occhi si illuminarono, ma in quel momento sentii il rumore di pietra che si spezza e poi vidi volare verso di noi un enorme masso che mancò Anna, che chiudeva la fila per un pelo.
Un secondo dopo delle pietre rotolarono. Sentii un gemito e mi girai insieme a Lupin e Sherlock: Anna era stata incastrata dalle pietre sulla gamba destra. Vidi che aveva gli occhi lucidi e cercava di non piangere dal dolore. Sherlock tornò subito da lei e anch’io ebbi lo stesso impulso, ma Holmes si girò verso me e Arséne: “Voi andate! Magari li raggiungete!”, io cercai di protestare: “Ma… Anna…” non ci fu modo. “Andate!” ci urlò il mio amico inglese, Lupin mi prese per mano e ci avviammo dietro alle spie francesi.
 
Questa parte è scritta in terza persona, non da parte di Irene.
 
“Perché non sei andato?” chiese Anna con voce fioca: “Avevi capito dove andavano. Non riusciranno a prenderli.” disse mentre le lacrime iniziavano a scorrerle lungo le guance. Sherlock nemmeno la ascoltò, ma iniziò a liberarle la gamba pietra per pietra.
Quando riuscì a spostare anche l’ultimo sasso, aiutò il Tulipano nero ad alzarsi e la sostenne per farla camminare.
Così piano arrivarono fino al picco sopra al fiume, non era caduta parola tra loro fino a quel momento. Il giovane Holmes aiutò la sua amica a sedersi nell’erba e si adagiò vicino a lei.
“Perché non sei andato con loro?” chiese con un sussurro Anna, Sherlock non rispose subito: “Perché non c’era un confronto tra te e quelle spie francesi. Per me era più importante che non ti accadesse niente.”. Il Tulipano Nero si girò un attimo verso il suo amico, poi però continuò a guardare il fiume scorrere: “Grazie.” e stavolta si girò definitivamente.
Si trovo a pochi centimetri dalla faccia di Sherlock. Sentì le sue labbra poggiarsi sulle sue e rabbrividì quasi spaventata. Abbassò lo sguardo, mentre il giovane Holmes continuava a guardarla. “Perdonami. Io… non sono abituata.” disse Anna, sospirò e si appoggio alla spalla di Sherlock: “Allora siamo in due.” disse lui mentre intrecciava le dita della sua mano con quelle di Anna.          

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3393101